Storm attraction

di Kaimy_11
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tempesta ***
Capitolo 2: *** Lilly e il vagabondo ***
Capitolo 3: *** Patetica ***
Capitolo 4: *** Fulmine a ciel sereno ***
Capitolo 5: *** Deformazioni ***
Capitolo 6: *** Respirare ***



Capitolo 1
*** Tempesta ***


1. Tempesta

 

 

 

 

 

Il colpo che mi arriva, con tremenda precisione, dritto fra le costole, mi costringe a piegarmi su me stessa e ad indietreggiare.

-Sei patetica!- Mi aprostofa il mio avversario. -Questo avrebbe potuto pararlo anche un bambino!-

Gli riservo un’occhitaccia, mentre mi riprendo dal suo violento attacco. Mantengo i miei occhi incollati su di lui, proprio come mi ha insenganto a fare per non dare al nemico la possibilità di cogliermi di sorpresa.

Il suo volto affilato ed elegante gli conferisce un’ aura austera, anche inquietante nella maggior parte delle volte, soprattuto quando le sue labbra sottili, appena disegnate, si arricciano in un ghigno crudele.

-Vorrei tanto vedere se saresti ancora capace di farle lo stronzo, se usassi contro di te il mio potere...- Soffio fra i denti, indispettita.

Ma in risposta ottengo una sua sonora risata.

-Ed è proprio per questo che siamo qui, cuccioletta!- Mi risponde. -Per renderti in grado di difenderti anche senza il tuo particolare talento.-

-E pensi di insegnarmi a combattere massacrandomi?-

Esibisce un sorisetto arrogante e si passa una fra i capelli dorati, scompigliandoli ancora di più. -Se avessi voluto farti male sul serio, ti avrei lasciato affrontare Felix.-

-Sto iniziando a pensare che ti diverta infierire su di me.- Mi scosto e l’osservo. -Magari mi hai scambiata per  una delle tue prede, Demetri!-

Il suo sorriso si amplia fino a diventare famelico, mentre il rosso pericoloso dei suoi occhi scintilla. -Sai benissimo quanto mi diverta la caccia, e sai anche che saresti una preda molto allettante per me.-

Incrocio le braccia al petto e gli indirizzo un’occhiata di sfida. -Forse dovresti dedicarti a vittime più indifese, mgari qualcuna alla tua portata!-

Demetri ride ancora, e credo lo faccia nel tentavio di farmi perdere la calma. -Più indifesa di te che non sai neanche parare un mio pugno e che non riesci a starmi lontata nemmeno per un giorno?-

Assottiglio lo sguardo e indietreggio quando lui fa un passo verso di me.

-Perchè lo sai che è questa la verità,- Sibilla, avanzando lentamente. -Sai che, alla fine, sei sempre tu che vieni a cercarmi!-

-Allora mi terrò alla larga, così vediamo come stai senza di me!-

Ride ancora, sollevando un angolo delle sue labbra seducenti, mantre mi arriva tanto vicino da riuscire ad accarezzarmi una guancia.

-Oh mia adorta Lilly, lo sai quanto mi piaci quando cerchi di fare la dura?-

Faccio una  smorfia e spingo via la sua mano dal mio viso con un gesto deciso. -Non chiamarmi con il nome di un cane!-

Ma Demetri non gradisce il mio rifiuto, non accetta mai che io mi ribelli, di fatti affila lo sguardo e mi afferra il polso fra le sue dita inamovibili.

Il sorriso che fa sta volta è molto più cattivo dei precedenti. -Stai iniziando a stancarmi...-

I nostri visi sono ad un soffio di distanza, tanto che sento il suo alito gelido sulle labbra. I suoi sbalzi d’umore sono imprevedibili quanto temibili, è il classico vampiro che passa dall’esaltazione alla furia in un battito di ciglia.

Ma ci sono abituata.

-Allora perché non mi lasci in pace e sparisci dalla mia vista!-

Dal modo in cui le sue labbra si tendono, come una ferita che gli squarcia il viso, capisco subito che la sua pazienza si è del tutto esaurita e che si sta già pregustando il momento della mia sconfitta.

Per quanto io sia pronta e determinata, non riesco a liberare il braccio dalla sua salda presa quando dicede di costringerlo in una piega innaturale dieto la mia schiena, strappandomi un lamento. Mentre mi tiene immobilizzata, con l’altra mano tenta di colpirmi allo stomaco ma riesco a spostarmi, pentendomene l’attimo dopo quando mi rendo conto di aver fatto leva sul braccio che mi tiene ancora improggionato.

Il suo secondo attacco parte velocissimo e mi colpisce al viso, togliendomi il tempo di reagire quando mi afferra con forza la gola.

-Saresti già morta!- mi fa notare con una certa soddisfazione, avvertendo lo scricchiolio del mio collo quando lo stritola.

Serro le palpebre per il dolore e tossicchio, ma finalmente mi lascia andare, forse per pietà. Vedo la smorfia di disgusto con cui mi osserva, prima di prendermi a tradimento dai fianchi per sollevarmi da terra e scaraventarmi contro la parete poco lontana.

-Fai parte del primo ordine della Guardia, hai il diritto di indossare una tunica quasi nera, e questo lo sai che significa?- Mi inveisce contro, pur mantenendo il suo solito autocontrollo.

Provo a risollevarmi ma rimango seduta con la schiena contro il muro, massaggiandomi il collo dolorante. -Che sono ritenuta una dei Volturi più potente, e che quindi non ho bisogno di questo stupido allenamento?-

-Vuol dire che dovresti essere all’altezza dei Volturi. Sei perfino la guardia personale di Marcus, dannazzione!- Sentenzia. -E non sai neanche sostenere uno scontro fisico senza affidarti al tuo potere?-

-Anche Jane ed Alec hanno dei poteri, e se sono imbattibili è solo grazie a quelli!- Strillo, arrabbiata. -Ma non mi pare che loro debano sostenere degli scontri per fortificarsi!-

-Certo, peccato che i loro poteri non abbiano dei limiti!- Mi ricorda, con un ghigno crudele. -Conosci benissimo il tuo problema, sai che il tuo potere potrebbe lasciarti in pericolo!-

Scuoto la testa e mi rifiuto di guardarlo. -Smettila, Demetri!-

-Di fare cosa?- Ringhia. -Di ricordarti la verità?-

-Posso essere più forte di te!-

-Non in una stanza al chiuso!-

Stringo i pugni, sta cercando di ferirmi, ma non posso dargliela vinta.

-Sei debole!-

-Basta!- Grido.

Si immobilizza e la sua espressione mi mette improvvisamente i brividi. -I Volturi sono venuti a cercarti e ti hanno reclutata perché pensavano che ne valesse la pena, ed invece non sei niente!-

-Ho detto basta!-

Quando un’ esplosione di vento si abbatte su Demetri e lo scaglia via, mandandolo al tappeto, avverto un attimo di sollievo che si tramuta in spavento. Non dovevo usare i miei poteri e non volevo farlo, ma ha voluto lui portarmi al limite.

-Ma brava!- Si lamenta, rialzandosi. -Giocare con l’aria è tutto quello che sai fare?-

Respiro, intensifico lo sguardo e mi concentro per spedire nuovamente a terra Demetri, ma riesce a sostenere la spinta dall’aria contro il suo petto e rimane in piedi.

-Tu controlli uno degli elementi, Lilly, l’aria. Ed è sorprendente quello che riesci a fare, ma non se sei all’interno!-

Chiudo gli occhi, protendo al massimo il mio sesto senso e provo a concentrare tutta l’aria che c’è in questa palestra sotterranea per tenerlo fermo dove si trova. Ma purtroppo ha raggione, il mio elemento qui dentro scarseggia, e la pressione che riesco ad esercitare contro di lui non è abbastanza da impedirgli di avanzare. Passo dopo passo, attraversa il muro atmosferico che dovrebbe bloccarlo.

-Se pensi davvero che basti il tuo potere a farti vincere un incontro, allora dimostramelo!-

Un brivido freddo mi attraversa, ho ancora gli occhi serrati ma percepisco il suo spostamento e so che mi sta raggiungendo, lotta contro l’aria con cui cerco di fermarlo, ma sta avendo la meglio.

Con uno scatto di rabbia e forza, spinge contro la mia barriera invisibile e la distrugge, balzando proprio davanti a me. Spalanco gli occhi e mi ritrovo il suo viso quasi attaccato al mio, tanto che trattengo il respiro.

Il suo pugno parte a velocità strabiliante e si pianta nella parete a pochi centimetri dal mio orecchio, creando un foro. Rimango paralizzata a ricambiare il suo sguardo, so bene che se avesse colpito me mi avrebbe fatto un enorme danno.

-Come vedi, non puoi paragonarti ai gemelli.- Mi sussurra. -Loro non si sarebbero fatti battere!-

Si raddrizza, si passa ancora una volta la mano fra i capelli, e sospira.

Io sono rimasta seduta sul pavimento, dentro di me sono assalita da un fastidioso senso di oppressione che mi sconvolge. Non voglio neppure sollevare lo sguardo.

-Ma non temere, continuerò ad allenarti!-

Con eleganza, mi tende la mano e vuole che accetti il suo invito ad alzarmi, ma io preferisco starmene dove sono.

-Stai facendo la difficile, Lilly?- Indaga, ad un passo dall’infuriarsi ancora.

Lo percepisco dalla sua voce.

Osservo la sua mano pallida, i muscoli tesi del suo braccio fino a raggiungere con lo sguardo il suo volto perfetto, algido e falsamente pacifico.

È esattamente così che tutto è iniziato, quasi cinquant’anni fa, quando ci siamo visti per la prima volta e sono ufficialmente entrata a far parte della famiglia dei Volturi.

-Perché mi chiami con il nome di un cane?- Chiedo, sta volta tranquilla.

Demetri mi concede un sorriso soddisfatto. -Perchè mi hai sempre detto che il tuo nome ti sembrava troppo cattivo!-

I miei occhi si perdono nei suoi, e qualcosa si riaccende in me.

Quando i Volturi mi hanno trovata, rintracciandomi grazie allo scompiglio che avevo creato, non sapevo assolutamente nulla di me. Non conoscevo il mio creatore, né sapevo come fossi diventata una vampira e non avevo nessuna memoria del mio passato. Persino il mio nome mi era sconosciuto.

I miei ricordi sono iniziati una mattina assolata, in una piccola radura nelle periferie della Toscana. Il bagliore accecante della pelle della mia mano accarezzata da un raggio di sole mi aveva terrorizzata, ma mai quanto la potente sete che mi animava e che ha guidato i miei canini dentro la giugulare di un innocente essere umano.

Il più innocente di tutti. Una bambina che si era spinta a giocare tra gli alberi, troppo lontana da casa.

Mi passo le mani sulla fronte e respiro profondamente e, quando mi riaffiora alla mente il ricordo del fiocchetto rosso intrappolato tra i riccioli biondi di quella creaturina che ho ucciso, un insopportabile senso di nausa mi svuota.

Leggende e storie dell’orrore mi avevano anticipato l’esistenza di mostri notturni bevitori di sangue e, anche se non so spiegarmi come, sapevo per certo cosa ero diventata.

Da sola e senza passato, ho trascorso sei anni a scovare tutte le creature simili a me che si nutrivano di umani, ponendo fine alle loro nere esistenze grazie al mio formidabile controllo sull’aria.

Ma mi trovavo all’interno del territorio italiano, a Firenze per la precisione, e i Volturi mi hanno trovata facilmente. Giravano voci su di una vampira spietata che uccideva quelli della sua stessa specie senza apparente motivo.

Inevitabilmente è giunto il giorno in cui i Volturi si sono presentati alla mia porta. A dire il vero, mi hanno scovata e raggiunta dentro alla casetta abbandonata fra le campagne che avevo scelto come mio rifuggio personale.

Nelle loro eleganti vesti nere e nei loro occhi scarlatti erano racchiusi tutti i motivi per attaccarli, e ci ho anche provato, ma una nebbia oscura mi aveva avvolta rendomi improvvisamente ceca, sorda e immune ad ogni sensazione.

Ricordo di aver tentato di difendermi, crendo una bufera, ma improvvisi attacchi di dolore mentale avevano avuto la meglio su di me, mischiati a quella nebbia accecante.

Soltanto adesso, dopo tanti anni, so che Marcus aveva scelto di farsi scortare proprio da Jane ed Alec perchè sapeva che sarebbero stati gli unici capaci di fronteggiarmi.

Ritornata in possesso dei miei sensi, un ragazzo affascinante e tenebroso mi aveva teso la mano, offrendomi il suo aiuto per rimettermi in piedi.

-Ci era giunta voce della tua esistenza, così ci siamo premurati di cercarti.-

A parlare era stato un uomo adulto con lunghi capelli castani ed un aspetto immensamente fragile, dato l’estremo candore della sua pelle. Rammento ancora il suo sguardo stanco ma intenso, i suoi abiti erano i più aristocratici che avessi mai visto, nascosti sotto una preziosa mantella nera.

-Grazie all’aiuto di Demetri,- Mi disse, indicando con il mento il ragazzo davanti a me che ancora mi tendeva la mano. -Siamo, con mia somma gioia, arrivati a te!-

Mi sembra di essere tornata di nuovo a quel momento, confusa e goffamente seduta a terra, mentre il perfetto Demetri se ne stava immobile davanti a me in tutta la sua magnificenza.

-Il mio nome è Marcus e desidero invitarti al nostro Castello.- Aveva proseguito l’uomo dalla pelle di perla. -Vorrei invitarti ad unirti alla nostra famiglia.-

Non guardare Marcus era impossibile, ma io tenevo d’occhio anche Demetri e i due ragazzini dai volti angelici.

-Qual è il tuo nome?-

Alla domanda di Marcus, avevo abbassato la testa.

-Il mio signore ti ha fatto una domanda!-

La minaccia di quel Demetri mi era arrivata forte e chiara, ma non avevo potuto fare altro che guardarlo di traverso.

-Non lo so!- Erano state le mie prime parole.

Mentre Demetri e Jane avevano fatto una smorfia di rabbia, pronti a farmela pagare per l’insolenza dimostrata, Marcus si era preso del tempo per riflettere.

-Se non lo rammenti, dovremmo trovarne uno noi.- Aveva esclamato, sognante. -Che ne dici di Lilith?-

Ero rimasta in silenzio.

-Secondo le leggende mesopotamiche, era la divinità della tempesta, spesso associata a disgrazie e catastorfi.-

La spiegazione di Marcus aveva fatto fare a Demetri un sorrisino malvaggio. -Nome adatto, allora, mio signore!-

Non avevo affatto gradito l’intervento di quel ragazzo, ma la mia attenzione era stata richiamata dal sospiro di Marcus.

-Per di più, in un’antica lingua dimenticata da tutti, Lilith significa signora dell’aria!- I suoi profondi occhi  vermigli mi erano piombati addosso. -Ti aggrada?-

Inutile dire che trovassi perfetto quel nome, per quanta importanza potesse avere per me in quel periodo.

Quello che non potevo immaginare era che, con il mio sì, avessi accettato molto più che un nome.

Avevo acconsentito ad entrare a far parte dei Volturi,  la più potente e antica famiglia di Vampiri al mondo.

-Ti sei addormentata?-

Strizzo le palpebre e sollevo lo sguardo su Demetri, sempre davanti a me. Sono mentalmente tornata nella palestra creata a posta per l’addestramento delle guardie.

-Stavo pensando al mio nome.- Sospiro. -Pensi ancora che mi si addica perché indica catastrofi?-

Ride. -Una sterminatrice di vampiri non è certo un angioletto!-

-A me Lilith piaceva perché ha a che fare con il mio potere!-

Lui si stringe nelle spalle. -Preferisco Lilly!-

-Piantala!- Dico, spingendogli contro una leggera folata di vento.

Ripreso l’equilibrio come se nulla fosse accaduto, Demetri mi osserva attentamente. -Domani riproviamo con l’allenamento, e farò sul serio!-

Non rispondo.

-Mi aspetto che tu ci metta un po’ d’impegno!-

-Ed io mi aspetterei che la smettessi con questa storia!-

Contorce la bocca in una smorfia particolarmente disgustata, come se avesse assaggiato un frutto aspro. -Se non vuoi migliorare nel corpo a copro, potresti sempre dare più forza al tuo potere...-

Capisco bene il messaggio nascosto nelle sue parole e subito mi ritorna in mente il fiocco rosso fra i capelli della prima bambina che ho uscciso, con una morsa che mi stringe il petto. Appoggio la fronte sulla mano e mi mordo il labbro.

-Adesso non cominciare con la solita storia!-

-A no?- Esclama, furente. -Non vuoi cibarti di umani, come è naturale che sia, e questo ti indebolisce notevolmente! E dovrei fare finta di niente?-

Odio l’espressione schifata con cui mi sta fissando in questo momento, e di certo nascondermi il viso dietro le mani non basterà a celarmi dal suo risentimento verso di me.

-Per di più il tuo assurdo vegetarianismo fa andare su tutte le furie Aro e Caius, e lo sai benissimo!- Continua. -E hai anche il coraggio di lamentarti se voglio allenarti?-

-Perchè non lo capisci?- Provo, inutilmente.

-Capire cosa? Che ti rifiuti di bere sangue umano per la tua assurda moralità?-

Rimaniamo a guardarci negli occhi per interminabili istanti, fino a quando Demetri scuote la testa e trattiene un ringhio.

-Sai cosa c’è? Fai come diavolo ti pare!-

Si volta e attraversa, rigido e composto, l’ampia sala di marmo circolare. Prima di raggiungere l’alto portone finemente lavorato, si ferma e si volta per metà verso di me.

-Sai anche un’altra cosa?- Chiede, tagliente. -Stare con te sta davvero inziando a stancarmi.-

Incasso il colpo raccogliendo le ginocchia al petto e le avvolgo con le braccia. Demetri non ha soltanto la straordinaria capacità di rintracciare chiunque ovunque, sa anche trovare l’esatto modo per farmi del male.

Sempre.

-Heidi starà tornando con la cena. Sei sicura di non voler venire con me?-

Fatico a trattenere la mia rabbia, ma lo guardo dritto in faccia. -Sei sicuro di riuscire a non cadere nel letto di Heidi anche sta volta?-

Demetri si volta del tutto, tuffa le mani nelle tasche dei pantaloni e solleva il mento, spavaldo. -Sei gelosa?-

Respiro profondamente, gli occhi intrappolati dai suoi. -Nemmeno per sogno!-

Il rosso delle sue iridi vibbra e il suo sogghigno famelico gli mette in mostra i canini affilati, quando si ci passa sopra la lingua.

Sostengo il suo sguardo fino a quando mi da le spalle e abbandona finalmente la palestra. L’eco dei suoi passi mi rimbomba nelle orecchie, ricordandomi il battito del mio cuore perso per sempre.

Raccolgo i miei lunghi e lisci capelli castani per portarmeli su una spalla, mi faccio coraggio e mi rialzo.

A volte vorrei essere una normalissima persona, ed invece sono uno dei membri più importanti dei Volturi grazie alla mia capacità di dominare il vento. Sono senza passato ma mi ostino a cibarmi unicamente di animali e, per quanto mi scocci ammetterlo, Demetri ha raggione su due cose.

La prima è che il mio potere ha dei limiti, la seconda è che il colore ambrato dei miei occhi fa storgere il naso ad Aro e Caius.

Forse un giorno gli darò maggiormente ascolto, e coglierò il suo avvertimento, per ora mi limito ad affrontare la tempesta di ogni mio singolo giorno.

Non avrò mai un’esistenza semplice, d’altro canto, faccio parte dell’antica e potente famiglia dei Volturi.

E ormai, nel bene e nel male, non ho più scampo.

 

 

 

Continua...

 

 

Buon pomeriggio a tutti, grazie per aver letto e spero che la mia idea vi piaccia.

Volevo creare una storia che svela i retroscena della famiglia dei Volturi, con tutti i lati positivi e negati che fare parte della Guardia può avere.

Attraverso una storia d’amore un po’ particolare e complicata, racconterò di semplici attimi di vita quotidiana ma anche di scelte difficili e momenti di sofferenza.

Ci saranno tutti i personaggi noti e cercherò di seguire la trama originale.

 

Mi farebbe enormemente piacere avere qualche vostro commento, ovviamente potete pormi domande o dirmi cosa non vi è piaciuto. Acetto consigli e sarò felice di rispndervi!!

 

Grazie, un bacio e a presto!

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Capitolo 2
*** Lilly e il vagabondo ***


2. Lilly e il vagabondo

 

 

                                                                                                                               

 

 

Mi fermo, attenta a studiare il complicato intreccio di rose intagliate nella porta d’ebano. A volte, tutto in questo castello sembra semplicemente troppo grande, o eterno.

Dati i sensi sovrasviluppati dei vampiri, non avrei neppure bisogno di bussare per annunciare la mia presenza, ma faccio parte di una particolare famiglia per cui forma, regole e abitudini sono di vitale importanza.

Quando picchietto delicatamente con le nocche sulla superficie di legno, la persona dall’altra parte si prende il suo tempo.

-Avanti!- sussurra in fine.

Apro e avanzo a testa bassa. -Mi avete fatto chiamare, signore?- Esordisco, richiudendomi la porta alle spalle.

Ammirato dal paesaggio fuori, Marcus è immobile davanti alla finestra. L’anziano ha scelto una delle poche camere in superficie da adibire a suo rifugio personale, tramutando un semplice studio in un covo di ricordi. Due delle pareti sono adibite a libreria e, il raffinato pianoforte a coda al centro della stanza, rappresenta in un unico elemento tutto l’amore di Marcus per l’arte. I quadri appesi, a differenza di quelli sparsi per il resto della residenza, vantano colori vivaci e paesaggi romantici.

A divederci, sistemata tra la porta e la finestra, c’è un’ampia scrivania ottocentesca in mogano. Sopra si trova una lampada con un paralume di merletti che avrà sicuramente più anni di me, penne di piuma con calamai elaborati e due cornici di foto.

Respiro profondamente e cerco di non fare rumore mentre attendo ma, quando Marcus rimane fermo a guardare oltre i vetri del palazzo di Volterra, sembra quasi pietrificato.

-Lilith,- Soffia, voltandosi con molta lentezza verso di me. -Volevo passarti alcune direttive.-

La sua voce è sempre un alito di vento, carezzevole e quasi inudibile. Tuttavia, il vigore del suo tono sa rimettere sugli attenti schiere di soldati.

Faccio un cenno e nascondo le mani dietro la schiena, tuttavia Marcus sembra perplesso, quasi in lotta con stesso.

-Siediti, parleremo meglio.- Mi invita con un gesto della mano rivolto alle due sedie imbottite oltre la scrivania.

Non è certo la prima volta che entro nel suo studio e mi siedo a discutere con lui ma, mentre scosto la sedia e mi accomodo, dentro di me so già che ciò di cui vuole parlarmi è qualcosa di serio. Altrimenti mi avrebbe lasciato in piedi e liquidata dopo poche informazioni.

Marcus scivola sulla sua poltrona e intreccia le mani sulla superfice della scrivania. -Ti ho fatto venire qui perché…-

Ma la sua frase si interrompe, proprio nel momento in cui le mie orecchie percepiscono il suono di passi e il fruscio di uno spostamento. Sollevo lo sguardo su Marcus e lui tende le labbra, sereno.

Bussano alla porta e al cenno dell’anziano questa si apre, lasciando entrare un giovane avvolto da una tunica grigia, che si piazza al fianco della scrivania per mostrare dei documenti al nostro sovrano.

Distolgo l’attenzione e, mentre Marcus prende visione dei messaggi che gli sono stati recapitati, volto le testa per studiare la maestosa cornice che racchiude il ritratto quasi a grandezza naturale di una donna.

Conosco a memoria questa raffigurazione della defunta moglie di Marcus, ogni volta che entro qui non posso fare a meno di rimanerne estasiata. Le pieghe dell’abito che indossa sono dipinte con tanta maestria da sembrare realmente morbide, così come il medaglione al suo collo pare dotato di luce propria. Ma, il vero dettaglio che mi rende incapace di distogliere lo sguardo è il viso di quella che doveva chiamarsi Didyme, bello e armonico come quello di una bambola di porcellana.

C’è qualcosa nel suo sguardo e nel sorriso semplice che mi ricorda qualcuno, ma non riesco mai a capire chi. Non ho mai osato chiedere come fosse morta, dato che se si trattava di una vampira, l’unico modo in cui può essersene andata è per mano di qualcun altro.

-Ci sarebbe anche quel problema urgente, signore...-

Colgo il timore insinuato nella voce dell’assistente, ma non spetta a me preoccuparmene, perciò ricambio lo sguardo della me stessa riflessa sulla superfice di vetro che protegge il dipinto.

Piego un po’ la testa di lato e lascio scivolare sulla spalla i miei lunghi capelli castani, lisci e fluenti, che incorniciano un viso ovale ma dagli zigomi ben delineati e guance piene che creano un’elegante dolcezza. I miei occhi vantano un taglio affilato ma sono anche piacevolmente ampi per non risultare aggressivi, il naso è dritto ma con la punta arrotondata che lo ammorbidisce. La linea della bocca, accompagnata da soffici labbra carnose, non è né troppo larga né stretta, esattamente bilanciata al centro del mio viso.

Ogni lineamento è regolare e in magnifico equilibrio, come se volesse rispettare con assoluta precisione gli standard dei canoni di bellezza. Una perfezione assoluta data dall’immortalità, che mi rende sì indiscutibilmente bellissima, ma anonima.

L’unica cosa che mi caratterizza è l’ambrato brillante delle mie iridi. Se mi chiudessero in una stanza con Heidi e Jane, la prima dotata di una bellezza mozzafiato e l’altra di lineamenti angelici, passerei totalmente inosservata.

Sempre se riuscissi a trattenere l’impulso di uccidere entrambe le mie compagne.

-Abbiamo mandato una squadra d’attacco al completo per fermare quel nostro vecchio amico a cui piace ignorare le nostre leggi.- sospira Marcus. -Qual è il resoconto?-

-Nessun sopravvissuto, signore.-

Istintivamente mi volto verso Marcus, che non tradisce alcuna emozione.

Io invece mi trovo a corrugare la fronte, colpita dall’informazione. È piuttosto singolare che un gruppo di soldati dei Volturi, se pur senza poteri e di secondo ordine, si sia fatto sterminare.

Penso che il messaggero dalla tunica grigio chiaro la pensi come me, data la sua espressione preoccupata, ma Marcus non batte ciglio.

-Puoi andare.- Dichiara con indifferenza, affidando alcune carte al ragazzo, che fa un breve inchino e lascia la stanza.

Sono ancora dubbiosa, e temo che Marcus lo abbia capito, ma si limita a scuotere piano il capo.

-Niente di cui tu debba preoccuparti, ma ritengo preventivo informarti al riguardo.- Afferma. -Anche se, forse, ti è già giunta all’orecchio qualche voce.-

Tutto quello che so, è che Demetri è stato più volte convocato per rintracciare pericolosi trasgressori da eliminare, sparendo all’improvviso.

-No, signore.-

-Che strano,- Sospira, quasi cantilenante. -Pensavo che te ne avesse parlato...-

Devio lo sguardo, non ho bisogno di chiarimenti, si riferisce esattamente a Demetri.

So che mentire proprio a Marcus, capace di vedere i legami fra le persone, sarebbe come prendere in giro me stessa, ma tra me e quell’arrogante segugio non c’è nulla di tanto stabile da farci scambiare confessioni. Non ci teniamo aggiornati di tutti i nostri affari, ci limitiamo a provocarci a vicenda quando ci scontriamo per i corridoi.

O a passare intere ore insieme se abbiamo la giornata giusta.

Come se avesse letto i miei pensieri e fosse in disaccordo, Marcus scuote la testa e mi osserva.

-Si tratta solo di un trasgressore particolarmente ostinato a non farsi catturare, ce ne preoccuperemo quando sarà il momento consono.- Fa una pausa. -Sei qui perché desideravo parlare di Caius.-

Mi irrigidisco, anche se provo a far finta di niente. Non sono a mio agio con queste confidenze rischiose, ma sono certa di potermi fidare ciecamente del mio signore.

-Comprendo che ultimamente ti causi qualche cruccio, ma non dare troppo peso alla sua insistenza.-

Fra le noti altisonanti del suo linguaggio, Marcus nasconde la gravità degli ultimi avvenimenti tra me e uno dei suoi fratelli.

-È soltanto contrariato dalla tua ostinazione nel nutrirti unicamente di animali, e vuole metterti in difficoltà.- Spiega, intento a fissarmi con uno sguardo potente. -Senza contare la sua sfiancante invidia.-

Strabuzzo gli occhi, sorpresa, ma non oso fiatare.

-Jane segue ciecamente Aro ed io ho la tua assoluta fiducia.- Il suo viso è talmente pacifico che potrebbe rasserenare chiunque. -Caius ha Alec, ma con lui non si è ancora creata la devozione che agogna.-

A conti fatti, non c’è nulla di nuovo in quello che sento, ma averne la conferma rimane un duro colpo.

-Ora vai, mia cara.- Esala, pacato.

Faccio un cenno, mi alzo compostamente e scivolo verso la porta. -Buona giornata, signore.-

Prende un profondo respiro e accenna un tenue sorriso. -Me lo auguro.-

 

La brezza autunnale solletica le punte d’erba fresca, inumidita dalla brina serale. Il cielo, di un blu avvolgente, è sgombro dalle nuvole e arricchito di stelle. Protetta nell’alto del borgo medievale che avvolge il castello di Volterra, posso ammirare il paesaggio indisturbatamente.

Sono seduta con la schiena contro la parete in pietra a vista della facciata della torre ovest, sul corridoio di terreno erboso prima del breve precipizio che scivola verso l’avvallamento del giardino alberato che circonda la residenza.

Guardo la linea dell’orizzonte, dove i tetti delle casette caratteristiche della citta disegnano un cuore protetto dalle montagne verdi. Apro il palmo della mia mano e muovo le dita, creando un mulinello di vento e foglie che aumenta di velocità e secondo del mio volere. Si comprime quando chiudo il pugno e una sfera vorticante rimane sospesa davanti a me, fino a quando decido di scagliarla contro un sasso vicino ai miei piedi che viene polverizzato dalla velocità estrema delle raffiche di vento concentrate.

Respiro profondamente, lasciandomi distrarre dalla folata che agita le fronde degli alberi per non pensare alla presenza che percepisco. Sento il suo copro fendere l’aria e il suo profumo giungermi alle narici.

-Sei proprio adorabile!- Esordisce con la sua risata leggera.

Serro gli occhi e provo a svuotare la mente. Magari, se lo ignoro, se ne andrà.

-Sai quanto amo giocare a nascondino,- Continua, malizioso. -E hai pensato di nasconderti per farti trovare da me!-

Sospiro, apro gli occhi e li faccio roteare, prima di voltarmi verso il fianco del bastione. Da dietro l’angolo, fa capolino Demetri, in tutta la sua fierezza. Indossa eleganti pantaloni neri e un maglione bianco che gli avvolge con maestria le fasce muscolari del suo fisico asciutto. Il colletto candido della camicia che sbuca dallo scollo a v fa risaltare il pallore del suo collo perfettamente dritto, di cui posso sentirne l’odore dolce e intrigante anche da distante.

Avvampo dall’interno al pensiero della pelle alabastrina dei suoi addominali e devio lo sguardo.

-Certo, c’è da dire che il tuo era un gioco già perso in partenza.- Spiega, più che altro a sé stesso, mentre avanza. -Perché lo sai che ti ritroverei ovunque. Vero, Lilly?-

Il suo sguardo si solleva, rilevandomi due occhi scarlatti puntati dritti nei miei con disarmante precisione. In realtà, ogni dettaglio della sua espressione perversa è capace di farmi vacillare.

Scuoto la testa e sorrido. -Apprezzo che ti sia preso il disturbo di cercarmi anche se, come dici tu, non ti è stato molto difficile trovarmi. Ma, per quando mi dispiaccia deluderti, non mi stavo nascondendo!-

Spinge in fuori le labbra e si appoggia indolentemente con spalla alla parete di pietre. -Quindi non sei arrabbiata con me?-

L’osservo con indifferenza, è sempre più vicino a me. -Per esserlo, dovrebbe importarmene qualcosa di te!-

-E non te ne sei nemmeno andata a caccia per conto tuo per allontanarti dal castello ed evitare di sentire urla e odore di sangue umano fresco, giusto?-

Lo fulmino con un’occhiataccia che, ovviamente, non lo scalfisce neanche.

-A proposito, com’erano i tuoi coniglietti?- Chiede, falsamente interessato.

Sollevo il mento. -E le tue prede? Scommetto che hai scelto solo quelle femminili, giovani magari.-

Si stringe nelle spalle esibendo un sorrisino sornione. -Oh sì! Heidi conosce i miei gusti e mi ha trovato due fanciulle molto dolci.-

La furia che mi nasce dal petto si mischia con un flusso di gelosia che mi colpisce più di quanto vorrei.

-E non parlo del loro carattere.- Esplicita, a trentadue denti.

La smorfia che mi deforma i lineamenti non basta ed esprimere tutto il mio disgusto. -Sparisci!-

Demetri assottiglia lo sguardo e scuote la testa, contraendo la mascella scolpita. -Avremo potuto bere insieme dalle loro vene…-

Dal modo in cui le sue labbra vibrano sull’ultima parola, e per come si anneriscono i suoi occhi, posso quasi ottenere un contatto diretto con il suo desiderio più profondo.

Immagino di trovarmi davanti al collo di una preda umana ancora viva. Posso quasi percepire la giugulare pulsare e mandarmi dritto in gola il profumo di sangue caldo, e i miei denti che affondano nella carne tenera mentre, tanto vicino da poterne sentirne il fiato sulla pelle, Demetri morde l’altro lato del collo. Attraverso lo stesso sangue che ci nutre, è come se i nostri sensi si fondessero, sfociando in un assoluto senso di piacere ed eccitazione estrema. So già che dopo, saturi d’euforia, finiremo per passare le successive ore avvinghiati l’uno all’altra in uno scambio di emozioni animalesche e follia.

Deglutisco sonoramente e spingo la nuca contro le pietre fredde, sperando che basti a sedare il fuoco che mi si è svegliato in profondità, mentre un tremore improvviso mi costringe a serrare i pugni. Basta il solo pensiero di quello che Demetri aveva in mente di fare per scatenare tutte le mie pulsioni.

Purtroppo, non sono totalmente estranea e tale esperienza, anche se non vorrei ammetterlo.

Rimango con lo sguardo fisso davanti a me, certa che i miei occhi si siano anneriti e sicura di non volerli mostrare a Demetri per dargli la soddisfazione di aver scatenato la mia sete, rimasta insoddisfatta dopo la caccia di piccoli roditori.  

-Scommetto che Heidi è stata felice di prendere il mio posto e farti compagnia. Magari dopo avete anche scopato, per festeggiare.- Sbotto con rabbia.

Demetri si limita ad abbassare lo sguardo e ad accarezzarsi distrattamente il petto. -Avresti potuto esserci tu a farlo con me…-

È talmente calmo, e quasi annoiato, che stava per riuscire a ingannarmi. Ma, quando mi piomba addosso la verità nelle sue parole, la solita e familiare furia di gelosia mi acceca. Contraggo tutti i muscoli e faccio stridere i denti, batto un pugno contro il suolo su cui siedo e mi volto di scatto verso Demetri, intanto che una raffica di vento gli si abbatte contro.

-Mi stai dicendo che sei venuto qui per sbandierarmi in faccia che hai appena finito di scopare con Heidi?- Ringhio.

Per l’ennesima volta non si lascia intaccare, limitandosi a recuperare all’istante l’equilibrio, come se l’aria l’avesse semplicemente accarezzato invece che spinto via con cattiveria.

L’odio si annida direttamente sotto i miei tessuti, ma viene anestetizzato da un dispiacere debilitante. So che Demetri non mi appartiene del tutto, che la sua indole selvaggia e libertina lo porta spesso a cercare calore in diversi corpi femminili, ma almeno ha sempre avuto la decenza di tenere la bocca chiusa.

La regola numero uno non scritta diceva che, se devo fare finta di niente, lui ha l’obbligo di mantenere per sé le sue avventure.

Passo uno sguardo lungo il suo corpo, schifata e ferita dall’odore emanato dai suoi vestiti. C’è una fragranza floreale che non fa parte del suo solito odore, ma che deriva sicuramente dal contatto con qualcun altro e, data la dolcezza dell’aroma, può trattarsi solo di una donna.

Ma Demetri avanza di un passo e i suoi occhi pretendono i miei, senza che io possa sottrarmi al loro richiamo.

-Non oggi!- Scandisce attentamente. -Ma avrei potuto, dato che tu non mi accontenti mai.-

Per un solo attimo mi sento svuotare e piacevolmente solleticata da qualcosa di simile al sollievo, ma non devo lasciarmi ammaliare per così poco. Non quando ormai non posso più fare a meno di riflettere.

-E oggi di chi era il turno? Di Aghata o di qualcun'altra?- Straripo l’erba stringendola fra le dita, ho la voce rauca per la rabbia e smetto di guardarlo. -Lasciami in pace, ti prego!-

Detesto la cadenza triste della mia voce, soprattutto quando penso a tutte le altre vampire facente parte dei Volturi che pagherebbero per avere l’onore di essere scelte da Demetri, anche se solo per una notte.

Sospiro pesantemente, con una sferzata d’aria fredda che parte direttamente da me e si abbatte sugli alberi circostanti.

In un balzo rapido, Demetri ha annullato la distanza restante fra noi e si è appollaiato proprio al mio fianco. Il suo volto è vicinissimo al mio, così come il suo petto.

-Vattene…- Mormoro, a testa bassa.

Ma lui si avvicina ancora di più, troppo, mi prende il viso fra le sue mani e poggia la fronte sulla mia.

-Perché non mi dai un bacio e facciamo pace?- Sussurra, suadente.

Spalanco le palpebre, ritrovandomi contro due perle infiammate di rosso. È troppo vicino, ma provo comunque a seguire i contorni del suo nobile viso. È scolpito perfettamente, come il suo naso dritto e il mento affilato. Gli occhi allungati sono sostenuti dagli zigomi piacevolmente alti e la fronte è ampia, sotto uno strato di folti e perennemente scompigliati capelli biondo scuro. Ma, il dettaglio che apprezzo sempre di più, è la sua bocca appena disegnata, con il labbro inferiore leggermente più abbondante di quello superiore. Quando lo arriccia con arroganza, scoprendo i denti bianchi, è talmente tanto sensuale che potrebbe convincermi a fare qualsiasi cosa.

In questo preciso istante so già di non potermi sottrarre, è semplicemente troppo invitante per me, penso già alla sua pelle e ai suoi baci, ma c’è qualcosa che non torna. Mi sento troppo attratta, troppo coinvolta e il suo profumo è più che attraente.

È squisito, è buono.

Faccio scivolare lo sguardo sul suo collo forte e trovo una macchiolina di sangue che scivola lungo la sua trachea. Ovviamente non è suo, ma il residuo del suo ultimo pasto.

Lo spingo subito via scuotendo la testa per togliermi di dosso la sete che quella chiazza rossa ha scatenato, ma è troppo tardi. Demetri ha colto il mio problema e vuole usarlo a suo favore.

Le sue mani mi lasciano il viso e afferrano i miei polsi, imprigionandoli sopra la testa e contro il muro di mattoni.

-Leccalo!- Mi ordina, esponendo il collo insanguinato davanti alla mia bocca.

Vorrei oppormi ma, per quanto piccola, quella traccia di sangue è così invitante che non desidero altro. -No…- Gemo.

-Fa come ti dico, per una fottuta volta!-

Il suo ringhio mi fa sussultare, serro i denti e trattengo il respiro. Non c’è ragione di opporsi, quando entrambi vogliamo la stessa cosa, ma posso ancora fargliela pagare. Spingo il viso contro la sua gola e gli poso un delicato bacio sul pomo d’Adamo, facendo poi scivolare la punta della mia lingua lungo la sua pelle sensibile fino a raggiungere la goccia di sangue, che ripulisco. Risalgo fino al lobo del suo orecchio e lo catturo fra le labbra, tirando leggermente.

Naturalmente il sapore del sangue mi ha attraversata come una scarica elettrica e, adesso che l’ho riportato alla mente, sarà estremamente difficile tenersene alla larga. E Demetri lo sa benissimo, e farà di tutto per tentarmi.

Quando mi libera i polsi, lo sento ridere, ma dura solo un secondo. Mi riafferra il viso e mi obbliga a un appassionato bacio che mi costringe ad accettare la sua lingua all’interno della mia bocca, mentre la passione mi spinge contro il suo petto e gli avvolgo le braccia attorno al collo. Lui mi abbraccia lambendomi la schiena con audaci carezze, mi mordicchia le labbra senza affondare i denti e mi impedisce di scappare.

All’inizio penso che non smetterò di ricambiare il suo bacio, voglio ancora le sue labbra sulle mie ma, assopitasi l’urgenza del momento, percepisco il gusto residuo sulla sua lingua e mi scosto immediatamente.

Lo spingo via, sperando di fargli male e lo guardo di traverso. -Mi hai baciato solo per farmi sentire il sapore del sangue che hai ancora in bocca?-

Lui ridacchia e scuote la testa, flette le ginocchia su cui era piegato e scivola al mio fianco. Si siede sull’erba umida e, senza aspettare il mio consenso, mi fa passare un braccio dietro le spalle e mi stringe a sé.

-L’ho fatto perché mi hai provocato.- Spiega, appoggiando la testa alla mia. - ed io rispondo!-

Vorrei odiarlo, ma il suo gesto è così intimo che non desidero altro che restare così vicini.

-Lo sai che per me vieni prima di tutto, mia adorata cuccioletta.- Bisbiglia accarezzandomi una mano.

Provo a guardarlo, ma la sua testa è ancora accoccolata sopra la mia fronte.

-Non sono un cane!- Protesto.

Lui ride soffiando dal naso. -Sei la mia Lilly!-

-Non siamo Lilly e il vagabondo!- Alzo gli occhi al cielo, ma non ho ancora scacciato la sua mano intrecciata alla mia. -Al massimo Lilith e il segugio!-

Demetri mi stringe maggiormente a sé.

-O, forse, hai più cose in comune con un cane di quante temevo!- Sospiro.

Lui si concede una fragorosa risata, sollevando appena la testa dalla mia.

-Magari, è solo che ti piace essere libero e passare da una cagna all’altra senza legami, proprio come Biagio!-

Si scosta quel tanto che basta per guardarmi negli occhi. -Alla fine, fra tutte, sceglie Lilly.-      

Il suo sguardo è serio e ammaliante, ma io mi stringo nelle spalle con un’espressione falsamente desolata. -Non credo di voler starmene qui ad aspettare la fine.-

Lui sbuffa e torna ad appoggiarsi contro la parete, ha sempre il suo braccio introno alle mie spalle, così mi spinge con poca grazie con la guancia contro il suo petto.

-Non buttarla sempre sul tragico!- Si lamenta. -Se fossi una vera vampira, se ti cibassi di sangue umano, lo capiresti! È tutta una questione di frenesia ed esaltazione, è un’eccitazione puramente fisica da sfogare.-

Rimango in silenzio, beandomi del contatto intimo con lui. So benissimo, meglio di quanto lui stesso creda, quello che intende. Conosco il bisogno di correre per ore, o quello di perdermi sulla pelle di ogni essere vivente, umano o immortale che sia. Sono una vampira anch’io, anche se ho scelto di controllare i miei impulsi.

-Ho degli istinti da soddisfare, non posso farne a meno e poi sono fatto così. Lo hai sempre saputo, e mi hai scelto lo stesso. E continui a farlo.- Specifica, calmo.

Demetri non può essere legato, è libero come il vento e tale vuole restare. Lo so bene. Così come sono a conoscenza dei suoi vizi lussuriosi che non è disposto ad abbandonare.

-Quello che continuo a fare,- Inizio, -è sorvolare e chiudere tutti e due gli occhi e perdonarti. Poi dici che non ti accontento mai?-

-E quello che continuo a fare sempre anch’io!-

Mi sollevo dalla sua spalla per guardarlo. -Che cosa?-

Quando ricambia il mio sguardo, sta sorridendo. -Torno sempre da te!-

La semplicità della sua frase mi sconvolge e, così vicini, non posso trattenere il sorriso che mi solleva le labbra. Vorrei odiarlo, e mille volte ho provato a dirgli addio, ma lui sa sempre come riannidarsi nel mio cuore ed io non voglio lasciarlo andare.

So cosa comporta la vita eterna e non voglio annoiarmi dietro a sciocchi moralismi. Il tempo scorre e noi restiamo sempre gli stessi, sempre noi, e la forza dei nostri impulsi e sentimenti è troppa da gestire mentre continua ad ardere. Non si può ingabbiare il vento, e nessuno meglio di me può saperlo. Non puoi togliere potenza al bisogno di vivere.

Tutto quello che Demetri ha detto è vero, per lui sono al primo posto e, quello che condividiamo noi, è solo nostro.

Mi riappoggio al suo petto e lui posa la testa sulla mia.

Il bello di essere immortali è proprio che il tempo non scorre più, ma questo può essere anche un problema. Rimaniamo immobili per così tanto che ci ritroviamo a guardare il cielo schiarirsi piano piano, senza nemmeno batter ciglio e senza la necessità di fare qualcosa. Ci basta dondolarci con i nostri respiri, ancora abbracciati. Le ore sono passate, ma per noi è volato appena un secondo.

Alla fine è Demetri a rompere il silenzio.

-Perché non facciamo pace del tutto, concludendo la notte in maniera più…- Mi toglie il braccio da attorno e si sposta per mostrarmi il suo sorrisino. -Appagante?-

-Ti ho già detto che non sono arrabbiata.- Fingo, incrociando le braccia al petto.

Mi ignora con un’alzata di spalle. -Andiamo nella mia camera?-

-No!- Scandisco, ostinatamente.

Lui fa scattare la mandibola, assottigliando lo sguardo con ferocia. Gli piace giocare a provocarci, ma un mio rifiuto non gli è per nulla gradito e non credo che sia disposto ad accettarlo.

Ne approfitto per sferrare il mio attacco.

-Andiamo nella mia!- Sorrido ampiamente. -È più vicina!-

Strabuzza gli occhi, ma arriccia le labbra e si passa la lingua sui canini. E, nella penombra dell’alba, il suo sorriso più accattivante scintilla tanto quando i suoi occhi scarlatti, suggellando il nostro accordo.

 

 

 

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

Rieccomi con questo nuovo capitolo, colgo l’occasione per ringraziare chi ha letto il primo ma soprattutto chi ha recensito.

 

Ne approfitto anche per anticiparvi che già dal prossimo capitolo faranno la loro comparsa anche i più importanti membri della Guardia, come i carissimi Jane ed Alec, più Felix. Anzi, scusate se per questi due capitoli li ho tenuti nascosti, ma avevo bisogno di delineare bene la trame prima di farli entrare in scena.

 

Cosa ne dite del rapporto tra Lilith e Demetri? Vi piace e pensate che possa funzionare, o non siete d’accordo?

Fatemi sapere tutto quello che pensate!!!

 

Spero di aggiornare presto, per ora vi mando un bacio!

Grazie <3

 

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Capitolo 3
*** Patetica ***


3. Patetica

 

 

 

 

-Posso sapere perché stai sprecando il nostro tempo?-

Scuoto la testa alla sua protesta e sorrido, intenta a ripiegare accuratamente il maglioncino che indossavo fino a poche ore fa.

-Torna qui!- Mi ordina, picchettando con la mano sul materasso libero.

Sospiro, lascio cadere il maglione sulla scrivania e mi volto per incrociare due rubini imprigionati in uno sguardo accattivante.

Accomodato al centro del letto, Demetri esibisce il suo sorrisino intanto che si accarezza distrattamente i capelli color paglia, tenendo l’altro braccio adagiato sul cuscino al suo fianco. Il suo petto marmoreo riflette il bagliore caldo dell’abatjour sul comodino, ma il suo viso affilato rimane per metà in ombra, cosicché la sua espressione risulti ancora più sinistra. Denti bianchissimi splendono, lasciati scoperti dalle labbra sottili appena sollevate, arrogantemente arricciate con tale maestria che mi si scatena un uragano nel petto al solo ricordo dei suoi baci. Il lenzuolo gli copre i fianchi e le gambe, che so essere nude, lasciando ben poco all’immaginazione.

Prendo un profondo respiro, richiamando tutto il mio autocontrollo affinché mi calmi i sensi che mi si sono appena scatenati.

-Sono già vestita!- Appuro, facendo scorrere una mano lungo il mio fianco, ad indicargli la camicetta che indosso.

Ma lui si limita a stringersi nelle spalle con una sollevata di sopracciglia. -Vuoi che ti aiuti a spogliarti?-

Alzo gli occhi al cielo e serro le labbra per trattenere una risatina, quando il broncio innocente di Demetri si trasforma nel suo ghigno affascinante.

-Oggi devo dare una mano a Felix con l’addestramento.- Spiego, intanto che raccolgo le mie scarpe da sotto la sedia per mettermele. -E sono già in ritardo, il che significa che lo troverò infuriato!-

-Felix è sempre infuriato!- Sottolinea, con un gesto frivolo della mano.

Afferro il maglioncino che ho precedentemente ripiegato e lo risistemo dentro l’armadio, dando una fugace occhiata all’interno per accertarmi che sia tutto in ordine, e sfioro con le dita la mia preziosa mantella nero sbiadito prima di chiudere le ante di pregiato legno d’acero.

-Sai benissimo che occuparsi di vampiri impazziti non fa per lui, per cui preferirei non mettere a dura prova i suoi nervi più del dovuto!- Dichiaro, prendendo la mia spazzola da un cassetto dello scrittoio.

-Magari, se la smettessi di riordinare tutto, avremo qualche attimo in più per stare insieme…-

-Scusami tanto se mi piace che ogni cosa abbia un suo posto, o se non amo saltellare tra i miei vestiti sparsi per tutto il pavimento della camera, come fai tu!- Mi spazzolo per bene i capelli, lasciandoli sciolti sulle spalle.

Demetri ridacchia, tuffando la testa sul cuscino.

-E non mi piace stendermi sulle lenzuola sgualcite. Perciò, se ti alzi, vorrei rifare il letto!- Concludo, riservandogli un’occhiata.

Lui si abbandona a uno sbuffo teatrale, falsamente esasperato, e scosta le lenzuola per scendere dal letto. Con movimenti decisamente troppo veloci per essere considerati umani, inizia a raccattare i suoi vestiti sparpagliati per la stanza, dato che non si è premurato di metterli tutti in un posto. Ritrova i jeans sul pavimento e la camicia bianca che penzola dalla struttura del letto a baldacchino.

Io invece raggiungo il materasso e tiro su le coperte, scuoto i cuscini e li copro con la piega della trapunta argentata. Con la coda dell’occhio mi accorgo di Demetri che si è seduto ai piedi del letto per allacciarsi i mocassini e sorrido.

I vampiri non dormono, mai, per cui non hanno certo bisogno di un letto.

Solo gli elementi di rilievo della Guardia dei Volturi avevano diritto a una camera personale dove radunare i pochi averi posseduti e poter trovare un attimo di raccoglimento. Ed io, Facendo parte di quei pochi eletti, ho scelto di non rinunciare a un comodo letto su cui rilassarmi per riordinare i pensieri. Mi dispiace non poter dormire, mi piacerebbe provare a sognare, avvolta dalle tende di tulle che scendono dal baldacchino di legno laccato color panna.

Anche Demetri ha un letto nella sua camera, ma credo che lo abbia scelto per soddisfare altre funzioni più fisiche. Per questo non muoio dalla voglia di passare del tempo con lui nel suo letto, non sapendo chi altro c’è stato prima di me.

Almeno sulle mie federe so di averci poggiato il viso solo io. E lui.

-Io sono pronto!- Mi richiama.

Sollevo lo sguardo e lo trovo fermo davanti allo specchio sistemato sopra al mio scrittoio, impegnato ad ammirare la propria immagina, mentre si aggiusta il colletto della camicia.

Mi raddrizzo e lo osservo in silenzio, avanzando piano verso di lui.

Si passa una mano fra i capelli e se li scompiglia, valutando con sguardo critico il risultato.

-Non avevi detto di essere pronto?- Lo provoco, incrociando le braccia al petto.

-E tu non eri in ritardo?- Accenna un sorriso. -Non riesci a togliermi gli occhi di dosso, vero?-

Sbuffo e cerco di sorpassarlo per raggiungere la porta, ma lui mi blocca mettendosi proprio davanti a me. Solleva una mano e mi accarezza lentamente la guancia con la punta delle sue dita ghiacciate, poi avvicina il viso e chiudo gli occhi, aspettando il contatto delle sue labbra sulle mie. Quando mi bacia, i suoi denti giocano con il mio labbro ma non lo mordono, in una dolce tortura.

Si stacca da me e rimaniamo per qualche secondo a fissarci negli occhi, intanto che la sua mano scende ad accarezzarmi la gola.

-Oggi sarò molto impegnato.- Mi informa, in un sussurro rauco.

Faccio un cenno e lui indietreggia di un passo, recuperando dalla maniglia della porta il suo gilet nero.

-State ancora cercando di rintracciare quel vampiro che ha eliminato la squadra d’accatto che era stata mandata a catturarlo?-

Non so perché l’ho chiesto, era solo un pensiero ad alta voce e non volevo certo immischiarmi in affari che non mi riguardano, ma la reazione di Demetri mi mette in allarme.

È rimasto paralizzato con le mani sui bottoncini del gilet che si era appena infilato. Mi rivolge uno sguardo tanto tagliente da essere quasi in grado di trafiggermi, mentre tutti i muscoli del suo corpo si tendono come se qualcuno stesse per attaccarlo.

-Come sai di quella storia?- Mi chiede, in un ringhio deciso.

-Me ne ha parlato Marcus!- Affermo semplicemente.

Demetri mi studia attentamente, smettendo addirittura di respirare, le sue labbra sono serrate e piegate in una smorfia. Alla fine, dopo aver riflettuto, si rilassa e scuote la testa.

-Bene!- Conclude, richiudendo gli ultimi bottoni.

Adesso sono io a studiarlo, in cerca di una spiegazione che però so già che non mi concederà.

-Scusami cuccioletta, adesso devo proprio andare!-

Sono ancora confusa, ma lui mi stampa un bacio sulla punta del naso e si dilegua lasciando la porta aperta, senza aggiungere un’altra sola parola.

 

I Volturi mantengono le proprie schiere di soldati costantemente fornite, annettendo nuove reclute con regolare frequenza.

Primi fra tutti, vengono ricercati adepti con particolari poteri ma, per rafforzare le prime linee impiegate unicamente come forza bruta negli scontri più violenti, ci sono gli allievi.

Guadagnarsi un biglietto di accesso per far parte degli allievi è molto semplice, basta attirare negativamente l’attenzione con stragi incontrollate e poi chiedere clemenza. In realtà, esiste anche un altro modo, ma è molto raro che venga usato. Vampiri specializzati nella creazione possono selezionare campioni di sfortunati umani da trasformare nella speranza che presentino qualche talento speciale.

In entrambi i casi, ogni candidato viene tenuto in uno stato di prigionia forzata fino a quando non supera tutti i vari livelli ma, se è abbastanza forte da sopravvivere, diventa di diritto un componente dei Volturi. A quel punto gli viene assegnata una mantella in base alle sue effettive capacità e per il tipo di aiuto che può fornire alla famiglia, di un colore che può variare dal grigio chiaro a quello scuro. Potrebbe venire usato come pedina sacrificabile, oppure avere la fortuna di avanzare rapidamente di grado.

So che anche Felix ha dovuto affrontare tutto l’iter prima di avere la sua mantella e meritarsi poi, nel corso degli anni, la totale fiducia degli anziani che lo tengono in grande considerazione. Tra i più importanti, lui è l’unico ad aver dovuto sudarsi il posto. Io, Jane, Alec e Demetri abbiamo scavalcato l’addestramento grazie ai nostri poteri.

Felix non ha talenti ma, da quanto ne sappiamo, è il vampiro fisicamente più forte al mondo. Il che, forse, è da considerarsi un dono.

-Potevi anche restare dov’eri!- Mi accoglie il mio mastodontico collega, al mio arrivo.

Alle spalle dell’imponente castello di Volterra, protetto dall’alta muraglia e dalla struttura principale del bastione, si trova un cerchio di terreno che viene usato come campo di combattimento e che chiamiamo arena. Schiere di alberi filtrano i raggi del sole e ci proteggono da eventuali occhi indiscreti, anche se lo spazio aereo sopra la fortezza è stato interdetto e l’intera area circostante è chiusa al traffico per un raggio di diversi chilometri.

Naturalmente, la prima regola per i Volturi è non rivelare l’esistenza dei vampiri, per cui non potremo mai rischiare che qualcuno noti scontri violenti fra immortali, o che vedano la nostra pelle brillare al sole.

Normalmente ci muoviamo sotto terra, fra le gallerie scavate in profondità e ci affrontiamo nella palestra ai livelli inferiori, ma tutti hanno bisogno di un po’ d’aria prima a poi, soprattutto le nuove reclute.

E anch’io. Qui, all’aperto, nessuno è più forte di me.

-Prima ti lamenti perché non ti aiuto mai, e poi vuoi già mandarmi via!- Esordisco, affiancando Felix.

Lui sbuffa con un ringhio. -Se fossi arrivata un’ora fa, magari mi saresti stata davvero utile!-

Faccio roteare gli occhi. -Scommetto che te la sei cavata benissimo anche da solo!-

-Allora tanto vale che te ne restavi a scaldare il fianco di Demetri!-

Rimango interdetta. -Aspetta un attimo, chi ti ha detto che ero con lui?-

L’occhiatina furba che mi rivolge vale più di mille parole.

Colta in flagrante, devio lo sguardo e, di nascosto, provo ad annusarmi i capelli in cerca di qualche odore sospetto che potrebbe avermi tradita.

-Non si è fatto vedere per tutta la notte!- È la spiegazione di Felix.

Scrollo le spalle, falsamente indifferente alle sue parole. -Magari era con un’altra!- Sibillo.

-Non credo proprio!- Scuote violentemente la testa. -Ci sarebbe stato al massimo un paio d’ore, e poi sarebbe venuto a cercarmi per importunarmi!-

-Chi se ne frega!- Sentenzio ma, anche se vorrei nasconderlo, mi sfugge un sorrisino soddisfatto.

-Bè, se ti stanchi di quell’idiota, potrei pensarci io a te…-

Quando sollevo il viso, mi fa l’occhiolino.

Assottiglio lo sguardo. -Ti ricordo che siamo all’aperto, e qui potrei farti molto male!-

Felix fa spallucce.

Sorrido, ma non ho il tempo di dirgli altro perché percepisco una massa in movimento diretta contro di noi. Intervengo giusto un secondo prima che ci finisca addosso, sollevando di scatto la mano per creare una barriera d’aria che blocca il corpo in volo a un soffio da me.

Serro le dita e imprigiono il giovane vampiro, tenendolo sospeso a mezz’aria, per valutarlo. Sposto lo sguardo sul gruppo di neonati che si azzuffano senza pietà al centro del terreno, e deduco che il mal capitato deve essere stato scagliato via dai suoi sfidanti.  

Aggrotto le sopracciglia, riapro la mano con uno scatto e il vampiro viene rispedito in mezzo agli altri da una forte raffica di vento.

-Situazione attuale?-

Felix incrocia le possenti braccia al petto, improvvisamente minaccioso. -Un branco di inutili neonati in preda alla sete che non supereranno mai la prima settimana!-

Prestando attenzione alla massa di vampiri che cercano di scannarsi l’uno con l’altro, non fatico a credere al quadro di Felix.

Presi dalla furia che contraddistingue i primi mesi o anni di vita da immortale, e accecati dal desiderio di sangue, i neonati sono incontrollabili e finiscono per attaccarsi senza pietà fra loro. D'altronde, se sono finiti qui, vuol dire che erano incontrollabili anche da liberi, giovani o adulti che fossero. Quasi nessuno sopravvie al primo stadio dell’addestramento, risparmiandoci lavoro futuro.

-Qualcuno di interessante?- Provo.

-Non ho visto nulla.-

Se troviamo qualcuno di realmente valido o che magari presenta qualche talento, dovremo augurarci che sia abbastanza forte da proseguire, o magari farlo avanzare direttamente.

-Posso?-

-Tutti tuoi!- Mi risponde. -E, se ti viene voglia di ucciderli, fai pure!-

Avanzo di un passo, ma gli allievi non mi vedono neppure, troppo impegnati ad aggredire i compagni.

-Fermi!- Grido, ma non ottengo alcun effetto.

Sospiro, non potranno dire che non ci ho provato con le buone. Spalando le braccia e, all’istante, si ritrovano tutti spalmati contro il suolo e immobilizzati da una massa invisibile e inamovibile.

Felix, che non si è mosso, si gode la scena con un ghignetto.

-Vi affronterete due alla volta e, chi sopravvie, passa all’avversario successivo.- Sentenzio. -Chiaro?-

In risposta mi arrivano dei latrati minacciosi, dai corpi ancora intrappolati dalla coltre d’aria che li schiaccia a terra.

Lascio cadere le braccia lungo i fianchi e il vento si disperde e i vampiri possono rialzarsi, ma hanno il buon senso di non rimettersi le mani addosso.

-Tu e tu!- Dico, indicando due ragazzi giovani.

Questi avanzano mentre gli altri indietreggiano, ma il loro scontro dura poco. Il primo salta subito alla gola di quello che sembrava più robusto e gli stacca la testa in un’unica mossa.

Muovo la mano e faccio fluttuare i resti dello sconfitto fino al falò acceso in un angolo, scatenando un aroma d’incenso che m’invade le narici.

-Tu!- Chiamo un altro ragazzo.

Con mio stupore i suoi abiti non sono ridotti in brandelli, sono appena un po’ impolverati. Ha un volto magnifico, e non è soltanto affascinante come tutti gli immortali, è bello per davvero. I suoi capelli sono biondo chiaro e il suo sguardo è controllato, soprattutto mentre serra i pugni.

-Perché devo ucciderlo?- Mi chiede, serio.

-Per guadagnarti la cena!- Taglio corto, disgustata al pensiero di sacrifici umani.

-Non la voglio!-

I miei occhi scattano su di lui, mentre Felix ringhia e lo fulmina con un’occhiataccia, facendo già scattare i muscoli. Gli poggio una mano sul braccio per placarlo.

-Pensa a sopravvivere!- Dico al ragazzo dal viso perfetto. -Poi riparleremo di quello che vuoi o no!-

Il vampiro sbuffa e si volta verso il suo nemico.

Inutile dire che il suo autocontrollo e il suo apparente rifiuto di una preda hanno piacevolmente attirato la mia attenzione e, per quanto stupido sia, spero che ce la faccia.

In qualche modo vengo accontentata, visto che il vincitore del precedente incontro viene scagliato via quando prova a lanciarsi contro il biondo.

Strabuzzo gli occhi e mi scambio uno sguardo con Felix.

Assistiamo per la seconda volta a un tentativo di attacco, ma un’onda d’urto invisibile spinge via lo sfidante quando gli si avvicina. Guardo il neonato che mi ha parlato, trovandolo calmo e perfettamente immobile. Quando sta per essere colpito nuovamente, si limita a intensificare lo sguardo e il suo avversario viene spedito al tappeto.

-Uno scudo!- Affermo.

Felix fa un cenno. -Sì, ma non è niente di che!-

-Non puoi saperlo, magari migliorerà con il tempo!- Mi accorgo della nota speranzosa nella mia voce e vorrei nasconderla.

Non voglio dimostrare che mi sono subito affezionata a quel biondino che forse ha già imparato a controllare la sua brama di sangue caldo e preferiva non uccidere un compagno.

-Sa soltanto respingere gli attacchi frontali, sicuramente non protegge chi gli sta accanto e deve rimanere concentrato sull’avversario!-

-Adesso, ma i talenti possono essere migliorati!- Insisto.

-Credimi, li conosco bene gli scudi e ne ho visti un’infinità nel corso dei secoli.- Sospira, annoiato. -Non ne vale la pena!-

-Sì, ma…-

Non finisco la frase che un urlo straziante mi fa sussultare. Mi volto verso il giovane vampiro dotato di uno scudo, trovandolo inginocchiato al suolo mentre si tiene strette le tempie, il suo volto è una maschera di dolore mentre continua a gridare.

Serro i pugni e respiro profondamente per calmarmi.

Conosco quel tipo di reazione, so bene cosa la scatena e non ho bisogno di voltarmi per sapere chi ha appena fatto il suo ingresso nell’arena, perché riconosco il suo odore e sento la sua presenza. È come una scarica elettrica che brucia la pelle e mi fa irrigidire, scatenando una rabbia che solo lei sa farmi provare.

Silenziosa nel suo passo leggero e aggraziato, Jene avanza fino a posizionandosi fra me e Felix. Ha i capelli chiari raccolti in una crocchia dietro la nuca ed è avvolta dalla sua mantella di una tonalità di nero sbiadito. La indossa sempre, non la toglie mai. Magari la usa per rammentarci il suo rango, per ricordarci che dobbiamo obbedirle, d'altronde vive per essere rispettata e ama essere temuta.

Sotto il suo sguardo torturatore, il neonato per cui facevo il tifo è ancora inerme, preda del dolore, così il suo avversario ne approfitta per aggredirlo e staccargli brutalmente la testa dal collo.

Quando vedo il suo corpo cadere al suolo e sollevare una nuvola di terra e polvere, smetto di respirare e mi immobilizzo.

-Visto? Non era niente di eccezionale!- Canticchia Jane.

Sul suo viso angelico troneggia un sorriso apparentemente incantevole, ma non ci penso neanche a guardarla, preferendo continuare a fissare un punto immaginario davanti a me.

-Dovresti ascoltare di più Felix, è evidente che non sei in grado di trarre conclusioni…- Dichiara, con un tono più aspro.

Riprendo a respirare, ma tengo i pugni serrati e i muscoli contratti, cercando di domare ciò che provo. Oltre al turbinio di emozioni negative che mi si scatena dentro, sento anche il richiamo del mio elemento, posso sentire invisibili turbinii d’aria pronti a scattare al mio segnale per abbattersi su Jane.

Ma non posso farlo.

E non posso fare nulla pur sapendo che la strega, probabilmente nascosta, avrà sicuramente ascoltato la mia conversazione con Felix e spiato quello che è successo. Per la sua piccola mente brillante, sarà stato un giochetto cogliere la mia simpatia per quel frammento di umanità mostrato dal ragazzo, ed è stato solo per farmi un dispetto che ne ha causato la morte.

Jane pensa che la mia umanità, la stessa che mi spinge a nutrirmi solo di animali, sia un atto di ribellione troppo grande da essere sopportato e, se dipendesse da lei, non me la farebbe passare liscia. I miei occhi ambrati indicano la mia diversità, che molti vedono come una minaccia.

Per lei, poi, sono stata una minaccia nel momento stesso in cui ho messo per la prima volta piede in questo castello. Mi odia perché solo la sua diretta rivale e perché il colore delle nostre mantelle è lo stesso.

-Ti tengo d’occhio…- Sussurra malignamente al mio indirizzo.

A rafforzare il concetto, una scarica di dolore mi attraversa la mente, ma è durato solo un istante e non era per nulla inteso. Soltanto un formicolio pungente sotto pelle.

Mi rifiuto ancora di ricambiarle lo sguardo, prima che la voglia di lanciarle a mia volta un avvertimento con il mio talento prenda il sopravvento.

In uno scontro tra me e lei sarebbe solo una questioni di frammenti di secondi. Sarei più rapida io a creare una lama di vento attorno al suo collo e farle saltare la testa, o lei a spedirmi dritta fra le fiamme dell’infermo con un semplice battito di ciglia?

Come in risposta ai miei pensieri, Jane si concede un sorrisino altezzoso, prima di voltarsi e volteggiare via.

 

Purtroppo lo sapevo.

Per quando io abbia provato a non pensarci, a tenere la mente concentrata e su altro, era inevitabile che accadesse.

Ho sete.

Sento il vitale bisogno di una vena calda e del sapore inebriante del sangue umano che mi entri in circolo e mi rianimi. Non ho solo la necessità di nutrirmi, so che una preda animale non colmerebbe la necessità impellente che mi fa ardere dall’interno.

Per di più, c’è un altro bisogno che devo colmare, e la colpa è della stessa persona.

Se ieri sera Demetri non fosse venuto da me a tentarmi con l’aroma del suo ultimo pasto, forse non avrei subito il brusco risveglio della mia sete. Sapevo che non potevo leccare quella microscopica goccia cremisi dal suo collo, o che non dovevo lasciarmi baciare e farmi scivolare dritto in gola il suo alito infuocato che sapeva ancora di sangue.

E non dovevo lasciarlo entrare nel mio letto, dopo, avrei dovuto tenere a freno le sue carezze ed essere sorda alle sue promesse appena sussurrate. Non avrei dovuto lasciarmi abbindolare dai suoi occhi che mi facevano perdere in un mondo proibito.

Ma c’è una cosa che so con assoluta certezza, senza essere in grado di cambiarla.

Non posso stare lontana da Demetri.

È come se fosse una calamita, forse sono io il segugio e lui è l’obbiettivo costante della mia caccia. O, forse, è sempre lui che ruota attorno a me come un satellite ed io ho bisogno della sua ombra per non bruciare.

Mentre cammino per i lunghi corridoi del palazzo, lasciando un ticchettio agitato a riecheggiare, posso davvero focalizzare nella mia mente ciò che voglio.

Mi serve Demetri, la sua complicità, il suo appoggio incondizionato. Mi serve che mi guardi e spenga ogni voce nella mia testa con il suo sguardo ammaliante.

Se non c’è lui a prendermi saldamente per mano e a condurmi dentro quella stanza, e a tenere le sue dita intrecciate alle mie per tranquillizzarmi quando entrano le povere vittimi, o a starmi accanto nel momento peggiore, non potrei farcela.

E, dopo che abbiamo bevuto sangue caldo insieme fino a perdere il senso della ragione, voglio che sia solo mio anche per tutta questa notte. Voglio che, dopo aver colmato la mia sete, riempia anche quel fastidioso vuoto interiore che mi dilania il petto.

Solo con lui riesco a non sentirmi smarrita.

Arrivo alla fine del corridoio e sto per svoltare l’angolo e ritrovarmi nella sala d’attesa dove di solito lavora una delle nostre assistenti umane, riordinando scartoffie e occupandosi di noiose faccende burocratiche. Ho seguito la scia di Demetri fino a qui, e so che ha l’abitudine di aspettare Heidi e il suo gruppo di prede direttamente all’ingresso. Insieme con Felix, scortano tutti nella sala dei Troni dove avviene il massacro, per assicurarsi che qualche curioso non sfugga alla loro accompagnatrice e si perda in giro.

Sento una voce nuova, ma so che Heidi non è ancora arrivata per cui mi incuriosisco. Per precauzione, faccio in modo che l’aria presente scorra contro di me, per evitare che il mio odore arrivi alle narici di Demetri. Ovviamente, se volesse sapere dove mi trovo, non ci metterebbe molto a capire che sono così vicina, anche senza l’aiuto del suo potere. Fortunatamente è distratto, e non ci vuole molto a capire da cosa.

Faccio capolino con la testa da dietro l’arco murato che separa le stanze, scorgendo la scrivania attorno cui sembrano essersi appostati tutti.

Perfettamente a suo aggio seduta dietro la scrivania, c’è una ragazza bionda dal viso d’angelo che non ho mai visto. Ha gli occhi verdi e la pelle abbronzata, con sul viso un ammiccante sorriso, ed è evidente cosa scatena la sua gioia.

Seduto sul piano di lavoro, con una gamba sensualmente accavallata, c’è proprio Demetri, completamente sporto verso la ragazza. Con una mano dalle dita affusolata le sostiene il mento, ricambiando il suo sguardo con il suo classico sorriso affascinante con cui sa far sciogliere ai suoi piedi ogni donna.

Felix, con un cipiglio annoiato a stento trattenuto, è fermo in piedi vicino alla scrivania. La nostra attuale segretaria, Amanda, è dietro la sedia della sua collega e sta riordinando con fare frettoloso la libreria. Non penso che riuscirà a trattenere per molto il proprio nervosismo, dato che una nuova arrivata non significa nulla di buono per lei.

O forse, penso quando vedo il modo in cui fulmina Demetri con lo sguardo, e solo gelosa per non essere al centro delle attenzioni del ragazzo.

-Ma lo sai che hai degli occhi incantevoli?- Sussurra Demetri, carezzando la guancia della biondina.

Lei ride, ma io non lo farei, considerato il modo in cui il vampiro deglutisce spostando lo sguardo sulla sua giugulare in vista.

-E Giulia è proprio un nome delizioso!- Continua, adulante.

Felix fa roteare gli occhi e Amanda è alquanto stizzita.

A preoccupare me sono le iridi nere con cui Demetri analizza la scollatura dell’incauta Giulia che, dal modo in cui arrossisce per i complimenti, temo che non abbia ben chiare le vere intenzioni di Demetri con lei.

Certo, prima di dissanguarla se la porterebbe a letto per cui, a conti fatti, la accontenterebbe davvero, ma è appena arrivata e non credo che i Volturi vogliano già trovarsi una nuova assistente.

Magari è la fine che potrebbe fare Amanda, così non dovrebbe essere gelosa della collega, e al tempo stesso ci si liberebbe di lei senza farla troppo penare.

-Patetica!-

Corrugo la fronte al sentire quella vocina odiosa e incredibilmente sicura. Volto piano la testa, con ancora le dita ancorate alla colonna di marmo dell’arco, scorgendo il ragazzetto che ha parlato.

Alec ha i capelli castani chiari, leggermente lunghi e un viso pieno e armonioso come i putti alati dei dipinti dell’epoca barocca. Le sue labbra sono rosso vivo esattamente come gli occhi profondi.

-Quando lo capirai che quel rincitrullito ha tutto per la testa fuorché te?-

Il suo è un sussurro quasi inudibile, in sostanza gli leggo il labiale e credo che lo faccia apposta per non farsi udire dai due vampiri nell’altra stanza.

-Lascialo perdere, puoi avere di meglio!-

-Non hai altro da fere?- Soffio.

Lui scuote la testa. -Ti fa credere di essere speciale, ma scommetto che lo dice a tutte!-

La risata squillante di quella che dovrebbe chiamarsi Giulia mi fa tornare con lo sguardo sulla scrivania su cui è ancora seduto Demetri, troppo impegnato a fare il cascamorto per accorgersi di me.

-Se eri venuta a cercarlo per farti accompagnare a cena, posso aiutarti anch’io se vuoi…-

-Non ho bisogno di Demetri, né di te.- Sillabo, muta. -Grazie!-

-Si vede da come lo guardi!- Sospira.

-Che cosa?-

Sorride, ma poi torna serio. -Che sei davvero patetica!-

Alec ha un dono: è il vampiro più antipatico che esista al mondo. Magari è per questo che ha il potere di anestetizzare le persone.

Tuttavia, tra di noi non c’è traccia della rivalità che ho con Jane. Ho imparato a conoscerlo e a comprenderlo, come se fosse un fratellino fastidioso e pungente che non riesco a odiare. Non so lui, ma posso dire di essermici affezionate, tutto sommato.

Torno a guardare ancora una volta la mano di Demetri sul viso della bionda e lascio che un sorriso mi tenda le labbra.

-Sai una cosa?- Esclamo verso Alec, con un tono normale. -Hai ragione!-

Lui strabuzza gli occhi, forse non è abituato a essere assecondato con tanta facilità, oppure è rimasto stupito dalla mia scelta di farmi volutamente sentire.

Non perdo tempo, scatto a un soffio da lui e gli stampo un bacetto sulla guancia. Alec mi guarda storto e indietreggia, affrettandosi a strofinarsi la manica della maglia contro la faccia, schifato.

Rido e mi dileguo, facendo il mio ingresso nell’atrio.

Nell’istante stesso in cui mi vede, Demetri balza in piedi. Dalla sua espressione dubbiosa comprendo che ha intuito dove mi trovassi un secondo prima, e magari adesso sente anche Alec, ma non credo stia facendo i giusti collegamenti.

La sua mente sta elaborando un unico pensiero, che mi è piuttosto chiaro. Mi guarda, prima serio, poi avanza di un passo, sicuro delle mie intenzioni anche se non ho ancora aperto bocca.

Sa perché sono venuta a cercarlo, e niente potrebbe riempirlo di felicità come quando gli concedo di portarmi a bere sangue umano con lui e gli altri. Sa che la goccia che mi ha fatto leccare del suo collo mi ha reso accondiscendente, e il ghigno soddisfatto che esibisce me lo conferma.

Mi porge elegantemente la mano, incantandomi con uno dei suoi sguardi con cui riesce a farmi sentire come se esistessimo solo noi due, e per un attimo è davvero così. Ha chiuso fuori tutto, dimenticandosi completamente della biondina che ci sta fissando, accigliata. I suoi occhi sono soltanto su di me, sono dentro di me, a rafforzare il tacito invito della sua mano tesa.

È esattamente come il nostro primo incontro, ed è sempre così. Mi offre la mano e mi invita a fidarmi, ad abbandonarmi, ed ogni volta che l’ho fatto ha davvero mantenuto le promesse e mi ha resa felice.

E ogni volta che ho rifiutato, ho imparato a essere più forte anche senza di lui.

Sono certa che si stia già pregustando il momento in cui berremo insieme, e soprattutto il dopo, confidando in un’altra notte intera trascorsa sotto le stesse lenzuola con me.

Ma io non batto ciglio, e la sua mano rimane sospesa tra noi.

Le porte dell’ascensore si aprono con un trillo di campanello e rivelano l’arrivo di Heidi, bella come sempre. Sorride amabilmente alle due segretarie e si sposta verso una porta nascosta, aprendola per permettere al corteo di una quindicina di persona di scendere la scala secondaria e fare il loro ingresso.

Io e Demetri ci stiamo ancora guardando negli occhi e, anche quando il corteo di umani ci passa in mezzo, lui non vi presta attenzione e rimane concentrato su di me. Nonostante la gonna striminzita di Heidi e nonostante il modo in cui si anneriscono maggiormente le sue iridi dopo il flusso di sangue caldo che gli è passato sotto il naso, la sua mano è ancora tesa.

Quando il gruppetto è stato scortato via da Heidi, con Felix che li segue, poso lo sguardo sul palmo all’insù della mano di Demetri e batto le palpebre con indifferenza.

Senza dire nulla mi volto e raggiungo l’ascensore, premo il pulsante ed entro nella cabina dopo l’apertura delle porte. La mia caccia di piccoli roditori mi aspetta e, per quando riguarda Demetri, credo che sopravvivrà benissimo anche senza di me.

Decido di girarmi, con calma, dando le spalle allo specchio dell’ascensore.

L’ultima cosa che vedo prima che le porte si richiudano sono gli occhi fiammeggianti e i denti spaventosamente scoperti sul volto Demetri, i cui lineamenti appaiono orribilmente deturpati dalla rabbia.

 

 

 

 

 

 

Continua...

 

Ciao a tutti, come promesso, hanno fatto il loro ingresso in scena anche gli altri personaggi noti della Guardia, ovvero i gemelli stregati e Felix!

 

Cosa ne pensate? Vi piace il modo in cui sono rappresentati i personaggi?  E la trama? E i protagonisti?

Fatemelo spero, mi piacerebbe tanto ricevere qualche commento con le vostre impressioni!

 

Bacioni!

 

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Capitolo 4
*** Fulmine a ciel sereno ***


4. Fulmine a ciel sereno

 

 

 

 

 

Le note si disperdono nella stanza disegnando nuvole di emozioni e pensieri irreali, ma tanto profondi da poter quasi essere toccati. Scorrono sotto pelle, raggiungono cuore e nervi e si insinuano fin dentro l’anima. Le mie dita scivolano sui tasti dando vita a una melodia che pare dotata di una vita propria, cresce, soffre e gioisce a seconda degli accordi suonati.

Come l’avorio e l’ebano, divisa in ottave alte e basse, la sinfonia che eseguo è un contrasto di equilibri che si spingono fino all’apice della gloria per poi lasciarsi affondare in abissi più profondi e malinconici.

Persa nel mio tumulto interiore come in una bufera di neve, suono quello che provo.

Non ricordo nulla della mia vita prima degli anni di vagabondaggio solitario che mi hanno spinta fra le braccia dei Volturi, non so chi mi ha resa immortale, non so quando né perché. La mia esistenza da umana mi è del tutto ignota, potrebbe anche non essere mai esistita.

Come una leggenda intangibile, so che deve esserci stata, ma non ne ho memoria. Per questo non so e non saprò mai chi mi abbia insegnato a suonare il pianoforte, o a leggere uno spartito.

Non saprò mai perché la superficie liscia della tastiera mi rievoca sensazioni intense che scatenano i brividi lungo la mia schiena, o perché mi basti sedermi davanti allo strumento per sentirmi immediatamente in pace con me stessa.

Fa brutti scherzi la memoria, sa nascondersi e svanire ma non può cancellare alcunché. È come una vibrazione nascosta sotto l’oceano, invisibile fino a quando non vengono toccate le giuste corde che la fanno esplodere.

Naturalmente, non scoprirò mai neppure da dove è nato il mio legame con il musicista italiano Ludovico Einaudi, o per quale particolare ragione io sia così attratta dal suo repertorio. Ho appreso le sue ultime composizioni dopo essere entrate a far parte dei Volturi, memorizzando in un lampo gli spartiti.

Ma la musica che sto suonando in questo momento è la stessa che eseguo tutte le volte che qualcosa mi turba, come una vecchia abitudine rincuorante. Le onde è il suo titolo, so che è stata resa nota negli ultimi anni del millenovecento e che deve avere una qualche sorta di legame con il mio passato dimenticato. Non ricordo qual è stato il primo momento in cui l’ho ascoltata, né quello in cui per la prima volta l’ho realizzata con le mie stesse dita.

Era dentro di me e basta.

Accarezzo le ultime note, lasciando sfociare il suono verso le sue strofe più calde, portandola al termine.

Sollevo lo sguardo, e più lentamente le dita dai tasti, per accettarmi della reazione del mio ascoltatore.

Marcus è raccolto in contemplazione, con lo sguardo ancora rapito dalle immagini inesistenti che la melodia gli ha generato nella mente. Le dita sono tenute unite sotto il mento, tanto fragili e sottili all’apparenza, che mi domando come reggano il peso del suo viso.

Si abbandona a un sospiro rasserenato e, con movimenti delicatissimi e silenziosi come il vento, lascia scivolare il suo sguardo su di me. Quando si muove, Marcus sembra eseguire i passi di un’elegante danza.

-Incantevole!- Esala, con un sorriso che nasce dagli occhi e arriva addirittura a tendergli le labbra. -Come sempre.-

Chiudo delicatamente il coperchio della tastiera, concedendomi di far scorrere le unghie sul pregiato legno di mogano, perfettamente lucidato.

-Ti ringrazio, mia cara, per avermi deliziato.- Aggiunge, pacatamente.

Mi alzo, piano, e aggiro il pianoforte per avvicinarmi alla scrivania dietro cui è accomodato. -Grazie a voi, signore, per avermelo permesso.-

Allarga le braccia, nella sua solita e armoniosa danza. -Ogni qualvolta che lo desideri, sai che mi troverai più che lieto di ascoltarti.-

Abbasso il viso e nascondo un sorriso.

Sto per aprire bocca e chiedergli il permesso di congedarmi, ma il mio signore sembra leggermi nel pensiero e mi anticipa.

-Trattieniti ancora qualche istante con me, per favore.-

Dal modo in cui solleva il mento per studiarmi attentamente, mi accorgo che non vi è traccia della solita apatia che lo contraddistingue. D’un tratto, mi pare più partecipe che mai.

-C’è qualcosa di cui senti la mancanza, mia adorata?-

La sua domanda, appena accentata, mi spiazza.

Improvvisamente temo di aver commesso qualche scorrettezza, di aver fatto un errore non indifferente e mi irrigidisco, spalanco gli occhi e mi preparo mentalmente ad implorare perdono. Marcus è il più magnanimo degli anziani, sono certa che non mi punirebbe, ma non posso comunque sopportare il disonore di avergli recato offesa in qualche modo, anche se non ho idea di dove io abbia sbagliato.

Chiedermi cosa mi manca, non è forse il modo più romantico per capire perché accidenti io mi sia permessa di fare qualcosa di grave?

Provo a parlare ma cambio idea, timorosa di peggiorare la mia situazione.

Marcus coglie il mio tormento e si affretta ad accennarmi un sorriso. -Non fraintendermi, al contrario, perdonami per averti procurato delle inutili inquietudini.-

Rimango ancora più di sasso a sentire le sue parole.

Gli anziani hanno sempre il diritto di agire come ritengono più opportuno e, il rispetto che nutro per questo millenario vampiro, è troppo perché io possa anche solo pensare che si scusi con me. -Signore, vi prego, io non…-  

Ma lui alza una mano per zittirmi. -Sorvola su noiosi convenevoli, non ve n’è alcuna necessità.-

Non oso parlare, sono sempre più confusa.

-Percepisco perfettamente il tuo profondo legame con questa famiglia.- Spiega, gentilmente, come se stesse parlando a un bambino piccolo. -E sono onorato dalla tua fedeltà.-

-Sarà sempre così, signore.-

Lui sospira pesantemente. -Perdonaci, se alle volte, cediamo al nostro lato più infimo e crudele…-

-Signore, vi prego di scusarmi, ma non vi comprendo…-

Con il suo dono che lo rende in grado di percepire il tipo e la forza dei legami interpersonali, Marcus sa perfettamente cosa provo per Demetri, della complicità con Felix e del rapporto di amore e odio che nutro per i gemelli.

Non lascerei mai nessuno dei miei compagni, e sa quanto sarei disposta a rischiare per proteggerli e del bisogno che ho di loro. Per di più, conosce la gratitudine che mi lega direttamente a lui.

Marcus è l’unico a comprendere per davvero che non rimango al servizio dei Volturi soltanto per fedeltà, paura, per smania di gloria o perché Chelsea usa il suo potere su di me per tenermi ancorata qui. Forse a causa delle mie abitudini alimentari, i miei sentimenti sono i più umani e viscerali del gruppo.

Questa, per me, è molto più che la mia casa. È la mia vita.

Eppure, con la sapienza del più gentile fra gli anziani, Marcus sa che ogni tassello che ci rende individualmente forti può diventare una minaccia. Ma, la mia particolare devozione, potrebbe tornare utile perfino ad Aro e Caius, per cui non avrebbe senso temerla.

-Avevo solamente il piacere di ricordarti che questa è la tua famiglia.- Annuncia, con gli occhi scarlatti puntati nei mie. -Nel bene e nel male, saremo il tuo futuro, mia carissima Lilith.-

Abbasso lo sguardo, ancora intimorita, ma non posso fare a meno di chiedermi se sia davvero un caso che Marcus mi parli del mio futuro proprio quando, solo un attimo fa mentre suonavo, ho desiderato conoscere il mio passato.

 

Il bello di essere immortali, che non sprecano neppure un attimo di esistenza a dormire, è che hai tutto il tempo del mondo. Potrebbe risultare noioso, ma è anche vero che umani e vampiri non necessitano dello stesso numero di stimoli.

In situazioni di stress, possiamo rimanercene immobili per giorni interi senza problemi, per poi riattivarci al momento opportuno.

Ultimamente non ci sono state missioni importanti, anzi, c’è stata una calma piatta a dir poco snervante. A peggiorare le cose, le giornate soleggiate di fine settembre che ci hanno segregati dentro le mura del castello, e non è saggio tenere troppo a lungo un branco di esuberanti succhia sangue sotto terra.  

Anche il periodo di caccia è terminato, Heidi recluta ignare combriccole di vittime ogni primo fine settimana del mese, portandoci cibo caldo per due o tre giorni di fila. Dopo una pausa di alcune settimane, che usa per riorganizzare finti viaggi premio che attirano poveri disgraziati da tutti i continenti, riprende a portare umani a Volterra nell’ultimo weekend mensile.

Per me è leggermente diverso, il sangue animale non ha gli stessi valori nutritivi, e non assopisce la mia sete per più di una settimana. Perciò, soltanto a me, è stato concesso un permesso speciale per uscire tutte le notti che lo desidero, in cerca di piccole prede pelose.

Ma non è certo la mia distrazione primaria.

Adoro scoprire cose nuove, qui tutti hanno almeno cento anni più di me e conoscono ogni sfaccettatura della storia umana, addirittura dagli anni prima della venuta di Cristo fino ad oggi. Per quanto riguarda me, sono quello che definiscono una moderna, vampirizzata dopo la venuta della tecnologia, non ho ricordi di corsetti stretti e dame rinascimentali.

Tutto ciò che posso fare, per non sentirmi troppo misera, è cercare di acculturarmi, leggendo e studiando più che posso. E amo farlo.

Non sarà come aver vissuto nel medioevo, ma almeno posso provare a immaginare com’era, grazie anche ai racconti di alcuni miei compagni.

Ed è proprio mentre ho un libro in mano che la porta si apre con un tonfo. Non che non avessi sentito prima il suono dei suoi passi avvicinarsi nervosamente, ma ho preferito ignorare il pensiero. Sollevo lo sguardo dalle raffigurazioni di demoni mitologici e mi ritrovo a fissare, con una certa noncuranza, il volto febbrile di Demetri.

I suoi lineamenti, già affilati di per sé, sono resi ancora più taglienti dalla rabbia, malamente nascosta.

-Hai tre secondi per seguirmi in palestra!-

La sua non è una richiesta, nemmeno una proposta. Si tratta di un ordine.

L’unica cosa che aggiunge è una smorfia, prima di andarsene senza preoccuparsi di chiudere la porta.

Faccio un respiro profondo e chiudo il libro, non muoio certo dalla voglia di farmi comandare da lui, tanto meno quando è infuriato, ma so che iniziare una discussione sarebbe tutto tempo perso. Ovviamente è indisposto e, se è già sbagliato provare a farlo ragionare quando è in uno stato normale, tentare di avere conto e ragione mentre da i numeri è totalmente sbagliato.

Mi alzo del divanetto ed esco dalla mia camera, premurandomi di richiuderla, ma non mi metterò a corrergli dietro. È già tanto se accetto di raggiungerlo.

Inutile chiedermi cosa gli passi per la testa, lo conosco abbastanza per sapere che il mio rifiuto di ieri sera ha gettato benzina sulle fiamme della sua ira. Il suo orgoglio è alquanto sensibile quando si tratta di donne che non stanno al suo gioco, per non parlare di come va in crisi se ogni cosa non si svolge nell’esatto modo in cui ha pianificato. 

Credo che sia nella sua indole da cacciatore aspettarsi che ogni preda cada in trappola e voler pianificare ogni dettaglio alla perfezione, come se stesse preparando una partita a scacchi, studiando la vittoria già dalla prima mossa.

Se per di più sono proprio io a scappare via dalle sue grinfie, o a rifiutare la sua mano tesa verso di me, non c’è da stupirsi se il dramma è amplificato.

Mi inoltro nei piani più bassi, seguo i lungi sentieri freddi e spingo la pesante porta della palestra sotterranea, cercando mentalmente di convincermi a non tornare sui miei passi.

Demetri vuole lottare o, come lo direbbe lui, insegnarmi a combattere. Ha scelto uno dei posti dove il mio potere toglie del tutto le tende e mi abbandona a me stessa, il che mi porta a credere che il mio sfidante non abbia intenzioni poi tanto nobili.

Di certo non oggi.

A conferma dei miei timori, come un fulmine a ciel sereno, un colpo alla schiena mi colpisce con forza inaudita e mi fa finire rovinosamente contro la parete dal lato apposto a cui mi trovavo.

Il tempo di rialzarmi mi è negato da due mani che mi afferrano per le spalle e mi spingono brutalmente contro la parete di pietra, che è stata scalfita e crolla in piccoli sassolini. Senza che io possa anche solo pensare di oppormi, un pugno mi centra nello stomaco mezzo secondo prima che un mal rovescio sulla mia guancia mi faccia perdere l’equilibrio.

C’è una cosa fondamentale da sapere sui vampiri: il fatto che siano indistruttibili non significa che non sentano dolore.

Finisco agonizzante al suolo, digrigno i denti per il male che provo, ma una mano mi riafferra dai capelli e mi rimette in piedi, solo per riservarmi un ulteriore attacco che mi fa volare via.

Riatterro miracolosamente sulle mie gambe, stringo i pugni e un ringhio di frustrazione mi esce direttamente dal petto.

-DEMETRI!- grido. -Che diamine stai facendo?-

D’accordo tentare di insegnarmi a combattere perché sono la più giovane e la meno esperta, e perché non posso sempre contare sul mio potere. Va bene anche usare le maniere forti, ma questo non ha niente a che fare con un allenamento, mi sta solo facendo male di proposito, più che può e senza frenarsi.

Letale come un alito di morte, Demetri avanza verso di me con i denti scoperti e lo sguardo carico d’odio, i suoi muscoli sono contratti e niente potrebbe arrestarlo. Qualcosa mi paralizza, forse la consapevolezza che ogni mio gesto sarebbe inutile.

Prima ancora che io possa chiudere gli occhi e concentrarmi al massimo, per ordinare a ogni singolo frammento d’aria presente in quest’ambia sala circolare di concentrarsi contro Demetri, lui esegue un balzo preciso e si piazza esattamente alle mie spalle.

Riesco solo a sussultare, che una ginocchiata mi aggredisce alla schiena e mi ritrovo a volare ancora per la palestra. Sta volta però, non finisco al suolo e nemmeno ho modo di atterrare, perché è Demetri stesso ad afferrarmi al balzo. Mi prende dalla nuca, mi scuote per farmi raddrizzare e mi guarda dritto negli occhi.

-Mi basterebbe un secondo per farti a pezzi…-

Deglutisco ma lo ricambio con un’occhiata decisa. -Hai mille anni in più di me, cosa ti aspetti?-

I nostri volti sono vicinissimi e la sua mano è dietro la mia testa.

Il sorriso malefico che gli illumina gli occhi mi gela.

D’improvviso, mi accorgo di essere stata lanciata di nuovo via e, mentre cerco di ruotare in aria per atterrare in piedi, lui è già su di me. Mi prende e mi scaraventa contro il pavimento, piantandomi una sua mano al centro del costato.  

Il contraccolpo è stato troppo forte e la sua mano mi ha ammaccato le costole, il suono del mio corpo marmoreo che si crepa rimbomba in modo agghiacciante.  

Trattengo un urlo serrando le labbra, ma un lamento straziato esce comunque, mentre il mio respiro accelera intanto che le mie ossa si rimettono al loro posto e le crepe della pelle si risanino. Il processo di guarigione è rapido quanto doloroso, mi porto le mani sul petto e rotolo su un fianco, in agonia.

Sollevo gli occhi su Demetri e, anche se la mia vista è appannata dal dolore, colgo l’ombra dell’incertezza fra i suoi lineamenti. Che sia una forma di pentimento o di pena, poco importa, ormai è tardi per rimediare a quello che ha fatto.

Le sue labbra hanno un fremito e le sue orbite si assottigliano come per studiare un dettaglio, tanto che temo voglia infierire ancora.

E lo fa, ma sta volta a ferire non sono le sue mani ma le sue parole.

-Adesso ti comporti come una fidanzatina gelosa?- Pronuncia, girandomi intorno come un serpente velenoso pronto a colpire.

Ringhio e mi stringo le tempie con le mani, per calmarmi, prendo un profondo respiro e cerco di mettermi seduta, ma la mia cassa toracica si sta ancora riassestando e il sonoro tonfo che emette mi fa gemere.

Demetri contrae di nuovo le sopracciglia e fa un passo indietro, ed è proprio il segno della pena che prova per me che mi fa infuriare.

-Io non sono gelosa!- Strillo. -E non sono la fidanzatina di nessuno!-

Mi alzo in piedi, ma mi accorgo di non riuscire a stare ferma, ho i nervi che fremono. Sono furiosa con lui.

-Sai, forse è proprio questo il punto!- Dichiaro, guardandolo.

Demetri tace e solleva spavaldamente il mento.

-Tu puoi fare ciò che vuoi, sfogarti, giocare a farmi ingelosire ed io sono in balia delle tue lune!- Protesto. -Forse dovrei iniziare a sfruttare meglio le mie occasioni con gli altri uomini!-

Il ringhio che emette Demetri è rauco e animalesco, ed è certamente un avvertimento.

-Cosa c’è? Pensi di avere una qualche esclusiva su di me? Non ti appartengo e posso fare quello che voglio con chiunque!-

Ma Demetri non sembra d’accordo, il suo petto si gonfia dopo un’abbondante presa d’aria e i suoi pugni si serrano, al contrario dei suoi occhi, che si spalancano per la furia.

-Sei una stupida!-

-Perché?-

-Perché se anche mi trovassi a letto con dieci donne contemporaneamente, con i denti affondati in una delle loro gole, a te basterebbe sussurrare il mio nome ed io correrei all’istante da te senza perdere tempo neppure a riallacciarmi i pantaloni!-

Ed è il suo grido straziato che mi paralizza.

La sua voce graffiata mi lambisce la pelle come ghiaccio bollente ed è come se una scossa mi attraversasse da capo a piede.

Rimango a bocca aperta, batto le palpebre e guardo quell’odioso vampiro che mi sta davanti, tanto agitato da sembrare pronto a distruggere l’intero castello a mani nude, e qualcosa di caldo e soffice mi si annida nel cuore. Non importa quante ne combini, o come mi tratti, ha sempre la straordinaria capacità di riprendersi a forza il suo posto dentro il mio cuore.

Che io lo voglia o meno.

Sfruttando il mio intorpidimento, Demetri mi si lancia contro e mi spinge contro la parete dietro di noi, appiccicandomi con poca grazia contro i mattoncini ormai semidistrutti. Il suo braccio mi blocca il collo, sollevandomi il mento cosicché possa essere direttamente soggetta al suo sguardo più infuocato, e la sua mano mi tiene un fianco.

-Dopo tutto quello che ho fatto per te, dopo tutto quello che faccio solo per accontentare ogni tuo fottuto capriccio e dopo tutte le volte che mi sono messo in mezzo per difenderti, non me lo merito il tuo disprezzo!- Sbraita, alitandomi sul viso.

Non dico nulla ma, per quanto possibile, mi stringo di più alla parete.

-Non osare mai più guardarmi in quel modo, come se non fossi neanche degno della tua rabbia! Sei una stupida!- Abbaia, conficcando un pugno nei mattoni vicino alla mia spalla.

Quando si allontana, imprecando in silenzio e riservando un feroce calcio all’aria, sospiro e ritengo più saggio non chiedergli chiarimenti.

Non ne ho bisogno.

Alla base delle regole per la convivenza con Demetri c’è quella di non ferire mai il suo orgoglio ed io, con il mio comportamento di ieri, l’ho calpestato. Mi sono presentata da lui, stizzita per le attenzioni che aveva rivolto alla nuova segretaria, per poi degnarlo appena di un’occhiata prima di girare sui tacchi e lasciarlo lì da solo, senza alcuna spiegazione.

Naturalmente ha capito tutto, avrà intuito cosa mi aveva infastidito e avrà letto nei mei occhi la mia intenzione di snobbarlo, andandomene a caccia di animali solo per fargli un dispetto.

E ovviamente non ha gradito.

Non lo ammetterà, ma so di non aver ferito solo il suo orgoglio. So che non è capace di dirmi apertamente quanto ci tiene a me, ma almeno sono in grado di leggere nei suoi atteggiamenti i suoi messaggi nascosti.

Quello che sta cercando di dirmi, con la sua violenza e la sua rabbia, è che non è disposto a tollerare il mio comportamento perché, a differenza di ciò che penso a volte, Demetri prova davvero qualcosa per me e non vuole che lo allontani e che mi ingelosisca senza motivo.

-Mi merito il tuo rispetto, anzi, voglio tutto! Mi merito che tu mi appartenga!- Infuria.

Alzo gli occhi al cielo e scuoto piano la testa. -Demetri…-

-No, non dire niente!- Si volta e mi punta un dito contro, ancora fremente. -Se vuoi farmi contento, sai cosa devi fare!-

Corrugo la fronte, confusa.

Sono ancora con la schiena al muro, lo vedo riflettere un attimo, come se cercasse le parole, poi mi si avvicina cautamente.

-Nutriti con me, sta sera.- Mi supplica, insolitamente dolce.

Ma qualcosa non mi torna, e non è solo la sua gentilezza. -Ma i due giorni di caccia sono già finiti!-

Si illumina di un sorrisetto astuto. -Oggi è domenica, Heidi ha trovato cibo per tre giorni questa settimana!-

Resisto all’impulso di manifestare il mio disgusto, fingendo indifferenza.

Demetri mi raggiunge e, quasi incertamente, la sua mano scorre sul mio viso.

-Per favore, fallo per me.-

Non capisco la sua ostinazione nel farmi diventare un’assassina, cosa gli importa di che tipo di sangue assumo?

-Ti prego.- Riprende, avvicinando il suo viso al mio. -Non dirmi di no.-

Cerco di voltare la testa, non voglio che mi condizioni e mi faccia fare ciò che non voglio. Ma Demetri mi afferra le guance con le mani e posa la sua fronte sulla mia.

-Stammi a sentire!- Sibila, controllando i nervi con un sospiro pesante. -Ci sono stati dei… problemi, ho tanti pensieri per la testa e per me sarebbe… bello se tu mi accontentassi.-

Scuoto la testa per liberarmi dalle sue mani e sollevo le braccia per spostarlo, ma non me né da modo, mi stringe a sé e nasconde il viso nel mio collo.

-Ti imploro!- Sussurra.

Le sue parole non hanno senso, perché gli interessa tanto convincermi a bere sangue umano? Non capisco.

-Che stai dicend…-

-Lascia perdere!- Mi ammonisce, stringendomi con più forza e soffiandomi all’orecchio. -Dimmi solo che lo farai!-

Vorrei cercare il suo sguardo, e invece nasconde ancora la testa vicino alla mia ed io sono sempre più stordita. Penso che sarebbe facile assecondarlo, fin troppo facile, e non posso permettermelo. Sono felice della mia dieta a base di animali, mi piace essere me stessa e non voglio scivolare nella pazzia che mi assale i giorni successivi ad aver morso un umano. Togliere una vita non fa per me e non voglio né i sensi di colpa né una sete accecante a bruciarmi la gola.

Per di più mi ero tranquillizzata, pensavo che non ci sarebbe stato nessun banchetto oggi, non ho nemmeno voglia di andare a caccia, visto che ci sono stata solo poche ore fa.

-Demetri, ti prometto che a fine mese verrò con te almeno una volta, ma adesso io…-

Non completo la frase, l’irrigidimento del suo copro contro il mio basta e avanza a fermarmi. Sento scricchiolare il muro dietro la mia testa, credo lo stia stritolando con le dita, poi si stacca in un battito di ciglia e fa un passo indietro.

Lo vedo spingere in fuori il labbro, fissare un punto imprecisato del pavimento con sguardo folle e serrare un pugno, lo stesso che è ancora sporco di polvere di mattoni triturati.

Volta il capo, come se guardarmi fosse troppo fastidioso e digrigna i denti, mentre con l’altra mano mi fa un elegante gesto che mi da il permesso di allontanarmi.

In realtà mi sta dicendo di sparire prima che perda la pazienza.

Vorrei dire qualcosa, provare a fargli capire quello che provo, ma so già che sarebbe inutile. Tante volte ho sperato che fosse tutto più semplice fra di noi, ma non mi lascia mai molta scelta. Così, sconsolata, mi stacco faticosamente dal muro e mi avvio verso la porta, a testa bassa.

-Giusto perché mi piace essere onesto…- Inizia, alle mie spalle. -Volevo farti sapere che ieri notte, dato che tu avevi altro da fare, mi sono scopato Heidi alla grande!-

Un pugno mi avrebbe fatto meno male. Mi blocco dove sono, cerco di riprendermi ma non oso voltarmi, non ancora.

Come può averlo detto? Perché non capisce che trattarmi malissimo non serve e non è divertente?

-E non dico che lo abbiamo solo fatto, o che ho sprecato tempo in smancerie e chiacchere come faccio con te. Intendo che me la sono proprio scopata per tutto il tempo, in modi che non puoi nemmeno immaginare e…-

La sua risatina mi fa voltare, anche se mi sembra di essermi congelata.

-Bè, lei mi ha fatto proprio divertire e mi è piaciuto tantissimo!-

Sbarro gli occhi e trattengo un fremito, è come se qualcosa mi stesse uscendo dal petto e sento l’impulso di vomitare.

Sollevo lo sguardo, seguo attentamente le linee dell’arroganza che gli si è impressa sulla faccia, e la voragine che ho nel petto aumenta.

-Ma che accidenti hai in quella testa?- Soffio.

Più che un’accusa il mio è un lamento e così, ferita e umiliata, gli do le spalle e mi dileguo.

Ad ogni passo che mi sapere da lui, cerco con tutta me stessa di ignorare l’espressione fredda e contratta che aveva Demetri il secondo prima che mi voltassi, ripetendomi che non significa nulla.

Quel segugio è solo un bastardo.

 

 

 

Continua…

 

 

 

Rieccomi con un nuovo capitolo e scusatemi per il ritardo.

 

So che questo aggiornamento potrebbe sembrarvi strano e senza nessun evento significativo, ma ho nascosto indizi importanti fra le righe. Forse l’atteggiamento bizzarro di Marcus e Demetri non è solo follia momentanea, ma nasconde molto più di quello che appare.

Presto capirete e vi sarà tutto più chiaro.

 

Spero che la storia vi piaccia e vorrei sapere cosa ne pensate, se avete dubbi o domande fatevi sentire e vi risponderò volentieri.

 

Bacioni e grazie mille a tutti i lettori!

 

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Capitolo 5
*** Deformazioni ***


5. Deformazioni

 

 

 

 

 

-Mi spieghi come fai a non aver ancora imparato?-

-Mi spieghi come fai a non capire che non ti stavo proprio ascoltando?-

Lascio cadere la guancia contro il palmo della mia mano, che tengo sollevata con un gomito puntellato contro la superficie del tavolo.

-Quanti anni ti ci vogliono per capire le regole di un semplice gioco?- Si interroga il giovanissimo vampiro seduto proprio di fronte a me, dall’altro lato del tavolo.

Lascio roteare gli occhi.

-Sei con noi da trentotto anni, non sono sufficienti?-

Mi raddrizzo e nascondo un sorrisino. -Li hai contati? Sei uno dei pochi a non arrotondare i miei anni addirittura a cinquanta!-

Anche lui sorride, deliziato. -Sono uno dei pochi a fare attenzione a quello che dico!-

Scuto la testa. -Giocare a scacchi non è semplice! Tanto meno quando il tuo avversario ha iniziato secoli primi di te e conosce ogni strategia per arrivare alla vittoria!-

Il mio amico ridacchia.

-A, dimenticavo, l’avversario in questione non sa perdere!- Preciso.

-E come fai a dirlo, hai mai vinto?-

Lancio un’occhiata fugace alla pregiata scacchiera in mezzo a noi, prima di sollevare lo sguardo sul ragazzino più vecchio della storia. È incredibile pensare che Alec abbia diversi secoli più di me, abilmente nascosti dietro i suoi lineamenti da eterno bambino.

-Ti piace giocare proprio contro di me perché sai di vincere facile.- Affermo.

Le sue labbra carnose si arricciano. -Ma no, è che vorrei davvero insegnarti qualche trucchetto!-

-Potresti svelarmi perché giochi sempre con i bianchi!-

Si stringe nelle spalle. -Muovono per primi!-

Lo studio per un instante, attenta alla sue espressioni volutamente piatte per passare inosservate.

-E per te è indispensabile avere quel vantaggio, giusto?-

-Mi piace stabilire le regole!-

-Vuoi solo vincere!- Lo punzecchio.

Ma Alec si siede più comodamente sullo sgabello, incrocia le braccia sul tavolo e ricambia il mio sguardo attento. -Applicati, diventa brava e battimi!-

Guardo da un’altra parte e torno ad appoggiare il mento al palmo della mano. -Ci sono più probabilità che scoppi un terremoto proprio adesso!-

La camera sotterranea in cui ci troviamo ha il soffitto a volta, strutturato da travi in legno a vista. Ampie colonne di marmo sostengono gli archi eleganti, a cui sono appesi vecchi lampadari di ferro battuto neri con finte candele elettriche. Ovviamente non ci sono finestre, ma diversi tavoli circolari con panche di legno attorno.

Chiamiamo scherzosamente questa stanza la taverna, ed è quanto di più simile abbiamo a una sala giochi, che usiamo come punto di ritrovo. Fra una missione e l’altra, quando siamo liberi e abbiamo voglia di passare del tempo con i nostri compagni senza nulla di particolare da fare, scendiamo qui sotto.

A volte ci vengo anche solo per starmene seduta in un angolo a leggere, ascoltando le chiacchere sconclusionate dei miei colleghi, oppure mi intrattengo con loro per ammazzare la noia quando la solitudine della mia camera non mi alletta particolarmente.

-Magari ti divertirebbe di più giocare con il tuo caro Demetri…- Esclama Alec, senza preavviso.

Torno a prestargli attenzione, cogliendo la sua smorfietta antipatica mentre rimette in ordine le pedine sulla scacchiera.

Per sua fortuna, qui dentro siamo quasi soli oggi, ed ha avuto almeno la gentilezza di usare un tono di voce lieve. Se siamo fortunati, magari non lo avranno sentito in tutto il castello.

-Non credo proprio!- Chiarisco, anche se non capisco fino in fondo il senso della sua provocazione.

Quello che so è che, il solo sentire il nome di Demetri, mi ha scombussolato e irritata più di quanto vorrei.

-Perché, non calcoli ogni passo che fai in base a quelli che fa lui?-

Gli riservo un’occhiataccia particolarmente ostile e lui mi ricambia con un sorrisetto. Continuo a non capire cosa lo diverta tanto, ma d’altro canto si tratta di Alec, lui adora far infuriare chi gli sta vicino. È il suo passatempo preferito.

Sorrido, mi avvicino a lui appoggiando le braccia sul tavolo e decido di stare al suo gioco.

Ma a modo mio.

-Perché non ci giochi tu con Demetri? So che ti batte sempre…-

I suoi lineamenti si contraggono come se avesse assaggiato con la punta della lingua un frutto aspro e amaro.

-Lui gioca con i neri!- Appura, con tale disprezzo che penso abbia davvero qualcosa di acerbo in bocca.

-Allora siete una coppia di sfidanti perfetti!- Canticchio, congiungendo i palmi delle mani per rafforzare il concetto.

-Studia le mosse dell’avversario, riflette, tipico di lui! Cacciatore fino al midollo!- Brontola, scuotendo la mano come se stesse cacciando via una mosca.

-Abbiamo tutti le nostre deformazioni professionali.-

Ruoto leggermente su me stessa, faccio passare una gamba oltre la panca e mi ritrovo a guardare Chelsea e Afton che amoreggiano in un angolo. Sono seduti attorno ad un tavolino, abbracciati e troppo impegnati ad accoccolarsi per badare a noi.

Mentre osservo la ragazza dai lunghi capelli chiari, abilmente ondulati che le incorniciano il grazioso viso a cuore, mi chiedo perché accidenti non riesca a farmi andare a genio quei due.

Il potere di Chelsea dovrebbe rimanere segreto ma è noto a tutti, preferiamo comunque non parlarne per non dargli troppo peso, o forse per non ricordarci da soli che l’unione del nostro gruppo non è del tutto casuale.

Il punto è che quella vampira non mi piace, a pelle preferisco starle alla larga, forse perché temo il suo talento più del dovuto. Certo, è strano che io abbia la possibilità di esserle ostile, dato che potrebbe perfino farmi innamorare di lei, se lo volesse. Probabilmente Aro non ritiene indispensabile il mio affezionamento per Chelsea, anche se so che le ha chiesto di intervenire su di me quando ero appena arrivata, per darmi un aiutino speciale a integrarmi.

Non dovrebbe dispiacermi, d'altronde il suo è uno dei poteri più nobili, ma non è forse il più subdolo?

Il solo pensiero di non essere libera di odiare e amare chi voglio, quanto voglio, mi spaventa.

Per di più Chelsea è la migliore amica di Heidi, si confidano e passano molto tempo insieme, come due ragazzine che pensano solo al colore dello smalto per le unghie e agli abiti di moda del momento. Mi si storce il naso al solo pensiero.

Afton poi, non lo sopporto proprio, parla il meno possibile e fa di tutto per farmi sentire in difetto ogni volta che apro la bocca in sua presenza. Abbiamo anche avuto degli attriti abbastanza evidenti poco dopo il mio arrivo ma, forse grazie al potere di Chelsea o per i rimproveri e consigli che Demetri e Felix mi hanno impartito, ho imparato a considerarlo e a rispettarlo come mio collega, anche se non saremo mai amici.

Magari è la sua deformazione, tutti noi siamo influenzati dal nostro potere. Ogni nostro singolo talento deriva da un’attitudine che avevamo sin da umani, dal nostro stile di vita o da qualcosa che abbiamo subito.

Afton ha il potere di rendersi invisibile, guarda caso passa molto tempo da solo ed è molto selettivo nei suoi rapporti interpersonali.

Chelsea, invece, instaura legami solidissimi, ovviamente. Se odia, lo fa in maniera profonda, ma sa farsi voler bene da tutti ed è la beniamina del gruppo anche senza attingere alla sua abilità.

O almeno così lei dice.

-E tu che deformazione hai? Quella di essere tutta occhioni per il segugio?-

Impreco mentalmente, oggi Alec ha voglia di farmi saltare i nervi. Torno a guardarlo, non potendo fare a meno di confermare i miei pensieri. Dato il suo talento, dovrebbe essere noioso, apatico, invece irrita più di una pianta orticaria. Probabilmente porta le sue vittime al punto di invocare la sua nebbia soporifera. C’è anche da dire che Alec riflette molto e sa starsene ad ascoltare per ore senza mai replicare.  

In questo è molto simile a Demetri, magari è per questo che non vanno tanto d’accordo.

-E tu?- Ruoto nuovamente il busto per tornare a sedermi dritta e lo fisso a testa alta, sfacciata. -Il segugio ti sta tanto antipatico perché è più bravo di te nel tuo gioco preferito? Vuoi che batta i miei occhioni e gli chieda di insegnarti a non farti fare scacco matto?-

Lo sguardo di Alec si assottiglia, mi trafigge, ma le sue labbra si sollevano e si curvano in un ghignetto furbo.

Solleva una mano e agita le dita, su chi appare una nebbiolina nera vorticante. -Vuoi farti un sonnellino?-

Sventolo una mano creando minuscole e invisibili spirali tra le mie dita. -Vuoi farti in giro per aria?-

Rimaniamo a fissarci attentamente per qualche secondo, intanto che il ghigno di Alce si amplia e un sorriso sfugga al mio controllo. Non abbiamo realmente bisogno di sfidarci, ma credo di essere l’unica qui dentro a poter tenere testa ad Alec, a parte Jane, che ovviamente non farebbe mai nulla contro il suo adorato fratello.

Alec si abbandona a una fragorosa risata, battendo addirittura una mano sul tavolo, e fa sparire la sua nebbia anestetica.

-D’accordo! Niente scacchi.- Mi concede, ricomponendosi, mentre sposta delicatamente via la scacchiera. -Allora che facciamo?-

Non ho esitazioni e punto dritto lo sguardo sul mega schermo incastonato nella parete. È nero lucido, di ultima tecnologia digitale, ma in realtà fisso la scatoletta metallizzata su di una mensolina poco sotto il televisore.

Alec scuote la testa. -Moderna! Che cosa saresti senza la tecnologia!-

Nascondo un risolino e scivolo via dalla panca prima che Alec cambi idea. -A differenza tua, so divertirmi. E poi voglio poter fare un gioco dove posso vederti perdere!-

-Non sei più brava!-

Sto già raggiungendo la postazione, ma mi volto un attimo verso di lui. -Gioca allora, di che hai paura?-

Non risponde, così scrollo le spalle e vado a sedermi sul pavimento, davanti allo schermo.

-Apriti.- Bisbiglio

Al mio comando, la scatola di metallo si illumina di azzurro, sputando fuori un piccolo cassettino in cui sono contenuti due strani telecomandi, uno rosso e uno blu. Li prendo e, quando Alec si accovaccia al mio fianco, gli passo quello blu.

-Puoi scegliere il gioco!- Gli propongo.

Nel frattempo, sullo schermo è apparsa una scheda colorata, divisa in reparti con le categorie di giochi disponibili. I quadrati con le immagini indicative lampeggiano, ma Alec non gli sta prestando molta attenzione.

-Per me è lo stesso!-

-Sfida di velocità?-

-Andata!-

Sollevo un braccio e muovo il dito per aria per selezionare il riquadro che mi interessa, la microcamera registra il mio movimento a distanza e fa partire il gioco deciso. Si apre una nuova schermata che ci permette di scegliere un modello di auto spaziale e un personaggio.

Striscio il dito sul sensore del mio telecomando rosso senza tasti e, quando sono soddisfatta delle mie scelte, disegno un cerchio con il pollice per dare conferma e una luce rosa si accende in risposta.

Quando anche Alec ha finito, parte un conto alla rovescia su di un panorama puramente fantascientifico che ritrae un circuito da corsa tra le stelle.

Quando premiamo i polpastrelli sul sensore per far partire le nostre vetture, Alec mi spintona, provando a farmi sbagliare già da subito.

Rido, gli do una spallata e mi concentro sulle curve che deve imboccare la mia vettura, tenendo saldamente il mio piccolo telecomando digitale.

Tuttavia, mentre la nostra gara di corsa va avanti, mi accorgo dell’eccessivo silenzio che ci circonda, e non è solo dovuto all’uscita di Chelsea e Afton, sembra che l’intera residenza sotterranea si sia addormenta.

Acuisco i sensi e mi sforzo, intanto che guido la mia macchinina spaziale, di rintracciare ogni possibile movimento. Gli allievi, tristemente chiusi nelle loro celle, lottano fra loro. Marcus è nel suo studio, lo sento spiegazzare delle pagine.

Aro e Caius sono con le loro mogli, di cui sento l’eco lieve delle risatine appagate.

Qualche guardia è ferma immobile in qualche angolo, di sorveglianza, altri sono nelle proprie camere e, chi non ne ha una, passeggia silenziosamente per i corridoi. Heidi si sta spazzolando i capelli, da circa mezz’ora, Santiago è in palestra ad allenarsi per conto suo.

Eppure, non percepisco la minima traccia di coloro che mi interessano di più.

Per questo mi sembra che manchi qualcosa, qualcosa di indispensabile.

-Cos’è tutta questa calma?- Indago, fingendo di essere attenta al gioco.

Alec non scolla gli occhi dallo schermo, l’unica cosa che muove sono i polpastrelli sul sensore.

-Sì… sai…- Sospira, disegnando un cerchio per far eseguire alla sua macchina un salto. -E che…-

Sembra tropo concentrato per formulare una risposta ma io, anche se mi fingo indifferente, sto iniziando a essere sempre più allerta.  

-Niente, sono andati in ricognizione.-

Se credeva di dare meno peso alla sua spiegazione, tirandola per le lunghe, ha sbagliato di grosso. Mi sforzo di non tradire emozioni, ma la mia macchinina ha avuto un brusco rallentamento.

-Chi?- Mi limito a chiedere.

Dentro di me qualcosa scatta, come se un campanello d’allarme avesse iniziato a strimpellare.

Lui sembra indifferente. -Felix, Demetri e mia sorella.-

La mia vettura imbocca una curva, per deviare un asteroide, andando a sbattere contro le sbarre di protezione laterali.

-E tu lo sapevi?-

-Certo.-

-E perché io no?-

La macchina azzurra di Alec taglia la linea del traguardo per prima. Lui sogghigna.

-Si vede che avevi altro per la testa!- Mi bacchetta, poi gli cade l’occhio sulla mia espressione e sospira. -Era una faccenda da poco, volevano essere discreti perciò non potevano mandare tutta la prima squadra al completo, non ti pare?-

Mentre i nostri personaggi virtuali salgono sul podio, Alec blocca l’animazione virtuale pigiando con un dito contro il suo telecomando, sceglie rapidamente la prossima pista e si prepara a ripartire.

-Perciò siamo rimasti fuori solo noi due?- Borbotto, premendo con le dita sul sensore per dare gas.

-Bastava che andassero Demetri e Felix, ma lo sai com’è fatta Jane! Ha voluto andare anche lei per forza!-

-Sarei voluta andare anch’io…-

Sì, conosco le manie di protagonismo di Jane e so benissimo che non perde mai occasione di imporsi come leder, partecipando e orchestrando ogni missione disponibile. Ma, con maggiore intensità, so cosa vuol dire prendere parte a un incarico, poter uscire, impegnarsi verso un obbiettivo, il sostegno della squadra, il senso di libertà e responsabilità che da la carica.

E so com’è uscire con Demetri, che mi tiene sempre sotto controllo come se temesse che qualcosa possa aggredirmi solo perché sono fuori dal castello. So com’è aiutarlo a scovare i trasgressori, cosa vuol dire lavorare insieme, tra momenti delicati e attimi liberatori.

Penso a Felix, spietato quando serve, ma trascinante.

Probabilmente, se fossi stata assegnata a una missione con Demetri proprio oggi, non ci saremo neanche parlati, ma sarebbe stato un modo per costringerci a passare del tempo insieme e magari lui avrebbe fatto lo scemo per farsi perdonare.

Ed io ci sarei cascata, come al solito. 

Scuoto la testa, non voglio più rivolgere la parola a quel segugio per un bel pezzo, a prescindere da cosa farà.

Tuttavia, se fossi uscita con loro, avrei potuto punzecchiare i nervi di Jane, ricordandole che il mio potere uccide più del suo. Mi sarei goduta i suoi sguardi incolleriti mentre, con la mia sola presenza, le toglievo importanza.

-Ci prenderemo la prossima missione, e sarà anche più divertente.- Mi consola Alec.

Sospiro, leggermente insospettita dalla sua accondiscendenza, mentre provo a concentrarmi sulla gara di corsa.

Eppure qualcosa non torna. Sembra la fine della pioggia quando, passata la tempesta, si sente ancora il ticchettio delle gocce che cadono, imprigionate dalle foglie degli alberi o nelle grondaie delle case.

-Davvero non ti importa di essere rimasto qui? Andiamo sempre tutti insieme, e invece sta volta ci tengono fuori e per giunta non sapevo nemmeno che uscissero.-

-Te l’ho detto, era una sciocchezza! Non hanno neppure lasciato Volterra! Si trattava solo di un piccolo clan che ha sconfinato e dovevano essere rimandati fuori. Non c’era bisogno di andare in pompa magna, non c’era nemmeno bisogno che andassero in tre!- Taglia corto.

Intanto che parlava, la mia vetturina sfreccia via e aumenta il distacco con la sua, guadagnandosi il traguardo.  

-Ho vinto io!-

Lui soffia, infastidito, eppure non sono pienamente soddisfatta. Pigio freneticamente con le dita sul sensore per far ripartire una nuova gara, ma c’è ancora qualcosa che non quadra, è un dettaglio in bianco e nero in un paesaggio a colori.

-Allora perché non è andato Santiago? Serve il primo segugio per acciuffare un gruppetto dentro il nostro stesso territorio?-

Quando colgo lo scatto che attraversa le sopracciglia di Alec, so per certo che non mi servivano i sensi sopra sviluppati da immotale per cogliere la sua micro espressione facciale, considerandone l’evidenza. Ha avuto un fremito degli occhi, come se qualcosa lo avesse colpito, ma penso che potrebbe trattarsi di un gesto di stizza, magari l’ho colto in contro piede.

Magari non sa più cosa dire.

E allora ride.

Mette addirittura in pausa il giochino, sghignazza e mi posa una mano sulla testa, costringendomi faccia a faccia con lui.

-Certo che a te stare al chiuso ti fa proprio dare i numeri!-

-Deformazione professionale!- Ammetto candidamente.

Se controllo l’aria, mi è inevitabile averne bisogno. Sono affetta da una curiosa forma di claustrofobia vampiresca.

Guardo il rosso scintillante dei suoi occhi, ed è così limpido e calmo che inizio a sentirmi una stupida.

-Lo vedo!- Sorride, mi toglie la mano dai capelli e si raddrizza, riavviando la corsa. -Perché ti agiti tanto? Sono faccende degli anziani, hanno deciso così perché avevano le loro ragioni. E poi lo sai, non esce nessuno da un po’, perciò hanno dato questo onore ai più importanti.-

-Ma non a noi!- Protesto, guidando la mia vettura a tutta velocità.

Voglio vincerla io questa corsa.

-E piantala! Tu puoi uscire quando vuoi, anzi, perché non vai a farti un giro? Non c’è nemmeno un raggio di sole.-

In effetti non ha tutti i torti, non mi serve un consenso scritto per andare a prendere una boccata d’aria e farmi due passi nella boscaglia. Potrei fingere di avere ancora bisogno di nutrirmi, anche se non è così.

E devo davvero uscire da qui.

-Vieni con me?-

Mi sento un po’ in colpa, io posso andare via quando voglio, mentre nessuno dei miei compagni può mettere piede fuori dal castello senza chiederlo agli anziani.

-Lo sai che non mi piace stare in mezzo agli umani! Se non c’è niente di divertente, preferisco starmene qui! -

Scrollo le spalle e continuo a giocare, riesco a superare Alec a una curva stretta e mi concentro per non perdere il vantaggio.

-Sei stressata perché non prendi aria, o perché tu e il tuo amico avete litigato?-

Temo che Alec non gradisca il rischio di perdere, vista la frecciatina appena lanciata.

-Hai sentito tutto?-

So che si riferisce alla litigata tra me e Demetri, e non ho dubbi.

-Vi hanno sentito anche le statue!- Esplicita, teatrale.

Alzo gli occhi al cielo. -Comunque non sono stressata.-

-Non devi lasciarti trattare in quel modo.-

Rimango talmente di stucco per la sua uscita che lo guardo di scatto, dimenticandomi della partita il corso. Era serio ma pacato, eppure non ha battuto ciglio e continua a giocare.

Batto le palpebre, sbigottita, e torno alla nostra partita, fermando appena in tempo il tentativo di Alec di superarmi. 

-Lo so, non ho bisogno di un avvocato.-

-O scusa, dimenticavo che solo lui può insultarti!-

-E poi sarei io quella stressata?- Replico, stizzita.

Metto il gioco in pausa e mi volto, inchiodandolo con uno sguardo deciso.

Lui sospira e allarga le braccia, forse in segno di resa oppure per spiegarsi meglio.

-Dico solo che dovresti farti valere, vuoi passare i tuoi prossimi secoli a fare quello che vuole lui?-

-No!- Sbotto, riprendendo il gioco.

-Allora inizi a fare quello che vuoi tu!-

-Lo faccio già!-

-A sì? E mentre lui se la spassa con le altre, tu che fai?-

-Perché dovrei fare quello che fa lui? Non penso solo a quello!-

Sono indignata, non penserà davvero che nella mia testa ci sia solo il sesso come in quella di Demetri?

Sta volta è lui a far scattare la pausa e a voltarsi verso di me.

-Va bene, allora ti pongo la domanda in modo diverso. Quando lui ti fa stare male dicendoti chi si è appena fatto, tu cosa fai?-

Rimango in silenzio, provo a cercare una risposta, ma di fatto non faccio nulla per cui taccio.

-Appunto!-

Torna a guardare lo schermo e riaziona il gioco ma, mentre le vetture saettano lungo il percorso stellare, mi arriva il messaggio nascosto dietro le sue parole.

-Mi stai dicendo di andare a letto con un altro solo per farlo ingelosire?- Chiedo, sbigottita.

Allora pensa davvero che sia tutta una questione fisica!

L’occhiatina eloquente che mi indirizza basta e avanza come chiarimento.

-Certo, aspetta che scelgo un candidato e via!- Sbotto, sarcastica.

-A già, tu sei la nostra santarellina moralista.- Attacca.  -Allora, signorina “mangio solo animali perché non voglio uccidere nessuno”, continua a farti umiliare da quell’idiota!-

La verità è che c’è un velo di logica nella sua idea, e non posso negare di averla presa in considerazione anch’io, ma so di aver fatto bene a scartarla a priori.

-Non vado con il primo che capita!-

-Chi ha detto il primo che capita?-

Scuoto la testa, questa discussione sta rasentando il ridicolo. -Non ti ascolto più.-

-Santiago ha un debole per te da un bel pezzo, e poi sai della rivalità tra lui e Demetri…- Si inclina leggermente per avvicinarsi alla mia spalla. -Sarebbe perfetto.-

-Non ti sento.-

Certo, Santiago è il secondo segugio in carica e, avendo lo stesso ruolo anche se con caratteristiche nettamente diverse, tra lui e Demetri non è mai corso buon sangue. Sarà sempre per la storia della deformazione professionale, ma loro due non sono mai andati molto d’accordo, e credo che se non si sono ancora uccisi a vicenda è solo per merito di Chelsea.  

Per di più c’è di mezzo Felix, il quale viene spesso affiancato ad uno dei due litiganti, che perciò se ne contengono l’amicizia.

E poi sapevo da un pezzo che Santiago stravede per me, con grande gioia di Demetri.

Quei due sono rivali in tutto, nel lavoro, in amicizia e anche in campo di donne. Se andassi davvero a letto con Santiago, farei uno scacco matto a Demetri talmente crudele da stenderlo per un paio di mesi.

Peccato io non sia una facile come lui.

-Se non ti piace scegli qualcun altro!- Consiglia Alec, con tanta tranquillità che pare mi abbia suggerito di prendere l’ombrello prima di uscire.

Adesso stiamo davvero esagerando.

-A sì, e chi? Con te di certo non posso!-

Ho parlato senza pensare, scherzosa. Ma la testa di Alec scatta rapida contro di me e due rubini infuocati mi trapassano.

-È solo perché ho l’aspetto di un ragazzino?-

La sua espressione è un misto tra rancore e furia, mi fissa quasi con disgusto ed io mi sento rimpicciolire.

-Io non volevo dire…- Tento, ma fallisco ancor prima di iniziare.

-Lo sai da quanto sono al mondo?- Abbaia, aspro. -Sei tu a essere solo una bambina per me!-

-Intendevo dire che sei mio amico!- Mi affretto a precisare, agitando le mani per richiamare la sua attenzione.

Pessano i secondi e, rilevando che non stavamo più giocando, la partita si è messa in pausa da sola. Alec assottiglia lo sguardo, piega il capo da un lato e solleva le sopracciglia.

Alla fine scoppia di nuovo a ridere.

-Ancora peggio!- Schiamazza. -Ora capisco: tu non ci sai proprio fare con gli uomini!-

Rimango di sasso, confusa e anche un po’ offesa.

-Mi hai appena detto che sembro un bambino per poi rifilarmi il peggiore dei rifiuti: “ ti vedo solo come un amico”.-

Non sono del tutto d’accordo con la sua spiegazione, non mi pare di aver detto esattamente quello che ha capito lui.

-Alec, io…-

-Sei proprio una bambina!- Sentenzia, riprendendosi dall’attacco di risate.

-Sei tu a esserti offeso per niente!- Sottolineo, mettendo il broncio.

Odio che mi trattino come un moscerino appena venuto al mondo solo perché hanno tutti molti più secoli di me.

-Non mi sono offeso, ma tu sei ridicola!- Mi liquida, riprendendo in mano il controller e riavviando la corsa.

-Che ho fatto adesso?-

La mia macchina è ancora in testa, posso farcela.

-Vado a prendere Jane all’ingresso, quando tornano. Perché non vieni pure tu ad aspettare il tuo amato, magari puoi fargli le feste.-

-Ma che hai?- Sbotto, lasciando per un secondo il sensore.

-Niente!-

-Non volevo offenderti! Sei tu che mi hai consigliato di comportarmi da sgualdrina!-

Chiarisco a bassa voce. Forse ho davvero detto qualcosa di sbagliato, ma nemmeno lui scherza.

Stira le labbra e sospira. -Non era mia intenzione farlo, mi scuso!-

-Perdonato!-

-Perdonata!-

Potrebbe andarmi bene questa conclusione, se non fosse che il maledetto ha approfittato della mia distrazione per superarmi e aggiudicarsi la corsa.

-Tu guarda!- Mi rivolge un sorriso a trentadue denti aguzzi. -Ho vinto!-

Guardo lo schermo, dove i nostri omini sono di nuovo intrappolati in un’animazione virtuale su di un podio dorato.

Le singole corse per partita sono tre, e Alec ne ha vinte due.

Ha vinto davvero. Anche sta volta.

 

 

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

Ciao a tutti, scusate se aggiorno a rilento, ma faccio quello che posso per trovare del tempo per scrivere.
Questo capitolo è quasi di passaggio, diciamo che una semplice chiacchierata si è trasformata in un intero capitolo, ma ho nascosto diversi indizi anche qui.

Avete notato niente di sospetto? Vi viene in mente qualcosa?

Spero di aver accontentato le amanti di Alec, visto l’importanza che ha in questo capitolo.
Per Demetri e tutti i chiarimenti necessari, pazientate ancora e presto aggiornerò!

 

Grazie a tutti quelli che leggono, ma soprattutto a chi trova il tempo per recensire : )

Bacioni!

 

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Capitolo 6
*** Respirare ***


6. Respirare

 

 

 

Alla fine ho deciso di seguire il consiglio di Alec e, approfittando della pioggia, sono uscita dal castello. Nei giorni assolati, posso sognarmi di avere il permesso di andarmene in giro, con il rischio che i raggi caldi accendano i riverberi diamantini della mia pelle immortale, attirando l’attenzione degli umani. Ma, sotto strati di nuvole annerite, non corro rischi e posso addirittura mischiarmi agli ignari cittadini di Volterra.

Non ho mai capito se mi sia davvero permesso oppure no, poter passeggiare per la città come una qualunque ragazza mortale, osservando le vetrine. È buona norma indossare abiti comuni, addirittura anonimi, niente che possa rimanere impresso.

Ho lasciato sciolti i capelli, semplici e insignificanti a occultarmi anche un po’ il viso, jeans sbiaditi e comuni stivali neri. Quello che stona leggermente è il mio maglioncino rosso.

Se succedesse qualcosa, se dovessi interferire in qualche modo, sarei la ragazza in rosso.

Lascio scivolare all’interno della scollatura la collana dorata con lo stemma dei Volturi in cui è incastonato un piccolissimo rubino, onde evitare che un vessillo tanto appariscente richiami più sguardi di quanti vorrei, e allaccio la cintura del cappotto nero per coprire il rosso del maglione.

L’ombrello, ovviamente scuro ma blu, che tengo aperto sopra la testa mi ripara dalle goccioline di pioggia leggera che caratterizzano questo tiepido pomeriggio d’autunno.

Respiro a pieni polmoni l’aria fresca, è anche una giornata ventosa quella di oggi, sono proprio nel mio elemento e non potrei chiedere di meglio. Vorrei anche fare a meno dell’ombrello, di certo non mi preoccupano alcune gocce di pioggia, anzi, mi sembra di essermi finalmente immersa nella vita reale, tra profumi e suoni.

Cerco di mantenere il passo moderato e avanzo con il mento basso, per evitare di mettere in mostra i miei incantevoli lineamenti da immortale, o peggio, i miei occhi ambrati.

Quest’ultimo non è un grosso problema in realtà, poiché tutto questo afflusso di gente che riempie la piazzetta principale ha già risvegliato le profondità della mia sete annerendo totalmente le mie iridi.

Aggiro la grande fontana situata al centro, proprio di fronte all’ingresso di palazzo dei Priori e mi dirigo verso la via principale del paese. Passeggio con falsa disinvoltura e mi lascio distrarre dagli abitanti indaffarati per le compre quotidiane, godendomi la mia ora di libertà. I sotterranei del castello non hanno poi tutto questo grande fascino, preferisco una bocca d’aria fresca e un momento di svago in cui posso distrarmi osservando i ritmi cittadini.

Non ho una strana passione per gli umani, come si diverte a ripetere Felix, ma non vedo cosa ci sia di male a illudersi di poter avere il lusso di essere normale per qualche ora, infondo posso pensare a vampiri cattivi da uccidere tutti gli altri giorni. 

Amo la mia condizione di immortale, fare parte dei Volturi mi appaga molto, eppure a volte è come se non riuscissi più a respirare. Forse è soltanto colpa del mio potere, occasionalmente devo correre a rifornirmi di aria, oppure ho solo bisogno di staccare la spina e persino vivere sembra più facile quando sono qui fuori.

Passo davanti ad un negozio di dolciumi da cui esce una fragranza di pane appena sfornato, zucchero tostato e frutta fresca, che quasi mi stordisce, ma vado avanti. Le mie orecchie sono riempite dal chiacchiericcio circostante e devo muovermi abilmente per non urtare nessuno o per evitare che qualcuno si accorga della bellezza del mio viso e inizi a fissarmi, eppure mi sento insolitamente rilassata.

Se non devo annoiarmi dentro la mia stanza, cercando disperatamente qualcosa da fare, va molto meglio. Questa dolce inerzia mi carica.

Inaspettatamente, come una luce in mezzo al buio, una melodia mi arriva dritta al cuore passando per i miei timpani e, attraverso il vociare insistente e l’ululato del vento che si mischia al ticchettio della pioggia, riconosco le note musicali di una particolare composizione.

Mi fermo di colpo e ascolto con maggiore attenzione anche se non ho dubbi, qualcuno sta suonando al pianoforte Le Onde di Ludovico Einaudi, la mia sinfonia preferita, la stessa che sento particolarmente legata a me.

Eppure, non appena inizio a lasciarmi trasportare dalle note, che conosco a memoria, la melodia cambia. E continua a cambiare, scivola sugli accordi delle sinfonie più note di Beethoven a quelle di Chopin, passa da un brano all’altro con una certa spontaneità e senza un senso apparente. Ciò che caratterizza i pezzi suonati e l’estrema bravura dello sconosciuto esecutore.

Io me ne intendo abbastanza, e so che ci sono tempi che gli umani non possono superare, ma queste note hanno un ritmo decisamente troppo incalzante eppure perfettamente pulito. Non ci sono sbavature, eppure ogni tasto viene pigiato subito dopo l’altro con assoluta precisione.

Chiunque stia suonando, è dotato di un talento inumano.

Assottiglio lo sguardo e seguo la scia della musica, supero alcune vetrine e mi fermo davanti all’ingresso di un bar retrò che, da come recita un cartello, il venerdì offre serate di karaoke e piano bar. Acuisco tutti i sensi ma non riesco a individuare nulla di significativo, sento una leggera fragranza dolce e decisa che indica la presenza di un singolo vampiro, ma chiunque ci sia all’interno di questo bar è stato abbastanza furbo da mischiarsi agli umani per mimetizzare la propria traccia.

Mi guardo un attimo intorno, non dovrei entrare in un locale ristretto pieno di umani ma, se c’è un vampiro lì dentro, è mio dovere acciuffarlo. Chiudo l’ombrello e lo lascio nel vaso accanto alla porta, faccio un respiro profondo ed entro.

Odio affrontare miei simili al chiuso, dove sono in svantaggio, e per di più con umani di mezzo non potrò fare molto. Non mi resta che sperare che il vampiro sia soltanto un imprudente visitatore che si è spinto troppo dentro Volterra, e che non abbia intenzioni bellicose.

Se sono fortunata, mi basterà mostrargli la mia collana con lo stemma dei Volturi e suggerirgli di svignarsela.

Però, non appena metto un piede dentro il locale chiamato bar dell’angolo, comprendo all’instante che c’è qualcosa che non va. Se c’è un vampiro qui dentro dovrei sentirlo subito, e invece sento appena la fragranza zuccherina da immortale, e a una seconda occhiata capisco quale sia il problema.

Nella saletta, per nulla apia, vi sono stipate almeno venti persone. L’insolita folla, tutta accalcata, è radunata attorno al pianoforte in religioso silenzio. Non biasimo questi spettatori, i vampiri sono creati per attirare gli umani già di per sé, se in più si mettono a dare mostra delle loro abilità e suonano il pianoforte in maniera eccellente, lo spettacolo è assicurato.

Alzo gli occhi al cielo, devo essere proprio sfortunata se inciampo in un vampiro esibizionista che ha ben pensato di mettersi in mostra proprio in pieno territorio dei Volturi.

A tal proposito, mentre mi faccio largo tra la folla e mi avvicino al piano, mi ritorna in mente che Demetri è uscito in missione con Felix e Jane. Da quello che ha detto Alec, stavano cercando un gruppo di vampiri che avevano incautamente sconfinato dentro Volterra, per invitarli, più o meno gentilmente, a girare i tacchi e sparire.

Sicuramente il mio nuovo amico pianista sarà uno dei trasgressori che erano già stati individuati con i piedi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Magari si è nascosto in mezzo agli umani per nascondere il suo odore e non farsi trovare, il che mi fa quasi ridere.

Demetri non ha certo bisogno del naso per trovare un fuggitivo, il suo potere va molto al di sopra del semplice fiuto. Anche se persino io, da così vicino, fatico a individuare la sua traccia olfattiva, il nostro segugio ha altri mezzi per scovarlo.

A quanto pare, toccherà a me accompagnarlo alla porta, prima quella del bar e poi quella del confine della città, sperando che non opponga resistenza.

Certo che, mi ripeto, intrufolandomi in mezzo agli spettatori per guadagnarmi la prima fila, è piuttosto strano un vampiro che si esibisce proprio nella piazza vicino al covo dei Volturi.

O è molto stupido, o molto furbo.

Starà cercando di lanciare un messaggio, magari una sfida, ma a me non importa. Se tieni e suoi denti lontani dal collo dei cittadini, posso limitarmi a sbatterlo fuori da Volterra senza fargli del male. Ma, se infrange il divieto di caccia in citta o se mi attacca, sarò costretta a staccargli la testa.

Mi faccio largo fra due uomini e mi fermo quando sono arrivata davanti a tutti nel cerchio, esattamente di fronte al pianista.

Adesso lo vedo benissimo, non c’è niente e nessuno in mezzo a dividerci, solo tre o quatto metri.

Ma posso osservarlo ancora meglio quando, proprio tra le note di quello che mi sembra un altro pezzo del repertorio del mio pianista preferito, Einaudi, Il suo volto si solleva con uno scatto deciso ma anche attento. Pare quasi che abbia avvertito un particolare profumo paradisiaco e, non potendo fare altro che obbedire a quel richiamo, avesse alzato e puntato il suo sguardo proprio sulla fonte da lui avvertita, senza sbagliare.

Ed è allora che i suoi occhi neri si posano su di me.

Un vortice si apre al centro del mio petto e mi attira inesorabilmente all’interno delle sue viscere, all’interno di me stessa. Una bolla invisibile mi imprigiona e mi isola da tutto il mondo che mi circonda, non ci sono più suoni ma solo brividi caldi e poi freddi che mi lambiscono la pelle. Sono rimasta da sola con lo sconosciuto, al centro del nulla, e il mio respiro accelera.

Mi sembra che, per una frazione di tempo decisamente breve, ogni particella del mio essere sia stata scossa, ma devo riprendermi. Non c’è ragione che mi spinga a sperimentare un turbamento tale, così batto più volte le palpebre, eppure temo che l’incanto in cui sono caduta nell’incrociare gli occhi del vampiro abbia già sortito su di me il suo bizzarro ma potente effetto.

Assottiglio lo sguardo, non comprendo cosa mi sia accaduto, quindi studio il viso del trasgressore in cerca di un qualche tipo di indizio.

Forse ci siamo già visti.

Una mascella squadrata e zigomi ampi caratterizzano un viso mascolino e rude, ma di una bellezza mozzafiato. Un leggero strato di barba incolta gli copre la pelle del mento e delle guance, mentre la fronte alta è completamente sgombra, visto che i suoi capelli di un rosso scuro sono tirati all’indietro e raccolti in un codino dietro la nuca.

Studio i suoi occhi affilati, le sue labbra sottili, ma non mi sovviene nulla. Per di più, concentrata sulle mie emozioni, ho messo in secondo piano l’espressione stessa dello sconosciuto.

Quando mi ha vista, è stato come se avesse ripreso a respirare in quel momento dopo ore sott’acqua. Ha schiuso le labbra e ha inspirato a pieni polmoni, gustandosi il mio profumo con le palpebre leggermente abbassate. I suoi occhi sono rimasti incollati su di me, ma il suo viso si è come congelato, celando ogni suoi possibile pensiero.

Ma per magia, in un istante, tutto cambia e un sorriso sornione gli solleva gli angoli della bocca. Nascondendo a stento la sua allegria, cambia melodia e suona qualcosa di allegro che non riconosco, forse perché sono ancora sconvolta da me stessa e tremendamente confusa.

All’improvviso balza in piedi, facendo un breve inchino alla folla che si concede un caloroso applauso.

Ma lui non ha terminato lo spettacolo.

I suoi occhi tornano dritto nei miei, mi sorride, e mi si avvicina lentamente. Non voglio deviare lo sguardo, sono una Guardia dei Volturi e non abbasso gli occhi davanti a nessuno. Se vuole giocare, avrà la sua partita.

Certo, non posso fare a meno di pensare che non voglio perderlo di vista, e non solo perché si tratta di un invasore da spedire fuori.

L’uomo striscia elegantemente verso di me, sorridente, anche se i suoi occhi sono perle di ghiaccio attorniate da ciglia nerissime. Tutto in lui mostra arroganza, dal codino allo sguardo intrigante, per finire con le labbra sensuali.

Sogghigno, almeno mi divertirò un po’ prima di farlo a pezzi, infondo mi stanno simpatici i vampiri audaci che non temono la potenza dei Volturi. Peccato che gli farò rispettare le regole a modo mio.

L’immortale stende il palmo della sua mano verso di me, sventolandoci sopra l’altra mano e mostrando il gesto al pubblico. Capisco che vuole far vedere che non ha nulla sopra e credo si stia preparando per un giochetto di prestigio.

Come immaginavo, con una certa maestria teatrale e attirando su di sé gli sguardi incuriositi dei presenti, batte tre volte i palmi delle mani, fino quando, magicamente, qualcosa compare sul palmo che teneva steso verso di me.

Parte il secondo applauso, corredato di qualche risatina eccitata, ma io faccio roteare gli occhi. Ovviamente non può ingannare me, che ho colto il suo movimento a velocità da vampiro. Senza che l’occhio umano dei presenti se ne sia accorto, il vampiro ha semplicemente estratto l’oggetto dalla tasca dei pantaloni, non lo ha certo fatto sbucare fuori dal nulla.

Ma per i cittadini attorno a noi, questo trasgressore è un abilissimo pianista e un divertente prestigiatore.

Sollevando appena il palmo della mano, l’uomo mi invita ad accettare il suo dono, guardando prima la sua mano e poi me, con tanto di piccolo inchino d’incoraggiamento.

Arriccio le labbra in un sorrisino, quello che mi sta evidentemente offrendo, è una pietra luccicante. Come può una donna resistere a un uomo che le offre un gioiello?

Osservo il vampiro, ha un ghignetto innocente quanto sinistro, ma non intende distogliere lo sguardo dal mio. Mi ripeto che una guardia dei Volturi non abbassa la testa davanti a un nemico, e non rifiuterei mai una provocazione da un furfante del genere. Per di più siamo al centro dell’attenzione e non posso che recitare la mia parte.

Tenendo gli occhi nei suoi, faccio scivolare le mie dita sulla sua mano per prendere la pietra, mentre un ennesimo brivido mi percorre la schiena e si insinua nel mio petto.

Scuoto la testa e avvicino a me la pietra per ammirarla meglio.

Credo sia la gemma, o la roccia, o qualsiasi cosa sia, più bella che io abbia mai visto. All’inizio penso sia uno zaffiro, dato il colore, ma non è trasparente come un diamante, sembra proprio un pezzo roccia.

Ma è molto di più. È particolarissima.

È liscia al tatto ed è perfettamente fredda e levigata, come se fosse un ovetto di vetro con imprigionate al suo interno bellissime graffiature che vanno dal cobalto allo smeraldo con punte bronzate. Sembra una parete di roccia ghiacciata su cui si rispecchiano le luci dell’aurora boreale.

Sono sempre più stranita, non conosco questa pietra, e di certo non so perché mi sia stata offerta. Forse solo in segno di pace, magari ha capito chi sono e vuole ingraziarmi.

Torno a guardarlo, incurvando le sopracciglia, ma ciò che vedo è il suo ampio sorriso colmo di soddisfazione.

Fa un passo indietro, si esibisce in una piroetta al centro del cerchio di spettatori, poi si inchina e sventola le mani in segno di saluto mentre si fa largo tra la folla per raggiungere la porta.

Mi picchietto la pietra sotto al mento e mi prendo un attimo per riflettere, sospirando.

Non doveva essere poi così malvagio questo vampiro, se si stava solo esibendo davanti a degli umani, magari voleva davvero concedersi soltanto una provocazione al clan reggente.

Là fuori c’è una squadra di Volturi in cerca di un piccolo branco che ha invaso la nostra città e, guarda caso, questo sconosciuto si mette in mostra proprio in un locale al centro della piazza di Volterra. Non può essere una coincidenza, la faccenda è correlata. Sicuramente il trasgressore voleva godersi un insano giochetto o lanciare un segnale di forza.

Poco mi importa di cosa gli passi per la testa e della sua follia, il mio dovere è quello di assicurarmi che nessun vampiro entri in città senza permesso, per cui mi accerterò che se ne torni da dove è venuto.

Metto la gemma in tasca e, aggirando gli umani, esco dalla porta del locale per poi fermarmi subito.

La pioggia è aumentata, creando uno strato di foschia che rende difficile cogliere i dettagli dell’ambiente, per di più il rumore delle gocce che cadono con insistenza è assordante.

Mi guardo bene intorno, concentrandomi sui miei sensi potenziati, ma ovviamente il vampiro si è già dileguato. Provo ad annusare l’aria, ma l’acqua ha già cancellato la sua scia.

Analizzando meglio la faccenda, direi che è un po’ strano che il trasgressore si sia volatizzato nel nulla così facilmente, forse avrà fatto uno dei suoi numeri di magia. Però dovrei sentire almeno l’eco del suo odore, ma non c’è nulla a parte l’aroma della città bagnata. Ora che ci penso, non riesco a rievocare alla memoria l’odore del vampiro e capisco che è stato molto più astuto di me.

Mescolarsi alla folla all’interno del locale, ha davvero mescolato il suo odore, e mi ha reso impossibile ritrovarlo.

Potrei tornare dentro e cercare di percepire qualcosa, magari un residuo di odore dal pianoforte che stava suonando, ma a dire il vero preferisco ignorare la faccenda.

Non sono un segugio, il migliore dei Volturi è già fuori all’opera e, dato che al momento sono ancora arrabbiata con lui, direi che Demetri può andarsi a prendere il suo sospettato anche da solo. Sicuramente, se è con Jane e Felix al confine, individuerà il mio amico prestigiatore e provvederanno loro a lui.

Solo adesso mi accorgo che sono rimasta ferma in piedi sotto la pioggia, e un bambino che tiene per mano la madre, ferma davanti al negozietto di alimentari, mi osserva incuriosito.

Faccio una smorfia ma decido di ridarmi una sistemata, abbottonandomi la giacca con falsa disinvoltura, mentre respiro un ultimo momento d’aria fresca.

Adesso è ora di tornare sotto terra, il mio giretto fuori dal castello è durato fin troppo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

Sì, lo so, sono in ritardo, erano settimane che non aggiornavo ma rieccomi qui!

Non preoccupatevi se il capitolo sembrava strano, e vi garantisco che torneranno anche i nostri protagonisti.

Demetri è assente già da un po’ e magari sentite anche la mancanza della dolcissima Jane e forse anche degli anziani. Torneranno!

Ma cosa ne pensate, arrivati a questo punto? Avete delle idee?

Se volete, e se la storia vi piace ancora, lasciatemi un commento, ne sarei felicissima!

 

Baci e grazie a tutti i lettori!

 

 

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