The Game

di Aagainst
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12. ***



Capitolo 1
*** 1 ***


1.

Un pugno. Poi un calcio. E poi ancora, altri colpi. Il corpo cadde, livido, coperto di sangue. Non voleva ucciderlo. Non l'avrebbe mai fatto. Aveva dovuto. 
-Sei stata brava.- si complimentò il suo mentore, poggiandole una mano sulla spalla.
-Molto brava.-.
 
-JJ, ti sei rammollita o sbaglio?- la provocò Morgan. Avevano deciso di andare a correre insieme e quello era il primo giorno di allenamento.
-Solo perché ho lasciato che mi superassi? Nah!- replicò la donna.
-E allora perché ti sei fermata e stai riprendendo fiato?- la sbeffeggiò Derek.
-Perché... Beh, perché ogni tanto fare una pausa è necessario.- provò a difendersi Jennifer. 
Improvvisamente, cadde, travolta da una ragazza. Derek corse subito ad aiutarle.
-Mi scusi.- mormorò la giovane.
-Figurati. È tutto a posto.- la rassicurò l'agente Jareau. 
-Tu, piuttosto... Nulla di rotto?- le chiese.
-No, io... Tutto a posto.- affermò la ragazza. Era di media statura, dalla corporatura apparentemente atletica. Indossava una grande felpa grigia con un cappuccio che le copriva il capo. I suoi occhi azzurrissimi si scontrarono con quelli di JJ. La ragazzina chinò lo sguardo, mordendosi il labbro. 
-Arrivederci.- si congedò, frettolosamente.
JJ e Morgan si scambiarono un'occhiata divertita. Poi, la donna si mise le mani nelle tasche della felpa, in cerca di un fazzoletto, ma si accorse immediatamente di aver perso il portafogli.
-Dannazione! Il portafogli!-. Si voltò. Capì subito chi poteva averglielo preso.
-Accidenti!- imprecò. 
-FBI! Ridammi subito il portafogli!- esclamò, inseguendo la ragazzina che l'aveva travolta. La giovane cominciò a correre.
-Fermati o sparo!- minacciò Jennifer.
-JJ, aspetta! Non mi sembra la soluzione migliore!- provò a calmarla, senza successo, Morgan. La donna, infatti, lo ignorò e continuò l'inseguimento. Era vicinissima alla ragazzina.
-Porca puttana!- imprecò la giovane. Prese il portafogli e lo lanciò all'agente. Jennifer le era praticamente addosso. Proprio in quel momento, passò un autobus. 
-Adios!- esclamò la ladra, salendo sul mezzo.
-Oh, accidenti!- si disperò l'agente Jareau. 
-JJ, ecco il portafogli.- disse Morgan, porgendole ciò che le era stato sottratto. La donna sospirò. 
-Dai, non preoccuparti! Era solo una ragazzina.- la rassicurò Morgan.
-Sì, hai ragione. Oh, il cellulare!-. 
 
-Garcia, cosa abbiamo tra le mani?- chiese Rossi.
-Un ragazzo, Pete Riddle, è stato trovato morto in un vicolo, qui a Washington. È stato ucciso a suon di pugni e calci.- spiegò Penelope.
-Calci e pugni?- domandò stupita Emily.
-Sì . È stato picchiato a sangue.- continuò Garcia. -E non è la prima volta che succede. A dire il vero, è già il quinto in undici giorni.- concluse l'analista.
-C'è qualche collegamento tra le vittime?- chiese Reid.
-Sono tutti ragazzi giovani, tra i diciannove e i ventitré anni.- rispose Garcia. 
-Sono stati trovati oggetti accanto ai cadaveri?- domandò Emily.
-No, niente.- affermò Penelope.
-Abbiamo sospetti? Una pista?-.
-Nulla Hotch. Erano tutti ragazzi per bene, con nessun segreto. Persone normali, con vite normali e lavori normali.- rispose l'analista.
-A proposito di persone con un lavoro: dove accidenti sono Morgan e JJ?- si chiese Rossi.
-Eccoci qui!- esclamarono i due agenti ritardatari, ansimanti a causa della corsa che, probabilmente, avevano fatto per non tardare maggiormente.
-Complimenti per la puntualità.- ironizzò Hotch.
-C'è stato un contrattempo. Sono stata borseggiata da una ragazzina.- spiegò la bionda.
-È la verità, capo.- confermò Derek. Hotch sospirò, poi riassunse i dettagli del caso all'afroamericano e alla bionda.
-Quindi abbiamo delle vittime pestate a sangue, fino alla morte?- 
-Sì, JJ.- rispose Emily.
-Abbiamo un'idea riguardo un possibile profilo?- chiese Morgan.
-Beh, sicuramente si tratta o di un maschio adulto o, comunque, di una donna pratica di boxe o arti marziali. Più di così, purtroppo, non saprei dirti nemmeno io.- asserì Reid.
-Inoltre, se non si conta il fatto che tutte le vittime fossero ragazzi giovani, non c'è nessun collegamento tra loro. Niente amicizie comuni, niente luoghi frequentati comuni. Probabilmente, nemmeno si conoscevano fra loro.- aggiunse Rossi.
-Chiunque sia l'S.I., deve sapere il fatto suo. È riuscito a non lasciare praticamente tracce di sé, oltre ai cadaveri.- concluse JJ. 
-Già. Quindi muoversi! Reid e Morgan, con me e Rossi sulla scena del delitto. Emily e JJ, voglio che andiate dalla famiglia di Riddle e che troviate la maggior quantità di informazioni utili. Penelope, scava il più possibile nelle vite delle vittime. Al lavoro!- ordinò Hotch alla squadra. 
 
Il buio regnava nella stanza. L'uomo, stravaccato su un vecchio divano scassato, accese la torcia elettrica e prese un foglio da un tavolino. 
-Bingo!- esclamò, iniziando poi a ghignare.
 
 
 
 


Angolo dell'Autrice

Ehilà! Parto dicendo che è la prima storia che posto in questa sezione. Spero ne esca fuori un buon lavoro. Ringrazio chiunque leggerà e recensirà. Per me è molto importante un vostro feedback, quindi vi invito a commentare.
Ci si vede al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** 2 ***


2.
L’ordine è qualcosa di artificioso; il naturale è il caos.
(Arthur Schnitzler)


Hotch, Rossi, Morgan e Reid giunsero sulla scena del crimine. Il corpo era stato isolato e lasciato lì dalla polizia, in attesa dell'arrivo dei federali.
-Se non sapessi che ci sono state altre vittime uccise nello stesso modo, penserei a una semplice aggressione dovuta a una lite o, peggio, a una rapina.- esordì David.
-La violenza con cui è stato ucciso è a dir poco disumana. Guardate i segni sul volto: devono averlo pestato fino a quando non ha perso i sensi e, poi, devono aver continuato a picchiarlo- osservò Reid. Il più giovane della squadra sospirò. Si era imbattuto negli orrori più indescrivibili da quando era diventato profiler, ma la vista di quel corpo così martoriato lo turbò decisamente. 
Sentì una mano posarsi sulla sua spalla: Derek gli sorrideva. Probabilmente si era accorto della sua inquietudine. La vista dell'amico lo rincuorò alquanto e gli permise di tornare a pensare al lavoro. Si mise a cercare tracce dell'assassino o, comunque, indizi utili. Ad un tratto, fu attirato da un luccichio proveniente vicino al marciapiede. 
-E questo come c'è finito qui?- si chiese.
-Cos'è, Reid?- domandò Hotch.
-È un anello. Ci sono delle incisioni all'interno, ma sono molto piccole.- rispose Spencer.
-Lo faremo analizzare immediatamente.- asserì Aaron.
 
-Deve essere questa.- asserì Emily, fissando il cancello che separava una bella villetta a schiera dalla strada.
-Suono io.- affermò JJ, citofonando. Le due agenti attesero qualche istante.
-Chi è?- 
-Agenti Prentiss e Jareau dell'FBi, signora Riddle. Possiamo entrare?-. Non ricevettero risposta. Rimasero ferme ad aspettare un paio di minuti.
-Che facciamo? Entriamo?- propose Emily.
-Non abbiamo nessun mandato! Non possiamo.- replicò Jennifer.
Finalmente, la porta della villetta si aprì e ne uscì una signora sui cinquant'anni. 
-Mi dispiace per l'attesa, ma... Ma...- provò a scusarsi, senza riuscirci: scoppiò a piangere. Le due agenti la accompagnarono in casa e la fecero sedere. La aiutarono a tranquillizzarsi, portandole un bicchiere di acqua e preparandole del tea. 
-Come si sente?- chiese Jennifer.
-Lei ha figli?- domandò la signora Riddle. JJ annuì.
-Come si sentirebbe se sapesse che suo figlio, il suo bambino, che lei ha portato in grembo e cresciuto con tutto l'amore del mondo, non tornerà mai più a casa?-.
Calò un gelido silenzio. Jennifer sospirò. 
-So che non è il momento, ma può dirci se, per caso, suo figlio era strano in questi giorni? O se frequentava particolari persone?- chiese Emily. La signora Riddle si asciugò le lacrime col dorso della mano e si soffiò rumorosamente il naso.
-No, non aveva comportamenti strani.  Si alzava tutte le mattine per andare a lezione, poi andava ad aiutare in parrocchia e, infine, tornava a casa per cena. Semmai gli capitava di rincasare prima mi aiutava sempre con le faccende. Sa, da quando mio marito è morto si era ripromesso di aiutarmi e proteggermi. Era un ragazzo buono. Amava la vita.- spiegò la donna.
-Signora, grazie mille. Se ha bisogno di qualsiasi cosa o se, semplicemente, le viene in mente anche solo un semplice dettaglio, non esiti a chiamarci.- disse Jennifer facendo per uscire, seguita a ruota da Emily, ma la madre della vittima la bloccò da un braccio.
-Trovate chi gli ha fatto questo. Trovatelo e fategliela pagare.-scongiurò.
-Lo troveremo.- promise JJ, uscendo dalla porta. Le due donne si avviarono verso la macchina. Salirono sull'auto e chiamarono Rossi.
-Non abbiamo cavato un ragno dal buco. Il ragazzo era la rappresentazione del figlio perfetto.-esordì Emily.
-Potrebbe trattarsi di una semplice aggressione, a questo punto.- ipotizzò JJ.
-È escluso. La violenza delle percosse accomuna tutte le vittime ritrovate. Inoltre, Reid ha trovato un anello con delle incisioni, pensiamo possa appartenere all'assassino.- spiegò David.
-Vi raggiungiamo subito, allora.- affermò Emily. Aveva appena finito la chiamata, quando si ritrovò sballottata verso il parabrezza: JJ aveva inchiodato.
-Ma che ti prende?- la riprese. Jennifer, però, non rispose e, slacciatasi la cintura, scese dalla macchina.
-JJ!- la chiamò Emily, invano.
 
"Corri e prendila, corri e prendila." pensava fra sé e sé JJ. Aveva, infatti, visto la ragazzina che l'aveva borseggiata la mattina.
-Agenti federali, ferma o sparo!- minacciò. La ragazzina si voltò.
-Ancora? E che palle! Non ti è bastato mangiare la polvere questa mattina?- la schernì. 
-Come scusa? Fai anche la spiritosa?-.
-Mai stata più seria di così.- replicò la giovane. JJ si avvicinò verso la ragazza, estraendo dalla giacca un paio di manette.
-Hai il diritto di rimanere in silenzio. Ogni parola che dirai potrà essere-
-Usata contro di me, sì lo so.- concluse la giovane, porgendo i polsi all'agente federale; sul destro si poteva ammirare un bellissimo tatuaggio rappresentate un drago.
-Bel tatuaggio.-
-Grazie.- rispose la fuggiasca, allungando ancora di più le braccia verso la federale.
-Vedo che capisci, brava.- ironizzò JJ, alla vista della docilità della ladra.
-Già. Io invece vedo che tu resti scema.- replicò la criminale, calciando allo stomaco Jennifer e scappando.
-JJ!- esclamò Emily, trovando la collega, dolorante, per terra. Era riuscita, a fatica, a raggiungerla. L'aiutò a rialzarsi.
-Avevo visto la ragazzina che mi ha borseggiata stamattina e me la sono lasciata fuggire come una recluta!- si innervosì. Emily la accompagnò verso la macchina e, insieme, raggiunsero il resto della squadra. 
 
-Ricapitolando: abbiamo un SI che uccide giovani ragazzi, apparentemente non collegati tra loro, picchiandoli a morte. L'unico indizio che abbiamo è un anello, ma non sappiamo neppure se è davvero un indizio.- tirò le fila Rossi.
Improvvisamente, Penelope entrò nell'ufficio, trafelata. 
-Buone notizie: l'anello è un indizio!- esclamò.
-Dalle analisi in laboratorio, però, risulta che apparteneva alla vittima. Le impronte digitali sono inconfondibili. In compenso, ho scoperto che cosa rappresenta l'incisione interna.- 
-E di cosa si tratta?- chiese Morgan. Per tutta risposta, Garcia proiettò alcune diapositive. La prima slide mostrava un drago. A JJ si mozzò il respiro.
-Probabilmente è il simbolo di qualche strana setta. Ai lati del drago ci sono le parole "Chaos" e "Fede", ma ne so quanto voi.- spiegò Penelope.
-JJ, tutto bene?- si preoccupò Spencer.
-Sì, sì, tutto benissimo. Mi sarà andato di traverso qualcosa.- mentì lei. Mille pensieri le attraversavano la mente: chi era quella ragazza? Faceva parte della setta ipotizzata da Garcia? C'entrava, per caso, con gli omicidi? E se, per caso, non avesse rivestito ruolo alcuno in quella faccenda, perché aveva quel drago tatuato? E se, invece, c'entrava con con tutta la vicenda, non è che il suo ruolo fosse distrarla dal caso? Doveva trovarla. E capire se, per caso, invece di combatterla non dovesse salvarla.

Angolo dell'Autrice
Ecco il secondo capitolo. Forse c'è un po' troppa carne al fuoco, ma poi tutto tornerà (o almeno, dovrebbe tornare) al suo posto. 
Grazie a chiunque abbia letto e a Shiori Lily Chiara per la recensione. Vi invito a commentare, per aiutarmi anche a migliorare.

Al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** 3 ***


2.
La donna eredita la terra
(Michael Crichton)

 
L'uomo stava dormendo, quando qualcuno bussò alla porta. Si svegliò, brontolando e, barcollando intontito dal sonno, si alzò e andò ad aprire, trovandosi innanzi un ragazzo sui vent'anni.
-Ah, sei tu.- constatò il padrone di casa.
-Che vuoi?- chiese, acidamente.
-Tom è morto.- annunciò il giovane.
-Lo so. Sei venuto a dirmi solo questo? Hai interrotto il mio importantissimo lavoro pomeridiano per riferirmi cose che so già?- ribatté l'uomo.
-Colpiranno ancora?- domandò il ragazzo, preoccupato. Il più anziano tra i due sospirò.
-Josh.- lo chiamò per nome. Il ragazzo aggrottò la fronte.
-Non lo so. Non sono nella loro mente, non posso prevederlo. Probabilmente sì, ma non ho la più pallida idea né del quando, né di chi sarà il prossimo.-.
Tra i due calò il silenzio. Josh guardò fuori dalla finestra e un brivido di terrore lo percorse per tutto il corpo. 
 
-Ricapitolando, non abbiamo abbastanza elementi per provare a costruire un buon profilo dell'SI.- asserì Rossi. La squadra annuì, sconsolata.
-Beh, un indizio lo abbiamo.- affermò Emily.
-L'anello? Beh, sì, peccato che Garcia non sia riuscita minimamente a trovare traccia del significato di quel drago.- replicò David, sconsolato.
JJ si morse il labbro. Sospirò: decise di parlare.
-Io... Io vorrei dire una cosa.- esordì. Tutti si voltarono verso di lei. Hotch le
fece segno di continuare.
-Tornando da casa Riddle io e Emily ci siamo imbattute nella ragazzina che mi ha borseggiata stamattina. Sono scesa dalla macchina e l'ho inseguita. Ero quasi riuscita a prenderla, ma è scappata.- raccontò la bionda.
-Non capisco cosa c'entri tutto questo con il caso.- la interruppe Rossi.
-Aveva tatuato sul polso lo stesso drago riportato sull'anello di Riddle.- spiegò Jennifer. 
-Non l'ho detto subito perché... Non so nemmeno io per quale motivo, forse perché quella ragazza avrà a malapena diciotto anni.- provò a giustificarsi.
-Sei in grado di fornire un identikit, in modo che possiamo cercarla?- domandò Hotch. JJ annuì. 
-Chiamo subito Larrson, in modo da poter farci immediatamente un'idea riguardo questa ragazza.- propose Rossi.
 
L'agente Larrson era davvero un artista. Si occupava di identikit da tantissimi anni ed era davvero dotato di una tecnica straordinaria.
-Allora, spiegami un po'.- esortò JJ.
-Aveva i capelli abbastanza corti, rasati da un lato, neri, il volto non molto grande e gli occhi azzurrissimi. Sì, esatto, così.- spiegò la bionda.
-La corporatura com'era?- domandò Larrson.
-Era atletica, slanciata. Non era alta, ma di media altezza.- rispose Jennifer. 
-Ah, aveva un piercing sul labbro, a destra.- aggiunse.
Larrson ultimò il disegno e lo porse a Hotch. 
-Sembra una normale adolescente, sarà difficile trovarla. Si assomigliano un po' tutte a quell'età, anche quando cercano di avere un look un po' alternativo.- constatò Morgan.
-Il vero problema è che non sappiamo minimamente da che parte iniziare con le ricerche.- constatò Emily.
-È opportuno inviare l'identikit a tutte le scuole e a tutti gli istituti che si occupano di minori. Probabilmente, da quanto si evince dal ritratto fatto da JJ, si tratta di un'adolescente problematica, sicuramente nei guai con la legge.- spiegò Reid. Hotch si voltò verso Garcia.
-Beh, che aspetti? L'hai sentito o no?Su!- la esortò.
-JJ, hai altre idee? O hai particolari da aggiungere?- domandò Derek. La donna sospirò.
-E se a scuola non ci andasse?- 
-Che cosa intendi dire?- chiese chiarimenti Hotch.
-Mi ha borseggiata di mattina, non di pomeriggio. La mattina i ragazzi vanno a scuola.-.
-Magari aveva semplicemente deciso di marinare la scuola.- ribatté Emily.
-Può darsi. Fatto sta che non mi dà l'idea di una ragazza che frequenta il liceo.- replicò Jennifer.
-Meglio controllare, in ogni caso. Garcia, fai come ti ho detto. E, già che ci sei, continua a cercare informazioni sulla presunta setta, voglio capire se siamo sulla strada giusta oppure no.- ordinò Hotch.
-Voi invece dividetevi e cercate la ragazza. La polizia ci aiuterà.- aggiunse il capo squadra.
 
-JJ!-.
La bionda si voltò. 
-Reid.- mormorò.
-Se andassimo a Rock Creek Park? In fondo eri lì quando sei stata borseggiata.- propose Spencer. 
-Si può fare. Morgan potrebbe andare con Emily.- asserì Jennifer.
-D'altronde siamo gli unici che l'hanno vista "dal vivo".- osservò. Reid le sorrise, provando a mascherare la preoccupazione che nutriva nei confronti dell'amica.
-Sto bene, se è questo che vuoi sapere.- disse la donna.
-Vorrei solo capire chi è questa ragazzina e se ha a che fare qualcosa con il caso.-.
-Lo scopriremo.- promise Reid.
-Lo spero.-.
 
Reid e JJ erano arrivati a Rock Creek Park. Si misero a cercare per tutto il parco, chiedendo a chiunque se avessero mai visto la ragazzina, inutilmente.
-È tutto inutile. Non abbiamo cavato un ragno dal buco.- si disperò JJ.
-Non dovresti buttarti così giù. Ti fa male.- la ammonì Spencer. 
-Lo so. Ma voglio trovarla, accidenti!-. 
Improvvisamente, le squillò il telefono.
-Hotch? Che succede?- chiese, rispondendo alla chiamata.
-Devi recarti con Reid alla Clarkmore High School, Garcia ha scoperto che, fino all'anno scorso, frequentava quel liceo. Si chiama Elizabeth Taylor, ha diciassette anni ed è orfana di entrambi i genitori. È stata affidata a vari istituti, coppie e famiglie, con il solo esito di renderla un'adolescente sempre più chiusa e problematica. L'ultima famiglia che l'ha accolta consisteva in una coppia abbastanza avanti con l'età.- spiegò il capo.
-La scuola dovrebbe trovarsi vicino alla zona in cui siete. Vi mando l'indirizzo sul telefono.- la informò.
-Andiamo subito!-affermò l'agente Jareau, chiudendo la chiamata. Si voltò verso un Reid curioso.
-Era Hotch, hanno trovato la scuola in cui studiava la ragazzina. Si chiama Elizabeth.- spiegò. Reid la guardò. Era felice quando JJ stava bene e tornava, dopo un momento di tristezza, la donna forte e determinata che aveva imparato a conoscere. D'altronde, lei per lui era una sorta di sorella maggiore. 
-Andiamo immediatamente, direi.- le propose.
 
Morgan e Emily erano in un quartiere poco distante da quello in cui si trovavano Reid e JJ, ma molto più malfamato. 
-Nessuno l'ha mai vista, forse non è mai passata per questa zona.- rifletté Derek.
-Aspetta, chiediamo a quel ragazzo!- esclamò l'agente Prentiss, correndo verso un giovane sui vent'anni, seduto su un muretto in compagnia di una bottiglia di birra e di un pacchetto di Marlboro Gold.
-Salve!- salutò il ragazzo.
-Serve una mano?- domandò, educato.
-Sì. Stiamo cercando questa ragazza. Si chiama Elizabeth Taylor, ha diciassette anni. L'hai vista, per caso?- chiese Emily, dopo aver mostrato il distintivo. Il ragazzo sussultò.
-L'hai vista?- insistette Morgan.
-No, mi dispiace.- rispose il giovane. Sembrava quasi sincero.
-La conosci?- chiese Emily.
-Certo che no! Piuttosto, come mai la state cercando?- domandò il ventenne.
-Che ti importa? Tanto non la conosci, ragazzo.- gli rispose Derek.
-Mi chiamo Josh. Josh Taylor. Elizabeth è mia sorella. Vi prego, le è successo qualcosa?-.
I due agenti si scambiarono un'occhiata stupita.
-Ci segua. Le spiegheremo strada facendo.


Angolo dell'Autrice:

Et voilà! Altra carne al fuoco, ma si chiarirà tutto più avanti, promesso.
Grazie a Diana_black 2000 per la recensione e a quanti hanno letto. Vi chiedo di recensire, per capire se la storia vi piace o no e per incentivarmi a scrivere. Grazie!
Alla prossima!

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Capitolo 4
*** 4 ***


4.
Le scelte si fanno in pochi secondi e si scontano per tutta la vita.

(Anonimo)
 

-Agenti Jareau e Reid. Lei deve essere la signorina Marshall.- esordì Spencer. Lui e JJ erano corsi immediatamente alla Clarkmore High School, il vecchio liceo di Elizabeth e, con somma sorpresa, avevano trovato la preside, Paula Marshall, giovanissima, pronta a riceverli.

-Paula Marshall. Mi hanno avvertita del vostro arrivo e ho pensato che, magari, questi documenti potessero servirvi.- spiegò la dirigente, porgendo a JJ delle carte.
-Di cosa si tratta?- domandò l'agente.
-Sono rispettivamente i documenti di iscrizione e la pagella di Elizabeth.- rispose Paula, sospirando.
-Sembra molto preoccupata per lei. La conosceva bene?- chiese Spencer. La signorina Marshall sospirò nuovamente.
-Veniva spesso mandata qui in presidenza. Ho capito subito che non era una ragazza... Come dire? Normale?-.
-Che intende dire?- si incuriosì JJ.
-Intendo dire che compresi immediatamente che il contesto in cui viveva non era dei migliori. Cercai più volte di spronarla a non ficcarsi nei guai e chiesi agli insegnanti di non essere troppo severi nei suoi confronti. Purtroppo non è servito a nulla.- spiegò Paula.
-Per caso ha conosciuto anche i suoi genitori affidatari? O, più semplicemente, l'assistente sociale a cui faceva riferimento?- continuò a chiedere Spencer.
-Conobbi i coniugi Grier, i Russel e gli Smith, rispettivamente la prima, la seconda e la terza coppia a cui fu affidata. Le cambiò tutte e tre nel giro di due mesi. Per quanto riguarda l'assistente sociale, se ne occupava una certa signora Brenda Cornwell, ma l'ho incontrata giusto un paio di volte.- affermò la preside. 
-Se volete scusarmi, provo a cercare altre carte. Torno subito.- dichiarò la giovane donna, uscendo dalla presidenza e recandosi in archivio. Reid aggrottò le sopracciglia. 
-Che hai Reid?- gli domandò Jennifer.
-È troppo preoccupata. Insomma, questa scuola è enorme! Chissà quanti studenti finiscono ogni volta nei guai con la legge. No, c'è decisamente qualcosa che non mi torna.- spiegò Spencer.
-Magari la vedeva molto spesso e l'ha davvero conosciuta benissimo. Forse si è semplicemente affezionata.- replicò la bionda.
-Forse. O magari nasconde semplicemente qualcosa.- ribatté Reid, che si ricompose non appena la dirigente rientrò.
-Ho trovato gli indirizzi delle coppie a cui è stata affidata.- asserì, porgendo un foglio a JJ.
-Spero di esservi stata utile.- aggiunse. Reid la guardò negli occhi. La donna deglutì.
-È insolito vedere presidi così attenti a studenti a cui nemmeno insegnano.- affermò Spencer.
-Ascolti, se non ci ha detto qualcosa riguardo al rapporto che aveva con Elizabeth, è opportuno che lo faccia. Potrebbe servirci.- dichiarò JJ, cercando di tranquillizzare Paula. La donna sospirò, poi si sedette. 
-Elizabeth veniva in presidenza almeno una volta ogni due giorni. Sulle prime, la trattavo come tratto tutti gli studenti indisciplinati: ho chiamato a casa, ho messo note sul registro e l'ho sospesa due volte. Ma subito mi si è palesato che in lei qualcosa non andava. Così ho iniziato a invitarla a uscire con me. È nata una sorta di amicizia.- raccontò la preside.
-Mi raccontò della sua famiglia, di come i suoi genitori erano morti e del fatto che gli assistenti sociali l'avevano separata dal fratello. Si aprì con me, capite?- continuò.
-E perché non voleva raccontarcelo?- chiese Reid. 
-Perché è colpa mia se è scappata di casa.- asserì la signorina Marshall, lapidaria. 
-Mi confessò che non si trovava bene dagli Smith, che non la capivano. Mi chiese se poteva trasferirsi da me.-
-E lei?- domandò JJ.
-E io le risposi di no. Ero appena andata a convivere con il mio fidanzato e non mi sembrava Il caso. Lei ha urlato di odiarmi, mi ha detto che l'avevo solamente presa in giro, che l'avevo usata solamente per tenermi la coscienza a posto.-
-Ed è la verità?- la provocò Jennifer.
-No. Ma fatto sta che, la sera, mi chiamarono per dirmi che era scomparsa, e con lei tutte le sue cose.- rispose Paula, scoppiando a piangere, sotto gli sguardi attoniti di JJ e Reid.
 
-Allora, che ne pensi?- domandò Jennifer a Spencer, una volta usciti dal liceo.
-Penso che Elizabeth sia scappata e, una volta per strada, possa essere venuta a contatto con la setta che cerchiamo.- rispose l'agente più giovane. 
-Giusta osservazione.- replicò JJ.
-Beh, direi che possiamo andare a fare due chiacchiere con i coniugi Smith.- affermò la bionda.
 
-Allora, Josh, parlaci di tua sorella.- esordì Derek. Il ragazzo lo fissò dritto negli occhi. 
-Io e mia sorella non ci vediamo da oltre due anni. Gli assistenti sociali ci hanno separati. Ho compiuto diciotto anni tre mesi fa e ho deciso di venire a cercarla.- spiegò il giovane.
-Sai per caso se è entrata in un brutto giro?- domandò Emily. Josh si morse il labbro, poi scosse la testa.
-Non so niente di niente.- rispose.
-Ragazzo, non fare il furbo con noi. Andiamo, dì la verità.- lo rimproverò Morgan.
-Ma è la verità.- si difese Josh. 
-Lo sappiamo tutti e tre che non lo è.- replicò l'agente Prentiss. 
-Voi non sapete un accidente! Mi avete portato qui, in una sala per gli interrogatori, sperando che io potessi aiutarvi a far arrestare mia sorella! Mi credete un imbecille, forse? Elizabeth è tutto ciò che mi resta! Lo sapete voi cosa significa restare in uno schifo d'istituto da soli, senza nessuno che vi ami? Senza nessuno che vi voglia bene o che, almeno, ci provi? Siete dei luridi vermi!-.
Derek si innervosì, ma Emily lo tranquillizzò.
-Noi vogliamo solo aiutare tua sorella. Abbiamo paura che sia immischiata in un caso che stiamo seguendo e dobbiamo sapere se è venuta a contatto con persone strane negli ultimi tempi.- asserì.
-E come faccio a saperlo?- sbottò Josh.
-Lo sai eccome!- esclamò Morgan, alquanto nervoso. Josh sospirò.
-C'è un uomo che si fa chiamare Il Pastore. Nessuno l'ha mai visto in faccia e chi entra in contatto con lui e riesce poi a raccontarlo sostiene che indossi una maschera. Ha creato una vera e propria setta, si fanno chiamare gli Unchained. Non so che cavolo facciano lì dentro, so solo che mia sorella bazzica quelle persone.- spiegò il ragazzo. 
-Sai solo questo? Sei sicuro?- chiese Emily, fissando il giovane negli occhi. I due sostennero uno lo sguardo dell'altra per qualche istante.
-Sì. Non so altro.- rispose Josh.
-Va bene, puoi andare.- affermò Derek, accompagnandolo alla porta. Lo guardò andarsene.
-Non ti convince del tutto, vero?- domandò l'agente Prentiss.
-Perché, a te sì?- ribatté Morgan.
-Per me sa benissimo cosa fanno e chi sono questi Unchained. Ma non aveva senso insistere oltre, mi sembrava davvero molto spaventato. Chiunque siano, devono sapere il fatto loro.- continuò l'uomo. I due agenti furono interrotti da Hotch.
-Prentiss, Morgan, preparatevi. Abbiamo una nuova vittima.- annunciò.
 
Elizabeth stava correndo. Un uomo mascherato la inseguiva. Era alto, muscoloso e la sua risata maligna le gelava il sangue nelle vene. Le aveva ordinato di finire il lavoro. E lei aveva scelto di non farlo. Ora avrebbe dovuto pagarne le conseguenze.
 
Elizabeth si svegliò di soprassalto. Era tutta sudata. Si guardò le mani, piene di sangue. Ancora una volta si era piegata. Era stata debole. Lei era debole, lo sarebbe sempre stata. Si odiava. Scoppiò a piangere, disperata. Le aveva ordinato di finire il lavoro e lei lo aveva fatto. Ora avrebbe dovuto pagarne le conseguenze.
 

 

Angolo dell'Autrice

Scusate il ritardo, ma durante le vacanze ho avuto poco tempo e ho scritto poco. Spero di farmi perdonare con questo capitolo. 
Ringrazio di cuore 
Shiori Lily Chiara e CloveRavenclaw39 per le recensioni. Alla prossima!

 

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Capitolo 5
*** 5 ***


5.

Il vero inferno è svegliarsi ogni mattina
e non sapere perché esisti
(Dal film Sin City)
 
-Povero ragazzo.- mormorò Morgan, scostando il telo che copriva il cadavere.
-È lui, vero?- domandò la Prentiss, sperando di ricevere una risposta negativa che, però, non arrivò.
-Sì, è lui. È Josh Taylor.-  affermò il federale.
-È il fratello di Elizabeth?- chiese incuriosita JJ. Lei e Reid avevano raggiunto il resto della squadra sulla scena del crimine, immediatamente.
-Sì. Da quanto ha detto a me e a Morgan stava cercando la sorella.- rispose Emily.
-Ciò vuol dire che, probabilmente, abbiamo ragione e che la ragazzina è davvero implicata in questa faccenda.- osservò Spencer.
-O magari l'S.I. aveva solo bisogno di una vittima.- ribatté Rossi.
-Nah, non ci credo nemmeno io a questa cosa che ho detto.- si rimangiò tutto David.
-Meglio non escludere nessuna pista, comunque.- sentenziò Hotch.
 
JJ e Spencer salirono in macchina. La donna sbatté la portiera.
-JJ...- 
-"JJ" un bel niente! Devo trovarla! Chissà se sa cosa è successo a suo fratello! O magari le è successo qualcosa!-.
Reid deglutì. 
-Metti in moto l'auto.- ordinò.
Jennifer si voltò verso l'amico, attonita.
-La vuoi trovare no? Beh, l'unico modo è cercarla.- spiegò pacatamente Spencer. JJ provò a controbattere, ma era rimasta troppo stupita dall'atteggiamento così sicuro di Reid che non riusciva a spiccicare parola e poté solo mettere in moto l'automobile. Spencer abbassò lo sguardo e sospirò.
 
Elizabeth si sedette per terra, sfinita. Il sole era alto nel cielo e lei stava morendo di caldo. Aveva voglia di scappare, senza lasciare alcuna traccia di sé, ma sapeva che non sarebbe mai stato possibile. Loro l'avrebbero trovata e lei non sarebbe mai stata al sicuro, da nessun posto. Lanciò un urlo, noncurante del fatto che avrebbero potuta sentirla anche dei poliziotti. Anzi, magari l'avrebbero arrestata e condannata alla pena di morte, liberandola da quel fardello che è la vita, sempre che la sua si potesse chiamare tale. Si trovò a pensare a quella federale dai capelli biondi che l'aveva quasi presa e scoppiò a piangere.
 
-La vedi?- chiese JJ a Reid.
-No, nessuno che le assomigli. Anzi, aspetta, torna indietro!- esclamò il più giovane. Jennifer indietreggiò e, dopo aver fermato la macchina, si mise a osservare la ragazzina seduta sul marciapiede tutta sola che aveva davanti.
-Reid, rimani qui per favore. Se ci sarà bisogno di sparare, tu spara.- asserì la donna, posando la sua pistola sul sedile.
-Che vuoi fare?- domandò Spencer.
-Voglio solo parlarle.- rispose JJ, aprendo la portiera e recandosi velocemente verso la giovane la quale, vista l'agente, si alzò e fece per correre via.
-Non scappare, aspetta! Sono disarmata, voglio solo parlare!- esclamò Jennifer.
-Beh, io no!- ribatté la ragazza.
-Elizabeth, qualsiasi cosa stia succedendo ti prometto che farò il possibile per aiutarti.- affermò la federale.
-Nessuno può aiutarmi! Nessuno! Vattene via prima che ti spari! Ho una pistola e non ho paura di usarla.- la minacciò la ragazzina. 
-Puoi spararmi, se pensi sia giusto farlo. Ma non credo che sia ciò che realmente vuoi.- replicò JJ. Per tutta risposta, Elizabeth estrasse dalla tasca una pistola e se la puntò alla tempia.
-Allontanati o lo faccio!- urlò. Jennifer, invece, avanzò.
-Lo faccio! Mi ammazzo! Lo faccio!- Continuava a gridare la ragazzina, in lacrime.
-Fermati o premo questo fottuto grilletto e la mia testa salterà in aria!- sbraitò. JJ fece un passo indietro.
-Elizabeth, dammi la pistola. Non è quello che vuoi.- 
-Tu non sai un cazzo riguardo a ciò che voglio!- ribatté la ragazzina. Jennifer allungò la mano, avanzando un pochino.
-Fermati o mi sparo!- continuò a urlare la diciassettenne, tremando.
-Non voglio morire.- mormorava tra sé e sé, fino a quando la mano della donna non afferrò la sua, stringendola. La pistola le cadde e rimase così, immobile. 
-Vieni con me. Qualunque sia il problema, ti prometto che ti aiuterò.- promise JJ.
-Non puoi.- mormorò la ragazzina.
-Mi dispiace, ma devo andare.- disse poi, scappando via e lasciando Jennifer da sola, attonita.
 
-Si può sapere perché non hai chiamato?- domandò Hotch, arrabbiato.
-Io... Io pensavo di poterla portare qui.- rispose l'agente Jareau.
-Hai rischiato la tua vita, quella di Reid e quella della ragazzina.- commentò Aaron. JJ chinò il capo. 
-La prossima volta...-
-La prossima volta ci sarà un'agente in meno in questa squadra se dovesse succedere nuovamente una cosa del genere.- la ammonì Hotch. JJ annuì, uscendo dall'ufficio. Spencer le si avvicinò. 
-Non è colpa tua.- lo rassicurò lei.
-Se non ti avessi convinta a cercarla...-
-No, Spencer. Cercarla è stato giusto, ma, una volta trovata, avrei dovuto chiamare gli altri. Hotch si è arrabbiato per questo.- lo tranquillizzò la donna, con un sorriso. 
-Io... Vorrei parlare anche di altro.- esordì il collega.
-Non trovi strano il cambiamento di comportamento di Elizabeth? Insomma, non era una ragazza ribelle e strafottente?- osservò Spencer. JJ annuì.
-Ieri, invece, sembrava così... Indifesa. Pareva quasi che ci aspettasse, che fosse tentata di lasciarsi arrestare.- continuò Reid, con il suo solito acume. 
-Sembrava come sconvolta da qualcosa, ma non penso sapesse del fratello.- ragionò JJ. 
 
-Morgan, tutto a posto?- domandò Rossi. L'afroamericano sembrava piuttosto stravolto.
-Sì, sto bene. Stavo solo pensando a quel ragazzo. E se non l'avessero ucciso solamente per tappargli la bocca? Se si trattasse, anche in questo caso, di un'omicidio rituale?- ipotizzò Derek.
-Ragioniamo: il ragazzo stava cercando la sorella e aveva deciso di collaborare con noi. E questo fa presupporre che volessero evitare che parlasse. Eppure l'abbiamo trovato esattamente come gli altri cadaveri, martoriato da calci e pugni.- osservò l'afroamericano.
-Abbiamo dei riferimenti temporali per quanto riguarda gli omicidi?- domandò Hotch.
-Gli omicidi non seguono uno schema né per quanto concerne le date, né per quanto riguarda i giorni stabiliti.- spiegò Reid.
-In pratica, continuiamo a non avere nulla in mano. Fantastico.- sbottò Emily.
-Beh, sappiamo che, probabilmente, un gruppo settario che si fa chiamare "Unchained" potrebbe essere il responsabile di questi omicidi e che Elizabeth Taylor, diciassette anni, dovrebbe essere coinvolta.- ribatté Morgan.
-E immaginiamo che le sia successo qualcosa che l'abbia scossa molto, a giudicare le reazioni di stamattina.- aggiunse Rossi.
-Garcia, non hai trovato nulla sugli Unchained?- chiese poi.
-Stavo giusto cercando. Ogni tanto qualche blogger accenna a un gruppo settario sconosciuto e non meglio identificato costituitosi da poco e pronto a mostrare quanto vale.- asserì Penelope.
-Fai immediatamente una lista dei blogger che ne parlano e rintracciali.- ordinò Hotch.
-Non è necessario. È sempre lo stesso, lo conosco. Si chiama Owen Klee, ha lavorato per qualche tempo come giornalista per il Washington Post per poi ritirarsi e aprire questo blog in cui denuncia, secondo lui, ciò che non funziona nella nostra amata città.- spiegò l'informatica.
-Procurami immediatamente l'indirizzo. Reid e Prentiss, andate a trovare Klee. Morgan e JJ, ritrovare la ragazzina e portatela qui. Niente mosse azzardate, per qualsiasi problema chiamate immediatamente anche il resto della squadra. Non voglio incidenti, chiaro? Comunque sia, avrete degli agenti che vi aiuteranno. La nostra priorità assoluta è trovare Elizabeth Taylor. Mi sono spiegato?-. Derek e Jennifer annuirono.
-Hai idee per trovarla?- domandò Morgan.
-Possiamo iniziare le ricerche vicino all'isolato in cui l'ho incontrata stamattina.- propose JJ.
 
L'uomo era seduto su una sedia. Stava compilando delle carte, molto concentrato. Improvvisamene, qualcuno bussò alla porta.
-Chi è?- si innervosì.
-Sono io, signore.- rispose una voce.
L'uomo sospirò. Si coprì il volto con un passamontagna.
-Entra.- ordinò. La porta si aprì.
-Che vuoi Elizabeth? Mi stai disturbando.- affermò, con tono violento.
-Volevo dirle che ho fatto quello che mi ha chiesto.- asserì la ragazzina, terrorizzata.
-Bene, ora fila. A meno che tu non voglia essere la prossima. Hai visto che fine fanno i traditori.- 
-Pete era un traditore, signore?- domandò la diciassettenne. L'uomo si avvicinò verso di lei e le carezzò una guancia. Quel gesto, apparentemente dolce, le fece gelare il sangue. 
-Voleva lasciarci e abbandonare il Grande Progetto. Gli abbiamo solo facilitato le cose.-.
Elizabeth chiuse gli occhi. E, in quel momento, si pentì come non mai di non aver premuto il grilletto quella mattina.
 


Angolo dell'Autrice

Ehilà! Capitolo abbastanza lungo, che non mi soddisfa a pieno, in realtà. Forse sono troppo autocritica, ma spetta a voi giudicare. Ho adorato descrivere le sensazioni di Elizabeth, quello lo ammetto. Spero piacciano anche a voi. 
Grazie a CloveRavenclaw39 per la recensione! Vi invito a commentare, anche negativamente se serve. Ho bisogno di un feedback per poter migliorare.
Alla prossima!

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Capitolo 6
*** 6 ***


6.
 

Stando a lungo al buio, il buio diventa la condizione normale, è la luce che finisce per sembrarci innaturale
(Haruki Murakami)
 
-Hotch, ti vedo preoccupato.- affermò Rossi.
-Lo sono. Josh è la seconda vittima in soli due giorni. E non è nemmeno quella più giovane. Mia Lawrence, la ragazza trovata ieri, quanti anni aveva?- domandò.
-Diciotto.- rispose David, lapidario.
-Comunque, volevo informarti che Reid e Prentiss hanno trovato Klee e lo stanno portando qui.- aggiunse.
-Perfetto.- affermò Hotch, recandosi alla sala interrogatori. 
-Non ha opposto resistenza e ha mostrato la voglia di collaborare pienamente con noi.- spiegò Reid. Aaron annuì, entrando e sedendosi di fronte al blogger.
-Sono l'agente Aaron Hotchner, lei deve essere Owen Klee.- si presentò.
-Sì, infatti.- affermò l'ex giornalista.
-Arrivo immediatamente al sodo. Nei suoi articoli lei parla di un gruppo settario non meglio identificato, costituitosi da poco e pronto a dimostrare la sua potenza al mondo.-  
-Ha letto il mio blog. Beh, sì. Feci un'inchiesta, tempo fa, sulla criminalità organizzata. Lavoravo ancora per il Washington Post. Durante le ricerche per l'articolo venni a conoscenza di un piccolo gruppo di criminali che si era riunito e, in seguito, isolato dagli altri criminali. Apparentemente, la loro intenzione era quella di "non peccare più".- spiegò Klee.
-E nell'atto pratico?- domandò Hotch.
-Da ciò che sentii, venni a sapere che erano intenzionati a realizzare il Grande Progetto. Non mi chieda di cosa si tratti, non ne ho la più pallida idea. So solo che a guidarli ci sarebbe un uomo che si fa chiamare Il Pastore.-.
 
Un pugno. Un calcio. L'aveva fatto di nuovo. La ragazza era a terra, morta. Avrebbe voluto urlare, ma non riusciva, la lingua era incollata al palato. Posò lo sguardo a terra: la sua vittima era scomparsa. Si voltò e la vide. Volle correre, ma era paralizzata. 
 
Elizabeth si svegliò, urlando. Corse in bagno e vomitò. Si guardò allo specchio, poi vomitò di nuovo. Si lavò la faccia e ritornò in camera. Guardò l'ora: le due di notte. Decise di vestirsi poi, di soppiatto, percorse il corridoio dell'edificio, fino all'uscita. L'aria. Le era mancata. Respirò a pieni polmoni. Si sentiva così viva in quel momento, che scoppiò a piangere. Ripensò alla mattina precedente, a ciò che aveva quasi fatto. Doveva resistere, per il bene del Grande Progetto. 
"Ma chi voglio prendere in giro?" pensò tra sé e sé, calciando una lattina. 
-Ehi, deficiente! Attenta a dove calci!-.
Elizabeth alzò lo sguardo. Un uomo di colore alto almeno il doppio di lei e altrettanto grosso stava accorrendo verso di lei.
-Io... Io non l'ho fatto apposta, glielo giuro.-provò a scusarsi.
-Oh merda!- imprecò, iniziando a correre più veloce che poteva.
 
-Sono ore che cerchiamo. Non è meglio che torni a casa? Hai un marito e un figlio.- esordì Morgan.
-Voglio trovarla. Ne ho parlato con Will, mi ha detto che va bene così.- replicò la donna. Morgan scosse il capo e sospirò.
-Come vuoi.- si arrese. Improvvisamente, JJ frenò.
-Li hai sentiti anche tu?-
-Sì. Sono spari! E vengono da lì, dove c'è il chioschetto!- esclamò Derek, catapultandosi fuori dall'automobile, seguito a ruota da JJ.
 
-Che volevi fare, eh? Spararmi?- sbraitò l'omone, afferrando Elizabeth dal colletto della giacca e sferrandole un pugno. 
-Lasciala andare!-.
L'uomo si voltò, trovandosi due agenti federali davanti.
-Non ascoltarli. Tirarmene un altro- sussurrò la diciassettenne. 
-C-cosa?- balbettò l'omone, mollando la presa e scappando via.
-Lascialo andare. Pensiamo alla ragazza piuttosto.- suggerì Morgan. JJ annuì e si avvicinò a Elizabeth che, però, indietreggiò. La diciassettenne si alzò e fece per scappare, ma Jennifer le si parò davanti.
-Il portafogli te l'ho restituito.- 
-Non sono qui per quello e lo sai meglio di me.- ribatté JJ.
-Devi seguirci ragazzina, o con le buone o con le cattive.- aggiunse Morgan. Elizabeth si morse il labbro, fissando i due agenti federali. Improvvisamente, balzò contro JJ, brandendo un coltello. La donna riuscì a malapena a scansarsi, cadendo per terra. 
-JJ! Stai bene?- si preoccupò Derek.
-Non pensare a me, inseguila!- esclamò Jennifer. Ma la ragazza era già scomparsa nella notte.
 
-Non può essere lei. Non corrisponde al profilo. E poi, andiamo, è agile, ma non abbastanza per uccidere a suon di pugni un ragazzo come Riddle.- esordì Morgan.
-Concordo con lui. Sembrava solo spaventata! È vero, mi è balzata addosso con un coltello, ma non credo volesse uccidermi. Penso volesse solo scappare.- asserì JJ.
 
Elizabeth era giunta a un vecchio capannone abbandonato, totalmente coperto di graffiti. Era il suo rifugio segreto, il luogo in cui si recava quando aveva voglia di isolarsi. Era riuscita a portare un vecchio divano, riconvertito a letto e uno stereo, con qualche CD, collegato a una presa miracolosamente funzionante. Si spogliò e prese un disco dalla pila di album posta a lato dello stereo. Le note oscure della musica dei Dissection si propagarono velocemente all'interno della stanza. Amava il metal. La faceva sentire così maledettamente viva, soprattutto quello considerato più pesante. 
Si avvicinò ad un mobiletto e, aperto un cassetto, estrasse una pillola. Presa una lattina di birra, la ingerì, con l'alcolico. Infine, si stravaccò sul divano, mettendosi a osservare il suo coltello. Era un'arma molto bella e ben affilata. Chiuse gli occhi qualche istante, passandosi la lama sul braccio. Li riaprì, respirando a fondo. Non era ancora pronta. E si sentì una delusione.
 
-Potreste descrivere il coltello con cui vi ha attaccati?- domandò Rossi.
-Era strano, con l'elsa di legno e la lama non molto larga. Questo è quello che ricordo.- rispose Morgan.
-Era un puukko.- asserì Reid.
-Un cosa?- chiese Emily, stranita.
-Un puukko. È un coltello tipico finlandese, ma lo si può trovare, pur meno affusolato, anche in Norvegia e Svezia. In Finlandia si regala ancora oggi ai ragazzi alla loro maggiore età o ai bambini verso i sette anni, per insegnare loro, poi, i primi rudimenti dell'intaglio.- spiegò Spencer.
-Ne sa una più del diavolo.- dichiarò Morgan, stupito.
-Quindi pensi che potrebbe trattarsi di un coltello dal valore iniziatico? Questo confermerebbe la teoria secondo la quale la ragazza sia coinvolta nella setta.- affermò Rossi.
-Donare un puukko è anche un sinonimo di fedeltà, stima e rispetto. Potrebbe trattarsi semplicemente di un regalo. O magari l'ha trovato da qualche parte.- osservò Reid. Hotch prese il telefono e compose un numero.
-Garcia, cerca immediatamente se ci sono cittadini di origine finlandese con porto d'armi e che possiedono o possedevano un coltello finlandese, chiamato puukko. Forse siamo vicini alla creazione di un profilo.-.
 
L'uomo di colore che aveva inseguito e picchiato Elizabeth fermò la sua corsa. 
"Agenti federali! In che casino mi sono cacciato?" pensò tra sé e sé. Improvvisamente, udì un rumore. Poi, più nulla.
 


Angolo dell'Autrice
Allora, c'è tanta carne al fuoco e una nuova vittima. Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Grazie a Diana_black 2000 e a Clove Ravenclaw 39 per le recensioni! Alla prossima!
 
 

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Capitolo 7
*** 7 ***



Capitolo 7
 
 
Mentre fuggi ti porti sempre dietro te stesso.
(Lucio Anneo Seneca)

 -Rodney Smith, quarant'anni. È stato trovato da un clochard che ha prontamente affermato di non sapere nulla.- illustrò Rossi. JJ e Morgan si lanciarono uno sguardo d'intesa.
-Avete da dirci qualcosa?- chiese Hotch.
-Quest'uomo ha aggredito Elizabeth ieri notte. L'abbiamo messo in fuga col nostro arrivo.- spiegò Derek. 
-Il modus operandi, però, è diverso questa volta. È stato sgozzato e pugnalato diverse volte. E guardate sul muro!- esclamò Emily, indicando una scritta dipinta, probabilmente, con il sangue della vittima.
-"Erzsebet". Che significa?- domandò JJ.
-È un nome. Ma sarebbe assurdo se... Anche se avrebbe senso, in fondo.- parlottò tra sé e sé Spencer.
-Reid, potresti spiegare anche a noi?- lo richiamò Morgan, confuso.
-Avete mai sentito parlare di Erzsebet Bathory?- 
-La vampira?- chiese Emily.
-La serial killer. Erzsebet Bathory era una contessa ungherese. Si sospetta abbia ucciso più di seicento persone. Era convinta che il sangue di donne vergini potesse ringiovanirla.- spiegò Reid.
-Ed Erzsbet Bathory è conosciuta per lo più come Elizabeth Bathory.- aggiunse il più giovane della squadra. Tutti capirono subito dove Spencer volesse andare a parare.
-Elizabeth Taylor novella Elizabeth Bathory. Non male. Spiegherebbe anche il cambiamento del modus operandi.- dichiarò Hotch. JJ scosse la testa.
-Oh, andiamo! Secondo voi una ragazzina sarebbe in grado di sgozzare un uomo? E poi, ieri notte sembrava più volesse essere lei a farsi uccidere!- esclamò, dura.
-Sull'ultima considerazione di JJ concordo pienamente.- asserì Morgan.
-Quella ragazzina ha bisogno di aiuto! È invischiata in qualcosa di grosso, quello sì, ma non riesco a credere che possa uccidere qualcuno e che sia un'assassina!- continuò Jennifer. 
-A meno che non vogliano che lo diventi.- affermò Rossi. 
-Questo Pastore potrebbe averle fatto il lavaggio del cervello e spinta ad azioni criminose. Magari non ha ucciso nessuno, ma potrebbe aver aiutato l'assassino. Sempre che non si tratti di più persone.- rincalzò Spencer.
-Quella ragazzina non è un'assassina!- replicò JJ, esasperata.
-E se fosse quel... Pastore? Magari vuole incastrarla, semplicemente.-. Hotch annuì.
-Siamo pronti a costruire il profilo del Pastore.- affermò.
 
Elizabeth si svegliò di soprassalto. Aveva freddo, molto freddo. Si coprì con una coperta e si accese una sigaretta. Iniziò a pensare. Non capiva come mai quella agente federale volesse a tutti i costi aiutarla. 
"E se mi facessi trovare?" pensò tra sé e sé. Aspirò un'ultima boccata di sigaretta, poi si rivestì e uscì. 
 
Gli agenti della BAU si accingevano a illustrare il profilo del Pastore alla polizia.
-Il soggetto che cerchiamo si fa chiamare Il Pastore. Pensiamo si tratti di un individuo bianco, di origini scandinave. Purtroppo la nostra esperta non è riuscita a isolare un piccolo gruppo di sospettati tra i cittadini di origine nordica, ma sappiamo che, sicuramente, è a conoscenza delle tradizioni finlandesi.- esordì Hotch.
-Si tratta di una persona con un forte ego e anche con un certo grado di intelligenza. Ha una personalità molto forte ed è carismatico.- aggiunse Morgan.
-Oltre alle tradizioni nordiche già accennate, è anche un conoscitore di leggende.- puntualizzò Emily. 
-Ed è un sadico.- concluse Reid. 
 
-JJ, tutto bene?- domandò Emily, preoccupata. Per tutta risposta, Jennifer si morse il labbro.
-La troveremo. Vedrai.- la rassicurò. JJ accennò un sorriso di rimando. 
-Perché non vai un po' a casa? Sei stata fuori tutta la notte.- 
-Prentiss ha ragione. Torna dalla tua famiglia.- le consigliò Rossi.
 
Elizabeth se ne stava seduta su un muretto, con le cuffiette nelle orecchie e una canzone di MGK sparata a mille. Anche se si definiva metallara, nutriva un debole per la musica rap. Si accese una sigaretta.
-Ehi, ragazza. Sei sola?- le domandò un ragazzo, vedendola sola. 
-Come, scusa?- chiese, togliendosi le cuffiette.
-Chiedevo se fossi sola.- spiegò il giovane. 
-Comunque, hai una sigaretta?- 
-E perché dovrei dartela?- lo provocò lei. 
-Perché sono carino, simpatico, intelligente e ho una pistola a portata di mano.- replicò lui. Elizabeth si morse il labbro. 
-Vuoi un consiglio? Levati dalle palle.- ribatté, scocciata. Il ragazzo estrasse una pistola dalla tasca dei pantaloni. Elizabeth si finse impressionata. Il giovane le puntò l'arma alla tempia.
-Ora me la vuoi dare? E no, non intendo solo la sigaretta.- sghignazzò. 
-Stai giocando con la persona sbagliata.- gli sussurrò lei all'orecchio. 
-Io non sto giocando.- asserì lui.
-Nemmeno io.- esclamò Elizabeth, estraendo il suo coltello e pugnalando la mano del suo aggressore. Afferrò la pistola e la puntò contro il suo petto. 
-T-ti prego.- supplicò il ragazzo.
 -Mi stai pregando? Patetico.- lo canzonò lei, caricando l'arma. Il ragazzo deglutì, chiudendo gli occhi dal terrore. Elizabeth lo guardava, divertita. Scoppiò a ridere.
-Sparisci, pidocchio!- intimò. Il suo aggressore non se lo fece ripetere due volte e filò via, a gambe levate. Elizabeth si mise a giochicchiare con l'arma rubata al ragazzo. Udì un fruscio, che la riportò alla realtà. 
-Chi è là?- esclamò, puntando la pistola contro il nulla. 
-Merda!- imprecò. Deglutì. Il silenzio era assordante. 
-Fanculo, non mi avrete!- urlò, sparando un colpo e iniziando a correre, senza alcuna destinazione e senza alcuna protezione. Era sola.
 
-Reid, ti vedo preoccupato.- asserì David. Reid scosse la testa.
-Stavo solo chiedendomi cosa porta una ragazzina a scappare di casa, un luogo comunque abbastanza sicuro, per unirsi con un gruppo di delinquenti capeggiati da un folle.- spiegò Spencer.
-E a che soluzione sei giunto?- domandò Rossi. Reid chinò lo sguardo, per poi alzarlo immediatamente.
-Tu che ne pensi?- ribatté, cogliendo David alla sprovvista. L'agente più anziano si ritrovò spiazzato.
 
Elizabeth correva, a più non posso. Non poteva vederli, ma era certa di averli alle calcagna. Se l'avessero raggiunta, nemmeno il suo puukko avrebbe potuto fare qualcosa. Continuava a correre, nonostante le gambe implorassero pietà. Sentiva il cuore pulsare, come se dovesse esploderle. 
 
-Penso che ognuno ha bisogno di riconoscersi parte di qualcosa. In questo caso, Elizabeth non si sentiva parte della sua nuova famiglia. Magari era furiosa per questo, piena di rabbia. Quando si è arrabbiati si tende a percepire tutta la realtà come ostile. In un certo senso, ci escludiamo da soli dalla realtà. Allo stesso tempo, però, abbiamo bisogno di sentirci importanti per qualcuno. Alla fine siamo soli. Ma restiamo affascinati da qualcosa o da qualcuno. Ne abbiamo bisogno, è parte di noi. Ci illudiamo di non esserci chiusi, di avere una speranza. Ma non è così. Rimaniamo soli. E non abbiamo via di scampo, a meno che non decidiamo di aprirci alla realtà. Forse, a quel punto, capiremmo che, più che temere il reale, dovremmo temere noi stessi, il nostro ego.-.
 
Elizabeth si fermò. Sperava di averli seminati. Si guardò intorno: non conosceva quella zona. 
-Ehi, scusa, mi passi la palla?-. La ragazza si voltò. Un bambino la guardava, indicando un pallone rosso accanto a lei. La diciassettenne gli sorrise e gliela passò. Improvvisamente, un brivido le percorse il corpo. Sentiva freddo, tanto freddo. Si ritrovò carponi, tutta sudata.
-Ehi tutto bene?- si preoccupò il bambino. 
-Mamma!- chiamò il piccolo, per aiutarla. Elizabeth si ritrovò distesa per terra. L'ultima cosa che vide fu una signora bionda correre verso di lei. Le sembrava qualcuno di conosciuto, ma la vista era troppo sfuocata. La donna la prese in braccio, mentre intorno a lei tutto diventava nero. 
 
 
 


Angolo dell'Autrice
 
Eccomi qui col nuovo capitolo. Grazie a chiunque leggerà. Vi chiedo di recensire, almeno per invogliarli a continuare e per capire se la storia vi piace o no. 
Alla prossima!
 

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Capitolo 8
*** 8 ***


8

Il dolore più acuto è quello di riconoscere noi stessi come l’unica causa di tutti i nostri mali.
(Sofocle)

 
 
Elizabeth si risvegliò di soprassalto, urlando. 
-Shhh, calma. Calmati.- provò a tranquillizzarla qualcuno, abbracciandola. La ragazzina, però, non si abbandonò a quella stretta, schiacciandosi contro il muro. 
-Tu!- esclamò, sorpresa e spaventata al tempo stesso. Davanti a lei, infatti, vi era JJ. 
-Non ti farò del male, te lo giuro.- sussurrò la donna. Elizabeth deglutì. Solo in quel momento si accorse di essere in ospedale. Ricominciò ad agitarsi.
-Devo uscire di qui! Fatemi uscire! Fatemi uscire!- urlò. JJ provò a calmarla, con scarsi risultati. La ragazzina si liberò della flebo che aveva al braccio e scese dal letto. Jennifer la fermò, afferrandola per un braccio, ma Elizabeth, lesta, le tirò un calcio. Uscì dalla stanza, iniziando a correre per i corridoi.
-Morgan! Prendila!- esclamò JJ. L'afroamericano non se lo fece ripetere due volte e la rincorse.
-Ragazzina, fermati o sarò costretto a sparare!- intimò Derek. Elizabeth interruppe la sua corsa, voltandosi verso l'agente, con aria di sfida.
-Avanti, agente. Sparami. Voglio vedere se hai le palle di farlo.- lo provocò.
-Elizabeth, non fare sciocchezze. Vieni con noi, avanti.- disse JJ, che nel frattempo li aveva raggiunti. 
-Qualunque sia il problema noi ti aiuteremo.- promise Jennifer.
-Non potete.- mormorò Elizabeth, in lacrime.
-Sparami!- urlò, rivolta a Morgan.
-Maledizione.- imprecò Derek, lanciando un'occhiata preoccupata a JJ. 
-Una cosa devi fare! Falla! Sparami!- continuava a urlare la ragazzina, tra le lacrime. Non le importava più nulla, solo la morte avrebbe potuto salvarla dall'incubo nel quale era sprofondata. Ne era sicura. 
-Ti prego.- supplicò, cadendo in ginocchio. JJ fece per correrle incontro, quando un gruppo di agenti della polizia irruppe, prendendo la ragazzina e facendola alzare a forza.
-Ora tu vieni con noi! Sei in arresto per omicidio, associazione a delinquere, intralcio alla giustizia e oltraggio a pubblico ufficiale.- asserì un uomo sui cinquant'anni, brizzolato, tirandole dei calci al costato. 
-Ehi!- protestarono JJ e Morgan. 
-Si può sapere chi diavolo siete?- domandò Derek. 
 
-Patrick O'Neal? Stiamo scherzando? Hotch...-
-Mi dispiace ragazzi. La polizia vuole tagliarci fuori.- affermò Aaron. 
-Ma non può. Cioè... Stiamo facendo consulenza e, inoltre, questo caso è di nostra competenza.- protestò Emily. 
-Un po' di pazienza. O'Neal è l'ispettore capo e ha diritto a seguire le indagini.- provò a calmare gli animi Rossi.
-Ma non a pestare i sospettati, soprattutto se minorenni.- ribatté JJ. 
-Effettivamente, non sarebbe propriamente legale. Anzi, si cadrebbe nell'abuso di potere e...-
-Chiudi il becco Reid. Per favore-  lo zittì Morgan. 
-Fatto sta che interrogherà Elizabeth. E uno di voi sarà lì con lui. Prentiss, te la senti?- 
-Sì, Hotch.- affermò Emily. 
 
Elizabeth sedeva in sala interrogatori, ad un tavolo. Era nervosa, ma non lo dava a vedere. Il poliziotto che l'aveva pestata entrò, accompagnato da un'altra donna. 
-Ciao puttanella. Lei è l'agente federale Emily Prentiss, mentre io sono Patrick O'Neal, quello che ti ha preso.- 
-So bene chi è lei. Vuole saperla una cosa?- lo provocò lei.
-Cosa?- replicò O'Neal, ingenuamente.
-Quei calci che mi ha dato in ospedale glieli restituirò tutti.- gli sussurrò la ragazzina, sputandogli in faccia.
-Come osi, razza di scherzo della natura?- si infuriò il poliziotto, alzandosi di scatto dalla sedia. Per lo spavento, Elizabeth cadde all'indietro. Si accucciò al muro, pronta a ricevere una sberla o un calcio, ma Emily fermò O'Neal, prontamente. 
-Non so come lei sia abituato a fare gli interrogatori, ma cambi metodi, per favore.- si innervosì la profiler. Si avvicinò alla ragazzina e la aiutò a sedersi nuovamente. 
-Bene, ora che ci siamo presentati, che ne dite di iniziare? Allora, Elizabeth, per prima cosa, puoi dirmi perché hai provato a scappare dall'ospedale?- chiese Emily. 
-Odio gli ospedali.- rispose la ragazzina, con una punta di arroganza. 
-Va bene, soprassediamo. Allora, noi sappiamo che possiedi un puukko, un coltello finlandese. Come te lo sei procurato?- continuò la Prentiss.
-È un regalo di un mio amico.- rispose Elizabeth. 
-Chi è questo tuo amico?- 
-Non importa. Un mio amico.- affermò la diciassettenne.
-Per noi è importante. Perché ti ha regalato un puukko?- domandò la donna, dolcemente. 
-Così... Non ci faccio nulla.- dichiarò la ragazzina.
-Non ci facevi nulla? Dillo a Rodney Smith!- ribatté O'Neal, lanciandole davanti delle foto di un uomo di colore, morto. 
-Lo riconosci? Eh?- la provocò il poliziotto. Ma Elizabeth non rispose, attirata da un'altra fotografia, che spuntava da una busta gialla. Fece per allungare la mano, ma Emily la bloccò.
-Voglio vederla! La prego.- supplicò la ragazzina. Era nel panico. Le sembrava di conoscere il soggetto di quella foto, ma aveva bisogno di vedere confermato il contrario.
 
-La cosa sta prendendo una brutta piega.- asserì Morgan. JJ scosse la testa, stringendosi a Reid. 
 
-Vuoi vedere la gente che hai fatto fuori? Eccoti accontentata!- sbraitò O'Neal, mostrandole la foto. Elizabeth rimase pietrificata. Aprì la bocca per urlare, ma non uscì nessun suono.
-Lei è un idiota!- sbottò Emily, abbracciando la ragazzina, che, però, si divincolò. 
-Mio fratello! Mio fratello!- ripeteva, disperata. 
-Io... Io pensavo...- provò a giustificarsi O'Neal.
-Mi chiedo cosa avrebbe potuto combinare se non avesse pensato.- si infuriò Emily, aprendo la porta della stanza. Elizabeth schizzò fuori, rincorsa da JJ. Corse per qualche metro, per poi cadere a terra, esausta. Vomitò. Delle braccia la strinsero. Questa volta non si ribellò. Era troppo stanca per farlo.
 
-Come sta?- chiese Penelope. Avevano portato Elizabeth a casa di JJ. 
-Non bene.- rispose la bionda.
-Mi dispiace, avrei dovuto fermare O'Neal, sin dall'inizio.- 
-Non è colpa tua. Prima o poi l'avrebbe scoperto comunque, no?- la rassicurò Jennifer. Emily le sorrise di rimando.
-Facci sapere come va, d'accordo? Per ora, restare qui non potrà che farle bene.- affermò Morgan.
-Vi chiamerò per aggiornarvi. Grazie ragazzi.- disse la donna, accompagnando i suoi colleghi alla porta. Rientrò in casa e si accasciò contro il muro. 
-Tesoro.- la chiamò William. JJ alzò lo sguardo. Suo marito si sedette accanto a lei. 
-Si può sapere come diamine ha fatto Patrick O'Neal a diventare un pezzo grosso della polizia?- domandò Jennifer.
-Se lo chiedono tutti.- rispose l'uomo. JJ sospirò. 
-Will, puoi uscire un po' con Henry? Desiderei parlare con Elizabeth per un po'.- 
-Per me va bene.- acconsentì il marito. 
 
Elizabeth aveva smesso di piangere. Si sentiva vuota. Improvvisamente, la porta della camera in cui l'avevano messa si aprì.
-Posso entrare?- chiese JJ. La ragazzina non diede risposta. La donna entrò, sedendosi sul letto. Le carezzò delicatamente il capo. 
-So come ti senti.- esordì. 
-Avevo una sorella. Si tolse la vita quando ero piccola. Mi sono torturata per anni, convinta che fosse colpa mia. Forse, sotto sotto, lo penso ancora.- raccontò JJ. 
-Mio fratello è morto per causa mia. Mi stava cercando, vero?- domandò Elizabeth. Jennifer annuì. 
-Ma non sei stata tu ad ucciderlo. Non è stata colpa tua. La colpa è di chi gli ha fatto questo.- la rassicurò l'agente Jareau. 
-Se non fossi scappata... Se non mi fossi unita a quei folli forse ora lui...- provò a dire Elizabeth, scoppiando nuovamente a piangere. 
-Puoi ancora fare qualcosa. Aiutaci a catturare questi pazzi e a porre fine a tutto questo.- 
-Non posso.- mormorò Elizabeth. 
-Mi dispiace.- si scusò. JJ le sorrise. 
-Ti interrogheranno ancora, questo lo sai, vero?- le spiegò. La ragazzina annuì. 
-Se ci aiuti noi potremo aiutare te. Conosco i miei colleghi. Vogliono, così come me, solo che tu stia bene.-
-Come posso stare bene dopo quello che ho fatto?- replicò la diciassettenne, urlando e alzandosi dal letto. JJ non capiva se si riferisse a suo fratello o a qualcos'altro. 
-Io sono una di loro. Io sono come loro. Io sono una dannata. Ho le mani sporche di sangue.- scoppiò a piangere la ragazzina. 
-Io... Io non volevo farlo, ma lui... Lui mi diceva di continuare a calciare e a tirare pugni.- raccontò.
-Lui chi?- chiese JJ. 
-Si fa chiamare il Pastore. Io... È tutto così confuso. Mi dispiace.-. 
Jennifer la abbracciò.
-Tu non sei come loro. Fidati di me.-.
 
L'uomo entrò in una sala, piena di persone. I suoi fedeli. Il suo gregge. Lui era il Pastore e se ne sarebbe preso cura. Loro erano le sue pecore. Guardò ognuno, scrutandoli uno ad uno. La sua pecorella preferita non c'era. Aveva deciso di andare altrove. E, per questo, andava punita. Lei doveva essere la Prescelta, ma aveva tradito. 
-Tu.- indicò un ragazzo. Il giovane si alzò, titubante. La maschera che il Pastore portava lo rendeva ancora più inquietante.
-Come ti chiami, fanciullo?- domandò l'uomo.
-Mi chiamo Blake, signore.- rispose il ragazzo. 
-Tendi le mani.- ordinò l'uomo. Blake non se lo fece ripetere due volte. Il Pastore gli porse un coltello. 
-Sai cosa devi fare. Non deludermi.-.
 
 
 
 

Angolo dell'Autrice
Capitolo forse un po' angosciante. Cosa ne pensate di O'Neal? Di JJ? E del Pastore? 
Un grazie per le due recensioni dello scorso capitolo, grazie di cuore. Vi invito a commentare sempre, per farmi capire come scrive e, eventualmente, aiutarmi a migliorare.
Al prossimo capitolo! 

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Capitolo 9
*** 9 ***


9

La fiducia è la sola cura conosciuta per la paura.

(Lena Kellogg Sadler)


-Te la senti di raccontarci un po' di cose?- domandò Emily. Elizabeth sospirò. Chiuse gli occhi e deglutì. 
-Ho scelta?- chiese. 
-Si ha sempre una scelta. Devi decidere tu cosa fare.- asserì Morgan. Elizabeth chinò il capo. Si morse il labbro. 
-Io... Io non posso.- mormorò.
-Perché?- domandò Emily. 
-Elizabeth, chi stai coprendo? E per quale motivo? Si tratta di pazzi assassini!- rincarò Rossi. 
-Lo so! Ma non posso!- esclamò la diciassettenne, alzandosi dalla sedia e correndo via, rincorsa da JJ. 
 
Il ragazzo rimirò il coltello che il Pastore gli aveva donato. Elizabeth aveva tradito e andava punita, lo sapeva bene. 
-Elizabeth Taylor, sarai la mia prima volta.- affermò, per darsi coraggio. Ma non si sentiva per niente pronto.
 
-Come sarebbe a dire che l'avete persa?- si infuriò Hotch.  
-JJ la sta cercando da tre quarti d'ora e... Forse non dovevamo forzare così tanto la mano.- dichiarò Emily. 
-Beh, direi che avete fatto un lavoro davvero eccellente, non c'è che dire.- li schernì O'Neil, avvicinandosi al gruppo di profiler e battendo le mani. 
-Non oso immaginare cosa avreste potuto combinare facendone uno pessimo.- continuò, rivolgendosi a Emily. La profiler lo guardò in cagnesco. 
-Sa, agente Hotchner, io penso che soggetti come Elizabeth Taylor siano solamente da prendere a legnate. Un po' di carcere minorile e vengono su con la schiena dritta.-
-Che brillante pedagogia. Mi stupisco non l'abbiano promossa al Ministero dell'Istruzione.- ribatté Rossi.
-La pietà, la compassione... Non servono a nulla. Quella ragazzina è un'assassina. È una criminale. Nulla di più, nulla di meno. E, fosse per me, non avrei mai permesso che dei federali si immischiassero in questa faccenda. Soprattutto la sua squadra. Quell'agente bionda... Come si chiama...-
-Jennifer Jareau.- rispose Morgan.
-Ecco, esatto, l'agente Jareau. Vede, ha un debole per quella ragazzina. Tutti voi l'avete. È questo che vi frega. Lei lo sa, vi usa. Siete fregati. Bisogna usare il bastone con la gente come lei, non le carezze. La vostra agente rischia di prendere un abbaglio. Vedrete come la fregherà.-
-Senti, grandissimo figlio di puttana, ascoltami bene!- si incendiò Hotch, prendendo O'Neil dal colletto della camicia e costringendolo al muro.
-Parla ancora una volta male della mia agente e giuro che farò di tutto per mandarti a dirigere il traffico in Alaska.- lo minacciò.
 
Elizabeth era tornata al suo rifugio. Si stravaccò sul divano. Non aveva nemmeno voglia di ascoltare musica. Diede un calcio alla pila di CD che aveva accanto a sé. La sua vita le sembrò, di colpo, totalmente inutile. Pensò a JJ. Lei era stata la luce in mezzo a quell'oscurità. Elizabeth aveva già perso il fratello, non voleva che, per causa sua, anche l'unica persona che aveva scommesso su di lei si facesse male. Improvvisamente, udì un rumore. Frugò in tasca per trovare il coltello, ma si rese immediatamente conto di averlo perso, insieme alla pistola.
-Merda!- imprecò. Era disarmata, completamente. L'ansia la invase. Trattenne il respiro. 
 
-No, Reid, non l'ho ancora trovata. Non so dove sia.- disse JJ. Chiuse la telefonata e si mise a pensare. 
"Andiamo, dove può essere andata? Pensa, JJ, pensa." rifletté. 
 
-Blake!- esclamò Elizabeth, sorpresa. Il ragazzo deglutì. Elizabeth capì subito.
-No. No, ti prego.-
-Mi dispiace. Il Pastore mi ha scelto. Tu sarai la mia Porta per la Gloria.-. Elizabeth scoppiò a piangere. Blake era stato il suo unico vero amico da quando era scappata di casa, unendosi agli Unchained. 
-Blake, non c'è nessuna Gloria. C'è solo dolore. E basta. Il Pastore è un pazzo.-
-Tu menti!- ribatté il ragazzo.
-No! E tu lo sai bene. Ti prego, Blake. Ti scongiuro.-. Il ragazzo estrasse il coltello dalla tasca dei jeans. Si avvicinò a una Elizabeth tremante. 
-Lui mi ha detto che hai tradito, che sei scappata. Ha detto che stai con degli sbirri. Mi ha detto che devi essere punita.- 
-Mi disse lo stesso per convincermi a eliminare Riddle. Solo ora mi rendo conto che Pete stava solo cercando di non perdere sé stesso. Blake, lui vuole usarci per ottenere il potere. Ti prego, fidati di me!-. Il ragazzo deglutì. 
 
-Morgan, ho trovato qualcosa di interessante. A poca distanza dal quartiere in cui JJ abita c'è un casolare abbandonato. Elizabeth proveniva esattamente da quella direzione quando JJ l'ha trovata l'altro giorno.- spiegò Penelope. 
-Bambolina, sei stata magnifica! Chiamate immediatamente JJ!-.
 
-Grazie per avermi creduta.- esordì Elizabeth. Blake le prese la mano. 
-Io... Io non potrei mai farti del male. Il Pastore... Lui accalappia le menti. Ha un esercito, sono tutti pronti a fare ciò che vuole lui.- spiegò il ragazzo. 
-Ora daranno la caccia anche a te.- affermò Elizabeth. 
-Pazienza. Tanto siamo in due, no?-. Scoppiarono a ridere entrambi. 
-È meglio se andiamo via da qui.- propose la ragazza. Si avviarono verso l'uscita. 
-Dove pensate di andare?-. Elizabeth si voltò: JJ.
-Io... Io posso spiegare.-
-Già, lo credo anche io.- ribatté la donna. 
-Lui chi è?- domandò. Blake strinse la mano della ragazza.
-Ti spiegherò tutto ciò che posso. Te lo prometto.-.
 
-Come sei riuscita a riportarla qui? E chi diamine è quel ragazzo?- domandò Rossi, stupito.
-È un suo amico. L'avevano mandato a ucciderla, ma ha desistito. Forse è per lui che non voleva parlare.- ipotizzò JJ. 
-Il ragazzo resta qui. Per quanto riguarda Elizabeth, è meglio che la porti a casa. Falla distrarre, rilassala.- propose Hotch. 
 
-Mamma!- esclamò Henry, saltando in braccio a JJ. Elizabeth si sentì a disagio. 
-Ho preparato la cena. Che ne dite se poi ci guardiamo un bel film?- esordì Will, entusiasta, baciando la moglie. Elizabeth avrebbe voluto sparire. Non era abituata a tutto quell'affetto. 
-Io non ho fame.- dichiarò. Will sospirò. 
 
-Ragazzino, hai intenzione di collaborare o no?- esordì Morgan. Lui e Emily stavano interrogando Blake. 
-Se hai paura, sappi che ti daremo protezione e...-
-Voi non potete darmi un bel niente! Quelli mi trovano e mi ammazzano!- ribatté il ragazzo. 
 
-Che ci fai quassù?- chiese JJ a Elizabeth, che si era rifugiata sul tetto. Le si sedette accanto. 
-Mi piace qui. Posso respirare. E si vede bene il paesaggio.- spiegò la ragazzina. Si voltò verso Jennifer. 
-Blake non parlerà. Non possiamo. Quelli ci troveranno e ci ammazzeranno. E faranno del male anche a te e ai tuoi amici.-
-Nessuno mi farà del male.- replicò JJ.
-Non siate troppo sicuri di voi solo per il fatto di essere degli agenti federali. Il Pastore è un uomo spietato.- 
-Ma chi è?- domandò Jennifer. 
-Nessuno lo sa. Nessuno l'ha mai visto in faccia. Indossa quasi sempre maschere inquietanti oppure un passamontagna.- rispose Elizabeth. 
-Come l'hai conosciuto?- chiese JJ. La ragazzina sospirò. 
-Ti prego.- insistette la federale. Elizabeth si morse il labbro. 
-Quando i miei sono morti io e mio fratello siamo stati separati. Mi hanno mandata da alcune famiglie, ma non mi sono mai ambientata. L'ultima coppia da cui sono andata, gli Smith, mi trattavano malissimo. Mi sentivo in trappola, non potevo fare nulla.- raccontò.
-Sappiamo che hai chiesto alla signorina Marshall di vivere da lei.- asserì JJ.
-Lei ha preferito non farlo. Doveva andare a vivere col suo fidanzato, sarei stata solo un peso. Capibile. Questo sono: un peso. Così sono scappata. Ho vissuto per un paio di mesi da sola, per la strada. Mangiavo dai cassonetti e ho imparato a rubare. Un giorno, però, fui aggredita da un uomo. Cercai di scappare, ma mi ritrovai intrappolata in un vicolo. Fu lì che conobbi il Pastore. Pestò il mio aggressore e, poi, mi invitò a seguirlo. Mi disse che aveva in mentre grandi progetti per me. Conobbi gli altri membri degli Unchained, tra cui Blake. Sono tanti, per lo più ex criminali e senzatetto, come me. Io... Avevo solo bisogno di sentirmi parte di qualcosa, importante. E invece ho ucciso una persona e mio fratello è morto.-. Scoppiò a piangere di nuovo. JJ la strinse a sé. La costrinse a guardarla negli occhi. 
-Tu sei importante per il semplice motivo che esisti. Non dimenticarlo mai. Mai.- le disse. Elizabeth si strinse all'agente federale. Rimasero così per un tempo interminabile, a fissare le stelle. Ed Elizabeth pensò che, forse, la vita può riservare anche qualcosa di bello ogni tanto.

Angolo dell'Autrice

Tanta, tantissima carne al fuoco. Si scopre qualcosa in più sugli Unchained, Elizabeth sembra aprirsi e Poi c'è Blake. 
Grazie mille per la bella recensione allo scorso capitolo! Vi invito a commentare, per consentirmi di migliorare. 
Alla prossima!

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Capitolo 10
*** 10 ***


 
Una volta escluso l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile,
non può che essere la verità.

(Arthur Conan Doyle)


-Perché?- urlò il Pastore.
-Perché quel moccioso non l'ha uccisa? Cane infedele!- sbraitò. L'uomo che gli aveva riferito il tradimento arretrò, terrorizzato. 
-Questo oltraggio è un ostacolo al Grande Progetto che Lui ha su di noi. Urge un'espiazione.- affermò il Pastore. 
-Raduna il popolo. Stasera si va a caccia.- ordinò.
 
-Elizabeth, siete sicuri di voler parlare?- domandò Emily. I due ragazzi annuirono. 
-Allora, cosa ci potete dire riguardo al Pastore?- domandò Hotch. 
-Lui è il Profeta. Ha annunciato la Sua venuta e solo chi seguirà le sue parole potrà avere la Salvezza Eterna.- cominciò a spiegare Blake. 
-La venuta di chi? Dio?- domandò l'agente Prentiss.
-No. La venuta dell'Eletto, colui che ripulirà il mondo, lavandolo con il sangue.- affermò Blake. Emily e Hotch si guardarono tra loro, preoccupati.  
-E chi sarebbe questo Eletto?- chiese Emily. Blake scrollò le spalle, dando ad intendere che non ne avesse la più pallida idea. Hotch si voltò verso Elizabeth. La ragazza sembrò voler dire qualcosa, ma poi scosse la testa.
-Qui sei al sicuro, puoi parlare.- provò a rassicurarla Emily. La diciassettenne si morse il labbro, chinando il capo. Lo rialzò di colpo.
-Sono io l'Eletta.- dichiarò. Blake spalancò gli occhi.
-Nessuno doveva saperlo. Disse che avrei potuto salvare la razza umana. Ma non ne sono stata in grado.- si disperò la ragazza. Emily sospirò. Le strinse la mano. 
 
-Quell'uomo ha fatto il lavaggio del cervello a quei due poveri ragazzi.- si innervosì Rossi. 
-Dobbiamo assolutamente prendere quel figlio di puttana.- asserì Morgan, determinato. JJ sospirò, silenziosa. Reid le posò una mano sulla spalla.
 
-Le vittime sono sacrifici offerti per il successo del Grande Progetto. Portava noi ragazzi a caccia. Mi insegnò ad appostarmi, ad uccidere. Cacciavamo talpe, lepri, anche cerbiatti. Poi, un giorno, decise che era arrivato il momento di passare agli infedeli.- raccontò la ragazzina. Cominciò a piangere, disperata. 
-Non sei costretta a continuare.- le sussurrò Emily, dolcemente. Elizabeth si asciugò gli occhi col dorso della mano.
 
-Scusate, non ce la faccio.- dichiarò la donna, uscendo. Si precipitò in bagno e si sedette sul pavimento, con la schiena contro la porta. Si scoprì a piangere. 
-JJ, posso entrare?- domandò Spencer, riportandola alla realtà.
-Sì, io... Un momento.- rispose la donna, spostandosi a lato e provando ad alzarsi da terra. 
-Non ti preoccupare, posso benissimo sedermi io.- la tranquillizzò Reid. Si mise accanto a lei, sorridendole. Rimasero in silenzio per un po'.
-Reid.- lo chiamò.
-Sì?-
-Tu credi che Elizabeth potrà mai avere una vita normale?- domandò.
-Beh, io credo che...-
-Tu pensi che potrà mai superare tutte le cose che le hanno fatto? Potrà mai capire che tutto ciò che le hanno fatto credere è falso? Potrà mai smettere di pensare di essere un mostro?-. 
Reid l'abbracciò.
-So solo che ha bisogno di aiuto e, fortunatamente, c'è chi glielo sta offrendo. È una ragazza molto forte, ma necessita di scindere ciò che è vero da ciò che è falso. Vedi, in questo momento è come se una parte di lei stesse lottando per non liberarsi di ciò che le ha inculcato il Pastore. Allo stesso tempo, però, non può passare sopra al fatto di aver incontrato qualcuno che le volesse bene. JJ, lei ha incontrato te. È la sua salvezza. Tu le hai salvato la vita.-.
 
-Non ricordo quasi nulla di quella sera. So solo che mi disse " Pete Riddle è diventato un nostro nemico. Pete Riddle ha tradito la causa divina.". Il giorno dopo mi disse che l'avevo ucciso io.- concluse la diciassettenne. Hotch la scrutò, attentamente. 
-E tu gli credi?- domandò alla ragazzina. Elizabeth smise di singhiozzare, improvvisamente. 
-C-certo che gli credo. Perché non dovrei? Cioè...- balbettò. La testa iniziava a girarle.
-Ascoltami, tu hai la certezza assoluta di averlo ucciso oppure credi di averlo ucciso?- chiese Aaron. Elizabeth deglutì. Non l'aveva mai vista in quel modo.
-Lui ha detto che l'ho ammazzato. E, inoltre, tra le pochissime cose che ricordo c'è lui che mi invita a tirare calci e pugni. A meno che...-
-A meno che?-
-A meno che Riddle non fosse già morto.-.
 
 




Angolo dell'Autrice
 
Scusate l'immenso ritardo e la brevità di questo capitolo. Per il primo non ci sono scusanti, per il secondo semplicemente ho preferito tagliare prima di allungare troppo il brodo, con il prossimo si dovrebbe tornare alla solita lunghezza. 
Grazie per le recensioni e buona lettura! 

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Capitolo 11
*** 11 ***


-Non voglio offendervi- diceva ogni volta il suo sguardo
- Ma voglio salvarmi e non so come-.
(Lev Tolstoj)

 

-Michael Patkins, Anne Freis e Victor Perez. Avevano tutti e tre solo diciannove anni. Li ha trovati uno spazzino.- spiegò Hotch.
-
Solito modus operandi?- domandò Reid. Hotch annuì. 
-Secondo il medico legale, le vittime sarebbero state uccise in posti diversi e portate solo in un secondo momento sul luogo del ritrovamento.- aggiunse.
-Non avevano mai ucciso tre persone in un colpo solo.- osservò Emily.
-Forse è un modo per lanciare un messaggio. Magari sanno di Blake.- osservò Rossi.
Calò il silenzio. Questo caso li avrebbe fatti uscire tutti di testa.
-Dobbiamo continuare a interrogare Blake ed Elizabeth.-esordì, infine, Morgan. JJ sussultò.
-È l’unico modo. Potrebbero descrivere meglio la struttura della setta, spiegarci l’ubicazione della sede e aiutarci a prendere quel bastardo.- continuò Derek. JJ annuì, poco convinta. 

 

-Tutto a posto?- chiese Emily. 
-A dire il vero, no. Sono d’accordo con Morgan, anche perché quei ragazzi sono l’unica pista che abbiamo. Ma c’è qualcosa che non mi torna, soprattutto in Blake. Mi fa venire i brividi, letteralmente. Mentre Elizabeth, beh... Ho paura che la stiamo forzando troppo.- rispose JJ. La mora le posò una mano sulla spalla. 
-Cercherò di essere il più delicata possibile, te lo prometto. Ma, se riusciamo a prendere il Pastore, scopriremo anche se Elizabeth sia o meno l'assassina di Riddle.-. JJ sorrise, sospirando. Avrebbe voluto interrogarli lei, ma non poteva. Ormai era troppo coinvolta emotivamente, lo sapeva. Eppure, qualcosa non le tornava, decisamente. 


-Blake, Elizabeth, conoscevate questi ragazzi?- domandò Emily, mostrando ai due le foto delle vittime. Blake scosse la testa, negando. 
-Elizabeth?- insistette Prentiss. 
-Lei l’ho vista da qualche parte. Non la conoscevo, penso di averla intravista per strada.- rispose la ragazzina. 
-Non facevano parte degli Unchained, quindi?- chiese Rossi. 
-Non che io sappia, almeno. Non siamo pochi, ma ci conosciamo più o meno tutti di vista.- spiegò Blake. 
-Quanti siete?- 
-Non saprei. Una trentina forse.-
-Di più, Blake. Almeno una settantina.- lo corresse Elizabeth. Rossi e Prentiss si lanciarono un’occhiata di intesa.
-Scusate, non li ho mai contati. Non mi interessa sapere quanti siamo. Tutto quello di cui avevo bisogno era un posto dove stare e dove mangiare, tutto qui.-. Elizabeth annuì, chiudendo gli occhi. Una lacrima le rigò il viso. Emily se ne accorse e le prese la mano.
-Come vi abbiamo già spiegato, gli Unchained comprendono persone disperate, disadattate, senza casa. In fin dei conti, vi abbiamo già detto tutto quello che sappiamo, perché ci interrogate ancora?- cercò di tagliare corto la ragazza. 
-Perché abbiamo bisogno di alcune delucidazioni. Dove vi trovate? Qual è l’organizzazione interna?- continuò Rossi. 
-L’organizzazione interna è molto semplice. A capo di tutto vi è il Pastore, poi i suoi sottoposti, sono quattro. Non conosciamo i loro nomi, nessuno li conosce. Si fanno chiamare semplicemente Uno, Due, Tre e Quattro. Li sceglie personalmente, da solo. Infine, c’è il resto della gente. Obbediamo agli ordini, semplicemente.- spiegò Blake. Elizabeth annuì, non troppo convinta. Emily se ne accorse, ma fece finta di nulla.
-Riguardo al luogo? Abitavate da qualche parte, no?- 
-Agente Rossi, vorrei davvero aiutarla, ma non penso sia possibile. Il luogo di ritrovo cambia continuamente. Non so dove si trovino ora.-
-Ogni tanto facevamo base al vecchio mercato. Lì è pieno di casolari abbandonati, ma sono convinta che ora si siano spostati. Prima di incontrare voi eravamo lì.- asserì Elizabeth, con grande sorpresa di tutti, in particolar modo di Blake. La ragazza chiuse nuovamente gli occhi e iniziò a respirare affannosamente. 
-Voglio uscire.- mormorò. 
-Solo un’ultima domanda- provò a insistere Rossi.
-Vi prego, voglio uscire- urlò la ragazzina, in preda a una crisi. Prentiss fece un cenno. La porta si aprì ed entrò JJ, di corsa. L’agente la abbracciò, portandola via. 

 

-Vuoi ancora dell’acqua?- domandò Jennifer. Elizabeth fece cenno di no con la testa. Erano sedute nell’ufficio di Hotch, da sole. 
-Io... Mi dispiace.- esordì la diciassettenne.
-Shhh. Non c’è nulla di cui scusarti.- provò a tranquillizzarla JJ. 
-Ha ragione O’Neal. Dovrei finire in galera. Pete è morto per causa mia. Anche se non l’avessi ucciso io, non sarei meno colpevole del vero assassino. Io... Il Pastore mi ha...-. JJ la strinse di nuovo a sé. Elizabeth si scostò improvvisamente. Cadde a terra e vomitò. Non ne poteva più. Tutto quello che aveva fatto e visto la stava opprimendo dannatamente. Doveva liberarsi dal peso che portava dentro di sé.
-Dovevo diventare la seconda del Pastore. Mi aveva detto che mi avrebbe sposata. Io ero preziosa per lui. Così mi diceva. Mi ha iniziata alla violenza. Mi obbligava a torturare i traditori.
Io non ne ero capace. Io non volevo. Desideravo solo un posto in cui stare, non tutto questo. Non avevo un altro luogo dove andare. Il puukko che mi ha donato era un segno della mia appartenenza a lui. Io ero sua. Ma l’ho tradito e ora non si fermerà fino a quando non sarò morta.-. Aveva raccontato tutto senza mai fermarsi. Si sentiva stanca, esausta. JJ l’aiutò ad alzarsi, abbracciandola. 
-Nessuno ti farà del male, mai più. Te lo prometto.- le sussurrò. 

 

-Si sta affezionando troppo a quella ragazzina. Non l’ho mai vista così coinvolta in un caso.- osservò Hotch. 
-Non è per forza un male. Elizabeth sta iniziando ad aprirsi e ha trovato qualcuno su cui contare.- ribatté Rossi. Aaron annuì.
-Per i morti non possiamo fare più nulla ormai, ma è per le persone come Elizabeth che facciamo il nostro lavoro. È per salvare i vivi.- continuò David. Hotch si lasciò scappare un sorriso. Sì, Rossi aveva decisamente ragione.

Angolo dell'Autrice
Sono passati solo due anni. Se qualcuno legge ancora questa storia, batta un colpo. In ogni caso, penso di portarla a termine, anche se lentamente. Ogni tanto, quindi, aggiornerò, se recensite mi fate molto piacere. Stay tuned. 

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Capitolo 12
*** 12. ***


12.

Spesso si fa del bene solo per poter fare impunemente del male.
François de La Rochefoucauld)


JJ si svegliò di soprassalto. Balzò giù dal letto, sotto lo sguardo assopito di Will e si precipitò in camera di Elizabeth. La ragazzina stava urlando disperatamente, in preda agli incubi.
-Elizabeth! Elizabeth, sveglia!- la chiamò JJ. Dopo qualche minuto, la diciassettenne si svegliò. Scoppiò a piangere, rintanandosi sotto le coperte. Non voleva farsi vedere in quello stato, si vergognava.
-È tutto a posto, è stato solo un brutto sogno, tranquilla.- cercò di rassicurarla JJ. Elizabeth annuì, poco convinta. Jennifer provò a stringerla a sé, ma la ragazza si ritrasse. La federale sospirò. Si sedette sul letto, aspettando che la ragazzina si calmasse. Will le osservava sulla soglia, con Michael in braccio. 
-Papà mi ha detto di portare questa.-. JJ si voltò. Henry era entrato in camera con una tazza fumante di camomilla. Jennifer aiutò il bambino a posare il tutto sul comodino e lanciò un’occhiata colma di gratitudine al marito, mimando un “Grazie” con le labbra. Aiutò Elizabeth a sedersi e le porse la camomilla. 
-Mi dispiace.- mormorò la ragazzina. 
-Non è nulla.- la rassicurò JJ, carezzandole il capo. Elizabeth bevve un sorso di camomilla, scuotendo la testa. Una lacrima le rigò il viso.
-Non voglio finire in prigione.- mormorò. Jennifer sospirò. Riuscì a stringerla a sé, continuando a fissare Will. Il marito fece cenno a Henry di tornare a dormire e di accompagnare il fratellino a fare lo stesso, poi si avvicinò alla moglie e alla ragazzina. 
-Ho paura. Tanta paura.- confessò Elizabeth. 
-Andrà tutto bene, te lo prometto.- provò a rassicurarla JJ. 
-Fidati di Jennifer. Non lasceremo che qualcuno ti faccia del male.- esordì Will. Elizabeth accennò un sorriso.
-Ce la fai a dormire?- le chiese JJ.
-Ci provo.-.

 

-Nottataccia?-Chiese Rossi. 
-Elizabeth non ha chiuso occhio.- spiegò Jennifer.
-L’abbiamo spinta a parlare di cose pesanti, è normale.- asserì David. JJ non rispose ed entrò nel suo ufficio. Si sedette alla scrivania e iniziò a sfogliare le varie carte. Sospirò. La situazione le stava sfuggendo di mano. Si stava affezionando troppo a quella ragazzina e non era un bene. In fin dei conti, non erano nemmeno certi della sua innocenza.
-JJ, sono arrivati gli Smith. Con loro c’è anche Brenda Cornwell, l’assistente sociale che si occupava di Elizabeth.- la riportò alla realtà Hotch. La donna annuì. Si alzò e lo seguì. Si ritrovò davanti due coniugi sui cinquant’anni. La moglie era longilinea e arcigna, mentre il marito non aveva l’aria particolarmente intelligente. Brenda, invece, si presentava come una normale signora sui quarant’anni, raffinata e leggermente snob.
-Sono l’agente Jennifer Jareau. Mi occupo di Elizabeth, al momento.-
-Molto piacere. Io sono Brenda Cornwell, mentre loro sono Theodore e Helga Smith.- si presentò l’assistente sociale. 
-Possiamo vederla?- domandò la signora Smith. 
-Al momento no, mi dispiace.- rispose Hotch. 
-Vi abbiamo convocati qui perché abbiamo bisogno di capire meglio la storia di Elizabeth.- continuò Aaron. 
-i suoi genitori sono morti due anni fa. Incidente stradale. Siamo stati costretti a separarla dal fratello, purtroppo.- spiegò la Cornwell.
-E poi lei si è occupata di Elizabeth, giusto?- domandò JJ. Brenda annuì.
-Cercai una famiglia che potesse prendersi cura di lei, ma non fu semplice. Elizabeth è una ragazzina irrequieta, con una dote innata per il ficcarsi nei guai.-
-È una piantagrane di prima categoria.- affermò la signora Smith, acida. 
-Come, scusi?- la interruppe Jennifer. 
-Quando ci contattarono per prenderla con noi, pensavamo si trattasse di una comune ragazzina. Fin da subito, invece, ha mostrato la sua vera natura. Elizabeth è una bestia.-
-Mi permetta di dissentire.- replicò JJ. Hotch le fece cenno di stare tranquilla.
-Bigiava la scuola, tornava a casa di notte, completamente ubriaca o drogata, non ci voleva seguire alle funzioni domenicali.-
-Già, una vera bestia.- ribatté Jennifer, ironica. Avrebbe voluto saltare addosso a quella donna e strozzarla, ma non poteva. Quasi se ne rammaricò.
-Cosa avete fatto quando è scomparsa?- domandò Aaron, cercando di cambiare argomento.
-Abbiamo chiamato la polizia, poi ci siamo messi il cuore in pace.- rispose Helga. Hotch e JJ si scambiarono un’occhiata d’intesa.
-Va bene, potete andare. Vi ringraziamo per la disponibilità.- si congedò Aaron. I tre convocati si recarono verso l’uscita, sotto lo sguardo attento dei due agenti dell’FBI. 
-Ah, signora Cornwell, lei potrebbe fermarsi per qualche minuto?- la richiamò indietro Hotch. L’assistente sociale annuì, sorridente. 
-Dobbiamo sapere se sarà sempre lei a occuparsi di Elizabeth.- 
-Agente Hotchner, questo dipenderà dal tribunale dei minori. È molto probabile, ma non è scontato.- rispose la donna. 
-La ringraziamo ancora. Se dovesse venirle in mente qualcosa di importante, non esiti a chiamarci.- asserì Aaron. 
-Senza alcun dubbio.- affermò Brenda, uscendo. 
-Beh, ora sappiamo perché Elizabeth sia scappata di casa.- disse JJ.
-Non sono il massimo della simpatia, ma è stato utile convocarli. Non trovi strano che una ragazzina descritta come per nulla interessata all’aspetto religioso della vita, si sia fatta fare il lavaggio del cervello dal Pastore?-
-Non ci avevo pensato.- dichiarò Jennifer.
-Dobbiamo interrogarla ancora.-
-No Hotch, ti prego. Non ce la fa più, non dorme la notte, non mangia, ha continui attacchi di panico.- spiegò JJ. Aaron la guardò, stranito.
-JJ, è una sospettata. La stai ospitando, ma non è tua figlia.-
-Lo so. Ma quello che sto cercando di dire è che, secondo me, un interrogatorio in senso classico è controproducente. Tende solo a chiudersi a riccio.-. Hotch sospirò, sedendosi. Iniziò a picchiettare la scrivania con le dita. 
-E come pensi di fare? Non abbiamo altre piste.-
-Posso provare io, capo.-. Jennifer e Hotch si voltarono. Emily era appoggiata sulla porta e si grattava nervosamente il collo.
-Posso venire a cena o a pranzo da te, JJ, e tirare fuori gli argomenti gradualmente. L’importante è farla sentire a proprio agio. Dobbiamo anche riuscire a far sì che ricordi cosa è successo la sera della morte di Pete Riddle.-
-Emily ha ragione.- osservò Rossi, entrato di soppiatto. JJ chinò il capo. 
-Sì. Va bene. Ma ne devo parlare con Will, prima.- asserì. Prentiss le sorrise.
-È la scelta giusta. Lo sai.-.


Blake si guardava intorno. L’avevano rinchiuso in una stanza in chissà che posto. 
-Elizabeth.- mormorò. Sapeva che lei si trovava da qualche altra parte, in un luogo più confortevole. Di lei si fidavano. Pensò a quell’agente dai capelli biondi. Lo aveva trattato con diffidenza, quasi paura. Un ghigno comparve sul suo volto.
-E fa bene.-.



Angolo dell'Autrice

Eccomi tornata. Se ne avete voglia, una recensione mi farebbe molto piacere. Alla prossima

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