Love Never Dies

di LaNonnina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stay strong ***
Capitolo 2: *** You're Not Alone ***
Capitolo 3: *** Would you ever leave me? ***



Capitolo 1
*** Stay strong ***


*** NOTA DOVEROSA ***
Questa storia era già stata pubblicata da me medesima. Ho deciso di eliminarla e sistemarla per poi pubblicarla nuovamente, in soli tre capitoli, e - spero - con uno stile più maturo e corretto. Quando l'ho riletta infatti mi è sembrata un po' infantile, caratteristica non propriamente adatta per questa tematica assai delicata. Non ho messo il rating giallo, penso non sia necessario, ma posso sempre cambiarlo se pensate che verde sia riduttivo. La trama si ispira e prende spunto dal film P.S. I love you, ovviamente non ne detengo titoli o diritti, mi ha solo dato un'idea. Ultimo ma non meno importante, vorrei ringraziare in particolare Niniel82, Joy_10, CinderNella e Clairy che avevano gentilmente recensito la storia e chi l'aveva inserita tra le seguite o aveva semplicemente letto.
Grazie di cuore a tutti, buona lettura.
LaNonnina

 

LOVE NEVER DIES

Stay strong
 
Sophie si agitava irrequieta nel letto, continuando a girarsi e rigirarsi tra le coperte per tentare di riposare almeno un po’. Sprimacciò il cuscino e vi immerse la testa augurandosi di soffocare.
Il suo desiderio, però, non fu esaudito.

Sophie stava soffrendo. Soffriva di un dolore tremendo, un dolore orrendo causato dall’amore. Non un amore non corrisposto o violento o impossibile, ma un amore perduto.
Quante sono le vedove sparse per il mondo, chissà.
Ciascuna di quelle donne, giovane o matura che sia, sente su di sé il peso della perdita di una parte del loro cuore. Niente può colmare quel profondo vuoto rimasto nella loro anima, trasformata in un enorme buco nero che pare risucchiare ogni scintilla di vita rimasta.

Questo è accaduto anche a Sophie, una stella luminosa implosa, che ha iniziato ad inghiottirsi nel buio del baratro aperto da lei stessa. Fino ad un paio di mesi prima, Sophie aveva un marito che l’amava e la faceva sentire viva.
Ora Luke era morto e lei sentiva di esserlo insieme a lui.

Sophie aveva finalmente trovato una posizione abbastanza comoda e stava per addormentarsi, ma il suo sforzo fu reso vano dal suono acuto e perforante di un’ambulanza. Imbronciata, girò il cuscino per appoggiare la testa sul lato fresco. Nemmeno questo però poté rimediare al danno della sirena.

-Anche questa notte non riesci a dormire?
“Secondo te?”
-Già, pare proprio di no…
Intuì il suo sorriso.
-Devi riposarti, non puoi sciupare in questo modo il tuo bel visino!
“Non ci riesco…”
-E perché?
“Tu non ci sei…” Sospirò.
-Questo non è vero, io non ti lascerei mai…
“Però lo hai fatto!” Sbottò all’improvviso.
Lo sentì irrigidire la schiena.
Sophie passò una mano tra i capelli lunghi e mossi, afflitta, esausta, vinta. “Scusami, non volevo. Io… non so. Non so più nulla. Niente ha più senso senza di te, nemmeno dormire mi sembra necessario e…”
-Sssh… Tranquilla, rilassati. Sono qui con te, ora.
Percepì il suo abbraccio e vi si abbandonò, facendosi cullare dal battito di un cuore che si era spento da due lunghi mesi. “Perché fa tutto così male? Cosa ho fatto di sbagliato?”
- Assolutamente niente.
“E allora? Dio ha creduto di avermi dato troppo così da potersi permettere di portarti via da me?”
-Non penso che lui faccia carognate di questo genere. Ha progetti ben più ampi che non possiamo comprendere. Devi solo avere fede.
“Per te è facile crederci… Resta almeno fino a domani mattina.” Mormorò prima di assopirsi, ascoltando quella voce che tanto aveva amato, e tuttora amava, mentre le sussurrava: Io resterò per sempre.

***

Io e la mia dolce dolce mogliettina non siamo in casa. Lasciate un messaggio dopo il beep, ci faremo sentire al più presto!
– Beeeeeep –


Sophie si svegliò con calma, facendosi coccolare dalla voce di Luke. Ascoltarla sulla segreteria telefonica era decisamente molto meglio che sentirla nella propria testa.
Sophie! Sono la mamma, so che sei ancora a letto… svegliati pigrona! Mi avevi promesso che mi avresti accompagnato dal dottore questa mattina!
Sophie spalancò gli occhi, furiosa. Se c’era una cosa che proprio non tollerava era essere buttata giù dal letto dalla voce squillante di sua madre. A maggior ragione, se interrompeva il flusso di nostalgia scaturito dalla segreteria telefonica registrata da Luke.
Coraggio! Rispondi a mamma!
Con uno sforzo enorme, Sophie abbassò il piumino lilla e si mise a sedere. Guardò l’orologio: erano già le dieci e all’appuntamento mancava meno di mezz’ora. Imprecò a bassa voce, nonostante sua madre non potesse in alcun modo sentirla.
Tesoro! So che sei ancora a letto! Alzati!
La ragazza prese il cordless appoggiato sul comodino e finalmente rispose. “Buongiorno anche a te mamma…”
Oh… finalmente! Orsù! Lavati, vestiti e magari mangia qualcosa… è tardi!
“Mamma non sei Hitler e io sono abbastanza grande per sapere cosa fare appena sveglia la mattina…”
Non ne sono tanto sicura sai, tesoro mio?
“Grazie mamma, davvero. Ora se permetti, vorrei prepararmi…”
Oh scusa cara… ora metto giù.
“A dopo.”
Sophie! Ancora una cosa!
Sophie sbuffò. “Cosa c’è?”
Aprimi la porta tesoro, sono qui fuori da venti minuti e sono congelata!
Sophie chiuse la chiamata incredula. Indossò un maglione blu di Luke a mo’ di vestaglia e scese al piano di sotto per andare ad aprire la porta.
“Non ci credo… ma non può suonare il campanello come tutte le persone normali?”
- Amore, vorrei ricordarti che tua madre NON è una persona normale!
“Luke! Lo sai benissimo che è solo un po’ strana…”
- E tu la definiresti solamente strana?
“Ma smettila! Guarda che se ti sente sono guai!” Sophie si immobilizzò, rendendosi conto dell’assurdità della cosa. “Che stupida che sono. Lei non può sentirti…”
Non sapeva come, non ne sapeva il perché, ma lei lo sentiva accanto a sé e gli parlava. Lui era morto, ma lei continuava a raccontargli ogni cosa e a comportarsi come se fosse ancora dove doveva avrebbe dovuto essere: al suo fianco. Davvero speciale però era il fatto che lui le rispondesse. Luke le sussurrava parole dolci all’orecchio per calmarla, rassicurarla, aiutarla, come se non se ne fosse mai andato.

Questa situazione era semplicemente paradossale.
Sophie davvero non capiva come tutto ciò potesse accadere. Credeva che fosse tutto frutto della sua mente ancora in stato di shock per la scomparsa improvvisa del marito.
Però le sembrava tutto così vero.

Si bloccò davanti alla porta, gli occhi velati di lacrime. Doveva assolutamente riprendersi o sua madre si sarebbe trasferita a casa sua chiamando uno strizzacervelli per aiutarla ad affrontare la perdita.
Si strofinò gli occhi, indossò il sorriso più falso ed aprì la porta.

“Tesoro, siamo in ritardo! Corri a cambiarti!”
“Signorsì signora!”
Anne diede un amorevole scappellotto alla figlia e, mentre Sophie cominciava finalmente a prepararsi, diede un’occhiata all’appartamento. Fece delle indagini in cucina e trovò scodelle, piatti, bicchieri e posate perfettamente puliti, sistemati nei rispettivi scomparti. Al contrario il tavolo ed il lavello erano imballati di cartoni di pizze e confezioni d’asporto di cibo cinese.
“Come sospettavo…” Sospirò Anne.
Il tavolino del salotto invece era pieno di oggetti appartenenti a Luke: scarpe, vestiti, il suo orologio, il video del loro matrimonio, la sua palla da basket… Sul pavimento erano posizionate delle foto in ordine cronologico. Sembrava un puzzle, ma un puzzle particolare, perché raccontava la favola di Sophie e di Luke, dalle prime uscite fino al matrimonio e all’inizio della loro vita insieme.

Tutta la loro storia si trovava lì, sul pavimento.

Anne pensò che Sophie avesse voluto calpestare tutto quello che c’era stato fra lei e Luke, tutto ciò che lei era stata insieme a lui. Non capiva invece che quelle fotografie, per sua figlia, erano il pavimento stesso della sua vita. Sophie non avrebbe mai potuto cancellare il suo passato, o passarci sopra, ma lo avrebbe usato come fondamento per la sua vita futura.
Questo, ovviamente, solo quando si sarebbe sentita pronta per ricominciare tutto daccapo.

***
 
“Sophie, sbrigati! Non te lo ripeto più!”
“Sono pronta!”
Sophie comparve sull’ultimo gradino. Anne la guardò scettica, squadrandola dalla testa ai piedi. Indossava una tuta blu scuro, chiaramente non sua dato che aveva dovuto fare i risvolti alle estremità dei pantaloni e delle maniche.

“Che c’è?” Sbuffò la figlia, legandosi i lunghi capelli castani in una coda alta.
Anne levò un sopracciglio. “Come - che c’è? - Guardati! Sei sciupata, distrutta, non usi i tuoi vestiti sebbene tu abbia un armadio che straripa più di un fiume in piena, mangi schifezze su schifezze, il tuo salotto sembra un campo di battaglia e tu osi chiedere a me, tua madre, - che c’è? - !!” Prese fiato. L’età certo non aiutava in casi del genere, ma avrebbe volentieri dato entrambi i polmoni per rivedere sua figlia solare e felice come una volta.

Sophie sentì nascerle dentro uno strano sentimento. Lo identificò come un misto tra frustrazione e rabbia, anche se sapeva che sua madre aveva ragione. Le sembrava però tutto troppo difficile ed era troppo presto per ricominciare, quello che le era accaduto era troppo ingiusto.

Tutto le sembrava semplicemente troppo.

“Mamma, ho appena trent’anni e sono già vedova, mio marito è morto poco più di due mesi fa e tu mi rinfacci il fatto che io mangi schifezze e mi metta i suoi vestiti?”
- In effetti non ti fa bene mangiare quella roba… Sai che i cinesi cucinano i topi?
“Taci tu! Non sei di aiuto!” Sbottò Sophie.
Anne impallidì. “Ecco, vedi tesoro?! Parli pure da sola! E io non mi dovrei preoccupare?”
Freddo. Sembrava che una corrente d’aria gelida fosse appena entrata nel salotto di casa Minton. Brividi bollenti corsero lungo la schiena di Sophie. “I-io… No, non è co…”
“Non è come credo? Sophie, per favore, sono tua madre. Io so quando sei felice, quando sei triste, quando stai male, se la giornata è storta… semplicemente io so. È il mio mestiere…” Anne la guardò amorevolmente.
A Sophie sfuggì un sorriso che, così come era apparso, altrettanto all’improvviso sparì. “Lo so che può sembrarti strano… Ma lui mi parla e io lo sento. Lui è qui accanto a me… E io? Cosa posso fare io se non rispondergli?”
“Tesoro, è normale… Lui se n’è andato da poco e ti manca così tanto che il tuo cervello rielabora i ricordi che tu hai di lui e ti sembra di averlo ancora vicino…”
Sophie la guardò storto. “Da quando in qua sei un’esperta in psicologia?”
“Non sono un’esperta, ci sono passata anche io…” Sospirò la madre.

Papà.

Il marito di Anne era morto, quando Sophie era ancora una ragazzina, a causa di un tumore al fegato.
Ma lei era stata coraggiosa, non si era arresa, aveva stretto i denti e guardato avanti, per garantire a Sophie un futuro sereno e tranquillo.

“Scusa mamma, non vol…”
Anne strinse la figlia in un caldo abbraccio, lasciandole un bacio in fronte. “Ssh, tranquilla, non ce n’è bisogno…”
Sophie si fece cullare dalla madre.

Perché non era come lei? Così coraggiosa e sicura di sé? Anche a lei sarebbe piaciuto riuscire a guardare il lato positivo delle cose, in ogni occasione. Anne non si era mai data per vinta. Com’è che a lei tutto ciò invece pareva impossibile?

“È… troppo per me…” Disse in un soffio.
“È sempre troppo per tutti…” Assicurò Anne liberandola dalla sua stretta materna. “Ora andiamo, siamo già abbastanza in ritardo, non vorrei che mi spostassero l’appuntamento a martedì prossimo… sai che ho il corso di ginnastica dolce!”
Sophie questa volta non riuscì a trattenere una risata. “Certo mamma, andiamo!”










*** Il prossimo aggiornamento sarà Mercoledì 2 Marzo ***

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Capitolo 2
*** You're Not Alone ***


You’re not alone

Dopo la visita, Anne riaccompagnò la figlia a casa. “Sicura tesoro di non aver bisogno di aiuto per sistemare quel disastro?”
Sophie la guardò offesa. “Mamma, non è così terribile come sembra!”
Anne alzò un sopracciglio, scettica.
“Comunque no, grazie, credo sia meglio che lo faccia da sola…”
“Brava bambina mia, penso tua abbia ragione. Se hai bisogno, però, non esitare a chiamare!”
“Certo mamma, grazie.” Sophie slacciò la cintura di sicurezza e si sporse a darle un bacio sulla guancia. Aprì la portiera e scese dall’auto, dirigendosi verso il portichetto di casa sua.
Udì il rombo del motore affievolirsi mano a mano che l’auto si allontanava. Prese la posta, tirò fuori le chiavi, poi le infilò nella serratura ed entrò.

“Cavoli! Mamma ha proprio ragione…”
- Ehi! Cos’è tutta questa solidarietà femminile?
“Luke! Guarda in che condizioni si trova il salotto!”
- In effetti…

Per la prima volta dopo due mesi dalla scomparsa del marito, Sophie si accorse di quanto fosse caduta in basso. Aveva creato una specie di altarino in salotto, la dieta che seguiva era andata a farsi benedire ed il suo buon gusto era terribilmente scomparso…

Sospirò. “Non posso essermi ridotta in questo stato…”
Percepì nuovamente Luke accanto a sé.
- Eri disperata, fuori di te… Io me ne sono andato all’improvviso, è normale che tu ti sia abbattuta…
“Normale, normale… Dite tutti normale, ma a me non pare proprio! Casa nostra sembra un campo di battaglia! Ma come mi sono ridotta…”
- Ehi! Non buttarti giù così, amore… Ci sono qui io.
“Lo so, ma vorrei riuscirci da sola.”
- Ah sì? Non mi vuoi più?
“Ehi, non pensarlo nemmeno! Certo, se tu fossi ancora qui, in carne ed ossa…”
- Questo non è proprio possibile. Ma potrei provare così…
Sophie sentì le sue braccia forti cingerle la vita da dietro. Reclinò il capo da un lato mentre percepiva le sue labbra sul collo. “Sembra tutto così vero…” Disse in un soffio.
Un sorriso. - Più o meno…
“Così non mi rendi le cose più facile, lo sai?”
- E non sai quello che sta per accadere…!
Sophie sgranò gli occhi, preoccupata e sconvolta. “Luke, cosa vorresti insinuare?”

Silenzio.

“Luke?”

Nessuna risposta.

Si voltò verso di lui, o almeno, verso dove credeva si trovasse, ma invano. Sophie sembrava un radar, intenta a girovagare al pian terreno cercando di captare un qualsiasi segnale. Improvvisamente, un suono giunse al suo orecchio. Purtroppo però non assomigliava per niente alla voce di suo marito: era la suoneria del cellulare.
Lesse il nome sul display. Katie.
Sophie lo agguantò e premette il pulsante verde. “Pronto!” Grugnì.
“Ciao bella! Sì, anche io sono contenta di sentirti…” Commentò Katie sarcastica.
Sophie inspirò ed espirò con calma, poi rispose: “Scusami, è solo che…”
“Sì, io sto bene, grazie per avermelo chiesto…” La interruppe Katie, ormai partita per la tangente.
“Kiki! Mi vuoi lasciar parlare o no?”
Katie rise. “Bimba mia, ma se chiacchierassimo di fronte ad un buon pranzetto? È quasi l’una!”
“Non ho molta voglia di uscire in realtà, sono appena rientrata a casa…”
“No problem, Fifì. Sono già in macchina, dieci minuti e sono da te. Bacio!”
Insomma, Sophie non ebbe nemmeno il tempo di decidere se accettare o meno l’autoinvito della sua migliore amica.

Katie era fatta così: un po’ confusionaria, eccentrica, con un livello decisamente troppo alto di autostima, ma con un cuore immenso, sempre disponibile a prendersi cura degli altri.

Proprio per questa serie di caratteristiche, Sophie sapeva che Katie sarebbe stata sua amica per sempre.

La loro amicizia era nata al penultimo anno di Liceo, quando Katie era piombata in un giorno d’autunno nella classe di Sophie e, più precisamente, nel banco al suo fianco. La loro conoscenza reciproca si era fatta sempre più profonda fino a farle diventare inseparabili.

Eppure, in ogni relazione bisogna affrontare una crisi. In questo caso, la causa fu proprio Luke. Per le due ragazze fu davvero un tasto dolente: non si erano parlate per mesi. Katie era pazzamente innamorata di lui, o meglio, di ciò che lui rappresentava. Luke infatti era il capitano della squadra di basket della scuola, bello ed intelligente, sempre al centro dell’attenzione. Katie invece faceva parte del gruppo delle cheerleaders, insieme a Sophie. Erano un duo perfetto, entrambe carine e con la testa sulle spalle. Luke però aveva scelto Sophie, più buffa e maldestra, impegnata in così tante attività extrascolastiche che non sapeva nemmeno se lei avesse potuto trovare il tempo per uscire con lui. Sophie aveva deciso di essere sincera con la sua migliore amica, raccontandole quale piega stesse prendendo la sua storia con Luke. Katie, ovviamente, non riuscì a digerire subito la cosa. Il fatto che uno come lui avesse potuto scegliere Sophie, la sua migliore amica certo, ma comunque la più imbranata in questioni d’amore, le era rimasto proprio sullo stomaco. Con il passare del tempo, si accorse però di quanto Sophie fosse felice insieme a Luke e del loro amore così palese e reciproco. Capì che la sua era stata soltanto un’infatuazione, perciò  chiese scusa alla sua migliore amica e ben presto tornarono inseparabili, com’era destino che fossero.
Università, lavoro, matrimonio… Avevano fatto tutto insieme.

Solo che Katie non aveva sposato Luke, aveva semplicemente svolto il ruolo di damigella d’onore. Anzi, fu al matrimonio di Sophie che Katie trovò il proprio amore, di nome Alex. Dopo un paio di anni, i ruoli si erano invertiti, trasformando Sophie in una splendida damigella e Katie in una meravigliosa sposa.

Poi, qualche anno dopo, era avvenuto l’impossibile.

Una mattina di due mesi prima, Sophie l’aveva chiamata in lacrime, terrorizzata e disperata. Parlava in modo sconnesso, incoerente, ma era riuscita a raccontarle comunque cosa era accaduto.
Katie era sbiancata, era attonita e senza parole.

Luke era morto.

Proprio Luke, che era stato il ragazzo più invidiato e famoso della scuola.
Proprio Luke, il ragazzo per cui lei aveva litigato con la sua migliore amica.
Proprio Luke se n’era andato, lasciando che l’amore della sua vita sprofondasse nell’abisso più nero. 










*** NOTE ***
Il prossimo (ed ultimo) aggiornamento sarà Venerdì 4 Marzo.

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Baciotti!!

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Capitolo 3
*** Would you ever leave me? ***


Would you ever leave me?
 
Sophie aveva appena cominciato a pulire la cucina, liberando prima di tutto il tavolo da scatole e unti cartoni, quando sentì suonare il campanello. Appoggiò a terra un sacco dell’immondizia e corse ad aprire la porta.

Katie era impeccabile come sempre: l’inseparabile tacco 12 la rendeva slanciata, mentre i leggins neri spuntavano da un morbido maglione di lana verde brillante, il suo colore preferito. Era avvolta in un caldo scialle, mentre i ricci neri sfuggivano dalla cuffietta, impreziosita da un pon pon. Da un braccio pendeva la sua preziosa Chanel, dall’altro il sacchetto del take-away del ristorante italiano.

Sophie non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
“Hai intenzione di continuare a fissarmi ancora per molto? Guarda che qui si fredda tutto!” Osservò, sollevando la mano con il pranzo.
“Scusa Kiki, è che sei davvero splendida oggi!”
“Tesoro, io lo sono sempre…” Specificò ammiccando.

-Eccolo! Il famoso ego della nostra Katie sotto le luci della ribalta…-
“LUKE!!!!!!” Urlò Sophie improvvisamente e a voce tanto alta che per poco Katie non fece schiantare il sacchetto del pranzo al suolo.
“Oh – mio - Dio.” Disse l’amica indietreggiando ad ogni parola. “Siamo arrivate a questi livelli?!”
-Da che pulpito…-
Sophie non capiva più nulla. “Ma l’hai sentito, allora?”
“Certo che ho sentito! Mi hai urlato a squarciagola nelle orecchie!”
“Nooo! Non intendevo l’urlo… Volevo dire… Lui…”
Katie sollevò un sopracciglio. “Chi?” Poi, notando l’espressione esasperata dell’amica, aggiunse “Oh beh, se con lui intendi tuo marito morto, allora no…”

Sophie sospirò agguantandole un braccio e trascinandola in casa. Chiuse in fretta la porta e vi si abbandonò contro, guardandosi intorno con fare circospetto.
“Okay… Ora inizi davvero a preoccuparmi!” Katie cercava di capire cosa stesse pensando Sophie. Sapeva che doveva essere un momento orribile per lei, ma non si aspettava certamente un comportamento del genere.

Sophie teneva le orecchie bene aperte mentre guardava Katie disporre le vaschette piene di cibo sul tavolo.
Aveva una paura folle.
Era la sua migliore amica, ma aveva davvero paura che lei non potesse capire ciò che stava accadendo.
Temeva che se le avesse raccontato ciò che percepiva l’avrebbe considerata una pazza e poi l’avrebbe abbandonata.

“Puoi venire a tavola anche tu, sai? Non ti mangio mica, anzi, questi spaghetti hanno un aspetto molto più appetitoso di te!” Katie le rivolse un sorriso che avrebbe fatto invidia ad un angelo.

Sophie lo contraccambiò e tutte le paure sparirono in un secondo. No, Katie non l’avrebbe mai lasciata, mai.

La guardò sedersi, prendere una forchetta e con essa tentare di arrotolare gli spaghetti, inutilmente.
“Sei un disastro Kiki!” Esclamò raggiungendola e scuotendo la testa.
“Scusa se non ho radici italiane e non so mangiare la pasta, Sofia!”
“Ma cosa c’entra? Ammira…” Sophie si sedette e prese a sua volta una forchetta. Con estrema facilità, arrotolò gli spaghetti che finirono dritti nel suo stomaco, passando in un lampo attraverso la bocca.
“Hai visto? È facile!”
Hai visto? È facile!” La scimmiottò Katie con una smorfia.
L’altra ribatté “La tua è pura invidia…”
“Ma sentila! Parla quella che, se potesse, ruberebbe tutte le mie borse, Benetton compresa!” Borbottò puntandole la forchetta.
“Come ti permetti?! Tu devi ancora restituirmi la mia adorata Miu Miu!”

-Ragazze, manteniamo la calma, per favore! Avete trent’anni o tre?! Siete davvero insopportabili quando vi ci mettete…-
“Luke, non mi pare questo il momento!” Sibilò Sophie.

Katie non riuscì a trattenersi. “Questo è troppo!” Sbottò alzandosi con impeto dalla sedia.
Guardò a lungo Sophie, poi si decise a parlare. “Io non so nulla, è vero. So solo che stai soffrendo e posso soltanto provare ad immaginare come tu ti senta ora, ma direi una bugia se ti dicessi che capisco”.

Pausa.

Sophie pendeva dalle sue labbra.

“Quello che voglio, in questo momento, è una spiegazione circa quello che sta succedendo. Non ce la faccio a vederti ridotta così. Parli da sola, vivi nel caos…”
Sophie la interruppe. “Ma ti sei messa d’accordo con mia madre?”
Katie la fulminò con lo sguardo. “No. Lasciami finire.”
“Scusa.”
“Tranquilla… Dicevo: ma l’hai visto il salotto?!”
Sophie non sollevò nemmeno gli occhi dalla vaschetta degli spaghetti. “Sì, ho notato…”
Katie proseguì imperterrita: “L’hai notato? Secondo me non è proprio come dici tu… Ma la cosa che mi preoccupa di più è il fatto che tu invochi il nome del tuo defunto marito come se dovesse discendere dal cielo da un momento all’altro!” Prese fiato.

Sophie era immobile, la forchetta sospesa a mezz’aria, attonita.
“Scusami” Mormorò Katie, portandosi una mano alla fronte mentre tornava a sedersi. “Non volevo mancare di rispetto, né a te, né a Luke.  Sai quanto io vi ami…”
Sophie sospirò. “Lo so…”

Altra pausa.

Certe cose vanno prese così, a piccole dosi, per poterle digerire del tutto.

“Vuoi parlarne?”
“Mi prenderai per una pazza..”
“Tesoro, tu sei pazza!”
Risero. E la tensione parve allentare di poco la sua morsa opprimente.

Sophie aveva un gran voglia di sfogarsi, ma impiegò un po’ di tempo per trovare il coraggio necessario.
Era quasi riuscita ad autoconvincersi, ma qualcosa la bloccò. Un senso di vertigine le causò un giramento di testa e le mise sottosopra lo stomaco.

Katie fece appena in tempo a prendere mentalmente nota di ciò che stava accadendo:
Sophie c’è.
Sophie non c’è.
Sbam.
Tonf.
Rumori non del tutto orecchiabili.
Sciacquone.

Ancora seduta al tavolo, le urlò: “Se ti facevano schifo gli spaghetti potevi dirmelo subito invece di fare una scenata!”
Nessuna risposta.
“Oddio.” E corse subito verso il bagno, preoccupata.
Si fermò sulla soglia e guardò Sophie, piegata in due sulla tazza, scoppiando a ridere.
L’amica non era dello stesso umore: “Lo trovi così divertente?”
“…Non sai quanto!” Vedendo la smorfia di Sophie però, si decise ad aiutarla. Le passò un asciugamano ed un bicchiere d’acqua e collutorio, poi le raccolse i capelli con un fermacapelli.
Sophie riuscì a chiederle, tra un conato e l’altro: “Ma dove caspita li hai presi gli spaghetti? In un Suq?”
“Tesoro, li ho presi nel tuo ristorante preferito e sai che ci si può fidare… E poi io sto benissimo!”
“Tu potresti mangiare pietre e stare bene comunque!” Ribatté lei, mentre Katie le faceva una linguaccia.

Restarono in silenzio per un po’.

Sophie era ancora seduta accanto al water, con i gomiti puntati sulla tavoletta e la testa penzoloni. Katie invece si era comodamente posizionata sul tappetino del bagno, con la schiena appoggiata alla vasca.
“Dov’è la tua agenda Fifì?” Chiese ad un tratto, pur mantenendo la concentrazione sull’unghia che si stava limando.
Sophie sollevò la testa, pensierosa. “Sul  tavolino nell’ingresso, direi… perché?”
Katie si alzò “No, così…” Poi aggiunse: “Torno subito…”

Sophie la seguì con lo sguardo, poi decise di controllare cosa stava combinando la sua amica. Si alzò a sua volta, tirò di nuovo lo sciacquone e si rinfrescò il viso. Una volta in salotto, la trovò in piedi appoggiata al muro, con la sua agenda in mano. La stava fissando con un sopracciglio alzato.
La cosa la inquietava, parecchio.

“Ma…”
“Sssh…” La zittì Katie. “Sophie…”

Ahia. Questo non era un buon segno.

“Dimmi, sai a quando risalgono i giorni evidenziati sul calendario?”
“I giorni eviden… Ma che co…?”

Tu-tum.
Tu-tum.
Tum.

Il suo cuore perse un battito, ma la sua mente aveva iniziato a ragionare senza sosta. Stava incastrando ogni tassello a velocità record ed arrivò in fretta a trarre le dovute conclusioni.

Cazzo!” Esclamò Sophie, a occhi sbarrati.
“Eh sì, è proprio lui l’artefice…”
“Kiki, niente sarcasmo per favore!” Non poteva crederci, insomma, Luke non c’era più ma lei era…
“L’ultima volta in cui ti sono venute è stato tredici giorni prima che Luke…”
“Sì, sì, ora ricordo.” La interruppe Sophie.

E come dimenticarlo? Era da un paio di mesi che parlavano proprio di quell’argomento. Avevano finalmente deciso di metter su famiglia e non avevano sprecato tempo per provarci.

Si sedette sul divano, facendo profondi respiri.  Fissò il pavimento pieno di fotografie.
Non sapeva cosa pensare. La scomparsa di Luke l’aveva sconvolta e sicuramente l’idea di una famiglia non l’aveva più nemmeno sfiorata.

“Ma come ho fatto a…”
“A rimanere incinta?” Completò Katie “Vuoi proprio che te lo spieghi…?”
Sophie la incenerì seduta stante. “No. Grazie. Lo so. Intendevo come ho fatto a non accorgermene… Insomma… è una cosa così naturale!”
Katie provò a tranquillizzarla “Vedrai che te la caverai benissimo…” Si sedette accanto a lei, avvolgendola in un abbraccio. “Sarai una mamma splendida... E io una zia fantastica!”
Sophie rispose pacata. “Non dovrei prima fare un test o andare dal ginecologo? Magari è solo una disfunzione dovuta allo shock… o una gravidanza isterica!”
“O, magari, Luke ha semplicemente mantenuto la sua promessa…”
Sophie la guardò con aria interrogativa.
“Aveva promesso che non ti avrebbe lasciato…”

-Mai.-










*** DLIN DLON ***
E così si conclude questa mia rivisitazione di una cara vecchia storia. Se avrà un seguito, non lo so, ma può sempre essere che un giorno io decida di riprenderla in mano... Ringrazio infinitamente le pie donne che mi hanno pazientemente seguita e recensita e tutti i lettori silenti.
Sentitevi liberi di lasciare una recensione, mandarmi un messaggino privato, qui o su facebook, per farmi sapere cosa ne pensate. 
Non mangio mica, a meno che voi non siate fatti di Nutella... ;)
Un abbraccio coccoloso,
LaNonnina

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