Gli Eroi del Ferelden

di Mikoru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 01 - Una fine, un principio ***
Capitolo 3: *** 02 - Ostagar ***
Capitolo 4: *** 03 - Unitevi a noi, fratelli e sorelle ***
Capitolo 5: *** 04 - La battaglia ***
Capitolo 6: *** 05 - Verso un incerto destino ***
Capitolo 7: *** 06 - Al di là delle colline ***
Capitolo 8: *** 07 - Un seme di speranza ***
Capitolo 9: *** 08 - Dubbi e sospetti ***
Capitolo 10: *** 09 - Il prezzo da pagare ***
Capitolo 11: *** 10 - Un passo dietro l'altro ***
Capitolo 12: *** 11 - Punto di non ritorno ***
Capitolo 13: *** 12 - Di nuovo insieme ***
Capitolo 14: *** 13 - Il Circolo spezzato ***
Capitolo 15: *** 14 - Segui il tuo istinto ***
Capitolo 16: *** 15 - Non fermarsi alle apparenze ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Le storie narrano che in tempi di sventura, quando tutto sembra perduto, nasce sempre un eroe per riportare la speranza alla gente. Le storie sbagliano, poiché gli eroi non nascono, bensì vengono plasmati dagli eventi. E affinché ciò avvenga devono prima essere designati e spinti lungo il giusto percorso.
Ricordate sempre: un eroe non è mai tale per sua propria scelta. Sono altri a crearlo ed egli non potrà far altro che rassegnarsi al destino che gli è stato imposto, poiché da esso dipende il destino di tutti.
Nessuno può dire cosa riservi il futuro. Nemmeno la magia è in grado di fornire una risposta.
Che sopra di noi ci sia il cielo azzurro, la frondosa volta di una foresta o la massiccia pietra, i cammini di tutti si inoltrano e si intrecciano sull'infinita scacchiera della sorte...

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Capitolo 2
*** 01 - Una fine, un principio ***


Capitolo 01 – Una fine, un principio

«È meglio non toccarlo, Tamlen…»

«Cosa vuoi che possa succedere?»

«Non lo so, ma non mi piace. Vieni via, Tam!»

«Non… non riesco a staccarmi! Cosa…?»

Poi tutto scomparve in un accecante lampo di luce…

Luniel riaprì di scatto gli occhi e si ritrovò seduta senza nemmeno accorgersene, il respiro affannato e il cuore che le galoppava in petto. Vi posò una mano, quasi avesse il timore che potesse uscirne. Ascher, sdraiato al suo fianco, sollevò il muso e la guardò con un leggero uggiolio. Lei spostò la mano sulla grossa testa grigia del lupo, l'unico legame rimasto con la sua vecchia vita, e pian piano, con uno sforzo che le parve immenso, riuscì a normalizzare respiro e battito.

Lo stesso sogno. Faceva lo stesso sogno da una settimana a quella parte. Ma no, non poteva chiamarlo sogno. E nemmeno incubo. Poiché ciò che la tormentava ogni dannata notte, ogni dannata volta che chiudeva gli occhi, era soltanto la realtà, per quanto orribile. Se fosse stato soltanto un incubo non sarebbe stato così tremendo… Se si fosse trattato di un incubo, Tamlen sarebbe stato ancora vivo…

Le lacrime le morsero l'angolo degli occhi, lei si morse il labbro inferiore. Ascher, sempre sensibile ai suoi stati d'animo, le strofinò il naso umido contro una guancia in un gesto di conforto.

«Ti sei svegliata, finalmente. Sei una vera dormigliona.»

Luniel sobbalzò e si voltò rapida, fissando gli occhi spalancati sull'uomo seduto a poca distanza da lei; era intento a spegnere le ultime braci del falò, gettandoci sopra della terra, e sembrava non badare a quella giovane elfa ora tremante. Di collera, di dolore… neppure lei riusciva a capire quale fosse il vero motivo, in quel momento. Serrò la bocca con forza, assottigliando le labbra, e tornò a girarsi dall'altra parte, abbracciando il collo di Ascher e fissando lo sguardo sugli alberi che costeggiavano il sentiero.

«La loquacità, noto, è sempre la stessa.»

La voce profonda e quieta di Duncan rendeva quell'ironia poco più che una blanda constatazione. In effetti, da che il Custode Grigio l'aveva condotta via con sé Luniel non aveva più proferito una sola sillaba, chiudendosi in un mutismo tanto ostinato quanto rancoroso, più eloquente di mille parole. L'uomo non sembrava aver dato troppo peso alla questione. E se durante i primi giorni nemmeno lui aveva quasi aperto bocca, adesso si comportava come se tutto fosse assolutamente normale. Le parlava anche piuttosto spesso, pur sapendo di non doversi aspettare una risposta. Per lo più le riferiva notizie sui luoghi verso cui erano diretti o che stavano attraversando, mere notizie logistiche; e, dato che lei pareva disinteressarsi anche dei fattori meteorologici, l'avvertiva se riteneva che il tempo sarebbe rimasto stabile o se avrebbero corso il rischio di trovarsi sotto l'acqua, nel qual caso le rendeva noto se esisteva un qualche tipo di rifugio. Decisamente, sembrava voler semplicemente riempire il silenzio. Qualche volta le narrava aneddoti circa i Custodi Grigi o qualcosa riguardo la storia e la missione dell'Ordine.

Non aveva mai accennato, però, a ciò che era avvenuto soltanto una settimana prima.

Luniel non sapeva se essergliene in un certo qual modo grata oppure no, poiché non capiva se si trattasse di una gentilezza o di semplice disinteresse. D'altro canto, cos'era lei per il Custode Grigio? Nulla più che una recluta; una recluta recalcitrante arruolata con la forza, per di più. Cosa le doveva? Niente. E niente era quello che riteneva di dovergli lei, se si escludeva l'astio.

Quando sentì i suoi passi avvicinarsi e si accorse che le si era accovacciato davanti, Luniel lo sogguardò con la coda dell'occhio, rifiutandosi di guardarlo apertamente.

«Né la rabbia né il rancore ti saranno di giovamento, figlia dei Dalish. Non muteranno il tuo destino né ti restituiranno il tuo amico.» C'era comprensione, nella voce del Custode, e nemmeno il muro ostile che l'elfa aveva innalzato poté impedirle di coglierla. «Comprendo i tuoi sentimenti, per quanto tu possa non credermi. Li comprendo. Vorrei davvero che non si fosse giunti a questo…» C'era anche tristezza, la stessa che aveva avvertito la prima volta in cui le aveva rivolto la parola.

"Mi dispiace… mi dispiace moltissimo…"

Il tono le parve sincero e questo la indusse a posare lo sguardo su Duncan, incrociando i suoi occhi scuri. E quel che vi lesse le provocò l'impulso di abbandonarsi ad un pianto disperato. C'era una determinazione incrollabile, in essi, una luce che rivelava una forza d'animo degna di rispetto. Eppure c'era anche una profonda malinconia… Quelli del Custode erano gli occhi di chi aveva visto troppo orrore per non esserne rimasto toccato. Gli occhi di un uomo che aveva combattuto e ucciso, e che pure era capace di comprendere e condividere il dolore altrui con schietta spontaneità.

«Puoi piangere, se vuoi» le disse. «Non c'è vergogna nel mostrare le lacrime.»

E Luniel pianse. «Io… continuo a sognarlo» ammise fra i singhiozzi, lasciando la presa sul lupo, che le sfregò di nuovo il naso contro la guancia. Posò la mano sul braccialetto in legnoferro che portava al polso destro. «Tamlen… e quel maledetto specchio…» Tirò su col naso, sfregandosi le lacrime con una mano. «Se solo lo avessi fermato… se avessi insistito di più… ora sarebbe ancora vivo… e io non… non…» Lei non avrebbe sofferto in quel modo e non avrebbe visto il proprio futuro sgretolarsi come una foglia secca. «Fa… così male…» esalò, dopodiché la voce le si spezzò in un singhiozzo talmente forte che pensò avrebbe potuto strozzarla; si piegò in avanti stringendosi nelle braccia, le dita tanto affondate nella pelle da avvertire la durezza dell'osso contro i polpastrelli.

La mano di Duncan si posò sulla sua spalla e strinse piano. Luniel si ritrovò combattuta. Una parte di lei, quella saldamente ancorata alle proprie convinzioni di Dalish, avrebbe voluto rifuggirne il contatto… tuttavia un'altra parte anelava a quel conforto che non aveva potuto ricevere in modo adeguato dal proprio clan, costretta com'era stata a lasciarlo tanto in fretta. E c'era qualcosa, nel Custode Grigio, che mitigava l'odio atavico che nutriva nei confronti degli umani. Per la prima volta in tutta la sua vita si domandò se quell'odio fosse giustificato, ma scacciò il dubbio pochi attimi dopo averlo formulato; gli umani avevano cacciato la sua gente, li avevano corrotti con la loro vicinanza, li avevano resi schiavi e portati alla rovina… avevano privato lei di una vera famiglia.

“Noi siamo i Dalish, detentori delle antiche conoscenze e viandanti del sentiero della solitudine.” Luniel recitò mentalmente il Giuramento delle Valli. “Siamo gli ultimi degli Elvhenan e mai ci sottometteremo.” Sciolse la stretta delle proprie mani dalle braccia e le strinse a pugno per un solo attimo. “Mai ci sottometteremo.” Si scostò dalla presa di Duncan e si alzò in piedi, seguita dal lupo. «È meglio rimetterci in marcia. C’è ancora molto cammino, giusto?»

Il Custode sospirò e si rialzò a sua volta. «Sì. Se vuoi mangiare qualcosa…»

«Non ho fame, possiamo partire subito.»

«Allora raduna le tue cose.»

Erano trascorse più di tre ore da quando avevano ripreso il cammino. Stavano attraversando un'area di fitta boscaglia e Ascher ne aveva approfittato per andarsene un po' a zonzo fra gli alberi, mentre l'elfa e l'umano avanzavano lungo una vaga traccia di sentiero; li avrebbe ritrovati senza alcuna difficoltà.

Da che erano ripartiti, nessuno dei due aveva più detto una parola, finché Luniel non si decise a rompere quel silenzio. «Che posto è quello in cui stiamo andando?»

Duncan, che la precedeva di un paio di passi, si voltò a lanciarle un’occhiata fugace. Se era rimasto sorpreso, lo nascondeva bene. «Ostagar. Ora è in rovina, ma un tempo era la più importante fortezza dell'Impero a sud del Mare del Risveglio. Lì Re Cailan Theirin sta radunando il suo esercito e lì si trovano anche i Custodi Grigi. Potrebbero esserci anche altre reclute, spero che potrete fare amicizia.»

Luniel rispose con un mugugno sdegnoso. «Cosa faremo una volta lì?»

«Noi Custodi ci uniremo all’esercito per contrastare l’avanzata della Prole Oscura.» Duncan rimase in silenzio per qualche attimo, guardandosi un po’ intorno, dopodiché riprese a parlare. «E tu ti sottoporrai al rito dell’Unione. Insieme alle altre reclute, se ce ne saranno.»

«Rito dell'Unione? Che cos’è?»

«Lo saprai quando sarà il momento.»

Luniel aggrottò le sopracciglia. «Perché non adesso?» domandò scocciata.

Duncan sospirò, prima di risponderle con pazienza: «Il rito è segreto, non è concesso parlarne. Saprai tutto a tempo debito. Per ora ti basti sapere che è ciò che ti darà una speranza di salvezza.»

La ragazza represse uno sbuffo. Qualcosa, nella scelta di parole da parte del Custode, le aveva fatto correre un brivido gelido lungo la schiena, malgrado il tono gentile della voce, ma sapeva benissimo che ogni tentativo di ottenere una risposta sarebbe caduto nel vuoto. Rinunciò in partenza ad indagare, rassegnandosi all’attesa. D’altro canto, si disse, di cosa avrebbe dovuto preoccuparsi? Nulla poteva essere peggio di quello a cui era condannata.

Quasi a rammentarle la sua situazione, un violento senso di malessere la pervase; le vertigini la colsero e Luniel si ritrovò in ginocchio, boccheggiante e con la sensazione di dover vomitare da un istante all'altro. Subito Duncan le fu accanto.

«Dimmi cosa senti.»

Scosse il capo e le sfuggì un gemito. «Non lo so! È come se qualcosa mi logorasse da dentro… me lo sento strisciare nelle vene…»

Il Custode le passò un braccio intorno alle spalle e la sorresse. «Sopporta. Passerà in pochi minuti.»

«È… questo? È questo che ha sofferto Tamlen? Lui… è morto così?» domandò a denti stretti.

«Luniel, non–»

«Ditemelo! Lo voglio sapere.»

Duncan sospirò e ammise: «Sì, ha patito le tue stesse sofferenze. Potrebbe non essere ancora morto, ma di certo la corruzione della Prole Oscura lo ha reso una creatura ormai priva di senno… Ghoul, li chiamiamo. È quello che succede a chi viene corrotto: nel giro di poche settimane perde il proprio raziocinio, diviene aggressivo… infine si pensa che scompaia nelle profondità della terra, probabilmente a morire.»

Luniel sbarrò gli occhi. «Anche io…»

«No» si affrettò a rassicurarla lui. «La magia di Marethari ha rallentato considerevolmente il corso della corruzione nel tuo sangue, ci vorrebbero ben più che delle settimane per farti perdere te stessa. Non temere, figliola. Non correrai il rischio di tramutarti in un Ghoul.»

Lei si morse un labbro e annuì, poi abbassò la testa. «Però, Tamlen…»

Duncan le prese una mano e la strinse con gentilezza. «Ascoltami, Luniel» iniziò con voce ferma. «Quel che è accaduto al tuo amico è orribile e quello che stai patendo tu non è da meno. So che stai soffrendo per lui, ma devi fartene una ragione. Soprattutto, devi smetterla di ritenerti responsabile.» Le lasciò la mano e le prese il mento, facendole rialzare il viso per guardarla dritto negli occhi. «Non hai colpa. Tu hai tentato di fermarlo e non devi portare il fardello di una disgrazia che non è dipesa da te. Tu stessa sei salva soltanto per un caso fortuito.»

Dal momento che il malessere era passato, Duncan smise di tenerla contro di sé e si inginocchiò davanti a lei, posandole le mani sulle spalle. «Non dico che tu debba dimenticare o fingere che non sia accaduto, sarebbe sciocco. Quel che vorrei è che tu accogliessi questa possibilità di vivere che ti è stata concessa. Piangi per il tuo amico, ma non rimproverarti di essere sopravvissuta. Hai perso molte cose, lo so, ma potrai trovarne altre.»

Luniel cercò di attingere forza dalla stretta del Custode, dai suoi occhi, tuttavia le lacrime l'ebbero vinta su di lei e iniziarono a scorrere senza freno. «Ci proverò» mormorò con voce rotta.

Duncan se la tirò contro, la fronte sulla propria spalla, e l'abbracciò con fare paterno, passandole brevi carezze sul capo. «Fatti forza, bambina» le sussurrò. «Fatti forza.»

Questa volta Luniel non si sottrasse e si sfogò a lungo. Non appena credeva di essere sul punto di calmarsi, qualcosa tornava a farla a piangere senza freni, ricordi che le attraversavano di colpo la mente: momenti della sua infanzia con Tamlen, la voce dell'amico che la prendeva affettuosamente in giro, vecchie riflessioni e ipotesi fatte insieme circa quel futuro ormai perduto, lo specchio maledetto che lui aveva toccato…

Quando finalmente Luniel esaurì le lacrime, quasi mezzora dopo, aveva esaurito anche le forze a furia di piangere. Gli occhi le bruciavano, la gola le doleva e a malapena riuscì a formulare un: «Scusatemi…»

«Non devi scusarti di nulla» ribatté Duncan. Mentre lei si metteva seduta, lui si rialzò. «Dunque, credo che possiamo fermarci per pranzare. Riprenderemo la marcia più tardi.»

Luniel non si azzardò a protestare che potevano rimettersi in cammino e fermarsi più avanti per il pasto; si sentiva debole come dopo una lunga febbre e sarebbe stato sciocco negarlo, perciò mise a tacere il proprio orgoglio. Rimase seduta a guardare il Custode che apriva lo zaino e recuperava le provviste per un pranzo veloce e frugale: del formaggio, un po' di carne secca e qualche galletta.

«Sarà il caso di rinnovare le scorte, appena possibile» commentò l'uomo, quasi fra sé. «Appena arriveremo in un villaggio…»

«Se volete» intervenne lei, impacciata, «posso andare a caccia. Non adesso, certo» aggiunse in fretta. «Magari più tardi… o domani… potrei provare.»

Duncan le riservò un'occhiata di palese stupore e Luniel distolse lo sguardo, mordicchiandosi il labbro. Non aveva ben chiaro il motivo per cui aveva fatto quell'offerta. Sentiva, tuttavia, di dover in qualche modo ricambiare la gentilezza e la pazienza che il Custode Grigio aveva nei suoi confronti. Anche se era uno shemlen.

«È un'ottima idea» approvò lui. Tornò a guardarlo, stirando un timido sorriso che si ampliò un poco notando quello di Duncan. «Più tardi, allora, ti occuperai di procacciare qualcosa per la cena di stasera.»

«Sì!» esclamò l'elfa, cercando di mostrarsi decisa. Sarebbe stato difficile, lo sapeva, perché già il solo pensiero le faceva ricordare le sue battute di caccia con Tamlen, ma sapeva anche che Duncan aveva ragione: lei doveva andare avanti. E, per farlo, avrebbe dovuto imparare ad accettare l'assenza di Tamlen, imparare ad affrontare da sola ciò che fino ad allora aveva sempre fatto con l'amico di tutta una vita.

Il sole era ormai calato e, all'orizzonte, soltanto un'ampia striscia di cielo ancora infiammata rivelava che il tramonto era appena avvenuto. Luniel riportò lo sguardo sul piccolo scoppiettante falò e sulla carne che rosolava, infilzata in uno spiedo improvvisato con un lungo ramo sottile e abbastanza verde da non bruciare. La sua caccia aveva avuto buon esito, malgrado gli inevitabili momenti di smarrimento dovuti ai ricordi, ed era tornata da Duncan con una lepre bene in carne. Si era occupata di spellare la preda, dopodiché era stato il Custode a cucinarla, insaporendola con alcune erbe aromatiche che Luniel aveva avuto la fortuna di trovare. Ora nell'aria si levava un piacevole odorino, che le stava mettendo l'acquolina in bocca.

Ascher, accovacciato accanto a lei, riposava tranquillo e sazio, poiché aveva provveduto a procurarsi la propria cena da sé.

Quando Duncan staccò una coscia dalla lepre e gliela porse, lei l'afferrò con una certa impazienza, soffiandoci sopra per raffreddarla un poco. Poi diede il primo morso e mugolò d'approvazione per il buon sapore, dedicandosi appieno al resto. Aveva quasi finito la seconda porzione di carne quando guardò Duncan e lo vide osservare la boscaglia che costeggiava il sentiero sul lato opposto rispetto al loro. Sembrava parecchio pensieroso.

«Qualcosa non va?» gli domandò, guardando nella stessa direzione.

L'uomo si voltò verso di lei. «No, tranquilla. È ancora tutto a posto, per ora.»

«Per ora?»

«Finisci la tua cena e stai all'erta.» Duncan non aggiunse altro.

Il Custode non le avrebbe mentito dandole false rassicurazioni, perciò aveva la ragionevole certezza di non doversi preoccupare. Moderatamente in allarme, quindi, Luniel continuò a mangiare tenendo le orecchie ben tese a cogliere il minimo rumore sospetto e badando che le armi fossero a portata di mano.

Avevano terminato la cena da alcuni minuti quando Duncan le fece un cenno della testa verso l'arco. Annuendo, Luniel si mise a tracolla la faretra e impugnò la propria arma, incoccando una freccia. Il lupo era già in piedi, le zanne snudate e un basso ringhio che gli vibrava in gola. Pochi attimi dopo dalla boscaglia emersero quattro prole oscura che si avventarono su di loro. Ascher scattò in avanti. Luniel scagliò la freccia contro il più vicino, colpendolo alla spalla e sbilanciandolo nello stesso momento in cui Duncan gli piombava addosso ad armi sguainate. Già intenta a bersagliare un altro dei nemici, colse soltanto, con la coda dell'occhio, il lampeggiare delle lame che catturavano il riflesso delle fiamme ad ogni movimento del guerriero. Prese la mira e scoccò una freccia che raggiunse il ginocchio del secondo prole oscura, probabilmente frantumandogli la rotula – ammesso che l'ossatura di quei mostri fosse uguale a quella di elfi e umani – e facendolo crollare a terra. Il lungo pugnale di Duncan lo trafisse alla schiena, piantandolo contro il terreno.

Il terzo prole oscura era appena caduto sotto gli artigli di Ascher.

Luniel, già pronta a mirare contro l'ultimo nemico rimasto, si fermò nel vedere il Custode che con la spada ne deviava il fendente, lo respingeva con un calcio all'addome e recuperava l'altra arma dal cadavere con una sequenza di movimenti molto rapidi. Incredibilmente rapidi, per uno shemlen. Poi Duncan balzò contro il prole oscura, gli conficcò le lame nel petto e infine gli squarciò la gola, sempre usando entrambe le armi.

L'elfa si rese conto di essere rimasta a bocca aperta e la richiuse in fretta, poco prima che l'uomo si voltasse verso di lei. Schizzi di sangue lo chiazzavano qua e là, ma lui sembrava non badarvi. Ascher gli trotterellò accanto.

«C'erano solo questi, ma forse non è il caso di fermarci qui per la notte» considerò Duncan.

«Non sono stanca e mi sento bene» replicò subito lei.

«Ottimo» annuì il Custode. Rinfoderati spada e pugnale, recuperò il proprio zaino e si avvicinò al fuoco per spegnerlo; considerate le dimensioni ridotte, avrebbe impiegato pochi minuti.

Nel frattempo Luniel controllò che nessuna delle loro cose rimanesse in giro, recuperò zaino e armi, e si soffermò a dare un'occhiata ai prole oscura. La prima volta che aveva visto quei mostri, quand'era tornata in quelle maledette rovine, ne era rimasta inorridita e nei volti sbiancati di Merrill e Fenarel, che l'avevano accompagnata, aveva scorto il medesimo orrore.

«Dovrò spiegarti bene le differenze fra un tipo e un altro» le disse Duncan, alle spalle. Quando si girò verso di lui, proseguì: «I prole oscura non sono tutti uguali, ti sarà utile conoscere il maggior numero di informazioni su di loro. Ora mettiamoci in marcia.»

Si riportarono sul sentiero e, alla scarsa luce notturna, fu Luniel a fare strada con Ascher, dal momento che grazie ai suoi sensi elfici poteva vedere quasi come fosse giorno e, quindi, controllare dove mettevano i piedi. Su quelle piste di alta collina non si poteva mai sapere quale fosse il livello di dissesto, le aveva detto Duncan, e percorrerle di notte poteva essere rischioso. Il silenzio era tale che una sola parola si sarebbe udita distintamente a parecchia distanza, perciò camminarono senza parlare finché non giunsero nei pressi di un villaggio alle pendici delle colline.

S'inoltrarono nelle stradine fra le case immerse nel sonno, ma non trovarono alcuna locanda, perciò il Custode Grigio propose di trascorrere la notte nella vecchia stalla abbandonata che avevano visto fuori dell'abitato. Ben felice di poter evitare la compagnia di altri umani e di non dover lasciare il lupo, Luniel acconsentì di buon grado e seguì Duncan fino alla struttura. Dentro c'era ancora qualche mucchio di paglia, ottimo per far loro da giaciglio.

Luniel ne raggiunse uno e posò la propria roba lì accanto, poi prese il mantello ripiegato da usare a mo' di guanciale. Come sempre quando dormiva all'addiaccio, o quasi, tenne indosso l'armatura di cuoio, che non era così scomoda da impedirle di dormire, e si distese senza una parola. Come d'abitudine, Ascher le si accucciò vicino e il suo odore selvatico si mischiò a quello di polvere e fieno che aleggiava lì dentro. Gli sfregò dolcemente il muso. Il lupo aveva sempre dormito con lei fin da quando, ancora cucciolo, l'aveva trovato e preso con sé; in quei giorni, più che mai, l'elfa era felice di avere accanto il fedele animale. Pur essendo un ricordo costante di ciò che aveva perso, le dava comunque conforto, poiché gli era enormemente affezionata.

Dopo qualche minuto, quando anche Duncan si fu sdraiato sul proprio giaciglio, lei gli domandò: «Posso chiedervi una cosa?»

«Certo.»

«Come avete fatto ad accorgervi di quei prole oscura?»

«È una delle capacità di noi Custodi Grigi» le spiegò l'uomo. «Possiamo percepire la Prole Oscura, il che ci permette di non essere colti di sorpresa.»

«Comodo» commentò lei. «Quindi possiamo dormire tranquilli?»

«Oso affermare di sì.» Duncan si sistemò meglio sulla paglia e, avendo tenuto lui pure l'armatura, Luniel considerò che doveva essere abituato ad adattarsi alle peggiori condizioni, dato che la sua corazza in metallo era nettamente più scomoda. «Su, ora pensa a riposare» aggiunse l'uomo. «Ci aspettano ancora diversi giorni di marcia, domani dovremo alzarci di buon'ora.»

L'indomani, come prospettato da Duncan, si destarono alle prime luci del sole. Discretamente, senza farsi notare, abbandonarono la stalla che aveva fornito loro rifugio e si rimisero in cammino di buona lena; sarebbero stati necessari almeno altri quattro giorni per raggiungere la loro meta.

Del tutto indipendentemente dalla propria volontà, Luniel si trovò molto più bendisposta a chiacchierare. Era un modo come un altro per tenere a bada la disperazione, poiché trincerarsi nel mutismo non poteva certo esserle d'aiuto; senza una qualunque cosa che la distraesse, i suoi pensieri tornavano inevitabilmente a Tamlen… La perdita dell'amico l'aveva devastata e l'unico sistema che aveva di non crollare era proprio occupare la mente il più possibile, almeno finché il tempo non avesse iniziato a cicatrizzare la ferita.

Così, memore di quello che le aveva accennato la sera dell'attacco, ad un certo punto Luniel chiese a Duncan spiegazioni circa la Prole Oscura, e in quella maniera scoprì anche la ragione per cui l'uomo si trovava nella foresta. Poiché era fermamente convinto che si preparasse un nuovo Flagello, il Custode aveva deciso di chiedere l'appoggio delle altre due razze, gli Elfi e i Nani; aveva mandato altri due Custodi a Orzammar – la patria dei Nani – mentre lui si era recato nella Foresta di Brecilian, dov'era stanziata la maggior parte dei Dalish. Pur dopo una certa insistenza, era riuscito ad ottenere il supporto di uno dei clan più numerosi e, soprattutto, col più alto numero di guerrieri. Il loro Guardiano, Zathrian, aveva assicurato che avrebbe tentato di contattare gli altri clan per chiedere ulteriore ausilio. E durante il ritorno, per puro caso, Duncan era incappato in Luniel.

Quegli ultimi giorni, dunque, si dipanarono tra racconti e spiegazioni da parte del Custode, battute di caccia da parte di Luniel, qualche sporadica aggressione di Prole Oscura e lunghi periodi in cui lei tornava ad abbandonarsi alla malinconia e al silenzio.

Fu proprio durante uno di quei momenti, in un grigio pomeriggio, che sentì Duncan esclamare: «Siamo arrivati! Ecco Ostagar!»

Spero vivamente di non rendere Luniel una Mary Sue come invece risulta nel gioco. Shaina, gemellina, confido in te affinché mi salvi se dovesse accadere! XD

Vorrei fare una precisazione in merito alla storia: per evitare un mero copia/incolla, ho intenzione di apportare qualche modifica, qualcuna forse anche piuttosto sostanziale (mi converrà segnalare come What if...?). Perciò, pur essendo io apertissima alle critiche costruttive, non fatemi notare che nel gioco un dato evento va o non va in un dato modo: lo so benissimo e sto "sbagliando" di proposito. XD

Mi auguro di riuscire ad aggiornare in maniera costante, un capitolo a settimana, ma non ci metto esattamente la mano sul fuoco. Mi conosco! XD

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Capitolo 3
*** 02 - Ostagar ***


Capitolo 02 – Ostagar

Luniel si riscosse e vide che, circa due miglia più avanti, la Gran Via Imperiale su cui ora si trovavano s'inoltrava in una vastissima area di alte colline rocciose. Grazie alla sua ottima vista, poté vedere che su di esse, al termine della strada, si ergevano delle strutture dall'aspetto piuttosto massiccio.

«Laggiù c'è il confine con le Selve Korcari. L'Impero costruì Ostagar sull'unico passaggio attraverso le colline, proprio per impedire ai barbari Chasind di invadere le pianure del nord. Era l'unico sbarramento a tenerli lontani, ma estremamente efficace.»

Lo era di certo, comprese Luniel studiandone la collocazione strategica man mano che avanzavano. La fortezza si trovava a cavallo di uno stretto passaggio tra le colline e i barbari avrebbero dovuto aggirarla per raggiungere le ambite, fertili pianure del nord; d'altro canto, la sua posizione naturalmente difendibile rendeva quasi impossibile un attacco da parte dei Chasind.

Le imponenti rovine dell’antico avamposto suscitarono, suo malgrado, l'ammirazione di Luniel, che continuò a fissarle fin quando vi giunsero sotto. Lei non aveva mai visto nulla del genere, era sempre vissuta nelle foreste con il suo clan e mai, nemmeno quand’era diventata adulta, aveva partecipato a qualche viaggio che conducesse negli insediamenti degli shemlen. Non ne aveva mai avuto interesse, considerato l’astio che nutriva per loro. Eppure, ora che le vedeva, quelle strutture così aliene alla cultura elfica l’affascinavano; erano come immensi tronchi di pietra che andavano ad inarcarsi gli uni sugli altri, talvolta creando dei soffitti così come i rami formavano cupole frondose nei boschi. E per quanto fossero di pietra e roccia, per quanto fossero state fatte dagli shemlen e ora fossero in disfacimento, quelle costruzioni possedevano una certa armonia.

Mentre stava con la testa china all’indietro e la bocca aperta, si accorse dello sguardo di Duncan fisso su di sé. Si riprese con un sussulto e colse l’espressione divertita dell'altro. Per reazione si imbronciò e abbassò gli occhi, tenendoli ben piantati a terra tanto quanto prima li teneva in alto.

«Dopo il collasso dell'Impero, durante il Primo Flagello, Ostagar fu abbandonata al pari di tutte le altre postazioni imperiali» riprese a spiegarle Duncan. «I barbari Chasind la saccheggiarono e infine, priva di qualsiasi presidio, cadde completamente in rovina. Nonostante ciò, la maggior parte dei muri è ancora in piedi, a testimoniare l'antica magnificenza dell'Impero. Quella che svetta lassù» aggiunse, indicandole una struttura che si allungava verso il cielo, «è la Torre di Ishal. Prese il nome da colui che ne ordinò la costruzione.»

Luniel voltò il capo a guardare l'uomo e ascoltò assorta: imprevedibilmente, quelle informazioni su faccende umane le interessavano come le erano sempre interessate le storie che narrava Paivel. Si domandò se non fosse soltanto perché a raccontargliele era Duncan, verso il quale aveva sviluppato un inaspettato attaccamento. Quell'uomo aveva un notevole ascendente, perfino Ascher si era lasciato avvicinare da subito e ne accettava ben volentieri le carezze.

«Ed ora ci troveremo ad affrontare un nemico diverso da quello per cui questo avamposto fu costruito.» La voce di Duncan si fece molto seria. «Le forze del re si sono scontrate con la Prole Oscura già parecchie volte, ma è qui che la maggior parte dell'orda si mostrerà. Per questa ragione i pochi Custodi Grigi che si trovano nel Ferelden si sono radunati tutti ad Ostagar. Questa piaga dev'essere fermata qui, ora, o il Ferelden cadrà» concluse con cupa determinazione, guardando verso l'antica fortezza.

«Mm. Una responsabilità da nulla, davvero» ironizzò lei senza divertimento.

Arrivarono davanti ai cancelli, che già si stavano aprendo; di certo li avevano visti sopraggiungere. Un soldato in armatura pesante si fece avanti, con l'elmo sottobraccio. «Duncan! Siete tornato!» I suoi occhi si posarono su di lei e l'uomo non nascose la perplessità né il timore verso il grosso lupo. «Non mi dite… È una nuova recluta?»

Il tono della voce le parve scettico e Luniel si accigliò, riservando all'umano uno sguardo di fuoco. «Qualche problema?» quasi ringhiò.

«Buona, figliola, buona» l'ammansì Duncan, con divertita rassegnazione. «È una recluta, esatto. E tende a mordere. Più del lupo.»

Grandioso. La prendeva per i fondelli pure davanti ad altri. Mugugnò infastidita, ma non protestò e si adoperò per fingere che il soldato non esistesse. Quando il Custode Grigio le posò una mano sulla schiena, spingendo appena, lei si mosse lasciandosi condurre all'interno delle fortificazioni.

Lì per lì rimase sorpresa nel vedere gli alti alberi svettanti nello spiazzo oltre l'ingresso, ma nel giro di un attimo realizzò quanto fosse normale che, dopo secoli di abbandono, la natura avesse ripreso il sopravvento. Era uno strano connubio, di legno e pietre, che le riportò alla mente le misteriose rovine in cui lei e Tamlen si erano inoltrati. Scosse la testa per cancellare il ricordo e tornò a guardarsi intorno, ma non le fu di grande aiuto; era pieno di umani, lì, cosa che la mise a disagio poiché si sentiva i loro occhi puntati addosso. Ebbe il fortissimo desiderio di andarsene. Per reazione si fece più vicina ad Ascher e affondò una mano nella sua folta pelliccia. Il lupo, dal canto suo, teneva il muso per aria, intento ad annusare tutto quel miscuglio di odori diversi.

«…niel? Luniel!»

Si voltò di scatto verso Duncan, che si era fermato e la guardava con le mani sui fianchi. «Che c'è?» le scappò di domandare bruscamente.

«Credevo avessi perso l'udito» commentò l'altro, tranquillo. «Ti stavo dicendo che devo andare a chiedere se Alistair e Nevan sono arrivati.»

«Chi?» cascò dalle nuvole lei.

L'uomo roteò gli occhi. «I Custodi che ho mandato dai nani. Vuoi venire anche tu o preferisci‒?»

«Vengo anch'io!» esclamò lei in fretta. Ci mancava soltanto che la lasciasse lì da sola.

«D'accordo. Così potrò mostrarti dove sono i vari acquartieramenti, almeno avrai un'idea della disposizione dell'accampamento e non rischierai di perderti.»

Luniel sbuffò, poi borbottò: «Sono un'esploratrice, so orientarmi nei boschi…»

Duncan sorrise sotto i baffi. «Ho come l'impressione che il fatto che sia un accampamento shem ti renderà la cosa non poco ostica.»

Sbuffò di nuovo e tacque; quell'uomo decisamente si divertiva a deriderla, per quanto non ci fosse malignità nel farlo. Quel che era peggio, però, era che non riusciva a incollerirsi con lui. In qualche modo, stava vedendo in Duncan una figura paterna; si stava appigliando a lui, alla sua semplice presenza, non avendo altri punti fermi intorno a sé.

Quando il Custode si mosse, gli andò dietro facendo un breve fischio ad Ascher, che si affrettò a seguirla. Raggiunto uno dei primi settori dell'accampamento, pieno di tende e di persone che andavano avanti e indietro, si levarono esclamazioni di stupore e di paura alla vista del grosso lupo.

«Mm» iniziò Duncan. «Ti converrà non lasciarlo andare in giro da solo.»

«Come se potessi farlo» ribatté lei, che non aveva la minima intenzione di separarsi da Ascher.

Proseguirono lungo la strada principale fino ad un ponte che si stendeva al di sopra del baratro. Era ampio, e al centro si allargava ulteriormente in uno spazio circolare, e in più punti era in rovina al pari dell'intera fortificazione. La zona centrale era addirittura crollata quasi per metà, e così alcune parti dei parapetti. Eppure il ponte appariva ancora solido e resistente.

Una volta che l'ebbero superato, un uomo si accorse di loro e andò nella loro direzione. Luniel si portò istintivamente alle spalle del Custode.

«Duncan! Siete tornato!» lo salutò, aprendo le braccia per stringerlo in una stretta amichevole.

«Edric!» esclamò il capo dei Custodi, ricambiando l'abbraccio.

«Giusto in tempo» continuò l'altro, facendosi molto serio. «Qua si mormora che l'assalto avverrà a giorni, le Selve ormai pullulano di Prole Oscura.» Sospirò, scuotendo la testa. «Voi avete avuto successo nella vostra missione?»

«Abbiamo il supporto di alcuni clan Dalish. Purtroppo dubito che riusciranno a radunarsi tutti in tempo, sparsi come sono» rispose Duncan. «Hai notizie di Alistair e Nevan? Avevo mandato loro presso i nani.»

L'uomo di nome Edric annuì. «Sono tornati pochi giorni fa. Hanno detto che Re Endrin avrebbe organizzato una parte dell'esercito per farlo partire al più presto.»

Duncan emise un sospiro di sollievo. «Questa notizia mi consola. Avremo bisogno di tutto l'aiuto possibile per sconfiggere il Flagello.»

«Già.» Edric guardò oltre la spalla dell'amico. «A proposito di Dalish…»

L'altro si voltò. «Lei è Luniel, è una nuova recluta.»

Edric le sorrise amichevole. «Lieto di conoscervi, fanciulla. È sempre un piacere poter accogliere nuovi compagni nell'Ordine.»

«Mm» fu tutto quello che rispose l'elfa.

«Non fateci troppo caso» intervenne Duncan. «È molto timida.»

Luniel spalancò occhi e bocca, e lo guardò indispettita, ma non fiatò.

«E… il lupo?» Edric lo scrutò con un filo di titubanza, Ascher mugolò curioso.

«Non è pericoloso, non temete. È fedele a Luniel e le obbedisce quanto un mabari.»

L'altro si portò le mani sui fianchi. «Se lo dite voi, mi fido. Ora devo andare. Se cercate Alistair e Nevan, li ho lasciati poco fa al nostro campo.»

«Vado subito.» Duncan salutò l'altro Custode, poi fece un cenno a Luniel e s'incamminò.

«Io non sono timida» tenne a protestare lei.

L'uomo ridacchiò. «Dovevo forse dirgli che odi visceralmente gli umani e che gli scateneresti volentieri contro Ascher?»

La ragazza non rispose e i due, seguiti dal lupo, si inoltrarono fra le numerose tende disposte a gruppi, a seconda dell'appartenenza. Superarono l'acquartieramento dei maghi, quello di truppe che Duncan chiamò Guerrieri della Cenere e i canili, e raggiunsero infine quello destinato ai Custodi Grigi. Duncan fu accolto da un coro di saluti e di domande, e lei e Ascher provocarono l'ennesima ondata di interesse. Luniel, incupita, ignorò chiunque finché il Comandante dei Custodi non riuscì a distogliere da lei tutta quell'attenzione.

«Andiamo, i ragazzi che cerco sono laggiù» le disse, indicando un bastione in rovina.

Gli si accodò all'istante. Non vedeva l'ora di allontanarsi da tutta quella confusione. Ascher le diede una testata contro il fianco. «Meno male che ci sei tu, con me» mormorò la ragazza, accarezzandolo. La situazione si prospettava peggiore di quanto avesse pensato.

Presso un bastione dirupato, intenti a chiacchierare, stavano due giovani umani. Uno era alto e robusto, con corti capelli biondo scuro, ed era protetto da un'armatura di strisce di cuoio. L'altro, più basso e magro, aveva una massa di riccioli bruno-rossicci ed era abbigliato semplicemente con tunica e pantaloni; si appoggiava distrattamente a un grosso bordone.

Fu quest'ultimo ad accorgersi di loro. Diede un colpo al braccio del compagno ed esclamò: «Alistair, Duncan è tornato!»

L'umano biondo si girò di scatto e la sua bocca si distese in un gran sorriso. «Finalmente!» Andò loro incontro a grandi passi, mentre l'altro gli trottava dietro.

«Alistair, Nevan, ben ritrovati» li salutò l'uomo. Si strinsero le mani con slancio.

Luniel fece un paio di passi indietro, tentata di andare a nascondersi dietro uno dei tanti blocchi di pietra che un tempo facevano parte del bastione. Non aveva affatto voglia di essere nuovamente scrutata come se fosse chissà quale strana creatura.

«Un'elfa Dalish!» esclamò il giovane bruno. «Con un lupo addestrato!»

Troppo tardi. Lei sbuffò. Non ne posso più… Almeno non si erano spaventati.

«Uao! Non pensavo di vedere un dalish qui» interloquì Alistair. «È venuta in rappresentanza della sua gente?» C'era dubbio, nella sua voce; la scarsa socievolezza dei Dalish era ben nota.

«No, diverrà un Custode Grigio.»

Vi fu qualche attimo di silenzio stupito, poi l'umano biondo esclamò, palesemente scettico: «È uno scherzo, vero? Suvvia, è una ragazzina, non potete dire sul serio.» La fissò con insistente sconcerto, tanto che lei fu sul punto di avvampare d'irritazione.

Nevan alzò gli occhi al cielo e ridacchiò. «Amico mio, quand'è che imparerai a tenere a freno la lingua?» lo rimproverò benignamente. «Non badategli, fanciulla. Non voleva offendervi, solo che troppe volte parla prima di chiedere consiglio al cervello.» Le tese la mano con un gran sorriso. «Io sono Nevan Amell, lieto di conoscervi.»

Luniel incrociò le braccia e guardò ostentatamente da un'altra parte.

«Ah… ehm…» balbettò l'altro.

Il sospiro di Duncan fu più rumoroso del solito. «Scusate la sua scontrosità, ha le sue ragioni. Se non altro, il suo lupo è più socievole.»

Quasi a dimostrarlo, Ascher si mise ad annusare incuriosito i due giovani umani, arrivando ad accettare un paio di prudenti carezze da quello chiamato Nevan.

«E Rhianan?» riprese Duncan, lasciando l'elfa alla sua irritazione. «Dov'è? Mi aspettavo di trovarla con voi.»

Alistair rispose con un mezzo sbuffo. «Ha saputo che suo fratello è stato mandato in perlustrazione nelle Selve e… Io le avevo detto di non fare sciocchezze, ma…»

«Quella ragazza è talmente ostinata…» intervenne Nevan, in tono grave come quello del compagno. «L'altro ieri, chissà come, è riuscita a superare la guardia al cancello…»

«Oh, no…» iniziò l'uomo.

«Ah, ma Bradach e Ulick sono riusciti a riportarla indietro, lei e il suo mabari» lo tranquillizzò il ragazzo. «A quel punto, però, Edric ha ritenuto opportuno metterla sotto chiave. Per sicurezza.»

Alistair sbuffò di nuovo e scosse il capo. «Il suo mabari è stato affidato al maestro del canile.»

«Che il Creatore le conceda forza» pregò il maturo Custode, rattristato. «Più tardi andrò a parlarle. Ora venite con me, ragazzi, dobbiamo discutere di alcune cose. Luniel.» Attese che lei si voltasse. «Mi dispiace doverti lasciare da sola, ma ho bisogno di parlare con loro di faccende che ti annoierebbero. Puoi andare in giro, se ti va, e trovarti un posto tranquillo dove stare.»

«D'accordo» rispose l'elfa, senza entusiasmo. Tuttavia lo capiva: se aveva degli affari da sbrigare, non poteva perdere tempo dietro a lei.

«Detesto dovertelo chiedere, ma…» L'uomo esitò. «Sarebbe meglio se lasciassi Ascher con me. Hai visto quanto scompiglio ha già creato, sarebbe meglio evitarne dell'altro.»

«Cosa?! No!» scattò Luniel, e spalancò gli occhi vedendo che Ascher andava a sedersi vicino a Duncan. «Cosa?» ripeté incredula. Il lupo latrò brevemente. «Oh, traditore!» borbottò. Gli andò davanti e gli diede un buffetto sul naso. «Ti annoderò i baffi mentre dormi.» Ascher guaì. «Così imparerai da che parte schierarti, bestiaccia» lo rimbrottò in tono affettuoso. «Ciao, cucciolone, a più tardi.» Fece un cenno della testa a Duncan, poi, senza degnare d'attenzione gli altri due umani, voltò loro le spalle e se ne andò.

Il sole stava per terminare il suo cammino quando Duncan la raggiunse, portando con sé una scodella di zuppa fumante. Era seduta su una delle terrazze che si affacciavano a nord e, alla luce dell'imbrunire, guardava la Gran Via Imperiale che si snodava attraverso le boscose colline. Oltre quelle, a miglia e miglia di distanza, il suo clan stava viaggiando per abbandonare il Ferelden. Una fitta di acuta nostalgia le strappò un profondo sospiro.

Il Custode le sedette accanto e le porse il pasto. «Ho pensato che avessi fame.»

«Grazie.» Luniel soffiò sulla zuppa. «Dov'è Ascher?»

«L'ho lasciato nella mia tenda.» Duncan si sporse per guardarla in viso. «Scusami ancora.»

Lei scosse la testa. «No, va bene così. La gente è stupida, si spaventa facilmente.»

L'altro emise un suono fra il divertito e il rassegnato. «Riconoscerai che non capita tutti i giorni di vedere un lupo di quella taglia che segue docilmente una persona.»

La sua prima risposta fu un mugugno. «Ascher non attacca nessuno se non glielo dico io» volle precisare, affondando il cucchiaio nella zuppa. «Agisce di testa propria soltanto per difendermi.»

«In ogni caso» commentò Duncan, tranquillo, «meglio non causare del panico inutile.»

«Sì, d'accordo.» Perché le cose dovevano essere così complicate? Quand'era con il suo clan non esistevano problemi del genere: nessuno si spaventava nel vedere Ascher passeggiare tra gli aravel. Scosse la testa, cercando di ricacciare la malinconia, e ingoiò una cucchiaiata. Era talmente depressa che non riusciva a capire cosa ci fosse, in quella minestra; le sembrava insapore. Forse, se ci avesse pianto dentro il gusto sarebbe cambiato.

«So che ti manca il tuo clan» esordì l'uomo, ad un tratto. «E probabilmente sarai anche stufa di sentirmi dire che mi dispiace per quello che ti è accaduto.»

Luniel fece cenno di no. «Devo solo… abituarmi all'idea» mormorò poi.

Le posò una mano sulla spalla, stringendo piano. «Ci riuscirai. Sei una ragazza forte.» Riabbassò la mano. «E forse potresti rivedere qualcuno dei tuoi, a breve.» Lei si voltò a guardarlo e lui le rivolse un sorriso un po' amaro. «Non è certo la migliore delle occasioni, dato che ci si sta radunando in vista di una battaglia, ma fra gli elfi che si uniranno a noi potrebbe esserci qualcuno del tuo clan. Marethari mi ha detto che avrebbe mandato alcuni dei vostri cacciatori a unirsi a quelli di Zathrian.»

«Quei pochi di cui potrà privarsi…» mormorò Luniel quasi sovrappensiero, già chiedendosi se fra loro ci sarebbero stati Fenarel e Juran. Il clan Sabrae era fra i meno numerosi, non disponeva di molti combattenti, e dal momento che Marethari era intenzionata a portare la sua gente a nord, non poteva permettersi di ridurre troppo le già scarse difese. Fenarel e Juran, però, avrebbero potuto essere fra i guerrieri mandati presso Zathrian, e magari anche Radha. L'idea di rivederli le serrò lo stomaco in una morsa a metà fra l'aspettativa e l'angoscia; se da un lato desiderava riabbracciare i tre amici, dall'altro il pensiero che sarebbero potuti morire nell'imminente battaglia la terrorizzava. Non avrebbe sopportato di perdere anche loro. Ammesso che fosse sopravvissuta lei.

Affondò il cucchiaio nella zuppa con tanta foga da farne schizzare un po' fuori della ciotola. Si accorse che le dita erano praticamente contratte intorno alla posata e si costrinse a rilassarle.

«Luniel…» La mano di Duncan le strinse di nuovo la spalla.

Il suo tono era così pieno di gentile partecipazione da farla ritrovare sull'orlo delle lacrime. Alzò gli occhi al cielo, ingoiando il nodo di pianto. «Sì… passerà…» sussurrò, poi prese un profondo respiro. «Passerà» ripeté con voce più ferma, per rassicurarlo.

In realtà stava solo cercando di convincere se stessa.

Ho già iniziato a sgarrare... ottimo! DX

A mia discolpa porto il fatto che sto male, dato che sono riuscita a prendermi una bella infreddatura (perché io appartengo alla categoria di quelli che con la febbre scalano le montagne - beh, non proprio XD -, ma con un raffreddore si afflosciano come un sacco vuoto). Così, ieri ho pensato: "Oggi mi sento un po' uno schifo, chissà che casini combino se mi metto ad armeggiare con l'html, meglio se aggiorno domani."

Naturalmente, oggi sto peggio di ieri. Enjoy!

Con calma e un bel po' di sana pazienza, ho piazzato il capitolo. Se ho fatto degli errori con l'html, ditemelo e provvederò a correggere. Ugualmente, esponetemi pure eventuali dubbi a proposito del capitolo in sé; mi fa sempre piacere ricevere opinioni e sono ben disponibile a fornire risposte. Se i miei neuroni non vanno in sciopero, beninteso. :p

Un grazie enorme a Shainareth e a BlackEagle76 per le loro recensioni, e un ringraziamento non meno sentito a chiunque legga e basta. Ma non siate timidi/e, fatevi avanti. XD

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Capitolo 4
*** 03 - Unitevi a noi, fratelli e sorelle ***


Capitolo 03 – "Unitevi a noi, fratelli e sorelle."

«Appena Alistair e gli altri torneranno, svolgeremo il rito dell'Unione.»

Duncan le aveva rivolto quella frase il mattino dopo il loro arrivo a Ostagar; da allora, da quando il piccolo drappello era partito, erano passati due giorni; seduta in uno degli spiazzi circolari situati alle estremità dell'avamposto, con Ascher accucciato a fianco, Luniel stava guardando l'alba del terzo dì. Si era destata alle primissime luci ed era stata tentata di andare a svegliare Duncan, tanto per dimostrargli che sapeva essere molto mattiniera. Piegò la testa all'indietro per esporre il viso allo scarso tepore di quel primo sole, che a malapena attenuava il freddo della notte appena trascorsa.

Ebbe di nuovo la tentazione di andare a disturbare il Custode, tanto per fargli un dispetto, ma dubitò che avrebbe ricevuto qualche soddisfazione; quell'uomo doveva essere abituato a risvegli ben peggiori. Sospirò esasperata e scosse la testa. Smettila di comportarti da mocciosa, Luniel! si rimproverò; stava decisamente difettando di pazienza. Doveva riconoscere, dopo tutto, che Duncan ne aveva dimostrata persino troppa nei suoi confronti, insieme ad una certa premura. Aveva provveduto perfino a rimediarle una tenda solo per lei, in modo da risparmiarle il fastidio di dover condividere una di quelle comuni. Piccola e anche piuttosto malconcia, ma comunque tutta sua. Il parere del Custode biondo di nome Alistair era stato che la stesse viziando. Quello di Luniel, che il giovane shemlen sembrava non perdere mai l'occasione per non starsene zitto.

Era rimasta stupita quando aveva visto Duncan assegnargli il comando del gruppetto che aveva inviato nelle Selve Korcari. Avrebbe ritenuto più adatto quel Nevan – che aveva scoperto essere un mago – o la giovane umana di nome Rhianan; una nobile di alto rango, che aveva un'aria piuttosto autoritaria e le era sembrata parecchio predisposta al comando. Duncan le aveva spiegato che la sua famiglia, i Cousland di Altura Perenne, era stata vittima di un vile tradimento e Rhianan risultava essere l'unica sopravvissuta. Non faceva parte dell'Ordine, ma aveva chiesto di unirsi al drappello per cercare tracce del fratello, inviato in perlustrazione nelle Selve.

Ad ogni modo, a prescindere da quello che la dalish reputava più logico, Duncan aveva mandato quei tre, insieme al mabari di Rhianan e ad altri due aspiranti Custodi, a recuperare certi documenti andati dispersi chissà quando e chissà dove; non era stata molto attenta mentre ne parlava.

Luniel, naturalmente, era stata esentata a causa delle sue condizioni, benché Duncan non ne avesse fatto parola. Aveva detto soltanto che lei sarebbe rimasta all'accampamento, nient'altro, e nessuno aveva posto domande. Era pur sempre il loro Comandante, discuterne le decisioni era fuori luogo. E non le era seccato; la sola idea di dover viaggiare con tutti quegli shemlen le faceva accapponare la pelle per l'insofferenza. Era vero che lì all'accampamento ce n'erano molti di più, ma poteva evitare di starci a stretto contatto.

E ne aveva tutte le intenzioni.

Durante il primo giorno di permanenza le era risultata subito chiara una cosa: buona parte degli uomini lì presenti considerava le donne elfe utili soltanto a scaldare il loro giaciglio, tanto per essere eufemistici. Lei era femmina e aveva le orecchie a punta, il che ai loro occhi la qualificava automaticamente come una puttana; il fatto, poi, che la sua armatura da cacciatrice consistesse in un corpetto e in una gonnella di cuoio non era d'aiuto. Per cui aveva smesso l'armatura in favore di un semplice vestito di lino, uno dei pochissimi oggetti personali che si era portata dietro. Che usassero l'immaginazione, se volevano sapere com'era fatto il suo corpo.

Cinse il collo di Ascher e si accoccolò contro di lui. Era costretta a lasciarlo in tenda, per evitare che provocasse agitazione, ma almeno in quelle ore poteva tenerlo con sé. Dopodiché, come nei due giorni precedenti, si sarebbe accodata a Duncan fintanto che le fosse stato possibile.

Si trovava con lui, poche ore dopo, quando fu avvisato del ritorno della piccola spedizione. Lo seguì, con la stessa dedizione di un anatroccolo, fino all'accampamento dei Custodi Grigi, dove Alistair andò loro incontro sfoggiando un sorriso più che soddisfatto.

«Missione compiuta!» esclamò, sventolando dei rotoli di pergamena dall'aspetto piuttosto vecchio e fragile, sotto lo sguardo inorridito di coloro che l'avevano accompagnato in quell'incarico.

Nevan si slanciò a fermagli il braccio. «Sei impazzito? Trattali con cura, disgraziato!»

«Se li rovini dopo tutto quello che abbiamo passato per recuperarli» intervenne Rhianan, folgorandolo con uno sguardo incollerito, «giuro che ti ributto nelle Selve a pezzetti!»

«Ma dài!» ribatté Alistair. «Se hanno resistito per tutti questi secoli…» Guardò i documenti con aria incerta, come se improvvisamente temesse gli si sgretolassero in mano. Li tese di scatto a Duncan, che li prese soffocando una risatina.

«Ve l'ho detto, sono stati protetti magicamente» li tranquillizzò. «Avete incontrato molte difficoltà?» s'informò poi.

«A parte Prole Oscura, Prole Oscura e ancora Prole Oscura?» ribatté Alistair. «Naaa.»

«Hai dimenticato le paludi infide» gli ricordò Nevan.

«Però, Duncan» aggiunse Rhianan, «i trattati non erano dove ci avevate detto. Una… donna li aveva portati via e li teneva in custodia.»

L'uomo inarcò un sopracciglio, perplesso. «Una donna? Una Chasind, forse?»

I due Custodi, la giovane umana e le due reclute si guardarono fra loro, tutti incerti su cosa rispondere. Infine gli sguardi si fissarono su Nevan, che sembrò non gradire l'idea di dover fare da portavoce. «Be'» iniziò, «quando siamo arrivati alle rovine dell'archivio, abbiamo incontrato una giovane donna e lei…»

«…Era piuttosto irritante» interloquì Alistair.

Il mago sbuffò appena, alzando gli occhi al cielo, poi ignorò l'amico. «Questa giovane ci ha riferito che i trattati li aveva presi sua madre, per proteggerli. Poi ci ha condotti da lei, che…»

«…È una Strega delle Selve» s'intromise di nuovo il Custode biondo, e le due reclute annuirono.

Nevan sbuffò più rumorosamente. «Alistair, per l'amore di Andraste, smettila.»

«Be', né la vecchia né sua figlia l'hanno negato.»

«E ha pure detto» interloquì una delle reclute, un certo Daveth, «di chiamarsi Flemeth.»

Luniel drizzò le orecchie, incuriosita. «Asha'belannar?» le sfuggì.

Subito sette paia d'occhi si posarono su di lei, che fino a quel momento era riuscita per miracolo a passare inosservata.

«Avete detto?» le domandò Nevan.

«Asha'belannar» ripeté di malavoglia. «‘La Donna dai Molti Anni’. È il nome con cui noi Dalish ci riferiamo a Flemeth.»

Alistair si sfregò il mento. «Donna dai molti anni. Appropriato, direi.»

«Se quella era davvero la Flemeth delle leggende» commentò Rhianan, con un tono che lasciava intendere come lei non ci credesse affatto.

Il giovane mago scrollò le spalle. «Di certo non era una donna comune.»

«No, infatti» s'intromise di nuovo Alistair. «Era un'apostata.»

Nevan sembrò avere una contrazione nervosa all'occhio, benché stesse sorridendo. «Alistair, vedi di inchiavardare il tuo lato templare in un angolino ben nascosto della tua mente» gli disse.

Difficile, pensò Luniel. Dev'esserci tanto di quello spazio vuoto…

«In ogni caso» riprese Nevan, interrompendo ogni eventuale battibecco, «Strega delle Selve, apostata, o quel che è… quella donna ha custodito i trattati. Ha affermato che il sigillo magico che li proteggeva si era consumato da tempo e perciò li aveva presi lei.»

Duncan annuì. «Capisco. L'importante è che siano integri e di nuovo in mano nostra. Anche se non dovrebbero servire. I maghi sono già qui, e nani ed elfi hanno promesso il loro aiuto senza bisogno di ricorrere ai trattati.»

Rhianan fece un verso sdegnoso. «Allora come mai i loro eserciti non sono ancora giunti?»

«Avranno sbagliato strada?» scherzò Alistair, ricevendo l'ennesima occhiataccia.

Il Capo dei Custodi si fece pensieroso. «Arriveranno» disse, ma il dubbio sembrava essersi insinuato anche in lui, nonché negli altri presenti.

Stavolta Luniel si guardò bene dall'esprimere un parere asserendo che, se i Dalish avevano dato la loro parola, l'avrebbero mantenuta. Rimase zitta malgrado Rhianan la stesse osservando con insistenza, come se lei fosse direttamente responsabile della presenza o meno della sua gente.

«Come no…» borbottò la giovane umana, sempre con gli occhi fissi sull'elfa.

«Andate a darvi una ripulita, avanti, e riposatevi un po'.» Duncan mise fine a quel discorso. «L'Unione avverrà stasera.»

«Stasera?» Luniel non riuscì a trattenere la contrarietà. Per lo meno, anche le altre due reclute parevano insoddisfatte quanto lei.

Duncan non ne ne fu troppo colpito. «Per tradizione, l'Unione si svolge sempre al crepuscolo» spiegò tranquillo.

«Dobbiamo fare qualcosa? Prepararci in qualche modo?» domandò l'altra recluta.

«No, Jory, dovete solo aspettare.»

Luniel sbuffò piano. L'idea le risultava insostenibile, tanto desiderava porre fine a quella sua maledetta condizione. «Io vado da Ascher» disse a Duncan, facendo per allontanarsi.

«Ah, posso chiedervi un favore, Luniel?» la fermò Nevan.

Lei si corrucciò e lo fissò con evidente contrarietà.

«Ehm…» tentennò lui. «Siccome non vedo l'ora di togliermi tutta questa polvere di dosso, vorrei domandarvi se, cortesemente, poteste consegnare voi questi fiori al maestro del canile. Gli servono per curare un mabari malato.»

L'elfa non rispose subito. Di norma non avrebbe mai accettato di fare un favore ad uno shemlen, ma il suo amore per gli animali ebbe il sopravvento. Prese i fiori e rispose con un secco: «D'accordo.» Mentre iniziava ad allontanarsi, udì distintamente il mago che la ringraziava. Sentì anche Alistair commentare: «Che caratteraccio. Fa a gara con Rhianan…» e l'interessata reagire con un: «Idiota!» che Luniel si sentì di condividere di tutto cuore.

Si recò a passo svelto presso i canili e, senza nemmeno salutare, porse le piante al maestro, borbottando: «Uno dei Custodi vi manda questo.»

L'uomo si illuminò in viso. «Grazie! Oh, grazie di cuore, mia signora! Ora posso preparare l'unguento!» Se ne andò quasi di corsa.

Luniel, confusa dall'essere stata chiamata "mia signora", rimase a fissarlo per qualche istante, poi si riscosse. Scrollò le spalle e tornò sui propri passi, per raggiungere la sua tenda e il suo povero lupo costretto all'isolamento. A dire il vero, Ascher non sembrava soffrirne troppo; se ne stava quieto nella tenda, uscendo giusto ogni tanto a sgranchirsi le zampe, ma senza mai allontanarsi. Al suo posto, Luniel era certa che avrebbe avuto delle crisi isteriche.

Arrivata al campo dei Custodi, ebbe la pessima sorpresa di incontrare Alistair e Nevan, i quali la salutarono con dei sorrisi che trovò indisponenti. Senza considerarli oltre, l'elfa raggiunse la propria tenda e ci si infilò in fretta, tirò bene i lembi e si accoccolò contro Ascher, che sfregò la grossa testa contro di lei. Luniel emise un suono a metà fra un gemito e un sospiro: quella giornata si prospettava insopportabilmente lunga.

Luniel riaprì gli occhi di scatto e per un attimo si sentì spaesata. «Mmm… mi sono appisolata…» mugugnò poi. Si mise seduta e si sfregò gli occhi, dopodiché guardò Ascher e gli disse: «Se Duncan lo venisse a sapere, mi prenderebbe in giro fino a domani.» Il lupo le rispose con un basso latrato. Lei gli sfregò la fronte e gattonò per andare a spostare le falde della tenda. Notò che il sole stava per raggiungere lo zenit, il che significava che in realtà aveva dormito per poco tempo. Sbuffò, insultando il regolare scorrere del tempo, a suo parere troppo lento; l'Unione sarebbe avvenuta soltanto dopo il tramonto e quello stupido sole non aveva ancora percorso metà del suo cammino.

Tornò presso Ascher e gli diede una grattata sotto il collo. «Esco di nuovo. Scusa se ti lascio così tanto da solo» gli disse, in tono triste. Si sentiva davvero in colpa a lasciarlo lì mentre lei se ne andava, ma non ci riusciva proprio a rimanere ferma, quel giorno meno che mai; era irrequieta. «Prometto che mi farò perdonare: stasera ti porto un po' a zonzo, d'accordo?»

Ascher abbaiò felice e le diede una leccata sul viso. Lei ridacchiò. «Sei veramente un bravo lupo. Un bravo, bravo lupacchiotto.» Lo abbracciò affettuosamente, poi uscì. Alistair non si vedeva da nessuna parte e Luniel sospirò di sollievo.

Decise di girare un po' per Ostagar, in modo da passare il tempo; era il sistema migliore, inoltre, per tenersi alla larga da chiunque. Come aveva già avuto modo di appurare, muovendosi aveva più probabilità di evitare gli altri o di ignorarli; se invece fosse rimasta ferma da qualche parte, inevitabilmente qualcuno avrebbe cercato di parlarle o, comunque, l'avrebbe infastidita. Magari avrebbe pure scovato, una buona volta, un qualche tipo di rifugio fra tutte quelle rovine. E, forse, sarebbe addirittura riuscita…

«Vi ho raggiunta, finalmente. Certo che avete un passo bello svelto, eh! Non si direbbe, piccolina come siete.»

No, non ci sarebbe riuscita. Sospirando a denti stretti, Luniel si girò verso quell'insopportabile giovane umano, che già il giorno del suo arrivo le si era appiccicato come una zecca e l'aveva pedinata ovunque, e gli riservò un'occhiata di puro astio. Il che non parve impressionarlo troppo.

«Dove state andando?» domandò curioso.

«Non vi riguarda.» Gli voltò le spalle e riprese a camminare, sentendo distintamente il rumore dei passi di Alistair dietro di sé. «Non avete altro da fare che seguirmi?» quasi ringhiò, proseguendo imperterrita ad avanzare.

«Nevan e io dobbiamo occuparci delle reclute, ordine di Duncan» rispose semplicemente l'altro.

Luniel fletté le dita, resistendo al quasi insopprimibile impulso di serrargliele intorno al collo. O quanto meno di tentarci, visto il divario di altezza e dimensioni. «Ce ne sono altre due, occupatevi di quelle!»

«Mmm, le lascio volentieri a Nevan» nicchiò il giovane. «Io preferisco dedicarmi a voi. Sapete, è più appagante prendersi cura di una graziosa fanciulla, per quanto scostante, che di due omaccioni fatti e finiti.»

«Allora non lamentatevi quando vi userò come bersaglio per le mie frecce!» Accelerò il passo, per reazione alla collera che le era montata in corpo, e Alistair fece altrettanto, riducendo anzi la distanza. Per lo meno ebbe la bontà di starsene zitto e di non infastidirla con inutili chiacchiere non richieste; solo ogni tanto lo sentiva rispondere al saluto di qualcuno, ma mai una volta si fermò a scambiare due parole. Due parole, in compenso, lei avrebbe voluto dirle a Duncan. Il Comandante dei Custodi temeva forse, di punto in bianco, che sarebbe scappata e quindi le aveva appioppato quella specie di guardia che la tenesse sott'occhio? Come se avesse potuto scappare proprio adesso che stava per affrontare l'Unione. Come se lei avesse avuto quella possibilità di scelta, più che altro! O era invece una sorta di punizione per il suo atteggiamento poco conciliante verso chiunque? Perché avere quell'Alistair a ronzarle sempre intorno era davvero paragonabile a un castigo. E piuttosto severo, a suo giudizio.

Si ritrovarono a passare davanti al quartiermastro e l'uomo le rivolse un saluto ossequioso, cui Luniel rispose con un ringhio. Qualche giorno prima, mentre lei stava ancora cercando di raccapezzarsi e di capire la struttura dell'accampamento dopo il suo arrivo, quell'insolente aveva osato interpellarla con fare sprezzante, dandole della serva. Ciò che gli aveva urlato contro lo aveva spinto a farsi piccolo piccolo e a farfugliare una sequela di scuse. Non che fosse stato l'unico a fare un simile errore, ma era stato il primo e ne aveva pagato lo scotto; con gli altri che avevano commesso il medesimo sbaglio era riuscita a trattenersi, limitandosi a una risposta secca e a qualche insulto prima di andarsene con il proprio orgoglio offeso. Continuavano a scambiarla per una orecchie piatte, il che le fece supporre che fossero dei perfetti imbecilli o che avessero seri problemi alla vista, dal momento che parevano non notare il vallaslin sulla sua fronte.

Tutto questo, naturalmente, non aveva contribuito al suo umore.

Si accorse di essere giunta nei pressi del canile e, malgrado fosse passata poco più di un'ora, decise di andare ad informarsi dello stato del mabari. Tallonata dal sempre presente Alistair, Luniel raggiunse l'addestratore.

«Buongiorno a voi» l'accolse l'uomo con cordialità.

«Come sta il mabari?» domandò subito lei, sforzando il tono più gentile che le riuscisse di produrre. Quanto meno quell'umano le dimostrava un certo rispetto, forse in virtù della gratitudine che le doveva per avergli procacciato la cura.

«Si sta già riprendendo» le rispose l'uomo. «Ora dorme, ma posso farvelo vedere, se volete.»

Luniel annuì e l'addestratore andò ad aprirle la porta del recinto, lasciandole spazio. L'elfa entrò, trovando il mabari che dormiva quietamente, e le sfuggì un sorriso di sollievo. Aveva sempre avuto una certa affinità con gli animali, fin da piccola, un fatto che era risultato evidente dal suo rapporto con gli halla; Maren, la custode del branco, non faceva che ripeterle che un giorno lei avrebbe preso il suo posto e questo l'aveva sempre riempita d'orgoglio.

Posò una carezza sulla testa del mabari e mormorò: «Sei un cane fortunato.» Dopodiché uscì, permettendo all'uomo di richiudere la porta.

«Vi ringrazio ancora» le disse con calore.

«Ma no, io non ho fatto niente» cercò di schermirsi la ragazza. Era vero: si era soltanto limitata a fare da tramite, e nemmeno troppo volentieri.

L'uomo scosse la testa e insistette: «Siete stata comunque d'aiuto. A proposito, portate i miei ringraziamenti a chi ha recuperato i fiori.» Sembrò riflettere su qualcosa. «Tornate domani. Il mabari starà sicuramente meglio e sarà felice di vedere una delle persone cui deve la vita.» Diede un'occhiata oltre la cancellata. «Sono animali così incredibilmente intelligenti… a volte addirittura più di alcune persone.»

Luniel si trattenne a stento dal girarsi verso Alistair. «Lo farò senz'altro» assicurò. Sentendosi più allegra, l'elfa beneficiò il maestro del canile di un gesto di saluto, dopodiché si girò per riprendere la sua camminata e Alistair, grazie ai Numi sempre votato al silenzio, la seguì. Alzò lo sguardo al cielo, schermandosi gli occhi, ma il sole non stava magicamente già correndo verso il crepuscolo. Rassegnandosi ad accettare il normale scorrere delle ore, Luniel pensò di andare a recuperare qualcosa da mangiare per poi predisporsi di nuovo all'attesa. E, piacendo ai Numi, quella zecca di Alistair avrebbe continuato a tacere.

Del tutto indifferente ai desideri di una giovane elfa ormai priva di pazienza, il sole aveva proseguito placidamente il suo corso fino al tanto sospirato imbrunire. Luniel e Alistair stavano per raggiungere l'acquartieramento dei Custodi Grigi quando videro Duncan venir loro incontro insieme a Nevan e alle altre due reclute.

«Eccovi!» esclamò, posando poi lo sguardo su Luniel. «Non riesci proprio a rimanere ferma in un posto, vero?»

«No» borbottò lei, imbronciandosi malgrado il Custode non la stesse rimproverando.

«È irrequieta come uno scoiattolo.» Alistair pensò bene di esprimere il solito parere da lei non richiesto, facendo sorridere Duncan.

Luniel, non potendo fare altro, li guardò male entrambi.

L'uomo di nome Daveth ridacchiò. «Di sicuro è molto più attraente di uno scoiattolo.»

«Contenetevi» lo riprese l'altro, Jory. «La state mettendo in imbarazzo.»

«Oh, sicuro» disse Alistair con una risatina. «L'imbarazzo di scegliere chi uccidere per primo.»

Incredibile, l'aveva capito. Allora forse non era così stupido. Forse.

Nevan fece un breve fischio, dopo averla guardata. «Un'idea su chi cadrebbe la sua scelta ce l'ho. Sarei pronto a scommetterci qualche sovrana.»

Duncan, con un sospiro, le posò una mano sulla spalla e lei lo guardò da sotto in su, sempre più cupa. «Porta pazienza, figliola. Dovrai farci l'abitudine.»

«Eh, già» confermò Nevan. «Ci avrai sempre intorno.»

Luniel fece una smorfia ed emise un mugugno, decisamente poco felice a quell'idea. Perché, certo, una volta entrata nei ranghi dei Custodi Grigi quello sarebbe stato il suo posto. Difficilmente sarebbe potuta tornare al suo clan, salvo forse per qualche sporadica visita, ammesso che avesse avuto modo di rintracciarlo. E mentre ripensava alla sua libertà perduta, fu colta da un capogiro più violento del solito. D'istinto, si aggrappò a Duncan e lui la sostenne.

«Accidenti» commentò Daveth. «Non pensavo che l'idea la sconvolgesse al punto da rischiare di svenire. O forse è solo debole di costituzione?»

Luniel strinse i denti, non potendo nemmeno ribattere a causa del malessere; l'ultima cosa che voleva era emettere anche un solo, minimo lamento davanti a quegli shemlen. Maledizione! Doveva accadere proprio adesso? Nei giorni precedenti era riuscita a far sì che nessuno si accorgesse di nulla…

«Non deridetela se ha un malore» lo riprese Jory.

Luniel, stupita che Alistair non avesse fiatato, alzò lo sguardo su di lui e vide che la osservava con insolita serietà, al pari di Nevan. Ebbe il sospetto, praticamente la certezza, che sapessero.

«Andiamo.» Duncan pose fine ad ogni altra possibilità di commenti. «Possiamo finalmente dare inizio al rituale dell'Unione. Alistair, Nevan, fate strada fino al vecchio tempio.» I giovani Custodi annuirono e si mise in cammino, mentre il più anziano continuava a sorreggerla. Luniel gliene fu riconoscente, dal momento che le gambe le tremavano ancora e quella dannata sensazione di ripugnanza continuava a scuoterle il corpo.

«Finalmente!» esclamò Daveth, portandosi subito dietro ad Alistair. «Sono ansioso di veder svolgersi questa Unione.»

Avanzarono in silenzio per diversi minuti, durante i quali Luniel ebbe agio di riprendersi e di camminare senza aiuto. Arrivarono infine alle rovine del tempio. Entro la cerchia delle colonne dirupate stava un massiccio altare eroso dalle intemperie. Su di esso era posato un grosso calice d'argento e accanto, come a custodirlo, si trovavano due maghi, che alla vista del gruppetto fecero un inchino con la testa.

Duncan si portò vicino all'altare, affiancato da un Alistair stranamente silenzioso e da un Nevan stranamente rabbuiato.

Jory deglutì rumorosamente. «Ora ci direte in cosa consiste il rituale?»

«Credo che ormai possiamo saperlo» lo appoggiò Daveth.

Il Custode emise un lieve sospiro. «Non vi mentirò» rispose con voce molto seria. «Noi Custodi Grigi paghiamo un caro prezzo per diventare ciò che siamo. Il destino potrebbe decidere di farvi pagare tale prezzo adesso anziché in futuro. L'Unione è l'ultima prova da superare.»

Jory assunse un'espressione inquieta. «Intendete dire… che questo rituale potrebbe ucciderci?»

«Come potrebbe farlo qualsiasi prole oscura in battaglia. Tuttavia non sareste stati scelti, se non si fosse reputato che avete una possibilità di sopravvivere.»

Evidentemente, però, una possibilità non era sufficiente a tranquillizzare l'altro. «Non mi piace… non mi piace per niente» bofonchiò infatti, mentre Duncan si girava a parlottare con i maghi.

Daveth sbuffò, mettendosi le mani sui fianchi. «Non vi metterete a piagnucolare, spero.»

«No di certo!» ribatté il cavaliere con veemenza. Poi abbassò di nuovo la voce. «Ma… tutte queste prove… la cosa mi mette a disagio! Credevo di essermi guadagnato il mio posto, ormai!»

Possibile che non sappiano fare altro che lamentarsi? si ritrovò a pensare Luniel, infastidita da quel continuo chiacchierio sommesso.

«Mia moglie è ad Altura Perenne in attesa di un figlio» continuò a recriminare il cavaliere. «Se mi avessero avvertito che–»

«Sareste venuto?» lo interruppe Daveth. «No, vero? Forse è proprio per questo che non hanno detto nulla. I Custodi Grigi fanno quello che è necessario fare.»

«Anche sacrificare le nostre vite? Non mi sembra giusto.»

Daveth fece un suono sprezzante. «Sacrificherei molto di più, se sapessi che serve a porre fine al Flagello» sentenziò seccamente. «Ora, ser cavaliere, cercate di non farvela addosso fino all'inizio del rituale… Siete più tremebondo della nostra fanciulla, qui; lei non si lamenta.»

E perché avrebbe dovuto farlo? Luniel, la testa leggermente china, strinse i pugni; non sopportava più la discussione fra quei due. E Duncan non dava segno di voler iniziare il rituale. Ma quanto voleva farli aspettare, ancora? Ormai la ragazza sentiva di aver esaurito la pazienza. Se il Custode Grigio non avesse smesso in fretta di parlare con quei maghi, era sicura che avrebbe urlato. Quando vide che i maghi si ritiravano in disparte verso i limiti del tempio, rialzò il capo di scatto.

Duncan si rivolse alle tre reclute. «Il momento è giunto. Dovrete bere da questo calice… contiene il sangue dei prole oscura che avete recuperato nelle Selve.»

Luniel, gli occhi sgranati fissi su Duncan, udì i suoni di ribrezzo e sgomento emessi dagli altri due. Quanto a lei, non provò alcuna emozione particolare al di là della sorpresa. Era infetta, era condannata… come poteva disgustarsi o spaventarsi ulteriormente? Ora come ora si sentiva soltanto rassegnata e desiderosa che quella situazione giungesse al termine, in un modo o nell'altro. Perché preoccuparsi di poter morire durante il rituale? Sempre meglio che la lenta agonia e l'orrenda fine a cui sarebbe stata destinata altrimenti.

«Come vi ho accennato poco fa, noi Custodi Grigi paghiamo un prezzo molto alto. Infatti, non tutti coloro che bevono il sangue sopravvivono… e chi lo fa subisce un cambiamento che durerà per sempre. Per questa ragione il rituale dell'Unione è tenuto segreto, come potete ben capire.»

«Non tutti… sopravvivono…» balbettò Ser Jory.

«È il prezzo che paghiamo» ripeté Duncan; c'era un'ombra, nei suoi occhi. Quante volte doveva aver visto pagare quel prezzo? «Prima di effettuare l'Unione, recitiamo poche parole, tramandate fin dai nostri albori. Alistair, vuoi procedere tu?»

Il giovane parve per un attimo sorpreso, forse non si aspettava di avere un ruolo durante quella cerimonia. Poi annuì e, preso un profondo respiro, recitò con voce seria: «Unitevi a noi, fratelli e sorelle. Unitevi a noi nelle ombre in cui ci ergiamo vigili. Unitevi a noi, che portiamo a termine il dovere che non può essere rinnegato. Se perirete, sappiate che il vostro sacrificio non sarà dimenticato e che un giorno vi raggiungeremo.»

«Daveth, venite avanti» lo esortò Duncan, porgendogli la coppa.

«No.» L'obiezione le uscì spontanea prima che si rendesse conto di averla formulata. Luniel fece un passo avanti. «Fate iniziare me. Per favore.»

Duncan si girò verso di lei, con quei suoi occhi scuri capaci di ammansire l'irriducibile intolleranza dell'elfa. Poi annuì. «D'accordo. Allora vieni avanti, figliola.»

Sostenne il suo sguardo senza tentennamenti di sorta e avanzò di qualche passo verso l'altare, e Alistair le porse il calice. Lei lo prese e per alcuni istanti lo tenne fra le mani, percependo il freddo del metallo contro la pelle, osservando il denso liquido scuro che ondeggiava all'interno della coppa. Infine bevve d'un fiato. La sofferenza esplose un attimo dopo, attraversandole il corpo come una fiammata rovente. La testa le scattò all'indietro e avrebbe voluto urlare, ma non riuscì ad emettere nemmeno un fiato. La vista le si velò, finché il cielo stellato sopra di lei scomparve del tutto. Il fuoco che le percorreva le vene aumentò d'intensità, ma ancora non fu in grado di gridare. Perse la cognizione di tutto ciò che la circondava. Infine, si sentì cadere…

«È viva, state tranquilli.»

Vi fu un sospiro rumoroso. «Grazie al Creatore! Almeno lei…»

Lentamente, Luniel riaprì gli occhi, sbattendo più volte le palpebre per liberarsi da quel senso di stordimento che le ottundeva ancora i sensi. Sopra di sé vide i volti di Duncan, Alistair e Nevan, pervasi di evidente sollievo, e si rese conto che il maturo Custode la stava tenendo in parte fra le braccia, risparmiandole il fastidio di stare distesa sul freddo pavimento. Più oltre, scorse il cielo; era ancora scuro e trapunto di stelle, e le parve una delle cose più belle che avesse mai visto.

«È finita, figliola.»

«Be', benvenuta fra i Custodi Grigi» commentò il mago, tornando a sfoggiare il consueto sorriso.

«Come ti senti?» le domandò l'uomo.

Lei si prese qualche secondo per pensarci. In bocca aveva un sapore disgustoso, la nausea le attanagliava lo stomaco e aveva le gambe molli… ma era viva. «Bene. Credo» disse quindi. «Immagino di non potermi lamentare, no?» Fece per alzarsi, ma Duncan la trattenne.

«Aspetta ancora un poco» le disse.

«Sei rimasta svenuta per un bel pezzo» intervenne Alistair. «Hai già fatto qualche sogno? Io ho avuto degli incubi terribili subito dopo la mia Unione…»

«Alistair…» lo riprese Nevan. «Lasciala respirare.»

«Ero solo curioso» si difese l'umano biondo.

Luniel lo guardò perplessa, poi rivolse l'attenzione a Duncan, con sguardo interrogativo.

«Non è detto che avvenga fin da subito» le rispose lui, «ma quando si inizia a percepire la Prole Oscura giungono talvolta anche dei sogni. Accade a tutti noi, anche se non nel medesimo modo o con i medesimi tempi. Ora non pensarci, ci sarà tutto il tempo di spiegarti ogni cosa.» La fece mettere seduta. «Pensi di riuscire a stare in piedi?»

«Sì, non preoccupatevi.» Aiutata dal Custode, Luniel si rialzò. «Ce la faccio» confermò, dal momento che Duncan si teneva pronto ad afferrarla nel caso fosse caduta.

«Ancora una cosa. Alistair…»

Subito il giovane le mostrò una catenella con un pendente d'argento, dalla forma di una minuscola ampolla. «Dentro questo ciondolo c'è un po' di quel sangue. Quello che stava nel calice.» Senza nemmeno interpellarla, le passò la catenella intorno al collo. «Tutti noi Custodi ne abbiamo uno. Serve a ricordarci di… coloro che non ce l'hanno fatta» concluse in tono mesto.

Luniel fu sul punto di domandare cosa dovesse importarne a lei, quando qualcosa scattò nella sua mente e si rese conto di ciò che aveva percepito soltanto di sfuggita: le altre due reclute non si trovavano più lì. «Almeno lei…» aveva detto Alistair. Quindi erano morti. Lei, invece, no.

«Vai a dormire, adesso, e pensa a riprenderti.» Duncan fece un cenno ad Alistair e Nevan. «Accompagnatela, e dormite anche voi. Quest'esperienza non è stata meno dura per voi.»

I due giovani annuirono, obbedienti.

«Venite, andiamo» disse Alistair, posandole una mano sul gomito per sospingerla piano verso le scale del tempio.

Luniel si sottrasse con un gesto brusco. «Non mi toccate» intimò, avanzando da sola, senza preoccuparsi se Alistair e Nevan la stessero seguendo o meno. Tutto quello che voleva, adesso, era rintanarsi nella propria tenda, accoccolarsi sul giaciglio accanto ad Ascher e riflettere sulla sorte che le era capitata. Era sopravvissuta, certo, ma non era sicura di volerla considerare una fortuna.

Hola! Eccomi qui.

Innanzitutto, non me ne vogliano le fan di Alistair per il trattamento a cui è sottoposto da Luniel, è inevitabile che sia così. E un po' se le cerca, ammettiamolo. XD Sappiate, però, che malgrado a volte sia un totale idiota, lo adoro anche io. ♥

Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate. ^^ E, come sempre, grazie a Shainareth e crow heart per le loro recensioni, e a chiunque legga.

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Capitolo 5
*** 04 - La battaglia ***


Capitolo 04 – La Battaglia

A svegliarla fu il fracasso che esplose fuori della tenda. «Ma cosa...?» Si mise a sedere, sfregandosi gli occhi, e cercò di capire cosa fosse successo.

«STUPIDO ELFO!» sentì gridare.

Blandamente curiosa, si alzò e uscì dalla tenda con indosso soltanto la tunica da notte. Un uomo incombeva su un servitore elfo insultandolo a più riprese, mentre l'altro stava muto a capo chino; sparsi a terra, intorno ai suoi piedi, giacevano i pezzi di una pesante armatura. Probabilmente la sua, visto che non ne aveva alcuna indosso.

«Incapace! Ma di cosa le hai fatte, le mani? Di formaggio? Non sei nemmeno in grado di trasportare un'armatura! Inutile imbecille!»

«Mi dispiace...» esalò l'altro.

«Impara ad essere meno stupido invece di dispiacerti!»

Luniel sbuffò. «E tu impara a portarti da solo le tue cose» non si trattenne dall'intervenire. «E fa' silenzio, sei rumoroso.»

Il soldato si voltò di scatto verso di lei e la raggiunse in due falcate. «Cos'hai detto?»

«Sei pure sordo, umano?» rincarò la ragazza, irritata per il pessimo risveglio dopo una notte in bianco; si era assopita solo dopo l'alba, e aveva pure dormito male.

«Come ti permetti, miserabile elfa?!» Alzò un braccio, probabilmente per sferrarle uno schiaffo, ma qualcuno appena sopraggiunto al fianco di Luniel gli afferrò il polso. Contemporaneamente il ringhio di Ascher risuonò basso alle spalle della dalish.

«Ehi! Vi pare il modo di rivolgervi a una fanciulla?»

Oh, la zecca. Ci mancava solo lui per peggiorare il risveglio. Luniel guardò in giro per accertarsi che non sbucasse fuori anche l'eterno ottimista. Ma no, per fortuna Nevan pareva non essere in zona. Appoggiò una mano sulla testa di Ascher, per calmarlo.

«Chiedetele scusa» intimò il giovane all'iracondo soldato.

L'altro si divincolò e si sottrasse alla presa. «Nemmeno per sogno!» Sputò a terra e si girò, tornando dall'elfo che nel frattempo aveva raccattato i pezzi dell'armatura. «Muoviti!» gli sbraitò allontanandosi, e quello lo tallonò di corsa senza neppure voltarsi.

«Bah, che grosso idiota» commentò Alistair.

Senti chi parla... Luniel girò sui tacchi e tornò nella tenda, facendo un fischio al lupo che la seguì. Si mise l'armatura, allacciò la cintura dei pugnali e perse i soliti minuti a coccolare e chiedere scusa al suo fedele amico a quattro zampe. Infine uscì di nuovo. E gemette. «Cosa ci fate qui?» domandò ad Alistair, ritto in piedi presso l'ingresso.

Lui fece spallucce e rispose allegramente: «Non potevo certo lasciare una damigella sprovvista di protezione. Con tutti i bruti che ci sono qui...»

Lo guardò stranita e corrucciata. «Ve l'ha mai detto nessuno che siete insopportabile?»

«E a voi che diventate ancora più carina quando vi arrabbiate? Avete quel modo di piegare il labbro inferiore...»

«C-che cosa?» Presa in contropiede, Luniel si trovò a balbettare. Per lo meno non era anche arrossita; sarebbe stato davvero troppo umiliante.

«Oh, bene. Duncan mi ha chiesto di venirvi a prendere.»

Luniel sbatté le palpebre a quel repentino cambio di argomento. «Perché?»

«Non ho idea.» Alistair iniziò a incamminarsi e lei fece lo stesso. «Dite un po', siete sempre così dormigliona? Ormai è quasi l'ora di pranzo, non credevo di trovarvi ancora addormentata. O forse è una conseguenza del rituale? Vi sentite ancora frastornata, per caso?»

«Ho solo dormito poco e male. Comunque non sono fatti vostri» ribatté lei.

«Uh, pessima sveglia, eh?» Le lanciò una rapida occhiata. «Va bene, va bene. Non vi disturberò più. Su, andiamo.»

In silenzio, con la testa quasi sempre sollevata a guardare il cielo azzurro, Luniel seguì il giovane Custode, il quale la condusse fino alle rovine del tempio dove si era svolta l'Unione. Lì si trovavano Duncan, Nevan e gli altri Custodi Grigi. Era la prima volta che li vedeva tutti raccolti in un unico punto. O meglio, era la prima volta che si soffermava a guardarli; quando era arrivata con Duncan aveva ostinatamente tenuto la testa bassa, rifiutandosi di prestare attenzione a chicchessia, e i pasti, l'unica altra occasione in cui si radunavano, li aveva sempre consumati da sola. Fu con notevole sconcerto che si rese conto che il numero dei Custodi Grigi raggiungeva a malapena la trentina.

«Siete così pochi?» domandò in un sussurro. Com'era possibile? Duncan le aveva spiegato che l'importanza dell'Ordine era andato diminuendo, fino ad un incidente che ne aveva provocato l'esilio dal Ferelden, e che aveva avuto il permesso di tornare soltanto vent'anni prima, per intercessione di Re Maric. Le aveva detto che nel Ferelden non erano molti, ma non aveva precisato che si trattava di un numero tanto esiguo.

«Sì» confermò Alistair, in tono serio. «Siamo così pochi.» Calcò particolarmente sul verbo.

Giusto, pensò la ragazza con una smorfia. Ora sono anch'io un Custode Grigio.

Duncan era impegnato a discutere con alcuni dei Custodi più anziani. Tutti gli altri parlavano fra di loro, cupi in volto. C'era un clima di evidente nervosismo.

Nevan raggiunse lei e Alistair, con un sorriso piuttosto tirato. «Siete in ritardo.»

«Le belle dame si fanno sempre attendere» scherzò l'umano biondo.

«E si perdona loro tutto» gli diede corda il compagno, accennando un inchino verso di lei.

Luniel, per tutta risposta, assottigliò gli occhi.

Nevan si raddrizzò. «Anche quando vorrebbero ucciderti con il solo sguardo.» Poi abbandonò il sorriso. «Visto che non arrivavate, Duncan ci ha già fatto il suo discorso.» Emise un sospiro e diede una rapida occhiata a Luniel. «In breve: ormai è evidente che né i nani né gli elfi arriveranno...»

Alistair spalancò gli occhi. «Ma avevano...»

«...promesso?» lo anticipò il mago. «Già. Però non si sono ancora visti, e avrebbero dovuto essere già qui. I nani di sicuro, gli elfi non so... se dovevano cercare di radunare i clan...» Guardò Luniel, in cerca di conferma.

Lei si strinse nelle spalle e si sforzò di rispondere: «Nessun clan ha mai molti contatti con gli altri, prima dell'arlathvhen. Difficilmente si sa dove si trovino.»

«E l'arlaath... insomma, quella cosa lì sarebbe...?» chiese Alistair.

«Un raduno di tutti i clan, si svolge ogni dieci anni» spiegò sbrigativa, poi si accigliò. «Però è strano che non siano arrivati almeno i guerrieri promessi da Marethari e da Zathrian...»

L'altro scosse piano la testa. «Per la differenza che farebbero...»

Non si sentì di dargli torto. Cos'avrebbe mai potuto cambiare la presenza di forse una cinquantina di guerrieri in più quando si prospettava un attacco nemico su vasta scala? L'esercito nanico, invece, avrebbe avuto un peso ben diverso.

«Ci hanno abbandonati» commentò ancora il biondo umano.

Nevan gli posò una mano sulla spalla. «Ce la caveremo lo stesso, vedrai» affermò. E riuscì anche a farlo con convinzione.

Luniel si domandò se ci credesse sul serio e, in tal caso, da dove ricavasse tanto ottimismo.

«Alistair, Luniel, eccovi finalmente.» Duncan, accortosi di loro, li raggiunse e guardò l'elfa. «Dove ti eri nascosta, questa volta?» le domandò con un sorriso, malgrado la situazione.

Lei lanciò un'occhiata cupa al giovane al suo fianco, quasi sfidandolo a rivelare che si era appena svegliata; l'altro tuttavia si limitò ad un sorrisetto divertito e tacque. Fece spallucce e non rispose.

«Nevan vi ha informati?» domandò poi il Capo dei Custodi, e tutti e tre annuirono. L'uomo sospirò piano. «Allora non ho molto da aggiungere. Lo scontro avverrà stanotte, ormai è certo.»

Luniel spalancò gli occhi, preoccupata; inconsciamente, aveva sperato che non sarebbe successo. Come tutti, probabilmente. Fissò lo sguardo su Duncan, che aveva ripreso a parlare.

«Mi raccomando: controllate armi e armature, e badate che sia tutto a posto. Avete l'intero pomeriggio, ma una volta che sarà calato il tramonto dovrete essere pronti.»

Alistair annuì. «Li saremo» affermò con fierezza.

Luniel era seduta sul solito terrazzamento isolato, con la scodella di zuppa in mano, quando sentì un rumore di passi in avvicinamento. Due persone. Oh, no... Numi, fate che non siano... Si girò. ...loro... Alistair e Nevan la raggiunsero, con le proprie ciotole di cibo, e si sedettero accanto a lei, uno per fianco. La ragazza sbuffò platealmente.

«Te l'avevo detto» iniziò il mago, «che non avrebbe apprezzato.»

«Dici anche che bisogna sempre tentare» ribatté l'altro.

Nevan gli agitò contro il cucchiaio, allegramente ammonitore. «Be', sì, ma quando ci sono buone probabilità di riuscita, non quando è impossibile.»

«Fenedhis...» Luniel affondò la posata nel brodo, picchiando contro il fondo della scodella. «Perché siete venuti qui?» domandò in tono astioso.

«Be'» iniziò Alistair, «mangiate sempre da sola... e ci dispiace.»

Lei gli lanciò un'occhiataccia colma d'irritazione. «A me no» rispose a denti stretti.

Lui la fissò. «Oh, ora capisco come faccia a comunicare tanto bene col suo lupo» commentò, ma sembrava stesse rispondendo ad una precedente domanda. «Ringhia come lui.»

Nevan canticchiò a bocca chiusa, poi disse: «Amico mio, prega che non azzanni come lui.»

Alistair la fissò ancora più insistentemente, mentre lei mangiava. «No» disse poi. «I suoi denti sono normali.»

«Il che non le impedirebbe di affondarteli comunque nella carne» sentenziò il mago, divertito.

Luniel faceva del suo meglio per ignorarli, ma era piuttosto difficile con quel loro continuo chiacchiericcio dritto nelle orecchie. E di alzarsi e andarsene non se ne parlava, sarebbe stato inutile, poiché di sicuro l'avrebbero seguita.

«Che dire?» continuò Nevan. «Farebbe anche bene, visto quanto la infastidisci.»

La cornacchia che dice al corvo: "Quanto sei nero"... La ragazza scosse piano il capo.

«Ehi!» reagì Alistair. «Guarda che ci sei pure tu, qui.»

Nevan canticchiò di nuovo a bocca chiusa, prima di ribattere: «Di chi è stata l'idea?»

Sconfitto, l'umano biondo si zittì e si mise a mangiare, e Luniel ringraziò i Numi.

Per qualche minuto rimasero in silenzio, poi il mago domandò: «Non vi sentirete mica in colpa perché nessuno della vostra gente è giunto, vero?»

Luniel sbuffò, la pace era già finita. «Dovrei, per caso?»

«Ovvio che no» ribatté l'altro. «Non siete certo responsabile delle loro scelte.»

«Quindi» intervenne Alistair, «perché avete quell'espressione così cupa?» Lei non gli rispose e lui insistette: «Non sarà perché siete diventata un Custode Grigio, vero?»

Nevan sospirò. «Amico mio, quand'è che ti riconcilierai con la sensibilità?»

«Che ho detto, stavolta?»

«Sembri dare per scontato che tutti debbano apprezzare il fatto di essere entrati nell'Ordine» rispose l'altro, paziente. «Ma non è esattamente così.»

«Non mi pare che tu ti lamenti» lo rimbeccò l'amico, mentre lei se ne stava zitta tentando di fingere che i due non esistessero.

«Fra il "non lamentarsi" e l'"essere contenti" ne passa...» precisò il mago. «Tu sei stato ben felice di lasciare i templari, ma io stavo bene alla Torre, malgrado tutto. E ci sarei rimasto, se non fosse scoppiato quel gran...»

Tentennò qualche istante e Alistair concluse per lui: «...pasticcio.»

«Ti piacciono gli eufemismi, eh?» Nevan sospirò di nuovo. «In questo vi capisco, Luniel» aggiunse poi, e l'elfa lo degnò di un'occhiata perplessa. «Diciamo che, se Duncan non fosse ricorso al Diritto di Coscrizione, anche a me sarebbe aspettata una brutta fine. E se siamo così invadenti è per questo, perché vorremmo cercare di esservi d'aiuto.»

Luniel abbassò il cucchiaio, che stava portando alla bocca. «Volete essermi d'aiuto?» domandò in tono secco. «Allora statemi alla larga. Io odio voi shemlen.» E dopo quella recisa affermazione, si alzò e si allontanò, mangiando mentre camminava.

Mezzogiorno era trascorso da poco. Luniel, di fronte alla propria tenda e con Ascher accanto, si era appena messa a controllare le frecce, quando un Custode piuttosto giovane venne a domandarle se avesse visto Alistair, scrutando timoroso il grosso lupo. Il primo impulso fu di rispondere in malo modo che sì, l'aveva visto, e che non aveva la minima intenzione di ripetere l'esperienza entro tempi brevi. Si morse la lingua e bofonchiò soltanto: «Sì.»

Evidentemente l'altro non fu soddisfatto, poiché, sempre occhieggiando Ascher, insistette chiedendo se sapesse anche dove fosse in quel momento. Luniel sentì il livello di pazienza precipitare bruscamente e il "sì" che pronunciò riuscì a sembrare un ringhio.

«E... potreste andare a chiamarlo?»

Lei si accigliò, guardandolo malissimo. «Perché accidenti dovrei-»

«L'ha chiesto Duncan!» fu la tattica che si giocò il Custode. «Ha detto che vuole vedervi.»

E Luniel si quietò, perplessa. «Come mai?»

L'altro sollevò le mani. «Non ne ho idea. Recuperate Alistair e andate da Duncan, così lo saprete. Vi aspetta nel salone d'ingresso.»

«E quale sarebbe il...?» Interruppe la domanda perché il Custode stava già correndo via. «Ah, seth'lin» lo insultò, poi si rivolse ad Ascher. «A quanto pare non ho scelta, mi tocca andare a cercare lo shem.» Gli arruffò il pelo sulla testa con un'energica carezza e ricevette in cambio un breve verso di protesta, il che le permise di allontanarsi con un sorriso malgrado il compito che le spettava. Camminando, continuò a domandarsi la ragione per cui non era andato quel Custode a cercare Alistair per riferirgli il messaggio; si era lasciata incastrare per bene, accidenti.

Il vago barlume di buonumore svanì e, quando finalmente trovò colui che stava cercando, doveva avere un'espressione particolarmente burrascosa, perché perfino Nevan evitò di salutarla. O forse dipendeva dalla sua ammissione d'odio di poco prima.

Rhianan, che in quel momento si trovava con loro, la fissò inarcando perplessa un sopracciglio.

Luniel si fermò davanti ad Alistair, ignorando gli altri. «Duncan vuole che lo raggiungiamo nel salone d'ingresso» gli riferì seccamente.

«E per–?»

«Non lo so! Fate strada, io non ho capito dove sia.»

Lui fece spallucce, salutò gli altri due e s'incamminò. L'elfa, come quel mattino, si mise a seguirlo e nessuno dei due fiatò per tutto il percorso. Il luogo dell'incontro, che in origine doveva essere stato un ampio salone, aveva forma rettangolare; il soffitto e parte delle pareti erano crollati e ciò che ne restava giaceva in cumuli di macerie ammucchiati qua e là, fra le alte colonne che un tempo avevano sorretto il tetto. Trovarono Duncan presso un lungo tavolo massiccio, in compagnia di Re Cailan nella sua scintillante armatura dorata e di un altro uomo pallido e smunto, dai capelli scuri, intento a discutere animatamente con il sovrano.

Quest'ultimo scosse la bionda testa. «Ora basta, Loghain, è inutile che continuiate a protestare. La mia decisione è definitiva: combatterò insieme ai Custodi Grigi nell'assalto di questa notte.»

L'altro uomo ebbe un moto di stizza e i suoi occhi incavati si restrinsero, mentre ribatteva: «La vostra passione per la gloria e le leggende vi condurrà alla rovina, Cailan.»

A Luniel quel tono suonò piuttosto velenoso, ma il sovrano non parve accorgersene; sentendoli arrivare, si voltò verso di loro nello stesso momento in cui anche Duncan lo faceva.

«Ben arrivati» li salutò Cailan. «Dunque siete voi i prescelti.» Abbassò gli occhi celesti su di lei, sorridendo. «Da quel che mi ha riferito Duncan, ritengo doveroso farvi le mie congratulazioni, Custode.»

Luniel incrociò le braccia. «Non ce n'è motivo, non ho fatto nulla» rispose brusca. «E non è neppure stata una mia scelta.»

Oltre le spalle del re, Duncan roteò gli occhi al cielo e sospirò. Aveva reagito così anche due giorni prima, quando l'aveva presentata a Cailan su richiesta di quest'ultimo e lei non era stata esattamente riguardosa nei suoi confronti.

«Ebbene» replicò il giovane sovrano, riuscendo a mantenere intatto il sorriso malgrado quel momento di imbarazzo, «immagino che nessuno di noi abbia davvero scelta. Quel che è certo è che abbiamo bisogno di ogni Custode Grigio disponibile, e ogni nuovo acquisto nell'Ordine è doppiamente benvenuto.»

«Cailan, se non è troppo disturbo...» intervenne Loghain. Era palesemente scocciato e non cercava in alcun modo di nasconderlo. «Dobbiamo occuparci della realtà. Dobbiamo terminare di definire le tattiche per lo scontro. Non possiamo lasciare nulla al caso.»

Luniel diede un rapido sguardo a quell'uomo e fece una smorfia; c'era qualcosa che glielo rendeva più sgradevole di quanto già non trovasse quasi ogni shemlen. Forse era l'astio con cui scrutava Duncan. D'altro canto, riusciva a capire che fosse irritato con Cailan, poiché il giovane sovrano dava l'idea di essere più avventato che assennato, perso com'era nei suoi sogni di gloria.

Il re si girò. «Devo darvi ragione, quando l'avete» commentò, tornando a guardare la mappa stesa sul tavolo. «Ma resto dell'idea che l'unica linea d'azione sia quella di cui abbiamo già parlato.»

Mentre Loghain mormorava qualcosa a Cailan, Alistair lanciò all'elfa un'occhiata di disapprovazione. «Per il Creatore! Ma il rispetto non ve l'hanno insegnato?» le domandò a bassa voce. «Stavate parlando con il re!»

Lei scrollò le spalle, indifferente. «I re degli shemlen non contano nulla per me.»

Duncan li raggiunse. «Sei un caso senza speranza, figliola» sospirò benevolo, e scosse la testa. «Porta pazienza, Alistair. Dopotutto, tu sei l'ultimo che può criticarla.» Gli tirò la frecciata con l'amabilità di un padre che conosce e tollera i piccoli difetti del figlio.

«Almeno io non sono insolente con il sovrano» borbottò il giovane, avendo comunque la buona grazia di arrossire.

«Duncan.» Cailan richiamò il Custode. «Sarà il caso di mettere al corrente i vostri due ragazzi dell'incarico che spetta loro.» L'altro annuì e arretrò di un passo, lasciando al sovrano il compito di esporre la sua decisione. «Avremo due schieramenti. Il grosso dell'esercito, insieme ai Custodi Grigi e ai maghi, sarà schierato nella gola, mentre le forze di Loghain rimarranno nascoste fra gli alberi, fuori della gola. Voi due dovrete assicurarvi che il fuoco di segnalazione della Torre di Ishal venga acceso al momento giusto. Servirà a segnalare a Loghain quando dovrà intervenire per cogliere i prole oscura sul fianco mentre noi reggeremo l'assalto frontale. È fondamentale, quindi, che il fuoco venga acceso senza ritardi.»

«E voi, naturalmente» intervenne Loghain guardando Cailan con gli occhi socchiusi, «sarete là in mezzo, vero? Non c'è modo di farvi cambiare idea?» Dava l'impressione di aver esposto quel dissenso più volte.

«Il mio posto è con i miei soldati, Loghain» ribatté il sovrano con fierezza. «Non intendo restare al riparo come un coniglio impaurito mentre loro combattono e muoiono.» Guardò Luniel e Alistair. «Bene, miei prodi Custodi, sapete cosa dovete fare.»

Loghain serrò le labbra, lanciando loro un'altra occhiata astiosa. «Vi affidate troppo a questi Custodi Grigi. Mi domando se sia davvero saggio.» Senza attendere una replica, voltò le spalle e se ne andò a passo svelto.

Cailan sospirò. «Devo recarmi a sovrintendere agli ultimi preparativi. Ci rivedremo dopo la battaglia.» Si allontanò a sua volta.

«Avete sentito il piano» disse Duncan. «Dalla cima della torre potrete sorvegliare l'intera valle e controllare l'andamento degli scontri, capirete facilmente quando sarà il momento giusto.»

«Devo per forza farlo con lui? Non posso occuparmene da sola?»

Alistair emise un sonoro sbuffo. «Almeno su questo siamo d'accordo. Avrei preferito partecipare alla battaglia!» protestò. «Perché non mandate Nevan con Luniel? O Rhianan?»

«Avrei mandato anche loro due» ribatté Duncan, «ma Rhianan combatterà con l'esercito, lo sai. Quanto a Nevan ha scelto di combattere insieme ai suoi vecchi compagni maghi e non ha voluto intendere ragioni. Non avevo motivo di impedirglielo, del resto, e le sue abilità magiche saranno più utili a noi che a voi. A parte ciò... Ricordati, Alistair, che è nostro dovere fare tutto il necessario per distruggere la Prole Oscura. Ogni cosa. Anche ciò che non è di nostro gradimento» lo rimproverò. «Inoltre ve l'ha ordinato il re personalmente.»

«Difatti non intendo rifiutarmi» mise in chiaro il giovane, quasi a denti stretti. «Ma se un giorno dovesse chiedermi di ballare il remigold indossando un vestito adatto all'occasione, allora lo informerò di quali siano i miei limiti.»

E mentre Duncan si portava una mano sul volto, scuotendo la testa, Luniel guardò Alistair in tralice. «Che razza di idee vi passano per la testa...»

«Sarei alquanto attraente se indossassi un vestito da ballo» ribatté l'altro con convinzione.

«Puntate a uccidere i prole oscura facendoli morire dal ridere?» ironizzò lei.

«Voi, in compenso, potreste utilizzare la vostra acidità.»

«Adesso basta, voi due» li rimise in riga Duncan. «Forza, dobbiamo terminare di organizzarci anche noi Custodi. Torniamo all'acquartieramento.»

Luniel diede un'ultima occhiata al cielo scuro, squarciato da continue folgori. Durante il pomeriggio grossi nuvoloni carichi di pioggia si erano addensati e ora sembravano sul punto di voler scaricare il loro contenuto da un momento all'altro. Come se i difensori di Ostagar avessero bisogno di essere ulteriormente demoralizzati... Il crepuscolo era ormai calato e la battaglia era imminente, poiché era certo che la Prole Oscura avrebbe attaccato una volta calata la notte, più congeniale a quei mostri.

Per tutta la giornata c'era stato un continuo andirivieni di soldati – uomini di Cailan e di Loghain, Custodi Grigi, Guerrieri della Cenere, maghi... – e nessuno era riuscito a nascondere interamente l'agitazione per quel che li aspettava; nemmeno lei, del resto, era davvero tranquilla, malgrado facesse di tutto per mostrarsi tale. Adesso, invece, gli schieramenti si erano disposti per la battaglia, nella vallata e lungo le fortificazioni, e l'accampamento era quasi del tutto svuotato. Regnava una quiete oltremodo sinistra, spezzata soltanto dal fragore dei tuoni, che di certo non contribuivano a migliorare l'atmosfera.

Era talmente tesa che la prima goccia che le colpì il viso la fece sobbalzare. «Fenedhis...» imprecò sottovoce. Prese un respiro profondo e si impose di calmarsi.

«È il momento.»

Luniel portò lo sguardo su Duncan. Era rimasto indietro per verificare che tutto fosse a posto, ma ora avrebbe raggiunto Cailan, per combattere al suo fianco insieme agli altri Custodi Grigi. La ragazza si assestò la faretra sulla schiena e l'arco a tracolla. Ascher, seduto lì accanto, la raggiunse all'istante.

«Appena me ne sarò andato» continuò l'uomo, «muovetevi in fretta. Non c'è tempo da perdere. E siate prudenti.»

I due giovani Custodi annuirono.

«Che il Creatore vegli su di voi, Duncan» augurò Alistair. Era teso e preoccupato, e la sua inquietudine si trasmise a lei.

«Che possa vegliare su tutti noi» replicò il Comandante dei Custodi. Li fissò entrambi negli occhi, con espressione ferma e decisa, poi se ne andò, quasi sparendo nella pioggia sempre più fitta.

Luniel lo guardò allontanarsi, mentre un brutto presentimento si faceva strada in lei. Poi Alistair le batté una mano sulla spalla e lei ricacciò quella sensazione. Annuì e disse: «Sì, andiamo.»

Sotto l'acqua che ormai scrosciava, alla luce intermittente dei lampi, raggiunsero rapidi il ponte e lo imboccarono. Fradici, con i capelli che si incollavano al viso e rivoli gelidi che si insinuavano sotto le armature, si fermarono sulla piattaforma centrale per osservare l'esercito schierato sul fondo del canalone. Anche Duncan si trovava laggiù, pensò Luniel.

Stavano per rimettersi in movimento quando l'elfa chiamò Alistair con voce instabile.

Gli indicò in lontananza, verso il fitto delle Selve, quello che sembrava un fiume di fuoco che avanzava inesorabile alla volta della gola. Intorno a loro, sotto di loro, si levarono esclamazioni e imprecazioni, e i difensori iniziarono a correre presso le catapulte e le baliste. Dal confine di alberi fuoriuscì e si diffuse una bassa nebbia innaturale... seguita dall'avanguardia brulicante della Prole Oscura. Centinaia di mostri spietati, il cui unico scopo era annientare e distruggere.

Luniel rabbrividì, una morsa di paura le afferrò la bocca dello stomaco. Ascher inarcò la schiena, il pelo irto, e si mise a ringhiare.

«Oh, Creatore...» esalò Alistair, diventato pallido quanto doveva esserlo lei stessa. «Presto! Raggiungiamo la torre!»

Ripartirono a rotta di collo, rischiando più volte di scontrare gli altri difensori o di scivolare a causa del suolo bagnato, e raggiunsero l'altro lato della gola. Avevano appena abbandonato il ponte che una massa fiammeggiante precipitò a pochi passi da loro. Subito Alistair piroettò su se stesso e si stagliò davanti a Luniel per ripararla da una raffica di scintille. Non si fermò ad attendere un improbabile ringraziamento – e in quel momento lei era troppo scossa per stabilire se rivolgerglielo o no – e riprese a correre con l'elfa al seguito, cercando di ignorare i proiettili infuocati lanciati dalle catapulte nemiche che precipitavano tutt'intorno a loro. Si diressero verso l'ingresso della torre, ma quando giunsero nel cortile d'accesso videro alcuni soldati e un mago impegnati a lottare contro un manipolo di hurlock e genlock.

Si fermarono sbigottiti e Alistair trasecolò. «Ma cosa...?»

Un uomo armato di balestra, a pochi passi da loro, si voltò; era la guardia della torre, l'elfa lo riconobbe. «Custodi, l'hanno presa!» gridò sconvolto. «I prole oscura hanno preso la torre!! Sono dappertutto!»

«Com'è possibile? Cosa ci fanno qui?» esclamò Alistair.

Luniel, recuperato il sangue freddo, impugnò l'arco e prese una freccia. «Provate a dir loro che sono nel luogo sbagliato» disse incoccandola. «Magari se ne andranno.»

«Perché no? Questo è solo un malinteso, ovvio!» ribatté il Custode con pesante sarcasmo, sfoderando la spada. «Avanti, facciamoci strada! Dobbiamo raggiungere la cima della torre e accendere quel fuoco in tempo, o saremo tutti finiti!» Si lanciò nella mischia con un urlo potente.

«Vai, Ascher!» Luniel aizzò il lupo e rimase indietro con la guardia, a bersagliare i prole oscura ogni qual volta venivano spinti lontani dalla mischia.

Per fortuna i nemici non erano molti e lo scontro si concluse in pochi minuti. I soldati erano rimasti in sei perciò, contando anche il mago, il balestriere e i due Custodi, il loro numero saliva a dieci. Non molti per nutrire certezze di sopravvivenza, ma abbastanza per nutrire una speranza. Alistair si mise a parlare con il capo dei soldati per stabilire rapidamente una tattica d'assalto e Luniel ne approfittò per recuperare più frecce che poteva. Una volta che furono pronti, poco dopo, entrarono nella torre con tutti i sensi all'erta, tuttavia nel cortile interno non trovarono alcuna resistenza. Senza abbassare la guardia, superarono una serie di barricate in fiamme e raggiunsero la porta del piano terra, Alistair vi si accostò e rimase qualche istante come in ascolto.

«Via libera» assicurò, aprendo la porta e facendo strada.

Salirono al primo piano e lì il Custode li fece fermare, in una sala circolare non molto grande; dalla parte opposta di fronte a loro, un largo passaggio dava su un corridoio piuttosto ampio.

«Nove prole oscura» sussurrò Alistair. «Nell'anello esterno, a destra.»

La guardia della torre imprecò sottovoce. «Dobbiamo passare da lì per salire.»

«E allora togliamoli di mezzo» sentenziò un soldato.

Si mossero il più silenziosamente possibile per attraversare la stanza, ma non fecero nemmeno in tempo a superarne il centro; che i prole oscura li avessero sentiti o avessero avvertito la presenza dei Custodi Grigi, fatto sta che i mostri girarono l'angolo e si scagliarono su di loro con urla furiose. Una sfera di fuoco esplose dinanzi agli aggressori gettandone una buona metà a terra, e di questa metà tre vi rimasero ad agonizzare, avendo preso in pieno tutta la potenza dell'incantesimo.

Luniel e il balestriere provvidero a finire quelli che si stavano rialzando, prima di dare man forte ai compagni insieme al mago, che ovviamente era rimasto indietro come loro. Tuttavia dovettero rinunciare e lasciar fare solo ai guerrieri e al lupo, che si erano assiepati a circondare i quattro prole oscura rimasti.

Al termine dello scontro si concessero un paio di minuti per riprendere fiato poiché, eccetto Ascher e i tre che combattevano a distanza, gli altri erano piuttosto pesti e sanguinanti, poi corsero a raggiungere le scale. Alistair continuava a guidare la carica insieme al capo dei soldati, onde sfruttare la sua capacità di percepire la Prole Oscura in anticipo. Anche se, come aveva ammesso lui stesso, ce n'era una tale concentrazione lì a Ostagar da creargli non poche difficoltà.

Quando furono quasi in cima alle scale, il giovane Custode imprecò. «Stavolta sono parecchi!» avvertì, ma non precisò la quantità, e forse era meglio così. Raggiunse la porta e posò la mano sulla maniglia. «Tenetevi pronti. Al mio tre. Uno... due... tre!» Spalancò la porta e si lanciò dentro, subito seguito dai soldati.

Una serie di furiosi latrati si levò da tre gabbie sul lato della stanza.

I nemici, circa una quindicina, erano sparpagliati, ma convergettero subito verso gli aggressori. Tutti tranne un hurlock che non aveva armi, soltanto un bastone simile a quello dei maghi.

«Un Emissario...» sibilò Luniel, ricordando le spiegazioni di Duncan. Prese la mira e lo colpì appena prima che terminasse un incantesimo, facendogli perdere la concentrazione. L'Emissario si spostò per mettersi al riparo di una delle grosse colonne che si ergevano nella stanza.

«Occupatevene voi!» le disse il balestriere. «Io corro a liberare i mabari, ci saranno d'aiuto!»

Luniel cercò di portarsi in una posizione che le permettesse di colpire l'Emissario, ma quello continuava a spostarsi e tenersi nascosto. D'improvviso vacillò e si sentì mancare progressivamente le forze. Ma cosa...? Ah, ma certo! Quel maledetto doveva averle lanciato un incantesimo! «Mago, aiutatemi!» urlò la giovane. Se fossero riusciti a prenderlo fra due fuochi...

Un fulmine crepitante, partito dalle mani del mago, raggiunse l'Emissario paralizzandolo per qualche istante. Luniel colse l'occasione e prese la mira, malgrado le braccia le tremassero a causa della debolezza: la freccia lo raggiunse in pieno petto, facendolo barcollare. È resistente! pensò contrariata. Incoccò un altro strale e lo colpì allo stomaco, nello stesso momento in cui addosso gli esplodeva una sfera infuocata.

L'Emissario stramazzò al suolo e Luniel si voltò a guardare la situazione: due soldati di Ostagar erano morti, un terzo cadde in quel momento con la testa spaccata dall'ascia di un hurlock, a sua volta abbattuto dal balestriere. Tuttavia le cose stavano volgendo a loro favore grazie all'apporto dei tre mabari liberati. Uno dei cani si avventò alla gola di un hurlock, squarciandogliela con ferocia.

Alistair sferrò un potente colpo di scudo contro un genlock, lo scaraventò a terra e si girò per parare con la spada il fendente di un hurlock. Il genlock iniziò a rialzarsi e Luniel lo atterrò con una freccia nella spalla, Ascher gli balzò addosso per finirlo.

L'elfa si guardò intorno, accorgendosi che non c'erano più nemici. Preceduto dal lupo, Alistair la raggiunse sfregandosi via del sangue che gli colava dalla fronte. «State bene?» le domandò.

«Io sì. Pensate per voi, piuttosto.»

«Non c'è tempo» ribatté l'altro, scuotendo il capo. «Dobbiamo proseguire.»

Luniel si strinse nelle spalle. «Finché vi reggete in piedi...» commentò distaccata. «Datemi una mano a recuperare le frecce ancora intere, o rimarrò senza.»

«Vi precediamo!» li avvisò il capo dei soldati, avanzando con il mago, il balestriere e quanti restavano dei suoi uomini. I mabari li seguirono.

La ragazza sbuffò. «È un'imprudenza.»

«Sbrighiamoci» fu tutto ciò che disse Alistair.

Erano a metà dei gradini che portavano all'ultimo piano quando udirono un ruggito e degli urli.

«Numi, ma cosa...?» iniziò Luniel.

Alistair accelerò il passo e lei dovette fare altrettanto. Quando oltrepassarono la porta, lui si fermò di colpo e l'elfa gli sbatté contro la schiena.

«Oh, Creatore! Un ogre!»

Luniel si spostò per guardare e desiderò di non averlo mai fatto. La creatura che Alistair aveva chiamato "ogre" era enorme, alta almeno tre volte un uomo normale, con pelle bluastra, muso belluino e lunghe corna contorte sulla testa deforme. Una delle sue grosse mani artigliate teneva un soldato, completamente afflosciato; doveva averlo stretto in una morsa d'incredibile potenza, spezzandogli la schiena. Gli altri uomini e i tre mabari si stavano rialzando, con l'aria di essere rimasti storditi da una botta poderosa.

La dalish fece un istintivo passo indietro, invece Alistair caricò l'ogre.

«Che accidenti fate?!» Maledicendo l'avventatezza dell'umano, Luniel scagliò una freccia contro il petto del mostro, un bersaglio abbastanza ampio da non essere mancato. Tuttavia, pensò, non doveva avergli provocato che un vago fastidio, poco più che una puntura. «Ascher, fermo!» richiamò il lupo, timorosa a mandarlo contro quel bestione. Se quell'idiota biondo ci teneva tanto a farsi ammazzare, che andasse; lei non intendeva rischiare la vita del suo amico animale così stupidamente.

Una scarica di fiamme raggiunse il mostro poco prima di Alistair, il quale lo colpì con un fendente alla coscia. L'ogre bruciacchiato ruggì e gli scaraventò il cadavere addosso. Luniel continuò a bersagliare la creatura mentre seguiva le azioni degli altri con la coda dell'occhio. I soldati caricarono a loro volta, forse sperando di confonderlo con un assalto proveniente da più lati, ma rischiando di venir scagliati via dalle furiose manate dell'ogre; nel frattempo il mago e il balestriere persistevano con lei negli attacchi a distanza.

Uno dei mabari fu afferrato al volo e stritolato come fosse stato di terracotta; un soldato fu sbattuto contro un muro, scivolò al suolo e non si mosse più.

Poi l'ogre abbassò la testa e caricò due soldati, che vennero sbalzati diversi passi più in là e si rialzarono a fatica, storditi. Un fulmine lo raggiunse e il mostro ruggì di dolore. Allora si mise a correre verso il mago, forse ritenendolo il più pericoloso, e il mago non poté far altro che cominciare a scappare in cerchio.

Bene, pensò Luniel. Se si concentra su un solo obiettivo, noi saremo più liberi di attaccare. «Vai, bello, ma fai attenzione» ordinò ad Ascher.

Finalmente, sotto una pioggia di frecce, quadrelli e incantesimi, di fendenti e di morsi feroci, l'ogre iniziò a mostrare segni di cedimento. Ricoperto di ustioni, tagli e squarci grondanti sangue, smise d'inseguire il mago – che ormai privo di fiato quasi si accasciò contro una parete – e traballò all'indietro.

Con un urlo stentoreo, Alistair prese la rincorsa, balzò e si puntellò con un piede contro l'addome del mostro, conficcandogli poi la spada nella gola. L'ogre cadde sulla schiena con un tonfo sonoro che fece tremare il pavimento. Alistair si rialzò ed estrasse la spada, rinfoderandola.

«Esibizionista» trovò la forza di commentare Luniel, rimettendosi l'arco in spalla. Poi corse ad una delle finestre della torre, da dove vide che il grosso dell'orda era ormai penetrato nella gola. «Il segnale, presto! Accendete il segnale!» strillò. Non si voltò a guardare chi o come l'avrebbe fatto, ma tenne gli occhi fissi sulla lontana battaglia. Era tutto talmente confuso, a causa della pioggia e dei fumi dei fuochi, che nemmeno con la sua vista acuta riusciva a distinguere qualcosa; scorgeva soltanto innumerevoli luci di fiaccole che si facevano sempre più strada nella gola, simili a un fiume fiammeggiante. I rumori degli scontri le giungevano come echi indistinti, frammisti allo scrosciare della pioggia e al fragore dei tuoni.

Il brutto presentimento tornò a farsi sentire con prepotenza e lei si ritrovò a trattenere il respiro.

«È acceso!» gridò Alistair.

Luniel rilasciò il fiato con un sospiro, ma la preoccupazione non si attenuò. Appoggiò le mani sul davanzale bagnato e le strinse a pugno, pregando tra sé e sé che i rinforzi arrivassero in tempo. E non soltanto perché da quello dipendevano le sorti dell'intero esercito e, ancor di più, del Ferelden. Era una, la cosa che le stava davvero a cuore.

«Prole oscura!» urlò qualcuno.

La dalish si voltò di scatto, in tempo per intravedere un nutrito manipolo di mostri riversarsi oltre la porta e per sentirsi trafiggere da alcune frecce. Fiammate di dolore esplosero nella spalla destra, nel ventre, nel petto, poi lei scivolò all'indietro e picchiò violentemente la testa sul bordo della finestra. Le grida scemarono e davanti ai suoi occhi ogni cosa venne inghiottita da una nera, terrificante oscurità...

Allora, due note linguistiche, a proposito delle due parole in elfico che ho usato.

  • Mythal’enast: L'ho trovato in un brano di presentazione a proposito di Merrill in Dragon Age 2. Non c'è il significato, ma a giudicare dal contesto si suppone sia un'imprecazione.
  • Seth'lin: Questo l'ho trovato nella sezione sul linguaggio elfico della Wikia di Dragon Age, nella parte degli insulti. XD La traduzione letterale è "sangue sottile".

Sperando che la lettura sia stata di vostro gradimento, ringrazio di nuovo tutti quanti, chi ha recensito e chi ha soltanto letto.



EDIT:

A seguito di novità da Inquisition, ho sostituito l'esclamazione Mythal'enast (che credo si traduca con qualcosa tipo "favore di Mythal") con il termine fenedhis, che vale come un generico "dannazione".

Comunicazione di servizio

Mercoledì prossimo non ci sarà l'aggiornamento, in quanto starò via per l'intera settimana (vado in Olanda) e non avrò il pc a disposizione. Se non ci risentiamo dopo il 26, sarà perché sono caduta nei canali di Amsterdam! XD

Bye bye!

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Capitolo 6
*** 05 - Verso un incerto destino ***


Capitolo 05

Verso un incerto destino

La consapevolezza giunse insieme allo scoppiettio di un falò, al familiare odore di legna bruciata e alla sensazione di qualcosa di morbido sotto la schiena e la testa. Luniel strizzò le palpebre, le sbatté e infine riuscì ad aprire gli occhi. Sopra di lei c'era un soffitto di travi e pali di legno, e comprese di essere distesa su un letto. Emise un lieve mugolio, confusa, e nel portarsi una mano alla fronte le dita incontrarono la stoffa di una fasciatura.

«Ti sei ripresa, finalmente.»

Era una voce sconosciuta. L'elfa girò il capo e vide, a pochi passi dal letto, una ragazza alta e pallida, dai capelli neri e gli occhi di uno stranissimo colore giallo: parevano le iridi di un animale selvatico. «Chi sei? Dove mi trovo?»

«Puoi chiamarmi Morrigan. Sei nella mia casa, o meglio, nella casa di mia madre. Nel cuore delle Selve» rispose quella, avvicinandosi per controllarla. «Bene, sembri esserti ripresa.»

Le Selve? «Ma come...? Cos'è successo? Come sono finita qui?» E dov'era Ascher?

«Non te lo ricordi?» domandò Morrigan a sua volta.

«Te lo chiederei, altrimenti?» Luniel non riuscì a trattenere il tono brusco. Ricordava soltanto la Prole Oscura che si precipitava nella stanza e le frecce che la colpivano... Si sollevò a sedere cautamente, scostò lo scollo della lunga camicia che le avevano messo indosso e osservò le bende pulite che le avvolgevano il torace. Non sentiva dolore, come se le ferite non fossero mai esistite.

«Ostagar è perduta. Mia madre ha salvato te e il tuo amico» spiegò la ragazza delle Selve, mettendosi a riordinare alcune ampolle su uno scaffale.

Amico? La dalish si corrucciò, perplessa, e Morrigan se ne accorse.

«L'altro Custode» precisò. «Mia madre vi ha portati qui e ha curato le vostre ferite. Una freccia ti ha quasi raggiunto il cuore, sembravi piuttosto spacciata. La vecchia sarà soddisfatta di vedere che ti sei ripresa. Se non ce l'avessi fatta, credo che il suo orgoglio l'avrebbe considerato un affronto.»

Luniel scosse in fretta la testa, rimediando un mezzo mancamento. «Aspetta, aspetta! Non c'era anche un lupo? Un grosso lupo dalla pelliccia grigia...»

L'umana la scrutò con blanda perplessità. «Non saprei. Mia madre non me ne ha parlato.»

Fu come ricevere una pugnalata e Luniel sentì le lacrime che affioravano prepotenti. Serrò gli occhi con forza e si morse il labbro, faticando a trattenere il pianto e a mantenere la calma. Non poteva aver perso anche Ascher... non anche lui... Deglutì e domandò, con voce malferma: «E... la Prole Oscura? Cos'è successo... a tutti gli altri?»

«Morti tutti, almeno così sembra» fu l'indifferente risposta. «Il Re, l'esercito, i Custodi Grigi...»

L'elfa sbarrò gli occhi, colpita dall'ennesima pugnalata. Duncan... Il fiato le si fermò in gola e lei annaspò a lungo, sentendosi quasi soffocare per lo sgomento.

«Stando a mia madre» proseguì l'altra, apparentemente imperturbata dal suo dolore, «l'uomo che doveva rispondere al vostro segnale ha abbandonato il campo e ha lasciato massacrare il resto dell'esercito. Il tuo amico l'ha presa decisamente male. È da due giorni, da quando si è ripreso, che non fa che imprecare, rimuginare e cedere al panico per la tua sorte.» La giovane scosse la testa con disapprovazione.

Le rivelazioni di Morrigan le rimbombavano in testa, lasciandola stordita e incredula. Come poteva essere accaduto tutto ciò? Perché era accaduto? Luniel sentì che il mondo le stava crollando addosso un'altra volta, ma si impose di resistere. Artigliò le coperte e prese un respiro profondo prima di commentare: «Quindi, nessun sopravvissuto...»

«A parte qualche sbandato che se l'è filata per tempo. Non tutti sono rimasti a farsi massacrare, quando è stato evidente che ormai era finita. Ma in quella valle...» Le piantò addosso quei suoi strani occhi gialli, uno sguardo penetrante che sembrava volesse sondarle l'anima, come per capire quanto ancora fosse in grado di sopportare. «Mi sono recata ad osservare il campo di battaglia e quello che ho visto ha turbato persino me... uno scenario a dir poco orribile. Cadaveri ovunque e i prole oscura che si aggirano fra di essi. Credo se ne nutrano.»

«Capisco» mormorò l'elfa, atona. Improvvisamente non trovava più la forza di sconvolgersi né di disperarsi. Si passò le mani sul volto. «Però non capisco perché tua madre ci abbia salvati. O come abbia fatto.»

Morrigan andò verso il caminetto. «Il motivo lo ignoro pure io. Oh, gliel'ho domandato, ma non ha voluto spiegarmelo. Lo fa spesso, in effetti, di non spiegarmi le sue azioni.» Si accovacciò per alimentare le fiamme. «Fosse stato per me, avrei cercato di salvare il vostro sovrano.»

«Grazie tante.»

«Cerco soltanto di essere pratica: un re ha molto più valore. Comunque...» La giovane donna si rimise in piedi e sbatté le mani una contro l'altra. «Si è tramutata in un volatile gigante, è volata sulla cima della torre e ha recuperato te e quello scemo biondo, uno per zampa. Forse è per questo che ha preso solo voi due, non poteva trasportare altri.»

«Una Mutaforma...» mormorò l'elfa, senza stupirsi più di tanto. Fra la sua gente, un tempo, magie del genere erano state comuni.

«Esatto.» Morrigan si mise a braccia conserte. «Riesci ad alzarti, sì? Allora conviene che ti fai vedere dal tuo amico, così smetterà di agitarsi. Dovrebbe essere fuori.»

«Non è mio amico» mise in chiaro Luniel, scendendo dal letto.

L'altra fece spallucce. «Come vuoi. Io rimango qui, preparerò qualcosa da mangiare.»

L'elfa mosse un passo, ma si fermò, folgorata da un pensiero. «Le mie cose! Dove sono?!»

Morrigan la guardò inarcando un sopracciglio. «In quel baule, insieme alla roba del biondino. Tranquilla, non ti abbiamo rubato nulla.»

Luniel si precipitò dal baule, frugò all'interno e ne tirò fuori il bracciale in legnoferro, emettendo un profondo sospiro. Lo rimise al polso destro, quasi con reverenza, poi se lo portò al petto con un secondo, più instabile sospiro.

«È molto bello, quel bracciale» commentò Morrigan. Il tono suonò volutamente impersonale.

La dalish percorse col dito alcuni dei delicati avvolgimenti che si diramavano e si intrecciavano fra loro al pari di tralci d'edera. «Sì, lo è» mormorò quasi a se stessa. Si alzò lentamente e raggiunse la porta. Quando uscì fuori la luce del sole, per quanto tenue, le ferì gli occhi e fu costretta a sbatterli più volte. Sollevò una mano a ripararli. In camicia e scalza com'era, rabbrividì per il freddo improvviso.

«Luniel! Oh, Creatore! Siete viva!»

Riabbassò la mano e vide Alistair, apparentemente sano, che le veniva incontro quasi di corsa. Il giovane tese le braccia come se volesse stringerla e lei si ritrasse di un passo.

Alistair si fermò riabbassando le braccia, sul viso gli passò un'ombra di dispiacere. Non aveva traccia di ferite, ma i suoi occhi erano gonfi e arrossati, segno che aveva pianto parecchio. «Io... credevo che fossimo perduti... Se non fosse stato per la madre di Morrigan, noi... ora...» La voce gli tremò e lui richiuse la bocca.

Luniel guardò la palude, l'acqua ferma e placida su cui si rifletteva il sole pallido e velato dalla bruma, e cercò di mantenersi ugualmente imperturbabile benché le costasse una fatica immensa. «La giovane shemlen mi ha raccontato...» sussurrò. «Mi ha detto che Loghain...»

«Quel maledetto traditore!» esplose il giovane. «Vile codardo! È fuggito lasciando il suo re in balia della Prole Oscura, ha tradito l'intero Ferelden! Schifoso... miserabile... Ignobile carogna! E a causa sua...!» Si fermò di nuovo, teso e tremante, i pugni contratti.

...loro due avevano perso tutto. Ascher, Duncan... Ma non si trattava più soltanto delle perdite personali. L'elfa si afferrò il lembo della camicia, faticando a resistere ora che l'enormità della vicenda la stava infine raggiungendo: se i Custodi Grigi erano stati sterminati, la Prole Oscura non avrebbe trovato ostacoli nella sua avanzata. Inoltre, malgrado lei odiasse gli umani, il pensiero di quante vite fossero state stroncate per la slealtà di un solo uomo la disgustava profondamente. «Perché mai l'ha fatto?» domandò.

«Per il trono?»

«Ma che senso ha averlo fatto adesso?» Luniel scosse la testa, sconcertata. «Il Flagello è un pericolo anche per lui.»

«Il cuore degli uomini» disse una voce alle sue spalle, «talvolta nasconde ombre più oscure di qualsiasi creatura corrotta.»

Luniel si voltò, trovandosi di fronte quella che doveva essere la madre di Morrigan: magra e ossuta, più bassa della figlia, aveva i capelli grigi e il volto solcato di rughe. La donna che aveva affermato di chiamarsi Flemeth. Si domandò distrattamente se la fosse davvero.

La vecchia proseguì: «Quell'uomo... Ancora malfidente malgrado l'evidenza. Rifiuta la verità, crede che quest'orda di Prole Oscura sia un esercito che si può sconfiggere con la forza e l'astuzia. Non vede, non vuole vedere la minaccia, il male che si cela fra le viscere della terra.»

«L'Arcidemone...» confermò Alistair in un sussurro. «Come può essere stato anche così stolto, oltre che codardo?»

La dalish lo guardò. «Pensate davvero che abbia agito per prendersi il trono?» volle sapere.

L'altro scosse la testa con fare sconfitto. «Non vedo altra spiegazione. È il padre della Regina, probabilmente conta di regnare in sua vece... Ma come può sperare di farla franca?»

Flemeth sbuffò infastidita. «Credete forse che sia il primo sovrano a ottenere il potere in questo modo? Ingenuo. Ingenuo, come lui. Non siete più un bambino, cercate di crescere!»

Alistair, risentito, si accigliò e fece per ribattere alla donna, ma Luniel intervenne: «Cosa facciamo, adesso?» Di colpo si sentì sperduta, ma tentò di non darlo a vedere. «Se i Custodi non esistono più... Senza Duncan cosa...?» Si fermò, sentendosi un'altra volta mancare l'aria. Dovette prendere un respiro profondo. Gli occhi le bruciavano per le lacrime a stento trattenute.

«È certo che non potrete restare qui» s'intromise Flemeth. «La mia magia tiene lontana la Prole Oscura, ma non durerà in eterno.»

Alistair, irrigiditosi, indurì l'espressione. «Dobbiamo continuare l'opera di Duncan. I nani e gli elfi ci avevano assicurato il loro appoggio, tuttavia non si sono visti. Dobbiamo scoprire per quale ragione, sperando che non ci abbiano semplicemente abbandonati anche loro. Probabilmente dovremo ricorrere ai trattati, per costringerli.»

«I trattati?» Luniel sbatté le palpebre, confusa.

«Li ho con me» le spiegò lui. «Duncan me li aveva affidati, raccomandandosi di tenerli al sicuro. Quasi se lo aspettasse...» Gli occhi gli divennero lucidi, ma non una lacrima ne uscì. «Con questi, nani ed elfi non potranno negarci il loro aiuto. Sono tenuti ad onorare gli antichi accordi. Dovremo chiedere aiuto anche ai maghi... per fortuna non erano tutti ad Ostagar, il Circolo esiste ancora.» Emise un sospiro. «Prima, comunque, dobbiamo pensare ad allontanarci da qui.»

«Per andare dove?»

Alistair scosse la testa. «Non abbiamo molte scelte. Credo che, per cominciare, ci convenga andare a Redcliffe, a chiedere aiuto anche ad Arle Eamon. Lui non era ad Ostagar. Là saremo al sicuro e potremo riorganizzarci.»

L'elfa inclinò la testa, senza capire.

«Eamon Guerrin, Arle di Redcliffe. È lo zio di Cailan, un brav'uomo molto rispettato dagli altri nobili del Ferelden. La sua parola ha molto peso e rivolgerci a lui, ora come ora, mi sembra la cosa migliore da fare. Ci aiuterà.»

Lei storse il naso, meno disposta a tanta fiduciosa speranza. «Cosa ve lo fa credere?»

«Be'...» Il giovane parve titubante. «Lo conosco, da molti anni, e ho motivo di supporre che mi ascolterebbe.» Nella sua voce c'era un'eco di dubbio, che svanì con l'affermazione successiva: «E so che non lascerebbe mai impunito l'assassino del nipote.»

Luniel scrollò le spalle. «Se pensate che sia così, allora andiamo da questo Eamon.» Non vedeva molte alternative, del resto.

«E tu che ci fai qui?» domandò Flemeth in tono curioso, di certo non rivolta a loro.

L'elfa, che si era quasi dimenticata di lei, si girò e spalancò gli occhi. All'inizio di un sentiero emergente dalla boscaglia c'era...

«Non è il vostro lupo, quello?» domandò Alistair, sorpreso.

«Ascher!!» Luniel si precipitò verso l'animale, che avanzava zoppicando, e si buttò in ginocchio davanti a lui, gettandogli poi le braccia intorno al collo, aggrappandosi strettamente al suo pelo, ora arruffato, sporco e chiazzato di sangue ormai secco. Cominciò a singhiozzare senza freno. «Sei vivo! Sei vivo! Credevo di averti perso!»

Il lupo, con un lieve uggiolio, spinse il muso contro la sua testa e le diede qualche leccatina sul collo. Lei si scostò per controllarne le condizioni, passandogli freneticamente le mani sul pelo, ancora incredula di averlo ritrovato. «Sei ferito, amico mio. Oh, Ascher...» Aveva diverse brutte lesioni, alcune in via d'infezione, e una zampa così malconcia che a malapena lo sorreggeva.

Alistair emise un basso fischio, stupito e ammirato. «È riuscito a fuggire dalla torre e si è fatto strada fino a qui. Per ritrovarvi. Incredibile...»

Luniel si rivolse a Flemeth. «Potete curarlo?» Si rese conto di aver quasi implorato, ma non era il momento di preoccuparsi dell'orgoglio.

«Certo che sì!» reagì l'anziana donna, con fare piccato. «Portalo in casa, me ne occuperò lì. E rientrate tutti e due. Se Morrigan ha finito di preparare il pranzo, mettetevi a mangiare. Avete bisogno di recuperare le forze. Soprattutto tu, ragazza.» Poi fece strada.

Luniel si rialzò senza protestare e accompagnò il lupo alla dimora. Ebbe modo di osservarla soltanto adesso: era niente più che una capanna di legno con un piano superiore, addossata ad un'antica parete di pietre erose dal tempo. Raggiunse la porta e fece entrare Ascher.

«Sono felice per voi.»

Girò la testa a guardare da sopra la spalla e vide Alistair che le sorrideva, pur con un alone di tristezza. Era talmente contenta per aver ritrovato Ascher da non irritarsi per quella che, in un altro momento, avrebbe considerato l'ennesima ingerenza dell'umano. Riuscì addirittura a rivolgergli un rapidissimo sorriso e a mormorare un fievole: «Grazie», che forse lui nemmeno udì. Poi entrò, sentendosi più sollevata di quanto fosse stata al risveglio; si permise addirittura di accantonare tutti i dubbi circa la disponibilità di Flemeth.

Ascher era di nuovo con lei, per adesso era l'unica cosa che contava.

Il pranzo si svolse in silenzio. Al piccolo tavolo di legno erano seduti soltanto Luniel, Alistair e Morrigan; la padrona di casa era nell'altra stanza, intenta a curare Ascher. Di quando in quando, il giovane lanciava delle occhiate sospettose verso la porta che conduceva di là e, in aggiunta, anche alla ragazza che sedeva con loro. La quale, ovviamente, ad un certo punto non mancò di irritarsene.

«Immagino tu abbia una sorta di tic nervoso, giacché non fai altro che muovere la testa di qua e di là» commentò.

Lui la fissò con cipiglio. «Nossignora» rispose con freddezza. «È solo che non oso immaginare cosa possa fare vostra madre a quella povera bestia. Luniel potrebbe ritrovarsi con un rospo al posto del suo lupo.»

L'elfa alzò lo sguardo, fissando il collega Custode con le sopracciglia inarcate, poi roteò gli occhi con fare esasperato.

Morrigan, dal canto suo, lo scrutò come se fosse una specie di grosso verme dotato di favella, ma non di cervello. «Non mi pare che tu o l'elfa siate dei rospi.»

Luniel valutò l'idea di un rospo al posto di Alistair e la trovò alquanto allettante. Poi, però, pensò che di certo avrebbe gracidato senza tregua... Forse, alla fin fine, era meglio che restasse com'era; le veniva più facile zittirlo.

«No, certo. Non ancora» insistette il giovane.

Se Nevan fosse stato con loro l'avrebbe fatto tacere con una delle sue solite battutine o semplicemente imponendoglielo. Luniel sbatté le palpebre, perplessa. Doveva essere una conseguenza della botta in testa, poiché per un attimo aveva quasi avvertito la mancanza del mago dall'eterno sorriso. Si trovò a pensare che Alistair dovesse sentirla davvero, avevano dato l'idea di essere molto amici, anche se non come erano stati lei e Tamlen... Il pizzicore all'angolo degli occhi la spinse ad abbassarli sullo stufato fumante davanti a sé, quel minimo afflato di comprensione per l'umano sparì e di colpo fu di nuovo consapevole delle voci degli altri due.

«...delle apostati.» Alistair stava concludendo un suo qualche discorso e lei rialzò lo sguardo.

«Come che sia» replicò Morrigan, tranquilla e con un sorriso beffardo, «mi risulta che la magia di mia madre vi sia stata utile. O preferiresti essere a marcire su quella torre?»

Preso alla sprovvista, Alistair non ribatté. E non sapendo come rispondere tornò a dedicarsi allo stufato, riempiendosi la bocca di una porzione così abbondante che Luniel si stupì non ne rimanesse strozzato. Quel che la stupì realmente, però, fu non averglielo nemmeno augurato.

Terminarono il pranzo nello stesso silenzio in cui era cominciato. Morrigan si alzò e, da ottima padrona di casa, tolse le stoviglie dal tavolo e le ripose in un mastello, dopodiché si mise a rigovernare, comportandosi come se i due ospiti nemmeno fossero presenti. Per quanto riguardava Alistair, era probabile che non lo sopportasse più di tanto e lui non si era certo sforzato per rendersi gradevole, mentre dell'elfa doveva aver compreso che non era in vena di parlare.

Il silenzio si protrasse, provocando disagio nell'umano, dal momento che non riusciva a stare quieto: grattava il tavolo con l'unghia, si agitava sulla sedia, batteva il piede sul pavimento...

Quanto a Luniel, stava ferma con lo sguardo fisso verso la porta dell'altra stanza, in trepida attesa. Non che dubitasse delle capacità guaritrici di Flemeth, ne aveva avuto prova su se stessa, ma era impaziente di riabbracciare il suo amato lupo di nuovo in salute. Quei pochi minuti in cui lo aveva creduto morto erano stati terrificanti. E se soltanto quella sorta di prodigio si fosse potuto ripetere anche per Tamlen e Duncan... Chiuse gli occhi, respirando a fondo per riprendere il controllo e trattenere il pianto.

Li spalancò quando udì il cigolio dei cardini. Flemeth avanzò, aprendo la porta, e subito dopo Ascher la superò, trottando rapido verso la propria padrona. Lei si alzò di scatto e gli andò incontro, piantando bene i piedi nel momento in cui il lupo si drizzò sulle zampe posteriori per posarle quelle anteriori sulle spalle. Sostenendone il familiare peso con una risata, Luniel tese le braccia a cingere Ascher, voltando appena il viso sotto una raffica di affettuose leccate.

«Ma come fate a rimanere in piedi?» domandò Alistair dietro di lei.

Era solo una questione di abitudine, naturalmente, ma non ritenne proprio dovere informarne l'altro. Continuò a scambiarsi coccole con Ascher, sfregandogli il viso contro il muso, arruffandogli e accarezzandogli il pelo, schioccandogli persino dei baci sul naso umido.

«Ma... ma cosa...?» sentì Alistair balbettare.

La risatina di Morrigan gli fece eco. «Sei forse geloso?»

«Fatemi la cortesia di tacere!» le ribatté subito lui. «Sono soltanto perplesso. È più gentile con il lupo che con le persone.»

«Se le persone con cui ha a che fare sono come te» lo rimbeccò la giovane umana, «ha senza dubbio tutte le ragioni.»

Luniel fece un mezzo sorriso. Quasi quasi quell'umana le stava simpatica... Prese le zampe di Ascher per farlo scostare. «Avanti, bestione, adesso scendi» lo esortò. «Le mie spalle sono delicate, lo sai» scherzò. E appena l'ebbe detto ogni traccia di gioia svanì. Quella era un'affermazione che apparteneva a Tamlen, una di quelle che rientravano nelle loro reciproche, affettuose prese in giro.

Ascher uggiolò a quel suo cambio d'umore. Lei fece un sorriso triste e gli accarezzò la fronte.

«Ah, figlia dei Dalish, li vedo...» mormorò Flemeth. Lei la fissò senza capire. «Rabbia... odio... dolore... e in quale quantità! Ti scorrono dentro come un veleno che finirà per consumarti, non meno della corruzione che già ammorba il tuo sangue. Oh, sì, e avvolgono il tuo cuore fra tormentose spire di ghiaccio...»

Morrigan emise un breve sbuffo. «Eccola che ricomincia» commentò in un soffio.

Flemeth non badò a quell'intervento. «Lascerai che lo intrappolino in una gelida gabbia? Chissà, chissà. Ma se fosse, anche la fiamma più debole, anche il sole più tiepido possono riuscire a sciogliere il ghiaccio, a lungo andare...» Puntò lo sguardo oltre le spalle di Luniel e lei, voltando appena la testa, vide che in quella precisa direzione si trovava Alistair. «E possono riuscirci più facilmente finché il ghiaccio è ancora sottile.»

«Vaneggiate?» domandò il giovane Custode.

L'elfa invece scosse il capo, irritata. «Smettetela di parlare per enigmi!»

Flemeth la osservò con aria di genuina sorpresa. «L'ho fatto? Oh, può essere. La mia cara Morrigan ti direbbe che, alla mia età, la mia mente non è più tanto affidabile. Vero, cara?»

«Oh, madre adorata, non mi sognerei mai di contraddirvi» ribatté l'interpellata, con voce talmente flautata da rendere più che tangibile l'ironia.

«Ah!» fece la vecchia. «Che figlia devota. Ma basta ciarlare.» Fissò alternativamente i due Custodi. «Direi proprio che siete in condizioni di mettervi in viaggio. Quanto prima, suggerirei. Vi ho già preparato delle sacche con ciò che vi potrebbe servire. Coperte, mantelli e provviste sufficienti finché non uscirete dalle Selve. Si trovano di là, insieme al vostro equipaggiamento.» Indicò con la testa la stanza da cui era uscita poco prima, avviandosi verso la porta d'ingresso. «Preparatevi, prendete tutto e raggiungetemi fuori» concluse, e uscì senza aspettare risposta.

Una bruma livida regnava fra gli alberi che circondavano la piccola radura in cui sorgeva la casa. Alberi neri, scheletrici, cui quella nebbia conferiva un'aria spettrale e malsana. I loro rami erano braccia rinsecchite che si tendevano ad implorare luce e calore da un sole egoista e sfuggente in quel cielo caliginoso.

Luniel scrutò il sentiero che si inoltrava in quel cupo groviglio di legna morta e si accigliò; l'idea di andare ad infilarsi là dentro non l'allettava neanche un po'. Alistair, al suo fianco, non appariva meno scontento, ma neppure lui si lamentava. Con i rispettivi equipaggiamenti indosso e le sacche da viaggio ai propri piedi, entrambi fissavano la presunta Strega delle Selve intenta ad osservare quel poco gradevole paesaggio. Ascher si aggirava lì attorno, annusando a terra e per aria.

Finalmente Flemeth si girò verso di loro. «Curioso. Oh, sì, davvero curioso» iniziò, palesemente assorbita da qualche suo pensiero. «È buffo come certi eventi sembrino ripetersi, non trovate?»

Luniel scambiò un'occhiata perplessa con Alistair, non meno disorientato da quell'apparente vaneggiamento da parte della donna.

«È proprio come allora» continuò quella. «Due giovani smarriti e in fuga, dopo aver perduto tutto... uno pieno di eccessiva fiducia, l'altro pieno di livido rancore.» Guardò verso Alistair. «Chissà se tu riuscirai a non essere tradito... Io l'avevo messo in guardia, ma non mi ha dato ascolto... ed ecco che tutto rischia di sfociare nella tragedia.»

«Ma di che state parlando?» domandò il giovane.

Lei agitò una mano. «Oh, lascia stare. Quando si è vecchi, i pensieri vagano senza controllo e finiscono per rincorrere antichi ricordi.»

Luniel la fissò con sospetto. «Asha'belannar» mormorò. «Se siete davvero lei, di ricordi ne avete senz'altro parecchi.»

Flemeth fece un sorriso furbo. «Può essere saggio nutrire dei dubbi, soltanto gli sciocchi non ne hanno mai» commentò. «Tuttavia, figlia dei Dalish, cerca di non essere tanto sciocca da negare ciò che sai essere vero. Oh, perché tu sai. Nel profondo di te stessa, sai chi sono io. Il tuo popolo mi conosce bene.»

L'elfa fu attraversata da un brivido gelido, sotto lo sguardo dell'anziana donna.

«Ciò è irrilevante, comunque» proseguì quella.

Alistair sbuffò, impaziente. «Sentite, ora basta. Non abbiamo tempo da perdere in... strambe chiacchiere sconclusionate. Abbiamo un compito che ci aspetta. E una giustizia da compiere.»

La vecchia fece qualche passo verso di lui. «Oh, certo che sì. Ma mi chiedo... Giustizia o vendetta? Cosa cercate, davvero? E cosa otterrete, davvero? Il perdono è difficile da concedere.» Si strinse nelle spalle. «Chi può dirlo, però? Nemmeno la mia magia è in grado di rispondermi.»

Alistair indurì lo sguardo. «Io voglio soltanto giustizia!»

«Ma sicuro» annuì la Strega e sorrise amabilmente. «Eppure la vendetta può essere tanto dolce...» Il suo sguardo si perse lontano per qualche istante, poi lo spostò su Luniel. «Soprattutto per ammorbidire così tanta rabbia. La sua era temprata nel puro acciaio e l'ha condotto ad affondarla nel cuore di chi più gli era vicino, allora come oggi. Ma tu... No, forse tu non lo farai, bambina. Puoi ancora essere salvata.»

Quelle allusioni non le piacevano per niente. Luniel si accigliò e disse: «Fatela finita!»

«Oh, certo che ho finito.» Si girò verso la porta di casa, apertasi in quel momento: Morrigan era sulla soglia, con una sacca sulla spalla e un bastone dall'estremità contorta in mano. «Bene, figlia, finalmente sei pronta. Ora potete partire.»

«Prego?» esclamò Alistair. «Credo di aver udito male.»

Flemeth gli lanciò un'occhiata. «Eppure fino a poco fa le orecchie ti funzionavano.»

Luniel guardò la figlia della Strega, poi la Strega stessa. «Posso domandare il motivo?»

La vecchia sbuffò. «Potresti considerarlo il compenso per aver salvato le vostre vite, Custodi Grigi. Ma se proprio vuoi una spiegazione... In primo luogo, senza di lei non sapreste uscire dalle Selve. Il tuo compagno potrà confermartelo.»

La dalish rabbrividì per le parole "tuo compagno", poi gli rivolse un'occhiata interrogativa.

Lui incrociò le braccia, corrucciato. «È stata lei a condurci di nuovo fino alla fortezza, quando siamo venuti qua a recuperare i trattati.»

«In secondo luogo» proseguì Flemeth, «la sua magia vi sarà molto utile, e voi avete bisogno di tutto l'aiuto possibile per fermare il Flagello. La qual cosa sarebbe un vantaggio pure per me. Vi sto affidando ciò che ho di più prezioso, Custodi, poiché non dovete assolutamente fallire.»

L'elfa inarcò un sopracciglio, scettica. Non le era parso che ci fosse troppo amore fra quelle due, ma forse si era sbagliata. Forse, semplicemente, erano poco inclini alle manifestazioni d'affetto.

«Dovremmo davvero credere» intervenne Alistair, «che lo state facendo soltanto per aiutarci?»

Flemeth roteò gli occhi, con aria apertamente esasperata. «Come ho detto, il Flagello è un pericolo anche per me. Per cui ho un certo interesse nel far sì che possiate fermarlo. Ma non sono io a tessere i vostri destini, Custode.»

Per qualche ragione, quell'ultima affermazione non la tranquillizzò affatto e Luniel ebbe il desiderio prepotente di andarsene da lì il prima possibile. Si mise la sacca sulla spalla. «Andiamo. Abbiamo parlato abbastanza.»

«Bene.» Morrigan si mosse verso il sentiero. «Addio, madre.» Nessun abbraccio, nessun bacio. Solo quel saluto secco e sbrigativo.

«Divertiti, cara.»

La giovane umana sbuffò. «Oh, già mi immagino lo spasso.»

I due Custodi e il lupo si accodarono a lei, senza più parlare. Alistair era palesemente contrariato, ma doveva essere consapevole che le rimostranze non sarebbero servite a nulla.

Luniel guardò l'incerto sentiero che si addentrava in quel sinistro intrico di tronchi neri e rami contorti e radici serpentine, attraverso acquitrini insidiosi e ombre inquietanti. Poi emise un profondo sospiro. Quel che li aspettava era un destino non meno incerto e angosciante...

Ed eccomi di ritorno. Domando scusa per aver slittato ulteriormente con l'aggiornamento, ma di rientro dall'Olanda ero un po' fusa e non ho fatto in tempo a revisionare il capitolo. Soprattutto, l'ho passato in ritardo alla mia beta... ^^' Fra parentesi, l'Olanda è una meraviglia: non ho potuto girare molto, siamo stati pochi giorni, ma per quel poco che ho visto mi sono innamorata. È un altro mondo.

Dunque, dunque. Spero che anche questo capitolo possa essere stato di vostro gradimento. Devo dire che Flemeth mi ha creato qualche problemuccio, non sapevo se sarei riuscita a renderla in maniera adeguata; a tal proposito, fatemi sapere se ho fallito clamorosamente o no. XD

Ah, supponendo che non tutti abbiano letto i libri di Dragon Age, preciso che alcune delle cose che le ho fatto dire sono riferimenti al romanzo "Il trono usurpato", dove Flemeth ha modo di incontrare Re Maric e Loghain. Chi l'ha letto probabilmente avrà colto la citazione. ^^

Oh, a proposito! Oggi ho finalmente finito Origins! Ho dovuto abbassare il livello di difficoltà perché l'arcidemone mi stava creando un mondo di problemi... -__- ma ho finito, con un happy end che più happy non si può, e ora ho la malinconia da "conclusione"! XD Soprattutto a causa della musica e della canzone dei titoli di coda. A breve inizierò Awakening.

Avviso che il prossimo aggiornamento potrebbe slittare di nuovo. Pasqua è a due passi, il weekend dopo ho un matrimonio in cui sono testimone (aiuto!) e il weekend successivo ancora ho un altro impegno... Insomma, al di là del tempo razionato, non so se avrò la testa per elaborare degnamente il capitolo... ^^'

E infine vi saluto, con un enorme ringraziamento alla mia pazientissima beta/gemellina Shainareth e a chiunque legga/recensisca la mia storia.

Ciaoooo!

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Capitolo 7
*** 06 - Al di là delle colline ***


Capitolo 06

Al Di Là Delle Colline

Luniel fece un enorme sforzo per non lasciarsi cadere a peso morto accanto allo stentato falò che aveva appena acceso, con una certa fatica. Si sedette di fianco ad Ascher e fissò lo sguardo sulle fiamme che cercavano di svilupparsi. Dannata legna fradicia! pensò, gettando un ultimo legnetto dentro quelle esili lingue arancioni. Il termine di quel terzo giorno di viaggio non si stava rivelando molto migliore dei precedenti.

Poco dopo che si erano inoltrati nelle paludi il tempo era andato rapidamente peggiorando: il cielo già grigio si era incupito tanto da far sembrare che il crepuscolo fosse calato anzitempo e nel giro di un paio d'ore aveva iniziato a cadere una pioggerellina sottile, fastidiosamente fitta. In breve le gocce avevano preso ad insinuarsi al di sotto degli abiti, superando anche le difese degli spessi mantelli di lana. Infine, conclusasi la pioggia, era tornata a levarsi la nebbia, non meno fastidiosa: era penetrata loro nelle ossa, ghiacciandoli fin nel midollo e complicando oltremodo il già difficile cammino. Il tremore quasi continuo li aveva resi disattenti e non poche volte lei e Alistair avevano messo un piede in fallo fra quelle maledette radici o nel terreno molle e malsicuro. Morrigan, invece, pur infastidita dall'acquerugiola aleggiante, non aveva dato segno di patire troppo il freddo – e questo malgrado gli abiti non certo accollati – e aveva camminato senza incertezze, rendendo evidente quanto bene conoscesse quei luoghi.

Come se non bastasse la marcia, oltre che per il fisico, si era rivelata sfiancante pure per la mente. Alistair si era rinserrato in un mutismo anomalo per lui, rinunciando a qualsivoglia genere di commento o battuta, con una certa dose di stupore da parte di Luniel; del resto, aveva poi ragionato, era logico che il giovane fosse poco in vena di futili chiacchiere, dopo tutto quel che avevano passato. Con suo sommo disappunto, però, l'elfa realizzò che avrebbe preferito sentire la sua voce; se non altro avrebbe spezzato quel dannato, opprimente silenzio che li circondava, dato che neanche la presunta Strega aveva più aperto bocca da quando si era unita ai due Custodi. Solo, ogni tanto, erano giunti alle loro orecchie i versi lontani e inquietanti di bestie sconosciute, e, sinceramente, a Luniel andava bene che rimanessero tali. Quelle Selve erano riuscite a scoraggiare del tutto ogni sua curiosità esplorativa.

Con uno sbuffo sommesso, Luniel si prese una ciocca umida e l'osservò con aria critica prima di spingerla dietro l'orecchio. Si raccolse le ginocchia al petto, le circondò con le braccia e ci appoggiò il mento, fissando lo sguardo sulle fiamme che andavano gradualmente ravvivandosi, ma era talmente intirizzita da avvertirne a malapena il calore. Aveva una buona resistenza al freddo, però quando penetrava così nelle ossa perfino la sua natura elfica serviva a poco. Per fortuna sembrava che quella dovesse essere la loro ultima sera entro i confini delle Selve: stando a Morrigan, infatti, l'indomani mattina avrebbero raggiunto le pendici dei Colli Meridionali. Un fatto, questo, che aveva provocato un certo disappunto in Alistair, il quale aveva borbottato che in quel modo avrebbero allungato di parecchio il viaggio verso Redcliffe. Morrigan non si era presa la briga di ribattere.

Ebbe un lieve sussulto quando si vide piazzare davanti al naso una scodella con due pezzi di formaggio stagionato, un po' di carne secca e due mele. Sollevò gli occhi, incontrando quelli di Alistair; aveva un'espressione triste e adombrata. Poi guardò di nuovo la porzione che le stava offrendo, con aria perplessa dal momento che era più abbondante del solito. «Non è troppo?» domandò quindi.

«Avete bisogno di rimettervi in forze» ribatté lui. «Questa marcia è stata sfiancante per voi, non vi eravate ancora del tutto ripresa quando siamo partiti.»

«Dovremmo razionare le scorte» obiettò.

«Non vi preoccupate.» Il giovane le fece cenno di prendere il piatto. «Forza, non siate testarda.»

Sbuffando, Luniel prese la propria cena senza ringraziare e si mise a sbocconcellarla in silenzio, allungando qualche pezzetto di carne al lupo; l'umano se ne andò, sedendosi dalla parte opposta del fuoco. Solo quando ebbe finito il pasto l'elfa realizzò che Alistair non aveva mangiato e ne rimase stupita; a Ostagar, per quel poco che aveva potuto notare, il giovane aveva dato mostra di possedere un notevole appetito, e anche nelle due sere passate aveva sempre consumato i pasti, senza saltarne nessuno. «Non vi preoccupate.» Questo aveva affermato alla sua protesta sul dosare le provviste. Possibile che...? Luniel si accigliò, poi scosse il capo. No, era assurdo, Alistair non poteva aver ceduto la propria porzione a lei. O sì?

La ragazza guardò verso di lui, attraverso le fiamme e le scintille guizzanti, e vide che la stava osservando. Riabbassò subito gli occhi. Quel... quello stupido umano! pensò, sentendosi arrabbiata e a disagio. Era così combattuta, accidenti! Perché lo detestava e non tollerava le sue continue intrusioni, però, nel contempo, non le dispiaceva che ci fosse qualcuno che si preoccupava per lei. Soprattutto ora che si sentiva tanto smarrita. E fragile.

Tornò ad abbracciarsi le ginocchia raccolte e vi nascose il volto, mettendosi a piangere il più silenziosamente possibile. Tuttavia non poté evitare che le sfuggisse qualche singhiozzo. Subito Ascher le fece eco con un uggiolio e le diede una musata contro un braccio.

«Oh, che delusione.» La voce di Morrigan suonava effettivamente scontenta. «Non immaginavo che anche tu fossi tanto piagnucolona. Avrei detto che avessi un po' più spina dorsale di quell'altro lì. O è una caratteristica dei Custodi Grigi?»

L'elfa non rispose, cercando di ignorarla.

«Voi!» reagì Alistair. «Lo avete un cuore? Immagino di no. Se vostra madre morisse, suppongo che come minimo vi fareste una gran risata.»

All'umana sfuggì una risatina. «Non sei del tutto stupido, allora.»

«Cos...? Oh, perché parlo?»

«Me lo domando anch'io.»

State zitti! State zitti! Luniel si portò le mani sulle orecchie, aveva voglia di urlare.

«Ebbene» riprese Alistair in tono astioso, «cercate di tenere per voi le vostre considerazioni. Con quello che ha passato, Luniel ha tutti i diritti di piangere.»

«Ah!» Il modo di fare della giovane Strega sembrò tremendamente simile a quello di sua madre. «Non è certo così che risolverà le cose. Frignare non aggiusterà nulla.»

«È pur sempre uno sfogo.»

«Per quel che serve... Tanto varrebbe che si buttasse su una spada, l'utilità sarebbe la stessa.»

Alistair imprecò. «Voi, vipera, dovreste soltanto–»

«Basta!» proruppe Luniel. Tirò su la testa, rivelando il viso rigato di lacrime. «Maledizione! Smettetela di litigare!» Si rivolse ad Alistair. «E voi smettetela di impicciarvi dei fatti miei! Non voglio la vostra compassione!»

Il giovane la guardò, a metà tra il ferito e il risentito. «Io non vi sto compatendo. È solo che capisco il vostro dolore.»

«Non m'importa!»

«Questo vostro comportamento astioso è insensato ed esagerato!» sbottò anche lui. «Non siete l'unica ad aver perso qualcuno, mettetevelo in testa e cercate di calmarvi!»

Lo guardò quasi con odio. «Come osate dirmi una cosa del genere dopo che la mia vita è andata in frantumi?» sibilò. «Come osate?!»

Lui alzò le mani in segno di resa, nell'ennesimo – e vano – tentativo di domandarle calma. «So che state soffrendo, ma... Ascoltate, io vi capisco...»

Luniel scosse la testa, saltandogli sulla voce. «No, voi non potete capire! Tamlen... Io ho imparato a camminare attaccata a lui. Ho imparato a cacciare e ad esplorare con lui. Ho pianto, ho riso... Ogni cosa che ho fatto è stata con Tam! Lui c'era sempre... Sempre.» Si indicò il vallaslin. «Vedete questo? È il simbolo del nostro ingresso nell'età adulta. È un onore riceverlo, ogni bambino dalish è impaziente che giunga quel momento... eppure Tamlen lo rimandò. Eravamo talmente legati che attese che pure io fossi pronta, per ricevere il vallaslin insieme a me.» Le parole le tremarono, il dolore tornò ad affondare le sue lame nel petto della ragazza. «Era mio amico, mio fratello... era parte del mio cuore! Ed è morto, mentre io sono viva!»

Alistair la guardò rattristato. «Io...» iniziò, ma non seppe cosa dire e si fermò, mentre Morrigan assisteva in silenzio, senza mostrare emozioni di sorta.

«E... e poi...» Luniel si sfregò le lacrime dagli occhi. «Avevo appena iniziato ad accettare il pensiero della nuova vita che mi aspettava, ed è andata in brandelli anche quella. Duncan mi aveva dato la speranza di poter credere ancora in qualcosa, e adesso non ho più nemmeno quello!» singhiozzò. «Perciò... perciò non venite più, mai più, a dirmi che sto esagerando!!» Gli voltò le spalle, talmente furibonda, talmente accecata dal proprio dolore, da non voler neanche tentare di comprendere i sentimenti dell'umano.

«Luniel...» tentò ancora quest'ultimo.

«Lasciatemi stare!» urlò l'elfa. Poi riabbassò il capo e ripeté con voce ridotta a un lamento: «Lasciatemi stare...» Riprese a piangere, fino allo sfinimento. E quando, esausta, recuperò la coperta e ci si avvolse, stendendosi sullo scomodo terreno, il sonno la reclamò all'istante.

L'oscurità permeava tutto, il silenzio l'avvolgeva come uno spesso, impenetrabile mantello.

Né la sua vista acuta né il suo udito sensibile riuscivano a cogliere cosa ci fosse intorno a lei. Per quanto si sforzasse, non riusciva a superare quel buio spaventoso in cui si trovava immersa. Nemmeno il terreno sembrava particolarmente solido sotto i suoi piedi. Girò su se stessa, puntò gli occhi in ogni apparente direzione, ma... nulla.

«Ascher?» provò a chiamare. La voce, pur sembrandole potente quanto un rombo di tuono in quella tenebra ovattata, si spense come un lieve sussurro. «Ascher!» ritentò, e questa volta il richiamo echeggiò contro pareti invisibili.

Tuttavia non vi fu alcuna reazione. Il fedele lupo non rispose, non sopraggiunse.

Una morsa di panico le serrò lo stomaco. Luniel deglutì, ricacciando le lacrime. Era una cacciatrice, un'esploratrice... era una dalish! Non doveva spaventarsi così facilmente! Quel buio opprimente, però, minava il suo coraggio. Provò a muovere qualche cauto passo, le braccia tese in avanti e gli occhi spalancati che nulla vedevano, nemmeno il suo stesso corpo.

«Alistair...?» quasi invocò con voce tremante, poiché perfino lui sarebbe stato ben accetto in quel momento. Chiunque, pur di non rimanere lì da sola. «Morrigan?»

La paura stava per sopraffarla... e una luce improvvisa quasi l'accecò. Quando riaprì gli occhi, li sbatté confusa; intorno a lei sembrava esserci solamente roccia, grigie pareti ricoperte da enormi radici. Avevano qualcosa di familiare e un attimo dopo sentì un nodo allo stomaco. «No...» mormorò. Si voltò con lentezza, temendo quel che avrebbe potuto vedere... ed eccolo, lo specchio maledetto, sul suo maledetto piedistallo al centro della grotta e affiancato dalle due maledette statue. Dietro, il passaggio che lei non aveva fatto in tempo ad esplorare, e di fronte... Barcollò e faticò a respirare mentre fissava il corpo che giaceva scomposto ai piedi della breve rampa di gradini.

«Tam!» Si precipitò da lui, ma prima di poterlo raggiungere qualcosa si mosse sulla lucida superficie dello specchio e di nuovo vi fu quell'accecante lampo di luce, quell'esplosione silenziosa. Si sentì scagliare via, mentre urlava disperatamente il nome dell'amico dal quale veniva un'altra volta separata.

Si ritrovò in piedi, intorno a lei scabre pareti rocciose illuminate da bagliori giallo-rossastri. Si impose di normalizzare il respiro, dolorosamente spezzato quanto il suo cuore, poi si guardò intorno finché vide un'enorme apertura, forse l'ingresso di un'altra caverna. Era da lì che proveniva la luce e si avviò in quella direzione, ma dopo pochi passi un'ombra enorme si stagliò sull'apertura. Luniel si sentì mancare: quello di fronte a lei era un drago.

La creatura abbassò l'imponente testa verso l'elfa tremante e inerme, sembrò trafiggerla con lo sguardo dei suoi occhi gialli ricolmi di malvagità. Spalancò la bocca irta di zanne e ruggì.

Luniel gridò.

Stava ancora urlando quando spalancò gli occhi. Si ritrovò affannata e tremante, a fissare sprazzi di cielo notturno attraverso gli intrecci dei rami. Subito dopo il muso di Ascher comparve nel suo campo visivo e il naso umido del lupo le sfiorò la guancia. Lei alzò una mano per accarezzarlo e tranquillizzarlo. O, più probabilmente, per tranquillizzare se stessa. Avvertire la morbida consistenza del suo pelo, infatti, le fece calmare un po' il battito impazzito del cuore.

«Sono arrivati gli incubi, eh?»

L'elfa si mise seduta, tenendosi ben avvolta nella coperta. Alistair era accovacciato vicino al falò ancora scoppiettante, segno che aveva continuato ad alimentarlo; la legna umida che avevano raccolto, ammucchiata lì accanto, si era infine asciugata. Gli rivolse un'occhiata accigliata. «Proprio non lo volete capire? Lasciatemi in pace, sto bene.»

«E quando state bene strillate nel sonno? Non oso immaginare quando state male» ribatté lui.

Luniel s'irrigidì per la stizza e non replicò, voltando il capo dall'altra parte. Scorse Morrigan, nient'altro che una sagoma scura al limite del cerchio di luce, distesa al suolo e apparentemente immersa in un sonno profondo.

«Rammentate cosa vi disse Duncan subito dopo la vostra Unione?»

Lei non rispose, mordendosi un labbro al ricordo del Comandante. Mai avrebbe pensato, nemmeno nelle sue ipotesi più assurde, che avrebbe potuto affezionarsi così tanto ad uno shemlen. Ma era successo, e ora quell'uomo forte e gentile le mancava immensamente.

«Quando un nuovo Custode inizia a percepire la Prole Oscura» proseguì Alistair, imperterrito, «iniziano anche gli incubi. Ecco cos'è accaduto. Però ci vorrà ancora un po' prima che riusciate ad avvertirla bene, nel frattempo dovrete rassegnarvi all'idea di passare altre notti piuttosto travagliate.» Gettò un ramo nel fuoco. Nella luce guizzante, il viso del giovane era serio, a dispetto del tono quasi scanzonato con cui stava parlando. «Comunque, prima o poi passeranno anche gli incubi, col tempo riuscirete a bloccarli. Be', se non del tutto, quanto meno una parte.»

Luniel rimuginò per qualche minuto sulle parole dell'altro Custode. «Ho visto... un drago.»

Alistair annuì. «L'Arcidemone.» Prese un altro rametto e ci giocherellò. «Stando alle leggende, gli Arcidemoni sarebbero gli antichi dèi draghi del Tevinter, esseri grandi e intelligenti, che furono scacciati sotto terra dal Creatore e risvegliati e corrotti dalla Prole Oscura. Non so se siano davvero dèi, ma senza dubbio sono draghi.» Gettò anche quel rametto tra le fiamme. «Comunque sia, lui "parla" all'orda e noi lo avvertiamo allo stesso modo, e questa è la ragione per cui sappiamo quando c'è un Flagello.» Si stiracchiò un po', per sciogliere gli arti indolenziti. «Ho pensato fosse il caso di dirvelo, visto quanto vi siete agitata. È stato spaventoso anche per me, la prima volta.»

«Non sono spaventata!» reagì subito lei.

Il giovane la fissò da sopra il fuoco, un sopracciglio inarcato. «Giusto. Voi urlate quando state bene.» Fece spallucce. «Be', rimettetevi a dormire, avete ancora qualche ora a disposizione.»

«Mi è passato il sonno» ribatté Luniel, senza trattenere il tono brusco. «Dormite voi, continuo io il turno di guardia.»

«Non ce n'è bisogno.»

«Ho detto che non ho più sonno!» sbottò la ragazza.

Alistair la scrutò per qualche istante. «Come preferite. Buona veglia, allora» le augurò in tono sostenuto. Si distese accuratamente avvolto nel proprio mantello, usando lo zaino come guanciale.

Corrucciata, l'elfa si alzò con l'intento di sedersi più vicina alla scorta di legna. Quando si chinò per recuperare la coperta rimase disorientata nel vedere che ce n'erano due. Si raddrizzò a mani vuote, fissando con sconcerto quel mucchio scomposto, poi si voltò lentamente verso Alistair. Che aveva soltanto il mantello.

Provando di nuovo quella confusa sensazione di compiacimento e collera, Luniel lasciò che fosse quest'ultima a prevalere e serrò i pugni con forza; era umiliante, si disse, ricevere la pietà di uno shemlen. Con uno scatto si abbassò a prendere la coperta dell'umano e andò verso di lui, buttandogliela sul corpo. Ignorando se fosse ancora sveglio o già assopito, brontolò: «Non datemi la tentazione di lasciarvi morire congelato.»

Andò a recuperare la propria coperta e si sedette presso la piccola catasta di legna, rannicchiandosi dentro lo spesso manto di lana. Ascher le si mise seduto a fianco e le diede una musata contro la testa; come sempre, avvertiva senza difficoltà il malumore della sua padrona. Luniel si appoggiò a lui, contro il piacevole tepore della sua pelliccia, e chiuse gli occhi per un attimo prima di fissarli sul fuoco. «Che cosa devo fare?» domandò sottovoce. Al lupo, a se stessa... o, forse, a nessuno.

L'indomani, alle prime luci dell'alba, Luniel lasciò che fosse Ascher a svegliare i suoi compagni di viaggio; il lupo si rapportava a loro molto meglio di quanto riuscisse a fare lei. Anzi, a dirla tutta sembrava anche l'unico che Morrigan degnasse di una certa attenzione e tolleranza. Non di rado le era andato vicino, durante i giorni precedenti, e lei non l'aveva mai scacciato né aveva mai mostrato insofferenza per la sua presenza.

Dopo una colazione rapida e frugale, la Strega delle Selve riprese il proprio ruolo di guida e i tre si rimisero in marcia senza nemmeno una parola. Luniel aveva deciso di tornare a rinserrarsi nell'implacabile mutismo che le era stato proprio nei primi giorni dopo l'abbandono del clan, Alistair doveva essere ancora risentito dalla notte appena trascorsa e Morrigan, molto probabilmente, non aveva voglia di sprecare fiato con i due introversi Custodi.

Il percorso, quel mattino, fu per lo meno molto più agevole: gli alberi iniziarono a diradarsi, il terreno divenne più solido e il maltempo parve volerli graziare, dal momento che le nuvole si dispersero lasciando intravedere finalmente il sole. Dopo poco più di un paio d'ore uscirono infine dalle Selve, sotto un limpido cielo azzurro, e il conforto fu tale che Luniel e Alistair rilasciarono contemporaneamente un identico sospiro di sollievo. L'elfa scoccò all'umano un'occhiata piena d'astio, nemmeno le avesse rivolto chissà quale imperdonabile sgarbo, ed egli non poté far altro che ricambiare con uno sguardo perplesso.

«E adesso cos'ho fatto?» domandò, in tono sconfitto.

«Esisti» intervenne Morrigan con voce flautata.

«Non l'ho chiesto a voi» brontolò il giovane.

Ascher gli rispose con un breve e secco latrato, poi gli diede un colpo di muso contro la gamba e, nel notare quella solidarietà nei confronti di Alistair, Luniel s'incupì più di prima. Portò lo sguardo sulla pianura che si stendeva innanzi a loro, sui contorni delle colline che si alzavano a poche miglia da lì. Le stesse colline che aveva attraversato insieme a Duncan, settimane prima. Le lacrime le punsero gli occhi e lei vi premette sopra le mani chiuse a pugno, inspirando quasi con rabbia.

«Ehi, tutto a pos–?»

«Sì!» L'elfa interruppe bruscamente la domanda di Alistair e, prima che lui potesse protestare o aggiungere altro, si rimise in marcia a grandi passi.

«Sei assillante, templarucolo» sentì dire da Morrigan. «Ne sei consapevole?»

«Siete pregata di farvi gli affari vostri. Nessuno vi ha interpellata» le rispose lui, seccamente.

«Dunque non sono libera di esprimere le mie opinioni?»

«Se dipendesse da me, vi piazzerei un bavaglio bello stretto su quella vostra boccaccia.»

La Strega emise un sospiro esagerato. «Direi che è piuttosto chiara la ragione per cui l'elfa non vuole avere a che fare con te.»

Alistair non seppe o non volle ribattere, poiché a quell'ultima asserzione rispose solo il silenzio. Ed esso permase per tutto il tempo che impiegarono ad attraversare la pianura e a raggiungere le pendici delle colline. Una volta lì, Morrigan li avvisò che non conosceva quella zona e che quindi non dovevano più affidarsi alla sua guida. Luniel fece spallucce e ribatté che si sarebbero arrangiati. Intanto, interloquì Alistair, dovevano pensare ad arrivare al di là delle colline, con la speranza di non incappare in incontri sgraditi.

Fino a quel momento, infatti, fintanto che erano rimasti entro i confini delle Selve erano stati protetti da una qualche magia di Flemeth, su cui né Luniel né tantomeno Alistair avevano voluto indagare; una magia che, a detta della Strega e di sua figlia, aveva impedito ai prole oscura di accorgersi di loro. Ora, però, come Morrigan rammentò ai due Custodi, non avrebbero più beneficiato di quella protezione, perciò avrebbero dovuto prestare molta attenzione e tenere i sensi ben all'erta onde non farsi cogliere di sorpresa.

Indubbiamente, da quel momento in avanti le cose si sarebbero fatte sempre più complicate.

Il superamento di quella porzione dei Colli Meridionali richiese quattro giorni di cammino. Spinta unicamente dal proprio istinto di esploratrice, Luniel si era messa con Ascher alla testa del terzetto, occupandosi di cercare un sentiero da percorrere, e i due umani non avevano avuto da obiettare. Non che lei li avrebbe ascoltati, del resto.

La prima parte del viaggio si era rivelata più noiosa che stancante; le colline erano basse e per nulla ripide, ma il continuo salire e scendere era divenuto ben presto snervante. La fatica era cominciata allorché le alture boscose avevano iniziato ad assumere una maggior pendenza; l'assenza di un sentiero tracciato, inoltre, li aveva costretti a inerpicarsi su terreni talvolta mezzo franosi, aggrappandosi ai cespugli che costellavano il sottobosco.

E se Luniel se l'era cavata tutto sommato senza troppi problemi, abituata com'era a muoversi in ambienti selvaggi, e Ascher era stato avvantaggiato dalla sua natura ferina, lo stesso non si era potuto dire dei due umani. L'elfa si era voltata sovente per verificare come se la stessero cavando e per evitare di distanziarli troppo, giacché ritrovarsi da sola era l'ultima cosa che avrebbe voluto; Alistair, pur a fatica, aveva proceduto senza un lamento, giocando più sulla resistenza che sull'agilità per aiutarsi nel cammino, mentre Morrigan si era ritrovata infine ad arrancare con il fiatone, usando il proprio bastone come appoggio.

Questo, comunque, finché la giovane Strega non ebbe deciso di averne abbastanza e, sotto gli occhi stupefatti di Alistair, si era trasformata in un corvo dal lucidissimo piumaggio nero, che aveva preso a svolazzare davanti ai due compagni di viaggio, fermandosi ogni tanto su qualche ramo per aspettarli. E gracchiando con palese scherno soprattutto nei confronti dell'altro umano. Luniel non se n'era meravigliata, soltanto aveva constatato l'utilità di quell'incantesimo, che in qualche modo aveva incluso nella trasformazione l'intero equipaggiamento di Morrigan. Raramente rimpiangeva di non possedere doti magiche e in quell'occasione l'aveva fatto, riflettendo sulla comodità di potersi muovere senza alcun impaccio da parte di zaini o armi.

Per fortuna, dopo faticose inerpicate e non meno stremanti discese, avevano raggiunto una delle vie che attraversavano i Colli e che li aveva condotti agevolmente alle loro pendici. Ora, di fronte ai viaggiatori, si stendeva una zona pianeggiante e boscosa attraversata da una strada sterrata.

«Seguendola dovremmo arrivare a Lothering» avvertì Morrigan.

«Dovremmo?» ripeté Alistair, contrariato. In quei giorni la sua opinione sulla giovane delle Selve non era migliorata e lei, d'altro canto, non aveva fatto granché per cambiare quello stato di cose.

La Strega fece spallucce, per nulla toccata. «Io ci sono sempre arrivata passando per Ostagar. O, comunque, per altre vie. Questa non l'avevo mai percorsa.»

«Mmm, speriamo di essere sulla strada giusta, allora.»

«Da qualche parte condurrà pure, no?»

«Appunto» intervenne Luniel, sbrigativa. «Quindi proseguiamo. Abbiamo ancora un altro paio d'ore di luce, approfittiamone.»

Alistair annuì. «Va bene. Andiamo.»

Luniel si rimise in marcia senza aggiungere altro e Ascher le si affiancò per un tratto, prima di allontanarsi dal sentiero e scorrazzare nel sottobosco. Una piccola parte di lei, quella che ancora rammentava cosa significasse essere felice e spensierata, avrebbe voluto correre a giocare con il lupo. Ma quella parte era troppo debole, un'eco di ricordi troppo lontani per contrastare la rabbia e l'amarezza che dominavano ora il suo animo. Continuò a camminare, lo sguardo fisso sull'andamento del sentiero, mascella e labbra rigidamente serrate, le orecchie tese a captare qualsivoglia segnale d'allarme. Alle sue spalle, Morrigan richiamò l'attenzione dell'altro shemlen.

«Alistair, sii disponibile e toglimi una curiosità.» Il suo tono era gentile in maniera sospetta.

«Dubito di avere un'alternativa...» sbuffò il giovane.

«Tu sei il Custode Grigio più anziano, giusto? Tuttavia permetti ad una recluta di darti ordini e di guidarti.»

Alistair sospirò. «Lo trovate bizzarro, eh?»

«Molto. E mi domandavo se questa sia la linea di condotta dei Custodi o solo la tua personale.» Il tono era quasi neutro, in effetti suonava genuinamente curioso, eppure in qualche modo vi si poteva cogliere la derisione.

«Se volete sentirvi dire che preferisco prendere ordini, è così. Contenta?» fu la secca risposta.

«Oh» ribatté lei con voce flautata. «Sei così sulla difensiva.»

Alistair imprecò sottovoce. «C'è una gran quantità di cespugli qui intorno. Potreste infilarvi in uno di essi e morire? Ve ne sarei davvero grato.»

Morrigan ridacchiò di gusto, godendosi la vittoria in quella piccola schermaglia.

Mancava poco al tramonto quando Luniel si arrestò di colpo. «Fermi!» intimò, scrutando tutto attorno. Ascher, a qualche passo da lei, annusava l'aria.

Alistair la raggiunse e la guardò perplesso. «Che succede?»

«Troppo silenzio» rispose Morrigan al suo posto.

«Infatti» confermò l'elfa. «Era così anche...» S'interruppe e mandò giù il nodo che minacciava di serrarle la gola. «Quando io e i miei compagni siamo andati in cerca di Tamlen...» spiegò, faticando a mantenere stabile la voce. «C'era lo stesso silenzio poco prima che incappassimo in alcuni prole oscura...»

Alistair assunse subito un'espressione seria. «Non ne avverto nelle immediate vicinanze, ma senza dubbio sono passati di qui... e forse non sono lontani. Facciamo attenzione.»

Come se ci fosse bisogno di dirlo. Luniel tolse l'arco da tracolla. «A quanta distanza riuscite a percepirli?»

«Sufficiente ad evitarli, se necessario, o a prepararci per lo scontro.»

«Bene.» Senza aggiungere altro, riprese a camminare, molto più cauta di prima.

Le giunse il suono di stupore di Morrigan. «Oh, ma allora puoi avere un'utilità.»

«Tacete» ringhiò il giovane.

Luniel si voltò. «Morrigan, potresti aspettare un altro momento per prenderlo in giro?»

L'altra sorrise amabile. «Come desideri... capo.»

Alistair mugugnò irritato e l'elfa sbuffò. «Oh, piantala!»

Dopo circa mezzora, quando il sole aveva ormai ceduto il passo al crepuscolo e Alistair aveva annunciato da parecchi minuti la presenza di un manipolo di prole oscura, giunsero alle loro orecchie urla e strepiti terrorizzati, seguiti subito da alcune voci che esortavano a combattere.

«C'è qualcuno in pericolo!» esclamò lo shemlen, come se non fosse palese. Almeno non perse altro tempo a far notare l'ovvio e si mise a correre verso la fonte di quelle grida spaventate.

Gli strilli di donne e bambini prevalevano, notò Luniel mentre correva dietro al giovane. Lo superò in breve, malgrado le falcate dell'altro, essendo indubbiamente più agile e leggera di lui, e proseguì ignorando i suoi richiami. Ascher le era a fianco e, nel giro di un paio di minuti, raggiunsero il luogo dell'aggressione, dove un numero imprecisato di prole oscura stava aggredendo una piccola carovana di shemlen, probabilmente profughi, difesa strenuamente ma con scarse probabilità di successo, da un ridotto manipolo di soldati.

Alla vista di quei mostri fu colta da un cieco furore. Era a causa loro e della piaga che diffondevano se la sua vita era stata distrutta, e di colpo desiderò vendicarsi. Impugnò l'arco e incoccò una freccia, mirando la creatura più vicina, un hurlock che sembrava incitare i compagni con versi gutturali e agitando una mazza chiodata per aria. Il dardo lo prese alla testa e quello crollò pesantemente a terra. Quasi nello stesso istante Ascher balzava su un genlock armato di balestra.

A malapena si accorse di Alistair che le passava accanto, dandole della sconsiderata prima di gettarsi nella mischia. Un briciolo di attenzione in più la ottenne Morrigan, giusto perché si posizionò accanto a lei per scagliare incantesimi a distanza. Ogni altra cosa era secondaria, di minor importanza rispetto alla sua brama di vendetta. Continuò a incoccare e scagliare frecce, quasi senza prendere la mira, ma tirando soltanto d'istinto e tuttavia fallendo ben poche volte.

Non ci volle molto perché alcuni prole oscura decidessero di convergere verso di loro: quattro hurlock e tre genlock. Ne rallentò uno con una freccia nella gamba, Morrigan mormorò qualcosa e dal suo bastone partì un nebuloso raggio rossastro che raggiunse uno degli hurlock. Dopo pochi passi, questo esplose in mille pezzi, scagliando a terra i compagni e per aria una pioggia sanguinolenta di brandelli di carne, ossa e interiora, che ricaddero al suolo con un suono disgustoso.

La Strega ridacchiò soddisfatta.

«Che schifo» commentò Luniel storcendo il naso. Se non altro, quell'incantesimo aveva avuto l'effetto di svegliarla dalla sua furia. Fu di nuovo consapevole dei rumori dello scontro, delle grida delle persone e dei versi belluini dei prole oscura, del clangore delle armi che cozzavano fra loro.

Dei mostri che le stavano caricando, due giacevano inerti a terra, travolti in pieno dall'esplosione che aveva disintegrato il loro compagno. Rimanevano un hurlock e tre genlock, due dei quali gravemente feriti e barcollanti. Luniel ritenne doveroso concedere loro la grazia di una morte rapida e ne freddò uno con una freccia nel petto. Mentre portava la mano a prenderne un'altra – e si accorgeva di essere rimasta senza – Morrigan formulò un incantesimo che congelò un genlock, poi fulminò l'hurlock e gli scagliò contro un cono di gelo che coinvolse anche l'ultimo genlock rimasto.

Sconfitti tutti i nemici, le due si permisero di tirare il fiato per qualche istante.

Altri tre grossi hurlock si misero a correre verso di loro. Con un'imprecazione, Luniel buttò a terra l'arco e mise mano ai pugnali. Uno dei mostri le sferrò un fendente dall'alto con una spada lunga quasi quanto lei. Si gettò di lato, evitandola, e si rialzò in fretta cercando di colpire l'avversario ad una gamba, ma quello fu più veloce: la scansò e le tirò un calcio allo stomaco che la spedì alcuni passi più in là, boccheggiante. Si rialzò mentre l'hurlock le correva contro. La spada si mosse in cerchio in un ampio mezzano, lei balzò indietro, inciampò e l'acciaio le artigliò l'interno dell'avambraccio destro. Non poté trattenere un urlo mentre cadeva a terra. Il mostro digrignò le orrende fauci nell'oscena parodia di un sogghigno e sollevò l'arma per darle il colpo finale.

Udì distintamente il grido spaventato di Alistair, da qualche parte lì vicino.

Poi un'ombra passò sopra di lei e Ascher piombò sull'hurlock con un ringhio furioso, scagliandolo a terra. Subito dopo sopraggiunse Alistair, il quale conficcò la spada nella gola del prole oscura, che emise un rantolo gorgogliante e morì. Il Custode si voltò e si chinò su di lei, tendendole una mano; era affannato, sudato e ricoperto di schizzi di icore nerastro. Un rivolo cremisi gli scendeva da una ferita tra fronte e tempia sinistra.

«Sto bene» mentì lei, cercando di non badare alla morsa di dolore nel braccio e al cuore scalpitante per lo spavento. Tuttavia accettò l'aiuto dell'umano. «Morrigan!» si ricordò, mentre lui la rimetteva in piedi con gentilezza.

L'altro inarcò un sopracciglio, stupito da quel moto di preoccupazione, e per reazione Luniel s'imbronciò, sulla difensiva. «Malauguratamente è ancora viva» le rispose poi, indicando col pollice al di sopra della propria spalla.

La Strega era apparentemente incolume, mentre ai suoi piedi giacevano i cadaveri dei due prole oscura che l'avevano aggredita. Da come erano ridotti sembrava che fossero stati fatti a pezzi da un grosso animale. Chissà in cosa si era trasformata.

Alistair si passò il dorso delle dita sul viso, per sfregare via il sangue che gli colava sull'occhio. «Bene» mormorò. «I Prole Oscura sono morti tutti. Per fortuna siamo arrivati in tempo.»

«Mh» fu il lapidario commento di Luniel intanto che allungava il braccio sano per carezzare Ascher.

Era calato un silenzio quasi irreale. Gli shemlen li fissavano con le espressioni più disparate, dalla sorpresa alla curiosità all'incredulità per il fatto di essere ancora vivi. Molti sguardi terrorizzati erano puntati su Ascher e alcuni dei soldati tenevano ancora le armi ben impugnate, mentre scrutavano sospettosi il grosso lupo.

«È un'apostata!» fu il grido che spezzò il silenzio.

Due soldati in armatura pesante si mossero verso Morrigan, le spade tese contro di lei.

Subito Alistair scattò ad intercettarli, esclamando: «Fermi! Quella donna è con noi!»

«Se mi mettete le mani addosso, vi uccido!» gli fece eco Morrigan.

«È un'apostata, levatevi di mezzo!» insistette uno dei due, spostando l'arma contro il giovane.

«Sono un Custode Grigio e lei è con me! Serve i Custodi!» rivelò Alistair.

«Cosa?!» La voce di Morrigan trasudò indignazione.

«Benedetta Andraste!» sbottò il giovane. «Non vi ci mettete anche voi!»

«ORA BASTA!» Un soldato si fece avanti. Era alto, imponente, e la sua massiccia armatura era macchiata da ampie chiazze di sangue nero, ma Luniel poté intravedere un simbolo impresso sul pettorale. E, adesso che ci faceva caso, anche sul pettorale dell'idiota armato davanti ad Alistair. «Abbassate le armi. Tutti» ordinò quello, in tono autoritario, e fu subito obbedito. «E ora» continuò, volgendo lo sguardo su ognuno di loro, «vediamo di chiarire la situazione.»

Non l'avrei mai detto, ma rieccomi qui. Questo capitolo è stato un parto, più o meno, considerando il tempo che ha impiegato a lasciarsi finire. L'avevo iniziato già quasi un anno fa (Creatore, ma ho fatto passare davvero così tanto?), ma c'era sempre qualcosa che non mi convinceva, non riuscivo a concluderlo, non sapevo come concluderlo... Insomma, è stato in rielaborazione per mesi. Per lo meno, spero ne sia valsa la pena! Poi, vabbè, ho dovuto traslocare (quindi mesi alla ricerca di un nuovo appartamento), l'ispirazione è andata a farsi benedire, casini vari...

Nel frattempo ho ripreso a giocare a Origins e sono andata avanti con la partita del mago. Mi sto divertendo come una sadica a usare Unto + Palla di Fuoco. E ho sbaragliato Loghain usando i poteri da Guerriero Arcano, pappapero! XD

Riguardo al capitolo, mi è stato fatto notare che Luniel si meriterebbe quei due o tre schiaffoni, di quelli forti. E sono d'accordo! XD Insomma, quel povero martire di Alistair si fa in quattro per starle dietro, per aiutarla, per sopportarla... e lei lo piglia a pesci in faccia. Insultatela pure.

Per Rosheen e Liv Cousland. Come già vi avevo detto, ci sono due punti simili alle vostre storie: Luniel che sbrocca con i prole oscura e Ascher che solidarizza con Alistair. A mia discolpa, posso dire che quelle parti le avevo scritte prima di leggere le vostre. XD

Che altro? A parte che spero di non far passare un altro anno per il prossimo capitolo... Direi che posso saltare ai ringraziamenti. Quindi, grazie a Rosheen e Liv Cousland per le recensioni e alla mia beta Shainareth, senza il cui avvallo non mi azzardo a pubblicare. :p E grazie anche a tutti i lettori silenziosi che sono troppo timidi per rivelarsi. ^_^

Ciaoooooooo!

P.S. Sì, ho cambiato titolo alla storia, avendone finalmente trovato uno che mi soddisfaceva di più. Io e i titoli non siamo mai andati d'accordo.

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Capitolo 8
*** 07 - Un seme di speranza ***


E rieccomi, dopo eoni. Questo capitolo ha avuto una gestazione travagliata; a parte il mio ovvio continuo non essere convinta, che mi ha portata a leggerlo e rileggerlo non so quante volte prima di decidermi a sottoporlo alla betatura, si sono messi in mezzo anche intoppi d'ogni genere, non ultimo il fatto che gli ultimi mesi sono stati davvero, davvero pessimi. La mia vita ha subito delle brusche derive e dedicarmi alla fanfiction era l'ultimo dei miei pensieri. Ora vi lascio alla lettura. Ci rivediamo dopo il capitolo! (che spero sarà di vostro gradimento)

Capitolo 07

Un Seme di Speranza

Seduta per terra, Luniel osservò Alistair parlare con il capitano di quelli che, con un certo fastidio, aveva ricordato essere Templari: ne aveva riconosciuto il simbolo, la spada circondata dalle sacre fiamme della loro profetessa. Ne aveva visti alcuni anche a Ostagar e se ne era tenuta alla larga. A differenza dei suoi sottoposti, comunque, quello shemlen sembrava una persona con cui poter ragionare. Non era così lontana da non udire cosa si stessero dicendo e aveva colto qualche stralcio di conversazione, per lo più le risposte di Alistair – «Sì, il lupo appartiene alla dalish. Lo so che è molto grosso, ma posso assicurare che non è un lupo del Flagello.» «No, non posso permettervi di portare via la maga. Come ho detto, è al servizio dei Custodi e ci sta aiutando.» «Cosa?! C'è una taglia sui Custodi Grigi?!» – tuttavia non ci prestava molta attenzione; si sentiva stanca, arrabbiata e debole per il sangue che continuava a colare, seppur meno intensamente, dalla ferita al braccio. L'aveva fasciata alla meno peggio, ma la benda si era impregnata in breve tempo e il dolore pulsante non aiutava. Sul ventre scoperto, poi, si erano formati alcuni graffi e lividi in seguito al calcio ricevuto dal prole oscura.

Luniel sbuffò, accarezzando Ascher che sonnecchiava accanto a lei. Ci mancava la taglia, come se non avessero già abbastanza problemi. Scosse il capo. Per lo meno quei templari non sembravano intenzionati a catturarli per riscuoterla; forse per loro la fama dei Custodi Grigi valeva più della diceria secondo cui erano stati proprio i Custodi a tradire Re Cailan conducendolo alla disfatta. Una menzogna che aveva reso Alistair furioso, soprattutto perché a diffonderla era stato il vero traditore, Loghain, il quale si era installato al potere come reggente per conto della figlia Anora.

«Con tutto quel trambusto non vi abbiamo ancora ringraziati.»

Luniel alzò la testa, incontrando gli occhi chiari e gentili di una shemlen dai corti capelli di un rosso acceso. Indossava una lunga veste a varie tinte di rosa, con decorazioni di soli dorati sul petto e sulle maniche; la mantellina, color ciliegia, aveva un'insenatura centrale sormontata da un ricamo dorato, a forma di arco cigliare, che rendeva il mezzo sole sottostante simile a un occhio. Una veste della Chiesa, realizzò l'elfa. Evviva...

«Se non fosse stato per voi» continuò la sconosciuta, «non ce la saremmo cavata così facilmente. Grazie a voi abbiamo subito pochissime perdite. È stato di certo il Creatore a mandarvi.»

Luniel alzò gli occhi al cielo. «Sono stati il caso e l'istinto da Custode di Alistair» ribatté, poco propensa ad ascoltare discorsi su improbabili interventi divini. Specialmente adesso.

«Ciò che voi chiamate “caso” è il volere del Creatore» insistette quella, quieta e imperterrita. «Egli ha guidato i vostri passi per farvi incrociare la nostra strada al momento opportuno.»

Oh, pietà!

Quando Luniel vide che Alistair aveva terminato di parlare con il Capitano templare, quasi esultò di gioia; almeno avrebbe potuto rifilare a lui quella fastidiosa sacerdotessa. Osservò impaziente l'avvicinarsi del giovane Custode, senza ascoltare ciò che l'umana dai capelli rossi continuava a blaterare a proposito di segni mandati dal Creatore.

Alistair le si fermò di fronte ed emise un sospiro, sfregandosi il dorso della mano sulla tempia per togliere il sangue che ne colava. «Bene, non dovremmo avere altri problemi. Ammesso che quella non decida di attaccare briga.» E lanciò un'occhiataccia in direzione di Morrigan, la quale se ne stava in disparte con fare sdegnoso, seduta contro un albero a diversi passi di distanza. Poi si voltò verso l'umana dai capelli rossi. «Ah! Ehm... salve. Chiedo scusa, sorella, non volevo ignorarvi. Davvero, io... non è che non mi fossi accorto di voi, solo che...» Si bloccò ed emise una risatina imbarazzata, portandosi una mano dietro la testa.

«Nessun problema» rispose l'altra, con un sorriso. «Ho sentito che siete Custodi Grigi. So che avete una missione e immagino che ripartirete per proseguirla, giusto?»

«Sì. Dopo avervi scortati fino a Lothering. Ser Bryant mi ha chiesto questo favore.»

Luniel sbuffò contrariata. Si domandò se la sorte, con la sua contorta ironia, avesse in previsione qualche altra bella notizia del genere.

La sorella sorrise ulteriormente e giunse le mani sul petto. «Ne sono lieta. Il mio nome è Leliana e, quando ripartirete per la vostra missione, io mi unirò a voi, secondo la volontà del Creatore.»

A quanto pareva, sì...

«P-prego?» balbettò poco intelligentemente Alistair.

Luniel si limitò a chiudere gli occhi, prendere un respiro profondo e riaprirli nella speranza che la shemlen invasata fosse sparita nel frattempo. Speranza ovviamente disillusa.

La giovane umana alzò lo sguardo puntandolo in quello di Alistair. «Dovete combattere la Prole Oscura, non è così? È quello che fanno i Custodi Grigi.» E stavolta spostò lo sguardo su di lei.

L'elfa sbuffò, a disagio. «Non guardate me. È lui il Custode Grigio. Non io.»

«Vi supplico, non ditelo!» Alistair le si mise ginocchioni davanti e la fissò con espressione affranta. «Non ditelo» la implorò di nuovo. «I Custodi Grigi del Ferelden sono morti tutti, siamo rimasti soltanto noi due.» Fece per prenderle una mano, ma lei la ritrasse. «Io... Anche io ho perso tutto, come voi. Per amore del Creatore, non tiratevi indietro proprio ora! Non abbandonatemi!»

Quello fu davvero un colpo basso. Se lo shemlen non avesse dimostrato più volte di essere troppo limpido per azioni del genere, Luniel avrebbe pensato che si trattasse di un gesto spietatamente calcolato per impietosirla. Perché, che Fen'Harel fosse dannato!, capiva esattamente come si sentiva Alistair. La dalish aveva dovuto lasciare il proprio clan e, seppur non fosse stato annientato, per lei era quasi come se lo fosse; se n'era andato e molto probabilmente non lo avrebbe rivisto mai più.

Rimase a fissare l'umano senza sapere come ribattere.

«A maggior ragione io devo venire con voi» insistette la donna, accovacciandosi alla loro altezza. «Dopo ciò che è successo a Ostagar, avrete certo bisogno di tutto l'aiuto possibile.»

Lui si girò un poco verso la sacerdotessa. «Be', non posso negare che necessitiamo di aiuto...»

Leliana annuì e aggiunse: «Per questo è volere del Creatore che io vi accompagni.»

«P-prego?» balbettò un'altra volta il giovane. Si sfregò di nuovo via il sangue.

«Oh, per favore» bofonchiò la dalish.

La sacerdotessa incurvò le labbra piene in un broncio triste. «I-io... so che potreste non credermi, ma ho fatto un sogno... Ho avuto una visione!»

Luniel inarcò lentamente un sopracciglio.

Alistair sbatté le palpebre un paio di volte, poi domandò: «Potete... spiegarvi meglio?»

Leliana abbassò gli occhi e si tormentò le mani. «L-lo so che... che potrebbe sembrare assolutamente folle... ma è vero!» Rialzò il viso, ora animato di fervore, gli occhi accesi da un'incrollabile convinzione. Ci credeva sul serio. «Guardate la gente qui» e con un gesto del braccio indicò le persone assiepate presso i carri e i soldati. «Sono tutti persi nella disperazione. E questa oscurità, questo caos... si diffonderanno. Il Creatore non desidera questo.» Spostò lo sguardo dall'uno all'altra. «Ciò che siete, ciò che siete destinati a fare, è l'opera del Creatore. Vi prego, lasciate che vi aiuti!»

Alistair esitò un paio di secondi prima di rivolgersi alla sacerdotessa. «Ehm, sentite... apprezzo tantissimo la vostra offerta, ma...» Tentennò ancora qualche istante, cercando le parole da dire. Non era un grande oratore, il ragazzo. «Ecco, è pericoloso, noi combattiamo contro i prole oscura e voi... be', siete una sorella e...»

«...e delle preghiere non ce ne facciamo niente» si espresse schiettamente Luniel.

Vi fu un attimo di silenzio, se si escludevano le voci sommesse dei profughi in sottofondo. Alistair si grattò il naso, impacciato. «Ehm... ecco...»

Leliana abbassò lo sguardo sull'elfa. «Posso combattere» replicò con calma. «E... anche fare altro. Non sono stata sempre una sorella. È una vita che avevo messo da parte, ma tornerò ad accoglierla con gioia, se questo è il volere del Creatore.»

«Ah... Dunque...» riprese ad annaspare Alistair. «Io, veramente... Accidenti!» sbottò, pulendosi per l'ennesima volta il sangue dall'occhio.

«Oh, quanto sono sciocca!» esclamò Leliana. «Voi siete feriti e io perdo tempo in chiacchiere. Fatemi dare un'occhiata.»

Il giovane la fermò con un gesto della mano. «È solo un graffio, controllate prima Luniel.»

«Certo!» annuì la sacerdotessa, e subito si allungò a disfarle il bendaggio sull'arto.

La dalish chiuse gli occhi e represse uno sbuffo; a causa di quell'ennesima premura da parte dell'altro Custode, l'ormai familiare miscuglio di contrarietà e compiacimento tornò a farsi sentire. E forse fu per quel motivo che, dopo lunghi istanti di battaglia interiore, Luniel scacciò le mani della donna col braccio ferito. Subito le sfuggì un gemito e sbottò con asprezza: «Statemi lontana, voi e il vostro dio.» Si portò la mano sullo squarcio scoperto, e la viscosità del sangue sotto le dita la infastidì e la nauseò.

«Luniel» la richiamò Alistair, a metà fra la preoccupazione e il rimprovero.

Avvertendo la tensione nell'aria, Ascher drizzò le orecchie e sollevò la testa, guardando i tre.

«Non è solo il mio dio» disse la sacerdotessa con aria ferita. «Il Creatore–»

«Di certo non è il mio» la interruppe Luniel.

Leliana scosse la testa. «Il Creatore ama tutti quanti» insistette.

La dalish fece per ribattere più duramente, ma intercettò lo sguardo accigliato di Alistair. E, incomprensibilmente, ingoiò ogni replica poco rispettosa circa il dio degli shemlen. Abbassò il capo, arrossendo d'indignazione per quel cedimento. Ascher le diede una musata, poi con uno sbadiglio si alzò; lo seguì con la coda dell'occhio mentre trotterellava verso Morrigan. La Strega lo degnò appena di un'occhiata e il lupo le sedette accanto, guardandola. Morrigan fece finta di non notarlo, ma dopo qualche momento le sfuggì un mezzo sorriso e alzò una mano a carezzargli il muso.

Traditore, pensò Luniel, sentendosi di colpo sull'orlo delle lacrime.

Udì la shemlen allontanarsi e chiamare qualcuno. Pochi attimi dopo, Leliana tornò in compagnia di una ragazza snella e formosa, dai lunghi capelli neri ondulati. La nuova arrivata indossava abiti pratici – tunica corta, pantaloni e stivali – e nessuna arma; i suoi occhi marrone chiaro si posarono alternativamente su Luniel e su Alistair. Poi, dopo un ultimo sguardo esitante ai due – pareva volesse dir loro qualcosa, ma ne fosse intimidita – la ragazza, che portava una scodella d'acqua e delle bende, si rivolse alla shemlen dai capelli rossi, munita del medesimo armamentario di cura. «Cosa devo fare?»

Leliana s'inginocchiò accanto ad Alistair e iniziò a ripulirgli il taglio sulla tempia, poi le indicò l'elfa con un cenno del capo e un'espressione quasi complice. «Ha una brutta ferita al braccio destro» rispose. L'inflessione della voce sembrava celare un messaggio sottinteso.

La ragazza annuì e si accovacciò di fronte alla dalish.

«È solo un graffio» borbottò Luniel, cercando di sottrarsi, ma l'altra non si lasciò smontare.

Le prese il braccio con gentile fermezza. «Un graffio, eh?» Lo disse con il tono di chi sentiva spesso quella scusa di fronte ad uno squarcio profondo e sanguinante. Studiò la ferita ancora per qualche momento, poi si guardò intorno con attenzione; infine, dopo essersi posizionata in modo da nascondere alla vista il braccio dell'elfa con il proprio corpo, portò il palmo della mano destra poco sopra la lesione. Ne scaturì una lieve luminosità azzurra e una piacevole sensazione di calore si sprigionò sulla pelle sottostante.

Luniel guardò stupita la ragazza. Quest'ultima le rivolse uno sguardo quasi impacciato. «Non è un problema per voi, vero? Il fatto che sono una maga...» E nel dirlo lanciò una rapida occhiata in direzione di Morrigan.

«No» le rispose laconica. Non era certo il fatto che fosse una maga, il problema; lo era il fatto che fosse una shemlen. Tuttavia tacque.

Leliana diede in un discreto colpo di tosse e la sconosciuta cessò subito l'incantesimo, fingendo di esaminare la ferita. Luniel alzò lo sguardo e vide che un templare stava passando nei pressi, lanciando occhiate sospettose alla Strega delle Selve.

«Ah» commentò semplicemente l'elfa.

«Siete un'apostata!» sussurrò Alistair, in tono a metà fra la sorpresa e l'indignazione.

La giovane levò gli occhi verso di lui. «Credo sia un vizio di famiglia» tentò di minimizzare con una risatina incerta.

Leliana gli strattonò piano il braccio. «Ve ne prego, non fatene parola. Bethany è una ragazza dolce e dal cuore gentile, sempre pronta ad aiutare. È venuta con noi malgrado il rischio che correva per la presenza dei templari.»

E, a proposito di templari, quello passato poco prima era di nuovo lontano, per cui Bethany tornò ad occuparsi magicamente della ferita di Luniel. L'emorragia era cessata e l'elfa guardò con una strana fascinazione la pelle che si riformava lentamente; le era capitato anche in quelle poche occasioni in cui si era fatta seriamente male e la Guardiana aveva dovuto porvi rimedio.

«Mi dispiace» disse all'improvviso la maga. «In realtà non sono ancora molto brava con la magia guaritrice. Più di così non riesco a fare, per il momento, non con tutti questi templari qui intorno. Magari più tardi...» Interruppe l'incantesimo a causa del passaggio di un altro templare.

Luniel abbassò lo sguardo sulla ferita, i cui lembi erano arrossati e quasi ricongiunti. Scrollò le spalle. «Almeno non sanguina più.»

Bethany sorrise. «Ci metterò un impiastro e l'avvolgerò con delle bende, per velocizzare la cicatrizzazione» disse. Non ricevendo risposta, aggiunse: «Sapete, anche mio cugino è un Custode Grigio. Ed è un mago. Lui, però, ha studiato al Circolo. Nevan Amell... lo conoscete?»

Luniel non fiatò e girò gli occhi verso Alistair. Questi si morse un labbro, gli occhi lucidi, prima di mormorare: «Sì... lo conoscevo. Purtroppo lui...» S'interruppe per un attimo e deglutì. «Mi dispiace, Nevan è morto. È caduto a Ostagar, insieme agli altri Custodi...»

Bethany sbatté le palpebre. «Cosa? No! No, no, Nevan è vivo!» lo contraddisse convinta.

«Come...?» C'era un'eco di speranza, nella voce del Custode, ma era trattenuta, come se nutrisse il timore che potesse essere disillusa brutalmente.

«È passato per Lothering più o meno quattro giorni fa, diretto alla Torre con altri maghi» spiegò Bethany, mentre si metteva a frugare nella saccoccia che aveva alla cintura e ne tirava fuori un vasetto e il rotolo di bende. «L'ho visto. È vivo e vegeto, credetemi. E sarà felicissimo di sapere che sono sopravvissuti altri Custodi. Credeva di essere rimasto l'unico ed era piuttosto depresso.»

Alistair spalancò gli occhi e sul suo volto si dipinse una gioia incalcolabile. Perfino Luniel, a quella notizia, schiuse le labbra in un vago sorriso. «È vivo...» mormorò il ragazzo. «È vivo!» esclamò poi, voltandosi a guardare la collega con un sorriso tanto contagioso da farle ampliare il proprio.

Tuttavia le si gelò in fretta sulle labbra, annichilito da un improvviso fiotto di amara invidia. Alistair aveva una possibilità di ritrovare il suo amico; lei, al contrario, non ne aveva più alcuna di ritrovare Tamlen. Serrò i denti e si portò il polso destro al petto, coprendo il bracciale con l'altra mano, e quasi si rannicchiò su se stessa, il respiro che le si spezzava in gola.

«Abbassa il braccio» la esortò Bethany gentilmente. «Devo finire di medicarlo.»

Per tutta risposta, Luniel si alzò di scatto. «Non importa, va bene così!» Dopodiché si allontanò.

«Ma... Aspetta.»

«Lasciate stare» disse Alistair. «Quando fa così non c'è modo di farla ragionare.»

Per un attimo ebbe il furioso impulso di tornare indietro per prenderlo a ceffoni, ma si trattenne, consapevole che il Custode aveva ragione. Fece ancora qualche passo, poi si fermò, puntando lo sguardo davanti a sé, ma senza vedere nulla. Si sentiva fredda, vuota, incapace di provare altro che non fossero rimpianto e rabbia. Eppure lei non era mai stata così, nemmeno dopo che aveva scoperto la verità sui genitori e il rancore verso gli shemlen le era esploso nel cuore, come i fiori di silene rigonfi dei propri semi. Ora riusciva a stento a sorridere. Forse quella parte di lei era morta in quella grotta ormai lontana, e poi una seconda volta a Ostagar... Morta con Tamlen e con Duncan, con le promesse di vita che entrambi le avevano donato e che nessuno dei due aveva potuto mantenere.

Sentì la collera tornare a invaderla, insieme al consueto, soffocante dolore che le straziava l'animo; una mescolanza di sentimenti che era diventata una compagna abituale da un mese a quella parte. Un nodo di pianto le salì in gola. Si morse un labbro, serrò convulsamente i pugni, tentò di regolarizzare il respiro.

“Rabbia... odio...” Le parole di Flemeth le tornarono di colpo alla mente, riecheggiando in maniera angosciante nell'improvviso silenzio dei suoi pensieri. “...avvolgono il tuo cuore fra tormentose spire di ghiaccio... un veleno che finirà per consumarti...” La voce della vecchia le graffiava l'udito come se fosse lì, in quel preciso luogo e in quel preciso istante, a ripeterle quelle frasi dal suono tanto inquietante. D'istinto si coprì le orecchie.

Mythal, proteggimi e dammi forza, ti prego!

Una goccia, fredda e improvvisa, le cadde sul naso. Una seconda le colpì la guancia e nel giro di pochi attimi la pioggia iniziò a scrosciare fitta su tutti loro. Allora Luniel diede libero sfogo alle lacrime: alzò il viso e lasciò che il suo pianto si confondesse a quello del cielo.

L'acquazzone si calmò in pochi minuti. Luniel si sfregò il viso e prese un respiro spezzato, lo sguardo fisso a terra mentre ascoltava i rumori delle persone che si agitavano tutt'intorno, poi una mano le si posò sulla spalla e lei sobbalzò. Voltandosi, incontrò lo sguardo di Alistair.

«Stiamo ripartendo. Venite» la esortò.

«Sì» mormorò lei. «Le mie armi...» Si guardò intorno, come spaesata.

«Le ho già fatte caricare, non temete.» La spinse con gentilezza in direzione di uno dei carri, su cui erano già seduti due bimbi shemlen. «Forza. Prima ci muoviamo, meglio è. Potrebbero sopraggiungere altri prole oscura.»

L'elfa si lasciò accompagnare docilmente. Nei pressi del trasporto, inciampò e barcollò in avanti. Fece appena in tempo a rimettersi dritta che Alistair l'afferrò per la vita e la mise a sedere sul bordo del pianale. Lei arrossì appena, indispettita. «Insomma! Perché mi trattate come una bambina?»

Lui la guardò con un'espressione seria. «Perché è quel che mi sembrate: una bambina triste.»

Sgranò gli occhi e non seppe come rispondere. Alistair la fissò ancora per un istante, poi si allontanò mentre la carovana si metteva in marcia alla massima rapidità consentita.

I piccoli shemlen lì accanto, bagnati e intirizziti quanto lei, la scrutavano con grandi occhi incuriositi, ma non osavano parlare. A disagio, Luniel si spostò il più possibile vicino all'altra fiancata e appoggiò la schiena contro un sacco di granaglie, osservando Ascher che si accodava al suo carro. Dopo alcuni minuti, uno dei bambini si azzardò a tendere una mano verso il grosso lupo e, quando quello gli diede un colpo di naso sul palmo, scoppiò a ridere divertito; anche l'altro bimbo, allora, tese una mano verso il lupo. Lei rimase a fissarli, stirando un sorriso nel vedere il suo fedele amico giocare con quei bambini, quasi volesse aiutarli a dimenticare la brutta avventura appena trascorsa. In quel momento, tutta la stanchezza dell'estenuante viaggio le piombò addosso, unita alla debolezza. Stremata, chiuse gli occhi finché, cullata dal rollio del carro e dal cigolio delle ruote, si addormentò profondamente.

Quando si svegliò, scoprì di essere distesa su un morbido giaciglio con indosso una camicia di lino e che il braccio ferito era stato completamente risanato. Si mise a sedere, sfregandosi gli occhi, e osservò la stanza in cui si trovava, mentre allungava le braccia sopra la testa e si stirava ben bene, sentendosi riposata. La stanza non era molto grande e, oltre al letto a castello su cui si trovava lei, il resto del mobilio era composto solo da una cassapanca, un armadio e una scrivania con annessa sedia sotto l'unica finestra. Si alzò, accorgendosi che la camicia le stava lunga e larga. Chissà di chi era. Anzi, chissà di chi era la casa.

Andò alla porta e l'aprì, passando in un breve corridoio che la condusse in una sala piuttosto ampia. Al tavolo piazzato quasi nel mezzo erano seduti Alistair, Bethany e un'altra giovane shemlen dai capelli castani. Quando si voltò verso di lei, notò che aveva gli occhi verde chiaro. Perché le sembrava di averli già visti?

«Finalmente sveglia» fu il modo di Alistair di accoglierla. «Siete una dormigliona, aveva ragione Duncan a...» S'interruppe e deglutì, stringendo i pugni sopra il tavolo.

Lei si morse il labbro e avvertì un pizzicore agli occhi. Nella sala piombò il silenzio.

«Be', buongiorno» esclamò la sconosciuta in tono vivace, forse nel tentativo di alleggerire quel senso di tristezza. Alzatasi, le si avvicinò e le tese la mano. «Il mio nome è Róise Hawke, sono la sorella maggiore di Bethany. Lieta di conoscerti.»

Luniel fissò la mano, poi la shemlen e non reagì in alcun modo.

«Ah» fece l'altra, ritirando la mano. «D'accordo, messaggio recepito.» Si grattò la nuca, studiando l'elfa, e aggiunse: «Uhm, l'avevo detto, io, che la roba di Beth non ti sarebbe andata. Questa camicia ti sta decisamente troppo larga sul petto.»

«Oh, Ros, insomma!» intervenne l'interessata. «Smettila!»

Quella scrollò le spalle, con aria innocente. «Non è mica colpa mia se hai una latteria al posto del seno» la rimbeccò, facendola imbronciare e provocando un notevole arrossamento sul volto di Alistair. «Il mio ha dimensioni decisamente più ragionevoli. Non è vero, Custode?» domandò, accogliendo con un ghigno la linguaccia di Bethany.

«C-c-cosa?!» farfugliò l'interpellato, ormai paonazzo. E quando Róise scoppiò a ridere, lui borbottò: «Ma è un vizio di famiglia? Siete dispettosa al pari di Nevan.»

Ecco perché gli occhi della shemlen le erano sembrati così familiari: erano identici a quelli del mago, la stessa sfumatura verde chiaro che si scuriva sul bordo dell'iride.

Róise tornò a guardare Luniel. «Forse ho ancora un mio vecchio vestito di quand'ero più piccola. Te lo cercherò mentre ti lavi. Mamma dovrebbe finire tra poco di preparare la tinozza.»

L'elfa fece per replicare che non voleva l'aiuto o la carità di una shemlen, ma intercettò lo sguardo accigliato di Alistair che pareva ammonirla. Come faceva a sapere che stava per ribattere in malo modo? Le compariva forse scritto in faccia? Be', sì, forse non ci voleva un grosso intuito a prevenire le sue reazioni, non dopo che ne aveva date già diverse dimostrazioni. Si limitò ad un sospiro profondo e a scrollare le spalle. Poi domandò: «Dov'è Ascher?»

«Il lupo?» interloquì Bethany. «Da qualche parte fuori del villaggio.»

Róise annuì. «La vostra amica–»

«Non è mia amica» obiettarono in coro lei e Alistair.

Sbattendo le palpebre, Luniel guardò l'altro Custode. Questi si strinse nelle spalle e commentò allegramente: «Be', almeno su qualcosa siamo d'accordo.»

L'elfa trattenne un inaspettato sorrisetto divertito e distolse rapidamente lo sguardo, incrociando le braccia a disagio.

Róise tossicchiò per richiamare la loro attenzione. «D'accordo, non è vostra amica. In ogni caso, non ha voluto accettare la nostra ospitalità ed è rimasta fuori con il lupo. Ha detto che sarebbe rimasta a dormire insieme a lui» concluse con aria perplessa.

«Mmm» fece Alistair. «Luniel, fossi in voi mi preoccuperei per la virtù di Ascher.»

Lei aggrottò le sopracciglia e lo fissò basita. «Ma che accidenti...?!»

«C-che... c-cosa?» balbettò Bethany, gli occhi spalancati.

La maggiore delle Hawke si posò le mani sui fianchi. «Il discorso sta prendendo una strana piega. Vi pregherei di non turbare ulteriormente la mia candida e innocente sorellina.»

Luniel, sospirando, non rimase ad ascoltare le rimostranze di Bethany per le canzonature della sorella maggiore e se ne andò a passo svelto verso l'ingresso. Appena uscita, poté vedere che la casa sorgeva al confine di Lothering, in una posizione parecchio isolata più o meno all'altezza del mulino; sul lato sinistro si estendeva un'ampia area recintata e coltivata a grano, fiancheggiata dal sentiero che conduceva al villaggio; sul lato destro, invece, vi era una vasta spianata ornata da dolci poggi erbosi che si interrompeva a meno di mezzo miglio, laddove iniziava un piccolo boschetto presso la curva di un torrente. Modulò il lungo fischio che utilizzava come richiamo per Ascher, poi si appoggiò al muro intiepidito dal sole e rimase in attesa, nella speranza che il lupo fosse abbastanza vicino da aver sentito. Pochi attimi dopo, i cardini della porta cigolarono e lei si voltò, trovando Alistair che la richiudeva.

«Non pensavo di spaventarvi così tanto, stavo scherzando. Più o meno.»

Emise un leggero sbuffo. «Non è per quello. Non ne potevo più di stare lì dentro. Troppi shemlen, per i miei gusti.»

«Uh, e mancava il resto della famiglia» commentò lui. «Ma come avete fatto ad Ostagar?»

«C'era Duncan» le sfuggì di rispondere prima che potesse fermarsi. Avvertì, pur senza vederlo, lo sguardo di Alistair puntato su di lei.

«Avete sostenuto di odiare noi shemlen. E allora cosa mi dite di Duncan?» La voce gli tremò nel pronunciarne il nome. «Era un umano anche lui, eppure non c'era odio nei vostri occhi quando lo guardavate. Gli permettevate perfino di toccarvi.»

«Io non... Duncan era diverso.»

«Era un umano» ribadì l'altro Custode.

Lei tenne lo sguardo fisso a terra, in difficoltà, poi scosse più volte la testa ed esclamò: «Non voglio parlarne!» Non aveva certo smesso di detestare gli umani, eppure non poteva negare quanto detto da Alistair. Duncan era stato davvero un caso a parte. Pur essendo uno shemlen, ad un certo punto non era più riuscita a vederlo come tale. Le era stato accanto per meno di un mese, eppure in quel breve lasso di tempo era riuscito a diventare il padre che lei non aveva mai avuto, per quanto assurdo potesse sembrare. Il Capo dei Custodi Grigi aveva dimostrato nei suoi confronti così tanta pazienza, così tanta comprensione e... e sì, anche affetto... da aprirsi una breccia nel feroce rancore della ragazza.

«Mi dispiace, non volevo rattristarvi» le disse il giovane in tono sommesso. «Lui... manca molto anche a me.»

«Non mettetevi a frignare, per favore» le scappò, più aspra di quanto avesse inteso essere.

«Oh, certo. Non sia mai che vi infastidisca con il mio piagnisteo» le rinfacciò lui.

Luniel si morse il labbro. «È che... finirei per piangere anch'io» farfugliò, non capendo quell'impulso a giustificarsi. Guardò di sottecchi l'altro Custode, vedendolo accigliarsi per la confusione e aprir bocca per dire qualcosa. A sottrarla da quel momento di assoluto imbarazzo furono la porta che si spalancava e la voce di Róise, che prima ancora di sporgere la testa esclamò: «Bagno pronto! Consiglio di andare a tuffarti prima che l'acqua si freddi. Anche perché, senza offesa, non profumi esattamente di fiori di campo.»

L'elfa avvampò d'indignazione, mentre l'altra si ritirava e Alistair scoppiava a ridere. Lo guardò malissimo, ogni buona predisposizione d'animo nei suoi confronti del tutto svanita.

Lui, asciugandosi una lacrima d'ilarità, le disse: «Scusatemi, non era per mancarvi di rispetto. Se vi consola, ha detto la stessa cosa anche a me.»

«Non me dubito» sibilò, oltrepassandolo. «Di solito puzzate peggio di un cane bagnato!»

«Ehi!» si risentì il giovane. E, mentre si allontanava accompagnata da Róise, lo sentì continuare: «Almeno Nevan era più diplomatico nel farmi notare queste cose.»

Il bagno l’aveva decisamente rinvigorita. Mentre si crogiolava nell'acqua calda – un lusso raro, per lei – e si puliva i capelli con una lozione che, come Róise aveva assicurato, glieli aveva sbrogliati e ammorbiditi, si era resa conto che ne aveva davvero bisogno. Quasi non ricordava l’ultima volta che aveva fatto un bagno, quando si trovava ancora con il suo clan. In un altro tempo, in un’altra vita.

Sospirò, ingoiando il magone, e si sistemò meglio lo zaino sulle spalle e poi l’arco a tracolla, in attesa che Alistair terminasse i saluti con la famiglia Hawke e raggiungesse lei e Morrigan fuori della casa. La maga si era riunita a loro poco prima, insieme ad Ascher. Ripensando alle parole di Alistair, l'elfa si ritrovò a scrutare l'apostata con vaga perplessità.

L'altra si accigliò. «Si può sapere che hai da fissarmi in quel modo?»

“...mi preoccuperei per la virtù di Ascher.” «Niente, niente» rispose, sentendosi un'idiota.

«Allora piantala subito, mi dà fastidio!»

Stupido Alistair, inveì Luniel. Che razza di idee si fa venire. Sbuffando, s'infilò l'elmetto di cuoio che le aveva procurato Róise, visto che lei aveva perso il proprio a Ostagar. Avevano dovuto imbottirlo perché, appena aveva provato a calzarlo, al primo movimento le era scivolato sul naso. Una scena ridicola, naturalmente; nel momento in cui se l'era tolto e aveva posato lo sguardo inferocito su Alistair, lo aveva colto nel palese sforzo di non scoppiare a ridere.

Il giovane le raggiunse in compagnia di Róise e Bethany. Le due sorelle erano intenzionate a salutare anche la dalish, malgrado lei avesse mostrato di non sentirne il bisogno.

«Buon viaggio, allora, e buona fortuna per tutto» augurò ancora la maggiore delle Hawke. «E fate attenzione, nell'uscire da Lothering. Alcuni nostri compaesani, oltre a parecchi rifugiati, sarebbero ben contenti di mettere le mani sulla vostra taglia.»

Bethany sospirò. «Hanno già tentato di aggredire Nevan, quando se n'è andato da qui.»

«Dei veri imbecilli.» Róise alzò gli occhi al cielo. «Attaccare un mago accompagnato da altri maghi: vuol proprio dire non tenere alla propria vita. Gli è andata bene che li hanno solo messi fuori combattimento. Be', sarà il caso che la smetta di chiacchierare e vi lasci partire.»

Ecco, brava, pensò Luniel, impaziente di andarsene.

Così, dopo un ultimo saluto, si avviarono in direzione di un accesso alla Gran Via Imperiale, al di fuori del villaggio. Mentre lo raggiungevano, seguendo la guida di Alistair che era stato istruito da Róise, Luniel notò una figura ai piedi della scalinata. Riconobbe una veste rosa e rossa, e dei baluginii dorati...

Oh, no. No, dai, non può essere...

Non aveva più visto la sacerdotessa dalla sera prima e aveva sperato che si fosse discretamente defilata, rinunciando alla sua idea di accompagnarli, ma a quanto pareva non era così. La smorfia sul volto di Morrigan le rivelò che anche la maga l'aveva riconosciuta e che nemmeno lei gradiva quell'appostamento sospetto sul loro percorso.

«Oh, ben ritrovati!» cinguettò Leliana in tono innocente, come se il loro incontro fosse stato casuale. «Dunque, permetterete che vi aiuti? Mi lascerete venire con voi?» domandò subito dopo, abbandonando in fretta quella finzione in cui era caduto soltanto Alistair.

«Non ne vedo il motivo» bofonchiò Luniel.

«Ascoltate» proseguì Leliana. «Quando mi sono giunte le notizie sulla Prole Oscura, ho sentito una spinta a lasciare la mia vita sicura nel monastero per fare qualcosa. Qualsiasi cosa. Perciò mi trovavo in quella piccola missione di soccorso. E poi la visione...» Si fermò un istante, osservandoli attentamente; in particolare Alistair, indubbiamente quello più facile da convincere. «Non può essere una coincidenza che siate giunti qui subito dopo che sono stata chiamata dal Creatore» affermò in tono molto serio.

Il Custode si grattò il mento, indeciso, poi disse: «Se proprio insistete...» Rivolse un'occhiata interrogativa a Luniel. «Che ne dite? Il suo appello sembra sincero.»

«Fate un po' come vi pare» rispose l'elfa.

Morrigan sbuffò. «A quanto pare mia madre ha sottostimato la tua frattura al cranio.»

«Be', allora» fece Alistair, «benvenuta.»

Leliana s'illuminò in volto e fece un sorriso smagliante. «Grazie! Apprezzo molto che mi concediate questa possibilità. Non vi deluderò, ve lo prometto!»

L'angolo degli approfondimenti


Dato che in taluni casi ho fatto delle scelte che si discostano dalla traduzione del gioco, dopo la domanda che mi aveva posto Rosheen ho ritenuto fosse il caso di spiegarle; le ho già spiegate nella risposta a lei, ma ho pensato di riproporle anche qui.

- Elfo o elfa? Ebbene, in originale, esistendo solo il termine generico "elf", vengono utilizzate di solito locuzioni tipo "la donna elfo", "la fanciulla elfo", ecc. che però in italiano hanno risolto usando “elfa”. Nei romanzi, invece, hanno tradotto letteralmente e ho deciso di farlo a mia volta.

[EDIT: alla luce di pezzi molto futuri, che giacciono nel PC in attesa di arrivare a pubblicarli, mi sono resa conto che usare "elfo" anche per le donne è un casino, quindi ho corretto in "elfa" per una maggiore fluidità di narrazione]

- Apostata o eretico? Il vocabolo originale è “apostate”, tradotto in italiano con “eretico”. Ora, premesso che si tratta di vocaboli usati in ambito religioso, l'apostata è colui che rinnega la propria religione, che se ne allontana, laddove l'eretico è chi nega o mette in dubbio i dogmi di una dottrina, e talvolta vi si oppone scegliendo un'altra dottrina. Onestamente, trovo che “apostata” sia più corretto (soprattutto per quanto riguarda personaggi come Morrigan), alla luce del fatto che i maghi “apostates” non si oppongono apertamente alle regole della Chiesa, bensì le rifiutano. È una differenza sottile, non sono nemmeno sicura di essere riuscita a spiegarmi bene, però tale differenza c'è. In base a questo, avrei preferito anche correggere la traduzione di “Warden” (“guardiano”) e “Keeper” (“custode”), ma vi avrei provocato solo una confusione pazzesca; già “apostata” in luogo di “eretico” mi pare sia sufficiente. :p

- Cavaliere-Capitano / Cavaliere-Comandante. Questi non ho ancora avuto modo di utilizzarli, in ogni caso trattasi del Knight-Captain e del Knight-Commander dei Templari, in italiano declassati a semplici “Capitano” e “Comandante”.



Ok, credo di aver detto tutto. Nel caso aveste dubbi o curiosità, chiedete pure. :)
Come sempre, grazie a chi legge, a chi recensisce e alla mia beta Shainareth.
Alla prossima. Che non so quando sarà. ù_u

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Capitolo 9
*** 08 - Dubbi e sospetti ***


Capitolo 08

Dubbi e Sospetti

Il sole si avviava lentamente verso il tramonto, la sua luce soffusa indorava le colline e si rifletteva sul vasto specchio d'acqua, tingendolo di una morbida tonalità giallo-ambrata. Dopo la tappa a Lothering, la loro destinazione era cambiata. Alistair, infatti, aveva optato per recarsi a Kinloch Hold, dove sorgeva la Torre del Circolo dei Magi; il suo intento era ricongiungersi quanto prima a Nevan, per poi riprendere il viaggio verso Redcliffe, anche se questo significava allungarlo di parecchio. Dopo una settimana di cammino, ora stavano costeggiando il lago Calenhad diretti verso nord.

Luniel rallentò il passo, dopodiché saltò sul parapetto della Gran Via e si appoggiò ad uno dei pilastri per ammirare con calma quel graduale mutamento di colori. In tal modo finì per farsi raggiungere dai compagni di viaggio, i quali procedevano ad una certa distanza dietro di lei.

«Ripensavo a Lothering» stava dicendo Alistair in quel momento. «Voi... voi non vorreste essere rimasta lì? Per poter aiutare più persone, intendo.»

Ci risiamo, pensò l'elfa con una punta d'irritazione. Era dalla loro partenza che l'altro Custode si tormentava all'idea di aver "abbandonato" – parole sue – gli abitanti del villaggio. Aveva detto e ripetuto agli Hawke di andarsene quanto prima e di convincere anche i loro compaesani che il pericolo era più vicino di quanto immaginassero; ciononostante, sembrava persuaso di non essersi impegnato abbastanza.

Sentì i loro passi che si fermavano.

Leliana sospirò paziente. «Alistair, ve l'ho già detto: se il Flagello non verrà fermato, moriranno tutti, anche coloro che hanno lasciato Lothering. Per quanto mi addolori non poter far altro per quella povera gente, io so di aver fatto la scelta giusta, perché stiamo servendo un fine più alto.»

«Dunque è giusto lasciar morire qualcuno per un fine più alto? Io… non ne sono sicuro. Non mi è sembrato giusto abbandonare tutte quelle persone, terrorizzate e indifese.»

Luniel voltò la testa. Vide il collega Custode con un'espressione tormentata in viso e la sacerdotessa avvicinarlo con un sorriso gentile, mentre alle loro spalle Morrigan roteava gli occhi con fare esasperato.

«State facendo ciò che dovete» disse Leliana al giovane uomo, in tono fermo. «Il peggio deve ancora venire, lo sapete meglio di me, e molti altri moriranno malgrado i nostri sforzi.» Gli posò una mano sul braccio. «Dovrete indurire il vostro animo.»

«Già» replicò l'altro. «Me lo disse anche Nevan e io ci ho provato. Ci sto provando. Ma non è facile. A volte, trovo che sarebbe meglio essere deboli.»

«Ma non potete permettervelo. In ogni caso, non avremo molta scelta.»

No davvero. Luniel tornò a guardare innanzi a sé. Dovevano essere forti per poter proseguire, per poter portare avanti il loro compito. E se Alistair fosse crollato, lei non era certa di poter resistere da sola; perché era lui quello che sentiva maggiormente il dovere insito nel loro Ordine. Lei, invece... lei si lasciava passivamente trascinare, sballottare dalle circostanze come una foglia nel vento. Cos'altro poteva fare, del resto? La sua vita non le apparteneva più, da quando aveva dovuto lasciare il clan. Era un Custode Grigio, sì, però non si sentiva motivata se non dal desiderio di uccidere quanti più prole oscura le fosse possibile, in un misero e patetico tentativo di vendicare almeno in parte la morte di Tamlen e la sua stessa disgrazia. Le restava solo quello.

“Non rimproverarti di essere sopravvissuta.” Le parole di Duncan le tornarono alla memoria. “Hai perso molte cose, lo so, ma potrai trovarne altre.”

Voltandosi di nuovo, la dalish osservò per qualche istante Alistair e Morrigan che si stavano scambiando smorfie e insulti come due marmocchi, e Leliana che ridacchiava nel guardarli. Poi il Custode sbuffò e guardò in avanti, intercettando lo sguardo di Luniel, e le sorrise allegramente, come se tutto fosse a posto; come se quella fosse una scampagnata e loro non fossero coinvolti in qualcosa più grande di loro, qualcosa che avrebbe potuto ucciderli; come se ogni brutto pensiero non avesse motivo di esistere.

È possibile? Anche se loro sono degli shemlen? Improvvisamente scossa dal pensiero che in tutti quegli anni potesse aver nutrito un rancore infondato, balzò giù con uno scatto e accelerò il passo, riportandosi accanto ad Ascher. Ripensò agli Hawke e alla gentilezza con cui l'avevano trattata... e si rese conto che per i molti umani che le avevano riservato solo disprezzo, ce n'erano altri che invece si erano comportati con rispetto. No! Scosse la testa con forza. Non dimenticare chi sei! Sei una dalish, ricordalo! «“Siamo gli ultimi degli Elvhenan e mai ci sottometteremo”» sussurrò a se stessa. «“Siamo gli ultimi degli Elvhenan e mai ci sottometteremo”» ripeté, aggrappandosi alle sue convinzioni con tutte le sue forze.

Aveva ancora senso, tuttavia? L'istintiva risposta negativa la lasciò confusa e smarrita. Sentì che si stava perdendo, che ciò in cui aveva sempre creduto si stava lentamente sgretolando sotto i colpi di una realtà ignorata per troppo tempo. Una realtà che, però, non era ancora pronta ad accettare.

La voce di Morrigan che la chiamava la strappò alle sue riflessioni. Si fermò, girandosi, e l'altra le domandò: «In qualità di nostro capo, quando intendi dare l'ordine di accamparci?»

Luniel sbuffò stancamente. «Io non sono il capo» ribadì per l'ennesima volta in quei giorni. Morrigan insisteva a chiamarla così, malgrado in realtà non avesse mai deciso alcunché; Alistair aveva chiesto spesso la sua opinione, certo, tuttavia fino ad ora Luniel si era limitata ad accettare supinamente le decisioni altrui.

La Strega si strinse piano nelle spalle. «Mi rifiuto di considerare Alistair come tale.»

«Umpf» fu la reazione dell'interessato.

L'elfa scosse il capo. «Io non–»

«Sono d'accordo con Morrigan» intervenne Leliana, in tono cinguettante. «Siete così carina che non si può dirvi di no, quindi meritate di guidarci.»

Luniel inarcò un sopracciglio, perplessa. «E questo cosa–»

La sacerdotessa si voltò verso Alistair. «Siete d'accordo anche voi, vero?»

«...c'entra?» Totalmente ignorata, la dalish attese con rassegnazione la risposta del giovane.

«A... ehm... a considerarla il nostro capo, intendete? Sì, sì, certo, non ho nulla in contrario.»

Morrigan quasi sghignazzò. «Tanto le scodinzolavi già dietro come un cane, almeno adesso la cosa è ufficiale» lo sbeffeggiò.

Leliana emise un risolino, portandosi una mano davanti alla bocca con fare aggraziato. «Ovviamente intendevo quello, Alistair, giacché non ho alcun dubbio sul fatto che pure voi riteniate Luniel adorabilmente graziosa» affermò, e gli scoccò un'occhiata allusiva, facendolo arrossire. «Chi potrebbe negarlo, d'altronde?»

Luniel gemette piano. Da quando la sacerdotessa l'aveva finalmente vista alla luce, ripulita e con i lunghi capelli in ordine, non le aveva più dato pace. Dopo il primo momento di delirio, quando si erano accampati la prima volta ed era esplosa in un gorgheggiante: «Oh, Creatore! Ma siete una bambolina!», non aveva perso occasione di esporre quella sua opinione.

L'elfa sapeva di essere carina. Come Leliana si era ben premurata di rimarcare, aveva lineamenti morbidi e regolari, il naso corto e piccolo, labbra turgide e occhi grandi, grigi, ombreggiati da ciglia lunghe e folte; il fisico era minuto e proporzionato, e i capelli lisci, di un bel castano dorato. Sentirselo ripetere ad ogni pie' sospinto, però, poteva essere snervante. E anche un po' inquietante, da parte di un'altra donna; soprattutto se lo faceva con quello slancio. D'altro canto, Leliana aveva dato l'impressione di entusiasmarsi per qualunque cosa rientrasse nella definizione di "grazioso", comprese le persone. Come aveva detto Alistair qualche giorno prima, sembrava più il tipo da “Oh, che bei colori!” che da “Ah ah ah! Sono la Principessa Sterminatrice! Trafiggi, uccidi, uccidi!”

L'elfa si lasciò sfuggire un sorrisetto, ripensando a quel commento. Per lo meno la sacerdotessa non l'aveva più infastidita con i suoi vaneggiamenti sul Creatore, dopo che le aveva imposto di evitarli per il loro quieto vivere.

«Mh?» Luniel strizzò gli occhi, scrutando la porzione di Gran Via che si estendeva dinanzi a loro inoltrandosi in mezzo a collinette boscose. «Abbiamo un problema...»

«Quale?» chiese Alistair, raggiungendola.

Lei tese il braccio e indicò davanti a sé. «La strada. Finisce laggiù.» A meno di mezzo miglio, infatti, l'imponente costruzione tevinteriana terminava e al di là si scorgevano soltanto le cime frondose di un bosco, indorate dai raggi radenti del sole.

«Oh, accidenti!» esclamò lui, battendosi una mano sulla fronte. «Me ne sono dimenticato!» Si voltò a guardare le tre donne. «Mi dispiace, dovremo tornare indietro fino alle ultime scale che abbiamo superato. Da qui non c'è modo di scendere.»

«Ci vorrà almeno mezz'ora» calcolò Leliana, pensierosa. «E impiegheremo altrettanto per arrivare di nuovo in quest'area... Temo che raggiungeremo Palefort con il buio.»

«Mi dispiace» ripeté Alistair, rammaricato e imbarazzato.

Morrigan sbuffò e guardò Luniel. «E mi chiedi ancora perché preferisco avere te come capo?»

L'elfa sospirò. «No, non me lo chiedo più» rispose stancamente. «Forza, torniamo indietro.»

Quando infine giunsero nuovamente all'altezza dell'interruzione, percorrendo un sentiero di terra battuta che costeggiava la Gran Via sul lato sinistro, era passata più di un'ora. All'incerta luce del crepuscolo, Luniel notò che l'antica strada appariva troncata in modo regolare: non c'erano macerie nei dintorni né tracce di un qualsivoglia crollo. Le sembrò strano, poiché finora ogni punto rotto della Gran Via che aveva visto mostrava quei segni di rovina, e le venne spontaneo farlo notare, fermandosi ad osservare la struttura con una certa curiosità.

«Perché non è semplicemente crollata» le spiegò Alistair, fermandosi accanto a lei. «Questa parte della Gran Via è stata smantellata secoli fa per costruire le fortificazioni di Palefort.»

«La pallida rocca che veglia la foce del Fiume Dane» intervenne Leliana. «È a questo che deve il proprio nome» aggiunse, posando una mano sulle enormi pietre che formavano la Gran Via. «Al colore bianco grigiastro di questi massi.»

«È tutto molto interessante» commentò secca Morrigan, «ma potreste riservare queste amene chiacchiere per quando saremo arrivati? Non mi dispiacerebbe dormire finalmente al coperto.»

Alistair le lanciò un'occhiataccia. «Nessuno vi vietava di accettare l'ospitalità degli Hawke. Se avete preferito dormire all'addiaccio e lavarvi nell'acqua fredda del torrente, non è colpa nostra.»

«Ah! Avrei dovuto fermarmi in un villaggio brulicante di templari?» rimbeccò l'altra. «Nella casa di un'altra apostata a chiedermi se sarebbero piombati lì per cercare di catturarmi? No, grazie.»

Ci risiamo, pensò Luniel alzando gli occhi al cielo. Incrociò lo sguardo di Leliana, la quale pareva rivolgerle la muta richiesta di intervenire a sedare quell'ennesimo battibecco, ma si limitò a scuotere il capo; che ci pensasse lei, se proprio ci teneva. Le voltò le spalle e si mise a grattare la testa grigia di Ascher. E mentre sentiva la voce della sacerdotessa tentare di sovrastare quelle dei due litiganti, per farli smettere, ebbe l'impressione di udire dei rumori provenire dalle ombre sempre più fitte tra gli alberi; impressione confermata dall'improvviso drizzarsi delle orecchie di Ascher.

Una freccia sibilò sopra la sua testa. «Piantatela subito, voi tre!» sbraitò, e subito dopo dalle ombre ad una ventina di passi da loro emersero sette umani, tutti con indosso armature di cuoio piuttosto malconce e armati di archi e spade di pessima fattura.

«Che bella sorpresa!» esclamò uno di loro. «Dei viandanti.»

Il litigio in corso alle sue spalle cessò all'istante e Luniel mise rapidamente mano all'arco.

«Banditi!» sputò Alistair con disprezzo.

L'uomo, probabilmente il capo, scrollò le spalle. «Ci si guadagna da vivere come si può.»

«Guadagnarvi da vivere?» sbottò il Custode. «Voi siete dei criminali.»

«Va bene, lo ammetto» rispose il bandito, con un atteggiamento quasi bonario. «Ma possiamo risolvere la cosa pacificamente. Dateci tutto quello che avete e vi lasceremo vivi. Altrimenti...»

Morrigan, il bastone in pugno, affiancò Luniel. «Pazzi. Io dico di dargli una bella lezione.»

«Sono d'accordo.» La dalish era perplessa. Davvero quei tipi intendevano attaccarli? Insomma, capiva che lei, Morrigan e Leliana potessero apparire come facili prede; un elfa dall'aspetto per nulla minaccioso, una donna in abiti discinti e una sacerdotessa intimorivano ben poco, in effetti. Però c'erano anche Alistair e Ascher. Alistair era alto, ben piazzato e armato, e Ascher era grosso almeno il doppio dei normali lupi del Ferelden, tanto che lei poteva tranquillamente salirgli in groppa; quando non fuggivano in preda al panico, le persone rimanevano comunque intimorite e circospette. Perciò, davvero, Luniel non si capacitava del fatto che quei briganti scalcagnati avessero scelto di attaccarli.

Dovevano essere molto disperati o molto stupidi.

«Ascoltate» intervenne Leliana. «Forse sarebbe meglio se ve ne andaste.»

«Anche perché noi non vi daremo niente» mise in chiaro Alistair.

Il capo dei banditi abbandonò ogni finzione di bonomia e si accigliò. «Allora lo prenderemo dai vostri cadaveri. Addosso, ragazzi!» esclamò, scattando in avanti insieme a quattro dei suoi.

«Avete scelto il bersaglio sbagliato» commentò Morrigan con un ghigno. Dalle sue mani promanò un Cono di Gelo che congelò tre banditi e rallentò il capo e un altro.

Mentre la Strega caricava un Fulmine e Alistair si lanciava contro il bandito rallentato, Luniel incoccò una freccia e la scagliò contro uno dei due ladri armati d'arco, colpendolo alla spalla e sbilanciandolo. Ascher corse verso di lui e lo atterrò con un balzo potente, e le urla terrorizzate dell'uomo si spensero in un rantolo strozzato quando il lupo gli affondò le zanne nella gola. A quella vista, il secondo arciere mollò l'arma e scappò. Luniel, già pronta a scoccare una nuova freccia, si voltò a controllare la situazione: il capo dei banditi e uno dei suoi uomini giacevano a terra morti; gli altri tre si erano scongelati, ma erano alle prese con Leliana e Alistair, il quale ne atterrò uno proprio in quel momento.

L'elfa sbatté le palpebre stupita, vedendo la sacerdotessa, armata di due pugnali, duellare agilmente malgrado la lunga veste; aveva pensato che scherzasse o mentisse quando aveva sostenuto di saper combattere. A quel punto, Morrigan lanciò un Fulmine sull'avversario di Leliana, stordendolo e permettendo all'altra donna di tagliargli la gola. Quando Luniel riportò lo sguardo sull'altro Custode, lo vide ritirare la spada dal ventre dell'ultimo bandito, che crollò a terra.

«Ma guarda» esordì Morrigan. «Non sapevo che nei conventi insegnassero a combattere.»

Leliana parve a disagio. «Come ho detto» rispose in tono dimesso, «non sono sempre stata una Sorella. Ho viaggiato parecchio e... Beh, si sviluppano diverse abilità viaggiando, sì? Sì, naturalmente... Ehm... Forse è meglio se andiamo, non credete?»

La Strega le lanciò un'occhiata scettica, ma non commentò. Disse invece: «Prima vediamo se possiamo trovare qualcosa di utile addosso a questi idioti.»

«Oh. Giusto» approvò la sacerdotessa. E, sotto gli occhi sbarrati di Alistair, iniziò a frugare i cadaveri con fredda metodicità.

«Ma...» iniziò a balbettare il Custode. «Non credo che...»

«Fatela finita» lo interruppe Luniel, che si era messa a rovistare nei vestiti dei banditi, pur essendo rimasta sorpresa nel vederlo fare a Leliana; la sacerdotessa non la raccontava giusta. «Non è il caso di farsi scrupoli e sarebbe anche stupido lasciare...» S'interruppe e sollevò un borsello, da cui provenne un tintinnio metallico quando lo scrollò. «...questo, ad esempio. Siamo praticamente senza soldi, vero?»

Alistair fece una smorfia prima di mugolare uno stentato: «Vero.»

«Allora dacci una mano, invece di star lì impalato» lo esortò Morrigan.

Lui le riservò un'occhiata gelida, dopodiché si rassegnò a svolgere a sua volta quel compito che tanto lo ripugnava.

Il villaggio di Palefort sorgeva lungo la riva sud del Fiume Dane, alle pendici di una massiccia collina rocciosa dominata da un forte altrettanto massiccio, benché di modeste dimensioni. Palefort era nato come postazione di vedetta, e in questo soltanto era sempre risieduta la sua importanza militare, anche se nel corso dei secoli la postazione si era ingrandita e, durante la Rivolta Fereldana, aveva avuto un ruolo considerevole. Quando Leliana terminò di spiegare, si trovavano davanti all'unica locanda del posto; Ascher, ovviamente, si era fermato fuori dell'abitato, ma questa volta Morrigan era rimasta con loro. Per fortuna avevano racimolato una discreta quantità di argenti dai loro aggressori e avrebbero potuto permettersi l'alloggio per tutti e quattro, e pure un buon pasto.

La locanda era piena di avventori, tuttavia non ospitava molti viaggiatori, quella sera, così poterono prendere una stanza ciascuno; poi, una volta portate le loro poche cose nei rispettivi alloggi, tornarono nel salone e sedettero ad un tavolo per cenare. Lo stufato di carne sembrò delizioso a Luniel dopo aver dovuto sopportare la "cucina" di Alistair, dal momento che per motivi noti solo ai Numi si era preso lui quell'incarico; che non lasciasse fare a Morrigan era inevitabile, dopo gli accenni che la Strega aveva fatto a proposito di veleni, ma l'elfa non capiva per quale motivo non lo permettesse a Leliana, se non perché lo riteneva un compito inadatto ad una Sorella della Chiesa. L'importante era che non lo chiedessero a lei... l'ultima volta che aveva preparato da mangiare era stato durante una caccia con Tamlen e Fenarel, solo un anno prima, e il risultato era stato un'intossicazione che li aveva messi fuori combattimento per un paio di giorni. E poiché era la quinta volta che accadeva, in aggiunta ad altri svariati incidenti culinari, si erano rassegnati ad accettare quella verità: Luniel e la cucina non andavano d'accordo.

Il ricordo degli amici le provocò un'ondata di malinconia che per qualche minuto la isolò da tutto ciò che la circondava: il chiacchiericcio degli avventori, il rumore dei boccali sbattuti sui tavoli, lo scalpiccio dei servi che correvano di qua e di là, l'odore acre del fumo che si alzava dal focolare, lo scoppiettio dei ceppi tra le fiamme... Si riscosse quando udì il proprio nome.

«...niel, Nevan e io siamo gli ultimi Custodi Grigi del Ferelden.»

La dalish guardò il giovane con un accenno di perplessità, avendo perso l'inizio del discorso. Tirando ad indovinare, però, avrebbe giurato che stesse recriminando sulla loro situazione. La qual cosa non l'avrebbe affatto stupita.

«Ripetilo un po' più forte, Alistair» gli disse Morrigan, caustica. «Non credo ti abbiano sentito, all'altro tavolo.»

«Non ho parlato a voce così alta» ribatté lui, piccato.

Leliana gli sorrise conciliante e gli disse, sottovoce: «No, certo, ma è meglio non accennare alle vostre identità. Questo è solo un piccolo villaggio, probabilmente ha pochi soldati e forse non sanno ancora della taglia su di voi, tuttavia non è il caso di rischiare.»

La Strega sbuffò. «Fra tanti deliri, qualcosa di giusto lo dice anche lei.» Prima che chiunque potesse replicare, si alzò e aggiunse: «Vado a dormire. Ci vediamo domattina.»

Nonostante tutto, Leliana le augurò la buonanotte con una certa cortesia, mentre Alistair bofonchiò contrariato. Luniel la guardò allontanarsi, sorseggiando la propria birra – quant'era amara, per le zanne di Fen'Harel! – e se ne rimase in silenzio.

Restarono al tavolo un'altra decina di minuti, dopodiché, ormai finite le rispettive birre, stabilirono di recarsi anch'essi a dormire.

«Lun, ciao.»

La ragazza aprì gli occhi di scatto e si mise a sedere. Nel buio, la sua vista elfica distinse benissimo la figura che stava in piedi accanto al suo letto. «Fenarel?» mormorò sconcertata. Cosa ci faceva lì? Come aveva fatto a trovarla? «Fen, che cosa...?» iniziò, ma lui si portò un dito alle labbra intimandole il silenzio.

«Parla piano, o lo sveglierai.»

«Lo sveglie–? Ma cosa stai...?»

Fenarel si spostò appena e le mostrò qualcosa alle proprie spalle. Di punto in bianco la stanza s'illuminò, benché fiocamente. Ma non era la sua camera, era... Una foresta? Come ci sono finita? Guardò meglio la sagoma a terra che l'amico le mostrava; stava rannicchiata dandole la schiena, perciò non poteva vederla in volto, eppure lei sapeva chi era. Un brivido diaccio le percorse la schiena, il respiro le divenne affannato, e si accorse di non riuscire a muoversi.

La figura a terra si alzò, lenta, lentissima; si muoveva talmente piano e in modo talmente goffo che sembrava nuotasse nel miele. Infine si voltò e Luniel urlò, un grido senza voce. Lei si portò le mani sulla gola, ma fu l'unico movimento che riuscì a compiere: il resto del suo corpo non le rispondeva, era come paralizzato. Il letto non c'era più, ora lei giaceva sul terreno muschioso.

Fenarel, con un ghigno orribile sul bel volto, la rimproverò: «Ti avevo detto di non far rumore, ora si è svegliato.»

Tamlen la fissò con occhi vitrei, quasi lattiginosi. Il suo viso era smorto e piagato, orribilmente simile a quello dei prole oscura. «Vieni con noi, lethallan. Torna dalla tua famiglia.»

«Tam l'ha fatto» intervenne Fen, i bei lineamenti che si contorcevano e diventavano lividi, cadaverici. «È tornato al clan, noi l'abbiamo riaccolto e lui ci ha resi una vera famiglia.» Fece un cenno e mostrò altre figure comparse dal nulla come spettri. Marethari, Merrill, Radha... Luniel vide il suo clan al completo, gli anziani e i bambini, i cacciatori e gli artigiani... ognuno di loro come Tamlen e Fenarel, gli occhi opachi e spenti, più simili a mostri che alle persone che lei conosceva. «Torna da noi» dissero tutti insieme, un coro agghiacciante.

«Vieni, da'len» la esortò la Guardiana, tendendo una mano.

«Vieni, Mahariel» si aggiunse Merrill. «Ci manchi tanto, sai?»

No! No, no, no! pensò disperata. Lacrime roventi le rigarono le guance. Era un incubo! Era un incubo, e doveva svegliarsi!

Tamlen si avvicinò. «Non resistere. Devi farlo, Lun. >i>Devi. Perché è colpa tua se siamo diventati così. E ora non puoi abbandonarci.» Lei non riuscì a parlare, di nuovo, e lo guardò atterrita. «Tu non mi hai trovato, Lun. Ma io ho trovato loro e adesso sono tutti come me.» Avanzò ancora, provocandole una scarica di panico. «E adesso renderò anche te una di noi, com'è giusto che sia. Vieni, lethallan, vieni. Paga per la tua colpa e sii felice con la tua gente!»

Si chinò su di lei, che finalmente urlò e spalancò gli occhi. E incontrò la punta di una lama a pochi pollici dal suo naso.

«Non muoverti» le ingiunse qualcuno.

«Si è calmata, infine?» disse qualcun altro. «Avanti, legatela, cos'aspettate?»

Mentre fissava sconvolta e boccheggiante la spada che le scintillava davanti, fu afferrata con malagrazia e le furono legati i polsi dietro la schiena. Dopodiché fu spintonata verso la porta della camera, ora aperta. Quattro soldati ad armi spianate la condussero fuori della locanda, dove già si trovavano un'altra decina di armigeri e Alistair, legato come lei e con un'espressione cupa. Morrigan e Leliana non si vedevano.

«Dove sono le altre due donne?» domandò un soldato, forse il capo. Aveva appena lasciato cadere delle monete in mano ad uno dei servi elfi della locanda. Ed ecco spiegata la spiacevole visita notturna.

«Non lo sappiamo» rispose un altro. «Le loro stanze erano vuote, ma le finestre aperte. Devono averci sentiti ed essere scappate.»

«Allora cercatele, idioti! Non possono essere andate lontano!»

Luniel scambiò una rapida occhiata con Alistair. Se loro erano fuggite, c'era una vaga possibilità che riuscissero a liberarli. Al momento, però, disarmati e in minoranza com'erano, non poterono far altro che lasciarsi portar via.

Luniel scrutò la cella che li "ospitava". Di pianta quadrata, piuttosto larga e con pareti di solida pietra, era completamente spoglia; nemmeno un mucchietto di paglia per fare da giaciglio. Di fronte a lei, nella fila di robuste aste metalliche, era incassata la porta attraverso cui erano stati letteralmente scaraventati; sopra la sua testa, a circa otto piedi d'altezza, una finestrella lasciava filtrare la fioca luce lunare e proiettava l'indistinta ombra delle sbarre al suolo.

«Accidenti, fa freddo qui dentro» commentò Alistair, appoggiato alla parete alla sua sinistra. Aveva solo le braghe e la camicia, e si sfregò le braccia con le mani.

In effetti era tutto fuorché caldo, in quella prigione. «Muovetevi un po'» gli suggerì distaccata, abbracciandosi le ginocchia che la corta tunica non arrivava a coprire.

«Non avete freddo?»

«Meno di voi, sicuramente» gli rispose; la temperatura era alle soglie del tollerabile, ma non l'avrebbe mai ammesso.

«Immagino sia una delle tanti doti naturali degli elfi» dedusse Alistair. Poi commentò in tono allegro: «Sapete? Finire in prigione era un'esperienza che mi mancava.»

«Anche essere ammazzato... ma a questo si può rimediare» bofonchiò Luniel, fissandolo malissimo attraverso le palpebre ridotte a fessure. Se fosse stato zitto, quel servo elfo non l'avrebbe udito e non sarebbe corso a denunciarli.

Il giovane ridacchiò. «Non nell'immediato, mi auguro.»

«Mmm...»

Lui si fece di colpo serio. «Vi hanno sbatacchiata un bel po'. State bene?»

«Sì.»

«Davvero?»

«Sì!» sbottò lei. «Per l'arco di Andruil, si può sapere perché mi assillate così?»

Alistair quasi mise il broncio. «Scusate se mi preoccupo per voi» replicò sulle sue.

«Non ve l'ha chiesto nessuno.»

«Sì, invece» rispose piano lui e Luniel si voltò a fissarlo stupefatta. «È stato Duncan. Dopo averci raccontato cosa vi è accaduto, si è raccomandato che Nevan e io ci prendessimo cura di voi.»

L'elfa rimuginò alcuni istanti su quell'ammissione, mordicchiandosi il labbro, infine sospirò. «Non c'è che dire, siete tenace.»

Alistair fece un vago sorriso. «Nevan direbbe che è il mio lato templare.»

«Siete davvero un templare?» chiese conferma, e le sfuggì una smorfia di profonda avversione.

«Non avete fatto caso ai commenti di Van e della Strega?»

«State decisamente sopravvalutando l'attenzione che vi ho dedicato...»

«Oh.»

«Lo siete o non lo siete?» domandò ancora Luniel, più seccamente.

«No, in realtà no. Però ho studiato molti anni per diventarlo.» Il giovane rimase in silenzio per qualche istante, poi domandò: «La cosa vi infastidisce?» Evidentemente l'avversione era trapelata anche dalla voce; con quella scarsità di luce non poteva certo averla vista in viso. «Voi non siete una maga, perché mai dovreste avere problemi con i templari?»

Luniel emise un verso di scontento. «Ho perso il conto delle volte in cui il mio clan è stato costretto a scappare o a combattere perché dei templari volevano catturare la nostra Guardiana e la sua apprendista.» Ebbe voglia di prendere a calci qualcosa o qualcuno, per sfogare il moto di collera. «Voi shemlen e la vostra maledetta Chiesa... Non vi è bastato toglierci la nostra terra, dovete anche cercare di toglierci la nostra libertà.»

Lui rimase saggiamente zitto e non tentò inutili difese. Dopo alcuni minuti si limitò a dire: «Mi dispiace. Davvero. Siete libera di non credermi, ma è la verità: mi dispiace.»

Le sembrò sincero. Tuttavia non gli rispose, nuovamente turbata dal pensiero che, forse, si era sbagliata nel giudicare gli umani e si era lasciata fuorviare da secoli di ostilità e diffidenza. Scosse il capo con forza, per scacciare quell'idea molesta, poi alzò il viso verso la finestrella. «Se almeno riuscissi a dare un'occhiata fuori...» borbottò, cambiando discorso. Non sarebbe riuscita ad arrampicarsi: le pietre della parete erano allineate in modo quasi perfetto e non le fornivano appigli adeguati.

Alistair le arrivò accanto e si accovacciò rivolto verso il muro, un ginocchio a terra. «Salite sulle mie spalle.» Lei esitò e lui sospirò. «Potreste mettere da parte il vostro orgoglio, una volta tanto, e accettare l'aiuto di un umano? Serve anche a voi, eh.»

«Mmm» mugugnò la dalish, riconoscendo intimamente che il giovane aveva ragione. Gli passò dietro, gli salì sulla schiena e infine sulle spalle, e appoggiò le mani al muro antistante. «Ci sono.»

Alistair strinse le proprie intorno alle sue caviglie e si rialzò piano, con prudenza. «Ehm... Vi assicuro che guarderò soltanto di fronte a me» disse.

Luniel sbuffò. «Provateci soltanto, a guardare in alto» ribatté asciutta.

«Certo, potrebbe valerne la pena...»

Ma quel ragazzo odiava la vita o cosa? L'elfa gli rifilò una leggera tallonata sulla spalla. Gliel'avrebbe data più forte, a dire il vero, ma non voleva rischiare di sbilanciarlo, dato che correva il rischio di cadere anche lei.

«Chiedo scusa» le giunse da sotto, in tono ben poco contrito.

Luniel, all'altezza della finestra, si aggrappò alle sbarre e si alzò sulla punta dei piedi, aguzzando la vista; l'apertura si affacciava sul bosco... oltre trecento piedi sotto. Sbuffò. Se anche fossero riusciti a divellere le sbarre – impossibile, visto che erano ben infisse nelle pietre – non sarebbero comunque riusciti ad evadere, solo a schiantarsi. Inoltre, questione non da poco, sarebbero stati privi di armi ed equipaggiamento; dubitava seriamente, infatti, che i soldati non avessero provveduto a requisirli dalle loro stanze alla locanda. E a lei avevano rubato il bracciale; non se ne sarebbe mai andata senza tentare di riprenderselo. Per reazione, si passò la mano sul polso nudo.

«Le scanalature nella parete sono molto interessanti.»

Luniel abbassò lo sguardo verso la testa del giovane. «Cosa?»

«Niente, era solo per spezzare il silenzio. Novità?»

Lei sbuffò, rinunciando a capire cosa passasse per la testa di quello strano shemlen. «Da qui non usciamo di sicuro» gli rispose, domandandosi per l'ennesima volta dove fossero Morrigan e Leliana. Non riteneva probabile che li abbandonassero al loro destino, dal momento che l'una e l'altra – più o meno volontariamente – erano coinvolte in quella vicenda. Tuttavia non immaginava cosa potessero fare per tirarli fuori da quel guaio.

Udì un frullo d'ali e, quando risollevò lo sguardo sulla finestra, un corvo balzò dentro e le gracchiò in faccia. D'istinto, vedendolo così pericolosamente vicino ai propri occhi, Luniel mollò la presa sulle sbarre e scattò all'indietro. Alistair si sbilanciò e caracollò a sua volta all'indietro. Lei lanciò uno strillo, cercò di ritrovare l'equilibrio e cadde in avanti. L'attimo dopo si ritrovò bocconi sullo sterno dell'umano gemente, e – realizzò impallidendo – solo un colpo di fortuna le aveva evitato l'imbarazzante inconveniente di finirgli con la faccia fra le gambe. Il corvo gracchiò rumorosamente e Luniel ebbe la precisa sensazione che stesse... ridendo?

Si mise a sedere di scatto, finendo quindi a cavalcioni su Alistair, e alzò la testa a guardare il volatile. «Morrigan?»

Quello volò giù, iniziando a trasformarsi ancor prima di toccare terra, su cui posò i piedi con grazia invidiabile. Di nuovo in forma umana, la Strega delle Selve fissò i due con un ghigno di scherno e un lampo divertito negli occhi. «Ricordami di farlo più spesso» disse all'elfa.

«Scusate, Luniel» intervenne Alistair, con voce affaticata. «Non che mi dispiaccia avervi sopra di me, tuttavia se poteste cortesemente spostarvi dal mio addome...»

Luniel balzò in piedi in un istante, folgorandolo con un'espressione rovente più o meno quanto le proprie orecchie. Per fortuna non c'era abbastanza luce perché i due umani potessero accorgersene.

Il giovane si alzò e si spolverò il retro delle braghe. «So che state pensando a come uccidermi, e con metodi lunghi oltre che dolorosi, ma suggerisco di rimandare a quando saremo fuori di qui.»

«Ie, ar tu na'din» bofonchiò lei.

«Eh? Che avete detto?» le domandò lui, perplesso.

«Niente!» replicò brusca.

Morrigan ridacchiò. «Niente di gentile, ho l'impressione.»

«E dov'è la novità?» commentò Alistair.

Luniel, accigliata, si rivolse all'apostata. «Dov'è Leliana? Come avete fatto a scappare?»

L'altra scrollò le spalle. «Sono abituata a dormire con un orecchio sempre teso, e immagino che anche la nostra santarellina abbia abitudini simili. Ho sentito del trambusto, ho capito che erano soldati e ho preferito non rimanere ad aspettare. Mi sono trasformata e sono volata via. E mentre lo facevo, ho visto Leliana uscire anche lei dalla finestra. L'ho raggiunta e abbiamo stabilito una specie di piano. Ora sta aspettando fuori del villaggio.» Emise uno sbuffo. «Vediamo di farvi uscire. Vado a recuperare le chiavi.» Si trasformò in un gatto e scivolò attraverso le sbarre.

«Ci stiamo davvero lasciando salvare da lei?» domandò Alistair, inquieto.

«A quanto pare.»

Lui sospirò. «Creatore, non perderà occasione di rinfacciarcelo.»

Attesero per alcuni minuti, fin quando Morrigan non ricomparve tenendo in una mano una torcia e nell'altra una grossa chiave, che inserì nella serratura facendola scattare. Aprì la porta e li incitò a muoversi. «Venite» disse la maga quando i due furono fuori. Li condusse su per delle strette scale fino ad una stanzetta, dove due soldati stavano accasciati sul tavolo. All'esclamazione soffocata di Alistair, Morrigan sbuffò sonoramente. «Li ho solo addormentati e poi tramortiti» mise in chiaro, poi indicò un grosso cassettone addossato alla parete. «Lì c'è la vostra roba. Svelti.»

I due Custodi indossarono le proprie armature, dopodiché recuperarono le sacche; in un angolo del cassettone c'erano il sacchettino dei loro pochi risparmi e il bracciale di Luniel, che la ragazza afferrò e infilò in un lampo, con un profondo sospiro di sollievo che le valse la medesima occhiata incuriosita da parte dei due shemlen; occhiata che lei ignorò. Infine prelevarono le loro armi da una rastrelliera poco distante.

«Ho sentito che il nobilotto che tiene questo forte non si trova qui, al momento» spiegò Morrigan, mentre Luniel finiva di allacciarsi la cinta dei dar'misu, i suoi pugnali elfici, e Alistair si fissava quella della spada. «Credo sia l'unico motivo per cui non vi hanno impacchettati ben bene e spediti a Denerim. Immagino che Loghain avrebbe gradito il regalo.»

«Ah, senza dubbio» commentò aspramente Alistair, innervosendosi come ogni qual volta veniva nominato il traditore che aveva condannato a morire Re Cailan e i Custodi.

Senza aggiungere altro, in silenzio, abbandonarono la stanza salendo altre scale che li condussero ad un corridoio stretto e poco illuminato. Morrigan apriva la strada, portando la torcia, pronta a lanciare un incantesimo di Sonno su chiunque avessero incontrato. Tuttavia la sorveglianza sembrava parecchio scarsa; forse, approfittando dell'assenza del loro signore, i soldati stavano battendo un po' la fiacca, tanto più che era notte inoltrata. E, forse, qualcuno era ancora fuori a cercare Morrigan e Leliana. Meglio così.

Una volta usciti dall'area delle prigioni, imboccarono un corridoio e incapparono in tre soldati, i quali non fecero in tempo a spalancare le bocche che furono investiti dalla magia di Morrigan. Due di loro crollarono subito addormentati, ma il terzo, più resistente, si limitò a barcollare con aria stordita. Luniel gli corse subito addosso, colpendolo violentemente sotto il mento con l'elsa di un dar'misu e facendogli perdere i sensi. Li legarono usando le loro stesse cinture e li imbavagliarono dopo aver strappato dei pezzi di stoffa dalle loro vesti, poi li nascosero in una delle nicchie del corridoio ricoperte da ampi drappi su cui erano disegnati dei simboli araldici.

Sperando che la fortuna continuasse a girare a loro favore, ripresero ad avanzare rapidi, pur con accortezza e dovendo spesso rintanarsi in stanzine o piccoli corridoi per evitare qualcuno, fino ad arrivare presso il portone d'ingresso. Non c'erano soldati, ma la dalish ricordava che al di fuori c'era un piccolo cortile con una postazione di sentinelle; lì di sicuro si trovava qualcuno di guardia.

Tolti i fermi, Alistair socchiuse la porticina incassata nel portone e scrutò fuori. Si ritrasse, segnalando che c'erano probabilmente quattro soldati. «A meno che non abbiano cambiato dopo il nostro arrivo, due stavano presso l'ingresso» sussurrò, «nella postazione di guardia. Altri due stanno camminando sugli spalti.»

«Se sono così sparsi non posso addormentarli tutti nello stesso momento» mormorò Morrigan, gettando la torcia, ormai inutile, sul pavimento di pietra.

«Allora usciamo e corriamo, semplicemente» propose Luniel. «Si accorgeranno comunque della nostra fuga, non ha più senso cercare di far tutto di nascosto. Perderemmo ancor più tempo.»

Alistair ci rimuginò per qualche istante, poi scrollò le spalle. «Come strategia non è il massimo, tuttavia non sembrano esserci alternative migliori. Siamo troppo pochi per creare un diversivo. Limitatevi ad addormentare i due soldati nella guardiola quando ve lo dirò. Per lo meno cerchiamo di aspettare il momento in cui avremo meno possibilità di essere visti dagli altri due. Venite, usciamo di qui, intanto, e fermiamoci nell'ombra del portone.»

Morrigan fece un secco cenno d'assenso e richiamò l'incantesimo, pronta a lanciarlo, poi tutti e tre superarono la porta. La fortuna era sempre dalla loro: grossi nuvoloni scuri si erano radunati in cielo, andando ad oscurare luna e stelle e riducendo così la visibilità.

«Ora!» sussurrò Alistair. La maga agì come programmato, poi si lanciarono attraverso il piccolo cortile, riparandosi all'ombra dell'arco di accesso, sprovvisto di porte o cancelli. Dalla postazione delle sentinelle non giunsero gridi di avvertimento, e nemmeno dagli spalti. «E adesso corriamo il più velocemente possibile. Se anche ci avvisteranno, avremo comunque un vantaggio e dovremmo fare in tempo a ripararci nel villaggio, fino ad uscirne.»

Luniel e Morrigan fecero cenno di aver compreso. Alistair diede il segnale e ripresero a correre.

Quando alle loro spalle echeggiò un qualche tipo di avvertimento, erano ormai lontani.


Incredibilmente, è passato poco più di un mese dall'ultima pubblicazione. Wow. Comunque, dubito che diventerà la norma, ma forse – forse, preferisco mettere le mani avanti XD – potrebbe essere che riesca a sfornare il resto della storia con un po' di velocità in più. L'incognita è sempre l'ispirazione vagabonda, però di contro c'è che per certi versi sono più serena (entro i limiti della mia attuale situazione, che implica la presenza di un bel po' di strascichi a livello emotivo) e ho davvero voglia di scrivere, laddove prima facevo tanta fatica.

Come sempre, grazie a chi legge, a chi recensisce e alla mia beta Shainareth. ^_^


L'angolo degli approfondimenti

- Per quanto riguarda il fatto che gli elfi vedano al buio (fatto che avevo già accennato nel primo capitolo)... dal momento che il gioco è carente in spiegazioni, per questa come per molte altre cose mi sono basata sui romanzi di Gaider, dove l'autore afferma esplicitamente che ne sono in grado, e sul canon ricavato da informazioni sulla Wiki.

- Dato che fra i Dalish non esistono i cognomi, ho deciso che il presunto cognome del Warden (“Mahariel”) è in realtà un soprannome. Davvero, è l'unico dalish che abbia un nome di famiglia, il che mi pare poco sensato; che sia l'unico, intendo. Capisco che, per il gioco, fosse necessario un nome ben preciso per definirlo (come per Cousland, Amell, ecc.), ma in termini di “logica nella storia” ritengo che questa necessità non sussista più.

- La frase «Ie, ar tu na'din» significa «Sì, ti ucciderò». A parte il ie = sì (che ho ricavato dal gallese), l'altra frase l'ho trovata nella sezione della Wikia dedicata al linguaggio elfico. Santa Wikia, non smetterò mai di dirlo!

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Capitolo 10
*** 09 - Il prezzo da pagare ***


Capitolo 09

Il Prezzo da Pagare

«Basta, vi prego!» esclamò Leliana.

Luniel si fermò, modulò un fischio stentato per richiamare Ascher e si voltò verso la sacerdotessa: era piegata con le mani sulle ginocchia e respirava con l'affanno, stremata. Inevitabile, dopo tutto quel correre. Avevano cominciato subito dopo essere usciti dal villaggio e non avevano smesso fino a quel momento. L'elfa non aveva tenuto il conto del tempo, ma era abbastanza sicura che fosse passata almeno mezz'ora, forse più. Per sicurezza si erano tenuti fra gli alberi, evitando la strada principale, e scapicollarsi su un terreno dissestato e non pianeggiante, dovendo scansare rami e radici praticamente al buio, non era impresa facile, per cui era normale che Leliana non ce la facesse più. Anche Luniel si sentiva parecchio esausta e, lanciando una rapida occhiata ad Alistair, lo vide abbandonarsi di peso contro un albero; cercò di prendere un respiro più profondo, di cui sentiva la necessità, ma farlo le provocò una fitta nel petto e si accontentò di respiri più brevi.

«Credo…» riprese l'umana dai capelli rossi, ansimando pesantemente, «…che ci siamo allontanati… a sufficienza. I soldati… non possono sapere dove siamo andati… no?»

Luniel si sedette a terra, appoggiando la schiena contro la ruvida corteccia di un castagno, e diede una carezza veloce sul muso del lupo, che si accovacciò accanto a lei. «Penso di no» rispose. Poi sentì un frullare d'ali e alzò gli occhi sul corvo che stava planando verso di loro.

Pochi attimi dopo Morrigan era lì in piedi, ad annunciare che non c'erano soldati nelle vicinanze. «Non sanno che pesci prendere, fra non molto abbandoneranno le ricerche.»

Alistair sospirò di sollievo. «Meno male. Non mi allettava l'idea di correre per il resto della notte. Già l'idea di continuare a camminare mi fa venire male ai piedi.»

Leliana gli lanciò un'occhiata di traverso. «A voi, eh?» mormorò, prima di sedersi a sua volta, incurante di macchiarsi la veste. Senza dubbio era quella con più diritto di lamentarsi, sotto quel punto di vista, giacché non aveva esattamente calzature adatte a scarpinare. «Appena possibile, dovrò comprarmi un paio di quei vostri ineleganti stivali fereldani di pelle» commentò. «Sono orribili, ma indubbiamente più pratici in simili circostanze.»

«Di sicuro» convenne Alistair. «Tuttavia dubito che i soldi rimasti basteranno.»

Lei sorrise. «Non preoccupatevi.» Infilò una mano nella propria scarsella e tirò fuori un sacchettino di pelle, il cui contenuto tintinnò in maniera inequivocabile. «Dal momento che non abbiamo usufruito dell'intero servizio per cui avevamo pagato, ho ritenuto giusto riprenderci il nostro denaro.» Allo sguardo di sconcertato rimprovero del mancato templare, Leliana arricciò le labbra in una smorfia divertita. «Oh, non guardatemi così. Ho lasciato la cifra corrispondente alla cena. Però…» Si strinse nelle spalle e assunse l'espressione di una bimba che ha appena commesso una piccola marachella. «Ho pensato che avessimo diritto ad un risarcimento e ho sottratto a quel servitore spione la ricompensa per la sua delazione.»

«Ben fatto» approvò Morrigan.

Luniel si limitò ad annuire, tornando a pensare per l'ennesima volta che quella shemlen doveva essere ben più di quel che diceva; la dalish non era un'esperta conoscitrice delle usanze umane, però era ragionevolmente certa che alle sacerdotesse non venisse insegnata l'arte del furto.

Alistair sembrò poco convinto, lì per lì, ma infine dovette ammettere che il ragionamento di Leliana era sensato. Non avrebbe comunque avuto il tempo di esprimere eventuali altri dubbi, giacché la Strega delle Selve li esortò a rimettersi in marcia e allontanarsi ancora un po' prima di permettersi di tirare davvero il fiato.

«La fa facile, quella» borbottò Alistair. «Mica ha dovuto correre fino ad ora, lei

Luniel si rimise in piedi, pulendosi dal terreno e dai frammenti di corteccia. Era vero: Morrigan si era trasformata poco dopo che erano usciti dal villaggio ed era rimasta in forma di corvo fino a quel momento. Era altresì vero, tuttavia, che rimanere lì fermi non era una mossa intelligente.

«Anche perché non ho intenzione di tirarvi fuori da una prigione un'altra volta!» tenne a precisare la figlia di Flemeth.

«Non temete, non ricapiterà» le rispose l'ex templare, sostenuto.

«Lo spero bene» esclamò Luniel. «Non ero mai stata in gabbia ed è un'esperienza che non intendo ripetere mai più

L'altro Custode rise di gusto. «Potremmo cambiare motto all'Ordine. "Unisciti ai Custodi Grigi! Visita le migliori prigioni del regno!"» Rise di nuovo. «Ma non è un granché, non credo ci aiuterebbe ad attirare nuove reclute.»

All'elfa sfuggì una risatina, cui fece eco quella di Leliana, e che le valse un'espressione di gradita sorpresa da parte di Alistair. Una cosa che la spinse a girarsi dall'altra parte per nascondere l'espressione imbarazzata che, Luniel ne era certa, si era dipinta sul suo viso. Cosa le stava succedendo? Per reazione, s'imbronciò.

Alistair ridacchiò di nuovo. «Sembrate una bimba offesa» commentò, poi si picchiò un pugno sull'altra mano aperta, ignorando la sua occhiataccia. «Ora che ci penso… Ricordate quando vi dissi che mi sembravate una bambina triste? Ecco, mi aspettavo che tiraste giù qualcuna delle vostre numerose divinità.»

La dalish lo guardò ancora più storto. «Posso rimediare adesso, se ci tenete tanto.»

«Ho l'impressione che sarebbe una cosa piuttosto lunga.»

«Tanta perspicacia mi sbalordisce» ribatté Luniel con evidente sarcasmo.

Lui fece una smorfia di allegro rimprovero. «Ve l'ha mai detto nessuno che tanta cattiveria mal si accompagna alla vostra amabile apparenza?»

«E a voi l'ha mai detto nessuno che–»

Morrigan sbuffò in modo piuttosto rumoroso, interrompendola. «Vogliamo muoverci?»

Luniel decise di soprassedere e richiuse la bocca. Sennonché fu la Strega delle Selve a prendere il suo posto nell'esprimere la considerazione sull'ex templare.

«Ormai lo sappiamo che Alistair è un idiota incapace di capire quando star zitto» disse infatti. «Non è necessario sprecare tempo per rimarcare questo concetto. Su, andiamo.»

Ignorando i borbottii di protesta dell'interessato, non si persero in altre discussioni e ripresero il cammino. Sopra di loro, oltre le fronde, il cielo iniziava a schiarirsi.

Avanzarono per il resto della giornata, benché a passo lento e fermandosi spesso per riposare e rifocillarsi. Apparentemente nessuno li stava inseguendo, tuttavia per precauzione decisero di tenersi lontani dalla Gran Via ancora per un giorno o due, rimanendo così sui sentieri di campagna e collina, il più delle volte nascosti tra folti boschetti.

Nel pomeriggio si alzò il vento e il cielo iniziò pian piano a rannuvolarsi. Da principio non diedero peso alla cosa, ma dopo un paio d'ore Luniel si fermò e osservò in lontananza il cielo di un grigio sempre più fosco. «C'è odore di pioggia, nell'aria» sentenziò infine.

Alistair alzò a sua volta il viso, guardando intorno, e annusò rumorosamente. «Voi dite?»

«L'elfa ha ragione» disse Morrigan. «Entro sera pioverà.»

«Meglio dar loro retta» intervenne Leliana. «Sono indubbiamente più esperte di noi in questo campo. Ci conviene trovare un riparo quanto prima.»

Si rimisero in marcia a passo rapido, poco desiderosi di ritrovarsi sotto la pioggia. Dopo un'altra mezz'ora uscirono dal fitto degli alberi e si ritrovarono in una valletta erbosa, nella quale – a qualche centinaio di passi da loro – sorgeva una piccola fattoria; contarono sei costruzioni in legno, un pozzo e alcuni campi coltivati, circondati da robuste staccionate. Tuttavia non si vedeva anima viva. Il cielo era coperto da nuvoloni neri carichi d'acqua e la penombra era tale da far sembrare che il sole fosse calato anzitempo; era quindi probabile che i contadini avessero portato gli animali negli stallaggi e si fossero riparati in casa. A confermare che il luogo non era abbandonato, una luce si accese dietro una finestra e, contemporaneamente, alcuni muggiti raggiunsero il loro udito.

«Fate andare me e Alistair» propose Leliana. «Il mio abito dovrebbe renderli più fiduciosi e non avranno problemi a credere che Alistair è un soldato votato alla mia protezione. Spiegare la vostra presenza, invece» proseguì, guardando alternativamente Luniel, Morrigan e Ascher, «sarebbe più difficile. Chiederò che ci lascino dormire nel fienile, dopodiché voi potrete raggiungerci.»

La Strega delle Selve sospirò – anche se parve più uno sbuffo. «Va bene, fa' come ti pare, ma in fretta. Pioverà da un momento all'altro e non ho voglia d'inzupparmi.»

Senza attendere oltre, la Sorella e il Custode si avviarono quasi di corsa verso la casa, mentre l'elfa, la maga e il lupo tornavano al riparo degli alberi.

Nell'attesa che i due tornassero, calò il silenzio. Luniel, sfregando un piede a terra, rimuginò per alcuni minuti, incerta sul da farsi, poi si affiancò a Morrigan e, tenendo la testa bassa e scrutandola con la coda dell'occhio, mormorò: «Non ti ho ancora ringraziata come si deve per averci salvati. Perciò… grazie.»

L'altra la fissò per qualche istante, forse perplessa da quella riconoscenza che di certo non si aspettava – non dall'elfa – tuttavia il suo volto non lasciò trapelare alcunché. Si strinse nelle spalle e rispose: «Mh. Non posso lasciarvi morire, devo vegliare su di te e quell'altro idiota. Voi Custodi servite per scongiurare il Flagello, solo voi potete fermare l'Arcidemone.»

«Ci hai comunque aiutati, mi sembrava giusto ringraziarti.» La Strega rispose con un altro “mh” e Luniel le scoccò un'occhiata da sotto in su. «Sembri più motivata tu di me» osservò.

L'umana fece nuovamente spallucce. «Non è importante che tu sia motivata o meno. L'importante è che tu faccia il tuo dovere fino in fondo.»

L'elfa fissò dinanzi a sé, dubbiosa. «Ma se non sono convinta, se non sento mia questa missione, come posso portarla a termine?» domandò quindi, pur non aspettandosi realmente una risposta.

Morrigan non rispose subito. «Perché non ti resta altro» disse infine, a bassa voce.

Amaramente, Luniel si rese conto che l'umana aveva ragione. Represse l'istinto di piangere e sbatté le palpebre per ricacciare le lacrime, poiché non voleva passare per frignona e subire un rimprovero dalla shemlen. Guardò verso la fattoria e vide Alistair e Leliana uscire dalla casa, accompagnati da un uomo.

«Fai semplicemente quel che devi.» La voce bassa e decisa di Morrigan la fece sussultare. «Prima o poi l'accetterai.»

Attesero fintanto che il contadino non fu rientrato e Leliana non fece loro cenno di raggiungerli. Era l'ora, poiché già le prime gocce stavano cadendo dal cielo plumbeo. Per fortuna il fienile si trovava prima della casa, perciò la dalish e l'apostata non dovettero passarci davanti, evitando così di essere viste. Ascher era sparito già da un po', alla ricerca di un nascondiglio. Per quanto a Luniel non piacesse l'idea di lasciarlo fuori, sotto la pioggia, mentre loro sarebbero rimasti al riparo, il rischio che la sua presenza fosse avvertita dagli animali nelle stalle, facendoli agitare, era troppo alto.

Una volta all'interno, l'olfatto di Luniel fu colpito dall'odore secco e pungente del fieno ammonticchiato in più punti. Su un piano rialzato che occupava metà della struttura, raggiungibile tramite una scala a pioli, c'erano diverse balle di fieno ordinatamente impilate. Su suggerimento di Leliana, decisero di dormire lassù. Vi portarono alcune bracciate di fieno da usare come giaciglio, salirono e sollevarono la scala; dopodiché prelevarono dalle sacche alcune provviste per la cena, cui la Sorella aggiunse del formaggio e del pane fresco che aveva ricevuto dal contadino.

Mangiarono in silenzio, poi si distesero per dormire, con lo scrosciare dell'acqua a far loro da ninnananna. Adagiata sul mucchio di fieno, in quel luogo caldo e asciutto, a Luniel tornò in mente la stalla in cui aveva dormito durante il viaggio con Duncan. Ricacciò le lacrime con un moto di rabbia e attese che il sonno la cogliesse.

La pioggia si era scaricata durante la notte e quel giorno il cielo era incredibilmente terso, del tutto privo di nuvole e di un azzurro intenso. Era una bella giornata, fresca e luminosa, ottima per camminare. Avevano lasciato la fattoria senza che i contadini avessero sospetti e le ricognizioni aeree di Morrigan non avevano rivelato alcun inseguitore, il che aveva permesso loro di tornare sulla Gran Via Imperiale ed evitare i sentieri fangosi e zeppi di pozzanghere, marciando agevolmente e con una certa rapidità. Inoltre Leliana aveva ricevuto in dono dai contadini dei vecchi stivali, più adatti al cammino, e quindi non avrebbe necessitato di pause per riposare i piedi. Sembrava tutto a posto, eppure Luniel avanzava con un'espressione incredibilmente tetra.

La notte scorsa non aveva quasi dormito a causa di un altro incubo. Non ricordava nulla, se non la sensazione provata: un terrore così profondo e devastante da averle impedito di chiudere occhio per il resto della notte, timorosa di riviverlo. Il fatto, poi, di essersi svegliata con Alistair che le tappava la bocca per soffocare le sue urla altissime non era stato d'aiuto. Perciò aveva poi trascorso la mattina in preda ad un umore assai cupo e scostante, che l'aveva fatta reagire peggio del solito nei confronti di Alistair, al punto che perfino Morrigan ne era rimasta sorpresa. Leliana, dal canto suo, aveva provato una sola volta a chiederle se stesse meglio e si era sentita mandare alla malora senza troppi giri di parole.

Solo nel pomeriggio la dalish cominciò a tornare un minimo trattabile, tanto che Alistair si azzardò a rivolgerle la parola.

«Oggi siete particolarmente di malumore. È solo a causa della nottataccia o siete forse in quel periodo lì?»

Luniel lo guardò accigliata, non capendo. «Quale periodo?»

«Be', ecco, quando…»

Morrigan sbuffò. «Si chiama ciclo mestruale, grande oratore.»

Luniel aggrottò ulteriormente le sopracciglia, prima di rispondere con un secco “no”. A dire il vero, da che si era sottoposta all'Unione non si era più trovata nei giorni della luna. Con tutto quel che era successo in seguito non ci aveva nemmeno fatto caso, ma pensandoci ora si disse che probabilmente era una conseguenza del rituale, che aveva avuto indubbie ripercussioni sul suo fisico, come quel graduale aumento dell'appetito; non era mai stata una che mangiava molto, eppure ciò che di solito le riempiva a sufficienza lo stomaco, di recente era a malapena in grado di saziarla. Sperava che le cose tornassero presto alla normalità, tuttavia non si sentiva granché fiduciosa.

Con un pesante sospiro, l'elfa scosse la testa e tornò a chiudersi nel suo mutismo. Con un uggiolio, Ascher le si mise a fianco.

Quando si accamparono per la notte, in un boschetto di fianco alla Gran Via, Luniel imitò Morrigan e si mise a cenare per i fatti propri, lasciando perciò Alistair e Leliana da soli accanto al falò. Entrambi gli umani accolsero la decisione con rassegnazione e nessuno dei due si prese la briga di dirle alcunché; l'ex templare aveva avvisato la Sorella di quanto fosse inutile tentar di parlare alla dalish quando si comportava in quel modo. Ottennero una risposta soltanto quando stabilirono i turni di guardia e Luniel si offrì per il primo.

Per qualche minuto fra loro vi fu soltanto il rumore dei cucchiai che colpivano le ciotole di legno, poi, ad un tratto, Leliana domandò: «Alistair, cos'avete utilizzato per preparare questa zuppa?» Sembrava perplessa e rimestava il contenuto della sua scodella come se cercasse di distinguere ciò che vi si trovava.

«Mh? Oh, è uno stufato di agnello e piselli, tipico del Ferelden» rispose lui. «A Lothering non ve lo preparavano?»

Lei scosse la testa. «Nel monastero mangiavamo cibi semplici. Biscotti o pane di grano e verdure colte dall'orto e cucinate in modo leggero. Niente stufati pesanti.»

«Capisco. Be', è una fortuna esserci fermati in quella fattoria e aver comprato gli ingredienti, così ho potuto prepararlo» commentò allegramente il Custode. «Vi piace?»

«Oh, be'…» L'altra tergiversò. «Quindi… avete usato la carne di agnello? Strano. Ha una... consistenza che in genere non è tipica dell'agnello.»

Luniel dovette convenire mentalmente che la Sorella aveva ragione, mentre masticava a fatica un boccone. Era quasi consolante che qualcun altro, oltre a lei stessa, fosse incapace di cucinare in maniera decente. Ma dovette anche riconoscere che era comunque migliore di qualunque cosa avrebbe potuto preparare lei.

Alistair si strinse nelle spalle. «Probabilmente l'ultimo agnello che avete mangiato era cucinato all'orlesiana, in chissà quale modo elaborato, con chissà quante erbe e sapori. Il cibo non dovrebbe essere tanto pretenzioso, no, no.» Nel dirlo, il giovane agitò il suo cucchiaio per sottolineare la sua giocosa disapprovazione e schizzò qua e là gocce di zuppa.

Leliana si ripulì il naso e una guancia con la punta delle dita con fare aggraziato, e rimase quietamente in silenzio mentre il giovane Custode continuava a straparlare.

«Qui nel Ferelden facciamo le cose come si deve. Prendiamo gli ingredienti, li mettiamo nella pentola più grande che troviamo e li cuciniamo il più a lungo possibile, finché tutto non diventa di un grigio uniforme. Non appena raggiunge un aspetto insipido e per nulla appetitoso, allora è pronto!» E s'infilò in bocca un'abbondante cucchiaiata di stufato.

Leliana sbatté le palpebre, poi ribatté: «Mi state prendendo in giro.»

Alistair scoppiò in un'allegra risata. «Dovete mangiare più spesso nelle locande del Ferelden. Finora vi è andata bene.»

Lei scosse la testa con una risatina. «Siete proprio un tipo strambo.»

Lui ridacchiò ancora e tornò a dedicarsi al cibo.

Poco più tardi, mentre i compagni si disponevano per dormire, l'elfa si sedette presso il falò. Ascher le si accovacciò accanto e lei gli si appoggiò al fianco con la schiena. Alzò gli occhi verso il cielo stellato; la luna era ormai nel pieno della sua fase calante e a breve ci sarebbe stato il novilunio. Cercò la costellazione del Cacciatore, poi trovò quella dell'Orso e quella del Falco. I ricordi la colsero, frammenti delle nottate passate con gli amici ad imparare i disegni delle stelle e i significati che li accompagnavano. Si abbandonò ad essi per un poco, finché non furono troppo duri da sopportare e la malinconia prese il sopravvento. Allora riabbassò lo sguardo e lo puntò verso l'oscurità fra gli alberi, e si concentrò per distinguere i vari rumori notturni, escludendo il russare di Alistair e il crepitio del fuoco: il frinire delle cicale e di qualche grillo dei boschi, il gagnolio di una volpe, l'ululato lontano di un lupo, il bubolare di un gufo…

Ma neppure quello servì, perché ascoltare quei suoni le fece sentire la mancanza della voce degli halla. Frustrata, sibilò un'imprecazione. Ascher uggiolò e lei si spostò per abbracciargli il collo e fargli una carezza. «Ha ragione Morrigan, vero? Prima o poi dovrò farmene una ragione.» Non poteva andare avanti così ancora a lungo, a macerarsi nel rimpianto e nell'avvilimento. Con uno sbuffo, posò la testa contro la morbida pelliccia del lupo e rimase così per qualche minuto, coccolandolo e ricevendo conforto da quel contatto, prima di riprendere la sua guardia.

Alla fine delle sue due ore si alzò per andare a svegliare Leliana, scrollandola senza una parola, e poi si stese avvolta dalla propria coperta. Tuttavia, fra i ricordi che quella sera avevano deciso di non darle tregua e gli incubi che a loro volta parevano non volerle concedere un riposo decente, Luniel ebbe un sonno agitato e infine, quando si svegliò per l'ennesima volta, si arrese. Si tirò a sedere e si mise la coperta sulle spalle. Ascher non c'era, evidentemente si era allontanato per un giro notturno.

Dall'altra parte del falò stava Alistair. «Altri incubi, eh?» esordì il giovane.

Non si prese la briga di rispondergli, a parte un vago mugolio d'assenso.

Lui annuì, con fare comprensivo. «È uno degli effetti del cambiamento che subiamo dopo l'Unione, come già vi accennai. A dire il vero, pare che per chi l'affronta durante un Flagello sia ancora peggio.»

«Ma che fortuna.» Il sarcasmo grondò da ogni sillaba. Luniel non stentava a crederlo, comunque: erano più le notti in cui aveva almeno un incubo di quelle in cui riusciva a dormire.

«Oh, be', come già vi dissi, prima o poi dovreste riuscire a tenerli a bada.» Vi fu qualche attimo di silenzio. Alistair si grattò la nuca, dopodiché aggiunse: «Immagino sia il caso che vi informi un po' su cosa cambia in noi dopo l'Unione, a parte diventare immuni alla Corruzione. Duncan non ve ne ha parlato, vero?»

«Neanche mezza parola» confermò lei, piuttosto caustica. «Mi ha solo raccontato quando e perché si è formato l'Ordine, e mi ha spiegato qualcosina sui prole oscura, tipo che quelli più bassi e tozzi sono i Genlock, che gli Hurlock sono invece quelli più alti e massicci… si era dimenticato degli Ogre, a quanto pare… e poi ci sono quegli altri, che non ho ancora visto, gli Sh-she… Sha…» S'impappinò, non ricordandone il nome.

«Sharlock» le venne in aiuto Alistair. «Ma li chiamiamo per lo più Shriek, a causa dello stridio tipico che emettono. Quelli sono davvero tremendi: sono molto svelti e agili, il loro grido talvolta stordisce le persone e, in più, le lunghe lame che tengono sulle “mani” sono intrise del sangue di prole oscura. Questo li rende quasi più pericolosi degli altri.»

«Sì, me l'aveva detto. Bestioline simpatiche» commentò Luniel. Si allungò a spingere nel falò un ciocco mezzo bruciato, che stava per cadere fuori, ed esortò: «Andate avanti.»

«Dunque, sapete già che possiamo percepire i prole oscura.»

Un vago cenno d'assenso. «Però non so come.»

«È come un ronzio nella testa, ai margini della nostra mente. Molto fastidioso, devo dire.» Alistair si sfregò la punta del naso. «All'inizio è piuttosto confuso, ve ne accorgerete, ma poi sarete in grado anche voi di capire quanti sono e a che distanza, in base all'intensità del ronzio.» Lei non fece commenti e lui riprese: «Oltre a questo, talvolta possiamo avere delle visioni, perché ci colleghiamo alla loro… uhm, "mente collettiva", diciamo. E di solito quando si dorme è peggio. Comunque varia da persona a persona. Ci sono casi rari che non accusano alcun disturbo, mentre altri hanno problemi d'insonnia per tutta la vita. Suppongo che siano solo i più sensibili.»

Che bella prospettiva, pensò Luniel, fissando le fiamme e augurandosi di non appartenere a quell'ultima categoria. Se avesse continuato ad avere incubi ogni notte, sarebbe impazzita nel giro di un mese, ne era sicura.

«Poi, e di questo credo ve ne siate già accorta, ci aumenta l'appetito. Nel mio caso è stato il primo cambiamento che ho notato: mi svegliavo in piena notte con la sensazione di morire di fame. Potrete chiedere conferma a Nevan, quando ci riuniremo a lui. Mi alzavo nel cuore della notte per saccheggiare le provviste, a volte con Nevan stesso, e divoravo ogni cena come se fosse l'ultima, e avevo il viso sempre coperto di sugo o di rimasugli vari. Quando sollevavo lo sguardo, gli altri Custodi Grigi mi guardavano… poi scoppiavano a ridere a crepapelle.»

Rise a sua volta, al ricordo, e Luniel si accorse di star sorridendo, malgrado tutto. «Tutto qui, allora» disse la ragazza, sforzandosi di mostrarsi più rilassata di quanto in realtà fosse, dato che l'idea di incubi costanti per il resto della vita la sconfortava non poco. «Fame da lupi, brutti sogni e un fastidioso rumore nella testa.»

«Ehm» fece Alistair, mordendosi un labbro. Pareva a disagio e nei suoi occhi c'era un'espressione spaventosamente seria. «A dire il vero ci sarebbe un'altra cosa…» Esitò. «O meglio, due.»

«Cosa?» lo incalzò lei, sentendosi di nuovo in allarme.

«Be', grazie al rito dell'Unione diventiamo immuni alla Corruzione, perché la prendiamo dentro di noi, ma… questo cambia qualcosa nel nostro fisico. Non è che diventiamo proprio sterili, tuttavia ci risulta molto più difficile procreare.» Il giovane le lanciò un rapido sguardo, poi riabbassò gli occhi e riprese a parlare, seppur più frettolosamente. «Inoltre… è come aver ingerito un veleno con un effetto molto, molto lento. Ci aspettano forse altri trent'anni di vita, se siamo fortunati. La Corruzione è una condanna a morte, né più né meno. Alla fine il nostro corpo non la sopporterà più e… be', non so con esattezza cosa succeda, ma immagino che si rischi di diventare dei ghoul. Di sicuro so soltanto che, quando per un Custode giunge l'ora… e se ne accorge perché gli incubi aumentano e peggiorano… sì, insomma, quando succede la maggior parte dei Custodi Grigi si reca ad Orzammar per scendere nelle Vie Profonde e morire in battaglia piuttosto che… aspettare. È la tradizione.»

Luniel rimase muta, sconvolta. Alistair non aggiunse altro e per parecchio tempo gli unici suoni furono soltanto il crepitio delle fiamme e lo scoppiettio della legna, e talvolta il verso lontano di qualche animale notturno che, al momento, lei era troppo stravolta per poter riconoscere.

Trent'anni. Se andava bene. Questo significava che sarebbe morta a neanche metà della sua vita, dato che i Dalish erano assai più longevi degli umani e superavano abitualmente i cent'anni. E non avrebbe potuto avere figli, con molta probabilità. Lo trovò orrendamente ingiusto e non riuscì a frenare le lacrime. A che razza di esistenza l'aveva condannata, Duncan? A una vita scandita da un inesorabile conto alla rovescia di cui non conosceva nemmeno il termine? Serrò i pugni sulle ginocchia, cercando di trattenere almeno i singhiozzi.

Eccolo, il vero prezzo da pagare. Non il rischio di morire durante l'Unione, bensì tutto quello che attendeva il Custode nel caso l'avesse superata. Per forza veniva tenuto tutto segreto. Chi mai avrebbe accettato simili condizioni e simili rischi?

Luniel alzò gli occhi lacrimanti verso l'altro Custode. «Qualche altra sorpresa di cui dovrei essere al corrente?» domandò con voce rotta, senza riuscire a trattenere l'amarezza.

«A parte il fatto che moriamo giovani e l'intera faccenda dello sconfiggete-il-Flagello-da-soli? No, direi che ho esaurito le sorprese» rispose lui, usando un tono allegro che, per quanto falso, contrastava oltremodo con l'atmosfera cupa creatasi.

La giovane elfa lo fissò stranita e da qualche parte dentro di sé trovò la forza di emettere una breve, spezzata risata in mezzo al pianto e alla disperazione che la dilaniavano senza tregua. «Bene, allora posso tornare a dormire e ad aspettare qualche altro incubo.»

«Luniel…»

«State zitto» sibilò. «Non dite un'altra parola.»

Alistair tacque e lei tornò a distendersi. Rannicchiata su un fianco, i pugni stretti contro la bocca, impiegò ogni sua forza per non scoppiare a piangere come una bambina.


Esisto ancora! Non ci credevate, eh? Ma no, non ho fatto come il Creatore e non ho voltato le spalle a questo fandom. La cosa più sorprendente è che ho già pronto il prossimo capitolo. Per una settimana me ne sono stata da sola in una casa in collina, praticamente in mezzo al nulla (LA PACE, SIGNORI MIEI! LA PACE!), e ne ho approfittato per concludere il capitolo 9 (che, com'è ovvio, è stato in lavorazione per settimane perché finiva sempre per non convincermi) e per iniziare e finire anche il 10. Non vi dico che anche l'11 è quasi pronto per pura scaramanzia. Come minimo mi esplode anche il pc nuovo...

Ah, sì, già che c'era due mesi fa il mio HP ha deciso di tirare le cuoia, costringendomi a una spesa imprevista. E a tornare su Windows. Ancora peggio, Windows8. È stato il panico, giacché negli ultimi cinque anni ho utilizzato Linux (meno male che nel negozio mi hanno messo su un'installazione per poterlo usare con l'interfaccia di Windows7).

Ma passiamo oltre. In primo luogo, per quanto riguarda la frase seguente:

- «Ricordate quando vi dissi che mi sembravate una bambina triste? Ecco, mi aspettavo che tiraste giù qualcuna delle vostre numerose divinità.» -

il copyright sul "tirare giù le numerose divinità" va alla mia beta Shainareth, la quale, nel controllarmi il capitolo dove Alistair faceva la considerazione di cui sopra, commentò appunto che si sarebbe aspettata che Luniel snocciolasse i suoi dèi. E in effetti sarebbe stato parecchio nel personaggio, se non fosse che in quel momento la mia piccola nevrastenica dalish era troppo stanca per reagire prontamente. Quindi si è limitata a fissarlo come un baccalà.

Poi, a proposito della succitata elfa sempre più incarognita col mondo... sì, lo so che ormai non la sopporta più nessuno, ma pazientate ancora un capitoletto. Giuro che la faccio ridimensionare! Anche perché se no finisce che la faccio accoppare da un prole oscura e la storia la proseguono gli altri. °-°

Ok, direi che con gli sproloqui posso chiudere qua. Sperando che il capitolo vi sia stato gradito, ringrazio tutti e vi rimando al prossimo, che pubblicherò dopo il week-end, in quanto domani e nei prossimi due giorni non avrò sicuramente il tempo materiale per farlo.

Se non me ne dimentico... ù.u"




L'angolo degli approfondimenti

- Il verso della volpe e del gufo. Voi lo sapevate che una gagnola e l'altro bubola? Io no! XD È stata un'impresa scoprirlo; su in collina la connessione internet era un tantino, come dire, semi-inesistente... per riuscire a scoprire quale fosse il verso di quei due animali mi ci è voluta quasi un'ora perché non si caricavano le pagine! Ma ora sappiamo che verso fanno, ecco. Immagino che siate tutti più felici. XD



P.S. Sono in fibrillazione per Dragon Age: Inquisition. Sappiatelo. ♥

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Capitolo 11
*** 10 - Un passo dietro l'altro ***


Capitolo 10

Un passo dietro l'altro

«Luniel?»

Nessuna risposta.

«Luniel!»

Ancora un ostinato silenzio.

Allo sbuffo di Alistair fece eco il sospiro di Leliana. Da Morrigan nessuna reazione.

Stavano percorrendo una strada che attraversava una serie di basse colline, poiché la Gran Via in quell'area era notevolmente in rovina, e quindi la dalish aveva la scusa per stare in testa al gruppetto in modo da verificare eventuali tracce.

«Per il Creatore, avete davvero intenzione di non rivolgerci più la parola?» sbottò l'ex templare. «Avanti, state di nuovo reagendo in modo spropositato, ve ne rendete conto?»

Sì, Luniel se ne rendeva conto, ma più il Custode insisteva nel cercare di farla ragionare, più a lei veniva istintivo reagire male e rinserrarsi maggiormente nel suo atteggiamento scostante. La qual cosa non faceva altro che aumentare il suo stesso nervosismo, dal momento che la ragazza stava mettendoci tutta la sua buona volontà per finire di comportarsi in quel modo. In quei cinque giorni trascorsi da quando Alistair le aveva rivelato la verità sulle conseguenze dell'Unione, lei non aveva fatto altro che rimuginarci. E se dapprima la collera era stata l'emozione predominante, a poco a poco aveva iniziato a scemare, man mano che Luniel rifletteva e analizzava la situazione – anche grazie a un paio di lunghe notti insonni – fino a giungere alla conclusione che la rabbia non l'avrebbe portata a nulla. Avrebbe potuto infuriarsi e piangere quanto voleva, ma alla fine non sarebbe cambiato proprio alcunché.

Sennonché, appunto, le pressioni di Alistair per cercare di calmarla e di ripristinare una parvenza di dialogo avevano avuto l'effetto di rinfocolare quella collera che lei stava tentando in ogni modo di acquietare. Soprattutto perché, per quanto irrazionale fosse la cosa, lo considerava responsabile della sua condizione per il solo fatto di avergliela rivelata.

Alla fine, due giorni addietro, Luniel era esplosa come nei primi tempi della loro fuga da Ostagar e gli aveva urlato addosso con un tale livore da farlo impallidire di sdegno. Al tentativo di Leliana di placarla, aveva gridato anche contro di lei, lasciandola triste e dispiaciuta; a quel punto la Sorella, al pari di Morrigan, aveva scelto di non approcciarla più finché non si fosse calmata da sola. Alistair non le aveva più rivolto la parola fino all'indomani – senza ottenere risposta, ovviamente – e poi fino a poco prima. Considerando quanto doveva essere offeso con lei, era una notevole concessione; Luniel doveva riconoscerlo. Forse perché, a mitigare l'irritazione del giovane nei suoi confronti, c'era la consapevolezza che stavano avvicinandosi sempre più alla Torre del Circolo, dove Alistair si sarebbe riunito al suo amico. E dove, in aggiunta, avrebbero richiesto l'aiuto dei maghi contro il Flagello, avvalendosi dei Trattati.

«Templarucolo» lo chiamò Morrigan. «Hai mai pensato che forse, se stessi zitto, le faresti un favore? Mi è parso che sia la tua voce a farla innervosire.»

«Non ricordo di avervi interpellata» reagì lui.

«Non ricordo che mi sia stato impedito di esprimere le mie opinioni.»

Alistair sbuffò. «Una vera disgrazia, a mio parere.»

«Trovo che la vera disgrazia» ribatté la maga, serafica, «sia che tu abbia la capacità di parlare, ma non quella di ragionare. E a farne le spese siamo noi.»

«Quanta gentilezza. Davvero deliziosa.»

«Mi rincresce non poter ricambiare la cortesia elogiando il tuo intelletto.»

«Sentite, voi–»

«Oh, guardate!» cinguettò Leliana, interrompendo il diverbio. «C'è un carro!»

Effettivamente, a poco più di cento iarde da loro si trovava un carro, il cui carico era coperto da un telo, in evidente difficoltà: era finito in parte fuori strada, con le due ruote di destra impantanate nel piccolo fosso che correva di lato al sentiero. Attaccato alle stanghe c'era un cavallo da traino, basso e robusto, che pareva piuttosto agitato. Lì attorno, nell'inutile tentativo di liberare il mezzo da quell'impaccio, si affannava una figura tozza e tarchiata.

«Un nano?» si stupì Alistair.

«Deve trattarsi di un mercante» suppose Leliana.

Mentre si avvicinavano, il nano si accorse di loro e si voltò a fissarli fra la curiosità e il sospetto, sgranando poi gli occhi con un certo panico nel notare Ascher. Aveva i capelli castani, folti baffi e barba di media lunghezza, che sul mento era raccolta in alcune lunghe treccine unite fra loro in punta. I suoi abiti, di fattura semplice, erano puliti e di buon tessuto.

Da dietro il carro spuntò un altro nano, privo di barba e decisamente più giovane del primo, e dall'aria poco sveglia. Grattandosi i corti capelli biondo scuro, tenne lo sguardo sui nuovi arrivati.

I quattro viandanti rallentarono il passo, in loro prossimità, e Luniel disse ad Ascher di rimanere indietro, poi Leliana si fece avanti con un sorriso gentile. «Salve, buon uomo» salutò. «Possiamo aiutarvi?»

Forse le sue vesti e il suo modo di fare cortese, insieme al viso onesto di Alistair, spinsero il nano a fidarsi, pur lanciando un'ultima occhiata dubbiosa al resto della combriccola, in particolare a Morrigan e al lupo che stava trottando via.

«Ve ne sarei davvero grato, amici miei!» esclamò quindi il nano. «Il vostro arrivo è davvero una benedizione della Pietra, io ormai non sapevo più a quali Antenati appellarmi.»

«Bene, vediamo di liberare questo carretto» disse Alistair, avvicinandosi al bordo del pianale.

Leliana lo richiamò. «Forse sarebbe il caso di togliere qualcosa da sopra? Per alleggerirlo.»

«Giusto, avete ragione» convenne il Custode. «Uh, possiamo, vero?» domandò poi, rivolto al proprietario del carico.

«Certo, certo» annuì quello. Sciolse i nodi che fissavano il telo, lo tolse e rivelò diverse casse di varie dimensioni, involti e sacchi; poi salì sul carro, seguito dall'altro nano. «Ecco.»

I due e Alistair iniziarono a spostare il carico, e subito dopo Leliana si unì a loro. La Sorella lanciò un'occhiata a Luniel, con una muta domanda negli occhi chiari, e l'elfa, levando i propri al cielo con un sospiro, si accostò per farsi passare le cose da posare a terra. Morrigan, invece, se ne rimase in disparte a braccia conserte.

«Sapete» iniziò il nano. «Quel fifone del mio cavallo si è spaventato per una lepre che gli ha tagliato la strada. Una lepre! Roba da matti! Ha fatto uno scarto ed ecco il risultato: ci ha fatti finire fuori strada. Io e mio figlio abbiamo provato a riportarlo sul sentiero, ma non c'è stato verso. È proprio una fortuna che siate sopraggiunti voi, non avrei saputo che fare, altrimenti. Non potevo certo lasciare qui il carro per andare a cercare aiuto, c'era il rischio che qualcuno me lo saccheggiasse. E a restare qui c'era il rischio di fare brutti incontri. Oh, a proposito, scusatemi se all'inizio vi ho guardati con sospetto, ma… Insomma, mi capite, no? Siete un gruppetto un po' bizzarro, se mi permettete.»

Accidenti, quanto parla… pensò Luniel, scrutandolo per un attimo con le sopracciglia inarcate. Intercettò lo sguardo di Leliana e l'altra ridacchiò piano.

«Oh, ecco, credo che abbiamo tolto abbastanza roba» stabilì il mercante. «Proviamo a spostarlo adesso.» I due nani scesero e, con l'aiuto di Alistair, iniziarono a sollevare il carro per riportarlo sulla strada.

Senza che qualcuno glielo dicesse, Luniel andò dal cavallo e gli mormorò qualche parola per calmarlo, poi lo afferrò per le briglie e, incitandolo a bassa voce, iniziò a tirarlo per farlo spostare e facilitare il lavoro degli altri.

Quando ebbero finito, il nano li ringraziò nuovamente. «Il vostro intervento è stato davvero tempestivo, miei cari amici, sono in debito con voi. Bodahn Feddic, al vostro servizio. Sono un mercante e un imprenditore.» Posò una mano sulla spalla del nano giovane. «Questo è mio figlio, Sandal. Su, ragazzo, saluta i nostri amici.»

«Salve» disse l'interpellato, con aria svagata.

Bodahn gli diede una pacca sulla spalla, guardandolo con orgoglioso affetto. «Il ragazzo è un po' tonto, ma se la cava piuttosto bene con gli incantamenti. Un Adepto della Calma ha detto che ha… Aspetta, com'è che ha detto? Ah, sì, un "talento immanente". Non sapevo neanche che una cosa del genere esistesse.»

Fu qualcosa che attrasse l'attenzione di Morrigan. «Incantamenti? Di che genere?»

«È in grado di infondere il lyrium in quasi ogni tipo di arma o armatura, anche se, ovviamente, alcuni dei pezzi più particolari avranno bisogno di più lyrium rispetto ad altri» spiegò il nano. «È un procedimento che solo alcuni fabbri di Orzammar conoscono, ma il mio ragazzo è in grado di eseguirlo con la loro stessa maestria. Vero, figliolo?» E di nuovo gli rivolse uno sguardo colmo di affetto e orgoglio.

Per tutta risposta, Sandal batté le mani ed esclamò: «Incantamento!»

«Le strade sono pericolose, di questi tempi» riprese Bodahn. «Posso chiedervi cosa vi porta qui? Forse siamo diretti dalla stessa parte.»

«Oh, be'» tentennò Alistair. «Siamo diretti a Kinloch Hold. Io e la fanciulla elfa siamo… be', siamo Custodi Grigi.»

La bocca chiusa mai, eh? pensò Luniel, irritata da quell'irresponsabilità. Il mugugno alle sue spalle le fece intendere che pure Morrigan la pensava come lei.

«Non mi dite!» s'illuminò il mercante, sgranando gli occhi di un celeste chiarissimo. «E andiamo anche nella stessa direzione. Che ne dite di proseguire insieme?»

Quanto meno il nano pareva onestamente bendisposto verso di loro, oltre a non essere certo una minaccia di per sé. Tuttavia, dopo l'esperienza di Palefort, era meglio stare all'erta.

Alistair si grattò la nuca. «Non temete di correre dei rischi rimanendo in nostra compagnia?»

«Oh, di sicuro meno che a viaggiare da soli» obiettò il nano. «E potrò rifornirvi di ciò che vi occorre, naturalmente a un prezzo di favore. Cosa mi rispondete?»

«Be'…» Il giovane si girò verso le compagne. Per un attimo il suo sguardo indugiò su Luniel e lui fece per aprir bocca, ma poi evidentemente si ricordò della loro situazione tutt'altro che cordiale. Allora si rivolse a Morrigan e Leliana. «Voi cosa ne pensate?»

La prima scrollò le spalle. «Fa' come ti pare.»

La Sorella, invece, sorrise e rispose: «Non vedo perché no.»

Alistair annuì. «D'accordo, allora» disse a Bodahn. «Viaggeremo insieme per un po'. Avete affari al Circolo dei Magi?»

«Oh, no. A dire il vero intendo raggiungere Redcliffe, ma passare a sud del lago è troppo pericoloso e ho scelto di allungare il percorso.»

«Capisco» commentò il Custode, rabbuiandosi un poco. Era evidente che quella zona ormai dovesse brulicare di prole oscura. «Noi dobbiamo fare tappa al Circolo, ma la nostra meta successiva è Redcliffe.»

Ma perché? Perché deve spiattellare proprio tutto?

«Quindi, se anche non proseguiremo il viaggio in compagnia, magari ci rincontreremo là.»

«In tal caso, io sarò sempre disponibile a fornirvi ciò che potrò al miglior prezzo possibile» sorrise Bodahn. «Ma adesso rimettiamoci in marcia e approfittiamo del paio d'ore di luce che ci sono ancora. Posate pure i vostri bagagli sul carro. E, se le donzelle lo desiderano, possono salirci a loro volta.»

«Oh, quasi quasi…» fece Leliana. Benché avesse sostituito le scarpe con gli stivali, a quanto pareva i suoi piedi risentivano ancora dei primi disagevoli giorni di viaggio. Tuttavia non si era mai lamentata, tranne in qualche rara occasione; di questo Luniel le dava merito.

«Approfitto dell'offerta, allora» disse Morrigan, sedendosi sul bordo del pianale. Leliana la seguì subito dopo.

Luniel scrollò le spalle. «Posso ancora camminare.»

«Ottimo!» esclamò Bodahn. «Andiamo, quindi.»

Quando si fermarono, in una radura poco distante dal sentiero, e iniziarono ad allestire l'occorrente per accamparsi, Alistair si premurò – come ogni altra sera precedente – di sondare i dintorni. «Bene. Non assicuro per eventuali banditi, ma almeno non ci sono prole oscura.»

«Ah, brutta storia» commentò Bodahn, mentre Sandal correva qua e là cercando di catturare una cavalletta. «Gran brutte bestie, quelle. Ne ho viste alcune vicino a Lothering, ma erano già morte, per fortuna! E grazie al Creatore non abbiamo perso Teyrn Loghain a Ostagar. Ho saputo che è riuscito a ritirare le sue truppe appena in tempo. Senza di lui, saremmo persi.»

Luniel, intenta a posizionare le pietre per delimitare il cerchio del falò, lanciò una rapida occhiata di sottecchi ad Alistair: era rigido e con uno sguardo cupo, ma riuscì a trattenersi dal fare scenate.

«A proposito, ho sentito dire che a Denerim si sono tenuti i funerali di Re Cailan. La Somma Sacerdotessa ha proclamato una giornata di lutto, e c'è stata una processione lunga un miglio che è passata accanto al braciere. Peccato che non avessero un corpo da bruciare secondo la tradizione. Non oso nemmeno immaginare in che stato l'abbiano ridotto quelle creature.» Scosse la testa.

Se possibile, Alistair sembrò irrigidirsi ancora di più e si allontanò. «Vado a raccogliere un po' di legna» annunciò, quasi funereo. «Tornerò presto.»

«È una minaccia?» lo prese in giro Morrigan.

«Tornerò prestissimo

Leliana lo fissò con un po' d'apprensione. «Sarà prudente che vada da solo?»

La Strega fece spallucce. «Non sono così fortunata, ce lo ritroveremo tra i piedi.»

«Mmm…»

Luniel, che stava raccogliendo altri sassi, si fermò e si mordicchiò il labbro, pensierosa; poi si accucciò davanti ad Ascher e, carezzandogli la testa, gli mormorò soltanto: «Seguilo.»

Il lupo emise un breve abbaio, le diede una musata sulla guancia e si avviò.

L'elfa riprese il suo lavoro e terminò il cerchio per il fuoco, dopodiché si sedette lì a terra e guardò per aria; a est il cielo andava scurendosi e a ovest il tramonto, dietro le colline, infiammava le nuvole sparse di rosa e arancio. Udì un fruscio accanto a sé e riportò lo sguardo in basso; Leliana si stava sedendo accanto a lei.

«Posso?» le domandò la shemlen con la consueta cortesia.

Le rispose con una scrollata di spalle.

«Grazie.» Leliana si accomodò meglio e sistemò la lunga gonna della veste. «Avete mandato il vostro lupo con Alistair?»

Luniel, sentendosi chissà perché colta in fallo, distolse lo sguardo e non rispose, mettendosi a giocherellare con il bracciale in legno-ferro.

«Probabilmente non sono affari miei, ma… non credete di essere un po' troppo dura con lui?» la redarguì la sacerdotessa in tono benevolo.

No, in effetti non sarebbero fatti tuoi… pensò l'elfa, tuttavia tacque.

«Mi rendo conto che probabilmente dal vostro punto di vista è assillante, nondimeno agisce spinto dalle migliori intenzioni» continuò l'altra. «Da quel poco che ho potuto constatare, in questi giorni, mi è parso un giovane onesto e generoso. Ora, io ignoro cosa sia accaduto per farvi adirare così tanto, ma è evidente che Alistair è sinceramente preoccupato per voi. Solo che, io credo, non sa bene come comportarsi.»

A Luniel sovvenne ciò che il Custode le aveva detto durante la loro breve prigionia a Palefort, ovvero che Duncan l'aveva affidata a lui e a Nevan. Fissò ostinatamente a terra, ricacciando l'ondata di collera al pensiero del Comandante e del suo inganno.

Leliana emise un lieve sospiro. «Di certo voi non gli rendete le cose facili. Perdonatemi la schiettezza, ma siete di umore piuttosto… mutevole. Non prendetelo come un rimprovero.»

«Non lo sto facendo» mormorò l'elfa, fin troppo consapevole dell'attuale incostanza del suo carattere. Lei stessa non si sopportava più.

«Sentite, so che non ho alcun diritto di dirvi cosa fare, nondimeno permettetemi di darvi un consiglio: fate pace con Alistair. Del resto, dovrete viaggiare ancora a lungo con lui… non credete sarebbe meglio cercare di avere un buon rapporto?»

«Sì… Credo di sì» rispose Luniel a bassa voce. «Io… ci proverò.»

Leliana le posò una mano sul braccio e strinse appena, in un gesto fra l'approvazione e il conforto. «È la cosa migliore.» Si alzò, si lisciò la veste e aggiunse: «Il nostro nuovo amico si sta occupando di preparare la cena. Vado a chiedergli in cosa consisterà. Stasera vorrei evitare il tipico stufato fereldano» ridacchiò, allontanandosi con una corsetta.

Alla dalish sfuggì un sorriso.

La cena, per la gioia di Leliana, consisté in alcuni cosciotti di carne di pecora, un po' di pesce affumicato e alcune porzioni di formaggio stagionato – le quali furono assai gradite da Alistair. Il pasto, accompagnato da un po' di buon vino, fu ravvivato dalle vivaci chiacchiere di Bodahn, il quale riportò alcuni dei pettegolezzi raccolti durante i suoi spostamenti nel paese. Fra i tanti, raccontò di una voce secondo cui la Regina Anora non avrebbe mai dato alla luce un erede perché sterile, una maledizione del Creatore per aver introdotto una persona non nobile nella linea reale, e che non ci sarebbe mai stato un erede finché qualcuno di sangue reale non fosse salito al trono.

«A quanto pare, la stirpe di Calenhad è stata spezzata per sempre, è così?» commentò poi il nano. Ma non diede tempo a nessuno di rispondere e continuò, con quella sua parlantina apparentemente inarrestabile: «E a proposito di questo, pare che Re Cailan non fosse il figlio legittimo di Maric. Quello vero si troverebbe nascosto nei sotterranei del palazzo di Denerim sin dalla nascita. Immagino gli diano da mangiare dolci tutto il giorno per tenerlo di buonumore. Forse è una persona stupida… o un mago! Ve lo immaginate? Il vero figlio di Maric, un mago.» Fece un'allegra risata.

«Oh, sarebbe proprio spassoso» ghignò Morrigan, in disparte come di consueto, ma non tanto da non udire le chiacchiere di Bodahn.

Leliana ridacchiò. «Certo che hanno una bella immaginazione.»

Alistair, invece, non si unì; anzi, si accigliò. Di certo non apprezzava sentir parlare in quel modo di colui che era stato il suo sovrano.

A Luniel non interessavano quelle dicerie. Tutto ciò che le premeva, al momento, era trovare il modo e il momento di parlare con il collega Custode. Oltre a racimolare il coraggio e la forza di mettere a tacere l'orgoglio; questa sarebbe stata la parte più complicata.

Poco dopo sia Leliana sia Morrigan si ritirarono nelle piccole tende monoposto che Bodahn aveva generosamente messo a disposizione dei suoi salvatori, dato che il cielo si era rapidamente rannuvolato e c'era il rischio di un acquazzone notturno. Purtroppo non avevano abbastanza denaro per permettersi di acquistarne una per ciascuno; erano riusciti a comprarne due – ad un prezzo decisamente ribassato, secondo Leliana – ma per le altre due si erano dovuti accontentare di riceverle in prestito. A dire il vero, Alistair e la Sorella avevano obiettato che non era giusto utilizzarle senza che fossero loro, ma il mercante nano aveva messo a tacere ogni protesta.

Luniel, rimasta sola con Alistair, giacché Bodahn si era allontanato con Sandal per ripulire e rimettere a posto le loro stoviglie, fu colta improvvisamente dal panico e si alzò di scatto, allontanandosi a sua volta dal falò. Senza rendersene conto, nel camminare giunse proprio nei pressi del carro, dove si trovavano i due nani, e il più anziano si voltò a guardarla.

«Amica mia» le disse con un gran sorriso. «Se c'è qualcosa che posso fare per voi, ve ne prego, non esitate a chiedere.»

«Ah. Io, a dire il vero…» farfugliò lei.

«Oh, mi è appena venuto in mente!» esclamò lui, battendosi una mano sulla fronte. «Ho qualcosa che forse potrebbe interessarvi.» Si voltò, salì sul carro e aprì una delle casse di legno, e si chinò a frugare tra la merce in essa custodita. «Non ricordo dove l'ho trovato» bofonchiò nel mentre, «ma suppongo che a voi possa piacere. Oh, eccolo qui.» Si raddrizzò, scese giù e le porse un oggetto.

Era un burattino raffigurante un Custode Grigio. Il corpo era una tunica di panno color blu scuro ed era ricoperto da un piccolo pettorale grigio decorato con il grifone blu dei Custodi, disegnato con una precisione incredibile. In una mano aveva uno scudo, nell'altra una spadina, e la testa era coperta da un elmo completo; le armi e i pezzi di armatura erano di stagno, e ogni dettaglio era stato curato con minuzia.

Luniel non era un'esperta di manifattura, ma aveva assistito abbastanza Mastro Ilen e gli altri artigiani del clan da saper stabilire se un oggetto poteva almeno definirsi "ben fatto"; e quello era davvero un piccolo capolavoro. «Ehm… temo di non avere abbastanza soldi» disse, già pronta a restituire il giocattolo. Non era il caso di sperperare il poco denaro che avevano per degli oggetti inutili ancorché graziosi.

Bodahn fece un gesto di diniego con la mano. «Consideratelo un regalo di ringraziamento, amica mia. E sarò sincero: non ho speso soldi per quest'oggetto, l'ho trovato per caso.» Lei inarcò un sopracciglio e lui aggiunse, allegro: «Non l'ho rubato, state tranquilla.»

Lei arricciò le labbra, sentendosi un po' in colpa per aver formulato quel pensiero. «Allora grazie.» Salutò il nano e suo figlio, e tornò verso il fuoco con il giocattolo in mano. Alistair era ancora lì seduto. Luniel chiuse gli occhi, prese un profondo respiro e deglutì, preparandosi psicologicamente per qualcosa che le sarebbe stato oltremodo difficile. «Ecco…» iniziò di punto in bianco quando gli fu appresso, quasi farfugliando. «Io… ci ho riflettuto e… sì, credo… di essermi comportata male. Io…»

Alistair le scoccò un'occhiata in tralice, dal basso. «Non c'è bisogno che vi sforziate così tanto per chiedermi scusa» ribatté in tono sarcastico. «È palese quanto vi infastidisca, quindi non fate finta che vi dispiaccia.»

Luniel avvampò di stizza. Lei si era scusata. Si era scusata con un umano… un gesto che le era costato una notevole dose di amor proprio… e lui osava rigettarglielo in faccia in quel modo? Dopo che lei aveva passato ore a rimuginare per prendere quella decisione, ingoiando l'orgoglio? «Non sto fingendo!» esclamò, ritrovando la voce. «Io voglio soltanto… Ah, accidenti a voi! Prendete!» Con un gesto brusco, tese la mano che teneva il burattino.

L'altro Custode guardò interdetto il balocco, poi lo prese e alzò gli occhi verso l'elfa. «Fatemi capire. Per farvi perdonare, mi state regalando… un giocattolo?»

Luniel s'irrigidì. «No, io non…!» iniziò a protestare, ma lo sguardo scettico dell'altro la fece rinunciare in partenza. «Oh, sì, va bene, lo sto facendo!»

«Quindi mi considerate un marmocchio?»

«Non è quello! È che…» Luniel cercò disperatamente il modo di spiegarsi senza fare una figuraccia. «Insomma, raffigura un Custode e l'ho trovato grazioso, pensavo poteste gradirlo… Voi siete nell'Ordine da più tempo di me e… Ah, deamhan! Se non vi piace, buttatelo nel fuoco!»

Alistair scoppiò in un'allegra risata. «Non oserei mai! Servirà a ricordarmi che avete un cuore. Pensavo ci fosse un macigno di granito al suo posto.»

«Me ne state facendo pentire…» borbottò lei, ma lui non la sentì.

«E lo segnerò sul calendario» proseguì. «Il 29 di Justinian, nell'anno 30 dell'Era del Drago, Luniel si scusò e mi fece un dono.»

«Ah. Ah. Divertente.» Imbronciata, si voltò per raggiungere la propria tenda.

«Ehi» la richiamò Alistair. Quando si girò, le sorrise e disse: «Grazie. Davvero.»

Luniel fece rapidamente spallucce, impacciata, e non rispose, riprendendo a camminare. Solo quando fu presso la tenda si girò di nuovo e vide il giovane che, col burattino infilato nella mano, lo faceva muovere davanti al muso di Ascher con un sorriso divertito. Sentendosi stranamente più serena, la ragazza scostò il telo ed entrò.

“Hai perso molte cose, ma potrai trovarne altre.”

Ora le riusciva più facile crederlo. Un passo dietro l'altro, forse avrebbe raggiunto quel qualcosa che Duncan le aveva promesso. E forse, quella notte, avrebbe dormito più tranquilla.

L'indomani i due Custodi erano di umore decisamente migliore rispetto ai giorni precedenti. Alistair non fece che sorridere e canticchiare insieme a Sandal intanto che approntava con Bodahn una rapida colazione, mentre Luniel addirittura diede il buongiorno ai suoi compagni di viaggio. Escludendo le due ore del suo turno di guardia, l'elfa aveva finalmente riavuto un sonno ininterrotto, il che aveva giovato parecchio al suo umore. Non sprizzava gioia da ogni gesto né esibiva un sorriso tutto denti, ma quanto meno non sembrava più auspicare atroci sofferenze a chiunque le stesse intorno, e le sue sopracciglia erano finalmente distese, non più aggrottate.

Leliana le sorrise, con uno sguardo quasi complice, e le rivolse un occhiolino.

Morrigan inarcò un sopracciglio e la squadrò con una certa dose di perplessità, poi disse: «Trovo inquietante la tua improvvisa affabilità, ma devo ammettere che è sempre meglio dell'espressione immusonita che hai inalberato fino a ieri. Cominciavi ad essere insopportabile.»

«Temevate che qualcuno vi togliesse questa prerogativa?» intervenne Alistair con fare brioso. «Non preoccupatevi, il rischio non sussiste.» E ingurgitò un pezzo di formaggio talmente grosso da faticare a masticarlo.

«Strozzati» gli augurò seccamente la Strega delle Selve, suscitando le risatine delle altre donne.

Mezz'ora dopo erano sulla strada. Il carro di Bodahn fu veramente un beneficio, giacché permise loro di viaggiare più leggeri, potendo lasciare le loro sacche sul mezzo. Proseguirono in un clima rilassato; Leliana e Alistair chiacchieravano amabilmente con Bodahn, Sandal canticchiava, Morrigan se ne stava sulle sue e Luniel ascoltava e, leggermente più avanti rispetto al gruppo, controllava i dintorni con l'aiuto di Ascher.

I tre giorni successivi trascorsero senza intoppi, a parte il fatto che di questo Leliana ringraziò il Creatore, facendo sì che Morrigan palesasse il proprio disappunto per tale convinzione e la devota Sorella desse inizio ad un panegirico sulla fede, la Chiesa e tutto il resto, di cui Luniel non ascoltò mezza parola.

Ad un certo punto del percorso erano risaliti sulla Gran Via, ma nella tarda mattinata di quel terzo giorno Bodahn si fermò all'altezza di una delle rampe a lato della strada e annunciò che sarebbe sceso da lì, perché quello era l'ultimo punto d'accesso utile per i mezzi, dal momento che più avanti la Gran Via s'interrompeva per un altro tratto. I Custodi e le loro compagne recuperarono i propri equipaggiamenti e le due tende, di cui si fece galantemente carico Alistair piazzandosele in spalla.

«Le nostre strade si separano qui, per ora» disse il nano. «Se la sorte ci sarà favorevole, ci rivedremo a Redcliffe. E ricordate: le mie merci saranno sempre a vostra disposizione, amici miei.»

«Buona fortuna» gli augurò Alistair.

«Che il Creatore vi protegga» gli fece eco Leliana.

Morrigan non si sprecò ad aprir bocca, limitandosi ad un cenno del capo. Luniel, dal canto suo, fece un gesto di saluto con la mano, cui Sandal rispose agitando entrambe le braccia ed esclamando vivacemente: «Ciao-ciao!»

Mentre si rimettevano in cammino, Leliana domandò ad Alistair se non volesse una mano per trasportare le tende, ma lui rispose di no.

«Ne siete sicuro?» intervenne Luniel.

Il giovane si voltò verso di lei quasi piroettando – e come ci fosse riuscito senza perdere l'equilibrio, malgrado il carico, rimase un mistero per tutte loro – e, camminando all'indietro, esclamò: «Assolutamente sì! Oggi sono pieno di energie!» Le rivolse un sorriso smagliante. «E poi non posso mica gravare delle donzelle con simili pesi» aggiunse.

Luniel roteò gli occhi al cielo con un mezzo sorriso. Quell'atteggiamento allegro che all'inizio aveva trovato tanto irritante, ora lo accoglieva con più naturalezza e con una certa gratitudine. Si era resa conto che era ciò di cui aveva bisogno per ritrovare l'armonia, oltre che interna, anche fra se stessa e il mondo che la circondava; non era senz'altro un comportamento cupo e pessimista quello di cui necessitava.

«Non offenderti quando crollerai a terra come un sacco vuoto e io riderò» lo avvertì Morrigan.

«Non contateci, non accadrà» ribatté lui. Luniel immaginò che avrebbe potuto resistere oltre le sue forze per il solo gusto di far dispetto alla figlia di Flemeth. «Ma, se lo desiderate, potete prendere il mio posto trasformandovi in un mulo.»

«E perché mai? È un ruolo che ti calza a meraviglia» fu la replica flautata della maga.

«Oh, volete perdere l'occasione di rendervi finalmente utile?»

«Curioso. Stavo per dire lo stesso di te.»

Alistair dovette incassare l'ennesima sconfitta verbale e voltarsi di nuovo, mentre Morrigan inalberava un sorrisetto soddisfatto.

Luniel osservò la giovane Strega delle Selve. Ancora non sapeva come valutarla. La shemlen, oltre a mantenere un costante distacco da loro e un contegno talvolta quasi sprezzante, pareva anche avere idee ben diverse su come agire circa la loro attuale situazione. Ad esempio, per quanto la riguardava trovava inutile recarsi a Redcliffe una volta recuperato il mago.

“Andate direttamente dal vostro nemico” aveva detto a Luniel e Alistair, quando la questione era saltata fuori qualche giorno prima. “Trovate quest'uomo, Loghain, e uccidetelo. Poi potrete occuparvi dei restanti affari riguardanti i Trattati in sicurezza.”

“Già, perché di certo non ha considerato l'ipotesi che potremmo cercare di ucciderlo!” aveva replicato Alistair. “Inoltre non ha il vantaggio di un esercito, dell'esperienza e–”

“Se vuoi cercare delle scuse per non fare qualcosa, possiamo restarcene rintanati da qualche parte finché la Prole Oscura non piomberà su di noi.”

“C'è modo di contattare gli altri Custodi Grigi?” era intervenuta Leliana, cercando di sedare sul nascere la lite fra i due.

“Dovremmo lasciare il Ferelden per cercarli” aveva risposto Alistair, scuotendo la testa con fare sconsolato. “Escludendo di raggiungere la Fortezza di Weisshaupt, che si trova a migliaia di miglia di distanza, per contattare i più vicini dovremmo comunque sconfinare in Orlais.” Poi aveva sospirato e aggiunto: “Non abbiamo molta scelta.”

“Sì che ce l'hai, invece” aveva ribattuto Morrigan. “Puoi scappare e lasciare che la Prole Oscura faccia ciò che vuole fino all'arrivo degli altri Custodi Grigi. Sempre che vengano.”

“E questa la chiamate una scelta?” si era indignato il giovane.

L'apostata aveva fatto spallucce. “Forse non sarà una buona scelta, ma è pur sempre una scelta. Noi tutti stabiliamo il nostro cammino, anche quando sembra che esista soltanto una direzione da percorrere.”

“Davvero illuminante, non c'è che dire…”

Un'altra scrollata di spalle da parte di Morrigan. “Pensala come ti pare. Ad ogni modo, io resterò con voi qualsiasi cosa decidiate.”

“E questa è una prospettiva anche peggiore del lasciarsi sbranare dai prole oscura…” era stato il commento conclusivo di Alistair.

Luniel imitò la maga e scrollò le spalle mentre ripensava a quel dialogo e fissava a terra, osservando distrattamente i propri piedi che calpestavano i lastroni della Gran Via, passo dopo passo. Non la toccava poi molto il fatto che Morrigan sembrasse sempre dall'altra parte del fiume rispetto a loro; tra l'altro, in taluni casi in realtà l'elfa si trovava più d'accordo con lei che con Alistair e, di recente, Leliana. Tuttavia, l'aveva colpita quell'asserzione… “Resterò con voi qualsiasi cosa decidiate.” A tal punto Morrigan era intenzionata a portare a termine la missione affidatale dalla madre. E dire che la giovane non le era parsa particolarmente legata alla genitrice.

E, d'improvviso, il pensiero volò ad Ashalle, in un misto di nostalgia e senso di colpa. Negli ultimi anni Luniel si era comportata in modo piuttosto ribelle nei confronti di colei che l'aveva cresciuta al posto dei genitori, e tutto a causa della sua stupida caparbietà, del suo ostinarsi a ritenersi offesa per essere stata tenuta all'oscuro di un'amara verità. Ora, all'idea che avrebbe potuto non rivederla più, il cuore le si gonfiò di tristezza.

Chiuse gli occhi e si diede dei leggeri pugni contro la fronte. Smettila, sciocca! La rivedrai. Li rivedrai tutti, quindi piantala di essere così pessimista.

«È quella laggiù, vero?»

La voce di Leliana la distolse dal suo rimuginare. Alzò il capo e si rese conto che la Gran Via adesso era in posizione più elevata rispetto agli alberi circostanti, il che le permise di scorgere, in lontananza, la loro meta. Dalle acque scintillanti del Lago Calenhad si ergeva quello che, da lì, appariva come un sottile pinnacolo. La Torre del Circolo.

La loro prima meta era ormai vicinissima.


E scusate il ritardo. Stavolta però non è colpa mia, della mia pigrizia o della mia memoria che ogni tanto s'imbiondisce e perde colpi. Il fatto è che, trovandoci in fase di transizione da un operatore internet a un altro, ci hanno simpaticamente tolto la connessione fissa di punto in bianco, senza avvisare. La simpatia, eh? Vedete il lato positivo: ho prodotto altri due capitoli XD (e ho verificato di essere terribilmente prolissa, essendo riuscita a far slittare una cosa dal capitolo 11 al 12…)

Comunque. Avete visto? Finalmente Luniel s'è data una calmata. Non aspettatevi ovviamente che mi diventi tutta bacin-bacetti da un giorno all'altro, però, eh; per adesso accontentatevi di questo. XD Almeno non dovrebbe più ispirarvi la tentazione di tirarle una raffica di ceffoni. :p

Alla prossima!

E non siate timidi/e XD Lasciatemi un segno per dirmi se vi piace o no XD




L'angolo degli approfondimenti

- Deamhan significa "accidenti" in scozzese.

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Capitolo 12
*** 11 - Punto di non ritorno ***


Capitolo 11

Punto di non ritorno

«Kinloch Hold» annunciò Alistair.

Dinanzi a loro, l'alta torre di pietra bianco-grigia svettava contro l'azzurro cielo pomeridiano. Se da lontano le era parsa estremamente sottile e affusolata, ora che l'aveva quasi di fronte Luniel si accorse di quanto fosse in realtà massiccia e incombente, benché ancora molto distante. Non ne rimase impressionata, non dopo le imponenti rovine di Ostagar, però ne fu affascinata; trovò che avesse un aspetto armonioso. L'ampia base del pinnacolo copriva quasi per intero l'isoletta rocciosa su cui sorgeva; da essa, un'elegante serie di arcate dotate di guglie andava ad unirsi al corpo centrale, il quale si restringeva man mano che saliva verso l'alto per poi tornare ad ampliarsi leggermente sulla cima sovrastata da una cupola. Il suo riflesso e la sua ombra si allungavano sulle calme acque sottostanti, increspate da una leggera brezza; dai lati dell'isolotto si dipartiva una larga corona di scogli affioranti, in mezzo alla quale emergevano i resti della Gran Via Imperiale che un tempo congiungeva Kinloch Hold alla terraferma, ma che adesso era crollata in più punti e impossibile da percorrersi.

Leliana emise un suono di meraviglia. «La vista da lassù dev'essere spettacolare!»

«Ma tu guarda» disse Morrigan, in tono annoiato. «Non solo hanno costruito una prigione per maghi nel bel mezzo di un lago, ma l'hanno pure creata con le sembianze di un fallo gigante.»

Il giovane la guardò storto. «Immagino abbiate esperienza di cose del genere, vero?»

Lei non si scompose. «Tu, invece, sai di cosa parlo solo perché ne hai uno in mezzo alle gambe, anche se di sicuro non sai come usarlo a dovere.»

Alistair arrossì e lanciò alla strega un'occhiata di astio impotente, non riuscendo a ribattere.

Leliana tossicchiò e camuffò in tal modo una risatina. «Comunque, non posso darle torto» dovette ammettere, indicando la torre per evitare che Alistair fraintendesse su cosa lei era d'accordo. Lui le riservò uno sguardo sconcertato e la giovane donna dovette ricordargli, abbassando gli occhi con fare pudico: «Come già vi dissi, sono entrata piuttosto di recente nel chiostro…»

«Be'» fece Luniel, piegando appena il capo di lato. «Con un po' di immaginazione, in effetti…»

Il giovane Custode strabuzzò gli occhi. «C-come…? C-cosa…?» farfugliò.

Lei lo guardò senza capire quella reazione. «Be'? Che c'è?»

Morrigan ridacchiò. «Credo non si capaciti che tu sappia riconoscere quella sagoma. Sei meno innocente di quel che sembri» insinuò poi, di certo per mettere ulteriormente a disagio l'altro shemlen. Che difatti avvampò, mentre la Sorella nascondeva un risolino dietro la mano.

Luniel fece spallucce. «Non sono una marmocchia, so com'è fatto un maschio.»

«Oh, però giurerei che sei ancora una fresca verginella» la punzecchiò l'apostata.

D'accordo, la situazione iniziava a prendere una piega piuttosto bizzarra. «E allora?» reagì brusca l'elfa, iniziando a provare un certo fastidio. Non tanto per aver ammesso d'essere ancora illibata quanto per quella che reputava un'intromissione nella sua sfera privata.

«Oh, per il respiro del Creatore!» sbottò Alistair, ormai di un rosso acceso; ancora un po' e avrebbe iniziato a fumare dalle orecchie. «Non mi sembrano discorsi da fare! Scendiamo al molo, dobbiamo raggiungere la Torre! Abbiamo una missione da compiere!»

Con la risata di Morrigan che riempiva l'aria, abbandonarono la Via e scesero lungo le scale fino ad una strada di terra battuta in discesa. Questa, ad un certo punto, si biforcava a sinistra, conducendo a una struttura lignea a due piani, con un'insegna penzolante al di sopra della porta d'ingresso; una locanda, probabilmente. Alistair tirò dritto, verso un piccolo molo quasi a ridosso delle rovine della Gran Via. Ormeggiata lì accanto c'era un'imbarcazione di modeste dimensioni, in grado di trasportare forse due persone oltre al traghettatore, e in piedi sul pontile stava un uomo in armatura, rivolto verso la Torre.

Ascher si allontanò verso la riva, loro proseguirono. Sentendone i passi sul legno, l'uomo si voltò, rivelando il simbolo dei Templari sul pettorale. Luniel udì distintamente il bofonchio contrariato di Morrigan.

«Ehi, voi, fermi!» esclamò il templare, un giovane castano dall'aria non molto astuta. «Cosa ci fate qui? Non vorrete attraversare, vero?»

«No, certo» sibilò Morrigan tra i denti, udibile solo da Luniel e da Leliana che le stava accanto. «Siamo venuti per farci un tuffo nel lago.»

«Perché ho ricevuto l'ordine di non lasciar passare nessuno. L'ordine rigoroso» continuò il templare. «Quindi, se volete attraversare, non potete farlo. A meno che non abbiate l'autorizzazione. Ma nessuno è autorizzato, perciò non potete averla.»

Luniel alzò uno sguardo titubante su Alistair; quel soldato le sembrava decisamente svitato.

L'altro Custode le ricambiò lo sguardo con non meno incertezza, poi disse: «Noi dovremmo raggiungere la Torre. Dobbiamo conferire con il Primo Incantatore, è una questione urgen–»

«No!» lo interruppe il templare. «Mi è stato ordinato di svolgere un incarico e, per il coltello da pranzo dorato del Creatore, lo svolgerò!»

Alistair si grattò la nuca. «Dubito che il Creatore usi le posate» si lasciò sfuggire.

«Oh, ve l'ha detto Lui in persona, vero?» polemizzò l'altro, fissandolo torvo. «In ogni caso, non entrerete nella Torre. Nossignore.»

Leliana si fece avanti. «Chiedo scusa, voi chi siete?» domandò in tono garbato.

«Mi chiamo Carroll e sono di guardia qui affinché nessuno passi.»

La Sorella annuì. «Carroll» riprese, con voce suadente. «Noi abbiamo davvero la necessità di parlare con il Primo Incantatore, è molto importante.»

«Avete l'autorizzazione?» ribatté il templare. «No? Allora non potete.»

«Ve ne prego» insistette Leliana con gentilezza. «È davvero fondamentale.»

«No. Niente autorizzazione, niente attraversamento.»

Luniel non ne poté più; stavano soltanto perdendo tempo, e non potevano permetterselo. «Pezzo di stupido, siamo Custodi Grigi e ci serve l'aiuto dei maghi.»

Lui la guardò con sufficienza e scetticismo. «Oh, Custodi Grigi, davvero? Provatelo.»

«E come, esattamente?» quasi ringhiò l'elfa.

Carroll scrollò le spalle. «Be', uccidete qualche prole oscura. Coraggio, vediamo un grande Custode Grigio all'opera» li incitò.

Morrigan fece un rumoroso schiocco con la lingua. «Tutto questo è ridicolo.»

«Ah-ah! Lo sapevo!» esclamò trionfante il templare, mettendosi a braccia conserte per quel che glielo permetteva l'ingombrante armatura. «Scommetto che non riuscite neanche a percepirli. Un vero Custode Grigio dovrebbe poter percepire quei mostri.»

Alistair sospirò paziente. «Ora non possiamo perché qui non ce ne sono.»

A dire il vero, Luniel non li percepiva a prescindere, ma non le sembrò il caso di puntualizzarlo.

Carroll sbatté le palpebre, con uno sguardo parecchio stupido. «Oh. Bene, meglio così, no?» commentò. «Non vorrei mai che la Prole Oscura corrompesse il paesaggio. Ho sentito dire che il loro sangue è–» S'interruppe di colpo e disse invece, con un sorriso furbetto: «Ditemelo voi. Se siete Custodi Grigi lo saprete senz'altro.»

Alistair sospirò di nuovo e decise di stare al gioco. «È nero, brucia la pelle al solo contatto e–»

«E fa schifo!» intervenne Luniel, esasperata. «Senti, cretino in armatura, non dobbiamo provarti un bel niente. Facci passare. Subito

Il templare si accigliò e la fissò. «Ah, mi guardate dall'alto in bas… Dal basso in al… Cioè, ehm…» Si bloccò, impacciatissimo, mentre lei lo folgorava con un'espressione omicida. Poi Carroll alzò il mento con un modo di fare terribilmente infantile e proseguì: «Be', d'accordo, vedete se riuscite a entrare nella Torre da soli.»

Morrigan sbuffò. «Posso friggerlo?»

«Non mi sembra una buona idea» commentò Leliana. «Magari potremmo nuotare. Chissà quanto è profondo il lago.»

«Ti prego» sibilò la maga. «Evita di dire idiozie anche tu.»

Luniel distese e richiuse le dita un paio di volte. «Ti avverto, la mia pazienza si sta esaurendo…»

Carroll non parve impressionato e l'elfa si trovò ad insultare il proprio aspetto nient'affatto minaccioso. «E questo dovrebbe preoccuparmi?» le domandò infatti.

Non gli rispose. Emise un basso, rapido fischio e pochi attimi dopo Ascher li raggiunse di corsa, fermandosi accanto a Luniel. In perfetta sintonia con l'umore della padrona, snudò le zanne ed emise un profondo, lungo ringhio.

Carroll fece un balzo indietro e per poco non cadde dal molo.

«Giuro che te lo scateno addosso, se continui a trattenerci» avvertì l'elfa.

«Uh… Ascoltate, io…» balbettò l'altro. «Ehm… stavo soltanto cercando di fare il mio lavoro. Io… io non posso farvi passare, ma andrò subito a chiedere il permesso al Cavaliere-Comandante.»

«Ecco, bravo, datti una mossa» commentò acidamente Morrigan.

Il templare annuì. «Sì, certo. Corro a chiamare il traghettatore. Corro subito!» esclamò, e li superò, scattando poi verso la riva, via dal pontile.

Alistair sospirò, guardando Luniel con un sorrisetto rassegnato. «Ah, la diplomazia!»

«Poche storie» ribatté l'elfa. «Abbiamo convinto quell'imbecille, l'importante è questo.»

Rimasero ad attendere una decina di minuti, poi videro tornare Carroll con un altro uomo, di stazza robusta, con corti capelli grigi e un viso largo e schietto. Senza parlare, il templare li superò quasi a testa bassa e scese nella barca. Il traghettatore, rivolgendo loro un saluto piuttosto amichevole, lo seguì rapidamente e iniziò a liberare l'imbarcazione dagli ormeggi; alzò il volto rugoso e disse loro che ci sarebbero volute almeno un paio d'ore, consigliandoli quindi di andare nella locanda, poi afferrò i remi, si sedette e prese a remare vigorosamente in direzione della Torre.

Nella locanda della Principessa Viziata ne approfittarono per rifocillarsi con un po' di birra e parecchie porzioni di pane e formaggio freschi. Alistair, notò Luniel, mangiò il formaggio con un'espressione quasi adorante e, finita la propria razione, sogguardò con desiderio quella ancora intatta dell'elfa. Dal canto suo, la ragazza si era saziata a sufficienza con il pane, perciò senza parlare spinse il piatto verso lo shemlen, vagamente infastidita da quelle continue occhiate fameliche. E mentre Alistair bofonchiava ringraziamenti con la bocca piena di formaggio, provocando il condivisibile disgusto di Morrigan, la dalish si girò ad osservare Leliana, la quale sembrava in grado di attaccar bottone con chiunque; ora, infatti, stava chiacchierando amabilmente con il locandiere, un uomo alto dai lineamenti marcati e dall'aria solida, sui quarant'anni per quel che riusciva a giudicare Luniel.

In base alle informazioni riferite dall'uomo, a quanto pareva nella Torre c'era qualche problema bello grosso. Il che, in effetti, era risultato abbastanza evidente dalla presenza del templare sul molo e dal divieto per chiunque di recarsi sull'isolotto. A Kester, il traghettatore, tre giorni prima era stato revocato il permesso di trasportare chicchessia, ma nessuno aveva fornito spiegazioni più dettagliate. Stando allo stesso Kester, il Cavaliere-Comandante – un certo Greagoir – aveva detto soltanto che avevano tutto sotto controllo. Del che, Luniel dubitava seriamente. Perché, altrimenti, avrebbero dovuto impedire l'accesso e sequestrare l'unico mezzo per giungere alla Torre?

Con un sospiro, l'elfa si alzò dal tavolo e girò intorno alla giovane cameriera nana arrivata a portar via i piatti vuoti, poi si avviò alla porta e uscì. Una volta fuori, prese un respiro profondo, godendosi quell'aria fresca e pulita; l'ambiente della locanda era un po' troppo chiuso e stretto, per i suoi gusti. Ascher, acciambellato a qualche passo di distanza dall'edificio, la raggiunse subito, e Luniel scese con lui fino alla riva del lago, dove si sedette ad osservare le acque scintillanti e ad ascoltare il leggero sciabordio delle onde, smosse dalla brezza che spirava da ovest. Per ingannare l'attesa, decise di ravviarsi un poco i capelli. Dalla scarsella che teneva in vita prelevò il pettine d'osso che le aveva regalato la più grande delle sorelle Hawke. Anche se forse "regalato" non era il termine più corretto; probabilmente immaginando che Luniel lo avrebbe rifiutato, se glielo avesse consegnato direttamente, o che il gesto l'avrebbe fatta sentire in imbarazzo, la disinvolta shemlen gliel'aveva infilato di nascosto nella sacca. Ed ecco perché era stata china su di essa qualche secondo di troppo, dando la schiena all'elfa, quando si era abbassata per prenderla e porgergliela.

In tutta onestà, Luniel doveva ammettere che la giovane umana le aveva procurato un gran beneficio, poiché grazie a quel pettine aveva potuto mantenere in ordine la folta chioma, compatibilmente col fatto di dover indossare un elmo e di non poterla lavare spesso. Almeno non doveva preoccuparsi dei nodi. Canticchiando a bocca chiusa, iniziò ad intrecciarsi rapidamente qualche ciocca ai lati del volto, che poi fermò per mezzo di alcuni fermaglietti di stagno acquistati per due soldi da Bodhan. Finite le quattro trecce, raccolse le due più alte, che partivano dall'attaccatura dei capelli al centro della fronte, e le fissò dietro il capo, incrociandole e fissandole con i fermagli in modo da formare un cerchio. Avendo fatto un po' di corsa, però, sentì con le dita che qua e là spuntavano alcuni ciuffi e che le trecce stesse non erano molto uniformi. Pazienza, si disse, scrollando le spalle.

«Non ritornano ancora?»

Luniel si voltò verso Leliana, uscita a sua volta dalla locanda, e scosse il capo.

«Oh, che bell'acconciatura!» esclamò la Sorella, sedendosi accanto a lei – rigorosamente dall'altra parte rispetto ad Ascher.

«Uh… grazie…» farfugliò l'elfa, come sempre un po' allarmata dall'esuberanza della shemlen quando si trattava di farle complimenti.

«Mi piace davvero. Sapete, voi avete dei capelli molto belli» asserì Leliana con un sorriso, prendendogliene una ciocca fra le dita per qualche istante.

Aiuto…

«…e questa pettinatura vi dona molto. È particolare, e tuttavia semplice, non come le acconciature sofisticate che vengono sfoggiate a Orlais, che di norma includono fiocchi, fiori, gioielli…» Sventolò le mani, come a sottolineare quelle esagerazioni. «Sapete, c'è stato un anno in cui erano in voga le piume, e Lady Élise… oh, era una dama parecchio eccentrica… decise di dover superare le altre, quindi iniziò ad "indossare" uccellini vivi tra i suoi voluminosi capelli.»

«Uccellini… vivi?»

«Già. Il cinguettare fu piuttosto adorabile, per un po'.» Leliana si portò una mano alla guancia. «Tuttavia dovete capire che degli uccellini terrorizzati spesso fanno fatica a trattenere l'intestino…»

Luniel sbatté le palpebre e fece una smorfia. «Che schifo!»

L'altra ridacchiò. «Come potete immaginare, Lady Élise infine decise di rinunciare a quel suo sistema e tornò ad utilizzare soltanto piume, benché in quantità esagerate.»

L'elfa scosse il capo, sconcertata. «A Orlais siete proprio strani.»

«La stravaganza è la regola, lì» confermò la shemlen. «Voi ci siete mai stata?»

«Qualche volta, ma per lo più di passaggio durante gli spostamenti del clan» rispose la dalish. «In ogni caso, io non sono mai entrata in città o villaggi, so soltanto quello che mi hanno raccontato coloro che ci si recavano.»

«E adesso dove si trova il vostro clan?»

La ragazza s'incupì. «Non lo so di preciso. Quando ho dovuto lasciarlo era sul punto di partire dalla Foresta di Brecilian per raggiungere i Liberi Confini, circa…» Si soffermò a fare due conti. «Circa un mese e mezzo fa.» È passato così poco tempo? si stupì. A ripensarci le sembrava che fosse un'eternità. Per reazione alla tristezza improvvisa, si abbracciò ad Ascher, che le rivolse un lieve uggiolio.

«Capisco» mormorò Leliana, con la sua voce morbida e gentile. E ciò che pareva intendere, con quell'unica parola, era ‟Comprendo per quale ragione vi sentiate afflitta e disorientata”. «Allora forse hanno superato le Montagne e sono giunti già in Orlais, nei pressi di Jader.»

Luniel rispose con un mugolio e l'altra stabilì di lasciar cadere l'argomento, tornando ad affrontare quello dei capelli. «Avete fatto un po' di fretta, vedo» constatò la sacerdotessa, osservando con attenzione le trecce. «Quando avremo più tempo, ve li riacconcerò per bene. Per me sarà un vero piacere!» cinguettò. «I miei capelli sono troppo corti» disse, indicandosi la rossa chioma che giungeva a malapena sotto l'orecchio. «I vostri, invece, così lunghi e folti sarebbero una delizia da pettinare e intrecciare. Oooh, non vedo l'ora!» esclamò congiungendo le mani.

L'elfa la fissò di sottecchi con un'espressione preoccupata, ma la shemlen non ci fece caso, persa com'era nelle sue fantasie. Luniel sospirò e stabilì che non voleva sapere quali fossero.

Dopo poco più delle due ore promesse, Kester e Carroll tornarono. Approdarono al piccolo molo, dove li attendeva il gruppetto – Luniel era rimasta di vedetta per tutto quel tempo, avvisando quindi i compagni del loro arrivo – e scesero dalla barca.

Kester, un po' affannato dopo tutto quel remare, disse: «Il Comandante Greagoir vi ha dato il permesso, posso trasportarvi fino alla Torre.»

«Ottimo!» esclamò Alistair, sorridendo sollevato e lanciando un'occhiata vittoriosa a Luniel. «Ma…» Sogguardò la barchetta. «Non ci stiamo tutti lì sopra…»

Kester lo fissò sconcertato. «Starai scherzando, giovanotto! Ovvio che non ci state. E tu, poi, con tutto quel po' po' di armatura probabilmente pesi da solo quasi quanto due persone.»

Alistair arrossì e abbassò lo sguardo, un po' mortificato per quella figuraccia. Stranamente, Morrigan ebbe la buona grazia di non infierire; forse era troppo irritata all'idea di entrare nella Torre, un luogo che palesemente suscitava il suo disprezzo.

«Ci faremo prestare una barca da uno dei pescatori di qui e la condurrà Carroll. Uno di noi porterà te e la ragazzina», e qui Luniel emise un verso stizzito, «l'altro porterà le due signorine.»

«E il lupo» precisò l'elfa, con uno sbuffo.

«E il lupo, certo. Il lupo?!» Il traghettatore strabuzzò gli occhi, mentre Carroll faceva istintivamente un passo indietro. Rischiando un'altra volta di cadere dal porticciolo.

«Sì. Quello.» Luniel indicò verso la riva, dove Ascher vagava annusando l'aria.

Kester deglutì. «Ah. Be', certo… d'accordo.»

«Non morde» lo rassicurò Alistair. «Tranne se glielo ordina lei» aggiunse allegramente, indicando la dalish, la quale sbuffò di nuovo.

«Buono a sapersi» commentò nervosamente il traghettatore. «Ma in questo modo ci vorrà un trasbordo in più…»

«No» intervenne Morrigan. «Non intendo per alcun motivo fare il viaggio con la sacerdotessa, quindi con lei andrà il lupo. Io mi arrangerò qua.»

L'uomo scrollò le spalle. «D'accordo, come volete.»

Alistair scambiò un'occhiata tesa con Luniel, già immaginando in che modo l'apostata intendesse arrangiarsi e temendo che la cosa avrebbe potuto causare complicazioni con i templari.

Carroll si fece avanti, osservando la giovane donna da capo a piedi. «Oh, se volete posso rimanere a farvi… compagnia. Sapete, qui ci si sente spesso soli…»

Il sorriso sornione di Morrigan avrebbe messo in allarme qualunque persona dotata d'un minimo di prudenza. «Che meraviglia. Stavo giusto attendendo una preda.»

«P-preda?» balbettò il templare.

«Sarà questione di pochi minuti. Forse, però, nel frattempo dovreste trovare qualcuno che lo sostituisca nel traghettare» disse la maga a Kester. «Temo che il ragazzo non avrà più l'uso delle sue membra… o dei suoi occhi… una volta che avrò finito con lui.» La sua voce era puro miele.

Carroll annaspò per qualche istante. «Ah… io… io… Devo correre a chiedere la barca! Pochi minuti e potremo partire!» E scappò via.

Morrigan ridacchiò, e Luniel non poté fare a meno d'imitarla, mentre Alistair le fissava con rimprovero, senza però azzardarsi a parlare.

Leliana fece un sorrisetto. «Siete davvero tremenda» disse all'apostata, in una blanda ramanzina per nulla convinta.

L'altra fece spallucce. «Ha avuto quel che si meritava.»

La barca che Carroll ottenne in prestito – o requisì – era un po' più grossa di quella di Kester, il che evitò che Morrigan si tramutasse in corvo e volasse sull'isolotto. Per evitare problemi, fu deciso che Leliana sarebbe salita con Alistair sull'imbarcazione di Kester, mentre sull'altra sarebbero andate Morrigan e Luniel con Ascher. Carroll non ne fu lieto, proprio per niente, ma non osò protestare e, dopo la partenza, non osò nemmeno alzare lo sguardo su coloro che trasportava; pose ogni suo impegno e attenzione nelle vigorose remate che effettuava e pareva oltremodo desideroso di giungere quanto prima alla Torre.

Mentre avanzavano, Luniel mise una mano in quell'acqua fredda e limpida, poi la risollevò e spruzzò il muso di Ascher, provocandogli uno starnuto; lei ridacchiò e, si accorse, anche Morrigan abbozzò un accenno di sorriso, benché rapidamente dissimulato.

Dopo una ventina di minuti, Alistair commentò: «Mi sono sempre chiesto perché i maghi abbiano costruito la loro torre in un posto così scomodo. Devono avere un'avversione per la praticità, o qualcosa del genere.»

«È una prigione, che altro ti aspettavi?» ribatté Morrigan con asprezza.

«A dire il vero» intervenne quieta Leliana, «Kinloch Hold non fu costruita dai maghi, bensì dagli Avvar con l'aiuto di alcuni nani. È in una posizione pressoché inattaccabile, ma infine l'Imperium Tevinter riuscì ad espugnarla, e pare che si trattò di un'azione piuttosto brutale» spiegò. «In seguito la torre fu ritenuta maledetta ed era ampiamente evitata già prima che il Circolo dei Magi vi fosse trasferito nel 3:87 dell'Era delle Torri, dopo che la sua torre a Denerim era stata rasa al suolo.»

«Uao!» esclamò Alistair. «Siete ben informata!»

«S'imparano molte cose, facendo il menestrello itinerante» sorrise la Sorella.

Anche a combattere, a quanto pare… considerò Luniel, tornando a rimuginare su quel fatto che continuava a renderla perplessa e che non riusciva a conciliare con il modo in cui si presentava Leliana: pacata, devota e sinceramente convinta della sua fede. Dopo un po', tuttavia, scrollò le spalle e smise di pensarci, dal momento che la cosa le interessava relativamente; e adesso c'erano altre questioni in vista da affrontare. Tornò a domandarsi cosa potesse essere successo nella Torre e un senso d'inquietudine prese a serpeggiarle lungo la spina dorsale. S'impose di non pensarci, per il momento, tuttavia la Torre che si faceva man mano più vicina e sovrastante non l'aiutava affatto, e neppure il chiacchiericcio spensierato di Alistair e Leliana riuscì a rasserenarla del tutto.

Dopo un'altra mezz'ora e più, entrarono nel cono d'ombra proiettato dalla Torre e passarono accanto ad uno dei mastodontici archi fatiscenti dell'antico ponte. Erano diretti verso una scura grotta circondata da rocce frastagliate e ricoperte di alghe. Quando vi entrarono furono assaliti dall'umidità, che faceva luccicare le pareti della caverna al diffuso fulgore di alcune lanterne.

«Oh» esclamò piano Leliana, e tuttavia la sua voce riecheggiò con forza, spingendola ad abbassare ulteriormente il tono. «In Orlais, le strade dei quartieri più agiati sono illuminate da lanterne come queste. So che il Circolo dei Magi viene pagato riccamente affinché le mantenga sempre in funzione e in buono stato. Un vero lusso. È la prima volta che le vedo qui nel Ferelden.»

«Siamo più pragmatici» le rispose Alistair. «Fronzoli di questo tipo non fanno per noi.»

L'attracco del molo era un enorme e massiccio blocco di pietra scura, presso il cui bordo erano allineati dei pali di legno per legarvi le cime delle imbarcazioni che si recavano al Circolo. Anche se, a quanto pareva, di norma c'era soltanto quella di Kester. Forse, però, vi approdavano anche altre barche che portavano dei rifornimenti, almeno a giudicare dalle casse da imballaggio e dalle carriole per trasportare merci che si trovavano sul porticciolo.

Sbarcarono con prudenza, per non scivolare a causa delle chiazze di bagnato che ricoprivano la pietra. Alistair, che evidentemente non poteva farne a meno, si premurò di aiutare Leliana e, subito dopo, si protese verso Luniel, ignorando platealmente Morrigan. L'elfa non fece storie e si lasciò sollevare e deporre sul pavimento sdrucciolevole. Subito dopo rabbrividì e si strinse fra le braccia. Quel posto non le piaceva. La luce delle lanterne non era in grado di dissipare l'opprimente oscurità della grotta, il lezzo di fradiciume le assaliva l'olfatto e quel continuo sgocciolio contribuiva a rendere il luogo ancor più inospitale e minaccioso.

«Seguitemi» disse Carroll, ritrovando la voce dopo il mutismo della traversata. Li condusse verso una cavità contenente delle ampie scale che salivano a spirale e Luniel fece uno sforzo per non mettersi a correre.

«Ed eccoci pronti per incontrare i maghi» commentò Alistair. «Grandioso. Loro mi amano alla follia, sapete?»

Nessuno gli diede corda e salirono in silenzio. Dopo alcuni minuti arrivarono ad una porta di legno, che Carroll aprì senza sforzo. Si ritrovarono in una sorta di atrio, dal pavimento composto di grossi lastroni quadrati e le pareti di pietra chiara. A destra e a sinistra si stagliavano grandi portoni bronzei, probabilmente gli ingressi principali quando la Torre era ancora collegata alla terraferma. Il templare si avviò al portone sulla destra e vi picchiò il pugno corazzato, lanciando un richiamo; pochi istanti dopo le imponenti ante si aprirono e il gruppo entrò, ritrovandosi in una vasta sala, suddivisa in più ambienti da una serie di piccoli porticati e dominata da due poderose colonne. Era gremita di templari, forse una trentina, tutti evidentemente preoccupati da qualcosa, al punto da limitarsi appena a qualche esclamazione di stupore nel vedere Ascher.

Carroll li condusse verso uno di loro, un uomo alto e dall'aspetto austero, rigido nella sua massiccia armatura completa recante il simbolo dell'Ordine Templare. I capelli e la corta barba erano più grigi che bruni, ormai, e diverse rughe gli solcavano la fronte e gli circondavano gli occhi scuri, un po' infossati.

Di fianco a lui stava una donna templare dall'aria arcigna, il volto affilato, i capelli scuri raccolti in una severa crocchia e le sopracciglia talmente rade da sembrare inesistenti.

«Comandante, li ho portati» avvisò Carroll, abbastanza inutilmente.

Greagoir squadrò tutti loro e a Luniel parve che si soffermasse un secondo di troppo su Morrigan; l'elfa si augurò vivamente che fosse per via degli abiti poco coprenti, e non per il dubbio che fosse un'apostata, e si disse che erano stati degli stupidi a non farle mettere delle vesti meno sospette. Tuttavia il templare non fece commenti.

L'uomo si soffermò invece su Alistair ed esordì: «Mi ricordo di voi. Eravate con Duncan. Siete venuto per portare di nuovo via quel disgraziato di Amell, presumo.»

A quella considerazione, che pareva avvallare le parole di Bethany e Rohesia, Alistair s'illuminò e sorrise ampiamente. «Allora è vero, è arrivato qui sano e salvo.»

Greagoir pareva assai meno contento. Sempre che quella non fosse la sua espressione abituale: perennemente contrariata.

«Purtroppo» interloquì la donna templare, usando un tono particolarmente aspro. «Non poteva morire a Ostagar? Avrebbe fatto un favore a tutti. Quel mago non fa che attirare guai, e questa è una dimostrazione» monologò, facendo un cenno con la mano che pareva indicare il resto della torre. «Non mi stupirei se fosse coinvolto, o addirittura responsabile. In fondo è amico di un Maleficar.»

«Di certo sembra avere una capacità innata di causarmi problemi, è sempre stato una delle mie peggiori spine nel fianco.» Greagoir sospirò con esasperazione e scosse la testa, ignorando i suoi "ospiti" perplessi. «Se n'è andato per aver provocato un disastro e, nel momento in cui è tornato, è scoppiata quest'altra sciagura.»

«Di cosa state parlando?» domandò Alistair.

«Temo che non vi riguardi, Custode.» Il capo templare si rivolse di nuovo a lui. «Al momento ci stiamo occupando di una situazione molto delicata e, qualunque fosse la ragione per cui siete venuti qui, devo chiedervi di andarvene, per la vostra stessa sicurezza.»

«Ma noi dobbiamo riunirci con Nevan» obiettò il giovane, quasi infantilmente. Pareva essersi dimenticato che dovevano anche domandare nuovamente l'aiuto dei maghi contro il Flagello.

Greagoir lo guardò corrucciato. «Allora permettetemi di essere sincero: dubito seriamente che sia ancora vivo.»

Ogni traccia di gioia scomparve di colpo dal volto di Alistair, il quale guardò il Comandante dei Templari con sgomento. «C-cosa… intendete?» balbettò.

«Abbiamo perso il controllo della torre. Ignoriamo cosa sia accaduto, l'unica certezza è che là dentro è pieno di Demoni e Abomini che imperversano» spiegò il severo uomo. «Ci hanno colti di sorpresa e non abbiamo potuto far altro che ritirarci. Abbiamo sigillato le porte da tre giorni. Davvero pensate che qualcuno possa essere ancora vivo? Ormai tutti i maghi saranno stati sterminati o posseduti» affermò in tono impietoso.

«E voi come potete esserne così sicuro?»

Alistair si voltò verso Leliana, e a Luniel parve incerto su cosa provare: se gratitudine per quell'intervento che si opponeva al pessimismo del Cavaliere-Comandante oppure collera perché andava ad alimentare quella che, con ogni evidenza, sembrava essere divenuta niente più che una falsa speranza.

Quanto a lei, la mazzata era certo calata meno forte che sull'altro Custode, eppure non poteva negare di aver sperato a sua volta.

Greagoir fissò la donna dai capelli rossi inarcando un grigio sopracciglio con fare scettico. «Demoni e Abomini» ribadì lentamente, scandendo le parole come se avesse a che fare con qualcuno lento di comprendonio. «Liberi e senza controllo.»

Morrigan sbuffò scocciata. «Stiamo parlando di maghi, non di marmocchi col moccio al naso. Ci convivono con entità del genere, sapranno ben farvi fronte.»

«In tale quantità?» continuò a ostinarsi Greagoir, come se rifiutasse di voler considerare l'idea. L'ottimismo non doveva essere una delle sue prerogative, o forse la situazione era davvero al di là di ogni speranza. Oppure, invece, odiava talmente i maghi da voler cogliere quell'occasione.

Leliana non si arrese e avanzò di un passo. «Non potete escludere a priori questa probabilità, non avete le prove che i maghi siano tutti morti. Forse alcuni di loro sono ancora vivi.»

«Anche se fosse» le rispose il Comandante templare, «non intendo mettere a repentaglio la vita dei miei uomini mandandoli allo sbaraglio là dentro.»

«Andrò io» affermò Alistair.

Luniel lo fissò con gli occhi sgranati, basita. Non diceva sul serio. O sì?

«Stai scherzando, vero?!» esclamò Morrigan.

Greagoir la pensava allo stesso modo, dal momento che aggiunse con non meno sconcerto: «Non potete parlare seriamente.»

Il giovane lo guardò con determinazione. «Se c'è anche una sola, minima possibilità di salvare Nevan, e con lui altre persone, intendo andare.»

«È un suicidio, nel migliore del casi.»

«Non preoccupatevi, Cavaliere-Comandante. Non vi riterrò responsabile.»

«Non vi lasceremo andare da solo» stabilì Leliana, voltandosi verso Luniel e Morrigan.

«Oh, certo che sì, invece!» sbottò l'apostata.

L'elfa alzò gli occhi al cielo. Non ci credo, in che situazione stiamo per cacciarci? In quell'istante, Ascher le diede un colpo di muso nelle reni e lei si voltò a fissarlo accigliata. Una volta tanto, avrebbe preferito che il suo lupo non fosse così dannatamente intelligente. «Sì, sì, non c'è bisogno che mi spingi, mucchio di pelo.»

Morrigan si girò con uno scatto a fulminarla con i suoi stranissimi occhi gialli, che in quel momento sembravano più ferini del solito. «Cosa? Stai davvero…?»

«Non mi pare di avere molta scelta» borbottò Luniel.

«Voi potete anche rimanervene qui» disse Alistair all'indirizzo di Morrigan.

Quest'ultima lo fissò con astio, poi scrutò i templari nella sala e mugugnò un: «Come no?» pieno di disgusto, prima di ribattere, fissando ostentatamente Luniel: «Non mi pare di avere molta scelta.»

«Se proprio siete deciso non vi fermerò» disse Greagoir. «Ma voglio essere franco con voi. In primo luogo sappiate che, una volta varcata quella soglia», e indicò un altro portone alle sue spalle, «non potrete tornare indietro. Le grandi porte devono restare sbarrate e, finché non avrò le prove che la Torre sia sicura, non le aprirò per nessuno. Crederò che sia finita soltanto se sarà il Primo Incantatore in persona a dirmelo, ma se Irving è caduto, allora il Circolo è perduto.» Alistair fece un cenno d'assenso e il Comandante Templare continuò: «In secondo luogo, sappiate anche che tre giorni fa ho inviato a Denerim una richiesta per ottenere rinforzi e il Diritto di Annullamento.»

«Cosa?!» sbiancò il giovane Custode. «No, dev'esserci un altro modo!»

Luniel ignorava di cosa si trattasse, ma il nome non prometteva nulla di buono e la reazione di Alistair ne era certo una conferma.

«Credete che non l'avrei scelto, se ci fosse?» ribatté Greagoir. «Purtroppo sono rimasti soltanto Abomini in questa torre, e nessuno potrebbe sopravvivere a quelle creature mostruose. È troppo doloroso sperare che qualcuno sia sopravvissuto e poi non trovarne vivo nessuno.» Emise un sospiro quasi stanco. «Ad ogni modo, tenete conto di questo: ormai la Somma Sacerdotessa deve aver ricevuto il messaggio e i rinforzi non tarderanno ad arrivare, quindi non avete molto tempo. Siete sempre convinto?»

«Certo che sì!» confermò Alistair, a denti stretti.

«Allora andate, e che Andraste vi infonda il suo coraggio.» Il Cavaliere-Comandante fece un cenno ad alcuni templari e questi si avviarono alle porte sbarrate.

«Comandante» intervenne la donna templare. «Siete sicuro…?»

«Sì, Rylock, sono sicuro. Il rischio non è nostro, dopo tutto.»

«Come volete, allora.»

Alistair andò a passo svelto verso le porte, che i templari stavano preparandosi ad aprire. Luniel, Ascher e le altre lo seguirono, con Morrigan che borbottava maledizioni a più non posso all'indirizzo del Custode e della sua idiozia.

Superarono l'uscio. Avevano fatto appena qualche passo nel corridoio semibuio dinanzi a loro che le porte si richiusero alle loro spalle con un pesante frastuono, i chiavistelli dall'altra parte stridettero mentre venivano nuovamente tirati. Ora non potevano più tornare indietro, la corsa contro il tempo era iniziata.


Sì, lo so, lo so, sono una brutta persona. Avevo scritto mesi fa di avere il capitolo pronto e l'ho pubblicato solo ora. Ma, ecco... Era crollata la casa! C'è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio!

Scusate, la citazione mi è venuta spontanea. Però in effetti l'alluvione c'è stata davvero.

Be', comunque, alla fine l'ho pubblicato. Il famoso capitolo che ho smezzato in due perché, dannata sia la mia prolissità, ho finito per aggiungere cose fino a farlo diventare di quasi 20 pagine. Un mattone, in pratica. E quindi, zac! Una delle scene incriminate è il dialogo tra Luniel e Leliana, che durante la partita mi costò l'inizio di romance con la nostra adorabile barda. Naturalmente scoprii di essere in romance con lei solo quando se ne uscì con un poco equivocabile «Io vi amo!». ù.u"

La mia vena "collegante", oltre a far spuntare un'innominata Felsi (e, giuro, ha fatto tutto da sola), mi ha pure imposto di infilare un personaggio da Awakening; chi l'ha giocato sarà felice di aver visto comparire la carissima (ma dove?) Rylock, un personaggio che ho amato tantissimo (ma quando?). Oh, c'era bisogno di qualcuno che occupasse il ruolo di "Templare Stronzo", e chi meglio di lei?

Ah! Sto giocando ad Inquisition! A pizzichi e bocconi perché lo posso fare, appunto, solo a casa di un'amica, quindi sono indietrissimo (e, miracolo!, sto evitando gli spoiler), ma tant'è. Devo dire che non mi sta affatto dispiacendo, anche se ho una delle partite più buggate dell'universo e, soprattutto, sto maledicendo cordialmente chi si è occupato del lore del mondo di Thedas, perché diverse cose mi vanno in contrasto con ciò che era stato stabilito ai tempi di Origins e del II. Oh, signori della BioWare, io sto scrivendo una fanfiction, non è che mi potete cambiare le carte in tavola così, eh. E insomma!

Vabbè, la smetto di farneticare come mio solito. Grazie a Nidham, Liv Cousland, Shainareth, Rosheen, sese87, Brida e Maya Amy per aver recensito e/o messo la mia storia fra le seguite. Se vi va, fatemi sapere cosa vi è parso di questo nuovo capitolo e a fra non molto con il 12°. Davvero, stavolta. Giurin giuretta, croce sul cuore, ecc. ecc. XD




L'angolo degli approfondimenti

L'avevo già scritto, ma repetita iuvant, così non vi costringo ad andare a cercare. ;) Per quanto riguarda il titolo di Greagoir, ho scelto di usare la traduzione diretta dall'originale inglese Knight-Commander in luogo del più semplice – e anonimo – Comandante della versione italiana.

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Capitolo 13
*** 12 - Di nuovo insieme ***


Capitolo 12

Di nuovo insieme

«Dimmi una cosa, templarucolo. Se, come pare piuttosto assodato, questa Torre è ormai ricettacolo di Demoni e se i maghi fossero tutti morti, come pensi che ce la caveremo noi cinque?»

Alistair rivolse a Morrigan uno sguardo quasi infastidito. «Come avete detto voi stessa, sono maghi, non bambini col moccio al naso. Inoltre, mi rifiuto di credere che Nevan non ce l'abbia fatta. È sopravvissuto a Ostagar, deve essere ancora vivo. Lui... lui...»

«Alistair» s'intrufolò Luniel. «Cos'è di preciso questo Diritto di Annullamento?»

Il giovane strinse i pugni. «Serve a distruggere interamente un Circolo e solo una Gran Sacerdotessa, o tutt'al più una Reverenda Madre, può invocarlo materialmente. Fu concesso da una Divina nel... nel...»

«2:83 Era della Gloria, dalla Divina Galatea» intervenne sommessamente Leliana.

«Sì, giusto, grazie» mormorò il Custode. «Successe dopo che un Abominio massacrò tutti i maghi e i templari del Circolo di Nevarra.»

«Un solo Abominio?» ripeté l'elfa, sbalordita. E lì ce n'era ben più d'uno... Oh, Numi, in che maledetto ginepraio ci siamo andati ad infilare?

Morrigan le riservò un'occhiataccia, rinfacciandole palesemente la sua decisione. «E noi siamo bloccati qui dentro, dato che i templari non ci faranno mai uscire. E quando giungeranno i rinforzi per esercitare questo Annullamento, noi saremo morti, in ogni caso.»

Luniel si pentì di aver accettato, ma d'altra parte non se l'era sentita di voltare le spalle ad Alistair, un gesto dettato da un impulso che non sapeva spiegare. Mettere a rischio la vita per dar retta a uno shemlen e salvarne degli altri per i quali era forse già troppo tardi... Brava, Luniel, complimenti. Aveva ragione Fenarel a dirti che hai una considerevole propensione per i guai. Che i Numi ci proteggano.

Iniziarono a percorrere il corridoio curvo e poco illuminato, sul cui lato destro si affacciavano alcune stanze. Già dopo pochi passi incapparono nei primi indizi della lotta che si era scatenata nella Torre: sia sul pavimento sia sulle pareti si trovavano chiazze di sangue ormai secco, nonché tracce di bruciature e segni simili a graffi di artigli o scheggiature. Tuttavia nel corridoio non c'era alcun cadavere.

Alistair deglutì, pallido e agitato, forse non più così convinto della bontà della propria idea o della speranza di trovare Nevan ancora vivo. «Questi sono i Quartieri degli Apprendisti» spiegò il giovane con voce esitante. «E quelli sono i loro dormitori.»

Si affacciarono con prudenza da una delle porte, ma l'ambiente – una vasta e lunga sala piena di letti a castello, cassapanche, scrittoi e mobili vari – era vuoto e in ordine.

Proseguirono, dando un'occhiata anche oltre le successive porte. Scoprirono che l'altro dormitorio, al contrario del primo, era completamente a soqquadro e saturo di un odore acre, pungente, che aggredì loro naso e gola facendoli tossire. Nell'angolo più estremo della stanza c'era un grosso cumulo di cenere scura in cui s'intravedevano frammenti di qualcosa dal colore biancastro; a poca distanza si trovava una catasta di armature da templare ammaccate e sporche.

Nessuno, nemmeno la cinica Morrigan, si prese la briga di palesare a voce l'evidente collegamento dei fatti. Alistair, ancor più pallido di prima, fece segno di uscire con un gesto brusco, poi richiuse la porta e riprese ad avanzare; aveva la mascella serrata e uno sguardo tanto serio da mettere apprensione.

Dopo una sessantina di passi, videro al termine del corridoio un'altra arcata che pareva affacciarsi sul buio. Le ante erano aperte e dall'altra parte giunse un vago rumorio di voci sommesse.

Alistair rallentò l'andatura, osservando per qualche attimo Luniel con un'espressione che le parve di ansioso timore, poi tornò a camminare più rapidamente. Dato che Ascher, di fianco a lei, non dava segni di allarme, anche l'elfa accelerò per seguire il collega Custode.

Quando oltrepassarono la soglia si trovarono in un'ampia sala dalla forma rotonda. Nella luce bassa e soffusa che la riempiva poterono scorgere un certo numero di persone, fra cui diversi bambini seduti con aria spaventata che una giovane maga cercava di rassicurare e, più oltre, tre maghi che sembravano impegnati a creare o mantenere una barriera al posto di una grossa porta scardinata. C'erano anche altri individui, seminascosti nelle mezze ombre dell'ambiente, ma sul momento non vi badarono, anche se una delle figure si mosse lentamente verso di loro.

L'attenzione di Luniel, e indubbiamente quella di Alistair, era concentrata su uno dei tre maghi della barriera. Quella figura snella dai capelli ricciuti era inconfondibile, malgrado la lunga tunica simile alle vesti indossate dalle persone che gli stavano accanto.

«È ancora vivo» mormorò l'ex templare, quasi incredulo. «Nevan!» chiamò poi.

Il mago si voltò di colpo; sul suo viso passarono lo sconvolgimento, lo stupore e infine una gioia indescrivibile. Abbandonò il suo posto e corse verso il ritrovato amico, quasi inciampando nella lunga veste. Un istante dopo i due si stavano abbracciando con forza.

La figura mossasi poco prima si rivelò essere Rhianan, che fissava la scena con gli occhi neri sgranati e un'espressione di assoluta incredulità. Accanto a lei stava il suo mabari.

«Per lo spirito del Creatore» esalò Alistair. «Avevo creduto fossi morto.»

«E io l'ho creduto di voi due.» Con un sorriso molto più ampio del solito, Nevan si tirò indietro, squadrando l'amico con occhi lucidi. «Per la misericordia di Andraste...» disse, mentre se li sfregava col palmo della mano. Non riuscì ad aggiungere altro. Si girò di scatto verso Luniel, che assisteva con un mezzo sorriso, e le andò incontro.

La ragazza si fece perplessa e, quando lui l'abbracciò con energia, s'irrigidì come un pezzo di legno, spalancando gli occhi per la sorpresa. Incrociò lo sguardo di Alistair e lo vide trattenere a stento una risatina alla vista del suo disagio.

«Sono così felice di rivedervi entrambi!» esclamò Nevan.

«D'accordo» concesse Luniel, parlando rigidamente. «Però adesso lasciami andare.»

Il mago si voltò verso l'amico, mentre scioglieva la stretta. «Hai iniziato ad addomesticarla?» scherzò. «Mi aspettavo che mi avrebbe morso, o quantomeno ringhiato.»

Lei lo accontentò, emettendo un verso di gola.

«Ah, ecco, ora ti riconosco» rise Nevan, scompigliandole i capelli come se fosse una bambina – cosa che la lasciò oltremodo sbalordita – e poi dedicando una vigorosa carezza ad Ascher, avvicinatosi per annusarlo avendone riconosciuto l'odore. «Ma come avete fatto a salvarvi?»

Alistair aprì bocca, si fermò un istante, lanciò un'occhiata fugace verso Morrigan, in disparte nell'ombra, e infine rispose: «Storia un po' lunga, comunque ci hanno pensato lei e sua madre.»

Nevan dimostrò la sua intelligenza limitandosi ad annuire e cambiando subito discorso. «Noi ci siamo semplicemente ritirati. Be', non proprio "semplicemente", ma dopo che...» Si morse il labbro. «Dopo il tradimento di Loghain non c'è stato molto da fare, l'esercito è andato in rotta e anche noi non abbiamo potuto far altro che scappare.»

«Ma, dimmi, non è possibile che...» Alistair tentennò, cercando le parole. «Se tu ce l'hai fatta, forse anche qualcuno degli altri... magari Duncan...»

Nevan scosse la testa, una smorfia d'amarezza sul viso. «Nessuno, Al. Duncan... L'ho visto morire... Lui, il Re, i nostri confratelli... Li ho visti massacrare sotto i miei occhi...» Strinse i pugni, tremando probabilmente a causa del dolore per la perdita, della collera per il tradimento e della frustrazione per non aver potuto fare alcunché per aiutarli.

Alistair serrò gli occhi e vi portò la mano sopra, per asciugare un principio di lacrime. «Che Loghain sia maledetto» sussurrò tra i denti serrati.

Luniel, incurvando le labbra con tristezza, posò una mano sulla testa di Ascher. Per quanto fosse furiosa nei confronti di Duncan, avere la conferma della sua morte l'addolorò profondamente.

«Perdonate» disse una voce di donna. Una maga, una di quelle che si occupavano della barriera con Nevan, aveva abbandonato a sua volta il suo posto. Pur non essendo più giovane, forse sulla sessantina, avanzava diritta e a passo sicuro, senza ricorrere al suo bastone per appoggiarsi; solo il viso tirato tradiva la stanchezza, lasciato scoperto dai corti capelli bianco-cenere raccolti in una piccola coda. «Mi rincresce interrompervi, tuttavia credo sia il caso di domandare ai vostri amici cosa stia succedendo all'esterno e in che modo siano riusciti ad entrare, dal momento che Greagoir aveva fatto sprangare le porte.»

Nevan annuì. «Giusto, Wynne, avete ragione. Voi sapete cosa sta accadendo qui, vero?»

«Più o meno» rispose Alistair. «Il Cavaliere-Comandante ci ha accennato ad un'invasione di Demoni e... Ah! Ha inviato a Denerim la richiesta per il Diritto di Annullamento!»

L'anziana donna impallidì e Nevan guardò l'amico con sconcerto. «Sei sempre il solito. Ce lo dici solo ora?» Poi scosse il capo, mordendosi un labbro. «Maledizione, questa non ci voleva...»

«Van!» pigolò una vocina sottile. Una maga elfa minuta ed esile, con un viso smagrito in cui spiccavano i grandi occhi di un insolito rosso chiaro, si accostò a lui e lo afferrò ansiosamente per un braccio. La sua chioma era di un candore niveo, eppure non era di sicuro più vecchia di Luniel.

Il mago Custode usò la mano libera per stringerle una spalla. «Sta' tranquilla, Ely, andrà tutto bene. In qualche modo risolveremo questa situazione.»

Il suo sconcertante ottimismo non si era perso, a quanto pareva. L'ultima volta che Luniel gli aveva sentito fare un'affermazione del genere era seguita la disfatta di Ostagar. Però, in effetti, loro se l'erano cavata. Con un sospiro, la dalish si augurò che andasse così anche questa volta.

«Quando ha inviato la richiesta?» volle sapere Wynne.

Alistair abbassò lo sguardo. «Tre giorni fa.»

«Allora fra un paio di giorni potrebbero già...» La maga sospirò angosciata. «Temevo che potesse succedere. Che altro potevano fare, del resto? Se Greagoir ritiene che il Circolo non abbia più speranze e ci considera tutti morti...»

«Se invocano il Diritto non saremo in grado di opporci» intervenne una seconda maga, mentre un'altra da qualche parte nella sala strillava che era giusto così, che se lo meritavano, e qualche bambino iniziava a piagnucolare.

«Lo so, Petra, lo so.» Wynne emise un altro profondo sospiro. «Eppure, anche se ci hanno abbandonati al nostro destino, anche intrappolati qui, noi siamo rimasti in vita.»

«E intendo rimanerlo» commentò Nevan. «Non ho proprio voglia di lasciarmi macellare.»

«Ma cosa potremmo fare?» domandò l'elfa dai capelli bianchi, sempre aggrappata a lui.

«Noi siamo venuti allo scopo di portarvi in salvo» spiegò Alistair. «Eravamo certi che qualcuno fosse sopravvissuto. Per questo il Cavaliere-Comandante ci ha permesso di entrare, ma non aprirà le porte se non avrà conferma della sicurezza della Torre.»

«Allora basterà ripulirla» stabilì Nevan, risoluto. «O quantomeno eliminare un po' di Demoni e Abomini per cercare altri sopravvissuti. Col vostro aiuto possiamo farcela. Greagoir è un gran testardo, ma non è irragionevole.»

Wynne annuì, concordando. «Quando vedrà che abbiamo reso sicura la Torre, confido che dirà ai suoi uomini di ritirarsi.»

Alistair scosse la testa. «Su questo accetterà soltanto la parola del Primo Incantatore.»

«Allora il nostro percorso è deciso» disse l'anziana maga. «Dobbiamo salvare Irving.»

L'ex templare annuì. «E dobbiamo farlo in fretta, se vogliamo evitare un inutile massacro.»

Luniel si sentì strattonare indietro per un braccio e si trovò a fronteggiare lo sguardo allibito di Morrigan. «Vuoi davvero che sprechiamo energie per aiutare queste patetiche ombre di maghi?» sibilò la Strega sottovoce. «Si sono lasciati imprigionare passivamente come stupido bestiame, e se i loro padroni hanno scelto di condannarli a morte, io dico di lasciarli fare.»

La dalish sospirò, già stanca alla prospettiva di discutere con la compagna apostata. La tirò un po' più in là e rispose, anche lei in un sussurro: «I maghi ci servono.» Vedendo che l'altra si mostrava scettica, cercò rapidamente una motivazione che non ne provocasse il fin troppo facile disappunto. «Se proprio devono morire» aggiunse quindi, «che lo facciano aiutandoci contro il Flagello, no?»

La Strega fece una smorfia. «Quanto meno dimostrerebbero un'utilità» accondiscese.

«Appunto.» Sospirando interiormente di sollievo per essere riuscita a convincerla, Luniel tornò presso gli altri, che stavano discutendo sul piano d'azione.

«Come facciamo con i bambini?» domandò la maga chiamata Petra all'incantatrice più anziana. «Per andare nel resto della Torre dovrete abbattere la barriera...»

«Se uccideremo tutti i demoni che incontreremo lungo la strada, nessuno potrà minacciare i piccoli» le rispose Nevan.

«In ogni caso» aggiunse Wynne, «non andremo tutti. Voi e Kinnon rimarrete a vegliare su di loro insieme a qualcun altro.»

La maga più giovane si accigliò, preoccupata. «Ne siete sicura? Siete stata ferita gravemente, l'altro ieri. Forse dovrei venire con voi.»

La donna anziana fece cenno di no. «Gli altri hanno più bisogno della vostra protezione. Starò bene. Restate qui con loro, teneteli al sicuro e calmi.»

Rhianan si fece avanti e prese parola per la prima volta da che Luniel e compagnia erano entrati. «Sono dei vostri. Non rimarrò ad attendere nell'inerzia mentre altri rischiano la vita combattendo» stabilì, e nessuno ebbe da obiettare. Anche perché probabilmente sarebbe stato inutile.

«Io vorrei venire con voi» disse l'elfa dai capelli bianchi.

Wynne la scrutò per qualche istante, quasi valutandola. «D'accordo, Surana. Le tue abilità negli incantesimi difensivi potrebbero esserci di molto aiuto.»

Nevan fece per protestare, ma poi rinunciò e si limitò a dire rassegnato: «Vedi di stare dietro di me.» Si guardò intorno ed esclamò: «Sten, cosa vuoi fare? Vieni con noi o resti qui?»

«Ti seguirò, Custode» rispose una voce dura e profonda. Dall'ombra di una colonna emerse una sagoma alta almeno sette piedi e incredibilmente massiccia, dalla pelle bronzea e bianchi capelli raccolti indietro in fittissime treccine. Il mento era coperto da una corta barba bianca e gli occhi, al di sotto della fronte prominente, erano di un vivido e inquietante color violetto.

Luniel trattenne a stento l'impulso di arretrare.

«Ma quello...!» iniziò ad esclamare Leliana.

Nevan sembrò notarla solo in quel momento. «Oh, io vi conosco. Siete la Sorella di Lothering.»

«Anch'io mi ricordo di voi, il mago che ha litigato con i soldati di Loghain. Siete davvero un Custode Grigio. Perché mi avete mentito, allora?»

«Domando scusa, ma vista la situazione non mi pareva proprio il caso di sbandierare chi io fossi realmente dentro la locanda» rispose lui, con un affabile sorriso che pareva in grado di garantirgli un perdono istantaneo.

«Vi siete già incontrati?» domandò Luniel.

«Be', sì» rispose Nevan. «Quando arrivammo a Lothering, ci recammo nella locanda in modo da prendere alloggio per la notte, solo che lì c'erano alcuni soldati di Loghain. Dotati di buona memoria, purtroppo, visto che mi riconobbero. Ovviamente cercai di farmi passare per un semplice mago, ma quelli non volevano lasciarsi convincere facilmente. E mentre... uh, discutevamo... sul fatto se io fossi davvero soltanto un mago, la buona Sorella intervenne per impedire che la controversia degenerasse in una rissa.» Sorrise a Leliana. «La prospettiva di mettersi contro otto maghi alla fine fu l'argomento decisivo per farli desistere. E poi... be', mi chiese se fossi un Custode Grigio, ma data la situazione io preferii mentirle, benché a malincuore.»

«Quindi» intervenne Morrigan, con un tono che avrebbe fatto cagliare all'istante il latte fresco, «è colpa tua se questa invasata cianciante del Creatore ce la siamo dovuta sopportare noi?»

Nevan si strinse nelle spalle e fece una vaga smorfia come a dire: "A quanto pare…"

«Ti odio.»

Leliana, come di consueto, parve accogliere con indulgente benevolenza l'ennesimo insulto da parte dell'apostata. «Questo è il qunari che si trovava imprigionato a Lothering» disse invece. «Cosa ci fa con voi?»

«Ho convinto la Reverenda Madre a liberarlo e porlo sotto la mia custodia» rispose Nevan.

La Sorella spalancò gli occhi azzurri. «Come ci siete riuscito? Era assolutamente intenzionata a lasciarlo lì a...»

«Oh, ho solo minacciato di far esplodere la chiesa.» Agli sguardi disorientati o di rimprovero di chi gli stava intorno, il mago aggiunse subito: «Sto scherzando, naturalmente. L'ho persuasa dicendole che in quanto unico Custode Grigio rimasto avrei avuto bisogno di aiuto e che quel qunari avrebbe potuto fare al caso mio.»

«L'hai presa per sfinimento, immagino» commentò Alistair, divertito.

«All'incirca» sogghignò l'altro. «Ad ogni modo, lei ha ceduto e Sten è potuto venire con me, per... ripagare il suo debito nei miei confronti.» Sembrò correggere il tiro all'ultimo momento.

Morrigan sbuffò. «Tutto molto interessante, ma vediamo di darci una mossa. Se proprio dobbiamo fare questa cosa, almeno facciamola in fretta.»

Wynne la osservò con sospetto. «Posso domandare chi è questa giovane?»

Vi fu il silenzio, a parte il blaterare alle loro spalle di una tizia che continuava a invocare l'attacco dei templari e il piagnucolio di qualche bimbo.

Alistair, nel panico, guardò alternativamente Nevan e Luniel in cerca di aiuto. Fu il mago a tentare di rappezzare la situazione.

«È una chasind che ci aiutò quando ci recammo nelle Selve in cerca dei Trattati» disse, in tono calmo e perfettamente credibile. «È stata lei a soccorrervi quando siete scampati alla strage di Ostagar, giusto?» domandò poi rivolto a Luniel, la quale si premurò di confermare con quanta più sicurezza le riuscì. Del resto, quella parte corrispondeva a verità.

Wynne, però, doveva essere una vecchia volpe e non si lasciò convincere tanto facilmente. Continuò a scrutare Morrigan e il suo bizzarro vestiario – dalla gonna fatta di cinte di pelle che le copriva i pantaloni alla "maglietta" che le lasciava abbondantemente scoperto il petto fino al grosso ramo che stringeva in pugno – con sguardo accigliato. «Una chasind, eh?» ripeté. «E allora perché avverto dell'energia magica provenire dai suoi abiti e dal suo bastone?»

Nevan imprecò sottovoce e Luniel si trovò sulla stessa linea di pensiero.

«Qualche problema, vecchia?» le domandò aggressiva la giovane Strega.

«Parecchi, qualora voi foste un'apostata.» Wynne aumentò la presa sul suo bastone. «Nel qual caso dovrete passare sul mio cadavere prima di entrare in questa Torre!»

«Esaudirò volentieri il tuo desiderio, se proprio ci tieni!» ribatté l'altra.

E, mentre Alistair e Nevan si muovevano per porsi in mezzo ed evitare lo scontro, Luniel raccolse il fiato e strillò: «ADESSO BASTA!! SMETTETELA SUBITO!!»

La sua voce riecheggiò nella sala, facendo voltare verso di lei tutti i presenti e, soprattutto, facendo fermare le due maghe avversarie.

«Abbiamo già perso fin troppo tempo!» continuò la dalish, a voce alta. «Nel giro di due giorni quei dannati templari entreranno qui per massacrarci tutti. Vogliamo sprecare tempo ed energie preziose in idiozie del genere?! Perché giuro che se sarete tanto imbecilli da farlo vi ammazzo prima io dei templari!!»

«Luniel ha ragione» fu lesto ad intervenire Nevan. «Ci penseremo una volta risolto questo disastro, adesso dobbiamo occuparci soltanto di trovare Irving. È l'unico modo per salvare i bambini, Wynne!»

«La vostra diplomazia è sempre così amabile» sussurrò allegramente Alistair alla dalish.

La donna, frattanto, riabbassò il bastone. «Giusto, avete ragione. Noi–»

«Lasciateli venire!» strillò una voce femminile. «Lasciate che i templari ci uccidano e ci purifichino! Tutto questo è colpa nostra!»

Wynne si girò all'istante verso la maga che sragionava. «Keili, ve ne prego» le disse gentilmente. «Calmatevi.»

«E ci risiamo» bofonchiò Nevan.

Petra andò accanto all'invasata e le posò una mano sulla spalla. «Spaventi i bambini, smettila!» la implorò accorata, mentre Elyria accorreva presso i giovanissimi apprendisti.

«No... no... Non capite? Tutto questo è la giusta punizione per il nostro crimine» insistette Keili. «Il Creatore ci odia, siamo delle aberrazioni... L'Annullamento è l'unica soluzione! Dobbiamo morire! Dobbiamo morire tutti! Dobbiamo lasciare che i templari vengano da noi, solo allora potremo essere purificati dalla nostra immoralità. Che ci sia concesso così di lasciare i nostri corpi corrotti, per trovare la pace nel Creatore.»

Due dei bimbi più piccoli iniziarono a piangere disperatamente, aggrappandosi alla tunica di Elyria che subito si accovacciò a stringerli fra le braccia per consolarli.

«Oh, fantastico» borbottò Nevan. «Keili, per favore! Falla finita!»

Quella, però, continuò con le sue farneticazioni e Luniel decise di averne abbastanza. Raggiunse la pazza a passo svelto e le sferrò un pugno sulla mandibola con tutta la forza che aveva. Keili si accasciò con un unico lamento fra le braccia di Petra, la quale sollevò sulla dalish uno sguardo esterrefatto.

«Lu... Luniel...» balbettò Alistair. «Era proprio necessario?»

Massaggiandosi le nocche, lei scrollò le spalle. «Almeno adesso starà un po' zitta.»

Nevan soffocò una risata e disse: «Possiamo andare, direi. Se Keili sbrocca di nuovo, usate il metodo di Luniel. È funzionale.»

Petra, che aveva appena adagiato la pazza a terra, lo guardò dal basso con aria vagamente dubbiosa. «Voi non l'avete mai fatto.»

«Oh, solo perché non reputo cortese colpire una ragazza indifesa, tanto più così palesemente minorata di testa.»

«Quanta premura» sospirò Wynne, passandogli accanto. «Quando siete pronti, ditemelo e toglierò la barriera.»

Mentre si avvicinavano ad essa, Luniel notò che Ascher non arrivava e si voltò, trovandolo fermo presso i bambini, con uno di loro aggrappato alla pelliccia, uno scricciolo di a malapena cinque anni. Le sfuggì un sorriso, notando l'istinto di protezione del lupo verso quei cuccioli a due zampe. Lo raggiunse e si accovacciò dinanzi a lui, carezzandogli il muso e osservando per un attimo il piccolo shemlen, che la scrutava a sua volta con grandi occhioni lucidi di lacrime. Con un sospiro quasi rassegnato, mormorò: «Vuoi restare a difenderli?»

Ascher emise una specie di brontolio in risposta.

«D'accordo, bestiaccia sleale» gli disse con un sorrisetto, e gli tirò piano un baffo. «Te li affido. Ci vediamo dopo.» Arricciò il naso divertita quando il lupo le diede una poderosa leccata in volto, poi si alzò, osservandolo mentre si accoccolava in mezzo ai bambini e lasciava che gli si accalcassero intorno, incredibilmente fiduciosi. Dopodiché si voltò e raggiunse di corsa i compagni, vecchi e nuovi, che stavano aspettando solo lei.

«Preparatevi a tutto» li avvertì Wynne. «Non so quale razza di bestie ci attendano oltre questa barriera.» Alzò le braccia, puntandole verso quel muro luminescente, e mormorò qualcosa.

Pochi istanti dopo, la barriera si frantumò in una pioggia di scintillanti frammenti incorporei.


Visto che ho mantenuto la promessa? Stasera però non mi dilungherò nei miei consueti papiri deliranti post-capitolo perché mi sono presa qualcosa e ora mi sento cotta come un toast; per fortuna avevo già preparato l'altra volta l'impaginazione con l'HTML.
Tra l'altro, naturalmente, mi pare giusto ammalarmi quando l'indomani devo alzarmi alle 6.30 per andare a lavorare. Quindi vi saluto, lancio ringraziamenti generici, bacin bacetti e alla prossima. Quando sarà.


P.S. Rosheen, contenta? Ecco il tuo adorato Sten ;)

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Capitolo 14
*** 13 - Il Circolo spezzato ***


Capitolo 13

Il Circolo Spezzato

Oltre la porta, il corridoio piegava a destra, costeggiando un porticato simile a quelli dell'ingresso. A pochi passi da loro giaceva il cadavere di una giovane maga, ma non fu quello a farli arrestare di colpo: le pareti e buona parte del pavimento erano insudiciate da ributtanti rigonfiamenti vescicosi, emananti un fetore intollerabile e attraversati da filamenti simili a nervi.

«Magia all'opera» commentò Sten. «Adorabile.»

«Che schifo!» sbottò Alistair. «Ma che cos'è 'sta roba?»

«Non sono sicuro di volerlo sapere» replicò Nevan, con una smorfia.

Rhianan emise un verso di disgusto. «Creatore, è ripugnante!»

Luniel ebbe un violento conato di vomito e si portò la mano alla bocca mentre si piegava su se stessa, trattenendo a stento un fiotto di bile.

Sollecita, Leliana le fu subito accanto per sorreggerla se fosse stato necessario. «Siete pallidissima» fece notare in tono preoccupato.

«Numi…» boccheggiò la dalish. «Come fate voialtri a sopportare questo tanfo?»

«Be'…» intervenne Alistair. «È disgustoso, ne convengo, ma…»

Luniel trattenne un altro conato. «Solo disgustoso? È nauseabondo!»

«Voi elfi siete sfortunati, in certi casi» commentò Leliana, dandole qualche leggera pacca di incoraggiamento sulla spalla. «Avere un olfatto più sviluppato può non essere un vantaggio.»

Raddrizzandosi, Luniel vide che Elyria era ginocchioni e scossa dai conati, mentre Nevan le teneva una mano sulla fronte e l'altra sulla schiena; dinanzi aveva una piccola chiazza di vomito.

«Avete davvero l'olfatto come quello dei cani?» se ne uscì il Custode biondo.

«Alistair!» reagì Leliana, indignata da quel paragone che pure non la toccava di persona.

«Amico, non mi pare proprio il momento per scherzare» lo riprese blandamente Nevan, sollevando appena il capo per guardarli.

L'altro alzò le mani in un gesto di difesa. «Scusate, non volevo offendere. L'ho detto senza riflettere.»

«Ah» fece Morrigan, con il dorso della mano sotto il naso. «E dove sarebbe la novità?»

Wynne sospirò stancamente. «Ve ne prego, non è il momento» ribadì a sua volta.

Una volta rimessa in piedi la maga elfa, ripresero a camminare. Nevan, Wynne ed Elyria chinarono mestamente il capo mentre oltrepassavano il cadavere dell'incantatrice.

«Ehi, Van» chiamò piano Alistair. «Puoi dirci cos'è successo?»

Il giovane mago si corrucciò e non rispose subito. «Non abbiamo idea di come o quando sia iniziata davvero. Dopo Ostagar eravamo quasi tutti malconci e in pessime condizioni, eravamo sopravvissuti a malapena. A Lothering ne approfittammo per riprendere un po' le forze, ma uno di noi, Uldred, decise di precederci alla Torre insieme ad un paio d'altri maghi.»

«Quando giungemmo qui» prese parola Wynne, «scoprimmo che Uldred aveva quasi convinto il Circolo a unirsi a Loghain, l'uomo che era stato sul punto di distruggerci tutti! Tuttavia non mi sento di biasimare i nostri compagni, poiché Uldred aveva un argomento a favore molto persuasivo, e loro non potevano sapere ciò che era accaduto a Ostagar.»

«Quale argomento?» domandò Alistair.

E Nevan rispose: «Uldred assicurò che, quando Loghain fosse salito al potere, avrebbe ordinato alla Chiesa di concederci maggiore libertà. Ho il sospetto che siano stati in combutta fin dall'inizio. Forse Loghain aveva promesso a Uldred la posizione di Primo Incantatore, una volta che il Flagello fosse stato sconfitto.»

«Lo credo anch'io» convenne Wynne. «Uldred ha sempre bramato il potere…»

«Già… Non si è mai occupato degli apprendisti, non ha mai insegnato. Sembrava non gli importasse granché del Circolo, solo della sua carriera.» Nevan sbuffò. «Ad ogni modo, raccontammo al Primo Incan–»

«Sssh!!» Rhianan, costringendoli a fermarsi, indicò il suo mabari: aveva snudato le zanne e stava ringhiando con lo sguardo fisso verso la porta aperta a cui si stavano avvicinando. «Medraut ha fiutato qualcosa» sussurrò, sfoderando lentamente la spada.

Ognuno di loro impugnò saldamente la propria arma.

«Demone o Abominio?» se ne uscì Nevan. «Si accettano scommes-ahia!» Massaggiandosi la nuca, lanciò un'occhiata sconsolata a Elyria, che lo stava guardando corrucciata mentre riabbassava una mano.

Evidentemente la maga elfa non aveva un gran senso dell'umorismo, per lo meno non in simili frangenti. Alistair, invece, si lasciò scappare una risatina.

«Di là c'è la biblioteca» avvisò Wynne, sorvolando sulla battuta in maniera piuttosto elegante. «Evitate incantesimi del fuoco» si raccomandò, «o c'è il rischio di far divampare un incendio.»

«Ci mancherebbe anche quello» borbottò Morrigan, il cui malumore andava evidentemente aumentando man mano che avanzavano all'interno della torre.

Con Alistair, Rhianan e il qunari in prima fila, superarono la porta trovandosi di fronte un lungo tavolo di legno, ricoperto di tomi e pergamene e antistante una grande scaffalatura ripiena di libri. Appena mossero un piede nell'ambiente, da dietro la libreria sbucarono tre creature umanoidi, con indosso ciò che restava dei tipici abiti da mago. Erano orribilmente grottesche: le spalle e la schiena erano un unico ammasso rigonfio e ricoperto di disgustose escrescenze di carne, che si estendevano anche su arti e volto, rendendoli irriconoscibili; dal cranio calvo spuntavano ciocche sparute di capelli; le braccia erano più lunghe del normale, deformate qua e là da bubboni carnosi e da spuntoni ossei, e terminavano in contorte mani uncinate; la pelle era di un color marroncino che trasmetteva una sensazione di malsano.

I mostri si precipitarono su di loro emettendo sibili e versi raschianti. Subito un fulmine sfrigolante ne colpì uno, contro il quale si gettò Alistair, mentre un altro fu investito e praticamente fermato dal ghiaccio di Morrigan, e su di esso si scagliò Sten. Fra i bagliori degli incantesimi, Luniel corse al tavolo e vi balzò sopra, acquisendo una posizione più elevata, e puntò l'ultimo mostro, impegnato a sferrare feroci unghiate contro lo scudo di Rhianan, a pochi passi dalla dalish; il suo dardo si conficcò nell'abnorme gobba carnosa sul dorso del mostro, apparentemente senza provocargli gran danno. Rapidamente, l'elfa estrasse e incoccò un'altra freccia, tese la corda e rilasciò, colpendolo nel lato del collo. Nello stesso momento, il mabari di Rhianan gli balzò alla gola e la giovane umana gli conficcò la spada nel torace; l'orrenda creatura cadde a terra.

Luniel si voltò rapida per bersagliarne un'altra, ma si accorse che i compagni avevano già fatto piazza pulita. Fece per scendere dal tavolo e recuperare le frecce quando Wynne gridò: «Allontanatevi dai corpi, presto!»

Perplesse, l'elfa e la nobile umana esitarono per un secondo, voltandosi a guardare l'anziana maga. L'istante dopo il cadavere del mostro esplose in una violenta fiammata.

Luniel si portò istintivamente le braccia al volto e serrò gli occhi, era troppo tardi per balzare via. Eppure, stranamente, non avvertì alcun bruciore. Socchiudendo una palpebra, scorse dinanzi a sé un vago lucore. Allora abbassò le braccia e guardò meglio: qualcosa che sembrava un velo traslucido riparava lei, Rhianan e Medraut. Le fiamme erano già sparite e di due cadaveri non c'era quasi più traccia, a parte un alone di cenere e bruciato; soltanto il terzo era rimasto, in una pozza di sangue troppo scuro e denso per essere umano.

Nevan sospirò di sollievo. «E brava Ely» si complimentò, avvicinandosi a lei e passandole una carezza sul capo. «Sei stata velocissima a creare quello scudo.»

La giovane maga sorrise orgogliosa. «Almeno in questo sono più abile di te.»

«Vero.» Lui le sorrise di rimando, facendola illuminare di ulteriore gioia e soddisfazione.

Luniel saltò giù dal tavolo. «È merito tuo, quindi? Allora grazie» le disse, con un cenno del capo. E dando mentalmente addio alle sue due frecce.

«Sì, grazie» fece eco Rhianan. «Quell'incantesimo è stato provvidenziale.»

Elyria arrossì, creando un marcato contrasto con la sua carnagione e i suoi capelli nivei, e iniziò a rigirare nervosamente il bastone fra le mani. «Ah. I-io… uh… ehm… Io… Non… non…» Abbassò la testa e andò a nascondersi dietro Nevan.

«Tradotto significa: "Non c'è di che"» disse questi, divertito. «Scusatela, trovarsi al centro dell'attenzione, soprattutto di sconosciuti, la mette in agitazione.»

Luniel alzò appena un sopracciglio, pensando che la giovane maga avrebbe dovuto essere abituata all'attenzione, vista la stranezza dei suoi colori: quei capelli candidi e quegli occhi rossi, quasi rosa, non potevano certo passare inosservati. O forse era proprio perché durante la sua vita aveva attirato già fin troppo interesse che non amava attirarne altro.

In quel momento Alistair si accostò rinfoderando la spada. «È stato uno scontro facile.»

Wynne scosse la testa. «Questi Abomini erano deboli, forse trasformati da poco o forse posseduti da demoni di scarsa potenza. Non ci andrà sempre così bene» lo mise in guardia.

«Ah, ecco. Mi pareva troppo bello per essere vero» sospirò il Custode.

«Oh, ce la caveremo, vedrete» affermò Nevan.

L'anziana maga gli riservò uno sguardo a metà tra la rassegnazione e il rimprovero. «La vostra sicurezza mi infonde fiducia e, al tempo stesso, mi preoccupa. Dovreste assicurarvi che non vi faccia dimenticare le vostre debolezze.»

«Le ho ben impresse in mente, non temete» le rispose il giovane mago, sorridendo tranquillo.

Alistair lo guardò di traverso. «Anche perché sono quasi inesistenti, no?» lo punzecchiò.

«Esatto» confermò l'altro con una breve risata.

Wynne sospirò e roteò gli occhi al cielo, imitata da Elyria. Luniel un po' le capiva, ma doveva riconoscere che, almeno, quella mancanza di modestia da parte di Nevan era stata del tutto priva di arroganza.

Rhianan sbuffò e disse seccamente: «Torniamo alle spiegazioni. E attendiamo che siano terminate, prima di rimetterci in movimento. Medraut è tranquillo, pertanto il tempo lo abbiamo.»

«Sissignora» sussurrò Nevan, e fu udito soltanto dai due elfi. «Ordunque, stavo dicendo che andammo da Irving e gli raccontammo ciò che Loghain aveva fatto sul campo di battaglia, smascherandolo per il bastardo traditore che è. Irving disse che se ne sarebbe occupato lui e convocò un'assemblea per confrontarsi con Uldred.»

«Tuttavia qualcosa dev'essere andato storto» intervenne la maga più anziana. «Ad un certo momento udii delle urla provenire dalla sala dell'assemblea e uscii dalla mia stanza, e poco dopo incontrai il primo abominio, che stava attaccando un mago. Dopodiché la situazione precipitò violentemente e fin troppo in fretta. E questo è tutto ciò che sappiamo. Non molto, quindi.»

«Però» intervenne Elyria, titubante, «non è detto che sia Uldred il responsabile di tutto questo. Oppure sì?»

«Diciamo che le probabilità sono tutte contro di lui» le rispose Nevan.

Morrigan agitò elegantemente una mano. «Non ha senso fare illazioni adesso.»

Leliana annuì. «Ha ragione. È meglio proseguire» esortò quindi.

Con prudenza, avanzarono nella biblioteca e superarono la scaffalatura. Alla loro sinistra altri enormi scaffali ricoprivano la parete; a destra alcune serie di librerie parallele delimitavano degli spazi uguali a quello in cui avevano appena combattuto. Al centro d'uno di essi si trovavano i resti di un altro lungo tavolo, ridotto in pezzi al pari delle sedie; sul pavimento giacevano due templari e un mago elfo, immersi nelle pozze ormai secche e scure del loro sangue.

«Eadric!» singhiozzò Elyria, portandosi la mano libera sulla bocca.

Nevan le si accostò e le cinse le spalle con aria mesta, stringendola poi a sé. Nemmeno la sua allegria poteva rimanere inattaccabile in circostanze tanto gravi.

Con un profondo sospiro, Wynne disse in tono gentile, ma fermo: «Non c'è tempo per piangere, bambina. Conserva le lacrime per dopo.»

Elyria singhiozzò ancora una volta e tirò rumorosamente su con il naso, annuendo, poi si sfregò gli occhi e le guance, scivolando via con riluttanza dalla stretta di Nevan.

In silenzio, il gruppo raggiunse il termine della biblioteca e si fermò dinanzi ad una porta di bronzo, e Luniel notò distrattamente che aveva la stessa forma di tutte le altre già oltrepassate: ogitale, ogibale… qualcosa del genere; mastro Ilen gliel'aveva spiegato, una volta, ma lei non aveva prestato molta attenzione. Non ci si soffermò molto nemmeno ora, poiché Medraut prese a fissare la porta ringhiando e rizzando il pelo e, di nuovo, tutti si prepararono ad un secondo scontro.

«Dall'altra parte c'è un altro settore di biblioteca» avvisò Wynne.

«Niente fuoco» la prevenne Morrigan, annoiata. «Lo sappiamo.»

«Scusate» disse Leliana. «Lì c'è un'altra porta.» Indicò verso la parete alla loro destra dove, mezzo nascosto nell'ombra fra l'angolo del muro e l'ennesima scansia colma di libri, si trovava un altro accesso assai più piccolo.

«Conduce nell'atrio» spiegò Nevan. «La usano principalmente i templari in modo da spostarsi più rapidamente all'interno della torre, ed è senz'altro stata ben bloccata dall'altra parte.»

«Ci sarebbe comunque inutile» interloquì Wynne. «Per accedere al piano superiore possiamo passare soltanto da qui.» Fece un cenno del capo verso le ante di bronzo. «Ogni altro percorso ci è precluso.»

«Discuterne è insensato, quindi» fece notare il qunari, facendo sobbalzare alcuni del gruppo. Non fosse stato per la sua massiccia e ingombrante figura, Luniel si sarebbe dimenticata della sua presenza, tanto era silenzioso.

Nevan levò rapidamente gli occhi al cielo, ma non ribatté. Diede una rapida occhiata a tutto il gruppo, per assicurarsi che fossero pronti, dopodiché lasciò che Sten spalancasse la porta con un'unica spinta delle possenti braccia. Il qunari si lanciò contro qualcuno con un urlo roboante, seguito da Medraut.

«Demone dell'Ira!» esclamò Nevan.

Luniel avanzò oltre l'uscio insieme a Leliana e vide quella che sembrava una grossa massa informe di magma fiammeggiante, con lunghe braccia e due fori scintillanti di una luce sinistra al posto degli occhi. Il demone superò un tavolo al centro della sala e avanzò rapido, quasi scivolando sul pavimento, e le fiamme sul suo corpo divamparono ulteriormente. Subito dietro di esso stavano due abomini, orribili e devastati come quelli affrontati pochi minuti prima.

L'ormai familiare velo traslucido di una barriera difensiva si parò a fermare la fiammata partita dalle grinfie del mostro, poi una ventata d'aria gelida sfiorò il fianco di Luniel e lei vide la sfavillante scia bianca della Stretta Invernale raggiungere il demone, disperdendosi su di lui in una piccola esplosione di neve; il demone rallentò, mentre una patina di brina lo ricopriva, ma non si arrestò. Morrigan bofonchiò un «Brutto bastardo resistente», prima di scagliargli contro un altro incantesimo: la scia ben più ampia del Cono di Gelo deflagrò sul demone e sugli abomini che lo affiancavano, intrappolandoli in una morsa di ghiaccio che non diede loro scampo, ricoprendoli interamente. A quel punto le spade di Alistair, Rhianan e Sten si abbatterono su di loro, accompagnate dal crepitante fulmine appena lanciato da Nevan, e li eliminarono in pochi attimi, frantumandoli in miriadi di pezzi che schizzarono ovunque.

«Tzè» se ne uscì Morrigan, calciando via uno di quei frammenti. «Spero non abbiate intenzione di continuare a lasciar fare tutto a me.»

Nevan le sorrise. «Mi auguro darai modo anche a noi di farci valere» le disse. «Tuttavia, contro altri Demoni dell'Ira il tuo talento nella magia del freddo ci sarà indispensabile. Nessuno di noi ha altrettanta maestria nell'utilizzo di quella branca elementale.»

«Ruffiano» sussurrò Elyria.

Eppure il tono del mago era parso sincero a Luniel, non soltanto volto a rabbonire la Strega delle Selve – missione in cui era peraltro riuscito, dal momento che la giovane aveva piegato la bocca in un brevissimo sorrisetto compiaciuto.

Con una scrollata di spalle, la dalish si soffermò ad osservare lo stato della stanza. Era enorme, circolare, piena anch'essa di scaffali – di cui alcuni crollati a terra – e di libri e di pergamene e… di cadaveri. Oltre a ciò che restava degli abomini e del demone, c'erano almeno tre templari e un mago, i cui cadaveri carbonizzati lasciavano ben intuire contro che tipo di mostro si erano scontrati. Luniel si domandò quanti altri ne avrebbero incontrati e se sarebbero stati più o meno spaventosi di quelli già affrontati. Cominciò a rimpiangere seriamente di aver dato ascolto al proprio impulso di aiutare Alistair nella sua impresa suicida.

Nevan e Wynne si avvicinarono a quei poveri resti, forse nel tentativo di riconoscere chi erano stati in vita, ma entrambi scossero il capo con un sospiro. «Credo che questo sia Bran» disse il mago, indicando uno dei templari, «tuttavia non posso esserne certo.»

«Sarà prudente lasciarli così?» domandò Elyria, con uno sguardo triste.

Wynne fece una smorfia pensierosa prima di rispondere. «Non sono stati posseduti, ma potrebbe trattarsi soltanto di un caso del tutto fortuito.»

«È meglio non correre rischi» stabilì Nevan. «Al, Sten, venite ad aiutarmi, per cortesia.»

I due lo raggiunsero, uno impassibile e l'altro perplesso, e seguendo le sue direttive tolsero le corazze ai templari morti, dopodiché spostarono il tavolo e ammucchiarono i cadaveri al centro della sala; l'intento del giovane incantatore risultò ormai chiaro. Andarono a recuperare anche i disgraziati morti nelle sale precedenti e deposero anch'essi nel cumulo, dopo aver tolto le armature.

«Perdonatemi» mormorò Nevan, stendendo avanti il braccio, e l'attimo dopo convogliò nella propria mano l'energia del fuoco; guizzanti fiamme di un intenso color arancio danzarono sopra il suo palmo, intorno alle sue dita protese, e infine si diressero sui cadaveri. Poco dopo, l'odore acre della carne bruciata si levò insieme al fumo e ad alte lingue di fuoco.

«Era proprio necessario?» volle sapere Luniel coprendosi il naso, anche se quel lezzo le pareva profumo di fiori, se confrontato al fetore dei bubboni di carne che infestavano il corridoio antistante la biblioteca.

«Sì, purtroppo» le rispose Wynne, mestamente. «I demoni sono in grado di possedere anche i cadaveri, per questa ragione abbiamo dovuto bruciare interamente pure gli altri templari e fratelli maghi caduti durante le prime fasi di questa folle situazione.»

«Ah» commentò semplicemente la dalish. Non disse altro e rimase in silenzio, come i compagni, ad osservare le fiamme divorare quei poveri resti.

«Che posto è, questo?» domandò Leliana, volgendo lo sguardo alla loro destra e fissandolo sul lungo colonnato a doppio ordine, le cui arcate erano chiuse da fitte grate di metallo: divideva a metà il vasto ambiente circolare in cui erano appena entrati, dopo aver salito le scale che dalla biblioteca conducevano al primo piano della torre.

«Se ben ricordo dovrebbe essere il magazzino, giusto?» contro-domandò Alistair, girandosi verso Nevan in cerca di conferma e ricevendo un assenso.

Di fronte al deposito, sul lato sinistro, c'era un altro colonnato più piccolo. Subito a destra del portale da cui erano entrati si trovava una porta, così come al termine di quella specie di corridoio formato dai porticati. Avanzarono di qualche passo, guardandosi attorno guardinghi nella fioca luce proveniente da alcuni candelabri attaccati alle pareti; il silenzio che regnava lì dentro era quasi sinistro, una tranquillità che paradossalmente li allarmò ben più che se avessero trovato una torma di demoni ad accoglierli.

Medraut piantò il naso sul pavimento e prese ad annusare.

«È… strano…» mormorò Elyria, accostandosi a Nevan, del quale pareva sempre cercare la protezione. Questo, e il fatto che si mostrasse così timida e schiva, convinsero Luniel che la maga elfa fosse estremamente insicura.

«Che cosa?» le domandò il mago.

«È tutto troppo pulito» s'intromise la dalish, vedendo l'altra annuire piano. «Niente cadaveri, niente tracce di sangue… Come se qui non fosse successo nulla.»

Alistair si voltò verso di lei. «Il che non ha alcun–» S'interruppe bruscamente udendo un rumore provenire dall'interno del deposito.

Si girarono tutti di scatto verso l'arco di accesso, armi e bastoni pronti alla mano. Scariche elettriche crepitavano già sulle dita e sulle aste di Nevan e Morrigan, quando dall'ombra del vano emerse una figura.

«Owain!» esclamò Wynne. «Sia ringraziato il Creatore, siete vivo!» Sospirò rinfrancata, portandosi una mano sul petto. «Mi stavo giusto domandando cosa potesse esservi successo.»

L'uomo, un tizio stempiato con radi capelli neri e un'espressione mesta, aveva una fronte spaziosa solcata da rughe e marchiata con il simbolo di un sole a molti raggi; il simbolo della Chiesa. Indossava una veste della stessa foggia di quella dei maghi, ma con tinte diverse rispetto alle vesti di Nevan, Elyria e Wynne. Luniel si domandò oziosamente se i colori servissero a distinguere i gradi di potere all'interno della gerarchia del Circolo. Perché c'era senz'altro una gerarchia, no? Era tipico degli umani, da quel che sapeva.

«Devo pregarvi» iniziò Owain, con una voce piatta, monocorde, così priva di emozioni che mise i brividi alla dalish, «di non entrare nel magazzino, in quanto è tutto sottosopra. Sto cercando di rimetterlo in ordine, ma non sono ancora riuscito a riportarlo in uno stato abbastanza decoroso.»

Luniel sbatté le palpebre, allibita. «State pulendo in una situazione del genere?»

«È mio dovere, dal momento che il magazzino è sotto la mia responsabilità» ribatté l'altro.

Wynne sospirò. «Posso presumere che abbiate pulito anche l'atrio, è così?»

«È così. Fa parte del mio incarico, custodisco il magazzino e l'area circostante.»

«Ma…» Leliana intervenne, titubante. «Non era pericoloso, per voi, rimanere qui da solo con la torre invasa da demoni e abomini?»

Owain volse lo sguardo apatico su di lei. «Certo. E ho cercato di andare via, ma sono incappato in una barriera, perciò sono tornato al magazzino e mi sono rimesso al lavoro.»

Luniel scosse il capo, sempre più sconcertata. «O è incredibilmente coraggioso o incredibilmente pazzo» commentò, mentre Wynne ribatteva all'uomo che avrebbe dovuto chiamare, per permetterle di rimuovere la barriera e lasciarlo passare.

Elyria si voltò verso la dalish. «Owain è un Tranquillo» le spiegò, sorprendendola con il fatto di averle rivolto la parola. Che fosse perché erano entrambe elfi?

«Che sia un tipo tranquillo l'avevo capito» ribatté Luniel.

La maga scosse il capo niveo, ridacchiando dell'equivoco. «Giusto, voi esterni non potete saperlo» realizzò. «Intendo dire che è un Adepto della Calma.» E, mentre Luniel rimaneva in attesa di un chiarimento, Elyria proseguì: «Per spiegartela in modo semplice, i Tranquilli sono apprendisti che non hanno affrontato la prova per diventare maghi a pieno titolo, per paura propria oppure perché ritenuti troppo deboli o inaffidabili, e ai quali è stato reciso ogni legame con l'Oblio, per evitare il rischio di possessione da parte dei demoni. Solo che…» S'interruppe un momento e lanciò un'occhiata all'oggetto della sua spiegazione. «Il Rito della Calma toglie loro la possibilità di ricorrere alla magia e di sognare, e quindi di accedere all'Oblio, ma anche ogni capacità di provare emozioni. I Tranquilli non sono altro che gusci vuoti…» concluse la ragazza con una nota amara nella voce fanciullesca.

«Fammi indovinare» commentò Luniel, facendo una smorfia. «È un'invenzione della Chiesa?»

L'altra si limitò ad annuire e la dalish arricciò il naso per il disprezzo, ma non aggiunse altro. Tornò a prestare attenzione a Wynne, Nevan e Owain, che in quel momento stavano parlando di una cosa chiamata Litania di Adralla – se non aveva capito male.

«Ma serve a proteggere contro la dominazione della mente!» sbiancò Wynne. «Dunque è coinvolto l'uso della magia del sangue!»

Rhianan emise un verso preoccupato. «Avete in serbo qualche altra bella notizia?»

Nevan guardò l'incantatrice più anziana. «Niall era presente all'assemblea, giusto?» chiese conferma. E, quando l'altra annuì, continuò: «Allora sa cos'è accaduto, e se ha chiesto la Litania…»

Wynne scosse il capo ed emise un sospiro. «Temevo che potesse trattarsi di questo. Magia del sangue… Non ci voleva.»

«In che modo questo peggiora la situazione?» domandò Luniel, senza preoccuparsi di celare la sua ignoranza in quel genere di faccende.

Elyria, che a quanto pareva si era eletta a sua insegnante sull'argomento "magia", le rispose: «I Maleficar possono ricorrere al sangue, oltre che al mana, per alimentare i propri incantesimi… anche al sangue di altre persone.»

«Mh, simpatici» commentò la dalish.

«Il fatto più grave, però, è che possono evocare demoni, con il rischio di esserne posseduti, e anche prendere il controllo delle persone, manipolando la loro mente.»

«Ecco perché noi qunari tagliamo la lingua ai nostri maghi» sentenziò Sten, con quella sua voce potente e priva di emozioni, quasi quanto quella del Tranquillo.

Per qualche attimo calò il gelo, mentre tutti si giravano a fissare il gigante dalla pelle bronzea, poi Nevan non poté trattenersi dal ridacchiare. «Ho l'impressione che Greagoir apprezzerebbe questo sistema.»

«Non siate maligno» lo rimproverò Wynne, seppur bonariamente.

«Be', a me la taglierebbe volentieri. È sicuro» replicò il giovane mago.

Luniel non stentava a crederlo, ricordando la scarsa simpatia che il templare aveva dimostrato nei confronti di Nevan.

Wynne quasi sbuffò, portandosi una mano alla fronte. «Credetemi, talvolta vorrei farlo anch'io.» Scosse il capo e aggiunse: «Dobbiamo affrettarci a trovare Niall, in tal modo avremo un'arma in più contro i maghi del sangue.»

«Sperando che sia ancora vivo» borbottò Alistair.

Leliana si voltò a guardarlo con un'espressione di vago rimprovero. «L'ottimismo non è esattamente nelle vostre corde, vero?»

Il Custode si schermì facendo spallucce. «Quello lo lascio a Nevan» le rispose, con un cenno del capo verso l'amico, il quale lo fissò inarcando un sopracciglio. «Ne è sovrabbondantemente provvisto.»

L'interessato si mise una mano sul fianco. «Lo fai sembrare un difetto.»

Alistair mostrò i palmi in segno di scusa e gli rivolse una smorfia scherzosa. «Non sia mai, non oserei mai insinuare dubbi sulla tua perfezione.»

«Volevo ben dire» commentò il mago, fingendo un atteggiamento sostenuto.

L'amico gli sorrise, ma prima che potesse dire altro – sempre che ne avesse l'intenzione – Rhianan intervenne con un perentorio: «Fatela finita! Non abbiamo tempo da sprecare!»

«Vi auguro buona fortuna» li salutò Owain.

Ce ne servirà davvero tanta… pensò Luniel.


Eccomiiiii! E come al solito ho lasciato passare un po' tanto tempo. È che nel frattempo mi hanno assunta come portalettere (solo per tre mesi, poi si vedrà), ovviamente non nella città in cui abito, bensì in una a 40km da qui. E nelle zone di entroterra… Ah, io abito in Liguria, quindi capirete bene la comodità, a doversi infilare in stradine e scalinate che spezzano le ginocchia. Ecco, tutta questa pappardella per dire che torno a casa stanca morta e che quindi nelle settimane passate ho avuto enormi difficoltà a trovare il tempo e la concentrazione per dedicarmi al capitolo.

Ma chi la dura la vince, e infine eccolo qui. Con un titolo che più banale non si può, ma proprio non me ne sono venuti in mente di migliori.

Nel frattempo ho anche concluso Inquisition e ho tipo tirato giù tutti i pantheon del Thedas dopo aver visto il filmato al termine dei titoli di coda. Grazie, BioWare, per avermi lasciata quasi indifferente per tutto il gioco e avermi fatto scoppiare l'hype solo alla fine. Vi odio.

Che altro? Ah, sì, mi è stato fatto notare che Eadric l'ho fatto morire così, a gratis. Eh, un'altra volta impara a maltrattare il mio Amell, tsk. (Per chi non ha giocato l'origine Magi, Eadric è un mago elfo che si incontra vagando per la torre; se sei elfo anche tu, ti tratta bene e chiacchiera con te, se sei umano poco manca che ti tiri merda addosso). Scherzi a parte, è stato un caso; volevo piazzare un cadavere conosciuto e mi è saltato in testa lui.

Bene, gente, nella speranza che anche questo capitolo vi sia piaciuto, vi saluto. Alla prossima!

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Capitolo 15
*** 14 - Segui il tuo istinto ***


Capitolo 14

Segui il tuo istinto

Luniel, appoggiata allo stipite della porta, distolse gli occhi dall'ambiente semibuio su cui quella si affacciava – una sala suddivisa in più spazi da una serie di brevi colonnati con elaborate inferriate – e guardò verso il deposito, dove si trovava la maggior parte dei suoi compagni. Con l'esclusione di Sten, il quale non aveva interesse in eventuali oggetti magici, e di Medraut, che era seduto di guardia accanto a lei, gli altri stavano finendo di setacciare i vari manufatti in cerca di qualcos'altro di utile. Potendo contare sull'autorizzazione di Wynne in qualità di Incantatrice Anziana, Nevan aveva proposto di equipaggiarsi a dovere – con l'ovvia promessa di restituire tutto in seguito – in vista degli scontri che senza dubbio li attendevano nel resto della torre.

E così ora Luniel si ritrovava con un girocollo in pelle fornito di rune di protezione dagli elementi, con un paio di anelli dotati della stessa funzione e con una cintura intessuta d'incanti che le garantivano una maggior agilità; che cosa ci facesse in una torre di maghi era un quesito rimasto insoluto. Elementi protettivi erano stati forniti a tutti e i maghi si erano equipaggiati con alcuni pezzi d'abbigliamento utili a potenziare i loro incantesimi o la loro riserva di mana.

La dalish sbuffò piano, mettendosi a giocherellare con il ciondolo-ampollina che conteneva il sangue corrotto usato per la sua Unione. Nei suoi giorni neri dopo le rivelazioni di Alistair l'aveva tolto, furiosa com'era, ed era stato praticamente un miracolo che non l'avesse scagliato ad infrangersi contro qualche roccia, ma solo ficcato nella scarsella. Poi, spinta dall'ennesimo impulso inspiegabile, se l'era rimesso; quando gliel'aveva rivisto al collo, l'altro Custode aveva sorriso rinfrancato e questo, di rimando, aveva provocato in lei un incomprensibile sollievo.

L'elfa abbassò lo sguardo su Medraut, che in quel momento si stava dedicando ad una vigorosa grattata dietro l'orecchio, e fece un sorrisetto. Si tese a dargli una carezza sulla testa – per fortuna non aveva il caratteraccio insopportabile della sua padrona – e gli disse: «Chissà per quanto ne avranno, ancora. Io mi sto annoiando, ad aspettare, e tu?»

Il mabari alzò il testone e le rivolse un lieve abbaio, quasi di conferma; il che non era da escludere, vista l'incredibile intelligenza di quella razza. Subito dopo, tuttavia, drizzò le orecchie e puntò lo sguardo oltre la porta, emettendo un sordo e basso ringhio.

Luniel aguzzò l'udito e sentì delle voci. Voci concitate. Di almeno tre persone, che avanzavano a passo svelto; parevano indossare semplici scarpe leggere, non stivali e nemmeno armature. Erano ancora abbastanza distanti, ma nel silenzio che regnava incontrastato poté distinguere le loro parole.

«Datevi una mossa, dannazione!» esortò uno di loro, in tono autoritario.

«Non ce la faremo mai, non abbiamo speranze!» ribatté un altro, con voce querula e tremante.

«Io l'avevo detto che era tutto un errore!» piagnucolò una donna.

«Oh, state zitti!» sbottò il primo. «E tu non sembravi così in disaccordo, l'altro giorno.»

La dalish si scostò dall'uscio, facendo arretrare Medraut con sé, ed emise un sibilo. «Arriva qualcuno!» avvisò senza alzare troppo la voce. «Sono almeno tre. Maghi, credo.»

«Noi siamo in maggioranza» sentì dire da Rhianan.

«Il che non ci garantisce la vittoria, se non stiamo attenti» ammonì Wynne.

Mentre i compagni si organizzavano rapidamente, Luniel tornò verso la porta. I passi erano sempre più vicini, ma ad un tratto lo stridore di una lama che veniva estratta riecheggiò nel silenzio della sala del deposito. I passi rallentarono fino a fermarsi e il presunto capo disse: «Avete sentito? Occhi aperti e state pronti…»

A quell'avvertimento seguirono dei gemiti di paura.

Il primo pensiero di Luniel fu che, con dei rivali spaventati, avrebbero avuto gioco facile; poi, però, si rammentò di una fiera impaurita che aveva cacciato con i suoi compagni di clan e che, messa alle strette, aveva dato loro parecchio filo da torcere. Sottovalutarla era stato un grosso errore, e Junar ne portava i segni ancora oggi. Meglio far tesoro di quel ricordo, ragionò la ragazza.

Rhianan e Alistair, rivolgendo loro dei cenni, fecero disporre i componenti del gruppo intorno all'uscio, ma in modo da non essere subito visibili; non aveva senso andare incontro a possibili nemici, era meglio aspettarli stando pronti a tutto e contando su un minimo di effetto sorpresa. Luniel fu fatta arretrare per fare da supporto a distanza insieme ai maghi, mentre i guerrieri e il mabari si portavano in prima fila.

Passarono due o tre minuti che parvero eterni, interminabili, e il senso d'ansia che qualcuno di loro già provava aumentò. La dalish vide Alistair deglutire e corrugare ulteriormente le sopracciglia, tutto teso a concentrarsi sull'imminente scontro; vide Rhianan scrollare le spalle, come per sciogliere la tensione, ed Elyria stringere con forza il proprio bastone contraendo più volte le pallide dita sottili. Sten era assolutamente impassibile, pareva una statua; Nevan mostrava una certa tranquillità, smentita solo da uno sguardo serio assai poco usuale per lui, e Wynne, a sua volta, non tradiva alcuna paura, fiera ed eretta malgrado l'età e la fatica di quei tre giorni. Spostò lo sguardo su Morrigan e Leliana: la Strega era calma e fredda, i ferini occhi gialli puntati sulla porta, e la sacerdotessa non era meno flemmatica. Ancora una volta, Luniel non poté fare a meno di domandarsi quale passato avesse quella shemlen…

Scosse la testa, per scacciare quei pensieri inutili, e prese una freccia. Inserì la cocca sulla corda e iniziò a tirare, e aprì bene le orecchie per captare i passi cauti dei maghi in avvicinamento; un leggero scalpiccio, le suole di cuoio sul pavimento che mandavano echi sommessi. Ad un certo punto si fermarono di nuovo, e Luniel credette che ci sarebbe stata una condizione di stallo: loro da una parte, i presunti maleficar dall'altra, ad aspettarsi vicendevolmente. Poi, però, da oltre la porta la lenta avanzata riprese, velocizzandosi nelle ultime iarde, quasi i maghi misteriosi avessero deciso di mettere al bando le esitazioni e affrontare di petto la situazione.

Tre figure in lunghe vesti si stagliarono oltre la porta, i bastoni ben stretti in pugno: due uomini – il capo doveva essere il tizio barbuto dall'aria decisa, non certo l'omuncolo tremebondo dagli occhi spiritati – e una donna. Quest'ultima, giovane e dall'aspetto anonimo, con corti capelli bruni ad incorniciare un volto dai tratti regolari, spalancò gli occhi marroni.

«Evelina?!» esclamò Nevan.

Il capo maleficar fece una smorfia. «Ci mancava soltanto il bimbo prodigio!» quasi sputò. «Evi, vedi di non farti incantare di nuovo dai suoi occhioni!»

«Io…»

Qualunque cosa stesse per dire la maga, fu sovrastata dall'urlo guerresco di Rhianan, la quale si era appena lanciata avanti con la spada alzata pronta per un fendente; l'imprecazione di Nevan si perse nella baraonda che seguì. Qualcosa che sembrava un compatto mucchio di pietre si abbatté sullo sterno della Cousland, scaraventandola indietro di diversi passi. Alistair e Sten, che a loro volta si erano scagliati verso i maleficar ad armi spianate per dar supporto alla giovane, furono respinti da una forza invisibile che li gettò a terra con violenza.

Luniel, la corda tesa, esitò vedendo quella scena, temendo che la sua freccia facesse la stessa fine col rischio di rimbalzare contro di lei o contro qualcuno dei suoi compagni. Con la coda dell'occhio scorse Elyria sollevare le braccia ed evocare uno dei suoi scudi magici, riparando tutti loro da un getto di fiamme, poi sentì qualcosa colarle dal naso. Vi portò le dita e le ritrasse sporche di sangue. «Ma cosa…? Urgh!» Un dolore improvviso, sordo e pulsante, la colse al capo partendo dalle tempie. Perse la presa sull'arco e, di nuovo, portandosi le mani a stringersi la testa sentì qualcosa di caldo e vischioso fuoriuscire dalle orecchie. Sgomenta, si fissò i palmi e le dita imbrattate di rosso; le gambe le tremarono, cedettero e lei cadde ginocchioni a terra, spaventata. I rumori intorno le giungevano ovattati, non riusciva a capire cosa stesse succedendo, e la paura la riempiva man mano che il sangue continuava a fluire. Iniziò a tremare, il respiro affannato.

Sentì Morrigan imprecare con furia, Elyria emettere uno squittio impaurito e Wynne esortare la maga elfa a rimanere concentrata.

«Al!» chiamò Nevan con urgenza. «Abbiamo bisogno di–»

«Lo so! Lo so!» Alistair saltò sulla voce dell'amico con un tono furioso che non gli era affatto congeniale.

Luniel sollevò la testa, stringendo i denti, e vide il Custode biondo di nuovo, ancor più accigliato e concentrato. Non capì bene cosa stesse succedendo, ma pochi attimi dopo sentì il maleficar barbuto esclamare sgomento: «Un templare?!»

Si accorse che il sangue aveva smesso di scorrere, e stava svanendo anche il senso di frastornamento che aveva accompagnato quell'allarmante emorragia; Alistair doveva aver fatto ricorso a qualche potere templare per annullare la magia dei loro avversari. Recuperati arco e freccia, si rialzò in tempo per vedere una doppia scarica di fulmini raggiungere il capo maleficar, scuoterlo dalla testa ai piedi e farlo cadere sulle ginocchia, bruciacchiato in più punti. Sten gli fu appresso in un attimo, con una rapidità difficile da immaginare in una creatura della sua stazza, e lo decapitò con raggelante precisione.

Lo strillo terrorizzato della maga di nome Evelina fece eco al tonfo del corpo menomato.

Il maleficar tremebondo, dopo un istante di sconvolgimento, agitò frenetico le mani e mosse le labbra, probabilmente per evocare qualche incantesimo.

«Te lo puoi scordare» bofonchiò la dalish, incoccando la freccia e tendendo la corda in un unico rapido movimento, la debolezza per il sangue perso tenuta a bada dalla collera che provava. Il tempo di puntare in direzione del mago, invocando mentalmente la benedizione di Andruil, poi Luniel rilasciò il dardo, che raggiunse l'obiettivo insieme ad un soffio gelido. Trafitto ad un polmone e ricoperto di brina, il maleficar non poté far altro che guardare impotente lo spadone insanguinato del qunari abbattersi su di lui; la lama, spinta dalla possente forza di Sten, penetrò nella clavicola sinistra con uno schiocco di ossa infrante e si fece strada diagonalmente nel costato dell'uomo, quasi tranciandolo in due.

Il gigante alzò un piede e lo posò contro il ventre dell'ormai cadavere, spinse e liberò la propria arma, causando un rumore disgustoso simile ad un risucchio, poi si voltò verso la maga rimasta; il sangue scivolava lungo la lama e gocciolava sul pavimento, in un lento stillicidio che sembrava scandire i secondi mentre tutti iniziavano ad avvicinarsi a quell'ultima nemica tremante.

Evelina crollò al suolo e strisciò all'indietro fino a fermarsi contro il basamento di un porticato, il viso sbiancato rivolto verso il qunari. Quando questi mosse un passo verso di lei, la maga cacciò un altro strillo. «Vi prego… non uccidetemi!» supplicò. «Vi prego, vi prego, vi prego…»

Rhianan emise un verso di disprezzo, avanzando a sua volta e superando Sten. «Neanche la gente che avete ucciso voleva morire» commentò con durezza, puntando la spada. «Che il Creatore abbia pietà di te, maleficar, poiché qui non ne riceverai alcuna!»

«No, vi supplico!» strepitò l'altra, chiudendo gli occhi e incrociando le braccia davanti al viso.

Nevan tese un braccio a fermare la Cousland, la quale lo fissò allibita. Il mago non disse alcunché, teneva lo sguardo incupito puntato sulla maleficar.

Quando si rese conto che nessuna lama l'aveva colpita, Evelina osò abbassare un poco le braccia. Incrociò lo sguardo di Nevan e singhiozzò disperata, coprendosi il volto con le mani. «Io… non ho alcun diritto a implorare pietà, lo so… però, vi giuro, non volevo causare tutta questa morte e distruzione.»

Alistair emise un leggero sbuffo. «Tu pensa se avesse voluto…» borbottò.

«Noi volevamo soltanto ottenere la libertà» continuò la maga, fra un singhiozzo e l'altro. Rialzò la testa. «Uldred ci aveva promesso che Loghain ci avrebbe aiutati a essere liberi dal controllo della Chiesa, in cambio dell'appoggio del Circolo, e noi… allora…» Si portò le mani al volto, sfregando via alcune delle lacrime che scorrevano copiose.

«Vi siete ribellati» completò Leliana per lei.

Morrigan scosse la testa; anche lei aveva tracce di sangue sotto il naso e le orecchie. «Usando il sistema più stupido possibile» commentò con asprezza.

«Non pensavamo che…» Evelina spostò le mani sulla bocca e si morse una nocca, sempre più agitata. «Noi… io… volevo soltanto il potere necessario a combattere per ciò in cui credevo. Ci siamo fidati di Uldred, abbiamo pensato…» Si torse le dita. «La magia del sangue era solo un mezzo per raggiungere il nostro scopo, non abbiamo mai voluto… non…» L'ennesimo singhiozzo le spezzò la frase, scuotendole il corpo.

Wynne emise un pesante sospiro. «Combattere per ciò in cui si crede è encomiabile, ma il fine non giustifica sempre i mezzi» sentenziò, in tono severo.

Quelle parole scatenarono una scintilla di rabbia nella maga ribelle, che alzò il capo, lo sguardo duro, e ribatté con voce più sicura: «Oh, per favore! Nemmeno Andraste riuscì a cambiare le cose in modo pacifico. Ella mosse guerra all'Impero, Wynne, non si limitò a scrivere una lettera dal tono aggressivo! In molti dovettero morire affinché Ella portasse avanti la sua rivolta!» Quel moto di fiera protesta si spense in un sospiro. «Pensavamo che qualcuno dovesse pur compiere un primo passo… e provocare un cambiamento, a qualunque costo.»

«Sei davvero stata così stupida?» esclamò improvvisamente Nevan. Aveva una mano contratta intorno al bastone, l'altra stretta a pugno al punto da far sbiancare le nocche. «Hai davvero pensato che la Magia del Sangue potesse essere una soluzione?!»

Luniel sbatté le palpebre, sorpresa nel vederlo così alterato. Notò gli sguardi estremamente seri di Elyria, Wynne e Alistair convergere su di lui, con aria consapevole, e comprese che doveva esserci qualcosa dietro.

«Io… noi pensavamo che…» Evelina scosse il capo. «Ci è sembrata l'unica soluzione!» tornò a piangere. «Tu lo sai com'era vivere qui, sotto gli occhi dei templari che ci seguivano ovunque. Noi volevamo solo conquistare la nostra libertà» ribadì, con voce fievole.

«Me lo ricordo, certo che me lo ricordo» rispose Nevan, quasi a denti stretti. «Nemmeno a me piaceva, ma non ho mai, mai, pensato di ricorrere alla magia proibita per farlo.» Serrò ancor più forte i pugni. «Non io…» mormorò.

Elyria si accigliò ulteriormente, guardando l'amico, poi si morse un labbro mentre sul suo viso si dipingeva un'espressione sofferta. Luniel si scoprì curiosa di sapere cosa fosse accaduto e ciò la stupì; da quando nutriva interesse per le faccende di uno shemlen?

Rhianan sbuffò irritata. «Nulla di ciò che affermate giustifica la follia che avete commesso e ciò che avete fatto a questa torre e a chi la abita.» Scrutò Nevan, corrucciata. «Non possiamo permettere che dei maghi del sangue vivano…» quasi sibilò.

Lui le rivolse un'occhiata cupa e non ribatté, volgendo lo sguardo pensieroso verso il pavimento imbrattato e ignorando il pressante richiamo della nobile.

Evelina rialzò il viso rigato di lacrime. «Io… io lo so che meriterei di morire per mano vostra, che state cercando di riparare ai nostri torti, ma…» Deglutì. «Io vorrei avere la possibilità di espiare le mie colpe. Vi prego, se mi risparmierete, io… non lo so, forse potrei scontare i miei peccati nella Chiesa?»

Alistair emise un verso di scetticismo. «Non vi accetteranno mai» le disse. «Sono molto severi nell'accoglimento dei loro membri, sapete? Prostitute e assassini, sì… Maleficarum? Oh, no…»

L'idiozia di quel ragazzo era quasi confortante nel bel mezzo di quella disastrosa situazione.

«Tutti si meritano una seconda possibilità» intervenne a sorpresa Leliana.

Morrigan si voltò a scrutarla. «Inclusa te stessa?» le domandò. Decisamente anche la Strega doveva nutrire la sua bella dose di dubbi circa la sacerdotessa.

Quest'ultima si mordicchiò il labbro, ma si riprese in fretta da quell'attimo di tentennamento e ribatté con fervore: «Agli occhi del Creatore tutti meritano una possibilità di redimersi, se nutrono un sincero pentimento. Chi siamo noi per impedire tale possibilità a questa donna?»

«È una maleficar!» reagì furiosamente Rhianan, mentre Alistair già mostrava segni di incertezza dopo quella breve ma appassionata apologia di Leliana.

La quale, puntando lo sguardo limpido e fermo sulla giovane Cousland, replicò: «Rammentatevi di Hessarian. Egli commise il più grave dei peccati, mandando a morte Andraste, e tuttavia si pentì e in seguito le sue azioni furono unicamente per il bene della Chiesa.»

Colta alla sprovvista, Rhianan non trovò il modo di controbattere e restò zitta, contraendo la mascella con aria di riprovazione.

Nevan sospirò. «Le porte al pianterreno sono bloccate dai templari, Evi. Non potrai uscire da qui. Non ora, quantomeno. O pensi di ricorrere nuovamente alla magia del sangue?»

Lei scosse più volte il capo. «Troverò un altro modo, quando tutto questo sarà finito.» Lo guardò dritto negli occhi. «Farò qualcosa di buono della mia vita, lo giuro.»

Nevan si chinò e tese una mano ad Evelina, aiutandola a rimettersi in piedi. «Non farmi rimpiangere questa decisione» le disse.

Nuove lacrime fecero capolino fra le ciglia della maga e lei scosse nuovamente il capo, chinandolo come se non volesse mostrare il pianto. «Non lo farò, te lo giuro.» Gli strinse la mano con entrambe le proprie. «Grazie, Nevan! Grazie!»

Lui si schermì con una leggera scrollata di spalle. «Scendi giù nel salone. Ci sono alcuni dei nostri compagni, fra cui Petra e Kinnon, con i bambini. Rimani con loro per aiutarli se dovessero insorgere altri problemi.»

La maga sollevò il volto verso di lui, rivelando un'espressione di puro sollievo. «I bambini… i bambini sono vivi? Stanno bene? Tutti?» Quando l'altro mago annuì, Evelina scoppiò in un pianto dirotto, benedicendo a profusione la benevolenza del Creatore. Infine recuperò il proprio bastone e corse via; stava ancora ringraziandoli per la loro compassione – quella di Leliana e Nevan, più che altro – mentre scendeva le scale.

Quando tornò il silenzio, per qualche attimo nessuno si mosse. Poi Wynne sospirò e si accostò a Luniel, mormorando qualcosa in proposito al fatto di volerne controllare le condizioni.

«Eh?» La dalish, distratta ad osservare Rhianan che quasi ringhiava una critica a Nevan, si girò un attimo verso di lei e realizzò cosa le avesse detto. «Ah, sì, sì, va bene.»

L'anziana maga portò le mani vicino alla testa della ragazza e chiuse gli occhi, concentrandosi; poco dopo dai suoi palmi promanò una soffusa luce azzurrina.

Con la coda dell'occhio, Luniel continuò a guardare le reazioni dei suoi compagni di viaggio. Non che vedesse molto, a dire il vero; nel suo campo visivo erano rimasti soltanto Sten e Nevan. Da qualche parte, sentì Alistair rimproverare bonariamente Rhianan per la sua avventatezza e l'interessata rispondere con uno sbuffo stizzito.

Il gigante stava fissando il mago con… disapprovazione, forse? Difficile dirlo, vista l'immobilità facciale del qunari. Infine gli disse: «Una decisione sciocca. Essa tornerà a tormentarti.»

«Può darsi» rispose Nevan. «Tuttavia non rinnego questa mia scelta» aggiunse fermamente, «e ne sopporterò il peso delle conseguenze, se mai ci saranno.»

Il qunari rimase a fissarlo ancora per qualche attimo – quel lieve cenno di assenso c'era stato davvero o Luniel se l'era immaginato? – poi andò ad appoggiarsi contro una parete, assorto nei propri pensieri.

«È tutto a posto.»

La voce di Wynne la riscosse e la dalish voltò gli occhi verso di lei.

«Non avete danni di alcun genere, l'incantesimo di quel maleficar non è durato a sufficienza per provocarvene di gravi» concluse la maga.

«Oh. Che fortuna» commentò l'elfa, un po' scioccamente, ma non le venne in mente nulla di meglio. Cos'altro avrebbe potuto dire, dopo tutto?

Nevan si avvicinò a loro, accompagnato da Alistair; subito dietro stavano Leliana ed Elyria, mentre Morrigan era un po' più discosta, ma con lo sguardo rivolto a loro. «Stai bene?» domandò il giovane mago a Luniel. Lei annuì e ricevette in risposta il consueto gran sorriso.

Wynne, la fronte aggrottata, si voltò verso il ragazzo. «La vostra sta diventando una pessima abitudine» lo redarguì, in tono più stanco che irato.

Lui fece spallucce. «Cosa vi devo dire? Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.»

Luniel scorse un lampo di curiosità negli occhi azzurri di Leliana.

L'anziana maga strinse le labbra, prima di rispondere un po' più seccamente: «Ebbene, dovreste perdere anche quest'ultimo.»

Nevan sospirò e rispose mitemente: «Mi impegnerò il più possibile.»

«Nemmeno io sono sicura che sia stata una buona idea» intervenne la maga elfa.

«Ely, ti prego, non anche tu» sospirò il giovane.

«È solo che… Insomma, dopo quello che è già successo l'anno scorso con–»

«Lo sai, vero» la interruppe lui in tono improvvisamente duro, «che sei l'ultima persona che dovrebbe tirare in ballo quella storia?»

Elyria sussultò come se l'altro l'avesse colpita fisicamente, poi scoppiò in lacrime e si allontanò, tornando nella sala del magazzino. Sospirando e portandosi una mano alla fronte, Nevan imprecò sotto voce e, dopo qualche istante di esitazione, la seguì. La raggiunse in pochi passi e gli altri lo videro farla girare verso di sé e stringersela contro, nonostante lei si divincolasse. Dopo qualche istante lei smise di agitarsi e rimase a singhiozzare fra le braccia del mago, che le accarezzava gentilmente il capo con una mano, cullandola e sussurrandole qualcosa a voce così bassa che solo Elyria poteva udirlo, mentre gli altri potevano soltanto vedere le sue labbra che si muovevano.

Mentre Wynne si poneva a braccia conserte, osservando i due giovani maghi con sguardo accigliato e di rimprovero, Alistair scosse la testa con una specie di mezzo sospiro. Ora che ci pensava, Luniel si rese conto che, a parte Wynne – palesemente al corrente dei fatti – e il sempre indifferente Sten, Alistair era l'unico a non aver mostrato segni di sorpresa o di curiosità per quello che stava accadendo. Anzi…

Anche Leliana se n'era accorta e gli si pose accanto. «Voi sapete cosa intendesse dire Nevan, vero? Sapete cos'è successo?» domandò, senza nemmeno provare a fingere discrezione.

L'altro la fissò con l'aria di qualcuno colto in fallo. «N-no, per niente» negò, in modo così poco convincente da ricevere uno sguardo quasi compassionevole da parte della sacerdotessa.

«Oh, non mentite» lo esortò lei, melliflua. «Diteci cos'è successo.»

Il giovane si osservò intorno come in cerca di aiuto, ma colse soltanto sguardi curiosi e apertamente in attesa di una spiegazione. Alle sue spalle, giunse il breve tossicchiare ammonitore di Wynne. Al che Alistair, agitando le mani davanti a sé, disse: «No, no, non è il caso.»

Leliana assunse un'espressione triste e piegò le labbra carnose in un piccolo broncio, mentre portava le mani al petto, l'una chiusa nell'altra. «Non fatevi pregare.»

«Sentite, io…» tentennò il Custode. Deglutì e arretrò di un passo. «Davvero, non… Sono cose personali di Nevan, non posso parlarvene io, non è corretto, non…» Da parte di Leliana vi fu uno sbattere di ciglia dall'aria più innocente del mondo e Luniel provò un po' di pena per Alistair, vedendolo sempre più in difficoltà nel mantenere alte le difese; Morrigan, dal canto suo, lo guardò con disgustata commiserazione. «Posso dirvi soltanto che… ecco, che è a causa di Elyria se Nevan è stato reclutato nei Custodi Grigi. Più o meno.»

Leliana, insoddisfatta da quella risposta, fece per tornare alla carica, ma in quel momento i due interessati stavano tornando e quindi rinunciò. L'occhiata e il sorrisetto che elargì ad Alistair, però, lasciavano intendere che non si sarebbe arresa tanto facilmente.

Con un sommesso fischio di sollievo nel vederla allontanarsi, lui raggiunse in fretta l'amico. «Tutto a posto?» gli domandò, con fare un po' serio. L'altro si limitò ad annuire. Al che Alistair aggiunse: «Toglimi una curiosità: cosa intendeva quel mago dicendo di non farsi incantare dai tuoi occhioni?»

Probabilmente, oltre alla curiosità che più o meno tutti stavano mostrando, c'era anche un tentativo, seppure un po' maldestro, di distogliere i pensieri da quanto appena accaduto fra Nevan ed Elyria.

Nevan assunse un'aria pensierosa, portandosi una mano al mento. «Per quale motivo "occhioni"? Mica sono un elfo o un bambino. D'accordo, sono belli, ma a me sembrano di dimensioni normali.» E si voltò verso Luniel come a chiedere conferma.

Lei reagì inarcando un sopracciglio, un'espressione che diceva chiaramente "Cosa vuoi da me?" Tuttavia, non poté negare a se stessa che in effetti avevano un bel colore.

«Ehi» lo richiamò Alistair. «Non scantonare dal punto della questione. Allora? Cosa intendeva?» insistette, e alle sue spalle, silenziosa e tutta orecchie, sopraggiunse Leliana.

Il mago rivolse all'amico uno sguardo assolutamente candido, sgranando gli occhi. «La curiosità uccise il gatto, non lo sapevi?»

«Smettila.» Poco mancò che il mancato templare mettesse il broncio.

L'altro ridacchiò. «Come vuoi» si arrese. «Dal momento che insisti tanto… ha detto così poiché Evi ed io abbiamo avuto i nostri piacevoli momenti, pertanto temeva che io potessi influenzarla in qualche modo.»

«Piacevoli… momenti?»

«Vuoi che sia più specifico? Ebbene, posso raccontarti di quella volta in cui riuscimmo ad appartarci nel magazzino e lì–»

Alistair arrossì quasi di colpo. «Argh! Basta così!» esclamò.

Di nuovo, Nevan gli rivolse uno sguardo che era la quintessenza dell'innocenza. «Ho appena iniziato, e poi l'hai chiesto tu.»

L'amico gli puntò contro un dito accusatorio. «Ti conosco, stavi per scendere nei dettagli! Non c'è bisogno di scendere nei dettagli!»

A giudicare dalle espressioni a vario grado di contrarietà sui visi di Wynne, Elyria e Rhianan, non era il solo ad avere quell'opinione. Di parere opposto era invece Leliana, vistasi privata di un altro succulento pettegolezzo.

«Domande non far, se risposte non vuoi» canticchiò il mago, palesemente sempre più divertito dall'imbarazzo dell'amico.

Alzando gli occhi al soffitto buio e trattenendo a stento uno sbuffo, Luniel si accostò al mabari, che fino a quel momento sembrava aver assistito con un atteggiamento di tranquilla rassegnazione nei confronti delle assurdità degli umani. Gli passò una carezza sul testone e Medraut emise un basso verso di apprezzamento, e lei un po' rimpianse la decisione di aver lasciato indietro Ascher.

«Ritengo non sia il caso di rimanere qui a perdere tempo» sentì dire da Rhianan.

Luniel voltò il capo verso il gruppo e vide Nevan annuire.

«Prima dobbiamo occuparci di loro» disse quest'ultimo, accennando ai due cadaveri.

Morrigan agitò una mano, come per liquidare l'apparente problema. «C'è una pira già bella che pronta di sotto, no?»

Alistair sospirò. «Qualcuno dovrà pur farlo, quindi facciamolo. E in fretta, possibilmente.»

Così, mentre i tre uomini si apprestavano a portar via i cadaveri, cercando di spargere meno sangue possibile, Luniel andò a sedersi in un punto un po' discosto, in una di quelle specie di salette delimitate dai colonnati, e si mise con la schiena contro la parete, presso uno scaffale ribaltato e un mucchio di libri e pergamene sparse sul pavimento. In quella stanza silenziosa e semibuia sentì nuovamente, ancora più forte, la mancanza di Ascher. Si rannicchiò con le ginocchia al petto, lo sguardo fisso a terra, sentendosi… strana. C'era qualcosa che la turbava, qualcosa che però non riusciva a definire. Si trovava come sospesa in un limbo… da una parte c'erano la rabbia, il dolore, il senso di solitudine che ancora covava nell'animo; dall'altra una pulsione a tornare a sorridere, a provare allegria e affetto verso qualcuno. Una lotta tra emozioni così opposte e contrastanti da annullarsi a vicenda, lasciandola in uno stato di stanchezza emotiva, quasi di indifferenza.

Dopo un poco l'elfa percepì un movimento e colse un'ombra al margine del suo campo visivo. Sollevò appena gli occhi su un paio di stivali neri e, poi, su una gonna di pelle e cinghie. Nel riverbero di luce proveniente dalla zona del combattimento – ora più illuminata, dato che Wynne aveva provveduto ad accendere un paio delle torce magiche che si trovavano lì – Morrigan avanzava verso di lei.

La Strega si sedette sullo scaffale caduto e stese le gambe, accavallando le caviglie. «Ora che abbiamo qualche minuto tranquillo, puoi rispondere ad una domanda.» La fissò con i suoi magnetici occhi da fiera. «Si può sapere cosa t'è saltato in testa?»

Luniel la guardò senza capire; non aveva fatto nulla di particolarmente stupido, ora come ora.

L'altra sbuffò. «Di seguire il templarucolo qui dentro.»

Ah, quello.

L'elfa si strinse nelle spalle, con aria impacciata, e poi ammise: «Non lo so.»

«Non lo sai?» Morrigan la scrutò intensamente, quasi indignata.

Luniel fece di nuovo spallucce, sempre sulla difensiva. «Ho agito d'istinto, senza riflettere.»

«Cos'è? Alistair è contagioso?» Non ricevette risposta e rimase qualche attimo in silenzio pure lei. «Istinto, eh?» bofonchiò poi, e scosse la testa con fare contrariato. «Bene, vedi di non lasciartene trascinare di nuovo, per favore.»

«Non assicuro nulla» ribatté la dalish, ricorrendo al sarcasmo per non dare a vedere quanto la scombussolasse aver ceduto a quell'impulso che non sapeva proprio spiegarsi. «Un mio amico sostiene che ho una capacità innata di cacciarmi nei guai.»

Morrigan la folgorò con un'occhiataccia. «Allora ho una soluzione: la prossima volta che avrai questo insano desiderio di farti ammazzare, vieni da me. Ci penserò io, a ucciderti, così ti eviterò di coinvolgere anche noi. Me, soprattutto!»

Nonostante la certezza che l'altra non stesse del tutto scherzando, a Luniel scappò una mezza risata. «Eh, grazie.»

«Umpf. Non c'è di che.» Morrigan si rimise in piedi, riassettando le strisce di cuoio della sua strana gonna. «Immagino che fra non molto quei tre torneranno, quindi vedi di non perderti in chissà quali pensieri e tieniti pronta a riprendere l'avanzata.»

«Agli ordini» sospirò l'elfa.

La giovane donna se ne andò, lasciandola di nuovo sola con se stessa e le proprie riflessioni. E un ricordo le tornò alla mente, portato dal dialogo di poco prima.

I giovani apprendisti, una decina tra maschi e femmine, erano seduti in semicerchio davanti a Vinell, uno degli anziani del clan ed ex cacciatore. Erano tutti protesi verso di lui, in silenzio e con i grandi occhi attenti, mentre lui parlava, durante una delle quotidiane lezioni che faceva loro.

«Voi un giorno sarete cacciatori, ragazzi» stava dicendo Vinell, «e in quanto tali dovrete imparare a fidarvi del vostro istinto, per lasciarvi guidare da esso. L'istinto è una cosa meravigliosa e fondamentale, come le radici di un albero, come la sorgente di un fiume. È la voce della natura e noi dobbiamo saper ascoltarla.»

«Ne sei proprio sicuro?» domandò Fenarel, a quel tempo un quindicenne magro e spigoloso. Aveva un'espressione parecchio dubbiosa, e dal suo tono non era chiaro se stesse scherzando oppure no. «Perché di solito l'istinto di Luniel è ficcarsi nei guai, e farci finire anche noi.»

Luniel, che a undici anni era la più piccola del gruppo e desiderava sopra ogni cosa essere considerata degna di diventare una cacciatrice, per poter in futuro difendere il proprio clan, gli lanciò un'occhiataccia gonfiando le guance già paffute. Era sempre stata piuttosto rotondetta rispetto agli altri bambini, almeno secondo gli standard della loro razza.

Gli altri risero di gusto, compreso Vinell. Soltanto Tamlen, protettivo come sempre quando si trattava di lei, rivolse anche un blando rimprovero all'amico, ma non poté negare l'evidenza: Luniel aveva davvero una naturale inclinazione a cacciarsi in qualche impiccio.

«Allora dovete imparare a capire se il vostro istinto sbaglia o no» rise ancora Vinell. Poi si fece più serio, pur sorridendo. «L'istinto non è infallibile, ma in situazioni nelle quali non sapete come agire è probabile che sarà esso a fornirvi una soluzione. Affidandovi all'istinto, prenderete le strade giuste… magari con qualche deviazione» scherzò, dando un'occhiata a Luniel e scatenando un altro coro di risate.

Fenarel emise un sospiro volutamente esagerato. «Se Lun guiderà mai qualcuno, in futuro… be', che Mythal li protegga.»

Radha, sua coetanea, si allungò a tirargli un disinvolto scappellotto sulla testa. «Smettila, Fen. Sei veramente antipatico.»

«Ahio» bofonchiò lui massaggiandosi la testa, mentre Luniel sorrideva per la difesa da parte della ragazza più grande.

Luniel sorrise anche ora. In effetti, stava per così dire guidando qualcuno e l'aveva cacciato in un bel guaio; quando l'avesse saputo, Fen l'avrebbe presa in giro fino allo sfinimento. La ragazza scosse la testa e si alzò in piedi. Bene, visto che adesso si sentiva tanto insicura e a quanto pareva era incapace di affidarsi alla razionalità, avrebbe dato ascolto agli insegnamenti di Vinell.

Avrebbe seguito il suo istinto.


L'angolo dell'autrice

Rieccomi qui. Incredibile, ma vero.

Le tempistiche continuano ad essere vergognose, lo so. D'altro canto la mia ispirazione continua ad essere più vagabonda di un clan dalish e più discontinua di una linea a zigzag. Certo che se continua così 'sta storia la finisco nel duemilaecredici.

Comunque.

Quei dannati Maleficar. Non sapevo come far funzionare la magia del sangue, da nessuna parte c'è uno straccio di descrizione approfondita… e ho inventato. Oh, ci si arrangia. E a proposito del nome della maga, se a qualcuno risultasse familiare è perché l'ho preso spudoratamente da Dragon Age II. Spulciando Santa Wikia, ho scoperto che tale Evelina (una delle maghe da aiutare in una qualche missione e che finisce invariabilmente trasformata in Abominio… Secondo me l'aria di Kirkwall fa male, dico io) era una maga del Circolo del Ferelden fuggita all'inizio del Flagello, suppongo quindi durante il casotto dovuto alla genialata di Uldred, e ho pensato di sovrapporla alla maleficar con cui si parla nella Torre e che si può risparmiare. Così, tanto per dar sfogo al mio pseudo-citazionismo, ché ho 'sta fissa di incastrare e collegare cose.

Ah, ovviamente la mia Evelina non è ancora uscita dalla Torre, perché mi devono spiegare come ci sarebbe potuta riuscire, con le porte sbarrate e i templari pronti ad ammazzare la prima formica che ne fosse venuta fuori. Che gente ipertesa.

Che altro? Saltano fuori un po' di ricordi e di accenni a faccenduole varie, si delineano alcuni rapporti interpersonali… spero che ne siate almeno un pochino incuriositi. :)

Ciaoooooo!







P.S. Ho guardato The Shannara Chronicles, la qual cosa mi ha molto provata. Non so se qualcuno qui l'abbia seguita, ma… spero di non offendere nessuno dicendo che l'ho trovata una porcata inenarrabile. °-°

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Capitolo 16
*** 15 - Non fermarsi alle apparenze ***


Capitolo 15

Non fermarsi alle apparenze

Pochi minuti dopo che Morrigan se ne fu andata, Luniel decise di riunirsi alle compagne in attesa. Tornata nel punto dello scontro, si accorse che Elyria si era spostata presso l'unica altra porta presente, oltre a quella per il magazzino. Era un arco privo di battenti e al di là di esso pareva regnare soltanto l'oscurità, eccetto la poca luce data dalle torce magiche accese da Wynne. Avvicinandosi, Luniel notò un vago chiarore molto più in là, oltre la curva del lungo corridoio buio; sembrava vuoto, a parte quelle schifose sacche puzzolenti. «Hai visto qualcosa?» domandò alla maga elfa, arrivandole alle spalle.

Elyria quasi saltò sul posto, poi si girò verso la dalish. «Io…» iniziò a mormorare. Sembrava esitante, quasi vergognosa. «Ehm… no, io non…» Strisciò un piede a terra, abbassando lo sguardo. «Io non vedo bene come gli altri elfi» rivelò in un sussurro.

«Oh» si stupì Luniel. Poi, dopo qualche attimo di silenzio imbarazzato durante il quale la dalish si sfregò la nuca pensando a come risolvere l'involontario sproposito, aggiunse cercando di consolarla: «Be', è un po' strano, ma non devi vergognarti.»

L'altra annuì, senza rialzare il volto. «È così fin da quando sono piccola. Mi è stato spiegato che potrebbe dipendere da… dalla mia… condizione» confidò, sempre a bassa voce. «Mi hanno detto che talvolta anche fra gli umani ne nascono alcuni con la carnagione e i capelli bianchissimi e con gli occhi rossi o rosa, e che questi individui hanno la vista molto debole e la pelle molto sensibile al sole. Come me.»

«Capisco» disse Luniel, sorpresa dal fatto che Elyria si fosse aperta così con una sconosciuta. Ancora una volta si domandò se dipendesse dalla loro comune razza. «Ammetto però che non avevo mai visto nessuno come te, prima d'oggi.»

La maga risollevò il viso. «Pare che sia un fatto poco comune.»

«Allora puoi vantarti di avere qualcosa che ti distingue dagli altri» commentò la dalish, sperando di confortarla, ed evidentemente fu così, poiché l'altra ragazza le rivolse un sorriso.

Ad ogni modo il suo udito non era certo inferiore al normale, giacché Elyria si voltò contemporaneamente a Luniel nel sentire i passi degli uomini che tornavano.

«Possiamo riprendere l'avanzata?» chiese Rhianan, nel momento in cui i tre varcavano la porta.

«Sì, qui abbiamo finito» confermò Nevan, recuperando il bastone che aveva posato contro una parete. Fece per muoversi in direzione delle due elfe, sempre in attesa presso l'arco, ed ebbe quello che alla dalish parve un leggero mancamento, nonostante lui avesse cercato di non darlo a vedere.

«Nevan, che avete?» domandò Leliana.

«Nulla, è tutto a posto» le rispose il giovane, sorridente.

«Non mentite, avete barcollato» ribatté la giovane donna, confermando il dubbio di Luniel. «Siete forse ferito?»

Il mago scosse il capo. «No, no, state tranquilla. Davvero, è…» Vacillò di nuovo, stavolta in modo molto più evidente, e Alistair lo afferrò al volo prima che cadesse.

«Ehi!» esclamò l'ex-templare, preoccupato. «Questo non mi pare "nulla", sai?»

Aiutato dall'amico, Nevan si appoggiò alla parete e si sedette, mentre il resto del gruppo si avvicinava a lui. «Ho solo un po' fame» ammise.

Leliana spalancò gli occhi. «Non avete avuto modo di mangiare, da che siete stati intrappolati» dedusse, e l'altro confermò con un semplice cenno del capo. «Quasi tre giorni a digiuno…»

«Avevamo qualche provvista, in realtà» rispose il giovane.

«E di questo» spiegò Wynne, con leggera, rassegnata disapprovazione, «dobbiamo ringraziare le scorte di cibo rubacchiate dagli apprendisti e nascoste nei loro dormitori. Come potete immaginare, tuttavia, non si trattava certo di ingenti quantità.»

«E Nevan» intervenne Elyria, con un tono a metà fra lode e rimprovero, «ha rinunciato a quasi tutte le sue razioni per darle ai bambini e a noi. E ce le avrebbe date per intero, se non ci fossimo accorti che non stava mangiando, costringendolo a tenere almeno qualcosa per sé. Lui insisteva ancora di non avere fame.»

Luniel passò lo sguardo da lui ad Alistair, ricordando quando quest'ultimo si era privato delle proprie porzioni per cederle a lei, poi scosse piano la testa. Questi due sono scemi allo stesso modo.

Leliana sorrise al mago con sincero apprezzamento. «Avete un gran cuore» lo elogiò, e Nevan si schermì stringendosi nelle spalle.

«Anche un po' stupido» fu invece la considerazione di Morrigan, seppur priva di acredine.

Wynne stirò le labbra sottili in un sorriso. «Generoso» la contraddisse. «Sciocco, ma generoso.»

«A saperlo, che ci saremmo ritrovati in questa situazione» commentò Alistair, «non avremmo lasciato le nostre scorte con i bagagli alla locanda.»

«A saperlo» bofonchiò Luniel, «non saremmo entrati qua dentro…»

Morrigan le lanciò uno sguardo particolarmente feroce e all'improvviso la dalish trovò molto interessante fissare le punte dei propri piedi.

«Riesci a reggerti?» domandò Rhianan al mago. «Forse è preferibile che tu rimanga qui.»

«Non dire sciocchezze» replicò lui. «Posso farcela. E con un po' di fortuna troveremo delle vivande a breve, c'è il magazzino su questo piano. Potremo rifornirci lì.»

Elyria sospirò. «Speriamo che non sia stato toccato.»

Sten si fece avanti. «Mangia questi, intanto» disse, e gli porse un sacchetto di ruvida tela scura.

Nevan lo prese con una certa perplessità, che si trasformò in stupore quando lo aprì. «Biscotti?» domandò, tirandone fuori uno. «Ma dove li hai presi?»

«Nell'ultimo villaggio che abbiamo passato c'era un bambino… una creatura grassa e trasandata. L'ho liberato del peso di questi biscotti. Non aveva bisogno di mangiarne di più.»

Vi fu un profondo silenzio. Otto paia d'occhi erano puntati sul qunari.

«Hai… rubato dei biscotti a un bambino?» domandò Alistair, sconcertato.

«Per il suo bene.»

Vi furono altri istanti di silenzio stupefatto.

«D'accordo, credo sia meglio lasciar cadere questo discorso» stabilì Nevan, decidendosi ad addentare un biscotto.

E mentre il mago masticava con un certo vigore, Rhianan si rivolse corrucciata al qunari. «Sten, per quale motivo non li hai tirati fuori nei giorni scorsi?»

«Non l'ho ritenuto necessario, non avrebbero fatto differenza nella situazione in cui ci trovavamo» rispose lui. «Nelle nostre terre non esiste nulla del genere e intendevo conservarli più a lungo, ma sarò lieto di separarmene se questo servirà a ridare forza al Custode, per permettergli di proseguire e combattere.»

Bastarono due minuti a Nevan per divorare i biscotti, poi lui si scostò dalla parete e ringraziò Sten. «È un palliativo, ma sarà sufficiente» commentò. «Forza, rimettiamoci in marcia.»

Sembrava davvero tutto tranquillo: eccezion fatta per le sacche carnose, non c'era segno di presenza di Demoni o altro. A destra del corridoio si trovavano gli alloggi degli Incantatori e decisero di controllarli, per ogni evenienza; i tre maghi del Circolo avvisarono che gli alloggi consistevano in brevi corridoi paralleli a quello principale, sui quali si affacciavano i cubicoli – le effettive camere. Quando aprirono la prima porta, con mille cautele, il bagliore traslucido di una barriera protettiva fu la prima cosa che notarono; proveniva dall'interno del primo cubicolo, esattamente di fronte a loro. E, al riparo della barriera, si intravedevano alcune persone. Nevan avanzò rapido insieme ad Elyria e a Wynne, mentre gli altri li seguivano guardandosi attentamente intorno; c'erano altri tre cubicoli, le cui porte erano aperte.

«Leorah!» esclamò l'incantatrice più anziana.

Un’elfa dai capelli castani raccolti in una crocchia sollevò lo sguardo, rivelando un viso smunto e profonde ombre di stanchezza sotto gli occhi scuri. Aveva l’aria stremata e sembrava fosse lei a mantenere la barriera. «Wy-Wynne…?» Sbatté le palpebre più volte, come se non credesse a ciò che vedeva. «Surana… Amell! Ci siete anche voi! Non… non sto sognando? Siete veri? Non è un’allucinazione?»

«No. Li vediamo anche noi» le rispose una donna in tono monocorde. Sulla fronte aveva il marchio del sole, come Owain; una Tranquilla, quindi. E non era l’unica.

A Luniel scappò una smorfia. Quell’assenza di emozioni le metteva i brividi, perciò – mentre la barriera si dissolveva e i suoi compagni si accostavano alla stremata Leorah e al gruppetto di Tranquilli e apprendisti che l’attorniava – lei diede le spalle al gruppo e avanzò cautamente nel dormitorio, per andare a controllare i restanti alloggi ed evitare sgradite sorprese. Alle sue spalle, le voci di Nevan e di Wynne incitavano i maghi superstiti a correre di sotto per unirsi agli altri sopravvissuti, rassicurandoli e garantendo che il percorso sarebbe stato sicuro. Una freccia incoccata e le orecchie ben tese a captare qualsiasi rumore sospetto, Luniel si accostò in silenzio all’accesso del primo cubicolo. Non udì alcun suono e si sporse per osservare, poi saltò subito indietro; nessun mostro, però, balzò dalle ombre.

Con un sospiro di sollievo, la dalish si girò per dare un’occhiata ai compagni, intanto che i rifugiati se ne andavano, e si accorse che sia Morrigan sia Leliana erano voltate nella sua direzione; parevano pronte ad intervenire in caso di guai e, per un attimo, il pensiero che si fossero preoccupate di guardarle le spalle le diede una sensazione di conforto e calore; tuttavia lo ricacciò, dicendosi che erano semplicemente all’erta per evitare sorprese, non certo per riguardo a lei. Fece qualche altro passo, con le orecchie ben tese, e controllò le due stanzine restanti, che si rivelarono vuote anch’esse. Udì però un cigolio e guardandosi intorno ebbe l’impressione che fosse giunto da un armadio sul fondo del corridoio. Lo tenne sott’occhio per diversi istanti, ma il rumore non si ripeté. Nel frattempo il resto del gruppo la raggiunse, tranne Sten che rimase di guardia sulla porta.

«Bene» esordì Alistair. «Se avete già controllato voi, possiamo proseguire. Giusto?»

Luniel annuì. «Sì, solo che…» S'interruppe, e contemporaneamente Medraut voltò di scatto la testa verso l'armadio; non ringhiava né pareva allarmato, ma di certo aveva udito qualcosa. Forse lo stesso rumore che l'elfa aveva appena sentito provenire da là dentro.

Con un sibilo di avvertimento ai compagni, la dalish incoccò una freccia e si tenne pronta a tendere. «Lì dentro.»

Spada sguainata, Rhianan si accostò al mobile e posò una mano sul pomello; dopo uno sguardo d'intesa agli altri, per verificare che fossero pronti, tirò per aprire l'anta. Che, tuttavia, non si mosse. «Ma cosa… È bloccata? Magia, forse?» Vi picchiò sopra. «Ehi, c'è qualcuno?»

«N-no?» pigolò una voce.

I tre incantatori si scambiarono un'occhiata, poi Nevan diede voce al loro dubbio: «Godwin?»

«S-sì?» balbettò di nuovo la voce, prima di domandare: «A-Amell? S-sei tu?»

«Sono io. E ci sono anche Elyria e Wynne» gli confermò il mago. «Puoi uscire, è sicuro adesso. Abbiamo pensato noi ai Demoni.»

«N-non so, c-credo di preferire di restare q-qui.»

Luniel sbuffò rumorosamente. «Esci subito o giuro che sfondo quelle ante a calci!» sbottò poi, stufa per quella perdita di tempo.

«S-sì! D'accordo!» rispose Godwin. «U-un attimo, devo togliere l'incantesimo di blocco.»

Nel frattempo la dalish si trovò a far fronte a diversi sguardi perplessi.

«Sapete» commentò Alistair. «Non credo ci riuscireste. Quell'armadio è di legno piuttosto massiccio.»

Dato che morderlo o prenderlo a botte non erano opzioni fattibili, Luniel si limitò a guardarlo storto. «Grazie per avermi fatto notare una cosa del tutto ovvia» brontolò.

L'altro sorrise, beatamente immune a quel sarcasmo. «Prego. È bello avere uno scopo.»

Le ante dell'armadio si aprirono. Ne uscì un umano con una stropicciata veste color ocra, dal volto lungo circondato da arruffati capelli castani e su cui era dipinta un'evidente, vivida paura. Emise diversi lamenti mentre metteva le gambe a terra e si raddrizzava con una certa lentezza.

«Siete ferito?» si preoccupò Elyria.

«No, no, ho solo un crampo alla schiena e non mi sento più le chiappe. Stavo lì dentro da…» Il giovane uomo si bloccò. «Quanto tempo è passato?»

Wynne sospirò. «Tre giorni, da quando è iniziato tutto questo delirio.»

«Oh.» Godwin si sfregò il naso. «Questo spiega perché ho anche così tanta fame. Sapete, lì dentro ho perso la cognizione del tempo.»

«Esattamente, per quale motivo sei rimasto nell'armadio?» domandò Nevan. «Nel primo cubicolo si erano rifugiati Leorah e altri incantatori, avresti potuto unirti a loro.»

Godwin sbatté le palpebre un paio di volte, con fare quasi inebetito. «Ah, davvero? Non me ne sono proprio accorto.»

«Questo è un po' sciroccato, mi sa» mormorò Alistair, ricevendo un blando rimprovero da Leliana, mentre Wynne si portava le dita alla fronte con un sospiro.

«Avevo tentato di scendere di sotto» continuò l'altro mago, senza aver sentito il commento del Custode, «ma c’erano Demoni ovunque a bloccarmi il percorso. Allora ho deciso che la cosa migliore da fare in una tale situazione era raggiungere un luogo sicuro, nascondermi e restarmene molto, molto tranquillo. E così ho fatto. Anzi, forse potrei tornare nel mio armadio…»

«Pfui! Che pusillanime!» giudicò Rhianan, sprezzante, rinfoderando l'arma.

Leliana, in tono gentile come suo solito, le disse: «Suvvia, non siate così dura. Non tutti possiamo essere degli eroi.»

«La codardia non è mai giustificabile» ribatté ancora la nobile, inflessibile.

E Luniel non si trattenne. «No, certo. Meglio morire come dei cretini.»

La Cousland divenne paonazza di collera. «Come osi?!» esplose, andando verso di lei a grandi passi, la mano sull'impugnatura e la spada estratta a metà.

La dalish stava per risollevare l'arco con la freccia già incoccata quando Alistair si frappose a braccia tese. «Ehi, ehi, ehi! Avanti, non c'è bisogno di litigare. Davvero, per favore, calmatevi.»

«Più che altro» le rimproverò Wynne, «non è il momento. Abbiamo già sufficienti problemi senza che vi aggiungiate queste sciocche beghe.»

Rhianan inspirò profondamente, serrò la mascella spingendola in fuori con aria battagliera, ma poi respinse la spada nel fodero con un gesto brusco e sbuffò furiosa, allontanandosi dal gruppo. Medraut la tallonò in silenzio. Wynne e Leliana la seguirono, forse per calmarla.

Luniel, dal canto suo, scrollò le spalle e si rilassò, ignorando gli altri. Durante il breve alterco, Nevan e quel Godwin avevano continuato a parlottare, e lei distinse un rapido scambio sussurrato. «… Ne hai ancora?» chiese il mago Custode, ricevendo come risposta: «Sì. Angolo ai piedi del letto. Sotto, ovviamente.»

Poi Nevan diede una pacca sulla spalla dell'altro. «Forza, scappa di sotto. Puoi stare tranquillo, abbiamo ucciso la maggior parte dei Demoni. Noi intanto proseguiremo per risolvere questo macello.» Nemmeno gli chiese se volesse unirsi a loro, era piuttosto ovvio quale sarebbe stata la risposta di Godwin.

Questi, infatti, ribatté: «E se qualcuno vi fosse sfuggito e mi aggredisse mentre sono da solo? E poi i templari hanno sbarrato le porte. No, no, resterò qui e vedrò cosa succede.» Arretrò e si infilò di schiena nell'armadio. «Spero di incontrarvi ancora, in situazioni più felici e meno pericolose. Quindi, insomma, spero che ve la caviate nella vostra impresa di liberazione della torre.»

Con un sorriso quasi divertito, Nevan scosse la testa e richiuse le ante dell'armadio. Ci diede un paio di colpi. «Mi raccomando, resta dove sei e non muoverti.»

«Non lo farò. Non mi muoverò di un millimetro finché non saprò di essere al sicuro.»

Nevan si scostò dall'armadio. «Morrigan, Luniel, per favore, potreste avvisarmi se Wynne dovesse tornare qua?» richiese, mentre si infilava nel cubicolo lì vicino.

Mentre la Strega delle Selve scrollava le spalle e scrutava il terzetto ormai presso l'ingresso della camerata, Luniel si tese a sbirciare cosa stesse facendo il mago. Lo vide mettersi ginocchioni e guardare sotto il letto, poi infilare un braccio a cercare qualcosa.

«Ma dove… Ah, ecco!» Nevan si risollevò e, dalla soglia dello stanzino, lanciò ad Alistair un sacchetto di pelle ben chiuso.

L'altro lo prese al volo. «Cos'è?»

«Lyrium. Potrebbe servirti.»

Elyria, accanto al Custode umano, strabuzzò gli occhi. «Cosa ci faceva lì?»

«Oh, Godwin è riuscito a mettere su una sorta di… chiamiamolo "commercio segreto"» spiegò Nevan a bassa voce. «Ha un contatto ad Orzammar che gli procura del lyrium al di fuori del controllo della Chiesa.»

Elyria lo fissò con rimprovero. «Ma è illegale!» esclamò.

«Sssh! Parla piano!» l'ammonì l'altro.

L'elfa aggrottò le sopracciglia chiarissime, ma obbedì. «Tu lo sapevi e non lo hai denunciato?»

Nevan fece spallucce. «Perché avrei dovuto? Lo sai che trovo divertente beffare la Chiesa e i Templari. E poi fra i clienti di Godwin ci sono proprio dei templari. Se avessi parlato sarebbe scoppiato un putiferio.»

Alistair storse la bocca in un sorrisetto. «Conoscendoti, trovo più plausibile la prima motivazione.» Poi però si fece serio e aggiunse: «Sai che non mi piace…»

Il mago gli posò una mano sulla spalla. «Sì, lo so perfettamente, ma la situazione in cui ci troviamo non ci permette di essere schizzinosi. Non ti sto dicendo che devi assumerlo per forza, solo… non si sa mai.»

Scuotendo la testa con un sospiro, Alistair infilò il sacchetto nella propria scarsella. «D'accordo» si arrese. «Ora però raggiungiamo le altre e procediamo.»

«Voi andate, io arrivo subito» replicò Nevan. «Devo prendere una cosa anche dal mio cubicolo.» E si infilò nel penultimo. Quando raggiunse il gruppo radunato fuori nel corridoio, si stava legando una cintura con appeso un fodero e annessa spada.

Alistair la fissò, imitato dalle altre. «E questa?»

«È un cimelio di famiglia» rispose Nevan. «Non so da dove arrivi o chi l'abbia forgiata, ma a quanto pare aiuta a canalizzare la magia, al pari di un bastone da mago. Ha persino un nome, Zanna delle Stelle.» La estrasse, rivelando una lama di lucido acciaio in cui si diramavano luminose nervature bianco-azzurrine. A giudicare da come la maneggiava, sembrava molto più leggera rispetto alle altre spade. «Mio nonno la teneva sotto chiave da qualche parte e non ne ha mai fatto parola… figuriamoci, col suo odio per la magia! È già una fortuna che non l'abbia gettata nelle fogne di Kirkwall. A quanto pare la tenne solo perché è effettivamente di grande valore. Mia madre riuscì a recuperarla di nascosto e, ignoro in qual modo, a farla avere a nostra cugina Leandra, la quale infine la portò a me.»

Rhianan inarcò un sopracciglio. «E come è stato possibile?» domandò.

«Oh, be'… una signora che si occupava di rifornire la Torre di biancheria le diede una mano, nascondendola in un involto di coperte e lenzuola» raccontò mentre Wynne si sfregava la radice del naso rilasciando un sospiro.

La Cousland sbatté le palpebre, perplessa. «E perché l'avrebbe fatto?»

«Mi aveva in simpatia. Lavorava alla Taverna della Principessa Viziata quando io giunsi qui per la prima volta. Le feci tenerezza. Ero un ragazzino di tredici anni che faceva di tutto per fingersi forte e non scoppiare a piangere perché gli mancavano la madre e la sua città.»

«D'accordo, ma…» insistette la nobile. «Cosa te ne fai se non sai adoperarla?»

«A dire il vero ne sono in grado» ribatté lui, rinfoderando l'arma con disinvoltura. «Anche alcuni templari mi avevano in simpatia e mi hanno insegnato qualcosina.»

Wynne sospirò rumorosamente. «Non ho parole…» brontolò.

Sten si accigliò. Più del solito. «Un mago con la spada. Ciò è sbagliato.»

«Tutto molto interessante» intervenne Morrigan, «ma che ne dite di proseguire, prima che l'orda templare arrivi a spazzarci via?»

«Uh, essere spazzati via è male» commentò Alistair, incamminandosi.

Il resto del gruppo lo seguì.

Avevano mosso pochi passi ed erano giunti presso l'ingresso della seconda camerata – che ad un rapido esame risultò vuota – quando si accorsero che poco oltre, nella penombra del corridoio principale, stavano fermi due scheletri. Erano immobili, ma si animarono al loro approssimarsi, quasi li avessero sentiti.

«Per fortuna sono soltanto due» considerò Alistair. «Sarà una passeggia—» Un rumore simile a un acciottolio di ossa lo interruppe e pochi attimi dopo sopraggiunsero altri scheletri e cadaveri, circa una trentina. «Oh-oh…»

«Al, fammi il favore, la prossima volta stai zitto!» sbottò Nevan, dando inizio a un incantesimo. Tuttavia, considerando lo spazio ristretto, né lui né le altre maghe avrebbero potuto usare a piena potenza le loro magie ad area.

«Fenedhis!» sibilò Luniel. Non riusciva a capire da dove fossero spuntati i cadaveri – cadaveri putrefatti, marcescenti, di corpi morti da lungo tempo. Come potevano trovarsi lì? Conscia dell'inutilità di colpirli con le frecce, come aveva verificato nelle rovine dello Specchio, gettò a terra l'arco, si slacciò rapidamente la faretra e sfoderò i dar'misu. E si gettò nella mischia, confidando nella protezione degli incantesimi difensivi di Elyria e Wynne. Mirò alle giunture di quei mostri; più che danneggiarli, era importante soprattutto metterli in condizione di non muoversi e non colpire.

Il tempo divenne qualcosa di remoto. Luniel non aveva idea di quanto ne fosse passato quando, dopo aver abbattuto al fianco di Alistair e Medraut un numero imprecisato di morti deambulanti, due urli superarono il clamore dello scontro.

Il primo – la voce era quella di Nevan – era di puro e semplice dolore, un grido aspro e spezzato. Il secondo – quella era Elyria – era di spavento.

Luniel si voltò e vide il mago piegato su se stesso, una mano sull'occhio destro e il sangue che pareva ruscellare fra le sue dita. Elyria, sconvolta, stava correndo verso di lui dopo avergli eretto davanti una barriera per proteggerlo da… un Abominio? E da dove era arrivato, quello?!

«Van!» Alistair si era girato a guardare, in ansia.

«Non distrarti, idiota!» lo rimproverarono coralmente Morrigan e Rhianan, mentre la prima congelava uno scheletro e la seconda lo frantumava con un ben assestato e violento colpo di scudo.

Luniel si abbassò e sferrò un fendente dietro il ginocchio dell'ultimo cadavere, alle prese con Alistair, e questi ne approfittò per abbatterlo.

Nel frattempo, le maghe avevano sconfitto l'Abominio e Wynne si stava già dedicando alla ferita di Nevan, affiancata da un'agitatissima Elyria.

Alistair si avvicinò. «Be', dai, una cicatrice sull'occhio ti renderà più affascinante, no?» commentò nervosamente, nel tentativo di sdrammatizzare e alleviare la tensione.

«La tengo volentieri, la cicatrice, ma gradirei tenere pure l'occhio» rispose Nevan, tentando coraggiosamente di mascherare una smorfia sofferente con un sorriso. Non gli riuscì molto bene.

Wynne sorrise. «Andraste ti vuole bene, figliolo. L’occhio non è stato toccato e la ferita di per sé era in realtà molto superficiale.» La luce azzurra dell'incantesimo si dissolse e la maga abbassò la mano e fece cenno a Rhianan, che perdeva sangue da un braccio, di avvicinarsi.

In quel momento, all'improvviso, Medraut ringhiò.

«Attenta alle spalle!!» urlò Leliana.

Luniel si voltò di scatto e sgranò gli occhi terrorizzata quando si ritrovò un Demone dell'Ira ad un palmo dal naso. Fece per balzare via, ma il mostro fu più veloce: le sue lunghe dita adunche e roventi la raggiunsero sul fianco scoperto, aprendole tre solchi poco sotto il costato. Luniel gridò e cadde a terra, nelle narici la puzza della sua stessa carne bruciata, e alzando lo sguardo vide il Demone incombere su di lei. Stringendo i denti, fece per rotolare via, ma in quello stesso momento una spada emerse dal petto fiammeggiante del mostro; la lama fu ritratta per abbattersi subito dopo sul suo collo, quasi tranciandogli la testa. Il Demone si accasciò al suolo e Alistair lo superò d'un balzo, afferrò Luniel per un braccio, la sollevò e la trascinò via, sordo al suo gemito di dolore. Era stato poco delicato, certo, ma quando pochi istanti dopo il cadavere esplose, la dalish perse ogni voglia di lamentarsi per quel rude trattamento.

«Vedi il lato positivo» le disse Nevan, poco distante. «Ti ha procurato una ferita e nello stesso tempo te l'ha cauterizzata.»

«Vai a farti fottere» gli ringhiò. E mentre tutti – o quasi – la fissavano sorpresi da quel linguaggio, lei pensò all'energico scappellotto che le sarebbe arrivato dritto dritto sulla nuca da Ashalle, o da uno degli altri anziani, se l'avessero sentita.

Poi Alistair proferì: «Non per fare quello assillante, o quello saccente del "Ve l'avevo detto", ma che ne pensate di darmi finalmente ascolto e cercare un'armatura che vi ripari meglio?»

Luniel emise un borbottio poco chiaro, ripensando a quando il Custode le aveva consigliato di procurarsi un'armatura più adatta, in seguito allo scontro con i prole oscura prima di Lothering.

«Avete detto?» quasi cinguettò il Custode.

«Che avete ragione! Alla prima occasione utile cambierò la mia armatura!»

Alistair si mise a ridacchiare soddisfatto, mentre lei si corrucciava. «Oh, riecco quell'adorabile broncio» la prese in giro.

Lei gli scoccò un'occhiataccia, che non sortì alcun effetto se non quello di farlo ridere ancor più allegramente.

Leliana si sedette accanto a lei mentre Morrigan ed Elyria arrivavano con gli impiastri contro le ustioni, da usare in combinazione con gli incantesimi di cura della maga elfa. «In effetti, Alistair ha ragione» le disse.

Luniel alzò gli occhi al cielo, seccata. «Sì, l'ho già ammesso, devo cambiare armatura. Vogliamo ripeterlo un altro po'?»

«Meglio di no» intervenne Morrigan, «c'è il rischio che si monti quella sua testa vuota.»

Alistair la guardò di traverso. «Gentile come sempre.»

«Faccio del mio meglio» ribatté la strega.

Luniel sbuffò. «Vi date una mossa a rimettermi in sesto o no?»

Leliana ridacchiò. «Sì, sì» rispose divertita, recuperando un impiastro dalle mani di Morrigan per aiutare nelle operazioni di cura. «Ma io mi riferivo al vostro broncio: è davvero adorabile.»

La dalish le lanciò un'occhiata storta, quasi tentata di rinunciare alle cure e di mettersi invece fuori della portata di quella stramba shemlen. Poi scosse la testa e attese pazientemente che le guaritrici terminassero di rimettere in sesto lei e tutto il gruppo.

Circa due ore più tardi, Luniel non sapeva se invocare i propri dèi affinché la incenerissero sul posto o se prendersi semplicemente a schiaffi da sola. Si lasciò scivolare a terra, sfinita, e si appoggiò contro la parete, calciando via senza troppo rispetto un grosso tomo di salmi, caduto ben lontano dal suo leggio; chiuse gli occhi e pensò che, se le cose fossero continuate in quel modo, era molto probabile che ci lasciassero la pelle ben prima di raggiungere quell'Uldred che Nevan ormai smaniava di trasformare in un arrosto umano.

Sembrava quasi impossibile che nell'arco di… quanto? Venti minuti? Mezzora? … si fossero susseguiti tutti quegli assalti. Scheletri, cadaveri, Demoni e Abomini erano piombati loro addosso in successione e in gran numero, dando loro a malapena il tempo di riprendere fiato o energia magica fra uno scontro e l'altro; per fortuna ci erano riusciti prima, oltre ad aver raggiunto il magazzino e aver recuperato un po' di provviste. Il risultato era comunque che, oltre a tutta una serie di ferite superficiali e trascurabili, molti di loro ne avevano subite altre ben più gravi: Elyria ci aveva quasi rimesso un braccio, Leliana e Rhianan si erano ritrovate con le costole fratturate e Alistair con il cranio quasi aperto in due; Medraut aveva una zampa rotta e Morrigan era stata trafitta ad una spalla. Soltanto Luniel e Wynne se l'erano cavata più a buon mercato. E Sten, che chissà come non aveva ricevuto nemmeno un graffio.

L'elfa sbuffò, guardandosi intorno. A furia di avanzare combattendo erano giunti al piano successivo e si erano alla fine ritrovati nella cappella, ridotta ad una devastazione di panche rovesciate, statue abbattute e schizzi di sangue. Escludendo qualche sacca maleodorante, sembrava però libera; stanchi, feriti e malconci, avevano quindi pensato di riposarsi lì, per dare il tempo a Wynne ed Elyria di curare le ferite più urgenti e, in generale, a tutti i maghi del gruppo di ritemprare il mana.

Evidentemente, però, una qualche forza superiore aveva deciso di divertirsi a loro spese. Alistair, girovagando per la cappella, aveva scontrato un boccettino in cui era stato sigillato un altro mostro – Revenant, lo avevano chiamato i maghi – che si era dimostrato particolarmente ostico. Tuttavia il gruppo, seguendo le indicazioni di Nevan e Wynne, era riuscito a dar prova di un incredibile lavoro di squadra e ad attuare la giusta tattica contro il Demone; combinando le maledizioni di Morrigan per indebolirlo, i glifi di Wynne per paralizzarlo e gli incantesimi di fuoco di Nevan, in aggiunta agli scudi protettivi di Elyria, anche i combattenti erano riusciti ad avere la meglio sul mostro.

Adesso, però, erano davvero stremati.

Luniel chiuse gli occhi e stese le gambe con un sospiro, rimpiangendo di non avere Ascher lì con sé; senza contare che le sue zanne sarebbero state un valido supporto nei combattimenti. Avvertì un movimento e riaprì gli occhi, scorgendo Elyria che si avvicinava e le si sedeva accanto.

«Stai bene?» le domandò la maga. «Wynne e io abbiamo sistemato le ferite degli altri, ma ho ancora un po' di mana per te, se ti serve.»

La dalish scosse piano la testa. «Nulla che non passerà con del riposo. Pensa a riposarti anche tu, hai un aspetto stravolto» commentò, notando la patina di sudore freddo che le imperlava il viso.

L'altra esibì un sorriso affaticato. «Non posso negarlo.» Si appoggiò meglio alla parete e abbassò le palpebre. Tutt'intorno regnava il silenzio, giacché anche il resto del gruppo stava pensando solo a recuperare le forze. Poi la maga riaprì gli occhi e si girò verso Luniel. «Senti, mi stavo domandando una cosa… Non che ci avessi mai pensato, prima, non ho ricordi al di fuori del Circolo, ero troppo piccola quando mi hanno portata qui, ma vedendo te… Ecco, mi sono trovata a chiedermi come sarebbe stato per me nascere tra i Dalish, vista la mia condizione.»

Luniel rimase qualche istante in silenzio, riflettendo. «Be', probabilmente non saresti potuta diventare una cacciatrice o una guerriera, ma ci sono altri ruoli, in un clan, come gli artigiani o i guaritori. Inoltre possiedi la magia, quindi saresti potuta essere la Prima di un Guardiano. Forse avresti dovuto lavorare un po' sul carattere.» Ripensò a Merrill, svagata e sognante, che ancora si impegnava per poter diventare forte e autoritaria in modo da saper guidare il clan, in futuro. «Anche se magari mi sbaglio. "Non bisogna mai fermarsi alle apparenze", diceva sempre Marethari. Guarda Nevan, chi l'avrebbe detto che sa usare una spada?»

«Già» mormorò Elyria, poi piegò la testa con aria perplessa. «Cos'è la Prima di un Guardiano?»

«Ah, giusto, non puoi saperlo» si rese conto la dalish. «I Guardiani sono i nostri capi, ogni clan ne ha uno alla propria guida, ed è sempre qualcuno dotato di magia; essi studiano e preservano le nostre tradizioni. Un Primo, invece, è l'apprendista di un Guardiano, di cui un giorno prenderà il posto. Qualche volta c'è anche un Secondo, ma ogni clan cerca di non avere troppi incantatori per non attirare le attenzioni dei Templari. Danno la caccia anche a noi, come vedi. In questo, e nel disprezzo della Chiesa, non avresti trovato differenze rispetto alla tua vita.»

«E… e cosa succede se ci sono troppi bambini col dono?»

«Vengono inviati ad altri clan in cui la magia è poco presente o assente.» Luniel si sistemò una treccina ormai mezza disfatta dietro l'orecchio. «Come la Prima del mio clan, Merrill. Nel suo erano già quattro dotati, da noi era rimasta soltanto la Guardiana Marethari, quindi la lasciarono con noi.» Emise un sospiro. «A quanto pare, la magia fra i Dalish sta morendo… come i Dalish stessi.»

Elyria esitò qualche istante. «Cosa intendi?»

Luniel si trovava a suo agio con Elyria, probabilmente per via della comunanza di razza: anche se non era una dalish, era pur sempre un'elfa. Per questo si sentì libera di parlarle di questioni che non avrebbe affrontato con uno shemlen. «Nascono meno bambini di quanto vorremmo e muoiono più dalish di quanto vorremmo, soprattutto a causa degli umani che ci perseguitano, in un modo o nell'altro.» Fece un sorriso amaro. «Siamo un popolo libero e orgoglioso, ma morente.»

La maga abbassò lo sguardo. «Oh… io… non immaginavo…»

«Tranquilla. Anche molti di noi non lo immaginano.» La dalish fece spallucce.

«Capisco…» Elyria esitò un attimo, poi chiese: «Senti, ti va di raccontarmi qualcos'altro della tua gente e delle vostre usanze? Adesso o più tardi, insomma. Mi piacerebbe molto saperne di più.»

Luniel ricacciò la tristezza e le sorrise. «Volentieri.»


L'angolo dell'autrice

E sono tornata. Dopo… uh, sei anni. È stato un periodo complesso, in particolare gli ultimi due anni, perché oltre alla pandemia mi sono trovata in una situazione veramente difficile e pesante, con la depressione che è tornata a prendermi a coppini fortissimi sulla nuca. Sono successe cose brutte e cose belle, e la più bella è aver finalmente trovato la persona della mia vita. Ma non starò a tediarvi.

Spero che la pubblicazione di questo capitolo – che stava lì incompiuto da sei anni, appunto – sia il giusto sprone a riprendere e portare avanti questa storia. Non so se interesserà ancora a qualcunǝ, ma ci proverò lo stesso, compatibilmente con gli impegni e le mille cose che voglio fare. Peraltro mi rendo conto che forse la conclusione del capitolo sembra un po' tirata via, ma non vedevo l'ora di chiuderlo per poter passare oltre.

Non credo di dover spiegare molto in questo capitolo, a parte che ho fuso insieme due armi che compaiono nel gioco, vale a dire Zanna delle Stelle (la spada di ferro meteorico che si può far forgiare se si ha il DLC Picco del Custode) e la Tessincantesimi o-come-si-chiama-non-me-lo-ricordo-più, che si ottiene durante la missione delle Sacre Ceneri. Questo perché a Nevan, nella mia partita, ho fatto prendere la specializzazione di Guerriero Arcano, equipaggiandolo poi con la spada, ma come nome mi piaceva più l'altro :p

E insomma, se avete letto e siete arrivatǝ fin qui, in primo luogo grazie, in secondo se avete domande ponetele pure, in terzo se vi va lasciatemi un'opinione.

Ciao, e a presto… spero!

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