Midnight

di MissKiddo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una notte accadde ***
Capitolo 2: *** Segreti ***



Capitolo 1
*** Una notte accadde ***


Capitolo 1

Una notte accadde

 

Il buio aveva preso possesso delle strade, faceva freddo e una sottile pioggia iniziava a scendere dal cielo. A quell'ora della notte tutti stavano sicuramente dormendo, si sentiva solo il rumore di alcune macchina e il loro sfrecciare sull'asfalto bagnato.
In un vicolo buio vi era una figura nascosta, si era fermata per riprendere fiato. Stava correndo ormai da ore, aveva il respiro affannato. Quando si tolse il cappuccio che le copriva il viso i lunghi capelli biondi le ricaddero sulle spalle, si guardò intorno, non poteva fermarsi lì, ancora non aveva compiuto la sua missione. Si spaventò quando sentì un rumore vicino a lei, ma appena si voltò vide un piccolo gatto nero, trasse un sospiro di sollievo. «Midnight, sei tu...» accarezzò il manto morbido del micio. L'altro miagolò di nuovo, e fissò il fagotto che la donna aveva tra le braccia. Si muoveva e da dentro la stoffa proveniva un pianto di neonato. «La devo salvare, anche a costo della vita, seguimi Midnight» corse lungo il vicolo, zoppicava vistosamente ma continuò a correre, il gatto la seguì.
Dopo alcuni minuti si accorse di essere nel quartiere che stava cercando, ogni casa era di colore rosa pallido e i giardini erano tutti verdi e ben curati. Le luci nelle case erano tutte spente, il silenzio regnava sovrano. La donna guardò la bambina che aveva tra le braccia, finalmente si era addormentata. Era una bambina coraggiosa. Era ferma in mezzo alla strada quando sentì dei passi, l'avevano trovata. Si rimise il cappuccio e si nascose sul retro di una delle casette rosa. Guardò da una delle finestre e vide che c'era ancora qualcuno sveglio, chiuse gli occhi e ringraziò il cielo. Intanto il gatto che l'aveva seguita la stava fissando. «Midnight, tu rimarrai con lei. Proteggila, sorvegliala. È la nostra unica speranza, non deludermi» dopo aver finito di parlare la donna poggiò il piccolo fagotto sulla soglia della porta. La bambina continuava a dormire, il suo viso innocente le fece stringere il cuore.
«Piccola mia...» le diede un bacio sulla fronte, a quel punto non poté più trattenere le lacrime che scesero calde lungo le sue guance fredde. La guardò per l'ultima volta, fino all'ultimo secondo pensò di riprenderla con sé e fuggire il più lontano possibile, ma sapeva che non sarebbe servito a niente, così si voltò e corse via. Midnight rimase accanto alla bambina annusandola con delicatezza.

 

Katy e Adam Green erano una coppia di giovani sposati da alcuni anni. Vivevano in un bellissimo quartiere nella loro casa rosa pallido. Lei si era da poco laureata in medicina, mentre lui lavorava da molto tempo come chef. Gli ultimi mesi per loro non erano stati facili, avevano scoperto che Katy non avrebbe mai potuto avere figli. Per loro era stato come ricevere una pugnalata al cuore, desideravano da tempo un figlio, ma purtroppo avrebbero dovuto accettare la verità. Adam aveva sempre cercato di sollevare l'umore della moglie, aveva notato che stava diventando sempre più depressa. Così quella sera avevano deciso di non uscire, avrebbero mangiato dei pop corn guardando un film. Katy era sdraiata sul divano, i capelli castani portati a caschetto erano scompigliati, si era addormentata a metà film, Adam guardandola sorrise, pensando a quanto fosse fortunato. Lui continuò a guardare la TV. Per un attimo gli sembrò di sentire un rumore provenire dalla porta sul retro, ma pensò che fosse il vento e così decise di rimanere seduto.
«Adam, non dirmi che ho dormito per tutto il tempo» disse Katy con la voce assonnata. Il film era finto da un pezzo. «Si, tesoro. Dormivi così bene che sarebbe stato un peccato svegliarti» i due si alzarono dal divano e si baciarono. Decisero che era ora di andare a dormire, mentre camminavano per andare al piano di sopra Katy sentì un rumore. «Hai sentito? Sembra un gatto» si fermarono con le orecchie in ascolto per cercare di capire da dove provenisse quel miagolio. «Non dirmi che mi hai regalato un gatto!» esclamò Adam divertito. I due sentirono di nuovo quel rumore, e andarono verso la cucina, il gatto doveva essere fuori casa. «Povero piccolo! Magari è solo e a fame, ti prego Adam vai a vedere» lui obbedì e aprì la porta. Guardò fuori e non vide niente, ma quando abbassò lo sguardo la sua attenzione fu catturata da un piccolo micio tutto nero come la notte e gli occhi gialli. Stava seduto sopra quello che poteva sembrare un mucchio di stracci, incuriosito Adam prese il gatto tra le mani. «Katy, guarda un po'! È un micino» lei lo raggiunse e strillo dalla felicità. «Ma è tenerissimo! Possiamo tenerlo? Avrà sicuramente fame...» si interruppe bruscamente quando vide che qualcosa si stava muovendo sulla soglia della loro porta. Entrambi spaventati si allontanarono. «Cosa pensi che sia?» chiese Katy spaventata ma anche curiosa. «Beh, lo scopriremo subito» Adam si avvicinò a quel mucchio di stracci e lo prese tra le braccia, quando sentì piangere capì cosa avevano trovato. «Santo cielo! È un bambino!» entrambi non credevano ai propri occhi.
Katy si avvicinò a guardò meglio, era una bambina! Doveva essere un dono del cielo, quella bambina era un dono per loro due. «Adam, credi che...» lui sapeva cosa stava per dire sua moglie. Si fissarono per alcuni minuti, e poi guardarono quella bambina così piccola e infreddolita. Adam chiuse la porta chiudendo a chiave, avrebbero tenuto la bambina.

 

***

 

Sedici anni dopo

 

Era una comune mattina di fine settembre, l'aria era frizzante e il cielo limpido. Le foglie sugli alberi stavano diventando gialle, chiaro segnale che l'autunno stava per arrivare.
Tutti i ragazzi nelle loro case si stavano preparando per andare a scuola, ma c'era ancora chi non si era neanche svegliato. «Kimberly Ann Green, se non ti svegli immediatamente ti dovrò far alzare con la forza!» Katy stava urlando dal piano inferiore. Kimberly sentì sua madre urlare e prendendo il suo cuscino lo posizionò sopra la sua testa, e si addormento di nuovo. Katy non sentendola alzarsi decise di salire in camera sua. Una volta arrivata davanti alla stanza della figlia spalancò la porta. «Kim, alzati! Ultimo avvertimento!» finalmente Kimberly alzò la testa, aveva ancora gli occhi chiusi ma riuscì a balbettare qualche parola. «Sono... sveglia!» si alzò con il busto e osservò sua madre tornare in cucina. Si alzò lentamente dal letto e andò dritta allo specchio. I capelli lunghi e castani erano scompigliati, ci avrebbe messo delle ore per pettinarli. Gli occhi verdi erano circondati da profonde occhiaie, e le labbra carnose erano screpolate. «Santo cielo, Kim, fai ufficialmente schifo!» disse lei alla sua immagine riflessa. Scosse la testa ed entrò nel bagno. Riuscì a farsi una doccia veloce ed a vestirsi in tempo record. Controllò che la sua camera fosse in ordine, ma non lo era. Il letto sfatto, la scrivania sommersa di vestiti. Decise che ci avrebbe pensato dopo la scuola. Scese al piano di sotto velocemente, voleva qualcosa da mangiare. Quando arrivò in fondo alle scale trovò qualcuno ad aspettarla: era il suo gatto. «Piccolo Midnight! Sei sempre più bello, vieni dalla tua padrona» lo prese in braccio e lo portò con sé in cucina. Sua madre stava preparando i pancake. «Visto? Sono pronta! Non credi mai in tua figlia!» sua madre si voltò per guardarla e sorrise. «Finiscila! Adesso mangia e poi voli verso la scuola» Kimberly prese uno dei pancake e iniziò a mangiarlo. Mentre masticava osservò Midnight, aveva il pelo lucido e più nero che mai. «Stavo pensando... ma come è possibile che Midnight sia ancora vivo e non invecchi? Insomma ha la mia età!»
«È un gatto fortunato» rispose Katy continuando a cucinare. «Secondo me è un principe mascherato da gatto, vero Midnight?» iniziò ad accarezzarlo sotto il mento, in cambio il gatto iniziò a fare le fusa. «E pensare che tu e papà l'avete trovato dopo poco che sono nata, che bella coincidenza!» sua madre a quelle parole si irrigidì. «Beh... si. Ma adesso fila a scuola, io andrò in ospedale, tuo padre è già a lavoro» Kimberly prese il suo zaino e dopo aver salutato sua mamma e il gatto con un bacio uscì di casa.

 

Fuori il clima era piacevole, anche se una brezza leggera si insinuava sotto la sua giacca. Dopo aver respirato a pieni polmoni si incamminò verso la scuola. Ma prima si sarebbe fermata davanti alla casa di Tyler. Erano amici da quando aveva memoria, e come ogni mattina l'avrebbe aspettato perchè, sicuramente, anche lui era in ritardo come al solito. Dopo pochi secondi lo vide uscire di corsa, borbottando qualcosa. Aveva i capelli in disordine, anche se erano molto corti, il colore era sempre il solito: castano. I suoi occhi ancora assonnati erano incorniciati dai suoi occhiali da vista.
«Buongiorno persona perennemente in ritardo» disse lui prendendola per un braccio e trascinandola. «Beh, come se tu fossi sempre in orario. Oh Tyler, la scuola mi ucciderà» stavano camminando a passo svelto. «Ancora con questa storia? Kim, quest'anno prometti che ti impegnerai?»
«Io ci provo, ma è difficile! Per te è semplice, sei un secchione!» sorrise e lo superò correndo più forte. «Ehi! Io non sono un secchione!» finalmente in lontananza videro la scuola, così aumentarono il passo.
Quando arrivarono a scuola la campanella era appena suonata, anche quella mattina erano riusciti a scamparla. Nel corridoio si divisero, non frequentavano le stesse lezioni. Kimberly andò al piano superiore dove l'aspettava la lezione di storia, e questo non le dispiaceva. Era la professoressa che non le andava a genio. La signorina Hamilton era molto fastidiosa, e ce l'aveva con lei per chissà quale motivo. Appena arrivò in classe prese posto all'ultimo banco, sperò che almeno quella mattina riuscisse a capire qualcosa.
La Hamilton entrò, il suo aspetto non era dei migliori. Quel naso così grande rendeva il suo viso buffo e allo stesso tempo spaventoso. Iniziò la sua spiegazione, Kimberly cercò con tutta sé stessa di ascoltare, ma non riusciva. Aveva sonno ed era stanca, avrebbe dormito molto volentieri, così facendo attenzione a non farsi vedere appoggiò la testa sul banco e il sonno prese il sopravvento.

 

«Strega! Strega! Bruciatela!» quelle voci erano insistenti, arrivavano da ogni angolo, c'era un frastuono terribile. Faceva caldo, mancava l'aria. Il fumo denso e nero stava entrando nei suoi polmoni...

 

«Signorina Green?» la voce della Hamilton portò alla realtà Kimberly, si guardò intorno e tutti stavano ridendo. Si era addormentata di nuovo! Maledisse sé stessa e cercò di scusarsi. «Se la lezione non è interessante per lei può anche uscire. Ma avrà un insufficienza in storia, e adesso cerchi di stare attenta» era veramente arrabbiata. «Scusi signorina Hamilton, non capiterà più» Kimberly prese il libro e iniziò a seguire la lezione. Poi però il ripensò al sogno che aveva appena fatto. Che razza di sogno era? Aveva ancora la sensazione del calore e del fumo denso nei polmoni. Sospirò e cercò di non pensarci, «ecco cosa succede quando si studia storia...» disse sottovoce. «Come ha detto?» chiese subito la Hamilton «Niente, niente...»

 

Quando suonò la campanella Kimberly si sentì meglio, quella era stata l'ora peggiore della sua vita. E sicuramente la prof gliel'avrebbe fatta pagare in un modo o nell'altro. Sentiva già le urla di sua madre quando le avrebbe detto dell'ennesima insufficienza. «Ti sei addormentata di nuovo?» le chiese Tyler nel corridoio. «Lascia stare, andiamo a chimica» per fortuna in quella materia non andava affatto male. Forse solo perchè aveva come compagno il suo migliore amico.
Prima che arrivasse il professore Tyler prese un libro dallo zaino, lo aprì e indicò qualcosa. Kimberly cercò di vedere. «Guarda. Non sembra lo stesso simbolo che hai sulla schiena?» disse lui curioso. «Non è un simbolo, è una voglia. Ce l'ho da quando sono nata» lei si sporse ancora di più sul libro, e in effetti somigliava molto a quel simbolo. «Strano! Che libro è?»
«Un libro di stregoneria» sembrava una cosa perfettamente normale. «Cosa diavolo hai intenzione di fare con un libro del genere? Tu diventi ogni giorno più pazzo» disse lei spingendolo con una mano. «Voglio solo ampliare le mie conoscenze...» non finì la frase. Il professore entrò in classe. Salutarono e cercarono di seguire. Ma Tyler non aveva finito il suo discorso. «Pare che quel simbolo appartenga alle streghe bianche, e inoltre appartiene solo alle prescelte» disse sottovoce. «Ti ripeto: stai impazzendo. Togliti dalla testa queste cazzate e ascoltiamo» lui mise apposto il libro, in fondo erano solo stupidaggini.

 

La giornata passò noiosamente, come ogni giorno di scuola. Tyler aspettò all'uscita Kimberly e si incamminarono insieme verso casa. Avevano fatto quel tragitto almeno un milione di volte, perchè non succedeva mai niente di divertente? O quanto meno qualcosa di diverso. Kimberly sbuffò deprimendosi per la noia perenne. «Kim, pensa a fare i compiti»
«Si, ci penso. Ma vorrei fare anche altro, tu non hai voglia di un'avventura?» lui la guardò e con il dito indice si sistemò gli occhiali. «Io? Un'avventura? Preferisco i libri» continuarono il tragitto in silenzio. A volte Tyler la faceva innervosire, anche lui era noioso. Arrivati davanti casa si salutarono. «A domani piccola strega»
«A domani quattrocchi» detto questo le fece una linguaccia e corse verso la porta di casa sua. Povero Tyler, anche se era noioso per lei ci sarebbe sempre stato. «Ti voglio bene» urlò lei prima di entrare in casa. «Lo so» rispose anche lui urlando. Con il sorriso sulle labbra entrò in casa, ad aspettarla c'era Midnight. I suoi genitori erano ancora a lavoro e lei aveva la casa tutta per sé. Il gatto appena la vide le andò incontro e si strusciò sulle sue gambe. «Come farei senza di te» disse prendendolo in braccio e guardandolo dritto negli occhi. Guardò le scale e capì che era arrivato il momento, doveva sistemare la sua camera.

 

Nota autrice:
Ciao a tutti! Cosa ne pensate della storia? È solo il primo capitolo ma non esitante a scrivere! Grazie a tutti quelli che lo faranno e a chi leggerà la storia.
Al prossimo capitolo ^^

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Capitolo 2
*** Segreti ***


Capitolo 2

Segreti

Nella camera regnava il caos, indumenti sparsi sul pavimento, scrivania totalmente ricoperta di ogni genere di oggetti inutili. Kimberly sospirò melodrammatica. Guardò il suo amico peloso che era ancora tra le sue braccia e cercò un po' di complicità. «Midnight, mi aiuterai, vero?» il gatto sentendo quelle parole si sottrasse dall'abbraccio della padrone e andò a sedersi sulla scrivania. «Sei un vero pigrone!» disse lei sorridendo.
Iniziò mettendo tutti i suoi vestiti dentro l'armadio, aveva la brutta abitudine di lasciarli ovunque. Si accorse di averne troppi, e ne ritrovò alcuni che non vedeva da mesi. Quando ebbe finito, rifece il letto e spolverò qua e la. «Adesso può andare, che ne dici, piccolo?» disse infine. Midnight miagolò come se volesse confermare.
Dopo tutto quel lavoro pensò di fare i compiti ma sentì la porta d'ingresso aprirsi, doveva essere suo padre. Corse giù per le scale seguita da Midnight. «Papà, Mi sei mancato!» urlò mentre le saltava tra le braccia. «Piccola mia! Non ci vediamo da ieri sera, non da due mesi» rispose lui accarezzandole la testa. «Lo so, ma mi sei mancato lo stesso! Cosa hai portato di buono per la tua figlioletta prediletta?»
«Vediamo...» prese una grande busta e vi guardò dentro «...ti ho portato del pollo fritto, e due cupcake, quelli al cioccolato, come piacciono a te» Kimberly urlò di felicità. «Lo sapevo, e l'ho sempre saputo, sei il papà migliore del mondo!»
«Ma non dirlo a tua madre! Sai che non vuole che mangiamo prima di cena» I due uscirono nel giardino sul retro e iniziarono a mangiare quei dolci così buoni, ogni momento passato con suo padre era un momento speciale. Quante volte avevano mangiato dolci aspettando l'arrivo di sua madre? Era una cosa che facevano da quando lei aveva tre anni, era il loro piccolo segreto. «Oggi Tyler ha portato a scuola un libro di stregoneria, ci pensi? Dice che vuole aumentare le sue conoscenze!» disse Kimberly masticando voracemente. Adam sentendo quelle parole iniziò a tossire, stava quasi per soffocare. «Che ti prende, papà?»
«Niente, niente. Non ce lo vedo Tyler a studiare stregoneria» rispose divertito. «Già! Quel ragazzo è veramente strano. Ah sul libro c'era anche un simbolo... somiglia molto alla voglia che ho sulla schiena» suo padre smise di mangiare e la fissò negli occhi. Lei non capì quella strana reazione, aveva forse detto qualcosa di sbagliato? Così si affrettò a rispondere. «Ma ovviamente non è vero, stava solo vaneggiando» si alzò velocemente per buttare le carte sporche di cioccolato. Suo padre rimase immobile in quella posizione. «Si... vaneggiando» disse quasi sottovoce.

 

Quando sua madre tornò a casa Adam iniziò a preparare la cena, d'altronde era il suo lavoro. Katy era, come al solito, molto stanca. La vita di un medico è sempre movimentata, e lei metteva sempre il massimo impegno in ciò che faceva e pretendeva che anche sua figlia lo facesse. «Hai fatto i compiti?» chiese Katy quando vide Kim. «Ovviamente, per chi mi hai preso? Ho anche pulito la stanza»
«Brava la mia bambina» mentre parlavano Adam entrò in salotto e chiese alla moglie di raggiungerlo in cucina, lei obbedì seguendolo. Kimberly capì subito che c'era qualcosa di strano e così, rimanendo nascosta dietro al muro, ascoltò la conversazione dei suoi genitori. «Credi che dovremmo dirglielo?» suo padre sembrava agitato. «Non dirlo neanche per scherzo! Sai che non devi parlare di questa cosa quando Kim è in giro per casa. Non lo faremo...»
Kimberly non aveva la minima idea di cosa stessero parlando i suoi genitori, cosa dovevano dirle? Midnight camminò verso di lei miagolando. Così lo prese in braccio allontanandosi. «Midnight! Volevi farmi scoprire? Cosa c'è?» il gatto salì le scale, poi si voltò verso di lei, sembrava che volesse farsi seguire.Kimberly capì immediatamente e salì le scale velocemente. A passi lenti il gatto entrò in camera dei suoi genitori e saltò sul comodino di Katy, con la zampa cercò di aprire il primo cassetto, ma senza risultato, era troppo pesante per lui. Kimberly aprì il cassetto per lui, dentro non vi era niente di interessante. «Cosa c'è che non va?» chiese lei fissandolo. Midnight per tutta risposta balzò nel vano e iniziò a giocare con i vestiti. «Ma sei impazzito? Esci immediatamente, la mamma se ne accorgerà!» il gatto obbedì, ma lei dovette riporre i vestiti di sua madre nel cassetto. Dopo poco, alzando un reggiseno, trovò un piccolo diario. Lo prese tra le mani scrutando la copertina, non l'aveva mai visto prima di allora. «Volevi che trovassi questo?» disse rivolta a Midnight. Per un attimo le sembrò che il gatto stesse annuendo. Poi però sentì la voce di sua madre, era pronta la cena. Nascose il diario in camera sua e scese al piano di sotto.
Decise di fare finta di niente, non voleva far sapere ai suoi genitori che li aveva spiati. Si accomodò sulla sedia e iniziarono a mangiare. Suo padre come al solito aveva preparato una deliziosa cenetta e lei stava morendo di fame. «Vedo che i pasticcini non vi hanno rovinato l'appetito...» disse Katy guardando prima la figlia e poi il marito con un sopracciglio alzato. «Pasticcini, quali pasticcini?» rispose Adam con un sorriso sorgnone sulle labbra. Kimberly soffocò una risata, ma si ricompose immediatamente. Sua madre scosse la testa e iniziò a sparecchiare facendosi aiutare dal marito.

 

Con la pancia piena e la giornata scolastica sulle spalle Kimberly iniziò a sbadigliare, le serviva una dormita. Così salì le scale diretta in camera sua, seguita dal suo fedele amico felino. Una volta arrivata in camera vide il diario di sua madre, avrebbe dovuto leggerlo? Non era affatto giusto, così lo ripose sulla scrivania fissandolo da lontano. Midnight salì sul suo letto e iniziò a fare le fusa strusciandosi con il muso sulla sua spalla. Dopodiché salì sulla scrivania facendo cadere il diario sul pavimento. «Midnight! Non ho intenzione di leggerlo! O dovrei farlo? Aiuto, non so cosa fare. Cosa mi stanno nascondendo? Accidenti» disse lei camminando avanti e indietro per la camera. Il gatto la fissava con i suoi grandi occhi gialli. Kimberly non volle pensare più a niente, si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi. Ci avrebbe pensato il mattino seguente.

 

 

La camera era completamente buia, dalla finestra si potevano intravedere gli alberi mossi dal vento. Kimberly stava dormendo ormai da ore, ma c'era qualcuno ancora sveglio. Midnight era seduto sul pavimento, gli occhi gialli risplendevano nella notte. Osservava la sua padrona dormire, come aveva fatto ogni notte negli ultimi sedici anni. Dentro di lui si celava un segreto che presto sarebbe stato svelato, ma decise che quella non era la notte giusta, doveva pazientare e aspettare l'arrivo della luna piena. “Presto Kim, molto presto...”

 

L'alba inondò di luce la camera di Kimberly, lei spalancò gli occhi, temeva di essere di nuovo in ritardo. Guardando la piccola sveglia che aveva sul comodino notò che erano appena le sei, aveva tutto il tempo per prepararsi e fare colazione con calma. Con la vista ancora annebbiata dal sonno guardò la scrivania, e i suoi occhi si posarono di nuovo sul piccolo diario rosso. Si alzò lentamente, vide Midnight ancora addormentato sul suo letto. Lui voleva che lei leggesse quello che vi era scritto, anche se non ne capiva il motivo. Si alzò dal letto e prese tra le mani il diario, colma di rimorso e curiosità. Sfogliò alcune pagine e lesse i pensieri di sua madre, lesse la sua felicità per quando si era sposata, e la felicità di quando lei e sua padre comprarono la casa rosa che tanto desiderava. Poi però continuando a leggere trovò delle pagine piene di parole tristi. A quanto pareva i suoi genitori non potevano avere figli. Pensò che non doveva essere vero dato che alla fine avevano avuto lei. Ma quando arrivò ad una delle ultime pagine il suo cuore smise di battere.

 

 

Gennaio 1998
Caro diario,

Questa notte è successo qualcosa di strano, direi quasi magico. Io e Adam stavamo guardando un film, ma alla fine mi sono addormentata. Ero triste come al solito, la notizia che ci hanno dato i dottori non era quella che speravamo. Mi sentivo vuota, e inetta. Una donna che non può avere figli non può essere considerata tale. Non so perchè dio mi abbia punito in questo modo, ma per tutto c'è una spiegazione e io ho capito il motivo proprio questa notte. Abbiamo sentito dei rumori provenire dalla porta sul retro, e inizialmente abbiamo visto un piccolo gatto nero, aveva anche una targhetta attaccata al collo con su scritto “Midnight” . Ho subito deciso che lo avremmo tenuto. Ma subito dopo abbiamo notato qualcosa muoversi sul pavimento e ci siamo spaventati. Ti starai chiedendo cosa fosse... beh era una bambina! Una meravigliosa bambina dagli occhi verdi smeraldo. Piangeva e aveva freddo. Appena l'ho presa in braccio ho capito che questo era un miracolo, un regalo per me e Adam. L'amerò come se fosse mia, la crescerò come se l'avessi portata io stessa in grembo.
La cosa strana però è che in mezzo agli stracci in cui era avvolta vi era un lettera...

 

Kimberly girò immediatamente pagina ma era stata strappata. Posò il diario, aveva il respiro affannato, il cuore le batteva all'impazzata. Cos'era quella storia? Non poteva essere vero, era stata abbandonata e poi adottata da loro? Per un attimo si sentì un'estranea in quella casa. Come avevano potuto nasconderle quel segreto così grande. La cosa che la spaventava di più era che non era poi così sorpresa, aveva sempre avuto un sospetto, un presentimento, o lo stava soltanto immaginando adesso? Non era forse vero che non somigliava a nessuno della famiglia? Pensò di impazzire, niente sarebbe stato come prima. Si alzò e corse velocemente verso la camera dei suoi genitori. Li osservò dormire, e per un momento provò rabbia e dispiacere fusi in un'unica emozione inspiegabile.
Katy, sentendosi osservata aprì gli occhi, vide subito il suo diario nella mani della figlia, capì tutto immediatamente. «Cos'è questo?» chiese Kimberly afflitta. Adam si svegliò di soprassalto, vide Katy piangere e anche sua figlia. Era successo ciò che temevano da anni, ne era sicuro. I tre andarono in cucina, suo padre preparò del caffè e si riunirono intorno al tavolo. «Allora? Voglio sapere tutto!» disse Kimberly con le lacrime agli occhi. Katy sospirò, e le confermò che quello che c'era scritto nel suo diario era tutto vero. «Perché non me l'avete detto prima?» disse tra i singhiozzi. «Non lo sappiamo neanche noi... ma adesso cerca di calmarti» disse Adam alla figlia. «Calmarmi? Ho appena scoperto di essere stata adottata» a quel punto iniziò ad urlare, era tutto troppo strano. «Kim, per noi non fa nessuna differenza, sei nostra figlia a tutti gli effetti» Katy cercava di mantenere la calma, ma dentro di se sentiva un dolore atroce e pungente, il senso di colpa non la faceva respirare.
Kimberly guardò nuovamente i suoi genitori, sentiva il respiro affannoso, i colpi sordi del suo cuore che le rimbombavano nelle tempie. Era un sogno? Doveva esserlo per forza. «Vi odio... mi avete mentito, io...» disse quasi sottovoce. Poi senza dire altro si alzò di scatto e corse verso la sua camera piangendo.
Adam e Katy rimasero in silenzio, avevano sbagliato, ma non potevano fare altrimenti. Si abbracciarono cercando di confortarsi a vicenda. «Ci siamo comportati da stupidi e irresponsabili! Adesso ci odierà per sempre» disse Katy continuando a piangere. Adam e accarezzò la testa. «Shhh, non succederà. Cercheremo di rimediare»
«E come faremo, Adam? E non è finita qui, ancora non sa...» il suono del campanello li interruppe. Adam si diresse alla porta e si ritrovò davanti Tyler pronto per andare a scuola. «Buongiorno signor Green, Kim non viene a scuola?» disse lui imbarazzato. «Credo che non verrà, non si sente molto bene» rispose Adam gentilmente, cercando di simulare calma. «Oh, spero che si riprenda presto. Ieri stava bene. Ma comunque passerò a trovarla nel pomeriggio»
«Certo, passa pure quando vuoi» rispose Adam osservando Tyler camminare lungo il vialetto.

 

Kimberly affondò la testa tra i cuscini, le sembrava che tutto fosse diverso, che il suo mondo stesse cambiando sotto i suoi stessi occhi. Le avevano nascosto per tutto quel tempo una cosa fondamentale, la base della sua esistenza. Come poteva continuare a vivere adesso che aveva scoperto di essere stata abbandonata? Altre lacrime le rigarono il viso. Con ancora il viso poggiato sui cuscini sentì un miagolio e subito dopo il naso umido di Midnight che le sfiorava la tempia. «Piccolo mio, sono stata abbandonata... Midnight sono una trovatella come te e scommetto che tu l'hai sempre saputo, ecco il motivo per cui volevi che io leggessi il diario. Sei il mio unico amico» disse mentre lo abbracciava. Il gatto la fissò e miagolò dolcemente, poi le si acciambellò sulla schiena.
Il tocco leggero e rassicurante di Midnight la calmò, le palpebre si fecero sempre più pesanti e dopo poco si addormentò.

 

«Iris... sei così bella» Kimberly era accecata dalla luce bianca che si diffondeva ovunque. Sentiva molte voci intorno a se, la circondavano, le entravano nella testa. «Iris, non non avere paura» quella voce così limpida e tranquilla le sembrava famigliare, le faceva tornare alla mente ricordi flebili. «Chi sei? Chi è Iris?» disse sottovoce. «Presto saprai ogni cosa, presto...»

 

Un rumore la riportò alla realtà, il bussare ritmico della porta l'aveva svegliata. «Kim, posso entrare?» chiese Adam con calma. Kimberly si guardò intorno, aveva ancora nelle orecchie il suono di quella voce. Cosa diamine stava accadendo? Prima il sogno che aveva fatto a scuola e poi questo. Poi ripensò ai suoi genitori e alle loro bugie, la sua vita stava diventando troppo caotica. «Vattene! Lasciami in pace» non aveva nessuna intenzione di parlare con lui. Le avevano fatto del male, e forse non si sarebbe più fidata di loro. «Kim, so che è difficile, okay? Io e tua madre te ne avremmo parlato. Raggiungici ne possiamo discutere» Kimberly roteò gli occhi e si raggomitolò tra le lenzuola. «Tu non sai niente!» urlò lei stizzita.
Adam sospirò appoggiando la fronte sulla porta della camera di sua figlia. «Hai ragione, ma noi ti amiamo. Quando sarai pronta noi ci saremo» così dicendo si allontanò.
Kimberly ascoltò i passi di suo padre che allontanavano. Le doleva la testa e gli occhi le si erano ormai gonfiati a causa del pianto. «Sa che è difficile... certo, come no!» bofonchiò incrociando le braccia sul petto. Per tutta risposta Midnight miagolò fissandola con i suoi occhi gialli. «Adesso cosa dovrei fare? Forse dovrei ritirarmi in solitudine, vivere il resto della mia vita in montagna» Kimberly fissava il soffitto bianco e immacolato. Mille pensieri le vagavano nella mente, chi erano i suoi veri genitori? E perchè l'avevano abbandonata? Era solo una neonata non poteva aver fatto niente di male. Decise di non pensarci, avrebbe continuato a dormire, sarebbe rimasta chiusa in quella stanza per un mese se fosse stato necessario. Non voleva parlare con nessuno ne tanto meno vedere altri essere umani. Lei e Midnight, soltanto loro due.
Si alzò di fretta e chiuse le finestre, voleva soltanto l'oscurità e la pace, silenzio assoluto per la sua povera mente sottoposta a notizie che mai avrebbe pensato di ricevere.

 

Dopo qualche ora di meditazione e pianti singhiozzati balzò dal letto. Stava pensando a ciò che aveva letto nel diario, si ricordò della pagina mancate. Cosa c'era scritto nella lettera che avevano trovato i suoi genitori? Magari l'aveva scritta la sua vera madre. Quel pensiero la fece rabbrividire, pensare alla sua vera madre le sembrava così fuori luogo ed estraneo. Katy era sua madre, giusto?. Aveva i genitori migliori del mondo, fino a quel giorno si erano sempre comportati in modo perfetto, la sua infanzia era trascorsa in modo sereno e loro le avevano dato tutto l'amore di cui aveva bisogno. Ad un tratto si sentì in colpa, prendersela con i suoi non era giusto in fondo. Loro l'avevano salvata, se non fosse stato per loro che fine avrebbe fatto? I suoi sentimenti erano contrastanti, odio, amore, ira, paura. «Maledizione!» esclamò colpendo il cuscino. «Midnight, dobbiamo fare qualcosa, non trovi? Insomma mi hanno mentito, ma mi hanno cresciuta. Dio! Io ho solo sedici anni i miei unici problemi dovrebbero essere la scuola e le cotte adolescenziali» sospirò rumorosamente, parlare con un gatto la faceva sentire ancora più strana. Doveva reagire e il primo passo da compiere era soltanto uno: parlare con i suoi genitori.

 

Uscì dalla stanza e lentamente scese le scale. Katy e Adam se ne stavano abbracciato sul divano, non avevano un bell'aspetto, non erano neanche andati a lavoro. Quando sentirono i suoi passi alzarono la testa cercando di sorridere. «Piccola...» disse Katy asciugandosi le lacrime. Kimberly li osservò per alcuni secondi, erano sempre loro, i suoi genitori. «Quindi... mi avete trovata» la voce le tremava. «Si, sei il nostro miracolo. Sei nostra figlia, Kim. Non sappiamo perchè fummo scelti, ma è stata la cosa più bella che ci sia mai capitata» disse Adam mentre versava della cioccolata calda per la figlia. «Noi ti amiamo, ti abbiamo sempre amata» intervenne Katy non riuscendo a trattenere le lacrime. Vendendo sua madre in quello stato lei si avvicinò e l'abbracciò. Chi voleva prendere in giro? Non poteva odiarli, non l'avrebbe mai fatto. «Cosa faremo adesso? Voglio dire...»
«Non deve cambiare niente, saremo la solita famiglia» rispose Adam. Kimberly guardò prima l'uno e poi l'altra. «Vi voglio bene e ve ne vorrò sempre, ma mi avete ferito»
«Ci puoi perdonare? Ci siamo comportati da stupidi, lo sappiamo» disse Katy guardando sua figlia negli occhi. «E la pagina mancante del diario? Cosa c'era scritto?» Adam e Katy si fissarono, era giunto il momento, non poteva aspettare oltre. Katy iniziò a parlare, ma sua figlia la bloccò con un gesto delle mani. «Ho cambiato idea, non sono sicura di volerlo sapere, per oggi ho finito con i segreti,okay? Magari un altro giorno»
«Riguarda i tuoi veri genitori...» disse sottovoce Adam. Kimberly si immobilizzò, era curiosa ma aveva anche paura. «Credo di non voler sapere niente di loro, i miei genitori siete voi, chiaro? Non voglio sapere niente»
«D'accordo, hai ragione» rispose Katy accarezzando il viso della figlia.

 

Quella notte Kimberly dormì senza sognare nulla, non voleva pensare più a niente. Sperò che il giorno seguente tutto sarebbe tornato come prima, avrebbe potuto fare finta di niente, cancellare quella giornata e tornare alla sua normalità. Sprofondò in un sonno riparatore, un sonno consolatorio e rassicurante. Andrà tutto bene, andrà tutto bene, Kim.

 

La luna splendeva nel cielo notturno, era un cerchio perfetto in mezzo a milioni di stesse brillanti. Midnight era seduto sopra il davanzale della finestra, guardò la luna e poi Kimberly. Era arrivato il momento. Una luce accecante lo circondò, stava succedendo quello che aspettava da anni.

 

Nota autrice:
Ecco il secondo capitolo! Cosa ne pensate? Fatemelo sapere con un commento! Ringrazio tutti quelli che hanno letto o che leggeranno la mia storia.
Al prossimo capitolo! ^^

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