Sky di Heyale (/viewuser.php?uid=491600)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
SKY cap.1
SKY
CAPITOLO UNO
- How do you love someone without getttin' hurt? -
Corro ancora una volta più veloce che posso, il cuore sento che batte fino a far male.
Non ho tempo nemmeno per guardare indietro, penso solo a sfuggire a
tutte le telecamere che sono piazzate un po' ovunque. Altri passi si
muovono dietro di me, almeno sono sicura che c'è ancora qualche
fuori di testa che ha il coraggio di seguirmi.
Non capisco il perché di voler tenere così tanto nascosti
dei ragazzi se alla fine la loro è una vita come la mia, con la
differenza sostanziale di trascorrere gran parte dell'adolescenza in un
istituto che assomiglia più che altro ad una prigione. Ma non mi
importa, ho studiato con cura tutto quanto per diversi giorni, so che
in questo momento lui sarà fuori, ed è l'unica occasione
che io, come gli altri due ragazzi che mi hanno seguita, ho a
disposizione. Se va male questo tentativo, posso dire addio a tutto
quanto e richiudermi in camera.
Lancio ancora un'occhiata al palo della luce sopra di me, faccio segno
ai miei compagni e insieme scattiamo, ormai mancano pochi metri, si
sentono le voci di tutti i ragazzi. So per certo che non ci sono
guardie, dalle nove e mezza di sera alle dieci e mezza è l'unica
ora libera che tutti quanti hanno per stare da soli senza essere
controllati. Per sicurezza ci siamo mossi nel mezzo di quest'ora
libera, quindi ci resta solo mezz'ora.
Non so effettivamente quanto la mia mente sia lucida, a conti fatti non
dormo da quarantanove ore. Poco importa, ormai ci sono troppo dentro.
"Riley, cazzo, sta passando la polizia!"
Mi giro di scatto, vedendo una voltante a pochi metri da noi. I rischi
non mi spaventano più, sono andata in mezzo a così tanti
guai che il pericolo è all'ordine del giorno.
"State giù!" sbotto, accucciandomi su me stessa il più
possibile. E' buio pesto, a quest'ora non si sta muovendo nessuno.
Fortunatamente l'auto ci sorpassa senza prestarci la minima attenzione,
e sento Philip, dietro di me, tirare un sospiro di sollievo.
"Dobbiamo muoverci." Steve si alza per primo, sistemandosi lo zaino sulle spalle con la sua solita aria indifferente. "Forza."
Annuisco, passando l'ultima strada che ci divide dalle mura dell'istituto.
A questo punto, credo proprio di non sentirmi più il cuore.
"Allora," respiro quanta più aria possibile, tirando fuori la
corda dal mio zaino. "Le mura sono alte due metri e mezzo, quindi prima
facciamo salire Philip, poi salgo io e infine tu, Steve."
"Sicura di farcela?" il mio secondo in comando mi guarda preoccupato, ma io annuisco con un sorriso.
"Cazzo, siamo i Cloud. Siamo arrivati fin qui, andarcene senza aver fatto nulla sarebbe una cazzata."
"E se i ragazzi avvisano qualcuno?" Philip mi fissa preoccupato, riesco a vedere i suoi occhi luccicare dalla paura.
So che per lui è più difficile da sopportare, del resto
è il più piccolo del gruppo. Ma è stato lui per
primo ad offrirsi per prendere parte alla missione, non potrò
mai pensare che sia un codardo solo per questi piccoli momenti di
smarrimento. Del resto ha solo quattordici anni, credo sia più
che normale avere paura di qualcosa più grande di lui.
Così sorrido, strofinando la mano sulla sua testa: "Quei ragazzi
odiano questo posto più di noi, non avviseranno nessuno. E in
ogni caso io scenderò due secondi dopo di te, anche se loro
hanno i poteri non hanno il mio tempo di reazione."
Philip annuisce, insicuro, ma alla fine si lascia legare la corda
attorno alla vita da Steve. Non che serva molto questa corda,
sarà utile solo a tenerlo su se scivola, cosa comunque parecchio
improbabile. Inizia, passo dopo passo, la sua scalata. Nel momento in
cui la sua testa spunta dall'altra parte, tutto il brusio di voci si
ferma.
Questo non promette bene.
"Riley, stanno per attaccarmi!" grida lui, disperato, sapevo che sarebbe successo questo.
"Salta, Philip!" grido allora, affidando la corda nelle mani di Steve,
che cerca inutilmente di fermarmi. Se lo scorda che io resti ferma ora
che sono arrivata. In meno di cinque secondi arrivo in cima, e in
effetti sono veramente tanti ragazzi, molti più di quanto mi
aspettassi. Il sangue mi si congela nelle vene, purtroppo ho ancora il
cuore debole di una sedicenne. La cosa brutta è che Philip ha
ragione, non lo biasimo se non ha saltato dato che stanno tutti per
attaccare. Occhi rossi, mani fosforescenti, palle di fuoco pronte a
scattare sono rivolte verso di noi. Strategia da utlizzare?
Fin troppo semplice.
"Phil..." sussurro, senza farmi sentire. "Fidati di me."
"Già lo faccio, accidenti!"
Sorrido, anche se c'è ben poco da sorridere considerando che ho
almeno un centinaio di armi diverse puntate contro di me. Ma so che ce
la faremo. Ho un piano.
Come in ogni film poliziesco, il proiettile scatta quando qualcuno fa
un movimento inaspettato. E quel qualcuno sarò io, tutto
calcolato.
Mi isso sul muro, fino ad avere la visuale completa di tutto il
giardino. Come speravo non ci sono guardie, ho campo libero. Lancio
un'ultima occhiata a Philip, lasciandomi poi cadere per fermarmi solo a
metà muro. Tutti i proiettili partono, e come avevo programmato
aspetto che mi si avvicinino quel giusto per poterli schivare
atterrando sul giardino, in modo da risparmiare sia me che Philip. Il
cuore batte più forte di sempre, non so come faccio un cenno a
Philip, che si lascia cadere appena qualche secondo prima di Steve.
Guardo i miei due compagni, finalmente respirando.
"Fermi tutti quanti!" qualcuno urla dal mezzo della folla, e per un
attimo mi sento morire. Se fosse una guardia? Se ho sbagliato i calcoli?
Steve, prontamente, si mette al mio fianco: "Siamo dei Cloud, non vogliamo farvi nulla!"
Un ragazzino sbuca fuori dal gruppo, a differenza degli altri indossa
una tuta completamente nera. Muove qualche passo verso di noi, per un
istante credo che ci voglia uccidere o cose del genere. Non sarebbe la
prima volta che succede così.
Apre bocca e, nel momeno in cui credo che sia giunta la mia ora, lui invece esclama: "Philip!"
Sgrano gli occhi, non ci posso credere. Philip, dietro di me, corre
vicino al suo amico. Allora ce l'abbiamo fatta. Quel ragazzino
dev'essere Cal, il corrispondente Sky del nostro Phil. Steve, al mio
fianco, appoggia una mano sulla mia spalla, e finalmente sorride.
Sorrido anch'io, ma ora devo trovarlo. Sono arrivata fin qui, nessuno
più ha l'intenzione di attaccarci, non mi resta che completare
la mia missione.
"Ascoltate!" esclamo, guardando negli occhi quante più persone posso. "Sto cercando uno Sky, si chiama Jonah!"
"Anche io," Steve alza la voce come me. "Dovrebbe chiamarsi Alakei, se non sbaglio."
I ragazzi di fronte a noi si guardano, fino a che uno di loro fa un
passo un avanti: "Alakei e Jonah se ne stanno per i fatti loro insieme
agli altri Sky, tranne Cal che come avete visto era qui. Potete
trovarli in fondo al giardino, dietro al muro, ma attenzione alle
telecamere. Vi restano solo venti minuti, Cloud."
Porto una mano sul mio cuore, allora lui è qui.
Sorrido al ragazzo che ci ha appena aiutati, e dopo aver fatto un cenno
a Philip, corro tra la folla insieme a Steve. Ce la stiamo facendo,
sono sicura che lui è lì. Me lo sento. Ci hanno tenuti
separati cinque anni, ora sono solo cinque metri.
"Forza, Riley." Steve mi fa un cenno, rallentando la corsa. Sentiamo
delle voci provenire da dietro quella specie di statua contornata da
un muretto alto un metro e mezzo. Se non li vediamo da qui,
probabilmente sono seduti. Dopo così tanto tempo, e dopo
così tanta fatica, non posso crederci.
In ogni caso non c'è bisogno per noi di avere nessuna conferma,
dato che sono due ragazzi ad alzarsi da lì dietro prima di noi.
Sento il mio corpo irrigidirsi, e una volta che i due ragazzi sono
visibili grazie alla luce provocata dal palo appena fuori dalle mura
non ci sono più dubbi.
Il cuore, dopo questo colpo, cede.
Mi sembra di non sentire più alcun battito, e tutti i suoi diventano ovattati.
"Ehi, guarda che si sente male." Alakei, di fianco a Jonah, gli fa un cenno indicando me.
Mi sento male?
Sto per morire.
"E' solo sotto shock." è la risposta del rosso di fronte a me,
accompagnata da un sorriso mentre, rapidamente, avvicina il suo viso al
mio. "Complimenti, piccolo agente segreto."
Sono entrambi vestiti di nero, credo sia una specie di riconoscimento
per gli Sky. Steve, di fianco a me, dice qualcosa che non riesco a
capire. Sono completamente stordita, come se qualcuno mi avesse appena
sottoposta alla sedia elettrica. Anche Alakei parla, prima con Steve e
poi con me, ma ancora una volta non riesco a capire ciò che
dice. Alakei, poi, che nome strano da scegliere quando si ha una
seconda possibilità.
Il mio cervello connette qualche sensore sono quando Jonah mi prende
per un polso e mi porta via, distante da Steve e Alakei, ora impegnati
a parlare abbastanza animatamente.
Lo shock che mi permette di risvegliarmi arriva quando, una volta seduta sull'erba fredda, mi arriva addosso dell'acqua gelida.
"Sto bene!" sbotto subito e Jonah, seduto di fronte a me, mi rivolge uno sguardo decisamente poco convinto.
"Mi dici che cazzo stai facendo?" se lui non fosse davanti a me, forse
non riconoscerei la sua voce. Aveva dodici anni l'ultima volta che l'ho
sentito parlare, ora è cambiato in tutto e per tutto.
"Volevo vedere se eri ancora vivo." rispondo a bassa voce, asciugandomi il viso con le mani. "Ora l'ho appurato. E' fantastico."
"E' fantastico che tu non ti sia uccisa!" sbotta lui in tutta risposta,
incrociando le braccia. "Stai correndo un rischio più grande di
te. Devi andartene, Riley. Non posso parlare con te."
Jonah è finalmente davanti a me dopo cinque anni, e non è
esattamente il saluto che mi sarei aspettata. Insomma, ho faticato un
mese intero senza pausa per trovarlo, ora non ci sto a sentirmi
riempire di rimproveri.
"Non puoi salutarmi come Alakei ha fatto con Steve o come Cal ha fatto con Philip? Che cazzo hai che non va?"
"Io?" Jonah sgrana gli occhi verdi. "Che cazzo hai che non va tu,
Riley! Sei diventata scema? Lo sai che se ti trovano qui sei morta!"
"Ma se sono qui per te perché continui a rimproverarmi?!" sbotto, sbattendo le mani al suolo. "Alakei non-"
Jonah si alza in piedi di scatto, portandosi una mano alla fronte:
"Alakei e Steve sono due maschi, Cal e Philip anche. Tu non dureresti
un giorno in prigione, quindi vattene da qui."
Sgrano gli occhi, allora è irremovibile.
Fatica sprecata, ecco cos'è tutto questo. Fatica sprecata a correre dietro a qualcosa di inafferrabile.
"Non vuoi nemmeno sentire cos'ho da dire?" domando, alzandomi per poterlo guardare negli occhi. "Johnatan, ti prego-"
"Non chiamarmi più così, Riley. Nessuno può sapere
qual era il mio nome vero. E' meglio che tu sparisca di qui, non sto
scherzando." il rosso sospira, passandosi una mano tra i capelli. "Ti
prego, non farmi arrivare alle maniere forti. Vattene."
Annuisco, tirando su col naso: "Sono venuta qui sperando di trovare il
bambino che mi abbracciava quando mi vedeva di cinque anni fa, ma vedo
che mi sono sbagliata."
Jonah mi guarda negli occhi facendo una smorfia quasi divertita: "Non sono più un bambino, Riley."
"Non mi hai nemmeno abbracciata, Jonah, se è per questo." alzo
le spalle, sentendo l'aria fredda pungere la mia pelle. "Mi sono
sbagliata, te l'ho detto. Su ogni cosa che pensavo di te."
Jonah non risponde, solo abbassa lo sguardo. Non mi resta nient'altro
da fare che allontanarmi il più velocemente possibile da lui, ma
quando raggiungo Steve vedo che non è più insieme ad
Alakei. Philip, come noi, sta aspettando da solo in un angolo. E'
davvero così che hanno fatto loro il lavaggio del cervello?
Non ho bisogno di girarmi, so che non lo troverò più.
"Forza." sorrido a Philip, appoggiando una mano sulla sua schiena. "Andiamocene da qui. Ti aiuto a salire."
Il ragazzino annuisce, ma vedo che qualcosa non va, esattamente come
non va con me e con Steve. Non bado però a tutto questo attorno
a me, non mi interessa se alcuni dei ragazzi ci stanno guardando.
Intreccio le mani e do la spinta a Philip, che riesce ad aggrapparsi
quasi in cima. Dopo di lui sale Steve, e infine inizio io la mia
scalata.
Forse è la vista annebbiata, forse la stanchezza, ma sento il
mio piede scivolare quando sto per appoggiarlo sul muro prima di
issarmi per saltare fuori. Probabilmente la caduta farà male, mi
preparo già all'impatto. Questo, però, non avviene. Non
so come, resto sospesa a dieci centimetri dal suolo, cadendo poi con
l'unica conseguenza di una leggerissima botta alla testa.
Mi alzo di scatto, dietro di me non c'è più alcun
ragazzo, solo Alakei e Jonah. Quest'ultimo, guardandomi negli occhi, fa
un leggero sorriso: "Controllo del movimento, ricordi?"
Quindi è stato lui. Mi stava guardando mentre salivo, forse non
voleva lasciarmi andare così. Forse, però, questo non lo
saprò mai con certezza.
"Grazie." annuisco, ripulendomi leggermente.
Jonah mi fa un cenno, credo che non abbia più nulla da dirmi.
Appoggio un piede sul muro e ricomincio a salire, ora so per certo che
non dovrò più guardarmi indietro. Se questo è
ciò che ho ottenuto pensando a lui ogni giorno, allora è
stato tempo sprecato.
"Riley, ci sei?" sento la voce di Steve, e non so come questo riesce a sollevarmi appena.
"Sto arrivando!" esclamo, saltando giù.
Sui volti dei due ragazzi c'è solo delusione, ma li posso capire. Non è certo quello che ci aspettavamo.
L'unica cosa che abbiamo guadagnato da questa faccenda è
l'esserci trovati a vicenda, noi sette Cloud, ed essere stati capaci di
scoprire a cosa stavamo andando contro. Come sia andata a finire poi,
ormai è affare di cui dobbiamo scordarci.
00:49
Mercoledì 25 gennaio
Nuovo messaggio
Da: sconosciuto
Testo: Usciremo da qui tra due settimane per una specie di gita,
lì ci rivedremo. Ti farò avere i dettagli più
avanti. A presto.
Inviato alle 23:52 del giorno Martedì 24 gennaio
ANGOLO AUTRICE
Okay, beh, sono agitata.
Questa
storia non è assolutamente nata per essere pubblicata, ma in
qualche modo mi sarebbe dispiaciuto tenerla in disparte. Perciò
eccomi qui, non sono nuova di questo sito ma sono nuova in questo
genere, spero quindi di fare un buon lavoro e di interessarvi sempre di
più.
Ovviamente questo capitolo è solo un prologo, la lunghezza dei
capitoli veri e propri diventerà sempre di più man mano che la storia prosegue.
Love ya,
Ale xx
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
SKY cap.2
SKY
CAPITOLO DUE
- The closer you get to something, the tougher it is to see it -
Tre anni prima.
L'uomo davanti a me accende il registratore sul tavolo e punta la lampada in basso, tra me e lui.
"Sei spaventata, Riley?"
Scuoto la testa, sento i miei capelli solleticarmi il collo.
"Sai perché sei qui?"
Di nuovo, nego.
"Va bene, ora diventerà tutto chiaro, devi solo ascoltarmi e
rispondere quando ti faccio delle domande. Non ti succederà
nulla, lì fuori c'è la tua mamma."
"Non la vedo."
"Quella è una finestra a vetri a specchio, ma ti assicuro che
lei c'è, ti sente e ti vede chiaramente. Sei pronta ad iniziare?"
Annuisco, appoggiando le mani sulla scrivania. In realtà, non
sono poi così pronta ad iniziare. Questa mattina credevo di andare
a scuola come tutti gli altri giorni, ma mia mamma mi ha portata qui,
dicendomi che il signor Hills mi avrebbe fatto qualche domanda. Una
volta arrivate un uomo con la divisa della polizia mi ha condotta in
questa stanza, dove gli unici oggetti sono la scrivania, un
regitratore, una lampada, due sedie e due bicchieri d'acqua. Non
c'è il lampadario, un quadro, nemmeno un fiore. Vuoto,
completamente vuoto.
"Devo chiederti, Riley, quanti anni hai?"
Come se non lo sapesse, so che sta mentendo.
"Tredici." rispondo, tenendo fissate le mie dita. Non so bene da quanto
sono qui, e non so nemmeno quanto ci metterò. So solo che voglio
uscire.
"E...conosci Johnatan Lewis, giusto?"
Annuisco, anche se è un nome che non amo nominare.
Hills, però, non demorde: "Quando hai parlato la prima volta con Johnatan? Per quale motivo? Te lo ricordi?"
Tre domande di fila, non so nemmeno se riuscirò a ricordare quelle, figuriamoci fatti di qualche anno fa.
"Ho parlato con Johnatan quando avevo cinque anni, più o meno.
Lui giocava sempre nel giardino di casa sua, ed essendo vicini di casa
c'era solo una siepe a dividerci."
"Riley, ascoltami bene," Hills intreccia le mani sul tavolo,
rivolgendomi un sorriso finto. Non lo fa perché vuole
sorridermi, lo fa perché vuole cercare di mettermi a mio agio.
"So che per te è tutto strano, e so che non è facile
parlare di una persona che non vedi da due anni. Ma devi sforzarti di
parlare e dirmi quanti più dettagli puoi. Pensi di riuscirci?"
Annuisco, anche se non ne sono poi così sicura. Cosa vuole sapere da me? Perché mi sta succedendo tutto questo?
"Allora, ricominciamo." Hills sorride per la seconda volta, bevendo dal
suo bicchiere. "Cosa facevate tu e Johnatan insieme? Di cosa
parlavate?"
"Noi..." devo andare indietro di diversi anni, col tempo ovviamente le
nostre abitudini sono cambiate. "Da bambini ci lanciavamo la palla da
una parte all'altra della siepe, ci divertivamo molto anche se alla
fine non era nulla di speciale. A volte veniva nel mio giardino e
giocavamo col mio cane, a volte abbiamo fatto qualche puzzle. Crescendo
poi io ho cominciato ad andare a scuola ma lui non ci andava, quindi ci
vedevamo solo qualche pomeriggio alla settimana...era sempre bello
stare con lui, parlavamo di tutto. Non mi ha mai fatto conoscere i suoi
genitori, mentre i miei sapevano benissimo chi era, questo non sono mai
riuscita a capirlo. A dieci anni mi ha detto che ero la sua migliore
amica, e che mi voleva bene. Un anno dopo, quando lui aveva dodici anni
e io undici, è sparito senza dire nulla. Da un giorno all'altro
la sua casa è rimasta vuota, non c'era più niente."
Hills annuisce, scrivendo qualcosa su un taccuino che tira fuori dalla
tasca interna della giacca con un'espressione concentrata. Subito dopo,
per mia sfortuna, alza lo sguardo verso di me pronto a sfornare altre
domande.
"Dimmi, Riley, avete mai parlato di cose...come dire, magiche? Poteri sovrannaturali, forze maggiori?"
"Non fino ad un mese prima della sua partenza." cerco di fare mente
locale, anche se i ricordi di tre anni fa non sono così vivi.
"Era un po' strano, a volte riusciva a prendere cose molto più
velocemente di come non riuscissi a fare io. Poi, giusto un mese prima
che sparisse, mi ha detto chiaramente che aveva dei poteri, e che me lo
stava dicendo perché non ne poteva parlare con nessuno, era
stanco di dover tenere il segreto."
"Ti ha mostrato nulla?"
Annuisco: "Ha fatto fluttuare la palla in aria, poi ha spostato tutti i
sassi del suo giardino prima a destra e dopo a sinistra con un
movimento della mano."
"Capisco..." Hills continua a scrivere sul taccuino, mi sento estremamente a disagio. "...l'hai detto a qualcuno?"
Scuoto la testa: "No, Johnatan era il mio migliore amico. Non lo avrei mai fatto."
L'uomo sulla sessantina annuisce con un sorriso: "Non ti ha detto nulla prima di andarsene? Non sai dove potrebbe essere ora?"
"Niente. Non sono più riuscita ad avere alcun genere di contatto con lui, mi ha lasciata da sola."
"Non ti è ma venuta voglia di chiarire tutti i dubbi nei suoi
confronti? Non gli hai mai chiesto come facesse ad avere queste
abilità, perché non andasse a scuola...?"
Scuoto la testa, sfiorando col dito il bicchiere di fronte a me: "Una
sola volta, a nove anni. Ma lui mi ha detto che non ne poteva parlare,
e non ho più insistito."
All'inizio di questa seduta, lui mi ha detto di ascoltare e
rispondere. Ma, adesso, ho bisogno di qualche risposta anche io. Non
credo di essere l'unica a dover spiegare qualcosa, in questa stanza.
Mi schiarisco la voce, cercando di farmi coraggio: "Dov'è ora,
Jonhatan? So che lei lo sa, la prego di dirmelo. Ho bisogno di sapere
dov'è."
"Riley, so che per te tutto questo è tremendamente frustante, ma
devi credermi se ti dico che per il bene di Johnatan tu non puoi sapere
dove si trova. Posso dirti tutto ciò che vuoi sapere, ma non la
sua attuale posizione, né quella della sua famiglia. Ti prego di
capire."
L'unica cosa che capisco qui è che sono circondata da misteri
più grandi di me, non vedo via d'uscita da questo tunnel.
"Vuole altre informazioni da me?" domando, incrociando le braccia appoggiando i gomiti sul tavolo.
Hills fa un sorriso, forse trovando strana la mia domanda: "Il più possibile, naturalmente."
Per la prima volta da quando sono qui dentro, sorrido anch'io: "Non
intendo collaborare finché non mi dice ciò che voglio
sapere. Non potete obbligarmi a parlare, ciò che so io non
può saperlo nessun altro."
"Ci sai fare, Riley." Hills sembra essere veramente divertito.
"Possiamo trovare un compromesso, se vuoi. Ascoltami, ora ti
spiegherò tutto quello che so di poterti dire, va bene? In
cambio, tu dovrai collaborare ancora un po'."
Annuisco, soddisfatta. Non ci sto ad essere trattata come una bambina
che non sa avere a che fare con la gente: "Per prima cosa, voglio
sapere se sta bene."
"Certo, Johnatan sta bene, anche se a te probabilmente sembrerà
una bugia. Vedi, Riley, le cose non sono come tu le vedi. Dietro ad
esse c'è un sistema più grande perfino di me, ed è
un affare tenuto sotto controllo dal Governo. Ti spiegherò
tutto, ma tu non dovrai fare domande. Quelle le teniamo per dopo."
Annuisco, spero che dopo questa spiegazione qualcosa risulti più chiaro.
"So che è difficile da credere, Riley, ma qui in America, ad
ogni generazione venti persone nascono con una deformazione nel
cromosoma XY. Non è un deficit o simili, non riguarda né
il fisico né la mente, in realtà non si è ancora
capito da cosa sia stato causato, nel principio. Questo cromosoma
fornisce un'abilità innata a chi lo possiede, qualcosa che non
può essere insegnato, una proprietà unica di quel
soggetto umano, se di umani possiamo parlare. Johnatan, ad esempio, poteva muovere gli oggetti a suo
piacimento senza toccarli, solo con la forza del pensiero. La sua
è tra le deformazioni di diffusione media, ma ci sono casi
più diffusi e più rari. Attualmente si sono registrati
diversi tipi di cambiamenti nel cromosoma che hanno portato a diverse
conseguenze, diverse modalità per gestire e tenere sotto
controllo l'abilità. Questi ragazzi sono costretti al silenzio
fin da neonati e sono tenuti d'occhio dal Governo, che gestisce ogni
movimento che compiono. Nessuno dovrebbe venire a conoscenza della loro
esistenza oltre ai parenti, dal momento in cui loro sono esposti al
mondo esterno c'è il novanta per cento della possibilità
che rivelino a qualcuno di avere questo genere di potere
sovrannaturale. Nel tuo caso, Johnatan ti ha mostrato la sua
abilità ed è stato immediatamente contattato dal Governo (a sua volta contattato dai suoi genitori)
che gli ha dato un mese di tempo per prepararsi a cambiare vita. Se non
ti ha detto niente è perché era sotto minaccia, Riley,
non voleva farti più male di quanto, involontariamente, ti aveva
già fatto. Lui sta bene, sta imparando a gestire il suo potere e
ad utilizzarlo con moderazione, ma non posso dirti altro, mi dispiace."
Annuisco, tutto questo è una follia. Credo a quello che Hills dice, ma credo anche che sia lui ad avere qualche problema.
O, perlomeno, così gli faccio credere.
"Se così fosse," inizio cautamente, intrecciando le dita delle
mani. "Perché il Governo deve tenere nascosti questi ragazzi
chissà dove?"
"Vengono cresciuti insieme per creare un sistema solidale, pronto ad
agire in qualsiasi momento. Sono persone speciali, hanno armi che
nessuno può immaginare, e se sono tenuti lontani da tutto il
resto è per evitare che facciano danni e che si distraggano
dall'obbiettivo di aumentare giorno per giorno l'autocontrollo e
l'abilità nel gestire la loro vita."
"Okay, okay..." sospiro, ho così tante domande che non so
nemmeno da dove iniziare. "E quante abilità strane hanno
trovato? Quella di Johnatan è comune?"
"Ho qui una lista, immaginavo che saremmo andati sull'argomento." Hills
tira fuori un foglio dalla tasca interna - mi chiedo quante cose abbia
lì dentro - e sorride. "Ne ho trascritti solo alcuni, spero non
ti dispiaccia. Tra i più diffusi c'è la lettura del
pensiero, il controllo delle emozioni e la capacità di capire
quando qualcuno sta mentendo. Tra i mediamente diffusi troviamo il
controllo del movimento, controllo dell'elettricità e
l'influenza sulla volontà altrui. Tra i più rari, infine,
ci sono il controllo dei quattro elementi principali e la
smaterializzazione del proprio corpo, conosciuto anche come
teletrasporto. Di queste ultime due categorie si sono verificati solo
tre o quattro a testa su centoventi finora analizzati."
Tutto questo è incredibile, io sto faticando molto a credere
alle parole di quest'uomo. Johnatan aveva reso il discorso molto
più semplice due anni fa.
Comunque, se voglio saperne di più, devo continuare a chiedere: "Tutti
questi ragazzi vengono portati in quel posto solo quando dicono a
qualcuno dei loro poteri o è qualcosa che viene da sè?"
Hills sospira, sfregandosi le mani: "All'età di dodici anni
tutti i ragazzi di questa specie vengono chiamati in un centro di
raccolta, situato in un posto lontano da qui. Chi, però,
trasgredisce alla regola del silenzio, viene chiamato in anticipo e
prende il nome di Sky. Uno Sky, per definizione, è un ragazzo
con la modifica del cromosoma XY che ha detto a qualcuno del suo
segreto. Al momento, Johnatan è il quarto Sky di centoventi
casi, e studiando i quattro casi di eccezione è saltato all'occhio
lo stesso particolare: una sola persona, un cosiddetto migliore amico,
sa di questo fatto. Quindi, per scongiurare la diffusione di questa
notizia che potrebbe causare il panico, è stata formata una
categoria di persone che è strettamente collegata agli Sky, e
viene chiamata Cloud. Essendo diventato uno Sky, Johnatan ha fatto di
te una Cloud. Capisci?"
Annuisco, in realtà sto capendo ben poco rispetto a quando Johnatan me l'aveva spiegato: "E...cosa comporta questo?"
"Questo, purtroppo, comporta che tu dovrai isolarti da tutti quanti,
dovrai smettere di vedere i tuoi amici e dovrai smettere di andare a
scuola. Continuerai i tuoi studi a casa, con un maestro che conosce la
tua condizione, e non potrai più chiedere nulla di Johnatan.
Anche perché, per salvaguardare l'identità di tutti gli
Sky, al loro ingresso nel centro di raccolta è stato dato loro
un nuovo nome...i tuoi genitori sono già al corrente di tutto,
affronterai dei processi in tribunale che ufficializzeranno questa
nuova condizione. Andrà tutto bene, Riley."
Scuoto la testa: "No, signor Hills. Praticamente, Johnatan mi ha
rovinato la vita, lei mi sta dicendo questo. Tutti questi gran
misteri...mi dica, signor Hills, lei crede che a me vada bene sapere
questo?"
L'uomo davanti a me sgrana gli occhi, evidentemente spaventato. Non se
lo aspettava probabilmente, ma non ha ancora visto nulla di me.
"Riley, so che per te è difficile da accettare, ma-"
"Non mi dispiace dover restare in casa,
voglio sapere perché avete portato via Johnatan da me. Era un
ragazzo sincero, riservato, non avrebbe mai detto nulla a
nessuno...sapeva che non poteva dirmi nulla, ma l'avete portato ad
impazzire col silenzio. Mi ha solo chiesto aiuto, e per ripagarlo voi
l'avete sbattuto in un centro di raccolta per fenomeni da baraccone.
Oltre ad essere stronzi, non siete altro che dei sadici, lei e tutti quelli che
fanno parte del suo mondo. E io, qui, non intendo più
collaborare."
Hills si alza dalla sedia, sbattendo con violenza le mani sul tavolo: "Come ti permetti, piccola ragazzina...?"
"Ho fatto le mie ricerche, Hills. Mi so muovere abbastanza bene
all'interno dell'elettronica, Johnatan mi ha insegnato bene. Non ho
trovato il luogo del centro di cui lei sta parlando, naturalmente
queste informazioni non esistono nemmeno sul Web. Però sono
riuscita a farmi un'idea su tutto questo prima che me lo dicesse lei,
sa? So cos'è uno Sky, un Cloud, e so quali sono i poteri di cui
lei parla...so anche che, all'ingresso nell'istituto, agli Sky è
consentito scegliere un nome che vada bene a loro. Mentre gli altri
ragazzi non hanno contatti col mondo esterno, gli Sky conoscono una
sola persona su sette miliardi. E, giustamente, non sia mai che questa
piccola persona rovini i piani del Governo americano, no? Quindi
cambiate l'identità di questi poveri ragazzi, misere cavie da
laboratorio per voi. Avete addirittura costruito un muro a prova di
superumano ma che può essere superato da semplici individui
privi di modifiche nel cromosoma XY, che veleni ci avete messo? Mi
dispiace, signor Hills, non mi ha detto nulla che non sapessi
già, compreso il fatto che mia madre sia lì fuori a
guardarmi. Che, tra l'altro, non è vero. E' rimasta nell'atrio,
non cerchi di fregare me."
Ho forse dato l'impressione di essere spaventata, poco fa?
Convincere se stessi è il miglior modo per convincere gli altri, per me.
"Cosa vuoi fare ora, eh?!" Hills si passa una mano sulla fronte,
è completamente disorientato. "Non hai nulla in mano, vuoi
scatenare una piccola rivoluzione?"
"Ho un nome in mano." sorrido leggermente, soddisfatta. "Jonah, ecco
come si chiama. Ero la sua migliore amica, le pare che veramente se ne
sia stato zitto su tutto quanto?"
"Cosa vorresti fare con un misero nome in mano, ragazzina?!"
Mi alzo con calma dalla sedia, dirigendomi verso l'uscita dello
stanzino con un sorriso stampato sul viso: "Lo cercherò e lo
troverò. Sentirà ancora parlare di me, signor Hills.
Buona giornata."
10:22
Sabato 28 gennaio
Nuovo messaggio
Da: sconosciuto
Testo: Staremo tre giorni nel vecchio sanatorio in periferia del
quartiere dov'è il nostro istituto, dicono che ci farà
bene una gita. Verremo tutti 120, noi Sky siamo relegati in due stanze
separate dal resto. Pensi di riuscire a portare tutti i Cloud?
Più avanti ti darò i dettagli. A presto.
Inviato alle 10:16 del giorno Sabato 28 gennaio
Angolo autrice
Allora...ohayou?
So che questo capitolo
può non c'entrare un bel niente con ciò che avete letto
nel capitolo precedente, ma sarà così ancora per un po'
affinché la storia risulti chiara in tutti i suoi punti. La cosa
ironica è che doveva essere totalmente un altro contesto quando
l'ho ideata la prima volta, eppure ora ho a che fare con questo e, chi
lo sa, forse è stato meglio così. Un giorno
spiegherò a qualcuno la mia teoria dei "se" e diventerò
famosa, lo giuro.
Anyway, spero che la storia vi accattivi almeno un po' e che non cada nel banale.
Love ya,
Ale xx
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
SKY cap.3
SKY
CAPITOLO TRE
- Too young to notice and too dumb to care, love was a story that couldn't compare -
Undici anni prima.
"Ehi, bambina, mi passi la palla?"
Alzo gli occhi dalla mia trottola colorata, solo ora mi accorgo che una
palla sta rimbalzando verso di me. Dalla siepe spunta il viso di un
bambino che non ho mai visto, eppure nessuno si è trasferito
nella casa a fianco ultimamente, ci sono sempre stati solo i signori
Lewis.
Incuriosita mi alzo e prendo la palla, guardando poi negli occhi il bambino dai capelli rossi di fronte a me: "Chi sei?"
"Johnatan." risponde lui con un sorriso. "E tu?"
"Riley. Perché sei nel giardino dei miei vicini?"
Il rosso mi guarda confuso, alzando poi le spalle: "Sono loro figlio."
I miei genitori non mi hanno mai accennato ad un altro bambino della
mia età, non sapevo che i Lewis avessero un figlio. Se l'avessi
saputo prima, sicuramente avrei evitato di stare in casa tutti i
pomeriggi sapendo di non avere nessuno con cui giocare.
"Vuoi giocare con me?" Johnatan indica la palla che tengo ancora stretta a me facendo un sorriso. "Giochiamo ad Asino?"
Annuisco vigorosamente, finalmente ho un compagno di giochi, sono
stanca di restare da sola. Lancio la palla verso di lui, ed inizia la
battaglia a cercare di far cadere la palla all'altro. Johnatan sembra
divertirsi come non mai, sembra quasi che sia la prima volta che gioca
con qualcuno.
"Quanti anni hai, Riley?" mi chiede non appena riceve la palla dopo
vari lanci, forse si è reso conto che non sa ancora la mia
età.
"Ne ho cinque, li ho compiuti un po' di tempo fa. E tu? Scommetto che ne hai come me!"
"In realtà no." il rosso mi ripassa la palla, sorridendo. "Ne ho sei, li ho compiuti ieri."
"Sei?" domando, incredula. "Beh...tanti auguri in ritardo."
Il bambino di fronte a me alza il pollice, arrossendo appena: "Grazie, Riley."
Otto anni prima.
"Ehi, Riley! Riley!"
Mi sento chiamare dalla finestra, eppure i miei genitori sono entrambi
a lavoro, qui con me c'è solo la tata. Mi alzo di soppiatto dal
divano, e sento un gran sollievo quando scopro che alla finestra
c'è il viso simpatico di Johnatan.
"Mi hai fatto prendere paura!" sbotto, scoppiando a ridere. "Vieni in casa?"
"Preferirei restare fuori. Vieni?"
Anche se vorrei restare in casa dato che fuori c'è abbastanza
freddo, annuisco ed esco sul portico di casa mia dopo aver avvisato la
tata. Anche se il cielo è grigio, Johnatan è seduto sul
dondolo col suo solito sorriso e si guarda intorno, addosso ha la
sciarpa che gli ho regalato per il suo compleanno. Quando sente la
porta chiudersi si gira verso di me e mi sorride: "Ti ho disturbata?"
Nego con la testa, sedendomi accanto a lui: "No, dovevo iniziare i compiti ma fa lo stesso, li posso iniziare dopo."
"Come sta andando a scuola? Hai tanti amici?"
Annuisco, dandomi la spinta per farci dondolare: "C'è un mio
compagno di classe che ti piacerebbe sicuramente, si chiama Ellis
Young, anche se si fa chiamare Steve. Alcuni compagni dicono che è antipatico, ma per me
è solo che non gli piace molto la compagnia, un po' come a te.
Poi ci sono delle bambine che dicono che io sono strana perché a
volte rispondo male alla maestra, ma non le ascolto molto. Invece altri
bambini come noi sono molto più simpatici, spesso mangiamo
insieme a merenda, loro parlano delle figurine e io cerco di imparare
qualcosa." Johnatan mi guardo estasiato, come se il disocrso 'amici'
gli piacesse particolarmente. Ora che lo noto però stiamo ancora
dondolando nonostante io abbia dato una leggerissima spinta mentre Johnatan
sta tenendo il palmo della mano aperto sul sedile come se il movimento
dipendesse da lui. "Ti divertiresti a venire a scuola, anche se a volte
ci danno troppi compiti."
"Mi piacerebbe." è la sua unica risposta mentre con lo sguardo
vaga altrove, probabilmente non vuole che io vada su questo argomento.
"Se vuoi, posso chiedere ai miei amici di venire qui, così te li faccio conoscere. Che ne dici?"
Johnatan scuote animatamente la testa: "Sto bene così, grazie."
Mente, so che sta dicendo una bugia. Ma non posso farci niente, se non
vuole non sarò io ad obbligarlo. In fondo, finché ha me
allora avrà sempre qualcuno su cui contare, questo è
certo.
Sei anni prima.
"Johnatan!"
Il ragazzino rosso alza gli occhi verso la siepe e mi rivolge un
sorrisone, del resto è da due settimane che non ci vediamo.
Ha un libro appoggiato sulle ginocchia, ma non esita nemmeno un attimo
a lasciarlo cadere a terra per alzarsi e correre verso di me. Essendo
cresciuto di un bel po' di centimetri non ha problemi a saltare la
siepe, e in meno di cinque secondi è nel mio giardino. I suoi
genitori non sono in casa, la macchina non è parcheggiata sul
vialetto, quindi collego tutto l'entusiasmo del mio migliore amico
all'assenza dei genitori. Quando ci sono, inspiegabilmente non
può mai uscire in giardino.
"Mi sei mancata tantissimo, Riley." esclama non appena mi arriva di fronte, abbracciandomi subito dopo. "Ti voglio bene."
E' la prima volta che me lo dice, probabilmente è spinto dal
fatto che per due settimane è dovuto stare in un istituto nel
nord America per qualcosa che non mi ha mai voluto spiegare. Ma poco
importa, ciò che è importante è che lui ora sia
qui con me.
"Anche io." sorrido anche se lui non può vedermi, ma ho come
l'impressione che mi conosca talmente bene da non dovermi vedere per
capire l'espressione che ho. "Cos'hai fatto durante queste due
settimane?"
"Non molto, in realtà." Johnatan si allontana leggermente, indicando il dondolo. "Andiamo?"
Annuisco, e insieme corriamo per vedere chi riesce a sedersi per primo così come siamo abituati a fare fin da piccoli.
Come sempre lui arriva per primo, ma stavolta, con più calma,
riesce a tenere il dondolo fermo per aggevolarmi mentre salgo, e
incredibilmente appena stacco le punte da terra cominciamo a dondolare.
Ormai ho smesso di chiedermi perché, so in partenza che con
Johnatan è tutto strano.
"Hai dovuto fare degli esami?" gli chiedo, assecondando i movimenti del dondolo. "O delle visite?"
"Più o meno." risponde il rosso con un sorrisetto. "Hanno detto
che per avere undici anni sono più in gamba di molti ragazzini
della mia età, mi hanno fatto fare dei test per i riflessi e
sulle abilità intellettuali, tipo studiare una strategia in
pochi secondi simulando una situazione pericolosa."
Mi sorprendo a sentire tutto questo, non sono di certo il genere di
esami che mi sarei aspettata di sentire: "E li hai superati?"
"Certo!" Johnatan sorride alzando il pollice in alto. "Poi mi hanno
chiesto che nome sceglierei se dovessi mai cambiarlo, e mi hanno detto
che non devo assolutamente dirlo a nessuno. Tu sai per certo, Riley,
che ci sono cose che ti sto tenendo nascoste...ma questa devo dirtela,
perché non so cosa potrebbe succedere da qui a poco tempo."
Annuisco: "Sei il mio migliore amico, anche se forse sono ancora una
bambina so che non sei sincero su tutto e ti capisco, ma mi va bene
così se va bene anche a te. Non ti devi preoccupare di tutto,
sono comunque felice che tu mi dica quale nome sceglieresti nel caso
dovessi cambiare."
Il rosso sospira, prendendo la mia mano tra la sua e avvicinando il
viso al mio orecchio: "Jonah." sussurra poi, allontanandosi subito
dopo. "Non è molto originale, ma non voglio dimenticare il mio
vero nome."
"E' bellissimo!" esclamo, immaginandomelo subito come Jonah Lewis. In
effetti, non sarebbe niente male. "Ma...insomma, potresti dirmi almeno
perché c'è la possibilità che tu lo possa
cambiare?"
"Te lo direi se almeno io lo sapessi." Johnatan ridacchia leggermente,
alzando le spalle. "Ma fidati se ti dico che molte cose non vengono
dette nemmeno a me."
Annuisco, convinta: "Mi fido. Come al solito, del resto."
"Posso sempre contare su di te, eh?" domanda lui retoricamente,
spettinandomi i capelli con la mano. "Grazie, Riley. Sei la mia
migliore amica."
"Nonché l'unica." ridacchio, causando la sua risata. "Ma mi va bene così, davvero. Grazie a te, Jonah."
Cinque anni prima.
Domenica, sono le cinque di mattina.
Sento il mio cellulare da sotto il cuscino che continua a vibrare,
eppure non ho messo la sveglia. D'altronde di domenica sono ben pochi
gli studenti che frequentano la prima media che puntano la sveglia alle
cinque, dev'essere per forza qualcuno che sta cercando di chiamarmi.
Così, anche se con molta fatica, allungo la mano fino a trovare
il telefono e lo avvicino all'orecchio rispondendo alla chiamata:
"Pronto?"
Ho la voce talmente impastata dal sonno che non credo nemmeno che
chiunque mi stia chiamando mi abbia sentita, ma non posso di certo
rispondere ad alta voce quando i miei genitori sono a letto.
"Giardino, ora."
"Eh?" allontano il cellulare dall'orecchio, leggendo il nome del mittente. "Johnatan, sono le cinque. Cosa succede?"
"Ti prego Riley, è importante. Sto per esplodere. Vieni in giardino, per favore."
"Mmh..." non ho ancora tutti i neuroni collegati, ma in qualche modo
riesco a scendere dal letto. "Arrivo subito, mi metto la giacca."
Cercando di non beccare un muro in fronte riesco a raggiungere la porta
d'entrata e la apro cercando di fare meno rumore possibile. Fuori regna
il bianco: deve aver nevicato tutta la notte, era da un po' che non si
vedeva la neve. Nonostante questo però, Johnatan se ne sta in
piedi in mezzo al mio giardino con addosso una maglietta a maniche
corte.
"Ma sei matto?" sbotto, correndo verso di lui. "Copriti, per carità!"
Vado per togliermi la giacca per darla a lui, ma prima che possa
sfilare del tutto la manica, questa ritorna alla mia spalla senza che
io la tocchi. Sgrano gli occhi, incredula. Cosa diavolo è appena
successo?
"Johnatan! Dio, hai visto?"
"Sono stato io, Riley." la sua voce è passiva, come se non
avesse realmente ascoltato quello che ho detto. "Io." ripete
nuovamente, come se volesse convincersi. Al contrario, io spalanco gli
occhi, incredula.
"Cosa stai dicendo?" domando, muovendo un passo indietro. Il mio migliore amico è una specie di mostro?
Johnatan non risponde, guarda il suolo senza accennare a nessun
movimento. Forse, anche se si tratta della persona a cui sono
più affezionata, ora ho paura. Ho talmente paura che non riesco
a controllare le mie emozioni e l'istinto mi dice di correre via e
chiudermi la porta alle spalle, portandomi a muovere i piedi un passo
alla volta all'indietro contro la mia volontà. Sto per girarmi,
ma finalmente Johnatan scatta in avanti e mi prende per il polso,
mormorando poche ma efficaci parole: "Ho solo te, ti prego."
Mi blocco, e non è per il freddo e la neve. Johnatan, per la
prima volta, ha veramente bisogno di me. Quindi mi giro di nuovo verso
di lui, guardandolo negli occhi: "Spiegami tutto con calma, per favore.
E con tutto, intendo tutto ciò che non mi hai mai detto."
Il rosso annuisce, prendendo la palla poco distante dai suoi piedi:
"Sta a guardare." mormora prima di lanciare la palla e alzare il
braccio verso l'alto. Non so come, la palla rimane sospesa per aria,
senza muoversi. Non ci sono fili, non c'è nulla, ma man mano che
Johnatan abbassa la mano, la palla lentamente scende. E' mai possibile?
Abbassa la mano di colpo e, come immaginavo, la palla scende con essa, fermandosi sulla neve.
"Johnatan..." mi avvicino a lui, sfiorandogli la mano che ha appena fatto fluttuare la palla. "Cosa ti è successo?"
"Sono
sempre stato così, è per questo che tante cose non ho mai potuto
dirtele. C'è una cosa dietro questo potere, Riley, che è più grande di
quanto tu ti possa immaginare...dovrei tenerti all'oscuro da tutto, ma
ieri sera mi è stato detto che appena compirò dodici anni verrò
trasferito chissà dove, e io non voglio. Ho cercato in ogni modo di
frenare l'impulso di parlartene, perché quando mi hanno detto di
scegliere il nuovo nome era perché, nel caso in cui ti avessi mai detto
qualcosa, avrei dovuto trasferirmi ad un solo mese dal momento in cui
tu saresti venuta a sapere di tutto questo. Ma, Riley, a me non frega più
niente, non ce la faccio più, in ogni caso tra uno o tre mesi dovrei
andarmene da qui...sono un cazzo di superumano, uno di quei maledetti
sette che nascono ad ogni generazione."
Sgrano gli occhi, vorrei tanto consolarlo ma devo ancora capire cos'ha
appena detto. Non so se essere più sconvolta per la parte che
riguarda la storia dei suoi poteri o per la parte che dovrà
andarsene. Sono sei anni che ci conosciamo e che condividiamo
praticamente tutto, o più o meno, non sono pronta a lasciarlo
andare, nemmeno sapendo che è una persona che forse dovrei
temere. Sembra proprio che per quanto io mi sforzi, non potrò
mai essere d'aiuto nella sua vita.
"Mi dispiace così tanto, Riley." Jonhatan alza piano gli occhi
verso di me, implorando perdono sebbene non abbia nulla di cui
scusarsi. "Non avrei mai dovuto coinvolgerti nella mia vita. I miei
genitori hanno sempre cercato di farmi capire che per il tuo bene io
avrei dovuto smettere di parlarti, ma non ce l'ho fatta perché,
come essere umano, avevo bisogno di qualcuno che mi accompagnasse
durante la mia crescita. Fin da piccolo mi hanno sempre detto di
tenermi alla larga dalle persone, che prima o poi sarei dovuto andare
via, ma non mi aspettavo che me lo dicessero con così poco
preavviso...e sinceramente preferisco dirtelo ora che andarmene senza
dirti nulla."
Scuoto la testa, vorrei tanto svegliarmi e capire che si tratta solo di
un sogno. Ma purtroppo Johnatan è veramente di fronte a me, la
palla è veramente rimasta sospesa, la neve sta veramente
scendendo su di noi. E' quel genere di situazione in cui preferirei
essere in un luogo anche peggiore, ma so che non posso mancare proprio
ora. Il mio migliore amico ha bisogno di me, effettivamente non ha
nessuno all'infuori della sottoscritta.
"Vedrai che non è così brutto come può sembrare."
mormoro, osservando il vapore uscire dalla mia bocca. "Non ti faranno
nulla che tu non puoi sopportare, Johnatan, ovunque ti porteranno. Sei
un ragazzo talmente forte che con o senza poteri riusciresti a
distruggere qualsiasi ostacolo."
I rosso mi guarda appena negli occhi, guardandosi poi la mano prima di
muoverla a destra e sinistra. Con essa, tutti i sassi del giardino
sbucano fuori dalla neve e si spostano seguendo il suo movimento. Non
dovrei fare ironia, ma forse posso provare a farlo sorridere: "O
spostarlo, certo, se non può essere distrutto."
Johnatan riesce appena ad accennare ad un sorriso: "Farti stare male era l'ultima cosa che volevo."
Annuisco, appoggiando entrambe le mani sulle sue spalle congelate: "Lo
so bene, non sono arrabbiata con te. Non potrei, non l'hai scelta tu
questa vita."
"Promettimi che mi troverai."
Sgrano gli occhi, vuole che sia veramente io a trovarlo?
Prima che possa chiedere spiegazioni però lui alza velocemente
lo sguardo su di me: "Non importa quanto ci metterai, o come staranno
le cose. So che ce la puoi fare, so che hai imparato tutto ciò
che ho cercato di dirti senza che te ne accorgessi. Lavorare sulla
rete, attrezzature per una fuga, studiare i movimenti dell'avversario,
saper nascondere la verità...ricordi?"
Annuisco, ora è tutto più chiaro. Tutti questi anni
passati con lui finalmente sembrano essere leggermente più
illuminati. Così deglutisco, forse per l'agitazione o forse per
altro: "Te lo prometto."
"E un'ultima cosa." Johnatan appoggia le sue mani sulle mie,
staccandole dalle sue spalle ma tenendole intrecciate alle sue. "Nega,
nega sempre. Al momento giusto ti chiederanno di me, hanno abbastanza
informazioni per capire se menti, ma molte che puoi modificare a tuo
piacimento. Di' pure loro che ti ho detto tutto questo, non avere
paura, non mi faranno nulla, servo più io a loro di quanto loro
servano a me. So che ti sto facendo gravare un peso più grande
di te sulle tue spalle, ma se ti conosco bene, allora so che non
mollerai. Mi vuoi bene, no? Me lo ripeti sempre, e io ne voglio a te.
Non ti lascerò da sola, Riley, okay? Ci rivedremo, ne sono
certo."
Annuisco, anche se sono troppo sconvolta per capire a fondo ciò che lui sta dicendo.
"E scusami." ripete nuovamente, staccando le sue mani dalle mie.
"Scusami per averti coinvolta. Probabilmente ti ho rovinato la vita
quel giorno in cui ho lanciato la palla nel tuo giardino, e mi disp-"
"Smettila, idiota!" sbotto, picchiando un piede contro il suolo. Non ho
il coraggio di guardarlo negli occhi, ma continuo quasi a gridare. "Ne
ho abbastanza delle tue scuse, ho capito che ti dispiace! Voglio solo
che tu mi prometta che starai bene e che mi aspetterai!"
Alzo lentamente gli occhi, ma ciò che mi trovo davanti è
una reazione del tutto inaspettata. Johnatan, infatti, mi sta guardando
un sorriso stampato in faccia mentre cerca di trattenere le risate. Sul
serio, non credevo che una mia sfuriata fosse tanto divertente.
"Che hai da ridere?" domando, stizzita, appoggiando le mani ai fianchi.
Lui, in tutta risposta, alza le spalle e sorride, muovendo qualche
passo indietro: "So che con te il mio segreto sarà al sicuro. Da
Sky a Cloud, ti dico di non provare mai più a cercarmi. Da
Johnatan a Riley, ti dico di ricordare quale sarà il mio nuovo
nome da qui ad un mese e di ricordare tutto ciò che ti ho detto
finora. Un giorno, presto o tardi, capirai."
Sorrido anche io, perché anche se non capisco ora mi fido di lui, e so che capirò prima o poi.
"Grazie di tutto, Johnatan."
Sento che ogni passo che muove è un mese in più che ci
separerà, e questa concezione mi sta attualmente distruggendo.
Non voglio vederlo andare, ma so che se non fosse obbligato da forze
maggiori lui non partirebbe da qui.
"Riley!" alzo di scatto gli occhi verso di lui, guardandolo con un
sorriso mentre pronuncia quella che probabilmente è l'ultima
verità che sentirò uscire dalla sua bocca. "Ripongo tutta
la mia speranza nelle tue mani."
07:01
Lunedì 30 gennaio
Nuovo messaggio
Da: sconosciuto
Testo: L'istituto si chiama St.Richard, è a nord della
periferia. Il viaggio è programmato per il 10, 11 e 12 febbraio.
Voi Cloud starete nelle nostre camere per la notte, ognuno col suo
corrispondente Sky. Per il programma diurno, invece, ci accorderemo
più avanti.
Inviato alle 06:48 del giorno Lunedì 30 gennaio
CHE FINE HA FATTO HEYALE?
Ale non lo sa.
Ale ora spegnerà il pc perché deve studiare matematica.
Ale vi saluta.
Ale xx
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
SKY cap.4
SKY
CAPITOLO
QUATTRO
- In the end I'm realising, I was never meant to fight on
my own -
Un
anno prima.
"Perché non esci con qualche tua amica,
Riley?"
Mia madre mi sorride gentilmente, continuando a
sbrigare la lavastoviglie.
Non mi sforzo nemmeno di alzare lo
sguardo, e lo tengo puntato sul mio quaderno di storia. Il
signor Moore oggi mi ha spiegato così tante cose che non ho
effettivamente tempo per ascoltare le parole di mia madre.
"Riley!"
mi chiama nuovamente, facendo il suo solito sguardo da mamma
arrabbiata.
"Eh?" roteo gli occhi verso di lei,
appoggiando la mano sulla guancia. "Moore mi ha riempito di
cazzate, oggi. Devo ripassare."
"Oggi, okay, e tutti gli
altri giorni?"
Joyce Summers è sicuramente la donna più
noiosa a questo mondo.
E io non so più come accidenti farglielo
capire.
Sfodero uno dei miei sorrisi peggiori, appoggiando la
matita sul quaderno aperto: "Forse ti sei dimenticata che due
anni fa io sono stata dichiarata Cloud e per questo motivo
socialmente rifiutata. Non è il fatto di non avere amici il
problema, ma più che altro è che nessuno sa che io esisto."
"Non
dire sciocchezze, sono sicura che tutti i tuoi compagni delle medie
si ricordano di te."
Alzo le spalle, sbuffando. Di certo non
è cosa che mi interessa, la solitudine non mi dispiace così tanto
alla fine. Insomma, ho più tempo per me, non sento il bisogno di
arrabbiarmi, posso lavorare in pace, non ho nessuno a cui pensare.
Beh, forse una persona c'è, ma non c'è fisicamente da dover essere
preoccupata per lei. Ci penso, certo, ma finché non troverò
qualcuno disposto ad aiutarmi non potrò mai andare avanti, purtroppo
le forze e le conoscenze di una quindicenne non bastano per irrompere
nel sistema del Governo, anche se mi considero ormai esperta in
materia.
"Che mi dici di quella bambina tanto carina che
veniva qualche volta qui a casa nostra?" mia madre si siede di
fronte a me, crcando di sorridermi. "Siete state migliori amiche
per tanto tempo, no?"
Scuoto la testa: "Il mio migliore
amico è sempre stato solo Johnatan. Nessuno ha mai preso il suo
posto."
"Chissà che fine ha fatto quel ragazzo."
Alzo
le spalle, evitando di rispondere. In effetti mia mamma non è mai
venuta a sapere di cosa è successo alla famiglia Lewis. Il signor
Hills, dopo il nostro colloquio, le ha solamente detto che ero stata
indisponente e che non era stato possibile collaborare con me,
giustificando la partenza di due anni prima dei Lewis come
un'emergenza economica.
Johnatan Lewis, per me, non è mai andato
via da qui.
"Riley, cara, il tuo computer si sta accendendo
ad intermittenza!"
Ridacchio leggermente, mia mamma è
proprio negata con l'elettronica.
"E' una mail." le
spiego, indicando il mio pc sul tavolo. "E l'intermittenza
indica che è appena arrivata. E' un segnale di notifica, no?"
"Sarà.
Senti, vado a pulire la sala. Prepari tu la cena?"
Annuisco,
osservandola mentre se ne va borbottando qualcosa sulla gioventù
troppo all'avanguardia. Per quanto mi riguarda, sono poche le persone
della mia età che devono hackerare il proprio computer per coprirlo
da tutti i sistemi e i virus che ne permettono il riconoscimento.
Come Cloud, viaggio sicuramente sulla rete più di quanto mi sia
concesso.
Apro la mia casella di posta, ammetto di essere
agitata. Non ho mai dato il mio indirizzo mail a nessuno, non mi sono
mai nemmeno iscritta a siti le cui credenziali richiedevano dati
personali. Appena vedo il nome del mittente, però, mi si congela il
sangue nelle vene.
Testo: Sapevo che non eri sparita nel
nulla come tutti pensano, avevo la certezza che ti avrei trovato qui.
Ti allego il mio numero di telefono, devo parlarti. Nessuno troverà
le nostra mail, stai tranquilla, sono nella tua stessa situazione.
Fidati di me, chiamami appena puoi.
Steve Young.
Rileggo
più volte la mail, se mi ha trovata allora sa come muoversi almeno
come me all'interno della rete.
Ripensandoci Ellis, conosciuto da
tutti come Steve, è sparito un anno prima che io diventassi una
Cloud. Al tempo, la maestra ci aveva detto che si era dovuto
traferire, ma non ho mai pensato che la stessa storia poteva essere
capitata anche a lui. Del resto, ci sono centoventi ragazzi di cui
sette Sky sparsi per l'America, non è poi così impossibile che due
di loro siano nati nella stessa zona. Se anche Steve è un Cloud,
allora c'è qualche speranza di poter andare avanti con la ricerca e
trovare Johnatan, anche se ora dovrei abituarmi a chiamarlo Jonah.
Mi faccio coraggio e, senza esitare, compongo il numero di Ellis
sul cellulare, facendo partire la chiamata.
Otto mesi e
ventidue giorni prima.
Coperta da un berretto nero e da
una sciarpa del medesimo colore, entro nel garage abbandonato in cui
io ed Ellis ci siamo dati appuntamento qualche giorno fa.
Naturalmente mia mamma è all'oscuro della mia riconcilizione col mio
vecchio compagno di scuola, ma del resto non sono affari in cui lei
deve ficcare il naso. Se dovesse venire a conoscenza di tutto ciò
che ho sempre fatto finora sicuramente mi rinchiuderebbe in camera
senza cibo né acqua.
"Benvenuta!"
Dopo lo spavento
iniziale, mi giro verso la voce che ha appena parlato, ma la mia
unica reazione è quella di sgranare gli occhi.
Ricordo Ellis
come un bambino abbastanza basso, con i capelli neri un po' troppo
lunghi e un paio di occhi grigi che non si capiva mai se fossero
assenti o meno. Davanti a me c'è decisamente un'altra persona. Il
ragazzo che mi sta di fronte è almeno di un metro più alto, gli
occhi sono sicuramente attenti e i capelli sono legati in una piccola
coda sul retro della nuca con i ciuffi più corti che ricadono ai
lati del viso.
"Ellis?" balbetto, cercando di trovare
almeno una somiglianza col bambino di qualche anno fa.
"Di
solito Steve." sorride lui, stringendomi la mano ironicamente.
"Ma conosciuto anche come Ellis. Ciao, Riley."
Inizio
solo ora a capire le reazioni di Johnatan, dato che dopo aver passato
due anni senza parlare con un amico vedere questo ragazzo è una
gioia enorme. E' veramente assurdo pensare che dopo ben sei anni
rivedo Ellis in una situazione del tutto paradossale, qualcosa che
non credevo nemmeno possibile, in un garage diroccato dopo che è
capitata ad entrambi la stessa cosa.
"Sei cambiata
parecchio." commenta lui facendo un cenno verso di me. "Insomma,
eri una piccola bambinetta che straparlava sempre, ora viaggi su
Internet sotto falso nome con ogni genere di file criptato.
Complimenti."
Alzo le spalle, sorridendogli: "Se è per
questo tu hai mantenuto la tua lieve acidità costante, ma al
compenso per poco non ti riconoscevo. Complimenti anche a te."
Il
moro fa un lieve cenno con la testa, allungando poi il braccio dietro
di sé: "Sono felice di averti ritrovata, Riley, sospettavo che
anche tu avessi avuto a che fare con uno Sky. Quando uno dei nostri
vecchi compagni è passato per casa mia, prima che mi trasferissi, e
mi ha detto che anche tu eri sparita dalla classe, ho capito che
effettivamente non poteva essere possibile. Le persone non spariscono
senza lasciare traccia, no?"
Annuisco, anche se se fosse
stato il contrario probabilmente io non mi sarei posta il
problema.
"Come hai fatto a risalire al mio indirizzo?"
gli chiedo, incrociando le braccia. "Insomma, ero sicura che
fosse impossibile."
"Più o meno." Ellis si siede
sul divanetto distrutto dietro di lui, sospirando. "Hai lasciato
un piccolissimo file senza copertura. Ma ti posso aiutare, se
vuoi."
Annuisco, anche se in realtà l'aiuto che voglio da
lui è ben diverso. A quanto ricordo, Ellis non è mai stato un
ragazzo troppo espansivo, ma so che quando avevo bisogno di aiuto
potevo chiedere tranquillamente a lui. Forse dovrei solo dirglielo e
vedere che reazione ha, del resto non la posso di certo
prevedere.
Così lo guardo negli occhi subito dopo aver preso
fiato: "Voglio ritrovare il mio Sky. Gli ho fatto una
promessa."
Il moro fa un sorrisetto appena accennato,
alzandosi dal divanetto per scrutarmi con attenzione: "Penso che
tutti i Cloud abbiano fatto la stessa promessa al proprio Sky. Anche
io ho detto al mio che lo avrei ritrovato, ed intendo farlo, partendo
esattamente da qui."
Sgrano gli occhi, sentendomi decisamente
sollevata. Sapevo che non potevo essere l'unica a voler rivedere il
mio migliore amico ancora una volta. La parte che mi preoccupa, però,
è il partire esattamente da qui.
"Che vuoi dire?" gli
domando allora, guardandolo dritto negli occhi.
Lui, in tutta
risposta, fa un sorrisetto e si avvicina alla scrivania dietro di lui
per allungarmi poi tre fogli: "Da' un'occhiata."
Anche
se comincio a sospettare che ormai lui sia più scemo di me, abbasso
lo sguardo sui documenti che mi ha passato. Sgrano però gli occhi
quando leggo, sull'etichetta che li raccoglie, il nome che ormai è
diventato parte di me.
'Cloud'
"Mi prendi in giro?"
chiedo spontaneamente, guardando Ellis dritto negli occhi. "Ne
hai trovati altri?"
"Pare che diventare hacker sia un
hobby ricorrente nei Cloud, anche se si tratta di ragazzini di
tredici anni." così dicendo, il moro appoggia l'indice sul
foglio di mezzo. Allegato ad ogni documento ci sono una o due foto
tenute salde da una graffetta, più o meno come si vede nei film
polizieschi. "Questo qui si chiama Philip, ha appena finito la
terza media ed è una sottospecie di genio. Ha criptato ogni genere
di file che potesse permettere il suo ritrovamento, tranne per lo
stesso che hai scordato di nascondere anche tu. Sono riuscito a
contattarlo circa un mese fa, e lui sarebbe d'accordo per unire le
forze e ritrovare i nostri Sky."
"Rintracciarli, dici?"
continuo a guardare le foto, trovando strano avere un fattore in
comune così importante con persone che non so nemmeno esistano.
"Rintracciarli." conferma Ellis, stringendosi la coda
dietro la testa. "E, per chi sarà più coraggioso, arrivare a
vederli. Dopo aver saputo la loro posizione non credo sarò capace di
starmene buono davanti al computer. Ho diverse cose da chiedere al
mio amico."
"A chi lo dici." ridacchio, tornando su
di lui con gli occhi. "Il mio Sky si chiama Jonah, ora. E il
tuo?"
Ellis sembra pensarci un po', per poi schioccare le
dita come se gli fosse finalmente venuta un'idea: "Alakei. Ha un
anno in più rispetto a noi, ma siamo diventati amici più o meno
come tutti gli Sky e i Cloud dato che vivevamo nello stesso
isolato."
Alakei, che nome strano. Sarei curiosa di vedere
che aspetto ha questo ragazzo solo per poter associare un viso a
questo suono.
Comunque annuisco, leggendo poi gli altri due nomi
sui fogli: "Chris Walker, diciassette anni e Lauren Ward,
quattordici anni...E siamo già a cinque Cloud, dovremo trovare gli
altri due."
"Ho bisogno delle tue abilità informatiche.
Per questo ti ho contattata appena ti ho trovata." il moro si
attorciglia attorno al dito uno dei ciuffi che scende di lato al viso
e fa un sorriso. "A casa mia ho la base delle mie ricerche,
potresti venire?"
"Non ho a che fare con queste cose da
due anni." confesso, stringendomi nelle spalle. "Ma per la
questione intera posso anche fare uno sforzo."
Ellis alza il
pollice in alto: "Fantastico, ho anche da poco fatto il
patentino. Sei mai andata in moto?"
Sento il sangue congelare
nelle vene, forse avrei dovuto rinunciare a tutto fin dall'inizio.
Moto? Andiamo, faccio fatica ad adare in bici, figuriamoci ad andare
in moto con un'altra persona. Ellis, però, deve aver visto il mio
momentaneo attacco di panico dato che si trattiene dallo scoppiare a
ridere. Sinceramente non ricordavo il lato di lui che sapesse
veramente divertirsi, ma forse è dato dal fatto che ricordo solo
quel bambino che per qualche strano motivo si faceva chiamare Steve.
"Paura, Riley?" mi domanda sghignazzando, facendo
dondolare la piccola coda dietro di lui.
"Semplicemente non
ci sono mai andata, Ellis."
"Steve." mi corregge
lui alzando le sopracciglia. "Ricordati di non chiamarmi col mio
nome quando saremo con gli altri."
Alzo le mani all'aria,
sbuffando: "Però è strano."
"Ho i miei motivi."
si giustifica lui afferrando il casco da terra che prima non avevo
notato. "C'è la torta di lamponi. Dai, non puoi
rifiutare."
Ecco, ora una torta ai lamponi può fare la
differenze tra la vita e la morte, questo non è affatto giusto.
Insomma, a chi non piace la torta con i lamponi? Nemmeno un piccolo e
depresso Cloud può rifiutare davanti a tanta generosità.
"E
va bene." mormoro alla fine, sbuffando. "Ma vai piano,
okay?"
Il moro fa un inchino verso l'uscita del garage,
sorridendo: "Dopo di lei, madame."
Sei
mesi e quattordici giorni prima.
Corro verso casa Young in
tutta velocità, come al solito sono in ritardo. A mia mamma ho
raccontato una delle solite scuse, non credo abbia bisogno della
verità in questo momento, e come lei nemmeno mio padre dato che
entrambi credono fermamente di avere a che fare con una figlia
responsabile e tranquilla che va spesso a casa della sua amica del
cuore.
D'altronde però troverebbero un po' strano sapere che la
loro figlia Cloud sta frequentando tutto il resto dei Cloud per
cercare di irrompere nel sistema di tutti i ragazzi nati con la
modifica nel cromosoma XY, che tra l'altro vengono propriamente
chiamati solamente 'Xy'.
Oggi, finalmente, è il giorno dove
siamo riuniti tutti sette per la prima volta.
Al momento ho
sentito le voci di tutti quanti solo per telefono, ho portato
avanti le ricerche insieme ad Ellis fino a radunare tutti quanti. Non
è stato facile, lo ammetto, specialmente trovare Nick dato che
sembrava impossibile estrarre il suo indirizzo mail.
"Alleluja!"
alzo gli occhi verso Ellis che, come sempre pettinato con la stessa
codina e gli stessi ciuffi che scendono ai lati del viso, mi sorride
facendomi segno di entrare. "Sempre l'ultima tu, vero?"
"Ho
i miei problemi." mi giustifico, appoggiando lo zaino sotto
l'attaccapanni. "Allora? Sono arrivati tutti?"
"Sì,
Riley, e ti stanno anche aspettando. Devi vederli, sono tutti come
noi due."
Annuisco, ma prima di girare l'angolo per entrare
nel salotto riesco a fermarlo per un polso, facendolo girare verso di
me. Il moro alza le sopracciglia, guardandomi confuso: "Sì?"
"Steve,
io..." non so come dirlo, devo ancora fare pratica con le
parole. "Grazie."
So che un grazie non è quello che si
suol dire in una scena del genere, ma lui sa perché l'ho detto. Sono
solo due mesi che ci siamo ritrovati, ma questi due mesi mi hanno
permesso di riscattare completamente la mia vita, e mi hanno dato la
chance di cercare dove tutti gli Xy finiscono dopo i dodici anni. Non
è di certo Johnatan, ma lo considero come la persona più vicina a
me in questo momento esattamente come lui vede me. Per questo motivo,
infatti, Ellis mi guarda a sua volta sorridendo, facendo scivolare la
sua mano fino a stringere la mia: "Grazie a te."
Dopo
questo piccolo momento di affetto - cosa assolutamente rara -,
finalmente giriamo l'angolo che dà sul salotto e la mia visuale si
apre sugli altri cinque Cloud.
E, se dovessi dire una
caratteristica comune per tutti quanti a prima vista, è che non
siamo abituati ad avere compagnia.
Forse Steve intendeva proprio
questo con l'espressione 'come noi', dato che comunque per le prime
volte non è stato poi così facile prendere la confidenza che
abbiamo ora. In ogni caso, se vogliamo essere una squadra efficiente
e lavorare come tale, dobbiamo fare il possibile per fidarci l'un
l'altro al più presto possibile. Ammetto di essere la prima a
sentirmi a disagio con cinque paia di occhi estranei che mi fissano,
ma se non mi butto mi sa tanto che resteremo qui con
quest'espressione da ebeti dipinta in viso per un bel po'.
"Scusate
per il ritardo!" esclamo cercando di fare un sorriso più carino
possibile. "Ero così agitata che alla fine ho finito per fare
ritardo, chiedo scusa a tutti voi."
"E' sempre così."
mi canzona Steve, affiancandomi con una piccola spinta affettuosa.
"Vi ringrazio per la vostra collaborazione, se lavoreremo
insieme sono sicuro che raggiungeremo enormi risultati, obbiettivi
che nessuno di noi avrebbe potuto nemmeno immaginare singolarmente.
Ovviamente prima però dobbiamo ricorrere al Galateo e cominciare un
po' a conoscerci. Sappiamo che è difficile per voi come lo è per
noi, del resto siamo stati privati del nostro migliore amico e da
allora non abbiamo potuto più avere contatti con nessuno, no? Quindi
forza e coraggio, iniziamo io e Riley giusto per riscaldarci e poi
andrete voi."
Tra
i restanti Cloud ci sono più che altro segni di assenso e
confusione, ma nessuno è apparentemente contrario. La cosa buffa, e
che devo ammettere un po' mi solleva, è che c'è un'altra ragazza
nel gruppo. Non vedo l'ora di conoscerla, credo che sarà la mia
ancora di salvezza quando nemmeno Ellis potrà capirmi.
"Mi
chiamo Steve Young, ho sedici anni e sono un Cloud da sei anni...wow,
sembra un covo di alcolisti anonimi." il moro di fianco a me
incrocia le braccia al petto, ridacchiando mentre passa in rassegna i
presenti. "Ho conosciuto il mio Sky quando avevo quattro anni.
Il suo nome da Sky è Alakei, ha un anno in più di me, e ricordo che
non gli hanno dato nemmeno una settimana da quando mi ha detto che
era un Xy. Con lui sono cresciuto, per me è come un fratello, e sono
determinato a trovarlo. Questo è quanto."
Lancio un'occhiata
ai nostri nuovi compagni d'avventura, e tutti annuiscono come se
sapessero di cosa si sta parlando. Cosa che, effettivamente, è così.
Mi schiarisco la voce, appoggiando la schiena al muro dietro di
me. Ammetto che parlare ad un pubblico, anche se non così vasto, mi
fa uno strano effetto: "Io sono Riley Knight, sono stata in
classe con Steve fino alla quarta elementare, anche il mio Sky ha la
nostra età. Sono diventata Cloud cinque anni fa quando Jonah, il
nome attuale del mio Sky che allora viveva nella casa accanto alla
mia, ha voluto raccontarmi tutto dopo che stava praticamente
esplodendo. Un mese dopo se n'è dovuto andare, ma prima di sparire
ha cercato di dirmi quante più cose fosse possibile dire. Posso
sembrare sconsiderata o irresponsabile, so che la metà di voi non la
pensa come me dalle chiacchierate che abbiamo avuto al telefono, ma
oltre a trovare la sede degli Xy ho intenzione di vedere Jonah. E
questo, per me, è quanto."
"Anche io voglio rivedere il
mio Sky." un ragazzino dai capelli rossicci si alza dal divano,
stringendo i lembi della giacca con una presa abbastanza forte.
Appena alza gli occhi celesti su di me realizzo che probabilmente lui
dev'essere il più piccolo tra tutti noi. "Mi chiamo Philip
Cook, ho tredici anni. Ho vissuto con Cal praticamente la mia vita,
sono un Cloud da solo un anno e qualche mese...Non sono mai stato un
ragazzo in grado di integrarmi bene, e Cal, anche se di un anno più
grande di me, sapeva come farmi sentire a casa. Stavamo abbastanza
distanti come abitazioni, ci siamo conosciuti nel parco che i due
quartieri condividevano, io ero andato lì in bici per fare un giro e
lui aveva portato il cane a fare una passeggiata. Alla fine è nata
così, da lì in poi non ci siamo più separati...so che corro dei
rischi, ma ho solo lui."
"Anche a me resta solo lui, ma
non correrò dei rischi così importanti." il ragazzo vicino a
Philip si alza in piedi, facendo così abbassare il ragazzino. Devo
ammettere che è un po' inquietante dati i capelli e gli occhi molto
scuri, ma in fondo non è così minaccioso. "Mi chiamo Asher
Harrison, sono un Cloud da tre anni. Il mio Sky si chiama Jude, ora
ha quindici anni, io sono più grande di lui di un anno. Ci
conosciamo da quando io ho sei anni e lui cinque, ci siamo conosciuti
perché ho sbagliato mira e, invece di colpire il mio bersaglio con
la freccia ho colpito il suo pallone a due case di distanza. Da lì
Jude è sempre rimasto affascinato dall'arco e dalla freccia, ed è
stato il pretesto che ci ha avvicinati. Gli ho insegnato tutto, anche
se quando ho scoperto che ha il potere di controllare l'elettricità
ammetto di essermi sentito leggermente inferiore per essere sempre
stato così orgoglioso dei miei fedeli arco e freccia." Asher si
interrompe per un istante, guardandomi dritta negli occhi. "Non
sto dicendo che io non gli voglia bene, ma ho una sorella più
piccola a cui badare e i miei genitori non sanno nemmeno che io sia
qui."
"Nemmeno i miei." ribatto, stringendomi per
un attimo le spalle. "Credo che ben pochi dei genitori dei
presenti sappiano che i loro figli si trovano qui. Del resto,
mettiamoci in testa che se ci trovano è la nostra fine, abbiamo
chiuso. Però siamo legati ai nostri Sky, no? Sebbene tutti quanti in
un primo momento ci siamo sentiti traditi, loro sono i nostri
migliori amici. Che tu vada fino in fondo per vedere faccia a faccia
Jude o che tu resti alla nostra base non fa differenza, l'importante
è che tu sia qui."
Il moro fa un sorriso, risedendosi
lentamente: "Resterò, questo è sicuro. Credo solo di non voler
andare fino in fondo."
"Nemmeno io." finalmente la
ragazza prima seduta a gambe incrociate sul tappeto si alza in piedi.
Ora che la vedo forse è un po' più piccola di me, ma ha un viso
piuttosto simpatico dato il naso leggermente a patata, un mare di
lentiggini, due trecce castane che scendono sulle spalle e un paio di
occhi azzurrissimi. "Mi chiamo Lauren Ward, e la penso come
Asher. Il mio Sky si chiama Tom, io ho quattordici anni e lui ne ha
quindici, io sono una Cloud da due anni. Ci siamo conosciuti perché
il giorno del mio sesto compleanno è sbucato fuori questo bambino
dal nulla, giustificandosi dicendo che non aveva mai visto un
palloncino e che si era avvicinato per quello. Siamo stati amici da
quel momento, siamo potuti restare insieme per sei anni, dopodiché
mi ha dimostrato che sapeva leggere nel pensiero e da lì ad un mese
è stato trasferito. So che magari penserete che io sia strana a
dirvelo solo dopo dieci minuti che ci conosciamo, ma è meglio che
sappiate ora che per me Tom non è solo il mio migliore amico.
Eravamo bambini, è vero, e ci siamo anche dati un bacio di quelli
che si danno i bambini scambiandoli per amore eterno. Ma per quanto
io voglia bene a Tom, non posso venire se decideremo di irrompere nel
campo degli Xy...ho paura che possa succedere qualcosa a lui."
Mi
viene da sorridere spontaneamente, tutta questa storia sa molto da
fiaba della buonanotte. Sicuramente avrò parecchio da indagare, ma
per ora non posso fare altro che capirla. Certo, anche io ho pensato
alla possibilità che le mie scelte si possano riflettere su
Johnatan, del resto chi è a capo di tutto questo enorme casino ha
nomi e cognomi di chiunque si sia messo anche solo una volta sulla
sua strada, per questo sarebbe facilissimo risalire allo Sky del
Cloud che commette qualche cretinata.
Accanto a Lauren si alza un
ragazzo dai capelli castani e una montatura nera abbastanza spessa a
nascondere gli occhi dello stesso colore dei capelli. Si schiarisce
appena la voce, infilando poi le mani in tasca e guardandoci uno ad
uno: "Ebbene, dopo tutto questo romanticismo da soap opera, io
sono Christopher Walker, ma ovviamente mi dovete chiamare solo Chris.
Insieme al biondino qui," così dicendo indica il ragazzo biondo
dietro di lui che alza gli occhi di scatto non appena si sente
chiamato in causa. "Siamo gli unici due quasi-maggiorenni qui,
dato che abbiamo entrambi diciassette anni. Il mio migliore amico si
chiama Max come nome Sky, e vi confesso che a volte dimentico il suo
nome reale dato che sono sette anni da che io sono un Cloud...ci
siamo conosciuti perché sua sorella un giorno è venuta a giocare
con mio fratello e lui doveva venire a riprenderla, avevamo entrambi
sei anni. Per la questione dell'irrompere o meno nella speranza di
trovarli io sarei assolutamente pro, ma sono negato con le abilità
atletiche, finirei per far fallire tutto quanto. Forse è dato anche
al fatto che fumo, però poi è soggettivo, no?"
"E' da
idioti." il biondino si alza finalmente dal tappeto,
stiracchiandosi le braccia con nonchalance: "Mi chiamo Nick
Davies, ho diciassette anni e sono quello che qui ha accumulato più
esperienza come Cloud, infatti il mio Sky è stato portato via otto
anni fa. Ho conosciuto Killian quando io avevo appena compiuto tre
anni e lui ne aveva appena compiuti quattro, e siamo rimasti insieme
fino a quando lui ha compiuto dieci anni, poi ha deciso di mostrarmi
la sua influenza sulle emozioni degli altri, diventando così il
primo Sky e facendo di me il primo Cloud. Senza offesa, ma credo che
al momento giusto io farei bene a sorvegliarvi a distanza, sono
l'unico qui che conosce quasi tutto ormai."
Annuisco,
sorridendo in direzione di Nick. Ora sembra che siamo veramente tutti
presenti, questo è davvero l'inizio di qualcosa che cambierà il
corso della storia.
Riguardo i miei nuovi compagni uno ad uno,
cercando di ripassare i nome sperando di memorizzarli in fretta.
Infine, mi giro verso Ellis che, anche se cerca di mantenere
quell'aspetto da duro, riesce a rimanere ancora un libro aperto per
me. Ne sono sicura, questi sei ragazzi saranno la chiave per capire
cosa c'è dietro a tutta questa faccenda e soprattutto per rivedere
Jonah.
00:24
Sabato 4 febbraio
Nuovo
messaggio
Da: sconosciuto
Testo: Voi Cloud cercate di essere
nell'ala est del St.Richard alle 9.30 di sera, noi arriveremo per le
9.40 e vi aiuteremo a salire, una volta al sicuro ti spiegheremo
tutto. Al momento sappi solo che le stanze hanno un corridoio e due
svolte di distanza, quindi vi dovrete separare per un po'. Le
formazioni delle stanze sono Chris, Lauren, Philip e Nick nella
stanza a cui vi condurremo con delle torce, mentre tu, Asher e Steve
sarete con noi. Non preoccupatevi, ognuno è col proprio Sky. Ci
vediamo là. Non fare tardi.
Inviato alle 00:12 del giorno Sabato
4 febbraio
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
SKY cap.5
SKY
CAPITOLO CINQUE
- Let me
go, I will run, I will not be silent -
21:28
Venerdì 10
febbraio
Nuovo messaggio
Da: sconosciuto
Testo: Ci sono dei
cambiamenti di programma. Hanno blindato le porte, quindi dovete
salire dalla finestra. Salirete ognuno da un punto diverso, a questo
messaggio ti allego un'immagine della cartina e dove ognuno salirà.
Non verrà il vostro Sky ad aiutarvi, sarebbe troppo pericoloso. Max
fermerà il tempo per cinque minuti, noi dovremo fare in fretta ad
aiutarvi e a raggiungere le stanze. Tutto chiaro? A tra poco.
Inviato alle 21:25 del giorno Venerdì 10 febbraio
Leggo
velocemente il messaggio, questa non ci voleva. Certo, abbiamo le
corde nel nostro zaino, avevamo previsto una cosa del genere, ma non
che dovessimo essere da soli a salire, lontani dal resto del gruppo.
Personalmente non ho molti problemi, ma penso più che altro a Lauren
e Philip, che essendo i più piccoli del gruppo contavano sull'aiuto
di tutti noi. Spero solo che vada tutto bene.
"Ragazzi!"
raduno tutti i ragazzi intorno a me, sventolando la mano. "Hanno
chiuso le porte, le apriranno solo per far entrare gli Xy. Noi
entreremo dalle finestre vicino alle stanze degli Sky, ognuno da un
punto diverso. Ci rivedremo nelle stanze, okay?"
"Da
soli?" Lauren sgrana gli occhi, guardandomi preoccupata. "Riley,
non avevamo detto così."
"Mi ricordo cos'avevamo detto,
ma non dipende da noi." sospiro, sentendo il cuore battere
velocemente. Dire che sono agitata è minimizzare ai minimi termini
quello che ormai mi sta ribollendo nelle vene. Ho paura, tanta paura,
ma non so nemmeno di cosa. Non so perché dopo avermi mandata via con
tanta freddezza Jonah abbia detto di sì a chiunque abbia avuto
l'idea di sfruttare l'occasione di questa loro piccola gita, a questo
punto poteva risparmiarmi la scenata e forse ora sarei meno agitata.
"Sono arrivati." con un salto Asher atterra giù dal
muretto su cui era appostato, correndo verso di noi. "Li stanno
già dividendo, tra dieci minuti dovrebbero iniziare a tirarci
su."
Annuisco, caricandomi sulle spalle il mio zaino:
"Controllate il cellulare, poco fa vi ho mandato la foto del
punto in cui partirete. Mi raccomando, siate attenti a non farvi
vedere e se ci sono problemi chiamate chiunque di noi che possa
rispondere."
"Stai attenta anche tu." Nick mi
sorride, battendomi il pugno sulla spalla mentre si avvia alla sua
postazione insieme a Chris, Philip e Lauren. Li guardo allontanarsi,
ognuno poi prende la propria strada. Se devo dirla tutta, avrei
preferito essere in camera con Philip. Non ho nulla contro Steve e
Asher, per carità, Steve è come se fosse mio fratello, ma in ogni
lavoro di coppia o di perlustrazione io sono sempre stata con Philip,
e anche se è di due anni più piccolo di me ha sempre saputo cosa
fare o dire al momento giusto. E' un ragazzino molto sveglio,
purtroppo questo mondo l'ha fatto crescere troppo in fretta, avrei
voluto conoscerlo anche se fosse stato un ragazzo come un altro.
"Andiamo, dai." Steve batte la mano sulla mia schiena,
facendomi cenno di seguirlo. "Hai paura?"
Scuoto la
testa, non voglio ammetterlo davanti a lui. Rivedere Jonah dopo
quello che è successo non è così facile, probabilmente sarei meno
agitata ora se diversi giorni fa lui non mi avesse respinta in quel
modo. In ogni caso, però, ora devo essere forte. Abbiamo aspettato
questo momento per un anno intero, sarebbe stupido rovinare
tutto.
"Ci vediamo in camera." Asher mi dà un veloce
abbraccio di rassicurazione. "Stai attenta, okay?"
Annuisco,
rivolgendomi poi verso Steve: "A dopo."
Il moro fa un
cenno, minimizzando tutto come al solito: "A tra poco."
Corro
verso la mia postazione, la luce che filtra dalla finestra è già
accesa. Il muro da scalare non è così basso come pensavo, la stanza
si trova come minimo al terzo piano. Okay, se non mi calmo qui
finisce molto male. Tolgo lo zaino dalle spalle per prendere la
corda, ma non faccio nemmeno in tempo ad inginocchiarmi a terra che
una corda mi arriva in testa dall'alto. Beh, non è di certo un bel
saluto, questo.
Alzo così di scatto la testa, e sopra di me c'è
un ragazzo che ho già visto.
E' tranquillamente appoggiato sul
cornicione mentre mi fissa con un sorrisetto, ha i capelli credo
castani - c'è buio, potrei anche scambiarlo per una donna se non
sapessi che tutti gli Xy sono maschi - che non hanno una pettinatura
precisa, sono più che altro spettinati, anche se non riesco a dirlo
con precisione dato che ha un cappello nero in testa. L'unica cosa
che riesco a vedere bene a causa del riflesso della luce sono i tre
orecchini - un anello e due palline nere - all'orecchio destro e due
palline nere, una sotto e una sopra, al sopracciglio sempre destro.
Mi chiedo se questo tipo sia un punk o cosa.
"Alakei,
giusto?" domando, cercando di parlare a bassa voce.
"Che
brava, ti ricordi di me." lo Sky che in teoria mi dovrebbe
aiutare continua a starsene fermo a fissarmi. Che carino, forse vuole
un autografo.
"Pensi di darmi una mano?" gli chiedo,
stizzita, afferrando la corda che pende di fianco a me e che
teoricamente lui dovrebbe tenere in mano. Infatti annuisce, girandola
poi attorno ad entrambi i palmi delle sue mani.
"Pensi di
farcela semplicemente tenendola in mano?" mi domanda,
guardandomi confuso.
Beh, no certo, la sto tenendo in mano ma non
penso di farcela, sto solo sentendo da che parte tira il vento.
"Direi di sì." rispondo, sbuffando, cominciando
lentamente a salire il muro. La sua presa è salda, per lo meno è
abbastanza forte da reggermi mentre salgo.
"Sei Riley,
vero?"
Grazie per il tempismo, ho proprio voglia di fare due
chiacchiere in questo momento.
Alzo appena gli occhi fino a
scontrare i suoi: "Riley Knight, tanto piacere."
"La
Cloud di Jonah, giusto." il castano annuisce tra sé e sé,
tirando di poco la corda per aiutarmi. "Ellis è venuto?"
Quindi
esiste qualcun altro che sa il vero nome di Steve, alla fine. Questo
mi solleva decisamente, anche se ora come ora sono impegnata a
scalare un muro parlando con un Xy prolisso.
"Ellis è
venuto." confermo, fermandomi un secondo per riprendere fiato.
"Ma all'inizio non voleva."
"Immagino. E tu?
Volevi?"
Scuoto la testa: "No. Ma tutto il resto del
gruppo non ha ancora visto il proprio Sky, e se non venivamo io e lui
nessuno si muoveva, ci saremmo sentiti in colpa fino alla
morte."
"Avete fatto bene." Alakei sorride, tirando
ancora la corda. "Insomma, io e Jonah speravamo che aveste
capito che c'era qualcosa che non andava quella sera che siete
venuti."
Sto per rispondere, ma per la distrazione appoggio
male il piede sulla mattonella in rilievo, strisciando col viso sul
muro e rischiando la caduta a terra se non fosse per una folata di
vento talmente forte da portarmi quasi in cima. Ecco, fantastico,
sembra che dove ci sia Alakei io sia destinata a cadere dai muri.
"In realtà," borbotto, tenendomi aggrappata con una
mano e toccandomi la guancia ferita con l'altra. "Abbiamo
pensato solo che foste due stronzi. Tre, con Cal. Si può sapere
cos'è stato a tenermi su?"
"La mia presa da supereroe e
i miei poteri da superumano." Alakei mi fa l'occhiolino,
sorridendo come un povero imbecille. "Ti sei fatta male?"
"Un
po'." confesso, issandomi per l'ultima volta fino a raggiungere
il cornicione. "Controllo del vento?" chiedo al ragazzo
mentre mi tende la mano per aiutarmi ad entrare.
Lui annuisce,
tirando un sospiro di sollievo appena appoggio i piedi sul pavimento.
Si avvicina a me, scrutando la mia ferita prima di appoggiare la mano
su di essa.
"Ehi, ti stai spingendo un po' oltre, carino."
sbotto, ma prima di ritrarmi sento la guancia improvvisamente
bagnata. Possibile...?
"Non ci sto provando con te, Cloud."
risponde allora il castano ruotando gli occhi - finalmente riesco a
vederne il colore, sono nocciola - al cielo. Ammetto di essere in un
imbarazzo tale che le guance diventerebbero rosse se non fosse per il
fatto che lo sono già a causa dei graffi. Alakei toglie finalmente
la mano, e non appena scivola via sento delle gocce d'acqua cadere
sul collo. Ora è tutto chiaro.
"Elementi, eh?" domando
retoricamente, passando la manica per evitare il disastro sulla mia
maglietta.
Il ragazzo annuisce: "Aria, acqua, fuoco e terra.
Ti ho risparmiato la rottura dell'osso sacro col vento e ti ho
sciacquato la ferita per risparmiarti il dolore con l'acqua, hai già
visto metà delle mie abilità. Complimenti."
Sbuffo
sonoramente, se non fosse per il fatto che se veniamo scoperti siamo
finiti probabilmente me ne starei qui a discutere con lui. Alla fine
però devo lasciar perdere, e mi limito a guardarlo negli occhi:
"Grazie."
Ora che lo guardo meglio, è totalmente
vestito di nero: orecchini e piercing vari neri, capello nero,
maglietta a maniche corte - questo qui è tutto scemo, siamo in
febbraio - nera, pantaloni neri e scarpe nere. Probabilmente ha pure
i boxer neri, ci scommetto. Anche l'altra volta ricordo che Jonah era
vestito allo stesso modo.
"Se non vuoi che i cinque minuti
scadano e che il tempo ricominci a scorrere, ti conviene darti una
mossa." Alakei si sistema il cappello in testa, e noto che,
oltre a tutto il resto, anche il polsino e il braccialetto che
indossa sono neri. Cristo, sembra vestito per un funerale questo
ragazzo. "Ti gira la testa?" mi domanda poi, schioccando le
dita davanti al mio viso.
"No!" sbotto, scacciando la
sua mano. "Andiamo, dai."
"Bella botta che hai
preso." ridacchia lui, mettendo le mani in tasca mentre inizia a
camminare verso la stanza.
Bella botta, eh?
Grazie mille
piccolo mostricciattolo.
Solo una porta ora mi separa
nuovamente da Jonah, l'unica cosa che riesce a darmi sollievo è
sapere che dentro ci saranno anche Asher e Steve.
Vado per
appoggiare la mano sulla maniglia dato che manca solo un minuto allo
scadere dei cinque minuti nei quali abbiamo potuto salire qui, ma
Alakei scaccia la mia mano dal pomello, girandosi verso di me.
"Cosa
c'è?" gli chiedo, appoggiando le mani ai fianchi. Mi domando
cosa passi per la testa a questo individuo.
"Dici che Ellis
mi perdonerà per come l'ho trattato l'altra volta?" il castano
si passa una mano sul viso, facendo tintinnare i piercing. "Insomma,
spero che abbia capito che non potevamo mettervi a rischio. Non
c'erano guardie ed eravamo fuori dalle telecamere, questo è vero, ma
se una guardia fosse venuta fuori all'improvviso per voi sarebbe
stata la fine."
"Lui è qui." rispondo a bassa
voce. "Vuol dire che ti ha già perdonato abbastanza per
mettersi a rischio un'altra volta. Se non ce lo dite noi non possiamo
arrivarci."
"Vi stavamo salvaguardando." Alakei
appoggia la schiena sulla porta, incrociando le braccia mentre con
gli occhi sembra vagare nel passato. "Hai mai fatto caso come,
in presenza di Jonah, nulla ti abbia mai colpita o fatto male? Nel
vostro caso era nel campo degli oggetti e del movimento, ma per me
non valeva così. Quella volta che Ellis è uscito da casa sua
urlando che stava andando a fuoco, e nessuno si è degnato di andare
ad aiutarlo, io sono andato da lui e fingendo di usare l'estintore ho
calmato il fuoco. Nemmeno in quelle occasioni vi abbiamo detto nulla,
no?"
Incrocio le braccia al petto, inarcando le sopracciglia:
"E' del tutto diverso."
"Sembra che tu non provi
emozioni, te l'ha mai detto nessuno?"
Faccio un ghigno
spontaneo, annuendo: "Qualche volta."
Alakei imita la
mia posizione: "Non è una cosa di cui vantarsi."
"Nemmeno
nascondere al proprio migliore amico che lo si sta aiutando lo è."
ribatto, fiera della mia risposta.
"Touché." risponde
lui con un sorriso. "Pronta ad entrare?"
Spiacente: Sky
zero, Cloud uno.
Annuisco, anche se non so effettivamente quanto
io sia sicura. Sto morendo dalla paura, Jonah sarà di nuovo davanti
a me e non so come reagirò appena me lo troverò di fronte. Ho paura
di andare in panico come la scorsa volta, e non voglio. Non voglio
che lui pensi che io sia una ragazza debole, perché sono diventata
molto più forte psicologicamente da quando lui se n'è andato. Devo
cercare di rimanere con la testa sulle spalle, attualmente lui non ha
alcun diritto di pensare di conoscermi. Sono passati troppi anni e
troppe cose ci hanno allontanati sempre di più, io non posso dire di
prevedere lui come lui non può dire di prevedere me. Dopo questo
ragionamento, viene spontaneo chiedersi perché io sia qui, ora.
Ebbene, la risposta non la so nemmeno io. Forse un conto in sospeso,
non lo so, so solo che devo vedere Jonah.
La porta viene aperta
e, per un attimo, il mio cuore smette di battere.
E' solo un
attimo, prima di rendermi conto che ormai sono qui e non c'è più
nulla che io possa fare per evitarlo.
Jonah è seduto sul letto
superiore del letto a castello addossato alla parete destra della
stanza, sotto di lui Asher è seduto vicino a Steve e alla parete
opposta c'è lo Sky di Asher, ovvero Jude. Prima che possa fare o
dire qualsiasi cosa, del tipo domandare a Jonah che accidenti ha da
fissarmi tanto, Steve si catapulta addosso a me, inchiodandomi tra
lui e la porta.
"Cristo, come fai ad essere capace di ferirti
sempre?"
"Semplice," anche Asher si alza,
incrociando le braccia. "Perché è sempre distratta, no?"
Ho
dei compagni di squadra veramente dolci e gentili, diciamolo.
"E
i cazzi tuoi?" rispondo a tono, sorridendo ad Ash. "Voi due
state bene? E' andato tutto come era previsto?"
Steve
annuisce, facendo ondulare la piccola coda dietro la sua testa:
"Tutto normale, il tuo Sky è parecchio forte."
Lancio
uno sguardo a Jonah, che mi sta guardando con un'espressione
indecifrabile: "Lo so." dico soltanto, tornando sui miei
due compagni di squadra. Mi dirigo subito dopo verso Jude,
stringendogli la mano per cortesia: "Tanto piacere, sono Riley
Knight."
"Cloud di Jonah, lo so." il ragazzo - se
non sbaglio della mia età - mi sorride. "Sono Jude, Sky di
Asher."
"Ci siamo presentati tutti?" Johnatan salta
giù dal letto agilmente, tirando su le maniche della felpa
rigorosamente nera. "Se non vi dispiace vorrei medicare
Riley."
Asher, Alakei, Steve e Jude annuiscono, credo che
abbiano tutti quanti parecchie cose da dirsi. In compenso, io non so
quanto me la senta di andare da sola in bagno con Jonah. Sono passati
troppi anni dall'ultima volta che siamo stati in una stanza da soli,
credo che all'inizio ci sarà parecchia tensione, considerando anche
l'ultima volta che ci siamo visti. Presumo di dover pretendere delle
spiegazioni da lui.
Fortunatamente ogni stanza è fornita di un
bagno, quindi non c'è bisogno di esporci a rischio sicuro
raggiungendo i bagni comuni. Prima di seguire Jonah però rivolgo
un'ultima occhiata a Steve, che ricambia con un cenno. Spero che
Alakei riesca a chiarirsi bene con lui, non sopporto vedere Steve
triste, è una cosa a cui sono talmente poco abituata che fa male
vederlo.
Johnatan chiude la porta del bagno con un tonfo,
appoggiando poi la schiena contro di essa. Io sono esattamente di
fronte a lui, con le spalle appoggiate alla vetrata della doccia. A
separarci è solo un metro e mezzo di pavimento.
"Sei
scivolata mentre salivi?" mi chiede avvicinandosi al rubinetto,
bagnando l'asciugamano piegato lì vicino.
Annuisco, guardandolo
mentre si avvicina a me con cautela. Ho sopportato a fatica Alakei
poco fa, non credo di poter sopportare anche questo. Anche se la mia
intenzione è quella di divincolarmi non appena mi vedo chiusa tra
Jonah e la vetrata, resto bloccata senza riuscire a muovere un
centimetro del mio corpo. L'unica cosa che riesco a fare è sgranare
gli occhi, giusto in tempo per vedere il rosso di fronte a me
ghignare e appoggiare la stoffa bagnata sulla mia guancia: "Col
tempo i miei poteri si sono sviluppati." inizia a spiegare lui,
stronfinando delicatamente l'asciugamano sulla mia pelle. "Posso
controllare ogni genere di movimento, ora: umano, animale, vegetale.
Potrei anche invertire il circolo del sangue nelle tue vene e
ucciderti, ma in realtà è una cosa che non tengo a fare."
"Per
fortuna." mormoro, rendendomi conto di avere almeno il controllo
della bocca. "Si può sapere perché mi hai inchiodata
qui?"
"Saresti andata via non appena mi fossi
avvicinato, non è così difficile da capire." Johnatan
allontana l'asciugamano dalla mia guancia, guardandomi negli occhi.
Un brivido mi attraversa la schiena, non ricordavo i suoi occhi così
verdi. O meglio, forse non ricordavo lui e basta. Non posso
pretendere di avere tanti ricordi di quasi quattro anni fa. "Alakei
a volte è un po' sbadato. Se ci fossi stato io, tu non ti saresti
fatta niente. Mi dispiace."
Lo guardo a mia volta negli
occhi: "Come quando, quella volta che c'era la neve e stavamo
facendo il pupazzo, il ramo è saltato via prima che riuscisse a
graffiarmi. Sei stato tu, non è così?"
"Vedo che
alcune cose cominciano a chiarirsi, finalmente."
"Jonah-"
sento il mio corpo farsi improvvisamente più pesante, adesso ne ho
di nuovo il controllo. Mi avvicino così a lui mentre cerca di lavare
via il sangue dall'asciugamano. "Chi era a mandarmi quei
messaggi? Perché non mi avete detto con chi stavo parlando?"
"Ti
sembra una domanda da fare?" il rosso si gira a guardarmi con un
ghigno divertito. Sono veramente felice che tutto questo lo stia
divertendo. "Se qualcuno avesse intercettato i messaggi sarebbe
stata la fine. Eravamo io e Alakei, una volta dal mio e l'altra dal
suo telefono per evitare che la fonte fosse la stessa."
Annuisco,
ora è tutto chiaro. Certo, non tutto tutto, ma una parte comincia ad
avere la sua spiegazione. Se non approfitto di questo momento,
però, non potrò lamentarmi se non avrò le risposte di cui sono in
cerca. In fondo, davanti a me ho colui che dovrebbe essere il mio
migliore amico, non posso essere rimasta veramente senza parole.
Johnatan si avvicina nuovamente al mio viso, scartando e
attaccandomi addosso un cerotto abbastanza grande da proteggere il
taglio.
"Perché te ne preoccupi tanto?" gli chiedo non
appena si allontana, provocando la sua confusione.
Certo,
sembrerebbe una domanda ovvia, ma la risposta non lo è
affatto.
"Forse perché sei ferita." risponde allora
lui, strizzando l'asciugamano. "Non vedo perché non dovrei
preoccuparmi. Che domande fai, Riley?"
"Se ti sta così
tanto a cuore, allora," prendo un respiro, appoggiando la mano
sul cerotto. "Perché l'altra volta sembrava che io fossi
l'ultima persona che tu avresti voluto vedere?"
Il rosso
sgrana gli occhi, forse questa domanda gli sembra ancora più stupida
di quella di prima. Ma io ho bisogno di sentire quello che ha da
dire, di sapere ciò che non ci siamo detti per tutti questi anni. Mi
prende così per le spalle, avvicinandomi al suo viso: "Mi stai
prendendo per il culo, Riley? Ti pare che potessi farti le feste
quando eri nell'istituto super segreto degli Xy e dove potevano
sbatterti in prigione da un momento all'altro? Sinceramente non so
cosa diavolo avete combinato per trovarci, ma so solo che da quella
sera ho saputo che dovevo parlarti, per questo ho deciso di sfruttare
quest'occasione. Mi dispiace se ti ho fatta stare male, ma se ti
avessi abbracciata come al solito non saresti più andata via,
capisci?"
"Come al solito?" ripeto, stizzita,
allontanandomi da lui. "Come puoi parlare di 'solito' quando non
ci vediamo da cinque anni? Potevi dirmelo, accidenti, vedo che le
parole per mandarmi via ce le avevi!"
"Ma perché non
vuoi capire?" come se non bastasse tutto quanto, ha anche il
coraggio di piacchiarsi la mano sul viso, sbuffando. "Non vedi
che ora ti sto spiegando tutto? Se fossi veramente quello che ti ho
mostrato l'altra volta ora non saresti nemmeno qui. Renditi conto che
l'ho fatto per il tuo bene."
Lascio cadere la testa
all'indietro, sono stanca di questa storia. L'unica cosa che voglio
ora è tornare indietro nel tempo, quando ancora non sapevo dei
poteri di Johnatan, quando ancora non sapevo dell'esistenza dei Cloud
e degli Sky. A quel tempo la vita era decisamente più facile, darei
tutto adesso per cambiare il presente.
"Riley." mi
sento chiamare di nuovo da lui, ma non appena tiro su la testa, sento
il calore del suo corpo attorno al mio e le sue braccia che mi
cingono la vita. Ricordo di aver capito che gli Xy hanno una
temperatura corporea maggiore a noi dopo aver messo insieme tutti i
dati di noi Cloud, ma ora lo sto sperimentando per la prima volta
dopo averlo realizzato. Non so bene perché mi stia abbracciando dopo
quello che ci siamo detti, ma probabilmente è per farmi tacere. Se è
realmente per questo motivo, in ogni caso, missione compiuta. Mi
sembra di ritornare bambini, quando ci abbracciavamo per un nonnulla
ed essere stretta a lui sembrava la cosa più sicura del mondo. Anche
ora, in effetti, riesce a darmi la stessa sensazione. Questo calore
sovrannaturale che mi avvolge, molto più forte di un tempo, sa
ancora di casa. Non dovrei sentirmi così, dopo tutto il tempo
passato a convincermi a non lasciarmi andare alle emozioni, ma non
riesco a rimanere impassibile in questo momento. Era da cinque anni
che aspettavo un suo abbraccio, e benché io sia stanca, stufa di
tutto, arrabbiata e ferita, questo è un momento bellissimo, del
quale non voglio, e non riesco, fare a meno.
"Lo so cosa
pensi di me, ora." inizia lui sottovoce, parlando dritto al mio
orecchio. "So che non ti fidi più di me come un tempo, ma so
anche che per essere qui allora qualcosa è rimasto. Ti prego di
ricordare com'era la nostra amicizia, perché per me non è cambiata.
Sono cambiato io ed è cambiato il mio modo di agire verso di te, ma
non quello che c'era. Per tutti questi anni ho solo cercato di
proteggerti, anche mandandoti via ti stavo salvaguardando. Sei la mia
Cloud, no? Io sapevo a cosa andavo incontro quando ti ho rivelato dei
miei poteri, ma sapevo che se eri tu, allora avrei accettato
qualsiasi conseguenza."
Deglutisco, perché al momento non ho
parole. Se è veramente come dice lui, allora tutta questa fatica non
è stata vana.
Mi fido di lui?
Non posso dirlo con certezza,
ma mi fido del ricordo che ho di quando eravamo più piccoli.
Attualmente è quella l'unica certezza che ho, e forse non dovrebbe
bastare, ma per me è sufficiente.
"Per tutti questi anni ho
avuto paura che tu non fossi più lo stesso. Anche stasera, avevo il
terrore di entrare in questa stanza e realizzare che per te non ero
altro che una seccatura."
"Lo sei, infatti." il
rosso ridacchia, allontanandosi leggermente da me, sfiorando la
guancia dove poco fa ha messo il cerotto. "Ma sei la seccatura
che volevo vedere da cinque anni."
Faccio una smorfia,
scuotendo la testa: "Sempre simpatico, eh?"
"Sempre."
ripete lui, sfoderando un sorrisetto che non vedevo da troppo tempo.
"Che dici, raggiungiamo gli altri?"
Annuisco, uscendo
finalmente da questo bagno.
Come immaginavo, sul letto a castello
di sinistra trovo Asher e Jude che parlano di qualcosa che non riesco
a capire, mentre sul letto opposto Steve e Alakei ridono come due
idioti. Quest'ultimo si gira verso di noi, sistemandosi - penso abbia
un tic o qualcosa del genere - il cappello in testa: "Alleluia!
Cosa ci voleva a mettere un cerotto?"
"Pensa per te."
borbotta Jonah in tutta risposta, rivolgendomi poi un sorriso.
Sembra
incredibile, dopo così tanto tempo, che le cose si siano sistemate.
Certo, ci sono ancora moltissimi punti di domanda, ma abbiamo già
cominciato a chiarirne qualcuno. Del resto, come ha detto lui, se non
avessi più un briciolo di fiducia non mi troverei qui.
Anche se,
più che di fiducia, dovremmo parlare di speranza.
"Tra un
po' passa il controllore." Jude si alza dal letto,
stiracchiandosi leggermente. "Vi conviene andare in bagno,
Cloud. Se vi beccano sappiamo tutti che siamo morti."
Lancio
un'occhiata a Steve e poi ad Asher, per poi annuire
contemporaneamente.
Anche se vorrei stare con Jonah, in questo
momento sta a me salvaguardarlo, quindi chiudo la porta del bagno
dietro di me, appoggiandovi la schiena contro. Non so cosa si siano
detti Jude e Asher o Steve e Alakei, ma a giudicare dal sorriso sui
visi dei miei compagni di avventure direi che è andata bene. Sono
sollevata, più di quanto mi aspettassi, anche se sto rischiando la
mia libertà sento che va tutto bene. E' da quasi due anni che sto
lavorando per arrivare dove sono ora, ed aver raggiunto il mio scopo
riesce a farmi dimenticare tutto ciò che ho dovuto passare.
E
questo, lo giuro, sembrava fosse impossibile.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
SKY cap.6
SKY
CAPITOLO SEI
- Let me love you when you come undone -
Mi rigiro forse per la milionesima volta su questo maledettissimo letto, ma il sonno non vuole arrivare.
Non è la stretta vicinanza con Jonah ad impedirmi di
abbandonarmi tra le braccia di Morfeo, ma più che altro un caldo
assurdo, causato dai due centimetri che separano il mio corpo da quello
del mio Sky. Non mi ero nemmeno posta il problema fino alle una e
mezza, ovvero quando abbiamo deciso di andare a dormire, di dove avrei
dormito. Asher e Steve se la sono cavata sui due letti lasciati liberi
(dato che ci sono due letti a castello e uno singolo), ma gli stronzi
hanno deciso che non avrebbero mai dormito con Jude e Alakei,
perciò a loro parere la situazione meno imbarazzante sarebbe
stata che io dormissi con Jonah. Di sicuro me la pagheranno, ma il
problema principale ora è che stanno tutti dormendo tranne la
sottoscritta, che sembra essere in una sauna. Tra l'altro Jonah, non
capisco come, ha il coraggio di tenere le coperte fino alle orecchie,
sommergendo anche me, come se non bastassero i dieci gradi in più
che emana lui.
Mi trovo costretta così a dire addio a questo comodissimo
materasso, scendendo cercando di fare meno rumore possibile, anche se
sembra che la rete sotto questo letto sia fatta apposta per
scricchiolare ad ogni respiro che faccio. Appena i miei piedi toccano
il pavimento gelido sento un sollievo tale da farmi sorridere come una
deficiente, fortunatamente però c'è buio. La temperatura
comunque, anche fuori dalle coperte, risulta troppo elevata, portandomi
così ad addocchiare la finestra che porta alla piccola terrazza
della stanza. Mi piace come gli idioti che hanno organizzato questo
viaggio abbiano separato gli Sky dal resto degli Xy ma hanno dato loro
una camera con terrazza, mossa molto inteligente e ben pensata,
complimenti.
Cercando di fare meno rumore possibile apro la porta-finestra,
lasciandola leggermente aperta per non fare lo stesso casino quando
deciderò di rientrare, che di sicuro non sarà nella prima
mezz'ora. Ho assolutamente bisogno di respirare.
Giusto per non annoiarmi troppo prendo il cellulare dalla tasca,
sbloccando lo schermo. Effettivamente non lo controllo da parecchie
ore, non vorrei essermi persa qualcosa. Come immaginavo, però,
nessuna novità. Tutti i miei compagni hanno solo scritto di
essere arrivati sani e salvi alle loro camere, ogni messaggio con
qualche secondo di differenza dal precedente.
"Questa gioventù bruciata dalla tecnologia!"
Alzo gli occhi di scatto, e dopo quattro infarti consecutivi mi rendo
conto che si tratta solamente di Alakei. Tiro un sospiro di sollievo,
mettendo via il cellulare.
"Puoi trovare un altro modo per spuntare fuori, la prossima volta?" gli
chiedo a bassa voce, sperando che noti il disappunto nella mia voce.
Il castano però sembra non darci peso, e invece si siede a gambe
incrociate di fronte a me. Al chiaro di luna i suoi piercing sono molto
più eleganti di quanto non possano sembrare con la luce
artificiale, e finalmente, dopo quattro ore, vedo i suoi capelli senza
quel fastidioso cappello nero. Nero, strano eh?
"Non riesci a dormire?" mi chiede raccogliendo le ginocchia al petto.
"Se è così ti capisco, io mi faccio caldo da solo. Posso
immaginare quando possa essere caldo Jonah."
Annuisco, osservandolo mentre dalla tasca dei pantaloni sfila un
pacchetto di sigarette. Ora ha perso tutti i punti che aveva,
sempre ammesso che ne avesse preso qualcuno.
"Non dirmi che fumi, dai." brontolo, guardandolo male. "Anche uno dei
nostri fuma, e cercare di correre nelle situazioni di pericolo con lui
è parecchio difficile dato che ha una resistenza pari a quella
di un ermellino."
"Gli ermellini sono resistenti." ribatte lui, accendendosi la sigaretta
dopo essersela portata alle labbra. "Andiamo Cloud, consentimi almeno
questo. E' una delle poche cose normali che ci permettono di fare."
Scuoto la testa, non potrei essere più in disaccordo: "Ci sono
milioni di cose normali che non ti uccidono, perché dovevi fare
proprio questa?"
"Te lo ripeto, non ci fanno fare tante cose normali." Alakei scuote la
sigaretta fino a far cadere la cenere a pochi milimmetri dai miei
piedi, guardandomi poi negli occhi. "Non puoi immaginare com'è
la vita là dentro. Ed è meglio per te che sia
così, credimi."
Sembra che questi ragazzi non sappiano fare altro che mettere in
confusione la mia testa ogni volta che aprono bocca. Sospiro, cercando
di non inspirare il fumo che Alakei ha appena buttato fuori,
guardandolo a mia volta negli occhi: "Allora dimmelo tu. Cos'è
per voi la normalità e cos'ha di diverso dalla nostra?"
"Tanto per cominciare, noi Sky siamo tenuti distanti dagli altri come
se reincarnassimo la peste." il castano fa un leggero sorriso,
rigirandosi la sigaretta tra le dita. "Non siamo trattati come normali
Xy, e si può notare già dalll'inizio, quando ci concedono
al massimo un mese per metterci nell'ordine di idee di dover cambiare
vita e di dover abbandonare tutto quanto sia che abbiamo dodici anni
sia che ne abbiamo otto, basta solo dire una parola riguardo al nostro
potere ed è fatta, diventiamo Sky. Per dirtene un'altra, abbiamo
lezioni separate da tutto il resto dei ragazzi, ci alleniamo in una
palestra apposta per noi e le nostre camere sono relegate al piano
più basso. Gli unici momenti che possiamo condividere con gli
altri Xy sono i pasti e quell'ora di libertà che ci concedono di
sera, dove ognuno può fumare, ascoltare musica, guardare film,
chiacchierare con gli amici...cose normali, insomma. Cose che possiamo
fare per un'ora soltanto."
Annuisco, il mio desiderio di saperne di più è sempre
più grande. Così imito la sua posizione, esortandolo a
proseguire: "E cosa fate durante il giorno?"
Alakei traspira ancora una volta: "Beh, un po' di cose. Ad esempio, il
martedì ci svegliamo alle sei e abbiamo allenamento dalle sette
alle dieci di mattina, allenamento di base dove miglioriamo solo le
abilità atletiche. Dalle dieci all'una abbiamo lezioni normali,
come se fossimo in una scuola di città: storia, matematica,
geografia, fisica, chimica, un po' di tutto, che ne so. Dall'una alle
due poi c'è la mensa, dalle due e mezza alle cinque c'è
l'allenamento del proprio potere, per imparare tecniche di controllo e
metodi di utilizzo. Essendo l'unico degli Sky col controllo dei
quattro elementi, per esempio, sono da solo durante questo allenamento, mentre tutti
gli altri Xy si allenano in gruppo. Dalle cinque alle sette ci sono
concesse due ore per la doccia e un po' di riposo, dalle sette alle
otto e mezza c'è la cena e dalle nove alle dieci c'è la
nostra ora libera. Questo è il mio martedì. Figo, vero?"
Ridacchio appena: "Molto figo, veramente. Non sembra proprio una vita adatta ad un normale adolescente."
"Cos'abbiamo noi di normale, Riley?" Alakei mi guarda negli occhi,
sfregandosi le braccia lasciate scoperte dalla maglietta a maniche
corte. Devo ammettere che il suo sguardo è seriamente più
glaciale di quanto non possa sembrare. "Siamo una sottospecie di mostri
che vengono addestrati come se
fossero un esercito secondo le dispozioni di chissà chi. Veniamo
allenati come macchine da combattimento senza pensare nemmeno un attimo
che, magari, a diciassette anni si hanno altre ambizioni. Non punto ad
andare al college di Oxford o a diventare il presidente d'America, ma a
me basterebbe poter uscire con gli amici, andare al bowling, avere una
ragazza, fare dei piani con lei...tutto questo ci è stato
precluso al momento del nostro primo esame del sangue, quando hanno
trovato il cromosoma modificato. Jonah ed io parliamo spesso della vita
che vorremmo vivere se non fossimo ciò che siamo, ma a volte
dà veramente fastidio parlarne e sapere che si tratta solo di
una fantasia."
Resto interdetta, probabilmente vista dall'altro lato è
veramente una vita tremenda. Certo, avere un potere sovrannaturale
dev'essere bellissimo, ma sarebbe ancora più stupendo se si
avesse la libertà di esercitarlo fuori da una prigione come
l'istituto in cui sono tutti costretti a vivere. In fondo si tratta di
adolescenti di cui nessuno sa l'esistenza, è un vivere senza
veri amici che possono aiutarti durante la crescita.
"Magari no." rispondo a bassa voce, forse non so nemmeno io cosa sto
per dire. "Credo che le cose si possano sempre cambiare. Se c'è
qualcosa che ho imparato dall'essere un Cloud, è che non
è mai detta l'ultima parola. Insomma, guarda dove siamo ora. Ti
pare possibile?"
"E i tuoi che dicono di tutto questo?" lo Sky di fronte a me lascia
cadere il filtro dalla terrazza, ormai bruciato, facendo un sorrisetto.
"Sono contenti che tu stia rischiando la vita?"
Scuoto la testa: "Non sanno che io sono qui. Non sanno dove sono dalla
sera in cui siamo venuti all'istituto, mia madre mi ha cacciata di
casa." devo trattenere le risate, pensare a quella scena è
esilarante. "Ha detto che la stavo facendo diventare matta rientrando a
casa a tutti quegli orari assurdi, perciò ha detto che potevo
stare dall'amica da cui lei pensa che io stia sempre fino alla revoca
dell'ordine. Attualmente sto nel nostro rifiugio dove si trovano i
computer e tutti i file da cui sono partite le ricerche."
"Sei matta?" Alakei mi guarda storto, direi che ha un'espressione di puro disappunto. "Hai sedici anni e vivi in un
rifiugio senza nessun altro? Come fai se hai bisogno di qualcuno?"
Alzo tranquillamente le spalle: "Non ho bisogno di nessun altro al di
fuori del mio gruppo, non ne ho mai avuto. Sto bene dove sono ora."
"E così ti va bene questa sopravvivenza? Ti sta bene vivere la tua adolescenza come una criminale?"
Questo io non lo chiamerei esattamente un ringraziamento per la
riconciliazione tra due migliori amici grazie appunto alla mia indole
criminale.
Così scuoto la testa: "Non sto facendo del male a nessuno. Dal
momento in cui Jonah è diventato Sky e io sono diventata Cloud
ho capito che non era tutto lì, la mia realtà era molto
più insidiosa di quello che avevo immaginato fino ad allora. E
non potevo lasciar correre."
"Un'esistenza avventurosa, parli di questo?" il castano mi guarda, oserei dire che è incuriosito.
"No." rispondo, facedo un sorriso. "Parlo di un'esistenza spesa per chi merita."
Alakei sembra stupito dalla mia risposta, è come se non sapesse
più cosa dire. Mi guarda cercando forse di trovare le parole
giuste, ma immagino che sia difficile. Purtroppo le nostre
mentalità sono distanti anni luce, non credo ci sia modo di
farle combaciare.
"Non si può dire che tu sia una ragazza pigra." conclude con un
sorriso, alzandosi per poi tendermi la mano. "Se vuoi puoi dormire sul
mio letto, io non ho più sonno."
Annuisco, questa è proprio una bella idea.
Appena rientriamo però è buio pesto, infatti manca poco
all'impatto tra me e il muro se non fosse per una luce improvvisa che
viene da Alakei. Mi giro di scatto, trovandolo col palmo della mano
rivolto verso l'alto e una fiamma che scoppietta sopra di essa. Questa
è una delle cose più meravigliosamente inquietanti che io
abbia mai visto.
Faccio finta di fare un inchino provocando la sua risata, riuscendo
così a raggiungere il suo letto - sopra quello dove sta
dormendo Steve - e a stendermi su di esso. Do un'ultima occhiata allo
Sky che sta facendo vibrare la fiamma sopra la sua mano, salutandolo
con un cenno. Lui risponde agitando la mano libera, spegnendo subito
dopo il fuoco. Bene, per ora direi di dormire e cercare di recuperare
quante più energie possibili, domani - o meglio tra tre ore -
sarà una giornata parecchio impegnativa.
"Riley? Ehi, Riley, svegliati, forza!"
Apro lentamente gli occhi, sembra che una forza maggiore non voglia
farmi dormire. Davanti a me, con i gomiti appoggiati sul materasso, c'è
il volto esasperato di Jonah. Sono così difficile da svegliare?
Non c'è nemmeno tanta luce, il cielo fuori è appena
chiaro ma sono quasi sicura che il sole non sia ancora sorto.
"Cosa c'è?" domando, sentendo la mia voce parecchio impastata dal sonno.
"Stiamo andando a lezione." il rosso indica la porta con un cenno. "Tu
dormi tranquilla, anche i tuoi compagni stanno dormendo. In pausa
pranzo cerco di venire a portarvi qualcosa, così ti faccio un
saluto. Va bene?"
Sorrido, anche se forse non c'è un motivo. Sorrido perché
tutto questo è talmente bello da essere incredibile: Johnatan
che finalmente è qui davanti a me e mi parla come se nulla fosse
mai accaduto.
"Ve bene." rispondo solamente, annuendo. "Ci vediamo dopo, Jonah."
"Fai la brava." il rosso mi pizzica leggermente la guancia, rivolgendomi un sorriso gentile. "Ci vediamo dopo."
Faccio un breve cenno con la testa, ripiombando subito dopo nel mondo dei sogni.
Se ciò che sto vivendo è uno dei miei soliti sogni, spero di non svegliarmi mai.
"Si può sapere chi ha fatto tutto quel casino stanotte?"
Io e Steve ci giriamo di scatto verso Asher, finalmente ha avuto la decenza di svegliarsi.
"Colpa mia." rispondo, legandomi i capelli in una coda. "Poi Alakei mi
ha concesso di dormire sul suo letto verso le quattro di stamattina.
Avete dormito bene, voi?"
"Mh-h." Asher si alza dal letto, stiracchiandosi per bene. "Chiamiamo gli altri, che dite?"
Io e Steve ci guardiamo contemporaneamente, scoppiando poi a ridere.
Ammetto che a volte Asher sa mettere paura, ma altre volte è proprio
sbadato.
"Beh? Cosa c'è?" chiede lui, ovviamente stizzito, appoggiando le mani sui fianchi.
Io e Steve ci guardiamo come per chiederci a chi spetterà
l'onore di dirlo, ma alla fine vado io: "Magari prima di chiamare gli
altri potresti mettere i pantaloni, che ne pensi?"
Asher sbuffa, scuotendo la testa: "Siete proprio due bambini, accidenti. Non sono mica nudo."
"Abbiamo solo un anno di differenza, insomma." Ellis incrocia le
braccia, trattenendosi ancora dal ridere. "Per lo meno io me li rimetto
i pantaloni dopo che ho dormito."
"Ma mi sono appena svegliato!"
Scuoto la testa, ridendo. Se non ci fossero loro probabilmente sarei persa, anche se a volte sono quasi difficili da sopportare.
Sento però improvvisamente il telefono vibrare, così controllo -
ovviamente dopo aver inserito tutti i codici - sulle chat, trovando un
messaggio da parte di Philip.
Da: Philip
Gruppo: Cloud
Testo: Siamo nei guai. Qualcuno deve aver sentito qualcosa, stanno
bussando alla porta. Cerchiamo di calarci giù dalla finestra, ci
servirebbe che qualcuno venisse ad aiutarci, ci stanno mettendo alle
strette.
"Cazzo." borbotto, scattando subito in piedi. "Dobbiamo andare giù, hanno scoperto gli altri."
"Cosa?" Steve e Asher si allarmano, come è giusto che sia, e senza
dire più una parola ci catapultiamo fuori. Ellis fa strada, del
resto lui era l'incaricato di studiare questa struttura proprio nel
caso in cui fosse successo ciò che effettivamente sta
succedendo. Corriamo senza più guardarci, col tempo abbiamo
imparato anche a capire senza parlare o avere la certezza di esserci.
Probabilmente anche questo è uno dei punti di forza del gruppo,
anche se c'è comunque un margine piuttosto alto di
miglioramento.
Manca solo una svolta all'altra camera degli Sky, e in effetti ci sono
due adulti in divisa che stanno bussando alquanto insistentemente. Il
problema è che se il problema è scendere con la corda, se
ci mettessimo anche noi probabilmente andremo ancora più lenti
di Philip, Lauren, Chris e Nick.
"Scendiamo per le scale." propongo, correndo verso le scale d'emergenza
all'esterno. Certo, così facendo cresce smisuratamente il
rischio di essere visti, ma non possiamo fare altrimenti. Appena
arriviamo giù quindi ci dirigiamo sotto la finestra, trovando
già Chris a terra e Nick in procinto di scendere.
"Dovevate far scendere prima Lauren e Philip!" sbotta Asher, ma se ci
avesse pensato un po' di più avrebbe capito che la strategia
più giusta da adottare era questa.
"E se cadevano chi li prendeva?" lo canzona Nick, direi quasi giustamente, atterrando con un salto.
Ash sbuffa, rimanendosene zitto. Bene, non è il caso di altre rogne, ora.
Lauren inizia velocemente a calarsi, e Philip subito dopo di lei.
Sebbene i due siano entrambi leggeri, ho veramente il terrore che
quella corda non regga. Tra l'altro stanno scendendo più
velocemente possibile, dondolando decisamente più del dovuto.
Vorrei gridare loro di fermarsi e di procedere con più calma, ma
urlare corrisponde a far saltare la loro copertura, e saremmo tutti
quanti nei guai.
Improvvisamente però, succede ciò che stavo temendo di più.
La corda si spezza poco dopo il cornicione, riservando a Lauren un volo
di sette metri e a Philip un volo di nove. Mi sento morire, Chris e
Nick corrono sotto di loro per cercare di prenderli, ma è
veramente difficile. Chiudo gli occhi preparandomi al peggio, ma prima
che possa sentire il tonfo per terra sento un sospiro di sollievo
provenire da tutti quanti.
Non si sono schiantati al suolo?
Apro gli occhi di scatto, capendo il sollievo di tutti.
Dietro di noi, sette ragazzi vestiti completamente di nero stanno
sorridendo come se avessero la situazione in pugno. E, in effetti,
è proprio così.
"Spiegami solo come." biascico rivolgendomi a Jonah, impegnato intanto a far scendere lentamente Lauren e Philip.
Il rosso annuisce: "Cerca di seguirmi: Tom ha sentito il pensiero di Lauren e Cal quello
di Philip, Max ha fermato il tempo per quattro minuti per aggevolare Alakei
e Jude, che mettendo insieme controllo dell'acqua e controllo
dell'elettricità hanno fatto saltare la corrente in tutto lo
stabile per deviare tutti i prof per di lì. Nel frattempo,
Killian ha fatto dimenticare ai due tizi alla porta rendendoli felici
come se fossero in trip che stavano cercando di entrare col controllo
delle emozioni, e io ho serrato la porta del contatore della corrente.
Lavoro di squadra."
"Immagino che funzioni così anche per voi." rispondo, facendo
due passi indietro per tornare nel mio gruppo. E finalmente, dopo quasi
due anni, Cloud e Sky sono gli uni di fronte agli altri.
Ognuno è di fronte al proprio Sky, sembra quasi uno scherzo a
vederci messi così. Tutti quanti però, al contrario di
ciò che mi aspettavo, stanno sorridendo. Noi Cloud e anche tutti
loro Sky, stiamo sorridendo. Aspettiamo questo momento da troppo tempo,
ed essere qui ora credo sia uno shock per entrambe le parti. Uno shock,
però, tanto atteso.
Anche se è la prima volta che li vedo, mi sembra di conoscerli
già tutti quanti da quanto ne abbiamo parlato, ovviamente
però tenendo il loro vero nome segreto.
Senza fare nomi o altro, i fondatori di entrambi i gruppi fanno
improvvisamente un passo avanti, io compresa. E' come tra due squadre,
quando i capitani si salutano. Max e Killian per gli Sky, io e Steve
per i Cloud. Il concetto di come si sia stabilito chi siano i leader
è leggermente differente per i due gruppi: nel primo, i leader
sono i primi due Sky mai esistiti, per questo anche i più vecchi
di età, con diciotto e diciannove anni. Nel secondo, invece, io
e Steve lo siamo diventati senza una particolare regola, semplicemente
siamo stati noi ad iniziare tutto.
Ed ora, per la prima volta, ci stiamo fronteggiando.
"A nome di tutti noi," Killian si fa avanti, andando dritto di fronte
ad Ellis. "Complimenti. Siete stati bravissimi, pur non avendo alcun
genere di potere vi siete mossi meglio di come probabilmente avremmo
potuto fare noi."
"Ci siamo divertiti." risponde allora Steve, annuendo. "E' stato un
buon modo per riprenderci dalla vostra partenza, per tutti quanti,
anche a distanza di anni. Quindi grazie."
Il ragazzo biondo accanto a Killian, Max, si avvicina a me: "Allora
Jonah non sbagliava quando diceva che saresti stata capace di fare la
rivoluzione. Non è poco ciò che hai fatto per una ragazza
della tua età."
"Solo perché tu hai diciotto anni non vuol dire che io sia
piccola." ribatto allora, sorridendo allo Sky di Chris di fronte a me.
"Siamo veramente contenti di essere di nuovo qui con voi, anche se
abbiamo appena rischiato di essere scoperti, certo."
Max e Killian sorridono, ma il sorriso che riesco a vedere prima di
tutti è quello di Jonah. Lui, che accanto ad Alakei mi guarda
con un'espressione sollevata, la stessa che ho io.
"Non per rovinare l'atmosfera, ma dovremmo tornare a lezione." lo Sky
di Lauren, Tom, si fa avanti alzando la mano. "Vi ricordo che il tempo
ha già ripreso a scorrere."
Max e Killian annuiscono, e quest'ultimo agita la mano: "Ci vediamo stasera, Cloud!"
Tutti noi ricambiamo con lo stesso saluto, osservando i nostri
completamente-vestiti-di-nero amici. E' una tristezza vederli girare,
devo ammetterlo.
Controllo l'orologio per l'enesima volta, il tempo sembra non passare mai.
Siamo tutti e sette raccolti nella camera di Alakei, Jonah e Jude dato
che volevamo evitare spiacevoli incidenti, non si sa mai che a quei due
tipi possa tornare in mente di dover entrare nella camera degli altri
quattro Sky. Abbiamo passato la mattinata a raccontarci come era andata
la nostra rispettiva riconciliazione col nostro Sky, ma dalle tre non
abbiamo avuto più niente da dirci. Ora Philip e Asher stanno
chiacchierando da tempo indeterminato, Steve sta scrivendo qualcosa
sul suo quadernino degli appunti, Chris è steso sul letto di
Jonah e sta dormendo, Nick sta giocherellando col suo cellulare, Lauren
è stesa sul letto di Jude, io su quello di Alakei, e stiamo entrambe
ascoltando la musica. Sembriamo un gruppo di adolescenti depressi a
vederci così, lo giuro.
Probabilmente è anche colpa della tapparella completamente
abbassata, l'unica luce è quella dell'abat-jour che è
accesa da qualcosa come cinque ore. Del resto se non ci vogliamo far
vedere questo è il prezzo da pagare.
Chiudo gli occhi per un istante, ma non faccio nemmeno in tempo a
respirare che il lampadario viene acceso improvvisamente, causandomi
uno shock alla vista non da poco. Fortuna vuole che non è
qualcuno che ci ha scoperti, ma bensì tutti gli Sky al completo.
Mi chiedo cosa stiano architettando, il piano era di chiamare i quattro
Cloud che dovevano cambiare stanza quando gli Sky si erano già
sistemati.
Sfilo così una cuffietta, giusto in tempo per vedere che ogni
Sky si avvicina al suo Cloud e Jonah a me, appoggiando i gomiti sul
letto.
"Sembrate un gruppo di depressi."
Che avevo detto?
"Lo so." rispondo soltanto, strofinandomi gli occhi. "Che ore sono?"
"Le otto e ventidue minuti. Vi abbiamo portato qualcosa da mangiare, ora ci lasciano un'ora e mezza liberi."
Annuisco, aprendo il sacchetto bianco che Jonah ha messo vicino a me: "Com'è stata la giornata?"
Lui alza le spalle: "Al solito, siamo solo in un altro posto. L'unica
differenza è che ci siamo allenati all'aperto, tra l'altro ci
hanno fatto stare con gli altri. Vedessi come ci guardavano, sembrava
che ci stessero odiando con tutte le loro forze. Perfino quelli del
gruppo col controllo del movimento mi guardavano male, ti pare
possibile?"
Do una veloce occhiata in giro, tutti quanti stanno parlando con loro
Sky, è un'immagine davvero bella. Ritorno così subito su
Jonah, sorridendogli mentre addento il panino: "No, ovviamente. Ma a
quanto pare siamo entrambi visti come degli emarginati, con la
differenza che almeno la tua esistenza è conosciuta."
"Da più o meno centoquaranta persone, considerata la mia famiglia
e i professori." fa un leggero sorriso, soffermandosi su di me per un
attimo. Okay, questo suo sguardo mi sta mettendo a disagio.
"Cosa c'è?" alzo le sopracciglia, incuriosita. Forse non comprende il mio modo di mangiare, che ne so.
In tutta risposta, lui sorride: "Tutti questi discorsi, queste
domande...ho sempre pensato che non sarei più stato capace di
farli con te. E invece sei qui, se è incredibile per te lo
è il doppio per me."
Potrei avere milleduecento reazioni più appropiate, ma l'unica
cosa che riesco a fare adesso è gettare le braccia al suo collo
e stringerlo a me. Il panino credo sia da qualche parte sotto di me,
non oso nemmeno immaginare dove, e ammetto di non essere poi
così comoda dato che sono per metà stesa e per
metà aggrappata a Jonah. Non immagino quale parte di lui avrei
abbracciato se fossi stata sul letto in basso. In ogni caso però
fortuna vuole che io mi trovi sul letto superiore, e che dopo i primi
secondi di smarrimento Johnatan abbia appoggiato le mani sulla mia
schiena, abbracciandomi a sua volta.
"Mi sei mancato." confesso sottovoce, sperando che nessun altro mi
senta anche se non c'è effettivamente pericolo dato che ognuno
è impegnato a fare dell'altro.
"Cosa credi?" mi chiede lui sussurrando al mio orecchio, stringendomi
leggermente di più. "Mi sei mancata anche tu. Mi dispiace tanto
Riley, tu non puoi immaginare quanto. E' colpa mia se ora sei costretta
a vivere così, non è nemmeno una vita la tua. Se solo
avessi saputo a cosa ti avrei messa di fronte non l'avrei mai fatto, te
lo giuro. Sono stato un incosciente a dirti dei miei poteri, se potessi
torn-"
"Ti sei sempre scusato troppo." lo interrompo, allontanandomi dalle sue
spalle per sorridergli. "Alla fine ci siamo ritrovati, è tutto a
posto adesso."
"Abbiamo solo due giorni, non una vita intera."
Beh, devo ringraziare il qui presente Johnatan Lewis per avermi detto qualcosa che non mi era mai nemmeno passato per la testa!
"Dai?" gli chiedo retoricamente, prima di scuotere la testa mentre
ridacchio come un'ebete. "Ma ora almeno so che stai bene. E' già
tanto."
Il rosso sbuffa, facendo fluttuare per qualche istante i ciuffi rossi:
"Ci penseremo, okay? In ogni caso, ora volevamo andare fuori. I nostri
professori hanno detto che noi Sky abbiamo il retro del giardino tutto
per noi, hanno troppo da fare per venire a controllare. Ci stai?"
"Perché mai dovremmo andare fuori?" gli chiedo, la mia pigrizia come sempre ha il sopravvento.
Il rosso sgrana gli occhi, sorpreso: "Da quanto tempo non respiri un po' d'aria? C'è la neve fuori!"
Neve?
Non ho bisogno di sentire altro.
Scatto così giù dal letto, sentendo un'ondata di vita far
battere il mio cuore: "Cloud, si va a giocare sulla neve!"
Inutile dire che, come poche ore fa, la prima risata che sento è quella di Jonah.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
SKY cap.7
SKY
CAPITOLO
SETTE
- This must be fate 'cause it
has to be more than luck -
E'
incredibile come in quattro ore ci possano essere quasi dieci
centimetri di neve a ricoprire il suolo, sembra quasi che la tormenta
sia stata solo in questa zona.
In
ogni caso non è ora di festeggiare, ora siamo in guerra.
Accanto
a me, Alakei, Philip, Max, Tom, Chris e Asher.
Di
fronte a noi, Jonah, Lauren, Tom, Nick, Killian, Jude e Cal.
"Siete
finiti." Jonah sorride arrogantemente, stringendo tra le mani
l'arma che ci colpirà tra pochi secondi.
"Parla
per te, Pel di carota." risponde Alakei, assottigliando gli
occhi.
"Guerra all'ultimo
sangue!" grida Nick prima di lanciare la prima palla di neve.
Una raffica di palle di neve parte da
entrambe le squadre, ognuno ha già acquisito il proprio bersaglio.
Il mio, stranamente devo dire, è Nick. Se pensa comunque di vincere
contro di me solo perché è più grande si sbaglia di grosso, gli
farò cambiare idea a suon di neve. Devo ammettere che è abbastanza
tosto come avversario, del resto è stato lui ad allenarci quando
sembravamo una specie di stracci dopo appena tre minuti di corsa.
"Dove credi di andare, Knight?"
mi chiede ironicamente scagliando una palla di neve che è sulla
perfetta traiettoria del mio viso.
Prima
che possa abbassarmi però una fiammata divide me dalla pallina in
arrivo, sciogliendola all'istante. Mi giro di scatto, trovando Alakei
esattamente dietro di me col suo solito cappello nero e un sorriso
dipinto in faccia: "Ti guardo le spalle, Cloud."
"Vorrei
fare lo stesso." rispondo ridendo, ricaricando subito per
colpire Nick al più presto possibile.
Ammetto
che vedere tutti gli Sky in maniche corte - tranne Alakei e Killian
che sono direttamente in canottiera - fa venire freddo perfino a me,
mi chiedo come fanno. Penso che nelle mie mani non scorra più sangue
e loro, tranquilli e beati, corrono sotto la neve senza il minimo
problema. Questa cosa mi fa molto Heidi sui monti.
"Riley!"
Mi giro di scatto, rendendomi conto
troppo tardi che si trattava di una trappola.
Una
palla di neve mi colpisce dritta in faccia, mi chiedo chi sia stato
il traditore con questa mira eccellente. Ovviamente, appena riesco a
togliere la neve dagli occhi, vedo che si tratta di Jonah. Penso sia
facile per lui non avere nemmeno il peso di fare le palle di neve
dato che può fare tutto con la sua abilità da Xy, questo non è
giocare pulito.
"Me la paghi."
borbotto, correndogli dietro.
Sì,
ammetto che potrei sembrare leggermente infantile ora.
Ma
sto facendo così solo perché sono rimasta in astinenza dalla
felicità allo stato puro per troppo tempo. Correndo sotto la neve
col mio migliore amico, insieme a quella che ormai considero la mia
famiglia, non posso essere indifferente. Questo sentimento sembra più
grande di me, non ricordavo cos'era il divertimento vero. Anche se ho
il fiatone, anche se non sento più nemmeno il viso da quanto fa
freddo, questo è un momento che sarà difficile da dimenticare.
"Ehi Rambo, sarà meglio che ti
calmi." Jonah si ferma improvvisamente, lasciandosi cadere per
terra. "Non sei stanca?"
"Ovvio
che sì." ribatto annaspando sempre di più. "Ma volevo
prenderti."
"Hai fatto bene
ad arrenderti." il rosso mi guarda con un sorriso, stendendosi
poi interamente sulla neve.
Ricambio
il sorriso, ma il mio sguardo si posa poi sulla fessura tra la
maglietta e il suo petto, scorgendo un segno rosso parecchio
evidente. Così mi siedo anche io per terra, appoggiando la mano sul
punto arrossato che ho visto: "Ehi, ti sei fatto male?"
"Mh?"
Jonah sembra essere confuso, ma dopo aver visto la mia mano fa un
sorriso di sollievo, scuotendo la testa. "E' solo un
segno."
Afferra il lembo del
colletto della maglia, tirandolo giù fino a scoprire il segno
misterioso. Quando lo vedo però tutto sembra essere più chiaro e le
mie preoccupazioni svaniscono. Sul suo petto infatti, come fosse
tatuato, è marchiata la scritta 'SKY'. E' di pochi centimetri sotto
la clavicola sinistra, mi chiedo solo chi glielo abbia fatto
fare.
"Anche se potrebbe sembrare
il contrario," il rosso riporta la maglietta dov'era,
guardandomi negli occhi con serietà. "Sono fiero di essere uno
Sky. Certo, non sono felice della parte che ha riguardato il
coinvolgere te, ma sono felice di essere uno di quei sette che ha
avuto il coraggio di avere un amico nella vita da Xy. Ciò che ho
trovato nell'istituto non è una vita vera, ma ho trovato sei persone
che mi hanno aiutato ad andare avanti, per questo ho deciso di farmi
incidere questo. Tutti quanti, prima o poi, abbiamo deciso di
farlo."
Quindi non è stato
obbligato: lui, come me, è orgoglioso di ciò che è.
"Come?"
gli chiedo, sfiorando la scritta rossa.
"Fuoco."
risponde lui sorridendo, facendo un cenno verso tutti gli altri che
stano ancora giocando. "L'unico metodo era quello di inciderlo.
Ovviamente è toccato ad Alakei, e con la sua fobia per tutto ciò
che riguarda le ferite e il sangue per poco non si metteva a
vomitare."
Ridacchio leggermente:
"E lui come ha fatto a farselo?"
"Con
un po' di impegno e con l'aiuto dello specchio è riuscito a farlo.
Riesce a controllare le fiamme anche senza che siano a contatto con
le sue mani, quindi alla fine se lo è inciso sulla schiena,
precisamente sulla scapola sinistra." Jonah si alza,
raccogliendo le ginocchia al petto.
"E
gli altri?"
Non so da dove venga
tutta questa curiosità, forse dal fatto che sta nascendo in me il
desiderio di fare la stessa cosa.
Johnatan
sembra pensarci un po' su: "Allora...Cal sulla caviglia destra,
Killian sul retro del collo, Max sulla spalla destra, Jude sul polso
sinistro e Tom sul fianco destro. Ha fatto decisamente male, ma alla
fine è stato solo finché l'ustione non si è
asciugata."
Deglutisco, ormai
questa idea non me la toglie nessuno dalla testa. Guardo così Jonah
negli occhi, decisa: "Voglio farlo anche io."
"Cosa?"
il rosso scuote animatamente la testa. "Non se ne parla, fa
troppo male. Pensa a cosa diranno i tuoi genitori."
"Non
sanno nemmeno che sono qui." confesso, guardando in basso. "Non
mi cercano da quando siamo venuti al vostro istituto. Non vivo più
con loro."
Johnatan mi fissa,
sembra quasi che sia sconvolto. Sta per parlare, probabilmente vuole
confortarmi, ma io lo anticipo. Sono stanca di sentire sempre le
stesse parole.
"Voglio farlo
perché voglio avere un senso di appartenenza." rialzo lo
sguardo verso di lui, sperando che capisca. "Non so nemmeno se
posso considerarmi ancora una Knight. Scrivendomi 'Cloud' dove hai tu
la tua scritta mi legherebbe a due cose: in primis a quella che ora è
la mia famiglia, e poi a te. Non puoi dirmi di no, Jonah."
Il
rosso sospira, sa che non mollerò. So che non vuole permettermi di
farlo, ma è qualcosa a cui ho bisogno di far fronte. Non mi
interessa il dolore, sono abituata a sopportarlo. Voglio solo portare
sempre con me il mio luogo di appartenenza e le persone che ne fanno
parte.
"Okay, okay..."
Johnatan prende fiato, gridando poi il nome di Alakei a gran voce.
Forse dovrei pensarci un po' di più,
è vero, ma del resto ho solo un altro giorno per restare qui, non
avrei più di dodici ore per pensarci, e comunque so che non
cambierei idea. Alla fine non ho bisogno di nient'altro se ho la
certezza di avere tutto ciò che ho ora con me.
Lo
Sky di Steve ci raggiunge in pochi secondi, inginocchiandosi sulla
neve di fronte a noi: "Cosa posso fare per voi due piccole anime
in pena?"
"Ehm--" Jonah
scuote la testa, divertito, facendo un cenno verso di me. "Ha
visto la scritta."
Alakei
annuisce, guardando Jonah con espressione ovvia: "E vuole farla
anche lei."
Il rosso sbuffa,
forse cerca ancora di farmi cambiare idea: "Già. Pensi di
farcela?"
"Io sì. Ma..."
il castano si rivolge verso di me, sistemandosi il cappello sulla
testa anche se i capelli sono bagnati dalla neve. "Guarda che fa
male, Riley. E' un'ustione, dovrai mettere la crema per lenire la
bruciatura per almeno due settimane e il male non andrà via prima di
allora. Sicura di farcela?"
Annuisco,
convinta. Nulla ora può farmi tornare indietro.
"E
va bene. Ne approfitteremo del tuo congelamento momentaneo in modo
che tu non senta più male del dovuto. Ti assicuro che avrai talmente
tanto male che dormirai bene da quanto sarai stanca."
Okay,
questo ragazzo non sa cos'è la discrezione o per lo meno il
conforto.
Sospiro, girandomi verso
Jonah: "Se ti chiedono di me di' loro che mi trovano in camera.
Ci vediamo tra poco, okay?"
Il
rosso annuisce, guardando sia me che Alakei: "Cercate di fare
pochi danni."
"E' in buone
mani." lo rassicura il castano, facendomi cenno di seguirlo.
Sono pronta per fare questo?
La
camera è decisamente più calda dell'esterno, probabilmente è
grazie ai termi accesi da un paio d'ore.
"Mettiti
questa." Alakei mi passa la sua canottiera, che oltre ad essere
gelida è anche bagnata. Immagino che questo ragazzo ami la neve dato
che è costituito da più neve che altro in questo momento. Aspetta
un attimo, ma se io ho la sua canottiera che indossava lui fino a due
secondi fa, allora...?
"Per
l'amor di Dio, copriti!" grido, sentendo freddo per lui.
"Sta' un po' calma, non
sento freddo." sbotta lui ridendo, dandomi poi le spalle.
"Forza, mettitela."
Sbuffo,
sfilandomi velocemente il giubbotto, la felpa e la maglietta che ho
sotto. Ammetto che mettermi la sua canottiera è l'ultima delle cose
che vorrei fare, ma se questa è la prassi allora non posso farci
nulla. Peccato che sia una specie di strumento per la tortura
ghiacciato.
Ora che lo noto, in
effetti anche lui ha la scritta marchiata sulla scapola sinistra. Mi
chiedo quanto male abbia fatto, anche se mi sto per rispondere da
sola.
"Girati pure."
mormoro, sentendo l'agitazione crescere dentro di me.
Non
so se sono più agitata per il male che sentirò o per la stretta
vicinanza con Alakei, dato che non sono mai stata abituata a questo
genere di stretto contatto. Mi stendo sul letto che Alakei mi indica,
sento quasi male allo stomaco, e lui si sfila il cappello per un
istante, rimettendolo subito dopo in modo da tenere indietro i ciuffi
che gli cadrebbero sugli occhi. Solo solo ventiquattro ore che lo
conosco, è vero, ma non l'ho ancora visto così concentrato.
"Ora
devi stare ferma." mi ordina con tono autoritario. "Scrivo
'CLOUD', vero?"
Annuisco,
guardandolo negli occhi: "Esattamente dove l'hai scritto a
Jonah."
"Sei tutta scema."
mormora lui ridacchiando, facendo apparire una fiamma sulla punta del
suo indice. "Ti rendi conto che ti devo ustionare, ora?"
"Direi
di sì." rispondo, mentre lui sposta di lato la sua canottiera e
la spallina del mio reggiseno fino a scoprire la clavicola. Okay,
forse questo fa più paura di tutto il resto: non ho mai avuto il
coraggio nemmeno di cambiarmi davanti ad uno dei miei compagni. Sento
il cuore palpitare abbastanza forte che credo che non sarà difficile
per lui sentirlo.
"Cerca di
sopportare, durerà meno di quattro minuti. Se ti senti male è
normale, se non sbaglio Jude ha vomitato poco dopo." Alakei
sospira, pensando probabilmente all'accaduto. "Ma è stato
meglio subito dopo, è molto soggettivo, sai?"
Sgrano
gli occhi, ora ho veramente paura: "Ah sì?" domando,
sentendo la mia voce più acuta del solito.
"Sì,
è normale, reagiamo tutti così al dolore. Okay, bando alle ciance,
comincio." appoggia la mano libera sulla mia, sorridendomi.
"Stringi."
Non faccio
nemmeno in tempo a ringraziarlo che il suo dito tocca la mia pelle,
provocandomi brividi in tutto il corpo. Okay, fa davvero
male. Stringo le palpebre cercando di
concentrarmi su altro, ma l'impresa risulta parecchio ardua dato che
credo che la mia pelle stia sopportando qualcosa come
duecentosettanta gradi. Stringo la mano di Alakei, ma sto stringendo
talmente forte che ho quasi paura di fargli male. Man mano che il suo
dito scrive la parola il mio stomaco si contorce per il dolore, così
come io vorrei alzarmi da qui e finire tutto questo, ma forse sarebbe
stupido andare in giro con una C e mezza L marchiate sul petto.
"Sto
per finire." mi rassicura Alakei, strofinando il pollice sul
palmo della mia mano. "Coraggio, mancano solo due lettere."
Mi
chiedo per quale accidenti motivo dovevamo avere noi il nome con
cinque lettere, se fossero state solo tre a questo punto avrei già
finito. Ormai la vicinanza con lo Sky non è più un problema, il
problema più che altro è che stanotte difficilmente riuscirò a
dormire, spero solo che la predizione di Alakei si avveri e che io
sia talmente stanca da dormire beatamente.
Sento
così che la U è finita, ora manca solo la D. Stringo ancora la mano
di Alakei, non oso nemmeno aprire gli occhi, forse anche volendo non
ci riuscirei. Ora capisco perché Jonah voleva impedirmelo, finora
non mi ero mai bruciata in questo modo, al massimo avevo toccato il
forno acceso credendolo un'enorme finestra arancione.
"Jonah
mi ha detto della tua fobia per le ferite." mormoro, giusto per
buttare fuori un po' d'aria mentre il traguardo si avvicina.
"Già,
non mi piacciono molto." dal tono che ha usato potrei dire che
sta sorridendo, ma non posso esserne sicura. "Ma ciò che sono
mi obbliga a mettere da parte questa fobia."
Inspiro
profondamente, sento che la D si sta chiudendo: "Sei un ragazzo,
Alakei. Non sei poi così tanto diverso, è lecito avere delle
paure."
Finalmente il suo dito si
allontana dalla mia pelle, e una parte del bruciore se ne va. Tiro un
sospiro di sollievo, aprendo finalmente gli occhi, giusto in tempo
per vederlo ridacchiare: "Sei la prima che ha avuto il coraggio
di parlare mentre facevo questo."
Annuisco
tentando di sorridere, ma quando vado per alzarmi appoggiando i
gomiti sul materasso sento la spalla cedere, come se tutte le sue
funzioni fossero inibite dal dolore. Non esito nemmeno un attimo a
lasciarmi cadere sul letto, sento troppo male per riuscire ad
alzarmi.
"Alakei-" cerco di
chiamarlo, ma prima che io possa finire la frase la sua mano si
appoggia su tutta l'ustione, facendo scorrere su di essa dell'acqua
gelida. Questo io lo chiamo sollievo.
"Tranquilla,
è finito." il castano mi guarda negli occhi, sorridendo. Sembra
incredibile che questo ragazzo sia veramente un Xy, personalmente
faccio fatica ad immaginarlo combattere qualcuno con i suoi poteri.
Sento praticamente tutto il braccio
sinistro in fiamme, ma poco importa, ormai è fatta. Ricambio così
il sorriso di Alakei: "Grazie, davvero."
"Prego,
più che altro scusami." il castano solleva la mano, lasciandola
gocciolare appena. "Sei stata brava, Cloud."
Annuisco,
portandomi una mano sugli occhi: "Non dirlo perché è da
Galateo, sembra che io sia una bambina che si è appena sbucciata il
ginocchio."
Alakei ridacchia
scuotendo la testa, levandosi il cappello: "Certo che hai una
faccia tosta, Riley. Guarda che ti ho bruciata col fuoco vivo, non ti
ho fatto un graffietto...la tua è stata una reazione giusta. Anzi,
mi aspettavo di peggio."
Vorrei
alzare le spalle, ma è un movimento che attualmente non riesco a
fare, così mi limito ad alzare le sopracciglia: "Sarà. Puoi
passarmi la crema che la metto?"
"Faccio
io, tranquilla." il ragazzo si alza, tornando subito dopo con un
tubetto in mano. Devo ammettere che più lo guardo e più quei
piercing gli stanno bene. L'unica cosa che non mi va tanto a genio al
momento è che sia lui a volermi mettere la crema. Inizia così
lentamente a spalmare questa sottospecie di gel dal centro del mio
petto fino alla spalla, cercando di restare più leggero possibile.
Giuro che però sto sentendo le pene dell'inferno.
"Ho
una domanda." inizio per distrarmi dal bruciore, buttando fuori
l'aria che sto trattenendo. "Perché hai scelto il nome Alakei?
Insomma, me lo sono sempre chiesta. Non è un nome canonico."
Il
castano sorride, continuando a spalmare la crema: "E' un nome
che ho sentito in giro da piccolo, e dato che comunque ha una leggera
somiglianza col mio vero nome ho deciso che mi sarebbe piaciuto
chiamarmi così. E infatti eccomi qui, francamente non me ne ricordo
nemmeno l'origine."
"Chiaro."
comincio a sentire un lieve sollievo non appena la mano di Alakei si
allontana. "E' un bel nome, comunque."
"Ti
ringrazio." lo Sky mi sorride, mettendosi una maglietta nera -
che casualità - trovata per terra. "Te la senti di tornare giù
o preferisci restare qui?"
"Mi
sa che resto qui. Grazie di tutto, puoi tornare a giocare."
Vado
per alzarmi, ma lui mi precede e contorna la mia vita con un braccio,
aiutandomi a mettermi in piedi.
"Guarda
che resto qui." asserisce poi, guardandomi con ovvietà. "Non
ti lascio da sola."
"Ma giù
c'è Steve, ci sono gli altri-"
"Con
loro devo passare la vita, c'è tempo."
La
sua risposta mi lascia un tantino spiazzata, ma se questa è la sua
volontà allora ben venga, non sarò io a dirgli di no. L'unica cosa
importante ora è raggiungere il letto senza sentire troppo
male.
Dopo essermi affacciata
alla finestra ed aver salutato tutti quanti, Alakei mi ha aiutata a
raggiungere il suo letto, dicendomi che lui avrebbe dormito sul
piccolo divanetto che c'è al centro della camera. Quello che mi ha
sorpreso più di tutto è stato che dopo esserci sistemati lui si è
seduto ai piedi del letto dove sono stesa rivolto verso di me,
chiedendomi di fare due chiacchiere. Okay che sarebbe presto per
dormire, ma credo che fare due chiacchiere nelle mie condizioni non
sia la cosa più adatta da fare per ammazzare il tempo.
"Allora,
Cloud, come hai fatto a trovare Steve?"
Bene,
mi sa che sarà una conversazione basata sui vecchi tempi.
"Lui
ha trovato me." inizio a spiegare, guardando il soffitto. "E'
stato quasi due anni fa, ho ricevuto una sua mail dove diceva che
voleva parlarmi perché gli era successa la stessa cosa. Poco dopo
allora ci siamo trovati, e abbiamo cominciato a mettere in piedi
tutto quanto. Non è stato facile all'inizio, eravamo completamente
inesperti su come avessimo dovuto agire nei nostri reciproci
confronti dato che non avevamo a che fare con gli amici da tre
anni."
"Immagino, del resto
siete proprio rimasti da soli. E' stata una fortuna che vi siate
ritrovati." il castano appoggia i gomiti sulle ginocchia,
sospirando. "E cosa ti ha detto di me?"
"Un
po' di cose, in effetti." a ripensare a tutte quelle volte che
ci siamo raccontati dei nostri Sky fa quasi venire mal di testa. "Mi
ha raccontato come vi siete conosciuti, a cosa giocavate quando
eravate insieme, di quelle volte in cui lui era triste e tu cercavi
di tirarlo su. Ti voleva bene, sai? Beh, se è per questo te ne vuole
ancora."
"Sai, il rapporto
tra due maschi è differente da quello tra un maschio e una femmina.
E' difficile che Ellis mi veda ancora come il suo migliore amico come
tu vedi Jonah e viceversa."
Scuoto
la testa: "Non è vero, devi comunque pensare che le nostre non
sono situazioni normali. Non è un comune rapporto di amicizia, tra
Sky e Cloud c'è molto di più. E se non ti basta ciò che sto
dicendo tieni conto del fatto che ognuno di noi sta rischiando la
propria vita restando qui." sospiro, cercando di incrociare il
suo sguardo. "Non ha mai smesso di volerti bene."
Il
castano sorride, disegnando qualcosa col dito sulla mia gamba: "E
che mi dici di te? Come mai hai fatto tutto questo per Jonah?"
"Jonah
è stata la persona più vicina a me per molti anni, siamo
praticamente cresciuti insieme. Confrontando tutte le informazioni
con gli altri Cloud alla fine abbiamo capito che tra Cloud e Sky si
crea un forte legame anche prima che il segreto venga svelato...è
qualcosa che viene da sé."
"Abbiamo
fatto la stessa considerazione anche noi." Alakei sospira,
continuando a disegnare forme strane. "Dopo la sera che siete
venuti, io, Cal e Jonah ci siamo stati davvero male. Ci moriva il
cuore sapendo come vi avevamo trattati quando in realtà non vedevamo
l'ora di avervi finalmente lì davanti a noi...ma era l'unico modo
per salvarvi."
"Lo so, l'ho
capito." annuisco, ripensando alla discussione che ho avuto ieri
sera con Jonah. "Chissà quando potremo rivederci ancora dopo
domani pomeriggio. Spero che non debbano passare altri cinque
anni."
"Scherzi?" il
castano trattiene una risata. E' impressionante come riesca sempre a
ridere. "Come minimo una volta ogni due settimane dovrete venire
da noi. Troveremo un modo per far sì che avvenga tutto in sicurezza,
stanne certa. Credo che abbiamo aspettato tutti abbastanza."
Sorrido,
socchiudendo gli occhi. In effetti Alakei ha ragione, tutti noi
abbiamo aspettato fin troppo, e ora che abbiamo capito che non è
così impossibile, riuscire a vederci si potrà fare sicuramente più
spesso. Anche se ne va di mezzo la nostra sicurezza, o addirittura la
vita. Sono contenta dell'esistenza che conduco: non ho una vera
famiglia, non ho una casa, forse non ho più nemmeno un cognome. Ma
vivo per qualcuno, non vivo per me stessa. Vivo per i miei compagni,
vivo per coloro che mi hanno dato una ragione per non guardarmi mai
indietro. E poi vivo per chi mi ha teso la mano per farmi avanzare
più velocemente, saltando di tanto in tanto, inciampando se è
necessario. Credo sia questo che mi fa essere orgogliosa della mia
vita. Alla fine, contro ogni aspettativa, essere un Cloud è la cosa
migliore che mi potesse capitare.
"Hai
sonno, eh?" Alakei scende dal letto, avvicinandosi al mio viso
con un sorriso. "Ci vediamo domani mattina, allora."
Ammetto
che mi sono ormai abituata alla vicinanza di questo ragazzo, ma mi fa
uno strano effetto vedere il suo viso a due centimetri da me.
Cercando di non far vedere il leggero imbarazzo mi limito ad annuire,
cercando di muovere meno possibile la spalla: "Buonanotte,
Alakei."
"Buonanotte,
Riley."
"Sono
proprio degli immaturi, non li sopporto. Cosa serve mettersi a
rischio? E poi dico, almeno Asher poteva dire di no. Lui è
intelligente."
"E gli altri
quattro no?"
Guardo Lauren con
una smorfia, sorridendo. Credo fermamente che arrivati a questo punto
siamo tutti quanti in grado di decidere cosa sia bene e cosa sia
male, poi sta tutto alla discrezione e al buonsenso del singolo
individuo.
"Non ho detto questo,
Riley. Dico solo che avrebbero potuto fare a meno di andare in giro
per l'istituto."
Alzo le spalle,
divertita: "Si stavano annoiando, perdonali."
La
mora mi guarda roteando gli occhi, mettendosi seduta sul letto di
fronte a me: "Spero solo che vada tutto bene. Piuttosto, fa
tanto male?"
Sposto lo sguardo
sulla mia clavicola sinistra osservando la scritta rossa: "Un
po', credo che stanotte Alakei mi abbia messo ancora la crema mentre
dormivo perché quando mi sono svegliata la mia pelle era meno
tirata. E' stato gentile, insomma."
"Veramente
gentile. Ti ha presa in simpatia, mi sa." Lauren fa
l'occhiolino, alludendo naturalmente a qualcos'altro.
"Ehi!"
ribatto, sbuffando. "E' solo perché siamo tutti molto contenti
per esserci ritrovati, c'è una sorta di euforia tra di noi."
La
mora annuisce lasciando perdere l'argomento, gettando la testa
all'indietro: "Ultimamente non ti ho parlato di una
cosa."
Corrugo la fronte,
curiosa. Di solito io e Lauren siamo la spalla l'una dell'altra, è
raro che omettiamo qualcosa di proposito. Del resto siamo le uniche
due femmine e lei, come me, non ha né fratelli né sorelle. Credo
che il rapporto che si è instaurato tra di noi sia stato uno dei
primi per entrambe.
"E sarebbe?"
Lauren torna a guardarmi,
intrecciando le mani: "Voglio andarmene da casa mia."
"Cosa?!"
strabuzzo gli occhi, alzando poi il busto talmente di fretta da
sentire un bruciore atroce dove c'è la scritta. "Sei matta per
caso?"
"Senti, te lo sto
dicendo perché mi trovo nella tua stessa situazione." la mora
prende un respiro, è evidente che sia in difficoltà. "Faccio
la vita che fai tu, torno sempre a casa alle tre della mattina e i
miei genitori sono stanchi. Voglio andare via."
"Non
puoi, Lauren, hai solo quindici anni e-"
"Tu
ne hai sedici!" Lauren improvvisamente diventa rossa in viso
come se fosse realmente arrabbiata. "Devi lasciarmelo fare, so
che avresti detto di no ma ti prego, Riley, io ti prego. Voglio
venire a vivere lì nel rifugio, tanto i letti ci sono. Ci divideremo
le spese, faremo dei turni, quello che vuoi, io-"
Serro
istintivamente i pugni sul lenzuolo, alzando la voce: "Perché
me lo stai chiedendo se sapevi che ti avrei detto di no?"
"Ti
rispetto come leader e come amica, ecco perché."
La
sua risposta mi lascia di stucco, quasi quasi non so più cosa
rispondere. Quando eravamo solo tra di noi io e Steve non abbiamo mai
approfittato del titolo di leader per poter decidere per gli altri,
la nostra carica serviva solo a progettare le azioni o a suggerire
com'era meglio muoversi, non avrei mai pensato di ricoprire un ruolo
così decisivo nella vita di Lauren.
Ora
come ora per il suo bene vorrei che cambiasse idea e restasse a casa
con i suoi genitori, so che è difficile sopportare un no che può
cambiare così tante cose, ma in fondo lo sapeva anche lei che avrei
risposto così.
"Mi dispiace,"
sospiro, guardandola negli occhi. "Per me è no. Parlane anche
con Steve, magari lui ti dirà di sì. Ma secondo me faresti meglio a
restare a casa tua, questo è quanto."
"Pensavo
che almeno avresti cercato di capirmi."
"Lo
sto facendo." ribatto, roteando gli occhi al cielo.
"Non
capisci che viviamo la stessa identica realtà, Riley?" Lauren
mi guarda sperando di ottenere pietà, sbuffando. "Voglio essere
anche io indipendente, è già un anno, quasi due, che andiamo avanti
così. E' da tanto tempo che aspettavo di vedere Tom e-"
"Tanto
tempo?" domando, a questo punto direi che sono irritata più che
altro. "Sono due anni. Io me ne sono andata perché aspettavo
Jonah da cinque anni,
tre in più di te. La tua strada era spianata, mentre io me la sono
dovuta costruire. Avevo le mie ragioni, le tue non sono sufficienti.
Mi dispiace."
"D'accordo,
come vuoi tu." come da copione Lauren usa il suo solito tono
sostenuto, scendendo in fretta da letto per raggiungere la porta. Si
gira poi verso di me fissandomi con uno sguardo astioso. "Vado
in camera mia se non ti dispiace. Ci vediamo."
Non
faccio nemmeno in tempo a salutarla che lei sbatte la porta,
lasciandomi da sola.
Speravo che
potesse essere più ragionevole, ma vedo che mi sbagliavo. Mi
dispiace davvero tanto, ma lei non è pronta e questo non cambierà.
Finché continua a comportarsi così non potrà mai capire il peso
della responsabilità sugli altri individui. L'unica cosa che posso
fare ora è cercare Tom e parlare con lui, sperando in un miracolo.
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