Una Nuova Prospettiva

di milly92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chi Vuol Esser Lieto Sia, Di Doman Non C’é Certezza ***
Capitolo 2: *** Ciò Che Succede Al Pub, Rimane al Pub ***



Capitolo 1
*** Chi Vuol Esser Lieto Sia, Di Doman Non C’é Certezza ***


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Una Nuova Prospettiva

Prologo

 

“Cosa c’è di nuovo?”.

“Cristofori e Linardi fanno sega di nuovo, li ho appena visti salire sul motorino e andarsene”.

“Ecco i vantaggi del vivere di fronte scuola! Strano comunque, oggi c’è nessuna verifica”.

“Interrogo io, su tutto il programma del quadrimestre”.

“Allora domani mi divertirò a farli tremare un po’ mentre controllo la firma...”.

“Ti diverti con poco, eh?”.

Ovviamente Ramona non riesce a non provocarmi con un sorrisetto, dopo essersi voltata in mia direzione ed aver fatto agitare la sua voluminosa chioma fatta di extensions.

Probabilmente non ha ancora superato il ricordo di circa dodici ore fa in cui me ne sto sul divano, con un calice di vino scadente in mano e l’espressione persa, come se nel muro di fronte ci fosse scritto un messaggio da decifrare da parte degli alieni.

“Ramona, ti chiedo di lasciarmi in pace, sul serio” la supplico, memore dei suoi numerosi consigli urlati mentre volevo solo starmene in pace e rompere mille bicchieri e piatti contro il muro.

“No. Ci sono passata e non farai il mio stesso errore!” mi ammonisce, puntandomi l’indice destro contro, quasi come se fossi una dei suoi alunni.

Ha solo quattro anni più di a me e crede di essere un’esperta di vita, ormai l’ho imparato da quando siamo coinquiline, da circa cinque mesi.

“Non ho intenzione di presentarmi alle nozze del mio ex e fare una scenata, tranquilla” le ricordo, sospirando pesantemente e finendo in un sorso il mio cappuccino. “So di non star vivendo un film con Julia Roberts, e soprattutto so di non essere Julia Roberts”.

“No, no! Mi riferivo al non agire e...”.

“Ramona, è una storia chiusa. Michele può sposare chi vuole, può comprare anelli per chi vuole e postare le foto di una lurida mano di donna con un bel solitario all’anulare sinistro, non me ne frega!” provo ad obiettare, mentre poso la tazza nel lavandino. “Vado a prendere la giacca e scendo” aggiungo, marciando verso la mia stanza pagata fin troppo profumatamente viste le piccole dimensioni.

La camera matrimoniale l’ha presa Ramona perché lei ha “Trentadue anni e di sicuro in procinto di sposarsi e quindi di ospitare il fortunato quando sarà”, ma non ho obiettato visto che dormire in un letto grande, da sola, non mi va da quando Michele mi ha mollato, circa sette mesi fa.

Ora sono una semplice insegnante di italiano in un paesino di provincia che nessuno conosce, mentre lui un futuro marito che a quanto pare non è più il tirchio che mi faceva pagare qualsiasi cosa, visti i soldi che ha speso in una gioielleria per una sconosciuta di ventidue anni.

Non sono disperata come crede Ramona, semplicemente l’idea di vedere un uomo che conoscevo bene impegnarsi con una che è entrata nella sua vita così, all’improvviso, mi sembra strana e mi ricorda che il tempo vola, che non sono più una ragazzina e che sembra che il mondo osi giudicarmi se controllo frequentemente sui social cosa fa.

Recupero la giacca nera e un foulard borgogna, poggiati disordinatamente su quella che io chiamo la mia sedia-armadio, li indosso rapidamente, prendo la borsa con tutto ciò che mi serve per lavorare e mi affretto ad uscire.

Ramona, invece, è ancora in bagno, intenta a finire di truccarsi con un rossetto bordeaux super scuro e quintali di mascara.

Sospiro, pensando che potrei vendicarmi dicendole che si impegna troppo per trovare il suo “uomo perfetto”, ma non ho voglia di discutere, così mi limito ad uscire.

“Scendi già? La campanella suona tra venticinque minuti”.

Mentre chiudo la porta sento una voce familiare alle mie spalle, così mi giro e mi sforzo di sorridere in direzione del trentatreenne che se ne sta seduto nel corridoio, con ancora addosso i pantaloni del piagiama, sulla moquette blu, vicino l’ascensore, come se fosse una cosa normale.

“Vic, ciao” dico semplicemente, mentre controllo di aver preso le chiavi.

“Per l’ennesima volta,  mi chiamo Ludovico”.

“Per l’ennesima volta, dovresti ringraziarmi, il mio nomigonolo è più carino. Che ci fai lì per terra, comunque?”.

“Vuoi dirmi che ti farebbe piacere se ti chiamassi La, Lala, Rara?”.

“Ma sì, mi si addice. Io sono rara” ribatto, cercando di mantenere la conversazione sul vago e non litigare, visto che io e Vic siamo soliti discutere spesso, soprattutto per quanto riguarda i metodi d’insegnamento e il modo di rivolgersi agli alunni.

Lui fa una sorta di sorriso di scherno e annuisce.

“Certo che lo sei. Sei l’unica inquilina che esce di casa alle due di notte con un bicchiere di vino in mano e inizia a cantare “Hot and cold” di Katy Perry mentre se ne sta affacciata alla finestra del pianerottolo” dice, indicando con l’indice il punto in cui ieri me ne stavo, un po’ brilla, a cantare, credendo di essere non vista. “Katy Perry!” ribadisce, con una risata alquanto ilare.

“Mi hai vista?” chiedo, incredula. “Comunque non prendermi in giro, intanto la conosci!”.

“Non la conosco! Vedo i suoi video. Ha delle belle... Insomma” si blocca dopo aver mimato eloquentemente le fattezze di un seno grosso, salvo poi alzarsi, imbarazzato. “Ero seduto per terra perché Piero ospita sua cugina per due giorni e mi sta ossessionando. Vuole pulire ogni superfice, ma gli ho detto che se fa trovare la casa in ottime condizioni non è credibile!”.

“E perché?”.

“Nessuna casa in ottime condizioni è credibile, nemmeno la vostra perché so che avete avuto un paio di jeans su una sedia del soggiorno per almeno tre mesi” obietta.

Vic e la sua mania per i dettagli mi fanno impazzire, spesso gli dico che è peggio di quelle donne ossessive che ricordano ogni particolare, ma ho smesso da quando lui mi ricorda che non sono da meno visto che conosco a memoria la bacheca di Facebook e i post di Instagram del mio ex.

“Ma no, quei jeans servivano a Ramona per ricordarle di stare a dieta. Sono i suoi jeans ideali, ogni donna ne ha uno! Quando riesci ad entrarci significa che ce l’hai fatta” spiego pazientemente, come a dire “saprai la matematica, la fisica e mille cose assurde, caro ingegneruncolo, ma non sai tutto”.

Lui sbuffa.

“Comunque non siete ordinate”.

“Vic, questa conversazione è inutile, devo scappare, ho la prima ora” taglio corto, avviandomi verso le scale, senza aver capito perché il dover pulire la casa lo teneva seduto fuori casa.

“L’ascensore?” mi chiede, beffardo.

“Lo sai che ho paura! Dovresti imitarmi, hai un po’ di pancetta e usare le scale potrebbe aiutarti” ribatto, facendogli una linguaccia molto infantile.

Mi giro e mi avvio verso le scale, ignorando le prese in giro del mio collega che come se non bastasse è anche il mio vicino.

Vorrei davvero mostrarlo in questo momento ai nostri alunni che lo temono, con la faccia da scemo, seduto per terra a gambe incrociate mentre prende il cellulare e inizia a giocare ad uno stupido gioco con lo smartphone.

Mentre scendo le scale, un pensiero mi pervade, un pensiero che proabilmente non mi lascerà in pace.

Penso a Ramona che passa il tempo libero a farsi bella per trovare un uomo, andando in discoteca e in locali eccentrici; a me, che provo a vivere la mia nuova vita ma senza riuscirci, sprofondando nel passato e spiando i social di Michele; a Vic, che ha superato i trenta ma passa il suo tempo libero con la playstation, mille serie tv e serate dedicate ai giochi da tavolo con pochi amici, mentre magari sogna di stare con una bella donna che ha intravisto al supermercato.

Piero, il dolce e sognatore Piero, non è da meno, con i suoi dolci della domenica che porta amorevolmente alla tipa del secondo piano, di cui è innamorato da circa sei mesi, le lezioni di fitness a cui va per conoscere qualcuna che lo degni della sua attenzione e i consigli che viene a chiedere alle due colleghe/vicine che abitano di fronte a lui.

Siamo insegnanti, dovremmo dare il buon esempio a degli adolescenti, ma siamo davvero in grado di farlo? Non siamo anche noi ancora dei ragazzini inesperti e incompresi, semplicemente con qualche anno in più?

Prendo un bel respiro mentre esco dal condominio, attraverso la scuola e mi avvio verso il Liceo Scientifico Galilei.

No, è iniziata una nuova giornata e il mio dovere è insegnare la letteratura italiana a dei diciassettenni pieni di sogni e speranze.

In cuor mio, però, oggi più che mai, sono una di loro.

 

 

 “Bisogna vivere, bisogna amare, bisogna credere”

Guerra e Pace

 

Capitolo 1

Chi Vuol Esser Lieto Sia, Di Doman Non C’é Certezza

 

“Paolo, devo farti una domanda”.

Udendo la mia richiesta, Paolo sussulta e mi guarda, pietrificato, con una faccia che sta palesemente urlando che la mia affermazione non è giusta visto che avevo detto che oggi non avrei interrogato.

Decifro subito l’occhiata così gli sorrido, tranquillizzandolo.

“Riguarda la tecnologia, tranquillo. So che sei molto bravo e ho bisogno del tuo aiuto” spiego, attirando l’attenzione di tutta la classe.

Anche se sono giovane, magari per loro il solo essere una professoressa implica il non aver a che fare con cose moderne come la tecnologia.

“Certo, mi dica prof” replica il ragazzo, improvvisamente più colorito in volto.

“Una mia amica mi ha chiesto se c’è un modo che le impedisca di non vedere più un contatto su instagram e Facebook” dico, imbarazzata.

“Beh, basta oscurare questo contatto e...”.

“Un contatto che spia pur non avendolo tra gli amici” aggiungo, cercando di mantenere un po’ di contegno. Vedendo le facce improvvisamente interessate dei miei alunni sbuffo e mi passo una mano sul volto, per poi alzarmi e sedermi sulla cattedra.

“Ragazzi, non fate quelle facce! Sono giovane, ho solo undici anni più di voi e le mie amiche sono come le vostre” borbotto, cercando di risultare convincente.

“L’unica soluzione sarebbe dover bloccare la sua amica, così che cercando questa persona lei non possa più trovarlo” mi informa Paolo, guardandomi attentamente, come se fossi interessante tutto ad un tratto.

“Ah” esclamo, poco convinta.

Quindi dovrei forse fare qualcosa per farmi bloccare?

Troppo umiliante, assolutamente no.

“Grazie, Paolo. Ora, tralasciando questo mio momento di ignoranza, passiamo alla “Canzona di Bacco” di Lorenzo de Medici che devo spiegarvi e su cui mi farete anche un tema per giovedì, quindi fate attenzione. Pagina 245”.

Sento le pagine del libro che vengono girate febbrilmente e in una decina di secondi cala il silenzio, con gli sguardi fissi di tutti su di me.

Mi schiarisco la voce, ancora seduta sulla cattedra, accavallo le gambe e inizio a leggere una poesia che amavo scrivere sul mio diario al liceo e sulla mia agenda all’università.

 

Quant’è bella giovinezza 
che si fugge tuttavia! 
Chi vuole esser lieto, sia, 
di doman non c’è certezza. 
Quest’è Bacco e Arïanna, 
belli, e l’un dell’altro ardenti; 
perché ’l tempo fugge e inganna, 
sempre insieme stan contenti. 
Queste ninfe e altre genti 
sono allegri tuttavia. 
Chi vuole esser lieto, sia, 
di doman non c’è certezza. 

 

Mi fermo e, ancora una volta, non riesco a trattenermi.

Vedo diciannove teste giovani, belle e inesperte davanti a me e sento che devo dire qualcosa che abbia senso, che abbia senso sul serio, in modo da fare che questa lezione non venga dimenticata facilmente.

“Lorenzo De Medici aveva ragione, ragazzi. Ora siete giovani e pieni di belle prospettive, ma non ascoltate chi vi dice che dovete aspettare, che la felicità arriverà... E non sprecate più del necessario sui libri. Cioè, dovete studiare ma ci sono altre cose importanti. Studiate, ma non trascurate gli amici, i vostri giovani amori, nel giro di poco sarete adulti e vi chiederete “Come ho fatto ad arrivare fin qui, così, senza pensare a nulla?”. Ho trascurato molte persone per dare gli esami all’università, per studiare per l’abilitazione, e so che avrei potuto fare entrambe le cose. Ricordate che prima di essere qualsiasi cosa siete umani e siete degli esseri sociali e... La solitudine è... Brutta. Io...” tiro su col naso e mi alzo, dando le spalle alla classe.

Recupero la borsa, prendo dei fazzoletti e mi avvio verso l’uscita, farfugliando un rapido: “Devo andare in bagno, leggete in silenzio che poi qualcuno mi dirà cosa ha capito!”.

Esco rapidamente dall’aula, raggiungo rapidamente la dolce signora Gina, la collaboratrice scolastica che tutti amano, e le chiedo di dare una rapida occhiata alla classe mentre vado un attimo in bagno.

“Ehi!”.

Senza accorgemene, urto Piero e faccio cadere una cartella con i compiti in classe e un paio di libri.

“Piero! Scusami...”.

“Lara! Ma...? Piangi?” domanda, inforcando gli occhiali che porta legati al collo per leggere e vedere meglio.

“No, no, sto bene. Ho avuto un dolore... Tutto ok, davvero”.

Più veloce della luce, corro via, lasciandolo lì, in preda di sicuro a qualche domanda.

Entro in bagno, mi chiudo la porta alle spalle e spero di trovare la forza per non piangere, visto che già stanotte, senza volerlo, ho bagnato fin troppo il cuscino.

Maledetta letteratura che mi ricorda tante cose nei momenti meno opportuni!

 

 

Non ho visto Ramona durante l’orario scolastico per fortuna – anche perché lei il martedì ha solo la prima e la terza ora – e non ho intenzione di dirle ciò che mi è successo a inizio mattinata.

E’ normale, mi dico, dopotutto devo ancora processare che Michele vivrà la sua vita con un’altra, e so che nel giro di poco starò bene.

Mi fermo nella salumeria fuori scuola per prendere un panino con prosciutto cotto e formaggio e mi avvio verso casa, beccando, ovviamente, i miei due vicini che stanno aspettando che arrivi l’ascensore.

“Lara!” esclama Piero, allarmato, avvicinandosi a me. “Come stai? Non ho voluto metterti in imbarazzo prima ma... Insomma, ti ho visto, stanotte, con il vino, mentre cantavi” mormora, abbassando la voce.

Nonostante sia il più dolce e gentile dei due, al momento vorrei fargli un grande torto, come scompigliargli i capelli scuri pieni di lacca o macchiargli il maglioncino, visto che odia le macchie, anche le più insignificanti.

“Era difficile non notarti, non è colpa sua” lo appoggia subito Vic, sorridendo come un deficiente.

“Idiota! Voglio vedere te nelle mie condizioni... Ah, no, giusto, non è possibile, perché secondo me non hai mai avuto una relazione, eccetto questa ossessiva in cui devi per forza appoggiare il tuo coinquilino!” sbotto, infuriata.

“Ehi, ma cosa dici, io...”.

“Lascia stare. Lasciate stare, lasciatemi stare! Posso stare in pace, per favore? Grazie!” urlo, avviandomi verso le scale e salendo come una furia fino al terzo piano.

Nel momento in cui devo recuperare le chiavi, ovviamente, non riesco a trovarle, e mi ci impegno così tanto che faccio cadere la borsa, il panino, un libro di testo...

E’ tutto troppo complicato, tutto.

Sospiro e non so come mi ritrovo seduta per terra, proprio dove c’era Vic stamattina, prendo il panino, scarto la confezione e inizio a mangiare.

Sembra tutto diverso da qui, più ampio, difficile da raggiungere, come se per la prima volta potessi vedere sul serio il posto in cui abito senza soffermarmi solo sui soliti dettagli.

Da qui posso vedere il posto in cui abito a trecentosessanta gradi, per la prima volta in cinque mesi.

“Forse è questo il problema, ho bisogno di una nuova prospettiva anche io!” dico, probabilmente risultando matta visto che non ho un interlocutore.

“Che fai, mi rubi il posto?”.

Ovviamente, Cip e Ciop sono arrivati e io non ho nemmeno badato a loro, presa dalle mie osservazioni.

Ignoro Vic e do un altro morso al panino, sentendomi improvvisamente più tranquilla, come se stare seduta su un pavimento gelato e non proprio pulito sia ciò che mi serve.

“Sul serio, Lara. Ludovico si è seduto lì per mostrarmi dove abiterà se oso cacciarlo fuori quando verrà mi cugina, ma tu? Non hai le chiavi?” chiede Piero.

“Ah, è per questo che te ne stavi per terra!”.

“Lara...”.

“Te lo meriti, Vic”.

“Lara, ma cosa...?”.

Ramona ha appena aperto la porta e mi guarda a sua volta come se fossi pazza,  e grazie alla prospettiva diversa riesco a vedere che sul serio le sue gambe e il suo sedere sono un bel po’ grossi.

Chissà come vedrei me stessa, in questa nuova prospettiva.

“Non fare domande, pranzo qui, oggi. Non trovavo le chiavi e mi sono stufata” borbotto.

“Ma se sai che sono a casa prima di te, il martedì! Ho fatto l’insalata con i pomodori freschi e i finocchi!”.

“Mi sembra strano dirlo ma, brava, Lara, hai scelto il posto giusto in cui pranzare, oggi” ridacchia Vic, che prende sempre in giro Ramona e la sua fissa per il cibo sano, che scompare magicamente il sabato pomeriggio, quando la trovo davanti la tv con un intero pacco di biscotti o un barattolo di Nutella tra le mani.

“Ridi tu, che con al tua alimentazione sregolata metterai su ancora più pancia” replica Ramona, inacidita. “Lara, entra, su...”.

“Finisco e vengo”.

“Ma sei scema? Sembri una barbona”.

“Ha smesso di fregarsene di ciò che pensiamo da un bel po’, da quando va in giro con quei maglioni colorati assurdi”.

Ovviamente è sempre Vic a parlare, ma continuo ad ignorarlo.

Questi sono i meccanismi del nostro vicinato: c’è il criticone, la donna in fissa con le apparenze, il vicino fin troppo attento a tutto e la pseudo svitata, la più giovane, quella vicina ai trenta ma che lotta ancora contro i residui delle follie dei venti anni.

Do un altro morso al panino, finché Ramona non mi si avvicina e mi afferra per il busto per farmi alzare, facendomi quasi strozzare.

“Ma sei scema!” sbotto, ancora con la bocca piena.

“No, tu sei scema, che mangi tutti questi carboidrati per pranzo, per di più come una barbona!”.

“Ramona, Lara non è te, può fare ciò che vuole, e i carboidrati sono importanti, comunque” mi difende Piero.

La mia coinquilina lo guarda male per la risposta ricevuta e poi guarda di nuovo me.

“Devi crescere, non puoi fare queste idiozie per un anello al dito della nuova ragazza del tuo ex!”.

“Senti chi parla! Tu fai tutte queste idiozie come avere un cerone in faccia e indossare jeans super stretti per avere un anello al dito!”.

“Ragazze! Non litigate!” esclama Piero.

“No, no, lasciale fare, idiota!” sbotta Vic, dandogli una gomitata.

Ramona si toglie una voluminosa ciocca di extension dalle spalle e mi squadra con la sua peggiore espressione, come se volesse ammazzarmi con il solo sguardo.

“Lascerò correre solo perché non stai bene e sei provata”.

“Io sto bene! Davvero! E ora fatemi pranzare in pace!” esclamo, entrando in casa e piazzandomi sul divano.

 

 

“Sicura di non voler uscire? Dai, domani hai quarta e quinta ora, puoi dormire fino alle dieci!”.

Circa sei ore dopo, una Ramona stranamente di buon umore prova a convincermi per l’ultima volta, dopo che piano piano abbiamo chiarito nel nostro solito modo: lei mi si avvicina con lo smalto, la lima, l’ovatta e l’acetone per farsi la manicure, io dico qualcosa, lei replica, e nel giro di poco io mi ritrovo con le unghie perfettamente smaltate ed entrambe ci siamo riappacificate, con chiacchiere un po’ vaghe che diventano sempre più specifiche e mirate.

“No, davvero. Ho bisogno di un film, una cena ipercalorica e una bella dormita”.

Entra nella mia stanza, mostrandosi in tutto il suo stile un po’ esagerato: shorts di pelle, calze nere leggere, scarpe dal tacco alto e maglietta aderente rossa che mette in mostra il decolté.

“Avessi io ancora ventotto anni... Te ne pentirai” mi rimprovera, come se lei avesse un secolo più di me.

Sto per accompagnarla alla porta mentre indossa il cappotto che bussano e mi ritrovo Piero di fronte, con un’aria di scuse.

“Piero, ehi”.

“Ragazze, ve la farò breve. Abbiamo solo due stanze, mia cugina è appena arrivata, deve fare un concorso e starà qui per tre giorni. Il suo ragazzo è geloso, lei non si ribella, la presenza di Ludovico non è gradita. Può dormire sul vostro divano?” dice rapidamente, temendo le nostre reazioni.

“Se ci aiuta con le pulizie, certo. Ma se torno a casa con qualcuno, stasera, non deve farsi vivo” dice subito Ramona.

“No, aspetta! Lui si è comportato male, come sempre, e...”.

“Sii solidale e non far mollare questa tizia col ragazzo. Siamo già molte, noi single, non aumentiamo la concorrenza!”.

“Ma per te il mondo è diviso solo in due categorie? Single e non?” chiedo, incredula.

Ramona sbuffa, prende la borsa e mette piede fuori la porta.

“Non aspettarmi sveglia, piccolina. Buona serata!”.

Piero fissa la mia espressione incredula e ridacchia, per poi zittirsi nel momento in cui lo guardo male.

“Tua cugina è una senza palle” sentenzio, vedendo sfumare davanti ai miei occhi la possibilità di starmene in santa pace davanti alla tv con un film da quattro soldi.

“Concordo. Per favore! Ludovico sa fare dei toast buonissimi per colazione...”.

“Buon per te quando  vi sposerete” replico, vendicandomi ribadendo quanto siano uniti loro due.

“Ok”. Piero alza lo sguardo e fa rotolare gli occhi, come per invocare la pazienza. “Se ci prendi in giro,  può stare con voi?”.

“E va bene! Ma deve aiutarci con le pulizie e non fare l’ingegnere rompi scatole come sempre”.

“Chiedi troppo, ingenua mia”.

“Piero...”.

“Ok, gli farò un discorsetto!” sbotta lui, esasperato.

“Sembra che tu gli debba spiegare come nascono i bambini” gli faccio notare. “Gli sarà utile per quando vi sposerete. Comunque, digli di portarmi qualcosa di buono per cena” aggiungo, godendomi la sua espressione esasperata.

 

 

Nel momento in cui Vic entra in casa, posa una confezione sul tavolo della cucina e mi guarda, mentre me ne sto seduta su una sedia, già in pigiama, con la mia agenda in cui annoto tutto tra le mani.

“Immaginavo il tuo pigiama rosa, con i cuoricini e gli orsacchiotti” dice, squadrandomi.

Alzo lo sguardo e lo fisso, incredula.

“Pensi a me in pigiama?” domando, decisamente sorpresa.

Vic spalanca la bocca e scuote subito il capo, come un forsennato.

“No! No, nel senso, per mei sei quella tipa da piagiama rosa, no?”.

“No. Tu comunque per me sei quel tipo che il pigiama non ce l’ha e dorme con cose vecchie addosso” aggiungo, decidendo di prendere questa serata come un qualcosa di divertente e non irritante.

“Precisamente. Poi mi vedrai con una tuta che non uso dal 2005 e una maglia di Paperino” asserisce, con una falsa serietà.

“Se potessi dirlo ai nostri alunni... Il severo prof  De Medina che dorme con la maglia di Paperino” lo prendo in giro, posando l’agenda su uno dei mobili.

“Dillo, no?” mi sfida.

“E come spiego il fatto di conoscere il tuo pigiama?”.

“Siamo vicini”.

“Non così tanto” gli ricordo, storcendo il naso.

“Siamo vicini di casa, scema” precisa.

“Scemo ci sei tu. Che hai comprato, scemo?”.

Vic comprende il cambio di argomento e apre i sacchetti, mostrandomi vari hamburger super farciti con patatine fritte, alette di pollo e mozzarelline impanate.

Vedendo il mio sorriso di approvazione – e di fame – scrolla le spalle, seppur compiaciuto.

“Era la mia cena preferita ogni volta che... Insomma, avevo una delusione amorosa” spiega lentamente, come se temesse la mia reazione.

Alzo lo sguardo e lui annuisce.

“Sì, che tu ci creda o no, ho avuto delle ragazze. Tre. E che tu ci creda o no, a molte piace il fascino dell’ingegnere super nerd... Pare che sia quel tipo di uomo che non ti tradisce e sia molto disperato” ironizza, prendendo un panino e porgendomelo con una bella porzione di patatine fritte.

Colpita e mortificata, scuoto il capo, senza sapere come comportarmi.

“Scusami, io... Ero fuori di me, irritata, non avrei dovuto insinuare che tu non sia mai stato amato”.

“Su questo hai ragione, non credo di esserlo mai stato. Ho amato ognuna di loro ma, beh, non era reciproca come cosa. Due rette parallele destinate a non incontrarsi mai” sussurra.

“C’è sempre Piero” ironizzo, colpita dalla sua sincerità.

“Hai ragione. Cucina da Dio, e disapproverebbe questo cibo spazzatura”.

“Come Ramona. Non capisco! La vita già è dura, mettici anche quel cibo ipocalorico... Ci sono sempre per un hamburger” dico, forse per fargli capire che non è fuori dal mondo e ci sono persone come lui, e anche per cambiare argomento.

Annuisce e poi iniziamo a mangiare, avvolti nel silenzio e circondati solo dal rumore delle nostre mascelle messe alla prova da così tanto cibo.

E’ buffo quando mangia, sembra che il panino sia un suo alunno impreparato e lui sia pronto a farlo vergognare, ma stranamente, forse per soggezione, mangia le patatine con la forchetta

“Se Ramona rimorchia qualcuno e lo porta a casa devi sparire dal divano, teme si ingelosirebbe vedendo un altro uomo” lo informo poi, una volta finito di cenare, mentre sistemo le cose da gettare nei vari contenitori della raccolta differenziata.

Vic sembra perplesso mentre mi aiuta ad accartocciare alcune confezioni, tanto che si blocca.

“Ma il suo scopo non è sistemarsi?” domanda.

“Sì”.

“Crede si sistemerà con uno conosciuto in discoteca che fuggirà il giorno dopo?” aggiunge, perplesso.

“Crede che lui rimanga dopo essere stato colpito dal suo fascino” spiego, seppur non condividendo questa sua visione del mondo.

Vic scuote il capo e getta delle cose nel contenitore della carta e altre in quelle della plastica.

“Assurdo. Voglio dire, se c’è una conoscenza di base e poi si va a ballare insieme, magari può succedere ma... Lì tutti vanno solo per divertimento”.

“E perché non ci vai mai, tu?”.

“E tu?”.

Rido, scrollando le spalle.

“Non si risponde a una domanda con un’altra domanda. Detto ciò, non ci vado perché non amo le discoteche e credo che l’amore sia qualcosa che succede senza darci il tempo di accorgercene, magari mentre sei per strada, fuori a un bar, al supermercato... Non mi prendere in giro” aggiungo rapidamente, coprendomi le mani con la faccia per la vergogna.

Vic mi sorride e fa un cenno di dinego.

“La penso come te, più o meno, senza quelle strambe filosofie di mezzo. Vediamo un film?”.

 

 

Due ore e mezzo dopo sono in procinto di andare a dormire e sto pettinando i miei capelli scuri con la speranza di non farli elettrizzare vista l’umidità che c’è in giro.

Sobbalzo quando sento il telefono squillare e mi preoccupo quando vedo che la chiamata è da parte di  Gaia, la mia migliore amica che vive ancora nella città in cui sono cresciuta.

“Gaia!” esclamo, sorpresa. “Sono le undici, tutto ok?”.

“Sì, scusa, ma ho appena saputo una notizia bomba e non potevo aspettare!”.

“Cosa...?”.

 

 

“E’ incinta! E’ incinta!” urlo, correndo come una pazza verso il soggiorno.

Vic quasi rotola dal divano e rischia di far cadere il cellulare che ha tra le mani, per poi alzare lo sguardo e guardarmi con severità.

“Ma sei pazza...?”.

“E’ incinta!”.

Confuso, mi fissa, senza capire.

“Bene, così Ramona potrà rintracciare il padre e imporgli di sposarla. Chi è il padre?”.

“Cretino, no! Non è Ramona, è quella ventidueenne a cui il mio ex ha dato l’anello dopo sei mesi di relazione... La sposa perché è incinta! Me lo ha appena detto la mia migliore amica che l’ha saputo dalla sua estetista che lavora nel salone della parrucchiera dove va la cugina di questa scema!”.

“Eeeh? Lara, mi confondi con Piero, è a lui che piacciono questi gossip intrecciati”.

Felice di essermi tolta un peso, di sapere che d’ora in poi la smetterò di farmi domande idiote del tipo “Perché a lei sì e a me no?” e che dopotutto si tratta di un matrimonio forzato, non bado nemmeno alla maleducazione del mio vicino, troppo entusiasta a causa della notizia.

“Non capisci?” chiedo, entusiasta. “Ora posso stare in pace, non mi torturerò più con mille domande, so che alla fine si sposa per cause diverse da quelle che credevo e che sarebbe successo lo stesso con me in condizioni simili. Mi sento molto più leggera!”.

“Beata te, devo ancora smaltire quelle schifezze”.

“Sono così felice che non baderò alla tua insensibilità” aggiungo, facendogli una linguaccia molto infantile e camminando verso la mia stanza con le braccia per aria, come una bambina energica e capricciosa.

Due secondi dopo, però, bussa alla mia porta e mi guarda con aria di scuse, mentre mi mostra il display del suo iphone.

 

Scemo, levati dal divano, sto tornando a casa con un uomo magnifico!

 

Levo un sopracciglio, scettica, per poi cedere il passo e farlo entrare con aria rassegnata.

“Rendiamoci conto che lei ha la stanza più grande e osa anche comandare così” sospiro.

“Posso risponderle “Senti, fidati che non se ne fregherà minimamente di me”?” chiede.

“No, poi sarai colui che avrà rovinato la sua epica storia d’amore” gli ricordo.

Per un istante ognuno guarda in una direzione opposta, poi sospiro, sapendo che non avrei il cuore di farlo dormire per terra, prendo il cuscino e mi avvicino alla porta.

“Dormi qui, vado io sul divano, a meno che questo uomo magnifico non inizi a preoccuparsi del fatto che io possa essere una sua ex” ironizzo, decisamente stanca di tutte le scemenze che devo sopportare vivendo con Ramona.

Come sempre, penso che il mio incarico è annuale, quindi, essendo gennaio, tra cinque mesi tornerò a casa e magari l’anno prossimo lavorerò in un’altra città, magari meno sconosciuta e più grande di questa.

“No, dai, non se ne parla! E’ casa tua, magari aspetto che entrino e poi torno sul divano” si oppone Vic.

“E’ un segno del destino, Vic. Piero e la cugina, Ramona e ‘sto tizio... Dormi qui e basta, il divano è comodo. Buonanotte” lo saluto.

Lo vedo un po’ imbarazzato, alza semplicemente la mano e accenna un sorriso, così mi avvio verso il divano, sistemo il cuscino e sollevo le coperte che avevo messo per il mio vicino, fin sopra la fronte, come piace a me.

Mi sento improvvisamente piena di pace e tranquilla e senza saperlo, mi addormento con il sorriso.

 

 

“... E se ne è andato, chissà a che ora!”.

“Cara, dopotutto lo conoscevi da un paio di ore, non puoi...”.

“Mi vuoi fare la morale anche tu, Piero? Vuoi giudicarmi?”.

Apro gli occhi a causa di tutto quel caos e quasi non cado dal divano.

Mi metto seduta e vedo che Piero e Ramona se ne stanno seduti dietro il tavolo della cucina a bere del caffè, con aria grave.

Ramona si volta e mi guarda male, come se avessi commesso un crimine.

“Tu! Insomma, hai dormito qui, non hai sentito quel cretino andarsene? Mi sono svegliata senza nessuno al mio fianco!” urla, puntandomi l’indice contro.

“Aspetta, non è più l’uomo magnifico?” sbotto, con la voce impastata dal sonno. “Non solo ho dormito qui visto che nella tua visione dei fatti Vic avrebbe fatto ingelosire questo sconosciuto, devo anche sorbirmi una predica per non aver fatto la guardia? Ramona, svegliati, in discoteca ci trovi l’avventura di una notte, non un marito!” esclamo, dando voce a tutta la irritabilità che sono in grado di provare appena sveglia e aggiungendoci il fastidio per aver dormito non proprio comodamente a causa sua.

Ramona, offesa, sgrana gli occhi come una psicopatica mentre Piero mi guarda e annuisce.

“Cara, Lara ha ragione. Se vuoi divertirti nei locali vai, ma non troverai l’amore così. L’amore non si puo cercare e ottenere come una borsa” le ricorda, quasi sussurrando.

Ringrazio mentalmente la sua diplomazia mentre mi alzo e mi avvolgo il corpo con una delle coperte, nonostante sia presto.

Vado nella mia stanza, sveglio Vic e lui mi guarda tra il confuso e l’assonnato.

“L’uomo magnifico è appena diventato un cretino. Sono le sette, oggi entro alla quarta ora quindi posso dormire un po’ di più. Smamma, su” gli intimo, tirandolo per un braccio e facendolo alzare con grande fatica.

Gli copro le spalle con la coperta, lo accompagno fuori e lui mi guarda male mentre se ne va verso il divano.

“Quelli di Ramona se ne vanno di sua spontanea volontà, mentre io devo cacciarli personalmente dal letto, che spreco” ironizzo, prima di gettarmi sul letto.

Mi basta qualche minuto per addormentarmi di nuovo, e mi succede pensando che, a modo nostro, siamo una banda di quattro scemi super incasinati.

 

 

*°*°*

E dopo circa due anni di assenza, eccomi di nuovo qui in questa sezione con una nuova storia.

Che dire, ci pensavo da un po’, affascinata dalla vita delle “20something” – sono una di loro anche io, anche se ho quattro anni meno della protagonista – e dalle sfide che devono affrontare ogni giorno.

Al liceo si pensa sempre “Non vedo l’ora di avere 20 anni!”, poi il tempo passa e ci si rende conto che era meglio quando la preoccupazione più grande era l’interrogazione di matematica.

Una carriera che inizia ad avviarsi non è tutto, e alla fine sono dell’idea che ognuno di noi conservi i dubbi e le insicurezze che aveva ai tempi del liceo... Tutto ciò che occorre per superarli è una nuova prospettiva.

Cosa significa?

Beh, se vi andrà, lo scopriremo insieme :D

 

Grazie a Veronica che ha letto questo primo capitolo e mi ha dato la sua opinione positiva, probabilmente senza il suo “Ok” non mi sarei decisa a pubblicare :D

Grazie anche alle ragazze che su Facebook, sapendo che avrei pubblicato una nuova storia, ne sono state felici e hanno “spolliciato” i vari stati al riguardo... E’ già molto, per me, grazie <3

 

Detto ciò, vi do appuntamento a venerdì prossimo con il capitolo due, se vi andrà! :D

 

Vi lascio un paio di spoiler ^^:

 

“Nasciamo e moriamo da soli” mi appoggia Vic.

“Sì, ma nel mentre dovremmo fare scintille, no?” domanda un Piero improvvisamente esaltato.

“Ecco il mio Piero! Ti sei meritato un ballo, andiamo, su! Per me ordinate solo una media chiara e delle patatine!”.

 

 

“Può darsi. Funziona?”.

Per tutta risposta, prendo il boccale di birra  e ne bevo un sorso generoso, rischiando di sporcarmi, e in effetti una dose mi cade sulla maglia.

Bevo un altro sorso, sotto il suo sguardo incuriosito, mi macchio ancora, e per tutta risposta mi tolgo la maglia, rimanendo con un top rosso che indosso sotto.

 

 

 

A venerdì!

Milly.

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Capitolo 2
*** Ciò Che Succede Al Pub, Rimane al Pub ***


Ciò Che Succede Al Pub, Rimane al Pub

Capitolo 2

Ciò Che Succede Al Pub, Rimane al Pub

 

Il venerdì è il giorno più brutto della settimana visto che sono a scuola dalla prima alla quarta ora e ho tre ore di fila in una sola classe.

Per fortuna, oggi mi è andata meglio perché c’è il compito in classe, così devo semplicemente dare un’occhiata in giro mentre i ragazzi sono impegnati a scrivere il loro saggio breve.

Sto dando un’occhiata al registro elettronico quando bussano alla porta dell’aula e la vicepreside, Marisa Odierni, entra senza nemmeno aspettare il mio permesso.

Risoluta, avanza verso di me con la sua solita aria da dittatrice stanca che non ha tempo da perdere.

“Buongiorno, Lara, scusami l’interruzione... Ah, stanno facendo il compito” constata con un rapido sguardo, per poi voltarsi verso di me e degnarsi di guardarmi in faccia. “Stiamo organizzando la gita per quelli di quinta, probabilmente andremo a Madrid. So che non hai le quinte, ma volevo chiederti la tua disponibilità come accompagnatrice, si parte verso marzo”.

Esitante, guardo i ragazzi e poi il volto di Marisa, le cui rughe mi fissano come per minacciarmi.

“Quanti giorni...?”.

“Sei. Andrete con l’aereo”.

“Ah, tu non vieni?”.

“Mi prendi in giro? Sei giorni fuori casa? Mio marito ne approfitterebbe per cambiare serratura e non farmi entrare più. Su, non farti pregare, sei la più giovane qui, di sicuro ti va di mollare questo carcere per una settimana!”.

Conosco la fama di Marisa, nota per la sua irritabilità e la tendenza a urlarti contro mille cose in un secondo se non le obbedisci, così, per quieto vivere, annuisco.

Dopotutto non vado all’estero dal viaggio post laurea di quattro anni fa, quindi visitare Madrid non può essere male, anche se avrò la responsabilità di un numeroso gruppo di diciottenni.

“Va bene, ok, do la mia disponibilità” annuisco quindi, cauta.

Marisa sospira e alza gli occhi al cielo.

“Finalmente! E come sei difficile! Firma qui, su!”.

Mi sbatte in faccia un foglio di carta, dove riesco a leggere le firme dei miei colleghi: Ramona, Vic e Piero ci sono, insieme ad altri tre docenti più grandi di noi di almeno dieci anni.

“Perfetto, ciao” sbotta infine, correndo fuori dalla classe, come se fosse un inferno.

Mi schiarisco la voce mentre mi volto verso la classe, che sembra sollevata per il fatto che non ci sarò e allo stesso tempo sconvolta per il comportamento della vicepreside.

“E’ inutile che sorridete, lei insegna lettere come me... Quindi se non viene forse mi sostituisce lei, quando andrò in gita” esclamo, cattivissima.

Li vedo impallidire e tornare con finta aria casuale con la faccia sui fogli, mentre ridacchio, soddisfatta.

 

 

 

Quando torno in sala professori per sistemare le ultime cose prima di tornare a casa, vedo che Ramona, Piero e Vic se ne stanno davanti a un pc, entusiasti come non mai.

“Che fate?” domando, incuriosita, visto che è raro trovare qualcosa che appassioni tutti e tre allo stesso tempo.

Ramona si gira e sorride entusiasta.

“Ho visto che hai firmato! Stavamo vedendo i più bei posti di Madrid!” mi spiega, battendo le mani con eccessivo entusiasmo.

“Devo ubriacarmi di sangria!” aggiunge Piero. “E non vedo l’ora di andare al Museo del Prado e al Reina Sofia! I ragazzi ameranno la Guernica, la dovrei spiegare proprio a marzo, che bello poterlo fare dal vivo!”.

“I ragazzi hanno così tanta paura di me che non oseranno rompermi le scatole!” esclama Vic, felicissimo.

“Ragazzi, sveglia! Saremo noi i responsabili! Non dormiremo, dovremo fare i turni di notte per cercare di non farli sgaiattolare fuori dalle stanze e magari procreare dei bambini o ammazzarsi mentre tentano di raggiungere un’altra stanza scavalcando un balcone!” ricordo loro, schioccando sonoramente le dita come per riportarli alla realtà.

I tre mi guardano sconcertati, come se fossi la guastafeste della situazione.

“E hai già ucciso il mio buon umore” mi rimprovera Vic, sbuffando, mentre si avvicina a uno dei tavoli e prende la sua borsa con i compiti. “Ora qualche ragazzino prenderà due e non tre a causa tua!”.

“Cosa? Ma... Insomma, ricordate le gite del liceo, sì? I prof sono sempre quelli che si stressano mentre i ragazzi si rilassano e si divertono! Dovrei raccontarvi quello che la mia classe ha combinato a Parigi nel duemilasei, quando ero all’ultimo anno...”.

“Oh, Parigi! Lì sì che ci andrei, anche solo per baciare qualcuno vicino la Torre Eiffel!” mi interrompe Ramona, con aria sognante.

“Giusto! Sai che bello!” le dà man forte Piero, con un sospiro che è tutto dire.

Mi passo una mano sulla faccia e scuoto con aria di disapprovazione, e per fortuna questa volta Vic è dalla mia parte perché assume un’aria disgustata e si avvia verso l’uscita.

“Siete i peggiori. Tutti e tre! Andiamo a interrogare, su...” esclama, chiudendo la porta.

“Per me è stato mollato a Parigi” esclama Ramona, pensierosa.

“No, no, è stato solo a Berlino anni fa, non viaggia mai” ci informa Piero.

“Cosa?”.

Annuisce, pensieroso.

“E’ di Ludovico che parliamo, ragazze, su, sapete che viaggiare è troppo faticoso e stressante per una poltrona vivente come lui. Comunque... Andiamo a Madrid!”.

“E io me ne vado a casa!” dico, raccogliendo le ultime cose e indossando il mio cappotto rosso, il mio preferito.

 

 

 

 

Il pomeriggio si annuncia grigio e nuvoloso, come ogni pomeriggio da quando è iniziato il nuovo anno, e la mia voglia di correggere diciannove temi è pari a zero.

Ramona mi guarda con aria furba visto che lei ha consegnato oggi i risultati dei compiti di latino e negli ultimi due giorni l’ho guardata esasperarsi a causa degli errori assurdi e banali che leggeva.

Dopo la questione dell’uomo magnifico-cretino, abbiamo discusso un po’, salvo poi comprendere che siamo diverse, io non interferirò con la sua vita e lei non dirà nulla sua mia, onde evitare ulteriori litigi.

Preparo una tisana rilassante prima di accingermi a prendere i compiti e ho appena il tempo di versare il filtro nella tazza piena di acqua bollente che sento il campanello squillare.

Vedo Ramona percorrere l’ingresso per aprire e nel giro di poco la voce di Piero invade la casa.

“Piero” esclamo, appena lo vedo entrare in cucina con un vassoietto tra le mani, ricoperto da carta alluminio.

“Avevo il pomeriggio libero e vi ho fatto un tiramisù, ragazze” annuncia, sorridente.

Trattengo il respiro mentre lo vedo appoggiare il vassoio sul tavolo e lo abbraccio, felice.

“Adoro il tiramisù! Piero, sposami!” lo prendo in giro, ricalcando le varie battute che ho fatto in questi mesi riguardo il suo essere un uomo oggettivamente perfetto, che sa fare tutto e ama sperimentare in cucina.

Piero ride mentre Ramona lo squadra da capo a piedi, incrocia le braccia e fa un cenno di dinego.

“Non mi fai scema, ho capito tutto” dice, convinta di sé.

“Che cosa?”.

“Cucini per distrarti. Quella scema di Nicol del secondo piano ha un fidanzato e tu sei triste dopo tutti questi mesi di corteggiamento sprecati. L’ho vista ieri sera mentre limonava con uno all’ingresso del palazzo” esclama. “Mi dispiace”.

Piero sgrana gli occhi e poi li chiude, mordendosi il labbro.

“No, non lo sapevo! Ve l’ho fatto senza un motivo, come sempre, e ora mi hai rovinato la giornata!” sbotta, battendo un pugno sul tavolo.

“Ramona!”la rimprovero.

“Che c’è? Doveva saperlo!”.

Piero, senza parole, si siede su una sedia e mi premuro di prendergli un bicchiere d’acqua, triste per la brutta novità.

Si copre gli occhi con la mano destra e sospira.

“Avrei dovuto invitarla ad uscire e non perdere tempo a mandarle dei dolci e delle rose” mormora, sbuffando.

“Benvenuto nel ventunesimo secolo” esclama Ramona, che non ha mai condiviso il “corteggiamento” vecchio stile di Piero.

“Ramona!” la rimprovero, lanciandole un’occhiata eloquente. “Lascia stare Piero, dobbiamo tirarlo su... Con il tiramisù, su!” esclamo, ridacchiando per il gioco di parole che però nessuno sembra apprezzare.

“No, mangiatelo voi, non mi va niente”.

Mentre provo a consolarlo, bussano di nuovo alla porta e nel giro di trenta secondi Vic entra nella stanza, con una faccia funebre.

“Piero, mi dispiace dirtelo, ma devo! Quella stronza di Nicol sta con uno, l’ho appena vista...”.

“Me l’ha appena detto Ramona” lo interrompe l’amico, affranto.

“Mi dispiace” esclama Vic, avvicinandosi. “La prossima volta meno torte e più decisione, ok?”.

“Non potete biasimarlo! Ok, non è stato diretto, ma lei nemmeno ha fatto qualcosa per fermarlo! Le auguro che tutti quegli zuccheri si depositino sul suo sedere! E poi criticate Piero, ma lui è l’unico che è ancora in grado di corteggiare sul serio una donna, di rispettarla, con i suoi modi gentili” lo difendo, appoggiando le braccia attorno le spalle del mio amico e abbracciandolo per qualche istante.

Ramona sbuffa e scuote il capo, annoiata.

“Tesoro, a furia di spiegare quelle stronzate come il Dolce Stil Novo, la Donna Angelo e bla bla bla ti si è fritto il cervello. Non si fa più così!”.

“E come si fa? Si incontra una, la si scopa per una notte e poi si fugge?” la rimbecco, colpendola nel profondo visto che il suo viso si trasfigura in una smorfia che non le dona.

“Ma piantatela! Non ci sono regole” interviene Vic.

“E allora non criticarlo”.

“Ragazzi, per favore, non litigate. Vi ringrazio per il supporto ma credo sia meglio tornare da me e distrarmi” ci interrompe Piero, alzandosi, con un sospiro pesante.

“Non puoi stare da solo proprio ora!” gli ricordo, preoccupata visto che conosco la sua sensibilità e so che in un momento simile ha bisogno di gente al suo fianco.

Piero fa un verso scettico.

“Scusami, tu quando hai scoperto delle nozze del tuo ex hai bevuto vino e hai improvvisato un poraccissimo Festival di Sanremo fuori casa. Eri da sola e volevi stare in pace, no?” domanda.

“Ma per fortuna qui non si parla di un ex, Piero” mi difendo, per far comprendere che le due situazioni non sono proprio le stesse.

“Oh, ora le cose si fanno interessanti” ridacchia Ramona, battendo le mani.

“Ma no, io...”.

“Usciamo stasera, andiamo a berci qualche birra e a maledire le donne” dice subito Vic, mettendo una mano sulla spalla dell’amico. “Da ubriaco è uno spasso, perde tutta la sua gentilezza!” ci informa, guadagnandosi un’occhiataccia da Piero.

“Voglio vederlo! Possiamo aggregarci?” domanda Ramona.

“Immagino che uscire possa farmi bene” ragiona il ragazzo, un po’ titubante.

“Allora andiamo al Thaddeus, no? E’ il migliore in zona”.

“Sì, mi piacciono le birre artigianali che hanno” concorda Vic.

“Ma per che ora pensate di uscire...? Io devo correggere i compiti e domani ho la prima ora” li interrompo, guadagnandomi un’occhiataccia generale.

Ramona leva un sopracciglio, come se avessi detto che il Satyricon è stato scritto da Seneca; Vic ha il tipico sguardo di disapprovazione che lo distingue in ogni momento e Piero mi guarda come a dire “Non era tu quella che diceva che non devo stare solo?”.

“Lasciate perdere, è tutto ok, vengo” sbuffo.

“Come se le stessimo proponendo di lavorare il doppio” commenta acidamente la mia coinquilina.

 

 

Era un bel po’ che non uscivo il venerdì sera e devo dire che il mio armadio non è proprio pronto per un’uscita.

Tra maglioni colorati, pantaloni comodi e scarpe basse, riuscire a trovare una maglia un po’ più leggera – nonostante ci siano poco più di cinque gradi – e una gonna è un’impresa, e ovviamente Ramona commenta male il mio stile, decisamente banale se messo a confronto con il suo miniabito sbrilluccicante.

Vorrei dirle che un pub è un luogo informale, ma sto zitta e corro a prendere il cappotto e la borsa.

Salire in auto con Piero e Vic è strano, e realizzo che da settembre ad ora non siamo mai usciti tutti insieme.

“L’obiettivo della serata è far conoscere qualcuno a Piero!” esclamo, appena ci sediamo ad uno dei pochi tavoli liberi.

“Ehi, siamo tutti single, quindi siamo tutti a caccia” mi rimprovera Ramona, guardandosi intorno con aria interessata.

“Ho dimenticato il fucile” borbotta Vic, sarcastico.

Rido, facendo ridere sia Piero che Vic stesso, mentre la mia coinquilina non approva e scuote il capo con disapprovazione.

“Ne parliamo quando tornerete a casa da soli!”.

“Giuro che non mi sono illusa su un finale diverso...” ammetto.

“Morirai da sola”.

“Nasciamo e moriamo da soli” mi appoggia Vic.

“Sì, ma nel mentre dovremmo fare scintille, no?” domanda un Piero improvvisamente esaltato.

“Ecco il mio Piero! Ti sei meritato un ballo, andiamo, su! Per me ordinate solo una media chiara e delle patatine!”.

Nel giro di tre secondi, Ramona e Piero si dissolvono tra la folla che balla dal lato opposto del pub, il cui stile sembra voler imitare quello dei tipici pub inglesi, prevalentemente color legno con varie bandiere e locandine di band famose.

“Siamo noi i vecchi del gruppo?” chiedo, retorica. “Prima mi piaceva uscire... Cioè, non sono mai stata una che esce tutti i giorni, ma dopo la laurea, tra l’abilitazione e il lavoro mi piaceva andare in giro, mentre ora...”.

“Succede con i cambiamenti” interviene Vic, con un sorriso amaro.

“In che senso?”.

“Sei qui da sei mesi e scommetto che la mancanza di veri amici non ti sprona a uscire. Mentre prima uscivi con il tuo ragazzo, la tua migliore amica... Si vede che tu e Ramona non avete un grande rapporto” analizza, come se stesse esponendo qualcosa a cui ha pensato da un po’.

Esito, pensando che, dopotutto, ha ragione. Uscire quando hai qualcuno per cui farti bella e degli amici con cui ridere e raccontare fatti imbarazzanti sapendo che non verrai mai giudicato è bello, diverso, speciale.

“Quando sono arrivata, a settembre, dormivo in un motel in attesa di sistemarmi, poi ho incontrato Ramona a scuola. E’ stata molto calorosa, cercava una coinquilina... Ho conosciuto gli altri, te, Piero, ma spesso mi sento giudicata, cioè, come se non fossi alla vostra altezza. Siete più grandi, avete esperienza, tu sei di ruolo!”.

Stranamente, Vic mi sorride e si appoggia meglio contro la sedia.

“Ho fatto la primina, mi sono laureato un anno prima, a ventitrè anni, ho iniziato subito a lavorare e tutte queste bellissime fortune mi hanno portato in questa bellissima e sperduta cittadina. Devi essere sicura di te, Lara, altrimenti non andrai mai avanti” mi consiglia.

Scrollo le spalle, giocherellando con uno dei menù, proprio mentre arriva il cameriere che ci chiede le ordinazioni.

Cinque minuti dopo, quando se ne va, mi guardo intorno e poi torno a guardare il mio interlocutore.

“Nemmeno tu mi sembri felicissimo” dico, onesta. “Sei sempre troppo sicuro ma si capisce che... Insomma, hai qualche conto in sospeso”.

“Sì, quello della macchina. Ho ancora cinque rate da pagare”.

“Vic...”.

“Non mi puoi psicoanalizzare, davvero, sono  complesso. Comunque, ieri guardavo un episodio di Friends e penso che potremmo attuare nelle nostre vite una cosa che succede in questo telefilm!” cambia discorso.

Lo fisso, un po’ offesa per il cambio repentino di discorso, ma preferisco non discutere e annuisco, fingendo curiosità.

“Cioé?”.

“Joey e Phoebe fanno un patto: ognuno presenterà qualcuno all’altro per un appuntamento e Joey, tra l’altro improvvisando perché non aveva cercato nessuno, le presenta il suo futuro marito! Quindi, ora che Piero è stato deluso dalla questione di Nicol, perché non facciamo anche noi così? Ognuno penserà a un amico e lo farà uscire con uno dei quattro” spiega, entusiasta per la sua idea.

“Non vedo l’ora di uscire con uno dei tuoi amici ingegneri che vengono da te il giovedì per giocare a Dungeon and Dragons” lo prendo in giro.

Ho sul serio qualche amica che farei uscire con lui o Piero?

“Ramona accetterà di sicuro” aggiungo.

“Magari una coppia su quattro la indoviniamo, non si sa mai” insiste lui, esaltato.

“Ramona ha ragione, tu sei a caccia!” ridacchio, immaginando un appuntamento tra lui e qualche mia amica, lui che brontola per ogni cosa, lei che inventa una scusa e fugge per poi chiamarmi e rimproverarmi per il tizio con cui l’ho fatta uscire.

“E tu no. E’ questo è il tuo problema! Sei diventata frigida?”.

“Ma come osi?”.

Mi guarda con la sua solita aria di sfida e incrocia le braccia, mentre il cameriere ci porta le birre e stuzzichini vari.

“Non mi dai motivo per pensare diversamente, non guardi nessuno, non provi a...”.

“Stai facendo un gioco psicologico per indurmi a dire di sì” dico, assottigliando lo sguardo.

Vic scrolla le spalle e fa un’espressione vaga.

“Può darsi. Funziona?”.

Per tutta risposta, prendo il boccale di birra chiara e ne bevo un sorso generoso, rischiando di sporcarmi, e in effetti una dose mi cade sulla maglia.

Bevo un altro sorso, sotto il suo sguardo incuriosito, mi macchio ancora, e per tutta risposta mi tolgo la maglia, rimanendo con un top rosso che indosso sotto.

“Non sono diventata frigida! Balliamo!” urlo, finendo il resto del boccale in un sorso.

Mi avvicino a lui e lo trascino verso la pista con grande difficoltà, finché non cede e inizia a camminare di sua spontanea volontà.

La mano è decisamente sudata, appiccicosa, e una volta arrivati nel bel mezzo della pista mi blocca, con le braccia che mi afferrano la vita, appena un ragazzo mi sorride e mi si avvicina.

“Ma che fai?” urlo, mentre mi tiene ancora stretta a sé, procedendo tra la gente, alla ricerca dei nostri amici.

“Domani mi ringrazierai. Certo che sei debole, un boccale di birra e già sei partita!” mi rimprovera.

Dovrei ribattere ma rido, mi volto e appoggio le braccia attorno al suo collo per non cadere.

Ha ragione, mi basta poco per diventare più che brilla, ma al momento, con la testa che mi gira un po’, riesco solo a continuare a ridere per il modo assurdo e buffo in cui ci siamo ritrovati appiccicati e inizio a ballare sulle note di una canzone che nemmeno conosco.

La presa di Vic attorno la mia vita è decisamente forte, mi chiedo come è possibile visto che non va mai in palestra, così lo immagino in tuta mentre prova a sollevare dei pesi e, non riuscendoci, cade, e rido di nuovo.

Mi dice qualcosa ma non capisco, per poi non ripeterlo più, e non so per quanto stiamo così, finché non spuntano le facce di Ramona e Piero, decisamente esaltati.

Urlano qualcosa sulla birra, scompaiono, tornano poco dopo, la musica è sempre più forte e non so come mi ritrovo al fianco di Ramona, con due ragazzi che ci ballano intorno.

Quello che mi sta più vicino è carino, ha un bel sorriso, mi attira a sé e non mi dispiace ballare con lui, mentre la musica si fa decisamente più sensuale per i miei gusti.

Mi sussurra qualcosa nell’orecchio, rido ancora, mi ritrovo appoggiata alla sua spalla e non so come lui mi sta baciando, divorandomi la faccia, e avverto una delle sue mani che prova a farsi strada sotto il top rosso...

 

 

Apro gli occhi e vedo dei mobili e un soffitto che non mi appartengono, così corro a mettermi seduta con un sussulto.

Faccio mente locale e ricordo di aver baciato uno sconosciuto e, terrorizzata, faccio fatica a ricordare il resto.

Per fortuna, un’occhiata più attenta mi rivela il soggiorno di Piero e Vic, e realizzo di aver dormito  sul loro divano.

“Buongiorno, dormigliona! Mi dispiace informarti che tra un’ora dobbiamo essere in classe” mi saluta Piero, affacciandosi dalla cucina ed entrando pochi istanti dopo nel soggiorno, con in mano un piatto con dei pancakes dentro e una ciotola di latte.

Ancora confusa, sbadiglio, mi copro la coperta con cui ho dormito a causa del freddo gelido di gennaio e gli faccio segno di sedersi al mio fianco.

“Grazie, sei un angelo!” esclamo, bevendo subito un generoso sorso di latte. “Ma cosa è successo ieri? Cioè, ricordo cose vaghe...”.

Piero fa un sorrisino imbarazzato e si passa una mano tra i capelli, come se non sapesse come formulare la risposta.

“Hai bevuto un boccale di birra tutto d’un sorso e a quanto pare ti ha fatto subito effetto... Hai ballato con uno, Ramona era con te, ma ti ha lasciato sola per andarsene con uno. Diciamo che hai pomiciato con questo sconosciuto e lui ha provato in tutti i modi per portarti in un posto più appartato, ma per fortuna Ludovico è intervenuto vedendo che questo tipo voleva trascinarti con la forza e.... Gli ha anche dato un pugno. Hai dormito da noi perché...” Piero si blocca, alzando gli occhi al cielo, come per contenere la sua disapprovazione.

“Ramona si è portata quel tizio a casa, io non avevo le chiavi e non vi ha aperto la porta” provo ad immaginare, ricevendo conferma.

“Piero, scusami! Ho bevuto dopo che Vic mi ha sfidato, se bevo tutto d’un sorso non reggo l’alcool. Non ricordo nemmeno la faccia di quel tizio, solo che ci ho ballato e che mi ha baciato...”.

Piero mi sorride e mi porge il piatto con il cibo.

“E’ stato bello vederti fare la scema da ubriaca in un pub, spensierata, e non triste come quella volta che hai cantato sul pianerottolo. Sto incolpando Ramona, ti ha lasciato da sola, non ha badato alla porta...”.

Scrollo le spalle, tagliando un pezzo di pancake e mangiandolo.

“Sono maggiorenne dopotutto, no? E’ così che lei mi risponderebbe” ragiono, per poi continuare a mangiare.

“Ma non c’entra, siamo amici, dobbiamo guardarci le spalle a vicenda!”.

“Ecco la mia ubriacona preferita” lo interrompe Vic, entrando nel soggiorno già vestito di tutto punto.

Lo ricordo mentre mi allontanava da uno sconosciuto e ballavamo insieme, ma immagino che la sua versione un po’ più disinvolta sia rimasta in quel pub.

“Hai visto cosa succede quando mi sfidi” gli ricordo, assottigliando lo sguardo.

“Sei decisamente più divertente”.

“Anche tu”.

“Comunque” cambio argomento, mangiando l’ultimo pezzo di pancake, “Spero che la mia coinquilina mi apra, ho quaranta minuti per prepararmi”.

Ringrazio Piero per la colazione ed esco, iniziando a bussare furiosamente alla porta di casa mia.

Ramona, assonnata, mi apre dopo un po’, e ricordo che lei oggi ha la terza ora.

“Grazie, eh” sbotto, per poi correre nella mia stanza, prendere biancheria e abiti puliti e chiudermi in bagno per una doccia per nulla rilassante.

Devo rassegnarmi, Ramona non è Gaia, non sarà lì a proteggermi come una sorella, e inizio a pensare ad un eventuale trasferimento, perché non ha senso vivere in una casa in cui devo dormire sul divano per ordine suo o non posso nemmeno entrarci perché lei non si preoccupa di aprirmi.

Mezz’ora dopo, con a stento un po’ di fondotinta in faccia e un velo di rossetto, prendo la mia borsa e sto per uscire di casa, per poi tornare da Ramona, presa da uno scatto di rabbia improvviso.

“Ehi!” protesta, visto che ho acceso la luce della sua stanza.

“Ah, sei da sola, poverina. Sappi che sto pensando di andarmene e trovare un altro appartamento. Hai visto che non ero in me e mi hai lasciata sola con uno sconosciuto e non ti sei degnata di aprirmi la porta sapendo che non avevo le mie chiavi, visto che te le sei portate tu! La settimana scorsa non ho potuto dormire sul mio letto per cederlo a Vic viste le tue paranoie assurde! Che pago a fare l’affitto qui, eh? E sai che ti dico? Tu non vuoi sistemarti, sii onesta con te stessa! Vuoi solo divertirti, ma dovresti farlo a spese tue, non di chi ti circonda! Non potresti crescere un figlio visto che sei un’egoista di merda che sa pensare solo a se stessa!” urlo, per poi chiudere di nuovo la porta con un tonfo eccessivo e andarmene, senza nemmeno lasciarle il tempo di replicare.

Esco di casa e, ovviamente, Cip e Ciop sono fuori l’uscio, come se mi stessero aspettando.

Piero applaude e mi abbraccia.

“Ci voleva, hai fatto bene” approva, sorridendomi.

“Hai sbagliato mestiere, con quei polmoni che ti ritrovi avresti potuto fare la cantante lirica” esclama Vic, ridacchiando.

“Grazie per essere intervenuto con quel tizio, ieri” dico invece, sincera.

Mi sorride per un istante prima di avvicinarsi all’ascensore e premere il pulsante per chiamarla.

 

 

Ventiquattro ore e una colazione portatami a letto in segno di scuse dopo, io, Ramona, Piero e Vic siamo al bar, con quattro foglietti sul tavolo.

“Dopotutto, il caos di venerdì e sabato si è scatenato perché Piero era triste per Nicol e perché Vic ha proposto questa scemenza a Lara, che ha bevuto per sfidarlo...”.

“... E perché tu sei scomparsa con uno, ma vabbé”.

“Piero, lasciami finire” esclama Ramona. “Quindi, chiudiamo il cerchio pescando uno di questi foglietti. Ognuno cercherà un amico da far uscire con la persona di cui legge il nome sul biglietto” sintetizza.

“Se trovi marito così, devi fare una statua a Vic” ironizzo, facendo ridere tutti.

Lei si volta e mi sorride invece di fare una delle sue solite facce annoiate.

“Forse avevi ragione, Lara. Non sono stata responsabie, ho pensato solo a me e... Cavoli, mi piace ballare nei locali, farmi ammirare, fare conquiste! Se poi troverò uno da amare, meglio ancora!” mormora, decisa.

“Viva l’onestà. E scusami per quello che ho detto su eventuali figli” aggiungo, dispiaciuta.

Lei mi abbraccia, poi guarda i bigliettini.

“Allora, è deciso, i ragazzi troveranno degli amici per le ragazze e viceversa!” esclama, così  prende dei foglietti gialli e li dà ai ragazzi e lancia un paio di verdi in nostra direzione.

“Ok”.

Il primo a pescare è Piero, poi pesco io, poi Vic, poi Ramona.

“Devo trovare una ragazza a Piero!” esclamo, felice, perché sarà più facile convincere qualcuno a uscire con un uomo come lui.

“Io a Ramona” dice lui, invece.

“Io a te” mi dice Vic.

“E io a te” esclama Ramona, rassegnata.

Sapendo che se è Vic a trovarmi qualcuno con cui uscire non sarà decisamente facile farne uscire qualcosa di buono, sospiro, per poi alzare il mio bicchiere con la Lemonsoda.

“E’ domenica. Entro mercoledì dobbiamo già sapere chi chiamare e usciremo tutti o venerdì o sabato” stabilisco.

Tutti annuiscono e brindiamo, curiosi di sapere cosa ne uscirà da questa sorta di gioco pazzo.

“Ai single!” brindiamo, per poi ridere e bere.

 

 

 

°*°*°*°*°*

Salve!

Ecco il secondo capitolo, in cui le cose iniziano a svilluparsi un po’.

I “fantastici quattro” hanno accettato di fare da accompagnatori alla gita a Madrid, Piero scopre che la ragazza che gli piace sta con un altro e così vanno al pub per farlo distrarre un po’.

Ovviamente non tutto va come previsto e tutto ciò porta all’idea che Ludovico ha preso da Friends.

Cosa ne pensate?

Come andranno le uscite?

Il tema del prossimo capitolo è “la vita è stronza” eheheh e conosceremo una persona molto cara a Lara.

Come sempre, ecco qualche anticipazione:

 

Bella foto, non mi avevi detto che saresti uscita con quel Piero! E’ davvero carino!




“Mi ha chiesto come ho fatto a non... Invitarti a uscire” aggiunge, sorprendendomi un bel po’.

Mi volto, distrendomi dall’analisi di alcune camicie di dubbio gusto.

“E che gli hai detto?”.

“Che ognuno ha i suoi gusti”.

Rido, sarcastica, come faccio ogni volta per non offendermi.



 

Grazie a chi ha letto, recensito e inserito la storia tra i preferiti/seguite/ricordate <3

 

Il prossimo capitolo verrà pubblicato martedì 29, venerdì prossimo è quello di Pasqua e mi rendo conto che a nessuno vada di leggerlo visti gli impegni delle vacanze :D

A presto!

Milly.

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