But you can be my forest love...

di corvonero83
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Capitolo ***
Capitolo 2: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 3: *** Terzo Capitolo ***
Capitolo 4: *** Quarto Capitolo ***
Capitolo 5: *** Quinto Capitolo ***
Capitolo 6: *** Sesto Capitolo ***
Capitolo 7: *** Settimo Capitolo ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Primo Capitolo ***


Dal momento che da Martin non avrò mai il lieto fine che spero per i miei due fanciulli (Arya e Gendry, ovvio!), ho dato vita a questa storia che spero possa interessare a qualcuno. Ho cercato di essere il più fedele possibile ai fatti dei libri, seguendo poi i miei desideri….

Niente, se vi va di commentare ben venga. Chiedo scusa se alcuni momenti saranno più lenti dei POV originali di Bran e se alcune cose non saranno molto logiche, io ci ho provato.

Buona lettura a tutti.

(I personaggi non mi appartengono, se no a quest'ora sarei a godermela in qualche mare caraibico e i fatti narrati sono (sing!) solo frutto della mia testolina bacata che ha seguito senza logica il mio cuore!)


 


 

Capitolo Primo

"Aiutami! Ti prego, aiuto!"

Una voce la stava chiamando, anzi la stava implorando. Una voce maschile, atona, fredda. Tutto intorno regnava il buio e da quel buio emergeva solo quella voce cupa.

"Ti prego. Arry...."

"Arry?”. Solo poche persone sapevano che lei era stata Arry. Chi era? Chi voleva il suo aiuto?

"Mia Lady! Ti prego, aiutami. Ho bisogno di te!"

Due occhi. Due occhi blu intenso, come il mare più profondo, si materializzarono in mezzo a quel buio. Due occhi che lei conosceva bene e che non aveva mai dimenticato veramente. Li aveva solo seppelliti dentro di se.

"Mia Lady”. Solo una persona la poteva chiamare così.

-Gendry!-


 

Urlò.

Urlò quel nome che da anni non pronunciava ad lata voce, un nome cucito sul suo cuore, ben nascosto. Anche a se stessa. Soprattutto a se stessa.

Si mise seduta. Nonostante l'aria fresca sentiva le gocce di sudore scenderle lungo la fronte. L'alba stava sorgendo e decise di alzarsi, consapevole che non avrebbe ripreso sonno facilmente. Gettò un'occhiata veloce al suo riflesso nello specchio posto sopra la bacinella dell'acqua. Rinfrescò il viso e si diede due spazzolate veloci ai capelli arruffati, poi sfuggì subito la sua immagine riflessa.

Non amava guardarsi allo specchio. Non amava ricordare chi era.

Arry, Donnola, Pulcino, Salty, Cat…..

Mille nomi, un'unica persona. Lei: Arya.

Arya Stark di Grande Inverno.

Una Grande Inverno irriconoscibile e decaduta, ma che era tornata ad essere la sua casa, padrona di un rudere, senza il permesso del nuovo re dei Sette Regni. Un rudere per lei bellissimo.

La ragazza allo specchio aveva lunghi capelli scuri, di solito raccolti in una treccia, occhi grigi e stanchi, il volto allungato con lineamenti nobili, labbra piene perennemente imbronciate. Ma non aveva un nome. Non ne voleva. Stando sola nessuno la chiamava per nome e i pochi con cui aveva a che fare si limitavano a chiamarla “ragazza” o “signorina”.

Solo quando scendeva nella cripta di famiglia sapeva di avere un nome, ritrovando i suoi lineamenti in quella statua bellissima che aveva sempre ammirato. La somiglianza con sua zia Lyanna era evidente ed era la prova della sua appartenenza alla Casata degli Stark. Stark era il suo cognome, sangue Stark le scorreva nelle vene, sangue di lupo e niente poteva cambiare quella realtà.

Ma gli Stark si erano estinti, il branco non esisteva più e lei stessa era ritenuta morta da molto tempo.

Anche se in realtà qualche sopravvissuto c'era. Quando era ritornata a Westeros, quasi tre anni prima, aveva appreso le novità di un mondo che non sentiva più suo ma che l'aveva accompagnata per molte notti, negli incubi fatti nella casa del Bianco e del Nero. Non c'erano stati draghi, ne bellissime regine Targaryen a reclamare il Trono di Spade. Non avevano vinto i Lannister, ne i Tyrell, ne i Martell di Dorne. Alcune di queste famiglie avevano ricevuto ricompense per l'aiuto dato al nuovo re, il re che ora sedeva su quel trono maledetto. Nuove alleanze erano state stipulate perché ancora molte erano le minacce che incombevano sulla fragile pace che stava regnando sui Sette Regni.

Non era ancora arrivato l'inverno. L'autunno stava dominando da un paio di anni, mite ma pericoloso, non si sapeva mai quando sarebbe cessato per lasciare spazio alle nevicate, quelle vere, e al gelo che avrebbe paralizzato tutto. E con lui sarebbe tornata la minaccia che abitava oltre la Barriera., una minaccia fermata ma non estinta.

Arya, in quegli ultimi anni, aveva assorbito ogni parola, ogni racconto, ogni diceria riguardante l'Occidente. A Braavos non era poi così difficile avere notizie. Era diventata una perfetta assassina, uno degli uomini Senza Volto, al servizio del Dio dai Mille Volti. Ma alla fine aveva perso. Sconfitta, si era arresa. L'ultimo nome che le avevano sussurrato le aveva spezzato il cuore e lei capì di avere ancora un cuore, quel cuore che le impedì di compiere quella missione e che la convinse a tornare a casa. Già…...una casa. Lei aveva una casa, doveva solo ritrovarla.

Dopo essere sbarcata a Porto Bianco si era diretta subito alle rovine di Grande Inverno. Che il suo mondo fosse stato demolito dai leoni con il tradimento degli uomini scuoiati, lo venne a sapere sulla nave che la stava riportando in occidente. “Respiro di lupo” si chiamava quella nave e lei lo prese come un segno di buon auspicio. Su quella nave recuperò quello che aveva perso in quegli anni, nomi le furono riversati addosso, nomi di casate, di uomini, di luoghi….nomi che sapeva di conoscere ma che non riusciva pienamente a mettere a fuoco. A parte uno, quello di Jon.

Jon Snow.

Ora Lord di Grande Inverno e Primo Cavaliere del nuovo re dei Sette Regni: Stannis Baratheon. Jon aveva fermato il gelo del Nord, la minaccia che vive oltre la Barriera. Non aveva capito come, c'era di mezzo una profezia e lui ne era stato il protagonista; di draghi non se ne erano ancora visti, l'unica certezza che aveva era che Jon viveva ad Approdo del Re, sano e salvo e come Stark riconosciuto. Arya non poteva desiderare di meglio per lui! Ma anche Sansa era viva e stava bene, almeno questo pensava dato che aveva saputo che era diventata la Lady di Nido dell'Aquila sposando Harrold Hardyng, l'erede di suo zio Jon Arry.

Avrebbe voluto raggiungerli, avrebbe voluto abbracciarli, stringerli forte e piangere con loro...ma non trovava il coraggio di farlo. L'avrebbero riconosciuta? Per tutti Arya Stark era morta, morta dopo aver sposato il figlio di Lord Bolton, più di una volta si era ritrovata a pensare chi avessero mandato al suo posto ma soprattutto si chiedeva se Jon e Sansa avrebbero accettato il suo passato. Il suo essere stata una donatrice di morte.

Arya si perdeva spesso nei suoi pensieri, come se vivesse una vita parallela, ma poi si riprendeva e così fece quella mattina. Uscì nella corte del palazzo ormai reso un rudere. L'aria era fresca, un leggero strato di neve copriva il terreno; non era ancora una neve “importante” come era solito chiamarla suo padre, ma una leggera spolverata di bianco, un leggero velo di gioia che nascondeva però un avvertimento a lei molto famigliare: l'Inverno sta arrivando.

Portò fuori i due cavalli che aveva nella stalla, un pezzato comprato a Porto Bianco per fare il viaggio e una puledra bianca trovata abbandonata lungo la Strada del Re; diede da mangiare alle galline che si era procurata da alcuni contadini che vivevano nei dintorni, andava avanti grazie alla loro generosità o ricambiando offrendo loro cure e medicine che aveva appreso a Braavos e che la rendevano quasi una “strega” ai loro occhi, una strega buona però che si meritava rispetto e un po' di aiuto. Dove una volta c'era il solarium del castello riuscì a creare una specie di serra dove teneva coltivate varie specie di ortaggi. Passava le sue giornate così, curando i suoi pochi averi e occupandosi di Grande Inverno, della sua sopravvivenza. Andando dove c'era bisogno di lei. Passava molto tempo a pregare nella cripta di famiglia, dove mancavano le tombe più importanti…

Madre, Padre….Rob...”.

Pensava spesso a loro e pregava perché fossero felici nella loro nuova vita incorporea. Non credeva più negli dei, ne i Sette ne il Dio dai mille volti avrebbero potuto ridarle la sua famiglia. Sentiva solo la mancanza di un albero diga, a Grande Inverno non ce n'erano più, tutti bruciati. Tutti perduti duranti la battaglia contro i Bolton.

E continuava ad allenarsi, due o tre ore al giorno, sempre con Ago e con un'altra spada trovata in quella che era la stanza dei suoi genitori. Era una spada più grande, robusta ma che si faceva maneggiare molto bene. Dormiva poco e quando si addormentava sognava di essere un lupo. Non un lupo qualsiasi ma la sua Nymeria e questo le dava forza.

Nymeria. La sua lupa era viva, Arya ne era certa, la veniva a prendere di notte per portarla in giro attraverso i Sette Regni, dalle terre dei fiumi fino alla Barriera. Non sapeva come ci fosse arrivata fino là, ma Nymeria era alla Barriera. Arya aveva sognato uomini in nero, un fortino avvolto dalla neve, aveva sognato la Barriera, imponente, eterna, glaciale. E aveva respirato il freddo, il gelo dell'aria dell'estremo nord e con il freddo aveva respirato il sapore della libertà selvaggia, il senso di grandezza che dava quel posto.

“Ma io sono sempre qui. Mi risveglio sempre nel mio letto a Grande Inverno. Forse dovrei andare a cercarla, forse dovrei andare alla Barriera...”. Lo pensava spesso Arya, lo pensava e sentiva qualcosa che la spingeva a partire, ma non capiva cosa, cosa avrebbe potuto trovare alla Barriera, o chi. “Non Jon. Jon non è più là. Jon è ad Approdo del Re. Allora chi? Chi mi vuole con lui al nord?”

Un nuovo sogno la portò a svegliarsi nuovamente all'alba. Sudata e preoccupata. Vagava lungo un torrente, anzi un fiume vero e proprio che scorreva impetuoso e pericoloso, gonfiato dalle piogge autunnali. Probabilmente era il Coltello Bianco. Vicino a lei sentiva il rumore dell'acqua e un rimbombo di zoccoli sul terreno, una dolce fischiettare in sottofondo. Era Nymeria, in quel momento era dentro la lupa, poteva sentire il fresco del terreno sotto le zampe, l'odore forte del cavallo che le camminava dietro e non solo quell'odore, ogni tanto le andava alle narici un odore strano, quasi di metallo che le ricordava qualcosa di non ben preciso, qualcosa legato ad un passato lontano. Poi fu un attimo e tutto divenne caos e grida e rumore. Si mise a correre, veloce con il fiato che le usciva condensato attraverso le zanne. Stava scappando, no! Stava inseguendo qualcosa, anzi qualcuno che era caduto nel fiume e ora era trascinato via dalla corrente impetuosa. Di colpo Arya nelle vesti di Nymeria, si era bloccata. Davanti a lei, in lontananza, vide un castello, le torri di un castello imponente ma...in rovina. Sentì un brivido sotto la pelle, quello era Grande Inverno.

Nymeria”.

La lupa, la sua lupa era lì vicino e se il sogno era vero, se non era un sogno, c'era qualcuno in pericolo. Senza pensarci due volte saltò giù dal letto e si infilò gli stivaletti di camoscio ormai consumati e si gettò un mantello pesante sul vestito logoro, correndo fuori dal castello. Nella corte. Il sole era sorto da poco, la luce seppur debole le permetteva di vedere abbastanza bene. Arya si stava precipitando alle stalle quando la vide.

Una lupa.

Un metalupo!” pensò. Immobile dove una volta c'era la Porta Est, quella collegata alla Porta del Re, anch'essa ormai distrutta.

Bella e immobile la lupa la fissava con i suoi occhi dorati. Era cresciuta e il pelo si era ingrigito ancora di più. Arya le si avvicinò d'istinto, non aveva paura. Si sentiva attratta da lei perché sapeva che quella lupa era Nymeria. E la lupa dal suo canto l'aspettava paziente.

-Ny...Nymeria sei tu?- aveva voglia di accarezzarla, di immergere il volto in quel pelo grigio meraviglioso. Quando le tese la mano la lupa l'annusò e dopo pochi secondi vi sfregò il muso, permettendo alla ragazza di accarezzarla dietro la nuca. Poi le leccò il palmo della mano.

-Mia Nymeria!- Arya si inginocchiò davanti all'animale. Si fissarono negli occhi per un periodo che ad Arya sembrò eterno. Ma in quegli occhi Arya ebbe la sua conferma. Nymeria permise alla ragazza di abbracciarla. Arya la strinse forte, come se avesse ritrovato una parte di se che credeva di aver perso per sempre e contro la sua volontà.

-Perdonami, amica mia! Sono stata obbligata io...io….- ma la lupa strusciò il muso contro il viso della giovane e con un gesto amorevole glielo leccò portando via le lacrime che lo stavano bagnando. Lacrime che Arya non si era resa conto di versare. Si morse il labbro inferiore.

-Starai con me?

La lupa si staccò da lei e si allontanò piano per voltarsi di nuovo a guardarla, lo fece due volte e alla fine Arya capì. Voleva che la seguisse. C'era una persona che aveva bisogno del suo aiuto e Nymeria sapeva dove portarla. Salì sulla puledra bianca e seguì l'amica a quattro zampe, lasciandosi la Foresta del Lupo alle spalle e dirigendosi verso la valle ad est, dove scorreva il Coltello Bianco.

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Capitolo 2
*** Secondo Capitolo ***


Secondo Capitolo

 

 

Arya trovò il corpo vicino al fiume, riverso a pancia in giù nella fanghiglia della riva. Il volto era voltato sul lato sinistro, sporco e pallido. Si avvicinò velocemente a lui e capì che Nymeria doveva essere riuscita a tirarlo fuori dalla corrente.

La mia lupa.” Lo pensò con orgoglio. Era la più forte del branco, forse la più selvaggia e solitaria.

Preoccupata tastò il poso dell'uomo come le aveva insegnato il Maestro Gentile, non sentì nessun battito e ugualmente non percepì il battito alla giugulare.

Maledizione!”

Imprecò tra i denti e tirò fuori dalla sacca, che portava sempre con se, un vetrino sottile, una delle sue cose “indispensabili” e lo avvicinò alla bocca dello sconosciuto. La sua ansia svanì quando vide appannarsi il pezzo di vetro, piano ma si appannò, un debole respiro che le ridiede speranza. Era vivo!

Lo rivoltò e dopo avergli tolto il mantello umido che lo avvolgeva e lo appesantiva riuscì a metterlo sul cavallo. Adamantia era un bell' esemplare, l'aveva trovata che vagava lungo la Strada del Re, ancora con la sella e le briglie. Era docile ma forte e robusta ed era riuscita ad addestrarla bene, molto più di Syrio. Il pezzato era più ribelle, lo aveva comprato a Porto Bianco.

Non ha nome”.

Ma lei non ci mise molto a trovargliene uno: Syrio.

Come il suo primo maestro d'armi.

Prese la cavalla per le redini e con Nymeria al fianco fece ritorno a Grande Inverno, stando attenta a non farsi vedere da qualcuno.

Lo sconosciuto era robusto, fisicamente muscoloso e Arya, benché fosse abituata agli sforzi e alla fatica, ci mise un po' a riuscire a trascinarlo in una delle stanze del castello. Scelse la sua stanza al piano terra, vicino alle cucine e alla stanza da bagno del calidarium, l'unico agio che aveva voluto rimettere a posto. Se davvero avrebbe dovuto affrontare l'inverno, quel posto sarebbe stato la sua salvezza nell'isolamento in cui si trovava Grande Inverno: il calidarium e le scorte di cibo che stava mettendo via piano piano.

Doveva scaldare dell'acqua , era la prima cosa da fare se no quel tizio sarebbe morto congelato. Riempì di acqua una delle vasche scavate nella pietra e accese i fuochi sotto il pavimento che l'avrebbero riscaldata.

Diede a Nymeria un boccone di carne, la lupa era affamata e non fece compimenti. Poi Arya si dedicò completamente a quell'uomo; non lo aveva ancora studiato attentamente. Lo svestì con delicatezza e nel farlo, essendo gli abiti quasi tutti neri come il mantello che aveva messo ad asciugare, capì che quello era un Guardiano della Notte.

Non era vecchio, anzi avrà avuto qualche anno più di lei, i capelli erano lunghi e arruffati, neri come la pece, folti e ribelli. Una barba ispida, anch'essa nera, gli copriva la maggior parte del viso, un viso dai lineamenti fieri, con la mascella possente e un po' squadrata ma con una bocca morbida, dalle labbra piene e ben delineate. Era molto muscoloso, anzi una delle braccia, notò Arya, lo era più dell'altra.

Un fabbro” pensò Arya e a quel pensiero il suo cuore vacillò per un secondo.

Aveva varie cicatrici, soprattutto bruciature a confermare il fatto che forse quel ragazzo era un fabbro, ma quando lo mise nella vasca notò i segni sulla schiena, cicatrici profonde, pallide striature bianche a testimoniare vecchie frustate.

Punizione o tortura?

Arya non si scompose più di tanto. Aveva fatto e visto molto di peggio.

Lo ripulì dal fango, dallo sporco e dal sangue incrostato di alcune ferite. Percepì un acceleramento del battito cardiaco, l'acqua calda lo stava aiutando. Riuscì a tirarlo fuori e ad avvolgerlo in un panno bianco, una volta messo sdraiato nel letto della sua camera lo vestì con una tunica leggera e lo mise sotto una pila di coperte e pelli calde. Una volta sistemato poté cominciare a medicarlo: aveva due tagli ad un braccio, piuttosto profondi, Arya li ripulì bene e fasciò il braccio, curò un abrasione al polpaccio destro, per il resto sembrava sano ma per sicurezza gli tastò tutto il corpo, centimetro per centimetro, per assicurasi che non ci fossero ossa interne rotte. Non ne trovò e poté tirare un sospiro di sollievo, non amava aprire e ricucire persone vive! Notò però un rossore innaturale al viso e tastandolo capì che si stava sfogando una febbre non molto forte.

“Meglio quella che altro!”

Decise di curarlo aspettando una ripresa.

Nymeria non si allontanava mai, ogni tanto la seguiva per la cucina o nel cortile ma poi passava il tempo vicino al letto dello sconosciuto.

-Cosa ci facevi con lui, Nymeria?- Arya guardò la lupa in cerca di una risposta ma troppe sarebbero state le cose da raccontare e la lupa non sapeva parlare. E mai lo avrebbe potuto fare.

-Tranquilla- Arya la grattò dietro le orecchie -Non sono gelosa….- La lupa le leccò la mano.

-Stai con lui, vado a preparargli un infuso per la febbre.

 

 

L'addestramento nella Casa del Bianco e del Nero non riguardava solo forza fisica, agilità e tecniche omicide. Aveva dovuto studiare, studiare tutto quello che Maestro Luwin non aveva fatto in tempo ad insegnarle: storia, astronomia, casate, guerre e rivalità del passato, draghi.

In più aveva imparato tecniche mediche. Pozioni, infusi, riconoscere le erbe mediche di tutto il Continente e delle terre dell'est; aveva dovuto apprendere le pratiche mediche come cucire e sanare ferite, guarire ossa rote, amputare o recidere se necessario, aveva imparato i punti mortali e quelli non mortali quando colpiva un uomo. Aveva imparato come rendere agonizzante ma non mortale una ferita.

Aveva imparato e aveva messo in pratica.

Finché non le sussurrarono il nome sbagliato.

 

 

Arya passò la notte al capezzale dell'uomo; lo aveva sbarbato e gli aveva sistemato i capelli accorciandoli un poco. Per igiene e comodità. Si era rivelato un giovane, come ipotizzò appena lo vide, un giovane uomo di qualche anno più grande di lei.

Potrebbe avere l'età di Jon...o di Rob, se fosse ancora vivo”.

Aveva un bel viso, si trovò a pensare, un viso dai tratti duri ma anche dolci e che le smosse qualcosa dentro.

Dove lo aveva già visto? Quei lineamenti le ricordavano qualcosa di intimo. Qualcosa di buono ma non ricordava cosa….o chi?

Riuscì a fargli bere un decotto alle erbe per la febbre e passò il tempo a cambiargli la pezza per rinfrescargli la fronte e il viso.

Aveva lavato i suoi abiti e in una sacca che portava alla vita vi trovò delle monete d'argento e qualche pezzo d'oro, una statuetta rappresentante il Fabbro e un messaggio; la maggior parte del testo era sparita, l'inchiostro si era sciolto a causa dell'acqua in cui era stata immersa la pergamena, poté notare il sigillo dei Guardiani della Notte e da quel poco che era rimasto comprensibile capì che quell'uomo era l'attendente del Lord Comandante degli uomini in nero e che era diretto ad Approdo del Re per essere ricevuto dal Primo Cavaliere del re stesso: Jon Stark.

Arya deglutì a fatica. Decise di tenere quel foglio di carta malandata perché poteva tornare utile al ragazzo una volta che si fosse ripreso.

Passò la notte sveglia e quando il sole sorse di nuovo sbadigliò stancamente. Ma la fronte del giovane era finalmente fresca, segno che la febbre era calata e lei poté tirare un sospiro di sollievo.

-Il peggio è passato, sai?- Lo disse a Nymeria che era stata con loro tutta la notte.

-Signorina?! C'è nessuno in casa?

Arya si sentì chiamare dal cortile. La voce era quella di un bambino che lei conosceva molto bene. Uscì dalla cucina e si ritrovò davanti agli occhi il volto lentigginoso di Dick, il figlio (uno dei tanti) di un fattore che abitava vicino alla Strada del Re.

-Salve signorina!- La vocetta squillante mise di buon umore Arya.

-Dick! Piccola peste, tutto bene?- Il ragazzo annuì. Era alto per la sua età, forse 10 anni, ed era magro ma tutto un fascio di nervi e muscoli, portava una cesta in una mano.

-Aye! Mamma ha bisogno di quelle erbe per i dolori che ha!- disse il bambino.

-Certo! Aspetta che te ne prendo un po'!- Normalmente lo avrebbe fatto accomodare in cucina e gli avrebbe offerto qualcosa di caldo, ma aveva lasciato la porta della camera aperta e Dick non era proprio un ragazzo composto. Non che la cosa disturbasse Arya, anzi lei si rivedeva molto in quello scricciolo curioso e agitato, ma in quel momento voleva ancora tenere nascosto lo straniero, almeno finché non ne avesse saputa l'identità.

Lei viveva così, di aiuto reciproco. La gente che abitava i dintorni di Grande Inverno aveva imparato a conoscerla, forse alcuni anziani l'avevano anche riconosciuta. Non lo sapeva. Lei non aveva mai fatto il suo nome e tutti la chiamavano signorina, ragazza o fantasma di Grande Inverno.

Era già stata un fantasma di un castello in rovina. Non era male come idea.

Le portavano cose da mangiare, cose che da sola non poteva procurarsi e in cambio lei offriva le sue cure e i suoi medicinali. Per questo prese un barattolo pieno di un unguento giallo che aveva già preparato in cucina e lo portò al bambino.

-Ecco! Di' alla mamma di non esagerare ma di usarlo sempre nelle dosi che le ho consigliato.-

La testolina di capelli arruffati annuì.

-Tieni!- Le porse una cesta -Sono per te, per lei!- Si corresse subito.

Arya alzò il telo che copriva la cesta e vi trovò dentro un tesoro.

-A...Agrumi?

La cesta traboccava di arance e di limoni dai colori brillanti.

-Papà ha aiutato un tizio mentre era a Porto Bianco e questo gli ha dato due casse di questi cosi, quello arancione è molto buono, soprattutto se dentro è rosso! Il giallo no! Ma la mamma lo ha messo in una torta e allora è diventato buono!

Arya pensò che doveva essere la prima volta che il bambino assaggiava degli agrumi e il loro nettare agrodolce. Sorrise ma poi lo vide illuminarsi osservando qualcosa dietro di lei. Nymeria si era presentata sulla porta della cucina, tranquillamente stava osservando la sua padrona con il bambino.

-Un...un lupo?- Dick era euforico. Arya annuì e con un cenno della mano fece avvicinare l'animale.

Dick fremeva dalla voglia di accarezzarlo e Arya, intendendolo, glielo lasciò fare.

-Accarezzala se vuoi, è dolce e buona.

Quando vuole”….ma questo non lo disse al bambino.

Dick allungò titubante una mano e Nymeria si lasciò accarezzare dolcemente dietro l'orecchio, un punto che lei amava particolarmente. Il bambino godette della morbidezza del pelo della bestia.

-E' bello!-

Arya sorrise.

-Ringrazia tua madre e tuo padre. Sono un dono molto importante per me- gli arruffò i capelli -Ora però vai...sta per piovere.

-Aye!- Il bambino si allontanò dalla lupa e le fece un inchino un po' goffo. Non era una presa in giro, era un inchino di ringraziamento e rispetto e lei lo accettò senza battere ciglio.

 

 

-Nymeria! Guarda!- Era felice. Ci volevano quegli agrumi, soprattutto per rimettere in salute lo sconosciuto che dormiva, svenuto, nel suo letto. Il fatto che fosse stata la sua lupa a condurla da lui non le fece dubitare della sconsideratezza che aveva dimostrato mettendoselo in casa.

-Un po' di limone caldo con miele e qualche spicchio di arancio non gli faranno che bene.

Pulì una delle arance, mangiandone mezza. Era da molto che non mangiava quel frutto; lei ne era sempre andata matta e a Braavos non ne era mai stata senza, ma da quando era tornata sul Continente, nello specifico al Nord, le era mancato quel nettare agrodolce. Amava le arance, Sansa invece amava il gusto del limone nelle sue adorate tortine...Sorrise amaramente a quel pensiero.

Dopo aver goduto di quella piccola gioia andò dall'uomo sconosciuto.

Aveva un colorito fresco, segno che stava molto meglio. Respirava ancora un po' a fatica e ogni tanto farneticava dei nomi che Arya non riusciva a capire del tutto.

La..Lady Stoneheart...io...” Ma Arya non aveva mai sentito quel nome o almeno così credeva.

Riuscì a fargli bere il succo di limone, appoggiandogli degli spicchi di arancio alle labbra affinché succhiasse un po' del succo pieno di zucchero e vitamine.

Aveva delle labbra belle, carnose e ben disegnate.

Arya arrossì a quel pensiero e si maledisse per la sua stupidaggine. Aveva sempre respinto quel lato dalla sua anima, quel lato troppo femminile, troppo vulnerabile. Quel lato che l'aveva portata a fidarsi, molti anni prima, di qualcuno che poi l'aveva ferita, le aveva ferito gravemente il cuore scegliendo di abbandonarla.

Si alzò per cambiare l'aria della camera, il giovane uomo aveva ripreso a farfugliare qualcosa ma lei non vi fece troppo caso.

-Vado a cambiare l'acqua alla bacinella...aspettami qui- Nymeria per tutta risposta sbadigliò stiracchiando le zampe posteriori per poi rimettersi a dormire vicino al letto.

Quando fece per uscire dalla stanza Arya si bloccò. Qualcosa le fece gelare il sangue, un nome. Un nome pronunciato da quell'uomo sconosciuto. La bacinella le scivolò di mano andando a rompersi sul pavimento.

Arya tremò.

Non...non è possibile...” Si voltò per guardare il giovane che continuava ad invocare quel nome in modo tormentato.

-A..Arya...ti prego...Arya….

Il suo nome. Quello straniero sapeva il suo nome. No! Non era possibile, sicuramente stava chiamando un'altra Arya. Lei non lo conosceva, lei non sapeva chi fosse quel ragazzo.

Ma poi…..

“Mia Lady, aiutami...Arya...mia Lady…

 

 

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Capitolo 3
*** Terzo Capitolo ***


p>Terzo Capitolo

 

 

Arya...mia lady...

Arya fissò il giovane che giaceva nel letto.

-Non è possibile, non...non….- si avvicinò a lui dimenticandosi della brocca rotta, dell'acqua per terra e del fatto che Nymeria le si era avvicinata preoccupata. Mille dubbi l'assalirono.

Solo una persona in tutta la sua vita l'aveva chiamata così e di quella persona lei non aveva saputo più nulla. E quel non sapere era stato per lei una profonda tortura.

Per l'ennesima volta si ritrovò a studiare il volto del giovane, ma ora aveva un punto di riferimento, aveva un volto a cui appigliarsi: i capelli neri come la pece e ribelli, il volto squadrato e massiccio, il corpo robusto e soprattutto quel braccio più muscoloso, tipico dei fabbri.

-Se solo potessi vedere i tuoi occhi! Allora lo saprei, capirei chi sei!- Arya si era seduta sul bordo del letto, gli spostò una ciocca di capelli ribelli e senza rendersene conto aveva iniziato ad accarezzargli dolcemente il viso.

-Sei tu?...Gendry?- esitò nel dire quel nome. E una volta detto ebbe un brivido lungo la schiena -Gendry...- una lacrima le bruciò gli occhi, ma lei non la voleva quella lacrima. Non voleva piangere, soprattutto per qualcuno che l'aveva abbandonata e l'aveva fatta soffrire.

Allo stesso tempo però voleva urlare, gridare di gioia perché più di una volta aveva pensato al ragazzo, quando nella casa del Bianco e del Nero, la notte poteva tornare ad essere se stessa….una piccola lupa del Nord.

Più lo guardava più lo trovava simile al suo Toro. Era cresciuto, si era fatto uomo….un Guardiano della Notte. Come c'era finito alla Barriera? Perché aveva preso il nero?

Si sentiva confusa.

Decise di non pensarci, finché lui non si fosse ripreso non avrebbe saputo chi era. Si alzò per pulire il danno che aveva fatto e per dare da mangiare alla lupa che l'aveva subito seguita appena si era alzata dal letto.

-Tu sai chi è?- glielo chiese senza aspettarsi una vera risposta, sapeva che non poteva averla da Nymeria.

Rimase perplessa e persa nei suoi pensieri tutto il giorno e ce ne vollero altri due perché riuscisse ad avere delle risposte.

 

 

Aveva appena finito di lavarlo, faceva caldo nella stanza e il corpo del giovane era umido di sudore; lo lasciò in camicia e braghe leggere. L'inverno minacciava ma non sembrava ancora pronto a raggiungerli, l'autunno si alternava tra giornate di piacevole caldo e piogge fredde che portavano grandini e spruzzate di neve.

-La febbre è passata. Speriamo che il Fabbro che aveva con se lo aiuti a riprendersi!- Aveva messo la statuina del Dio vicino al letto affinché lo proteggesse.

E mi faccia sapere chi sei!” questo lo pensò tra se.

Fece per andarsene quando la voce che l'aveva bloccata giorni prima si fece risentire, questa volta sicura e ben chiara, con una domanda ben precisa:

-Chi sei?-

Arya sbiancò e si voltò verso di lui per guardarlo. I capelli arruffati e il volto provato ma sveglio e attento.

-Come ti senti?- non le venne in mente altro da dire.

-Bene….credo. Ma dove sono? e...tu chi sei?-

-Sei al sicuro, in un posto tranquillo e un po' sperduto. Io...io ti ho trovato vicino al fiume. Eri svenuto e ferito, sei stato privo di coscienza per giorni...ma ora non hai più febbre e le tue ferite sono guarite.-

-Tu...tu mi hai aiutato?- la guardò fissa in volto, ma Arya non riusciva a sostenere il suo sguardo. Aveva paura di vedere il colore dei suoi occhi e di avere una conferma ai suoi dubbi -Grazie…-

-Ti ricordi cosa è successo? Chi sei?-

-Si, cioè...credo di si.- Arya sentì il cuore batterle nel petto forte, troppo forte.

Quando si era addolcita così? Come….come era possibile?

-Come ti chiami?- aveva paura ma doveva sapere la verità e lo guardò negli occhi.

Erano blu. Blu come quelli che si portava nel cuore.

Il ragazzo rifletté qualche istante -Gendry. Io mi chiamo Gendry…- Arya senti le gambe cederle -Baratheon…- aggiunse il giovane e lei spalancò gli occhi incredula.

-B...Baratheon?- ripeté con un filo di voce.

-Non stupirti, sono solo un bastardo riconosciuto. In più Re Robert oramai è morto….non valgo un gran che, credimi!- la voce del giovane era dura -Tu? Chi sei?-

Arya non sapeva cosa fare. Da molto tempo non si sentiva così incerta sul da farsi.

Prese coraggio e si sedette vicino a lui, sul letto, in modo che lui potesse vederla bene e lei potesse vedere bene lui.

-Io...ecco, io…- si fissarono negli occhi, curiosi e affamati di sapere. E guardando quelle pozze blu non poté che avere la certezza che quel ragazzo era il suo Toro. Blu intenso che la fissava incerto, blu zaffiro che le fece trattenere il respiro. Il blu in cui aveva trovato conforto tante volte, quando era un piccolo cucciolo di lupo in fuga.

Quel blu però mutò espressione e si accese all'improvviso.

-Tu?!...tu sei….non può essere! I tuoi occhi...la mia lupa…..-

Arya entrò in panico e quando il ragazzo urlò il suo nome “Arya!”, si alzò di scatto dal letto per scappare ma lui fu più veloce e con la mano la trattenne impedendole di allontanarsi.

-Arya ti prego, dimmi se sei tu?!- era una richiesta carica di disperazione.

Lei rimase ferma, immobile ma alla fine fece un cenno con il capo. Un debole cenno di assenso accompagnato da poche parole.

-Si, sono io…-

Si sentì trascinare verso il basso e in pochi secondi si ritrovò stretta dalle braccia del ragazzo. Braccia forti e robuste che la tenevano come se avessero paura di perderla da un momento all'altro, paura che Gendry aveva davvero, e in cui lei stava bene.

-Non riesco a crederci..- Gendry era insicuro -Io, io ho pregato tanto. Ho pregato e ti ho cercata...non ho mai perso la speranza di, di trovarti! Ma alla fine sei tu che hai trovato me!-

Arya lo sentiva piangere.

-Gendry, ti prego...io….- alzò il viso del ragazzo asciugandogli le lacrime -Non piangere. Non so chi ha permesso questo, ma ora...ora dobbiamo solo essere felici di esserci ritrovati…-

Lui annuì.

Arya si sentì osservata, studiata da quegli occhi che, lo notò solo in quel momento, non avevano perso la malinconia che li caratterizzava in passato. Si morse il labbro nervosa.

-Sei...sei diversa. Cresciuta, ovvio...ma molto più donna!-

Le gote di Arya si imporporarono.

-Ma dove sei stata? Dove…- lui continuò con le sue domande.

-Avrai fame?- lei cercò di cambiare discorso.

-Si, un bel po' anche!- Gendry accettò la sua volontà.

-Allora ti faccio qualcosa di caldo e nutriente. Dopo, con calma, vedremo di rimettere assieme tutti i pezzi. Va bene?- glielo chiese ma il tono della sua voce non ammetteva repliche e lui non poté che annuire e lasciarla uscire dalla stanza.

Gendry divorò tre piatti di zuppa, una frittata di uova fresche, quelle non mancavano mai, accompagnata da del coniglio fritto e non disdegnò una buona dose di arance.

Faticò un po' a mangiare. La velocità con cui ingurgitò il cibo per la fame dovuta al tempo trascorso senza consumare cibo solido, lo portò a strozzarsi e a tossire più volte e a sentire crampi allo stomaco. Per cui rallentò godendosi il sapore di ogni cosa.

E mentre mangiava guardava quella ragazza che lo aveva salvato, la studiava con evidente curiosità.

Seduta di fronte a lui, sul letto, Arya lo aiutò dove era ancora un po' debole e impacciato. Gendry non ci credeva ancora, non sapeva come fare a crederci, chi ringraziare per quel miracolo. Eppure quella ragazza, quella lupa selvatica che lo stava nutrendo...era la sua Lady!

Non ebbe più dubbi quando, portandogli il cibo, lo chiamò Toro.

Anzi… “il mio Toro”.

Anche se non era stata lei a dargli quel soprannome.

Poche persone potevano sapere di quel soprannome. Tutti quelli che molto tempo prima erano stati destinati alla Barriera. Nessuno di loro era giunto a destinazione. Alla Barriera lui ci era arrivato anni dopo. Volontariamente.

-Allora, come ti senti?- Arya che si sentiva troppo osservata da quegli occhi blu, cercò di distoglierlo dai suoi pensieri.

-Molto meglio, grazie. Arya...- gli fece strano pronunciare quel nome a voce alta dopo tutto quel tempo. Lo aveva sempre pronunciato dentro di se, nel suo cuore.

-Arya...già. Gendry, cosa...cosa ti è successo?-

Ma il ragazzo non era d'accordo con le intenzioni di lei -Prima dimmelo tu! Ti davo per morta, dopo aver saputo che il Mastino era morto, infilzato vicino a Padelle Salate. Ma io..io non l'ho mai creduto veramente! Solo che sono successe delle cose. Troppe cose! Ti ho cercata, non ho mai perso la speranza, finché…- Gendry si lasciò trasportare dai suoi ricordi e dalle sue emozioni.

-Finché?- anche lei era curiosa di sapere -Ti ho lasciato con la Fratellanza e ti ho ritrovato Guardiano della Notte. Cosa hai fatto Gendry? Perché sei stato mandato alla Barriera?...sei….sei davvero un Baratheon?- le tremò la voce.

Gendry sogghignò a quel nome, quella storia non l'aveva mai digerita davvero da quando aveva saputo la verità

-Già. Ci credi? Io figlio di quel puttaniere sempre ubriaco. L'ho sempre odiato, Arya. Un odio profondo, ogni volta che mi capitava di vedere la sua grassa figura passare per le strade di Approdo del Re volevo solo vederlo morto. Poi mi sbattono in faccia questa cosa. Per questo la regina mi cercava quando stavamo andando alla Barriera, voleva tutti i bastardi del re morti.-

-Gendry, mi dispiace- era triste, sapeva quanto lui avesse sofferto la mancanza di un padre -Ma, il nero? Perché?-

-Ci sono andato volontariamente. Per pagare una colpa che ho commesso….-

-Tu? Un crimine?- non poteva crederci. Il suo Toro era dolce, razionale. Non cercava risse o zuffe, non provocava mai nessuno. Voleva solo essere lasciato in pace.

Non lo aveva mai visto toccare vino o birra proprio per non perdere la testa. Allora….

Stupro?” Quella parola balenò nella sua testa e le ferì violentemente il cuore. Non era possibile e lei la scacciò subito. Non lo avrebbe mai fatto! Tradimento allora, forse lo avevano arrestato con la Fratellanza….

-Ci sono troppe cose che tu non sai, almeno credo. Ti sei informata di quello che è successo qui? Perché sei stata via, vero?-

Arya annuì -So che mio fratello Jon è vivo ed è Primo Cavaliere del Re, Stannis Baratheon. So che anche Sansa sta bene e so che c'è stata una battaglia, al Nord. Ma non ne so i dettagli- prese fiato e coraggio -Io sono stata a Braavos, fino a qualche anno fa. Sono stata un'adepta nella Casa del Bianco e del Nero.-

Il ragazzo la guardò strano, non capiva le sue parole.

-Ti ricordi di Jaquen H'Ghar?-

Gendry ci pensò un attimo poi si illuminò -Il tizio che ci ha aiutati a scappare da Harrenhal?- lo disse con una vena di disappunto nella voce. Era sempre stato, come dire, geloso del rapporto che Arya aveva instaurato con quel tizio.

-Si. Lui mi ha indirettamente spinto ad andare a Braavos. Con il Mastino mi sentivo sola e persa, soprattutto dopo essere stata alle Torri Gemelle…- abbassò gli occhi e Gendry capì una verità che gli straziò il cuore.

-Tu eri lì...quella sera?- le prese una mano stringendola dolcemente.

-Il Mastino voleva chiedere un riscatto a mio fratello. Invece….- le tremò la voce e le tremò il cuore a ricordare quella notte. Come si poteva dimenticare di essere qualcuno se il tuo passato era così pieno di dolore e di ferite che continuavano a sanguinare?

Rain of Castamere che risuonava ovunque, l'odore di sangue e di morte...lo straziante ululato di Vento Grigio.

-Braavos….più di una volta l'ho pensato, sai? Ho sperato che tu fossi scappata oltre il Mare Stretto. Me lo sentivo dentro, Arya, vedi...tua madre...io ho conosciuto tua madre, come ho conosciuto tuo fratello Jon.-

Arya sgranò gli occhi -Gendry sei impazzito? Il colpo alla testa deve averti scombussolato le idee. Mia madre è stata sgozzata dai Frey e tu non sei mai riuscito ad incontrarla prima di allora!- sputò fuori quella verità come se fosse veleno, ma non ce l'aveva con lui -L'hanno gettata nel Tridente, in pasto ai pesci….-

Il ragazzo le prese la mano e la strinse forte. Mi dispiace tirare fuori questa storia, ma è evidente che tu non sai niente. Vedi, Lord Beric e Thoros hanno trovato il corpo di tua madre e il prete rosso la riportata in vita…-

-Mia madre?! Mia madre è viva?- Arya si agitò a quelle parole. Molto tempo prima aveva chiesto a Thoros di Myr se poteva riportare in vita un uomo senza testa, per una sola volta. Forse quel prete maledetto aveva ripagato il suo diniego con la rinascita di sua madre.

-Arya ti prego, non fare congetture affrettate- Gendry frenò il suo impeto e bruciò tutte le sue speranze. Fissò i suoi occhi in quelli del ragazzo -Lasciami spiegare…- e Arya decise di perdersi nei ricordi di quel blu.

-Tua madre era morta già da tre giorni, quello a cui Thoros ha ridato vita era un….un fantasma in putrefazione. Un fantasma debole, privo di voce per lo sfregio alla gola ma talmente carico di odio da mettersi a capo della Fratellanza per la sua vendetta. Lady Stoneheart la chiamavano. Tua madre, che quando ha saputo chi ero e che ti avevo conosciuta ha voluto sapere tutto di te, di noi...del nostro viaggio. Lei sapeva che eri viva, lo sentiva e mi ha dato la forza per continuare a lottare per te. Lei mi ha spinto ad andare alla Barriera, li avevo un compito che mi aspettava. Mi presentai a tuo fratello come fabbro e mi accettò anche senza prendere il nero, avevano bisogno di uomini. Non sentivo ancora il bisogno di prendere il mantello, non avevo ancora commesso crimini che mi obbligassero a farlo. Di tu madre però, anzi di Lady Stoneheart non so più niente. È sparita.-

-Tu? Tu hai conosciuto mio fratello?-

Gendry annuì -Si. Tuo fratello è un eroe Arya, lo sai vero? Lui è stato il Principe predestinato della leggenda di Azor Ahai. Io ho forgiato la sua spada, portatrice di Luce, unendo due acciai di Valyria. Jon ha dovuto accettare quel ruolo sacrificando una parte di se per rendere la spada lucente e infuocata. Non saprei raccontarti della battaglia, mi ricordo ben poco, solo tanto freddo, morte e buio.-

Arya rabbrividì -La leggenda di Azor Ahai? tu...tu sei stato Azor Ahai e Jon….- era incredula.

-Non l'ho ancora capito, credimi! Io so solo che ho forgiato la spada più bella della mia vita, anche se Jon ha dovuto sacrificare molto….-

-Spettro!- Arya capì subito. Capì che Spettro doveva essere stato il cuore per illuminare la spada e darle vita come chiedeva la profezia. Sacrificare una parte di se...Jon lo aveva fatto e lei capì perché quando sognava di essere Nymeria non percepiva più la presenza del fratello albino.

Gendry annuì. Aveva l'istinto di abbracciarla ma si trattenne e continuò a parlare.

-Ho conosciuto tuo fratello e siamo diventati molto amici soprattutto parlando di te. Voleva che lo sostituissi quando è andato ad Approdo del Re ma non me la sono sentita e sono diventato l'attendete del nuovo Lord Comandante.-

-Come hai saputo di essere figlio di re Robert?-

Gendry sospirò -Stannis. Il mio caro zietto! Gli ho raccontato chi ero, un bastardo senza padre che sapeva fare solo una cosa: lavorare in fucina. Ma lui sapeva chi ero, era venuto con il Primo Cavaliere del re, quello che tuo padre aveva sostituito, per farmi delle domande. Lo sapeva già da allora ma nessuno si è mai degnato di farlo sapere a me!- era arrabbiato e con giusta ragione -Sono rimasto alla Barriera perché ormai la sentivo la mia casa, potevo fare il mio lavoro senza che nessuno mi desse noia e poi, poi dovevo espiare la mia colpa…-

-Cosa hai fatto Gendry?- le tremò la voce.

-Arya, io...non voglio! Io non voglio che tu pensi male di me...-

Arya sentì un senso di amaro in bocca a quelle parole.

Se solo sapessi quello che ho fatto io...

Si fece coraggio -Toro! Mio testardo e adorabile Toro- gli accarezzò il viso -Dimmi perché sei alla Barriera!-

E lui non poté che obbedirle.

-Mentre ero al Nord ho saputo che tu eri andata in sposa a Ramsay Bolton, il figlio bastardo di Roose Bolton. Questo mi lasciò perplesso, girava voce che fosse stato il mastino a venderti ai Bolton ma io ero sempre convinto della tua fuga. La fama di Bolton comunque era tremenda e io non potevo accettarlo. Scappai a Grande Inverno dove la battaglia era già iniziata e lì...lì mi unii allo scontro. Ti cercai ovunque ma niente. Poi...poi mi sono ritrovato davanti Bolton padre e lui mi ha detto la verità. Non eri tu! Avevano spacciato una ragazzina per te. Avevano inscenato tutto!-

Arya sapeva quella storia e non ne rimase sorpresa.

-Solo che mi sono fatto prendere dalla rabbia e mi sono avventato contro di lui e….e una donna si è messa in mezzo. Ho ucciso lei e…- gli tremò la voce e Arya vide gli occhi disperati del ragazzo.

-Gendry...sono qui! Con te…-

-Era incinta. Quella donna era incinta...e io ho ucciso lei e il bimbo che portava in grembo-

-Chi...chi era quella donna?- chi mai poteva aver accettato di andare in sposa a quell'uomo?

-Una Frey credo…-

Gendry alzò gli occhi per guardarla. Trovò un viso duro, come la pietra ma non per quello che aveva fatto lui.

-Hai ucciso un mostro sanguinario, Gendry! E una Frey!- aveva disprezzo nella voce. Disprezzo per quei morti e nessuna compassione -Hanno ucciso la mia famiglia, parte della mia famiglia…-

-Lo so. In parte sapevo di aver fatto qualcosa per te, ma...il bambino, quel bambino era innocente!-

Arya sospirò -Tu non hai fatto niente di malvagio. Questa è la guerra, non crederti un mostro che non sei.- il blu si perse negli occhi grigi della ragazza.

Blu nel grigio ed entrambe rabbrividirono senza capirne bene il motivo.

-Ora però non so...non so bene cosa dovevo fare.- Gendry si riprese e Arya capì.

-Aspetta!- si alzò e dopo aver preso qualcosa da un cassetto glielo porse.

Era una pergamena rovinata con il sigillo nero dei Guardiani della Notte spezzato.

-Avevi questa con te. Non rimane molto, l'acqua ha rovinato l'inchiostro.-

Il ragazzo prese quel foglio e lesse qual poco che restava. Ma quel poco bastò.

-Ero diretto al sud, ma non ricordo perché- poi la fissò negli occhi -Arya. Dimmi di te, cosa hai fatto, cosa ti è successo?-

Arya ebbe paura. Da molto tempo non sentiva quel sentimento invaderle il petto.

La paura uccide più della spada”. Questo le diceva sempre qualcuno che una volta le salvò la vita, ed era la verità più vera che avesse mai sentito pronunciare.

Dire la verità a Gendry, dirgli chi era stata, cosa aveva fatto…

-Forse hai freddo?! Metto della legna nel fuoco...- Per la seconda volta tentò di scappare da lui ma non poté fare un passo, Gendry uscì dal letto appena la vide allontanarsi da lui e la attirò a se, stringendola forte, ancora.

-Arya Stark di Grande Inverno. Sono io! Lo stupido Toro, lo zuccone dalla testa vuota. Il tuo umile servitore. Ti prego raccontami quello che ti è successo. Mia Lady, mia unica Lady, fidati di me!-

Arya si irrigidì tra quelle braccia ma poi qualcosa dentro di lei si sciolse. Si voltò verso di lui e si lasciò abbracciare.

Mia Lady”.

Gendry aveva rifiutato di essere la sua famiglia.

Gendry l'aveva abbandonata per restare con la Fratellanza senza Vessilli. Ma poi Gendry le aveva raccontato quello che aveva fatto. L'aveva cercata, l'aveva pensata...l'aveva vendicata…

Arya si strinse a lui, respirando l'odore della sua pelle, cercando di imprimerselo nelle narici. E finalmente, dopo tanto tempo, iniziò a piangere e decise di raccontare a qualcuno la storia della Ragazza senza Volto.

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Quarto Capitolo ***


Quarto capitolo

 

 

-Con il Mastino ho imparato due cose: che posso cavarmela da sola, contando solo su me stessa e che...posso uccidere un uomo senza troppo rimorso.-

A quelle parole Gendry sentì una fitta al cuore. Ma la lasciò continuare e Arya esplose come un fiume in piena.

-Tu mi hai distrutta, Gendry. Quando hai deciso di rimanere con la Fratellanza mi hai distrutta- altra fitta al cuore per il giovane che le strinse più forte la mano -E quando mi sono ritrovata sola con il Mastino ho capito che il mio destino era segnato. Soprattutto dopo quello che ho visto alle Torri Gemelle. Com'è che le chiamano? Nozze Rosse. Ho perso mio padre, poi mia madre e mio fratello, e tutti gli altri. Avevo perso te! Io volevo solo tornare qui, a Grande Inverno ma il Mastino mi ha portata da tutt'altra parte come un bottino da rivendere. L'ho ucciso io, era già moribondo e io, io l'ho infilzato senza pensarci due volte. E senza pensarci mi sono imbarcata per Braavos. Jaquen H'Ghar mi aveva dato una moneta, con quella ho avuto la strada aperta per l'est. Braavos….- si perse un poco nei suoi pensieri -È bella sai? Bella ma piena di insidie e feccia. Ma io sapevo dove andare: la Casa del Bianco e del Nero, il tempio del Dio dai mille Volti. Il dio che porta il “dono”. Sono stata presa a servizio come serva e ho iniziato una lunga e dura formazione per diventare un Uomo senza volto; per farlo dovevo dimenticare chi ero. Ho dovuto gettare via tutto quello che era il mio passato, tutto! Non dovevo più essere Arya Stark. Ma non sono riuscita a gettare Ago, te la ricordi? La spada che mio fratello Jon aveva fatto fare per me- prese fiato ma poi continuò il suo racconto -Di giorno assumevo varie identità, sono stata Cat la gatta dei canali, poi la mendicante cieca….dovevo osservare e carpire segreti, imparare cose nuove e riferirle al Signore Gentile, colui che gestiva il tempio. Ho commesso errori e li ho pagati e alla fine sono riuscita ad essere un'adepta e a diventare un...un…- le tremò la voce. Non riuscì a dirlo quel nome. Non riuscì a definirsi assassina.

-Portavo il dono a chi dovevo, perdendo ogni volta un pezzo di me. Una cosa sola mi teneva legata ad Arya Stark, sognavo...sognavo spesso di essere una lupa. La mia Nymeria e sognavo spesso il Nord e casa mia. Nymeria mi ha condotto da te, in sogno. Gendry io, io ho ucciso molte persone. Senza mai pentirmi di quello che ho fatto. Sono un'assassina….- a quella parola Arya si fermò.

Aveva omesso molte cose e Gendry lo percepì dal modo incerto con cui lei, che una volta aveva molta immaginazione e una bella parlantina, aveva narrato quella storia. Non riuscì a dire niente e lei lo interpretò male quel silenzio.

-Se mi disprezzi io posso capirlo, sono un mostro….-

-Arya!- il ragazzo intuì cosa la stava tormentando -Io non potrei mai odiarti o disprezzarti! Ti ho lasciata piccola, una piccola coraggiosa lupacchiotta e ora ti ritrovo una donna bellissima e forte- la vide chinare la testa con imbarazzo a quelle parole e la cosa lo fece sorridere -Perché hai rinunciato? perché sei tornata?-

Arya esitò e come sempre quando era nervosa iniziò a tormentarsi il labbro inferiore. Un particolare che era sempre piaciuto al ragazzo.

Tra lei e Gendry c'era sempre stato un rapporto strano. Lei si era molto affezionata a lui e all'inizio lo vedeva come un fratello maggiore, un sostituto di Jon o di Rob, forse più Jon ad essere sinceri; anche Gendry l'accettava per quello che era: un maschiaccio ribelle. Gendry era sempre stato diverso dagli altri e lei lo avrebbe voluto con se per sempre, voleva essere la sua famiglia ma il ragazzo aveva rifiutato. Arya se l'era presa e lo aveva odiato, non sapendo che lui aveva rifiutato di seguirla perché nei suoi pensieri non sarebbe mai stato all'altezza di lei, era un semplice fabbro, per giunta un bastardo di Fondo delle Pulci e lei...lei era una Lady. Anche volendo non avrebbero mai potuto avere un futuro.

Arya lo aveva portato con se, nei suoi pensieri, lei aveva una cotta per lui. Unico ragazzo che le aveva fatto battere il cuore, che l'aveva tante volte, a suo insaputa, resa fragile. Nei momenti più difficili lo aveva sognato, aveva sognato di stare con lui, di averlo vicino per sentirsi protetta. Ma la realtà era stata molto diversa.

-Mi hanno dato una missione, un nome a cui dovevo portare il “dono”. Ma quel nome, quel nome mi ha spezzato il cuore. Io non potevo…- Arya esitò.

-Chi dovevi uccidere?- il ragazzo aveva ben capito cosa fosse quel “dono”, voleva abbracciarla, stringerla a se e farle capire che con lui non correva alcun pericolo, ora che l'aveva ritrovata non l'avrebbe più lasciata andare -Arya chi ti ha fatto desistere dal continuare il tuo apprendistato?-

-A volte il Signore Gentile che governava la Casa del Bianco e del Nero prendeva le sembianze di Jaquen H'Ghar e proprio con il suo volto mi ha sussurrato il suo stesso nome, il nome dell'uomo che ci ha salvato da Harrenhal….io, io dovevo uccidere Jaquen stesso. L'allieva doveva superare il maestro...credo…-

Gendry la fissò serio. Aveva una domanda in gola, una domanda inadeguata lo sapeva ma che gli bruciava nel petto e doveva buttarla fuori -Tu sei innamorata di quell'uomo, vero?-

Arya spalancò gli occhi e lo fissò a sua volta con un espressione spaesata -No! Assolutamente no! Solo che lui mi ha….mi ha salvata e non solo da Bolton...lui...lui….-

Arya non sapeva cosa fare, odiava trovarsi in situazioni simili. Il fatto che solo Gendry riuscisse a metterla in difficoltà e in imbarazzo la tormentava.

-Arya non preoccuparti, non è importante. Ascolta hai contattato tuo fratello o tua sorella?- il ragazzo si fece serio.

-No! Io non posso! Io sono la feccia degli Stark, un disonore...Jon non mi vorrebbe più, lui potrebbe solo odiarmi e a giusta ragione. Sono stata un mostro e non voglio impaurirli dopo tutto quello che hanno passato…-

Gendry l'abbracciò, stringendola ancora a se -Jon ti ama e soffre molto della tua mancanza. Sarebbe felicissimo di ritrovarti, credimi! Devi...devi venire con me ad Approdo del Re!-

-No! Io non me la sento, ti prego….- lo guardò con occhi sicuri e convinti nella loro decisione.

Nella stanza si era fatto buio e freddo. Parlando avevano fatto scendere la sera.

-Aspetta, se no va a finire che ti ritorna la febbre.- Arya si alzò per ravvivare il fuoco del camino.

-Aye! Certo mia Lady, grazie….- fece per alzarsi ma ebbe un giramento di testa e perse per un secondo l'equilibrio.

-Ehi! Dove credi di andare?- Arya si precipitò da lui per aiutarlo.

-Ho bisogno del bagno. Poi sono stanco di stare a letto…- sbuffò.

Arya sorrise -Sei sempre il solito zuccone, vero? Va bene, ti accompagno al bagno e poi ti metto in cucina così mi fai compagnia mentre preparo la cena.-

Gendry annuì sollevato.

La ragazza lo aiutò a raggiungere la latrina che si trovava vicino al calidarium.

-Grazie mia Lad…-

-Se non la smetti di chiamarmi Lady ti lego al letto e ti imbavaglio. Sai che non sono una Lady!- Arya era semiseria ma Gendry scoppiò a ridere.

-Ecco la mia lupacchiotta feroce, ora si che ti riconosco…-

 

 

 

Passarono giorni sereni e Gendry si rimise in piedi, pieno di forze ed energie.

Avevano ancora molte cose da dirsi, lo sapevano entrambe ed entrambe stavano temporeggiando.

Il ragazzo si mise subito ad aiutarla in quello che poteva fare: tagliare la legna, andare a caccia con Nymeria, aggiustare travi e murature pericolanti, spalare la neve che si era fatta vedere alcune notti prima. Il ragazzo non accennava a voler ripartire per la sua missione a sud né tanto meno di voler tornare alla Barriera. E Arya non gliene parlava, stava bene con lui vicino e non voleva perderlo di nuovo. Non subito.

Perché la solitudine è una bestia famelica, ti fa credere di stare bene ma invece ti logora e ti mangia dentro e appena ritrovi un po' di calore umano ti rendi conto di quanto si sta male soli.

Quella mattina stava pulendo un coniglio catturato da Nymeria aveva le mani sporche di sangue e il volto concentrato in quello che stava facendo. Gendry la guardava divertito e pieno di gusto.

-Non ti avrei mai immaginato in questa veste, sai?-

-In che veste scusa?- non capiva quello che voleva dire.

-Così!- il ragazzo allargò le braccia per indicare la scena che aveva davanti agli occhi -Tu che ti affaccendi in cucina da brava donna di casa!- la guardò con occhi maliziosi e lei lo fulminò con lo sguardo.

-Tu hai già visto troppi lati di me e dovresti esserne grato!-

-Lo so mia Lady! Ne sono più che grato, come sono grato di averti ritrovata!- non riusciva a smettere di fissarla, era come ipnotizzato da lei. Non era più la ragazzina pelle e ossa che aveva conosciuto come Arry e che aveva perso, ora era una donna fatta. Una donna bella e forte. E il suo cuore aveva ripreso a battere in un modo strano.

-Tu e Jon vi assomigliate molto, sai?-

Arya si fermò, smise di tagliare le carote e lo fissò stupita e un po' emozionata -Lo dici sul serio?-

-Si, certo. Avete gli stessi lineamenti fini, il volto allungato, gli stessi capelli scuri...gli occhi! Avete lo stesso taglio di occhi solo il colore è diverso, Jon ha gli occhi di un grigio scuro, i tuoi sono più chiari, anche se si sono scuriti da quello che mi ricordo. Sono belli...i tuoi occhi sono molto belli….- aggiunse timidamente. E si sentì perforare proprio da quegli occhi che lo guardarono con curiosità e con un velo di qualcosa che Gendry non sapeva interpretare ma che lo fece arrossire.

Arya ebbe un brivido di piacere nell'osservare il viso pulito e bello del suo Toro , ma si sentì anche vuota. Jon, suo fratello. Voleva rivederlo ne aveva bisogno ma non sapeva come affrontarlo.

-Potresti finire tu? Quando hai tagliato tutto metti in pentola e lasci bollire...io, io devo andare un attimo fuori…- Arya si tolse il grembiule insanguinato e scappò vai dalla cucina. Il ragazzo si alzò di scatto per fermarla ma quando si affacciò in cortile Arya era già sparita.

Sospirò -Non ne faccio una giusta vero?- accarezzò Nymeria dietro le orecchie, la lupa lo guardò con occhi dolci.

Non sarebbe stato facile, lo sapeva, ma voleva fare incontrare Arya con Jon e se la ragazza non voleva andare ad Approdo del Re allora avrebbe fatto in modo di fare arrivare Jon a Grande Inverno.

Lo giurò su se stesso e sul Fabbro che lo proteggeva.

Finì di tagliare le carote come gli era stato chiesto e le mise nella pentola dove bolliva già il resto. “Per il coniglio aspettiamo un po'”.

Si sentì stanco e decise di mettersi un po' sdraiato, tanto se Arya voleva stare sola non si sarebbe fatta trovare tanto facilmente. Crollò subito e dormì sodo per un paio di ore. Quando si svegliò era quasi buio; qualcuno lo aveva coperto meglio e sentendo un profumo di cibo sfornato provenire dalla cucina capì che Arya doveva essere rientrata. Infatti trovò la tavola imbandita ma della ragazza nessuna traccia. Decise di cercarla, aveva apparecchiato per due, non doveva essere lontana.

Uscì in cortile, un leggero nevischio stava cadendo, freddo e fitto.

-Arya! Arya dove sei?- tentò di urlare per chiamare l'attenzione della ragazza ma non ricevette alcuna risposta. Si strinse nel mantello per proteggersi dall'aria gelida.

Brutto segno. L'inverno sta arrivando...” si perse un attimo nei suoi pensieri ma poi vide Nymeria che lo guardava e appena la lupa si accorse di aver attirato l'attenzione del ragazzo lo guidò tra i cortili abbandonati del castello.

-Nymeria?- la lupa si avvicinò ad un portone semi aperto -Arya è qui?- per tutta risposta Nymeria entrò in quel buio e Gendry decise di seguirla. Trovò subito davanti a se un cunicolo stretto con delle scale che scendevano pericolosamente verso il basso; appena entrato vide delle torce appese al muro, ne prese una pregando che non si spegnesse durante la discesa, gli scalini umidi erano scivolosi e poco sicuri, un passo falso e nella caduta si sarebbe rotto l'osso del collo.

L'ultima cosa che voleva era morire in quel modo stupido e proprio in quel momento.

Faceva freddo, ma scendendo in basso il freddo divenne sopportabile e meno pungente di quello che aveva patito nel cortile. Seguiva la coda di Nymeria che ad un certo punto entrò attraverso un passaggio sormontato da un arcata in pietre con al centro lo stemma del metalupo di Casa Stark; le scale continuavano a scendere ma Gendry non aveva voglia di andare oltre e si fidò della lupa. Si ritrovò in una grande sala male illuminata, piena di statue di Stark defunti: era la cripta del castello. Osservò le statue e le iscrizioni sulle tombe dove troneggiava il metalupo. Testimone della fragilità umana e della volubilità del destino che rende potente una famiglia per secoli e secoli ma la fa estinguere in pochissimo tempo. Ma gli Stark non erano estinti, Gendry lo sapeva bene, un sangue di lupo infatti dormiva davanti a lui. Arya era rannicchiata sotto delle coperte di pelo, dentro una nicchia vuota e dormiva. Dormiva serena e la cosa non lo stupì più di tanto, era tra gente che l'amava, era tra i suoi famigliari. Si avvicinò a lei e si sedette in un punto non occupato dal corpo della ragazza.

-Arya. Mia piccola Arya.- le accarezzò il viso, scostandole una ciocca di capelli ribelli alla treccia che si era abituato a vederle portare. Si sentiva felice lì con lei. Voleva molto di più da lei, ma non sapeva se lei era disposta a darglielo. Non poteva sapere il ragazzo che molto tempo prima, proprio in quella cripta, davanti alla statua di Lyanna Stark, quel Robert Baratheon tanto odiato aveva proposto al padre di Arya, Ned Stark, di unire le loro casate. Tramite Sansa e Jeoffry. Gendry aveva saputo da Stannis che in realtà gli Stark e i Baratheon avrebbero dovuto essere già uniti da tempo e non per quel matrimonio affrettato tra bambini ma perché Robert avrebbe dovuto sposare proprio Lyanna, la zia defunta di Arya. Ma il destino aveva tenute separate le due casate in entrambe i casi.

Ora forse….

Si era accorto di provare qualcosa per la ragazza quando la vide vestita da vera Lady, mentre erano ospiti a Sala delle Ghiande; per la prima volta la vide come un ragazzo osserva una ragazza: la trovò carina e la sentì profumare di buono, un profumo che non riuscì mai a togliersi dalla testa.

Aveva capito di essere davvero innamorato quando la vide sparire inghiottita dalle fauci del Mastino senza che lui potesse fare niente per salvarla. E quel sentimento era rimasto dentro di lui. Indelebile in tutti quegli anni.

Entrare nei Guardiani della Notte lo aveva aiutato a consolidare i suoi sentimenti. Non ne sentiva il bisogno, non sentiva il bisogno o l'impulso di conoscere una donna carnalmente, anche se ne aveva avuto l'occasione. L'unica donna che voleva, l'unica che gli interessava davvero ora dormiva accanto a lui.

Più bella e forte di quando l'aveva persa.

-And how she smiled and how she laughed the maiden of the tree. She spun away and said to him….- Gendry si mise a canticchiare dolcemente -I'll wear a gown of golden leaves, and bind my hair with grass. But you can be my forest love, and me ypour forest lass…-

-Gendry?- Arya si era svegliata al suono di quella voce, stirò le braccia e le gambe, sbucando fuori dalle coperte, ma tenendole sulle spalle perché aveva freddo -Cosa cantavi?-

-Niente, solo una canzone. È pronto da mangiare, andiamo a scaldarci?-

Arya a quelle parole sorrise e annuì. Lo ringraziò con gli occhi di non averle fatto domande sul perché fosse li. Aveva fame, ora voleva solo riempirsi la pancia.

-Sei completamente fradicio!- gli toccò i capelli umidi.

-Si è messo a nevischiare e fa abbastanza freddo.-

-Andiamo! Non voglio che ti torni la febbre.- Arya lo prese per mano ma a quel contatto Gendry non riuscì a muoversi.

-Cosa c'è?- gli occhi grigi da lupa lo guardarono preoccupati, illuminati dalla poca luce delle torce erano ancora più belli, scintillanti e quasi innaturali.

Arya lo teneva ancora per mano e con quella libera Gendry le accarezzò il viso -Mia Lady, io...io ho sempre pensato di non essere degno di te, di essere un semplice bastardo di Fondo delle Pulci. Ma ho sangue reale nelle vene, a metà è vero, ma sono un Baratheon riconosciuto! Arya! Io..io ti voglio..- riuscì a dirle quella verità.

Forse troppo in fretta.

Io ti voglio...” Arya sgranò gli occhi.

Poi le sentì. Le labbra morbide di Gendry si posarono sulle sue, con delicatezza, quasi esitanti. Non voleva spaventarla, non voleva metterle fretta. Ma era quello che il cuore del ragazzo desiderava da molto tempo e non riuscì a trattenersi.

Arya si irrigidì, persa in troppi ricordi lontani, ma realizzò che quelle labbra erano di Gendry, del suo Toro e decise di lasciarsi andare.

Aveva cercato quelle labbra tutte le volte che un uomo l'aveva baciata. Aveva cercato il Toro ogni volta che sentiva occhi estranei osservarla e desiderarla, ogni volta che mani estranee si erano posate su di lei. Perché lei non aveva aspettato. Lei non lo aveva potuto aspettare.

E la cosa difficile ora era riuscire a spiegare questo a Gendry.

 

 

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Capitolo 5
*** Quinto Capitolo ***


Quinto Capitolo

 

 

Io ti voglio...

“Non sei il primo uomo da cui l'ho sentito dire.”

Avevano mangiato di gusto e Arya stava molto meglio, ma si accorse che Gendry tremava e aveva insistito affinché si facesse un bagno caldo.

-Sei gelido e se non ti scaldi subito non ti passerà il freddo!-

-Resta con me, per favore! Non voglio stare solo. Se non ti imbarazza, ovvio…- nel dirlo però il ragazzo dimostrò di essere lui quello in imbarazzo tra i due. Aveva ancora il sapore di quel bacio sulle labbra e lo voleva sentire di nuovo.

Era teso ma appena si immerse nella vasca colma d'acqua si lasciò andare. Arya si avvicinò a lui con una spugna e del sapone.

-Cosa fai?- la voce di Gendry uscì quasi stridula.

-Vuoi che rimanga? Lasciamo essere utile. Devo...devo raccontarti alcune cose e non sarà semplice, per nessuno dei due.- Si inginocchiò vicino alla vasca.

Il ragazzo annuì e lasciò alle mani di Arya il suo corpo. Mani diventate esperte, capì e la cosa non gli piacque per niente. Arya iniziò dalla schiena che presentava un intreccio di segni pallidi.

-Le cicatrici, dove te le hanno fatte?-

-Il mio caro zietto. Prima di capire chi fossi mi ha frustato per quello che avevo tentato di fare a Bolton….- Arya non ne rimase turbata più di tanto. Le dispiaceva molto per le sofferenze patite dal ragazzo ma aveva visto molto di peggio. E aveva fatto molto di peggio.

-Quel “ti voglio”, non sei il primo da cui lo sento dire. Però sei l'unico da cui l'ho sempre voluto sentire...-

-Arya?quan...quanti uomini hai conosciuto?- non la guardava, teneva la testa bassa mentre sentiva la spugna passargli delicatamente sulla schiena e le mani di Arya che lo toccavano sapienti cercando di sciogliergli i nervi tesi del collo.

-Rilassati!- era un ordine. Poi la voce divenne più dolce -La mia mente ti direbbe uno, il mio corpo troppi ma il mio cuore nessuno.-

-Cosa, cosa vuoi dire?- Gendry non capiva. Nonostante l'età lui su certe questioni restava un tonto numero uno.

-Tu hai mai conosciuto fisicamente una donna, Gendry?- lo chiese con curiosità ma anche con una semplicità disarmante che lo lasciò stranito.

-No!- le gote gli si imporporarono per la vergogna. Arya se ne rese conto nonostante il riflesso del camino illuminasse entrambe con bagliori di fuoco e fece finta di niente per non metterlo ancora più in imbarazzo. Ma lui voleva darle una spiegazione.

-Non ne ho mai sentito il bisogno. Sono entrato nei Guardiani della Notte anche per questo. Se non potevo avere te non avrei accettato nessun ripiego, non volevo illudere nessuno…-

-Mi sento stupida.- Arya lo guardò con dolcezza fermando il suo lavoro. Si morse il labbro inferiore, come ogni volta che si sentiva sotto pressione, lei non era mai stata dolce, perché Gendry la faceva sentire così?

-Perché?- chiese lui in un sussurro.

Non rispose alla domanda di Gendry, alzò gli occhi dalla vasca e li fissò in quelli dorati di Nymeria. La lupa li lasciava solo per andare a caccia se no passava il tempo a cercare coccole e caldo vicino al camino, come in quel momento: sdraiata e pacifica ricambiò lo sguardo della sua compagna, non padrona ma compagna, amica. Questo era Arya per lei.

Arya era Nymeria e viceversa.

“Piccola Arya, anche io ho fatto cose sbagliate. Anche io ho fatto cose brutte, ma questo non vuol dire che io sia diventata cattiva o malvagia”, questo sembravano dirle gli occhi della lupa. E Arya prese coraggio.

-Ho dovuto conoscere l'amore fisico. Ma non ho mai amato nessuno degli uomini che mi hanno avuta. Ho sempre e solo cercato di ricordare te, ho sempre cercato di immaginare di avere te sopra di me. Tue le mani che mi toccavano, tua la bocca che mi baciava. Solo che, ora che so cosa vuol dire baciarti, ora che so il sapore dei tuoi baci, mi rendo conto che mi stavo solo ingannando da sola.-

Gendry si sentì male a quelle parole. Sentire quella verità lo stava massacrando, sentì lo stomaco contorcersi e voleva vomitare.

-Gendry ho...ho dovuto farlo. Ho dovuto accettare questa condizione, come molte altr…-

-Ma per cosa? Per cosa se poi hai rinunciato?- il ragazzo le afferrò il polso e la guardò con rabbia. Quando vide gli occhi di Arya inumidirsi colpevoli, addolcì la presa, non avrebbe voluto, non voleva prendersela con lei e mai avrebbe voluto trattarla male. Ma era infuriato, infuriato e pieno di rabbia che doveva buttar fuori in qualche modo. Lui doveva proteggerla e non l'aveva fatto.

Gendry abbassò lo sguardo e Arya cercò di richiamare i suoi occhi su di lei.

-Guardami!- ma il ragazzo continuava ad evitarla, senza però lasciarle il polso -Guardami Toro!-

E lui obbedì.

Voltò la testa lentamente verso di lei -Come la mia Lady comanda…- lo sussurrò ma Arya capì lo stesso quelle parole e vide chiare le lacrime che scendevano dagli occhi blu del ragazzo.

Due zaffiri che stavano stillando lacrime amare.

-Gendry?- la ragazza deglutì a fatica. Si sentiva male anche lei e non voleva. Non voleva che nessuno dei due stesse male.

-Io ti amo Arya, ti ho sempre amata!ti voglio è vero! Ma ti voglio per tenerti con me per sempre, se tu lo vuoi, se tu me lo permetti!- stava tremando. L'emozione, la rabbia e il freddo stavano avendo la meglio.

Arya rimase intontita per alcuni secondi, a differenza di Gendry lei stava soffrendo il caldo, avrebbe voluto togliersi i vestiti ma non era solo il calore del fuoco, erano state quelle parole ad agitarla.

Per la prima volta si rese conto di averlo davanti nudo, di averlo lavato e aver toccato la sua pelle e non si trattenne, lo abbracciò d'istinto.

Ancora inginocchiata accanto alla vasca lo prese tra le sue braccia e lo strinse a se.

-Anche io ti amo! Non l'ho mai capito davvero finché non mi hanno imposto di dimenticare chi ero. L'ho fatto, ci ho provato ma solo due persone mi sono rimaste dentro, indelebili, incise sul cuore: mio fratello Jon e te! Anche io ti voglio con me, per tutta la vita!-

Gendry spalancò gli occhi incredulo, voleva dirle qualcosa ma lei non gliene diede il tempo -So di essere marcia. So di non essere quella che avresti voluto. Non sono pulita, Gendry! E non parlo solo del sesso, parlo anche del sangue che ho sulle mani, il sangue che mi macchia il cuore. Mi sono isolata anche per questo, non credo di meritare di stare in mezzo alle persone. Io sono sporca e non c'è fuoco o acqua che possano purificarmi l'anima!- le tremava la voce -Ma io ti voglio, ti...ti vorrei con me, qui! Non voglio più stare sola, ne potrei impazzire. Se dovrai tornare alla Barriera, se vorrai andartene, portami con te. Posso tornare ad essere Arry se necessario.-

Era una semplice richiesta, non una supplica, non un implorazione ma una semplice richiesta che Arya aveva posto perché voleva una risposta.

E quella risposta fu molto più di quanto potesse sperare di ricevere -Ora che ti ho trovata, niente mi separerà da te! Niente! Neanche il mio giuramento, tu sie la mia Lady, ricordalo e sempre lo sarai!-

Gendry avvicinò il suo volto a quello di lei, quel contatto li faceva stare bene ma non bastava a nessuno dei due. Permisero alle loro labbra di incontrarsi di nuovo. Di assaporarsi senza fretta e senza paura.

-Tu non sei marcia Arya! Tu sei la creatura più bella e pura che io abbia mai incontrato…- le teneva il viso tra le mani ma poi decise di agire spinto da un impulso nuovo.

Si alzò dalla vasca non curandosi del fatto di essere nudo ma anche ad Arya questo non importava. Stavano per aversi e questa era l'unica cosa che contava in quel momento. Lo aiutò ad uscire dalla vasca e ad asciugarsi un poco la pelle umida ma Gendry era impaziente e in pochi secondi si ritrovarono sul letto.

Lui sopra di lei, stretti in un abbraccio potente, intenti a baciarsi e a scoprirsi come non avevano mai potuto fare prima di allora.

-Dovrai aiutarmi, lo sai?- gli occhi di Gendry la fissarono maliziosi, quel blu magnetico che la incantava era pieno di speranza e di desiderio, privo di vergogna o paura. Lui era pronto e la desiderava più di ogni altra cosa e lei non voleva altro che sentirlo dentro di se, essere una cosa sola con lui.

-Fai tutto quello che ti senti di fare Gendry. Tutto quello che ti viene naturale- gli accarezzò una guancia scostando una ciocca di capelli neri e ribelli -Anche per il mio cuore è come se fosse la prima volta…-

Ed era vero. Arya non aveva mai dato il suo cuore a nessuno. Aveva imparato ad usare il sesso per raggiungere i suoi scopi, scoprire segreti, manipolazioni, giochi di potere e anche per arrivare ad uccidere.

Non avrebbe mai detto a Gendry che era stato il Signore Gentile ad iniziarla a quel mondo e soprattutto che per farlo aveva assunto le sembianze di Jaqen H'Ghar. C'era stato un momento in cui aveva creduto di aver preso una cotta per il cavaliere senza volto, quando scappati da Harrenhal aveva sentito il bisogno di lui. Ma non era così, separarsi da Jaquen non le aveva fatto così male come separarsi da Gendry. Il suo cuore era diventato insensibile, doveva essere insensibile, cinico, una pietra rovente pronta a bruciare tutto quello che si avvicinava a lei. Ma il suo cuore era ancora un organo vivo, un organo di fuoco e sangue e il suo sangue era troppo importante per essere dimenticato del tutto.

Sangue di lupo.

Sangue di Stark.

Ogni volta che quel nome le affiorava alla memoria, tornavano i ricordi e con i ricordi tornavano volti del passato, tra cui quello del ragazzo che ora la stava amando: capelli scuri e ribelli, occhi blu, blu profondi come il mare.

Il suo Toro.

Quel Toro che ora era sopra di lei e che in realtà aveva già capito tutto quello che doveva fare, non doveva insegnargli niente. Anzi fu lui ad insegnarle finalmente il senso di fare l'amore con la persona amata. La prese con dolcezza impazzendo ad ogni tocco delle mani di Arya, ad ogni suo bacio. La prima donna ad averlo mai toccato in quel modo. Giocarono tra coccole e scatti di passione, sciogliendo finalmente il nodo di quel filo invisibile che li aveva tenuti legati per tutto quel tempo. Erano desinati a stare assieme.

Forse per sempre.

-Da molto tempo non stavo così bene.- Arya fissò il ragazzo mordendosi il labbro, Gendry la teneva stretta tra le sue braccia forti, con la paura di poterla perdere di nuovo.

-Anche io sto bene. Non so se è tutto un sogno ma…-

-No, io sono qui con te!- Arya bloccò il suo dubbio e come per confermargli la sua presenza gli diede un bacio sul dorso della mano.

-Arya? Perché non sei mai andata da Jon se sapevi dove si trovava?- Gendry voleva capire alcune cose che ancora gli restavano oscure, ma Arya non rispose alla sua domanda anzi gliene pose un'altra.

-Perché Jon non ha rimesso in piedi Grande Inverno se è stato riconosciuto Stark? Ne avrebbe tutto il diritto! È il nuovo protettore del Nord!-

-I protettori esistono ancora ma non sono più solo i lord. L'est è protetto da tua sorella, l'ovest da Asha Greyjoy, il sud è protetto da Arianne Martell e il nord è protetto dai Guardiani della Notte e dal loro nuovo comandante: Jorah Mormont. Stannis Baratheon è riuscito a creare alleanze con matrimoni di comodo che però sono andati bene a tutti. Ha mantenuto la pace fino ad ora. Jon...Jon avrebbe voluto rimettere in piedi Grande Inverno, ma non come suo nuovo Lord erede. Ha accettato di essere riconosciuto per poter fiancheggiare Stannis. Ha parlato con tua sorella, per lui Sansa era l'unica erede di diritto.-

A quel nome Arya strinse il lembo del lenzuolo che la avvolgeva. Sansa, sua sorella.

-Chissà come sta?- fu quello che le venne in mente.

Gendry la strinse a se -Sta bene. Ora è Lady della Valle di Arryn e protettrice dell'est come ti ho detto e tu dovresti incontrare sia lei che Jon. Sono i tuoi fratelli Arya. Io non ti lascerò sola, sarò con te!-

-Non posso!- lo disse quasi urlando ma poi si calmò un poco -Lo vorrei credimi. Ma non ora, ho ancora troppe paure legate al passato e non mi sento ancora sicura di poterli affrontare.-

Il ragazzo le accarezzò la pelle nuda della spalla, lasciandole piccoli baci -Tua sorella non ha voluto ricostruire Grande Inverno. Non voleva più legami diretti con il suo passato. Ha detto a Jon di farlo pure se voleva ma Jon non si sente erede. E non sapendo più nulla di te o dei tuoi fratelli ha rinunciato.-

-Già i cuccioli...- Arya pensò ai lupacchiotti del branco.

-Di loro non si è più saputo nulla, mi dispiace.- Gendry era dispiaciuto e Arya lo guardò con dolcezza.

-Non dispiacerti. Bran e Rickon sono vivi, io lo sento. Percepisco ancora Estate e Cagnaccio, finché sento i loro metalupi so che i miei fratelli sono vivi!-

-Mia piccola Lady.- la baciò con passione, pronto ricominciare quella battaglia meravigliosa che non aveva mai voluto combattere con qualcuna che non fosse lei.

-Ti amo Arya.-

Lei lo guardò sorridendo. Di nuovo abbracciati e spossati per le emozioni che si erano scambiati reciprocamente Arya sospirò -Mi canteresti quella canzone che canticchiavi nelle cripte? Mi sembra di conoscerla e mi piace molto.- Gendry arrossì imbarazzato ma annuì e iniziò quel motivo che Tom Settecorde gli aveva insegnato e che era legato ad un momento particolare che però tutti e due avevano dimenticato.

-Hai una bella voce, sai?- Arya si stava assopendo e lui continuò a cantare di quell'amore nato nella foresta, libero da catene e doveri nobiliari.

Arya si sentiva strana. Fragile tra le braccia forti del ragazzo, fragile come non si era mai sentita da molto tempo; ma decise che per una volta andava bene così, che poteva farsi proteggere da lui, che per una volta poteva essere lei a sentirsi indifesa e bisognosa di protezione.

Si erano scoperti affamati l'uno dell'altra, mai sazi, con le mani fameliche a cercarsi e le bocche intente ad assaggiarsi. Sentendosi alla fine sereni e in pace con tutto il resto.

Aggrappati l'uno all'anima dell'altro.

Una Stark ed un Baratheon.

L'antico sogno dei loro padri concretizzato nella fusione dei loro corpi.

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Capitolo 6
*** Sesto Capitolo ***


trong>Sesto Capitolo

 

 

Fu strano per lei iniziare una nuova vita, dopo quei due anni passati in solitudine da perfetta sconosciuta. Ma forse questa era davvero la sua vita vera, con Gendry e Nymeria tra le rovine di casa sua.

-Ma se ti cercano? Se i Guardini della notte arrivano fino a qui?- non le mancavano però i dubbi.

-Ormai sapranno che non sono mai arrivato ad Approdo del Re. Mi avranno dato per morto! Non ero nessuno Arya, solo un attendente di Lord Mormont! Non merito interesse…- a quelle parole Arya lo guardava sempre male.

-Gendry tu hai sangue reale nelle vene. Che ti piaccia o no sei figlio di Robert Baratheon. Vuoi che tuo zio non si metta a cercarti?-

Gendry aveva la tendenza a sminuire il fatto di essere mezzo nobile. Forse per pura ingenuità o forse perché non voleva accettare quella verità avendo odiato re Robert e il concetto di nobiltà per molto tempo.

-Mio “zio”- calcò la parola zio, non si era ancora abituato a chiamare Stannis così, molto più semplice rivolgersi a lui come “Re” o “Sua Maestà” -A mio zio non importa molto di me, credimi. Ho sempre rifiutato tutto quello che mi ha proposto; tuo fratello, grazie agli dei, ha preso il mio posto. Jon ha accettato di fare quello che Stannis si aspettava da me a partire dalla carica di Primo Cavaliere. La corte non fa per me e mai potrà essere per me! Stavo bene alla Barriera ma ora, ora sto bene qui, con te! Ed è quello che voglio!-

Arya era ben felice di ascoltare quelle parole, ma sapeva che c'era ancora qualcosa da chiarire.

Una mattina Gendry la trovò intenta a spazzolarsi i capelli, erano lunghi, folti, del tipico colore degli Stark: un castano scuro ma brillante.

Le si sedette alle spalle, sul letto -Sei identica a tua zia, sai?- Il ragazzo aveva studiato la statua di Lyanna Stark, giù nelle cripte e la somiglianza di Arya alla zia defunta era palese. Si alzò dal letto e l'abbracciò da dietro -Sei bellissima!-

-Smettila!- lei rise -Sai che non sono fatta per certe smancerie!-

Sansa era per queste cose” pensò tra se “Chissà se è ancora così?”

-Tu invece assomigli molto a tuo padre, quando era giovane dico, non il Robert obeso che ho conosciuto, ma quello di cui parlava mio padre. La stessa testa dura, lo stesso coraggio…-

-Mi hanno detto che assomiglio molto a Renly, quello che è morto. Fisicamente sono molto simile a lui mentre Stannis a denti stretti ha ammesso che ho la sua riflessione e la tendenza alla giustizia…-

-Renly era molto bello, mi pare di ricordare! Ai tempi non badavo molto al sesso maschile, dovevo allenarmi con Ago!- Arya gli fece un sorriso che lo incantò.

Ma poi si incupì e il ragazzo notò l'espressione preoccupata che aveva sostituito il sorriso -Che c'è?-

-Ho sentito dire da alcuni, giù dal fattore dei Grey, che ci sono notizie dall'Ovest e che forse la regina Targaryen sta arrivando per rivendicare il suo trono…-

Gendry cercò di distoglierla da quell'argomento -Saranno solo chiacchiere vedrai. Ascolta, vorrei rimettere in piedi la fucina del castello, ti va?-

-Certo che mi va! Puoi fare quello che vuoi, lo sai.- Arya però non voleva abbandonare quello che la premeva di più -Tu non hai sentito niente quando eri alla Barriera oppure da Jon? Dei draghi dico, chissà se esistono ancora e come sono? La regina, lei dicono che sia bellissima!-

Gendry sospirò e si arrese. Sapeva che Arya aveva intuito che le stava nascondendo qualcosa.

Ma decise di dire quello che non doveva dire o meglio, quello che Arya non sia spettava dicesse -Lo è!-

Gli occhi grigi si spalancarono prima per lo stupore poi divennero due fessure assassine -Cosa vorresti dire?-

Gendry non riuscì a trattenersi e rise divertito per la reazione della ragazza. Gli faceva piacere la sua gelosia malcelata; ogni volta che una donna dei villaggi o una contadina o qualsiasi essere di sesso femminile si avvicinava al castello, lo cacciava in casa o nelle stalle. Non poteva notarlo nessuno occhio femminile!

Solo Nymeria poteva avere contatti con lui!

Si sedette di nuovo sul letto e le fece cenno di avvicinarsi a lui e lei per una volta obbedì.

-Stannis voleva farmi sposare. Da degno erede riconosciuto dei Baratheon dovevo maritarmi e con una donna nobile…- Arya sbiancò e lui proseguì subito per non peggiorare la situazione -Devi sapere una cosa prima, una cosa che è stata tenuta nascosta a tutti e di cui nessuno sa niente. Poco dopo l'incoronazione di Stannis, lui ricevette una visita inaspettata ma molto importante. La regina dei Draghi, la regina Targaryen era stata portata al suo cospetto per cercare protezione. Nelle terre Orientali la volevano morta, stavano cospirando contro di lei e un mercenario di cui si fidava l'aveva venduta ai suoi nemici...ma è stata salvata e portata ad Approdo del re.-

-I draghi?-

-Tyron Lannister, è stato lui ad aiutarla, assieme a Jorah Mormont. L'hanno salvata ma i suoi draghi sono rimasti in Oriente. Si!- aggiunse vedendola con sguardo sognante -Ha tre draghi molto grossi!-

-Daenerys Targaryen è ad Approdo del Re?-

-A Roccia del Drago, quella che è stata la sua casa. Come vedi ho dovuto studiare un po'!- Gendry sorrise.

-E tu l'hai vista?-

-Si, ed è davvero bella. Stannis voleva darla in sposa a me ma io, io non potevo. Il mio cuore era incatenato ad uno scricciolo magro e pieno di graffi che sapeva lottare come un lupo, quale era, per salvarsi dai nemici. Il fascino del drago non poteva niente contro la bellezza del lupo.- era serio e la guardò con occhi penetranti per farle capire bene il senso di quelle parole.

E Arya lo capì.

-Gendry? Tu…-

-Arya io non posso obbedire a stupidi ordini! Posso solo obbedire al mio cuore; anche per questo ho deciso di fare il giuramento nei Guardiani della Notte, così mio zio non poteva costringermi ad un matrimonio che non volevo! Poi ho notato una cosa mentre ero a corte, la ragazza era stata affidata a Jon e dopo un inizio un po' burrascoso i due hanno cominciato a piacersi. Lei è molto diffidente e per ovvi motivi ma Jon è riuscito a conquistarla piano piano. Ora Stannis vuole unire loro in matrimonio e credo che la cosa faccia piacere ad entrambe!-

Arya si illuminò e scoppiò a ridere di gioia.

-Jon promesso sposo ad una Targaryen? Sono felice da morire!-

-Lui lo sarebbe ancora di più se potesse incontrarti, credimi!- Gendry ci riprovò ma ottenne un altro rifiuto.

-No, Gendry, ti prego non insistere.- abbassò gli occhi -Non è ancora il momento, io..io non sono pronta.-

-Va bene mia Lady!- le diede un bacio in fronte -Non insisterò più! Anzi, non parliamone più! Ascolta, sai dove posso trovare dei corvi messaggeri?-

-Si, a cosa ti servono?- Arya si era alzata e stava tentando di farsi la treccia con una certa difficoltà.

-Se voglio rimettere in piedi la fucina mi servono dei materiali e a Porto Bianco c'è un tizio che può mandarmeli. Rifornisce i Guardiani della Notte.-

Arya ci penso un po' -Credo che il vecchio Yorek ne abbia alcuni. Abita in una capanna vicino al Coltello Bianco, ogni tanto gli porto dei medicinali, digli che stai qui e portati Nymeria, adora gli animali!-

Gendry annuì -Bene! Allora vado subito se non ti servo qui.-

-No! Tranquillo!- si voltò di scatto e si fece guardare -Com'è la treccia?-

-Meravigliosa…- in realtà le era venuta storta e molti ciuffi ribelli erano rimasti fuori dall'intreccio, ma per Gendry quelli erano dettagli irrilevanti. Le si avvicinò e la guardò con quelle pozze profonde che le mandavano in tilt il cuore.

-Non dovevi andare?- si fece maliziosa e lui non poteva desiderare altro.

-Posso andare dopo…-

-Dopo cosa?-

Gendry non rispose. La prese tra le sue braccia e la portò sul letto. Non riuscivano a sentirsi sazi l'uno dell'altro. Si sarebbero amati ad ogni minuto e ad ogni ora del giorno e della notte se fosse stato loro possibile.

Ignoravano il passare del tempo e a volte ignoravano anche la povera Nymeria, unica testimone del loro amore. La lupa li conosceva bene tutti e due. Si era avvicinata a Gendry perché aveva intuito che Arya era stata parte del passato del ragazzo. Ora vederli insieme era un sollievo, anche se non potevano esistere due persone più diverse: riflessivo, giusto e dolce lui; impulsiva, avventata e passionale lei. Ma si erano ritrovati, si erano completati e lei, piccola lupa non poteva che fare da guardia a quella felicità.

Non serviva altro.

Non avevano bisogno di altro che di nutrirsi del loro odore, menta selvatica nei capelli di Arya, metallo pungente sulla pelle di Gendry. Era tutto perfetto.

Ma qualcosa stava per cambiare. Gendry prese una decisione e l'avrebbe portata in fondo anche se questo poteva significare far scatenare la furia di Arya.

 

 

Gendry rientrò tardi dalla sua visita a Yorek.

-Sta nevischiando.- quando entrò nella cucina si sentì rinascere al tepore del calore del camino.

-Ho visto. Sei stato da Yorek?- Arya aveva preparato uno stufato il cui profumo fece brontolare subito la pancia del ragazzo.

Prima di risponderle Gendry l'abbraccio e la baciò dolcemente.

-Ho dovuto giocare per sette volte a dadi con lui, facendolo vincere e bevendo un infuso dal gusto orribile! L'ho aiutato a sistemare una trave pericolante e Nymeria si è dovuta concedere alle sue grazie. Però alla fine mi ha concesso il corvo più bello e in salute!-

Sentendo il suo nome Nymeria aguzzò le orecchie, si avvicinò ad Arya guardandola con i suoi occhi dorati e la ragazza capì il desiderio della lupa.

-Va bene piccola. Vai pure a caccia ma stai attenta e non tornare troppo tardi!- la fece uscire dalla cucina e si mise a tavola.

-Ho una fame!- il ragazzo guardava il cibo messo in bella mostra sul tavolo proprio come un lupo guarderebbe una preda.

-Sai? Credo che alcuni di quei corvi siano quelli che appartenevano a Maestro Luwin.- Gendry non capì -Il Maestro che avevo quando ero piccola. I corvi possono vivere molto a lungo, sai?-

-Sono degli esemplari molto belli. Robusti e dei gran chiacchieroni!- sorrise -Spero portino il messaggio il prima possibile.-

Arya sembrava aver creduto alla storia di Porto Bianco e lui si guardò bene dal dirle che aveva dovuto corrompere il vecchio affinché non le dicesse niente di diverso in caso l'avesse incontrata per caso.

Finito si mangiare l'aiutò a sistemare la cucina.

-Nymeria non rientra…-

-Starà fuori tutta la notte mi sa. Siamo soli…- la voce di Arya si fece di nuovo maliziosa -Potresti andare a chiudere la stalla così che posso prepararti una bella sorpresa.-

Gendry si illuminò in viso, era allettato da quelle parole e non ci pensò due volte a darle retta.

Come Arya anche lui si sentiva rinato e felice in quella nuova vita. Era stato un povero bastardo di Fondo delle Pulci, era stato un apprendista fabbro, un fuorilegge, di nuovo un fabbro vestito di nero e poi come ciliegina sulla torta un bastardo con sangue regale. Ora era semplicemente Gendry, il Toro testardo di Arya. E non desiderava altro. Sperava solo che il suo messaggio arrivasse presto e portasse una risposta positiva.

Quando rientrò in cucina Arya non c'era, si mise a gironzolare e la trovò nel calidarium, immersa fino alle spalle nell'acqua calda e biancastra. Completamente assorta nei suoi pensieri, occhi chiusi e volto disteso.

-La mia Lady ha bisogno di qualcosa?- la sorprese e si divertì nel vederla sobbalzare.

-Sei qui?- Gendry le si avvicinò.

-Si ma se vuoi stare un po' da sola me ne vado...- era serio. Niente scherzi questa volta, sapeva che a volte lei aveva bisogno di stare per conto suo.

-Voglio solo che entri qui dentro con me.- Anche Arya era seria e lui sorridendo dolcemente obbedì. Si spogliò davanti a lei, non c'era più motivo di vergognarsi o di provare stupido pudore, si erano conosciuti nel profondo e ormai erano giovani maturi che avevano solo bisogno l'uno dell'altra.

La pelle del giovane godette del vapore caldo di cui era impregnata l'aria ma godette ancora di più quando si immerse nell'acqua bollente e soprattutto quando entrò in contatto con il corpo di Arya.

Non c'era bisogno di dirsi niente. Le parole sarebbero state accessori inutili. Bastava abbracciarsi, scambiarsi teneri baci e carezze per poi ritrovarsi avvinghiati pelle contro pelle, unghie conficcate nella carne. Arya si era messa a cavalcioni sopra di lui iniziando quel gioco d'amore che li rapiva e li portava in un mondo irreale dove esistevano solo loro due, senza dolore, paura o altro.

Lo prese, stavolta fu lei a dominare il gioco e la cosa fece uscire di testa il ragazzo che si lasciò guidare come un bambino fino all'apice del piacere.

-Morirei per te, Arya!- la strinse a se nascondendosi nella sua pelle. Lei ebbe un brivido di paura.

-Mai! Non dovrà succedere mai! Siamo al sicuro qui...io e te. Solo io e te!-

Dopo poco erano avvolti dal calore delle coperte, ancora nudi ma riscaldati dai loro stessi corpi, come un' unica creatura umana.

-Non avrei mai immaginato tutto questo.-

-Ti dispiace?- le uscì una voce incrinata dalla preoccupazione.

-Assolutamente no!- lui invece rispose sicuro.

-Finché saremo io e te, soli, qui a Grande Inverno non c'è passato che possa minacciarci. Siamo al sicuro Gendry e io non chiedo altro…-

Gendry a quelle parole sentì una fitta al cuore. La strinse più forte a se pensando al messaggio che aveva inviato ad Approdo del Re. Non avrebbe ricevuto risposta, ne era quasi sicuro, il tempo non era dei migliori per mandare corvi al Nord; ma sapeva che prima o poi sarebbe apparsa lungo la strada una figura sconosciuta che avrebbe chiesto di Arya Stark.

Jon fai presto! Arya ha bisogno anche di te...

 

 

 

Vivendo con lei Gendry aveva potuto capire il perché Arya fosse così spaventata dal pensiero di incontrare Jon.

La ragazza gli aveva raccontato molte cose. Molte cose fatte a Braavos, il fatto di aver vissuto un periodo di cecità vera per aver commesso un omicidio non richiesto ma solo per eliminare un nome dalla sua vecchia lista, le bugie raccontate, il dolore provocato; la lista era ancora incisa nel suo cuore, non recitava più quei nomi prima di dormire ma sapeva che molti erano stati cancellati da altri e alcuni rimasti in sospeso come quello di Cercei Lannister.

Ma quello che colpì maggiormente Gendry fu quando gli raccontò la prima volta che le cambiarono volto.

-Un dolore opprimente credimi. È stato un dolore opprimente, all'inizio rivivevo anche gli ultimi istanti della persona di cui indossavo il volto, provavo il loro dolore, la loro angoscia, a volte il sollievo. Poi ho preso confidenza e il dolore è diventato un semplice fastidio. Non credo ne sarei più capace.-

E quest'ultimo particolare non poteva che sollevare l'animo di Gendry.

Poi c'era il fatto del metamorfismo. In realtà questa cosa non lo stupì più di tanto, anche Jon gli aveva raccontato del rapporto strano che aveva con Spettro. Gli Stark e i loro metalupi erano una cosa sola.

-In realtà mi succede solo di notte anche se in verità da quando ci sei tu non mi è più successo di essere Nymeria.-

Arya però non voleva pensare al passato, aveva deciso di chiudere con tutto quello che era stato per non farsi tentare da rancore e vendetta. Per questo voleva il suo isolamento, per questo voleva stare sola, accettando solo lui e Nymeria.

Per questo non voleva incontrare Jon o Sansa. Li voleva felici nelle loro nuove vite, non voleva essere per loro un peso. Un'ombra oscura. Amava Jon di un amore viscerale, secondo solo all'amore che aveva provato per suo padre Ned e che ora provava per il giovane Baratheon. Jon ora aveva tutto quello che aveva sempre desiderato e lei non voleva essere per lui una macchia da cancellare. Un errore da sistemare.

E non servirono le parole di Gendry che voleva convincerla che Jon l'avrebbe accolta a braccia aperte, che Jon soffriva per averla persa.

Gendry era stato testardo ma lei lo stava battendo di gran lunga.

Il ragazzo arrivò al punto di sentirsi in colpa per il messaggio che aveva inviato all'amico, poche parole concise:

A Jon Stark, Primo Cavaliere del re Stannis Baratheon,

da Gendry Baratheon.

Vieni a Grande Inverno. Sono qui con tua sorella Arya.”

Ma ormai era tardi, il danno era fatto e Gendry se ne rese conto alcune settimane dopo quando vide quello che aveva desiderato vedere da giorni.

 

 

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Capitolo 7
*** Settimo Capitolo ***


Settimo Capitolo

 

 

In realtà fu Arya a vederli arrivare.

Due sagome a cavallo che si stavano avvicinando a Grande Inverno lungo la Strada del Re.

-Gendry! Vieni presto, Si sta avvicinando qualcuno. Forse sono solo due forestieri che hanno fame, forse no. Tieniti pronto.- Era calma ma determinata a difendersi in caso di pericolo. Quelli erano due sconosciuti e raramente si vedevano sconosciuti in giro.

Anche Nymeria era uscita dalla cucina e si era fermata vicino alla sua padrona.

Il ragazzo annuì non pensando assolutamente al fatto che stava per trovarsi di nuovo davanti agli occhi il suo amico.

Erano due persone avvolte in mantelli dai colori diversi, uno rosso fuoco con bordature nere, l'altro grigio scuro, mantelli pesanti che nascondevano le loro fisionomie.

Quando varcarono la porta d'ingresso, priva dei portoni in legno, e si fermarono nel cortile ci fu un momento di tensione. Nymeria fissava la figura con il mantello nero che cavalcava una puledra bianchissima, la lupa sembrava tranquilla e per niente nervosa.

Arya decise di prendere in mano la situazione -Chi siete? Avete bisogno di qualcosa?-

Gendry non parlò, fissava anche lui il cavallo bianco, la cavalla anzi, perché gli ricordava quella di Jon ma...era davvero lui? Le due figure rimasero in silenzio. Quella nascosta dal mantello rosso voltò la testa verso l'altra ma nessuna delle due rispose.

-Allora?- Arya si stava spazientendo.

Come aveva già pensato succedeva molto raramente di vedere sconosciuti che passavano di lì e ancora più raramente si fermavano alle rovine. Tutti, eccetto le poche persone che abitavano nei dintorni, credevano che Grande Inverno fosse disabitata.

La ragazza sentiva una strana sensazione al cuore.

Improvvisamente la figura nera scese da cavallo e le si avvicinò; Arya indietreggiò d'istinto non perdendola di vista, aveva un piccolo pugnale dentro lo stivaletto, in un attimo avrebbe potuto sgozzare quell'uomo, perché ora lo aveva capito che aveva davanti un uomo. Ma qualcosa dentro di lei le bloccava la mano.

L'uomo appena le fu vicino l'abbracciò senza preavviso, stringendola con tutta la forza che aveva in corpo. Arya si gelò a quel contatto e tentò di divincolarsi da quelle braccia sconosciute ma poi sentì una voce. Anche se non la sentiva da molto, troppo tempo, l'avrebbe riconosciuta tra mille, come fece in quel momento.

-Arya, mia piccola Arya! Sei davvero tu?-

-Jo...Jon?- le tremò la voce. Si staccò da lui e gli abbassò il cappuccio del mantello dal volto. Quel viso le era famigliare, molto famigliare: i capelli ricci e folti, la barba incolta che copriva il mento allungato, occhi grigi, grigio scuri da lupo -Fr..fratello?- si portò la mano alla bocca incredula.

-Arya!- quel nome fu per lei una conferma -Da quanto sei qui? Io, io...non puoi capire quanto io sia felice di averti ritrovata!- il ragazzo la strinse di nuovo a se, questa volta con più dolcezza.

Lei non disse nulla, si limitò a ricambiare quell'abbraccio felice. Piangeva, permise alle lacrime di scenderle lungo il viso silenziose. Poi guardò Gendry.

-Corvi per Porto Bianco? Sei un pessimo compagno, lo sai?- si finse arrabbiata ma alla luce dei fatti non poteva esserlo davvero.

-Perdonami. Ma tu non me lo avresti mai permesso se te lo avessi detto.-

-Vero- lei si addolcì -Grazie Gendry!-

Aveva il cuore in subbuglio, prese la mano del fratello stringendola con forza ma poi si rese conto che c'era anche un'altra persona che stava attendendo in disparte, rispettando l'importanza di quel momento.

-Jon? Chi c'è con te?- la ragazza sapeva che suo fratello non le avrebbe mai fatto del male, ma aveva comunque paura. Non era più abituata a tutto questo.

Jon le sorrise tranquillo poi si voltò verso la figura in rosso e avvicinandosi a lei l'aiutò a scendere dal cavallo. Una donna avvolta in una pesante veste bianca le si avvicinò. Quando abbassò il cappuccio di pelliccia Arya non ebbe bisogno di nomi, sapeva benissimo chi aveva davanti: capelli argentati, occhi violetti, una dea scesa in terra.

-Arya, lei è Daenerys della Casa Targaryen, mia futura sposa.- Jon accompagnò la giovane Regina dei Draghi vicino a sua sorella -Daenerys, questa è la mia amata sorellina Arya, della Casa Stark!-

Le due ragazze si fissarono per secondi che sembrarono eterni a tutti, ma poi sorrisero entrambe. Al violetto piacque quel grigio intenso e al lupo andò a genio l'odore del drago. Si abbracciarono imbarazzate a con semplicità, scambiandosi un bacio sincero sulle guance arrossate per il vento freddo che si era alzato.

Jon nel mentre si era avvicinato a Gendry per salutare l'amico e ringraziarlo di cuore per quel regalo inaspettato.

-Bene! Direi che ci meritiamo qualcosa di caldo e soprattutto dobbiamo raccontarci molte cose, non credi?- si rivolse ad Arya. Lei annuì asciugandosi le guance umide.

-Venite, il fuoco è acceso e la cena è quasi pronta. Gendry ti occupi tu dei cavalli?-

Il giovane annuì e prendendo per le redini i due esemplari li condusse nella stalla, poi rientrò con Nymeria nella cucina dove trovò Arya, Jon e la giovane Targaryen intenti a raccontarsi le loro incredibili storie.

 

 

Per Jon fu semplice raccontare quello che gli era accaduto da quando si erano lasciati moltissimi anni prima.

-Quanto tempo è passato, Arya?- Troppo. Troppo tempo.

Raccontò della Barriera, del servizio come attendente del Vecchio Lord Mormont, della sua esperienza tra i Bruti, la battaglia con gli Estranei, fino al ruolo di Primo Cavaliere e l'incontro con Daenerys.

-Ho provato a cercarti! Non potevo farlo io personalmente ma quando ho saputo che stavano portando Arya Stark a maritarsi con il figlio di Bolton, non potevo stare a guardare. Sapevo che non eri tu, non potevi essere tu! Ma non ne ero sicuro, non avevo prove. Quando ho saputo da Gendry la verità...ho pianto. Ho pianto perché era la mia ultima possibilità di trovarti, ma ero anche sollevato che quel mostro non ti avesse fatto del male.-

-Non glielo avrebbe mai permesso!- Gendry tentò di sdrammatizzare. Jon sorrise e Arya decise di servire la cena perché per lei sarebbe stato molto più difficile raccontare la sua storia.

Non gli disse niente di più e niente di meno di quello che raccontò a Gendry. Ma non riuscì a guardare suo fratello negli occhi. Quando lo fece trovò due sfere grigie, specchio dei suoi che la stavano fissando pieni di amore e ammirazione. E non erano gli unici.

Anche il violetto la stava fissando con intensità.

-Jon! Tua sorella è molto coraggiosa. Sarebbe stata un ottima amica e un'alleata preziosa a Meereen.-

Arya sorrise debolmente a quelle parole.

-Perché non mi hai cercato?- per Jon quello era l'unico interrogativo da capire ma Arya non sapeva cosa rispondergli e rimase in silenzio. Allora lui la mise su un altro piano -Potreste venire con noi, adesso. Potreste venire ad approdo del re e vivere la, sposarvi. Lo so cosa vi lega, e ora ne sono ancora più convito. Sono stati gli Antichi Dei a farvi incontrare.- A Jon era ben chiaro che Gendry amava sua sorella e ora vedendoli vicini sapeva che la ragazza provava gli stessi sentimenti.

-Jon io…- le tremò la voce -Non fraintendere, io sono felice di averti rivisto, ma io sto bene qui. Non voglio la città, non voglio nobili intorno, non voglio il passato. Non voglio che si sappia che sono viva! Arya Stark è morta.- alzò un po' la voce ma non per rabbia -Il mio mondo è qui! Io voglio stare qui!-

-Arya, ma c'è anche Sansa. Anche lei vorrebbe rivederti, ne sono sicuro. Io…-

-Non credo, sai? Siete felici, tutti e due, vi siete rifatti una vita dopo tutto l'orrore del passato. Ci sto provando anche io. Siete stati bene senza di me e …-

-No!- stavolta fu Jon a interromperla -Io ho sempre avuto un buco nel cuore, Arya. In realtà molti di più. Ora posso riempirne uno.- Jon le strinse la mano.

-So cosa vuoi dire- Arya aveva capito le parole del fratello. Sapeva bene cosa erano quei “buchi” nel cuore e il male che facevano. Anche lei ne aveva appena riempito uno, ma non se la sentiva ancora di incontrare Sansa.

-Jon! Io sono sempre la solita, la vita di corte non fa per me. Io sto bene qui, nella nostra Grande Inverno. Non potrei mai accettare ordini da Stannis Baratheon o da chi altri. Io sono stata molte persone, ho finto molte vite, ora sono stanca. Voglio essere solo Arya e vorrei vivere qui a casa nostra, se tu me lo permetti.- Si ricordò che per diritto quel posto ora era di suo fratello. Ma Jon di quel particolare no ne voleva sapere.

-Perché dovrei negartelo? Arya non sono il vero erede di Grande Inverno, non sono il vero erede di nostro padre, lo sai. Se ho accettato di essere riconosciuto come Stark è perché volevo Approdo del Re, volevo il ruolo di Primo Cavaliere per aiutare Stannis a mantenere la pace e perché ora voglio Daenerys…- nel dirlo guardò fugacemente la giovane regina dell'Est.

-Tuo fratello è nobile, Arya. E con nobile intendo nobile d'animo e di cuore. Tu non vuoi venire a corte e posso capirti. Le corti sono luoghi pieni di serpi e traditori, e anche se ora c'è la pace, gli intrighi non mancano, come non manca la sete di potere di molti. Io potrei però chiederti un favore. Un aiuto che non ti porterebbe ad Approdo del Re ma ti porterebbe di nuovo in Oriente, molto molto lontano.- Daenerys guardò Jon come se aspettasse un cenno di consenso per andare avanti a parlare; Jon non aveva subito capito cosa volesse dire la ragazza ma poi si illuminò e sgranò gli occhi -Sei Sicura?-

-Io vorrei proporglielo. Se per te va bene?- gli occhi violetti si imposero su quelli del ragazzo che esitò un attimo. Aveva capito quello che Daenerys voleva chiedere ad Arya ma non ne era sicuro. L'aveva appena ritrovata, voleva davvero staccarsi da lei così presto?

Ma era comunque una decisione che spettava alla sorella perciò decise di fare quella proposta.

-Ascolta piccola- Jon non avrebbe mai perso il vizio di chiamarla “piccola” -Non potrai rimanere qui a lungo. Stannis vuole salire al Nord, ha ancora alcune questioni da sistemare con i Bruti e con i Guardiani della Notte. In più sta arrivando l'Inverno e con lui sta tornando la minaccia che popola l'altra parte della Barriera, gli Estranei. Stannis vuole fare sosta qui, a Grande Inverno.-

Arya sbiancò. Non aveva mai preso in considerazione il fatto che Grande Inverno potesse interessare al Re in qualche modo.

-Ma qui è un rudere, cosa vuole farsene?-

-Rimetterlo in piedi, credo. Grande Inverno è il simbolo del Nord. Vuole farne una nuova reggia. Tu puoi venire con noi al Sud oppure puoi valutare la proposta di Daenerys.-

Arya guardò Jon e la sua giovane fidanzata, poi si perse negli occhi di Gendry. Il giovane Baratheon era stato in silenzio fino ad ora. Non capiva cosa volesse proporre Daenerys ad Arya ma era curioso.

-Arya- la voce della regina la mise sull'attenti -Tu sai che io ho tre figli, i miei tre figli alati.-

-I draghi?- gli occhi di Arya divennero sognanti e Daenerys se ne accorse subito, erano occhi di bambina, quella bambina che aveva sempre sognato di cavalcare un drago come la principessa Nymeria.

-Sono ad Oriente, l'Oriente più estremo. Affidati ad un caro amico, Bem Plum il Marrone. Amico che ho creduto un traditore mentre invece è stato uno dei pochi che mi ha voluto bene davvero. Lui ha qualche goccia di sangue di drago, dicono, e io ho voluto credere in questa diceria. I miei draghi gli vogliono bene e io mi fido di quello che sentono i miei figli. Non ho potuto portarli qui con me subito. Ma ora servono qui.-

Arya la stava ad ascoltare attenta -Cosa dovrei fare?-

-Andare a riprenderli e portarli qui con Bem Plum e Ser Barristan Selmy che è con loro.- La voce della regina era tranquilla, come se quella fosse la richiesta più semplice del mondo. In realtà era una richiesta di un certo peso.

Arya guardò suo fratello.

-Arya- Jon si intromise nel discorso -So che è una richiesta importante. Stannis sta male, è malato e naturalmente lo sanno solo poche persone. Dopo la morte di sua figlia per mano del morbo grigio ha perso ogni fede, si è dedicato anima e corpo al regno, a governare con giustizia e pace. Ma ci sono avvoltoi pronti ad attaccare al primo segno di debolezza. Non ha eredi diretti e dato che ormai ha rinunciato al fattore del lignaggio sta seriamente pensando di ridare il trono alla legittima erede.-

-Intendi Daenerys?- Gendry sapeva di avere un ruolo in quel discorso.

-Tu dovresti salire al trono dopo tuo zio!- Jon rimbeccò l'amico -E Stannis lo vorrebbe. Tu sei l'unico figlio di Robert ancora in vita e Daenerys sarebbe felice di vederti sul Trono perché ti reputa una persona buona e giusta. Ma senza di te, si rischia una nuova guerra.-

-Io non voglio quel trono e lo sai! Daenerys, quello è tuo per diritto. Non sono nato nobile, lo sono diventato senza desiderarlo davvero. Io ora voglio solo una cosa…- ebbe un'incertezza ma poi proseguì -Voglio tua sorella. Voglio stare con Arya per sempre…-

Arya arrossì violentemente a quelle parole ma ne fu felice. Jon sorrise a sua vola -E tu credimi che non c'è persona migliore a cui potrei affidarla! Ma ci sono ancora nemici in giro. Cersei Lannistar è scomparsa.-

-Cersei…- sussurrò Arya piena di veleno.

-Si. Castel Granito è in mano al Folletto e..-

-Non chiamarlo così! È stato molto importante per me!- Daenerys lo riprese subito.

-Scusa!- Jon si corresse -Tyron Lannistar ha Castel Granito ed è l'ultimo posto dove Cerc

sei andrebbe a cercare rifugio e appoggio. Lo Sterminatore di Re è morto, ma nessuno ne ha visto il cadavere. I Greyjoy sono in pace per ora mentre Alto Giardino chiede ancora vendetta per la sorte toccata ai giovani Tyrell. Ma soprattutto l'Inverno sta arrivando e con lui torneranno gli Estranei. L'unico modo che abbiamo per estinguerli è il fuoco dei draghi.- La voce del ragazzo si fece seria.

Calò il silenzio. Nymeria si era accoccolata ai piedi di Gendry e si lasciava accarezzare, Arya fissò il fratello e poi posò i suoi occhi sulla bellissima regina dai capelli argentati.

-Ma come potrei riuscirci? Non sono mai andata oltre Braavos. Io, non so neanche dove sono…- era insicura.

-Li troverai. Perché ho ancora amici in Oriente che aspettano solo un mio segnale per riportare i draghi qui.- sospirò -Devi solo fidarti di me. So che è difficile fidarsi delle persone. Io per prima ormai faccio fatica essendo stata tradita molte volte, avendo perso persone che amavo e dovendomi poi ricredere. Quindi lo so che è difficile Arya. Ma di me tu puoi fidarti!- le prese una mano -Perché io di te mi fido. Ti conosco poco, ma sei la sorella di Jon e sei una Stark. Io ho odiato gli Stark, sono incera, li ho disprezzati come tutti quelli che hanno appoggiato l'Usurpatore. Ma ho scoperto molte cose che riguardano quei fatti, ho capito perché sono successe certe cose e soprattutto so che tuo padre ha cercato di proteggermi da qui quando stavo aspettando il mio vero bambino, mai nato.-

-Ma perché io?-

-Per quello che tu hai appena detto. Per quello che tu vuoi! Tu sei morta, tutti ti credono morta.- si rese conto di quello che stava dicendo -Scusami se dico queste parole. Scusami anche tu Jon! Ma è la verità. So che puoi muoverti liberamente e che ne hai le possibilità e le abilità. E so che i miei draghi ti piaceranno e tu piacerai a loro!-

-Arya!- Gendry spezzò quel monologo -Io verrei con te! Non ti lascio sola dopo averti ritrovata! Ricordatelo! Voglio essere la tua famiglia, sempre che tu lo voglia ancora!-

Arya si alzò e lo baciò sulla fronte -Io ti voglio con me, ovunque io sarò. Ma credo sia meglio che ci pensi su una notte. Siamo tutti stanchi e provati, dormiamo un po' e domattina saprò darvi una risposta.-

-Certo, non devi sentirti obbligata.-

Arya sistemò i due giovani nella camera superiore, dove li lasciò stanchi ma felici. Aveva notato il modo in cui si guardavano, il modo in cui rabbrividivano di piacere quando si sfioravano. Erano belli assieme e lei ne era felice. Lesse anche delle ombre nei loro occhi, ombre di legami passati che si portavano nel cuore e di cui aveva saputo i nomi.

 

Ygritte, baciata dal fuoco”

Khal Drogo, il mio sole e stelle”

 

Anche lei si sentì felice quando entrando nella sua stanza trovò Gendry ad aspettarla.

-Non devi accettare per forza, Arya. Anche se Stannis verrà qui noi potremmo trovare un altro posto dove stare.- La baciò dolcemente sulle labbra.

-Lo so! Ho solo bisogno di dormire, troppe emozioni in un solo giorno!- lui annuì.

Quando furono sotto le coperte, al caldo e stretti l'uno all'altra Arya non si trattenne -Ma se decidessi di andare, tu verresti davvero con me?- non lo guardò in volto ma sentì le braccia del ragazzo stringerla.

Non le rispose subito. Si spostò sopra di lei continuando a baciarla ovunque, divorandola con una fame tale da lasciarle segni rossi sulla pelle. Quando sentì le gambe della ragazza avvolgergli i fianchi e fu dentro di lei, si lasciò andare.

-Ti amo Arya Strak. Come ti ho già detto altre volte. E come ti ho già detto morirei per te! Quindi si, verrei con te in Oriente, in Occidente, ovunque tu mi chiederai di andare io ti seguirò.-

Arya gemette di piacere e non solo per quelle parole.

-Non permetterò mai a nessuno di farti del male. Mai più!- Gendry era serio e la ragazza lo strinse con le sue braccia esili ma muscolose.

E stettero così per un po', abbracciati, l'uno dentro l'altra, immobili.

Una cosa sola.

Felici e sicuri di non perdersi più.

 

 

 

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Capitolo 8
*** Epilogo ***


Epilogo

 

 

Porto Bianco era come se la ricordava: pulita, ordinata e splendida nel bianco delle case da cui prendeva il suo nome. Lo stemma di casa Manderly, un tritone bianco e verde su sfondo azzurro, svettava sotto quello che incoronava il cervo dei Baratheon.

Stannis aveva tolto il cuore infuocato: niente più Dio Rosso, niente più R'hllor, niente più Melisandre di Asshai.

Nessun dio da pregare, Stannis non credeva più.

Solo il cervo nero dei Bratheon in campo oro.

Arya si soffermò ad osservare la Roccia delle Foche, la massiccia roccia che dominava l'accesso al Porto, costruita dai Primi Uomini e rimasta desolata per secoli, abitata solo dalle foche che anche in quel momento si stavano godendo il debole sole della mattina.

-Aye! La nave salperà tra un ora..- La voce di Gendry la riportò alla realtà. Stava concordando con Jon gli ultimi dettagli del viaggio.

Aveva preso una decisione. Aveva deciso di aiutare Daenerys andando a cercare i suoi draghi.

Tu non puoi capire quanto mi fai felice!I miei figli, mi mancano tantissimo ma so che tu me li riporterai!”

Gli occhi violetti della ragazza brillarono di gioia e speranza quando Arya comunicò la sua decisione.

Gendry come promesso, l'avrebbe seguita in quell'avventura e questo non poté che darle maggior sicurezza per quello che si era decisa di fare.

Sarebbe tornata in Oriente. Non più Braavos ma in terre molto più lontane.

E anche Nymeria sarebbe andata con loro.

La sua lupa non voleva separarsi di nuovo da lei; Arya le aveva fatto intendere che poteva tornare nei suoi boschi se voleva, aspettando il suo ritorno. Ma la lupa si era rifiutata e l'aveva seguita fino alla città portuale e Arya in fin dei conti non voleva separarsi di nuovo dalla lupa.

Una volta era stata più che sufficiente.

-Sono grandi. Sicuramente saranno cresciuti ancora di più. Ti ricordi, vero? Drogon, Viserion e…-

-Rhaegal. Si, mi ricordo!- Arya sorrise divertita -Drogon è nero con le corna rosso sangue e gli occhi ardenti. Viserion è color crema, le zanne nere e gli occhi dorati come la mia Nymeria. Rheegal ha le squame color verde muschio, gli occhi sono color del bronzo.-

Daenerys era felice -So che tu li riporterai da me! Arya, mia Arya!- l'abbracciò sollevata, come non si sentiva da molto tempo.

-Non preoccuparti! Farò del mio meglio e te li riporterò; dovete solo trovare un luogo in cui farli entrare a Westeros, senza che nessuno se ne renda conto.-

-Io e Jon faremo di tutto per mantenere i contatti con voi!-

La nave che li doveva trasportare non era molto grande, era un galeone che aveva un nome che fece sorridere Gendry.

-La furia del Toro! Be' direi che è proprio la nostra nave, non credi?- la prese tra le braccia, baciandole una guancia.

-Direi di si!-

Salutarsi non fu semplice per lei e Jon -Ti ho appena ritrovata e già devo lasciarti andare. Torna presto, ti prego! Ho bisogno di te, Arya!-

-Lo farò! Ho sempre questa che mi protegge.- Solo allora Arya tirò fuori la piccola spada che non aveva mai abbandonato da nessuna parte.

-Ago?- Jon era sorpreso -Tu l'hai tenuta fino ad ora?-

Arya annuì -Non me ne separerei mai! Tu mi proteggi attraverso di lei!-

Si strinsero forte.

-Arya! Sei una donna meravigliosa! Sono orgoglioso di te!-

Lei era felice di quelle parole. Jon era sempre stato il suo punto di riferimento. Dopo suo padre, Jon aveva il giudizio più importante per lei.

Il mare era calmo e il cielo sereno, disturbato solo da qualche lieve nuvola bianca. Arya fissava la costa dal parapetto della nave, non si sentiva triste, anzi era molto felice.

Sollevata quasi.

Aveva una nuova missione da compiere, una missione per suo fratello.

E con se aveva parte della sua famiglia: la sua metalupa e l'uomo che aveva conquistato il suo cuore. Quell'uomo meraviglioso che ora la stava guardando con curiosità.

-Che c'è?-

-Arya, appena sbarchiamo a Pentos voglio sposarti.- era serio. Il blu dei suoi occhi aveva assunto una tonalità scura, ammaliante e lei si perse in quegli occhi.

-Cosa vuoi dire?- era intontita.

Gendry si inginocchiò davanti a lei -Arya Stark, vuoi diventare mia moglie? Vuoi unire la tua casata a quella dei Baratheon?-

Arya strinse la mano che Gendry le stava tenendo e con occhi increduli ma felici gli saltò al collo.

-Certo! Certo che lo voglio, stupido Toro!-

-Allora è fatta! Ma ti giuro che appena saremo a terra ti regalerò anche un anello.-

-Non serve. Mi basta sapere che il tuo cuore e legato al mio e che lo saranno per sempre!-

Gendry la baciò felice.

Era euforico per quell' avventura e perché lui ed Arya stavano riprendendo quella strada lasciata quando avevano incontrato la Fratellanza senza Vessilli. Si erano separati ed ora erano di nuovo assieme. Uniti.

Stavano comparendo le prime stelle nel cielo.

Due di quelle stelle brillarono intense, illuminando quella promessa d'amore eterno.

Forse in quelle stelle riposavano le anime dei loro padri che finalmente potevano vedere coronato il loro sogno: l'unione delle casate Stark e Baratheon attraverso i loro figli.

 

 

 

 

 

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