Rogo

di verystar02
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Istruzioni per gli occ ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 6: *** 5 ***
Capitolo 7: *** 6 ***
Capitolo 8: *** 7 ***
Capitolo 9: *** 8 ***
Capitolo 10: *** 9 ***
Capitolo 11: *** 10 ***
Capitolo 12: *** 11 ***



Capitolo 1
*** Istruzioni per gli occ ***




 

Info⏰


E perché no?! Sono tornata su Efp con una nuova ed emozionante long di Diabolik Lovers, anime che in questo momento seguo parecchio.
I personaggi sarete... (Pausa d'effetto)... Voi!
Si ok lo so che questa è una cosa che fanno tutti, lo so che dovrei prima terminare le fic che ho lasciato in sospeso, lo so che potrebbe venirne fuori uno schifo, ma perché non provarci lo stesso?!
Ho bisogno però del vostro aiuto, come ho scritto sopra i personaggi sarete voi, chi comparirà di più chi di meno, quindi inviatemi la vostra ragazza occ e io ne estrarrò, in modo CASUALE, 5 per la mia storia.

Avvertimento: Non potete essere vampiri, demoni o robe del genere solo umani- se avete preferenze su un vampiro scrivetelo, ma comunque i fratelli Sakamaki gireranno più intorno alla protagonista- potete mandarmi anche l'occ di un possibile vampiro che volete vedere aggiunto alla storia e legare con il vostro (fidanzato, amico ec..)- La storia del passato dell'occ non deve essere per forza triste- l'età deve essere tra i 14 e i 17 anni- Specificate soprattutto il carattere, l'aspetto e l'abbigliamento.


Nome:
Cognome:
Soprannome:
Etá:
Data di nascita:
Nazionalitá:
Sesso:
Personalità:
Aspetto:
Storia:
Passioni:
Paure:
Punti di forza:
Debolezze:
Cosa che ama?:
Cosa che odia?:
Famiglia:
Orientamento sessuale:
Animale domestico(NON OBBLIGATORIO):
Materia preferita:
Materia in cui fa pena:

ATTENZIONE:!!Allegate anche un prestavolto anime del vostro personaggio!!

Commentate in molti❤️

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Capitolo 2
*** 1 ***


Il momento giusto è all'improvviso...

 

 

Erano le 3.00 del mattino.                                                                                                                                              
Né troppo tardi, né troppo presto. Non per lei almeno; abituata com'era a far sbalzare i suoi orari dalla mezzanotte fino alle otto del mattino...                                                                                              
Chiuse con uno scatto secco il comodo portatile bianco, riportando la stanza nel buio più cupo; solo i deboli scintillii dei lampioni sulla strada rischiaravano l'ambiente, quel tanto da consentirle di arrivare fino al letto, senza inciampare su un qualche oggetto vagante abbandonato sulla dolce moquette della sua stanza. Un fugace sorriso comparve a stirare le  labbra, mentre gattonava sulle lenzuola bianche e raggiungeva lesta il cuscino, sprofondandoci dentro il viso. Adorava quella fresca sensazione terapeutica del cotone sulle sue guance.
La notte era stupenda, luminosa, stregata e lei l'amava.
Facendo pressione sulle gambe la ragazza abbandonò il cuscino e si alzò, avviandosi verso l'immensa finestra aperta della sua stanza.
Guardò fuori; prima l'immenso cielo stellato e poi lo spendido cortile fiorito del convitto in cui viveva da fin quando ne aveva memoria.
Quest'ultimo si trovava in una località isolata abbastanza lontana dall’inquinamento luminoso che troppo spesso ostacola chi vuole ammirare il cielo.
Un’altra giornata stava per avere inizio, da li a poche ore il sole sarebbe sorto svegliando tutta la città assopita.
La luna le baciava la pelle delicata e il cuore le batteva molto lentamente.
«Sai Amay..ci sono stelle che non tramontano mai, anche se il cielo è ricoperto da nuvole, anche se c’è il buio intenso..» Disse una voce familiare alle sue spalle, improvvisamente, facendola sussultare.
La ragazza si girò trovandosi di fronte la grossa stazza di suor.Amelia, la direttrice del convitto, colei che l'aveva accolta e cresciuta come figlia sua senza esitazione, nonchè la persona a cui voleva senza dubbio più bene.
«Suor.Amelia, che succede? Sei l'ultima persona che mi aspettavo di trovare quì a quest'ora» Disse Amay ,con un po di sorpresa, rompendo nel nascere il silenzio imbarazzante che si stava formando.
«Amay cos'è per te la luna?» Chiese lei  non curandosi della domanda postagli dalla ragazza.
Quest'ultima rimase sorpresa.
«L’unico satellite naturale della Terra. Cos’altro dev’essere?E poi cosa centra? Perchè me lo chiedi!?»Rispose la ragazza con più naturalezza possibile.
«Sai..per me è una faccia amica. L’ho sempre ammirata fin da quando ero piccola. Ci parlavo, le confidavo i miei segreti…. E mi ha sempre fatto sognare…Durante i momenti terribili lei era sempre a consolarmi...»Sospirò la donna.
A vederla potrebbe avere una cinquantina d'anni, anche se in realtà erano un po di più.
«Suor.Amelia cosa centra? Sicura di stare bene? Ti vedo un po stanca…» Disse seriamente preoccupata Amay facendo qualche passo avanti verso la donna.
«Si tranquilla io sto bene... ma c'è una cosa che devo dirti..Riguarda tuo padre..»
Le sue parole le arrivavano alle orecchie come le gocce di pioggia che avevano iniziato a cadere dal cielo, provocando turbinii di pensieri nella testa della ragazza, facendola rimanare in silenzio, incapace di proferire parola. Non aveva mai conosciuto i suoi genitori, la madre era morta, da quello che sapeva, di parto e del padre non ne aveva mai saputo nulla.
«Questa mattina, mi è arrivata una lettera...»Amelia tirò fuori dalla tasca della sua  tonaca scura una busta bianca, con un sigillo in cera rosso cremesi.
«So che non avrei dovuto leggerla, mi dispiace...ti consiglio di dargli un occhiata...» Disse la donna con un tono di risentimento nella voce, consegnando la lettera a Amay che intanto era intenta a fissare fuori dalla finestra, lo scendere della pioggia estiva che stava portando via con sé tutto il caldo e l'afa accumulato nei giorni precedenti, dando all'aria una carica elettrizzante e rendendo il cielo grigio e triste.
La ragazza si fece coraggio e l'aprii iniziando a leggere...


 
"Cara Amay,
Vorrei dirti che mi dispiace, mi dispiace tremendamente essere la persona che sono...
Sei diventata veramente bella e elegante...
So che probabilmente non crederai ai tuoi occhi leggendo il mio nome, o dovrei dire finto nome, come mittente, perchè si, non è ancora giunto il momento che tu faccia la mia conoscienza, però sappi che questa lettera è a scopo di avvisarti..E' passato molto da quando me ne sono dovuto andare, e giuro sulla mia testa che non avrei mai pensato nemmeno lontanamente di abbandonarti se non fossi stato costretto. Ti ho affidato a Amelia per proteggerti, le ho fatto giurare di non parlarti mai di me nemmeno quando fossi cresciuta, lei  ha saputo prendersi cura in modo eccellente di te e ha mantenuto la promessa, per cui dille pure che io manterrò la mia e che le restituirò ciò che era nei patti.
Sono passati quindici anni dalla morte di tua madre e tu le assomigli così tanto..
Nel mio passato ci sono segreti che mi pesano sulla coscienza. Ma è giunto per te il momento di uscire dall'ombra, adesso devi fidarti di me, farò qualsiasi cosa in mio potere per essere certo che tu stia bene e che non ti succeda nulla, ma te devi fidarti. Temo che leggere questa mia lettera ti farà infuriare. Forse sarà difficile perdonarmi, perdonare la mia assenza, ma ti prometto che alla fine staremo insieme.
E' ora che tu te ne vada dal convitto, ti trasferirai in un altra casa più sicura, raggiungi la città, vai nel negozio di valige del centro e digli che ti mando io. A quel punto ti verrà consegnato un trolley, un mio piccolo regalo, dentro ci saranno degli abiti nuovi e una busta con un biglietto leggilo e fa ciò che c'è scritto...
Devo andare ora, mi dispiace ci incontreremo presto, ne sono sicuro, e ricordati una cosa, io ti sono sempre accanto se ci fosse qualche problema ingestibile io sarò con te.
Ti voglio bene.
Tuo padre."


Terminò di leggere, un grido gli morì in gola, suo pade era vivo...un piccolo sorriso gli si accese in volto.
Senza una parola, il respiro spezzato, si voltò verso Amelia.
«Mi vuole bene...»
Mentre pronunciava queste ultime parole a bassa voce e soffocate dal silenzio, finalmente si lasciò andare.
Qualcosa di caldo le sfiorava le guance, veloce come un pensiero.
Erano lacrime.
Le sue.
Amay









 


Angolino di Veronique

Vorrei inanzitutto ringraziare chi ha voluto partecipare a questa storia interattiva e che mi ha già mandato l'oc;
Noir_Raven
you_know_nothing
Lady_Morjana
_Mamour_
Darkblue_moon
Lady Blossom
Regina di cuori15
Suyka99
Oakii
C o c o
666_Hope_666
AnnyWoolf99
kurumitokisaki02
Overdose_Nour


e chi si è prenotato ma non ha ancora invato l'oc;
boo_dog
Scarlett Blue Sakura


Voglio informarvi che le iscrizioni sono chiuse e che se ,chi non mi ha ancora inviato l'oc, non me lo invia entro domenica 28/02 sera verrà automaticamente eliminato dal'eliminatoria (so che suona malissimo) per i cinque oc della storia.
Come potete leggere dal testo la protagonista si chiama Amay, e vive in un convitto. Il suo prestavolto è preso da Toradora.
Il prossimo capitolo uscirà appena tutti mi avranno mandato l'oc, o martedì 1/03.





 

 



                                                                                                                                                      

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Capitolo 3
*** 2 ***


"E piove sui nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani,
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude..."



L'alba era sorta da un pò di ore ormai.
Una ragazza che sembrava avere sui sedici anni camminava lentamente riparata dalla pioggia da un piccolo ombrellino scuro, e con una grossa valigia rossa, per le vie di una città a lei sconosciuta.
Arewyna era il suo nome, Arewyna Clockwork.
I corti capelli castani ondeggiavano piano ad ogni suo passo, solleticati dal fresco venticello di quella piovosa mattina estiva come tante.
La ragazza indossava una canotta verde intenso, come i suoi splendidi occhi, nascosta in parte da una giacchetta di pelle nera, e una minigonna nera che lasciava scoperte le sue gambe perfette; a incorniciare il tutto c'era come sempre la sua collanina d'oro con un ciondolo a forma di cuore e i suoi orecchini, due bellissime perle bianche donatele dalla nonna ormai defunta.
A chi piacciono le giornate cupe e grigie, quando la pioggia non cessa di cadere per ore ed ore, oscurando la luce splendente del sole? A nessuno...
Percorrendo le vie principali,  Arewyna, giunse su un ponte; solitamente era deserto a quell’ora, era pur sempre mattina presto, ma quel giorno era diverso.
Infatti Arewyna notó, mentre camminava, con la coda dell'occhio, una ragazza, seduta su una panchina, completamente fradicia ma noncurante della pioggia, e le parve per un attimo che la fissasse...
Così si girò, ma non trovo nessuno.
Il tenue odore di pioggia e di muschio degli alberi fradici aleggiava nell'aria...
Quell’odore pungente e fresco che ogni volta che inspiri ha un gusto diverso...
Il ponte che collegava la nuova parte di città a quella storica era deserto, come d'altronde sempre a quell'ora. Strabuzzò gli occhi per la sorpresa, era convinta di aver visto realmente qualcuno, ma poi si ricompose ricordandosi il motivo per cui si stava avviando in centro, e che doveva sbrigarsi siccome mancava poco all'ora dell'appuntamento.
Così accelerò il passo è a grandi falcate, dopo alcuni minuti, raggiunse il negozio di valige e borsoni del centro, in mezzo al municipio e alla caffetteria, luogo dell'appuntamento.
Chiuse l'ombrello e vi entrò.
Non fece pochi passi che una donna non molto alta, abbastanza magra e con dei lunghi capelli mossi biondi, le chiese se aveva bisogno d'aiuto.  
Arewyna intanto si passava nervosamente una lettera con un sigillo di cera color cremei tra le mani.
 L'aveva ricevuta il giorno prima dalla sua scuola.
Sulla lettera misteriosa c'era scritto che aveva vinto un viaggio-studio, di un anno, in giappone. Inizialmente ne era rimasta abbastanza colpita, non aveva fatto nessun concorso per un viaggio-studio, così chiamò i suoi genitori, al momento lontani da casa per lavoro, e chiese spiegazioni.
I genitori le dissero che avevano ricevuto una chiamata, anche loro, dalla scuola e che avevano saputo che le presidi di diversi istituti, sparsi in tutto il mondo, avevano indetto un concorso mondiale segreto per vedere le migliori cinque ragazze degli istituti e mandarle a studiare, in modo completamete gratuito, in una scuola giapponese.
Areywna era molto felice della notizia, aveva sempre desiderato andare a studiare in Giappone ma qualcosa non quadrava, aveva dei dubbi sul luogo dove avrebbe dovuto abitare durante tutto l'anno all'estero, sul biglietto non c'era scritto...
Continuava a passarsi la lettera tra le mani fin quando la voce della commessa interruppe i suoi pesieri.
«Mi scusi, le ho chiesto se ha bisogno d'aiuto»Disse con una nota di arroganza.
«Oh, si mi perdoni...»Rispose imbarazzata Arewyna porgendogli la lettera.
«Beh, ecco...io ho ricevuto questa... c'è scritto che dovevo venire qui per il ritrovo delle studentesse...» Continuò timidamente. Non le piaceva parlare con gli sconosciuti e quando succedeva si sentiva tremendamente a disaglio.
«Si, si, ok ho capito ma tenga quella lettera lontano da me»Rispose la donna borottando infine un flebile "non mi pagano abbastanza per questo", e sparì dietro uno scaffale lasciando la turbata ragazza da sola nell'ingresso del negozio.
Areywna intanto si guardò in torno, l'ambiente del negozio era semplice c'erano scaffali pieni di zaini, valige, borse e borsoni, le tonalità dei muri erano chiare come la pavimentazione...ma qualcosa in particolare attirò la sua attenzione.
Un quadro.
Il quadro in questione aveva una bellezza inquietante e Arewyna era combattuta tra l'ammirazione e l'orrore che quel dipinto trasmetteva.
Non capiva per quale motivo, ma si sentiva rapita, quasi attratta, da quella tela.
«Hai intenzione di seguirmi o vuoi rimanere a fissare il mio quadro per molto?!»Urlò la donna da dietro uno scaffale spazientita.
«Oh, si mi scusi, arrivo...»Rispose timidamente la ragazza, raggiungendo la donna dietro uno scaffale.
La seguì fino a una porta, nascosta dietro uno specchio, che conducieva all'esterno.
Si ritrovò davanti a una splendida limousine bianca dei vetri oscurati.
La donna la invitò prima a inserire la sua valigia nel vano bagagli situato nel retro e poi ad entrare.
L'interno era ancora meglio in confronto all'esterno, il pavimento era ricoperto da una morbida moquette nera, i sedili erano rossi e fatti da quella che sembrava pelle, i finestrini erano oscurati e impedivano alla luce del sole di entrare rendendo l'ambiente riservato e confortevole, in compenso a rischiarare l'ambiente c'erano due grosse lampade sul soffitto.
Nella destra di un sedile si poteva notare un piccolo minibar ben fornito di liquori e alcolici, e nella sinistra di un altro uno scompartimento pieno di dolciumi.
"Insomma non gli manca proprio nulla a questo splendore"Pensò la ragazza.
Dentro la limousine trovò altre cinque ragazze.
"Beh loro saranno le altre vincitrici del concorso probabilmente...ma che strano avevo capito che erano solo cinque compresa me... non inporta mi sarò confusa io.." si disse Arewyna.
«Bene ora siete tutte, buona fortuna.. aimè ne avrete bisogno..»Disse la commessa prima di chiudere la porta della limousine, dando così il via per partire al conducente.
La limousine iniziò a sfrecciare veloce sull'asfalto.
Facendo della città solo un lontano ricordo.






                  
Arewyna
Questo è il quadro che Areywna vede nel negozio di borse
(è un omaggio al videogioco anime Ib e sarebbe il Red Eyes)












 

Angolino di Veronique

Buon salve,
sono riuscita a pubblicare questo capitolo un giorno prima, merito un applauso!^-^
Scherzi a parte, mi ero stancata di aspettare le ultime due Oc così ho cambiato il giorno massimo di consegna.
Mi dispiace per
Boo_dog e Scarlett Blue Sakura
che non hanno fatto in tempo a inviarmela, spero che seguirete lo stesso la mia ff.
Voglio ringraziare tutti quelli che hanno commentato il mio scorso capitolo<3.
Voglio anche dire a tutti quelli che mi hanno mandato l'oc che ho già estratto le cinque fortunate e che si verrà a sapere chi sono nei prossimi capitoli.
Areywna Clockwork è il primo oc estratto il suo "creatore" è Lady Morjana, spero di averla decritta bene, se c'è qualche problema mi piacerebbe discuterne.
Non so quando riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo ma al massimo uscirà nel weekend<3.
Ancora grazie a tutti, e commentate in molti!!

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Capitolo 4
*** 3 ***


 

C’è per tutti noi la possibilità di un grande cambiamento nella vita che equivale più o meno a una seconda possibilità di nascere...


Nuova città, nuova scuola, nuovi amici, tutto nuovo.
Alcune persone ritengono il trasferimento un’occasione per ricominciare, per rimediare agli errori passati e per ampliare le vedute...
Erano passate le due del pomeriggio e da quando la limousine era partita nessuno aveva proferito parola.
Delle cinque persone che erano in quell'auto tutti avevano sentimenti differenti.
C'é chi era impaziente di incominciare una nuova vita, chi timorosa per via del cambiamento radicale, chi in soggezione al pensiero di dover ambientarsi in una nuova città e chi semplicemente sonnecchiava appoggiata a un sedile.
Una in particolare era molto, molto, annoiata...
Silvia Gutiérrez Ramírez, una bella ragazza di origine spagnola dalla carnagione chiara e dai lunghi e lisci capelli biondi, stava seduta educatamente picchiettando in modo nervoso il piede sulla moquette dell'auto da tutto il viaggio mentre si torturava una ciocca di capelli.
Non era proprio felice di ritrovarsi in una macchina con cinque totali sconosciute verso chissà dove; e la possibilità che iniziasse lei una conversazione era più che infattibile.
Lo sguardo della ragazza saettava quindi pigramente fuori dal finestrino.
Le nere cime dei monti si stagliavano in lontananza contro il cielo terso, i nuvoloni scuri che aleggiavano nel cielo portavano con loro tempesta, e man mano che la macchina procedeva nel suo viaggio gli alberi e arbusti che circondavano la strada si fecevano sempre più fitti come ad ingogiarla.
Silvia lanció l'ennesimo sospiro e guardò, un attimo, con i suoi splendidi occhi verdi, la lettera che teneva stretta tra le sue dita poi di nuovo lo sguardo tornò al mondo là fuori. La pioggia cadeva leggera e le gocce scivolavano sul vetro del finestrino scuro, la strada dove l'auto sfrecciava era deserta e non c'erano villaggi o città all'orizzonte a dare l'idea di un possibile arrivo...
«Avete intenzione di parlare o volete stare zitte per tutto l'anno?»
Disse tranquillamente una ragazza corvina alzando la testa, interrompendo finalmente il silenzio, e appoggiando il libro che stava leggendo sulle coscie bloccando le pagine con il pollice e l'indice per mantenere il segno.
Era stata Rose Genevieve Leeron a parlare, una ragazza provienente da una ricca famiglia francese famosa, sua madre era Lilianne Dernier Leeron una nota stilista, mentre il padre Adrien Leeron, di origini inglesi, era un attore cinematografico.
«Si, mi sembra giusto... allora credo sia meglio che per primo dovremmo presentarci, inizio io. Il mio nome è Alice Willson, vengo dall'america. Piacere di conoscervi a tutte!»
Rispose un'altra ragazza in modo vivace seduta vicino allo scompartimento di dolciumi, con lunghi capelli bianchi e lisci e due grandi occhi ghiaccio mentre teneva le sue lunghe gambe accavallate sotto la gonna chiara che le arrivava fin sopra le ginocchia.
«Bene siccome siamo in vena di presentazioni io sono Lenore Allan, e vengo da Bath in Inghilterra, piacere!»
Esclamò un altra con la pelle chiara, i capelli castani mossi lunghi fino un pò sotto le spalle, e grandi occhi castani; mentre sorseggiava una tazza di te, tirato fuori magicamente da non so dove.
Silvia intanto ascoltava in silenzio le presentazioni delle future quinquiline.
Fin quando le voci diventarono ovattate alle sue orecchie facendola perdere nei suoi pensieri...
Ripensò brevemente al giono prima, quando salì sulla vettura e abbassò il finestrino per poterlo salutare per un’ultima volta... per riuscire a salutare Cristiano, suo fratello a cui lei era indubbiamente legata...sventolando la mano e sporgendosi fuori dal finestrino, vedendo tutto ciò che aveva costruito fino a quel momento scivolare via insieme alla sua vecchia casa e suo fratello che stavano diventando man mano sempre più piccoli...
«E te come ti chiami?» Gli chiese una ragazza castana facendola destare dai suoi ricordi , che era, da quello che aveva capito, Arewyna.
«Io sono Silvia Gutiérrez Ramírez, piacere...»  Rispose ricomponendosi subito e, arrossendo, spostò lo sguardo sui suoi piedi.
«Bene allora, ci siamo presentate tutte!» Esclamò con entusiasmo Alice attirando l'attenzione di tutte su di lei.
«Errato...» Rispose con calma Rose, portandosi dietro l'orecchio un ciuffo ribelle scuro.
«Manca lei.» Concluse, indicando una ragazza intenta a dormire.
Adesso tutti gli sguardi erano rivolti a lei, alla ragazza seduta sul sedile accanto al minibar.
Aveva i capelli lunghi biondo scuro fino a più di metà schiena, e indossava una morbida camicia bianca, coperta da una giacchetta rossa e con una gonnellina blu scuro.
Nel frattempo fuori una brezza soffiava, animando le foglie verdognole che sperdute volteggiano nell'aria umida.
«Amay...è il mio nome, e comunque...» Disse ad un tratto la ragazza mantenendo gli occhi chiusi, facendo leggermene sobbalzare le altre cinque.
«Siamo arrivate finalmente...» Sussurrò prima di aprire definitivamente i suoi splendidi occhi nocciola, e alzandosi, uscendo della macchina ormai ferma, seguita dalle altre.
C'era ansia lo si sentiva nell'aria, nella saliva, nella pelle.
La pioggerellina intanto non aveva smesso di cadere...
Delicata, essa sfiorava dolcemente i corpi, come una candida carezza, soffice e splendida, come solo i petali dei teneri fiori possono essere...quella pioggerellina fastidiosa, che si depositava leggera sulle cose lì intorno lasciando freschezza dopo il suo passaggio.
Dopo aver prelevato dal vano bagagli tutte le valige la limousine era ripartita automaticamente, senza che il conducente dicesse nulla, lasciando le sei ragazza all'inizio di un lungo viale piastrellato, adornato su ambo i lati da stupendi roseti di rose rosse dal profumo inebriante.
Le sei ragazze si guardavano intorno, indecise sul da farsi.
«Allora credo che nessuno voglia rimanere sotto a pioggia, nonostante non sia forte, quindi penso che dovremmo procedere finchè non troveremo qualcuno...» La voce argentina di Amay ruppe il silenzio del giardino, mischiandosi al canto del vento che spirava fra i profumati roseti.
«Secondo me hai ragione»  Intervenne con un sorriso, ricambiato da Amay, Silvia che fino ad allora era rimasta in silenzio se non per dire il suo nome.
Dopo aver sentito l'opinione a riguardo delle altre ragazze iniziarono ad incamminarsi, in silenzio per il sentiero che tagliava in due l'immenso giardino, immerse ognuna nei propri pensieri.
Dopo pochi minuti di camminata le ragazze arrivarono davanti a un enorme magione... La magione della famiglia Sakamaki...










SILVIA
    
LENORE 
ALICE
ROSE
                                                     







 

Angolino di Veronique

Inanzitutto scusate per il ritardo in vista degli esami ho molto da studiare ma cercherò di aggiornare almeno un capitolo a settimana.
Per primo ringrazio di cuore tutti quelli che hanno commentato i miei scorsi capitoli, quelli che l'hanno aggiunta alle preferite e quelli che l'hanno aggiunta alle seguite.
Questo è un capitolo che sinceramente non mi piace molto in confronto ai precedenti, ma era solo un capitolo di passaggio per presentare le oc e per introdurre l'inconto che avverrà (forse) nel prossimo capitolo.
I cinque oc sorteggiati, come avrete già letto sono
Arewyna di Lady Morjana
Silvia di C o C o
Lenore di Lady Blossom
Alice di Kurumitokisaki02
Rose di Darkblue_moon

Chi non è tra questi e mi ha inviato l'oc non si preoccupi o rammarichi, ho in mente una specie di "progetto" e inserire altri dei vostri Oc nel corso della storia.
Grazie per aver letto a tutti. ❤️

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Capitolo 5
*** 4 ***


Chiedilo ancora, e non appena l'avrai chiesto, questa mia stessa mano, che per amor tuo già uccise il tuo amore, ucciderà, per amor tuo, un amore di gran lunga più vero: e tu sarai complice, in tal modo,della morte di entrambi...



Amay guardava meravigliata i fiori.
A casa sua, nel convitto, non ne aveva mai visti così tanti e così belli.
«Questo sembra il regno delle fiabe!»Esclamò con entusiasmo Alice facendo una giravolta su se stessa per poi fermarsi a fissare il cielo grigiasto.
«Attenta ai mostri che si nascondono dietro i roseti»Commentò bonariamente Lenore, al che cominciò anche lei a guardarsi attorno con circospezione.
«Uffi, poteva almeno venirci ad accogliere qualcuno...»A parlare era stata questa volta Rose.
«Lo credo anch’io...» Interloquì Silvia, sorridendo e guardando Arewyna che annuì.
Non era un palazzo esageratamente principesco quello che avevano davanti, né un'umile casetta di mattoni, ma era una dimora maestosa nella sua semplicità, immersa nel verde rigoglioso.
«Entriamo, non restiamo qui fuori, non serve a nulla...»Mormoró Amay.
Un sorriso stranamente dolce si dipinse sul suo volto e inizió, senza dare conto alle opinioni delle altre, ad incamminarsi, calma, verso il portone d'ingresso, seguita più tardi dalle ragazze.
Bussarono una, due, tre volte ma nessuno arrivò ad aprire la porta.
«Provo a spingere...non ho intenzione di essere lasciata fuori...» Borbottò Amay a Arewyna, che in quel momento era accanto a lei.
Trasse un profondo respiro e, coraggiosa e decisa, prese in mano la maniglia, pronta ad aprire la porta.
Come lo fece si aprì, facendola rimanere lievemente sorpresa nel non trovarla chiusa.
«Beh, dai seguitemi!» Esclamo infine alle altre dopo aver abbandonato la maniglia.
E dopo aver ricevuto un segno di conferma dalle ragazze, insieme, entrarono.
L'igresso della magione era vermente spettacolare.
Si parava inanzi a loro una stupenda scalinata di marmo che conduceva ai piani superiori, adornata da un lungo tappeto persiano-moderno. Accanto alla porta d'ingresso si trovavano due grandi piante di bamboo. Sia a destra che a sinistra della scala c'erano due grosse porte, che probabilmente conducevano in altre stanze. Alla destra di una delle due porte c'era un divnetto di pelle blu e alla sinistra dell'altra porta una libreria dove nella mensola più in alto si trovavano sei clessidre, ognuna di un colore diverso.
«Heiiii, c'è qualcuno?!» Iniziò ad urlare Alice.
«C'è qualcunooooo?!»Continuò iniziando a muoversi in giro per la stanza con Silvia.
Lenore intanto curiosava nella direzione opposta alla sua insieme a Rose e Arewyna.
Amay invece vagava da sola attirata dai centinaia di quadri che si trovavano in giro e da quelle immense scale. Così le salì cercando di non farsi ne notare ne seguire dalle altre ragazze. Arrivata in cima trovò in ambe i lati due corridoi che pobabilmente portavano alle camere e di fronte a lei un piccolo tavolino al centro di due poltrone anch'esse blu come il divano, guardò giù per vedere come procedevano le sue compagne per poi riportare lo sguardo al tavolino.
Sul tavolino in questione c'era un grosso libro dalla copertina scura su cui Amay dovette aggrottare lo sguardo per riuscire a leggere il titolo, "Bad end Night" c'era scritto.
Insieme al libro c'era anche un vaso di vetro trasparente con tre rose, una rossa, una gialla e una blu, e un vassoio con sopra quattro carte, l'asso di cuori, l'asso di picche, l'asso di quadri e l'asso di fiori e una piccola cosa di cui nemmeno lei non si era subito accorta, un piccolo ciondolo con una croce d'oro e con incisio sopra "Kore made".
Quest'ultimo interessò molto Amay che allungò una mano per prenderlo e vederlo meglio...
In sottofondo si poteva udire bene il vociferare delle compagne tra di loro, intente ancora nel curiosare per l'enorme ingresso.
«Ferma ragazzina!» Le urlò calmo un ragazzo dai corti capelli rossi e dagli splendidi occhi verde chiaro, facendola immobilizzare completamente, e facendo cessare il vociare delle ragazze che sentito l'urlo si erano bloccate.
«La croce d'oro scintillante che tieni stretta nel palmo della mano...Dove l'hai presa?»Le chiese il rosso.
Lei non rispose e voltò lo sguardo verso il tavolino, ma non c'era più nessun tavolino, al suo posto c'era uno sgabello di legno scuro con sopra un orsetto marroncino di peluche con una benda nera sull'occhio destro.  
«Ti sei persa?»Le domandò ancora.
Non gli rispose e abbassó lo sguardo sul pavimento, non capiva, prima c'era un tavolino li...
Controllò la sua mano ed effetivamente stringeva la croce dorata che aveva visto nel vassoio... Ma chi era quel ragazzo, che abitasse li? Che non sapesse del arrivo suo e delle compagne? Che l'avesse presa per una ladra? Di una cosa era certa ne era stranamente attratta...
Incerta, Amay alzò la vista e mosse alcuni passi verso il misterioso ragazzo, notando che lui non si muoveva lei continuò la sua avanzata fino ad arrivargli davanti. Alzò ancora di più la testa in modo da incrociare gli occhi con lui, siccome era più bassa, e poi gli svennè tra le braccia...

 









Amay








Villa Sakamaki










 




 

Angolino di Veronique

Punto uno, la super domanda che tutti voi vi chiederete è sicurmente come mai ho aggiornato così velocemente, beh è semplice, perchè in questo momento avevo abbastanza tempo per scrivere un nuovo capitolo e siccome approffittò di quando sono libera per pubblicare, voilà ho sfornato un nuovo capitolo (forse è più corto degli altri, e forse potrebbero esserci errori, perchè l'ho scritto di getto e nonostante abbia controllato più volte potrebbe esserci qualche scorrettezza..)
Punto due, allora in questo capitolo ho messo in primo piano Amay, perchè comunque la storia è incentrata su di lei ed è lei la protagonista, sarà così sempre? No, assolutamente no! Sennò non avrei aggiunto i vostri oc alla storia.
Punto tre, mi sento in obbligo di spiegare alcuni "omaggi" (o citazioni) che ho utilizzato: Allora per primo il grosso libro dalla copertina scura con su scritto "Bad end Night" (che letteralmente vuol dire "Male e Notte") è un omaggio alla canzone/storia dei VOCALOID, Bad ∞ End ∞ Night, vi lacio il link del video italiano se vi intaressa (https://www.youtube.com/watch?v=V71SNlNqt4M&index=1&list=PLPSHEobL4xbLBgrBVr5tN0xJGq3pjneUS)
Secondo le tre rose sono un omaggio al videogioco-anime "Ib",quella rossa è Ib stessa, quella gialla è Mary e quella blu è Garry.
Terzo le quattro carte, l'asso di cuori, l'asso di picche, l'asso di quadri e l'asso di fiori sono un omaggio alla canzone/storia dei VOCALOID "Alice Human Sacrifice" vi lacio anche questo link del video italiano (https://www.youtube.com/watch?v=42rvEhjvr4Q&index=2&list=PLPSHEobL4xbLBgrBVr5tN0xJGq3pjneUS).
La croce invece era un omaggio a Diabolik lovers stesso e la scritta giapponese "Kore Made" vuol dire letteralmete "Fino ad'ora" o "Fino ad'adesso".
Grazie a tutti per i commenti.


 

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Capitolo 6
*** 5 ***


Il tramonto è solo un sole stanco, che va a riposarsi nel buio della notte, e se ne avrai la fortuna l'indomani lo potrai rivedere...



Si stava avvicinando il tramonto, e le luci che entravano dall'enormi vetrate accostate alla porta stavano andando a calare.
Le ragazze fissavano stupefatte Amay che, svenuta, veniva sollevata e portata in braccio all'interno della magione da uno strano ragazzo dai capelli rossi.
Erano come bloccate, con i piedi vincolati al suolo, gli occhi sgranati, il respiro corto e le labbra schiuse, serrate in una smorfia colma di assurdità.
Il tempo e lo spazio circostante esse era come pietrificato, non si udiva alcun rumore se non il lieve ticchettio delle lancette dell'enorme orologio a pendolo posto accanto alla libreria, l'unica cosa che sembrava avere vita in quel momento...
Quel misterioso ragazzo però, prima di scomparire all'interno di uno dei lunghi corridoi scuri, si fermò a fissarle negli occhi con disprezzo, creando tenui brividi lungo i corpi di esse.
Quest'ultime ignare del motivo per qui l'avesse fatto aspettarono intimorite che scomparve prima di ricominciare a parlare.
«Cos..cosa è successo...?» Chiese Alice confusa portandosi una mano alla testa come per riprendersi da un colpo ricevuto alle tempie.
Le altre la guardarono, ma rimasero tutte zitte nessuna sapeva il motivo per cui la loro compagna era svenuta, ne sapevano cosa quei due si erano detti sopra la scalinata.
«Fuw Fuw, suvvia dovevate immaginarlo che questa casa era abitata...» Un voce calda e sensuale le fece rabbrividire.
Si girarono verso essa e scoprirono che proveniva da un ragazzo dai capelli cremesi coperti da un cappello di feltro nero con una cinghia rossa che le osservava dall'alto, seduto sul corrimano delle scale.
«Non mi aspettavo così tante ragazze carine in realtà, vero, Kanato?» Continuò lui rivolgendosi ad un altro giovane, comparso magicamente alle spalle del rosso.
Questo aveva bizzarri occhi e capelli violetto e si dirigeva lentamente, ignorando la domanda postagli, verso uno sgabello con sopra un orso di peluche con una benda sull'occhio destro.
«Oh...ecco dove eri finito...Teddy, guarda abbiamo delle nuove spose...sembrano già terrorizzate...» Si fermò, e guardando negli occhi il pupazzo se lo portò al petto scoppiando in una fragorosa risata girandosi infine a guardare le ragazze negli occhi, una ad una senza smettere di ridere. Una risata al limite della follia...
"Anche la follia però merita i suoi applausi..."
«Ah..COSA?!...»
La voce soprana di Rose, improvvisamente allarmata fece sussultare le altre quattro che si voltarono immediatamente su di lei.
Era stata bloccata ad entrambe i polsi dal retro da un ragazzo biondo.
Il biondo però non era interessato a lei bensì alla lettera che le fuoriusciva leggermente dalla tasca,quindi allungò la mano e la estrò, mollando infine i polsi alla ragazza e dopo essersi poggiato al portone d'ingresso, iniziò a leggerla.
Intanto era apparso un altro individuo dai capelli bianchi e gli occhi vermigli di cui uno coperto dal ciuffo, alla destra del'divanetto di pelle.
Se ne stava tutto zitto a guardare, preferiva per il momento non proferire parola e vedere come procedeva la situazione, poi di sicuro sarebbe intervenuto.
La risata echeggiava ancora tra le pareti chiare, quasi cadaveriche, della costruzione.
Poi cessò...
«E voi chi sareste?» A parlare era stato un altro ragazzo ancora, apparso anche lui dal nulla, stavolta accanto alla libreria; aveva i capelli corti fino alle spalle, come gli altri, neri, e gli occhi di uno splendido violaceo tendent al rosso.
Si potevano dire circondate adesso, ovunque guardassero c'era qualcuno che di rimando le fissava, inoltre non potevano scappare siccome la porta dietro loro era bloccata dal biondo.
«Voi piuttosto chi sareste?! E dove è finita la nostra compagna?» Lenore, colei che con coraggio aveva parlato, puntò il dito sul corvino. Ciò non piacque però molto al ragazzo che si avvicinò a lei stringendole il collo con una mano e fissandola con rabbia.
«Tu... sporca mortale... come ti permetti a rivolgerti a me cosi? E inoltre non sono affar tuoi dove è lei ora!» Le chiese lui aumentando la presa sul suo collo, ridotta al silenzio Lenore abbassò lo sguardo, colmo di paura.
Le altre intanto guardavano la scena immobili, terrorizzate.
 «Reiji fermo.» Gli disse calmo il biondo andando verso di lui e porgendogli la lettera che aveva prima sottratto a Rose. Lui di rimando lo guardò, lasciò la presa, facendola di nuovo respirare, e ando verso il davanetto dal ragazzo coi capelli bianchi.
«Hahaha... e così sareste qui perchè avete vinto un viaggio studio?! E' ridicolo... Shu, te ne sapevi qualcosa?» Disse il corvino al biondo, sedendosi poi in modo composto sul divano accanto all'altro.
«Mhh no, ma il sigillo che c'è sulla busta, guardalo, lo riconosci? Questo vuol dire che per il momento servono vive...» Rispose il biondo, iniziando a salire le scale e raggiungendo gli altri ragazzi in cima.
«Beh puttanelle avete intenzione di muovervi?! Dobbiamo mostrarvi le vostre stanze.» Disse il rosso fissandole dall'alto.
Inizialmente nessuna si era mossa, per via della paura vista l'agrassività che potevano avere e beh, anche perchè essere chiamate così non le piaceva per niente...ma poi, dopo che il ragazzo con i capelli bianchi le aveva urlato di sbrigarsi battendo con forza un pugno sul muro per intimorirle, li avevano seguiti.
Le ragazze erano in mezzo alla fila così da essere perfettamente controllate, all'inizio c'erano il biondo, quello con i capelli rossi e quello con i capelli viola, e a chiudifila il corvino e quello coi capelli bianchi.
I  cinque ragazzi le accompagnarono fino ad un piccolo spiazo, di li in poi si poteva continuare per una scalinata o procedere per un corridoio...
Lungo il tragitto fino a li avevano notato che tutti i corridoi erano identici, se non per i quadri affissi alle pareti; il pavimento era di marmo, probabilmente marmo di carrara dato il suo colorito chiaro, e i muri erano coperti in alcuni tratti da carta da parati beige e in altri da vernice bianca, lampadari e lampade li illuminavano rendendoli meno cupi e quasi amichevoli.
«Bene, siamo arrivati, allora, proseguendo per di qua troverete cinque diverse camere, una per ognuna di voi, decidete fra di voi chi sta in quale, sono tutte diverse ma di eguale bellezza e comodità e soprattuto particolarità...» Iniziò a dirle il rosso, indicando il corridoio di fronte loro per poi voltarsi e con gli altri ragazzi salire su per la scalinata.
«Il bagno è in fondo al corridoio del piano di sopra, potete raggiungerlo salendo le scale.
Ah mi raccomando la cena è alle nove in punto, non tardate, la sala da pranzo trovatevela da sole, e vi consiglio di riposarvi adesso... puttanelle...» Concluse soffermandosi in particolare sulla parola "puttanelle" come per prendersi gioco di loro, e poi continuando l'avanzata finchè non scomparvero finalmente dalla loro vista...
Pasarono pochi seconi di inquitante silenzio, poi finalmente parlarono...
«Beh... abbiamo avuto la nostra accoglienza...» Sospirò Arewyna in modo ironico.
Erano tutte un pò stordite, per colpa del viaggio ma soprattutto per quello che le era appena successo. Chi erano quei ragazzi? Ormai erano certe che abitassero li, ma come facevano a non sapere del loro arrivo?! Fino a quando però i loro pensieri andarono verso un altro argomento...
«Dio ci siamo completamente dimenticate di Amay! Dove può essere!!?» A parlare era Silvia che sconvolta si torturava con nervosismo una ciocca bionda.
«Scusate ma io non lo vado a richiedere... per poco quel matto mi strangolava, siamo sicure che sia questo il posto dove dovremmo stare? Non mi sembra sicuro...» Disse Lenore accarezzandosi il collo ancora rosso per la stretta eccessiva.
«Non abbiamo altri posti dove andare quindi per il momento dovrmmo stare certamente qui, di Amay non proccupiamocene per il momento, se non la toveremo a cena andremo insieme a carcarla, ok?» Dichiarò con tono deciso Rose guardando poi annuire alla sua constatazione le altre ragazze.
«Che ne dite se adesso non pensiamo all'accaduto e scegliamo le camere? In fondo siamo qui per divertirci... beh anche per studiare ma sopratutto per divertirci, quindi andiamo a vedere come sono.» Esclamò Alice con un sorriso, la sua dolce innocenza avrebbe fatto tornare il buon'umore a chiunque...
«Si è vero Alice ha ragione, Amay non può essere in pericolo e prima o poi salterà fuori e poi noi mica ci facciamo intimorire da qualche stupido ragazzo scorbutico, giusto?» Cantilenò Arewyna concludendo con una leggera risata.
«Siii, che ne dite se facciamo un gioco per le camere, così ci capiteranno casualmente e non rischieremo litigi e cose del genere, se volete intendo, senò possiamo fare in un altro modo...» Vociò Silvia entusiasta ma imbarazzata.
«Certo perchè no, cosa hai in mente??» Le rispose Alice sorridendole.
«Beh... io, ecco pensavo che potremmo dare un numero alla porta di ogni stanza e poi scrivere i cinque numeri su un foglio del mio quaderno, tagliarli, e poi una alla volta ne percherà uno...che ne dite, forse è troppo infantile?» Chiese infine con un po di timore la bionda, tirando fuori dal suo trolley un quaderno arancione e un astuccio nero.
«No secondo me non è troppo infantile, ci serve qualcosa che ci distragga per il momento, quindi facciamo questo giochino e poi però ognuna in camera sua per riposare, chiaro?» Tutte annuirono felici alle parole appena dette da Lenore.
Iniziarono così a numerare le stanze, tra risate e scherzi.
Le faceva bene distrarsi per il momento dai pensieri che tamburellavano le loro menti, inoltre sembravano tutte felice, nonostante oguna era proccupata sia per la propria futura incolumità nella magione e sia per Amay che era stata portata via chissa dove per la villa...





Lo spiazo dove arrivano, a destra c'è il corridoio con le camere delle ragazze e a sinistr le scale che portano al secondo piano.





<3




 

Angolino di Veronique

Buona sera a tutte!
Inizio subito col dire che la parte del "gioco" finale mi ha ucciso completamente il capitolo eliminando la tensione iniziale che cercavo di trasmettere, ma in un quache modo le stanze dovevo fargliele scegliere casualmente quindi... imploro perdono, comunque se fa molto schifo scrivetemelo che provo a cambiarlo.
Allora un altra cosa che pensavo sopratutto scrivendo la parte finale era "Ma queste tipe si sono dimenticate della povera Amay? O semplicemente non gliene importa nulla?"
Beh alla fine ho voluto fare che se ne ricordassero (ovviamente) e che però siccome erano sconvolte da quello che le era successo prima, decidono che per il momento non fanno nulla per cercarla (anche perchè pensano che non sia in pericolo e che riapparirà più tardi).
In questo capitolo ho cercato di descrivere i vampiretti... mi sono venuti estremamente Occ nel carattere, ma apparte quello ho avuto problemi con Reiji, scusate la mia immensa stupidità ma non riuscivo a descrivere bene il colore degli occhi...
Vabbè apparte questo spero vi piaccia.
Commentate in molti<3

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Capitolo 7
*** 6 ***


Non temere la morte, perchè la morte non esiste, esiste solo la vita.
Non temere il dolore perchè non esiste il dolore, esiste solo il bene.
La mortè non esiste.
Essa è il frutto delle nostre paure, di ciò che noi non conosciamo, che non possiamo vedere e che non possiamo toccare...



Erano le venti in punto.
Un ragazzo se ne stava seduto sull'angolo di un letto, nella penombra della camera scura, illuminata solo dalla tenue luce di una piccola lampada posta sopra il comodino.
Osservava pensieroso la figura della ragazza stesa nel mezzo del letto che dormiva quieta circondata dall'oscurita, e ripensava a quanto successo poche ore prima, alla chiamata che aveva ricevuto quella mattina, a quello che gli aveva detto l'interlocutore, all'arrivo delle ragazze, all'arrivo di lei...
La ragazza, avvolta nelle coperte, era sdraiata su un fianco, rivolta verso la finestra che si affacciava a uno stupendo balcone stile vittoriano e i suoi lunghi capelli lisci erano sparsi in modo disordinato sul cuscino.
Il ragazzo si tirò su in piedi, stiracchiando di poco la schiena, lasciando l'angolo della coperta che prima stringeva tra le dita, chiudendo le palpebre e lasciando un lungo sospiro di rassegnazione.
"Certo che ha il sonno profondo" Pensò tra se e se il ragazzo riaprendo gli occhi smeraldo per poi ripuntari sulla ragazza assorta ancora nel suo sonno poi si girò ed andò verso la finestra aperta.
l'orologio a pendolo della hall tuonò in tutta la casa annunciando il passare del tempo che, inesorabile passava, facendogli ronzare i timpani.
Da un paio d'ore era ormai calato il buio, portando con sé quel fresco venticello serale accompagnato dall’oscurità,  e il bosco circostante la magione era immerso nel più totale silenzio.
«Do...dove mi trovo?» Disse una voce femminile con tono confuso alle sue spalle.
Il ragazzo non dovette neanche voltarsi per capire da chi provenisse, capì subito che finalmente si era finalmente svegliata.
"Ci siamo, il grande momento sta lentamente arrivando" Si disse per poi voltarsi e dirigersi al suo capezzale.
«Benvenuta alla tenuta Sakamaki... Amay» Gli disse il rosso sedendosi accanto a lei e porgendogli la mano che lei strinse incertai per poi alzarsi lentamente a sedere.
«Io sono Ayato e questa è la tua nuova stanza....» continuò, piegandosi in avanti e cercando di abbassarsi quel tanto che bastava per guardarla in faccia.
Visto così da vicino Amay notò che il rosso davanti a lei era giovane, davvero molto. Probabilmente doveva essere suo coetaneo e certamente non aveva più di diciotto anni.
Il ragazzo emanava un fascino particolare, qualcosa di antico mescolato a un qualcosa di moderno. La pelle chiara, il naso perfetto, gli zigomi alti e marcati, gli occhi di quel particolare verde, in grado di apparire quasi gialli, costellati da ciglia chiare e rossiccie. E le labbra… oh, le labbra! Sembravano disegnate. Rosse e sensuali.
Rimase però particolarmente incantata da quei suoi occhi chartreuse, fin quando lui non si avvicinò di più facendo lentamente posare le sue labbra su quelle di lei, creando un bacio inaspettato, caso e privo di qualsiasi emozione possibile che non durò meno di una manciata di secondi.
Poi lui si staccò, si alzò ed andò a sedesi su un divanetto poco distante dal letto con le braccia incrociate al petto.
«Perc...perchè l'hai fatto?» Disse Amay tentando di essere più calma possibile.
«Sciocca…» La richiamò il rosso con quella sua voce deliziosamente roca di desiderio.
 «Te mi appartieni principessa, quindi posso fare quello che voglio con te, sei legata a me e ai miei fratelli da un patto indissolubile più vecchio del tempo...» Continuò incrociando le braccia al petto e guardandola divertito.
Amay sentendolo si irrigidì all’improvviso.
«Non dici sul serio... e poi perchè principessa?...» Mormorò lei, avvertendo un brivido lungo la schiena.
«Sì, sono serissimo, ed ogni cosa a suo tempo.» Replicò lui, trattenendo una leggera risata. «Comunque se ti intaressa il patto l'ha stipulato il tuo dolce paparino con la mia famiglia.» Aggiunse con un ghigno beffardo per poi stendesi comodamente sul divanetto a pancia all'aria e portando le braccia dietro la testa chiudendo gli occhi.
«No...tu non conosci mio padre!...» Insisté lei, sentendo le guance che si arrossavano per l’indignazione.
«La tua voce tremola» Sussurrò seduciemente il rosso.
«Non mi sembri così convinta di quel che dici principessa, mentre io lo sono fermamente.» La canzonò allegramente.
Amay era sconvolta, se quello che diceva era vero perchè suo padre non glielo aveva detto...
Le aveva scritto che sarebbe andata da persone di cui suo parde si fidava... le aveva scritto che avrebbe trovato altre cinque ragazze e che si doveva fingere una studentessa in viaggio di istruzione... le aveva scritto che si sarebbero visti presto, che doveva fidarsi di quello che le avrebbero detto i propetari della casa e che se ci fosse stata una qualsiasi situazione di pericolo avrebbe dovuto semplicemente dire "la Stirpe" e probabilmente tutto si sarebbe dovuto risolvere... di quest'ultimo non aveva capito molto, non riusciva a capacitarsi su come una parola potesse risolvere una spiacevole situazione, ma le aveva detto di usarla solo in caso di massimo pericolo.
Mentre pensava e ripensava se le fosse sfuggito qualcosa da quello che le aveva scritto il padre si trovò a vagare in giro per la stanza con lo sguardo.
Sembrava la stanza di un hotel di lusso: c'erano due poltrone e un divano a sinistra del letto, davanti a esso un grande tavolo rotondo di vetro e un enorme libreria alla sinistra del letto; un lampadario di cristallo regnava sull'enorme camera e il pavimento era ricoperto da una morbida moquette panna in tono con i muri chiari. Tutto le ricordava tremendamente il convitto...
La porta della stanza si aprì lentamente facendo entrare cinque figure.
«Avete fatto prima del previsto, comunque si è appena svegliata» Disse il rosso alle figure appena entrate nella stanza della ragazza.
«Oh Ayato non avrai mica approfittato di lei vero? Fuwfuwfuw... infondo è una nostra ospite d'onore e se le succede qualcosa ci troveremmo tutti sottoterra.»  Disse uno con il suo stesso colore di capelli e un cappello di feltro nero.
 Ayato si mise seduto e roteò gli occhi sbuffando sentendo quello che gli aveva appena detto il ragazzo di fronte a lui.
«Certo che non ho fatto niente, ma a quanto pare non sa nulla del patto!»Gli rispose poi seccato osservando il ragazzo moro estrarre un libro dalla libreria accanto al letto e sedersi sulla poltrona accanto a lui.
«Beh vuol dire che gielo spiegeremo noi... no?» Disse infine il moro aprendo il libro e fissando Amay terrorizzata.









 

Angolino di veronique

Scusate è vero sono imperdonabile per il mio infinito ritardo, ma sinceramente questo capitolo c'è l'avevo pronto da settimane ormai e non so come mai non l'ho pubblicato...
Spero vi piaccia<3

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Capitolo 8
*** 7 ***


Il tempo passa. Anche quando sembra impossibile. Anche quando il rintocco di ogni secondo fa male come il sangue che pulsa nelle ferite. Passa in maniera disuguale, tra strani scarti e bonacce prolungate, ma passa.



Venti in punto.
Una ragazza dai lunghi capelli bianchi era in piedi, accanto alla finestra, ad ammirare la luna celestiale.
-Alice, no!- La ragazza si girò per vedere chi mai l'avesse chiamata.. ma non fece in tempo a voltarsi che un'ombra scura la inghiottì completamente.
Lo scenario cambiò, adesso si trovava sdraiata su di un freddo pavimento di pietre, sentiva dei rumori, ma non riusciva in alcun modo a parlare, la voce le moriva in gola.
Si sentiva come legata, stanca, impotente, debole, ed era davvero una sensazione straziante per lei.
Davanti lei intravedeva il volto di una donna apparentemente famigliare, ma non riusciva a mettere bene a fuoco il suo viso.
«Andrà tutto bene, vedrai piccola mia.»
Le continuava a ripetere la donna, quiasi sull'orlo di un pianto.
Finalmente riuscì a mettere a fuoco la figura e il cuor suo perse un battito.
«Io non ti lascerò mai.»
Dopo quelle parole però la donna sparì, lasciandola sola.
Quello che sentì in seguito furono solo spari e urla, probabilmente di dolore.
Un'ombra di fumo scuro le apparve intorno, lei tentò di divincolarsi, ma inutilmente, ormai ne era stata completamente inghiottita.
Alice si svegliò, maldida di sudore e sconvolta.
Passò stesa sul letto alcuni minuti per permettere al suo corpo di riprendersi dopo l'incubo appena avuto.
Poi guardò l'ora sulla sveglia posta sul comodino, accanto all'letto dove si era appisolata dopo aver terminato di svuotare le valigie, erano le otto e mezza e mancava poco all'ora di cena, quindi decise di alzarsi per rinfrescarsi.
Si alzò, andò verso la mensola dove aveva riposto il suo Beauty-case con i suoi effetti per la cura del corpo, come i suoi shampoo e  trucchi, ed insieme ad esso prese un asciugamano e si diresse verso la sala da bagno che da quello che aveva capito era in fondo al corridoio del piano di sopra.
Uscì dalla sua stanza e, dopo aver richiuso piano la porta alle sue spalle, si apprestò a raggiungere le scale.
Non si sentiva alcuna voce proveniente dalle camere delle altre ragazze e nemmeno dal piano di sopra, accese allora la luce accanto alle scale e iniziò a salire.
Quando finalmente raggiunse la sala da bagno rimase sbalordita dalla classe che quel luogo aveva,  era a dir poco enorme; i pavimenti erano in mattonelle bianche e oro, al centro vi era una vasca in ceramica con accanto un mobiletto per gli asciugamani, già ricco di prodotti da usare, un enorme specchio posto sopra il doppio lavandino   rifletteva tutta l'immensità di quella stanza e le finestre erano senza tende ed adornate ai bordi da delle incisioni in oro.
Una cosa che le saltò subito all'occhio fu la vasca piena d'acqua, come se qualcuno l'avesse appena riempita per utilizzarla, ma non ci fece più di tanto caso, siccome essa era completamente vuota, così si posizionò davanti al lavandino, si lavò la faccia e si guardò attentamente allo specchio per alcuni secondi.
Poi le tornò in mente il recente incubo che la sua testa aveva creato utilizzando i suoi vecchi ricordi, e un forte dolore la colpì al petto.
 "E' stato solo un sogno Alice! Solo un'altro fottuto, fottutissimo sogno dove compare lei!"
Si disse portandosi entrambe le mani sul volto.
Era da quando aveva saputo di dover trasferirsi un anno all'estero che aveva iniziato a sognarla costantemente...
Ma il dolore al petto non voleva cessare, così Alice pensò di sfruttare la vasca già piena d'acqua per farsi un bel bagno caldo sperando che almeno quello la facesse distrarre.
Allora dopo aver riposto tutto nel suo beauty-case iniziò a spogliarsi.
Quando però rimase solo in intimo il rumore di spostamento d'acqua alle sue spalle la fece paralizzare.
«Suvvia non fermarti mi stavo iniziando a divertire, Sweety...»
La voce profonda proveniva indubbiamente da dietro di lei, probabilmente dalla vasca da bagno, ma attraverso lo specchio dietro di lei non vedeva nessuno.
«Pff, non essere stupida, non mi puoi vedere attraverso uno specchio, pensavo che dopo l'ultima volta l'avessi capito, ma a quanto pare bisogna spiegarti sempre tutto.» Continuò la voce terminando la frase con una leggera risata maniacale.
Alice non ascoltò neanche una parola, era troppo tesa per poter pensare a quello che la voce le stava dicendo.
Aveva riconoscuto a chi apparteneva la voce, ma non voleva crederci.
Con uno strattone tolse l'asciugamano da sopra la sua pila di vestiti piegati, e se l'avvolse frettolosamente intorno al corpo, per coprirsi.
«Cosa ci fai tu qui?... Speravo fossi morto... E comunque lo sai che non hai il diritto di chiamarmi così, tu, schifoso mostro!» Urlò la ragazza stringendo i pugni e serrando la mascella, in una smorfia di rabbia.
«Anche io sono felice di rivederti SWEETY...» Rispose la voce soffermandosi sull'ultima parola, provocando così Alice che finalmente si girò.
I ricordi sono la nostra storia, la nostra vita passata, il ricordo delle cose passate non è necessariamente il ricordo di come esse siano state veramente...
Alice sentì un forte dolore al petto che per pochi secondi le fece chiudere gli occhi...
Nella sua mente rivide la scena di sei anni fà...
Era come se fosse successo solo ieri...
«Fermati! Non farlo ti prego! NO!!» Supplicò di una bambina di dieci anni ancora troppo immatura per riuscire ad affrontare il mondo da sola.
Quello che avvenne dopo furono solo un susseguirsi di strani versi stridenti come unghie su una lavagna, e poi quell'essere  squarciò, senza pietà, di netto il collo della povera donna che ormai morente, giaceva in una pozza di sangue, sul ciglio della strada, tristemente sfigurata per sempre con la figura che l'aveva uccisa coricata su di essa che se ne stava cibando...
Poi però in quell'assassino si risvegliò qualcosa e si accorse della presenza della bambina.
Così lasciò la donna ormai defunta e si avvicinò a essa...
Poi il ricordo diventò sfocato e Alice si ritrovò di nuovo nella sala da bagno.
«E' colpa tua sporco... sporco mostro! Solo colpa tua! MIA MADRE E' MORTA PER CAUSA TUA!»
Le urlò addosso alla figura che si trovava ammollo nella vasca.
A quel punto non riuscì più a trattenere le lacrime che scendevano veloci dai suoi splendidi occhi azzurri iniziarondo ad appannarglieli.
«Oh si lo è, sfortunatamente ho lasciato qualcosa in sospeso con te...ma aimè non è questo il motivo per cui sono qui, ho sentito che è arrivata un ospite speciale in questa casa, quindi mi sembrava dovuto venire qui di persona, così ne ho approfittato per passare a vedere come stavi... ma tranquilla noi ci rivedremo Sweety e la prossima volta finirò quello che ho iniziato, e ti farà molto male...» Concluse la figura nella vasca chiudendo gli occhi e immergendosi completamente in essa fino a scomparire.
Alice sbattè più volte gli occhi e se li sfregò con le mani per asciugarli, convinta che si fosse in realtà solo immaginata tutto, perchè ora la vasca era vuota, non c'era acqua in essa.
Così, sconvolta, decise di tornarsene in camera e aspettare le compagne per andare a cena e meditare se quello che le era appena successo fosse stato solo un sogno oppure realtà...







Alice a 10 anni


 

Angolo di Veronique

Dopo tanti giorni di indecisioni finalmente un nuovo capitolo.
Sinceramente prima di questo c'è ne sarebbero dovuti essere altri due (che sono già pronti) ma che ho deciso di inserire più avanti per far quadrare il tutto.
Ho scelto questo capitolo tra gli altri per approfondire il personaggio di Alice e anche per lasciarvi un pò di suspance...istigandovi con delle domande...
Chi sarà la figura che Alice ha visto nella vasca?
Cosa era reamente? Perchè ha ucciso sua madre?
Ma sopratutto...
I Sakamaki racconteranno cos'è il patto ad Amay? (Dallo scorso capitolo)
Aggiorneò presto il prossimo capitolo e ringrazio di cuore chi continua a sostenermi commentando<3.

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Capitolo 9
*** 8 ***


È inutile cercare di rievocare il passato, tutti gli sforzi della nostra intelligenza sono vani. Esso si nasconde fuori del suo campo e del suo raggio d’azione in qualche oggetto materiale che noi non supponiamo. Quest’oggetto, vuole il caso che lo incontriamo prima di morire, o che non lo incontriamo mai...



Seduto sulla splendida poltrona il moro, dopo essersi messo apposto gli occhiali, aprì il grosso libro appena estratto.
«Sei sicura che vuoi conoscere la vera leggenda del nostro accordo?» Chiese prima di incominciare a narrare la leggenda.
Amay prima di fare cenno di si con la testa fissò Ayato, come per ricevere un qualche supporto nel rispondere, infondo era l'unico che, più o meno, conosceva, ma quest'ultimo però non arrivò.
«Bene, vuoi davvero sapere di quali pene si è macchiato tuo padre, la nostra famiglia, i nostri antenati, e noi stessi?» Aggiunse il ragazzo squadrandola attentamente con fare severo.
«Si-i lo voglio...» Gli rispose in modo flebile Amay, prima di accoccolarsi sotto la coperta, come per proteggersi dalle possibili cose che avrebbe a breve sentito, cosa che fece scappare un sorrisetto al moro intento a fissarla.
«Allora, lascia che ti racconti la vera leggenda del regno della notte... perchè la leggenda diffusa sulla terra su di esso è solo una cavolata.» Premise.
«In un passato remoto, ormai dimenticato da troppi, al di la della notte, nacque il primo re dei vampiri...» Iniziò a leggere in modo scorrevole lui.
«V-vampiri!?» Sussurrò Amay senza farsi sentire. Non poteva credere di aver capito bene, e aveva un brutto presentimento, sentiva che stava per ascoltare qualcosa di brutto...
«La leggenda narra di un potente re, che governava il proprio popolo con malignità e violenza, e di sua moglie. Erano sposati ma lui e la sua compagna non potevano avere figli e questo turbava sempre molto il marito, portandolo alla depressione. Il re torturava, bruciava o impalava chiunque non sottostava alle sue leggi, tenendo tutto questo nescosto alla moglie.
Una notte senza stelle, dopo aver scoperto il terribile segreto del marito, la moglie rivolse le sue preghiere agli spiriti maligni implorando la fecondità, così che il regno potesse avere un nuovo sovrano e così che la popolazione smettesse di soffrire per mano del marito.
Uno solo di questi l'ascolto, il più terribile di tutti, il suo nome era Honne Kiro, figlio di Ade e di una delle tre Moire, che le ghermì il cuore facendola cadere ai suoi piedi.
Con lui strette un accordo, Honne avrebbe donato alla giovane regina una lunga e potente dinastia in cambio lei doveva uccidere il re e sposarsi con lui.
La donna disperatamente innamorata accettò, ma fu ingannata...
Dopo aver ucciso il re lo spirito, passato nel mondo dei viventi, si impossessò dell'involucro vuoto del re insinuandosi nel suo cuore e nella sua mente, riplasmando quel corpo a sua forma e immagine.
Poi ringraziò la donna per averlo aiutato a scappare dagli inferi e per averlo fatto ritornare sulla terra, spiegandole che per tornare a vivere tra gli umani necessitava di un corpo senza anima, da occupare.
Dopo aver preso comando del regno però il terribile demone mantenne la sua promessa e donò alla donna la fecondità. Al contrario di tutto quello che si immaginava dopo neanche quattro mesi la donna diede alla luce un figlio, perfettamente sano nonostante la nascita terribilmente prematura.
Quando però, piena di gioia, quest'ultima  lo portò a vedere a Honne, ora suo marito, lui le disse di non allattarlo e di portargli due vacche sane da mangiare perchè ciò che aveva creato, se non perfettamente cibato di carne e sangue avrebbe scatenato il caos nel regno.
Solo in quel momento, quando osservò il modo famelico in cui il neonato si avventava sulle due mucche morte capì quello che aveva fatto, suicidandosi due giorni dopo il parto...
Aveva appena creato un mostro, forte, come le aveva promesso Honne, ma crudele e famelico, che si nutriva del sangue... il primo vampiro... Akimoto Kiro.
Honne, dopo la morte della regina, non badò mai a Akimoto lasciandolo cibarsi a suo piacimento dei domestici e infine anche del popolo su cui governava.
Quando però il regno fu completamente distrutto padre e figlio si separarono definitivamente andando a cercare di che vivere nei regni vicini.
Mi sembra quasi inutile dire che Akimoto, quando crebbe, diede inizio a una lunga stirpe indissolubile di suoi simili; qualunque donna, sposata o non, si incantava al suo passaggio avvicinandosi a lui tanto da cascare nella sua trappola e lasciarsi "trasformare".
La trasformazione era estremamente dolorosa e difficilmente si riusciva a sopravivere a essa, questa avveniva se il vampiro che  mordeva decideva di risparmare la vita alla vittima, e solo una donna trasformata poteva procreare un vampiro...»
Terminò la lettura, un secondo, il moro,  per controllare se Amay lo stesse seguendo o se aveva domande, ma questa era ferma, immobile, perfettamente attenta e con lo sguardo incuriosito che lo intimava a continuare.
«Quando nel 800 si crearono rivolte contro questi esseri dai poteri, per l'uomo, terrificanti, iniziarono a bruciare al rogo, impalare, fucilare o ghigliottinare tutte le donne considerate vampire nonostante poteva capitare che queste ultime non lo fossero realmente, e, dopo aver catturato Akimoto, anch'esso sfortunatamente finì tra le fiamme.
La sua stirpe si dimezzò, ma ciò nonostante i vampiri trasformati si erano ormai dispersi in tutto il mondo, dando una possibilità al continuo della dinastia.
Solo cinque tra le donne, sopravvissero ai cacciatori di vampiri, una di queste fu tua madre, che diede vita a una delle tre famiglie più potenti di immortali mai esistite, insieme a tuo padre, figlio anch'esso del demone Honne che, anni dopo la nascita di Akimoto, aveva dato alla luce insieme alla sovrana di un altro regno...»
«Non osare scherzare!»  Esclamò Amay interrompendolo e levandosi  il lenzuolo di dosso, mettendosi seduta sulle ginocchia e stringendo il cuscino, su cui prima era poggiata la testa, tra le braccia con forza.
Questo fece meravigliare i ragazzi all'interno della stanza, che non si aspettavano un interruzione da parte sua.
«Che ti è preso?»  Chiese il moro leggermente irritato non capendo il motivo dell'interruzione da parte di questa, chiudendo il libro e bloccando le pagine con il pollice e l'indice per mantenere il segno, e tirandosi un pò sù gli occhiali scuri.
«Io sono più che certa di non essere un vampiro, quello che dici è assurdo! Io non succhio il sangue dalle persone, non uccido nessuno! Quindi quello che dici è impossibile! E se anche fosse, quello di cui stai narrando è successo più di duecento anni fà quindi è impossibile che i creatori di quella presunta dinastia siano i miei genitori!»  Iniziò ad urlare Amay  guardando le sei figure oltre lei nella stanza e passandosi nervosamente le mani tra i lunghi capelli biondi.
«E magari, che ne so, mi state solo prendendo in giro, magari tutte queste cose che mi avete detto, il patto, i miei genitori, il fatto che esistono i vampiri, sono solo cavolate!»Continuò a sbraitare disperatamente, fin quando un ragazzo dai capelli bianchi, rimasto in disparte fino a quel momento, le se avventò sopra, bloccandola supina sul matesasso.
«Pensa quello che vuoi noi ti abbiamo detto il vero non importa se tu ci credi o no... farai lo stesso quello che ti diciamo noi... che ti piaccia o no sei sotto nostra, puoi chiamarla, "protezione" e quindi dovrai sottostare alle nostre regole, ti è chiaro?»  Le disse a denti stretti, per poi alzarsi e addossarsi a una parete continuando a fissarla.
Dopo le parole del ragazzo tutti rimasero in silenzio, in un inquietante silenzio, nessuno proferì parola, non c’era rumore, solo silenzio, fino a quando una voce, che proveniva da dietro Amay, non lo infranse.
«Suvvia, dai, vi sembra questo il modo di trattare la mia sorellina?» Disse la figura alle sue spalle portando le braccia sul bacino di Amay e tirandola a se come in un abbraccio, non permettendole però di girarsi per vederlo nel volto.
«Oh, no per favore, non terminate il racconto dolo perchè sono arrivato io, mi entusiasma risentire questa storia...eravate già arrivati a raccontare di me(?)» Terminò in modo leggermente ironico fissando in modo provocatorio i ragazzi che appena l'avevano visto comparire erano scattati all'erta...
 

Honne Kiro
Akimoto Kiro


<3



 

Angolo di Veronique

Mi piace inventare personaggi e poi passare ore a cercargli un prestavolto adeguato che lo descriva al meglio.... si ho dei seri problemi *risata maniacale*.
Grazie inanzitutto per i commenti stra graditi come al solito, sono immensamente felice di sapere che la mia fic viene apprezzata.
Beh che dire...
Il nostro Reiji inizia a narrare la leggenda del primo vampiretto per cercare di spiegare ad Amay quale patto li lega... ma questo non viene ancora detto.
Amay non crede a quello che le viene detto, e come darle torto, lei non sa se è realmente un vampiro o no.
E per ultimo, dopo un aggressivo Subaru che, se cavolo c'ero io al posto di Amay ne avrei approfittato, l'aggredisce, fa la sua comparsa un altra figura che dice di essere un fratello di Amay.
Vi lascio con le solite domande...
Chi sarà quel ragazzo?
Perchè i vampiretti sono scattati all'erta alla sua vista?
Chi sono i genitori di Amay?
E soprattutto, QUALE CAVOLO E' IL MOTIVO PER CUI E' LEGATA A LORO E CHE COSA DICE IL PATTO?!?!
Un bacione<333 Commentate in molti.

 

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Capitolo 10
*** 9 ***


Sentire i propri sensi acuirsi all'oscurarsi del cielo....
Rimanere incantati ascoltando una melodia malinconica...
Lasciarsi commuovere da scenari naturali suggestionanti...
Perdersi stregati a contemplare la Luna alta nel cielo buio...



Venti in punto.
Lenore si guardò allo specchio, uno, due, tre minuti... poi, sorrise.
Un sorriso finto e forzato, fu quello che però ricoprì il suo volto...
Lentamente oservava il proprio riflesso, poi aprendo il colletto della camicia e spostando in lato i lunghi capelli puntò lo sguardo sul suo collo, passando le mani sul sottile segno violaceo in esso, lasciato dalle mani del moro che poco tempo prima l'aveva aggredita.
Smise di fissarsi e riprese ciò che precedentemente stava facendo, andando verso la finestra.
Continuava a tormentarsi su chi fossero quei misteriosi personaggi che popolavano questa misteriosa e sconosciuta Villa persa nel cuore del bosco, senza però arrivare a una conclusione.
Questo stava pensando mentre teneva in mano una tazza di thé caldo guardando fuori dalla finestra bagnata dalle gocce di pioggia che scorrevano lungo il vetro dalla sua attuale camera.
Con uno scatto deciso l'aprì...
Aveva approfittato di quel momento di calma prima di cena, per provare a rilassarsi e, sebbene odiava non poter godere del fugace tepore del sole, anche la pioggia la rilassava parecchio.
Svogliatamente guardò fuori appoggiandosi al telaio della finestra, portandosi una  mano a reggersi il mento mentre con l'altra stringeva il suo thè.
Il curatissimo giardino della villa aveva sentieri in ghiaia costeggiati da basse siepi sempreverdi. Fra i vari sentieri vi erano piccoli tratti di prato tagliato perfettamente con aiuole di rose rosse.
Rosse come il sangue...
...Alzò la cornetta, quasi svogliatamente, a quella chiamata che non avrebbe mai voluto ricevere.
«Pronto» Sbuffò, convinta che fosse uno dei suoi soliti amici e invece dall'altra parte le rispose un uomo adulto di cui non riconosceva la voce.
«Pronto, mi scusi parlo con casa Allan?» Chiese l'estraneo.
«Si... Chi è?» Rispose allora Lenore con voce calma e secca.
«Chiamo dall'ospedale di Bath, Duskwalker...»
A quelle parole mille pensieri le invasero la testa facendole palpitare all'impazzata il cuore... cosa poteva essere successo?!
Che suo padre si fosse ferito durante il suo turno di lavoro?
Che sua madre fosse caduta da una scala slogandosi una caviglia mentre si trovava in ufficio?
«Che succede?» Le uscirono soltanto queste due misere parole dalla bocca.
«Mi scusi, sono il dottor Graceiries, la signorina Amber Allan ha avuto poco fa un incidente...»
Lenore perse un battito, sentiva le lascrime pizzicarle gli occhi, vogliose di scendere, ma, cercando di non pensare subito al peggio, continuò a dialogare con l'uomo dall'altra parte della cornetta.
«Mia sorella!? Che gli è successo?» Farfuggliò con tono sconvolto portandosi una mano ai capelli tirandoseli leggermente.
«Avvisi i suoi genitori signorina Allan, abbiamo bisogno che veniate quì il più prima possibile... grazie.»
Senza rispondere a nessuna delle sue domande la voce di quel dottore tristemente consumata riagganciò la chiamata.
Dopo aver avvisato i suoi genitori insieme a loro Lenore si diresse in ospedale.
Il dottore parlò dell'incidente alla sua famiglia, un uomo di mezza età ubriaco che guidava in controsenso fece cadere la moto, dove viaggiava Amber, sua sorella, insieme al suo ragazzo, in un burrone...
Morti entrambe sul colpo...

La sottile brezza che aveva soffiato lentamente per tutto il tempo cessò, lasciando tutto statico e immobile.
Una...due...tre...
Le lacrime scendevano dal suo volto, ricordarsi quell'avvenimento, per causa di quello stupido ragazzo moro, aveva nuovamente aumenato il suo odio e disprezzo verso il genere maschile.
Con l'intenzione di andarsi a sedere sulla splendida poltrona rossa cremesi accanto al letto, dopo aver chiuso la finestra e poggiato la tazza di the ormai vuota sulla scrivania, iniziò a camminare.
Ma un idea le balenò per la mente e prima di raggiungere la poltrona cambiò la sua direzione e, con passo deciso, uscì dalla stanza.
Fece a ritroso la strada che precedentemmente aveva dovuto percorrere per raggiungere il corridoio con le stanze da letto, attraversando i corridoio scuri e lugubri illuminati di tanto in tanto da qualche piccola lampada, senza alcun timore; oltrepassò parecchie stanze con la porta chiusa, fin quando non raggiunse il punto da lei precedentemente scelto.
La porta era chiusa.
L'aprì lentamente, poi guardò dentro e non vedendo nessuno entrò.
La stanza in cui si ritrovò era piena di oggetti stravaganti.
Pesanti tende rosso cremisi oscuravano parzialmente le grandi finestre a specchio, giusto davanti lei, proiettando strane ombre sul pavimento di marmo chiaro.
C’era qualcosa di strano in quella stanza. Era colma di oggetti a cui non sapeva dare un nome e o di cui ne aveva solo sentito parlare nei libri, tipo le strane ampolle che si trovavano sul tavolo alla sinistra della stanza che servivano probabilmente per fare esperimenti.
Addossato a entrambe le pareti si trovavano diverse librerie scure.
All'interno dei mobili vi erano vecchi manoscritti rilegati in pelle.
Data la sua natura curiosa non potè fare a meno che avvicinarsi a essi, infondo il morivo per cui era li era proprio per scoprire di più su quella stanza che, da subito, aveva attirato la sua attenzione.
Ne prese uno ed iniziò a sfogliarlo.
Era pieno di disegni e appunti.
Ne prese un altro.
Pieno anche questo di riflessioni ed avvenimenti.
Erano diari...
Iniziò a leggere delle pagine alla rinfusa, sfogliandoli velocemente.
Parlavano di esperimenti, alcuni legati all'anatomia, altri ai veleni e altri ancore perfino alle torture per i processi di morte...
Quest'ultimo argomento in particolare attirò l'attenzione di Lenore... La morte, le torture, possibile che gli studi che hanno essi come fodamenti possano risultare così interesanti agli occhi di una sedicenne?
«Bene bene... Guarda un po, mi allontano una manciata di minuti e la plebe osa intrudursi nei miei studi privati... Cosa dovrei farci con te ora?» Lenore rabbrividì nel sentire una voce alle sue spalle, tra l'altro sapeva esattamente a chi apparteneva e ciò la preoccupava maggiormente.
«Di nuovo te...cosa vuoi?» Sospirò girandosi a fissare il ragazzo moro negli occhi, tenendo la testa alta come era solita fare contro un ragazzo.
«Io cosa voglio?! Pff, lurida umana sei te che ti sei intrufolata nel mio studi iniziando a rovistare tra i miei effetti personali senza permesso.» Il moro aveva tutti i motivi per essere arrabbiato e Lenore sapeva di essere dalla parte del torto ma non poteva ignorare che quel ragazzo l'attirava e il solo discutere con lui le provocava un inebriante senso di piacere.
«Il gatto ti ha mangiato a lingua? Come mai adesso non parli più?» Chiese leggermente irritato a Lenore.
«No, scusami, me ne stavo giusto andando...» Lo ammonì avviandosi alla porta con il libro che stava sfogiando prima, cercando di nasconderselo sotto la giacchetta che le copriva le spalle. Cosa che al ragazzo non passò inosservata facendolo sorridere e dire.
«Mi piacerebbe continuare a chiaccherare con te ragazzina ma ho degli affari più importanti da sbrigare, tieni con cura il mio diario, mi raccomando quello è uno dei miei preferiti. Credo che ci vedremo molto presto noi...»
A quel punto allora Lenore si fermò sulla soglia della porta aspettando che il moro la sorpassase uscendo anch'esso e vedendolo chiudere, a chiave questa volta, la porta di quello che aveva capito fosse il suo studio.
«Ah, per sicurezza chiudo a chiave la porta, non vorrei mai che curiosassi troppo, comunque mi chiamo Reiji»
Detto questo lasciò li la ragazza e si avviò dalla parte opposta del corridoio fino ad essere completamente inghiottito dall'oscurità sparendo dalla vista della ragazza.


<3




 

Angolino di Veronique

Dopo veramente troppo tempo ecco finalmente il nuovissimo capitolo.
La cara Lenore curiosa negli studi del caro Reiji, che in realtà non ne sembra poi così dispiaciuto...
Il prossimo capitolo sarà su Amay e finalmente si scoprirà chi è il ragazzo che si presenta come suo fratello.
Amay si ricorderà qualcosa del suo passato? Bah sta a voi scoprirlo.
Grazie a tutti per chi commenta<33 è grazie a voi che continuo a scrivere.

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Capitolo 11
*** 10 ***


Qualunque fiore tu sia,
quando verrà il tuo tempo, sboccerai.
Prima di allora
una lunga e fredda notte potrà passare.
Anche dai sogni della notte trarrai forza e nutrimento.
Perciò sii paziente verso quanto ti accade
e curati e amati
senza paragonarti
o voler essere un altro fiore,
perché non esiste fiore migliore di quello
che si apre nella pienezza di ciò che è.
E quando ciò accadrà,
potrai scoprire
che andavi sognando
di essere un fiore
che aveva da fiorire.”


C’è un aspetto rincuorante, nella notte.
La calma, forse, o il silenzio in determinati luoghi.
La profondità oscura del cielo che sembra ingogliare le roccie, le persone e le colpe, conglobandoli nelle ombre. Eppure, la notte non è mai completamente solitaria o silenziosa e, quella in particolare, era ricolma di sussurri, di respiri, di sbuffi agitati e di tensione. Di brividi tenuti celati sotto ai vestiti che scorrevano lungo la schiena, sulle braccia...e che fanno accelerare i battiti.
«Suvvia, dai, vi sembra questo il modo di trattare la mia sorellina?» Disse la figura alle sue spalle portando le braccia sul bacino di Amay e tirandola a se come in un abbraccio, non permettendole però di girarsi per vederlo nel volto.
«Oh, no per favore, non terminate il racconto solo perchè sono arrivato io, mi entusiasma risentire questa storia...eravate già arrivati a raccontare di me(?)» Terminò in modo leggermente ironico fissando in modo provocatorio i ragazzi che appena l'avevano visto comparire erano scattati all'erta...
Amay d'altro canto era pietrificata. Come avrebbe dovuto reagire ad una simile rivelazione ?
Era sconvolta, fissava le figure dei ragazzi davanti sè con terrore, proprio come se dietro di lei ci fosse un mostro, pronta a divorarla al primo passo falso.
«Cosa ci fà, di grazia, sua altezza qui, in mezzo a noi?»  Chiese ironicamente il moro per poi, con un gesto sbrigativo, chiudere il libro riinserendolo nella libreria.
«Sono felice che tu l'abbia chiesto Reiji. Non preoccupatevi, non sono qui per creare problemi, o almeno non è il mio scopo principale...» Inscenò il ragazzo che aumentava la stretta sempre di più sul corpicino della povera Amay.
Un ragazzo camminava incappucciato lungo le strade dell'illuminatissima cittadina di Tokio con una meta fissa ben in mente.
Proseguiva a passo svelto, superando le persone che lo circondavano.
Un sorriso di disprezzo misto divertimento si dipinse sul suo viso, quei terrestri erano delle prede inermi, non si accorgevano nemmeno della presenza di un nemico vicino a loro, ma come poteva biasimarli, erano una razza, a parer suo, infieriore e insignificante e con la conoscenza pari a un decimo in confronto a quella della su razza.
Era felice di aver deciso di andare da solo a quell'appuntamento, suo fratello sarebbe stato d'intralcio, e soltanto avvertirlo avrebbe creato problemi.
Quando il cielo iniziò  incupirsi per lasciare spazio alla notte sentì il petto farsi pesante per i cupi pensieri che non gli davano tregua ormai da settimane, esattamente da quando scoprì che il padre aveva intenzione di riallacciare i contatti con lui e con il resto della famiglia. All’inizio aveva anche tentato di accettare la sua scelta, ma quando aveva scoperto tutto quello che gli era successo nel frattempo, le scelte sbagliate fatte mentre lui aveva deciso di scappare di casa col fratello abbandonandolo, erano cominciati gli incubi.
Ogni notte, sempre la stessa scena: Alcune donne erano ammassate una accanto all'altra, la paura che trasudava dai corpi era più che palpabile, era un odore acre che permeava l'aria. Alcune erano ferite, altre solo spaventate,talmente spaventate da non avere neppure il coraggio di piangere il loro dolore e la loro paura con tutta la voce.
Poi arrivava lui. Suo padre. Che, si avvicinva ad una in particolare per poi guardarlo negli occhi e dirgli,“Ho tentato. Ho tentato di essere tra i buoni” e  poi il buio.  
A quel punto, ogni notte, si svegliava madido di sudore, con l’impellente necessità di trovarla, con la consapevolezza di aver sbagliato a permettere di lasciarla andare.
Ogni giorno, da quando tutto era cominciato, appena la luna sorgeva, partiva alla sua ricerca. Non si sarebbe fermato finché non l’avesse trovata.
Non l’avrebbe lasciata sola, non di nuovo, non l’avrebbe lasciata a logorarsi per un fardello che non era solo suo. Insieme l’avrebbero affrontato.
E... si, finalmente sapeva dove trovarla e il merito era sfortunatamente di quel sadico del padre, che l'aveva buttata allo sbaraglio, senza informazioni o aiuti, in quella casa di viziati masochisti insieme a altre cinque ragazze...
Vedersela da solo contro di loro non era completamente impossibile, anzi, ma non avendo suo fratello con se per aiutarlo in caso di bisogno non voleva correre rischi più grandi di lui.
Avrebbe quindi provato a comunicare in modo "civile" con loro.
Nel frattempo era arrivato alla sua destinazione.
La tenuta Sakamaki.
«Tra poco ti rivedrò mia principessa. I nostri peccati sono stati perdonati. Ti vedrò. I tuoi lunghi capelli biondi e i tuoi occhi nocciola, dolci come lo zucchero. Mia adorata sorella...Amay.»  E detto questo la figura entrò nella prima finestra aperta che trovò della magione.

«E allora parla! Dicci il motivo! Se sei qui per lei beh sappi che non puoi averla perchè ormai appartiene a noi, come d'accordo!»Urlò infuriato allora Ayato che non era di certo un tipo paziente da tenere sulle spine.
«Quello che voglio io non vi intaressa, almeno non in questo momento, e lo stupido patto che gli antenati fecero beh, come sapete non ha importanza per me. Sono qui per rivedere la mia sorellina, mi sembra una cosa da bravo fratello, o no?» Rispose trattenendo una risata.
«A si, e per restituirgli la memoria...»Continuò poi con tono provocatorio, fissando prima Ayato poi tutti gli altri, che si erano irrigiditi, come se ciò che aveva detto era arrivato come un pugno in pieno stomaco.
«Gli è stata tolta per un motivo...si ragionevole, non sarà più al sicuro dopo. Appena saprà tutto, cercherà di scappare, ed è meglio che rimanga qui con noi, al sicuro.» Rispose Reiji, cercando di farlo ragionare.
«IO VOGLIO CHE SI RICORDI DI ME!» Urlò poi in preda alla rabbia, poggiando poi la testa nell'incavo del suo collo, continuando a tenerla stretta.
Amay aveva smesso di capire cosa succedeva da ormai troppo.
Non riusciva a seguire i discorsi tra i ragazzi di fronte lei e quello che le stava alle spalle.
La testa le scoppiava, cercava di pensare a cosa potevano significare le parole che si scambiavano, a chi poteva essere l'interlocutore che la teneva stretta a se.
Il suo odore, quella voce...
Era successo tanti anni fà, non saprebbe dire con esattezza quanti, ma come minimo si sentiva che quel fatto andava dai cinquanta ai duecento anni orsono e lei c'era.
Ricorda bene che tutti guardavano con astio, almeno una volta al giorno, il castello della sua famiglia, che si ergeva imponente, lontano dalle case e dai campi ormai quasi sterili.
Tutti erano stanchi delle tasse che il palazzo gli imponeva.
Tutti erano stanchi di perdere i propri cari per via della carestia.
Tutti erano stanchi di uccidersi di lavoro per non meno di pochi spiccioli.
Ma soprattutto, tutti erano stanchi della famiglia reale.
Da quando la vecchia regina, ovvero sua madre,era sparita,scappata secondo alcuni morta secondo altri, era successo il finimondo nel reame.
Grandi e bambini inventavano storie e pettegolezzi infondati rigurdo la sua famiglia.
Alcuni paesani vociavano che il re lasciasse governare i suoi tre figli al suo posto, mentre lui andava a giocare d'azzardo nei reami vicini, perchè del regno non gli importava nulla.
Cominciò anche a spargersi una voce secondo cui ella non era la vera figlia della regina.
Un giorno, mentre girava per il castello, amay ricorda di essersi affacciata a una finestra sentendo una famiglia parlare.
«Ma allora di chi sarebbe figlia la principessa?»Chiedevano dei bambini curiosi.
I genitori abbassavano la voce,temendo di venire scoperti, e lo rivelavano«Del Male»
«Il Male? Quello vero?»Chiesero allora stupiti, alzando di poco la voce.
«Sì, sì, il Male in persona. Ma bada piccolo mio di non farti sentire, o ci farà tagliare la testa a tutti.» Conclusero infine andandosene.
All'epoca ricorda che aveva circa cinque anni.
La mamma la ricordava appena, papà le disse che era morta nel parto ma lei è sicura di averla vista almeno una volta.
Ricorda che iniziò a piangere, piangere così forte che i suoi fratelli entrarono di corsa per consolarla. Se qualcuno li avesse visti tutti e tre insieme non avrebbe mai giurato che fosero fratelli.
Ricorda che erano due uno più grande dell'altro.
«Non piangere Amay.» Queste furono parole del più grande.
«Guardami, sono qui io Amay, sono il tuo fratellone.» Disse l'altro.
«Non piangere più Amay ci siamo noi con te.» Ripeteva come un mantra il maggiore.

«Ma.. ma io mi ricordo già di te...» Sussurrò poi, sorridendo, Amay, dopo aver rivissuto il flashback nella sua mente, staccandosi dall'abbraccio e girandosi verso di lui prendendogli poi il volto tra le mani e guardandolo negli occhi cercando di trattenere le lacrime.
Un grande silenzio si formò in camera, i ragazzi erano sbalorditi, non sapevano come fosse possibile che sapeva chi era.
«Sh-Shin...»Disse infine abbracciandolo forte al collo e liberando le sue lacrime.







(Ok so che non centra molto con il contesto ma è un vecchio mixart che ho fatto io e ritrovato di recente e ho pensato che metterlo serebbe stato carino)



Piccola Amay<3

Angolino di Veronique
Buonsalve allora finalmente ritorno attiva con questa fic!
L'avevo lasciata un pò allo sbaraglio per via della mancanza di idee, o meglio, per via della mancanza del senso logico delle mie idee.
Finalmente si svela l'arcano mistero su chi sia il fratello di Amay. Vi piace come idea? Io personalmente ho sempre amato i due fratelli Tsukinami, quindi mi sembrava giusto che fossero i fratellini di Amay.
Comunuque farò quadrare il reso della storia nei prossimi capitoli.
Vi lascio altre domande con cui scervellarvi fino al prossimo aggiornamento:
La madre di Amay sarà realmente morta?
Cosa ha fatto il padre in assenza dei figli?
Come mai Shin e Carla hanno deciso di fuggire da lui?
Come mai si sono dovuti dividere dalla sorellina?
Che altro dire, spero vi piaccia, e spero di riuscire a aggiornare presto.
Un bacione, Veronique.

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Capitolo 12
*** 11 ***


"Non credere mai di essere altro che ciò che potrebbe sembrare ad altri che ciò che eri o avresti potuto essere non fosse altro che ciò che sei stata che sarebbe sembrato loro essere altro."







Venti in punto.
Rose aveva appena terminato di ordinare tutti i suoi effetti personali nella propria stanza e finalmente poteva riposarsi, beh almeno fino all'ora di cena...
Tutto era minuziosamente curato nei minimi dettagli, i libri erano riposti nell'apposita piccola libreria, la scrivania, situata accanto all'immenso armadio, aveva in un angolo una rigorosa pila di quaderni pronti per la scuola.
L'armadio era perfettamente organizzato, nella cassettiera sul fondo c'erano le scarpe, sullo spazio laterale destro i pantaloni e le giacche, su quello sinistro invece camice, maglie e maglioni, in cima c'erano le borse e i cappelli.
Il letto era a due piazze coperto da un lenzuolo color mandorla così come le tende.
Svogliatamente Rose si buttò su esso e tirò un lungo sospiro, mettere tutto apposto le aveva fatto sprecare un mucchio di energie, e aveva bisogno di riprendersi.
Annoiata, con la pancia all'aria, fissava il soffitto chiaro. Si mise a pensare che, effettivamente, quella camera soddisfava tutti i suoi bisogni, era grande e abbastanza spaziosa e con molti scompartimenti per mantenere un costante ordine, ma i suoi pensieri vagarono ben altrove...
"Chissa chi erano quei ragazzi.. beh probabilmente i padroni di casa..." Pensava.
"Ma perchè non siamo state informate che c'erano altre persone? Dove sarà Amay in questo momento? Le altre ragazze avranno già finito di prepararsi?" Molti pensieri le affollavano la mente ma si scordò presto di Amay decidendo che a tutto quello ci avrebbe pensato succesivamente insieme alle altre ragazze.
"Dovrei cambiarmi per la cena? Forse dopo... Beh penso che ci sia un pò di tempo per andare in giro e guardare un pò dove mi trovo..."
Ad un tratto un'ombra, alla finestra, neanche il tempo di voltarsi che era sparita.
Si sentiva osservata, e quella sensazione la faceva innervosire non poco.
«Sciocca… sarà la tua immaginazione, muoviti che tra un pò è ora di cena ed è meglio arrivare puntuali... chissà cosa potrebbero farmi quei ragazzi se arrivassi in ritardo...» Si sussurò sfregando nervosamente le mani.
Detto ciò si alzò e a passo svelto uscì dalla stanza sensa guardarsi indietro.
Tutto ciò che sentiva era il rumore dei suoi passi sul pavimento di marmo e il suo respiro flebile e ripetitivo.
Si ricordò che nell'arrivare alle stanze non aveva notato altro che corridoi quindi aveva deciso di esplorare i piani superiori dirigendosi alla scalinata a sinistra dello spiazzo.
Ancora quella sensazione, inquietudine, paura misto ad ansia.
All' esterno la luce opaca della luna illuminava gli alberelli che ornavano il sentiero della magione, creando ombre scure, infinite.
Le era parso di sentire qualche passo oltre al suo.
 Continuò a camminare tenendo lo sguardo fisso in avanti ma pronta a scattare per ogni singolo movimento.
Desiderava che quel momento di inquietudine terminasse il prima possibile.
Si sentiva osservata... Aveva paura!
Improvvisamente sentì l'impulso irrefrenabile di correre. Qualcosa nascosto nel buio la stava inseguendo, lo sentiva.
Dopo aver salito le scale facendo due gradini alla volta e rischiando seriamente di cadere di faccia svoltò prima a destra, poi a sinistra fino a proseguire su un'ulteriore scalinata.
Non aveva idea di dove stesse andando ma non aveva intenzione di fermarsi finchè non avesse trovato un luogo dove il suo, probabilmente, inseguitore non l'avrebbe potuta raggiungere.
Continuando la sua fuga giunse fino alla fine di un corridoio sul terzo piano della magione.
Le scelte erano due ora.
O tornava indietro rischiando di imbattersi in un presunto pericolo o di entrava nell'unica stanza che quel corridoio ospitava.
Prese un respiro e girò il pomello della porta per aprirla.
Si accorse subito che lei stonava in quel luogo, tutto in essa emanava un senso di tranquillità disarmante, sensazione opposta a quella che provava lei in quel momento.
Il colore predominante era l'indaco, che si mostrava in tutta la sua bellezza sia nella splendida carta da parati decorata sia nella morbida moqette, abbinata perfettamente al legno di faggio scuro lucido di cui erano composti i mobili e le cornici dei numerosi quadri appesi alle pareti.
Immense finestre facevano entrare la luce della luna all'interno della magnifica stanza, rendendo inutile l'utilizzo di una lampada o di una candela.
Nonostante questo due enormi lampadari, ora spenti, dell'epoca dell'800 pendevano dal soffitto anch'esso decorato da moquette indaca.
Alla destra della stanza c'erano uno di fronte all'altro due divanetti della medesima tonalità azzurinea con un piccolo tavolino centrale anch'esso di faggio.
Ma la cosa più straordinaria, nonchè quella che la faceva sentire a casa, era l'immenso pianoforte a coda alla sinistra della stanza.
Rose restò ammutolita dall’ammirazione e subito le venne in mente la figura della madre seduta davanti alla tastiera perlacea, mentre solleva una delle sue solite ampie gonne eleganti mentre con un gesto pieno di grazia faceva scorrere le dita sui tasti traendone sinfonie celestiali. Quelle poche volte che la vedeva tra una sfilata e un'altra...
La sua infanzia, nonostante i genitori siano stati molto impegnati, fu agiata e felice, questo grazie a sua nonna Sabrin che si prendeva cura di lai come una seconda madre.
Sua nonna era profondamente convinta che la musica dia quel tocco di raffinata sensibilità e profondità di pensiero sempre più difficili da trovare al giorno d’oggi per questo insegnava costantemente a lei e a suo fratello Levi a suonarlo.
Rose sorrise al ricordo delle ramanzine che ricevevano lei e Levi da parte sua ad ogni sbaglio di accordo o stonatura, ramanzina che finiva con una goffa risata o una teglia di biscotti alla cannella della vecchia.
Se ci pensi la vita è come un pianoforte, i momenti più bui, più tristi e difficili sono come suonare un suono grave della tastiera, i momenti più belli quelli più acuti e dolci.
Senza pensarci mosse i primi passi verso la maestosa costruzione che tanto le faceva riordare la sua famiglia, la sua casa, la sua vita prima di partire allo sbaraglio in quel luogo sperduto.
Si accomoda sullo sgabello di legno ricoperto da una morbida imbottitura lasciando che le sue mani inizino a correre sui tasti. Ripercorro una melodia che le suonava sempre sua nonna Sabrin.
Le festin d'Esopeera il nome del brano, di Charles-Valentin Alkan, un noto pianista dell'800 che Sabrin aveva studiato fin dalla tenera età.
Rose accarezzava i tasti, sembra che li stesse corteggiando, tanta è la delicatezza con cui li sfiorava.
Le sue dita conclusero il pezzo e un sospiro flebile fuoriuscì dalla sua bocca.
Le ultime note aleggiavano ancora nell'aria beandola del ricordo della dolce melodia.
«Lui ti ammazzera per questo.» Disse calma una voce.
Rimasie paralizzata, la sua mente era bloccata, non riusciva a muoversi.
«Chi sei? Vieni fuori fatti vedere.» Rispose Rose con le mani che le tremavano ancora ancorata allo sgabello
Detto questo un ragazzo abbastanza alto si tirò su con aria stanca da un dei due divanetti indaco lasciando Rose sconcertata. Si riordava di lui, era colui che le aveva strappato la lettera dalla tasca.
Shu le sembrava di ricordare che si chiamasse il ragazzo biondo in piedi ora di fronte a lei.
«Vatene prima che decida di chiamarlo, nessuno può toccare il suo pianoforte, soprattutto una schifosa mortale come te. Lui ti ucciderà se lo verrà a sapere quindi vattene prima che cambio idea.» Disse Shu mentre si dirigeva verso una delle finestre.
Rose si alzò e di corsa si diresse verso la porta.
«Grazie...» Sussurrò infine la mora prima di chiudersi la porta alle spalle e tornarsene correndo nella sua camera.





Rose




Angolino di Veronique
Non ammazzatemi ma avevo completamente perso la voglia di continuarla, poi fatalità l'ho riletta e tante emozioni me l'hanno fatta riaquistare.
Dopo più di un anno eccomi qui con un nuovo capitolo.
Commentate se vi è piaciuto così capisco se anche voi avete ancora voglia di leggerlo o no.
Un bacione,
Verystar02.

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