Monster di Kano_chan (/viewuser.php?uid=4134)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo incontro ***
Capitolo 3: *** Emelie ***
Capitolo 4: *** Primo scontro ***
Capitolo 5: *** Rheinoldt ***
Capitolo 6: *** Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio? ***
Capitolo 7: *** Nomi ***
Capitolo 8: *** Da quanto tempo? ***
Capitolo 9: *** L'albero degli impiccati ***
Capitolo 10: *** Un peso sul cuore ***
Capitolo 11: *** Terribili verità ***
Capitolo 12: *** Casa è avanti, il mondo alle spalle ***
Capitolo 13: *** Pagine di libertà ***
Capitolo 14: *** L'uomo con le rughe ***
Capitolo 15: *** Prima di te ***
Capitolo 16: *** Vite dai doppi fondi ***
Capitolo 17: *** Libertà e speranza ***
Capitolo 18: *** Nubi temporalesche ***
Capitolo 19: *** Esperimento fallito ***
Capitolo 20: *** Forse un giorno ***
Capitolo 21: *** L'inizio dei giochi ***
Capitolo 22: *** Canti notturni ***
Capitolo 23: *** Tempesta nei ricordi ***
Capitolo 24: *** Verità insospettabile ***
Capitolo 25: *** Identità confusa ***
Capitolo 26: *** Il peso di una vita di troppo ***
Capitolo 27: *** Cenere alla cenere ***
Capitolo 28: *** Fiamme e devastazione ***
Capitolo 29: *** Sayonara ***
Capitolo 30: *** Freddo di solitudine ***
Capitolo 31: *** Chiamata dall'inferno ***
Capitolo 32: *** Volere e potere ***
Capitolo 33: *** Resa dei conti ***
Capitolo 34: *** Mai perdersi ma ritrovarsi ***
Capitolo 35: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
- È di lui che mi
dovrò occupare? –
- Sì –
Due voci, ovattate, come se provenissero da una bolla
sott’acqua.
Questo era tutto ciò che Bucky riusciva a sentire. Il
resto rimaneva nell’oscurità: immagini,
sensazioni, odori.
Tutto; all’infuori di quell’eco lontano.
- Perché lo avete affidato a
me? –
Era una voce femminile, con un lieve accento straniero.
- Perché non può
farlo nessun altro –
L’altra era una voce maschile, autoritaria.
- E tutti gli altri? –
La donna proseguì, con un leggero tremore nella voce.
- Non ci sono altri –
La lapidaria risposta dell’uomo piombò come un
macigno.
- Capisco –
Quell’unica
parola fu l’ultima cosa che il ragazzo registrò,
prima che
anche i suoni fossero inghiottiti dall’oscurità.
Head
room:
Buongiorno a tutti!
Questa mia piccola
long , di cui
avete appena letto il prologo (un pò scarno lo so),
sarà
una Bucky x Nuovo personaggio, si ambienterà in due periodi
temporali distinti: il 1945, durante la prigionia di Bucky all'interno
della base Hydra e nel presente, più precisamente appena
prima
della battaglia al Triskelion, per poi proseguire fino all'inizio di
Civil
War. Mi rifarò sia ai film di Captain America che al fumetto
sperando di riuscire a conciliare il tutto, ma mantenendo una trama
completamente inventata da me.
Scusate se vi ho
fatto queste
precisazioni, ma, visto che dal prologo non si capisce una beneamata
mazza, almeno vi ho dato un paio di indicazioni per farvi capire se
può essere una storia che vi intriga. Io ovviamente spero
che
vi intrighi tanto, ma proprio taaanto!
Venerdì
dovrei postare il primo capitolo, quindi avrete qualcosa in
più da leggere ^^"
Vi ringrazio fin da
ora per
l'attenzione e per l'eventuale decisione di dare a me e alla mia fic
una chance di tenervi compagnia per un pò.
Con
affetto,
Marta
.
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Capitolo 2 *** Primo incontro ***
1.
- Dannazione! –
Leanne si
abbassò oltre la macchina dietro la quale si era riparata,
evitando così una scarica di proiettili.
Era bastato un
attimo
perché si scatenasse il caos. Ora che oltre alla Vedova
nera,
si era aggiunto anche Captain America, le cose erano sensibilmente
peggiorate. In quel momento alla ragazza poco importava che
l’eroe nazionale stesse passando un brutto quarto
d’ora; il
suo unico obbiettivo era quello di non lasciarsi sfuggire il suo
antagonista.
Il Soldato d’inverno.
Lo aveva cercato troppo a lungo e aveva speso troppe energie per
lasciarsi scappare quell'occasione più unica che rara.
Impossibilitata
a fare di
nuovo capolino oltre il cofano, Leanne afferrò lo
specchietto
rotto di una delle vetture vicine e lo usò per guardare cosa
stesse succedendo.
Se non fosse
stata addestrata
a seguire i movimenti in combattimento, non sarebbe riuscita a
distinguere nemmeno mezza mossa dei due contendenti. Erano
veloci
oltre l’inverosimile e assolutamente letali, ma erano
comunque in
una situazione di stallo. Ad ogni colpo di Rogers, il Soldato
rispondeva prontamente e viceversa.
-
o forse no… - sussurrò la
ragazza assottigliando lo sguardo.
Captain America
finalmente
era riuscito a bloccare il braccio metallico dell’avversario,
colpendolo al viso con il suo scudo e scagliandolo lontano. Fu in quel
frangente che perse la maschera…
Leanne strinse i
denti, mentre Rogers restò pietrificato riconoscendo nel suo
nemico il suo vecchio amico.
Mentre i due si
squadravano,
Leanne ne approfittò per avvicinarsi ulteriormente,
portandosi
alle spalle del Soldato e usando le auto ferme in mezzo alla strada
come copertura. Stava per raggiungere un grosso Suv bianco, quando
un’esplosione la buttò con violenza a terra.
Le orecchie
presero a fischiarle coprendo gli altri suoni; sintomo tipico di una
deflagrazione a corta distanza.
Leanne scosse la
testa un
paio di volte mentre, con l’ausilio dei gomiti, si metteva
carponi. Si guardò attorno confusa. Dov’era il suo
bersaglio?
Malferma si
tirò in piedi e imposasi di riacquistare la
stabilità, iniziò a guardarsi intorno.
Vide un gruppo
di auto
blindati neri accerchiare i due Avengers e l’uomo con le ali,
ma
non se ne preoccupò. Si diresse invece dalla parte opposta,
l’unica dalla quale il Soldato poteva essersi allontanato.
Corse fino a
fermarsi ad un
piccolo incrocio e lì cercò di immaginarsi quale
strada
potesse aver preso. Una volta che si fu decisa si rimise a correre.
“ Non
puoi perderlo,
non di nuovo! Non avrai un’altra occasione del
genere”
pensava la ragazza “ non puoi per…”
Il suo pensiero
si interruppe
bruscamente quando, svoltato l’angolo di
un fabbricato in
mattoni, qualcosa la inchiodò al muro, mozzandole il respiro
e
riempiendo il suo campo visivo di puntini neri.
-
James, fermo! –
Quel grido fu
l’unica
cosa che la salvò dall'essere freddata all'istante. Non
appena
riuscì a riacquistare la vista, vide di avere un coltello da
combattimento seghettato ad un centimetro dal viso. Il Soldato la
squadrava con sospetto e confusione.
-
James
– lo chiamò di nuovo, con una supplica
implicita di
allentare la presa che le stava togliendo il fiato.
-
Non so chi sia – replicò
l’uomo con rabbia trattenuta.
-
Sei tu. Lasciami andare e ti spiegherò tutto
– replicò la ragazza.
Il risultato di
quella proposta fu di essere ancora più pressata e sollevata
parzialmente da terra.
-
Ti prego, ascoltami – insistè,
aggrappandosi al suo braccio di metallo.
Una sirena prese a suonare non distante da loro. Leanne vide gli occhi
chiari del Soldato concentrarsi sulle istruzione che probabilmente gli
stavano arrivando all’auricolare. Quando si
conclusero, l’uomo tornò a guardarla e con un
gesto brusco la scaraventò a terra.
Leanne tra un
colpo di tosse e l’altro, si allungò ad
afferrargli il braccio per impedirgli di andarsene.
-
Devi restare, non tornare da loro! – gli disse.
Il Soldato non
le diede minimamente ascoltò, limitandosi a strattonarsi
dalla sua presa e ad allontanarsi.
-
James!
– gli urlò dietro lei – se torni
indietro non
faranno altro che sfruttarti ancora e ancora! Fidati di me, fermati!
– provò nuovamente a convincerlo senza alcun
esito.
Leanne non
sapeva più
cosa fare. Ormai era chiaro che non le avrebbe dato retta. Si
ritrovò di nuovo a provare quel senso di impotenza, che per
tanto tempo l’aveva logorata. Era stato nuovamente
tutto
vano?
- Non
posso fissare né l'ora né il posto, o lo sguardo
o le
parole che furono il principio del mio amore -
Quella frase
giunse
distintamente alle orecchie del Soldato e lo fece arrestare. Stupito si
voltò verso la ragazza. Il vento le scompigliava i capelli
neri
e in mezzo a quella strada gli sembrava quasi una visione surreale. Ma
non era stato quello ad averlo turbato… lui... lui quelle
parole
le aveva già sentite, solo che non sapeva dove.
Come quando
Captain America
lo aveva chiamato Bucky. Qualcosa si era mosso dentro la sua corazza di
assassino, qualcosa che non era ancora riuscito ad afferrare.
-
...E' passato troppo tempo. Ero già innamorato
prima di accorgermene. – concluse.
I due ragazzi
rimasero a fissarsi. Il Soldato fece un passo verso di lei.
-
Missione conclusa, ripeto, missione conclusa. Ritornare alla
base –
La voce asettica
che
uscì dal suo auricolare spezzò la magia. Il
Soldato si
voltò e proseguì per la sua strada.
Leanne si
afferrò le braccia chinando il capo.
Era stato tutto
di nuovo vano.
Head Room:
Buonsalve e ben arrivati al primo capitolo!
Vi ho
giusto giusto
introdotto uno dei personaggi principali, ovvero Leanne, che
farà parte degli eventi del 21esimo secolo. Questa
sarà
una delle uniche due scene che userò tratte dal film The
Winter
soldier; concedetemela, ne avevo bisogno!
La frase che viene citata da Leanne nelle ultime battute di questo
capitolo qualcuno di voi l'ha riconosciuta? Se così non
fosse vi
tolgo io dall'impiccio dicendovi che arriva da "Orgoglio e
Pregiudizio". Lo so, clichè! ^^" Questa povera Austen viene
abusata in tutti i modi, ma vi giuro che essendo uno dei miei libri
preferiti ho voluto renderlo parte della mia fic. Nel prossimo capitolo
si tornerà al 1945, quindi, se siete curiosi, l'appuntamento
è per venerdì prossimo!
Ringrazio chi ha
speso del tempo per leggere fino a qui e ringrazio anche HORANge_carrot per
avermi inserita tra le seguite.
Con
affetto,
Marta
|
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Capitolo 3 *** Emelie ***
2. Emelie
Una fitta
lancinante lo
strappò dal sonno. Bucky aprì gli occhi
di scatto
con il cuore che gli rimbombava nel petto e nelle orecchie.
La prima cosa che mise a fuoco fu un malinconico
neon sopra la sua testa, poi istintivamente spostò lo
sguardo verso
la fonte del suo dolore.
Là, dove doveva esserci il suo braccio sinistro,
vide solo il bianco del grezzo lenzuolo che lo ricopriva dalla vita in
giù.
Per un attimo rimase a
fissarlo inebetito.
Lo sentiva; sentiva il dolore, avvertiva quel
braccio che gli occhi non vedevano.. perché invece non
c’era?
Qualcosa di rosso, appena sopra il punto che gli doleva,
catturò la sua attenzione.
Il lino delle bende che ricoprivano il moncherino, iniziava a
macchiarsi di sangue.
Osservando
quella scena, il
suo cervello si liberò degli ultimi strati di appannaggio e
una
serie di immagini confuse prese a vorticargli in mente.
La missione sul
treno con Steve, la caduta, la voce di qualcuno che lo chiamava, una
striscia scarlatta sulla neve fresca.
La testa prese a
girargli e
una paura mai provata prima ad assalirlo. Mentre il respiro gli si
accorciava, sentì
l’impellente necessità di alzarsi e fuggire.
Scostò
le coperte e tentò di mettersi seduto.
-
Che stai facendo!? Fermo! –
Una mano esile
lo respinse sul
letto e un’altra lo afferrò per l’unico
polso
rimastogli. Bucky cercò di ribellarsi mentre il mondo girava
attorno a lui.
-
Fermo ho detto! Sei troppo debole, smettila! - lo
rimproverò ancora quella voce.
Il ragazzo smise
di agitarsi;
non tanto perché lo desiderasse, ma quanto più
perché le forze lo avevano abbandonato. Per un attimo
tornò a regnare il silenzio, mentre il suo battito cardiaco
cercava di rallentare e la testa si fermava.
-
Risparmia le forze finchè ne hai –
Quella voce
dall'accento straniero lo sorprese di
nuovo, ma ad occhi chiusi ricordò di averla già
sentita.
Quando riaprì le palpebre, mise a fuoco la sua
interlocutrice.
Era una ragazza
che poteva
avere dai venti ai venticinque anni, bionda. Due profonde occhiaie le
cerchiavano
gli occhi di un colore simile a quello del mare nelle zone tropicali; a
metà tra l’azzurro intenso e il verde.
Se non avesse
avuto quel
colore malaticcio, le guance incavate e lo sguardo spento, sarebbe
stata una di quelle
ragazze da mozzare il fiato a qualunque uomo. Ma il dolore
l’aveva resa l’ombra di quella che sarebbe potuta
essere in altre circostanze.
-
Chi sei? Cosa mi è successo? – le
domandò con voce arrochita.
Con quello
sguardo torvo con
cui lo aveva guardato fino a quel momento, Bucky si aspettava quasi che
alzasse gli occhi al
cielo ad una simile domanda, invece i suoi lineamenti si distesero ed
ella gli sorrise in modo
triste.
-
Sarebbe stato meglio per te non dover mai porre questa
domanda – rispose, poi si voltò.
Bucky, di
riflesso,
cercò di trattenerla con il braccio sinistro, dimenticandosi
che
non ci fosse più; ma la ragazza si era solo girata ad
afferrare
un bicchiere d’acqua e alcune pastiglie. Con delicatezza lo
aiutò a sollevarsi e gli porse prima le medicine e poi
l’acqua.
-
Prendile, serviranno contro il dolore – gli
spiegò.
Mentre le
ubbidiva, Bucky si
guardò attorno. Non si stupì di trovarsi in una
cella.
Era di spessi mattoni e cemento, con una solida porta in ferro a
chiuderne l’uscita. L’arredamento consisteva nel
letto
sopra il quale lui era sdraiato, un lavandino, un gabinetto e lo
sgabello sopra il quale era seduta la sconosciuta.
-
Dove siamo? – chiese quando le ripassò
il bicchiere vuoto.
Lei lo
appoggiò per terra e tornò a guardarlo.
-
Non lo so
di preciso… siamo in Germania di sicuro, ma in quale zona
non so
dirtelo – rispose lei.
-
Cos…-
-
Cosa ti è successo? – lo
anticipò lei e il ragazzo annuì.
La giovane prese
un lungo respiro.
-
Non so nemmeno questo… devono averti raccattato in
giro –
-
Chi? –
-
Quelli dell’Hydra –
Quell’unica
parola ebbe
il potere di gelare il sangue nelle vene di Bucky. Era caduto nelle
mani del nemico..
Pensava che il peggio sarebbe stato morire e invece
si sbagliava.
Ora si ricordava tutto... della
missione e della sua caduta nel burrone fra le montagne innevate. Per
qualche
strana ragione era sopravvissuto e quelli dell’Hydra lo
avevano
trovato.
Valutò
la possibilità che qualcuno lo venisse a soccorrere.
-
Non verrà nessuno –
La sentenza
della ragazza lo strappò bruscamente dalle sue congetture.
-
Non fare l’errore che ho fatto io. Non illuderti,
sarà più semplice – gli disse.
-
Perché ci tengono qui? –
-
Esperimenti… Cos’altro se no?
–
Bucky stava per
chiederle che tipo di esperimenti intendesse, quando un forte bussare
alla porta lo interruppe.
La ragazza ebbe
un fremito di quella che poteva essere paura, prima che si alzasse
avvicinandosi all’uscio.
-
Ehi, aspetta! - esclamò Bucky agitandosi
nuovamente.
-
Tornerò, non preoccuparti. Hanno bisogno di
qualcuno che si
prenda cura di te finchè non sarà il momento
– gli
disse mettendo mano sulla porta.
-
Il
momento per cosa? – domandò il ragazzo, ma lei non
gli
rispose – Dimmi almeno come ti chiami! –
-
Emelie – rispose mentre apriva.
-
Io sono James, ma tutti mi chiamano
Bucky – si presentò il ragazzo.
Emelie si
voltò appena, sorridendogli di nuovo in modo triste.
-
Avrei
preferito non doverti dire che è un piacere conoscerti. Non
in
queste circostanze almeno –
Detto questo
scomparve oltre la porta, portandosi via quel poco di sicurezza che
Bucky ancora aveva.
Head Room:
Ciao a tutti!
E con il secondo
capitolo
è arrivata anche Emelie; personaggio chiave di tutta la
vicenda.
Spero sinceramente che riusciate ad affezionarvi sia a lei che a
Leanne. Non amo particolarmente dettagliare l'immagine dei nuovi
personaggi, per cui mi sono limitata al colore dei capelli e degli
occhi. Se sia bassa, alta, formosa o meno, liscia o riccia lo lascio
decidere alla vostra fantasia =)
Approfitto di questo
capitolo in
cui ancora non succede granchè, per dirvi da dove
è
derivato il titolo "Monster".
E' il nome di un brano degli Imagine Dragons di cui apprezzo molto sia
il sound che i testi, e questa canzone in particolare ho trovato che
fosse.. semplicemente perfetta per descrivere Bucky e la mia fic in
sè e per sè. Se avete voglia di darci un'occhiata
vi
lascio qui di seguito il link: Testo
e traduzione Monster
Legata al titolo
della storia
è anche l'impaginazione. Non sono una che ama cose troppo
vistose e da un pò di tempo, per le mie fic, ho adottato
questi
semplici banner. In questo caso ne ho scelto volutamente uno elegante,
per metterlo in contrapposizione con il nome della
storia. Monster... trovavo che fosse una bella
contrapposizione.
Ora che vi ho detto
un sacco di
cose di cui non vi frega niente, mi permetto di ringraziare dal
profondo del cuore tutti i numerosi lettori (Ero davvero commossa nel
monitorare il contatore delle letture)! Così come voglio
ringraziare la mia prima commentatrice _Alessia_C95, che mi
ha scritto una bellissima recensione, e anche coloro che mi hanno
aggiunta tra le loro storie preferite (Nemesis_inframe92 e Alzheimer),
seguite (_Alessia_C95,
Armidia e Myloxyloto0521) e ricordate.
Con
affetto, a venerdì prossimo.
Marta
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Capitolo 4 *** Primo scontro ***
3.
- Se voi oggi
lancerete quegli Helicarrier,
l’Hydra sarà in grado di uccidere chiunque la
ostacolerà; a meno che non li fermiamo. So di chiedere
molto, ma
il prezzo della libertà è alto, lo è
sempre stato
ed è un prezzo che io sono disposto a pagare. E se
sarò il solo, allora così sia; ma scommetto che
non lo
sarò -
Leanne sorrise
soddisfatta.
Se desideri trovare qualcosa o qualcuno, il posto migliore dove poterlo
trovare è al centro stesso del problema.
Ed era esattamente lì
che lei si trovava, sopra uno degli enormi
problemi di quel momento; ovvero uno degli Helicarrier
del progetto Insight.
Era certa al
100% che il
Capitano li avrebbe attaccati nel tentativo di fermarli, e la
più potente arma a disposizione da usare contro di lui, era
il
Soldato d’inverno. Era anche sicura che
l’annuncio appena fatto da Rogers, avesse spaccato il
personale
S.H.I.E.L.D. in due: quelli fedeli all’organizzazione e
quelli
affiliati all’HYDRA.
Per questo motivo, Leanne si era mantenuta sulla
paratia esterna, nascosta in una delle rientranze per la manutenzione
del velivolo.
Solo quando il clima si sarebbe riscaldato abbastanza da
creare la giusta confusione di personale, si sarebbe mossa.
Purtroppo, la scelta dell’Helicarrier sul quale salire era
stata designata solo
dal suo intuito. Alla fine aveva scelto l’Ammiraglia, che
probabilmente
sarebbe stata l’ultima ad essere presa di mira e quella
più difficile da conquistare; un'impresa che solo il grande
Captain America avrebbe potuto portare a termine.
Nonostante
cercasse di
mantenersi sicura di sé, Leanne non lo era per niente. Aveva
già fallito una volta e niente le assicurava che non
accadesse
di nuovo. La
presa
dell’HYDRA sul Soldato d'inverno era più forte di
quanto
pensasse... senza contare che, quasi certamente, al suo rientro alla
base fosse stato di nuovo sottoposto ad elettroshock e ad ibernazione.
Pensare a quelle
pratiche la
fece rabbrividire e infuriare, cosa che le provocò un
doloroso
aumento del battito cardiaco. La ragazza inspirò ed
espirò un paio di volte con decisione. Chiuse gli occhi,
svuotò la mente e congiunse le mani; così come le
avevano
insegnato. Il suono della canna di bambù che batte
ritmicamente
sulla pietra la calmò quasi subito. Assieme alla calma
però, provò anche una
fitta di nostalgia, che la portò a sperare che tutta quella
storia finisse e che lei potesse fare presto ritorno a casa.
Non passò molto tempo
perché l’Helicarrier sul quale si trovava
spiccasse il
volo e il combattimento prendesse il via.
Il fuoco
venne aperto su entrambi i velivoli adiacenti e Leanne giurò
di aver
visto l’amico volante di Captain America attaccarli
dall’alto.
La ragazza
decise che era
tempo di muoversi. Doveva procurarsi delle informazioni se voleva
capire dove si sarebbero diretti per sabotare l’Helicarrier.
Uscendo quindi dal suo nascondiglio, si diresse lungo il primo
corridoio utile, tenendo un passo adatto alla situazione concitata e il
mitra in braccio. Ad un certo punto, una pattuglia di soldati le
passò davanti ad un incrocio: un vero colpo di fortuna!
Accodandosi a loro, calcolò
bene la distanza e quando fu certa dell’esito delle sue
prossime
azioni, le mise in pratica. Richiamò l’attenzione
del
soldato davanti a lei e quando questi si fermò,
distanziandosi
dal resto del plotone, Leanne lo afferrò trascinandolo nel
corridoio attiguo e sbattendogli il capo sulla parete di metallo. Il
militare si afflosciò come una bambola di pezza, dandole
l’opportunità di occultare il corpo e di
recuperarne l'auricolare.
-
..liberino i passaggi inferiori dal livello 4 fino al CC.
Ripeto.
Tutte le unità convergano sui livelli superiori e
liberino
i passaggi inferiori dal livello 4 fino al CC. –
Leanne
ascoltò
l’ordine ripetersi un altro paio di volte. Per quale motivo
stavano facendo convergere tutte le forze ai piani superiori?
Perché lasciare liberi quelli inferiori?
"Nel
Command Core si
trova il computer centrale... e il trasmettitore della posizione
dell’Helicarrier…" ragionò; poi
spalancò gli
occhi.
-
Ma certo! - sibilò.
Non avevano
bisogno di squadre là sotto; gli sarebbero solo state
d’intralcio…
-
So dove andare.. – disse Leanne, gettando a terra
l’auricolare e
dirigendosi verso le scale che portavano d’abbasso.
-
Ehi tu! Non hai sentito gli ordini? Dobbiam.. - La ragazza non si
fermò nemmeno ad ascoltare la fine della frase del soldato
che
era sbucato dal vano scale. Impugnò il mitra e
calò il
calcio dell’arma sulla faccia dell’uomo, che con un
gemito
cadde riverso a terra. Con un colpo di tacco, poi, Leanne gli fece
perdere
completamente i sensi.
Ad ogni scalino
che scendeva si
sentiva sempre più in ansia. I colpi di arma da fuoco erano
aumentati e le sembrava che il tragitto fino al Command Core fosse
infinito.
In quell’istante c’era in gioco tutto: la sua
missione, la
vita di milioni di persone, il futuro. Tutto racchiuso nel tempo
scandito da un timer da qualche parte non lontano da lì. Era
ironico pensare che fossero dei numeri digitali a decretare la fine del
mondo; e
lei era pazza per riuscire a fare certi ragionamenti in quel momento.
Arrivata finalmente all’imbocco dell’ultima rampa
di scale,
si fermò. Da sotto arrivava
l’inconfondibile suono di una lotta serrata... La ragazza
dovette
prendere un respiro profondo, prima di correre giù e di
aprire
la porta che dava sul Command Core.
La prima cosa
che vide fu
Captain
America armeggiare con la colonna del computer centrale. Aveva diverse
ferite d'arma da fuoco dall’aspetto piuttosto serio, ma
nonostante questo, riusciva ancora a rimanere in piedi. Non si sarebbe
aspettata di meno da
lui.
In quel momento,
un colpo di pistola si andò a conficcare nella schiena di
Rogers e riscosse Leanne.
Il Soldato
d’Inverno era poco più sotto, con la canna della
pistola ancora fumante in mano.
Fu in
quell'istante che
l’eroe americano la vide. Nei suoi occhi comparve la
disperazione e
l’incredulità di vedere una perfetta sconosciuta
in quel
luogo. In mano stringeva spasmodicamente un chip, che poco
prima
stava probabilmente cercando di inserire nella consolle.
A Leanne
bastò un
battito di ciglia per decidere cosa fare. Corse verso l’uomo,
afferrò il chip che le stava porgendo e lo
sostituì nel
punto mancante.
-
Ok Capitano, ora vattene –
L’ordine
ricevuto
nell’auricolare di Rogers, si udì perfettamente
nel
silenzio che si era improvvisamente venuto a creare, ma Leanne non si
fermò ad ascoltare quello che il ragazzo rispose. Si avvicinò
invece al parapetto e si sporse.
Il Soldato d’inverno era ancora lì e la fissava
con la pistola stretta in pugno.
-
James – mormorò lei.
L’uomo
sollevò
l’arma contro la ragazza pronto a sparare, ma in quello
stesso
istante l’Helicarrier fu colpito duramente.
Leanne venne
sbalzata di
sotto, e con un colpo di reni si girò ad afferrare la
ringhiera
nel tentativo di frenare la caduta. L'urto che però
ricevette alla schiena
le mozzò il respiro, facendole perdere la presa sul metallo.
Riparandosi la testa, cadde malamente sul fianco.
Mentre
altri colpi raggiungevano il velivolo sconquassando il pavimento, la
ragazza ancora stordita alzò la testa.
Leanne si guardò intorno, individuando il Soldato d'inverno
bloccato sotto una delle strutture che avevano ceduto.
Corse verso di
lui nel
tentativo di aiutarlo e quando lo raggiunse, prese a spingere senza
però ottenere risultati. Era troppo pesante e lei, per
quanto fosse forte e allenata non aveva a disposizione la forza
necessaria.
Steve Rogers,
una volta
accortosi di cosa stesse succedendo, li raggiunse. Cercò di
sollevare il blocco, ma cadde stremato.
-
Ehi, tutto bene? -
La ragazza di
prima, quella che aveva inserito il chip al posto suo, lo
aiutò a rimettersi in piedi.
-
Pensi di farcela? – gli domandò.
Steve avrebbe
voluto
chiederle un mucchio di cose: tipo chi era? Come mai si trovava
lì? E
soprattutto.. perché sembrava volere a tutti i costi aiutare
il
suo amico d’infanzia?
Purtroppo la
situazione non gliene lasciava il tempo e così si
limitò alla risposta standard.
-
Certo –
Con
l’aiuto della
ragazza provò di nuovo a sollevare la maceria, abbastanza da
permettere a Bucky di divincolarsi. Non appena l’uomo fu in
piedi, la giovane gli si avvicinò. Il Soldato
reagì
d’istinto, colpendola con il braccio sinistro e mandandola al
tappeto diversi metri più in là.
Rogers la
osservò con la coda dell'occhio cercare di rimettersi in
piedi, mentre il Soldato puntava verso di lui.
-
Tu mi conosci! –
-
Non è verò! –
Leanne, a
carponi sul vetro
incrinato, vide Captain America venire atterrato dal Soldato e lo
ascoltò cercare di convincere il suo avversario a deporre le
armi. Ma quello non sembrava volerlo stare a sentire e si
accanì
un’altra volta contro di lui.
Quando vide Rogers buttare via lo scudo, la ragazza si
allarmò.
Cercò di riacquistare una posizione eretta, ma le gambe
ancora
non volevano saperne di muoversi secondo i suoi comandi.
Nel frattempo,
il Soldato aveva bloccato a terra il Capitano e aveva cominciato a
prenderlo a pugni con violenza.
-
Tu. Sei. La. Mia. Missione! – gli gridava ad ogni
colpo.
Leanne a quel
punto, gridando
per superare il dolore e la stanchezza, si rimise in piedi, lanciandosi
verso i due e afferrando il braccio sinistro del Soldato.
-
Basta James! Smettila! –
Due occhi
azzurri e confusi si piantarono in quelli lucidi di lei.
Perché
quei due cercavano di salvarlo? Cosa volevano? Chi erano? Cosa
sapevano di lui?
-
E allora concludila… -
La frase quasi
sussurrata del Capitano, arrivò alle orecchie del Soldato
che tornò a fissarlo.
-
Perché io sarò con te fino alla fine
–
L’uomo
rimase con il pugno sollevato, incerto sul da farsi.
Quelle frase gli ricordava qualcosa.. Erano
parole legate ad un evento triste.. ad un avvenimento remoto, confuso;
come se il ricordo stesse cercando di farsi strada attraverso una
strettissima apertura.
James fu
strappato di botto
dai suoi pensieri nel momento in cui la piastra in vetro, sopra la
quale
stavano, si ruppe, e Captain America cadde di sotto.
-
No! –
Leanne, rimasta
aggrappata al braccio del Soldato, fece per lasciarsi andare.
-
Ferma! –
L’uomo
si stupì
che quell'avvertimento fosse uscito dalla sua bocca, eppure a darlo era
stato proprio lui...
Aveva improvvisamente provato una fitta di quella
che poteva essere paura.. un sentimento che non ricordava nemmeno di
aver mai provato.
La ragazza lo guardò, stupita quando lui.
-
Devo
salvarlo James, o ti porterai dietro questo peso per tutta la vita
– gli disse e poi mollò la presa precipitando in
caduta libera.
Quando Leanne
raggiunse la
superficie dell'acqua, l’impatto fu talmente forte da farle
perdere l’orientamento di dove fosse il sopra e il sotto.
Quando
riuscì a stabilizzarsi, nuotò verso
l’uomo privo di
sensi che stava affondando e non appena fu a portata
di mano, lo afferrò provando a riportarlo fuori.
“E'
troppo pesante, non
ce la farò mai!” pensò disperata Leanne
scalciando
l’acqua "Se almeno non avesse tutta quella roba addosso!"
Era allo stremo
e la sola adrenalina che aveva in circolo non poteva bastare. Ogni tentativo le
portava via sempre di più le forze.
“Quanti
rimpianti ancora dovremo avere?”
Leanne, mentre
smetteva di dibattersi, riassaggiò di
nuovo l’amaro della disperazione; finchè un
improvviso spostamento d’acqua non catturò la sua
attenzione. Al suo fianco comparve il Soldato d'inverno, che con un
cenno della testa le fece segno di afferrare il Capitano.
Assieme lo
portarono in salvo nuotando fino alla vicina riva del fiume. Lì, la
ragazza si
lasciò cadere ansante e fradicia, e con i polmoni
che minacciavano di
andarle in fiamme. Prese
delle boccate d’aria molto profonde e poi sempre
più
piccole, cercando di non andare in iperventilazione. Quando si
riconnettè al mondo, vide che il Soldato d’inverno
si
stava già allontanando.
Leanne si rimise in piedi, incespicando
un paio di volte prima di riuscire a raggiungerlo e a piazzarglisi di
fronte. L’uomo si arrestò tenendosi il braccio
ferito.
-
Spostati – le intimò.
Leanne scosse la
testa – No, fermati e ascoltami –
-
Non mi interessa quello che hai da dirmi –
replicò il Soldato superandola.
La ragazza lo
afferrò per il braccio e lui si chiese come mai desiderasse
tanto essere uccisa.
-
Davvero
non ti interessa? Davvero ti va bene di andartene così? So
che
quello che ti ha detto Rogers non ti è stato indifferente
- insistè lei.
Il Soldato
d’inverno le
diede una lunga occhiata. Capelli scuri, occhi blu, fisico allenato,
addestrato probabilmente, ma per il resto era una comune cittadina
americana. C’era qualcosa però, nel suo sguardo,
di
disperato, come se la sua risposta potesse decidere del suo destino.
-
E tu potresti dirmi quello che voglio sapere? –
-
Penso di sì – rispose lei, senza
allentare però la presa sul suo braccio meccanico.
-
Perché dovresti? –
A quella domanda
sembrò in difficoltà.
-
E'
così strano che qualcuno ti voglia aiutare? – gli
disse
– No, ok, aspetta! – aggiunse vedendolo girarsi
nuovamente.
Il Soldato
tornò a guardarla.
-
Senti… ho delle buone ragioni per volerti aiutare,
ma non
è questo il momento per spiegartele. Fidati di me anche se
è difficile. Fidati del tuo istinto. Tra tre isolati
c’è un autofficina
dismessa, entra dal retro e aspettami – gli disse lei,
lasciandolo finalmente andare e tornando sui propri passi.
-
E tu dove vai? – le domandò
l’uomo sospettoso.
-
Non posso
di certo lasciarlo così! – replicò lei
con un
eloquente occhiata al capitano Rogers steso a terra – Devo
almeno
bloccare l’emorragia all’addome. Prima che arrivino
quelli
dello S.H.I.E.L.D. mi sarò tolta di torno e verrò
da te.
– lo rassicurò.
Leanne e il
Soldato si
squadrarono ancora per un momento e la ragazza lesse negli occhi di lui
l’indecisione e la diffidenza.
-
La scelta
è tua.. ma io non sprecherei questa occasione.
Perchè
dovrei farti del male dopo aver rischiato la mia vita per salvare la
tua? Non sono io il tuo nemico James. – detto questo, Leanne si
chinò sul Capitano.
Quando si girò, un istante dopo, del
Soldato non c’era più alcuna traccia.
Ora non le restava che sperare…
*Tutti i personaggi, ad esclusione di quelli
di mia invenzione, appartengono a madre Marvel e ai suoi disegnatori*
Head Room:
Buon pomeriggio a
tutti!
Spero che la vostra
Pasqua sia stata ricca di cibo e vino quanto lo è stata la
mia ^^
Con questo capitolo
si sono
concluse le scene tratte e rielaborate direttamente da TWS. D'ora in
poi mi addentrerò in un territorio assolutamente nuovo e la
mia
fantasia deciderà cosa fare! Spero che non ne restiate
delusi...
Come in ogni storia
che scrivo,
il mio spauracchio più grande è di non
trasformare la
protagonista in una Mary Sue (per chi non sapesse cosa sia,
è un
personaggio femminile, capace di risolvere sempre ogni
situazione nel
modo migliore. Una specie di super eroina senza macchia e senza paura)
e qui mi sono messa ancora più nei pasticci, decidendo di
inserire ben due ragazze ^^" Doveste mai notare una mia tendenza a
idealizzare troppo Leanne o Emelie vi prego di farmelo sapere, ma spero
proprio non capiti. Cercherò di bilanciarle in modo che non
siano delle povere fanciulle indifese, ma neppure delle She Hulk
inerrestabili!
Altra mia chimera
sono le scene d'azione... sono terribilmente impacciata quando devo
scriverle.. vi prego di avere pazienza!
Spero di non aver
offeso nessuno
se Leanne ha dato una mano al nostro Capitano e se si è
intromessa nel momento topico fra lui e Bucky *si fa piccola piccola*
Venerdì
prossimo torniamo nel passato e ritroveremo Emelie.. scopriremo
qualcosa in più su questa ragazza?
Come sempre
ringrazio chi usa il suo prezioso tempo per leggermi, commentarmi e per
inserirmi tra i preferiti, seguiti (SweetSmile)
e ricordati. Siete il motore di questa fic!
Con
affetto,
Marta
|
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Capitolo 5 *** Rheinoldt ***
Rehinold
Bucky aveva
avuto tutto il
tempo di pensare e ripensare alla sua situazione, e aveva raggiunto la
conclusione che ora come ora, non c’era alcuna speranza di
uscire
da quel posto. Al di fuori di quella angusta cella non sapeva cosa ci
fosse, nè sapeva quanto fosse grande la struttura, o quanti
nemici contenesse.
Quello che sapeva, era che le sue forze erano dimezzate. Letteralmente
dimezzate...
Il ragazzo
corrugò la fronte, sentendo una lieve ondata di panico
lambirgli la mente.
“James
Buchanan Barnes,
hai affrontato innumerevoli missioni senza avere la certezza di
tornare, e
per ultimo sei caduto da un treno in corsa con la consapevolezza di
morire. Perché adesso hai paura?”
riflettè il
ragazzo.
<<
Perché ci tengono qui?
Esperimenti,
per cos’altro se no? >>
Quel sintetico
scambio di battute avute con Emelie, gli rimbombò nella
testa.
Esperimenti...
Ecco
di cosa aveva
paura.
Era grazie ad uno di essi se il suo amico d'infanzia era diventato
Captain
America, e da quel punto di vista non pareva nemmeno una cosa
così terribile, ma aveva anche visto Red Skull…
ed era quello
il genere di esperimenti che faceva l’HYDRA. Inoltre lui era
un
prigioniero, un nemico, e con tutta probabilità non
avrebbero
avuto nessun riguardo nei suoi confronti. Se così
stavano le cose, sarebbe stato meglio morire nella caduta, lo avrebbe
di sicuro preferito...
Pensò
a Steve, che
doveva crederlo morto. Chissà se la missione era andata a
buon
fine… Se era riuscito a tornare a casa dalla sua Peggy.
Da quando erano partiti, lo aveva visto più volte fissare
pensieroso la
foto dell'agente all'interno della bussola che si portava sempre
dietro.
"Ormai è cotto" pensò con un sorriso.
Una fitta al
moncherino lo
strappò dai suoi pensieri, portandolo a domandarsi quando
Emelie
sarebbe tornata con le altre medicine.
Sopportava abbastanza bene il dolore, ma si sentiva comunque sfinito e
febbricitante, ben lungi dall'essere in grado di combattere.
Si era appena messo seduto sulla branda per trovare un po’ di
sollievo, quand’ecco che la porta, cigolando sui cardini, si
aprì.
-
Final.. -
Bucky si
interruppe immediatamente, vedendo entrare assieme a Emelie qualcun
altro.
L’uomo che l’accompagnava era biondo e con un
fisico massiccio. Aveva occhi serici e il naso aquilino. Bucky
lo odiò subito, per quel suo sorriso mellifluo e per il
completo
costoso indossato sotto al camice bianco. Era certamente un pezzo
grosso.
-
Buongiorno sergente Barnes, mi chiamo Rheinoldt
Schmidt e
sono a capo di questo dipartimento scientifico - si
presentò,
evitando per fortuna di allungargli anche la mano - Credo che tu abbia
già conosciuto la nostra Emelie – aggiunse.
Bucky
indurì lo
sguardo, vedendo la mano dell’uomo posarsi sulla esile spalla
della
ragazza. Emelie non si mosse, né mostrò di essere
infastidita, ma negli occhi, il ragazzo, le poteva leggere
tutt’altro.
-
Perché sono qui? – gli chiese quasi con
un ringhio.
-
Subito
dritti al punto, eh sergente? – sorrise quello divertito
–
Per ora sarebbe inutile scendere nello specifico, le basti sapere che
abbiamo grandi progetti per lei! Non appena sarà
sufficientemente in forze ovviamente – spiegò
senza
abbandonare mai il ghigno.
Lo sguardo di
quell'uomo era
dotato della tipica scintilla di follia, mista alla consapevolezza di
avere un grande potere; e si sa che potere e follia non sono mai
una buona
combinazione.
Se quello che Bucky aveva notato, non fosse stato sufficiente a
metterlo già in guardia nei suoi confronti, lo sguardo di
Emelie
parlava chiaro. I suoi occhi non lo avevano abbandonato un momento e
quello che volevano
trasmettergli era: niente colpi di testa.
Quell’uomo, oltre ad essere sicuramente folle, era anche
pericoloso.
-
Ed
è per questo che Emi si prenderà cura di te
–
aggiunse, scoccandole un'occhiata da papà orgoglioso.
-
Per quale motivo ha scelto lei? – chiese Bucky.
-
Beh è semplice! Se io ora
mi avvicinassi per cambiare la sua fasciatura, me lo permetterebbe
sergente? – domandò retoricamente lo scienziato
– No, per l'appunto – asserì divertito.
A quelle
parole, sul viso di
Bucky, si era involontariamente
dipinta un'espressione di disgusto,
che chiunque avrebbe interpretato come un “nemmeno da
morto”.
-
Dubito
che lei si scaglierebbe contro una povera fanciulla che verte nelle sue
stesse condizioni – disse, prendendo il mento della giovane
tra le
dita - e poi Emelie è troppo buona per rifiutarmi qualcosa -
Le alzò il viso lasciandole un bacio a fior di labbra. La
ragazza non si mosse, irrigidendo solamente i muscoli del collo,
come se fosse stata davanti ad un serpente pronto a chiudere le fauci
sulla sua gola.
-
Ora vi
lascio; ero passato solo per presentarmi. Dopotutto i progetti non si
portano di certo avanti da soli! – esclamò tutto
allegro,
come se si stesse congedando da amici dopo una bevuta al bar
– Mi
raccomando mia cara – si rivolse a Emelie.
L'uomo fece a
Bucky un ultimo cenno di commiato con la testa e uscì di
scena chiudendosi la porta alle spalle.
Non appena
sparì,
Emelie espirò rumorosamente, chiudendo brevemente
gli occhi
e appoggiandosi con la mano alla sponda inferiore della branda.
-
Tranquillo.. - rassicurò Bucky che aveva allungato
una mano per sostenerla.
La ragazza
afferrò il kit per la medicazione e si sedette sul letto di
fianco al giovane.
-
Per quale
motivo gli lasci fare quelle cose? – le domandò
Bucky dopo un
momento di silenzio, mentre lei iniziava a srotolare le bende che
avvolgevano il suo moncherino.
-
Perché è l'unico modo che ho per
sopravvivere qui
dentro – replicò lei senza sollevare lo sguardo
dal suo
lavoro.
Lo sbuffare del
soldato la costrinse, però, ad alzare gli occhi verso di
lui. Bucky aveva un'aria contrariata che
gli increspava i tratti del viso.
-
Credi che
mi faccia piacere? Essere usata come cavia e come…- Emelie
si
interruppe, ma Bucky aveva già capito il ruolo che recitava
con
quel pazzo - Sogno ogni volta di tirargli un cazzotto su quel ghigno..
- aggiunse stringendo le labbra.
-
Mi
dispiace... sono stato indelicato.. – disse lui ed Emelie
sospirò accennando un sorriso.
-
No.. non scusarti. Era una domanda legittima. - lo
rassicurò lei - Sei
appena arrivato; non puoi sapere come funziona qui dentro..- gli disse,
finendo di tamponargli la sutura con una soluzione disinfettante
dall'odore
acre.
-
Da quando tempo sei qui? – le chiese Bucky
incuriosito dalle sue parole.
-
Più o meno da sette anni – rispose lei
mentre gli rifaceva il bendaggio.
Fu come se un
mattone fosse scivolato nello stomaco di Bucky.
-
Sette anni?! – ripetè incredulo
– Sette anni rinchiusa qui dentro? –
-
Già… sono più resistente di
quello che
immaginassi a quanto pare – rispose lei con un sorriso
sarcastico.
Bucky non seppe
cosa replicare..
Quella ragazza era rimasta per sette anni della sua esistenza, vittima
di esperimenti e soprusi. Lui non riusciva nemmeno immaginare cosa
potesse voler dire e la sola idea gli dava le vertigini.
Il pensiero
corse alla sua breve prigionia nella fabbrica di armi sulle alpi
Austriache; solo quell'unico mese gli era già sembrato
eterno..
Guardò il viso calmo di Emelie mentre si dedicava al suo
braccio. Avrebbe voluto riprendere il discorso, ma non sapeva davvero
come cominciare. Per fortuna fu la stessa ragazza a venirgli in
soccorso.
-
Prima
vivevo a Berlino sai? Era una città magica e piena di gente
cordiale; la ricordo con affetto. Ma adesso immagino che
l’aria
sia tutt’altra.. - gli confidò con nostalgia -
Purtroppo
so molto poco di quello che succede all’esterno; solo quel
poco
che Rheinoldt racconta quando.. sono con lui.. - spiegò,
cercando
di non dare a vedere il dolore che quei pensieri le davano –
Non
vedo il cielo da così tanto tempo James… -
sospirò.
A Bucky si strinse il cuore. Non solo viveva prigioniera, ma anche nel
più completo isolamento.
-
Se vuoi posso raccontarti io cos'è successo negli
ultimi anni – le propose Bucky.
Quando lei lo
guardò,
al ragazzo mancò un battito. Gli occhi di Emelie
risplendevano,
e il suo sorriso era finalmente privo di quella tristezza che fino a
quel momento non le aveva ancora mai visto abbandonare. La giovinezza
rifiorì
sul suo viso e Bucky constatò quanto potesse diventare
bella.
-
Sì, ti prego! – esclamò senza
riuscire a
trattenersi – Se… ne hai voglia ovviamente
–
aggiunse arrossendo per il troppo entusiasmo dimostrato. -
Certo che ne ho voglia - rispose Bucky - Mi fa sempre piacere
scambiare quattro chiacchiere con una bella ragazza –
aggiunse
facendole l'occhiolino.
A quel punto
Emelie si rabbuiò di nuovo.
-
Non sono
di certo bella… - mormorò - E onestamente, con
tutto quello che mi è stato fatto, non so nemmeno
quanto ancora possa definirmi una ragazza.
– replicò con amarezza, finendo di fasciare il
braccio del
suo paziente.
-
Ehi – Bucky le afferrò una mano.
Emelie si
accorse con
stupore, che quello era un gesto che lei stessa aveva quasi
dimenticato. Un gesto di sostegno e affetto; un modo per dire che non
sei solo.
La ragazza fissò la mano del soldato stringerle
delicatamente le dita in una morsa calda e poi sollevò lo
sguardo.
Gli occhi
azzurri di Bucky la guardavano con serietà e con una nota di
rimprovero al fondo.
-
Questo
lascialo decidere a me, ok? Fidati che di belle ragazze me ne intendo
– le disse con il suo solito sorriso sghembo e provocando in
Emelie uno sbuffo divertito - e credo che tu sia
l’unica a
potersi definire ancora una ragazza
qui dentro…- aggiunse tornando serio.
Ad
Emelie si
inumidirono gli occhi. La gentilezza era un’altra di quelle
cose
che aveva dimenticato esistere nelle altre persone, e quella di Bucky
era del tutto disinteressata.
Strinse la presa
sulla mano del ragazzo e si avvicinò, accostando la bocca
all’orecchio di lui.
-
Stai
attento… Non so cos’abbiano in mente per trattarti
così bene, ma non è nulla di buono. Non abbassare
la
guardia – gli sussurrò, poi si spostò e
gli diede
un bacio sulla guancia coperta di barba ispida – Grazie
James… - disse ad alta voce proprio mentre tre colpi
risuonavano
sul metallo della porta.
Il loro tempo era scaduto.
- Allora a domani Elie – le
disse.
La ragazza
sorrise a quel nuovo appellativo e annuendo sparì.
Head Room:
Buongiorno a tutti e
ben ritrovati!
Sto capendo sempre
di più
quanto sia difficile abituarsi a scrivere di nuovo in seconda persona..
sono talmente tanto abituata ad usare la prima per le mie storie, che
per rientrare nel mood faccio parecchia fatica.
Anyway! Diamo il
benvenuto
all'antagonista principale di questa fic, ovvero Rheinoldt. Gli
affiliati di mamma Marvel probabilmente lo avranno già
sentito
nominare, gli altri probabilmente hanno fatto due + due con il suo
cognome. Mi sono permessa di usare per i miei scopi il figlio di Johann
Schimdt, di cui si sa veramente poco... o meglio, io ho trovato davvero
poco in rete, ma tanto mi è bastato per cucirgli addosso il
ruolo che mi serviva. Cosa ne pensate di questo suo accenno di
caratterizzazione? Cosa vi aspettate da lui?
E da Bucky ed
Emelie? Un ragazzo gentile e una ragazza rimasta da sola per sette
anni...
Ok, vi rubo ancora
solo due minuti per consigliarvi di passare dal blog di una delle
autrici presenti su efp,
ovvero _Alessia_C95. Ve lo consiglio perchè, oltre ad essere
molto interessante nei suoi contenuti, ed avere bisogno di una mano per
potersi espandere, dedica ogni venerdì a recensire e a
consigliare una delle storie presenti sul sito con il suo
#venerdìfanfiction. Come ha detto lei stessa è
un'iniziativa nata dal desiderio di cementare
la solidarietà
tra i vari scrittori, e a mio avviso è una cosa di cui
c'è un gran bisogno. Quindi mi farebbe tanto piacere se
passaste a
dargli un'occhiata a questo link: Il Salotto di
una Blogger Principiante
Inoltre, vi
consiglierei di leggere anche la sua fic (io ne sono diventata
dipendente): How
to Get Away with Murder
Giuro, ho finito!
Ringrazio mille e
mila volte i
miei lettori che stanno facendo di me la persona più felice
del
mondo, chi mi recensisce e chi mi ha aggiunta tra le preferite, seguite
e ricordate.
Con
affetto,
Marta
|
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Capitolo 6 *** Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio? ***
5.Viso d'ombra
Il sole era
appena calato
oltre l’orizzonte, le nuvole erano striate di rosso e
nell'aria
risuonava ancora lo stridio delle sirene misto a quello dei gabbiani.
Leanne, immobile, fissava la porta sul retro dell’officina
dismessa. Si sentiva nervosa... parecchio nervosa.
Era arrivato il momento
della verità... O lui ci sarebbe stato, o non ci sarebbe
stato. O i
suoi sforzi sarebbero stati premiati, o non lo sarebbero
stati... Ma
se si fosse avverata la seconda ipotesi? Sarebbe stato possibile per
lei ricominciare? Che cosa avrebbe fatto di lì
in avanti?
Quest'ultimo era il pensiero che più di tutti la gettava
nell'angoscia.
-
Coraggio,
è inutile fasciarsi la testa prima del danno – si
disse
Leanne, allungando una mano per aprire la porta.
Dopo aver dato
un’ultima occhiata intorno
per essere certa che non ci fosse nessuno nei paraggi, si
infilò
nell’edificio, superò la sala impolverata delle
autorimesse ed
entrò nella stanza che una volta fungeva da ufficio.
Tutto era
esattamente come lo
aveva lasciato... tranne che per la figura seduta nell’ombra
al
fondo della sala. L’unica cosa di visibile erano gli occhi
fissi
su di lei e il riflesso del braccio meccanico a sostegno di quello
ferito. A quanto pareva si era avverata la prima ipotesi.
Come inizio non era male, anche se
non poteva ancora essere certa che fosse l'inizio di qualcosa...
-
Sei venuto – esordì la ragazza
con un'evidente nota di sollievo nella voce.
Il Soldato
d'Inverno la
osservò avvicinarsi all’unico lucernaio presente
nella
stanza e oscurarlo con una spessa tavola di legno. Per un attimo
regnò il buio più totale, poi venne accesa una
piccola
luce alogena che rischiarò l’ambiente, proiettando
sui muri
le ombre asettiche dei pochi oggetti presenti.
-
Dammi
ancora un momento e ti guardo quel braccio – gli
disse Leanne sparendo nella stanzetta attigua che
consisteva in un piccolo bagno.
Il Soldato ne
approfittò per guardarsi intorno ora che la luce era
più
forte. C’era un fornelletto da campo, una branda
pieghevole con
un sacco a pelo arrotolato sopra, alcune lattina di cibi precotti e
uno zaino, oltre ovviamente alla sedia sulla quale lui era seduto.
Fin da subito gli fu chiaro che quello era solo un accampamento di
fortuna. C'era lo stretto
indispensabile da poter far scomparire in un lampo.
-
Era il
posto più indicato per tenere d’occhio il
Triskelion e
quello più vicino per intercettare le loro comunicazioni
–
La voce della
ragazza
sorprese James mentre ancora osservava l’ambiente. Quando
volse lo sguardo verso di lei, balzò immediatamente in
piedi. Leanne
lo vide scattare e
portò le mani ai lati del viso in segno di resa. In una
di esse teneva una parrucca di capelli neri.
"Stupida! Avresti dovuto pensarci! Bel modo di cominciare a
relazionarsi con lui Leanne..." pensò seccata.
-
Tranquillo! – esclamò poi ad alta voce
– Non potevo di certo
girare con i miei capelli naturali... Avrei attirato leggermente
l’attenzione, no? – si giustificò.
Il Soldato non
potè
che darle ragione… quei capelli bianchi che le arrivavano a
malapena alle spalle di sicuro non erano consueti.
-
Sono nata
così. Albinismo parziale. – spiegò,
vedendolo
abbandonare la posizione d’attacco che aveva assunto
– Una
gran seccatura se vuoi restare anonima, soprattutto quando le tinture
non prendono... – aggiunse con una
smorfia.
Leanne si
diresse verso lo zaino e ne estrasse un kit di primo soccorso, poi si
girò di nuovo verso l’uomo.
-
Pensi che
ti possa dare un’occhiata? – chiese, indicandogli
il
braccio che ancora si teneva al petto - Giuro che la parrucca era
l'unica cosa di finto, il resto è tutto mio - aggiunse
facendogli l'occhiolino per
smorzare la tensione.
L’uomo
si limitò
ad annuire, tornando a sedersi sulla sedia. A quel punto Leanne si
avvicinò, aprì la valigetta e si
apprestò a
slacciare le cinghie dell’imbragatura che facevano parte
della
sua divisa. Fu solo in quel momento che notò che i vestiti
del ragazzo
erano ancora umidi. Di riflesso gli posò una mano sul viso.
-
Dio, ma sei gelato! – esclamò.
James rimase
interdetto da
quel gesto. Il suo cervello, abituato ad avere una reazione per ogni
mossa, in quel frangente non seppe cosa fare, mentre la mano calda
della ragazza gli si posava su una guancia.
Fu comunque
questione di una
frazione di secondo, perché la giovane si era già
alzata,
per poi tornare con una stufetta elettrica attaccata ad un piccolo
generatore portatile. Non appena la lampada si
accese, un gradevole tepore si diffuse tutt'intorno.
Il Soldato non aveva freddo in realtà, o almeno, lo provava,
ma non ci faceva più caso.
-
Così dovrebbe andare meglio – gli disse
gentilmente posizionandola al meglio verso di lui.
-
Grazie –
Entrambi si
guardarono
stupefatti. Era la prima parola che lui pronunciava da quando Leanne
era arrivata, e come gli era già successo in precedenza, la
sua
bocca aveva parlato prima che il suo cervello mandasse
l’input.
-
P… prego – rispose lei sorpresa, per poi
riprendere a slacciargli la tenuta.
Leanne maledisse
mentalmente
le divise militari d’assalto; erano, sì, state
progettate
per essere funzionali al meglio in combattimento, ma si scoprivano di
grande ostacolo negli altri casi. L'operazione era resa ancora
più
ostica dal fatto che la ragazza cercasse di muovere il meno
possibile il braccio dell’uomo.
-
Non devi essere delicata –
Come se lui le avesse letto nella mente, con il braccio meccanico la
aiutò a levargli la corazza.
Sotto di essa aveva solo un dolcevita a coste nero, e quando anche
quello fu tolto, finalmente
Leanne riuscì a dare un’occhiata al
braccio.
Tastandoglielo potè constatare che l’osso era
integro, ma la spalla era lussata anteriormente e iniziava a gonfiarsi
di conseguenza.
-
E' stato
Rogers vero? – gli domandò e il soldato rispose
con un cenno
affermativo del capo – Hai fatto proprio un bel lavoro
Capitano… grazie – mormorò lei tra i
denti –
Devo rimetterti la spalla in sede, farà male. –
aggiunse
mettendosi in piedi.
-
Non è un problema – replicò
l’uomo.
-
No,
immagino che non lo sia... – rispose lei con un tono non ben
definito, posizionandosi alle sue spalle.
Non appena la ragazza fu fuori dalla sua visuale, James si
voltò
di scatto, trovandola di nuovo con le mani alzate e un'espressione
stanca.
- Non posso farlo standoti davanti - gli disse.
Leanne capiva le sue reazioni, era stato addestrato a combattere e non
a fidarsi delle persone che non facevano parte della missione.
Sotto lo sguardo tagliente di lui ed evitando movimenti
bruschi, la ragazza infilò le mani nelle tasche dei
pantaloni
rovesciandole e per ultimo si sfilò la giacca, restando con
la
maglia smanicata a collo alto che aveva sotto.
- Sei più tranquillo adesso? - gli
domandò.
Il soldato la osservò. Quella ragazza lo confondeva e
mandava in
subbuglio il suo istinto rimasto impeccabile fino a quel momento, ma si
girò ugualmente lasciandole fare
ciò che doveva.
Leanne prese il suo
gesto come un consenso e iniziò, con una mano, a esercitare
pressione sulla
spalla mentre con l'altra gli teneva il polso.
-
Ok. Uno, due e… –
Al tre Leanne
tirò il
polso
in alto verso di sé mentre con l’altra mano
guidava
l’arto nella posizione corretta. Con uno schiocco sonoro
l'articolazione tornò in sede. Da parte del Soldato,
ovviamente,
non
ci fu nemmeno un gemito.
La ragazza prese infine dal kit un panetto di
ghiaccio istantaneo e quando lo ebbe rotto glielo porse.
-
Tienilo
contro la spalla, farà diminuire il gonfiore. - gli
consigliò - Adesso vedo di farti una bendatura di fortuna,
più lo terrai fermo e più guarirà in
fretta
- gli disse.
Il Soldato fece
come gli aveva detto, osservandola cominciare la fasciatura.
-
A proposito, io mi chiamo Leanne – si
presentò lei, alzando appena gli occhi dal lavoro.
-
Cosa sai di me? – le domandò lui
ignorandola.
-
Diverse
cose, di sicuro molte più di quelle di cui tu sei a
conoscenza
– replicò lei sibillina riabbassando lo sguardo.
-
Ho bisogno che tu sia più specifica –
ribattè lui lapidario.
-
James… non è questo.. -
Leanne non
riuscì a
finire la frase. Il giovane la afferrò per la gola con la
mano sinistra, sollevandola di diversi centimetri dal pavimento.
La
ragazza si aggrappò al braccio nel tentativo di alleviare la
presa.
Non voleva ingaggiare un combattimento, non lì e non in quel
momento.
-
Non mi
importa! – sibilò lui – Dimmi chi sei!
Ti hanno
mandato quelli dello S.H.I.E.L.D.? Rogers? – la
interrogò
senza mollare la presa.
-
No! - esclamò lei divincolandosi.
-
E allora chi?! –
La ragazza non
rispose, lo guardava disperata stringendo la presa sul suo polso
d'acciaio.
-
Chi?! – ripetè lui implacabile,
sollevandola ancora di più.
Leanne annaspò. Lui non stava scherzando e lei glielo
leggeva negli occhi. Quello era
ancora il Soldato d'Inverno e lei avrebbe fatto meglio a ricordarselo..
Eppure avrebbe preferito evitare di dirglielo, ma quando il suo campo
visivo cominciò a sfarfallare, Leanne cedette.
-
Emelie! – esclamò alla fine –
Em...elie.. – mormorò ancora con il poco fiato
rimastole.
Quando il
Soldato
sentì quel nome, nella sua mente si aprì uno
spiraglio e
l’immagine di una ragazza emaciata dagli occhi azzurro/verdi,
gli
passò davanti agli occhi lasciandolo senza fiato. Mollò di
scatto la presa, facendo finire a terra Leanne.
Chi aveva appena
visto? Da dove veniva quel ricordo?
-
James, mi devi ascoltare… - rantolò la
ragazza.
Il ragazzo abbassò lo sguardo concentrandosi su di lei.
-
Lo so che
sei confuso, lo so che non ti ricordi niente… ma devi darmi
modo
di aiutarti. Ti spiegherò ogni cosa, ma con calma e con i
tempi
giusti, o rischio di farti più male che bene – gli
disse.
Il Soldato la
fissò
stralunato per qualche istante prima di rimettersi seduto sulla sedia.
Leanne
si tirò in piedi, recuperando il panetto di ghiaccio e
appoggiandoglielo di nuovo sulla spalla. Meccanicamente
l’uomo lo
trattenne con la mano.
-
Ti ricordi di lei? – gli domandò la
ragazza riprendendo la fasciatura.
-
No.. – rispose lui mentre quel volto scivolava via
tornando ad essere indistinto.
-
Ci
arriverai… - lo tranquillizzò lei - Non appena
farà giorno ci spostiamo. Ho un posto sicuro per passare la
giornata, poi dovremo andarcene dal paese. Ho già
predisposto
tutto – gli disse guardandolo.
L’uomo
sembrava ancora
sconvolto e osservandolo, la ragazza vide il suo sguardo soffermarsi
sul segno che si stava delineando sul suo collo, là dove
l’aveva stretta.
-
Mi dispiace – mormorò, sorprendendo di
nuovo la ragazza.
Leanne sorrise,
guardando l'uomo prendere il posto del soldato, e appoggiò
delicatamente una mano sulla sua.
-
Non fa niente. Riposati adesso – gli
consigliò.
A James venne
spontaneo chiedersi se fosse quella la gentilezza.
Head Room:
Buonsalve gente e
ben ritrovati ^^
Sappiate che ho
passato buona
parte del mio (scarso) tempo nel riguardarmi la premiere di Civil War
e.. O my Godness! Non vedo l'ora che esca!
In questo capitolo
veniamo a
conoscenza di un punto fondamentale per l'intera vicenda, ovvero che
Leanne è andata in soccorso di Bucky per conto di Emelie...
ma
cosa vorrà dire? La ragazza è ancora viva? E se
sì, perchè non è andata direttamente
lei?
Per ora lasceremo
che sia la vostra immaginazione a fare congetture ;)
Mi sono permessa una
concessione
riguardo all'aspetto della nostra eroina del presente, scegliendo per
lei il colore dei capelli! Ho una vera e propria fissa per le chiome
albine e se solo mi osassi, mi tingerei volentieri di bianco o di
grigio argento xD Sarei curiosa di sapere come voi ve la siete
immaginata.. chissà se c'è qualcuno che se la
figura di
colore ^^
Mi auguro davvero di
cuore di
mantenere Bucky IC... è fondamentale per me riuscirci. Mi
piace
la sua personalità, nonostante sia diventata parecchio
complessa
dopo il periodo come Winter Soldier.
Anche per questa
volta è tutto amici!
Mi attardo solo un
momento per
ringraziare tutti i lettori che continuano a seguirmi, le persone che
mi recensiscono e tutti coloro che mi hanno aggiunta tra i preferiti,
seguiti (RythmHolic
e Fating)
e ricordati.
Con
affetto, a venerdì prossimo (back to 1945)!
Marta
|
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Capitolo 7 *** Nomi ***
6.Nomi insostituibili
- Non può essere! –
Emelie, seduta
al fondo della branda di Bucky, si portò una mano alla bocca
in un chiaro segno di sconcerto.
-
Ti giuro
sul mio grado di sergente che è così! –
replicò il ragazzo per l’ennesima volta, divertito
da
quell'incredulità.
-
Il
Bikini… - mormorò la ragazza come se stesse
parlando di
qualcosa di malvagio – Davvero le donne indossano un costume
a
due pezzi? Che lascia scoperta la pancia? –
-
Non
è ancora ufficialmente lanciato sul mercato, ma
l’ho visto
con i miei stessi occhi – disse Bucky indicandoseli con due
dita.
-
Pazzesco… ma dove andremo a finire? -
commentò Emelie ridendo.
Bucky sorrise.
Da quando aveva proposto a Emelie di
raccontarle com’era il mondo fuori da quel laboratorio, ogni
volta che si incontravano lui le raccontava qualche aneddoto. Quel
giorno, in particolare, lei gli aveva chiesto di dirle come si era
evoluto il mondo della moda, e ora stentava a credere che in sette anni
si fosse arrivati a quei livelli.
-
Hai
ragione, non c’è più decenza ormai!
– scosse
la testa Bucky, appoggiato alla testiera della branda e con un sorriso
che diceva tutt’altro.
-
Che stupido – lo rimproverò bonariamente
lei dandogli una piccola spinta alla gamba.
In
un primo momento
potrebbe sembrare che i due ragazzi prendessero troppo alla leggera la
loro situazione, ma era l’unico modo che avevano per poterla
sopportare. Emelie lo aveva imparato nel corso degli anni, e Bucky non
aveva tardato a capirlo.
Quei momenti, durante i quali la ragazza gli portava le medicine e si
occupava della sua ferita, erano diventati importanti. Quasi vitali.
Durante le chiacchiere che i due si scambiavano, veniva creato un mondo
a parte, dove si ritrovavano comodamente seduti su di un prato, a
oziare in una
tarda domenica primaverile. Anche se, in
diverse occasioni era capitato che Emelie fosse arrivata con la faccia
tirata e
ampie borse sotto gli occhi, che Bucky era sicuro essere il risultato
degli esperimenti a cui era sottoposta e di cui lei faceva finta di
niente.
-
Immagino che la tua ragazza fosse bellissima in bikini
– continuò la giovane maliziosamente.
-
Ahimè, non ho mai avuto l’onore di
vederla! Non
avendone una, per altro. – replicò il ragazzo con
una
scrollata di spalle.
-
Vorresti
dirmi che il sergente James Bachannan Barnes non ha una fidanzata?
– domandò Emelie con una punta di scetticismo.
-
Purtroppo
no - replicò lui.
- Ma smettila! Ne avrai avute a frotte! -
insistè la giovane per nulla convinta.
- Non dico di non essere apprezzato dal genere
femminile e di non avere avuto delle... avventure, ma non
c'è mai
stata nessuna da poter definire in questo modo. – rispose
Bucky
con sincerità grattandosi distrattamente la barba incolta -
E'
sollievo quello che leggo nei tuoi occhi?
– le chiese subito dopo, allargando il sorriso.
Emelie
arrossì, distogliendo lo sguardo. Non
avrebbe voluto farlo, ma non aveva potuto impedirlo.
Sarebbe stato
chiaro a chiunque che James le piaceva, ma lei stessa non sapeva dare
un nome al sentimento che provava per lui. L’unica cosa di
cui
era certa, era che quel ragazzo comparso all'improvviso, fosse
diventato il faro in una tempesta dalla quale non era ancora riuscita a
fuggire. Un porto
sicuro in sette anni di terrore e sevizie. Qualcosa per cui andare
avanti a sopportare...
-
E il tuo amico Steve? Lui ha una fidanzata? – gli
chiese Emelie per sviare il discorso.
-
Ironia
della sorte sì! Ed è anche una ragazza bellissima,
nonché intelligente – rispose il ragazzo con un
sorriso di
puro affetto al ricordo del suo amico.
Tra le tante
cose che Bucky aveva
raccontato ad Emelie, c’era anche quella che era stata la
sua vita fino a quel momento: l'infanzia e l'adolescenza passate a
Brooklyn assieme alla sua
famiglia e al suo migliore amico, la decisione di arruolarsi,
l'addestramento e infine la guerra.
Emelie era rimasta sorpresa di sapere che fosse proprio il suo amico
Steve, il famoso Captain America di cui aveva sentito parlare da
Schmidt, e si era detta contenta del fatto che, per una volta tanto, un
esperimento avesse prodotto dei buoni frutti per il bene comune.
-
Allora
è stato molto fortunato! – commentò la
ragazza
– E lei come si chiama? –
-
Peggy,
Peggy Carter. Tenente dello Strategic Scientific Reserve – le
disse Bucky ed Emelie spalancò gli occhi.
-
Però! Si direbbe che oltre ad essere bella e
intelligente, sappia anche farsi valere – rispose
sinceramente ammirata.
Il mondo era davvero cambiato, adesso le donne potevano perfino far
parte dell'esercito! Quante cose si stava perdendo...
-
Puoi dirlo forte! – replicò Bucky con
una risata.
-
Mi sarebbe piaciuto diventare come lei… -
Il sorriso
morì sul volto di Bucky. Emelie
aveva detto quella frase con un tono che voleva essere non curante, ma
che
in realtà era risultato decisamente amareggiato.
Il ragazzo la guardò osservarsi la punta dei piedi nudi che
facevano capolino dalla sua tenuta da paziente e la rabbia
montò in
lui come la marea. Non era giusto che
quella
ragazza fosse derubata del suo futuro. Aveva solo diciassette anni
quando era stata portata lì dentro, non aveva avuto
l'occasione
di farsi una vita; non aveva avuto l'occasione di scegliere nulla...
Se solo avesse potuto l’avrebbe salvata. L'avrebbe
riconsegnata a
quel mondo che poteva solo raccontarle e che le era stato portato via..
ma non ne aveva i mezzi. Era. Completamente. Inutile.
-
James,
quello che fai è già abbastanza per me...
– lo
riscosse Emelie leggendogli praticamente nel pensiero – No,
tranquillo, non sono telepatica, ma basta guardarti in faccia per
capire a
cosa pensi. E io sono piuttosto brava in questo. – aggiunse,
vedendo che le sopracciglia del ragazzo si erano sollevate.
-
Invece
per me non è sufficiente – ribattè
Bucky con tono
tetro abbassando lo sguardo sul pugno che aveva contratto.
-
Fidati
che invece non è così.. - replicò lei
con veemenza - Sono qui da sette anni, e questa
è la prima volta che provo della felicità; che
rido
davvero e non perché devo farlo. - continuò -
James, mi stai regalando
qualcosa di insostituibile, credimi.. – concluse in tono
accorato
Emelie.
Bucky
sollevò lo sguardo. Il
viso della ragazza era disteso in un sorriso e non c'erano dubbi che
per lei fosse davvero così.
Le bastava. Per lei, quello bastava...
A quel punto il giovane si sporse verso di lei e la catturò
in
un abbraccio. Emelie per un istante si
irrigidì, ma quando il suo cervello realizzò che
quello
non era Rheinoldt, si rilassò, posando la testa sulla spalla
di
Bucky.
-
Elie, sei
una ragazza davvero forte, non hai niente da invidiare a Peggy, te lo
posso assicurare –
le disse il giovane contro i capelli biondi.
Emelie a quel
punto si
tirò indietro, con lo sguardo di chi voleva dire qualcosa di
importante, ma i
soliti tre colpi alla porta la interruppero.
Con un sospiro
la ragazza si
liberò dall’abbraccio del soldato, lasciandogli un
bacio
sulla guancia coperta di barba ispida.
-
Grazie anche per oggi James. – si
congedò avviandosi verso l'uscita.
-
Ehi Elie!
– la fermò il ragazzo.
Lei si voltò, ruotando
appena la testa nella tipica posa interrogativa
- Perché
non mi chiami Bucky? – le domandò.
Poteva sembrare
stupido, ma era una domanda che si era posto spesso nei giorni
precedenti.
Emelie, dal canto suo sorrise. Non si aspettava quel genere di domanda,
tra le tante che poteva farle, ma era facile dargli una risposta.
-
Quando ti
sei presentato mi hai detto che tutti ti chiamano così... e
io non
voglio essere "tutti".. - rispose - Credo che sia per lo stesso motivo
per il quale
tu mi chiami Elie – aggiunse la ragazza con fare pensoso.
Bucky a quel
punto sorrise.
Aveva capito perfettamente. Il nome è ciò che ci
identifica, ciò che ci rende delle persone uniche agli occhi
del
mondo. Chiamarla con quell'abbreviazione la rendeva unica per lui.
-
Ho capito. – disse il ragazzo – Allora a
domani, Elie – la salutò con un sorriso.
Head Room:
Hello people!
Siamo giunti,
più o meno
indenni, al sesto capitolo, il quale non ci porta assolutamente nessuna
novità ^^" Gli haters dei capitoli di transizione mi
staranno
(per l'appunto) odiando!
A mia discolpa posso
dire il
legame che si sta creando tra Bucky ed Emelie, sarà il perno
di
tutti gli avvenimenti futuri, e vorrei renderlo evidente anche con
questi piccoli capitoli. Non
saranno sempre rose e fiori, non preoccupatevi, dopotutto sono entrambi
prigionieri, anche se per ora cercano di non pensarci.
Per quanto riguarda
il Bikini
è diventato ufficialmente di moda negli anni 50', ma
già
dal 40' qualche ardita giovine lo metteva in bella mostra sulle
spiaggie oltre oceano, e secondo voi al nostro sergente Barnes poteva
sfuggire? ;)
Adesso spendo due
parole per
dirvi forse una cosa ovvia, ma è sempre meglio specificare.
Emelie si legge Eméli, con la stessa cadenza del nome
inglese
Emily, e non Emelì. Nonostante assomigli molto ad un nome
francese vi posso assicurare che l'ho scelto tra una vastissima gamma
di nomi tedeschi. Scusate la precisazione.
Nel prossimo capitolo tornerà Leanne alle prese con l'ex
Soldato
d'inverno, vi prometto che sarà più lungo e un
pò
più ricco di contenuti.
A ben
pensarci però, qualcosa questo capitolo lo ha rivelato..
l'età della nostra protagonista xD
Un grazie infinito a
voi tutti lettori, recensori e a voi people che mi avete aggiunta tra
le storie preferite (Rossella986
e LoreleydeWinter), seguite (Strix) e ricordate.
A
venerdì!
Marta
|
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Capitolo 8 *** Da quanto tempo? ***
7.Da quanto tempo
Alle cinque in
punto Leanne aprì gli occhi, svegliata dalla vibrazione al
polso del suo orologio digitale.
La prima cosa che mise a fuoco fu la figura seduta di fianco alla
porta d'ingresso della stanza. Il Soldato era lì,
esattamente
dove lo aveva lasciato tre ore prima quando le aveva dato il cambio per
montare la guardia. Lui stava guardando un punto imprecisato del
pavimento, perso in chissà quali pensieri.
- Buongiorno - lo salutò lei alzandosi
dalla branda.
Il ragazzo si limitò a farle un cenno con il capo,
osservandola
stirarsi per distendere i muscoli intorpiditi dal sonno.
- E' arrivato il momento di mettersi in moto -
disse Leanne, adoperandosi poi per ripiegare il sacco a pelo.
Una volta che ebbe finito, lo infilò nello zaino che si era
portata dietro assieme al resto
delle scatole di cibo e al faretto alogeno. Smontò la branda
gettandone i pezzi un pò per tutta la stanza e
nascose la stufetta elettrica dietro la porta del bagno attiguo.
- Quello non basterà per cancellare le
tracce del
tuo passaggio qui - sentenziò il Soldato, rimasto fino a
quel momento
appoggiato al muro in perfetto silenzio.
- Lo so - concordò con lui Leanne
mentre chiudeva
le cinghie della borsa - Questo posto verrà demolito a
mezzogiorno. Sono venuti a fare i rilievi qualche settimana fa, e a
parte dare un'ultima occhiata per assicurarsi che non ci siano barboni
addormentati, non si accorgeranno di niente - gli spiegò.
La ragazza guardò l'uomo in attesa di una replica, ma lui
sembrava essere soddisfatto di ciò che gli aveva appena
detto.
- Adesso devo uscire, ma tornerò tra
non molto -
proseguì allora, caricandosi lo zaino in spalla e tirandosi
su
il
cappuccio della felpa - Credo che non sia il caso di suggerirti di
restare nascosto - aggiunse fiancheggiandolo all'uscita.
Per tutta risposta ricevette un'altra lunga occhiata indagatrice prima
che le desse un cenno di assenso.
" Loquacità questa sconosciuta" pensò la ragazza.
- A tra poco - disse poi ad alta voce.
Quando Leanne fu uscita,
nel silenzio del capannone dismesso, James si mise ad aspettare e a
pensare.
Dentro di lui provava emozioni
contrastanti. Una parte di sé stesso gli diceva di uscire di
lì e di venire a farsi recuperare dall'HYDRA;
l’altra gli diceva che quello sarebbe stato un grosso
errore...
Per combattere il desiderio di tornare da dove era venuto, il Soldato
iniziò a ripetersi mentalmente i nomi di Steve Rogers e di
quella ragazza, Emelie. James sorrise ironico al muro di fronte.
Stava prendendo decisioni in base a due persone che lui non conosceva,
o
che non si ricordava di conoscere; era infatti ancora indeciso su quale
fosse
la realtà.
"...io sarò con te fino alla fine"
Quella frase gli
rimbombò in testa per l'ennesima volta. Non riusciva
proprio a cancellare
quella sensazione di famigliarità che era nata in lui dopo
che
Captain America gli aveva rivolto quelle parole al Triskelion; quella
sensazione di qualcosa che gli era stato
strappato via con la forza.
Ed era pur vero che, senza prove del contrario, non poteva nemmeno
dire per certo che quelle persone non avessero mai fatto parte della
sua vita...
Perché lui non aveva alcuna memoria del proprio passato, e
questo era un fatto
inoppugnabile.
Quando si sforzava di ricordare altro che non
fosse l'ultimo ordine ricevuto, entrava in un tunnel di nebbia fitta e
impenetrabile.
Non poteva non esserci stato nient’altro nella sua vita!
Cos'era successo da quando era nato, fino all’ordine di
uccidere
il Capitano Rogers e impedirgli di mandare a monte il progetto Insight?
La
volontà di fare
chiarezza sulle sue origini era di sicuro l’impulso
più
forte che cominciava a provare; e se l’unico modo per sapere,
era quello di seguire quella strana ragazza, lo avrebbe fatto. E poi,
anche nel
caso che lei lo avesse tradito o preso in giro, ucciderla sarebbe stato
semplice.
Proprio in quel
momento, l’oggetto delle sue congetture si
materializzò davanti a lui.
-
Mettiti
questi – gli disse Leanne, lanciandogli un sacchetto di carta
da panetteria.
All'interno
c'era un cambio d'abiti completo e una volta che il ragazzo ebbe
indossato
t-shirt, camicia, jeans e cappellino da baseball, la raggiunse nella
stanza attigua dove lo stava aspettando.
Non appena lo vide, Leanne sorrise divertita.
- Il perfetto abbigliamento del fuggitivo -
commentò da dietro il cappuccio - Forza, andiamo - lo
invitò poi a seguirla, uscendo alla luce del primo sole
mattutino.
Ad attenderli, parcheggiata all'ombra, c’era un'anonima
utilitaria.
-
Non potremo raggiungere subito l'aeroporto - gli
disse lei avvicinandosi al lato guida
- Per ora ci dirigeremo ad un appartamento sicuro dove potremo
aspettare in tutta tranquillità, si spera..
– proseguì guardandolo da sopra il tettuccio della
vettura – James
–
Il Soldato,
pur non
ancora abituato a sentirsi chiamare per nome, si concentrò
sulla ragazza
che lo stava fissando da dietro un paio di occhiali da sole a specchio.
-
Non voglio obbligarti a fare niente che tu stesso non
voglia.. Se questo è ciò che desideri
bene, altrimenti non sarò io a fermarti... hai
già ricevuto
ordini a sufficienza – gli disse molto seriamente.
L’uomo
restò ancora una volta spiazzato dalle sue parole. Aveva sempre
ricevuto ordini… mai gli era stata data un'opzione.
L’unica scelta che aveva preso in autonomia, contravvenendo
agli ordini ricevuti, era stato risparmiare la vita a Rogers. Ora,
Leanne gli stava dando carta bianca sulle prossime mosse e non sembrava
esserci alcun trucchetto dietro alle sue parole.
Che potesse davvero fidarsi di una perfetta sconosciuta?
-
Andiamo, la mia decisione l’ho già presa
– le rispose alla fine aprendo la portiera.
- Mi fa piacere - gli disse lei con un sorriso.
Il viaggio in macchina
durò poco più di un paio d'ore, durante le quali,
dentro
l’abitacolo dell’auto regnò il
più completo
silenzio.
James osservava la strada con la testa appoggiata al braccio sostenuto
dal finestrino, controllando ogni tanto le auto che li fiancheggiavano.
Leanne, gli occhi fissi sulla statale, accendeva la radio di tanto in
tanto alla ricerca di un
notiziario, che ovviamente non parlava d'altro se non del distastro
avvenuto al Triskelion e della fuga dei dati appartenenti allo
S.H.I.E.L.D.
Con sommo sollievo della ragazza, il Capitano Steve Rogers
era stato ricoverato dopo essere stato rinvenuto sulla riva occidentale
del fiume Potomac; e non era in pericolo di vita.
Quando era passata la notizia riguardante Captain America, Leanne aveva
osservato con la coda dell'occhio il suo compagno di viaggio. Il
Soldato sembrava totalmente disinteressato alla faccenda, ma a lei non
era comunque sfuggito il pugno serrato sul suo ginocchio.
La loro corsa giunse al termine in
uno dei tanti quartieri residenziali situati all'estrema periferia
della città. Leanne diresse l'auto verso un
complesso di
condomini e si infilò nel garage di uno di essi. Una volta parcheggiato
scese
dall’auto e, quando fu sicura che non ci fosse nessuno in
giro,
fece segno a James che poteva fare altrettanto.
L’uomo la seguì
all'interno del palazzo e su per un paio di rampe di scale, che
sfociarono in un lungo corridoio sul quale si affacciavano gli
appartamenti.
Leanne,
armeggiando con un mazzo di chiavi, si diresse verso la porta
più
vicina alle scale, aprendola ed entrando nella casa. James non appena
mise piede all'interno, si
guardò intorno. L’appartamento in sé
non era niente
di eccezionale; le stanze, quattro in tutto, erano luminose e ben
curate.
-
Abiti qui? – le domandò fermandosi
all'ingresso.
-
No,
è casa di un amico. Lui lavora tutto il giorno in fabbrica.
– gli spiegò, mollando lo zaino nel salottino e
mettendosi
a cercare
qualcosa al suo interno - Era il luogo ideale per far tappa
prima di andare in aeroporto. Primo piano, facile via di fuga
sia dalle scale che dalle finestre, e il condominio non ha sistemi di
videosorveglianza in nessun punto; senza contare che il garage ci ha
permesso un passaggio al coperto senza dover scendere in strada
–
snocciolò mentre tirava fuori un cellulare satellitare.
-
Sei addestrata –
A James non
c’era
voluto molto per tirare le somme. Quella mentalità lui
l’aveva ben chiara; impiantata nel suo dna, ed era sicuro che
non
fossero stati quelli dell’HYDRA ad inculcargliela. Era parte
di lui fin dal principio.
-
Sì... ho
lavorato per qualche anno nello S.H.I.E.L.D. a dirla tutta –
rispose laconica
la ragazza con il cellulare all’orecchio –
156K3789A
– disse appena dopo chiudendo la chiamata.
-
Bene, da
adesso abbiamo circa sei ore prima di dovercene andare da qui
–
disse, rivolgendosi nuovamente a James che per tutto il tempo era
rimasto fermo nello stesso punto.
Lui, senza
commentare,
osservò la ragazza tirare fuori un borsone dalla camera da
letto
e rovistarci dentro per estrarne diversi indumenti.
Avrebbe voluto chiederle dove sarebbero andati, anzi, avrebbe voluto
chiederle una marea di cose, ma aveva la sensazione
che non gli avrebbe risposto; e onestamente non aveva alcuna voglia di
costringerla con la forza. Iniziava a sentirsi parecchio stanco ed era
una sensazione strana per lui.
-
Ora, se
non ti spiace, vorrei proprio farmi un bagno. Se hai fame lì
c’è la cucina, puoi prendere quello che vuoi
– gli
disse, sostando davanti alla porta della toilette con in mano il
proprio cambio
– Oook… - aggiunse, non ricevendo risposta
dall’uomo che
invece continuava a fissarla.
Leanne
girò i tacchi e scomparve nella stanza chiudendosi la porta
alle spalle.
Non appena fu sola, si appoggiò all’uscio e
tirò un
lungo sospiro senza fare rumore. Era più difficile di quello
che
pensasse…
Nonostante avesse passato anni e anni a pianificare quel momento, nulla
aveva potuto prepararla allo sconvolgimento emotivo che avrebbe provato
e che stava effettivamente provando.
Respirò
un paio
di volte per ritrovare la calma e si asciugò una lacrima
scappata al suo controllo, poi aprì l’acqua nella
vasca
regolandone la temperatura.
Mentre questa si riempiva, si tolse i vestiti; operazione che le
provocò non poche smorfie di
dolore per certi movimenti imposti. Prima di entrare nella vasca si
diede una rapida occhiata nello specchio sopra al lavandino. Come immaginava era
impossibile contare i lividi che le adornavano la
pelle...
Alzandosi sulle punte e girandosi di tre quarti, vide
che il peggiore di tutti le ricopriva il fianco, sconfinandole
addirittura sulla
schiena.
" Poteva andare peggio.." si disse e con un sospiro di
rassegnazione, una volta legatasi i capelli in uno chignon, si
immerse.
Quando l'acqua calda la avvolse, dovette trattenere un sibilo tra i
denti, mentre i muscoli indolenziti si contraevano e i lividi
bruciavano
prima di mettersi a formicolare. Con
lentezza si lasciò sprofondare fino a toccare con il mento
la
superficie dell'acqua.
Si lavò con cautela, evitando di premere
sulle parti più martoriate e poi si rilassò,
appoggiando la
testa al bordo di ceramica bianca della vasca.
Non appena lo sciabordio si fu calmato, il silenzio
tornò nella piccola stanza.
-
Sei qui
fuori vero? – domandò la ragazza ad alta voce.
Nonostante da fuori non provenisse alcun rumore, avvertiva la sua
presenza distintamente.
- James? – insistè quando non
ottenne risposta.
-
Sì –
Dalla vicinanza
della voce, Leanne lo immaginò seduto appena fuori dalla
porta del bagno.
-
Cosa mi hanno fatto quelli dell’HYDRA? –
chiese il
ragazzo dopo un lungo momento di mutismo spezzato solo dal gocciolare
del rubinetto.
Leanne
sospirò, abbracciandosi le ginocchia e appoggiandovi il
mento.
-
Oltre ad
applicarti la protesi robotica al posto del braccio sinistro che avevi
perso, in seguito
hanno iniziato a manipolarti per creare un soldato perfetto che
obbedisse incondizionatamente ai loro ordini... un lavaggio del
cervello molto approfondito per dirla in parole semplici –
spiegò senza mezzi termini.
-
Quanto tempo sono stato oggetto dei loro esperimenti?
– fu la domanda successiva.
La ragazza si
morse un
labbro… Questa, per certi versi, era una domanda ben
più
complicata della precedente. Sapeva benissimo la risposta, ma
non
sapeva che effetto avrebbe avuto su di lui.
-
Una settantina d'anni, circa… - rispose infine,
alzandosi in piedi e aprendo lo scarico.
-
Non è possibile.. – sentì
rispondersi da oltre la porta.
-
Dalla fine degli anni quaranta ti hanno
ibernato criologicamente... venivi rilasciato
solo per svolgere le missioni. Per questo dimostri ancora ventisette
anni
– gli spiegò - Una volta rientrato, venivi
sottoposto ad
una resezione mnemonica e messo a dormire fino alla volta successiva -
disse.
Leanne, mentre
si rivestiva e gli raccontava quelle cose, osservò il
suo
viso allo specchio. Antichi dolori le
erano
riapparsi nei lineamenti; scavandoli e facendola apparire
più
vecchia di quello che in realtà era.
Non era facile per lei,
figurarsi per il diretto interessato...
- Sei stato tenuto sotto il loro controllo per
tutto
questo tempo senza avere la facoltà di opporti. Volevano che
la
storia prendesse la piega che avrebbe portato l'umanità a
desiderare di essere comandata spontaneamente, e tu eri colui che
doveva mantenerla
nei loro binari.. Tutto questo ci ha portati al progetto Insight e a
dove siamo ora.. - disse con
amarezza.
L'HYDRA non aveva mai avuto nessuno scrupolo per raggiungere i propri
scopi; Leanne lo sapeva bene... Mascheravano la loro sete di potere
dietro la facciata di salvatori di un'umanità incapace di
regolarsi da sola, dietro il desiderio di portare la pace. Peccato che
per ottenerla erano disposti a sacrificare milioni di persone e non
solo...
- James?
–
Leanne si riscosse dai suoi pensieri, facendo caso solo in quel momento
al silenzio
prolungato che era calato.
- James? – ripetè, indossando
alla svelta i pantaloni e dirigendosi alla porta – James! -
esclamò nel panico aprendola di scatto.
L’uomo
era ancora
seduto lì fuori, con la testa tra le mani
e la fasciatura che gli aveva fatto abbandonata lì vicino.
Leanne sospirò
sollevata inginocchiandosi davanti a lui.
-
James.. - lo chiamò ancora una volta.
-
Come puoi avere la certezza che io possa recuperare la
memoria? – le chiese senza guardarla.
-
Non
ce l’ho…- rispose Leanne sinceramente e
l’uomo alzò la testa verso di lei – Ma
ti posso
giurare una cosa. Farò tutto ciò che è
in mio
potere per farti tornare quello che eri – promise.
James la
fissò per un attimo con un'espressione tormentata, prima di
notare i lividi
che le chiazzavano la pelle. Leanne se ne accorse e cercò di
minimizzare.
-
Non ti
preoccupare, sono più resistente di quello che si possa
immaginare – lo rassicurò rimettendosi in piedi.
Al Soldato
quella frase
rimbombò nella testa. Gli suonava maledettamente
famigliare.. ma
come al solito non riusciva a ricollegarla con null’altro che
vaghe sensazioni. Scosse
la testa un paio di volte per cacciare quel pensiero e tornò
a guardare verso Leanne, che nel
frattempo si stava spalmando dell’unguento sui lividi
violacei.
Guardandola faticare con quello che le interessava la schiena, si
alzò per aiutarla.
Si rese conto del gesto, solo quando ormai le
era alle spalle e aveva teso una mano perché gli desse il
tubetto di crema. Leanne, seppur sorpresa, glielo porse.
-
Grazie… - disse, guardandolo concentrarsi sulla
medicazione attraverso il riflesso dello specchio che aveva davanti
– Però non ti saresti dovuto
togliere la fasciatura, prima di andare te la rifaccio –
aggiunse.
Non appena lui ebbe finito, la ragazza si infilò in fretta
una maglietta pulita, imbarazzata della
sensazione ancora fresca delle dita di lui sulla sua pelle. Poi si diresse rapida
verso la cucina, dove aprì il frigo per tirarne fuori un
paio di
cartoni di un ristorante Thai.
-
Spero che ti piaccia – gli disse mentre li infilava
nel forno a microonde per riscaldarli.
James si sedette
al tavolo e tra di loro calò di nuovo
il silenzio, che due minuti dopo venne interrotto dal campanello che
avvisava la fine della cottura. Leanne
tirò fuori i cartoni fumanti, prese due forchette e mise
davanti
al Soldato una porzione contenente dei tagliolini, poi si sedette di
fronte a lui e iniziò a mangiare lentamente.
Di sottecchi
osservò
l’uomo portarsi la forchetta alla bocca e masticare; la sua
espressione non tradiva nulla. Leanne non riuscì ad evitare
di ridere
sommessamente, guadagnandosi così l’attenzione del
ragazzo.
-
Perdonami
– si scusò sventolando la forchetta davanti alla
faccia –
è che onestamente non ero più abituata a
consumare i pasti
con qualcuno – spiegò.
James la
guardò per un lungo istante.
-
Figurati io…- replicò.
Quella frase era
stata detta
con così tanta naturalezza e allo stesso tempo risultava
così strana, che dopo essersi guardati per un altro momento,
la
ragazza scoppiò a ridere, e con sua somma sorpresa vide un
accenno di sorriso anche sulle labbra dell'uomo.
Leanne a quel punto
lasciò il pasto a metà, alzandosi e dirigendosi
di nuovo
verso il borsone.
James la vide estrarre un plico di fogli,
che una volta tornata a sedersi, gli porse. Lui allungando una mano
quasi timoroso, li afferrò.
Erano
contenuti in una busta marrone con sopra riportante lo stemma
sovietico.
-
Lì
c’è la tua storia. Tutto ciò che ti
è
successo dal 1917, anno della tua nascita, fino alla partenza per la
guerra… Il
resto dei documenti non li ho portati con me, questi erano solo un
estremo
tentativo di convincerti che stavo dicendoti il vero. -
spiegò - Nel caso non
avessi voluto ascoltarmi te li avrei fatti avere in qualche modo
– aggiunse.
L’occhiata
stupefatta che le lanciò James fu più chiara di
mille parole.
-
Non
appena saremo arrivati a destinazione ti farò leggere anche
gli
altri.- disse osservandolo aprire il fascicolo - E' ora che inizi a
ricordare chi sei, James Buchanan Barnes – gli disse.
Head Room:
Salve lettori!
Avete visto? Ogni tanto riesco a sfornare anche dei capitoli lunghi! ^.^
In questo settimo appuntamento (che avrei
potuto nominare alternativamente "La loquacità di Bucky" xD)
scopriamo
che Leanne ha militato nello S.H.I.E.L.D. e che probabilmente
ha avuto a che fare con l'HYDRA... James invece continua la sua
battaglia interiore. Fidarsi continua ad essere arduo, ma ormai non
può più negare di aver bisogno di risposte.
Chissà
come proseguirà questa convivenza forzata tra i due ragazzi!
Il commento di Leanne sul suo abbigliamento da fuggitivo, è
ispirata ad un foto trovata su internet, nella quale c'erano effettivamente
diversi
personaggi vestiti con la stessa scelta d'abiti (si veda Steve Rogers
in TWS) per la fuga e ho trovato simpatica l'idea di inserirla.
Chissà dove Leanne avrà intenzione di portare
James.. Qualche
idea? Qualche preferenza? ;)
Nel frattempo, durante questa sosta obbligata, la ragazza ha voluto
svelare alcune informazioni all'ex Soldato d'inverno. Spero che le
reazioni avute da entrambe le parti siano state naturali e che abbiano
rispecchiato i personaggi come volevo
che fosse.
Prima di salutarvi vorrei fare solo una piccola precisazione. Mi
è stato chiesto, via pm se, viste le "poche" recensioni,
avrei
concluso la mia storia. Il mittente, ha argomentato la sua domanda
dicendomi che gli è capitato spesso di appassionarsi ad una
storia che poi per motivi di scarso riscontro sono state abbandonate
dai rispettivi autori.
Dal canto mio vi posso assicurare che la storia vedrà una
sua
conclusione. Mi sto divertendo moltissimo a scriverla, oltre ad esserci
affezionata, e questo
basterebbe già per farmela portare a temine. In
tutti i casi, lo farei per rispetto
di chi ha iniziato a seguirmi. Sono molto contenta nel poter dire che
voi lettori
non siete affatto in pochi! Potete anche essere "silenti",
ma ci siete, e questa è una grandissima gratifica per me. E'
vero
che le recensioni fanno sempre piacere, sia perchè sono un
modo
per avere un feedback, sia perchè (personalmente) amo
conoscere e mettermi a confronto con nuove persone.
Scrivere su questo sito mi ha fatto incontrare delle bellissime
persone, che ho avuto anche modo di
conoscere dal vivo. Per cui, certo, se c'è chi commenta sono
contenta, ma non baserò il destino della mia fic sul numero
di
recensioni che ho ricevuto; perchè, ripeto, ho rispetto
per chi mi sta sostenendo
continuando a leggermi.
A questo proposito ringrazio tutti voi per l'appoggio che mi state
dando, in tutti i casi e in tutti i modi.
Scusate lo sproloquio, ma volevo essere ben chiara su questo punto.
Vi aspetto tutti al prossimo venerdì targato 1945!
Con affetto,
Marta
|
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Capitolo 9 *** L'albero degli impiccati ***
8.L'albero degli impiccati
-
Secondo me, ballare il Boogie Woogie ti piacerebbe
–
Bucky aveva
appena finito di
raccontare (con molto trasporto) il panorama musicale Americano ad
Emelie, mentre
la ragazza si dedicava alla solita fasciatura.
-
Trovo che
tutto abbia preso un ritmo decisamente frenetico negli ultimi tempi
– commentò lei toccandogli delicatamente la sutura
con le
dita.
-
Immagino
che la frenesia impedisca alla gente di fermarsi a pensare a quello che
sta succedendo – rispose il ragazzo, riferendosi al conflitto
che
imperversava ovunque.
-
Penso che tu abbia ragione. Quando sono stata rinchiusa qui
dentro la guerra era appena scoppiata,
quindi ne so ben poco – concordò Emelie,
per poi farsi scura in volto.
-
Cosa succede? Problemi con la ferita? –
domandò il ragazzo seguendo lo sguardo di lei.
-
No, per l'appunto.. – fu la risposta della giovane
mentre gliela bendava –
Può praticamente dirsi guarita e a breve sarà
necessario
toglierti i punti. Ormai la pelle si è rimarginata
–
spiegò.
-
Dovrebbe essere una buona cosa, ma non lo è..
vero? –
Emelie
alzò gli occhi su di lui. Era inutile negargli
l’evidenza, anche se questa la spaventava a morte.
-
Non… non ho idea di cosa decideranno di fare in
seguito
– mormorò, fermando la garza con una clip di
metallo
– Non sono riuscita a sapere nulla da Schmidt –
aggiunse
cupamente.
Bucky non volle
neppure
pensare a ciò che la ragazza doveva aver fatto per scucirgli
tali
informazioni; ogni volta che il pensiero lo sfiorava, il sangue gli
ribolliva nelle vene come lava.
Fino ad allora
si era
crogiolato in quei momenti passati con lei; momenti che gli facevano
dimenticare la sua situazione e che permettevano anche a Emelie di
fuggire per un po’ dalla sua prigionia. Ma in quell'istante
tutti i
pensieri che avevano accantonato erano tornati a galla, e il loro tempo
assieme stava drammaticamente per esaurirsi.
Il ragazzo
guardò
Emelie tormentarsi l’unghia del pollice; era incredibile come
la
preoccupazione potesse scavarle ancora di più il viso e
renderla
ancora più pallida.
-
Per
sapere se il Boogie Woogie può piacerti, non ci resta che
provarlo! – disse d’un tratto, alzandosi in piedi e
trascinandola con lui.
-
Cosa?! – esclamò Emelie presa in contro
piede.
-
Forza, dammi una mano… Così, ottimo
– la guidò – E ora fai come me
–
Il ragazzo prese
a muovere le gambe accennando un motivetto con la bocca.
-
James! – protestò Emelie divertita.
-
Oh, avanti! Muovi quelle gambe! – la
esortò facendola girare su sé stessa.
Emelie si mise a
ridere. James aveva quel potere su di lei: quello di farla ridere di
gusto.
Non che avesse mai sperimentato prima la compagnia di altri ragazzi, ma
avrebbe potuto giurare che se ci fosse stato chiunque altro con lei in
quel momento, non sarebbe stato lo stesso.
Bucky le fece
fare un altro
paio di piroette e, quando gli fu chiaro che se avesse continuato
sarebbe crollata per terra, la attirò a sè,
sostenendola
in modo che il capogiro le passasse. Emelie si
aggrappò
alle sue spalle, ancora scossa dalle risate e con le gambe malferme.
La ragazza ne approfittò per godersi quel senso di calore e
di benessere che il giovane le
trasmetteva; poi quando lui allentò la presa, si sedette sul
letto.
-
Sei un pazzo James Buchanan – decretò
lei con il
fiato ancora corto mentre lui si accomodava al suo fianco – e
io temo di non essere portata per il ballo
- aggiunse.
-
Ti ci vuole solo un po’ di pratica –
replicò lui prendendola per mano.
-
Già, certo – rispose Emelie arricciando
il naso e appoggiando il capo sulla sua spalla.
Bucky
posò lo sguardo
sulla mano
della ragazza stretta nella sua; ed eccolo lì a contornarle
il polso... quel segno
rosso, un pò più vivido del giorno precedente.
Sapeva che ne aveva uno uguale anche dall’altra parte, li
aveva
già notati molte altre volte, così come aveva
notato i
segni di
bruciature che, nonostante lei cercasse di nascondere con i capelli,
risaltavano sulla pelle chiara delle tempie.
Ne aveva visti
di analoghi
sui prigionieri di guerra che avevano liberato durante le loro
campagne. L’elettroshock era una pratica molto
usata negli interrogatori Nazisti. Solo che lei non era una prigioniera
di
guerra ed era chiaramente Tedesca…
Mentre pensava a
quelle cose,
distrattamente le passò il pollice sulla parte di pelle
arrossata ed Emelie
si irrigidì immediatamente.
La mano della ragazza si
contrasse nella sua, ma non fece nulla per sottrarsi a quel
contatto.
-
Perché ti tengono qui Elie? Cosa cercano?
– le chiese in un sussurro.
Era una domanda
che gli era
sempre sorta spontaneamente, ma che fino ad allora non aveva mai
espresso a
voce alta.
Emelie non parlava mai di sé stessa, nemmeno di cosa avesse
fatto
in quella Berlino che aveva detto di amare prima di finire
lì. Sembrava non aver mai avuto una
vita.
Questa sua reticenza lo aveva quindi sempre indotto a non
indagare, ma in quel momento aveva dovuto
chiedere.
-
Preferirei non parlarne James… -
sospirò lei
stringendogli delicatamente le dita - e non perché non mi
fidi di te, ma perchè sei l’unica persona in
questo posto
con cui posso
essere normale – continuò con tono pacato
–
Se ti
raccontassi degli esperimenti a cui sono soggetta, smetterei di essere
solo Elie e diventerei la cavia che si chiama così... e io
non voglio
questo. Voglio solo essere Elie e basta nella tua testa. Non desidero
che tu associ il mio viso alle sofferenze alle quali sono
sottoposta
– gli spiegò.
Mentre gli
diceva quelle cose,
la ragazza aveva afferrato la mano di Bucky e si era appoggiata
l’ampio palmo del militare sulla guancia. Il giovane si
stupì ancora una volta di come la pelle di lei fosse sempre
fresca, come appena rientrata dall’aria autunnale.
Gli occhi di lei lo sondavano, sperando di non averlo offeso nel non
volergli rivelare ciò che le aveva chiesto. La sua era solo
paura, paura che lui cominciasse a vederla con occhi diversi, di
leggergli in viso la pietà e la compassione, o persino il
disgusto; ma James questo non lo avrebbe mai pensato.
- Non
potrei mai cambiare
opinione sul tuo
conto, ma capisco ciò che
vuoi dirmi e non insisterò oltre – le disse
infatti,
rasserenandosi un poco nel vedere il volto della ragazza aprirsi
in un gran sorriso.
In quei momenti
Bucky aveva
sempre una gran voglia di baciarla, ma era un’altra di quelle
cose che non aveva mai fatto. Aveva paura di spaventarla, o peggio di
ricordarle momenti spiacevoli…
-
Perdonami… però puoi chiedermi
qualsiasi altra cosa
– rispose lei, lanciandosi a sua insaputa nelle fauci del
leone.
-
Qualsiasi dici? – ripetè lui con un
ghigno.
Emelie
cambiò repentinamente espressione, assumendone una
decisamente preoccupata.
-
Tranquilla! – scoppiò a ridere lui,
guadagnandosi un
buffetto sul braccio e una sbuffata da parte della ragazza –
Vorrei solo che mi cantassi qualcosa, se possibile; la musica mi manca
molto
–
ammise lui.
Emelie fu presa
alla sprovvista. Onestamente non si sarebbe mai aspettata una simile
richiesta… ma anche se non avesse mai cantato in vita sua,
James
aveva un’aria così speranzosa nell'esprimergli
quel desiderio, che
non sarebbe comunque stata capace di dirgli di no.
-
Conosco
solo una canzone in inglese e non è molto allegra
–
rispose leggermente imbarazzata, ma al ragazzo sembrò non
importare, perché i suoi
occhi si illuminarono.
-
Va bene qualsiasi cosa – replicò.
Quanto potevano
essere azzurre quelle iridi?
Emelie se lo
domandò
per l’ennesima volta, così come si chiese come
potesse
essere così contagioso il suo sorriso e il suo buon umore.
-
Allora va bene – gli concesse.
Bucky la
ascoltò
iniziare a cantare sommessamente; la sua non si poteva dire una voce da
cantante professionista, ma era gradevole ed era intonata. La canzone
per il ragazzo era sconosciuta; raccontava la storia di due innamorati
che
si davano appuntamento davanti ad un albero alla mezzanotte. Se in un
primo momento poteva sembrare una canzone romantica, in
realtà il testo era molto più complesso..
L’albero in questione, era infatti usato
per le impiccagioni e lì, con tutta probabilità,
era
stato giustiziato proprio uno dei due innamorati.
Per l'ironia
della sorte, Bucky
pensò che quelle parole si adattassero molto bene alla
situazione
nella quale si trovavano...
Quando l'ultima nota si spense nell'aria, restarono entrambi in
silenzio per alcuni istanti.
-
Scusami… Non avrei dovuto cantarla, ti ha solo
rattristato
– disse Emelie all'improvviso, alzandosi di scatto e
dirigendosi
verso la porta.
James, rapido,
la
afferrò per un braccio prima che la raggiungesse e quando
lei
si voltò, le lacrime adornavano le sue ciglia come piccoli
ghiaccioli.
-
Elie…- mormorò Bucky poggiandole la
mano sul collo.
La ragazza la
afferrò, tenendola stretta nella sua quasi spasmodicamente.
-
Bucky… Io….- la frase della giovane
venne
brutalmente interrotta, ancora una volta, dai soliti colpi alla porta.
Emelie scosse la
testa come
se fosse combattuta su qualcosa; poi si voltò per andarsene,
ma
il ragazzo la trattenne ancora.
-
Ti amo – le disse di getto.
La ragazza lo
guardò con gli occhi spalancati, dai quali cadde qualche
altra lacrima.
Il sergente la
vide aprire la bocca per dirgli qualcosa, ma alla fine
sembrò ripensarci
e se ne andò; lasciandolo solo.
Head room:
Buongiorno a tutti e
no, non sono ancora andata a vedere Civil War xD
Conto di andarci
questo fine
settimana e magari per il prossimo capitolo vi dico quello che penso ;)
Per intanto, ieri ho fatto un giro con mio nipote al Disney store; lui
ne è uscito con un peluche di Pluto e io con una maglietta
di
Captain America, due bambini felici xD ma passiamo al capitolo!
Ebbene
sì, il nostro James
si è dichiarato! So che può sembrare un
pò
prestino... ma, secondo i miei pensieri, è già
passato
diverso tempo da quando lui è arrivato al laboratorio e ha
avuto
quindi modo di rendersi conto di che persona sia Emelie durante tutti i
loro incontri giornalieri. Poi al cuor non si comanda..
Restano comunque
diverse
incognite... Cosa succederà ora che James è quasi
guarito? In cosa consistono gli eperimenti condotti su Emelie e cosa
lei sembra sempre volergli confessare? Chissà voi
cosa avete immaginato!
Se al nostro caro
sergente
piacesse la musica, non ne ho la minima idea! Ma mi sembrava un ragazzo
che apprezzasse il ballo e le feste soprattutto ;) La canzone che viene
cantata da Emelie (probabilmente l'avete già riconosciuta),
si
intitola "The Hanging tree" ed è tratta dal film "Hunger
Games".
Vi lascio qui la traduzione se volete leggerla e/o ascoltarla: The
hanging tree
Ringrazio di cuore
tutti coloro
che si sono fermati a leggermi anche questa volta, a tutti coloro che
mi hanno recensito (in particolare la new entry LadyBones) e a tutti coloro che mi
hanno aggiunta tra le storie preferite (MsBieber_98), ricordate e seguite (Ferins,
Oberyn_92 e LadyBones).
Con
affetto,
Marta
|
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Capitolo 10 *** Un peso sul cuore ***
9.Un peso sul cuore
Leanne e James erano partiti il pomeriggio del giorno prima, come
passeggeri non ufficialmente noti di un aereo da cargo. Da quando
avevano preso posto sugli scomodi seggiolini di plastica del velivolo,
il
Soldato
era rimasto incollato ai documenti che la ragazza gli aveva dato.
Non c'erano
state altre
domande da parte sua, nemmeno su quale fosse la loro destinazione, e
Leanne si era ben guardata dal farglielo notare.
Dopo quattordici
ore di volo, la loro momentanea meta fu
Pechino. Dall’aeroporto della capitale avevano raggiunto
l’appartamento che la ragazza aveva affittato, lì
avrebbero trascorso la notte in attesa di poter partire nuovamente
l’indomani.
Non appena
arrivata, la giovane
si era fiondata a fare una doccia, lasciando James nel
salotto/cucina che componeva quel piccolo trilocale. Quando riemerse
dal bagno, quasi un'ora e mezza dopo e lasciandosi dietro una scia di
vapore degna di un bagno
turco, non si stupì per niente di trovare il ragazzo a
scrutare
fuori dalla finestra nell’aria densa di smog della
città.
-
Odio le
metropoli – esordì lei, passandosi ancora una
volta
l’asciugamano sui capelli umidi.
Leanne si
fermò in mezzo alla
stanza in attesa di un qualche cenno da parte di James, ma quando fu
chiaro che la conversazione non sarebbe nemmeno cominciata, gli si
avvicinò.
Quando gli fu accanto, si accorse che, invece di osservare fuori, il
ragazzo stava guardando la foto che lo ritraeva nel giorno della leva.
Un giovane, con la barba tagliata di fresco e l'uniforme perfettamente
stirata, sorrideva felice all'obbiettivo.
-
Ti sei ricordato qualcosa? – gli domandò
lasciandosi scivolare l'asciugamano sulle spalle.
-
No
– James scosse la testa – Non riesco neppure a
realizzare
di essere la stessa persona della foto.. e probabilmente non lo sono
– aggiunse, allontanandosi dalla finestra e lasciando cadere
a
terra lo scatto in bianco e nero.
Leanne si
chinò a raccoglierlo e lo seguì.
-
Guardati
allo specchio e guarda questa foto – gli disse,
tenendo ben
in vista l’immagine tra due dita – Tu sei
questa persona, solo che non lo ricordi –
James si
voltò a guardarla, i pugni contratti lungo i
fianchi.
-
Non c’è nessuna certezza che io recuperi
la memoria – replicò.
-
Ma non
c’è nemmeno la prova del contrario, non puoi
saperlo
– ribattè la ragazza portandosi le mani sui
fianchi.
-
Neppure tu s’è per questo –
-
No, ma almeno non perdo subito le speranze –
La tensione
iniziava a crescere, e quel fronteggiarsi l’uno
davanti all’altra ne era la prova.
-
Anche se mi ricordassi di tutto quello che è
successo, credi davvero
che io possa tornare ad essere lui? - ribattè James
indicando la
foto che lei teneva ancora in mano - Onestamente non so quali idee tu
ti…-
-
Non mi
sono fatta nessuna idea! Lo faccio per darti una mano,
perché
non tutti vogliono solo darti ordini per il proprio tornaconto!
–
lo interruppe Leanne cominciando seriamente ad arrabbiarsi.
James scosse la
testa con un
mezzo ghigno sul volto. Davvero non riusciva a capire
l’accanimento di quella ragazza per la sua causa. Sul serio
era
solo per esaudire un desiderio altrui?
Leanne, nel
vedere quella manifestazione di perfetta incredulità, non
riuscì più a contenere la rabbia.
-
Cos’è? Solo se qualcuno ti comanda a
bacchetta cosa
fare ti convinci che stia agendo per il meglio? –
Leanne non fece
quasi in tempo a finire la frase, che si ritrovò inchiodata
contro la parete alle sue spalle.
Per un attimo
gli occhi di
James si tinsero nuovamente di quella vacuità e di quella
freddezza,
che gli avevano fatto guadagnare l’appellativo di" Soldato d’inverno".
Aveva lo sguardo impassibile di un assassino di lungo corso.
Ma come quel
momento era
arrivato, passò altrettanto rapidamente, e Leanne si
ritrovò di nuovo con i piedi a toccare terra mentre James
faceva
un paio di passi indietro.
-
Non mi provocare, non ti conviene – le disse con
tono minaccioso.
-
Forse
dovrei farlo più spesso invece... Sembra l’unica
cosa che
riesca a farti comportare da umano – replicò la
ragazza, e
senza aggiungere altro lo superò, sparendo nella camera da
letto dove chiuse la porta a chiave.
James rimase
immobile a
fissare il muro che aveva davanti. Non appena la sua mano si era chiusa
attorno alla gola di Leanne si era pentito subito del gesto compiuto,
ma ormai era tardi... Aveva reagito
d’istinto alla provocazione e non era
riuscito a fermarsi; anzi, per un momento non si era voluto fermare,
aveva provato il desiderio di farle male.
Il problema era che si sentiva frustrato...
Era infatti
sicuro, che se anche si fosse ricordato di tutta quella che era stata
la
sua vita passata, non sarebbe mai potuto tornare ad essere quel ragazzo
sorridente delle foto. Sapere
che Leanne stava facendo tutto quello per aiutarlo in quello scopo, lo
turbava. L’idea di deluderla, lo turbava, e questo si sommava
al
già caotico miscuglio di emozioni che provava ultimamente.
Il giovane,
da quando
erano successi i fatti di Washington, si sentiva in bilico tra due
realtà: una fatta semplicemente di ordini e oblio,
l’altra
fatta di immagini e
sensazioni sfocate, che lo inducevano a pensare con la propria testa e
a ribellarsi.
Era
come se qualcuno, all'improvviso, avesse premuto un interruttore nella
sua testa e lui avesse cominciato
a vedere il mondo in modo diverso; un modo libero, dove gli era
possibile decidere
della sua esistenza e gli ordini erano stati trasformati in richieste
cortesi.
La reazione che aveva avuto qualche minuto prima con Leanne,
però, gli rammentava che il suo addestramento era ben
radicato
in lui, pronto a emergere in un battito di ciglia. Avrebbe anche potuto
ucciderla e non era una cosa che voleva che accadesse...
Con questi pensieri in testa, James si diresse verso il bagno, deciso a
spegnere momentaneamente i suoi problemi sotto il getto gelato della
doccia.
Leanne, sdraiata
sul letto e
con la testa affondata nel cuscino fresco di lavanderia, ripensava alla
discussione da poco successa, e più lo faceva più
trovava
naturale darsi dell'idiota. Aveva volontariamente buttato benzina sul
fuoco, riuscendo anche ad arrabbiarsi per come
lui aveva conseguentemente reagito.
Cosa avrebbe fatto lei, se
qualcuno le avesse sputato in faccia i suoi trascorsi passati? Se, per
di più, a farlo fosse stata una persona che affermava di
volerla
aiutare?
La risposta era né più né meno quello
che aveva
fatto James, forse solo con un po’ meno di forza.
Lei era lì per sostenerlo, non per tormentarlo ancora di
più del dovuto! Ma quando gli aveva visto in faccia quel
sorriso
sarcastico e diffidente, non ci aveva più visto. Voleva
più di ogni altra cosa che lui si fidasse e sapeva benissimo
che ciò
richiedeva pazienza...
Il problema, era che lei aveva vissuto fino a
quel momento nella pazienza e nell'attesa, e queste cominciavano a non
bastarle più.
Leanne sbuffò, girandosi su di un fianco e raggomitolandosi
in
posizione fetale, sfiancata dai suoi stessi pensieri.
-
Sei una stupida, Leanne… una vera stronza a dirla
tutta – mormorò.
Quando alla fine
la notte sopraggiunse,
trovò la ragazza già addormentata da diverse ore.
Il fuso le
giocava sempre dei brutti tiri.. Nonostante questo però, un
rumore improvviso la destò dal suo sonno.
La
ragazza si mise a sedere nell’oscurità della
camera,
afferrando di riflesso la pistola posata sul comodino e restando in
ascolto. Dall'esterno non sembrava provenire alcun rumore, per cui
riappoggiò l'arma sul piano e raggiunse la porta della
camera.
Una volta entrata nel salotto, impiegò un attimo a
mettere a
fuoco la figura di James, seduta sul divano con gli avambracci
appoggiati sulle cosce. La luce che arrivava dall’esterno
faceva
scintillare il suo braccio metallico.
-
Non riesci a dormire? –
Leanne, dopo
aver sostato titubante sulla soglia della stanza, si era decisa ad
avvicinarsi.
-
Non volevo svegliarti – le rispose lui con voce
roca.
-
Non ti
preoccupare – lo rassicurò accendendo la piccola
abatjour
del soggiorno – James, cos’è successo?
– gli
domandò subito dopo, vedendo il sottile strato di sudore che
imperlava la fronte del Soldato.
-
Incubi… ma non li ricordo – le disse,
pinzandosi
stancamente la radice del naso tra il pollice e l'indice.
-
Rettifico: questo,
è il gesto più umano che ti ho visto fare
–
replicò lei con un sorriso mentre James alzava il viso per
guardarla –
Scusami.. per prima intendo – aggiunse poi con una punta di
imbarazzo.
-
Io.. non avrei dovuto aggredirti – ammise a sua
volta il ragazzo con un sospiro.
Leanne si
limitò ad annuire impacciata e poi si diresse verso il
cucinino.
-
Ti va del tè? – domandò,
aprendo la credenza e prendendo il bollitore.
-
No grazie
– rispose James, andando a sedersi su uno
degli sgabelli davanti alla penisola che fungeva da tavolo.
-
Anche io
faccio spesso degli incubi.. - confessò Leanne - Quando
dormi la mente si rilassa e certe
immagini tornano a galla inevitabilmente – disse,
appoggiando sul bancone una mug con la bustina per il tè.
Quando il
bollitore si mise a
fischiare, la ragazza spense il gas, versò l’acqua
calda
nella tazza e andò a sedersi davanti a James, che nel
frattempo
aveva riaperto il suo fascicolo.
Nella prima
pagina
c’erano tre foto; una era quella della leva, mentre le altre
due
ritraevano rispettivamente una coppia di mezza età e due
ragazzini sorridenti con alle spalle i propri famigliari.
-
Cosa ne
è stato di loro? – domandò il ragazzo
prendendo
in mano la foto di quelli che dovevano essere i suoi genitori.
-
Sono
morti serenamente di vecchiaia. L’HYDRA non si è
mai
interessata a loro, né loro sono mai venuti a sapere che
fosse
coinvolta nella tua morte.. hanno sempre creduto che il loro figlio
fosse morto da eroe sul campo di battaglia. Il che non è poi
del
tutto falso..- gli rispose.
James rimase a
fissare per
qualche istante la foto. Non sapeva come avrebbe dovuto sentirsi,
probabilmente triste, ma era difficile provare delle emozioni per delle
persone che non riconosceva...
Lo sguardo del ragazzo cadde sull'altra istantanea, quella dei due
ragazzini.
Di fianco a lui c'era un bambino che non dimostrava più di
dodici anni, magro come un chiodo e con una zazzera di capelli biondi
in testa. Nonostante fosse cambiato molto
rispetto a quei tempi,
James lo aveva riconosciuto subito.
-
Credo di
aver sognato di essere con lui.. - disse d'un tratto
con un
certo sforzo, indicando Steve -
Eravamo seduti su alcuni cuscini sparsi sul pavimento, poi è
arrivata una donna... ha detto qualcosa, ma non ricordo la
frase – raccontò sempre senza smettere di
osservare
l’immagine – la donna era questa –
aggiunse, puntando
il dito sulla donna bionda di nome Sarah e alzando gli occhi verso
la sua interlocutrice.
Leanne lo
guardava sorridendo dolcemente, le mani strette attorno alla tazza
fumante.
-
Sono sicura che quello fosse un ricordo – gli disse
prendendo un sorso di tè.
James
annuì
distrattamente; ma se era davvero così.. allora anche quelle
persone che
aveva ucciso a sangue freddo nel sogno che aveva fatto subito dopo,
facevano parte
di un suo ricordo.. Cosa diavolo aveva fatto sotto il controllo
dell’HYDRA?
Sentendo
montargli dentro una sorta di nausea, si costrinse a cambiare discorso.
-
Quella
Emelie di cui mi hai parlato.. - riprese - non ci sono sue
foto; vuol dire che l’ho conosciuta dopo essere partito per
la
guerra? – la interrogò.
-
Sì, era... una prigioniera dell’HYDRA
come lo
eri tu.. – rispose lei un pò tesa – Ti
è venuto in mente qualcosa?
– gli chiese.
-
Ho un
viso in testa.. una ragazza dai capelli biondi e dagli occhi chiari;
azzurri, ma con una sfumatura di.. -
-
Verde – concluse per lui Leanne quasi commossa.
-
Sì – disse James stupito.
-
E' Emelie – gli confermò.
James
fissò la ragazza negli occhi; ora aveva solo bisogno di
sapere un'altra cosa.
-
E' ancora
viva? – le chiese, pur sapendo che se lei gli avesse risposto
affermativamente, Emelie sarebbe stata una donna già molto
avanti con
gli anni.
Ma
bastò vedere la faccia sofferente di Leanne per capire che
no, non lo era.
-
E' morta... Non è mai uscita da quel
laboratorio... Mi dispiace, James –
Al ragazzo parve
che un peso gli fosse caduto dritto sul cuore.
Chief's room:
Buongiorno a tutti!
Lo so.... pensavate
di scoprire
finalmente dove fossero diretti con questo capitolo, e invece
c'è stato solo un intermezzo. Giuro, nel prossimo lo
scoprirete!
Per ora ho voluto
mettere ancora
una volta a confronto Leanne e James. Sto cercando di far evolvere il
loro rapporto in modo che risulti graduale e spontaneo, e per farlo mi
sto servendo di momenti di quotidianità, come una
chiacchierata
davanti ad una tazza di tè. Poi l'ammetto, i capitoli
introspettivi mi piacciono da matti ^^"
James, nello
specifico, ha fatto
un piccolo upgrade... ha iniziato a emettere più di due
sillabe
alla volta xD Che il Soldato d'inverno stia lasciando il posto all'uomo
di Brooklyn?
Ma passiamo al punto
saliente della questione: Emelie è morta.
Chi se lo aspettava
alzi la mano!
Per quelli che non se lo aspettavano, ora che le vostre idee sono state
frantumate, quali nuove congetture avete fatto a tal proposito? Quali
nuove domande vi sono venute in mente? Sappiate che chiedere
è
lecito, ma mi riservo la facoltà di non rispondere =P
Ora posso
tranquillamente
affermare di aver visto Civil War e che mi è piaciuto
tantissimo! La vicenda è stata ben gestita e gli attori ne
hanno
dato una superba rappresentazione. Senza fare spoiler per chi non lo
avesse ancora visto, dico solo che l'ultimo scontro è stato
il
momento che più di tutti mi è piaciuto (assieme
agli
ammiccamenti all'interno del Maggiolino. Barnes/Wilson coppia
dell'anno! XD ).
Ringrazio di cuore
tutti voi
lettori che state aumentando sempre di più rendendomi ebbra
di
felicità! Grazie a chi ha recensito, Leila91 in particolare per essersi
aggiunta! Grazie infine a chi mi ha inserita tra le fic seguite (Yule_directioner,
Denise26 e Leila91),
ricordate e preferite (DESTROYA_DESTROYA).
Al
prossimo 1945,
Marta
p.s. Ho cambiato la
mia "Head room" in "Chief's room" dietro consiglio di un'amica invasata
quanto me per Agent Carter e che come me è rimasta parecchio male per la decisione dell'ABC di cancellare la serie.. così è diventato un piccolo tributo.
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Capitolo 11 *** Terribili verità ***
10.Terribili verità
"Avrò
fatto bene a dirglielo?"
Bucky, si stava
interrogando
a tal
proposito dal giorno prima, mentre sdraiato sulla branda osservava il
soffitto crepato. Pur non avendo un orologio per segnare lo scorrere
del tempo, sapeva che l’ora alla quale solitamente Emelie
faceva
il suo ingresso era passata da un pezzo.
Che avesse
davvero sbagliato a confessarle i suoi sentimenti?
Eppure, quando
la sua bocca
si era chiusa sull'ultima sillaba della dichiarazione, gli occhi di lei
si erano
illuminati. Gli aveva rivolto lo stesso sguardo che gli riservava
quando le
raccontava nuovi dettagli sul mondo lì fuori: di sorpresa e
di eccitazione.
L’aveva vista schiudere la bocca per dirgli qualcosa, poi i
colpi alla porta l'avevano interrotta, e
allora quella luce si era spenta e la sua espressione era diventata
sofferente.
Come se per un attimo avesse sperimentato la libertà, solo
per
poi realizzare che non era altro che un bel sogno.
Se davvero era
così, Bucky non poteva che capirla…
Lui nelle cose
si gettava
d’istinto, a testa bassa, ed era stata la consapevolezza che
forse di
lì a poco sarebbero stati separati, che lo aveva indotto a
dirglielo. Si era volontariamente lanciato in un
baratro da cui sarebbe
stato difficile uscire; ormai, alla paura degli esperimenti, si era
sostituita quella di perderla…
Una persona razionale non si sarebbe mai
lasciata coinvolgere fino a quel punto, sapendo perfettamente che non
ci sarebbe stato alcun futuro. Ma era sempre stato Steve quella
razionale, non lui.
Non
si era innamorato
di Emelie solo perché, con tutta probabilità,
sarebbe stata l’ultima ragazza che avrebbe visto.
Di ragazze, in
passato ne
aveva avute diverse, a volte anche più di una allo stesso
tempo.
In poche resistevano al fascino di Bucky Barnes, soprattutto dopo che
davanti al suo nome era stato aggiunto il titolo militare.
Erano sempre state belle, con sorrisi smaglianti e labbra rosse,
boccoli e vestiti alla moda. Emelie
invece non possedeva nessuno di questi orpelli; c’erano solo
lei,
i suoi occhi caraibici e i suoi capelli biondi. Niente di
più. Veniva da lui armata solo del suo essere sé
stessa,
ed era quello ad aver conquistato Bucky.
All'improvviso,
il rumore della serratura interruppe i suoi pensieri e lo fece scattare
a sedere.
-
Era ora! Temevo che non sar…-
Il resto della
frase gli
morì sulle labbra. Quando la porta si fu spalancata
completamente, ad entrare
non fu Emelie, bensì Rheinoldt Schmidt con un paio di
energumeni al seguito.
-
Salve
Sergente Barnes! – lo salutò l’uomo con
un sorriso
– Mi spiace, forse si aspettava la nostra Emelie, ma oggi
purtroppo è indisposta – aggiunse, vedendo
l’espressione del ragazzo.
-
Cosa le avete fatto? – replicò Bucky,
indurendo istantaneamente lo sguardo.
-
Non si
preoccupi, niente di grave. Per domani sarà sicuramente in
grado
di tornare ad occuparsi di lei – rispose con molta
tranquillità lo scienziato.
-
Voglio sapere cosa le avete
fatto – insistè il ragazzo con tono gelido.
James, fece per alzarsi e andare incontro all’uomo, ma ad un
cenno
di quest’ultimo, i due che lo accompagnavano gli si
avvicinarono
e lo ricacciarono sul lettino, immobilizzandolo.
-
Suvvia, non è il caso di scaldarsi tanto! Le posso
assicurare che sta bene - gli disse Rheinoldt bonariamente
avvicinandosi - Sono passato solo a darle un’occhiata per
vedere
come
procede la guarigione – spiegò chinandosi su di
lui
– e vedo che siamo ad un ottimo punto! Emelie ha fatto
proprio un
buon lavoro – aggiunse soddisfatto dopo avergli osservato la
ferita.
A Bucky
quell’uomo
metteva i brividi. Si comportava davvero, come se fossero vecchi amici
di bevute e non cavia e aguzzino. Quei suoi modi affettati e gioviali
avevano il potere di mandarlo in bestia.
-
Direi che
è anche già possibile togliere i punti
– spiegò
pragmaticamente – Ora manca ancora una cosa –
aggiunse.
Dalla tasca interna del camice, l'uomo estrasse una scatolina
argentata, dalla quale tirò fuori una siringa piena di un
siero
sconosciuto dal
color blu elettrico.
Bucky, cominciò a divincolarsi per sfuggire alla presa dei
due
energumeni, senza però riuscire a smuoverli di un
millimetro.
Schmidt, senza
tante
cerimonie, gli infilò l’ago nella spalla proprio
sopra il
moncherino, e il ragazzo sentì un immediato e intenso
bruciore
diffondersi per i tessuti limitrofi. Con un gemito di dolore si
afferrò la spalla mentre finalmente veniva lasciato andare.
-
Non si
preoccupi, non è niente di nocivo. – lo
rassicurò
l’uomo – Sono certo che la nostra collaborazione
darà grandi frutti! – aggiunse tutto allegro
dandogli una pacca sulla spalla sana.
-
Lei è pazzo – sputò tra i
denti Bucky.
-
Genialità e pazzia a volte sono difficili da
distinguere,
mi creda – replicò l’altro per niente
infastidito.
-
Non
capisco come Emelie possa anche solo sopportare di restare nella stessa
stanza con uno stronzo come lei - fu la risposta del soldato.
Lo scienziato, a
quel punto, si mise a ridere di gusto mentre raggiungeva la porta.
-
Sono
sicuro che preferirebbe essere da tutt’altra parte, ne
convengo
con lei – rispose quando smise di ridere – ma come
si suole
dire, i parenti non te li scegli –
Quella frase
ebbe il potere di spegnere completamente il raziocigno di Bucky. Il
ragazzo, sentì improvvisamente i propri pensieri farsi
ovattati e la testa leggera. Schmidt
osservò divertito la sua confusione e poi sorrise.
-
La cara
Emi si è forse dimenticata
di dirle che io sono suo fratello? -
domandò il tedesco innocentemente - Emelie e Rheinoldt
Schmidt, i figli di Johann Schmidt, che credo lei abbia avuto il
piacere di conoscere – disse - Beh, mi piacerebbe trattenermi
ancora con lei, Signor Barnes, ma ho delle cose da fare. Mi racco...-
Le successive
parole di commiato,
Bucky nemmeno le udì. Anche quando lo richiusero nella cella
e
le luci si spensero automaticamente per la notte, il ragazzo rimase
seduto sulla sua branda nella stessa identica posizione.
Ancora non
riusciva a credere a ciò che aveva sentito... era
un'eventualità che
il suo cervello non aveva mai nemmeno valutato,
perché…
perché era troppo grottesco e troppo orribile per essere
vero.
Emelie era la sorella di quel pazzo.. dello stesso uomo che la teneva
prigioniera e che abusava di lei.
James, si
premette con forza il palmo della mano sulla fronte e mentalmente lo
fece anche con quella mancante.
"Perché non me lo ha detto?" si chiese frustrato.
Si era appena
posto quella
domanda, quando uno strano rumore proveniente dal muro davanti a lui,
attirò la sua attenzione.
Stava per
avvicinarsi alla fonte di quel suono, quando nella parete si
aprì un varco rettangolare e luminoso.
-
James? –
La voce di
Emelie uscì dall'apertura e Bucky ne restò
così sorpreso da non riuscire subito a reagire.
-
James! - ripetè la ragazza preoccupata.
-
Elie? –
Bucky si
avvicinò,
inginocchiandosi davanti al foro e sbirciando oltre di esso. Il
volto di Emelie, illuminato dalla fioca luce di una candela, lo
accolse. Il suo viso sembrava più scavato rispetto al giorno
prima e ai lati delle tempie, brillavano due nuovi e freschi segni
circolari.
-
Ma cosa..
– mormorò il ragazzo – La tua cella
è a
fianco della mia? – domandò stupito.
-
Mi spiace
di non avertelo potuto dire prima. Ho scoperto questo mattone allentato
prima ancora che tu arrivassi qui. Nella tua cella
c’è
stata per diverso tempo una ragazza con cui avevo stretto amicizia..
– spiegò con tono triste – ma
finchè
Rheinoldt è rimasto nella struttura non mi sono
fidata ad usarlo, se lo avesse scoperto... - disse con una punta di paura
nella voce, lasciando la frase in
sospeso.
-
Vuol dire che adesso è andato via? –
domandò Bucky.
-
Solo
temporaneamente.. deve essere successo qualcosa di grave per
costringerlo ad abbandonare la base – rispose lei aggrottando
le sopracciglia.
-
Tu come stai? –
Emelie lo
guardò, sorridendo con amarezza.
-
Oggi
è stata più dura del solito. Gli
effetti sono stati
più pesanti e mi hanno lasciata parecchio debilitata.. mi
spiace di non essere venuta - gli disse.
-
Non ti scusare - replicò Bucky.
-
So quello
che ti ha detto Rheinoldt.. - proseguì la ragazza dopo un
attimo di silenzio - E' passato da me per dirmi quanto fosse
stata divertente la tua espressione.. –
Bucky, nella
penombra, strinse il pugno.
-
Cosa vuol dire tutto questo? Perché non me ne hai
mai parlato? – le chiese allora amareggiato.
Dall'altra parte del muro, Emelie sospirò. Non era un
sospiro di
impazienza o di fastidio, era solo di stanchezza; di quel tipo di
stanchezza che ormai ti ha invaso perfino l'anima.
-
James, tu
sai in cosa consiste l’ideologia
dell’Übermensch?
– lo contro interrogò Emelie.
-
So che
è alla base delle idee di quel pazzo furioso che si professa
a
capo della Germania – replicò Bucky – Ma
questo cosa
centra?
–
-
Io sono
stata cresciuta da mia madre, una donna borghese con una libreria
avviata dai genitori a Berlino. Sono rimasta con lei fino ai sedici
anni,
senza sapere nulla di mio padre. - cominciò a raccontare la
giovane - Non ne me volle mai parlare..
così dedussi che doveva essere morto in guerra, o scappato
lasciandola sola. Ritornò nella mia vita, solo
quando mia madre morì di consunzione dopo un lungo
travaglio.
Johann Schmidt si presentò all'improvviso in negozio,
dichiarando di essere alla
ricerca di sua figlia. Disse che voleva prenderla con sé,
che
voleva riparare ai suoi errori. - disse con un sorriso sarcastico - Io,
ovviamente, nel vedere arrivare
quest’uomo in uniforme del tutto rispettabile, non ne fui che
contenta. Andai con lui e da lì iniziò il mio
calvario..
Venni portata in questi laboratori e presentata al mio fratello gemello
–
-
Gemello? – esclamò Bucky, che fino ad
allora era rimasto ad ascoltare attonito il racconto.
-
Sì… mia madre conobbe Schmidt quasi per
caso, se ne
innamorò e diede alla luce due bambini. Rheinoldt venne
portato
via da mio padre quando avevamo poco più di un anno. Era il
maschio ad interessargli, perchè sarebbe stato lui a portare
avanti il nome degli Schmidt; della figlia non gli
importava nulla, così come della madre. - spiegò
con tono lugubre.
-
E per
quale motivo è tornato a prenderti? – le
domandò
allora il ragazzo, senza riuscire a trovare il nesso.
-
Per gli
esperimenti che stavano conducendo avevano bisogno di una cavia. Mio
fratello si era offerto volontario, ma pur rispondendo bene ai
trattamenti, Johann non
poteva permettersi di mettere la sua vita a repentaglio. Erano convinti
che io, avendo gli stessi geni ereditari, potessi essere altrettanto
adatta, e difatti fu così: non dimostrai alcun effetto
collaterale di
lunga scadenza. Ma non è l'unico motivo della mia presenza
qui.. – proseguì la
ragazza, e Bucky la sentì prendere un respiro profondo prima
di
continuare, quasi le venisse da piangere – L'ideologia alla
base
della
razza ariana e la
volontà di preservare quest'ultima, sono il secondo motivo
per il
quale sono qua…- disse con voce improvvisamente roca.
Un brivido
percorse la schiena di Bucky mentre ricollegava i vari pezzi.
-
Una volta che gli esperimenti saranno conclusi,
dovrò
dare un figlio a Rheinoldt. - ammise lei a stento - Per questo non
volevo che venissi a
saperlo! Per questo non sono riuscita a risponderti ieri! -
esclamò disperata - Come potrei?
Che futuro potremmo avere? Io non ho alcuna scelta…
nessuna… e mi vergogno così tanto! –
Emelie irruppe
in singhiozzi
incontrollati, affondando il viso nelle mani.
-
Elie!
– la chiamò Bucky guardandola dalla feritoia
– Non dirlo nemmeno per scherzo!
Non sei tu a doverti vergognare! Non sei tu… - rispose il
ragazzo, trattenendo a stento la rabbia per ciò che aveva
appena udito.
Se solo avesse
avuto sotto
mano quel pazzo... gli avrebbe fracassato la testa contro
il muro, mutilato o meno che lui fosse.
-
Elie, ti
prego non piangere… - le disse.
Alla rabbia si aggiunse la frustrazione di non poterla raggiungere, di
non poterla abbracciare.
Bucky, cercò allora di far passare la mano
nella piccola apertura, riuscendo però a fare
capolino solo
con le
dita.
Dopo un momento,
sentì la mano della ragazza appoggiarsi sulla sua e i
singhiozzi venire trattenuti.
-
Sai dove vorrei portarti per la nostra prima uscita assieme?
– cercò di distrarla Bucky.
-
No.. non ci ho mai pensato – rispose la ragazza con
voce tremante.
-
Io
sì – replicò il ragazzo – Ti
porterei a
mangiare il gelato su Boston Road e poi a fare shopping in Main Street
– le disse, ripensando alla sua città natale
– Poi
andremmo al cinema e ti comprerei una montagna di popcorn caldi al
burro. Dopo il film, andremmo
a cenare in piazza, nel ristorante più buono di tutto il
paese, e
infine ti accompagnerei in macchina fuori città, il
più
lontano possibile dalle luci e ti farei vedere il cielo pieno di stelle
– concluse.
Dall’altra
parte la presa s'intensificò.
-
Sarebbe bellissimo, James…- rispose la ragazza -
Davvero bellissimo... -
Uno splendido sogno.
Chief's Room:
Ben arrivati al
decimo capitolo! Il cui perno fondamentale, è la scoperta
della parentela di
Emelie con gli Schmidt. La nostra ragazza, infatti, è niente
meno che la
figlia di Teschio rosso e, cosa ancora più importante, la
sorella di Rheinoldt.
Johann Schmidt in
verità, nella versione a
fumetti, ha davvero una figlia di nome Synthia e io ho solo sostituito
il suo personaggio. ^^"
Ve lo aspettavate? O
sono riuscita a cogliervi di sorpresa?
Sono conscia del
fatto di andare a toccare un tasto un pò
delicato inserendo una Incest, ma nella Germania nazista non era per
nulla strano che ci si sposasse tra consanguinei. Come ha spiegato
Emelie lo si faceva per preservare la purezza della razza ariana.
L'Übermensch
(Oltreuomo), nello
specifico, è un
concetto introdotto da Nietzsche; che è stato poi preso e
completamente stravolto dal nazismo, che lo usò per
giustificare
le persecuzioni perpetrate.
Restiamo
così ancora in sospeso sulle sorti di Bucky e di
Emelie... che cosa succederà? Il nostro Sergente sembra non
voler demordere, nonostante il processo che lo trasformerà
nel
Soldato d'inverno sia ormai ufficialmente cominciato.
La prossima volta
tornerà a farci compagnia Leanne e finalmente,
lei e il suo compagno di viaggio, arriveranno alla tanto attesa
destinazione misteriosa ;)
Passo ora a
ringraziare i miei lettori, che si stanno moltiplicando in
modo impressionante! I recensori che non mancano mai di fermarsi a
darmi i loro pareri e tutti coloro che mi hanno aggiunta tra le
preferite (Cassy23,
Thominewt, KAOLIN, Jesibel, Clepp e Charlotteohlin), seguite (Weepingangel,
AllisonHermioneEverdeen e KAOLIN) e ricordate (Cassy23 e
Shaya73).
Dio mio siete tantissimi!!!
Grazie a tutti di
cuore!
Con
affetto,
Marta
|
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Capitolo 12 *** Casa è avanti, il mondo alle spalle ***
11. Casa è avanti
-
Pensi di potermi dire dove siamo diretti? –
James, distolse
lo sguardo
dal panorama che scorreva fuori dal treno e lo puntò sulla
ragazza seduta di fronte a lui, che al momento si trovava immersa in
un’accesa discussione con la signora giapponese che aveva
seduta
a fianco.
Era rimasto
piuttosto
sorpreso, se non allibito, di scoprire che la meta dell’aereo
cargo sul quale avevano viaggiato, era l’aeroporto di Nagoya*.
Il paese del Sol Levante, li aveva accolti nel primo pomeriggio in un
turbinio di colori e suoni completamente diversi da quelli a cui erano
avvezzi e, se
a James sembrava di stonare in quel contesto orientale, per Leanne
pareva l’esatto opposto. Da quando avevano messo piede in
terra
Nipponica, il Soldato aveva notato che la ragazza aveva perso
quell’aria guardinga che aveva mantenuto fino ad allora.
Sembrava
essere completamente a suo agio, come se finalmente fosse stata
riassegnata al posto a cui apparteneva.
Non appena atterrati,
avevano subito raggiunto la stazione più vicina ed erano
saliti su di un
primo treno che li avrebbe portati fino a Gi-fu**; una volta
là,
avrebbero preso la coincidenza per Takayama***.
-
Scusa,
hai ragione, ora sarebbe il caso di dirtelo – rispose lei,
sorridendo per accomiatarsi dalla sua interlocutrice – Stiamo
tornando a casa mia – gli disse semplicemente.
-
Tu abiti qui? – le chiese James piuttosto stupito.
-
Ci abito
solo da qualche anno, prima, durante il periodo per il quale ho
lavorato nello S.H.I.E.L.D. abitavo a Washington – gli
rispose.
-
Certo che
è stato un bel cambiamento – commentò
il
ragazzo.
Leanne alzò le spalle.
-
Per certi versi ci sono stata costretta.. ma sono felice di
essermi trasferita qui – replicò.
James, aveva
notato che alla
ragazza costava sempre molta fatica parlare di sé stessa, e
questo non faceva
che aumentare i punti oscuri sul suo conto. Primo fra tutti, il giovane
si interrogava su come lei fosse venuta a conoscenza di quello
che gli era successo; soprattutto da quando aveva scoperto che Emelie
era morta nel ’45... Come poteva essere lì per suo
conto
allora?
-
Lo so che
sono evasiva… - gli disse Leanne, interpretando
perfettamente il suo silenzio – ma non amo
parlare della mia vita.. – ammise con molta
onestà.
-
Tra
quanto arriveremo? – si informò il giovane,
decidendo per il momento di non insistere.
-
Penso a notte fonda. Una volta raggiunta Takayama dovremo
prendere
un bus che ci porti all’Hakusan National park; da
lì
proseguiremo a piedi – spiegò più nel
dettaglio
– Te l’ho detto che non amo le metropoli
– aggiunse
sulla difensiva dopo che il ragazzo aveva sollevato le sopracciglia in
modo eloquente.
Per tutta
risposta, James
tornò a guardare fuori dal finestrino con espressione
accigliata
sotto alla visiera del cappellino da baseball.
-
Abito in
un piccolo villaggio di montagna, praticamente fuori dal mondo e quasi
del tutto
isolato. Ho pensato che fosse il posto migliore per nascondersi
–
gli spiegò le sue ragioni lei – e poi mi mancava
casa…- mormorò con una punta di imbarazzo.
James
sospirò
interiormente. Non la si poteva biasimare e, onestamente, lui stesso
non
avrebbe avuto il luogo migliore in cui nascondersi. Probabilmente si
sarebbe
arrangiato in qualche modo.. o sarebbe tornato in una delle tante basi
HYDRA nascoste per il paese.
-
Hai dei parenti ad aspettarti? – le
domandò dopo un attimo.
-
No,
nessuno.. i miei sono morti quando ero ragazzina – rispose
Leanne con
tono incolore – Però gli abitanti del paese sono
molto
cordiali e mi hanno sempre fatta sentire a casa.
L’ospitalità Giapponese è incredibile
–
aggiunse con rinnovato entusiasmo – Senza contare che
lì
vicino c’è il tempio dove ho praticato
l’addestramento alle arti marziali –
-
Sembra che tu sia riuscita a farti una vita degna di essere
vissuta – replicò James.
-
Sì, credo sia così.. -
concordò lei con un sorriso dolce.
-
Anche la città dove abitavo io era piccola
– azzardò il ragazzo dopo un momento.
Leanne non disse
nulla,
limitandosi ad osservarlo con più interesse. In
realtà, dentro di lei si era scatenato il caos nel sentire
quella notizia, ma non voleva
mettergli pressione, né voleva apparire troppo ansiosa.
-
Mi
ricordo un chiosco di gelati nella via principale.. Io e i miei ci
fermavamo sempre a prendere un cono la domenica e.. – il
Soldato
si portò una mano alla fronte increspata dallo sforzo.
-
Non esagerare – gli disse Leanne appoggiandogli una
mano sul
ginocchio – Vedrai, il posto in cui ti sto portando ti
aiuterà. E’ il luogo ideale per restare tranquilli
a
meditare; per me è stata la salvezza – aggiunse.
James si
limitò ad
annuire – Non si preoccupi signora, sto bene –
disse poi, in
perfetto giapponese, alla loro compagna di viaggio che si era detta
preoccupata per la sua salute.
Questo volta fu
il turno di Leanne di alzare le sopracciglia in una muta richiesta di
spiegazioni.
-
Lo
conosco, ma non so dirti quando e dove l’ho imparato
–
replicò il ragazzo alzando le spalle.
-
Nessuna obiezione! Anzi, meglio così! –
gli sorrise lei alzando le mani, per poi
rintanarsi di nuovo nella lettura che aveva precedentemente interrotto.
Il viaggio
proseguì
come da programma; una volta arrivati a Takayama presero
l’autobus che li avrebbe portati al parco nazionale.
L’autista, un
po’ preoccupato nel vederli salire così tardi,
aveva
consigliato loro di rimandare la corsa al giorno dopo. Sarebbe stato
molto
pericoloso avventurarsi per i sentieri di notte, visto e considerato
che una volta raggiunto il capolinea il sole sarebbe già
tramontato da un pezzo. Leanne però, lo aveva rassicurato,
dicendogli di essere solo diretti al loro camper situato nel parcheggio
del parco.
Meno
persone si ricordavano di loro e di dove erano diretti, e meglio era.
Man mano
che il pullman procedeva,
il paesaggio era cambiato sotto i loro occhi, mutando dalle colline
all’alta
montagna. Dove i crinali erano imbiancati dalla neve, la luce brillava
sulla superficie accendendoli del rosso fuoco del tramonto.
Quando alla
fine il mezzo li scaricò, il sole era effettivamente calato
da
un pezzo e la temperatura era bruscamente scesa.
- Ti serviranno questi - disse Leanne una volta che il bus
fu ripartito, tirando fuori dal suo
sacco degli abiti più adatti a quel freddo invernale.
James, prese gli indumenti assieme alla luce frontale che lei gli
tendeva. Nel silenzio del parcheggio vuoto, i due ragazzi si cambiarono
alla svelta.
- Sei pronto? - domandò la ragazza, posizionando
il led
in modo che illuminasse per bene la strada di fronte a lei.
- Sì - rispose James stringendo le cinghie dello
zaino
che aveva sulle spalle - mi sembri piuttosto ansiosa - aggiunse
guardandola incamminarsi a passo svelto verso il folto degli alberi.
- Tu non lo saresti se fossi ad un passo da casa tua? -
replicò Leanne voltandosi a guardarlo - Ho detto un'idiozia,
perdonami - disse un secondo dopo, facendo caso alla gaffe appena
fatta.
Che razza di domanda gli aveva posto?!
James non aveva più
una casa, e da molto tempo anche, senza contare che se la ricordava
ancora a
malapena.
- Immagino che reagirei esattamente come stai facendo tu -
rispose invece il
Soldato molto tranquillamente - Avanti, fai strada - la
incitò,
facendo un cenno verso il sentiero.
- Cerca di tenere il passo allora - lo canzonò
lei mettendosi in marcia.
James scoprì ben presto, che quando
lei gli aveva detto che sperava non gli pesasse camminare ancora,
intendeva camminare seriamente.
Per quasi due ore si inerpicarono lungo sentieri
battuti o meno che fossero, e che la ragazza sembrava conoscere come le
sue tasche. Ovviamente lui era
allenato a
ben altre fatiche, e anche la completa oscurità non gli dava
il
minimo problema, anzi, trovava
quell'ambiente confortante. In quel silenzio pieno di rumori notturni,
c'era qualcosa di liberatorio. Niente che gli ricordasse
quello che aveva dimenticato, niente che scatenasse qualche brutta
sensazione; solo calma.
All'improvviso,
mentre
percorrevano un tratto piuttosto scosceso, Leanne, che
camminava
davanti a lui distanziandolo solo di
pochi metri, diede un piccolo grido, cominciando a correre e sparendo
oltre il crinale che stavano scalando.
-
Leanne! – esclamò il ragazzo
affrettandosi a seguirla.
Quando la
raggiunse,
trovò la giovane intenta a contemplare la vallata che si era
aperta sotto di loro. James, in realtà vide poco o
niente,
ma dai piccoli
quadratini illuminati in lontananza potè intuire che fossero
ormai arrivati.
-
Finalmente a casa – sussurrò la ragazza
emozionata
– Andiamo? – domandò poi rivolta al suo
compagno.
Per arrivare al
villaggio ci
impiegarono altri tre quarti d’ora; erano quasi le tre di
notte.
James non riuscì a valutare quante abitazioni ci fossero,
non c'era alcuna luce artificiale a illuminare l'ambiente, ma
immaginò che non fossero comunque molte. Non gli
restò quindi altro da fare, che seguire Leanne dirigersi
sicura verso la sagoma di un edificio dal tetto a spiovente. Quando la
raggiunsero, lei aprì semplicemente la porta in legno.
-
Che freddo – mormorò accendendo le luci.
Si trovarono
così in un piccolo ingresso, con un unico mobile per riporre
le scarpe e un appendiabiti. Leanne si tolse il
giaccone e lasciò gli scarponi al di sotto del gradino che
introduceva all’abitazione vera e propria.
-
Forza, entra pure – invitò il ragazzo
rimasto fermo sulla soglia senza sapere bene cosa fare.
Dopo un attimo
di esitazione,
James la seguì.
Subito dopo l’ingresso si apriva un corridoio; ai lati di
esso, una serie di pannelli scorrevoli in
legno e carta conducevano ad altrettante stanze, mentre al fondo, una
rampa di scale conduceva ad un piano superiore.
Leanne si
diresse verso una delle porte, aprendola e facendo cenno al Soldato di
seguirla.
James,
entrò in quella che scoprì
essere una modesta sala da
pranzo, con un tavolo rettangolare nel mezzo, un divano addossato alla
parete e una serie di credenze. Un’apertura nella parete
in fondo alla stanza conduceva probabilmente alla cucina, ora immersa
nel buio.
Leanne si
prodigò subito per accendere una stufetta elettrica presa da
uno degli armadi a muro.
-
Dammi un
secondo – disse dopo averla posizionata vicino al divano, per
poi
sparire di nuovo nel corridoio.
James
udì dei passi scricchiolanti al
piano di sopra, e quando Leanne tornò, portava in braccio un
involto di
coperte.
-
Mi
spiace, non prendono aria da un po’ – si
scusò,
appoggiando sul divano una coperta e un cuscino – e mi spiace
anche di doverti far dormire qui.. ma al momento è la stanza
che posso scaldare più in fretta – aggiunse.
-
Non
è un problema – la rassicurò James,
mentre pensava che lei
stesse facendo molto di più di quello che una persona
normale
avrebbe fatto per un uomo senza memoria e con un passato da assassino
di professione.
-
Io dormirò di sopra –
continuò lei, indugiando ora sulla soglia del corridoio.
-
D'accordo – rispose il Soldato.
-
Ah,
se dovessi avere fame, credo di avere ancora del cibo in scatola da
qualche parte - aggiunse indicando la dispensa.
-
Grazie –
-
Allora..
buona notte James – sorrise la ragazza, leggermente
impacciata a causa delle risposte sibilline ricevute.
-
Buona notte – le concesse lui.
Un po’
rincuorata da quell’augurio, la ragazza gli sorrise ancora
una volta e poi sparì.
James, rimasto
solo, si sedette su quel letto improvvisato e rimase a
guardare l’ambiente che lo circondava.
La cucina dava sull'esterno, ma fuori era talmente buio che anche se
avesse aperto le imposte non avrebbe visto nulla.
Tutto, lì, aveva un aspetto vissuto, con quadri alle pareti
e soprammobili. Non c'erano foto, o almeno, in quella stanza non ce
n'erano, ma si respirava comunque un'aria di famigliarità.
C'era
serenità in quelle quattro mura, come se tra di esse non vi
fosse mai stata alcuna angoscia o problema. Una fitta, che il ragazzo
identificò come nostalgia, lo prese al petto, ma era quasi
confortante rispetto a tutto quello che aveva patito fin'ora. La
stufetta, nel frattempo, lo stava riscaldando velocemente; quando
James se ne rese conto, si sentì incredibilmente stanco... e
per
la prima
volta tranquillo.
*
Capoluogo della prefettura di Aichi, famoso per l'omonimo castello.
**
Capoluogo dell'omonima prefettura.
***
Città di montagna situata a nord della prefettura di Gi-fu.
Chief's Room:
Hello people and
welcome to Japan!
Ebbene
sì, la tanto
misteriosa meta dei nostri amici è proprio l'isola
Nipponica.
Delusi, o felici della mia scelta?
Ammetto che
è stata
dettata dal profondo fascino che questa terra esercita su di me fin da
quando ero ragazzina. Spero di trasmettere un pò anche a
voi questa mia passione =)
Se avete voglia di capire meglio dove sono
collocati geograficamente gli eventi, vi basta cercare su Google Maps
l'Hakusan
Park. Devo però fare una precisazione nel dirvi che il
villaggio a cui mi sono ispirata non si trova nel parco,
bensì
da un'altra parte, ma per la prossima volta vi darò qualche
riferimento in più.
So perfettamente che
questo
capitolo è puramente descrittivo e che non aggiunge
praticamente
nulla di nuovo alla trama... giuro che mi farò perdonare!
La prossima volta ci
rivederemo nel 1945; chissà se Emelie e James si sono
ritrovati... mah!
Un
grandissimo grazie ai Lettori
che continuano a seguirmi e che sono sempre in aumento, ai recensori
che sono semplicemente la mia gioia settimanale; in particolare a AllisonHermioneEverdeen,
Red_Amortentia e a Charlotteohlin
che si sono aggiunte ultimamente! Scusatemi per il ritardo nel
rispondervi, ma ho preferito farlo per tutte oggi!
Infine, grazie a tutti coloro che mi hanno aggiunta tra i preferiti (Giada_LaRosa,
GiuliaDirectioner1D, _montblanc_, OllyKPotterhead1 e _ChappyChan_),
seguiti (Red_Amortentia,
DarkLady_ e
_KuroHime_) e ricordati.
Siete tutti..... boh, splendidi! Il mio cuore fa pop ogni volta che
qualcuno si aggiunge <3
Sto mettendoci tutto
il mio impegno per ciascuno di voi!
Un
grande abbraccio,
Marta
p.s. Il titolo di
questo capitolo
è deliberatamente ispirato ad uno dei poemi di Tolkien
presenti
all'interno del Signore degli anelli che in una strofa recita: "Casa
è alle spalle, il mondo avanti". L'ho solo ribaltata con
licenza poetica =P
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Capitolo 13 *** Pagine di libertà ***
12. Pagine di libertà
Bucky,
strinse le palpebre e aggrottò la fronte nello sforzo di
uscire dal
torpore che si sentiva addosso. Aveva il corpo pesante e la mente
appannata, ma nonostante questo, riuscì a combattere il
sonno che lo avvolgeva e
pian piano riaprì gli occhi. Un soffitto che non era il suo,
ma che gli assomigliava parecchio, lo accolse. Non
rimase per molto a meditare su questo fatto, perchè la sua
attenzione venne subito catturata dalla figura che si trovava al suo
fianco.
Emelie, sedeva lì vicino con il naso affondato in un libro
sdrucito.
-
Elie... –
La ragazza
alzò la testa di scatto e il sollievo si allargò
a macchia d’olio sul suo viso.
-
Sia ringraziato Dio.. ti sei ripreso! –
esclamò.
Una leggera
pressione sulla mano, fece capire a Bucky che doveva avergliela tenuta
stretta tutto il tempo.
-
Cos'è successo? – domandò,
con una smorfia di dolore per
la fitta che gli era partita dal moncherino non appena aveva accennato
a muoversi.
-
Aspetta
– lo fermò lei, aiutandolo a mettersi seduto con
le spalle
appoggiate alla testiera della branda.
-
Sembra
che mi sia passato sopra un cingolato – gemette lui,
prendendo in
mano il bicchiere d’acqua che Emelie gli porgeva.
-
Rheinoldt ti ha iniettato qualcosa; è stato quello
a
farti venire la febbre. Sei rimasto incosciente per due settimane
–
gli spiegò la ragazza con una punta di apprensione nella
voce.
Quei 14, maledetti giorni, erano stati un calvario per lei. Quando lo
aveva trovato
privo di sensi e in preda ad una febbre altissima, poco ci mancava che
quel poco di raziocino rimastole la abbandonasse e che desse di matto.
Aveva dovuto minacciare le guardie, perchè contattassero
Rheinoldt dovunque fosse per fargli presente la situazione, e solo
allora era riuscita ad ottenere il permesso di farlo portare nella sua
cella per poterlo monitorare. Lo aveva vegliato notte e giorno,
curandolo come poteva e pregando un Dio del quale non conosceva
l'esistenza.
Se fosse morto... se l'avesse lasciata sola di nuovo.. lei...
-
Quel
bastardo! – esclamò Bucky strappando Emelie dai
suoi corroboranti pensieri.
- Non posso darti contro - sorrise lei, sollevata
nel
vederlo già così in forze.
-
Questa è la tua cella? – le domandò
poi il ragazzo, guardandosi intorno mentre lei metteva da parte il
bicchiere.
La camera della ragazza era un po’ più grande
rispetto a
quella di James. Oltre alla solita branda malandata, c’era
anche una scrivania, sopra la quale si trovavano diversi fogli bianchi,
una pila di libri
ordinatamente riposta in un angolo e alcuni mozziconi di candele di
diversa altezza.
-
Questi sono tutti “premi” per
la mia buona condotta – rispose Emelie seguendo lo sguardo
del ragazzo.
-
Gentili… - mormorò lui con un'alta dose
di sarcasmo nel tono di voce.
-
Non ho
mai toccato niente di ciò che mi è stato
dato… solo ultimamente ho iniziato ad usare i fogli per
tenere un
diario – gli disse – Da quando ti ho conosciuto in
effetti
– puntualizzò.
Per Emelie la
scrittura non
aveva mai avuto grande fascino, e quando Rheinoldt si era presentato
con quel dono, oltre a non volerlo, non aveva saputo cosa farsene. Cosa
avrebbe dovuto appuntarci? Il conto dei giorni di torture a cui era
sottoposta? O il numero delle cavie che aveva visto entrare e mai
più uscire da lì dentro?
Ma tutto era
cambiato quando
James era entrato nella sua vita. Improvvisamente aveva provato il
desiderio di annotare ogni più piccolo dettaglio dei momenti
trascorsi con lui. E ogni tanto, non si vergognava ad ammetterlo,
rileggeva quello che aveva scritto, scoprendosi a sorridere alle
pagine.
-
Non è pericoloso? – le chiese lui.
-
Quando ho
finito di usarlo lo nascondo. Dovessero mai scoprirlo posso sempre
buttarlo nell’acqua del catino, diventerebbe illeggibile
così – lo rassicurò la giovane.
-
E quello invece? –
Bucky,
indicò il libro che la ragazza stava leggendo quando lui si
era svegliato.
-
Questo
è un regalo, ma di una delle poche persone che qui dentro
provava pietà di me. E’ la cosa più
preziosa che ho… - raccontò la ragazza con
nostalgia, accarezzandone
il dorso.
-
Orgoglio
e Pregiudizio… Jane Austen se non sbaglio – disse
il
giovane, leggendone il titolo in caratteri dorati.
-
L'hai mai letta? – chiese Emelie.
-
No, ne ho solo sentito parlare; onestamente non sono un
grande lettore. – ammise Bucky con
un ghigno – Di cosa parla? – si informò.
-
E’
la storia di una ragazza molto intelligente e orgogliosa, che finisce
per innamorarsi di un uomo altrettanto caparbio e colto, che aveva
preso in antipatia per alcuni commenti poco garbati che le aveva
rivolto
– glielo riassunse in poche parole - So che non sembra per
nulla
intrigante; sono una frana nei riassunti - ammise con un mezzo sorriso
imbarazzato.
-
Al
contrario, sembra essere interessante invece - commentò a
sorpresa il giovane - Ti va di leggermelo? – le propose.
Emelie lo
guardò per un attimo stupita, per poi sorridergli felice
della sua richiesta.
-
Molto volentieri! – rispose, e sedendosi
più comoda iniziò a leggere.
La ragazza
avrebbe potuto
anche recitarglielo; ormai conosceva quelle pagine a memoria. Da quando
gli era
stato donato, lo aveva letto e riletto senza posa e senza stancarsi
mai.
Era stato il suo modo per evadere prima che James giungesse
lì, per fingersi Elizabeth Bennet e vivere
liberamente la sua vita come faceva lei.
Se glielo avessero chiesto, non avrebbe saputo dire cosa le piacesse
tanto
di quel racconto, se il contesto nel quale era ambientato, se la
dolcezza delle abitudini di una famiglia numerosa, se la grande
intelligenza e indipendenza della protagonista, o il cambiamento della
controparte maschile. Amava tutto di quel
libro, dall’inizio alla fine.
Emelie
proseguì a
leggere per un bel po’ e Bucky non smise mai di ascoltarla,
seguendo il filo della trama con grande interesse.
-
Non
potevano che innamorarsi al primo sguardo questi due –
commentò il ragazzo quando Emelie smise di leggere per la
poca voce
rimastale.
-
Al primo sguardo? Ma se si sono odiati immediatamente! Sicuro
di essere stato attento? – rise lei.
-
Secondo
me no invece – replicò Bucky grattandosi il mento
– Le
reazioni che hanno avuto sono state date solo dal fatto che entrambi
non fossero pronti a quel momento. Lui ha
celato il suo interesse dietro un commento poco carino, e lei dietro
una
finta indifferenza che poi è sfociata in antipatia
–
spiegò il ragazzo lasciando Emelie molto sorpresa.
-
Potresti avere
ragione in effetti.. non l’avevo mai vista sotto questi
termini –
concordò con fare pensoso – James Buchanan, non mi
avevi detto di essere un
letterato – rise subito dopo mentre lui sfogliava le pagine
del romanzo.
-
Ammetto
di essere una continua sorpresa anche per me stesso –
commentò lui con un sorriso alla Casanova; poi, mentre
leggeva, corrugò la fronte
– Solang der..-
-
Solange der Geist frei
ist, konnte keine Kette inhaftieren–
lo aiutò lei con perfetta pronuncia tedesca –
Finchè la mente è libera, nessuna catena
potrà
imprigionarti – gli tradusse.
-
E' una
bella dedica – disse lui, cercando di leggere la firma al
fondo
– Abraham Erskine – riuscì finalmente a
capire.
Quel nome gli
diceva qualcosa…
-
Era uno degli scienziati che lavoravano qui. Mi ha
sempre trattata bene e si vedeva che questo lavoro non gli piaceva, che
i metodi non gli piacevano.. Tenevano in ostaggio la sua famiglia per
costringerlo ad obbedirgli
– raccontò Emelie - E poi, un giorno, è
sparito
senza lasciare traccia.. - aggiunse stringendo tra le mani il libro.
-
So chi
è quest’uomo! – disse d’un
tratto Bucky,
ricordandosi del perché gli fosse così famigliare.
-
Cosa? Davvero? – esclamò la ragazza
stupita.
-
Sì… E' l’uomo che ha
trasformato Steve in Captain America – le disse.
Emelie rimase a
bocca aperta.
-
Cosa… cosa gli è accaduto? –
domandò la giovane con una recondita speranza.
-
Mi
dispiace.. è stato ucciso subito dopo
l’esperimento, un
sicario è riuscito ad infiltrarsi tra gli spettatori.
–
rispose Bucky.
Quando il
ragazzo vide gli occhi di Emelie riempirsi di lacrime, la
attirò a sé stringendola in un abbraccio.
-
Mi dispiace tanto Elie… davvero - le
mormorò contro i capelli.
-
Era un
brav’uomo.. sono.. sono sicura che sarebbe felice di sapere
cosa
è riuscito a fare, di quanta speranza abbia dato –
disse
con voce
rotta scostandosi per guardare James in viso.
-
Anche io – concordò Bucky accarezzandole
una guancia.
I
due ragazzi rimasero
a fissarsi per un momento. Bucky osservò gli occhi della
ragazza
brillare, ancora umidi di lacrime. Era bella, davvero
bella, nonostante i tormenti a cui era stata sottoposta negli anni.
Senza quasi accorgersene, James le segnò le labbra
con il
pollice; Emelie le schiuse appena, mettendo una mano
sul polso di Bucky. Quando lui lasciò scivolare le dita sul
suo
collo, premendo leggermente per guidarla verso il suo viso, lei glielo
lasciò fare.
Emelie sentiva un desiderio bruciarle
dentro, e per quanto il suo cervello la stesse mettendo in guardia a
riguardo, aveva deciso che era ora di assecondarlo. Finalmente le loro
labbra si incontrarono, e la ragazza desiderò che nessuno
l’avesse mai baciata prima, desiderò che per lei
quello
fosse il suo primo, unico bacio; poteva essere anche l’ultimo
e a lei
sarebbe bastato.
Questo tanto
agognato
incontro fu lento, dolce... e troppo breve. Un improvviso rumore di
serratura fece rizzare con aria spaventata Emelie.
-
Presto,
fai finta di dormire! – sussurrò a James,
nascondendo al contempo il libro sotto le coperte.
Quando la porta
si aprì, lei era in piedi e Bucky immobile.
-
Come sta il Sergente Barnes? –
Emelie,
indurì lo sguardo e serrò le labbra al sorriso
cordiale di Rheinoldt.
-
Si
è svegliato per pochi minuti prima di riaddormentarsi di
nuovo. Qualsiasi
cosa tu gli abbia fatto sta migliorando – replicò
gelida.
-
Oh Emi,
smettila di avere quel tono accusatorio! – disse lui
fingendosi
ferito – Non gli ho fatto niente; la febbre è
stata il risultato di un
processo del tutto normale. Non è mai stato in pericolo, te
lo
posso giurare – disse l'uomo portandosi una mano sul cuore.
-
Sai cosa me ne faccio dei tuoi giuramenti.. –
ribattè lei.
-
In
tutti i casi lo farò riportare nella sua cella. Ormai non
c’è più bisogno della tua assistenza
costante
– decise, avvicinandosi alla ragazza –
Tranquilla, tranquilla, lo
rivedrai – la rassicurò, vedendola trasalire a
quelle
parole – Non pensavo che ti saresti affezionata a lui
così
tanto. Non è che te ne sei innamorata? – aggiunse,
prendendole il viso tra le mani e squadrandola per bene.
-
Non prenderti gioco di me Rheinoldt – gli
sibilò lei divincolandosi.
L’uomo,
a quel punto, le afferrò malamente un polso inchiodandola
contro la porta.
-
Adoro quando ti ribelli... – mormorò,
inclinando il viso per baciarle il collo.
James, ad occhi
socchiusi, vide tutta la scena, e l’unica cosa che lo
fermò
dall’alzarsi in piedi e aggredire quell'animale, furono gli
occhi
disperati di Emelie che lo scongiuravano, da sopra la spalla
dell'uomo, di non muoversi.
I baci di
Rheinoldt proseguirono fino ad arrivare alla clavicola prima che si
scostasse a guardarla.
-
Scusami,
mi sono lasciato trasportare – disse, avvertendo la
resistenza nei muscoli tesi di lei
– e questo non è il luogo adatto –
aggiunse
guardando di sbieco il letto occupato – Andiamo da
un’altra
parte. - propose con tono lascivo.
Sempre tenendola
per il polso
se la trascinò dietro.
Emelie gettò un’occhiata
verso Bucky, che ormai non fingeva più di dormire ma la
guardava impotente. Con la bocca gli
sillabò un caustico “mi dispiace”,
mentre gli occhi
le si riempivano di nuovo di lacrime.
Se Bucky non avesse saputo che
era impossibile, avrebbe giurato sul suo onore di portarla fuori di
lì e di proteggerla per il resto dei suoi giorni. Tutto
quello
che invece potè fare, fu di stringere in mano il libro che
lei
gli aveva affidato.
Chief's room:
Salve a tutti e ben
ritrovati ^^
In uno dei primi
capitoli vi
avevo accennato al mio spasmodico amore verso la Austen e credo che in
questo capitolo si sia leggermente notato!
Ho voluto fare di
Orgoglio e
Pregiudizio il libro preferito da Emelie, non solo perchè
è anche il mio, ma soprattutto perchè Elizabeth
Bennet
incarna la libertà che alla ragazza è stata
negata; e,
nella mia fantasia, ho pensato che sia stato proprio questo il motivo
che ha spinto Erskine a regalarglielo. Spero che abbiate apprezzato
il riferimento allo scienziato, tra l'altro. ^^
La
dedica in tedesco
è assolutamente inventata da me e tradotta con Google
translate.. quindi non metterei la mano sul fuoco che sia esatta al
100%, ma doveva solo servire allo scopo ^^"
Forza, ammettetelo,
alcuni di voi
al bacio tra Emelie e Bucky, avranno esclamato un quel tanto sospirato
"Finalmente!!!" xD Però come al solito, mi piace rompere le
uova
nel paniere e quindi ecco fare il suo ingresso Rheinoldt... tutto
questo per farvelo odiare ancora di più se possibile!
Ci avviciniamo
sempre di più al fatidico momento... chissà se
andrà come ve lo siete immaginati!
Passiamo
a ringraziare tutti i silenti Lettori che mi fanno compagnia di
capitolo in capitolo, la mia squadra di Recensiste che da adesso
chiamerò affettuosamente le "Howlings Commandos", e chi mi
ha aggiunta tra le preferite (Mangamylove
e Karota),
le seguite (Anna
Wanderer Love, Ladyw, Asia Dreamcatcher, Strangeronmars e Mangamylove) e le ricordate (Mangamylove
e Anthea08).
Al prossimo
venerdì in stile Japan ;)
Baci,
Marta
|
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Capitolo 14 *** L'uomo con le rughe ***
13.Sensei
James
dormì
poco, e la colpa era da ricercarsi soltanto nei sogni, o meglio, nei
ricordi che si
stavano ridestando dandogli il tormento. Riguardavano per lo
più la sua
famiglia e il Capitano Rogers,
ma qualcosa gli diceva che c'era molto di più sepolto nella
sua
mente; qualcosa di decisamente spiacevole, qualcosa che forse il suo
subconscio voleva tenere sopito.
Si svegliò quando il cielo stava appena cominciando
a schiarirsi e gli uccellini a cantare. Per un attimo rimase
seduto sul divano di Leanne, cercando di trattenere le immagini che
aveva visto, le sensazioni che aveva provato, ma per alcune di esse era
come tentare di trattenere l'acqua tra le dita.
Irritato da queste sue difficoltà, sospirò e si
alzò, dirigendosi verso le imposte che davano all'esterno
della
cucina. Facendo scorrere il
pannello di legno le aprì, e la luce del primo mattino lo
investì in pieno, accogliendolo su di un piccolo porticato.
Quell’ala della casa dava verso ovest e
da quel lato non erano presenti altre abitazioni, c'era solo una
distesa di prato brullo,
un laghetto a ridosso della foresta e a sovrastare il tutto, le
montagne, imponenti e maestose.
James diede un’occhiata dietro l’angolo,
scoprendo che la sera prima aveva presupposto giusto. Il villaggio era
molto piccolo e, oltre la casa di Leanne, poteva contare solo altre
dieci
capanne,
tutte con il medesimo tetto spiovente di paglia che arrivava fin quasi
a toccare terra. Il resto della vallata era occupato da risaie, campi
coltivati
e pascoli.
Il ragazzo,
finita la sua valutazione dell'ambiente, respirò a
pieni polmoni l’aria fredda del mattino, sedendosi sul
pavimento
parzialmente sollevato da terra del porticato e osservando lo
spettacolo che aveva davanti.
Le cime più alte, iniziavano proprio in quel momento a
colorarsi
d’oro man mano che il sole sorgeva ad est, e la foresta
veniva
scossa da diversi rumori, segno che si
stava risvegliando anche lei.
James
cominciò a
capire il perché Leanne avesse deciso di andare ad abitare
lì. Quel luogo non sembrava nemmeno di questa terra.
-
Prenderai freddo a stare lì così
–
La voce della
ragazza lo
sorprese e lui si voltò per accoglierla. Aveva i capelli
scompigliati raccolti in un codino e si stringeva addosso una spessa
coperta per ripararsi dal gelo.
-
Non soffro il freddo – rispose lui, rimettendosi a
guardare il panorama.
-
Beato te! – replicò la giovane, tornando
allora verso la cucina.
Leanne, ora che
era giorno, potè notare che era
tutto esattamente come lo aveva lasciato: in ordine e pulito. La
mancanza di polvere le fece capire che si erano presi cura della sua
casa in attesa che lei tornasse; c'era da aspettarselo dopotutto.
Con un sorriso, si diresse verso la
credenza per prendere il
caffè solubile da mettere dentro al bollitore in rame; poi,
mentre
l’acqua
scaldava, pescò due tazze dal mobile sopra il lavandino. Una volta che il
caffè
fu pronto e che il suo aroma si fu diffuso per la cucina, lo
versò
nei bicchieri e tornò da James.
Il ragazzo non si era mosso di un millimetro, ancora intento a
fissare davanti a sè vestito solo di jeans e canotta scura.
Leanne si
sedette vicino a
lui e gli porse una tazza. Quasi con un gesto meccanico James la prese,
reggendola con entrambe le mani.
-
Faccio
sempre colazione qui; anche d’inverno, nonostante io soffra
tantissimo
il freddo – gli disse la ragazza sorseggiando la bevanda.
-
Credo di capire il perché – rispose lui.
Leanne
notò che il suo tono si era addolcito di una nuova
sfumatura, sembrava molto più... rilassato.
-
Qualche novità? – chiese lei.
-
Come scusa? – le domandò James di
rimando voltandosi a guardarla.
-
Qui dentro, ci sono novità? –
ripetè picchiandogli l’indice sulla tempia.
-
Mi sono
ricordato di mia zia Ida e anche di mia sorella Becky –
rispose
allora, bevendo un sorso di caffè – Non essere
troppo
contenta; per ora continuano ad essere solo volti abbinati a qualche
sensazione sfuggente. Sono ancora lontano anni luce da ciò
che ci si aspetta... –
aggiunse, vedendo il largo sorriso che era comparso sul viso della
ragazza.
-
James, forse tu non te
ne sei accorto, ma più ricordi ti tornano e più
stai cambiando – gli fece notare Leanne – Hai un
modo di
fare più affabile, molto meno… - si interruppe
cercando
l’aggettivo giusto.
-
Da assassino senza cuore nè morale? – le
suggerì lui.
-
Non lo avrei detto con questi termini apocalittici, ma
sì – replicò la ragazza.
- E' già qualcosa allora -
commentò il
Soldato con un mezzo sorriso che Leanne non seppe interpretare.
Per un
po’ rimasero in
silenzio a godersi la vista che avevano di fronte e a finire di bere il
caffè, poi la ragazza si
alzò.
-
E'
già in piedi – sentenziò, osservando un
pennacchio di fumo
alzarsi da dietro la foresta – Vieni con me, devo farti
conoscere una persona – si rivolse poi a James.
-
Qualcuno
del tempio di cui mi hai parlato? – chiese il ragazzo
ricordandosi il discorso del giorno prima.
-
Esatto
– assentì Leanne mentre entrava a prendere il
giaccone
– E ti prego, mettiti un maglione, mi fai venire ancora
più freddo – disse quando ricomparve in cucina,
lanciandogliene uno.
-
D’accordo – rispose il ragazzo con un
sorriso divertito.
Il sentiero che
conduceva al
tempio partiva dal limitare della foresta per inerpicarsi lungo la
costa
della montagna. La strada era battuta ma non lastricata, per evitare
che le gelate notturne la rendessero pericolosa. Gli alberi la
fiancheggiavano e d'estate, le fronde creavano un tunnel
naturale di chiara luce verde. A circa metà strada
iniziarono
invece una serie di Torii*
rossi, che accompagnavano il visitatore fino alla meta.
-
Il tempio
è dedicato a Bishamon-ten, uno dei sette dei della fortuna
Giapponesi; in particolare è il dio della
serenità e
della guerra – spiegò Leanne a James mentre
salivano.
-
Strano connubio – commentò lui.
-
Si dice
che punisca i malvagi; forse è per questo che dispensa sia
guerra che
serenità allo stesso tempo – raccontò
la ragazza.
- Allora sarebbe meglio per me evitarlo.. -
mormorò James.
- Cosa hai detto? - gli domandò Leanne
guardandolo da sopra la spalla.
- Niente - replicò lui, preferendo
glissare.
Qualsiasi cosa orribile lui avesse fatto in passato non era ancora
pronto ad affrontarlo, nè tantomeno a discuterne con Leanne.
- Siamo arrivati! – esclamò
la ragazza d'un tratto.
Il sentiero
finiva a ridosso
di un altro grande Torii sormontato da una coppia di Komainu, i cani
leone guardiani dei templi nella dottrina dello Shintoismo.
Passato l’arco di accesso, davanti ad esso un ampio
spazio lastricato con alberi e arbusti li accolse.
La ragazza condusse James fino
al centro.
-
Questo
è l’Haiden – disse lei, indicandogli un
piccolo
edificio in legno con il tetto a spiovente – Il santuario
dove i
fedeli possono riunirsi a pregare. Quello invece, si chiama Chozuya;
l’acqua
serve per purificare le mani e la bocca prima di accedere al tempio
– proseguì, mostrandogli una sorta di capanna
sotto la
quale si trovava una vasca in pietra con una fila ordinata di mestoli
in bambù – Infine, qui è dove si
raccolgono le offerte. Si gettano le monete dentro quelle feritoie e
si tira la campana per chiedere la grazia – spiegò.
-
E
l’edifico che c’è lì dietro?
–
domandò James, indicando quello più grande di
tutti.
-
Che
stupida! Certo, quello è il tempio principale,
l’Honden.
Lì possono accedervi solo i sacer..- la ragazza si
interruppe a metà della frase,
oltrepassando con lo sguardo la figura di James e puntandolo verso
qualcosa alle sue spalle.
Il ragazzo si
girò di
scatto. Dietro di lui si era materializzato un signore di una certa
età, in equivocabili abiti monacali sulle
tonalità del grigio.
Per essere già avanti con gli anni aveva una zazzera di
capelli
bianchi e una folta barba grigio ferro. Il suo viso era così
tanto segnato dalle rughe, che gli occhi si vedevano a malapena.
James
restò spiazzato,
non era mai successo che qualcuno riuscisse a
prenderlo alle spalle senza che lui ne avvertisse la presenza;
quell’uomo sembrava essersi materializzato con una folata di
vento.
Se lui ne fu sorpreso, Leanne invece non si scompose
minimamente, superando il ragazzo e andando a mettersi esattamente di
fronte all’anziano.
-
Sensei
– lo salutò con il consueto appellativo
che si
riservava agli insegnanti, inchinandosi profondamente.
-
Leanne.. ricordavo che mi avessi assicurato che saresti
riuscita nella tua impresa
in meno di sei mesi; invece ne sono passati quasi nove –
rispose
l’uomo in perfetto inglese e con voce baritona.
-
E io
ricordavo che lei mi avesse detto di aver smesso di fumare. Sensei
– replicò lei, alzandosi dall’inchino a
guardando
eloquentemente il fumo levarsi da dietro la veste del monaco.
Quest’ultimo
la
squadrò ancora per un attimo solennemente e poi sorrise. Fu
come se una crepa
si fosse aperta in quel muro di rughe; i denti dell’anziano
spiccarono bianchi e nitidi sul suo viso abbronzato, mentre allargava
le braccia e
accoglieva la sua discepola in un abbraccio affettuoso.
-
Lea-chan,
che piacere rivederti! – esclamò felice l'uomo
– e
di
sapere che sei riuscita nella tua impresa – aggiunse,
guardando
il Soldato che fino a quel momento era rimasto in disparte.
-
James
– lo chiamò la ragazza facendogli cenno di
avvicinarsi
– Quest'uomo è il mio maestro, Nomura Tetsuya
– lo
presentò.
L’uomo
dapprima si inchinò al ragazzo alla moda Giapponese e poi
gli protese una mano nello stile occidentale.
-
Piacere di conoscerti James –
Il giovane
notò che la
sua stretta, pur essendo quella di una persona anziana, conservava
tutto il
vigore del fiore degli anni. Il ragazzo ebbe anche la sensazione che
quell’uomo avrebbe potuto perfino metterlo in
difficoltà in uno scontro.
-
Piacere mio – rispose il Soldato.
-
Forza, venite, qui fuori fa troppo freddo per parlare.
Entriamo –
Detto questo li
guidò
oltre l’Haiden, dove altre due costruzioni, una
più piccola e una molto lunga, occupavano il cortile est.
Il maestro li
condusse verso
quella più piccola, che si scoprì essere
l’abitazione dell’uomo. Una volta dentro, li fece
accomodare intorno al
tipico Irori**
sul quale stava già bollendo una teiera annerita dall'uso.
-
So che ci
sono state delle complicazioni.. purtroppo da qui non ho potuto tenermi
aggiornato come avrei voluto - disse, preparando un vassoio con delle
tazzine.
-
Sfortunatamente il primo tentativo di contatto non
è
andato a buon fine e il piano di HYDRA è risultato fin
troppo complesso rispetto a ciò che mi ero immaginata
–
rispose la ragazza – Scusa, forse devo darti
un paio di spiegazioni – aggiunse rivolta a James che aveva
inarcato le sopracciglia.
-
Se fossi così gentile... –
replicò lui sarcastico.
-
Nomura
sensei ha lavorato per quasi tutta la sua vita allo SHIELD ed
è stato il mio Supervisore per un certo periodo; quando me
ne sono... andata, mi è stato proposto di raggiungerlo. E'
solo merito suo se sono riuscita a portarti qui
–
spiegò la ragazza con un breve sorriso rivolto
all’anziano.
-
Ahhh io non
ho fatto nulla, ho solo mosso un paio di pedine al posto giusto
–
minimizzò lui – Piuttosto, come stanno i tuoi
ricordi
giovanotto? – chiese, versando del tè dal
bollitore appena
tolto dal fuoco.
-
Ancora confusi.. – rispose James senza sbilanciarsi
troppo.
-
E' difficile fidarsi delle altre persone, vero? –
replicò il vecchio.
Il suo non era
un rimprovero, solo un dato di fatto.
-
Sì, non è semplice.. –
assentì il Soldato.
-
Lo capisco molto bene... Lea-chan, quali sono i vostri piani
adesso? – si rivolse poi alla ragazza.
-
Vorrei
passare l’inverno qui; credo sia il posto migliore dove
nascondersi.. soprattutto adesso che lo SHIELD è andato in
pezzi
– rispose la ragazza con una nota amara, riappoggiando la
tazzina
per farsi versare altro tè.
- Quello che è accaduto non potevi
prevederlo, lo sai questo vero? -
James osservò incuriosito Leanne mentre il suo viso si
adombrava.
- Forse... - rispose lei caustica.
-
In tutti
i casi sei
arrivata giusto in tempo; tra un paio di giorni danno maltempo e forti
nevicate. Se avessi
ritardato ancora un po’ non saresti più riuscita a
raggiungerci – disse Nomura chiudendo il misterioso discorso.
James,
capì che in
quella regione le nevicate dovevano essere parecchio abbondanti e
capì anche la scelta della ragazza. L’unico
accesso al
villaggio, da quel che aveva visto, era il sentiero dal quale erano
arrivati loro e con la neve
sarebbe stato impossibile percorrerlo.
-
E una volta passato l’inverno? –
proseguì l’uomo.
-
A quello
ammetto di non aver ancora pensato… - rispose Leanne - Se a
James dovessero
ritornare i ricordi, potrei pensare di contattare il Capitano Roge.. -
-
Conosci Rogers? – la interruppe James.
-
Non di persona, in realtà – rispose
Leanne un po’ imbarazzata.
-
Come puoi allora essere certa di poterti fidare nel
contattarlo? –
-
James, ho visto quello che ha fatto
sull’Helicarrier
e lo hai visto anche tu.. Sono sicura che il Sergente Barnes
l’avrebbe riputata una buona idea – disse la
ragazza con
assoluta convinzione.
Il Soldato per tutta risposta alzò le mani in segno di resa.
Inutile discutere.
Dopo che Leanne
ebbe
raccontato le peripezie che li avevano visti protagonisti, i due
ragazzi
presero congedo. Accompagnati dal monaco, tornarono nello spiazzo
davanti l’ingresso del tempio.
Il sole ormai alto, sulla pelle
risultava piacevolmente tiepido nonostante la temperatura rimanesse
polare.
-
Non
c’è nessun’altro oltre a lei?
– domandò
James all’anziano mentre aspettava Leanne che si era diretta
verso il banchetto delle offerte.
-
Nei
periodi caldi alcuni giovani novizi vengono a darmi una mano, ma
d’inverno i pellegrini sono quasi del tutto inesistenti e
riesco
a gestire tutto da solo. Dopotutto è un piccolo tempio -
rispose
l’uomo guardando l’Honden con affetto.
-
Capisco perché Leanne abbia scelto di venire a
stare qui – disse d’un tratto James.
Il monaco lo
guardò per un attimo e poi gli sorrise, mentre la campana
delle offerte risuonava nell’aria.
-
Sì. – rispose – E' un buon
posto per ritrovare
la pace; anche Leanne ne ha avuto bisogno, ne ha passate tante in
passato… - raccontò.
James si
stupì di
quelle parole a proposito della ragazza, ma poi si disse che
effettivamente di Leanne ne sapeva veramente poco.
-
I ricordi
che ti torneranno non saranno sempre piacevoli, James – lo
avvertì l’uomo all'improvviso – Dovrai
essere in grado di scindere
il passato dal presente, o rischi di farti del male, o di farne a chi
ti sta intorno – lo avvertì.
Il ragazzo
avrebbe voluto
chiedergli di più su quell’ultima frase, ma Leanne
si
stava già avvicinando a loro.
-
Starò attento – si limitò
quindi a rispondere.
Sperava con tutto il cuore che potesse bastare.
* Torii
tradizionale portale d'accesso ai templi Shintoisti
**
Irori
tradizionale focolare domestico formato da un quadrato infossato nel
terreno nel quale viene acceso il fuoco e sopra al quale, tramite un
gancio, viene appesa la teiera.
Chief's room:
Benvenuti al tredicesimo capitolo!
Interamente dedicato al nuovo luogo di soggiorno dei nostri amici e ad
un new character.
Il villaggio descritto è deliberatamente ispirato al paese
di
Shirakawa che non è poi molto lontano da quello che ho
immaginato io. Vi
lascio di seguito il link ad una foto, in modo che possiate capire
meglio com'è strutturato: Shirakawa
go winter, Shirakawa
go Spring
Nonostante io usi,
quando mi
è possibile, termini Giapponesi
spero che per voi sia tutto chiaro ^^ Ove necessario è mia
premura mettere le note a fine capitolo, in atri casi se siete curiosi
Google è un'ottima risposta (altrimenti dovrei farvi una
galleria ad ogni fine capitolo xD) ;) Sappiate solo che la ch viene
letta con la c morbida di cibo.
Riguardo al nuovo personaggio, vi è piaciuto? So che ha
fatto
giusto una fugace apparizione, ma la sua presenza sarà
fondamentale nel prossimo futuro! E' un original character, quindi non
lo troverete nell'universo Marvel.
Per scegliere il
nome mi sono
ispirata all'omonimo disegnatore e
creatore di videogiochi Tetsuya Nomura, che ha realizzato le opere che
hanno accompagnato la mia infanzia videoludica, quali Final Fantasy e
Kingdom Hearts. In sostanza è un piccolo omaggio che ho
voluto
inserire.
Ringrazio di cuore
tutti quanti voi Lettori,
le mie Howling Commandos
e coloro che mi hanno inserita tra le storie preferite (Chrona00), seguite e
ricordate.
Al prossimo 1945!
Baci,
Marta
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Capitolo 15 *** Prima di te ***
14. Prima di te
Emelie, per la prima volta titubava davanti alla porta della cella di
James; il loro momento sempre tanto atteso, quel giorno la
turbava.
Erano cambiate tante cose da quando lo aveva visto incosciente su di un
lettino, dopo aver appena perso il braccio.
Lei era cambiata, seppur in modo sottile e
impercettibile. Allora, quando era entrata in quella cella, credeva di
dover assistere la solita cavia, una delle tante che aveva visto
passare e poi sparire dentro quel posto... non si era mai sbagliata
tanto nella vita.
Man mano che il tempo passava e lei imparava a
conoscere quel ragazzo divertente e dagli occhi azzurri, diventava
sempre più difficile imporsi di non farsi coinvolgere. Era
una
cosa già successa con la ragazza che occupava il
posto prima di James e il dolore per quella perdita le era rimasto
dentro, e se lo portava dietro tutt'ora.
Alla fine, stupidamente, la sua mente aveva ceduto alle ragioni del
cuore e alcune cose, alle quali prima non dava importanza, ora avevano
acquistato un significato tutto nuovo. Ora si vergognava; di
farsi vedere da lui, di avergli permesso di innamorarsi di
lei…
-
Datti una mossa –
La voce rude del
suo
accompagnatore la riscosse e, trattenendo un respiro, Emelie non
potè fare altro che aprire la porta.
James, sdraiato sulla branda con la schiena rivolta alla parete,
sembrava dormire profondamente. Accusava ancora gli strascichi della
febbre che lo aveva debilitato per due intere settimane e quindi non
c'era da stupirsi di quella stanchezza.
Emelie, senza
fare rumore, si
sedette accanto a lui osservandolo. Ormai i capelli gli coprivano le
orecchie e il viso si era fatto più magro dal primo giorno
che
lo aveva visto. Con delicatezza gli scostò un ciuffo
particolarmente ribelle che gli era sceso sulla fronte e gli
accarezzò la testa con la punta delle dita.
-
Anche mia madre mi svegliava così quando ero
piccolo –
La voce di James
paralizzò la mano della ragazza, che in realtà
non
avrebbe voluto svegliarlo. Gli occhi del soldato si aprirono e la
scrutarono. James, si ricordava bene l’ultima volta che si
erano
visti e cosa le era successo subito dopo in separata sede;
nascosto sotto il suo materasso c’era ancora il libro che lei
gli
aveva lasciato in custodia.
-
Come stai? – le chiese, cercando di afferrare la
mano della ragazza ancora ferma sui suoi capelli.
Emelie,
però, la
tirò indietro con uno scatto, fuggendo alla sua presa. Un
lampo
di confusione passò dietro gli occhi chiari del ragazzo e la
sua fronte si corrugò.
-
Cos’è successo Elie? – la
interrogò mentre si metteva seduto.
La ragazza fece
un passo indietro scuotendo la testa.
-
Elie, ti prego, dimmelo – la scongiurò
lui.
-
Io... – mormorò la ragazza.
-
E’
per qualcosa che ho fatto io, vero? – disse Bucky oscurandosi
– Non avrei dovuto baciarti, non deve essere semplice per te
questo tipo di situazione...
– aggiunse vedendo l’espressione scioccata che
Emelie gli aveva rivolto.
-
No, James! Non è così! –
esclamò lei.
Il ragazzo aveva
completamente
frainteso il suo stupore, derivato dal semplice fatto che non si
aspettava di sentirlo accusarsi del suo malessere.
-
In
realtà è perché è stato fin
troppo
semplice… - riprese lei, e questa volta fu il turno di Bucky
di
non capire – Sono qui da sette anni James.. Sette
anni durante i quali ho sopportato le angherie di mio fratello
senza fiatare. - disse abbassando lo sguardo a terra -
All’inizio non era così, ho provato a resistere;
ho
combattuto con ogni fibra di me stessa – raccontò
con voce
spenta – ma le conseguenze dei miei rifiuti erano peggiori
del mio consenso e alla
fine mi arresi, non mi interessava più.. Avevo
già capito che da qui non sarei mai uscita, nessuno sapeva
della
mia esistenza, di quello che mi stava accadendo; per il mondo
semplicemente non
esistevo.-
Le parole della ragazza caddero come macigni nel silenzio della cella.
Non si era mai esposta tanto con qualcuno come in quel preciso momento.
- E prima..
–
Emelie si
fermò,
prendendo un profondo respiro e cercando con lo sguardo qualcosa che
potesse darle
un appiglio per concentrarsi, qualcosa che non fossero gli occhi
limpidi del ragazzo di fronte a lei che la osservavano colmi di dolore
e comprensione.
-
... E
prima
che arrivassi tu, quello stesso giorno, avevo capito che non potevo
più continuare. - confessò tormentandosi le mani
ossute -
Mi sarei impiccata; davvero, lo avrei fatto
– disse con voce improvvisamente decisa – Invece ti
ho
incontrato
e da allora è cambiato tutto, ho provato nuovamente la
felicità. Prima non mi importava di quello che Rheinoldt
mi faceva, ma adesso sì, perché.. – si
fermò
ancora, in cerca delle parole adatte a quella confessione –
..perché mi sono innamorata
di
te e vorrei che non mi toccasse mai più nessuno che non
sia tu stesso, ma allo stesso tempo non posso sottrarmi in alcun modo a
mio fratello. Io mi sento
così.. così.. sporca. Io… -
James non la
lasciò
proseguire un secondo di più, con la mano le
afferrò un
polso e la tirò verso di lui, circondandole la vita con il
braccio e affondando il viso contro il cotone grezzo della sua maglia.
Emelie rimase spiazzata da
quel gesto, tanto da restare con le mani sollevate senza sapere cosa
fare.
-
Mi basta averti sentito dire che mi ami, tutto il resto non
conta. Tu sei una ragazza
meravigliosa Elie, e non provare mai più a pensare il
contrario
– la ammonì – Non sei di tuo
fratello,
né tanto meno sei mia; tu devi essere libera e basta
–
aggiunse.
Emelie, a quel
punto circondò la testa del ragazzo con le braccia,
chinandosi su di lui e stringendolo.
-
Grazie James – rispose con un sussurro di pura
gratitudine.
Quando il
ragazzo
sollevò il viso, Emelie gli sorrise. Si era fatta un
mucchio di paranoie alle quali James non aveva minimamente pensato, o
meglio, nonostante ne fosse a conoscenza non le reputava importanti.
-
Resti qui
per un po’? Mi sento ancora intontito - le propose
James, sdraiandosi nuovamente e facendole spazio accanto a lui.
-
Certo – rispose Emelie, prendendo posto al suo
fianco e appoggiando la testa sulla sua spalla.
-
Che bella sensazione..- sospirò soddisfatto James,
voltando la testa per guardarla in viso.
-
E' vero – assentì Emelie.
James, vide lo
sguardo della ragazza cadere sulle sue labbra e ne
approfittò
per baciarla.
In quei momenti si sentiva un ragazzino; proprio lui, che di
esperienza sulle spalle con il genere femminile ne aveva un
bel
po’.
Le labbra di Emelie erano fresche e gli facevano
venire una gran voglia di morderle.
-
Mi
sarebbe piaciuto tanto conoscerti sette anni fa, probabilmente sarebbe
andato tutto diversamente – commentò Emelie quando
decisero che era ora di riprendere fiato.
-
Ti avrei portata in America, di sicuro –
commentò lui accarezzandole il viso arrossato.
-
Sono
certa che mi sarei trovata bene – disse Emelie sporgendosi
per
baciarlo ancora, leggera e veloce.
-
Ti
avrei presentato i miei genitori e mia sorella Becky. Sareste andate
d’accordo voi due
– proseguì lui fantasticando – e
ovviamente ti avrei
fatto conoscere Steve. Dovevi vedere com'era mingherlino all'epoca,
assomigliava ad un pulcino – aggiunse, ridendo al ricordo
dell'amico.
La citazione di
James sul suo ex commilitone, fece venire in mente ad Emelie una cosa
che si era quasi scordata.
-
Credo che mio padre sia morto – disse,
interrompendo l'ilarità del ragazzo.
-
Cosa? Ne sei certa? – esclamò James
stupito.
-
Sì, o
almeno penso sia così... Rheinoldt non ha detto molto, ma
doveva
avere un
motivo molto serio per andare via da qui; quando è tornato,
ha
borbottato qualcosa sul fatto che fossimo rimasti solo noi,
però
non
è sceso nei dettagli.. – gli raccontò
la giovane.
-
E di Steve? Ha detto qualcosa? –
James, era
sicuro che
l’unico uomo in grado di sconfiggere Teschio rosso fosse
proprio
il suo
amico; dopo aver appurato di cosa fosse capace durante le missioni che
li aveva visti protagonisti, non ne aveva avuto alcun dubbio.
-
Purtroppo non l'ha menzionato – rispose affranta la
ragazza.
-
Sono
sicuro che sta bene – replicò Bucky per nulla
scoraggiato – Sarà
tornato trionfante in America dalla sua Peggy. Spero solo che si prenda
cura dei
miei in mia assenza…- aggiunse con nostalgia.
-
Mi dispiace tanto James – gli disse Emelie
accarezzandogli la guancia irsuta.
-
Va tutto
bene, stai tranquilla, se la sapranno cavare anche senza di me
–
le rispose lui, stringendola con maggior vigore contro il suo fianco.
In quel preciso
istante la porta
della cella venne spalancata di colpo e Rheinoldt, accompagnato dai due
energumeni della volta precedente, fece il suo ingresso.
-
Scusate
l’intrusione, sono addolorato nel dovervi interrompere
–
esordì mentre Emelie scattava a sedere - Ma c'è
bisogno del nostro Sergente - e senza aggiungere altro,
fece
un cenno col capo verso Bucky ai due uomini.
Quelli si mossero immediatamente,
avvicinandosi al ragazzo.
Emelie, che ormai per il pericolo aveva
sviluppato un certo sesto senso, gli si parò davanti.
-
Cosa succede? Cosa volete fare? –
domandò con sguardo di fuoco.
-
Forza schwester*,
spostati. Il tuo paziente non necessita più di ulteriori
cure;
è pronto ormai. – rispose l’altro
annoiato.
-
No! - esclamò Emelie, facendosi avanti senza
sapere bene neppure lei con quali intenzioni.
Uno dei due
carcerieri la scostò in malo modo mandandola a sbattere
contro il muro.
-
Elie! – gridò James facendo per
soccorrerla.
L'altro uomo lo placcò immediatamente, trattenendolo in una
morsa ferrea.
-
Quante
scene! Sapevate benissimo come sarebbe andata a finire, coraggio!
– si lamentò Rheinoldt alzando gli occhi al cielo.
-
James! Lasciatelo! –
Emelie si
lanciò di nuovo verso i due che stavano trascinando via il
ragazzo recalcitrante, ma
dopo l’ennesimo spintone si ritrovò a terra.
-
Lasciatelo! – gridò di nuovo, cercando
di rimettersi in piedi.
-
Elie! –
James, lottando
contro la
presa degli uomini, si voltò a cercarla con lo sguardo.
Riuscì ad incrociare gli occhi azzurri di Emelie solo per
una
frazione di
secondo, prima di essere trascinato fuori. Le sue grida risuonavano
lungo il corridoio, come quelle di un animale imprigionato.
-
Cara la
mia sorellina dal cuore tenero, non hai ancora imparato la lezione?
– le disse affettato Rheinoldt mentre si richiudeva l'uscio
alle
spalle.
Emelie si
gettò invano contro la porta, battendo i pugni contro
l’acciaio. Continuò a
gridare il nome di James finchè non divenne completamente
rauca.
Ora c'erano solo lei e il suo dolore.
*
Sorellina in tedesco
Chief's
room:
Buongiorno a tutti!
Per prima cosa
chiedo scusa per
la brevità del capitolo, è raro che io riesca a
farli
molto lunghi ^^" Però spero di aver concentrato un bel
pò
di emozioni in modo da coinvolgervi a dovere!
I caratteri dei due
protagonisti
si completano a vicenda, infatti, l'addove Emelie si crea un sacco di
problemi, James non se li pone minimamente. E' una bella sfida cercare
di creare una personalità distinta (quella di Elie) senza
risultare oltremodo accomodante nei confronti della controparte
maschile, ma spero di aver reso ciò che desideravo.
Ovviamente Rheinoldt
non poteva
mancare anche in questo capitolo per rompere le uova nel paniere ai due
ragazzi! Thumbs up per l'odio nei confronti di sto s...zo!!
James è
stato portato via
ed Emelie lasciata sola... come reagirà la ragazza?
Soprattutto
dopo quello che ha confessato al ragazzo?
Chi
leggerà, saprà! ;)
Piccola noticina per
voi prima di
salutarvi. Non aggiornerò la storia per due
venerdì...
causa partenza per lidi (si spera) soleggiati e pieni di salsedine! Per
cui dovrete portare pazienza fino all'8 luglio =/
Per quando
tornerò, scoprirete finalmente come Leanne è
venuta a conoscenza di Emelie e delle sue vicende!
Grazie mille a tutti
i Lettori che mi stanno facendo
compagnia in questo percorso, alle mie Howling
commandos
e in particolare a Mangamylove per essersi aggregata, e a
tutti coloro che mi hanno inserita tra le fic seguite, ricordate (Ferins) e preferite <3
Un
grande abbraccio!
Marta
|
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Capitolo 16 *** Vite dai doppi fondi ***
15. Vite dai doppi fondi
- A quanto pare è arrivato il
comitato d’accoglienza –
James, che
procedeva al
fianco di Leanne di ritorno dal tempio, guardò la ragazza
sorridere e poi ne seguì lo sguardo.
Davanti a casa
sua, in loro
assenza si erano formato un capannello di persone. Il ragazzo
notò subito che, a parte un paio di coppie relativamente
giovani, tutti gli altri uomini e donne erano di mezza età o
anziani. Evidentemente, per i ragazzi quel luogo non doveva
sembrare esattamente la scelta migliore dove passare il resto della
propria vita.
Dopo tutto,
anche lui quando
era ragazzo aveva desiderato andarsene da Shelbyville, ritenendola
troppo piccola per i suoi sogni di giovane americano. Forse
sarebbe dovuto rimanere invece...
Quando furono
quasi in
prossimità dell’abitazione, dal gruppo si
staccò
una bambina che non doveva avere più di otto anni, la quale
iniziò a correre a rotta di collo verso di loro.
Leanne sorrise a
quella vista, e chinatasi a terra, aspettò a braccia aperte
l’arrivo della piccoletta.
-
Yuki-nee*
– esclamò quella quando la ragazza la
sollevò da terra abbracciandola.
-
Chihiro-chan che bello rivederti – rispose Leanne.
James
lanciò
un'occhiata alla ragazza, sollevando un sopracciglio per dimostrare la
sua perplessità per quell’appellativo. In risposta
Leanne
si indicò la testa.
-
E' per i capelli – sillabò afona con un
sorriso divertito.
Certo, era
logico adesso che
ci pensava… James ormai si era abituato alla chioma bianca
della
giovane e, dopotutto, lui aveva un braccio di metallo. Lo strano, per
lui, era nell’ordinario.
Con un gesto automatico si
sistemò meglio il guanto che gli copriva la mano sinistra:
l'ultima cosa che voleva era creare scompiglio.
-
Coraggio,
andiamo a salutare gli altri – disse Leanne, incamminandosi
verso
il gruppetto con la bambina stretta tra le braccia.
James
sentendosi
osservato, guardò verso di lei incrociando gli occhi scuri
della
piccola, che si spalancarono sorpresi per poi scomparire contro la
spalla della ragazza.
-
Eccovi finalmente! Eravamo quasi tentati di salire al tempio
invece di aspettarvi qui –
Una signora di
mezza età con degli occhiali a mezzaluna, si fece avanti tra
i cori di saluti che li accolsero.
-
Mi spiace Chizuru-san, mi sono trattenuta troppo con
Nomura-sensei – si scusò la giovane.
-
Bentornata Yuki! – esclamò nel contempo
una coppia di signori.
James guardava
quella scena
un po’ in disparte. Quella gente trattava Leanne come se
fosse
davvero una di famiglia, e la ragazza sembrava non poter esserne
più felice. Salutava tutti con calorosi abbracci e profondi
inchini, e il sorriso non le era ancora scivolato via dal volto
nemmeno per un secondo. Lei era finalmente
tornata a casa, ma lui?
La freddezza che contraddistingueva il Soldato d’inverno
stava
pian piano sparendo, e le emozioni di Bucky Barnes stavano tornando a
farsi sentire. James si scoprì a pensare con nostalgia alla
sua
famiglia ormai morta da tempo. Se solo fosse riuscito a tornare prima...
-
Allora possiamo finalmente vedere con i nostri
occhi il motivo che ti ha fatta
stare via per quasi un anno –
Il ragazzo
abbassò lo sguardo su di una vecchietta, che lo osservava
con un sorriso furbo stampato in faccia.
-
E’
vero! Scusate – esclamò Leanne imbarazzata
mettendosi
vicino al giovane – Questo è James,
lui… -
-
E' il tuo
ragazzo? – la interruppe la bambina di nome Chihiro,
guardando ora
il ragazzo con aperta curiosità.
-
E' l’amico che sono andata a prendere in America
– rispose Leanne.
-
Certo..
"amico" – ghignò la vecchietta di prima, dando di
gomito a
James che la guardò perplesso.
-
E non
poteva venire lui? Perché sei dovuta andare tu a prenderlo?
– domandò con cognizione di causa Chihiro.
Leanne non parve
assolutamente turbata dalla domanda, che in realtà avrebbe
necessitato di una risposta piuttosto complicata..
-
Perché si era perso, e aveva bisogno di un aiuto
per
tornare a casa – disse la ragazza con semplicità.
Il sorriso che
James si vide
rivolgere, lo turbò in una maniera strana; sentì
lo
stomaco contrarsi mentre qualcosa gli pizzicava agli angoli degli
occhi. Sbattendo le palpebre li sentì umidi e si
affrettò
quindi a distogliere lo sguardo.
-
Chihiro-chan
lascia in pace Yuki, avanti – la richiamò la donna
con gli
occhiali, prendendola per mano.
-
James,
questa signora è Hiory Matsuda; la si può
definire come
una sorta di capo villaggio – la presentò Leanne.
-
Lieto di
conoscerla – rispose James, inchinandosi e sperando che
nessuno si
fosse accorto della sua reazione di poco prima.
-
Lo stesso
per me – replicò Hiory imitandolo –
Sembri un bravo
giovanotto, spero che ti troverai a tuo agio in questo posto lontano
dal mondo – aggiunse con un sorriso cordiale.
Di nuovo, James
si sentì turbato e rinfrancato al tempo stesso da quelle
parole gentili.
-
Sarà sicuramente così –
rispose inchinandosi di nuovo.
-
Bene!
– esclamò allora la signora Matsuda –
Bando ai
convenevoli Yuki-chan, vi abbiamo portato un po’ di viveri
per
l’inverno – aggiunse, facendo strada e portandoli
davanti
l’ingresso della cucina.
Lì,
sotto al
porticato, erano stati sistemati diversi sacchi di riso, tagliolini di
soia e grano; ceste di frutta secca e verdura fresca; carne, pesce e
latte; biscotti, cereali e qualche latta di caffè.
-
E' troppo
Hiory-san! Quest’anno non ho potuto nemmeno aiutarvi! Pensavo
di
scendere in città ancora una volta per fare scorte
– disse
Leanne, sgomenta nel vedere tutta quella roba.
-
Non dire
sciocchezze ragazza! Danno abbondanti nevicate tra qualche giorno, e
hai ancora
diverse cose da sistemare dopo la tua assenza. Consideralo un regalo di
bentornato da parte del villaggio – replicò la
donna.
Leanne,
completamente senza
parole, non potè fare altro che inchinarsi e James la
imitò. Quelle persone avevano pensato anche a lui ancor
prima di
conoscerlo.
-
Vi ringrazio, davvero – disse Leanne con voce rotta
quando si alzò.
-
Non
c’è bisogno – sorrise la signora Matsuda
– e
poi avrete modo di sdebitarvi; ci sono ancora parecchie cose che potete
aiutarci a fare prima della neve – aggiunse con una strizzata
d’occhio.
-
Contiamo su di te, nii-chan**! –
esclamò Chihiro sorridendo a James.
Il ragazzo, in
risposta, accarezzò la testa della bambina che gli arrivava
alle cosce.
Il comitato
d’accoglienza, a quel punto li lasciò, e ognuno
tornò alle proprie occupazioni mentre i due ragazzi
portarono tutto
quello che gli era stato regalato in cucina.
-
Metterei
a posto, ma ho troppa fame; preparo qualcosa per pranzo –
disse
Leanne, afferrando un grembiule ed entrando in cucina
–
James? –
Il ragazzo non
l’aveva
minimamente ascoltata, era fermo davanti alla finestra intento a
guardare all'interno dei propri pensieri, a giudicare
dall’espressione assorta.
-
Ehi, tutto bene? –
La mano della
ragazza, posatasi sul suo braccio metallico, lo riscosse.
-
Sì… sono solo un po’
frastornato.. –
rispose sospirando – Non.. Non sono abituato a gesti simili;
non più
almeno – ammise.
-
La loro
ospitalità ha sconvolto anche me quando sono arrivata
– lo
rincuorò lei tornando verso i fornelli.
-
Probabilmente, se sapessero chi sono reagirebbero in modo
molto diverso – commentò James seguendola in
cucina.
-
Smettila
di fare certi discorsi! Tu sei James e nessun altro. – lo
rimproverò Leanne – Forza, dammi una mano
– aggiunse,
mettendogli in mano un grosso coltello – Puliscimi quella
zucca,
tu che hai forza nelle braccia – gli ordinò,
indicandogli
il grosso ortaggio dalla pelle coriacea.
-
Non sono
molto avvezzo in cucina e penso di non esserlo mai stato nemmeno in
passato – disse lui un po’ preoccupato per i
risultati.
-
Basta solo che togli la buccia, al resto penso io, tranquillo
– lo rassicurò Leanne.
Nonostante le
previsioni pessimistiche del ragazzo, la zucca fu pronta e la cena, di
conseguenza, anche.
-
Sei brava
a cucinare orientale – si complimentò James quando
assaggiò il riso saltato con verdure e pollo che la ragazza
aveva preparato.
-
Fino a qualche anno fa ero davvero pessima, credimi
– rise lei seduta per terra.
James si era
accomodato sul
divano, e il basso tavolino davanti ad esso era stato apparecchiato
alla belle e meglio.
-
Quando mi
allenavo, capitava sovente che mi fermassi al tempio anche fino a tardi
e che Nomura-sensei mi offrisse la cena – raccontò
–
Alla fine gli ho chiesto che mi insegnasse a cucinare –
spiegò, portandosi le
bacchette alla bocca.
-
E' strano
venire ad abitare in un posto così isolato per uno che ha
fatto
parte dello SHIELD - osservò James.
-
A dire il
vero, il maestro è originario proprio di questo villaggio.
Da
ragazzo se ne andò per studiare all’estero dopo
aver vinto una borsa di studio – disse Leanne mentre mangiava
– Una volta laureato è entrato nello SHIELD, che
in quegli
anni si era appena formato. E’ rimasto operativo
finchè,
dopo aver perso la figlia, sua moglie non si è ammalata. Ha
deciso di tornare qui in modo che potesse passare in
tranquillità il tempo che le era rimasto –
proseguì
con una nota amare nella voce – Quando è morta,
Nomura-sensei si è trasferito nel tempio. Questa casa
è
sua, ma per lui non è stato un problema
lasciarmela usare… gli devo davvero moltissimo –
concluse
Leanne,
fissando il bicchiere che teneva in mano.
-
Sembrerebbe che questo paese attiri le persone dal passato
complicato – commentò James, posando il piatto
ormai vuoto
sul tavolino.
-
C’è qualcosa, nell’aria di
qui, di salvifico
– concordò la ragazza osservando il cielo azzurro
fuori dalla
finestra.
-
Hai ragione – disse James appoggiandosi con la
schiena al divano.
-
Dai,
aiutami a portare di sopra il riso, così ti faccio vedere il
resto della casa – propose Leanne portando via le stoviglie
sporche.
La casa della
ragazza si
articolava su tre piani. Al primo piano, oltre alla sala da pranzo e
alla cucina, c’era un salottino e il bagno. Al terzo piano
c’era la soffitta, dove James aiutò Leanne a
portare i
sacchi di riso per l’inverno.
-
Qui
c’è la mia camera – disse Leanne quando
scesero al
secondo piano, aprendo al ragazzo la parete scorrevole.
La stanza della
giovane era
molto semplice, con una scrivania ingombra di
fogli e libri davanti alla finestra,
un armadio a muro, una cassettiera, un comodino e lo
spazio vuoto dove veniva messo il futon*** la sera.
-
Questa
invece è camera tua – proseguì lei,
aprendo la porta
scorrevole subito a fianco e mostrandogli una camera
pressoché
identica alla prima ma senza cassettiere – Il futon
è
nell’armadio là in fondo, ho lasciato qualche
abito che
possa andarti bene nelle ante di sinistra – gli
spiegò.
-
Grazie – disse James mentre la seguiva nella
prossima camera.
-
Questa
stanza non credo che ti sarà molto utile – gli
disse,
facendogli vedere uno spazio quasi del tutto vuoto.
L’unico
arredamento era costituito da un grande pianoforte a coda.
-
Sai suonare? – domandò James.
-
Sì, ma il pianoforte era della moglie di
Nomura-sensei – gli spiegò – E infine,
questa credo
sia la mia preferita – proseguì portandolo nella
stanza a
fianco.
Era una piccola
biblioteca con lampada e poltrona dall’aspetto molto comodo.
-
Molti dei
libri erano già qui quando sono arrivata, i restanti li ho
portati io – disse lei, appoggiando una mano sulla libreria
più vicina.
-
Ne deduco che ami leggere – commentò
James con un sorriso sghembo.
-
Hai
indovinato – rispose Leanne arricciando il naso –
ma non
è tutto – aggiunse e ancora con la mano
sull’intelaiatura in legno dello scaffale, la premette
leggermente.
Con uno scatto,
la libreria
rivelò un doppio fondo che la ragazza spalancò.
All’interno, sistemati ordinatamente, c’erano
diversi
fascicoli come quello che aveva portato a James in America. Il ragazzo si
avvicinò, stupito da quell’apparizione.
-
Qui ci
sono tutte le missioni e le campagne che sono riuscita a recuperare e a
cui tu hai partecipato sotto il
comando di HYDRA – gli spiegò – In
realtà, in nessuna di esse sei citato espressamente,
né
viene raccontato nel dettaglio ciò che hai fatto, ma quello
che è
successo è sufficientemente chiaro.. Sono sicura che ti
sarà
d’aiuto – aggiunse.
James,
allungò la mano
per sfiorare quello più vicino a lui. In quella stanza
c’era probabilmente tutto quello di cui lui aveva
bisogno per ritrovare i ricordi legati al periodo passato
all’interno di HYDRA. Si sentiva quasi spaventato
all’idea
di ciò che avrebbe trovato.
-
James, sii prudente –
La mano di
Leanne si posò su quella non meccanica di lui.
-
Molte di
queste operazioni sono state… crudeli; aberranti perfino
– gli disse
misurando le parole – Non so dirti cosa tu abbia fatto, ma se
ti
tornerà in mente, potrebbe non essere piacevole.. Per cui ti
prego di non restare
tutto il giorno chiuso qui dentro – aggiunse
guardandolo preoccupata.
-
Ci andrò cauto, stai tranquilla – le
rispose stringendole brevemente la mano.
A quelle parole,
Leanne sembrò rincuorata e gli sorrise, mentre James
tornò a guardare i fascicoli davanti a lui.
-
Troverò informazioni anche su Emelie? –
domandò alla ragazza.
Aveva dentro di
sé la
sensazione che ricordarsi di quella giovane, sarebbe stato un pezzo
fondamentale per il suo processo di guarigione.
Da quando si era ricordato del suo viso, gli era rimasta
una sensazione di vuoto, come se essersi dimenticato di lei fosse stato
il più grosso errore della sua vita.
-
Non
c’è niente di lei in questi file;
l’unica cosa che
ho è il suo certificato di morte corredato da una singola
foto.. ma non
mi sembra il momento di mostrartelo.. – gli disse lei
abbassando gli occhi.
-
Allora
come fai a conoscere la sua storia? A sapere cosa è
successo?
– domandò James senza riuscire a reprimere un
brivido di
sospetto.
-
C’è un diario.. che Emelie teneva; molte
delle
pagine sono state rovinate dal tempo, ma altre si leggono –
spiegò lei.
-
Quindi tu
avresti letto un diario e di conseguenza avresti deciso di cercarmi?
– chiese il ragazzo sempre più confuso.
-
Nell’ultima pagina ha espresso un solo desiderio
prima di
morire. Ha chiesto che chiunque prendesse in mano il suo diario e
leggesse della sua vita, ti trovasse e ti portasse via
da HYDRA.. - raccontò con molta serietà - Anche
una persona a me cara, è stata catturata
da loro e non l’ho mai più rivista quindi..
prendila come
una rivincita per me e per lei – gli disse la ragazza mentre
i
suoi occhi si accendevano a quelle parole.
-
Mi piacerebbe leggerlo.. – disse il Soldato.
-
Devi
leggerlo, James – commentò Leanne.
*
Yuki in giapponese significa neve e il suffisso nee deriva da Onee che
sta per "sorella"
**
nii-chan signifita "fratellino"
***
Tipico letto in stile Giapponese
Chief's
room:
Ed eccomi qui, di
ritorno dalle
vacanze con di nuovo tutto lo stress del lavoro addosso, con una tinta
passata da "bianco ottico" a "bianco panna" e con tutte le mie serie tv
preferite in attesa di ricominciare tra mesi!
Ciò
però non mi ha impedito di sfornare questo nuovo capitolo!
u.u
L'atmosfera di
tranquillità che si respira al villaggio sarà di
sicuro
di beneficio al povero James che dovrà iniziare seriamente a
fare i conti con il suo passato. Durerà però
questa
serenità? O verrà interrotta?
Come al solito ho
condito il
capitolo con vocaboli giapponesi che spero di avervi spiegato come si
deve, nel qual caso sono più che felice di rispondere ai
vostri
quesiti =)
Abbiamo scoperto
qualcosa in più sul maestro di Leanne che a quanto pare ha
avuto un trascorso difficile in passato...
Ci sono state anche
delle news
sul conto della ragazza per altro ;) Anche a lei è stato
portato
via qualcuno di prezioso da HYDRA, chi sarà mai
costui/costei?
Questo è il motivo che l'ha spinta a intraprendere la causa
di
James dietro alla richiesta di Emelie sopravvissuta tutti questi anni
all'interno del suo diario.
Scusatemi se le mie
protagoniste
sono delle lettrici incallite, che sembra essere una cosa che va di
moda di questi tempi, ma essendolo io in prima persona mi piace
trasmettere queste mie passioni ai personaggi che creo ^^
Credo di avervi
detto tutto, quindi passo ai ringraziamenti!
Thanks to tutti i
miei meravigliosi Lettori!
Alle mie care Howling
commandos, sempre in prima linea! Alle belle persone che
mi hanno inserita tra le storie seguite (Sirina89, Portuguese D Rogue,
Sonata_Eterna, Rinoa Heartilly Vengeance e Kittycake),
ricordate e preferite (Weepingangel).
Un
abbraccio a tutti voi e un arrivederci alla settimana prossima targata
1945 ;)
Marta
|
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Capitolo 17 *** Libertà e speranza ***
Libertà e speranza
Emelie era rimasta seduta sul letto di James fino a sera,
quando
uno dei soliti carcerieri era andato a prenderla per riportarla nella
sua prigione.
Nel breve tragitto tra una cella e l’altra, per la prima
volta
dopo molti anni, Emelie aveva provato a liberarsi. Voleva sapere
dov’era James, voleva vederlo; ma ovviamente ogni tentativo
fu
vano e quello che ottenne, fu solo di essere ributtata
malamente
nella sua cella.
Nonostante questo non si diede per vinta, provò e
riprovò a urlare il nome
del ragazzo battendo sulla spessa porta di acciaio, ma non le giunse
alcuna risposta.
Alla fine dovette arrendersi, sedendosi in un angolo della cella con
stretto al petto, sotto la tenuta da carcerata, il libro che aveva
ritrovato sotto il materasso di James.
Durante le sei
settimane che
seguirono, Emelie rimase in uno stato catatonico; il colpo era stato
troppo duro per riuscire a reagire…
Nonostante sapesse benissimo che quel giorno sarebbe arrivato, non
era stata minimamente pronta al dolore e allo strazio che aveva portato
con sè. Il vuoto che
l’assenza
di James le aveva lasciato, era insaziabile. Ora dopo ora, minuto dopo
minuto, si divorava un pezzo di lei. Dilaniata; ecco il termine giusto
da usare. Nessuno aveva risposto alle sue domanda, nessuno le aveva
detto più rivolto la parola, nemmeno Rheinoldt si era mai
fatto
vedere.
Poi, il quarantaseiesimo giorno, finalmente qualcosa cambiò.
-
Mio Dio sorellina, come ti sei ridotta! –
Emelie
alzò appena la
testa dal suo giaciglio, osservando la figura di suo fratello
stagliarsi sorridente sulla porta. Quando capì che non era
frutto della sua immaginazione, scattò a sedere.
-
Dov’è James? Cosa gli hai fatto?
-
esclamò la ragazza, lanciandosi verso il fratello senza
però fare i conti con la debolezza delle sue gambe.
-
Ehi! Piano mia cara – la ammonì
l’uomo vedendola finire a terra.
-
Dimmi
cosa gli hai fatto – lo fulminò lei, scostando con
uno
schiaffo la mano che Rheinoldt aveva diligentemente allungato in suo
aiuto.
-
E'
così che mi saluti dopo tanto tempo che non ci vediamo?
–
replicò l’uomo scuotendo la testa – e
dire che ero
venuto apposta per accompagnarti dal tuo Sergente
– aggiunse con un'alzata di spalle.
Emelie
assottigliò lo
sguardo, sospettosa. Se c’era qualcosa che Rheinoldt non
faceva,
era di concedere favori senza chiedere niente in cambio.
-
Forza,
vieni – la esortò lo scienziato, senza darle il
tempo di
ragionare e imboccando la porta.
La ragazza, un
pò
incerta, si rimise in piedi e con cautela lo seguì fuori
dalla
cella. In giro c’erano diverse persone indaffarate a
transitare da
una stanza all'altra, e nessuno di loro sembrò
minimamente
interessato a quella ragazza scheletrica che camminava a stento dietro
al loro capo. Superarono diversi laboratori, tra i quali quello dove
periodicamente Emelie veniva testata, e infine arrivarono
all’infermeria.
All’interno dell’anticamera che la precedeva, si
era
riunito un capannello di persone, tutte intente a guardare oltre la
grande vetrata che dava sulla sala. Emelie,
allungando il collo in mezzo a tutte quelle teste, riuscì a
scorgere su di un lettino, una ben nota zazzera di capelli castani.
Senza aspettare un mezzo secondo di più, si
lanciò verso le porte che conducevano all’interno
della stanza.
-
Fermatela! – gridò una voce, e un paio
di mani la bloccarono istantaneamente.
-
Lasciatemi andare!! – si divincolò
Emelie come una furia.
-
Fatela passare –
La voce di
Rheinoldt, ferma e composta, sedò istantaneamente qualsiasi protesta.
-
Ma signor Smidth.. il soggetto è instabile, non ha
visto cosa ha f.. -
-
Ho detto
di lasciarla passare – replicò l’uomo,
interrompendo
le rimostranze dello scienziato che aveva parlato.
Le mani che
tenevano Emelie
la liberarono e la ragazza si infilò velocemente nella
stanza. I
pochi scienziati che si trovavano all'interno di essa, stavano
addossati alle pareti, il più lontano possibile dal loro
paziente. Tutti con lo stesso sguardo spaventato.
-
James… - mormorò con voce strozzata la
giovane quando si fu avvicinata al letto del ragazzo.
Bucky era seduto
sul letto
ospedaliero, al posto del braccio sinistro, ora aveva una protesi di
lucenti placche metalliche dall’aria letale. Ma quello che
sconvolse
maggiormente la ragazza, fu lo sguardo spento e privo di qualsivoglia
emozione del giovane. Il suoi occhi si erano sì, sollevati
nel sentirsi
chiamare, ma non avevano dato alcun segno di averla
riconosciuta. Sembrava di osservare una di quelle bambole di porcellana
con gli
occhi di vetro, solo che lui aveva un aria molto più letale.
Emelie,
nonostante questo, gli si avvicinò.
-
James..
che cosa ti hanno fatto? – chiese con un filo di voce,
allungando
una mano verso il viso.
Quando le sue
dita furono a
qualche centimetro dalla guancia di lui, l'arto meccanico del ragazzo
scattò. Il Soldato afferrò Emelie per la
gola e con
una torsione, la inchiodò sul letto dove prima era seduto.
-
James!
– rantolò lei con la trachea schiacciata in una
morsa
ferrea e le gambe bloccate dal ginocchio di lui – James, sono
io! – disse disperata.
Il ragazzo
continuava ad
osservarla con quello sguardo spento, senza minimamente rendersi conto
di ciò che stava facendo e a chi...
-
Tu sei
James Barnes! Io sono Elie, la tua Elie – provò
ancora la
ragazza sentendosi venire meno – James, ti
prego…- lo supplicò mentre le
lacrime le solcavano il volto.
Quando sembrava
ormai che non
ci fosse più scampo, un barlume di consapevolezza
passò
dietro gli occhi di James che riacquistarono un po’ di luce.
La
presa sul collo di Emelie si affievolì e la ragazza
scivolò giù dal letto sedendosi per terra.
-
E… Elie… - balbettò Bucky
osservandola dall’alto.
Emelie,
massaggiandosi la
gola, prese diverse boccate d’aria tra un colpo di tosse e
l’altro; poi alzò gli occhi sul ragazzo che nel
frattempo le si era
inginocchiato davanti.
-
James, mi riconosci? – gli domandò
prendendogli il viso tra le mani.
-
Io… sì… - rispose il ragazzo
stralunato.
I capelli lunghi erano bagnati di sudore e le borse che aveva sotto gli
occhi, rivelavano tutta la sua stanchezza.
- Elie, cos'è successo? E' tutto
così
confuso.. Io.. – mormorò incoerentemente dopo
essersi brevemente guardato attorno.
-
Shhh – lo tranquillizzò lei, passandogli
le braccia attorno al collo e attirandolo a sè.
Il ragazzo si
lasciò abbracciare, ricambiando il gesto con il solo braccio
destro e
lasciando inerte sul fianco quello bionico, quasi avesse dimenticato di
averlo.
-
Cosa ti ho fatto? – disse con voce spezzata contro
il suo collo.
-
Sto bene,
non è colpa tua, tranquillo – replicò
la ragazza
con il tono più calmo che le riusciva, mentre gli
accarezzava i
capelli folti.
-
Bravi! Esattamente come mi aspettavo! –
Rheinoldt, fece
in quel momento il suo ingresso nella stanza battendo le mani
compiaciuto.
-
Tu, razza di mostro, cosa gli hai fatto? – gli
sibilò contro Emelie.
-
Io?
L’ho migliorato! Sta diventando il soldato perfetto
–
rispose l’uomo - manca solo tanto così - aggiunse,
mostrando la misura tra il pollice e l'indice.
-
Cosa vorresti dire? – domandò la ragazza
confusa e spaventata.
-
Resezione
selettiva mnemonica
– citò lo scienziato – In
termini più esplicativi, stiamo lavorando sulla sua memoria
per
eliminare tutto ciò che non sia pertinente con il suo
addestramento militare – spiegò
con orgoglio.
-
Co... cosa? – sussurrò Emelie stringendo
di più a sé il ragazzo inerme.
-
Nostro
padre non era convinto di questa pratica, la definiva pericolosa,
e non
mi aveva mai lasciato carta bianca - disse con una smorfia di
disappunto sul volto affilato - ma, d’altronde.. ora che non
c’è più il problema non si pone!
–
spiegò sorridente – E' stato un successo in piena
regola,
e
tutto grazie a te cara Emelie!- aggiunse soddisfatto.
-
Che diavolo vai dicendo?! Io non ti ho aiutato a fare proprio
un bel niente! –
esclamò la ragazza sconvolta.
-
Oh per
piacere, Emelie! Pensavo fossi più sveglia! –
replicò esasperato l’uomo –
Perché pensi che
abbia scelto te per prenderti cura del Sergente Barnes? – le
domandò, alzando le sopracciglia con sguardo eloquente, come
se stesse parlando ad una ritardata.
-
Io.. non.. – balbettò confusa la
ragazza.
-
In tutti
questi anni, mentre cercavano il
soggetto ideale
per iniziare gli esperimenti, ti ho messa alla prova!
Non hai riconosciuto nessuno tra quelli
al di là del vetro? – le chiese indicandoli.
Emelie,
voltandosi a guardare, si soffermò sui
volti degli scienziati ancora assiepati nell’anticamera, e
con
orrore notò che molti di loro gli erano famigliari... erano
stati
tutti cavie di quel laboratorio.. cosa ci facevano lì?
La ragazza si sentì improvvisamente male, capendo cosa fosse
successo.
-
Vedo che
inizi a realizzare – commentò Rheinoldt
– Fingendosi
pazienti hanno potuto interagire con te, mettendo alla prova le tue
capacità empatiche. Ovviamente, tu hai risposto
brillantemente ai test; eri la persona perfetta per fare da argine
– spiegò – Avevo già
immaginato l’instabilità a cui sarebbe stato
soggetto il signor
Barnes dopo questa operazione, e avevo bisogno di qualcuno che potesse
contenerla –
aggiunse.
-
Tu... hai fatto questo… era tutto calcolato... -
sussurrò attonita la ragazza.
-
Ma dai!
Pensavi davvero che non fossi a conoscenza del vostro rapporto? Certo
che era tutto premeditato! Sapevo che sareste diventati indispensabili
l'uno per l'altra.
E ora, ho tutto ciò di cui ho bisogno per far sì
che si
trasformi nel
soldato perfetto. Tu devi semplicemente calmarlo nei momenti
d’ira - spiegò - Purtroppo, gli altri che hanno
provato ad
avvicinarsi non
hanno fatto una gran bella fine – disse Rheinoldt con un
sospiro
irritato.
-
Io non ti
aiuterò a fare proprio niente! –
esclamò Emelie,
girandosi a dargli le spalle in modo di fare da scudo a James che
sembrava non
essersi ancora ripreso.
-
Ci riduciamo sempre a questo... - replicò lo
scienziato scocciato - I
casi sono due sorellina, o lo fai di tua iniziativa, o sarò
costretto a
farti cambiare idea con la forza, e sai quanto preferirei non doverlo
fare – disse l’uomo costernato.
-
Le tue parole sono veleno! Ogni sillaba è una
bugia, quindi smettila con
il finto perbenismo! - gridò Emelie - Sei solo un pazzo!
Preferirei essere morta che
essere tua sorella e assecondarti nei tuoi folli progetti!! –
gli sputò contro
rabbrividendo dalla rabbia.
Non appena la
ragazza ebbe
concluso la frase, James cominciò a gridare. Il soldato,
lasciando il circolo protettivo delle braccia di Emelie, cadde
su di un fianco, chiudendosi a riccio mentre il corpo veniva
scosso da violente convulsioni.
Emelie,
spaventata e senza capire cosa stesse accadendo, si girò
verso Rheinoldt che guardava compiaciuto la scena.
-
Smettila subito! – gli gridò lei.
A quel punto,
James smise di
dibattersi, restando ansante a terra. Emelie, lo aiutò ad
alzare un pò la testa sostenendola sul braccio.
-
Mi sono
preso la libertà di installare nella sua protesi un neuro
trasmettitore. – spiegò lo scienziato tirando
fuori la mano
dalla tasca e tenendo in pugno, un piccolo dispositivo –
Manda
scariche elettriche direttamente ai nervi del suo braccio, e tu sai
quanto può far male una scarica con quel voltaggio, vero
Emelie?
– le domandò retoricamente.
La ragazza quel
dolore lo
conosceva bene.. fin troppo. Erano molte le volte in cui aveva
desiderato di morire sotto elettroshock, piuttosto che sopravvivere per
aspettare la volta
successiva.
-
Pensi di potermi aiutare adesso? Per il bene del Sergente
Barnes ovviamente – sorrise l’uomo.
Emelie
abbassò
lo sguardo verso James. Lui, ancora con il fiato grosso, la stava
fissando; poi allungò la mano destra e la spazzò
via con
il pollice
le lacrime che avevano ripreso a scendere sul volto.
La ragazza si
chinò verso di lui, affondando il viso sulla sua spalla.
-
Mi dispiace James… mi dispiace così
tanto… - singhiozzò.
La
libertà non era mai sembrata così distante.
Chief's
room:
Ben ritrovati a
tutti ^^
Posso affermare che
i capitoli ambientati nel 1945 si stanno per esaurire; prevedo di
scriverne ancora un paio a conclusione. Manca quindi pochissimo a dover
salutare Emelie.. chissà cosa le accadrà!
Sono contenta della
piega che ha preso questo new character, per cui, qualsiasi decisione
io prenderò sulle sue sorti, sappiate che non lo faccio con
leggerezza; dopotutto mi sono affezionata anche io a lei.
Il Soldato d'inverno
è quasi "pronto" e, a sorpresa, a contribuire a crearlo
è stata anche la stessa Emelie, per quanto ne fosse
totalmente all'oscuro. Non so se il ruolo che io le ho dato all'interno
del processo sia stato spiegato con chiarezza, se permanessero dei
dubbi potete chiedermi ulteriori chiarimenti senza problemi.
Sarò ben felice di rispondervi!
All'interno del
testo c'è una piccola citazione, tratta da un film famoso,
chissà se qualcuno di voi l'ha colta ;)
Ringrazio infine
tutti coloro che si sono fermati a leggermi, le Howling commandos per
le recensioni, e tutte le belle persone che mi hanno inserita tra le
fic seguite, preferite (Grace18)
e ricordate!
Un
abbraccio,
Marta
|
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Capitolo 18 *** Nubi temporalesche ***
17. Nubi temporalesche
James,
nelle settimane
che seguirono il loro arrivo, non dovette impegnarsi molto per
mantenere l'impegno preso con la capo villaggio.
Come aveva detto la stessa signora Matsuda, le cose da sistemare prima
delle grandi nevicate erano molte, e sia lui che Leanne
venivano impegnati per quasi tutto il giorno.
Il Soldato dava
una mano
soprattutto nei lavori più pesanti: come spaccare la legna,
aiutare a sistemare i tetti in
paglia e facendo riparazioni di vario genere a chiunque gli chiedesse
una mano. Durante il tempo che trascorse con gli abitanti del
villaggio, nessuno gli chiese mai nulla su
chi fosse o su che cosa facesse prima di arrivare in quello sperduto
paese, ma tutti lo trattarono come se avesse sempre abitato
lì con loro. Il
suo lavoro e i suoi sforzi, venivano
ricompensati con ampi sorrisi e molte tazze di tè fumante, e
il
ragazzo, in tutta sincerità, non poteva
sperare in meglio. Si sentiva finalmente normale in una vita in cui
tutto
sembrava dire che non lo era più; lì, aveva
ritrovato il
senso di una vita comune. Perfino la piccola Chihiro, dopo l'iniziale
titubanza, adesso accompagnava spesso e volentieri il giovane in giro
per il villaggio,
spiegandogli tutte le curiosità che lui esprimeva sulle
usanze
Giapponesi. Per quanto infatti il ragazzo sapesse parlare fluentemente
la
lingue nipponica, sapeva poco o niente di quel paese. Probabilmente
quelli dell’Hydra avevano valutato che non dovesse
interessargli
niente di più.
Quando James
tornò verso casa dopo aver passato il pomeriggio a ferrare
alcuni cavalli, ad accoglierlo,
anziché il solito spadellare proveniente dalla cucina, gli
arrivarono degli strani rumori.
Con cautela si mise a fare il giro della casa,
portandosi dal lato della veranda. Lì, Leanne, in maniche
corte
nonostante il freddo polare e con i capelli bianchi stretti in una
coda, stava compiendo i movimenti tipici
di un allenamento marziale.
James, notò subito che i suoi
movimenti erano molto fluidi e che concatenava con scioltezza ogni
colpo con
il successivo. Nomura aveva davvero fatto un ottimo lavoro con lei.
-
Oh,
eccoti! Capiti a proposito! – esclamò lei quando lo vide, con il
solito sorriso ad illuminarle i tratti del viso.
Quel sorriso, da
qualche
tempo, provocava in James uno strano smottamento interiore che sfociava
nella più completa tranquillità. Vedere Leanne e
trascorrere il tempo con lei, lo faceva
stare bene.
-
Io a rischiare di essere scalciato da un cavallo e tu qui
tranquilla a fare
ginnastica? – la salutò lui con un ghigno.
-
Sempre a
lamentarti – sbuffò lei in risposta
– Forza, vieni a darmi una mano ad allenarmi! Ho bisogno di
un
bersaglio che non sia solo frutto della mia immaginazione -
gli
disse, facendogli cenno di avvicinarsi.
-
Non credo sia una buona idea – replicò
James scuotendo la testa.
-
Ti
prego… dimmi che non è perché sono una
donna!
– rispose lei esasperata, aggrottando le sopracciglia
–
Secondo te, quando lavoravo nello SHIELD, tutti i nemici che ho
incontrato hanno avuto la stessa accortezza nei miei riguardi?
–
aggiunse con uno sguardo eloquente.
-
Sono
sicuro che non sia stato così, infatti io lo dicevo
perché non sarebbe uno scontro alla pari.
Tutto qui. – rispose serafico il ragazzo.
Non appena la sua bocca si fu chiusa sull'ultima sillaba, James dovette
scansarsi perchè il sasso che Leanne gli aveva lanciato
contro
non lo centrasse in piena fronte.
- Smettila e vieni a mettermi alla prova,
potrei
sorprenderti – lo esortò lei con un sorriso
ferino.
James,
alzò le spalle
come a dire "lo hai voluto tu" e
si tolse la giacca. Non si preoccupò che
qualcuno vedesse il suo braccio meccanico, erano sul lato della casa
che dava solo sulla foresta e ormai il sole era calato oltre
le montagne.
Una volta depositati gli abiti sulla veranda, il ragazzo si
mise davanti alla sua avversaria.
Non ebbe neppure
il tempo di mettersi in posizione, che Leanne senza dare preavviso,
scattò verso di lui. James scartò di lato,
parando senza difficoltà un
calcio diretto al fianco e quello successivo diretto
all’avambraccio
destro.
Leanne era rapida, precisa e sapeva come non farsi agguantare in prese
che le sarebbero costate un’immediata sconfitta.
Nonostante tutto questo, la ragazza mancava di potenza.
“
Potrebbe sicuramente
resistere alla maggior parte dei militari, ma con qualcuno dotato di
capacità superiori non è suff..”
James,
aggrottò la
fronte interrompendo la propria valutazione; fino a pochi istanti prima
si era limitato a schivare
i colpi della ragazza, ma adesso,
automaticamente aveva iniziato a pararli, e gli pareva anche che
stessero
aumentando di forza.
Il Soldato sorrise, dandosi dell’idiota mentalmente;
Leanne, fino ad allora, si era solo limitata a studiarlo e adesso stava
mettendo in
pratica le informazioni acquisite. Stava puntando ad ogni piccola
apertura che riuscisse a trovare nel ragazzo, e questo senza calare di
un minimo la
velocità.
- Coraggio Jamie, reagisci! - lo provocò lei,
utilizzando il nomignolo che il Soldato odiava.
James, saltò per evitare una spazzata alle
gambe e parò con il palmo un pugno indirizzato al suo
costato, poi con un
colpo di reni, scartò all’indietro un calcio che
però sentì sfiorargli la pelle.
Si era completamente sbagliato nel valutarla, quella ragazza era
decisamente sopra la media; lei e la Vedova Nera potevano benissimo
competere alla pari, soprattutto se armate.
Leanne
caricò un altro
corpo facendosi avanti e James assunse la posizione
difensiva, ma in quello stesso momento, la ragazza scomparve dal suo
campo visivo… al suo posto comparve un
uomo in uniforme che, gridando, gli si avventò contro armato
di
coltello.
Il sole e i rumori pacati del villaggio erano spariti,
sostituiti dalla luce di fari alogeni e dal rombo caotico della
battaglia sul campo.
Seppur spaesato, James rispose prontamente all’assalto e
un battito di ciglia dopo, si ritrovò di nuovo ansante
vicino alla veranda.
Era
stato un attimo così rapido, da non dargli il tempo di
capire cosa
fosse accaduto.
James, battè un paio di volte le palpebre
riconnettendosi con il mondo circostante e fu allora che vide il corpo
di Leanne giacere qualche metro più in là.
-
Leanne! – gridò lui precipitandosi verso
la ragazza che sostava immobile.
Quando le fu a
fianco, la ragazza
si mosse improvvisamente, facendogli perdere l’equilibrio per
poi salirgli sul
petto inchiodandolo al terreno gelato.
-
Battuto!
– esclamò lei ridendo soddisfatta –
Iniziavo a
pensare che non avresti mai contrattaccato! Certo che non ti sei
risparmiato alla f…-
il resto della frase le morì in gola notando quanto il
ragazzo
fosse pallido in viso – James, cos’hai? –
gli chiese
preoccupata.
-
Ti ho fatto male? – le domandò lui
spaventato.
-
N.. no..
ho parato abbastanza bene – replicò lei senza
capire e
facendosi indietro perché lui si potesse sedere –
Cos’è successo? – lo
interrogò.
-
Non era
mia intenzione rispondere ai tuoi colpi.. ma... ho avuto una specie di
flashback molto
reale..- rispose lui massaggiandosi una tempia.
Leanne si
fermò a
guardare l’espressione sofferente che aveva in volto. Era
sicuramente scattato qualcosa in lui e non sapeva che conseguenze
avrebbe portato.
-
Vieni, sediamoci sotto al portico – propose lei,
allungandogli una mano per aiutarlo ad alzarsi.
James,
però, si
tirò in piedi da solo. Da quando le cose tra lui e Leanne
erano
migliorate, non l'aveva mai toccata con la mano sinistra e avrebbe
continuato a non farlo. Quel metallo aveva fatto troppe cose
orribili...
La ragazza
sembrò comunque non farci
troppo caso, e una volta che si fu rimessa felpa e giacca,
entrò in casa.
Ne uscì poco dopo, portando con se un paio di bicchieri
d’acqua. Leanne si
sedette di fianco a James porgendogliene uno, che venne accettato con
un cenno del capo.
-
Spiegami, cosa hai visto di preciso? – gli
domandò quando il ragazzo ebbe finito di bere.
-
Non so bene
nemmeno io cosa sia stato.. ad un tratto davanti a me è
semplicemente comparso un tizio in uniforme che mi stava
aggredendo con un coltello – spiegò rigirando
l'acqua
rimasta nel bicchiere - Era tutto estremamente reale, i suoni, le
sensazioni.. perfino gli odori - aggiunse, ricordandosi del tanfo
metallico che aveva impregnato l'aria in quei pochi secondi.
-
Sai dire dove fossi? O in che periodo possa essere successo?
– gli chiese Leanne.
-
No
– il ragazzo scosse la testa – E' stato tutto
troppo
rapido e il mio corpo ha agito d’istinto... mi
dispiace – mormorò afflitto James.
-
Non
è successo niente – lo rassicurò
lei, ma nonostante questo l’ombra che era calata sul volto
del giovane non accennò a
passare.
Leanne, dentro
di sé,
sospirò, aveva giusto pensato quella mattina, mentre lo
guardava
andare via sorridente assieme a Chihiro, che finalmente sembrava
davvero
sereno. Ora invece, sembrava tornato al punto di partenza. Lo sapeva
che la
strada per ritrovare sè stesso non sarebbe stata facile, ma
vederlo così non poteva che sollevare in lei una certa
preoccupazione.
-
Meglio se
mangiamo – esordì dopo un attimo di silenzio,
strappandolo alle sue riflessioni
– Chihiro-chan ci ha portato delle uova fresche e mi ha fatto
promettere che ti avrei fatto gli Okonomiyaki* visto che non
li hai
mai mangiati – disse con un sorriso.
James si
limitò ad
annuire distratto e per tutta la cena non spiccicò parola
nonostante i tentativi di fare conversazione di Leanne.
Quello che gli
era successo, oltre a non saperselo spiegare, lo aveva lasciato
profondamente scosso… L’aver aggredito Leanne era
imperdonabile, e le parole che il maestro di lei gli aveva rivolto
sulla soglia del tempio, risuonavano nella sua testa come un campanello
d’allarme.
In tutte quelle settimane aveva passato diverso tempo
a leggere i fascicoli sulle missioni a cui aveva partecipato e,
nonostante non si fosse ricordato nulla di concreto, il solo pensiero
di aver aiutato HYDRA a portare avanti certe campagne, lo
riempiva di repulsione.
Molte persone innocenti avevano perso la vita, e
molte guerre erano scoppiate proprio grazie a quei piani. James,
sentiva i
ricordi raggrupparsi dentro di lui come una nuvola temporalesca pronta
a dare sfogo a tutta la sua violenza, e quello lo preoccupava non
poco.
Immerso com’era nei suoi pensieri, non si accorse
dell'assenza di
Leanne che lo aveva preceduto verso l'unico bagno della casa.
La
sera precedente, la ragazza lo aveva convinto a lasciarsi tagliarsi i
capelli, diventati
ormai troppo lunghi per essere gestiti, o per non farlo sembrare un
orso (così lei gli aveva detto).
James decise
quindi di alzarsi,
raggiungendola nella toilette. Quando mise piede dentro la stanza, vide
Leanne abbassarsi rapidamente la maglietta che aveva tirato su.
-
Davvero,
non è niente – protestò lei, cercando
di impedire a James di scoprirle di nuovo il fianco.
Sotto la stoffa,
un grosso livido violaceo stava diventando sempre più scuro.
-
Cosa ti
ho fatto… a te, a tutte quelle persone - sussurrò
contrito il ragazzo facendo per uscire dal bagno.
Leanne lo afferrò subito per entrambe le braccia,
trattenendolo.
-
Fermati! -
gli ordinò e vedendo James opporre resistenza, gli si
piazzò davanti – Fermati e ascoltami –
ripetè, afferrandogli il viso tra le mani e costringendolo a
guardarla.
Dopo un attimo
di reticenza, gli occhi chiari del ragazzo si fissarono in quelli scuri
di lei.
-
Questo livido mi ha solo confermato la tua umanità
– gli disse.
-
Tu sei pazza – replicò il ragazzo
facendo per sorpassarla.
-
Ti ho
detto di ascoltarmi! – esclamò lei spazientita,
mettendogli i palmi sul
petto per bloccarlo – James, forse non te ne rendi conto, ma
qualche mese fa non ti sarebbe importato nulla di avermi fatto male!
– disse, attirando finalmente la sua attenzione –
Non
avresti provato rimorso, né ti saresti precipitato in mio
soccorso!
Questa,
è la prova che il Soldato d’inverno non esiste
più! E se ho dovuto pagare con un livido, beh, ben
venga!
– gli sorrise.
James la
guardò,
cercando anche solo un briciolo del rimprovero che si sarebbe meritato
e trovando invece solo una grande comprensione.
-
Ma non esiste più nemmeno il sergente Barnes
– replicò lui.
-
Bucky
c’è ancora invece; non sarà lo stesso
di un tempo, ma lui
c’è – ribattè Leanne,
afferrandogli la mano
metallica senza alcun timore.
-
Speriamo che tu non sia solo troppo ottimista –
disse lui, concedendole finalmente un sorriso.
-
Tu sei
sicuramente troppo pessimista invece – rise lei e poi lo
abbracciò
– Andrà bene James, ne sono sicura –
aggiunse.
Il ragazzo
rispose
all’abbraccio, lasciandosi cullare dal tepore del corpo di
lei.
-
E comunque, il taglio di capelli non lo eviti di certo mio
caro! – gli disse contro la spalla.
-
Vorrei
ricordarti che mi hai chiamato "Jamie" oggi; Becky incappava in pesanti
ripicche da parte mia per questo – replicò lui
ridendo e
sollevandola di qualche centimetro da terra.
Forse poteva
lasciare che le nuvole restassero lì, tranquille ancora per
un po’.
* Frittata
tipica cotta su piastra rovente nella quale, a seconda dei gusti, ci si
può mettere un pò di tutto.
Chief's
Room:
Buonsalve!
Bentornati in
Giappone ^^
Sono passate alcune
settimane
dall'arrivo di James e Leanne al villaggio e, grazie anche alla
disponibilità degli abitanti, l'ex Soldato d'inverno sembra
essersi adattato piuttosto bene. Ad alcuni, questo capitolo,
ricorderà il film X-men lo origini di Wolverine e un
pò
magari anche l'ultimo X-men. Trovo sempre affascinante vedere come
uomini tutti d'un pezzo, quali Logan e Magneto, siano incredibilmente
adattabili a situazioni "casalinghe". Forse, a volte, ci si dimentica
che dietro l'eroe c'è una persona comune, ed è
con questi
capitoli che vorrei esplorare un pò Bucky in una vita
normale.
Nonostante questo,
il suo passato
è sempre in agguato e ora ha iniziato a manifestarsi. Come
ha
previsto Leanne, questo porterà a diversi problemi.. ma
quali
saranno le conseguenze?
Approffito delle
ultime righe per ringraziare come al solito tutti i lettori, le Howling
commandos
(recensiste) con particolari congratulazioni a Benni per la sua laurea
;), e chi ha cliccato sul bottoncino delle preferite (Kaori
ninjiaka),
seguite (Queen_under_mountain) e ricordate!
Un
buon weekend a tutti!
Marta
|
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Capitolo 19 *** Esperimento fallito ***
18. Esperimento fallito
Emelie, richiuse con uno scatto Orgoglio e Pregiudizio e lo
infilò velocemente nell’intercapedine tra il muro
e la
scrivania dov’era già riposto il suo diario. Poi,
una volta tornata a sedersi, osservò senza particolare
interesse l'ingresso dell’uomo che veniva a prenderla per la
consueta sperimentazione.
-
Oggi
cambio di programma – esordì invece quello,
cogliendola
così di sorpresa – Il tuo amico è
tornato –
Emelie
scattò in piedi, affrettandosi a seguire lo scienziato che
nel frattempo si era già incamminato.
Erano passati
mesi dall’ultima volta che aveva visto James..
Per i primi tempi lo avevano tenuto in cella d’isolamento e i
compiti della ragazza si erano limitati nel tenergli compagnia e nel
calmarlo quando era necessario. Solo
in seguito avevano iniziato a mandarlo sul campo come soldato
d’elite e quando rientrava, era sempre compito di Emelie
curargli le eventuali ferite ricevute. Comportandosi in quel modo, la
ragazza era consapevole di star prendendo parte al gioco condotto da
suo
fratello, ma non aveva altre alternative. Se lei si fosse rifiutata di
fare
qualcosa, sarebbe stato James a soffrirne maggiormente e non voleva che
accadesse mai più...
Ogni volta che il ragazzo rientrava, veniva nuovamente sottoposto a
elettroshock in modo da cancellare tutti i ricordi legati al suo
passato. C’erano
volte in cui non riconosceva nemmeno Emelie quando la vedeva,
rimanendo ad osservarla con occhi spenti mentre lei gli parlava e lo
curava, ma non aveva mai più cercato di aggredirla. Forse,
dentro di
lui, c'era una piccola parte che in fondo la riconosceva.. Emelie era
solita, una
volta adempiuti i propri compiti, restare un pò con lui per
raccontargli il libro della Austen. Così facendo, capitava
che
James si ricordasse di lei... anche se, alla fine, il ricordo
veniva comunque sempre
spazzato via.
Quella volta, in particolare, era stato via per un lungo periodo,
così lungo che la ragazza
aveva quasi sperato che fosse riuscito a scappare e invece...
-
Tornerò più tardi – la
avvisò l’uomo che
l’aveva accompagnata, aprendole la porta della cella di
sicurezza
di James.
Quando la
ragazza
entrò, il giovane era seduto sulla propria branda con la
testa
tra le mani, ma non appena la vide varcare la soglia si
alzò. Emelie capì
subito che era lucido; incredibilmente, la riconosceva.
-
Elie..- mormorò il ragazzo mentre lei gli si
gettava tra le braccia.
-
Ti ricordi di me! – esclamò lei.
James la strinse
più
che poteva con il braccio destro mentre il sinistro pendeva inerte sul
suo fianco, quasi avesse paura che sfuggisse al suo controllo.
-
Cosa ti
è successo? Sei stato via per tantissimo tempo –
disse Emelie concitata guardandolo in viso.
Il ragazzo aveva
un brutto
taglio sul sopracciglio e il sangue rappreso gli incrostava le ciglia,
mentre un livido viola scuro si stagliava netto sotto lo zigomo.
-
Quando ho
concluso la.. la mia missione sarei dovuto tornare alla base HYDRA
più vicina – disse James mentre Emelie lo faceva
sedere
sul letto e prendeva il primo soccorso – ma ad un certo punto
non
volevo più farlo.. non sapevo dire il perché, ma
qualcosa mi
diceva che non dovevo tornare – spiegò lentamente,
come se focalizzare il ricordo gli costasse molta fatica.
-
Il tuo subconscio si stava risvegliando –
ragionò la ragazza disinfettandogli il taglio.
-
Può essere.. ho vagato per un po’ di
tempo in stato
confusionale finchè non mi hanno trovato – le
disse lui
– ho cercato di resistergli, ma non sono riuscito a scappare
– concluse amareggiato.
-
Sarebbe stato impossibile in qualsiasi caso –
replicò Emelie per consolarlo.
-
Se penso
di essere diventato lo strumento principale dei loro piani…
-
ringhiò - mi hanno trasformato in ciò che ho
sempre combattuto assieme a Steve - aggiunse amareggiato stringendo il pugno
metallico.
Emelie glielo
avvolse con le sue mani, guardandolo negli occhi.
-
Non
è colpa tua James, qualsiasi cosa tu faccia, non sei tu a
volerla
– gli disse fermamente.
James, la
guardò con
un accenno di sorriso sul viso e poi la fece sedere accanto a
sé stringendola in un abbraccio.
-
Mi dispiace così tanto Elie –
mormorò affranto.
-
E per cosa? – chiese lei stupita da
quell’affermazione.
-
Per quello che ti sto facendo –
La ragazza si
scostò da lui per guardarlo in viso con aria interrogativa.
-
Io
perderò la memoria, non mi ricorderò di te,
né
della mia famiglia, o di Steve.. – spiegò
– ma tu
sì… - concluse.
Emelie
ricacciò indietro le lacrime che sentiva pungerle gli occhi
e sorrise al ragazzo.
-
Quando
ero bambina non ho mai capito il perché tutti piangessero e
pregassero
per i morti.. e mi chiedevo: “Perché questa gente
non piange
per chi è rimasto in vita con il proprio dolore?”
–
gli raccontò con nostalgia – Te lo giuro James,
non
importa quante volte ti dimenticherai della tua vita, io te la
farò
sempre ricordare – promise la ragazza.
James allora si
chinò per lasciarle un leggero bacio sulle labbra.
-
E prima o
poi io ti farò uscire da qui dentro – le rispose,
poi si
portò una mano alla testa.
-
Tutto bene? – domandò preoccupata Emelie.
-
Ho mal di testa, gli ultimi eventi devono avermi affaticato
più del solito – disse il ragazzo.
-
Ti va se continuo a raccontarti di Lizzy e Darcy? –
gli propose.
-
Volentieri, ma temo di non ricordarmi dove eravamo rimasti
l’ultima volta – scherzò il ragazzo,
mettendosi
comodo sulla branda mentre lei prendeva posto al suo fianco.
-
Non importa – rise Emelie ed iniziò a
raccontare.
Di
lì a poco, complici le forti emozioni e la stanchezza,
entrambi i ragazzi si addormentarono; vennero svegliati solo dal
riapparire dello scienziato venuto a riprendere Emelie.
-
Ci vediamo la prossima volta Elie – la
salutò James seduto sul letto.
-
Alla prossima James – rispose lei con un sorriso.
La voglia di
James di
avventarsi sul guardiano per prendere Emelie e scappare da
lì era
tanta, ma la sua camera era cosparsa di doccioni che al minimo pericolo
avrebbero riversato nella camera un potente anestetico. Come aveva
detto lei, era impossibile in ogni caso.
Per cui tutto
quello che
potè fare, fu di imprimersi bene nella mente i lineamenti
tirati
della giovane, nella speranza che rimanessero nella sua mente anche
dopo
i trattamenti subiti.
Quando la porta
fu chiusa,
l’uomo intimò alla ragazza di seguirlo nuovamente.
Emelie
si stupì di venir accompagnata in una piccola infermeria che
non aveva mai visto.
-
Resta
qui, verrò io a riprenderti tra un paio d’ore
– le
intimò lo scienziato lasciandola all’interno e
chiudendo
la porta a chiave.
A Emelie, seppur
confusa, non rimase altro che
guardarsi intorno. La stanza era piccola, stipata di
armadietti per i medicinali, utensili da chirurgia e
un paio di lettini chiusi da tende. Non sembrava una sala destinata
alle sperimentazioni, poteva quindi solo trattarsi di una destinata al
personale.
La ragazza
decise di
sdraiarsi sopra uno dei lettini, in attesa di tornare nella sua cella.
Rispetto a pochi minuti prima, si sentiva molto meno tranquilla
lì da sola, aveva un brutto presentimento che non riusciva a
spiegarsi. Qualcosa le diceva di tornare indietro da James; un urgenza
che le premeva ai lati del cervello. Con quei pensieri agitati, Emelie
finì per scivolare in un sonno
leggero.
Venne svegliata,
qualche tempo dopo, dal rumore
della porta che si apriva e ancora intontita, scese dal letto convinta
che fossero venuti a prenderla.
-
Come mai la porta dell’infermeria era chiusa?
–
-
Si saranno sbagliati –
La
ragazza non riconobbe quelle voci e dallo scambio di battute, ne
dedusse che loro non sapevano che lei fosse lì. Con cautela,
Emelie si accostò alla tenda sbirciando oltre il bordo.
Un paio di
giovani in camice bianco, stavano cercando qualcosa negli armadietti
dandole le spalle.
-
C’è parecchio fermento al laboratorio
cinque, cosa sta
succedendo? – domandò uno dei due.
-
Mi ero
dimenticato che sei arrivato da poco
– rispose blandamente il suo compagno – si tratta
del
paziente per la resezione mnemonica; quell’americano che
hanno
catturato un anno fa – spiegò.
A udire quelle
parole, poco
ci mancò che Emelie si facesse scoprire. Era trasalita
talmente
tanto, da far quasi cadere la tenda.
-
Sì,
ne ho sentito parlare, ma non era scappato? – si
informò
ancora quello più a sinistra.
-
Quasi, se
fosse accaduto qualche testa sarebbe saltata, poco ma sicuro -
replicò l'altro con un brivido nella voce - A quanto
pare, più tempo trascorre dall’ultimo trattamento
e
più il soggetto riesce a riacquistare i ricordi..
L’ultima
missione si
è protratta oltre il previsto e le barriere neurologiche
contenitive
hanno avuto un tracollo – spiegò poi con tono
pratico.
-
E quindi come risolveranno il problema? –
-
Stanno
per chiuderlo in una cella criologica; in questo modo, tenendolo in
sospensione tra una missione e l’altra, possono ridurre il
danno
al minimo. Ma dove diavolo sono quelle medicine?! –
Non appena
l’uomo
finì la frase, Emelie si sentì girare la testa.
Il fatto
che James fosse addormentato criologicamente poteva voler dire solo una
cosa:
non lo avrebbe più rivisto. In quel modo avrebbero risolto
tutti i
loro problemi… senza che ci fosse più bisogno di
lei.
Emelie si mosse automaticamente, una volta elaborati quei pensieri,
scattò dal suo
nascondiglio e si gettò verso la porta, afferrando al
contempo un
paio di forbici dal vassoio in metallo posto lì vicino.
-
Ehi! Ferma! –
I due uomini non
furono
abbastanza rapidi e l’unica cosa che riuscirono ad
agguantare, fu
l’aria che produsse la porta quando Emelie la chiuse a
mandata doppia.
La ragazza
proseguì la
corsa fino al laboratorio cinque; in giro c’era poco
personale e nessuno, come al solito, badò a lei.
Quando irruppe nella stanza, tutti quelli che si trovavano al suo
interno si
girarono verso di lei, rimanendo freddati da
quell’apparizione improvvisa. Emelie,
sempre guidata più dall'istinto che dal raziocino,
afferrò una delle donne presenti, prendendola come ostaggio
e
puntandole
le forbici nella pelle morbida della gola.
-
Chi
diavolo l’ha fatta entrare!? – esordì
Rheinoldt
mentre le persone si spartivano per lasciare libera la scena ai due.
Emelie non lo
ascoltò,
superandolo invece con lo sguardo. Dietro di lui, un grosso
macchinario emetteva uno strano sibilo e dall’oblò
posto sulla cima, lo sguardo perso di
James incontrò il suo. Il ragazzo non ebbe reazioni e questo
le
fece capire che aveva già subito il consueto elettroshock.
Lì
vicino, uno degli scienziati che collaborava con Rheinoldt, si era
congelato nell’atto di accendere la consolle che avrebbe dato
vita alla capsula e congelato James.
-
Lascialo
andare, subito! – ringhiò Emelie
all’indirizzo del
fratello che sostava con le mani alzate in segno di pace.
-
Calma sorellina – cercò di rabbonirla
lui.
-
No, non mi calmo. Ora tu lo lasci libero… -
replicò gelida lei.
-
Non si può! Il Soldato perf..-
-
Non mi
interessa del tuo soldato, io rivoglio James! –
gridò
Emelie interrompendolo e premendo con più decisione la punta
delle forbici
sulla gola del suo ostaggio che emise un pigolio spaventato.
-
Metti
giù quell’arnese, per l'amor di Dio, e discutiamo
con calma,
avanti. – disse con calma il fratello.
-
Fermo
lì! Non c’è niente da discutere, tu ora
lo tiri
fuori da lì… - lo bloccò la ragazza
quando lo vide
fare un
passo verso di lei.
-
Dottore? – mormorò incerto
l’uomo che era alla consolle – Se aspettiamo
ancora..-
-
E allora cosa sta aspettando? Proceda, no? –
rispose Rheinoldt spazientito.
-
Fermati o la uccido! – urlò Emelie.
-
Proceda,
non la ucciderà, non ne sarebbe in grado –
replicò
l'uomo con un sorriso compassionevole.
-
Giuro che lo faccio! – ripetè la ragazza
con il cuore che minacciava di scoppiarle nel petto.
-
Dottore? – balbettò lo scienziato.
-
Proceda!- abbaiò imperioso Rheinoldt.
I momenti
successivi si susseguirono con una sequenza molto rapida.
L’uomo si voltò, premendo il pulsante per azionare
la
macchina che si mise immediatamente in moto; allo stesso tempo
Emelie, urlando, scostò il suo ostaggio lanciandosi con le
forbici
in pugno verso il fratello. La ragazza vide Rheinoldt spalancare gli
occhi, mettendosi a gridare all'indirizzo di qualcuno che le era alle
spalle. La giovane a
quel punto si bloccò con la mano alzata, mentre un forte
bruciore le invadeva il petto.
James, dalla sua
posizione,
vide tutta la scena: di come quella magra ragazza si fosse scagliata
verso l'uomo biondo e di come uno di quelli con il camice alle sue
spalle,
avesse tirato fuori una pistola per esplodere un colpo verso di lei.
Quando vide uno dei proiettili colpirla alla schiena, a James venne
spontaneo mettersi a urlare, mentre un dolore
sordo gli esplodeva nel cuore. Non sapeva perché, ma non
voleva
che quella ragazza morisse, non voleva perderla, non vol…
I pensieri del
ragazzo si
interruppero bruscamente non appena le cella si mise in funzione,
calandolo
in un sonno indotto.
Emelie osservò l’espressione di
James congelarsi e capì che non era riuscita nel suo
intento. Ormai era finita...
Le gambe, come
se avessero
intuito di non servire più a nulla, cedettero
facendola
crollare a terra. Rheinoldt le fu subito accanto, sollevandole
la
testa per permetterle di respirare meglio.
-
No! Razza
di stupida! Anni di progetti andati in fumo! –
gridò al
colmo della collera, osservando il sangue colarle dalla bocca segno di
un polmone compromesso.
Emelie
pensò che
morire non era poi così difficile.. con tutta la sofferenza
che
aveva patito e dopo aver avuto l’occasione di conoscere e
innamorarsi di James, non era affatto così terribile...
soprattutto
perché adesso, aveva la certezza che gli esperimenti su di
lei
non avrebbero dato i frutti sperati.
Si sentiva
stanca, molto più stanca di tutte le altre volte. Non era
riuscita a salvare James e non avrebbe nemmeno potuto onorare la
promessa che gli aveva fatto, e forse quello era il suo unico
rimpianto. La sola
consolazione, era quella di sapere che lui non si sarebbe probabilmente
mai
ricordato della sua morte e si sarebbe così evitato molto
dolore.
La ragazza, con
uno sforzo
immane, staccò gli occhi dal viso congelato di James e
guardò suo fratello, l'aguzzino che le aveva strappato ogni
cosa, ma che alla fine non era riuscito realmente ad averla. Quella
discendenza
malata sarebbe morta con lei.
-
Esperimento fallito, dottor Schmidt – sorrise con i
denti macchiati di rosso.
Dopo di che,
Emelie Schmidt cessò di vivere.
Chief's
room:
Buon venerdì a tutti!
Con questo capitolo si è concluso l'arco narrativo
ambientato
nel 1945. Finalmente si è scoperto come Emelie è
morta.
Vi aspettavate questo risvolto? O vi eravate immaginati altri scenari?
E' sempre difficile togliere dalla scena uno dei propri personaggi,
soprattutto quando sono creature nate dalla propria immaginazione. Ho
cercato di tirare fuori tutto ciò che era possibile da
Emelie,
cercando di trasformarla dalla ragazza che aveva quasi accettato il suo
destino, alla ragazza che decide di giocarsi tutto, vita compresa, per
ciò a cui tiene.
James è forse stato messo un pò più da
parte in
questo capitolo, ma era l'epitaffio di Emelie ed era lei a dover essere
protagonista.
Restano ancora mille dubbi, soprattutto su quali esperimenti e a che
scopo venissero condotti su di lei. Ma sarà compito dei
nostri amici
del 21esimo secolo svelarvelo.
Come reagirà James quando si ricorderà di
ciò che è successo? Si vedrà!
Ringrazio di cuore
tutti i lettori, le Howling
commandos
tra le quali in particolare Kaori
Ninjiaka
per essersi unita al gruppo, chi mi ha inserita tra le preferite,
seguite (Chrona 00
e EkaterinaKenzi)
e ricordate.
Un
abbraccio a tutti e a venerdì prossimo!
Marta
|
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Capitolo 20 *** Forse un giorno ***
20. Vicini e Lontani
James, chiuse il fascicolo che aveva davanti e si stropicciò
gli
occhi. Aveva di nuovo fatto lo ore piccole e l’orologio della
biblioteca di Leanne segnava ormai le due e mezza. Si alzò,
avvicinandosi all'unica finestra presente per sgranchirsi le gambe e la
mente.
La testa gli rimbombava
degli echi di spari e grida, suscitati dagli ultimi documenti letti e
che riguardavano una recente missione in Iraq alla quale aveva
partecipato come supporto militare. La
sensazione di disagio che aveva provato nel leggere quelle notizie
sapeva
essere genuina. Anche se non se lo ricordava ancora chiaramente, lui
c'era stato e aveva fatto tutte quelle cose
descritte nero su bianco sulla carta.
La
nuvola temporalesca che aveva iniziato ad addensarsi qualche tempo
prima, era ancora lì pronta per abbattersi su di
lui.. e prima o poi sarebbe accaduto.
Il ragazzo si concentrò sulla neve fuori dalla finestra,
osservandola scendere lenta e silenziosa dall'alto. Il cielo aveva
iniziato a scurirsi già nel tardo pomeriggio e
dopo cena aveva cominciato a nevicare abbondantemente. Fiocchi grossi
come batuffoli di cotone, avevano iniziato la loro discesa verso il
suolo e tutt’ora
continuavano con la stessa intensità. Leanne, quando aveva
visto
nevicare, si era illuminata come una bambina la mattina di Natale.
Il
motivo di quella felicità, era da cercarsi nei ricordi di
quando
era bambina. La ragazza, aveva raccontato a James che da piccola
abitava in una grande metropoli
sempre piena di rumori, tranne quando nevicava. In quel frangente, la
città si
fermava e un silenzio irreale scendeva per le strade. Aveva proseguito
dicendogli di amare quei giorni,
perché le sembrava di svegliarsi in un altro mondo.
A quel
punto, anche James aveva riportato la mente agli inverni trascorsi a
Shelbyville, ricordandosi di come la piazza principale della
città diventasse un vero e proprio campo di battaglia per
sfidarsi a palle di neve. Lui e Steve facevano squadra contro gli altri
ragazzini della città e James, spesso e volentieri, finiva
sempre per
fare
a botte con quelli che si accanivano contro il suo allora esile amico.
Com'era tutto cambiato rispetto a quei giorni...
L'ex Soldato
d'inverno, si scostò dalla finestra per riporre nello
scomparto segreto il fascicolo appena
concluso e nel farlo, inevitabilmente, posò gli occhi su uno
degli
ultimi. Il "certificato di morte di Emelie Schmidt", così
recitava
l’etichetta.
Nonostante la forte tentazione di aprirlo, non lo aveva mai fatto. Il
consiglio di Leanne lo bloccava ogni volta e anche il suo cuore, gli
suggeriva che era meglio attendere di ricordarla da viva piuttosto che
da morta.
Leanne d'altro
canto, non gli
aveva
ancora fatto leggere il suo diario e lui non lo aveva chiesto. Da una
parte desiderava ardentemente ricordarsi di Emelie, in modo da poter
dare un senso alle immagini sconclusionate che affollavano i suoi sogni
da un pò di tempo.
Il suo viso sorridente era uno dei ricordi
più tangibili che avesse riacquistato fino a quel momento, e
anche solo a pensarci, il suo cuore
accelerava i battiti. Dall’altra parte, in compenso, ne era
terrorizzato;
ricordarsi di lei sapendo essere già morta, gli avrebbe
procurato un dolore insostenibile, ne era certo. Sapeva che quella
ragazza era
stata importante per lui, molto importante, al pari del suo vecchio
amico d’infanzia o della sua famiglia.
All’improvviso,
un urlo proveniente dalla camera di Leanne lo strappò dei
suoi pensieri.
James, corse
subito nella
stanza accendendo la luce. La ragazza era seduta sul futon con il
respiro affannoso e la fronte imperlata di sudore.
-
Leanne! – la chiamò il ragazzo
avvicinandosi.
La giovane lo
guardò come se fosse stupita di vederlo lì.
-
Non.. riesco.. a respirare – disse rantolando e
premendosi le mani sul petto.
-
Hai un attacco di panico – le disse lui,
inginocchiandolesi di
fronte e mettendole le mani sulle spalle – Devi respirare,
fai come me – le consigliò, inspirando
profondamente e poi
buttando fuori l’aria in un colpo.
Leanne
cercò di imitarlo e, boccata dopo boccata, sembrò
migliorare.
-
Scusami, ti ho fatto preoccupare..
– mormorò Leanne appoggiando la fronte sullo
sterno del ragazzo.
Si sentiva come
se
un’intera mandria le fosse passata sopra; non aveva attacchi
così violenti da un bel pò di tempo.
-
Cos’è successo? – le
domandò lui passandole un braccio attorno alle spalle.
-
Incubi..- mormorò lei.
-
Per farti svegliare urlando a questo modo devono essere
terribili – osservò il ragazzo.
-
Non sei
l’unico ad avere sulle spalle un passato pesante da sostenere
– disse la ragazza rimettendosi a sedere.
Aveva i capelli
serici
appiccicati alla fronte sudata e le spalle conservavano un leggero
tremore. Quando James
fece per alzarsi, Leanne lo afferrò per un braccio
trattenendolo.
-
Non andare! – esclamò.
Il ragazzo si
stupì di
quel tono accorato. Aveva visto Leanne in tante situazioni, ma non
l’aveva mai vista così spaventata, neppure quando
si era
trovata di fronte al Soldato d'inverno per la prima volta.
-
Scendo
solo a prenderti un bicchiere d’acqua, arrivo subito
– le
rispose con calma per tranquillizzarla.
Non appena James fu uscito dalla porta, Leanne si prese la testa tra le
mani. Stava perdendo il controllo. Quell'incubo... quell'incubo che era
tornata a tormentarla rischiava di mandare a monte i suoi sforzi. Il
bisogno disperato di dire la verità a James, che fino a quel
momento era riuscita a contenere, stava traboccando. Quando lo aveva
visto lì, per lei, con il volto segnato dalla
preoccupazione, la
sua mente aveva avuto un tracollo e se non fosse stata a corto di
fiato,
gli avrebbe urlato la verità senza neppure pensarci.
" Dio, se solo sapesse, se solo... calma Leanne, devi stare calma,
devi..."
Il pensiero
della giovane si
interruppe al riapparire di James, che le porse il bicchiere d'acqua
tenendole ferme le mani che tramavano ancora.
-
Grazie
– gli disse mentre lui, appoggiato il bicchiere, si sedeva di
nuovo
vicino a lei spalla contro spalla – Eri ancora alzato?
– gli chiese.
-
Sì, ho letto il fascicolo sulla missione in Iraq
– rispose lui torcendosi le mani.
-
Ma non
hai ancora ricordato niente di preciso, vero? –
replicò
Leanne osservandolo di sottecchi.
-
No… e non so se la cosa debba farmi piacere o
spaventarmi – disse sinceramente il ragazzo.
-
Credo sia
l’una che l’altra cosa – rispose Leanne
con un
sorriso che il ragazzo ricambiò.
Tra i due
calò per un
attimo in silenzio e la ragazza ne approfittò per studiare
la
mano bionica che in quel momento era intrecciata con quella vera. Pelle
e metallo a confronto.
-
Posso? – gli chiese dopo un momento, toccandogliela
con l’indice.
-
Certo..
– rispose James un po’ sorpreso del suo
interessamento e
girandosi in modo che potesse osservarla meglio.
La ragazza fece
scorrere le
dita lungo l’arto. Era in tutto e per tutto uguale ad un
braccio
vero, le scaglie di metallo che lo ricoprivano si muovevano con la
naturalezza della pelle di un serpente, adattandosi ai movimenti che
compiva. Sulla spalla
spiccava nitida una stella rossa, retaggio dell'impiego nei servizi
segreti sovietici durante la guerra fredda.
Leanne,
arrivò fino all’ampia cicatrice frastagliata,
laddove il braccio era stato saldato con la pelle.
-
Deve averti fatto male… - mormorò.
-
Non mi
ricordo se mi abbia fatto male.. so solo che ha fatto del male a tanta
gente – replicò il ragazzo, chiudendo il pugno e
provocando una reazione a catena lungo tutte le placche.
Leanne
alzò lo sguardo incrociando quello di lui.
-
Smettila
James, dico davvero.. – lo redarguì –
non sei
l’unico ad aver commesso degli sbagli.. - gli aggiunse
abbassando lo
sguardo.
-
Siamo ben incasinati – commentò il
ragazzo.
-
Già, è vero – gli sorrise lei.
Quando Leanne si
accorse di
quanto gli fosse vicina, si stavano già baciando. Con gli
occhi chiusi e la testa inclinata, la ragazza lasciava libero accesso
della sua
bocca a James. Da come la lingua del soldato giocava con la sua, Leanne
era
sicura che perlomeno ricordasse alla perfezione come si baciasse. Un
remoto angolino del suo cervello invece, le stava gridando che stava
commettendo un grosso errore; lo sapeva, ma aveva desiderato quel
contatto dalla prima volta che lo aveva visto. Irrazionalmente, avrebbe
voluto baciarlo da subito.
La ragazza,
incoraggiata
dalla mano destra del ragazzo che le accarezzava la schiena dandole
brividi che non avevano nulla a che fare con la temperatura esterna, si
spostò salendo a cavalcioni su di lui.
James, sentiva
sotto i
polpastrelli la pelle calda di lei. Era una sensazione che aveva
dimenticato, un contatto che non pensava di poter riprovare. Leanne gli
piaceva, gli piaceva perché era una ragazza che sapeva il
fatto
suo e non si lasciava intimidire, perché sapeva essere
gentile
con tutti, perché dimostrava le sue debolezze senza
reticenze e
gli aveva permesso di fare altrettanto, perché…
Ad un tratto,
dopo
averla fatta sdraiare sul letto ed essere sceso a baciarle il collo, si
ritrovò di nuovo in un’altra situazione e in un
altro
luogo. Davanti a lui, il viso felice di Emelie gli sorrideva, per poi
protendersi a baciarlo. Il ragazzo sentì
l’incurvatura delle labbra di lei, una sensazione talmente
famigliare che gli diede le vertigini.
-
James! –
Il richiamo lo
riportò
di botto alla realtà.
Sotto di lui, Leanne lo guardava
preoccupata. James scosse la testa lasciandosi cadere di lato.
-
Mi dispiace… - mormorò, e lo era
davvero.
-
Hai avuto un altro di quei flashback? – gli
domandò lei.
-
Sì…- rispose lui, portandosi
l’avambraccio a coprire gli occhi.
-
Emelie? –
-
Sì
– ripetè di nuovo, voltandosi a guardarla.
Leanne aveva un'espressione imperscrutabile, con ancora le labbra
gonfie per i baci dati e ricevuti.
Quella visione fece sentire James
decisamente fuori posto.
– Forse è meglio
se… - lasciò la frase in sospeso e fece per
alzarsi.
-
No, ti prego.. resta lo stesso se a te non disturba
– gli disse la ragazza trattenendolo nuovamente.
James la
guardò. Una
scintilla della paura che aveva visto solcarle il viso prima, era
ricomparsa. Con un cenno del capo le fece capire che andava bene e una
volta che si fu coricato di nuovo sul futon, la luce venne spenta.
-
Non ti
devi scusare, ok? – gli intimò Leanne
nell'oscurità,
sentendolo prendere fiato per dire qualcosa.
-
Non sai nemmeno cosa volevo dirti –
replicò lui stizzito.
-
Ti conosco.. e non credo che volessi discutere di politica -
fu la replica divertita della ragazza.
-
Credo di
aver amato profondamente quella ragazza e forse la amo ancora adesso...
trovi che sia irrazionale? – confessò James dopo
un attimo
di silenzio.
-
No,
affatto. Hai ragione, l'hai amata follemente. – rispose
Leanne,
mettendosi più comoda
contro il suo fianco e appoggiandogli la testa sulla spalla - Sono
sicura che sarebbe molto contenta di saperlo – aggiunse.
-
Voglio ricordarmi di lei, mi capisci? – disse
James, lasciando scivolare la testa sopra quella della ragazza - Magari
più avanti... un giorno -
-
Magari sì – assentì Leanne.
Era meglio così.
Chief's
room:
Salve bella gente!
Visto che in molti
si
interrogavano su che strada stessero prendendo i sentimenti di James e
Leanne, questo capitolo chiarisce alcuni dubbi e ne apre di nuovi!
Leanne sta
nascodendo qualcosa a
Bucky e proprio per questo ha sempre tenuto da parte i suoi sentimenti
per lui. Dall'altra parte, il nostro bel soldato prova una forte
attrazione per l'albina, ma il ricordo di Emelie lo trattiene. In
sostanza, non si sa come andrà a finire! XD Ma le sorprese
non
sono ancora finite ;)
Non sono molto
soddisfatta di
questo capitolo come per i precedenti :/ Ho faticato parecchio nel
scriverlo nonostante sia più corto degli altri.. spero di
riuscire a sgombrare un pò di più la mente quando
sarò in ferie, perchè ultimamente mi sento
leggermente
sovraccarica ^^"
Bando alle ciancie,
vi lascio con i vostri dubbi amletici sulla sorte dei due e passo a
ringraziarvi!
Thanks to: i
tantissimi lettori
che continuano a seguirmi, le recensiste Howling commandos
che non perdono mai un capitolo e tutti coloro che hanno pigiato sul
pulsante delle ricordate,
preferite e seguite.
Al
prossimo venerdì (non più 1945 sigh),
Marta
|
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Capitolo 21 *** L'inizio dei giochi ***
20. L'inizio dei giochi
Quando James si svegliò il mattino successivo, il sole
filtrava
prepotente dalle imposte e di Leanne non c’era alcuna traccia.
Il ragazzo si mise a sedere sul futon e, un pò intontito
dalla
troppa luce, si alzò. Nell'aria danzavano particelle di
polvere e
dalla cucina non sembrava provenire alcun rumore.
- Leanne? - chiamò James affacciandosi sulla
penombra del corridoio.
Preoccupato dall'assenza di risposta, uscì dalla stanza e,
dopo
essere passato nella propria camera a recuperare una felpa da mettersi
addosso, scese di sotto entrando in sala da pranzo. La porta che
conduceva all'esterno era socchiusa e
la temperatura della stanza glaciale.
- Leanne? - provò nuovamente a chiamare
proiettando
nell'aria una densa nuvola di fiato - Ma dove diamine si è
cacciata? - sbuffò mentre apriva la porta che dava sulla
veranda.
Non appena si ritrovò fuori, ad accoglierlo trovò
uno
spettacolo decisamente insolito.
Al posto del solito panorama che lo
aveva accolto fino al giorno prima, quella mattina, uno spesso muro di
neve si ergeva davanti a lui per tutta la lunghezza del portico.
L'unico spiraglio da cui passavano i raggi del sole, era di
una decina di centimetri tra il muro e il tetto della veranda. Era di
sicuro una
quantità di neve che il ragazzo non aveva mai visto in vita
sua.
Passato il
primo spaesamento, James notò che sulla sinistra qualcuno
aveva
cercato di farsi largo nel manto bianco, e non ci voleva molto per
capire chi fosse stato.
" Ma dov'è andata con tutta questa neve?" si chiese il
ragazzo, non dovendo aspettare molto per scoprirlo.
-
James? Sono quassù! –
La voce di
Leanne fu
accompagnata da un attutito bussare sopra la sua testa. Perplesso, il
giovane imboccò con un pò di fatica il varco
aperto dalla ragazza
e si issò sopra il porticato. Lì, Leanne lo
accolse con
un sorriso e una tazza fumante tra le mani, mentre seduta sul tetto, si
godeva il panorama. Se James si era chiesto
per quale diavolo di motivo si fosse cacciata lassù, ora
aveva trovato la risposta.
Bianco.
Era tutto di un
bianco candido che abbacinava la vista. La neve veniva interrotta solo
dalla foresta, che si stagliava nitida come una striscia di carbone sul
fondo. Le
montagne splendevano al sole del mattino e tutto era permeato da un
silenzio irreale, profondo quanto pacifico.
Il ragazzo,
senza dire una
parola, si sedette sullo spazio pulito dalla neve a fianco di Leanne,
che gli offrì un po’ di caffè caldo
dalla sua
tazza.
-
Adesso
capisco cosa intendevi dicendo che ti sembrava di essere in un altro
mondo - disse a bassa voce per non turbare troppo
quell’assenza
di rumori.
-
E' come
se questo bianco cancellasse tutto.. come se si potesse ricominciare da
capo, da un'altra parte – rispose lei assorta –
Questo
è per te –
Dicendogli
questo, la ragazza sporse a James un piccolo diario in pelle consunta.
Il soldato lo afferrò, realizzando subito ciò che
doveva
essere. Lo tenne tra le mani quasi con timore, osservando la
copertina brunita e segnata dal tempo, e il dorso di carta ingiallito.
Sulla copertina, all'interno di un apposito spazio, c’era
scritto
solo un nome in bella calligrafia.
“Emelie -Elie- Schmidt”
Elie… era così che la chiamava lui?
Sì, era proprio così.
L'eco della sua voce che pronunciava quel nome si fece strada nei suoi
ricordi.
-
Credo che sia giunto il momento che vi rincontriate
– disse Leanne.
-
Grazie – rispose James con un sorriso riconoscente.
La ragazza,
aveva sempre
trovato dannatamente sexy il suo modo di incurvare gli angoli della
bocca; gli dava un’aria da mascalzone tanto impertinente,
quanto adorabile.
-
Anche se,
dopo ieri sera, non è che tu lo abbia proprio meritato
–
lo prese in giro lei, appoggiando la tazza ormai vuota e scuotendo la
testa.
-
Cioè dopo che ti ho soccorso dai tuoi incubi
intendi? – la rimbeccò lui serafico.
-
Vorrai
dire dopo che mi hai fatta capitolare tra le tue braccia per poi
abbandonarmi! – rispose lei con tono teatrale, alzandosi.
-
Ah! Sarei io quello che ha preso l’iniziativa
adesso? – disse accigliato il ragazzo.
-
Una
fanciulla indifesa come me! Certo che è colpa tua!
–
esclamò lei, sgranando gli occhi come nei tv drama.
A quel punto,
James si tirò in piedi con un’espressione che era
tutto fuorchè raccomandabile.
-
Hai detto
che ti ho fatta capitolare, giusto? – osservò con
un lampo di
sadico divertimento negli occhi.
Leanne
realizzò immediatamente quello che lui voleva fare.
-
Non ti
azzard..- la frase le si troncò in gola quando, con un
leggero
spintone, James la fece volare a gambe all’aria sulla neve.
James la osservò letteralmente sparire nella coltre,
lasciandosi dietro solo un grosso buco informe.
- E' gelata!! – urlò lei da
ovunque si trovasse.
Il soldato si
mise a ridere
di gusto, risata che venne interrotta qualche istante dopo da una
grossa palla gelata che gli arrivò in piena faccia.
-
Ben ti
sta! – trionfò Leanne riemergendo, affondata nella
neve fino
alla vita – Oh no! Dai! - esclamò subito dopo,
quando James
scese dal tetto del portico e l'ebbe agguantata per la vita.
-
Giustizia è fatta – disse il soldato,
trascinandola di nuovo per terra con lui.
-
Sei
davvero una persona vendicativa – osservò ansante
Leanne
mettendosi a sedere – e sei anche pieno di neve –
aggiunse
ridendo e passandogli una mano sui capelli brinati.
-
Lo sei
anche tu, piena di neve intendo... o almeno credo –
replicò lui, osservando
attentamente i fiocchi che si confondevano con la chioma bianca della
ragazza.
Scoppiarono
entrambi di nuovo a ridere; le turbolenza della sera prima
già dimenticate.
-
Yuki nee-chan, James nii-san ma cosa fate lì?
–
Entrambi si
voltarono verso
la voce della piccola Chihiro, arrivata su di un paio di vecchie
ciaspole di legno e accompagnata dalla signora Matsuda.
-
Ciao Chihiro-chan – la salutò la
ragazza.
-
E' bello
vedervi già così attivi di prima mattina
–
osservò l’anziana con un mezzo sorriso tra le
rughe.
-
Per inciso, ha cominciato lei – disse James
alzandosi in piedi e spazzolandosi la neve dagli abiti.
-
Questa
poi è bella! - esclamò Leanne, accettando
però
l'aiuto del giovane per tirarsi su.
-
Siete
peggio dei bambini – commentò sconsolata Chihiro
in un tono talmente
buffo, da far scoppiare tutti a ridere.
-
Cosa vi
porta qui? – domandò Leanne reprimendo un brivido
per i
vestiti che iniziavano a bagnarsi.
-
Il
nii-san mi aveva promesso, che quando avesse nevicato, mi avrebbe
aiutato
a fare un pupazzo di neve enorme! – rispose la bambina
accompagnando l'aggettivo con un movimento eloquente delle braccia.
-
E' vero – disse il ragazzo dopo una frazione di
secondo di tentennamento.
Il suo sguardo
si era involontariamente spostato sul diario di Emelie, riposto con
cura lontano dalla neve.
-
In più, volevamo invitarvi allo Yuki Matsuri* di questa sera
– aggiunse la signora Matsuda.
-
Yuki Matsuri? – domandò James senza
capire.
-
E'
tradizione del villaggio di ritrovarsi tutti assieme per fare festa
dopo la prima nevicata – spiegò Leanne al ragazzo.
-
Sembra divertente – rispose lui con un sorriso.
-
Quindi
vedete di venirci a dare una mano – li redarguì
l’anziana con una strizzatina d'occhio – Nel
pomeriggio
dovrebbe scendere anche Nomura-san – avvisò.
-
Prima
dobbiamo fare il pupazzo di neve! – cantilenò
Chihiro
aggrappandosi al braccio destro dell'americano.
-
James
però deve prima finire di spalare la neve qui davanti a casa
– si intromise Leanne, provocando un immediato broncio nella
bambina – Facciamo così, ne facciamo uno assieme
io e te,
e quando James ci raggiungerà nel pomeriggio, ne farete un
altro
assieme. Così stasera tutti potranno votare quale sia il
più bello. Che ne dici? – propose Leanne con una
strizzatina d’occhio.
La risposta
della piccola stava già tutta nel suo sguardo eccitato.
-
Allora
noi iniziamo ad andare; credo che voi abbiate bisogno di cambiarvi quei
vestiti e scaldarvi un po’ – si
accommiatò la
signora Matsuda prendendo per mano Chihiro.
-
La ringrazio. Ci vediamo dopo – assentì
la ragazza.
-
Non fate tardi! – gli urlò la bambina
salutandoli con la mano.
-
Non preoccuparti! – la rassicurò James
rispondendo al saluto.
-
Dio ti
prego, adesso entriamo, sto morendo di freddo! – disse Leanne
precipitandosi per tornare in casa.
Una volta
dentro, la ragazza
corse a togliersi i vestiti bagnati e a farsi un bel bagno caldo;
quando ne uscì, James la stava aspettando in cucina.
-
Grazie – esordì indicando il diario
posato lì vicino.
Il soldato, aveva intuito che Leanne si era offerta al suo posto
perchè lui potesse restare ancora un pò a casa.
-
Figurati,
so quanto ci tieni a leggerlo e almeno fino ad oggi pomeriggio potrai
dedicarti solo a quello – rispose la ragazza mentre si
infilava
gli scarponi e recuperava le ciaspole dall’ingresso.
-
Non tarderò, promesso –
asserì James curvando le labbra nel solito sorriso.
-
Lo spero
proprio! E sappi che la neve è davvero da spalare! Mi devi
un
favore! – esclamò lei già sulla porta
dell’ingresso.
-
Sei una
dittatrice! – replicò James, sentendo la sua
risata
sparire dietro alla porta in chiusura.
Quando il ragazzo fu solo, tornò a fissare quel piccolo
quaderno che racchiudeva in sè molte risposte.
"Sono pronto, Elie"
* Festa
della neve
Chief's
room:
Un saluto a tutti
voi dalla vostra 'scrittrice' in ferie da esattamente... sei ore!!
*scoppi di petardi in sottofondo*
Essendo quindi
tranquilla (si
spera) per due settimane, vi giuro che il prossimo capitolo
sarà
più lungo ^^" Questo è scarno ed è
pure di
passaggio.. un disastro, lo so xD Però finalmente James ha
quel
benedetto diario! Quali segreti conterrà?
Se tutto va bene,
fra un paio di capitoli ci sarà una svolta in tutta la
vicenda.... stay tuned!
Colgo l'occasione
per augurare a
tutti voi un buon ferragosto e se c'è qualcuno che ha appena
iniziato le ferie come la sottoscritta, buone vacanze ^^
Un grazie speciale
ai miei Lettori,
al gruppo di recensiste "Howling
commandos" e a chi mi ha inserita tra le preferite, seguite e ricordate.
Un
abbraccio a tutti,
Marta
p.s. le
risposte alle recensioni arriveranno domani!
|
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Capitolo 22 *** Canti notturni ***
21. canti notturni
Non appena
Leanne fu uscita, James si diresse verso la piccola biblioteca al primo
piano e
si sedette alla consueta scrivania. Appoggiò il diario
consunto davanti a
sé e lo studiò per un attimo.
Si sentiva come
davanti a
qualcosa di sacro, sia perché per lui voleva dire finalmente
conoscere di nuovo Emelie, sia perché quell'oggetto era
stato un qualcosa di molto
personale per la ragazza.
Sul frontespizio
brillava
l’inchiostro con il suo nome e, nello stretto spazio fra
quello e
il cognome, era stato incastrato successivamente
“Elie”.
James era sempre più sicuro di essere stato lui a darle quel
nomignolo, mentre il cognome lo mise in allarme: Schmidt.
Era appartenuto a colui che si
celava dietro l'appellativo di "Teschio Rosso"; personaggio che James
aveva avuto modo di conoscere il giorno in cui Steve aveva salvato lui
e gli altri suoi commilitoni dalla
prigionia dei tedeschi. Onestamente faticava a pensare che tra loro ci
potesse essere un qualsiasi legame di parentela...
Leanne,
si era raccomandata di leggere tutto prima di fare supposizioni o di
giudicare, e lui aveva tutta l’intenzione di seguire quel
consiglio.
Le prime righe
della pagina successiva erano state cancellate da decisi colpi di
stilografica e poco più
sotto riprendeva la calligrafia corsiva della ragazza.
“Avevo iniziato
questo diario con l'intenzione di scrivere la mia storia e le mie
ultime volontà, nella speranza
che un giorno venisse ritrovato e che tutto ciò che di
terribile è
accaduto qui dentro venisse scoperto. Ero pronta a lasciare
definitivamente questo mondo di sofferenza,
ma il destino, come al solito, ha voluto diversamente.. Qualche giorno
fa,
Rheinoldt è venuto ad informarmi dell'arrivo di un paziente
"particolare" di cui mi sarei dovuta occupare. Un soldato, per la
precisione Americano, catturato
durante una missione. Ed è in queste infelici circostanze,
che ho conosciuto il Sergente James Buchanan
Barnes. Quel povero ragazzo ha perso un braccio e io mi devo occupare
della sua guarigione.
Il mio desiderio di
morire è venuto meno
nell’istante in cui mi ha fatta sorridere. Non so da quanto
tempo
non mi capitasse! Pensavo che il mio viso avesse perso
quell’abilità, invece era solo dipeso dal fatto
che non
avevo niente per cui sorridere..
Non
so cosa vogliano farne di lui; quali
siano i piani di mio fratello.. In tutti i casi mi dispiace per quel
che gli è capitato.. E' un bravo ragazzo, ma al destino
questo
non è mai
importato.”
Non appena James
ebbe letto le
prime righe, la voce di Emelie gli tornò chiara come la luce
del
sole. Il suo accento tedesco, l’inflessione che aveva in
certe
parole... James sentì gli occhi inumidirsi. La nostalgia che
gli
era cresciuta nel petto non poteva che essere autentica.
Nonostante
questo però, il periodo trascorso dopo la caduta dal treno
restava
nell’oblio.
Il ragazzo si impose di avere pazienza, non poteva
sicuramente aspettarsi di ricordarsi tutto all’improvviso
solo perché
adesso aveva quel diario. Tutto si sarebbe aggiustato con il tempo.
Quando Leanne
vide
sopraggiungere il soldato nel primo pomeriggio, capì al
primo sguardo
che la sua mente era ancora annebbiata.
-
James nii-san! – esclamò Chihiro
accogliendolo festosa.
-
Pronta
per il nostro pupazzo di neve? – le domandò il
ragazzo,
dissimulando magnificamente il suo stato d'animo.
-
Certo!
Là c’è quello che ho fatto con Yuki
nee-san –
rispose la bambina, indicando verso l'ingresso del capannone che
fungeva
sia da magazzino, sia da luogo della festa.
-
Il nostro
sarà ancora più grosso! – promise il
ragazzo –
e più bello – mormorò in
aggiunta alla bambina che si mise a
ridere.
-
Guarda
che ti sento, Buchanan! – berciò Leanne, intenta a
portare
all’interno gli scatoloni con l'occorrente per preparare la
cena.
-
Ops! - esclamò lui per niente pentito –
Piuttosto, hai bisogno di una mano? –
-
No grazie,
occupati di Chihiro-chan, al cibo ci pensiamo noi donne! Se vuoi
però,
più tardi puoi aiutare gli uomini a spalare la neve! E
ricordati che per le sette ci si mette a tavola! – gli
rispose la
ragazza scomparendo dentro al capanno.
James, fece come Leanne
aveva
detto. Aiutò Chihiro a fare il pupazzo di neve che le aveva
promesso (molto più grande di quello di Leanne) e
successivamente, aiutò nel liberare i passaggi delle case
invase
dalla recente nevicata.
L’aria
di festa si poteva avvertire già solo in quei momenti. Si
era
infatti creato quel cameratismo che
accomuna tutti quanti nel momento della preparazione di qualche evento
speciale. Istanti di solidarietà accomunati da un'allegria
contagiosa. Allegria che aiutò non poco l'animo di James a
ritrovare un pò di serenità.
Quando
il soldato fece
ritorno al capannone, un buonissimo
profumo di cibo usciva dalle porte accostate, disperdendosi nell'aria
gelata del crepuscolo. Dentro, erano stati
allestiti diversi tavoli sui quali era stato disposto un fornello a
gas. La sala era riscaldata, oltre che dalla giovialità dei
commensali, anche dalle stufe elettriche che
ciascuno aveva messo a disposizione. James, salutando, si
avvicinò al tavolo più vicino, dove Leanne era
intenta ad
appoggiare sul fuoco una bella padella fumante.
-
Che meraviglia! – esordì, gettando uno
sguardo al contenuto.
-
Ci puoi
giurare caro mio! Non troverai un Kani-nabe* migliore di
questo in tutto
l’Hoshu**!
- esclamò la ragazza orgogliosa.
James,
notò come nonostante fosse trafelata e accaldata da tutto
quel daffare, gli occhi le brillassero di gioia.
-
Sono sicuro che sia così – rispose lui
stringendole delicatamente una spalla.
-
Sono
contenta che tu sia qui a festeggiare con noi, James, davvero tanto
–
gli disse d’un tratto Leanne con evidente commozione.
Il ragazzo stava
per risponderle, quando lei lo superò con lo sguardo.
-
Nomura-sensei! – esclamò, aprendosi in un largo
sorriso.
James, si
girò appena in tempo
per vedere l’anziano togliersi il berretto dalla testa.
Leanne
gli andò subito incontro e, senza alcuna
formalità, lo
abbracciò. Da quando erano arrivati, avevano
rivisto il maestro solo
un’altra volta, gli avevano infatti dato una mano a portare
al tempio
la legna. A dispetto della sua condizione, l’anziano sembrava
non soffrire per nulla di solitudine, anzi,
pareva trarne giovamento, ma quella era una serata speciale e nemmeno
lui l’avrebbe persa per nulla al mondo.
-
Leanne, sei davvero radiosa – commentò
Nomura squadrando la sua allieva.
Leanne non era
vestita in modo particolare con i suoi jeans sbiaditi e il suo
dolcevita abbondante, ma il viso era raggiante.
-
E credo
anche di sapere il perché – aggiunse
l’uomo con un
sorriso – Come sta procedendo? – le chiese.
-
Bene, ma non benissimo – rispose la ragazza
tingendosi appena di tristezza.
-
Non se n’è ancora ricordato –
asserì comprensivo.
-
No…- replicò lei trattenendo un
sospiro.
-
Dai tempo
al tempo – le consigliò Nomura – ma
torneremo sul discorso
più tardi, ora direi che è il momento di iniziare
a mangiare
– disse facendole l’occhiolino – e
sarebbe meglio che
tu andassi a salvare il tuo amico dalle grinfie della signora Minekura
prima che sia troppo tardi
– aggiunse con tono divertito.
La ragazza si
voltò.
James, stava venendo amabilmente intrattenuto dalla più
anziana del
villaggio. A novant’anni suonati la signora Minekura bagnava
il
naso a molti dei più giovani, avendo però il
vizio di
attaccare bottone e di non finire più di parlare.
-
Forza,
tutti a tavola! – esclamò quindi la ragazza,
avvicinandosi
a James e guidandolo verso il proprio posto.
-
Grazie – le mormorò riconoscente il
giovane, ben sapendo cosa stesse rischiando.
-
Lo
aggiungerò alla lista dei favori che mi devi –
replicò Leanne con un sorriso del tutto fuorchè
innocente.
La cena era abbondante e sontuosa. Oltre allo stufato di granchio che
componeva il piatto principale, c’erano verdure in pastella,
insalata di cavolo, pesce crudo marinato con il rafano e pesce
grigliato con diverse salse. Tutto ovviamente, ben condito da fiumi
di birra e sakè.
All'estero si tendeva a sottovalutare le potenzialità della
birra Giapponese, che a dirla tutta ne aveva parecchia!
Ben presto, il capanno si riempì del
chiacchiericcio degli occupanti e del tintinnio di ciotole e piatti che
venivano riempiti.
James partecipava alle conversazioni, ridendo assieme agli altri dei
suoi tentativi ancora maldestri di padroneggiare l’uso
delle bacchette.
Era proprio una
cosa che non gli riusciva, forse anche perché le dita
di metallo non lo aiutavano molto nel compito.
La particolarità del suo braccio robotico, era un'altra di
quelle
cose che con il tempo trascorso al villaggio aveva imparato ad
accettare.
All’inizio era stato titubante
di mostrarsi troppo in pubblico, preferendo indossare sempre indumenti
con le maniche lunghe e coprendo la mano con un guanto. Ma la naturale
riservatezza che contraddistingue i Giapponesi, gli fece abbandonare
ben
presto queste sue precauzioni. Nessuno di
loro, infatti, gli aveva mai chiesto nulla a proposito, né
in
seguito sembrarono
farci particolarmente caso, neppure in situazioni come quella.
La cena
proseguì fino
a che non fu finito anche il riso avanzato e cotto con quello che
restava del brodo dello stufato. Solo allora si passò
all'attività successiva.... Cosa poteva dunque mancare in
una
festa Nipponica?
Non il Karaoke, giusto?
Leanne, non
aveva mai trovato
niente di più divertente del karaoke. Per i Giapponesi era
irrinunciabile, lo svago per eccellenza dopo il pachinko*** e i manga.
La ragazza, guardò divertita i tentativi di Chihiro di far
duettare con lei James, che sembrava spaventato
alla sola idea, su un'improbabile sigla
anime.
-
Se non ti conoscessi, mi basterebbe guardarti negli occhi per
capire a cosa pensi –
Leanne, si
voltò con in
mano l’ennesima bottiglia di birra per guardare il signor
Nomura
che nel frattempo le si era avvicinato.
-
Diventa
ogni giorno più difficile restare in disparte –
rispose lei tornando a voltarsi verso James.
-
Lo so
– asserì l’uomo – ma dirglielo
peggiorerebbe
solo le cose, o nel migliore dei casi le complicherebbe –
sentenziò.
-
Mi illudo di non avere fretta, di poter aspettare…
ma ho il terrore
che non ci sia più tempo.. – replicò
lei – Non potremo restare qui per sempre. HYDRA ci
starà
cercando senza tregua e ogni giorno si avvicina un pò di
più a questo posto –
aggiunse con una nota amara.
-
Finchè la neve è alta e il villaggio
isolato non
devi temere – la rassicurò l’uomo
– La sua
mente è ancora instabile, riesco a vederlo distintamente;
sollecitarla ulteriormente potrebbe
provocare reazioni che non sapresti controllare –
-
E' così difficile… - mormorò
Leanne, stringendo la presa sulla bottiglia ghiacciata.
-
Ma tu sei
forte, lo sei sempre stata – replicò Nomura
posando la
mano raggrinzita sul braccio di lei.
-
Yuki-chan! James nii-san non vuole cantare! –
urlò Chihiro con il broncio.
-
Purtroppo
devo dargli ragione! – rispose ridendo la ragazza, alzandosi
per
dare man forte al povero mal capitato.
La serata
proseguì tra
canti più o meno stonati e altro alcool. James, alla fine
riuscì a
scampare il karaoke facendo danzare Chihiro sui propri piedi. Era un
espediente che il ragazzo usava spesso con la sorellina quando ancora
abitava con i suoi. Quella sera ci
aveva pensato spesso, a casa sua. Si era ricordato di come, sotto le
feste Natalizie, la sua famiglia e quella di Steve (finchè
c'era stata)
si ritrovavano sotto lo stesso tetto per festeggiare. Per lui era un
ricordo ancora fresco. Faticava a realizzare che fossero
passati tutti quegli anni. Quante cose si era
perso…
Alla
fine, Chihiro crollò dal sonno mentre tutti gli altri
sembravano
non essere affatto stanchi. Per essere un villaggio con
un’età piuttosto avanzata, resistevano parecchio! Lo stesso non si poteva
dire
di Leanne, che forse per il troppo bere, aveva presto fatto compagnia
alla bambina, addormentandosi sulla sedia con la testa posata sui
sacchi di farina sui quali dormiva beatamente Chihiro.
-
Ehi, bell’addormentata, cosa ne dici di tornare?
– James
la svegliò scuotendola dolcemente.
La ragazza aprì un occhio infastidita, poi guardò
l’ora.
-
Sì, forse
è meglio, ma voglio aiutare a mettere a posto prima
–
disse lei, alzandosi in piedi e barcollando.
-
Saresti capace di creare solo più disordine
–
Il signor
Nomura, comparve al loro fianco proprio mentre James si decideva ad
intervenire per sostenerla.
-
Era da
troppo tempo che non festeggiavo così, ho disimparato a
reggere
l’alcool – disse lei con un sorriso imbarazzato.
-
Nomura-san, ha intenzione di tornare al tempio stanotte?
– si informò James.
-
No, mi
fermerò a casa degli Isayama e domattina
risalirò
– disse lui – ma grazie per l’invito
– anticipò James, che già stava
formulando l'invito.
-
Allora
porto a casa la moribonda qui presente – rispose James
facendo
borbottare Leanne al suo fianco.
-
La affido
a te – disse l’anziano con un sorriso –
Per radio
hanno detto che sta arrivando una tempesta di neve, fate attenzione
– aggiunse.
Il tono con cui
lo disse fece
pensare al giovane che si riferisse a qualcosa di più, ma
non
indagò oltre.
Dopo aver ringraziato tutti e dopo essersi scusati
nel dover tornare a casa senza poter aiutare a mettere in ordine, i due
ragazzi si incamminarono con le ciaspole e la luce frontale a
illuminare il loro cammino.
Quando si lasciarono alle spalle il luogo della
festa, il silenzio li avvolse nuovamente. James ne era affascinato
ogni volta; quell'assenza di rumori provocata dalla neve, non aveva
pari in
nessun’altro caso. Era un silenzio morbido, che
anche nella notte più buia non faceva sentire a disagio chi
lo
ascoltava.
-
Che meraviglia –
James si
fermò,
voltandosi verso Leanne che sostava qualche metro dietro di lui con il
naso per aria.
Alzando lo sguardo anche lui, non potè che darle ragione.
Grazie
al vento che scendeva dai monti, l’aria era tersa e in cielo
non
vi era una nuvola. Le stelle erano talmente numerose da dare le
vertigini, complice anche la serata di novilunio.
-
E pensare
che ci sono persone che neppure si accorgono di ciò che
hanno
sulla testa – mormorò lei.
“ Non
vedo il cielo da così tanto tempo,
James…”
“…ti accompagnerei in macchina fuori
città,
il più lontano possibile dalle luci e ti farei vedere il
cielo
pieno di stelle”
Il ragazzo
rimase congelato sul posto. Quelle frasi gli erano tornate alla mente
come un lampo a ciel sereno mentre il viso triste di Emelie
gli
sorrise. Se fosse stata lì sarebbe stata entusiasta di
quella vista…
Se solo… Il pensiero gli
scivolò via dalla mente quando Leanne cadde di schiena sulla
neve.
-
Leanne! Tutto bene? – esclamò allarmato,
solo per rendersi conto che la ragazza stava ridendo.
-
Ho perso l’equilibrio… sono davvero in
uno stato pietoso – disse lei sghignazzando.
-
Non ci
posso credere – disse James con un sospiro divertito
–
Forza, sali – aggiunse, aiutandola ad alzarsi e abbassandosi
per
farla salire sulla schiena.
-
James
è troppo faticoso portarmi a spalle fino a casa con questa
neve
– protestò lei e la sua luce frontale
illuminò le
sopracciglia inarcate del giovane – O forse per te non lo
è… - ammise alla fine.
Quando James se
la fu
caricata per bene sulle spalle, proseguì, sorridendo
dell’ingenuità di quella ragazza.
In realtà gli
faceva piacere, sembrava che lei si fosse completamente scordata di chi
lui fosse prima di arrivare lì.
Se solo ci fosse riuscito anche lui… ma nei momenti di
quiete,
quando non aveva il cervello occupato da altro, ciò che
aveva
letto nei fascicoli gli tornava alla mente.
Eppure a lei
sembrava non
importare minimamente. Quella ragazza, che adesso se ne stava
tranquilla
sulla sua schiena mezza ubriaca, sembrava considerarlo un semplice
ragazzo che
per una qualche strana ragione, aveva un braccio di metallo e viveva
con
lei in uno sperduto paesino sulle montagne Giapponesi.
Probabilmente,
se non ci fosse
stata Leanne a ricordargli non tanto chi fosse una volta, ma
bensì
che anche lui fosse un essere umano come tutti, il suo destino sarebbe
stato molto
diverso. Le doveva molto, davvero molto.
Una volta
arrivati a casa,
l’orologio batteva ormai le tre. Leanne si era beatamente
addormentata e lui l’aveva portata fino al suo futon in
camera da
letto, adagiandocela sopra.
-
James? – lo chiamò la ragazza con voce
impastata non appena le sue braccia si ritrassero.
-
Dimmi – rispose lui
nell’oscurità.
-
Resteresti? –
Era una
richiesta così infantile, che James non riuscì a
non sorridere.
-
Fammi spazio – le disse mente si toglieva la
pesante maglia di lana.
Leanne
obbedì,
facendosi da parte per poi tornare subito ad occupare il suo spazio
abbracciandogli la vita.
-
Stavo
pensando che in primavera potremmo cercare Steve.. – disse la
ragazza dopo un attimo di silenzio durante il quale James aveva preso
ad accarezzarle i capelli.
-
Davvero? – domandò il ragazzo stupito da
quell’idea.
-
Prima o
poi HYDRA arriverà qui, e io non voglio che accada..
– rispose – L’unica soluzione che vedo
è di
cercare Steve.. sono certa che anche lui ti stia cercando –
aggiunse.
-
Non so se è una buona idea –
replicò il ragazzo.
-
James,
non ho mai visto una persona tanto determinata quanto lo è
stata
lui nel cercare di farti tornare indietro –
ribattè la ragazza
– Ascoltami, sono sicura che se c'è qualcuno di
cui ci possiamo fidare,
quello è il capitano Rogers. Non ti abbandonerebbe mai
–
aggiunse con un sospiro dato dal sonno che stava riavendo la meglio
sulla sua coscienza.
“Sarò
con te fino alla fine”
Quelle erano le
parole che
Steve gli aveva rivolto durante il loro scontro
sull’Helicarrier; erano
le parole che gli avevano fermato la mano e che lui stesso gli aveva
rivolto in occasione della morte della madre.
-
Forse hai ragione – assentì alla fine,
ma Leanne ormai dormiva già.
* Zuppa
di granchio con verdure
** Isola
principale del Giappone
***
Famosissimo gioco d'azzardo
Chief's
room:
Giorno a tutti!
Ed eccoci
qui con un altro capitolo Nipponico.
Potrei definirlo
l'ultimo capitolo così tranquillo, perchè dal
prossimo le cose inizieranno a mettersi in moto e potrete dire ben
tornata ad un pò di azione ;)
Per ora mi sono
divertita ancora un pò con le conversazioni misteriose e nel
farvi esplorare le usanze Giapponesi ^^
Per non farvi
perdere le speranze di riuscire a capirci qualcosa vi dico solamente
che il capitolo 23 vi chiarirà un grosso, enorme, gigantesco
dubbio!!
Un grazie doveroso
ai Lettori che continuano ad
accompagnarmi, alle mie recensiste le Howling
commandos
per le belle parole e a tutti coloro che mi supportano tra i seguiti, ricordati e preferiti.
Un
grande abbraccio a tutti,
Marta
|
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Capitolo 23 *** Tempesta nei ricordi ***
22.Tempesta di ricordi
Come aveva
preannunciato il
signor Nomura, la tempesta alla fine era davvero arrivata. A distanza
di un paio
di giorni dallo Yuki Matsuri, il cielo si era incupito sempre di
più, arrivando ad essere di un uniforme grigio ferro.
Leanne,
la sera che si scatenò la tormenta, era andata a dormire
presto,
lasciando
come al solito James a leggere il diario di Emelie nella
piccola biblioteca. Quella sera, la ragazza era stanchissima, lei e il
soldato
avevano passato
l’intera giornata ad applicare pesanti pannelli di legno alle
fiancate della casa per ripararla dal vento e dalla neve che si
sarebbero abbattuti. Il risultato fu che, non appena aveva posato la
testa sul cuscino, si
era addormentata di schianto.
Quindi, a farla svegliare improvvisamente
alle
due di notte, potevano essere state solo due cose: l’assenza
di James
al suo
fianco e il rumore della bufera, un po’ troppo forte
perché fossero completamente sigillati in casa.
Ancora
leggermente stordita,
Leanne accese la luce della camera. Il cuscino di James era
perfettamente liscio, segno che non l'aveva raggiunta com'era solito
fare di lì a qualche notte.
- James? - chiamò la ragazza con voce
roca.
Non ricevendo alcuna risposta, si alzò andando a fare
capolino
nel corridoio del secondo piano. La luce della biblioteca era ancora
accesa, ma quando lei la raggiunse, vide che all’interno non
c’era nessuno. Il diario di
Emelie era appoggiato sulla scrivania, e di fianco ad esso, c'era la
foto di
una ragazza quasi scheletrica e chiaramente morta nella sua divisa
macchiata di sangue.
Leanne sentì crescere un groppo in gola, mentre una lama di
paura le affondava nel petto. Dovette far appello a tutto il self
control insegnatole negli anni di
addestramento, per non cedere subito al panico.
Si diresse
immediatamente di sotto. L’ingresso principale era come lo
avevano lasciato, chiuso e buio, ma il forte rumore che aveva
contribuito a svegliarla, proveniva inequivocabilmente dalla
sala da pranzo.
"Ti prego fa che non sia ciò che penso! Ti prego, ti prego!"
pensò agitata mentre si dirigeva verso di essa.
Quando la
ragazza aprì
la porta scorrevole, venne investita dal gelo. L’uscio che
dava
sulla veranda era semi aperto e il pannello di legno che avevano messo
quel pomeriggio, era divelto. Una spruzzata di neve si stendeva sul
pavimento, finendo anche sul tavolo sospinta dal vento.
Leanne, passati
alcuni secondi di shock, corse ad afferrare il
giaccone e ad infilarsi un paio di scarponi. Inforcò gli
occhiali da sci e afferrò una torcia led. Non appena mise il naso
fuori,
venne investita dal vento e dalla neve, e capì che la sua
attrezzatura era del tutto inadeguata alla situazione.
Le raffiche arrivavano a potenti ondate,
mettendo in seria precarietà il suo equilibrio e azzerandole
quasi del tutto la vista. L’ululato
del vento, inoltre, le impediva di sentire alcunché, ma non
aveva tempo da perdere.
A terra
c’erano i segni di un passaggio recente che iniziò
a seguire alla luce del led.
-
James! –
Le grida si
perdevano in
mezzo al frastuono e i polmoni sembravano congelarsi ogni volta che
apriva la bocca per prendere fiato.
Nonostante tutte quelle condizioni avverse, il pericolo maggiore
restava
quello di perdersi. Non aveva alcun
tipo di riferimento, avrebbe dovuto portarsi dietro una bussola, ma era
nella
soffitta con tutto il resto del kit per le situazioni d'emergenza, che
lei non aveva avuto il tempo di prendere. Non doveva quindi
assolutamente perdere di
vista la traccia che si stava lasciando alle spalle, e questo voleva
dire trovare James prima che venisse
ricoperta di neve fresca.
James.. Cosa gli
era successo
per spingerlo a inoltrarsi fuori con un tempo simile?
Gli avvertimenti
di Nomura le risuonarono nella testa, però... il ragazzo non
aveva mai manifestato
alcun problema recentemente.. Possibile che gli fosse tornato alla
memoria tutto quello che era accaduto in una volta sola?
Se davvero così era, Leanne non si stupiva della
reazione e, anzi, ne era ancora
più preoccupata.
Era terribile ritrovarsi con certi ricordi a pesare sulla spalle e
sulla coscienza, e lei lo sapeva bene; l’incubo di qualche
sera
prima ne
era l’esempio perfetto. Per quanti anni possano passare,
certe
ferite non si dimenticano; si possono seppellire, occultare, ma mai
dimenticare completamente e nel primo momento di debolezza, possono
rivelarsi fatali.
- James!!! - urlò nuovamente Leanne, spazzandosi la neve
dagli occhialini.
Finalmente, in
un momento di
cedimento del vento, la giovane vide qualcosa davanti a lei. Una
figura scura si stagliava immobile sulla neve.
-
James!
– esclamò la ragazza sollevata, accelerando il
passo più che
poteva – James!! - ripetè quando fu più
vicina per farsi riconoscere.
-
Non ti avvinare! –
A
farla immobilizzare, non fu tanto il
grido del ragazzo, quanto più il suo sguardo.
La torcia
illuminò due occhi accesi di rabbia e disperazione. L'ex
Soldato d'inverno, con
addosso solo una maglietta e un paio di pantaloni tecnici, la guardava
con i
capelli pieni di neve sferzati dal vento.
-
James, dobbiamo tornare indietro –
esclamò l'albina cercando di avvicinarsi di nuovo.
-
Ti ho detto di non avvicinarti, Leanne!! –
replicò lui contraendo il pugno sinistro.
-
Ascoltami! Se non
torniamo adesso, moriremo! –
ribattè lei – Dobbiamo farlo prima che la pista si
cancelli! Ti prego, James! – lo implorò.
-
Torna indietro tu sei vuoi, io non posso farlo –
rispose lui.
-
James, qualsiasi cosa tu abb… -
-
Perché non me lo hai detto!? – la
interruppe di nuovo con furia.
Leanne si
sentì gelare.. Cosa voleva dire? Possibile che lo avesse
capito? Possibile che finalmente…
-
Perché non mi hai detto le cose orribili
che ho fatto?
Perché non mi hai detto che sono un assassino senz'anima?
–
gridò disperato.
La ragazza
vacillò per un istante: non era ciò che lei
credeva.. era molto peggio.
La
tempesta di neve non era l’unica tempesta ad essersi
abbattuta
quella notte. Le nuvole che fino a quel momento si erano limitate ad
addensarsi nella memoria del
ragazzo, avevano scatenato una vera e propria burrasca, riversando
nella sua mente
tutto ciò che vi era sopito. Tranne forse l’unica
cosa che
poteva aiutarlo a superarla.
-
Non hai fatto quelle cose di tua volontà! -
ribattè lei.
-
Non è una giustificazione! – le
abbaiò contro il ragazzo.
Il vento continuava a sferzarli, ma era ben poca cosa il freddo e il
gelo esterno, rispetto a quello che James sentiva dentro di
sè.
Leanne non capiva... non poteva immaginare cosa provava, le urla
agghiaccianti che gli risuonavano in testa non appartenevano solo a
soldati...
-
Ti hanno
usato, manipolato! Se fossi stato ancora il vecchio Bucky non le
avresti mai fatte! - disse Leanne coprendosi brevemente il viso ad
un’altra raffica.
-
Allora sarei dovuto morire quel giorno, sul treno!
–
Per Leanne fu
come ricevere
un pugno in pieno stomaco. Sentirgli dire quella frase, con quel tono
disperato, la fece sentire terribilmente in colpa.
-
Tutti abbiamo sbagliato in passato! –
tentò ancora lei.
-
Ho ucciso
una donna incinta solo perché il marito mi intralciava!
–
urlò, frenando di nuovo l’arringa della ragazza
–
Dietro miseri ordini ho stroncato vite innocenti e seminato
distruzione! Ho
eliminato persone che si erano impegnate a migliorare questo mondo
solo perché a HYDRA stavano scomodi! Ho fatto scoppiare
guerre... – proseguì quasi senza fiato -
Non… non
puoi paragonarti a
me! Non… -
-
Ho ucciso un bambino –
Leanne non ce la
fece più a tacere, non quando lui la voleva far apparire
ciò che non era.
-
Ho ucciso
un bambino che non aveva nessuna colpa davanti a sua madre! E dopo ho
ucciso anche lei... e nessuno me lo ha ordinato, nessuno mi stava
manipolando!! – gridò con le prime lacrime che
già
si ghiacciavano sul viso – Tu non sei un mostro James, non lo
sei
mai stato… nessuno di noi lo è mai stato -
Il ragazzo la
fissava,
stralunato da quella confessione, il braccio di metallo ricoperto di
brina gli pendeva immobile sul fianco.
-
Se
tu meritavi di morire quella volta, lo meritavo anche io! –
continuò la ragazza avvicinandosi – Quindi non
venirmi a
dire che non so come ti senti, perché lo so molto bene!
Quella
scena mi tormenta ogni giorno e la rivivo nei miei incubi da tutta la
vita – aggiunse dolorosamente – Per cui, ti prego,
vie…-
Il cervello di
Leanne
registrò con ritardo il suono che udì. Fu la
questione di un attimo da quando sentì quel sonoro crack.
All'improvviso, James scomparve, così come il vento e la
neve.
Tutto divenne buio e fu come se una tempesta di pugni le fosse rovinata
addosso
mozzandole il fiato. Non l’aveva minimamente calcolato....
presa
com’era dalla fuga di James e senza avere alcun tipo di punto
di
riferimento, non si era accorta di essersi avvicinata al laghetto che
si trovava a ridosso della foresta. James ci era finito sopra senza
nemmeno
accorgersene, coperto com’era dalla neve, ma il peso
aggiunto, aveva
definitivamente rotto la resistenza del ghiaccio.
L'albina, in un
secondo, fu risucchiata
dall’acqua gelata senza nemmeno avere il tempo di prendere il
fiato che
le serviva. Il sopra e il sotto si confusero nella più
totale
oscurità.
Leanne, scalciò verso quello che sembrava essere
il soffitto, con le braccia e le gambe già in rapido
intorpidimento. Cozzò con le mani contro il muro freddo del
ghiaccio, battendo i pugni e cercando disperatamente
un’apertura che non
riuscì a trovare.
La sensazione di congelamento era tale, che i
suoi arti smisero ben presto di obbedirle. Le gambe si fermarono mentre
la sua mente latitava nell'incoscienza.
"Non voglio morire qui... sola... ti prego"
Il ghiaccio si
spaccò
all’improvviso. Grossi blocchi di ghiaccio si formarono
sull’intera superficie e la
ragazza venne tirata su di peso. James la trasse in
salvo,
trascinandola al sicuro sulla neve.
Dopo averla vista sparire, aveva capito di
essere finito sul laghetto ghiacciato e l’unica cosa che gli
era
venuta in mente di fare, era stata di spaccare con il braccio sinistro
la lastra che lo ricopriva.
- Leanne? -
James la scosse, ma la ragazza restò immobile.
Avvicinò
l'orecchio al naso dell'albina per ascoltarne il respiro e
iniziò a farle il massaggio d'emergenza. Alla quarta spinta,
finalmente Leanne sputò una discreta
quantità d'acqua accompagnandola con una violenta tosse. La
ragazza
voltò la testa da una parte all'altra confusa e senza
riuscire a riprendere del tutto il contatto con la realtà.
Il soldato, nel frattempo, l'aveva presa in braccio e si era messo a
correre il più velocemente possibile, seguendo la pista che
li
avrebbe riportati a casa e cercando di tenere Leanne
sveglia e vigile. Quando raggiunsero la soglia dell'abitazione, la
giovane era appena cosciente,
segno che il principio di congelamento stava degenerando in ipotermia.
James
si diresse
immediatamente verso il bagno, si sedette nella vasca reggendola in
braccio e
regolò la cornetta della doccia in modo che ne uscisse acqua
calda ma non bollente, poi aprì il getto. L'acqua si
riversò su di loro come una benedizione, sciogliendo il
ghiaccio
che incrostava abiti e capelli di entrambi.
-
Leanne,
mi senti? – la chiamò il ragazzo sorreggendole la
testa
contro la spalla – Leanne! –
La giovane
strizzò gli
occhi, si sentiva frastornata e non del tutto lucida. C’era
della
pioggia calda che le cadeva addosso.. ma, non era uscita a cercare
James? Non era caduta in un lago ghiacciato?
Come se il
ricordo le avesse dato una scossa, Leanne aprì gli occhi di
scatto annaspando e tremando incontrollabilmente.
-
Va tutto bene. Ehi, tutto bene – la
rassicurò James stringendola e chiudendo l’acqua.
-
Cosa… - balbettò lei, senza riuscire a
far smettere i denti di battere gli uni sugli altri.
-
Ti ho
tirata fuori dall’acqua e sono tornato indietro –
spiegò James con i capelli bagnati appiccicati in viso e
l'aria distrutta.
-
Faceva freddo.. – sussurrò Leanne
raggomitolandosi contro il corpo del ragazzo.
-
Mi dispiace, è colpa mia – rispose lui.
-
No, semmai
è mia.. avrei dovuto affrontare il problema in modo diverso,
aiutarti a.. – disse lei, alzando il viso per guardarlo.
Solo
allora notò che il ragazzo aveva lo sguardo annebbiato.
- James! –
esclamò prendendogli il viso tra le mani – Tu
scotti!
– aggiunse sentendo la pelle esageratamente calda sotto al
suo tocco.
-
Non
è nulla.. – ribattè lui infastidito,
convinto
però che la ragazza avesse ragione: la testa gli girava
terribilmente.
L’adrenalina,
che fino a
quel momento lo aveva sostenuto, stava scomparendo con i suoi effetti.
Sentì Leanne dire ancora qualcosa, che però si
perse in una nebbia di suoni e
frasi indistinte. Infine tutto divenne nero.
Chief's
room:
Buongiorno a
tutti
Il capitolo
è breve, ma spero intenso. Vi era mancata un pò
di azione?
James ha
riacquistato i ricordi
del suo operato sotto il comando di HYDRA e, com'era prevedibile, la
sua reazione è stata intensa.
Ci sono momenti in
cui si perde
la lucidità, in cui ce ne infischiamo delle conseguenze.
Succede
a tutti, anche agli eroi e onestamente fatico anche solo a realizzare
come si sia sentito Bucky quando è tornato ad essere se
stesso.
Spero comunque di aver reso un pò l'idea con questo
capitolo;
più avanti avrò modo di provare ad andare
più a
fondo.
La donna incinta
menzionata da Bucky, di nome Itsu, era la donna di Logan aka Wolverine,
uccisa appunto dal Soldato d'inverno.
Veniamo a scoprire
un altro
altarino di Leanne che, a quanto pare, in passato si è
macchiata
di omicidio... com'è potuta accadere una cosa simile? Quali
circostanze l'avranno portata a compiere quel gesto? Non dovrete
aspettare molto per saperlo!
Come ho
già annunciato, nel prossimo capitolo rivelerò un
grooosso mistero, stay tuned ;)
Spendo ancora
due parole per dire, a chi ne ha la possibilità, di donare
2€ tramite il numero 45500 per le vittime del terremoto
avvenuto mercoledì nel centro Italia. Sarebbe bello se anche
altri autori mandassero avanti questa campagna di
solidarietà tramite le loro storie.
Grazie a tutti.
Un grandissimo ringraziamento a tutti i lettori, alle mie
recensiste le Howling
commandos con una nota particolare a Thominewt per
essersi aggiunta, e a tutti coloro che mi hanno inserita tra le storie seguite, preferite e ricordate.
Un
abbraccio,
Marta
|
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Capitolo 24 *** Verità insospettabile ***
23. Verità insospettabile
“La mia bellezza
l’avevi subito contestata dall’inizio, e quanto ai
miei
modi… il mio contegno con te si mantenne sempre
sull’orlo
della villania, e non ti rivolgevo la parola senza desiderare di
offenderti. Sii sincero, dunque; mi hai ammirato per la mia
impertinenza?”
“Ti
ho ammirata per la vivacità del tuo ingegno”
La voce
proseguì nella
sua lettura. James conosceva quei versi. Appartenevano al suo passato,
appartenevano ad una voce che gli era più cara della sua
stessa
vita, appartenevano a Elie…
Il ragazzo,
provò ad
aprire gli occhi e ad uscire dal profondo torpore che sentiva addosso.
Alla fine, con molta fatica, la luce gli ferì la vista.
Battè le palpebre più volte, intontito, mentre la
voce in
sottofondo acquistava consistenza e finalmente un proprio volto.
Emelie,
alzò la testa
dal libro e lo guardò con i suoi occhi caraibici, mentre
il sollievo le si dipingeva sul viso distendendole i lineamenti.
-
Sia ringraziato Dio… ti sei ripreso – lo
accolse quasi commossa.
-
Cosa…? – mormorò James
incredulo, portandosi una mano alla testa.
-
Ti
è venuta la febbre alta. La memoria che hai recuperato deve
averti destabilizzato più del previsto, senza contare il
giro dentro la tormenta –
A rispondergli,
al posto di Emelie,
adesso c’erano Leanne e i suoi occhi blu, che un attimo dopo
scomparvero. A dargli da
bere, era di nuovo la chioma bionda della sua compagna di prigionia.
-
Ti ho
somministrato un farmaco per abbassare la temperatura, ma devi stare a
riposo – gli disse Leanne aiutandolo di nuovo a stendersi
–
Non ti preoccupare, ci sono io – aggiunse Emelie con un
sorriso, appoggiandogli
una mano sul braccio.
James,
battè le
palpebre ancora una volta e si ritrovò a guardare oltre il
vetro
rotondo di un oblò; l’intero corpo immobilizzato
in
verticale, stretto tra cinghie di cuoio e
metallo.
Fuori, una ragazza bionda… no, non una ragazza..
Emelie, sì, Emelie
stava urlando qualcosa, puntando un bisturi verso la gola di una donna
in camice. Di fronte a lei, a dare le spalle a James, un uomo alto e
dalle spalle ampie..
Rheinoldt? Certo, chi altri poteva essere?
“
Proceda!” urlò infatti la sua voce autoritaria.
Il ragazzo, vide
Emelie
lasciare libero il suo ostaggio per avventarsi verso il fratello. Nello
stesso
istante, dietro di lei, un altro uomo estrasse dalla cintura dei
pantaloni un revolver. A James salì spontaneo un grido di
allarme, mentre il panico montava dentro di lui.
Due potenti
deflagrazioni risuonarono nello spazio affollato del
laboratorio… Emelie si immobilizzò, con il
bisturi
ancora sopra la testa mentre due fiori rossi le si allargavano nel
petto macchiandole la logora divisa.
Il dolore esplose dentro James, mentre osservava
l’espressione di
stupore e disperazione che la giovane gli stava rivolgendo.
“Mi dispiace…” sillabò la
ragazza.
Poi la scena scomparve e James riaprì
gli occhi.
Il sole fuori dalla finestra,
batteva incessante, riversando i suoi raggi tra le imposte leggermente
aperte; oltre a quello, nella stanza non c’era
nessuno. Il ragazzo udì provenire dal piano inferiore un
rumore
di pentole, segno evidente che Leanne, con tutta
probabilità, stava cucinando per il pranzo. I
frammenti del sogno appena fatto, aleggiavano ancora nella sua testa
mentre il
senso di perdita si faceva meno insistente: per un attimo, quel dolore
lo aveva quasi fatto impazzire.
Il soldato si mise a sedere sul futon e,
prendendosi la testa tra le mani, cercò di regolarizzare il
respiro.
Quel sogno
sapeva
corrispondere a verità.. e allora perché la sua
mente
non riusciva ancora a recuperare completamente i ricordi?
Perché
quelle immagini continuavano a sembrargli terribilmente vicine e
lontane al tempo stesso? Cosa gli mancava ancora?
Un tonfo
attutito fece
scattare lo sguardo di James alla sua sinistra. Muovendosi, aveva fatto
cadere il libro che Leanne aveva lasciato, lo stesso che
gli stava leggendo mentre lo vegliava.
Il viso
spensierato della
protagonista del film tratto dal romanzo, gli sorrideva dalla sovra
copertina dell’edizione economica di Orgoglio e Pregiudizio.
James la afferrò.
Aveva visto
Leanne leggerla
più e più volte, sempre quella, mai altri libri.
La
ragazza, quando lui le aveva chiesto il motivo di quell'attaccamento,
gli
aveva confessato di averlo iniziato a leggere solo quando aveva
scoperto che
anche Emelie lo aveva fatto; convinta che potesse aiutarla nel fargli
tornare la memoria. Solamente dopo, si era scoperta ad amarlo anche lei.
James, lo
aprì e aggrottò le sopracciglia confuso. A
dispetto della copertina,
l’interno sembrava molto più vecchio. Le pagine
ingiallite
riportavano caratteri stampati con le vecchie tecniche editoriali ed
erano in tedesco.
“E’
la cosa più preziosa che ho…”
James
voltò la primissima pagina, sulla quale, in una grafia
corsiva quasi illeggibile, c’era scritto:
"Solange der Geist frei ist, konnte keine Kette inhaftieren"
-
Finchè la mente è libera, nessuna
catena
potrà imprigionarti… - tradusse in un sussurro il
ragazzo.
Nella
sua testa ci fu qualcosa di molto simile ad un click, come di
ingranaggi che trovano finalmente il loro incastro.
James
restò quasi senza fiato, mentre i suoi ricordi si
allineavano coprendo i buchi e le lacune ancora rimaste.
Gli
tornò in mente tutto…
ogni cosa.
Emelie, nella sua testa, tornò ad essere la sua Elie e
il suono della sua voce e la freschezza della sua pelle, persero la
loro evanescenza per tornare concreti. La gioia e il dolore si
mescolarono in parti eguali.
Il ragazzo, si alzò barcollando
fino alla finestra dove, sempre tenendo il libro in mano, si sostenne
al davanzale di legno lucido. Guardò di
nuovo il romanzo, togliendogli la finta copertina mentre mille dubbi
gli piombavano addosso. Perché
Leanne glielo aveva tenuto nascosto? Che motivo c'era per camuffarlo a
quel modo? Quale?
-
James! Non dovresti stare in… -
Il
rimproverò si stemperò sulle labbra di Leanne
quando lo sguardo le cadde
sul volume che lui teneva in mano. Il ragazzo non potè non
notare lo sguardo allarmato che gli rivolse.
-
Cos’è questa storia? –
domandò lui
– Perché non mi hai mai dato il libro di Elie?
–
aggiunse con tono accusatorio.
-
Ti sei
ricordato di lei.. – mormorò attonita la ragazza,
sgranando
gli occhi e stringendo tra le mani il canovaccio che si era portata
dalla cucina.
-
Sì.. l’ho fatto – rispose
James con una nota
di dolore in fondo alla gola che gli agitava lo sguardo.
-
Yokkata*..
– si lasciò sfuggire Leanne con occhi umidi.
-
Per quale
motivo hai questo libro? – ripetè James avanzando
di un
passo verso di lei
– E.. - si fermò, cercando di focalizzare
ciò che
ancora gli sfuggiva - Come facevi a sapere di che colore avesse gli
occhi Elie? Non ci sono foto a colori o di lei da viva.. –
disse quasi tra
sè.
- James... - cominciò la ragazza
alzando una mano verso di lui.
- No Leanne! Basta segreti! - la bloccò
lui - Sono
stanco dei tuoi misteri e delle tue vaghe risposte! Io non.. -
-
Esperimenti
sulla vita eterna – disse all’improvviso Leanne
interrompendolo –
Questo è quello che stavano cercando di fare in quel
laboratorio
–
-
Cosa? – sussurrò James senza capire.
-
Tramite
diverse sostanze di origine sconosciuta iniettate direttamente in vena,
cercavano di battere la morte, di prolungare la vita di un corpo
clinicamente deceduto.. - proseguì lei -
L’elettroshock
veniva usato per mandare in arresto il cuore della cavia e osservare
come essa
restava vigile e reattiva per diversi secondi. Quando
l'effetto svaniva, con una nuova scarica, le si riattivava
il cuore.. – spiegò la ragazza in tono molto
pratico, ma
continuando a tormentare lo straccio che aveva in mano
–
All’inizio si trattava di pochi, sfuggenti secondi, ma con
gli
anni gli effetti migliorarono, si arrivò a una decina di
minuti.. ma
non
era mai abbastanza... - mormorò con la voce ridotta ad un
sussurro - Non avevano idea di cosa fossero riusciti a creare a loro
insaputa.. – aggiunse con amarezza.
A quel punto,
Leanne prese un respiro tremolante e fissò James negli
occhi.
-
Pensa al
terrore che può aver provato una ragazza di
ventitré
anni, sette dei quali passati a vivere come una cavia, nel morire e
nel ritrovarsi
improvvisamente all’interno di un altro corpo, osservando
sé stessa morta sul pavimento.. –
James la
fissò incredulo mentre la sua mente metteva assieme i pezzi
di quanto lei gli aveva detto.
-
E.. Elie.. – mormorò alla fine.
-
Okairi**,
James – sorrise lei tra le lacrime, prima di scoppiare in
violenti
singhiozzi una volta che lui l’ebbe abbracciata.
*
è una frase a metà tra "Ce l'hai fatta" e
"è andato tutto bene"
**
Letteramente "Ben tornato"
Chief's room:
Fiuuuuuuuuuuuuuu
Booooom! *tipico rumore della battaglia navale elttronica*
Vi ho aperto
finalmente un mondo? O ve l'ho disintegrato?
Ebbene
sì, Emelie non è mai morta (non nei normali
canoni almeno)! Lei e Leanne sono infatti la stessa persona.
Come questo sia
potuto accadere
è accennato nelle ultime battute. Ho deliberatamente preso
spunto dal gas che, nella versione cartacea di Captain America, ha
salvato Teschio Rosso e che era stato inventato per prolungare la vita
di Hitler in caso di trionfo nella WWII. Gli esperimenti di Rheinoldt
però hanno prodotto altri inespettati frutti... che verranno
approfonditi più avanti.
Mi auguro che lo
"sblocco"
mentale di James non sia stato troppo facile. Ho voluto rendere il
libro di Emelie una specie di chiave, soprattutto vista l'importanza
che ha avuto nella vita della ragazza.
In sostanza, per chi
aveva il
cuore infranto dal non lieto fine tra i due natii degli anni '40 e
dalla possibile non love story con Leanne, può tirare un
sospiro
di sollievo... forse!
Ringrazio tutti i lettori che hanno avuto la pazienza
di arrivare fin qui, le mie recensiste Howling
commandos
a cui spero di aver chiarito qualche centinaio di dubbi, e tutte le
belle persone che mi hanno inserita tra le storie preferite, seguite (Stitch1995) e ricordate.
Ci rivediamo quindi
venerdì prossimo nel.... 1945!
Un
abbraccio a tutti,
Marta
p.s. le risposte alle recensioni potrebbero subire un
ritardo, ma arriveranno!
|
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Capitolo 25 *** Identità confusa ***
24
Emelie
si era sentita
semplicemente attirare via, come del ferro con una calamita. Quel
richiamo era stato troppo intenso e lei gli
aveva obbedito, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare. Sapeva di
stare morendo, sapeva che quello era il suo ultimo respiro e sapeva di
non poter più fare niente per James; era ora di proseguire.
Poi
però, aveva riaperto gli
occhi e si era ritrovata esattamente nello stesso luogo dal quale
pensava di essersi dipartita per sempre. Era di nuovo in piedi,
nonostante
il suo corpo si trovasse a terra; il sangue fresco che si
allargava sulla divisa da carcerata.
Emelie si era guardata intorno in un gesto di consapevole confusione.
Le
facce atterrite degli altri scienziati, la trapassavano senza degnarla
di uno sguardo. Doveva esserle capitata una di quelle esperienze
definite "extracorporee", ma il fatto strano, è che lei non
si
sentiva affatto morta.. il mondo attorno a lei aveva un aspetto
più sfumato, dai contorni meno netti, ma non c’era
nessuna
luce a guidarla né aveva la sensazione di doversi
incamminare da
qualche parte. Era lì, stesa a terra, chiaramente senza
vita, ma
non lo era.
-
Herr Schmidt? –
Qualcuno alle
spalle di
Emelie, interpellò Rheinoldt rimasto chino su di lei. La
ragazza
provò l'impulso di strapparle quel corpo dalle braccia; era
morta, che la lasciasse in pace!
L'uomo non rispose subito, restando perfettamente immobile... poi
scattò. Il
movimento repentino del fratello spaventò Emelie, che
retrocedette istintivamente andando ad urtare qualcuno alle sue spalle.
L’attimo successivo si
ritrovò seduta sul pavimento di ceramica bianca del
laboratorio, a fissare Rheinoldt con una pistola
ancora fumante in mano. Seguendo la traiettoria dell'arma, vide un uomo
con folti baffi
crollare a terra, perdendo la presa sul revolver stretto in pugno.
Quell’uomo si
chiamava Faust...
“Mi stava simpatico” pensò Emelie con
una punta di
rammarico “Ma cosa dico?! E come faccio a
cono…”
La ragazza rimase congelata, accorgendosi che non era la sola
cosa
di
strano che ricordasse. Aveva la testa piena di ricordi non suoi: di una
bambina con le trecce che gioca a campana nel cortile di casa,
di una famiglia borghese, poi abbandonata perché non
condivideva
gli
ideali Hitleriani, di come fosse diventata un’infermiera
esperta
e fosse
stata reclutata da HYDRA per occuparsi delle cavie di quel
laboratorio.
“Che
cosa sono tutte
queste immagini? Cosa diavolo sono?!” pensò
spaventata
Emelie, portandosi entrambe le mani alla testa.
-
Fraulein Baumann, mi ha sentito? Fraulein Baumann!
–
Quel tono
così
imperioso le fece alzare lo sguardo verso il suo interlocutore, capendo
solo in
quel momento che ce l’aveva con lei.
Gli occhi serici di Rheinoldt la guardarono, la sua pettinatura di
solito impeccabile, era stata intaccata dagli ultimi
avvenimenti e
alcuni ciuffi ribelli gli cadevano sulla fronte.
-
Sia
così gentile da occuparsi lei di… di mia sorella
per
cortesia – le disse l’uomo porgendole poi una mano
per alzarsi.
Nonostante
l'aspetto, sembrava tornato
perfettamente in sé e i suoi modi erano di nuovo garbati e
controllati. Emelie, troppo sconvolta per replicare, accettò
semplicemente l’aiuto che le veniva offerto, quasi
barcollando
sotto quel peso di una vita non sua.
-
So che
deve essere stata un’esperienza scioccante. Mi rammarico per
ciò a cui ha dovuto assistere. - le disse Rheinold
serrandole la spalla in una presa delicata ma ferrea - Però,
se
potesse farlo
lei ne sarei davvero felice – aggiunse, guardandola e
attendendo
un’affermazione da parte sua.
-
C.. certo – riuscì finalmente a
balbettare lei.
Anche la sua
voce era diversa... Cosa stava accadendo?
-
Ottimo,
la ringrazio – replicò gentilmente lo scienziato
–
Portatelo via, al laboratorio sette - ordinò, riferendosi al
cadavere del collaboratore - Il resto di voi può
andarsene – aggiunse infine facendosi largo tra i presenti
ancora
attoniti.
Due uomini si
avvicinarono invece al corpo steso per terra di Emelie e lo issarono su
una barella con ruote.
La ragazza,
ancora stordita,
guardò verso James. Dall’oblò in
vetro, dietro la brina che il
freddo aveva creato, il suo volto si vedeva
appena.
" Se solo potessi liberarlo... " pensò la ragazza facendo un
passo verso di lui "Potremmo andarcene! Potremmo essere libe.."
-
Fraulein Baumann, stiamo aspettando solo lei –
Emelie, come
colpita da un colpo di frusta, si voltò; uno dei due
barellieri la attendeva sull’uscio.
-
A... arrivo… - mormorò lei, seguendoli
e lanciando un’ultima occhiata a James.
Per un attimo si
era fatta
prendere dall'enfasi del momento, senza neppure valutare le possibili
conseguenze. Si era quasi dimenticata del luogo in cui fosse oltre che
delle sue attuali, non ben definite, condizioni.
Rifecero il percorso al
contrario, tornando verso la cella che aveva ospitato fino a quel
momento la ragazza. Una volta entrati, i due uomini adagiarono il
corpo sul letto e poi se ne andarono.
Quando la porta si fu chiusa lasciando fuori quel poco rumore che
c'era, Emelie si sentì sopraffare da un senso di
claustrofobia
come non le era mai successo in tanti anni passati dentro quelle
quattro mura di mattoni. Non era solo la consapevolezza della forzata
lontananza da James, o il fatto di aver scoperto tutte le
macchinazioni di suo fratello che aveva (in parte) contribuito a
realizzare. Gran parte della fonte del suo senso di malessere era
sdraiato sulla sua branda.
Era tutto
surreale, nulla
sembrava avere un senso. Era morta, raggiunta da due fatali colpi di
pistola. Il suo corpo era proprio lì, davanti a lei; tutte
le
prove del suo decesso erano in bella evidenza, eppure…
eppure lei
era viva, il suo spirito aveva resistito.
Suo fratello aveva creato un
mostro? Sembrava che le sue afflizioni non dovessero avere una fine..
Emelie, incapace
di restare ancora ferma a fissare la figura stesa sul letto, si diresse
con passo
rapido verso la bacinella che usava per sciacquarsi il viso la mattina
e vi si specchiò. L’immagine della donna che poco
prima
aveva preso in ostaggio, la guardò dal riflesso ondulato
dell’acqua.
I capelli biondo miele serrati in una treccia, il viso rotondo
spruzzato di lentiggini e gli occhi verdi. Un'estranea, ecco chi era al
suo sguardo; eppure conosceva tutta la sua vita e questo, se possibile,
la faceva sentire anche peggio.
Emelie si sentì mancare l'aria.. non era possibile!
Non era possibile che fosse davvero entrata nel corpo di qualcun altro.
Sicura?
Una vocina si
fece largo nei suoi pensieri mentre, atterrita, continuava a fissarsi.
Davvero non è
possibile? Con tutti gli esperimenti che hanno fatto su di te? Direi
che è più che normale invece…
Il suo subconscio, o
qualsiasi cosa esso fosse, aveva ragione.. ma lei non era ancora nelle
condizioni di accettarlo.
Tutte quelle immagini e sensazioni.. tutti quegli
esperimenti a cui lei.. a cui quella donna aveva partecipato con la
convinzione che fossero necessari. Sentiva ancora l'eco lontano
dell'eccitazione della scoperta, dell'indifferenza per quegli uomini e
quei bambini tranquillamente sacrificabili per il Reich;
non…
Un conato di vomito scosse la ragazza, che dovette correre verso la
tazza per rimettere. Il suo corpo stava reagendo alla situazione, stava
reagendo a quello a cui il suo cervello non riusciva a far fronte.
Quando ebbe
finito, si
sciacquò il viso madido di sudore e cercò di
prendere dei
lunghi e profondi respiri. Si sentiva sperduta e sola. Sola senza James
che avrebbe sicuramente saputo come aiutarla...
“Tu
sei Emelie..
questi ricordi non sono tuoi, ma di questa donna, che qualsiasi fine
abbia fatto, non è più qui, non è
te!”
cercò di tranquillizzarsi chiudendo gli occhi
“Nessuno sa che sei ancora viva,
nessuno sa che gli esperimenti hanno prodotto questo. E' il tuo
vantaggio! Sfruttalo! Puoi ancora salvare James!”
Questo pensiero
diede la forza ad Emelie di guardare la questione in una maniera
diversa. Certo, continuava ad avere paura di ciò che le era
capitato, di tutti i punti oscuri di questa sua "abilità",
ma
aveva tra le mani l'occasione di salvarlo per davvero. Non l'avrebbe
sprecata!
Le sarebbe bastato liberarlo da
quella macchina al momento propizio e uscire di lì. Uscire di
lì…
poteva realmente andarsene senza alcun impedimento.. era…
libera.
Emelie, guardò la vecchia sè stessa stesa sul
lettino e
seppe cosa fare. Pulì e deterse il corpo, cancellando il
sangue
e la vestì con gli abiti
che le avevano messo a disposizione per comporre la salma.
Cercò di fare tutto con assoluto distacco, cercando di
estraniarsi e focalizzandosi sul suo piano e su James. Materialmente
parlando, quelle operazioni le vennero semplici; era abituata a
occuparsi dai cadaveri,
ne aveva dissezionati diversi, o almeno, lo aveva fatto la donna a cui
apparteneva il suo attuale corpo.
Oltre ai ricordi, pareva aver acquisito anche tutte le conoscenze e le
abilitò di quella persona; il che, per il momento, le
risultava
molto utile.
Quando
finì, la Emelie
sdraiata sul letto sembrava solo addormentata e pronta a svegliarsi da
un momento all’altro.
Prima di andare ad avvisare di aver finito,
provò in tutti i modi ad uscire di nuovo sotto forma di..
spirito (non avrebbe saputo dare un altro nome a quello che
le
era capitato), ma non ebbe alcun esito positivo. A quanto pareva, ci
dovevano essere delle condizioni ben
specifiche perché questo accadesse, e temeva che
una di queste, fosse
proprio la morte dell’ospite..
Delusa dalle poche cose che era riuscita a scoprire, scostò
la scrivania recuperando da dietro di essa il suo
libro e il diario, e solo allora chiamò gli inservienti per
dire
che aveva terminato. Dopodichè, si diresse verso
l’ascensore che
l’avrebbe portata all’esterno
dell’edificio.
Il piano era semplice: il giorno seguente sarebbe tornata al lavoro
come al solito, avrebbe raggiunto il laboratorio cinque e avrebbe
liberato James.
La sua prima uscita dopo
sette anni di prigionia, fu accolta da un cielo grigio piombo e da una
fitta nevicata.
Dovette
costringersi a non
fermarsi con la bocca spalancata a guardarsi intorno, ma di
proseguire verso la sua bicicletta. Le sembrava tutto uscito da un
sogno, e allo stesso tempo perfettamente normale, mentre si dirigeva
verso il piccolo appartamento che aveva in città.
La donna che la
"ospitava" non
aveva marito, né pretendenti o famiglia; abitava da sola e
l’unica sua dedizione era la scienza e il Reich.
Emelie, si
coricò per
la prima volta dopo anni su di un morbido letto. Si era fatta un lungo
bagno caldo e cucinata la cena: uova e salsiccia.
Era carica di speranze e di ottimismo quando i suoi occhi si chiusero,
facendola sprofondare in un quieto sonno. Nulla poteva farle prevedere
la tragedia che si sarebbe
consumata il giorno dopo, una volta fatto ritorno al
laboratorio….
-
Cosa? Mi
spiace fraulein Baumann, è stata una cosa improvvisa anche
per noi…
Stanotte, Herr Schmidt, è partito portando con sé
la salma di sua
sorella e il soggetto americano. Dove sia andato è un
mistero, non lo
ha lasciato detto a nessuno… Fraulein?
Si sente bene?
E’ molto pallida… Fraulein!!! Dove sta andando?!
–
Ma Emelie si era
già
voltata per correre via. Non sarebbe mai più tornata in quel
luogo.. Non c’era più niente.. solo dolore.
Chief's
room:
Buongiorno e ben
tornati nel 1945!
Premetto che questo
sarà in assoluto l'ultimo capitolo ambientato in quest'epoca
(per davvero eh).
Mi è
sembrato doveroso
inserirlo per dare una prima spiegazione di ciò che
è
successo. Emelie, a seguito degli esperimenti a cui è stata
sottoposta, ha sviluppato la capacità di "trasferirsi" nel
corpo
di un'altra persona vivente. Ora, sono più che sicura che
esista
un supereroe o un villain con le medesime capacità, ma
questo
è stato il massimo della mia invettiva ^^" anche
perchè
dovevo far sopravvivere sta povera creatura in qualche maniera xD
Ovviamente ho dovuto
metterle dei
paletti, ovvero di non poter decidere liberamente di lasciare l'ospite
ma che questo sia subordinato alla morte fisica del corpo.
Non vi preoccupate,
Leanne risponderà ad altri quesiti nei prossimi capitoli ;)
Mi auguro di essere
riuscita a
coinvolgervi nello stato d'animo della nostra protagonista. Non
è stato semplice, perchè a situazione
è talmente
surreale da avermi dato delle difficoltà a immedesimarmi
nelle
sue sensazioni. Come al solito si vede che amo l'introspezione xD
Nel prossimo
capitolo torneremo
ad occuparci del presente e finalmente del nostro caro James ;) Come
reagirà al racconto di Emelie?
Un sentito
ringraziamento a tutti i meravigliosi Lettori, le superbe
recensiste Howling
commandos e ai mitici utenti che mi hanno inserita tra le
seguite (You_are_my_hero), ricordate e preferite (Calzona_BestLove,You_are_my_hero)!
Un
abbraccio a tutti,
Marta
|
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Capitolo 26 *** Il peso di una vita di troppo ***
25.
-
Mi
sono sentita assalire dalla disperazione. Ero tornata con
l’intenzione di portarti via di lì, e invece era
già
troppo tardi.. avrei dovuto agire quel giorno stesso –
Emelie si
rigirò la
tazza fumante tra le mani, sospirando sul suo riflesso di
caffè.
Quando il suo pianto si era placato, James le aveva chiesto di
raccontargli tutto quello che le era successo. Così si erano
spostati in sala da pranzo, sul divano che aveva ospitato James la
prima notte passata in quella casa. La
ragazza si sentiva leggera, potendo finalmente raccontare la
verità, ma anche spaventata.. non tutto era andato come
desiderava in quella lunga vita.
-
No
invece, hai fatto bene a rimandare. Avresti rischiato di farti scoprire
e sarebbe stato molto peggio. Non eri nemmeno certa che mi
sarei ricordato di te e adesso potremmo non essere qui.. –
replicò James seduto di fianco a lei.
-
Sarà.. ma in quel momento mi sono sentita solo una
stupida
che aveva fallito nell’unico scopo che si era prefissa
–
disse lei sorridendo tristemente.
-
Cosa hai fatto dopo? – le chiese James.
-
Sono
tornata in città, ho raccolto tutti i risparmi che
possedevo,
preso lo stretto necessario e sono salita sul primo treno in partenza..
- rispose Emelie, appoggiando la tazza ormai vuota sul basso tavolino
che avevano di fronte - Mi sono fermata alla penultima città
prima di arrivare al capolinea e da lì ho proseguito fino
alla
successiva a piedi, per essere sicura di non essere seguita –
spiegò, ricordando lo stato di confusione che aveva
accompagnato
quel viaggio senza meta – Sono stata fortunata che i
bombardamenti non avessero distrutto la linea ferroviaria –
aggiunse.
-
Com’era la fine della guerra? –
James non
riusciva ad immaginarsela, non dopo aver passato così tanti
anni a combatterla.
-
Il mondo
che tu mi hai descritto sembrava non esistere più. La
Germania
era uno stato in ginocchio, che aveva subito una pesante sconfitta e
altrettante pesanti ripercussioni – rispose lei,
soffermandosi
sull’immagine della sofferenza che aveva visto in quei giorni
di
pellegrinaggio – Però c’era speranza
–
aggiunse rivolgendo a James un sorriso.
-
Credo sia
l’unica cosa che tenga vive le persone anche dopo simili
catastrofi – replicò James fissando le dita
luccicanti
della propria mano.
-
La penso
come te.. Anche se confesso di aver pensato che fosse morta, in
certi momenti – confidò la ragazza con un sospiro
stanco.
-
Dai,
prosegui – la invitò James puntando di nuovo il
suo
sguardo su di lei e dandole un buffetto sul ginocchio.
Fosse stato per
lui, l'avrebbe
tenuta tra le braccia fino al giorno successivo, ma c'erano tante cose
che voleva sapere, tante domande che attendevano una risposta.
Ritrovarla lì, era stato... non sapeva nemmeno lui se
definirlo
un miracolo o semplice giustizia. Lì, in oriente, lo
avrebbero chiamato Karma.
Dopo tutto quello che era successo, dopo quello
che entrambi avevano passato e superato, sembrava quasi giusto che
fosse andata a finire così. E Dio gli era testimone che non
l'avrebbe mai più lasciata andare via. Mai.
-
Quando
pensai di essere sufficientemente lontana da HYDRA, mi
calmai abbastanza da realizzare che non potevo continuare a
vagabondare senza meta. - riprese il discorso la ragazza -
Così l'idea mi
venne spontanea: sarei andata in America e avrei cercato di contattare
il Capitano Rogers. Se c’era qualcuno in grado di aiutarmi a
ritrovarti, quello era il tuo amico d’infanzia. -
raccontò Emelie,
stringendosi al petto le ginocchia che aveva raccolto - Ovviamente,
puoi immaginare quale stato d’animo mi colse quando venni a
sapere che era morto – disse – Lo lessi per caso in
un quotidiano, figurati.. poche righe e mi ritrovai punto e a capo. -
mormorò.
James vedeva quanto quei ricordi pesassero ancora sulle sue spalle e
d'un tratto realizzò che Emelie aveva passato settant'anni
in un
mondo che la credeva morta. Lui e Steve avevano passato quel tempo nel
limbo, ma lei no..
- Nel frattempo trovai lavoro
all’ospedale locale. -
proseguì la giovane - Le infermiere erano ben accette e
soprattutto ne avevano un gran bisogno. Fu più o meno un
paio
di mesi dopo che HYDRA mi trovò.. –
-
Saresti dovuta
scappare in America, a prescindere dal fatto che Steve fosse o meno
vivo – le fece notare James.
-
Hai
ragione, avrei dovuto, e il pensiero mi ha sfiorato più di
una
volta.. - assentì Emelie, puntando lo sguardo sul soffitto
di legno
della sala - ma quando cominciai, non riuscii più ad
andarmene – confessò con un sospiro
–
Avessi visto quanti giovani soldati si erano all’improvviso
ritrovati mutilati o gravemente feriti.. annullati fisicamente e
psicologicamente. In guerra non erano andati distrutti solo gli
edifici, ma
anche le persone, e poi, in ognuno di loro vedevo il tuo viso; non
potevo lasciarli.. – ammise, stringendo con gratitudine la
mano
di James che si era posata sulla sua – Quella sera ero uscita
dal lavoro come di consueto
assieme alle altre mie colleghe. Stavo attraversando la strada quando,
tutto d'un tratto, un’auto è sbucata a folle
velocità travolgendo me e tutti quelli che mi stavano
vicino.
– disse abbassando lo sguardo – Non ho neppure
realizzato cosa
fosse successo.. mi ritrovai improvvisamente a guardare la scena da
una prospettiva diversa; ero,
una persona diversa. - raccontò incapace di sollevare gli
occhi verso James - Altri ricordi si
affollarono nella mia mente, fino a quando furono tutti spazzati via da
una consapevolezza.. Stavo attraversando la strada con mio figlio,
dov’era lui? –
Emelie si
interruppe per
prendere fiato e cercare di calmarsi. Riportare a galla quella scena,
quei momenti,
era un vero e proprio strazio anche a distanza di quasi settant'anni da
che era
accaduta.
-
Elie… – mormorò James senza
sapere cosa dire per confortarla.
-
Avevo rubato
la vita di una vedova di guerra che lavorava nel mio stesso
ospedale come balia. - proseguì lei quasi con rabbia -
Quella sera stava tornando a casa, quando un auto
investì molte persone tra le quali il figlio di soli dieci
anni.. Non ho mai avuto un figlio, ma so bene cosa si prova a perderne
uno – disse Leanne con estrema fatica nel mantenere un
tono di voce fermo.
-
Era quello il bambino che dici di aver ucciso… -
rammentò allora il soldato.
-
L’ho
ucciso James, non ci sono vie di fuga! E ho anche preso la vita di sua
madre! Se non fossi stata lì.. se HYDRA non mi avesse
trovata...
–
Emelie si
interruppe, passandosi una mano sulla fronte con gesto nervoso.
-
In tutti
questi anni è un peso che non sono mai riuscita a togliermi
dalle spalle. Se fossi morta quel giorno nulla sarebbe accaduto
–
ammise.
-
Capisco bene come ti senti… - replicò
James con amarezza.
-
Ritrovarmi improvvisamente in quella situazione, mi diede la
spinta per trasferirmi in America.. il dolore di aver perso un figlio
è terribile, e mi fece ricordare che c’era una
famiglia, a
Shelbyville, che era nella mia stessa condizione –
Gli occhi di
James si
spalancarono nel sentire quella frase. Emelie gli sorrideva, con
gli occhi lucidi e una profonda tristezza dietro di essi.
-
Sei andata a cercare i miei.. – disse e lei
annuì.
-
I tuoi
genitori erano delle persone splendide ed estremamente gentili, e tua
sorella era una ragazza davvero bella.. Quando ho detto loro di essere
una tua amica, mi hanno accolto a braccia aperte –
raccontò
l'albina, sentendo il cuore scaldarsi al solo pensiero di
quell’incontro.
-
Come stavano? – chiese James evidentemente
emozionato.
-
Erano in
lutto, ma se la cavavano.. Becky aveva trovato lavoro in una sartoria
ed era in procinto di sposarsi – lo
informò – Tua madre
si è messa a raccontarmi di tutte le marachelle che tu e
Steve
combinavate da bambini, e tuo padre parlava della tua carriera militare
con orgoglio. Tutti loro non potevano essere più fieri di
averti avuto come figlio – aggiunse con tono dolce.
-
Sono
felice che tu sia andata a trovarli… - disse James con un
filo
di voce - Grazie di averlo fatto –
-
E' stato un piacere – rispose Emelie.
Il ragazzo aveva pensato tante volte ai suoi e a come dovevano aver
reagito nel perderlo. Si era rammaricato che non fosse rimasto nessuno
a sostenerli, nemmeno Steve. Sapere che Emelie era riuscita a
conoscerli, lo faceva sentire incredibilmente meglio e le era grato di
non averli coinvolti nella sua ricerca. Perdere un figlio è
terribile, ma la verità sarebbe stata ancora peggio.
-
Sei poi rimasta a vivere a Shelbyville? – le
domandò in seguito.
-
No, mi
sono trasferita a Washington. Sapevo che Howard Stark risiedeva
lì e pensavo che mi avrebbe potuto aiutare – disse
la
ragazza con un sorriso.
- Howard... - ripetè James poco
convinto dal
ricordo che aveva del magnate - e sei riuscita ad incontrarlo? -
- Meglio! Cercando lui ho incontrato Peggy ad
Hollywood,
durante una festa... in piscina, ma meglio evitare i dettagli -
raccontò Emelie, aggrottando le sopracciglia al ricordo
della
moltitudine di ragazze in bikini che si aggiravano quel
giorno.
Maria aveva avuto una grande pazienza con lui...
-
Quella
Peggy? – esclamò James quasi incredulo.
-
Proprio
lei – rispose la ragazza come se
fosse stata la cosa più ovvia del mondo
– E'
l’unica persona con cui mi sono confidata sulla mia reale
identità, oltre a Nomura-san ovviamente.. Ed
è stata sempre lei a convincermi ad aiutarla a fondare lo
S.H.I.E.L.D. e a darmi l'opportunità di arrivare a te. Ci
sono
voluti molti anni, ma alla fine ci
sono riuscita – disse.
-
Ti sarai dovuta… "trasferire" altre volte, giusto?
– domandò il ragazzo.
-
Solo due
per la verità… Nomura-san, come ti ho
già detto,
faceva parte dello S.H.I.E.L.D. ed è stato il mio medico per
tutti
questi anni. - gli spiegò - Abbiamo scoperto molto poco
sulle mie capacità ad essere
sinceri.. Posso occupare solo corpi vivi e
li posso abbandonare solo se questi muoiono… -
spiegò Emelie in poche parole.
-
E se non dovessi trovare un ospite in tempi brevi?
– la interrogò James.
-
Penso che
il mio spirito si dissolverebbe come tutti gli altri.. Non ho mai
voluto fare test per accertarmene e le uniche due volte nelle quali mi
sono “spostata”, l’ho fatto su persone in
coma che non avevano alcun parente che potesse occuparsi di
loro. Non prenderò mai più la vita di una persona
per salvare la mia – rispose adombrandosi.
-
Scusa, ti ho fatto una domanda stupida – disse il
ragazzo costernato.
-
Non ti
preoccupare, me ne hai fatte di peggiori – disse lei
divertita,
alzandosi per portare la tazza nell’acquaio.
-
E come sei finita in Giappone? – le chiese ancora
James dalla sala da pranzo.
-
Quando
Peggy iniziò a manifestare i primi segni dell'Alzheimer,
abbiamo
dovuto pensare ad un piano b… Così
lasciai lo
S.H.I.E.L.D., diventai Leanne e, con l’aiuto di Nomura-san,
mi
trasferii
qui. Sua moglie era già morta da diverso tempo e lui si era
ritirato nel tempio – rispose la ragazza mentre lavava.
-
Come mai hai deciso di venire proprio qui? –
-
Principalmente perché avevo capito che se volevo
riportarti indietro, mi sarei dovuta concentrare solo su quello
e
avevo bisogno di calma e tranquillità per studiare le mosse
da
fare per rintracciarti; senza contare che nel caso in cui avessi dovuto
tenerti
testa, avrei avuto bisogno di un addestramento un po’
più
specifico – spiegò, asciugandosi le mani in un
canovaccio.
-
Hai passato tutto questo tempo a cercarmi.. –
Emelie
sentì la
presenza di James alle proprie spalle e
facendo un passo indietro, si appoggiò al petto ragazzo.
-
E'
stato difficile.. HYDRA non ha mai lasciato indizi e non
sapevamo dove e quando saresti comparso, eri come un fantasma.. -
raccontò - Solo
dopo gli eventi di New York, e con il ritorno di Steven,
c’è
stato uno spiraglio a cui aggrapparsi – spiegò la
ragazza
– Ti avrei cercato per altri cento anni se fosse stato
necessario
– aggiunse con fervore voltandosi a guardarlo, il corpo
incastrato tra quello del ragazzo e il lavabo della cucina.
-
Come ho fatto a non riconoscerti prima? –
mormorò lui osservandola.
-
Forse per
via del fatto che non sono più la Emelie degli anni '40
–
replicò lei facendo un movimento circolare con l'indice
davanti
al proprio viso.
-
I gesti,
i sentimenti.. sono cose che non cambiano solo perché
l’aspetto è diverso. Tu sei e sarai sempre Elie
–
ribattè James chinandosi verso di lei e baciandola.
Il bacio,
dapprima dolce e lieve,
divenne sempre più urgente, più smanioso.
Racchiudeva
dentro di sé tutti quegli anni di lontananza e tutto
ciò
che non c’era potuto essere.
Approfittando
della
necessità di
dover riprendere fiato e prima che James tornasse prepotentemente
a reclamare la sua bocca, Emelie riuscì
a sfilare la maglia del
ragazzo assieme alla propria. Le
mani della giovane presero a vagare lungo la colonna vertebrale del
soldato, assaggiando i muscoli allenati e la miriade di cicatrici che
davano memoria della sua vita difficile.
D’altro canto, James,
teneva ferma la destra sulla sua vita lasciando invece inerte il
braccio bionico. Fu Leanne, ad
afferrargli la mano sinistra e a
portarsela al petto, fremendo sotto il freddo del metallo. James si
fermò, improvvisamente restio.
-
Non mi da
fastidio, non me ne ha mai dato – gli sussurrò la
ragazza a fior di labbra per
poi mordergli piano il labbro inferiore.
Come se la cosa
avesse dato un'improvvisa scossa al giovane, James la
afferrò saldamente per i fianchi
tirandola su. Emelie, si aggrappò alle sue spalle ampie e
incrociò le gambe dietro la sua schiena. Con i bacini
così a contatto, c’erano pochi dubbi su dove
sarebbe
proseguita la loro serata. Senza mai lasciarla,
James salì verso le camere.
Per quella sera lasciarono tutti i loro problemi al piano di sotto.
Chief's
room:
Buon pomeriggio a
tutti ^^
James ed Emelie si
sono ritrovati
ed è arrivato il momento di alcune spiegazioni. So che
alcuni di
voi si erano immaginati scenari molto più dinamici sulla spiegazione del
presunto assassinio compiuto da Leanne, quindi spero di non avervi
deluso ^^"
Volevo che fosse un
modo per
accumunare i due ragazzi; entrambi infatti, si ritengono responsabili
di qualcosa che in realtà non è direttamente
colpa loro.
Ed è per questo che, al commento di Emelie sul fatto che
probabilmente se fosse morta quel giorno non sarebbe accaduto nulla,
James non finisce per consolarla, ma la capisce, che è una
cosa
ancora più profonda.
I trascorsi sulla
famiglia di
Bucky ovviamente sono completamente inventati a scopo della trama,
mentre per quanto riguarda la festa dove Emelie ha incontrato Peggy,
essa è ripresa direttamente dalla seconda stagione della serie Agent Carter.
Spero di essere
stata
sufficientemente chiara su quello che ho spiegato, in caso contrario
sono disponibile a qualsiasi chiarimento ^^
Il prossimo capitolo
getterà le basi per il ritorno all'azione e per inoltrarsi
nell'arco narrativo finale di questa storia.
Un grande
ringraziamento a tutti i silenziosi Lettori, alle mie recensiste le Howling
commandos
e a coloro che mi hanno inserita tra i preferiti (Bebba91), seguiti e ricordati.
A
presto bella gente!
Un
abbraccio,
Marta
|
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Capitolo 27 *** Cenere alla cenere ***
26.
James
aprì gli occhi
con un dolce peso sul petto. Emelie, con la testa appoggiata sulla sua
spalla e il braccio abbandonato sul suo sterno, dormiva profondamente.
Vedeva il profilo delle ciglia tremolare appena sotto il lieve respiro
che le alzava e abbassava il petto a contatto con il suo fianco.
Potrebbe
sembrare una banalità, ma al ragazzo pareva che
l’intero
corpo della giovane si sagomasse perfettamente al suo.
Avevano fatto l’amore altre due volte dopo la prima della
sera
precedente, e di
fatto doveva essere quasi ora di pranzo.. Alcuni temerari raggi di
sole,
sfidavano le spesse imposte danzando con la polvere dell'aria,
scontrandosi poi contro il chiaro tatami*.
Il soldato
accarezzò lievemente la spalla e il fianco scoperto di
Emelie con le dita
della mano metallica. Non avvertiva alcuna sensazione, né
tantomeno il calore della pelle di lei, ma
così poteva almeno avere la certezza che fosse
reale
e non solo il frutto della sua immaginazione.
La mano dell'albina si chiuse in un
pugno contro il suo petto, mentre un respiro un po’
più
profondo gli si infrangeva sul collo. Le gambe si mossero e la ragazza
gli si strinse addosso.
-
Buongiorno, – la salutò lui –
di nuovo... – aggiunse con un sorriso sghembo.
-
Giorno
– replicò lei, sorridendo contro la sua spalla e
stiracchiandosi – Sono tutta indolenzita –
commentò.
-
Non
fatico a crederci – le rispose James con una risata,
tirandola
sopra di sé con estrema semplicità.
Emelie si
accomodò sul
petto del ragazzo, appoggiando l’orecchio sul cuore e
ascoltandone il battito pacifico mentre James le accarezzava i capelli.
La giovane si sentiva sollevare e abbassare a ritmo con il respiro di
lui e non c’erano altri suoni ad attorniarla. Era un momento
perfetto.
-
Chi era Leanne? –
La domanda del
ragazzo fece sollevare il viso alla giovane. James le stava rivolgendo
uno sguardo di pura curiosità.
-
Era una
ragazza canadese – rispose allora, puntellandosi sui gomiti e
appoggiando il mento sui palmi – Aveva una bella famiglia, un
sacco di amici, e un cane di nome Bud – raccontò
mentre
James muoveva le dita sulla sua schiena ascoltandola – Ha
fatto
la capo cheerleader nel suo liceo e si è diplomata con buoni
voti;
sarebbe dovuta andare al college, voleva studiare legge –
proseguì e poi fece un sorriso amaro – Un giorno,
viaggiando in macchina con i suoi, sono stati coinvolti in un
incidente.. Lei
è entrata in coma, ed è rimasta
così per due anni prima che arrivassi io.. –
concluse.
-
Non sempre le cose vanno come dovrebbero –
commentò James guardando sopra di sé.
-
Mi sento quasi in colpa ad essere sopravvissuta… -
mormorò Emelie.
-
Se
è per questo anche io – replicò James
– Non
è stata un po’ appariscente come scelta?
– le
domandò subito dopo per cambiare discorso, scostandole un
ciuffo
bianco.
-
Non erano
così all’inizio – rispose la ragazza
– Come
per tutti gli esperimenti, non potevo essere perfetta al cento per
cento.. Nel giro di un paio di settimane diventano bianchi a
prescindere dal
colore che hanno all’inizio – disse con un mezzo
sorriso
divertito.
-
Comodo – ironizzò James.
-
Soprattutto quando devi tingerli o infilarti una parrucca in
testa – sbuffò Emelie – Ho cominciato a
lasciarli
del loro colore quando mi sono trasferita qui, i Giapponesi sanno farsi
i fatti loro come hai potuto notare – raccontò.
-
Yuki-chan – disse James con un sorriso.
-
Già, una perfetta ed immortale regina delle nevi
– ribattè lei arricciando il naso.
-
Non
è che la regina ha voglia di preparare qualcosa da mangiare?
Sto
morendo di fame - confessò il ragazzo con il solito sorriso
da
mascalzone.
-
Posso provarci – rispose Emelie.
Si protese a
lasciargli un
bacio a fior di labbra e si alzò, recuperò gli
slip e un maglione, e scese di sotto.
Quando James
la raggiunse, la casa era già pervasa da un buon profumo di
spezie. Il ragazzo si fermò sulla soglia della sala da
pranzo, guardando Emelie riempire un paio di ciotole con degli
spaghetti
in brodo fumanti. Le gambe nude spuntavano da sotto il maglione, e i
capelli erano arruffati e in disordine. Era semplicemente bellissima.
Il vecchio Bucky
l’avrebbe raggiunta, presa in braccio e
riportata in camera, ignorando la fame e il piatto caldo in tavola. Il
Soldato d’inverno no.
Dentro di lui,
dal giorno prima, convivevano queste due personalità
completamente in
contrapposizione tra loro. Sembrava che i suoi pensieri viaggiassero su
binari
paralleli senza incontrarsi mai e in un certo senso, capiva bene come
si
sentisse Emelie quando diceva che le persone alle quali aveva preso il
corpo sopravvivevano dentro di lei come entità distinte. Lui
si
sentiva nello stesso modo.
-
Smettila di pensare e vieni a sederti –
La voce della
ragazza lo riportò alla realtà.
-
Era così evidente? – chiese lui,
prendendo posto di fronte a lei.
-
Corrughi
appena la fronte quando stai ragionando, lo facevi anche allora
–
rispose Emelie picchiettandosi il punto tra le sopracciglia con
l'indice.
-
Non siamo più le stesse persone di una volta..
– disse James dopo un attimo di silenzio.
-
No e non lo saremo più –
replicò la ragazza iniziando a mangiare.
Non
c’era nessuna emozione particolare in quella frase, era solo
un dato di fatto.
-
Ma so
che ti amo ed è l’unica cosa a non essere mutata
nel
tempo – aggiunse poi, guardandolo dritto negli occhi.
-
Mi basta
questo, tutto il resto non conta – affermò James,
citando la stessa frase pronunciata molto tempo prima.
-
Vale lo stesso per me – disse Emelie sorridendogli
con calore.
Durante il
pranzo, la ragazza
espresse il desiderio di salire fino al tempio per avvisare il suo
maestro del traguardo raggiunto e James non potè che essere
d’accordo. Quell’uomo aveva in qualche modo
vegliato su di
lei per tutto quel tempo; se erano
arrivati fino a lì, lo dovevano anche a lui.
Dopo aver fatto
un bagno (durato un po’ più del previsto), i due
ragazzi si
incamminarono per il sentiero innevato fino a raggiungere il tempio
nascosto sulla cima. Una volta arrivati, trovarono il signor Nomura
intento a
liberare il cortile dalla neve in eccesso, che non appena li vide si
fermò, osservandoli attentamente.
-
Ci sei
riuscita – esordì semplicemente, aprendosi in un
sorriso e
accogliendo Emelie tra le braccia – Entrate a prendere un
tè, avanti – li invitò precedendoli
all’interno della sua casa.
La prima volta
che erano
stati lì, era tutto ancora avvolto nella nebbia,
c’era
molto da fare e la loro strada era solo all’inizio. Quante
cose
erano cambiate.
-
E
così, ora ti ricordi tutto – esordì
Nomura finendo
di versare il tè nella sua tazza.
-
Ogni cosa.
– asserì James guardando brevemente Emelie
– Vorrei solo
non averci impiegato così tanto tempo... –
aggiunse
amareggiato.
-
La mente
richiede molto tempo per guarire, più di quanto ne abbia
bisogno
il corpo – disse l’anziano – e non credo
nemmeno che
sia già finita – aggiunse.
-
No,
è vero.. – concordò il ragazzo
– sto ancora
facendo i conti con quello che ho fatto – disse -
volontariamente
o meno che fosse – concluse, anticipando le proteste che si
erano formate
negli occhi di Emelie.
-
La via
del perdono è lunga, ma alla fine arriva per tutti
–
commentò l'anziano con un sorriso triste.
-
Elie mi
ha raccontato di quello che le è successo – disse
James
– sono dispiaciuto per le sue perdite –
-
Quando abbiamo perso Tsubaki**,
mia moglie non si è più ripresa... Eravamo... Ero
talmente preso dal lavoro allo S.H.I.E.L.D., da non aver dato il giusto
peso alla famiglia – raccontò mestamente
– Quando
conobbi Leanne, o meglio, Kat – disse, riferendosi
al nome che la ragazza portava a quel tempo – Ho deciso di
aiutarla.. Io avevo sprecato il mio tempo, a lei invece era
stato rubato. Non potevo cambiare il mio passato, ma potevo aiutare voi
ad avere un futuro - affermò con un luccichio determinato
dietro
gli occhi neri.
Emelie non
sapeva come
esprimere la propria gratitudine. Sapeva quanto dolore avesse dovuto
sopportare e quando si sentisse responsabile di quella
felicità
perduta, lo aveva visto con i propri occhi. La signora Nomura era una
donna gentile e un’agente brillante, vederla spegnersi a quel
modo
era stato devastante. Il dolore iniziale si era attenuato, sostituito
dall'amaro dei ricordi, ma non si era mai del tutto spento, e spesso lo
si poteva leggere negli occhi del Giapponese. Aveva fatto tutto
ciò
che gli era possibile per aiutarla e le aveva insegnato tutto
ciò che sapeva. Senza la sua guida e i suoi consigli, quando
Peggy si era ammalata, non avrebbe fatto molta strada da sola.
-
Non so davvero come ringraziarla Nomura-san, per essersi
preso
cura di Elie in mia assenza e di averci aiutati ad essere qui oggi
– inaspettatamente fu James a prendere la parola,
inchinandosi fin
quasi a toccare il pavimento con la fronte.
La ragazza
guardò
brevemente il suo maestro, cercando di trasmettergli tramite gli occhi
tutto quello che non riusciva ad esprimere a parole e poi
imitò
James, chinandosi anch’essa.
-
Grazie a
voi per avermi concesso la possibilità di vedervi assieme
– replicò l’uomo abbassando il capo
– Ma ora,
quali sono i vostri piani? – domandò quando
tornarono a
sedersi.
-
Elie ha proposto di contattare il capitano Rogers –
rispose James.
-
Credo che
adesso possa darci una mano concreta e poi… non trovo
giusto tenerlo all’oscuro dei fatti. So che lo sta cercando
dall’episodio del Triskelion ed è ora che
raggiunga il suo
scopo – spiegò la ragazza annuendo.
-
Non ho
avuto la fortuna di conoscere il Capitano di persona, ma sono
più che sicuro che tu abbia valutato attentamente la
situazione
– replicò l'anziano guardando la sua allieva.
-
Come lei mi ha sempre insegnato a fare, sensei –
disse Emelie con un sorriso.
-
Sei
sempre stata un’ottima adulatrice Yuki-chan –
ribattè divertito l'uomo – In tutti i casi sono
d’accordo con la tua decisione. Per quanto sia isolato e
sicuro
questo posto, HYDRA possiede mezzi e spie che noi non possiamo
neppure immaginare – proseguì tornando serio.
-
No,
infatti – disse James prendendo la parola – Ora
più
che mai, mi rendo conto che siete tutti esposti ad un pericolo ben
maggiore di quanto pensassi… per questo preferiremmo non
aspettare il disgelo – spiegò il ragazzo.
Nomura si
passò una
mano in viso. Lo addolorava sapere che i due ragazzi se ne sarebbero
andati. In qualche modo saperli al villaggio, gli aveva risollevato lo
spirito, ma quello che James aveva detto era vero: nessuno degli
abitanti di quel luogo meritava di essere vittima di quella vicenda.
-
Penso di
potervi facilitare il compito di contattare il Capitano. Avevo
già chiesto a Peggy di assicurarmi un
modo per poterlo rintracciare in caso di necessità
– disse
l’uomo sorprendendo i due ragazzi.
-
Sul serio? – esclamò Emelie e Nomura
annuì.
-
C’è un telefono satellitare, dotato di
una linea non tracciabile, nascosto nel tempio; era lì per
ogni
evenienza, ma credo che sia ora di tirarlo fuori –
raccontò
alzandosi.
-
Sta nevicando? –
Emelie si
voltò verso James che guardava fuori con la fronte
aggrottata.
-
Non
c’era una nuvola quando siamo arrivati, non è
possibile
che…- la ragazza si interruppe bruscamente, aprendo di
scatto la
parete scorrevole e uscendo all’esterno.
Corse verso lo
spiazzo antistante il tempio, incurante dei richiami da parte di James.
-
Cosa succede? – le chiese lui quando la raggiunse.
-
Questa
non è neve… - rispose la ragazza con la voce che
tremava,
sfregando il pollice e l’indice insieme – E'
cenere.. – disse, mostrando la pelle annerita.
James,
d’istinto
alzò gli occhi al cielo. Nella notte, uno strano bagliore si
rifletteva sulla volta, oscurando la miriade di stelle che osservavano
dall’alto. Un suono lontano e ritmico gli arrivò
all’improvviso, portato dal cambio di vento che ora soffiava
nella
loro direzione.
-
Questo
è il rumore di un elicottero.. – disse, tornando a
guardare Emelie che sbiancò all’improvviso.
-
Ci hanno trovati.. – sussurrò lei
agghiacciata.
-
Presto! Da questa parte! –
Entrambi si
voltarono a guardare il signor Nomura che fece loro segno di
seguirlo.
* Tipico
rivestimento del pavimento nelle case Giapponesi in paglia di riso
**
Tsubaki=Camelia
Chief's room:
Buongiorno
a tutti!
E' proprio il caso
di dire dalle stelle alle stalle! Si preparano tempi difficili per la
nostra coppia appena ritrovatasi, HYDRA è arrivata e
porterà con sè non poche sorprese!
Spero che abbiate
apprezzato l'excursus su Leanne; so che alcuni di voi avevano
immaginato che fosse un ex agente, ma io ho optato per una storia molto
più tanquilla anche se non meno triste.
La storia dello
"sbiancamento" dei capelli ha un suo perchè oltre al fatto
che io volevo una protagonista che li avesse xD Ho pensato che potesse
essere l'indicatore di quanto sia realmente vecchia Emelie, una specie
di promemoria della sua età. Almeno non possono diventarle
bianchi dopo che vedrà quello che deve succedere...
*battutaccia*
Un sentito
ringraziamento ai Lettori,
alle recensiste Howling
commandos e a chi mi ha inserita tra le fic seguite, ricordate e preferite.
Un
grande abbraccio,
Marta
p.s. le
risposte alle recensioni potrebbero subire un leggero ritardo, scusate.
|
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Capitolo 28 *** Fiamme e devastazione ***
27
-
Avevo tenuto queste per ogni evenienza –
Il signor Nomura
accompagnò le proprie parole sollevando il tatami del
tempio. Sotto di
esso, in appositi spazi, erano sistemate diverse pistole
automatiche,
alcuni coltelli e una lunga katana. Passò ai due ragazzi le
varie armi, tenendo
per sé soltanto la katana; non aveva mai usato altro.
-
Tieni
Elie – James, allungò un paio di coltelli e una
pistola
alla ragazza, ma vedendo che non rispondeva si girò a
guardarla.
La giovane
fissava un punto imprecisato sulla parete di fronte, senza ovviamente
vederlo.
-
Elie – la chiamò il ragazzo.
-
Eh?
– gli rispose finalmente lei riscuotendosi – Ah
scusami…
- aggiunse, afferrando ciò che James le porgeva.
-
Stai bene? – le chiese il soldato.
-
Sono.. preoccupata – minimizzò lei.
In
realtà, Emelie era
terrorizzata. Se davvero c’era HYDRA di mezzo, non sarebbe
stata una cosa semplice… senza vittime. L’idea di
aver
portato scompiglio e pericolo nella tranquilla vita degli abitanti del
villaggio, che tanto avevano fatto per lei, le dava un senso di
nausea e di vertigine.
Che cosa aveva
fatto?
-
Emelie! –
Il duro richiamo
di Nomura la fece tornare in sé; non si era minimamente
accorta di
essersi di nuovo assentata mentalmente.
-
Tieni a
bada i sensi di colpa, o ti distrarranno. Non ti ho insegnato niente in
tutti questi anni? – la rimproverò lui.
-
Ha ragione.. mi scuso – rispose lei affranta.
Il vecchio la osservò per un attimo con quell'espressione
angustiata che le scavava qualche
ruga in più di quanto le concedesse la sua apparente giovane
età. Dopo tanto tempo da che ci conoscevano continuava a
darle
del lei.. alla fine era cambiata molto poco.
-
Se ti
può consolare, tutti quanti al villaggio erano a conoscenza
della
tua reale identità, e sono stati tutti d’accordo
nell’accoglierti,
così come avevano fatto con mia moglie e me. Quindi nessuno
di
loro era inconsapevole dell'eventuale pericolo –
confessò l'uomo.
-
Lo sapevano? – domandò Emelie allibita.
-
Sì,
ed è quindi tuo dovere concentrarti e agire al meglio delle
tua
capacità – replicò l’anziano.
-
Certo – rispose con decisione la ragazza.
-
Andiamo allora – aggiunse James portandosi in testa
al gruppo.
Evitando il
sentiero
principale, scesero a valle passando dal folto del bosco. L'ambiente
non era buio, complice il riflesso della luna sulla neve fresca, quindi
raggiungere il limitare della foresta non fu difficile. In tutti i
casi, quando arrivarono, c'era già un'altra potente fonte di
luce ad illuminare i dintorni... Qualcosa che
bruciava lì vicino…
Emelie si arrestò
improvvisamente in mezzo alla neve, poi iniziò a correre.
-
Elie!- la chiamò James, ma lei parve non
ascoltarlo, scomparendo oltre la linea degli alberi.
Sia il ragazzo
che il signor Nomura la seguirono, capendo ben presto cosa avesse
allarmato tanto la giovane..
Emelie era
ferma, negli occhi spalancati si riflettevano le fiamme che
stavano divorando la sua casa. La ragazza, poteva quasi udire i suoi
ricordi bruciare e il crepitio del suo amato libro mentre le pagine si
incenerivano. Non aveva più nulla che testimoniasse che
"Emelie"
una volta era vissuta…
-
Eme…- cominciò James, avvicinandosi
incerto a lei.
-
Per
fortuna hanno dato fuoco solo alla mia.. – disse la ragazza
interrompendolo – Sto bene - lo rassicurò decisa
guardandolo – Mi dispiace sensei…-
aggiunse poi,
rivolgendosi a Nomura.
-
Non
sarà questo a cancellare il ricordo di mia moglie
–
replicò l’anziano imperturbabile.
Emelie
respirò a
fondo, poi volse le spalle alla propria abitazione e si
guardò
intorno. Se si toglieva il rumore del legno in fiamme, tutto
era silenzioso e immobile; le luci delle case tutte
spente. L’unico punto luce, oltre all’incendio,
proveniva dal
centro del villaggio, in prossimità del capannone per le
scorte
alimentari che aveva ospitato poche sere prima la festa
d’inverno.
-
Ci stanno aspettando – mormorò cupo
James.
La ragazza lo
guardò con la coda dell'occhio; non lo aveva più
visto sotto quell’aspetto
dalla prima volta che si erano incontrati a Washington. Quello che
rimaneva del Soldato d’inverno stava tornando a fare
capolino.
-
Sì, anche secondo me –
replicò lei.
-
L'avvertimento era rivolto a voi due. Qualsiasi siano le
loro intenzioni, vogliono che usciate allo scoperto – disse
il
signor Nomura con la luce dell'incendio che ne accentuava le rughe in
uno strano gioco di ombre.
-
Non
possiamo evitarlo.. nelle case non c'è nessuno,
ciò vuol
dire che devono aver portato tutti quanti al capannone –
ragionò il
ragazzo.
-
Procediamo con una formazione a triangolo? – chiese
Emelie osservando le
strade deserte – Se ci sono dei cecchini appostati abbiamo
bisogno di avere occhi su ogni lato –
-
No,
– la interruppe James – non
c’è nessuno
appostato, ci stanno aspettando esattamente al centro del villaggio. -
disse - Non hanno bisogno di tenderci un’imboscata, hanno il
coltello
dalla parte del manico.. – spiegò con voce tetra.
-
Come fai ad esserne sicuro? – ribattè
Emelie.
-
Ho lavorato per… con quella gente per molto tempo,
so come ragionano – rispose il ragazzo.
-
Scusami - disse la giovane, ma James le fece cenno di non
preoccuparsi.
In
realtà apprezzava il fatto che lei si scordasse che razza di
persona fosse stato.
-
Come consigli di procedere allora? – gli chiese il
signor Nomura.
-
Dividiamoci: uno prosegua frontalmente e gli altri facciano
il giro
e convergano dai lati. In questo modo sarà possibile trovare
un'apertura. Se siamo fortunati potrebbero
perfino non sapere che lei è assieme a noi –
rispose
il soldato guardando l’anziano, che annuì
trovandosi d'accordo.
-
Procederò da sinistra – disse Emelie.
-
Bene, allora io da destra. Signor Nomura per lei va bene?
– domandò James.
-
Sì, ma siate prudenti, entrambi – si
accommiatò lui prima di confondersi tra le ombre.
Emelie si
avvicinò a James e gli prese il viso tra le mani.
-
Non fare niente di avventato, intesi? –
gli disse con una lunga occhiata.
-
Mi conosci – rispose il giovane.
-
Appunto per questo lo dico – replicò lei
con un mezzo sorriso.
-
Stai tranquilla – la rassicurò lui
dandole un buffetto sulla guancia.
-
A dopo –
La ragazza gli
diede un
leggero bacio sulle labbra e si
allontanò velocemente verso la direzione che aveva scelto.
Costeggiò il limitare ombroso della foresta, per raggiungere
il
riparo più vicino. Prima di inoltrarsi tra le case, tolse la
sicura caricando un colpo in canna, respirò un paio di volte
per
calmarsi, e quando la sua mente trovò
quell’equilibrio che
il suo maestro le aveva insegnato, fu pronta ad agire.
Muovendosi con cautela
per non spezzare il silenzio tombale che regnava nell’aria,
passò di copertura in copertura, avvicinandosi sempre di
più al capannone. Lì, lo spazio veniva illuminato
dai fari
alogeni di tre elicotteri Kamov Ka-50 modificati. Una decina di
militari in tuta mimetica
nera, se ne stavano vicino ai velivoli, Ak-47 alla mano. Nessuno pareva
particolarmente attento ai dintorni e questo, abbinato al numero esiguo
di uomini, la diceva lunga sulla sicurezza di HYDRA nei loro
confronti. Non c'era segno degli ostaggi, ma le finestre sul tetto del
deposito erano illuminate: dovevano per forza essere
lì dentro. La ragazza si
guardò
intorno, cercando segni del signor Nomura e di James, senza
però riuscire ad individuarli. Si fermò quindi a
ragionare sul da farsi.
Se fosse riuscita ad aggirare gli elicotteri e a raggiungere il
capannone, avrebbe potuto dare un’occhiata
all’interno e
magari escogitare un piano per non mettere a repentaglio la vita degli
ostaggi.
“Se
solo riuscissi a
comunicare con Nomura-san e James… Aggirarli non
sarà difficile, devo solo me…”
-
Smettetela di fare progetti lì nascosti nel buio!
E’
inutile e soprattutto controproducente. –
I pensieri di
Emelie si
congelarono all’istante, come se qualcuno l'avesse immersa
nell'azoto liquido; perchè non
poteva essere vero…
-
Ok… allora posso passare direttamente ad elencare
i motivi per i quali
non vi conviene fare niente di avventato? –
Emelie osservò una
figura uscire dall’ombra di uno dei grandi elicotteri. Alto,
capelli biondi e occhi grigio ferro, anche se da lì non
poteva
vederli. Ma lo sapeva… avrebbe riconosciuto suo fratello fra
mille altre persone. Non era cambiato di una virgola dal 1945 e sarebbe
dovuto essere morto. Aveva sempre sperato che lo fosse.
-
Se non vi
consegnate spontaneamente la questione è la seguente: nel
capannone sono rinchiuse quelle così gentili persone che vi
hanno ospitati, e vorrei farvi
notare che la struttura è in puro legno di abete.. il che lo
rende un ottimo combustibile. Il resto ve lo lascio
immaginare
–
spiegò, perfettamente a proprio agio e con le mani dietro la
schiena.
La ragazza, era
talmente tanto
confusa e scioccata da quella improvvisa apparizione che credeva
cancellata per sempre, che non riusciva neppure a pensare al da
farsi.
“Ragiona Emelie… Calmati e
ragiona…” si disse, cercando di scacciare i
ricordi che le stavano riaffiorando nella mente, ma la voce di suo
fratello non glielo permetteva.
-
Giusto!
– esclamò nel frattempo Rheinoldt come se si fosse
improvvisamente ricordato di
una cosa importante – Volete avere una prova che io non
menta! – detto questo fece un breve cenno con la mano.
La porta del
capannone venne aperta e un soldato ne uscì trascinandosi
dietro una figura recalcitrante.
-
Yuki-nee!! –
Quell’unico
urlo diede
il colpo finale ad Emelie, che dovette premere con forza la fronte
contro la fredda parete che le fungeva da riparo, per trovare qualcosa
di concreto al quale aggrapparsi.
-
Può bastare – sentenziò
Rheinoldt mentre la
bambina continuava a gridare – Avanti, dovrò mica
cominciare con il conto alla rovescia? Quelle cose
succedono solo nei film! – aggiunse esasperato quando
l'ostaggio fu di nuovo al suo posto.
Sapendo bene con
chi avevano
a che fare e senza avere un piano di riserva, Emelie e James uscirono
allo scoperto esattamente nello
stesso momento.
-
Finalmente! La mia cara sorellina e il nostro fondamentale
Sergente Barnes, al quale sono tornati i ricordi se non erro
– li
accolse gioioso l’uomo – Emelie hai fatto un lavoro
magnifico con lui, di nuovo. – aggiunse rivolgendosi
direttamente alla giovane.
-
Tu
dovresti essere polvere ormai…- replicò lei a
denti
stretti mentre cercava, senza farsi notare, di individuare Nomura.
-
Hai
perfettamente ragione! Mentre ve lo spiego, sareste così
gentili
da depositare a terra le vostre armi e da allontanarle da voi?
–
domandò retoricamente.
Emelie diede una
veloce
occhiata a James, che imperturbabile si chinò lentamente a
posare
pistola e coltelli. Non le rimasi quindi altro da fare che imitarlo
intanto che Rheinoldt proseguiva a parlare.
-
Nostro
padre aveva scoperto un particolare gas che, una volta inalato, era
in grado di prolungare la vita di chiunque. Ovviamente era stato ideato
per il Fuhrer, ma alla fine è servito più a me
che non a
lui, visto com’è finito… -
raccontò
l’uomo scuotendo la testa – Lo stesso gas
è stato usato per gli
esperimenti condotti su di te. Non sai la sorpresa e la gioia nello
scoprire che, a distanza di sessant’anni, tu non eri affatto
morta!
– disse con enfasi.
La ragazza si
sentì vacillare a sapere da quanto tempo fosse
già nel mirino di HYDRA.
-
Se eri a
conoscenza del fatto che fosse viva, per quale motivo sei uscito allo
scoperto solo adesso? – gli domandò James.
Quando era
arrabbiato il suo tono di voce calava di parecchie ottave, diventando
quasi un ringhio.
-
Sfortunatamente negli ultimi tempi ho dovuto ricorrere anche
io
all’ibernazione; il mio corpo si sta assuefacendo al gas, e
la sua
durata si riduce sempre di più – spiegò
Rheinoldt – Senza contare che dopo gli eventi di Washington,
avevamo anche bisogno di recuperare il nostro miglior
soldato. Ha lasciato un posto vuoto molto importante, lo sa sergente
Barnes?
– disse con un sospiro.
-
Avresti dovuto fare meglio i tuoi calcoli –
replicò Emelie.
-
Effettivamente ho preso con un po’ troppa
leggerezza la
questione.. – convenne l’uomo – Abbiamo
impiegato
diverso tempo, troppo a dire la verità, per ritrovare le tue
tracce.. Soprattutto da quando hai lasciato gli
Stati Uniti per venire a rintanarti in questo posto sperduto.
Fortunatamente ti sei fatta viva tu! – disse con sollievo
– Ma ora bando
ai convenevoli! Credo che la situazione vi sia piuttosto chiara -
commentò conciliante.
Gli uomini che
accompagnavano lo scienziato imbracciarono i fucili, disponendosi in
cerchio attorno a loro.
Uno di questi si
avvicinò a Emelie, puntandole la canna del fucile contro la
schiena.
-
Non riesco ancora a vederti in queste vesti –
Rheinoldt si
avvicinò, squadrando la ragazza con occhio clinico.
-
Ma avremo
modo di rimediare.. Non vedo davvero l’ora di ricominciare!
–
aggiunse con un sorriso soddisfatto e lascivo.
Se Emelie non
fosse stata sotto tiro e non ci fossero stati degli ostaggi, James
avrebbe potuto agevolmente mettere al
tappeto i tre uomini che lo tenevano sotto tiro... Era anche sicuro che
Rheinoldt lo stesse provocando apposta.
Nonostante
questo,
sentì comunque il sangue andargli alla testa nel vederlo di
nuovo così vicino a lei. Anche per il ragazzo era stata una
brutta sorpresa saperlo ancora vivo, come Emelie lo credeva morto dalla
fine del conflitto.
-
Se pensi
che io sia la stessa ragazza che era tua prigioniera un tempo, ti
sbagli
di grosso… - sibilò la ragazza guardandolo dritto
negli
occhi – Te lo giuro, fratello,
– sottolineò l’ultima parola con un tale
sarcasmo, da renderlo quasi palpabile – alla prima
occasione, anche se dovesse costarmi la vita per sempre, io ti
ucciderò e cancellerò la tua ignobile e depravata
esistenza da questo mondo – sentenziò con un
sorriso
feroce.
Rheinoldt rimase
a fissarla,
senza dare nota di aver sentito o meno quelle parole e poi, senza alcun
preavviso, come aveva fatto
l’ultimo giorno che si erano visti nel laboratorio cinque,
estrasse di
scatto la pistola e la puntò contro la ragazza.
Quando il colpo esplose, Emelie sentì la pallottola
sfiorarle l’orecchio per superarla. Nello stesso momento,
James
reagì, atterrando le guardie che lo tenevano sotto tiro, per
poi
crollare a terra immobilizzato da un terribile dolore al braccio
sinistro.
-
E'
stato un bene non rimuovere il circuito elettrico della protesi
–
commentò Rheinoldt – e lei, Agente Nomura, le pare
che non
me ne sarei accorto? –
Emelie, che era
rimasta immobile a fissare davanti a sé la canna della
pistola ancora
fumante, e vincendo contro le gambe che erano sul punto di cedere, si
voltò.
Il soldato in
uniforme che
prima la teneva sotto tiro, ora aveva lasciato andare il proprio fucile
per comprimersi il torace. A terra splendeva la lama di una lunga
katana.
-
No!
– gridò la ragazza, capendo la situazione e
affrettandosi
a sostenere l’uomo che aveva preso a barcollare.
Quando gli tolse
il casco, sotto di esso comparve il viso sudato e sofferente del suo
maestro.
Emelie premette
la mano
contro il foro di entrata della pallottola nel tentativo di fermare il
sangue che stava tingendo la neve di rosso.
-
Sensei! Sensei! Resista, resti sveglio! – lo
pregò la giovane.
-
Non.. pensare a me.. dev.. fermalo –
mormorò l’anziano con il fiato spezzato.
Emelie
tornò a
concentrarsi sul fratello, che una volta riposta la pistola, aveva
estratto dalla tasca della sua divisa militare un piccolo telecomando.
James era ancora a terra, la scarica elettrica lo aveva stordito al
punto da fargli perdere il controllo dei nervi periferici.
Impossibilitato a muoversi, fissava sofferente la scena, sollevando con
il respiro pesante la neve farinosa che aveva davanti al viso.
-
Tu sarai
cambiata cara sorella.. Io invece credo di essere rimasto uguale ad un
tempo – disse con un ghigno crudele prima di premere il
bottone.
Con un boato, il
capannone
esplode prendendo fuoco. La luce improvvisa si riflettè
negli
occhi sgranati per l’orrore di Emelie e le sembrò
di udire delle urla di bambina levarsi nell’aria. Il suo mondo era stato
devastato ancora una volta…
Un’altra
luce
scintillante catturò all'improvviso l’attenzione
della ragazza che,
poggiato in terra il suo maestro esanime, raccolse la katana e si
lanciò con un urlo contro lo scienziato.
Menò
un fendente
dall’alto che Rheinoldt schivò scartando di lato,
allora
la ragazza ruotò su sé stessa per prendere
potenza e
cercò un affondo laterale, che intaccò appena la
stoffa
rinforzata dell’uniforme.
Emelie cambiò presa,
lasciò che la parte non affilata della lama si appoggiasse
al suo avambraccio e fece ruotare la spada verso il
punto vulnerabile tra la spalla e il collo dell’uomo, che
però si abbassò.
Invece di
ruotare di
trecentosessanta gradi, puntò il piede per fermare la
rotazione, e
levata in alto la katana con entrambe le mani, la calò
dall’alto. Rheinoldt usò la mano poggiata a terra
per
darsi una spinta all’indietro e ritrovarsi al di fuori del
raggio
d’azione della lama.
-
C’eri quasi sorellina – la
canzonò, più eccitato che preoccupato dallo
scontro.
Emelie
non aveva mai
combattuto contro suo fratello, ma doveva immaginarlo che fosse un
soldato più che ben addestrato. Aveva dalla sua una certa
rapidità e soprattutto il fisico allenato di un uomo adulto.
La
ragazza sicuramente non poteva competere in quanto a forza fisica con
lui, ma poteva batterlo sulla velocità. Senza badare
quindi alle parole dello scienziato, partì di nuovo
all’attacco.
Iniziò
a menare
fendenti veloci e precisi, poi improvvisamente cambiò
tattica, e
facendo perno sul piede, alzò la gamba per calciare.
Il suo colpo
venne nuovamente parato dall'avambraccio dell'uomo, ma questo le diede
l’opportunità di avere un’apertura.
Impugnata
saldamente la spada, descrisse un arco da terra fino al cielo, diretto
verso le sterno dell’uomo impossibilitato a scartare.
Rheinoldt
però, alzò la mano destra e afferrò la
lama prima
che lo riuscisse a toccare. La ragazza si sentì strappare la
spada dalle mani, e subito dopo venne afferrata per la gola e sollevata
da terra. La morsa che le serrava la trachea era troppo forte per
essere naturale.
-
Il
sergente Barnes non è l’unico ad aver usufruito di
protesi
metalliche... avresti dovuto pensarci, Emelie – sorrise
Rheinoldt
scaraventandola a terra.
Il colpo
mozzò quel
poco fiato che era rimasto a Emelie, che non ebbe nemmeno il tempo di
recuperarlo, ricevendo un calcio
dritto nello stomaco che la fece rotolare nelle neve. Gemendo di
dolore, venne afferrata di nuovo per il collo e tirata in piedi, un
pugno al fianco sinistro le fece letteralmente vedere le stelle.
Lottando per non perdere conoscenza, si aggrappò al braccio
di Rheinoldt,
che per scrollarsela di dosso la lanciò letteralmente per
aria.
Emelie ricadde diversi metri più in là, vicino al
capannone in fiamme. Nello stato di
confusione nel
quale versava, la ragazza sentiva il calore sulla schiena riversarsi ad
ondate portate dal vento. Cercò di rialzarsi, ma un calcio
sulla tempia la rimandò al tappeto. La pelle sottile si
squarciò, lasciando uno schizzo di sangue sulla neve fresca.
Emelie, con il
viso premuto a terra, guardava le scarpe di Rheinoldt a pochi
centimetri da lei.
-
Ho sempre
desiderato darti una simile lezione, – commentò
–
però avrei preferito non essere costretto a farlo
–
aggiunse quasi dispiaciuto.
Poco
più in là, James giaceva ancora riverso e
immobile.
Tutto quello che
avevano fatto, tutto quello che erano riusciti a riottenere era
scomparso per davvero…
Sarebbe
ricominciato tutto da
capo. Non era riuscita a salvare James,
né gli abitanti del villaggio e né tanto meno
Nomura...
La vista le si offuscò
a causa delle lacrime e l'ultima cosa che vide, prima che il buio
sopraggiungesse, fu una grande esplosione e delle grida.
Chief's
room:
Taratataaaan
taratataaaaan *musichetta da colpo di scena*
Buondì a
tutti!
In realtà
non posso parlare di colpo di scena, perchè era piuttosto
ovvio che il villain di questa vicenda fosse Rheinoldt e che un suo
ritorno fosse palese. Per altro è il capitolo che mi
è piaciuto di meno per come è venuto, non sono
granchè brava a destreggiarmi nei capitoli d'azione,
soprattutto se sono militari ^^"
Non per niente i
miei preferiti cono quelli introspettivi xD Spero comunque che il
"duello" sia sufficientemente chiaro.
Del famoso gas
prodotto da HYDRA vi avevo già accennato qualcosa in uno
scorso capitolo, ho semplicemente invertito i ruoli di Teschio rosso e
Rheinoldt, visto che in origine era il buon Johan ad usarlo per
mantenersi bello(???) e ciovane!
Che ne
sarà dei nostri eroi e di Nomura? Per saperlo vi rimando al
prossimo capitolo ;)
Un sentito
ringraziamento ai Lettori,
alle recensiste Howling
commandos e a coloro che mi hanno inserita tra i
preferiti, seguiti e ricordati (LollyCery13)!
Un
abbraccio a tutti,
Marta
|
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Capitolo 29 *** Sayonara ***
28.
Bip
bip
bip
bip
Quel suono
persistente
si insinuò come un tarlo nella mente di Emelie, strappandola
dall'oblio nel quale era caduta.
Mentre ancora ad occhi chiusi, la sua mente si riconnetteva al
presente, un flash dei suoi ultimi ricordi riaffiorò.
L’immagine di
Rheinoldt che torreggiava trionfante su di lei, le fece aprire gli
occhi di
colpo. La
ragazza si trovò
seduta su di un lettino ospedaliero, accanto a lei la macchina che le
monitorava il battito cardiaco, ebbe un’impennata. Confusa,
Emelie
si guardò intorno.
Era in una stanza senza finestre, illuminata
con alcuni pallidi neon; una flebo sostenuta da un treppiede di
metallo, gocciolava della fisiologica direttamente nel
suo braccio. Con
fare nervoso, la giovane
staccò sia l’ago che l’elettrodo
attaccato alla sua
pelle, interrompendo così quel fastidioso rumore. Qualcuno
l’aveva curata... il fianco e la testa erano
fasciate in bende sterili e in tutta la stanza, aleggiava
l’odore
tipico di un ospedale o di un laboratorio…
Alcune spiacevoli
scene del suo passato tornarono a galla e la spinsero a mettersi in
piedi. Indossava il tipico camice di carta, senza nient’altro
sotto e ovviamente lì in giro non c’era nessuno
dei suoi
effetti personali. Se davvero l’avevano riportata in una
delle
basi HYDRA,
la prima cosa che doveva fare era armarsi. Staccando il piedistallo e
la cima della flebo, ricavò un tubo di metallo abbastanza
resistente per fungere da manganello. Ne stava saggiando la
portabilità, quando una voce la sorprese.
-
Non ti muovere –
Il click di una
sicura che veniva tolta, accompagnò l'avvertimento.
-
Ora voltati molto lentamente e lascia…-
Emelie non fece
nessuna delle
due cose che le si stavano chiedendo. Senza permettere al suo
interlocutore di finire la frase, si voltò di scatto
abbassandosi per evitare la
canna della pistola. Lottando contro il dolore alla testa e al fianco,
con il tubo deviò il braccio teso dell’avversario,
lo
afferrò e, ruotando su sé stessa, lo
mandò a
sbattere contro il muro.
-
Cosa...!? –
Quell’esclamazione
alle
sue spalle, fece girare la ragazza già pronta a
colpire con la sua arma improvvisata. L'asta calò rapida sul
nuovo arrivato, che però l'afferrò
saldamente in una
morsa d’acciaio. Quando la ragazza vide
chi le stava di fronte rimase allibita.
-
Capitano
Rogers…- mormorò, osservando il ragazzo biondo in
giacca
di pelle, stagliarsi come un monumento davanti a lei – Grazie
al
cielo..- disse con un filo di voce, mentre le poche energie date
dall’adrenalina sparivano.
Il Capitano, la
afferrò giusto in tempo prima che crollasse a terra.
-
Vai a chiamare la dottoressa Cho! – disse
all’uomo che Emelie aveva atterrato.
-
No!
– la ragazza si rianimò, aggrappandosi alle
braccia del
ragazzo per sostenersi – Sto bene, voglio solo sapere
dov'è James – aggiunse subito dopo interrompendo
sul
nascere le proteste di Rogers.
Sul viso di
Steve si dipinse un’espressione cupa e desolata al contempo,
che faceva già presagire la risposta.
-
HYDRA lo ha portato via… - disse.
-
Dio
no… - mormorò Emelie, facendo un paio di passi
indietro
inorridita dalla notizia – Che cosa ho fatto..-
proseguì,
afferrandosi le braccia e
parlando più con sé stessa che con i presenti
–
Sono morti tutti per colpa mia.. Avrei dovuto chiamarti prima
–
disse,
guardando smarrita il ragazzo biondo che assunse un’aria
confusa.
-
Morti? - replicò lui senza capire.
- Se ti riferisci ai Giapponesi chiusi dentro il
capannone, loro stanno benissimo... a differenza mia –
Emelie si
voltò verso il ragazzo di colore che aveva aggredito, che il
quel
momento si massaggiava la nuca dolorante. Adesso che lo guardava bene,
lo aveva già visto di sfuggita
durante le operazioni al Triskelion, ma non sapeva nè chi
fosse,
né in che rapporti fosse con il capitano Rogers.
-
Com'è possibile? – gli
domandò lei basita.
-
Si sono
rifugiati in un bunker sotto l’edificio.
L’esplosione li ha
lasciati illesi – spiegò.
-
Non sapevo che esistesse un bunker.. –
replicò Emelie aggrottando le sopracciglia.
-
Penso sia opera del signor Nomura – rispose Steven.
-
Cosa? E' vivo? – esclamò la ragazza
sollevata.
-
Sì.. ho parlato con lui proprio pochi minuti fa,
è
nella camera qui a fianco – disse il ragazzo senza sapere
bene
come
continuare – Mi ha chiesto di mandarti da lui non appena ti
fossi
svegliata.. – aggiunse abbassando lo sguardo.
La ragazza
riconobbe bene
l’atteggiamento e il tono di chi stava cercando di comunicare
qualcosa di
spiacevole. Era lo stesso che lei usava in ospedale quando doveva
affrontare delle neo vedove di guerra.
Nomura sensei era vivo.. ma non lo sarebbe stato per
molto; questo è quello che dicevano le parole inespresse del
capitano Rogers.
-
Ti prego, accompagnami da lui – disse la ragazza.
Una volta che le
fu dato qualcosa per
coprirsi, sostenuta dal braccio di Steven, venne accompagnata
fino alla stanza del suo maestro.
L’uomo giaceva sdraiato sopra il lettino ospedaliero, accanto
a lui, un apparecchio monitorava le funzioni vitali e una
mascherina gli dava l’ossigeno che i polmoni ormai stanchi
necessitavano.
Una donna dai
lineamenti orientali venne loro incontro prima che entrassero nella
camera.
-
Non
dovrebbe alzarsi signorina Walsh, anzi, Steven non avrebbe dovuto farla
alzare – esordì con tono di rimprovero.
-
Mi sono
alzata di mia iniziativa e ho sopportato di peggio, dottoressa Cho
– replicò la ragazza ancora aggrappata al braccio
del
Capitano.
-
Mi conosce? – chiese Helen di rimando, leggermente
stupita.
-
Il suo
lavoro come genetista è conosciuto in tutto il mondo
–
rispose Emelie – Come sta? – chiese poi,
riferendosi al signor Nomura.
-
Il
proiettile ha perforato l’arteria succlavia.. la culla
è
riuscita a riparare i danni subiti ma.. -
-
Ma
l’emorragia è stata troppo forte e fermata troppo
tardi, e
la sua età non rende possibile un’adeguata
trasfusione
– concluse per lei Emelie.
-
S..sì, esatto – disse la dottoressa,
confusa dall'accuratezza di quella diagnosi.
-
Ho
lavorato per diversi anni come infermiera, le ferite da proiettile
erano all’ordine del giorno - spiegò la
ragazza
atona.
-
Capisco… però, devo insistere nel
doverla fare
riposare.. se facesse ancora una terapia nella culla dopo potrebb.. -
-
No,
rifiuto categoricamente di entrare in quell’affare!
–
ribattè decisa la ragazza – Se guarirò
lo
farò con i miei tempi – aggiunse con sguardo
fiammeggiante – Ora, se volete
scusarmi – disse superando la donna basita ed entrando nella
camera.
Non appena si
avvicinò
al letto, l’uomo sdraiato sopra di esso aprì gli
occhi, e lo
scintillio opaco delle sue pupille la guardò.
-
Sensei.. – mormorò Emelie, chinandosi su
di lui per prendergli una mano.
-
I tuoi
sensi di colpa sono così forti da essere quasi tangibili,
sai? – la salutò lui con
un mezzo sorriso, togliendosi la mascherina per l’ossigeno.
-
Io… avrei dovuto essere più accorta, ma
soprattutto
non avrei dovuto coinvolgervi in questa faccenda. Né lei,
né tutti gli altri – disse l'albina amareggiata.
-
Non
è questione di accortezza se le cose sono andate come sono
andate, era solo questione di tempo. Quello ci ha
traditi.. e aver data per scontata la morte di tuo fratello.
–
replicò l’anziano - Entrambe cose che
non potevamo
prevedere in alcun modo – aggiunse deciso.
-
Mi dispiace.. –
-
Poco fa mi sono
messo in contatto con la signora Matsuda. Stanno tutti bene e a
parte casa tua, non ci sono stati altri danni – le
disse Nomura.
-
Matsuda-san sapeva del Bunker? –
-
Lo
sapevano solo i più anziani, quelli che hanno vissuto la
guerra
e i suoi bombardamenti - rispose
Emelie non riusciva a sentirsi completamente sollevata da quella
notizia. Avrebbe preferito che non ci fosse mai stata l'occasione di
sentirla, perchè avrebbe voluto dire che non era successo
niente, che tutto era come al solito e che la vita in quel pacifico
villaggio era rimasta tale.
- Mi è scivolato via
tutto dalle mani di nuovo… - disse, inghiottendo
il groppo che le si era formato in gola.
-
E allora
riafferralo! Hai la possibilità e le capacità per
farlo,
non sei vecchia e non sei nemmeno sola. - replicò Nomura -
Riprenditi il tuo passato e il
tuo futuro Yuki-chan! I miei insegnamenti non sono serviti a nulla?
– le disse l’uomo stringendole la mano.
-
Certo che
sono serviti! – esclamò lei – Lo
farò.. lo giuro.. però sensei.. mi dispiace
davvero tanto
– aggiunse con le lacrime agli occhi.
-
Non
è accaduto nulla Yuki-chan e se sei triste per questo povero
vecchio, sbagli ad esserlo – la consolò con un
sorriso
– Da troppo tempo mi trascinavo su questa terra, e ora che
sono riuscito ad aiutare te, posso tornare da loro.. E' da tanto
che mi aspettano; sono stato egoista anche in questo.. –
disse con un sorriso pacifico e malinconico.
-
Sono
sicura che loro non la pensino così.. sono sicura che sono
fiere di lei come lo sono io. – replicò la
co-fondatrice dello S.H.I.E.L.D.
Tre ore dopo,
l'agente Tetsuya Nomura morì.
Chief's
Room:
Buon pomeriggio a
tutti quanti.
Questo capitolo ha
portato
l'ingresso del Capitano Rogers e l'uscita di scena di Nomura. Per un
eroe che arriva, un altro se ne va.
Scusatemi, lo so che
questo
capitolo è parecchio corto e non porta grandi rivelazioni,
ma
volevo omaggiare il personaggio di Nomura; perchè in fin dei
conti se Emelie è arrivata fin qui è soprattutto
merito
suo.
Per questo motivo
non volevo nemmeno proseguire con l'incontro tra lei e Steve. Incontro
che leggerete nel prossimo capitolo ^^
So che in molti
speravano
l'ingresso di Captain America ed era doveroso che io lo inserissi.
Steve (ah, e non dimentichiamoci di Falcon) riapre una serie di
possibilità che sicuramente verranno comode per il recupero
di
Bucky. Chissà con quali modalità
avverrà ;)
Comunque sono stata
brava dai.... non ho fatto saltare in aria tutto il villaggio xD
Un grazie speciale a
tutti voi Lettori, alle mie recensiste le Howling
commandos
e in particolare a LollyCery13 per essersi aggiunta, e
alla bella gente che mi ha inserita tra le seguite, preferite e ricordate.
Se ho raggiunto quota 100 recensioni lo devo solo a voi che mi
continuate a sostenere (e a sorbirvi i miei striminziti capitoli xD).
Grazie, grazie di cuore.
See
you next time space cowboy!
Marta
|
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Capitolo 30 *** Freddo di solitudine ***
29.
Emelie, si alzò a
spegnere il monitor che in quel momento produceva un lungo fischio
ininterrotto, poi tornò a sedersi esattamente
dov’era
prima. Prese la mano ancora calda del suo maestro e ne fissò
il
viso immobile. Avevano trascorso gli ultimi momenti a parlare di
vecchi ricordi, soprattutto di quando la signora Nomura e la
figlia erano ancora in
vita. Poi, l'ex agente aveva chiuso gli occhi, inspirato ancora una
volta, e
se n’era andato. Tutto sommato era stata
una morte serena. Era da molto tempo che non aspettava altro; era
pronto. Emelie, non lo era.
Fuori dalla
stanza sentiva le
voci dei suoi soccorritori mentre parlavano tra di loro. Di cosa non
poteva esserne certa,
ma poteva dedurre che stessero
discutendo di lei e di cosa avrebbero dovuto fare da lì in
avanti. La ragazza, si
rese improvvisamente conto di una cosa che fino a pochi minuti prima
non aveva senso pensare...
Non aveva più la sua casa, ne James, e
adesso nemmeno l’uomo che le aveva fatto da padre per molti
anni.
Tutto ciò che aveva era stato schiacciato dal peso della sua
famiglia, delle sue origini.
Emelie si guardò
intorno smarrita, alla ricerca di qualcosa di concreto a cui
aggrapparsi, ma in quella stanza non c’era niente che
potesse distrarla. Non una finestra, non
uno
sprazzo di cielo o un raggio di sole. Una sensazione di panico la
invase. Quel posto, del
tutto simile ad un laboratorio, con la sua claustrofobia le rammentava
troppe cose e nessuna delle quali piacevole.
Traballando, si
alzò
in piedi dirigendosi verso la porta. Appena fuori da essa,
trovò
la dottoressa Cho, Steve e il suo amico, ancora intenti a parlare tra
di
loro. La sua improvvisa apparizione interruppe la frase che il ragazzo
di colore stava rivolgendo al
Capitano, il quale la guardò da sopra la spalla con un
sopracciglio alzato.
-
Tutto bene? –
Il ragazzo
biondo si girò, dando le spalle agli altri due suoi
interlocutori.
-
Ho bisogno di aria.. – gracchiò Emelie
incapace di rispondere alla domanda.
-
E noi
vorremmo delle spiegazioni – replicò
l’amico dal
nome ignoto, leggermente spazientito.
-
Il signor Nomura? – domandò invece la
dottoressa.
Emelie la
guardò
semplicemente, e la donna si affrettò a superarla senza una
parola entrando nella stanza che aveva appena lasciato.
-
Ti prego, portami fuori di qui - la ragazza si
rivolse direttamente al Capitano Rogers.
Il militare la
guardò. Aveva decine di domande da porle, sia su di lei che
sul suo
amico d’infanzia, ma non poteva ignorare il dolore che vedeva
nei suoi occhi e il modo in cui si stringeva le braccia al
petto, come se cercasse di contenere qualcosa pronto ad esplodere.
-
Vieni – le disse alla fine, accompagnando la
risposta con un gesto del braccio.
-
Ehi, Steve! – protestò l’amico.
-
Dacci un attimo Sam – lo calmò il
Capitano.
L’uomo
non
ribattè, limitandosi a pinzarsi la radice del naso tra
l'indice e il pollice, e a fare un
cenno di assenso.
Steve, accompagnò Emelie all’ascensore
che collegava il piano interrato con il resto dell’edificio,
che
altro non era se non la casa della dottoressa Cho. Il capitano
condusse la ragazza nella veranda sul retro, che dava su un ampio
giardino all’inglese coperto di neve. I raggi del primo
pomeriggio riscaldavano l’ambiente e si riflettevano sulle
ampie
vetrate.
Ma Emelie non ci
badò minimamente. Attraversò con decisione la
stanza e si diresse fuori, senza ascoltare le proteste del Capitano sul
fatto che lei fosse in maniche corte e che fuori facesse un freddo
cane.
La ragazza camminò in mezzo alla coltre bianca, respirando
pesantemente e ricominciando finalmente a ossigenare i polmoni;
non si era affatto accorta di aver trattenuto inconsapevolmente il
fiato fino a
quel momento.
L’aria
gelida la inondò, e l’assoluto e ovattato
silenzio, le fece lo
stesso effetto di una panacea, arrestando finalmente il suo passo.
Rimase ferma immobile, con la neve ad infradiciarle i polpacci mentre
guardava verso il cielo
terso.
-
Ti ammalerai a star qui fuori –
Dopo qualche
minuto, la voce di Steve la raggiunse, così come il
giubbotto in pelle che le mise sulle spalle.
-
Non
patisco il freddo – rispose lei - là faceva molto
più freddo.. - e tornò di nuovo il silenzio.
-
Steve! –
Il ragazzo si
voltò
verso Sam che stava sopraggiungendo. Tutto il tempo che quella strana
ragazza aveva passato al capezzale dell'agente Nomura, lo avevano
riempito discutendo sul se ci si potesse fidare di lei. Sam era
indubbiamente pieno di valide argomentazioni di contro, ma Steve aveva
due validi
motivi per non dubitare
di Emelie, che però non era ancora riuscito a spiegare.
-
Non
possiamo più aspettare - esordì Sam
quando fu
più vicino – Non se vuoi recuperare Bucky. Deve
dirci quello che sa! - aggiunse
spazientito.
Dai fatti del Triskelion avevano passato ogni singolo giorno a dare la
caccia al Soldato d'inverno, e l'aver perso la propria "preda" per un
soffio, non rugava solo a Captain America.
-
Sam, non è così semplice –
replicò il Capitano.
-
Posso capire il lutto, ma se non facc.. -
-
Vi
dirò tutto ciò che volete sapere -
esordì a sorpresa Emelie - e scusatemi se vi ho fatto
perdere del tempo; tempo che non abbiamo se vogliamo salvare James
– aggiunse la giovane voltandosi verso di loro.
-
Oh, beh.. bene – balbettò Falcon preso
in contropiede.
-
Ma ad una
condizione.. – li avvisò lei – Nessuno
medico, o scienziato, deve
venire a sapere quello che dirò, mai – disse.
Steve
fissò nuovamente
la ragazza. Ogni traccia di paura che poteva averle letto in viso
prima, era
sparita, sostituita da una fredda determinazione.
-
Lo giuro
sul mio nome – le rispose il ragazzo biondo, dando poi di
gomito
all'amico perchè lo imitasse.
-
Sì! Certo, anche io sul... mio nome –
disse,
pensando che ormai più nessuno faceva quel tipo di
giuramento.
-
Allora cominciamo dall’inizio –
replicò Emelie con un sorriso stanco.
-
Vuoi parlarne qui fuori?! – esclamò Sam
incredulo.
-
Non voglio che qualcuno senta, in casa potremmo essere
ascoltati – replicò l'albina.
- Ragazza, tu sei paranoica - ribattè
Falcon.
- Ho delle ottime ragioni per esserlo - disse
Emelie per niente divertita.
-
Helen non è una cattiva persona, non origlierebbe
mai – disse Steve.
-
Non
è per la dottoressa Cho.. ci sono altri che potrebbero
farlo, e
tutti noi sappiamo quanto la loro rete sia estesa e potente..
–
rispose Emelie riferendosi ad HYDRA.
-
Non
capisco quale inconfessabile segreto tu possa nascondere
–
ribattè il ragazzo di colore, aggrottando le sopracciglia e
squadrandola come per cercare una coda o qualcosa di simile –
Non
diventerai verde anche tu quando ti incazzi? –
domandò
un po’ preoccupato.
-
No..
io… - rispose la ragazza senza sapere bene da dove
cominciare
– Sono… sono stata oggetto di esperimenti da parte
di HYDRA per più di sette anni – disse.
-
Cosa? – mormorò Steve scioccato.
-
E' stato durante la mia prigionia che ho conosciuto James..
dovevo prendermi cura di lui
– raccontò Emelie – Quando è
arrivato al
laboratorio era in pessime condizioni, aveva perso il braccio
sinistro dopo la caduta da un treno – spiegò ai
due ragazzi,
e sulla fronte del capitano si formò una ruga di confusione.
-
Aspetta… L’incidente del treno
è capitato
durante una missione per recuperare Zola nel 1945 –
ragionò il ragazzo biondo – non è
possi…-
iniziò a dire per poi bloccarsi.
-
Il mio
vero nome è Emelie Schmidt e sono nata il 14 ottobre del
1920, a
Berlino – confessò.
-
E' uno scherzo! – esordì Sam, sorridendo
ironico e scuotendo la testa.
-
Hai detto Schmidt? – le chiese invece Steve
– Quello Schmidt? –
-
Sì.. era mio padre – rispose Emelie
adombrandosi.
-
Perfetto!
Dice di essere nata 94 anni fa e di essere la figlia di un pazzo
nazzista! – esclamò Falcon.
-
Puoi star sicuro che preferirei non esserlo –
ribattè lei con una smorfia.
-
E per
caso, quel simpaticone che abbiamo incontrato in Giappone e che si
è portato via l’amico di Steve, è anche
lui tuo
parente? – domandò sarcastico, poi vedendo
l’espressione di Emelie, tornò incredulo
– Oh, ma dai! - mormorò.
-
E’ mio fratello gemello – rispose la
ragazza con tono amareggiato.
-
Credo che le tue spiegazioni siano solo all'inizio allora
– disse Steve scuro in viso.
Chief's
room:
Ciao a tutti ^^
E' iniziato il
confronto tra
Emelie e Steve, che però non sembra mettere in dubbio la
buona
fede della ragazza, o almeno non come Sam xD
Scusate se non è particolarmente lungo, vengono come vengono
^^"
Con la
prima parte ribadisco il
concetto che, per quanto una persona possa essere forte,
avrà
sempre dei momenti di cedimento, super poteri o meno. Emelie si
è sentita mancare la terra sotto i piedi per un attimo, ma
non
per questo si darà per vinta, anzi, continuerà
più
forte di prima!
Non ho la minima
idea se la
dottoressa Cho abbia davvero un laboratorio sotto casa ^^" ma vista la
tendenza nell'universo Marvel ad averne almeno uno (sei sei uno
scienziato) ho pensato che potesse starci xD In questo caso ci troviamo
in Korea, giusto per precisare perchè siano arrivati
lì
tanto in fretta.
Nel prossimo
capitolo dovrete
ancora pazientare, non si scopriranno le sorti di James =/ ma
cercherò di renderlo lo stesso interessante!
Grazie di cuore a
tutti i Lettori,
alle recensiste Howling
commandos e a chi mi ha aggiunta tra le storie preferite (Moschino), seguite (Chic) e ricordate.
Un
besito a todos,
Marta
|
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Capitolo 31 *** Chiamata dall'inferno ***
30
-
In parole povere, sei
in grado di trasferire la tua anima in qualsiasi persona vivente.
Questo quando
il tuo corpo muore, è corretto? –
Emelie, nel
sole pomeridiano che scaldava l’inverno di Seul, aveva raccontato tutto ciò
che le era successo, dall'infanzia trascorsa a Berlino agli
accadimenti più recenti di
Washington. Alla fine, perfino lo scettico Sam aveva dovuto ammettere
che per quanto fosse tutto assurdo, in ciò che aveva detto
loro c'era un filo logico.
-
Sostanzialmente sì – rispose la ragazza
– Per
questo non desidero che qualcuno venga a saperlo, le ripercussioni
sarebbero inimmaginabili – aggiunse tetramente.
-
Schmidt
era veramente senza remore.. usare da cavia perfino la sua stessa
figlia per non parlare del... resto – commentò Sam
truce.
-
Mio
fratello è anche peggio di nostro padre.. -
replicò Emelie con un sorriso amaro - E'
stato lui a portare avanti gli esperimenti contro il parere di Johann,
ma
una volta morto non c’è stato più
nessuno a mettergli i bastoni tra le ruote –
spiegò con una
smorfia.
-
E'
un uomo che ama il potere, ambizioso e senza scrupoli; non
c’è combinazione peggiore di questa –
sentenziò Steve
guardando un punto imprecisato di fronte a sé.
Per lui era
stato un piccolo
shock, scoprire che dietro la sparizione del suo migliore amico
c’era il suo più vecchio nemico, anche se in
questo caso si trattava
della sua discendenza. Era convinto di essersi lasciato tutto alle
spalle sessantotto anni fa, sotto il ghiaccio del mare artico. HYDRA
invece era rimasta fedele al suo motto: tagliata una
testa altre ne cresceranno al suo posto.
Sembrava un incubo senza
fine… Solamente l’idea di tutto il dolore che
aveva dovuto
subire Bucky, per non parlare di Emelie, gli faceva ribollire il sangue
nelle vene.
-
E non
c’è mira più grande per uno come lui,
che quella di ottenere
l’immortalità.. – proseguì la
ragazza –
se Rehinold dovesse per davvero capire come fare, io non… -
un
concetto del genere non riusciva neppure a pensarlo.
-
Non accadrà, glielo impediremo ad ogni costo
– disse il capitano Rogers con decisione.
Emelie iniziava
a capire come
mai fosse diventato l’idolo Americano e l’eroe per
eccellenza; c’era una forza nel suo sguardo e nel suo timbro,
per
la
quale non potevi che prendere per vere le parole che gli sentivi
pronunciare. In quel momento, lei credette per davvero che avrebbero
sconfitto HYDRA una volta per tutte.
-
Per prima
cosa dobbiamo capire dove si siano diretti – disse Sam con
molta
praticità – Provo a calcolare un paio di rotte
possibili
che possono aver preso. Se le incrocio con la informazioni delle basi
HYDRA di cui siamo a conoscenza, potrei ottenere dei risultati
– suggerì.
-
Ottima idea – convenne Steve e il suo amico si
diresse senza perdere tempo di nuovo verso la casa.
Il Capitano e la
ragazza,
rimasero da soli nell’ombra che iniziava a calare sul
giardino.
Erano rimasti lì per ore, ma lui non sembrava esserne
infastidito. Era stato molto disponibile invece, soprattutto dopo
averla incontrata
per la prima volta e in un’occasione non particolarmente
serena.
Se non fosse stato per lui e per Sam, lei ora non sarebbe stata
lì per
cercare di rimediare a ciò che era successo.
-
Come avete fatto a trovarci? – Emelie si rivolse al
Capitano e lo vide accennare un sorriso.
-
Sono
andato a trovare Peggy – rispose lui – Non ero
ancora
tornato a
farle visita dopo gli eventi di Washington, e con le ricerche eravamo
ad un punto morto. Parlarle mi dà sempre grande giovamento,
anche se lei è sempre meno lucida. - raccontò,
con un
attaccamento e una tristezza nello sguardo, che Emelie si
sentì
stringere il cuore.
"Quanto deve averla amata..." pensò.
- Quel giorno
però, lo era. – riprese Steve con il fiato che si
condensava in nuvolette di vapore – Quando le ho detto di
Bucky e
della misteriosa ragazza dai capelli bianchi, mi ha immediatamente
detto di cercare Tetsuya Nomura e
di farlo il più in fretta possibile - spiegò.
-
Peggy
Carter… che donna straordinaria - mormorò Emelie
con affetto – James,
all’epoca mi aveva parlato di lei ed è stata la
prima
persona a conoscere la verità su di me; è una
persona piena
di risorse e degna di fiducia. Non so cosa avrei fatto senza di lei ed
è terribile vederla così… - disse con
una nota
umida.
-
Ti
capisco… è dura quando tutti gli altri se ne
vanno e tu
resti da solo – commentò il capitano Rogers.
-
Già.. gli anni sono difficili da sopportare e
ancora di
più lo sono i ricordi – concordò Emelie
stringendosi le braccia al petto – Tutto ciò che
avevo del
mio passato è andato in fumo, letteralmente. Rheinoldt ha
dato fuoco alla
mia casa e a tutto ciò che c’era dentro
– aggiunse,
rammentando l’immagine dell'abitazione in fiamme.
-
Sono
tornato a Shelbyville una volta, ma era tutto diverso.. la mia vecchia
casa non c’era più – disse Steve
sospirando.
-
Abbiamo parecchie cose in comune noi due, eh capitano?
– sorrise Emelie.
-
Purtroppo sì – rise lui.
-
Sarà meglio rientrare – propose la
ragazza, superandolo e dirigendosi verso l’abitazione della
dottoressa.
-
Ah, Emelie – la fermò Steve.
-
Sì? – la ragazza si voltò a
guardare il
Capitano cercare qualcosa all’interno del suo giubbotto.
-
Credo che questo sia tuo – le disse porgendole un
libro.
Emelie
spalancò gli
occhi, allungando una mano tremante verso l’oggetto che
credeva
di non rivedere mai più.
-
Dove lo hai trovato? – gli domandò
incredula aprendolo.
-
Era proprio di fianco a te quando siamo arrivati –
disse il giovane.
L'albina rimase qualche secondo a sentire tra le mani quella famigliare
sensazione di pagine e inchiostro.
-
Grazie di
avermelo riportato, è un ricordo prezioso –
replicò commossa – E' stato il dottor Erskine a
regalarmelo – aggiunse, provocando in Steve una reazione
stupita.
-
Lo hai conosciuto? – domandò colpito.
-
Era uno
dei medici di HYDRA, l’unico ad essersi preso cura di me
finchè ha potuto.. Si è sempre dimostrato
contrario a certe pratiche, e non era di sicuro ben visto
all’interno dell’organizzazione, veniva tollerato
solo per
i suoi risultati – spiegò la ragazza.
-
Era un
grand’uomo, e fra tante persone ha scelto proprio me
perché
diventassi quello che sono – disse Steve con nostalgia
– A
volte mi chiedo se abbia fatto la scelta giusta –
mormorò con occhi distanti.
-
Sono
sicura di sì – disse sincera Emelie con un sorriso
–
Senza di te la guerra non avrebbe avuto fine e molti altri avrebbero
sofferto quello che abbiamo sofferto io e James –
affermò
con
decisione per poi abbassare gli occhi – Ti devo delle scuse,
Steven
– aggiunse dopo un attimo.
-
E per cosa? – domandò senza capire il
Capitano.
-
Pensavo
di essere nel giusto, di aver tutto sotto controllo.. avevo giurato che
lo avrei strappato dalle mani di HYDRA e invece… - disse
concitata – James è stato di nuovo catturato e ti
ho impedito di ritrovarti con il tuo migliore amico. Io.. -
spiegò senza riuscire a trattenere qualche lacrima.
-
Tu non
hai nessuna colpa – la bloccò Steve mettendole le
mani
sulle spalle – Hai agito nell’interesse di Buck;
hai
dedicato la tua intera esistenza a questo proposito, e per
ciò non hai fatto
niente di male – disse guardandola negli occhi.
Emelie
mandò giù il groppo in gola e annuì.
-
Forza, rientriamo – le disse lui e con
un’ultima stretta alle spalle si mise in cammino.
La ragazza
rimase ferma sul
posto, con il libro stretto tra le mani. Lo aprì nel punto
dove
era stato lasciato il segno. Un biglietto candido svettava nella pagina
giallognola.
561.5987425
Call
me.
-
Mi dispiace Steve – sussurrò Emelie
fissando la schiena del Capitano che si allontanava.
Mare, mare e solo mare. Questo
era il paesaggio che scorreva rapido sotto lo sguardo di Emelie.
Seduta
sul retro di un grande elicottero, picchiettava il dito sulla cornice
del vetro. Con lei non c'era nessun altro se non il
pilota del mezzo, che non aveva aperto bocca neppure quando si
era presentata nel luogo indicato ed era salita sopra il velivolo.
Il
suo libro non era scampato all’incendio per un caso fortuito,
e men che meno le era stato abbandonato vicino senza uno scopo. Suo
fratello glielo aveva lasciato appositamente, perché lei
trovasse quel
biglietto con il numero di telefono. Così, quella stessa
notte era uscita
nuovamente nel giardino della dottoressa Cho e, mentre gli
altri erano
intenti a rintracciare HYDRA, se n'era andata.
Quando
aveva raggiunto il centro città, da una cabina telefonica
aveva composto
il numero. Al primo squillo, la voce di suo fratello con il solito
tono gioviale le aveva risposto.
“ Sapevo che avresti chiamato,
sorellina ”
“ Tagliamo
corto, dov’è James? Cosa devo fare?
”
“
Il Sergente Barnes
è qui con me. Devi solo raggiungere il molo
5 sul fiume Han, lì troverai un mezzo ad attenderti. Ti
aspetto ”
La
chiamata era stata interrotta e le aveva lasciato un brivido di disagio
lungo la
schiena.
Rheinoldt sapeva perfettamente dove lei si trovasse e questa
era una cosa capace di terrorizzarla. Le aveva fatto maturare la
certezza che, se anche
fosse scappata per tutta la vita, lui l’avrebbe sempre
raggiunta; non ci
sarebbe mai stata una pace per lei. Ma in
quel caso la questione non si poneva neppure; James era con lui ed
Emelie avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di liberarlo.. anche ritornare
ad essere
la schiava di suo fratello se fosse stato necessario.
Quando
l’elicottero aveva preso quota, aveva sorvolato
l’intera
città,
dirigendosi poi verso il mare aperto. Da quel poco che era riuscita ad
intuire nel buio della notte, si era diretto verso il mar del Giappone,
allontanandosi sempre di più dal suo improvvisato rifugio.
Venne colta da
una fitta di rimorso al pensiero del capitano Rogers. Era stata
tentata di dirglielo. Affrontare suo fratello da sola era una
prospettiva che, per quanto lei fosse determinata, la riempiva
di
angoscia. Era l’unico uomo sulla terra capace di
destabilizzarla, perché
ancora troppo vividi, erano i ricordi della loro convivenza
forzata e delle sue sevizie. Eppure, nonostante questo, non
poteva
coinvolgere altre persone. HYDRA era ovunque; aveva infettato
così
profondamente il mondo, che meno persone venivano tirate in mezzo e
meglio
era. Soprattutto dopo gli ultimi eventi... Le grida di Chihiro non si
erano ancora affievolite.
Emelie, era consapevole delle scarse possibilità di successo
che
le
si prospettavano, ma si sentiva più leggera nel sapere che
avrebbe
pagato solo lei per le sue scelte.
Un’improvvisa
luce in mezzo al nero delle acque, la riscosse dai suoi pensieri.
L’elicottero rallentò, iniziando le procedure per
atterrare su quella
che divenne sempre più chiaro essere una stazione
petrolifera.
Sul
riflesso del vetro, il viso di Emelie si aprì in un ghigno.
Non era un
caso se suo fratello si era rifugiato in quel luogo, c’era
qualcosa
sotto, studiato nei minimi particolari.
Il
velivolo la scaricò sulla piattaforma, andandosene subito
dopo e
lasciandola sul ponte esterno illuminato da fari alogeni.
Quando
l’elicottero fu abbastanza lontano, nello spazio circostante
calò il
silenzio; gli unici rumori che si udivano, erano il ronzio dei
generatori e le onde che si infrangevano sul metallo della struttura. Emelie si
guardò intorno mettendo mano all’unica arma che
era riuscita a
portarsi via dalla casa della dottoressa Cho: la Katana appartenuta a
Nomura.
In giro non c’era anima viva, nè si avvertiva
alcuna presenza.
La
ragazza alzò lo sguardo verso la telecamera che,
lampeggiando di rosso,
puntava su di lei. Lui
la stava osservando.
Emelie si decise ad
imboccare la porta più vicina. Il primo piano della
piattaforma era completamente illuminato e vuoto, ma le scale
che si affacciavano ai piani inferiori si gettavano nel buio. La
ragazza ruppe uno star light facente parte del suo
scarno equipaggiamento, e si inoltrò
nell’oscurità. La preoccupazione di
dover esplorare uno per uno tutti i piani le venne risparmiata, infatti
le porte blindate che conducevano ad essi, erano tutte bloccate;
l’unica
ad aprirsi fu quella del terzo livello.
I
corridoio erano deserti e l’aria era immobile, cosa che
invece di
rasserenarla, non fece che aumentare la sua preoccupazione. Avrebbe
preferito farsi strada in mezzo ai nemici, piuttosto che proseguire nel
silenzio più assoluto e nel buio più profondo con
solo le telecamera a seguirla.
Quando raggiunse
l’ennesima diramazione dell’ennesimo corridoio,
iniziò a spazientirsi.
-
Comincio a perdere la pazienza Rheinoldt! Non sono qui per farti
giocare! Sono qui per chiudere i conti una volta per tutte –
esclamò,
sentendo la sua voce rimbombare tra le pareti metalliche.
Quando
l’eco si spense, una serie di luci a soffitto si accese nel
corridoio
alla sua sinistra. Solo quelle. Un chiaro invito a seguirle quindi.
La
ragazza, con cautela, imbocco la strada indicata, cercando di fare il
minimo rumore possibile con le suole delle scarpe. Superò
diverse
uscite sbarrate da pesanti porte a tenuta stagna, finchè non
ne
raggiunse una aperta e buia a fine del corridoio.
Emelie rimase
sulla soglia, estraendo la katana dal fodero con un sibilo
metallico e stringendola saldamente con entrambe le mani. Sapeva di
dover entrare lì dentro, sapeva che era una trappola, sapeva
che il suo
cervello le stava dicendo di non varcare quella soglia e di fuggire il
più lontano possibile, ma sapeva anche che era
l’unico modo per salvare
James... e così mise piede dentro la stanza.
Non appena fu
entrata, la camera si illuminò facendole chiudere gli occhi
per un breve istante.
Dentro non
c’era nessuno... tre pareti su quattro erano di solido
acciaio, mentre la quarta era occupata da due grandi vetrate temperate
che davano su un ambiente privo di luce. Ma quello che
attirò l’attenzione della
ragazza, fu una vasca trasparente con intelaiature d’acciaio,
dentro la
quale galleggiava un corpo. A Emelie parve che il
cuore dovesse scoppiarle nel petto, anche da
quella distanza, senza avvicinarsi, avrebbe riconosciuto quella sagoma
ovunque…
Pur
riluttante e spaventata all’idea di dare concretezza a quello
che il
suo cervello cercava disperatamente di rifiutare, si
avvicinò. Non
appena mise a fuoco il volto della persona all’interno,
chiuse gli occhi il più forte possibile.
Il viso, all’apparenza addormentato e deturpato solo da un
piccolo tubo per l’ossigeno, era il suo. Emelie
Schmidt giaceva immobile all’interno di una bara piena di
liquido
simile ad acqua, i capelli biondi a vorticarle intorno al volto e gli
occhi verde acqua, senza alcun barlume di vita, spalancati sul nulla.
Aveva ancora le
palpebre serrata, quando il rumore secco della porta che si chiudeva,
la fece voltare.
Ancora scossa
per quello che aveva appena visto, Emelie dovette subito un altro duro
colpo..
La
ragazza, posò lo sguardo sul viso inespressivo di James,
fermo
davanti all’uscita che fino a qualche secondo prima era
aperta. Le fu
chiaro fin da subito che quello che aveva di fronte non era
più James.
Il Soldato d’inverno era tornato.
-
Ti prego, no… - mormorò mentre il viso
le si segnava di disperazione.
-
Ben arrivata sorellina –
La
voce squillante di Rheinoldt, fu accompagnata dal ronzio di un neon che
andò ad illuminare una
delle sale oltre i vetri. Lì, l’uomo sorrideva
alla ragazza.
-
Ora che
siamo tutti qui riuniti, possiamo iniziare –
sentenziò con
un largo sorriso acceso dalla follia.
Chief's
room:
Sono in ritardo!!
Scusate!
Ho lavorato al
capitolo le uniche due sere in cui sono rimasta in possesso delle mie
facoltà intellettive ^^" e per complicarmi ulteriormente la
vita (ma soprattutto per non subire un linciaggio da parte vostra) ho
unito due capitoli che all'inizio erano separati... altrimenti era
troppo corto di nuovo xD
Siamo infine giunti
alla battaglia finale, alla resa dei conti, al climax dell'intera
vicenda! Però prima ci rilassiamo un pò con una
breve chiacchierata e con la ricomparsa dell'ormai ritenuto disperso
Libro. Non ho avuto cuore di farlo sparire così dalla trama
e anzi, gli ho dato il compito più importante di tutti.
Povero Steve, non poteva nemmeno immaginare cosa ci fosse celato al suo
interno...
Non amo
particolarmente le scene di battaglia caotiche, anche perchè
non sono in grado di scriverne ^^" quindi ho optato per un classico
"faccia a faccia" anche se non proprio con la persona giusta...
Rheinoldt sta
mettendo in tavola tutti i suoi assi, a partire dal vecchio corpo di
Emelie.. a cosa mai gli potrà servire? E James è
veramente di nuovo sotto il controllo di HYDRA?
Questo e altri
quesiti troveranno una (parziale) risposta nel prossimo capitolo!
Un grazie a tutti i
silenziosi Lettori,
alle mie recensiste le Howling
commandos che spaccano di brutto e a tutti coloro che mi
hanno aggiunta tra le storie preferite,
ricordate e seguite.
Con
affetto,
Marta
|
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Capitolo 32 *** Volere e potere ***
31
James sostava
immobile
davanti alla porta, gli occhi spenti cerchiati di nero e la
divisa del Soldato d’inverno addosso. Rheinoldt invece, era
comodamente a braccia conserte dietro lo spesso vetro che lo separava
dal resto della sala. Emelie, per come era tornato
nella sua vita mandando in
fumo anni di attesa e la gioia appena ritrovata, lo odiò
più profondamente di
quanto mai avesse fatto.
-
Cosa vuoi da me? Cosa vuoi ancora da noi? – lo
aggredì la ragazza.
-
Cosa
voglio da lui,
l’ho già ottenuto – replicò
Rheinoldt con una scrollata di spalle – ed è stato
anche
piuttosto semplice ottenerlo; è bastato operare un
po’
più in profondità e un po’
più a lungo
– aggiunse con un sorriso soddisfatto rivolto al soldato
silente.
-
Il tuo
lavaggio del cervello è stato rimosso una volta e lo
sarà di nuovo – ribattè Emelie
avvicinandosi al
vetro.
-
Qui
inizia la parte divertente, per me ovviamente, dove inizio a demolire
una per una le tue certezze - replicò lo scienziato
appoggiandosi al vetro con l'avambraccio.
- Non credere di poterm... -
- Quanto tempo ti è occorso la prima
volta a fargli
tornare la memoria? - la interruppe l'uomo - Con l’ausilio
dei
fascicoli che ho trovato in casa
tua e del tuo diario, posso presumere che si sia trattato di qualche
mese – disse fingendosi pensieroso – e la sua
memoria era
stata manipolata solo per un breve lasso di
tempo e ad intervalli; ma questa volta non ho usato esattamente lo
stesso approccio.. - spiegò mellifluo - Quanti giorni sono
passati da quando
siamo venuti al tuo villaggio? Temo di non ricordare bene –
domandò
con un ghigno.
Emelie
spalancò gli
occhi. Stava dicendo che da quando lo avevano riportato al laboratorio,
era stato sotto trattamento senza interruzioni…?
La ragazza si
voltò verso James che non pareva aver udito nulla di
ciò
che era stato detto. Sulla sua tempia, un cerchio rosso
fuoco e dai contorni nero carbone, faceva capolino tra i capelli
castani.
-
Temo che
per far riemergere il nostro caro Sergente Barnes, questa volta ci
vorranno ben più di un paio di mesi –
sentenziò con
assoluta tranquillità l’uomo – Invece di
preoccuparti e cercare una soluzione per salvare lui, dovresti
concentrarti
su te stessa sorellina, sei tu
la protagonista – aggiunse scimiottando un inchino.
-
Qualsiasi
cosa tu voglia da me, non la otterrai – replicò
gelidamente Emelie voltandosi a fronteggiare nuovamente il fratello.
-
Ah no!
Non
spontaneamente, ne sono perfettamente conscio.. ma penso che tu abbia
notato il tuo vecchio corpo in quella teca – rispose
Rheinoldt
con un cenno del capo in direzione dell'oggetto in questione.
-
Se come
dici, hai seguito e studiato ogni mio movimento per anni, dovresti
anche
sapere che non posso occupare un corpo già morto –
replicò la ragazza, gettando con la coda
dell’occhio un
rapido sguardo a sé stessa.
-
E' un problema che sono riuscito a risolvere –
disse tranquillamente l’uomo.
-
Stai mentendo! – esclamò Emelie
sconcertata.
-
Vedi,
quello lì - proseguì Rheinoldt indicando con il
pollice
- non è esattamente il corpo crivellato di colpi che ti sei
lasciata dietro nel '45, direi più che è una
rielaborazione del medesimo – disse – Ho
mantenuto
solo la struttura ossea, il reticolo venereo e il cervello originari e
da lì
sono riuscito a ricreare
organi, muscoli e tessuti. Tutto questo è stato possibile
anche
grazie agli studi della dottoressa Cho, per quanto inconsapevole lei
sia di questo utilizzo della sua tecnologia rigenerativa -
spiegò - Probabilmente si ricorderà del suo
più
giovane tirocinante - aggiunse sfoderando un sorriso da bravo ragazzo.
Più
lo ascoltava,
più Emelie era sicura di essere precipitata in un incubo.
Quale
mente malata poteva spingersi a fare tutto ciò?
Forse aveva da sempre sottovalutato suo fratello e quello di cui poteva
essere capace... e la cosa che
più la spaventava, era che tutto quello era stato fatto
per lei.
-
Quel corpo, in realtà, non è ancora mai
morto – disse quasi con un sussurro Rheinoldt.
-
E dovrei
ringraziarti per questo? – chiese sprezzante Emelie
– Pensi
anche solo lontanamente che funzionerà? Non hai letto
Frankestein? Non è andata a finire affatto bene per il suo
creatore – aggiunse con un sorriso feroce.
-
Per mia
fortuna sono anche riuscito ad ovviare al problema della "ribellione",
prendendomi la libertà di
installare un dispositivo di controllo che vada a lavorare su quella
caparbia testolina che ti ritrovi – spiegò
l’uomo
– Una volta che ti
sarai trasferita, avrò finalmente il completo controllo su
di te
– disse trionfalmente – Ma ora ti starai chiedendo:
“come farà ad obbligarmi a farlo?” -
proseguì, senza lasciar tregua alla ragazza che aveva
assunto
un'espressione allarmata - Avrai certamente notato che
l’intera
piattaforma è
disabitata e che siamo a decine di miglia dalla costa più
vicina, e quindi dal più vicino centro abitato… -
-
Non… - Emelie si sentiva la testa scoppiare,
mentre il
piano di suo fratello assumeva concretezza nella sua mente.
-
Questa
camera è stata chiusa ermeticamente. E' stata progettata
perché non passi neppure il più sottile refolo
d'aria. Ciò che
è qui dentro resta qui dentro. Quando il sergente Barnes ti
ucciderà, avrai solo due possibili scelte: occupare il suo
corpo e
cancellare così la sua esistenza, o tornare ad essere Emelie
Schmidt – sentenziò, con il naso a sfiorare il
vetro mentre
osservava sua sorella paralizzata dall'orrore oltre di esso –
Mi hai chiesto cosa voglio
da te, sorellina? – proseguì mormorando
– Io voglio
tutto! Il corpo, la mente, la tua intera vita –
scandì
come un predatore che sta per pregustare della carne succulenta.
-
Non
andrà come vuoi! – gridò Emelie,
battendo un pugno
sulla superficie trasparente e sentendo montare il panico per
l’ineluttabilità della situazione – Non
andrà
com… -
La ragazza
troncò la
frase a metà, abbassandosi giusto in tempo per evitare il
pugno che si
schiantò contro il vetro dove prima c’era la sua
testa.
Rotolò di lato riportandosi prontamente in piedi e James si voltò
lentamente verso di lei.
-
Stupiscimi sorellina! L’unico modo che hai per
impedirlo
è ucciderlo – rise Rheinoldt mentre il ragazzo
avanzava
verso Emelie.
-
James ti prego! – lo supplicò lei.
Le sue
però, furono parole gettate
al vento. Il Soldato d'inverno diede inizio ad un attacco serrato fatto
di mosse di
Kravmaga, visto che era sprovvisto di armi. A Emelie, non rimase altro
che schivare i colpi del ragazzo cercando di
distanziarsi il più possibile. Per parare i pugni
metallici che altrimenti le
avrebbero spezzato sicuramente un braccio, usava la spada
rigorosamente nel fodero.
Dalla sua postazione,
Rheinoldt seguiva il combattimento, e non sembrava avere
particolarmente
fretta che esso giungesse al termine. Dopotutto, che problemi
c’erano a gustarsi la scena in tutta calma? L’esito
dello scontro era già
segnato: vittoria su tutti i fronti. Sarebbe tornato a casa con sua
sorella finalmente sottomessa e con il suo invincibile soldato.
Emelie, nel
frattempo,
pensava febbrilmente ad un modo per terminare il combattimento senza
fare del male a James. Non avrebbe potuto continuare
all’infinito
a parare i suoi colpi, la sua resistenza aveva un limite che il Soldato
d'inverno non conosceva.
In quei
momenti avrebbe dato qualsiasi cosa per avere un altro tipo di
"superpotere",
anche solo un’armatura a propulsione le sarebbe andata bene. Di far
ritornare il ragazzo in
sé non c’era la minima speranza e per
quanto fosse
doloroso ammetterlo, era proprio così.
“Devo
fargli perdere i sensi… non c'è altro
modo”
pensò Emelie, sottraendosi con un colpo di reni ad un calcio
diretto al suo sterno. Fece qualche passo indietro per mettere un
po’ di distanza tra di loro ed estrasse la Katana dal fodero.
-
Ti sei decisa a fare sul serio finalmente? –
esclamò Rheinoldt con soddisfazione.
James, per nulla
intimorito da quel cambio di atteggiamento, le si
fece di nuovo contro. Cercò di colpirle il fianco e quando
lei
lo schivò, mirando al viso, si apprestò a tirarle
un pugno con il braccio
sinistro.
Emelie
deviò il colpo
usando la lama della spada e dall'incontro dei due metalli si
sprigionarono una miriade di scintille. La ragazza ruotò su
sè stessa e James, preso in contropiede non la
seguì nel
movimento, superandola. Quando Emelie gli fu alle spalle, lo
colpì con un calcio sull’interno del ginocchio
facendoglielo cedere, dopodiche, appoggiandogli una mano sulla spalla
per avere più
presa, lo
colpì appena sopra la tempia con l’elsa
della spada. James
crollò di lato
emettendo un grugnito. Emelie sapeva di aver giocato sporco, mirando ad
un punto già sensibile per i trattamenti ricevuti, ma non
avrebbe avuto altre occasioni come quella.
La giovane senza
perdere tempo si voltò. Se fosse riuscita ad
assestargli un calcio esercitando la giusta forza, lo avrebbe messo al
tappeto.
Ma il piano di
Emelie
sfumò quando, con uno scatto, James le afferrò la
caviglia
con la mano sinistra gettandola a terra come una bambola di pezza. Un
acuto dolore le si
inerpicò lungo la colonna vertebrale mozzandole il respiro.
La
ragazza fece appena in tempo a voltare la testa di lato, che il pugno
del
soldato si conficcò nel pavimento di cemento ad un
centimetro da
lei. Con entrambi i piedi Emelie scalciò, allontanandolo da
lei per poi rimettersi in piedi. James scosse la testa
per
ritrovare un po’ di lucidità e scartò
senza troppe
difficoltà la sequenza di mosse marziali che la ragazza gli
rivolse.
“E’
troppo
forte…” realizzò Emelie un attimo prima
di essere
afferrata per la gola e scaraventata lontano.
La giovane,
andò a
sbattere contro il muro sul fondo della stanza e ricadde dietro la teca
che conteneva il suo vecchio corpo. Tossendo e sputando un grumo di
sangue si mise carponi. Una mano la afferrò di nuovo. Emelie
si
sentì sollevare e sbattere sopra al coperchio della cassa.
James, a carponi su di lei, le immobilizzò le braccia con le
gambe e le chiuse la
mascella nella presa ferrea della sua mano sinistra.
Con lentezza il soldato iniziò ad aumentare la pressione
esercitata, fissando la sua vittima con occhi vitrei.
Per l’impotenza e il dolore, gli occhi
di Emelie si riempirono di lacrime mentre ascoltava suo fratello
esultare come un tifoso ad una partita di calcio. James invece, sembrava
non accorgersi neppure di quello che stava accadendo.
"Mi dispiace
tanto
James… mi dispiace tanto…." pensò la
ragazza.
All’improvviso,
con un
boato, una delle pareti della stanza esplose. L’aria si
riempì di fumo e polvere, mentre James veniva scaraventato
via ed Emelie rotolava a terra. La testa prese a
rimbombarle e le
orecchie a fischiarle. Stesa su di un fianco, cercò di
alzarsi leggermente in mezzo ai calcinacci e di mettere a fuoco la
situazione. La
polvere che turbinava ancora nella camera le impediva di vedere
alcunché, ma a venirle in soccorso fu una voce.
-
Questa è la seconda volta che devo salvarti
perché tu decidi di fare tutto da sola –
Emelie sorrise,
distrutta ma felice, ad un accigliato Steve Rogers.
La cavalleria
era arrivata.
Chief's
room:
Miei cari lettori
scusate!
So di essere in
terribile ritardo, ma sono stata malata gran parte della settimana e
ciò non mi ha permesso di mettermi a pc per scrivere il
capitolo. Ho trovato solo oggi il tempo di finirlo e postarlo.
Com'era prevedibile
James è tornato ad essere un burattino nelle mani di HYDRA o
meglio, di Rheinoldt.
Spero che la mia
spiegazione del suo piano sia stata abbastanza chiara, se qualcosa non
lo fosse sarò felice di rispondere ad eventuali quesiti ^^
Mi auguro anche che
le scene di combattimento siano comprensibili ^^" parte del mio ritardo
nel postare è anche dovuto al fatto che ho riscritto
più volte lo scontro tra Emelie e il Soldato d'inverno. A
sorpresa è arrivato anche Steve che forse
riuscirà a ribaltare le sorti di questa tragedia.
Se qualcuno ha letto
Frankestein sa perchè ho voluto citarlo all'interno della
discussione con Rheinoldt, per chi non lo avesse fatto un breve
riassunto può essere che il Dott. Frankestein dopo aver dato
vita alla sua creatura ne perde il controllo e la vicenda finisce in
tragedia.
Lo consiglio
vivamente come romanzo perchè è davvero toccante.
Vi consiglio anche, se volete, una serie di documentari prodotti dalla
BBC Earth andati in onda recentemente su Rai5 sul Giappone. Qui di
seguito vi lascio il link: Wild Japan
Vi dico solo che a
vedere questi paesaggi mi commuovo sempre.
Grazie mille a tutti
per la pazienza e per essere arrivati fino a qui! Grazie ai miei Lettori, alle
recensiste le Howling
commandos e a coloro che mi hanno inserita tra le fic
seguite (Sara_saya e
Fireslight), ricordate e preferite.
Buon
ponte per chi lo fa e un abbraccio a tutti!
Marta
|
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Capitolo 33 *** Resa dei conti ***
32
32. La
resa dei conti
- Se
volevi dimostrare che le donne sono più forti degli uomini,
credimi che non c'era bisogno di farlo –
Steve,
aiutò Emelie a
rimettersi in pieni sostenendola saldamente per un braccio. A parte un
discreto numero di escoriazioni e un taglio all’attaccatura
dei capelli
che le sanguinava copiosamente sul viso, la ragazza sembrava stare
bene.
-
Ho
sbagliato a sottovalutare mio fratello – si
lamentò lei
massaggiandosi la mandibola – Dov’è
finito? –
aggiunse preoccupata subito dopo.
Il vetro
temperato che
separava la stanza d’osservazione, giaceva divelto in mezzo
ai
calcinacci, e ora che la polvere causata dall’esplosione si
era parzialmente posata, appariva chiaro
che non c'era più nessuno.
-
Sam sta
facendo un giro di ricognizione qui attorno, non fuggirà
–
le rispose Steve rassicurandola.
-
Non è abbastanza, io devo… -
-
Attenta! -
Il capitano
Rogers
alzò lo scudo in vibranio, voltandosi parzialmente per poter
proteggere
entrambi dal pugno di ferro che James aveva sferrato.
-
Buck! - esclamò Steve stupito mentre il ragazzo li
caricava nuovamente.
-
Gli hanno
fatto di nuovo il lavaggio del cervello! Non riconosce nessuno, stai
attento! – lo avvisò Emelie mettendosi al riparo.
Osservando la
difficoltà con la quale Steve teneva a bada il suo amico, le
certezze di Emelie sul fatto che non avrebbe mai potuto vincere si
rafforzarono.
Per quanto lei potesse essere
agile e un’abile combattente, loro
erano su di un altro livello.
-
Steve, devo andare a cercare Rheinoldt! –
gridò la ragazza all’indirizzo del Capitano.
-
Non ti
lascerò andare da sola! – replicò lui
mentre
respingeva l’ennesimo attacco di James.
-
Se non lo
fermo, sarà solo questione di tempo perché
ritorni.. sono
settant’anni che mi perseguita, non glielo lascerò
fare un
giorno di più – ribattè Emelie.
Steve le
gettò
un’occhiata veloce durante un momento di stallo dal
combattimento, poi si gettò a testa bassa contro James
placcandolo.
-
Vai! – le gridò trattenendo il ragazzo.
Emelie non
se lo fece
ripetere due volte, recuperò la katana da terra e corse
verso la
stanza sfondata. Prima di sparire nel corridoio, guardò un
ultima
volta James con il viso contratto dallo sforzo di liberarsi del
Capitano e poi varcò la soglia.
Esattamente come
quando era
arrivata, i corridoi erano vuoti, con l’unica differenza che
non
c’era più nessuno ad osservare i suoi spostamenti.
Emelie sospirò,
quella che le si prospettava era probabilmente la cosa più
difficile che avesse mai fatto nella sua vita, ma in cuor suo era
sollevata. Lo era perché James era in buone mani, anzi, in
ottime mani. Già da subito, dalla prima volta che aveva
incontrato il capitano Rogers, aveva capito che anche lui
avrebbe fatto di tutto per il bene di James. Quando poi aveva avuto
occasione di parlarci e di conoscerlo personalmente, questa sua
sensazione non aveva fatto che accrescersi. Se c’era qualcuno
a
cui poteva affidare la vita e il futuro dell’uomo che amava,
quello era Steve Rogers. Per cui era con uno
strano
sollievo che si apprestava a concludere quella storia durata anche
troppo e, soprattutto, che aveva causato tanta
sofferenza non solo a lei, ma anche a chi voleva bene e che
l’aveva protetta per tanti anni.
La ragazza,
proseguì con
cautela ma con passo deciso lungo le diramazioni del piano nel quale
si trovava. L’accesso ai piani superiori era stato bloccato
dal
protocollo di emergenza, come continuavano a ricordarle gli
altoparlanti posti ad ogni incrocio.
Era stato attivato dalla deflagrazione causata dall’arrivo di
Steve e si era innescato in automatico. Era un sistema di sicurezza
presente su ogni piattaforma petrolifera, che isolava tutti i piani
superiori nella speranza di arginare un possibile incendio. Quindi, a
Emelie non rimaneva scelta che scendere.
Mentre si apprestava ad imboccare la prima
rampa di scale, una raffica di proiettili la costrinse a ripararsi
oltre
il corrimano.
-
Rheinoldt! – gridò
all’indirizzo del suo nemico.
Quando l'eco dei
colpì sul ferro si attenuò, la ragazza si sporse
leggermente per guardare di sotto. Uno svolazzò
di abiti qualche piano più in basso, le diede conferma della
posizione di suo fratello. Andava di fretta e la
scarica
di proiettili era solo un tentativo di rallentarla.
Emelie, correndo
per diminuire la distanza tra lei e l’uomo,
ragionò su dove stesse cercando di dirigersi e la soluzione le venne
piuttosto rapidamente. Era quasi certa che Rheinoldt si stesse
dirigendo verso l’area esterna di attracco, dove sicuramente
c’erano delle scialuppe. L'unico punto di fuga di quei
livelli.
Combattendo
contro la
stanchezza, la giovane aumentò il ritmo reggendo saldamente
la
spada nella mano sinistra, e rallentandolo solo quando fu in
prossimità dell’ingresso
all’attracco. Lì, come aveva fatto in precedenza,
prese un
respiro profondo, visualizzò la sua vecchia casa immersa
nella
neve con la figura di James ad attenderla, ed entrò.
Rheinoldt era
fermo a fianco
di una delle scialuppe e con il solito sorriso, teneva la pistola
puntata verso di lei. Non fosse stato per l’aria trafelata
sarebbe risultato impeccabile come sempre.
-
Siamo
giunti alla conclusione sorellina – esordì mentre
lei si
posizionava a distanza di sicurezza – Non è stata
esattamente la vittoria che immaginavo, ma ci sarà
tempo
per rifarsi – disse in modo pragmatico.
-
Lo credi davvero, Rheinoldt? – replicò
Emelie.
-
Direi che
sei abbastanza intelligente per capire da sola che una spada da samurai
contro
una pistola semi automatica, ha ben poche speranze –
commentò lui.
-
Quindi, tu speri che io decida di lasciarti andare
– commentò Emelie.
-
Beh,
quali alternative hai? Moriresti, visto che non hai intenzione di usare
il tuo vecchio corpo – rispose l’uomo con
un'alzatina di spalle.
-
Sei
sempre stato di ristrette vedute.. sempre convinto che la strada che tu
hai scelto sia l’unica – disse la ragazza con un
sorriso di
commiserazione.
-
Belle parole, ma i fatti parlano chiaro –
ribattè Rheinoldt.
-
Non hai
proprio preso in considerazione l’altra opzione, vero?
–
chiese Emelie camminando lentamente verso di lui.
-
Quale altra opzione? – domandò l'uomo,
per la prima volta confuso.
-
Che io decida di morire! – esclamò la
ragazza correndo verso di lui.
Rheinoldt
spalancò gli occhi colto alla sprovvista e fece fuoco con
l’arma senza pensarci due volte.
Tre proiettili
centrarono il
bersaglio. Emelie sentì i proiettili perforarle la carne in
pure stilettate di dolore, ma non si fermò.
Guardò
fisso gli occhi
ombrati di paura di suo fratello e gli affondò la katana nel
ventre, spingendo la lama fino all’elsa. Rheinoldt
sbattè
con violenza contro la ringhiera alle sue spalle, aggrappandosi alle
spalle della sorella e fissandola allibito.
-
Tu sei pazza.. – mormorò con un filo di
voce e gli occhi quasi fuori alle orbite.
-
Deve essere una caratteristica di famiglia –
replicò ansante Emelie.
Con le ultime
forze fece leva
sulla spada, sollevando il corpo dell’uomo quel che bastava
per
farlo precipitare ormai inerte nei flutti sotto di loro. Emelie,
osservò Rheinoldt impattare contro l’acqua levando
alti
spruzzi. Il suo corpo galleggiò per qualche istante e poi
scomparve sotto un’ondata più forte.
A quel punto, le
energie abbandonarono completamente la ragazza che si
accasciò a terra.
Il sangue
zampillava copioso
dalle ferite, impregnando l’aria salmastra di odore
rugginoso. Il
cuore sembrava scoppiarle nel petto mentre il dolore la sferzava ad
ogni respiro. L’orizzonte
le appariva sfocato e la testa le sembrava infinitamente pesante.
"Credo di essermi spinta troppo olt..."
E l'oscurità calò.
Chief's
room:
Buongiorno a tutti ^^
Siamo al terz'ultimo
capitolo di questa fic, ebbene sì, non manca molto =(
Ho avuto qualche problema con il sito di hosting delle immagini, quindi
niente banner, ma arriverà spero ^^"
Forse
qualcuno si aspettava lo scontro con Bucky, ma ho preferito
concentrarmi su Emelie e sulla sua questione in sospeso.
Rheinoldt meritava un trattamento di "riguardo" e spero di avere
accontentato tutti quelli che speravano finisse male!
Ho evitato torture o
cose del genere solo perchè non sarebbe stato in linea con
il personaggio di Emelie xD
Non ho idea se sulla
piattaforme esista un simile protocollo di sicurezza, quindi quello che
avete letto è stato frutto della mia immaginazione.
Non vi rimane altro
che rimuginare sulle sorti di Emelie e del caro James, ma dovrete
aspettare solo una settimana per scoprirlo ;)
Ringrazio tutti i
silenziosi Lettori,
la mia squadra di recensiste le Howling
commandos, e la bella gente che mi ha inserita tra le
seguite (Michela30),
preferite (Michela30)
e ricordate
<3
Un
abbraccio a tutti voi,
Marta
p.s. Le risposte alle recensioni con al solito arriveranno, abbiate
fede.
|
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Capitolo 34 *** Mai perdersi ma ritrovarsi ***
33
Emelie
uscì
dall’oscurità all’improvviso, come le
era sempre
successo. Non era mai stato un processo lento, non c’era mai
stato modo di abituarsi. Un attimo prima era viva e respirava dentro ad
un corpo caldo, e quello dopo si ritrovava sospesa in un mondo dai
contorni sfocati, che, per quanto si sforzasse, non riusciva a mettere
a fuoco. Però, per quanto l’ambiente intorno a lei
non
fosse preciso, capì subito di non essere dove si era
aspettata
di ritrovarsi. Accanto a lei, stesa su un lettino ospedaliero,
c’era il corpo di Leanne.
La ragazza era vistosamente bendata e
ormai inerme. Attorno al letto, tre lati su quattro erano occupati da
separé di una neutra plastica verde, ma nonostante
le
apparecchiature da ospedale, a Emelie sembrava più di essere
all’interno di una struttura dismessa. Un capannone a dirla
tutta, visto
l’alto soffitto a travi di cemento e
l’illuminazione
alogena che gettava ovunque una luce fioca e asettica.
La ragazza era
nella
più totale confusione. Perché non era sulla
piattaforma?
Cosa ci faceva lì il suo corpo?
-
Emelie? –
La giovane si
voltò
spaventata. Nella foschia del suo mondo di mezzo, la figura massiccia e
inconfondibile del capitano Rogers era ferma a qualche metro da lei.
-
Spero che
tu possa sentirmi.. onestamente non so come funziona quando…
-
esordì, lasciando in sospeso la frase senza sapere come
proseguire.
Emelie per
sicurezza arretrò, l’ultima cosa che voleva era
ucciderlo e ritrovarsi nel suo corpo.
-
So che
avrai un sacco di domande e che sarai confusa –
proseguì
il giovane – però non abbiamo tempo, o meglio, non
ne hai
tu – disse – per cui non tiriamola per le
lunghe…- aggiunse facendosi da parte.
Mentre un
cigolio di ruote rimbombava tra le pareti vuote, Emelie, senza poter
essere vista da Steve, scosse la testa con un
sorriso mesto.
Sapeva cosa
voleva che
facesse il ragazzo, ma non l’avrebbe fatto… aveva
giurato.
Aveva giurato che non avrebbe mai più preso un corpo,
nemmeno quello di
qualcuno in coma e con lo zero percento di possibilità di
risvegliarsi.
Perchè ogni volta che lo faceva, un pezzo di lei se ne
andava,
mentre immagini, suoni, odori e persone che non aveva mai visto,
diventavano improvvisamente parte della sua vita. Aveva la testa piena
di ricordi che non le appartenevano e che alle volte avevano ancora il
potere di confonderla. Non voleva
più provare
nostalgia per una casa in cui non aveva realmente mai abitato, o per un
cane che non aveva mai ricevuto in regalo a natale. Ma la volontà
di Emelie
venne fatta tracollare non appena comparve la dottoressa Cho, intenta a
spingere sopra ad
un altro lettino il suo vecchio corpo.
-
Avevi
detto che nessuno avrebbe saputo il mio segreto! –
esclamò
la ragazza furente, dimenticandosi di non poter essere udita.
Quasi Steve
l'avesse sentita, portò le mani in avanti come per calmarla.
-
So cosa
ti avevo detto e mi dispiace di non aver mantenuto la parola, ma ora
non c’è tempo. Avrai tutte le spiegazioni che
desideri e
potrai anche prendermi a schiaffi una volta che sarai di nuovo con noi
– replicò.
-
Come se
un mio schiaffo potesse farti qualcosa… - sbuffò
Emelie contrariata
– Non posso tornare lì dentro, Steve… -
commentò sempre a sé stessa nel ricordarsi le
modifiche che
Rheinoldt aveva fatto.
-
Se ti
preoccupa il fatto che quelli di HYDRA abbiano potuto fare
qualcosa, non ne hai motivo – intervenne la dottoressa Cho
– Alcuni collegamenti neurali erano stati modificati, ma sono
riuscita a
sanarli, per cui non devi avere alcun timore – disse con
un’espressione risoluta ma preoccupata per la possibile
reazione della ragazza.
Steve
gettò uno
sguardo sulla figura immobile nel lettino, sperando che aprisse
improvvisamente gli occhi e lo insultasse, ma quando vide che nulla
sembrava essere
cambiato si spazientì.
-
Sei
sopravvissuta settant'anni per darla davvero vinta a quel
maledetto stronzo? – sbottò, dimenticandosi del
suo
proverbiale self control d'altri tempi (per fortuna Tony non era nei
paraggi) – Hai
l’occasione di ricominciare la tua vita esattamente da dove
l’avevi lasciata! Davvero hai intenzione di lasciare che Buck
la
continui da solo? – proseguì guardando torvo
l’aria
davanti a sé – Questa cosa inizia ad essere
ridicola… - mormorò frustrato, sentendosi un
perfetto
imbecille a parlare con il nulla.
-
Pensavo che solo il dottor Banner avesse problemi a gestire
la rabbia –
Il ragazzo,
preso in contro
piede abbassò lo sguardo, incontrando un paio di occhi
azzurro/verdi che lo stavano osservando con sarcasmo.
-
Mi sento uno straccio – gracchiò Emelie
cercando di mettersi a sedere.
-
Non devi sforzarti. Questo corpo non ha mai compiuto nessun
movimento, sarà
indebolito per qualche tempo e avrai bisogno di fare riabilitazione
prima di poterti muovere come vuoi – la avvertì la
dottoressa aiutandola a sedersi con delicatezza.
-
Temo che
sia così – rispose la ragazza e poi, prima che la
donna
potesse ritrarsi, le afferrò saldamente
l’avambraccio
– Mi dispiace di essere stata sgarbata in precedenza, non era
mia
intenzione.. – disse guardando seria Helen – Grazie
per
quello che hai fatto, grazie di cuore - aggiunse.
-
La tua
reticenza è comprensibile, ho giurato di non invadere la tua
vita e rispetterò la parola data. Non è mia
intenzione
fare ricerca in questo modo, né farti del male –
rispose
la dottoressa con un sorriso gentile.
Emelie
annuì, rispondendo al suo sorriso prima di rivolgersi a
Steve.
-
Ora credo che tu mi debba un buon quantitativo di spiegazioni
– lo avvisò.
-
Ogni parola è debito, ma prima vorrei sapere
se…-
-
E'
morto – lo anticipò Emelie oscurandosi –
L’ho
ucciso e ho gettato il corpo in mare – spiegò,
guardando
Steve come per dire che la questione era chiusa definitivamente.
Lui prima di
riprendere a parlare, si limitò a farle un cenno
d’assenso e non proseguì il discorso.
-
E'
stato Sam a portarti via dal pontile, stava facendo un giro di
ricognizione e ti ha vista - cominciò a spiegare il
Capitano.
-
Allora
credo di dover ringraziare anche lui non appena lo vedrò
–
commentò Emelie – ma vorrei prima sapere di lui..
–
aggiunse con un punta di tremore nella voce.
-
Sta bene
– la rassicurò il ragazzo biondo –
Sono.. riuscito a
metterlo ko; non senza qualche difficoltà – disse
sospirando.
-
La sua.. – a Emelie porre quella domanda costava
una gran fatica – la sua memoria? -
La ragazza vide
lo sguardo di Steve adombrarsi di una grande stanchezza.
-
Quando lo abbiamo portato qui non ricordava nulla,
l’unica
cosa che gli era chiara era la sua ultima missione.. sapeva di doverti
eliminare ed era l’unica cosa che gli importava -
raccontò.
Emelie,
nell’udire quelle parole, provò una fitta al cuore.
-
HYDRA è riuscita ad andare così in
profondità? – domandò, più
alla dottoressa
Cho che non a Steve.
-
Non sono
stata in grado di capire cosa gli avessero fatto esattamente.. a
differenza tua, il suo cervello non presentava modifiche chirurgiche
– commentò la dottoressa.
-
Nel
45’ usavano una sorta di elettroshock… penso che
più o meno gli abbiano fatto la stessa cosa anche adesso
–
spiegò Emelie – Per fargli tornare la memoria ho
dovuto usare
i ricordi che ci legavano, ma il suo blocco era solo superficiale
– disse con rammarico.
-
Questa
volta abbiamo dovuto usare delle maniere un po’
più
forti… - disse Steve – ma i risultati sono stati
piuttosto
soddisfacenti – aggiunse con un mezzo sorriso.
-
Non capisco… - replicò Emelie confusa.
-
Credo che
qualcuno voglia vederti – rispose il ragazzo, allungandole
una
felpa da indossare sopra la lunga camicia da paziente.
Senza riuscire a
trasformare
in parole le domande stupefatte che le erano venute in mente, Emelie
indossò la maglia e sorretta da Steve si alzò, ma
quando
lui fece per condurla fuori da quella specie di camera, lei lo
fermò.
-
Aspetta
un attimo – gli disse – fammi avvicinare
– aggiunse,
indicando con lo sguardo il lettino sul quale giaceva Leanne.
Quando le fu
vicina, Emelie prese la mano immobile di lei nelle sue e chinandosi, se
la appoggiò sulla fronte.
-
Grazie, per tutto.. – disse con commozione.
Dopo di che, a
braccetto di Steve e con passi lenti e difficoltosi, uscì.
La sua prima
impressione, ovvero quella di essere in qualche sorta di casolare
abbandonato, fu confermata.
Attraversarono
la grossa
stanza dove lei aveva riposato ed entrarono in una più
piccola,
che si apriva in due locali separati da colonne di cemento. Da
una parte, appoggiato al muro a braccia conserte c’era Sam,
che
non appena entrarono si fece loro incontro.
-
Stai bene – esordì, guardandola con il
solito sorriso spaziato tra gli incisivi.
-
Sì, ed è anche merito tuo, grazie Sam
– rispose Emelie con affetto.
-
Fa strano parlare con te... così –
replicò lui dandola un'occhiata da capo a piedi.
-
Posso immaginare – disse la ragazza divertita.
Stava per
aggiungere qualcosa, quando un movimento alle spalle del ragazzo di
colore attirò la sua attenzione. Dietro Sam, a terra con
il capo chino e il braccio sinistro stretto in una morsa da
fabbro, c’era James.
-
James! –
Emelie
mollò
l’appiglio sul braccio di Steve e per quanto le sue gambe
glielo
concedessero, si precipitò verso la figura.
- Aspetta! – esclamò
Sam cercando di fermarla.
Il Capitano
però gli mise una mano sulla spalla per trattenerlo,
facendogli cenno di lasciarla andare.
-
Steve non siamo ancora certi che… -
protestò il ragazzo rivolto all’amico.
-
Lasciala fare – lo rassicurò lui con
sguardo deciso.
Emelie,
raggiunto il ragazzo, si lasciò cadere davanti a lui,
osservando allarmata la morsa che lo imprigionava.
-
Steve! Ma
che diavolo state facendo? – esclamò, voltandosi
verso
l’interessato e incendiandolo con lo sguardo.
-
Non
avevamo altra scelta – replicò il ragazzo mentre
Sam di
fianco a lui lo indicava come per dire che non era stata una sua idea.
La ragazza
scosse la testa, tornando a rivolgersi verso il giovane davanti a lei.
-
James, stai bene? – gli chiese, appoggiandogli
delicatamente una mano sul braccio.
Il ragazzo
alzò
finalmente la testa. Aveva gli occhi cerchiati da profondo occhiaie e
l’aria di chi
è tornato reduce da una battaglia, fisica o interiore non
faceva
differenza. Lui
la guardò per un lungo momento, respirando dalla bocca semi
chiusa in modo quasi impercettibile.
-
Sei tu… - mormorò.
Emelie
sussultò, chiedendosi se avesse capito davvero giusto, o se
fosse il suo cervello a giocarle dei brutti scherzi.
-
Sei di
nuovo tu.. – ripetè lui mentre gli occhi gli si
riempivano
di lacrime – la mia Emelie - aggiunse appoggiandole la mano
libera sul collo.
-
Tu ti ricordi di me… - replicò allibita
la ragazza.
James, incapace
di parlare per
l’emozione annuì, lasciando che le lacrime
trattenute gli
cadessero lungo le guancie irsute e chinandosi fino a nascondere il
viso nel
petto della giovane. Emelie, ancora
incredula, lo attirò a sé appoggiandogli una
guancia sulla sommità della testa.
-
Steve,
liberalo – pregò, rivolgendo lo sguardo al ragazzo
rimasto
fino a quel momento in disparte.
Il Capitano fu
ben lieto di
assecondare quella richiesta e con diversi giri di manovella,
allentò la
morsa. Non appena James fu libero, strinse finalmente Emelie con
delicatezza. Gli sembrava ancora un sogno che fossero riusciti a
farcela.
-
Buck, ti ricordi di me? –
Il ragazzo
alzò lo
sguardo, mentre Emelie lo scioglieva dall’abbraccio
perché
potesse confrontarsi con l’amico.
-
Tua madre si chiamava Sara e mi ricordo che ti riempivi le
scarpe di giornali – rispose James.
Steve gli
sorrise, commosso di aver ritrovato il suo vecchio amico
d’infanzia.
-
Bentornato Buck – gli disse mentre il ragazzo si
rimetteva
in piedi aiutando Emelie a fare altrettanto.
-
Come ci siete riusciti? – domandò la
ragazza afferrandogli la mano.
Sapeva di poter
apparire
infantile agli occhi dei presenti, ma era ancora talmente meravigliata,
da aver paura che lui potesse scomparire e
dall’intensità con la quale James stava
rispondendo alla
sua stretta, doveva pensarlo anche lui.
-
E' stato un modo un po’ più brutale del
tuo.. – disse Steve con un mezzo sorriso.
-
Ma efficace – aggiunse Sam – non
semplice, ma efficace. –
-
In
così poco tempo? E’ sorprendente! –
esclamò
Emelie – Cosa c’è? –
domandò subito
dopo, vedendo gli sguardi che i due ragazzi si stavano scambiando.
-
Dallo scontro sulla petroliera.. sono passati quasi sei mesi
– disse Steve.
Emelie lo
guardò, sicura di non aver capito bene.
-
Come sarebbero sei mesi? Non è possibile..
– mormorò.
-
Quando
sei arrivata qui, ho dovuto operarti per riuscire a stabilizzare le tue
condizioni – disse la dottoressa Cho facendo il suo
ingresso nella sala solo in quel momento – Purtroppo
però
sei entrata in coma… – aggiunse.
-
Una delle opzioni che ci restavano era quella di rimuovere il
sostegno vitale a Leanne – disse Steve.
-
Nulla mi avrebbe fatto infuriare di più
– disse subito Emelie adombrandosi.
Lo aveva
promesso, non avrebbe mai più preso una vita, mai
più.
-
Ne ero sicuro,
e difatti abbiamo deciso di attendere.. - ripose il ragazzo biondo -
Nel frattempo Helen ha "sistemato" il tuo vecchio corpo e noi abbiamo
iniziato ad aiutare
Bucky – spiegò.
-
Sono
stata fortunata – commentò Emelie mentre sentiva
il
braccio di James intorno alla sua vita stringersi un po’ di
più.
-
E'
vero… - concordò il Capitano – ma i
problemi non
sono finiti… - aggiunse tetro.
Chief's room:
Oh mio Dio siamo al
penultimo capitolo *angoscia*
Stento ancora
crederci... sigh! Ma risparmio la tristezza per la prossima volta xD
Squilli di tromba e
volata di piccioni, Emelie è viva!
Almeno in questa
fiction ho
deciso di risparmiare la vita alla mia protagonista ^^" in un modo un
pò bislacco e forse con qualche spiegazione un pò
presa
per i capelli, ma l'ho fatto.
Questo capitolo è stato scritto per primo, non appena ho
visto
la scena post titoli di coda di Ant man. In realtà doveva
essere
una flash fic, ma alla fine ho sviluppato una long xD Questo non vuol
dire che questo ultimo capitolo sfoci nel periodo della Civil War;
nell'epilogo forse capirete un pò di più.
Per ora vi lascio e vi ringrazio! Tutti voi Lettori, le mie recensiste Howling
commandos,
chi mi ha messa tra i preferiti, seguiti e ricordati.
Un bacio a tutti,
Marta
|
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Capitolo 35 *** Epilogo ***
34. epilogo
James,
si fermò a
qualche metro di distanza dalla figura di Emelie seduta a cavalcioni
sul parapetto dell’ex diga che li aveva ospitati come
fuggiaschi
negli ultimi sei mesi.
A onor del vero
non ci poteva ancora credere, che lei fosse lì e che
fosse… beh, lei.
Emelie era sempre stata "Emelie", anche quando si trovava nel corpo di
Leanne, e su quello non ci pioveva. Però rivederla nel suo
vecchio corpo era letteralmente una gioia. Per ora conservava ancora i
suoi liscissimi capelli biondi, ma era questione di poco tempo
perché diventassero bianchi. Dio quanto le era mancata.
Quando decise
che era il momento di smettere di contemplarla, le si
avvicinò.
La ragazza era china sulla stessa pagina del quotidiano che Steve le
aveva messo in mano mezz’ora prima, e quando lui si sedette
al
suo fianco alzò appena la testa.
-
Dovevo aspettarmelo, vero? – sospirò lei.
-
Temo di sì – rispose il ragazzo.
La prima pagina
del giornale gridava a caratteri cubitali: “E’ ancora caccia al
Soldato d’Inverno!!” e il
relativo trafiletto proseguiva poco più sotto.
“Sono ormai mesi, che i corpi di
polizia di tutto il mondo stanno dando la caccia al criminale noto come
Soldato d’Inverno.
Responsabile
di quello che ormai viene definito il disastro di Washington, il
Soldato è anche accusato di diversi crimini perpetrati negli
anni sotto il comando del KGB. L'attuale premier Russo smentisce
qualsiasi coinvolgimento dell’attuale governo e si dice
pronto a
collaborare alla sua cattura. Nel frattempo si indaga nel passato
dell’organizzazione nota come HYDRA, alla base della recente
caduta dello S.H.I.E.L.D. L’uomo, il cui vero nome
è James
Buchanan Barnes, aveva militato negli Howling Commandos,
squadrone attivo contro il regime Nazista negli anni '40, ed
è
un amico d’infanzia del Capitano Steve Rogers. Captain
America ha
dichiarato di non sapere dove Buchanan sia, ma le
autorità…“
Continua a pagina 1-2-3-4.
-
Che
mucchio di schifezze – sentenziò Emelie, gettando
con
stizza il giornale giù verso l'acqua stagnante.
-
Non hanno tutti i torti – replicò James
con un sorriso mesto.
-
C’è gente, tra quelli che scrivono
questi articoli,
che hanno fatto molto più male di te e intenzionalmente
perfino
– sbottò la ragazza – dovrebbero solo
tacere –
aggiunse stizzita.
-
C’è maretta ovunque dopo Washington
–
soggiunse il ragazzo – Steve mi ha detto che tra le alte
cariche
sta iniziando a serpeggiare il malcontento per la troppa
“libertà” dei supereroi –
raccontò
battendo ritmicamente con lo stivale sulla parete di cemento.
-
Ci mancava anche questa – sospirò Emelie
reclinando la testa all’indietro.
-
Tra
l’altro sarebbe ora che ti trovassi un soprannome, ormai sei
entrata di diritto nella categoria “eroi”
– disse
James con un sorriso.
-
E come mi dovrei chiamare? Zombie girl? –
replicò la ragazza sollevando le sopracciglia.
-
Io pensavo più a Phoenix –
ribattè il soldato.
-
Te lo
concedo, non è male - concordò lei -
però temo che
le luci della ribalta siano da evitare – aggiunse Emelie - ma
adesso cosa facciamo James? – domandò poi rivolta
al
giovane.
Il soldato
stette in silenzio per un lungo momento prima di parlare.
-
Ce ne
andiamo – rispose con una scrollata di spalle – Sei
mai
stata in Romania? – domandò voltandosi verso di
lei.
-
No, ma mi
piacerebbe visitare la Transilvania – rispose Emelie
mostrando i
canini – Perché proprio la Romania? –
s’informò la ragazza.
-
Per le
prugne – scherzò il giovane beccandosi un pugno
sul
ginocchio – è l’unico paese dove non
sono stato in
missione – rispose poi più seriamente.
Emelie
capì all’istante perché avesse scelto
quel luogo: niente missioni = niente ricordi dolorosi.
-
Per me va bene – approvò la ragazza con
un sorriso.
-
Davvero? – replicò sorpreso lui.
-
James,
dopo tutto quello che abbiamo passato sarei disposta a vivere ovunque,
se questo significasse poter stare insieme – disse Emelie
molto
tranquillamente.
James la
fissò e poi,
prima che lei potesse notare i suoi occhi lucidi, le passò
un
braccio attorno alle spalle stringendosela al fianco. La ragazza,
appoggiò la testa nell’incavo del suo collo e
intrecciò le dita con quelle della mano robotica.
-
Ti amo
– sospirò la giovane, godendosi per un momento
quell’istante e ignorando tutti i problemi futuri che si
sarebbe
di sicuro presentati alla loro porta.
-
Ti amo anche io Elie – rispose lui baciandole il
capo.
Che
l’intero universo stesse a guardare come andavano avanti, che
osasse pure sfidarli ancora; che ci provasse.
Li avrebbe trovati pronti, entrambi.
Fine
Chief's room:
E anche questo percorso si è concluso.
Scrivere la parola fine è sempre un pò uno shock
anche per me che ne sono l'artefice, ma credo che ogni finale lo sia.
Spero che questo epilogo abbia soddisfatto le vostre aspettative ^^ Se
con questa storia sono riuscita anche solo una volta a farvi sorridere,
mettervi ansia o andare in brodo di giuggiole, posso considerare
compiuto il mio lavoro, perchè ogni storia è
scritta per sè stessi, ma in modo particolare per chi la
legge.
Alcuni di voi mi hanno chiesto se è previsto un seguito, io
non lo escludo, anzi, un paio di idee ci sono già e prima o
poi saranno messe su "carta"! Per ora sono impegnata nel progetto di
un'altra long che è più o meno a metà
opera, ma che interesserà il fandom di Final Fantasy
XV.
Monster ha
avuto un successo incredibile, soprattutto dando un'occhiata a quante
altre storie ci siano in sezione e questo è dovuto a voi. Se
sono riuscita a infilarmi in tutte le classifiche di sezione
è merito vostro e dell'incredibile affetto che avete
dimostrato a me e ai miei personaggi.
Il vostro supporto è stato fondamentale e il mio piccolo
successo è tutto dedicato a voi <3
Un sentito ringraziamento a tutti i Lettori,
che nonostante siano rimasti nell'ombra hanno fatto schizzare il
contatore letture alle stelle e che quindi hanno dimostrato quanto gli
sia piaciuta questa storia.
Un grazie a chi mi ha inserita tra le storie preferite:
Alzheimer, Bebba91, Calzona_BestLove, Cassy23, charlotteohlin,
Chrona00, clepp, DESTROYA_DESTROYA, Giada_LaRosa, grace18, Jesibel,
KAOLIN, Kaori Ninjiaka, Karota, mangamylove, michela30, moschino,
MrsBieber_98, nemesis_inframe92, OllyKPotterhead1, Thominewt,
weepingangel, you_are_my_hero, _ChappyChan_
Grazie a chi mi ha inserita tra le seguite:
AllisonHermioneEverdeen, Anna Wanderer Love,
Armidia,AsiaDreamcatcher,Chic,Chrona00,DarkLady_,denise26,EkaterinaKenzi,Fating,ferins,fireslight,HORANge_carrot,KAOLIN,Kittycake,LadyBones,ladyw,leila91,mangamylove,michela30,
myloxyloto0521, Oberyn_92,Portuguese D
Rogue,queen_under_mountain,Red_Amortentia,Rinoa Heartilly
Vengeance,RythmHolic,sara_saya,sirina89,Sonata_Eterna,stitch1995,strangeronmars,SweetSmile,weepingangel,you_are_my_hero,Yule_directioner,_Alessia_C95,_KuroHime_
Grazie a chi mi ha inserita tra le ricordate:
Anthea08,Cassy23,ferins,LollyCery13,mangamylove,shaya73
E grazie, grazie, grazie alle Howling
commandos, il mio gruppo di recensiste! So che ho ancora
delle risposte da dare ai vostri ultimi commenti e prometto che
passerò!
_Alessia_C95:
Mia cara Ale, sei stata la prima a credere nella mia storia e a
commentarla! Le tue recensioni mi hanno davvero resa orgogliosa del
lavoro fatto e tu sei assolutamente una personale splendida ^^ Sono
contenta di averti conosciuta! Come mi avevi suggerito ho inserito un
soprannome per la nostra eroina ;) Grazie di tutto e a presto.
Leila91:
Benniiiiish! (ormai è diventato un grido di battaglia xD) A
te che ti sei sparata mezza maratona di film della Marvel per tua
conoscenza personale e per tornare a recensirmi cosa mai potrei dire?
Con le tue recensioni è stato tutto diverso, mi mancavi da
morire!! Come al solito mi hai dato la giusta carica per proseguire e
con le tue mille domande mi hai fatta morire dal ridere =) Grazie di
cuore per essere stata al mio fianco anche in quest'avventura <3
AllisonHermioneEverdeen:
Devo ancora pagartelo lo psicanalista? O il mio finale ti ha
rasserenata? xD Grazie mia cara di aver sopportato tutta quest'ansia
continuando a seguirmi e a recensire. Il tuo sacrificio mentale
è stato molto apprezzato =* Grazie mille!!
Red_Amortentia:
La tua costanza è stata commovente =,) anche nel recensire
tutti i capitoli che avevi lasciato indietro! Sono le persone come te a
far felici noi autori, perchè si vede quanto ci tieni.
Grazie infinite!
LadyBones,Charlotteohlin, Kaori
ninjiaka: Vi ringrazio per avermi lasciato un commento,
è sempre bello ricevere un parere su quanto si sta scrivendo
^^
Mangamylove, Thominewt,
Bebba91, LollyCery13: Ragazze, grazie per esservi sempre
fermate a farmi sapere quando vi stessi mandando nel panico xD Siete
state molto pazienti con me! Avete avuto tante belle parole che mi
hanno fatta sorridere più di una volta ^^ A presto spero
<3
Qui finisce il
nostro percorso assieme, ma sono sicura che ci ritroveremo ^^
Con
tutto il mio affetto,
Marta
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