Ice and Fire

di arangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

La ragazza sedeva nell'oscurità della sua stanza, fissando il vuoto davanti a lei. Un nuovo giorno, una nuova missione, un nuovo sacrificio all'unico vero Dio. Sospirò pesantemente, giocherellando con la fibia del pugnale. Da quanto tempo non le importava più di uccidere? Da quanto tempo togliere la vita a qualcuno era per lei poco più che una formalità, un'abitudine giornaliera? Obbedire agli ordini, svolgere missioni senza porre la più piccola domanda, perché lei non aveva opinione. Bisogna avere un'identità per possedere un'opinione, e lei aveva perso la sua molto tempo prima. Ne aveva indossate molte altre si, ma finte, flebili, sfuggevoli e ingannevoli per lei stessa come per gli sconosciuti.

Si alzò, ormai doveva essere l'alba. Di solito si accontentava di un sonno leggero, un paio d'ore a notte, a volte nemmeno quelle. Con l'oblio del sonno arrivavano i ricordi sotto forma di dolorosi incubi, visioni di un volto amato troncato di netto, di una foresta oscura, un branco, una famiglia, i campanelli che trillavano nella sua mente... Ma quella in fondo, non era più lei.
L'eterna bambina la guardò camminare nei lunghi corridoi oscuri, di cui ancora sapeva il numero esatto di passi a memoria, regalo del suo periodo di completa cecità. Si stava avvicinando alla sala delle maschere, il luogo in cui le molteplici identità usate per i loro omicidi riposavano, aspettando con impazienza di essere richiamati dal limbo. Il vecchio l'aspettava davanti alla porta, le braccia conserte e lo sguardo vacuo che non sembrava nemmeno vederla. Aspettò in silenzio finché lui non si accorse della sua presenza, e la guardò con quell'espressione benevola che le era sempre risultata sospetta. "Mia cara, un'altro giorno è sorto, ho un compito molto importante da affidarti." Lei si mosse verso la stanza, ma lui la bloccò con il braccio "No, non questa volta. Questa volta dovrai usare l'identità che portavi quando venisti qui per la prima volta..." la guardò negli occhi "Sarai Arya Stark di nuovo."

Andarono nel tempio, in cui i gemiti dei morenti si mescolavano con le preghiere dei disperati e il profumo dell'incenso. L'uomo guardò davanti a se e incominciò a spiegare "C'è una persona che dobbiamo eliminare, ma questo sarà diverso da tutti i compiti che hai svolto prima. La persona in questione è potente, amata e circondata da un esercito. Non sarà facile, ma per questo ho scelto te. La donna che deve morire, fino a questo momento era rimasta in silenzio a Meereen, ma ora che si trova in viaggio verso i Sette Regni rischia di mandare all'aria il fragile equilibrio che si è creato da quando Stannis Baratheon è morto alla Barriera. Dovrai ucciderla prima che i suoi piani portino il caos." si girò a guardarla negli occhi "Hai qualche domanda?" Arya lo guardò con occhi freddi e inespressivi, nonostante il leggero brivido che aveva provato sentendo nomi a lungo sepolti nella memoria "Qual'è il suo nome?" "Daenerys Targaryen".

Si alzò, per andare a prepararsi per il viaggio; come al solito le informazioni dell'uomo era inaccurate, e avrebbe dovuto informarsi da sola. Anche quello faceva parte del gioco. Si domandò come sarebbe stato, tornare veramente nei panni di Arya dopo tanto tempo. Il dolore sarebbe stato troppo forte, o gli anni di allenamento come assassina sarebbero riusciti a ammorbidire i ricordi? Si girò un'ultima volta verso l'uomo, quella creatura dai mille volti, come i suoi, che le era stato accanto negli ultimi nove anni "Valar Morghulis". Riuscì a sentire la risposta mentre si allontanava, nonostante il rumore "Valar Dohaeris". 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Il calmo ondeggiare del cavallo la rilassava in modo particolare, e si stava godendo il viaggio al massimo possibile. Non succedeva spesso che la lasciassero uscire dalla città, così grande che poteva bastare a tenere occupato un assassino a vita. La solitudine del viaggio, il panorama deserto di fronte a lei, era in qualche modo rassicurante dopo una vita passata nei vicoli pieni di anfratti e e luoghi oscuri in cui nascondersi. Rassicurante ma allo stesso tempo terribile, pensò, visto che era lei di solito a nascondersi nel buio. Ma l'aver riabbracciato la sua identità originale stava già cominciando a fare effetto, la piccola Arya Stark che era in lei, bramosa di avventure come sempre, fu quasi tentata di girare il cavallo e andarsene per sempre da quella vita. Ma a che scopo? In fin dei conti, lei rimaneva nessuno. 

Doveva essere ormai vicina alla marea di gente che la ragazza Targaryen si stava portando appresso, da quello che i suoi informatori le avevano riferito, era una carovana di umani così lunga che a cavallo ci si metteva un giorno intero a percorrerla tutta. Tutti disperati, schiavi liberati, malati, che seguivano la loro madre, la loro Misha come se potesse condurli alla salvezza eterna. Se erano vere solo la metà delle voci che si sentivano su Daenersy Targaryen, costei doveva essere paragonabile ad una dea, se non alla Madre stessa. E poi c'erano i draghi. Enormi creature di fuoco e sangue che seguivano la regina ovunque andasse, assetati di carne umana ma fedeli e obbedienti a lei, anche se c'erano voluti anni per addestrarli. Arya aveva sempre desiderato vedere un drago, persino cavalcarlo, come Visenya imbracciando la sua spada, Sorella Oscura. Ma all'assassina non interessavano i draghi, erano solo un'ostacolo fra lei e il suo compito. Aveva saputo che alla corte di Daenerys, oltre ad un mucchio di uomini dothraki che a malapena sapevano parlare, c'era un uomo di nome Barristan Selmy. Arya, la giovane e innocente Arya Stark l'aveva conosciuto molti anni prima, quando suo padre era ancora vivo e vegeto. Ora capiva perché aveva dovuto riprendere la sua identità; nonostante il tempo trascorso e i grandi cambiamenti che l'avevano trasformata, i tratti degli Stark erano ancora bene impressi nel suo volto, e questo avrebbe giocato a suo favore. Per quanto ne sapeva, era l'unica Stark ancora in vita da quando Sansa era scomparsa, e l'unica erede di Grande Inverno. Sicuramente avere il popolo del Nord dalla sua avrebbe giovato non poco alla causa dei Targaryen. Doveva solo presentarsi a Barristan, e aspettare l'occasione giusta per arrivare abbastanza vicina a Daenerys.


Conosceva tutti i modi possibili in cui si poteva uccidere qualcuno, e sarebbe stata solo questione di tempo. Il sole stava per tramontare all'orizzonte quando notò per la prima volta la polvere ad Est, che si faceva via via più intensa. Dovevano essersi accampati per la notte, ma visto il grande numero di persone, la polvere del deserto si muoveva creando disegni immaginari intorno alle figure che Arya ancora non riusciva a distinguere. Aumentò il passo dell'animale, e dopo poco raggiunse le prime tende, che dovevano essere del popolino a giudicare dalle condizioni in cui si trovavano; la regina era saggia a non viaggiare in testa alla sua carovana, ma lo stesso Arya si era aspettata di trovare delle guardie. Evidentemente quel marasma di essere umani era troppo grande per poter essere controllato, e per una volta alla ragazza dispiacque non trovare nessuno, era impaziente di essere annunciata a Selmy. Non desiderava altro che richiudere Arya Stark nell'angolo polveroso della sua mente in cui era rimasta fino a quel momento, e inseme a lei tutti quei fastidiosi ricordi che tornavano a galla. Scesa da cavallo, si face largo tra la miseria della gente, cercando un punto di riferimento che potesse aiutarla.

Vagava ormai da mezz'ora, quando un urlo alla sua destra la risvegliò dal torpore della sua ricerca. Un urlo così famigliare da farle gelare il sangue nelle ossa. Sansa? Com'era possibile che si trovasse lì? Sansa era morta, persa per sempre, eppure quella voce era così simile a quella della sorella che per un momento Arya si lasciò trascinare dalla convinzione di averla trovata. Doveva essere lei, nonostante tutto quel tempo, riusciva ancora a ricordare le urla di orrore della sorella quando le faceva trovare insetti nel suo letto. Sguainò uno dei pugnali che portava alla cintola, e seguì il rumore. Una ragazza era a terra, un angolo oscuro fra due tende, e tre uomini erano su di lei, certamente con intenzioni poco gradevoli. Arya notò i capelli ricci, la carnagione scura della ragazza, ma non si diede troppo pensiero, anche lei era cambiata, poteva ancora essere lei, pensò con disperazione. Si scagliò contro i tre sconosciuti, con tutto l'ardore che si teneva dentro, e gli uomini si accorsero troppo tardi del suo arrivo. Tagliò la gola al primo senza esitazione, riempiendosi il mantello del sangue rosso acceso che sgorgò copioso dalla ferita, gli altri due rimasero fermi per un momento, troppo sorpresi per muoversi. Arya conficcò la lama nell'addome di uno dei due, puntando al rene, e questo lanciò un grido di dolore così acuto che lei lo sentì rimbombare in testa per qualche secondo. L'uomo si accasciò a terra e il suo amico cercò di colpirla alla spalla, ma lei si scansò di lato, lasciando il coltello nelle carni dell'altro. Assestò un pugno alla gola dell'uomo rimasto, e quello si piego in due dal dolore. Estraendo un'altra lama, Arya la conficcò con decisione e precisione tra le costole dell'uomo, perforandogli il cuore. 

Si rimise in equilibrio con disinvoltura, respirando solo leggermente più veloce del normale, e si girò a guardare la ragazza, che la osservava dalla polvere, la veste di seta strappata sul petto. Non apparteneva decisamente al popolino, e di sicuro non era sua sorella. Ci mise solo un secondo più del solito a soffocare la delusione, e ricacciò i ricordi di Sansa in un angolo della mente in cui non potevano disturbarla. Porse alla ragazza la mano sinistra, quella che non era stata contaminata dal sangue, e lei la prese, alzandosi in piedi e guardandola negli occhi "Ti ringrazio" disse in valyriano e Arya le sorrise. Quanto tempo era passato dall'ultima volta? "Una fanciulla non dovrebbe vagare da sola in questa, sola e disarmata tra l'altro." la ragazza alzò le spalle con poca convinzione "Sono qui per conto della mia signora. Non potevo aspettare una scorta" il suo viso assunse un'espressione orgogliosa "A Daenerys Targaryen non piace aspettare..." sorrise "Per fortuna c'eravate voi. Io sono Missandei." "Arya" disse lei sorridendo in modo più evidente "E avrei davvero bisogno di parlare con la vostra signora."

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Camminarono a lungo nel buio fianco a fianco, Arya che cercava di pulire il sangue dal mantello, Missandei che fissava la strada, entrambe in silenzio. "Immagino sappiate che la mia signora è una donna molto potente... Non posso promettervi che vi riceverà, anche se vi devo un favore." Arya la fissò per un momento "Se mi lasciate spiegare la situazione a Ser Barristan Selmy, sono sicura che sarà più che disposta a sentire quello che ho da dire." Missandei si fermò, come punta sul vivo, e distolse lo sguardo "Purtroppo... purtroppo Ser Barristan non è più tra noi." Arya rimase paralizzata per un momento mentre il piano preciso che aveva organizzato nella sua mente si sgretolava. Ora sarebbe stato tutto molto più rischioso. "Mi dispiace, sapevo che era un grande cavaliere" "E un brav'uomo. Ma se è un uomo dell'occidente che vi serve, forse siete fortunata." La ragazza si sorprese della capacità di osservazione di Missandei, non era mai stato facile per nessuno leggerle la mente "Dipende dall'uomo. Chi è costui?" "Ser Jorah Mormont, da poco tornato nelle grazie della Khaleesi." Udire quel nome la fece sprofondare ancora di più nello sconforto, sapeva che non c'era mai stato buon sangue tra lui e suo padre. Tutto sembrava volerle rendere il compito più arduo, ma non era veramente importante. Sarebbe riuscita a portare a termine la missione, in un modo o nell'altro.

Erano arrivate in una zona decisamente più ricca della precedente e ben sorvegliata della precedente, ma nessuno faceva caso a lei visto che era in compagnia di Missandei. Arya camminava dietro di lei, cercando di catalogare la ragazza secondo i suoi soliti standard: pericolosa? Non da sola, anche se la sua influenza poteva rappresentare un pericolo oltre ad un vantaggio. Astuta? Da quel poco che aveva potuto osservare non era di certo sciocca, e il fatto che così giovane fosse entrata nelle grazie di una delle donne più potenti di Essos la diceva lunga, molto più delle sue azioni. Ma allora cosa l'aveva spinta ad avventurarsi da sola in un luogo così pericoloso? Lealtà? Fino al punto di rischiare la propria vita per una semplice richiesta? Arya si chiese quale fosse mai questo compito così importante che non poteva essere rimandato. Assorta nei suoi pensieri, si rese conto che erano arrivate solo quando Missandei la fermò toccandole leggermente la spalla. Erano davanti ad una tenda tra le più grandi che Arya avesse mai visto, in un tessuto così riccamente decorato da sembrare un arazzo. Filamenti d'oro correvano per tutta la sua lunghezza, formando arabeschi eleganti che impressionarono Arya molto di più delle numerose guardie appostate fuori. Tutto intorno a lei era una manifestazione di potere e ricchezza, quasi come se la Madre dei Draghi volesse far capire a nemici e amici che a lei era concessa qualsiasi cosa, a cominciare da una vera a propria reggia nel deserto. 
"Ora vi annuncerò alla regina, ma non potrò dire apertamente che mi avete salvata, nessuno tranne la mia signora sa dov'ero stanotte" il suo sguardo si fece penetrante, come a sfidarla di rivelare qualcosa "A meno che non vogliate essere portata prima da Ser Jorah." "No, grazie. Se la vostra regina non vorrà vedermi ora, aspetterò." Missandei annuì con fare distratto "Il vostro nome completo?" "Arya Stark" gli occhi della ragazza si accesero improvvisamente. Evidentemente il nome della sua famiglia non era sconosciuto nemmeno in quell'angolo di terra dimenticato dagli dei "Si prospetta un incontro interessante." Entrarono nella tenda, che sembrava ancora più grande vista dall'interno, nonostante l'incredibile numero di persone assiepate dentro di essa "Aspettatemi qui."

Con questo Missandei sparì dalla sua vista, e Arya non perse occasione per osservare l'ambiente intorno a lei, caldo e soffocante come il deserto intorno a loro, profumato d'incensi stranieri misti all'acre sudore umano che sembrava onnipresente nell'aria. Un gran numero di persone era accalcata al bordo della tenda, tutte intorno ad un grande fuoco centrale, tutti intenti a fissare il trono da cui Daenerys Targaryen distribuiva ordini e giustizia. Arya non riuscì a distinguere chiaramente la regina, ma non tentò nemmeno di muoversi dal posto in cui si trovava. Era pur sempre una straniera in territorio ostile. Un brusio generale percorse la folla, e Arya si rese conto che qualcosa doveva aver attirato l'attenzione di tutti. La musica, che fino a quel momento accompagnava i mormorii dei presenti si fermò di colpo, e Arya si rese conto di non averla sentita fino al momento in cui si era interrotta. Trattenne il respiro per un attimo, muovendo leggermente la mano verso l'impugnatura del pugnale. Sperava di non dover arrivare a tanto, ma non aveva idea di come avrebbe reagito Daenerys nell'udire il suo nome, ora che sapeva da che uomo si faceva consigliare. Missandei sbucò nuovamente dalla folla, e le fece segno di avanzare. Rilassandosi leggermente Arya si fece strada tra i presenti, muovendosi sempre con più sicurezza verso il centro della tenda. La paura uccide più della spada, pensò e il ricordo di Syrio le attraversò la mente in modo così impetuoso che fu costretta a fermarsi. Erano anni che non pensava al suo vecchio maestro di spade, e il ricordo fu doloroso quasi quanto lo era stato quello di suo padre. Ma non era quello il momento di scavare nel passato, e Arya si ripeté mentalmente il mantra dei Danzatori dell'Acqua mentre il suo cuore tornava a battere normalmente e si preparava a recitare il ruolo più importante della sua vita, quello di se stessa.

Giunta davanti al trono, alzò gli occhi e incrociò per la prima volta lo sguardo di Daenerys Targaryen. Nel vedere il suo aspetto provò un misto di delusione e interesse così profondo che in un primo momento non riuscì a distinguerli. Aveva sentito così tante storie sull'ultima Targaryen, la Madre dei Draghi, che nel vedere davanti a se quella giovane donna dagli occhi stanchi l'aveva colta di sorpresa. Si era aspettata una regina imponente, che incutesse timore a chiunque le fosse vicino, una donna di potere e di morte, ma di certo non era quello che aveva davanti. C'era qualcosa nella sua figura, il portamento, lo sguardo, che le faceva venire provare il desiderio di inchinarsi. Non era timore, era più simile al rispetto, al desiderio di non turbare una creatura che sembrava più eterea che reale, un personaggio uscito dalle leggende della Vecchia Nan. Arya si inchinò leggermente, chinando lo sguardo, e quando lo rialzò riuscì a notare una luce diversa negli occhi della giovane, una scintilla d'interesse.

"Per i Sette..." una profonda voce maschile strappò Arya dalla contemplazione, e girandosi si trovò faccia a faccia con un uomo, anche se a prima vista le sue sembianze risultavano essere più animalesche che umane. Basso, muscolo e peloso come un animale selvatico, Jorah Mormont assomigliava ancora alla descrizione che la madre le aveva detto molti anni prima, parlando di lui con Robb. Si ricordava ancora. Nonostante tutto, riusciva ancora a sentire la voce della madre nei suoi ricordi. "Sei davvero... E' davvero Arya Stark." disse Jorah girandosi verso Daenerys "O comunque possiede di sicuro sangue Stark. Non dimentichi un viso del genere, è identica a sua zia Lyanna." Non era la prima volta che qualcuno le diceva una cosa del genere. Il ricordo di suo padre che le parlava del sangue del lupo era ancora vivo in lei. Era stato lui a dirle quanto fosse simile alla sorella morta. -Ma Lyanna era bella- aveva risposto lei. La chiamavano Arya faccia di cavallo, anche questo si ricordava. Non che ora avesse più importanza.
"Bene dunque... Benvenuta alla mia corte, Lady Arya." Arya riportò lo sguardo su Daenerys, incrociando i suoi occhi grigi con quelli viola di lei. "E' un onore, mia Regina."  

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Raramente ormai Daenerys riusciva a trovare qualcosa che catturasse la sua attenzione. La stanchezza, la noia, la frustrazione, avevano coperto tutti gli sgargianti colori delle città di Essos di una patina grigia che non riusciva a andarsene via. Da quando Daario era morto, ormai anni prima mentre ancora cercava di governare la città di Meeren, nessuno era più riuscito ad impressionarla. Venivano da lei per la sua fama, per la sua potenza, per i suoi draghi, e nei loro occhi Daenerys riusciva a vedere riflessa solo cupa avidità. Erano tutti uguali. 

Non si aspettava altro da questa giovane che diceva di essere Arya Stark, un nome che ritornava alla sua memoria come un eco molto lontano. Ma quando la vide uscire dalla folla, capì subito che in lei c'era qualcosa di diverso. I suoi occhi, grigi e freddi come una tempesta invernale, non avevano il solito sguardo opportunista che aveva imparato a riconoscere, il luccichio avaro che contraddistingueva tante persone alla sua corte. Erano vuoti, senza alcuna emozione, e il sorriso che la ragazza le rivolse si fermò alle labbra, senza raggiungere il suo sguardo. Un briciolo di curiosità si insinuò nel cuore della Madre dei Draghi, e quasi non sentì le parole di Jorah, presa com'era nell'osservare la nuova arrivata "Mia signora, non possiamo fidarci." Daenerys lo guardò con sguardo interrogativo, sentendo lo sguardo della ragazza addosso, come se le parole di Jorah non fossero altro che rumore di sottofondo per lei. "Perché questa affermazione Ser Mormont?" Il suo povero vecchio orso la guardò con sguardo confuso, e Daenerys ripensò a come l'aveva trovato confortante anni prima, quando era solo una bambina e lui la proteggeva da un mondo sconosciuto. Da quando lei l'aveva riaccolto alla sua corte, si era resa conto di quanto il tempo fosse stato poco generoso con lui, di come sembrasse semplicemente vecchio e stanco, ma ancora ostinato a servirla. Per questo l'aveva ripreso con se; era sicura che non l'avrebbe mai più tradita.

"Mia signora, suo padre... Eddard Stark, è stato lui  mandarmi in esilio, lo ricordate?" "E con una buona ragione" la voce di Arya era fredda e composta, ma a Daenerys non era sfuggito il modo repentino in cui aveva voltato il capo nell'udire il nome del padre "Voi avete compiuto un crimine, dovevate pagare. Mio padre era un uomo d'onore, non faceva differenze tra nobili e popolani quando si trattava di legge."
"Un uomo d'onore, certamente" il sarcasmo nella sua voce era così palpabile che Daenerys non riuscì a trattenersi dal guardarlo leggermente sorpresa "Un uomo d'onore che ha tradito il suo legittimo re, preferendo schierarsi dalla parte del suo amico di bevute. Mia signora, costei è la figlia di un traditore, di un uomo che ha venduto vostro padre per onore e gloria..." La mano di Arya scese a circondare l'elsa del pugnale mentre si faceva avanti, un fuoco negli occhi che Daenerys stentava a riconoscere ora che così tanta passione scorreva in essi "Mio padre non era un traditore" urlò, muovendo lo sguardo da Jorah a Daenersy "Se è questa la storia che vi è stata raccontata mia signora, vi hanno ingannata. Mio nonno e mio zio erano stati uccisi ingiustamente da vostro padre Aerys, e mia zia rapita e brutalmente stuprata da vostro fratello. Era per riparare il suo onore che mio padre scese in battaglia, mai per il profitto personale." Sembrò calmarsi lentamente mentre la parole scorrevano tra di loro, la luce negli occhi che tornava controllata, rinchiusa in una fredda prigione di ghiaccio "Mio padre non avrebbe mai voluto essere più di ciò che era." Nella mente di Daenerys si accavallavano fatti e storie che il fratello le aveva raccontato durante l'infanzia, della pazzia di suo padre, della nobiltà di suo fratello. Sembrava impossibile riuscire a districare gli eventi che avevano portato alla ribellione che aveva posto la fine al dominio della sua casata sui Sette Regni. Ad un certo punto aveva dovuto ammettere a se stessa che non le importava. Erano tutti morti, tranne lei, e doveva cercare il modo di sopravvivere in quel mondo spietato, non c'era tempo per le leggende. "Anche se quello che dite fosse vero Arya della casa Stark, ciò non toglie che vostro padre abbia comunque sostenuto l'Usurpatore. Questo ci rende nemiche. Per quale motivo siete venuta?" "Ciò che è successo non può essere cancellato. Ma io non sono mio padre. La mia famiglia non esiste più, sono rimasta sola." Daenerys riuscì a cogliere una nota di dolore nella voce controllata della ragazza, e lo trovò così simile al suo da non riuscire più a dubitare delle sue parole. "La mia famiglia è stata massacrata, e io esigo vendetta per le loro anime. Abbiamo gli stessi nemici Madre dei Draghi. Sarebbe folle per me pensare di mandare all'altro mondo da sola Lannister e Greyjoy, ma offrendovi i miei servigi.." rialzò lo sguardo, nel quale Daenerys non scorse alcuna ombra di incertezza ".. potrei avere ciò che desidero." "E cosa potresti offrirmi in cambio?" Daenerys era così concentrata su Arya, che si era quasi dimenticata che di avere Jorah accanto a lei "Mia signora, non starete pensando seriamente di.." "Zitto." Lo bloccò senza pensarci due volte. Non era affar suo. Non era affare di nessuno; era riservato a lei e alla giovane ragazza che gli stava davanti, con gli occhi che riflettevano la prigione di ghiaccio in cui teneva rinchiusa la fiamma che le bruciava dentro. Era un enigma, un indovinello che Daenerys voleva assolutamente risolvere. "Portatemi con voi mia signora, e una volta arrivati a Westeros avrete il Nord dalla vostra parte. Gli uomini di mio padre non hanno dimenticato ciò che è stato fatto alla mia famiglia. Combatteranno per me. Per voi."

"Mi sembra una proposta ragionevole" Daenerys si alzò, torreggiando il resto della folla che attorno a loro osservava la scena "Mia signora, state commettendo un grave errore. Questa ragazza non porterà altro che guai." "Jorah, non sono più una ragazzina. So prendere le mie decisioni.." guardò Arya, immobile poco distante da loro, che la fissava senza riguardo alcuno. Un leggero brivido le corse lungo la schiena, e sperò vivamente che nessuno l'avesse notato "..e so affrontare le conseguenza delle mie azioni." Passo davanti alla ragazza, facendole cenno di seguirla. Mentre si allontanavano, nonostante il rumore della folla, riuscì a distinguere chiaramente le parole che Jorah rivolse ad Arya dietro di lei "Un passo falso e sei morta piccola lupa."








Note: Scusate per la brevità di questo capitolo, sono immersa nello studio fino al collo e di più non posso fare, però ci tenevo ad andare avanti. Ho sperimentato il punto di vista di Daenerys, tanto per cambiare e dare un'altra angolazione alla storia, e penso che nei prossimi capitoli alternerò punti di vista diversi! Finisco dicendo che non odio il povero Jorah (anche se non è il mio personaggio preferito) ma ho dovuto renderlo il "rompiscatole" della situazione perché mi serve qualcuno che metta i bastoni tra le ruote ad Arya! Grazie per aver letto, cercherò di caricare il seguito al più presto!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Arya rimase sorpresa quando si lasciò sfuggire il respiro che non si era accorta di trattenere in attesa della risposta della Madre dei Draghi. Si era resa conto con crescente stupore di quanto le importasse far valere la sua opinione in quella corte, di quando desiderasse far capire a Daenerys che né lei né suo padre erano mai stati dei traditori. Era una Stark in fondo al cuore, e lo sarebbe sempre stata. Tutti quegli anni di insegnamenti, di parole che avevano cercato di farle dimenticare la sua identità, la sua casa, non potevano nulla contro l'istintivo richiamo del sangue che le scorreva dentro. 

Mentre camminava nella scia della donna dai capelli argentei, si concesse qualche secondo per esaminare la sua vittima. Perché di questo si trattava, no? Solo un'altra tacca da aggiungere alle altre. Non che si potesse definire Daenerys Targaryen una persona comune. La malinconia che aveva visto riflessa nei suoi occhi in un primo momento era completamente scomparsa durante il loro colloquio, in cui il suo intero volto pareva essersi illuminato come d'incanto. Non doveva essere molto più vecchia di lei, e anche se Arya aveva da tempo perso il conto dei suoi anni doveva essere vicina alla ventina. La ragazza aveva un fisico esile e delicato, cosa che unita alla pelle di porcellana la faceva sembrare più simile ad un fragile fiore che ad una potente sovrana. Portava i capelli lunghi raccolti in trecce elaborate, che lanciavano riflessi argentei alla luce delle fiaccole. Sembravano così setosi che Arya si chiese per un momento se fossero finti, ma non le sembrava possibile. Non che importasse, cercò di ricordarsi. Gli occhi erano però la cosa che più colpiva, le iridi viola sembravano avere mille sfumature, ed erano capaci di far trapelare le emozioni della donna molto più che il suo stesso viso, che manteneva un'espressione fredda e distaccata.

Una volta uscite dalla tenda, Arya sentì un brivido freddo a causa del vento notturno che raffreddava le gocce di sudore che le brillavano sulla fronte. Non si era accorta di quanto fosse caldo all'interno della grande tenda. In realtà si era accorta di molto poco dopo aver posato gli occhi su Daenerys. Magnetica, era l'unica parola che le veniva in mente per descriverla; capiva benissimo come tutte quelle persone avessero potuto lasciare i loro averi e le loro case per seguirla. Persa nei suoi pensieri, quasi non si accorse che Daenerys si era fermata per aspettarla, e per poco non le finì addosso. Due guardie corpulente la fermarono prima che si potesse avvicinare tanto da toccarla, e ogni muscolo nel corpo di Arya si tese, pronto all'azione "Fermi" la voce di Daenerys suonava più dolce ora che erano fuori dalla cacofonia della tenda. "Sono sicura che la nostra ospite non avesse cattive intenzioni." Gli uomini si scostarono, e Arya si rilassò, mentre pensava all'ironia di quella affermazione. Se solo sapesse. La Madre dei Draghi la guardò negli occhi "Camminate al mio fianco, trovo inutile urlare nelle conversazioni." "E io trovo inutile che mi diate del lei. Siete voi la regina." "Una regina senza regno... Chiamami Daenerys." Le sorrise, ma i suoi occhi rimasero guardinghi, e poteva sentirseli addosso ogni volta che non la guardava in volto. "Devi scusare Ser Jorah... Non è uomo da dimenticare facilmente i torti." "Ha detto ciò che riteneva essere la verità. Ma sono sicura che nel suo profondo sa di essersi meritato l'esilio." "Tuo padre doveva essere un uomo severo." "No, non severo, giusto. Un uomo giusto ma pur sempre un uomo; non sempre le sue scelte erano le migliori, ma cercava di fare del suo meglio, per il regno e per la sua famiglia." "Deve mancarti molto." -No- sussurrò una voce dentro di lei -Si- disse un'altra, completamente diversa. "Cerco di non pensarci. Sarebbe inutile lasciarsi prendere dal sentimentalismo." "Ma non è questo che ci rende esseri umani?" Daenerys si fermò per guardarla negli occhi "Se non sono le emozioni a renderci umani, allora cosa può farlo?" Arya non riuscì a sostenere il suo sguardo. Non era stata addestrata per questo. D'un tratto pensò di ucciderla lì, in quel momento. Due guardie non erano un problema per lei. Avrebbe eseguito il suo compito, e sarebbe tornata a casa. Ma era davvero casa sua? Cosa la aspettava là, oltre desolazione e morte? 

Scrollò le spalle, come a togliersi dalla mente quei propositi. C'era tempo, la missione avrebbe aspettato. E poi Daenerys Targaryen la incuriosiva più di quanto volesse dare a vedere. "Ho sentito voci su di te... Dicono che sei più simile ai tuoi figli che al resto di noi comuni mortali." Questa volta la risata che le uscì dalle labbra fu più sincera, e Arya si stupì nel sentire l'angolo della bocca incrinarsi per sorridere a sua volta. "A questo proposito... C'è qualcosa che desidero mostrarti." Erano arrivate alla base di un colle, e Daenerys le fece cenno di seguirla nella salita. Non parlò più fino a quando non arrivarono alla cima, ma in quel momento Arya non era più in grado di risponderle. In pochi istanti le tornarono alla mente tutte le storie che la Vecchia Nan era solita raccontare a lei e ai suoi fratelli, a Grande Inverno, accompagnate da immagini di un angusto sotterraneo pieno di teschi, alcuni così grandi da farla impallidire al pensiero delle bestie a cui erano appartenuti. Davanti a lei c'era però qualcosa di ancora più stupefacente e terribile. "Ritieniti fortunata, non sempre permetto ai nuovi ospiti di vedere i miei figli." I tre draghi di cui tanto aveva sentito parlare erano davanti a lei, in tutta la loro maestosa ferocia. Legati al terreno da pesanti catene di ferro, scrutavano i nuovi arrivati con occhi intelligenti e penetranti, tanto che ad Arya il loro sguardo sembrò quasi umano. Tutti e tre raggiungevano la grandezza di una piccola nave da trasporto, ma il drago nero, quello che a sentire i racconti la stessa Daenerys cavalcava, superava gli altri due di almeno mezzo metro. Arya fissò le creature a bocca aperta, incapace di commentare le fiabe della sua giovinezza diventate realtà. Daenerys la fissò con un sorriso, probabilmente abituata a tali reazioni "Allora? Non vuoi correre via? Molti lo fanno." "Scappare? Perché dovrei? Non ho mai visto nulla di più magnifico in vita mia. E poi sono accanto alla loro Madre." guardò Daenerys negli occhi, ostentando una sicurezza che non era sicura di possedere davanti a quelle creature "Non mi salveresti da loro?" Daenerys ricambiò lo sguardo, mentre un sorriso malizioso le accarezzava le labbra "Certamente." Con passo sinuoso si avvicinò ai draghi "Viseryon, Rhaegon e Drogon" disse indicando ognuno di loro, mentre il drago dorato le appoggiava la testa al fianco, cercando un contatto quasi materno. Arya era stupita di quando il nome "Madre dei Draghi" fosse adatto alla situazione. Sembravano avere occhi solo per lei. Il gesto affettuoso del drago le ricordò Nymeria, e subito cercò di allontanare il pensiero, ancora troppo doloroso per essere affrontato. La vedeva ancora allontanarsi da lei, nelle Terre dei Fiumi. Averla abbandonata era uno dei più grandi rimpianti della sua vita.

Daenerys si staccò dai draghi, e ritornò da lei. "Sono mai stati cavalcati?" "Solo da me." Detto questo si incamminò per tornare al campo e Arya la seguì, lanciando un ultima occhiata alle imponenti bestie dietro di lei. Aveva sempre sognato di cavalcare un drago. Non che questo importasse, cercò di ricordarsi. Constatò con crescente preoccupazione come Arya Stark stesse tornando a prendere possesso del suo corpo così velocemente, vanificando anni di preparativi per nomi del passato sussurrati al vento. Quella era probabilmente la missione più pericolosa che le era mai stata affidata, anche se il rischio non era rappresentato dalla sua vittima, ma da lei stessa. "Penso che la giornata sia stata abbastanza emozionante per te." Daenerys si era fermata, incrociando le braccia sul petto in un gesto molto più umano che regale "E domani dobbiamo riprendere il viaggio. Vorrei averti al mio fianco.." un leggero rossore le colorì le guance, facendola sembrare molto più giovane di quanto non fosse in realtà "..mentre avanziamo." "Sarà un onore" chinò il capo leggermente, capendo che quella era la fine della loro conversazione, almeno per quella notte "Le mie guardie ti troveranno un posto dove dormire. Buonanotte Arya Stark." "Buonanotte mia regina." Lo spettro di un sorriso si appoggiò nuovamente sulle labbra di Daenerys, e quell'immagine accompagnò Arya nella notte, mentre, per la prima volta dopo molti anni, il suo sonno veniva turbato da ululati di lupi.  




Note:
Mi ci sono voluti quasi tre giorni a scrivere questo capitolo, perché ritaglio tempo allo studio (anche se non dovrei!) più che posso ma ho un esame importante la prossima settimana e sono molto presa! Probabilmente le cose stanno procedendo un po lentamente, ma mi piace analizzare i personaggi più che i fatti (quelli arriveranno dopo) soprattutto Arya, che sta subendo un cambiamento importante dentro di se. Grazie per aver letto, al prossimo capitolo (che spero di riuscire a scrivere più in fretta XD)
-arangirl-
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Daenerys dondolava lentamente sulla sella del cavallo mentre questo avanzava, rapita del ritmo ripetitivo più che mai, mentre le palpebre pesanti le calavano sugli occhi, implorandola di concedersi qualche ora di riposo. Provò irritazione verso se stessa; non era riuscita a passare dalla veglia al sonno quella notte e adesso ne pagava il prezzo. Non appena chiudeva gli occhi si sentiva circondata, osservata, e si sforzava di pensare che fosse solo un caso il colore di quelle luci nella notte, grigie e brillanti come gli occhi che aveva lasciato prima di ritirarsi. Non era riuscita a guardarla in volto quando si era presentata al suo fianco per accompagnarla nel cammino, ma anche in quel momento poteva sentire il suo sguardo addosso, come un'ombra, non sgradevole, ma che le lasciava un brivido dentro. Le sembrava di fare la figura della stupida, invitarla a cavalcarle accanto per poi ignorarla come nulla fosse. Voleva farle domande, chiederle del suo passato, ma le sue labbra non lasciavano uscire alcun suono, cosa che non le succedeva da anni. All'improvviso si sentì di nuovo bambina, il giorno del suo matrimonio, quando tutti intorno a lei parlavano una lingua sconosciuta e lei si sentiva sola e abbandonata accanto ad un marito che non conosceva e che le faceva paura. Ma non era più una bambina. Troppo tempo era passato, troppe cose erano accadute, lei era la Madre dei Draghi, la khaleesi, la legittima sovrana dei Sette Regni; non poteva lasciarsi spaventare da una conversazione con una ragazzina. Si girò verso di lei, forse con troppo impeto, e Arya alzò le sopracciglia stupita.

"Ho sentito molte voci su di te e sulla tua famiglia, ma nessuna si avvicina lontanamente a soddisfare la mia curiosità. Cosa ti ha spinta a venire a chiedere il mio aiuto?" La ragazza spinse il cavallo più vicino al suo, e si limitò a fissare il terreno per un lungo momento "Se ti chiedessi cosa desideri di più al mondo, quale sarebbe la tua risposta?" Daenerys non si aspettava una cosa simile e non riuscì a trovare una risposta adeguata a una domanda del genere. Forse perché non ci aveva mai pensato, si era sempre limitata a seguire le strade che gli altri avevano tracciato per lei. "Io... probabilmente... Tornare a casa." Anche se non era sicura di averne mai avuta una, anche se le era sempre mancato un senso di appartenenza a qualcosa, un luogo a cui tornare. I suoi pensieri andarono alla casa con la porta rossa, ricordo della sua breve infanzia, ma cercò di ignorarli. Il suo posto era ad Approdo del Re. La sua casa sarebbe stata la Fortezza Rossa. Immersa nei suoi pensieri, quasi non si accorse che Arya la fissava con un mezzo sorriso tra le labbra, e questa volta non riuscì ad evitare il suo sguardo "Anche io non desidero altro. Poter sentire nuovamente la neve sulla pelle, il profumo della foresta, l'ululato dei lupi nella notte, il calore di Grande Inverno attorno a me, l'amore della mia famiglia." Sulla fronte le apparvero delle sottile rughe mentre una smorfia di dolore le attraversava il viso come un fulmine a ciel sereno, e per un momento per Daenerys fu come vedere il volto fragile della ragazza dietro la maschera di ghiaccio che si portava addosso. Pensò che le sfumature nei suoi occhi non potevano essere più belle di come lo erano in quel momento. "Ma è tutto perduto. La mia casa è bruciata e la mia famiglia è stata sterminata di fronte ai miei occhi senza che potessi fare nulla. Non ho più un luogo a cui tornare; a volte mi sembra di essere io stessa uno spettro fatto di cenere e sofferenza... Mi resta solo la vendetta. E quando anche l'ultimo degli assassini della mia famiglia sarà morto, potrò tornare alle rovine della mia casa e piangere i miei morti. Non prima, non ora che le loro anime mi perseguitano per avere giustizia." Daenerys rimase senza parole a fissarla, stupita dalla foga con cui le aveva parlato. All'improvviso provò compassione per quella ragazza che sembrava portare sulle spalle il peso del mondo. Anche se lei stessa non aveva più una famiglia, il dolore della mancanza che provava raramente non poteva di certo sovrastare il dolore della perdita. Lei non aveva mai conosciuto sua madre, suo padre... E anche se la morte del fratello la perseguitava ancora nei suoi incubi, non aveva mai dubitato della sua scelta quando l'aveva lasciato morire. Non c'era altro che potesse fare per lui, si era stretto il cappio intorno al collo con lei sue mani.

"Tu... tu hai visto la loro morte?" Una curiosità quasi morbosa la spingeva a intromettersi nel lutto di Arya, voleva saperne di più, per capirla meglio, per riempire quel vuoto che ogni tanto si rifaceva vivo nel suo cuore. I draghi erano i suoi figli, ma non potevano essere la sua famiglia.
"Ho visto mio padre morire, ad Approdo del Re. Ero nella piazza mentre il boia reale gli tagliò la testa con la sua stessa spada. Ho provato così disperatamente a raggiungerlo, sapevo di non poterlo salvare, eppure... Lo sogno ancora di notte... Ora che sono grande, che sono adulta, forse riuscirò ad arrivare in tempo, a salvarlo, mi dico... Ma finisce sempre allo stesso modo, arrivo davanti a lui solo per sentire il getto caldo del suo sangue bagnarmi il viso. So che non avrei mai potuto salvarlo, eppure non penso che riuscirò mai a perdonarmi per non averci provato di più." Il peso che Daenerys aveva nel petto si fece più pesante per il senso di colpa, e allungò il braccio per toccare quello di Arya, stringendolo per un momento, come se potesse portarle conforto, per dirle che non era necessario proseguire, ma lei non si fermò "Ero quasi riuscita ad arrivare da mia madre e mio fratello quando furono assassinati." "Ne ho sentito parlare... Le Nozze Rosse" fece un breve segno d'assenso con il capo, persa nei ricordi "Sentivo il metalupo di mio fratello che ululava nel cortile, i segni dello scontro, ma ero così felice di essere di nuovo da loro... Non ho capito cosa stava succedendo fino all'ultimo. E anche in quel momento ho continuato ad avanzare. Un'ultima volta, mi sono detta, fatemeli vedere un'ultima volta e poi posso anche morire. Fateci morire insieme. Ma nessuno ha risposto alle mie preghiere." Un sorriso ironico le attraversò il viso mentre lacrime calde le rigavano le guance "I miei fratelli più piccoli sono stati uccisi a Grande Inverno, bruciati da quello che per loro era quasi un fratello. Mia sorella è dispersa, morta quasi sicuramente in qualche orribile vicolo di Approdo del Re... Non andavamo d'accordo io e lei, ma darei qualsiasi cosa per poterla riabbracciare, per poterle dire che le ho sempre voluto bene anche quando avrei voluto odiarla. Ho un fratellastro al Nord, se è ancora vivo... Jon Snow... lui era speciale, mi capiva come nessun altro. E' stato lui a regalarmi la mia prima spada quando ero solo una bambina che non voleva cucire con le altre dame. Lui sapeva sempre cosa dire." Le parole uscivano dalle labbra di Arya con il ritmo di un fiume in piena, desiderose di essere ascoltate, capite. Daenerys sentì un pizzicore insolito pervaderle il viso, ma cercò di non mostrare ad Arya gli occhi che sentiva lucidi. Non voleva che pensasse che provava pietà per lei, non era quello... Non riusciva ad essere insensibile al suo dolore, nonostante tutte le cose orribili a cui aveva assistito nella sua vita "Devo annoiarti con queste storie tristi, perdonami." "No Arya io.." fu interrotta dall'arrivo di Ser Jorah, che le veniva incontro trafelato "Mia regina, stiamo per giungere a Volantis! Sono disposti a parlare con un ambasciatore in terra neutrale, sembrano propensi ad ascoltare le nostre richieste... Devono aver visto i draghi in cielo." 

Un sorriso quasi feroce si fece largo nel volto di Daenerys "Andrò io stessa a parlare con loro, non sono cose che posso lasciare ad altri." "Permettetemi di accompagnarvi" Arya sembrava essersi completamente ripresa, il volto non tradiva segno alcuno della conversazione che avevano appena avuto. "E' il mio compito accompagnare la regina." La voce di Ser Jorah suonava tutt'altro che amichevole, ma la ragazza non ne sembrò impressionata "Dubito che la presenza di una persona in più possa infastidirvi." "E invece si, se è la vostra." Daenerys lo guardò stupita "Ser Jorah, pensavo foste un uomo adulto..." "Nessun problema." la voce di Arya aveva una nota divertita ora, che non mancò di irritare ancora di più l'uomo "Gestiamo questa questione da persone adulte. Ser Jorah vi sfido a duello, chi avrà il primo sangue accompagnerà Daenerys." Daenrys cercò di bloccare quell'insensata discussione, ma nessuno dei due sembrava volerle dare retta "Mia signora, permettetemi di insegnare le buone maniere a questa ragazzina Stark" Prima che si potesse aggiungere altro le lame si incrociarono mentre Arya e Jorah giravano in tondo, studiandosi reciprocamente. Ser Jorah era forte ed esperto, ma Arya sembrava muoversi insieme all'aria che la circondava, leggera e agile come un gatto sulla sabbia calda. Le lame danzavano nell'aria, Jorah mancava sempre il bersaglio per pochissimo, e questo non faceva che aumentare la sua rabbia. Presto però non riuscì più a muoversi come prima, e Arya ne approfittò per colpirlo all'addome con l'elsa del pugnale, facendolo cadere in ginocchio. Il respiro della folla che si era radunata attorno a loro si sentiva a malapena, tutti erano impegnati a non perdersi nemmeno un momento dello scontro, curiosi di vedere cosa avrebbe fatto Arya. Jorah fece per alzare la lama, ma prima che potesse arrivare a lei il suo pugnale fu sulla gola di lui, fermandosi esattamente sotto il pomo d'Adamo. Mentre avvicinava il volto a quello dell'uomo, il suo pugnale lasciò una sottile linea rossa sulla sua pelle, mentre un leggero rivolo di sangue gli colava sull'armatura "Ho vinto." fu l'unica cosa che Daenerys le sentì dire, prima che si girasse verso di lei. Cercò di non far vedere il proprio entusiasmo, ma non riuscì a trattenere un leggero sorriso che le accarezzò le labbra "Partiamo subito." Rivolse un ultimo sguardo a Ser Jorah prima di passare oltre, verso Volantis.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Arya cercava di evitare lo sguardo di Daenerys, turbata dai suoi stessi sentimenti. Era ormai chiaro che non riusciva a rapportarsi alla Madre dei Draghi come aveva sempre fatto con le altre vittime delle sue missioni. Qualcosa di intimo, di profondo, la spingeva a confidarsi con lei, a rivelarle cose di cui non osava parlare nemmeno con se stessa, e provava una paura sconosciuta per essersi resa così vulnerabile. Perché non l'uccideva e basta? Sarebbe stato così maledettamente semplice piantare la lama affilata del suo pugnale in quel cuore palpitante, ponendo fine alla vita di Daenerys Targaryen. Non c'erano i suoi draghi a proteggerla ora, solo una decina di Immacolati che le aveva seguite mentre andavano dall'ambasciatore di Volantis. Eppure il ricordo del modo in cui l'aveva guardata dopo lo scontro era ancora vivo in lei, il sorriso che le aveva illuminato il volto impresso nella mente. In quel momento farle del male sembrava l'ultima cosa possibile da fare, in quel momento voleva solo vedere di nuovo quel sorriso; voleva esserne la causa. 

"Mi hanno detto che sai cavalcare i draghi come nessuno al mondo." Daenerys si girò a guardarla, il sopracciglio sinistro che si inarcava leggermente in un espressione dubbiosa "Così sembrerebbe, non che io abbia molta concorrenza." "Ma con i cavalli come te la cavi?" l'altra alzò il mento orgogliosa "Sono un'eccellente cavallerizza, anche se non capisco dove vuoi andare a parare con questo discorso." Arya guardò davanti a se, scorgendo in lontananza un albero solitario accanto al sentiero "Avevo un'idea, ma forse è troppo audace da chiedere ad una regina" Daenerys ora la guardava con sincera curiosità "Adesso non puoi non dirlo, potrei ordinartelo volendolo." Il volto era serio, ma ad Arya non sfuggì il tono divertito nella voce della donna "Oso solo perché il tuo orso da guardia non è in vista, maestà, penso esigerebbe una punizione corporale se mi sentisse chiederti di sfidarmi ad una gara di corsa." "Una gara?" "Chi arriva prima all'albero." "E qual'è il premio in palio?" Arya ci pensò un attimo, ammirando per un momento l'espressione divertita di Daenerys "Se vinco io, mi concederai l'onore di cavalcare al tuo fianco ogni giorno." "Povero Ser Jorah... Bene, e se vinco io?" "Sono pronta a concederti qualunque cosa tu voglia." Daenerys la guardò per  un momento, come a soppesare le sue parole, e Arya abbassò lo sguardo, sperado di non essersi spinta troppo oltre "Quando arriveremo nei Sette Regni, e la guerra per il Trono sarà finita, mi portarai al Nord." Arya la fissò negli occhi, il dialogo di poco prima ancora impresso nella sua mente "Mi farai da guida nel tuo paese, Arya Stark. Non ho mai visto la neve" aggiunse, quasi a scusarsi della richiesta "Ottimo" Arya le sorrise, stringendo le redini che aveva in mano "Al mio via..." "Via!" esclamò Daenerys lanciando il cavaollo al galoppo, cogliendola di sorpresa. Il cavallo di Arya partì subito all'inseguimento, lasciando indietro gli Immacolati, che si guardarono perplessi prima di iniziare a seguirle correndo. "Hai imbrogliato!" urlò Arya a Daenerys mentre cercava di raggiungerla, ma sembrava davvero che non avesse mentito sulle sue doti, era un'ottima cavallerizza. "Sono la regina, posso farlo!" esclamò lei ridendo, e Arya sorrise tra se per aver raggiunto il suo obbiettivo. Mentre guardava la schiena della donna davanti a lei, il suo pensiero tornò ai suoi fratelli. Si ricordava di come Robb, Jon e Theon si sfidavano a gare di quel tipo, ognuno per dimostrare di essere il miglior cavallerizzo di Grande Inverno. Arya e Bran rimanevano fermi a guardarli, non desiderando altro che unirsi a loro. Cercò di allontanare quei pensieri, e riuscì ad affinacare il cavallo di Daenerys, ma alla fine lei arrivò per prima all'albero, alzando un mare di polvere fermando la sua cavalcatura. Quando Arya la guardò di nuovo stava ancora ridendo, come se non avesse mai fatto una cosa tanto divertente "Cosa ti avevo detto? Ho vinto." "Potrei andare a raccontare a tutti che la futura regina dei Sette Regni bara nelle gare di corsa maestà." "E se ti concedessi lo stesso il tuo premio?" Arya la guardò sorridendo, in effetti nemmeno lei si divertiva così da tantissimo tempo "Sarebbe incredibilmente generoso da parte tua, potrei pensare di tenere per me certi segreti." "Direi che abbiamo un patto allora." In quel momento furono raggiunte dagli Immacolati, che si misero subito in allerta sguainando le spade. Arya ascoltò in silenzio mentre Daenerys rassicurava i suoi uomini, per poi ripartire dopo qualche minuto. 

Cavalcavano in silenzio da un po' quando sorprese Daenerys a fissarla "Grazie" disse piano, cercando di non farsi sentire dagli altri "Non ridevo così tanto da quando ero bambina e mio fratello giocava con me." "Avevi un fratello?" la donna sorrise, anche se poteva vedere un velo di tristezza nei suoi occhi "Viserys... era gentile con me, mi proteggeva quando eravamo piccoli. Poi la sua mente si è persa. Ricordi troppo dolorosi per essere affrontati da un bambino. A volte penso di essere stata molto più fortunata di lui a non ricordare nulla della mia famiglia, o della mia casa." "Non ricordi davvero nulla?" Scossa il capo, i capelli argentei che le scivolavano sulle spalle "Ero appena nata quando ci portarono ad Essos, mio padre era già morto, così mio fratello Rhaegar. Mia madre è morta dandomi alla luce... Non penso che mio fratello mi abbia mai perdonato per questo, l'amava molto." Arya la fissò, cercando parole adatte da dirle, mentre gli occhi di Daenerys vagavano lontano, immersi nei ricordi "Sono sicura che sarebbero tutti molto fieri di te se potessero vederti ora." "Lo pensi davvero?" la sua voce era velata da leggera curiosità e il sorriso che l'accompagnava era triste. Cercando di evitare il suo sguardo, Arya notò davanti a loro un accampamento e fece un cenno a Daenerys "Siamo arrivati."

Mentre si avvicinavano alla tenda allestita a qualche chilometro dalle mura esterne di Volantis, Arya cercò di riordinare i suoi pensieri, mentre le parole di Daenerys continuavano a tornare a galla nella sua mente. Non guardò i volti degli uomini che attendevano pazientemente sotto la tenda, ma quasi per il caso il suo sguardo di fermo sulle mani di quello che, visti i vestiti, doveva essere il nobile ambasciatore di Volantis. Aveva mani grosse, callose, con qualche cicatrice sul dorso, e un campanello dall'allarme suonò nella testa di Arya. Quelle non erano mani da nobile, erano mani che assomigliavano alle sue, erano mani da guerriero. Incrociò lo sguardo dell'uomo e lui dovette capire il suo sguardo, perché vide nei suoi occhi la consapevolezza di essere stato scoperto. Ancora prima che potesse girarsi per dare l'allarme, vide la mano dell'uomo scendere alla cintola per prendere un'arma, e non aveva dubbi su chi sarebbe stato il bersaglio. Senza pensarci nemmeno un secondo si lanciò dal suo cavallo a quello di Daenerys, facendole da scudo con il suo corpo, e sentì un fitta di dolore al braccio quando il coltello dell'uomo la colpì, lasciandole un lungo taglio. Lei e Daenerys caddero a terra mentre gli Immacolati sguainavano le spade e si lanciavano contro gli uomini di Volantis, tutti armati e pronti all'attacco. Arya si staccò da Daenerys, che si era aggrappata al suo mantello e guardava sconvolta il combattimento. Due guardie si lanciarono addosso a lei e Arya mise da parte l'eleganza del combattimento, e senza badare al braccio ferito uccise entrambi gli uomini, liberando il coltello dalla gola dell'ultimo mentre il suo sangue caldo le bagnava il braccio e cadeva in piccole gocce rosse sulla sabbia. Guardò verso Volantis dove i cancelli della città erano stati aperti e un gruppo di uomini a cavallo si dirigeva verso di loro. Sentì l'abiutale freddo della battaglia che si faceva largo dentro di lei, e senza indugiare un secondo di più sollevò Daeneys e la fece salire a cavallo, mettendosi dietro di lei per proteggerla durante la fuga. "Seguiteci prima che arrivino" gridò ad uno degli Immacolati che stavano ancora combattendo, sperando che l'avesse capita; la sua priorità era riportare la regina al sicuro. 

Lanciò il cavallo in un galoppo sfrenato, i sensi ancora all'erta e il pugnale in mano, pronta ad affrontare un altro attacco. Non si fermò nemmeno un secondo fino a che non vide i primi uomini della carovana, che si spostarono per far passare il cavallo con la schiuma alla bocca. Solo dopo aver ripreso fiato si accorse di come Daenerys tremasse tra le sue braccia, e istitivamente la strinse a se, accarezandole il capo con la mano libera. "Siamo al sicuro adesso, andrà tutto bene" si ritrovò a sussurrare alla regina, che nascose il volto nell'incavo del suo collo "Era così vicina, io.. io ho pensato di morire" tremò ancora per un momento prima di riuscire a calmarsi, staccandosi dal lei pe guardarla in volto "Arya... tu sei ferita..." "E' solo un graffio, non preoccuparti per me." In quel momento arrivò Ser Jorah, il volto devastato dalla preoccupazione "Mia signora, cos'è accaduto?" Daenerys si lasciò scivolare a terra, stringendo un'ultima volta il braccio di Arya prima di guardare Mormont negli occhi "Era un'imboscata. Mandate qualcuno ad aiutare i soldati che sono rimasti indietro, non voglio che muoiano per un mio errore." Jorah guardò furioso Arya "Dovevo esserci io con lei, avrei..." "Jorah, se non fosse per Arya sarei morta in questo momento, mi ha salvato la vita." Il tono di Daenerys suonava freddo e distaccato, coem se avesse ripreso il pieno controllo delle sue emozioni e non volesse mostrarsi debole di fronte ai suoi uomini, e dopo averle lanciato un ultimo sguardo se ne andò, scomparendo tra la folla che si era formata intorno a loro.

Arya rimase in groppa al cavallo sfinito ancora per un momento, mentre si rendeva conto di cosa aveva appena fatto. Aveva appena salvato la vita di Daenerys Targaryen. Aveva appena salvato la vita della donna che doveva uccidere. La consapevolezza le scivolava addosso come lava rovente mentre malediceva se stessa per aver reagito in quel modo. Era stato naturale, istintivo gettarsi su Daenerys per proteggerla, ma non avrebbe dovuto farlo. Si sarebbe risparmiata la pena di doverla uccidere con le sue mani. Solo qualche secondo in più, solo un attimo di esitazione e ora la Madre dei Draghi sarebbe morta, e lei avrebbe potuto togliersi di dosso i pesanti e dolorosi panni di Arya Stark per ritornare alla sua vita d'ombra. E invece non aveva esitato, nemmeno un attimo. Camminò come in un sogno verso la sua tenda, ignorando le parole di ringraziamento che Ser Jorah le rivolse mentre se ne andava. Una volta dentro lasciò scivolare via la tunica imbrattata di sangue e cominciò a pulirsi senza pensare a quello che faceva, in un gesto meccanico. Quella storia era andata avanti troppo a lungo, doveva porre fine a tutto quanto. Stanotte, decise. Quella notte avrebbe rimediato al suo errore uccidendo una volta per tutte Daenerys.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


L'accampamento era immerso nel silenzio e nell'oscurità della notte mentre Arya scivolava silenziosa tra le tende, il pesante cappuccio di tela abbassato sul viso, cercando di scoparire tra le ombre. In quel momento lei stessa si sentiva un'ombra, una creatura che si trascinava il suo retaggio umano alle spalle senza essere più umana del tutto. Il pensiero di quello che stava per fare le attanagliava la gola come una morsa, ma cercava di convincersi che era la cosa più giusta da fare, l'unica cosa che si potesse fare. Quella missione, tornare ad essere Arya, era più pericoloso di quanto avrebbe mai potuto pensare. Ma non era sono questo; era Daenerys, la sua presenza, la sua vitalità, la luce che aveva negli occhi quando le parlava, era intossicante, annebbiava i suoi pensieri, ogni proposito di morte si perdeva nel piacere di averla accanto.
Una parte di lei, la parte di lei che ancora era Arya Stark, le urlava di lasciar perdere, di tornare alla sua tenda, di aspettare ancora, di concedersi ancora qualche momento di pace. Ma più sottile, più subdola era la voce dell'uomo dai mille volti che le sussurrava all'orecchio "Valar Morghulis". Era il suo credo, era la sua esistenza. Stringendo il pugnale così forte da far sbiancare le nocche della mano, fece gli ultimi passi che la separavano dalla tenda di Daenerys. Era sorvegliata ovviamente, le guardie giravano intorno ad essa con circospezione dopo l'attacco di quel pomeriggio. Ma non era un problema per Arya, che nella sua vita era stata più persone di quante potesse ricordarne, di quante volesse ricordarne. Per un momento fu di nuovo con Syrio ad Approdo del Re mentre recitava il mantra del suo perduto maestro:

Rapida come un cervo. Silenziosa come un'ombra. La paura uccide più della 
spada. Veloce come una vipera. Calma come acqua stagnante. La paura uccide più della spada. 
Forte come un orso. Feroce come un furetto. La paura uccide più della spada. 
Colui che teme di perdere ha già perso.


Scivolò insieme alle ombre sotto la tenda, ed entrò nell'oscurità. Un timido raggio di luna entrava dall'alto, illuminando il grande spazio vuoto al centro della tenda, accanto a lei un massiccio tavolo di legno, ricorperto di carte. L'unico suono che si sentiva era un respiro lieve, regolare, che doveva essere di Daenerys. Arya era sicura che fosse il suo, il profumo delicato della Madre dei Draghi aleggiava su ogni cosa, e per un momento le sembrò quasi di avere ancora Daenerys stretta a se, le mani perse nei suoi capelli argentati. Chiuse gli occhi per un momento, così forte da farsi male, cercando di riprendere il controllo di se stessa. Doveva agire in fretta, con precisione, e andarsene il più velocemente possibile dal quel luogo prima che Ser Jorah in persona iniziasse una caccia all'uomo. Era più che sicura che a Mormont non sarebbe dispiaciuto per nulla infilzarla con una lancia, colpevole o meno che fosse.

Prese un profondo respiro prima di staccarsi dal buio ed avvicinarsi al letto, la lama del pugnale che risplendeva alla luce soffusa della luna, quasi a richiedere il suo sacrificio di sangue.

Era finalmente riuscita a decidersi, a scegliere la strada da percorrere e sperò che niente e nessuno cercasse di distrarla di nuovo dal suo proposito. Sperò che Daenerys fosse girata dall'altra parte, non voleva vederla in volto.
Ma ovviamente non lo era. Il cuore di Arya sembrò saltare un battito quando la vide, e solo in quel momento si accorse di come stava battendo forte, con il sangue che le pulsava nel corpo così veloce da non riuscire a sentire nessun altro rumore. Non le era mai successo, non prima di un omicidio, era sempre così calma, concentrata. Daenerys aveva il volto girato nella sua direzione, il corpo raggomitolato in posizione fetale, a richiamare le uova di drago che le avevano regalato così tanto fortuna. Sembrava così piccola, una bambina innocente rispetto all'algida regina che aveva conosciuto solo la sera prima, e Arya non riucì a trattenere il senso di colpa che le bloccava la gola, che la stava bruciando dentro come fuoco vivo sulla pelle. Si inginocchiò davanti a lei, permettendosi di guardarle il volto, cercando particolari che non aveva potuto notare alla luce del giorno. Memorizzò il contorno delle sopracciglia diafane, la curva del naso sottile, il bordo delle labbra carnose che le davano anche in quel momento un'espressione imbronciata. Una cioccha di capelli argentei le era scivolata sul viso, e si trattene a stento dal sistemargliela, ripetendo un gesto che tante volte sua madre aveva fatto a lei. 

Il pensiero di sua madre in quel momento la riempì di disgusto per ciò che stava per fare, non poteva nemmeno immaginare il dolore dei suoi genitori, se avessero visto a cosa si era ridotta la loro figlia più piccola, la loro bambina. Daenerys non si meritava di morire, e lei non si meritava di doverla uccidere. Troppo sangue le sporcava le mani, troppo sangue sbagliato, innocente. Aveva giurato di uccidere gli assassini della sua famiglia, e adesso lei non era meglio di loro, una macellaia che viveva sulla morte altrui. Si alzò di scatto riponendo il coltello nel fodero. Sarebbe scappata quella notte, ma senza portare con se altri fardelli, altre vite spezzate. Sarebbe tornata a Braavos e avrebbe affrontato la punizione che le spettava per aver disobbedito agli ordini.

"Arya" la voce la raggiunse mentre stava per uscire, e si voltò di scatto, per vedere Daenerys che la fissava dal bordo del letto, l'espressione tra l'incredulo e l'assonnato. Non vide alcun timore nei suoi occhi, e il pensiero le scaldò il cuore prima che potesse impedirlo. "Cosa ci fai qui?" aprì la bocca un paio di volte prima di ritrovare la voce "Volevo vedere se eri al sicuro. Dopo quello che è successo... nessuno dovrebbe stare da solo." "Nè io, nè te" disse lei guardandola negli occhi, mentre con la mano le faceva segno di sedersi accanto a lei. Arya si mosse come in un sogno, dimentica dei piani di fuga che le avevano riempito la mente fino a qualche secondo prima. Quando si mise accanto a lei, Daeneys le strinse il braccio "Oggi... sono stata una stolta. Dovevo saperlo che non mi avrebbero consegnato la città così facilmente. Eppure per una volta l'idea di non vedere sangue versato per raggiungere i miei obiettivi... era troppo allettante. Ho messo a repentaglio tutto quanto, la mia vita, la tua... Sono solo una sciocca con sogni inutili" Arya riusciva a vedere le lacrime che bagnavano gli occhi della donna "forse dovrei smetterla, lasciare tutto quanto, andarmene" "No, Daenerys guardarmi" le alzò il mento per poterla guardare negli occhi, le parole che le sluivano dalle labbra senza sforzo, forse perché sincere "Tu vuoi liberare i loro schiavi, vuoi dare a queste persone un futuro migliore. Ti amano, perché hai mostrato loro che possono scegliere come vivere la loro vita, come crescere i loro figli, come essere felici dopo un'esistenza di schiavitù. Tu sei una speranza di pace per Westeros. Le guerre interne, il potere dei nobili, le ingiustizie, tu vuoi spazzarle via. Non sono sogni inutili. Sono difficili, sono cari, ma non inutili. Finchè ci sarà qualcuno che ci crede, la lotta per la libertà non va mai abbandonata. E tu credi." Daenerys la guardò in modo così intenso che Arya temette per un momento che le stesse leggendo l'anima, vedendo aldilà di quelle parole per scoprire il vero motivo per cui era trovata lì. "E tu ci credi Arya?" Solo un momento di esitazione "Io credo in te."

Daenerys le prese le mani fra le sue mentre abbassava gli occhi, quasi timida "Resta con me stanotte" sussurò, e Arya riuscì a sentirlo solo perchè intorno a loro il silenzio era quasi assoluto "Non voglio stare da sola. Mi sento la morte addosso." Arya si chiese per un momento se non fosse lei stessa la morte, così vicina a Daenerys da poterla portare via con se in qualunque momento. Ma ormai aveva preso la sua decisione. Annuì, e senza aggiungere altro si stese accanto a Daenerys, stringendole ancora la mano, e si addormentò lasciandosi cullare dal calore del corpo vicino al suo.

*

Quando Daenerys si svegliò, per un momento non riuscì a capacitarsi del calore che la circondava, e il primo pensiero che le venne in mente fu di essere circondata dalle uova di drago con le quali era solita addormentarsi quando Drogo non le faceva visita la notte. Ma non poteva essere, le uova si erano schiuse, Drogo era perduto. I suoi sensi si risvegliarono lentamente, permettendole di sentire l'odore di cuoio che la circondava, il peso leggero del braccio attorno alla sua vita, i capelli che le solleticavano la spalla. I ricordi della notte precedente le tornarono in mente velocemente, e arrossì al pensiero di aver invitato nel suo letto una ragazza che conosceva da solo due giorni. Non che i suoi pensieri fossero di quel genere quando le aveva fatto la proposta, si sentiva sola, triste e scoraggiata come non mai, e le sue parole erano state come un balsamo fresco su una ferita. Ma in quel momento, mentre sentiva il petto di Arya premere contro la sua schiena, il caldo respiro di lei sul collo, si rese conto di quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che era stata con qualcuno. Era la regina, avrebbe potuto possedere chiunque volesse, ma dopo Daario nessuno aveva più attirato la sua attenzione, e aveva avuto solo sfuggevoli notti con persone di cui faticava a ricordare il volto. Ma questo, questo era diverso. Girò il volto lentamente, cercando di non svegliare Arya, e quasi non riconobbe il viso che aveva accanto. La ragazza aveva un'espressione terribilmente serena, le rughe di preoccupazione che le segnavano la fronte mentre era sveglia si erano distese completamente, togliendo al viso anni che non le appartenevano. Sembrava in pace con se stessa, e Daenerys cercò di rallentare il suo respiro pur di non svegliarla. Ma il suo sonno doveva essere leggerissimo, perché si ritrovò a guardarla negli occhi, svegli e attivi come se il sonno non potesse avere effetto su di loro. Se provò imbarazzo per il modo in cui erano messe, Daenerys non seppe dirlo. I suoi occhi erano sereni, e la fissavano così intensamente che le sembrò di vederci delle pagliuzze argentate che risplendevano alla luce del sole. Provò l'istintivo impulso di colmare la distanza tra loro e baciarla, ma qualcosa la trattenne. Era troppo presto, era successo troppo in fretta; quella che la teneva tra le braccia era per lei poco più di una sconosciuta, per quanto sentisse che il legame che avevano stretto cresceva ogni momento di più. E poi aveva altre cose da fare quel mattino. Un sorriso le attraversò il volto come una lama affilata "Sarà un buon giorno?" le chiese Arya, la voce leggermente impastata dal sonno. Lei non lasciò il suo sguardo nemmeno per un attimo mentre annuiva "Oggi prenderemo Volantis... Con fuoco e sangue."

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Arya fissava Volantis con un misto di terrore e venerazione mentre il cielo sopra di essa sembrava prendere vita attraverso le fiamme dei draghi che Daenerys aveva scatenato sulla città. Il fuoco imperversava nelle strade come lama rovente, le torri crollavano sotto il peso dei draghi che ci si fermavano sopra, contenti di avere un appiglio per divorare con calma i nemici che avevano raccolto nei loro artigli. "Una volta mi faceva orrore l'idea che si cibassero di carne umana... Poi ho capito che farlo è nella loro natura, tanto quanto lo è respirare. Ho semplicemente fatto capire loro che non tutti gli uomini sono cibo. Non è stato facile." Daenerys parlava come per giustificarsi, ma ad Arya non importava. Lo spettacole che aveva davanti era qualcosa di così arcano e unico che il pensiero delle vite strappate non l'aveva nemmeno sfiorata. Drogon, il drago nero, volò verso un gruppo di soldati riducendoli a carbone spezzato con la sua fiamma, potente come l'esplosione di un vulcano. "Quando avranno finito di sfogarsi e saranno tornati da me, gli Immacolati prenderanno il resto della città. Avevo fatto girare la voce tra gli schiavi di chiudersi nelle case, spero che abbiano seguito il mio consiglio." "Strane parole dette da te... Sei probabilmente l'unica sovrana al mondo a cui interessa la vita degli schiavi." "Ho capito tempo fa di non poter salvare tutti. Per quanto mi sforzi, per quanto io cerchi di essere giusta, alla fine non posso salvarli tutti. Non posso rinunciare a Westeros per Essos, devo tornare a casa, o tutto quello per cui ho combattutto fino ad ora cadrà nella polvere. Io ridò agli uomini un diritto che è loro dalla nascita, la libertà. Sta a loro usarla per il meglio, conservarla, proteggerla anche a costo della vita. Faccio del mio meglio, è tutto ciò che posso donare loro. Oltre alla giustizia." I draghi cominciarono a volare più basso, in cerchio, quasi con pigrizia mentre gli uomini della guardia di Volantis cercavano disperatemente e inutilmente di colpirli. "Sei sicura che torneranno?" Daenerys annuì con un sorriso "Tornano sempre dalla loro Madre." "Figli devoti" "Gli unici che potrò mai avere..." 

Arya fece per chiederle cosa intendeva con quella frase, ma furono interrotte da un uomo alto e possente, che doveva essere il capo degli Immacolati "Mia regina, dò l'ordine agli uomini di marciare sulla città?" "Avvicinatevi e attendete che i draghi se ne siano andati. Poi entrate e catturate tutti i Padroni, verranno giudicati per le loro colpe. Io vi raggiungerò." L'uomo fece un inchino di saluto e le lasciò nuovamente sole. Arya rimase incantata a guardare la possente figura alata che si avvicinava a loro, e quando Drogon calò vicino a Daenerys trattenne a stento la sorpresa. Il drago annusò l'aria intorno a lui con le possenti narici dalle quali usciva ancora del fumo, mentre i muscoli del petto si dilatavano per inspirare a fondo dopo il volo. Le ali si aprirono un paio di volte per stabilizzare il corpo a terra e Arya notò come riuscissero a sembrare sottili e forti allo stesso tempo. Il drago quasi non si accorse di lei, ma abbassò la grossa testa per toccare il braccio di Daenerys in un gesto incredibilmente tenero per una bestia così minacciosa. Si accorse solo dopo un po che lei la stava fissando, e non potè fermare il brivido che provò ad incontrare il suo sguardo. Cercava di non pensare alla notte precedente, ma non farlo le risultava quasi impossibile in quel momento, mentre sulla pella sentiva il calore che emanava il drago, così simile a quello che avevano condiviso loro due. "Ho visto la tua espressione prima, mentre parlavo dei miei figli" l'espressione di Daenerys non sembrava turbata, ma c'era un inequivocabile tono di tristezza nella sua voce "io non posso avere bambini. Non da quando ho dato alla luce il mio primogenito, che è nato morto." "Io... mi dispiace" Arya si sentiva in imbarazzo come non mai di fronte a quella confessione, impotente di fronte al dolore della donna "E' stato tanto tempo fa. Eppure ci sono ancora giorni in cui rimpiango di non essere morta quel giorno, insieme a mio figlio e a mio marito." "Il Khal?" Arya ricordava particolari sfuocati della vita di Daenerys, più che altro racconti sussurrati nelle città schiaviste, in un misto di paura e ammirazione "Drogo, si... Lui morì a causa di una ferita, e io ricorsi alla magia nera per riportarlo indietro. Il prezzo da pagare per la mia stupidità fu la vita di mio figlio. Nulla a quel punto avrebbe potuto ridarmi mio marito, ma io ci provai comunque. Alla fine ho perso entrambi, e in cambio mi sono stati donati loro." Daenerys guardò con affetto il drago nero accanto a lei "Lo amavi?" Nel momento esatto in cui pronunciava la domanda, Arya si diede della stupida. Era la cosa più inutile e fuori luogo da chiedere in quel momento, ma le era sfuggita dalle labbra prima di porterla fermare. Daenerys però sembrava più incuriosita che infastidita dalla domanda, mentre un sorriso leggero le increspava le labbra "Il nostro era un matrimonio combinato, ma posso dire che sì, in un certo senso l'ho amato. Ero giovane, una bambina sola e spaventata. Tra le sue braccia mi sentivo al sicuro da ogni cosa. Era uno dei tanti tipi d'amore che ci sono al mondo, uno di quelli che non conosci finché non lo vivi." I loro occhi si incrociarono e per un momento ad Arya sembrò di leggere qualcosa di più nelle sue parole. Distolse lo sguardo, in preda a sentimenti contrastanti; non era abiutiata a sentire, provare così tanto. La sola vicinanza con Daenerys la faceva sentire sperduta, come un pesce fuor d'acqua, e allo stesso tempo le dava sicurezza, come se appartenesse al quel posto, al suo fianco. "E tu Arya, hai mai amato qualcuno?" Arya quasi rise per quella domanda; amore non era una parola che aveva incontrato spesso nella sua vita da quando la sua famiglia era andata perduta. Un sorriso leggero le increspò le labbra mentre dopo moltissimo tempo le tornavano in mente ricordi di un volto amico, di sorrisi condivisi anche nel pericolo "C'era questo ragazzo... lo incontrai fuggendo da Approdo del Re. Era più grande di me, ma era gentile, diverso dagli altri ragazzi della sua età. Si chiamava Gendry e per qualche tempo ho pensato che avremmo potuto essere una famiglia, un posto sicuro l'uno per l'altra." "E poi cosa accadde?" Arya notò una punta di gelosia nel tono di Daenerys, e non ne fu del tutto dispiaciuta "Eravamo solo bambini, le nostre strade si sono divise. Spero con tutto il cuore che sia felice ora." Ed era sincera, lo era davvero. Si immaginava un Gendry adulto, un fabbro famoso in tutti i Sette Regni, con una bella famiglia e uno elmo a forma di testa di toro ammaccato in un angolo polveroso, a ricordargli di una bambina che chiamava "M'lady".

Mentre parlavano gli Immacolati entrarono nella città, rendendo le strade sicure per l'arrivo di tutti gli altri, soprattutto per la loro regina. Daenerys si avvicinò a Drogon e con una mossa agile gli salì in groppa "Vogliamo andare?" tese una mano verso Arya, che sentì il proprio volto impallidire "Io... io" "Andiamo Arya Stark, non avrai paura, vero?" Il suo viso si addolcì nel vedere l'espressione visibilmente preoccupata dell'altra "Puoi portarci tutte e due senza problemi per questa corta distanza, e faremo decisamente prima che andando a cavallo. Finché ci sono io con te sei al sicuro." Arya la guardò intensamente, e le prese la mano. A questo poteva credere, voleva credere. Il drago rispose con uno sbuffo all'aumento di peso, ma sembrò non farci caso più di tanto. Quando aprì le grandi ali e fece per alzarsi in volo, Arya strinse le mani sul suo dorso, cercando un appiglio sicuro. Sentì Daenerys ridere dei suoi tentativi, e le sua mani affusolate posarsi sulle sue per farsi circondare dalle sue braccia "Stringiti forte, sarebbe un vero peccato perderti in volo." Il suo tono era scherzoso, ma per Arya non ci fu più nulla di divertente quando il drago spiccò il volo, lanciandosi dalla collina in cui erano verso la pianura della città. Un piccolo grido le sfuggì dalle labbre mentre si aggrappava a Daenerys con tutta la forza che aveva. Era stata addestrata a non provare timore per nulla, per essere pronta ad affrontare qualsiasi cosa, ma quello era decisamente fuori da ogni schema, persino per un'assassina. Mentre l'aria le faceva mulinare i capelli intorno al volto, Arya si rese conto di quanto fosse bella la sensazione che le dava volare, come se fosse stata libera da qualsiasi legame terreno. Si ritrovò a ridere prima di potersi fermare, e staccò un braccio da Daenerys per sentire le folate di vento sferzare su di esso. Si sentiva felice, si sentiva incredibilmente libera. Purtroppo il tutto durò pochissimo, e prima che potesse rendersene conto le grandi zampe di Drogon toccarono il terreno, e Daenerys l'aiutò a scivolare dalla groppa della bestia. "E' stato... è stato bellissimo!" Arya si sentiva le guance in fiamme mentre non riusciva a trattenersi dal ridere come una bambina, e si accorse di come la fissava Daenerys, ridendo anche lei senza il ritegno regale a cui era abituata "Cosa?" "I tuoi capelli..." i capelli di Daenerys erano raccolti in una treccia ed erano rimasti in un ordine quasi perfetto per tutto il tempo, quelli di Arya d'altro canto erano sciolti, e non osava nemmeno immaginare come dovevano apprarire in quel momento, anche se da come Daenerys rideva dovevano essere piuttosto esilaranti. L'altra allungo le mani verso di lei, cercando di sistemarle le ciocche disordinate, e Arya la lasciò fare, perdendosi leggermente in quel gesto che le sembrava allo stesso tempo intimo e fuori luogo, quando chiunque le poteva vedere. Quando giudicò che i suoi capelli fossero di nuovo presentabili, Daenerys si girò verso il piccolo gruppo di soldati che si era radunato intorno a loro, e Arya incrociò gli occhi di Ser Jorah. Se uno sguardo avesse potuto uccidere, Arya sarebbe di sicuro morta in quello stesso istante, e molto dolorosamente a giudicare dall'ira che leggeva negli occhi dell'uomo. Era una spina nel fianco che non era disposta a sopportare per sempre, per quanto capisse la sincerità del suo affetto per Daenerys. La regina aveva scelto lei per accompagnarla, e Arya non poteva fare a meno di sentirsi fiera per questo. Era lei che la regina voleva al suo fianco, Jorah avrebbe dovuto farsene una ragione, in un modo o nell'altro. "Mia signora, la città di Volantis attende di conoscere la sua nuova regina." Daenerys guardò Mormont mentre il sorriso di poco prima si ritrasformava nella regale espressione che indossava nelle grandi occasioni, e Arya si chiese da quanto tempo Daenerys giocasse a questo gioco delle maschere. "Certamente, andiamo." Arya si incamminò accanto a lei, lanciando un'ultima occhiata a Drogon, che dietro di loro agitava le ali e si alzava in volo per raggiungere i suoi fratelli.






Note: Per prima cosa, probabilmente vi siete accorti di come sia diverso il pensiero della "mia" Daenerys da quello della Dany dei libri e soprattutto della serie, però ricordatevi che questa storia è ambientate parecchi anni dopo entrambi, e che quindi ci possono essere stati dei cambiamenti nel pensiero del personaggio. Io spero in particolare che Dany si renda conto di non poter aggiustare tutti i torti del mondo, salvare tutti gli shiavi, accontentare tutti e che pretenda un po meno da se stessa, facendo del suo meglio per aiutare gli altri e per tornare a Westeros. Poi se devo parlare francamente non condivido alcune scelte che sono state fatte nella serie per rappresentare il personaggio di Dany, ma questa è un'altra storia e non voglio scrivere un papiro, volevo solo mettere in chiaro che questa è assolutamente una mia visione dell'evoluzione di Daenerys.
Mi rendo conto che è un capitolo un po di passaggio ma i personaggi hanno bisogno di svilupparsi a dovere prima che accadano i "grandi avvenimenti", spero non vi dispiaccia, e poi ho scoperto che mi piace raccontare di come sono gelose l'una dell'altra. Potrei scirvere interi capitoli di fluff (e forse lo farò un giorno). Grazie per aver letto, spero vi sia piaciuto, alla prossima!

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Daenerys giocava in modo distratto con una ciocca dei suoi capelli, mentre vuote parole risuonavano nella grande sala del trono di Volantis. Erano lì ormai da quasi una settimana e lei non aveva avuto tempo nemmeno per fare un giro della città, tanti erano i postulanti che le chiedevano udienza e i problemi che necessitavano la sua supervisione. E i quel momento, nonostante si rendesse conto che l'uomo che le stava parlando desiderava la sua piena attenzione, dopo un'intera giornata di richieste la sua mente non poteva evitare di divagare. E si rendeva conto che i suoi pensieri tornavano sempre più spesso ad un unica persona, Arya. Da quando erano entrate nella città l'aveva vista pochissimo, sempre di sfuggita, e non poteva non pensare a cosa stesse fecendo in quel momento. Probabilmente si stava godendo il meglio che la città di Volantis aveva da offrire, o si stava semplicemente riposando dal viaggio. Daenerys avrebbe dato qualsiasi cosa per poter uscire da quella stanza e andare da lei, per poter parlare anche solo cinque minuti di qualcosa che non fosse la contabilità della città. Si chiese per un momento se davvero era questo che voleva fare per tutta la sua vita. Non si trattava di vincere il trono, quello sembrava la parte più fattibile. Ma tenerlo, portare sul capo il peso di una corona che equivaleva al peso delle vite di cui ci si faceva carico con essa, quello era tutt un'altra storia. Era il suo dovere in quanto Targaryen, era il suo dovere in memoria della famiglia che aveva perso ancora prima di conoscere, ma non era sicura che fosse il suo sogno. "Mia regina state bene?" Jorah si era messo accanto a lei senza che se ne accorgesse e la guardava con espressione preoccupata "Si sto bene.. cosa succede?" "Quest'uomo vi ha posto una domanda... quattro volte." Daenerys guardò l'uomo che la fissava dubbioso e lei emise un respiro profondo "Io... io credo di aver bisogno di una pausa. Riascolterò l'uomo più tardi, scusate." Daenerys si alzò decisa dal trono, e prima che altri potessero parlare andò verso il balcone, sperando che nessuno la seguisse. 
Si appoggiò alla balconata, guardando la città dall'alto, le piccole figure che si muovevano sotto di lei come formiche operose. "Non penserai di buttarti vero?" Daenerys si girò di scatto, per trovarsi a guardare Arya, seduta sul balcone, un piede che ondeggiava nel vuoto. Non si era accorta di lei prima, ma se era arrivata in quel momento doveva avere il passo più leggero che Dany avesse mai sentito. Sorrideva, decisamente la cosa più bella della giornata, e scosse il capo sorridendole a sua volta "Ottimo. Perché se ti butti non sono sicura di riuscire a salvarti." "E da quanto ti sei autoeletta mia salvatrice?" "Da quando sono arrivata. Un pessimo servizio di guardia ti circorda mia regina." "Non farti sentire da Jorah..." "Perché, cosa potrebbe farmi? Annoiarmi a morte con i suoi consigli?" una risata cristallina tagliò l'aria, e Dany ci mise qualche secondo per riconoscere il suono come suo. Non era abituata a sentirsi così, così leggera. "E posso chiedere cosa ci fai qui mia eroina? E' da una settimana che non ho il piacere di parlarti." "Pensavo fossi troppo impegnata per occuparti di me. Sono sempre nei paraggi comunque." "Mi stai dicendo che ti sorbisci queste riunioni a distanza per assicurarti che io sia al sicuro?" il tono era ironico, ma nel vedere l'espressione seria di Arya si sentì invadere da un piacevolissimo calore; lo faceva, lo faceva davvero. "Come ho detto, non mi fido del tuo servizio di guardia. Ma penso che entrambe ne abbiamo abbastanza di tutto questo parlare. Non ti andrebbe di fare qualcosa di diverso?" "E lasciare tutto? Non me lo permetterebbero." "Sei o non sei la regina? E poi loro non devono necessariamente sapere dove ti trovi." Le sopracciglia di Dany si alzarono lievemente quando capì cosa aveva in mente la ragazza "Una fuga? Starebbero tutti in pensiero... Sarebbe una cosa molto infantile da fare." "Oh, decisamente si." Il sorrisino nel volto di Arya non accennava a diminuire mentre allungava la mano verso di lei, invitandola a seguirla. Daenerys esitò un attimo prima di intrecciare le dita con quelle di Arya, e solo in quel momento si rese conto davvero di quanto le fosse mancata in quei giorni.


Mentre scendevano verso la città bassa, mano nella mano, con Arya che sorrideva come una bambina, Daenerys cominciò a sentirsi in ansia "E se mandassero qualcuno a cercarmi? Jorah sarebbe pronto a mettere a soqquadro l'intera città per trovarmi" Arya si fermo e la guardò negli occhi "Non penserai davvero che ti stia rapendo? Ho avvertito Missandei, ci penserà lei a Mormont." Un ondata di sollievo attraversò il corpo della regina "Che gli dei la benedicano, cara ragazza. E' con me fin da quando era una bambina, le voglio molto bene. Il fatto che tu l'abbia salvata quella notte è stato davvero importante per me, te ne sono grata." "E' stato un dovere. Non avrei potuto starmene con le mani in mano senza fare nulla. Anche se è da quella notte che mi domando il motivo di tanta segretezza... Cosa faceva Missandei da sola in quel luogo?" Daenerys si sentì un'ondata di panico addosso al pensiero che qualcuno scoprisse il compito che la ragazza era andata a svolgere quella notte. Non si fidava ancora abbastanza di Arya per dirle la ragione.. o forse si? Cercò di darsi un contegno mentre il dubbio le attanagliava la mente "E' un segreto. Avevo bisogno di parlare con qualcuno, ma non potevo mostrarmi in sua compagnia, è molto riconoscibile, non la chiamano la Donna Rossa a caso." Cercò negli occhi di Arya un barlume di comprensione, ma l'altra non sembrava aver riconosciuto di chi stava parlando "Preferirei non parlarne. E' una cosa di cui non vado molto fiera." "Ma certo" il sorriso tornò ad illuminarle il volto sentendo la mano di Arya stringersi sulla sua. "Preferirei tenere la nostra visita nell'anonimato, Madre dei Draghi. Non vorrei che le folle troppo adoranti ci siano d'intralcio." Le diede un mantello simile a quello che lei stessa indossava, e Dany fu più che felice di farsi scendere il cappuccio sul capo; si sentiva sempre troppo riconoscibile in mezzo alla gente, persino la sua gente.


Il sole era alto nel cielo e la città pullulava di vita, mercanti, schiavi ora liberi, guerrieri dothraki e altri ancora che camminavano per le strade di Volantis come se fosse sempre stato così, le tracce della battaglia della settimana prima erano rade e poco minacciose rispetto all'allegria generale. Il mercato principale era pieno di colori e di grida, e Daenerys si sentì sommergere da quelle onde di vitalità così fresca e pura al punto che per un attimo fu quasi troppo. Tuttavia sentiva il sostegno di Arya accanto a se, e la gioia di essere finalmente libera dalle formalità della sua corte era troppo forte per essere ignorata. Si fermavano a guardare le bancarelle, e Daenerys non poteva fare a meno di sentirsi di nuovo bambina nello scoprire tutte le cose che quel popolo aveva da offrire. Arya guardava le cose insieme a lei, ma con distrazione, quasi come se un angolo della sua mente fosse sempre occupato a controllare la sua sicurezza. E Dany si sentiva al sicuro al suo fianco, molto di più di quanto non si sentisse mentre cavalcava mezzo del suo esercito. Dopo il mercato Arya la portò a visitare i giardini di Volantis, e Dany era sicura di non aver visto nulla di più meraviglioso nella sua vita. Era come un oasi nel mezzo del deserto, florida e lussureggiante con i suoi alberi e fiori dai colori sgargianti "Ho sentito che questi giardini erano riservati ai padroni." Arya guardava sorridendo una fontana vicino a loro, dove dei bambini giocavano nudi nell'acqua; si potevano ancora vedere i segni dei collari sui loro colli. "Si, aprirlo a tutti è stata una delle prime cose che ho decretato. E' così bello che tutti dovrebbero poterlo ammirare." "E' davvero splendido quello che fai per loro. Nessuno dovrebbe vivere così." E forse fu l'inflessione della sua voce, o lo sguardo nei suoi occhi, ma Dany capì subito che non si riferiva solo a loro "Dove sei stata per tutto questo tempo? Da quando hai lasciato Westeros a quando ti sei presentata davanti a me?" Arya la guardò per un lungo momento "Sono stata nell'oscurità. Avevo scordato quanto potesse essere bella la luce." Dany abbassò lo sguardo, senza riuscire ad aggiungere altro. Continuarono a camminare per i giardini in silenzio fino a che non trovarono un gruppo di ragazzi che giocavano con delle sfere ad un gioco che nessuna delle due aveva mai visto. Mentre stavano ferme a guardare, una delle sfere scivolò al controllo di un giovane e rotolò fino ai piedi di Daenerys. Il ragazzo corse a prenderla, ma sollevando lo sguardo per scusarsi incontrò gli inconfondibili occhi della regina, e il volto si fece subito livido di paura. Si prostrò ai suoi piedi biascicando parole nel loro dialetto, che Dany non riusciva a comprendere, e lei si sentì pervadere da una pietà infinita. Sorridendo al ragazzo si inginocchiò a prendergli le mani e lo fece alzare "Va tutto bene" disse lentamente, sempre sorridendo, e il giovane parve capire, perché annuì violentemente inchinandosi più volte, e si girò a raggiungere i suoi compagni che si erano radunati intorno a loro. Arya avanzò protettiva davanti alla sua regina, ma nessuno sembrava avere cattive intenzioni. Erano tutti incantati dalla presenza di Daenerys e cominciarono a chiamarla Madre, come lei ormai era abituata a sentirsi chiamare "Mhysa, Mhysa" e le sorridevano, le toccavano le vesti con rispetto mentre lei camminava per andarsene. Ma ormai la voce si era sparsa, e ben presto si formò un vero e proprio corteo attorno a loro. Daenerys aveva un sorriso per ognuno, l'amore che quelle persone le dimostravano, la gratitudine, era per lei una ricompensa che ben valeva i rischi che doveva correre. "Ti amano... è incredibile. Tu sei incredibile" Lo sguardo ammirato di Arya riusciva ad essere migliore persino di quello, e Dany le strinse la mano in risposta, mentre tornavano verso il palazzo attorniate dalla folla.


"Dunque, Ser Jorah vuole uccidermi ora?" Daenerys le sorrise mentre entrava nelle sue stanze, dove aveva lasciato Arya per andare a rassicurare Jorah dopo un intero pomeriggio di fuga. "Non è stato molto contento della cosa, ma ne è valsa la pena... E' stata una delle giornate più belle della mia vita in molto, molto tempo..." Arya sorrise soddisfatta all'affermazione, e Dany si sentì arrossire "Ma so come prenderlo, non preoccuparti." "Si getterebbe nel fuoco se tu gli chiedessi di farlo." "Oh, non gli chiederei mai una cosa del genere. Penso si senta semplicemente in colpa per avermi tradito, ancora all'inizio della nostra amicizia. Forse pensa di doversi riguadagnare la mia fiducia ogni giorno." "O forse ti ama e basta." Daenerys guardò il cielo con occhi velati di tristezza "Non so se ci sia qualcuno al mondo che mi possa amare. Amano i draghi, amano la corona... nessuno mai vorrà solo Daenerys." Sentì che Arya le si era avvicinata e si girò per incontrare il suo sguardo "Eppure è l'unica cosa davvero importante. Tu sei molto più preziosa dei tuoi draghi e del tuo titolo, io..." Daenerys non la lasciò finire, le sue mani salirono a circondarle il volto e le sue labbra andarono a sigillare quelle della ragazza. Dany sentì il corpo di Arya irrigidirsi contro il suo, ma non fece segno di volersi ritrarre. Le sua labbra erano morbide e fresche come la seta e lei si perse nella sensazione di sentirle contro le sue, ma capì di non potersi accontentare di quello. Con una mano cominciò a tracciare il profilo delicato dei fianchi di Arya, facendola risalire verso il seno, presa da un desiderio che stupiva lei stessa ma al quale sembrava non potersi sottrarre. In quel momento però sentì Arya allontanarsi da lei, quasi con violenza, e quando la guardò negli occhi ci lesse una paura così profonda che la lasciò senza parole. "Io... io non posso, mi.. mi dispiace" Arya biascicò qualche parola prima di correre fuori dalla stanza senza guardarsi indietro. Daenerys rimase immobile per qualche altro secondo, incapace di comprendere ciò che era appena successo. Poi l'idea la colpì come uno schiaffo, e si sentì malissimo. Aveva capito tutto male, Arya non la voleva, non in quel senso. La gentilezza, la premura erano solo un modo per dimostrarle che era leale, che era una buona alleata, non per altro. E lei aveva sbagliato tutto, e l'aveva messa in una situazione orribile. Sentì la vergogna farsi strada nel sua animo e si sedette sul letto prima che le ginocchia le cedessero. Lacrime cominciarono a bagnarle le guance e solo in quel momento capì quanto ci avesse sperato, quanto avesse desiderato che Arya volesse stare con lei, il bisogno di essere amata, capita aldilà del ruolo che rivestita era stato troppo forte per resistere alla tentazione, e si era lasciata andare senza pensare alle conseguenze. Si sdraiò sul letto e pianse in silenzio finché il sonno non la prese. 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Attorno ad Arya i corridoi sembravano susseguirsi in un labirinto confuso mentre camminava a passo svelto, senza meta. Si fermò solo quando si accorse di avere il fiatone e si guardò in torno, senza sapere dov'era nè da quanto tempo stava camminando. Si sentiva sconvolta, mentre tutte le emozioni che si accavallavano dentro di lei non le davano tregua nemmeno per un secondo, spingendola a dare testate al muro di pietra per porre rimedio alla sua stupidità. Era successo tutto così in fretta che non riusciva a spiegarselo, ricordava solo di aver sentito un panico così profondo come non lo provava da anni, e l'istito aveva avuto la meglio. Sulle labbra sentiva ancora il tocco delicato ma deciso delle labbra di Daenerys, ma ciò che la perseguitava era l'espressione ferita del suo volto quando l'aveva lasciata. Si incamminò lentamente, cercando di recuperare l'orientamento lungo i corridoi deserti del palazzo, nella mente il ricordo dell'incontro di poco prima che si ripeteva in continuazione. Daenerys si era fidata, si era aperta con lei, e lei era scappata, fingendo indifferenza. Come avrebbe potuto guardarla ancora in faccia dopo quello che era successo? Come avrebbe potuto spiegarle che lei voleva baciarla, solo che non era riuscita a gestire tutti i sentimenti che provava? Arya non l'aveva mai fatto; non aveva mai baciato nessuno, uomo o donna. Semplicemente non c'era spazio per l'affetto o la passione nella vita di un'assassina e lei non ci aveva mai dato peso. Ma in quel momento si sentiva impreparata ad affrontare ciò che Daenerys le chiedeva di fare, forse per la prima volta nella sua vita. Il panico la prese nuovamente quando capì che non sarebbe stato facile riconquistare la fiducia di Dany, e che per farlo avrebbe dovuto essere sincera rispetto ai suoi sentimenti... Ma come farlo se nemmeno lei capiva la loro natura? Improvvisamente capì dove si trovava, in una delle ale più vecchie del palazzo, e si diresse stancamente verso la sua stanza.


Quando il pomeriggio seguente bussò alla porta delle stanze di Daenerys era un fascio di nervi. La regina non si era presentata alle udienza quella mattina, e Arya girava da tutto il giorno con il pacco che era andata a prendere dall'orafo all'alba. L'uomo non era stato molto contento di farsi sbattere fuori dal letto, ma una solo occhiata all'espressione minacciosa di Arya e ai coltelli che portava ai fianchi l'avevano fatto cambiare idea. Missandei aprì la porta con espressione solenne, ma quando vide Arya davanti a lei la sua espressione mutò, facendosi leggermente preoccupata "Arya..." "Missandei, devo parlare con la regina." "Lo immaginavo, purtroppo lei non vuole parlare con te." Arya l'aveva immaginato, ma non si scoraggiò "Ti prego Missandei, ho davvero bisogno di parlarle, io... io devo chiederle perdono." Missandei piegò le labbra in una smorfia sofferente "Mi hai salvato la vita Arya, e ti sono debitrice. Ma non posso aiutarti su questo. La mia signora è stata categorica." 




Daenerys guardò Missandei rientrare, leggendo nel suo volto il desiderio di esprmere la sua opinione. "Parla" le disse sottovoce, sapendo che Missandei non le avrebbe mai detto nulla che non sentisse veramente. Era sempre stata sincera con lei, e Daenerys teneva la sua opinione in alta considerazione. "Era lei." Dany annuì, fissando allo specchio le profonde occhiaie che le segnavano il viso "Non so cosa sia successo tra voi, ma sembrava sinceramente dispiaciuta. Forse dovreste..." "Basta così" la sua voce suonò più severa di quanto non avesse voluto "ho cose più importanti a cui pensare ora. Vai a chiamare la Donna Rossa, è giunto il momento di sentire cosa ha da dirmi." 


Mentre Missandei si allontanava, la mente di Daenerys continuava a tornare alla notte scorsa, al sonno disturbato che aveva avuto, alla tristezza che le si era attaccata addosso come un cattivo odore. Aveva sognato suo fratello, un sogno vivido e terribile come non ne faceva da tempo. Quando visitava i suoi sogni, Viserys portava sempre sul volto i segni della sua morte, la colata di oro fuso che gli aveva sciolto il volto immobile su di lui, ma era in ghigno che portava sul viso la cosa più terribile "Vedi sorellina?" le aveva detto "Nessuno ti amerà mai come ti ho amato io. Hai distrutto l'unico che poteva amarti." Le parole di Viserys risuonavano nella sua testa come un rullo di tamburi, e Daenerys cominciava a pensare che quella fosse l'unica verità possibile. Un rumore la strappò dai suoi pensieri, e capì di non essere più sola. 


Si girò per incontrare il volto della sua ospite, e un tremore istintivo la prese mentre i suoi occhi si riflettevano su quelli della donna rossa... Melisandre, questo era il suo nome, e Daenerys provava un timore reverenziale gni volta che lo pronunciava. Lei poteva non credere al dio a cui lei rivolgeva le sue preghiere, ma non c'era dubbio che quella donna fosse immischiata in faccende di magia nera. "Lady Melisandre, benvenuta." La donna chinò il capo, il lunghi capelli rossi brillavano come fiamme alla luce del sole "Solo Melisandre mia signora, non sono una lady... anche se un tempo c'era chi mi chiamava regina." "La regina di Stannis Baratheon?" un ghigno le attraversò il volto "Esattamente. Anche se lui non mi ha mai ritenuta tale. Spero che il nostro incontro non vi arrecchi disturbo, immagino abbiate altri pensieri per la testa." E Dany non riuscì a capire se fosse un'insinuazione maliziosa o una semplice affermazione "No Melisandre, anzi, mi devo scusare con voi per il ritardo di questo incontro, la prima volta ci sono stati degli inconvenienti. E' giunto il momento di capire cosa siete venuta ad offrirmi." Gli occhi di Melisandre si illuminarono come piccole scintille mentre le sue mani si stringevano sul bordo della tavola "Sono venuta ad offrirvi la luce." Daenerys la fissò per un momento, valutando la serietà della sua proposta, poi scoppiò a ridere "Non sono disposta a convertirmi a nessuna religione che preveda roghi umani, mi dispiace; sono già uscita indenne da uno di essi." "Siete stata voi stessa ad appiccare quel rogo." Dany si chiese per un momento come quella donna poteva essere a conoscenza del fatto, ma lasciò perdere "Ero giovane e avevo il cuore spezzato... se tornassi indietro non lo rifarei, ma non sono mai riuscita a pentirmi di ciò che ho fatto." "Perché nel vostro cuore sapevate di essere nel giusto. Le fiamme purificano le anime immonde. E voi, voi sei la prescelta." "Non dicevate lo stesso di Stannis?" "Pensavo davvero di essere nel giusto con lui, ma mi sbagliavo. E ora che lui non c'è più, ho capito i miei errori, ho capito che voi siete l'unica che può portare la luce nei Sette Regni, voi siete Azor Ahai risorto." "Non mi sembra di avere al mio fianco nessuna Portatice di Luce." Melisandre la guardò con un sorriso che lei trovò incredibilmente irritante, come se stesse guardando una bambina capricciosa "Non fatevi distrarre da profondi e tristi occhi grigi mia regina, è la vostra profezia, il vostro destino, non potete sottrarvi ad esso." Il cuore di Dany perse un battito nel sentire quelle parole e si alzò dalla sedia con una velocità quasi felina "Voi... come?" "Io leggo il fuoco mia signora, e in voi le fiamme si mescolano al sangue. Siete un libro aperto per me. Tenetemi al vostro fianco, e insieme conquisteremo i Sette Regni e cacceremo l'eterno gelo dai regni dei viventi." Daenerys la fissò a lungo, incerta sul da farsi. Non si fidava della donna, ma in fondo che male poteva fare averla al suo fianco? Sembrava disposta a qualsiasi cosa pur di trovare il suo campione ed aiutarlo nell'adempiere al suo destino, e solo gli dei sapevano di quanto aiuto le servisse per riprendersi il trono. "Accetto i vostri servigi Melisandre, e permettetemi di chiamarvi lady, perchè ora fate parte della mia corte. Ma non crediate di farmi inghinocchiare davanti al vostro Dio Rosso." Melisandre sorrise compiaciuta mentre si avvicinava alla porta, consapevole che l'incontro era terminato "La luce di R'Hollor percorre molti sentieri... troverà la via per il vostro cuore mia signora. Per ora mi accontenterò della vostra parola. E riguardo la piccola Stark, forse fareste meglio ad ascoltare quello che ha da dirvi." "E a che pro? Lei non potrebbe mai amarmi." la sua stessa voce suonò strana, come spezzata, e Daenerys si maledisse per la sua debolezza "Oh, lei potrebbe farlo... ma non dimenticate con chi avete a che fare. Lei è una vera Stark, il sangue dei Primi Uomini scorre in lei, e il suo amore è quello di un lupo, selvaggio e fedele, ma bramoso, insaziabile. Attenta a cosa desiderate mia regina." Con quelle parole Melisandre sparì aldilà della porta, lasciando Daenerys alla sua oscurità.



Arya aveva passato il resto del giorno nella sua stanza ad allenarsi con i suoi coltelli, a ripetere i fluidi movimenti dell' allenamento come un matra religioso per riuscire a calmare le tumultuose emozioni che provava. Non biasimava Daenerys per essersi rifiutata di vederla, probailmente lei avrebbe fatto lo stesso. Eppure si sentiva incredibilmente triste, e nemmeno il freddo acciaio delle sue lame riusciva a darle il conforto che necessitava. Quando udì un lieve bussare alla porta fu come se fosse uscita dalla nube che l'aveva circondata per tutto il giorno. "Avanti." Si era aspettata un Ser Jorah furioso e pronto ad ucciderla per aver arrecato dolore alla sua preziosa regina o la serva che le era stata assegnata, venuta a controllare che fosse ancora viva. Perciò quando vide il volto di Daenerys spuntare dalla porta, per un momento non riuscì a muoversi. Si alzò in piedi con uno scatto goffo, chinando la testa per non dover sopportare il suo sguardo "Dunque... volevi parlarmi. Sono qui." Arya aveva passato la notte precedente a pensare a parole adatte per farsi perdonare, per farsi capire, ma ora che aveva Daenerys davanti a se, tutto sembrava sparito. Prese il pacco che aveva abbandonato nel letto e glielo porse "Io... io ho voluto.. ho fatto... è per te." conscluse imbarazzata, sentendosi più stupida di mai.
 

Guardò Daenerys aprire il pacco con riluttanza, e la sua espressione diventare sempre più confusa mentre ne capiva il contenuto. "Cosa dovrebbe essere?" tra le mani teneva l'oggetto che che Arya aveva fatto costruire dall'orefice quella mattina, una collana semplice, con un pendente a forma di metalupo "L'ho fatto fare per te... io ho questo." Le mostrò la collana che portava al collo, con il simbolo dei Targaryen che le toccava leggermente il collo "Arya..." la voce di Daenerys sembrava incredibilmente stanca, e per un momento Arya si chiese se non stesse facendo tutto invano "Ti prego lasciami spiegare. Quello è il simbolo della mia fedeltà. Chiunque ti vedrà quando arriveremo a Westeros capirà che gli Stark lottano al tuo fianco, che io lotto al tuo fianco. E il drago che porto servirà a ricordare chi è l'unica e vera regina di Westeros ed Essos. Mi dispiace tantissimo per quello che è successo, l'ultima cosa che voglio è farti un torto. Ho perso il senno per un attimo quando ho realizzato cosa mi stavi chiedendo. Io non posso darti più di questo, della mia fedeltà, perché non conosco altro. Tu desideri qualcuno che ti renda felice e io non posso farlo perché non conosco la felicità, se non in forma di ricordo sbiadito. E tu meriti di meglio di un ricordo sbiadito." Daenerys rimase in silenzio a lungo, tanto che Arya temette di aver detto qualcosa di sbagliato; non era mai stata brava in questo genere di cose, nemmeno prima che il mondo le crollasse addosso. Poi la vide girarsi di spalle, mentre si sistemava la treccia argentea in modo da liberare la schiena e con le mani portava i due capi della collana verso l'alto. Arya capì il gesto e le legò il laccio di cuoio facendo attenzione a non pizzicarle la pelle delicata. L'altra si girò lentamente, il metalupo che le scivolava leggero sotto la veste andando a nascondersi da occhi indiscreti, il suo volto a pochi centimetri da quello di Arya. "Lascia che sia io a decidere chi mi può rendere felice." Quelle parole appena sussurrate liberarono un peso che Arya non si era accorta di portare dentro, e leggere il perdono e la comprensione negli occhi di lei le diede il coraggio che le serviva per colmare la distanza tra loro e unire le loro labbra. Sentì l'altra tremare leggermete al contatto, e la circondò con un braccio, attirandola a se mentre il bacio si faceva più profondo. Quandò sentì la lingua calda di Daenerys percorrere il profilo delle sue labbra con dolcezza non potè opporsi all'istinto di socchiuderle, permettendole di entrare nella sua bocca ed esplorarla delicatamente mentre sentiva affondare tra i suoi capelli le mani dell'altra. Quando si separarono, e Arya non riusciva a dire quanto tempo fosse passato, entrambe avevano il respiro corto e le guance in fiamme. "Vieni con me." Sussurò Daenerys dandole un ultimo leggero bacio sulle labbra e prendendola per mano, e dopo tanto tempo Arya fu finalmente  sicura di aver fatto una cosa giusta.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Un rumore, poi un altro. Le foglie scricchiolano sotto di lei, l'umidità del terreno le entra nelle ossa mentre si avventura sempre di più nel bosco. L'oscurità è quasi totale, i pallidi raggi di luna possono poco contro i folti rami degli alberi che ricoprono ogni cosa, lasciando la notte senza stelle. Un ramo spezzato, il cambiamento di vento. La preda si è accorta di loro. Un ululato spezza il silenzio, e il branco comincia a correre dietro di lei. La preda, una cerva, corre agile tra le fronde, quasi come se scivolasse nel vento. Ma loro sono tanti, e più veloci. E lei è più forte di qualsiasi altra creatura. Un balzo, gli artigli affondano nella carne, uno schiocco quando l'esile collo dell'animale si spezza sotto la presa mortale delle sue fauci. Una sete, una sete incredibile la spinge ad affondare il volto nel collo squarciato, a dilaniare e strappare. Una pozza di luce sopra di lei illumina la scena cruenta, creado riflessi sulla pozza di sangue ai suoi piedi. Quando si gira a guardare, non è il suo volto che vede, ma quello della lupa. La sua lupa. E all'improvviso riesce a vedersi, gli occhi grigi che brillano nel volto di Nymeria.



Arya aprì gli occhi lentamente, turbata da un sogno a cui cercava disperatamente di aggrapparsi mentre esso scivolava via. L'unico ricordo che riuscì a tenersi stretto fu l'emozione della caccia e una sete che sembrava impossibile da estinguere. Si rilassò nel letto, beandosi della pallida luce dell'alba che entrava dalle grandi finestre, accompagnata da una lieve brezza che si poteva sentire solo a quelle ore del mattino. Lei però non sentiva freddo, ma solo il confortante calore del corpo accanto al suo, le braccia che la circondavano, il caldo respiro di lei nell'incavo del collo. Era una situazione simile a quella in cui si erano ritrovate ormai più di una settimana prima, quando ancora non erano arrivate a Volantis; solo che questa volta erano entrambe nude, e quello che era successo la notte precedente era completamente diverso da qualsiasi altra cosa Arya avesse mai fatto. Sentiva ancora la pelle solleticare dove Daenerys l'aveva toccata, il ricordo della dolcezza con cui le aveva tolto gli abiti e baciato lentmente le cicatrici sparse sul suo corpo impresso a fuoco nella sua mente. Il modo in cui l'aveva tenuta stretta a se per ogni istante, guardandola negli occhi mentre prendeva tutto ciò che lei riusciva a darle, chiedendole un muto consenso prima di toccarla dove nessuno aveva mai potuto. Quando Daenerys era entrata dentro di lei si era sentita improvvisamente nuda, nel corpo e  nell'anima, come se lei potesse leggerle attraverso e vedere tutto quanto. Ma la paura era stata soffocata ben presto da un desiderio che non si ricordava di aver mai provato, così forte che sembrava annullare qualsiasi altra cosa, e lei non aveva potuto fare altro che annullarsi in esso. Per un momento le era sembrato di rompersi in pezzi nell'abbraccio di Daenerys, e si era aggrappata a lei con tutte le forze che le erano rimaste, graffiandole la schiena candida e soffocando i gemiti con i suoi baci, il corpo teso come in combattimento. Alla fine fu come se qualcosa si fosse spezzato e allo stesso tempo fosse tornato alla sua giusta posizione; mentre si lasciava andare sul letto di Daenerys, Arya si era chiesta se per caso non fosse stato il suo cuore. 

Aveva guardato Daenerys e non le era mai sembrata più bella di così, con il volto in fiamme e i capelli che le ricadevano in ciocche scomposte sul viso, mentre si chinava a baciarle le guance. Ci mise un momento a capire che erano lacrime quelle che stava togliendo, lacrime che non si era accorta di perdere, tanto era passato da l'ultima volta che ne aveva versate. Anche adesso, stretta tra le braccia di Daenerys, Arya si chiese se non fosse tutto un sogno. Forse presto si sarebbe svegliata nuovamente nella camera solitaria del palazzo del Bianco e del Nero, pronta per tornare alla sua vita di assassina. Ma ne sarebbe stata in grado? Daenerys le aveva ricordato cosa voleva dire avere un cuore che batteva in petto, cosa voleva dire essere viva, ed erano cose a cui Arya non era disposta a rinunciare, anche se il prezzo da pagare erano i dolorosi ricordi della sua infanzia.
Capì che Daenerys si era svegliata dal cambiamento del suo respiro, ma fece finta di nulla finché le labbra di lei non cominciarono a tracciare il contorno del suo collo, e sentì un brivido lungo la schiena che non aveva nulla a che vedere con la brezza mattutina. Si girò per guardarla negli occhi e sorrise nel vederla; sembrava un gatto spettinato, i voluminosi capelli argentei sparsi sul cuscino, gli occhi appena aperti e pieni di sonno, mentre con la mano cercava di ripararsi dalla luce. "Perché stai ridendo?" persino la voce era impastata dal sonno e il sorriso di Arya si fece più ampio "Ridere, io? Non osere mai. Questa mattina sei più temibile che mai Madre dei Draghi." Daenerys sorrise a sua volta "Idiota." Arya colmò la distanza fra loro per baciarla, e sentì le mani dell'altra percorrerle la schiena, cercando di avvicinarla di più. Quando si staccò improvvisamente, Arya la guardò con espressione interrogativa "Missandei e Ser Jorah saranno qui fra poco." "Sarebbe un peccato se ci trovassero in posizioni compromettenti." Daenerys le sorrise, sistemandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio, lasciando poi scendere la mano fino a dove il medaglione Targaryen riposava sulla sua pelle "E dobbiamo prepararci alle udienze di questa mattina. Ti voglio al mio fianco... Se pensi di poter reggere una giornata di postulanti." "Se il premio che mi aspetta alla fine sei tu mia regina, potrei ascoltare le richieste dell'intera Volantis." Arya notò un lieve rossore nel volto di Dany prima che si alzasse per andare a vestirsi. Rimase per un momento immobile, respirando il profumo di lei che emanavano le lenzuola prima di seguirla.



Daenerys trovava estremamente difficile riuscire a concentrarsi quel giorno, mentre davanti a lei sfilavano persone di ogni tipo con le richieste più disparate, il suo sguardo continuava a tornare ad Arya. Quando le sorrideva così le sembrava di perdere il senso della realtà, e tutto il resto perdeva d'importanza. Si era pentita di non aver lasciato perdere le udienze anche quella mattina, e continuava a ripetersi che era il suo dovere di regina, doveva farlo. Ma questo non le impediva di lasciar vagare i pensieri, che sembravano tornare sempre alla notte appena trascorsa. La cosa che più la sorprendeva era quanto si fosse sentita felice quella mattina svegliandosi accanto ad Arya, una felicità così semplice e dolce come non l'aveva mai provata, se non quando aspettava il suo bambino e Drogo la stringeva a se, quando per un attimo pensava di aver trovato un posto a cui appartenere. Non riusciva a capire ancora cosa ci fosse tra loro, era troppo presto, ma il solo fatto che ci fosse qualcosa le era di conforto, le dava sicurezza. 


Quando fermarono le udienze per pranzo Daenerys fece per andare verso di lei, ma si ritrovò davanti Ser Jorah "Mia regina, posso parlarvi?" lei lo guardò per un momento, incerta sul da farsi, ma alla fine annuì "Dimmi Jorah." "Preferirei farlo in privato." Andarono fuori nei balconi, Daenerys che faceva strada con espressione contrariata e Jorah dietro, le grandi spalle leggermente ricurve e abbattute "Mia signora, volevo chiedervi se c'è qualcosa che vi turba." "Turbarmi? Perché mai?" "Vi ho vista diversa dal solito in questi giorni, volevo solo assicurarmi che tutto vada bene." "Va tutto benissimo Ser. Piuttosto mi chiedo se qualcosa non turbi voi." Daenerys fissò il volto vecchio e stanco dell'uomo, segnato dal tempo in modo indelebile. Gli voleva bene, nonostante il tradimento di lui, quando era tornato da lei si era accorta di quanto le fosse mancato, e l'aveva perdonato, anche se ancora non riusciva a fidarsi del tutto di lui. Sapeva bene quali erano i sentimenti di lui nei suoi confronti, ma lei non aveva mai provato per lui altro che amicizia. Ora il viso dell'uomo si piegò in una smorfia che Dany conosceva bene, ecapì che stava per dirle qualcosa di scomodo "Ecco... Mia signora non riesco a fidarmi della giovane Stark." Anche se aveva immaginato una cosa del genere, le sue parole la colpirono più del previsto "E perché mai? Mi ha salvato la vita." "Non mi convince. Dov'è stata per tutto questo tempo? Da quando suo padre è morto ad Approdo del Re nessuno ha più avuto notizie di lei, gli dei solo sanno cosa possa esserle successo! E adesso rispunta alla vostra corte, blaterando di uomini del Nord che staranno dalla sua parte... Cosa può saperne? Per me sono solo menzogne." "Non vuole parlare del suo passato." "Ottima scusa." "Jorah, non vedo davvero il motivo per cui dovrebbe inventarsi questo genere di cose..." "Forse aspetta solo il momento giusto.." "Per fare cosa? Uccidermi? Ti assicuro che ne ha avuti più che a sufficenza." La sua mente tornò alla notte appena passata, e Ser Jorah dovette leggerglielo in viso, perché i suoi occhi si illuminarono di consapevolezza e tristezza "Voi poteta fare quello che volete mia signora, ma io non mi fido di lei. Continuerò a proteggervi, anche da voi stessa." Con quelle parole si girò per andarsene, lasciando Daenerys leggermente scossa, mentre sentimenti contrastanti le crescevano in petto.

"Allora?" si girò di scatto nel sentirela voce, e non appena i suoi occhi incontrarono quelli di Arya tutti i dubbi che aveva sentito svanirono. "Allora..." le disse avvicinandosi lentamente e accarezzandole la guancia con la punta delle dita "vogliamo andare a pranzo?" Arya le sorrise, e lei notò come piccole scintille le accendessero gli occhi quando faceva così. Camminarono insieme verso i suoi appartamenti, a pochi centimetri l'una dall'altra, in silenzio, e Daenerys si sentì tranquilla come non lo era da molto tempo.





Note: Ciao a tutti! Volevo scusarmi per la lentezza con cui ho scritto questo capitolo (che è anche corto, aiuto), sono molto presa dallo studio e purtroppo mi tocca sacrificare qualcosa! Volevo dirvi che oggi io e la luna della mia vita (aka superamica/fonte di ispirazione/sostegno morale inesauribile) ci stavamo chiedendo come chiamare questa "ship" visto che non so se ci sia già un nome (anche detto "qualcun'altro a pensato a questa cosa assurda?") e visto che "Darya" mi ricorda troppo Daario e "Aryaneris" sembra un altro nome di un re Targaryen ci era venuto in mente "DireDragon". Però chiedo a voi, vi piace? Avete suggerimenti? Grazie per aver letto, alla prossima!

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Arya camminava velocemente per i corridoi del palazzo mentre l'alba sorgeva su Volantis, con un espressione leggermente assonnata. Era più di una settimana che doveva sgusciare via dal letto di Daenerys appena spuntava il sole per non farsi vedere da nessuno, anche se era ormai chiaro che Missandei si era resa conto della cosa. Arya avrebbe anche protestato, ma ogni volta che cercava di dire qualcosa a riguardo Daenerys le sorrideva con quel suo sorriso disarmante, ed ogni protesta le moriva sulle labbra. Avrebbe fatto questo ed altro per stare con lei, non era importante. Nonostante stesse cominciando ad abituarsi a quella nuova relazione, ogni tanto, quando stringeva Daenerys tra le braccia, o quando si addormentava al suo fianco, si faceva strada in lei quella paura che sembrava non abbandonarla mai. Non le sembrava possibile di poter vivere qualcosa di così bello, così puro, e il terrore di vederlo scivolare via era così forte che certe volte l'unica opzione possibile sembrava quella di scappare. D'altra parte tutte le persone che aveva amato nella sua vita era morte, scomparse, perdute per sempre, e Arya non era sicura che il suo cuore avrebbe retto a perdere anche lei. Forse era questo il motivo che la spingeva a rimanere comunque in disparte, a non aprirsi completamente con Daenerys nonostante desiderasse farlo. Non era una cosa facile, non lo sarebbe mai stata; eppure ogni volta che Dany le stringeva la mano, tutto sembrava scomparire. Arya si era ripromessa di non lasciarla andare, mai finché avrebbe avuto respiro, perché era l'unica cosa che dava un senso a tutto il resto.


Era così assorta nei suoi pensieri che quasi andò a sbattere contro una donna che non aveva notato, ferma nel mezzo del corridoio. "Scusatemi" disse, preoccupata di averla spaventata. Ma quando l'altra si girò a guardarla, capì che la sua preoccupazione era del tutto infondata. I grandi occhi della donna sembravano neri nella pallida luce del mattino, ma brillavano di luce propria, senza mostrare segno di paura, anzi una contentezza quasi folle. "Ti stavo cercando, Arya Stark." la sua voce era suadente, quasi come il suono di un arpa, e calda come i riflessi luminosi dei suoi capelli rossi. Arya non si lasciava intimorire facilmente, eppure c'era qualcosa in quella donna che la metteva in allerta "Non vi conosco signora, mi dispiace." "Sono Melisandre di Asshai, la Sacerdotessa Rossa." Arya la fissò per un momento senza capire, finchè non ritrovò il ricordo che cercava "La donna rossa che doveva avere un udienza con Daenerys." "Quanta informalità" un sorrisino compiaciuto spuntò sulle labbra della donna "A tutti i suoi sudditi è concesso chiamarla per nome? Potrei provare anche io." Arya sentì le guance scaldarsi mentre arrossiva involontariamente, e la donna rise "Tranquilla piccola lupa, i vostri segreti sono al sicuro con me." "Cosa volete da me?" Il volto della donna si fece improvvisamente serio "Sono venuta ad avvertirvi. E' giunto il tempo della verità." Arya fece un passo indietro, mentre per riflesso la mano destra scendeva a cercare il pugnale "Cosa state dicendo?" "Io leggo il futuro nelle fiamme mia giovane amica, ma non solo quello. So cosa siete, o meglio cosa eravate. E so anche che Daenerys ha bisogno di voi per vincere questa guerra. Per il vostro bene e per il suo, dovete dirle la verità, subito." "Lei non ha bisogno di me. Lei hai i draghi, l'esercito, io non sono essenziale." "E invece lo siete. Azor Ahai ha bisogno della sua Portatrice di Luce se vuole trionfare sulle tenebre dell'inverno." "Quello che dite non ha senso, siete pazza!" Arya fece per andarsene,ma la donna l'afferrò per il polso "Potete non vedere la verità nelle mie parole, ma di certo ne vedete il senno. Dite alla regina la verita su cosa vi ha condotto alla sua corte, prima che sia troppo tardi."
Con queste parole la lasciò andare, e se ne andò senza voltarsi indietro. Arya rimase immobile in mezzo al corridoio, piena di un timore a cui non sapeva dare nome.



Quando tornò da Daenerys quel pomeriggio era ancora combattuta sulle parole di Melisandre. Si sentiva male al pensiero di aver mentito a Daenerys, ma l'idea di perderla per averle confessato la verità sul suo passato era terribile. La regina era sola nelle sue stanze, e quando la vide si alzò leggera dalla sedia che occupava e le andò incontro, il sorriso che le illuminava il volto. "Mi sei mancata" le sussurò prima di baciarla. Era un bacio innocente, ma quando Arya afferrò Daenerys per la vita stringendola a se non esitò a diventare più profondo. "Questo vuol dire che ti sono mancata anche io?" le disse lei leggermente senza fiato quando si staccarono "Ogni minuto". Lei tornò verso la scrivania, muovendo con distrazione le carte sopra di essa "Sono giorni che sto lavorando per sistemare la città per quando saremo partiti. Non voglio lasciare nulla in sospeso, ma non possiamo fermarci a lungo. Entro la prossima settimana voglio partire per Bravos." Nell'udire quel nome l'ansia che l'aveva accompagnata per tutto il giorno riaffiorò come una cascata; era quello che intendeva Melisandre?
"Bravos?" "Esattamente. Conquisterò Bravos e poi potremo finalmente iniziare l'invasione dei Sette Regni. Sono così stanca di questa vita da nomade, voglio potermi sentire a casa." La sua mano scivolò verso quella di Arya che la strinse leggermente "Quando sarà tutto finito potrai portarmi a vedere la tua casa. Ho sempre desiderato vedere la neve." Il cuore di Arya si riempì di gioia al pensiero di portare Daenerys a Grande Inverno. Anche se il castello era stato distrutto, i suoi ricordi erano ancora vivi, avrebbe potuto raccontare a Dany di tutte le avventure che aveva vissuto nei boschi, di suo padre e sua madre, dei giochi con Jon, Robb, Bran e il piccolo Rickon, e persino con Sansa, quando sua sorella aveva voglia di divertirsi con lei. "Sarà un onore portarti a Grande Inverno, non c'è nulla che mi renderebbe più felice." Con le mani ancora strette insieme, Dany si appoggiò a lei, posandole il capo sulla spalla "Non so come ho fatto ad andare avanti senza di te per tutto questo tempo. Quando ti ho vicino capisco che tutto questo ha davvero un senso." Arya non riuscì a dirle nulla, si limitò a stringerla a se, mentre capiva che non avrebbe mai rischiato di perdere quello che aveva per le visionarie parole di una sconosciuta. Qualsiasi cosa le aspettasse a Bravos, l'avrebbero affrontata insieme.



Il mattino dopo sedevano nella sala delle udienze, mentre una folla di postulanti si accalcava ai piedi della grande scalinata che portava al trono, in attesa del loro turno per poter parlare con la regina. Arya si stava annoiando a morte, ma Daenerys aveva insistito per averla vicino anche in quei momenti, e lei non aveva potuto rifiutare. Il suo sguardo vagava tra la folla, catturato dai colori sgargianti delle vesti dei nobili, quando all'improvviso incontrò lo sguardo della Sacerdotessa Rossa. Era in disparte, avvolta in una mantello rosso porpora, e i suoi occhi la fissavano come se volessero perforarle l'anima. Arya riuscì a sostenere il suo sguardo, lasciando che ogni altro avvenimento nella sala le scivolasse addosso. Proprio quando pensava di non poter più sopportare l'intensità di quegli occhi, Melisandre piegò il capo, andando a guardare qualcosa alla sua sinistra. Come incatenata al volere della donna Arya si girò a guardare in quella direzione, e quando si rese conto di ciò che c'era, il suo cuore perse un battito. Un uomo in nero, nascosto tra le fila di uomini. Il suo volto era tranquillo e pacifico, e Arya non lo riconobbe, ma capì immediatamente di cosa si trattava. C'era qualcosa nei suoi occhi, nel suo sguardo, Arya sapeva che stava indossando una maschera. Lo sapeva perchè anche lei ne aveva indossate molte, a centinaia. Vide l'uomo scegliere quel momento per farsi largo tra la folla, sempre delicatamente, senza attirare l'attenzione, e portare una mano alla cintola. Arya capì subito le sue intenzioni, ma sapeva che era troppo tardi per fermarlo.

Si lanciò verso Daenerys più velocemente che potè mentre il coltello, no non un coltello, uno stiletto, sottile e letale, che l'uomo aveva lanciato roteava verso Daenerys. Le sembrò di rivivere il momento di qualche settimana prima, quando aveva salvato Daenerys dagli uomini di Volantis. Ma ora era diverso, quello davanti a lei era un suo pari, un maestro nell'arte della morte, e il suo colpo stava andando a segno con velocità incredibile. Vide Jorah muoversi accanto a lei come in un sogno, i movimenti lenti e goffi rispetto a quelli a cui lei era abituata. Ma ancora, era troppo tardi per spostare Daenerys, troppo tardi per mettersi davanti a lei. In un ultimo disperato tentativo cercò di capire dove lo stiletto avrebbe colpito, e tese la mano. Sentì la pelle della mano sinistra lacerarsi contro la lama affilata, mentre questa penetrava la carne senza remora, e pregò che si fermasse. L'arma di conficcò nel palmo della sua mano, finendo la sua corsa a pochi centimentri dall'occhio di Daenerys. Era accaduto tutto in una manciata di secondi, eppure ad Arya parevano ore. Mentre tutto intorno a lei tornava alla normalità, mentre tutti si giravano a guardare in direzione dell'assassino e le guardie correvano a catturarlo, lo sguardo di Arya tornò all'angolo in cui aveva visto Melisandre. Di lei non c'era traccia.

Sentì delle mani calde circondarle il braccio mentre Daenerys la tirava a se. La sentì tremare sotto la sua stretta e la strinse forte, senza badare alle fitte di dolore che cominciarono a risalirle il braccio.
"Traditrice!" L'urlo superò ogni altro clamore della stanza, mentre Arya si girava a fissare l'assassino, ora inchiodato a terra da due Immacolati. "Tu dovevi ucciderla maledetta cagna! Il Maestro si fidava di te, e tu le hai salvato la vita!" L'uomo aveva il volto in fiamme, e ad ogni parola schizzi di saliva bagnavano il pavimento, quasi a sottolineare la sua ira "L'avevo detto al Maestro che ci avevi tradito, ma lui si fidava, pensava che ti fosse successo qualcosa, mi ha mandato ad aiutarti. Non volevo credere ai miei occhi quando ti ho vista al suo fianco, viva e vegeta." "Arya, cosa sta dicendo?" la voce di Daenerys suonava preoccupata e confusa, ma Arya era troppo sconvolta per risponderle "Non l'hai detto alla tua piccola reginetta, eh? Non le hai detto che sei venuta qui per ucciderla!" "Arya, chi è costui? Cosa... cosa sta dicendo?" ora il tono sembrava quasi implorante, e Arya riuscì solo a guardarla mentre si staccava da lei. Riusciva a sentire il sangue che le colava dalla ferita, ma in quel momento le sembrava surreale. Ser Jorah si fece avanti prendendo l'uomo per il mantello, esaminando le armi che aveva addosso "E' il simbolo della casa del Bianco e del Nero. E' un assassino senza volto maestà." "Così come lei!" l'uomo riuscì a liberare una mano e la indicò mentre i suoi occhi si facevano più spiritati "Il simbolo è impresso sulle sue armi, sotto l'elsa, impossibile da vedere se non lo si cerca." "Arya..." Ser Jorah avanzò verso di lei, il volto nero come una tempesta invernale, e le tolse dalla cintura uno dei suoi pugnali. Lei lo lasciò fare, sapendo che ormai era inevitabile. Guardò Daenerys che la fissava con espressione sconvolta "Mi dispiace" fù l'unica cosa che riuscì a dirle prima che Jorah trovasse ciò che stava cercando "E' vero! Tu sei una di loro! Prendetela!" Due guardie arrivarono dietro di lei e la imprigionarono tra loro, e lei non oppose resistenza. Sentiva che il mondo intero le si stava sgretolando addosso senza che lei potesse fermalo. "Portatela nelle segrete." Il tono di Ser Jorah era pieno di disprezzo, ma non era quello che importava ad Arya. Si girò per guardare Daenerys, che la fissava con uno sguardo così pieno di dolore che per un momento pensò l'avrebbe uccisa. Invece il suo cuore continuò a battere in agonia mentre la trascinavano lungo il corridoio, e l'ultima cosa che vide prima che la porta si chiudesse dietro di lei fu Melisandre, nel bel mezzo della folla urlante, che la fissava con uno sguardo pieno di delusione.



Non riuscì a capire per quanto tempo la lasciarono da sola nella cella. Non c'era luce se non quella delle fiaccole e il tempo sembrava scivolarle addosso senza alcun ordine. Potevano essere passati minuti o ore. Si teneva la mano ferita al petto, incapace di fare altro. Solo ora capiva la natura dell'avvertimento di Melisandre, ma era troppo tardi. Troppo tardi per fare qualsiasi cosa. Il pensiero le tornò al modo in cui Daenerys le aveva sorriso quel mattino, quando si erano svegliate l'una nelle braccia dell'altra, al modo in cui l'aveva guardata mentre si dirigevano verso la sala del trono, come aveva sfiorato leggermente la sua mano prima di separasi da lei, e provò un rimorso così profondo che per un attimo non riuscì nemmeno a respirare. Sentì un rumore davanti a lei, e la porta della cella si aprì di scatto, facendo entrare ombre e realtà. "Mia regina, non penso che sia una saggia idea." la voce di Ser Jorah era piena di preoccupazione mentre Daenerys entrava nel cubicolo. "Lasciami solo un minuto Jorah. Ha le catene." Jorah le lanciò un ultimo sguardo prima di chiudere la porta, e rimasero sole. Alla luce della fiaccola il volto di Daenerys sembrava quello di una donna più vecchia, segnata dal tempo. Arya si accorse che aveva pianto, e si sentì male al solo pensiero. "Hanno torturato quell'uomo per ore, e continua a ripetere quello che ha già detto. E' vero? Ti avevano mandata ad uccidermi?" il suo tono era incolore, mancava di tutte quelle sfumature che Arya aveva imparato a riconoscere "Sì." Mentire in quel momento era inutile. Il viso di Dany si piegò in una smorfia di sofferenza "Per tutto questo tempo, era tutta una menzogna? Ti ho aperto la mia casa, la mia corte, il mio letto, e tu non hai fatto altro che mentirmi..." "Il motivo per cui sono venuta da te era falso, ma non il resto, te lo giuro, nulla di tutto il resto." "Come faccio a crederti?" urlò "Dimmi come posso crederti ora? Tu non sei Arya Stark, sei un'estranea, un'assassina! Quante persone innocenti hai ucciso?" Arya abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello di Dany, che si stava riempiedo di lacrime "Puoi non credermi, ma quello che ti ho detto è vero. Sono Arya Stark. Dopo che la mia famiglia è stata massacrata non mi era rimasto altro che il mio odio e la mia sete di vendetta. Volevo diventare forte, invincibile per uccidere gli uomini che avevano distrutto tutto ciò che amavo. Ero solo una bambina, ho preso la strada sbagliata." Sentì che gli occhi cominciavano a bruciarle, e calde lacrime le scesero lungo le gance.
Dany scosse la testa, allontanando lo sguardo "Perché?" "Perché dovevo ucciderti?" "Perché non l'hai fatto? E non dirmi che non hai avuto buone occasioni, perché ne hai avute fin troppe. Potevi lasciarmi morire invece di salvarmi la vita ben due volte! Perché l'hai fatto?" Arya rimase in silenzio "Guardami!! Guardami Arya e dimmi perché non mi hai ucciso!" le sue grida erano piene di disperazione e Arya avrebbe voluto solo morire, lì in quel momento pur di non doverle più sentire. Cercò una risposta dentro di lei, ma non riuscì a trovarne alcuna, qualsiasi cosa avesse detto non sarebbe bastata "Non lo so" si limitò a sussurrare, guardandola negli occhi. 

Daenerys la fissò a lungo, le lacrime che le lasciavano segni indelebili lungo il volto e Arya capì che stava decidendo cosa fare di lei "Puoi infliggermi qualsiasi punizione, non sarà nulla in confronto al dolore che provo per averti fatto questo." Dany chiuse gli occhi, aveva l'aria stanca, distrutta, e ancora una volta Arya si ritrovò ad abbassare lo sguardo. "Ser Jorah" l'uomo aprì subito la porta, seguito da un Immacolato. "Liberala" disse a quest'ultimo, e il volto di Jorah divenne incredulo "Mia regina, non possiamo..." "Jorah, ti prego." Lo sguardo che lanciò all'uomo fu sufficente a farlo tacere, e Arya si ritrovò senza catene, nel corridoio oscuro della prigione, a fissare le tre persone davanti a lei. "Daenerys..." "No, non farlo. Non dire il mio nome, non così, come l'avresti sussurrato tenendomi fra le braccia." Gli occhi arrossati di pianto brillavano alla luce delle fiaccole mentre Daenerys la guardava come se fosse la prima volta "Mi hai salvato la vita, buone o cattive che fossero le tue intenzioni, non lo posso dimenticare. Ti lascio in vita, ma ti ordino di andartene. Non voglio vederti mai più!" La sofferenza che Arya vide nei suoi occhi fu molto più dolorosa della sua sentenza, e si rese conto in quel momento di aver perso davvero l'unica cosa bella che la vita le aveva donato dopo la morte della sua famiglia. Ma forse era normale, era questo il suo destino, rimanere sola, essere il lupo solitario incapace sia di vivere che di morire, che andava avanti sopravvivendo, spinto da un istinto naturale che non era in grado di sopprimere. "Daenerys..." il nome le uscì come una preghiera, mentre le lacrime le cadevano dagli occhi senza che lei potesse fermarle "Vattene!" il grido di Daenerys sembrava più un singhiozzo, mentre con una mano si aggrappava a Ser Jorah per non cadere. Arya capì che non c'era più niente che poteva fare, e si sentì persa come non mai. Diede le spalle all'unica persona della quale le importava qualcosa in quella sua vita miserabile, e andandosene non si voltò indietro, le orecchie piene del suono dei singhiozzi della Madre dei Draghi. Un unico pensiero razionale le occupava la mente; non potrò portarla a vedere la neve.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Note: Ciao a tutti! Mi scuso nuovamente per la mia lentezza, purtroppo finché non finisco gli esami andrà così, mi dispiace! Volevo informarvi che per un po seguirò solo Arya e lo sviluppo della sua storia, anche se vi prometto che rivedremo Daenerys (non odiatemi per averle fatte separare, ho sofferto anche io)! Se vi "mancano" insieme, vi consiglio la one-shot scritta dalla mia talentuosissima amica: Perché le stelle piangono.
Grazie per contiunare a leggere e per le recensioni, un bacione!




Arya lasciò che la brezza marina le scompigliasse i capelli, fecendoli roteare in vortici scomposti sul suo viso, oscurandole a tratti la visuale del porto davanti a lei. Erano passati così tanti anni dal suo ultimo viaggio in mare che per un attimo si era preoccupata di soffrire la distanza dalla terraferma, invece il tragitto era stato dei migliori. Cercava di non dare peso all'angoscia che le saliva dentro ogni volta che si voltava indietro; non poteva semplicemente permetterselo. Sospirò leggermente mentre i contorni di Porto Bianco spuntavano dalla nebbia che andava diradandosi davanti a lei. Non osava pensare al momento in cui avrebbe toccato il suolo dei Sette Regni, finalmente, dopo tutti quegli anni. La terra di suo padre, di sua madre, la terra che l'aveva vista bambina, che l'aveva conosciuta felice. Era davvero tornata a casa? O l'aveva lasciata dietro di lei per sempre?
Di nuovo una stretta al cuore, più forte, più improvvisa. Era come un dolore silenzioso, una spina che scende in profondità lacerando tutto ciò che trova nel suo cammino, una sensazione di disperazione sottile che non ti lascia mai, nemmeno per un secondo, anche se pensi di essere riuscita a liberartene. Arya capì di non poter sfuggire ai ricordi, non in quel momento, ma almeno poteva evitare di pensare a lei, di ricordare l'ultimo sguardo che le aveva lanciato, i suoi occhi pieni di lacrime.



Era appena tramontato il sole sulla rumorosa città di Bravos, la gente, come tante piccole formiche tornava alle loro case, piccole fiammelle di luce che non riuscivano ad illuminare l'oscurità che Arya sentiva dentro. Non ricordava molto del viaggio da Volantis, i ricordi si accavallavano tra loro, impregnati di un sapore amaro come il fiele, il sapore di parole non dette, di occasioni sprecate. Semplicemente ora si trovava lì, di nuovo al suo posto, come se nulla fosse cambiato.
Eppure era cambiato tutto. Lei era cambiata. Arya Stark era morta e risorta dalle sue ceneri, plasmata nuovamente dalla pura fiamma di un drago, e ora sapeva che era troppo tardi per tornare indetro. Persino le mura del Tempio, le vecchie, sporche mura a cui si era appoggiata tante volte a pregare il suo unico dio erano diverse, squallide ai suoi occhi, così come lo erano i corpi dei postulanti ammassati ai piedi dell'altare. Non perse tempo con loro, muovendosi silenziosamente come solo lei sapeva fare. Si accorse di indossare ancora il mantello da viaggio e se lo lasciò scivolare addosso, facendolo cadere a terra; ormai non aveva più importanza.
Non indossava maschere questa volta, nessuna identità a coprire la sua essenza mentre si dirigeva sempre più in profondità, verso la sala dei volti spezzati. Lui era lì, lei lo sapeva.


L'oscurità era densa e pesante intorno a lei, ma sapeva che la stavano guardando. Occhi spenti, vuoti e immobili che la fissavano, invitandola ad entrare nel regno dei senza nome, a perdersi nuovamente come tante volte aveva fatto.
Per un attimo Arya fu tentata di lasciarsi andare, di gettare tutto alle spalle, di cancellare i ricordi di quegli ultimi mesi, troppo dolorosi, troppo devastanti per permetterle di vivere ancora. Ma si aggrappò disperata all'unica cosa che poteva darle forza in quel momento, all'unica idea che poteva farle vedere la luce. Stava facendo questo per lei, solo per lei.


Percepì la presenza dell'uomo ancora prima di vederlo, nell'angolo più buio della sala. Le dava le spalle, ma non appena parlò capì che stava sorridendo. "Di ritorno a casa alla fine." "Questa non è la mia casa. Non più." La sua voce era roca e insicura, e solo in quel momento realizzò che era la prima volta che parlava con qualcuno dopo essere stata mandata via da Volantis. L'uomo non sembrò impressionato dalle sue parole "Pensavo fossi più forte. Pensavo che avresti vinto anche quest'ultima battaglia." L'uomo si girò, il viso che non esprimeva alcuna emozione. 


"Deve essere davvero speciale." "Lo è." Fu l'unica cosa che riuscì a dire. "Sei ancora in tempo per tornare indietro. Le porte della nostra casa sono sempre aperte per te. Hai ancora una scelta."
"Cercherete di ucciderla di nuovo?" L'uomo non rispose, ma il suo silenzio parlava fin troppo chiaramente.
"Allora non scelta."
"Non posso fare a meno di sentirmi ferito" il tono era bonario, il volto impassibile, e Arya si ritrovò a provare per lui un odio che non provava da tempo "Ti ho insegnato tutto quello che sai."
"Non tutto." Sussurrò lei prima di avvicinarsi fulminea e pugnalarlo con la lama che teneva nascosta nella manica. L'uomo sussultò a malapena mentre si appoggiava a lei, e Arya alzò lo sguardo per guardarlo negli occhi "Prima lezione: infilzarli sempre di punta." 
L'uomo le sorrise mentre il sangue cominciava a sgorgargli dalle labbra "Adesso hai capito chi sei?" Arya lo fissò negli occhi mentre la luce della vita si spegneva in essi "Sì. Sono la lupa solitaria." "E molto più di questo..." riuscì a dire lui in un ultimo sussurro, prima di morire tra le sue braccia.


Arya lasciò cadere il cadavere con un tonfo mentre intorno a lei sentiva le voci delle maschere sussultare, urlare, diventare vive grazie al dono di morte che aveva appena compiuto. Arya aprì la porta che dava al corridoio, prendendo la fiaccola che illuminava l'oscurità dello stretto passaggio. Non esitò un momento a lasciarla cadere sulle maschere, e queste presero fuoco all'istante, le fiamme alimentate dalla vita che correva dentro di loro.
Camminò lentamente lungo i corridoi, le voci degli altri assassini che si facevano più alte e rumorose mentre si avvicinavano all'incendio. Uccise tutti quelli che le arrivavano davanti con gesti meccanici e precisi, attenta a non sprecare le forze. Nessuno di loro si aspettava di trovarla lì, erano impreparati, disarmati e comunque non all'altezza delle sue doti. Le lame dei suoi coltelli tagliavano gole, tranciavano muscoli, dissetavano la loro sete di morte con il sangue che sgorgava copioso dalle ferite. Arya non riuscì a provare nulla per loro, come non sarebbe riuscita a provare nulla per se stessa in quel momento. Erano portatori di morte, seminatori di discordia; quello era il loro premio, la ricompensa eterna di essere ricongiunti al loro unico dio.


Perse il conto degli uomini ad un certo punto, e quando le fiamme ormai avevano avvolto la Casa del Bianco e del Nero completamente si ritrovò da sola nel lungo corridoio che portava all'uscita. Davanti a lei c'era la sua antica compagna, l'eterna bambina  che abitava la Casa da tempo immemorabile. Arya la fissò a lungo "Potrei rimanere qui. Potrei tornare indietro e lasciare il mio corpo alle fiamme. Potrei pretendere che siano le sue fiamme, e lasciarmi bruciare. Nessuno piangerebbe la mia morte." La bambina si limitava a fissarla intensamente, e Arya poteva sentire il calore dell'incendio sempre più vicino. La bambina avanzò lentamente verso di lei mentre sguainava una lama; Arya era semplicemente troppo stanca per opporre resistenza e si limitò a guardarla avvicinarsi. Solo quando si trovarono l'una di fronte all'altra si accorse che la lama che la bambina teneva in mano le era famigliare.
Ago.


La bambina gliela porse, e Arya la strinse tra le mani piene di sangue, provando una gioia quasi feroce quando la lama della sua spada le penetrò nella carne. "Non ancora" disse alzando gli occhi arrossati per il fumo e le lacrime "Non ancora." Non riuscì a capire se stesse parlando con se stessa o con la bambina, ma questa la superò impassibile, dirigendosi verso le fiamme. Lei aveva scelto il suo destino; Arya doveva ancora plasmare il suo.
Lasciò cadere al suolo i coltelli impregnati di sangue e lasciò la Casa del Bianco e del Nero per sempre.




Tutti i passeggeri avevano ormai lasciato la nave, ma Arya rimaneva ancora sul ponte. Guardava la vastità d'acqua davanti a se, dando le spalle al porto. Alla fine non aveva resistito, aveva dovuto guardare indietro. Con una mano tremante si staccò dal collo la collana con lo stemma del drago, lasciandola penzolare oltre il bordo della nave, pronta ad abbandonarla in balia delle acque. "Avrei dovuto dirti quanto ti amo" sussurò al vento, mentre calde lacrime le bagnavano le guance. Riprese in mano il pendente, accarezzando il freddo metallo dove lei lo aveva toccato "Daenerys..." sussurrò per la prima volta da quell'ultimo, fatidico incontro. Il dolore fu così intenso che per un momento dovette appoggiarsi al bordo della nave, insicura sulle gambe. Si rimise la collana addosso, incapace di separarsene, non ancora. Girò le spalle alla vastosità marina e scese dalla nave.


Non appena i suoi piedi toccarono il suolo, chiuse gli occhi, perdendosi nella sensazione confortante che le dava essere di nuovo sulla terraferma. Ma non era solo quello. Stava tornando a casa; non aveva importanza cosa avrebbe trovato al suo arrivo. Era Arya Stark di nuovo, completamente, e sarebbe tornata a Grande Inverno, almeno un'ultima volta.


"Arya Stark" una voce profonda la strappò dai suoi pensieri, e la mise subito in allarme. Con la mano sulla spada si girò verso la fonte del suono, pronta ad attaccare.
Ciò che vide la lasciò perplessa come non mai. Una donna, se così si poteva definire, si trovava a pochi passi da lei. Era incredibilmente alta e possente, tanto da sembrare un uomo visto che come un uomo era vestita, e particolarmente brutta. Il suo volto era devastato da una cicatrice profonda sulla guancia, ma anche senza quella non doveva essere stato uno spettacolo. La cosa che di più la colpì furono gli occhi di lei, che brillavano accessi di speranza e sorpresa, azzurri come il mare che si era lasciata alla spalle. "Chi sei? Come mi hai trovata?" La donna si inginocchiò davanti a lei "Il mio nome è Brienne di Tarth mia signora." La donna la guardò negli occhi, piena di gioia, e Arya non potè fare a meno di rilassarsi, lasciando andare la presa sulla spada. "Ed è stata la vostra lupa a portarmi qui."

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Sedevano in un angolo buio della locanda, fissandosi in silenzio. Arya era tesa, sospettosa, non riusciva a fidarsi delle parole dell'altra donna, mentre questa sembrava fissarla come se fosse una visione. "Somigli a tua madre." "Cosa?" Arya fu strappata dai suoi pensieri dalla voce leggera di Brienne, che continuava a fissarla "Volevo dire... non fisicamente, non hai i suoi colori. Ma l'espressione, il tuo modo di fare... Le somigli." "No, non credo... Lei era molto bella." Arya non riuscì a dire altro mentre il volto di suo madre le tornava in mente, i contorni sfuocati dal tempo. "Ma se vuoi che io mi fidi di te Brienne, mi devi dire come la conoscevi." L'altra la guardò pensierosa, i brillanti occhi azzurri che si facevano più scuri, come carichi di preoccupazione "Vorrei avere il tempo di spiegarti tutto con calma, ma in questo momento ci sono cose più importanti che devi sapere." Arya si mosse leggermente sulla sedia, inquieta. Non era di certo in quel modo che si era immaginata il suo ritorno a casa. "Lo so che non ti fidi di me e non posso biasimarti per questo, ma pensaci bene. Come potevo sapere del tuo arrivo? Come potevo sapere la tua identità senza averti mai incontrata? Ci sono forze in gioco che vanno aldilà della nostra comprensione." "Io... Brienne davvero non riesco a capire." "E' per questo che devo spiegarti. Devo spiegarti cosa mi ha condotto qui ancora prima di spiegarti cosa mi ha portato al servizio di tua madre." Arya emise un basso sospiro di rassegnazione "Dunque, spiegami cos'é successo. Spiegami come conosci me, e come conosci la mia Nymeria. Sono passati troppi anni dall'ultima volta che l'ho vista." Arya non riuscì a frenare l'emozione nella sua voce, la lupa le mancava ogni giorno. "Ma non farti ingannare dal mio aspetto Brienne di Tarth. Sono molto più pericolosa di quanto tu non creda." Brienne annuì, e se era scettica riguardo le sue parole, non lo diede a vedere.
"E' iniziato tutto da un sogno..."


Brienne non era mai stata una donna superstiziosa o credente. L'unica che poteva decidere del suo destino era lei, e nulla l'avrebbe mai fatta cambiare idea. Eppure era da settimana che ogni notte la perseguitava lo stesso sogno, oscuro  complicato, del quale non riusciva a liberarsi. Si trovava in una radura deserta, circondata da alberi imponenti che ai suoi occhi sembravano antichi come il tempo stesso. Sentiva rumori il lontananza, anche se non riusciva a capirne la fonte, finché un grido non spezzava il ritmo monotono di quei suoni "Fanciulla!" Qualcuno la chiamava dall'oscurità davanti a lei. Non un semplice qualcuno. Anche dopo tutti quegli anni, Brienne era sicura, lo sapeva. Jaime Lannister la stava chiamando, aveva bisogno di lei. Si lanciava nel bosco senza indugio, seguendo la voce dello Sterminatore di Re, mentre attorno a lei i rumori di prima si facevano più forti, intensi. Solo in quel momento riusciva a capirne l'origine, mentre vedeva volare sopra di lei un corvo. Non riusciva a vederlo bene, ma sapeva che la stava accompagnando, qualsiasi fosse il posto in cui era diretta. Le sembrava di correre da anni, alla ricerca disperata dell'uomo al quale doveva la vita. Alla fine arrivava sempre nello stesso luogo. Sapeva di trovarsi a Porto Bianco, anche se nessuno dei luoghi che vedeva le ricordava qualcosa. Avvicinandosi alla banchina, poteva vedere un'unica cosa. Un enorme nave grigia in fiamme, che si avvicinava lentamente, mentre il legno di cui era fatta scricchiolava in modo tetro e si spezzava davanti ai suoi occhi. Il simbolo del metalupo decorava la vela maestra e venica consumato lentamente dalle fiamme che senza pietà dilaniavano ogni cosa. Brienne poteva solo rimanere ferma immobile ad osservare quello scempio, senza riuscire a credere a ciò che vedeva. Quando la nave si fermava per un attimo regnava il silenzio, spezzato solo dal lugubre verso del corvo che non abbandonava mai il suo fianco. Lentamente dal ponte scendeva una lupa, il muso segnato da cicatrici profonde, l'aspetto selvaggio e pericoloso. Era l'unica sopravvissuta, il pelo leggermente bruciato dalle fiamme, e la fissava con occhi terribilmente tristi mentre dietro di lei la nave colava a picco. Solo in quel momento il corvo parlava, e quella voce suonava nella sua testa come quella di un bambino "La tua ultima occasione Brienne."


"Tutto qui? Un sogno?" Arya non riusciva a fare a meno di essere scettica, ma l'espressione di Brienne era così convinta che risultava contagiosa "Lo stesso sogno, per mesi. Pensavo fosse il senso di colpa a parlarmi, l'idea di aver deluso tua madre mi tormenta da non sai quanto tempo... Poi un giorno l'ho vista. Ho visto la lupa, nella foresta che circonda la mia casa. All'inizio non volevo credere ai miei occhi, era come se fosse uscita dal mio sogno per cominciare a perseguitare la mia realtà. Sono scappata. Non è una cosa di cui vado molto fiera, ma per un attimo ho avuto paura. Mi sono rinchiusa nella mia casa e ho pregato gli dei di risparmiarmi dalla pazzia. Eppure lei non se n'è andata. Ogni volta che uscivo sentivo il suo sguardo su di me, sapevo che era lì. Solo alla fine ho capito che voleva che la seguissi. Lei mi ha portato qui, e io ti ho aspettata." "Come sapevi che ero io?" la interruppe Arya bruscamente "Perchè io e non mia sorella Sansa?" Brienne sembrò confusa per un attimo, come incapace di motivare la sua scelta "Lo sapevo. So che suonerà strano, ma semplicemente lo sapevo. Non appena ti ho vista ho capito chi eri." Rimasero in silenzio per un momento, intente a fissarsi dai due capi del tavolo "Lo so che è difficile da credere, lo è anche per me. Ma avrai tempo per imparare a fidarti di me. Adesso c'è una cosa molto più importante che ti aspetta." "Cosa?" "Lei è ancora qui." Arya sentì il cuore batterle più forte mentre la speranza che aveva cercato di domare dal momento in cui Brienne l'aveva trovata le esplodeva in petto "Nymeria?" Brienne annuì in silenzio "E'venuta per te. Ti sta aspettando, ai confini della città." Arya si alzò in piedi senza nemmeno pensarci, un milione di emozioni che le correvano dentro come nel momento che precedeva la battaglia. "Sarò qui ad aspettarti quando avrai finito." Le sussurò Brienne con un sorriso, e Arya sentì i suoi occhi azzurri che la fissavano mentre usciva dalla taverna.


Lasciò che fosse l'istinto a guidarla mentre si lanciava a passo svelto verso la foresta che circondava Porto Bianco, mentre dentro di lei sentiva riaffiorare un legame che pensava perso da tempo. Ora capiva che nonostante tutto quello che le era successo, tutto quello che aveva fatto, tutte le persone che era diventata, dentro di lei quell'unione non era mai andata perduta del tutto. E mentre correva verso il suo passato riusciva a sentirla più forte che mai mentre batteva al ritmo del suo cuore, scorreva in lei come il sangue, facendola muovere sempre più velocemente, bramosa di riunirsi alla parte di se che aveva perduto troppi anni prima. 


Si incamminò nel bosco, decisa ed incerta allo stesso tempo, e capì che lei era lì. Non riusciva a vederla, l'ombra degli alberi oscurava quasi totalmente i deboli raggi del sole che moriva dietro di lei, ma sapeva che era lì. "Nymeria..." chiamò debolmente, in preda ad un timore quasi primordiale. Le sembrava di vivere quel momento sul filo di una lama; poteva bastare la minima scossa perché tutto cadesse nuovamente nel buio. Il nome sembrò eccheggiare nella foresta, e davanti a lei qualcosa si mosse. Una grossa sagoma, minacciosa e brutale si fece avanti e ad Arya sembrò di vederla per la prima volta. 


Poco era rimasto della cucciola che giocava ai suoi piedi, che aveva allattato amorevolmente per settimane, della giovane metalupa che l'aveva accompagnata nelle sue avventure lungo il Tridente. Era una fiera feroce quella che aveva davanti, i denti esposti, le cicatrici di vecchie battaglie le segnavano il muso, il pelo irto e ruvido come steppa; era un mostro. "Ma non sono divenuta un mostro anche io?" Arya parlò piano mentre sentiva le lacrime salirle agli occhi. Voleva piangere per la sua Nymeria, per se stessa, per l'innocenza che entrambe avevano perduto troppo presto. Un basso ringhio fu l'unica risposta dell'animale, e le labbra della ragazza si incresparono in un sorriso triste "Capisco perché mi odi Nymeria. Non avrei mai dovuto lasciarti, non in quel modo. Sarei dovuta scappare con te... Non sai quante volte ho desiderato di averlo fatto, quante volte ho immaginato come sarebbe potuta essere la mia vita, la nostra vita. Tutto sarebbe stato meglio di questo nulla che mi sento addosso."


Si fece avanti, lasciando ogni paura alle spalle, inginocchiandosi a pochi metri dalla metalupa, che continuava a fissarla guardinga, in posizione d'attacco. "E se sei venuta qui per vendicarti di chi ti ha abbandonata, io non ti fermerò." Sentiva le lacrime colarle sul viso, ma nemmeno per un momento cercò di fermarle "Mi darebbe solo gioia vedere la mia vita finire per mano tua, finalmente potrei tornare a casa. Pensi che ci stiano aspettando Nymeria? Sai se saranno lì ad accogliermi quando me ne andrò? Robb, mio padre, mia madre... Pensi che gli dei mi concederanno mai di vederli, anche se la mia anima è spezzata?" Arya non riusciva a fermare la parole che le cadevano dalle labbra come una cascata interrotta dai singhiozzi. Poche volte in vita sua si era sentita così piccola, così fragile. "E se puoi capirmi voglio solo dirti una cosa. Mi dispiace. Mi dispice di averti lasciato, ma l'ho fatto perchè non potevo sopportare l'idea di perderti, e alla fine ti ho persa lo stesso. Fai di me ciò che vuoi." Chiuse gli occhi, incapace di pensare a qualsiasi cosa, e la sentì avvicinarsi. Si aspettava un balzo secco e veloce, invece poteva sentire le foglie secche che scricchiolavano lentamente sotto le sue zampe. Alla fine l'unica cosa che riusciva a sentire era il caldo respiro di Nymeria sul suo volto, e per un momento trattenne il fiato.
Un calore improvviso le innondò il viso quando la ruvida lingua della metalupa le sfiorò la guancia, portando via le lacrime. Aprì gli occhi e li fissò su quelli di Nymeria, e solo in quel momento capì con un moto di gioia profonda che quello non era cambiato. Lei era cambiata, la lupa era cambiata, ma non l'affetto che provavano l'una per l'altra. 
Circondò il possente collo dell'animale con le braccia e la strinse a se, affondando il viso nella ruvida pelliccia "Non ti lascerò mai più. Mai più lo giuro."
Dopo tutto quel tempo, Arya Stark si sentì di nuovo completa.





Note: Ciao a tutti! Mi scuso nuovamente per il ritardo, e spero nelle prossime settimane di riuscire ad aggiornare più velocemente! Questo capitolo è breve ma è molto importante, spero di essere riuscita a renderlo come merita (e come io l'avevo pensato). Lo so che avevo detto che avrei seguito Arya per un po, ma probabilmente la prossima volta torneremo a fare visita a Dany, per vedere come ha reagito dopo aver mandato via la nostra Stark, quindi preparatevi ai feels! Grazie come sempre del sostegno, a presto!

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Non aveva mai pensato di essere forte, non prima del suo matrimonio. Pensava di aver raggiunto il suo apice di coraggio la sua prima notte di nozze, quando si era lasciata scivolare nell'abbraccio di Drogo come avrebbe fatto lanciandosi nel vuoto, ma si sbagliava. Quello era solo l'inizio. Quanto coraggio le era servito per cercare di salvare l'uomo che amava? Quanto per ucciderlo quando si era resa conto di averlo già perso? Quanto per gettarsi nella sua pira ardente per uscirne indenne con i suoi draghi al seno? E nemmeno quella era stata la fine. La lunga marcia nel deserto, Yunkai, Meereen, un altro matrimonio, la perdita di Daario. Daenerys Targaryen pensava di essere abbastanza forte per tutto.


Eppure nulla avrebbe potuto prepararla al dolore che aveva provato vedendo la sinuosa figura di Arya svanire dalla sua vita come fumo. E le era servita tutta la forza che aveva in corpo per non divincolarsi dall'abbraccio di Jorah e correrle dietro, pronta a perdonarla.
Cercava di negarlo a se stessa, ma sapeva che se solo l'altra si fosse girata indetro, anche solo per un attimo, non sarebbe riuscita a resistere. E in quel momento, stesa nel letto, l'alba che scivolava leggera dalla finestra, l'unica cosa che riusciva a fare era rivivere quel momento nella sua mente, ripercorrere con il pensiero i solchi che le lacrime di Arya le avevano lasciato sul viso, la sua espressione, l'idea che c'erano parole non dette tra loro che ora le bruciavano dentro come le fiamme dei suoi draghi.


Dopo che lei era sparita aveva cercato di ricomporsi. Si era imposta di frenare le lacrime, perché le regine non piangono. Aveva congedato un preoccupato Jorah, e si era ritirata in silenzio nelle sue stanze. Si era avvicinata al letto, imponendosi di rimanere salda, stoica nonostante il dolore che la pugnalava come ghiaccio. Ma c'erano ancora i suoi vestiti sulla sedia accanto al letto, il suo profumo sulle lenzuola, lo spettro delle sua carezze sulla pelle. Anche la sua forza aveva un limite, e in quel momento lo sentì cedere dentro di se. Un unico, disperato singhiozzo le uscì dalle labbra, mentre sentiva le lacrime tornare a cadere dai suoi occhi viola. Aveva preso la maglia di Arya dalla sedia e si era rannicchiata nel letto, versandoci addosso tutto il suo dolore, tenendola stretta come se non volesse lasciar andare quell'idea che tanto aveva cullato nella sua mente, quel momento felice nella sua vita vagabonda. 


Il giorno dopo si era alzata come se nulla fosse, mettendosi sul volto la rigida maschera da regina che Arya era stata così abile nel togliere. Si era tolta la collana dal collo, e per un attimo si era decisa a lanciarlo fuori dal balcone, a lasciarlo cadere nel nulla per farlo infrangere nelle rocce come si era infranto il suo cuore. L'aveva stretto in mano, ricordando la sensazione delle mani di Arya che le legavano il laccio attorno al collo, il suo sorriso... Era bastato quello per farle cambiare idea. Aveva messo la collana in una scatola, dicendo a se stessa che un giorno sarebbe riuscita a buttarla senza provare nulla. 
I giorni successivi erano stati frenetici, i preparativi della partenza l'avevano completamente assorbita, anche se riusciva a sentirla, sempre lì, nel fondo dello stomaco, quella sensazione di incompletezza. Le voci sulla sparizione della giovane Stark si facevano ogni giorno e Dany ordinò a Jorah di di mettere a tacere qualsiasi diceria, e le voci cessarono, ma non il dolore.


Daenerys si alzò dal letto lentamente, guardandosi in giro nella nuova stanza che gli uomini di Bravos le aveno offerto dopo il suo arrivo in città. Sorprendentemente i cittadini di Bravos si erano dimostrati più comunicativi degli uomini di Volantis, e si erano arresi al suo esercito senza molte storie. Normalmente questo l'avrebbe resa felice, eppure in quell'ultimo mese non era riuscita a sentire veramente qualcosa. Era come se i suoi sentimenti fossero ovattati, freddi, lontani a lei stessa. Più cercava di evitare i ricordi, più quelli le correvano incontro, le si schiantavano addosso come onde gelate. 
Chiamò Missandei per farsi aiutare con i vestiti, ma non appena vide il volto della sua ancella capì che qualcosa non andava "Cosa succede?" "Mia regina... Stanno... stanno litigando." Le sue parole erano confuse, ma Dany sentì dei rumori nella stanza accanto e capì di cosa si trattava.
Quando entrò le voci si bloccarono di colpo, Ser Jorah e Lady Melisandre che si fissavano comunque rabbiosi "Cosa succede?"
"Questa... questa strega blatera cose senza senso." "Non mi aspetto che un orso possa capire una cosa tanto delicata. Mia regina" Melisandre la fissò negli occhi, con sguardo quasi implorante "Dovete andare a prenderla." "Di chi parli?" rispose lei quasi senza fiato; ovviamente sapeva di chi stava parlando la donna rossa. "Arya Stark." "Anche se mai volessi riportare della nostra regina una folle assassina, non sappiamo dove si trova.." "E questo perché sei un idiota Ser Jorah Mormont. Siamo o non siamo a Bravos? La Casa del Bianco e del Nero si trova qui, e se c'è un posto in cui quella ragazza potrebbe essere, sicuramente è questo." "Pensavo leggessi nel fuoco, tutta questa incertezza.." "Zitto eretico ign..." "Zitti!" Daenerys urlò sovrastando le voci dei due, che la guardarono stupiti. 


Non ci aveva pensato. Troppo impegnata a restare a galla nel mare di emozioni che sentiva dentro, non aveva nemmeno pensato alla possibilità di poterla ritrovare lì a Bravos. "Mia signora, non penserete davvero che sia una buona idea?" la voce di Jorah sembrava quasi supplichevole e per un momento Dany pensò che forse sarebbe stato meglio così, più facile forse anche per lei. "Avete bisogno di lei mia signora. Non lasciate che un errore si metta tra voi e il vostro destino" "Un errore? Voleva ucciderla! Una sporca bugiarda.." "Andate a prenderla." L'aveva sussurrato le parole senza rendersene conto, ma entrambi l'avevano sentita "Andate alla Casa del Bianco e del Nero e trovatela. Buttate all'aria tutto se è necessario ma riportatela da me. Abbiamo qualcosa in sospeso." Tutto, pensò. Avevano ancora tutto in sospeso.
Ser Jorah sapeva essere testardo quando voleva, ma sapeva riconoscere un ordine perentorio quando lo sentiva e nonostante il dubbio e la confusione nel suo sguardo, non parlò oltre. Se ne andò inchinandosi leggermente, lasciando sole le due donne e per un momento Daenerys si sentì cedere le ginocchia. Non pensava di essere pronta a rivederla di nuovo, non si credeva abbastanza coraggiosa, eppure lo desiderava come non aveva mai voluto altro. "Pensi che lei voglia tornare?" chiese a Melisandre, che fissava il nulla davanti a se "Da voi, mia regina? Sempre." Daenerys pregò gli dei che fosse vero.


Quando Jorah tornò da lei ore dopo aveva in volto l'espressione più combattuta che Daenerys gli avesse mai visto portare "Ebbene? L'avete trovata?" La regina cercava di non suonare eccessivamente agitata, ma non poteva nascondere del tutto ciò che sentiva dentro. Jorah la fissò per un momento, come incerto sulle parole da usare "Non esiste più." "Come?" Melisandre, accanto a lei, sussultò a quelle parole, come se non si aspettasse altro "Siamo andati al tempio, ma della Casa del Nero e del Bianco non restava che cenere. Qualcuno ha appiccato un incendio due settimane fa." Daenerys sentì la delusione fluire dentro di lei ancora prima di poterla fermare. "Ma non è tutto. Uno dei servi della casa dice di conoscere il responsabile. Una ragazza, dice, che aveva già visto. Che una volta viveva in quella stessa Casa." Daenerys ci mise un momento per collegare le due cose, la mente ancora sconvolta da tutte le emozioni che le ronzavano dentro. "Credete che... che sia stata lei?" "E chi altri?" sussurò Melisandre, scuotendo lievemente la testa "La ragazza deve aver capito che non si sarebbero fermati ad un secondo tentavo di omicidio." Quando Daenerys la guardò confusa la donna rossa sbuffò leggermente, sorpresa dall'ingenuità della regina "Ha capito che avrebbero provato ad uccidervi ancora, che lei volesse farlo o meno." Un lampo di comprensione passò nel viso di Dany "E lei ha ucciso tutti i suoi vecchi compagni, bruciato la sua vecchia casa... per proteggere me?" Il suo tono era sorpreso, ma allo stesso tempo faticava a nascondere il tremito della voce. Guardò prima Jorah, che abbassò lo sguardo, e Melisandre, che la fissava dispiaciuta "Selvaggia e fedele, ve l'avevo detto." Daenerys sentì nuovamente le lacrime salirle agli occhi e si congedò dai suoi consiglieri prima che la vedessero piangere senza ritegno per il rimorso.


Mentre i contorni dei corridoi si facevano più sfuocati, trasformati dalle lacrime che le coprivano gli occhi, Daenerys si ritrovò a non riuscire a pensare chiaramente. Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per lei, un gesto di sacrificio disinteressato, visto che ormai erano divise, separate. Provava ad immaginare che sentimenti avesse provato Arya nel ritrovarsi da sola al mondo, abbandonata da lei, eppure ancora decisa a difenderla, fino alla fine. Se solo la ragazza fosse riuscita a dirle ciò che provava, forse sarebbe stato diverso, sarebbe stato più facile. La verità era che in quel momento non le importava più quello che era successo. Arya le mancava come le poteva mancare il respiro stesso, e la rivoleva al suo fianco. Voleva stringerla tra le braccia e dirle che la perdonava per le bugie, per la sofferenza che aveva provato, e che non l'avrebbe più lasciata andare; che l'avrebbe stretta finché tutto il dolore che entrambe avevano provato nel loro passato non fosse svanito, almeno per un attimo. Entrando nella sua camera cercò di rilassarsi, di fermare il tremore che la pervadeva come fuoco. Non riusciva a sentirsi in colpa, sapeva di aver fatto l'unica scelta possibile in quanto regina, in quanto donna. Arya l'aveva tradita e non le aveva nemmeno spiegato le sue ragioni; non avrebbe potuto fare altro se non quello che aveva fatto, per quanto dolore le era costato. Ma adesso aveva il bisogno di ritrovarla, di capire le sue ragioni e chiarire le cose tra loro. Se conosceva Arya, e dentro di se era convinta di conoscerla meglio di chiunque altro, sapeva dove stava andando. Stava tornando a casa. Sentendosi improvvisamente più calma per aver preso una decisione, Daenerys prese la scatola nella quale aveva nascosto il suo ciondolo e se lo mise nuovamente al collo, accarezzandolo lievemente con le dita "Sto tornando a casa anche io, Arya. E ti ritroverò, lo giuro."

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Si svegliò lentamente, sopraffatta dal calore che sentiva intorno a se, così accogliente e sicuro rispetto al freddo con cui si era addormentata. "Arya... Arya" La voce era leggera, dolce e la ragazza capì subito che non si trattava di Brienne. C'era un'unica persona in questo mondo, nell'intero universo, che pronunciava il suo nome in quel modo, e lei non era mai stata più felice di sentire altro nella sua vita. Aprì lentamente gli occhi, per incontrare i calmi riflessi viola di quelli di lei. La luce le illuminava il volto e ancora una volta Arya si sorprese delle sfumature cangianti del suo sguardo; un colpo di luce ed era lilla, poi glicine, indaco, lavanda per poi risplendere come ametista. Arya non si sarebbe mai stancata di ammirarla. "E' un sogno?" le sussurò dolcemente, come per paura di spezzare l'incantesimo che le avvolgeva. "Importerebbe?" le rispose lei, passando la mano tra i suoi capelli, il sorriso che le illuminava il volto "No" la mano di Arya salì ad accarezzarle la schiena, le punte delle dita che sfioravano la candida pelle, attirandola a se "Non finchè siamo insieme." Arya colmò lo spazio e unì le loro labbra, mentre ogni senso veniva colmato da lei. Il suo odore, la sensazione della sua pelle che la sfiorava, le sue labbra che si schiudevano come petali al suo tocco, la lingua che danzava con la sua. Si staccò di colpo "Dì il mio nome" le disse, guardandola negli occhi, le labbra ancora ad un sussurro dalle sue. "Dì il mio nome Arya, ti prego." Arya le prese il volto tra le mani, la sensazione della realtà che si sfaldava intorno a lei "Non posso, non posso..." Si sentiva trascinare via, lontano dal suo calore "Fa ancora troppo male, non ci riesco." "Arya..." l'ultimo sussurro l'accompagnò mentre veniva strappata dal sonno, il nome che tanto amava sulle labbra.


Arya aprì gli occhi, tornando lentamente alla realtà. Era di nuovo a Porto Bianco, nella stanza che Brienne aveva preso per loro. Poteva sentire il freddo della notte aldilà del calore delle lenzuola e il respiro pesante di Brienne che dormirva sul pavimento, decisa più che mai a far dormire la sua signora nell'unico letto disponibile. Non che ora il sonno avrebbe potuto coglierla, non dopo quel sogno. Evitò di indugiare sui ricordi che le aveva scatenato dentro, pensando invece a tutto quello che Brienne le aveva rivelato poco prima. Dopo aver lasciato Nymeria nei boschi, certa di ritrovarla lì non appena fosse ripartita, era tornata alla locanda, dove la donna l'aspettava pazientemente. Ripercorse mentalmente la storia che Brienne le aveva narrato, il suo servizio a Renly Baratheon, il voto a sua madre, Jaime Lannister e la fossa dell'orso e infine Giuramento e la ricerca di sua sorella. Non riusciva a pensare che Brienne le avesse mentito, non vedeva l'ombra di menzogna nei suoi occhi. 


L'unica parte in cui era stata vaga era come avesse finito per abitare nelle terre del Nord, abbandonando il giuramento fatto a Jaime fino a quando non aveva trovato lei; ma Arya non aveva preteso altro dalla donna, non sembrava ancora pronta a rivelarle tutto sul suo passato, e poteva capirla benissimo. L'idea che Brienne avesse conosciuto sua madre e suo fratello le era di grande conforto; a volte pensava di essere l'unica a ricordarsi di loro, di portare viva la loro memoria anche se loro erano persi per sempre. Riusciva ad immaginarsi sua madre, il volto elegante e i capelli rossi al vento che ascoltava le parole onorevoli di Brienne, che la prendeva sotto la sua ala, che la pregava di mettere in gioco la sua vita per riportare a casa le sue bambine. Una fitta di dolore le attraversò il cuore a quel pensiero. Aveva sempre pensato di non piacere molto alla madre, così signorile e nobile, di non valere nulla in confronto a Sansa, la perfetta lady. Eppure, quando il resto del mondo la dava per morta, perduta per sempre, sua madre aveva messo in gioco tutto ciò che aveva, sfidando suo figlio maggiore, il suo re, per riavere le sue bambine. Entrambe le sue bambine. Sua madre non l'aveva mai abbandonata.


Si alzò, incapace di sostenere quei pensieri rimanendo ferma, desiderosa di muoversi. Prese Ago e uscì lentamente dalla stanza, cercando di non far rumore nonostante le scricchiolanti assi della vecchia locanda. Andò nella stalla, e cominciò a ripetere la Danza che tanto tempo prima Syrio le aveva insegnato. Nonostante il tempo trascorso, nonostante ora la spada fosse leggera come una piuma nelle sua mani, era come se non avesse mai smesso. Ora che i movimenti ritmici e ripetitivi dell'allenamento le avevano calmanto la mente, poteva finalmente pensare all'unico, vero essenziale quesito che la tormentava. Cosa voleva Brienne da lei?


Estinguere un debito, trovarla e portarla al sicuro? Al sicuro da cosa? E le sarebbe rimasta accanto per sempre? Voleva forse portarla da Jaime Lannister per dimostrargli che aveva tenuto fede al suo giuramento, anche dopo tutto quel tempo? Arya non sapeva cosa aspettarsi dalla donna, e questo la metteva in una posizione difficile. Non aveva pensato a cosa fare della sua vita dopo essere tornata a casa. Voleva rivedere Grande Inverno, questo si, ma poi? Sarebbe tornata a cercare lei? Dopo tutto quello che le aveva fatto, probabilmente c'era solo disgusto ad aspettarla. Si fermò un momento, il fiato corto, il sogno ancora vivido nella sua mente nonostante cercasse di allontanarlo. Come poteva sopportare di essere guardata con disgusto, odio da quegli occhi? No, non era possibile. Si lasciò cadere su un cumulo di paglia, stringendo in mano il ciondolo che portava al collo. Non poteva sapere cosa l'aspettava, doveva solo andare avanti e vedere il suo destino compiersi davanti a lei.


Il mattino dopo Brienne sembrava euforica mentre raccoglieva i pochi averi che aveva portato con lei e si preparava a partire. "Brienne" Arya la chiamò gentilmente, incerta sul da farsi "Dove stiamo andando?" Il tono della sua voce dovette allarmare la donna, perchè spalancò gli occhi sorpresa "Oh, scusami ehm, scusatemi mia signora io..." "Brienne, ne abbiamo già parlato, puoi darmi del tu." L'altra non sembrò convinta, ma riprese a parlare "Devo portarti a conoscere Lord Manderly." "Wyman Manderly?" "No, lui è morto anni fa, a Grande Inverno, ucciso dai Frey. Suo figlio, Wylis Manderly, che ora comanda Porto Bianco." "E perché mai dovrebbe volermi vedere?" Brienne la guardò negli occhi, e Arya riuscì a vedere il conflitto che aveva dentro "Non sta a me dirti il perché mia signora. Sono cose che vanno al di là della mia persona. Ma devi sapere che non sono l'unica che ti stava aspettando."


Quando entrarono nella sala delle udienze, Arya rimase un momento interdetta dalla stazza di Lord Manderly. Aveva sentito leggende riguardo il peso di suo padre, ma il figlio aveva tutta l'aria di non voler vivere nell'imponente ombra paterna. Era uno degli uomini più grossi che avesse mai visto e, nonostante il freddo, sudava copiosamente. Si alzò comunque nel vederle arrivare, e sorrise "Lady Brienne, sono molto lieto di rivederla. E voi dovete essere.." la fissò per un lungo momento, come a cercare nel suo volto i tratti paterni a conferma della buona parola di Brienne "Arya Stark, in carne ed ossa. Mia signora, è un onore per me." "L'onore è mio, mio lord." Cercò di riportare alla mente le lezioni di etichetta di Septa Mordane accennando ad un inchino, ma purtroppo al contrario delle lezioni di spada, queste erano da molto dimenticate. 


"No vi prego, non inchinatemi di fronte a me. Non sapete quale gioia per gli occhi siete." "Mio signore, non vorrei risultare scortese, ma devo chiederlo, chi vi ha informato del mio arrivo? Brienne?" Arya guardò leggermente confusa la donna al suo fianco, che rimaneva muta. "Lady Brienne ci ha informato dei suo sogni, certamente, e hanno avvalorato ciò che già sapevamo. Vedete, è venuto qui un uomo e anche lui, come lei, aveva sognato il vostro ritorno." "Un uomo?" "Howland Reed, lord di Torre delle Acque Grigie, l'uomo delle paludi." Arya aveva già sentito quel nome, ma in quel momento non riusciva a ricordare. "I Reed hanno legami molto stretti con la magia. Sono famosi per la loro vicinanza agli Antichi Dei, e mai un loro sogno va ignorato. E' venuto da me a dirmi del tuo ritorno. All'inizio non volevo credergli, nonostante tutto, tu sei creduta morta da quasi un decennio. Eppure poco dopo ecco presentarsi lady Brienne, e infine... Eccoti qua." Arya si sentiva a disagio, incapace di capire il significato di quelle parole. 


"E con questo? Signore, io davvero non capisco cosa vogliate da me." Manderly si accigliò a quelle parole, ma le sorrise "Avremo anche cambiato bandiera dopo la morte di tuo fratello, ma nessuno di noi ha dimenticato. Non abbiamo dimenticato vostro padre, vostra madre, il Giovane Lupo, Grande Inverno, i nostri morti, non abbiamo dimenticato la nostra lealtà. Manderly, Reed, Glover, Umber, Mormont, Tallhart, Ryswell, Cerwyn, persino i Karstark e molti altri. Gli uomini del Nord sono pronti." "Pronti per cosa?" Arya riusciva a sentire la tensione nell'aria, e le dava alla testa, quasi fosse vino. "Siamo pronti per la nostra vendetta." "E che parte avrei io in tutto questo?" Il suo sguardo saettava dalla grossa figura di Manderly a Brienne, insicuro "Voi siete l'ultima Stark che ancora cammina su questa terra, da quando vostra sorella è scomparsa. Siete l'unica che può guidarci." "No io... io non sono niente, nemmeno una lady, non posso." "Non avete scelta, è il vostro sangue che segna il vostro destino. No, non sarete una lady, voi prenderete il posto di vostro fratello." Arya sentì il fiato fermarsi in gola mentre nella sua mente si faceva chiaro il piano dell'uomo davanti a lei "Sarete la Regina del Nord."
Lontano da lei, come ovattato, sentì Brienne dire "Dovrò per forza darvi del voi, vostra maestà."   



Note: Ok, sono le 00:30 del mattino e io non dovrei assolutamente essere qui a scrivere, ma prima mi sono detta "Solo qualche riga..." ed eccoci qui con un intero capitolo, e nemmeno uno leggero. Quindi mi scuso per gli eventuali errori, sto cercando di non cadere addormentata sulla tastiera (vediamo domani quando dovrai studiare, genio)! Vorrei davvero sapere cosa ne pensate della piega che sta prendendo la storia, sperando di non tediarvi eccessivamente con la sua lunghezza! Un saluto a tutti, grazie di seguirmi, alla prossima!

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Cercava di concentrare i suoi pensieri sul rumore delle gocce d'acqua che cadevano davanti a lei, andando a formare una piccola pozzanghera sporca con steli di paglia che galleggiavano sopra come piccole navi. Cercava di non pensare a come tutto fosse stato così veloce, così improvviso che il suo corpo aveva reagito da solo di fronte a qualcosa di così inaspettato. Non appena le parole di lord Manderly l'avevano colpita, aveva girato la schiena a lui e Brienne ed era corsa via. Adesso provava vergogna per il suo comportamento così infantile, ma non si pentiva di essersene andata. Come rispondere ad una proposta del genere? Come spiegare che non era fatta per un ruolo del genere, che non lo era prima della morte di suo padre, quando il solo pensiero di diventare lady di un castello la terrorizzava, figurarsi dopo quella che era stata la sua vita fino a poco tempo prima. Come dire a quell'uomo pieno di fiducia che la sua fede era riposta in una ragazza senza speranza, spezzata?



Sentì un rumore davanti a sé e riconobbe i passi pesanti di Brienne; alzò lo sguardo, pronta ad una sfuriata da parte della guerriera bionda. Quando arrivò però, Brienne sembrava l'immagine stessa della tranquillità, e Arya riuscì a vedere un lampo nei suoi occhi azzurri, senza riuscire a capire se si trattava di compassione o di comprensione. "Perché siete scappata?" Arya notò con una punta di rabbia che era tornata a darle del voi, e sentì montare dentro una furia senza nome, della quale Brienne non era del tutto responsabile "Perché avete lasciato mia madre a morire da sola?" Replicò sprezzante e un sussurro scappò dalle labbra di Brienne mentre la sua bocca si piegava in una smorfia di sofferenza. Arya capì che di aver toccato un tasto dolente, ma non riusciva a sentirsi in colpa. Come si permetteva questa donna di trascinarla in una situazione simile, senza nemmeno interpellarla, avvisarla? Sentiva tutta la tensione di quegli ultimi mesi, il dolore, la sofferenza montarle dentro, e Brienne se ne accorse. 



Sguainò la spada e la puntò verso di lei "Siete capace di usare quello stecchino che vi portate al fianco o è solo un ornamento?" Il suo tono era calmo, e in una qualche parte della sua mente Arya capiva che lo stava facendo per lei, perché poteva sentire il suo disperato bisogno di sfogarsi, ma in quel momento la rabbia che la possedeva prese il sopravvento su tutto. Le sembrava di essere tornata bambina, incapace di controllare le sue emozioni, pronta a scoppiare per qualsiasi cosa. Sguainò Ago e una della daghe che portava al fianco, pronta ad affrontare l'enorme donna davanti a lei. Si scagliò in avanti, dimenticando per un volta tutto l'allenamento fatto, tutta la fatica, il sudore e il sangue che le era costato. Brienne parò tutti i suoi affondi con facilità, mentre la sua voce scandiva chiare parole che sovrastavano il rumore del ferro "Perché siete scappata?" Arya emise un verso simile a quello di un gatto furioso, e riprese ad attaccare con più foga, spingendo Brienne verso la parete della stalla. La donna non dava cenni di volerla attaccare, si limitava a difendersi, indietreggiando e continuando a parlare "Ditemi perché, Arya.... dimmelo!" La schiena di Brienne sbattè con un tonfo sordo contro il legno massiccio e la lama di Arya salì alla sua gola, pronta a recidere la carotide, mentre dalle labbra le sfuggiva un grido, così forte da superare tutti gli altri rumori "Ho paura!"



Fissò i disarmanti occhi azzurri di Brienne e riprese lentamente il controllo del suo corpo, mentre la rabbia svaniva davanti alla tranquillità e alla fiducia che leggeva nello sguardo di lei. "Ho paura" ripetè in un sussuro, sorpresa dalle sue stesse parole. Lasciò andare Brienne, che continuò a fissarla mentre rinfoderava la spada "Ho visto il volto di Manderly, la luce che gli illuminava gli occhi. Lui crede in questa impresa, lui... lui crede in me. Probabilmente anche tutti i lord che ha nominato, sono pronti a scendere in battaglia perché pensano che io possa restituire loro ciò che hanno perduto. Io..." guardò scosse la testa, cercando di trattenere le lacrime "Io non sono mio padre, non sono mio fratello. Loro sapevano guidare gli uomini, guadagnarsi la loro fiducia... Io non sono niente. Sono capace solo di deludere le persone, di spezzarle..." nella sua mente si riaffacciò vivo il ricordo dell'ultimo sguardo che Daenerys le aveva lanciato, il bel viso rigato da lacrime e sfigurato dal dolore, e sentì il cuore stringersi in petto. "Non posso farlo Brienne, non posso. Me ne andrò, voglio solo rivedere Grande Inverno per un ultima volta, poi sparirò da Westeros." 



Brienne rimase in silenzio per qualche minuto, come valutando le sue parole, prima di risponderle "Sapete chi governa Grande Inverno ora, dopo che Stannis Baratheon ha fallito la riconquista del Nord?" Arya scosse la testa, saperlo non le era sembrato importante "Roose Bolton, l'uomo che tradì vostro fratello e alle Nozze Rosse tagliò personalmente la gola di vostra madre, e suo figlio, Ramsay Bolton, che bruciò Grande Inverno e i suoi abitanti con esso. E la stirpe dei Frey, possano bruciare per l'eternità, controllano il Tridente, che un tempo apparteneva alla famiglia di vostra madre. Petyr Baelish, l'uomo che tradì vostro padre ha preso il posto di vostra zia a Nido dell'Aquila e Cersei Lannister vive indisturbata ad Approdo del Re, dove lei e Margaery Tyrell fanno a gara per ingraziarsi un re giovane, grasso e stupido. Tutti loro hanno contribuito alla rovina della vostra famiglia, alla morte delle persone a voi care, alla distruzione del vostro popolo, e ancora oggi restano impuniti. Non volete vendetta?" 



Arya rimase stupita dalle parole di Brienne. Erano passati anni ormai da quando i nomi della lista dell'odio valevano qualcosa per lei, ma al solo sentirli nominare, si riaccese in lei il desiderio di giustizia "Si, certo che lo voglio. Devono pagare per quello che hanno fatto." "E come pensate di ottenere vendetta da sola? Potete essere abile quanto volete, ma senza un esercito alle vostre spalle, siete destinata a fallire. Fatelo per questo, fatelo per le ingiustizie che voi, la vostra famiglia, il Nord intero ha subito. Non dovete essere vostro padre o vostro fratello, dovete riuscire in quello che loro hanno lasciato incompiuto, dovete essere migliore di loro. E il solo fatto che dubitiate di voi è un buon segno, non vi credete invincibile; avete paura di deludere questa gente perché è la vostra gente, il vostro retaggio. Sono sicura che sappiate che è la cosa giusta da fare, l'unica cosa da fare." Le guance di Brienne si erano arrossate mentre parlava, e solo in quel momento Arya si rese conto di quanto dovesse tenerci Brienne, di quanto le fosse costato lasciare sua madre, di quanto ancora le bruciasse dentro la sua morte. Sospirò, sentendo che la tensione le scivolava via; la decisione era stata presa. "Resterai al mio fianco Brienne?" L'alta donna bionda le sorrise, e per un momento il suo volto fu illuminato da una luce che Arya non le aveva mai visto in volto "Finché avrò respiro."




Il giorno dopo Arya si ritrovò a salire di nuovo le scale che portavano al grande salone in cui lord Manderly l'aspettava, ma questa volta non era sola. Non appena l'aveva chiamata, al limitare del bosco, lei era arrivata, e Arya non poteva essere più felice. Se doveva fare questa cosa, avrebbe messo subito in chiaro che non si sarebbe fatta manipolare da nessuno. Davanti a lei Nymeria procedeva saltellando sugli scalini, il muso che sembrava sogghignare compiaciuto per l'effetto terrorizzante che faceva su chiunque la vedesse. Quando lord Manderly posò gli occhi sulla metalupa la sua carnagione, già chiara di per se, diventò di un colore simile a quello latte. 



"Non vi farà del male... almeno che io non glielo ordini." Sorrise in direzione del paffuto lord, che non sembrava incline a scherzi, ma che fece uno sforzo avvicinandosi e allargando le braccia compiaciuto. "Mia signora, era proprio questo di cui parlavo! I lupi torneranno al Nord! Stiamo già radunando gli uomini, i lord sono impazienti di vedervi, stanno arrivando da ogni angolo." Arya lo fissò per un momento, mentre Nymeria si sdraiava ai suoi piedi sbadigliando rumorosamente, e lo vide allontanarsi di qualche passo alla vista delle fauci dell'animale. "Non avete detto loro di tornare alle loro case dopo la mia piccola scenata di ieri?" "Oh, sapevo che sareste tornata." Il sorriso di lui fu il più genuino che lei gli avesse mai visto in volto e lo guardò confusa. "Ho visto bene i vostri lineamenti ieri... avete vero sangue Stark nelle vene. Se anche solo un quarto dell'onore di vostro padre è in voi, vi avrebbe fatto tornare, prima o poi. E infatti eccovi qui, anche prima di quanto avessi sperato." Arya sentì un calore improvviso nel petto, e capì di aver fatto la scelta più giusta, per quanto folle potesse sembrare. Rivolse un pensiero di gratitudine a Brienne, e un altro di rimpianto a suo padre; lui l'avrebbe voluta lady, chissà come avrebbe preso la sua nomina a regina.



"E' tradimento lord Manderly... Se falliamo ci attende la rovina." L'uomo gonfiò il petto e la guardò dritta negli occhi, con una risolutezza che doveva dimostrare raramente "Meglio combattere e morire per ciò in cui si crede, che vivere senza onore lasciando i nostri morti invendicati." Si girò verso il tavolo che occupava il centro della sala, prendendo qualcosa da un cofanetto che Arya non aveva notato. "Mi ci sono voluti anni per trovarla, ma sapevo che ne sarebbe valsa la pena." Le porse un involucro di seta che lei aprì con mani riluttanti, rivelando una semplice corona di bronzo ramato. Arya non l'aveva mai vista, eppure sapeva di cosa si trattava. "Era la corona di vostro fratello. La indossava il giorno della sua morte... si vedono ancora le gocce del suo sangue." La voce di Manderly era calata improvvisamente, piena di reverenza. Arya si rigirò la corona fra le mani, accarezzando le piccole gocce di sangue rappreso che ne decoravano un lato. Non c'era modo di sapere se fosse veramente sangue di Robb, visto tutto quello che era stato versato quella notte, ma Arya si sentì tremare lo stesso. "La farò adattare a voi mia signora, se lo desiderate." Arya annuì, incapace di parlare. Ritrovò la voce solo qualche momento più tardi, quando guardò Manderly con una tale determinazione che il volto dell'uomo si dipinse di stupore "Lo stiamo facendo davvero, lord Manderly?" L'uomo annuì e, con estrema eleganza nonostante la mole, si mise in ginocchio davanti a lei senza distogliere lo sguardo "Lo stiamo facendo davvero, mia regina."

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Il vapore l'avvolgeva completamente, attaccandosi alla sua pelle, formando piccole goccioline che le colavano addosso, cadendo nell'acqua in cui era immersa. Arya si teneva le ginocchia al petto, circondandole con le braccia e cercando di rilassarsi mentre ogni fibra del suo corpo assaporava il calore. I capelli umidi che di solito teneva raccolti le ricadevano sulle spalle e Arya lasciò che un leggero sorriso le spuntasse in volto al ricordo di come Daenerys amasse giocare con le sue lunghe ciocche mentre stava per addormentarsi. Non avrebbe creduto possibile provare una mancanza così forte, così disperata per qualcuno che aveva conosciuto per un tempo così breve. Eppure ogni volta che si voltava si aspettava di trovarla lì, al suo fianco, pronta a ridere con lei o che semplicemente la guardava con sguardo assorto e felice. Il fatto di trovare accanto a se solo il nulla le lasciava un acre sapore di cenere tra le labbra e una fitta dolorosa al petto. Cercava di allontanare il suo ricordo meglio che poteva, pregando che un giorno si affievolisse per essere meno doloroso, ma in quel momento non aveva potuto fare a meno di rievocarlo nella sua mente. Non si trattava solo del fantasma del suo tocco, ma anche qualcos'altro, di molto più importante e decisivo. Si stava preparando ad incontrare i nobili del Nord che sembravano disposti ad unirsi alla loro causa, ora che tutti erano arrivati e lei era stata finalmente sistemata nel palazzo di lord Manderly. Inizialmente si era opposta a quella sistemazione, preferendo di gran lunga la locanda al pacchiano palazzo che le ricordava tristemente quello in cui aveva passato la sua infanzia, ma Brienne e il lord aveva insistito che sarebbe stato più sicuro, più consono alla sa posizione. Arya avrebbe voluto ridere di entrambe le affermazioni, ma si era piegata al loro volere, e ora si trovava in una delle tante camere del palazzo, cercando di prepararsi al meglio all'incontro che l'aspettava. 



Sentì un leggero bussare alla porta e Nymeria, ai piedi della vasca, si alzò per andare a controllare il nuovo venuto. "Avanti" disse Arya distendendo le gambe per quanto la tinozza lo consentisse, e Brienne oltrepassò la soglia, dando una leggera carezza alla testa della metalupa. "Hai trovato quello che ti ho chiesto?" Brienne alzò la mano, mostrando un insieme di stoffe che Arya non esitò a riconoscere come i vestiti che aveva chiesto a Brienne di procurarle "Grazie... Manderly non si aspetta davvero che vada alla mia inconorazione vestita come un confetto rosa." Agitò la testa verso il vestito appoggiato nel letto, che doveva essere appartenuto ad una delle figlie del lord, non solo palesemente frivolo, ma di misura sicuramente eccessiva per lei. 



"Io non penso che si aspettino che la loro futura regina si presenti con delle brache di pelle, vestita come un paggio." Brienne le sorrise, sapendo bene di essere l'ultima a poter parlare in quanto abbigliamento consono ad una donna. "Con così poco preavviso non si può nemmeno pretendere di trovare qualcosa di meglio. Sono stati loro a volermi per questo ruolo, non cambierò di certo per accontentarli. Possono trovarsi un altra Stark..." girò di nuovo lo sguardo verso il vestito, con aria divertita "A Sansa probabilmente sarebbe piaciuto. A questo proposito" la sua attenzione tornò a Brienne, in piedi accanto a lei "Ci sono delle condizioni che dovrò dare al concilio... cose sulle quali non posso transigere. Ho bisogno di sapere se sarai comunque al mio fianco" "Sempre, mia regina." la voce profonda di Brienne la interruppe e Arya lo guardò negli occhi "Non vuoi nemmeno sapere di cosa si tratta?" "Non mi serve saperlo; siete una donna assennata, sono sicura che saranno richieste sensate. Mi fido di voi." Arya si sentì scaldare il cuore a quella dimostrazione di fiducia "Grazie Brienne."




Entrando nella grande sala del concilio, Arya non riuscì a fare a meno di sentirsi in preda alla soggezione. Al grande tavolo centrale stavano seduti circa una ventina di uomini, e tutti si girarono a fissarla nel momento stesso in cui faceva il suo ingresso nella sala. Alcuni volti le erano famigliari, come richiamati da un antico passato più simile ad un sogno; altri le erano invece completamente sconosciuti, e le ci volle tutto il suo autocontrollo per avanzare a testa alta. Si alzarono al suo ingresso, in volto una cauta diffidenza mentre la esaminavano, cercando nel suo volto quello dell'uomo che una volta era il loro signore. Arya si diresse verso l'unica sedia vuota, accanto a lord Manderly e ad un uomo basso e magro, che al confronto con l'enorme lord di Porto Bianco sembrava un bambino. Sul tavolo, appoggiata davanti alla sua sedia, la corona di suo fratello sembrava risplendere di luce propria quando catturava le fiamme delle candele attorno a loro. Fece un respiro profondo, rassicurata solamente dalla solida figura di Brienne dietro di lei, aspettando che qualcuno prendesse parola. 



Evidentemente tutti gli altri si aspettavano esattamente la stessa cosa da parte sua, e la fissavano speranzosi. Peccato che lei non avesse la minima idea di cosa dire; non era mai stata brava in queste cose. "Gli assomigliate davvero" la leggera voce dell'uomo seduto accanto a lei ruppe il silenzio, e lei si girò per guardarlo negli occhi, di un verde quasi accecante "A vostro padre intendo..." il volto dell'uomo si addolcì in un sorrido, e Arya si sentì immediatamente più a suo agio mentre le sue labbra si piegavano leggermente a imitare quelle dell'uomo. "Howland Reed, per servirvi mia regina." L'uomo chinò leggermente il capo a quelle parole, e Arya ricambiò il gesto. Gli altri nobili, incoraggiati dal gesto del lord di Torre delle Acque Grigie, iniziarono a presentarsi. Mormont, Glover, Branch, Rodrik, Umber, Ryswell e altri ancora di cui Arya non riuscì a ricordare il nome, persino capoclan delle montagne del Nord. Quando il giro di presentazioni si concluse con lei, Arya aveva ritrovato la voce, e quando parlò non c'era esitazione nel suo tono "Benvenuti. Io sono Arya, della casa Stark. Non porto prove che supportino la mia identità, se non il mi aspetto e la mia metalupa, che mio padre mi donò anni fa. Molti di voi devono averci visto insieme a Grande Inverno. Spero che basti." 



"Mia signora, chiunque abbia conosciuto vostro padre e sua sorella può affermare la validità delle vostre parole. Siete identica a vostra zia Lyanna." Lord Manderly aveva parlato ad alta voce, e tutti annuirono a quelle parole. Rassicurata su quello, Arya andò avanti "Lord Manderly mi ha spiegato il motivo per cui ci troviamo qui quest'oggi, e spero sia chiaro anche per voi. Non è un gioco quello che ci apprestiamo a fare; ognuno di noi potrebbe essere impiccato per tradimento, e i vostri terreni, castelli, le vostre famiglie verrebbero spazzate via. Se non siete disposti a correre questo rischio, vi prego di parlare ora." Scese un silenzio tombale per quei secondi che Arya lasciò trascorrere prima di ricominciare. "Molto bene. Come forse lord Manderly vi ha informato, io manco da molto, e non sono a conoscenza della situazione qui nei Sette Regni... Sarei molto grata a chiunque potesse farmi un quadro della situazione generale." 



Fu Howland Reed a parlare più di tutti, mentre altri lord si limitavano ad aggiungere frasi quì e là. Da quando Stannis Baratheon era morto senza aver compiuto nulla, l'esercito di mercenari si era disperso e i suoi uomini erano tornati a Capo Tempesta battendo in ritirata, il Nord era tornato in mano ai Bolton. A Sud regnavano ancora i Lannister, e anche se di fatto Tommen Baratheon era re, la Fortezza Rossa era dilaniata da una guerra intestina tra Cersei Lannister e Margaery Tyrell, entrambe assetate di potere e vendicative. I Tyrell e i Lannister mantenevano il controllo di Westeros, mentre i Martell si tenevano isolati a Dorne. Euron Greyjoy comandava le Isole di Ferro, ma il suo potere si era alquanto indebolito dopo la morte del fratello Victarion, visto che gli uomini del defunto erano andati ad unirsi alla ribelle Asha Greyjoy, che però rimaneva isolata a Moat Catlin. Arya annuiva lentamente mentre le parole dei nobili le entravano in testa, lasciando la mente vagare su ogni possibile tattica da attuare in quelle circostanze. Non era mai stata una stratega nata, ma anni di pianificazione di omicidi non l'avevano lasciata senza una certa dose di strategia. 



"Avete detto che i vostri eserciti si stanno riunendo?" la voce di Arya era sicura e tranquilla, ma dentro sentiva il sangue pulsarle come non mai, era veramente giunto il momento della sua vendetta. "Diecimila uomini. Non sono sufficenti ad arrivare a Sud, ma basteranno per riprenderci il Nord; i Bolton si credono al sicuro, hanno pochi uomini al loro comando. Non dobbiamo fare altro che entrare a Grande Inverno e uccidere Roose e Ramsay, fatto questo, è probabile che i loro uomini si uniscano a noi di loro spontanea volontà." 
"Ci serve qualcuno che ripulisca le coste..." gli uomini si fecero silenziosi a quelle parole, e Arya sapeva benissimo il perché; nessuno di loro era un uomo di mare, non possedevano navi o marinai dall'adeguata esperienza. "Sembra che dovremo chiedere l'aiuto di un Greyjoy. Le navi saranno fondamentali anche per arrivare ad Approdo del Re" gli uomini annuirono in silenzio, consci del problema "Quale dei due? Asha o Euron?" Da parte sua era restia a fidarsi di chiunque portasse quel nome, memore delle azioni di Theon nei confronti della sua famiglia. Si chiese per un momento che fine avesse fatto quel ragazzo sbruffone che amava tanto ridere per qualsiasi cosa; non che a questo punto le importasse. 



"Ho sentito dire che Euron Greyjoy si è immischiato con la magia nera." Era stata Maege Mormont a parlare, e Arya si ritrovò a cercare nel viso della vecchia donna tracce di quello di Jorah Mormont, individuando qualcosa di simile nella piega amara delle labbra di entrambi. "I marinai dicevano possedesse un corno, capace di ammansire i draghi." A quelle parole però Arya si dimenticò completamente di Ser Jorah, e prese immediatamente la sua decisione "Asha. Non voglio avere nulla a che fare con quell'uomo, se non con la sua fine." se gli uomini rimasero sorpresi dalla sua scelta repentina, non lo diedero a vedere, accettando la sua decisione. Arya si sentiva a disagio al pensiero di aver ottento un tale potere in così poco tempo, e si chise se era per solo rispetto di suo padre e di suo fratello che erano disposti a seguirla; ma in quel momento non importava, non avrebbe mai scelto come alleato un uomo che aveva come obbiettivo strappare i draghi alla loro madre, mai. "Andrò personalmente a Moat Catlin a parlare con Asha. Se sarà disposta ad unirsi a noi, potremmo marciare verso Grande Inverno entro la fine del mese." Gli uomini annuirono sollevati, e si apprestarono a sciogliere l'incontro.
 


"Miei lord." La voce di Arya suonò chiara e limpida al di sopra del brusio che si era creato, e tutta l'attenzione tornò di nuovo su di lei. "Prima che le nostre strade si dividano, vorrei dire qualche parola." Prese in mano la corona ramata davanti a se, tenendola a debita distanza dal corpo, quasi timorosa dell'effetto che poteva farle. "Io, come tutti voi in questa stanza, ho visto la mia famiglia dilaniata dalla guerra, e dagli uomini che stiamo per combattere. Io esigo giustizia per i miei morti... ed è per questo, solo per questo che ho accettato di indossare questa corona. Non so se sono pronta ad affrontare le responsabilità che con essa derivano, le sfide che dovremmo affrontare in futuro. Ma mi sono presa questo fardello sulle spalle, e vi dò la mia parola d'onore, finché avrò respiro continuerò a combattere per risanare i torti che abbiamo subito, per riavere ciò che ci spetta. Lo giuro sull'anima di mio padre, avete la mia lealtà come io so di avere la vostra!" Il tono di Arya era andato in crescendo, e quell'ultima affermazione fu accolta da un boato voci che gridavano il loro assenso. "Ma prima che tutto ciò sia definitivo, ho due condizioni da porre."



Fece vagare lo sguardo nella grande sala, cercando gli occhi di ognugno dei lord presenti "La prima riguarda mia sorella Sansa. So che da tempo è creduta morta, ma fino a pochi giorni fa nessuno credeva che nemmeno io fossi viva, eppure eccomi qua. Lei è mia sorella maggiore, se un giorno dovesse tornare le offrirò tutto ciò che voi avete offerto a me. Se lo vorrà sarà lei ad essere regina." Attese un momento, temendo qualche protesta, ma nessuno aprì bocca. "La seconda ad alcuni potrà sembrare assurda, ma se mi volete come simbolo della vostra lotta, dovrà essere rispettata. Dae..." si bloccò di colpo, incapace per quanto lo desiderasse di finire quella frase. Non ci riusciva, non ancora. "La Madre dei Draghi sta per invadere i Sette Regni. Non so quanto a lungo ancora aspetterà per iniziare l'invasione, ma quando quel giorno arriverà io mi inginocchierò davanti a lei e la chiamerò regina. E così dovrete fare anche voi." Una cacofonia di proteste esplose a quelle parole, ma Arya rimase immobile, aspettando che gli animi si calmassero "Mia signora" riuscì infine a dire lord Reed "Draghi, Targaryen, Dothraki... Non possono essere vere le voci che circolano su questa donna." "E invece si. Io l'ho vista con i miei occhi. Ho visto l'ultima Targaeryen e il suo esercito, i suoi draghi... ho visto in lei un futuro per Westeros. Non possiamo competere con una forza del genere, nessuno può. Quando arriverà, e posso assicurarvi che quel giorno è vicino, dovremmo unirci a lei se non vogliamo bruciare nel fuoco dei suoi draghi." 



C'era ancora la luce del dubbio negli occhi di alcuni lord, ma Arya sapeva che si sarebbero ricreduti nel vedere con i loro occhi la furia fiammeggiante della dinastia del drago; le la sentiva ancora bruciare dentro. "Dunque è deciso" si alzò in piedi, tenedo con cautela la corona davanti a se "Sarò la vostra regina." Con un unico, fluido gesto si portò la corona al capo, mentre gli uomini intorno a lei si alzavano urlando il suo nome. Si sentiva leggera come in un sogno ora che era fatta, ora che non poteva più tornare indetro. Ogni lord della sala si inginocchiò ai suoi piedi per prestarle giuramento, e lei si sentì rincuorata dalle loro parole; non era più sola ad affrontare una vendetta impossibile. Guardò Brienne che sorrideva dietro di lei, e si sentì pronta ad affrontare qualsiasi cosa.





Note: Ciao a tutti! Volevo dirvi che nella mia mente questo capitolo sarebbe dovuto essere più lungo, ma visto che forse vado via e non mi sarà possibile aggiornare nei prossimi giorni ho preferito caricare almeno questa parte! Per farmi perdonare vi prometto grandi new entry nel prossimo capitolo, che non tarderà ad arrivare! Un bacione a tutti e grazie di continuare a seguirmi!  

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Note: Ciao a tutti! Questo è probabilmente il capitolo più lungo che io abbia scritto, ma mi sembrava d'obbligo per festeggiare la lieta conclusione dei miei esami (sentite il coro angelico? io si), e lo volevo dedicare alla mia unica e sola persona pregnante e pumblea Giulia, perché in primis ha vinto la scommessa (no, non mi sono dimenticata) e poi perché crede sempre in me, anche quando non lo faccio io. Volevo poi avvisare che per le prossime due settimane sarà al campo scout, perciò niente aggiornamenti, mi dispiace. Scusate la piccola digresione, vi lascio alla lettura!
-arangirl-



Arya lasciò il cavallo a briglia sciolta mentre galoppava nella vasta pianura dominata dal Moat Catlin. Accanto a se poteva sentire il rumore degli altri uomini che la seguivano a corta distanza, ma non le importava di distanziarli. Dopo tutto quel tempo passato nella nave era un sollievo poter nuovamente sentire il vento che le muoveva i capelli mentre i grandi spazi verdi si allargavano intorno a lei. Davanti a se poteva vedere Nymeria, che sembrava condividere il suo pieno entusiasmo per gli spazi aperti. "Mia signora!" Arya rallentò il passo del cavallo, permettendo ad lord Reed di raggiungerla. Era stata molto contenta quando l'uomo le aveva chiesto di accompagnarla nel suo incontro con Asha Greyjoy, visto che Brienne aveva deciso di non andare con lei. La ragazza ripensò con una punta di apprensione alla particolare richiesta di Brienne "Ho una questione personale da sbrigare prima che la guerra cominci" le aveva detto, prima di chiederle se poteva fare a meno di lei per quel viaggio. Arya non si sentiva di certo indifesa, ma la presenza della donna le dava sicurezza, e a malincuore l'aveva lasciata andare; così quando Howland si era offerto di accompagnarla non aveva esitato, quell'uomo le risultava istintivamente simpatico.



Ormai affiancatosi a lei, l'uomo la guardò con un sorriso "Siamo quasi arrivati mia signora, meglio tirare fuori le bandiere bianche. Sono molto sospettosi qui da quando sono riusciti a riprendere il forte ai Bolton. E' una fortezza quasi inespugnabile, e Ramsay Bolton la prese con l'inganno, mandando avanti Theon Greyjoy perché lo facessero entrare. Un comportamento ignobile, degno di quel cane di Bolton. Nessuno sa bene come Asha sia riuscita a riprendersela, fatto sta che ora è barricata là, cercando di sfuggire ai tentativi di assassinio di suo zio." "Che tipo è? Asha intendo" Arya si era già fatta un'idea dai racconti che circolavano a Porto Bianco, ma era desiderosa di sapere di più sull'avversaria che si apprestava ad affrontare; doveva ottenere le sue navi ad ogni costo. "Donna ambiziosa e selvaggia, di sicuro non è una lady nel vero senso del termine... Ma nemmeno voi lo siete, mia regina." Arya accennò un sorriso, guardando fisso l'orizzonte "Credo che la troverete molto interessante."




Asha Greyjoy non era mai stata una donna schizzinosa, abituata fin da piccola a vivere in mare, tra marinai sboccati e senza scrupoli, ma la vita al Moat Catlin la stava sfibrando in un modo che non riteneva possibile. Il fatto di essere rinchiusa in quella fortezza, nessuna via d'uscita, nessuna possibilità di tornare al mare... Suo padre le diceva sempre quale era il destino che attendeva le piovre che si allontanavano troppo dal mare, e non era di certo la fine che Asha desiderava.
Così quando aveva sentito l'identità degli ospiti che si era ritrovata sotto le mura, la sua curiosità si accese come una fiamma troppo a lungo soffocata. 
La sala grande del Catlin non era altro che una spoglia sala con un tavolo e grandi finestre che davano sul cortile, non che ad Asha importasse più di tanto; un boccale di vino in mano, gli stivali pieni di fango appoggiati con grazia alla tavola, si apprestò ad incontrare i suoi visitatori. Quando aveva sentito il nome Stark, tutto si era immaginata tranne la giovane ragazza che entrò dalla porta principale, accompagnata da un grosso lupo dall'aspetto temibile. 



Guardandola con più attenzione Asha si accorse che era chiara la sua parentela con la stirpe di Grande Inverno, anche a lei che l'aveva incontrata raramente; si accorse anche della corona che la giovane portava in capo, e un ghigno leggermente canzonatorio le si dipinse in volto. Quando la ragazza la guardò in volto comunque, sentì il sorriso raggelarsi in volto. I suoi occhi erano di un grigio molto chiaro ma intenso, come se portassero dentro tutte le emozioni che il viso impassibile non lasciava trapelare; c'era una luce nel suo sguardo che lasciò Asha turbata e allo stesso tempo affascinata, come se stesse guardando il freddo riflesso del sole sull'acciaio di una splendente armatura, era tagliente, accuminato come la punta di una spada, ma allo stesso tempo non minaccioso, non ancora. Asha sentì i propri piedi scivolare istintivamente dal tavolo, come pronta ad una fuga immediata, ma non staccò lo sguardo da quello dell'altra nemmeno un secondo, ritenendola ben più pericolosa del lupo che si portava appresso. "Lady Asha" disse un uomo accanto alla ragazza, che Asha non aveva notato "Siete al cospetto di sua maestà, Arya Stark, la regina del Nord." "Regina? Seriamente?" la giovane Stark sembrò sorpresa dal tono canzonatorio della sua voce, e le rispose inarcando le labbra in un leggero sorriso, che non raggiunse i suoi occhi freddi "E' una cosa nuova per tutti. Lady Asha, è un piacere conoscervi." 



"Umphf" grugnì lei, osservando attentamente i vestiti di Arya, più simili ai suoi che a quelli adatti ad una regina. "Arya Stark... avevo sentito dire che eravate morta." "Lo sono stata... per un po." Il sorriso di Arya non accennò a svanire mentre si dirigeva verso il tavolo, sedendosi vicino ad Asha senza essere stata invitata. Asha la fissò per un attimo, raggiungendo la conclusione che la ragazza avrebbe anche potuto esserle simpatica. "Veniamo dritti al punto, penso che entrambe abbiamo altri impegni che ci attendono." "Aspettate, preferirei parlarvi in privato." Asha guardò lord Reed, che a sua volta fissò Arya "Potete andare lord Reed, vi chiamerò se sarà necessario." Non appena l'uomo ebbe chiuso la porta alle sue spalle, Asha potè notare le spalle della giovane regina rilassarsi leggermente mentre tornava a guardarla "Siamo sotto pressione, eh?" "Non capita tutti i giorni di essere nominata regina... le aspettative possono essere terribilmente alte." Asha le versò un bicchiere di vino e la ragazza ne bevve un sorso lentamente "Dunque, come vi stavo dicendo lady Asha, vi devo una spiegazione per la mia visita." Asha si lasciò andare contro lo schienale della sedia, guardandola con ironia "Lasciatemi indovinare, vi state imbarcando nell'impresa di riconquistare il Nord, vendicarvi della morte dei vostri famigliari, e avete bisogno di navi... le mie navi." 



Arya la guardò per qualche secondo in silenzio, ma Asha non riuscì a capire se fosse sorpresa dalle sue parole "Non solo il Nord. Anche i Lannister devono pagare per ciò che hanno fatto." "Un piano ambizioso..." "Un piano disperato, ma nessuno degli uomini che ora mi seguono può vivere un altro giorno senza vendicare i loro morti... Sono uomini d'onore." "Onore" Asha scoppiò in una risata "Non è stato l'onore a portare vostro padre alla morte?" Asha guardò attentamente la sua ospite, e finalmente la vide, una scintilla di emozione nel suo sguardo, mentre la mano intorno alla coppa aumentava sensibilmente la presa. "Strano, detto da una donna che si nasconde in un buco dimenticato dagli dei per paura di suo zio." Rimasero a fissarsi per qualche secondo, entrambe pronte a scattare, aspettando la reazione dell'altra. Fu Asha a spezzare il silenzio, iniziando un'altra risata "Su questo non posso darvi torto. Ma parlando di Euron... è un uomo molto potente. Perché non chiedere a lui un'alleanza?" La risposta di Arya fu immediata "Non mi fido di un uomo che si serve della magia nera. Ho sentito dire ce vuole appropriarsi dei draghi dell'ultima Targaryen; non sono disposta ad aiutarlo in questo." "E perché mai?" 



Guardò gli occhi della giovane regina accendersi nuovamente di luce mentre varie emozioni si combattevano nel suo sguardo. Alla fine un lampo di decisione, e la sua mano che saliva al petto per prendere il ciondolo che teneva al collo. In un primo momento non riuscì a riconoscere il simbolo, ma guardandolo meglio riconobbe il drago a tre teste dei Targaryen "Ho anche io il mio onore" disse Arya in un sussurro, in risposta all'espressione stupita di Asha "E non metterò in dubbio la mia lealtà per qualche trucco di magia nera." Il ciondolo ricadde tra i vestiti, avvolto dalla stoffa, ma la convizione negli occhi di Arya non diminuì "Non posso promettervi la vittoria, ma se ho capito una cosa venendo qui, è che siete come una tigre in gabbia, lady Asha. Unitevi alla nostra causa, e potrete tornare a solcare il mare." "E poi cosa? Mi concederete la grazia di sottomettermi? Di inchinarmi di fronte a voi come i damerini che vi hanno convinta a mettervi in testa quella corona?" "Io non vi concederò nulla. Voi aiutate me e io aiuterò voi, ma sarete voi a condurre i vostri uomini in battaglia, voi a togliere la corona dal capo di vostro zio. E se volete essere regina di quegli inutili scogli rocciosi che chiamate casa, non sarò io a fermarvi, fintanto che non minaccerete la mia gente. Non vi sto concedendo nulla, Asha Greyjoy... Vi chiedo se volete combattere al mio fianco per riprenderci la libertà che ci spetta." 



Asha rimase in silenzio a quelle parole, lo stupore che le cresceva dentro ad ogni parola. C'era qualcosa di diverso in quella ragazza, qualcosa che non aveva mai visto in nessun altro. "Lo prendo per un si?" il sorriso di Arya era quasi disarmante, e Asha non riuscì a credere alla facilità con cui quella ragazzina era riuscita a convincerla; ora non vedeva l'ora di mettersi in marcia, i mesi di inattività che la spingevano a mettersi in moto subito, pronta a ripagare lo zio con la giusta moneta. "Devo parlarne con i miei uomini, ma sono sicura che saranno d'accordo con me. Volete la mia firma su qualche trattato?" il tono di Asha era ironico, ma a quel punto sarebbe stata disposta a firmare qualsiasi cosa; sentiva già il suo sangue pulsare all'idea della battaglia "Un pezzo di carta avrebbe qualche valore per voi?" Arya sembrava alquanto compiaciuta, ed Asha non si sentì di darle torto mentre muoveva la testa a formulare un silenzioso no. "Molto bene dunque, mi accontenterò della vostra parola. Preparate le vostre navi... Avrete mie notizie al più presto." Arya si alzò, già ansiosa di rimettersi in viaggio. "E' stato un piacere Lady Asha." Asha Greyjoy rimase incerta per un secondo, prima di alzarsi e impegnarsi in una riverenza alquanto ironica "Piacere mio, mia regina." Arya sorrise e uscì dalla stanza, gli occhi della figlia del Kraken puntati addosso.

 
*


Brienne non si lasciò impressionare dall'opulento sfarzo di Castel Granito, procedendo lentamente sulla strada che portava al palazzo. Era stanchissima dopo aver viaggiato senza sosta per giorni, ma non poteva perdere nemmeno un attimo di tempo, doveva tornare dalla sua signora. Sapeva di averla lasciata in buone mani, eppure non poteva non tornarle in mente l'ultima volta che aveva lasciato la donna a cui aveva prestato giuramento. Non l'avrebbe mai fatto se non fosse stato essenziale per lei trovarsi lì in quel momento; c'era ancora una cosa che doveva fare prima che la vera guerra iniziasse, una cosa che rimandava ormai da molto tempo.
Arrivata a palazzo si lasciò condurre nelle grandi stanze, rimanendo stupita da tutto ciò che vedeva. Leoni rampanti la fissavano da ogni angolo mentre proseguiva nei corridoi, circondata da porpora e oro. La lasciarono in attesa in una stanza che dava sul cortile, la luce del tramonto che si rifletteva sugli arabeschi dorati delle tende. Respirò profondamente, cercando di prepararsi a quello che stava per affrontare, ma quando udì la porta aprirsi dietro di lei, i passi sicuri avvicinarsi, e si girò per affrontare il nuovo venutò, sentì la sua volontà vacillare. 



Jaime Lannister non era più il giovane e affascinante cavaliere che era stato un tempo, ma aveva mantenuto il suo naturale portamento fiero. La mano d'oro splendeva riflettendo la luce del sole, e i suoi occhi verdi si illuminarono nel vederla "Non volevo crederci quando mi hanno detto che eri tu. Non pensavo di rivederti." Brienne gli fece un sorriso stanco, abbassando lo sguardo sentendosi improvvisamente inadeguata, come sempre le succedeva davanti a lui "Trovo sempre un modo per sorprenderti Sterminatore di Re" questa volta fu lui a distoglere lo sguardo "Aye, fanciulla, è sempre stato il tuo forte." Si avvicinò lentamente, e Brienne riuscì a vedere l'ombra della barba nella sua mascella pronunciata, le occhiaie che gli scurivano gli occhi. "E' passato molto tempo da... dall'ultima volta che ci siamo visti." Brienne sospirò leggermente; non avevano più parlato del loro ultimo incontro, avevano giurato di non parlarne mai con anima viva. Come se questo servisse a dimenticare il fatto che era stata costretta ad uccidere Catelyn Stark per la seconda volta per salvargli la vita. "Sono venuta qui per restituirti un pegno." Con un movimento fluidò Brienne si sfilò dal fianco la lunga spada che portava sempre con se, Giuramento. 



"Giuramento?" la sua voce era dubbiosa, quasi non credesse ai propri occhi "Perchè ora? Ti sei finalmente ritirata?" il tono cercava di essere scherzoso, ma l'ombra del dubbio rimaneva nel suo sguardo "Ti ho riportato la tua spada perché ho finalmente tenuto fede al mio giuramento." "L'hai trovata?" la voce di lui era quasi un sussurro mentre accarezzava l'elsa della spada "Hai trovato Sansa Stark?" Brienne scosse la testa "No, non lei... La sorella, Arya Stark." "Arya Stark? Come puoi essere certa che sia lei? Dopo tutto questo tempo?" "E' lei, non ho alcun dubbio. Io..." cercò le parole adatte con fatica, provando vergogna solo nel pronunciarle "Io non le ho detto di sua madre, di quello che abbiamo fatto. Quella donna non era la vera Catlyn Stark, solo una pallida ombra di ciò che era stata. Arya merita di ricordarla per la donna coraggiosa che era." "Non è l'unico motivo, o sbaglio?" Gli occhi di Jaime non le lasciarono il viso nemmeno per un attimo "No... Io ho giurato di proteggerla. Ha bisogno di me, non potrei lasciarla nemmeno se me lo ordinasse." Jaime la fissò mentre una piega amare gli piegava le labbra "Cosa stanno organizzando al Nord? Ho sentito dei movimenti delle truppe... Bolton non sembra preoccupato, ma io ho avuto le mie esperienze con gli uomini del Nord.... Non sono da sottovalutare, mai." "Io... Io non posso dirtelo, ho giurato." "E io ti ho già fatto rompere troppi giuramenti, vero? Mi sono pentito di poche cose in vita mia Brienne, ma una di queste è stata sicuramente averti costretta ad una scelta simile... Il mio onore ormai era perso, ma il tuo..." "Lo riconquisterò Sterminatore di Re, non temere. Sono pronta a morire per quella ragazza." "Be vedi di non farlo, non sono ancora stufo di vedere la tua brutta faccia in giro." 



Brienne gli sorrise "Devo andare, la mia signora mi aspetta." Si avvicinò alla porta con passo lento, tanto le sembrava un sogno quello che stava vivendo "Brienne, aspetta." Jaime teneva la spada nell'unica mano rimasta, e gliela porse "Tienila tu. Io non la posso usare e, come ti dissi anni fa, la spada di Ned Stark deve essere usata per proteggere le sue bambine. Sono sicura che sarai all'altezza della situazione." Brienne lo guardò a lungo, incerta "Anche se la userò contro la tua famiglia?" glielo doveva, almento questo. Jaime produsse un verso tra l'irritato e il rassegnato "Prendi la spada donna, prima che cambi idea. E porta i miei saluti alla piccola Stark, e dille che le auguro buona fortuna. Ne avrà bisogno con una guardia del corpo del genere." Il sorriso di lui era canzonatorio, ma Brienne riuscì a leggere la malinconia nei suoi occhi; da quanto tempo se ne stava da solo, in esilio volontario, in quella città che non sarebbe mai stata veramente sua? Prese la spada dalle sue mani, sfiorandogli leggermente la mano sana con la sua, in un gesto che conteneva più rimpianto di quanto potesse sopportare. "Addio Jaime"

 
*


Approdo del Re era, come al solito, una chiassosa sinfonia di vite umane ammucchiate l'una sull'altra nel tenue tentativo di restare a galla in quell'esistenza di sofferenza. Cersei Lannister fissava gli uomini agitarsi al di sotto della Fortezza Rossa come tanti piccoli scarafaggi e l'unica cosa che provava era disprezzo. Disprezzo ed irritazione. Alle sue spalle sentiva l'acuta e odiosa voce di Margaeryn Tyrell che ciaciava sull'ultima moda d'acconciatura dorniana e per l'ennesima volta si congratulò con se stessa per l'infinità pazienza che portava con quell'inutile ragazzina; si sentiva sempre più vicina a spaccarle la faccia su uno dei piatti decorati del servizio reale. 



La sua meditazione sull'inutiltà della stirpe Tyrell fu interrotta improvvisamente da Mace Tyrell, un altro idiota che sembrava stranamente più congestionato del solito. "Mia regina, mia signora." Cersei non perse nemmeno tempo a salutarlo, guardandolo con un espressione tra l'insofferente e l'arrabbiato "Cosa vi affligge lord Tyrell? I contadini protestano di nuovo per le tasse?" Margaery la guardò con la sua espressione da innocente fanciulla sconvolta, e Cersei sfoggiò il suo miglior sorriso da regina. "No mi signora, non si tratta di questo. Sono messaggi dai nostri informatori al Nord. Dicono... dicono che un nuovo sovrano sia stato scelto." Cersei rise "Un nuovo re del Nord? E chi sarebbe? Umbert? Manderly? Un altro di quei grassoni barbuti?" La faccia di lord Tyrell virò ad una variazione di rosso più profonda del solito e mormorò qualcosa "Cosa? Per gli dei, pensavo che un lord fosse ingrado di esprimersi come un uomo, non come una scimmia!" 



"Stark" disse l'uomo in un sussurro e Cersei sentì il cuore perdere un colpo "Stark? Com'è possibile? Gli Stark sono tutti morti." "Dicono sia la giovane Stark mia signora... Arya Stark." Cersei lo fissò a lungo, senza vederlo. Arya Stark, nessuno l'aveva vista morire, nessuno aveva trovato il suo cadavere, anche se tutti credevano che fosse ormai perduta. "Stanno radunando un esercito mia signora... Vogliono riprendere Grande Inverno." Cersei passò lo sguardo dal grasso lord a sua figlia, che ora, finalmente muta, fissava il padre con aria sconvolta. "Convoca il consiglio lord Tyrell, e chiama il re. Se ciò che dici è vero, dobbiamo prepararci ad una guerra."

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


C'era qualcosa di rassicurante nel vento gelido che soffiava fuori dalla tenda quella notte, una sorta di preghiera silenziosa che gli spiriti del Nord levavano al cielo per implorare la pietà degli dei. Arya guardava l'oscurità del bosco davanti a lei, ascoltando ad occhi chiusi l'ululato lontano di Nymeria, a caccia nei boschi. Si erano riunite da appena un paio di mesi, eppure la ragazza sapeva che il loro legame non era mai stato così forte; in quel momento le sembrava quasi di sentire la terra accarezzarle le dita, come se fosse lei a correre nel mezzo della foresta. Candidi fiocchi di neve iniziarono a depositarsi sulle sue braccia nude, sciogliendosi a contatto con il calore della sua pelle. 



"Mia regina, dovreste coprirvi." la voce di Brienne giunse ovattata alle sue spalle, risvegliandola dalla leggera trans in cui era caduta, ma non si girò, tenendo lo sguardo fisso e cieco verso l'oscurità della notte "Solo un attimo Brienne, mi piace sentire la neve sulla pelle, mi fa sentire a casa." "Ma è gelida..." Arya si passò le mani sulle braccia, assaporando il contatto con le fredde gocce d'acqua "Non mi disturba, mi ero dimenticata quanto ti facesse sentire viva il vento del Nord. Ho passato così tanto tempo a non provare nulla" Brienne rimase silenziosa, come sempre le succedeva quando si parlava del passato di Arya; la giovane regina sapeva che l'amica moriva dal desiderio di farle delle domande, ma che era troppo leale e riservata per chiederle qualcosa. "Brienne, non devi farti probemi con me. Se c'è qualcosa che vuoi sapere, chiedimela."



Brienne prese un profondo respiro, ma si decise infine a farle la domanda che la tormentava dal momento in cui si erano conosciute "Dove siete stata per tutti questi anni? Come avete fatto a sopravvivere da sola in un continente sconosciuto?" Arya aprì gli occhi lentamente. Sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, e non aveva intenzione di mentire, non su quello che era stata, su quello che l'aveva resa ciò che era. Si voltò per guardare Brienne negli occhi, sperando che quanto stava per dire non avrebbe spinto l'unica persona della quale si fidava ciecamente a lasciare il suo fianco. "Sono diventata un assassina." Il volto di Brienne rimase fisso per un momento, poi le labbra si aprirono in un sorriso canzonatorio, convinta che Arya si stesse facendo beffe di lei, ma vedendo il volto serio e detterminato della ragazza, il sorriso le morì in volto. "Voi... ma come... perché?" 



"Ero una ragazzina sola e assetata di vendetta... Volevo diventare forte, abbastanza forte da sopravvivere e tornare per uccidere gli uomini che avevano distrutto la mia famiglia. Mi sono unita agli assassini senza volto, e loro mi hanno dato la forza che volevo... Prendendosi in cambio la mia anima." Brienne ora si limitava a fissarla con gli occhi sgranati "Ho ucciso così tante persone Brienne, così tante da non ricordarle nemmeno tutte. E non so nemmeno se fossero innocenti o colpevoli, se si meritassero la fine che ho dato loro... Non mi importava. Ero un arma di morte che camminava sulla terra, un burattino senza volontà. Ma questa non è una scusa." Fece un passo verso Brienne, che però si tirò indietro, e Arya provò una fitta al cuore nel vedere l'espressione diffidente della donna. "Mi sono consegnata a loro perché volevo smettere di provare dolore, di ricordare, e loro hanno fatto in modo che dimenticassi la mia identità. Per anni Arya Stark è rimasta rinchiusa in un involucro di menzogne e inganni, ma non ho scuse. Non ho scuse per le vite che ho spezzato, per la fiducia che ho tradito. Ero tornata per un ultimo addio, ero pronta ad affrontare la punizione che mi spettava per i miei peccati, e quando torno cosa fanno? Mi nominano regina, come se fossi adatta, come se mi meritassi un premio... Sembra uno scherzo della sorte." 



Gli occhi di Brienne si erano velati di un silenzioso senso di colpa mentre fissavano il terreno "Cosa vi ha fatto tornare indietro? Perché avete cambiato vita?" Arya non potè evitare la piega amara che presero le sue labbra "Qualcuno mi ha ricordato cosa vuol dire avere un cuore, avere uno scopo per cui vivere." "E dov'è ora questo qualcuno?" Arya sorrise tristemente guardandola negli occhi "L'ho persa Brienne. L'ho persa per sempre. Ma un cuore anche se spezzato continua a battere, no?" "Eravate davvero innamorata di.. lei?" Arya notò una leggera esitazione nella sua voce, ma non se ne curò più di tanto, come poteva la confessione di amare un'altra donna essere peggiore di quella di essere un assassina? "Per quanto possa amare una persona come me. Avrei fatto qualsiasi cosa per proteggerla, persino rinnegare dieci anni della mia vita e andare contro il volere dei miei maestri." "Cos'è successo poi? Perché non siete con lei?" il tono quasi preoccupato di Brienne la portò sull'orlo delle lacrime, tanto le costava rivivere quei momenti dolorosi "Mi avevano mandata ad ucciderla, ma non ci sono riuscita. E mentre Arya Stark tornava a farsi sentire nel mio animo lei mi ridava uno scopo. Ero felice, felice davvero per la prima volta dal momento in cui ho lasciato Grande Inverno. Ma lei ha scoperto la mia identità prima che potessi dirle la verità e mi ha cacciato dalla sua corte." Prima ancora che Arya potesse pentirsi di quella scelta di parole il volto di Brienne si accigliò dallo stupore "Non starete parlando di... di Daenerys Targaryen?" 



Arya si limitò ad annuire, troppo scossa per proferire parola "Adesso capisco... Ecco perché avete fatto quel discorso alla vostra incoronazione." "Le devo tutto ciò che sono Brienne... Passerò la mia vita a servirla, anche se dovessi farlo nell'ombra." Il volto di Brienne si fece d'un tratto triste e tornò a guardarla negli occhi "Per me era la stessa cosa, con Renly. Lui era l'unico che mi avesse trattata con gentilezza, come una persona, senza disprezzarmi per il mio aspetto o le mie scelte. Lo avrei seguito in capo al mondo." Scivolarono tra loro parecchi minuti di silenzio prima che Brienne si facesse avanti, posando una mano sulla spalla della sua regina "Ho conosciuto un uomo, molto tempo fa" disse, guardando scendere i fiocchi di neve "Aveva fatto cose terribili nella sua vita, perdendo se stesso. Poi un giorno gli successe una disgrazia, e lui pensò che la sua vita fosse finita... Eppure quell'incidente fu la cosa migliore della sua vita. Diventò un uomo nuovo o per meglio dire, diventò davvero ciò che era nel profondo, un uomo d'onore. Credo che ognuno di noi alla fine diventi ciò che è destinato ad essere, se solo ne ha il coraggio. Voi eravate una bambina a cui sono successe cose orribili, e avete risposto con altrettanto orrore. Adesso siete una donna e avete portato speranza ad un popolo che non ne aveva più... Non sta a me, ne a nessuno dei nobili che vi seguono giudicarvi, e nemmeno a voi stessa." Arya la guardò negli occhi, sentendosi allo stesso tempo incredbilmente lontana e vicina da lei, come se Brienne potesse capirla ma, allo stesso tempo, potesse farlo solo fino ad un certo punto. Si sentiva gli occhi bruciare, e pensò con leggero disappunto a come avesse versato più lacrime in quell'ultimo anno della sua vita che nei dieci precedenti, ma prese coraggio e si avvicinò all'alta donna bionda, appoggiandole la testa sul petto "Grazie Brienne." Brienne sussultò leggermente a quel contatto, ma pochi secondi dopo le cinse le spalle in un abbraccio. In quel momento Arya capì che poteva fidarsi di lei completamente, per qualsiasi cosa, e sorrise tra se mentre si staccava da Brienne, ricomponendosi. "Meglio andare a dormire, domani sarà un grande giorno" guardò nella direzione opposta al bosco, dove Grande Inverno si stagliava maestosa, illuminata dai fuochi dell'assedio e dai riflessi ambrati delle lame degli uomini del Nord e dei soldati dei Bolton "E' ora di tornare a casa."




L'alba era arrivata prima di quanto si aspettasse, ma era pronta. L'armatura leggera le calzava a pennello, il grosso metalupo che mostrava le zanne sul suo petto, scintillante come la luna piena. Guardava Ago con seria preoccupazione, incerta sul da farsi. Aveva rinunciato ai suoi pugnali, portatori di morte ma appartenenti ad un epoca buia che desiderava dimenticare, ed Ago era la sua spada, lo era sempre stata. Però non era più una bambina, e la spada era decisamente troppo fragile per una vera battaglia. Vide Brienne entrare nella tenda con un sorriso fin troppo raggiante per essere legato all'inizio della battaglia conclusiva del loro assedio, e da un solo sguardo alla spada che aveva in mano, Arya capì che Brienne aveva individuato il problema, e il suo sorriso si fece ancora più marcato. "Ho un dono per voi mia signora" Arya la guardò con aria interrogativa e Brienne le mostrò una scatola nuova e lucente.



"Quando vi ho incontrata portavo una spada al mio fianco, che era simbolo del mio giuramento ad un uomo. Quel giuramento è stato rispettato, la spada deve tornare al suo legittimo propietario." Quando Arya aprì la scatola, trovandosi davanti due bellissime daghe a pianta larga, l'impugnatura dorata decorata e splendida, ma che Arya sapeva si sarebbe adattata perfettamente alle sue mani. La ragazza rimase senza parole "Pensavo che le avreste preferite ad uno spadone a due mani." "Brienne io... io non capisco. Perché dici mi appartengono? Non le ho mai viste prima..." "Queste lame provengono da Giuramento, la spada che fu di Jaime Lannister" Arya alzò lo sguardo costernata e confusa "Jaime l'aveva donata a me, affinché io la usassi per ritrovare le figlie di Ned Stark perché... perché a lui era appartenuto questo acciaio. Questi sono i resti di Ghiaccio, la spada di vostro padre." Ad Arya mancò il respiro a quell'affermazione; sapeva che Ghiaccio era scomparsa dopo la morte del padre e mai, mai aveva osato sperare di rivederla. "Mentre voi negoziavate con Asha Greyjoy io sono andata a Castel Granito a restituire il pegno ma Jaime ha insistito perché restasse al tuo fianco." "Jaime Lannister? Perchè mai avrebbe dovuto fare una cosa del genere?" "Ve l'ho detto, è diventato un uomo d'onore." Arya spalancò gli occhi realizzando la verità che si nascondeva dietro quelle parole, ma prese le lame senza esitazione, gratificando Brienne con un sorriso "Grazie Brienne."




Il braccio sinistro le lanciava fitte di dolore a intervalli regolari mentre si sforzava di muoverlo senza esitazione nonostante il grande taglio lasciato da una freccia. Non aveva perso molto sangue, ma stavano combattendo da ore e la stanchezza cominciava a farsi sentire. Combattevano nel cortile interno di Grande Inverno dopo essere riusciti ad oltrepassare le mura e ad eliminare il primo gruppo di difensori. Si sentiva la polvere negli occhi, il volto sporco di sudore e schizzi di sangue mentre danzava la sua danza della morte tra le truppe dei Bolton gridando a squarciagola incentivi ai suoi uomini che prendevano lentamente il controllo della fortezza. Erano in vantaggio rispetto agli vversari, ma ancora non erano scesi in campo i signori del castello. I lunghi capelli di Arya erano trattenuti in una treccia che si muoveva con lei mentre girava lo sguardo in ogni direzione, cercando spasmodicamente Roose Bolton in mezzo alla folla. "Bolton!" urlò sopra il boato delle armi che cozzavano tra loro, senza aspettarsi la risposta che arrivò "Stark!" urlò una voce dietro di lei, ma quando si girò non si trovò di fronte Lord Bolton, ma un giovane uomo dall'aspetto feroce. 



Nel volto spiritato gli occhi brillavano di cattiveria, il viso ricoperto di schizzi di sangue come l'armatura che portava "Ho chiamato la iena, non il suo cucciolo!" Gli urlò di rimando Arya, preparandosi allo scontro. Voleva uccidere Roose, ma non le sarebbe dispiaciuto nemmeno tagliare la gola di quel folle di Ramsay. L'uomo mulinò il grosso spadone in aria, avventandosi su di lei mentre si scansava di lato, cercando di colpirlo alle gambe. Era un uomo grande e grosso, sicuramente più forte di lei, e l'unica cosa su cui poteva contare era la poca velocità che le era rimasta dopo le ore di assedio. L'uomo brandiva la spada con una forza tale che Arya era sicura che un solo colpo gli sarebbe bastato per ucciderla: non poteva permettersi nessun errore. "La piccola Stark, chi l'avrebbe mai detto! Pensavo di averti sposata tanto tempo fa" un affondo andò vicinissimo ad aprire l'addome di Arya, ma lei riuscì ad evitarlo appiattendosi al suolo, riuscendo a lacerare il polpaccio di Ramsay, che però sembrò non sentirlo neppure. "E invece scopro che si tratta solo di una piccola bugiarda... Com'era il nome di quella cagna?" Un altro taglio sottile sul braccio, ma Arya sentiva la stanchezza crescerle addosso mentre i suoi movimenti si facevano più goffi e lenti "Ah si, Jeyne Poole." Quel nome ebbe su Arya lo stesso effetto di una doccia fredda e Ramsay ne approfittò per colpirla con l'elsa della spada in fronte, mandandola a terra con il volto ricoperto dal sangue che sgorgava da un taglio netto alla tempia.



"La conoscevi vero? Me lo disse una notte, mentre mi implorava di non picchiarla più... Povera stolta" Arya sentiva la testa girare mentre Ramsay si avvicinava "Vorrei poterti tenere in vita abbastanza a lungo da toglierti di dosso tutta quella tua bella pelle, ma se ti uccido subito poi potrò farlo con tutti i tuoi omini che si arrenderanno a noi." Arya si finse svenuta, cercando di raccimolare quel poco di energia che le restava. In lontananza poteva sentire l'ululato disperato di Nymeria, che cercava di raggiungerla tra i combattimenti. Ramsay era ormai sopra di lei, pronto a spappolarle la faccia con la punta accuminata della sua spada. Sapeva di avere solo un colpo a disposizione, o ci riusciva o era finita, e tutto quello che aveva fatto fino a quel momento non sarebbe servito a nulla. Il pensiero di Daenerys l'attraversò come un lampo, dandole la forza di stringere in mano il pugnale più saldamente; non poteva morire, non ancora, doveva rivederla almeno una volta, un ultima volta prima di poter morire. Il suo braccio scattò veloce e sicuro, andando a conficcarsi tra le maglie di ferro dell'armatura di Ramsay, penetrando in profondità nella coscia e lacerando un grande vaso sanguineo. Ramsay emise un gemito di dolore profondo e si accasciò sopra di lei, lasciandola senza fiato. Arya si lasciò andare, incapace di restare lucida ancora, mentre sentiva la voce di Brienne che cercava di riportarla alla realtà "Mia regina, Arya, abbiamo vinto! Non addormentatevi!" Ma Arya non riusciva più a sentirla mentre scivolava lentamente nell'oblio, l'ululato di Nymeria che le riempiva la mente.

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Si trovava nel parco degli dei, senza sapere come. Il grande albero dalle foglie rosse sotto il quale pregava suo padre si stagliava maestoso davanti a lei, in tutto il suo splendore. Si sentiva stranamente leggera, come se si librasse sul suolo piuttosto che camminare ora che si era liberata dell'armatura. Si avvicinò all'albero, cercando di capire se stava sognando o meno. Sentì una risata provenire dai rami più alti e alzò lo sguardo, rimanendo per un momento accecata dal sole che filtrava tra le foglie rosse, per quello non credette subito a quello che vide. Una seconda occhiata le servì però a confermare i suoi sospetti. Sull'albero si trovava un bambino, ma non un bambino qualsiasi: era suo fratello Bran. "Bran?" chiamò Arya con sospetto; nel suo cuore sapeva che non poteva essere lui, quello era il Bran felice e spensierato che Arya ricordava nei giorni precedenti alla sua caduta, il bambino allegro che correva veloce come il vento sui tetti di Grande Inverno. Il ragazzino si calò giù con una destrezza impressionante, atterrando con una capriola ai piedi di Arya. Non appena fu in piedi il bambino si aggrappà alle sue gambe in un abbraccio che avrebbe fatto sciogliere Arya in lacrime non fosse stato per la sensazione di irrealtà che la circondava. Il bambino alzò lo sguardo e Arya si ritrovò a fissare gli occhi intelligenti di suo fratello "Bentornata a casa, sorella." 



"Bran... Sono così felice di vederti." Arya si chinò in ginocchio per abbracciare il fratello con tutte le forze che aveva "Arya, non abbiamo molto tempo. Ci sono delle cose che devi vedere." "Ma dove siamo? E' un sogno?" "Nulla di così semplice. Non posso spiegarti ora, se gli dei ti assistono, forse un giorno potrai capire." Bran la prese per mano, la manina piccola e soffice che era solita stringere quando lui era ancora piccolo e lo portava a passeggiare nel cortile. Il mondo intorno a loro cominciò a roteare e Arya perse completamente l'orientamento mentre le sembrava di volare aggrapata al fratello minore. Improvvisamente si fermarono, i contorni del paesaggio che tornavano nitidi mentre Bran non lasciava la sua mano, un espressione seria sul volto "Qualsiasi cosa succeda sorella mia, non lasciare la mia mano." Erano in una grande stanza lussuosa, ricoperta di seta ed oro in ogni parte, una grande scrivania al centro, piena di fogli e mappe. Ad Arya sembrava tutto troppo famigliare, e un sentore di inevitabile tragedia le si insediò dentro. "Dove..." non riuscì a finire la domanda perché la grande porta di legno si aprì davanti a loro, lasciando entrare Daenerys. Il cuore di Arya accellerò in modo disumano mentre i suoi occhi incrociavano quelli di lei, scatenandole nel cuore una sofferenza e una gioia che non aveva mai provato prima. Aveva cercato di chiudere in un angolo della sua mente tutti i ricordi che la riguardavano, girandoci cautamente intorno ogni volta che il suo pensiero ci arrivava troppo vicino; ma vederla lì, davanti a lei in carne e d'ossa aveva ridotto in cenere ogni barriera creata, rendendola vulnerabile a tutto il rimpianto che si era tenuta dentro in quei mesi. 



"Daenerys..." riuscì a dire come in un singhiozzo, ma quando lo sguardo di lei la raggiunse, la guardò come se fissasse il nulla "Non può vederci, non non siamo davvero qui." Un ondata di rabbia e frustrazione le montò dentro prima che potesse fermala; come poteva esserle così vicina eppure così lontana? Come poteva sopportare di averla davanti a lei senza poterla toccare, senza poterle parlare? Cercò di avvicinarsi, ma la mano di Bran la trattenne "E' inutile Arya. Faresti solo peggio." "Ma... ma mi manca così tanto. Perché mi hai portato qui se non posso fare nulla?" "Non sei mai stata molto paziente, nemmeno da bambina." Arya guardò il fratello con un occhiata torva, ma Bran sorrideva "Puoi sempre ascoltare. Aspetta." Rimase così a fissare Dany mentre sistemava distrattamente le carte della sua scrivania, gli occhi distratti. Arya si sforzo di fissarsi in mente ogni smorfia, ogni solco d'espressione del suo volto, bevendo con gli occhi la sua immagine, senza sapere quando e se avrebbe potuto rivederla ancora. Aveva addosso un aria malinconica che Arya non le riconosceva, ma manteneva intatta la regalità che aveva portato dal primo momento in cui l'aveva conosciuta. "Mia regina" una voce che Arya conosceva bene risuonò nell'aria, e lei e Dany si voltarono all'unisono per accogliere Ser Jorah e Melisandre, accompagnati da un servo. 



"Mia regina, gli uomini sono pronti, non ci resta che aspettare la fine delle riparazioni di alcune navi e poi potremo salpare. Un mese, al massimo due." Daenerys sbuffò leggermente "Troppo tempo, stiamo perdendo troppo tempo in questa dannata città. Passo le mie giornate a ricevere udienze su motivi più disparati mentre a Westeros si fanno piani su come sconfiggermi." Si girò lentamente, fissando le grandi mappe sulla scrivania "Dove sbarcare? A Dorne?" "Dorne sarebbe l'opzione più vicina mia signora, ma i nostri informatori ci hanno detto che tutti i porti sono controllati a vista. Se cercassimo di attraccare lì, saremmo morti ancora prima di toccare terra." "Dove dunque?" "Io suggerirei il Nord" fu il commento di Melisandre, e ad Arya non sfuggì il leggero tremito che scosse Dany "Anche le Terre dei Fiumi. Sarebbero molto più sicure. C'è una grande baia vicino all'Arcipelago delle Tre Sorelle" Mormont indicò un punto nella cartina "Vicino alle Torri Gemelle." "Torri Gemelle? Non è lì che..." "Si, si sono svolte lì le Nozze Rosse, il regicidio di Robb Stark. Ma se prendiamo Lord Frey alla sprovvista non dovremmo avere problemi." "Arriverò per prima, senza i draghi, sarebbero troppo vistosi. Una parte dell'esercito si muoverà con me, per prendere le Torri." "Pensate che sia prudente separarvi dai draghi mia regina?" "Le loro fiamme sono visibili a centinaia di leghe di distanza... se non vogliamo trovarci l'intero esercito Lannister ad aspettarci, sarà meglio così." "Come desiderate mia signora." 



"Melisandre... avete visto qualcosa nelle fiamme?" Daenerys non si arrischiava spesso a chiedere consiglio alla donna rossa, sapeva quanto pericoloso poteva essere sapere il proprio destino "Le fiamme sono incerte mia regina." L'affermazione strappò uno sbuffo a Mormont e Melisandre lo ricambiò con un occhiataccia "Ma di una cosa sono certa. Ho visto un lupo camminare sulle Torri dei Frey." Daenerys rimase in silenzio per un attimo, per poi voltarsi verso l'angolo in cui Arya e Bran ascoltavano in silenzio la conversazione; per un secondo, Arya fu quasi certa che la potesse vedere. "Un lupo... che sia un presagio di cattivo auspicio?" "Nessuno può saperlo con certezza." "Che sia... che sia lei?" nel dirlo, la voce di Daenerys si era fatta tremante e Arya provò un colpo al cuore nel vedere quanto la facesse soffrire il solo pensiero di lei; come aveva potuto infliggerle una tale pena? La mano di Dany si alzò a stringere la catenina che portava al collo, e Arya fece appena in tempo a riconoscere il medaglione che le aveva donato, prima che la stanza ricominciasse a vorticare intorno a lei "No!" urlò con disperazione, ma Bran la guardò con un misto di risolutezza e compassione "Mi dispiace, dobbiamo andare. Devo mostrarti un'altra cosa prima che tu possa tornare a casa."




Arya ci mise qualche secondo a riconoscere il nuovo ambiente che la circondava, però fu certa fin da subito di averlo già visto. Era la stanza che una volta era appartenuta a suo padre, lo studio del Primo Cavaliere del Re. Un uomo grasso stava parlando con una donna bionda, circondati da uomini in uniforme. Arya e Bran si avvicinarono lentamente, e Arya riconobbe la donna al primo sguardo: la regina Cersei. Nonostante fossero passati tanti anni, l'avrebbe riconosciuta ovunque. Il suo viso bello e glaciale si era fatto più vecchio, la lunga chioma bionda aveva perso la sua brillantezza e la schiena era più curva sotto il peso degli anni, ma la regina manteneva intatto il suo fascino. Bran la fissò per un momento con un espressione indecifrabile, come se cercasse di trattenere un odio di cui non andava fiero ma che non poteva fare a meno di provare. "Ti ricordi il servo che aveva accompagnato Melisandre e Jorah dalla regina?" Arya annuì distratta, anche se in quei momenti la sua attenzione era tutta per Daenerys "E' una spia. Il Concilio ristretto del re sta discutendo proprio ora di quello che l'uomo ha riferito loro." 



"Daenerys pensa di essere più furba di noi, le faremo vedere!" Il grasso uomo battè il pugno sul tavolo, facendo scrollare il doppio mento sudato. Cersei non tentò nemmeno di nascondere il disgusto nel suo sguardo, ma parlò con voce neutra "E' un occasione che non possiamo perdere. Se Daenerys arriva senza i suoi draghi sarà molto più facile eliminarla una volta per tutte. Morta lei, il suo esercito si sgretolerà come polvere! Non possiamo muovere un grande numero di uomini, anche la madre dei draghi ha le sue spie... Ma se mandiamo un corvo a Lord Frey, ci penserà lui. I suoi uomini sono vicini al luogo dello sbarco, se riuscirà ad uccidere quella bambina insolente lo ricoprirò d'oro." Gli uomini intorno a lei annuirono, ma uno si avvicinò alla tavola "E per il nord mia signora? Voci dicono che Arya Stark abbia riconquistato Grande Inverno." "Cercate di mettervi in contatto con Bolton, e mandate un messaggio a Lord Baelish... se unirà le forze con i Frey dovrebbe bloccare un eserito ababstanza a lungo per permetterci di riunire i nostri uomini." "E Dorne mia signora? Sono mesi che non riceviamo notizie dalla Principessa Arianne." "E' ora che Dorne decida da che parte stare. Scriverò a mia figlia Myrcella, parlerà lei con i Martell, si assicurerà i loro uomini nello scontro imminente. Siamo assediati da due fronti, ma ricordatevi che abbiamo l'esercito più numeroso e potente che Westeros abbia mai visto. Non ci faremo intimorire dallo spettro di un'antica dinastia, e meno che meno da una ragazzina che parla con i lupi. Il Trono di Spade appartiene a re Tommen, e così sarà anche alla fine di questa guerra!" Gli uomini riuniti batterono i pugni sul tavolo, e Arya capì ancora una volta quanto quella donna da sola fosse molto più pericolosa dell'intero esercito che si vantava di possedere; poteva essere una serpe, ma sapeva essere astuta e macchinatrice come nessun altro. 



"Dobbiamo andare" la voce di Bran le arrivò da lontano, come un sogno, e insieme tornarono vorticando nel parco degli dei di Grande Inverno. Arya rimase in silenzio per un attimo, scossa dagli ultimi avvenimenti, confusa e spaventata dalla realtà intorno a lei che sembrava sfaldarsi come creta. "Perché mi hai mostrato tutto questo Bran? Io... io non capisco." Bran la guardò con un sorriso triste, molto più maturo del suo volto da bambino "Non capisci sorella? Tu sei la chiave. Daenerys è in pericolo, e solo tu puoi salvarla." "Perché me? Perché non hai mostrato tutto questo direttamente a lei?" A questo punto Bran le rivolse un grande sorriso "Perché sei mia sorella, è voglio che tu sia felice, Arya. E perché Daenerys ha bisogno di te per adempiere al suo destino, solo insieme riuscirete a portare la pace a Westeros. Salva Daenerys, distruggi i Frey, vendica nostro fratello e nostra madre. Fallo anche per me sorella mia." I contorni di Bran, come quelli della realtà intorno a loro si facevano sempre più sfocati, e Arya capì che il loro tempo insieme era davvero finito. "Ti rivedrò mai Bran?" Bran la guardò dolcemente mentre lei si sentiva ritornare alla realtà, il dolore che si faceva sentire per la prima volta da quando si era svegliata. L'ultima cosa che vide prima di svegliarsi completamente fu Bran che la salutava con la mano, e cercò di serbare un immagine di lui così, felice e sorridente.




Quando aprì gli occhi rimase spiazzata da quello che vide. Era la sua stanza, Arya avrebbe riconosciuto quei muri tra mille. E se fosse stato tutto un sogno? Tutta la sua vita, ogni dolore e ogni sofferenza, solo un illusione? Se una volta alzata dal letto si fosse ritrovata nella sua vecchia Grande Inverno, con sua madre che la rimproverava per il suo disordine e il padre che la guardava con un sorriso nascosto? Ma non appena cercò di mettersi seduta capì che era stato tutto fin troppo reale mentre la testa le doleva in modo così forte da costringerla a ributtarsi a letto. Accanto a lei vide Brienne, addormentata su una sedia, e un sorriso stanco le spuntò sulle labbra. "Brienne!" chiamò dolcemente la donna, che si svegliò immediatamente con un salto "Mia regina, mi dispiace io.. penso di essermi addormentata." "Brienne, tranquilla, non dovevi restare qui a vegliare su di me." "Avete dormito per quasi due giorni, ero preoccupata da morire! Il cerusico ha detto che avete preso una bella botta in testa, e che potevate non svegliarvi più. "Avete preso Bolton?" "Roose stava cercando di scappare dopo la morte del figlio. Lo abbiamo catturato e messo in catene, attende il vostro giudizio." Arya annuì contenta, anche se dubitava di essere in grado di alzarsi tanto presto; era ancora intontita dalla ferita e dal sogno. "Brienne, ho bisogno di convocare il consiglio di guerra, dobbiamo muoverci velocemente, bisogna.." "Voi dovete solo riposare; a tutto il resto penseremo dopo. In più, avete una visita." Arya la guardò confusa, e Brienne andò ad aprire la porta, evidentemente chiamando qualcuno che era rimasto fuori tutto il tempo. Tornò indietro qualche secondo poco, accompagnata da un uomo. Arya rimase a fissarlo dal letto, incredula di fronte a quello aveva davanti a lei. L'uomo le sorrise, e Arya si ritrovò a fissare degli occhi identici ai suoi, illuminati da una gioia profonda "Jon!"

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Arya si mise seduta non senza difficoltà, ma incurante del dolore tanta era la gioia che provava nel rivedere il fratello. Quando tempo era passato, dieci, undici anni? Guardò di nuovo Jon, che ora si era avvicinato al letto e le sorrideva, notando come il volto giovane e gentile del fratellastro si fosse incupito negli anni. Una spessa barba nera gli ricopriva il volto, i capelli selvaggi che ricordavano quelli di Arya gli incorniciavano il viso, percorso da solchi di preoccupazione che mal si associavano alla sua giovane età. Arya gli tese la mano e lui la prese tra le sue con cautela, quasi stesse maneggiando una delicata statuetta "Ho sentito che sei diventata regina, sorellina" Arya sorrise, più imbarazzata che orgogliosa "E tu sei Lord Comandante, fratello. Chi l'avrebbe mai detto che ci saremo rincontrati così." "Chi l'avrebbe mai detto che ci saremo rincontrati! L'ultima volta che ho sentito tue notizie dicevano che eri sposata con Ramsay Bolton." "Menzogne, non ero io, ma Jeyne Pool... Povera ragazza, non avrei augurato un destino simile a nessuno. Ora Ramsay è morto." "Si, mi hanno detto che l'hai distrutto." Calò un silenzio quasi imbarazzato, e Arya si rese conto di come le cose fossero cambiate dall'ultima volta che si erano visti. 



Nonostante l'affetto profondo che la legava al fratello, l'uomo che aveva davanti era per lei quasi un estraneo, una persona completamente diversa dal Jon che conosceva; immaginò che questo fosse la stessa cosa che provava lui in questo momento, forse anche in modo più accentuato. "Fatichi a riconoscermi, Jon?" gli chiese con un sorriso, e vide l'espressione di lui farsi seria "Se devo essere sincero, in un primo momento pensavo che si fossero sbagliati. Ma poi ho visto i tuoi occhi. Qualsiasi cosa sia successa nel tuo passato, sei ancora la mia Arya, anche se non più solo lei." Arya non fu troppo sorpresa nel sentire quelle parole, anche se le scaldarono il cuore; sapeva che Jon avrebbe capito, lui l'aveva sempre capita meglio di chiunque altro. Rimasero in silenzio per un paio di minuti, semplicemente godendosi la reciproca presenza, finché Arya non lo guardò negli occhi, incerta se confidargli o meno il sogno che sentiva ancora vivido dentro di lei. "Io... io ho visto Bran, in sogno." lo sguardo di lui si fece più attento, ma non del tutto sorpreso "Mi ha detto alcune cose, cose sul mio futuro, che non so se ascoltare o meno. Se si rivelassero solo fantasie potrebbe essere la fine della nostra piccola impresa." "Ascoltalo Arya." la voce di Jon era seria e composta, ma Arya riusciva a vedere l'emozione dietro i suoi occhi, e si rese conto di quanto il fratello fosse diventato abile nel nascondere ciò che pensava "E' stato Bran a dirmi di venire qui oggi. Per nessun'altra ragione avrei lasciato il Castello Nero."  "Quindi anche tu l'hai sognato? Cosa ti ha detto?" "Mi ha detto che stavi tornando a casa. E che avresti avuto bisogno di qualcuno della famiglia per accoglierti... Mi ha detto di..." "Di farlo anche per lui." Arya concluse la frase per lui e Jon si limitò ad annuire. "E sei venuto per questo Jon? Per salutarmi?" 



Il viso del fratello si aprì in un sorriso malinconico, ma Arya sentì un certo astio crescerle dentro "Perché venire adesso? Perché non sei venuto quando Robb aveva bisogno di te? Quando tutti avevamo bisogno di te?" Jon si staccò da lei, alzandosi in piedi e dandole le spalle, e la ragazza capì che si era aspettato questa domanda "Io.. io ho fatto un giuramento Arya. Lasciare il mio posto per venire in vostro aiuto l'avrebbe infranto." "Ma si trattava della della tua famiglia Jon!" Il fratello si voltò di nuovo verso di lei "E' qui che ti sbagli. Per quanto io ti voglia bene sorella, per quanto io abbia amato nostro padre e Robb... Io non sono mai stato un membro della famiglia. Io ho la mia famiglia e sono i miei confratelli; il mio posto è con loro. Sono venuto qui oggi perché la situazione era abbastanza calma per permettermi di lasciare la Barriera, e perché volevo vedere con i miei occhi la mia Arya di nuovo a casa. Ora che so che stai bene, potrò tornare al mio posto. Nubi di tempesta si muovono al Nord, Stannis l'aveva capito. La vera guerra non è quella per la conquista del Trono." Arya lo ascoltava in silenzio, cercando dentro di se di comprendere le ragioni del fratello, anche se la bambina dei suoi giorni passati si rifiutava di credere ad una cosa del genere "Di cosa stai parlando Jon? Lo sai che io non sono interessata al Trono di Spade." 



"Eppure stai combattendo per esso. Non ti sto incolpando Arya, voglio avvertirti. Gli Estranei sono alle porte, sempre più forti, e quando sferreranno il loro attacco i regni di questa terra dovranno unirsi se non vogliono essere spazzati via." "Gli Estranei? Jon, sono solo vecchie storie, quelle che ci raccontava la Vecchia Nan..." "Così come i draghi, eppure sembra che l'ultima Targaryen stia arrivando nei Sette Regni in groppa a tre leggende." Questo chiuse la bocca ad Arya, che per un momento non seppe cosa dire "Cosa vuoi da me Jon?" "Mi servono uomini, mi serve aiuto." Arya riflettè in silenzio ancora un attimo "Puoi prendere gli uomini di Bolton. Io non li voglio nel mio esercito. E quando questa guerra sarà finita, se sarò ancora in vita verrò personalmente ad aiutarti. Ma non puoi chiedermi di abbandonare ora... Ho aspettato così tanto questo momento Jon... Tu non c'eri, non hai visto lo sguardo di nostro padre mentre affrontava la morte, il cadavere mutilato di Robb e di mia madre. Devono pagare per quello che hanno fatto." Jon la guardò di nuovo, sorpreso dalle sue parole "Sei davvero diventata grande sorellina. Dunque così sia, ti aspetterò alla Barriera." Arya fece per rispondergli, ma furono interrotti da Brienne, che entrò nella stanza trafelata. "Mia regina, c'è un problema." Arya la guardò stancamente, cercando di alzarsi, consapevole che il suo momento di riposo era giunto al termine. "Si tratta di Roose Bolton... Molti uomini del nostro esercito hanno perso i loro cari nelle Nozze Rosse e pensano che sia d'obbligo linciare Bolton per quello che ha fatto." "Si potrebbe anche fare" la voce di Arya risuonò seria, ma un ghigno sornione le spuntò sulle labbra, uccidere Bolton in un modo decisamente doloroso le sembrava un opzione terribilmente invitante, ma altrettanto sbagliata. Guardò Jon mentre si alzava faticosamente dal letto,la testa che le girava leggermente "Ma non succederà. Aiutami a vestirmi Brienne, andiamo a fermare la folla."




Non appena Arya entrò nel campo visivo del cortile di Grande Inverno sia le grida che i sussurri si fermarono, e tutti si inchinarono leggermente al suo passaggio. La dote principale di una buona assassina era di riuscire a leggere le emozioni nei volti delle persone, e Arya era sempre stata la migliore in questo. Capiva che dopo averla vista combattere i suoi uomini non la consideravano più come una semplice figura simbolica, la figlia dell'uomo che idolatravano, ma una donna forte, capace di condurli in battaglia e di uccidere senza ripensamenti. Nei loro volti ora Arya poteva leggere un misto di ammirazione e rispetto mentre si faceva largo tra la folla, verso un grande spiazzo lasciato vuoto. Arya riuscì a riconoscere Roose Bolton a malapena, il volto tumefatto dai residui di quello che doveva essere stata una brutta sessione di lotta e, accanto a lui, riconobbe lord Reed, che evidentemente cercava di far ragionare gli uomini. Arya avanzò con fatica, il mal di testa che sembrava farsi più acuto con ogni passo; ma non poteva permettersi di mostrarsi debole, non in quel momento. 



"Cosa succede?" la sua voce risuonò limpida e chiara mentre lei stessa andava a posizionarsi al centro della folla, Brienne e Jon alle sue spalle. Fù lady Mormont a parlare per tutti, avanzando minacciosa con l'ascia in mano "Siamo venuti a prendere ciò che ci spetta mia regina, la pelle di Bolton!" a quell'affermazione si levò un boato dal resto degli uomini, e la donna aspettò compiaciuta che si spegnesse "Costui è colpevole di perdite immani per ognuno di noi, deve pagare, e lo ripagheremo con la sua stessa moneta!" Arya la guardò con calma, scegliendo con cura le parole da usare "E così vorreste spellarlo vivo." "O impalarlo!" "Bruciamolo!" furono le proposte che si levarono dalla folla, ma Arya rimase impassibile. "E così vorreste dare a quest'uomo una morte memorabile, giusto? Una morte che verrà ricordata come monito negli anni futuri, una fine così orribile che il suo nome verrà ricordato dai posteri con un misto di pietà e orrore?" Un basso mormorio percorse la folla, e Arya cercò di fissare negli occhi più uomini possibile mentre il suo sguardo saettava nel cortile, fermandosi infine su Bolton, che la fissava patetico "Sapete cosa vi dico? Quest'uomo non si merita una fine degna di essere ricordata. Non si merita che i posteri pronuncino il suo nome. E' un uomo spregevole che si merita di essere dimenticato, lasciamo che la sua memoria e quella della sua gente finiscano nella polvere, dov'è giusto che stiano. E' un traditore e come tale verrà trattato, come mio padre e mio fratello prima di me hanno trattato gli uomini come lui. Gli taglierò personalmente la testa, con l'acciaio di mio padre, l'uomo che avrebbe dovuto servire e di cui invece ha tradito la memoria. Lascerò che il suo ricordo rotoli nella polvere insieme al suo capo, così che il suo nome non possa oscurare quello dei vostri cari morti a causa sua. Non faremo di lui un esempio, un martire. Faremo giustizia, non vendetta, perché questa è la nostra legge. Perché al sud capiscano contro chi stanno per combattere, perché si rendano conte che noi siamo uomini del Nord, e l'inverno sta arrivando su di loro!" 



La fine del suo discorso fu accolta da un boato assordante e Arya si sentì riempire di fiducia; era la cosa giusta da fare, quello che avrebbe fatto suo padre. Lo sguardo che Jon le lanciò, pieno di orgoglio e di affetto fu la conferma che le serviva. Senza nessun'esitazione sguainò le lame e le posizionò entrambe sulla gola di Bolton, incrociando le lame con un rumore metallico che suonò come musica nella sua mente "Ultime parole, Lord Bolton?" lui la guardò con odio mentre dalle labbra gli usciva un gorgoglio di parole soffocate dal rumore della folla "Và all'inferno, lupa" Arya sorrise e lo decapitò con un movimento fluido, le lame affilate che tagliavano carne e ossa come se fossero burro. Guardò la testa di Bolton rotolare ai piedi di Maege Mormont, che si inchinò davanti a lei guardandola con una gioia feroce. "Ci sono già stata, e sono tornata indietro." fu l'unica cosa che riuscì a dire, in un sussurro. Ora che la foga del momento l'aveva abbandonata, si sentiva debole come non mai. Jon le fu subito accanto, stringendole il braccio rassicurante, e Arya ringraziò gli dei per la sua presenza; qualsiasi cosa fosse successa, lei aveva sempre suo fratello.




Il giorno dopo, all'alba, erano da soli nel cortile della fortezza, e Arya cercava di sorridere anche se dentro di lei sapeva di non essere pronta a dire addio al fratello; non poteva sapere se e quando si sarebbe rivisti. Jon guardava il sole nascente con un misto di malinconia e d'impazienza, ma le sorrise quando si accorse che lei lo stava guardando "Mi sembra ieri che in questo stesso cortile ho detto addio a Robb. Eravamo così giovani, così ansiosi di vivere il futuro che avevamo davanti. E adesso devo dire addio a te; gli dei sanno se ti auguro una sorte migliore della sua." Arya sentì il petto farsi più pesante al ricordo del suo sorridente fratello maggiore, ma si sforzò di non apparire triste; la corona sul suo capo non le era mai sembrata così pesante. "Mi mancherai Jon... è stato bello rivederti." Ed era vero; nonostante le differenze che ora li dividevano, Arya sapeva che l'affetto per il fratello avrebbe sempre avuto un posto centrale nel suo cuore. "Anche tu Arya, e ricordati la promessa che mi hai fatto. Ti aspetterò." 



Jon l'abbracciò con forza e lei si concesse per un momento di lasciarsi andare tra le sue braccia; accanto a loro Nymeria leccò affettuosamente la testa di Spettro mentre il grosso metalupo albino la sfiorava con il muso. Arya si era chiesta dove fosse finita Nymeria in quei giorni, ma aveva capito ben presto che doveva essere andata a caccia con il fratello. "Sei sicuro di voler andare?" Arya cercò di non far trasparire la tensione dalle sue parole, con il fratello al suo fianco si sentiva più sicura che mai. "I miei uomini mi aspettano, e anche tu non hai tempo da perdere. Se quello che ti ha detto Bran è vero, devi sbrigarti. Sono sicuro che te la caverai magnificamente." allungò la mano per scrollarle giocosamente i capelli come faceva quando era una bambina, ma fermò il braccio a mezz'aria, ricordandosi della corona che Arya portava. Arya si chinò leggermente, togliendosi la corona e sorridendo mentre Jon completava il gesto, sorridendo a sua volta "E ricordati... infilzarli sempre di punta." completarono la frase insieme, ridendo, e per un momento furono di nuovo bambini, pronti a giocare con la neve insieme ai loro fratelli. Jon partì senza aggiungere altro, e Arya rimase a guardare la figura solitaria accompagnata dal lupo finché non scomparve dietro il cancello. Arya era certa che nell'ultimo istante Jon si fosse fermato a guardare indietro.




Note: Scusate immensamente per il ritardo, sono andata in vacanza e non sono riuscita a trovare una connessione! Nel prossimo capitolo (che ho quasi finito, arriverà fra poco) torneremo a visitare i lidi di Bravos per ritrovare una nostra vecchia conoscenza! Abbiate fede, il grande momento sta per arrivare! Grazie per il continuo supporto, alla prossima!

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


Daenerys Targaryen sapeva di non essere una donna molto paziente, soprattutto da quando era diventata regina. Era uno dei suoi difetti e, nonostante tutto l'impegno con cui cercava di migliorarsi per il bene suo e del suo popolo, i ritardi le davano fastidio più di ogni altra cosa. Il fatto che da un ritardo potesse poi derivare il fallimento della sua impresa poteva solo portarla ad un ira che non aiutava nessuno, lei compresa. Camminando velocemente lungo i corridoi del palazzo cercò di concentrarsi su qualsiasi cosa che non fosse la voce baritonale di Ser Jorah che, nella sua mente, le annunciava che sarebbero riusciti a partire forse fra un paio di mesi. Com'era possibile? Aveva migliaia di uomini al suo comando, dei draghi, eppure sembrava soggetta al volere incessante della sorte che la teneva lontana dalla sua casa. 



Una voce dentro di lei le chiese perché fosse così irata, in fondo, se aveva aspettato tutti quegli anni, un paio di mesi non avrebbero poi fatto molta differenza, no? Eppure in cuor suo sapeva che ora c'era qualcosa di diverso, qualcosa da cui Daenerys voleva tornare disperatamente tanto quanto desidarava non farlo; ed era lei. Era sempre lei, lei che l'aveva tradita in un modo così subdolo che anche in quel momento sentiva il furore crescerle dentro per l'onta subita, lei che l'aveva illusa donandole briciole di gioia che aveva poi trasformato in dolore con le sue stesse mani. E Daenerys l'odiava, eccome se la odiava, il suo desiderio di vederla morta era tanto grande quanto quello di stringerla a se per non lasciarla più andare; riusciva ad odiarla così tanto solo perché l'amava allo stesso modo, se non di più, e in cuor suo lo sapeva, anche se non aveva mai osato parlarne con nessuno, nemmeno con Missandei per paura di renderlo ancora più vero, ancora più doloroso. E voleva tornare indietro per dirglielo, e poi per ucciderla... o il contrario, ancora non ne era sicura. Mai in vita sua si era sentita più confusa che in quei momenti in cui chiedeva a se stessa di che natura fossero i sentimenti che provava per lei, e questo riusciva solo a renderla più furiosa con se stessa.


  
Ancora immersa nei suoi pensieri, per poco non andò a sbattere contro Melisandre, che in quell'esatto momento le era comparsa davanti "Scusatemi mia regina" "Che vuoi?" Daenerys si rese conto di aver usato un tono sgarbato, l'animo ancora scosso dai turbinosi pensieri che aveva appena formulato, ma non si prese la briga di ritrattare le sue parole; se Melisandre era rimasta offesa non lo diede a vedere, sembrava portare notizie importanti. "Ci sono delle persone che desiderano vedervi." "Qualcosa di talmente importante da non poter aspettare le udienze di domani?" "Temo sia così." In quegli ultimi mesi Daenerys aveva imparato a fidarsi del giudizio della donna rossa che, nonostante il fanatismo evidente per il suo dio, sapeva farsi apprezzare come consigliera. La seguì verso i suoi appartamenti privati, provando una leggera sensazione di pericolo, quasi come se un ragno le fosse scivolato sulla schiena,lasciandole addosso un brivido freddo. Quando Melisandre spalancò la porta della sua stanza, lasciando entrare Dany e i suoi uomini il sospetto crebbe; due figure incappucciate erano sedute nello spartano tavolo che adornava la stanza della sacerdotessa rossa, ma all'arrivo della regina si alzarono, cosa che in cuor suo Daenerys trovò ancora più minacciosa. 



Dovette pensarla così anche la guardia accanto a lei, che sguainò la spada, portandosi tra lei e le figure sconosciute. "Non c'è motivo di avere timori" la voce calma di Melisandre spezzò la tensione mentre la donna si avvicinava ai suoi ospiti. "La segretezza è necessaria a proteggere l'identità delle mie ospiti, e a nient'altro." Quelle che si rivelarono essere due donne si tolsero allora i mantelli, rivelando volti che Daenerys trovò subito interessanti. La più alta aveva la carnagione scura, i capelli ribelli e corvini raccolti in una treccia, gli zigomi pronunciati, e la regina la trovò decisamente bella, anche se non come la donna che le stava accanto; bionda, la pelle diafana come le ali di una libellula, la sua bellezza era così eterea e fragile che sembrava sul punto di spezzarsi da un momento all'altro. Non due ospiti comuni, decise Daenerys mentre fissava le estranee negli occhi, unica cosa che le due avevano simili, la forma identica nonostante i diversi colori, e che alla regina ricordarono stranamente gli occhi dei suoi draghi. "Mia regina" la donna bruna si inchinò profondamente, e Dany osservò con una punta di nostalgia i vestiti da uomo che portava, così simili a quelli della ragazza che perseguitava i suoi sogni. Maledisse gli dei che continuavano a portarla su strade simili a quelle che aveva percorso con lei, facendo emergere dolorosi ricordi affilati come lame e dalle punte avvelenate di disperazione.



Cacciò quei pensieri in un angolo della sua mente mentre la donna riprendeva a parlare "Il mio nome è Nymeria Sand, e questa è mia sorella, Tyene Sand." Sand, la mente di Daenerys richiamò quel nome dalla memoria, riconoscendolo come un nome da bastardi. Cosa ci facevano quelle donne alla sua corte? "Vi do il benvenuto a Bravos" furono le uniche parole che Daenerys riuscì a dire, incerta sul da farsi. La donna bionda, Tyene, che dalle vesti poteva ricordare una Septa, le sorrise con un sorriso che era tutt'altro che casto, e la regina si chiese ancora una volta che cosa volessero da lei quelle donne così particolari e intriganti; non era da tutti catturare la sua attenzione in quel modo, e lei sapeva fin troppo bene cos'era successo l'ultima volta che le era capitato. "Mia regina, siamo venute fin qui dal regno di Dorne; se non ricordo male, anni fa avete incontrato nostro cugino, Quentyn." Daenerys sentì il petto contrarsi leggermente al ricordo del giovane e goffo ragazzo che era venuto da lei chiedendole la mano anni prima, e alla fine sfortunata che aveva fatto. "Mi ricordo bene di lui, era un bravo ragazzo." "Uno stolto" fu il commento asciutto di Tyenne, che Daenerys ignorò "Spero che non siate qui per vendicare la sua morte. Anche se ho provato dolore nel sapere cosa gli era capitato, né io né i miei draghi abbiamo colpa, non doveva avvicinarsi a loro senza di me."



Nymeria annuì e senza aspettare il permesso della regina si sedette nuovamente, imitata dalla sorella, Daenerys fece altrettanto, mentre Melisandre si portava al suo fianco "Come dice mia sorella, la morte di Quentyn ha un solo colpevole, la sua incoscienza. Non siamo qui per quello, ma per qualcosa di ben più importante. Sappiamo che presto approderete a Westeros." Daenerys rimase impassibile, indossando la maschera da regina che riservava solo ai momenti in cui era essenziale non rivelare alcuna emozione "Come sapete le nostra casate hanno stretto, anni fa, un alleanza. Nostra zia, Elia Martell, era la sposa di vostro fratello; le nostre casate sono unite da legami molto stretti." Daenerys annuì impassibile, mentre cercava di non farsi distrarre dalla voce sinuosa della donna "Oggi siamo qui per conto di nostra cugina, Arianne Martell, principessa di Dorne. Il nostro compito è confermare la nostra alleanza alla vostra casata, mia regina." "E perché non è venuta lei stessa? Mi sembra un atto di sfiducia." la voce di Daenerys era calma, gli occhi che passavano da una donna all'altra. "Questo è il punto cardine. La nostra casata non può dimostrare apertamente il favore nei vostri confronti. I Lannister tengono in pugno il nostro regno, potrebbero distruggerci ad un minimo segno di tradimento verso Tommen Baratheon." "E quindi siete venute a propormi un aiuto inesistente, o che mi darete solo in caso di vittoria? Mi sembra una presa in giro." Tyene si agitò sulla sedia, appoggiando leggermente le mani sul tavolo "Non si tratta di questo. Noi vi offriremo il nostro appoggio, e con noi una parte dell'esercito dorniano. Voi avete i vostri draghi, ma sappiamo che sono uno può essere condotto in battaglia, e anche un drago può essere sconfitto. Non avete molti uomini a cui affidarvi, i Lannister hanno eserciti immensi ed equipaggiati al meglio; vi serve il nostro aiuto." 



Daenerys fissò con sguardo ombroso la donna, desiderando di farle rimangiare le sue parole, pur sapendo che corrispondevano alla verità "E come pensate di darmi questo aiuto se la vostra situazione non può essere compromessa?" Fu Nymeria a prendere di nuovo la parola "Semplice. Io e le mie sorelle fingeremo di tradire nostra cugina. Portando con noi una parte del nostro esercito, ci uniremo alla vostra lotta. Quando sarà sicuro, la nostra principessa farà lo stesso." "E pensate di poter essere credibili?" "Oh, nostra cugina ci darà la caccia in modo così plateale che nessuno penserà ad un inganno. E poi, come vi ha fatto notare mia sorella, non avete molta scelta." "Non posso fidarmi di voi." La voce di Daenerys suonava già in un certo modo sconfitta "Dovrete farlo." Nymeria la fissò dritta negli occhi, e Dany capì che aveva ragione. Si alzò di scatto, mostrandosi indispettita dalla piega che aveva preso la conversazione, ma speranzosa in cuor suo per il futuro; con il loro aiuto la vittoria sembrava possibile. "Bene dunque, aspetterò vostre notizie. Siete libere di fermarvi a palazzo, finché non sarete pronte a ripartire." L'espressione di Nymeria si fece più acuta, quasi felina "Vi ringraziamo della vostra ospitalità mia regina. Domani ripartiremo per riferire a nostra cugina la vostra decisione." Daenerys uscì velocemente dalla stanza, sentendosi sulla schiena gli sguardi affilati delle due sorelle.




Quella notte Daenerys non riuscì a prendere sonno, la mente piena di pensieri pesanti e cupi. Erano mesi ormai che si interrogava sulla sua impresa, sulla sua vita. Era davvero questo che voleva fare per il resto dei suoi giorni, la regina? Continue decisioni vitali, la catastrofe sempre ad un passo, gli intrighi, i tradimenti della corte, le interminabili udienze, le responsabilità... Le sembrava tutto così inevitabile, ma forse non lo era. E se semplicemnte avesse lasciato perdere? Se avesse rinunciato alla corona, lasciando gli uomini che l'avevano seguita fino a lì senza una guida, sarebbe stato poi così grave? Certo, i posteri l'avrebbero ricordata come un'inetta, una traditrice, ma a lei cosa importava? Era la sua vita che lasciava scorrere dietro questa interminabile vendetta, il ritorno ad una casa che non ricordava nemmeno. Per un attimo la sua mente riportò in vita il fratello come Dany ancora lo ricordava, splendido e pazzo mentre farneticava sul suo grande ritorno in patria. Anche lei era diventata così? Un pazza che segue un sogno irrealizabile solo perché il resto del mondo si aspettava da lei esattamente quello? In fondo cosa poteva esserci di diverso per lei nei Sette Regni se non altra sofferenza? Nuovamente quel giorno si ritrovò a pensare a lei, m ala parte razionale della sua mente bloccò il pensiero sul nascere; anche lei non portava altro che sofferenza con se. "Tu desideri qualcuno che ti renda felice e io non posso farlo perché non conosco la felicità, se non in forma di ricordo sbiadito. E tu meriti di meglio di un ricordo sbiadito." le parole di Arya si facevano largo nella sua mente, ripetute all'infinito in sogni che la lasciavano senza lacrime e senza respiro. Lei mi stava mettendo in guardia, e io non l'ho ascoltata, pensò con una punta di rimorso, ho preso tutto quello che era e per poco il dolore non mi ha ucciso.



Il filo dei suoi pensieri fu interrotto da un rumore che la fece sedere di scatto sul letto profumato. Camminò leggera verso la grande finestra, la daga che teneva accanto al letto in mano, pronta a chiamare le guardie, ma non riuscì a vedere nulla nonostante le grande luna che illuminava la notte. Per un momento pensò di essere semplicemente paranoica, sfibrata da quell'attesa senza fine, ma poi una figura si staccò dall'ombra, rivelandosi davanti a lei. Era Nymeria Sand, un sorriso sornione sulle labbra. Daenerys si trattenne dall'urlare mentre osservava con un misto di disagio e curiosità come lo sguardo della donna le scivolava sul corpo; le sue intenzioni non sembravano per niente ostili. "Come siete entrata?" il sorriso della donna si allargò "Ho i miei mezzi. Volevo parlare con voi, e la vostra guardia non è poi così difficile da aggirare." Di nuovo, perché doveva essere tutto così dolorosamente simile? "Abbiamo già parlato a sufficenza" "Da sole" ci fu qualcosa nel modo in cui pronunciò quelle parole che fece rabbrividire Daenerys. "Girano molte storie sulla famosa madre dei draghi nei Sette Regni..." "Davvero?" la regina cercò di farsi indifferente, ma quella situazione la metteva a disagio, Nymeria la metteva a disagio, e non era un'emozione che era abituata a provare. Nymeria si avvicinò, la luce della luna che le illuminava il volto, facendola apparire quasi eterea, e Daenerys si domandò quante stuole di amanti dovesse avere la nobile bastarda.



"Dicono che sei stata venduta ad un signore dei cavalli, e che giacevi con lui davanti a tutta la sua tribù." Dany deglutì in silenzio, era passato molto tempo, ma i ricordi erano ancora vividi in lei "Era il loro costume, mi sono adeguata." Nymeria emise una risata accondiscendente, gli occhi puntati all'orizzonte "Dicono anche che il fuoco non possa bruciarti" "Questo è vero" Dany ora sussurrava vista la vicinanza dell'altra donna, di cui ormai aveva capito l'intento. Pensò al suo letto vuoto ormai da mesi, alla solitudine che provava nel cuore della notte, al dolore sordo che sentiva in fondo allo stomaco ogni volta che la sua mente si fermava a pensare a quanto si sentiva sola. Forse... forse se avesse chiuso gli occhi, se avesse lasciato vagare le sue mani sul corpo della guerriera dorniana, l'emozione sarebbe sembrata simile, simile a quella che le aveva fatto battere il cuore quella che sembrava un eternità prima. Non provava nulla per la donna davanti a lei, ma si sentiva così stanca di lottare da sola contro il fantasma che la perseguitava. Nymeria parlò nuovamente, la voce più bassa di un paio di ottave, e Daenerys si sentì invadere da un improvviso calore "Alcuni arrivano addirittura a dire che vi concedete ai vostri stessi draghi" "Questo è ass" fu interrotta dalle labbra di Nymeria, che attaccarono le sue con violenza, quasi feroci, mentre le mani della donna le prendevano i fianchi. 



Per un momento Daenerys pensò di risponderle, di lasciarsi andare, ma era sbagliato, tutto sbagliato. Quelle non erano le labbra morbide che voleva, le mani delicate e un po incerte che l'accarezzavano e la facevano sentire viva, anche il profumo non era lo stesso, quello che l'inebriava fino alla perdizione. Si staccò da Nymeria, che la guardò con espressione confusa, e Dany capì che non doveva essere abituata a ricevere un rifiuto. "Non sei lei" disse semplicemente, incapace di spiegare quello che provava in altro modo. Nymeria rimase interdetta per un momento, ma poi sorrise "Chi l'avrebbe mai detto, un'amante fedele. Chi è la fortunata?" Un sorriso triste spuntò sulle labbra di Dany "E' la donna che odio di più al mondo. E quella che amo di più." Era la prima volta che lo diceva ad alta voce, e come aveva temuto lo rese ancora più reale, ancora più doloroso. Nymeria  fece un passo indietro e si inchinò leggermente "Allora è la donna più stolta del mondo... o la più fortunata." Con quelle parole sparì nel buio della camera, lasciando Daenerys sola con i suoi pensieri e con i fantasmi che sentiva dentro.




Dall'altra parte del mondo Arya era appena riuscita a convincere i suoi riluttanti generali a seguire il suo piano, fidandosi solo della sua parola, visto che la ragazza non aveva voluto rivelare la fonte delle sue informazioni. Il terrore del fallimento l'attanagliava come la morsa di una catena, se il sogno si fosse rivelato solo un errore, se lei avesse sbagliato avrebbe condotto i suoi uomini alla morte e per il nord sarebbe stata la fine; stava rischiando davvero tutto questo per saldare un debito? Per mantenere la parola data? O lo faceva forse con la speranza che le fosse concesso ancora qualcosa, uno sguardo, un sorriso? Rimasta sola nella grande sala, seduta sulla sedia che un tempo era appartenuta a suo padre, guardò avvicinarsi Brienne, l'unica a cui aveva rivelato il perché di quella sua folle scelta "La salverò, Brienne. A qualunque costo."  

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


"Tu sei folle" Asha Greyjoy la fissava con gli occhi spalancati "E io sono ancora più folle perché ti sto venendo dietro." Arya prese un sorso di vino dal calice che teneva in mano "Mi fai saccheggiare per settimane le coste, sono ad un passo dal riconquistare le Isole di Ferro da quell'idiota di mio zio e tu mi dici di venire qui nelle terre dei fiumi, per cosa? Per un sogno che hai fatto mentre eri incosciente dopo aver preso una spada in testa! E' assurdo, io me ne vado."
"Asha" il nome era stato pronunciato con calma, quasi in tono colloquiale, ma qualcosa nella voce di Arya costrinse Asha a fermarsi prima di uscire dalla tenda "Credi che non sappia quanto tutto questo sia assurdo? Pensi che mi diverta a sentire le goliardiche prese in giro dei miei generali? Pensano tutti che sia un'impresa folle, eppure sono venuti. E per quale ragione secondo te?" Asha la guardò per un lungo momento senza proferire parola, e Arya preseguì "Perché se ho ragione e le truppe dei Frey si stanno muovendo verso le Tre Sorelle lasceranno le Torri indifese. Ci siamo mossi abbastanza in fretta e non ci stanno aspettando, se ho ragione potremmo prendere le Torri in meno di quattro ore invece che in mesi di assedio, che ci costerebbero uomini e fondi che non abbiamo." "Se ti sbagli sarà la fine, il tuo esercito non è ancora pronto ad affrontare un assedio." "Se non facciamo niente sarà la fine comunque. Tu hai le tue navi; se le cose si mettono male puoi sempre andartene." 
Asha la guardò con lo sguardo pieno di sfida "E venire meno alla mia parola? Per chi mi hai preso Arya Stark?" "Per una Greyjoy" Asha scoppiò a ridere e Arya sentì Brienne accanto a lei emettere un borbottio irritato "Non posso darti torto, mia regina. A domani dunque, vedi di sognare altri consigli utili per la battaglia!" 



Non appena Asha uscì dalla tenda Brienne si mosse camminando nervosamente "Una donna maledettamente irrispettosa, non c'è da fidarsi." Arya annuì sorridendo "Mi servono le sue navi se voglio essere sicura di bloccare i Frey. Se ho ragione fra due giorni a quest'ora sarà tutto finito." "Altrimenti?" "Altrimenti saremo morte." Brienne la fissò per un lungo momento, i limpidi occhi azzurri pieni di preoccupazione "Non sembrate spaventata." Arya rimase muta per un lungo attimo, cercando parole adatte per esprimere quello che sentiva dentro "Non è la morte a farmi paura Brienne. La conosco, anche fin troppo bene, sono stata sua messaggera e a mia volta l'ho subita perdendo le persone che amavo. Non è la morte a spaventarmi, non la mia almeno." Un sorriso stanco le spuntò sulle labbra; era da quando avevano lasciato Grande Inverno quasi un mese prima che non riusciva a dormire per più di quattro ore a notte "La vita d'altro canto... quella mi è quasi sconosciuta. Fino ad un anno fa amicizia, amore, sofferenza erano concetti che cadevano nella mia mente come pietre in un pozzo. Non significavano nulla. Io sono nata e sono morta quando ho perso la mia famiglia... quella che vedi è la seconda vita di Arya Stark. E come un bambino muove i primi passi nel mondo io sto imparando nuovamente a conoscerlo. Certo, mi dispiacerebbe che tutto questo finisse così presto, ma non sento paura... E tu Brienne? Hai paura?"
Brienne si fissò a lungo la punta della scarpe, cosa che Arya l'aveva vista fare spesso quando era pensierosa "Si, ho paura. Ho paura di morire senza aver rispettato il mio giuramento. Ho paura di morire inutilmente, senza onore. Ho paura di morire senza... senza un addio." Arya inarcò leggermente le sopracciglia a quell'affermazione, ma non indagò oltre. "Ma se sono al vostro fianco mia regina, sto compiendo il mio dovere per una giusta causa. No, non ho paura di morire domani." "E per quanto riguarda l'addio?" Brienne sorrise con una punta di malizia che Arya non le aveva mai visto addosso "Se succederà dovrò perseguitarlo per sempre come fantasma... Scommetto che ne sarebbe entusiasta." Risero insieme e Arya sentì la tensione sciogliersi leggermente dentro di lei. 



Brienne fu la prima a smettere però, guardando la sua regina con rinnovata preoccupazione "Siete certa che sarà domani?" Arya annuì "Me l'ha detto il corvo." Per chiunque altro, lei compresa porbabilmente, questa spiegazione sarebbe sembrata folle tanto quanto l'impresa in cui stavano per imbarcarsi, ma Brienne si limitò ad annuire. "Quale sarà il piano d'attacco domani?" Arya finì il vino che le era rimasto nel calice d'un sorso, sentendo la gola ardere al passaggio del caldo liquido "Entrerò da sola. Attraverserò il fossato a nuoto, scalerò le mura e ucciderò le guardie." "Da sola? Mia signora è una follia." "Non ci sarà luna domani; non si accorgeranno nemmeno della mia presenza. Un solo uomo è molto più discreto di un esercito." "Ma perché voi? Non vi fidate di altri?" "Non si tratta di fiducia... uccidere uomini di nascosto è il mio talento Brienne. Lascia che sia io a farlo... Una volta aperte le porte ci sarà abbastanza sangue Frey per tutti." Brienne annuì anche se ad Arya non sfuggì lo sguardo preoccupato nei suoi occhi "Sarà un onore per me portare giustizia allo spirito di vostra madre." "Sono sicura che te ne sarebbe grata."




La giornata successiva passò così lenta che ad Arya sembrava di affogare in una sostanza viscosa, un miele acre che la circondava e le impediva di muoversi, di agire, che la soffocava se cercava di respirare più forte di quanto non facesse di solito. Erano tutti tesi e agitati, l'aria frizzava di energia come sempre prima di una battaglia, l'empatia tra gli uomini era così forte che Arya sembrava sentire dentro di lei l'angoscia e il terrore di tutti gli uomini che presto avrebbe guidato verso la vittoria... o la morte. Brienne la seguiva come un ombra, agitata per l'imminente separazione, ma lei non si sentiva spaventata; per anni aveva agito come avrebbe agito quella notte, da sola, nel buio. Asha era ripartita per raggiungere le sue navi, pronta a cogliere di sorpresa eventuali navi Frey che avessero attaccato la flotta della madre dei draghi. Il cuore di Arya si strinse al pensiero di essere così vicina a rivederla, pieno di gioia e preoccupazione: cosa avrebbe fatto in quel momento? Come si sarebbe comportata? E se Daenerys avesse semplicemente ordinato ai suoi uomini di ucciderla una volta per tutte?
Cercava di sotterrare quei pensieri nelle profondità della sua mente focalizzando la sua attenzione solo sulla battaglia che l'aspettava. Non poteva deludere i suoi uomini, non dopo che erano arrivati tanto lontano.



Alla fine la notte scese cupa sull'accampamento e lei e i suoi uomini si misero in marcia. Arrivarono alle Torri Gemelle verso mezzanotte, l'oscurità più densa che mai intorno a loro, i rumori dei loro passi così rimbombanti nella notte che Arya per un momento pensò che qualcuno avesse già dato l'allarme. Arya si staccò dai suoi uomini con un ultimo sguardo fiducioso a Brienne, sistemandosi le vesti nere e gli inseparabili pugnali che portava al fianco dirigendosi verso il fossato. Erano quasi cinquanta mentri di acqua nera e torbida che ricordava vagamente pece e Arya pregò silenziosamente gli antichi dei di riuscire a farli tutti senza incappare in qualche ostacolo. Si gettò nell'acqua e ci volle tutta la sua forza d'animo per non uscire in superfice ed annaspare verso una qualsiasi fonte di calore; era più gelida dell'abbraccio della morte. I polmoni cominciarono a bruciarle per l'eccessivo sforzo di trattenere l'aria e nonostante tenesse gli occhi aperti era sicura di non riuscire a vedere nulla più in là del suo naso. Si costrinse a muoversi lentamente per non creare troppe increspature nell'acqua ma durante gli ultimi mentri accellerò vistosamente, incapace di mantere il respiro più a lungo. Trovò a tentoni il terreno davanti a lei e si trascinò fradicia fuori dall'acqua, il corpo squassato da brividi di freddo. 



Rimase ferma a lungo, immobile, assaporando più che poteva la fredda aria della notte che diventava come lava liquida nei suoi polmoni. Per un momento pensò che forse Brienne aveva ragione, forse non poteva farcela da sola, ma fu solo un attimo. Si alzò appoggiandosi alle grosse pietre delle mura e notò con sollievo che erano abbastanza in rilievo da permetterle di arrampicarsi senza problemi. Iniziò la scalata solitaria e sentì la sua mente focalizzarsi come tante volte le era successo durante una missione: c'erano solo lei e la parete, nient'altro era importante in quel momento se non il riuscire ad arrivare in cima; persino lo scopo di quella scalata diventava secondario mentre riusciva a sentire ogni centrimentro della roccia sotto i suoi polpastrelli, ogni scricchiolio incerto dell'appoggio a cui si teneva. Arrivare in cima alle mura era diventato fondamentale, vitale come respirare. Quando finalmente sentì la sua mano appigliarsi al vuoto fu come svegliarsi da un sogno e per un attimo rimase come sospesa nell'oscurità per riprendere il contatto con la realtà. Tese l'orecchio per sentire eventuali guardie di passaggio e quando fu abbastanza sicura di essere da sola si issò con un balzo al sicuro all'interno della tana del lupo. Si ricordava chiaramente l'ultima volta che aveva visto quel cortile, il giorno in cui erano morti sua madre e suo fratello, e un brivido freddo le salì al cuore al ricordo del dolore che aveva provato. "Ero così vicina..." sussurrò al nulla intorno a lei, per poi rendersi conto di quanto fosse vuoto. Un ondata di sollievo le si allargò nel petto; Bran aveva ragione. Le Torri Gemelle erano silenziose e quasi vuote, i pochi fuochi nel cortile indicavano la presenza di un piccolo manipolo di soldati.



Si trattenne a stento dall'emettere un grido di gioia tanto era stato il timore di sbagliarsi, di arrivare sopra quelle mura e trovarsi davanti un esercito pronto ad ucciderla. Si mescolò alle ombre della notte dirigendosi al cancello principale, chiuso da un'enorme grata di ferro. Trovò una guardia lungo il cammino, ma questa non fece nemmeno in tempo a riprendersi dallo stupore che un fiotto di sangue gorgogliante gli usciva dalla gola tranciata e cadeva a terra accompagnato nelle braccia di Arya, senza emettere un suono. Trovò il meccanismo di apertura della grata senza troppe difficoltà e altrettanto facilmente eliminò le due guardie che erano di ronda intorno ad esso. Con un sibilo così agghiacciante da farla tremare fin nelle osse il cancello cominciò ad alzarsi lentamente una volta attivato il meccanismo e Arya prese una torcia per segnalare che la via era libera, come aveva concordato con i suoi generali. Solo allora degli uomini cominciarono ad uscire dall'edificio più vicino, gli occhi sbarrati dallo stupore nel vedere la piccola figura solitaria davanti al cancello spalancato, alle sue spalle il fiume impetuoso degli uomini del Nord che correvano a raggiungere la loro regina. "Spero di non disturbare" disse Arya con un sorriso vagamente spettrale sulle labbra "Il mio nome è Arya Stark, e sono venuta a pagare un vecchio debito."




La battaglia fu questione di pochi minuti, una volta che gli uomini del Nord riuscirono ad entrare nel grande salone che era stato teatro delle Nozze Rosse, ultimo baluardo della difesa Frey, i pochi uomini rimasti si arresero invocando pietà per le donne e i bambini. "Loro non ebbero pietà per nessuno." fu l'asciutto commento di Lady Mormont, che però non oppose resistenza quando Arya ordinò agli uomini di abbassare le armi e catturare il resto degli abitanti delle Torri Gemelle. Si ricordava di aver pianificato, quando ancora vagava con il Mastino nelle terre dei fiumi, una vendetta tremenda per quei traditori. Si era immaginata alla testa di un esercito ancora più grande di quello che comandandava ora, aveva sognato di catturare Walder Frey e di costringerlo a guardarla mentre decapitava tutti i suoi figli, lasciava andare le donne come mendicanti sulla strada e dava fuoco alla sua casa, spargendo sale sulle rovine per impedire che qualsiasi altra cosa potesse crescere in quel terreno maledetto. Una parte di lei era ancora desiderosa di farlo, di estinguere l'astio che provava per quella gente con i fiotti del loro sangue versato in nome della vendetta, ma non poteva, voleva essere meglio di così. 



"Cosa ne faremo di loro?" Brienne diede voce ai suoi pensieri e Arya la fissò per un lungo momento, la stanchezza che si faceva largo in lei insieme alla consapevolezza che la loro battaglia era appena iniziata. "Non è il momento di pensarci. Se vogliamo raggiungere l'esercito dei Frey prima che arrivino alla baia dobbiamo muoverci... non possiamo perdere nemmeno un minuto." "Mia signora, dovreste riposare.." "Non abbiamo tempo!" sbraitò lei, per poi accorgersi del tono che aveva usato; ora che l'adrenalina della battaglia era finita l'angoscia sorda che aveva provato negli ultimi giorni si stava nuovamente impossessando di lei "Scusami Brienne io... io ho bisogno di agire. Quest'immobilità mi sta uccidendo." Prima che la donna potesse rispondere si avvicinò a loro lord Manderly, il grosso braccio fasciato da garze a punti macchiate di sangue "Lord Manderly, cos'è successo?" L'uomo sorrise quasi imbarazzato "Solo un graffio mia regina, ho avuto troppa foga di lanciarmi in battaglia, era da tempo che aspettavo questo momento. Volevo scusarmi con voi per aver dubitato delle vostre parole... Non succederà mai più." "Non vi preoccupate, ero io la prima a dubitare. Speriamo che la nostra fortuna ci accompagni fino alla fine." 



L'uomo si inchinò leggermente e fece per andarsene, ma Arya lo prese per il gomito, trattenendolo "So che sto per chiedervi molto, ma non mi fiderei di nessun altro per questo compito. Ho bisogno che restiate qui, di guardia alle Torri." Manderly fece un sospiro "Io veramente speravo di partecipare alla vera battaglia... Sapete che sono stati i Frey ad uccidere mio padre." "Lo so, lo so benissimo e credetemi, non ve lo chiederei se non fosse di vitale importanza. Rimanete qui con i vostri uomini, scovate quello che resta dell'esercito dei Frey e distruggetelo, cacciateli dalla loro stessa casa come ricompensa per ciò che vi hanno tolto." L'uomo annuì e si inchinò "Sono ai vostri ordini, mia regina." "Brienne chiama gli uomini e radunali nel cortile. Dobbiamo partire prima che sorga l'alba."




Daenerys sentì il respiro che le si fermava in gola e gli occhi bruciare leggermente alla vista di ciò che aveva davanti. Era un semplice e povera striscia di terra oscurata dalla nebbia, ma per lei significava più di qualsiasi altra cosa esistente. C'era riuscita; dopo tutti quegli anni, tutte le sofferenza che aveva passato, era finalmente riuscita a raggiungere Westeros. Mentre sentiva una calda lacrima scenderle sulla guancia il pensiero andò al fratello "Hai visto, Viserys?" sussurrò al nulla davanti a lei "Ci sono riuscita, sto tornando a casa." 
"Mia signora.." Missandei la richiamò alla realtà con la sua voce bassa e gentile e Dany si asciugò in fretta le guance, consapevole di essere come sempre al centro dell'attenzione dei suoi uomini "Non dovrebbe mancare molto ormai mia regina, farete meglio a prepararvi." Dany annuì e iniziò a seguire la ragazza sottocoperta quando l'aria fu lacerata da urla d'allarme provenienti dalla nave davanti a loro. Daenerys sentì una logorante fitta d'angoscia opprimerla, non poteva succedere qualcosa ora, ora che era così vicina. "Capitano, cosa succede?" Il capitano, un uomo alto e serio, temprato da anni di navigazione la guardò con un luccichio negli occhi molto simile alla paura "Mia signora, la spiaggia..." Daenerys guardò con apprensione la spiaggia, la visione che man mano si diradava mentre si avvicinavano alla riva. 



Quella che prima le era sembrata una spiaggia vuota si stava riempiendo lentamente di figure scure "E' un esercito mia signora, non appena attraccheremo ci saranno addosso." Dany sentiva il battito del suo cuore rimbombarle nelle orecchie mentre il suo sguardo saettava sulle sue navi, sui suoi uomini, troppo pochi per resistere ad un attacco simile. Sentì la bile sulle labbra nel momento in cui parlò nuovamente con il capitano "Dobbiamo tornare indietro, trovare un altro posto..." Quando il capitano la guardò nuovamente questa volta nei suoi occhi vide chiaramente terrore "E' un imboscata... ci hanno sbarrato la via." Daenerys guardò alle sue spalle e sentì il sangue defluirle dal volto, un moto di disperazione che mai aveva provato prima si impossessò di lei "Siamo in trappola..." Due enormi navi venivano verso di loro, impedendo alle sue navi la via di fuga, spingendole verso la baia aiutate dalla marea. Gli uomini la guardarono in attesa di ordini, gli Immacolati impassibili come sempre, i dotrakhi invece, già spossati dal viaggio in nave la guardava fiduciosi come sempre, come se lei avesse il magico potere di salvarli, nonostante tutto. E invece ho condotto i miei uomini alla morte, pensò cercando di rimanere impassibile. Fissò per un lungo momento la riva e poi le navi dietro di loro e infine prese la sua decisione; non c'era spazio per l'incertezza, non nel suo cuore, non in quel momento. "Andiamo avanti. Scenderemo a terra e combatteremo fino all'ultimo uomo... Se dobbiamo morire, facciamo in modo che sia memorabile." Gli uomini gridarono il loro consenso e si prepararono alla battaglia.



Il tempo si dilatò all'infinto mentre le navi si avvicinavano all'esercito che diventava sempre più minaccioso davanti a loro. Daenerys cercò di non pensare alla catastrofe che stava vivendo, di non maledire il destino che come un giullare sadico e crudele aveva deciso di far finire ora la sua strada, ora che era così vicina a toccare la terra in cui era nata. Pensò anche agli occhi grigi che non avrebbe più rivisto, al tocco delicato che non l'avrebbe più fatta tremare di gioia, alla mano che non avrebbe più stretto tra le sue prima di addormentarsi. Forse era quella l'unica cosa che veramente le mancava, l'unico vero rimpianto che provava ora che sapeva di essere così vicina alla morte. Avvertì come in un sogno la prua della nave che si appoggiava al fondale, il crepitio del legno sotto i suoi piedi, il sospiro unanime degli uomini intorno a lei, poi si scatenò il caos.
Jorah, che aveva trascorso il viaggio a controllare una delle altre navi, comparve accanto a lei con la spada sguainata, i suoi uomini si lanciarono urlando sulla spiaggia, pronti ad eliminare chiunque sulla loro strada. Ma Dany poteva vedere che i loro avversari erano non solo meglio armati, ma in numero decisamente maggiore. Un senso di piena disperazione si impossessò di lei al pensiero di aver portato tutte quelle persone alla morte, ma prima che potesse fare qualcosa Jorah l'afferrò per il gomito "Mia regina, dobbiamo andare" "Andare dove? Devo rimanere con loro,stanno combattendo per me..." Le labbra di Jorah si piegarono in una smorfia di sofferenza "Non possiamo fare niente per loro! Questa battaglia è persa, non possiamo vincere.. ma posso portarti al sicuro, riportarti dai tuoi figli. Daenerys, ti prego." Fu la disperazione nei suoi occhi a farla cedere, e si lasciò condurre a terra, la lotta che continuava intorno a loro, le grida degli uomini che le entravano nella mente oscurando tutto il resto. 



Jorah la conduceva lungo la riva, uccidendo chiunque si trovasse davanti e presto Dany si ritrovò piena di schizzi di sangue che la marchiavano come colpi di frusta. Scivolò su qualcosa e cadde sulla sabbia, il piede immerso nella sangue di un uomo a terra che la guardava con occhi vitrei e senza vita. Urlò in preda alla frustrazione e si rimise in piedi, solo per vedere Jorah che aveva ingaggiato una lotta con due grossi soldati. Sfilò la spada dalla mano morta dell'uomo sotto di lei e brandendola con sicurezza nonostante la paura la conficcò nell'addome di uno dei due, che urlò di dolore mentre Jorah finiva l'altro con un colpo deciso. "Presto, dobbiamo.." Jorah cadde davanti a lei, colpito alla testa da un uomo spuntato dal nulla e Dany si ritrovò completamente sola. L'uomo la guardò con piccoli occhi brillanti e malevoli e lei capì che non aveva nessuna intenzione di ucciderla. Catturarla, stuprarla, consegnarla a chiunque fosse il suo signore, ma la voleva viva e Dany non aveva la minima intenzione di dargli questa soddisfazione. Avrebbe combattuto finché il suo corpo gliel'avesse permesso e poi si sarebbe uccisa, in qualsiasi modo. Si avventò sull'uomo urlando e quello, preso di sorpresa, arretrò prima di riuscire a rispondere ai colpi della donna. Riuscì ad afferrarle il braccio e lei sentì il suo odore penetrante e osceno, di paura e morte prima di colpirlo alla cieca sul petto.



Il colpo dovette andare a segno perché lui la lasciò e grugnì di dolore, gli occhi iniettati di sangue e pieni di furia "Adesso vedrai brutta puttana!" Si lanciò su di lei e lei capì che questa volta l'avrebbe fatta a pezzi usando tutta la sua forza e c'era poco che lei potesse fare. Si sforzò di non chiudere gli occhi, di non urlare, ma quando una freccia fuoriuscì dal collo del suo aggressore, bloccando la sua corsa verso di lei e uccidendolo, non riuscì a trattenere un rantolo sorpreso. Si guardò intorno e vide che lo scenario era cambiato: un enorme numero di cavalieri si dirigeva verso di loro, tranciando l'esercito nemico come una lama ben affilata. "Jorah... Jorah ti prego svegliati" scrollò il viso del cavaliere e quello aprì lentamente gli occhi, rendendosi conto di quello che stava succedendo intorno a loro. Navi erano spuntate dietro quelle nemiche, grandi piovre dorate su sfondo nero "Greyjoy" sussurò ser Jorah "... e Stark" disse pieno di stupore guardando gli stendardi dei cavalieri con il metalupo rampante. In tutta la sua vita Daenerys era sicura di non aver mai provato così tanto sollievo e nella sua mente si permise di sperare di essere finalmente in salvo. Gli uomini a cavallo eliminavano in fretta gli avversari, colti alla sprovvista dall'arrivo delle truppe e dalla ferocia con cui combattevano. Dany cercava un volto noto tra le facce selvagge e barbute, la speranza che cresceva nonostante cercasse di soffocarla con tutta se stessa. Non poteva essere sicura, non era certa che lei fosse lì. 



Poi lo vide. Un cavaliere solitario si era distaccato dallo scontro e veniva verso di loro, con un grosso e spaventoso lupo che gli camminava accanto. Dany si staccò da Jorah, che cercò di trattenerla debolmente per l'orlo della veste, ma lei doveva vedere, doveva sapere. Quando il cavaliere davanti a lei si tolse l’elmo Daenerys capì che in nessun modo si sarebbe potuta preparare al quel momento, all'emozione che le avrebbe fatto provare. Era lei. Il suo sguardo grigio come la tempesta, le labbra sollevate in un sorriso, i capelli al vento. 
Aveva provato ad odiarla, a smettere di amarla, ma in cuor suo sapeva che era stato tutto inutile; vederla lì, davanti a lei dopo tutto quel tempo le faceva esplodere il cuore dalla gioia mentre lacrime invisibili le solleticavano gli occhi. 
"Sei venuta a salvarmi." fu l’unica cosa che riuscì a dire, le parole che davvero si sentiva dentro intrappolate per la troppa emozione. 
"Sì" Arya sembrava quasi senza fiato, "io verrò sempre a salvarti."
Il mondo intero sembrò svanire attorno a loro. Erano di nuovo insieme.

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


Note: Ciao a tutti! Scusate se ci ho messo tanto con questo aggiornamento (giuro che non l'ho scelto apposta) ma l'inizio dell'università incombe ed è oscuro e pieno di terrore. E' un capitolo un po' corto ma mi piaceva restare sull' "evento" senza portare la scena troppo oltre, spero non vi dispiaccia. Dunque senza ulteriori indugi, avanti con il tanto atteso capitolo...






Il resto della giornata era passato come in un sogno, e Daenerys aveva assistito quasi impotente allo sbarco finale dei suoi uomini, alla conta dei morti che poi erano stati consegnati al mare e soprattutto all'incontro fra due popoli che non avevano nulla in comune. Grossi e barbuti uomini del Nord squadravano con occhio sospettoso i glabri Immacolati e gli scuri dothraki, e ricevevano da essi le stesse occhiate dubbiose. Arya era sparita attimi dopo il loro breve incontro, risucchiata dalla battaglia e dai suoi doveri e Dany era rimasta sola con Missandei ad assistere un dolorante ser Jorah. La ferita non doveva essere grave, ma l'uomo faticava a stare in piedi e sanguinava anche da una ferita sul braccio. Un'alta donna bionda era arrivata poco dopo, aiutandole a farlo salire sui carri e a raggiungere una zona sicura. Dany aveva cavalcato fianco a fianco con la donna, inviata personalmente da Arya affinché si prendesse cura di loro. Erano andati avanti per quasi un ora attraversando boschi oscuri così diversi dalla vegetazione secca e arida a cui era abituata Dany da lasciarla letteralmente senza parole. Era tutto così verde, così rigoglioso e allo stesso tempo freddo, che quando arrivarono ad una locanda abbandonata, occupata ora dai feriti, Dany stava battendo i denti dal freddo. "La mia signora si scusa per la sistemazione, ma non è ancora sicuro viaggiare a lungo per le strade, almeno finché non avremo ricompattato l'esercito. Domani ci metteremo in marcia verso le Torri Gemelle; là starete più comoda mia regina."



La donna, Brienne, fece per andarsene dall'anonima stanza in cui aveva portato Daenerys dopo aver affidato Ser Jorah alle cure delle guaritrici "Lei dov'è?" Brienne si bloccò e si girò a guardarla, i brillanti occhi azzurri che la fissavano con un misto di curiosità e comprensione, e Dany capì che Arya doveva averle parlato di lei, di loro. "Sta arrivando." Con quelle parole la lasciò sola e Dany si accasciò nella piccola sedia traballante che rappresentava, insieme al tavolo e al letto dall'aspetto tutt'altro che comodo, l'unica mobilia della stanza. Missandei salì poco dopo, portandole dell'acqua per lavarsi e una delle vesti che era riuscita a recuperare dalle navi una volta conclusa la battaglia. Era sola ormai da molto quando sentì la porta della stanza aprirsi e alzò lo sguardo, pronta a trovarsi davanti Arya. Riuscì a stento a trattenere la sorpresa quando invece di lei si trovò di fronte alla lupa che aveva visto vicino alla ragazza durante la battaglia. Era un animale imponente, molto più grosso di qualsiasi cane avesse mai visto, il muso pieno di graffi e cicatrici, il bel pelo grigio ancora sporco di sangue e fango. Nonostante l'aspetto minaccioso Daenerys non provò timore quando l'animale le si avvicinò, squadrandola con occhi intelligenti tanto quanto quelli dei suoi draghi. Allungò la mano lentamente, permettendo alla lupa di annusarla e poi di appoggiarle il muso sul palmo della mano. 



"Le piaci" Daenerys sussultò al suono improvviso e incrociò lo sguardo di Arya, in piedi sulla porta. Sentì il cuore stringersi in petto a quella visione mentre cercava di prepararsi al confronto che ora le aspettava. "Lei è Nymeria, la mia metalupa. Mio padre trovò nel bosco sei cuccioli di metalupo e ne diede uno ad ognuno dei suoi figli. Pensavo di averla perduta, ma è tornata da me." Daenerys rimase in silenzio, evitando lo sguardo della ragazza davanti a lei "E così... sei diventata regina." Arya abbassò lo sguardo a sua volta grattando distrattamente la testa della metalupa davanti a lei "Io... si, sono la regina del Nord ora. Se riusciamo a vincere questa guerra, ovviamente. Non è stata una mia idea, se devo essere sincera mi hanno incastrata." Arya cercò di sorridere, ma Daenerys rimaneva impassibile "Non è un peso facile da portare, quello della corona..." A quelle parole Dany la guardò negli occhi, incontrando davvero per la prima volta il suo sguardo, come a soppesare le sue parole. Quando parlò però, la sua voce risultò fredda tanto quanto il vento che soffiava all'esterno "Dunque vi ringrazio mia regina. Avete salvato me e i miei uomini da morte certa, ma adesso devo saperlo, cosa ne farete di noi? Posso assicurarvi che come prigioniera non valgo poi molto." Dany osservò con stupore l'espressione scandalizzata di Arya "Prigioniera? No, non è così Dany." 



Arya tirò la collana che aveva al collo, rivelando il ciondolo che portava e Daenerys si sentì tremare alla sola vista della collana mentre la mano le saliva al petto a sfiorare la gemella che lei stessa portava. "Vale ancora la promessa che ti ho fatto. Questo esercito, il mio esercito, è tuo se lo vuoi. Uomini, armi, viveri, la mia corona... appartengono a te. Ero qui oggi solo per aiutarti, per evitare che cadessi nell'imboscata dei Frey." 
Daenerys sentì l'indignazione montare dentro e quando parlò non riuscì a sembrare indifferente come lo era stata fin'ora "Come posso crederti Arya? Dopo quello che mi hai fatto?" Arya la guardò per un attimo, poi fece un cenno a Nymeria, che uscì dalla stanza mettendosi di guardia e chiuse la porta "Hai intenzione di rinchiudermi qui?" "Ho intenzione di parlarti e non voglio essere disturbata" si avvicinò a lei e Dany riuscì a leggere nei suoi occhi lo stesso fuoco che l'aveva tanto incuriosita durante il loro primo incontro "E voglio che tu mi ascolti. Ho bisogno che tu mi ascolti, ti prego." 



Dany sapeva che non era una buona idea, che in cuor suo desiderava troppo perdonarla per riuscire a resistere alle sue parole, ma fu semplicemente più forte di lei, e si limitò ad annuire. Le spalle di Arya si abbassarono leggermente mentre prendeva un respiro profondo "Lo so che ho fatto una cosa spregevole. E averla fatta a te, che tra tutti sei stata l'unica a vedere qualcosa di buono in me... è un pensiero che mi dilania dentro. So che per quanto io possa scusarmi non sarà mai abbastanza ma credimi quando ti dico che farò di tutto per riavere la tua fiducia." Le labbra di Daenerys si aprirono in un sorriso stanco e amaro, pieno di consapevolezza "Quella notte, quando ti ho trovata nella mia tenda... non eri venuta per assicurarti che stessi bene, vero? Eri venuta per uccidermi." Non era una domanda. Arya abbassò lo sguardo, fissando le sottili crepe del pavimento "Si" rispose in un sussurro e Daenerys scosse la testa, incapace di aggiungere altro. 



"Adesso l'ho capito, sai?" "Cosa?" "Perché non sono riuscita a farlo, né quella notte né in nessun altro momento... Durante la battaglia per riprendere Grande Inverno io... io sono stata ferita." Daenerys la guardò corrugando la fronte "Ho pensato di morire e il mio ultimo pensiero è stato che non potevo, non potevo ancora andarmene... non senza averti detto che.. che ti amo." Arya alzò lo sguardo su di lei e Daenerys notò che aveva gli occhi lucidi e qualcosa sembrò spezzarsi nel suo animo "Ti amo, Daenerys. E non per la corona che porti in testa o per i draghi che comandi, ma per il cuore che ti batte in petto, per il tuo animo forte e gentile. Fin dal primo momento in cui ti ho vista, ho capito che eri diversa. Diversa da qualsiasi altra persona che avessi mai incontrato. Prima di conoscerti ero come morta, pensavo di non poter più sentire niente, di essere insensibile ad ogni cosa intorno a me. Ma tu... tu sei riuscita a risvegliare il mio cuore. Mi hai fatto sentire viva, di nuovo capace di vivere, di avere qualcuno al mio fianco. Volevo dirti tutto e ci ho provato, lo giuro... Ma avevo paura, avevo paura di perderti, e alla fine ti ho persa lo stesso." Daenerys rimase in silenzio mentre quel fiume di parole usciva da le labbra di Arya, calde lacrime le scivolavano sulle guance mentre sentiva crescerle dentro un'ira che aveva tenuto sopita dentro per tutti quei mesi.



"Come osi?" Arya la guardò confusa mentre si alzava, avvicinandosi a lei "Come osi dirmi queste cose? Hai idea di quanto io abbia sofferto per colpa tua? Di quanto mi sia sentita abbandonata, tradita da te fra tutti?" La voce di Daenerys si era alzata di tono fino a farla urlare e Arya si portò in avanti, afferrandole le braccia "Perché fai così? Perché sei così arrabbiata?" anche Arya urlava a quel punto, desiderando farsi sentire, farsi capire "Perché ti amo anche io stupida idiota!" A quel punto Arya le prese il volto tra le mani, incapace di trattenersi oltre e la baciò con forza. Daenerys cercò di strapparsi al suo abbraccio, ma Arya la teneva stretta a se come se da quello dipendesse la sua vita stessa, senza mollare nemmeno quando Dany le morsicò il labbro, lasciando cadere grosse gocce di sangue sui vestiti di entrambe "Lasciami, lasciami maledetta!" Per quanto le sue proteste fossero accorate, Daenerys sentiva di volerlo, di volerla più di qualsiasi altra cosa. Così, quando Arya la trascinò verso lo scomodo letto improvvisato, Dany non oppose alcuna resistenza, e circondò lo sottile vita di Arya con le gambe. Le sue dita graffiarono le pelle della ragazza sotto la tunica mentre le mani di Arya le spingevano il vestito sempre più in alto. 



Fu una cosa veloce e rude, quasi disperata, esattamente quello di cui Daenerys aveva bisogno. L'adrenalina della battaglia, ancora viva dentro di lei, le scorreva nel sangue come il fuoco dei suoi draghi mentre il rassicurante peso del corpo di Arya contro il suo la faceva sentire al sicuro nonostante il sapore metallico del sangue che ancora sentiva sulle labbra. Arya la prese come se fosse l'unica occasione per farlo prima della fine del mondo, mescolando la fretta di possederla alla passione che sentiva dentro, quasi soffocante, e alla fine Dany soffocò un gemito tra i suoi capelli, lasciandosi andare contro il pagliericcio, il respiro ansante e profondo. Arya si appoggiò al petto di Dany, ascoltando il ritmo regolare del suo cuore cercando di calmare il suo respiro. Si guardarono per un lungo istante e Dany alzò un mano, sistemando una ciocca dei capelli ribelli di Arya; ora che la rabbia se n'era andata, le restava dentro solo la gioia di averla ritrovata e una lugubre, fredda paura che cercava di ignorare senza risultato "Non farlo mai più." Arya si lasciò andare nella dolce carezza di lei, senza staccare gli occhi dai suoi nemmeno per un momento "Non tradirmi mai più o giuro che ti strapperò il cuore dal petto." Il suo tono era serio, ma Arya sorrise "Perché mai dovresti prendere qualcosa che già ti appartiene?" 



Dany si ritrovò a sorridere lei stessa, incapace di trattenere ancora la felicità che sentiva dentro. Arya la baciò di nuovo e improvvisamente ci furono troppi strati di vestiti tra loro; entrambe non riuscivano a sopportare che qualcosa si mettesse in mezzo, il desiderio di essere pelle contro pelle che superava altro pensiero. Arya trattenne il respiro per un momento quando, dopo aver sfilato delicatamente la tunica dell'altra, vide ciò che Dany teneva al collo "L'hai tenuta?" Dany sfiorò il ciondolo del metalupo e la guardò intensamente "Non sono riuscita a disfarmene. Quando mi hanno detto quello che avevi fatto alla Casa del Bianco e del Nero a Bravos... Non potevo credere che avessi distrutto la tua casa per me." "Quella non era la mia casa, non lo è mai stata. Pensavo che tornando a Grande Inverno avrei ritrovato il mio posto nel mondo, così com'era quando ero bambina, ma mi sbagliavo. Sei tu la mia casa Dany, ovunque tu sia io andrò, il mio posto è al tuo fianco." Dany si morse il labbro, contemplando la splendida donna che aveva davanti a lei; era l'Arya Stark che aveva conosciuto, ma c'era qualcosa di diverso in lei, una consapevolezza di se che le mancava quando si erano conosciute nel deserto, ormai un anno prima. 
Arya appoggiò la fronte sulla sua spalla, beandosi del profumo che tanto le era mancato "Dany, sono sfinita..." La mancanza di sonno per tre notti di fila e la sforzo della battaglia l'avevano lasciata senza forze. Daenerys sorrise "Allora dormi, domani mattina sarò ancora qui." "Promesso?" Dany le baciò delicatamente le palpebre chiuse, circondandola in un abbraccio "Promesso."




Arya pensò di non essere stata più felice in vita sua quando, una volta aperti gli occhi alla luce del giorno, capì che Daenerys aveva mantenuto la sua promessa. Niente riuscì a scalfire la sua gioia, nè il fatto di doversi alzare del letto, ormai a mattina inoltrata, liberandosi dall'abbraccio di Dany, né i commenti osceni che fece Asha quando uscì insieme a lei dalla taverna, né gli sguardi assassini che Jorah le lanciava ogni volta che Daenerys non guardava. "Se la fai soffrire di nuovo Stark, giuro che ti taglio la gola." "Se mai mi azzardassi a compiere un atto simile, Ser Jorah, hai il mio permesso di farlo." Lasciarono un Ser Jorah ammutolito e una Missandei ridacchiante per andare ad accogliere il resto dell'esercito di Daenerys, che ormai stava arrivando insieme ai suoi draghi. Cavalcarono affiancate, lanciandosi sguardi non del tutto furtivi e contemplatori, ridacchiando spensierate per la minima cosa. Ad un certo punto però Dany la guardò seriamente, cose se improvvisamente un pensiero l'avesse colpita "Come facevi a saperlo? Che sarei arrivata proprio ieri?" 



Arya la guardò per un secondo, dubbiosa se dire la verità o meno per non sembrare completamente folle "Ti ho sognata" disse semplicemente alla fine e nonostante la confusione che provava Daenerys si limitò a scrollare le spalle "L'importante è che tu sia arrivata in tempo." Videro in lontananza le navi avvicinarsi e quando furono abbastanza vicine, i grossi draghi vennero liberati e raggiunsero la loro madre sulla spiaggia. "Hanno sentito la tua mancanza." commentò Arya divertita guardando il grosso Drogon annusare sospettoso Nymeria, che sembrava alquanto sconvolta di non essere l'animale più grosso in circolazione. Dalla prima nava scese Melisandre in tutto il suo splendore, visibilmente sollevata nel vedere Daenerys al sicuro "Ho avuto terribili visioni stanotte, ma non avevo modo di avvertirvi, ero così in pena." Poi l'espressione sul suo viso cambiò nel vedere Arya accanto a lei "Chi non muore si rivedere, Arya Stark." "E' sempre un piacere lady Melisandre." La donna rossa sorrise sorniona guardando Daenerys negli occhi "Cosa vi avevo detto? Selvaggia e fedele... Ora che Azor Ahai ha di nuovo la Portatrice di Luce al suo fianco, nulla potrà fermarci." Arya la guardò con espressione interrogativa, ma Daenerys aveva lo sguardo fisso all'orizzonte, perso in pensieri lontani. La mano della madre dei draghi cercò la sua e la strinse forte mentre il suo sguardo rifletteva i colori del tramonto "Faremo tremare i nostri nemici. Prenderemo il Trono di Spade..." Arya strinse la mano di Dany, guardandola con un espressione di fiero orgoglio e quando parlò di nuovo, la voce di Daenerys era accompagnata dalla sua "... con fuoco e sangue."   

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


Il vento gelido le gettava in volto secchiate di acqua ghiacciata che le riempivano il corpo di brividi che la scuotevano dentro fin dalle ossa. Il grosso purosangue nero che cavalcava dall'alba sbuffava spazientito, desideroso anche più di lei di un riparo sicuro. Arya sapeva, quando aveva lasciato il caldo abbraccio di Daenerys quella mattina, che sarebbe stata una lunga ed estenuante giornata, ma non si era aspettata che passare in rassegna le truppe potesse essere un lavoro così lungo. Da quando avevano vinto la battaglia alle Torri Gemelle i soldati erano diventati euforici, sembrava che avessero già vinto la guerra e fossero pronti a tornare a casa, e quando la vedevano passare erano tutti pronti ad offrirle da bere, a farsi raccontare della sue impresa solitaria sulle mura delle Torri ancora e ancora. Arya era a stento riuscita scappare via da un alquanto alticcio Lord Manderly che aveva cercato di invitarla alla quarta cena della serata. 
Era contenta che gli uomini avessero finalmente l'occasione di festeggiare la rinnovata libertà dai Bolton e dai Frey, anche perché in cuor suo sapeva che avevano appena iniziato. I Lannister erano i loro veri nemici, e il loro scontro si avvicinava inesorabile. 



Finalmente vide stagliarsi davanti a lei il profilo delle tenda della madre dei draghi e sbuffò contenta di poter finalmente scendere da cavallo. Entrò nella tenda gocciolando copiosamente sui tappeti raffinati che Daenerys aveva portato da Essos, e lei era lì, ad aspettarla con un sorriso lievemente imbronciato sul viso "Non mi avevi detto che piove sempre in questo posto. E' tutto così... così umido." Sbuffò leggermente e Arya riuscì a stento a trattenersi dal ridere; non aveva ancora visto niente. Dany si alzò e andò verso di lei con un telo in mano, avvolgendoglielo delicatamente sui capelli bagnati, strofinandoli quel tanto che bastava per renderli meno umidi "Sembri un pulcino bagnato.." sussurrò con un sorriso e Arya sbuffò leggermente "Non dirlo troppo ad alta voce, rovinerai la mia reputazione..." "Ah già, l'indomabile lupa del Nord.." Arya arrossì leggermente; quello era l'epiteto con cui avevano cominciato a chiamarla amici e soprattutto nemici, ma in quel momento si sentiva tutt'altro che indomabile, anzi docile come un agnellino in mano all'affascinante donna davanti a lei. Le mani dell'altra si fermarono tra le sue ciocche e quando incontrò i suoi occhi sentì un brivido lungo la schiena, presa dalla consapevolezza che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, incapace di comprendere come si potesse amare così tanto qualcuno da desiderare di annullarsi completamente solo per renderlo felice. Daenerys le rivolse un sorriso dolce, come se avesse intuito i suoi pensieri e le sue mani scesero ad accarezzarle il volto, le labbra ad un soffio dalle sue "Mi sei mancata oggi..." Arya fece per colmare la piccola distanza che le divideva, troppo felice per riuscire ad esprimere con semplici parole come si sentiva in quel momento "Oh prego, fate pure come se non ci fossi." 



Arya si staccò velocemente ds Dany, girando su se stessa per coprire Dany con il suo corpo, la mano sul pugnale, per ritrovarsi faccia a faccia con Asha. Rimise il pugnale nella guaina con un sospiro esasperato "Non dovresti entrare senza permesso, lady Asha." "Ma come? Quando eravamo solo noi due mi lasciavi entrare quando volevo, mia regina..." Arya sentì Daenerys trattenere il respiro dietro di lei e fulminò Asha con lo sguardo, ma questa continuò imperterrita "Anche se ora capisco la tua insistenza nel volerti alleare con me invece che con il mio ziuccio... Cosa non si farebbe per un bel faccino.." "Asha, se hai finito di farneticare gradirei sapere il motivo della tua visita." Asha la guardò con espressione maliziosa, ma senza riuscire a nascondere una scintilla di preoccupazione nello sguardo e improvvisamente Arya capì che si trattava di qualcosa di serio. "Mi sono giunte delle voci dalle Isole di Ferro, Euron vuole fuggire a Essos. Se lo lasciamo andare ora non lo prenderemo mai più, e ritornerà quando meno te lo aspetti. Per mesi ho saccheggiato le coste distruggendo gli avamposti dei tuoi nemici... E' venuto il momento di pagare il tuo debito se vuoi che il Nord sia completamente tuo. Aiutami a distruggere mio zio una volta per tutte." 



C'era una nota disperata nel suo tono che non sfuggì ad Arya, ma Daenerys sembrava tutt'altro che convinta "Non abbiamo tempo per questo. Dobbiamo scendere a sud adesso che l'esercito dei Lannister è ancora sparso nei loro territori." Arya la guardò negli occhi, chiedendole silenziosamente di fidarsi di lei, della decisione che stava per prendere. Per un momento sembrò che Dany volesse ignorarla, ma poi abbassò lo sguardo e si allontanò da loro "Sei stata fedele alla tua parola Asha, e io sarò fedele alla mia. Domani prenderò parte dei miei uomini e verremo con te alle Isole di Ferro; concluderemo questa storia una volta per tutte." Asha la guardò e per un momento, prima che la maschera sarcastica le ricoprisse il viso, Arya lesse nei suoi occhi sincera gratitudine "Ti ringrazio, mia regina" fece per andarsene ma si fermò all'ultimo momento, sorridendole in modo lascivo, ma sussurrando perchè solo lei potesse sentirla "Spero di non aver risvegliato il drago." Arya si girò guardando la bianca schiena di Dany che risplendeva nella luce tenue delle fiaccole e sperò esattamente la stessa cosa.




"Dany..." "Non so davvero perchè ti sto ancora a sentire, hai dato ragione a lei piuttosto che a me." "Non si tratta di questo, ho fatto una promessa." "Ma qui si tratta di una guerra! La mia guerra, il trono... Avevi detto che l'avremmo affrontata insieme." Arya la guardò con espressione sofferente, decidendosi a dirle quello che sperava di tenerle nascosto "Ed è anche per questo che devo farlo. Euron Greyjoy è un uomo pericoloso, immischiato nella magia nera. Dicono che abbia un corno, un corno magico capace di.. di controllare i draghi." Varie emozioni si fecero largo nel volto di Dany, stupore e incredulità tra tutti e Arya le strinse il braccio "Se questo è vero, se lo è Daenerys allora devo distruggere questa cosa prima che possa farti del male." Lei rimase in silenzio per un attimo, chiudendo le palpebre con un moto di rassegnazione "Ma potremmo farlo dopo. Se quello che dice Asha è vero ed Euron vuole andarsene forse, forse..." "Non posso rischiare di lasciare il Nord indifeso contro una tale minaccia... e non posso rischiare di lasciarti in pericolo. Lascia che mantenga la mia promessa, e poi prenderemo Approdo del Re insieme." C'era ancora incertezza nello sguardo della madre dei draghi e Arya le si avvicinò tanto che ormai erano fronte contro fronte, le mani strette intorno al suo volto segnato di preoccupazione. 



"Non chiedermi di scegliere fra te e la mia gente Dany" Arya sussurrava, la voce piena di emozione "Perché potranno maledire il mio nome, sputare sulla mia ombra, ricordarmi come la donna che distrusse il Nord per sempre ma... sceglierei te. Sceglierei te sopra qualsiasi altra cosa, a qualsiasi costo. Quindi se mi chiedi di restare, e di rinnegare la mia promessa ad Asha Greyjoy io lo farò, lo farò per te. Se mi chiedi di rinunciare la mia corona sono pronta a gettarla nel fango, è solo un pezzo di metallo. Ma io ti chiedo di fidarti di me. Lasciami andare con lei e tornerò da te prima che tu te ne accorga." Daenerys rimase silenziosa per un lungo minuto, e per un attimo Arya pensò che avesse davvero intenzione di chiederle di rinunciare a tutto. "Mi fido di te" disse alla fine con un sospiro "Per quanto folle sia farlo." Arya le sorrise e la strinse forte a se, sentendosi finalmente invadere dal calore che l'aveva abbandonata in quella lunga giornata. "Lasciami venire con te. Non sopporto l'idea di starti lontana." "E' troppo pericoloso. Lui sa che viaggi con me, terrà il corno a portata di mano in caso ti facessi vedere con i draghi. Resta qui, lascerò Brienne a proteggerti. Morirebbe prima di lasciare che ti accada qualcosa." "Se tu glielo ordini." "Se glielo chiedo. Sa che per me vali più di qualsiasi altra cosa." Daenerys rimase a contemplarla per qualche secondo, come per imprimersi quell'attimo nella memoria, poi la baciò dolcemente. "Vieni allora, portami a letto. Dammi qualcosa a cui pensare per quando mi lascerai sola." 




Arya si ritrovò di nuovo il volto fradicio di acqua ghiacciata, questa volta dal'acre sapore salato del mare. Le onde si infrangevano sulla navi facendo scricchiolare il legno in modo che alla ragazza ricordava molto il lamento di un animale morente. Asha era al suo fianco e fissava con sguardo infuocato le alte torri di Pyke che svettavano all'orizzonte. Le grosse navi di Euron formavano una barriera davanti al porto, minacciose e scure come la grossa bandiera del kraken dorato che sventolava da entrambi gli schieramenti.
"Te l'avevo detto piccola lupa, questa è la battaglia finale. O si vince o si muore." "Valar Morghulis" sussurò al vento, e per un momento le sembrò di essere tornata indietro, come se semplicemente chiudendo gli occhi avresse potuto cancellare tutto ciò che aveva fatto, tutto ciò che era diventata. Poi qualcuno urlò e i tamburi di guerra seguirono incessanti: la battaglia era iniziata.




Daenerys guardava piena di apprensione Brienne che imperterrita camminava avanti e indietro nella tenda, piena di angoscia. "Dovevo andare con lei." Disse all'improvviso, facendo sobbalzare Dany dalla sorpresa; non c'era bisogno di ulteriori spiegazioni, sapevano entrambe a cosa si riferiva. "Sai com'è fatta Brienne, quando si mette in testa una cosa..." "Ma ho giurato! Ho promesso a sua madre che l'avrei protetta... Se dovesse succederle qualcosa..." Daenerys aveva voglia di urlare. Lo sapeva anche lei, lo sapeva benissimo che in quello stesso istante la battaglia poteva essere iniziata, finita, persa o vinta, e che la donna che amava poteva essere già persa nell'aldilà. Allontanò il pensiero, troppo doloroso per essere anche solo considerato. Non può succedere, continuava a ripetersi. Semplicemente non può.




Arya calò la lama nella gola dell'ennesimo soldato spuntato fuori dal nulla e lo uccise con un colpo deciso. Si guardò intorno, confusa. Era la prima battaglia navale della sua vita e ora poteva dire con assoluta certezza che non facevano per lei. La confusione regnava sovrana, le onde si erano fatte più alte e minacciose, tanto da spingere le navi addosso le une alle altre, la pioggia scendeva fitta rendendo tutto instabile e precario. Avevano dalla loro parte il numero di uomini, decisamente maggiore rispetto a quello di Euron, ma nessuno dei suoi aveva un briciolo di esperienza in battaglie navali e anche se cercavano di attenersi agli ordini di Asha meglio che potevano l'inesperienza cominciava a farsi sentire. Arya chiuse gli occhi e lanciò una silenziosa preghiera all'unico dio che ancora e sempre avrebbe considerato come suo, la morte.




Melisandre entrò nella tenda come una furia, il volto pallido che brillava in contrasto con i fiammeggianti capelli e gli occhi iniettati di sangue. Daenerys capì subito che qualcosa non andava, e sentì il cuore sprofondarle in petto. "Cosa succede?" Melisandre guardò prima lei poi Brienne, come a chiedersi se fosse sicuro parlare in presenza della guerriera bionda, poi sembrò decidere che la cosa non aveva importanza, non in quel momento. "Ho avuto una visione mia signora... una visione di morte." Brienne strinse spasmodicamente la mano sulla spada, come se questo potesse in qualche modo risolvere la situazione. Daenerys cercò di fermare il tremolio che le serpeggiava in tutto il corpo "Cosa hai visto Melisandre? Dimmelo." Melisandre la guardò negli occhi e per la prima volta da quando si conoscevano Daenerys vi scorse dentro un'ombra di paura "Ho visto... ho visto cadaveri. Cadaveri di lupi in mare, annegati, con occhi vitrei rivolti verso il cielo nuvoloso. E il lupo più grande di tutti fatto a pezzi da un kraken nero... Non capita spesso che le visioni nelle fiamme siano così chiare mia signora... ma questa volta è stato inequivocabile."



Daenerys si sentì le ginocchia tremare e dovette appoggiarsi al tavolo per mantenere l'equilibrio. "Non dovevo lasciarla andare. Era un suicidio... lei e il suo stupido onore." 
Brienne era pallida e i suoi occhi brillavano di lacrime "Dev'esserci qualcosa che possiamo fare. Qualsiasi cosa. Tu sei una strega, fai qualche magia!" Melisandre sembrò riacquistare un po' del suo spirito combattivo a quelle parole "Non funziona così. La mia magia ha bisogno di tempo, e richiede sacrifici che non voglio imporre alla mia regina. Sarebbe comunque inutile, Euron Greyjoy è immerso fino al collo nella magia nera, avrà attuato sicuramente misure di sicurezza. Non posso fare nulla." "Tu no, ma io si." Daenerys guardò entrambe le donne con sguardo infuocato "Chiamate gli Immacolati, che mi portino Drogon."




Arya cominciava a sentire il braccio formicolare leggermente mentre cercava di mantenere salda la presa sull'impugnatura delle lame. Era sempre riuscita a combattere con entrambe le mani senza problemi, ma era mancina e in quel momento riusciva a colpire energicamente solo con quella mano, lasciando alla destra tagli superficiali e il compito di sviare il nemico. Pesanti gocce di pioggia le cadevano sul viso, impigliandosi nelle lunghe ciglia, impedendole di vedere bene, di calcolare le mosse del nemico ancora prima che lui capisse cosa fare; sapeva di essere ancora viva solo grazie alla grande abilità conferitale dall'allenamento di assassina, ma non osò pensare ai suoi uomini. Si trovava nel bel mezzo della mischia, una lama nell'occhio di un uomo e l'altra che parava un colpo di una spada quando lo vide. 



La nave più grande della flotta nemica era esattamente accanto a quella in cui si trovava in quel momento, anche se non riusciva a ricordare se appartenesse ad Asha o a Euron. Nel ponte nero della minacciosa nave si stagliava l'oggetto delle tanto incerte leggende carico di Occhio di Corvo, il corno magico che poteva dominare i draghi. Arya riuscì a lanciarli solo qualche sguardo, ma le bastò per capire che non si trattava di un oggetto ordinario, e che doveva distruggerlo, a tutti i costi. Non avrebbe permesso a quell'uomo di allontanare i draghi dalla propria madre, avrebbe protetto Daenerys anche da questo, a qualsiasi costo. Riuscì a liberarsi dagli uomini intorno a lei, cercando freneticamente con lo sguardo tracce di Asha, ma non vedendola decise da sola cosa fare. Le navi erano abbastanza vicine da permetterle di saltare senza problemi tra le due, e con un balzo di ritrovò nel ponte della nave nemica, faccia a faccia con Euron Occhio di Corvo.




"Non posso lasciarvelo fare." Il tono di Brienne non sembrava convinto come era solito sentirlo Daenerys, non che in quel momento le importasse. Missandei le stava aggiustando sulla veste la leggera armatura di cuoio che era solita portare quando volava con Drogon e la sua attenzione era tutta ai preparativi per la sua partenza. "Voi dovete rimanere qui, al sicuro. E' quello che lei vorrebbe." La voce di Brienne si era fatta quasi supplichevole e Daenerys si fermò per un secondo, sospirando profondamente "E tu cosa vuoi Brienne? Vuoi che la tua regina muoia?" "No, e gli dei solo sanno cosa darei per essere al suo fianco in questo momento, per proteggerla. Ma lei mi ha incaricato di proteggere voi e manterrò fede al mio compito." Gli occhi viola della madre dei draghi si specchiarono in quelli azzurri splendenti della vergine di Tarth e Dany capì che provavano entrambe lo stesso senso di inquietudine, di disperazione. "E allora resta al mio fianco Brienne, vieni con me." L'avrebbe rallentata, questo era certo, ma Dany sapeva che era l'unico modo per riuscire ad andare. Brienne la fissò per un attimo, mentre sembrava che dentro di lei avesse luogo uno scontro fra la volontà di rispettare gli ordini della sua regina e quella di salvarle la vita. Alla fine si limitò ad annuire e Dany sospirò di sollievo. 



Melisandre d'altro canto sembrava tutt'altro che sollevata "Non potete andare là. Se quello che dicono è vero.." Daenerys la zittì con un cenno "Perché dirmelo allora? Perché non lasciare che accadesse e basta?" Melisandre abbassò lo sguardo "Volevo preparvi, avvisarvi... Arya Stark è una pedina importante del gioco, ma non è fondamentale." A quelle parole Daenerys si liberò dalle mani di Missandei per fronteggiare Melisandre, lo sguardo pieno d'ira "Non osare mai più dire una cosa del genere. Mai più. Lei è fondamentale, è fondamentale per me." Melisandre rimase impassibile "Se voi andrete là oggi, perderete i vostri draghi." Qualcosa vacillò nell'animo di Dany "Non è detto, non è vero..." "Sapete quanto me che questa è una bugia. Le probabilità di successo di questa folle impresa sono ridicole. Non buttate tutto all'aria, non adesso che siete così vicina al trono, alla salvezza dei Sette Regni. Se voi morite, l'oscurità calerà su di noi per sempre." Daenerys abbassò lo sguardo per un attimo, ma quando lo rialzò era pieno di una determinazione che scosse Melisandre nel profondo "Ha detto che qualsiasi sia la scelta, lei sceglierà sempre me. Perché non dovrei fare lo stesso? L'ho persa una volta, non succederà ancora." Con quelle parole uscì dalla tenda, seguita da Brienne, lasciando la donna rossa sola ad invocare il Dio Rosso affinché proteggesse la sua stolta prescelta.




L'uomo incuteva timore, questo era certo. I capelli più neri della notte, la benda che portava sull'occhio, le labbra di un blu accesso che davano vita al volto pallido come un cadavere. Il sorriso che le rivolse, tranquillo e misurato in contrato con il caos intorno a loro le fece capire che tipo di uomo aveva davanti. Asha poteva anche definirlo pazzo, ma era pericoloso, non aveva dubbi. Si alzò e si mise in posizione d'attacco, cosa che sembrò divertire immensamente l'uomo "Tu devi essere Arya Stark. Sai, devo dire di essere un po' deluso, mi aspettava una temibile guerriera e invece... una ragazzina. Mia nipote dev'essere davvero disperata per affidarsi a te." Arya rimase in silenzio, impassibile alle affermazioni dell'uomo; era stanca, questo era vero, ma gli avrebbe fatto vedere contro chi si stava mettendo. L'uomo la sguadrò per una manciata di secondi prima di decidersi a fare la sua mossa, attaccandola con un affondo prevedibile che lei scansò senza difficoltà. "Ma guarda, forse sei più interessante di quanto pensassi.." Cominciarono un duello serrato, tra i più difficoltosi che Arya avesse mai affrontato; non essendo la forza fisica la cosa a cui solitamente si affidava, cercava di stancare l'avversario per riuscire a colpirlo sempre più in profondità. Ma Euron, al contrario di lei, sembrava non stancarsi mai. Troppo tardi le venne in mente che forse non era stata un'idea brillante affrontare da sola un uomo che padroneggiava la magia nera, ma era troppo tardi, ormai stavano danzando. 



Arya lanciò un grido che esprimeva poco dolore ma molta rabbia quando la spada dell'uomo le lasciò un taglio slabrato vicino allo sterno, rendendola sempre più debole con ogni goccia di sangue che le colava sull'armatura. Attaccò Euron con più forza che poteva, colpendolo sotto il mento con l'elsa del pugnale, facendogli perdere l'equilibrio e gettandolo a terra. Cercò di buttarsi sopra di lui, mirando spasmodicamente alla gola. L'uomo la gettò nell'angolo con una calcio nell'addome che la lasciò senza fiato; cercò di rialzarsi ma si sentiva debole come mai in vita sua, le grida dei feriti le riecheggiavano nella mente confondendo la realtà, lasciandola confusa e dolorante. Sapeva che Euron stava andando verso di lei, con tutta l'intenzione di ucciderla. Con un ultimo, disperato gesto cercò di riprendere il pugnale, che le era sfuggito di mano per l'urto, ma l'uomo lo calciò con un sorriso folle impresso in volto. Aveva un grosso taglio sul volto dove il suo coltello l'aveva raggiunto, eppure non sanguinava tanto quanto avrebbe dovuto e Arya capì che non c'era nulla da fare. Sarebbe morta lì, in quel modo inutile, infrangendo la promessa fatta a Daenerys e alle anime dei suoi cari. L'uomo le puntò la spada alla gola, gli occhi brillanti di delirio "Dov'è la tua amichetta, piccola lupa? Dov'è la madre dei draghi? Non mi dirai che ti ha lasciato qui a morire... e io che speravo così tanto che partecipasse alla nostra piccola festicciola." Arya cercò di sputargli in volto, ma nemmeno quel colpo andò a segno, riuscendo solo a prenderlo sull'armatura. L'uomo rise "Non importa, le invierò personalmente i tuoi saluti, non temere." Alzò la lama per colpirla e Arya non potè fare altro che sforzarsi di non chiudere gli occhi.




Daenerys spronava Drogon come mai aveva fatto prima, cercando di comunicargli tutta la fretta che aveva. Non sapeva da quanto tempo stessero volando, le sembra un'eternità, e ancora non si vedeva la meta. Poteva essere troppo tardi, lo sapeva, ma doveva provare, provarci con tutte le sue forze. La pioggia cadeva incessante su di loro e poteva sentire chiaramente Brienne tremare dietro di lei. Lei non sentiva niente, non ci riusciva; in quel momento contava solo arrivare, vedere con i suoi occhi cos'era successo, distruggere tutto nel caso fosse stato troppo tardi. Avrebbe soffocato il suo dolore nel fuoco, così come aveva sempre fatto, se avevano toccato Arya, la sua Arya, sarebbero morti urlando. "Pyke! Ci siamo quasi." sentì Brienne gridare sopra la tempesta. Daenerys fissò la costruzione di roccia davanti a loro e il mare nero che sembrava estendersi in qualunque direzione, costringendo Drogon a perdere quota. Il drago emise un ruggito infuocato e si lanciò nella battaglia.




La lama di Euron vibrava a pochi centimetri dalla sua gola quando il ruggito del drago squarciò l'aria, e il suo sguardo e quello del suo aggressore saettarono al cielo. Il grosso drago nero sorvolava le acque gelide e si dirigeva implacabile verso di loro. Invece di provare gioia Arya riuscì solo a sentire il panico crescere dentro di lei mentre vedeva l'espressione gioiosa di Occhio di Corvo. Allontanò la spada da lei e si girò verso il corno, urlando frasi che Arya non capì in mezzo al frastuono della battaglia. Lei cercò di alzarsi, il desiderio di urlare a Daenerys di andarsene che combatteva con il suo corpo che rifiutava di muoversi. Il dolore era lancinante, ogni suo arto intorpidito e pesante come pietra. Si guardò la ferita al petto e capì il motivo di tanta difficoltà, i riflessi violacei intorno al taglio le confermarono che la spada di Euron aveva la lama ricoperta di veleno. 



Maledisse cento volte se stessa e la sua stoltezza mentre tentava disperatamente di rimettersi in piedi, guardando il drago nero che dava fuoco alle navi nemiche. Per un momento, un singolo momento pieno di speranza pensò che forse era tutto una bugia, che il corno non aveva alcun potere sui draghi e che tutto si sarebbe risolto per il meglio; poi il corno suonò e le sue speranze morirono velocemente com'erano nate. Era Euron in persona che aveva iniziato a suonare il corno e nonostante il dolore evidente nei suoi occhi, non dava cenni di voler mollare la presa. Il ruggito feroce del drago si trasormò in gemiti di dolore mentre la testa del grosso animale saettava da una parte all'altra, come se stesse cercando di liberarsi di un grosso insetto fastidioso. Le ali smisero di battere in sincrono e l'animale perse quota, avvicinandosi alle navi. 




Daenerys cercava disperatamente di rimanere in groppa a Drogon nonostante i suoi movimenti convulsi. Il suono del corno le riempiva la mente oscurando qualsiasi altra cosa che non fosse il dolore che lei e l'animale si trasmettevano. Ad un certo punto non sentì più il peso di Brienne sulle spalle, ma non riuscì a farci niente, non poteva salvare lei, non poteva salvare Arya, non sarebbe riuscita a salvare nemmeno se stessa. Il rumore del corno si fece più intenso e questa volta non riuscì a resistere; le mani persero la presa sul dorso del drago e lei precipitò in mare.




Arya emise un gemito di dolore nel vedere la figura di Daenerys cadere dal drago e sprofondare in acqua. Cercò di avanzare verso il parapetto per potersi gettare anche lei, per cercare di salvarla pur sapendo che nelle sue condizioni sarebbe annegata subito. Venne fermata da una stretta solida e forte e girando lo sguardo si ritrovò faccia a faccia con Asha, il volto deturpato dal sangue che le colava dalla fronte. "Ci penso io a lei, tu uccidi Euron, le tue lame sono le uniche che riescono a toccarlo! Se finisce la canzone il drago sarà suo per sempre." Arya riuscì ad annuire e Asha si gettò in mare senza esitare. Cominciò a strisciare verso la lama del pugnale, arrivandoci solo grazie alla forza di volontà che non l'aveva ancora abbandonata. L'unica cosa che le impediva di fermarsi e cadere addormentata, forse per sempre, era la lieve speranza di riuscire a sistemare tutto. Se Euron moriva, tutto si sarebbe sistemato. Zittì le voci nella sua testa che le gridavano che Daenerys era già morta, che a nulla sarebbero serviti i suoi sforzi e cominciò a trascinare la gambe ormai inerti verso il corno. 



Il rumore si faceva sempre più forte e sembrava distruggerle il cervello, annullando qualsiasi pensiero coerente. Di una cosa era certa, doveva uccidere Euron il più velocemente possibile, con un colpo solo. L'uomo aveva il volto stravolto dal dolore, le labbra blu confie e piene di vesciche, come se fossero rimaste a lungo a contatto con il fuoco e il pallore del viso era stato sostituito da un rosso così acceso da fare paura. Non c'era nulla a cui potesse appoggiarsi per alzarsi se non il corno stesso, e quando Arya lo toccò sentì il dolore esploderle in testa come mai prima di quel momento; era come toccare fuoco vivo. Si mise in piedi senza mollare la presa mentre le sue mani si spellavano sempre di più, si appoggiò con la spalla e impugnò la lama con entrambe le mani sanguinanti, formulando un unica preghiera nella sua mente, che si ritrovò a sussurrare nel vento "Padre sostieni il mio braccio, Madre dammi la forza, Robb fà che non manchi il bersaglio." Con un ultimo disperato grido piantò la lama nel cuore di Euron; il volto dell'uomo si contorse come cartapesta mentre il suo stesso corpo si riduceva in cenere. 



Il corno smise di suonare e divenne nuovamente freddo come il ghiaccio. Arya cadde sulle ginocchia e si girò verso il ponte, cercando segni di Asha e Daenerys. Sorprendentemente la prima a vedersi fu Brienne, seguita da Asha, che trascinarono a bordo una pallida e svenuta Daenerys. Arya cercò di andare verso di loro e Brienne la raggiunse per sostenerla. Il volto di Daenerys era freddo e le labbra blu come lo erano state quelle di Euron, eppure Arya poteva vedere il suo petto alzarsi e abbassarsi a ritmo del suo respiro. "E' viva." fu l'unica cosa che riuscì a dire prima di svenire tra le braccia di Brienne. In cielo, Drogon aveva ripreso a volare.


Note: Scusate la lentezza, spero che la lunghezza del capitolo rimedi in parte per l'attesa! Ci sono cose che alla fine del capitolo rimangono un po' oscure, ma non temete nel prossimo ci saranno chiarimenti per quanto possibile da parte mia, alla fine l'effetto del corno sui draghi Martin non l'ha ancora svelato! Alla prossima, un bacione!

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


Jaime Lannister si era sempre vantato di essere un uomo coerente; non un uomo giusto, quello mai, ma era sempre stato coerente nelle sue azioni, senza guardarsi indietro con troppo rimorso, considerandosi saldo nelle sue decisioni, qualunque esse fossero. Eppure in quel momento mentre camminava con la testa bassa per i corridoi luminosi di Approdo del Re si sentiva tutt'altro che soddisfatto di se stesso. Aveva passato anni a Castel Granito in esilio quasi volontario, cercando di rifarsi una vita con quel poco che la sua famiglia gli aveva lasciato; suo padre era morto, suo fratello svanito nel nulla e sua sorella... be Cersei era Cersei, sempre e comunque. E lui nonostante tutto quel tempo, nonostante tutti quegli anni, quando lei l'aveva richiamato, non era riuscito a non andare. Un po’ per senso del dovere verso il suo re, ma non provava nemmeno ad illudere se stesso pensando che si trattasse solo di quello.
 
 
 
Per l'occasione aveva rispolverato la sua vecchia divisa bianca, anche se ormai rimaneva un cavaliere della guardi reale solo di nome, ma il solo fatto di indossarla riusciva a riportarlo ai vecchi tempi, quando ancora era giovane e pieno di speranze per il suo futuro; pensandoci meglio forse quella stupida armatura bianca serviva solo a farlo sentire più vecchio di quanto già non si sentisse. I capelli un tempo dorati erano striati di grigio, le occhiaie aumentavano a dismisura sotto i suoi occhi mentre le sue guance si facevano sempre più magre. Si fissò la mano dorata e si chiese per quanto tempo ancora sarebbe riuscito a sollevarla per portarsela in giro, trascinando quel peso proprio come era abituato a portarsi dietro i suoi ricordi. Entrò nelle camere personali del re e si ritrovò davanti a quello che restava della sua famiglia; il piccolo Tommen, che ero stava diventando il grasso Tommen, somigliando sempre di più all'uomo che avrebbe dovuto essere suo padre mangiava rumorosamente del pollo. Accanto a lui Margaery Tyrell lo fissava con sguardo tra l'annoiato e il disgustato mentre piccoli pezzi di carne schizzavano sul tavolo dalla bocca del re adolescente. Sua sorella stava dietro di loro, alla finestra, fissando l'orizzonte pieno di nuvole oscure, e ancora una volta Jaime non riuscì a fermarsi dal pensare a quanto fosse bella, nonostante il tempo, nonostante tutto quello che aveva passato.
 
 
 
Scosse la testa cercando di scacciare quel pensiero come una mosca fastidiosa "Mio re, mia regina, al vostro servizio." Si inchinò nel più impeccabile dei modi, cercando di ignorare il dolore sordo che per un attimo lo colpì alla base della schiena "Zio Jaime, da quanto tempo!" Tommen gli sorrise con gioia e Jaime per un attimo fu contento di essere lì, il ragazzo gli era sempre stato simpatico, forse un sentimento banale da provare per un figlio, ma sicuramente molto più di quanto avesse mai provato per Joffrey. "Molto tempo davvero." Sua sorella lo guardò  inarcando leggermente un sopracciglio, la perenne espressione di disappunto che oscurava il suo viso. Ora che la vedeva bene, Jaime riusciva a notare come il tempo avesse lasciato i suoi segni anche sulla gemella, rendendo la sua bellezza un pallido ricordo di quello che era stata. "E' un piacere rivedervi Ser Jaime." Margaery gli sorrise con uno dei suoi classici sorrisi, cordiale ma indecifrabile. Era una delle caratteristiche che aveva sempre apprezzato nella ragazza che, al contrario di Cersei, era sempre riuscita a nascondere al mondo i suoi pensieri.
 
 
 
Solo in quel momento Jaime notò il piccolo fagotto che Margaery teneva stretto a se "Oh, quello sarebbe il piccolo Loras?" Il bambino non doveva avere più di sei mesi da quello che ricordava Jaime, che aveva ancora impressa nella mente la risata che si era fatto al pensiero del fastidio che la scelta del nome aveva dovuto scatenare nella sorella "Esattamente. Saluta lo zio, Loras." Margaery mosse la piccola manina paffuta del bambino nella sua direzione e questo aprì gli occhi verdi per un attimo, biascicando qualcosa nella sconosciuta lingua degli infanti. Tommen rivolse al bambino uno sguardo pieno di orgoglio e per un attimo Jaime provò una fitta al cuore al pensiero che nulla di tutto questo era mai stato concesso a lui, a come aveva perso nel tempo l'occasione di avere un figlio da poter definire davvero suo, un maschietto a cui lasciare la sua spada, una bambina a cui dare il nome di suo madre. Sorrise distratto al bambino, sentendo su di lui lo sguardo insistente della sorella.
 
 
 
La guardò negli occhi, lo smeraldo del suo sguardo che si rifletteva in quello di lei "Per quale motivo mi avete chiamato, mia regina?" Cersei avanzò verso di lui, algida e minacciosa come solo una vera leonessa poteva essere "Avrai di sicuro sentito parlare della rivolta al Nord.." Jaime tornò all'incontro con Brienne di pochi mesi prima, ancora vivido nella sua mente "Ho sentito. E sembra davvero che la piccola Stark stia dando del filo da torcere a tutti nei Sette Regni." Cersei agitò la mano in modo infastidito "Non si tratta solo di questo. Daenerys Targaryen è arrivata a Westeros.. Avevo chiesto ai Frey di occuparsi di lei, ma a quanto pare non sono stati in grado nemmeno di risolvere quel problema. E voci dicono che le due si conoscessero da ben prima dell'arrivo della madre dei draghi nelle nostre terre. Sembra che siano alleate, nonché amanti." Jaime inarcò un sopracciglio, imitando la sorella "Interessante.." "Terribile, per noi. I Tyrell stanno radunando le loro truppe, e lo stesso stanno facendo i Martell. Stiamo per scendere in guerra." Jaime si strinse le braccia al petto "Non capisco che cosa vuoi da me Cersei." Anche se lo sapeva, lo sapeva benissimo. Cersei gli andò vicino, toccandogli il braccio e per un momento lui riuscì a sentire di nuovo il suo profumo, sempre uguale in tutti quegli anni "Il tuo re ti chiede.. io ti chiedo.. di comandare le nostre truppe in battaglia." Jaime respirò profondamente, chiudendo gli occhi; sapeva di non avere scelta. 
 
 
 
 
Questa volta non sognò Bran, questa volta non sognò niente. C'era solo oscurità intorno a lei, densa e opaca, le si stringeva addosso come miele viscoso, innondandole la bocca, le narici, tanto che il suo stesso respiro sembrava nero, lei stessa si sentiva fusa con l'oscurità circostante. Pensò di essere morta, di essere morta per davvero quella volta, di essere stata finalmente mandata nel luogo che le spettava a scontare la giusta condanna per i suoi peccati.
 
 
 
Per tutti i lunghi anni che aveva passato al servizio della Casa del Bianco e del Nero non le era mai importato di morire, vedeva la morte come alleata, come signora che regnava incontrastata sulle pallide vite dei mortali; lei sarebbe morta un giorno, ma non le importava, avrebbe accolto la morte con gioia, sarebbe morta servendo la morte stessa.
Eppure in quel momento era diverso, lo sapeva, lo sentiva. Prima non avrebbe provato quel sordo dolore al petto, quel senso di perdita incolmabile che l'oscurità le trasmetteva. Non avrebbe più rivisto Dany, non avrebbe aiutato la sua gente a riacquistare la libertà, non avrebbe potuto dare giustizia allo spettro dei suoi cari. Ma non era solo questo e se ne rese conto solo in quell'istante; voleva vivere per loro, per tutti loro, ma voleva farlo anche per se stessa. Strinse i pugni raccogliendo tra le dita la densa materia oscura, piena d'ira contro il destino sfortunato che le era stato assegnato.
 
 
 
Voleva di più, meritava di più di quei pallidi lampi di felicità che le erano stati concessi in una vita di disperazione. Aveva detto a Brienne di conoscere più la morte della vita, e solo gli dei sapevano quanto era vero, ma voleva conoscere imparare, voleva la possibilità di provare di nuovo, e se nessuno gliel'avesse concessa se la sarebbe presa da sola.
L'oscurità si fece più stretta intorno a lei, invitandola a trattenere il respiro, a smettere di combattere l'inevitabile, ma Arya continuò a combattere, inalando il nulla in cui era immersa, promettendo, a se stessa questa volta, che sarebbe tornata indietro.
 
 
 
 
La luce del sole le bruciò gli occhi nel momento stesso in cui decise di aprirli per capire infine quale sorte le sarebbe toccata. Le voci intorno a lei si fecero più rumorose e la leggera stretta che sentiva alla mano si intensificò. "E' sveglia?" la voce di Daenerys suonò stanca e preoccupata, eppure per lei fu come sentire un canto melodioso; cercò di ricambiare la stretta, ma sentiva il corpo intorpidito e immobile, sordo ai suoi comandi. Aprì nuovamente gli occhi con uno sforzo, cercando di mettere a fuoco ciò che aveva intorno. La prima cosa che vide chiara e nitida esattamente davanti a lei fu un alto uomo dalla carnagione scura che non aveva mai visto prima di quel momento e che le sorrise con evidente sollievo "Visto? Ve l'avevo detto che ce l'avrebbe fatta."
 
 
 
Aveva una cadenza particolare, ma nulla di nuovo per lei che era vissuta per tanti anni ad Essos. Alla sua destra comparve il volto di Daenerys, sfatto e tirato, ma illuminato da un'espressione di gioia profonda, piccole lacrime che lasciavano solchi sulle guance. Accanto a lei Brienne la guardava con uguale espressione, e Arya pensò distrattamente che non era mai stata così felice di vedere qualcuno in tutta la sua vita. Cercò di parlare, ma dalla gola secca le uscì solo qualche suono disarticolato "Dell'acqua, portate dell'acqua!" Brienne gridò agli uomini dietro di lei con una tale convinzione che questi si misero in moto a velocità incredibile, portandole dell'acqua calda e dal sapore fangoso ma che le scivolò come manna tra le labbra.
 
 
 
"State tutti bene?" furono le prime parole che riuscì a pronunciare e Daenerys le strinse la mano con delicatezza "Si, grazie a te. Hai ucciso Euron appena in tempo." "Sembrava immortale" disse una voce dietro di loro e Arya mise a fuoco Asha, dietro di loro, con una grossa benda insanguinata attorno al braccio "Nessuna spada riusciva a scalfirlo, solo la tua." L'uomo nero alle sue spalle la guardò con sospetto "Questo perché è acciaio di Valyra. Mia signora,io sono Moqorro, servo del Dio della Luce." Arya sorrise e guardò Daenerys "Questo dobbiamo presentarlo a Melisandre."
 
 
 
 
Seguirono lunghi momenti di convenevoli, la resa dei generali di Euron alle due regine, anche se Arya distesa a terra si limitava ad annuire alle parole di Daenerys, la mente piena di domande. Le loro perdite non erano state gravose come pensavano, eppure tutti avevano bisogno di tempo per riprendersi dalla battaglia, Arya in primis. Nymeria, che era rimasta a riva durante la battaglia, la raggiunse guardando con occhi malevoli il nuovo arrivato, per poi rimanere accanto a lei per tutto il tempo. Brienne non perdeva occasione di chiederle scusa per non aver potuto fare nulla per aiutarla, ma Arya si limitava a scuotere la testa e a sorriderle stancamente; l'importante era che fossero ancora vive.
 
 
 
Alla fine, quando il sole ormai cominciava a calare in cielo, gli uomini di Asha riuscirono a montare una tenda per loro e lei e Daenerys rimasero per un attimo sole mentre le puliva la ferita, i lembi di pelle slabrata pieni di piccoli e fastidiosissimi granelli di sabbia. "Non saresti dovuta venire" disse Arya ad un certo punto, talmente piano che Daenerys riuscì a sentirla solo grazie al profondo silenzio che sembrava averle avvolte "Se non fossi venuta saresti morta." Arya minimizzò la cosa con una dolorosa scrollata di spalle "Era comunque troppo rischioso.. E' stata Melisandre a dirtelo?" Dany annuì "Ma non voleva che venissi qui. Nemmeno Brienne. Ho dovuto convincerla." "Sono sicura che se c'è qualcuno capace di convincere una persona testarda come Brienne sei tu." La ragazza sorrise mentre immergeva il panno macchiato di sangue nell'aceto "Era preoccupata per te, lo eravamo entrambe. Non puoi pensare di entrare nelle vite delle persone, diventare importante per loro e poi andartene semplicemente come se nulla fosse. Ti prometto di non fare più una cosa così avventata solo se me lo prometti anche tu. Siamo dentro a questa cosa insieme, e da questo momento affronteremo le cose insieme. Me lo prometti?"
 
 
Arya la guardò negli occhi per l'ennesima volta quel giorno, cercando quella forza che non era sicura di trovare nel suo cuore "Io ti amo Arya. E quando ho ripreso conoscenza dopo essere quasi annegata e ti ho vista morente sul ponte di quella nave... Non so se riuscirei a sopportare di perderti di nuovo." Era la seconda volta che le rivolgeva quelle parole, e in questo frangente non l'aveva fatto con ira o con rabbia, in preda al fuoco che si portava dentro, ma erano calme, quasi adornate di una disperata consapevolezza, e Arya sentì le guance colorarsi di rosso come quelle di una bambina "Ti amo anche io. Cercherò di non farmi uccidere, ma tu evita di cadere ancora da Drogon, te ne prego." Risero entrambe e la leggera tensione che le aveva tenuta attanagliate tutto il giorno scomparve come per magia. "Dany.. devo saperlo, come posso essere ancora viva? Erano lacrime di Lys, non è vero?"
 
 
 
"Lo erano eccome." La voce di Asha le fece sobbalzare entrambe quando entrò nella tenda seguita da Brienne e Moqorro "Devo davvero insegnarti a bussare lady Greygoy.. O dovrei chiamarti regina?" Asha sorrise sorniona "Di questo parleremo più avanti. Sono venuta per spiegare ad entrambe l'accaduto.. anzi, per lasciare che sia lui a farlo." Indicò l'uomo alla sua destro e quasti si inchinò leggermente ad entrambe. "Spero che vi stiate riprendendo bene mia signora." Arya si mise seduta con qualche difficoltà, ricambiando il saluto dell'uomo con un cenno del capo "Mi stavo giusto chiedendo come posso essere ancora viva." Brienne si fece avanti, indicando il sacerdote "E' merito suo. Una volta morto Euron ha visto bene di saltare sul carro del vincitore salvandovi la vita." Moqorro alzò le mani "Sono solo un umile servo della luce. Pensavo che Occhio di Corvo fosse la risposta alle mie preghiere ma.. ho visto i draghi, ho visto la vostra lama oltrepassare la sua carne nonostante gli incantesimi con cui l'avevo avvolta... Non c'è stato alcun dubbio sulla parte che aveva preso il mio dio. Fortuna vuole che io conosca incantesimi molto antichi; sono riuscito a portarvi indietro giusto in tempo prima che varcaste la soglia dell'oscurità. Da quel momento in poi qualsiasi tentativo sarebbe stato molto più rischioso."
 
 
 
Daenerys si mosse leggermente al suo fianco "Melisandre mi ha parlato dei poteri del fuoco... dice che riescono a riportare in vita i morti, se il Dio della Luce lo vuole." Moqorro annuì "Mi riferivo esattamente a questo. Ma è una procedura rischiosa e dagli esiti incerti, abbiamo avuto fortuna." Arya rabbrividì al pensiero del suo corpo in balia delle stregonerie di un dio sconosciuto, ma cercò di non scomporsi "Dimmi Moqorro, come sei entrato al servizio di Euron?" "Ero uno schiavo, un umile marinaio al servizio di Victarion Greyjoy. Lui vide il mio potenziale e mi prese sotto la sua ala affinché lo aiutassi nella sua impresa, capire come utilizzare il corno senza morire. Ma io vidi subito che il suo spirito era debole, troppo debole per possedere il potere di una reliquia così preziosa. Ma suo fratello... lui era di un'altra tempra. Folle forse, ma determinato, forte. Lo aiutai a liberarsi di Victarion." Asha si lasciò sfuggire un gemito di disgusto "Victarion non mi piaceva, ma non si meritava di morire per colpa di qualche stregoneria."
 
 
Moqorro la guardò con occhi di fuoco "E'stato lui a scegliersi il suo destino, così come Euron ha scelto il suo. Mi ha chiesto di renderlo più forte, di usare i miei incantesimi su di lui per renderlo immune agli effetti distruttivi del corno, invincibile contro qualsiasi spada.. e così è stato, finché non ha incontrato le vostre lame." Il silenzio scese per alcuni attimi, finché Arya non diede voce al suo ultimo dubbio "Secondo te cosa dovremmo farle del corno?" Moqorro sorrise mostrando i denti bianchissimi "Voi avete già un'ammaestratrice di draghi. Quel corno è polvere per voi. Distruggetelo, e nessuno potrà fermare le vostre creature." Arya annuì e guardò l'espressione incerta di Daenerys con la coda dell'occhio "Potete andare, è stata una lunga giornata. Moqorro, decideremo domani cosa farne di te." Asha e l'uomo si inchinarono leggermente prima di uscire, accompagnati da Brienne.
 
 
 
"Non mi fido di quell'uomo, ma ha ragione. Dobbiamo distruggere quel corno." Dany si torse le mani in grembo, preoccupata "E se per caso non fossi in grado? Se i draghi sfuggissero al mio controllo? Posso cavalcarne solo uno alla volta e se... e se si scatenassero contro di me, contro di noi? Forse quel corno potrebbe tornarci utile." Arya le strinse la mano "Come puoi dubitare di te stessa dopo tutto questo tempo? Dopo tutto ciò che hai fatto? Non è necessario decidere adesso, non ora che siamo ancora qui, ma ricordati che se c'è qualcuno al mondo che può comandare quei draghi, quella sei tu." Dany le sorrise, ma Arya riuscì chiaramente a vedere l'ombra del dubbio nei suoi occhi; fece per parlare ancora, ma delle grida dall'esterno la fermarono. Brienne entrò trafelata, guardando Daenerys con sguardo confuso "Una donna è arrivata all'accampamento chiedendo di voi. Dice di conoscervi.." Daenerys si alzò in piedi, confusa "Io non conosco nessuno al di fuori di questo accampamento.. ha detto il suo nome?" "Non voleva rivelarmelo, ma le ho detto che altrimenti non le avrei mai permesso di vedervi.. ha detto di chiamarsi Nymeria Sand."

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


Arya sapeva di non essere propriamente una persona socievole, che prendeva in simpatia le persone al primo sguardo, eppure c'era davvero qualcosa di Nymeria Sand che non le piaceva. Poteva essere il fatto che doveva avere ancora qualche goccia di veleno in corpo ad avvelenarle il sangue, e il fatto che la donna le somigliasse troppo per i suoi gusti e certamente aveva qualcosa a che fare con il modo in cui i suoi occhi scivolavano pieni di malizia sul corpo di Daenerys. "Sei sicura che ci possiamo fidare?" sussurrò non troppo garbatamente a Daenerys, che le rispose con un sorriso incerto "Non troppo, ma il loro aiuto ci serve." Nymeria le sorrise e Arya cercò di essere il più cortese possibile, ripescando nella sua mente le regole di comportamento che una vita prima Septa Mordane aveva tentato di insegnarle. Si inchinò goffamente, ancora troppo debole per reggersi completamente in piedi da sola, ma decisamente troppo testarda per mostrare qualsiasi tipo di debolezza "E' un piacere avervi qui, lady Nymeria."
 
 
 
La donna rise in un modo che ricordò vagamente ad Arya le fusa di un gatto, lanciando uno sguardo pieno di sottointesi a Daenerys "E' un piacere per me conoscere la donna più fortunata del mondo. Certo che potevi trovartene una più in forma, mia cara." "Chiedo scusa?" Arya cercò di avvicinarsi ma sapeva benissimo di essere minacciosa quanto un gattino bagnato in quel momento, e doveva saperlo anche Daenerys visto che la fermò circondandole la vita con un braccio "Va benissimo così, grazie. E ti pregherei di essere più cortese con la regina del nord." Il volto di Nymeria si fece tutt'altro che pentito "Chiedo venia, vostra altezza." Arya si limitò a risponderle con un cenno, sedendosi sulla sedia accanto a lei, ancora troppo debole per resistere più a lungo. Daenerys rimase al suo fianco, squadrando la nuova arrivata "Dunque lady Nymeria, mi avete promesso un esercito, ma qui vedo solo voi." Arya moriva dalla voglia di sapere che razza di accordo poteva aver stipulato Daenerys con quella donna, e soprattutto per quale motivo l'aveva fatto.
 
 
 
"C'è stato un problema mia regina. I Lannister non sono poi stolti come ci aspettavamo, devono aver capito il nostro gioco e si sono mossi per primi; hanno fatto bloccare le vie principali dall'esercito dei Tyrell prima che potessimo spostare le truppe." "Non potete attaccarle?" Nymeria scosse la testa "Non abbiamo abbastanza uomini per un attacco diretto nel loro territorio. Io sono riuscita a passare di nascosto, ma per una esercito sarebbe impensabile farlo. Ma se voi attaccate da un fronte e noi da un altro, schiacceremmo l'esercito dei Tyrell in una morsa invincibile." "E come pensate di far passare un intero esercito per il territorio dei Tyrell fino a raggiungere i vostri confini?" "Far passare un intero esercito sarebbe impossibile" rispose Nymeria "Ma un drago.. questo è un altro discorso." "Non se ne parla nemmeno." Arya alzò la voce, guardando negli occhi la straniera "Se pensi che Daenerys lascerà il suo esercito per dare ascolto a te.. Dobbiamo attaccare Approdo del Re ora che i Lannister non sono ancora pronti a difendersi." Nymeria scosse la testa "A cosa serve prendere la capitale per poi ritrovarsi assediati dall'esercito Tyrell?" Prima che Arya potesse rispondere Daenerys le posò la mano sul braccio "Penso che Nymeria abbia ragione." Arya la guardò stupita e amareggiata "La pensi davvero così?" Daenerys la guardò per un attimo, per poi spostare lo sguardo su Nymeria "Penso che sia una cosa di cui dovremmo discutere. Lady Nymeria, se foste così gentile da lasciarci il tempo di parlarne tra di noi,ve ne sarei grata." Nymeria annuì "Ma non troppo. Ogni momento è prezioso."
 
 
 
Brienne accompagnò Nymeria fuori dalla tenda, lasciando le due donne sole nel silenzio. "Arya.." "Davvero pensi che lei abbia ragione? Quella donna che conosci appena, rispetto a me?" Daenerys lo guardò stupita "Non si tratta di lei o di te, qui si tratta di strategia, e sì, penso che la sua sia migliore. Più lenta forse, ma più giusta. Provo quanto te il desiderio di conquistare Approdo del Re, di finire questa guerra, ma dobbiamo fare le cose per bene." "E quindi ti affidi a lei? A quella sconosciuta?" Daenerys strinse leggermente le palpebre "Ho preso accordi con lei e sua sorella, so che li rispetteranno." Arya sentiva la rabbia montarle dentro senza riuscire a fermarla, il dolore al corpo completamente dimenticato "E quando avresti preso questi accordi? Prima o dopo che io ti abbia salvato la vita a costo della mia, per ricevere in cambio questa fiducia?" Arya sapeva di aver oltrepassato il limite, poteva leggerlo benissimo nello sguardo furioso di Daenerys "Ho preso accordi con lei dopo che tu mi avevi lasciata sola ad Essos per tornare qui a farti nominare regina." Arya sbatté con forza il pugno sul tavolo "Tu, tu mi hai ordinato di andarmene. Ho tradito il mio maestro per te, ho dato fuoco a dieci anni della mia vita per te, e tu mi hai detto di andarmene!"
 
 
 
Daenerys la guardò con leggero stupore aldilà del velo di rabbia che aveva nello sguardo "Tu mi hai tradita, mi hai spezzato il cuore. Ero ferita aldilà di ogni immaginazione, ti ho ordinato di andartene perché il solo guardarti mi lacerava dentro." Arya riuscì a sostenere il suo sguardo solo per un attimo prima che il senso di colpa la travolgesse "Per questo vuoi fare come dice lei? Non riesci più a fidarti di me?" L'ira sembrò svanire dal volto di Daenerys mentre si avvicinava a lei, prendendole il volto tra le mani "Io ti affiderei la mia vita, lo sai, e l'ho fatto, l'abbiamo fatto entrambe. Ma ragiona, te ne prego. Se prendiamo il Trono di Spade senza aver conquistato il resto dei Sette Regni esso sarò solo un'inutile sedia di metallo. Tu non potrai muoverti per almeno un'altra settimana viste le tue condizioni, e sai bene che non possiamo perdere altro tempo. Lascia che vada a sistemare questa cosa, poi ricominceremo da dove avevamo lasciato." "E' troppo pericoloso. Non posso lasciarti andare." "E pensi davvero che questo possa fermarmi?" Arya la guardò negli occhi, capendo benissimo che era una battaglia persa "Dovevamo affrontare tutto insieme, o sbaglio?" Daenerys le sorrise con tristezza "Questa volta sarà l'ultima, promesso."
 
 
 
Arya le strinse la mano, respirando profondamente "E allora parti subito, così tornerai prima da me." Daenerys la baciò con dolcezza, e improvvisamente Arya sentì il disperato bisogno di stringerla e non lasciarla più andare, che riuscì a sopprimere solo estrema forza di volontà. Daenerys appoggiò la fronte a quella di Arya per qualche secondo, guardandola dritta negli occhi "Qualsiasi cosa accada Arya, tu sei la cosa migliore della mia vita." Arya chiuse gli occhi per un attimo "Tu sei la mia vita Daenerys. Non dimenticartelo mai." Daenerys le strinse per un attimo la mano prima di lasciarla sola nell'oscurità della tenda.
 
 
 
Solo dopo qualche minuto Arya si alzò e si sedette sul letto prima di emettere un lungo fischio, aspettando pazientemente che la grossa figura del metalupo si facesse largo nell'oscurità. Arya accarezzò la testa di Nymeria con dolcezza, togliendole qualche foglia dal pelo con gesto amorevole "Piccola mia, resta qui con me stanotte." La lupa abbassò le orecchie e le leccò la faccia, facendo sorridere la ragazza come una bambina. Se c'era una cosa di cui poteva essere sicura era che Nymeria l'avrebbe sempre protetta, e in quel momento, con il corpo e l'animo spezzato, era esattamente la sicurezza di cui aveva bisogno. "Tu sei molto più simpatica dell'altra Nymeria." L'animale emise un brontolio di contentezza accoccolandosi ai piedi del letto, facendolo scricchiolare pericolosamente. Nonostante la preoccupazione e l'angoscia che sentiva dentro, Arya non riuscì a non cadere addormentata nel momento stesso in cui appoggiò la testa sul cuscino.
 
 
 
 
La prima volta si fermarono ai margini di una radura, i rami fitti quel tanto che bastava da nascondere Drogon in modo approssimativo appena fosse tornato dalla caccia. "Sei sicura che tornerà?" chiese Nymeria guardando il cielo che cominciava a tingersi dei colori dell'alba "Certamente. Tornano sempre da me." Nymeria sembrava dubbiosa, ma erano entrambe troppo stanche per discutere; Nymeria prese il primo turno di guardia e Daenerys si distese al suolo e si addormentò cullata dai rumori della natura che si svegliava intorno a lei.
Ore più tardi, mentre il sole tramontava lento, troppo lento per entrambe, Daenerys decise che forse il silenzio non era la cosa migliore, non in quel momento. "Vuoi sapere una cosa buffa?" disse mentre legava con calma le bisacce sul dorso del drago. Nymeria la guardò incuriosita e lei continuò "Arya ha un metalupo, una specie di lupo però più grande.." "So cos'è un metalupo, mia regina. Solo non pensavo che ne esistessero ancora nei Sette Regni." "Arya mi ha raccontato che furono i suoi fratelli a trovarli, la madre morta e i sei cuccioli abbandonati; suo padre ne diede uno ad ognuno dei suoi figli, perché lo crescessero e lo educassero." "E cosa c'è di buffo in tutto questo?" Daenerys le sorrise "Il metalupo di Arya si chiama Nymeria."
 
 
 
Nymeria la guardò per un attimo, pensando ad uno scherzo, poi rise "Quella piccola arrogantella, non posso certo dire che non sia un bel nome." Anche Daenerys rise per un attimo, sforzandosi di dimenticare tutto quello che girava intorno a loro, il mondo che bruciava per la guerra imminente, la lontananza da Arya, Missandei, Jorah, il povero Jorah che l'aveva implorata di portarlo con lei, almeno quella volta. "Devi essere una donna che sa farsi amare, mia regina." Daenerys la guardò negli occhi, cercando invano del sarcasmo nel suo sguardo "Tu dici?" "Quella ragazza.. Si getterebbe nel fuoco per te. E ho l'impressione che possa averlo già fatto." Daenerys abbassò lo sguardo, pensando a quante volte Arya aveva rischiato la vita per lei "Io farei lo stesso." Nymeria le sorrise e si alzò stiracchiandosi dal sasso su cui si era seduta "E io che pensavo di avere qualche possibilità, povera illusa." Daenerys rise nuovamente mentre Nymeria si avvicinava a Drogon, che la fissava con grandi occhi dall'aspetto felino e le narici dilatate. "Sai, pensavo sarebbe stato peggio, non mi dispiace volare con lui." Daenerys salì agilmente in groppo al drago, tendendole la mano "In fondo, sangue Targaryen scorre nelle tue vene; fu la mia omonima ad unire i nostri regni, sposando il vostro principe." Nymeria annuì prendendo la sua mano "Sembra che il destino di Dorne dipenda sempre da Daenerys Targaryen, dunque."
 
 
 
Daenerys non aveva nessuna intenzione di perdere un altro giorno, non poteva permetterselo. Spinse Drogon al massimo delle sue capacità, ben sapendo che il drago avrebbe dovuto riposarsi adeguatamente prima di presentarsi in battaglia, eppure le premeva arrivare, studiare la situazione, iniziare a combattere. Aveva detto ad Arya che c'era tempo, che dovevano fare le cose con calma e in modo giusto, eppure non poteva nascondere a se stessa quanto desiderasse la fine di quello scontro; era da tutta la sua vita che aspettava il giorno in cui sarebbe tornata a casa, in cui finalmente ne avrebbe avuta una. Mereen era stata a lungo la sua dimora, la casa con la porta rossa era stata il nido della sua infanzia, una felicità a lungo dimenticata, eppure nessuno di quei luoghi era stato davvero la sua casa. Ma qui, nella città dei suoi antenati, con Arya al suo fianco, forse poteva sperare di aver trovato il suo posto, finalmente. Videro dall'alto le luci dell'accampamento dei Tyrell, e andando più avanti, sfidando il giorno incombente arrivarono all'accampamento dei Martell. Gli uomini dovevano essere stati preparati a suo arrivo, perché nessuno di loro sembrò molto sorpreso di ritrovarsi un drago accanto alla loro tenda, eppure guardavano Drogon con rispetto e timore, quasi fosse appena uscito da un libro di leggende; Daenerys si rese conto che per loro doveva essere così, nonostante lei e i suoi uomini si fossero ormai abituati alla presenza delle enormi creature, per tutti gli altri la sola vista dei draghi doveva essere un piccolo miracolo.
 
 
 
Nymeria scambiò qualche parola con l'alta donna dall'aspetto feroce che era arrivata ad accoglierle, per poi rigirarsi verso di lei "Questa è mia sorella Obara, la maggiore delle Serpi. Mi ha appena informato della presenza della principessa Arianne nell’accampamento, vorrebbe vedervi." Daenerys accarezzò per l'ultima volta il collo squamoso del drago, chiedendo che gli venisse portato del cibo prima di seguire Nymeria lungo dedali di tende che le ricordavano la sua carovana di Essos "Non mi avevi detto che Arianne doveva bloccare la vostra ribellione?" Nymerya annuì "Lo sta facendo, ma appena ha saputo che venivi qui, si è precipitata. Vuole conoscerti."
 
 
Arianne Martell era di una bellezza e di una regalità che Daenerys trovò stupefacenti nonostante l'abito da popolana che indossava e i segni del lungo viaggio sul suo volto. "Mi scuso per il mio aspetto, mia regina, ho viaggiato in incognito per il mio stesso regno. Sono la principessa Arianne Martell, al vostro servizio." Nonostante le buone maniere e lo sguardo affabile, Daenerys aveva vissuto troppo a lungo in una corte per non saper interpretare lo sguardo che la principessa le stava rivolgendo; la stava valutando, setacciando con sguardo indagatore ogni aspetto del suo essere, e lei non aveva intenzione di essere da meno. "E' un piacere conoscervi finalmente principessa, io sono Daenerys Targaryen, nata dalla tempesta, madre dei draghi, la non bruciata, colei che spezza le catene e una serie di altri titoli che la mia ancella annuncerebbe se fosse qui." Arianne sorrise e le fece cenno di sedersi sulla sedia davanti a lei; le donne si squadrarono per un attimo, sostenendo lo sguardo reciprocamente, quasi come in una sfida.
 
 
 
"Non abbiamo tempo di aspettare che una di voi abbassi lo sguardo mie signore." Disse Nymeria dietro di loro, alzando palesemente gli occhi al cielo. Arianne la guardò per un attimo socchiudendo gli occhi, poi la sua attenzione tornò su Daenerys "Non so se lo sapete, ma sono la sorella di Quentyn Martell." Daenerys annuì abbassando lo sguardo "Si, lo sapevo. Mi dispiace molto per la vostra perdita, Quentyn era un bravo ragazzo, molto dolce." Arianne le rivolse un sorriso triste "Probabilmente l'avete conosciuto meglio voi di quanto non abbia mai fatto io, non siamo cresciuti insieme. Fu una sorpresa per me scoprire che era partito per Essos per sposare voi, prendendo il mio posto nel contratto matrimoniale tra le nostre due famiglie. Chissà dove saremo adesso, se io avessi sposato Viserys." Daenerys sorrise e sorseggiò il vino che una della serve aveva appena portato in tavola "Probabilmente nessuno di noi sarebbe vivo per vedere il momento."
 
 
 
Arianne la guardò inarcando un sopracciglio "Mio fratello non era un uomo cattivo" disse Daenerys con sguardo triste "Ma non era stabile. Anni di sacrifici e perdite gli hanno tolto la felicità dal cuore, lasciando solo arido deserto. Penso che volesse tornare a casa solo per ritrovare ciò che aveva perso, l'amore di suo madre, la regalità del suo rango. Non sarebbe mai stato un buon re, non avrebbe mai potuto risvegliare i draghi." "E invece voi eravate destinata a farlo?" c'era un'ironia non troppo sottile nelle parole di Arianne, ma Daenerys non si scompose "Gli dei hanno scelto me per far rinascere la mia stirpe dalle ceneri; non l'ho mai chiesto, eppure eccomi qui. Adesso non posso più tirarmi indietro." Arianne abbandonò la fredda e composta maschera che aveva tenuto fin dall'inizio e le sorrise, stavolta sinceramente "No di certo. Molto bene, io non dovrei trattenermi oltre in questo luogo, troppo pericoloso. Obara mi ha già aggiornato sui movimenti delle truppe, lo farà anche con voi."
 
 
 
Daenerys la guardò stupita "Avete fatto tutta questa strada per questo?" Arianne le sorrise "Non affiderei mai il destino delle mia gente a qualcuno che non mi convince, Daenerys Targaryen. Che il nostro prossimo incontro possa essere nella sala del trono nella Fortezza Rossa; brinderemo sui cadaveri dei nostri nemici." Daenerys chinò il capo in segno di saluto, ancora sorpresa da tutta quella situazione, presa alla sprovvista dal carattere stravagante della principessa di Dorne. Nymeria sorrise di fronte al suo smarrimento "Ci vuole del tempo per abituarsi a lei." Daenerys fissò le mappe militari attaccate alla parete della tenda, soffocando la stanchezza in un angolo remoto della sua mente "Quando vinceremo questa guerra, avremo tutto il tempo del mondo."
 
 
 
 
Arya sedeva nella sua tenda, fissando con vago interesse i riflessi di luce sui tessuti colorati che la circondavano, mentre davanti a lei Asha continuava a parlare. Aveva cercato di seguirla per la prima mezz'ora, ma poi l'argomento era scivolato sulle conquiste amorose della donna e il suo interesse per la discussione si era decisamente esaurito. La verità era che per la prima volta dopo tantissimo tempo Arya Stark si stava annoiando. Per gran parte della sua vita aveva sempre avuto uno scopo, una missione, la sua vita era un continuo spostarsi, combattere; e adesso erano due giorni che stava seduta a letto, aspettando pazientemente che la ferita che Euron Greyjoy le aveva inferto guarisse completamente, aspettando di ricevere notizie di Daenerys. Le armate di Dany e Arya si stavano riunendo nella baia, il giorno prima era arrivato anche lord Manderly, assicurandole che i territori delle Terre dei Fiumi erano completamente libere da qualsiasi Frey.
 
 
 
Le era persino piaciuto per un paio di minuti, rilassarsi e riposarsi per un attimo, ma adesso fremeva d'impazienza, voleva prendere il suo esercito e invadere i Tyrell, attaccare i Lannister finché ancora non erano preparati. Persa nei suoi pensieri, nemmeno si accorse che Asha aveva smesso di parlare e ora la fissava con sguardo lievemente irritato "Potevi semplicemente dirmi che non ti interessava la mia vita." Arya chinò il capo "Perdonami, non riesco a fare a meno di pensare a tutto quello che ancora dobbiamo fare." Asha annuì "Non credere che per me sia più facile rimanere qui a guardarti poltrire a letto mentre il destino della nostra guerra è nelle mani della piccola riccioli d'argento." Arya si lasciò scappare un sorriso "Dovresti fidarti di più, Daenerys tiene più di noi due messe assieme alla vittoria. Stai certa che morirà prima di fallire." Asha la guardò per un istante con sguardo pensieroso "E se dovesse succedere? Se lei morisse, andresti avanti con la guerra?"
 
 
 
Arya la guardò negli occhi, cercando invano una traccia di ironia nel suo sguardo "Non voglio nemmeno pensarci. Senza di lei, potrei tornare com'era prima.. la sola idea mi dà i brividi." "Era davvero così terribile?" Asha sembrava dubbiosa, ma Arya sapeva che non c'era modo di spiegarle com'era stato, quello che veramente aveva significato per lei "Era come essere morta. E qualsiasi cosa io toccassi.. diventava morte. Non era vivere, era come essere immersi in pece nera, tutto era lontano, distante. Preferirei morire che tornare ad essere quella che ero." Asha rimase per un attimo in silenzio poi annuì "Pregherò il dio abissale affinché protegga la madre dei draghi dunque, non possiamo permetterci di perderti Stark, non adesso che comincia a starmi simpatica." Arya scoppiò a ridere proprio nel momento in cui Brienne entrò nella tenda.
 
 
 
"Mia signora, lady Asha." chinò leggermente il capo e Arya la salutò con un sorriso "Brienne, come stanno andando le sistemazioni dell'esercito?" Brienne scrollò le spalle "Ci sono stati un paio di problemi questa mattina, gli uomini del Nord non sono propriamente amichevoli nei confronti degli Immacolati, dicono che non sono veri uomini senza.. insomma avete capito." Brienne assunse una vaga colorazione porpora sulle guance "Ma ho sistemato tutto." "E come hai fatto?" "Ho dato una bella lezione ai più animati. Poi ho chiesto loro come si sentivano i veri uomini ad essere sconfitti da una donna; alla fine si sono i più si sono messi a ridere e hanno dimenticato la faccenda." "E gli altri?" chiese Asha curiosa "Potrei ricevere minacce di morte in questi giorni, ma starò attenta, lo prometto." Arya le sorrise e Brienne ricambiò "Ma non sono qui per questo mia regina. E' arrivata questa per voi." Brienne le porse una lettera leggermente sgualcita e Arya la fissò con curiosità "Viene da Nido dell'Aquila, il messaggero non ha saputo dirmi altro."
Sia Asha che Brienne rimasero attonite nel vedere il cambiamento nel volto di Arya mentre leggeva, gli occhi che si facevano lucidi man mano che leggeva. Alla fine, senza staccare gli occhi dal punto in cui aveva letto la lettera, passò il foglio di pergamena a Brienne.
 
 
 
Mia cara sorella,
E' con disperazione nel cuore che ti scrivo questa lettera, senza la certezza che ti arrivi in tempo, senza sapere se davvero sei tu, senza sapere se ancora ti importa, ma quando ho saputo che sei tornata a casa, non ho potuto fare a meno di provare. Sono stata accusata di omicidio, sono in attesa del processo nelle segrete di Nido dell'Aquila, e il mio cuore sa di non avere speranze di un giusto processo, non qui. Nessuno è disposto ad aiutarmi, tu sei la mia ultima speranza. So di non avere alcun diritto di chiedertelo, ma ti prego di venire in mio soccorso se puoi, se davvero sei tu. Non possiedo alcuna prova della mia vera identità, se non il ricordo delle ultime cose che ti dissi; tu mi toccasti il braccio per consolarmi, nostro padre ci aveva appena informate che avremmo fatto ritorno a Grande Inverno, e che io non avrei sposato Joffrey. Tu cercavi di aiutarmi, e io ti spinsi via, insultandoti, dicendoti che avresti dovuto sposare Hodor. Il solo ricordo di quelle parole mi fa ridere al pensiero di quanto ero ingenua e stupida, cieca alla realtà. Ho commesso molti errori, ma di pochi mi sono pentita tanto quanto averti sbattuto la porta in faccia quella notte; per anni ti ho creduta morta, e soffrivo pensando che le mie ultime parole a mia sorella fossero state così piene d'odio. Non volevo che finisse così anche questa volta, non se potevo evitarlo. Ti ho sempre voluto bene sorella, nonostante tutte le differenze; se la morte dovesse prendermi mi riunirò a nostro padre e nostra madre, e darò loro un bacio da parte tua. Ma se puoi, se ancora qualcosa ti lega al ricordo della tua frivola sorella maggiore, ti prego di venire; la mia non è l'unica vita ad essere in gioco.
Con amore,
 
Sansa Stark
 
 
Brienne alzò lo sguardo su Arya e capì subito le sue intenzioni "Mia signora, non sappiamo da quanto tempo sia partita questa lettera, almeno una settimana di viaggio ci separa dal Nido, non c'è cavallo che possa portarvi là in tempo." Arya si alzò, fissando Brienne negli occhi "E cosa ne pensi invece di un drago?"
 
 


Note:  Ancora una volta, mi scuso per l’enorme ritardo, colpa dei parziali di fisiologia che riempiono le mie settimane. Colgo l’occasione per ringraziarvi, il primo capitolo di questa storia ha superato le mille visualizzazioni, ed era un risultato che mai avevo sperato di raggiungere! In più, faccio a tutti dei super auguri di buone feste, sperando che passiate delle bellissime vacanze.
Un abbraccio, alla prossima!
-arangirl-

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***


"Non potete essere seria." Il volto di Brienne era pieno di preoccupazione, sapeva fin troppo bene che quando la sua regina si metteva in testa una cosa nessuno poteva fermala. Si ricordava come se fosse ieri la sera in cui aveva parlato con Catelyn delle sue figlie, in una delle lunghe notti durante il cammino verso Delta delle Acque; aveva appena perso Renly, e sentir parlare la donna delle sue bambine, l'amore che aveva nello sguardo quando ne parlava l'aveva fatta sentire meglio, almeno per un po'. Lady Catelyn aveva definito la figlia minore testarda, e Brienne si rendeva conto solo ora di quanto la madre di Arya avesse ragione, anche dopo tutto quel tempo. Arya si era alzata in piedi, cercando di radunare le sue cose più in fretta che poteva. "Devo dire che questa volta concordo con la gigantessa." Brienne lanciò un'occhiata di gratitudine ad Asha nonostante l'appellativo "E' un'impresa folle. I draghi di Daenerys ti bruceranno viva non appena ti avvicinerai a loro. E poi mangeranno i tuoi resti abbrustoliti. Non una gran fine per una regina."
 
 
 
Arya si fermò un secondo, guardando prima Brienne poi Asha "Posso farcela, so di poterlo fare." Brienne non mollò "Tutti gli uomini radunati in questa baia sono venuti qua per voi, vi hanno seguita lasciando le loro case, le loro famiglie per combattere al vostro fianco. Che cosa diranno se vi vedono andar via?" Arya non esitò nemmeno un secondo "Che non sono disposta ad abbandonare un membro della mia famiglia in pericolo. Non mi sembra poi una qualità tanto tremenda.”. "E se poi ti uccidono? Sei così sicura di te mia regina da non aver nemmeno considerato questa possibilità?" Asha incrociò le braccia al petto "Se tu muori, l'alleanza tra i lord del Nord svanisce. La nostra alleanza svanisce. Tu e il tuo sangue siete l'unica ragione per cui stiamo combattendo questa guerra. Se tu muori adesso i tuoi uomini si consegneranno ai Lannister invocando il loro perdono, e probabilmente verranno tutti giustiziati conoscendo la misericordia della regina Cersei."
 
 
 
Arya si fermò definitivamente a quel punto, lo sguardo fisso a terra "So che questo potrebbe sembrarvi egoistico ma... sono pronta a correre il rischio. Anche se riuscissi a vincere questa guerra, ad avere giustizia per la mia famiglia, non avrebbe più senso se adesso non faccio qualcosa per salvare mia sorella. Per tutti questi anni, ogni volta che pensavo a Sansa, mi pentivo di essere stata sempre così scontrosa nei suoi confronti. Ero così gelosa di lei." Arya scosse piano il capo "Lei era una lady perfetta, bella, ammirata da tutti... ero fermamente convinta che si fosse presa tutte le doti migliori, non lasciando nulla per me. Sono arrivata persino a odiarla per questo. Tante volte ci siamo fatte del male l'una all'altra, ma lei è mia sorella." La voce di Arya s’incrinò per un attimo mentre le ritornavano in mente i contorni sfuocati del volto di Sansa "E per lungo tempo mi sono sentita in colpa per essere scappata senza da lei, per averla lasciata da sola. Come in tante cose della mia vita, ho realizzato quanto fosse importante per me solo dopo averla persa. Non commetterò lo stesso errore due volte.”. Arya guardò Brienne per un lungo momento "Che gli Antichi Dei mi distruggano se mi permetto di perdere un altro membro della mia famiglia. Non succederà. Non oggi."
 
 
 
Brienne la fissò per un lungo momento quasi con rimpianto "Non c'è nulla che io possa dire per farvi cambiare idea, vero?" Arya le sorrise "No." Passò qualche secondo prima che Asha esprimesse l'unico vero dubbio che tormentava Arya "E la tua dolce metà? Non si arrabbierà quando vedrà che le hai rubato uno dei suoi figlioli?" Arya si morse leggermente il labbro inferiore "Io.. io credo che capirà." "Già lo penso anch’io. Sarà così felice di tornare e trovare il tuo cadavere bruciato. Potrebbe anche decidere di non versare una lacrima vista la tua stupidità." Lo sguardo di Arya si fece più duro "Non morirò bruciata. Ho un'idea. Per quanto riguarda Daenerys, questo è solo un prestito. Se dovrò sopportare la sua ira per salvare Sansa sono disposta a fare anche quello.”. "A questo proposito, dovete considerare il fatto che forse la lettera è arrivata troppo tardi. Vostra sorella potrebbe essere già morta.”. Arya rimase in silenzio per un attimo "Devo tentare. E se arriverò troppo tardi, almeno avrò onorato la sua memoria tentando di salvarla. E poi" alzò lo sguardo verso Brienne, gli occhi grigi che brillavano alla luce delle torce "Almeno avrò la soddisfazione di carbonizzare le ossa di chiunque l'abbia toccata."
 
 
 
"Almeno permettetemi di venire con voi. Non potete andare da sola, non vi siete ancora ripresa del tutto." Arya scosse il capo "Ho bisogno che resti qui Brienne. Sei l'unica di cui mi fido abbastanza. L'attacco non si può fermare. Fai marciare gli uomini verso Sud, dobbiamo essere pronti a sferrare l'attacco finale quando Daenerys tornerà. E se non dovessi tornare..." Brienne scosse il capo "Non ditelo.." "Se io non dovessi tornare, Brienne, ti prego di proteggerla al posto." Brienne la fissò negli occhi, il volto più serio che mai "Proteggila per me e aiutala a riconquistare la corona. Sono sicura che concederà al Nord la sua indipendenza anche se io non dovessi più esserci." Arya guardò entrambe prima di prendere il mantello da viaggio e le daghe che teneva accanto al letto "Ma questo non è un addio, ve lo prometto."
 
 
 
 
Camminando velocemente verso il luogo in cui i draghi erano stati sistemati, Arya non riuscì a non provare una notevole dose di paura per quello che stava per fare. Si era mostrata sicura davanti ad Asha e Brienne, ma in cuor suo non era certa di riuscire a realizzare ciò che aveva in mente. Sapeva di poterlo fare con Nymeria, di riuscire a scivolare sotto la pelle della metalupa, ma c'erano voluti anni per capire che i sogni che la tormentavano di notte non erano semplici sogni, ma qualcosa in più. Non aveva mai provato a farlo con nessun'altra creatura, e di sicuro con nulla paragonabile a un drago. Era così persa nei suoi pensieri che quasi non si accorse dell'uomo che si ergeva davanti alle gabbie dei draghi, e che la stava aspettando "Ser Jorah?" Arya lo guardò stupita, notando come l'uomo si era completamente ripreso dalle ferite dell'ultima battaglia. Aveva la spada sguainata e la fissava con evidente risolutezza "Non posso lasciartelo fare." "Come... Mi stavi spiando?" Jorah scosse la testa "Ero venuto a parlarti della missione di Daenerys quando ho sentito il vostro discorso. Non posso lasciarvi prendere uno dei draghi."
 
 
 
Arya si avvicinò di un passo, tranquilla come non mai; non aveva le idee chiare su come affrontare i draghi, ma discutere con Jorah era qualcosa di così normale per lei che riuscì a calmare i suoi nervi "Credi davvero che abbia intenzione di rubarle un drago? Se hai sentito questo, hai capito anche il perché voglio farlo... Anche tu hai perso persone amate Ser Jorah, non puoi togliermi la possibilità di salvare ciò che resta della mia famiglia. Restituirò il drago non appena sarò tornata, sai che non potrei mai usarlo contro di lei." Jorah abbassò lo sguardo "Non lo sto facendo per questo." Arya era confusa, ma non cercò di fermare l'uomo nonostante sapesse che il tempo a sua disposizione non era infinito. Jorah la guardava in modo strano, come se la vedesse per la prima volta "Tu non hai idea di quanto io ti abbia odiato. Sono stato al suo fianco dal primo momento, subito ho capito che lei era diversa, speciale. Mi sono innamorato di lei, l'ho protetta con tutte le mie forze e per anni ho viaggiato nel deserto lavorando come schiavo, solo per tornare da lei. E quando finalmente ci riesco, quando lei mi concede nuovamente la sua fiducia ecco che arrivi tu, misteriosa e intrigante, e la porti via da me." "Jorah..." "Non ho finito. Ti ho odiata allora, ma quando ho scoperto chi eri, per quale motivo eri venuta... Volevo ucciderti, e volevo farlo in un modo orribile. Sei stata graziata con l'esilio, altrimenti avresti patito una sorte ben peggiore della morte."
 
 
 
"E forse era quello che meritavo. So di aver sbagliato Jorah, e tu hai tutti i diritti di odiarmi." "Non credo che riuscirai mai a piacermi Stark. Ma so che la rendi felice, l'ho visto, nonostante tutto quello che hai fatto Daenerys ti ama, anche se non riesco a capire il perché. L'unica cosa che ho sempre voluto per lei era vederla felice, e se non posso essere io a renderla tale, vorrà dire che cercherò di preservare la sua felicità come meglio posso. Non ti permetterò di suicidarti buttandoti nella gabbia di uno dei suoi draghi, non le spezzerai di nuovo il cuore." Ci volle qualche secondo ad Arya per realizzare il vero significato di quello che le stava dicendo Jorah, e la lasciò basita la profondità dell'affetto che legava l'uomo davanti a lei alla sua regina, e si meravigliò ancora una volta di come Daenerys riuscisse a instillare lealtà e affetto nel cuore degli uomini semplicemente essendo se stessa. "Jorah, ti prego di credermi, posso farcela." "Non sei stata la prima a provare ad ammaestrare i draghi. Solo Daenerys può." La giovane regina si avvicinò ulteriormente a lui, finalmente decisa a rivelargli il suo piano "Hai mai sentito parlare di persone che entrano nella mente delle altre creature Jorah?" Jorah sorrise "I mutaforma? Sono solo una leggenda." Fu Arya a sorridere questa volta "Come i draghi."
 
 
 
Jorah aprì la bocca ma rimase muto, preso in contropiede e Arya proseguì "La mia famiglia discende dai Primi Uomini, magia antica scorre nel nostro sangue." "Quindi mi stai dicendo che puoi prendere il controllo della mente di uno dei draghi di Daenerys?" Arya scosse il capo, guardando le gabbie da dove grandi occhi gialli la fissavano minacciosi "Non oso pensare tanto. Posso farlo con la mia metalupa, ma non ho mai provato a farlo con nessun altro. Non so cosa ci sia nelle loro menti, quanto possa essere complicato il loro ingegno. Ma posso cercare di mettermi in contatto con lui, di aprigli la mia mente in modo che possa capire le mie intenzioni." Jorah sembrò soppesare le sue affermazioni "E se le tue intenzioni non dovessero piacergli?" "Allora cercherò di allontanarmi il più velocemente possibile." Jorah la fissò per un lungo attimo, e Arya vide nei suoi occhi la stessa certezza che sentiva dentro; era un piano al limite del reale. Ma Arya non si diede per vinta "Sai benissimo che posso batterti Jorah, l'ho già fatto. Ma mi dispiacerebbe farti male, soprattutto dopo quello che mi hai detto; è bello sapere che Daenerys ha al suo fianco una persona come te." Jorah non sembrava ancora convinto "Se mi lasci provare, ti porterò con me in caso di successo, così potrai tenermi d'occhio." Questo sembrò convincerlo "Se sei così folle da tentare, fai pure. Ma non ti aspettare di riuscire a sfuggire alle fiamme quando ti ghermiranno."
 
 
 
Arya rivolse la sua attenzione alle gabbie mentre Jorah si faceva da parte. La prima cosa da fare era decidere con quale dei due draghi doveva cercare di entrare in contatto; quel fatto da solo poteva decidere il suo destino. Il drago verde smeraldo la stava ignorando, guardando la foresta dietro di loro con sguardo elegante ed espressione quasi felina. Il drago dorato invece la fissava negli occhi, le grosse narici dilatate mentre percepiva odori che erano preclusi ai comuni mortali. Arya fece la sua scelta. "Rhaegal? Sul serio?" il tono di Jorah sembrava quasi ansioso, come se cominciasse a pensare che forse Arya poteva farcela davvero; lei non riusciva più a pensare. Si avvicinò alla gabbia e incatenò il suo sguardo a quello dell'animale, ignorando il leggero brontolio che si sentiva nell'aria. A un certo punto provò un leggero senso di torpore mentre la sua mente si sentiva scivolare via, lontano dal suo corpo, trascinata da una forza cui era impossibile resistere. Quando lo faceva con Nymeria le bastava chiudere gli occhi, tutto era facile, automatico, ma questo era completamente diverso. La stessa essenza del drago sembrava fatta di fuoco, brillante e splendente come mille soli, e la ragazza rimase accecata davanti a quello spettacolo. La sua forza di volontà l'abbandonava lentamente mentre cominciava a comprendere la forza millenaria che le stava davanti, insieme all'irritazione del drago per quell'invasione della sua mente. Non poteva tirarsi indietro in quel momento, se l'avesse fatto la sua morte sarebbe stata sicura.
 
 
 
Continuò ad avanzare, sfiorando delicatamente la mente della creatura con la sua, sperando che la ritenesse degna se non del suo aiuto, almeno della sua attenzione. Rhaegal avvertì il suo senso di fretta, il bisogno di muoversi, il desiderio di volare e per un attimo Arya pensò che il drago la capisse; non doveva essere facile per una creatura tanto maestosa passare una vita incatenato al suolo. Arya si aggrappò a questo, mostrando al drago la sua volontà di renderlo più libero, di non volerlo soggiogare a se. Non voleva diventare padrona del drago, quello non riusciva a immaginarlo, quello che cercava di ottenere, forse un po’ ingenuamente, era fiducia. Il tempo passava inesorabile e il calore del drago le penetrava dentro, sembrava volerle infrangere le ossa, invadere i polmoni, ogni centimetro del suo corpo, ma Arya non cedette. Le loro menti erano collegate, Arya poteva sentire il battito del cuore possente del drago nelle sue orecchie, percepire il movimento appena accennato delle sue ali sulla sua pelle, doveva solo resistere un altro momento. Alla fine fu come se il mondo, dopo essere stato risucchiato nel calore della creatura fosse risputato fuori dal vortice incandescente, e Arya cadde in ginocchio davanti al drago, incapace di rimanere in piedi per un altro secondo.
Dietro di lei, a una debita distanza di sicurezza, sentì Jorah tirare un sospiro di sollievo "Sono più di due ore che sei immobile davanti a lui. Pensavo non tornassi più indietro." Per un momento l'aveva pensato anche lei. "Apri la gabbia Ser Jorah. Rhaegal mi ha concesso il suo favore stanotte." Jorah si avvicinò e l'aiutò ad alzarsi "Il drago con il nome di Rhaegar e la nipote di Lyanna Stark. Il destino a volte è davvero un giullare senza scrupoli."
 
*
 
 
Daenerys fissava immobile la linea dell'orizzonte davanti a lei, pregando che non mancasse molto alla fine della battaglia, era sfinita. Dopo due giorni dal suo arrivo all'accampamento finalmente l'esercito dei Tyrell aveva fatto la sua mossa, i comandanti evidentemente ignari della presenza di un drago tra le fila dei dorniani ribelli. Daenerys si era sentita potente quanto una dea quando per la prima volta si era alzata in volo con Drogon tra le esclamazioni dei suoi alleati e le grida di terrore dei nemici. La maggior parte delle prime linee aveva abbandonato le armi ed era scappata di fronte alla potenza del suo drago, ma pochissimi di loro si erano salvati dalla furia del fuoco. Aveva urlato "Dracarys" a pieni polmoni al di sopra di ogni suono nel campo di battaglia e Drogon aveva scatenato l'inferno sui quei soldati. Ben presto, dopo che l'iniziale paura si era stemperata, i comandati dell'esercito nemico avevano indirizzato tutta la loro potenza di fuoco su di lei, e Daenerys si era ritrovata a schivare frecce che arrivavano da ogni dove. Aveva resistito quanto più possibile, ma le complicate manovre di volo avevano stancato Drogon come non mai, e Daenerys aveva deciso di ritirarsi.
 
 
 
Erano ormai tre giorni che andavano avanti così, e per quanti nemici Drogon riuscisse a carbonizzare i Tyrell sembravano pronti a rimpiazzarli con nuovi uomini. A Daenerys sembrava solo un terribile spreco di vite, e Nymeria sembrava essere d'accordo con lei "Non possono andare avanti tanto, un altro paio di giorni e la vittoria sarà nostra." Daenerys la guardò negli occhi "Non sono sicura che Drogon possa resistere ancora a lungo, non è ancora un drago adulto." Nymeria lanciò un'occhiata scettica all'enorme bestia accanto a loro e Daenerys scosse la testa "Io stessa so così poco dei draghi, di quanto tempo ci voglia loro per crescere nel modo adeguato. Non posso sfiancarlo più di così, la sua vita è ben più importante che questa battaglia." Daenerys vide la mascella di Nymeria serrarsi in modo minaccioso "Mi stai dicendo che la vita del tuo drago vale più di quella dei miei uomini? Se li mando all'attacco da soli ne moriranno a centinaia." Daenerys scosse la testa, conscia che quanto stava per dire era una cosa orribile, ma terribilmente vera "Ci sono migliaia di uomini in questo accampamento, ma un solo drago. Sto cercando di essere realista." Nymeria non poteva contraddirla, sapeva di avere ragione "Manda qualcuno a negoziare con loro, mi hai detto che Garlan Tyrell è al comando... Manda qualcuno a parlare con lui, sono certo che sia infelice di continuare a vedere i suoi uomini bruciare."
 
 
 
Il grosso drago nero accanto a lei emise un brontolio sommesso e Daenerys lo accarezzò leggermente, chiedendosi all'improvviso di quali sentimenti fosse capace quella creatura; per quanto lei fosse la persona più legata a loro, c'erano ancora tante di quelle cose che non sapeva sui suoi draghi, sui suoi stessi figli. Nymeria annuì davanti a lei "Manderò un messaggero per programmare un incontro. Vediamo di finirla con questo spreco di tempo." Daenerys però non aveva dimenticato le parole che si era scambiata con Arya "Ma le condizioni devono essere chiare. Se non si arrendono, moriranno tra le fiamme. Non possiamo lasciare nulla al caso." Nymeria chinò il capo e lasciò la giovane regina sola con i suoi pensieri, che tornavano inevitabilmente alla ragazza che stava aspettando il suo ritorno.
 
*
 
 
La prima volta che Daenerys l'aveva portata con lei in volo Arya l'aveva trovato stupendo. Ma era stato un volo breve, e in compagnia di Daenerys stessa. Questo era molto diverso. Il drago sembrava percepire il suo disagio, e ogni tanto si trascinava lentamente fuori dalla rotta, costringendo la ragazza a mettersi nuovamente in contatto con lui, cosa che la sfiniva ogni volta di più. Le gambe le dolevano come non mai per la scomoda posizione e Ser Jorah non faceva che stringersi a lei come un disperato ogni volta che una folata di vento li colpiva; dopo le prime due ore Arya aveva cominciato a pensare che soffrisse di vertigini. In più volavano in alto per rimanere invisibili il più a lungo possibile, cosa che rendeva l'aria sempre più rarefatta mentre avanzavano. Si fermavano solo per poco tempo, lo stretto necessario per far mangiare Rhaegal che tra i tre sembrava il più instancabile. "Nessuno l'aveva mai portato fuori per tanto a lungo. Daenerys cavalca solo Drogon… Penso sia contento di librarsi finalmente in volo." Arya annuì e accarezzò leggermente una delle possenti spalle del drago, che la ricambiò con un’occhiata; non era sicura di stargli simpatica, ma sembrava accettare di buon grado la sua compagnia pur di volare.
 
 
 
Sette giorni di cammino separavano il loro accampamento da Nido dell'Aquila; volando il grosso drago dorato raggiunse la roccaforte tra le montagne in appena tre giorni. Arya si sentiva al limite delle forze per il continuo contatto mentale con la creatura, eppure quando vide Nido dell'Aquila all'orizzonte si sentì subito sollevata. Sollevata e irrequieta. Non sapeva abbastanza della situazione da avere un piano preciso, l'unica cosa di cui era certa era l'assoluta necessità di intervenire subito. Non era neppure sicura di riuscire a controllare il drago abbastanza da non fargli attaccare nessuno; se riusciva a essere abbastanza brava, poteva andarsene da lì con qualcosa di molto più utile alla loro causa che la vita di sua sorella, per quanto Arya ci tenesse. Non era mai stata nella Valle di Arryn prima di quel momento, e fissando l'alta fortezza incastonata nella roccia riuscì subito a capire l'origine di quel suo nome tanto particolare.
 
 
 
Ma come entrare? Lo spazio di movimento era ristretto per un drago delle dimensioni di Rhaegal e lei non conosceva il posto; si maledisse sottovoce per non aver pensato prima a quei dettagli, per non aver chiesto a qualcuno di più esperto. Ma proprio in quel momento sentì la voce di Jorah superare l'ululato del vento intorno a loro "Se cerchi un’entrata, potrei sapere cosa fa al caso nostro, ma dipende: sei pronta a fare un entrata spettacolare?" Arya si girò appena per guardarlo negli occhi e vide che l'uomo sorrideva, riflettendo il leggero senso di onnipotenza e follia che lei stessa si sentiva ribollire nel sangue.
 
 
 
 
I nobili di Nido dell'Aquila fissavano con aria quasi addormentata il nulla davanti a loro mentre le udienze si susseguivano una dietro l'altra con andazzo noioso. Nessuno di loro era venuto lì per quello, erano tutti in smaniosa attesa del processo contro lady Arryn, anche se il suo nobile marito nonché protettore della Valle non sembrava ansioso di condannare a morte la sua delicata moglie. Mentre un lord dall'aspetto abbastanza dismesso e malandato cercava di convincere lord Arryn a diminuire i tributi della sua regione, in parecchi cominciarono a sentire dei tonfi attutiti provenire dalla Porta della Luna. Nessuno ci fece molto caso comunque, o almeno fu così finché dalla botola di legno rinforzato non cominciarono a uscire rivoli di acre fumo grigio. Lord Harrold Hardyng, divenuto Arryn dopo la morte del debole figlio di Lysa e Jon Arryn, si alzò dal sedile sopraelevato che una volta era stato occupato dalla folle sorella di Catelyn Stark con la bocca leggermente spalancata e il volto pieno di confusione.
 
 
 
Quando un rumore terribile giunse dalla botola tutti nella stanza cominciarono a gridare, scappando il più velocemente possibile dalla Porta, ma il rumore del ruggito della bestia enorme che spuntò dagli ammassi di legno coprì ogni altra cosa. Fiamme dorate divoravano quella che una volta era stata la Porta della Luna mentre quella bestia dall'aspetto demoniaco si faceva strada verso la sala, artigliando il bianco marmo delle pareti e del pavimento, generando rumori osceni. Harrold sguainò la spada, seguito in modo riluttante dalla sua guardia personale, pensando in cuor suo di essere morto; cosa poteva mai fare la sua lama contro un drago? Poi la vide. L'esile figura vestita di nero che scendeva sinuosa dalla groppa del drago, fermando il suo incedere con una semplice occhiata. Un'altra scese dopo di lei, più goffa e grossa, che si allontanò subito sensibilmente dall'enorme bestia.
 
 
 
Ora che riusciva a vederla meglio si accorse che la prima persona non era altro che una ragazzina dall'aspetto stanco e dalle profonde occhiaie scure sotto luminosi occhi grigi, che a Harrold sembrarono per un attimo brillare come quelli del drago stesso. Il suo primo pensiero andò a Daenerys Targaryen, la signora dei draghi che era, a quanto dicevano i suoi messaggeri, da poco sbarcata nel continente. Ma la ragazza davanti a lui non aveva capelli color dell'argento e occhi viola, e più che a una regina faceva pensare a uno scudiero malnutrito. C'era però qualcosa di famigliare nei tratti della ragazza, qualcosa che Harrold non riuscì completamente a cogliere, almeno finché quella non parlò "Mi scuso per il disordine. Sono Arya Stark, e sono venuta per mia sorella."

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 ***


Lord Harrold Hardyng si era sempre ritenuto un uomo coraggioso e abile, capace di guidare la sua gente in modo retto e giusto nonostante la sua giovane età e un passato di sregolatezze giovanili; in ogni situazione, la sua sicurezza era di essere sempre pronto a dare il meglio di se. Ma in quel momento, con la spada sguainata e la bocca spalancata, ricoperto dalla polvere che una volta era appartenuta al suo solido pavimento, si sentiva più spaesato e impreparato che mai. La ragazza davanti a lui lo fissava incuriosita e leggermente all’erta, pronta a qualsiasi risposta lui le avesse dato. Il problema è che nemmeno lui sapeva come comportarsi davanti a tutto ciò. Il suo sguardo saettò insicuro tra l’esile figura davanti a lui e il maestoso drago che con l’eleganza di un felino si liberava dai resti della Porta della Luna che aveva ancora addosso. Alla fine riuscì ad articolare qualche parola, solo per ripetere con incredulità il nome che la sua inaspettata ospite gli aveva appena detto “A-Arya Stark?” La ragazza davanti a lui lo guardò per un momento “Quello è il mio nome. Mi piacerebbe conoscere il vostro.” La leggera nota di scherno nella voce di Arya sembrò riportare Harrold alla realtà e stringendo l’elsa della spada si fece avanti di qualche passo “Io sono Lord Harrold Arryn, protettore della Valle! E voi signora, avete appena invaso la mia corte.”. Arya alzò le mani vuote “Vengo in pace. Forse l’entrata non è stata delle migliori, ma sono in lotta contro il tempo. Come vi ho detto, sono qui per mia sorella, Sansa Stark.”
 
 
 
Harrold la guardò minaccioso “Come potete dire di venire in pace portandovi dietro una creatura mostruosa come quella? E che autorità avete voi per solo azzardarvi a venire qua, pensando di restare impunita?” Questa volta fu il grosso uomo dalla folta barba a parlare, il colorito ancora leggermente pallido per il volo, ma dal tono molto più minaccioso di quello di lei “State parlando con la Regina del Nord, signora di Grande Inverno… State attento alle vostre parole.” Lord Arryn lo guardò confuso “Grande Inverno appartiene ai Bolton, da anni ormai.” Arya si avvicinò di qualche passo “Sono sorpresa che le notizie non vi siano ancora giunte. Una guerra è iniziata, gli uomini del Nord si sono uniti a Daenerys Targaryen nella lotta per il Trono; io stessa ho ucciso sia Roose sia Ramsay Bolton riconquistando la mia casa.” Le rughe sottili che si erano formate sulla fronte di Harrold si fecero più profonde “Abbiamo avuto dei… problemi. Colui che si faceva carico della politica esterna è morto due settimane fa. Peter Baelish, forse l’avete già sentito.” Arya annuì, si ricordava vagamente di quell’uomo, molte volte aveva parlato con suo padre quando era ancora in vita. “Da allora è in corso un processo contro la donna che l’ha ucciso, e tutto il resto è sprofondato nel caos.”
 
 
 
Il volto di Arya s’illuminò “E proprio per questo che sono qui. Il processo non è ancora finito? Mia sorella vive ancora?” Il volto di Harrold si rabbuiò “Non so che cosa pensiate, ma nessuna Sansa Stark vive a Nido dell’Aquila. Non è lei la donna sotto accusa, ma mia moglie, lady Alayne Arryn. Era la figlia bastarda di Baelish.” Se la giovane fu delusa dalle sue parole, non lo diede a vedere “Voglio vederla. Mia sorella potrebbe aver cambiato nome per scappare dai Lannister.” Harrold, che fino a quel momento aveva cercato di mantenere la calma, diventò paonazzo “Come osate fare irruzione nella mia dimora, minacciare la vita dei miei uomini e accusarmi di non conoscere nemmeno la vera identità di mia moglie?” Arya rimase impassibile “Non ho fatto nulla di tutto questo. Ma sono venuta per la verità, e se voi me la negate, allora potrei anche pensare di radere al suolo il vostro bel palazzo. Mi basta dare un ordine a Rhaegal.” Il drago nell’udire il suo nome sbuffò leggermente, aumentando ancora di più l’effetto delle parole minacciose della ragazza “Fatemi vedere quest’Alayne, e se non è lei la donna che cerco, allora vi lascerò in pace.” Harrold la fissò per un lungo momento “E se dovesse essere lei?” Arya gli sorrise “Vedremo.” Il lord di Nido dell’Aquila valutò per un attimo le sue possibilità. Certo, poteva ordinare alle sue guardie di uccidere immediatamente i due intrusi, ma restava sempre il problema del drago, e non era qualcosa da poco. Ma non fu quello a fargli decidere di acconsentire alla richiesta della donna, ma il fatto che finalmente capì perché gli sembrava di averla già vista da qualche parte, anche se non riusciva a rammentarsi di lei. Alla fine chinò il capo. “Vi accompagnerò io stesso nella sua stanza. Il vostro drago resta qui.” Arya sorrise “Vi consiglio di non cercare di legarlo… Non sono responsabile per coloro che moriranno provandoci.”.
 
 
 
Lord Arryn accompagnò Arya lungo diversi corridoi tortuosi, forse sperando di farle perdere l’orientamento. Arya non aveva questo tipo di problemi, era stata addestrata per non trovarsi mai in svantaggio, nemmeno di quel tipo. Alla fine si fermarono in un anonimo corridoio, davanti ad una porta presidiata da due guardie “Se non vi dispiace, preferirei entrare da sola.” L’uomo la guardo dubbioso, ma infine annuì “Se sento anche solo un rumore anormale, giuro che entro e vi taglio la gola, drago o non drago. E’ di mia moglie che stiamo parlando.” Arya lo guardò confusa, chiedendosi come un uomo potesse tenere tanto da conto la salute della moglie che stava per condannare a morte. Fece per aprire la porta, ma si fermò, girandosi lievemente per guardare l’uomo negli occhi “Non mi aspettavo che me la lasciaste vedere così facilmente. Cosa vi ha fatto cambiare idea?” Harrold la guardò negli occhi “Il vostro viso. Mi era famigliare, ma non riuscivo a capire perché. Alla fine ci sono arrivato…” Arya sorrise “Assomiglio a lei?” L’uomo scosse la testa “No, non a lei. A nostro figlio. Avete gli stessi occhi.”
 
 
 
Arya entrò nella stanza in modo più silenzioso possibile, guardandosi intorno solo un attimo prima di trovare ciò che cercava. La donna le dava la schiena, fissando il cielo dalla finestra davanti a lei, i lunghi capelli neri che le cadevano sciolti dalle spalle. Quando la porta si chiuse alle sue spalle la donna si voltò leggermente, quel tanto che bastava per permettere ad Arya di riconoscere sua sorella aldilà del pallore del suo viso, delle profonde occhiaie e di qualsiasi altro segno del tempo. Per un momento si sentì così piena di gioia e sollievo che non riuscì nemmeno a respirare; era arrivata in tempo. Sansa invece la guardò quasi come se fosse invisibile, distogliendo lo sguardo dopo pochi attimi “Ho detto che voglio essere lasciata in pace, non ho bisogno di nessuno finché non sarò convocata.” Arya rise, incapace di trattenersi “Passano gli anni ma non cambia il modo in cui mi tratti.” Sansa si girò a quel punto, guardandola bene in volto, gli occhi che lentamente si spalancavano per la sorpresa “Sansa, sono io.” La donna si alzò andandole incontro “Arya? Sei veramente tu?” Arya fece qualche passo verso di lei e s’incontrarono a metà strada, stringendosi in un abbraccio che Arya non avrebbe creduto possibile fino a qualche giorno prima “Ho pregato tanto perché la mia lettera ti raggiungesse. Non credevo di riuscire a rivederti.” Arya sentì gli occhi pizzicarle leggermente mentre cercava di trattenere le lacrime; nemmeno lei l’aveva creduto possibile e più che al salvataggio, aveva preparato il suo cuore alla vendetta.
 
 
 
Sansa si staccò leggermente da lei, per guardarla in volto “Quindi è tutto vero… Sei tornata, sei una regina adesso.” Arya abbassò lo sguardo “Non per mia volontà, ma sì, sono la Regina del Nord adesso. Porto la corona di nostro fratello.” Sansa fece per parlare di nuovo ma Arya la fermò con un cenno “Abbiamo così tante cose da dirci Sansa… Ma non adesso. Adesso devi dirmi cos’è successo tra te e Lord Baelish, devi dirmi come posso aiutarti.” Sansa storse la bocca in un gesto che ad Arya ricordò vagamente il padre “A meno che tu non abbia un esercito, dubito che tu possa fare qualcosa per me.” Arya sorrise “Niente esercito... Però ho un drago.” Sansa la guardò esasperata per un attimo prima di capire che la sorella non scherzava “U-un drago?” Arya scosse la testa “E’ una lunga storia… Ma adesso dimmi cos’è successo.” Sansa si passò una mano tra i capelli, tornando a sedersi nella piccola sedia davanti alla finestra. “Per anni ho finto di essere la sua figlia bastarda, eseguendo i suoi ordini come un uccellino ammaestrato.” Le sue labbra presero una piega terribilmente amara “Lo so che sembra orribile da dire, ma ero felice. Mio marito, Harrold… Non è l’uomo perfetto, ma è una persona gentile, si è sempre preso cura di me, ed era l’unico che cercava di tenermi fuori dagli intrighi di Petyr… per quanto gli fosse possibile.” Sansa la guardò negli occhi, lo sguardo oscurato da fantasmi del passato “Eravamo tutte pedine nelle sue mani, chi più potente chi meno, ma alla fine dovevamo tutti piegarci al suo volere. Anni fa aveva intenzione di usarmi per prendere il controllo di Grande Inverno, del Nord… Ma la regina Cersei era ancora troppo potente, quindi mi fece sposare con Harrold, e lo aiutò a prendere il controllo della Valle. Ma poi i suoi piani cambiarono… quando, quando io…”
 
 
 
Arya le si avvicinò, stringendole la mano “Quando avesti il bambino.” Sansa annuì “Harrold te l’ha detto?” “Mi ha detto che gli somiglio. Non pensavo di essere diventata zia.” Sansa sorrise “E’ vero, ha gli occhi degli Stark…” Si fermò un attimo, come incerta, e le parole che disse poi le uscirono quasi in un sospiro “L’ho chiamato Eddard.”
Arya rimase immobile per un attimo, mordendosi leggermente il labbro, il cuore così pieno di emozione da non riuscire a esprimerle in modo adeguato “Sono sicura che nostro padre ne sarebbe molto orgoglioso.” Sansa cercò di sorridere mentre le lacrime cominciavano a solcarle il volto “Tu sei sempre stata la sua preferita, non ho mai capito il perché. Io cercavo di essere la figlia perfetta, ma lui continuava a preferire te, anche se eri un disastro ambulante.” Arya sorrise al ricordo della bambina incontrollabile che era stato tanto tempo prima “Lui ti amava tantissimo Sansa... Dava solo più attenzione a me perché ero un disastro, ma è sempre stato orgoglioso di te. Tu hai cercato di salvarlo, hai chiesto a Joffrey pietà per lui… E’ più di quanto non abbia potuto fare io.” Sansa la guardò con gli occhi pieni di stupore “Tu eri lì? Quando l’hanno decapitato? Ho sempre pensato che fossi fuggita prima.” Arya scosse la testa “Ero nella piazza, cercavo di raggiungervi. Non avrei potuto fare nulla ma… Volevo essere lì.”
 
 
 
Arya la guardò negli occhi, incapace anche lei di trattenere le lacrime a quel punto “Mi dispiace di averti abbandonato ad Approdo del Re. Sarei dovuta tornare indietro per te.” Sansa l’abbracciò di nuovo, e Arya la strinse a se come avrebbe voluto fare quel giorno di tanti anni prima “Hai fatto la cosa giusta. Se fossi rimasta, probabilmente, saremmo morte entrambe. E poi io ero così orribile con te… Ho passato anni a rimpiangere il modo in cui ti ho trattato.” Arya si staccò da lei e la guardò negli occhi, così simili a quelli della loro madre; lei e Sansa non erano mai state amiche, e forse si erano persino odiate a un certo punto, ma non aveva più importanza “Ti ho lasciato una volta Sansa, non lo farò ancora. Continua il tuo racconto, troveremo una soluzione.” Sansa inspirò profondamente e riprese a parlare “Quando Petyr scoprì che avevo dato alla luce un maschio, i suoi piani cambiarono. Mio figlio avrebbe avuto molta più presa sul titolo di mio padre di quanta avrei mai potuto avere io. In più lui avrebbe controllato la Valle e Grande Inverno, un dominio molto più grande di qualsiasi aspettativa.” Arya annuì “E controllando lui, Petyr avrebbe controllato ogni cosa.” Sansa annuì “Esattamente. Eddard ha solo cinque anni, eppure Petyr aveva già cominciato ad allontanarlo da me e da suo padre. Giravano voci orribili per il castello, dicevano che Eddard era frutto di un incesto, che io ero un’adultera… Ma avevano tutti paura di parlare finché Petyr era in vita. Era una situazione orribile, ma mai quanto lo è diventata quando ha saputo della tua incoronazione. Tutti i suoi piani sono andati in fumo, e lui è come impazzito… aveva deciso di portarsi via Eddard, di portarlo alle Dita finché non fosse stato abbastanza grande da prenderti la corona. Harrold non è riuscito a negargli nulla, è solo grazie al suo favore che è diventato Lord. Ma io mi sono rifiutata.” Sansa scosse la testa “Mio figlio, il mio bambino è la cosa più bella che i Sette Dei mi abbiano dato in questa vita. Non rinuncerei a lui per nulla al mondo, nemmeno per la più preziosa delle corone. Quando lo dissi a Petyr, lui capì che era arrivato il momento di eliminarmi. Ma non è riuscito a uccidermi, non direttamente almeno. Sono quasi sicura che non riuscisse a guardarmi negli occhi abbastanza a lungo senza vedere il fantasma di nostra madre… Avrebbe dovuto farlo invece, avrebbe dovuto uccidermi. Non appena mi ha voltato le spalle, gli ho piantato una daga nella schiena.”
 
 
 
Sansa rimase in silenzio, guardandosi le mani raccolte in grembo e Arya rimase a fissarla, assimilando il racconto della sorella, cercando una via d’uscita. “Puoi dire che è stata legittima difesa…” Sansa scosse la testa “Petyr aveva troppi amici a corte, persone che non aspettavano altro che i suoi favori… i lord mi odiano per averli privati del loro benefattore, e le lady hanno sparlato troppo di me per provare un minimo di comprensione nei miei confronti. Mi vogliono tutti morta e nemmeno Harrold può fare nulla. Il processo sarà solo una farsa, Harrold è riuscito a prolungare i tempi per cercare una soluzione, ma quando avverrà, la sentenza sarà una e una sola.” Arya camminò verso la finestra, fissando a lungo la distesa sotto di loro, ammirando i raggi di sole che si facevano largo tra le nubi. “Ho la soluzione Sansa, so come liberarti. Ma devi fidarti di me.” Sansa non esitò un attimo “Mi fido.” Arya sorrise “Adesso farò entrare tuo marito, e tu gli chiederai un processo per singolar tenzone. Sarò io il tuo campione.”
 
 
 
 
Daenerys squadrò con attenzione l’uomo davanti a lei. Garlan Tyrell era un uomo alto e robusto dall’aspetto affascinante nonostante l’evidente stanchezza; non dovevano essere stati giorni facili per lui. L’uomo s’inchinò comunque quando lei e Nymeria entrarono nella tenda allestita per il loro incontro, e la dorniana sorrise “Non vi chiamano il Galante per niente, ser.” L’uomo ricambiò con un mezzo sorriso “Non vedo perché essere scortesi, anche se siamo in guerra.” “Più che guerra la definirei un triste spreco di vite.” Daenerys guardò l’uomo negli occhi e lui abbassò lo sguardo “Sono una specie rara le donne che vanno dritte al punto milady.” Nymeria gli si avvicinò “E’ regina per te, Tyrell.” L’uomo sorrise nuovamente muovendosi verso una delle sedie, rivelando una ferita alla gamba che Daenerys non aveva notato e che lo faceva zoppicare in modo evidente “Sapete bene che la mia unica regina è mia sorella, Margaery Lannister. Non posso transigere su questo.” L’uomo chiamò un servitore che versò a tutti e tre una coppa di vino, e Daenerys attese pazientemente che fosse lui il primo a bere prima di prenderne qualche sorso. “Ma in quanto a quello che avete detto prima, avete ragione. I miei uomini cadono come foglie al vento davanti al vostro drago.” “Quindi siete venuto qui per arrendervi?” Garlan fissò per un attimo Nymeria, come se stesse cercando il coraggio di parlare “Sono venuto per proporvi un accordo. Io sono disposto a diventare vostro prigioniero, ma voi in cambio dovete lasciar andare i miei uomini.”
 
 
 
Nymeria rise “Nemmeno per sogno. I tuoi uomini devono arrendersi e lasciare le armi, solo così termineremo l’attacco. Nessun Tyrell andrà a ingrossare le fila dei Lannister mentre comando io.” Fu Garlan a ridere a quel punto “Pensate davvero che questa sia tutta la forza di attacco Tyrell? Approdo del Re è circondata dal nostro esercito, il nostro vero esercito. Non riuscirete mai a entrare.” Daenerys si limitò a guardarlo “E allora perché arrendersi? Perché consegnarti a noi invece di aspettare rinforzi?” Garlan si girò verso di lei, e per un attimo a Daenerys parve di vedere un briciolo di tristezza aldilà del suo sguardo impassibile “Ho visto troppi dei miei uomini morire. Non posso sopportarlo ancora.” Nymeria fece per parlare, ma Daenerys le sfiorò leggermente il braccio, chinandosi per sussurrarle all’orecchio. Nymeria la guardò per un attimo incerta, ma alla fine annuì, e Daenerys si rivolse nuovamente verso Garlan ancora in attesa di una risposta “Non basti tu. Te e tutti i tuoi generali. E l’armamentario dei tuoi uomini. Se ne andranno da questa valle disarmati se vogliono andarsene vivi.” Garlan la guardò negli occhi “E se non dovessi accettare?” Daenerys ricambiò lo sguardo senza battere ciglio “Allora brucerete tutti. Non importa quanto tempo ci vorrà.” Garlan attese ancora qualche attimo prima di abbassare lo sguardo. “Ci arrenderemo domani all’alba.” Entrambe le donne annuirono e Daenerys allungò la mano verso il cavaliere “Avrei voluto incontrarvi in circostanze diverse da questa, ser.” L’uomo le prese la mano e se la portò delicatamente alle labbra “Il desiderio è reciproco milady.”
 
 
 
Una volta uscite dalla tenda Daenerys sentì lo sguardo di Nymeria farsi più penetrante che mai “Che cosa succede?” Nymeria scosse la testa “Per me hai commesso un errore. Avremmo dovuto ucciderli tutti, o quantomeno mandarli tutti alla Barriera. Credi che non abbiano altre armi nelle loro belle città fiorite?” Daenerys si fermò per guardare in volto Nymeria, socchiudendo gli occhi di fronte ai colori del tramonto che brillavano alle spalle della guerriera dorniana “Non possiamo perdere più tempo qui, Nymeria. La mia era solo una finta, voi dovete andare verso Approdo del Re, e io devo ritornare dai miei uomini.” Nymeria assunse un’espressione di sfida “Tu vuoi solo tornare dalla tua piccola lupa. Non t’interessa del destino di questa guerra?” Daenerys contò qualche secondo prima di rispondere, cercando di non farsi sopraffare dalla rabbia “Io più di chiunque altro ho sacrificato me stessa per essere qui oggi. Ogni uomo morto per conquistare il Trono ricade su di me, perché sono io che ho iniziato questa guerra, io che porterò la corona. Non dire nemmeno per un secondo che quello che faccio è per egoismo, perché sono venuta qua lasciando i miei uomini e sì, anche Arya, solo per venire in tuo aiuto, per non vedere tutti i tuoi uomini morire schiacciati come formiche. Non mi merito queste accuse Nymeria, e tu lo sai bene.” Per un attimo sembrò che la donna volesse aggiungere qualcosa, ma alla fine si limitò a distogliere lo sguardo “Così sia dunque. Domani mattina sarai libera di tornare dai tuoi uomini.”
 
 
Daenerys allungò la mano e strinse leggermente il braccio dell’altra donna “Ti sono grata per tutto ciò che hai fatto per me. E mi dispiace se la mia decisione non incontra il tuo volere, ma pensaci! Ogni minuto che perdiamo qui equivale a truppe che si ammassano sulle mura di Approdo del Re. Non voglio perdere questa guerra ad un passo dalla vittoria. Se gli uomini di Garlan si rifaranno vivi, ci penserà tua cugina, a quel punto sarà troppo tardi per tirarsi indietro.” Nymeria annuì, ma rimase silenziosa per il resto del viaggio di ritorno verso il loro campo. “Dunque te ne andrai domani?” Daenerys annuì “Non appena l’ultimo dei loro generali sarà stato fatto prigioniero.” Nymeria tese il braccio verso di lei, e Daenerys lo strinse con convinzione mentre l’altra si congedava “La prossima volta che ci vedremo sarà sotto le mura di Approdo del Re.” Daenerys le sorrise “E allora prenderemo ciò che ci spetta. Con Fuoco e Sangue.”
 
 
 
 
Lo sguardo di Arya vagava per la sala gremita di gente mentre il caldo fiato del drago accanto a lei le muoveva i capelli. Rhaegal era inquieto e affamato, Arya riusciva a sentirlo, eppure non poteva fare nulla per lui finché il duello non fosse finito. Tutti si tenevano cautamente a distanza da lei e dall’enorme bestia, e Arya poteva percepire il loro timore reverenziale; si era sentita così anche lei la prima volta che Daenerys le aveva mostrato i suoi draghi. Sansa stessa quando era entrata nella sala aveva lanciato un grido, e Arya forse avrebbe riso se si fosse trattata di un‘altra situazione. Adesso sua sorella stava in un angolo, il volto preoccupato e teso mentre fissava con ostinazione il marito. Solo dopo qualche attimo Arya capì che non era l’uomo che Sansa fissava, ma una figura più piccola ai suoi piedi. Il bambino le ricordò vagamente Jon, e si stupì di come avesse davvero preso i colori degli Stark nonostante il mento pronunciato lo facesse assomigliare al padre. Il piccolo Eddard però non si era accorto degli sguardi preoccupati della madre, invece fissava con costernata ammirazione il drago accanto a lei, e quando per sbaglio incrociò lo sguardo di Arya e lei gli sorrise, si nascose immediatamente dietro la gamba del padre. Jorah comparve al suo fianco, il volto pieno di preoccupazione “Dovevate farlo per forza? Mettervi in pericolo in un modo così stupido?” Arya lo fissò indispettita per un attimo “Non c’era altra soluzione, non ho percorso tutto questa strada per dire a mia sorella che non la posso aiutare. Ho rubato un drago che gli dei mi fulminino, non mi tirerò indietro ora.”
 
 
 
Jorah si bloccò per un attimo prima di tornare all’attacco “Almeno lasciate che sia io a combattere.” Arya rise “Sai bene che sono più forte di te.” Jorah sbuffò “In circostanze normali magari, ma siete stata ferita gravemente, e invece di riposare con il veleno di Euron ancora in circolo vi siete imbarcata in questa folle impresa. Sono giorni che mangiate e dormite pochissimo, siete allo stremo delle forze e lo sapete anche voi.” “Questo vale anche per te.” Cercò di zittirlo Arya, ma in cuor suo sapeva che l’uomo aveva ragione. Aveva provato a chiedere a Harrold più tempo, ma i nobili della Valle di Arryn erano stati irremovibili, avevano aspettato abbastanza per la loro giustizia. Si sentiva stanca come non mai, e non era del tutto sicura di aver ripreso il pieno controllo del suo corpo, ma ancora una volta, non aveva altra scelta. “Parlami del campione della Valle.” Era proprio per quel motivo che l’aveva mandato a indagare. Jorah guardò verso Lord Arryn, indicando un giovane uomo accanto a lui “Ser Donnel Waynwood, cavaliere della Porta insanguinata, eccellente maestro di spada. Le sue abilità sono note in tutta la Valle.” “Mancino?” chiese Arya guardando l’elsa della spada “Esattamente. Esperto in difesa, cauto nell’attacco a quanto mi hanno detto.” Arya storse la bocca “Sono i peggiori.” Waynwood era di media altezza e muscoloso, ma non grosso, sarebbe stato difficile usare il suo fisico contro di lui, cosa che ad Arya era già capitato di dover fare. Non si presentava come una sfida facile.
 
 
 
Per la prima volta in quell’assurdo viaggio la sicurezza di Arya vacillò, e si chiese per un attimo cosa sarebbe stato della sua gente se lei fosse morta lì in quel momento. Si girò verso Jorah, guardandolo dritto negli occhi “Se dovesse succedermi qualcosa… Dì a Daenerys che mi dispiace. Dille che l’aspetterò, qualsiasi cosa ci sia dall’altra parte.” Jorah sembrò sul punto di voler dire qualcosa, ma si limitò ad annuire “Ma cercate di non morire per favore. O la vostra gigantessa bionda vorrà la mia testa su una picca.” Arya cercò di ignorare la stretta al cuore al pensiero di Brienne che l’aspettava, e si fece avanti verso il centro della sala, incontrando Harrold Arryn a metà strada “Siete sicura di voler combattere? Non ho mai visto Ser Donnel perdere un duello.” Arya lo guardò negli occhi “Se io ne avessi perso qualcuno non sarei qui ora. So cosa sto facendo.” Ed era vero. Il prezzo da pagare per gli affetti che si era dolorosamente ricostruita era la paura, l’attanagliante paura di perdere tutto ciò a cui teneva, di abbandonare colore che credevano in lei. Arya l’assassina non aveva mai avuto questi dubbi, Cat la gatta dei canali non aveva mai esitato, non l’aveva fatto Nymeria, Beth, Mercy… Nessuna delle maschere che aveva preso possesso del suo viso. E in questo momento Arya tornò a indossare quella maschera, immune a qualsiasi dolore, a ogni stanchezza fino al successo della sua missione. Harrold la guardò nuovamente, e lei notò un leggero brivido nei suoi occhi azzurri “So che posso sembrare un uomo orribile, ma amo mia moglie. Se cercassi di salvarla ora, perderei la Valle e mio figlio. Vinci, te ne prego. Sono pronto ad accompagnarti in battaglia contro i Lannister se sarai viva alla fine di questo scontro.” Arya annuì, quasi impassibile alle sue parole in quel momento.
 
 
 
Lei e Ser Donnel si misero l’uno davanti all’altra al centro della stanza e Arya sguainò le sue lame, pronta allo scontro. La voce di Lord Arryn si alzò al di sopra del brusio “Che il duello abbia inizio!” Lei e il suo avversario si squadrarono a lungo, percorrendo un cerchio immaginario ai loro piedi, iniziando una danza antica quanto il tempo. Il primo affondo di Ser Donnel arrivò veloce come una saetta e Arya si scansò giusto in tempo per non essere trafitta all’addome. Cercò di far perdere l’equilibrio all’avversario colpendolo al braccio, ma questi lo ritrasse non appena il colpo non andò a buon fine. Arya lasciò la spalla scoperta giusto quel tanto che bastava affinché lui iniziasse un nuovo colpo, per poi cercare di colpirlo con la sinistra. Aveva sperato che l’uomo non fosse abituato a combattere con un avversario che portava due lame, ma questo non sembrava un problema per il cavaliere. La lama del coltello incontrò quella della spada con il classico rumore affilato del metallo, e i due si separarono, riprendendo la loro osservazione. Grida d’incitamento per il cavaliere della Porta insanguinata riempivano la stanza, accompagnate dal lento brontolio del drago.
 
 
 
L’uomo l’attaccò di nuovo, ma questa volta Arya non si fece cogliere impreparata; bloccò la spada dell’uomo con la sua lama e tentò un affondò con l’altra, ottenendo solo di graffiargli leggermente il cuoio della corazza; Donnel liberò la spada dalla sua presa e la colpì in volto con l’elsa, facendola indietreggiare mentre l’acre sapore del sangue le riempiva la bocca. Il cavaliere approfittò della sua debolezza e le si gettò addosso, e lei fu costretta a scivolare di lato, facendo una mezza capriola sul freddo pavimento di marmo per poi rimettersi nuovamente in piedi, attaccando l’uomo più velocemente che poteva. Questa volta il colpo andò a segno e un grosso taglio irregolare si aprì nel braccio dell’uomo mentre quello imprecava. Entrambi avevano il fiato corto adesso e si squadravano come animali in gabbia. Arya non aveva assolutamente nulla contro quell’uomo, anzi, provava una leggera ammirazione per come sapeva combattere, eppure doveva eliminarlo, e il più in fretta possibile; non poteva resistere a lungo in quello stato. Finse di attaccare verso il basso e ancora prima che la spada dell’uomo cadesse su di lei si era spostata lateralmente, puntando alla gola. L’uomo, preso alle strette alzò il braccio destro in difesa del punto vitale, e la lama della daga di Arya si conficcò nel suo braccio, generando un rumore che fece gridare gli spettatori.
 
 
 
Arya non riuscì a liberare la daga e troppo tardi si accorse del colpo che stava arrivando; cercò di staccarsi, ma la punta della spada le si conficcò nella coscia sinistra, strappandole un grido di protesta. Si separarono di nuovo, entrambi doloranti e pieni di sangue. Arya capì che la sua ferita alla gamba non era grave con un’occhiata, eppure le rendeva maledettamente difficile muoversi con agilità. Ora doveva combattere con una sola lama e nonostante gli sforzi per non pensarci, sentiva il suo corpo farsi più pesante ogni secondo che passava. Sapeva che il prossimo attacco sarebbe stato l’ultimo, e decise di tentare il tutto per tutto. Si lanciò addosso all’uomo, che subito alzò la spada per colpirla con un fendente dall’alto. Arya alzò il gomito sinistro per incontrare la spada quando ancora la sua spinta non era massima, così nonostante il dolore della carne lacerata capì che l’osso non era stato toccato. Facendo forza sulla gamba sana diede carica al colpo, alzando la lama quel tanto che bastava perché andasse a colpire la gola dal suo avversario. Questi si scansò proprio come Arya aveva previsto, e avvicinandosi a lui, conficcando ancora di più la sua lama nel suo braccio calò il pugnale aldilà della sua schiena, colpendolo a livello dei reni. L’urlo dell’uomo tagliò l’aria come avrebbe fatto il ruggito di Rhaegal e Arya si sentì terribilmente frastornata mentre il cavaliere cadeva a terra e il suo sangue sgorgava copioso sul bianco marmo sotto di loro. Arya alzò lo sguardo verso la folla intorno a lei prima di avvicinarsi lentamente all’uomo soffrente sotto di lei. La presa sul pugnale si fece più salda mentre lo conficcava nel cuore dell’uomo, che morì con un ultimo rantolo.
 
 
 
La sala era immersa nel silenzio quando Arya si rialzò, il sangue che ancora fuoriusciva copioso dalla ferita alla coscia; non sentiva più il braccio. Jorah le fu subito accanto e l’aiuto a restare in piedi mentre un mormorio diffuso si faceva largo tra la folla. Lord Arryn si alzò in piedi e batté le mani “Arya Stark ha vinto il duello per mia moglie, Lady Alayne. Lei è sollevata da ogni accusa, così gli dei hanno deciso.” Sansa corse verso il figlio e lo prese in braccio, stringendolo a se in modo spasmodico, e poi andò verso di lei, con gli occhi pieni di lacrime “Grazie Arya, grazie.” Arya sorrise mentre la sorella l’abbracciava incurante del sangue, con il bambino che protestava animatamente tra loro. “Eddard, devo presentarti una persona.” Sansa sorrise al figlio “Questa è tua zia, la Regina del Nord.” Il bambino la guardò con gli occhi spalancati, ma riuscì a pronunciare qualche parola “E’ u-un piacere conoscerti zia.” Arya era solo vagamente consapevole del dolore e del caos intorno a se, tanto si sentiva contenta ed euforica “E’ un piacere conoscere te, ometto. Che dici, vuoi farti un giro sul mio drago?”
 
 
 
 
Daenerys scese da Drogon con un balzo deciso, contenta come non mai di aver trovato con un giorno di anticipo il suo accampamento; Arya doveva essersi rimessa in viaggio. Quando Brienne e Melisandre le andarono incontrò però, la sua felicità si attenuò leggermente; si era aspettata che Arya in persona fosse lì ad accoglierla. Anzi, a dirla tutta aveva pensato e ripensato al momento in cui l’avrebbe rivista, a cosa le avrebbe detto, per tutto il viaggio di ritorno. Brienne la salutò con un sorriso quasi nervoso e la preoccupazione di Daenerys aumentò a dismisura “Dov’è Arya?” Brienne aprì la bocca per rispondere, ma Melisandre, il volto pieno d’irritazione, fu più veloce “La nostra piccola lupa ha preso in prestito uno dei tuoi draghi ed è andata a farsi un giretto, portandosi dietro quell’incompetente di Ser Jorah, che doveva fermarla.” Prima che Brienne potesse obbiettare, intercettò lo sguardo di Daenerys e decise che non era il momento più adatto; l’urlo che segui servì solo a darle ragione “Che cos’ha fatto?”.

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 ***



In tutta la sua vita, non propriamente lunghissima ma ricca di avvenimenti, Arya pensava di non aver mai visto un’alba più bella. Il rosso tenue che i raggi del sole spargevano nell’aria riluceva sulle nuvole, facendo brillare intensamente tutto intorno a lei, facendola sentire, così in alto al di sopra di ogni altra cosa, in cima ad un mondo di fiamma. Aveva dormito più quella notte che tutte le tre precedenti messe assieme ed ora, nonostante il sordo dolore per la ferita alla gamba, si sentiva più riposata che mai. Stava lì, ferma ad osserva il cielo dal comodo letto della stanza che una volta era stata di Petyr Baelish, da più tempo di quando non avrebbe voluto, a pensare a tutta la strada che aveva fatto per ritrovarsi lì in quel momento.

 
 Per un tempo lunghissimo pensò alla bambina che era stata, la ragazzina indolente e ribelle che correva nei corridoi di Grande Inverno, ripensò alla sua famiglia, ai sorrisi complici del padre, celati ad ogni sguardo fuorché al suo, alla dolcezza della madre, il sorriso di Robb… tutto ciò che aveva perso per sempre le tornava dolorosamente alla mente, e per più di qualche attimo aveva pensato di andare dalla sorella, di parlare con lei, anche solo per rivivere i momenti felici che avevano passato insieme. Ma c’era troppo ancora che risuonava nella sua mente, i suoi viaggi, il suo addestramento, la lista dei nomi dell’odio che per tanto tempo si era portata nel cuore, il momento in cui aveva capito che voleva ancora disperatamente vivere, nonostante tutto quello che le era successo.

 
Per l’ennesima volta pensò a Daenerys, al modo in cui la luce e le ombre di entrambe si fondessero in modo perfetto tra loro; senza di lei sarebbe rimasta, probabilmente per sempre, un’assassina senza volto, impegnata ad uccidere parti di se mentre svolgeva le sue tetre missioni come portatrice di morte. Staccò gli occhi dal cielo, in cui ancora si intravedeva brillare qualche stella, pallide spoglie della notte contro la luce del sole nascente, per fissare la scrivania alla quale si era seduta la sera prima, stanca e tremante ma determinata a far arrivare sue notizie a Jon. L’inchiostro con cui aveva scritto al fratello del ritrovamento di Sansa era ancora lì, così come le piccole gocce che erano cadute dalla penna quando la sua mano aveva esitato in preda alla stanchezza. Per un attimo aveva pensato di avvisare anche Brienne, ma sapeva che si sarebbero messi in viaggio il giorno successivo, e confidava nella velocità di Rhaegal più che in quella di qualsiasi corvo.

 
Si chiese con un preoccupazione se Daenerys fosse già tornate dalla sue missione nelle terre dei Martell, e pregò gli antichi dei affinché il suo viaggio fosse stato sicuro e privo di pericoli. Cercò di immaginare la sua espressione nel momento in cui si forse accorta della sua scomparsa, del fatto che Rhaegal era sparito con lei; sperò che non fosse troppo arrabbiata, soprattutto perché non aveva nessuna giustificazione per ciò che aveva fatto se non il semplice egoistico motivo di voler salvare sua sorella, e in cuor suo non riusciva a pentirsene.

 
I suoi pensieri furono interrotti da un lieve rumore proveniente dalla porta, e quando Arya parlò la sua voce risultò più roca di quanto si aspettasse, complici le emozioni che le animavano il cuore “Avanti”. Il volto di sua sorella apparve nell’uscio e le lanciò un’occhiata preoccupata “Come ti senti?” Arya le sorrise “Mai sentita meglio. Questo letto è incredibilmente morbido.” Sansa entrò nella stanza e si avvicinò al letto, sorridendo “Smettila di scherzare Arya, dico davvero. Maestro Olyster mi ha detto che la tua ferita alla gamba era profonda.” Arya alzò le spalle, leggermente sorpresa e imbarazzata dalla preoccupazione nella voce della sorella “Ho avuto ferite peggiori. Se la febbre non mi è salita stanotte dovrei essere al sicuro, non temere. E poi non ho tempo di preoccuparmi, devo ritornare al mio esercito.” La preoccupazione sul volto di Sansa si fece ancora più grave “Non puoi essere seria. Devi riposarti, non puoi pensare di viaggiare in queste condizioni.”

 
Le labbra di Arya si piegarono in una smorfia “Non posso attendere oltre. Questa mia piccola gita fuori casa ci ha già fatto perdere troppo tempo. Dobbiamo attaccare Approdo del Re ora che i Lannister sono più deboli. E anche Rhaegal… Non è abituato a restare in spazi chiusi per così tanto tempo, sento la sua irrequietudine, non posso tenerlo tranquillo ancora per molto, non vorrei mai causarvi problemi.” Su questo Sansa non riuscì a trovare nulla da dire e abbassò lo sguardo. “Sansa, c’è una cosa di cui vorrei parlarti prima di partire.” Disse Arya tutto d’un fiato, cercando di intercettare lo sguardo della sorella, che la guardò con espressione interrogativa. “Quando i lord del Nord mi hanno eletta regina, ho detto loro che l’avrei fatto, ma a due condizioni. La prima era che ci saremo alleati con i Targaryen non appena Daenerys sarebbe arrivata nel Continente Occidentale, e questo come sai è già accaduto. La seconda… Ho detto loro che sei mai ti avrei ritrovata, avrei ceduto a te il mio titolo.” Sansa la guardò con stupore, quasi incapace di proferire parola, perciò Arya continuò “Tu sei la sorella maggiore Sansa, e Ditocorto almeno su questo aveva ragione. Grande Inverno ti spetta di diritto, così come la mia corona. Sono disposta a cedertela, non devi fare altro che chiederla.”

 
Arya era terribilmente seria in quel momento, e Sansa rimase per un lungo momento in silenzio prima di sorriderle “Ti ringrazio Arya, davvero. E’ un gesto molto onorevole da parte tua, sono sicura che nostro padre avrebbe fatto lo stesso.” Arya ripensò al padre, figlio minore a cui era caduto addosso il peso del comando alla morte del fratello, e capì anche lei che quello era esattamente ciò che avrebbe fatto lui in una situazione del genere; per un momento, una attimo velocissimo, si sentì fiera di se stessa “Ma non ho intenzione di accettare la tua offerta. Il Nord ha bisogno di te più che mai in questo momento, sei l’unica che può riportare il nostro popolo alla libertà che una volta possedeva. Io sono felice così, con la mia famiglia, non ho mai desiderato altro che trovare il mio posto nel mondo per tutti questi anni, e penso finalmente di esserci riuscita.” Arya le strinse il braccio “Sei sicura Sansa? Tuo marito lui… era disposto a lasciarti morire.”

 
Sansa scosse la testa “Ho fatto quello che ho fatto Arya, ero responsabile delle mie azioni. Lui non voleva condannarmi, lo so bene perché conosco il suo animo, non poteva fare altrimenti e l’ho perdonato per questo. Ho visto la gioia nel suo volto quando hai vinto il duello, e questo mi è bastato. Mi hai ridato indietro i miei cari Arya, non ti chiederò nient’altro, men che meno la tua corona. E’ tua, con tutti gi oneri e gli onori che essa rappresenta; credimi, non ti invidio affatto.” Arya sorrise “Meglio così, con le tue capacità matematiche il regno sarebbe fallito in una settimana.” Sansa proruppe in un finto sospiro scandalizzato, e le diede una pacca leggera sulla spalla “Certe cose non cambiano mai, sei sempre una peste Arya!”

 
Il sorriso di Arya si allargò ancora, ma sapeva che c’era ancora qualcosa di importante che doveva dire alla sorella “Visto che hai rifiutato la mia offerta sorella, ne ho un’altra per te. Riguarda il piccolo Eddard.” Lo sguardo di Sansa si fece immediatamente più attento “Non è nulla di che, solo una formalità.” Arya sorrise “Vorrei nominarlo mio erede.” Sansa di nuovo la guardò stupita “Arya io… sei sicura?” Arya annuì “Non so per quanto ancora andrà avanti questa guerra, ma… potrei non sopravvivere ad essa. Voglio essere sicura che ci sarà sempre uno Stark a Grande Inverno. E il nome a ha poca importanza, in tuo figlio il nostro sangue scorre più forte che mai.” Sansa la guardò con il volto pieno di gratitudine ed annuì “Questo andrà benissimo Arya, ti ringrazio.” Poi si sporse verso di lei e la strinse a sé, e in quell’abbraccio così dolce Arya non riuscì a fare a meno di sentire l’inevitabilità della partenza che incombeva su di lei.
 

 
Qualche ora dopo Arya e Ser Jorah stavano in piedi davanti ad un irrequieto Rhaegal, che non appena aveva capito che la partenza era imminente si era fatto sempre meno paziente. “Come vi sentite?” le chiese Jorah mentre con sospetto le osservava la gamba fasciata “Fa ancora male, ma posso viaggiare. Ieri sera il maestro me l’ha cauterizzata in modo oserei dire perfetto.” L’uomo annuì, poco convinto “Non sono sicuro che possiate viaggiare in queste condizioni.” Arya lo guardò negli occhi “Abbiamo scelta?” Jorah sostenne il suo sguardo per un attimo, poi lo abbassò rimanendo in silenzio. Arya finì di raccogliere i viveri che Sansa le aveva fatto trovare già pronti vicino al drago, e quasi sussultò quando sentì la voce di lord Arryn dietro di lei “Ho intenzione di mantenere la mia promessa.” La ragazza si voltò, per trovare Sansa e la sua famiglia davanti a lei; Harrold le si avvicinò e davanti a lei si inchinò portandosi il pugno destro al petto “Combatterò con voi, il mio esercito è vostro.” Arya lo guardò per un momento interdetta, poi spostò il suo sguardo su Sansa, che le sorrise incoraggiante, quindi toccò la spalla del lord con la mano destra, invitandolo ad alzarsi. “E di ciò ti sono grata, lord Arryn. Troverai il nostro esercito in marcia verso capitale, seguiremo la strada del Re.”

 
 L’uomo annuì e si fece da parte, mentre Sansa si avvicinava con accanto il piccolo Ned, che sorprendentemente parlò per primo; Arya era convinta di fare paura al bambino, ma quando la guardò nei suoi occhi vide solo ammirazione, e questo più di ogni altra cosa la fece sorridere “E’ stato un piacere conoscerti zia. Se fossi più grande verrei anche io a combattere con te.” Arya si chinò e gli accarezzò la guancia morbida “Quando questa guerra sarà finita, sarà un onore per me insegnarti personalmente a combattere.” Gli occhi del bambino si illuminarono “Sempre che tua madre sia d’accordo.” Arya gli strizzò l’occhio e il bambino le sorrise. Quando Arya si alzò e posò lo sguardo sulla sorella, vide che anche lei stava sorridendo “Che gli dei veglino su di te sorella mia, pregherò per la tua vittoria.” Arya l’abbracciò e sentì la stretta di Sansa intensificarsi mentre le sussurrava all’orecchio “Non ti azzardare a sparire di nuovo, non adesso che ci siamo ritrovate. Abbiamo un sacco di tempo da recuperare.” Arya sorrise “Non temere Sansa, non ho intenzione di andare da nessuna parte.” Sansa le strinse un’ultima volta la mano e in un attimo Arya fu di nuovo in groppa a Rhaegal.

 
Salutò un ultima volta la famiglia davanti a lei mentre aspettava che Ser Jorah liberasse il drago e salisse al suo fianco. Il suo legame con il drago ritornò, se possibile ancora più saldo di prima mentre Rhaegal, con le ali strette ai fianchi si lanciava attraverso la Porta della Luna, per poi aprirle e librarsi nell’aria del mattino, maestoso ed elegante come sempre. Arya pensò distrattamente che c’era stato un tempo in cui mai e poi mai si sarebbe voltata indietro, ma quando lo fece non provò nessun rimorso.
 

 
Per Daenerys quei giorni passarono come in un incubo. Mai come prima di quel momento si era sentita così impotente, così sola. Le sue giornate le sembravano un’interminabile attesa passata ad osservare il cielo, a pregare divinità in cui non era sicura di credere affinché Arya, Rhaegal e Ser Jorah tornassero sani e salvi all’accampamento. In un primo momento aveva deciso di salire di nuovo in groppa a Drogon per cercare di raggiungere Arya, ma sia Brienne che Melisandre l’avevano pregata di ripensarci, sarebbe stato troppo rischioso, e anche lei lo sapeva bene. Eppure qualsiasi rischio sarebbe stato meglio dell’impotente disperazione che le cresceva nel cuore ogni giorno di più, ogni minuto che passava e il cielo rimaneva limpido e privo di ombre. A nulla erano valsi i tentativi di Melisandre di cercare nel fuoco dei segni, delle visioni, e questo la rendeva ancora più preoccupata.

 
Finalmente il terzo giorno Missandei entrò nella sua tenda sorridendo, e Daenerys capì che stavano arrivando. Quando uscì fuori e vide la grossa sagoma del drago stagliarsi nel cieli, provò un misto di emozioni così forti come mai le era capitato prima; prima un dilagante sollievo che per poco non la portò sull’orlo della lacrime, che ben presto si trasformò in rabbia, mista ad un diverso tipo di emozione, qualcosa che ancora non riusciva a definire.

 
Ad una prima occhiata, capì subito che Rhaegal stava bene, anzi, sembrava più allegro e soddisfatto di come lo avesse visto per molto tempo, e anche quello contribuì a renderla ancora più nervosa; egoisticamente aveva pensato, fino a quel momento, di essere l’unica a poter rendere felici i suoi draghi. Ser Jorah scese per primo e Daenerys constatò che, a parte l’evidente pallore dovuto alla poca passione che l’uomo provava per le altezza, stava bene. L’uomo la guardò con espressione mista tra gioia e imbarazzo, ma lei aveva occhi solo per l’esile figura che lo seguì. Arya scese malamente dal drago, sussultando leggermente quando toccò terra e Daenerys capì subito che doveva esserle successo qualcosa. Cercò di non farsi prendere dal terribile desiderio di correre ad abbracciarla, di controllare che stesse bene, e tutto ciò fu reso ancora più difficile dall’incredibile sorriso che Arya le rivolse quando alzò lo sguardo e la vide. In quel momento quasi lasciò andare ogni cosa, tutta la rabbia e la preoccupazione che si teneva dentro da tre giorni, solo per quel sorriso che sapeva, Arya riservava solo a lei.

 
Poi si accorse del suo pallore, delle fasciature sul braccio, del modo obliquo in cui camminava “Arya…” riuscì solo a dire, con tono esasperato e vide il sorriso della ragazza cedere leggermente “Dany io…” Daenerys alzò la mano e Arya troncò di netto la frase, con un espressione mista di dolore e sorpresa nel volto che fece tremare Daenerys di sofferenza e irritazione insieme; pensava davvero di poter andarsene con uno dei suoi draghi, tornare quasi a brandelli e passarla liscia? “Parleremo dopo… Vai a farti medicare, sembri sul punto di svenire.”

 
Daenerys si voltò e ritornò nella sua tenda, seguita da Missandei che lanciò un’ultima occhiata dispiaciuta ad Arya prima di seguirla. Brienne si precipitò da lei, ma Arya la tenne a distanza “Sto bene Brienne, ho solo bisogno di riposarmi un attimo. Penso di averla combinata grossa questa volta.” Brienne la guardò e scosse la testa “E’ solo arrabbiata per quanto l’avete fatta preoccupare. E’ rimasta per giorni ad aspettarvi piena d’angoscia, e anche io. Ci siete riuscita?” Arya le sorrise “Mia sorella è sana e salva Brienne. E non ci crederai mai, ma sono diventata zia.” Arya si incamminò verso la sua tenda, lasciando Brienne poco indietro, mentre il suo sorriso si trasformava in una risata “Zia Arya?”

 
 
Quando Arya entrò nella tenda di Daenerys poco dopo, con nuove bende pulite a coprirle le ferite e un paio d’ore di sonno alle spalle, si sentiva decisamente meglio. Il viaggio l’aveva sfiancata come mai prima di quel momento, e avrebbe desiderato poter dormire per tutto il giorno, ma sapeva che Daenerys l’aspettava, e dopo quello che aveva fatto non poteva farla attendere ancora. Daenerys la guardò e nel suo sguardo Arya riuscì a leggere una punta di dolcezza che le rasserenò il cuore, dandole il coraggio di parlare “Dany, lo so che sei arrabbiata e” “Non sono arrabbiata.” Disse lei in un sospiro “Prima, prima ero arrabbiata, ora sono solo stanca.” A quelle parole Arya si sentì gelare dentro “Arya… a volte mi ricordi un gatto randagio.”

 
 Daenerys sorrise mentre le si avvicinava, ma era un sorriso terribilmente stanco “Un gatto che tieni con te, a cui ti affezioni, che sei abituata a veder tornare ogni giorno alla tua porta. Poi un giorno non torna più. E tu aspetti, pensando a cosa mai possa essergli successo, immaginando il peggio nelle ore buie della notte mentre non riesci a prendere sonno. E tutto peggiora, peggiora ogni giorno che passa, finché il gatto non torna ricoperto di ferite e in fin di vita. Allora tu lo curi e tutto torna alla normalità, anzi, lo ami anche di più quel gatto, perché per poco non l’hai perso. Finché il gatto non sparisce di nuovo, e di nuovo, e tu capisci che un giorno non tornerà più, perché sarà morto in qualche vicolo buio, lontano da te. E quando alla fine capisci che non tornerà più, anche se sai cos’è successo, se la parte razionale di te sa benissimo che non rivedrai più quel gatto, un'altra voce nel tuo cuore non lascia morire la speranza. E tu pensi che ogni ombra sia lui che ritorna, ogni suono, e nel tuo cuore non abbandoni il sogno di poterlo rivedere un giorno, di poterlo riabbracciare.”

 
Arya, che fino a quel momento aveva tenuto lo sguardo a terra, sentendosi troppo colpevole per guardare Daenerys negli occhi, alzò il volto nel sentire il tono spezzato delle sue parole; davanti a lei Daenerys era in lacrime “Non voglio vedere il giorno in cui tu non tornerai più da me Arya. Non potrei sopportarlo.” Arya le andò vicino, ma Daenerys fece un passo indietro “Pensi che per me sia diverso?” Daenerys scosse la testa “Forse non i sentimenti che provi Arya, ma io sono diversa da te, e lo sappiamo entrambe. Io non mi butto dentro il pericolo, non prendo scelte sulla base del mio puro istinto. Lo so che una volta non avevi niente da perdere, che non t’importava di morire o vivere, ma adesso dovrebbe importarti, se non per te stessa, per me. Per Brienne, per tutti quelli che hanno lasciato la loro casa per seguirti in questa guerra. Non sei più sola Arya.”

 
Dopo quelle parole Arya sentì che gli occhi le pizzicavano leggermente mentre si sforzava di respirare normalmente “Non puoi più comportarti come se lo fossi. “ Arya le voltò le spalle stringendosi le braccia al petto “Mi dispiace… Ma dovevo farlo, mia sorella…” “Lo so, Brienne me l’ha detto. L’hai trovata?” Arya annuì “L’ho salvata. Volevano processarla per un omicidio che aveva commesso per legittima difesa. Mi sono battuta per lei, per questo sono ferita.” Daenerys rimase in silenzio per un lungo momento “Lo so che avevi un valido motivo Arya, lo so… Ma troverai sempre dei validi motivi per combattere, perché hai un cuore buono.”

 
Daenerys le toccò leggermente la spalla e Arya si girò a guardarla, con gli occhi pieni di lacrime “Ho un nipote” le disse sorridendo tra un singhiozzo e l’altro “L’ha chiamato come nostro padre.” A quel punto Daenerys non riuscì più a resistere al dolore che leggeva nel volto di Arya, e l’abbracciò forte mentre l’altra spegneva i suoi singhiozzi sulla sua spalla “Ci sono momenti in cui maledico il giorno in cui ci siamo incontrate, Arya Stark.” Daenerys le sussurrò dolcemente “E ci sono momenti in cui penso che sei la cosa più bella che questa vita mi abbia regalato.” Arya alzò lo sguardo e cercò le labbra di Daenerys con le sue, baciandola più dolcemente di quanto non avesse mai fatto, mentre le loro lacrime si mescolavano sui loro volti, e Daenerys si abbandonò a lei, circondandole la testa con le braccia, tenendola vicina a se, mentre tra un bacio le sussurrava incessantemente quanto le era mancata, quanto l’amava.

 
 Arya appoggiò la sua fronte a quella di Daenerys, e sorrise sulle sue labbra “Non lasciarmi mai andare.” Daenerys la strinse ancora più forte e le accarezzò la guancia, sentendo dentro di se crescere un desiderio che andava aldilà di tutte le forti emozioni che aveva provato fino a quel momento “Sei sicura di sentirti bene?” disse con voce più roca di quanto non avesse normalmente. Arya annuì e Daenerys la prese per mano e la portò verso il letto, e ad Arya ricordò con un sorriso la prima volta che avevano fatto l’amore, in una terra così terribilmente diversa da quella. Daenerys era stata dolcissima con lei, e altrettanto fece in quel momento, facendole sfuggire dalle labbra un solo leggero gemito di dolore quando per sbaglio sfiorò la ferita alla gamba, per poi soffocarlo con emozioni tutt’altro che dolorose.

 
Daenerys la guardò negli occhi per tutto il tempo, toccandole le labbra con baci più delicati di qualsiasi altra cosa Arya avesse mai sentito. Le sue mani tracciarono il contorno della schiena bianca e delicata di Dany, e per un attimo ad Arya sembrò tutto così perfetto che il cuore avrebbe potuto esploderle in petto dalla gioia. La battaglia finale, la resa dei conti incombeva su di loro e tutto era così fragile in quel momento che Arya aveva paura persino a respirare per non distruggere tutto, ma era perfetto, e cercò di imprimersi nel cuore ogni secondo di quei momenti preziosi. Alla fine Daenerys le circondò la vita con le braccia dopo aver baciato una ad una le cicatrici che portava impresse sulla carne, ed insieme ad esse quelle che le scalfivano il cuore, che, anche se ancora evidenti, andavano rimarginandosi sempre di più ogni giorno che passava. 

 
Rimasero così per un tempo che ad entrambe parve troppo lungo e troppo breve insieme, fino a quando Daenerys si staccò dolcemente da Arya, guardandola negli occhi “Nessuno a parte me aveva mai fatto volare uno dei miei draghi. Ero certa che non avrei mai trovato qualcuno con cui condividere questo dono.” Arya le sorrise “Non volevo prendere il tuo posto Daenerys, solo… era l’unico modo, dovevo provarci.” Daenerys annuì “E’ una fortuna che tu ci sia riuscita. Ser Jorah è venuto qui prima,  mi ha detto del legame che hai instaurato con Rhaegal… Riesci davvero ad entrare nella sua mente?” Arya scosse la testa “Non posso entrarci, quello no, ma riesco a sfiorare la sua mente, a capire i suoi pensieri e fare in modo che lui capisca i miei. Non l’ho comandato, ha deciso lui di aiutarmi.” Daenerys sorrise “L’ho visto prima, non appena siete atterrati… Era così contento di aver volato così a lungo, potevo leggerglielo negli occhi. Non sono creature fatte per restare nelle gabbie, e sono felice che lui abbia te con cui volare ora. Un giorno troveremo qualcuno anche per Viseryon.”
 

Arya annuì e le sorrise,  scostandole una ciocca di capelli dal viso “Quando sarà tutto finito potremmo volare insieme. Voleremo fino a Grande Inverno e ti farò vedere la mia casa… ti farò conoscere Jon e Sansa, mio nipote… Questo è solo il prologo Dany. Quando questa guerra sarà finita, allora inizierà la nostra vita… insieme. Abbiamo ancora così tante cose da fare.” Daenerys annuì, e sperò con tutto il cuore che fosse vero.
 
 
Il giorno dopo le truppe dell’esercito del Nord e degli Immacolati, insieme a ciò che restava del khalasar di Daenerys e dell’esercito terreste dei Greyjoy iniziarono il loro viaggio verso Approdo del Re, pronti alla battaglia finale di quella guerra che da ormai troppo tempo tormentava le loro vite, quella che avrebbe deciso il destino di Westeros e di tutti loro.
 


Note: Ciao a tutti! Scusatemi per i soliti tempi lunghi, inizio troppe cose e poi faccio fatica a starci dietro! Volevo solo dirvi che siamo quasi giunti al termine di questa lunga storia, che è già durata molto di più di quanto non mi fossi aspettata, e questo soprattutto grazie al vostro continuo sostegno! Quindi ci saranno altri due-tre capitoli al massimo, penso sia giusto così! Grazie a tutti che ancora seguite la storia, alla prossima!

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 ***


Un respiro profondo.
Rapida come un cervo.
Un affondo a destra mentre con la gamba sinistra tracciava un semicerchio invisibile attorno a lei.
Silenziosa come un'ombra.
Le lame sono brillanti più del sole che sta per sorgere a Est, alle sue spalle, perché ha passato buona parte della notte ad affilarle, a renderle più letali che mai.
La paura uccide più della spada.
Non c’è necessità di affilare un acciaio già di per se perfetto come quello di Valyria, ma la notte era oscura e piena di terrori, e il sonno non le aveva concesso visita in quell’occasione.
Veloce come una vipera.
Un altro affondo, questa volta all’invisibile gola del suo nemico; la gamba destra si alzò leggermente, proiettando il suo peso in avanti.
Calma come acqua stagnante.
Una goccia di sudore le cadde negli occhi e per un bruciante attimo rimpianse il gelo del Nord, il suo inverno.
La paura uccide più della spada.
La lama brillò dei riflessi dell’alba quando la portò in alto, sopra la sua testa, come in una disperata preghiera a un dio sconosciuto.
Forte come un orso.
C’è un solo, unico Dio, pensò distrattamente in quel momento; questa era l’unica verità che le avevano insegnato gli anni passati alla Casa del Bianco e del Nero, e quel giorno avrebbe portato la parola del suo Dio ai nemici che l’aspettavano.
Feroce come un furetto.
Dopo settimane di marcia, di snervante attesa, tutto era pronto. Quello era il giorno.
La paura uccide più della spada.
Forse non ci sarebbe stata un’altra alba per lei, per Daenerys, per Brienne, per la regina Cersei, per re Tommen. Forse era quello il momento in cui tutto finiva, tutto si concludeva. Lì dove suo padre aveva perso la vita, dove la sua famiglia era caduta in disgrazia, dove si era deciso il suo destino tanti anni prima; lì ogni cosa avrebbe avuto la sua fine. O il suo inizio.
Colui che teme di perdere ha già perso.
 
 
Arya tese per l’ultima volta i muscoli delle spalle, madidi di sudore, terminando la sua danza. I capelli folti e scuri che aveva lasciato crescere da quando aveva abbandonato le sue vesti di assassina le caddero sulla fronte, lasciandole la sensazione di essere sfiorata da mani spettrali. Guardò ancora una volta davanti a sé, dove Approdo del Re e la Fortezza Rossa si stagliavano davanti a lei, rilucenti nell’alba. Il cielo era plumbeo e scuro a Nord, e Arya sperò che quelle nuvole non portassero pioggia.
 
 
Da quello stesso punto, il giorno prima, Daenerys era rimasta a fissare la città che era appartenuta a suo padre, a suo nonno, a tutti i suoi avi prima di lei da innumerevoli generazioni. Una lacrima le aveva solcato il volto mentre sussurrava “E’ tutta la vita che aspetto questo momento.” Arya era rimasta in disparte a fissare la sua figura stagliata contro la grande città illuminata nella notte, pensando a com’era rimasta impressionata da bambina, quando per la prima volta aveva posato lo sguardo su quella città così grande e caotica rispetto alla sua casa. Solo dopo lunghissimi minuti di silenzio Daenerys si era girata per guardarla negli occhi “Com’è?”
Arya aveva incrociato le braccia al petto, avvicinandosi lentamente “Com’è cosa?” “Tornare qui dopo tutto questo tempo.”
Arya aveva mentre lo sguardo scorreva sulle torri della città “Strano. Diverso. Lo ricordo con gli occhi di una bambina, prima emozionata per l’arrivo in un nuovo luogo, poi terrorizzata e in fuga… E’ come se tutta la mia vita non avesse fatto altro che ricondurmi qui di nuovo. Qui ho visto morire mio padre, qui sono diventata una fuggitiva, qui ho ucciso per la prima volta…”.
Daenerys la guardò stupita e Arya si era resa conto in quel momento di non avergliene mai parlato “Quanti anni avevi?”
 
 
“Nove, forse dieci… Non mi ricordo tutte le persone a cui ho preso la vita nel corso degli anni, ma quella si. Era un ragazzino di poco più grande di me, che lavorava nelle stalle della Fortezza. Ero appena scappata dalle guardie che volevano condurmi dalla regina, solo grazie al sacrificio del mio maestro di spada, Syrio Forel. Quel bambino mi… mi aveva presa per il polso, guardandomi con una sguardo pieno di disprezzo, di odio. Me lo ricordo ancora, come se lo vedessi adesso davanti a me. Gli ho conficcato la spada nell’addome e l’ho guardato morire, incapace di distogliere lo sguardo.”. Per tutto il tempo Arya era rimasta a fissare Approdo del Re, ma nella sua mente riviveva inevitabilmente ogni dettaglio di quel momento “Poi scappai. Corsi veloce come mai in vita mia. Ho segnato il mio destino quel giorno, scappando da questa città.”
Daenerys le aveva stretto la mano, mentre il suo sguardo raggiungeva quello di Arya nel fissare la città davanti a loro “E domani lo segnerai nuovamente. Lo faremo insieme.” Arya era rimasta in silenzio, limitandosi a stringere la mano delicata della sua regina.
 
 
 
Distolse finalmente lo sguardo dalla città, asciugandosi la fronte con il palmo della mano. La sera precedente erano arrivati da sud gli uomini di Dorne, guidati da Nymeria in persona, che si era aggiunta al consiglio di guerra che poco dopo Arya e Daenerys avevano tenuto con i loro uomini. L’esercito dei Lannister era numeroso e forte, e la loro posizione era certamente più vantaggiosa della loro e in situazioni normali sarebbe stato un rischio non indifferente mettere d’assedio la città “Ma nulla di tutto questo è normale” aveva esclamato Lady Mormont nel bel mezzo del discordo “Noi abbiamo i draghi!” Quell’affermazione aveva scatenato l’ilarità generale ma Arya sapeva quanto Daenerys fosse restia a usare le sue creature in battaglia. “Sono potenti, ma non sono invincibili. Se perdiamo loro, perdiamo tutto. Io non sono una guerriera, e il legame tra Arya e Rhaegal è ancora debole, dobbiamo procedere con cautela.”
 
 
“E questo cosa significa?” Asha Greyjoy, a cui era già stato assegnato il compito di bloccare il porto e la flotta navale nemica appoggiò le mani sul grande tavolo a cui erano seduti “Non ho intenzione di far bruciare le mie navi solo perché hai paura che qualche freccia colpisca i tuoi bambini, o argentea regina.” Daenerys aveva fatto per alzarsi e rispondere a tono all’arroganza nella voce di Asha, ma Arya aveva letto la preoccupazione nel suo sguardo, e parlò per prima “Nessuno è qui per veder morire i propri uomini. I draghi sono il nostro più grande vantaggio. Ovviamente saranno usati in battaglia, Daenerys voleva solo raccomandare cautela.” Più che le sue parole era stato lo sguardo che aveva rivolto ad Asha a farla sedere nuovamente, mentre l’incontro andava avanti. “Domani andrò personalmente a parlare con gli emissari dei Lannister, per vedere se c’è la possibilità di stringere un accordo con loro.” Un brusio si alzò a quelle parole, prima che Nymeria parlasse “Sono Lannister, non si arrenderanno mai a noi.” Daenerys abbassò lo sguardo “Vale la pena tentare. Troppo sangue è già stato versato per quel trono.”
 
 
Anche Arya dubitava fortemente di quel tentativo di frenare la battaglia sul nascere, ma sapeva che Daenerys lo faceva con le migliori intenzioni. Una volta iniziata la lotta nessuno sapeva come sarebbe potuta andare a finire, o quanti innocenti avrebbero perso la vita.
“Arya Stark” la voce di Melisandre la strappò violentemente dai suoi pensieri, riportandola alla realtà. L’alta donna rossa era in piedi dietro di lei, e la fissava con il suo solito sguardo imperscrutabile “Vedo che non è stata una notte facile nemmeno per te.” “Non lo è stata per nessuno.” le rispose Arya, pensando a come aveva lasciato Daenerys nel letto qualche ora prima, mentre si agitava e parlava nel sonno; Arya non era sicura, ma fra un suono disarticolato e l’altro le era sembrato di sentire il suo nome. “Sono venuta qui perché ho avuto una visione.” Le labbra di Arya s’incrinarono in un sorriso sarcastico “Stranamente…” L’espressione di Melisandre non cambiò “Puoi ridere quanto vuoi delle mie visioni piccola lupa, ma ricordati che i nostri Signori sono le diverse facce della stessa moneta. Ciò che la luce non tocca viene preso dalla morte.” Arya rimase in silenzio allora, affrontando apertamente lo sguardo neutro della donna “Ho visto il tuo futuro nelle fiamme.” “Non ti avevo chiesto di farlo.”  “Le visioni non si possono controllare, raramente mi è concesso di decidere sul futuro di chi posare lo sguardo. Di solito vedo il futuro di Daenerys, ma questa volta è toccato al tuo, e so anche perché; non puoi partecipare alla battaglia oggi.”
 
 
Arya aprì la bocca un paio di volte prima di risponderle “Stai scherzando?” Solo in quel momento lo sguardo di Melisandre si accese di rabbia “Avevo forse torto quando ti chiesi di rivelare la verità a Daenerys, quando ancora eravamo ad Essos? O quando avvisai Daenerys del pericolo di Euron Greyjoy? Nessuno di voi prende mai abbastanza sul serio ciò che vedo. Se tu andrai in battaglia oggi, vedo solo fiamme nel tuo futuro.” Arya rimase immobile mentre un brivido le attraversava il corpo prima che potesse impedirlo “Possono essere le fiamme dei draghi…” “O le fiamme della tua pira funebre.” Arya allora sorrise “Si vede che conosci poco le usanze del Nord sacerdotessa; noi Stark veniamo sepolti nelle catacombe di Grande Inverno. Non ci saranno fiamme per me alla fine del sentiero.” Melisandre non cambiò espressione “Te lo chiedo non per me Arya, ma per Daenerys. Se tu dovessi morire… Lei non potrebbe mai compiere il suo destino.” “E’ questo il suo destino, prendere il trono.” Melisandre scosse la testa “Questo trono a cui voi tanto ambite, non è altro che un pezzo d’acciaio, fuso insieme all’odio dei nemici di un re morto da tempo. Il gelo sta scendendo dal Nord, anche tuo fratello te l’ha detto.”
 
 
A quelle parole Arya sgranò gli occhi “Tu… come…” “Non ha importanza in questo momento. Daenerys è l’unica che può fermare la Notte Eterna, e ha bisogno di te. Non puoi morire qui.” Arya rimase per un momento in silenzio, ponderando nella sua mente le parole della donna “Non ho alcuna intenzione di morire qui Melisandre. Puoi assicurarmi che non vedendomi in testa alle truppe i miei uomini non vorranno ritirarsi? O che Daenerys sarà al sicuro senza di me? Possono dirmi le tue visioni che vinceranno lo stesso, anche senza di me a guidare l’assalto?” Quando Melisandre rimase in silenzio Arya non ebbe più dubbi “Non posso rischiare di perdere tutto adesso. Se fiamme devono essere, fiamme saranno.” Arya la guardò negli occhi “E se dovessi… se dovessi morire, morirò sapendo di aver fatto tutto ciò che potevo per proteggere Daenerys, e per onorare la memoria dei miei morti. E’ per questo che combatto.” Melisandre sembrò voler dire qualcos’altro, ma in quel momento furono interrotte da una voce “Mia signora, la regina Daenerys mi ha chiesto di venire a chiamarvi, stiamo per partire.” Arya annuì e fece per allontanarsi da Melisandre, quando questa le strinse il polso, fermandola accanto a lei “Sapendo che andava incontro alla morte, avresti chiesto a tuo padre di rinunciare al suo onore per tornare a casa con voi?” Arya la guardò negli occhi “L’avrei implorato fino alle lacrime.” Sussurrò “Ma ciò non avrebbe cambiato la sua scelta. E non cambierà la mia.”
 
 
 
 
Arya, Brienne, Daenerys e Jorah cavalcarono insieme a un drappello di Immacolati sventolando una bandiera bianca e lucente, fermandosi poco prima di entrare nel raggio d’azione delle frecce che dovevano essere già incoccate contro di loro, ma abbastanza vicini da essere in bella vista davanti alle mura. Arya notò che tutte le tende e il caos che in cui i mendicanti della città vivevano solitamente erano svaniti dalle mura, lasciando solo i resti bruciati dei loro fuochi e qualche solitario drappo che veniva trascinato dal vento. Non dovettero aspettare nemmeno cinque minuti prima che le grandi porte della città si aprissero davanti a loro, lasciando uscire un drappello di uomini esiguo quanto il loro. Mentre si avvicinavano, Arya capì che due di loro appartenevano alla Guardia Reale, i loro mantelli bianchi che ondeggiavano alle loro spalle, un altro doveva essere un Tyrell a giudicare dalla tenuta e l’ultimo era niente di meno che il gemello della regina, che Arya ricordava di avere visto a Grande Inverno e poi lungo la strada fino ad Approdo del Re; gli anni non erano stati clementi con la bellezza ammaliante del Giovane Leone, ma Arya non si lasciò ingannare; anche dopo tutto quello che Brienne le aveva detto, sapeva quanto poteva essere letale quell’uomo.
 
 
Fu proprio lui il primo a parlare quando si avvicinarono, mentre le labbra si piegavano in un accenno di sorriso che non raggiunse i suoi occhi verdi “Mai in vita mia avrei sognato di ritrovarmi davanti una così disparata compagnia… Vi do il benvenuto ad Approdo del Re mie signore; temo che la città non sia al massimo del suo splendore per accogliervi in questo momento.” Jaime guardò Daenerys in volto per un attimo prima di proseguire “Mai in vita mia avrei pensato di rivedere un Targaryen. Siete splendida come vostra madre.” Arya vide distintamente le mani di Daenerys stringersi attorno alle redini del suo cavallo “E voi chi sareste?” disse con il tono più impassibile che poteva trovare, e Jaime scosse la testa “Che maleducato, lasciate che mi presenti: sono Jaime Lannister, forse avrete sentito parlare di me, sono l’uomo che ha ucciso vostro padre.” Il cavallo di Daenerys scalpito in avanti per l’evidente pressione che la donna aveva esercitato sui suoi fianchi a quelle parole, ma la sua espressione rimase impassibile.
 
 
In quel momento si fece avanti l’uomo più grasso, inchinandosi leggermente “Io sono Lord Mace Tyrell, signore di Alto Giardino e Primo Cavaliere del Re. Sono qui per ascoltare e parlare in vece di sua maestà.” “Re Tommen era troppo impegnato per degnarci della sua presenza?” Arya non cercò nemmeno di nascondere il disprezzo nella sua voce, si ricordava di Tommen come di un bambino simpatico, grassottello e pauroso, e le cose non dovevano essere cambiate di molto nel corso degli anni. Jaime la guardò negli occhi, ma quando parlò non rivolse a lei le sue parole “Mi avevi detto che servivi Arya Stark donzella, ma subito non ti ho creduto. E invece eccola qui davanti ai miei occhi, anche tu porti i colori di tuo padre, ragazza.” “E la sua memoria, Ser Jaime. Suppongo di dover ringraziare voi per queste.” Arya indicò le lame che portava ai fianchi, e Jaime le squadrò per un attimo prima di capire e annuire leggermente “Dovere.”  Brienne, che ancora non aveva parlato, si mosse nervosamente sulla sella, e Arya vide lo sguardo di Jaime incontrare il suo, e si domandò quanto dovesse essere difficile per la sua amica restare dalla sua parte, contro quell’uomo che sembrava significare tanto per lei.
 
 
Lord Mace a quel punto parlò nuovamente, irritato “Non siamo qui per perderci in convenevoli! Cosa volete?” Jorah emise un grugnito simile a una risata sprezzante a quelle parole piene di arroganza, ma rimase in silenzio mentre Daenerys prendeva la parola “Siamo qui per offrirvi la possibilità di una resa pacifica. Deponete le armi e aprite i cancelli, non ci saranno spargimenti di sangue.” Lord Mace rise “Cosa vi fa pensare di poter vincere così facilmente? Approdo del Re può resistere a un assedio molto più lungo di quanto tu e il tuo esercito di mercenari possiate mai fare.” Daenerys strinse le labbra “Non penso voi capiate a pieno ciò che stiamo per fare. Se non vi ritirate ora, manderò i miei draghi, che prima bruceranno i cancelli per far entrare i miei uomini, poi ridurranno in cenere ogni casa, ogni strada di questa città. Non metterò fine al loro attacco una volta iniziato. Se non vi arrendete subito Approdo del Re verrà ricoperta di fuoco e sangue, sangue innocente. Non iniziate una battaglia che non potete vincere.” Lord Mace sembrò innervosirsi a quelle parole, ma non cambiò idea “Non trattiamo con dei barbari, siano essi del Nord o dell’Est. I draghi sono solo lucertole troppo cresciute… Venite pure, saremo pronti ad accogliervi.” Il grasso Lord fece girare il cavallo e si lanciò al trotto, seguito dai suoi uomini.
“Jaime.”
 
 
Il cavallo dello Sterminatore di Re si fermò a pochi passi da loro quando Brienne disse il suo nome, e l’uomo si girò per guardarla negli occhi “Jaime ti prego, tu puoi fermare tutto questo. Nessuno deve morire oggi.” Passarono pochi attimi di silenzio, in cui Jaime Lannister non fece altro che guardare il vuoto accanto a se, poi sorrise a Brienne, e fu un sorriso triste e malinconico “Mi hai chiamato due volte per nome, stiamo facendo progressi.” Tirò le redini del cavallo, che scalciò, impaziente di tornare a casa “Addio Brienne.” Con quelle parole partì al galoppo, e Brienne accanto ad Arya sospirò “Vi chiedo scusa mia signora, dovevo provarci.” Arya guardò Daenerys, che fissava immobile la città “Non è mai facile. Ma almeno ci abbiamo provato.” Dany annuì “Torniamo all’accampamento, attaccheremo al calar del sole.”
 
 
 
 
“Dimmi che sarai prudente.” La voce di Daenerys era carica di preoccupazione da quando avevano deciso che Arya, in groppa a Rhaegal, sarebbe stata la prima a partecipare alla battaglia. “Te lo prometto.” Arya la guardò negli occhi mentre con movimenti sbadati cercava di legarsi al fianco le sottili corde dell’armatura di cuoio. Daenerys si avvicinò e le prese i cordini sottili dalle mani, legandoli con fare esperto, senza mai abbandonare la sua espressione preoccupata “Tu piuttosto, resta indietro, non intervenire se non è necessario. Non ti esporre a rischi inutili.” Daenerys annuì “E’ così irritante. Vorrei essere forte come te, in grado di difendermi… Vorrei poter combattere in mezzo ai miei uomini e non aspettare dentro una tenda l’esito della battaglia.” Arya le prese il volto tra le mani, delicatamente “Tu sei la persona più forte che io conosca Daenerys. Io sono stata addestrata a combattere, a uccidere… e credimi, è molto più facile fare questo che restare indietro, a prendere le decisioni più importanti, a comandare un esercito. Non preoccuparti, sarò io il tuo braccio in questa battaglia.” Per un momento Daenerys la fissò senza dire nulla, poi l’abbracciò con trasporto, affondando la testa nel suo collo “Tornerai da me, vero?”
 
 
Arya sorrise “Non andrei da nessun’altra parte.” Arya si staccò da lei e si limitò a fissarla per un lungo istante, mentre da fuori squillava la tromba che segnalava l’inizio della marcia verso la città. “Se non sarà il tuo viso il mio ultimo pensiero… sarà perché non ne avrò avuto il tempo.” Daenerys annuì e le diede un bacio leggero  sulle labbra, poi la guardò negli occhi, e con quello sguardo si dissero tutto ciò che le parole non avrebbero potuto colmare in quel momento. Quando Arya uscì dalla tenda con passo sicuro, Daenerys si prese un momento per ricomporsi, per lasciare che l’idea di ciò che stava facendo la colmasse appieno. Quel giorno avrebbe dato un significato a tutto il resto, a tutto il dolore e la sofferenza della sua vita. Quel giorno era per lei, per Viserys, per Rhaegal, per Drogo, per Ser Barristan, per i suoi genitori, per tutti coloro che avevano creduto in lei. E lei non aveva intenzione di deluderli.
 
 
 
Questa volta era stato molto più facile per Arya mettersi in contatto con Rhaegal, il drago, come lei percepiva la battaglia imminente e scalpitava dal desiderio di combattere, gli artigli e le fauci pronte a dilaniare e distruggere i nemici. Prima di salire in groppa al drago Arya aveva salutato Nymeria, abbracciando forte colei con cui condivideva l’anima, per poi ordinarle di seguire Brienne in battaglia; come non era stato difficile scegliere chi avrebbe guidato l’esercito in sua assenza, allo stesso modo non fu difficile impartire quell’ordine alla fedele creatura, che la salutò leccandola bruscamente in viso, lasciandola piena di saliva in volto. Guardandola sparire nella boscaglia, Arya si chiese se non fosse un errore scegliere di staccarsi dalla lupa per quella battaglia, ma ormai era troppo tardi, il piano era deciso, e a lei non restava che volare.
 
 
L’ebbrezza del volo mista alla foga per l’imminente lotta s’impossessò di lei, facendola sentire al pari di una dea invincibile mentre saliva sempre più in alto nel cielo, fissando sotto di lei i fuochi della città che ardevano intensi. Era ancora presto per lanciarsi in picchiata e distruggere con il fuoco il portone principale della città, per poi proseguire con quelli successivi, nei vari livelli di quella città caotica, perciò si concesse un momento per guardare il cielo, così struggentemente splendente di stelle quella notte. La luna era piena e illuminava il campo di battaglia sotto di lei, e per un attimo si domandò come dovevano sentirsi le guardie di Approdo del Re nel vedere stagliarsi contro la luna la figura di Rhaegal, uscita direttamente dai loro incubi peggiori per incendiare ogni cosa nel suo cammino. Strinse le lame che portava ai fianchi, e mentre sotto di lei vedeva l’esercito che cominciava a radunarsi nella pianura che circondava la città, fece una cosa che in vita aveva fatto pochissime volte, così poche che si potevano contare sulla punta delle dita: pregò.
 
 
“Padre.” disse alle stelle sopra di lei “Indicami la retta via. Madre, dammi il coraggio di seguirla. Fratello mio, dammi la forza di portare a termine il mio compito.” Rimase in silenzio per qualche secondo, come se stesse aspettando una risposta dal cielo silenzioso. Sotto di lei, risuonava il clangore della battaglia imminente. Arya si sporse sul collo del drago, e sussurrò un’ultima frase prima di scendere in picchiata verso le mura: “Valar Morghulis.”
 
 
 
 
Brienne vide la scura figura del drago scendere in picchiata verso le alte mura della città, e lanciò il grido d’attacco. La grossa lupa accanto a lei ululò a pieni polmoni verso la luna prima di iniziare a marciare con loro verso la battaglia. La voce di Arya risuonò limpida nella notte “Dracarys!”, e mentre le mura vicino al portone si riempivano di fiamme, che straripavano oltre i merli di pietra come acqua infuocata, gli uomini risposero gridando all’urlo della loro regina. Accanto a lei, Maedge Mormont roteò la sua ascia da guerra e urlò “Per il Nord!” seguita da tutti gli uomini della sua compagnia. Brienne strinse la grossa spada tra le mani mentre avanzavano, decisa come non mai a fare di tutto per non deludere la sua regina; mentre lei attaccava dal cielo, Brienne avrebbe condotto gli uomini fin dentro la Fortezza Rossa. Il drago tornò di nuovo, ancora in picchiata, ma questa volta un’ enorme gittata di fuoco colpì direttamente il portone, annerendo e indebolendo il massiccio legno che li separava dalla città. Qualche freccia solitaria cominciò a volare contro di loro, ma Brienne non ci fece caso, continuavano ad avanzare.
 
 
Arya fece fare un altro giro a Rhaegal in cielo, e questa volta lasciò il drago sospeso in aria, con le ali che sbattevano velocemente, mentre con gli artigli dilaniava il portone, tanto da lasciare un grosso buco là dove era rimasta più bruciata. Ma ancora una volta l’entrata non si aprì del tutto, e Brienne cominciò a sudare freddo; se avessero raggiunto le mura con la porta ancora chiusa, sarebbe stato un terribile dramma per tutti loro. Arya doveva averlo capito allo stesso modo, perché fece atterrare il drago e con un nuovo comando invocò un’altra cascata di fiamme. Brienne pregò che fosse la volta buona.
Quando un cigolio terribile squarciò l’aria, capì che finalmente c’erano riusciti. L’anta destra del grosso portone cadde a terra con un tonfo sordo, trascinando con sé la grata di metallo che c’era dietro. L’urlo unanime dell’esercito alle sue spalle fece tremare la terra, e Brienne aumentò il passo, ma non si sorprese quando la lupa accanto a lei prese l’iniziativa, lanciandosi con furia dentro il varco della porta, dilaniando la gola del primo soldato che si trovò davanti. Brienne fece lo stesso, mulinando la spada intorno a lei, lasciando che il suo viso si sporcasse del sangue dei suoi nemici.
 
 
 
 
Arya si alzò di nuovo in volo mentre controllava con attenzione se Rhaegal fosse in qualche modo ferito, ma a parte una freccia che l’aveva sfiorato, lasciando un taglio leggero sull’ala sinistra, non sembrava aver subito danni. Aveva temuto per un attimo di non essere in grado di distruggere il portone, di dover rimanere ferma lì, immobile davanti all’ingresso della città per ore intere prima di riuscire a creare un varco; invece il drago sembrava aver percepito i suoi timori, e aveva attaccato come un forsennato la porta. Una scheggia di legno l’aveva colpita in viso, lasciandole un graffio leggero sulla guancia, ma poco le importava. Guidò il drago sopra la città, facendolo avvicinare soltanto quando vedeva un drappello di uomini in uno spazio abbastanza ampio da permettere a Rhaegal di afferrarne un paio tra gli artigli e distruggere così la loro formazione. Le vie della città erano troppo strette e tortuose per permetterle di fare qualcosa contro gli uomini che si erano barricati nelle strade, a quelli avrebbero dovuto pensarci i suoi uomini. Lei aveva un’altra cosa fondamentale da fare: doveva assicurarsi che anche il portone che separava la Fortezza Rossa dal resto della città cadesse prima dell’arrivo dell’esercito.
 
 
Si avvicinò con velocità alla Fortezza, sorvolando la città senza nemmeno guardare cosa succedeva sotto di lei. Stava per ordinare a Rhaegal di scendere verso la porta, quando vide fuoco sulla torre accanto a lei, fuoco che lei non aveva appiccato. Era diverso da qualsiasi cosa avesse mai visto prima, perciò rimase interdetta per qualche secondo mentre si rendeva conto che qualcosa di fondamentale le era sfuggito a un primo sguardo: una catapulta. La palla infuocata venne lanciata contro di loro e Arya ebbe appena il tempo di pensare  all’assurdità di colpire un drago con il fuoco, prima di rendersi conto dell’errore che aveva commesso. La palla di altofuoco colpì in pieno il fianco destro del drago, e Arya perse immediatamente il legame che aveva con lui mentre dalle fauci del drago emergeva un grido di dolore. Il fuoco si diffuse sulle squame di Rhaegal e anche se Arya sapeva che per quanto potente fosse il fuoco nulla poteva contro la pelle del drago, lei non doveva assolutamente lasciarsi toccare dalle fiamme.
 
 
Il drago, spaventato dal colpo, roteò in aria verso il terreno, e Arya fece appena in tempo a saltare dalla groppa del drago prima che si schiantasse al suolo. Doveva aver appoggiato male la caviglia sinistra, perché sentì una fitta terribile quando cercò di rialzarsi. Rhaegal era caduto a una decina di metri da lei, e sbatteva le ali cercando di allontanare le fiamme che si stavano estinguendo sul suo dorso, o cadendo a incendiare il pavimento sotto di loro. Arya non aveva mai pensato all’eventualità dell’altofuoco, le sembrava assurdo che fossero disposti a fare bruciare l’intera città solo per non perdere la battaglia. Cercò di alzarsi per raggiungere il drago, ma preoccupata com’era per l’incolumità sua e della creatura, non si era resa conto di essere caduta dentro la Fortezza.
 
 
Le guardie furono su di lei in un attimo, e mentre Arya sguainava le sue lame, cercò di entrare di nuovo in contatto con Rhaegal, e il drago, nonostante il caos intorno a loro, capì subito cosa Arya voleva da lui; si alzò in volo veloce come non mai e scappò verso l’accampamento. Arya non poteva permettere che il drago cadesse nelle mani del nemico o peggio, che morisse; non avrebbe mai potuto raggiungerlo in tempo per scappare con lui. La ragazza si girò per affrontare i nemici, e il primo uomo che le andò incontro  si trovò la gola tranciata prima di poter fare qualsiasi cosa. Combatté con foga altri due avversari, riuscendo a metterli fuori gioco, ma erano troppi per lei; qualcuno le colpì la caviglia malandata e Arya cadde in ginocchio con u n gemito di dolore.
 
 
Non aveva intenzione di arrendersi, sarebbe morta piuttosto che finire nelle mani del nemico. Mentre ancora cercava di difendersi, roteando le lame intorno a lei, cercando di colpire i nemici come meglio poteva, qualcuno l’afferrò per i capelli e Arya sentì il freddo di una lama accarezzarle la sensibile pelle del collo. Chiuse gli occhi, ma in quello stesso istante una voce si alzò sopra tutti gli altri rumori “Fermi!”
Arya riaprì gli occhi e non poté non trattenere un fremito quando davanti a lei vide, quasi come uno spettro nella notte, l’algida figura di Cersei Lannister che la fissava dall’alto in basso.
 
 
“La piccola Arya Stark… Non pensavo che ti avrei mai rivista viva.” Arya rimase in silenzio, mentre anni di odio verso quella donna le tornavano in mente; l’ultima volta che l’aveva vista stava in piedi davanti al cadavere di suo padre, e ora era lì, pronta a fare lo stesso con lei. “Legatela e portatela nella sala del trono. Abbiamo tanto di cui parlare.” Fuori dalla Fortezza Arya riusciva chiaramente a sentire la battaglia che infuriava intorno a loro, ma non riusciva a importarle in quel momento, mentre si sentiva schiacciata dal timore come quando era bambina, di fronte ai gelidi occhi verdi di Cersei Lannister. 




Note:  Eccoci qua con un nuovo capitolo, finalmente! Ho più o meno deciso come finire la storia (anche se le idee mi vengono mentre scrivo perciò non si sa mai XD) quindi questo è il terzultimo capitolo di questa lunghissima storia che ormai porto avanti da più di un anno. Probabilmente oltre ai prossimi due capitoli ci sarà anche un epilogo, vedrò se pubblicarlo separatamente o insieme all'ultimo! Grazie mille a chi segue ancora questa storia, alla prossima!
 

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 ***


Brienne guardò con orrore la sinuosa figura del drago precipitare, ricoperta di fiamme, oltre le mura della Fortezza Rossa. Il suo cuore perse un battito e per un momento la sua visuale si oscurò: era morta, pensò con una lucidità terribile; aveva fallito ancora. Aveva deluso Renly, Catelyn Stark, e ora sua figlia. Come ogni volta, la vita della sua signora le era sfuggita dalle dita senza che lei potesse farci nulla, troppo lontana perché potesse salvarla, per poter fare qualcosa al riguardo.
 
 
Il dolore s’impossessò di lei con una fitta terribile, svuotandole la mente; cadde in ginocchio nel mezzo del campo di battaglia, lasciandosi sfuggire un gemito pieno di disperazione. La spada che teneva ancora stretta in mano provocò un terribile clangore quando la lasciò cadere a terra; uno degli uomini davanti a lei, dall’ammaccata armatura porpora non si lasciò sfuggire l’occasione, e le fu addosso in un attimo. Brienne lo vide appena attraverso gli occhi socchiusi, affranta da un dolore insopportabile che le opprimeva il petto. Una parte di lei si preparò al colpo, al dolore, ma quello non arrivò; quando alzò nuovamente lo sguardo la gola dell’uomo era tranciata di netto, e Nymeria si stava bagnando le fauci con il suo sangue.
Brienne la guadò sbalordita e dopo qualche attimo la lupa ricambiò lo sguardo, fissandola con quella che Brienne riconobbe come determinazione quasi umana. La grossa metalupa si avvicinò e le toccò con delicatezza incredibile la fronte con il muso bagnato di sangue, per poi voltarsi verso la Fortezza. In un primo momento Brienne non fu sicura di ciò che la lupa le voleva dire, ma quando la vide incamminarsi tra i cadaveri verso la Fortezza non ebbe più dubbi. “E’ ancora viva.” Nymeria si girò a guardarla, grattando con le grosse unghie la terra sotto di lei, impaziente. Brienne raccolse la spada e si rimise in piedi, certa ormai che Arya fosse ancora viva, da qualche parte nella Fortezza Rossa “Avanti uomini, andiamo a salvare la nostra regina!” Gli uomini intorno a lei risposero con un grido e Brienne iniziò a correre dietro la metalupa.
 
 
La Fortezza era ancora lontana, e Brienne era consapevole che il tempo non giocava dalla sua parte. Se Nymeria sentiva la presenza di Arya, di sicuro la ragazza era viva, ma perché? Perché non ucciderla subito, continuava a pensare l’alta donna bionda mentre si faceva largo nei vicoli della città, annientando all’istante chiunque si muovesse contro di lei. Presto il braccio avrebbe cominciato a farsi pesante, complici la spada e la massiccia armatura, e non poteva permettersi di essere stanca  quando stava per arrivare da Arya. Perciò cercava di dosare ogni colpo, ogni movimento, per sacrificare meno energia possibile. Attorno a lei la luna si rifletteva sul sangue versato, creando pozze di luce oscura, riflettendo il pallido bagliore sui cadaveri, rendendoli ancora più bianchi di quanto già non fossero. Più si avvicinavano al centro della città più il numero di uomini si faceva  grande, un vero e proprio esercito disseminato nelle piccole vie, quasi come un formicaio brulicante di vita… o di morte. Non c’era un ordine di battaglia, uno schieramento, intorno a lei regnava il caos, mentre nella sua mente c’era un unico obiettivo: raggiungere Arya.
 
 
Respirò profondamente quando vide un altro soldato farsi avanti, alzò la spada e gli tranciò di netto il braccio destro prima che potesse anche solo avvicinarsi a lei. “Oh donzella, questo potevi risparmiartelo.” Brienne si girò di scatto, alzando la spada, ma mentre si muoveva verso la nuova minaccia, la sua mente aveva già capito tutto ciò che c’era da capire. Jaime Lannister la guardava sorridendo, nella mano sinistra una spada dorata e sporca di sangue. “Speravo davvero di non doverti incontrare qui..” Brienne lo fissò cercando di restare impassibile “Questa è la via più breve per la Fortezza Rossa. Sapevi che sarei venuta.” Jaime rise “Mi conosci meglio di me stesso… L’ultima volta che siamo stati qui insieme, te la ricordi?”
 
 
Brienne se la ricordava perfettamente, come se fosse successo il giorno prima. Avevano percorso quella strada insieme, feriti nell’orgoglio e nell’animo, lei con la paura di non rivedere mai più la luce del sole, lui con quella di mostrarsi nuovamente alla sua famiglia così com’era, calvo, monco e distrutto. “Quando ti ho riportato ad Approdo del Re.” Jaime annuì, avvicinandosi a lei leggermente “Davvero un bel viaggio… forse dovremmo rifarlo qualche volta.” Brienne si chiese per un attimo se tutto quel sarcasmo non fosse altro che un modo per trovare il coraggio di fare quello che entrambi sapevano avrebbe dovuto fare: ucciderla. “Jaime… Lasciami passare.”
 
 
Il sorriso di Jaime si spense e lui si limitò a fissarla “Sai che non posso farlo.” Brienne alzò la spada “Sappiamo entrambi che non puoi battermi con la sinistra Jaime. Non costringermi a farti del male.” “Ti ho salvato la vita due volte Brienne… Abbiamo visto orrori... che nessuno tranne noi può capire.  E’ davvero così importante questa ragazza per te?” Brienne non abbassò lo sguardo nemmeno per un attimo “E la tua famiglia Jaime? Dov’era tua sorella quando avevi bisogno di lei? E tuo padre? Tu non devi nulla a nessuno di loro… Smetti di combattere per chi non si è mai battuto per te.”
 
 
Jaime rimase in silenzio a quel punto, il clamore della battaglia che infuriava intorno a loro dimenticato, limitandosi a fissare Brienne “Mi resta solo questo Brienne, il mio nome. Se volto le spalle alla mia famiglia, non sarò più niente.” Brienne respirò profondamente “E Arya Stark è la mia ultima occasione per recuperare l’onore.”  Jaime spalancò la bocca a quel punto, come se volesse dire qualcosa, ma infine si limitò ad alzare la spada “E così sia allora. Per quel che vale Brienne… in un'altra vita avrei potuto amarti.”
 
 
Brienne esitò solo un secondo prima di iniziare il duello, facendo scontrare le loro lame con un rumore assordante. Il colpo si propagò con forza lungo tutto il suo braccio, facendola tremare in modo incontrollabile. Si allontanò dal suo avversario, senza mai staccare gli occhi dal suo sguardo. Non era la prima volta che le loro spade s’incrociarono, e per quanta abilità avesse perso Jaime nel perdere la mano destra, Brienne sapeva che non era un nemico da sottovalutare. Le sue parole rimbombavano nella mente di lei come avevano fatto ore prima i tamburi di guerra, e la sua mente cercava di scappare dalla realtà del cruento scontro, riportandola ai ricordi che condivideva con l’uomo davanti a lei. Renly era stato il suo amore, lady Catelyn un porto sicuro, Arya la sua possibilità di riscatto… ma cos’era Jaime Lannister per lei?
 
 
Lo Sterminatore di Re che si era gettato nella fossa dell’orso per salvarla, che aveva perso la sua mano salvandola dallo stupro, che le aveva donato la sua spada, affidando a lei il suo onore… Brienne l’aveva odiato, disprezzato, ma quei sentimenti si erano tramutati in rispetto e fiducia nel corso delle loro avventure insieme; che cosa rappresentava ora per lei? Ripensò agli anni che aveva passato in isolamento, sconfitta nel corpo e nell’animo dopo che per l’ultima volta si erano visti, davanti al cadavere finalmente senza vita di Lady Catelyn. Con una fitta di rimpianto Brienne capì che avrebbe dovuto seguirlo quel giorno, e soffocò con un gemito la marea di sentimenti che provava in quel momento, che la imploravano di abbandonare la lotta. Il suo cuore poteva pensarla diversamente, ma Brienne aveva vincolato la sua anima all’onore e la lealtà verso Arya Stark, e tutto il resto non aveva importanza.
 
 
“E questo ti sembra combattere, donzella? Il tempo non deve essere stato generoso con te!” la spada di Jaime le calò impetuosa sul braccio, lasciandole una sottile e dolorosa ferita, da cui iniziò subito a sgorgare sangue. Lui si fermò per guardarla negli occhi, e le sorrise, quasi sprezzante “So di non essere più un campione, ma potresti almeno concentrarti nel nostro duello. Quali pensieri possono valere più della tua vita?” Brienne alzò la spada più velocemente che poteva, cercando di ignorare la fitta che le fece tremare il braccio; il colpo per poco non mise fine alla vita di Jaime, che riuscì a pararlo all’ultimo, con la spada insanguinata. Solo in quel momento Brienne si accorse che molti uomini intorno a loro avevano smesso di lottare per guardarli duellare, ma la cosa non le fece né caldo né freddo; le loro spade erano ancora unite, e loro due si guardavano faccia a faccia, vicini come mai prima di allora “Penso che in un'altra vita avrei potuto farlo anche io.” Si concesse solo qualche attimo per vedere la sorpresa espandersi dagli occhi di Jaime, poi ruotando su se stessa si liberò di Jaime con uno strattone che lo scaraventò a terra.
 
 
Brienne respirò per un attimo, libera dal fardello dell’incontro e si rese conto di quanto si sentisse sfinita; mai in vita sua aveva combattuto tanto, così strenuamente. Jaime si rialzò con quello che a Brienne ricordò veramente il ruggito di un leone, e ricominciarono a danzare con il clangore delle spade, in una danza così unica che Brienne capì in quell’attimo di vivere il momento più intimo della sua vita con Jaime. Erano stati nudi, insieme in una vasca quella che sembrava una vita fa; eppure nemmeno quello poteva eguagliare lo scontro di quel momento, in cui entrambi sembravano aver messo a nudo la propria anima. “Se devo morire adesso” pensò Brienne con limpida chiarezza “Non avrò nessun rimpianto.”
 
 
Ma alla fine fu la mancanza della mano destra di Jaime a determinare l’esito dello scontro, come lui aveva capito fin dall’inizio. La possibilità di sfidare Jaime Lannister ad armi pari le era stata negata molto tempo prima. Dopo l’ennesimo rumoroso scontro tra lame, la mano sinistra di Jaime sembrò non riuscire più a sostenere il peso della spada, e con un altro pesante colpo Brienne la fece cadere a terra, puntando poi la lama alla gola dell’uomo. Jaime alzò lo sguardo verde smeraldo verso di lei, ignorando il sangue che gli stava uscendo copioso da una ferita alla nuca; doveva essere stata lei a ferirlo così, eppure non se lo ricordava “Avanti Brienne” disse il suo nome con estrema dolcezza, come Brienne non l’aveva mai sentito pronunciare se non da suo padre “Alla fine, sono felice che sia tu.”
 
 
 
 
Poche volte nella sua vita Daenerys aveva provato una sensazione di puro terrore come nel momento in cui vide il drago dorato cadere dal cielo, infrangersi come un uragano nella Fortezza Rossa, trascinando con se il suo cavaliere. La sua mente la riportò indietro nel tempo quando, molti anni prima, aveva visto il suo Khal cadere da cavallo. Drogo non era ancora morto, ma nel suo cuore lei aveva capito che per lui era finita. Il pensiero del corpo di Arya, rotto e spezzato, ricoperto di sangue come quello di Drogo si era ricoperto della sabbia del deserto la lasciò senza fiato, e quando finalmente riprese a respirare, un gemito di dolore le uscì dalle labbra.
 
 
Non si accorse di star scivolando a terra finché le forti mani di Jorah non la strinsero sulle braccia, impedendole di cadere al suolo “Mia regina…” Daenerys non riusciva a distogliere lo sguardo dalla torre lontana, ipnotizzata dalla disperazione che sentiva dentro. Jorah le afferrò il mento, costringendola a guardarlo con una forza che non aveva mai usato prima con lei “Daenerys guardami. Non è il momento per farsi prendere dal panico. Arya potrebbe essere ancora viva.” Dany scosse la testa “Devo andare da lei… Devo andare da Rhaegal.” Jorah non lasciò la presa “E’ troppo pericoloso.” Un grido tagliò l’aria come una lama affilata, e Dany si girò nuovamente verso la città, guardando il drago dorato alzarsi nuovamente in volo, sempre più in alto mentre si dirigeva vero il loro accampamento. Il sollievo che provò nel vedere il suo drago ancora vivo non riuscì a lenire il timore che sentiva nel cuore. Non avrebbe mai dovuto permettere ad Arya di lasciarla di nuovo.
 
 
Il drago coprì in velocità la distanza che lo separava da loro, ma quando finalmente scese a terra, a Daenerys bastò un’occhiata per capire quando dovesse essere debole. L’ala destra del drago portava segni di bruciatura, e l’animale respirava pesantemente, incespicando nelle sue stesse zampe mentre cercava di stabilizzarsi a terra. Dany non osò avvicinarsi troppo al drago ferito, ma sapeva che le sue ferite non erano troppo gravi. “Il fuoco deve essersi spento in volo.” commentò Jorah dietro di lei, facendola tornare alla realtà. Si girò di scatto, sperando che il suo volto riuscisse a mostrare più la risolutezza che la paura che in quel momento provava “Io devo andare. Hanno bisogno di un drago, hanno bisogno di me.”
 
 
Jorah deglutì visibilmente, cercando le parole più adatte per dissuadere la sua regina “Mia signora… hanno l’alto fuoco. Non appena vi avvicinerete vi attaccheranno con le catapulte.” Daenerys non si diede per vinta “Jorah, non abbiamo altra scelta. Questo è il momento, dobbiamo vincere adesso.” L’uomo esitò solo per un momento prima di abbassare lo sguardo “Almeno permettetemi di venire con voi.” Daenerys annuì, lo sguardo sollevato al pensiero di avere qualcuno di così fidato accanto a se “E’ ancora viva Jorah. Lo so, lo sento.” Jorah pregò gli dei che fosse vero.
 
 
 
 
Arya rimase per un attimo senza fiato nel vedere davanti a sé la causa unica e sola di tutto ciò che le era accaduto nella vita, il motivo per cui si trovava lì, il motivo di quella guerra che da anni dilaniava il continente. Il Trono di Spade era ancora più impressionante di quanto non si ricordasse; quando era una bambina le era sembrato magnifico, imponente mentre Re Robert vi sedeva sopra con la sua non indifferente mole, un simbolo di potere e grandezza. In quel momento, mentre solo l’ombra delle torce illuminava la grande sala e il riflesso delle fiamme si muoveva cangiante sulle lame ancora affilate del trono, l’unica sensazione che Arya provò fu una silenziosa e spettrale desolazione. Era per quel pezzo di ferro che tanto sangue era stato versato?
 
 
Sembrò che Cersei riuscisse a capire il suo pensiero, perché un sorriso beffardo le comparve sul volto “L’ho sempre trovato di cattivo gusto.” Arya la guardò con diffidenza, ma la donna continuò a sorridere “Non temere piccola Stark. Se ti volessi morta, avresti già la gola tagliata da un pezzo.” Arya si strofinò i polsi, fissando Cersei con aperto disprezzo; l’aveva odiata dal momento in cui aveva decretato l’ingiusta morte di Lady, e dal quel momento non aveva mai smesso. “Lasciateci sole.” Disse la regina girandosi verso il trono, incurante del soldato che face un passo verso di lei “Mia regina, non è sicuro…” Cersei si girò solo per un attimo, fulminandolo con lo sguardo “Credete che non mi possa difendere contro una ragazzina disarmata? Esegui i miei ordini senza discutere, capitano.”
 
 
L’uomo esitò solo un momento prima di allontanarsi, seguito dai suoi uomini. Cersei andò a sedersi sul Trono di Spade, invitando con un gesto Arya a seguirla. La ragazza camminò lentamente verso di lei, pensando a quanto fosse assurda quella situazione “Perché sono ancora viva?” La sua voce riecheggiò nella grande sala vuota e piena di fantasmi, in modo tanto tetro da farle provare i brividi; quante persone erano morte in quel luogo? C’era ancora il sangue di suo nonno a macchiare la grigia pietra su cui stava camminando?
 
 
“Perché mia cara, al contrario di quanto si possa credere di me, sono tutt’altro che una stolta.” Cersei le rivolse un sorriso pieno di veleno “E ho capito bene che non c’è speranza di vittoria contro un esercito simile, contro il fuoco dei draghi.” Arya fece alcuni passi verso il trono, rimpiangendo il peso confortante delle sue lame sui fianchi “E perché state ancora combattendo?” La donna rise “Perché gli uomini che controllano questa città sono degli stolti. Perché non sanno cosa vuol dire per una madre rischiare di perdere l’ultimo figlio che le resta.” Gli occhi verdi di Cersei brillarono alla luce delle torce quando si sollevò dallo scranno per guardarla in volto “Perché al contrario di quanto si possa credere di me, Arya Stark, i miei figli sono sempre stati tutto per me. Non vedrò Tommen morire per il suo inutile orgoglio, per quello di mio fratello o di quel cretino di un Tyrell… Ti ho portata qui per stringere un accordo, prima che sia troppo tardi.“
 
 
Arya rimase in silenzio per un attimo, poi scoppiò a ridere,una risata aspra e piena di disprezzo “E dimmi, Cersei Lannister, perché mai dovrei aiutarti a proteggere tuo figlio, quando c’è il sangue di mio padre sulle tue mani? Quando so che cosa la tua famiglia ha fatto alla mia…” La donna si alzò dal Trono, andandole incontro “Tommen non ne ha colpa. Fu Joffrey a uccidere tuo padre, e mio padre tuo fratello…” “Ma in tutto questo non c’era forse la tua ombra Cersei?  Osi negarlo? Dovrei aprire la gola a te e a tutti coloro che portano anche una sola goccia del tuo sangue, e tingere Approdo del Re del vero rosso Lannister.” La rabbia che Arya aveva tenuto celata dentro per tutti quelli anni le aveva fatto dimenticare qualsiasi timore; non era più una bambina spaventata, era una donna, una regina e una guerriera, ed era il suo turno di dirigere il gioco.
 
 
 Lei e Cersei ora erano così vicine che poteva vedere la disperazione nei suoi occhi; suo malgrado, non riuscì a non provare una punta di ammirazione per il contegno della donna.
La regina la fissò per un lungo istante prima di fare qualcosa che Arya non si sarebbe mai aspettata, le prese la mano, e ci mise dentro una daga che doveva aver tenuto nascosta per tutto quel tempo, puntandosela al petto. “E allora fallo. Uccidi me e bevi il mio sangue come farebbe la tua maledetta lupa. Ma risparmia mio figlio. Non ha colpa se non quella di essere uno stolto.” Arya strinse tra le dita l’impugnatura dell’arma, avvicinandola tanto al collo della donna davanti a lei che una goccia di sangue scivolò scura sopra la lama “Cosa ti fa credere che manterrei una promessa simile? Che dopo aver ucciso te con questa lama, non sarei pronta ad usarla per porre fine all’inutile vita della tua progenie?” Cersei non si mosse di un millimetro quando la daga le scalfì la pelle “Sei una Stark.” Si limitò a dire, e Arya le rivolse un sorriso quasi crudele “Tu non hai idea di chi io sia diventata.” E una parte di lei gioì nel vedere finalmente la paura negli occhi di Cersei.
 
 
 
 
Quando Brienne vide davanti a lei l’entrata della Fortezza Rossa per poco non cadde in ginocchio. Lei e i suoi uomini erano sfiniti, sfiancati dalla battaglia, e il portone che si ergeva davanti a lei, tetro e impenetrabile riuscì solo a farla sentire più sfinita. Arya avrebbe dovuto calare dal cielo con il suo drago, ridurre in cenere il legno e spezzare il metallo che costituivano l’unica difesa sicura rimasta al nemico. Se non prendevano la fortezza, se non prendevano il Trono, sarebbe stato tutto inutile. La battaglia infuriava ancora in tutta la città, ma se la bandiera nemica fosse scomparsa dalla sommità della Fortezza, gli uomini dei Lannister avrebbero cominciato ad arrendersi.
 
 
Solo il pensiero di Arya rinchiusa da qualche parte dentro la tana del leone riuscì a farla restare in piedi, a pensare a come entrare in quel luogo all’apparenza inespugnabile. Frecce infuocate calavano a intermittenza dai merli sopra di loro, e i suoi uomini cadevano come foglie sotto il fuoco nemico. Con un grido fece ritirare le truppe rimaste al sicuro dai tiri nemici, ma sempre tenendo sotto controllo il portale. Senza un drago dalla loro parte, avrebbero dovuto ricorrere alla pece infiammata, e gli dei solo sapevano quanto ci sarebbe voluto per farla arrivare fino a lì, e quanto per aprire anche solo un piccolo varco. Gli sguardi degli uomini attorno a lei riflettevano il suo umore, e Nymeria accanto a lei ringhiava nervosa. “Non dobbiamo arrenderci.” Disse con una forza che sorprese anche lei, mentre con una stretta al cuore pensava a quanto aveva sacrificato per arrivare fino a quel punto. “Se entriamo nella Fortezza, tutto questo non sarà stato inutile. Tutte le morti a cui avete assistito, tutto il dolore che avete provato, il sudore e il sangue versati, non saranno stati vani. Siamo così vicini. La vittoria è dietro quelle porte, ma soprattutto la pace, la vostra casa. Resistete, fatelo per questo.”
 
 
Le grida d’incoraggiamento dei suoi uomini le scaldarono il sangue come mai prima di allora; ripensò al padre che contro tutto e tutti le aveva permesso di diventare un cavaliere, di essere se stessa, e che era morto solo e senza eredi per questo “Non ti deluderò oggi padre. Sarai fiero di avermi come figlia.”
 
 
Un boato squarciò l’aria quando un’ enorme cascata di fuoco si ribaltò sul portone della Fortezza, seguito da artigli neri come la notte. Brienne alzò lo sguardo e il suo cuore perse un battito quando vide l’enorme drago nero farsi largo con le zanne tra le scaglie di legno, e la dama bianca che lo cavalcava, gridando parole che lei non conosceva, ma che suonavano come musica per le sue orecchie stanche. Gli uomini dei Lannister si lanciavano dalle piccole finestre delle torri, palle di fuoco rovente che precipitavano a terra urlando e piangendo mentre uno dei peggiori incubi che la mente umana avesse mai partorito faceva a pezzi il loro ultimo baluardo di salvezza. Con un terribile rumore metallico, l’anta sinistra del portone crollò sulla sua stessa grata sotto il peso dell’enorme bestia, e presto non ci fu più nulla tra lui e l’interno della Fortezza.
 
 
Brienne guidò i suoi uomini verso il drago, guardando piena di gratitudine Daenerys che scivolava sinuosa dietro l’ala del drago, seguita da Jorah. Il braccio destro della regina sanguinava, probabilmente colpito da una scheggia, c’era cenere nei suoi capelli argentei, e fuoco nei suoi occhi viola. Sorrise a Brienne “Alla sala del Trono. E’ ora di finire questa guerra.”
 
 
 
 
“Io so che hai gli occhi di tuo padre, piccola Stark, e so che lui ti sta guardando in questo momento.”
Arya sapeva che Cersei lo stava dicendo solo per salvarsi per la vita, la sua e quella di Tommen, eppure non poteva negare che c’era del vero nelle sue parole. Quello era il culmine della sua vendetta. Quante notti aveva passato a fantasticare quale orribile morte avrebbe inflitto a quella donna, a quanto l’avrebbe fatta soffrire per ciò che le aveva tolto. Eppure in quel momento, guardando negli occhi quella che aveva creduto la causa di tutti i suoi mali, la rabbia svanì improvvisamente, lasciando solo una terribile stanchezza. Quanto tempo aveva sprecato inseguendo i fantasmi del suo passato? Quella donna davanti a lei non era che l’ombra della crudele regina Cersei, una donna di mezza età, la stessa che avrebbe avuto sua madre, senza più nulla per cui supplicare se non la vita del figlio.
 
 
Arya era stata un’assassina, un mostro senza sentimenti, e non voleva più esserlo. Allontanò di qualche centimetro la lama dal collo della regina. Ucciderla non le avrebbe portato la pace che tanto aveva cercato, ma solo più sangue sulle sue mani. Non aveva bisogno della sua vita per andare avanti, l’aveva già fatto.
“Basta sangue, basta morte.” Gli occhi di Cersei si dilatarono per la sorpresa. “Tu e la tua famiglia sarete risparmiati, hai la mia parola. Ordina ai tuoi uomini di arrendersi.” Mosse la mano per togliere la lama, e in quel momento sentì aprirsi la porta dietro di loro.
 
 
 
 
Tommen non era mai stato coraggioso, ne era ben consapevole. All’età di diciotto anni i suoi passatempi preferiti erano mangiare dolci e guardare recitare il giullare di corte. Sapeva anche di non essere particolarmente intelligente, eppure si era sempre ritenuto un uomo fortunato.
Aveva una moglie bellissima e dolce, un bambino sano e una madre che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui. Questo lo sapeva, e di tutto il resto poco gli importava. Aveva provato a interessarsi al governo del regno, ma quando aveva capito che c’erano altri migliori di lui per quel ruolo, aveva lasciato il posto a loro molto volentieri.
 
 
Aveva vissuto in pace in quel suo piccolo mondo perfetto finché non era scoppiata quella maledetta guerra, che aveva rovinato tutto. D’un tratto la gente si aspettava da lui decisioni importanti, pareri intelligenti, conoscenze che lui non aveva mai posseduto. E soprattutto, gli si chiedeva di combattere. Di mostrarsi coraggioso, in prima linea con le sue truppe.
Sua moglie l’aveva supplicato di scendere in battaglia per tenere alto l’animo dei soldati, ma lui non si era nemmeno avvicinato al campo di battaglia, anche se sapeva che le cose non si stavano mettendo per niente bene per il suo esercito. In quel momento l’unica cosa che provava era terrore, terrore assoluto.
 
 
Eppure aveva deciso di armarsi, un ultimo, disperato tentativo di proteggere la sua famiglia, così era corso nelle sue stanze, a brandire l’unica arma con la quale si era esercitato ancora anni prima, la balestra preferita di suo fratello. Aveva invidiato suo fratello per la sua sicurezza, per il modo con cui usava le armi e aveva cercato, invano, di imitarlo. La balestra si faceva sempre più pesante tra le sue mani mentre correva nei corridoi che si affacciavano sulla sala del trono, diretto nelle stanze della moglie.
 
 
Fu allora che vide la madre, immobile davanti al Trono su cui lui si era seduto così poco in tutti i suoi anni di regno. Davanti a lei, un coltello puntato alla sua gola, stava una ragazza magra e dall’aspetto risoluto che riconobbe dalle descrizioni dei suoi messaggeri come Arya Stark. L’aveva incontrata una volta quando ancora era un bambino, ma la persona che in quel momento minacciava la vita di sua madre era completamente diversa dalla bambina scontrosa che si ricordava di aver visto nel cortile di Grande Inverno anni prima.
Senza far rumore, appoggiò la balestra al balcone davanti a lui, incoccando una delle poche frecce che era riuscito a trovare. Prendendo la mira, vide che la ragazza e sua madre stavano parlando tra di loro, ma dovevano sussurrare, perché lui non riuscì a capire nemmeno una parola. Le mani gli tremavano, grosse gocce di sudore gli scendevano lungo la fronte e la sua bocca era più secca della sabbia di Dorne. Non riusciva a prendere la mira, non riusciva a stare fermo. Quando alla fine vide la mano della ragazza muovere la lama sul collo della madre, chiuse gli occhi e schiacciò il grilletto.
 
 
 
 
Quando Brienne spalancò la porta che portava alla Sala del Trono, per poco Daenerys non corse dentro; quello era il momento che aveva aspettato da tutta la vita.
Davanti a lei vide Arya girarsi verso di loro, e quando i loro occhi s’incontrarono la ragazza le sorrise così piena di gioia che per un momento dimenticò la battaglia, il trono, tutto il resto.
Così ci mise qualche attimo a capire perché il sorriso di Arya si fosse trasformato in una smorfia di dolore, qualche secondo lungo e interminabile per vedere il dardo sporgerle dal petto.
 
 
Mentre il grido di Brienne le riempiva le orecchie rimase immobile, incapace di fare altro se non guardare il corpo di Arya accasciarsi a terra, sorretto dalla bionda donna dietro di lei, che guardava la ragazza con lo sguardo pieno di terrore.
Un attimo dopo stava già correndo verso di lei, le braccia tese, pronte a prendere in braccio Arya, la sua Arya che sembrava così fragile e pallida, pronta a spezzarsi.
Arya alzò lo sguardo mentre Daenerys si gettava in ginocchio sul duro pavimento accanto a lei, gli occhi pieni di sorpresa, mentre il sangue le colava lungo l’armatura, a formare una pozzanghera scura su cui si rifletteva la luce delle fiaccole che illuminavano la sala.
 
 
Daenerys le prese il viso fra le mani, stringendola a se “Andrà tutto bene Arya, sono qui.” La ragazza cercò di parlare, ma dalle sue labbra uscì solo un fiotto di sangue, seguito da una tosse roca. Daenerys sentì attutita la voce di Jorah “Il dardo deve averle perforato il polmone.” Un altro colpo di tosse, il sangue di Arya colò tra le mani di Daenerys come le lacrime che si sentiva colare in viso. Non poteva essere vero. Doveva essere un incubo. “Chiama qualcuno.” Urlo con una voce isterica che non le apparteneva, guardando Jorah con disperazione “Chiama Melisandre. Falla venire qui.” Nymeria si era avvicinata a loro, posando il grosso capo sulle gambe immobili della sua padrona, guardandola con un dolore quasi umano.
 
 
Dietro di lei, Brienne aveva sguainato la spada e incombeva imperiosa su Cersei Lannister, le mani sollevate come unica difesa contro l’enorme arma della bionda guerriera. “No!” Arya cercò di alzarsi, ma ricadde all’indietro, mentre altra tosse spargeva piccole gocce del suo sangue nell’aria “Non toccarla… lei… e la sua famiglia. Ho promesso.” Brienne guardò confusa la sua signora, ma abbassò l’arma, inginocchiandosi accanto ad Arya, prendendole la mano. Arya la strinse e tentò di sorridere, un sorriso rosso e terribile “Brienne… grazie... di tutto. Proteggi… il Nord e Dae… Daenerys per me.” “Arya, no.” Daenerys riuscì a dire solo quello mentre sentiva la presa di Arya sulla sua mano farsi sempre più debole. Brienne piangeva in silenzio davanti a lei, ma Daenerys aveva occhi solo per Arya.
 
 
Le strinse ancora il viso fra le mani, e si chinò a baciare le labbra piene di sangue di Arya, incurante del sapore metallico che le lasciò addosso “Non puoi lasciarmi Arya, non puoi. Io ti amo.” Arya alzò la mano e le accarezzò i capelli in un gesto terribilmente lento e doloroso “Mi dispiace… per tutto il tempo che abbiamo perso.” Arya tossì ancora nel pronunciare quelle parole che Daenerys riusciva a capire a stento, il volto a qualche centimetro da quello di Arya “Tu, tu sei stata la luce… della mia vita.” “No… Arya resisti ti prego, andrà tutto bene. Ci sono ancora così tante cose che dobbiamo fare… così tante cose. Non lasciarmi ti prego.”
 
 
Arya chiuse gli occhi, e il suo volto si contorse per un attimo in preda al dolore “Perdonami, amore mio… Io… io sarei rimasta con te... per semp..” Daenerys chiuse gli occhi mentre la sentiva la mano di Arya caderle lungo il volto e un unico terribile lamento le uscì dalle labbra mentre la ragazza esalava il suo ultimo respiro.
 
 
Fuori, la battaglia per Approdo del Re si era quasi conclusa. Gli unici suoni che ancora rimbombavano nella sala del trono erano i lamenti inconsolabili della metalupa e il pianto della regina dei draghi. 





Note: Lo so che a Natale dovremmo essere tutti più buoni, non odiatemi troppo! Siamo quasi alla fine, il prossimo capitolo sarà l'ultimo di questa storia, che va avanti ormai da tantissimo! Sto cercando di sistemare i primi capitoli perché mi rendo conto anche io che in questo tempo il mio modo di scrivere è cambiato parecchio. Dunque, spero di non metterci troppo a concludere, i miei tempi di scrittura sono sempre eterni, lo so, ma finirò prima o poi! Grazie a chi ancora segue la storia, fatemi sapere come vi è sembrato questo ultimo capitolo! Buon Natale e buone feste a tutti! 

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 ***


“Non funziona? Come può non funzionare?” Brienne spostò per l’ennesima volta lo sguardo dalla Regina dei Draghi a Melisandre, inginocchiata accanto al pallido cadavere della regina del Nord. La voce di Daenerys era incredibilmente calma, stonava in modo terribile con il suo aspetto, le braccia e le vesti intonse di sangue, il viso cereo su cui i segni della cenere lasciati dalla battaglia di poco prima risaltavano tetri; le parole di Daenerys potevano essere tranquille, ma era chiaro a chiunque in quella sala che i suoi occhi stavano gridando.
 
 
 
Melisandre abbassò il capo verso il corpo di Arya, gli occhi grigi e privi di vita ancora aperti a fissare il soffitto della grande sala del Trono “E’ la quarta volta che tento mia signora, non funziona. Il Dio Rosso…” “Ciò che pensa il tuo dio non è un mio problema Melisandre. Hai detto che si può fare, che i morti possono essere riportati in vita con il suo fuoco. Riporta indietro Arya o sarai tu a bruciare tra le fiamme.”
Per un attimo Brienne vide qualcosa che non aveva mai osservato nello sguardo della donna: puro terrore.
Poi si girò nuovamente verso Arya e si chinò su di lei come aveva già fatto prima, sussurrando sulle labbra della ragazza morta parole che nessuno sembrava comprendere. Dopo qualche minuto si fece indietro, appoggiando la mano sulla fronte di Arya, guardando nuovamente Daenerys, lo sguardo nuovamente sicuro “Non c’è modo di riportarla qui, il suo spirito non può essere raggiunto. Non c’è minaccia che smuoverà R’hllor questa volta mia signora. Accetterò le fiamme.”
 
 
 
Abbassò la mano, intenzionata a chiudere le palpebre della giovane, ma prima che potesse farlo Daenerys la colpì con il dorso della mano, spingendola lontano dal corpo. Melisandre portò la mano alla guancia arrossata, ma rimase in silenzio. “Non toccarla.” La regina toccò il viso di Arya con una carezza “Vattene via. Non voglio più vederti.” Melisandre si alzò e mosse qualche passo verso l’uscita, prima di fermarsi e girarsi un’ultima volta, per incrociare gli occhi nuovamente pieni di lacrime di Daenerys “Lei sapeva.”
“Vattene!” gridò questa volta, il volto arrossato di rabbia e dolore. Quando la sacerdotessa se ne fu andata, Brienne azzardò un passo verso la regina, toccandole leggermente la spalla. Daenerys non si ritrasse al contatto, e Brienne ne fu sollevata. Pur non dandolo a vedere, ogni fibra del suo essere si era spezzata nel vedere la morte della sua signora. Guardandola adesso, pallida e così minuta rispetto all’enorme sala intorno a loro, una ragazzina vestita da soldato, sola e indifesa contro una vita che non le aveva riservato altro che sofferenze e dolore, Brienne sentiva il cuore gemere di disperazione.
 
 
 
Avrebbe voluto poterla abbracciare, stringere a se, offrendole quella protezione che non era riuscita, nemmeno questa volta, a dare; avrebbe voluto piangere tutte le sue lacrime. Ma non poteva permettersi di farlo, non in quel momento; ed era la stessa cosa che doveva ricordare a Daenerys.
“Mia signora, la battaglia si è conclusa, gli uomini aspettano nuovi ordini. Non possiamo fermarci adesso.” Daenerys chiuse gli occhi per un attimo, ritirando la mano dal corpo senza vita della sua amata. “Hai ragione. Convoca tutti i generali qui, li incontrerò a breve.” Brienne annuì, e si allontanò da lei “Jorah. Porta… porta Arya in un posto sicuro per favore.” Jorah, che fino a quel momento era rimasto in silenzio in un angolo della sala, si avvicinò lentamente. Brienne si sorprese di vedergli gli occhi lucidi “Mi dispiace Daenerys” disse con voce roca “Mi sbagliavo su di lei. Mi prenderò cura del suo corpo, la preparerò per la sepoltura.” “No.” Daenerys alzò lo sguardo verso di lui “Quello lascialo a me.” Jorah annuì, abbassandosi vicino alla sua regina, prendendo in braccio il corpo di Arya, sorprendendosi di quanto potesse essere leggero. Nymeria, che nemmeno per un attimo aveva abbandonato la padrona, lo seguì fuori dalla porta.
 
 
 
Brienne fece per andarsene, quando la voce di Daenerys richiamò la sua attenzione “Non doveva finire così.” La regina era ancora in ginocchio davanti al sangue di Arya, lo sguardo spento. “Abbiamo vinto, Daenerys. Il Trono è tuo.” Perfino Brienne riusciva a sentire quanto le sue parole fossero vuote. Daenerys si girò a guardare il grosso scranno di metallo dietro di lei, su cui il fuoco delle fiaccole si rifletteva cangiante “Fallo distruggere. C’è troppo sangue sulle sue lame.”
 
 
 
 
Entrarono tutti insieme, i lord del Nord e il capitano degli Immacolati, Asha Greyjoy e Nymeria Sand, lord Manderly e lady Mormont, i volti stanchi ma felici, accompagnati da una radiosa Missandei, che sorrise finalmente nel vedere la sua regina. Daenerys li guardò uno a uno, cercando le parole adatte, cercando una forza che non era sicura di avere per riuscire a dir loro quello che doveva essere detto. Ma dal momento in cui aveva visto la vita abbandonare gli occhi di Arya, tutto aveva perso significato. Nulla poteva avere un senso nel suo cuore se non il dolore terribile che le ruggiva in petto; l’unico motivo per cui si trovava ancora lì era perché non fosse stato tutto invano.
 
 
 
“Miei lord…” “Evviva la regina!” ruggì lady Mormont prima che Daenerys potesse aggiungere altro, e tutti gli altri si unirono al suo coro. Asha fece roteare la sua ascia in aria, sorridendo a Daenerys “Dov’è la piccola Stark? Si sta perdendo il divertimento!” Daenerys si lasciò sfuggire un gemito, e abbassò lo sguardo; nessuno doveva vedere le sue lacrime, continuava a ripetersi. Ma a nessuno era sfuggita l’espressione del suo volto, e la sala si fece silenziosa “E’ con dolore che vi informo che… che la regina del Nord ci ha lasciato.” Daenerys alzò lo sguardo, quando la colpì con violenza la realizzazione di ciò che aveva appena detto. Non la regina del Nord, ma Arya, la sua Arya, era morta.
 
 
 
“Non può essere…” lord Manderly si guardò intorno, il fantasma di un pallido sorriso sulle sue labbra, mentre cercava la sua regina. Asha fece un passo avanti, lo sguardo incredulo “Com’è potuto succedere?” La sala si riempì di voci e caos, e ancora una volta Daenerys si sentì incapace di affrontare quella situazione; ora che era arrivata, ora che aveva ottenuto la vittoria tanto desiderata, si sentiva stanca, distrutta. Avrebbe solo voluto svanire in quel istante, raggiungere Arya ovunque lei si trovasse. Ma non poteva; ora più che mai, lei era la regina. Non poteva essere debole, anche se in quel momento ogni battito del suo cuore le procurava una fitta di dolore che la lasciava senza fiato. “Silenzio.” Disse con una voce sicura che non sentiva sua “Arya è morta in questa sala, ai piedi di questo trono, cercando di stabilire una pace che potesse salvare più vite possibili. Non è morta perché i suoi uomini si comportassero come un gregge di pecore.”
 
 
 
Tutti si ammutolirono a quelle parole, gli sguardi per la prima volta rivolti verso la chiazza di sangue ancora chiaramente visibile al centro della sala; Daenerys fece un lungo respiro prima di ricominciare a parlare “Ho già provveduto ad inviare dei corvi affinché Jon e Sansa vengano informati dell’accaduto. Ci occuperemo della successione dopo la mia incoronazione, anche se le volontà di Arya sono state chiare...”
La regina fu interrotta da Asha, che lanciò un grido pieno di frustrazione “Come puoi parlare di questo adesso? Chi è stato? Abbiamo il diritto di avere la sua testa.” Grida di consenso si alzarono dalla folla di uomini davanti a lei, e Daenerys scosse il capo “Re Tommen è il responsabile.” “Diamolo in pasto ai cani!” sbraitò lady Mormont, e Daenerys notò con una fitta al cuore che le guance dell’anziana donna erano solcate da lacrime.
 
 
 
Cominciò a guardare i volti di tutti, gli occhi lucidi dei guerrieri davanti a lei, le espressioni di dolore degli uomini del Nord, e non solo, persino Asha sembrava sconvolta, il pugno stretto come in una morsa attorno al manico ancora sporco di sangue della sua arma. Lord Manderly davanti a lei piangeva apertamente, senza vergogna “Povera ragazza… L’ho convinta io a fare tutto questo. Se non fosse stato per me…” Daenerys andò verso di lui, e gli strinse la spalla con mano tremante “Arya sapeva cosa stava facendo. Perché lo stava facendo. E’ morta cercando di porre fine a questa guerra, di evitare altre morti. Ha promesso a Cersei Lannister la vita di suo figlio, anche dopo essere stata colpita.” “Cazzate! Non puoi pensare davvero di lasciarlo impunito!” Asha si avvicinò a lei, guardandola negli occhi “La tua donna è morta regna dei draghi! Non vuoi vedere il sangue del suo assassino?”
 
 
 
Daenerys sentì la rabbia montarle dentro mentre fronteggiava lo sguardo dell’altra donna “Pensi che non lo sappia Asha? Pensi che non mi senta morire in questo momento? Che non voglia andare dal suo assassino e strappargli il cuore dal petto con le mie mani? Potrei scatenare i miei draghi e ridurre in cenere questa città e bruciare ogni singola dannata anima che ha la sfortuna di trovarcisi dentro.” Asha sostenne il suo sguardo, e Dany riuscì a vedere il dolore nei suoi occhi “Perché non lo fai Daenerys? Non devi nulla a questa gente. Lascia che brucino.” Dany chiuse gli occhi; una parte di lei avrebbe voluto farlo “Devo ad Arya la pace. Lei ha fatto una promessa, ed io ho intenzione di mantenerla.” Si girò a guardare gli uomini attorno a lei “Con o senza il vostro aiuto.”
 
 
 
Tutti i presenti abbassarono lo sguardo, e Daenerys capì di averli convinti; la cosa non le diede nessun sollievo. “Dobbiamo riorganizzare questa città, l’esercito, i prigionieri. C’è molto da fare, e non possiamo permettere al nostro dolore di fermarci. Piangeremo la regina del Nord quando avremo finito.”
Tutti si ritirarono dalla sala, mormorando parole di conforto che Daenerys non riuscì nemmeno a sentire; Nymeria le strinse il braccio e lei ricambiò la stretta in modo distratto. Solo quando tutti furono usciti, Daenerys si permise di ricominciare a piangere.
 
 
 
 
“Non ti ricorda il colore del sangue?” “Cosa?” “Le foglie, così rosse, non ti ricordano il colore del sangue?” Arya spostò lo sguardo dall’oscurità dello sguardo dell’albero diga per guardare suo fratello negli occhi “Non dovresti parlare di queste cose, la mamma potrebbe arrabbiarsi.” Bran le sorrise “Se tu non fai la spia…” Arya spostò lo sguardo sulle foglie “Non è il colore del sangue… ricorda più quello di un tramonto.” Guardò l’acqua vicino a loro, in cui i colori degli alberi si riflettevano sgargianti “Un tramonto sul mare…” prese un respiro profondo “Perché siamo qui?” Bran si arrampicò con agilità sul ramo più basso dell’albero, cogliendo una delle foglie “Scommettiamo che riesco ad arrampicarmi fino in cima?” Arya lo guardò con disapprovazione “Potresti farti male.” Bran le lanciò una linguaccia “Adesso sembri proprio nostra madre.” Arya si lasciò sfuggire un sorriso; da quando aveva cominciato a sentirsi così vecchia? “Bran io… perché sono qui? Devo andare.”
 
 
 
Il bambino scese dall’albero, andandole vicino “Stiamo aspettando nostro padre.” Arya provò un colpo al cuore “Nostro padre? E’ venuto a prendermi?” Bran annuì e Arya si preoccupò di come potesse apparire in quel momento a suo padre, con l’armatura sporca di sangue, la morte degli occhi. Ma non c’era nessun dolore, non c’era il peso dell’armatura, tutto le sembrava terribilmente leggero. “Non preoccuparti, sarà presto qui.” “Bran… puoi tenermi la mano?” Arya si sentiva di nuovo bambina, mentre intorno a lei tutto si faceva più sfocato, cangiante. Mentre il fratello le prendeva la mano, notò con stupore che le foglie rosse erano diventate viola, di una tonalità dolorosamente familiare.

 
 
 
 
“Non possiamo più aspettare. L’incoronazione deve avvenire il prima possibile.” Jorah guardò Brienne, mentre camminava nervosamente nella piccola stanza illuminata dalle candele “Dobbiamo persuaderla in qualche modo Brienne. Gli uomini sono inquieti.” Brienne rimase in silenzio, mentre con lo sguardo cercava gli occhi di Missandei, in piedi accanto a lei “La mia signora non si dà pace. Quando non si trova nella sala grande a parlare con i suoi generali, passa il suo tempo a vegliare sul corpo di Arya.” Jorah si fermò “Sono passati due giorni, siamo tutti in lutto. Abbiamo perso migliaia di uomini in questa battaglia, non possiamo permetterci di affrontarne un’altra. E’ questo il momento di agire, prima che altri pretendano il controllo dei Sette Regni. Daenerys deve essere incoronata al cospetto di tutti i lord. Se penso che ha fatto distruggere quel dannato trono… un tale simbolo di potere…” “Un simbolo di morte.”
 
 
 
Brienne lo fissò negli occhi per un lungo momento, indecisa sul da farsi. “Non voglio farle pressione, deve essere terribile per lei.” Strinse i pugni mentre lo sguardo le cadeva a terra; era terribile anche per lei, svegliarsi ogni giorno e ricordarsi che la sua regina non c’era più, che l’aveva persa. Jorah sospirò “Lo so. Ma non è una ragazzina Brienne. E’ la regina dei Sette Regni; è giunto il momento di dimostrarlo. Andrò a parlarle.” L’uomo fece per incamminarsi verso l’uscita ma Brienne lo trattenne “Lasciate che vada io. Cercherò di farla ragionare.” L’uomo la guardò per un attimo, e poi annuì. Lei riuscì a vedere le profonde occhiaie sul volto dell’uomo, e si chiese come dovesse apparire lei in quel momento, se l’espressione del suo volto facesse trasparire il suo dolore.
 
 
 
Lasciò Missandei e Jorah e s’incamminò per i lunghi corridoi della Fortezza Rossa, verso la stanza funebre della Regina del Nord. Era vero quello che Missandei aveva detto; quando Daenerys non si trovava nella sala del trono a discutere del futuro del regno, si ritirava in quella stanza, dormiva persino nelle scomode sedie accanto al cadavere di Arya, senza mai perderlo di vista. Brienne l’aveva vista togliere l’armatura insanguinata, lavare il corpo senza vita della sua amata con la cura con cui si laverebbe un bambino appena nato, spazzolarle i capelli con devozione, rivestirla con una tunica argentata, con l’unica compagnia della metalupa, che mai abbandonava la sua padrona, nemmeno per mangiare o bere.
 
 
 
Era strano e terribile allo stesso tempo come l’assenza di una persona potesse pesare in un modo così assoluto, come senza rendersene conto Brienne aveva fatto diventare Arya e la loro missione il centro del suo mondo. Ora che tutto era andato, perduto, non riusciva a capacitarsi di aver perso tanto, eppure di essere ancora viva, di dover andare avanti comunque nonostante tutto. Renly, suo padre, lady Catelyn, Jaime, Arya… se tutti loro erano perduti, come poteva lei essere ancora lì, respirare ancora? Brienne pregò gli dei di darle una risposta, un motivo oltre alla crudeltà del fato del perché ancora lei camminava sulla terra, quando tutti coloro che aveva amato erano morti, l’avevano lasciata sola.
 
 
 
Brienne respirò profondamente prima di entrare nella stanza, cercando di prepararsi a una visione che sapeva l’avrebbe comunque distrutta. Arya sembrava così giovane, così in pace nel suo letto funebre, che Brienne sentì di avere gli occhi lucidi prima ancora di poterli fermare; quanto ingiusta era stata la sorte con quella ragazza, a darle una vita di sofferenza, per poi strapparle anche quella nel momento in cui dopo mille sforzi era riuscita a costruire qualcosa di splendido e coraggioso. Daenerys, il volto appoggiato alle mani che Arya portava unite in grembo, alzò il capo al suo ingresso, e Brienne capì che doveva aver pianto da poco. La regina non si mostrava mai debole davanti a nessuno, ma i segni della tragedia che l’aveva colpita si potevano vedere chiaramente nel suo volto, nei capelli spettinati, lo sguardo spento, che la facevano apparire molto più vecchia dei suoi anni.
 
 
 
“E’ sempre così difficile per chi resta indietro.” Sussurrò Brienne e Daenerys annuì “Pensavo di essere abituata al dolore, di essere immune a esso. Sapevo che avrei potuto perderla… eppure nulla poteva prepararmi a questo vuoto. In un primo momento c’era solo il dolore. Ma adesso…” con una mano accarezzò il volto di Arya, sistemandole una ciocca di capelli in un gesto struggente“Adesso è la sua assenza che mi sta distruggendo. Sapere che non ci sarà accanto a me ogni mattina al mio risveglio, che non potrò più sentire le sue braccia stringermi, o le sue labbra sulle mie. Sapere che dovrò vivere una vita senza di lei, trascinarmi ogni giorno senz’altro da stringere al cuore se non il ricordo di lei, sentirlo svanire dalla mia mente mentre il tempo passa... Ho già perso tanto, ma lei, lei era mia. Ci siamo scelte, e l’ho amata… la amo, contro tutto e tutti, anche quando avrei dovuto odiarla. Tutta la mia vita è stata programmata da altri, persone che hanno cercato di sfruttare il mio nome, i miei draghi per i loro comodi, ed io mi sono lasciata trascinare dalle loro scelte. Ma lei no, io ho scelto lei, lei è stata la mia libertà, che ha dato un valore a tutto quanto. Ho speso notti insonni mentre la guardavo dormire, pregando gli dei di non portarmela via. E invece mi hanno tolto anche lei. Ho pagato il prezzo più alto per una vittoria che non ha più senso per me.”
 
 
 
Un singhiozzo scosse l’esile figura della regina, e Brienne si avvicinò a lei, le strinse la spalla con dolcezza “Arya non ha avuto una vita facile mia signora. Ma voi la rendevate felice. Tutto quello che voleva era tenervi al sicuro, creare un futuro per voi e per la sua gente. E’ morta sapendo di esserci riuscita.”
Daenerys emise una risata stanca e priva di ogni gioia “Davvero ti basta questo Brienne?” Brienne rimase in silenzio a lungo, sentendo calde lacrime scorrerle sulle guance e scosse la testa “No, non riesco a darmi pace. Avrei dovuto proteggerla.” Daenerys le strinse la mano “Avremmo dovuto farlo tutti. E invece è stata lei a proteggere noi fino alla fine. E’ così strano, come una persona possa cambiarti la vita, entrarci e sconvolgerla come un uragano.”
 
 
 
Rimasero in silenzio a lungo mentre lasciavano asciugare le lacrime, fissando il volto senza vita di colei che tanto aveva significato per entrambe, che aveva portato la speranza di un nuovo futuro nelle loro vite, prima che Brienne parlasse di nuovo “Non c’è un modo gentile per dirvelo mia signora… Gli uomini sono inquieti, chiedono a gran voce che l’incoronazione abbia luogo. Hanno bisogno di vedervi, di sapere che una nuova era è iniziata. Molti già vi ammirano per la distruzione del Trono, è questo il momento giusto di apparire. Avete vinto una guerra lunga e sanguinosa, avete l’occasione di portare finalmente la pace in una terra che già ha sanguinato tanto, già si cantano canzoni su di voi. E’ il vostro momento.”
 
 
 
Le labbra di Daenerys assunsero una piega triste “E dimmi, cantano di lei?” Brienne abbassò il capo, annuendo tristemente “Cantano del drago e la lupa che riuscì a domarlo. Che ha portato la pace affrontano un oceano di fuoco. La lupa selvaggia del Nord, la chiamano. Come riderebbe se potesse sentirlo.” Questa volta la risata di Daenerys fu più sincera, anche se si spezzò a metà, mentre un altro singulto scuoteva il suo corpo. “Non sono ancora pronta… a dirle addio. Non posso essere incoronata prima della sua cerimonia funebre, ma non riesco a capacitarmi, a pensarci. Voglio tenerla con me ancora per un po’.”
 
 
 
“Non c’è più tempo mia signora. Dobbiamo andare avanti, per quanto sia terribile. Organizzerò personalmente il trasporto a Grande Inverno.” Daenerys la guardò confusa e Brienne si affrettò a spiegare “Tutti gli Stark vengono sepolti nelle cripte di Grande Inverno.”
“No Brienne.” Daenerys scosse il capo “Non lascerò il suo corpo a marcire nell’oscurità. Lei brucerà nel fuoco del suo drago.” Brienne fece per protestare, ma si fermò guardando l’espressione di dolore nel viso di Daenerys, nel sentirle sussurrare con voce spezzata “E un giorno saremo cenere insieme.”
 
 
 
 
“Potrei anche addormentarmi qui Bran, mi sento così stanca.” Arya sbatté le palpebre ancora una volta, assaporando la luce calda che raggiungeva la sua pelle attraverso le sottili foglie degli alberi; era tutto così splendente, immerso di luce. La stretta sulla sua mano si fece più salda, più sicura “Non è ancora arrivato il momento di dormire, bambina mia.” Arya si girò di scatto, gli occhi che si riempivano di lacrime nel sentire quella voce che per tanto tempo aveva desiderato poter riascoltare.
 
 
 
Accanto a lei non c’era più suo fratello ma Eddard Stark, suo padre, che le sorrideva dolcemente “Padre.” Arya si sentì felice come poche volte si era sentita in vita sua, e lui la strinse tra le braccia mentre lei singhiozzava sulla sua spalla “La mia piccola Arya… Sei stata bravissima. Sei a casa adesso, non c’è più nulla da temere.” Arya si sciolse nel suo abbraccio e strinse il padre a sé, sentendosi per la prima volta al sicuro come quando era ancora bambina, e lui un gigante che avrebbe potuto sconfiggere qualsiasi nemico. Ned fece un passo indietro e le prese il volto fra le mani, asciugandole le lacrime con dolcezza “Che splendida donna sei diventata Arya. Siamo così fieri di te.”
 
 
 
Arya non riusciva a smettere di piangere, mentre il fiume di sentimenti che aveva sempre cercato di trattenere dentro di sé “Padre… padre ho fatto cose orribili. Mi dispiace, mi dispiace tanto.” Eddard la strinse a se finché i sui singhiozzi non si furono calmati, e solo allora la guardò di nuovo negli occhi, grigi e così simili ai suoi “Tutti commettiamo degli errori. Eri una bambina sola e spaventata che è sopravvissuta come meglio poteva. Io non sono riuscito a proteggerti, e ci hai pensato da sola. Hai già pagato abbastanza Arya. Ti sei presa carico di ciò che io e tuo fratello non siamo riusciti a fare, hai protetto la nostra gente, l’hai resa di nuovo libera. Siamo così fieri di te.” “La mamma? E Robb?” Eddard annuì “Ti stanno aspettando.”
 
 
 
Arya si guardò intorno ancora una volta, e riuscì a vedere le mura di Grande Inverno dietro di lei, com’erano state prima che il castello bruciasse, quando ancora era bambina “Quindi questa è la fine? Sono morta?” Eddard annuì, e quando parlò, fu come se avesse letto nei suoi pensieri “Staranno bene. Daenerys, Brienne, Sansa, Jon, staranno tutti bene. Tu hai portato loro la pace.” Arya guardò il padre negli occhi “Non avrei mai voluto lasciarla. Ho sempre desiderato rivedervi, gli dei sanno se ho persino pregato di morire, ma ora… avrei voluto avere più tempo.” Ned la guardò con un sorriso triste “Purtroppo non possiamo scegliere quando andare. Pensi che ti avrei lasciata, te e tua sorella, se avessi potuto evitarlo? Abbandonarvi è stato il mio rimpianto più grande.” Arya gli strinse la mano “Hai fatto del tuo meglio padre, lo so.” “Così hai fatto tu. Ora puoi riposare Arya; la tua battaglia è finita.”

 
 
 
 
La pira funebre si ergeva maestosa dove solo pochi giorni prima c’era l’accampamento dell’esercito del Nord. Il corpo di Arya era stato deposto con cura sulla sommità di essa, i luminosi colori argentei della sua tunica che si riflettevano alla luce del sole, facendo risplendere anche la sua pelle cerea.
Daenerys era vestita di nero, con l’unica eccezione del simbolo della sua casata, il rosso drago a tre teste che la contraddistingueva da tutti gli altri, luminoso sul suo petto. Accanto a lei, la grossa metalupa stava seduta, come in attesa, lo sguardo immobile sul corpo della sua padrona. Rhaegal agitava le ali vicino a loro, impaziente e nervoso, ancora debole per le ferite ricevute in battaglia. Ma Daenerys aveva voluto che ci fosse anche lui, che fossero sue le fiamme a ridurre in cenere il corpo di Arya. Anche se per poco tempo, lei e il drago avevano stretto una connessione, e lei più di tutti sapeva che non era una cosa da sottovalutare.
 
 
 
Vide Brienne camminare verso di lei, e l’accolse con un sorriso tirato. Era così stanca, così terribilmente sfinita. “Mia signora, siamo pronti.” “Ancora un momento.”
Daenerys s’incamminò verso la scala che portava alla sommità della pira, lentamente, tremando senza volerlo, mentre si avvicinava ad Arya per l’ultima volta. Era ancora bellissima, persino nella morte, e Daenerys si sentì stringere il cuore. Le accarezzò la mano fredda, ricordando quanto il suo tocco l’avesse consolata, fatta tremare di desiderio, morire di felicità. Si avvicinò alle sue labbra, e le diede un ultimo, leggero bacio “Il mio cuore è tuo, Arya. Per sempre.”
 
 
 
Prima di incontrarla, Daenerys aveva rinunciato ad amare per paura, per il dolore. Poi aveva riaperto il suo cuore a quella ragazza spezzata, e insieme avevano trovato un modo di aggiustarsi, di rimettere insieme i pezzi dei loro cuori; in qualche modo, questi dovevano essersi mischiati nel farlo. Ora il dolore era ancora più grande di prima, eppure Daenerys non riusciva a pentirsi di qualcosa che l’aveva fatta sentire così viva. La guardò ancora, a lungo, un’ultima volta. Posi allungò la mano verso la collana che ancora portava al collo, sfiorando allo stesso tempo quella che lei ancora portava, consapevole che quella sarebbe stata l’ultima volta che sarebbero state vicine. “Addio.” Sussurrò con le lacrime agli occhi, girandosi e scendendo le scale più velocemente di prima, per paura di crollare, di non farcela ad arrivare fino in fondo.
 
 
 
Guardandosi intorno, notò come non fosse stata la sola ad avvicinarsi alla pira; lentamente gli uomini del Nord, e non solo, si accalcarono ai piedi della pira e lasciavano qualcosa di loro, un omaggio alla regina del Nord. Daenerys sentì un’ondata di gratitudine immensa verso ciascuno di loro, verso il modo che avevano di onorare Arya, che come a lei aveva cambiato loro la vita. Asha lasciò una delle sue asce da guerra a piedi del corpo, lady Mormont la sua pelliccia d’orso, Missandei il nastro che legava i suoi capelli, Jorah salì la scalinata e si fermò a lungo a parlare con lei, come se ancora fosse tra loro.
 
 
 
Ognuno di loro in qualche modo era stato toccato dalla giovane Stark, dalla sua umiltà e forza d’animo, e Daenerys capì che non tutto era stato vano. Arya non era del tutto perduta finché lei, finché tutti loro, continuavano a portarla nel cuore, nella loro mente. Per ultima andò Brienne, che lasciò la sua spada ai piedi della sua signora, asciugandosi le lacrime mentre s’inchinava davanti a lei un’ultima volta.
 
 
 
Quando tutti ebbero finito, Daenerys si avvicinò al drago e sussurrò “Dracarys”
Il drago ruggì e una cascata di fuoco si sprigionò dalle sue fauci e la pira cominciò a bruciare, il calore a disperdersi intorno a loro con furia. Daenerys pensava di riuscire a guardare fino all’ultimo momento, ma il pensiero del corpo di Arya dilaniato dalle fiamme fu troppo per lei, e girò lo sguardo, il volto coperto di lacrime. Non riusciva a essere forte, non in quel momento. Per questo non capì subito cosa stava succedendo quando sentì le voci intorno a lei più forti, caotiche. Guardò Brienne, accanto a lei, gli occhi pieni di sorpresa e terrore “Il corpo… il corpo non sta bruciando.”
 
 
 
 
Arya quasi non si accorse delle fiamme che si sprigionarono intorno a loro, tanto era concentrata nel osservare l’espressione del padre. “C’è qualcosa che non mi stai dicendo?” Eddard la guardò con dolcezza “Sei sempre stata brava a capirmi. Ci assomigliamo tu ed io, lo sai? Arya…” Chiuse gli occhi e scosse il capo, per poi guardare le fiamme che davanti a lui divoravano ogni cosa “Non sono mai stato un uomo egoista. Ma per gli dei, è così difficile lasciarti andare.” Arya non riusciva a capire “Dove mai potrei andare?” Lui le strinse la mano “C’è qualcosa di più forte di me che ti sta chiamando. Il potere dei nostri dei non è abbastanza forte da trattenerti qui ancora.”
 
 
 
“Dove sto andando?” “A casa Arya. Non questa, non ancora. Evidentemente mi sbagliavo, il tuo destino non si è ancora compiuto.” Arya lo guardò spaventata; tutto si faceva così confuso intorno a lei “E se io non volessi andare?” La voce di Eddard era più distorta, lontana “Questo dipende da te.” Tutto in lei le diceva di lasciarsi andare, di smettere di combattere, poi lo vide, aldilà delle fiamme, il viola delle foglie, così puro, così bello. Arya prese la sua decisione. Eddard le strinse la mano ancora una volta “Darò un bacio a tua madre da parte tua.”
 

 
 
 
Daenerys stava ancora fissando il corpo di Arya avvolto dalle fiamme, ancora integro e perfetto, quando la metalupa accanto a lei ululò con tutta la voce che aveva, per poi lanciarsi verso il fuoco. “Nymeria!” gridò lei spaventata, ma non servì a nulla. L’animale si lanciò senza esitazione tra le fiamme, scalando la pira mentre il fuoco le bruciava la pelliccia, senza emettere alcun suono di dolore. Era uno spettacolo terribile, vedere l’animale che divorato dalle fiamme continuava a camminare, e farsi largo verso il corpo circondato dal fuoco. Quando finalmente raggiunse Arya, era completamente avvolta dal fuoco, un animale mitologico uscito da un incubo, e ancora una volta ululò, le enormi zampe appoggiate al petto di Arya.
Per un secondo il tempo sembrò fermarsi, e Daenerys osservò senza parole Nymeria dissolversi tra le fiamme, sparire completamente davanti ai loro occhi.
 
 
 
In quel momento Daenerys capì “L’anima di Arya.” Brienne la guardò, ancora sconvolta e confusa “L’anima di Arya era intrappolata in Nymeria, per quello Melisandre non riusciva a farla tornare. Lei non brucia… non può bruciare, lei è la mia Portatrice di Luce.” Brienne capì finalmente “Qualcuno deve andare lì, deve finire la cerimonia, non basta il sacrificio di Nymeria.”
Daenerys fece un passo avanti prima che Brienne potesse fermarla, e la guardò con un sorriso quasi feroce “Il fuoco non può uccidere un drago.”
 
 
 
Daenerys si lanciò tra le fiamme, come tanti anni prima aveva fatto sul rogo di Drogo, senza uova di drago questa volta, ma con la speranza che le batteva forte in petto, terribile e bellissima.
Sentì le fiamme lambirle i vestiti, i capelli, cercare di soffocarla, ma non si fermò nemmeno un secondo.
Raggiunse il corpo di Arya, illuminato dalle fiamme, risplendente come una stella. Non aveva idea di come farlo, ma sapeva bene cosa doveva fare. Si avvicinò al volto della ragazza, le sue labbra a un centimetro da quelle di lei “Arya. Torna da me.” La baciò mentre le fiamme le circondavano, mentre tutto diventava fuoco fuori e dentro di lei, mentre sentiva la vita scorrerle dentro come mai prima di quel momento.
Quando finalmente riaprì gli occhi, capì di non essere mai stata felice come in quel momento, quando vide gli occhi grigi di Arya ricambiare il suo sguardo.
 
 
 
 
 
***
 



 Arya sembrava una bambina mentre spronava il suo cavallo al galoppo sul campo innevato, ridendo di cuore ogni volta che un getto di neve gelata le finiva in volto, girandosi verso di lei per vedere se era ancora lì. Quando aveva proposto una gara, Daenerys non aveva saputo resistere. Spronò il suo cavallo ad andare più veloce, e la raggiunse ridendo “Sei lenta, Arya Stark! Ti farò mangiare la neve.” Arya rise, e insieme cavalcarono fino alla cima della collina, senza fiato entrambe.
 
 
 
“Ho vinto!” Daenerys la guardò con sfida “Io ho vinto, regina dei draghi, e tu sei solo un’imbrogliona!” Arya scese da cavallo e Daenerys la guardò mentre si avvicinava a lei “Io avrei imbrogliato?” Arya le porse le mani e Daenerys le prese tra le sue scendendo dal cavallo con grazia, finendo tra le braccia di Arya “Non vale distrarmi con il tuo fascino.” Daenerys rise ancora e si sporse verso di lei per baciarla mentre Arya la teneva stretta a se, un bacio dolce e leggero, come si sentivano loro in quel momento. Quando le loro labbra si staccarono Arya la guardò negli occhi, fissandola a lungo con intensità “Ti amo.” Daenerys non riuscì a non sorridere, felice come una bambina “Ti amo anch’io.”
 
 
 
“Se avete finito di dare spettacolo, potrete notare Grande Inverno alla vostra destra.” Asha passò cavalcando accanto a loro, alzando gli occhi al cielo. Daenerys arrossì, e Arya la lasciò andare, stringendola la mano mentre si avvicinavano al bordo della collina, ammirando Grande Inverno davanti a loro. Arya guardò il volto di Daenerys, preoccupata che potesse trovarla terribile dopo lo sfarzo di Approdo del Re e delle grandi città di Essos. Invece nel suo sguardo, Arya riuscì a leggere solo gioia “Arya… è splendida.” Arya le sorrise “E’ da tanto che sogno questo momento.” Daenerys annuì, ma quando parlò c’era una nota di tristezza nella sua voce “Deve essere bello tornare a casa.” Arya sorrise, guardandola negli occhi, consapevole che qualsiasi cosa ci fosse nel loro futuro, nulla avrebbe potuto sconfiggerle se rimanevano insieme, consapevole della forza del loro amore. “Sei tu la mia casa Daenerys, ovunque tu sia.”






Note: E finalmente siamo arrivati alla fine. E’ stato un lungo viaggio (quasi due anni!) e spero che si sia visto nel corso dei vari capitoli quanto il mio stile sia cambiato e, spero, migliorato. Devo ammettere che è stato triste concludere questa storia, che ormai fa un po’ parte di me, Arya e Daenerys sono cresciute con me, e spero che vi sia piaciuto viaggiare insieme a noi. Grazie a chi mi ha sostenuto, lasciato recensioni ed è rimasto nonostante i miei lunghissimi periodi di pausa, un abbraccio sincero a tutti voi, grazie; se vi va', fatemi sapere cosa pensate di questo finale e se l’intera storia vi è piaciuta!
 
Un grazie speciale a Giulia, migliore amica e infinita fonte di sostegno: lo sai, questa storia è per te. Grazie, davvero, spero che questo lieto fine ti piaccia.
Alla prossima,
Arangirl
 

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