Amore da prima pagina.

di cin75
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** UNO ***
Capitolo 2: *** DUE ***
Capitolo 3: *** TRE ***
Capitolo 4: *** QUATTRO ***
Capitolo 5: *** CINQUE ***



Capitolo 1
*** UNO ***




Jensen era intento a rivedere l’ultima parte dell’articolo che avrebbe dovuto consegnare a Sheppard prima che questi lo mandasse in stampa, quando il suo collega Robert lo richiamò.

Il giornalista anche se non si girò, gli rispose.
“Che c’è Rob? Devo finire di rivedere questo articolo o Sheppard mi darà in pasto ai cerberi.”
“Senti, amico. C’è il collega di Houston che ti sostituirà nei mesi che mancherai e credo che tu debba….”  E mentre lo diceva, Jensen si girò e l’espressione cordiale che aveva in viso, messa su per accogliere il nuovo collega, svanì in una maschera di puro risentimento. Forse rabbia.
L’altro che lo fissava non è che sprizzasse felicità. Anzi, anche lui sembrava abbastanza risentito.

Ma fu Jensen quello che, senza dire o fare altro, si alzò dalla scrivania e a passo deciso e veloce, entrò senza troppe cerimonie nell’ufficio del redattore capo, Sheppard.

“Che cazzo significa?!” sbottò senza tanti giri di parole, mentre sull’uscio della porta appariva anche l’altro.

“Buongiorno anche a te, Ackles. Prego accomodati!!” ironizzò il boss.
“Sì, ok!! Busserò la prossima volta. Ora mi dici che cazzo significa?!” ripetè con più astio indicando senza guardare il giovane alla porta.
“Tu.. entra e chiudi la porta.” fece all’ospite. “Tu..datti una calmata!” disse invece rivolto al suo giornalista.
“Mark…”
“Sta’ zitto e ascoltami, Jensen. Jared è in gamba ed era l’unico che in questo periodo poteva sostituire la tua fascia giornalistica, dato che a te è venuta la brillante idea di andare sottocopertura!” sembrò ammonirlo.

A quell’affermazione , Jared girò di scatto la testa verso quello che era stato il suo compagno per ben quattro anni. Sul volto del giovane giornalista apparve sgomento e una velata espressione preoccupata che venne immediatamente celata quando il giovane si accorse di essere osservato da Sheppard.
“Sentite. So quello che c’era tra voi. So che è successo qualcosa tra voi che ha mandato tutto a puttane. Ma onestamente non mi interessa chi ha smesso di infilare la mano nelle mutande dell’altro!” disse senza mezzi termini. “Quello che mi interessa adesso è avere qui uno dei più promettenti giornalisti..” indicando Jared. “… che non mi faccia rimpiangere uno dei più promettenti reporter.” indicando Jensen.

Jensen stava per controbattere quando una decisa espressione di Sheppard che lo invitava severamente a pensarci bene prima di dire qualsiasi cosa, lo fece desistere. Guardò ancora il suo capo redattore, poi , ma solo di sfuggita, guardò Jared ancora al suo fianco. Spostò le mani dalla scrivania su cui era ancora appoggiato e si mise su dritto. Respirò affondo e riprese il controllo.
Guardò ancora Jared che sembrava attendere una qualsiasi richiesta o provocazione.
“Ti dispiacerebbe… aspettarmi alla mia scrivania!?” fece il biondo guardandolo appena e cercando di mostrare più cortesia possibile, nonostante il forte disagio che provava dentro.
Jared abbozzò un leggero saluto con la testa e assecondò la richiesta.
“Certo!” fece, uscendo poi dall’ufficio. “Non sono io quello bravo a sparire!” puntualizzò con tono ironico e sostenendo l’occhiataccia di fuoco che Jensen gli rivolse immediatamente dopo quella sua puntualizzazione.
“Ok! Giù le armi, gentlemen.” si apprestò ad intervenire Sheppard che poteva quasi vedere la tensione elettrica di pura sfida che saettava da un ragazzo all’altro. “ Padalecki, aspettalo alla scrivania e tu, resta qui e chiudi la porta!” ordinò poi con tono severo a cui nessuno dei due giornalisti osò controbattere.
 

Quando Jensen e Mark furono soli, per alcuni interminabili minuti, ci fu solo silenzio. Il redattore vedeva gli occhi dell’amico reporter vagare in cerca di un punto fisso su cui focalizzarsi, ma senza riuscirci. Così cercò di aiutarlo in quel momento che oltre che di confusione , sembrava di panico.
“Che cosa stai facendo?!” fece il redattore vedendo che Jensen se ne stava fermo con i palmi di nuovo poggiati alla sua scrivania a fissare le varie graffette sparse un po’ ovunque.
“Sto’ cercando di riprendere il controllo!” rispose senza spostarsi.
“Ascoltami, Jensen. Non ho chiamato Jared per farti un dispetto. Non lo farei mai. Dovresti saperlo!” prologò l’amico.
“Lo so!, ma tu prova a ….”
“No! Non posso provare a fare niente,..” lo ammonì amichevolmente l’altro. “….perchè quando ti chiesi che cosa fosse successo tra voi, un deciso “no comment” è tutto ciò che ebbi in risposta. Voi …voi facevate scintille dentro e fuori il lavoro e potrai anche non credermi ma mi è dispiaciuto quando mi hai detto che era finito tutto.”

Jensen si avviò verso la porta e l’aprì. Voleva uscire ed evitare di dare quella spiegazione che già una volta si rifiutò di dare, ma qualcosa , questa volta lo fermò.
Strinse il pugno intorno alla maniglia e chiuse di nuovo la porta rimanendo a fissarne il legno.
Chissà perché, questa volta sentì la necessità di confidarsi. Forse era quello che aveva ripreso a provare, forse la presenza di Jared così vicino dopo tutto quello che era successo. Forse solo l’amicizia che lo legava a Mark.

“Mi ha tradito!” fece senza voltarsi. “Quando stavamo insieme, Jared mi ha tradito. Evidentemente le mie scintille non gli bastavano più e ha cercato un altro cerino con cui accendersi!” metaforò.
“Non ci credo!” fece sinceramente incredulo Sheppard.
Jensen gli sorrise amaramente.

E già!!, pensò. Il gentile e dolce Jared non può essere lo stronzo della storia!!

“Nemmeno io ci credevo all’inizio ma quello che ho visto non mi ha lasciato scelta. Quando lo vidi insieme a quell’altro, non gli diedi nemmeno tempo e modo di spiegare. Non gli diedi nemmeno la soddisfazione di mentirmi con le solite frasi di circostanza. Ero talmente deluso, arrabbiato, ferito …..che la sera stessa presi tutta la mia roba e andai via. Gli lasciai solo un biglietto sui cui scrissi che lui avrebbe capito il perché me ne ero andato e che non avrebbe dovuto cercarmi. Non mi avrebbe trovato. Il resto lo sai. “ disse guardando l’amico che lo ascoltava senza interromperlo. “Viaggiai e lavorai come freelance per qualche anno e quando un giorno Robert mi disse che Jared non era più a Dallas da anni, decisi di tornare e venni da te per riprendere a lavorare qui.” riassunse in breve quello che successe o non successe tra lui e Jared.
“Già!” ricordò amaramente Sheppard.
“Non so se mi ha ferito di più l’essere andato via per quel motivo o l’essermi reso conto dopo qualche giorno che Jared nemmeno ci aveva provato a cercarmi.” affermò con ironico rancore.
Mark lo fissò e giocherellando con la penna che aveva tra le mani, non sembrò davvero convinto di quello che aveva visto solo pochi minuti prima. “Non lo so, Jensen. Non lo so davvero. Quello che so è che se tutto fosse finito tra voi, come tu dici, non mi spiego quel lampo di panico che gli ho visto in faccia quando ha sentito che saresti andato sotto copertura.”
“No, Mark. Ti sbagli.” sembrò volerlo rassicurare.
“Ragazzo, io ho sbagliato una sola volta nella mia vita. Ed è stato quando ti ho permesso di andare via.” replicò l’amico, convinto. “Credimi, so quello che ho visto!!”
 
Da quel giorno , le cose tra Jared e Jensen si svolsero nel più pieno rispetto del posto di lavoro.
Buongiorno, buonanotte, buon pranzo.
Niente altro.
Fino al giorno in cui Jensen non dovette lasciare tutto, per il suo servizio sotto copertura.
 
Il biondo dopo aver parlato delle ultime cose con Mark e aver ricevuto da lui accorate raccomandazioni di far attenzione, tornò alla sua scrivania e lasciò nel suo cassetto, il cartellino che lo identificava come giornalista. Mise da parte anche i suoi documenti e prese quelli che gli erano stati consegnati dal suo informatore di fiducia. Documenti che lo identificavano come Dean Winchester , nato a Lawrence,  Kansas, 35 anni, celibe, meccanico.
 
Accanto alla sua scrivania, quella di Jared. Il giovane stava facendo delle ricerche al computer e di tanto in tanto vedeva quello che ora era solo un suo collega , sistemarsi per il nuovo incarico.
Sapeva che per tacito accordo era meglio se non si rivolgevano la parola, almeno che non fosse strettamente necessario, ma nonostante tutto, Jared che aveva sempre rispettato quell’accordo, questa volta non riuscì nel suo intento.
“Jensen?!” lo chiamò mentre l’altro finiva di sistemare le ultime cose.
“Che cosa c’è?” chiese senza degnarlo di uno sguardo.
Jared ignorò il gesto di indifferenza e non si arrese.
“Sta’ attento!” disse sottovoce. “Per favore!” fece ancora e ancora più in silenzio.
Solo allora, Jensen lo guardò e vide quello che Mark disse di aver già visto: panico e preoccupazione.

Ma perché se Jared lo aveva tradito, aveva avuto così poco rispetto del loro sentimento, di quello che li legava. Perché se gli aveva fatto una cosa simile, ora doveva preoccuparsi per lui?
Jensen avrebbe davvero voluto chiederglielo o forse solo gridarglielo contro. Ma non era quello il momento. Non poteva affrontare quella discussione proprio quella sera. Aveva bisogno di concentrazione e di restare focalizzato sullo scopo della sua copertura.

Istintivamente guardò ancora il giovane poco distante da lui e ….dannazione!!!.....quegli occhi, quello sguardo stramaledettamente dolce, quell’espressione che ai loro tempi riusciva a sconfiggerlo ogni volta.
 E lo stesso fu anche in quel momento. Jensen perse la battaglia contro il suo orgoglio.
“Tranquillo. Non mi succederà niente!”  rispose volendolo rassicurare e stava anche per dirgli altro.  “Senti, Jared….” azzardò sentendo la voglia di scavalcare quel muro che lui stesso aveva eretto tra loro, quando il suo cellulare squillò.
 
Era ora! Jensen Ackles doveva sparire e Dean Winchester doveva entrare a far parte del traffico di droga.
 
“Ci vediamo, Jared!” disse solo e prendendo il suo giaccone andò via, seguito solo dallo sguardo preoccupato di Jared.


N.d.A.: Ok! vi spiego il perchè della Slice of Life ( che naturalmente vi invito calorosamente a leggere) uscita male che a questo punto sarà una mini long di pochi capitoli.
Di solito le slice che scrivo sono one-shot più o meno brevi. Questa invece mi è venuta più lunga del dovuto e poi le Slice di solito si svolgono nell'arco di pochi giorni. A volte anche solo ore.
L'arco narrativo di questa storia si svolgerà in "mesi" e quindi...
Beh! La smetto qui. 
Se volete leggete e mi farete felice ( e leggete anche le altre slice. Sono così belle!!....consiglia la ruffiana che è in me.)
Al prossimo capitolo.
Baci, Cin!!!

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Capitolo 2
*** DUE ***


I giorni sotto copertura passarono e così anche le settimane.

Jensen contattava Rob per comunicargli dove lasciava i suoi appunti e Jared vedeva che a volte le telefonate si protraevano anche per alcuni minuti e Rob rideva anche di gusto di tanto in tanto, segno che Jensen stava bene e che era , più o meno, tranquillo.
Ma non accadeva lo stesso quando invece capitava a lui di intercettare la telefonata di Jensen e quando questo accadeva  , l’unica cosa che si dicevano i due era:
“Dimmi pure!”/ “Casella posta n….”/
“Ascolta, Jensen…”/ “Non adesso. Devo andare!”


Jared capiva che Jensen non poteva rischiare, ma possibile che “rischiava” ogni volta che era lui a sentirlo al telefono?
Infondo voleva solo sapere se stava bene, se aveva bisogno di qualcosa. Anche solo se aveva bisogno di qualcuno con cui parlare per distrarsi da quello che stava facendo.
Jensen, dal canto suo, non poteva dire a Jared che parlare con lui gli faceva male, lo confondeva , lo distraeva e non a causa di quello che era successo tra loro, ma a causa di quello che,  aveva capito,  provava ancora.
La paura di un chiarimento. La consapevolezza che tutto era svanito per sempre o che tutto era ancora lì.
La sola voce dell’ex al telefono lo mandava al manicomio. E non nel senso buono!

 
Una sera, però, in cui al garage dove Jensen si era infiltrato e in cui si raffinava la droga che poi sarebbe stata distribuita ai vari pusher , per le vie della città, ci fu una rissa e dato che a scatenare la diatriba fu una questione sulla fiducia e il tradimento, Jensen si sentì pericolosamente sotto accusa. Cercò di placare gli animi dando ragione ad entrambe le fazioni. Infondo era uno bravo con le parole e per quanto alla fine riuscì ad ammansire  i contendenti, non tutti lo guardavano davvero convinti di quella sua “intromissione” e quando decisero di chiudere il garage almeno per quella sera, Jensen , si accorse di essere seguito.
Forse la sua “loquacità” era stata troppo per un meccanico, forse quei due che lo seguivano volevano rendersi conto di chi era veramente.  O forse stavano facendo solo la stessa strada!
 
Cominciava ad essere paranoico ma, vivendo infiltrato, lo aveva messo in conto!
 

Senza rendersene conto si ritrovò nel quartiere in cui abitava Jared, ben lontano da quello in cui abitava lui e senza spiegarsi il perché , bussò al citofono del ragazzo.
“Chi è?”
“Sono Jensen.” rispose sotto voce. “ Jared, io….” volendo giustificare quella sua presenza a quell’ora tarda.
Sali! Quarto piano. Appartamento 2B.” fece la voce al citofono interrompendolo.
 
 
Quando Jensen fu al piano indicato e davanti alla porta dell’appartamento 2B, bussò discretamente.
Un attimo dopo, Jared, gli andò ad aprire. Era in jeans e maglietta bianca. Jensen sorrise appena perchè vedendolo capì che il ragazzo non era cambiato, almeno in quelle piccole cose. Jared infatti stava sempre in jeans e maglietta, quando era a casa. 
 
Una maglietta bianca si adatta con tutto e un jeans è la cosa più pratica se devi scappare da qualche parte per un ultima notizia!” era la filosofia di quell’abbigliamento.
 
Quando il maggiore si riprese da quel suo pensiero, da quel suo ricordo, cercò la spiegazione da dare ad un Jared che lo fissava ancora con aria a dir poco indifferente.
“So che non dovrei essere qui, ma è stata una giornata assurda e pesante e assurda e…”
“ e pesante. sì, ho capito." lo fermò l'altro. "Jensen che vuoi?!” fece poi incrociando le braccia al petto.
“Due del gruppo in cui mi sono infiltrato, stasera mi hanno seguito e non volevo che vedessero dove abito.” rispose cercando di nascondere il suo disagio a quella situazione.

Ma a quale situazione?
A quella tra lui e Jared ?
O a quella dei due che lo avevano seguito?
 
“Quindi hai creduto che farli vedere dove abito io, sia più sicuro!?” fece ironico il giovane.
Jensen a quell’affermazione si reso conto di quello che aveva effettivamente fatto.
“Oddio….sì..sì..hai ragione. Mi dispiace, io…io…non ci ho pensato. Mi dispiace. Io vado via…vado..” ma appena fece per andare via, Jared lo afferrò per un braccio, fermandolo.
“Dove credi di andare. Non essere stupido. Vieni dentro!” disse, chiudendosi la porta alle spalle.
“No, Jared. No…tu..tu hai ragione.” provò ancora a svincolarsi dalla presa di Jared per andare via.
“Ascoltami. Non mi conoscono. Non mi hanno mai visto e di certo ti avranno visto solo entrare nel palazzo ma non hanno visto in che appartamento sei entrato, quindi sta qui e smettila di fare storie.” fece autoritario , tirandolo verso il soggiorno. “Hai un aspetto di merda e hai l’aria sfinita.”
Quando furono entrambi nel soggiorno, Jared notò la faccia davvero spossata e stanca dell’ex che avanzava piano , quasi con disagio, nel piccolo salotto.
“Credo che tu abbia davvero bisogno di qualcosa di caldo. Ti preparo un caffè!” fece il giovane.
“Grazie.” rispose istintivamente Jensen.
Quell’appartamento non era grande ma molto accogliente e il fuoco nel camino che scoppiettava e l'inondava di accogliente calore, era quasi una calamita che invitava a sedersi sul divano.
E così fece.
Jensen si tolse il giaccone e andò a sedersi sul divano di fronte al camino e Jared lo sentì sospirare profondamente. Fu quasi come se Jensen si fosse definitivamente rilassato. Come se si sentisse al sicuro.

Il giovane gli portò il caffè e anche qualcosa da mangiare.
Jensen accettò. “Non dovevi disturbarti tanto!” fece gentilmente e dopo aver bevuto qualche sorso di caffè caldo, si lasciò tentare dall’invitante panino che Jared gli aveva preparato.
“Nessun disturbo.” lo rassicurò cordiale l’altro.
Dopo qualche boccone, Jensen notò che nel piatto c’erano delle patatine alla paprika – le preferite di Jared – e spostando solo di un po’ il piatto e mettendolo tra lui e Jared, ammiccò verso il giovane.
“Dovresti ricordare che non mi piace mangiare da solo. E poi queste sono le tue preferite e almeno che i tuoi gusti non siano cambiati, so che non riesci a resistere. Andiamo!! Fammi compagnia!” indicando solo con lo sguardo verso le rustiche speziate.
Jared sorrise e senza scomporsi più di tanto, rubò qualche patatina dal piatto di Jensen che si ritrovò a sorridere a quel gesto così complice e che in un certo senso gli fece anche male, riportandolo indietro ad altri tempi.
Non si dissero molto.
A volte i loro sguardi si incrociavano impacciati. A volte entrambi sembravano che stessero per dire qualcosa, ma ogni volta qualcosa li fermava: paura di affrontare il discorso, mancanza di coraggio nell’affrontare quello che sentivano ancora o non provavano più.
 Jensen aveva bisogno di rimettere le idee in ordine, Jared sapeva che il collega aveva bisogno di riassemblare tutto quello che aveva scoperto, ma avere Jensen in casa sua, in quel momento, in quella modalità così….remissiva, era una tentazione troppo forte.
E nonostante tutto quello che c’era stato tra loro, lui restava comunque un giornalista e aveva una voglia matta di sapere.
Così azzardò.

 “Perché te ne sei andato  Jensen?” chiese tutto di un fiato.
“Articolo sotto copertura, dovevo andarmene per forza!!” rispose il biondo anche se sapeva che il senso di quella domanda era un altro.
Infatti, Jared gli rifece la domanda  con più apprensione.
“Perché te ne sei andato, Jensen?”
“Perché mi hai tradito Jared?!” prontamente domandò rispondendo .
Jared deglutì. Sconcertato da quella risposta che non era una risposta.
No! Quella era decisamente un accusa. Un accusa che però non aveva nessun senso.
 
“Cosa… avrei fatto..scusa?!” fece completamente basito.
 
“O andiamo non mi va di tirare fuori quella storia….non stasera, non riuscirei ad essere lucido!” fece quasi esasperato Jensen, poggiandosi con la schiena alla spalliera del divano su cui entrambi erano ancora seduti.
“No, scusa. Tu rimani lucido e mi spieghi questa cosa. Io ti avrei …tradito? E di grazia quando sarebbe accaduta questa….cosa?”chiese ironicamente risentito Jared.
“Jared, me ne sono fatto una ragione. Credo di averlo anche accettato. Vederti con un quel bel tipo bruno , con tanto di occhi azzurri mentre ridevi, ti abbracciavi e ti rinchiudevi nel motel fuori Houston….ora posso perfino sopportarlo. Non perdonarlo, forse accettarlo. Ma di certo , sopportarlo.” gli spiegò senza alterare il suo tono ricordando quello che aveva visto con i suoi occhi e cercando di spiegarsi il perché sul volto del ragazzo invece di esserci colpa, c’era incredula sorpresa.
“Bruno…occhi azzurri…il motel fuori Houston…” ripeteva Jared come se stesse facendo mente locale. E poi sembrò mettere insieme tutte quelle informazioni. “Aspetta…aspetta…” fece improvvisamente mentre si allontanava per avvicinarsi ad un cassetto della libreria.
Jensen lo vide trafficare e tirare fuori alcune carte che sembravano foto. Erano foto!!
Jared gli si avvicinò e gli porse quelle che si rivelarono essere effettivamente delle fotografie.
“E’ lui?” gli chiese. “E’ questo il ragazzo con cui mi hai visto?!”
“Dobbiamo per forza fare anche le presentazioni?!” ironizzò Jensen, riconoscendo in effetti il presunto “terzo incomodo”
“Smettila e rispondimi, Jensen. E’ lui quello con cui credi io ti abbia tradito?!” rafforzò il tono della sua domanda.
“Sì, Jared.Sì…è lui!!”
“Cazzo!!!, non ci posso credere!” esclamò incredulo il giovane, passandosi le mani tra i capelli.
“Strano! È la stessa cosa che mi sono detto quando ho capito che mi tradivi con…”

“…mio fratello.” finì Jared, anticipandolo e lasciando Jensen decisamente spiazzato.

Il biondo guardò Jared e poi le foto ancora tra le sue mani. Fratello? No. Non era possibile. Non c’era nulla di somigliante fra quei due.

Inventatene un'altra, Padalecki!” pensò Jensen.

Ma poi quando guardò di nuovo Jared che gli stava davanti con un aria decisamente sicura di sé e qualcosa dentro le sue convinzioni cominciò a sgretolarsi.
“Cosa?!” e fu quasi un sussurrò.
“Lui è mio fratello o meglio, il mio fratellastro, Misha.”
 
Fratellastro!!... Al diavolo le somiglianze!
 
“Cosa?!” continuava a ripetere Jensen completamente basito.
“Te ne ho parlato. Suo padre e mia madre si sono sposati quando io avevo sedici anni. Nonostante fossimo diversi e con otto anni di differenza, ci siamo legati molto e lo siamo ancora.” gli spiegò Jared mostrando ancora la foto del ragazzo “incriminato”
“Mi hai sempre detto che tuo fratello si chiamava Angel e che non volevi sue foto perché ti metteva malinconia.” ricordò Jensen
“Il suo vero nome è Misha. Ma io l’ho sempre chiamato Angel, perché da quando siamo diventati una famiglia non mi ha mai abbandonato proprio come un angelo custode.” fu la spiegazione a quel nome.
“Io…Io…” e questa volta Jensen era decisamente in difficoltà.
“Misha è uno psicologo. Da oltre dieci anni presta servizio nell’esercito per essere di supporto psicologico ai soldati in missione oltreoceano. E di tanto in tanto quando torna a casa, in America, cerca di soggiornare in posti che non siano in pieno centro. Vuole calma, vuole silenzio e puoi ben capire e comprendere il perché.” iniziò a spiegargli Jared.

Jensen si sentiva sempre più nel panico, perché più Jared andava avanti nel suo racconto più lui capiva di aver fatto un tremendo, un assurdo..no! uno stupidissimo tragico errore di valutazione.

“Non ho mai voluto delle sue foto...."
"Tu detesti le foto!" si ritrovò a ricordare Jensen quella “follia”.
"Sì... perchè le foto mi danno l’impressione di dover ricordare qualcuno che non c’è più. Ma Misha c’era e c’è ancora e ho questa foto solo da poco tempo. Solo perché lui mi ha pregato di tenerla. Per questo ti ho sempre parlato di lui, ma non te l’ho mai potuto mostrare.”
“Ma perché non mi hai detto che era in città? Perché non….” cercò di farsi dare una spiegazione che potesse per lo meno giustificare la propria reazione.
“Quando ci siamo messi insieme, Misha era in Afganistan.  E anche se di tanto in tanto staccava era solo per pochi giorni. Lui sta sempre fuori …a volte per anni. Ci sentiamo quando può, quando è possibile e l’ultima volta che è stato a Houston è stato quando mi hai lasciato perché a quanto pare …ti tradivo!” ironizzò amaramente. “Si sarebbe fermato per pochi giorni e allora quando mi telefonò per dirmi che era in città, corsi da lui, perché volevo presentarvi. Ci vedemmo in quell’Hotel fuori Houston , dove presumibilmente tu devi avermi seguito e visto con lui…” raccontò vedendo che Jensen annuiva appena , ormai in colpa e in imbarazzo. “Era tutto organizzato, ma quando tornai a casa nostra, di te non c’era più traccia , se non per quel biglietto assurdo in cui mi dicevi di non cercarti e che io ne conoscevo il motivo!”
“Oddio…quel biglietto!” mormorò in colpa e imbarazzato.
“Già…quel biglietto!” gli fece eco Jared.

Jensen ormai non sapeva più dove guardare per la vergogna nel rendersi consapevole di quello che aveva combinato e di quanto fosse stato stupido e azzardato quello che aveva fatto.
“Quando tornai da Misha e gli spiegai tutto, ero distrutto, confuso, arrabbiato e lui mi stette vicino e mi disse che non dovevo cercarti. Che qualunque cosa fosse successa, se era risolvibile si sarebbe risolta comunque. Perché è così che vanno le cose giuste!”
“Dovevi cercarmi invece!” provò a discolparsi.
“Mi avresti creduto?!”
“Sì, se mi avessi raccontato questa storia!”
“E se non ti avessi parlato di Misha? Se ti avessi detto semplicemente che non ti tradivo e avevi preso un granchio?!” domandò seccamente Jared e abbozzando un sorriso amaro quando Jensen non rispose. “Vedi?..forse in quel momento saremmo stati così arrabbiati entrambi che vero o non vero, non avrebbe fatto differenza!”
Quelle parole furono come un macigno sulla coscienza di Jensen. Jared aveva dannatamente ragione: non gli avrebbe creduto. Arrabbiato com’era in quel momento, credendo di essere stato tradito, non gli avrebbe creduto.

Dio!! com’era stato stupido!!

“Ero geloso….sono stato geloso….la paura di averti perso. Il terrore che non saresti stato più mio. La rabbia che qualcun altro ti sarebbe stato accanto al posto mio, che ti avrebbe dato quell’amore che solo io potevo e volevo darti…che non ti avrei avuto più al mio fianco….” fece quasi istericamente Jensen non sapendo che per Jared quelle furono, paradossalmente le parole più belle che avesse potuto sentire al posto di un semplice “Scusa!” o “Perdonami!”
“Mio Dio che ho fatto….che ho fatto!!” continuava a dire Jensen , seduto sul divano con i gomiti appoggiati alle ginocchia e la testa fra le mani per sopportarne il peso e i pensieri.

“Buona notte , Jensen!” sussurrò Jared, ad un certo punto, lasciando il ragazzo a quella presa di coscienza.

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Capitolo 3
*** TRE ***


Durante la notte, Jared aprì gli occhi chiusi solo per abitudine, ma non dormiva.
Non ci riusciva. Non dopo aver avuto quel chiarimento con Jensen e sapendo che l’ex compagno di certo non se la passava meglio di lui. Si alzò cercando di non fare rumore e si accorse, guardando nel soggiorno, che Jensen nemmeno ci aveva provato a dormire.

“Jensen…” lo richiamò Jared, vedendo che Jensen era ancora seduto al divano e fissava tristemente il fuoco nel camino.
“Mi dispiace così tanto, Jared. Sto cercando di capire cosa fare per farmi perdonare  ma è talmente …tanto, troppo….quello che ho fatto, che non riesco a ….” asserì Jensen fortemente in colpa per la sua passata decisione.
Jared gli andò vicino e gli si inginocchiò davanti costringendolo a guardarlo e quando gli occhi del giovane trovarono quelli verdi e tristi del maggiore, Jensen non potè che sussurrare ancora e di nuovo l’ennesimo “Mi dispiace!”

Quello che successo dopo, fu decisamente sorprendente.

Jared si issò piano sulle gambe e annullò del tutto lo spazio tra di loro e lasciò che le loro labbra si incontrassero in un bacio dolce e lento. Quasi timido. Forse timoroso. Ma pregno di speranza.
Per quanto Jensen si sentì completamente in pace e paradossalmente in colpa dal sapore dolcissimo di quel bacio, si costrinse ad allontanarsi. Si scostò appena dal viso del ragazzo e lo guardò con occhi tristi e colpevoli.
“Jensen…”
“No..no…io ho sbagliato. Sono stato uno stupido stronzo, Jared. Ti ho ferito pensando che tu avessi ferito me. Mi sono talmente lasciato abbagliare dalla gelosia e dalla rabbia che provavo che non ho fatto quello per cui oggi faccio quello che faccio: scoprire la verità. Ho solo giudicato le apparenze. Ti ho accusato, giudicato  e condannato senza prove!!”, disse non riuscendo a nascondere la rabbia che provava verso se stesso. “Non posso perdonarmi di aver fatto, di averti fatto una cosa simile!!”
“Lascia che sia io a perdonarti!” esclamò il giovane, issandosi ancora e mettendo fine con un bacio alle parole con cui continuava ad accusarsi Jensen.

Questa volta il bacio fu decisamente più deciso, più convinto, più profondo. E benché Jensen sembrasse fare ancora resistenza, l’appassionata insistenza di Jared , le sua bocca morbida, il tocco vellutato e delicato della sua lingua sulle sua labbra, vinsero del tutto i suoi timori e il maggiore si lasciò conquistare completamente.
Jared , quando si rese conto di quella sua vittoria, gli passò le mani intorno ai fianchi e so lo portò vicino , così che i loro corpi potessero toccarsi. Jensen allacciò le sue braccia  intorno al collo del giovane e si lasciò guidare in quel bellissimo bacio.
Quante volte aveva sognato quel bacio. Quante volte si era costretto a soffocare il pianto della consapevolezza che un bacio del genere non sarebbe mai più potuto essere.
E anche Jared si beava di quel legame ritrovato. Di quell’incastro perfetto tra le loro labbra, del percepire i loro cuori battere in sincrono. I respiri che diventavano uno.

Quel senso di completezza che lo soddisfaceva in ogni sua parte.
Anima e corpo che ritrovavano la loro metà.

Aveva di nuovo Jensen con lui, lo aveva di nuovo tra le sue braccia, tra le sue mani. Jensen non gli era mai passato, non lo aveva mai dimenticato. Forse non l’aveva nemmeno mai odiato sul serio per averlo lasciato in quel modo.
E ora….ora, gli aveva sentito dire quelle parole pregne di scuse e senso di colpa. Lo aveva baciato di nuovo e aveva potuto sentire chiaramente quelle crepe che aveva dentro risanarsi senza lasciare alcuna traccia.

Era di nuovo con Jensen. E Jensen era di nuovo con lui.
Non serviva altro per decidere di fare il passo successivo.
 
“Vieni con me!” gli sussurrò sulle labbra Jared, accennando alla sua camera da letto.
“Ne sei certo?!” azzardò Jensen.
“Solo se non andrai più via!” rispose Jared, ed era serio anche se il suo tono non smise mai di essere dolce.
“Non riuscirei a lasciarti ancora!”
“E allora vieni con me!” fece ancora e Jensen lo seguì.

Amarsi quella notte, fu come conoscersi di nuovo.
Fu come riconoscere ogni cosa che di loro era mancata all’altro.
Entrambi non facevano altro che accarezzarsi ovunque come per riappropriarsi di quella pelle, di ogni muscolo, di ogni fremito con cui quella pelle e quei muscoli  solleticavano le loro mani. Non riuscivano a smettere di baciarsi, di torturarsi le labbra, di mischiare i loro sapori mai dimenticati. Risentire quei gemiti soffocati, quegli ansimi affannati era pura eccitazione. Perdersi e ritrovarsi in quegli occhi liquidi di desiderio accese di nuovo quella scintilla che forse non si era mai spenta ma solo sopita.
E quando la più profonda passione e la più completa felicità di stare di nuovo insieme, fu tale da farli ridere di soddisfazione, fu Jensen a prendere il sopravvento di quel riavvicinamento. Ricordò – non lo aveva mai dimenticato – il modo in cui toccare Jared. Il punto esatto. Il ritmo preciso. Quel calore intimo che piano riscaldava anche sé stesso.
Scivolò dentro di lui, piano, chiudendo gli occhi quando anche Jared li chiuse. Godettero insieme di quell’unione ritrovata, che avanzava piano, che si faceva via via, sempre più profonda. Che ad ogni movimento richiedeva e concedeva di più, sempre di più.
Fin quando entrambi non resistettero più al quel richiamo più appassionato e lasciarono che i loro corpi vi si abbandonassero definitivamente. I movimenti si fecero più frenetici ma mai aggressivi.
Gli affondi di Jensen erano ritmici e cadenzati. E Jared rispondendo a quella passione andava incontro al suo amante, assecondandone ogni movimento. Ansimando insieme. Gemendo di piacere e fatica. Cercando un appiglio più saldo tra le lenzuola, sulle spalle, sulle braccia contratte e tesse per sopportare il peso dei loro corpi.
Volendo sempre di più. Cercando ancora tanto.

E poi fu il piacere, forte, caldo, avvolgente. A tratti doloroso. Che li fece quasi gridare. Che  spezzò loro il fiato facendoli ansimare disperatamente, in cerca di aria.
Il piacere che poi, benevolo si affievolì , permettendo ai due amanti di cadersi tra le braccia dopo un bacio e un altro e un altro ancora. Dopo essersi sorrisi di nuovo complici , li accompagnò verso un sonno pacifico e profondo.

Nessuno dei due pensò minimamente a mettere fine a quel momento. Nemmeno fisicamente. Dormirono così, vicini. Tutta la notte.


 

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Capitolo 4
*** QUATTRO ***


Per quanto sia Jared che Jensen fossero estasiati e galvanizzati dall’aver ripreso la loro relazione, i due , non potevano goderne appieno, dato che Jensen era ancora sottocopertura.

E se prima, la cosa impensieriva il giovane giornalista, ora, la situazione lo preoccupava decisamente.
Non voleva intervenire con il lavoro da reporter di Jensen. Sapeva quando il compagno ci tenesse a quel servizio, benché pericoloso.
L’unica cosa che gli aveva chiesto era un messaggio di tanto in tanto, quando gli era possibile, senza rischiare.
Jared se lo sarebbe fatto bastare.

Si vedevano quando era possibile. Ogni volta che Jensen aveva la possibilità di lasciare il garage dove si svolgevano le attività di raffineria della droga. Per un motivo e per un altro, magari una commissione, Jensen cercava di prendere più tempo possibile e “correva” letteralmente da Jared.
Si baciavano, si parlavano, si abbracciavano e quando era possibile, facevano l’amore. Lo facevano con passione, con urgenza, con l’amarezza di sapere che si sarebbero dovuti separare subito dopo.

Ma avevano deciso che stare lontani non era possibile.
Non per troppo tempo. Non troppo a lungo.
Erano stati già troppo tempo divisi. Non ne avrebbero perso altro.
 

Una mattina però, qualcosa non andò come al solito. E la consueta telefonata di Jensen non arrivò.

“Jared , ha chiamato Jimbo!” disse Rob.
“Beaver? L’informatore di Jensen?”
“Sì!”
“Che cosa vuole?!” si stupì il giornalista. “ Jensen è al garage. Perché lo cerca qui?”
Rob deglutì nervosismo. “Non…lui non cerca Jensen. Voleva avvisarci.”
“Avvisarci di cosa?!” chiese perplesso, vedendo il disagio sia sul volto che nel tono del collega. 
Rob, deglutì ancora. Era come se cercasse il coraggio e le parole giuste. “Ha detto che c’è stata un esplosione?!”
“Cosa? Dove?!” si allarmò immediatamente Jared scattando in piedi dalla sua scrivania.
“…”
“Robert? Dove?!” gridò infine.
“Nel garage in cui si è infiltrato Jensen!”
“Ma che stai dicendo!?” sembrò quasi sussurrare, terrorizzato dal saperne di più.
“Io …io …non so che cosa sia successo di preciso, ma ….ma…”
“Ma,  cosa?!” intervenne allarmato Sheppard.
“Beaver dice che non si è…salvato nessuno!”, e poi specificò: “Almeno di quelli che erano dentro!”
“No…no….non può essere!” fece Jared prendendo al volo la sua giacca e uscendo di corsa dalla redazione.
Rob e Sheppard gli andarono dietro.
 

Durante il tragitto, Jared chiamava Jensen al cellulare, imprecando disperatamente ogni volta che il compagno non rispondeva alla chiamata. E ogni volta si passava istericamente la mano libera tra i capelli in segno di frustrazione.
Quando arrivarono sul posto, era come se fossero finiti all'inferno: caldo, fiamme, lamenti dolorosi, confusione.

I pompieri stavano già cercando di sedare il violento incendio innescato dalle sostanze chimiche della droga.
I paramedici portavano via i vari feriti e disponevano in file ordinate i sacchi per i cadaveri, pieni di coloro che non erano scampati alla potente deflagrazione chimica.

Jared si guardò sconvolto in giro e si avvicinò ai sacchi mortuari, ma un agente della scientifica lo fermò prontamente.
“Non può, signore!” gli vietò di guardare all’interno dell’involucro di plastica.
“Io …io devo vedere se c’è…se c’è….” biascicò incerto.
“Nessuno può toccarli prima degli esami patologici!”
“Ma….”
“La prego si allontani!” ordinò con gentile autorità e facendogli cenno di allontanarsi.
“Ok! oK!....ma …ma mi dica…” e prese una foto di Jensen. “Ha visto questo ragazzo?!”
Il poliziotto guardò attentamente la foto e poi fissò il giornalista.
“Le posso dire che non è tra questi disgraziati!” fece indicando i quattro corpi a cui faceva la guardia. “Ma dicono che ce ne siano altri all’interno”
“Oddio!!” fece Jared guardando verso le fiamme che ancora mangiavano l’edificio. “Oddio…..Jensen!!” e i suoi occhi iniziarono a bruciare.
Un po’ per l’acre del fumo, un po’ per la disperazione.

I tre comunque non si lasciarono sconfortare e continuarono a chiedere e a mostrare la foto di Jensen ai vari pompieri e ai paramedici che si affaccendavano in quel caos, fin quando Jared non sentì Sheppard richiamarlo con forza.
“Che c’è? Che c’è?”
“Quel pompiere dice di aver visto Jensen. C’era un ferito nel vicolo , qui alle spalle del garage. Il pompiere dice di aver aiutato il paramedico a metterlo su una lettiga e poi ha visto che lo portavano via.” gli riferì Mark, mentre lo spingeva verso la macchina con cui avevano raggiunto il luogo dell’incendio.
“Era Jensen?!” chiese Jared, speranzoso.
“Lui dice di sì. Dice che ne è sicuro!”
“Dove lo hanno portato?!” domandò ancora.
“Al Mercy!” rispose Sheppard mettendogli le chiavi della macchina tra le mani.
“Vado immediatamente!” e corse via.

Circa venti minuti dopo, Jared era al Mercy, il centro traumatologico. Entrò quasi correndo e piombando sulla reception chiese informazioni all’infermiere di turno.
“Il dott. Singer le darà tutte le informazioni.” fece indicando il dottore appena menzionato.
Jared si presentò senza esitare come il compagno di Jensen. E fu così semplice  e pure così triste ammetterlo in quella situazione.
“Venga nel mio studio. Le spiegherò la situazione del suo compagno!”

Entrarono nello ufficio di Singer e il medico gli fece segno di accomodarsi. Jared lo fece anche se quella poltrona sembrava così scomoda o forse era il suo nervosismo a renderla tale.
“Come sta Jensen?!” chiese premuroso.
“Ha lesioni da impatto su molte parti del corpo. Un polso fratturato e una lesione importante al femore. Il chirurgo ortopedico interverrà non appena le sue condizioni saranno più stabili di come sono adesso.” spiegò cautamente.
“Non mi sembra grave!” azzardò Jared.
“Quello che ci tiene ancora in allerta sono i due trauma cranici.”
“Cosa?!” e quella tranquillità che sentiva , svanì immediatamente.
“Da quello che ho capito, Jensen era nel vicolo quando c’è stata l’esplosione. Era vicino ad una porta. Questa porta , a causa dell’onda d’urto, lo ha colpito prima alla base occipitale della testa…” indicando a Jared la base del capo appena sopra la nuca. “…e poi , spingendolo violentemente contro la parete dell’edificio adiacente a quello esploso, lo ha fatto sbattere con la parte frontale della testa.”
“O mio Dio!!”
“La cosa assurda è che la porta che lo ha quasi ucciso, paradossalmente gli ha salvato la vita!”
“Che vuol dire!?” chiese un attimo confuso da tutte quelle spiegazioni.
“Spingendolo via in quel modo, la porta, quando si è divelta dai cardini , gli è finita addosso, proteggendolo dalla fiammata. Se Jensen fosse stato all’interno sarebbe morto. Se avesse riaperto per rientrare , il fuoco lo avrebbe investito in pieno. Invece, l’essersi trovato spalle alla porta, in quel preciso momento, gli ha salvato la vita!” concluse il suo resoconto, il medico.
“Assurdo. Un attimo….lei ha detto che gli ha salvato la vita. Quindi …quindi lui non è in pericolo di …”
“Non voglio azzardare. Ma se la situazione rimane stabile e il timore di un possibile edema celebrale, dovesse desistere del tutto, tra 48 ore potremmo sciogliere la prognosi.” asserì dando un ultima occhiata alla cartella clinica di Jensen.
“48 ore!!” fece eco Jared, come se quei due semplici giorni, fossero un eternità.
“So che sembreranno ore lunghissime, ma mi sento ottimista, Jared. Lo sia anche lei!” fece fiducioso.
“Sì. Certo.” fece con entusiasmo il giovane, seguendo il medico che avanzava verso la porta. “Posso vederlo?”
“Non adesso. Ora è in intensiva e fin quando la prognosi non sarà sciolta, non posso permetterglielo. Ma tranquillo, vedrà che tutto si risolverà per il meglio!”
Quando Jared raggiunse di nuovo la sala d’attesa, trovò ad aspettarlo, Rob e Sheppard. Riferì loro ciò che gli aveva detto il dott. Singer e anche se ancora preoccupati, pure gli altri due, reagirono positivamente alle notizie sulla salute del loro amico.
 
Passarono un paio di giorni. Estenuanti, interminabili giorni di attesa. Attesa a che Jensen si svegliasse e che i medici potessero finalmente stabilire le sue esatte condizioni fisiche.
E finalmente, dopo l’ennesima volta che il dott. Singer uscì dalla stanza del reporter, vi uscì con la chiara espressione di chi era pienamente soddisfatto della visita appena portata a termine.
“Allora ?!” chiese Jared che in quei giorni raramente aveva lasciato l’ospedale o solo il reparto in cui il compagno era ricoverato.
“Allora credo che di là..” indicando la stanza che aveva appena lasciato. “…ci sia qualcuno che non vede l’ora di vederti!”
“E’ sveglio??!!!” esclamò al colmo della felicità Jared.
“Ed è pienamente lucido, reattivo e ha piena conoscenza di quello che è successo e dove si trova. E questo è decisamente una più che ottima notizia.” fece sorridendo soddisfatto il medico brizzolato, guardando Jared, da sopra i suoi immancabili occhiali.  “Data la situazione , tra qualche giorno , il chirurgo ortopedico potrà rimettergli a posto la gamba, ma sarà un operazione di routine. Niente di preoccupante. Qualche settimana di pazienza e potrà riportarselo a casa!”
“Sììììì!!!” quasi gridò dalla gioia e poi, cercando di contenersi: “Posso…posso vederlo?!”
“Deve vederlo o Jensen..dice che ci renderà le cose complicate!!” ironizzò Singer.
“O mi creda , dottore!! Come rende le cose complicate lui……” convenne il giovane mentre si avviava ad entrare nella stanza di Jensen.

Quando entrò nella camera, il sorriso di Jensen divenne luminoso.
Jared gli si avvicinò e cautamente gli prese la mano, facendo attenzione a non toccargli la flebo.
“Ciao!!” sussurrò Jensen dopo che le loro mani furono strette una nell’altra.
“Ciao un corno, Ackles!!” esclamò dolcemente arrabbiato Jared. “Hai idea di quello che mi hai fatto passare in questi giorni?!”
“Mi dispiace…ma….ma non era mia intenzione …saltare in aria!” rispose con ironia Jensen, sapendo che Jared non era davvero seccato con lui.
“La prossima volta, potresti trovare un metodo più tranquillo per mollarmi ??!” scherzando su come si erano lasciati la prima volta e su quello che era successo al garage.
“Ci proverò…ma sai che le cose semplici non fanno per me!”
“No, decisamente ….non fanno per te!” convenne il compagno.
“Jared…” fece poi con un tono, forse, remissivo. “Ti amo!”

Jared lo guardò sorpreso.
Avevano appianato i loro disaccordi. Si erano chiariti e avevano ricominciato, come dire, da dove avevano lasciato.
Ma quel “Ti amo” proprio non se lo aspettava. Non ancora. E per quanto fosse inaspettato fu comunque bellissimo sentirlo.

“Me lo dici solo per farti perdonare!” cercò di scherzare ma solo per nascondere la forte emozione che sentiva dentro.
“Ti amo!” fece allora, ancora con più convinzione Jensen, stringendo appena, per quanto poteva , la mano che stringeva la sua.
A quel punto Jared, cedette. Si inginocchiò accanto al letto , così, che potesse trovarsi all’altezza del volto di Jensen.
“Ti amo…ti amo anch’io. Tu non sai quanto ti amo e sono quasi impazzito quando mi hanno detto dell’esplosione. Sono venuto al garage e c’era tutto quel fuoco e tutti quei morti e io non riuscivo a trovarti e quelli con cui parlavo non facevano altro che dirmi che c’erano altri morti all’interno dell’edificio…” iniziò a raccontargli quasi senza riprendere fiato.
“Mi dispiace….”
“…e poi Mark ha parlato con quel pompiere che ci ha detto che ti avevano portato qui e il dott. Singer che non voleva che ti vedessi e io non sapevo come…”
“Jared….basta! E’ finita…tranquillo!!” cercava di rassicurarlo il maggiore raggiungendo il suo viso con l’altra mano , così da poterlo accarezzare. “Sto bene. Starò meglio!”
“Sì. Sì. Lo so, ma è stato orribile lo stesso!” gli fece presente il giovane che si lasciava cullare dalla carezza di Jensen.
“Faresti una cosa per me?!” gli poi, questi.
“Qualunque cosa.” fu la risposta spontanea.
“Dammi un bacio!”
“Uno solo?!” fece malizioso Jared, mentre si sporgeva verso il compagno che gli sorrideva amabilmente.
“Cominciamo con uno, poi magari…” e ammiccò malizioso.
“Ma sta’ zitto, scemo.” e gli impedì qualsiasi risposta chiudendogli la bocca con la sua.

Fu un bacio dolce, deciso. Ma ugualmente intimo.
Le loro labbra si carezzarono , si strusciarono lente.
Sembrò quasi una danza in cui entrambi i ballerini sapevano esattamente quale fossero i loro passi. La perfezione.

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Capitolo 5
*** CINQUE ***


Come promesso dal dott. Singer, dopo un paio di settimane, Jensen era fuori dall'ospedale.
Jared si premunì di portarlo a casa e di sistemarlo nel massimo confort, dato che il compagno aveva ancora una gamba non del tutto a posto. Riprendere la loro vita insieme fu come far ristabilire quella gamba: un processo lento, fatto di pazienza, volontà e tanto lavoro.
Ma l'amore che li legava rese tutto estremamente naturale!!

Una notte, Jensen era a letto quando sentì Jared sdraiarsi alle sue spalle e abbracciarlo da dietro. Il giovane lo cinse completamente con le sue braccia e Jensen si beò di quell’abbraccio.
Anche se teneva gli occhi chiusi, si rivolse al giovane compagno che gli baciò la nuca.
“Sono quasi le due di notte. Avevi detto che non avresti fatto tardi.”
“Lo so. Hai ragione! Ma dovevo rivedere quell’articolo da consegnare a Sheppard domani. Sai che è capace di scatenare i cerberi dell’Inferno se qualcuno ritarda con la consegna di un articolo.” si giustificò Jared , baciandolo appena dietro l'orecchio , data la sua posizione. Ma questo non diede affatto fastidio a Jensen, anzi!!
“Caspita, se lo so!” sorrise Jensen. “Ho comprato una cuccia per quei cerberi!” ironizzò.
“Come stai? Come ti senti?!” fece Jared addolcendo il tono.
“Sto bene. Benissimo e non vedo l’ora di poter tornare a lavoro.”
“Tra una settimana finirai la riabilitazione e tutto tornerà alla normalità. Ma…” lasciando in sospeso quella sua frase.
“Ma cosa?”
“Ma scordati che tornerai ancora sottocopertura.” sembrò quasi ordinare ma amorevolmente.
“Jared…”
“No, Jensen. Dico sul serio. Ci tengo al mio cuore e quando ho creduto di averti perso in quell’esplosione, ho rischiato di morire di crepacuore. Sarei impazzito se Robert non avesse trovato quel pompiere che ti aveva visto vivo.” ricordando ancora quei momenti di puro panico.
“Ma è il mio lavoro!” volle comunque ricordargli Jensen senza però sembrare offeso in qualche modo.

Jared lo afferrò per i fianchi e lo costrinse a girarsi verso di lui. Quando furono viso di fronte viso, Jensen potè vedere l'apprensione che rattristava i lineamenti del suo amato.
Jared gli posò una mano sulla guancia, per sentirne il tocco, il calore e godendo del modo in cui Jensen vi si abbandonava contro.
“Il tuo lavoro è raccontare la verità. Ce ne sono tanti di modi per trovarla. Senza rischiare di farsi sparare addosso o esplodere in un magazzino in cui si raffina la droga.”
“Mi vuoi delegare al lavoro di scrivania?!” ironizzò sorridendogli.
“No. Ti voglio riportare ai nostri vecchi tempi. Le indagini, le ricerche, le prove, le inchieste, il contatto con la gente della strada, le interviste che mettevano spalle al muro i colpevoli. Eravamo bravi in quello. Eravamo stramaledettamente bravi!” gli fece presente con convinzione.
“Eravamo Redford e Hoffman!” scherzò il maggiore.
“Già!!” convenne Jared. “Per favore. Per favore non ce la farei ad andare avanti di nuovo senza di te, Jensen. Non farmi andare avanti senza di te.”
Jensen fu profondamente colpito da quelle parole, dalla forza e l'amore con cui Jared gliele aveva dette. Dal modo in cui Jared lo aveva guardato mentre si esponeva in quel modo.
 “Non dovrai farlo. Te lo giuro!” allora gli promise. “Ma prima di siglare questo patto, devo dirti un ultima cosa.”
“Cosa?” fece comunque già sollevato Jared.

“Grazie!”, fu la semplice confessione. “Grazie per avermi salvato la vita!!”

“Jensen ma che dici? Io non ti ho ….”
“Sì, lo hai fatto.” convenne Jensen sporgendosi appena per baciargli le labbra appena schiuse in un espressione di sorpresa.
“….”, Jared non disse niente ma lo guardò decisamente non sapendo a che cosa il compagno si riferisse.
“Jared, quella mattina….la mattina dell’esplosione….ricordi che mi hai mandato un messaggio?”
“Un …messaggio?!” chiese incerto Jared e poi, ad un tratto, sembrò ricordare. “Oddio….è vero!” esclamò. “Ma questo che c’entra?”
Jensen sorrise.
Non riesco a smettere di pensare a te. Non riesco a smettere di pensare alle tue mani su di me. Alla tua bocca che mi bacia ovunque. Al tuo sapore che si mischia con il mio e mi invade la bocca, saziandomi. Al tuo corpo che mi conquista, completandomi!”.gli recitò Jensen. "Io, uscii per leggerlo.", sorridendo appena dell’espressione stupita e colpita del compagno. “Te lo ricordi?!” ripetè ancora più dolcemente baciando le labbra sottili che ancora mostravano incredulità.
“Sì…sì..me lo ricordo. Quella notte era stata…era stata…” ricordando la notte di passione e amore che avevano trascorso prima che Jensen dovesse tornare a quel dannato garage.
“…bellissima!” finì per lui Jensen e poi , sorprendendosi, si rese conto che l’espressione di incredulità sul volto del compagno aveva lasciato spazio ad una di puro terrore e non ne comprese il motivo.  “Che c’è?”

“Io stavo per non mandartelo. O mio Dio!! stavo per non mandarti quel messaggio…io…io avevo paura che …che potesse…..Mio Dio!! se non lo avessi fatto…io…tu saresti……” sussurrava quasi isterico , Jared, stringendosi a Jensen.

“Te l’ho detto che mi hai salvato la vita!” fece del tutto sereno Jensen, mentre Jared istintivamente se lo abbracciò ancora , con forza, stringendoselo vicino il più possibile.
“Non ti lascerò mai più andare via da me Jensen Ackles! Ti ho perso e ritrovato una volta di troppo. Ora basta!! Ti legherò a me anche contro la tua volontà!” scherzò in quell’abbraccio.
“Potrei prenderti in parola, sai?”
“Sono un giornalista, ricordi? Sono bravo con le parole!!” gli ricordò Jared, felice di quell’accordo amoroso.

Un attimo dopo i due erano di nuovo impegnati nel redigere , approfondire e perfezionare quello che era l’articolo più importante della loro carriera e della loro vita.

Il loro amore da prima pagina!!






N.d.A.: Un infinito grazie a chi ha seguito la storia fin qui. Uno ancora più grande a chi l'ha recensita. Un abbraccio forte a tutti gli altri!!
Ps: Redford e Hoffman sono i protagonisti del bellissimo film "Tutti gli uomini del Presidente" in cui interpretano due impavidi giornalisti. E' tratto da una storia vera. A causa di ciò che i due scoprirono, sono dovute le dimissioni di Nixon e i famosi termini "gola profonda" ( informatore) e "impeachment" ( mettere sotto accusa) , oggi, diventati molto in uso. Lo ripeto: film grandioso!!

Detto questo, ringrazio ancora e vi aspetto alle prossime storie!!

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