Some kind of loving

di lenemckinnon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo incontro ***
Capitolo 2: *** Prima litigata ***
Capitolo 3: *** Primo appuntamento ***
Capitolo 4: *** Primo ballo ***
Capitolo 5: *** Ultima punizione ***
Capitolo 6: *** Ultime lacrime ***
Capitolo 7: *** Prima ronda - prima parte ***
Capitolo 8: *** Prima ronda - seconda parte ***
Capitolo 9: *** Ultima ronda ***
Capitolo 10: *** Primo compleanno ***



Capitolo 1
*** Primo incontro ***


1 settembre 1971, Castello di Hogwarts
 
"McKinnon, Marlene!"
 
Una ragazzina dalle bionde trecce avanzò a grandi passi lungo la Sala Grande, pronta per conoscere il destino che il Cappello Parlante aveva in serbo per lei.
 
Se lo cacciò in testa con forza, tradendo un gesto di impazienza e spalancando i grandi occhi, come se volesse assorbire in pieno quel momento.
 
"Mmm coraggio da vendere, vedo, come tutti i membri della tua famiglia d'altra parte! Inoltre c'è qualcosa nel tuo carattere, signorina, che mi pare parecchio infuocato...confermi mia cara? Si? Bé in questo caso direi che la scelta perfetta è...GRIFONDORO!" 
 
Un po' stordita dall'urlo finale del cappello, Marlene trotterellò verso il tavolo della sua nuova Casa lanciando un'occhiata vincente ai suoi tre fratelli e accomodandosi vicino a una ragazzina carina con i capelli rossi. 
 
Dall'altra parte del tavolo, un giovane Sirius Black stava già tenendo banco tra i suoi nuovi compagni. Insieme ai ragazzi conosciuti precedentemente sull'Espresso per Hogwarts, stava fantasticando a occhi aperti sulle incredibili creature che il Castello potesse contenere. 
 
"E ci pensate, Hagrid ci ha avvertiti della possibilità di incontrare la Piovra Gigante!"
 
"Assurdo! Dovremo trovare sicuramente un modo per ammansirla, ma poi potrà essere una fedele compagna di scherzi!", esclamò vittoriosamente James Potter, scavezzacollo Grifondoro del primo anno.
 
Accanto a lui, Remus Lupin annuí con vigore alle parole dei suoi nuovi amici, ancora troppo estasiato dalla bellezza di quel luogo per pensare che si, forse il loro progetto era da considerarsi un pochino da irresponsabili.
 
 
Non appena ebbe finito di gesticolare ampiamente, Sirius si buttò a capofitto sul suo stufato di carne, ingurgitando il primo boccone alla bell'e meglio, troppo smanioso di tornare a parlare.
 
E proprio lì, con la bocca ancora semiaperta e la mano destra a mezz'aria pronta ad attirare l'attenzione dei compagni, Sirius fu catturato da un paio di occhi blu che distrattamente lo stavano fissando dall'altra parte del tavolo.
 
Non appena si accorse di aver incrociato il suo sguardo, la loro intraprendente proprietaria gli rivolse un ampio sorriso.
 
Il seducente Sirius Black degli ultimi anni a Hogwarts avrebbe ammiccato con un ammaliante sguardo malandrino; purtroppo, il Sirius-ancora-bambino Black seppe solamente rimanere con la bocca impastata e l'espressione tramortita tipica dei più ottusi Troll di Montagna, salvo poi affrettarsi a seguire la conversazione intavolata dai suoi nuovi amici.
 
Sirius Black non era mai stato una di quelle persone che si possono definire brillanti, eppure aveva fin da subito capito che Marlene McKinnon non avrebbe mai potuto essere sua amica. Quello che non sapeva, però, era che quello che c’era tra di loro non era odio, bensì qualcosa di molto, molto più complesso.
 
SPAZIO AUTRICE PERSONA CHE HA SCRITTO QUESTA STORIA COSA
 
Questo progetto è nato molto tempo fa, precisamente nel momento in cui ho capito che non riuscivo più a trattenere tutte le storielle nella mia testa e ho dovuto cominciare a trascriverle su carta. Perdonatemi per questa folle scelta.
 
Essenzialmente, si tratta di una raccolta di one shot incentrate sui più significativi momenti della loro vita insieme. Non so ancora con che frequenza aggiornerò, ma sappiate che detesto gli autori che lasciano le storie incompiute per decine di anni.
 
A presto,
 
Lène 
 
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Capitolo 2
*** Prima litigata ***


31 Ottobre 1972, Sala Grande
 

Sirius Black reputava Marlene Mckinnon estremamente insopportabile, a partire dal momento in cui il primo giorno di scuola la ragazzina non aveva riso alla sua barzelletta sul Troll, la Megera e l'Avvicino.
 
Per questo, non appena vide una chioma bionda avvicinarsi con fare minaccioso verso di lui comodamente seduto a fare colazione, sbuffò sonoramente alzando gli occhi al cielo.

"Black!"
 
Il suo urlo non prometteva certo nulla di buono, ma Sirius Black era un Grifondoro audace con un'inspiegabile tendenza al cacciarsi in grossi guai.
 
"Insomma Marls, devi smetterla di pronunciare il mio cognome come se fosse un insulto! Ci saranno grossi problemi quando diventerà anche il tuo, una volta sposati!" rispose allargando le mani con fare paziente e accompagnando il tutto con una sonora risata simile a un latrato.
 
"Non ti azzardare a scherzare ora, Black! Sputa il rospo, chi ha allagato il nostro dormitorio stamattina?" sbottò sbrigativamente Marlene incrociando le braccia con sguardo indagatore.
 
"Mi dichiaro innocente, madamigella, ma sono pronto a schierarmi al vostro fianco per scovare il furfante che ha compiuto un tale oltraggio!" esclamò Sirius con tono melodrammatico assumendo una posizione da cavaliere in battaglia.
 
"Smettila di dire idiozie, Black! Si tratta di certo di uno scherzo di pessimo gusto e, per di più, una magia da dilettanti!" Marlene tremava di rabbia, tanto che James, seduto accanto all'imputato, iniziò a temere per l'incolumità dell'amico. "Su Marls, non essere così...ehm...impulsiva, sono certo che sia stato tutto un grosso sbaglio!"  
"Uno sbaglio tu credi? Davvero James, non ti facevo così ottuso! Ce l'ha scritto in faccia che é colpevole, ma giuro che gli cancellerò quel sorrisino sghembo dalla faccia!" replicò un'infuriata Marlene al povero James che stava tentando di fare da paciere tra la sua più vecchia amica e il suo nuovo compagno di avventure.
 
"Vedo che la vostra fantasia galoppa lontano, madamigella...peccato che non abbiate prove" concluse soddisfatto Sirius.
 
Marlene decise di stare al gioco e con un sorriso sornione si avvicinò pericolosamente a lui. "Ma certo, infatti non sono per niente a conoscenza del fatto che un elfo domestico stamattina ha svegliato metà del dormitorio femminile di Grifondoro nel tentativo di punirsi per aver obbedito ai "poco virtuosi ordini impartiti dal Signorino Black"" fece Marlene scimmiottando il tono servizievole dell'elfo.
 
La mente di Sirius lavorò velocemente in quei pochi secondi e maledisse più volte quello svitato elfo che aveva mandato all'aria tutti i suoi piani.
 
"Colpito e affondato, Black, la tua espressione stordita equivale ad un'ammissione di colpevolezza in piena regola" concluse soddisfatta Marlene con un sorriso vittorioso che si faceva strada sul suo volto.
 
La ragazza si stava giusto allontanando dal tavolo diretta a lezione quando venne raggiunta dalle ampie falcate di Sirius che la prese per una spalla e la costrinse a girarsi verso di lui.
 
"Non finisce qui. Può essere che tu abbia vinto una battaglia, la prima, ma la guerra é ancora lunga. Rassegnati, Lène, sono io il migliore amico di James, ormai."
 
Marlene rabbrividì al contatto con le mani gelate di Sirius e si stupì di quel nomignolo apparentemente dolce fuoriuscito dalle labbra del ragazzo con tanta spontaneità. Rispose comunque alla provocazione con tono di sfida.
 
"È una dichiarazione di guerra, Black?"
 
"In piena regola, McKinnon. E ora scusami, ma devo fuggire lontano dal tuo fastidioso accento scozzese prima che le mie orecchie mi chiedano pietà" la sbeffeggiò Sirius strizzandole l'occhio con aria complice.
 
Le aveva sempre dichiarato guerra con la stessa intensità con cui avrebbe voluto farci l'amore.
 
 
SPAZIO AUTRICE PERSONA CHE HA SCRITTO QUESTA STORIA COSA
 
Hello…it’s me…conoscete il resto, suppongo!
Credo che potrei riuscire a reggere, almeno inizialmente, la frequenza settimanale degli aggiornamenti. Mi sono divertita davvero troppo a pensare ai loro primi giorni di scuola e ai loro primi battibecchi.
 
Nella mia testa, James e Marlene sono cugini perché Dorea Black in Potter e Cassiopea Black in McKinnon sono sorelle, entrambe figlie di Violetta Bulstrode e Cygnus Black. Mi rendo conto che sia un appunto completamente privo di importanza, ma gli alberi genealogici sono la mia passione!
 
Ho inserito anche qualcosa sulle origini scozzesi di Marlene, il suo nome mi sembra dannatamente scozzese.
 
Alla prossima!
 
Lène
 
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Capitolo 3
*** Primo appuntamento ***


31 Luglio 1974, Cucina di Villa Potter
 
"Oh é così irritante!" proruppe Sirius Black nel silenzio della luminosa cucina, un afoso giorno di fine luglio.
"Cerca sempre di venire con noi qualsiasi cosa facciamo, e tutto solo perché conosce James da una vita!" Continuò il giovane ragazzo gesticolando agitato, le mani che disegnavano impetuose traiettorie per aria e un'espressione sofferente dipinta sul viso.

"Ed é ovviamente in tutto e per tutto uguale alle altre femmine, tutta pizzi e merletti, ma fa finta di saperne di Quidditch solo perché vorrebbe uscire con noi!" Concluse con un ultimo sbuffo.
 
"Mmm" mormorò piano la Signora Dorea Black in Potter nell'ascoltare numerose lamentele circa sua nipote da parte del migliore amico di suo figlio. Non che quest'ultimo tenesse in considerazione questo tipo di stretta relazione, certo che no.
 
"Tutto quello di cui discorre con me é Hogsmeade" saltò su Sirius. "Continua a dire che sarebbe estremamente eccitante andare al villaggio per un appuntamento, come se tutto questo potesse risultare interessante per qualcuno." Aggiunse con un'alzata di sopracciglia e una noncurante scrollata di spalle.
 
"Ma davvero?" Le labbra sottili della Signora Potter si distesero in un certo tipo di sorriso malandrino, un’espressione falsamente stupita a incorniciarne il nobile volto.
 
"Proprio così." Sirius sorrise, contento che finalmente qualcuno comprendesse quella situazione di terribile disagio in cui era invischiato.
 
"E quindi quando glielo chiederai?" Continuò la Signora Potter ostentando finta indifferenza.
 
"Chiederò che cosa?" rispose sbigottito il ragazzo, preso in contropiede.
 
"Di venire a Hogsmeade con te! É così evidente il tuo interesse per Marlene!"
 
La Signora Potter si gustò appieno la bocca aperta di un Sirius Black che finalmente dava un nome a quegli strani svolazzamenti del suo stomaco che l'avevano perseguitato per tutta l'estate.
 
The first cut is the deepest
Baby I know
The first cut is the deepest
 
SPAZIO AUTRICE PERSONA CHE HA SCRITTO QUESTA STORIA COSA
Questa è più che altro una flashfic in cui ho tentato, ve lo giuro, ho tentato con tutta me stessa, di trasferire nero su bianco le emozioni del quattordicenne Sirius alle prese con le farfalle dello stomaco. Purtroppo il tutto è precipitato nel ridicolo, e questo è il risultato, perdonatemi.
Alcune precisazioni:
  • Zia Row ha recentemente pubblicato su Pottermore la struggente storia dei Potter, con particolare riguardo a un certo Fleamont Potter sposato con una certa Euphemia Non-si-conosce-il-cognome in Potter. Ora, per quanto io adori la zia Row, il canon e il nome Euphemia, per me Dorea Black in Potter resta l’unica e indiscussa madre di James (e Sirius);
  • La canzone “The first cut is the deepest” è dell’immenso Cat Stevens;
  • Volevo aggiornare il 27 marzo in occasione del compleanno di James, ma, maledizione, il cioccolato ha avuto la meglio su di me.
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Capitolo 4
*** Primo ballo ***


30 Aprile 1976, Biblioteca di Hogwarts
 
"Non puoi sapere quando il vero amore verrà a cercarti, Marls, le nostre vite sono davvero imprevedibili!" disse una sedicenne Lily Evans con convinzione.
Marlene sbuffò in maniera melodrammatica: "Bé di certo se vorrà trovarmi non avrà difficoltà! Sarò qui china su questo tavolo di legno a completare il saggio di Trasfigurazione per i prossimi trent'anni almeno!"
Un improvviso fracasso proveniente dalla porta principale segnalò a tutta la biblioteca l'ingresso di un baldanzoso Sirius Black che, spedito, si diresse al tavolo delle due ragazze.
"Giorno ragazze, stavate parlando di me?"
 
"Non una parola, Lily, non una parola" ringhiò Marlene contro la rossa che nel frattempo era esplosa in una fragorosa risata.
"Ovviamente no, Black, altrimenti avremmo dovuto correre in bagno a vomitare già parecchio tempo fa!" disse Marlene, rivolgendosi sarcasticamente al nuovo arrivato.
"Mah che strano, mi era sembrato che le mie orecchie stessero fischiando" replicò lui con aria malandrina.
"Dicci cosa vuoi o sparisci, Sirius" tentò di tagliare corto Marlene.
"Veramente volevo parlare con te."
 
Certamente Marlene McKinnon non giudicava il rumoroso, arrogante, chiassoso e decisamente poco sensibile Sirius Black come il ragazzo affascinante di cui erano infatuate tutte le starnazzanti ragazzine del quarto anno, e grazie tante.
Quindi non seppe minimamente spiegarsi il perché nell'udire quelle parole il suo cuore avesse deciso di fare una capriola su sé stesso.
 
"Bene, mi hai trovata. Ora, parla e non farci perdere altro tempo. Al contrario di qualcuno, noi saremmo intenzionate a costruirci un futuro di successo." disse sgarbatamente Marlene evitando accuratamente di guardarlo negli occhi.
"Detto da te McKinnon, sembrerebbe quasi una gustosa barzelletta. Comunque volevo parlare con te, in privato."
 
Se ci fosse stato un fuoco d'artificio sotto la sua sedia, probabilmente Lily Evans si sarebbe alzata meno velocemente di quanto fece invece non appena si trovò coinvolta in quella strana situazione.
Raccolse frettolosamente i suoi libri e, ignorando le proteste della sua bionda amica, uscì così in fretta dalla biblioteca che lettori poco attenti di Storia di Hogwarts avrebbero detto che si era smaterializzata.
 
Con una calma esasperante Sirius si accomodò sulla pregiata sedia in legno studiando accuratamente le mosse di Marlene.
La ragazza seduta dall'altra parte del tavolo lo scrutava con attenzione, uno sguardo di malcelata curiosità a dipingerle il volto.
Sirius ghignò. "Come certamente saprai é stato indetto il ricevimento per la Celebrazione delle Gesta dei Fondatori." iniziò con tono neutrale.
"Vai al punto, Black, e per l'amor del cielo non ripetermi tutta Storia di Hogwarts se puoi".
"Si, prima che tu mi interrompessi, cara, stavo illustrandoti brevemente la situazione. In ogni caso, mi rincresce ammetterlo, ma ho bisogno di uno dei nostri schemi di gioco. A quanto pare la piccola Hopkins non ha ancora ceduto alle mie avances."
Il viso di Marlene si distese in un sorriso rilassato e vagamente malandrino.
"E io che cosa ci guadagno?" Chiese la ragazza sogghignando e sfregandosi le mani.
"La possibilità di avere come Cavaliere per il Ballo l'affascinante e inimitabile rampollo diseredato di Casa Black." Rispose velocemente Sirius con soddisfazione.
 
Per un attimo Marlene avrebbe giurato di aver sentito il suo cuore sobbalzare, di nuovo.
Si ricompose in fretta, badando soprattutto a controllare il rossore che si stava rapidamente impossessando della pelle chiara del suo volto.
"Non basta, Sir. Che ne dici di una scommessa?"
Nel pronunciare queste parole la ragazza non poté evitare che il suo cuore accelerasse aritmicamente il battito. Era più forte di lei, quegli intrighi la attiravano come una calamita. Non si era ma sentita così in sintonia nel complottare scherzi e malandrinate con nessun altro come con Sirius, e questo strano rapporto di alleanza/inimicizia li aveva accompagnati durante tutti i loro anni ad Hogwarts.
E anche questa volta, suo malgrado, la ragazza era magicamente attirata dall'ennesima sfida.
"Vediamo se sei abbastanza affascinante da riuscire a conquistare la Hopkins in meno di un'ora, nonostante sia io la tua accompagnatrice." Gli propose Marlene con tono di sfida.
"Consideralo fatto, McKitten. Ci troviamo Sabato sera alle 8 in Sala Grande. Ci si vede in giro."
E così, misterioso come era arrivato, Sirius si dileguò in fretta, scomparendo dalla vista di una scombussolata Marlene.
 
7 Maggio 1976, Scalinate di Hogwarts
 
Esattamente una settimana più tardi, una Marlene McKinnon fasciata in uno sgargiante abito blu notte stava precipitandosi giù dalle scale dirette alla Sala Grande, maledicendo sé stessa per essere rimasta troppo a lungo assorta nella lettura di "TuttoQuidditch", ma soprattutto rivolgendo col pensiero molteplici insulti ad Alice Prewett che con la sua aria innocente l'aveva costretta a indossare quegli stupidi arnesi col tacco che ora rallentavano la sua corsa a perdifiato.
 
Giunta alla fine delle scale scorse Sirius che si stava elegantemente aggiustando i polsini della camicia, con un'espressione scocciata dipinta sul volto.
"Credevo ti avessero rapita i Lepricani, Marls."
"A meno di non considerare Alice come un piccolo omino di colore verde direi di essere totalmente libera."
 
"You and me together, 
we could do anything, baby 
You and me together yes, yes" 
 
"McKinnon, ti dispiace...?" sussurrò Sirius, indicando con un gesto eloquente la pista da ballo.
"Dato che l'hai chiesto così educatamente, Black..." rispose sarcastica Marlene, afferrando la mano che lui le offriva.
 
Ballarono perché scoprirono che le parole dette con gli occhi mentre lenti giravano sulla pista da ballo - vicini, sempre più vicini - erano le migliori che si fossero mai scambiati in quasi sei anni di litigate ininterrotte.
Ballarono perché non importava che il papillon di Sirius non fosse intonato con l'ombretto di Marlene, quando il cuore di entrambi batteva con lo stesso, incessante, ritmo.
Ballarono perché al diavolo le scommesse quando in ballo c'era la malespressa storia d'amore di una vita.
 
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Capitolo 5
*** Ultima punizione ***


17 marzo 1978, Dormitorio femminile di Grifondoro
 
L'aria della sera entrava tiepida dalle finestre lasciate spalancate accanto al letto di Alice e in tutta la stanza si diffondeva lieve un leggero profumo dei fiori del parco di Hogwarts.
Lily Evans, i capelli rossi lasciati sciolti sulle spalle, stava dritta di fronte all'unico specchio della stanza, cercando disperatamente di cancellare i segni di stanchezza intorno ai suoi occhi che testimoniavano che anche quell'anno la festa di compleanno di Marlene di due sere prima era stata un successo.
 
Senza distogliere l'attenzione dal numero di Aprile di "Tutto Quidditch", Mary Macdonald commentò sarcastica: "Non è un po' troppo mascara quello che hai addosso, per una semplice uscita 'tra amici'?"
Marlene rise di gusto alla battuta e rincarò la dose: "Già, Lils, e quella gonna non è un pochino corta per andare a Hogsmeade con uno che ripete di ammirarti soltanto per la tua intelligenza?"
 
Mentre Alice si rotolava dalle risate rischiando di sbattere la testa contro un'anta della finestra, Lily continuò compostamente a truccare il viso. Poi, dopo essersi data un'ultima spruzzata di profumo, rispose con un'alzata di spalle: "Io? Io sono la personificazione dell'intelligenza umana!"
"Oh…beh, seriamente, su una scala da Remus a James, quanto è sembrato arrogante quello che hai detto?" le chiese Alice dopo qualche secondo di silenzio di troppo.
"Sirius" rispose per lei Marlene.
Le altre ragazze scoppiarono in una fragorosa risata, mentre Lily si chiedeva preoccupata: "Accidenti, era davvero così male?"
 
Marlene era davvero contenta che finalmente Lily e James si fossero decisi a uscire allo scoperto. Come amici, ovvio, per il momento. Certo, doveva ammettere che era alquanto bizzarro vederli nei corridoi camminare vicini senza urlarsi addosso, ma ben attenti a non sfiorarsi per non turbare quel fragile equilibrio che avevano appena faticosamente instaurato.
Dopo anni di litigate, sfuriate e crisi di nervi da parte di entrambi, un po' di pace non guastava l'atmosfera.
Forse, si disse, lei e Lily erano più simili di quanto a prima vista potessero sembrare. Dopotutto, la rossa non era la sola a provare sentimenti contrastanti per un decerebrato malandrino decisamente egocentrico.
 
Scese in Sala Comune con un pesante tomo di Astronomia, ben intenta a ripassare qualche mappa stellare che avrebbe potuto esserle d'aiuto durante i M.A.G.O. Ebbe appena il tempo di aprire il libro e di pronunciare "Orione", che Sirius Black la interruppe platealmente. Sirius Black riusciva sempre a interromperla.
"McKinnon, quanto tempo. Recentemente siamo stati troppo occupati a studiare diligentemente e comportarci da adulti, ma lo sai che manchi sempre alle mie lenzuola!"
"Sparisci, Black, devo fare alcune cose." Ribatté la ragazza senza nemmeno alzare lo sguardo dal libro.
"Io posso essere "alcune cose", se capisci cosa intendo."
 
Marlene ghignò, ben sapendo che gliela stava dando vinta un po' troppo facilmente; si ripropose di essere più padrona della situazione, in futuro.
"Dove mi porti, stasera?" lo interrogò con occhi avidi di curiosità.
"Lo vedrai".
 
All'incirca quindici minuti più tardi, dopo un lungo peregrinare per scale irrequiete e corridoi interminabili, si ritrovarono in una stanza buia e con tutta l'aria di essere in disuso da molto tempo. Pesanti teli bianchi coprivano quelli che sembravano mobili e arredi di mastodontiche dimensioni e un odore di antichità si propagava nell'aria donando a tutta la stanza un aspetto vagamente sinistro.
 
"Beh, davvero affascinante come location per un appuntamento romantico, permettimi di darti un consiglio, però: se mai vorrai fare sul serio con una ragazza, magari procurati un mazzo di fiori e una semplice scatola di cioccocalderoni…di solito funziona, sai?" lo provocò Marlene.
"Ma io voglio fare sul serio con te, Lène. E' per questo che ti ho portata qui stasera, per dimostrarti che non c'è nessun'altra, non ci sarà mai nessun'altra" rispose Sirius, il tono della voce più basso di almeno un'ottava.
Marlene non ebbe il tempo di stupirsi, perché subito udirono delle voci concitate provenire dal corridoio. Temendo che Gazza potesse incastrarli fuori dai loro letti allo scadere del coprifuoco, Sirius la spinse senza tante cerimonie all'interno di un armadio per le scope.
 
Avevano appena fatto in tempo a chiudere le ante che sentirono chiara la voce di James provenire dalla stanza: "Non ce la faccio più, Lily, io devo dirlo al mondo"
"James, per favore, non fare il bambino, ancora qualche settimana e poi avremo tutto il tempo per goderci i pettegolezzi da corridoio su di noi. Ma, ti prego, non chiedermi di sganciare la bomba a tutta la scuola prima dei M.A.G.O., non potrei sopportarne il frastuono" rispose Lily con una voce dolce ma decisa sulle sue convinzioni.
"Va bene, ho capito. Ora vieni qui."
Un improvviso silenzio, prima, e il rumore di una ventosa, poi, fece capire ai due rifugiati che la felice coppietta ora era immersa in una conversazione decisamente non verbale destinata a durare a lungo.
 
"Black." disse Marlene sottovoce.
"McKinnon", rispose Sirius divertito.
"Forse dovremmo dirglielo, che siamo qui dentro, sai che imbarazzo se ci scoprissero?" aggiunse la ragazza con voce preoccupata.
"Nemmeno per sogno, rovinerebbe tutto il divertimento."
 
"Black." bisbigliò ancora Marlene.
"Si, McKinnon?" replicò lui con disinvoltura.
"E' la tua mano, quella sul mio sedere?"
"Oh, può essere." disse Sirius senza dare l'aria di dispiacersi di quel gesto.
 
"Black!"
"McKinnon, vuoi farci scoprire, forse?" saltò su irritato Sirius.
"E' ancora la tua mano quella sul mio sedere?"
"Ah."
 
"Lène."
"Si, Sirius"
"Usciamo allo scoperto." propose d'un tratto, su due piedi.
Lei gli rivolse un'occhiata interrogativa, e stava proprio per ribattere che James e Lily li avrebbero visti e che avrebbero dovuto loro molte spiegazioni, quando Sirius mise a tacere la sua silenziosa protesta: "Sai cosa intendo…usciamo allo scoperto, tu ed io, contro il mondo".
 
Marlene non riusciva a credere ai propri occhi: Sirius Black, con tutta la galanteria e la nobiltà che era riuscito a racimolare in un ripostiglio per le scope, le stava chiedendo di uscire ufficialmente con lui.
Gli rivolse un gran sorriso e incerta intrecciò le sue dita a quelle del ragazzo, tendendo nuovamente le orecchie per captare eventuali suoni, ma James e Lily dovevano essersene andati, a giudicare dall’assenza di rumori molesti nella stanza.
 
Uscirono allegramente dall’armadio, le mani così avvinghiate l’una nell’altra che sembrava non volessero lasciarsi mai più. Avevano fatto appena pochi passi quando una voce dietro di loro urlò: “Studenti fuori dalle camerate! Studenti fuori dalle camerate! Oh, questa volta vi acciufferò e ve la farò pagare!”  
 
Gazza evidentemente non avrebbe visto di buon occhio la loro idea di uscire allo scoperto.
 
SPAZIO AUTRICE PERSONA CHE HA SCRITTO QUESTA STORIA COSA
Ci sarebbero milioni di approfondimenti da chiarire, ma non ve ne propino nessuno perché a) sono brava e b) sono ansiosa di sapere cosa pensate voi di questo capitolo da happily ever after.
 
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Capitolo 6
*** Ultime lacrime ***


8 maggio 1977, Hogwarts, Ufficio del Preside

L'aria della notte era particolarmente densa, quella primavera; in alto nel cielo si potevano distintamente notare spessi nuvoloni neri che minacciavano pioggia scrosciante e su tutto il castello regnava una cupa atmosfera.
Chino sulla sua scrivania di legno di noce, Albus Silente osservava con cautela alcuni minerali magici, mormorando fra sé e sé potenti incantesimi.
Concentrato com'era, non si accorse di quell'unico puntolino luminoso che ad un tratto fece capolino tra le nuvole rischiarando con la sua scia argentea parte della Foresta.
 
Il Patronus entrò sfrecciando nell'Ufficio di Silente così velocemente che l'anziano Preside si trovò a sobbalzare sulla propria sedia. Non ebbe tempo di stupirsi a lungo, poiché la capra argentea parlò con il tono burbero di Aberforth: "È successo quello che temevamo. Non abbiamo potuto fare niente per impedirlo…i McKinnon sono stati assassinati."
 
Lo scintillio del Patronus si dissolse piano, lasciando al suo posto una nebbiolina sottile.
Silente si portò una mano in alto, a sfiorare le sopracciglia corrucciate, mentre qualcosa di simile a una lacrima scivolava lungo la sua barba argentea.
Lo sconforto, lentamente, si impossessò di lui.
Era certamente inevitabile che in una guerra da entrambe le parti si subissero delle perdite. Era la roulette della morte, il gioco della vita.
Anni prima aveva fondato l'Ordine della Fenice convinto che l'eroe fosse colui che sceglie di rimanere, di combattere per il bene superiore; il colpevole, chi scegliesse di abbandonare il campo.
Ma come avrebbe fatto a spiegare un concetto così crudele e atrocemente idealista a una ragazzina che era diventata maggiorenne da appena una settimana?
 
Marlene McKinnon stava volando sul suo manico di scopa nuovo fiammante; stringeva forte la mazza da battitrice che aveva faticosamente conquistato a forza di dure selezioni e una discreta noncuranza nei confronti di tutti quei pettegolezzi che la ritenevano in squadra solo perché migliore amica e cugina del Capitano James Potter.
Un bolide stava schizzando verso la sua destra, ma lei lo aveva intravisto e facilmente avrebbe potuto deviarlo dalla traettor…
CLANG
L'altro bolide l'aveva colpita in pieno volto rischiando di disarcionarla dalla scopa! Il dolore si mescolò rapidamente alla frustrazione per non aver compiuto il suo dovere di battitrice, ma nel frattempo…tutto diventò più sfumato, mentre il rumore della folla esultante risuonava indistinto, i sensi stavano per abbandonarla…
 
Marlene si svegliò di soprassalto, nelle orecchie ancora il clamore della partita di Quidditch.
Accanto a lei, le sue amiche Mary Macdonald, Lily Evans ed Emmeline Vance erano sprofondate in un sonno apparentemente privo di turbolenze nei loro letti a baldacchino scarlatti. Alice probabilmente non era ancora tornata dalla sua scorribanda notturna con Paciock.
Notò subito che nell'aria c'era qualcosa che non andava e un senso di oppressione e paura si impossessò di lei. Probabilmente non era altro che il ricordo di quel sogno, così vivido e realistico nei minimi dettagli, ad acuire la tensione dei suoi nervi.
Stava giusto per imporsi di calmarsi quando una sottile striscia di luce apparve sul pavimento di legno del dormitorio: Marlene lo seguì con lo sguardo fino alla porta, da dove sembrava provenire. Sgattaiolò il più furtivamente possibile fuori dal baldacchino, ben attenta a non calpestare le riviste di Quidditch di Mary (i giocatori si mettevano a urlare se per sbaglio gli rompevi il naso) o il permaloso gatto di Lily.
Lentamente si avvicinò alla porta, maledicendosi di non avere la bacchetta a portata di mano, e a sangue freddo la spalancò.
 
Tutte le sue paure sfumarono nel momento in cui si trovò di fronte alla Professoressa McGranitt, la bacchetta ancora in aria, cuffia da notte e vestaglia scozzese. Se sul suo viso non ci fosse stata un'espressione così grave probabilmente Marlene le sarebbe scoppiata a ridere in faccia senza nessuna remora.
 
"Signorina McKinnon, perdona l'orario, ma c'è una questione di vitale importanza della quale vorrei discutere con te in Sala Comune, ora." Il tono autoritario e allo stesso tempo preoccupato non ammetteva repliche, ma la ragazza trovava ancora troppo comica la situazione per impedirsi di rispondere a tono.
"Professoressa, pensavo che ormai avesse deciso di assegnarmi una E ai M.A.G.O. di Trasfigurazione, non credevo di doverle dimostrare le mie abilità in piena notte."
"McKinnon, per cortesia, siediti. Ho…ho qualcosa da comunicarti."
 
Forse fu il modo in cui disse "comunicarti" a metterle i brividi, forse fu lo sguardo severo e al contempo velato di una tristezza inconsolabile, o forse quello che venne dopo fu semplicemente insostenibile da ascoltare: Marlene urlò, tappandosi le orecchie e serrando gli occhi in un buio dai contorni indefiniti, rifiutandosi di credere anche solo ad una delle parole senza senso che uscivano dalla bocca della McGranitt, desiderando solamente precipitare in un'altra dimensione e dimenticarsi di tutto quel dolore che ora iniziava ad attanagliarle le viscere.
 
Corse via, noncurante della voce della McGranitt. Corse oltre il buco del ritratto, corse lontano dalla Sala Comune, senza una direzione precisa, semplicemente via da quel mondo triste dove era precipitata. Il mondo di Marlene era colorato e folle, ricco di affetto e contornato da un sarcasmo pungente. Nulla di tutto questo avrebbe potuto esistere ancora, quando loro…quando loro non esistevano più.
 
Andò a sbattere improvvisamente contro qualcosa di duro e allo stesso tempo accogliente. Era ancora troppo sconvolta per rendersi conto che in quello strano buco nero nel quale era precipitata le cose avevano uno spessore e una dimensione, ma poi una voce parlò riportandola bruscamente alla realtà.
 
"Lène …cosa diavolo è successo?"
Non fece in tempo ad alzare lo sguardo con aria interrogativa che aveva già indovinato il proprietario della voce. Di quella voce. C'era solo una persona in tutta Hogwarts a chiamarla "Lène", ed era certamente l'ultima persona che la ragazza avrebbe voluto incontrare in quelle condizioni.
 
Marlene chiuse gli occhi scuotendo il capo con aria distrutta, mentre le lacrime iniziavano a rigarle il volto e a scorrere copiose sulle sue guance; Sirius spalancò le braccia e le avvolse in modo impacciato attorno alla schiena di lei, ora scossa da molteplici singhiozzi.
 
Non c'era niente di bello, niente di romantico e certamente niente di confortevole nel restarsene lì avvolti in un abbraccio scomposto e forse un po' forzato con Sirius, ma Marlene sapeva nel profondo del cuore che lui era l'unico in grado di capire davvero i sentimenti sconnessi che ora si agitavano dentro di lei. Ci sarebbe stato tempo, poi, per parlarne o per ignorare del tutto quel gesto dettato dalla disperazione, ma ora aveva solo bisogno di abbandonarsi alle lacrime.
 
Era la sua famiglia, quella che era stata spazzata via dalla furia omicida di quei bastardi; la sua famiglia, che era fatta per rimanere a vivere insieme nella loro grande casa per il resto della vita. Erano semplicemente nati per proteggersi a vicenda contro le avversità del mondo, ed erano entrati nell'Ordine perché anche quelli che non potevano proteggersi ricevessero la dignità di essere trattati come persone umane. Era persino troppo presto per pensare alla vendetta. Troppo presto per pensare a qualsiasi cosa che non fosse…
 
"Se ne sono andati. Se ne sono andati tutti, Sirius. Per lungo tempo ho sperato che qualcuno potesse vedermi, davvero vedermi. Non solo come una ragazza che balla oltre la mezzanotte, ama il Whiskey Incendiario e che è uscita con molti più ragazzi di quanti una qualsiasi persona rispettabile avrebbe dovuto fare, ma come qualcuno che parla con le piante e sottolinea i libri che le piacciono, perché è questo che faccio io nel tempo libero, è questo quello che sono. Solo la mia famiglia ha saputo cogliere davvero questi tratti del mio carattere, supportarmi nei miei momenti lunatici, sai…si sono sempre tutti stretti al mio fianco. Nessun altro ha mai saputo che quando sono nervosa mordicchio…"
"Le piume, già. Oppure inizi a percorrere la stanza a grandi passi bisbigliando a bassa voce, e senza accorgertene definisci traiettorie perfettamente circolari. Il cerchio è l'elemento che circonda la tua vita, Marls, da quando gesticoli a quando scrivi la pi con quella calligrafia un po'…tonda, ecco. Vedrai che riuscirai a trovare la tua quadratura del cerchio anche in questa storia"
 
Sirius fece una pausa. Il silenzio della notte li avvolgeva e sembrava precipitarli in un'altra dimensione. "La tua famiglia è la tua forza, Lène, ma non permettere che la tua vitalità se ne vada con loro. Io…io ho visto quello che sei veramente. L'ho visto e…lo vedo tuttora."
 
Marlene alzò lo sguardo verso il ragazzo con aria stupita, un velo di lacrime ad appannarle ancora i luminosi occhi blu. Era incapace di rispondere, non si sarebbe mai aspettata che Sirius Black la osservasse da vicino e conoscesse i piccoli dettagli delle sue abitudini nascoste. Sirius Black parlava per enigmi, compiacendosi del fatto che dicendo una cosa in realtà ne stesse omettendo altre cento.
Marlene considerò che mai come in quel momento si era trovata in difficoltà nel cercare di dare un nome a quel tipo di sentimenti che si agitavano nel suo stomaco, dopo che il ragazzo aveva ammesso a cuore aperto di vederla per ciò che era veramente.
 
Soltanto amici.
Ecco cosa dicevano Marlene e Sirius, a chiunque chiedesse loro cosa fossero. Chissà perché, ma ai due veniva fin troppo difficile mentire persino al proprio cuore. Era più semplice, no? Fingere che l’attrazione reciproca non fosse altro che semplice amicizia. Era più semplice far finta che quegli sguardi carichi d’amore non contenessero nient’altro che mero affetto. Era più semplice ignorare il batticuore, ignorare i brividi, ignorare il fatto che non riuscissero a staccarsi le mani e gli sguardi di dosso.
Lui prendeva tutto alla leggera, o perlomeno fingeva di farlo.
Lei lo sbeffeggiava, facendo un passo avanti e tre indietro per evitare di dargli il potere di scalfirle il cuore.
Erano sempre così vicini, così vicini dal baciarsi. Eppure troppo spaventati dal dolore per concedersi all’amore, erano così stupidi.
E soltanto amici.
 
Era questo che aveva sempre pensato Marlene riguardo al rapporto con Sirius, certamente non il fatto che un giorno si sarebbe trovata a guardarlo negli occhi tentando di capire se fosse davvero arrivato il momento di fare qualche passo in più in avanti. Lui lo aveva fatto a suo modo, confessandole di averla guardata, guardata veramente, perché dunque non avrebbe potuto anche lei avventurarsi su quel baratro di incertezze? Ma questo le poneva di fronte tutta una serie di questioni.
E' davvero possibile riconoscere i punti di svolta quando ci si incappa dentro? Tutto quello che bisogna fare è proseguire in una o in un'altra direzione?
E, bloccata a mezz'aria sul baratro, pressoché irraggiungibile, la domanda più temibile tra tutte: può una scelta includerne un'altra?
 
Ma Marlene non rispose alle domande che vorticavano incessantemente nella sua testa. Era ancora troppo presto e la ragazza era ancora troppo scossa dai recenti avvenimenti per dare una risposta a questi interrogativi.
Lentamente, si lasciò avvolgere dal semplice abbraccio di Sirius, inclinando la testa per aderire completamente al suo petto.
Sì, ci sarebbe stato un tempo adatto per parlare, ma ora tutto quello che contava nella testa di Marlene era dimenticare il mondo intorno a sé inalando l'odore fresco del dopobarba di Sirius.
 
Sembrava l'inizio di una qualche felicità.
Perché è così che ti frega, la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità.
 
SPAZIO AUTRICE PERSONA CHE HA SCRITTO QUESTA STORIA COSA
Forse è un capitolo un po’ transitorio e perlopiù riflessivo, ma me la lascereste una recensioncina? Piccola piccola? *.*
La citazione finale è, naturalmente, di Baricco.
Mi dispiace aver fatto fuori i McKinnon prima ancora di averveli presentati come si deve. Abbiate fede, compariranno anche loro nella storia.

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Capitolo 7
*** Prima ronda - prima parte ***


8 Luglio 1978, Quartier Generale dell’Ordine della Fenice 
 
"Non ci credo."
 
La risata isterica di Marlene McKinnon riecheggiò per tutto il Quartier Generale, accompagnata dal rumore sordo dei passi che si susseguivano frenetici lungo il corridoio. Sulla parete accanto alla porta d’ingresso era stato affisso, in bella mostra, il tabellone dei turni di guardia; ad ogni membro dell’Ordine toccavano, nell’arco di due settimane, quattro ronde notturne. Caradoc Dearborn era solito lamentarsi con voce strascicata che il suo sonno di bellezza veniva in questo modo irrimediabilmente turbato, ma le imitazioni dei gemelli Prewett alle sue spalle non facevano altro che rendere la situazione solennemente comica.
 
Il sole era calato dietro le grosse querce che costeggiavano il Quartier Generale e il buio, immenso e pesante, sembrava premere prepotentemente sul tetto piatto dell’edificio, sottraendo ossigeno alla ragazza – imbambolata a fissare il proprio nome ricopiato in bella calligrafia accanto a quello di...
Marlene McKinnon e Sirius Black; ore 23:30 – 4:30
 
"Nemmeno io. Sei reale, McKinnon?"
 
L’ex-Grifondoro le piombò alle spalle silenziosamente, ergendosi contro la sua schiena ossuta; le cinse la vita con un braccio, adagiando il palmo di una mano al suo fianco bollente, e le rise sguaiatamente all’orecchio, gli occhi fissi sul tabellone.
Marlene ruotò gli occhi, districandosi abilmente nel semi-abbraccio in cui Sirius – il viso leggermente arrossato dal freddo e le nocche costellate di taglietti, ultimi rimasugli di quei rivoli di sangue congelato ramificati che schematicamente percorrevano il dorso delle sue mani – l’aveva stretta; superò la soglia rapidamente, scansando la porta accostata e richiudendosela arrogantemente alle spalle.
 
L’asfalto era umido di pioggia e il vento soffiava violento, incessante, appiccicandole i vestiti alla pelle e scompigliandole i capelli; Marlene accelerò il passo, le mani chiuse a pugno e le labbra inarcate in un’innaturale smorfia di disappunto: un raffreddore era l’ultima cosa di cui aveva bisogno e, sfortunatamente, aveva dimenticato il giubbotto di pelle al Quartier Generale, appallottolato sopra il tavolo. Avrebbe dovuto prenderlo prima di uscire, ma Sirius Black l’aveva distratta.
Sirius Black riusciva sempre a distrarla, in un modo o nell’altro.
Marlene lo detestava.
 
"Dove la porto, signorina?" chiese Sirius con quella che probabilmente giudicava una voce irresistibilmente suadente.
 
Per l’appunto: Sirius l’aveva raggiunta. Le era piombato alle spalle silenziosamente e l’aveva persino superata.
 
"Lontano da te. E mi ci porto da sola."
 
La risata del ragazzo le solleticò le orecchie, quasi totalmente nascoste dai ciuffi di capelli biondi che le svolazzavano sul collo, e un brivido - di freddo? - le attraversò lentamente la schiena, facendole accelerare nervosamente il passo. Avevano litigato e lui si ostinava a far finta che niente fosse accaduto. Era inutile, pensò scoraggiata Marlene, ci sarebbe sempre stato qualcosa che li avrebbe portati a fare scintille, un meccanismo non funzionante tra di loro, come se non si potessero avvicinare troppo l'uno all'altra. La loro apparente tranquillità veniva costantemente sconvolta da qualche avvenimento che li lasciava in ginocchio a raccoglierne i cocci. Era così tipico di Sirius, ignorare il problema e rispondere con una risata alle sue provocazioni.
 
"Ma dove...?"
La voce del ragazzo, più acuta del solito, catturò nuovamente l'attenzione della bionda, facendola voltare di scatto: Sirius le si era allontanato, saltellando da un marciapiede all'altro, e si guardava nervosamente attorno, con l'aria di chi ha perso qualcosa di particolarmente importante.
 
“Black!”
 
Quando fece per avvicinarglisi, Sirius era già sparito nell'oscurità dall'angolo di un vecchio negozio di ceramiche con una smorfia di disappunto dipinta sul volto e le mani nascoste dietro la schiena.
La luna, quella notte, non illuminava poi granché e Marlene si strinse nelle spalle, il volto livido di rabbia e le mani sui fianchi: se l’era svignata. Avrebbe dovuto immaginarselo. Dopotutto, Sirius Black vantava una lunga serie di Eccezionale nel corso di "Fuga dalle proprie responsabilità".
 
Si sedette su un cumulo di pietre, una sorta di muretto sporco e scheggiato posizionato proprio al di sotto di uno degli esili lampioni che illuminavano la stretta via che, al riparo di occhi indiscreti, celava il Quartier Generale dell'Ordine; un nugolo di lucciole e moscerini risaliva, ronzante, l’asta in ferro battuto, per poi fermarsi bruscamente a distanza di sicurezza dalla lampadina bollente.
Era un po’ così, fra loro due: un continuo prendere e lasciarsi; un andirivieni sospinto da chissà quale malsana attrazione che, frenata dall’istinto di sopravvivenza particolarmente sviluppato in entrambi, li riallontanava un attimo prima di raggiungersi sul serio. Ed era tutta colpa di quello scellerato.
 
Era sul punto di tornare indietro (al diavolo la ronda notturna!), quando la luce abbagliante di un paio di fari l’accecò; strinse le dita attorno al manico della bacchetta, coprendosi gli occhi con una mano e cercando di non cadere oltre il muretto che ora rappresentava per lei un ulteriore ostacolo.
 
C’era una moto, un’imponente moto metallizzata sospesa a mezz’aria sopra alla sua testa. E c’era Sirius, le mani salde attorno al manubrio e il sorriso scintillante.
 
“Vuoi fare un giro, McKinnon?”
 
Marlene inarcò le sopracciglia, la bocca semiaperta; era sul punto di replicare, sempre ad occhi spalancati, quando la moto toccò silenziosamente terra e Sirius le porse una mano, l’espressione gioiosa come quella di un bambino che mangia cioccolata.
 
“Allora, che te ne pare?”
 
“Sei fuori di testa. Completamente pazzo!” sbraitò Marlene, mollandogli una sberla sulla mano che le aveva cordialmente allungato.
“Mi hai fatta morire di paura! E questa, poi, da dove l’hai presa? L’hai rubata? E se qualcuno ti vedesse? Sparisci, Black!” Avrebbe dovuto rimettere ordine tra i suoi pensieri e impedir loro di uscire senza averli prima adeguatamente filtrati, ma Marlene era una ragazza troppo impulsiva per pensare alle buone maniere.
 
Sirius scoppiò a ridere, passandosi una mano fra i capelli; si massaggiò distrattamente il punto in cui le dita sottili di lei lo avevano colpito e la tirò a sé, afferrando con prepotenza un lembo della sua t-shirt. Marlene gli piombò praticamente addosso.
 
“Non fare la stronza; salta su! Chi vuol che ci veda, eh? Non c’è nessuno. Siamo soli, io e te” esclamò, facendole l’occhiolino; la bionda, il viso contratto in una smorfia irritata, gli mollò l’ennesimo scappellotto, ma sembrò pensarci su.
 
“Ad una sola condizione, Black.” Gli sussurrò lei, malandrina.
 
“So già che me ne pentirò.” Fu la risposta esasperata di lui.
 
 “Fai guidare me.”
 
Sirius scoppiò a ridere.
 
“Non se ne parla.”
 
Fine prima parte
 
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Capitolo 8
*** Prima ronda - seconda parte ***


A lilyrose94,

che mi ha chiesto cosa diavolo fosse accaduto per farli litigare (di nuovo).

Una settimana prima
 
Sirius Black si svegliò di soprassalto, nella mente ancora ben impresso il sogno che ormai da qualche notte tormentava le sue fantasie notturne. Certamente non era necessario quello psicologo da strapazzo che il lupastro continuava a citare nelle situazioni meno indicate ("Lily cara, credi che la tua passione per le fragole derivi da una mancanza di affetto fraterno avvertita durante la tua infanzia?") per realizzare che, effettivamente, immaginare di continuo un cielo stellato parzialmente coperto da spesse nuvole nere, così nitide e definite che avrebbe potuto tracciarne a memoria i contorni, non faceva presagire nulla di buono per il futuro. Sirius rabbrividì dal freddo e si strinse ancora di più nella pesante coperta lavorata a maglia che aveva per caso trovato in un cassetto, rovistando tra la roba appartenuta a suo zio Alphard nelle prime settimane in cui aveva preso possesso della casa sulla scogliera.
Pensare a suo zio riusciva vagamente a tranquillizzarlo e a donargli la sensazione di un calore familiare che mai avrebbe potuto ritrovare con la sua vera famiglia, quella da cui era nato, era stato istruito e rinnegato. Anche Andromeda era forte, certo, ma la vita e le sue insidie l'avevano resa dura come il ferro; nonostante le poche occasioni per ricongiungersi, comunque, la loro corrispondenza vivace e schietta non aveva risentito della guerra e della difficoltà di comunicare senza essere intercettati. Ma soltanto lo zio Alphard era riuscito a dimostrargli quella complicità e quell'affetto giocondo di cui Sirius - non l'avrebbe mai ammesso - aveva disperatamente bisogno. Complicità che gli mancava ogni secondo di più da quando…
 
Basta.
 
Non doveva soffermare i suoi pensieri ulteriormente sull'argomento, o ne sarebbe uscito matto.
Prese a pugni il cuscino per conferirgli un aspetto più confortevole e fece per riaddormentarsi.
 
Toc toc toc.
 
Merda. Doveva essere Moody, e stavolta avrebbe veramente reso concreta la sua minaccia di staccare la testa di Sirius e appenderla come trofeo nella Sala Grande di Hogwarts.
Maledicendo Merlino, Sirius si alzò dal letto trascinandosi dietro la coperta di lana e dirigendosi in fretta e furia verso la porta; la spalancò affrettatamente, un'espressione di puro sonno dipinta in viso.
Di colpo, però, si ricompose sfoderando il migliore dei suoi ghigni.
 
"Vorrei iniziare tutte le mattine con una eccitante bionda che bussa alla mia porta", annunciò a Marlene con un sorriso smagliante, completamente dimentico dell'ansia che lo aveva pervaso nei minuti precedenti.
"Anch'io", rispose la ragazza sarcasticamente, scansando il proprietario di casa per accomodarsi nel minuscolo salotto.
"Io non sono bionda" ribattè Sirius confuso.
"E nemmeno eccitante, per quanto ne so".
 
Dopo averla squadrata per un momento che pareva infinito, incerto se ridere o sbatterla fuori di casa, Sirius si chinò su di lei per rubarle un veloce bacio sulle labbra.
 
"Pensavi fossi Moody che ti buttava giù dal letto per la ronda, vero?"
Incredibile. Non le sfuggiva nulla, a quella. Avrebbe dovuto ricordarsi di stroppicciarsi di più gli occhi nell'andare ad aprire la porta, in futuro.
 
"Ovviamente no, altrimenti non sarei andato ad aprire in mutande. Ho il rispetto delle regole che mi scorre nelle vene e si insinua lento sotto la pelle, lo sai, vero, McKinnon?" ribatté velocemente Sirius.
 
"Stronzate. Sei venuto a dormire in mutande perché è così che dormi tutte le notti."
 
"Oppure perché ero pronto per una sessione di straordinari con te. Se vuoi accomodarti, il letto è giusto un po' disfatto…"
 
Marlene lo colpì con forza sul braccio, rimproverando le sue cattive maniere: "Lo sai che non si parla di certi argomenti con una ragazza? Immagino sia il tuo primo impegno serio, Sirius Black, devo proprio insegnarti tutto…" gli sussurrò lei, facendogli gli occhi dolci.
 
Sirius si avvicinò pericolosamente a lei e le sussurrò: "Il mio primo impegno? Non scherzare! Ho pagato le rate della moto per ben due anni prima che fosse veramente mia!"
 
"Non so se voglio veramente risponderti. Sai mi irrito facilmente, specialmente se vengo paragonata ad una motocicletta volante" disse Marlene inclinando la testa, incerta se disperarsi o lasciarsi andare in una risata sincera.
 
"Ma io non sto cercando di irritarti! Ho solamente un talento naturale per farlo!" disse Sirius allargando le braccia, e quella visione del suo ragazzo in mutande, con un sorriso birichino stampato sul bel viso e gli occhi che emanavano una vitalità quasi infantile riuscì a intenerire il cuore di Marlene, che svelta gli gettò le braccia al collo per strappargli un bacio appassionato.
 
Parecchie ore dopo
 
"Quindi non mi chiedi perché sono passata?" sussurrò la ragazza contro il suo petto.
"Credevo che l'idea di trascorrere piacevoli ore con il sottoscritto fosse sufficientemente allettante per voi, madamigella" la prese in giro Sirius.
"No sciocco. Ho qualcosa di molto importante da mostrarti."
 
Marlene si alzò dal letto portando con sé il groviglio di lenzuola che avevano faticosamente costruito durante quelle ore. Si diresse verso la sua borsetta e ne estrasse un qualcosa di spiegazzato che certamente doveva aver visto tempi migliori.
 
Fece un gran respiro e poi parlò con voce atona: "Questa è una lettera di Mary. Gliel'ha inviata Gideon qualche giorno fa, l'ha saputo da una voce certa che circola al Quartier Generale degli Auror, ma volevamo esserne sicure prima di…prima di rendere ufficiale la notizia, ecco."
 
Sirius si sporse per prendere la pergamena che Marlene gli stava porgendo, di colpo più scuro in volto.
Lesse velocemente la lettera, con il cuore che si faceva più pesante man mano che scorreva le righe e che le parole gli entravano come lame nel petto. Non appena ebbe terminato, alzò gli occhi verso la ragazza e con fare tranquillo le restituì la lettera. Marlene la prese con mani tremanti e la ripose con cura nella sua borsa, evitando accuratamente di guardare il suo ragazzo negli occhi.
Per qualche minuto nella stanza regnò un silenzio totale, interrotto solamente dall'eco delle onde che si infrangevano sulla scogliera.
 
Poi Marlene con voce incerta parlò: "Non sapevo come dirtelo, Sirius, ma pare che Regulus si sia fatto marchiare la scorsa settimana. E' per questo che è stato avvistato a Tottenham Court Road, pare che insieme ad altri seguaci di Tu-Sai-Chi stessero facendo un sopralluogo…non trovo le parole per dirti quanto sia dispiaciuta, dopo tutto quello che hai tentato di fare per lui. Sono prima di tutto una tua amica, e se hai bisogno di parlare di tuo fratello sono qui, sono qui per te."
 
Sirius aveva gli occhi piantati nel vuoto e non accennava a distoglierli da questa sua bizzarra occupazione di fissare il nulla. Marlene senza pensarci gli sfiorò una mano, che lui ritrasse bruscamente.
 
"Promettimi che non andrai dietro di lui a cercare di fargli cambiare idea. Promettimelo, Lène." La voce di Sirius era poco più di un sussurro, ma Marlene riuscì comunque a coglierne il tono spaventato e autoritario che si celava dietro le sue parole.
"Si…si d'accordo" rispose lei con voce incerta.
 
Vani furono i tentativi della ragazza di accennare a un seppur breve dialogo, di parlare dell'accaduto o di tirare fuori dalla bocca di Sirius qualche parola di rimorso, o persino di furia. Il ragazzo si chiuse in un mutismo irato, incapace di gridare al mondo i suoi pensieri e di condividere le sue certamente contrastanti emozioni. Forse non la riteneva degna di tali confidenze?
Regulus, il piccolo, schivo e riservato Regulus, era appena passato da essere fratello a nemico mortale, e questo, rifletté Marlene, non era certamente un balsamo per la mente già tormentata di Sirius.
Ma non c'era nessun valido motivo per escluderla così dalla sua vita: Sirius non aveva nessun diritto di avere quel peso nel cuore, ma nemmeno di tenerle il broncio ogni qualvolta lei provasse a discutere dell'argomento.
 
Per una settimana non si parlarono affatto, se non strettamente obbligati da faccende riguardanti l'Ordine. Poi avvenne la catastrofe.
 
Era una nottata tranquilla, davanti alla sede del Quartier Generale dell'Ordine della Fenice: un gatto soriano dall'aria pacifica passeggiava lungo la strada londinese, umida ancora dalla pioggia pomeridiana. Ci mise un po' per accorgersi che al fondo della strada erano appena comparsi due uomini coperti da pesanti mantelli scuri. Il gatto si infilò rapido in una fessura apparsa dal nulla tra le mura dell'edificio, entrando in un salottino buio e discreto.
 
La Professoressa McGranitt riprese le sue sembianze umane e avvertì con voce preoccupata: "Sono in due, al fondo della strada, e temo seriamente che stiano per tenderci un'imboscata. Svelti, preparatevi a uscire di qui in silenzio."
Emmeline Vance, silenziosa Grifondoro del settimo anno, ripose con cura i ferri con cui stava lavorando pigramente a maglia e uscì dalla porta secondaria senza dire una parola. Altrettanto solerti non furono i chiassosi gemelli Prewett, accompagnati da Mary Macdonald, che riuscirono a rovesciare un paio di porta ombrelli e due appendiabiti nel tentativo di raggiungere la porta. Sirius e Marlene si scambiarono una muta occhiata preoccupata, ma si affrettarono a seguire Hestia e Sturgis all'esterno dell'edificio.
 
All'improvviso furono circondati: i lampi che provenivano dalle bacchette dei Mangiamorte si scontrarono più e più volte con quelli lanciati dai membri dell'Ordine, ma erano in troppi ed era troppo pericoloso continuare a colpire alla rinfusa. Le maledizioni sibilavano vicino alle orecchie dei ragazzi, causando un caos generale dal quale era difficile intravedere una via di fuga.
Marlene evitò con cura un incantesimo di Dolohov - era sicura fosse lui, quante volte l'aveva affrontato in aula a Difesa Contro le Arti Oscure? - e cercò tra la mischia Sirius. Era inevitabile che il suo pensiero andasse a lui, anche nelle situazioni più pericolose in cui avrebbe solo dovuto pensare a vender cara la pelle, ma era più forte di lei, rimaneva il suo chiodo fisso. Che impertinenza, da parte sua, entrare nella sua testa nei tempi e nei luoghi meno adatti. 
Una Maledizione Senza Perdono le sfiorò il gomito, e per la prima volta nella sua vita ebbe paura; si voltò senza pensare per fronteggiare il Mangiamorte che l'aveva colpita, spedendogli indietro un Petrificus talmente potente che gli fece cadere la maschera: era Regulus.
La ragazza sbatté le ciglia più volte, cercando di mettere a fuoco quel viso che fino a pochi mesi prima le era così familiare: in un attimo le passarono davanti agli occhi tutte le domeniche trascorse a studiare in biblioteca, i pranzi sotto la Quercia Grande del Parco di Hogwarts, le uscite ad Hogsmeade e le feste indette a Grimmauld Place da Walburga alle quali fin da piccola era sempre stata invitata.
 
Credo che quando tutto finisce ogni cosa torna alla mente come dei flash. Avete presente, no? È come un caleidoscopio di ricordi; tutto torna indietro. Ma non davvero. Penso che una parte di me sapesse che sarebbe accaduto già nell'istante in cui l'ho visto. Non è qualcosa che ha detto o che ha fatto - è stata una sensazione che è arrivata in quel momento. Forse ne era consapevole quando mi ha vista. Mi chiedo se ho semplicemente perso il mio equilibrio. Credo che la parte peggiore di tutto questo non sia stata perdere lui, ma perdere me stessa.
 
Senza neppure rendersene conto, venne tirata bruscamente per un braccio, lontano dal viso contratto di Regulus e dalla battaglia, la cui furia sembrava essersi allentata.
 
Regulus si era unito ai Mangiamorte. Errore, Regulus si era unito ai Mangiamorte e l'aveva colpita per ucciderla. Sapeva che si trattava di lei, non portava una maschera come loro, non nascondeva la sua identità: la sua fedeltà era sempre andata a Silente e all'Ordine, aveva scelto da che parte stare molto tempo fa e non aveva dubbi in proposito. Quell'idiota invece…non aveva avuto la forza di scegliere.
 
In un attimo il suo pensiero ritornò a Sirius, e al dolore che pensava potesse provare a vedere suo fratello - o quel che ne rimaneva - colpire la sua ragazza. Ma si trattava di Sirius, quindi più che di dolore immaginò si dovesse parlare di sete di vendetta.
 
Cosa voleva dire Sirius, con quella promessa? Lei avrebbe accettato la scelta di Regulus fino in fondo, non gli sarebbe corsa dietro nel vano tentativo di fargli cambiare idea. O forse era Sirius che gli si sarebbe scagliato contro, con tutta la rabbia e il rancore accumulati negli anni?
 
Doveva assolutamente parlargli.
 
Lo trovò che si stava scrostando del sangue dal viso, gli occhi corrucciati che tradivano una grande sofferenza.
 
“…E poi lo sai, credo che alcune persone si meritino che tu gli dia un cinque. Sulla faccia, con una sedia, possibilmente” stava concludendo James con una mano appoggiata sulla spalla del suo amico, ma Sirius aveva lo sguardo fisso nel vuoto, incapace di cogliere l’affetto e la compassione che trasparivano dalle parole di James.
 
Marlene si avvicinò e gli corse incontro, prendendogli le mani tra le sue, cercando rifugio tra le sue braccia e ancora prendendogli il viso tra le mani e baciandolo sulle labbra. Ma Sirius non accennava a muoversi e non rispose a nessuno dei gesti di affetto della ragazza, che si allontanò ferita, il volto rigato da lacrime che non si sarebbero asciugate molto presto.
 
SPAZIO AUTRICE PERSONA CHE HA SCRITTO QUESTA STORIA COSA
 
Non oso nemmeno chiedere scusa per il mio ritardo. Sono imperdonabile, gli esami mi hanno tenuta prigioniera all’università!
 
Sarei molto curiosa di sapere che cosa pensate di questo capitolo e anche di The Cursed Child!



 

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Capitolo 9
*** Ultima ronda ***


Un grazie infinito alla mia Beta, lilyrose94, in attesa di leggere il suo piccolo esperimento.
 
 
 
21 agosto 1981, Quartier Generale dell'Ordine della Fenice
 
Nei dipinti realizzati con la tecnica della prospettiva c’è una cosa che si chiama punto di fuga.
È inutile dilungarsi troppo: non siamo esperti d’arte. Diremo soltanto che il punto di fuga è il punto verso il quale sembrano convergere tutte le linee del dipinto.
Se applichiamo il concetto alla vita di tutti i giorni, si può identificare il punto di fuga con quel qualcosa che ti attrae subito.
È il primo elemento che ti colpisce, il primo dettaglio di un volto che noti.
Succede così, molto più spesso di quanto sembri.
 
Drin! Drin!
"Che cos'è questo rumore?" Chiese Sirius a Marlene un pomeriggio di fine agosto.
La ragazza, mollemente adagiata su uno dei divani sfondati del salotto di casa Bones , era tutta intenta a svolgere un cruciverba particolarmente complicato, lasciato incompleto, qualche giorno prima, da Remus.
 
Drin! Drin!
Marlene alzò pigramente gli occhi con aria infastidita, puntando il dito contro uno strano aggeggio: "Non ne ho idea, ma sembra provenire da lì".
 
“Marls potresti rispondere, per favore? Sono occupata!” Entrambi udirono la voce di Lily che, sovrastando il pianto del piccolo Harry, gridava dal piano di sopra.
 
"Nessun problema!" Gridò di rimando la bionda in tono sicuro, ma rivolse immediatamente uno sguardo atterrito a Sirius.
"Io non ho idea di cosa fare adesso!" sussurrò.
 
Drin! Drin!
 
“Devi prendere questa parte e dire 'Albero Azzurro , un posto di amici, per favore attendere' ed é tutto fatto" Spiegò Sirius in tono serio
“Albero Azzurro???” sussurrò lei, prendendo in mano la cornetta e iniziando a fissarla con circospezione.
"É quello che dicono i Babbani quando rispondono a quella cosa a casa di qualcun altro, é una specie di rito di buone maniere, ma non ti ricordi niente di Babbanologia? Affrettati, non é cortese far aspettare!" Replicò Sirius in tono convincente.
 
“Okay, okay” disse Marlene agitata, portando il telefono all'orecchio e impostando la sua voce più seria: "Albero Azzurro, un posto di amici, per favore attendere".
Ci fu una pausa.
 "Cosa??? Lily???" Rispose, dall’altro capo del telefono, una squillante voce femminile.
“… Albero Azzurro, un posto di amici, per favore attendere!” ripeté Marlene, non sapendo che altro fare e iniziando, lentamente, a entrare in uno stato di panico.
“Marls?”
 
La ragazza al telefono parlò di nuovo: “Marls sei tu?”
 
“Mary???”
 
“Sì! Hai detto 'Albero Azzurro???”
Marlene poteva, ora, sentire distintamente Sirius cercare di nascondere la sua risata simile a un latrato.
“MI HAI PRESA IN GIRO! SEI UN IDIOTA, BLACK!" gli gridò addosso, cercando di colpirgli la parte scoperta del braccio con la cornetta.
Sirius iniziò a ridere più forte. "Era solo uno scherzo, rilassati. Almeno era solo Mary...che cosa voleva, a proposito?"
"Cosa intendi?"
"Perché ha chiamato?" Incalzò lui con curiosità.
"Perché dovrei saperlo?" Marlene spalancò gli occhi stranita.
"Perché le hai parlato e poi hai riattaccato." Spiegò Sirius, come se fosse ovvio.
“Che cos'ho fatto?” I suoi occhi - blu, veramente molto blu - ora raggiungevano all'incirca la misura della circonferenza del globo terrestre.
 
Un rumore forte e profondo squarciò l’aria di quella tranquilla sera di fine estate.
"Che cos’è stato?!" Esclamò Marlene con voce allarmata.
"Sembra...un'esplosione, qui vicino. Fammi controllare." Il tono di Sirius era basso e apparentemente molto calmo, ma Marlene aveva riconosciuto perfettamente quella leggera incrinatura della voce che rivelava una malcelata preoccupazione.
"Vengo con te." Non era una domanda.
 
Marlene si affrettò a recuperare una giacca scura dal tavolino del salotto e seguì il ragazzo addentrandosi in una strada particolarmente stretta e buia. Non una stella brillava quella notte.
"Prendiamo la mia moto, saremo più svelti in caso di fuga."
"Io su quella cosa non ci salgo un'altra volta!" Protestò veementemente Marlene.
Sirius non le permise di continuare oltre: con irruenza, la fece voltare e la baciò.
“Che modo idiota per cercare di zittirmi…”
"Mi piaci particolarmente quando indossi la mia giacca di pelle." Come se provenisse da un altro mondo, la voce di Sirius la raggiunse, facendola sobbalzare.
"Questo non mi impedisce di pensare che la tua moto volante sia stupida" soffiò Marlene, mentre le sue labbra erano a pochi centimetri da quelle di lui.
Sirius sembrò valutare la cosa, poi scoppiò a ridere. Era sempre così, con lui: era capace di cambiare umore nel giro di pochissimo tempo, passando sempre da un eccesso all'altro.
Marlene sapeva della ragione per cui il ragazzo era terribilmente attratto dalla sua moto: era bravo negli incantesimi, ma, se lo si lasciava all’aperto con un manico di scopa, il massimo risultato che si sarebbe ottenuto sarebbe stato un giardino pulito e privo di foglie. A differenza dell’amico James, il Quidditch non era certamente il suo sport.
Dopo pochi minuti di volo - non era certo la prima volta che Sirius forzava la sua volontà con metodi decisamente poco ortodossi - videro una grande fiamma levarsi dal centro di una piazza. Il ragazzo atterrò con grazia nei pressi di un angusto vicoletto, abitato solamente da randagi (sia gatti che umani).. Marlene si mise immediatamente a correre verso il fascio di luce che sembrava giungere dal centro della terra.
"Siamo a Charing Cross Station, Sir! C'è stato un attentato alla Metropolitana di Londra!"
Eccolo lì, il punto di fuga. Il dettaglio che ti colpisce così tanto che ti frega era il volto di Marlene affranto, ma splendente nella sua determinazione. Sirius impiegò un paio di secondi per rendersi conto del fatto che, effettivamente, Londra in fiamme poteva significare una sola cosa: quei bastardi questa volta avevano colpito davvero l’obiettivo giusto per mettere il mondo magico (e non solo) in ginocchio.
"Lène, cerca di arginare il danno, ma poi dobbiamo andarcene subito via di qui per avvertire l'Ordine!" urlò Sirius concitato.
Svelta, Marlene impiegò tutte le sue energie per creare getto d'acqua tale da poter essere indirizzato direttamente sull'origine della fiamma. A causa della potenza dell’incantesimo, Sirius fu costretto a chiudere gli occhi: ‘quella piccola streghetta é davvero un portento’ si ritrovò a pensare con un sorrisetto divertito, che contrastava completamente con il bizzarro e spaventoso evento, al quale, loro malgrado, stavano assistendo.
Marlene si allontanò dal fuoco nella direzione di Sirius, che continuò a tenere abbassati gli occhi, anche quando, arrivata alla sua altezza, le bisbigliò: "Bel lancio destro, McKinnon".
Lei, d'altra parte, continuò a camminare, mentre gli rispondeva con un basso ma deciso "Grazie".
 
Ritornarono insieme, un po' scossi ma ancora estremamente lucidi, verso la moto volante che Sirius aveva malamente appoggiato a un lampione. Senza dire una parola si dileguarono in fretta nel buio della notte, consapevoli che quello che avevano appena visto era solo un piccolo disastro, appartenente a un piano di dolore ben più grande chiamato Guerra. E loro, giovani e innamorati, pieni di speranze per il futuro, ci erano dentro fino al collo.
 
Volarono in alto, sempre più in alto nel cielo, dove si diceva che si trovasse l'amor che move il sole e l'altre stelle.

SPAZIO AUTRICE PERSONA CHE HA SCRITTO QUESTA STORIA COSA


Troppo romantico?

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Capitolo 10
*** Primo compleanno ***


15 Aprile 1975, Hogwarts 
 
La quarta ora di lezione era appena terminata e l’intero corpo studentesco si stava precipitando nella Sala Grande per poter finalmente gustare il ricco banchetto che li attendeva. Dovunque nel Castello si udivano le voci concitate degli studenti che si davano appuntamento per studiare al parco nel pomeriggio, dal momento che finalmente era arrivata la primavera.
 
Il Grifondoro Sirius Black, da parte sua, pensava solamente al fatto che la luna piena avrebbe fatto capolino di lì a pochi giorni, e non riusciva a trattenere il suo entusiasmo per l'imminente scorribanda notturna. Saltellava continuamente in mezzo ai corridoi, provocando non poche imprecazioni da parte del pacato James che se lo vedeva atterrare sui piedi una volta si e dieci anche.
 
Per cercare di frenare questo entusiasmo incontenibile, Remus aveva avuto la brillante idea di proporre ai Malandrini di stendersi sotto la loro Quercia, quel pomeriggio, per procedere con i disegni della Mappa, ed era sostenuto a gran voce da James. Erroneamente, credevano che l'agitazione dell'amico in questo modo si sarebbe incanalata verso progetti ben più utili, ma avevano solamente ottenuto come risultato l'esplosione di numerose ghiande sulla testa.
 
Esasperato da quella iperattività, James era ricorso all'aiuto di Marlene, l'unica capace di trascinare Sirius in giro per passeggiate attorno a Hogwarts così lunghe da essere in grado di sfinirlo.
 
Il giorno seguente, infatti, Marlene irruppe nel dormitorio maschile del terzo anno a passo di marcia e sguardo sostenuto.
 
"E’ il mio regalo di compleanno!” gli aveva detto quella mattina quando con la grazia di un assassino seriale l’aveva scortato via dal tepore del castello, fuori, nel candido gelo delle stradine di Hogsmeade.
 
Ancora intontito dal sonno e dal fresco mattutino - perché si, d'accordo, era arrivata la primavera, ma si trovavano pur sempre in Inghilterra per Merlino - Sirius faceva quasi fatica a tenere gli occhi aperti e si malediceva per il suo spirito di avventura che aveva sempre la meglio quando Marlene gli proponeva qualche rocambolesca fuga dal Castello.
"Marley, per il sinistro floscio di Agrippa, vuoi dirmi dove mi stai trascinando? Sono le sette del mattino!"
"Ed é il giorno del mio compleanno, quindi ho il diritto di divertirmi un po'! Quelle pigrone dormivano ancora tutte, e io volevo vedere l'alba!" Esclamò Marlene piena di energia.
Sirius emise un sonoro verso lamentoso, ma continuò imperterrito a trascinarsi di fianco a lei. Avevano appena oltrepassato Hogsmeade e si stavano dirigendo verso le irte alture che proteggevano i confini di Hogwarts.
 
Sarebbe stato inutile protestare, e Sirius lo sapeva bene; quando Marlene si metteva una cosa in testa, nulla avrebbe potuto farle cambiare idea, e tutto sommato quella passeggiata mattutina non dispiaceva neanche a lui.
 
Marlene era estremamente fissata con le ricorrenze: non c'era Natale o compleanno che lei non si ostinasse a festeggiare con tutta sé stessa, reclamando a gran voce la partecipazione di tutta la casata Grifondoro anche per futilità come l'onomastico di Adone, il gatto di Lily, il quale veniva fatto roteare per tutta la Sala Comune non prima di essere stato agghindato a festa.
 
Dopo essersi arrampicata tra le rocce, Marlene si bloccò improvvisamente, facendo sussultare Sirius che si era fermato ad osservarla.
 
"Oh quanto mi rende felice!" Urlò la ragazza rivolta più a sé stessa che al suo compagno di viaggio.
 
Sirius alzò finalmente lo sguardo sul panorama che si stendeva immacolato di fronte a lui; per prima cosa lo colpirono i capelli di Marlene, che sembrava riuscissero a catturare ogni scintillio della luce prodotta dal sorgere del sole, poi la lontananza delle colline ormai verdi, sulle quali si distendevano infiniti gli alberi a formare boschi e ordinate radure, e poi ancora i capelli di Marlene, era davvero inspiegabile come potessero essere così luminosi...
 
"Terra chiama Sirius! Ma mi ascolti? Ho detto che la caverna da dove si vede meglio il sole é laggiù! Riesci a muoverti prima che faccia notte?" Lo riprese scherzosamente Marlene.
Con uno scossone delle spalle Sirius continuò ad arrampicarsi dietro di lei sulle rocce, finché non raggiunsero uno spazio più pianeggiante, dietro il quale effettivamente c'era un ammasso di rocce che poteva essere definito una grotta.
 
"E questo sarebbe il tuo nascondiglio magico, McKitten? É qui che ti alleni segretamente a Quidditch sognando il giorno in cui James ti includerà nella squadra?" Replicò Sirius con un sorrisetto divertito.
 
Sirius Black, e Marlene lo sapeva bene, aveva la  sorprendente capacità di risultare molesto anche nel semplice respirare, figuriamoci poi nel sorridere.
Scrollò la testa e tornò a fissare la caverna, senza ascoltare nemmeno una parola, ben consapevole della presenza di quel sorrisetto incurante.
Fastidioso come una zanzara, pensò lei, ritrovandosi a muovere una mano come per scacciarne una invisibile. Era esattamente così. Veloce e insidioso, dannoso se fatto avvicinare troppo.
 
"Sei simpatico come un Ippogrifo rabbioso, Black, davvero. Il prossimo anno i Prewett non saranno più i battitori di Grifondoro e allora vedremo chi ti scaglierà il primo bolide della stagione addosso. Comunque, questo posto me l'ha mostrato mio fratello Max quando ero al primo anno e da allora mi piace venire ogni tanto a vedere l'alba, é un po' come riunirsi in famiglia! Anche se certamente é meno chiassoso che avere Mark e Matt alle calcagna!" Concluse Marlene con un sorriso pieno di ricordi.
 
"Non sapevo avessi così tanti fratelli...mi ricordo di Max, si é diplomato due anni fa vero?" La interrogò Sirius.
 
"Esatto, giocava nella squadra come Portiere, mentre i gemelli, Mark e Matt, erano Cercatori...sono usciti l'anno scorso e ora si sono messi in testa di lavorare come Spezzaincantesimi per la Gringott!" Spiegò velocemente la ragazza.
 
Famiglia: Sirius ci pensava spesso, e non erano mai pensieri piacevoli. Walburga Black non era esattamente tale da poter essere definita una madre amorevole e suo padre Orion mascherava nell'indifferenza il suo vivido disprezzo per lui.
 
"Tu hai un fratello, giusto?" Proseguì allegra Marlene.
La domanda gli arrivò veloce come una pallottola al cuore, mandandolo in frantumi.
"Regulus non é mio fratello. Ha scelto la sua strada, io ho scelto la mia e di conseguenza non abbiamo più nulla da dirci".
 
Marlene si morse il labbro con perplessità, rendendosi conto del lampo di dolore che era passato attraverso gli occhi del ragazzo. 
 
Non sapeva dello sguardo carico di dolore che i due fratelli  si erano scambiati quella notte - quell'ultima, tremenda notte - in cui Sirius aveva smesso per sempre di essere un Black e Regulus era diventato il primogenito; non sapeva che entrambi si erano supplicati a vicenda, gli occhi travolti dalle lacrime che dicevano "Resta" - Regulus - e "Vieni via con me" - Sirius. "Non posso" - si erano risposti entrambi.
Marlene non sapeva che il cupo rumore che il baule di Sirius aveva prodotto chiudendosi con uno scatto definitivo facendoli sobbalzare aveva lasciato loro una voragine nel cuore che mai più avrebbe potuto essere ricucita.
Marlene non poteva conoscere che, quando il filo dorato che sull'arazzo di Grimmauld Place li decretava fratelli era stato reciso, Sirius aveva avvertito uno strappo all'ombelico. 
La sua innocenza le impediva di immaginare che, a volte, nel cuore della notte, Sirius si sedeva di fronte al caminetto della Sala Comune e intingeva la piuma nel calamaio, pronto a scrivere una lettera di scuse nel tentativo di ricucire il loro rapporto.
Lettere mai scritte e mai inviate
 
Sirius fu risucchiato dal suo vortice di pensieri unicamente perché era di nuovo stato rapito dallo sfarfallio dei capelli di Marlene. Non riusciva a capacitarsi della loro brillantezza e della naturalezza con cui catturavano i raggi del sole e inondavano di luce gli oggetti circostanti. 
 
"Sono divertenti, non trovi? Tutti quei rimpianti della vita che la gente tiene solo per sé." Forse Marlene non sapeva, ma certamente aveva abbastanza cervello per capire.
 
"Buon compleanno, Lène" Sirius sospirò, mentre un brivido di freddo gli percorreva la schiena; poi fece una cosa che non aveva mai fatto: le scoccò un bacio sulla guancia.
 
Veloce e insidioso, dannoso se fatto avvicinare troppo

 

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