Monsters'Chronicles: Dark Prophecy!

di f9v5
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rocambolesco ritorno alla Youkai Academy. ***
Capitolo 2: *** Il secondo genio della Youkai Academy! ***
Capitolo 3: *** Un vero Paradiso... ***
Capitolo 4: *** ... per i mostri. ***
Capitolo 5: *** Cominciano le vacanze estive! ***
Capitolo 6: *** Placida giornata in spiaggia. ***
Capitolo 7: *** Incontri, scuse e scontri sotto il sole estivo. ***



Capitolo 1
*** Rocambolesco ritorno alla Youkai Academy. ***


L’autobus si infilò all’interno del tunnel dimensionale, ben presto l’avventura nella terra delle yuki-onna sarebbe stata solo un ricordo.
Ma Tsukune era consapevole che quanto avevano visto e affrontato non fosse altro che l’inizio, non voleva ricoprire il ruolo del pessimista, ma sapeva anche che affermare che da quel momento in poi lui e i suoi amici avrebbero proseguito pacificamente le loro vite senza più intoppi sarebbe stato troppo illusorio.
Passò brevemente lo sguardo alle sue amiche, tutte sedute nei posti in prossimità del suo, per ragioni che non faticava ad immaginare, soffermandosi un po’ più a lungo sulla figura accanto a lui, Moka.
“È  bellissima anche quando è preoccupata.” Pensò distrattamente guardandola intensamente e notando l’insicurezza che in quel momento aleggiava nei suoi occhi, arrossendo al realizzare il pensiero che era appena passato per la sua mente.
La bella vampira incrociò il suo sguardo, doveva essersi accorta che il ragazzo la stava osservando.
-Tsukune… tutto bene?- gli chiese, la voce intrisa di quella gentilezza tipica che la faceva apparire così adorabile al pensiero e al cuore dell’unico umano del gruppo.
Il ragazzo si destò dai suoi sogni ad occhi aperti.
-C-certo, sto benissimo, tranquilla.- si affrettò a giustificarsi, non tanto per l’imbarazzo, che ormai si poteva garantire che fosse a tutti gli effetti una costante del loro rapporto decisamente bizzarro, quanto per evitare che Kurumu e le altre dessero inizio ad una delle loro solite baruffe per contenderselo.
Sotto certi aspetti ne dubitava, dopo l’avventura che avevano vissuto, conclusasi solo il giorno prima, erano tutti stremati, avevano dovuto affrontare una battaglia estenuante, quindi credeva che tutte le ragazze avessero posto un temporaneo freno alla loro mancanza di inibizioni per recuperare le forze e tornare in forma, ma d’altro canto poteva dire di conoscerle ormai abbastanza bene da ritenere che, anche in tale frangente, non si sarebbero ritirate dall’idea di saltarli addosso.
Eppure, doveva riconoscerlo, non gli sarebbe dispiaciuto se, da quel momento in poi, fino al diploma, gli unici “pericoli” a cui avrebbe dovuto prestare attenzione fossero stati gli assalti delle sue pretendenti.
La loro routine, decisamente insolita, perfino per degli youkai, era ormai strutturata in quel modo, sembrava assurdo da dire, ma la loro amicizia si era solidificata attraverso tali comportamenti: checché ne dicessero, tutti loro, nei loro bizzarri atteggiamenti superficiali di apparente odio e rivalità (le ragazze, lui sarebbe stato solo felice se la loro amicizia si fosse protratta), avevano consolidato i loro rapporti, si erano conosciuti meglio, avevano stretto legame di rispetto e amicizia sinceri.
La dimostrazione che mostri e umani forse avevano davvero delle speranze di convivenza pacifica.
Tsukune tornò a concentrarsi sui colori sgargianti e psichedelici del tunnel dimensionale, un turbinio di sfumature che vorticava con una frenesia quasi ipnotica dando al posto un tocco di magico.
Il ragazzo socchiuse gli occhi, malinconico.
-Sai, Moka… ammetto di essere un po’ spaventato, anzi, è inutile che finga, direi che ho decisamente paura.-
Notò che la vampira tornò a prestargli attenzione, in silenzio, concentrata su quanto avrebbe detto.
-Direi che è ovvio che i pericoli per noi non sono finiti, ci siamo in qualcosa di grande. Fairy Tale… sicuramente sentiremo ancora parlare di loro: Miyaby… tua sorella Kahlua… ed ovvio che incontreremo altri loro membri molto potenti.-
Entrambi ebbero un lieve tremito al ricordo della seconda più anziana delle quattro sorelle Shouzen (delle quali Moka e Kokoa erano le due più giovani), forte al punto da sconfiggere Ura-Moka, dando per giunta l’aria di non aver fatto ricorso neanche a tutta la sua forza.
Era davvero così grande la differenza tra gli avversari che avevano affrontato in passato con quelli che presto sarebbero giunti?
Tsukune strinse le mani sulle ginocchia.
-Tuttavia… io non intendo scappare! Forse sono solo un povero illuso, ma non permetterò che ai miei amici venga fatto del male. Diventerò più forte… vi proteggerò tutti!- disse improvvisamente il ragazzo, suscitando lo stupore della ragazza, che sorrise.
Gli prese candidamene la mano, arrossendo.
-Ricordati che non sei solo. Io sarò al tuo fianco.-
Quello che avrebbe potuto essere l’inizio di un roseo momento romantico fu stroncato sul nascere quando il volto di Tsukune si ritrovò letteralmente schiacciato tra gli abbondanti seni della succubus del gruppo.
-Kurumu?!- Moka non avrebbe dovuto essere così sorpresa, era tipico per la youkai dai capelli azzurri fare certe entrate in scena.
-Fai tanto l’innocentina, e poi ti avvicini al mio Tsukune con due paroline dolci per ingannarlo. Te l’ho detto più volte Moka, non ti lascerò il mio predestinato senza combattere.- comica linguaccia da parte della succubus; quello fu l’inizio dell’ennesimo putiferio, che vide l’intervento di Mizore, Ruby e Yukari, col povero Tsukune che, come era solito accadere, si ritrovava nel mezzo lacrimante e col naso sanguinante e Kokoa, rimasta in disparte con l’inseparabile Ko-chan appollaiato in testa, a sbuffare contrariata pensando in quale gruppo di idioti era andata a finire, affermando qualcosa sul fatto che fossero simili baggianate ad aver reso debole la sua amata sorellina.
L’autista diede un rapido sguardo alla scena attraverso lo specchietto retrovisore, sorridendo sinistramente ma, in fondo, soddisfatto.
-Godetevi questi momenti, ragazzi, un giorno saranno i vostri tesori più preziosi.- disse, osservando la palese gioia negli sguardi di tutti loro.
Le difficoltà non erano che all’inizio, chissà se Aono Tsukune sarebbe stato capace di affrontarle… beh era decisamente il caso di scoprirlo.
Tirò fuori una ricetrasmittente e la mise all’orecchio, un po’ gli dispiaceva giocare un tiro mancino del genere a quei ragazzi, ma era necessario, perché comprendessero meglio ciò che avrebbero presto avuto di fronte.
-Signor preside… ormai siamo vicini, pochi minuti e saremo di nuovo alla Youkai Academy!-
 
 
 
-Molto bene.-
Tenmei Mikogami, preside della Youkai Academy, mise giù la cornetta del telefono.
Avvolto nel suo talare bianco, cominciò a passeggiare tranquillamente nel suo studio.
-Le cose cominciano a farsi più complicate, Fairy Tale non ci andrà più così piano da adesso. I ragazzi devono essere pronti ad ogni evenienza.-
Volse lo sguardo verso due figure nell’ombra.
-Sarà il caso di metterli alla prova. Sei pronto?-
-Ehy, nonno, io sono sempre pronto!- affermò, con sfacciata e allegra sicurezza, la figura più alta; doveva ammettere che gli sembrava decisamente insolito fare una cosa del genere, specie considerando che lui non era mai stato il tipo che mentiva, ma gli avevano spiegato le ragioni dietro un tale gesto, aveva dunque deciso di accettare.
-Maurice, non essere scortese, è pur sempre il preside. Mi raccomando, cerca di non andarci pesante con loro.- lo redarguì pacatamente la figura più bassa, causando un fremito di disgusto nella figura più alta.
-Potresti evitare di usare il mio vero nome, sai che mi da fastidio.-
-Anche a me non  piace il mio vero nome, ma non i metto a ringhiare se qualcuno mi chiama Miles.-
Il ragazzo che rispondeva al nome di Maurice sospirò con finta esasperazione.
-D’accordo, lasciamo perdere. Allora, mi occupo io di loro, ci pensi tu a sbrigare le faccende burocratiche riguardanti la nostra iscrizione? Sai che con certe cose non ho alcuna dimestichezza.-
-Non preoccuparti, me ne occupo io.-
Non appena la figura più alta lasciò lo studio, Mikogami volse la sua attenzione al ragazzo rimasto.
-Non pensi che dovrai dirglielo, prima o poi?- gli chiese lo youkai incappucciato, gli occhi che luccicavano sinistramente, causandogli un sospiro affranto.
-Allora è stato davvero lui ad informarla di noi. Cosa posso dire, signore, la questione è complicata, gliene parlerò quando si presenterà l’occasione. Ora mi scusi, ma devo compilare i nostri moduli.-
Tenmei Mikogami rimase solo nel suo studio, osservò la sfera di cristallo che faceva bella mostra di se al centro della sua scrivania.
-Certo che mi hai mandato due tipi decisamente interessanti… bastardo di un Demone.- concluse il discorso con una risatina.
Beh, dopo tutto quei due potevano fornire loro un prezioso aiuto contro Fairy Tale, di certo avrebbero avuto le occasioni per dimostrare il loro valore.
 
 
 
Fino a qualche tempo prima, Tsukune avrebbe recitato tutte le sue preghiere nel vedere in lontananza la sagoma del liceo in cui era accidentalmente finito a causa di un errore burocratico, eppure in quel momento sentiva crescere dentro di lui una felicità immensa, un sentimento di appartenenza nei confronti di quell’istituto maturato col tempo e solidificatosi progressivamente.
-Che bello essere tornati.- mormorò entusiasta il ragazzo.
Omai uscito dalla galleria dimensionale, l’autobus si fermo in prossimità dell’immancabile cartello direzionale che tanto somigliava ad un inquietante spaventapasseri.
-Bene ragazzi, fine della corsa. Vi auguro un piacevole ritorno alle vostre lezioni quando sarà il momento.- l’autista fece un cenno d’assenso come saluto.
Una volta che tutti i passeggeri furono scesi rimise in moto e ripartì, Tsukune certe volte si chiedeva dove andasse.
Il ragazzo respirò a pieni polmoni.
Accanto a lui, Kurumu si stiracchiò emettendo un verso di soddisfazione.
-Che bello essere tornati, non ne potevo più di quel gelo che ti entrava fin nelle ossa!- dichiarò la succubus, premurandosi di alzare la voce affinché una certa yuki-onna potesse sentirla.
-Se la mia terra ti da tanto fastidio, tettona, la prossima volta non ci venire.- fredda e pacata fu la risposta della donna delle nevi Mizore, ma tutti poterono giurare di aver visto delle comiche scintille saettare tra gli occhi delle due amiche/rivali.
Se il loro intento fu quello di rendersi protagoniste di una breve parentesi comica, la breve risata che suscitarono negli altri membri del gruppo fu la prova che ci riuscirono.
-Ora forza, però, sarà il caso che ognuno torni alla propria stanza del dormitorio per sistemarsi.- il consiglio di Moka fu ben accolto da tutti e i ragazzi cominciarono ad incamminarsi, con la calma di chi sapeva essere uscito da un’avventura pericolosa e che ben presto sarebbe andato incontro ad un meritato periodo di riposo.
Un’improvvisa folata di vento bloccò il cammino dei ragazzi, le ragazze dovettero muovere d’istinto le mani per evitare che le loro gonne si alzassero.
-Accidenti, che vento forte, desu. Non ricordavo che da queste parti ne potessero soffiare di così violenti.- borbottò infastidita la piccola Yukari.
-Credimi, ragazzina, ne sentirete spirare di più forti da adesso in poi!- una voce arrogante attirò l’attenzione di tutto il gruppo, sul ramo di uno dei tanti alberi spogli e orripilanti tipici della zona rocciosa che circondava la Youkai Academy si ergeva una figura.
Il misterioso nuovo arrivato squadrò ad uno ad uno tutti i membri del gruppo con i suoi occhi verde brillante per poi spiccare un balzo e raggiungerli a terra.
-E tu chi saresti?- ridestatasi dalla sorpresa iniziale, Kurumu fu la prima a farsi avanti per capire chi fosse quell’individuo apparso apparentemente dal nulla.
“Fantastico, neanche il tempo di fare ritorno che già insorgono altri problemi.” Pensò infastidita.
-Chi sono io non ha importanza, tu piuttosto…- puntò il dito verso l’unico ragazzo. -…sei Aono Tsukune, ho ragione?- chiese, ma il tono lasciava intendere che fosse una domanda retorica.
Tanto bastò affinché il moro stringesse i denti, sentendosi un improvviso groppo in gola, colto da un senso di paura e allarme; che quel ragazzo fosse uno sgherro di Fairy Tale?! Possibile che non avessero perso tempo, non gli avevano dato il tempo di rifiatare che erano già tornati alla carica?!
-Scommetto che la risposta è sì.-
Avvenne tutto troppo in fretta perché qualcuno potesse notarlo, ma la conseguenza di ciò che accadde fu di scioccare totalmente tutti quanti; il ragazzo fu così rapido che nessuno riuscì a vederlo, stava di fatto che, in un arco di tempo talmente breve da non raggiungere il secondo, Tsukune era terra, a metri di distanza dal resto del gruppo, a stringersi, tra continui rantolii di dolore, la bocca dello stomaco, lì dove il pugno l’aveva colpito, convulsamente.
-Sinceramente, avevo sentito parlar bene di te, mi eri stato descritto come un combattente dal grande potenziale, ma evidentemente erano solo fandonie.- disse annoiato il ragazzo, squadrando Tsukune quasi con disprezzo; si era aspettato una reazione da parte sua, uno scontro esaltante, invece era bastato un misero pugno per metterlo a terra.
-Direi che non ha senso perdere tempo, ti darò il colpo di grazia immediatamente!- non ci riuscì, percependo una presenza dietro di lui, il ragazzo si abbassò di colpo evitando di venire tranciato in più parti dalla stoccata degli artigli di Kurumu, la quale riuscì ad allontanarlo dal ragazzo.
Ben presto tutte le ragazze, pure la stessa Moka, pur consapevole che, fintanto che Tsukune non le avesse rimosso il rosario, non avrebbe potuto fare molto, formarono un muro di difesa per il loro amato, Kokoa faceva eccezione ma di certo non si sarebbe tirata indietro dal combattere.
-Non ti permetteremo di alzare più un dito su di lui!- la pacata minaccia di Mizore, unita agli sguainati artigli di ghiaccio della ragazza, non sortì l’effetto di impensierire il loro avversario, che anzi sorrise.
-Sembra che ci sia, allora, qualcuno che sappia cavarsela. Vediamo di cosa siete capaci.- le sfidò apertamente tutte quante.
La yuki-onna fu la prima ad agire, poggiando le mani a terra e creando una patina di ghiaccio attorno al gruppo di amici.
-Puoi essere veloce quanti vuoi, ma passa qui sopra e scivolerai con un bel capitombolo.- spiegò svogliatamente la ragazza.
Come prima mossa si poteva dire buona, a meno che quel tipo non fosse uno youkai capace di volare, non avrebbe potuto raggiungere Tsukune senza che il ghiaccio facesse il suo effetto.
-E intanto noi attacchiamo da qui, desu!- venne il turno di Yukari, sfoderati i suoi tarocchi magici, la giovane strega provvide, attraverso la sua magia, a farli vorticare attorno al loro avversario, un passo falso e sarebbe stato spezzettato per bene.
-Niente male, ma troppo poco.- il ragazzo spiccò un balzo altissimo, uscendo indenne dal cerchio vorticante.
-Non ti lascerò scappare!- le carte cominciarono letteralmente ad inseguire il loro bersaglio, con quest’ultimo che aveva cominciato a correre e schivare.
-Una di queste potrebbe farmi decisamente male.- commentò, notando come avessero tranciato il tronco di un albero, ciò però non intacco minimamente il suo spirito combattivo.
Decise che era il caso di sbarazzarsene, voltandosi sferrò un calcio, l’onda di vento generata disperse i tarocchi di Yukari come nulla; senza perdere tempo il ragazzo spiccò un balzo abbastanza alto che lo avrebbe portato a raggiungere il gruppo.
-Non ci pensare neanche… Ko-chan!- fu il momento di Kokoa, che strinse tra le mani l’enorme sfera chiodata in cui il suo pipistrello trasformista era mutato.
Fatto largo alla seconda più giovane del gruppo, tutti pensarono che quella mossa avrebbe chiuso i giochi: la forza fisica di Kokoa non era seconda e nessuno e il loro avversario, ancora a mezz’aria non aveva modo di schivarlo.
E infatti la sferzata della vampira centrò in pieno il bersaglio, che aveva portato in avanti le braccia in un estremo tentativo di difesa, cosa che non lo salvò dal venire scagliato a metri di distanza e scontrarsi con una formazione rocciosa in un’esplosione di polvere.
-È fatta!- dichiarò ghignando la ragazzina.
Ma quando il polverone si dissolse il loro avversario era ancora in piedi.
-Com’è possibile? Quel colpo avrebbe dovuto frantumarti le ossa.-
Solo in quel momento Kokoa notò che le braccia del loro avversario erano divenute di uno strano colore nero scuro, come se fossero rivestite di un qualche materiale sconosciuto.
-Sono riuscito ad attivare la Chaos Armor in tempo, altrimenti sarebbe successo.- garantì lui.
-Un’arma di difesa davvero efficiente, purtroppo per noi.- borbottò la vampira dai capelli arancioni, prima di ritrovarsi il ragazzo a pochi centimetri da lei, quando aveva saltato il cerchio di Mizore?
-Chi ha detto che funziona solo per la difesa?- sferrò un pugno, rivestito di quella stessa “armatura” con cui prima si era protetto, al ventre della ragazzina, stendendola.
-Accidenti.- Kurumu tentò di reagire prontamente con una doppia sferzata d’artigli che venne prontamente evitata, gettando ulteriore frustrazione sull’animo dei presenti.
Un calcio laterale scagliò letteralmente la succubus addosso a Mizore, trascinando per metri le due ragazze fino a farle ritrovare a terra stremate.
Con rapidità di riflessi Ruby si servì dei suoi poteri per evocare dei tralci vegetali che emersero sotto i piedi del ragazzo legandogli le gambe.
-Che razza di trucco è questo?-
-Niente trucchi, solo magia.- disse semplicemente la strega più grande.
-Pensi davvero che questo possa fermarmi?- la domanda retorica fu seguita da un pugno sferrato nel vuoto, la cosa assurda fu che Ruby il colpo in volto lo sentì davvero, al punto che cadde a terra.
La magia di Ruby svanì e il ragazzo fu di nuovo libero.
Erano rimaste solo Yukari e Moka, con quest’ultima inerme, mentre la streghetta, sudando freddo, tenne alzata la bacchetta in un disperato tentativo di sembrare minacciosa.
-Bene, mancate solo voi!-
Fu a quel punto che Moka sentì una poggiarsi sulla sua spalla.
-Tsukune?!- il ragazzo era riuscito a rimettersi in piedi, ma si avvertiva chiaramente quanto fosse forte il dolor fisico che ancora pativa.
“Dunque saranno come lui, gli avversari che dovremo affrontare da adesso in poi, sempre ammesso che sopravvivremo? Solo tu… solo tu puoi salvarci.” Prima di ricadere in ginocchio ci riuscì, tolse il rosario dal collo di Moka.
Il ragazzo dai folti capelli blu si protesse il volto con le braccia per evitare di restare accecato dalla colonna di luce che si sviluppò la dove stava Akashiya Moka; percepì qualcosa di diverso, un’impennata di potere sostanziale, probabilmente anche pericolosa.
Lesto e potente, fu il calcio che lo centrò in pieno volto e che lo spinse contro una roccia, con un forte impatto, tale da lasciare impressa la sua sagoma prima che crollasse a terra.
Fiera e battagliera, si ergeva in mezzo al campo di battaglia Ura-Moka.
-Tsk, conosci il tuo posto!- dichiarò la letale vampira.
E di colpo il sollievo tornò a farsi strada nelle menti di tutti… finchè il ragazzo dai capelli blu non si rialzò, tra lo stupore generale.
La scena seguente aveva più del comico che del serio, specie per come questi si teneva il naso piagnucolando.
-Cavolo, che botta, il mio povero naso. Mi hai fatto male!-
Moka era probabilmente la più scioccata di tutti, chi era davvero quel tizio? Quanto era forte davvero?
Il ragazzo la fissò, con una serietà che aveva quasi dell’inquietante.
-Un colpo davvero potente, lo ammetto, ma te lo dirò in tutta in sincerità… ho conosciuto gente che picchia molto più forte di te!-
-Come osi?!- una simile onta non poteva permettergliela, indirettamente le stava dando della debole, uno smacco che il suo orgoglio non poteva tollerare.
I due contendenti scattarono l’uno verso l’altro, i loro calci si scontrarono a metà strada, sotto di loro il terreno si crepò, in seguito si distanziarono.
-Io sono un vampiro, la più nobile tra tutte le razze youkai, non perderò contro uno come te!-
-Questo è da vedere!-
All’improvviso si sentì un battito di mani.
-Direi che lo spettacolo si conclude qui.- Come dal nulla, la figura di Tenmei Mikogami apparve dinanzi ai ragazzi.
-Signor preside?!- Tsukune fu l’unico che manifestò il suo stupore a parole, ma le ragazze non erano certo più impassibili di lui.
-Come dimostrazione è stata sufficiente, molto bene Maurice.-
E di colpo l’aria che aleggiava cambiò, il primo segno fu il comico tic all’occhio che venne al ragazzo che corrispondeva al nome Maurice prima che questi scoppiasse in una gioviale e incontrollata risata.
-Meno male, per un attimo temevo che me li avresti fatti mandare all’ospedale, non immagini quanto mi sarei sentito in colpa.- ammise candidamente il ragazzo, mettendosi una mano dietro la testa.
-Che diavolo significa, è stato lei a mandarci contro questo buffone?!- rabbia e frustrazione, questo era ciò che traspariva dalla voce di Ura-Moka, che fissava il preside come se avesse voluto incenerirlo con lo sguardo.
-Esattamente.-
-Ma… ma perché?- fu la domanda, condivisa da tutti, di Tsukune.
-Ci ha… ci ha messi alla prova.- a focalizzare l’attenzione su di sé fu Yukari; la giovane strega credeva proprio di aver compreso, pensò dunque fosse il caso di spiegare.
-Rifletteteci, cosa sarebbe successo se lui fosse stato un membro di Fairy Tale? Non ci vuole un genio per trovare la risposta: ci avrebbe uccisi tutti! Questa farsa è servita a farci capire quanto ancora siamo deboli, quanto dobbiamo migliorare se vogliamo davvero sperare di poter competere con loro.-
La ragazzina sgranò comicamente gli occhi quando Maurice, arrivatole di fianco all’improvviso, le sfilò il cappello e le scompigliò amichevolmente i capelli.
-Che spiegazione pessimista, ma voi bambini non dovreste essere più allegri?-
Restituì il cappello alla giovane, poi osservò come tutti si stessero riprendendo, non avevano esattamente delle espressioni felici, eppure non leggeva rabbia nei suoi confronti nei loro sguardi, quanto piuttosto un triste rammarico, dovuto molto probabilmente alla consapevolezza che quando era appena stato loro detto.
-Se ci voleva deprimere, signor preside, c’è riuscito!- dichiarò Kurumu con dei comici lacrimoni che le scendevano giù dagli occhi.
-Non vi preoccupate, avrete le occasioni per affinare le vostre tecniche e potenziarvi. Scusate se vi ho giocato questo tiro mancino, ma era necessario che cominciaste a comprendere la portata di ciò che ci aspetta. Se volete scusarmi.- e così come era arrivato, Tenmei Mikogami se ne andò.
Tsukune, ancora in ginocchio, vide Maurice avvicinarglisi, ignorando gli sguardi sospettosi delle ragazze e l’aura omicida di Ura-Moka, e tendergli la mano aperta in segno d’aiuto.
-Scusa se ci sono andato pesante, ho cercato di trattenermi il più possibile, spero di non averti fatto troppo male.- quella che svettava sul suo volto era un sorriso sincero, il sorriso di una persona buona, sembrava completamente diverso dal ragazzo che, fino  pochi minuti prima, sembrava intenzionato ad ucciderli tutti.
Tsukune sperava davvero che il “primo Maurice” che avevano visto non fosse altro che una mera facciata messa su per reggere il gioco al preside, e con quella speranza accettò la sua mano.
 
 
 
Dal falso attacco subito al ritorno dal loro viaggio era passato un giorno.
-Diamine, che nottataccia, ho ancora i muscoli indolenziti.- si lamentò Tsukune massaggiandosi la spalla sinistra.
Malgrado quello spiacevole inconveniente, le cose sembravano finalmente tornate alla normalità.
Il ragazzo sperava davvero che non vi fossero altre e spiacevoli sorprese nascoste dietro l’angolo, si augurava di poter trascorrere qualche giorno in relativa tranquillità.
In quel momento era diretto alla stanza dell’istituto che era stata adibita a sede del club di giornalismo di cui faceva parte, si era dato appuntamento lì con gli altri per discutere degli ultimi eventi ed eventualmente organizzarsi.
-Buongiorno raga…-
-Ehilà Tsukune.- in mezzo alle solite facce il ragazzo ne trovò una nuova, dagli occhi verdi, i capelli e irti ed un sorriso smagliante e allegro.
Tanto bastò affinché l’umano comprendesse che le sorprese non erano affatto finite.
-Maurice?!-
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autore:
Dopo tre anni faccio ritorno sul fandom di Rosario To Vampire, sezione che, a mio parere, meriterebbe maggior considerazione, una delle probabili ragioni che mi ha portato a scrivere questa fanfiction.
Forse il primo capitolo non è stato il massimo, lo riconosco, ma garantisco che mi impegnerò per rendere questa storia piacevole ed interessante, specie considerando il progetto di cui fa parte e sul quale sto puntando molto.
Beh, spero di riuscire ad attirare il vostro interesse e vi do appuntamento al prossimo capitolo.
Arrivederci a tutti.


 

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Capitolo 2
*** Il secondo genio della Youkai Academy! ***


-Maurice vuole entrare a far parte del club di giornalismo?- chiese Kurumu, sinceramente sorpresa.
-Eh già, almeno è questo che mi ha detto quando me lo sono trovato davanti una volta entrato in sede.- spiegò Tsukune.
In quel momento i ragazzi si trovavano in classe, la lezione sarebbe cominciata tra pochi minuti, alla prima ora ci sarebbe stata la lezione di matematica tenuta dalla professoressa Kagome, l’incubo e contemporaneamente il sogno a luci rosse di molti ragazzi.
Quella notizia aveva a suo modo catturato l’interesse del gruppo di amici; il tipo che giusto l’ultimo fine settimana li aveva massacrati non appena avevano fatto ritorno, che poi si era scoperto star solo eseguendo un ordine del preside, ora faceva domanda per unirsi al loro stesso club.
Erano pronti a scommettere che non fosse un caso: che il preside Mikogami volesse tenerli d’occhio per qualche motivo? O magari Maurice era una sorta di “guardia del corpo” che il preside gli aveva assegnato per proteggerli? Era un’ipotesi plausibile, si era dimostrato un combattente validissimo, ed erano certi che non avesse neanche fatto ricorso al suo pieno potere, non era da escludere la possibilità che il direttore volesse tenerli al sicuro, ora soprattutto che erano finiti nelle mire di Fairy Tale, dal quel poco che avevano visto quell’organizzazione non risparmiava mai chi riteneva d’ostacolo.
La porta dell’aula venne spalancata di colpo, era Maurice, per la serie “Parli del Diavolo e spuntano le corna.”
Tutto il gruppo pensò che fosse venuto a cercare loro, ma a giudicare dalla sua espressione sorpresa nel notarli evidentemente erano altre le ragioni che lo avevano portato alla loro aula.
-Salve ragazzi, come butta? Non pensavo che anche voi foste di questa classe.- salutò cordialmente, venendo educatamente ricambiato dopo un istante di simil-scetticismo.
“Tsk.” Moka si imbarazzò leggermente nel sentire lo sbuffo, proveniente dal suo rosario, della sua controparte, che evidentemente non aveva ancora metabolizzato quella che, almeno secondo il suo eccessivamente orgoglioso giudizio, era stata un’umiliazione, inflittagli proprio dal neo-arrivato, alcuni giorni prima; la vampira sapeva che quello che avveniva con l’altra lei fosse un collegamento telepatico, e che dunque non poteva essere udito da altri, ma la cosa si rivelava sufficiente a causarle disagio se si trattava di un pensiero esagerato.
-Scusa se te lo chiedo, ma cosa ti ha portato qui?- chiese Kurumu incrociando le braccia e squadrandolo quasi con sospetto.
-Volevo solo fare un augurio di buon primo giorno di scuola al mio fratellino.-
Fratellino?! Primo giorno?! Ma se mancava circa un mese alla fine del primo semestre e alle vacanze estive, erano quasi a metà anno.
Fu a quel punto che lo notarono: Maurice indossava la divisa maschile della Youkai, seppur non nella maniera convenzionale: teneva la giacca legata alla vita e aveva tirato in su le maniche della camicia.
E tra l’altro… aveva detto proprio “fratello”?!
-Fatemi indovinare: c’è l’avete ancora con me, dico bene? Non ve ne faccio certo una colpa, anche io avrei difficoltà a fidarmi di qualcuno che sbuca all’improvviso e comincia a picchiarmi. Certo, abbiamo spiegato perché è successo, ma resta il fatto che il nostro primo incontro è stato decisamente poco convenzionale.- rise sinceramente, interpretando, o provandoci, il silenzio degli altri.
-No tranquillo, non ti serbiamo rancore. Ci ha solo sorpreso venire a sapere che tuo fratello frequenti la nostra stessa classe. Presumo che siate dei neo-iscritti, io almeno non ricordo di averti mai visto per i corridoi.- Tsukune sperava che anche le ragazze condividessero il suo pensiero (ragion per cui aveva fatto ricorso al plurale), Maurice gli dava l’idea di una persona buona.
A rigor di memoria il ragazzo, conscio del fatto che alla Youkai Academy la famigerata “prima impressione” si rivelava spesso e disgraziatamente ingannevole, sapeva che ciò non era una garanzia, ancora vivido nella sua mente il caso di Hokuto e di come questi lo avesse ingannato con maestria per guadagnarsi la sua fiducia.
A Maurice sembrò bastare; con un’alzata di spalle il ragazzo diede il suo primo segno di congedo.
-Mi fa piacere saperlo. Ci vediamo alla sede del club dopo le lezioni.-
Beh, su quello ci sarebbe stato da discutere con Ginei, il presidente era pur sempre lui, ma il lupo mannaro non avrebbe dovuto avere rimostranze l’accogliere un nuovo memvro, quasi sicuramente avrebbe liquidato in fretta la faccenda per dedicarsi allo spionaggio negli spogliatoi femminili.
-Ehm… Maurice, tanto per curiosità, che tipo è tuo fratello? Ti somiglia?- la domanda di Moka zittì temporaneamente il ragazzo, che si limitò ad un sorriso sardonico prima di lasciarli con quelle parole.
-Vi dico solo che… potrebbe sorprendervi. Non aspettatevi un “Maurice 2.0”.-
 
 
 
Ne avevano fatte di ipotesi, sul fantomatico fratello di Maurice, in quei pochi minuti di tempo che avevano preceduto l’arrivo della professoressa Kagome.
-Ragazzi, prima di cominciare la lezione, vorrei fare una presentazione: un nuovo studente trasferitosi in questi giorni. Entra pure.- la professoressa sembrava stranamente entusiasta, pur avendo mantenendo il suo solito tono controllato che gli studenti maschi trovavano dannatamente sensuale.
Quello avrebbe già dovuto essere un segnale d’avvertimento; la professoressa Kagome adorava una cosa in particolare: l’applicazione nello studio. Nella memoria di molti studenti era ancora vivido il ricordo di come la bella lamia, l’anno scolastico precedente, attuasse i suoi “corsi pomeridiani”, lo stesso Tsukune provava ancora i brividi quando tornava a soffermarcisi, se non fosse stato per Ura-Moka si sarebbe trasformato in automa settato perennemente in modalità “studio”.
Ma di primo acchito, nessuno si soffermò su quel ragionamento.
Forse era un depresso cronico, aveva pensato Mizore; da quel poco che aveva visto di Maurice, le era sembrato un tipo decisamente allegro e vitale, quindi, parlando per ipotesi, il suo parente avrebbe potuto essere uno con la comica nuvoletta scura in testa a seguirlo ovunque si recasse.
“Magari è un tipo pigro.” pensò una Kurumu decisamente meno portata al pessimismo; Maurice era ben piantato fisicamente, segno che fosse uno che doveva aver fatto molti allenamenti, detto in breve era ben messo dal punto di vista dell’aspetto (anche se per lei ci sarebbe stato sempre e solo Tsukune, quella su Maurice era una constatazione oggettiva), quindi intendeva dir loro che suo fratello era uno sfaticato che faceva fatica anche solo a camminare e si stancava in fretta.
Queste erano solo alcune delle ipotesi da loro formulate… tutte rivelatesi sbagliate.
A varcare la soglia era qualcuno decisamente diverso dal tipo di persona che ciascuno di loro aveva pensato e Yukari fu quella che più di tutti non riuscì a non mostrare la sua sorpresa… unita a disperazione.
“No, no, no! Tutto ma non questo!” pensò, quasi con terrore, la strega dodicenne.
Un ragazzo aveva appena fatto il suo ingresso in aula: occhi azzurri che saettavano ovunque, quasi spaesati, a mostrare l’imbarazzo del proprietario, con l’ausilio delle guance leggermente rosse, e un caschetto di capelli biondo scuro (quasi giallo oro) con tre ciuffi separati che svettavano sulla fronte ma, soprattutto, l’aspetto fisico che conservava ancora tratti bambineschi a lasciar intendere un fatto…
“È un mio coetaneo!” fu la tragica conclusione di Yukari.
E la Youkai Academy era una scuola superiore, un qualsiasi pre-adolescente non sarebbe mai potuto entrare lì; la piccola Sendo era consapevole della sua eccezionalità, di essere stata ammessa in quell’istituto per via della sua incredibile intelligenza che le aveva consentito di saltare alcune classi, ottenere risultati teorici che tutti le invidiavano e che l’avevano portata permanentemente al primo posto nella classifica dei migliori studenti.
Quindi se un altro suo coetaneo si trovava lì, poteva significare solo una cosa…
-B-Buongiorno, mi chiamo… Miles Prower e ho dodici anni! S-Spero… spero che andremo d’accordo.- fu la timida  e titubante presentazione del giovane, riprova di come l’essere in mezzo ad un gruppo di sconosciuti tutti più grandi di lui lo facesse sentire a disagio.
Yukari, non lo sentì neanche, caduta in una sorta di catalessi che sarebbe durata per tutta la lezione.
“Un altro giovane genio?!”
 
 
 
-Altri sali, Tsukune, altri sali.- implorò comicamente Moka, sventolando una boccetta sotto il naso di Yukari.
Kurumu, dal canto suo, era occupata a trattenersi dallo sbellicarsi dalle risate; aveva dovuto subire per tanto le frecciatine di quella piccola strega sul suo essere “non esattamente un genio” che il vederla ridotta in quello stato fu per lei una sorta di rivalsa.
-Brutto non essere più così speciali, eh, piattona?- e ci aggiunse anche l’ennesimo ricalco sul fatto che avesse poco seno, anche se era normale, considerando che aveva dodici anni, considerando però che Yukari la prendeva sempre sul personale, era un’offesa che valeva.
La piccola strega era caduta in una comica trance dalla quale stava, solo in quel momento, cominciando ad uscire.
-Deve essere un incubo, desu. Io sono la studentessa più intelligente della Youkai Academy, un vero genio, come si permette quello smorfioso di venire qui e ostacolarmi?-
Dei comici goccioloni stilizzati scesero giù per le fronti dei suoi amici.
-Andiamo, Yukari, stai esagerando.-
Tsukune dovette riconoscere che era una situazione che mai avrebbe pensato sarebbe capitata: che Yukari fosse geniale era un dato di fatto, il primo posto nella graduatoria degli studenti se l’era guadagnato con i suoi sforzi e il suo impegno, il fatto che fosse più giovane di tutti rendeva la cosa ancor più encomiabile e considerando che era riuscita a superare la fase “Sono troppo intelligente per stare con degli insetti ignoranti come voi!” ormai da un pezzo, nessuno si preoccupava del fatto che lo studio per lei potesse tornare a costituire un ostacolo per le sue interazioni sociali.
Effettivamente, si poteva dire, Yukari era la cosiddetta “mente che nasce una, massimo due volte, a generazione”… evidentemente quel Miles doveva essere la seconda, ne aveva dato la prova… lo aveva risolto, “il problema irrisolvibile”, l’esercizio d matematica più complesso mai partorito dalla mente della professoressa Kagome, Yukari era stata l’unica in grado di trovarne la soluzione e tale risultato l’aveva, a suo modo, resa una leggenda, da quel momento si era diffusa nelle menti di tutti la certezza che nessuno ne sarebbe più stato in grado. E poi era arrivato quel Miles, accompagnato dalla tragica realizzazione che ora il piedistallo andava diviso con qualcun altro, o peggio, gli andava lasciato; Yukari si sentiva minacciata.
E mentre Kurumu se la rideva sotto i baffi e Tsukune e Moka continuavano le loro azioni da “infermieri alle prime armi”, Mizore, come era solita fare, sbucò all’improvviso, stavolta da sotto un tavolo, rischiando di far beccare un strizza a tutti.
-Se devo essere sincera, neanche a me sta molto simpatico.- disse impassibile la yuki-onna dall’onnipresente lecca-lecca in bocca.
-Grazie, stalker, qualcuno che finalmente ha capito che quel biondino infernale è qui per affossarmi. Non capisco perché tu mi sostenga visti i tuoi voti, ma grazie davvero.- Yukari, riscossasi all’improvviso grazie al ritrovamento di un’improbabile alleata, approvò con comica esultanza le parole della ragazza.
-In realtà trovo alquanto divertente il fatto che ti faccia salire la bile.-
Comica caduta a gambe all’aria per la strega.
-Dico solo che non mi sta simpatico per istinto, sento che c’è qualcosa in lui… è troppo caldo.- concluse la yuki-onna, incurante dei comici punti interrogativi apparsi sopra le teste degli altri.
Tsukune potè solo sospirare sconsolato, non c’era mai modo di trascorrere una giornata in maniera tranquilla, lì alla Youkai Academy era quella la “giornata convenzionale”.
Qualcuno bussò alla porta.
-Avanti.-
Dentro la sede del club di giornalismo entrò Miles Prower, tanto bastò per far schizzare in aria la punta del cappello di Yukari e portarla a fissare il nuovo arrivato con lo sguardo più acido che possedesse e con la maledizione al fatto che non potesse uccidere col solo sguardo.
-Salve, spero di non disturbare, volevo solo sapere se Maurice è già passato.- tono gentile ed educato, divisa tenuta in condizioni impeccabili, sorriso timido e flebile, decisamente non somigliava a Maurice, un concentrato di pacatezza che contrastava paradossalmente con la vitalità che il ragazzo dai capelli blu, invece, sembrava sprizzare da tutti i pori.
-No, tuo fratello non si è ancora fatto vedere, puoi aspettarlo qui se vuoi.-
-COS…- Tsukune dovette lestamente tappare la bocca a Yukari per impedirle di protestare per la gentile richiesta di Moka.
-Sicuri che non sia un problema?- e nel chiederlo indicò una Yukari che continuava a fissarlo in cagnesco mormorando quelle di certo non erano frasi di benvenuto, almeno a giudicare da come si muoveva recalcitrante.
 
 
 
I successivi minuti passarono in silenzio; Miles, tranquillamente accomodatosi su una sedia libera, faceva vagare lo sguardo ad ogni angolo della stanza quasi con curiosità, soffermandosi a volte sui membri del club di giornalismo, come a voler memorizzare i loro aspetti.
-Strano che Maurice non sia ancora arrivato.- commentò Tsukune ad un certo punto, più per dire qualcosa che per altre ragioni.
Da quando Miles era entrato nessuno aveva avuto l’ardire di fargli domande o provare ad intavolare una discussione, il ragazzino era rimasto placido al suo posto senza dare fastidio a nessuno, in attesa.
-Non preoccupatevi, arriverà. Solo che gli piace correre e a volte si fa prendere dall’entusiasmo perdendo la cognizione del tempo. Sembra quasi un paradosso: la velocità è la motivazione del suo ritardo.- rise leggermente.
“Beh, almeno abbiamo rotto il ghiaccio… Mizore la troverebbe di cattivo gusto.” Tsukune trovò decisamente ironico quel pensiero, fortuna che la ragazza delle nevi non fosse capace di leggere le menti degli altri.
Forse era l’occasione giusta per fargli qualche domanda su di loro; se doveva essere sincero, Tsukune riteneva ci fossero troppi elementi che necessitavano di chiarimenti: chi erano Miles e Maurice? Cosa li aveva portati ad iscriversi alla Youkai Academy in un periodo scolastico decisamente particolare? E che rapporti avevano con Fairy Tale, perché dovevano in qualche modo avere un collegamento con la malvagia organizzazione per essere stati coinvolti (quantomeno Maurice) così frettolosamente, ma di che tipo?
Il ragazzo sapeva però che era più prudente agire con discrezione, se Miles era intelligente tanto quanto la prima dimostrazione aveva provato, usare domande troppo dirette gli avrebbe reso facile realizzare il suo intento principale e non potevano sapere come avrebbe reagito; certo, dava tutta l’aria di essere un ragazzino tranquillo e avvezzo a risolvere le cose diplomaticamente, ma ciò non gli avrebbe eventualmente impedito di passare alla sua forma Youkai e attaccarli se si fosse sentito minacciato da loro… che non era certo il loro intento, a parte Yukari, che ancora lo stava comicamente fissando storto mormorando -Rivale… rivale.-
-Non preoccupatevi, il vostro preside vi spiegherà tutto!- dichiarò il ragazzino a bruciapelo, anticipando interrogativi di ogni genere a suo indirizzo e portandone di nuovi nelle menti dei ragazzi; il suo sguardo gentile mostrò anche un cenno di arguzia, resa evidente dal sopracciglio alzato.
-Intendevate porgermi domande riguardo Fairy Tale, l’ho capito.- disse, senza mostrare nessun cenno di presunzione, anzi, diminuendo le dimensioni del suo sorriso per paura di sembrare derisorio, non era suo intento farli sentire stupide, se stavano pensando quello.
-Ma come…?-
-Il tuo sguardo, Tsukune, lasciava intendere troppe cose, desu.- Yukari anticipò Miles nel fornire la spiegazione, non gli avrebbe dato la soddisfazione di dare sfoggio della sua intelligenza e tagliarla fuori dal suo campo di competenza.
-Nei tuoi occhi si leggeva chiaramente l’insicurezza di chi non sa come iniziare un discorso, desu. Dunque era ipotizzabile che avresti provato prima a sdrammatizzare la situazione con alcune domande di circostanza prima di arrivare al punto focale. E considerando che l’unico argomento che apparentemente sembra collegarci a Miles e suo fratello Maurice è proprio Fairy Tale, era altamente presumibile che su ciò avrebbero verso le tue domande. Dico bene, desu?- concluse la strega, lanciando un vero e proprio sguardo di sfida al biondino, come a volerlo avvertire di provare a smentire la sua spiegazione.
Questi non colse il suo cenno provocatorio, e se lo fece fu bravissimo a non darlo a vedere, e rispose con un sorriso alla coetanea.
-Hai fornito la giusta spiegazione e con termini decisamente esaustivi. È evidente che non è una casualità la circostanza che ti presenta come la studentessa più intelligente del liceo.- concluse gentilmente.
Avrebbe dovuto esultare dentro di sé, sentirsi fiera del fatto che il suo neo-rivale (seppur lui stesso fosse all’oscuro di tale condizione) stesse implicitamente riconoscendo il suo valore, invece quel sorriso gentile che le rivolse ebbe l’effetto di farle attorcigliare le budella.
“Non finisce qui, desu!” avrebbe trovato il modo di farlo capitolare.
“Certo che, caratterialmente parlando, sembra molto più maturo di Yukari.” pensò Moka quasi distrattamente, ricordando come la giovane strega, prima di stringere amicizia con loro, fosse solita nascondersi dietro una maschera infantile e presuntuosa per nascondere la sofferenza causatale dalle discriminazioni subite nei suoi primi tempi.
Ormai sapevano tutti che Yukari era cambiata, ma Miles sembrava comunque su un piano diverso, come se possedesse una maggior consapevolezza; forse era troppo presto per dirlo, non lo conoscevano neanche bene, era anzi più idoneo affermare che di lui non sapessero proprio niente, ma il suo sguardo mostrava grande maturità, decisamente più dei suoi dodici/tredici anni.
La porta della stanza fu aperta di colpo e una figura alta e dal contagioso sorriso fece il suo ingresso.
-Salve a tutti, chiedo scusa per il ritardo.- Maurice, di contro, aveva un carattere decisamente più infantile rispetto alla sua età, ma un’allegria decisamente trascinante, col suo ingresso sembrò quasi che l’umore generale fosse stato alleviato.
-Ehilà, Maurice…- Tsukune sgranò comicamente gli occhi nel notare, dopo averlo salutato, come il ragazzo si fosse comicamente messo a tremare e di come fosse divenuto vittima di un tic all’occhio.
-… comunque, abbiamo discusso brevemente riguardo la tua entrata nel club e, per quanto riguarda noi, sei il ben accetto, tuttavia è necessaria l’approvazione finale del presidente del club e al momento il senpai Gin non è qui.-
-Gin… Ginei Morioka?!-
-Sì, non dirmi che l’hai già…-
-Incontrato? Vediamo: alto più o meno quanto me?-
-Sì.-
-Con una fascia tra i capelli?-
-Sì.-
-Che in questo momento si sta apprestando a toccare il seno a Kurumu?- l’ultima domanda contenne un accenno di crudele sagacia, mentre indicava una figura scura apparsa all’improvviso alle spalle della succubus, la quale sobbalzò con un piccolo urlo nel sentire una mano troppo “lunga” risalirle lungo la maglietta.
Il suono di un botto risuonò nella stanza, poco dopo la figura di un ragazzo dai capelli neri giaceva al suolo con un comico bernoccolo al centro della testa, mentre Kurumu teneva ancora alzato il pugno mostrando una comica espressione infuriata con tanto di umoristica vena pulsante in fronte.
-Maledetto lupo allupato.-
-Ne vale sempre la pena.- borbottò soddisfatto il ragazzo, incurante del dolore.
Dopo un breve attimo di commiserazione, Tsukune annuì nuovamente in direzione di Maurice.
-Allora lo conosco, siamo compagni di classe.- concluse il ragazzo, aiutando il licantropo a rialzarsi.
-Certo che sei un traditore.- disse quest’ultimo con un sorrisetto, fingendosi offeso, mentre stringeva la mano all’altro.
-Se devo essere sincero, non ci aveva dato molto peso quando mi avevano detto che eri un pervertito, a quanto pare era vero… e ho voluto farti una bastardata.-
I due risero insieme, sembrava che avessero avuto il tempo di conoscersi e addirittura legare in fretta, ridevano neanche fossero stati amici di vecchia data, faccenda che quasi spaventò le ragazze; non avrebbero dovuto preoccuparsi di due pervertiti da quel momento, vero?
-Le donne non sono oggetti di piacere, vanno trattate con rispetto.- borbottò Miles con comica indignazione, aveva inteso bene il siparietto appena svoltosi, ma la cosa gli aveva comunque dato fastidio.
Il breve momento di ilarità finì quando Maurice si fece improvvisamente serio.
-Comunque, rimanderemo la questione del club di giornalismo a dopo. Il preside Mikogami ci ha esplicitamente richiesti tutti nel suo ufficio, è anche per questo se ho ritardato un po’.-
E tanto bastò perché chiunque abbandonasse ogni parvenza di serenità e si rabbuiasse come per magia tanto avvenne rapidamente il cambiamento, ormai, considerando gli ultimi venti che li avevano coinvolti, sapevano tutti per quale ragione il direttore volesse vederli e quasi certamente non erano buone notizie.
 
 
 
-Vedo che ci siete tutti.- commentò soddisfatto Tenmei Mikogami nello squadrare ad uno ad uno i ragazzi nel suo studio.
Faceva sempre una certa impressione mettere piede lì dentro, almeno così la pensava Tsukune; quella sala gli aveva sempre dato il sentore di nascondere qualcosa di oscuro, opinione supportata dalla grande finestra alle spalle della postazione del preside, unica fonte di luce della stanza, che dava al direttore un aria quasi mistica grazie al gioco di ombre che creava e le due scrivanie ai lati, colme di libri le cui copertine recavano scritte in lingue che, almeno dal punto di vista di un umano, erano sconosciute e simboli inquietanti contribuivano ulteriormente a rafforzare quell’effetto.
Tutti i ragazzi si lanciavano occhiate quasi indecise, come a cercare negli occhi di qualcun altro possibili risposte, per poi voltarsi tutti verso Ruby, con la speranza che la strega potesse fornire loro qualche indizio, ma l’alzata di spalle dell’assistente del preside lasciava intendere come anche lei fosse ignorante sulla situazione del momento.
-Presumo non abbia alcun senso sprecare tempo, passiamo subito alla spiegazione. Maurice… Miles.-
I due interpellati affiancarono lo youkai incappucciato, dai loro sguardi traspariva solo serietà e, in quelli del biondo, forse anche un po’ di preoccupazione.
“Presumo non succederà, sono pur sempre youkai che hanno affrontato situazione di vario cargo, ma mi auguro non abbiano una reazione esagerata.” pensò infatti.
Entrambi i ragazzi misero la mano al collo e tirarono fuori un ciondolo di spago, in precedenza nascosta sotto la camicia della divisa scolastica ciascuno, infilata attraverso un piccolo buco ad una sorta di piccolo talismano circolare, giudicando dalla vista sembrava in legno, che recava il kanji significante “Uomo”.
-Grazie ad essi possiamo assumere l’aspetto che possediamo attualmente. Ma penso sia meglio che vediate direttamente, capireste meglio che con qualunque tipo di spiegazione.- dopo le parole di Maurice, i due sfilarono i rispettivi ciondoli, venendo subito dopo avvolti da una lieve aura luminosa.
Coprendosi con le mani per non restare accecati, gli altri ragazzi notarono che le sagome dei due stavano cominciando a cambiare.
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autore:
Beh, non è stato nulla di che, questo capitolo, avevo di bisogno di introdurre il personaggio di Miles in modo adeguato e nel prossimo lui e Maurice sveleranno il loro vero aspetto.
Magari potreste chiedere perché cosi presto e vi fornisco due motivazioni:
1) Questa non è la prima della saga, quindi basterebbe aver letto le storie precedenti e fare due più due per capire chi sono, rendendo dunque inutile tirarla per le lunghe.
2) Volevo dare un metaforico schiaffo al clichè tipico degli shonen in cui, se c’è un personaggio che nasconde un segreto, questo non verrà scoperto prima di metà serie, almeno.
3) Il segreto delle identità di Maurice e Miles non è rilevante in sé, ai fini della storia, importante è il perché loro si trovano lì; e soprattutto c’è un segreto ben più importante e, a suo modo, sconvolgente, che mi premurerò di spiegare non prima di un certo punto.
Detto questo, non ho altro da aggiungere.
Alla prossima.
 

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Capitolo 3
*** Un vero Paradiso... ***


Tsukune partì alla carica, cercando di colpire Maurice con una rapida serie di pugni, ma il ragazzo parò ogni singolo colpo con strema facilità e senza mostrare il minimo sforzo.
-Sei troppo lento. Non è da me essere cattivo con i giudizi, Tsukune, ma sono sempre stato un tipo sincero… e questa è la verità!- lo ammonì il ragazzo più grande, facendo drignare i denti al più giovane.
-Me ne rendo conto, è anche  per questo che ci stiamo allenando, giusto?-
In quel momento i due ragazzi si trovavano in quello che aveva tutta l’aria di essere una prateria sconfinata in prossimità di una foresta, sotto un cielo azzurro ma al cui centro svettava, quasi minaccioso, ma decisamente bizzarro, un solo di dimensioni abnormi, almeno considerando la distanza spaziale a cui avrebbero dovuto trovarsi da esso.
Uno spazio interdimensionale creato dal preside Mikogami, una speciale zona di allenamento dove avrebbero potuto sfogarsi nel pieno della loro forza senza correre il rischio di danneggiare niente.
-Divertitevi… in Paradiso.- aveva detto, chissà perché poi lo aveva chiamato in quel modo?
-Questo è vero. Ma il fatto che tu sia un umano non ti giustifica.-
-Aspetta! Il preside vi ha rivelato anche che…?!- Tsukune rimase comicamente scioccato dal sentirlo rivelare quel particolare, alla faccia del fatto che doveva fare in modo che fossero il meno possibile coloro che dovevano saperlo, ora ci si metteva anche il preside a dirlo in giro.
-Tranquillo, tecnicamente neanche io sono uno youkai, ma non me ne preoccupo,quindi dov’è il problema?-
-Lo so, ma, a differenza di voi, se un umano entrasse in questa scuola dovrebbe venire ucciso a vista. Non ti immagini quindi la fortuna che ho avuto. Con voi è diverso: nessuno qui ha la benché minima idea di cosa sia un mobiano.-
Mobiano, così Maurice e Miles avevano chiarito chiamarsi la loro specie, animali antropomorfi provenienti da Mobius, il pianeta gemello della Terra, almeno nella loro linea spazio-temporale… o così Tsukune credeva di aver capito, ad un certo punto della spiegazione non era sicuro di aver ancora la mente concentrata su ciò che stavano dicendo(o meglio, che Miles stava dicendo, anche Maurice sembrava essersi “perso”), troppo imbambolata dalle rivelazioni fatte.
Se aveva capito bene, i due fratelli erano finiti in una distorsione spazio-temporale (gli sembrava che Maurice l’avesse definito Chaos Control, o roba del genere) che li aveva di fatto teletrasportati nel mondo umano della sua linea del continuum, il preside Mikogami li aveva rintracciati e, usando la sua magia per entrare nelle loro menti e scoprire cosa celassero nelle loro menti, si era accordato con loro: loro li avrebbero aiutati nella lotta contro Fairy Tale e in cambio lui li avrebbe aiutati a tornare su loro pianeta.
Sembrava decisamente qualcosa di complicato, Tsukune preferì non fare domande, troppa era la paura che venisse effettuata una digressione che avrebbe reso ancor più complesso intendere la situazione generale.
I due ragazzi proseguirono nel loro allenamento per diversi minuti, finchè ad un certo punto Tsukune non decise di interrompere il silenzio discutendo un po’, a suo parere gli avrebbe permesso di sentire meno la fatica, anche se Maurice non sembrava esserlo neanche minimamente, ennesima dimostrazione di come non stesse facendo su serio e del fatto che come combattente avesse nettamente più esperienza di lui, che era decisamente un novizio.
-Senti, Maurice, se posso chiedertelo, com’è il vostro pianeta?- gli chiese, cercando di mandare a segno un destro che il blu deviò senza difficoltà prima di replicare con una serie di pugni sferrati decisamente con studiata lentezza per aiutare il ragazzo più giovane ad abituarsi progressivamente.
-Detto in breve è un posto stupendo… e posso garantirtelo visto che l’ho girato in lungo e in largo e ne conosco quasi tutte le zone. Ti posso dire che la parola che più si addice a Mobius è “varietà”, un’alternanza continua di paesaggi diversi, da pianure tranquille e sempre illuminate dal sole a montagne scoscese ed impervie ma che, personalmente, ritengo essere una bella sfida per chi vuole provare a scalarle. Non dico che sulla Terra non ci siano certi paesaggi, ci sono già stato ma in caso ti spiegherò un’altra volta, però su Mobius le città supertecnologiche scarseggiano.-
-Intendi che, tecnologicamente parlando, siete arretrati?- non c’era malizia o cattiveria nella domanda, semplice curiosità, cosa che Maurice non mancò di notare, allargando il suo sorriso e condendolo con una dose di sarcasmo.
-Lo sai che qualcuno potrebbe offendersi a sentirsi rivolgere domande del genere?-
Tsukune sembrò colto in contropiede.
-Cosa? No, non volevo dire…- non ebbe il tempo di finire che, con una rapida proiezione di lotta, si ritrovò con la schiena a terra e il sorrisone di Maurice a guardarlo dall’alto.
-Lo avevo capito. E comunque anche io spesso parlo senza pensare, forse è per questo che ormai lo capisco quando qualcuno non ci mette cattiveria nelle sue frasi improvvise. Sei una brava persona, lo si capisce ad occhio.- gli disse, porgendogli la mano, che Tsukune accettò con piacere.
Alla fine Maurice si stava davvero rivelando il ragazzo buono e amichevole che aveva sperato che fosse, era convinto che sarebbe andato d’accordo con lui.
-E per risponderti: non perché siamo tecnologicamente indietro, semplicemente abbiamo mantenuto saldo il nostro legame con la natura che ci ha dato origine. Una sorta di ringraziamento e segno di rispetto, possiamo dire, ecco perché le metropoli su Mobius sono poche.- concluse il ragazzo.
Tsukune si grattò la testa imbarazzato, era vero che non ne aveva nessuna intenzione e che Maurice l’aveva inteso, ma si sentiva un po’ in colpa per quella domanda, forse avrebbe dovuto riflettere un po’ di più prima di aprire bocca.
-Comunque, direi che posso concederti cinque minuti di pausa, hai il fiato corto.- aggiunse poi il blu, notando che il moro stava mostrando senza neanche accorgersene i primi segni di affaticamento, quest’ultimo gliene fu grato.
-Ti ringrazio.-
 
 
 
Un’altra montagnola di terra crollò, la sua consistenza geologica non fu capace di resistere alla potenza e alla furia del calcio di Ura-Moka.
-Tsk, “Ho affrontato avversari che picchiano più forte di te!”… ma chi si crede d’essere quel tizio? La prossima volta gli farò capire qual è il suo posto!- dichiarò la vampira albina, dirottando la sua furia su un tronco d’albero che il suo calcio ruppe letteralmente in due parti senza il minimo sforzo.
Non le era mai successo, nessuno l’aveva mai umiliata in quel modo… e la sensazione era a dir poco sgradevole.
Si allenava fin dalla più tenera età, o almeno fin da quando la sua memoria le permetteva di ricordare, perché lei era una vampira, la più fiera e nobile tra tutte le razze Youkai, non avrebbe permesso ad uno sgorbio (non era esattamente un insulto, nella sua forma originale quel Maurice era effettivamente basso) di infangare il suo onore.
E poi… come li avrebbe protetti, se non fosse stata abbastanza forte?
Gli occhi rossi della ragazza furono attraversati per un istante da un lampo di sconcerto, causato dall’ultimo pensiero passatole per la testa.
Da quando le importava così tanto di quelli che l’altra lei, la Moka ingenua e sentimentale, chiamava amici? Sì, aveva combattuto al loro fianco in passato già in varie battaglie, ma erano contro avversari che sarebbe stata in grado di sconfiggere perfettamente anche da sola, anzi, a volte le erano pure stati d’intralcio.
Eppure sentiva quasi un groppo allo stomaco al pensiero che a qualcuno di loro potesse accadere qualcosa, come se dentro di lei ci fosse qualcosa che le dicesse che, se malauguratamente qualcuno di loro fosse venuto a mancare, o fosse sparito dalla sua vita, anche lei ci avrebbe rimesso.
Era forse quella l’amicizia?
Ma fu solo una questione di pochi secondi, prima che negli occhi di Ura-Moka tornasse a brillare il solito cipiglio fiero e battagliero.
-Tsk, non intendo soffermarmi su certe cose. Non mi riguardano.- e spiccando un balzo riprese la elegante, quanto letale, danza di distruzione.
Quello che contava in quel momento era solo divenire più forte.
 
 
 
-Beh, è vero che solitamente ripudio la vostra compagnia, tuttavia ho riconosciuto il fatto che siate tutte delle combattenti decenti, quindi, se siete d’accordo, vi degnerò della mia collaborazione come…-
-Ehy, stalker, andiamo ad allenarci, dobbiamo perfezionare alcune delle nostre tecniche.- Kurumu e Mizore si allontanarono in una direzione.
-Ruby, è passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ci siamo esercitate insieme, desu. Meglio ricominciare o la nostra intesa potrebbe arrugginirsi.- Yukari e Ruby ne presero un’altra.
La minore delle sorelle Shouzen era stata comicamente snobbata, rimanendo immobile e con gli occhi buffamente assottigliati; non l’avevano minimamente considerata, quelle idiote e non mancò di manifestare il proprio disappunto con un sonoro sbuffo presto seguito da improperi continui e dal piede destro che sbatteva furiosamente sull’erba fresca, calpestandola.
“Maledette befane, pagherete anche questa. Potrei sempre andare ad allenarmi con la sorellona.” E quel pensiero la fece decisamente infervorare.
-Ti hanno lasciata sola?- chiese gentilmente una voce alle sue spalle.
Gli occhi verdi di Kokoa puntarono, con comica e falsa sfacciataggine e arroganza, la figura di Miles Prower, il ragazzo teneva una katana legata alla schiena; un invito a farsi avanti con falsa modestia?
-Tsk, sapevano che ero un’avversaria troppo forte, anche solo per un allenamento, e hanno preferito battere in ritirata adducendo che dovevano fare pratica tra loro.- si giustificò prontamente la giovane vampira, non ci credeva neanche lei a quanto aveva appena proferito, conscia della scarsa considerazione di cu godesse, in quanto ultima arrivata del gruppo.
-Se vuoi…- il ragazzino si sfilò la spada, poggiandola a terra, e assunse una posa di combattimento che non si confaceva ad un principiante. -…ti posso fornire un valido supporto?-
C’erano disponibilità e gentilezza nella sua voce, Kokoa non potè accusarlo di volersi burlare di lei, era troppo sincero e non sembrava stesse fingendo; beh, non era la sorellona Moka, ma piuttosto che tentare di infilarsi in una lotta a senso unico in cui avrebbe perso nell’arco di qualche secondo (Moka era troppo forte rispetto a lei; dura da ammettere, il suo orgoglio ne avrebbe risentito pesantemente, ma era la verità)era meglio confrontarsi con un partner che fosse al suo stesso livello, cosa che le avrebbe permesso di affinare le sue abilità… o almeno era questo ciò che stava ipotizzando: quel Miles quanto poteva essere forte? Non avrebbe dovuto essere alla pari di suo fratello (e poi come potevano essere fratelli? Erano di due specie diverse, certo, era pur vero che non sapevano nulla riguardo i mobiani, non erano da escludere accoppiamenti tra razze diverse) giusto?
-Sarà bene che tu non commetta l’errore di sottovalutarmi.-
-Non mi permetterei mai.- le assicurò lui.
Fatto cenno a Ko-chan di restare buono sulla sua testa, la ragazza assunse la sua posa da battaglia e sorrise battagliera, facendo bella mostra dei suoi canini superiori lucenti; visto che lui aveva deciso di aprire le danze a mani nude, anche lei avrebbe aspettato prima di ricorrere alle armi.
E si prese anche il lusso di sferrare il primo attacco, “prima le signore” si soleva dire, no?
La ragazza andò letteralmente addosso all’avversario sferrando un diretto al suo volto, Miles incrociò le braccia parando l’attacco, non immaginando che la forza dell’impatto lo avrebbe letteralmente lanciato indietro di parecchi metri, facendolo ritrovare a terra.
-Accidenti.-
Kokoa si permise il suo primo ghigno soddisfatto, mentre il ragazzo si stava rialzando lei portò il dito indice ad indicare il piccolo pipistrello costantemente poggiato sulla sua testa.
-Ko-chan, pipistrello trasformista da combattimento, a vederlo così non sembrerebbe, ma pesa cento chili. È il mio fedele alleato da quando ero una bambina e già all’epoca non avevo nessun problema a sopportare il suo peso. Tanto per farti comprendere quanto io prenda sul serio il mio allenamento.-
Miles ingoiò la saliva con preoccupazione; meno male che si trattava solo di un’esercitazione, se fosse stato un combattimento serio sarebbe stata capace di frantumargli qualche osso con un pugno.
Non era un’avversaria che poteva sconfiggere sul piano fisico, doveva affidarsi all’ingegno, fortuna per lui che era proprio quello il suo stile preferito e più congeniale; era necessario giocarsela bene, o quell’allenamento sarebbe durato poco e nessuno ci avrebbe ricavato giovamento.
-D’accordo possiamo ricominciare.-
Quando la vampira tornò alla carica fu pronto a riceverla, schivò il suo gancio e con un’abile proiezione di lotta, consistente in un rapido sgambetto e nell’afferrarla per il braccio che aveva sferrato il colpo, le restituì il favore precedente.
Con un colpo di reni, la rossa si rialzò e si gettò nuovamente alla carica, sferrando attacchi rapidi e potenti che il suo avversario si limitò a schivare sena mai provare a rispondere o difendersi, conscio che, considerata la sostanziale differenza di forza fisica tra loro due, parare quei colpi avrebbe sortito un effetto deleterio per il suo corpo.
“Sono attacchi molto potenti, tuttavia non seguono uno schema prestabilito, sembra che stia attaccando affidandosi al caso. Se da un lato son imprevedibili, dall’altro lasciano ampie possibilità che si scopra lasciando dei punti vitali facilmente vittime di contrattacchi.” notò il biondo, gli erano bastati quei pochi secondi per analizzare il modo di lottare di Kokoa e capire in che maniera fosse più opportuno comportarsi… forse sarebbe stato anche il caso di farglielo notare successivamente.
Schivò un calcio laterale abbassando la testa, in quel momento la vampira aveva la schiena totalmente esposta e rapida fu la ginocchiata che la colpì mettendola in ginocchio.
-Sei troppo impulsiva, fai affidamento esclusivamente sulla forza bruta trascurando la tecnica. Non voglio sembrare arrogante, ma ho avuto almeno una decina di occasioni per colpirti in punti scoperti, se non fosse stato un allenamento in questo frangente saresti già stata portata allo stremo.-
Ancora in ginocchio, Kokoa ringhiò furiosa; chi si credeva d’essere quel moccioso? Solo perché era un “genio” si sentiva in diritto di farle la lezione?
-Ko-chan! Facciamo sul serio!- il pipistrello rispose istantaneamente all’ordine della padrona e assunse in un attimo la forma di mazza chiodata gigante che la vampira puntò verso il suo avversario, curiosa di vedere come si sarebbe comportato in uno scontro all’arma bianca.
“Vediamo se dopo questa avrai ancora voglia di fare il gradasso.” pensò nell’osservarlo recuperare la sua katana e sfilarla dal fodero assumendo una posa da combattimento tenendola con entrambe le mani.
“I vampiri sono tremendamente orgogliosi. Spero che non abbia preso le mie parole come un segno di derisione.” pensò dispiaciuto, perché mancarle di rispetto era l’ultima cosa che voleva, pur dovendo riconoscere che, effettivamente, i vampiri sembravano avere il pessimo vizio di prendere le cose troppo sul personale, o almeno questo gli aveva suggerito il tono di voce della ragazza, decisamente più duro e iroso rispetto a prima, quando aveva ordinato al suo pipistrello di trasformarsi.
Ciò nonostante non si sarebbe fatto mettere in difficoltà senza sfoderare le sue abilità e senza fare del suo meglio.
“Per il momento limitiamoci alla forma sigillata, vedremo se sarà il caso di ricorrere al rilascio parziale… spero sinceramente che non si verifichi tale incombenza, ci sono troppi rischi.”
 
 
 
-Dunque… quello sarebbe il Chaos Emerald che di fatto vi ha portato qui? Credevo che gli smeraldi fossero solo verdi- commentò Tsukune nell’osservare il gioiello che Maurice stringeva tra le mani, seduto a gambe incrociate di fianco a lui.
-Io non mi ci sono mai soffermato sulla storia del colore, comunque sì, è questo.-
-E allora, cosa intendi fare?-
-…Chaos Control!- urlò Maurice ad un certo punto, prima di sparire in un lampo luminoso, lasciando Tsukune brevemente spaesato e confuso, prima di sentire la voce del ragazzo dai capelli chiamarlo dal ramo di un albero della foresta vicina a dove si stavano allenando.
-Ma come… quando?-
Maurice rise leggermente prima di spiccare un balzo e ritrovarsi nuovamente al fianco dell’altro ragazzo.
-Sì, all’inizio restano tutti un po’ sorpresi. È questo che consentono di fare i Chaos Emerald: piegare il tempo e lo spazio al tuo volere, a patto ovviamente che tu sappia gestire il loro immenso potere. Prova.- e gli passò il gioiello.
Tsukune si sentì di colpo in forte soggezione: cos’era quel potere immenso che sentiva? Non lo tenne neanche per un secondo prima di lasciarlo cadere, quasi terrorizzato; aveva percepito qualcosa di spaventoso, un potere che sembrava illimitato che sembrava potergli scavare fin nelle viscere e contagiarlo.
-Come accidenti riesci a sopportarlo, l’ho tenuto per mezzo secondo e sembrava che volesse opprimermi.-
Maurice rise di nuovo.
-Anche io la prima volta che ne ho tenuto in mano uno non ci credevo, ma progressivamente ho imparato a gestire il loro immenso potere. Detto in breve… Chaos Control!-
“Chaos Control” pensò Tsukune come stupefatto.
Davvero esisteva qualcosa di così stupefacente? La capacità di piegare tempo e spazio al proprio comando e usarli come un’arma effettiva, terrificante.
-Ma scusa, se tu sai usarlo, perché allora tu e Miles non tornate nel vostro universo da soli?-
Lo sguardo di Maurice si rabbuiò per un istante.
-Fosse così semplice. Tsukune, piegare tempo e spazio è una faticaccia, non sono ancora abbastanza forte da usare un Chaos Control che mi permetta addirittura di viaggiare attraverso il continuum spazio-temporale… almeno, non con uno smeraldo soltanto, se avessi avuto anche gli altri sei non ci sarebbero stati problemi. Anche per questo mi sto esercitando… e per affrontare ciò che mi aspetterà quando tornerò su Mobius.-
Maurice che voleva diventare ancora più potente per ciò che lo attendeva? Ma, per quel poco che aveva visto, era un combattente formidabile, insomma, aveva messo in ginocchio tutti loro senza neanche sforzarsi.
-Maurice… questo… Nazo, si chiama così, giusto?... Questo Nazo… è davvero così potente?- Tsukune deglutì nel chiederlo, aveva quasi paura di sentire la risposta;ricordava ancora quando Maurice e Miles avevano raccontato loro del responsabile del loro “viaggio non programmato”, lo avevano descritto come un essere malvagio e squilibrato mentalmente, imprevedibile e dal quale aspettarsi ogni sorta di pazzia.
-Di certo posso dirti che non mi era mai capitato davanti un nemico come lui! Non saprei neanche come definirlo, ma d’altronde non credo che esista un termine adatto per definire il Chaos meglio di “Chaos” stesso. Questo è Nazo!-
Tsukune si sentì quasi in colpa: Maurice e Miles erano stati separati dai loro amici ed ora si ritrovavano invischiati anche nella loro battaglia contro Fairy Tale, con la consapevolezza che, nel mentre, i loro cari si ritrovavano ad affrontare una minaccia senza precedenti dove non avevano garanzia di sopravvivere.
-Mi dispiace.-
-Per cosa?- fu il turno di Maurice di stupirsi.
-Voi avete già i vostri problemi e vi siete trovati coinvolti anche nei nostri. Il preside Mikogami vi sta pure ricattando, in un certo senso, cioè, ha detto che vi farà tornare su Mobius solo se voi ci aiuterete a sgominare Fairy Tale… non è giusto.- concluse affranto.
Era un’ingiustizia; certo, anche loro si trovavano in una situazione complicata ma ciò non li autorizzava a coinvolgere chi con tale problematica non avesse nulla a che fare, solo perché era potente.
Tsukune sentì la mano di Maurice poggiarsi sulla sua spalla.
-Hey, sarò sincero: noi potremmo andarcene in qualunque momento… ma abbiamo scelto di restare!-
-Non… non mi stai prendendo in giro, vero?-
Sorriso a trentadue denti da parte del mobiano.
-Il preside aveva detto che potevamo andarcene, non ci ha spiegato come, ma presumo fosse un’assurda magia delle sue, ma abbiamo rifiutato. Vedi, io e Miles ci siamo resi conto di non essere ancora pronti. Nazo è diverso da qualunque avversario abbiamo mai fronteggiato, vogliamo essere pronti ad affrontarlo. Quest’esperienza con voi aiuterà entrambe le parti: noi aiutiamo voi e nel mentre miglioriamo le nostre abilità. Sapevamo che stavamo facendo un azzardo, perché resteremo all’oscuro di ciò che accade sul nostro pianeta, ma sappiamo che dobbiamo correre il rischio. E poi chi lascerebbe un amico in difficoltà?- chiese retoricamente rivolgendogli l’occhiolino.
Bastarono quelle parole perché a Tsukune si scaldasse il cuore: Maurice era davvero una persona straordinaria!
Bastò un fruscio alle loro spalle ad interrompere quel momento a suo modo idilliaco, entrambi si voltarono in direzione della foresta; il fruscio divenne più forte, si trasformò progressivamente, aumentando d’intensità, divenendo poi rumore di alberi sradicati o sferzati.
-Ma che sta…- Maurice non ebbe il tempo di finire che una creatura gigantesca uscì dalla selva ergendosi dinanzi ai due in tutta la sua statura.
Tsukune la fissava ad occhi comicamente sgranati, Maurice si limitò a toccarlo col gomito.
-Tanto per sapere… ma qui alle lucertole che gli date da mangiare, steroidi?-
 
 
 
Tenmei Mikogami poggiò la sua tazza di tè, ancora piena a metà, sulla sua scrivania.
-Mi sa che ho dimenticato di dir loro qualcosa… ma a questo punto se ne saranno resi conto da soli.- disse, mentre i suoi occhi brillarono sinistramente sotto il saio.
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autore:
Questi capitoli d’introduzione sono i più difficili a mio parere (questo qui, tra l'altro, non mi convince neanche), non vedo l’ora di finirli per dedicarmi alla prima vera saga dove cominceranno le botte serie con i cattivi veri e propri, da quel momento in poi le cose diverranno più semplici a mio parere.
Non ho neanche voglia di dire granchè stavolta, non so, oggi mi sento decisamente annoiato… proprio non mi gira di parlare, quindi direi di chiudere qui.
Alla prossima ragazzi… stupida noia.
 

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Capitolo 4
*** ... per i mostri. ***


Kurumu e Mizore si batterono istintivamente il cinque, osservando con decisa soddisfazione l’area circostante, ricoperta di gocce di rugiada che avevano trovato posto pressoché su ogni filo d’erba, come ultimo lascito della loro nuova mossa combinata.
-Certo, bisognerà ancora migliorarla, ma direi che abbiamo trovato l’attacco giusto per mettere in difficoltà Moka.- constatò la succubus con fierezza e seppur Mizore mantenesse il suo solito sguardo quasi apatico era pronta a scommettere che anche lei condividesse la sua stessa soddisfazione.
-Non avrei mai pensato di dirlo, ma credo che noi due formiamo una bella squadra.- ammise quest’ultima con un lieve sorriso denso di significato.
Forse non se n’erano neanche rese conto, ma da quando erano tornate dal villaggio natale della donna delle nevi qualcosa nel loro rapporto era cambiato… o forse era più corretto dire che era nato; era esatto dire che avessero cominciato ad allenarsi insieme già in precedenza, prima che il secondo anno scolastico cominciasse, ma l’unico elemento che le aveva portate a siglare quell’alleanza era il desiderio condiviso di riuscire a dimostrarsi più forti di Moka per conquistare il cuore di Tsukune.
Ma non più, dopo quell’esperienza in cui Mizore, se non fosse stato proprio per la succubus, avrebbe perso se stessa era germogliato qualcosa, la consapevolezza che entrambe ci sarebbero sempre state l’una per l’altra; nessuna delle due, ormai, vedeva nell’altra esclusivamente una rivale in amore da sconfiggere ma un’amica sincera su cui poter fare affidamento nei momenti difficili.
-Che mi dici, stalker, proviamo ad eseguirla di nuovo?- chiese Kurumu, ignorava il senso di fatica che aveva cominciato a pressarla, non badava al sudore che le colava dalla fronte e se ne infischiava del fiato corto, perché sapeva cosa avrebbe risposto l’amica.
-Ci sto.-
-CORRETE!- la voce del loro amato Tsukune le distrasse dal loro allenamento.
A tutta velocità giunse dinanzi a loro Maurice con il centro dei loro “sogni in rosa” tra le braccia… non esattamente una scena virile, ma in quel momento non ci badarono.
-Maurice, molla il mio Tsukune, nessuno può stargli così vicino, eccetto me.- Kurumu cominciò comicamente a dare pugni sulla spalla del ragazzo per fargli mollare la presa, nel mentre Mizore stava già affilando i suoi kunai di ghiaccio.
-Ti avviso che ho una buona mira.-
-Perché non si riesce mai a mantenere la serietà per più di cinque minuti?- borbottò uno Tsukune buffamente depresso, scendendo dalle braccia di Maurice.
-Io continuo a pensare che avremmo potuto conciarlo per le feste.- si lamentò Maurice incrociando le braccia e mettendo su il broncio.
-Tu, ma non io.-
A riportare la tanto agognata serietà fu un ruggito spaventoso e un’ombra minacciosa che incombé sopra di loro, divenendo sempre più grande man mano che il suo proprietario si avvicinava, portando i quattro a saltare per schivare le enormi zampe posteriori che si abbatterono al suolo.
-E questo bestione da dove salta fuori?- chiese Kurumu, che finalmente comprese il senso d’allarme del moro.
Di fronte a loro si ergeva la possente figura di un dragone dalle squame nere e privo di zampe anteriori, al posto delle quali facevano mostra di se due ali membranose; il mostro ringhiava a bocca aperta, mettendo ben in vista i suoi affilati denti, lasciando chiaramente intendere quale sorte sarebbe toccata a chi malauguratamente sarebbe finito tra quelle fauci.
-Perché c’è una viverna in questo posto? Il preside dove ci ha mandati?- si chiese una Kurumu vittima di un breve attacco d’isteria, anche se c’avrebbe scommesso che gli altri la pensassero come lei.
Ma evidentemente Maurice non ebbe questi tentennamenti, non perse tempo a sfilarsi il ciondolo di spago e venire avvolto da un bozzolo di luce che durò pochi secondi; ora si ergeva al suo posto una figura umanoide dalle sembianze di riccio dal pelo blu e… alto quanto un citofono.
-Forza, lucertolone, io sono pronto.- il mobiano sgusciò fuori dai vestiti studenteschi(che, vista la differenza di stazza con la sua forma umana, in quel momento gli conferivano decisamente una presentazione ridicola)e si preparò alla battaglia, salvo socchiudere comicamente gli occhi nel sentire i commenti fatti dagli altri alle sue spalle.
-Ok che avevamo già visto il suo vero aspetto, ma io continuo a restarci lesso; mi aspettavo che fosse un licantropo, vista la velocità, o roba simile.- disse Tsukune, deluso; aveva ipotizzato che, nella sua forma originale, fosse decisamente più… imponente, non un animaletto che per grazia divina gli arrivava alla cintola.
-Mi lascia irrequieta il fatto che è basso, non ne approfitterà per spiarci sotto la gonna, vero?- si chiese Kurumu tra se e se.
-Questa è una tipica situazione da shonen: un personaggio incredibilmente forte ma dall’aspetto che sa trarre in inganno portando i nemici a sottovalutarlo.- spiegò Mizore col tono di chi la sapeva lunga.
-…Oh, ma andate a quel paese. Fatti sotto bestione, sto per farti vedere di cos’è capace Sonic the Hedgehog!- il riccio blu si appallottolò su se stesso e cominciò a roteare vorticosamente, Tsukune potè giurare di aver visto uno strato d’aria circondare la palla di spine nel suo girare impetuoso; la sfera blu si scagliò contro la viverna centrandola in pieno petto, strappandogli un ruggito sommesso, prima che il contraccolpo la buttasse a terra, stordita.
Il riccio blu atterrò al suolo in posa plastica, non resisté alla tentazione di mettersi in mostra.
-Visto, contro di me non c’è partita.- si volse verso gli altri ragazzi e gli mostrò il pollice alto, Tsukune gli indicò prontamente dietro le sue spalle.
-Ehm… Maur…-
-SONIC! QUANDO SONO NELLA MIA VERA FORMA DEVI CHIAMARMI SONIC! MAURICE MI FA SCHIFO!- sbraitò il riccio in direzione di uno Tsukune fattosi piccolissimo di fronte alla sua comica sfuriata.
In effetti lo aveva specificato, nel suo aspetto originale pretendeva di essere chiamato col suo soprannome, che lui affermava essere il suo nome di “battesimo autoimposto” e che “Maurice” gli faceva venire i tic, lo avrebbe tollerato soltanto in forma umana perché il preside aveva specificato che in tali circostanze ci si dovesse appellare a lui e Tails (vero nome di Miles) coi loro nomi di nascita per depistare i loro nemici nel caso questi li avessero trovati.
-Ok… Sonic… si sta rialzando.- gli fece poi notare il ragazzo moro, indicandogli il possente drago di quattro metri ergersi nuovamente sulle zampe posteriori e scuotere la testa per schiarirsela, facendo nascere spontaneo un ghigno sul volto del porcospino.
-Beh, meglio, non ci sarebbe stato divertimento se fosse stato troppo semplice.- il mobiano si mise nuovamente in posa da battaglia, decidendo che stavolta avrebbe concesso la mossa all’avversario, il quale tuttavia si limitò a squadrarlo con istintiva rabbia unita a quella che sembrava paura.
Le viverne non erano note per la loro intelligenza, ma evidentemente anche il drago alato si rese conto di aver davanti un opponente più forte, cosa che lo portò ad alzare la testa e ruggire profondamente, costringendo tutti a tapparsi le orecchie.
-È una richiesta di soccorso, sta chiamando qui i suoi simili.- e i ruggiti che giunsero dalla foresta fecero capire a Kurumu che ci aveva visto giusto e i che i rinforzi sarebbero giunti a breve, purtroppo per loro.
-A questo punto non ha senso lamentarsi, prepariamoci a riceverli.- Mizore decise che non era il caso di lasciare che Sonic se ne occupasse da solo, sfoderò i suoi artigli di ghiaccio e lo affiancò.
-Vorrei proprio sapere secondo quale criterio il preside ha deciso di chiamare questo posto “Il paradiso”.- Kurumu sospirò, il preside Mikogami aveva sempre avuto un’aria inquietante, ma chi si immaginava lo fossero anche i suoi “hobby”; insomma, chi rinchiude dei mostri feroci in un’altra dimensione e, soprattutto, con quale coraggio ci manda dei suoi studenti ad allenarsi senza almeno avvertirli?
Decise che era il caso di non pensarci, sfoderò le sue unghie-artigli, si fece spuntare coda ed ali e si preparò a combattere.
-Mai un po’ di pace… mai un po’ di pace…- mormorava Tsukune con i lacrimoni, prima di farsi serio anche lui; Mizore aveva ragione, era inutile recriminare ormai, se il preside aveva architettato tutto per metterli alla prova allora gli avrebbero dimostrato di essere all’altezza delle sue trovate.
Il ragazzo lanciò un’occhiata all’Holy Lock sul suo polso, sperava davvero di non dover rimuovere nessun sigillo, non se la sentiva di correre il rischio di trasformarsi un’altra volta in un Ghoul se non strettamente necessario.
 
 
 
Il combattimento ad armi bianche era finito ancor prima di cominciare, l’ennesimo gigante di roccia crollò al suolo steso dalla mazzata rifilatagli da Kokoa in testa, che atterrò in piedi mostrando un ritrovato sorriso sicuro.
-E anche questo è andato!-
-Vorrei proprio sapere da dove spuntano fuori tutti questi golem?- chiese Miles, in riferimento agli enormi colossi di pietra che, all’improvviso, avevano cominciato ad emergere dal terreno ed attaccarli selvaggiamente; essendo i golem privi di volontà propria, era inutile porsi domande su quali ragioni li spingessero a tale atteggiamento, seguivano solo un primordiale istinto bellico.
Non che la vampira dai capelli rossicci se lo fosse chiesto, non appena il primo di quei mostri aveva tentato di metterle le mani addosso, aveva rifilato ad esso un colpo di mazza ferrata così forte da fargli saltare via l’arto.
Miles schivò il pugno di uno di quei mostri e decise che era il caso di prendere il volo per avere maggior libertà d’azione; si sfilò la collana e il suo aspettò mutò, rimpicciolendosi e divenendo una volpe umanoide dal folto pelo giallo e due code che sballottavano.
-Non pensavo che anche sul vostro pianeta potessero esserci degli youkai.- sentì distintamente il commentò di Kokoa, impegnata anch’essa a schivare i colpi di un altro nemico in attesa di trovare un punto scoperto nelle sue difese, chiaramente riferendosi a lui.
-Neanche io ne avevo idea, fino a poco più di un anno fa ero convinto che il mio fosse un raro caso di malformazione genetica, diciamo che… ho scoperto per puro caso di essere un ayashi.- asserì il mobiano sfilandosi i vestiti in fretta e furia per non restare scoperto a nuove offensive nemiche che,  effettivamente, non tardarono a mostrarsi, sotto forma di un altro golem che tentò di schiacciarlo sotto il suo enorme piede, che venne schivato con un salto laterale.
Nel mentre Kokoa respinse con la sua mazza il manrovescio di un altro dei giganteschi mostri di pietra, allontanandolo da lei e gettandosi ferocemente su un altro ancora che fu centrato ad una gamba e messo in ginocchio.
Ghignò sinistramente quando udì il rimbombo di un ulteriore nemico alle sue spalle, se sperava di coglierla di sorpresa si sbagliava di grosso, quello che non avrebbe immaginato era che lo scontro tra l’arma e il pugno del bestione le avrebbe fatto perdere la presa, lasciandola disarmata.
Notò Ko-chan tornare nella sua forma normale e tentare di raggiungerla, ma si accorse anche del colpo che il golem stava caricando nuovamente e si preparò a schivarlo… ma non fu necessario; evitò l’attacco, ma non da sé, perché si ritrovò improvvisamente trascinata verso l’alto a metri d’altezza.
-Ehy, ma cosa…- solo in quel momento si rese conto che era stato Tails (soprannome con cui li aveva pregati di rivolgersi a lui quando manteneva il suo vero aspetto)a prenderla e portarla in alto… facendo ruotare le sue code.
-Un momento, da quando le kitsune volano?- la volpe si era posizionata abbastanza in altitudine da metterli fuori portata dagli attacchi dei golem, i quali, nella loro intelligenza limitata, continuavano a sferrare colpi verso di loro, tutti ovviamente a vuoto; questa consapevolezza permise ai due di discutere con calma e ragionare.
-In realtà ci riesco sin da quando ero molto piccolo, ovviamente mi sono dovuto esercitare, detto in breve, funzionano come le pale di un elicottero.-
-D’accordo, ora però pensiamo a sistemare questi cosi. Idee, genio?- gli chiese la vampira.
Il volpino rimuginò sulla situazione per una manciata di secondi, prima di convincersi di aver trovato la soluzione, semplice ma efficace, se l’intelligenza dei golem era limitata proprio come aveva sentito, allora il piano avrebbe potuto essere applicato più volte per metterli fuori combattimento tutti quanti.
-Avrei una pensata: basterà metterci in una posizione tale da fungere da bersaglio a più golem in una volta e al contempo far si che ciascuno di loro faccia partire un attacco che sia diametralmente opposto ad un altro, in questo odo si colpiranno a vicenda. Se agiamo così non dovremo nemmeno sprecare energie e preservarle nell’evenienza giungano altri mostri con intenzioni belliche. Non sarà l’idea più brillante dell’universo, questo lo riconosco, ma sono sicuro che funzionerà!-
Effettivamente come trovata era decisamente basilare, la stessa Kokoa sapeva che un’idea del genere sarebbe potuta venire a chiunque, ma l’importante era che poi l’esito la confermasse come efficace e valida, indipendentemente dalla complessità e considerando nuovamente lo scarso intelletto di quei bestione era assolutamente fattibile.
-E va bene, signor “Primo della classe”, andiamo la sotto!- dichiarò mentre vide Ko-chan avvicinarsi in volo, a cui fece cenno di non posarsi sulla sua testa, Tails probabilmente non avrebbe retto anche i suoi cento chili.
-Ricevuto!- asserì Tails.
 
 
 
-Ma che accidenti vogliono queste, desu?- chiese Yukari, mentre con la bacchetta materializzò delle gigantesche pentole che scagliò verso le facce degli esseri volanti che stavano inseguendo lei e Ruby, mancandole.
-Yukari, non agitarti troppo altrimenti non riesco a mantenere l’assetto di volo!- Ruby, in volo con l’ausilio delle sue tre paia d’ali di corvo, aveva qualche difficoltà a causa della strega più giovane che, causa l’incapacità di volare, era aggrappata alla sua schiena; le due erano inseguite da tre youkai umanoidi dalle sembianze di donna e ali d’uccello sulla schiena, non era quello però a preoccuparle quanto i denti drignati e l’espressione feroce sul volto delle bestie.
-Dannate arpie, non spostatevi, così vi colpisco, desu.-
-Yukari, devi farti venire un’idea delle tue, io non posso prendere la mira con te addosso e per giunta quelle tre si stanno progressivamente avvicinando.- e purtroppo la strega più grande aveva ragione; Yukari non era certo in possesso di un peso eccessivo, ma il suo corpo stava causando involontarie complicazioni alle sue ali rallentandone il volo, le arpie, prive di complicazioni, invece, stavano periodicamente riducendo la distanza che le separava dai loro bersagli, pregustavano a tal punto la vittoria che stavano già affilando gli artigli delle loro zampe posteriori da volatili.
La streghetta materializzò i suoi tarocchi, mentre il cuore in cima alla sua bacchetta si illuminava.
-Vediamo se così funziona, desu.-
Grazie al suo incantesimo, Yukari moltiplicò le carte e le fece levitare fino a formare un muro che ostruì la visuale delle arpie; le youkai femminili ruggirono furiose e fecero a pezzi le carte con i loro artigli per poi accorgersi che le loro prede erano sparite.
-Beccatevi queste, desu!- gli occhi delle tre bestie si sgranarono comicamente quando tre gigantesche bacinelle crollarono sulle teste di ciascuna, prima di cominciare a precipitare, mentre Yukari e Ruby, da posizione sopraelevata, si battevano il cinque trionfanti.
-Bell’idea, Yukari, ce ne siamo sbarazzate.-
-Non per niente sono un genio, desu.- la ragazzina si toccò la testa con l’indice per ribadire nuovamente il fatto che fosse lei la mente del gruppo, in quel momento avrebbe tanto voluto che ci fosse quel Miles così da sbattergli in faccia la sua superiorità intellettuale.
-Ora però evita di vantarti, era una bella idea, ma nulla di così eccezionale.- con gli occhi comicamente socchiusi, Ruby pensò bene che fosse il caso di riportare l’amica coi piedi per terra, riflettendo poi sul fatto che fosse il caso di farlo anche letteralmente, non era da escludere che vi fossero altre arpie nei paraggi, meglio evitare di ritrovarsi circondate nuovamente.
La strega virò verso il basso, in direzione suolo.
 
 
 
L’ennesimo ciclope crollò al suolo, un gigantesco cerotto apparso magicamente sulla testa là dove il calcio di Moka l’aveva colpito.
-Imparate a stare al vostro posto, bestioni senza cervello!- nessuno di quegli esseri avrebbe mai potuto fornirle una sfida degna, erano creature stupide incapaci di ragionare, bastava schivare e colpire con la giusta forza per stenderli, nulla di complicato per lei.
La vampira albina notò che ve n’era ancora uno in piedi, niente che potesse impensierirla, ci sarebbe voluto un attimo per mettere a tappeto anche lui; schivò con agilità il colpo di clava che il colosso monoculare tentò di sferrarle e spiccò un balzo in direzione del suo capo, già pronta a colpirlo con un calcio… e fu lì che notò qualcosa di strano: per un attimo ebbe l’impressione che qualcosa, una sorta di gambale fatto d’energia, fosse apparso attorno alla sua gamba, prima di svanire.
L’attacco centrò il ciclope al centro della fronte e, come tutti quelli che l’avevano preceduto, anche lui crollò al suolo sconfitto nettamente, nel mentre Moka atterrò a terra, osservando con leggera confusione la parte del corpo con cui aveva sferrato la mossa.
“Possibile che fosse… no, non può trattarsi di quello. Solo i vampiri che…” il pensiero albergò poco nella sua mente, troppo flebile la possibilità che esso fosse concreto… tuttavia era meglio limitarsi ad accantonarlo solo per via temporanea.
A differenza di Omote, Ura-Moka, sempre stata più serie e diffidente, non metteva mai nulla da parte definitivamente.
Al momento si trattava di un’ipotesi che poteva essere accompagnata dall’aggettivo “folle”, ma se fosse accaduto nuovamente, se si fossero verificate nuove eventualità che le avessero fatto notare qualche somiglianza con “Loro”, allora l’aggettivo sarebbe variato in “probabile” e avrebbe indagato.
-Non vedo come gli eventi possano portare a tale conclusione, ma non bisogna trascurare niente.-
 
 
 
Tenmei Mikogami non badò minimamente alle varie occhiatacce in quel momento rivolte verso la sua persona, o almeno non le giudicò degne di essere ritenute preoccupanti.
-Signor preside, se ci voleva morti poteva dirlo direttamente, anziché mandarci in quel posto piene di belve impazzite. E poi, mi scusi, ma tra tutti i nomi che poteva scegliere, “Paradiso” era proprio il meno idoneo- protestò Kurumu.
La figura incappucciata volse lo sguardo al portone magico ancora aperto che conduceva alla pianura in cui aveva spedito precedentemente i ragazzi.
-Un vero Paradiso… per i mostri. Questa è una dimensione magica che ho creato io, nella quale ho rinchiuso, al fine di preservarle, razze di youkai in via d’estinzione o che in qualche modo sono riuscite ad attirare il mio interesse. Direi che, come luogo d’allenamento, si è rivelato appropriato, ulteriore nota positiva è il fatto che non è morto nessuno.-
Moka, tornata la dolce e gentile Omote una volta che Tsukune le ebbe rimesso al collo il rosario, sospirò comicamente, il preside Mikogami aveva decisamente un concetto tutto suo di “buona notizia”.
-Ma almeno dircelo prima.- borbottò Kokoa a bassa voce.
-Comunque…- continuò il preside -…non illudetevi che le cose per voi saranno sempre così facili.- “Facili”?! Un gruppo di bestioni arrabbiati che ti assaltano da ogni lato nel tentativo di farti la festa lui li riteneva qualcosa di facile?! -Dopo le vacanze estive, una volta che sarete tornati, il vostro allenamento verrà intensificato, Fairy Tale non ci farà certo sconti, pertanto è bene che siate tutti pronti quando giungerà il momento di affrontarli.-
-Non preoccuparti, nonno, questi ragazzi hanno tutti del grande potenziale, sapranno cavarsela… e nel caso non succedesse ci penserò a metterli col sedere per terra a quelli!- dichiarò Sonic, ancora nella sua forma originale, così come Tails.
-E per quanto riguarda te, Tsukune…- il ragazzo moro si fece più serio nel sentirsi interpellato -Alternerai i tuoi allenamenti: oggi ti sei allenato con Maurice (il riccio storse la bocca e il naso, non era nei patti chiamarlo in quel modo in form mobiana), domani si occuperà Moka di te. Vedi, Maurice ti può insegnare a combattere, come muoverti, ma non essendo uno youkai non può insegnarti a controllare lo youki, l’energia spirituale degli ayashi… ed avendo Moka infuso dentro di te il suo sangue, donandoti dunque le capacità di un vampiro, è la più idonea ad insegnarti come controllarlo.-
Tsukune non ebbe nulla da contestare, seppur non riuscì ad evitare di sentirsi un groppo in gola: Ura-Moka non aveva mai nascosto la sua brutalità, di certo, a differenza di Sonic, lei non ci sarebbe andata leggera per permettergli di tenere il passo; l’unica cosa certa, a quel punto, era che i prossimi giorni, per lui, sarebbero stati stremanti.
-Non ho altro da aggiungere, potete andare.-
I ragazzi fecero un segno di congedo ciascuno, prima di voltarsi verso l’uscita che dava al buio corridoio che li avrebbe ricondotti alla “normalità” della Youkai Academy.
Ruby si sentì tirare gentilmente la lunga gonna, era Tails.
-Scusa se te lo chiedo, ma il vostro preside è sempre stato così inquietante? Lo chiedo a te, perché, essendo la sua assistente, lavori a contatto con lui tutti i giorni.- le chiese il ragazzino, tenendo di proposito un tono di voce molto basso, in modo che solo la strega lo potesse udire, ma ci guadagnò solo un sospiro.
-Mi sa proprio di sì. Ma non chiedermi dettagli più specifici perché non saprei risponderti.- per essere il suo braccio destro, il preside Mikogami la rendeva effettivamente poco partecipe delle sue idee, l’ultima prova era che nemmeno l’avesse messa a conoscenza del “Paradiso dei mostri” in cui li aveva spediti.
La kitsune mobiana dovette interrompere lì la sua curiosità per sostituirla con un comico allarmismo nel notare che Sonic si stava rimettendo il ciondolo al collo.
-Avere un aspetto umano non è male in fondo, se non dovessi farmi chiamare in quel modo.- biascicò con disgusto.
-FERMO, FERMO, FERMO!- l’avvertimento del suo migliore amico giunse troppo tardi, Sonic era di nuovo tornato Maurice.
E la prima cosa che il ragazzo notò furono i volti più rossi di un peperone delle ragazze (Kokoa perse addirittura sangue dal naso; Moka riuscì a coprire gli occhi a Yukari giusto in temo; Mizore, impassibile e rossa, temette di sciogliersi, letteralmente), l’espressione scioccata di Tsukune e quella imbarazzata (con tanto di mano in faccia per la vergogna) del suo fratellino/migliore amico.
-Che avete da guardare?- solo dopo essersi dato un’occhiata si rese conto, ma non ebbe il tempo di scusarsi prima che, con un doppio calcio combinato, Kurumu e Mizore gli infilassero la testa nel muro.
-PERVERTITO!- urlò comicamente la succubus.
-Un tantino ipocrita detto da te, ma concordo.-
Tails si avvicinò al suo fratellone porgendogli i suoi vestiti scolastici.
-Il nostro vero aspetto non ci da questo problema, ma in forma umana è necessario che copriamo “certe cose”, per favore, ricordatelo.- gli disse, mentre cominciava ad infilarsi i suoi di abiti, sarebbe tornato a “vestire” i panni di Miles solo dopo.
Il preside osservò quella comica scena con espressione indecifrabile sotto il cappuccio del suo saio, ma i suoi occhi brillarono di una strana luce che sembrava soddisfazione.
Maurice e Miles, quei due erano decisamente particolari, sembrava proprio che “Lui” avesse ragione: ci sarebbero stati grandi cambiamenti da quel momento in avanti.
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autore:
Forse non sembrerà, ma a me il personaggio del preside Mikogami piace molto… e non so neanche perché, ad essere sincero.
Comunque non intendo dilungarmi in spiegazioni, come ho già detto non mi piace spendere troppe parole nei capitoli di introduzione, dal momento che questi eventi sono ancora quelli iniziali, ma a breve cominceremo ad entrare nel vivo degli eventi, quindi resistete. (io per primo devo resistere)
Alla prossima.

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Capitolo 5
*** Cominciano le vacanze estive! ***


Il rosario di Moka non poteva restare staccato per un lasso di tempo eccessivo, per ammissione della stessa vampira, il verificarsi di tale circostanza avrebbe potuto causare all’oggetto un danneggiamento permanente di tipologia sconosciuta che nessuno, in tutta franchezza, desiderava scoprire.
Facendo leva su questo importante fattore, Tsukune era riuscito a darsi una ragione in più per affrontare l’allenamento con Ura-Moka con la consapevolezza che, per quanto brutale e difficile sarebbe potuto essere, la durata del processo non avrebbe potuto essere longeva a sufficienza da ridurre in briciole le sue disgraziate ossa, al massimo lo avrebbe sfiancato a morte.
Non aveva però fatto i conti con il preside Mikogami; direttamente dalla sua collezione di oggetti magici rari e pericolosi, il direttore della Youkai Academy aveva tirato fuori la frusta Belmont.
Secondo le sue parole, quell’oggetto aveva la capacità di consentire a chi lo toccava di avere accesso completo ai suoi poteri senza dover rimuovere eventuali sigilli, una sorta di “cancello magico”.
In un primo momento aveva anche ipotizzato di lasciare che fosse Tsukune ad utilizzarla, così da avere pieno accesso ai suoi poteri di vampiro senza rimuovere i sigilli dell’Holy Lock e correre di conseguenza il rischio che il sangue iniettatogli da Moka lo corrodesse dall’interno trasformandolo in Ghoul nuovamente, ma in seguito aveva optato per lasciarla nelle mani della vampira ed il risultato, per disgrazia del ragazzo, si era rivelato favorevole alle supposizioni del preside: pur avendo ancora il rosario al collo, Ura-Moka era emersa, prevalendo sulla sua controparte buona e gentile.
-Ti farò rimpiangere di non essere tornato nel mondo umano quando ne hai avuto l’occasione!- aveva sentenziato la bella vampira con un sorrisetto a metà tra il malizioso e il diabolico; Tsukune in un primo momento aveva anche sperato che l’avesse detto esclusivamente con lo scopo di intimorirlo, i fatti che seguirono gli diedero invece la dimostrazione che, purtroppo, non si trattava affatto di uno scherzo.
-In piedi, Tsukune! È tutta qui la forza di colui a cui ho concesso il mio sangue?!- Ura-Moka lo fissava con sguardo apatico e commiserante, la frusta Belmont legata alla gamba sinistra così da avere le mani libere.
In quel momento il ragazzo era letteralmente sprofondato nel terreno roccioso tipico della zona che circondava la Youkai Academy, il calcio nello stomaco che gli era stato rifilato fu così forte da imprimere la sua sagoma a terra, ed era pronto a scommettere che, malgrado tutto, Moka si fosse trattenuta, anzi, ne era certo, se avesse fatto ricorso alla sua forza massima lui sarebbe stato già un cadavere.
Si stava sinceramente chiedendo se, piuttosto, non fosse il preside Mikogami stesso a volerlo morto, gli aveva addirittura “permesso” di saltare le lezioni così che l’allenamento potesse svolgersi anche durante le mattine e ottimizzare così i risultati.
“L’unico risultato che ottimizzeremo sarà il mio bisogno di un medico.” Pensò il ragazzo, quasi con frustrazione; riconosceva, tuttavia, quanto la situazione fosse complicata e di come tale circostanza implicasse un acceleramento dei tempi da parte loro; Fairy Tale, dopo gli eventi avvenuti al villaggio delle Yuki-Onna, aveva lasciato intendere di star cominciando a muoversi con serietà preoccupante e tutti loro dovevano essere pronti per la successiva minaccia.
Doveva riuscire ad affrontare quell’allenamento, doveva diventare più forte, se non proprio per riuscire a sconfiggere i membri di Fairy Tale, almeno per riuscire a non perire contro di loro, per portare avanti il suo obbiettivo.
Con la forza delle sue convinzioni a dargli la spinta, il ragazzo riuscì faticosamente a rialzarsi e sostenere lo sguardo della vampira albina.
-Possiamo riprendere.-
Per un attimo gli sembrò di vedere una scintilla di soddisfazione negli occhi cremisi della sua sensei.
-Almeno riesci a rimetterti in piedi da solo. È pur sempre un inizio.-
 
 
 
-Dunque, Mikogami, Prower, come stanno procedendo le cose?- disse la voce proveniente dalla sfera magica sulla scrivania del preside, roboante giunse alle orecchie dei due ascoltatori.
Miles strinse forzatamente i denti, a quel punto non c’erano più dubbi, era stato davvero a lui ad informare il direttore della Youkai Academy della loro presenza e fare in modo che li trovasse per condurli lì.
-Per il momento i ragazzi stanno sviluppando le loro abilità, confido che ben presto vedremo i risultati. Ma per quanto riguarda gli uomini di Nazo, nessuna notizia.- spiegò brevemente la figura incappucciata.
-E su Mobius? Puoi dirmi come si stanno sviluppando le cose? I nostri amici stanno bene?- una risata fredda e calcolatrice fu la prima risposta che il biondo ricevette; gli sembrava quasi di vederlo, il ghigno perverso e maniacale di quel demone schernirlo dall’altro lato dello “schermo”.
-Sempre a preoccuparti prima degli altri che per te stesso, eh Tails? Devo cominciare a pensare che Selìm non stia facendo bene il suo lavoro?- il freddo sarcasmo del suo interlocutore fece provare al giovane un insolito moto di rabbia, i suoi occhi assunsero per un istante una tonalità rossa prima di ritornare al loro solito azzurro cielo.
-Non si fa sentire da parecchio ormai, non ho idea di cosa stia facendo attualmente, posso solo limitarmi a teorizzare.- purtroppo era vero, non aveva la benché minima idea di cosa il suo “lato negativo” stesse tramando, era stato insolitamente silenzioso negli ultimi tempi, ormai poteva dire di conoscerlo bene e il suo silenzio lo metteva in uno stato di nervosismo che lo faceva preoccupare su quali potessero essere i suoi intenti.
-Comunque, su Mobius la situazione è attualmente tranquilla, malgrado stiano cominciando ad accadere delle cose… interessanti. Nulla di importante al momento, magari vi avviserò se la faccenda dovesse farsi complicata... cioè, più di quanto non lo sia già dopo gli ultimi avvenimenti. Alla prossima, eheheh.- e con un’ultima e maligna risata il demone interruppe la comunicazione, la sfera perse lucentezza prima di tornare al suo solito colore opaco.
Miles sospirò, prima di rivolgere al preside uno sguardo riconoscente.
-La ringrazio per avermi fatto chiamare.-
-Diciamo che, facendoti parlare con lui, speravo di invogliarti ad essere sincero con il tuo amico.- e Mikogami sapeva bene a quali conseguenze conduce il tenere un segreto tale per troppo tempo; forse se “lei” non avesse taciuto su quel fatto adesso loro non si sarebbero ritrovati in quella situazione complicata.
-Mi dispiace, non sono ancora pronto per dirgli questa verità. Ho paura della sua reazione.- si sentiva profondamente in colpa a celare una simile rivelazione al suo fratellone, ma avevano già abbastanza problemi perché lui appesantisse ulteriormente il bagaglio con le sue problematiche personali, era meglio tacere, almeno per il momento.
-Sei più complesso del previsto, giovane Prower. Ma ci sono segreti che sarebbe meglio svelare al più presto… altrimenti l’opzione alternativa sarà lasciarli tali per sempre.- si sentiva un ipocrita, considerando ciò che stava tenendo nascosto lui a Tsukune, ma l’obbiettivo da raggiungere era troppo importante per farsi cogliere dai ripensamenti; se tutto si fosse risolto per il meglio, il ragazzo sarebbe stato liberissimo di odiarlo.
-Ci penserò, signor preside, ora devo andare.-
 
 
 
Era ufficiale, non godeva di abbastanza rispetto da parte del suo superiore; non solo veniva letteralmente schiavizzata per svolgere gli incarichi più disparati, ma veniva anche tenuta all’oscuro di tutti i dettagli rilevanti e le notizie importanti che giungevano.
Accettare di divenire l’assistente del preside Mikogami era stata decisamente una pessima idea! Questo pensava Ruby, braccia conserte e schiena appoggiata al muro, fuori dall’ufficio, dopo essere stata cortesemente invitata ad uscire fuori dal suo stesso capo in quanto questi aveva da scambiare quattro parole con Miles; era decisamente curiosa, non poteva negarlo, a riguardo di cosa avesse il preside da discutere col giovane genio di così importante da non volere che altre orecchie ascoltassero.
E quando la porta dell’ufficio finalmente si aprì facendo uscire la figura del ragazzino, Ruby pensò anche che forse valeva la pena tentare di capirci qualcosa, magari Miles sarebbe stato disposto a lasciar trapelare qualche dettaglio sulla discussione avuta con il direttore, anche solo per toglierle qualche dubbio.
-Ehm… com’è andata?- gli chiese quasi titubante, come se avesse avuto paura di offenderlo, quando questi le rivolse il suo sguardo più innocente capì che qualcosa non quadrava.
-Nessun problema, Ruby. Il preside e io abbiamo discusso solo di alcun faccende burocratiche relative all’iscrizione mia e di Maurice, volevamo solo esser certi di aver rispettato tutte le procedure ed evitare così degli sciocchi cavilli.- la spontaneità e la sincerità, unite al suo sguardo così limpido, avrebbero tratto in inganno chiunque; era una maschera ben studiata la sua, ma appunto falsa.
Come aveva fatto a rendersene conto? Non lo capì nemmeno lei, forse una sorta di rapida empatia con quel ragazzino che improvvisamente emanava un forte senso di familiarità che non seppe spiegarsi, decise comunque che era meglio evitare di scavare a fondo, non sembrava proprio essere il caso; avrebbe dato corda al suo gioco.
-Meno male, allora. Allora ci vediamo.-
-Certo, a dopo.-
E mentre Ruby rientrava nell’ufficio e Miles si dirigeva in classe, entrambi pensarono di dover migliorare le proprie capacità recitative, almeno di fronte all’altro.
“Ha capito che mentivo… ma la ringrazio per non aver fatto più domande.”
“Si è accorto che non me la sono bevuta. Che cosa nascondi, ragazzino?”
 
 
 
Maurice non fece il minimo sforzo per trattenere il rumoroso sbadiglio che uscì dalla sua bocca, non si prese neanche la briga di mettersi la mano davanti, anche se la sua noia era in un certo senso condivisa, anche gli altri non avevano in quel momento delle espressioni molto spigliate, prova che, malgrado tutto, non si sarebbero certo offesi per quel suo atteggiamento poco galante.
-Allenamenti a parte, questi giorni sono stati una noia assoluta!- dichiarò Kurumu stiracchiandosi, ma abbassò immediatamente le braccia nel vedere lo sguardo perverso di Ginei, occupato a fissarle il seno che con quell’azione aveva inavvertitamente messo ancor più in mostra di quando già non facessero le sue dimensioni.
Nessuno ebbe il volere di aggiungere nulla, c’era decisamente bisogno che qualcosa smuovesse le acque… neanche a farlo apposta, poco dopo dalla porta entrò nella sede del club la professoressa Nekonome.
-Salve, ragazzi, accidenti, che sguardi morti, nya.- notò la svampita donna-gatto mettendosi in una posa che ricordava quella di un micio nell’atto di porgere in avanti la zampa.
-Era da un po’ che non si faceva vedere qui, professoressa, desu.- notò a voce alta la piccola Yukari; effettivamente negli ultimi giorni la bizzarra insegnante non aveva mai fatto una comparsata all’interno della sede(e dire che il club di giornalismo era stato istituito proprio da lei), non aveva nemmeno conosciuto di persona Maurice.
-Già, ma c’è stato un buon motivo. Vedete, sotto permesso del preside, in questi giorni mi sono organizzata per consentire a voi ragazzi del club di trascorrere un piacevole periodo di vacanze estive.- e fu quello a far scattare la scintilla dell’interesse negli occhi dei ragazzi, era sicura che la cosa li avrebbe fatti destare dal loro torpore.
-Di che si tratta, precisamente?- alla domanda di Kurumu, due orecchie appuntite e pelose spuntarono fuori dai capelli della donna, sperava davvero che qualcuno glielo chiedesse.
-Niente di più semplice, in realtà. L’obbiettivo primario della Youkai Academy è preparare i suoi studenti a vivere nel mondo degli uomini, permettere loro di adattarsi alla loro civiltà, questo lo sapete. Bene, abbiamo contattato negli ultimi giorni una delle nostre migliori allieve diplomate, Sun Otonashi, la quale ci ha dato la sua disponibilità ad accogliervi tutti nell’albergo in cui lei lavora per tutto il periodo della pausa estiva.-
Ben presto la noia che ammorbava l’aria svanì di colpo e tutti i ragazzi presenti mostrarono il loro favoritismo a tale operazione; era una bella idea, in effetti, senza contare che così facendo avrebbero potuto trascorrere le vacanze in compagnia del loro amato Tsukune, almeno questo fu il pensiero di tutte le ragazze eccetto Kokoa.
Ma fu Maurice il primo ad alzare la mano. -So che in quanto ultimo arrivato non dovrei muovere pretese, ma spero non sia un problema se anche mio fratello Miles viene con noi, non è iscritto a questo club, d’accordo, ma mi dispiacerebbe lasciarlo qui da solo. A parte i ragazzi del gruppo del giornalino non è che abbia fatto conoscenza con altri studenti.- spiegò il mobiano, il cui primo pensiero fu quello di non abbandonare il suo migliore amico. Lo conosceva bene e sapeva che avrebbe sicuramente trovato un modo per scacciare via la noia, probabilmente si sarebbe rinchiuso in una stanza a progettare quegli assurdi macchinari che solo la sua mente riusciva a partorire, ma di certo non si sarebbe espresso negativamente di fronte alla tentazione di una vacanza rilassante.
-Ne parlerò con il preside, ma non credo ci saranno problemi. A proposito, tu sei il nuovo arrivato, se non sbaglio.- quelle che accadde dopo fu decisamente strano; la professoressa cominciò a strusciarsi amichevolmente sulla spalla di Maurice facendo le fusa sotto gli occhi sgranati di tutti i presenti, ricordava un gatto in cerca di coccole.
-Ma che sta…?- il ragazzo vide anche una coda sbucare sotto la gonna della professoressa e agitarsi allegramente, come a manifestare fisicamente i sentimenti della donna-gatto.
-Professoressa, ma li accoglie così i nuovi iscritti?-
-Veramente ogni volta varia: a me ha chiesto di condividere con lei un pesce crudo, a Ruby ha chiesto di lanciarle un gomitolo… tanto per fare due esempi.- commentò Mizore, sbucata da dietro la scrivania della stanza, rimembrando quelle che, oltre a quella di Kokoa, erano state le adesioni più recenti, ovviamente avvenute prima di quella di Maurice.
Come riscossasi da un breve momento di puro istinto, la professoressa si ridiede un contegno, seppur la coda e le orecchie fossero ancora visibili, concludendo il discorso che aveva precedentemente cominciato.
-In conclusione, l’appuntamento sarà alla fermata del bus tra quattro giorni verso metà mattinata. Vi garantisco che rimarrete stupiti dal posto e la vostra senpai Sun si assicurerà di rendere piacevole il vostro soggiorno. Allora a presto ragazzi, nya!- e la professoressa se ne andò saltellando come un gatto che zampettava con Maurice che fissava quasi basito la scena.
-Non credevo che anche qui avrei incontrato un tale numero di sballati… ragazzi, mi fate concorrenza.- commentò ironicamente il mobiano, suscitando un breve momento di ilarità in tutti, anche se Yukari in seguito si lasciò sfuggire uno sbuffo al pensiero di ritrovarsi in mezzo il suo neo-nominato rivale anche in vacanza.
Con un comico verso di stizza tirò fuori una bambola vodoo che ricordava vagamente l’aspetto originale del ragazzino e cominciò a punzecchiarla alla testa ripetutamente con uno spillo.
-Questo perché mi hai tolto la mia unicità, questo perché ti credi migliore di me(non aveva prove per dirlo, ma si era puntigliosamente ancorata a quella convinzione) e questo perché sì, desu!- avrebbe poi soffocato una comica esultanza quando, alcuni minuti dopo, il giovane Miles entrò nella sede del club chiedendo se qualcuno avesse dei rimedi contro il mal di testa, dichiarando di aver sentito uno strano fastidio al capo.
-Una gita, dite? Non ci vedo nulla di male, se sarà possibile mi unirò con piacere.-
-Dannazione.- biascicò la streghetta.
E Maurice fu quello che più di tutti espresse la sua gioia con urlo entusiasta.
-Yahoo! Sara uno spasso ragazzi! Passeremo un piacevolissimo e divertentissimo soggiorno…-
 
 
 
-…AL MARE?! MI PRENDETE PER IL CULO?!- lo stupore negativo trasparì a pieno volume dalla voce del ragazzo dai capelli blu; una spiaggia dorata, mare cristallino, cielo splendente e persone che si divertivano, questo era ciò che si manifestava dinanzi al gruppo, ma per lui era un Inferno.
-Beh, che ti aspettavi? Siamo in Estate, quale luogo migliore del mare per passare le vacanze?- Tsukune non ebbe risposta alla sua domanda, potè però godersi lo spettacolo di Miles che fu costretto a mettere lo sgambetto al suo fratellone per placcare sul nascere il suo tentativo di fuga a velocità supersonica.
-Mi sa che non vi ha ancora parlato della sua idrofobia. A lui poi è sempre piaciuta la montagna.- commentò quest’ultimo, mentre tutti avevano fissato la scena con gli occhi comicamente ridotti a puntini.
Poco più in là, seduto al suo posto di guida sul bus con cui aveva accompagnato i ragazzi, l’autista si calò il berretto sugli occhi con cupa soddisfazione.
-Preside Mikogami, siete davvero un demonio quando escogitate certe cose.-
Sarebbe stato un banco di prova importante per quei ragazzi, se era vero che la settima divisione di Fairy Tale aveva in quella zona il suo quartier generale, allora era assolutamente certo che, nel lasso di tempo che avrebbero trascorso lì, avrebbero inevitabilmente avuto a che fare con loro; per tutti si sarebbe rivelato vitale superare quel test e nel caso in cui sarebbero addirittura stati in grado di smantellare tale branca di Fairy Tale, seppur fosse la più debole, sarebbe stato un segnale importante, un avvertimento per i loro nemici.
 
 
 
Una figura camminava nel bel mezzo di un corridoio buio, la totale assenza di luce rendeva impossibile distinguerne i tratti, eccetto i minacciosi occhi rossi dalle pupille verticali che ardevano come fuoco e che al contempo trasmettevano una freddezza tale da dare l’impressione di poter congelare con una sola occhiata; l’unico rumore era costituito dal battere delle sue scarpe sul pavimento, nient’altro osava interrompere quel silenzio quasi sacrale.
Camminò per alcuni minuti fino a raggiungere un’immensa sala cilindrica  ben illuminata della quale non si riusciva ad intravedere il soffitto e si fermò al centro di essa.
Fu a quel punto che proferì parola.
-Kahlua!- un nome, un ordine chiaro e categorico, un tono di voce apatico e privo di sfaccettature che paradossalmente lasciava trasparire fin troppe conseguenze in base a ciò che avrebbe seguito.
-Mi avete chiamato, madre?- una figura femminile apparve dietro di lei: una bella ragazza ormai prossima ai vent’anni, dalla pelle scura e dai capelli di un biondo incredibilmente chiaro e splendente; due occhi rossi come quelli della figura genitoriale, ma in essi non vi era alcuna traccia di malvagità o indifferenza, quanto piuttosto di innocenza e sottomissione.
-Ho un incarico da affidarti!-
La ragazza annuì sommessamente, qualunque incarico le sarebbe stato affidato, avrebbe fatto del suo meglio pur di portarlo a termine, non era diventata la più grande assassina della famiglia Shouzen per caso.
-Negli ultimi tempi, non abbiamo più ricevuto notizie dal quartier generale della settima divisione. So che tu solitamente ti occupi di incarichi ben più complessi e difficili, ma tutti gli altri membri importanti sono occupati con la ricerca del frammento dell’anima del “Grande Antenato”, dunque mi ritrovo costretta ad impiegarti per tale compito: dovrai semplicemente recarti al loro quartier generale e farti consegnare un rapporto dettagliato della situazione degli ultimi tempi. Che quell’idiota di Kanade non si prenda troppe libertà e ricordi chi è il capo.-
-Certo, madre.-
-E se dovessero sorgere complicazioni, non esitare a… sbarazzartene!-
Kahlua annuì semplicemente, ma tenne di proposito il capo chino per evitare che sua madre potesse vedere i suoi occhi inumidirsi; il messaggio era chiaro: uccidere eventuali nemici o anche membri stessi del gruppo se questi avessero mostrato un comportamento ritenuto rivoltoso e comunque non accondiscente.
-Puoi andare.-
-Obbedisco!- fu tutto quello che disse, ma dentro di sé Kahlua piangeva.
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autore:
Lo dico con la massima convinzione: questo capitolo è stato uno schifo!
Vi giuro che non sapevo in che altro modo farlo, ogni cosa mi sembrava sbagliata e ogni dettaglio mi sembrava o superfluo o non abbastanza esplicativo e alla fine è uscito fuori questo, per giunta anche più corto rispetto al solito.
Meno male che dal prossimo le cose cominceranno a farsi più serie, forse riuscirò, come si suol dire, a recuperare smalto.
Per il momento vi saluto ragazzi, alla prossima, sperando di potervi offrire un capitolo migliore.


 

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Capitolo 6
*** Placida giornata in spiaggia. ***


Tsukune aveva più volte pensato che gli allenamenti di Ura-Moka lo avrebbero ucciso… ed era certo che, se fossero stati di più i giorni che li separavano dalle vacanze estive, ci sarebbero riusciti e di lui sarebbe rimasto soltanto un mucchietto d’ossa sbriciolate e in tutta onestà non era accaduto anche grazie a Maurice; l’alternanza tra lui e Moka nel fargli da sensei gli aveva fatto guadagnare un briciolo di pietà da parte del mobiano che, constatate le sue condizioni dopo gli esercizi estenuanti con la bella vampira, gli concedeva alcuni minuti di pausa extra.
Non si trattava mai di troppo tempo, Tsukune era stato il primo ad insistere, spinto dal suo desiderio di migliorarsi, ma era sinceramente grato al suo nuovo mentore di quei brevi lassi temporali che gli venivano dati per stendersi e ritemprarsi dalla fatica.
Grazie ad essi aveva anche avuto l’occasione di conoscere meglio il mobiano e rendersi conto di che persona fosse… peccato che tale disegno mentale stesse in quel momento crollando in frantumi di fronte a quella scena patetica: Maurice che frignava come un bambino appoggiato alla spalla di Miles mentre quest’ultimo gli dava delle pacche sulla testa e gli diceva parole confortanti.
-Perché il mare? Perché il mare? Non potevano mandarci in montagna? Li avrei potuto correre spensierato tra i prati.-
“Si, e le caprette ti avrebbero fatto ciao.” pensò Miles con gentile sarcasmo, mentre gli carezzava i capelli e lo rassicurava.
-Su, calmati, ricordati che se non entri in acqua non può accaderti nulla, e comunque sono sicuro che ci saranno molti modi per divertirsi, vedrai che essere in spiaggia non ti creerà problemi.- che cosa gli toccava fare per tenerlo tranquillo e non fargli commettere pazzie.
“I miti ormai crollano ancor prima di nascere.” pensò Tsukune, mentre dava un’occhiata al lungomare, dove, malgrado fosse ancora mattina, vi era già una discreta quantità di persone che, prevedendo il maggior affollamento che sarebbe avvenuto il pomeriggio, avevano evidentemente deciso di approfittare della situazione più quieta offerta dalla prima parte della giornata per godersi la spiaggia in silenzio.
-Dunque, ragazzi, quando dovrebbe arrivare la senpai per accompagnarci all’albergo?- chiese ad un certo punto Kurumu, dando una rapida occhiata all’orologio che Tsukune portava al polso; erano circa le dieci e mezzo.
-In base a quanto dettoci dalla professoressa Nekonome, l’appuntamento era qui attorno alle undici, desu. Siamo arrivati in anticipo, quindi dovremo aspettare un po’, desu.- spiegò Yukari.
Quei minuti d’attesa trascorsero tra le ragazze impegnate a fantasticare su quanto si sarebbero divertite e ai bei momenti che avrebbero passato in compagnia del loro amato Tsukune (con annesse occhiatacce alle rivali e biasimi da parte di Kokoa che ancora non capiva cosa ci vedessero in lui), quest’ultimo che arrossì ad immaginare Moka in costume e Maurice che continuava a disperarsi sulla spalla del suo migliore amico.
Ad un certo punto Miles si sentì toccare gentilmente la spalla, quando voltò lo sguardo si trovò davanti quella che, a giudicare dall’aspetto giovanile e l’altezza di poco superiore alla sua, doveva essere una coetanea sua e di Yukari: una ragazzina dai capelli color ebano che le scendevano fino al collo incorniciandole il volto e due brillanti occhi blu, l’abito azzurro a pallini blu che indossava contribuiva ad enfatizzare il suo aspetto giovanile, dandole quasi l’aspetto di un angelo.
Il primo pensiero di Miles, coadiuvato dalle sue guance leggermente rosse, fu che fosse carina e il timido sorriso che gli rivolse avvallò ulteriormente quel pensiero.
-Posso aiutarti?- le chiese, ma non ricevette risposta, almeno non oralmente, dal momento che la sua nuova interlocutrice gli fece gentilmente cenno di attendere per poi tirare fuori un quaderno ad anelli su cui cominciò a scrivere, portandolo a ipotizzare che probabilmente fosse muta.
-Voi siete gli studenti della Youkai Academy, giusto?- aveva scritto.
-Si, come lo… aspetta un attimo… tu quindi sei…?!-
-Molto piacere, sono Sun Otonashi.- scrisse poi, portando timidamente il quaderno davanti alla bocca; Miles, sinceramente stupito, si scrollò di dosso un Maurice ancora piangente e richiamò l’attenzione del gruppo.
-Ehm, ragazzi, ho… trovato la senpai.-
 
 
 
-Dunque è così che stanno in realtà le cose.-
Nessuno dei membri del club di giornalismo aveva notato, e in caso contrario aveva bellamente ignorato il fatto, dal momento che non era la prima volta che tale eventualità si verificava, un particolare dettaglio prima di salire sul pullman che li avrebbe condotti a destinazione: Ginei Morioka, il presidente del club, era assente.
Ormai avevano tutti perso il conto delle attività del gruppo che il licantropo aveva saltato, ogni volta per motivazioni inerenti a quel lato del suo carattere che lo facevano apparire disgustoso agli occhi delle ragazze: la sua perversione.
Erano molteplici i casi in cui il ragazzo fosse stato colto in flagrante negli spogliatoi femminili a sbirciare le ragazze mentre si cambiavano per scattare loro foto, in certi casi era stato pizzicato in compagnia del suo amico Haiji, studente del terzo anno come lui e capitano del club di lotta della Yokai Academy, a tradirli erano le loro accese discussioni su quali “tipologie” di ragazze fossero le più meritevoli d’attenzioni, che di certo mal s’addicevano ai loro tentativi di non farsi scoprire e li aveva portati spesso a rocambolesche fughe con studentesse infuriate e armate degli oggetti contundenti più disparati al seguito; sicuramente la sua assenza era dovuta nuovamente a tale motivazione, le ragazze del club avrebbero detto tutte così, chi con sfacciataggine (Kurumu) e chi con disgustata ironia (Yukari).
Quella volta, sorprendentemente, il motivo era tutt’altro.
Appostato sul lato passeggero anteriore della vecchia 500 della professoressa Nekonome, il ragazzo dai capelli neri mostrava uno sguardo serio e concentrato che raramente i suoi compagni potevano dire di aver visto, solitamente mascherato dalla sua apparentemente irrefrenabile perversione; in quel momento il ragazzo aveva buttato via ogni parvenza di superficialità, non era il momento di scherzare, considerando quanto fosse importante ciò che gli era stato appena riferito.
-Esattamente. Il preside aveva espressamente detto di tenere segreta la cosa a tutti voi membri del club, tuttavia mi sembrava doveroso, anche a costo di andar contro alle sue disposizioni, informarvi della verità, visto il grande rapporto che avete con Sun.- spiegò col suo tono apparentemente svampito la professoressa, rivolta al lupo mannaro e all’altro passeggero, ovviamente appostato sul sedile posteriore: un ragazzo dalla corporatura massiccia, chiaramente merito di lunghi allenamenti, dai corti e ispidi capelli biondi e occhi neri che ricordavano quelli di un rapace, vestito di una tuta da karate classica con tanto di cintura nera legata alla vita.
-Scusi, professoressa, ma questa faccenda da quanto va avanti ormai?-
-Circa alcuni mesi, Haiji. In realtà la stessa Sun ci aveva pregati di non coinvolgere nessuno nella questione, alla fine ha accettato di ospitare il club di giornalismo nell’hotel in cui lavoro a patto che non venisse rivelato nulla ai suoi membri, a meno che ovviamente non si fosse verificato qualche; diceva che avrebbe provato a cavarsela da sola perché non voleva creare problemi a nessuno.-
Ginei sospirò nel sentire la spiegazione della professoressa; era tipico di Sun, faceva sempre il possibile per gli altri e per tenerli fuori da guai al punto da esporsi completamente a tutti i rischi.
Ma stavolta non gliel’avrebbe permesso, non dopo quello che lei aveva fatto per lui, ed era certo che Haiji la pensasse allo stesso modo; entrambi, ciascuno per sue motivazioni, avevano un grande debito con la ragazza e finalmente si presentava loro l’occasione per ripagarlo; non l’avrebbero lasciata a combattere da sola quella battaglia.
-So che non c’è alcun bisogno di farlo, ma intendo chiedervelo ugualmente pur immaginando già quale sarà la vostra risposta: siete sicuri di volerlo fare?- chiese Shizuka Nekonome, con una serietà che sembrava fuori posto visto il volto piegato nel suo costante sorrisetto felino, ma che al contempo esprimeva tutta l’apprensione che la donna-gatto nutriva al pensiero del probabile pericolo in cui stava mandando i suoi studenti, in un certo senso sperava che le rispondessero negativamente.
Ginei volse lo sguardo dietro di lui, gli bastò scambiarsi un rapida occhiata con l’amico e un breve cenno d’assenso con cui entrambi ribadirono mentalmente all’altro la loro linea di pensiero: nessun tentennamento!
-Certo. Professoressa, ci porti al quartier generale della settima divisione di Fairy Tale!-
 
 
 
Tsukune aveva ormai maturato il presentimento che qualcuno, dall’Alto, avesse deciso che il suo spirito e il suo corpo non dovevano avere neanche un attimo di pace; si era anche illuso che il periodo delle vacanze per lui sarebbe equivalso a placide e tranquille dormite sotto il sole, nuotate rilassanti, gelati e cocomeri in compagnia.
Aveva dimenticato però che l’Estate disponeva di varie “armi”, oltre al calore, che le valevano l’appellativo di “stagione più calda dell’anno” e la spiaggia era il luogo più comune in cui tali “armi” venivano sfoderate e ammirate dagli occhi rapiti degli sventurati (ma che di certo non si lamentavano) maschietti: le ragazze in costume da bagno!
E lui faceva parte di un gruppo composto quasi esclusivamente da rappresentanti del gentil sesso, per giunte tutta cotte e stracotte di lui, esclusa Kokoa… il problema era che la cosa non costituiva un vantaggio, perché la più giovane delle due vampire del gruppo non si sarebbe certo scomodata per aiutarlo in caso di situazione “pericolosa”.
E tra i prorompenti seni di Kurumu, che nemmeno a farlo apposta rimbalzavano come impazzati ad ogni movimento della succubus, la pelle bianca di Mizore che metteva ulteriormente in risalto il suo “fascino nordico”, il costume striminzito (altro che striminzito, era fatto di stringhe, dannatissime stringhe)di Ruby che permetteva all’immaginazione di prendersi una pausa perché non necessaria e Moka che, seppur dal punto di vista fisico fosse la più equilibrata, era pur sempre il centro dei suoi pensieri sentimentali (e si sa che quando si ama una persona questa ci appare più bella di quanto già non sia), e in costume era decisamente un “bel vedere” anche lei, il ragazzo capì che, di lì alla fine dell’Estate, la sua vista era sotto rischio costante.
Tutte le ragazze (con lo solita e già motivata esclusione) per giunta, ogni volta che gli passavano vicino, si ritrovavano “accidentalmente” a inciampare finendo in pose accattivanti e decisamente invitanti per lo sguardo maschile.
“Di questo passo dovrò imparare il braille!” pensò il ragazzo sentendosi gli occhi andare a fuoco.
Cavolo, forse Maurice aveva ragione, era meglio la montagna, certo, ci sarebbero sempre state le ragazze in pose conturbanti con l’intento di accalappiarlo, ma almeno avrebbero avuto più vesti indosso.
L’unico che avrebbe gradito in maniera esplicita quello spettacolo era il senpai Gin… un attimo, lui dov’era? Ora che ci pensava meglio, ma il lupo mannaro era salito sul pullman quella mattina o si era trattenuto per troppo tempo, e per l’ennesima volta, negli spogliatoi delle ragazze?
-Ci siamo dimenticati Gin!- annunciò ad un certo punto, sperando che il loro presidente non si fosse rintanato in un angolo offeso per tale trattamento, conoscendolo probabilmente no, ma non era da escludere neanche quell’opzione.
Il ragazzo sentì ad un certo punto due braccia avvolgergli il busto e due morbidi “cuscini” (cercò forzatamente di convincersi che lo fossero una volta capito cosa stesse accadendo per evitarsi una furiosa epistassi)premergli sulla schiena.
-Meglio così, quel pervertito non potrà spiarci. A proposito, Tsukune, è da tanto che non abbiamo un po’ di tempo per noi, che ne diresti di appartarci soli soletti.- il moro cercò di ignorare le parole divertite di Kurumu, che di certo non erano state pronunciate con intenti molesti o a luci rosse (forse), ma in quel particolare frangente era alquanto difficile riuscire a non fare certi pensieri.
Ecco perché avrebbe preferito che ci fosse stato anche il senpai Gin, invidiando la sua situazione di “beato tra le donne” (anche se, detto sinceramente, Tsukune non si sentiva poi così beato; con quelle scalmanate ogni giorno poteva essere l’ultimo) magari lo avrebbe aiutato a cavarsi d’impiccio da situazioni potenzialmente sconvenienti… tipo quella che cominciò quando la bella succubus si ritrovò afferrata per le spalle e scagliata indietro dalla ragazza più inespressiva del gruppo.
-Fatti da parte, tettona. Io e il mio futuro marito dobbiamo sistemarci sotto una barca e concepire i nostri figli. E nel mentre che ci siamo possiamo anche pensare ai nomi.- quelle di Mizore, dette con tanta naturalezza e prive di qualunque sorta di vergogna, invece si, che erano parole moleste, Tsukune sgranò sempre di più gli occhi e dovette aumentare lo sforzo per non fare pensate oscene.
Ed era anche pronto a scommettere che entro breve si sarebbero aggiunte anche le altre ragazze.
“Qualcuno mi salvi.” Pensò disperato.
 
 
 
-Tsk, come può mia sorella essere caduta così in basso?- si chiese Kokoa con comica delusione, osservando la parente scambiarsi schiaffetti (era decisamente imbarazzante)con le altre ragazze del gruppo per via del loro chiodo fisso, in quel momento sgusciato via con l’evidente speranza di riuscire a trovare un angolo di spiaggia dove le sue “fan” non potessero raggiungerlo o magari una figura amica che lo aiutasse.
Di certo non sarebbe stata lei, l’unica cosa che le importava in quel momento era stare placidamente distesa sul suo asciugamano, all’ombra dell’ombrellone da lei appositamente sistemato perché riuscisse a nascondere totalmente la sua figura ai raggi del sole, a rilassarsi, col fedele Ko-chan appollaiato sulla testa a sonnecchiare.
D’altronde in vacanza ci si andava appositamente per quella ragione, quindi peggio per loro se non riuscivano a godersi quell’ambiente paradisiaco; era quasi mezzogiorno, a giudicare dalla posizione in cui vide il sole quando sbirciò per verificare, la spiaggia aveva cominciato a riempirsi di bagnanti, ma per fortuna non avevano raggiunto un quantitativo tale da costituire un fattore di disturbo con il loro vociare e fintanto che sarebbe stata alla larga dall’acqua non ci sarebbe stato nessun problema per lei.
Kokoa riuscì finalmente a concedersi un lieve sorriso rilassato.
-Un po’ di pace finalmente!- durò addirittura due secondi, prima che una piccola figura cadesse a pochi centimetri da lei ricoprendola di sabbia, per giunta in quel momento aveva anche la bocca aperta per sospirare, cosa che la costrinse ad alzarsi di colpo e sputacchiare un po’ ovunque per liberare la sua lingua da quei fastidiosi granelli.
La piccola Yukari, messasi a sedere, si diede due schiaffetti per riprendersi dal giramento di testa, cominciando poi ad inviare maledizioni a raffica nei confronti di una certa succubus.
-Non potranno impedire l’inevitabile: Tsukune e Moka si metteranno insieme… e io sarà la loro amante perché li amo entrambi!- dichiarò furiosa e alzando l’indice al cielo la streghetta, causando uno sbuffo contrariato nella vampira che le stava di fianco e che aveva visto gettati alle ortiche ogni speranza di passare qualche momento nel più assoluto relax.
-Sì, le solite storie, ormai le sappiamo a memoria. Piuttosto, che sta facendo il tuo tanto temuto rivale?- le chiese poi, indicando incuriosita il ragazzino biondo che, pochi metri più in là, stava timidamente e gentilmente chiedendo ad alcuni bagnanti di spostarsi.
-Perché me lo chiedi, desu?- controbatté la castana, non mancando di scoccare un’occhiataccia a Miles nel vedere due ragazze accettare la sua richiesta non prima di aver dichiarato quanto fosse “carino e coccoloso”, causandogli un arrossamento di gote per l’imbarazzo; sulla tempia di Yukari si gonfiò comicamente una vena.
“Ma guarda come se la tira, desu!”
-Perché magari così comincerai ad ammorbare lui e io potrò godermi l’ombra… una volta che mi sarò liberata di questi fastidiosi granelli.- concluse la vampira dagli occhi verdi, senza peli sulla lingua, non si era mai fatta scrupoli con nessuno di loro; brutale ma sincera.
Nel mentre, appurato di avere finalmente lo spazio di cui necessitava, il ragazzino usò il bastoncino di legno che teneva in mano per tracciare un piccolo solco sulla sabbia, ricavandone infine un rettangolo; a quel punto però, involontariamente, fece improrogabilmente scattare la molla della curiosità nella sua coetanea.
Lasciata Kokoa finalmente da sola (-Accidenti, mi sa che mi è entrata anche nel costume.- la sentì mormorare, infastidita), decise che effettivamente, Tsukune poteva aspettare, Moka se la sarebbe cavata anche senza di lei, e focalizzare le sue attenzione sul mobiano più giovane.
-Ehy.- la salutò quando si accorse di lei.
-Che stai architettando, se posso chiedere, desu?-
Il mobiano squadrò attentamente la figura che aveva tracciato come a volersela stampare bene in testa, poi le rivolse un sorriso gentile. -Avevo pensato di dilettarmi nella comune, ma a mio parere sempre divertente, arte della costruzione di castelli di sabbia, ho già un’idea in mente su cosa realizzare, ho analizzato attentamente la zona e ho segnato, come tu stessa hai potuto vedere, lo spazio di cui necessito, ovviamente anche in base alla sua conformità. Ti va di darmi una mano?- le chiese poi con gentilezza e fu lì che l’immaginazione di Yukari riprese a galoppare.
“Oh certo, credi non abbia inteso il tuo pensiero, desu. Vuoi rabbonirmi con una comunissima attività da spiaggia, mi farai costruire un ponte di sabbia, poi con una scusa mi ci farai appostare di sotto e me lo farai crollare addosso, vero, desu?” l’essersi ritrovata davanti un altro genio l’aveva decisamente resa paranoica e il sorrisetto traballante, unito al tic all’occhio, che mostrava in quel momento avrebbe fatto formulare tale tesi a chiunque.
-Non vedo perché no, desu.-
-Grazie.-
E armatasi di paletta e secchiello, la castana affiancò il biondo in quella che per lui sarebbe stata semplicemente una tranquilla attività per passare il tempo ma che per lei assumeva invece i contorni di un’assurda guerra psicologica.
-A proposito, dov’è finito il tuo migliore amico/fratello?-
-Maurice?! Le ho provate tutte per convincerlo, ma non ha proprio voluto saperne di scendere in spiaggia, ha detto che andava a farsi un giro in città, mi ha promesso che non avrebbe cercato di svignarsela; quando promette mantiene, quindi sono sicuro che tornerà.-
 
 
 
Dal terrazzino del modesto albergo, Sun Otonashi osservava i suoi kohai con un leggero sorriso, sinceramente contenta che si stessero divertendo e al contempo si sentiva tremendamente in colpa per aver accettato di farli soggiornare lì, visto il rischio di coinvolgerli in quella faccenda che, lo aveva giurato, avrebbe fatto il possibile per sistemare da sola.
-Dunque questi sono gli studenti che abbiamo accettato di ospitare. Sembrano un gruppo decisamente bizzarro.- disse una voce pacata, appartenente ad una donna sulla quarantina che affiancò la ragazza, poggiando le braccia sul cornicione.
-Marin, va tutto bene?- scrisse la mora sul suo bloc-notes, notando un breve istante in cui gli occhi neri e costantemente assonnati (o almeno questa era l’impressione che dava il fatto che fossero perennemente socchiusi) della donna sembrarono incupirsi; questa si limitò a scostarsi una ciocca bionda e sorridere affabile alla ragazza.
-Niente che tu già non sappia, Sun. La situazione è quella che è, possiamo solo fare del nostro meglio e sperare che la fortuna sia dalla nostra.- non c’era traccia di arrendevolezza nelle parole della donna, ma il sincero desiderio di tentare fino alla fine… e Sun sapeva da cosa derivasse la forza d’animo di colei che, da quando era arrivata nel mondo umano, era stata più una madre per lei che una datrice di lavoro, fattore che la faceva sentire ulteriormente colpevole di non averle mai rivelato chi lei fosse davvero.
Ma d’altronde le regole del mondo youkai erano chiare: gli umani non devono sapere dell’esistenza dei mostri!
La ragazza era comunque conscia del fatto che, in ogni caso, non avrebbe lo stesso avuto la forza per dirglielo, dal suo punto di vista, nel meno grave delle ipotesi, le avrebbe causato unno svenimento.
-Beh, sarà il caso di mettersi all’opera: è quasi ora di pranzo e, anche se pochi, ci sono clienti da servire.-
Sun annuì con un triste sorriso, prima di seguirla, pensando al contempo quanto fosse ingiusto che, malgrado tutto l’impegno che aveva sempre messo in ciò che faceva, Marin sarebbe stata costretta a rinunciare al suo sogno.
 
 
 
Non ci poteva assolutamente credere, ma che problemi avevano i giapponesi? Niente chili-dog, ma erano completamente impazziti in quel paese? Non una singola rosticceria, ne un carretto ambulante, ne un ristorante, in nessun posto avevano idea di cosa fosse un chili-dog.
“Blasfemi miscredenti, Chaos vi sterminerà tutti!” li maledì Maurice, trangugiando il quarto spiedino di dango consecutivo e buttando lo stecchino nel primo cestino della spazzatura disponibile; considerando che a breve sarebbe stata ora di pranzo forse avrebbe fatto meglio a tenere lo stomaco vuoto, ma la terribile realizzazione che il suo cibo preferito fosse pressoché conosciuto in Giappone, o per lo meno in quel quartiere, gli causò un ulteriore svuotamento dell’organo che si occupava della digestione, portandolo a fermarsi alla prima “stazione di rifornimento” disponibile e ordinare la prima pietanza che avesse adocchiato; i chili-dog erano comunque la cosa migliore che avesse mai mangiato.
E, come ulteriore incentivo per dargli fastidio, non poteva nemmeno correre a velocità supersonica, almeno non senza avere a disposizione un vicolo da cui partire e un altro in cui rifugiarsi, così che i passanti scambiassero il suo passaggio con una folata di vento improvvisa.
Forse era davvero il caso di tornare all’albergo, almeno sarebbe stato in compagnia lì, avrebbe sicuramente trovato qualcosa da fare, tenendosi a debita distanza dal mare naturalmente; quando si convinse che sarebbe effettivamente stata la scelta migliore ecco che spuntò fuori qualcosa, o meglio qualcuno, che attirò il suo interesse.
Una ragazza stava camminando nella direzione opposta alla sua, venendogli dunque incontro, quello che lo incuriosì di lei fu l’abbigliamento che decisamente era impossibile non notare malgrado il marasma di gente che passeggiava: un abito bianco lungo con lo spacco laterale che paradossalmente si intonava bene con la sua pelle scura, stivali bianchi col tacco basso e una tiara (si chiamava in quel modo?) tra i capelli color biondo chiaro.
Insomma, lui non era certo un esperto d’abbigliamento, ma per quanto ne sapeva un vestiario del genere sarebbe risultato idoneo ad una serata di gala o roba simile, non certo per una passeggiata in città, per giunta in una zona marittima dove molte persone giravano in pantaloncini e infradito.
Si guardava in giro con aria confusa, come se non sapesse dove andare o se fosse finita lì per caso, gli occhi, di un insolito rosso vermiglio, saettavano confusi ovunque; doveva essersi persa.
Forse avrebbe dovuto aiutarla, non sarebbe certo stato emozionante come affrontare un mostro potentissimo sbucato fuori all’improvviso, ma l’indole dell’eroe insita in lui non necessitava certo della prospettiva di futuri elogi da parte del popolo (anche se ribadivano quanto fosse figo) per far scattare la molla dell’altruismo, il problema era decisamente un altro: quella ragazza chiaramente necessitava di indicazioni e lui in quel momento era proprio l’ultima scelta a cui rivolgersi per chiederne, quindi forse avrebbe fatto meglio ad accantonare il suo bisogno di mettersi in mostra e lasciar perdere.
Poi però, non appena si incrociarono, lei inciampò in una piega del suo lungo vestito e l’esito scontato sarebbe stato un incontro spiacevole tra il suo volto e il marciapiede.
Maurice lasciò posto all’istinto, scattò e l’afferrò appena in tempo, ritrovandosela tra le braccia.
-Va tutto bene?-
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autore:
Ed ecco che i nostri eroi danno ufficialmente il via alle loro vacanze estive, ma posso garantirvi che, almeno all’inizio, avranno ben poco di che divertirsi visto che a breve cominceranno i problemi, quelli seri.
E mentre i ragazzi si godono questi primi momenti di pace Ginei e Haiji si dirigono a far casino, non garantisco che ne usciranno con tutte le ossa intatte (o che ne usciranno), ma avranno modo di dimostrare la loro pericolosità in combattimento.
E per giunta il nostro Maurice/Sonic ha appena fatto una conoscenza che avrà una certa rilevanza per lui, perché… nah, perché farvi spoiler.
Cosa nasconde Sun Otonashi? Ginei e Haiji riusciranno a sgominare da soli il quartier generale della settima divisione di Fairy Tale? E Yukari riuscirà ad andare d’accordo con Miles/Tails senza farsi assurdi filmini in cui lui tenta di ucciderla?
Tutto questo e molto altro ai prossimi capitoli.
Ci si vede gente!


 

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Capitolo 7
*** Incontri, scuse e scontri sotto il sole estivo. ***


Kahlua era la miglior assassina della famiglia Shouzen; era stata addestrata da sua madre in persona per divenire un’efficiente macchina da battaglia in grado di portare a termine ogni missione; fin da bambina era stata educata con la più ferrea disciplina, ricevendo un’educazione degna di colei che, testuali parole di sua madre, era destinata a divenire in futuro il nuovo leader della famiglia di vampiri più importante della storia degli yokai.
E la ragazza si era sempre impegnata al massimo, anche da piccola non si era mai lamentata della mancanza di compassione della sua figura genitoriale; ricordava ancora perfettamente le notti in cui non riusciva a dormire a causa delle ferite, lascito dei brutali allenamenti a cui era stata sottoposta, ancora aperte che rendevano impossibile al suo cervello l’ignorare il dolore che esse trasmettevano; la solitudine era la sua compagna, ogni forma di legame affettivo le era stato precluso, “I sentimenti sono solo d’intralcio!” diceva sua madre, lei non l’aveva mai pensata allo stesso modo, ma aveva passivamente obbedito; e quegli inibitori, quei “banalissimi” orecchini a forma di croce, che doveva indossare costantemente, a ricordarle chi (o cosa)era diventata, l’essere che si sarebbe scatenato al solo toglierseli, la condanna che lei stessa aveva accettato su di se, tutto per il suo sogno di bambina, che sapeva essere impossibile far avverare, ma verso il quale, con innocente ingenuità, continuava a tendere: vedere sua madre felice!
-Va tutto bene?- in un attimo avvenne qualcosa che cambiò tutto.
Il suo sguardo incrociò due smeraldi scintillanti e la vampira vide ciò che per tutta la vita aveva scelto di negarsi: libertà! Perché fu tutto quello che riuscì a vedere, non avrebbe mai saputo come spiegarselo, ma aveva notato quello, l’assenza di “catene”, la scintilla di chi non aveva mai dovuto rendere conto a nessuno, che aveva fatto le sue scelte senza partire da una base prestabilita, non per compiacere qualcun altro, semplicemente perché aveva voluto.
-Ehy, stai bene?- durò solo pochi istanti, eppure le erano sembrati un’eternità, quando si riscosse da quel “flash” riuscì a focalizzare la situazione generale e l’imbarazzo la colse quando si ricordò come mai in quel momento fosse tra le braccia di un ragazzo: il lasso di tempo pressoché totale da lei trascorso tra le mura domestiche (dove si sentiva tutto fuorché a casa; semplicemente, non aveva un luogo da definire tale) le aveva “donato” una pessima capacità di orientamento che, unita al senso di inadeguatezza frutto degli sguardi dei passanti concentrati su di lei (ragazze che criticavano il suo modo di vestire con epiteti decisamente poco lusinghieri e ragazzi che fischiavano al suo passaggio con complimenti ancora meno lusinghieri), ebbero il malaugurato effetto di farla innervosire e voltare lo sguardo ovunque come un cucciolo smarrito che cercava la via di casa, senza più badare a dove mettesse i piedi, con il risultato (che avveniva più spesso di quanto si addicesse ad una mortale assassina)di inciampare su una piega del suo vestito e cadere rovinosamente.
La differenza sostanziale fu che stavolta la sua faccia non tastò, in maniera decisamente violenta tra l’altro, la consistenza del suolo; eccola lì, sorretta da due forti braccia che l’avevano afferrata giusto in tempo, a guardare due occhi verde brillante che le causarono un sobbalzo al cuore.
Si rialzò e si allontanò dal suo salvatore coprendosi con le mani il volto divenuto rosso.
-Oh cielo, è così imbarazzante… mi dispiace tanto.-
-Ehy, tranquilla, sei solo inciampata, non hai motivo di scusarti.- replicò il ragazzo con tranquillità.
Scopertasi la faccia, potè osservarlo meglio… e arrossì di nuovo nel constatare quanto fosse carino.
Recuperato un briciolo di contegno e cercando di apparire calma , la ragazza sostenne lo sguardo del suo nuovo interlocutore, tentando al contempo di ignorare le gambe divenute improvvisamente molli.
-Comunque… g-grazie per avermi presa. Ho… ho perso l’orientamento e mi sono distratta.-
-In effetti avevi un’aria decisamente spaesata. Se vuoi posso darti una mano.-
-Ehm… non… non credo sia necessario, non vorrei darti fastidio.- cercò di giustificarsi lei, anche perché non poteva certo rivelargli la sua destinazione, o almeno non il motivo per cui ci stesse andando.
-Nessun fastidio, e poi ora che so che hai bisogno di una mano mi sentirei in colpa se non ti aiutassi.- controbatté lui con un sorrisone a trentadue denti che le fece perdere un battito tanto era spontaneo, il sorriso di qualcuno che seguiva la sua volontà e nient’altro.
-A proposito: sono… Maurice.- si presentò lui porgendole la mano, il volto che per un attimo si era contratto in una buffa espressione disgustata, che si era formata spontaneamente non appena aveva pronunziato il suo nome.
-Io… io sono Kahlua.- la ragazza ricambiò la stretta timidamente e contendo la sua forza, era pur sempre un semplice umano (così credeva lei), come minimo la mano gliel’avrebbe potuta rompere se non si fosse imposta un freno.
Poi un rimbombo li distrasse, un gorgoglio molesto giunto dallo stomaco del ragazzo.
La prese decisamente con filosofia, almeno a giudicare dall’allegra e sincera risata in cui proruppe, anche Kahlua non riuscì a trattenere un risolino divertito, lo aveva appena conosciuto e già era riuscito a farla ridere.
-Senti, per caso hai fretta? Intendo, devi arrivare subito al posto in cui devi andare?-
La ragazza ci pensò su per qualche minuto: sua madre non le aveva dato nessuna restrizione dal punto di vista cronologico, aveva semplicemente detto che doveva recarsi al quartier generale della settima divisione così da ricevere un rapporto sulla situazione generale, ma non le aveva fornito un tempo massimo entro il quale agire.
-No, effettivamente no.-
-Allora che ne dici se ci fermiamo da qualche parte a mangiare qualcosa prima? È quasi ora di pranzo ormai.-
E Kahlua lì temette di essere divenuta rossa dalla testa ai piedi; in pratica le stava… proponendo un appuntamento?! Così, su due piedi?
-Ma… ma ti non arrecherò disturbo?-
-Te l’ho già detto che non c’è problema. Certo, i miei amici si chiederanno dove sono, ma sono sicuro che capiranno quando gli spiegherò la situazione… e, non per vantarmi, ma nel mio gruppo io sono il tipo tosto che sa cavarsela in ogni situazione, sono certo che non si preoccuperanno.- dichiarò lui con simpatica spocchia, mettendosi in posa da eroe tipico dei film.
In fondo non c’era nulla di male, voleva solo essere gentile con lei, non dava affatto l’idea di essere una persona con secondi fini, e poi Kahlua si fece presente un dettaglio importante: lei era pur sempre un’esperta vampira assassina, di che cosa doveva preoccuparsi?
-Allora… d’accordo.-
 
 
 
-Tsk, bisogna riconoscerlo, questi di Fairy Tale hanno saputo interpretarlo bene il modo di dire degli umani “Il modo migliore per nascondersi è stare sotto gli occhi di tutti!”. Non pensi anche tu, Haiji?- un cenno d’assenso fu l’unica risposta che ricevette, ma tanto gli bastò.
Quello che si stagliava di fronte ai due ragazzi era un immenso grattacielo che, a giudicare dall’esterno, doveva contare almeno una ventina di piani, di certo risaltava, considerando la quasi totale anonimità degli edifici della zona, quasi tutti case popolari, aveva un’aria moderna e ben tenuta, almeno esternamente, e il logo sopra l’ingresso recitava “Industrie Shuei”.
Una comune società di trasporti, nessun essere umano avrebbe mai potuto sospettare che in realtà fungesse da copertura per una delle divisioni della più grande organizzazione terroristica del mondo yokai, intenzionata a sterminare gli umani, da loro reputati una razza inferiore.
-Siete davvero sicuri di volere entrare lì da soli, ragazzi? So che erano i patti, ma possiamo sempre raggiungere gli altri, spiegar loro la situazione e poi tornare tutti insieme per affrontarli, in qualche modo poi ci giustificheremo col preside. Non dovete sentirvi costretti!- malgrado il tono calmo e la bocca contratta nel suo bizzarro sorrisetto felino, si riusciva a percepire la forte nota di preoccupazione della professoressa Nekonome, che ancora si chiedeva perché quei due insistessero nel voler tentare di sbrigliare da soli quella faccenda.
La loro fama di combattenti alla Yokai Academy era ben nota, non per niente Haiji era il capitano del club di karate e Ginei si era guadagnato il soprannome di “Lupo rabbioso” quando era ancora uno studente del primo anno (ed era stato necessario l’intervento di Sun per rimetterlo in riga; certo, poi era diventato un pervertito, ma sempre meglio un molestatore ironico che non si spinge mai  oltre limitandosi ad innocue sbirciatine di un depresso che picchia a sangue chiunque gli capiti davanti), ma non riusciva a non convincersi che perfino due del loro livello avrebbero potuto non farcela.
-Non si preoccupi per noi professoressa. Le chiediamo solo di innalzare una barriera magica attorno alla zona così che i rumori non fuoriescano dall’edifico. Non vogliamo correre il rischio di allarmare gli umani che vivono qui.- la rassicurò Haiji.
-Facciamo così: se entro tre ore non usciamo dall’edificio, vuol dire che ci hanno uccisi, o, nella migliore delle ipotesi, catturati. In tal caso, professoressa, la pregherei di andarsene e avvisare gli altri, perché, dovesse verificarsi tale scenario, dubito che tollererebbero l’esserne tenuti all’oscuro.-
Shizuka Nekonome sospirò osservando i suoi studenti che cominciavano a sgranchirsi le nocche in attesa dell’imminente battaglia, era evidente che non sarebbe riuscita in nessun modo a far cambiare loro idea, si erano fermamente puntati sulla loro decisione.
-Come volete, ragazzi. Vi auguro buona fortuna, nya.-
A rendere ancora più chiaro il suo stato d’animo, le sue orecchie feline spuntarono per un attimo, il tempo necessario per afflosciarsi mogiamente, prima di sparire di nuovo; i due ragazzi erano già davanti alla porta d’ingresso la quale si aprì automaticamente.
-Andiamo!- i due youkai varcarono la soglia.
 
 
 
-Sto seriamente cominciando a credere che se la sia svignata per davvero.- Miles si sistemò meglio sulla sua tovaglia da spiaggia, non era mai stato un tipo che badava all’aspetto esteriore, ma era decisamente del parere che necessitasse almeno di una lieve abbronzatura; se la sua pelle non era bianco latte poco ci mancava e se nel suo aspetto originale tale problematica non si presentava grazie al pelo, in forma umana era spaventosamente evidente, per di più faceva risaltare maggiormente il suo rossore quando era in imbarazzo.
Maurice aveva ragione, passava troppo tempo chiuso in officina a costruire marchingegni assurdi (dal punto di vista del suo migliore amico)e malgrado nell’ultimo anno avesse ridotto la frequenza di tale abitudine (per ovvie ragioni), la sua callidità era una condizione che persisteva, si sorprese anzi del fatto che nessuno l’avesse comicamente additato come fantasma.
Beh, aveva finalmente l’occasione per rimediare, qualche oretta sdraiato sotto il sole pomeridiano, almeno finchè il suo stomaco non avesse ultimato il processo di digestione (tra l’altro, il pranzo era stato davvero delizioso, tanto da portare tutti a chiedersi come fosse possibile che l’albergo di Marin avesse così pochi clienti, già solo per la cucina meritava) , e la sua pelle avrebbe dovuto guadagnarci un po’ di colorito.
L’unica cosa di cui doveva preoccuparsi era un’eventuale scottatura; il suo calore interno gli avrebbe permesso di non sentire bruciore(la fortuna di scoprirsi uno yokai legato al “Fuoco”), ma non aveva certo il desiderio di perdere giorni interi a strapparsi via lembi di pelle morta.
Gettò un’occhiata alla sua destra, dove stava, fiero e ben strutturato, il Taj Mahailes, il “piccolo” castello di sabbia che aveva eretto in tarda mattinata con la collaborazione di Yukari; avrebbe voluto dargli un nome diverso però, ma non era riuscito a trovare una combinazione di nomi che risultasse calzante con quello del monumento a cui si era ovviamente ispirato; Taj Mahailes, effettivamente, suonava un po’ troppo arrogante a suo dire, temeva che la streghetta si sentisse esclusa, considerando che aveva palesemente soppresso temporaneamente la sua antipatia nei suoi confronti(decisamente immotivata, ma l’aveva fatto) per affiancarlo in quella sua trovata edilizia, se le avesse rivelato l’unico nome che la sua testa aveva partorito sarebbe stata perfettamente in grado, in barba al fatto che ci fossero degli umani che potessero vederla, di materializzare un quantitativo smisurato di padelle, caraffe e quant’altro e fargliele rovinare addosso.
Poco accanto alla costruzione stava appunto la giovane strega che la osservava con malcelata soddisfazione.
-Malgrado siano passate alcune è ancora in piedi senza il minimo danno… quel pallone gonfiato non c’è l’avrebbe mai fatta senza di me, desu.- sì, era decisamente il caso di non dirle il nome che aveva scelto di attribuirgli.
-Stareste bene insieme.-
Miles sobbalzò nel sentire la voce di Mizore, apparsa improvvisamente accanto a lui piegata sulle ginocchia che lo guardava apatica; come ci riusciva ad avvicinarsi così silenziosamente? Tsukune rischiava davvero certi infarti tutti i giorni?!
-Di che stai parlando?-
-Non fare finta di non saperlo: i due personaggi all’inizio sembrano odiarsi, tra loro vi è un’accesa rivalità, ma paradossalmente sarà la ragione del loro astio l’elemento chiave che li porterà a conoscersi meglio, scoprire i più grandi pregi l’uno dell’altro e infine a far scoccare la scintilla.- era difficile interpretare i pensieri della yuki-onna, almeno così pensava Miles, aveva un’espressività molto ridotta ma che di certo non era falsa, qualcosa di troppo naturale per essere studiata e analizzata.
-Credo che tu legga troppi manga; e poi lei non mi piace, non “in quel senso”. Non lo starai dicendo solo perchè, considerando che avete tutte una cotta per Tsukune, quest’eventualità potrebbe ridurre la quantità di rivali, vero?- alzò un sopracciglio per esprimere il suo dubbio; il lieve sorriso e il leggero arrossamento delle guance di lei furono una risposta eloquente, quindi anche l’imperturbabile ragazza delle nevi in certi casi si dimostrava un libro aperto.
Volendole dare credito, in parte, avrebbe ammesso che pensava che Yukari fosse carina, ma la questione si sarebbe interrotta lì; lui non era pronto per l’amore… non di nuovo, la “ferita” era ancora aperta.
-Tanto per sapere, ma perché non sei con Tsukune? Insomma, capisci che voglio dire, no?-
Certo che capì, l’allusione, seppur educata, era alquanto evidente.
-Ha chiesto a Moka di seguirlo perché voleva parlare da solo con lei.- disse semplicemente la ragazza dai capelli viola, indicandogli poi, seduta sul bagnasciuga, Kurumu che piangeva comici lacrimoni con Ruby che le dava gentili pacche sulla spalla.
-E a te non da fastidio?-
-Ovvio. Ma se ami una persona devi saper rispettare le sue scelte. Mi auguro con tutto il cuore che non voglia discutere con lei di ciò che temo, in caso contrario trafiggerò la testa di Moka e lo farò passare per un incidente.-
-Ma non avevi appena detto che avresti rispettato le sue scelte?!-
-Si, ma sei lei morisse “accidentalmente” sarei la prima candidata al cuore di Tsukune.- Mizore venne di colpo ricoperta da un’aura oscura e i suoi occhi azzurri divennero improvvisamente spaventosi.
Miles sentì i sudori freddi.
“Maurice, quando ritorni? Perché mi hai lasciato solo con questa banda di matte?”
 
 
 
Tsukune si sentì un groppo in gola e faticò a mandarlo giù, eppure quelle che doveva pronunciare non avrebbero dovuto essere parole in possesso di un tale peso emotivo da appesantirgli in tal modo l’animo, malgrado ciò sentiva l’impellente necessità di esprimerle.
Forse sarebbe stato anche più opportuno rimuovere il rosario di Moka, dopo tutto quella faccenda riguardava più Ura di Omote, ma la decisione di non farlo fu presa istantaneamente dal ragazzo all’ipotizzare quale sarebbe stata la reazione della vampira albina in seguito alle parole che avrebbe presto detto; e poi, se era vero che tra le due Moka vi era una sorta di connessione telepatica, allora anche lei avrebbe udito il suo discorso, da una posizione che non costituisse una minaccia per i suoi arti, dal momento che dava per scontato che gli avrebbe come minimo storto un braccio dandogli dello sciocco sentimentale.
-Tsukune, cosa dovevi dirmi?- dolce e gentile come sempre, la voce di Moka giunse alle sue orecchie.
Si erano recati in una zona di spiaggia poco frequentata, dove poterono essere certi di non essere uditi da orecchie indiscrete, per giunta erano stati fin troppi gli occhi maschili che si erano posati sul fisico della ragazza e Tsukune sapeva che non avrebbe tollerato il fastidio ancora a lungo.
Forse avrebbe dovuto lasciar perdere, forse avrebbe dovuto attendere un momento più consono al tipo di  discorso, ma non c’è la fece, doveva esprimere in quel momento le sue emozioni perché altrimenti sentiva che sarebbe esploso.
Fissò gli occhi smeraldini della ragazza che amava, prese un profondo respiro e fece un inchino profondo.
-MI DISPIACE!- urlò tutto in un fiato, restò chinato e ad occhi chiusi.
-Mi dispiace per tutto il tempo che ti sto facendo perdere. Ti sei offerta di allenarti e non sono stato in grado di ripagare le tue aspettative, i miei miglioramenti sono stati minimi. Mi rendo conto che non ha senso dirtelo adesso, ma non potevo tenermelo dentro. Ancora… mi dispiace, mi dispiace per non essere la persona forte che pensavi sarei potuto diventare. Mi dispiace di essere un tale fallito.-
Non era mai riuscito ad arrecare un singolo graffio ad Ura-Moka; malgrado i constanti allenamenti con lei e Maurice, nonostante le ore di esercizi a cui era stato sottoposto i suoi miglioramenti erano stati al di sotto delle aspettative: quando Maurice faceva leggermente sul serio non riusciva ancora a capire i suoi movimenti (figurarsi quindi schivare i suoi colpi) e con Ura-Moka la situazione non era migliore, se riusciva a prevedere da dove sarebbe giunto l’attacco la vampira ci metteva maggior forza annullando la sua difesa.
Da quei giorni aveva ricavato solo ferite, sia nel fisico che nell’animo, l’idea di andare in vacanza lo aveva portato a sperare di riuscire a calmarsi e riprendersi, ma il dispiacere di essere stato un totale fallimento lo aveva martoriato ancora e alla fine aveva ceduto.
Ecco, il danno era fatto, aveva spiattellato i suoi pensieri prima che gli corrodessero l’anima, si sentì improvvisamente più leggero, ma non per questo più in pace con se stesso.
E poi… quale sarebbe stata la reazione di Moka?
Due candide mani lo presero per le spalle per raddrizzarlo e poi due gentili braccia lo circondarono in un caldo abbraccio, il dolce profumo dei capelli di Moka gli inebriò le narici.
-Tsukune, tu non sei un fallito. Ti sottovaluti. Io ho visto i tuoi allenamenti, ho visto i tuoi occhi, avevi lo sguardo di una persona forte. Malgrado fosse estenuante, tu non ti fermavi, andavi avanti fino allo stremo, perché credi nei tuoi ideali e hai scelto di provarci davvero per realizzarli. Forse non hai ottenuto i risultati che ti aspettavi, ma non vuol dire che non sia cambiato nulla.-
“Certo, belle parole, ma se continua così, al primo nemico serio che si ritroverà davanti finirà male!” ignorò le parole della sua alter-ego, veritiere, d’accordo, ma non necessarie.
Tsukune ci mise alcuni secondi per riprendersi dallo stupore, prima di ricambiare l’abbraccio.
Per fortuna Moka c’era sempre per lui, riusciva a farlo sentire il ragazzo più fortunato del mondo.
-Io ho fiducia in te, so che riuscirai… e… io sarò sempre con te per sostenerti.- concluse, arrossendo, la ragazza.
-Ti ringrazio.-
 
 
 
Ginei crollò in ginocchio, le forze stavano venendo meno, i contorni dell’ambiente circostante sempre più sfocati e nelle orecchie nient’altro che il rimbombo sordo di un suono antico, giunto da tempi remoti; Haiji, poco distante da lui, era già crollato a terra, si stava sforzando di tenere gli occhi aperti, ma a breve anche lui avrebbe ceduto alla spossatezza.
-Dannazione… chi avrebbe potuto immaginare… che il loro capo… fosse come Sun?-
Era assurdo, sotto molti aspetti, la razza di youkai a cui Sun apparteneva era probabilmente la più rara e, potenzialmente, la più potente tra tutte quelle esistenti, perfino dei tanto temuti vampiri.
Era proprio tale pericolosità la ragione dietro la quale tale razza fosse ormai ridotta al lumicino in fatto di esponenti, radici affondate nel passato, quando l’Alto Concilio Youkai, riconoscendo tale specie come gravemente pericolosa, acconsentì ad una decimazione che assunse piuttosto i contorni di uno sterminio.
Di quella razza non restarono che poche centinaia di sopravvissuti in tutto il mondo, sparsi tra la dimensione youkai e quella degli uomini.
E davvero Fairy Tale poteva vantare un mostro come quello tra le sue file? Quello stesso mostro che ora li fissava dall’alto in basso con arroganza, senza un briciolo di compassione o premura nei confronti dei suoi sottoposti?
-Avete fatto davvero un bel casino, voi due.- annunciò con teatralità il capo della settima divisione di Fairy Tale.
In quella che doveva essere una sala conferenze, ormai distrutta e ribaltata da cima a fondo, stavano distesi ovunque i corpi martoriati e sconfitti dei suoi “uomini”, doveva riconoscere che quei due ci sapevano fare, erano dei combattenti di tutto rispetto, peccato avessero avuto la sfortuna di incappare in lui, se avessero dovuto confrontarsi contro qualcuno che non fosse appartenuto alla sua razza avrebbero anche potuto vincere.
Ginei riuscì a vedere il suo sorrisetto arrogante e supponente, gli avrebbe fatto mangiare i denti con molto piacere, soprattutto per il fatto che in quegli ultimi mesi avesse reso la vita di Sun un Inferno.
Ancora più rabbia gli causava la consapevolezza che, con quella sconfitta, avrebbe solo peggiorato le cose.
-Mi dispiace Sun.- mormorò affranto, non immaginando di essere stato udito.
-Oh, e perché mai?! Non pensi che la tua amichetta sarà felicissima di rivederti? Pensa… verrà qui di sua spontanea volontà solo per farti visita. L’amicizia rende davvero degli idioti.- l’essere rise beffardamente.
Dunque era per quello che non li aveva ancora uccisi, voleva usarli come esca per attirare Sun lì, sapeva che la ragazza lo avrebbe fatto, che non avrebbe mai potuto lasciarli in mano loro.
Le immagini dinanzi Gin divennero progressivamente sempre più sfocate, crollò definitivamente a terra e alla fine per il lupo mannaro fu il buio.
-Sarà un massacro… già mi eccito al pregustarlo.- la voce estasiata, quasi maniacale, del capo della settima divisione di Fairy Tale fu l’ultima cosa che riuscì a sentire prima di perdere i sensi.
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autore:
Ho sempre desiderato pubblicare un capitolo il 29 Febbraio!
Mi rendo conto che, visto quello che ho fatto accadere, questo sembri più il capitolo di un manga shoujo, ma ogni cosa ha una sua rilevanza; l’incontro tra Maurice e Kahlua particolarmente, poi, sapeva di capitolo introduttivo da manga shoujo(il fatto è che Kahlua, innocente com’è, mi ha sempre dato l’impressione di una ragazza timida che a volte sogna ad occhi aperti,quando non è impegnata a trapassare corpi da parte a parte, quindi), ma vedrete che quest’incontro sarà un modo efficiente per me per esplorare e approfondire il carattere della seconda delle quattro sorelle Shouzen e al contempo mostrare alcuni importanti retroscena del passato di Maurice/Sonic… perché non penserete mica che io non abbia ideato la mia versione personale del passato dei personaggi del Sonicverse prima che divenissero quelli che noi conosciamo, vero?
E purtroppo le cose per i nostri eroi peggioreranno a breve: Haiji e Ginei sono stati sconfitti e, purtroppo per loro, verranno presto usati come esca per attirare in trappola Sun.
Magari potreste chiedervi cosa abbia di speciale questa ragazza da essere così “desiderata”, ma tranquilli, anche per questo vi saranno le dovute spiegazioni, insieme a qualche scorcio nel passato di questi tre personaggi per mostrare il loro legame.
Alla prossima ragazzi.


 

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