You say... I love you!

di princess_sweet_94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Golden School ***
Capitolo 2: *** Angel vs Devil ***
Capitolo 3: *** Ombre ***
Capitolo 4: *** V.E.T.O. ***
Capitolo 5: *** Presi di mira ***



Capitolo 1
*** Golden School ***


L'emozione del primo giorno di scuola non si scorda mai, è qualcosa di magico che ti rimane impresso nel cuore: la paura, l'angoscia, il timore di sbagliare tutto e di non riuscire a farsi degli amici... ma poi arrivi lì e ti accorgi che è tutto perfetto e che tutto, tutto, andrà per il meglio.
Il mio nome è Raf e sono un diavolo al suo primo anno si stage alla Golden School...

“Dannazione, lo sapevo che mi sarei persa!” sbottò Raf girando per il corridoio in cerca della sua aula “Dannazione! Dannazione! Dannazione!” sbuffò appoggiandosi ad una parete, con le braccia incrociate e la valigia viola accanto a sé, bel modo di cominciare l'anno scolastico: perdersi!
Sospirò guardandosi intorno: il corridoio era deserto, non c'era nessuno; forse erano già tutti a lezione. Appoggiò la testa al muro e alzò gli occhi al cielo: che giornataccia.
Il rumore dei passi che riecheggiò per il corridoio l'avvertì che qualcuno si stava avvicinando; scattò in piedi, speranzosa: forse non era tutto perduto. Afferrò la valigia e voltò l'angolo con euforia andando quasi a sbattere contro una figura: era un vecchietto con una lunga barba bianca, una tonaca dorata e delle ali argentate.
Un angelo. Un professore.
Raf deglutì e si ritirò un po' alla vista dello sguardo severo dell'uomo che la squadrava da cima a fondo.
“Devo dedurre che se un giovane diavolo è nel Sognatorio sia perché è nuova e si è persa, giusto?” domandò con un tono che non ammetteva altre spiegazioni.
“Beh, ecco... sì” mormorò timidamente: angelo o no quell'uomo incuteva un certo timore. L'uomo si raddrizzò e aggiustò gli occhialini che gli pendevano sul naso: “Seguimi, ti mostrerò la strada per l'Incubatorio” disse infine mentre il suo sguardo si raddolciva. Voltò le spalle e s'incamminò nella direzione opposta. Raf lo seguì velocemente, trovando tutta quella situazione decisamente imbarazzante.
Ben presto si ritrovò nei pressi di un corridoio gremito di studenti Terreni che, ovviamente, non potevano né vederli né sentiti.
“Io sono il professor Arkhan e insegno Vita Terrena Positiva” si presentò il nonnetto distraendola dall'osservare un bel Terreno coi capelli biondi “La porta da cui siamo appena usciti conduce al Sognatorio, l'ala della scuola riservata agli angeli; mentre quella davanti a te porta all'Incubatorio, l'ala riservata ai diavoli. Col tempo imparerai ad orientarti, non sei la prima a cui ho dovuto fare da guida e certo non sarai l'ultima...” lasciò la frase in sospeso e la squadrò di nuovo “Qual è il tuo nome?” chiese poi.
“Raf” rispose lei.
“Bene, Raf. Buona fortuna” e detto ciò la lasciò. Raf tirò un sospiro di sollievo ed entrò nell'Incubatorio a gran velocità; lì l'atmosfera era decisamente diversa, più tetra e macabra e più adatta a un diavolo.
Aveva appena messo piede nel corridoio che una voce familiare la chiamò: “Ma guarda, sbaglio o sono capelli biondi quelli?” la canzonò qualcuno.
“Ornati da un bel paio di corna ovviamente” proseguì un’altra. Raf si voltò col sorriso sulle labbra riconoscendo immediatamente le sue due migliori amiche: Cabiria e Kabalé.
“Ragazze!” esclamò gettandosi di slancio su di loro mentre si stringevano tutte tre in abbraccio.
“Ma dov'eri? Ti abbiamo cercata ovunque!” domandò Cabiria.
“Ah, lascia stare. Mi sono persa nel Sognatorio” sbuffò lei scostandosi con un soffio la ciocca rossa dal viso.
“Nel Sognatorio? Va bene che hai un pessimo senso dell'orientamento, ma andare sopra invece che sotto...” disse Kabalé ridacchiando, in tutta risposta la ragazza le fece la linguaccia.
“Dai andiamo, le lezioni cominciano fra poco” le esortò Cabiria avviandosi verso l'aula dove incontrarono Gas.
“Ma dove eravate ragazze, stavo per chiamare la squadra di soccorso” disse lui.
“Raf si è persa nel Sognatorio” ridacchiò Kabalé facendo sospirare la bionda.
“Facevo meglio a dire che volevo arrivare con perfetto ritardo” commentò mentre gli altri tre scoppiarono a ridere. Dopo di ciò entrarono in classe.


**


Il primo giorno di scuola non è mai facile, si è pieni di dubbi e incertezze. In queste occasioni ti colgono le domande peggiori, quelle che è meglio non farsi perché poi si cerca a tutti costi di dar loro una risposta... poi però tutto cambia quando varchi il portone e incontri i tuoi amici, tutti con i tuoi stessi pensieri sconfortanti, ma non ti scoraggi perché sai che, insieme, dimenticherete tutti i dubbi e le domande.
Il mio nome è Sulfus e sono un angelo al suo primo anno si stage alla Golden School...

“Non te lo aspettavi vero?” domandò Miki tirandogli una guancia, ridendo.
“Certo che non me lo aspettavo: credevo fossi al secondo anno” rispose lui scostandole la mano per poi appoggiarsela al petto, lasciando che la ragazza lo abbracciasse affettuosamente da dietro prima di sedersi accanto a lui.
“Sì, avrei dovuto essere lì, ma sono stata bocciata. Ho infranto il V.E.T.O tentando di curare il mio Terreno” spiegò, con un sospiro sconsolato “Ma non mi lamento, in fin dei conti staremo nella stessa classe quest'anno” rispose, col sorriso sulle labbra.
“E ci saremo anche noi!” Urié si girò indietro per parlare con i due.
“Sarà divertente, un intero anno scolastico tutti e quattro insieme” si entusiasmò Dolce accanto a lei “Almeno non mi sentirò sola.”
“Nessuno di noi si sentirà solo” la rassicurò il ragazzo “In cosa consistono le lezioni?” domandò poi rivolto a Miki, curioso.
“Beh, non sarà facile: a ognuno di noi verrà assegnato un Terreno che dovremo portare sulla giusta strada...” illustrò.
“Beh, non deve essere complicato” rispose Dolce.
“Fin qui forse no, ma il vero problema è che ai diavoli sarà assegnata la stessa cosa” la bloccò la ragazza prima che si montasse troppo la testa.
“In poche parole dovremo vegliare su un Terreno insieme ad un diavolo... solo che noi lo porteremo sulla buona strada e loro sulla cattiva?” domandò Urié.
“In poche parole sì, è così.”
“Allora sì che sarà complicato” commentò Sulfus. In quell'istante la porta venne aperta e il professor Arkhan entrò nell'aula.
“Buongiorno ragazzi” esordì “E benvenuti al vostro primo anno alla Golden School.”


**


“No, aspetti, ci faccia capire” Raf interruppe bruscamente la professoressa Temptel, incredula e con le mani alzato in segno di attesa “Dovremmo scontrarci con quei santi?” domandò, riferendosi agli angeli.
“È esattamente così, Raf” rispose la donna.
“Ma allora sarà un giochetto da ragazzi!” esclamò Gas, accanto a Kabalé.
“Non esserne sicuro!” lo interruppe Cabiria.
“Cabiria ha ragione, Gas” le diede manforte la Temptel “Non prendetela alla leggera, anche se si tratta di angeli non bisogna mai sottovalutarli” spiegò “Bene, ora ad ognuno di voi verrà assegnato un Terreno: Gas, tu ti occuperai di Matteo; Kabalé il tuo sarà Edoardo; Cabiria avrà Ginevra mentre tu, Raf, sarai assegnata ad Andrea” illustrò mostrando le immagini dei Terreni man che mano che diceva i loro nomi. Nel suo Raf riconobbe il bel biondino adocchiato in corridoio.
“E cosa dovremmo fare di preciso?” domandò Cabiria.
“Dovrete tentarli, ogni volta che saranno messi davanti ad una scelta, a fare quella sbagliata. Ovviamente rispettando il V.E.T.O.”””” aggiunse.
“Ma, professoressa, le regole non sono fatte per essere infrante?” domandò Kabalé.
“Per il V.E.T.O. la questione è diversa, sia angeli che diavoli devono rispettarlo. V.E.T.O. è una sigla che sta per Vietato Esporsi, Toccare e Origliare: a nessuno di voi è permesso toccare il proprio Terreno mentre è in forma Eterna. Ovviamente gli angeli dovranno fare lo stesso, è l'unica regola che va rispettata da entrambe le fazioni” spiegò la professoressa “Lavorerete sui vostri Terreni a turno e non potrete ostacolarvi tra voi mentre lo fate, questo è fondamentale per evitare che il Terreno vada in confusione.”
“E come si fa a decidere di chi è il turno?” domandò Raf.
“Con sasso, carta e forbici?” indovinò Gas.
“Ma non dire sciocchezze!” sbottò Cabiria.
“No, nell'Aula Sfida!” precisò la professoressa “E ora su, a lavoro!”


**


Se fino al giorno prima le avessero detto che avrebbe dovuto stare appiccicata ad un Terreno bellissimo dodici ore al giorno con al fianco un angelo dall'aria interessante Raf non ci avrebbe mai creduto.
Eppure ora era lì a svolazzare intorno al bel biondino senza il disagio che lui potesse vederla, ed era fantastico. Cioè, lui era fantastico... o forse la situazione?
Beh, entrambe le cose!
Tornò a guardare sognante Andrea che stava camminando per strada diretto a casa subito dopo essere uscito da scuola: era così bello! Un colpo di tosse alle sue spalle la costrinse a tornare alla realtà, si voltò trovandosi quel pennuto del suo rivale di fronte.
“Lo sai che agli Eterni non è permesso affezionarsi troppo ai Terreni, vero?” chiese, retorico, canzonandola.
“E tu non lo sai che le regole sono fatte per essere infrante?” rispose lei a tono “E comunque non mi stavo affezionando a lui” aggiunse, incrociando le braccia.
“Ma se te lo stavi divorando con gli occhi!” esclamò il ragazzo, indicandolo mentre varcava la soglia di casa.
“Non è vero!” sbottò Raf.
“Voi diavoli siete dei bugiardi patentati” commentò l'altro, alzando gli occhi al cielo.
“E voi angeli siete dei rompiscatole regolati!” rispose lei.
“Vacci piano con le parole biondina.”
“Altrimenti? Mi metti in punizione?” lo riprese Raf, curvandosi verso di lui con un sorriso canzonatorio, facendolo sospirare “E comunque io non sono né la ‘Diavoletta’ né la ‘biondina’: il mio nome è Raf. Vedi di ricordartelo” esclamò altezzosa.
“Mi affiggerò un post-it sull'aureola” ironizzò lui.
“Sarà meglio per te, pennuto.
“Non sono un pennuto” ribatté il ragazzo “Mi chiamo...”
“Sulfus. Sì, lo hai già detto dodici volte” sbuffò Raf.
“Ed è servito a qualcosa, almeno ora te lo ricordi... Raf” terminò sottolineando bene il suo nome.
La ragazza gli fece la linguaccia ed attraversò svelta le pareti per entrare in casa, seguita a ruota da lui.
“Andrea! Io devo uscire, badi tu a tua sorella?” la madre del ragazzo entrò nel salotto proprio mentre i due Eterni vi mettevano piede. Il ragazzo, che era seduto sul divano a giocare alla console, gettò la testa indietro sbuffando.
“Devo proprio?” chiese con voce lamentosa.
“Sì” tagliò corto la donna, prima di prendere le chiavi e uscire.
“E ora... che si fa?” chiese Raf.
“Beh, dovremo sfidarci e... decidere chi avrà la prima mossa su Andrea” rispose Sulfus.
“Sì ma... lui non sta facendo nulla. Dovrebbe badare a sua sorella ma sta ancora giocando: in pratica ho già vinto senza fare nulla” rifletté la ragazza, perplessa.
“Sì, ma non può comportarsi così!” sbottò il ragazzo.
“Oh, certo, deve fare il santo buono e ubbidiente” rispose lei acida.
“No, sua sorella potrebbe farsi male!” esclamò lui, spostandosi velocemente nell'altra stanza; in quello stesso istante qualcuno suonò il campanello. Andrea sbuffò ed andò ad aprire, trovandosi di fronte Edoardo, un suo compagno di scuola. Raf diede un’ultima occhiata ai due prima di raggiungere Sulfus nell'altra stanza.
“Beh, che cosa hai intenzione di fare?” domandò lei “La bambina deve essere sorvegliata e Andrea non ne vuole sapere. Deve essere compito tuo fagli fare la scelta giusta” lo richiamò.
“Ma non ho idea di come fare” rispose il ragazzo, tenendo d'occhio la bambina che gattonava in giro per la stanza “E poi, scusa, da quando te ne preoccupi: non dovresti essere felice se lui non rispetta le regole?”
“Ma c'è di mezzo una bambina!” rispose lei accalorandosi “Noi diavoli avremo anche una pessima reputazione ma sia dia il caso che non siamo dei mostri senza cuore!”
“E sia. Hai qualche idea prima che la bambina rischi di farsi male sul serio?”
“E come potrei, questa è roba da angeli e...” s'interruppe bruscamente al suono della porta d'ingresso che sbatteva, poi calò il silenzio.
Il più totale silenzio.
“Ti prego, dimmi che Andrea non è appena andato a farsi un giro con Edoardo” supplicò Raf, mentre Sulfus sfrecciava in salotto.
“Andrea è appena andato a farsi un giro con Edoardo” rispose lui, dall'altra stanza.
“Accidenti, ti avevo detto di non dirmelo!” sbottò la bionda.
“Non scherzare, qui la faccenda è seria!” la riprese lui “Che facciamo ora?”
“Dadda!” la cara sorellina di Andrea richiamò l'attenzione di entrambi: non si sa come era riuscita a salire sul tavolo e ora vi gattonava sopra.
“Oh, cavolo!” Raf quasi strillò mentre richiamava la sua mascotte, Cox, perché attivasse la metamorfosi in Terrena. In meno di una manciata di secondi le corna, le ali e il tatuaggio sull'occhio sinistro della ragazza erano scomparsi, facendola apparire in tutto e per tutto una Terrena che, con un ottimo slancio, si tuffò sotto il tavolo per acchiappare al volo la sorellina di Andrea, sul procinto di farsi una bella caduta.
“Tutto bene?” domandò Sulfus sporgendosi per trovarle tutte e due sotto il tavolo: Raf sotto e la bambina sopra, tra le sue braccia.
“Sì... anche se credo di aver battuto la testa contro la sedia” rispose lei gattonando fuori.
“Ottimi riflessi” si complimentò lui.
“Chiamalo pure istinto materno. E ora?” domandò mentre la bambina giocava con i boccoli biondi della ragazza, ridendo come una matta.
“Se Andrea non ritorna saranno guai, non possiamo sostituire i nostri Terreni” ricordò il ragazzo “Ma lei rischia di farsi male sul serio se non c'è qualcuno che la sorveglia.”
“E allora?” domandò Raf “Non sai che le regole sono fatte per essere infrante? Io baderò a lei, pazienza se lo sostituisco, ma tu nel frattempo devi trovare il modo di riportare qui Andrea.”
“Aspetta, mi stai forse dicendo che tu, un diavolo, stai facendo qualcosa di buono? Aiutata da un angelo per giunta? Tesoro, così mi deludi!” esclamò.
“Non farmene pentire, posso benissimo lasciartela qui e convincere Andrea a farmi fare un giro turistico della città!” esclamò lei, indispettita.
“Ok, scusa, scherzavo... troverò il modo di riportarlo qui, va bene?”
Raf gli voltò le spalle con un gesto altezzoso e Sulfus uscì dalla casa con un sospiro.
“Bene, Basilisco, ora risolviamo questa cosa!”


**


Qualche ora più tardi

“Non credevo che fossi così bravo a mentire. Ti ho sottovalutato” si congratulò la ragazza.
“Non credere che voi diavoli siate gli unici a saper risolvere un problema con le menzogne, anche noi sappiamo il fatto nostro” le rispose lui, compiaciuto.
“Sì, me ne sono accorta” ridacchiò aprendo la porta della scuola ma, appena vi mise piede, si trovò davanti due figure che li scrutavano minacciosi. Lo stesso pensiero attraversò simultaneamente la mente di entrambi: erano in grossi guai.

“Si può sapere cosa ti è saltato in mente!?” domandò Arkhan guardandolo severamente “Non solo hai sostituito il tuo Terreno ma hai persino mentito per convincerlo a tornare a casa!”
“Ma cosa avrei dovuto fare? La bambina si sarebbe fatta male stando da sola e Andrea se n'era andato, almeno non ha fatto la scelta sbagliata... più meno” protestò il ragazzo, incerto.

“E si può sapere perché tu lo avresti aiutato? Il tuo Terreno se n'era andato non completando il suo dovere, aveva fatto la scelta sbagliata e tu che fai? Collabori con un angelo per riportarlo sulla retta via!” la sgridò la Temptel.
“C'era di mezzo una bambina, non potevo lasciare tutto nelle mani di... beh, quello lì, e quindi ho badato a lei mentre lui cercava di riportare Andrea indietro.
Avremmo anche una pessima reputazione ma non siamo dei mostri... o almeno io non lo sono!” rispose la ragazza, a tono, iniziando a scaldarsi “Non m'interessa se Andrea ha fatto la scelta giusta, a me importava solo che la sua sorellina non si facesse male. Ho un cuore io, sa?” rispose prima di voltarle le spalle e uscire dalla stanza.
Lei era un diavolo, non un mostro senza cuore: anche lei si scioglieva quando vedeva una graziosa bambina come quella... che poteva farci, era una donna!
Rientrò in camera e, se avesse potuto, avrebbe sbattuto la porta, poi si gettò sul letto sbuffando.
Che seccatura!

“Ehi, che succede?” domandò Dolce vedendo Sulfus cupo, mentre attraversava il corridoio.
“Nulla, ho solo avuto una serataccia... vado a letto” rispose lui sorpassando le amiche e dirigendosi in camera sua, si buttò sul letto e sospirò pesantemente.
Che giornataccia!

No, come primo giorno non andava affatto bene.






Angolino di princess:
e torno su EFP dopo tanto tempo! Ok, due paroline veloci:
per gli aspetti di Raf e Sulfus mi sono basata sui costumi di Halloween che indossano negli episodi 38 e 39 della prima serie.
Avevo intenzione di fare uno scambio completo e avevo anche da dove prendere spunto per lo scambio di look (stagione 2, episodio 38, quando Angel e Devil si scambiano di ruolo per infiltrarsi a Angie Town e Zolfanello City) ma poi ho pensato che sarebbe stato un totale casino e ho scambiato solo loro due.
Prenderò spunto dagli episodi ma cambierò parecchie cose, a partire dal nemico e dalle vicende che si svolgono intorno alla storia d'amore tra quei due birbantelli.
Beh, spero piaccia e che lasciaste un commentino ^^
Baci!

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Capitolo 2
*** Angel vs Devil ***


Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura
che la dritta via era smarrita.

“Che pacchia ‘sto Dante!”
Nel silenzio della biblioteca l’unica voce che riecheggiò tra gli alti scaffali fu quella di Raf, intenta a leggere a testa in giù il passo del libro che stava studiando Andrea.
“Se non lo sapessi Dante è il padre della lingua italiana” rispose Sulfus, seduto a gambe e braccia incrociate sul tavolo, accanto al ragazzo che, ovviamente, non poteva né vederli né sentirli “Ma sì, è una pacchia” concordò. Raf si lasciò scappare un sorrisetto, raddrizzandosi.
“Se c’è una cosa che non ho mai capito sono queste cosiddette allegorie” aggiunse, squadrando la pagina con le braccia incrociate.
“Ah, le allegorie” sospirò Sulfus, nostalgico “Perché Dante non ti direbbe mai “A trentacinque anni ero un gran baluba pieno di vizi”… nooo! “Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura che la dritta via era smarrita”… dove la selva oscura, giustamente, è l’allegoria del peccato” spiegò.
Raf sbatté le palpebre, guardandolo, poi scoppiò a ridere di gusto “Baluba?” chiese. Il ragazzo scrollò le spalle.
“Non ti facevo così anticonformista” commentò lei.
“Sarò anche un angelo ma non significa che mi piaccia studiare” rispose “Lo faccio perché devo.”
“Dovreste rilassarvi ogni tanto, voi pennuti” consigliò la ragazza, sedendosi dall’altro lato del Terreno.
“Voi pipistrelli dovreste rilassarvi di meno” rispose lui. Raf inarcò un sopracciglio.
“Vuoi fare a gara a chi dà i soprannomi peggiori? Guarda che perdi” lo informò lei.
“Certo che sei proprio antipatica.”
“Oh, ma grazie!” rispose lei, con voce mielosa.
“Non era un complimento.”
“Per me sì.”
Andrea chiuse di scatto il libro, con uno sbuffo, abbandonandosi allo schienale.
“È ovvio che non ci capisca niente: il volgare fiorentino è incomprensibile” commentò Raf, osservando con compassione la frustrazione sul viso del ragazzo.
“Come fai a sapere che è volgare fiorentino?” domandò Sulfus, stupito.
“Solo perché sono un diavolo non significa che non studi” rispose “Meglio perdere qualche pomeriggio di ozio che essere ignoranti.”
Il ragazzo alzò un sopracciglio.
“Certo che sei strana” commentò lui “Ragioni come un Terreno medio: né troppo buono né troppo cattivo” notò lui.
“Non mettere alla prova la mia cattiveria, potresti farti male” rispose lei, stizzita. Il ragazzo alzò le mani. In quel momento Andrea si alzò e raccolse i propri libri, mettendoli nello zaino per poi gettarselo in spalla.
“E adesso dove va?” chiese Sulfus.
“E che ne so” alzò le spalle lei. Scesero dal tavolo e seguirono il ragazzo in volo.
Andrea uscì dalla scuola, dove erano radunati quasi tutti i suoi compagni nel cortile esterno.
“Ehi, Andrea!” Ginevra raggiunse il ragazzo, appena aggregatosi al gruppo “Stasera do una festa a casa mia, vieni anche tu?” chiese. Il ragazzo sembrò esitare poi annuì.
“Certo!” rispose, entusiasta.
“Dovrebbe studiare, dato che domani ha il compito” commentò Sulfus. Raf alzò gli occhi al cielo.
“E rilassati, non puoi dire che non ci abbia provato” gli fece notare.
“E questo che scriverà nel compito? Ci ho provato?”
Andrea salutò i compagni e prese la via di casa.
“Beh, pare che sia arrivato il momento di sfidarci” decretò Sulfus.
Raf sembrò divertita “Credevo che non lo avresti mai detto: non vedo l’ora di batterti.”
“Non ci contare” rispose lui “Lo farò restare a casa sui libri, vedrai.”

Raf non era mai stata nell’aula sfida fino a quel momento e ci mise un po’ a capire come funzionasse.
“Non è meglio che chiamiamo uno dei professori?” chiese Sulfus.
“No, ci sono quasi” rispose lei, testarda “Fatto!” esclamò alzandosi “Ti dispiace se scelgo io?” chiese.
“Prego, prima le donne” rispose lui con un mezzo inchino. Raf premette il pulsante rosso e le porte automatiche si spalancarono rivelando l’aula sfida: una grande stanza vuota con un rialzamento circolare al centro. Appena la porta si chiuse alle loro spalle la stanza si illuminò e al suo posto apparve un enorme distesa di terra arida coperta di crateri vulcanici.
“E questo che posto è?” domandò Sulfus, alzandosi in volo per non finire nel fuoco.
“La Pianura Scarlatta” rispose Raf “Uno dei posti migliori di Zolfanello City.”
“Ottimo per un pic-nic” commentò lui, ironico.
“Fai pure dell’ironia ma non ti aiuterà” lo canzonò lei, salendo di quota “Prepara i fazzoletti, pennuto, ti farò piangere!”
“Questo lo vedremo!” rispose lui.
Raf ghignò: “Magma Fly!” esclamò: le sue ali si tinsero di un vivace color rosso, puntellato di macchie nere contornate di giallo. Dai suoi palmi aperti sparò palle di lava incandescenti, che il ragazzo evitò zigzagando.
“Ehi! Hai intenzione di farmi arrosto?” domandò, eseguendo un salto all’indietro per evitare un mini-sole che gli veniva addosso.
“L’idea suona buona” rispose lei di rimando “Dark Fly!” le ali della ragazza divennero completamente nere e una nube scura li avvolse.
“Maledizione!” Sulfus salì di quota, ma ovunque andava c’era solo buio. Un paio di volte schivò delle palle infuocate per un pelo. “Meglio fare un po’ di luce. Light Fly!” con un guizzo accecante le ali del ragazzo divennero il doppio, splendendo di un bianco intensissimo che in un attimo disperse la nube.
“Cosa sei, una lampadina?” domandò Raf, voltandogli le spalle per non restarne accecata, allontanandosi rapidamente.
“Vedrai di cosa è capace una lampadina! Sunny Storm!” lampi di luce sfrecciarono ovunque, mancando Raf di pochissimo che fu costretta a rifugiarsi dietro una roccia.
“Hai un tempo indeterminato all’Enel, Sul?” gridò.
“Fai pure dell’ironia ma non ti aiuterà” la rimbeccò lui, spegnendosi.
“Io dico di sì” rispose lei, uscendo allo scoperto “Think Fly!”
Da lì fu tutto molto confuso: la testa di Sulfus iniziò a girare vorticosamente riempiendosi di immagini disconnesse, perse l’equilibrio e precipitò. Poi tutto si spense. Quando riprese conoscenza era steso sul pavimento dell’Aula Sfida, ritornata normale. All’inizio la luce lo accecò poi, pian piano, si abituò.
“Cosa…?” provò a chiedere, alzandosi.
“Finalmente ti sei ripreso, credevo di dover stare qui a farti da balia per tutto il giorno!” rispose una voce sopra di lui. Sbattendo le palpebre Sulfus mise a fuoco i grandi occhi rossi di Cabiria, seduta accanto a lui.
“E tu che ci fai qui?” chiese drizzandosi.
“La nostra Raf ti ha dato una bella batosta” ridacchiò lei “Sei rimasto svenuto per un paio d’ore.”
“Ma che cosa mi ha fatto?” domandò, ancora stordito “Non l’ho vista attaccarmi.”
Cabiria sorrise, divertita: “Ha usato il Think Fly” spiegò “Può insinuarsi nella mente delle persone e confonderle.”
“Ah, ora capisco” constatò “Oh, no, Andrea!” esclamò, ricordandosi all'improvviso il motivo di quella sfida, balzando in piedi.
“Avendo vinto è toccata a lei la prima mossa” rispose Cabiria, alzandosi “Ma se proprio vuoi provarci sono sulla strada per la casa di Ginevra. Se vuoi ti accompagno, anche io devo andare lì: dopotutto è la mia Terrena.”
Il ragazzo si limitò ad annuire ed uscirono dalla stanza.

Era già buio quando raggiunsero la casa della ragazza, Andrea era per strada con alle costole Raf, che salutò i due con la mano quando li vide. Sulfus assunse un cipiglio irritato, incrociando le braccia al petto.
“Fatto buon riposo?” chiese, zuccherosa, una volta vicina.
“Sì, grazie” ringhiò lui. Cabiria ridacchiò.
“Allora io vado dentro” avvertì, divertita, attraversando il giardino ed entrando in casa passando dalla parete.
I due ragazzi si squadrarono.
“Beh? Che cosa hai intenzione di fare?” domandò Sulfus. Raf inarcò un sopracciglio.
“Io nulla. Andrea è praticamente arrivato alla festa quindi ho vinto” rispose, altezzosa. Sulfus guardò il ragazzo, oramai davanti al cancello, e un’idea gli illuminò l’aureola.
“Questo lo dici tu” sorrise lui. Volò oltre lo svincolo e si guardò intorno: la strada era deserta.
“Basilisco, attiva Metamorfosi!”
Il serpente sul suo braccio prese vita e in un attimo aureola e ali sparirono, lasciando il posto ad un Terreno carico di libri. Con uno scatto, Sulfus corse di nuovo al punto di partenza ed urtò Andrea davanti al cancello.
I libri si sporsero ovunque e i due ragazzi finirono col sedere per terra.
“Ah, mi dispiace!” esclamò Sulfus “Ti sei fatto male?” chiese.
“No, no… sto bene” rispose Andrea, drizzandosi. Sulfus iniziò a raccogliere i libri e il ragazzo s’inginocchiò davanti a lui.
“Aspetta, ti aiuto” aggiunse.
“Grazie. Andavo di fretta e non ho proprio visto dove andavo” spiegò lui, mettendosi i tomi sotto braccio. I due si alzarono in piedi e Andrea gli porse gli ultimi.
“Come mai tanti libri?” domandò.
“Domani ho una verifica importante e sono andato a prendere dei libri in biblioteca per studiare ma ho perso tempo” spiegò “Adesso mi devo sbrigare a tornare a casa se non voglio fare le ore piccole o prendere un brutto voto.”
“Ah, ti capisco. Anche io domani ho un compito” rispose lui.
“Beh, mi auguro che tu abbia studiato.”
“Ehm… insomma, sì” confermò lui anche se sembrava a disagio.
“Ehi, di un po’, che cosa stai facendo?” domandò Raf, irritata, accostandosi al ragazzo. Sulfus sorrise ma la ignorò: sarebbe parso strano ad Andrea, che non poteva vederla, se si fosse messo a parlare con lei.
“Cioè, più o meno” aggiunse “Il fatto è che un’amica mi ha invitato ad una festa ed io ho dovuto accettare quindi non ho avuto molto tempo per studiare” confessò. Sulfus si massaggiò il mento, pensieroso.
“Mmh. Ti capisco ma… di feste con gli amici ce ne saranno tante mentre se prendi un brutto voto le conseguenze possono prolungarsi per un bel po’” disse.
“Questo lo so” concordò lui “Ma se non mi presentassi potrei offenderla” aggiunse.
“Ecco, Andrea, diglielo” annuì Raf, piazzandosi al suo fianco con le braccia conserte e il naso all’insù.
“Vero, ma puoi sempre spiegarglielo. Se è davvero tua amica capirà” spiegò lui. Andrea sembrò rifletterci su, guardò la porta chiusa dell’abitazione poi sorrise.
“Sai, hai ragione. Grazie per il consiglio” rispose.
“Non devi ringraziarmi, è il minimo che possa fare per scusarmi di averti travolto” rise lui “Allora ci si vede!” aggiunse, salutandolo con la mano, per poi sparire dietro l’angolo.
Lì Basilisco attivò la metamorfosi inversa, trasformandolo di nuovo in angelo prima che tornasse indietro: Andrea stava spiegando la situazione a Ginevra. La ragazza sorrise, anche se un po’ malinconicamente, ma rispose che capiva benissimo e che per lei non era un problema.
“Cosa stavi dicendo, poco fa?” domandò Sulfus, canzonatorio. Raf lo trucidò con lo sguardo ma non rispose, voltò i tacchi e se ne andò.








Angolino dolcioso:
cosa posso dire? Innanzitutto che mi dispiace per averci messo tanto ma non potete immaginare i problemi che ho avuto. Spero che questo capitolo, per quanto corto e povero di contenuti, sia quantomeno accettabile: diciamo che è una specie di “introduzione”, se così vogliamo chiamarla, alla storia vera e propria. Ho voluto far combattere Raf e Sulfus più che altro per dare una dimostrazione dei loro poteri che, a parte il Think Fly di Raf, sono molto diversi da quelli originali: ho cercato di adattarli al nuovo scambio di ruoli.
Ora che hanno iniziato a sfidarsi seriamente per avere la meglio su Andrea la storia scorrerà al ritmo di un fiume impetuoso che straripa dalla riva nell’alba dell’inverno…

Devo smettere di leggere Eragon, la poesia elfica ha un effetto devastante su di me.
Solo un’ultima cosa: dato che di recente ho letto il fumetto (che ho amato in modo assurdo, specialmente Sulfus che OMG ètenerosissimoquandofaloscontrosospecialmentedalmomentoincuisiaccorgedeisuoisentimentiperRaf! *coff*ed è pure più carino*coff*) ho deciso di riprendere un paio di cose da questo: tanto per cominciare angeli e diavoli possono toccarsi, il V.E.T.O. è circoscritto esclusivamente ai Terreni che non devono toccare in forma Eterna (e da qui nasceranno un bel po’ di guai); secondo, c’è la possibilità che possano apparire Mefisto e Ang-Lì, personaggi che fungono da co-protagonisti nel fumetto ma che appaiono solo di sfuggita nel cartone (sono ancora indecisa se farli vedere oppure no); terzo, avete presente tutto quello che sapete sul passato di Raf? Bene, scordatevelo: vive con sua madre in una bella grotta a Zolfanello City; quarto: Malachìa, come nel fumetto, sarà un diavolo che ha rinunciato alla sua natura Eterna per amore di una Terrena, il ruolo che avrà qui sarà un po’ diverso ma ugualmente importante.
Che dire? Preparatevi, perché ne vedremo delle belle!
Baci.



 

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Capitolo 3
*** Ombre ***


C’era sempre stato qualcosa che non andava in Raf, e sua madre glielo ripeteva in continuazione. Non che la cosa la offendesse, certo, ma un po’ la incuriosiva: insomma, che cosa mai poteva avere di strano?
A parte essere in biblioteca il sabato pomeriggio invece di oziare con le sue amiche, ovvio. Fu Arkan a notarlo quando, passeggiando tra gli scaffali con Il libro delle Proiezioni aperto davanti a sé, notò la ragazza seduta ad un tavolo circondata di libri. All’inizio le aveva dato solo un’occhiata ed era passato oltre, fermandosi di colpo solo quando si rese conto di ciò che aveva effettivamente visto; era quindi tornato indietro, osservando il curioso spettacolo con gli occhiali bene alzati.
Non è una cosa da tutti i giorni vedere un diavolo intento a studiare fuori dall'orario di lezione.1 Incuriosito, aveva chiuso il libro e si era avvicinato.
“Buongiorno, Raf” disse una volta di fronte a lei. La ragazza, persa com’era nelle pagine di Power Fly: ali per tutte le occasioni, aveva sussultato prima di alzare lo sguardo.
“Ah… ehm… buongiorno” rispose, un tantino disorientata.
“Lettura interessante?” domandò. La ragazza annuì.
“Ecco, sì. Volevo imparare qualche nuovo Potere Alare” rispose, alzando il libro per mostrare la copertina “Diciamo che la sconfitta contro Sulfus mi ha un po’ lasciato l’amaro in bocca” spiegò, a mo’ di scusa. Arkan, suo malgrado, sorrise.
“Beh, ammetto che è insolito per me vedere un diavolo alle prese con dei libri di propria spontanea volontà” ammise “Ma immagino che la voglia di apprendere accomuni tutti.”
La ragazza annuì, arrossendo un po’.
“Se la Temptel lo scoprisse le verrebbe un colpo” commentò.
“Allora facciamo che questo resterà un segreto tra noi” concordò il professore, strizzando l’occhio.
Una delle facoltà migliori degli angeli era quella di andare d’accordo con tutti: Terreni, angelo o diavoli che fossero… e, Raf doveva ammetterlo, Arkan sapeva il fatto suo: aveva un carisma naturale, del tipo che ti veniva spontaneo sorridergli e rispondergli con gentilezza, sebbene incutesse anche un certo timore reverenziale quando serviva. Insomma, meglio averlo come alleato e non come nemico.
Quando il professore fu sparito tra gli scaffali Raf tornò alla sua lettura.


Avete presente quella sensazione che vi prende quando sapete di star facendo qualcosa di estremamente sbagliato ma che non riuscite a smettere di fare? Lo so che cosa state pensando: se sai che è sbagliato perché lo fai? Beh, ognuno ha i suoi motivi per commettere un’azione “cattiva” e possono essere i più diversi: per amore, per aiutare un amico, per scopi personali o… per il semplice piacere di trasgredire.

Se c’era una cosa di cui Raf poteva andare fiera era la sua maturità. Strano a dirsi per un diavolo ma non era il tipo che faceva qualcosa di strano o sbagliato solo per capriccio: lei era una tipa concreta, voleva i fatti e le motivazioni. Qual era la motivazione per cui stava facendo quella cosa in quel momento? Beh, i motivi erano tanti: per divertirsi, per fare un dispetto a quella lampadina ambulante e… per vendetta. Questo effettivamente non è molto maturo.
Entrò nel Sognatorio con circospezione, constatando che la stanza fosse effettivamente vuota: né Sulfus né il suo compagno di camera, Ang-Lì, c’erano. Con un ghigno si avvicino al letto del suo rivale. Solo un mormorio crudele le sfiorò le labbra:
Shadow Fly!



Il Settimo Senso è un potere che possediamo tutti noi Sempiterni e che si risveglia ogni qualvolta abbiamo la sensazione che qualcosa non vada. Si tratta di una specie di campanello d’allarme che ci avverte di un pericolo incombente, una minaccia imprevista, di un nemico nascosto nell’ombra.
Certo, il Settimo Senso non sempre scatta e anche quando scatta non sempre lo fa allo stesso modo per angeli e diavoli. Ma nel momento in cui lo senti squillare è assolutamente impossibile ignorarlo, soprattutto quando ti dice che la persona a cui tieni di più è in grave pericolo. La questione è che il Settimo Senso ti lancia solo il segnale che qualcosa non va, ma poi sei tu che devi riuscire a capire qual è il problema e a trovare la soluzione.2

La schiena di Sulfus fu scossa da un brivido improvviso che minacciò di rovesciare il frappè che aveva in mano. Si afferrò le braccia con le mani, trattenendo il fiato.
“Che ti prende, Sulfus?” chiese Urié, accorgendosi del gesto dell’amico.
“Per un attimo ho sentito un brivido gelido attraversarmi dalla testa ai piedi” rispose, ancora scosso “Nello stesso momento il mio Settimo Senso è scattato.”
“Eh?” Miki lo guardò, preoccupata “È successo qualcosa?”
“Non lo so ma credo sia meglio tornare a scuola, ho un brutto presentimento” rispose lui.



Avete presente quella sensazione che vi prende quando sapete di star facendo qualcosa di estremamente sbagliato ma che non riuscite a smettere di fare? Lo so che cosa state pensando: se sai che è sbagliato perché lo fai? Beh, ognuno ha i suoi motivi per commettere un’azione “cattiva” e possono essere i più diversi: per amore, per aiutare un amico, per scopi personali o per il semplice piacere di trasgredire.
Il problema di questa sensazione è che ti avverte solo che in quel momento stai facendo qualcosa di sbagliato… ma non ti farà mai pensare che, a quelle azioni, possono corrispondere delle conseguenze a volte anche gravi.

Negli anni successivi Raf si chiese più volte come fece a tornare nell’Incubatorio in quelle condizioni: a stento si reggeva in piedi. Aveva camminato reggendosi alla parete del corridoio ma, arrivata ad un certo punto, non aveva retto ed era scivolata contro di esso ricadendo seduta sul pavimento. Solo in quel momento si accorse di aver fatto una cosa assolutamente ed indiscutibilmente stupida. Aveva agito d’istinto, senza pensare alle conseguenze, e ciò si stava rivelando in tutta la sua ovvietà a fatto compiuto. Come avrebbe fatto a tornare in camera sua?
Neanche a farlo apposta dalla porta più vicina spuntò Mefisto, il compagno di stanza di Gas. Il ragazzo era impegnato a canticchiare una canzone metal impostata a tutto volume nelle sue cuffie, la ragazza dovette tirargli un calcio allo stinco perché si accorgesse di lei. Lui sobbalzò e si guardò intorno, prima di abbassare gli occhi e scorgerla. Si tolse le cuffie con un gesto poggiandole sul collo, decisamente stupito.
“Raf!” esclamò “Che ci fai seduta a terra?”
La ragazza dovette respirare profondamente prima di parlare: “Mefisto, non mi sento per niente bene… e quando dico bene intendo nemmeno male” spiegò “Aiutami a tornare in camera.”
Mefisto non fece domande: si abbassò facendosi passare il braccio di Raf sulla spalla e, tenendola per la vita, l’alzò accompagnandola in camera.
Una delle facoltà migliori (o peggiori, a seconda dei punti di vista) dei diavoli era proprio la solidarietà. Strano a dirsi ma se c’era un compagno in difficoltà il primo istinto era quello di aiutarlo, specialmente Mefisto che, per la sua posizione, era considerato anche fin troppo buono. Ma in quel momento, Raf, non poté che ringraziare per quello.
“Sei sicura che non vuoi andare in infermeria?” domandò lui, aiutandola a sedersi sul proprio letto “Vado a chiamare la Temptel?” aggiunse.
“No, non ce n’è bisogno” rispose lei, abbandonandosi sui cuscini con un sospiro “Sarà un calo di pressione… passerà” rassicurò.
“A me non sembra proprio” rispose, adocchiando le lenzuola sotto di lei “E… ehm… Raf, la tua ombra fa cose strane” notò, indicandola. Raf lo guardò confusa per poi abbassare lo sguardo: l’ombra che si rifletteva sul materasso, invece di stare immobile come chi la proiettava, si muoveva in modo anomalo. La ragazza sbarrò gli occhi.
“Che cosa…” provò a dire il ragazzo ma lei gli tappo la bocca con la mano, per poi chiudere le dita sulle sue guance e tirarselo vicino.
“Fanne parola con qualcuno e ti strappo le corna a morsi” ringhiò, minacciosa ma agitata. Lui non poté far altro che annuire “Se qualcuno ti chiede di me sono andata a dormire presto perché ero stanca” continuò. Il ragazzo annuì di nuovo. “Se ti farai scappare qualcosa sappi che lo verrò a sapere” concluse, lasciandolo andare “E ora vattene prima che ti trovino qui!”

Se c’era una cosa di cui Sulfus poteva andare fiero era il suo intuito. Riusciva sempre a capire se c’era qualcosa che non andava, specie se la cosa lo riguardava in primis.
Eppure, in quel frangente, non riusciva a venirne a capo: non era successo niente né a scuola né alle sue amiche né a lui. Persino la sua camera era in ordine, così come l’aveva lasciata, e l’unico ad esserci entrato era Ang-Lì (poiché era anche sua). Ma allora cosa era stata quella sensazione di disagio?
Fu allora che se ne accorse, quando fece per gettarsi sul letto: le lenzuola erano stropicciate sul bordo e si riuscivano a distinguere i segni delle dita che le avevano strinte. Ciò lo mise in allarme: lui lasciava sempre il letto in perfetto ordine, senza una piega o un lembo fuori posto.
“Ang-Lì, per caso hai toccato tu il mio letto?” domandò, conoscendo il vizio del ragazzo di perdere quasi sempre gli occhiali con il risultato di trovare la stanza ribaltata dalle sue ricerche.
Il compagno, che stava leggendo un manga seduto sul proprio letto, scosse il capo: “No, stavolta non sono stato io” rispose, voltando pagina “Perché?” domandò alzando lo sguardo.
“Perché qualcuno lo ha fatto” rispose lui, serio “E quel qualcuno non era un ospite desiderato.”



Nei giorni successivi Sulfus si scoprì molto preso dal misterioso intruso: chiunque fosse entrato in camera sua evidentemente cercava qualcosa, solo che nulla era stato rubato né toccato a parte il suo letto. Risultò distratto persino alle lezioni o con Andrea, tanto che più di una volta non si accorse della presenza di Raf accanto a lui. Era come se la ragazza spuntasse dal nulla: un attimo prima non c’era, quello dopo sì. E dire che la sua percezione era ottima.
Al contrario da lì a qualche giorno Raf sembrava strana (più del solito s’intende), a cominciare dall’aspetto: era più pallida del solito, i suoi capelli avevano perso un po’ di colore e i suoi occhi erano pozze azzurre di puro vuoto. Alle volte s’incantava per lunghi periodi di tempo tanto che doveva scuoterla per risvegliarla dalla trance perenne in cui cadeva, ed era sempre più stanca: più di un paio di volte gli chiese di giocarsi la prima mossa su Andrea a morra cinese non essendo sicura di riuscire a reggere uno scontro in Aula Sfida. Ogni volta che Sulfus provava a chiederle qualcosa lei lo aggrediva con ferocia, sostenendo di stare benissimo e che faceva meglio a preoccuparsi per sé stesso. Eppure lui sapeva che c’era qualcosa che non andava, lo percepiva con tutti e sette i sensi, ma non sapeva ben definire cosa. Questa sensazione aumentò quando la vide sparire sotto i propri occhi.
E con sparire intendeva proprio sparire! Così, all’improvviso: un attimo prima era seduta sul banco di Andrea, quello dopo non c’era più… e quello dopo ancora era riapparsa, come se non si fosse mai mossa. All’inizio il ragazzo non ci capì nulla ma si accorse che lo strano fenomeno si presentava ogni volta che una nuvola oscurava il sole, facendo piombare la classe nell’ombra. La stessa cosa succedeva a Raf: era come se si confondesse con le ombre intorno a lei, ed era sicuro che quello prima non succedesse.
La faccenda assunse una piega decisamente grave quello stesso pomeriggio, quando incontrò Cabiria e Kabalé che litigavano nel corridoio di fronte, l'entrata per l'Incubatorio. Appena lo scorsero si zittirono di colpo, voltandosi di scatto verso di lui: in un attimo se le ritrovò addosso tempestato di domande, per lui, senza senso.
“Ehi, ehi… buone!” esclamò, zittendole “Mi spiegate che succede?” chiese.
“Raf è in Infermeria” rispose Cabiria “Non ci vogliono dire cos’ha ma è ovvio che è grave!”
“Tu ne sai qualcosa?” domandò Kabalé.
“In Infermeria? Perché?”
“Questo lo vogliamo sapere noi da te!” ribatté Kabalé, frustrata.
“Durante la lezione Raf si è lamentata di avere freddo… poi, ad un certo punto, è svenuta e non si è più ripresa” spiegò Cabiria.
“Avevo notato che era strana in questi giorni ma aveva sempre detto di stare bene” rispose Sulfus “E poi ogni volta che facevo una domanda mi aggrediva.”
“Quindi non sai nulla nemmeno tu?” domandò Kabalé, sconfortata.
“No” scosse il capo lui, prima di drizzarsi di scatto: era sicuro di aver visto un movimento sospetto dietro l’angolo “Ma forse so chi può saperlo” aggiunse e scattò in quella direzione, con al seguito le due ragazze, confuse e perplesse. Percorsero tutto il corridoio fino all’Incubatorio, dove virarono per i bagni pubblici, forse i peggiori di tutti: quello dei maschi.
“Ehm… tu non dovresti essere qui” ricordò Cabiria “E noi non entreremo lì dentro” aggiunse, disgustata.
“Sono sicuro che lì dentro ci sono le risposte che cerchiamo” rispose lui, afferrando la maniglia e spalancando la porta: a dispetto di quanto credevano i bagni erano lindi e puliti, come appena lavati. Un leggero aroma di mirtillo aleggiava nell’aria che, unito alle porte viola dei cubicoli, donava la sensazione di essere in una mora gigante.
“E io che credevo fosse peggio della Giudecca” commentò Kabalé. Sulfus si portò un dito alle labbra e rimase in ascolto, camminando lentamente davanti le porte chiuse. Arrivato all’ultima si fermò: un lieve tremolio proveniva dall’interno. Fece un segno alle ragazze che si accostarono alla porta, mentre lui prese la maniglia. Contò fino a tre con la mano, poi la spalancò e si precipitò dentro.
“Non ho fatto nulla, lo giuro!” esclamò il ragazzo seduto sulla tavoletta della tazza.
“Ma cosa… Mefisto!” esclamò Cabiria, facendosi avanti.
“Perché abbiamo seguito Mefisto?” domandò Kabalé.
“Tu sai cosa è successo a Raf?” chiese Sulfus. Il ragazzo esitò. “Allora lo sai!” esclamò lui, accusatorio.
“Ho giurato di non dirlo a nessuno” rispose lui “Se lo facessi mi staccherà le corna a morsi!” spiegò, evidentemente terrorizzato.
“Chi ti staccherà le corna a morsi?” chiese Cabiria.
“Raf, chi se no?” domandò lui, stizzito.
I tre lo guardarono, confusi.
“Aspetta… cosa?” domandò Sulfus “Spiegati meglio!”
Ma lui scosse la testa. Sulfus afferrò lo spazzolone del water e lo puntò contro il viso del ragazzo, che si ritrasse.
“Parla, o te le stacco io le corna… e non solo quelle!” minacciò. Mefisto guardò terrorizzato dallo spazzolone a lui un paio di volte, poi strinse gli occhi.
“Raf ha usato un Potere Alare per soggiogare la tua ombra ma non ha funzionato ed ora è lei che sta diventando un’ombra!” esclamò tutto d’un fiato, prima di tornare a respirare “Sono morto” disse, alla fine, rassegnato.
“COSA?!” esclamarono in coro i tre, dopo un attimo di sbalordimento.
“Che significa che voleva soggiogare la mia ombra?” domandò lui.
“Non era una cosa seria” si affrettò a rispondere l’altro “Era solo un incantesimo minore, sarebbe durato al massimo qualche ora: ti avrebbe fatto fare qualcosa di stupido o imbarazzante controllando la tua ombra, giusto per divertirsi un po’… era solo un innocuo dispettuccio” rassicurò.
“Ma non ha funzionato” concluse lui. Mefisto scosse il capo.
“E ora che facciamo?” domandò Cabiria.
“Sai dove l’ha preso?” chiese Sulfus.
“In un libro della biblioteca, credo si chiamasse Power Fly: ali per tutte le occasioni” rispose lui “Ma non troverete nulla per aiutarla, ho già cercato io” aggiunse “Avevo già letto le controindicazioni, sapevo cosa sarebbe successo e volevo aiutarla prima che fosse troppo tardi” ammise al loro sguardo interrogativo.
“Forse noi no… ma i professori sì!” ribatté Sulfus, rimettendo lo scopino a posto ed uscendo dal bagno, seguito dalle ragazze.
“Tu vieni con noi!” esclamò Kabalé, afferrando Mefisto per la giacca e trascinandoselo dietro.

“RAF HA FATTO COSA?!”
L’urlo della Temptel per poco non sfondò i timpani dei ragazzi.
“Saresti dovuto venire subito da me, non sono cose su cui giocare!” esclamò incollerita.
“Ma lei aveva detto che…” tentò Mefisto.
“Non mi interessa cosa ha detto!” ribatté la donna “Oh, non ci posso credere” sospirò, portandosi una mano alla fronte.
“Ma può guarire, vero?” domandò Kabalé.
“Certo che può guarire” rispose lei “Anzi, vado subito in Infermeria... ma sappi che non ho finito con te!” aggiunse, rivolta a Mefisto, che incassò la testa nelle spalle “Riprenderemo questa discussione più tardi!” assicurò, facendosi largo tra i ragazzi per raggiungere la porta ed uscire.



A volte non tutto va come vorremmo che vada. Le scelte sbagliate che facciamo si ripercuoteranno sempre su di noi, a volte anche con gravi conseguenze. Ciò che avevo fatto era forse stata la cosa più stupida che potessi mai fare e, per contro, non avevo ferito solo me ma anche le persone che mi circondavano: le mie amiche, i miei insegnanti, mia madre e persino il mio rivale… perché, si sa, gli angeli sono empatici: non resteranno mai indifferenti se qualcuno che conoscono è in pericolo che sia un loro simile, un Terreno o un diavolo.

“Insomma, mi stai dicendo che non c’è nulla da fare?!”
“Purtroppo è in uno stato troppo avanzato… avremmo dovuto agire prima, il suo corpo è quasi completamente un’ombra.”
“Quindi dovremmo lasciarla al suo destino!”
“Anche se si potesse fare non è sicuro che funzioni e ci vorrebbe troppo tempo.”
“Ma almeno provaci!”
Raf riconobbe la voce della Temptel dopo un lunghissimo arco di tempo, quasi come se l’avesse dimenticata e avesse dovuto sforzarsi per ricordarla. In effetti era tutto molto confuso: sapeva chi era, sapeva cosa era successo, sapeva tutto… ma al contempo non sapeva nulla. Ogni informazione immagazzinata nel suo cervello era piatta e scorreva via non appena la toccava, lasciando una traccia confusa dietro di sé: quindi era questo che significava essere un’ombra? Non sentire nulla? Non ricordare nulla? Non essere nulla?
“Dovremmo tenerla corporea finché non riesco a sintetizzarla… le ombre non fanno altro che risucchiarla, ci servirà luce ma quella artificiale non è abbastanza potente ed il giorno oramai è tramontato.”
Quello era Arkan, ne era sicura… almeno lo credeva.
“Posso farlo io!”
Ma quella voce di chi era?
“Non ti avevo detto di aspettare fuori?”
“Sì, lo so ma…” la voce esitò “Io posso creare una luce abbastanza potente da renderla corporea ancora per un po’. La prego professore, mi faccia tentare!”
Sapeva di chi era, ce l’aveva sulla punta della lingua… solo che le sfuggiva.
“Va bene, Sulfus, tanto oramai non abbiamo più niente da perdere.”
Ma certo, la lampadina, ecco chi era! Ed ovviamente era lì per fare il suo dovere di pannello solare. Per poco non scoppiò a ridere: gli aveva trovato un nuovo soprannome.
Light Fly!”
Un intenso calore le avvolse il corpo, scaldandola completamente; i pensieri tornarono un po’ più lucidi insieme ad alcuni dettagli della sua memoria.
Per qualche strana ragione le venne in mente la sua prima sfida col ragazzo, sulla Pianura Scarlatta… forse perché aveva un che di familiare: le ricordava i pomeriggi passati a giocare per le vie di Zolfanello City.
Il calore la cullò, facendola cadere in un dormiveglia luminoso accompagnato dal sottofondo di voci diventato solo un mormorio indistinto.
“…f!”
...un flebile mormorio…
“...af!.. Ra…”
La ragazza strinse gli occhi, infastidita: voleva dormire ancora.
“Raf! Raf, svegliati!”
Altri cinque minuti. Lasciatemi dormire solo altri cinque minuti…




Note:
1Nel cartone viene mostrato come i diavoli non siano propensi a studiare e che meno fanno meglio è; nel fumetto è molto diverso: i professori ci tengono che loro stiano attenti durante le lezioni per apprendere tutte le informazioni basilari e compiere al meglio il loro dovere. Ciò non implica, però, che siano costretti a studiare fuori dall'orario scolastico.
2Sulfus_Angel’s Friends, stagione 1, episodio 32

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Capitolo 4
*** V.E.T.O. ***


Raf sapeva di essere nei guai nel momento stesso in cui aveva ripreso la piena padronanza dei propri pensieri, razionali o meno che fossero. Certo, aveva delirato per qualche ora, ma si era ripresa alla grande. Per questo quando aveva definitivamente riaperto gli occhi e si era ritrovata davanti amici, nemici e professori sapeva esattamente cosa fare.
Temptel le aveva fatto una sfuriata con i fiocchi che lei aveva ascoltato con pazienza senza ribattere, persino Arkan aveva detto la sua sulla pericolosità di certi poteri e le sue amiche l’avevano bacchettata senza pietà per averle fatte preoccupare tanto. L’unico che non aveva proferito parola era stato Sulfus, colui che ne aveva davvero il diritto e che invece era rimasto in perfetto silenzio dietro al proprio insegnante.
“Cosa hai da dire a tua discolpa?” domandò, infine, Arkan. Raf era rimasta tranquilla per tutto il colloquio (non che lei avesse detto poi molto) e anche in quel momento il suo volto era la personificazione della spensieratezza, a differenza di molte altre emozioni che avrebbe dovuto esprimere. Trasse un semplice respiro e, quando parlò, disse solo due frasi nella calma più assoluta:
“Mi dispiace.”
“Oh, puoi scommetterci che ti… aspetta, cosa?” Temptel, che aveva rimesso su il suo cipiglio accusatorio, si voltò di scatto verso di lei, sbalordita.
“Mi dispiace” ripeté lei, come se stesse parlando del tempo “Mi dispiace di avervi fatto scomodare” aggiunse, rivolta agli insegnanti “Mi dispiace di avervi fatte preoccupare” continuò, guardando Cabiria e Kabalé “Mi dispiace di averti coinvolto” disse a Mefisto, prima di voltarsi verso Sulfus “E… mi dispiace per aver cercato di stregarti” finì.
Oramai la fissavano tutti, sconcertati.
“Ma Raf…” cominciò Kabalé “I diavoli non chiedono mai scusa!” esclamò. Raf si voltò verso di lei.
“Solo perché siamo troppo orgogliosi per ammettere i nostri errori” rispose “E mi capirai se metto da parte il mio dal momento che mi ha quasi uccisa.”
Nessuno trovò nulla da ribattere e anche se lo avevano non lo dissero. Arkan si aggiustò gli occhiali sul naso, con un cipiglio curioso.
“Una delle facoltà degli angeli è proprio il perdono, dopotutto, specie se chi lo chiede lo pensa davvero” disse “Quindi mi caperete se credo che, se un diavolo chiede scusa di propria volontà, sia sincero. Per me la cosa si chiude qui ma devi darmi la tua parola che non farai mai più una cosa simile.”
Raf annuì: “Ha la mia parola” promise, incrociando le dita davanti le labbra “Neanche io ci tengo a ripetere un’esperienza simile.”
Temptel si portò una mano al capo: “Un diavolo che chiede scusa” sospirò “In tutti i miei anni d’insegnamento è la prima volta che mi capita una cosa del genere.”
“C’è sempre una prima volta” commentò Sulfus, che sembrava quasi divertito.
“Beh, l’importante è che tutto sia finito bene” concluse “Ma che non succeda mai più una cosa simile” ammonì.
“L’ho sempre detto io che era una tipa strana” commentò Cabiria, rivolta a Kabalé. Raf rise.
“Fossi l’unica che me lo dice!”


Quando, tre giorni dopo, Raf uscì dall’Infermeria fresca di riposo la prima cosa che fece fu volare dritta filata da Andrea: tremava al pensiero di come l’avrebbe trovato dopo averlo lasciato per 72 ore nelle mani di Mr. Gentilezza. Non aveva neanche raggiunto il cortile che una voce la distrasse.
“Finalmente mi hai degnato della tua presenza, quale onore.”
La ragazza si fermò a mezz’aria prima di voltarsi, altezzosa: “Dovresti considerarti più che onorato” rispose, incrociando le braccia al petto. Sulfus sbuffò una risata di scherno e si staccò dal muro per avvicinarsi a lei.
“Devo dedurre che tu ti sia ripresa bene” notò.
“Alla grande” lo corresse lei “Mai stata meglio.”
“Immagino” rispose, squadrandola dalla testa ai piedi “Perché hai cercato di stregarmi?” domandò, infine. Lei scrollò le spalle: “Così, giusto per divertirmi un po’” rispose.
“Ovviamente” annuì lui, scettico.
“Mh” borbottò lei “Allora, nessun rancore?” chiese. Il ragazzo sembrò rifletterci.
“Nessun rancore” annuì infine, porgendole la mano “Nemici come prima?”
Raf gliela strinse “Nemici come prima” acconsentì. Esitò. “E… ehm, so quello che hai fatto per me mentre ero sul punto di diventare un’ombra” aggiunse, un po’ in imbarazzo “Quindi… sì, insomma, grazie” disse. Sulfus inarcò un sopracciglio.
“Oh, quello” disse “Non era nulla, sarebbe stato egoista da parte mia non fare niente quando potevo” rispose semplicemente.
Rimasero in silenzio per un po’, finché non si sentirono a disagio. A rompere quel momento, con grande sollievo di entrambi, fu Raf.
“Andrea sta per uscire, è meglio andare”.
“Sì, sono d’accordo” annuì lui, prima di seguirla nel cortile della scuola.
In un modo o nell’altro, contro ogni convenienza, quei due stavano facendo amicizia.



“Uhm… uhm… e ancora uhm!”
“Raf?”
“Uhm…”
“Raf.”
“Uhm…”
“Raf!”
Con un sussultò la ragazza sobbalzò, rischiando di far cadere il libro che aveva in mano.
“S-sì?” chiese, guardandosi intorno e scorgendo il proprio rivale accanto a sé.
“Ti stai ripetendo” le fece notare lui.
“Oh… già” ammise, guardando il proprio libro “Il fatto è che sto cercando di capire come funzionano queste proiezioni” ammise.
Proiezioni?”
“Esatto. Sarebbero delle mini-proiezioni di noi stessi che possono influenzare a livello inconscio i Terreni, possiamo entrare anche nei loro sogni!” spiegò, affascinata.
“E perché?” chiese Sulfus, incamminandosi per il corridoio con una pila di libri tra le braccia.
“Beh, così sarebbe più facile irretirli o proteggerli, no?” rispose lei “E poi non sei curioso di sapere cosa sogna Andrea?”
“Sì, ma è anche vero che una cosa del genere è contro le regole” aggiunse lui “E poi è pericoloso: non siamo esperti, rischieremmo di stravolgere la sua personalità.”
“Nah, tu ti preoccupi troppo” tagliò corto lei, tornando alla sua lettura. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, esasperato. Raf si alzò in volo oltre la folla e si diresse verso i distributori.
“Che cosa hai intenzione di fare?” domandò lui, seguendola.
“Voglio provare questa cosa delle proiezioni” rispose lei “Cox!” chiamò: la coccinella sulla sua cintura prese vita e si parò davanti a lei “Attiva Proiezione!”
Con un “Buzzz!” affermativo la mascotte si voltò verso Andrea, intento a prendere un succo all’arancia dal distributore: gli occhi le si illuminarono ed una mini-Raf apparve accanto all’orecchio del ragazzo, sussurrando qualcosa. Il ragazzo non sembrò vederla né sentirla ma al momento di digitare il numero esitò… dopo un’istante premette un paio di pulsanti ed un thè alla pesca cadde dal proprio scomparto con un tonfo.
Sulfus rimase perplesso: “Ma non voleva prendersi un succo all’arancia?” chiese. Raf annuì, sorridendo.
“Vero. Ma io gli ho suggerito di prendere il thè… e lui lo ha fatto” spiegò “E tutto con la proiezione. Hai visto che è facile e funziona anche meglio?”
Il ragazzo non sembrava convinto: “Questo stage ci serve per imparare a socializzare con i Terreni” ricordò “Se fosse stato così facile i professori ci avrebbero detto di usare le proiezioni fin da subito, no?”
“Ma io sono un diavolo” replicò Raf “Per noi è normale cercare la via più facile ed efficace per raggiungere uno scopo e, soprattutto, infrangere le regole.”
“Ovviamente” sospirò lui, guardando in basso. Con uno scatto afferrò il braccio della ragazza e la tirò più su: un paio di ragazzi stavano passando proprio dove un attimo prima vi era lei “Ma ricordati che il V.E.T.O. va rispettato da tutti” ammonì.
“Sì, sì, lo so” rispose lei, scrollandosi dalla sua presa “Farò attenzione” aggiunse, seccata, prima di prendere il volo e attraversare il soffitto per raggiungere le aule al piano di sopra.
Sulfus scosse il capo, rassegnato: era meglio tenerla d’occhio.

Quando Raf aveva detto di voler dare una sbirciata ai sogni di Andrea era seria. Per questo era sgattaiolata via dall’Incubatorio nel bel mezzo della notte, facendo attenzione a non svegliare Cabiria, per volare a casa del ragazzo. Aveva studiato la cosa delle Proiezioni Oniriche per tutta la sera e sapeva esattamente cosa fare, però aveva solo tre minuti per agire: superato quel lasso di tempo c’era il rischio di provocare danni seri alla personalità di Andrea.
Era entrata di soppiatto nella stanza del ragazzo passando per la parete ed aveva galleggiato fino al letto, dove era rimasta sospesa a mezz’aria: il ragazzo dormiva beatamente, ignaro di tutto.
“Bene, sei pronta Cox?” chiese. Anche se era consapevole che nessuno potesse sentirla, parlava lo stesso a bassa voce: più che altro perché mettersi a gridare nel bel mezzo della notte le suonava strano.
La mascotte prese vita e si posizionò davanti a lei, pronta ad eseguire la missione che le era stata affidata.
“Bene, ti ho già spiegato cosa fare: devi creare una proiezione di me stessa, io la guiderò fin dentro i sogni di Andrea passando per l’orecchio destro e lì sbircerò il suo inconscio” spiegò “Tu metti il timer: tre minuti esatti, non un secondo di più chiaro?”
La coccinella annuì e puntò gli occhi verso il viso del ragazzo. Quelli s’illuminarono e crearono una proiezione della ragazza formato mini con tanto di coda, forcone e nuvoletta rossa su cui sostare, allo stesso tempo un click annunciò l’inizio del conto alla rovescia. La Raf originale rimase sospesa sul letto del ragazzo, come in trance, mentre la mini-sé entrava a razzo nell’orecchio del ragazzo.
Da lì fu un turbine di luci e vortici che la portarono nell’angolo più remoto delle emozioni di Andrea; vide tutto: l’infanzia, la vita, i sogni, i sentimenti, i progetti, il futuro… tutto. Solo in quell’istante si rese davvero conto di non conoscere affatto il proprio Terreno.
Ma il bello doveva ancora arrivare. Nelle profondità del cuore del ragazzo trovò una porta chiusa con un lucchetto a forma di cuore, ebbe appena il tempo di aprirla e dare un’occhiata all’interno che un trillo la fece sobbalzare: il tempo era scaduto. Svelta come un razzo corse fuori dalla mente del ragazzo e sbucò di nuovo nella stanza di Andrea. Cox dissolse la proiezione e smise di trillare, ma il ritorno nel proprio corpo fu più brusco del previsto. Sbandando a destra, Raf rischiò di crollare sul ragazzo. Riuscì a riprendere il volo appena in tempo ma, con un movimento di troppo, poggiò la mano sul braccio di Andrea.
Fu come se una scarica elettrica le avesse attraversato il braccio con forza inaudita, lasciandola in balia della scossa per qualche istante prima di essere respinta indietro. Attraversò la stanza a velocità stratosferica e sbatté contro il muro, cozzando di schiena, per poi crollare sul pavimento con un gemito.
“Raf!”
L’urlo la fece tornare un poco in sé. Ignorando la testa che pulsava provò ad alzarsi ma le girava tutto.
“Raf! Stai bene? Che cosa hai combinato?!” una mano la sorresse e l’aiutò a tirarsi su, seppur barcollante “Hai fatto un volo assurdo!” esclamò Sulfus.
La ragazza si appoggiò alla parete e si portò la mano destra al viso: sul palmo, lucente come se fosse vera, vi era una stella d’oro a cinque punte.
“Oh, no…” mormorò “No, no, no!”
“Che cosa è successo?” domandò Sulfus, guardando anche lui la misteriosa stella.
“Il V.E.T.O.” rispose lei, in preda al panico “Ho toccato Andrea… ho infranto il V.E.T.O.!”


 



Il cielo viola terso di nero riluceva regalando un’atmosfera cupa e tetra alla terra arida sotto di sé. Una grande montagna nera si stagliava per miglia e miglia in altezza e lunghezza, l’unica cosa nel raggio di chilometri che somigliasse vagamente a qualcosa di naturale. Sembrava un luogo così tranquillo e silenzioso, nemmeno un alito di vento spazzava il gelido paesaggio… almeno fino a quel momento.
Un terremoto di proporzioni bibliche scosse l’intera area, creando crepe nel terreno già instabile; l’intera montagna tremò mentre, dall’interno, proveniva un’agghiacciante suono di ferro spezzato. Un sospiro caldo ed euforico riecheggiò tra le rocce, immediatamente seguito da una risata raggelante.
Finalmente libera!”





Angolino zuccheroso:
Dan, dan, dan, daaaaaan!
E finalmente ci siamo! Esatto gente, l’ultimo paragrafo è dedicato al nemico dei nostri eroi che, vi ricordo, non è Reìna. Ma chi sarà mai? Dov’è imprigionata? E perché?
Tutto questo nella prossima puntata… o forse no.
Baci!

 

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Capitolo 5
*** Presi di mira ***


Raf si era aspettata che Sulfus andasse a raccontare agli insegnanti dell’infrazione appena tornati a scuola, per questo rimase sorpresa quando lui stesso propose di non dire nulla a nessuno di quanto accaduto. Se non fosse stato per le circostanze Raf lo avrebbe abbracciato urlando ringraziamenti fino al mattino. Ma si limitarono a lasciarsi nel corridoio per tornare alle proprie stanze, non gli chiese nemmeno perché si trovava a casa di Andrea nel bel mezzo della notte.
Quando si svegliò il mattino dopo la stella era già sparita. Sollevata si accinse ad alzarsi: era decisamente più facile far finta di nulla senza quella macchia sulla pelle, anche se il pensiero non l’abbandonò nemmeno per un’istante durante la giornata. Riuscì distratta anche quando Cabiria le chiese un consiglio sul modo migliore per irretire Ginevra, la sua Terrena.
“Insomma, si può sapere che ti prende?” domandò, vedendola con la testa altrove.
“Oh… ehm, niente. Sono solo un po’ stanca” rispose Raf, nascondendo d’istinto la mano sotto il tavolo “Stanotte non sono riuscita a prendere sonno” ammise “Comunque, cosa stavi dicendo di Ginevra?” chiese.
“Che vorrebbe cambiare ma non sa come fare” ripeté la ragazza “È confusa e devo sfruttare al meglio la situazione.”
Raf si sforzò di concentrarsi sul problema: “Fai leva sul suo punto debole” disse infine “In genere una ragazza vuole cambiare per poter piacere ad un ragazzo, prova a puntare su quello e poi convincila a rinnovarsi. Ad esempio, c’è quel nuovo centro di bellezza che ha aperto da poco… con la spinta giusta avrai gioco facile.”
Cabiria ghignò: “Sei proprio malefica, come farei senza di te?”
“Nulla, ovvio” rispose lei, con un sorriso altezzoso. Ma il sorriso svanì presto dal volto della compagna.
“Sei sicura che vada tutto bene? Mi sembri un po’… preoccupata” chiese la ragazza. Raf esitò: Cabiria era la sua migliore amica da sempre, non le aveva mai nascosto nulla, ma in quel frangente non se la sentiva di rivelare una cosa così grave. Almeno non subito, prima preferiva analizzare la questione con calma.
“Ma no, sto benissimo. Te l’ho detto sono solo un po’ stanca, non immaginavo che lo stage sarebbe stato così impegnativo” mentì. Cabiria non sembrò del tutto convinta ma annuì.
“Beh, è meglio che vada in Aula Sfida” disse, infine, alzandosi “Devo rifare l’aureola ad Urié” spiegò, con un sorriso malefico. Raf aspettò che Cabiria fosse sparita per spegnere il proprio, sostituendolo con un sospiro stanco: da quando aveva infranto il V.E.T.O., la sera prima, il suo Settimo Senso aveva iniziato a fare i capricci.
Scosse la testa e si alzò: probabilmente era solo per il pericolo che gli insegnanti lo scoprissero, non c’era nulla che non andava. O, almeno, lo sperava.




Avere a che fare con gli angeli era sempre noioso: quei pennuti immacolati e la loro fissa per le regole erano davvero soffocanti. Un’altra cosa che Raf stava cominciando ad odiare era il loro stramaledetto altruismo e la loro antipatica empatia.
Oh, giusto, odiava anche gli angeli in generale… ma lui aveva scalato la classifica più in fretta di Gas davanti ad un buffet.
“Insomma, mi vuoi lasciare!” sibilò, guardandosi intorno alla ricerca di un Eterno: se qualcuno li avesse visti avrebbe potuto fraintendere… e sarebbe finita indubbiamente male. Sulfus non rispose, voltò l’angolo e la trascinò dietro i distributori, si diede un’occhiata furtiva intorno poi afferrò la sua mano e ne esaminò il palmo.
“È sparita!” esclamò.
“Me n’ero accorta!” ribatté lei, stizzita, divincolandosi con uno strattone “Stamattina non c’era già più” spiegò, voltandogli la faccia.
“Senti, quello che è successo è gravissimo: hai infranto il V.E.T.O.!”
“Shhh! E parla piano, vuoi che ti sentano?” esclamò lei, in preda al panico “Non l’ho fatto apposta, è stato un’incidente” aggiunse, prendendosi la propria mano con l’altra “E poi tu che cosa ci facevi a casa di Andrea nel bel mezzo della notte?”
“Seguivo te, è ovvio” rispose lui “Ed ho fatto bene visto quello che è successo. Ah, avrei dovuto fermarti prima.”
“Ma chi ti credi di essere per pensare di potermi fermare?” ribatté lei, offesa “Sappi che ho guardato nei sogni di Andrea… e non solo in quelli: ho scoperto cose che tu non ti sogneresti neanche!”
“E questo ti sembra un valido pretesto per quello che hai fatto? Non ci posso credere!”
“Senti, oramai quel che è fatto è fatto… stare qui a litigare non serve a nulla” disse, voltandogli le spalle e facendo qualche passo lontano da lui “Non era mia intenzione toccare Andrea, è successo e basta. E poi non ci sono state conseguenze, no?”
“Questo lo dici tu: è da ieri sera che il mio Settimo Senso suona come una campana” informò lui.
“Ma come, anche tu?” chiese Raf, stupita “Anche il mio fa i capricci… pensavo che fosse solo una conseguenza dell’infrazione del V.E.T.O.”
“Beh, io Andrea non l’ho toccato ma le conseguenze le subisco lo stesso” rispose Sulfus “Non so come la pensi, ma sento che sta succedendo qualcosa di strano.”
“Qualcosa… cosa?
“Credimi, vorrei tanto saperlo.”





Se c’è una cosa che vi posso dire del Limbo è che non è il posto migliore in cui passare la propria esistenza. Tetro, oscuro, deprimente, folle… sono tutte le caratteristiche di cui è composto e che si riversano pian piano in te, facendoti dimenticare lentamente ogni cosa: chi sei, da dove vieni, perché sei lì… diventi un guscio vuoto di orrore e silenzio e niente, niente, potrà mai riportarti indietro.
Per lei non era stato così. Il suo odio, il suo rancore, la sua sete di vendetta non aveva fatto altro che aumentare secolo dopo secolo, alimentando quello già presente nell’aria. Ed ora che era finalmente libera dalle catene che la opprimevano da oltre tremila anni non le restava altro da fare che uscire da lì e scatenare finalmente la sua ira.
Ma era più semplice a dirsi che a farsi: dal Limbo non si usciva tanto facilmente e, anche senza catene, lei era lo stesso intrappolata nella Rocca. C’era un solo modo per distruggere quella montagna creata appositamente per divenire la sua prigione, uno strumento antichissimo e potente ma difficile da ottenere poiché si poteva creare con due delle cose più irreperibili al mondo.
Ma non era un problema, sapeva come ottenerle… o almeno poteva provarci. Si sedette nell’alto scranno forgiato nella roccia e prese la sfera di cristallo dal piedistallo accanto a sé, dono recente di un ospite inatteso: tramite quella avrebbe potuto usare i propri poteri per ottenere ciò che voleva.
Una nebbia vorticò nella sfera prima di assumere una forma: era una ragazza, un giovane diavolo in quel momento sulla Terra.
La donna sorrise: era lei l'Eterna che aveva infranto il V.E.T.O. toccando un Terreno, liberandola così dalle catene... e sarebbe stata sempre lei a tirarla fuori dal Limbo.





Con il tempo Raf si convinse che forse la loro era solo suggestione. Insomma, non era successo niente a nessuno: Andrea stava benissimo, lei pure e, cosa più importante, nessuno era venuto a conoscenza dell’Infrazione. Dopotutto, come le diceva sempre sua madre: fa' quel che ti pare basta che non ti fai beccare. Che faceva pure rima!
Sebbene anche Sulfus sembrasse nervoso questo non intaccò minimamente il suo umore e le sue convinzioni. Anche se…
Da lì a qualche giorno strani sogni la tormentavano e questo non poteva ignorarlo, pur facendo di tutto per non pensarci; Raf non aveva mai badato ai sogni ma quelli erano molto realistici e le lasciavano un senso di oppressione ad ogni risveglio. Cercava di non darvi peso e, soprattutto, di non far trasparire nulla all'esterno: non poteva permettere che qualcuno venisse a sapere quello che era successo.
Si stiracchiò, annuendo di tanto in tanto giusto per far sapere a Cabiria che la stava ascoltando anche se così non era... non del tutto almeno. La ragazza si stava ancora lamentando della sconfitta subita da parte di Urié con Ginevra, nonostante fossero passati giorni da allora: evidentemente le bruciava più di quanto volesse ammettere.
“Io non posso credere che abbia rinunciato ad un trattamento di bellezza... gratuito per giunta! Insomma, chi lo farebbe?” esclamò. Kabalé alzò gli occhi al cielo, stanca di sentire sempre la stessa solfa, e anche Raf decise che era ormai giunto il momento di finirla.
“Non puoi biasimarla, Cabiria” esclamò “Puoi offrirle tutti i trattamenti di bellezza che vuoi, ma se non le piace il risultato finale c'è ben poco da fare. A te piacerebbe se ti conciassero come una meringa tutta strass e lustrini?” domandò.
La ragazza rispose con un'espressione disgustata.
“Ecco, appunto” rise Kabalé “Si vede che non era il tema adatto con lei, ti rifarai la prossima volta.”
“Lo spero proprio” sbuffò lei “La cosa che mi ha dato più fastidio è stata la reazione gioiosa di Urié... quell'aria di superiorità da Avevo ragione io quando Andrea si è avvicinato a Ginevra mi ha fatto saltare le corna: l'avrei strozzata!” affermò, mimando il gesto di strangolare qualcuno.
Raf scrollò le spalle “L'ammazzerai la prossima volta. Ora faremo meglio a sbrigarci: Ginevra e Andrea devono vedersi oggi e dobbiamo andare con loro” ricordò, alzandosi dalla poltrona.
Anche Kabalé si alzò. “Io devo andare da Edoardo: ha organizzato una partita a poker con i suoi amici e non me la voglio assolutamente perdere.”
Uscirono dalla scuola, chiacchierando e ridendo, e si separarono sul marciapiede. Raf e Cabiria raggiunsero il Centro Commerciale dove Andrea e Ginevra si erano dati appuntamento, ma erano appena atterrate davanti al negozio di ottica che si ritrovarono davanti Urié, Dolce e Sulfus, intenti ad osservare i due Terreni entrare nel cinema poco distanti.
Urié ridacchiò rivolgendosi all'amico “Mi sa che tra quei due c'è del tenero!” esclamò.
“Del tenero? Mi viene la nausea solo a pensarci!” sbottò Cabiria, disgustata, attirando la loro attenzione.
“Non vomitare” l'ammonì Raf “L'ultima volta è stata peggio di un idrante.”
Urié fece una smorfia “Che diavolo ci fate voi qui?”
“Fai la spiritosa?” domandò Raf di rimando “Seguiamo Andrea e Ginevra, ovvio: sono i nostri irretiti, l'hai dimenticato?”
“Piuttosto...” iniziò Cabiria, con un sorrisetto sardonico, indicando Dolce “Tu... ahm, com'è che ti chiamavi? Zolletta? Mielosetta? Caramella?”
La ragazza si rabbuiò: “Mi chiamo Dolce!” rispose, indispettita.
“Ah, giusto. E dimmi una cosa, zuccherino... tu cosa ci fai qui? Il tuo protetto è Edoardo, dovresti stare con lui invece di perdere tempo a girare per negozi” la schernì.
La ragazza arrossì, imbarazzata “Ecco, io... veramente...” farfugliò. A tirarla fuori d'impaccio fu Sulfus.
“Questi non sono affari vostri!” li rimbeccò di rimando, infastidito.
“Oh, beh, questo nessuno lo mette in dubbio” rispose Raf, incrociando le braccia al petto “Ma mentre la tua amichetta è in giro a fare shopping la nostra Kabalé si sta lavorando per bene Edoardo... mi sorprende che un angelo lasci il suo posto con così tanta leggerezza. Evidentemente non prendi troppo sul serio il tuo ruolo, mi chiedo come speri di diventare un vero angelo custode.”
Dolce impallidì, mormorò qualcosa con la voce spezzata dal panico e volò via.
“Dei diavoli che riprendono un angelo perché non si comporta doverosamente. Non vi dovreste vergognare?” sibilò Urié, stizzita.
Cabiria rise di gusto “Ma noi non la stavamo riprendendo.”
“Infatti” le diede man forte Raf “Le stavamo solo facendo notare quanto fosse ridicolo, per una della sua risma, trascurare ciò che dovrebbe ritenere la cosa più importante solo per fare un po' di shopping” spiegò “E, francamente, mi stupisce che non siate stati voi stessi a dirle di dover pensare a badare al suo Terreno. A quanto pare lei non è l'unica a dover rivedere le proprie priorità.”
Le due ragazze si alzarono in volo ed entrarono nel cinema, lasciandosi dietro una Urié decisamente furiosa. Sulfus sospirò, poggiandole una mano sulla spalla.
“Dai, lascia perdere. Lo sai come sono fatti quei diavoli: se non sputano un po' di veleno al giorno potrebbe andar loro di traverso” disse, per tranquillizzarla.
“Non è questo!” rispose lei, per poi abbassare lo sguardo sconsolata “La cosa che mi fa rabbia è che hanno ragione: non avremmo dovuto portare Dolce con noi, lei doveva pensare ad Edoardo.”
Il ragazzo non trovò nulla da dire per ribattere, si sentiva in colpa anche lui ma ormai la frittata era fatta e non c'era nulla che potessero fare per rimediare. Sperava solo che non fosse successo nulla di irreparabile.
Entrarono entrambi nel cinema e si sedettero sulle spalliere di due poltrone vuote, poco distanti dai loro terreni: avevano scelto di guardare uno sdolcinato film d'amore, con ovvio disappunto di Raf e Cabiria. Neanche Sulfus era molto entusiasta della cosa, a dirla tutta, ma preferì tenerselo per sé.
Quando il film finì e poterono finalmente uscire dalla sala tirarono tutti e tre un sospiro di sollievo; Uriè; invece, stava piangendo come una fontana.
“Ma come fa a commuoverti quella roba?” domandò Raf, perplessa “La trama era banalissima e gli eventi scontati.”
“Tutti i film d'amore sono banali e scontati” la corresse Cabiria “Non c'è più nulla di originale in questo ambito.”
“Questa volta sono d'accordo con voi” ammise Sulfus “Si era capito il finale dopo dieci minuti dall'inizio.”
Urié si soffiò il naso, guardandoli male “Sono le storie, i personaggi e la piscologia degli stessi a dare spessore ai film, anche quelli con una trama banale.”
“Peccato che anche i personaggi fossero banali” commentò Cabiria a mezza voce. Raf ridacchiò e le fece un cenno con la testa.
“Orami Andrea e Ginevra stanno andando a casa, torniamo a scuola anche noi” propose “Voglio sapere se Kabalé ha combinato qualcosa con Edoardo.”
“Sì, è quello che voglio sapere anche io” ammise Urié, con una smorfia “Anche se ho come la sensazione che sia successo qualcosa di brutto.”




“Edoardo ha fatto una scelta sbagliata. Una scelta che avrà conseguenze pesanti su Carlo e sulla sua famiglia” annunciò Arkan con voce grave. A quanto pareva la sensazione di Urié si era rivelata giusta, era davvero successo qualcosa di brutto: Carlo aveva giocato di nascosto a poker i soldi del padre e Kabalé aveva manomesso le carte di Edoardo perché li vincesse; il ragazzo aveva poi speso quei soldi per comprasi un motorino, nonostante Dolce avesse provato a fargli cambiare idea.
La ragazza, dal canto suo, stava guardando in lacrime la videofinestra dell'aula angelica, aperta sulla casa di Carlo e su ciò che vi stava accadendo in quel momento: il padre non aveva preso bene la scomparsa delle banconote poiché la cosa avrebbe potuto ripercuotersi gravemente sulla situazione economica della famiglia.
“Mi dispiace, è stata colpa mia” singhiozzò, mentre Miki cercava di consolarla stringendola a sé con un braccio.
Arkan scosse il capo “No” decretò, ammorbidendo il tono di voce “Adesso ascoltami: tu sei stata bravissima, Dolce: hai combattuto secondo le regole.”
“Sì, ma ho perso” constatò la ragazza, asciugandosi gli occhi con uno dei polsini “Mentre Kabalé ha violato il V.E.T.O. e ha vinto.”
“E allora?” domandò l'insegnante, severamente “Vorresti dire che dovremmo violare il V.E.T.O. anche noi? Che dovremmo comportarci come loro?”
“No... è solo che a volte è così dura rispettarlo” rispose Dolce, sconsolata.
“Hai ragione, è vero, la nostra strada spesso è in salita perché i nostri avversari imbrogliano, mentono, sono infidi e troppo sovente scorretti” ammise Arkan senza mezzi termini “Noi dobbiamo faticare il doppio per riuscire a portare i Terreni sulla retta via, ma questo è il nostro compito perché siamo angeli, custodi delle leggi universali... e dobbiamo proteggere il creato da ogni possibile minaccia” ricordò.
Sulfus fece una smorfia mentre sentiva dentro di sé quella piccola traccia di pericolo che il suo Settimo Senso sembrava non aver intenzione di far sparire: non ne aveva parlato con nessuno, né dell'infrazione né di quella sensazione, anche se probabilmente dirlo agli insegnanti era la cosa giusta da fare. Non sapeva neanche lui perché ma non se la sentiva di denunciare Raf in quel modo, facendole rischiare l'esplusione: dopotutto era stato un incidente. Certo, un incidente che si sarebbe potuto evitare senza problema se non avesse avuto la malsana idea di usare la proiezione su Andrea...
“Ora è tardi, tornate nel Sognatorio e dormiteci su” concluse Arkan, riscuotendolo dai suoi pensieri “Domani è un nuovo giorno.”
Uscirono tutti e quattro dall'aula e si diressero verso le proprie camere, in silenzio. Quando Sulfus entrò nella sua trovò Ang-Lì già profondamente addormentato; si buttò sul letto ancora vestito, poggiandosi un braccio sulla fronte.
Dormirci su... la vedeva un po' difficile, in quel momento. Nonostante fosse già buio non si sentiva affatto stanco anzi, era piuttosto agitato e nervoso. Sospirò, rassegnato, già sapendo che non avrebbe chiuso occhio.


Il problema della notte è che ti ritrovi spesso a rimboccare più pensieri che coperte. Non è semplice sottarsi ai problemi e alle preoccupazioni, anche solo per poche ore, e a volte sono così assillanti che cercare disperatamente una soluzione diventa inevitabile.
Alla fine, siamo semplicemente prigionieri di noi stessi...




















Angolo autrice:
Sono passati ben tre anni dall'ultima volta che ho aggiornato questa storia, sono successe troppe cose e l'ispirazione mi aveva abbandonato completamente. Per molto tempo non sono riuscita a portare avanti nemmno una delle storie che ho in corso nonostante ci abbia provato con ogni mezzo; ho anche cercato di scrivere qualche cosa di nuovo per sbloccarmi ma non c'è stato nulla da fare.
È stato molto avvilente.
Poi è arrivata la quarantena. È arrivato il tempo libero. Ed è arrivato un messaggio, sul mio profilo, che ha dato una svolta positiva alla mia giornata. Ho ripreso in mano il profilo di EFP, ho dato una scorsa alle mie storie e sono rimasta a fissare questa per un po' di tempo, aspettando non so cosa. Alla fine mi sono detta “Devo riguardare Angel's Friends.”
Mi sono presa tutto il tempo possibile per scaricare gli episodi, li ho guardati e già che c'ero ho riletto anche il fumetto: è stata una ventata benefica che ha riacceso un qualcosa in me.
Stanotte ho preso mano a questo capitolo e l'ho scritto, l'ho letto, l'ho cancellato, l'ho riscritto, l'ho ricancellato e l'ho scritto di nuovo finché non sono arrivata ad avere un risultato soddisfacente, un qualcosa che mi ha fatto dire “Sì, ora ci siamo!”
Come avevo già detto precedentemente questa storia prenderà spunto dagli episodi della serie, quindi ho deciso di riportare anche alcune situazioni più dettagliatamente (seppur con delle modifiche): ho pensato che avere una base su cui lavorare avrebbe potuto aiutarmi a sbloccarmi e, per fortuna, così è stato.
E non solo.
Perché ho finalmente delle idee precise: sapevo già come sarebbe finita questa storia e quali sarebbero stati gli eventi decisivi che l'avrebbero caratterizzata ancora prima di stilare una trama dettagliata, e queste cose non cambieranno. Quello che ho ora, invece, sono dei sequel. Non ci avevo pensato minimamente quando ho cominciato a scriverla eppure ora li sento più reali che mai e, senza rendermene conto, ho gettato le basi di quei sequel con questa stessa storia. È incredibile ma tutto si incastra perfettamente in modo allucinante. Ed è qualcosa che mi sprona a continuare con più interesse e passione di prima.
Spero che sia rimasto qualcuno a seguire questo mio delirio, nonostante il tempo che è passato, e non posso fare altro che scusarmi per la mia lunga assenza.
Un bacio!

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