Monster

di Kano_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo incontro ***
Capitolo 3: *** Emelie ***
Capitolo 4: *** Primo scontro ***
Capitolo 5: *** Rheinoldt ***
Capitolo 6: *** Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio? ***
Capitolo 7: *** Nomi ***
Capitolo 8: *** Da quanto tempo? ***
Capitolo 9: *** L'albero degli impiccati ***
Capitolo 10: *** Un peso sul cuore ***
Capitolo 11: *** Terribili verità ***
Capitolo 12: *** Casa è avanti, il mondo alle spalle ***
Capitolo 13: *** Pagine di libertà ***
Capitolo 14: *** L'uomo con le rughe ***
Capitolo 15: *** Prima di te ***
Capitolo 16: *** Vite dai doppi fondi ***
Capitolo 17: *** Libertà e speranza ***
Capitolo 18: *** Nubi temporalesche ***
Capitolo 19: *** Esperimento fallito ***
Capitolo 20: *** Forse un giorno ***
Capitolo 21: *** L'inizio dei giochi ***
Capitolo 22: *** Canti notturni ***
Capitolo 23: *** Tempesta nei ricordi ***
Capitolo 24: *** Verità insospettabile ***
Capitolo 25: *** Identità confusa ***
Capitolo 26: *** Il peso di una vita di troppo ***
Capitolo 27: *** Cenere alla cenere ***
Capitolo 28: *** Fiamme e devastazione ***
Capitolo 29: *** Sayonara ***
Capitolo 30: *** Freddo di solitudine ***
Capitolo 31: *** Chiamata dall'inferno ***
Capitolo 32: *** Volere e potere ***
Capitolo 33: *** Resa dei conti ***
Capitolo 34: *** Mai perdersi ma ritrovarsi ***
Capitolo 35: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo



-    È di lui che mi dovrò occupare? –


-    Sì –


Due voci, ovattate, come se provenissero da una bolla sott’acqua. Questo era tutto ciò che Bucky riusciva a sentire. Il resto rimaneva nell’oscurità: immagini, sensazioni, odori. Tutto; all’infuori di quell’eco lontano.


-    Perché lo avete affidato a me? –


Era una voce femminile, con un lieve accento straniero.


-    Perché non può farlo nessun altro –


L’altra era una voce maschile, autoritaria.


-    E tutti gli altri? –


La donna proseguì, con un leggero tremore nella voce.


-    Non ci sono altri –


La lapidaria risposta dell’uomo piombò come un macigno.


-    Capisco –


Quell’unica parola fu l’ultima cosa che il ragazzo registrò, prima che anche i suoni fossero inghiottiti dall’oscurità.



Head room:

Buongiorno a tutti!
Questa mia piccola long , di cui avete appena letto il prologo (un pò scarno lo so), sarà una Bucky x Nuovo personaggio, si ambienterà in due periodi temporali distinti: il 1945, durante la prigionia di Bucky all'interno della base Hydra e nel presente, più precisamente appena prima della battaglia al Triskelion, per poi proseguire fino all'inizio di Civil War. Mi rifarò sia ai film di Captain America che al fumetto sperando di riuscire a conciliare il tutto, ma mantenendo una trama completamente inventata da me.
Scusate se vi ho fatto queste precisazioni, ma, visto che dal prologo non si capisce una beneamata mazza, almeno vi ho dato un paio di indicazioni per farvi capire se può essere una storia che vi intriga. Io ovviamente spero che vi intrighi tanto, ma proprio taaanto!
Venerdì dovrei postare il primo capitolo, quindi avrete qualcosa in più da leggere ^^"
Vi ringrazio fin da ora per l'attenzione e per l'eventuale decisione di dare a me e alla mia fic una chance di tenervi compagnia per un pò.

Con affetto,
Marta




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Capitolo 2
*** Primo incontro ***


1.
 

-   Dannazione! –


Leanne si abbassò oltre la macchina dietro la quale si era riparata, evitando così una scarica di proiettili.
Era bastato un attimo perché si scatenasse il caos. Ora che oltre alla Vedova nera, si era aggiunto anche Captain America, le cose erano sensibilmente peggiorate. In quel momento alla ragazza poco importava che l’eroe nazionale stesse passando un brutto quarto d’ora; il suo unico obbiettivo era quello di non lasciarsi sfuggire il suo antagonista. Il Soldato d’inverno.
Lo aveva cercato troppo a lungo e aveva speso troppe energie per lasciarsi scappare quell'occasione più unica che rara.

Impossibilitata a fare di nuovo capolino oltre il cofano, Leanne afferrò lo specchietto rotto di una delle vetture vicine e lo usò per guardare cosa stesse succedendo.
Se non fosse stata addestrata a seguire i movimenti in combattimento, non sarebbe riuscita a distinguere nemmeno mezza mossa dei due contendenti.  Erano veloci oltre l’inverosimile e assolutamente letali, ma erano comunque in una situazione di stallo. Ad ogni colpo di Rogers, il Soldato rispondeva prontamente e viceversa.

-    o forse no… -  sussurrò la ragazza assottigliando lo sguardo.

Captain America finalmente era riuscito a bloccare il braccio metallico dell’avversario, colpendolo al viso con il suo scudo e scagliandolo lontano. Fu in quel frangente che perse la maschera…
Leanne strinse i denti, mentre Rogers restò pietrificato riconoscendo nel suo nemico il suo vecchio amico.
Mentre i due si squadravano, Leanne ne approfittò per avvicinarsi ulteriormente, portandosi alle spalle del Soldato e usando le auto ferme in mezzo alla strada come copertura. Stava per raggiungere un grosso Suv bianco, quando un’esplosione la buttò con violenza a terra.
Le orecchie presero a fischiarle coprendo gli altri suoni; sintomo tipico di una deflagrazione a corta distanza.
Leanne scosse la testa un paio di volte mentre, con l’ausilio dei gomiti, si metteva carponi. Si guardò attorno confusa. Dov’era il suo bersaglio?
Malferma si tirò in piedi e imposasi di riacquistare la stabilità, iniziò a guardarsi intorno.
Vide un gruppo di auto blindati neri accerchiare i due Avengers e l’uomo con le ali, ma non se ne preoccupò. Si diresse invece dalla parte opposta, l’unica dalla quale il Soldato poteva essersi allontanato.
Corse fino a fermarsi ad un piccolo incrocio e lì cercò di immaginarsi quale strada potesse aver preso. Una volta che si fu decisa si rimise a correre.

“ Non puoi perderlo, non di nuovo! Non avrai un’altra occasione del genere” pensava la ragazza “ non puoi per…”

Il suo pensiero si interruppe bruscamente quando, svoltato l’angolo di un fabbricato in mattoni, qualcosa la inchiodò al muro, mozzandole il respiro e riempiendo il suo campo visivo di puntini neri.

-    James, fermo! –

Quel grido fu l’unica cosa che la salvò dall'essere freddata all'istante. Non appena riuscì a riacquistare la vista, vide di avere un coltello da combattimento seghettato ad un centimetro dal viso. Il Soldato la squadrava con sospetto e confusione.

-    James –  lo chiamò di nuovo, con una supplica implicita di allentare la presa che le stava togliendo il fiato.
-    Non so chi sia – replicò l’uomo con rabbia trattenuta.
-    Sei tu. Lasciami andare e ti spiegherò tutto – replicò la ragazza.

Il risultato di quella proposta fu di essere ancora più pressata e sollevata parzialmente da terra.

-    Ti prego, ascoltami – insistè, aggrappandosi al suo braccio di metallo.

Una sirena prese a suonare non distante da loro. Leanne vide gli occhi chiari del Soldato concentrarsi sulle istruzione che probabilmente gli stavano arrivando all’auricolare.
 Quando si conclusero, l’uomo tornò a guardarla e con un gesto brusco la scaraventò  a terra.
Leanne tra un colpo di tosse e l’altro, si allungò ad afferrargli il braccio per impedirgli di andarsene.

-    Devi restare, non tornare da loro! – gli disse.

Il Soldato non le diede minimamente ascoltò, limitandosi a strattonarsi dalla sua presa e ad allontanarsi.

-    James! – gli urlò dietro lei – se torni indietro non faranno altro che sfruttarti ancora e ancora! Fidati di me, fermati! – provò nuovamente a convincerlo senza alcun esito.

Leanne non sapeva più cosa fare. Ormai era chiaro che non le avrebbe dato retta. Si ritrovò di nuovo a provare quel senso di impotenza, che per tanto tempo l’aveva logorata.  Era stato nuovamente tutto vano?

-   Non posso fissare né l'ora né il posto, o lo sguardo o le parole che furono il principio del mio amore -

Quella frase giunse distintamente alle orecchie del Soldato e lo fece arrestare. Stupito si voltò verso la ragazza. Il vento le scompigliava i capelli neri e in mezzo a quella strada gli sembrava quasi una visione surreale. Ma non era stato quello ad averlo turbato… lui... lui quelle parole le aveva già sentite, solo che non sapeva dove.
Come quando Captain America lo aveva chiamato Bucky. Qualcosa si era mosso dentro la sua corazza di assassino, qualcosa che non era ancora riuscito ad afferrare.  

-    ...E' passato troppo tempo. Ero già innamorato prima di accorgermene. – concluse.

I due ragazzi rimasero a fissarsi. Il Soldato fece un passo verso di lei.

-    Missione conclusa, ripeto, missione conclusa. Ritornare alla base –

La voce asettica che uscì dal suo auricolare spezzò la magia. Il Soldato si voltò e proseguì per la sua strada.
Leanne si afferrò le braccia chinando il capo.
Era stato tutto di nuovo vano.



Head Room:

Buonsalve e ben arrivati al primo capitolo!

Vi ho giusto giusto introdotto uno dei personaggi principali, ovvero Leanne, che farà parte degli eventi del 21esimo secolo. Questa sarà una delle uniche due scene che userò tratte dal film The Winter soldier; concedetemela, ne avevo bisogno!
La frase che viene citata da Leanne nelle ultime battute di questo capitolo qualcuno di voi l'ha riconosciuta? Se così non fosse vi tolgo io dall'impiccio dicendovi che arriva da "Orgoglio e Pregiudizio". Lo so, clichè! ^^" Questa povera Austen viene abusata in tutti i modi, ma vi giuro che essendo uno dei miei libri preferiti ho voluto renderlo parte della mia fic. Nel prossimo capitolo si tornerà al 1945, quindi, se siete curiosi, l'appuntamento è per venerdì prossimo!

Ringrazio chi ha speso del tempo per leggere fino a qui e ringrazio anche HORANge_carrot per avermi inserita tra le seguite.

Con affetto,
Marta

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Capitolo 3
*** Emelie ***


2. Emelie


Una fitta lancinante lo strappò dal sonno. Bucky aprì gli occhi di scatto con il cuore che gli rimbombava nel petto e nelle orecchie.
La prima cosa che mise a fuoco fu un malinconico neon sopra la sua testa, poi istintivamente spostò lo sguardo verso la fonte del suo dolore.
Là, dove doveva esserci il suo braccio sinistro, vide solo il bianco del grezzo lenzuolo che lo ricopriva dalla vita in giù.

Per un attimo rimase a fissarlo inebetito.
Lo sentiva; sentiva il dolore, avvertiva quel braccio che gli occhi non vedevano.. perché invece non c’era?
Qualcosa di rosso, appena sopra il punto che gli doleva, catturò la sua attenzione.

Il lino delle bende che ricoprivano il moncherino, iniziava a macchiarsi di sangue.

Osservando quella scena, il suo cervello si liberò degli ultimi strati di appannaggio e una serie di immagini confuse prese a vorticargli in mente.
La missione sul treno con Steve, la caduta, la voce di qualcuno che lo chiamava, una striscia scarlatta sulla neve fresca.
La testa prese a girargli e una paura mai provata prima ad assalirlo. Mentre il respiro gli si accorciava, sentì l’impellente necessità di alzarsi e fuggire. Scostò le coperte e tentò di mettersi seduto.

-    Che stai facendo!? Fermo! –

Una mano esile lo respinse sul letto e un’altra lo afferrò per l’unico polso rimastogli. Bucky cercò di ribellarsi mentre il mondo girava attorno a lui.

-    Fermo ho detto! Sei troppo debole, smettila! - lo rimproverò ancora quella voce.

Il ragazzo smise di agitarsi; non tanto perché lo desiderasse, ma quanto più perché le forze lo avevano abbandonato. Per un attimo tornò a regnare il silenzio, mentre il suo battito cardiaco cercava di rallentare e la testa si fermava.

-    Risparmia le forze finchè ne hai –

Quella voce dall'accento straniero lo sorprese di nuovo, ma ad occhi chiusi ricordò di averla già sentita. Quando riaprì le palpebre, mise a fuoco la sua interlocutrice.
Era una ragazza che poteva avere dai venti ai venticinque anni, bionda. Due profonde occhiaie le cerchiavano gli occhi di un colore simile a quello del mare nelle zone tropicali; a metà tra l’azzurro intenso e il verde.
Se non avesse avuto quel colore malaticcio, le guance incavate e lo sguardo spento, sarebbe stata una di quelle ragazze da mozzare il fiato a qualunque uomo. Ma il dolore l’aveva resa l’ombra di quella che sarebbe potuta essere in altre circostanze.

-    Chi sei? Cosa mi è successo? – le domandò con voce arrochita.

Con quello sguardo torvo con cui lo aveva guardato fino a quel momento, Bucky si aspettava quasi che alzasse gli occhi al cielo ad una simile domanda, invece i suoi lineamenti si distesero ed ella gli sorrise in modo triste.

-    Sarebbe stato meglio per te non dover mai porre questa domanda – rispose, poi si voltò.

Bucky, di riflesso, cercò di trattenerla con il braccio sinistro, dimenticandosi che non ci fosse più; ma la ragazza si era solo girata ad afferrare un bicchiere d’acqua e alcune pastiglie. Con delicatezza lo aiutò a sollevarsi e gli porse prima le medicine e poi l’acqua.

-    Prendile, serviranno contro il dolore – gli spiegò.

Mentre le ubbidiva, Bucky si guardò attorno. Non si stupì di trovarsi in una cella. Era di spessi mattoni e cemento, con una solida porta in ferro a chiuderne l’uscita. L’arredamento consisteva nel letto sopra il quale lui era sdraiato, un lavandino, un gabinetto e lo sgabello sopra il quale era seduta la sconosciuta.

-    Dove siamo? – chiese quando le ripassò il bicchiere vuoto.

Lei lo appoggiò per terra e tornò a guardarlo.

-    Non lo so di preciso… siamo in Germania di sicuro, ma in quale zona non so dirtelo – rispose lei.
-    Cos…-
-    Cosa ti è successo? – lo anticipò lei e il ragazzo annuì.

La giovane prese un lungo respiro.

-    Non so nemmeno questo… devono averti raccattato in giro –
-    Chi? –
-    Quelli dell’Hydra –

Quell’unica parola ebbe il potere di gelare il sangue nelle vene di Bucky. Era caduto nelle mani del nemico..
Pensava che il peggio sarebbe stato morire e invece si sbagliava.
Ora si ricordava tutto... della missione e della sua caduta nel burrone fra le montagne innevate. Per qualche strana ragione era sopravvissuto e quelli dell’Hydra lo avevano trovato.
Valutò la possibilità che qualcuno lo venisse a soccorrere.

-    Non verrà nessuno –

La sentenza della ragazza lo strappò bruscamente dalle sue congetture.

-    Non fare l’errore che ho fatto io. Non illuderti, sarà più semplice – gli disse.
-    Perché ci tengono qui? –
-    Esperimenti… Cos’altro se no? –

Bucky stava per chiederle che tipo di esperimenti intendesse, quando un forte bussare alla porta lo interruppe.
La ragazza ebbe un fremito di quella che poteva essere paura, prima che si alzasse avvicinandosi all’uscio.

-    Ehi, aspetta! - esclamò Bucky agitandosi nuovamente.
-    Tornerò, non preoccuparti. Hanno bisogno di qualcuno che si prenda cura di te finchè non sarà il momento – gli disse mettendo mano sulla porta.
-    Il momento per cosa? – domandò il ragazzo, ma lei non gli rispose – Dimmi almeno come ti chiami! –
-    Emelie – rispose mentre apriva.
-    Io sono James, ma tutti mi chiamano Bucky – si presentò il ragazzo.

Emelie si voltò appena, sorridendogli di nuovo in modo triste.

-    Avrei preferito non doverti dire che è un piacere conoscerti. Non in queste circostanze almeno –

Detto questo scomparve oltre la porta, portandosi via quel poco di sicurezza che Bucky ancora aveva.



Head Room:

Ciao a tutti!
E con il secondo capitolo è arrivata anche Emelie; personaggio chiave di tutta la vicenda. Spero sinceramente che riusciate ad affezionarvi sia a lei che a Leanne. Non amo particolarmente dettagliare l'immagine dei nuovi personaggi, per cui mi sono limitata al colore dei capelli e degli occhi. Se sia bassa, alta, formosa o meno, liscia o riccia lo lascio decidere alla vostra fantasia =)
Approfitto di questo capitolo in cui ancora non succede granchè, per dirvi da dove è derivato il titolo "Monster".
E' il nome di un brano degli Imagine Dragons di cui apprezzo molto sia il sound che i testi, e questa canzone in particolare ho trovato che fosse.. semplicemente perfetta per descrivere Bucky e la mia fic in sè e per sè. Se avete voglia di darci un'occhiata vi lascio qui di seguito il link: Testo e traduzione Monster

Legata al titolo della storia è anche l'impaginazione. Non sono una che ama cose troppo vistose e da un pò di tempo, per le mie fic, ho adottato questi semplici banner. In questo caso ne ho scelto volutamente uno elegante, per metterlo in contrapposizione con il nome della storia. Monster... trovavo che fosse una bella contrapposizione.
Ora che vi ho detto un sacco di cose di cui non vi frega niente, mi permetto di ringraziare dal profondo del cuore tutti i numerosi lettori (Ero davvero commossa nel monitorare il contatore delle letture)! Così come voglio ringraziare la mia prima commentatrice _Alessia_C95, che mi ha scritto una bellissima recensione, e anche coloro che mi hanno aggiunta tra le loro storie preferite (Nemesis_inframe92 e Alzheimer), seguite (_Alessia_C95, Armidia e Myloxyloto0521) e ricordate.

Con affetto, a venerdì prossimo.
Marta 

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Capitolo 4
*** Primo scontro ***


3.


-    Se voi oggi lancerete quegli Helicarrier, l’Hydra sarà in grado di uccidere chiunque la ostacolerà; a meno che non li fermiamo. So di chiedere molto, ma il prezzo della libertà è alto, lo è sempre stato ed è un prezzo che io sono disposto a pagare.  E se sarò il solo, allora così sia; ma scommetto che non lo sarò -


Leanne sorrise soddisfatta. Se desideri trovare qualcosa o qualcuno, il posto migliore dove poterlo trovare è al centro stesso del problema.
Ed era esattamente lì che lei si trovava, sopra uno degli enormi problemi di quel momento; ovvero uno degli Helicarrier del progetto Insight.

Era certa al 100% che il Capitano li avrebbe attaccati nel tentativo di fermarli, e la più potente arma a disposizione da usare contro di lui, era il Soldato d’inverno. Era anche sicura che l’annuncio appena fatto da Rogers, avesse spaccato il personale S.H.I.E.L.D. in due: quelli fedeli all’organizzazione e quelli affiliati all’HYDRA.
Per questo motivo, Leanne si era mantenuta sulla paratia esterna, nascosta in una delle rientranze per la manutenzione del velivolo.
Solo quando il clima si sarebbe riscaldato abbastanza da creare la giusta confusione di personale, si sarebbe mossa.
Purtroppo, la scelta dell’Helicarrier sul quale salire era stata designata solo dal suo intuito. Alla fine aveva scelto l’Ammiraglia, che probabilmente sarebbe stata l’ultima ad essere presa di mira e quella più difficile da conquistare; un'impresa che solo il grande Captain America avrebbe potuto portare a termine.

Nonostante cercasse di mantenersi sicura di sé, Leanne non lo era per niente. Aveva già fallito una volta e niente le assicurava che non accadesse di nuovo. La presa dell’HYDRA sul Soldato d'inverno era più forte di quanto pensasse... senza contare che, quasi certamente, al suo rientro alla base fosse stato di nuovo sottoposto ad elettroshock e ad ibernazione.
Pensare a quelle pratiche la fece rabbrividire e infuriare, cosa che le provocò un doloroso aumento del battito cardiaco. La ragazza inspirò ed espirò un paio di volte con decisione. Chiuse gli occhi, svuotò la mente e congiunse le mani; così come le avevano insegnato. Il suono della canna di bambù che batte ritmicamente sulla pietra la calmò quasi subito. Assieme alla calma però, provò anche una fitta di nostalgia, che la portò a sperare che tutta quella storia finisse e che lei potesse fare presto ritorno a casa.

Non passò molto tempo perché l’Helicarrier sul quale si trovava spiccasse il volo e il combattimento prendesse il via.
Il fuoco venne aperto su entrambi i velivoli adiacenti e Leanne giurò di aver visto l’amico volante di Captain America attaccarli dall’alto.

La ragazza decise che era tempo di muoversi. Doveva procurarsi delle informazioni se voleva capire dove si sarebbero diretti per sabotare l’Helicarrier. Uscendo quindi dal suo nascondiglio, si diresse lungo il primo corridoio utile, tenendo un passo adatto alla situazione concitata e il mitra in braccio. Ad un certo punto, una pattuglia di soldati le passò davanti ad un incrocio: un vero colpo di fortuna!
Accodandosi a loro, calcolò bene la distanza e quando fu certa dell’esito delle sue prossime azioni, le mise in pratica. Richiamò l’attenzione del soldato davanti a lei e quando questi si fermò, distanziandosi dal resto del plotone, Leanne lo afferrò trascinandolo nel corridoio attiguo e sbattendogli il capo sulla parete di metallo. Il militare si afflosciò come una bambola di pezza, dandole l’opportunità di occultare il corpo e di recuperarne l'auricolare.


-    ..liberino i passaggi inferiori dal livello 4 fino al CC. Ripeto. Tutte le unità convergano sui livelli superiori e liberino i passaggi inferiori dal livello 4 fino al CC. –

Leanne ascoltò l’ordine ripetersi un altro paio di volte. Per quale motivo stavano facendo convergere tutte le forze ai piani superiori? Perché lasciare liberi quelli inferiori?

"Nel Command Core si trova il computer centrale... e il trasmettitore della posizione dell’Helicarrier…" ragionò; poi spalancò gli occhi.

-    Ma certo! - sibilò.

Non avevano bisogno di squadre là sotto; gli sarebbero solo state d’intralcio…

-    So dove andare.. – disse Leanne, gettando a terra l’auricolare e dirigendosi verso le scale che portavano d’abbasso.
-    Ehi tu! Non hai sentito gli ordini? Dobbiam.. - La ragazza non si fermò nemmeno ad ascoltare la fine della frase del soldato che era sbucato dal vano scale. Impugnò il mitra e calò il calcio dell’arma sulla faccia dell’uomo, che con un gemito cadde riverso a terra. Con un colpo di tacco, poi, Leanne gli fece perdere completamente i sensi.

Ad ogni scalino che scendeva si sentiva sempre più in ansia. I colpi di arma da fuoco erano aumentati e le sembrava che il tragitto fino al Command Core fosse infinito.
In quell’istante c’era in gioco tutto: la sua missione, la vita di milioni di persone, il futuro. Tutto racchiuso nel tempo scandito da un timer da qualche parte non lontano da lì. Era ironico pensare che fossero dei numeri digitali a decretare la fine del mondo;
e lei era pazza per riuscire a fare certi ragionamenti in quel momento.
Arrivata finalmente all’imbocco dell’ultima rampa di scale, si fermò. Da sotto arrivava l’inconfondibile suono di una lotta serrata... La ragazza dovette prendere un respiro profondo, prima di correre giù e di aprire la porta che dava sul Command Core.

La prima cosa che vide fu Captain America armeggiare con la colonna del computer centrale. Aveva diverse ferite d'arma da fuoco dall’aspetto piuttosto serio, ma nonostante questo, riusciva ancora a rimanere in piedi. Non si sarebbe aspettata di meno da lui.
In quel momento, un colpo di pistola si andò a conficcare nella schiena di Rogers e riscosse Leanne.
Il Soldato d’Inverno era poco più sotto, con la canna della pistola ancora fumante in mano.
Fu in quell'istante che l’eroe americano la vide. Nei suoi occhi comparve la disperazione e l’incredulità di vedere una perfetta sconosciuta in quel luogo. In mano stringeva spasmodicamente un chip, che poco prima stava probabilmente cercando di inserire nella consolle.
A Leanne bastò un battito di ciglia per decidere cosa fare. Corse verso l’uomo, afferrò il chip che le stava porgendo e lo sostituì nel punto mancante.

-    Ok Capitano, ora vattene –

L’ordine ricevuto nell’auricolare di Rogers, si udì perfettamente nel silenzio che si era improvvisamente venuto a creare, ma Leanne non si fermò ad ascoltare quello che il ragazzo rispose. Si avvicinò invece al parapetto e si sporse.
Il Soldato d’inverno era ancora lì e la fissava con la pistola stretta in pugno.


-    James – mormorò lei.

L’uomo sollevò l’arma contro la ragazza pronto a sparare, ma in quello stesso istante l’Helicarrier fu colpito duramente.
Leanne venne sbalzata di sotto, e con un colpo di reni si girò ad afferrare la ringhiera nel tentativo di frenare la caduta. L'urto che però ricevette alla schiena le mozzò il respiro, facendole perdere la presa sul metallo. Riparandosi la testa, cadde malamente sul fianco.
Mentre altri colpi raggiungevano il velivolo sconquassando il pavimento, la ragazza ancora stordita alzò la testa.
Leanne si guardò intorno, individuando il Soldato d'inverno bloccato sotto una delle strutture che avevano ceduto.

Corse verso di lui nel tentativo di aiutarlo e quando lo raggiunse, prese a spingere senza però ottenere risultati. Era troppo pesante e lei, per quanto fosse forte e allenata non aveva a disposizione la forza necessaria.
Steve Rogers, una volta accortosi di cosa stesse succedendo, li raggiunse. Cercò di sollevare il blocco, ma cadde stremato.

-    Ehi, tutto bene? -  

La ragazza di prima, quella che aveva inserito il chip al posto suo, lo aiutò a rimettersi in piedi.

-    Pensi di farcela? – gli domandò.

Steve avrebbe voluto chiederle un mucchio di cose: tipo chi era? Come mai si trovava lì? E soprattutto.. perché sembrava volere a tutti i costi aiutare il suo amico d’infanzia?
Purtroppo la situazione non gliene lasciava il tempo e così si limitò alla risposta standard.

-    Certo –

Con l’aiuto della ragazza provò di nuovo a sollevare la maceria, abbastanza da permettere a Bucky di divincolarsi. Non appena l’uomo fu in piedi, la giovane gli si avvicinò. Il Soldato reagì d’istinto, colpendola con il braccio sinistro e mandandola al tappeto diversi metri più in là.
Rogers la osservò con la coda dell'occhio cercare di rimettersi in piedi, mentre il Soldato puntava verso di lui.

-    Tu mi conosci! – 
-    Non è verò! – 

Leanne, a carponi sul vetro incrinato, vide Captain America venire atterrato dal Soldato e lo ascoltò cercare di convincere il suo avversario a deporre le armi. Ma quello non sembrava volerlo stare a sentire e si accanì un’altra volta contro di lui.
Quando vide Rogers buttare via lo scudo, la ragazza si allarmò. Cercò di riacquistare una posizione eretta, ma le gambe ancora non volevano saperne di muoversi secondo i suoi comandi.

Nel frattempo, il Soldato aveva bloccato a terra il Capitano e aveva cominciato a prenderlo a pugni con violenza.

-    Tu. Sei. La. Mia. Missione! – gli gridava ad ogni colpo.

Leanne a quel punto, gridando per superare il dolore e la stanchezza, si rimise in piedi, lanciandosi verso i due e afferrando il braccio sinistro del Soldato.

-    Basta James! Smettila! –

Due occhi azzurri e confusi si piantarono in quelli lucidi di lei.
Perché quei due cercavano di salvarlo? Cosa volevano? Chi erano? Cosa sapevano di lui?

-    E allora concludila… -

La frase quasi sussurrata del Capitano, arrivò alle orecchie del Soldato che tornò a fissarlo.

-    Perché io sarò con te fino alla fine –

L’uomo rimase con il pugno sollevato, incerto sul da farsi.
Quelle frase gli ricordava qualcosa.. Erano parole legate ad un evento triste.. ad un avvenimento remoto, confuso; come se il ricordo stesse cercando di farsi strada attraverso una strettissima apertura.
James fu strappato di botto dai suoi pensieri nel momento in cui la piastra in vetro, sopra la quale stavano, si ruppe, e Captain America cadde di sotto.

-    No! –

Leanne, rimasta aggrappata al braccio del Soldato, fece per lasciarsi andare.

-    Ferma! –

L’uomo si stupì che quell'avvertimento fosse uscito dalla sua bocca, eppure a darlo era stato proprio lui...
Aveva improvvisamente provato una fitta di quella che poteva essere paura.. un sentimento che non ricordava nemmeno di aver mai provato.
La ragazza lo guardò, stupita quando lui.


-    Devo salvarlo James, o ti porterai dietro questo peso per tutta la vita – gli disse e poi mollò la presa precipitando in caduta libera.

Quando Leanne raggiunse la superficie dell'acqua, l’impatto fu talmente forte da farle perdere l’orientamento di dove fosse il sopra e il sotto. Quando riuscì a stabilizzarsi, nuotò verso l’uomo privo di sensi che stava affondando e non appena fu a portata di mano, lo afferrò provando a riportarlo fuori.

“E' troppo pesante, non ce la farò mai!” pensò disperata Leanne scalciando l’acqua "Se almeno non avesse tutta quella roba addosso!"

Era allo stremo e la sola adrenalina che aveva in circolo non poteva bastare.
Ogni tentativo le portava via sempre di più le forze.

“Quanti rimpianti ancora dovremo avere?”

Leanne, mentre smetteva di dibattersi,
riassaggiò di nuovo l’amaro della disperazione; finchè un improvviso spostamento d’acqua non catturò la sua attenzione. Al suo fianco comparve il Soldato d'inverno, che con un cenno della testa le fece segno di afferrare il Capitano.
Assieme lo portarono in salvo nuotando fino alla vicina riva del fiume.
Lì, la ragazza si lasciò cadere ansante e fradicia, e con i polmoni che minacciavano di andarle in fiamme. Prese delle boccate d’aria molto profonde e poi sempre più piccole, cercando di non andare in iperventilazione. Quando si riconnettè al mondo, vide che il Soldato d’inverno si stava già allontanando.
Leanne si rimise in piedi, incespicando un paio di volte prima di riuscire a raggiungerlo e a piazzarglisi di fronte. L’uomo si arrestò tenendosi il braccio ferito.


-    Spostati – le intimò.

Leanne scosse la testa – No, fermati e ascoltami –

-    Non mi interessa quello che hai da dirmi – replicò il Soldato superandola.

La ragazza lo afferrò per il braccio e lui si chiese come mai desiderasse tanto essere uccisa.

-    Davvero non ti interessa? Davvero ti va bene di andartene così? So che quello che ti ha detto Rogers non ti è stato indifferente -  insistè lei.

Il Soldato d’inverno le diede una lunga occhiata. Capelli scuri, occhi blu, fisico allenato, addestrato probabilmente, ma per il resto era una comune cittadina americana. C’era qualcosa però, nel suo sguardo, di disperato, come se la sua risposta potesse decidere del suo destino.

-    E tu potresti dirmi quello che voglio sapere? –
-    Penso di sì – rispose lei, senza allentare però la presa sul suo braccio meccanico.
-    Perché dovresti? –

A quella domanda sembrò in difficoltà.

-    E' così strano che qualcuno ti voglia aiutare? – gli disse – No, ok, aspetta! – aggiunse vedendolo girarsi nuovamente.

Il Soldato tornò a guardarla.

-    Senti… ho delle buone ragioni per volerti aiutare, ma non è questo il momento per spiegartele. Fidati di me anche se è difficile. Fidati del tuo istinto. Tra tre isolati c’è un autofficina dismessa, entra dal retro e aspettami – gli disse lei, lasciandolo finalmente andare e tornando sui propri passi.
-    E tu dove vai? – le domandò l’uomo sospettoso.
-    Non posso di certo lasciarlo così! – replicò lei con un eloquente occhiata al capitano Rogers steso a terra – Devo almeno bloccare l’emorragia all’addome. Prima che arrivino quelli dello S.H.I.E.L.D. mi sarò tolta di torno e verrò da te. – lo rassicurò.

Leanne e il Soldato si squadrarono ancora per un momento e la ragazza lesse negli occhi di lui l’indecisione e la diffidenza.

-    La scelta è tua.. ma io non sprecherei questa occasione. Perchè dovrei farti del male dopo aver rischiato la mia vita per salvare la tua? Non sono io il tuo nemico James.  – detto questo, Leanne si chinò sul Capitano.

Quando si girò, un istante dopo, del Soldato non c’era più alcuna traccia.
Ora non le restava che sperare…

*Tutti i personaggi, ad esclusione di quelli di mia invenzione, appartengono a madre Marvel e ai suoi disegnatori*


Head Room:

Buon pomeriggio a tutti!
Spero che la vostra Pasqua sia stata ricca di cibo e vino quanto lo è stata la mia ^^
Con questo capitolo si sono concluse le scene tratte e rielaborate direttamente da TWS. D'ora in poi mi addentrerò in un territorio assolutamente nuovo e la mia fantasia deciderà cosa fare! Spero che non ne restiate delusi...
Come in ogni storia che scrivo, il mio spauracchio più grande è di non trasformare la protagonista in una Mary Sue (per chi non sapesse cosa sia, è un personaggio femminile, capace di risolvere sempre ogni situazione nel modo migliore. Una specie di super eroina senza macchia e senza paura) e qui mi sono messa ancora più nei pasticci, decidendo di inserire ben due ragazze ^^" Doveste mai notare una mia tendenza a idealizzare troppo Leanne o Emelie vi prego di farmelo sapere, ma spero proprio non capiti. Cercherò di bilanciarle in modo che non siano delle povere fanciulle indifese, ma neppure delle She Hulk inerrestabili!
Altra mia chimera sono le scene d'azione... sono terribilmente impacciata quando devo scriverle.. vi prego di avere pazienza!
Spero di non aver offeso nessuno se Leanne ha dato una mano al nostro Capitano e se si è intromessa nel momento topico fra lui e Bucky *si fa piccola piccola*
Venerdì prossimo torniamo nel passato e ritroveremo Emelie.. scopriremo qualcosa in più su questa ragazza?
Come sempre ringrazio chi usa il suo prezioso tempo per leggermi, commentarmi e per inserirmi tra i preferiti, seguiti (SweetSmile) e ricordati. Siete il motore di questa fic!

Con affetto,
Marta

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Capitolo 5
*** Rheinoldt ***


Rehinold


Bucky aveva avuto tutto il tempo di pensare e ripensare alla sua situazione, e aveva raggiunto la conclusione che ora come ora, non c’era alcuna speranza di uscire da quel posto. Al di fuori di quella angusta cella non sapeva cosa ci fosse, nè sapeva quanto fosse grande la struttura, o quanti nemici contenesse. Quello che sapeva, era che le sue forze erano dimezzate. Letteralmente dimezzate...
Il ragazzo corrugò la fronte, sentendo una lieve ondata di panico lambirgli la mente.

“James Buchanan Barnes, hai affrontato innumerevoli missioni senza avere la certezza di tornare, e per ultimo sei caduto da un treno in corsa con la consapevolezza di morire. Perché adesso hai paura?” riflettè il ragazzo.

<< Perché ci tengono qui?
Esperimenti, per cos’altro se no? >>

Quel sintetico scambio di battute avute con Emelie, gli rimbombò nella testa.

Esperimenti...

Ecco di cosa aveva paura.

Era grazie ad uno di essi se il suo amico d'infanzia era diventato Captain America, e da quel punto di vista non pareva nemmeno una cosa così terribile, ma aveva anche visto Red Skull… ed era quello il genere di esperimenti che faceva l’HYDRA. Inoltre lui era un prigioniero, un nemico, e con tutta probabilità non avrebbero avuto nessun riguardo nei suoi confronti.
Se così stavano le cose, sarebbe stato meglio morire nella caduta, lo avrebbe di sicuro preferito...
Pensò a Steve, che doveva crederlo morto. Chissà se la missione era andata a buon fine… Se era riuscito a tornare a casa dalla sua Peggy.
Da quando erano partiti, lo aveva visto più volte fissare pensieroso la foto dell'agente all'interno della bussola che si portava sempre dietro.

"Ormai è cotto" pensò con un sorriso.
 
Una fitta al moncherino lo strappò dai suoi pensieri, portandolo a domandarsi quando Emelie sarebbe tornata con le altre medicine.
Sopportava abbastanza bene il dolore, ma si sentiva comunque sfinito e febbricitante, ben lungi dall'essere in grado di combattere.
Si era appena messo seduto sulla branda per trovare un po’ di sollievo, quand’ecco che la porta, cigolando sui cardini, si aprì.


-    Final.. -

Bucky si interruppe immediatamente, vedendo entrare assieme a Emelie qualcun altro.
L’uomo che l’accompagnava era biondo e con un fisico massiccio. Aveva occhi serici e il naso aquilino.
Bucky lo odiò subito, per quel suo sorriso mellifluo e per il completo costoso indossato sotto al camice bianco. Era certamente un pezzo grosso.

-    Buongiorno sergente Barnes, mi chiamo  Rheinoldt Schmidt e sono a capo di questo dipartimento scientifico - si presentò, evitando per fortuna di allungargli anche la mano - Credo che tu abbia già conosciuto la nostra Emelie – aggiunse.

Bucky indurì lo sguardo, vedendo la mano dell’uomo posarsi sulla esile spalla della ragazza. Emelie non si mosse, né mostrò di essere infastidita, ma negli occhi, il ragazzo, le poteva leggere tutt’altro.

-    Perché sono qui? – gli chiese quasi con un ringhio.
-    Subito dritti al punto, eh sergente? – sorrise quello divertito – Per ora sarebbe inutile scendere nello specifico, le basti sapere che abbiamo grandi progetti per lei! Non appena sarà sufficientemente in forze ovviamente – spiegò senza abbandonare mai il ghigno.

Lo sguardo di quell'uomo era dotato della tipica scintilla di follia, mista alla consapevolezza di avere un grande potere; e si sa che potere e follia non sono mai una buona combinazione.
Se quello che Bucky aveva notato, non fosse stato sufficiente a metterlo già in guardia nei suoi confronti, lo sguardo di Emelie parlava chiaro. I suoi occhi non lo avevano abbandonato un momento e quello che volevano trasmettergli era: niente colpi di testa.
Quell’uomo, oltre ad essere sicuramente folle, era anche pericoloso.


-    Ed è per questo che Emi si prenderà cura di te – aggiunse, scoccandole un'occhiata da papà orgoglioso.
-    Per quale motivo ha scelto lei? – chiese Bucky.
-    Beh è semplice! Se io ora mi avvicinassi per cambiare la sua fasciatura, me lo permetterebbe sergente? – domandò retoricamente lo scienziato – No, per l'appunto – asserì divertito.

A quelle parole,
sul viso di Bucky, si era involontariamente dipinta un'espressione di disgusto, che chiunque avrebbe interpretato come un “nemmeno da morto”.

-    Dubito che lei si scaglierebbe contro una povera fanciulla che verte nelle sue stesse condizioni – disse, prendendo il mento della giovane tra le dita - e poi Emelie è troppo buona per rifiutarmi qualcosa -

Le alzò il viso lasciandole un bacio a fior di labbra.
La ragazza non si mosse, irrigidendo solamente i muscoli del collo, come se fosse stata davanti ad un serpente pronto a chiudere le fauci sulla sua gola.

-    Ora vi lascio; ero passato solo per presentarmi. Dopotutto i progetti non si portano di certo avanti da soli! – esclamò tutto allegro, come se si stesse congedando da amici dopo una bevuta al bar – Mi raccomando mia cara – si rivolse a Emelie.

L'uomo fece a Bucky un ultimo cenno di commiato con la testa e uscì di scena chiudendosi la porta alle spalle.
Non appena sparì, Emelie espirò rumorosamente, chiudendo brevemente gli occhi e appoggiandosi con la mano alla sponda inferiore della branda.

-    Tranquillo.. - rassicurò Bucky che aveva allungato una mano per sostenerla. 

La ragazza afferrò il kit per la medicazione e si sedette sul letto di fianco al giovane.

-    Per quale motivo gli lasci fare quelle cose? – le domandò Bucky dopo un momento di silenzio, mentre lei iniziava a srotolare le bende che avvolgevano il suo moncherino.
-    Perché è l'unico modo che ho per sopravvivere qui dentro – replicò lei senza sollevare lo sguardo dal suo lavoro.

Lo sbuffare del soldato la costrinse, però, ad alzare gli occhi verso di lui. Bucky aveva un'aria contrariata che gli increspava i tratti del viso.

-    Credi che mi faccia piacere? Essere usata come cavia e come…- Emelie si interruppe, ma Bucky aveva già capito il ruolo che recitava con quel pazzo - Sogno ogni volta di tirargli un cazzotto su quel ghigno.. - aggiunse stringendo le labbra.
-    Mi dispiace... sono stato indelicato.. – disse lui ed Emelie sospirò accennando un sorriso. 
-    No.. non scusarti. Era una domanda legittima. - lo rassicurò lei - Sei appena arrivato; non puoi sapere come funziona qui dentro..- gli disse, finendo di tamponargli la sutura con una soluzione disinfettante dall'odore acre.
-    Da quando tempo sei qui? – le chiese Bucky incuriosito dalle sue parole.
-    Più o meno da sette anni – rispose lei mentre gli rifaceva il bendaggio.

Fu come se un mattone fosse scivolato nello stomaco di Bucky.

-    Sette anni?! – ripetè incredulo – Sette anni rinchiusa qui dentro? –
-    Già… sono più resistente di quello che immaginassi a quanto pare – rispose lei con un sorriso sarcastico.

Bucky non seppe cosa replicare..
Quella ragazza era rimasta per sette anni della sua esistenza, vittima di esperimenti e soprusi. Lui non riusciva nemmeno immaginare cosa potesse voler dire e la sola idea gli dava le vertigini.
Il pensiero corse alla sua breve prigionia nella fabbrica di armi sulle alpi Austriache; solo quell'unico mese gli era già sembrato eterno..
Guardò il viso calmo di Emelie mentre si dedicava al suo braccio. Avrebbe voluto riprendere il discorso, ma non sapeva davvero come cominciare. Per fortuna fu la stessa ragazza a venirgli in soccorso.


-    Prima vivevo a Berlino sai? Era una città magica e piena di gente cordiale; la ricordo con affetto. Ma adesso immagino che l’aria sia tutt’altra.. - gli confidò con nostalgia - Purtroppo so molto poco di quello che succede all’esterno; solo quel poco che Rheinoldt racconta quando.. sono con lui.. - spiegò, cercando di non dare a vedere il dolore che quei pensieri le davano – Non vedo il cielo da così tanto tempo James… - sospirò.

A Bucky si strinse il cuore. Non solo viveva prigioniera, ma anche nel più completo isolamento.
 

-    Se vuoi posso raccontarti io cos'è successo negli ultimi anni – le propose Bucky.

Quando lei lo guardò, al ragazzo mancò un battito. Gli occhi di Emelie risplendevano, e il suo sorriso era finalmente privo di quella tristezza che fino a quel momento non le aveva ancora mai visto abbandonare. La giovinezza rifiorì sul suo viso e Bucky constatò quanto potesse diventare bella.

-    Sì, ti prego! – esclamò senza riuscire a trattenersi – Se… ne hai voglia ovviamente – aggiunse arrossendo per il troppo entusiasmo dimostrato. -    Certo che ne ho voglia - rispose Bucky - Mi fa sempre piacere scambiare quattro chiacchiere con una bella ragazza – aggiunse facendole l'occhiolino.

A quel punto Emelie si rabbuiò di nuovo.

-    Non sono di certo bella… - mormorò - E onestamente, con tutto quello che mi è stato fatto, non so nemmeno quanto ancora possa definirmi una ragazza. – replicò con amarezza, finendo di fasciare il braccio del suo paziente.
-    Ehi – Bucky le afferrò una mano.

Emelie si accorse con stupore, che quello era un gesto che lei stessa aveva quasi dimenticato. Un gesto di sostegno e affetto; un modo per dire che non sei solo.
La ragazza fissò la mano del soldato stringerle delicatamente le dita in una morsa calda e poi sollevò lo sguardo.

Gli occhi azzurri di Bucky la guardavano con serietà e con una nota di rimprovero al fondo.

-    Questo lascialo decidere a me, ok? Fidati che di belle ragazze me ne intendo – le disse con il suo solito sorriso sghembo e provocando in Emelie uno sbuffo divertito - e credo che tu sia l’unica a potersi definire ancora una ragazza qui dentro…- aggiunse tornando serio.

Ad Emelie si inumidirono gli occhi. La gentilezza era un’altra di quelle cose che aveva dimenticato esistere nelle altre persone, e quella di Bucky era del tutto disinteressata.
Strinse la presa sulla mano del ragazzo e si avvicinò, accostando la bocca all’orecchio di lui.

-    Stai attento… Non so cos’abbiano in mente per trattarti così bene, ma non è nulla di buono. Non abbassare la guardia – gli sussurrò, poi si spostò e gli diede un bacio sulla guancia coperta di barba ispida – Grazie James… - disse ad alta voce proprio mentre tre colpi risuonavano sul metallo della porta.

Il loro tempo era scaduto.


-    Allora a domani Elie – le disse.


La ragazza sorrise a quel nuovo appellativo e annuendo sparì.



Head Room:

Buongiorno a tutti e ben ritrovati!
Sto capendo sempre di più quanto sia difficile abituarsi a scrivere di nuovo in seconda persona.. sono talmente tanto abituata ad usare la prima per le mie storie, che per rientrare nel mood faccio parecchia fatica.
Anyway! Diamo il benvenuto all'antagonista principale di questa fic, ovvero Rheinoldt. Gli affiliati di mamma Marvel probabilmente lo avranno già sentito nominare, gli altri probabilmente hanno fatto due + due con il suo cognome. Mi sono permessa di usare per i miei scopi il figlio di Johann Schimdt, di cui si sa veramente poco... o meglio, io ho trovato davvero poco in rete, ma tanto mi è bastato per cucirgli addosso il ruolo che mi serviva. Cosa ne pensate di questo suo accenno di caratterizzazione? Cosa vi aspettate da lui?
E da Bucky ed Emelie? Un ragazzo gentile e una ragazza rimasta da sola per sette anni...
Ok, vi rubo ancora solo due minuti per consigliarvi di passare dal blog di una delle autrici presenti su efp, ovvero _Alessia_C95. Ve lo consiglio perchè, oltre ad essere molto interessante nei suoi contenuti, ed avere bisogno di una mano per potersi espandere, dedica ogni venerdì a recensire e a consigliare una delle storie presenti sul sito con il suo #venerdìfanfiction. Come ha detto lei stessa è un'iniziativa nata dal desiderio di cementare la solidarietà tra i vari scrittori, e a mio avviso è una cosa di cui c'è un gran bisogno. Quindi mi farebbe tanto piacere se passaste a dargli un'occhiata a questo link: Il Salotto di una Blogger Principiante
Inoltre, vi consiglierei di leggere anche la sua fic (io ne sono diventata dipendente): How to Get Away with Murder
Giuro, ho finito!
Ringrazio mille e mila volte i miei lettori che stanno facendo di me la persona più felice del mondo, chi mi recensisce e chi mi ha aggiunta tra le preferite, seguite e ricordate.

Con affetto,
Marta



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Capitolo 6
*** Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio? ***


5.Viso d'ombra


Il sole era appena calato oltre l’orizzonte, le nuvole erano striate di rosso e nell'aria risuonava ancora lo stridio delle sirene misto a quello dei gabbiani. Leanne, immobile, fissava la porta sul retro dell’officina dismessa. Si sentiva nervosa... parecchio nervosa.
Era arrivato il momento della verità... O lui ci sarebbe stato, o non ci sarebbe stato. O i suoi sforzi sarebbero stati premiati, o non lo sarebbero
stati... Ma se si fosse avverata la seconda ipotesi? Sarebbe stato possibile per lei ricominciare? Che cosa avrebbe fatto di lì in avanti?
Quest'ultimo era il pensiero che più di tutti la gettava nell'angoscia.


-    Coraggio, è inutile fasciarsi la testa prima del danno – si disse Leanne, allungando una mano per aprire la porta.

Dopo aver dato un’ultima occhiata intorno per essere certa che non ci fosse nessuno nei paraggi, si infilò nell’edificio, superò la sala impolverata delle autorimesse ed entrò nella stanza che una volta fungeva da ufficio.
Tutto era esattamente come lo aveva lasciato... tranne che per la figura seduta nell’ombra al fondo della sala. L’unica cosa di visibile erano gli occhi fissi su di lei e il riflesso del braccio meccanico a sostegno di quello ferito. A quanto pareva si era avverata la prima ipotesi.
Come inizio non era male, anche se non poteva ancora essere certa che fosse l'inizio di qualcosa...

-    Sei venuto –  esordì la ragazza con un'evidente nota di sollievo nella voce.

Il Soldato d'Inverno la osservò avvicinarsi all’unico lucernaio presente nella stanza e oscurarlo con una spessa tavola di legno. Per un attimo regnò il buio più totale, poi venne accesa una piccola luce alogena che rischiarò l’ambiente, proiettando sui muri le ombre asettiche dei pochi oggetti presenti.

-    Dammi ancora un momento e ti guardo quel braccio – gli disse Leanne sparendo nella stanzetta attigua che consisteva in un piccolo bagno.

Il Soldato ne approfittò per guardarsi intorno ora che la luce era più forte. C’era un fornelletto da campo, una branda pieghevole con un sacco a pelo arrotolato sopra, alcune lattina di cibi precotti e uno zaino, oltre ovviamente alla sedia sulla quale
lui era seduto.
Fin da subito gli fu chiaro che quello era solo un accampamento di fortuna. C'era
lo stretto indispensabile da poter far scomparire in un lampo.

-    Era il posto più indicato per tenere d’occhio il Triskelion e quello più vicino per intercettare le loro comunicazioni –

La voce della ragazza sorprese James mentre ancora osservava l’ambiente. Quando volse lo sguardo verso di lei, balzò immediatamente in piedi. Leanne lo vide scattare e portò le mani ai lati del viso in segno di resa. In una di esse teneva una parrucca di capelli neri.

"Stupida! Avresti dovuto pensarci! Bel modo di cominciare a relazionarsi con lui Leanne..." pensò seccata.

-    Tranquillo! – esclamò poi ad alta voce – Non potevo di certo girare con i miei capelli naturali... Avrei attirato leggermente l’attenzione, no? – si giustificò.

Il Soldato non potè che darle ragione… quei capelli bianchi che le arrivavano a malapena alle spalle di sicuro non erano consueti.

-    Sono nata così. Albinismo parziale. – spiegò, vedendolo abbandonare la posizione d’attacco che aveva assunto – Una gran seccatura se vuoi restare anonima, soprattutto quando le tinture non prendono... – aggiunse con una smorfia.

Leanne si diresse verso lo zaino e ne estrasse un kit di primo soccorso, poi si girò di nuovo verso l’uomo.

-    Pensi che ti possa dare un’occhiata? – chiese, indicandogli il braccio che ancora si teneva al petto - Giuro che la parrucca era l'unica cosa di finto, il resto è tutto mio - aggiunse facendogli l'occhiolino per smorzare la tensione. 

L’uomo si limitò ad annuire, tornando a sedersi sulla sedia. A quel punto Leanne si avvicinò, aprì la valigetta e si apprestò a slacciare le cinghie dell’imbragatura che facevano parte della sua divisa. Fu solo in quel momento che notò che i vestiti del ragazzo erano ancora umidi. Di riflesso gli posò una mano sul viso.

-    Dio, ma sei gelato! – esclamò.

James rimase interdetto da quel gesto. Il suo cervello, abituato ad avere una reazione per ogni mossa, in quel frangente non seppe cosa fare, mentre la mano calda della ragazza gli si posava su una guancia.
Fu comunque questione di una frazione di secondo, perché la giovane si era già alzata, per poi tornare con una stufetta elettrica attaccata ad un piccolo generatore portatile. Non appena la lampada si accese, un gradevole tepore si diffuse tutt'intorno.
Il Soldato non aveva freddo in realtà, o almeno, lo provava, ma non ci faceva più caso.


-    Così dovrebbe andare meglio – gli disse gentilmente posizionandola al meglio verso di lui.
-    Grazie –

Entrambi si guardarono stupefatti. Era la prima parola che lui pronunciava da quando Leanne era arrivata, e come gli era già successo in precedenza, la sua bocca aveva parlato prima che il suo cervello mandasse l’input.

-    P… prego – rispose lei sorpresa, per poi riprendere a slacciargli la tenuta.

Leanne maledisse mentalmente le divise militari d’assalto; erano, sì, state progettate per essere funzionali al meglio in combattimento, ma si scoprivano di grande ostacolo negli altri casi. L'operazione era resa ancora più ostica dal fatto che la ragazza cercasse di muovere il meno possibile il braccio dell’uomo.

-    Non devi essere delicata –

Come se lui le avesse letto nella mente, con il braccio meccanico la aiutò a levargli la corazza.
Sotto di essa aveva solo un dolcevita a coste nero, e quando
anche quello fu tolto, finalmente Leanne riuscì a dare un’occhiata al braccio.
Tastandoglielo potè constatare che l’osso era integro, ma la spalla era lussata anteriormente e iniziava a gonfiarsi di conseguenza.


-    E' stato Rogers vero? – gli domandò e il soldato rispose con un cenno affermativo del capo – Hai fatto proprio un bel lavoro Capitano… grazie – mormorò lei tra i denti – Devo rimetterti la spalla in sede, farà male. – aggiunse mettendosi in piedi.
-    Non è un problema – replicò l’uomo.
-    No, immagino che non lo sia... – rispose lei con un tono non ben definito, posizionandosi alle sue spalle.

Non appena la ragazza fu fuori dalla sua visuale, James si voltò di scatto, trovandola di nuovo con le mani alzate e un'espressione stanca.

-    Non posso farlo standoti davanti - gli disse.

Leanne capiva le sue reazioni, era stato addestrato a combattere e non a fidarsi delle persone che non facevano parte della missione.
Sotto lo sguardo tagliente di lui ed evitando movimenti bruschi, la ragazza infilò le mani nelle tasche dei pantaloni rovesciandole e per ultimo si sfilò la giacca, restando con la maglia smanicata a collo alto che aveva sotto.

-    Sei più tranquillo adesso? - gli domandò.

Il soldato la osservò. Quella ragazza lo confondeva e mandava in subbuglio il suo istinto rimasto impeccabile fino a quel momento, ma si girò ugualmente lasciandole fare ciò che doveva.

Leanne prese il suo gesto come un consenso e iniziò, con una mano, a esercitare pressione sulla spalla mentre con l'altra gli teneva il polso.


-    Ok. Uno, due e… –

Al tre Leanne tirò il polso in alto verso di sé mentre con l’altra mano guidava l’arto nella posizione corretta. Con uno schiocco sonoro l'articolazione tornò in sede. Da parte del Soldato, ovviamente, non ci fu nemmeno un gemito.
La ragazza prese infine dal kit un panetto di ghiaccio istantaneo e quando lo ebbe rotto glielo porse.


-    Tienilo contro la spalla, farà diminuire il gonfiore. - gli consigliò - Adesso vedo di farti una bendatura di fortuna, più lo terrai fermo e più guarirà in fretta -  gli disse.

Il Soldato fece come gli aveva detto, osservandola cominciare la fasciatura.

-    A proposito, io mi chiamo Leanne – si presentò lei, alzando appena gli occhi dal lavoro.
-    Cosa sai di me? – le domandò lui ignorandola.
-    Diverse cose, di sicuro molte più di quelle di cui tu sei a conoscenza – replicò lei sibillina riabbassando lo sguardo.
-    Ho bisogno che tu sia più specifica – ribattè lui lapidario.
-    James… non è questo.. -

Leanne non riuscì a finire la frase. Il giovane la afferrò per la gola con la mano sinistra, sollevandola di diversi centimetri dal pavimento.
La ragazza si aggrappò al braccio nel tentativo di alleviare la presa. Non voleva ingaggiare un combattimento, non lì e non in quel momento.


-    Non mi importa! – sibilò lui – Dimmi chi sei! Ti hanno mandato quelli dello S.H.I.E.L.D.? Rogers? – la interrogò senza mollare la presa.
-    No! - esclamò lei divincolandosi.
-    E allora chi?! –

La ragazza non rispose, lo guardava disperata stringendo la presa sul suo polso d'acciaio.

-    Chi?! – ripetè lui implacabile, sollevandola ancora di più.

Leanne annaspò. Lui non stava scherzando e lei glielo leggeva negli occhi. Quello era ancora il Soldato d'Inverno e lei avrebbe fatto meglio a ricordarselo.. Eppure avrebbe preferito evitare di dirglielo, ma quando il suo campo visivo cominciò a sfarfallare, Leanne cedette.

-    Emelie! – esclamò alla fine – Em...elie.. – mormorò ancora con il poco fiato rimastole.

Quando il Soldato sentì quel nome, nella sua mente si aprì uno spiraglio e l’immagine di una ragazza emaciata dagli occhi azzurro/verdi, gli passò davanti agli occhi lasciandolo senza fiato. Mollò di scatto la presa, facendo finire a terra Leanne.
Chi aveva appena visto? Da dove veniva quel ricordo?

-    James, mi devi ascoltare… - rantolò la ragazza.

Il ragazzo abbassò lo sguardo concentrandosi su di lei.

-    Lo so che sei confuso, lo so che non ti ricordi niente… ma devi darmi modo di aiutarti. Ti spiegherò ogni cosa, ma con calma e con i tempi giusti, o rischio di farti più male che bene – gli disse.

Il Soldato la fissò stralunato per qualche istante prima di rimettersi seduto sulla sedia. Leanne si tirò in piedi, recuperando il panetto di ghiaccio e appoggiandoglielo di nuovo sulla spalla. Meccanicamente l’uomo lo trattenne con la mano.

-    Ti ricordi di lei? – gli domandò la ragazza riprendendo la fasciatura.
-    No.. – rispose lui mentre quel volto scivolava via tornando ad essere indistinto.
-    Ci arriverai… - lo tranquillizzò lei - Non appena farà giorno ci spostiamo. Ho un posto sicuro per passare la giornata, poi dovremo andarcene dal paese. Ho già predisposto tutto – gli disse guardandolo.

L’uomo sembrava ancora sconvolto e osservandolo, la ragazza vide il suo sguardo soffermarsi sul segno che si stava delineando sul suo collo, là dove l’aveva stretta.

-    Mi dispiace – mormorò, sorprendendo di nuovo la ragazza.

Leanne sorrise, guardando l'uomo prendere il posto del soldato, e appoggiò delicatamente una mano sulla sua.

-    Non fa niente. Riposati adesso – gli consigliò.

A James venne spontaneo chiedersi se fosse quella la gentilezza.


Head Room:

Buonsalve gente e ben ritrovati ^^
Sappiate che ho passato buona parte del mio (scarso) tempo nel riguardarmi la premiere di Civil War e.. O my Godness! Non vedo l'ora che esca!
In questo capitolo veniamo a conoscenza di un punto fondamentale per l'intera vicenda, ovvero che Leanne è andata in soccorso di Bucky per conto di Emelie... ma cosa vorrà dire? La ragazza è ancora viva? E se sì, perchè non è andata direttamente lei?
Per ora lasceremo che sia la vostra immaginazione a fare congetture ;)
Mi sono permessa una concessione riguardo all'aspetto della nostra eroina del presente, scegliendo per lei il colore dei capelli! Ho una vera e propria fissa per le chiome albine e se solo mi osassi, mi tingerei volentieri di bianco o di grigio argento xD Sarei curiosa di sapere come voi ve la siete immaginata.. chissà se c'è qualcuno che se la figura di colore ^^
Mi auguro davvero di cuore di mantenere Bucky IC... è fondamentale per me riuscirci. Mi piace la sua personalità, nonostante sia diventata parecchio complessa dopo il periodo come Winter Soldier.

Anche per questa volta è tutto amici!
Mi attardo solo un momento per ringraziare tutti i lettori che continuano a seguirmi, le persone che mi recensiscono e tutti coloro che mi hanno aggiunta tra i preferiti, seguiti (RythmHolic e Fating) e ricordati.

Con affetto, a venerdì prossimo (back to 1945)!

Marta

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Capitolo 7
*** Nomi ***


6.Nomi insostituibili


-    Non può essere! –


Emelie, seduta al fondo della branda di Bucky, si portò una mano alla bocca in un chiaro segno di sconcerto.

-    Ti giuro sul mio grado di sergente che è così! – replicò il ragazzo per l’ennesima volta, divertito da quell'incredulità.
-    Il Bikini… - mormorò la ragazza come se stesse parlando di qualcosa di malvagio – Davvero le donne indossano un costume a due pezzi? Che lascia scoperta la pancia? –
-    Non è ancora ufficialmente lanciato sul mercato, ma l’ho visto con i miei stessi occhi – disse Bucky indicandoseli con due dita.
-    Pazzesco… ma dove andremo a finire? - commentò Emelie ridendo.

Bucky sorrise. Da quando aveva proposto a Emelie di raccontarle com’era il mondo fuori da quel laboratorio, ogni volta che si incontravano lui le raccontava qualche aneddoto. Quel giorno, in particolare, lei gli aveva chiesto di dirle come si era evoluto il mondo della moda, e ora stentava a credere che in sette anni si fosse arrivati a quei livelli.

-    Hai ragione, non c’è più decenza ormai! – scosse la testa Bucky, appoggiato alla testiera della branda e con un sorriso che diceva tutt’altro.
-    Che stupido – lo rimproverò bonariamente lei dandogli una piccola spinta alla gamba.

In un primo momento potrebbe sembrare che i due ragazzi prendessero troppo alla leggera la loro situazione, ma era l’unico modo che avevano per poterla sopportare. Emelie lo aveva imparato nel corso degli anni, e Bucky non aveva tardato a capirlo. 
Quei momenti, durante i quali la ragazza gli portava le medicine e si occupava della sua ferita, erano diventati importanti. Quasi vitali.
Durante le chiacchiere che i due si scambiavano, veniva creato un mondo a parte, dove si ritrovavano comodamente seduti su di un prato, a oziare in una tarda domenica primaverile.
Anche se, in diverse occasioni era capitato che Emelie fosse arrivata con la faccia tirata e ampie borse sotto gli occhi, che Bucky era sicuro essere il risultato degli esperimenti a cui era sottoposta e di cui lei faceva finta di niente.

-    Immagino che la tua ragazza fosse bellissima in bikini – continuò la giovane maliziosamente.
-    Ahimè, non ho mai avuto l’onore di vederla! Non avendone una, per altro. – replicò il ragazzo con una scrollata di spalle.
-    Vorresti dirmi che il sergente James Bachannan Barnes non ha una fidanzata? – domandò Emelie con una punta di scetticismo.
-    Purtroppo no - replicò lui.
-    Ma smettila! Ne avrai avute a frotte! - insistè la giovane per nulla convinta.
-    Non dico di non essere apprezzato dal genere femminile e di non avere avuto delle... avventure, ma non c'è mai stata nessuna da poter definire in questo modo. – rispose Bucky con sincerità grattandosi distrattamente la barba incolta - E' sollievo quello che leggo nei tuoi occhi? – le chiese subito dopo, allargando il sorriso.


Emelie arrossì, distogliendo lo sguardo. Non avrebbe voluto farlo, ma non aveva potuto impedirlo.
Sarebbe stato chiaro a chiunque che James le piaceva, ma lei stessa non sapeva dare un nome al sentimento che provava per lui. L’unica cosa di cui era certa, era che quel ragazzo comparso all'improvviso, fosse diventato il faro in una tempesta dalla quale non era ancora riuscita a fuggire. Un porto sicuro in sette anni di terrore e sevizie. Qualcosa per cui andare avanti a sopportare...


-    E il tuo amico Steve? Lui ha una fidanzata? – gli chiese Emelie per sviare il discorso.
-    Ironia della sorte sì! Ed è anche una
ragazza bellissima, nonché intelligente – rispose il ragazzo con un sorriso di puro affetto al ricordo del suo amico.

Tra le tante cose che Bucky aveva raccontato ad Emelie, c’era anche quella che era stata la sua vita fino a quel momento: l'infanzia e l'adolescenza passate a Brooklyn assieme alla sua famiglia e al suo migliore amico, la decisione di arruolarsi, l'addestramento e infine la guerra.
Emelie era rimasta sorpresa di sapere che fosse proprio il suo amico Steve, il famoso Captain America di cui aveva sentito parlare da Schmidt, e si era detta contenta del fatto che, per una volta tanto, un esperimento avesse prodotto dei buoni frutti per il bene comune.


-    Allora è stato molto fortunato! – commentò la ragazza – E lei come si chiama? –
-    Peggy, Peggy Carter. Tenente dello Strategic Scientific Reserve – le disse Bucky ed Emelie spalancò gli occhi.
-    Però! Si direbbe che oltre ad essere bella e intelligente, sappia anche farsi valere – rispose sinceramente ammirata.

Il mondo era davvero cambiato, adesso le donne potevano perfino far parte dell'esercito! Quante cose si stava perdendo...

-    Puoi dirlo forte! – replicò Bucky con una risata.
-    Mi sarebbe piaciuto diventare come lei… -

Il sorriso morì sul volto di Bucky. Emelie aveva detto quella frase con un tono che voleva essere non curante, ma che in realtà era risultato decisamente amareggiato.
Il ragazzo la guardò osservarsi la punta dei piedi nudi che facevano capolino dalla sua tenuta da paziente e la rabbia montò in lui come la marea.
Non era giusto che quella ragazza fosse derubata del suo futuro. Aveva solo diciassette anni quando era stata portata lì dentro, non aveva avuto l'occasione di farsi una vita; non aveva avuto l'occasione di scegliere nulla...
Se solo avesse potuto l’avrebbe salvata. L'avrebbe riconsegnata a quel mondo che poteva solo raccontarle e che le era stato portato via.. ma non ne aveva i mezzi. Era. Completamente. Inutile.  


-    James, quello che fai è già abbastanza per me... – lo riscosse Emelie leggendogli praticamente nel pensiero – No, tranquillo, non sono telepatica, ma basta guardarti in faccia per capire a cosa pensi. E io sono piuttosto brava in questo. – aggiunse, vedendo che le sopracciglia del ragazzo si erano sollevate.
-    Invece per me non è sufficiente – ribattè Bucky con tono tetro abbassando lo sguardo sul pugno che aveva contratto.
-    Fidati che invece non è così.. - replicò lei con veemenza - Sono qui da sette anni, e questa è la prima volta che provo della felicità; che rido davvero e non perché devo farlo. - continuò - James, mi stai regalando qualcosa di insostituibile, credimi.. – concluse in tono accorato Emelie.

Bucky sollevò lo sguardo. Il viso della ragazza era disteso in un sorriso e non c'erano dubbi che per lei fosse davvero così.
Le bastava. Per lei, quello bastava...
A quel punto il giovane si sporse verso di lei e la catturò in un abbraccio. Emelie per un istante si irrigidì, ma quando il suo cervello realizzò che quello non era Rheinoldt, si rilassò, posando la testa sulla spalla di Bucky.


-    Elie, sei una ragazza davvero forte, non hai niente da invidiare a Peggy, te lo posso assicurare – le disse il giovane contro i capelli biondi.

Emelie a quel punto si tirò indietro, con lo sguardo di chi voleva dire qualcosa di importante, ma i soliti tre colpi alla porta la interruppero.
Con un sospiro la ragazza si liberò dall’abbraccio del soldato, lasciandogli un bacio sulla guancia coperta di barba ispida.

-    Grazie anche per oggi James. – si congedò avviandosi verso l'uscita.
-    Ehi Elie! – la fermò il ragazzo.

Lei si voltò, ruotando appena la testa nella tipica posa interrogativa

- Perché non mi chiami Bucky? –  le domandò.

Poteva sembrare stupido, ma era una domanda che si era posto spesso nei giorni precedenti.
Emelie, dal canto suo sorrise. Non si aspettava quel genere di domanda, tra le tante che poteva farle, ma era facile dargli una risposta.

-    Quando ti sei presentato mi hai detto che tutti ti chiamano così... e io non voglio essere "tutti".. - rispose - Credo che sia per lo stesso motivo per il quale tu mi chiami Elie – aggiunse la ragazza con fare pensoso.

Bucky a quel punto sorrise. Aveva capito perfettamente. Il nome è ciò che ci identifica, ciò che ci rende delle persone uniche agli occhi del mondo. Chiamarla con quell'abbreviazione la rendeva unica per lui.

-    Ho capito. – disse il ragazzo – Allora a domani, Elie – la salutò con un sorriso.


Head Room:

Hello people!
Siamo giunti, più o meno indenni, al sesto capitolo, il quale non ci porta assolutamente nessuna novità ^^" Gli haters dei capitoli di transizione mi staranno (per l'appunto) odiando!
A mia discolpa posso dire il legame che si sta creando tra Bucky ed Emelie, sarà il perno di tutti gli avvenimenti futuri, e vorrei renderlo evidente anche con questi piccoli capitoli. Non saranno sempre rose e fiori, non preoccupatevi, dopotutto sono entrambi prigionieri, anche se per ora cercano di non pensarci.
Per quanto riguarda il Bikini è diventato ufficialmente di moda negli anni 50', ma già dal 40' qualche ardita giovine lo metteva in bella mostra sulle spiaggie oltre oceano, e secondo voi al nostro sergente Barnes poteva sfuggire? ;) 
Adesso spendo due parole per dirvi forse una cosa ovvia, ma è sempre meglio specificare. Emelie si legge Eméli, con la stessa cadenza del nome inglese Emily, e non Emelì. Nonostante assomigli molto ad un nome francese vi posso assicurare che l'ho scelto tra una vastissima gamma di nomi tedeschi.  Scusate la precisazione.
Nel prossimo capitolo tornerà Leanne alle prese con l'ex Soldato d'inverno, vi prometto che sarà più lungo e un pò più ricco di contenuti.
A ben pensarci però, qualcosa questo capitolo lo ha rivelato.. l'età della nostra protagonista xD

Un grazie infinito a voi tutti lettori, recensori e a voi people che mi avete aggiunta tra le storie preferite (Rossella986 e LoreleydeWinter), seguite (Strix) e ricordate.

A venerdì!
Marta

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Capitolo 8
*** Da quanto tempo? ***


7.Da quanto tempo


Alle cinque in punto Leanne aprì gli occhi, svegliata dalla vibrazione al polso del suo orologio digitale.
La prima cosa che mise a fuoco fu la figura seduta di fianco alla porta d'ingresso della stanza. Il Soldato era lì, esattamente dove lo aveva lasciato tre ore prima quando le aveva dato il cambio per montare la guardia. Lui stava guardando un punto imprecisato del pavimento, perso in chissà quali pensieri.

-    Buongiorno - lo salutò lei alzandosi dalla branda.

Il ragazzo si limitò a farle un cenno con il capo, osservandola stirarsi per distendere i muscoli intorpiditi dal sonno.

-    E' arrivato il momento di mettersi in moto - disse Leanne, adoperandosi poi per ripiegare il sacco a pelo.

Una volta che ebbe finito, lo infilò nello zaino che si era portata dietro assieme al resto delle scatole di cibo e al faretto alogeno. Smontò la branda gettandone i pezzi un pò per tutta la stanza e nascose la stufetta elettrica dietro la porta del bagno attiguo.

-    Quello non basterà per cancellare le tracce del tuo passaggio qui - sentenziò il Soldato, rimasto fino a quel momento appoggiato al muro in perfetto silenzio.
-    Lo so - concordò con lui Leanne mentre chiudeva le cinghie della borsa - Questo posto verrà demolito a mezzogiorno. Sono venuti a fare i rilievi qualche settimana fa, e a parte dare un'ultima occhiata per assicurarsi che non ci siano barboni addormentati, non si accorgeranno di niente - gli spiegò.

La ragazza guardò l'uomo in attesa di una replica, ma lui sembrava essere soddisfatto di ciò che gli aveva appena detto.

-    Adesso devo uscire, ma tornerò tra non molto - proseguì allora, caricandosi lo zaino in spalla e tirandosi su il cappuccio della felpa - Credo che non sia il caso di suggerirti di restare nascosto - aggiunse fiancheggiandolo all'uscita.

Per tutta risposta ricevette un'altra lunga occhiata indagatrice prima che le desse un cenno di assenso.

" Loquacità questa sconosciuta" pensò la ragazza.

- A tra poco - disse poi ad alta voce.

Quando Leanne fu uscita, nel silenzio del capannone dismesso, James si mise ad aspettare e a pensare.
Dentro di lui provava emozioni contrastanti. Una parte di sé stesso gli diceva di uscire di lì e di venire a farsi recuperare dall'HYDRA; l’altra gli diceva che quello sarebbe stato un grosso errore...
Per combattere il desiderio di tornare da dove era venuto, il Soldato iniziò a ripetersi mentalmente i nomi di Steve Rogers e di quella ragazza, Emelie. James sorrise ironico al muro di fronte. Stava prendendo decisioni in base a due persone che lui non conosceva, o che non si ricordava di conoscere; era infatti ancora indeciso su quale fosse la realtà.

"...io sarò con te fino alla fine"
 

Quella frase gli rimbombò in testa per l'ennesima volta. Non riusciva proprio a cancellare quella sensazione di famigliarità che era nata in lui dopo che Captain America gli aveva rivolto quelle parole al Triskelion; quella sensazione di qualcosa che gli era stato strappato via con la forza.
Ed era pur vero che, senza prove del contrario, non poteva nemmeno dire per certo che quelle persone non avessero mai fatto parte della sua vita... Perché lui non aveva alcuna memoria del proprio passato, e questo era un fatto inoppugnabile.
Quando si sforzava di ricordare altro che non fosse l'ultimo ordine ricevuto, entrava in un tunnel di nebbia fitta e impenetrabile.
Non poteva non esserci stato nient’altro nella sua vita!
Cos'era successo da quando era nato, fino all’ordine di uccidere il Capitano Rogers e impedirgli di mandare a monte il progetto Insight?

La volontà di fare chiarezza sulle sue origini era di sicuro l’impulso più forte che cominciava a provare; e se l’unico modo per sapere, era quello di seguire quella strana ragazza, lo avrebbe fatto. E poi, anche nel caso che lei lo avesse tradito o preso in giro, ucciderla sarebbe stato semplice. 
Proprio in quel momento, l’oggetto delle sue congetture si materializzò davanti a lui.

-    Mettiti questi – gli disse Leanne, lanciandogli un sacchetto di carta da panetteria.

All'interno c'era un cambio d'abiti completo e una volta che il ragazzo ebbe indossato t-shirt, camicia, jeans e cappellino da baseball, la raggiunse nella stanza attigua dove lo stava aspettando.
Non appena lo vide, Leanne sorrise divertita.

-    Il perfetto abbigliamento del fuggitivo - commentò da dietro il cappuccio - Forza, andiamo - lo invitò poi a seguirla, uscendo alla luce del primo sole mattutino.

Ad attenderli, parcheggiata all'ombra, c’era un'anonima utilitaria.


-    Non potremo raggiungere subito l'aeroporto  - gli disse lei avvicinandosi al lato guida - Per ora ci dirigeremo ad un appartamento sicuro dove potremo aspettare in tutta tranquillità, si spera.. – proseguì guardandolo da sopra il tettuccio della vettura – James –

Il Soldato, pur  non ancora abituato a sentirsi chiamare per nome, si concentrò sulla ragazza che lo stava fissando da dietro un paio di occhiali da sole a specchio.

-    Non voglio obbligarti a fare niente che tu stesso non voglia.. Se questo è ciò che desideri bene, altrimenti non sarò io a fermarti... hai già ricevuto ordini a sufficienza – gli disse molto seriamente.

L’uomo restò ancora una volta spiazzato dalle sue parole. Aveva sempre ricevuto ordini… mai gli era stata data un'opzione.
L’unica scelta che aveva preso in autonomia, contravvenendo agli ordini ricevuti, era stato risparmiare la vita a Rogers. Ora, Leanne gli stava dando carta bianca sulle prossime mosse e non sembrava esserci alcun trucchetto dietro alle sue parole.
Che potesse davvero fidarsi di una perfetta sconosciuta?

-    Andiamo, la mia decisione l’ho già presa – le rispose alla fine aprendo la portiera.
-    Mi fa piacere - gli disse lei con un sorriso.

Il viaggio in macchina durò poco più di un paio d'ore, durante le quali, dentro l’abitacolo dell’auto regnò il più completo silenzio.
James osservava la strada con la testa appoggiata al braccio sostenuto dal finestrino, controllando ogni tanto le auto che li fiancheggiavano.
Leanne, gli occhi fissi sulla statale, accendeva la radio di tanto in tanto alla ricerca di un notiziario, che ovviamente non parlava d'altro se non del distastro avvenuto al Triskelion e della fuga dei dati appartenenti allo S.H.I.E.L.D.
Con sommo sollievo della ragazza, il Capitano Steve Rogers era stato ricoverato dopo essere stato rinvenuto sulla riva occidentale del fiume Potomac; e non era in pericolo di vita.
Quando era passata la notizia riguardante Captain America, Leanne aveva osservato con la coda dell'occhio il suo compagno di viaggio. Il Soldato sembrava totalmente disinteressato alla faccenda, ma a lei non era comunque sfuggito il pugno serrato sul suo ginocchio.


La loro corsa giunse al termine in uno dei tanti quartieri residenziali situati all'estrema periferia della città. Leanne diresse l'auto verso un complesso di condomini e si infilò nel garage di uno di essi.
Una volta parcheggiato scese dall’auto e, quando fu sicura che non ci fosse nessuno in giro, fece segno a James che poteva fare altrettanto.
L’uomo la seguì all'interno del palazzo e su per un paio di rampe di scale, che sfociarono in un lungo corridoio sul quale si affacciavano gli appartamenti.
Leanne, armeggiando con un mazzo di chiavi, si diresse verso la porta più vicina alle scale, aprendola ed entrando nella casa. James non appena mise piede all'interno, si guardò intorno. L’appartamento in sé non era niente di eccezionale; le stanze, quattro in tutto, erano luminose e ben curate.

-    Abiti qui? – le domandò fermandosi all'ingresso.
-    No, è casa di un amico. Lui lavora tutto il giorno in fabbrica. – gli spiegò, mollando lo zaino nel salottino e mettendosi a cercare qualcosa al suo interno - Era il luogo ideale per far tappa prima di andare in aeroporto. Primo piano, facile via di fuga sia dalle scale che dalle finestre, e il condominio non ha sistemi di videosorveglianza in nessun punto; senza contare che il garage ci ha permesso un passaggio al coperto senza dover scendere in strada – snocciolò mentre tirava fuori un cellulare satellitare.
-    Sei addestrata –

A James non c’era voluto molto per tirare le somme. Quella mentalità lui l’aveva ben chiara; impiantata nel suo dna, ed era sicuro che non fossero stati quelli dell’HYDRA ad inculcargliela. Era parte di lui fin dal principio.

-    Sì... ho lavorato per qualche anno nello S.H.I.E.L.D. a dirla tutta – rispose laconica la ragazza con il cellulare all’orecchio – 156K3789A – disse appena dopo chiudendo la chiamata.

-    Bene, da adesso abbiamo circa sei ore prima di dovercene andare da qui – disse, rivolgendosi nuovamente a James che per tutto il tempo era rimasto fermo nello stesso punto.

Lui, senza commentare, osservò la ragazza tirare fuori un borsone dalla camera da letto e rovistarci dentro per estrarne diversi indumenti.
Avrebbe voluto chiederle dove sarebbero andati, anzi, avrebbe voluto chiederle una marea di cose, ma aveva la sensazione che non gli avrebbe risposto; e onestamente non aveva alcuna voglia di costringerla con la forza. Iniziava a sentirsi parecchio stanco ed era una sensazione strana per lui.

-    Ora, se non ti spiace, vorrei proprio farmi un bagno. Se hai fame lì c’è la cucina, puoi prendere quello che vuoi – gli disse, sostando davanti alla porta della toilette con in mano il proprio cambio – Oook… - aggiunse, non ricevendo risposta dall’uomo che invece continuava a fissarla.

Leanne girò i tacchi e scomparve nella stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Non appena fu sola, si appoggiò all’uscio e tirò un lungo sospiro senza fare rumore. Era più difficile di quello che pensasse…
Nonostante avesse passato anni e anni a pianificare quel momento, nulla aveva potuto prepararla allo sconvolgimento emotivo che avrebbe provato e che stava effettivamente provando.

Respirò un paio di volte per ritrovare la calma e si asciugò una lacrima scappata al suo controllo, poi aprì l’acqua nella vasca regolandone la temperatura. Mentre questa si riempiva, si tolse i vestiti; operazione che le provocò non poche smorfie di dolore per certi movimenti imposti. Prima di entrare nella vasca si diede una rapida occhiata nello specchio sopra al lavandino. Come immaginava era impossibile contare i lividi che le adornavano la pelle...
Alzandosi sulle punte e girandosi di tre quarti, vide che il peggiore di tutti le ricopriva il fianco, sconfinandole addirittura sulla schiena.

" Poteva andare peggio.." si disse e
con un sospiro di rassegnazione, una volta legatasi i capelli in uno chignon, si immerse.

Quando l'acqua calda la avvolse, dovette trattenere un sibilo tra i denti, mentre i muscoli indolenziti si contraevano e i lividi bruciavano prima di mettersi a formicolare. Con lentezza si lasciò sprofondare fino a toccare con il mento la superficie dell'acqua.
Si lavò con cautela, evitando di premere sulle parti più martoriate e poi si rilassò, appoggiando la testa al bordo di ceramica bianca della vasca.
Non appena lo sciabordio si fu calmato, il silenzio tornò nella piccola stanza.


-    Sei qui fuori vero? – domandò la ragazza ad alta voce.

Nonostante da fuori non provenisse alcun rumore, avvertiva la sua presenza distintamente.

-    James? – insistè quando non ottenne risposta.

-    Sì –

Dalla vicinanza della voce, Leanne lo immaginò seduto appena fuori dalla porta del bagno.

-    Cosa mi hanno fatto quelli dell’HYDRA? – chiese il ragazzo dopo un lungo momento di mutismo spezzato solo dal gocciolare del rubinetto.

Leanne sospirò, abbracciandosi le ginocchia e appoggiandovi il mento. 

-    Oltre ad applicarti la protesi robotica al posto del braccio sinistro che avevi perso, in seguito hanno iniziato a manipolarti per creare un soldato perfetto che obbedisse incondizionatamente ai loro ordini... un lavaggio del cervello molto approfondito per dirla in parole semplici – spiegò senza mezzi termini.
-    Quanto tempo sono stato oggetto dei loro esperimenti? – fu la domanda successiva.

La ragazza si morse un labbro… Questa, per certi versi, era una domanda ben più complicata della precedente. Sapeva benissimo la risposta, ma non sapeva che effetto avrebbe avuto su di lui.

-    Una settantina d'anni, circa… - rispose infine, alzandosi in piedi e aprendo lo scarico.
-    Non è possibile.. – sentì rispondersi da oltre la porta.
-    Dalla fine degli anni quaranta ti hanno ibernato criologicamente... venivi rilasciato solo per svolgere le missioni. Per questo dimostri ancora ventisette anni – gli spiegò - Una volta rientrato, venivi sottoposto ad una resezione mnemonica e messo a dormire fino alla volta successiva - disse.

Leanne, mentre si rivestiva e gli raccontava quelle cose,
osservò il suo viso allo specchio. Antichi dolori le erano riapparsi nei lineamenti; scavandoli e facendola apparire più vecchia di quello che in realtà era.
Non era facile per lei, figurarsi per il diretto interessato...

-     Sei stato tenuto sotto il loro controllo per tutto questo tempo senza avere la facoltà di opporti. Volevano che la storia prendesse la piega che avrebbe portato l'umanità a desiderare di essere comandata spontaneamente, e tu eri colui che doveva mantenerla nei loro binari.. Tutto questo ci ha portati al progetto Insight e a dove siamo ora.. - disse con amarezza.

L'HYDRA non aveva mai avuto nessuno scrupolo per raggiungere i propri scopi; Leanne lo sapeva bene... Mascheravano la loro sete di potere dietro la facciata di salvatori di un'umanità incapace di regolarsi da sola, dietro il desiderio di portare la pace. Peccato che per ottenerla erano disposti a sacrificare milioni di persone e non solo...


- James? –

Leanne si riscosse dai suoi pensieri, facendo caso solo in quel momento al silenzio prolungato che era calato.

- James? – ripetè, indossando alla svelta i pantaloni e dirigendosi alla porta – James! - esclamò nel panico aprendola di scatto.


L’uomo era ancora seduto lì fuori, con la testa tra le mani e la fasciatura che gli aveva fatto abbandonata lì vicino. Leanne sospirò sollevata inginocchiandosi davanti a lui.

-    James.. - lo chiamò ancora una volta.
-    Come puoi avere la certezza che io possa recuperare la memoria? – le chiese senza guardarla.
-    Non ce l’ho…- rispose Leanne sinceramente e l’uomo alzò la testa verso di lei – Ma ti posso giurare una cosa. Farò tutto ciò che è in mio potere per farti tornare quello che eri – promise.

James la fissò per un attimo con un'espressione tormentata, prima di notare i lividi che le chiazzavano la pelle. Leanne se ne accorse e cercò di minimizzare.

-    Non ti preoccupare, sono più resistente di quello che si possa immaginare – lo rassicurò rimettendosi in piedi.

Al Soldato quella frase rimbombò nella testa. Gli suonava maledettamente famigliare.. ma come al solito non riusciva a ricollegarla con null’altro che vaghe sensazioni. Scosse la testa un paio di volte per cacciare quel pensiero e tornò a guardare verso Leanne, che nel frattempo si stava spalmando dell’unguento sui lividi violacei. Guardandola faticare con quello che le interessava la schiena, si alzò per aiutarla.
Si rese conto del gesto, solo quando ormai le era alle spalle e aveva teso una mano perché gli desse il tubetto di crema. Leanne, seppur sorpresa, glielo porse.

-    Grazie… - disse, guardandolo concentrarsi sulla medicazione attraverso il riflesso dello specchio che aveva davanti – Però non ti saresti dovuto togliere la fasciatura, prima di andare te la rifaccio – aggiunse.

Non appena lui ebbe finito, la ragazza si infilò in fretta una maglietta pulita, imbarazzata della sensazione ancora fresca delle dita di lui sulla sua pelle.
Poi si diresse rapida verso la cucina, dove aprì il frigo per tirarne fuori un paio di cartoni di un ristorante Thai.

-    Spero che ti piaccia – gli disse mentre li infilava nel forno a microonde per riscaldarli.

James si sedette al tavolo e tra di loro calò di nuovo il silenzio, che due minuti dopo venne interrotto dal campanello che avvisava la fine della cottura. Leanne tirò fuori i cartoni fumanti, prese due forchette e mise davanti al Soldato una porzione contenente dei tagliolini, poi si sedette di fronte a lui e iniziò a mangiare lentamente.
Di sottecchi osservò l’uomo portarsi la forchetta alla bocca e masticare; la sua espressione non tradiva nulla. Leanne non riuscì ad evitare di ridere sommessamente, guadagnandosi così l’attenzione del ragazzo.

-   Perdonami – si scusò sventolando la forchetta davanti alla faccia – è che onestamente non ero più abituata a consumare i pasti con qualcuno – spiegò.

James la guardò per un lungo istante.

-    Figurati io…- replicò.

Quella frase era stata detta con così tanta naturalezza e allo stesso tempo risultava così strana, che dopo essersi guardati per un altro momento, la ragazza scoppiò a ridere, e con sua somma sorpresa vide un accenno di sorriso anche sulle labbra dell'uomo.
Leanne a quel punto lasciò il pasto a metà, alzandosi e dirigendosi di nuovo verso il borsone.
James la vide estrarre un plico di fogli, che una volta tornata a sedersi, gli porse.
Lui allungando una mano quasi timoroso, li afferrò.
Erano contenuti in una busta marrone con sopra riportante lo stemma sovietico.


-    Lì c’è la tua storia. Tutto ciò che ti è successo dal 1917, anno della tua nascita, fino alla partenza per la guerra… Il resto dei documenti non li ho portati con me, questi erano solo un estremo tentativo di convincerti che stavo dicendoti il vero. - spiegò - Nel caso non avessi voluto ascoltarmi te li avrei fatti avere in qualche modo – aggiunse.

L’occhiata stupefatta che le lanciò James fu più chiara di mille parole.

-    Non appena saremo arrivati a destinazione ti farò leggere anche gli altri.- disse osservandolo aprire il fascicolo - E' ora che inizi a ricordare chi sei, James Buchanan Barnes – gli disse.



Head Room:

Salve lettori!
Avete visto? Ogni tanto riesco a sfornare anche dei capitoli lunghi! ^.^
In questo settimo appuntamento
(che avrei potuto nominare alternativamente "La loquacità di Bucky" xD) scopriamo che Leanne ha militato nello S.H.I.E.L.D. e che probabilmente ha avuto a che fare con l'HYDRA... James invece continua la sua battaglia interiore. Fidarsi continua ad essere arduo, ma ormai non può più negare di aver bisogno di risposte. Chissà come proseguirà questa convivenza forzata tra i due ragazzi!
Il commento di Leanne sul suo abbigliamento da fuggitivo, è ispirata ad un foto trovata su internet, nella quale c'erano
effettivamente diversi personaggi vestiti con la stessa scelta d'abiti (si veda Steve Rogers in TWS) per la fuga e ho trovato simpatica l'idea di inserirla.
Chissà dove Leanne avrà intenzione di portare James.. Qualche idea? Qualche preferenza? ;)
Nel frattempo, durante questa sosta obbligata, la ragazza ha voluto svelare alcune informazioni all'ex Soldato d'inverno. Spero che le reazioni avute da entrambe le parti siano state naturali e che abbiano rispecchiato i personaggi come volevo che fosse.
Prima di salutarvi vorrei fare solo una piccola precisazione. Mi è stato chiesto, via pm se, viste le "poche" recensioni, avrei concluso la mia storia. Il mittente, ha argomentato la sua domanda dicendomi che gli è capitato spesso di appassionarsi ad una storia che poi per motivi di scarso riscontro sono state abbandonate dai rispettivi autori.
Dal canto mio vi posso assicurare che la storia vedrà una sua conclusione. Mi sto divertendo moltissimo a scriverla, oltre ad esserci affezionata, e questo basterebbe già per farmela portare a temine.  In tutti i casi, lo farei per rispetto di chi ha iniziato a seguirmi. Sono molto contenta nel poter dire che voi lettori non siete affatto in pochi! Potete anche essere "silenti", ma ci siete, e questa è una grandissima gratifica per me. E' vero che le recensioni fanno sempre piacere, sia perchè sono un modo per avere un feedback, sia perchè (personalmente) amo conoscere e mettermi a confronto con nuove persone.
Scrivere su questo sito mi ha fatto incontrare delle bellissime persone, che ho avuto anche modo di conoscere dal vivo. Per cui, certo, se c'è chi commenta sono contenta, ma non baserò il destino della mia fic sul numero di recensioni che ho ricevuto; perchè, ripeto, ho rispetto per chi mi sta sostenendo continuando a leggermi.
A questo proposito ringrazio tutti voi per l'appoggio che mi state dando, in tutti i casi e in tutti i modi.
Scusate lo sproloquio, ma volevo essere ben chiara su questo punto.

Vi aspetto tutti al prossimo venerdì targato 1945!
Con affetto,
Marta

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Capitolo 9
*** L'albero degli impiccati ***


8.L'albero degli impiccati


-    Secondo me, ballare il Boogie Woogie ti piacerebbe –

Bucky aveva appena finito di raccontare (con molto trasporto) il panorama musicale Americano ad Emelie, mentre la ragazza si dedicava alla solita fasciatura.

-    Trovo che tutto abbia preso un ritmo decisamente frenetico negli ultimi tempi – commentò lei toccandogli delicatamente la sutura con le dita.
-    Immagino che la frenesia impedisca alla gente di fermarsi a pensare a quello che sta succedendo – rispose il ragazzo, riferendosi al conflitto che imperversava ovunque.
-    Penso che tu abbia ragione. Quando sono stata rinchiusa qui dentro
la guerra era appena scoppiata, quindi ne so ben poco – concordò Emelie, per poi farsi scura in volto.
-    Cosa succede?  Problemi con la ferita? – domandò il ragazzo seguendo lo sguardo di lei.
-    No, per l'appunto.. – fu la risposta della giovane mentre gliela bendava – Può praticamente dirsi guarita e a breve sarà necessario toglierti i punti. Ormai la pelle si è rimarginata – spiegò.
-    Dovrebbe essere una buona cosa, ma non lo è.. vero? –

Emelie alzò gli occhi su di lui. Era inutile negargli l’evidenza, anche se questa la spaventava a morte.

-    Non… non ho idea di cosa decideranno di fare in seguito – mormorò, fermando la garza con una clip di metallo – Non sono riuscita a sapere nulla da Schmidt – aggiunse cupamente.

Bucky non volle neppure pensare a ciò che la ragazza doveva aver fatto per scucirgli tali informazioni; ogni volta che il pensiero lo sfiorava, il sangue gli ribolliva nelle vene come lava.
Fino ad allora si era crogiolato in quei momenti passati con lei; momenti che gli facevano dimenticare la sua situazione e che permettevano anche a Emelie di fuggire per un po’ dalla sua prigionia. Ma in quell'istante tutti i pensieri che avevano accantonato erano tornati a galla, e il loro tempo assieme stava drammaticamente per esaurirsi.
Il ragazzo guardò Emelie tormentarsi l’unghia del pollice; era incredibile come la preoccupazione potesse scavarle ancora di più il viso e renderla ancora più pallida. 

-    Per sapere se il Boogie Woogie può piacerti, non ci resta che provarlo! – disse d’un tratto, alzandosi in piedi e trascinandola con lui.
-    Cosa?! – esclamò Emelie presa in contro piede.
-    Forza, dammi una mano… Così, ottimo – la guidò – E ora fai come me –

Il ragazzo prese a muovere le gambe accennando un motivetto con la bocca.

-    James! – protestò Emelie divertita.
-    Oh, avanti! Muovi quelle gambe! – la esortò facendola girare su sé stessa.

Emelie si mise a ridere. James aveva quel potere su di lei: quello di farla ridere di gusto.
Non che avesse mai sperimentato prima la compagnia di altri ragazzi, ma avrebbe potuto giurare che se ci fosse stato chiunque altro con lei in quel momento, non sarebbe stato lo stesso.

Bucky le fece fare un altro paio di piroette e, quando gli fu chiaro che se avesse continuato sarebbe crollata per terra, la attirò a sè, sostenendola in modo che il capogiro le passasse. Emelie si aggrappò alle sue spalle, ancora scossa dalle risate e con le gambe malferme.
La ragazza ne approfittò per godersi quel senso di calore e di benessere che il giovane le trasmetteva; poi quando lui allentò la presa, si sedette sul letto. 

-    Sei un pazzo James Buchanan – decretò lei con il fiato ancora corto mentre lui si accomodava al suo fianco – e io temo di non essere portata per il ballo -  aggiunse.
-    Ti ci vuole solo un po’ di pratica – replicò lui prendendola per mano.
-    Già, certo – rispose Emelie arricciando il naso e appoggiando il capo sulla sua spalla.

Bucky posò lo sguardo sulla mano della ragazza stretta nella sua; ed eccolo lì a contornarle il polso... quel segno rosso, un pò più vivido del giorno precedente. Sapeva che ne aveva uno uguale anche dall’altra parte, li aveva già notati molte altre volte, così come aveva notato i segni di bruciature che, nonostante lei cercasse di nascondere con i capelli, risaltavano sulla pelle chiara delle tempie.
Ne aveva visti di analoghi sui prigionieri di guerra che avevano liberato durante le loro campagne. L’elettroshock era una pratica molto usata negli interrogatori Nazisti. Solo che lei non era una prigioniera di guerra ed era chiaramente Tedesca…
Mentre pensava a quelle cose, distrattamente le passò il pollice sulla parte di pelle arrossata ed Emelie si irrigidì immediatamente. 
La mano della ragazza si contrasse nella sua, ma non fece nulla per sottrarsi a quel contatto.


-    Perché ti tengono qui Elie? Cosa cercano? – le chiese in un sussurro.

Era una domanda che gli era sempre sorta spontaneamente, ma che fino ad allora non aveva mai espresso a voce alta.
Emelie non parlava mai di sé stessa, nemmeno di cosa avesse fatto in quella Berlino che aveva detto di amare prima di finire lì. Sembrava non aver mai avuto una vita.
Questa sua reticenza lo aveva quindi sempre indotto a non indagare, ma in quel momento aveva dovuto chiedere.


-    Preferirei non parlarne James… - sospirò lei stringendogli delicatamente le dita - e non perché non mi fidi di te, ma perchè sei l’unica persona in questo posto con cui posso essere normale – continuò con tono pacato – Se ti raccontassi degli esperimenti a cui sono soggetta, smetterei di essere solo Elie e diventerei la cavia che si chiama così... e io non voglio questo. Voglio solo essere Elie e basta nella tua testa. Non desidero che tu associ il mio viso alle sofferenze alle quali sono sottoposta  – gli spiegò.

Mentre gli diceva quelle cose, la ragazza aveva afferrato la mano di Bucky e si era appoggiata l’ampio palmo del militare sulla guancia. Il giovane si stupì ancora una volta di come la pelle di lei fosse sempre fresca, come appena rientrata dall’aria autunnale.
Gli occhi di lei lo sondavano, sperando di non averlo offeso nel non volergli rivelare ciò che le aveva chiesto. La sua era solo paura, paura che lui cominciasse a vederla con occhi diversi, di leggergli in viso la pietà e la compassione, o persino il disgusto; ma James questo non lo avrebbe mai pensato.

-    Non potrei mai cambiare opinione sul tuo conto, ma capisco ciò che vuoi dirmi e non insisterò oltre – le disse infatti, rasserenandosi un poco nel vedere il volto della ragazza aprirsi in un gran sorriso.


In quei momenti Bucky aveva sempre una gran voglia di baciarla, ma era un’altra di quelle cose che non aveva mai fatto. Aveva paura di spaventarla, o peggio di ricordarle momenti spiacevoli…

-    Perdonami… però puoi chiedermi qualsiasi altra cosa – rispose lei, lanciandosi a sua insaputa nelle fauci del leone.
-    Qualsiasi dici? – ripetè lui con un ghigno.

Emelie cambiò repentinamente espressione, assumendone una decisamente preoccupata.

-    Tranquilla! – scoppiò a ridere lui, guadagnandosi un buffetto sul braccio e una sbuffata da parte della ragazza – Vorrei solo che mi cantassi qualcosa, se possibile; la musica mi manca molto – ammise lui.

Emelie fu presa alla sprovvista. Onestamente non si sarebbe mai aspettata una simile richiesta… ma anche se non avesse mai cantato in vita sua, James aveva un’aria così speranzosa nell'esprimergli quel desiderio, che non sarebbe comunque stata capace di dirgli di no.

-    Conosco solo una canzone in inglese e non è molto allegra – rispose leggermente imbarazzata, ma al ragazzo sembrò non importare, perché i suoi occhi si illuminarono.
-    Va bene qualsiasi cosa – replicò.

Quanto potevano essere azzurre quelle iridi?
Emelie se lo domandò per l’ennesima volta, così come si chiese come potesse essere così contagioso il suo sorriso e il suo buon umore.

-    Allora va bene – gli concesse.

Bucky la ascoltò iniziare a cantare sommessamente; la sua non si poteva dire una voce da cantante professionista, ma era gradevole ed era intonata. La canzone per il ragazzo era sconosciuta; raccontava la storia di due innamorati che si davano appuntamento davanti ad un albero alla mezzanotte. Se in un primo momento poteva sembrare una canzone romantica, in realtà il testo era molto più complesso..
L’albero in questione, era infatti usato per le impiccagioni e lì, con tutta probabilità, era stato giustiziato proprio uno dei due innamorati.

Per l'ironia della sorte, Bucky pensò che quelle parole si adattassero molto bene alla situazione nella quale si trovavano...
Quando l'ultima nota si spense nell'aria, restarono entrambi in silenzio per alcuni istanti.


-    Scusami… Non avrei dovuto cantarla, ti ha solo rattristato – disse Emelie all'improvviso, alzandosi di scatto e dirigendosi verso la porta.

James, rapido, la afferrò per un braccio prima che la raggiungesse e quando lei si voltò, le lacrime adornavano le sue ciglia come piccoli ghiaccioli.

-    Elie…- mormorò Bucky poggiandole la mano sul collo.

La ragazza la afferrò, tenendola stretta nella sua quasi spasmodicamente.

-    Bucky… Io….- la frase della giovane venne brutalmente interrotta, ancora una volta, dai soliti colpi alla porta.

Emelie scosse la testa come se fosse combattuta su qualcosa; poi si voltò per andarsene, ma il ragazzo la trattenne ancora.

-    Ti amo – le disse di getto.

La ragazza lo guardò con gli occhi spalancati, dai quali cadde qualche altra lacrima.
Il sergente la vide aprire la bocca per dirgli qualcosa, ma alla fine sembrò ripensarci e se ne andò; lasciandolo solo
.



Head room:

Buongiorno a tutti e no, non sono ancora andata a vedere Civil War xD
Conto di andarci questo fine settimana e magari per il prossimo capitolo vi dico quello che penso ;) Per intanto, ieri ho fatto un giro con mio nipote al Disney store; lui ne è uscito con un peluche di Pluto e io con una maglietta di Captain America, due bambini felici xD ma passiamo al capitolo!

Ebbene sì, il nostro James si è dichiarato! So che può sembrare un pò prestino... ma, secondo i miei pensieri, è già passato diverso tempo da quando lui è arrivato al laboratorio e ha avuto quindi modo di rendersi conto di che persona sia Emelie durante tutti i loro incontri giornalieri. Poi al cuor non si comanda..
Restano comunque diverse incognite... Cosa succederà ora che James è quasi guarito? In cosa consistono gli eperimenti condotti su Emelie e cosa lei sembra sempre volergli confessare? Chissà voi cosa avete immaginato!
Se al nostro caro sergente piacesse la musica, non ne ho la minima idea! Ma mi sembrava un ragazzo che apprezzasse il ballo e le feste soprattutto ;) La canzone che viene cantata da Emelie (probabilmente l'avete già riconosciuta), si intitola "The Hanging tree" ed è tratta dal film "Hunger Games". Vi lascio qui la traduzione se volete leggerla e/o ascoltarla: The hanging tree

Ringrazio di cuore tutti coloro che si sono fermati a leggermi anche questa volta, a tutti coloro che mi hanno recensito (in particolare la new entry LadyBones) e a tutti coloro che mi hanno aggiunta tra le storie preferite (MsBieber_98), ricordate e seguite (Ferins, Oberyn_92 e LadyBones).

Con affetto,
Marta

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Capitolo 10
*** Un peso sul cuore ***


9.Un peso sul cuore


Leanne e James erano partiti il pomeriggio del giorno prima, come passeggeri non ufficialmente noti di un aereo da cargo. Da quando avevano preso posto sugli scomodi seggiolini di plastica del velivolo, il Soldato era rimasto incollato ai documenti che la ragazza gli aveva dato.

Non c'erano state altre domande da parte sua, nemmeno su quale fosse la loro destinazione, e Leanne si era ben guardata dal farglielo notare.
Dopo quattordici ore di volo, la loro momentanea meta fu Pechino. Dall’aeroporto della capitale avevano raggiunto l’appartamento che la ragazza aveva affittato, lì avrebbero trascorso la notte in attesa di poter partire nuovamente l’indomani.
Non appena arrivata, la giovane si era fiondata a fare una doccia, lasciando James nel salotto/cucina che componeva quel piccolo trilocale. Quando riemerse dal bagno, quasi un'ora e mezza dopo e lasciandosi dietro una scia di vapore degna di un bagno turco, non si stupì per niente di trovare il ragazzo a scrutare fuori dalla finestra nell’aria densa di smog della città.

-    Odio le metropoli – esordì lei, passandosi ancora una volta l’asciugamano sui capelli umidi.

Leanne si fermò in mezzo alla stanza in attesa di un qualche cenno da parte di James, ma quando fu chiaro che la conversazione non sarebbe nemmeno cominciata, gli si avvicinò. Quando gli fu accanto, si accorse che, invece di osservare fuori, il ragazzo stava guardando la foto che lo ritraeva nel giorno della leva. Un giovane, con la barba tagliata di fresco e l'uniforme perfettamente stirata, sorrideva felice all'obbiettivo.

-    Ti sei ricordato qualcosa? – gli domandò lasciandosi scivolare l'asciugamano sulle spalle.
-    No – James scosse la testa – Non riesco neppure a realizzare di essere la stessa persona della foto.. e probabilmente non lo sono – aggiunse, allontanandosi dalla finestra e lasciando cadere a terra lo scatto in bianco e nero.

Leanne si chinò a raccoglierlo e lo seguì.

-    Guardati allo specchio e guarda questa foto  – gli disse, tenendo ben in vista l’immagine tra due dita – Tu sei questa persona, solo che non lo ricordi –

James si voltò a guardarla, i pugni contratti lungo i fianchi.

-    Non c’è nessuna certezza che io recuperi la memoria – replicò.
-    Ma non c’è nemmeno la prova del contrario, non puoi saperlo – ribattè la ragazza portandosi le mani sui fianchi.
-    Neppure tu s’è per questo –
-    No, ma almeno non perdo subito le speranze –

La tensione iniziava a crescere, e quel fronteggiarsi  l’uno davanti all’altra ne era la prova.

-    Anche se mi ricordassi di tutto quello che è successo, credi davvero che io possa tornare ad essere lui? - ribattè James indicando la foto che lei teneva ancora in mano - Onestamente non so quali idee tu ti…-
-    Non mi sono fatta nessuna idea! Lo faccio per darti una mano, perché non tutti vogliono solo darti ordini per il proprio tornaconto! – lo interruppe Leanne cominciando seriamente ad arrabbiarsi.

James scosse la testa con un mezzo ghigno sul volto. Davvero non riusciva a capire l’accanimento di quella ragazza per la sua causa. Sul serio era solo per esaudire un desiderio altrui?
Leanne, nel vedere quella manifestazione di perfetta incredulità, non riuscì più a contenere la rabbia.

-    Cos’è? Solo se qualcuno ti comanda a bacchetta cosa fare ti convinci che stia agendo per il meglio? –

Leanne non fece quasi in tempo a finire la frase, che si ritrovò inchiodata contro la parete alle sue spalle.
Per un attimo gli occhi di James si tinsero nuovamente di quella vacuità e di quella freddezza, che gli avevano fatto guadagnare l’appellativo di" Soldato d’inverno". Aveva lo sguardo impassibile di un assassino di lungo corso.
Ma come quel momento era arrivato, passò altrettanto rapidamente, e Leanne si ritrovò di nuovo con i piedi a toccare terra mentre James faceva un paio di passi indietro.

-    Non mi provocare, non ti conviene – le disse con tono minaccioso.
-    Forse dovrei farlo più spesso invece... Sembra l’unica cosa che riesca a farti comportare da umano – replicò la ragazza, e senza aggiungere altro lo superò, sparendo nella camera da letto dove chiuse la porta a chiave.

James rimase immobile a fissare il muro che aveva davanti. Non appena la sua mano si era chiusa attorno alla gola di Leanne si era pentito subito del gesto compiuto, ma ormai era tardi...
Aveva reagito d’istinto alla provocazione e non era riuscito a fermarsi; anzi, per un momento non si era voluto fermare, aveva provato il desiderio di farle male.
Il problema era che si sentiva frustrato...
Era infatti sicuro, che se anche si fosse ricordato di tutta quella che era stata la sua vita passata, non sarebbe mai potuto tornare ad essere quel ragazzo sorridente delle foto.
Sapere che Leanne stava facendo tutto quello per aiutarlo in quello scopo, lo turbava. L’idea di deluderla, lo turbava, e questo si sommava al già caotico miscuglio di emozioni che provava ultimamente.
Il giovane, da quando erano successi i fatti di Washington, si sentiva in bilico tra due realtà: una fatta semplicemente di ordini e oblio, l’altra fatta di immagini e sensazioni sfocate, che lo inducevano a pensare con la propria testa e a ribellarsi.
Era come se qualcuno, all'improvviso, avesse premuto un interruttore nella sua testa e lui avesse cominciato a vedere il mondo in modo diverso; un modo libero, dove gli era possibile decidere della sua esistenza e gli ordini erano stati trasformati in richieste cortesi.
La reazione che aveva avuto qualche minuto prima con Leanne, però, gli rammentava che il suo addestramento era ben radicato in lui, pronto a emergere in un battito di ciglia.
Avrebbe anche potuto ucciderla e non era una cosa che voleva che accadesse...
Con questi pensieri in testa, James si diresse verso il bagno, deciso a spegnere momentaneamente i suoi problemi sotto il getto gelato della doccia.

Leanne, sdraiata sul letto e con la testa affondata nel cuscino fresco di lavanderia, ripensava alla discussione da poco successa, e più lo faceva più trovava naturale darsi dell'idiota. Aveva volontariamente buttato benzina sul fuoco, riuscendo anche ad arrabbiarsi per come lui aveva conseguentemente reagito.
Cosa avrebbe fatto lei, se qualcuno le avesse sputato in faccia i suoi trascorsi passati? Se, per di più, a farlo fosse stata una persona che affermava di volerla aiutare? La risposta era né più né meno quello che aveva fatto James, forse solo con un po’ meno di forza.
Lei era lì per sostenerlo, non per tormentarlo ancora di più del dovuto! Ma quando gli aveva visto in faccia quel sorriso sarcastico e diffidente, non ci aveva più visto. Voleva più di ogni altra cosa che lui si fidasse e sapeva benissimo che ciò richiedeva pazienza...
Il problema, era che lei aveva vissuto fino a quel momento nella pazienza e nell'attesa, e queste cominciavano a non bastarle più.
Leanne sbuffò, girandosi su di un fianco e raggomitolandosi in posizione fetale, sfiancata dai suoi stessi pensieri.  

-    Sei una stupida, Leanne… una vera stronza a dirla tutta – mormorò.

Quando alla fine la notte sopraggiunse, trovò la ragazza già addormentata da diverse ore. Il fuso le giocava sempre dei brutti tiri.. Nonostante questo però, un rumore improvviso la destò dal suo sonno.
La ragazza si mise a sedere nell’oscurità della camera, afferrando di riflesso la pistola posata sul comodino e restando in ascolto. Dall'esterno non sembrava provenire alcun rumore, per cui riappoggiò l'arma sul piano e raggiunse la porta della camera.
Una volta entrata nel salotto, impiegò un attimo a mettere a fuoco la figura di James, seduta sul divano con gli avambracci appoggiati sulle cosce. La luce che arrivava dall’esterno faceva scintillare il suo braccio metallico.


-    Non riesci a dormire? –

Leanne, dopo aver sostato titubante sulla soglia della stanza, si era decisa ad avvicinarsi.

-    Non volevo svegliarti – le rispose lui con voce roca.
-    Non ti preoccupare – lo rassicurò accendendo la piccola abatjour del soggiorno – James, cos’è successo? – gli domandò subito dopo, vedendo il sottile strato di sudore che imperlava la fronte del Soldato.
-    Incubi… ma non li ricordo – le disse, pinzandosi stancamente la radice del naso tra il pollice e l'indice.
-    Rettifico: questo, è il gesto più umano che ti ho visto fare – replicò lei con un sorriso mentre James alzava il viso per guardarla – Scusami.. per prima intendo – aggiunse poi con una punta di imbarazzo.
-    Io.. non avrei dovuto aggredirti – ammise a sua volta il ragazzo con un sospiro.

Leanne si limitò ad annuire impacciata e poi si diresse verso il cucinino.

-    Ti va del tè? – domandò, aprendo la credenza e prendendo il bollitore.
-    No grazie – rispose James, andando a sedersi su uno degli sgabelli davanti alla penisola che fungeva da tavolo.
-    Anche io faccio spesso degli incubi.. - confessò Leanne - Quando dormi la mente si rilassa e certe immagini tornano a galla inevitabilmente – disse, appoggiando sul bancone una mug con la bustina per il tè.

Quando il bollitore si mise a fischiare, la ragazza spense il gas, versò l’acqua calda nella tazza e andò a sedersi davanti a James, che nel frattempo aveva riaperto il suo fascicolo.
Nella prima pagina c’erano tre foto; una era quella della leva, mentre le altre due ritraevano rispettivamente una coppia di mezza età e due ragazzini sorridenti con alle spalle i propri famigliari.

-    Cosa ne è stato di loro? – domandò il ragazzo prendendo in mano la foto di quelli che dovevano essere i suoi genitori.
-    Sono morti serenamente di vecchiaia. L’HYDRA non si è mai interessata a loro, né loro sono mai venuti a sapere che fosse coinvolta nella tua morte.. hanno sempre creduto che il loro figlio fosse morto da eroe sul campo di battaglia. Il che non è poi del tutto falso..- gli rispose.

James rimase a fissare per qualche istante la foto. Non sapeva come avrebbe dovuto sentirsi, probabilmente triste, ma era difficile provare delle emozioni per delle persone che non riconosceva...
Lo sguardo del ragazzo cadde sull'altra istantanea, quella dei due ragazzini.
Di fianco a lui c'era un bambino che non dimostrava più di dodici anni, magro come un chiodo e con una zazzera di capelli biondi in testa. Nonostante
fosse cambiato molto rispetto a quei tempi, James lo aveva riconosciuto subito.

-    Credo di aver sognato di essere con  lui.. - disse d'un tratto con un certo sforzo, indicando Steve - Eravamo seduti su alcuni cuscini sparsi sul pavimento, poi è arrivata una donna... ha detto qualcosa, ma non ricordo la frase – raccontò sempre senza smettere di osservare l’immagine – la donna era questa – aggiunse, puntando il dito sulla donna bionda di nome Sarah e alzando gli occhi verso la sua interlocutrice.

Leanne lo guardava sorridendo dolcemente, le mani strette attorno alla tazza fumante.

-    Sono sicura che quello fosse un ricordo – gli disse prendendo un sorso di tè.

James annuì distrattamente; ma se era davvero così.. allora anche quelle persone che aveva ucciso a sangue freddo nel sogno che aveva fatto subito dopo, facevano parte di un suo ricordo.. Cosa diavolo aveva fatto sotto il controllo dell’HYDRA?
Sentendo montargli dentro una sorta di nausea, si costrinse a cambiare discorso.

-    Quella Emelie di cui mi hai parlato.. - riprese - non ci sono sue foto; vuol dire che l’ho conosciuta dopo essere partito per la guerra? –  la interrogò.
-    Sì, era... una prigioniera dell’HYDRA come lo eri tu.. – rispose lei un pò tesa – Ti è venuto in mente qualcosa? – gli chiese.
-    Ho un viso in testa.. una ragazza dai capelli biondi e dagli occhi chiari; azzurri, ma con una sfumatura di.. -
-    Verde – concluse per lui Leanne quasi commossa.
-    Sì – disse James stupito.
-    E' Emelie – gli confermò.

James fissò la ragazza negli occhi; ora aveva solo bisogno di sapere un'altra cosa.

-    E' ancora viva? – le chiese, pur sapendo che se lei gli avesse risposto affermativamente, Emelie sarebbe stata una donna già molto avanti con gli anni.

Ma bastò vedere la faccia sofferente di Leanne per capire che no, non lo era.

-    E' morta... Non è mai uscita da quel laboratorio... Mi dispiace, James –

Al ragazzo parve che un peso gli fosse caduto dritto sul cuore.


Chief's room:

Buongiorno a tutti!
Lo so.... pensavate di scoprire finalmente dove fossero diretti con questo capitolo, e invece c'è stato solo un intermezzo. Giuro, nel prossimo lo scoprirete!
Per ora ho voluto mettere ancora una volta a confronto Leanne e James. Sto cercando di far evolvere il loro rapporto in modo che risulti graduale e spontaneo, e per farlo mi sto servendo di momenti di quotidianità, come una chiacchierata davanti ad una tazza di tè. Poi l'ammetto, i capitoli introspettivi mi piacciono da matti ^^"
James, nello specifico, ha fatto un piccolo upgrade... ha iniziato a emettere più di due sillabe alla volta xD Che il Soldato d'inverno stia lasciando il posto all'uomo di Brooklyn?
Ma passiamo al punto saliente della questione: Emelie è morta.
Chi se lo aspettava alzi la mano! Per quelli che non se lo aspettavano, ora che le vostre idee sono state frantumate, quali nuove congetture avete fatto a tal proposito? Quali nuove domande vi sono venute in mente? Sappiate che chiedere è lecito, ma mi riservo la facoltà di non rispondere =P
Ora posso tranquillamente affermare di aver visto Civil War e che mi è piaciuto tantissimo! La vicenda è stata ben gestita e gli attori ne hanno dato una superba rappresentazione. Senza fare spoiler per chi non lo avesse ancora visto, dico solo che l'ultimo scontro è stato il momento che più di tutti mi è piaciuto (assieme agli ammiccamenti all'interno del Maggiolino. Barnes/Wilson coppia dell'anno! XD ). 

Ringrazio di cuore tutti voi lettori che state aumentando sempre di più rendendomi ebbra di felicità! Grazie a chi ha recensito, Leila91 in particolare per essersi aggiunta! Grazie infine a chi mi ha inserita tra le fic seguite (Yule_directioner, Denise26 e Leila91), ricordate e preferite (DESTROYA_DESTROYA).

Al prossimo 1945,
Marta

p.s. Ho cambiato la mia "Head room" in "Chief's room" dietro consiglio di un'amica invasata quanto me per Agent Carter e che come me è rimasta parecchio male per la decisione dell'ABC di cancellare la serie.. così è diventato un piccolo tributo.

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Capitolo 11
*** Terribili verità ***


10.Terribili verità


"Avrò fatto bene a dirglielo?"

Bucky, si stava interrogando a tal proposito dal giorno prima, mentre sdraiato sulla branda osservava il soffitto crepato. Pur non avendo un orologio per segnare lo scorrere del tempo, sapeva che l’ora alla quale solitamente Emelie faceva il suo ingresso era passata da un pezzo.  
Che avesse davvero sbagliato a confessarle i suoi sentimenti?
Eppure, quando la sua bocca si era chiusa sull'ultima sillaba della dichiarazione, gli occhi di lei si erano illuminati. Gli aveva rivolto lo stesso sguardo che gli riservava quando le raccontava nuovi dettagli sul mondo lì fuori: di sorpresa e di eccitazione. L’aveva vista schiudere la bocca per dirgli qualcosa, poi i colpi alla porta l'avevano interrotta, e allora quella luce si era spenta e la sua espressione era diventata sofferente. Come se per un attimo avesse sperimentato la libertà, solo per poi realizzare che non era altro che un bel sogno.
Se davvero era così, Bucky non poteva che capirla…
Lui nelle cose si gettava d’istinto, a testa bassa, ed era stata la consapevolezza che forse di lì a poco sarebbero stati separati, che lo aveva indotto a dirglielo. Si era
volontariamente lanciato in un baratro da cui sarebbe stato difficile uscire; ormai, alla paura degli esperimenti, si era sostituita quella di perderla…
Una persona razionale non si sarebbe mai lasciata coinvolgere fino a quel punto, sapendo perfettamente che non ci sarebbe stato alcun futuro. Ma era sempre stato Steve quella razionale, non lui.
Non si era innamorato di Emelie solo perché, con tutta probabilità, sarebbe stata l’ultima ragazza che avrebbe visto.
Di ragazze, in passato ne aveva avute diverse, a volte anche più di una allo stesso tempo. In poche resistevano al fascino di Bucky Barnes, soprattutto dopo che davanti al suo nome era stato aggiunto il titolo militare.
Erano sempre state belle, con sorrisi smaglianti e labbra rosse, boccoli e vestiti alla moda.
Emelie invece non possedeva nessuno di questi orpelli; c’erano solo lei, i suoi occhi caraibici e i suoi capelli biondi. Niente di più. Veniva da lui armata solo del suo essere sé stessa, ed era quello ad aver conquistato Bucky.

All'improvviso, il rumore della serratura interruppe i suoi pensieri e lo fece scattare a sedere.

-    Era ora! Temevo che non sar…-

Il resto della frase gli morì sulle labbra. Quando la porta si fu spalancata completamente, ad entrare non fu Emelie, bensì Rheinoldt Schmidt con un paio di energumeni al seguito.

-    Salve Sergente Barnes! – lo salutò l’uomo con un sorriso – Mi spiace, forse si aspettava la nostra Emelie, ma oggi purtroppo è indisposta – aggiunse, vedendo l’espressione del ragazzo.
-    Cosa le avete fatto? – replicò Bucky, indurendo istantaneamente lo sguardo.
-    Non si preoccupi, niente di grave. Per domani sarà sicuramente in grado di tornare ad occuparsi di lei – rispose con molta tranquillità lo scienziato.
-    Voglio sapere cosa le avete fatto – insistè il ragazzo con tono gelido.

James, fece per alzarsi e andare incontro all’uomo, ma ad un cenno di quest’ultimo, i due che lo accompagnavano gli si avvicinarono e lo ricacciarono sul lettino, immobilizzandolo.

-    Suvvia, non è il caso di scaldarsi tanto! Le posso assicurare che sta bene - gli disse Rheinoldt bonariamente avvicinandosi - Sono passato solo a darle un’occhiata per vedere come procede la guarigione – spiegò chinandosi su di lui – e vedo che siamo ad un ottimo punto! Emelie ha fatto proprio un buon lavoro – aggiunse soddisfatto dopo avergli osservato la ferita.

A Bucky quell’uomo metteva i brividi. Si comportava davvero, come se fossero vecchi amici di bevute e non cavia e aguzzino. Quei suoi modi affettati e gioviali avevano il potere di mandarlo in bestia.

-    Direi che è anche già possibile togliere i punti – spiegò pragmaticamente – Ora manca ancora una cosa – aggiunse.

Dalla tasca interna del camice, l'uomo estrasse una scatolina argentata, dalla quale tirò fuori una siringa piena di un siero sconosciuto dal color blu elettrico.
Bucky, cominciò a divincolarsi per sfuggire alla presa dei due energumeni, senza però riuscire a smuoverli di un millimetro.
Schmidt, senza tante cerimonie, gli infilò l’ago nella spalla proprio sopra il moncherino, e il ragazzo sentì un immediato e intenso bruciore diffondersi per i tessuti limitrofi. Con un gemito di dolore si afferrò la spalla mentre finalmente veniva lasciato andare.

-    Non si preoccupi, non è niente di nocivo. – lo rassicurò l’uomo – Sono certo che la nostra collaborazione darà grandi frutti! – aggiunse tutto allegro dandogli una pacca sulla spalla sana.
-    Lei è pazzo – sputò tra i denti Bucky.
-    Genialità e pazzia a volte sono difficili da distinguere, mi creda – replicò l’altro per niente infastidito.
-    Non capisco come Emelie possa anche solo sopportare di restare nella stessa stanza con uno stronzo come lei - fu la risposta del soldato.

Lo scienziato, a quel punto, si mise a ridere di gusto mentre raggiungeva la porta.

-    Sono sicuro che preferirebbe essere da tutt’altra parte, ne convengo con lei – rispose quando smise di ridere – ma come si suole dire, i parenti non te li scegli –

Quella frase ebbe il potere di spegnere completamente il raziocigno di Bucky. Il ragazzo, sentì
improvvisamente i propri pensieri farsi ovattati e la testa leggera. Schmidt osservò divertito la sua confusione e poi sorrise.

-    La cara Emi si è 
forse dimenticata di dirle che io sono suo fratello? - domandò il tedesco innocentemente - Emelie e Rheinoldt Schmidt, i figli di Johann Schmidt, che credo lei abbia avuto il piacere di conoscere – disse - Beh, mi piacerebbe trattenermi ancora con lei, Signor Barnes, ma ho delle cose da fare. Mi racco...-

Le successive parole di commiato, Bucky nemmeno le udì. Anche quando lo richiusero nella cella e le luci si spensero automaticamente per la notte, il ragazzo rimase seduto sulla sua branda nella stessa identica posizione.
Ancora non riusciva a credere a ciò che aveva sentito... era un'eventualità che il suo cervello non aveva mai nemmeno valutato, perché… perché era troppo grottesco e troppo orribile per essere vero.
Emelie era la sorella di quel pazzo.. dello stesso uomo che la teneva prigioniera e che abusava di lei.

James, si premette con forza il palmo della mano sulla fronte e mentalmente lo fece anche con quella mancante.

"Perché non me lo ha detto?" si chiese frustrato.
 

Si era appena posto quella domanda, quando uno strano rumore proveniente dal muro davanti a lui, attirò la sua attenzione.
Stava per avvicinarsi alla fonte di quel suono, quando nella parete si aprì un varco rettangolare e luminoso.

-    James? –

La voce di Emelie uscì dall'apertura e Bucky ne restò così sorpreso da non riuscire subito a reagire.

-    James! - ripetè la ragazza preoccupata.
-    Elie? –

Bucky si avvicinò, inginocchiandosi davanti al foro e sbirciando oltre di esso. Il volto di Emelie, illuminato dalla fioca luce di una candela, lo accolse. Il suo viso sembrava più scavato rispetto al giorno prima e ai lati delle tempie, brillavano due nuovi e freschi segni circolari.

-    Ma cosa.. – mormorò il ragazzo – La tua cella è a fianco della mia? – domandò stupito.
-    Mi spiace di non avertelo potuto dire prima. Ho scoperto questo mattone allentato prima ancora che tu arrivassi qui. Nella tua cella c’è stata per diverso tempo una ragazza con cui avevo stretto amicizia.. – spiegò con tono triste – ma finchè Rheinoldt  è rimasto nella struttura non mi sono fidata ad usarlo, se lo avesse scoperto... - disse
con una punta di paura nella voce, lasciando la frase in sospeso.
-    Vuol dire che adesso è andato via? – domandò Bucky.
-    Solo temporaneamente.. deve essere successo qualcosa di grave per costringerlo ad abbandonare la base – rispose lei aggrottando le sopracciglia.
-    Tu come stai? –

Emelie lo guardò, sorridendo con amarezza.

-    Oggi è stata più dura del solito. Gli effetti sono stati più pesanti e mi hanno lasciata parecchio debilitata.. mi spiace di non essere venuta - gli disse.
-    Non ti scusare - replicò Bucky.
-    So quello che ti ha detto Rheinoldt.. - proseguì la ragazza dopo un attimo di silenzio - E' passato da me per dirmi quanto fosse stata divertente la tua espressione.. –

Bucky, nella penombra, strinse il pugno.

-    Cosa vuol dire tutto questo? Perché non me ne hai mai parlato? – le chiese allora amareggiato.

Dall'altra parte del muro, Emelie sospirò. Non era un sospiro di impazienza o di fastidio, era solo di stanchezza; di quel tipo di stanchezza che ormai ti ha invaso perfino l'anima.
 

-    James, tu sai in cosa consiste l’ideologia dell’Übermensch? – lo contro interrogò Emelie.
-    So che è alla base delle idee di quel pazzo furioso che si professa a capo della Germania – replicò Bucky – Ma questo cosa centra? –
-    Io sono stata cresciuta da mia madre, una donna borghese con una libreria avviata dai genitori a Berlino. Sono rimasta con lei fino ai sedici anni, senza sapere nulla di mio padre. - cominciò a raccontare la giovane - Non ne me volle mai parlare.. così dedussi che doveva essere morto in guerra, o scappato lasciandola sola. Ritornò nella mia vita, solo quando mia madre morì di consunzione dopo un lungo travaglio. Johann Schmidt si presentò all'improvviso in negozio, dichiarando di essere alla ricerca di sua figlia. Disse che voleva prenderla con sé, che voleva riparare ai suoi errori. - disse con un sorriso sarcastico - Io, ovviamente, nel vedere arrivare quest’uomo in uniforme del tutto rispettabile, non ne fui che contenta. Andai con lui e da lì iniziò il mio calvario.. Venni portata in questi laboratori e presentata al mio fratello gemello –
-    Gemello? – esclamò Bucky, che fino ad allora era rimasto ad ascoltare attonito il racconto.
-    Sì… mia madre conobbe Schmidt quasi per caso, se ne innamorò e diede alla luce due bambini. Rheinoldt venne portato via da mio padre quando avevamo poco più di un anno. Era il maschio ad interessargli, perchè sarebbe stato lui a portare avanti il nome degli Schmidt; della figlia non gli importava nulla, così come della madre. - spiegò con tono lugubre.
-    E per quale motivo è tornato a prenderti? – le domandò allora il ragazzo, senza riuscire a trovare il nesso.
-    Per gli esperimenti che stavano conducendo avevano bisogno di una cavia. Mio fratello si era offerto volontario, ma pur rispondendo bene ai trattamenti, Johann non poteva permettersi di mettere la sua vita a repentaglio. Erano convinti che io, avendo gli stessi geni ereditari, potessi essere altrettanto adatta, e difatti fu così: non dimostrai alcun effetto collaterale di lunga scadenza. Ma non è l'unico motivo della mia presenza qui.. – proseguì la ragazza, e Bucky la sentì prendere un respiro profondo prima di continuare, quasi le venisse da piangere – L'ideologia alla base della razza ariana e la volontà di preservare quest'ultima, sono il secondo motivo per il quale sono qua…- disse con voce improvvisamente roca.

Un brivido percorse la schiena di Bucky mentre ricollegava i vari pezzi.

-    Una volta che gli esperimenti saranno conclusi, dovrò dare un figlio a Rheinoldt. - ammise lei a stento - Per questo non volevo che venissi a saperlo! Per questo non sono riuscita a risponderti ieri! - esclamò disperata - Come potrei? Che futuro potremmo avere? Io non ho alcuna scelta… nessuna… e mi vergogno così tanto! –

Emelie irruppe in singhiozzi incontrollati, affondando il viso nelle mani.

-    Elie! – la chiamò Bucky guardandola dalla feritoia – Non dirlo nemmeno per scherzo! Non sei tu a doverti vergognare! Non sei tu… - rispose il ragazzo, trattenendo a stento la rabbia per ciò che aveva appena udito.

Se solo avesse avuto sotto mano quel pazzo... gli avrebbe fracassato la testa contro il muro, mutilato o meno che lui fosse.

-    Elie, ti prego non piangere… - le disse.

Alla rabbia si aggiunse la frustrazione di non poterla raggiungere, di non poterla abbracciare.
Bucky, cercò allora di far passare la mano nella piccola apertura, riuscendo però a fare capolino solo con le dita.


Dopo un momento, sentì la mano della ragazza appoggiarsi sulla sua e i singhiozzi venire trattenuti.

-    Sai dove vorrei portarti per la nostra prima uscita assieme? – cercò di distrarla Bucky.
-    No.. non ci ho mai pensato – rispose la ragazza con voce tremante.
-    Io sì – replicò il ragazzo – Ti porterei a mangiare il gelato su Boston Road e poi a fare shopping in Main Street – le disse, ripensando alla sua città natale – Poi andremmo al cinema e ti comprerei una montagna di popcorn caldi al burro. Dopo il film, andremmo a cenare in piazza, nel ristorante più buono di tutto il paese, e infine ti accompagnerei in macchina fuori città, il più lontano possibile dalle luci e ti farei vedere il cielo pieno di stelle – concluse.

Dall’altra parte la presa s'intensificò.

-    Sarebbe bellissimo, James…- rispose la ragazza - Davvero bellissimo... -

Uno splendido sogno.


Chief's Room:

Ben arrivati al decimo capitolo! Il cui perno fondamentale, è la scoperta della parentela di Emelie con gli Schmidt. La nostra ragazza, infatti, è niente meno che la figlia di Teschio rosso e, cosa ancora più importante, la sorella di Rheinoldt.
Johann Schmidt in verità, nella versione a fumetti, ha davvero una figlia di nome Synthia e io ho solo sostituito il suo personaggio. ^^"
Ve lo aspettavate? O sono riuscita a cogliervi di sorpresa?
Sono conscia del fatto di andare a toccare un tasto un pò delicato inserendo una Incest, ma nella Germania nazista non era per nulla strano che ci si sposasse tra consanguinei. Come ha spiegato Emelie lo si faceva per preservare la purezza della razza ariana.
L'Übermensch (Oltreuomo), nello specifico, è un concetto introdotto da Nietzsche; che è stato poi preso e completamente stravolto dal nazismo, che lo usò per giustificare le persecuzioni perpetrate.
Restiamo così ancora in sospeso sulle sorti di Bucky e di Emelie... che cosa succederà? Il nostro Sergente sembra non voler demordere, nonostante il processo che lo trasformerà nel Soldato d'inverno sia ormai ufficialmente cominciato.
La prossima volta tornerà a farci compagnia Leanne e finalmente, lei e il suo compagno di viaggio, arriveranno alla tanto attesa destinazione misteriosa ;)
Passo ora a ringraziare i miei lettori, che si stanno moltiplicando in modo impressionante! I recensori che non mancano mai di fermarsi a darmi i loro pareri e tutti coloro che mi hanno aggiunta tra le preferite (Cassy23, Thominewt, KAOLIN, Jesibel, Clepp e Charlotteohlin), seguite (Weepingangel, AllisonHermioneEverdeen e KAOLIN) e ricordate (Cassy23 e Shaya73). Dio mio siete tantissimi!!!
Grazie a tutti di cuore!

Con affetto,
Marta

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Capitolo 12
*** Casa è avanti, il mondo alle spalle ***


11. Casa è avanti


-    Pensi di potermi dire dove siamo diretti? –

James, distolse lo sguardo dal panorama che scorreva fuori dal treno e lo puntò sulla ragazza seduta di fronte a lui, che al momento si trovava immersa in un’accesa discussione con la signora giapponese che aveva seduta a fianco.
Era rimasto piuttosto sorpreso, se non allibito, di scoprire che la meta dell’aereo cargo sul quale avevano viaggiato, era l’aeroporto di Nagoya*.
Il paese del Sol Levante, li aveva accolti nel primo pomeriggio in un turbinio di colori e suoni completamente diversi da quelli a cui erano avvezzi e,
se a James sembrava di stonare in quel contesto orientale, per Leanne pareva l’esatto opposto. Da quando avevano messo piede in terra Nipponica, il Soldato aveva notato che la ragazza aveva perso quell’aria guardinga che aveva mantenuto fino ad allora. Sembrava essere completamente a suo agio, come se finalmente fosse stata riassegnata al posto a cui apparteneva.
Non appena atterrati, avevano subito raggiunto la stazione più vicina ed erano saliti su di un primo treno che li avrebbe portati fino a Gi-fu**; una volta là, avrebbero preso la coincidenza per Takayama***.

-    Scusa, hai ragione, ora sarebbe il caso di dirtelo – rispose lei, sorridendo per accomiatarsi dalla sua interlocutrice – Stiamo tornando a casa mia – gli disse semplicemente.
-    Tu abiti qui? – le chiese James piuttosto stupito.
-    Ci abito solo da qualche anno, prima, durante il periodo per il quale ho lavorato nello S.H.I.E.L.D. abitavo a Washington – gli rispose.
-    Certo che è stato un bel cambiamento – commentò il ragazzo.

Leanne alzò le spalle.


-    Per certi versi ci sono stata costretta.. ma sono felice di essermi trasferita qui – replicò.

James, aveva notato che alla ragazza costava sempre molta fatica parlare di sé stessa, e questo non faceva che aumentare i punti oscuri sul suo conto. Primo fra tutti, il giovane si interrogava su come lei fosse venuta a conoscenza di quello che gli era successo; soprattutto da quando aveva scoperto che Emelie era morta nel ’45... Come poteva essere lì per suo conto allora?

-    Lo so che sono evasiva… - gli disse Leanne, interpretando perfettamente il suo silenzio – ma non amo parlare della mia vita.. – ammise con molta onestà.
-    Tra quanto arriveremo? – si informò il giovane, decidendo per il momento di non insistere.
-    Penso a notte fonda. Una volta raggiunta Takayama dovremo prendere un bus che ci porti all’Hakusan National park; da lì proseguiremo a piedi – spiegò più nel dettaglio – Te l’ho detto che non amo le metropoli – aggiunse sulla difensiva dopo che il ragazzo aveva sollevato le sopracciglia in modo eloquente.

Per tutta risposta, James tornò a guardare fuori dal finestrino con espressione accigliata sotto alla visiera del cappellino da baseball.

-    Abito in un piccolo villaggio di montagna, praticamente fuori dal mondo e quasi del tutto isolato. Ho pensato che fosse il posto migliore per nascondersi – gli spiegò le sue ragioni lei – e poi mi mancava casa…- mormorò con una punta di imbarazzo.

James sospirò interiormente. Non la si poteva biasimare e, onestamente, lui stesso non avrebbe avuto il luogo migliore in cui nascondersi. Probabilmente si sarebbe arrangiato in qualche modo.. o sarebbe tornato in una delle tante basi HYDRA nascoste per il paese.

-    Hai dei parenti ad aspettarti? – le domandò dopo un attimo.
-    No, nessuno.. i miei sono morti quando ero ragazzina – rispose Leanne con tono incolore – Però gli abitanti del paese sono molto cordiali e mi hanno sempre fatta sentire a casa. L’ospitalità Giapponese è incredibile – aggiunse con rinnovato entusiasmo – Senza contare che lì vicino c’è il tempio dove ho praticato l’addestramento alle arti marziali –
-    Sembra che tu sia riuscita a farti una vita degna di essere vissuta – replicò James.
-    Sì, credo sia così.. - concordò lei con un sorriso dolce.
-    Anche la città dove abitavo io era piccola – azzardò il ragazzo dopo un momento.

Leanne non disse nulla, limitandosi ad osservarlo con più interesse. In realtà, dentro di lei si era scatenato il caos nel sentire quella notizia, ma non voleva mettergli pressione, né voleva apparire troppo ansiosa.

-    Mi ricordo un chiosco di gelati nella via principale.. Io e i miei ci fermavamo sempre a prendere un cono la domenica e.. – il Soldato si portò una mano alla fronte increspata dallo sforzo.
-    Non esagerare – gli disse Leanne appoggiandogli una mano sul ginocchio – Vedrai, il posto in cui ti sto portando ti aiuterà. E’ il luogo ideale per restare tranquilli a meditare; per me è stata la salvezza – aggiunse.

James si limitò ad annuire – Non si preoccupi signora, sto bene – disse poi, in perfetto giapponese, alla loro compagna di viaggio che si era detta preoccupata per la sua salute.

Questo volta fu il turno di Leanne di alzare le sopracciglia in una muta richiesta di spiegazioni.

-    Lo conosco, ma non so dirti quando e dove l’ho imparato – replicò il ragazzo alzando le spalle.
-    Nessuna obiezione! Anzi, meglio così! – gli sorrise lei alzando le mani, per poi rintanarsi di nuovo nella lettura che aveva precedentemente interrotto.  

Il viaggio proseguì come da programma; una volta arrivati a Takayama presero l’autobus che li avrebbe portati al parco nazionale.
L’autista, un po’ preoccupato nel vederli salire così tardi, aveva consigliato loro di rimandare la corsa al giorno dopo. Sarebbe stato molto pericoloso avventurarsi per i sentieri di notte, visto e considerato che una volta raggiunto il capolinea il sole sarebbe già tramontato da un pezzo. Leanne però, lo aveva rassicurato, dicendogli di essere solo diretti al loro camper situato nel parcheggio del parco. Meno persone si ricordavano di loro e di dove erano diretti, e meglio era.
Man mano che il pullman procedeva, il paesaggio era cambiato sotto i loro occhi, mutando dalle colline all’alta montagna. Dove i crinali erano imbiancati dalla neve, la luce brillava sulla superficie accendendoli del rosso fuoco del tramonto.
Quando alla fine il mezzo li scaricò, il sole era effettivamente calato da un pezzo e la temperatura era bruscamente scesa.

-   Ti serviranno questi - disse Leanne una volta che il bus fu ripartito, tirando fuori dal suo sacco degli abiti più adatti a quel freddo invernale.

James, prese gli indumenti assieme alla luce frontale che lei gli tendeva. Nel silenzio del parcheggio vuoto, i due ragazzi si cambiarono alla svelta.

-   Sei pronto? - domandò la ragazza, posizionando il led in modo che illuminasse per bene la strada di fronte a lei.
-   Sì - rispose James stringendo le cinghie dello zaino che aveva sulle spalle - mi sembri piuttosto ansiosa - aggiunse guardandola incamminarsi a passo svelto verso il folto degli alberi.
-   Tu non lo saresti se fossi ad un passo da casa tua? - replicò Leanne voltandosi a guardarlo - Ho detto un'idiozia, perdonami - disse un secondo dopo, facendo caso alla gaffe appena fatta.

Che razza di domanda gli aveva posto?!
James non aveva più una casa, e da molto tempo anche, senza contare che se la ricordava ancora a malapena.

-   Immagino che reagirei esattamente come stai facendo tu - rispose invece il Soldato molto tranquillamente - Avanti, fai strada - la incitò, facendo un cenno verso il sentiero.

-   Cerca di tenere il passo allora - lo canzonò lei mettendosi in marcia.

James scoprì ben presto, che quando lei gli aveva detto che sperava non gli pesasse camminare ancora, intendeva camminare seriamente.
Per quasi due ore si inerpicarono lungo sentieri battuti o meno che fossero, e che la ragazza sembrava conoscere come le sue tasche.
Ovviamente lui era allenato a ben altre fatiche, e anche la completa oscurità non gli dava il minimo problema, anzi, trovava quell'ambiente confortante. In quel silenzio pieno di rumori notturni, c'era qualcosa di liberatorio. Niente che gli ricordasse quello che aveva dimenticato, niente che scatenasse qualche brutta sensazione; solo calma.
All'improvviso, mentre percorrevano un tratto piuttosto scosceso, Leanne, che camminava davanti a lui distanziandolo solo di pochi metri, diede un piccolo grido, cominciando a correre e sparendo oltre il crinale che stavano scalando.

-    Leanne! – esclamò il ragazzo affrettandosi a seguirla.

Quando la raggiunse, trovò la giovane intenta a contemplare la vallata che si era aperta sotto di loro. James, in realtà vide poco o niente, ma dai piccoli quadratini illuminati in lontananza potè intuire che fossero ormai arrivati.

-    Finalmente a casa – sussurrò la ragazza emozionata – Andiamo? – domandò poi rivolta al suo compagno.

Per arrivare al villaggio ci impiegarono altri tre quarti d’ora; erano quasi le tre di notte.
James non riuscì a valutare quante abitazioni ci fossero, non c'era alcuna luce artificiale a illuminare l'ambiente, ma immaginò che non fossero comunque molte. Non gli restò quindi altro da fare, che seguire Leanne dirigersi sicura verso la sagoma di un edificio dal tetto a spiovente. Quando la raggiunsero, lei aprì
semplicemente la porta in legno.

-    Che freddo – mormorò accendendo le luci.

Si trovarono così in un piccolo ingresso, con un unico mobile per riporre le scarpe e un appendiabiti. Leanne si tolse il giaccone e lasciò gli scarponi al di sotto del gradino che introduceva all’abitazione vera e propria.

-    Forza, entra pure – invitò il ragazzo rimasto fermo sulla soglia senza sapere bene cosa fare.

Dopo un attimo di esitazione, James la seguì.
Subito dopo l’ingresso si apriva un corridoio; ai lati di esso, una serie di pannelli scorrevoli in legno e carta conducevano ad altrettante stanze, mentre al fondo, una rampa di scale conduceva ad un piano superiore.

Leanne si diresse verso una delle porte, aprendola e facendo cenno al Soldato di seguirla.
James, entrò in quella che scoprì essere una modesta sala da pranzo, con un tavolo rettangolare nel mezzo, un divano addossato alla parete e una serie di credenze. Un’apertura nella parete in fondo alla stanza conduceva probabilmente alla cucina, ora immersa nel buio.
Leanne si prodigò subito per accendere una stufetta elettrica presa da uno degli armadi a muro.


-    Dammi un secondo – disse dopo averla posizionata vicino al divano, per poi sparire di nuovo nel corridoio.

James udì dei passi scricchiolanti al piano di sopra, e quando Leanne tornò, portava in braccio un involto di coperte.

-    Mi spiace, non prendono aria da un po’ – si scusò, appoggiando sul divano una coperta e un cuscino – e mi spiace anche di doverti far dormire qui.. ma al momento è la stanza che posso scaldare più in fretta – aggiunse.
-    Non è un problema – la rassicurò James, mentre pensava che lei stesse facendo molto di più di quello che una persona normale avrebbe fatto per un uomo senza memoria e con un passato da assassino di professione.
-    Io dormirò di sopra – continuò lei, indugiando ora sulla soglia del corridoio.
-    D'accordo – rispose il Soldato.
-    Ah,  se dovessi avere fame, credo di avere ancora del cibo in scatola da qualche parte - aggiunse indicando la dispensa.
-    Grazie –
-    Allora.. buona notte James – sorrise la ragazza, leggermente impacciata a causa delle risposte sibilline ricevute.
-    Buona notte – le concesse lui.

Un po’ rincuorata da quell’augurio, la ragazza gli sorrise ancora una volta e poi sparì.

James, rimasto solo, si sedette su quel letto improvvisato e rimase a guardare l’ambiente che lo circondava.
La cucina dava sull'esterno, ma fuori era talmente buio che anche se avesse aperto le imposte non avrebbe visto nulla.
Tutto, lì, aveva un aspetto vissuto, con quadri alle pareti e soprammobili. Non c'erano foto, o almeno, in quella stanza non ce n'erano, ma si respirava comunque un'aria di famigliarità. C'era serenità in quelle quattro mura, come se tra di esse non vi fosse mai stata alcuna angoscia o problema. Una fitta, che il ragazzo identificò come nostalgia, lo prese al petto, ma era quasi confortante rispetto a tutto quello che aveva patito fin'ora. La stufetta, nel frattempo, lo stava riscaldando velocemente; quando James se ne rese conto, si sentì incredibilmente stanco... e per la prima volta tranquillo.

* Capoluogo della prefettura di Aichi, famoso per l'omonimo castello.
** Capoluogo dell'omonima prefettura.
*** Città di montagna situata a nord della prefettura di Gi-fu.



Chief's Room:

Hello people and welcome to Japan!
Ebbene sì, la tanto misteriosa meta dei nostri amici è proprio l'isola Nipponica. Delusi, o felici della mia scelta?
Ammetto che è stata dettata dal profondo fascino che questa terra esercita su di me fin da quando ero ragazzina. Spero di trasmettere un pò anche a voi questa mia passione =)
Se avete voglia di capire meglio dove sono collocati geograficamente gli eventi, vi basta cercare su Google Maps l'Hakusan Park. Devo però fare una precisazione nel dirvi che il villaggio a cui mi sono ispirata non si trova nel parco, bensì da un'altra parte, ma per la prossima volta vi darò qualche riferimento in più.

So perfettamente che questo capitolo è puramente descrittivo e che non aggiunge praticamente nulla di nuovo alla trama... giuro che mi farò perdonare!
La prossima volta ci rivederemo nel 1945; chissà se Emelie e James si sono ritrovati... mah!

Un grandissimo grazie ai Lettori che continuano a seguirmi e che sono sempre in aumento, ai recensori che sono semplicemente la mia gioia settimanale; in particolare a AllisonHermioneEverdeen, Red_Amortentia e a Charlotteohlin che si sono aggiunte ultimamente! Scusatemi per il ritardo nel rispondervi, ma ho preferito farlo per tutte oggi!
Infine, grazie a tutti coloro che mi hanno aggiunta tra i preferiti (Giada_LaRosa, GiuliaDirectioner1D, _montblanc_, OllyKPotterhead1 e _ChappyChan_), seguiti (Red_Amortentia, DarkLady_ e _KuroHime_) e ricordati.
Siete tutti..... boh, splendidi! Il mio cuore fa pop ogni volta che qualcuno si aggiunge <3

Sto mettendoci tutto il mio impegno per ciascuno di voi!

Un grande abbraccio,
Marta

p.s. Il titolo di questo capitolo è deliberatamente ispirato ad uno dei poemi di Tolkien presenti all'interno del Signore degli anelli che in una strofa recita: "Casa è alle spalle, il mondo avanti". L'ho solo ribaltata con licenza poetica =P

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Capitolo 13
*** Pagine di libertà ***


12. Pagine di libertà


Bucky, strinse le palpebre e aggrottò la fronte nello sforzo di uscire dal torpore che si sentiva addosso. Aveva il corpo pesante e la mente appannata, ma nonostante questo, riuscì a combattere il sonno che lo avvolgeva e pian piano riaprì gli occhi. Un soffitto che non era il suo, ma che gli assomigliava parecchio, lo accolse. Non rimase per molto a meditare su questo fatto, perchè la sua attenzione venne subito catturata dalla figura che si trovava al suo fianco.
Emelie, sedeva lì vicino con il naso affondato in un libro sdrucito.


-    Elie... – 

La ragazza alzò la testa di scatto e il sollievo si allargò a macchia d’olio sul suo viso.

-    Sia ringraziato Dio.. ti sei ripreso! – esclamò.

Una leggera pressione sulla mano, fece capire a Bucky che doveva avergliela tenuta stretta tutto il tempo.

-    Cos'è successo? – domandò, con una smorfia di dolore per la fitta che gli era partita dal moncherino non appena aveva accennato a muoversi.
-    Aspetta – lo fermò lei, aiutandolo a mettersi seduto con le spalle appoggiate alla testiera della branda.
-    Sembra che mi sia passato sopra un cingolato – gemette lui, prendendo in mano il bicchiere d’acqua che Emelie gli porgeva.
-    Rheinoldt ti ha iniettato qualcosa; è stato quello a farti venire la febbre. Sei rimasto incosciente per due settimane – gli spiegò la ragazza con una punta di apprensione nella voce.

Quei 14, maledetti giorni, erano stati un calvario per lei. Quando lo aveva trovato privo di sensi e in preda ad una febbre altissima, poco ci mancava che quel poco di raziocino rimastole la abbandonasse e che desse di matto. Aveva dovuto minacciare le guardie, perchè contattassero Rheinoldt dovunque fosse per fargli presente la situazione, e solo allora era riuscita ad ottenere il permesso di farlo portare nella sua cella per poterlo monitorare. Lo aveva vegliato notte e giorno, curandolo come poteva e pregando un Dio del quale non conosceva l'esistenza.
Se fosse morto... se l'avesse lasciata sola di nuovo.. lei...

-    Quel bastardo! – esclamò Bucky strappando Emelie dai suoi corroboranti pensieri.
-     Non posso darti contro - sorrise lei, sollevata nel vederlo già così in forze.

-    Questa è la tua cella? – le domandò poi il ragazzo, guardandosi intorno mentre lei metteva da parte il bicchiere.

La camera della ragazza era un po’ più grande rispetto a quella di James. Oltre alla solita branda malandata, c’era anche una scrivania, sopra la quale si trovavano diversi fogli bianchi, una pila di libri ordinatamente riposta in un angolo e alcuni mozziconi di candele di diversa altezza.


-    Questi sono tutti “premi” per la mia buona condotta – rispose Emelie seguendo lo sguardo del ragazzo.
-    Gentili… - mormorò lui con un'alta dose di sarcasmo nel tono di voce.
-    Non ho mai toccato niente di ciò che mi è stato dato… solo ultimamente ho iniziato ad usare i fogli per tenere un diario – gli disse – Da quando ti ho conosciuto in effetti – puntualizzò.

Per Emelie la scrittura non aveva mai avuto grande fascino, e quando Rheinoldt si era presentato con quel dono, oltre a non volerlo, non aveva saputo cosa farsene. Cosa avrebbe dovuto appuntarci? Il conto dei giorni di torture a cui era sottoposta? O il numero delle cavie che aveva visto entrare e mai più uscire da lì dentro?
Ma tutto era cambiato quando James era entrato nella sua vita. Improvvisamente aveva provato il desiderio di annotare ogni più piccolo dettaglio dei momenti trascorsi con lui. E ogni tanto, non si vergognava ad ammetterlo, rileggeva quello che aveva scritto, scoprendosi a sorridere alle pagine.

-    Non è pericoloso? – le chiese lui.
-    Quando ho finito di usarlo lo nascondo. Dovessero mai scoprirlo posso sempre buttarlo nell’acqua del catino, diventerebbe illeggibile così – lo rassicurò la giovane.
-    E quello invece? –

Bucky, indicò il libro che la ragazza stava leggendo quando lui si era svegliato.

-    Questo è un regalo, ma di una delle poche persone che qui dentro provava pietà di me. E’ la cosa più preziosa che ho… - raccontò la ragazza con nostalgia, accarezzandone il dorso.
-    Orgoglio e Pregiudizio… Jane Austen se non sbaglio – disse il giovane, leggendone il titolo in caratteri dorati.
-    L'hai mai letta? – chiese Emelie.
-    No, ne ho solo sentito parlare; onestamente non sono un grande lettore. – ammise Bucky con un ghigno – Di cosa parla? – si informò.
-    E’ la storia di una ragazza molto intelligente e orgogliosa, che finisce per innamorarsi di un uomo altrettanto caparbio e colto, che aveva preso in antipatia per alcuni commenti poco garbati che le aveva rivolto – glielo riassunse in poche parole - So che non sembra per nulla intrigante; sono una frana nei riassunti - ammise con un mezzo sorriso imbarazzato.
-    Al contrario, sembra essere interessante invece - commentò a sorpresa il giovane - Ti va di leggermelo? – le propose.

Emelie lo guardò per un attimo stupita, per poi sorridergli felice della sua richiesta.

-    Molto volentieri! – rispose, e sedendosi più comoda iniziò a leggere.

La ragazza avrebbe potuto anche recitarglielo; ormai conosceva quelle pagine a memoria. Da quando gli era stato donato, lo aveva letto e riletto senza posa e senza stancarsi mai. Era stato il suo modo per evadere prima che James giungesse lì, per fingersi Elizabeth Bennet e vivere liberamente la sua vita come faceva lei.
Se glielo avessero chiesto, non avrebbe saputo dire cosa le piacesse tanto di quel racconto, se il contesto nel quale era ambientato, se la dolcezza delle abitudini di una famiglia numerosa, se la grande intelligenza e indipendenza della protagonista, o il cambiamento della controparte maschile.
Amava tutto di quel libro, dall’inizio alla fine.
Emelie proseguì a leggere per un bel po’ e Bucky non smise mai di ascoltarla, seguendo il filo della trama con grande interesse.

-    Non potevano che innamorarsi al primo sguardo questi due – commentò il ragazzo quando Emelie smise di leggere per la poca voce rimastale.
-    Al primo sguardo? Ma se si sono odiati immediatamente! Sicuro di essere stato attento? – rise lei.
-    Secondo me no invece – replicò Bucky grattandosi il mento – Le reazioni che hanno avuto sono state date solo dal fatto che entrambi non fossero pronti a quel momento. Lui ha celato il suo interesse dietro un commento poco carino, e lei dietro una finta indifferenza che poi è sfociata in antipatia – spiegò il ragazzo lasciando Emelie molto sorpresa.
-    Potresti avere ragione in effetti.. non l’avevo mai vista sotto questi termini – concordò con fare pensoso – James Buchanan, non mi avevi detto di essere un letterato – rise subito dopo mentre lui sfogliava le pagine del romanzo.
-    Ammetto di essere una continua sorpresa anche per me stesso – commentò lui con un sorriso alla Casanova; poi, mentre leggeva, corrugò la fronte – Solang der..-
-    
Solange der Geist frei ist, konnte keine Kette inhaftieren– lo aiutò lei con perfetta pronuncia tedesca – Finchè la mente è libera, nessuna catena potrà imprigionarti – gli tradusse.
-    E' una bella dedica – disse lui, cercando di leggere la firma al fondo – Abraham Erskine – riuscì finalmente a capire.

Quel nome gli diceva qualcosa…

-    Era uno degli scienziati che lavoravano qui. Mi ha sempre trattata bene e si vedeva che questo lavoro non gli piaceva, che i metodi non gli piacevano.. Tenevano in ostaggio la sua famiglia per costringerlo ad obbedirgli – raccontò Emelie - E poi, un giorno, è sparito senza lasciare traccia.. - aggiunse stringendo tra le mani il libro.
-    So chi è quest’uomo! – disse d’un tratto Bucky, ricordandosi del perché gli fosse così famigliare.
-    Cosa? Davvero? – esclamò la ragazza stupita.
-    Sì… E' l’uomo che ha trasformato Steve in Captain America – le disse.

Emelie rimase a bocca aperta.

-    Cosa… cosa gli è accaduto? – domandò la giovane con una recondita speranza.
-    Mi dispiace.. è stato ucciso subito dopo l’esperimento, un sicario è riuscito ad infiltrarsi tra gli spettatori. – rispose Bucky.

Quando il ragazzo vide gli occhi di Emelie riempirsi di lacrime, la attirò a sé stringendola in un abbraccio.

-    Mi dispiace tanto Elie… davvero - le mormorò contro i capelli.
-    Era un brav’uomo.. sono.. sono sicura che sarebbe felice di sapere cosa è riuscito a fare, di quanta speranza abbia dato – disse con voce rotta scostandosi per guardare James in viso.
-    Anche io – concordò Bucky accarezzandole una guancia.

I due ragazzi rimasero a fissarsi per un momento. Bucky osservò gli occhi della ragazza brillare, ancora umidi di lacrime. Era bella, davvero bella, nonostante i tormenti a cui era stata sottoposta negli anni.
Senza quasi accorgersene, James le segnò le labbra con il pollice; Emelie le schiuse appena, mettendo una mano sul polso di Bucky. Quando lui lasciò scivolare le dita sul suo collo, premendo leggermente per guidarla verso il suo viso, lei glielo lasciò fare.
Emelie sentiva un desiderio bruciarle dentro, e per quanto il suo cervello la stesse mettendo in guardia a riguardo, aveva deciso che era ora di assecondarlo. Finalmente le loro labbra si incontrarono, e la ragazza desiderò che nessuno l’avesse mai baciata prima, desiderò che per lei quello fosse il suo primo, unico bacio; poteva essere anche l’ultimo e a lei sarebbe bastato.

Questo tanto agognato incontro fu lento, dolce... e troppo breve. Un improvviso rumore di serratura fece rizzare con aria spaventata Emelie.

-    Presto, fai finta di dormire! – sussurrò a James, nascondendo al contempo il libro sotto le coperte.

Quando la porta si aprì, lei era in piedi e Bucky immobile.

-    Come sta il Sergente Barnes? –

Emelie, indurì lo sguardo e serrò le labbra al sorriso cordiale di Rheinoldt.

-    Si è svegliato per pochi minuti prima di riaddormentarsi di nuovo. Qualsiasi cosa tu gli abbia fatto sta migliorando – replicò gelida.
-    Oh Emi, smettila di avere quel tono accusatorio! – disse lui fingendosi ferito – Non gli ho fatto niente; la febbre è stata il risultato di un processo del tutto normale. Non è mai stato in pericolo, te lo posso giurare – disse l'uomo portandosi una mano sul cuore.
-    Sai cosa me ne faccio dei tuoi giuramenti.. – ribattè lei.
-    In tutti i casi lo farò riportare nella sua cella. Ormai non c’è più bisogno della tua assistenza costante – decise, avvicinandosi alla ragazza  – Tranquilla, tranquilla, lo rivedrai – la rassicurò, vedendola trasalire a quelle parole – Non pensavo che ti saresti affezionata a lui così tanto. Non è che te ne sei innamorata? – aggiunse, prendendole il viso tra le mani e squadrandola per bene.
-    Non prenderti gioco di me Rheinoldt – gli sibilò lei divincolandosi.

L’uomo, a quel punto, le afferrò malamente un polso inchiodandola contro la porta.

-    Adoro quando ti ribelli... – mormorò, inclinando il viso per baciarle il collo.

James, ad occhi socchiusi, vide tutta la scena, e l’unica cosa che lo fermò dall’alzarsi in piedi e aggredire quell'animale, furono gli occhi disperati di Emelie che lo scongiuravano,
da sopra la spalla dell'uomo, di non muoversi.
I baci di Rheinoldt proseguirono fino ad arrivare alla clavicola prima che si scostasse a guardarla.

-    Scusami, mi sono lasciato trasportare – disse, avvertendo la resistenza nei muscoli tesi di lei – e questo non è il luogo adatto – aggiunse guardando di sbieco il letto occupato – Andiamo da un’altra parte. - propose con tono lascivo.

Sempre tenendola per il polso se la trascinò dietro.
Emelie gettò un’occhiata verso Bucky, che ormai non fingeva più di dormire ma la guardava impotente. Con la bocca gli sillabò un caustico “mi dispiace”, mentre gli occhi le si riempivano di nuovo di lacrime.
Se Bucky non avesse saputo che era impossibile, avrebbe giurato sul suo onore di portarla fuori di lì e di proteggerla per il resto dei suoi giorni. Tutto quello che invece potè fare, fu di stringere in mano il libro che lei gli aveva affidato.



Chief's room:

Salve a tutti e ben ritrovati ^^

In uno dei primi capitoli vi avevo accennato al mio spasmodico amore verso la Austen e credo che in questo capitolo si sia leggermente notato!
Ho voluto fare di Orgoglio e Pregiudizio il libro preferito da Emelie, non solo perchè è anche il mio, ma soprattutto perchè Elizabeth Bennet incarna la libertà che alla ragazza è stata negata; e, nella mia fantasia, ho pensato che sia stato proprio questo il motivo che ha spinto Erskine a regalarglielo. Spero che abbiate apprezzato il riferimento allo scienziato, tra l'altro. ^^
La dedica in tedesco è assolutamente inventata da me e tradotta con Google translate.. quindi non metterei la mano sul fuoco che sia esatta al 100%, ma doveva solo servire allo scopo ^^"
Forza, ammettetelo, alcuni di voi al bacio tra Emelie e Bucky, avranno esclamato un quel tanto sospirato "Finalmente!!!" xD Però come al solito, mi piace rompere le uova nel paniere e quindi ecco fare il suo ingresso Rheinoldt... tutto questo per farvelo odiare ancora di più se possibile!
Ci avviciniamo sempre di più al fatidico momento... chissà se andrà come ve lo siete immaginati!

Passiamo a ringraziare tutti i silenti Lettori che mi fanno compagnia di capitolo in capitolo, la mia squadra di Recensiste che da adesso chiamerò affettuosamente le "Howlings Commandos", e chi mi ha aggiunta tra le preferite (Mangamylove e Karota), le seguite (Anna Wanderer Love, Ladyw, Asia Dreamcatcher, Strangeronmars e Mangamylove) e le ricordate (Mangamylove e Anthea08).

Al prossimo venerdì in stile Japan ;)

Baci,
Marta

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Capitolo 14
*** L'uomo con le rughe ***


13.Sensei


James dormì poco, e la colpa era da ricercarsi soltanto nei sogni, o meglio, nei ricordi che si stavano ridestando dandogli il tormento. Riguardavano per lo più la sua famiglia e il Capitano Rogers, ma qualcosa gli diceva che c'era molto di più sepolto nella sua mente; qualcosa di decisamente spiacevole, qualcosa che forse il suo subconscio voleva tenere sopito.
Si svegliò quando il cielo stava appena cominciando a schiarirsi e gli uccellini a cantare. Per un attimo rimase seduto sul divano di Leanne, cercando di trattenere le immagini che aveva visto, le sensazioni che aveva provato, ma per alcune di esse era come tentare di trattenere l'acqua tra le dita.
Irritato da queste sue difficoltà, sospirò e si alzò, dirigendosi verso le imposte che davano all'esterno della cucina. Facendo scorrere il pannello di legno le aprì, e la luce del primo mattino lo investì in pieno, accogliendolo su di un piccolo porticato. Quell’ala della casa dava verso ovest e da quel lato non erano presenti altre abitazioni, c'era solo una distesa di prato brullo, un laghetto a ridosso della foresta e a sovrastare il tutto, le montagne, imponenti e maestose.
James diede un’occhiata dietro l’angolo, scoprendo che la sera prima aveva presupposto giusto. Il villaggio era molto piccolo e, oltre la casa di Leanne, poteva contare solo altre dieci capanne, tutte con il medesimo tetto spiovente di paglia che arrivava fin quasi a toccare terra. Il resto della vallata era occupato da risaie, campi coltivati e pascoli.

Il ragazzo, finita la sua valutazione dell'ambiente, respirò a pieni polmoni l’aria fredda del mattino, sedendosi sul pavimento parzialmente sollevato da terra del porticato e osservando lo spettacolo che aveva davanti.
Le cime più alte, iniziavano proprio in quel momento a colorarsi d’oro man mano che il sole sorgeva ad est, e la foresta veniva scossa da diversi rumori, segno che si stava risvegliando anche lei.

James cominciò a capire il perché Leanne avesse deciso di andare ad abitare lì. Quel luogo non sembrava nemmeno di questa terra.

-    Prenderai freddo a stare lì così –

La voce della ragazza lo sorprese e lui si voltò per accoglierla. Aveva i capelli scompigliati raccolti in un codino e si stringeva addosso una spessa coperta per ripararsi dal gelo.

-    Non soffro il freddo – rispose lui, rimettendosi a guardare il panorama.
-    Beato te! – replicò la giovane, tornando allora verso la cucina.

Leanne, ora che era giorno, potè notare che era tutto esattamente come lo aveva lasciato: in ordine e pulito. La mancanza di polvere le fece capire che si erano presi cura della sua casa in attesa che lei tornasse; c'era da aspettarselo dopotutto.
Con un sorriso, si diresse verso la credenza per prendere il caffè solubile da mettere dentro al bollitore in rame; poi, mentre l’acqua scaldava, pescò due tazze dal mobile sopra il lavandino.
Una volta che il caffè fu pronto e che il suo aroma si fu diffuso per la cucina, lo versò nei bicchieri e tornò da James.
Il ragazzo non si era mosso di un millimetro, ancora intento a fissare davanti a sè vestito solo di jeans e canotta scura.

Leanne si sedette vicino a lui e gli porse una tazza. Quasi con un gesto meccanico James la prese, reggendola con entrambe le mani.

-    Faccio sempre colazione qui; anche d’inverno, nonostante io soffra tantissimo il freddo – gli disse la ragazza sorseggiando la bevanda.
-    Credo di capire il perché – rispose lui.

Leanne notò che il suo tono si era addolcito di una nuova sfumatura, sembrava molto più... rilassato.

-    Qualche novità? – chiese lei.
-    Come scusa? – le domandò James di rimando voltandosi a guardarla.
-    Qui dentro, ci sono novità? – ripetè picchiandogli l’indice sulla tempia.
-    Mi sono ricordato di mia zia Ida e anche di mia sorella Becky – rispose allora, bevendo un sorso di caffè – Non essere troppo contenta; per ora continuano ad essere solo volti abbinati a qualche sensazione sfuggente. Sono ancora lontano anni luce da ciò che ci si aspetta...  – aggiunse, vedendo il largo sorriso che era comparso sul viso della ragazza.
-    James, forse tu non te ne sei accorto, ma più ricordi ti tornano e più stai cambiando – gli fece notare Leanne – Hai un modo di fare più affabile, molto meno… - si interruppe cercando l’aggettivo giusto.
-    Da assassino senza cuore nè morale? – le suggerì lui.
-    Non lo avrei detto con questi termini apocalittici, ma sì – replicò la ragazza.
-     E' già qualcosa allora - commentò il Soldato con un mezzo sorriso che Leanne non seppe interpretare.

Per un po’ rimasero in silenzio a godersi la vista che avevano di fronte e a finire di bere il caffè, poi la ragazza si alzò.

-    E' già in piedi – sentenziò, osservando un pennacchio di fumo alzarsi da dietro la foresta – Vieni con me, devo farti conoscere una persona – si rivolse poi a James.
-    Qualcuno del tempio di cui mi hai parlato? – chiese il ragazzo ricordandosi il discorso del giorno prima.
-    Esatto – assentì Leanne mentre entrava a prendere il giaccone – E ti prego, mettiti un maglione, mi fai venire ancora più freddo – disse quando ricomparve in cucina, lanciandogliene uno.
-    D’accordo – rispose il ragazzo con un sorriso divertito.

Il sentiero che conduceva al tempio partiva dal limitare della foresta per inerpicarsi lungo la costa della montagna. La strada era battuta ma non lastricata, per evitare che le gelate notturne la rendessero pericolosa. Gli alberi la fiancheggiavano e d'estate, le fronde creavano un tunnel naturale di chiara luce verde. A circa metà strada iniziarono invece una serie di Torii* rossi, che accompagnavano il visitatore fino alla meta.

-    Il tempio è dedicato a Bishamon-ten, uno dei sette dei della fortuna Giapponesi; in particolare è il dio della serenità e della guerra – spiegò Leanne a James mentre salivano.
-    Strano connubio – commentò lui.
-    Si dice che punisca i malvagi; forse è per questo che dispensa sia guerra che serenità allo stesso tempo – raccontò la ragazza.
-    Allora sarebbe meglio per me evitarlo.. - mormorò James.
-    Cosa hai detto? - gli domandò Leanne guardandolo da sopra la spalla.
-    Niente - replicò lui, preferendo glissare.

Qualsiasi cosa orribile lui avesse fatto in passato non era ancora pronto ad affrontarlo, nè tantomeno a discuterne con Leanne.

-    Siamo arrivati! – esclamò la ragazza d'un tratto.


Il sentiero finiva a ridosso di un altro grande Torii sormontato da una coppia di Komainu, i cani leone guardiani dei templi nella dottrina dello Shintoismo.  Passato l’arco di accesso, davanti ad esso un ampio spazio lastricato con alberi e arbusti li accolse.
La ragazza condusse James fino al centro.


-    Questo è l’Haiden – disse lei, indicandogli un piccolo edificio in legno con il tetto a spiovente – Il santuario dove i fedeli possono riunirsi a pregare. Quello invece, si chiama Chozuya; l’acqua serve per purificare le mani e la bocca prima di accedere al tempio – proseguì, mostrandogli una sorta di capanna sotto la quale si trovava una vasca in pietra con una fila ordinata di mestoli in bambù – Infine, qui è dove si raccolgono le offerte. Si gettano le monete dentro quelle feritoie e si tira la campana per chiedere la grazia – spiegò.
-    E l’edifico che c’è lì dietro? – domandò James, indicando quello più grande di tutti.
-    Che stupida! Certo, quello è il tempio principale, l’Honden. Lì possono accedervi solo i sacer..- la ragazza si interruppe a metà della frase, oltrepassando con lo sguardo la figura di James e puntandolo verso qualcosa alle sue spalle.

Il ragazzo si girò di scatto. Dietro di lui si era materializzato un signore di una certa età, in equivocabili abiti monacali sulle tonalità del grigio. Per essere già avanti con gli anni aveva una zazzera di capelli bianchi e una folta barba grigio ferro. Il suo viso era così tanto segnato dalle rughe, che gli occhi si vedevano a malapena.
James restò spiazzato, non era mai successo che qualcuno riuscisse a prenderlo alle spalle senza che lui ne avvertisse la presenza; quell’uomo sembrava essersi materializzato con una folata di vento.
Se lui ne fu sorpreso, Leanne invece non si scompose minimamente, superando il ragazzo e andando a mettersi esattamente di fronte all’anziano.


-    Sensei – lo salutò con il consueto appellativo che si riservava agli insegnanti, inchinandosi profondamente.
-    Leanne.. ricordavo che mi avessi assicurato che saresti riuscita nella tua impresa in meno di sei mesi; invece ne sono passati quasi nove – rispose l’uomo in perfetto inglese e con voce baritona.
-    E io ricordavo che lei mi avesse detto di aver smesso di fumare. Sensei – replicò lei, alzandosi dall’inchino a guardando eloquentemente il fumo levarsi da dietro la veste del monaco.

Quest’ultimo la squadrò ancora per un attimo solennemente e poi sorrise. Fu come se una crepa si fosse aperta in quel muro di rughe; i denti dell’anziano spiccarono bianchi e nitidi sul suo viso abbronzato, mentre allargava le braccia e accoglieva la sua discepola in un abbraccio affettuoso.

-    Lea-chan, che piacere rivederti! – esclamò felice l'uomo – e di sapere che sei riuscita nella tua impresa – aggiunse, guardando il Soldato che fino a quel momento era rimasto in disparte.
-    James – lo chiamò la ragazza facendogli cenno di avvicinarsi – Quest'uomo è il mio maestro, Nomura Tetsuya – lo presentò.

L’uomo dapprima si inchinò al ragazzo alla moda Giapponese e poi gli protese una mano nello stile occidentale.

-    Piacere di conoscerti James –

Il giovane notò che la sua stretta, pur essendo quella di una persona anziana, conservava tutto il vigore del fiore degli anni. Il ragazzo ebbe anche la sensazione che quell’uomo avrebbe potuto perfino metterlo in difficoltà in uno scontro.

-    Piacere mio – rispose il Soldato.
-    Forza, venite, qui fuori fa troppo freddo per parlare. Entriamo –

Detto questo li guidò oltre l’Haiden, dove altre due costruzioni, una più piccola e una molto lunga, occupavano il cortile est.
Il maestro li condusse verso quella più piccola, che si scoprì essere l’abitazione dell’uomo. Una volta dentro, li fece accomodare intorno  al tipico Irori** sul quale stava già bollendo una teiera annerita dall'uso.

-    So che ci sono state delle complicazioni.. purtroppo da qui non ho potuto tenermi aggiornato come avrei voluto - disse, preparando un vassoio con delle tazzine.
-    Sfortunatamente il primo tentativo di contatto non è andato a buon fine e il piano di HYDRA è risultato fin troppo complesso rispetto a ciò che mi ero immaginata – rispose la ragazza – Scusa, forse devo darti un paio di spiegazioni – aggiunse rivolta a James che aveva inarcato le sopracciglia.
-    Se fossi così gentile... – replicò lui sarcastico.
-    Nomura sensei ha lavorato per quasi tutta la sua vita allo SHIELD ed è stato il mio Supervisore per un certo periodo; quando me ne sono... andata, mi è stato proposto di raggiungerlo. E' solo merito suo se sono riuscita a portarti qui – spiegò la ragazza con un breve sorriso rivolto all’anziano.
-    Ahhh io non ho fatto nulla, ho solo mosso un paio di pedine al posto giusto – minimizzò lui – Piuttosto, come stanno i tuoi ricordi giovanotto? – chiese, versando del tè dal bollitore appena tolto dal fuoco.
-    Ancora confusi.. – rispose James senza sbilanciarsi troppo.
-    E' difficile fidarsi delle altre persone, vero? – replicò il vecchio.

Il suo non era un rimprovero, solo un dato di fatto.

-    Sì, non è semplice.. – assentì il Soldato.
-    Lo capisco molto bene... Lea-chan, quali sono i vostri piani adesso? – si rivolse poi alla ragazza.
-    Vorrei passare l’inverno qui; credo sia il posto migliore dove nascondersi.. soprattutto adesso che lo SHIELD è andato in pezzi – rispose la ragazza con una nota amara, riappoggiando la tazzina per farsi versare altro tè.
-    Quello che è accaduto non potevi prevederlo, lo sai questo vero? -

James osservò incuriosito Leanne mentre il suo viso si adombrava.

-    Forse... - rispose lei caustica.
-    In tutti i casi sei arrivata giusto in tempo; tra un paio di giorni danno maltempo e forti nevicate. Se avessi ritardato ancora un po’ non saresti più riuscita a raggiungerci – disse Nomura chiudendo il misterioso discorso.

James, capì che in quella regione le nevicate dovevano essere parecchio abbondanti e capì anche la scelta della ragazza. L’unico accesso al villaggio, da quel che aveva visto, era il sentiero dal quale erano arrivati loro e con la neve sarebbe stato impossibile percorrerlo.

-    E una volta passato l’inverno? – proseguì l’uomo.
-    A quello ammetto di non aver ancora pensato… - rispose Leanne - Se a James dovessero ritornare i ricordi, potrei pensare di contattare il Capitano Roge.. -
-    Conosci Rogers? – la interruppe James.
-    Non di persona, in realtà – rispose Leanne un po’ imbarazzata.
-    Come puoi allora essere certa di poterti fidare nel contattarlo? –
-    James, ho visto quello che ha fatto sull’Helicarrier e lo hai visto anche tu.. Sono sicura che il Sergente Barnes l’avrebbe riputata una buona idea – disse la ragazza con assoluta convinzione.

Il Soldato per tutta risposta alzò le mani in segno di resa. Inutile discutere.

Dopo che Leanne ebbe raccontato le peripezie che li avevano visti protagonisti, i due ragazzi presero congedo. Accompagnati dal monaco, tornarono nello spiazzo davanti l’ingresso del tempio.
Il sole ormai alto, sulla pelle risultava piacevolmente tiepido nonostante la temperatura rimanesse polare.


-    Non c’è nessun’altro oltre a lei? – domandò James all’anziano mentre aspettava Leanne che si era diretta verso il banchetto delle offerte.
-    Nei periodi caldi alcuni giovani novizi vengono a darmi una mano, ma d’inverno i pellegrini sono quasi del tutto inesistenti e riesco a gestire tutto da solo. Dopotutto è un piccolo tempio - rispose l’uomo guardando l’Honden con affetto.
-    Capisco perché Leanne abbia scelto di venire a stare qui – disse d’un tratto James.

Il monaco lo guardò per un attimo e poi gli sorrise, mentre la campana delle offerte risuonava nell’aria.

-    Sì. – rispose – E' un buon posto per ritrovare la pace; anche Leanne ne ha avuto bisogno, ne ha passate tante in passato… - raccontò.

James si stupì di quelle parole a proposito della ragazza, ma poi si disse che effettivamente di Leanne ne sapeva veramente poco.

-    I ricordi che ti torneranno non saranno sempre piacevoli, James – lo avvertì l’uomo all'improvviso – Dovrai essere in grado di scindere il passato dal presente, o rischi di farti del male, o di farne a chi ti sta intorno – lo avvertì.

Il ragazzo avrebbe voluto chiedergli di più su quell’ultima frase, ma Leanne si stava già avvicinando a loro.

-    Starò attento – si limitò quindi a rispondere.

Sperava con tutto il cuore che potesse bastare.

* Torii tradizionale portale d'accesso ai templi Shintoisti
** Irori tradizionale focolare domestico formato da un quadrato infossato nel terreno nel quale viene acceso il fuoco e sopra al quale, tramite un gancio, viene appesa la teiera.



Chief's room:


Benvenuti al tredicesimo capitolo!
Interamente dedicato al nuovo luogo di soggiorno dei nostri amici e ad un new character.
Il villaggio descritto è deliberatamente ispirato al paese di Shirakawa che non è poi molto lontano da quello che ho immaginato io. Vi lascio di seguito il link ad una foto, in modo che possiate capire meglio com'è strutturato: Shirakawa go winter, Shirakawa go Spring
Nonostante io usi, quando mi è possibile, termini Giapponesi spero che per voi sia tutto chiaro ^^ Ove necessario è mia premura mettere le note a fine capitolo, in atri casi se siete curiosi Google è un'ottima risposta (altrimenti dovrei farvi una galleria ad ogni fine capitolo xD) ;) Sappiate solo che la ch viene letta con la c morbida di cibo.
Riguardo al nuovo personaggio, vi è piaciuto? So che ha fatto giusto una fugace apparizione, ma la sua presenza sarà fondamentale nel prossimo futuro! E' un original character, quindi non lo troverete nell'universo Marvel.
Per scegliere il nome mi sono ispirata all'omonimo disegnatore e creatore di videogiochi Tetsuya Nomura, che ha realizzato le opere che hanno accompagnato la mia infanzia videoludica, quali Final Fantasy e Kingdom Hearts. In sostanza è un piccolo omaggio che ho voluto inserire.

Ringrazio di cuore tutti quanti voi Lettori, le mie Howling Commandos e coloro che mi hanno inserita tra le storie preferite (Chrona00), seguite e ricordate.

Al prossimo 1945!
Baci,
Marta 

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Capitolo 15
*** Prima di te ***


14. Prima di te


Emelie, per la prima volta titubava davanti alla porta della cella di James; il loro momento sempre tanto atteso, quel giorno la turbava.
Erano cambiate tante cose da quando lo aveva visto incosciente su di un lettino, dopo aver appena perso il braccio.
Lei era cambiata, seppur in modo sottile e impercettibile. Allora, quando era entrata in quella cella, credeva di dover assistere la solita cavia, una delle tante che aveva visto passare e poi sparire dentro quel posto... non si era mai sbagliata tanto nella vita.
Man mano che il tempo passava e lei imparava a conoscere quel ragazzo divertente e dagli occhi azzurri, diventava sempre più difficile imporsi di non farsi coinvolgere. Era una cosa già successa con la ragazza che occupava il posto prima di James e il dolore per quella perdita le era rimasto dentro, e se lo portava dietro tutt'ora.
Alla fine, stupidamente, la sua mente aveva ceduto alle ragioni del cuore e alcune cose, alle quali prima non dava importanza, ora avevano acquistato un significato tutto nuovo. Ora si vergognava; di farsi vedere da lui, di avergli permesso di innamorarsi di lei…


-    Datti una mossa –

La voce rude del suo accompagnatore la riscosse e, trattenendo un respiro, Emelie non potè fare altro che aprire la porta.
James, sdraiato sulla branda con la schiena rivolta alla parete, sembrava dormire profondamente. Accusava ancora gli strascichi della febbre che lo aveva debilitato per due intere settimane e quindi non c'era da stupirsi di quella stanchezza.

Emelie, senza fare rumore, si sedette accanto a lui osservandolo. Ormai i capelli gli coprivano le orecchie e il viso si era fatto più magro dal primo giorno che lo aveva visto. Con delicatezza gli scostò un ciuffo particolarmente ribelle che gli era sceso sulla fronte e gli accarezzò la testa con la punta delle dita.

-    Anche mia madre mi svegliava così quando ero piccolo –

La voce di James paralizzò la mano della ragazza, che in realtà non avrebbe voluto svegliarlo. Gli occhi del soldato si aprirono e la scrutarono. James, si ricordava bene l’ultima volta che si erano visti e cosa le era successo subito dopo in separata sede; nascosto sotto il suo materasso c’era ancora il libro che lei gli aveva lasciato in custodia.

-    Come stai? – le chiese, cercando di afferrare la mano della ragazza ancora ferma sui suoi capelli.

Emelie, però, la tirò indietro con uno scatto, fuggendo alla sua presa. Un lampo di confusione passò dietro gli occhi chiari del ragazzo e la sua fronte si corrugò.

-    Cos’è successo Elie? – la interrogò mentre si metteva seduto.

La ragazza fece un passo indietro scuotendo la testa.

-    Elie, ti prego, dimmelo – la scongiurò lui.
-    Io... – mormorò la ragazza.
-    E’ per qualcosa che ho fatto io, vero? – disse Bucky oscurandosi – Non avrei dovuto baciarti, non deve essere semplice per te questo tipo di situazione... – aggiunse vedendo l’espressione scioccata che Emelie gli aveva rivolto.
-    No, James! Non è così! – esclamò lei.

Il ragazzo aveva completamente frainteso il suo stupore, derivato dal semplice fatto che non si aspettava di sentirlo accusarsi del suo malessere.

-    In realtà è perché è stato fin troppo semplice… - riprese lei, e questa volta fu il turno di Bucky di non capire – Sono qui da sette anni James.. Sette anni durante i quali ho sopportato le angherie di mio fratello senza fiatare. - disse abbassando lo sguardo a terra - All’inizio non era così, ho provato a resistere; ho combattuto con ogni fibra di me stessa – raccontò con voce spenta – ma le conseguenze dei miei rifiuti erano peggiori del mio consenso e alla fine mi arresi, non mi interessava più.. Avevo già capito che da qui non sarei mai uscita, nessuno sapeva della mia esistenza, di quello che mi stava accadendo; per il mondo semplicemente non esistevo.-

Le parole della ragazza caddero come macigni nel silenzio della cella. Non si era mai esposta tanto con qualcuno come in quel preciso momento.

- E prima.. 


Emelie si fermò, prendendo un profondo respiro e cercando con lo sguardo qualcosa che potesse darle un appiglio per concentrarsi, qualcosa che non fossero gli occhi limpidi del ragazzo di fronte a lei che la osservavano colmi di dolore e comprensione.

-    ... E prima che arrivassi tu, quello stesso giorno, avevo capito che non potevo più continuare. - confessò tormentandosi le mani ossute -  Mi sarei impiccata; davvero, lo avrei fatto – disse con voce improvvisamente decisa – Invece ti ho incontrato e da allora è cambiato tutto, ho provato nuovamente la felicità. Prima non mi importava di quello che Rheinoldt mi faceva, ma adesso sì, perché.. – si fermò ancora, in cerca delle parole adatte a quella confessione – ..perché mi sono innamorata di te e vorrei che non mi toccasse mai più nessuno che non sia tu stesso, ma allo stesso tempo non posso sottrarmi in alcun modo a mio fratello. Io mi sento così.. così.. sporca. Io… -

James non la lasciò proseguire un secondo di più, con la mano le afferrò un polso e la tirò verso di lui, circondandole la vita con il braccio e affondando il viso contro il cotone grezzo della sua maglia. Emelie rimase spiazzata da quel gesto, tanto da restare con le mani sollevate senza sapere cosa fare.

-    Mi basta averti sentito dire che mi ami, tutto il resto non conta. Tu sei una ragazza meravigliosa Elie, e non provare mai più a pensare il contrario – la ammonì  – Non sei di tuo fratello, né tanto meno sei mia; tu devi essere libera e basta – aggiunse.

Emelie, a quel punto circondò la testa del ragazzo con le braccia, chinandosi su di lui e stringendolo.

-    Grazie James – rispose con un sussurro di pura gratitudine.

Quando il ragazzo sollevò il viso, Emelie gli sorrise. Si era fatta un mucchio di paranoie alle quali James non aveva minimamente pensato, o meglio, nonostante ne fosse a conoscenza non le reputava importanti.

-    Resti qui per un po’? Mi sento ancora intontito -  le propose James, sdraiandosi nuovamente e facendole spazio accanto a lui.
-    Certo – rispose Emelie, prendendo posto al suo fianco e appoggiando la testa sulla sua spalla.
-    Che bella sensazione..- sospirò soddisfatto James, voltando la testa per guardarla in viso.
-    E' vero – assentì Emelie.

James, vide lo sguardo della ragazza cadere sulle sue labbra e ne approfittò per baciarla.
In quei momenti si sentiva un ragazzino; proprio lui, che di esperienza sulle spalle con il genere femminile ne aveva un bel po’.
Le labbra di Emelie erano fresche e gli facevano venire una gran voglia di morderle.


-    Mi sarebbe piaciuto tanto conoscerti sette anni fa, probabilmente sarebbe andato tutto diversamente – commentò Emelie quando decisero che era ora di riprendere fiato.
-    Ti avrei portata in America, di sicuro – commentò lui accarezzandole il viso arrossato.
-    Sono certa che mi sarei trovata bene – disse Emelie sporgendosi per baciarlo ancora, leggera e veloce.
-    Ti avrei presentato i miei genitori e mia sorella Becky. Sareste andate d’accordo voi due – proseguì lui fantasticando – e ovviamente ti avrei fatto conoscere Steve. Dovevi vedere com'era mingherlino all'epoca, assomigliava ad un pulcino – aggiunse, ridendo al ricordo dell'amico.

La citazione di James sul suo ex commilitone, fece venire in mente ad Emelie una cosa che si era quasi scordata.

-    Credo che mio padre sia morto – disse, interrompendo l'ilarità del ragazzo.
-    Cosa? Ne sei certa? – esclamò James stupito.
-   Sì, o almeno penso sia così... Rheinoldt non ha detto molto, ma doveva avere un motivo molto serio per andare via da qui; quando è tornato, ha borbottato qualcosa sul fatto che fossimo rimasti solo noi, però non è sceso nei dettagli.. – gli raccontò la giovane.
-    E di Steve? Ha detto qualcosa? –

James, era sicuro che l’unico uomo in grado di sconfiggere Teschio rosso fosse proprio il suo amico; dopo aver appurato di cosa fosse capace durante le missioni che li aveva visti protagonisti, non ne aveva avuto alcun dubbio.

-    Purtroppo non l'ha menzionato – rispose affranta la ragazza.
-    Sono sicuro che sta bene – replicò Bucky per nulla scoraggiato – Sarà tornato trionfante in America dalla sua Peggy. Spero solo che si prenda cura dei miei in mia assenza…- aggiunse con nostalgia.
-    Mi dispiace tanto James – gli disse Emelie accarezzandogli la guancia irsuta.
-    Va tutto bene, stai tranquilla, se la sapranno cavare anche senza di me – le rispose lui, stringendola con maggior vigore contro il suo fianco.

In quel preciso istante la porta della cella venne spalancata di colpo e Rheinoldt, accompagnato dai due energumeni della volta precedente, fece il suo ingresso.

-    Scusate l’intrusione, sono addolorato nel dovervi interrompere – esordì mentre Emelie scattava a sedere - Ma c'è bisogno del nostro Sergente - e senza aggiungere altro, fece un cenno col capo verso Bucky ai due uomini.

Quelli si mossero immediatamente, avvicinandosi al ragazzo.
Emelie, che ormai per il pericolo aveva sviluppato un certo sesto senso, gli si parò davanti.


-    Cosa succede? Cosa volete fare? – domandò con sguardo di fuoco.
-    Forza schwester*
, spostati. Il tuo paziente non necessita più di ulteriori cure; è pronto ormai. – rispose l’altro annoiato.
-    No! - esclamò Emelie, facendosi avanti senza sapere bene neppure lei con quali intenzioni.

Uno dei due carcerieri la scostò in malo modo mandandola a sbattere contro il muro.

-    Elie! – gridò James facendo per soccorrerla.

L'altro uomo lo placcò immediatamente, trattenendolo in una morsa ferrea.

-    Quante scene! Sapevate benissimo come sarebbe andata a finire, coraggio! – si lamentò Rheinoldt alzando gli occhi al cielo.
-    James! Lasciatelo! –

Emelie si lanciò di nuovo verso i due che stavano trascinando via il ragazzo recalcitrante, ma dopo l’ennesimo spintone si ritrovò a terra.

-    Lasciatelo! – gridò di nuovo, cercando di rimettersi in piedi.
-    Elie! –

James, lottando contro la presa degli uomini, si voltò a cercarla con lo sguardo. Riuscì ad incrociare gli occhi azzurri di Emelie solo per una frazione di secondo, prima di essere trascinato fuori. Le sue grida risuonavano lungo il corridoio, come quelle di un animale imprigionato.

-    Cara la mia sorellina dal cuore tenero, non hai ancora imparato la lezione? – le disse affettato Rheinoldt mentre si richiudeva l'uscio alle spalle.

Emelie si gettò invano contro la porta, battendo i pugni contro l’acciaio. Continuò a gridare il nome di James finchè non divenne completamente rauca.
Ora c'erano solo lei e il suo dolore.

* Sorellina in tedesco



Chief's room:

Buongiorno a tutti!
Per prima cosa chiedo scusa per la brevità del capitolo, è raro che io riesca a farli molto lunghi ^^" Però spero di aver concentrato un bel pò di emozioni in modo da coinvolgervi a dovere!
I caratteri dei due protagonisti si completano a vicenda, infatti, l'addove Emelie si crea un sacco di problemi, James non se li pone minimamente. E' una bella sfida cercare di creare una personalità distinta (quella di Elie) senza risultare oltremodo accomodante nei confronti della controparte maschile, ma spero di aver reso ciò che desideravo.
Ovviamente Rheinoldt non poteva mancare anche in questo capitolo per rompere le uova nel paniere ai due ragazzi! Thumbs up per l'odio nei confronti di sto s...zo!!
James è stato portato via ed Emelie lasciata sola... come reagirà la ragazza? Soprattutto dopo quello che ha confessato al ragazzo?
Chi leggerà, saprà! ;)
Piccola noticina per voi prima di salutarvi. Non aggiornerò la storia per due venerdì... causa partenza per lidi (si spera) soleggiati e pieni di salsedine! Per cui dovrete portare pazienza fino all'8 luglio =/
Per quando tornerò, scoprirete finalmente come Leanne è venuta a conoscenza di Emelie e delle sue vicende!
Grazie mille a tutti i Lettori che mi stanno facendo compagnia in questo percorso, alle mie Howling commandos e in particolare a Mangamylove per essersi aggregata, e a tutti coloro che mi hanno inserita tra le fic seguite, ricordate (Ferins) e preferite <3

Un grande abbraccio!
Marta

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Capitolo 16
*** Vite dai doppi fondi ***


15. Vite dai doppi fondi


-     A quanto pare
è arrivato il comitato d’accoglienza

James, che procedeva al fianco di Leanne di ritorno dal tempio, guardò la ragazza sorridere e poi ne seguì lo sguardo.
Davanti a casa sua, in loro assenza si erano formato un capannello di persone. Il ragazzo notò subito che, a parte un paio di coppie relativamente giovani, tutti gli altri uomini e donne erano di mezza età o anziani. Evidentemente, per i  ragazzi quel luogo non doveva sembrare esattamente la scelta migliore dove passare il resto della propria vita.
Dopo tutto, anche lui quando era ragazzo aveva desiderato andarsene da Shelbyville, ritenendola troppo piccola per i suoi sogni di giovane americano. Forse sarebbe dovuto rimanere invece...
Quando furono quasi in prossimità dell’abitazione, dal gruppo si staccò una bambina che non doveva avere più di otto anni, la quale iniziò a correre a rotta di collo verso di loro.
Leanne sorrise a quella vista, e chinatasi a terra, aspettò a braccia aperte l’arrivo della piccoletta.

-    Yuki-nee* – esclamò quella quando la ragazza la sollevò da terra abbracciandola.
-    Chihiro-chan che bello rivederti – rispose Leanne.

James lanciò un'occhiata alla ragazza, sollevando un sopracciglio per dimostrare la sua perplessità per quell’appellativo. In risposta Leanne si indicò la testa.

-    E' per i capelli – sillabò afona con un sorriso divertito.

Certo, era logico adesso che ci pensava… James ormai si era abituato alla chioma bianca della giovane e, dopotutto, lui aveva un braccio di metallo. Lo strano, per lui, era nell’ordinario.
Con un gesto automatico si sistemò meglio il guanto che gli copriva la mano sinistra: l'ultima cosa che voleva era creare scompiglio.


-    Coraggio, andiamo a salutare gli altri – disse Leanne, incamminandosi verso il gruppetto con la bambina stretta tra le braccia.

James sentendosi osservato, guardò verso di lei incrociando gli occhi scuri della piccola, che si spalancarono sorpresi per poi scomparire contro la spalla della ragazza.

-    Eccovi finalmente! Eravamo quasi tentati di salire al tempio invece di aspettarvi qui  –

Una signora di mezza età con degli occhiali a mezzaluna, si fece avanti tra i cori di saluti che li accolsero.

-    Mi spiace Chizuru-san, mi sono trattenuta troppo con Nomura-sensei – si scusò la giovane.
-    Bentornata Yuki! – esclamò nel contempo una coppia di signori.

James guardava quella scena un po’ in disparte. Quella gente trattava Leanne come se fosse davvero una di famiglia, e la ragazza sembrava non poter esserne più felice. Salutava tutti con calorosi abbracci e profondi inchini, e il sorriso non le era ancora scivolato via dal volto nemmeno per un secondo. Lei era finalmente tornata a casa, ma lui?
La freddezza che contraddistingueva il Soldato d’inverno stava pian piano sparendo, e le emozioni di Bucky Barnes stavano tornando a farsi sentire. James si scoprì a pensare con nostalgia alla sua famiglia ormai morta da tempo. Se solo fosse riuscito a tornare prima...


-    Allora possiamo
finalmente vedere con i nostri occhi il motivo che ti ha fatta stare via per quasi un anno –

Il ragazzo abbassò lo sguardo su di una vecchietta, che lo osservava con un sorriso furbo stampato in faccia.

-    E’ vero! Scusate – esclamò Leanne imbarazzata mettendosi vicino al giovane – Questo è James, lui… -
-    E' il tuo ragazzo? – la interruppe la bambina di nome Chihiro, guardando ora il ragazzo con aperta curiosità.
-    E' l’amico che sono andata a prendere in America – rispose Leanne.
-    Certo.. "amico" – ghignò la vecchietta di prima, dando di gomito a James che la guardò perplesso.
-    E non poteva venire lui? Perché sei dovuta andare tu a prenderlo? – domandò con cognizione di causa Chihiro.

Leanne non parve assolutamente turbata dalla domanda, che in realtà avrebbe necessitato di una risposta piuttosto complicata..

-    Perché si era perso, e aveva bisogno di un aiuto per tornare a casa – disse la ragazza con semplicità.

Il sorriso che James si vide rivolgere, lo turbò in una maniera strana; sentì lo stomaco contrarsi mentre qualcosa gli pizzicava agli angoli degli occhi. Sbattendo le palpebre li sentì umidi e si affrettò quindi a distogliere lo sguardo.

-    Chihiro-chan lascia in pace Yuki, avanti – la richiamò la donna con gli occhiali, prendendola per mano.
-    James, questa signora è Hiory Matsuda; la si può definire come una sorta di capo villaggio – la presentò Leanne.
-    Lieto di conoscerla – rispose James, inchinandosi e sperando che nessuno si fosse accorto della sua reazione di poco prima.
-    Lo stesso per me – replicò Hiory imitandolo – Sembri un bravo giovanotto, spero che ti troverai a tuo agio in questo posto lontano dal mondo – aggiunse con un sorriso cordiale.

Di nuovo, James si sentì turbato e rinfrancato al tempo stesso da quelle parole gentili.

-    Sarà sicuramente così – rispose inchinandosi di nuovo.
-    Bene! – esclamò allora la signora Matsuda – Bando ai convenevoli Yuki-chan, vi abbiamo portato un po’ di viveri per l’inverno – aggiunse, facendo strada e portandoli davanti l’ingresso della cucina.

Lì, sotto al porticato, erano stati sistemati diversi sacchi di riso, tagliolini di soia e grano; ceste di frutta secca e verdura fresca; carne, pesce e latte; biscotti, cereali e qualche latta di caffè.

-    E' troppo Hiory-san! Quest’anno non ho potuto nemmeno aiutarvi! Pensavo di scendere in città ancora una volta per fare scorte – disse Leanne, sgomenta nel vedere tutta quella roba.
-    Non dire sciocchezze ragazza! Danno abbondanti nevicate tra qualche giorno, e hai ancora diverse cose da sistemare dopo la tua assenza. Consideralo un regalo di bentornato da parte del villaggio – replicò la donna.

Leanne, completamente senza parole, non potè fare altro che inchinarsi e James la imitò. Quelle persone avevano pensato anche a lui ancor prima di conoscerlo.

-    Vi ringrazio, davvero – disse Leanne con voce rotta quando si alzò.
-    Non c’è bisogno – sorrise la signora Matsuda – e poi avrete modo di sdebitarvi; ci sono ancora parecchie cose che potete aiutarci a fare prima della neve – aggiunse con una strizzata d’occhio.
-    Contiamo su di te, nii-chan**! – esclamò Chihiro sorridendo a James.

Il ragazzo, in risposta, accarezzò la testa della bambina che gli arrivava alle cosce.
Il comitato d’accoglienza, a quel punto li lasciò, e ognuno tornò alle proprie occupazioni mentre i due ragazzi portarono tutto quello che gli era stato regalato in cucina.

-    Metterei a posto, ma ho troppa fame; preparo qualcosa per pranzo – disse Leanne, afferrando un grembiule  ed entrando in cucina – James? –

Il ragazzo non l’aveva minimamente ascoltata, era fermo davanti alla finestra intento a guardare all'interno dei propri pensieri, a giudicare dall’espressione assorta.

-    Ehi, tutto bene? –

La mano della ragazza, posatasi sul suo braccio metallico, lo riscosse.

-    Sì… sono solo un po’ frastornato.. – rispose sospirando – Non.. Non sono abituato a gesti simili; non più almeno – ammise.
-    La loro ospitalità ha sconvolto anche me quando sono arrivata – lo rincuorò lei tornando verso i fornelli.
-    Probabilmente, se sapessero chi sono reagirebbero in modo molto diverso – commentò James seguendola in cucina.
-    Smettila di fare certi discorsi! Tu sei James e nessun altro. – lo rimproverò Leanne – Forza, dammi una mano – aggiunse, mettendogli in mano un grosso coltello – Puliscimi quella zucca, tu che hai forza nelle braccia – gli ordinò, indicandogli il grosso ortaggio dalla pelle coriacea.
-    Non sono molto avvezzo in cucina e penso di non esserlo mai stato nemmeno in passato – disse lui un po’ preoccupato per i risultati.
-    Basta solo che togli la buccia, al resto penso io, tranquillo – lo rassicurò Leanne.

Nonostante le previsioni pessimistiche del ragazzo, la zucca fu pronta e la cena, di conseguenza, anche.

-    Sei brava a cucinare orientale – si complimentò James quando assaggiò il riso saltato con verdure e pollo che la ragazza aveva preparato.
-    Fino a qualche anno fa ero davvero pessima, credimi – rise lei seduta per terra.

James si era accomodato sul divano, e il basso tavolino davanti ad esso era stato apparecchiato alla belle e meglio.

-    Quando mi allenavo, capitava sovente che mi fermassi al tempio anche fino a tardi e che Nomura-sensei mi offrisse la cena – raccontò – Alla fine gli ho chiesto che mi insegnasse a cucinare – spiegò, portandosi le bacchette alla bocca.
-    E' strano venire ad abitare in un posto così isolato per uno che ha fatto parte dello SHIELD - osservò James.
-    A dire il vero, il maestro è originario proprio di questo villaggio. Da ragazzo se ne andò per studiare all’estero dopo aver vinto una borsa di studio – disse Leanne mentre mangiava – Una volta laureato è entrato nello SHIELD, che in quegli anni si era appena formato. E’ rimasto operativo finchè, dopo aver perso la figlia, sua moglie non si è ammalata. Ha deciso di tornare qui in modo che potesse passare in tranquillità il tempo che le era rimasto – proseguì con una nota amare nella voce – Quando è morta, Nomura-sensei si è trasferito nel tempio. Questa casa è sua, ma per lui non è stato un problema lasciarmela usare… gli devo davvero moltissimo – concluse Leanne, fissando il bicchiere che teneva in mano.
-    Sembrerebbe che questo paese attiri le persone dal passato complicato – commentò James, posando il piatto ormai vuoto sul tavolino.
-    C’è qualcosa, nell’aria di qui, di salvifico – concordò la ragazza osservando il cielo azzurro fuori dalla finestra.
-    Hai ragione – disse James appoggiandosi con la schiena al divano.
-    Dai, aiutami a portare di sopra il riso, così ti faccio vedere il resto della casa – propose Leanne portando via le stoviglie sporche.

La casa della ragazza si articolava su tre piani. Al primo piano, oltre alla sala da pranzo e alla cucina, c’era un salottino e il bagno. Al terzo piano c’era la soffitta, dove James aiutò Leanne a portare i sacchi di riso per l’inverno.

-    Qui c’è la mia camera – disse Leanne quando scesero al secondo piano, aprendo al ragazzo la parete scorrevole.

La stanza della giovane era molto semplice, con una scrivania
ingombra di fogli e libri davanti alla finestra, un armadio a muro, una cassettiera, un comodino e lo spazio vuoto dove veniva messo il futon*** la sera.

-    Questa invece è camera tua – proseguì lei, aprendo la porta scorrevole subito a fianco e mostrandogli una camera pressoché identica alla prima ma senza cassettiere – Il futon è nell’armadio là in fondo, ho lasciato qualche abito che possa andarti bene nelle ante di sinistra – gli spiegò.
-    Grazie – disse James mentre la seguiva nella prossima camera.
-    Questa stanza non credo che ti sarà molto utile – gli disse, facendogli vedere uno spazio quasi del tutto vuoto.

L’unico arredamento era costituito da un grande pianoforte a coda.

-    Sai suonare? – domandò James.
-    Sì, ma il pianoforte era della moglie di Nomura-sensei – gli spiegò – E infine, questa credo sia la mia preferita – proseguì portandolo nella stanza a fianco.

Era una piccola biblioteca con lampada e poltrona dall’aspetto molto comodo.

-    Molti dei libri erano già qui quando sono arrivata, i restanti li ho portati io – disse lei, appoggiando una mano sulla libreria più vicina.
-    Ne deduco che ami leggere – commentò James con un sorriso sghembo.
-    Hai indovinato – rispose Leanne arricciando il naso – ma non è tutto – aggiunse e ancora con la mano sull’intelaiatura in legno dello scaffale, la premette leggermente.

Con uno scatto, la libreria rivelò un doppio fondo che la ragazza spalancò. All’interno, sistemati ordinatamente, c’erano diversi fascicoli come quello che aveva portato a James in America. Il ragazzo si avvicinò, stupito da quell’apparizione.

-    Qui ci sono tutte le missioni e le campagne che sono riuscita a recuperare e a cui tu hai partecipato sotto il comando di HYDRA – gli spiegò – In realtà, in nessuna di esse sei citato espressamente, né viene raccontato nel dettaglio ciò che hai fatto, ma quello che è successo è sufficientemente chiaro.. Sono sicura che ti sarà d’aiuto – aggiunse.

James, allungò la mano per sfiorare quello più vicino a lui. In quella stanza c’era probabilmente tutto quello di cui lui aveva bisogno per ritrovare i ricordi legati al periodo passato all’interno di HYDRA. Si sentiva quasi spaventato all’idea di ciò che avrebbe trovato.

-    James, sii prudente –

La mano di Leanne si posò su quella non meccanica di lui.

-    Molte di queste operazioni sono state… crudeli; aberranti perfino – gli disse misurando le parole – Non so dirti cosa tu abbia fatto, ma se ti tornerà in mente, potrebbe non essere piacevole.. Per cui ti prego di non restare tutto il giorno chiuso qui dentro – aggiunse guardandolo preoccupata.
-    Ci andrò cauto, stai tranquilla – le rispose stringendole brevemente la mano.

A quelle parole, Leanne sembrò rincuorata e gli sorrise, mentre James tornò a guardare i fascicoli davanti a lui.

-    Troverò informazioni anche su Emelie? – domandò alla ragazza.

Aveva dentro di sé la sensazione che ricordarsi di quella giovane, sarebbe stato un pezzo fondamentale per il suo processo di guarigione.
Da quando si era ricordato del suo viso, gli era rimasta una sensazione di vuoto, come se essersi dimenticato di lei fosse stato il più grosso errore della sua vita.


-    Non c’è niente di lei in questi file; l’unica cosa che ho è il suo certificato di morte corredato da una singola foto.. ma non mi sembra il momento di mostrartelo.. – gli disse lei abbassando gli occhi.
-     A
llora come fai a conoscere la sua storia? A sapere cosa è successo? – domandò James senza riuscire a reprimere un brivido di sospetto.
-    C’è un diario.. che Emelie teneva; molte delle pagine sono state rovinate dal tempo, ma altre si leggono – spiegò lei.
-    Quindi tu avresti letto un diario e di conseguenza avresti deciso di cercarmi? – chiese il ragazzo sempre più confuso.
-    Nell’ultima pagina ha espresso un solo desiderio prima di morire. Ha chiesto che chiunque prendesse in mano il suo diario e leggesse della sua vita, ti trovasse e ti portasse via da HYDRA.. - raccontò con molta serietà - Anche una persona a me cara, è stata catturata da loro e non l’ho mai più rivista quindi.. prendila come una rivincita per me e per lei – gli disse la ragazza mentre i suoi occhi si accendevano a quelle parole.
-    Mi piacerebbe leggerlo.. – disse il Soldato.
-    Devi leggerlo, James – commentò Leanne.

* Yuki in giapponese significa neve e il suffisso nee deriva da Onee che sta per "sorella"
** nii-chan signifita "fratellino"
*** Tipico letto in stile Giapponese



Chief's room:


Ed eccomi qui, di ritorno dalle vacanze con di nuovo tutto lo stress del lavoro addosso, con una tinta passata da "bianco ottico" a "bianco panna" e con tutte le mie serie tv preferite in attesa di ricominciare tra mesi!
Ciò però non mi ha impedito di sfornare questo nuovo capitolo! u.u
L'atmosfera di tranquillità che si respira al villaggio sarà di sicuro di beneficio al povero James che dovrà iniziare seriamente a fare i conti con il suo passato. Durerà però questa serenità? O verrà interrotta?
Come al solito ho condito il capitolo con vocaboli giapponesi che spero di avervi spiegato come si deve, nel qual caso sono più che felice di rispondere ai vostri quesiti =)
Abbiamo scoperto qualcosa in più sul maestro di Leanne che a quanto pare ha avuto un trascorso difficile in passato...
Ci sono state anche delle news sul conto della ragazza per altro ;) Anche a lei è stato portato via qualcuno di prezioso da HYDRA, chi sarà mai costui/costei? Questo è il motivo che l'ha spinta a intraprendere la causa di James dietro alla richiesta di Emelie sopravvissuta tutti questi anni all'interno del suo diario.
Scusatemi se le mie protagoniste sono delle lettrici incallite, che sembra essere una cosa che va di moda di questi tempi, ma essendolo io in prima persona mi piace trasmettere queste mie passioni ai personaggi che creo ^^
Credo di avervi detto tutto, quindi passo ai ringraziamenti!
Thanks to tutti i miei meravigliosi Lettori! Alle mie care Howling commandos, sempre in prima linea! Alle belle persone che mi hanno inserita tra le storie seguite (Sirina89, Portuguese D Rogue, Sonata_Eterna, Rinoa Heartilly Vengeance e Kittycake), ricordate e preferite (Weepingangel).

Un abbraccio a tutti voi e un arrivederci alla settimana prossima targata 1945 ;)

Marta

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Capitolo 17
*** Libertà e speranza ***


Libertà e speranza


Emelie era rimasta seduta sul letto di James fino a sera, quando uno dei soliti carcerieri era andato a prenderla per riportarla nella sua prigione.
Nel breve tragitto tra una cella e l’altra, per la prima volta dopo molti anni, Emelie aveva provato a liberarsi. Voleva sapere dov’era James, voleva vederlo; ma ovviamente ogni tentativo fu vano e quello che ottenne, fu solo di essere ributtata malamente nella sua cella.
Nonostante questo non si diede per vinta, provò e riprovò a urlare il nome del ragazzo battendo sulla spessa porta di acciaio, ma non le giunse alcuna risposta.
Alla fine dovette arrendersi, sedendosi in un angolo della cella con stretto al petto, sotto la tenuta da carcerata, il libro che aveva ritrovato sotto il materasso di James.

Durante le sei settimane che seguirono, Emelie rimase in uno stato catatonico; il colpo era stato troppo duro per riuscire a reagire…
Nonostante sapesse benissimo che quel giorno sarebbe arrivato, non era stata minimamente pronta al dolore e allo strazio che aveva portato con sè.
Il vuoto che l’assenza di James le aveva lasciato, era insaziabile. Ora dopo ora, minuto dopo minuto, si divorava un pezzo di lei. Dilaniata; ecco il termine giusto da usare. Nessuno aveva risposto alle sue domanda, nessuno le aveva detto più rivolto la parola, nemmeno Rheinoldt si era mai fatto vedere.
Poi, il quarantaseiesimo giorno, finalmente qualcosa cambiò.


-    Mio Dio sorellina, come ti sei ridotta! –

Emelie alzò appena la testa dal suo giaciglio, osservando la figura di suo fratello stagliarsi sorridente sulla porta. Quando capì che non era frutto della sua immaginazione, scattò a sedere.

-    Dov’è James? Cosa gli hai fatto? -  esclamò la ragazza, lanciandosi verso il fratello senza però fare i conti con la debolezza delle sue gambe.


-    Ehi! Piano mia cara – la ammonì l’uomo vedendola finire a terra.
-    Dimmi cosa gli hai fatto – lo fulminò lei, scostando con uno schiaffo la mano che Rheinoldt aveva diligentemente allungato in suo aiuto.
-    E' così che mi saluti dopo tanto tempo che non ci vediamo? – replicò l’uomo scuotendo la testa – e dire che ero venuto apposta per accompagnarti dal tuo Sergente – aggiunse con un'alzata di spalle.

Emelie assottigliò lo sguardo, sospettosa. Se c’era qualcosa che Rheinoldt non faceva, era di concedere favori senza chiedere niente in cambio.

-    Forza, vieni – la esortò lo scienziato, senza darle il tempo di ragionare e imboccando la porta.

La ragazza, un pò incerta, si rimise in piedi e con cautela lo seguì fuori dalla cella. In giro c’erano diverse persone indaffarate a transitare da una stanza all'altra,  e nessuno di loro sembrò minimamente interessato a quella ragazza scheletrica che camminava a stento dietro al loro capo. Superarono diversi laboratori, tra i quali quello dove periodicamente Emelie veniva testata, e infine arrivarono all’infermeria.
All’interno dell’anticamera che la precedeva, si era riunito un capannello di persone, tutte intente a guardare oltre la grande vetrata che dava sulla sala.
Emelie, allungando il collo in mezzo a tutte quelle teste, riuscì a scorgere su di un lettino, una ben nota zazzera di capelli castani.
Senza aspettare un mezzo secondo di più, si lanciò verso le porte che conducevano all’interno della stanza.


-    Fermatela! – gridò una voce, e un paio di mani la bloccarono istantaneamente.
-    Lasciatemi andare!! – si divincolò Emelie come una furia.
-    Fatela passare –

La voce di Rheinoldt, ferma e composta, sedò
istantaneamente qualsiasi protesta.

-    Ma signor Smidth.. il soggetto è instabile, non ha visto cosa ha f.. -
-    Ho detto di lasciarla passare – replicò l’uomo, interrompendo le rimostranze dello scienziato che aveva parlato.

Le mani che tenevano Emelie la liberarono e la ragazza si infilò velocemente nella stanza. I pochi scienziati che si trovavano all'interno di essa, stavano addossati alle pareti, il più lontano possibile dal loro paziente. Tutti con lo stesso sguardo spaventato. 

-    James… - mormorò con voce strozzata la giovane quando si fu avvicinata al letto del ragazzo.

Bucky era seduto sul letto ospedaliero, al posto del braccio sinistro, ora aveva una protesi di lucenti placche metalliche dall’aria letale. Ma quello che sconvolse maggiormente la ragazza, fu lo sguardo spento e privo di qualsivoglia emozione del giovane. Il suoi occhi si erano sì, sollevati nel sentirsi chiamare, ma non avevano dato alcun segno di averla riconosciuta. Sembrava di osservare una di quelle bambole di porcellana con gli occhi di vetro, solo che lui aveva un aria molto più letale.
Emelie, nonostante questo, gli si avvicinò.

-    James.. che cosa ti hanno fatto? – chiese con un filo di voce, allungando una mano verso il viso.

Quando le sue dita furono a qualche centimetro dalla guancia di lui, l'arto meccanico del ragazzo scattò. Il Soldato afferrò Emelie per la gola e con una torsione, la inchiodò sul letto dove prima era seduto.

-    James! – rantolò lei con la trachea schiacciata in una morsa ferrea e le gambe bloccate dal ginocchio di lui – James, sono io! – disse disperata.

Il ragazzo continuava ad osservarla con quello sguardo spento, senza minimamente rendersi conto di ciò che stava facendo e a chi...

-    Tu sei James Barnes! Io sono Elie, la tua Elie – provò ancora la ragazza sentendosi venire meno – James, ti prego…- lo supplicò mentre le lacrime le solcavano il volto.

Quando sembrava ormai che non ci fosse più scampo, un barlume di consapevolezza passò dietro gli occhi di James che riacquistarono un po’ di luce. La presa sul collo di Emelie si affievolì e la ragazza scivolò giù dal letto sedendosi per terra.

-    E… Elie… - balbettò Bucky osservandola dall’alto.

Emelie, massaggiandosi la gola, prese diverse boccate d’aria tra un colpo di tosse e l’altro; poi alzò gli occhi sul ragazzo che nel frattempo le si era inginocchiato davanti.

-    James, mi riconosci? – gli domandò prendendogli il viso tra le mani.
-    Io… sì… - rispose il ragazzo stralunato.

I capelli lunghi erano bagnati di sudore e le borse che aveva sotto gli occhi, rivelavano tutta la sua stanchezza.

-    Elie, cos'è successo? E' tutto così confuso.. Io.. – mormorò incoerentemente dopo essersi brevemente guardato attorno.

-    Shhh – lo tranquillizzò lei, passandogli le braccia attorno al collo e attirandolo a sè.

Il ragazzo si lasciò abbracciare, ricambiando il gesto con il solo braccio destro e lasciando inerte sul fianco quello bionico, quasi avesse dimenticato di averlo.

-    Cosa ti ho fatto? – disse con voce spezzata contro il suo collo.
-    Sto bene, non è colpa tua, tranquillo – replicò la ragazza con il tono più calmo che le riusciva, mentre gli accarezzava i capelli folti.
-    Bravi! Esattamente come mi aspettavo! –

Rheinoldt, fece in quel momento il suo ingresso nella stanza battendo le mani compiaciuto.

-    Tu, razza di mostro, cosa gli hai fatto? – gli sibilò contro Emelie.
-    Io? L’ho migliorato! Sta diventando il soldato perfetto – rispose l’uomo - manca solo tanto così - aggiunse, mostrando la misura tra il pollice e l'indice.
-    Cosa vorresti dire? – domandò la ragazza confusa e spaventata.
-    Resezione selettiva mnemonica – citò lo scienziato – In termini più esplicativi, stiamo lavorando sulla sua memoria per eliminare tutto ciò che non sia pertinente con il suo addestramento militare – spiegò con orgoglio.
-    Co... cosa? – sussurrò Emelie stringendo di più a sé il ragazzo inerme.
-    Nostro padre non era convinto di questa pratica, la definiva pericolosa, e non mi aveva mai lasciato carta bianca - disse con una smorfia di disappunto sul volto affilato - ma, d’altronde.. ora che non c’è più il problema non si pone! – spiegò sorridente – E' stato un successo in piena regola, e tutto grazie a te cara Emelie!- aggiunse soddisfatto.
-    Che diavolo vai dicendo?! Io non ti ho aiutato a fare proprio un bel niente! – esclamò la ragazza sconvolta.
-    Oh per piacere, Emelie! Pensavo fossi più sveglia! – replicò esasperato l’uomo – Perché pensi che abbia scelto te per prenderti cura del Sergente Barnes? – le domandò, alzando le sopracciglia con sguardo eloquente, come se stesse parlando ad una ritardata.
-    Io.. non.. – balbettò confusa la ragazza.
-    In tutti questi anni, 
mentre cercavano il soggetto ideale per iniziare gli esperimenti, ti ho messa alla prova! Non hai riconosciuto nessuno tra quelli al di là del vetro? – le chiese indicandoli.

Emelie, voltandosi a guardare, si soffermò sui volti degli scienziati ancora assiepati nell’anticamera, e con orrore notò che molti di loro gli erano famigliari... erano stati tutti cavie di quel laboratorio.. cosa ci facevano lì?
La ragazza si sentì improvvisamente male, capendo cosa fosse successo.

-    Vedo che inizi a realizzare – commentò Rheinoldt – Fingendosi pazienti hanno potuto interagire con te, mettendo alla prova le tue capacità empatiche. Ovviamente, tu hai risposto brillantemente ai test; eri la persona perfetta per fare da argine – spiegò – Avevo già immaginato l’instabilità a cui sarebbe stato soggetto il signor Barnes dopo questa operazione, e avevo bisogno di qualcuno che potesse contenerla – aggiunse.
-    Tu... hai fatto questo… era tutto calcolato... - sussurrò attonita la ragazza.
-    Ma dai! Pensavi davvero che non fossi a conoscenza del vostro rapporto? Certo che era tutto premeditato! Sapevo che sareste diventati indispensabili l'uno per l'altra. E ora, ho tutto ciò di cui ho bisogno per far sì che si trasformi nel soldato perfetto. Tu devi semplicemente calmarlo nei momenti d’ira - spiegò - Purtroppo, gli altri che hanno provato ad avvicinarsi non hanno fatto una gran bella fine – disse Rheinoldt con un sospiro irritato.
-    Io non ti aiuterò a fare proprio niente! – esclamò Emelie, girandosi a dargli le spalle in modo di fare da scudo a James che sembrava non essersi ancora ripreso.
-    Ci riduciamo sempre a questo... - replicò lo scienziato scocciato - I casi sono due sorellina, o lo fai di tua iniziativa, o sarò costretto a farti cambiare idea con la forza, e sai quanto preferirei non doverlo fare – disse l’uomo costernato.
-    Le tue parole sono veleno! Ogni sillaba è una bugia, quindi smettila con il finto perbenismo! - gridò Emelie - Sei solo un pazzo! Preferirei essere morta che essere tua sorella e assecondarti nei tuoi folli progetti!! – gli sputò contro rabbrividendo dalla rabbia.

Non appena la ragazza ebbe concluso la frase, James cominciò a gridare. Il soldato, lasciando il circolo protettivo delle braccia di Emelie, cadde su di un fianco, chiudendosi a riccio mentre il corpo veniva scosso da violente convulsioni.
Emelie, spaventata e senza capire cosa stesse accadendo, si girò verso Rheinoldt che guardava compiaciuto la scena.

-    Smettila subito! – gli gridò lei.

A quel punto, James smise di dibattersi, restando ansante a terra. Emelie, lo aiutò ad alzare un pò la testa sostenendola sul braccio.

-    Mi sono preso la libertà di installare nella sua protesi un neuro trasmettitore. – spiegò lo scienziato tirando fuori la mano dalla tasca e tenendo in pugno, un piccolo dispositivo – Manda scariche elettriche direttamente ai nervi del suo braccio, e tu sai quanto può far male una scarica con quel voltaggio, vero Emelie? – le domandò retoricamente.

La ragazza quel dolore lo conosceva bene.. fin troppo. Erano molte le volte in cui aveva desiderato di morire sotto elettroshock, piuttosto che sopravvivere per aspettare la volta successiva.

-    Pensi di potermi aiutare adesso? Per il bene del Sergente Barnes ovviamente – sorrise l’uomo.

Emelie abbassò lo sguardo verso James. Lui, ancora con il fiato grosso, la stava fissando; poi allungò la mano destra e la spazzò via con il pollice le lacrime che avevano ripreso a scendere sul volto.
La ragazza si chinò verso di lui, affondando il viso sulla sua spalla.

-    Mi dispiace James… mi dispiace così tanto… - singhiozzò.

La libertà non era mai sembrata così distante.



Chief's room:

Ben ritrovati a tutti ^^

Posso affermare che i capitoli ambientati nel 1945 si stanno per esaurire; prevedo di scriverne ancora un paio a conclusione. Manca quindi pochissimo a dover salutare Emelie.. chissà cosa le accadrà!
Sono contenta della piega che ha preso questo new character, per cui, qualsiasi decisione io prenderò sulle sue sorti, sappiate che non lo faccio con leggerezza; dopotutto mi sono affezionata anche io a lei.
Il Soldato d'inverno è quasi "pronto" e, a sorpresa, a contribuire a crearlo è stata anche la stessa Emelie, per quanto ne fosse totalmente all'oscuro. Non so se il ruolo che io le ho dato all'interno del processo sia stato spiegato con chiarezza, se permanessero dei dubbi potete chiedermi ulteriori chiarimenti senza problemi. Sarò ben felice di rispondervi!
All'interno del testo c'è una piccola citazione, tratta da un film famoso, chissà se qualcuno di voi l'ha colta ;)
Ringrazio infine tutti coloro che si sono fermati a leggermi, le Howling commandos per le recensioni, e tutte le belle persone che mi hanno inserita tra le fic seguite, preferite (Grace18) e ricordate!

Un abbraccio,
Marta

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Capitolo 18
*** Nubi temporalesche ***


17. Nubi temporalesche


James, nelle settimane che seguirono il loro arrivo, non dovette impegnarsi molto per mantenere l'impegno preso con la capo villaggio.
Come aveva detto la stessa signora Matsuda, le cose da sistemare prima delle grandi nevicate erano molte, e sia lui che Leanne venivano impegnati per quasi tutto il giorno.

Il Soldato dava una mano soprattutto nei lavori più pesanti: come spaccare la legna, aiutare a sistemare i tetti in paglia e facendo riparazioni di vario genere a chiunque gli chiedesse una mano. Durante il tempo che trascorse con gli abitanti del villaggio, nessuno gli chiese mai nulla su chi fosse o su che cosa facesse prima di arrivare in quello sperduto paese, ma tutti lo trattarono come se avesse sempre abitato lì con loro. Il suo lavoro e i suoi sforzi, venivano ricompensati con ampi sorrisi e molte tazze di tè fumante, e il ragazzo, in tutta sincerità, non poteva sperare in meglio. Si sentiva finalmente normale in una vita in cui tutto sembrava dire che non lo era più; lì, aveva ritrovato il senso di una vita comune. Perfino la piccola Chihiro, dopo l'iniziale titubanza, adesso accompagnava spesso e volentieri il giovane in giro per il villaggio, spiegandogli tutte le curiosità che lui esprimeva sulle usanze Giapponesi. Per quanto infatti il ragazzo sapesse parlare fluentemente la lingue nipponica, sapeva poco o niente di quel paese. Probabilmente quelli dell’Hydra avevano valutato che non dovesse interessargli niente di più.
Quando James tornò verso casa dopo aver passato il pomeriggio a ferrare alcuni cavalli, ad accoglierlo, anziché il solito spadellare proveniente dalla cucina, gli arrivarono degli strani rumori.
Con cautela si mise a fare il giro della casa, portandosi dal lato della veranda. Lì, Leanne, in maniche corte nonostante il freddo polare e con i capelli bianchi stretti in una coda, stava compiendo i movimenti tipici di un allenamento marziale.
James, notò subito che i suoi movimenti erano molto fluidi e che concatenava con scioltezza ogni colpo con il successivo. Nomura aveva davvero fatto un ottimo lavoro con lei.


-    Oh, eccoti! Capiti a proposito! – esclamò lei
quando lo vide, con il solito sorriso ad illuminarle i tratti del viso.

Quel sorriso, da qualche tempo, provocava in James uno strano smottamento interiore che sfociava nella più completa tranquillità. Vedere Leanne e trascorrere il tempo con lei, lo faceva stare bene.

-    Io a rischiare di essere scalciato da un cavallo e tu qui tranquilla a fare ginnastica? – la salutò lui con un ghigno.
-    Sempre a lamentarti – sbuffò lei in risposta – Forza, vieni a darmi una mano ad allenarmi! Ho bisogno di un bersaglio che non sia solo frutto della mia immaginazione -  gli disse, facendogli cenno di avvicinarsi.
-    Non credo sia una buona idea – replicò James scuotendo la testa.
-    Ti prego… dimmi che non è perché sono una donna! – rispose lei esasperata, aggrottando le sopracciglia – Secondo te, quando lavoravo nello SHIELD, tutti i nemici che ho incontrato hanno avuto la stessa accortezza nei miei riguardi? – aggiunse con uno sguardo eloquente.
-    Sono sicuro che non sia stato così, infatti io lo dicevo perché non sarebbe uno scontro alla pari. Tutto qui. – rispose serafico il ragazzo.

Non appena la sua bocca si fu chiusa sull'ultima sillaba, James dovette scansarsi perchè il sasso che Leanne gli aveva lanciato contro non lo centrasse in piena fronte.


-    Smettila e vieni a mettermi alla prova, potrei sorprenderti – lo esortò lei con un sorriso ferino.


James, alzò le spalle come a dire "lo hai voluto tu" e si tolse la giacca. Non si preoccupò che qualcuno vedesse il suo braccio meccanico, erano sul lato della casa che dava solo sulla foresta e ormai il sole era calato oltre le montagne.
Una volta depositati gli abiti sulla veranda, il ragazzo si mise davanti alla sua avversaria.

Non ebbe neppure il tempo di mettersi in posizione, che Leanne senza dare preavviso, scattò verso di lui. James scartò di lato, parando senza difficoltà un calcio diretto al fianco e quello successivo diretto all’avambraccio destro.
Leanne era rapida, precisa e sapeva come non farsi agguantare in prese che le sarebbero costate un’immediata sconfitta. Nonostante tutto questo, la ragazza mancava di potenza.


“ Potrebbe sicuramente resistere alla maggior parte dei militari, ma con qualcuno dotato di capacità superiori non è suff..”

James, aggrottò la fronte interrompendo la propria valutazione; fino a pochi istanti prima si era limitato a schivare i colpi della ragazza, ma adesso, automaticamente aveva iniziato a pararli, e gli pareva anche che stessero aumentando di forza.
Il Soldato sorrise, dandosi dell’idiota mentalmente; Leanne, fino ad allora, si era solo limitata a studiarlo e adesso stava mettendo in pratica le informazioni acquisite. Stava puntando ad ogni piccola apertura che riuscisse a trovare nel ragazzo, e questo senza calare di un minimo la velocità.

-   Coraggio Jamie, reagisci! - lo provocò lei, utilizzando il nomignolo che il Soldato odiava.

James, saltò per evitare una spazzata alle gambe e parò con il palmo un pugno indirizzato al suo costato, poi con un colpo di reni, scartò all’indietro un calcio che però sentì sfiorargli la pelle.
Si era completamente sbagliato nel valutarla, quella ragazza era decisamente sopra la media; lei e la Vedova Nera potevano benissimo competere alla pari, soprattutto se armate.

Leanne caricò un altro corpo facendosi avanti e James assunse la posizione difensiva, ma in quello stesso momento, la ragazza scomparve dal suo campo visivo… al suo posto comparve un uomo in uniforme che, gridando, gli si avventò contro armato di coltello.
Il sole e i rumori pacati del villaggio erano spariti, sostituiti dalla luce di fari alogeni e dal rombo caotico della battaglia sul campo.
Seppur spaesato, James rispose prontamente all’assalto e un battito di ciglia dopo, si ritrovò di nuovo ansante vicino alla veranda.
Era stato un attimo così rapido, da non dargli il tempo di capire cosa fosse accaduto.
James, battè un paio di volte le palpebre riconnettendosi con il mondo circostante e fu allora che vide il corpo di Leanne giacere qualche metro più in là.


-    Leanne! – gridò lui precipitandosi verso la ragazza che sostava immobile.

Quando le fu a fianco, la ragazza si mosse improvvisamente, facendogli perdere l’equilibrio per poi salirgli sul petto inchiodandolo al terreno gelato.

-    Battuto! – esclamò lei ridendo soddisfatta – Iniziavo a pensare che non avresti mai contrattaccato! Certo che non ti sei risparmiato alla f…- il resto della frase le morì in gola notando quanto il ragazzo fosse pallido in viso – James, cos’hai? – gli chiese preoccupata.
-    Ti ho fatto male? – le domandò lui spaventato.
-    N.. no.. ho parato abbastanza bene – replicò lei senza capire e facendosi indietro perché lui si potesse sedere – Cos’è successo? – lo interrogò.
-    Non era mia intenzione rispondere ai tuoi colpi.. ma... ho avuto una specie di flashback molto reale..- rispose lui massaggiandosi una tempia.
Leanne si fermò a guardare l’espressione sofferente che aveva in volto. Era sicuramente scattato qualcosa in lui e non sapeva che conseguenze avrebbe portato.

-    Vieni, sediamoci sotto al portico – propose lei, allungandogli una mano per aiutarlo ad alzarsi.

James, però, si tirò in piedi da solo. Da quando le cose tra lui e Leanne erano migliorate, non l'aveva mai toccata con la mano sinistra e avrebbe continuato a non farlo. Quel metallo aveva fatto troppe cose orribili... 
La ragazza sembrò comunque non farci troppo caso, e una volta che si fu rimessa felpa e giacca, entrò in casa.
Ne uscì poco dopo, portando con se un paio di bicchieri d’acqua. Leanne si sedette di fianco a James porgendogliene uno, che venne accettato con un cenno del capo.


-    Spiegami, cosa hai visto di preciso? – gli domandò quando il ragazzo ebbe finito di bere.
-    Non so bene nemmeno io cosa sia stato.. ad un tratto davanti a me è semplicemente comparso un tizio in uniforme che mi stava aggredendo con un coltello – spiegò rigirando l'acqua rimasta nel bicchiere - Era tutto estremamente reale, i suoni, le sensazioni.. perfino gli odori - aggiunse, ricordandosi del tanfo metallico che aveva impregnato l'aria in quei pochi secondi.
-    Sai dire dove fossi? O in che periodo possa essere successo? – gli chiese Leanne.
-    No – il ragazzo scosse la testa – E' stato tutto troppo rapido e il mio corpo ha agito d’istinto... mi dispiace – mormorò afflitto James.
-    Non è successo niente – lo rassicurò lei, ma nonostante questo l’ombra che era calata sul volto del giovane non accennò a passare.

Leanne, dentro di sé, sospirò, aveva giusto pensato quella mattina, mentre lo guardava andare via sorridente assieme a Chihiro, che finalmente sembrava davvero sereno. Ora invece, sembrava tornato al punto di partenza. Lo sapeva che la strada per ritrovare sè stesso non sarebbe stata facile, ma vederlo così non poteva che sollevare in lei una certa preoccupazione.

-    Meglio se mangiamo – esordì dopo un attimo di silenzio, strappandolo alle sue riflessioni – Chihiro-chan ci ha portato delle uova fresche e mi ha fatto promettere che ti avrei fatto gli Okonomiyaki* visto che non li hai mai mangiati – disse con un sorriso.

James si limitò ad annuire distratto e per tutta la cena non spiccicò parola nonostante i tentativi di fare conversazione di Leanne.
Quello che gli era successo, oltre a non saperselo spiegare, lo aveva lasciato profondamente scosso… L’aver aggredito Leanne era imperdonabile, e le parole che il maestro di lei gli aveva rivolto sulla soglia del tempio, risuonavano nella sua testa come un campanello d’allarme.
In tutte quelle settimane aveva passato diverso tempo a leggere i fascicoli sulle missioni a cui aveva partecipato e, nonostante non si fosse ricordato nulla di concreto, il solo pensiero di aver aiutato HYDRA a portare avanti certe campagne, lo riempiva di repulsione.
Molte persone innocenti avevano perso la vita, e molte guerre erano scoppiate proprio grazie a quei piani. James, sentiva i ricordi raggrupparsi dentro di lui come una nuvola temporalesca pronta a dare sfogo a tutta la sua violenza, e quello lo preoccupava non poco.
Immerso com’era nei suoi pensieri, non si accorse dell'assenza di Leanne che lo aveva preceduto verso l'unico bagno della casa.
La sera precedente, la ragazza lo aveva convinto a lasciarsi tagliarsi i capelli, diventati ormai troppo lunghi per essere gestiti, o per non farlo sembrare un orso (così lei gli aveva detto).
James decise quindi di alzarsi, raggiungendola nella toilette. Quando mise piede dentro la stanza, vide Leanne abbassarsi rapidamente la maglietta che aveva tirato su.

-    Davvero, non è niente – protestò lei, cercando di impedire a James di scoprirle di nuovo il fianco.

Sotto la stoffa, un grosso livido violaceo stava diventando sempre più scuro.

-    Cosa ti ho fatto… a te, a tutte quelle persone - sussurrò contrito il ragazzo facendo per uscire dal bagno.

Leanne lo afferrò subito per entrambe le braccia, trattenendolo.


-    Fermati! - gli ordinò e vedendo James opporre resistenza, gli si piazzò davanti – Fermati e ascoltami – ripetè, afferrandogli il viso tra le mani e costringendolo a guardarla.

Dopo un attimo di reticenza, gli occhi chiari del ragazzo si fissarono in quelli scuri di lei.

-    Questo livido mi ha solo confermato la tua umanità – gli disse.
-    Tu sei pazza – replicò il ragazzo facendo per sorpassarla.
-    Ti ho detto di ascoltarmi! – esclamò lei spazientita, mettendogli i palmi sul petto per bloccarlo – James, forse non te ne rendi conto, ma qualche mese fa non ti sarebbe importato nulla di avermi fatto male! – disse, attirando finalmente la sua attenzione – Non avresti provato rimorso, né ti saresti precipitato in mio soccorso! Questa, è la prova che il Soldato d’inverno non esiste più!  E se ho dovuto pagare con un livido, beh, ben venga! – gli sorrise.

James la guardò, cercando anche solo un briciolo del rimprovero che si sarebbe meritato e trovando invece solo una grande comprensione.

-    Ma non esiste più nemmeno il sergente Barnes – replicò lui.
-    Bucky c’è ancora invece; non sarà lo stesso di un tempo, ma lui c’è – ribattè Leanne, afferrandogli la mano metallica senza alcun timore.
-    Speriamo che tu non sia solo troppo ottimista – disse lui, concedendole finalmente un sorriso.
-    Tu sei sicuramente troppo pessimista invece – rise lei e poi lo abbracciò – Andrà bene James, ne sono sicura – aggiunse.

Il ragazzo rispose all’abbraccio, lasciandosi cullare dal tepore del corpo di lei.

-    E comunque, il taglio di capelli non lo eviti di certo mio caro! – gli disse contro la spalla.
-    Vorrei ricordarti che mi hai chiamato "Jamie" oggi; Becky incappava in pesanti ripicche da parte mia per questo – replicò lui ridendo e sollevandola di qualche centimetro da terra.

Forse poteva lasciare che le nuvole restassero lì, tranquille ancora per un po’.

* Frittata tipica cotta su piastra rovente nella quale, a seconda dei gusti, ci si può mettere un pò di tutto.


Chief's Room:

Buonsalve!

Bentornati in Giappone ^^
Sono passate alcune settimane dall'arrivo di James e Leanne al villaggio e, grazie anche alla disponibilità degli abitanti, l'ex Soldato d'inverno sembra essersi adattato piuttosto bene. Ad alcuni, questo capitolo, ricorderà il film X-men lo origini di Wolverine e un pò magari anche l'ultimo X-men. Trovo sempre affascinante vedere come uomini tutti d'un pezzo, quali Logan e Magneto, siano incredibilmente adattabili a situazioni "casalinghe". Forse, a volte, ci si dimentica che dietro l'eroe c'è una persona comune, ed è con questi capitoli che vorrei esplorare un pò Bucky in una vita normale.
Nonostante questo, il suo passato è sempre in agguato e ora ha iniziato a manifestarsi. Come ha previsto Leanne, questo porterà a diversi problemi.. ma quali saranno le conseguenze?
Approffito delle ultime righe per ringraziare come al solito tutti i lettori, le Howling commandos (recensiste) con particolari congratulazioni a Benni per la sua laurea ;), e chi ha cliccato sul bottoncino delle preferite (Kaori ninjiaka), seguite (Queen_under_mountain) e ricordate!

Un buon weekend a tutti!

Marta

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Capitolo 19
*** Esperimento fallito ***


18. Esperimento fallito


Emelie, richiuse con uno scatto Orgoglio e Pregiudizio e lo infilò velocemente nell’intercapedine tra il muro e la scrivania dov’era già riposto il suo diario. Poi, una volta tornata a sedersi, osservò senza particolare interesse l'ingresso dell’uomo che veniva a prenderla per la consueta sperimentazione.


-    Oggi cambio di programma – esordì invece quello, cogliendola così di sorpresa – Il tuo amico è tornato –

Emelie scattò in piedi, affrettandosi a seguire lo scienziato che nel frattempo si era già incamminato.
Erano passati mesi dall’ultima volta che aveva visto James..
Per i primi tempi lo avevano tenuto in cella d’isolamento e i compiti della ragazza si erano limitati nel tenergli compagnia e nel calmarlo quando era necessario. Solo in seguito avevano iniziato a mandarlo sul campo come soldato d’elite e quando rientrava, era sempre compito di Emelie curargli le eventuali ferite ricevute. Comportandosi in quel modo, la ragazza era consapevole di star prendendo parte al gioco condotto da suo fratello, ma non aveva altre alternative. Se lei si fosse rifiutata di fare qualcosa, sarebbe stato James a soffrirne maggiormente e non voleva che accadesse mai più...
Ogni volta che il ragazzo rientrava, veniva nuovamente sottoposto a elettroshock in modo da cancellare tutti i ricordi legati al suo passato. C’erano volte in cui non riconosceva nemmeno Emelie quando la vedeva, rimanendo ad osservarla con occhi spenti mentre lei gli parlava e lo curava, ma non aveva mai più cercato di aggredirla. Forse, dentro di lui, c'era una piccola parte che in fondo la riconosceva.. Emelie era solita, una volta adempiuti i propri compiti, restare un pò con lui per raccontargli il libro della Austen. Così facendo, capitava che James si ricordasse di lei... anche se, alla fine, il ricordo veniva comunque sempre spazzato via.
Quella volta, in particolare, era stato via per un lungo periodo, così lungo che la ragazza aveva quasi sperato che fosse riuscito a scappare e invece...


-    Tornerò più tardi – la avvisò l’uomo che l’aveva accompagnata, aprendole la porta della cella di sicurezza di James.

Quando la ragazza entrò, il giovane era seduto sulla propria branda con la testa tra le mani, ma non appena la vide varcare la soglia si alzò. Emelie capì subito che era lucido; incredibilmente, la riconosceva.

-    Elie..- mormorò il ragazzo mentre lei gli si gettava tra le braccia.
-    Ti ricordi di me! – esclamò lei.  

James la strinse più che poteva con il braccio destro mentre il sinistro pendeva inerte sul suo fianco, quasi avesse paura che sfuggisse al suo controllo.

-    Cosa ti è successo? Sei stato via per tantissimo tempo – disse Emelie concitata guardandolo in viso.

Il ragazzo aveva un brutto taglio sul sopracciglio e il sangue rappreso gli incrostava le ciglia, mentre un livido viola scuro si stagliava netto sotto lo zigomo.

-    Quando ho concluso la.. la mia missione sarei dovuto tornare alla base HYDRA più vicina – disse James mentre Emelie lo faceva sedere sul letto e prendeva il primo soccorso – ma ad un certo punto non volevo più farlo.. non sapevo dire il perché, ma qualcosa mi diceva che non dovevo tornare – spiegò lentamente, come se focalizzare il ricordo gli costasse molta fatica.
-    Il tuo subconscio si stava risvegliando – ragionò la ragazza disinfettandogli il taglio.
-    Può essere.. ho vagato per un po’ di tempo in stato confusionale finchè non mi hanno trovato – le disse lui – ho cercato di resistergli, ma non sono riuscito a scappare – concluse amareggiato.
-    Sarebbe stato impossibile in qualsiasi caso – replicò Emelie per consolarlo.
-    Se penso di essere diventato lo strumento principale dei loro piani… - ringhiò - mi hanno trasformato in ciò che ho sempre combattuto assieme a Steve - aggiunse amareggiato
stringendo il pugno metallico

Emelie glielo avvolse con le sue mani, guardandolo negli occhi.

-    Non è colpa tua James, qualsiasi cosa tu faccia, non sei tu a volerla – gli disse fermamente.

James, la guardò con un accenno di sorriso sul viso e poi la fece sedere accanto a sé stringendola in un abbraccio.

-    Mi dispiace così tanto Elie – mormorò affranto.
-    E per cosa? – chiese lei stupita da quell’affermazione.
-    Per quello che ti sto facendo –

La ragazza si scostò da lui per guardarlo in viso con aria interrogativa.

-    Io perderò la memoria, non mi ricorderò di te, né della mia famiglia, o di Steve.. – spiegò – ma tu sì… - concluse.

Emelie ricacciò indietro le lacrime che sentiva pungerle gli occhi e sorrise al ragazzo.

-    Quando ero bambina non ho mai capito il perché tutti piangessero e pregassero per i morti.. e mi chiedevo: “Perché questa gente non piange per chi è rimasto in vita con il proprio dolore?” – gli raccontò con nostalgia – Te lo giuro James, non importa quante volte ti dimenticherai della tua vita, io te la farò sempre ricordare – promise la ragazza.

James allora si chinò per lasciarle un leggero bacio sulle labbra.

-    E prima o poi io ti farò uscire da qui dentro – le rispose, poi si portò una mano alla testa.
-    Tutto bene? – domandò preoccupata Emelie.
-    Ho mal di testa, gli ultimi eventi devono avermi affaticato più del solito – disse il ragazzo.
-    Ti va se continuo a raccontarti di Lizzy e Darcy? – gli propose.
-    Volentieri, ma temo di non ricordarmi dove eravamo rimasti l’ultima volta – scherzò il ragazzo, mettendosi comodo sulla branda mentre lei prendeva posto al suo fianco.
-    Non importa – rise Emelie ed iniziò a raccontare.

Di lì a poco, complici le forti emozioni e la stanchezza, entrambi i ragazzi si addormentarono; vennero svegliati solo dal riapparire dello scienziato venuto a riprendere Emelie.

-    Ci vediamo la prossima volta Elie – la salutò James seduto sul letto.
-    Alla prossima James – rispose lei con un sorriso.

La voglia di James di avventarsi sul guardiano per prendere Emelie e scappare da lì era tanta, ma la sua camera era cosparsa di doccioni che al minimo pericolo avrebbero riversato nella camera un potente anestetico. Come aveva detto lei, era impossibile in ogni caso.
Per cui tutto quello che potè fare, fu di imprimersi bene nella mente i lineamenti tirati della giovane, nella speranza che rimanessero nella sua mente anche dopo i trattamenti subiti.
Quando la porta fu chiusa, l’uomo intimò alla ragazza di seguirlo nuovamente. Emelie si stupì di venir accompagnata in una piccola infermeria che non aveva mai visto.

-    Resta qui, verrò io a riprenderti tra un paio d’ore – le intimò lo scienziato lasciandola all’interno e chiudendo la porta a chiave.

A Emelie, seppur confusa, non rimase altro che guardarsi intorno. La stanza era piccola, stipata di armadietti per i medicinali, utensili da chirurgia e un paio di lettini chiusi da tende. Non sembrava una sala destinata alle sperimentazioni, poteva quindi solo trattarsi di una destinata al personale.
La ragazza decise di sdraiarsi sopra uno dei lettini, in attesa di tornare nella sua cella. Rispetto a pochi minuti prima, si sentiva molto meno tranquilla lì da sola, aveva un brutto presentimento che non riusciva a spiegarsi. Qualcosa le diceva di tornare indietro da James; un urgenza che le premeva ai lati del cervello. Con quei pensieri agitati, Emelie finì per scivolare in un sonno leggero.
Venne svegliata, qualche tempo dopo, dal rumore della porta che si apriva e ancora intontita, scese dal letto convinta che fossero venuti a prenderla.

-    Come mai la porta dell’infermeria era chiusa? –
-    Si saranno sbagliati –

La ragazza non riconobbe quelle voci e dallo scambio di battute, ne dedusse che loro non sapevano che lei fosse lì. Con cautela, Emelie si accostò alla tenda sbirciando oltre il bordo.
Un paio di giovani in camice bianco, stavano cercando qualcosa negli armadietti dandole le spalle.

-    C’è parecchio fermento al laboratorio cinque, cosa sta succedendo? – domandò uno dei due.
-    Mi ero dimenticato che sei arrivato da poco – rispose blandamente il suo compagno – si tratta del paziente per la resezione mnemonica; quell’americano che hanno catturato un anno fa – spiegò.

A udire quelle parole, poco ci mancò che Emelie si facesse scoprire. Era trasalita talmente tanto, da far quasi cadere la tenda.

-    Sì, ne ho sentito parlare, ma non era scappato? – si informò ancora quello più a sinistra.
-    Quasi, se fosse accaduto qualche testa sarebbe saltata, poco ma sicuro - replicò l'altro con un brivido nella voce - A quanto pare, più tempo trascorre dall’ultimo trattamento e più il soggetto riesce a riacquistare i ricordi.. L’ultima missione si è protratta oltre il previsto e le barriere neurologiche contenitive hanno avuto un tracollo – spiegò poi con tono pratico.
-    E quindi come risolveranno il problema? –
-    Stanno per chiuderlo in una cella criologica; in questo modo, tenendolo in sospensione tra una missione e l’altra, possono ridurre il danno al minimo. Ma dove diavolo sono quelle medicine?! –

Non appena l’uomo finì la frase, Emelie si sentì girare la testa. Il fatto che James fosse addormentato criologicamente poteva voler dire solo una cosa: non lo avrebbe più rivisto. In quel modo avrebbero risolto tutti i loro problemi… senza che ci fosse più bisogno di lei.
Emelie si mosse automaticamente, una volta elaborati quei pensieri, scattò
dal suo nascondiglio e si gettò verso la porta, afferrando al contempo un paio di forbici dal vassoio in metallo posto lì vicino.

-    Ehi! Ferma! –

I due uomini non furono abbastanza rapidi e l’unica cosa che riuscirono ad agguantare, fu l’aria che produsse la porta quando Emelie la chiuse a mandata doppia.
La ragazza proseguì la corsa fino al laboratorio cinque; in giro c’era poco personale e nessuno, come al solito, badò a lei.
Quando irruppe nella stanza, tutti quelli che si trovavano al suo interno si girarono verso di lei, rimanendo freddati da quell’apparizione improvvisa.
Emelie, sempre guidata più dall'istinto che dal raziocino, afferrò una delle donne presenti, prendendola come ostaggio e puntandole le forbici nella pelle morbida della gola.

-    Chi diavolo l’ha fatta entrare!? – esordì Rheinoldt mentre le persone si spartivano per lasciare libera la scena ai due.

Emelie non lo ascoltò, superandolo invece con lo sguardo. Dietro di lui, un grosso macchinario emetteva uno strano sibilo e dall’oblò posto sulla cima, lo sguardo perso di James incontrò il suo. Il ragazzo non ebbe reazioni e questo le fece capire che aveva già subito il consueto elettroshock. Lì vicino, uno degli scienziati che collaborava con Rheinoldt, si era congelato nell’atto di accendere la consolle che avrebbe dato vita alla capsula e congelato James.

-    Lascialo andare, subito! – ringhiò Emelie all’indirizzo del fratello che sostava con le mani alzate in segno di pace.
-    Calma sorellina – cercò di rabbonirla lui.
-    No, non mi calmo. Ora tu lo lasci libero… - replicò gelida lei.
-    Non si può! Il Soldato perf..-
-    Non mi interessa del tuo soldato, io rivoglio James! – gridò Emelie interrompendolo e premendo con più decisione la punta delle forbici sulla gola del suo ostaggio che emise un pigolio spaventato.
-    Metti giù quell’arnese, per l'amor di Dio, e discutiamo con calma, avanti. – disse con calma il fratello.
-    Fermo lì! Non c’è niente da discutere, tu ora lo tiri fuori da lì… - lo bloccò la ragazza quando lo vide fare un passo verso di lei.
-    Dottore? – mormorò incerto l’uomo che era alla consolle – Se aspettiamo ancora..-
-    E allora cosa sta aspettando? Proceda, no? – rispose Rheinoldt spazientito.
-    Fermati o la uccido! – urlò Emelie.
-    Proceda, non la ucciderà, non ne sarebbe in grado – replicò l'uomo con un sorriso compassionevole.
-    Giuro che lo faccio! – ripetè la ragazza con il cuore che minacciava di scoppiarle nel petto.
-    Dottore? – balbettò lo scienziato.
-    Proceda!- abbaiò imperioso Rheinoldt.

I momenti successivi si susseguirono con una sequenza molto rapida.
L’uomo si voltò, premendo il pulsante per azionare la macchina che si mise immediatamente in moto; allo stesso tempo Emelie, urlando, scostò il suo ostaggio lanciandosi con le forbici in pugno verso il fratello. La ragazza vide Rheinoldt spalancare gli occhi, mettendosi a gridare all'indirizzo di qualcuno che le era alle spalle. La giovane a quel punto si bloccò con la mano alzata, mentre un forte bruciore le invadeva il petto.

James, dalla sua posizione, vide tutta la scena: di come quella magra ragazza si fosse scagliata verso l'uomo biondo e di come uno di quelli con il camice alle sue spalle, avesse tirato fuori una pistola per esplodere un colpo verso di lei.
Quando vide uno dei proiettili colpirla alla schiena, a James venne spontaneo mettersi a urlare, mentre un dolore sordo gli esplodeva nel cuore. Non sapeva perché, ma non voleva che quella ragazza morisse, non voleva perderla, non vol…

I pensieri del ragazzo si interruppero bruscamente non appena le cella si mise in funzione, calandolo in un sonno indotto.
Emelie osservò l’espressione di James congelarsi e capì che non era riuscita nel suo intento. Ormai era finita...

Le gambe, come se avessero intuito di non servire più a nulla, cedettero facendola crollare a terra. Rheinoldt le fu subito accanto, sollevandole la testa per permetterle di respirare meglio.

-    No! Razza di stupida! Anni di progetti andati in fumo! – gridò al colmo della collera, osservando il sangue colarle dalla bocca segno di un polmone compromesso.

Emelie pensò che morire non era poi così difficile.. con tutta la sofferenza che aveva patito e dopo aver avuto l’occasione di conoscere e innamorarsi di James, non era affatto così terribile... soprattutto perché adesso, aveva la certezza che gli esperimenti su di lei non avrebbero dato i frutti sperati.
Si sentiva stanca, molto più stanca di tutte le altre volte. Non era riuscita a salvare James e non avrebbe nemmeno potuto onorare la promessa che gli aveva fatto, e forse quello era il suo unico rimpianto. La sola consolazione, era quella di sapere che lui non si sarebbe probabilmente mai ricordato della sua morte e si sarebbe così evitato molto dolore.
La ragazza, con uno sforzo immane, staccò gli occhi dal viso congelato di James e guardò suo fratello, l'aguzzino che le aveva strappato ogni cosa, ma che alla fine non era riuscito realmente ad averla. Quella discendenza malata sarebbe morta con lei.

-    Esperimento fallito, dottor Schmidt – sorrise con i denti macchiati di rosso.

Dopo di che, Emelie Schmidt cessò di vivere.


Chief's room:

Buon venerdì a tutti!

Con questo capitolo si è concluso l'arco narrativo ambientato nel 1945. Finalmente si è scoperto come Emelie è morta. Vi aspettavate questo risvolto? O vi eravate immaginati altri scenari?
E' sempre difficile togliere dalla scena uno dei propri personaggi, soprattutto quando sono creature nate dalla propria immaginazione. Ho cercato di tirare fuori tutto ciò che era possibile da Emelie, cercando di trasformarla dalla ragazza che aveva quasi accettato il suo destino, alla ragazza che decide di giocarsi tutto, vita compresa, per ciò a cui tiene.
James è forse stato messo un pò più da parte in questo capitolo, ma era l'epitaffio di Emelie ed era lei a dover essere protagonista.
Restano ancora mille dubbi, soprattutto su quali esperimenti e a che scopo venissero condotti su di lei. Ma sarà compito dei nostri amici del 21esimo secolo svelarvelo.
Come reagirà James quando si ricorderà di ciò che è successo? Si vedrà!
Ringrazio di cuore tutti i lettori, le Howling commandos tra le quali in particolare Kaori Ninjiaka per essersi unita al gruppo, chi mi ha inserita tra le preferite, seguite (Chrona 00 e EkaterinaKenzi) e ricordate.

Un abbraccio a tutti e a venerdì prossimo!
Marta

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Capitolo 20
*** Forse un giorno ***


20. Vicini e Lontani


James, chiuse il fascicolo che aveva davanti e si stropicciò gli occhi. Aveva di nuovo fatto lo ore piccole e l’orologio della biblioteca di Leanne segnava ormai le due e mezza. Si alzò, avvicinandosi all'unica finestra presente per sgranchirsi le gambe e la mente. 
La testa gli rimbombava degli echi di spari e grida, suscitati dagli ultimi documenti letti e che riguardavano una recente missione in Iraq alla quale aveva partecipato come supporto militare. La sensazione di disagio che aveva provato nel leggere quelle notizie sapeva essere genuina. Anche se non se lo ricordava ancora chiaramente, lui c'era stato e aveva fatto tutte quelle cose descritte nero su bianco sulla carta.
La nuvola temporalesca che aveva iniziato ad addensarsi qualche tempo prima, era ancora lì pronta per abbattersi su di lui.. e prima o poi sarebbe accaduto.
Il ragazzo si concentrò sulla neve fuori dalla finestra, osservandola scendere lenta e silenziosa dall'alto. Il cielo aveva iniziato a scurirsi già nel tardo pomeriggio e dopo cena aveva cominciato a nevicare abbondantemente. Fiocchi grossi come batuffoli di cotone, avevano iniziato la loro discesa verso il suolo e tutt’ora continuavano con la stessa intensità.
Leanne, quando aveva visto nevicare, si era illuminata come una bambina la mattina di Natale.
Il motivo di quella felicità, era da cercarsi nei ricordi di quando era bambina. La ragazza, aveva raccontato a James che da piccola abitava in una grande metropoli sempre piena di rumori, tranne quando nevicava. In quel frangente, la città si fermava e un silenzio irreale scendeva per le strade. Aveva proseguito dicendogli di amare quei giorni, perché le sembrava di svegliarsi in un altro mondo.
A quel punto, anche James aveva riportato la mente agli inverni trascorsi a Shelbyville, ricordandosi di come la piazza principale della città diventasse un vero e proprio campo di battaglia per sfidarsi a palle di neve. Lui e Steve facevano squadra contro gli altri ragazzini della città e James, spesso e volentieri, finiva sempre per fare a botte con quelli che si accanivano contro il suo allora esile amico.
Com'era tutto cambiato  rispetto a quei giorni...

L'ex Soldato d'inverno, si scostò dalla finestra per riporre nello scomparto segreto il fascicolo appena concluso e nel farlo, inevitabilmente, posò gli occhi su uno degli ultimi. Il "certificato di morte di Emelie Schmidt", così recitava l’etichetta.
Nonostante la forte tentazione di aprirlo, non lo aveva mai fatto. Il consiglio di Leanne lo bloccava ogni volta e anche il suo cuore, gli suggeriva che era meglio attendere di ricordarla da viva piuttosto che da morta.

Leanne d'altro canto, non gli aveva ancora fatto leggere il suo diario e lui non lo aveva chiesto. Da una parte desiderava ardentemente ricordarsi di Emelie, in modo da poter dare un senso alle immagini sconclusionate che affollavano i suoi sogni da un pò di tempo.
Il suo viso sorridente era uno dei ricordi più tangibili che avesse riacquistato fino a quel momento, e anche solo a pensarci, il suo cuore accelerava i battiti. Dall’altra parte, in compenso, ne era terrorizzato; ricordarsi di lei sapendo essere già morta, gli avrebbe procurato un dolore insostenibile, ne era certo.
Sapeva che quella ragazza era stata importante per lui, molto importante, al pari del suo vecchio amico d’infanzia o della sua famiglia.
All’improvviso, un urlo proveniente dalla camera di Leanne lo strappò dei suoi pensieri.
James, corse subito nella stanza accendendo la luce. La ragazza era seduta sul futon con il respiro affannoso e la fronte imperlata di sudore.

-    Leanne! – la chiamò il ragazzo avvicinandosi.

La giovane lo guardò come se fosse stupita di vederlo lì.

-    Non.. riesco.. a respirare – disse rantolando e premendosi le mani sul petto.
-    Hai un attacco di panico – le disse lui, inginocchiandolesi di fronte e mettendole le mani sulle spalle – Devi respirare, fai come me – le consigliò, inspirando profondamente e poi buttando fuori l’aria in un colpo.

Leanne cercò di imitarlo e, boccata dopo boccata, sembrò migliorare.

-    Scusami, ti ho fatto preoccupare.. – mormorò Leanne appoggiando la fronte sullo sterno del ragazzo.

Si sentiva come se un’intera mandria le fosse passata sopra; non aveva attacchi così violenti da un bel pò di tempo.

-    Cos’è successo? – le domandò lui passandole un braccio attorno alle spalle.
-    Incubi..- mormorò lei.
-    Per farti svegliare urlando a questo modo devono essere terribili – osservò il ragazzo.
-    Non sei l’unico ad avere sulle spalle un passato pesante da sostenere – disse la ragazza rimettendosi a sedere.

Aveva i capelli serici appiccicati alla fronte sudata e le spalle conservavano un leggero tremore. Quando James fece per alzarsi, Leanne lo afferrò per un braccio trattenendolo.

-    Non andare! – esclamò.

Il ragazzo si stupì di quel tono accorato. Aveva visto Leanne in tante situazioni, ma non l’aveva mai vista così spaventata, neppure quando si era trovata di fronte al Soldato d'inverno per la prima volta.

-    Scendo solo a prenderti un bicchiere d’acqua, arrivo subito – le rispose con calma per tranquillizzarla.

Non appena James fu uscito dalla porta, Leanne si prese la testa tra le mani. Stava perdendo il controllo. Quell'incubo... quell'incubo che era tornata a tormentarla rischiava di mandare a monte i suoi sforzi. Il bisogno disperato di dire la verità a James, che fino a quel momento era riuscita a contenere, stava traboccando. Quando lo aveva visto lì, per lei, con il volto segnato dalla preoccupazione, la sua mente aveva avuto un tracollo e se non fosse stata a corto di fiato, gli avrebbe urlato la verità senza neppure pensarci.
" Dio, se solo sapesse, se solo... calma Leanne, devi stare calma, devi..."

Il pensiero della giovane si interruppe al riapparire di James, che le porse il bicchiere d'acqua tenendole ferme le mani che tramavano ancora. 

-    Grazie – gli disse mentre lui, appoggiato il bicchiere, si sedeva di nuovo vicino a lei spalla contro spalla – Eri ancora alzato? – gli chiese.
-    Sì, ho letto il fascicolo sulla missione in Iraq – rispose lui torcendosi le mani.
-    Ma non hai ancora ricordato niente di preciso, vero? – replicò Leanne osservandolo di sottecchi.
-    No… e non so se la cosa debba farmi piacere o spaventarmi – disse sinceramente il ragazzo.
-    Credo sia l’una che l’altra cosa – rispose Leanne con un sorriso che il ragazzo ricambiò.

Tra i due calò per un attimo in silenzio e la ragazza ne approfittò per studiare la mano bionica che in quel momento era intrecciata con quella vera. Pelle e metallo a confronto.

-    Posso? – gli chiese dopo un momento, toccandogliela con l’indice.
-    Certo.. – rispose James un po’ sorpreso del suo interessamento e girandosi in modo che potesse osservarla meglio.

La ragazza fece scorrere le dita lungo l’arto. Era in tutto e per tutto uguale ad un braccio vero, le scaglie di metallo che lo ricoprivano si muovevano con la naturalezza della pelle di un serpente, adattandosi ai movimenti che compiva. Sulla spalla spiccava nitida una stella rossa, retaggio dell'impiego nei servizi segreti sovietici durante la guerra fredda.
Leanne, arrivò fino all’ampia cicatrice frastagliata, laddove il braccio era stato saldato con la pelle.

-    Deve averti fatto male… - mormorò.
-    Non mi ricordo se mi abbia fatto male.. so solo che ha fatto del male a tanta gente – replicò il ragazzo, chiudendo il pugno e provocando una reazione a catena lungo tutte le placche.

Leanne alzò lo sguardo incrociando quello di lui.

-    Smettila James, dico davvero.. – lo redarguì – non sei l’unico ad aver commesso degli sbagli.. - gli aggiunse abbassando lo sguardo.
-    Siamo ben incasinati – commentò il ragazzo.
-    Già, è vero – gli sorrise lei.

Quando Leanne si accorse di quanto gli fosse vicina, si stavano già baciando. Con gli occhi chiusi e la testa inclinata, la ragazza lasciava libero accesso della sua bocca a James. Da come la lingua del soldato giocava con la sua, Leanne era sicura che perlomeno ricordasse alla perfezione come si baciasse. Un remoto angolino del suo cervello invece, le stava gridando che stava commettendo un grosso errore; lo sapeva, ma aveva desiderato quel contatto dalla prima volta che lo aveva visto. Irrazionalmente, avrebbe voluto baciarlo da subito.
La ragazza, incoraggiata dalla mano destra del ragazzo che le accarezzava la schiena dandole brividi che non avevano nulla a che fare con la temperatura esterna, si spostò salendo a cavalcioni su di lui.
James, sentiva sotto i polpastrelli la pelle calda di lei. Era una sensazione che aveva dimenticato, un contatto che non pensava di poter riprovare. Leanne gli piaceva, gli piaceva perché era una ragazza che sapeva il fatto suo e non si lasciava intimidire, perché sapeva essere gentile con tutti, perché dimostrava le sue debolezze senza reticenze e gli aveva permesso di fare altrettanto, perché…
Ad un tratto, dopo averla fatta sdraiare sul letto ed essere sceso a baciarle il collo, si ritrovò di nuovo in un’altra situazione e in un altro luogo. Davanti a lui, il viso felice di Emelie gli sorrideva, per poi protendersi a baciarlo. Il ragazzo sentì l’incurvatura delle labbra di lei, una sensazione talmente famigliare che gli diede le vertigini.

-    James! –

Il richiamo lo riportò di botto alla realtà.
Sotto di lui, Leanne lo guardava preoccupata. James scosse la testa lasciandosi cadere di lato.


-    Mi dispiace… - mormorò, e lo era davvero.
-    Hai avuto un altro di quei flashback? – gli domandò lei.
-    Sì…- rispose lui, portandosi l’avambraccio a coprire gli occhi.
-    Emelie? –
-    Sì – ripetè di nuovo, voltandosi a guardarla.

Leanne aveva un'espressione imperscrutabile, con ancora le labbra gonfie per i baci dati e ricevuti.
Quella visione fece sentire James decisamente fuori posto.

–    Forse è meglio se… - lasciò la frase in sospeso e fece per alzarsi.

-    No, ti prego.. resta lo stesso se a te non disturba – gli disse la ragazza trattenendolo nuovamente.

James la guardò. Una scintilla della paura che aveva visto solcarle il viso prima, era ricomparsa. Con un cenno del capo le fece capire che andava bene e una volta che si fu coricato di nuovo sul futon, la luce venne spenta.

-    Non ti devi scusare, ok? – gli intimò Leanne nell'oscurità, sentendolo prendere fiato per dire qualcosa.
-    Non sai nemmeno cosa volevo dirti – replicò lui stizzito.
-    Ti conosco.. e non credo che volessi discutere di politica - fu la replica divertita della ragazza.
-    Credo di aver amato profondamente quella ragazza e forse la amo ancora adesso... trovi che sia irrazionale? – confessò James dopo un attimo di silenzio.
-    No, affatto. Hai ragione, l'hai amata follemente. – rispose Leanne, mettendosi più comoda contro il suo fianco e appoggiandogli la testa sulla spalla - Sono sicura che sarebbe molto contenta di saperlo – aggiunse.
-    Voglio ricordarmi di lei, mi capisci? – disse James, lasciando scivolare la testa sopra quella della ragazza - Magari più avanti... un giorno -
-    Magari sì – assentì Leanne.

Era meglio così.


Chief's room:

Salve bella gente!

Visto che in molti si interrogavano su che strada stessero prendendo i sentimenti di James e Leanne, questo capitolo chiarisce alcuni dubbi e ne apre di nuovi!
Leanne sta nascodendo qualcosa a Bucky e proprio per questo ha sempre tenuto da parte i suoi sentimenti per lui. Dall'altra parte, il nostro bel soldato prova una forte attrazione per l'albina, ma il ricordo di Emelie lo trattiene. In sostanza, non si sa come andrà a finire! XD Ma le sorprese non sono ancora finite ;)
Non sono molto soddisfatta di questo capitolo come per i precedenti :/ Ho faticato parecchio nel scriverlo nonostante sia più corto degli altri.. spero di riuscire a sgombrare un pò di più la mente quando sarò in ferie, perchè ultimamente mi sento leggermente sovraccarica ^^"
Bando alle ciancie, vi lascio con i vostri dubbi amletici sulla sorte dei due e passo a ringraziarvi!
Thanks to: i tantissimi lettori che continuano a seguirmi, le recensiste Howling commandos che non perdono mai un capitolo e tutti coloro che hanno pigiato sul pulsante delle ricordate, preferite e seguite.

Al prossimo venerdì (non più 1945 sigh),
Marta

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Capitolo 21
*** L'inizio dei giochi ***


20. L'inizio dei giochi


Quando James si svegliò il mattino successivo, il sole filtrava prepotente dalle imposte e di Leanne non c’era alcuna traccia.
Il ragazzo si mise a sedere sul futon e, un pò intontito dalla troppa luce, si alzò. Nell'aria danzavano particelle di polvere e dalla cucina non sembrava provenire alcun rumore.

-   Leanne? - chiamò James affacciandosi sulla penombra del corridoio.

Preoccupato dall'assenza di risposta, uscì dalla stanza e, dopo essere passato nella propria camera a recuperare una felpa da mettersi addosso, scese di sotto entrando in sala da pranzo. La porta che conduceva all'esterno era socchiusa e la temperatura della stanza glaciale.

-   Leanne? - provò nuovamente a chiamare proiettando nell'aria una densa nuvola di fiato - Ma dove diamine si è cacciata? - sbuffò mentre apriva la porta che dava sulla veranda.

Non appena si ritrovò fuori, ad accoglierlo trovò uno spettacolo decisamente insolito.
Al posto del solito panorama che lo aveva accolto fino al giorno prima, quella mattina, uno spesso muro di neve si ergeva davanti a lui per tutta la lunghezza del portico. L'unico spiraglio da cui passavano i raggi del sole, era di una decina di centimetri tra il muro e il tetto della veranda. Era di sicuro una quantità di neve che il ragazzo non aveva mai visto in vita sua.
Passato il primo spaesamento, James notò che sulla sinistra qualcuno aveva cercato di farsi largo nel manto bianco, e non ci voleva molto per capire chi fosse stato.

" Ma dov'è andata con tutta questa neve?" si chiese il ragazzo, non dovendo aspettare molto per scoprirlo.

-    James? Sono quassù! –

La voce di Leanne fu accompagnata da un attutito bussare sopra la sua testa. Perplesso, il giovane imboccò con un pò di fatica il varco aperto dalla ragazza e si issò sopra il porticato. Lì, Leanne lo accolse con un sorriso e una tazza fumante tra le mani, mentre seduta sul tetto, si godeva il panorama. Se James si era chiesto per quale diavolo di motivo si fosse cacciata lassù, ora aveva trovato la risposta.

Bianco.

Era tutto di un bianco candido che abbacinava la vista. La neve veniva interrotta solo dalla foresta, che si stagliava nitida come una striscia di carbone sul fondo. Le montagne splendevano al sole del mattino e tutto era permeato da un silenzio irreale, profondo quanto pacifico.

Il ragazzo, senza dire una parola, si sedette sullo spazio pulito dalla neve a fianco di Leanne, che gli offrì un po’ di caffè caldo dalla sua tazza.

-    Adesso capisco cosa intendevi dicendo che ti sembrava di essere in un altro mondo - disse a bassa voce per non turbare troppo quell’assenza di rumori.
-    E' come se questo bianco cancellasse tutto.. come se si potesse ricominciare da capo, da un'altra parte – rispose lei assorta – Questo è per te –

Dicendogli questo, la ragazza sporse a James un piccolo diario in pelle consunta.
Il soldato lo afferrò, realizzando subito ciò che doveva essere. Lo tenne tra le mani quasi con timore, osservando la copertina brunita e segnata dal tempo, e il dorso di carta ingiallito. Sulla copertina, all'interno di un apposito spazio, c’era scritto solo un nome in bella calligrafia.


“Emelie -Elie- Schmidt”


Elie… era così che la chiamava lui? Sì, era proprio così.
L'eco della sua voce che pronunciava quel nome si fece strada nei suoi ricordi.

-    Credo che sia giunto il momento che vi rincontriate – disse Leanne.
-    Grazie – rispose James con un sorriso riconoscente.

La ragazza, aveva sempre trovato dannatamente sexy il suo modo di incurvare gli angoli della bocca; gli dava un’aria da mascalzone tanto impertinente, quanto adorabile.

-    Anche se, dopo ieri sera, non è che tu lo abbia proprio meritato – lo prese in giro lei, appoggiando la tazza ormai vuota e scuotendo la testa.
-    Cioè dopo che ti ho soccorso dai tuoi incubi intendi? – la rimbeccò lui serafico.
-    Vorrai dire dopo che mi hai fatta capitolare tra le tue braccia per poi abbandonarmi! – rispose lei con tono teatrale, alzandosi.
-    Ah! Sarei io quello che ha preso l’iniziativa adesso? – disse accigliato il ragazzo.
-    Una fanciulla indifesa come me! Certo che è colpa tua! – esclamò lei, sgranando gli occhi come nei tv drama.

A quel punto, James si tirò in piedi con un’espressione che era tutto fuorchè raccomandabile.

-    Hai detto che ti ho fatta capitolare, giusto? – osservò con un lampo di sadico divertimento negli occhi.

Leanne realizzò immediatamente quello che lui voleva fare.

-    Non ti azzard..- la frase le si troncò in gola quando, con un leggero spintone, James la fece volare a gambe all’aria sulla neve.

James la osservò letteralmente sparire nella coltre, lasciandosi dietro solo un grosso buco informe.

-    E' gelata!! – urlò lei da ovunque si trovasse.


Il soldato si mise a ridere di gusto, risata che venne interrotta qualche istante dopo da una grossa palla gelata che gli arrivò in piena faccia.

-    Ben ti sta! – trionfò Leanne riemergendo, affondata nella neve fino alla vita – Oh no! Dai! - esclamò subito dopo, quando James scese dal tetto del portico e l'ebbe agguantata per la vita.
-    Giustizia è fatta – disse il soldato, trascinandola di nuovo per terra con lui.
-    Sei davvero una persona vendicativa – osservò ansante Leanne mettendosi a sedere – e sei anche pieno di neve – aggiunse ridendo e passandogli una mano sui capelli brinati.
-    Lo sei anche tu, piena di neve intendo... o almeno credo – replicò lui, osservando attentamente i fiocchi che si confondevano con la chioma bianca della ragazza.

Scoppiarono entrambi di nuovo a ridere; le turbolenza della sera prima già dimenticate.

-    Yuki nee-chan, James nii-san ma cosa fate lì? –

Entrambi si voltarono verso la voce della piccola Chihiro, arrivata su di un paio di vecchie ciaspole di legno e accompagnata dalla signora Matsuda.

-    Ciao Chihiro-chan – la salutò la ragazza.
-    E' bello vedervi già così attivi di prima mattina – osservò l’anziana con un mezzo sorriso tra le rughe.
-    Per inciso, ha cominciato lei – disse James alzandosi in piedi e spazzolandosi la neve dagli abiti.
-    Questa poi è bella! - esclamò Leanne, accettando però l'aiuto del giovane per tirarsi su.
-    Siete peggio dei bambini – commentò sconsolata Chihiro in un tono talmente buffo, da far scoppiare tutti a ridere.
-    Cosa vi porta qui? – domandò Leanne reprimendo un brivido per i vestiti che iniziavano a bagnarsi.
-    Il nii-san mi aveva promesso, che quando avesse nevicato, mi avrebbe aiutato a fare un pupazzo di neve enorme! – rispose la bambina accompagnando l'aggettivo con un movimento eloquente delle braccia.
-    E' vero – disse il ragazzo dopo una frazione di secondo di tentennamento.

Il suo sguardo si era involontariamente spostato sul diario di Emelie, riposto con cura lontano dalla neve. 

-    In più, volevamo invitarvi allo Yuki Matsuri* di questa sera – aggiunse la signora Matsuda.
-    Yuki Matsuri? – domandò James senza capire.
-    E' tradizione del villaggio di ritrovarsi tutti assieme per fare festa dopo la prima nevicata – spiegò Leanne al ragazzo.
-    Sembra divertente – rispose lui con un sorriso.
-    Quindi vedete di venirci a dare una mano – li redarguì l’anziana con una strizzatina d'occhio – Nel pomeriggio dovrebbe scendere anche Nomura-san – avvisò.
-    Prima dobbiamo fare il pupazzo di neve! – cantilenò Chihiro aggrappandosi al braccio destro dell'americano.
-    James però deve prima finire di spalare la neve qui davanti a casa – si intromise Leanne, provocando un immediato broncio nella bambina – Facciamo così, ne facciamo uno assieme io e te, e quando James ci raggiungerà nel pomeriggio, ne farete un altro assieme. Così stasera tutti potranno votare quale sia il più bello. Che ne dici? – propose Leanne con una strizzatina d’occhio.

La risposta della piccola stava già tutta nel suo sguardo eccitato.

-    Allora noi iniziamo ad andare; credo che voi abbiate bisogno di cambiarvi quei vestiti e scaldarvi un po’ – si accommiatò la signora Matsuda prendendo per mano Chihiro.
-    La ringrazio. Ci vediamo dopo – assentì la ragazza.
-    Non fate tardi! – gli urlò la bambina salutandoli con la mano.
-    Non preoccuparti! – la rassicurò James rispondendo al saluto.
-    Dio ti prego, adesso entriamo, sto morendo di freddo! – disse Leanne precipitandosi per tornare in casa.

Una volta dentro, la ragazza corse a togliersi i vestiti bagnati e a farsi un bel bagno caldo; quando ne uscì, James la stava aspettando in cucina.

-    Grazie – esordì indicando il diario posato lì vicino.

Il soldato, aveva intuito che Leanne si era offerta al suo posto perchè lui potesse restare ancora un pò a casa.

-    Figurati, so quanto ci tieni a leggerlo e almeno fino ad oggi pomeriggio potrai dedicarti solo a quello – rispose la ragazza mentre si infilava gli scarponi e recuperava le ciaspole dall’ingresso.
-    Non tarderò, promesso – asserì James curvando le labbra nel solito sorriso.
-    Lo spero proprio! E sappi che la neve è davvero da spalare! Mi devi un favore! – esclamò lei già sulla porta dell’ingresso.
-    Sei una dittatrice! – replicò James, sentendo la sua risata sparire dietro alla porta in chiusura.

Quando il ragazzo fu solo, tornò a fissare quel piccolo quaderno che racchiudeva in sè molte risposte.

"Sono pronto, Elie"

* Festa della neve



Chief's room:

Un saluto a tutti voi dalla vostra 'scrittrice' in ferie da esattamente... sei ore!! *scoppi di petardi in sottofondo*
Essendo quindi tranquilla (si spera) per due settimane, vi giuro che il prossimo capitolo sarà più lungo ^^" Questo è scarno ed è pure di passaggio.. un disastro, lo so xD Però finalmente James ha quel benedetto diario! Quali segreti conterrà?
Se tutto va bene, fra un paio di capitoli ci sarà una svolta in tutta la vicenda.... stay tuned!
Colgo l'occasione per augurare a tutti voi un buon ferragosto e se c'è qualcuno che ha appena iniziato le ferie come la sottoscritta, buone vacanze ^^
Un grazie speciale ai miei Lettori, al gruppo di recensiste "Howling commandos" e a chi mi ha inserita tra le preferite, seguite e ricordate.

Un abbraccio a tutti,
Marta

p.s. le risposte alle recensioni arriveranno domani!

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Capitolo 22
*** Canti notturni ***


21. canti notturni


Non appena Leanne fu uscita, James si diresse verso la piccola biblioteca al primo piano e si sedette alla consueta scrivania. Appoggiò il diario consunto davanti a sé e lo studiò per un attimo.
Si sentiva come davanti a qualcosa di sacro, sia perché per lui voleva dire finalmente conoscere di nuovo Emelie, sia perché quell'oggetto era stato un qualcosa di molto personale per la ragazza.
Sul frontespizio brillava l’inchiostro con il suo nome e, nello stretto spazio fra quello e il cognome, era stato incastrato successivamente “Elie”. James era sempre più sicuro di essere stato lui a darle quel nomignolo, mentre il cognome lo mise in allarme: Schmidt.
Era appartenuto a colui che si celava dietro l'appellativo di "Teschio Rosso"; personaggio che James aveva avuto modo di conoscere il giorno in cui Steve aveva salvato lui e gli altri suoi commilitoni dalla prigionia dei tedeschi. Onestamente faticava a pensare che tra loro ci potesse essere un qualsiasi legame di parentela...
Leanne, si era raccomandata di leggere tutto prima di fare supposizioni o di giudicare, e lui aveva tutta l’intenzione di seguire quel consiglio.

Le prime righe della pagina successiva erano state cancellate da decisi colpi di stilografica e poco più sotto riprendeva la calligrafia corsiva della ragazza.

Avevo iniziato questo diario con l'intenzione di scrivere la mia storia e le mie ultime volontà, nella speranza che un giorno venisse ritrovato e che tutto ciò che di terribile è accaduto qui dentro venisse scoperto. Ero pronta a lasciare definitivamente questo mondo di sofferenza, ma il destino, come al solito, ha voluto diversamente.. Qualche giorno fa, Rheinoldt è venuto ad informarmi dell'arrivo di un paziente "particolare" di cui mi sarei dovuta occupare. Un soldato, per la precisione Americano, catturato durante una missione. Ed è in queste infelici circostanze, che ho conosciuto il Sergente James Buchanan Barnes. Quel povero ragazzo ha perso un braccio e io mi devo occupare della sua guarigione.
Il mio desiderio di morire è venuto meno nell’istante in cui mi ha fatta sorridere. Non so da quanto tempo non mi capitasse! Pensavo che il mio viso avesse perso quell’abilità, invece era solo dipeso dal fatto che non avevo niente per cui sorridere..
Non so cosa vogliano farne di lui; quali siano i piani di mio fratello.. In tutti i casi mi dispiace per quel che gli è capitato.. E' un bravo ragazzo, ma al destino questo non è mai importato.

Non appena James ebbe letto le prime righe, la voce di Emelie gli tornò chiara come la luce del sole. Il suo accento tedesco, l’inflessione che aveva in certe parole... James sentì gli occhi inumidirsi. La nostalgia che gli era cresciuta nel petto non poteva che essere autentica.
Nonostante questo però, il periodo trascorso dopo la caduta dal treno restava nell’oblio.
Il ragazzo si impose di avere pazienza, non poteva sicuramente aspettarsi di ricordarsi tutto all’improvviso solo perché adesso aveva quel diario. Tutto si sarebbe aggiustato con il tempo.

Quando Leanne vide sopraggiungere il soldato nel primo pomeriggio, capì al primo sguardo che la sua mente era ancora annebbiata.

-    James nii-san! – esclamò Chihiro accogliendolo festosa.
-    Pronta per il nostro pupazzo di neve? – le domandò il ragazzo, dissimulando magnificamente il suo stato d'animo.
-    Certo! Là c’è quello che ho fatto con Yuki nee-san – rispose la bambina, indicando verso l'ingresso del capannone che fungeva sia da magazzino, sia da luogo della festa.
-    Il nostro sarà ancora più grosso! – promise il ragazzo – e più bello – mormorò in aggiunta alla bambina che si mise a ridere.
-    Guarda che ti sento, Buchanan! – berciò Leanne, intenta a portare all’interno gli scatoloni con l'occorrente per preparare la cena.
-    Ops! - esclamò lui per niente pentito – Piuttosto, hai bisogno di una mano? –
-    No grazie, occupati di Chihiro-chan, al cibo ci pensiamo noi donne! Se vuoi però, più tardi puoi aiutare gli uomini a spalare la neve! E ricordati che per le sette ci si mette a tavola! – gli rispose la ragazza scomparendo dentro al capanno.

James, fece come Leanne aveva detto. Aiutò Chihiro a fare il pupazzo di neve che le aveva promesso (molto più grande di quello di Leanne) e successivamente, aiutò nel liberare i passaggi delle case invase dalla recente nevicata.
L’aria di festa si poteva avvertire già solo in quei momenti. Si era infatti creato quel cameratismo che accomuna tutti quanti nel momento della preparazione di qualche evento speciale. Istanti di solidarietà accomunati da un'allegria contagiosa. Allegria che aiutò non poco l'animo di James a ritrovare un pò di serenità.
Quando il soldato fece ritorno al capannone, un buonissimo profumo di cibo usciva dalle porte accostate, disperdendosi nell'aria gelata del crepuscolo. Dentro, erano stati allestiti diversi tavoli sui quali era stato disposto un fornello a gas. La sala era riscaldata, oltre che dalla giovialità dei commensali, anche dalle stufe elettriche che ciascuno aveva messo a disposizione. James, salutando, si avvicinò al tavolo più vicino, dove Leanne era intenta ad appoggiare sul fuoco una bella padella fumante.

-    Che meraviglia! – esordì, gettando uno sguardo al contenuto.
-    Ci puoi giurare caro mio! Non troverai un Kani-nabe* migliore di questo in tutto l’Hoshu**! - esclamò la ragazza orgogliosa.

James, notò come nonostante fosse trafelata e accaldata da tutto quel daffare, gli occhi le brillassero di gioia.

-    Sono sicuro che sia così – rispose lui stringendole delicatamente una spalla.
-    Sono contenta che tu sia qui a festeggiare con noi, James, davvero tanto – gli disse d’un tratto Leanne con evidente commozione.

Il ragazzo stava per risponderle, quando lei lo superò con lo sguardo.

-   Nomura-sensei! – esclamò, aprendosi in un largo sorriso.

James, si girò appena in tempo per vedere l’anziano togliersi il berretto dalla testa. Leanne gli andò subito incontro e, senza alcuna formalità, lo abbracciò. Da quando erano arrivati,  avevano rivisto il maestro solo un’altra volta, gli avevano infatti dato una mano a portare al tempio la legna. A dispetto della sua condizione, l’anziano sembrava non soffrire per nulla di solitudine, anzi, pareva trarne giovamento, ma quella era una serata speciale e nemmeno lui l’avrebbe persa per nulla al mondo.

-    Leanne, sei davvero radiosa – commentò Nomura squadrando la sua allieva.

Leanne non era vestita in modo particolare con i suoi jeans sbiaditi e il suo dolcevita abbondante, ma il viso era raggiante.

-    E credo anche di sapere il perché – aggiunse l’uomo con un sorriso – Come sta procedendo? – le chiese.
-    Bene, ma non benissimo – rispose la ragazza tingendosi appena di tristezza.
-    Non se n’è ancora ricordato – asserì comprensivo.
-    No…- replicò lei trattenendo un sospiro.
-    Dai tempo al tempo – le consigliò Nomura – ma torneremo sul discorso più tardi, ora direi che è il momento di iniziare a mangiare – disse facendole l’occhiolino – e sarebbe meglio che tu andassi a salvare il tuo amico dalle grinfie della signora Minekura prima che sia troppo tardi – aggiunse con tono divertito.

La ragazza si voltò. James, stava venendo amabilmente intrattenuto dalla più anziana del villaggio. A novant’anni suonati la signora Minekura bagnava il naso a molti dei più giovani, avendo però il vizio di attaccare bottone e di non finire più di parlare.

-    Forza, tutti a tavola! – esclamò quindi la ragazza, avvicinandosi a James e guidandolo verso il proprio posto.
-    Grazie – le mormorò riconoscente il giovane, ben sapendo cosa stesse rischiando.
-    Lo aggiungerò alla lista dei favori che mi devi – replicò Leanne con un sorriso del tutto fuorchè innocente.

La cena era abbondante e sontuosa. Oltre allo stufato di granchio che componeva il piatto principale, c’erano verdure in pastella, insalata di cavolo, pesce crudo marinato con il rafano e pesce grigliato con diverse salse. Tutto ovviamente, ben condito da fiumi di birra e sakè.
All'estero si tendeva a sottovalutare le potenzialità della birra Giapponese, che a dirla tutta ne aveva parecchia!
Ben presto, il capanno si riempì del chiacchiericcio degli occupanti e del tintinnio di ciotole e piatti che venivano riempiti.
James partecipava alle conversazioni, ridendo assieme agli altri dei suoi tentativi ancora maldestri di padroneggiare l’uso delle bacchette.

Era proprio una cosa che non gli riusciva, forse anche perché le dita di metallo non lo aiutavano molto nel compito.
La particolarità del suo braccio robotico, era un'altra di quelle cose che con il tempo trascorso al villaggio aveva imparato ad accettare.
All’inizio era stato titubante di mostrarsi troppo in pubblico, preferendo indossare sempre indumenti con le maniche lunghe e coprendo la mano con un guanto. Ma la naturale riservatezza che contraddistingue i Giapponesi, gli fece abbandonare ben presto queste sue precauzioni. Nessuno di loro, infatti, gli aveva mai chiesto nulla a proposito, né in seguito sembrarono farci particolarmente caso, neppure in situazioni come quella.

La cena proseguì fino a che non fu finito anche il riso avanzato e cotto con quello che restava del brodo dello stufato. Solo allora si passò all'attività successiva.... Cosa poteva dunque mancare in una festa Nipponica? Non il Karaoke, giusto?
Leanne, non aveva mai trovato niente di più divertente del karaoke. Per i Giapponesi era irrinunciabile, lo svago per eccellenza dopo il pachinko*** e i manga. La ragazza, guardò divertita i tentativi di Chihiro di far duettare con lei James,
che sembrava spaventato alla sola idea, su un'improbabile sigla anime.

-    Se non ti conoscessi, mi basterebbe guardarti negli occhi per capire a cosa pensi –

Leanne, si voltò con in mano l’ennesima bottiglia di birra per guardare il signor Nomura che nel frattempo le si era avvicinato.

-    Diventa ogni giorno più difficile restare in disparte – rispose lei tornando a voltarsi verso James.
-    Lo so – asserì l’uomo – ma dirglielo peggiorerebbe solo le cose, o nel migliore dei casi le complicherebbe – sentenziò.
-    Mi illudo di non avere fretta, di poter aspettare… ma ho il terrore che non ci sia più tempo.. – replicò lei – Non potremo restare qui per sempre. HYDRA ci starà cercando senza tregua e ogni giorno si avvicina un pò di più a questo posto – aggiunse con una nota amara.
-    Finchè la neve è alta e il villaggio isolato non devi temere – la rassicurò l’uomo – La sua mente è ancora instabile, riesco a vederlo distintamente; sollecitarla ulteriormente potrebbe provocare reazioni che non sapresti controllare –
-    E' così difficile… - mormorò Leanne, stringendo la presa sulla bottiglia ghiacciata.
-    Ma tu sei forte, lo sei sempre stata – replicò Nomura posando la mano raggrinzita sul braccio di lei.
-    Yuki-chan! James nii-san non vuole cantare! – urlò Chihiro con il broncio.
-    Purtroppo devo dargli ragione! – rispose ridendo la ragazza, alzandosi per dare man forte al povero mal capitato.

La serata proseguì tra canti più o meno stonati e altro alcool. James, alla fine riuscì a scampare il karaoke facendo danzare Chihiro sui propri piedi. Era un espediente che il ragazzo usava spesso con la sorellina quando ancora abitava con i suoi. Quella sera ci aveva pensato spesso, a casa sua. Si era ricordato di come, sotto le feste Natalizie, la sua famiglia e quella di Steve (finchè c'era stata) si ritrovavano sotto lo stesso tetto per festeggiare. Per lui era un ricordo ancora fresco. Faticava a realizzare che fossero passati tutti quegli anni. Quante cose si era perso… 

Alla fine, Chihiro crollò dal sonno mentre tutti gli altri sembravano non essere affatto stanchi. Per essere un villaggio con un’età piuttosto avanzata, resistevano parecchio!
Lo stesso non si poteva dire di Leanne, che forse per il troppo bere, aveva presto fatto compagnia alla bambina, addormentandosi sulla sedia con la testa posata sui sacchi di farina sui quali dormiva beatamente Chihiro.

-    Ehi, bell’addormentata, cosa ne dici di tornare? –  James la svegliò scuotendola dolcemente.

La ragazza aprì un occhio infastidita, poi guardò l’ora.


-    Sì, forse è meglio, ma voglio aiutare a mettere a posto prima – disse lei, alzandosi in piedi e barcollando.
-    Saresti capace di creare solo più disordine –

Il signor Nomura, comparve al loro fianco proprio mentre James si decideva ad intervenire per sostenerla.

-    Era da troppo tempo che non festeggiavo così, ho disimparato a reggere l’alcool – disse lei con un sorriso imbarazzato.
-    Nomura-san, ha intenzione di tornare al tempio stanotte? – si informò James.
-    No, mi fermerò a casa degli Isayama e domattina risalirò  – disse lui – ma grazie per l’invito – anticipò James, che già stava formulando l'invito.
-    Allora porto a casa la moribonda qui presente – rispose James facendo borbottare Leanne al suo fianco.
-    La affido a te – disse l’anziano con un sorriso – Per radio hanno detto che sta arrivando una tempesta di neve, fate attenzione – aggiunse.

Il tono con cui lo disse fece pensare al giovane che si riferisse a qualcosa di più, ma non indagò oltre.
Dopo aver ringraziato tutti e dopo essersi scusati nel dover tornare a casa senza poter aiutare a mettere in ordine, i due ragazzi si incamminarono con le ciaspole e la luce frontale a illuminare il loro cammino.
Quando si lasciarono alle spalle il luogo della festa, il silenzio li avvolse nuovamente.
James ne era affascinato ogni volta; quell'assenza di rumori provocata dalla neve, non aveva pari in nessun’altro caso. Era un silenzio morbido, che anche nella notte più buia non faceva sentire a disagio chi lo ascoltava.

-    Che meraviglia –

James si fermò, voltandosi verso Leanne che sostava qualche metro dietro di lui con il naso per aria. Alzando lo sguardo anche lui, non potè che darle ragione. Grazie al vento che scendeva dai monti, l’aria era tersa e in cielo non vi era una nuvola. Le stelle erano talmente numerose da dare le vertigini, complice anche la serata di novilunio.

-    E pensare che ci sono persone che neppure si accorgono di ciò che hanno sulla testa – mormorò lei.

    “ Non vedo il cielo da così tanto tempo, James…”
    “…ti accompagnerei in macchina fuori città, il più lontano possibile dalle luci e ti farei vedere il cielo pieno di stelle

Il ragazzo rimase congelato sul posto. Quelle frasi gli erano tornate alla mente come un lampo a ciel sereno mentre il viso triste di Emelie gli sorrise. Se fosse stata lì sarebbe stata entusiasta di quella vista…
Se solo…
Il pensiero gli scivolò via dalla mente quando Leanne cadde di schiena sulla neve.

-    Leanne! Tutto bene? – esclamò allarmato, solo per rendersi conto che la ragazza stava ridendo.
-    Ho perso l’equilibrio… sono davvero in uno stato pietoso – disse lei sghignazzando.
-    Non ci posso credere – disse James con un sospiro divertito – Forza, sali – aggiunse, aiutandola ad alzarsi e abbassandosi per farla salire sulla schiena.
-    James è troppo faticoso portarmi a spalle fino a casa con questa neve – protestò lei e la sua luce frontale illuminò le sopracciglia inarcate del giovane – O forse per te non lo è… - ammise alla fine.

Quando James se la fu caricata per bene sulle spalle, proseguì, sorridendo dell’ingenuità di quella ragazza.
In realtà gli faceva piacere, sembrava che lei si fosse completamente scordata di chi lui fosse prima di arrivare lì. Se solo ci fosse riuscito anche lui… ma nei momenti di quiete, quando non aveva il cervello occupato da altro, ciò che aveva letto nei fascicoli gli tornava alla mente.

Eppure a lei sembrava non importare minimamente. Quella ragazza, che adesso se ne stava tranquilla sulla sua schiena mezza ubriaca, sembrava considerarlo un semplice ragazzo che per una qualche strana ragione, aveva un braccio di metallo e viveva con lei in uno sperduto paesino sulle montagne Giapponesi.
Probabilmente, se non ci fosse stata Leanne a ricordargli non tanto chi fosse una volta, ma bensì che anche lui fosse un essere umano come tutti, il suo destino sarebbe stato molto diverso. Le doveva molto, davvero molto.

Una volta arrivati a casa, l’orologio batteva ormai le tre. Leanne si era beatamente addormentata e lui l’aveva portata fino al suo futon in camera da letto, adagiandocela sopra.

-    James? – lo chiamò la ragazza con voce impastata non appena le sue braccia si ritrassero.
-    Dimmi – rispose lui nell’oscurità.
-    Resteresti? –

Era una richiesta così infantile, che James non riuscì a non sorridere.

-    Fammi spazio – le disse mente si toglieva la pesante maglia di lana.

Leanne obbedì, facendosi da parte per poi tornare subito ad occupare il suo spazio abbracciandogli la vita.

-    Stavo pensando che in primavera potremmo cercare Steve.. – disse la ragazza dopo un attimo di silenzio durante il quale James aveva preso ad accarezzarle i capelli.
-    Davvero? – domandò il ragazzo stupito da quell’idea.
-    Prima o poi HYDRA arriverà qui, e io non voglio che accada.. – rispose – L’unica soluzione che vedo è di cercare Steve.. sono certa che anche lui ti stia cercando – aggiunse.
-    Non so se è una buona idea – replicò il ragazzo.
-    James, non ho mai visto una persona tanto determinata quanto lo è stata lui nel cercare di farti tornare indietro – ribattè la ragazza – Ascoltami, sono sicura che se c'è qualcuno di cui ci possiamo fidare, quello è il capitano Rogers. Non ti abbandonerebbe mai – aggiunse con un sospiro dato dal sonno che stava riavendo la meglio sulla sua coscienza.

“Sarò con te fino alla fine”

Quelle erano le parole che Steve gli aveva rivolto durante il loro scontro sull’Helicarrier; erano le parole che gli avevano fermato la mano e che lui stesso gli aveva rivolto in occasione della morte della madre.

-    Forse hai ragione – assentì alla fine, ma Leanne ormai dormiva già.

* Zuppa di granchio con verdure
** Isola principale del Giappone
*** Famosissimo gioco d'azzardo

Chief's room:

Giorno a tutti!

Ed eccoci  qui con un altro capitolo Nipponico.
Potrei definirlo l'ultimo capitolo così tranquillo, perchè dal prossimo le cose inizieranno a mettersi in moto e potrete dire ben tornata ad un pò di azione ;)
Per ora mi sono divertita ancora un pò con le conversazioni misteriose e nel farvi esplorare le usanze Giapponesi ^^
Per non farvi perdere le speranze di riuscire a capirci qualcosa vi dico solamente che il capitolo 23 vi chiarirà un grosso, enorme, gigantesco dubbio!!
Un grazie doveroso ai Lettori che continuano ad accompagnarmi, alle mie recensiste le Howling commandos per le belle parole e a tutti coloro che mi supportano tra i seguiti, ricordati e preferiti.

Un grande abbraccio a tutti,
Marta



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Capitolo 23
*** Tempesta nei ricordi ***


22.Tempesta di ricordi


Come aveva preannunciato il signor Nomura, la tempesta alla fine era davvero arrivata. A distanza di un paio di giorni dallo Yuki Matsuri, il cielo si era incupito sempre di più, arrivando ad essere di un uniforme grigio ferro.
Leanne, la sera che si scatenò la tormenta, era andata a dormire presto, lasciando come al solito James a leggere il diario di Emelie nella piccola biblioteca. Quella sera, la ragazza era stanchissima, lei e il soldato avevano passato l’intera giornata ad applicare pesanti pannelli di legno alle fiancate della casa per ripararla dal vento e dalla neve che si sarebbero abbattuti. Il risultato fu che, non appena aveva posato la testa sul cuscino, si era addormentata di schianto.
Quindi, a farla svegliare improvvisamente alle due di notte, potevano essere state solo due cose: l’assenza di James al suo fianco e il rumore della bufera, un po’ troppo forte perché fossero completamente sigillati in casa.

Ancora leggermente stordita, Leanne accese la luce della camera. Il cuscino di James era perfettamente liscio, segno che non l'aveva raggiunta com'era solito fare di lì a qualche notte.

-   James? - chiamò la ragazza con voce roca. 

Non ricevendo alcuna risposta, si alzò andando a fare capolino nel corridoio del secondo piano. La luce della biblioteca era ancora accesa, ma quando lei la raggiunse, vide che all’interno non c’era nessuno. Il diario di Emelie era appoggiato sulla scrivania, e di fianco ad esso, c'era la foto di una ragazza quasi scheletrica e chiaramente morta nella sua divisa macchiata di sangue.
Leanne sentì crescere un groppo in gola, mentre una lama di paura le affondava nel petto. Dovette far appello a tutto il self control insegnatole negli anni di addestramento, per non cedere subito al panico.
Si diresse immediatamente di sotto. L’ingresso principale era come lo avevano lasciato, chiuso e buio, ma il forte rumore che aveva contribuito a svegliarla, proveniva inequivocabilmente dalla sala da pranzo.

"Ti prego fa che non sia ciò che penso! Ti prego, ti prego!" pensò agitata mentre si dirigeva verso di essa.

Quando la ragazza aprì la porta scorrevole, venne investita dal gelo. L’uscio che dava sulla veranda era semi aperto e il pannello di legno che avevano messo quel pomeriggio, era divelto. Una spruzzata di neve si stendeva sul pavimento, finendo anche sul tavolo sospinta dal vento.
Leanne, passati alcuni secondi di shock, corse ad afferrare il giaccone e ad infilarsi un paio di scarponi. Inforcò gli occhiali da sci e afferrò una torcia led. Non appena mise il naso fuori, venne investita dal vento e dalla neve, e capì che la sua attrezzatura era del tutto inadeguata alla situazione.
Le raffiche arrivavano a potenti ondate, mettendo in seria precarietà il suo equilibrio e azzerandole quasi del tutto la vista. L’ululato del vento, inoltre, le impediva di sentire alcunché, ma non aveva tempo da perdere. 

A terra c’erano i segni di un passaggio recente che iniziò a seguire alla luce del led.

-    James! –

Le grida si perdevano in mezzo al frastuono e i polmoni sembravano congelarsi ogni volta che apriva la bocca per prendere fiato.
Nonostante tutte quelle condizioni avverse, il pericolo maggiore restava quello di perdersi. Non aveva alcun tipo di riferimento, avrebbe dovuto portarsi dietro una bussola, ma era nella soffitta con tutto il resto del kit per le situazioni d'emergenza, che lei non aveva avuto il tempo di prendere. Non doveva quindi assolutamente perdere di vista la traccia che si stava lasciando alle spalle, e questo voleva dire trovare James prima che venisse ricoperta di neve fresca.

James.. Cosa gli era successo per spingerlo a inoltrarsi fuori con un tempo simile?
Gli avvertimenti di Nomura le risuonarono nella testa, però... il ragazzo non aveva mai manifestato alcun problema recentemente.. Possibile che gli fosse tornato alla memoria tutto quello che era accaduto in una volta sola?
Se davvero così era, Leanne non si stupiva della reazione e, anzi, ne era ancora più preoccupata.
Era terribile ritrovarsi con certi ricordi a pesare sulla spalle e sulla coscienza, e lei lo sapeva bene; l’incubo di qualche sera prima ne era l’esempio perfetto. Per quanti anni possano passare, certe ferite non si dimenticano; si possono seppellire, occultare, ma mai dimenticare completamente e nel primo momento di debolezza, possono rivelarsi fatali.

- James!!! - urlò nuovamente Leanne, spazzandosi la neve dagli occhialini.


Finalmente, in un momento di cedimento del vento, la giovane vide qualcosa davanti a lei. Una figura scura si stagliava immobile sulla neve.

-    James! – esclamò la ragazza sollevata, accelerando il passo più che poteva – James!! - ripetè quando fu più vicina per farsi riconoscere. 
-    Non ti avvinare! –

A farla immobilizzare, non fu tanto il grido del ragazzo, quanto più il suo sguardo.
La torcia illuminò due occhi accesi di rabbia e disperazione. L'ex Soldato d'inverno, con addosso solo una maglietta e un paio di pantaloni tecnici, la guardava con i capelli pieni di neve sferzati dal vento.


-    James, dobbiamo tornare indietro – esclamò l'albina cercando di avvicinarsi di nuovo.
-    Ti ho detto di non avvicinarti, Leanne!! – replicò lui contraendo il pugno sinistro.
-    Ascoltami! Se non torniamo adesso, moriremo! – ribattè lei – Dobbiamo farlo prima che la pista si cancelli! Ti prego, James! – lo implorò.
-    Torna indietro tu sei vuoi, io non posso farlo – rispose lui.
-    James, qualsiasi cosa tu abb… -
-    Perché non me lo hai detto!? – la interruppe di nuovo con furia.

Leanne si sentì gelare.. Cosa voleva dire? Possibile che lo avesse capito? Possibile che finalmente…

-    Perché non mi hai detto le cose orribili che ho fatto? Perché non mi hai detto che sono un assassino senz'anima? – gridò disperato.

La ragazza vacillò per un istante: non era ciò che lei credeva.. era molto peggio.
La tempesta di neve non era l’unica tempesta ad essersi abbattuta quella notte. Le nuvole che fino a quel momento si erano limitate ad addensarsi nella memoria del ragazzo, avevano scatenato una vera e propria burrasca, riversando nella sua mente tutto ciò che vi era sopito. Tranne forse l’unica cosa che poteva aiutarlo a superarla.


-    Non hai fatto quelle cose di tua volontà! - ribattè lei.
-    Non è una giustificazione! – le abbaiò contro il ragazzo.

Il vento continuava a sferzarli, ma era ben poca cosa il freddo e il gelo esterno, rispetto a quello che James sentiva dentro di sè. Leanne non capiva... non poteva immaginare cosa provava, le urla agghiaccianti che gli risuonavano in testa non appartenevano solo a soldati...

-    Ti hanno usato, manipolato! Se fossi stato ancora il vecchio Bucky non le avresti mai fatte! - disse Leanne coprendosi brevemente il viso ad un’altra raffica.
-    Allora sarei dovuto morire quel giorno, sul treno! –

Per Leanne fu come ricevere un pugno in pieno stomaco. Sentirgli dire quella frase, con quel tono disperato, la fece sentire terribilmente in colpa.

-    Tutti abbiamo sbagliato in passato! – tentò ancora lei.
-    Ho ucciso una donna incinta solo perché il marito mi intralciava! – urlò, frenando di nuovo l’arringa della ragazza – Dietro miseri ordini ho stroncato vite innocenti e seminato distruzione! Ho eliminato persone che si erano impegnate a migliorare questo mondo solo perché a HYDRA stavano scomodi! Ho fatto scoppiare guerre... – proseguì quasi senza fiato - Non… non puoi paragonarti a me! Non… -
-    Ho ucciso un bambino –

Leanne non ce la fece più a tacere, non quando lui la voleva far apparire ciò che non era.

-    Ho ucciso un bambino che non aveva nessuna colpa davanti a sua madre! E dopo ho ucciso anche lei... e nessuno me lo ha ordinato, nessuno mi stava manipolando!! – gridò con le prime lacrime che già si ghiacciavano sul viso – Tu non sei un mostro James, non lo sei mai stato… nessuno di noi lo è mai stato -

Il ragazzo la fissava, stralunato da quella confessione, il braccio di metallo ricoperto di brina gli pendeva immobile sul fianco.

-    Se tu meritavi di morire quella volta, lo meritavo anche io! – continuò la ragazza avvicinandosi – Quindi non venirmi a dire che non so come ti senti, perché lo so molto bene! Quella scena mi tormenta ogni giorno e la rivivo nei miei incubi da tutta la vita – aggiunse dolorosamente – Per cui, ti prego, vie…-

Il cervello di Leanne registrò con ritardo il suono che udì. Fu la questione di un attimo da quando sentì quel sonoro crack. All'improvviso, James scomparve, così come il vento e la neve. Tutto divenne buio e fu come se una tempesta di pugni le fosse rovinata addosso mozzandole il fiato. Non l’aveva minimamente calcolato.... presa com’era dalla fuga di James e senza avere alcun tipo di punto di riferimento, non si era accorta di essersi avvicinata al laghetto che si trovava a ridosso della foresta. James ci era finito sopra senza nemmeno accorgersene, coperto com’era dalla neve, ma il peso aggiunto, aveva definitivamente rotto la resistenza del ghiaccio.
L'albina, in un secondo, fu risucchiata dall’acqua gelata senza nemmeno avere il tempo di prendere il fiato che le serviva. Il sopra e il sotto si confusero nella più totale oscurità.
Leanne, scalciò verso quello che sembrava essere il soffitto, con le braccia e le gambe già in rapido intorpidimento. Cozzò con le mani contro il muro freddo del ghiaccio, battendo i pugni e cercando disperatamente un’apertura che non riuscì a trovare.
La sensazione di congelamento era tale, che i suoi arti smisero ben presto di obbedirle. Le gambe si fermarono mentre la sua mente latitava nell'incoscienza.

"Non voglio morire qui... sola... ti prego"

Il ghiaccio si spaccò all’improvviso. Grossi blocchi di ghiaccio si formarono sull’intera superficie e la ragazza venne tirata su di peso. James la trasse in salvo, trascinandola al sicuro sulla neve.
Dopo averla vista sparire, aveva capito di essere finito sul laghetto ghiacciato e l’unica cosa che gli era venuta in mente di fare, era stata di spaccare con il braccio sinistro la lastra che lo ricopriva.

-  Leanne? -

James la scosse, ma la ragazza restò immobile. Avvicinò l'orecchio al naso dell'albina per ascoltarne il respiro e iniziò a farle il massaggio d'emergenza. Alla quarta spinta, finalmente Leanne sputò una discreta quantità d'acqua accompagnandola con una violenta tosse. La ragazza voltò la testa da una parte all'altra confusa e senza riuscire a riprendere del tutto il contatto con la realtà.
Il soldato, nel frattempo, l'aveva presa in braccio e si era messo a correre il più velocemente possibile, seguendo la pista che li avrebbe riportati a casa e cercando di tenere Leanne sveglia e vigile. Quando raggiunsero la soglia dell'abitazione, la giovane era appena cosciente, segno che il principio di congelamento stava degenerando in ipotermia.
 
James si diresse immediatamente verso il bagno, si sedette nella vasca reggendola in braccio e regolò la cornetta della doccia in modo che ne uscisse acqua calda ma non bollente, poi aprì il getto. L'acqua si riversò su di loro come una benedizione, sciogliendo il ghiaccio che  incrostava abiti e capelli di entrambi.


-    Leanne, mi senti? – la chiamò il ragazzo sorreggendole la testa contro la spalla – Leanne! –

La giovane strizzò gli occhi, si sentiva frastornata e non del tutto lucida. C’era della pioggia calda che le cadeva addosso.. ma, non era uscita a cercare James? Non era caduta in un lago ghiacciato?
Come se il ricordo le avesse dato una scossa, Leanne aprì gli occhi di scatto annaspando e tremando incontrollabilmente.

-    Va tutto bene. Ehi, tutto bene – la rassicurò James stringendola e chiudendo l’acqua.
-    Cosa… - balbettò lei, senza riuscire a far smettere i denti di battere gli uni sugli altri.
-    Ti ho tirata fuori dall’acqua e sono tornato indietro – spiegò James con i capelli bagnati appiccicati in viso e l'aria distrutta.
-    Faceva freddo.. – sussurrò Leanne raggomitolandosi contro il corpo del ragazzo.
-    Mi dispiace, è colpa mia – rispose lui.
-    No, semmai è mia.. avrei dovuto affrontare il problema in modo diverso, aiutarti a.. – disse lei, alzando il viso per guardarlo.

Solo allora notò che il ragazzo aveva lo sguardo annebbiato.

-    James! – esclamò prendendogli il viso tra le mani – Tu scotti! – aggiunse sentendo la pelle esageratamente calda sotto al suo tocco.

-    Non è nulla.. – ribattè lui infastidito, convinto però che la ragazza avesse ragione: la testa gli girava terribilmente.

L’adrenalina, che fino a quel momento lo aveva sostenuto, stava scomparendo con i suoi effetti. Sentì Leanne dire ancora qualcosa, che però si perse in una nebbia di suoni e frasi indistinte. Infine tutto divenne nero.



Chief's room:

Buongiorno a tutti 

Il capitolo è breve, ma spero intenso. Vi era mancata un pò di azione?
James ha riacquistato i ricordi del suo operato sotto il comando di HYDRA e, com'era prevedibile, la sua reazione è stata intensa.
Ci sono momenti in cui si perde la lucidità, in cui ce ne infischiamo delle conseguenze. Succede a tutti, anche agli eroi e onestamente fatico anche solo a realizzare come si sia sentito Bucky quando è tornato ad essere se stesso. Spero comunque di aver reso un pò l'idea con questo capitolo; più avanti avrò modo di provare ad andare più a fondo.
La donna incinta menzionata da Bucky, di nome Itsu, era la donna di Logan aka Wolverine, uccisa appunto dal Soldato d'inverno.
Veniamo a scoprire un altro altarino di Leanne che, a quanto pare, in passato si è macchiata di omicidio... com'è potuta accadere una cosa simile? Quali circostanze l'avranno portata a compiere quel gesto? Non dovrete aspettare molto per saperlo!
Come ho già annunciato, nel prossimo capitolo rivelerò un grooosso mistero, stay tuned ;)

Spendo ancora due parole per dire, a chi ne ha la possibilità, di donare 2€ tramite il numero 45500 per le vittime del terremoto avvenuto mercoledì nel centro Italia. Sarebbe bello se anche altri autori mandassero avanti questa campagna di solidarietà tramite le loro storie.
Grazie a tutti. 


Un grandissimo ringraziamento a tutti i lettori, alle mie recensiste le Howling commandos con una nota particolare a Thominewt per essersi aggiunta, e a tutti coloro che mi hanno inserita tra le storie seguite, preferite e ricordate.


Un abbraccio,
Marta

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Capitolo 24
*** Verità insospettabile ***


23. Verità insospettabile


La mia bellezza l’avevi subito contestata dall’inizio, e quanto ai miei modi… il mio contegno con te si mantenne sempre sull’orlo della villania, e non ti rivolgevo la parola senza desiderare di offenderti. Sii sincero, dunque; mi hai ammirato per la mia impertinenza?”
“Ti ho ammirata per la vivacità del tuo ingegno”

La voce proseguì nella sua lettura. James conosceva quei versi. Appartenevano al suo passato, appartenevano ad una voce che gli era più cara della sua stessa vita, appartenevano a Elie…
Il ragazzo, provò ad aprire gli occhi e ad uscire dal profondo torpore che sentiva addosso. Alla fine, con molta fatica, la luce gli ferì la vista.
Battè le palpebre più volte, intontito, mentre la voce in sottofondo acquistava consistenza e finalmente un proprio volto.

Emelie, alzò la testa dal libro e lo guardò con i suoi occhi caraibici, mentre il sollievo le si dipingeva sul viso distendendole i lineamenti.

-    Sia ringraziato Dio… ti sei ripreso – lo accolse quasi commossa.
-    Cosa…? – mormorò James incredulo, portandosi una mano alla testa.
-   Ti è venuta la febbre alta. La memoria che hai recuperato deve averti destabilizzato più del previsto, senza contare il giro dentro la tormenta –
A rispondergli, al posto di Emelie, adesso c’erano Leanne e i suoi occhi blu, che un attimo dopo scomparvero. A dargli da bere, era di nuovo la chioma bionda della sua compagna di prigionia.

-    Ti ho somministrato un farmaco per abbassare la temperatura, ma devi stare a riposo – gli disse Leanne aiutandolo di nuovo a stendersi – Non ti preoccupare, ci sono io – aggiunse Emelie con un sorriso, appoggiandogli una mano sul braccio.

James, battè le palpebre ancora una volta e si ritrovò a guardare oltre il vetro rotondo di un oblò; l’intero corpo immobilizzato in verticale, stretto tra cinghie di cuoio e metallo.
Fuori, una ragazza bionda… no, non una ragazza.. Emelie, sì, Emelie stava urlando qualcosa, puntando un bisturi verso la gola di una donna in camice. Di fronte a lei, a dare le spalle a James, un uomo alto e dalle spalle ampie.. Rheinoldt? Certo, chi altri poteva essere?
 

“ Proceda!” urlò infatti la sua voce autoritaria.

Il ragazzo, vide Emelie lasciare libero il suo ostaggio per avventarsi verso il fratello. Nello stesso istante, dietro di lei, un altro uomo estrasse dalla cintura dei pantaloni un revolver. A James salì spontaneo un grido di allarme, mentre il panico montava dentro di lui.
Due potenti deflagrazioni risuonarono nello spazio affollato del laboratorio… Emelie si immobilizzò, con il bisturi ancora sopra la testa mentre due fiori rossi le si allargavano nel petto macchiandole la logora divisa.
Il dolore esplose dentro James, mentre osservava l’espressione di stupore e disperazione che la giovane gli stava rivolgendo.


“Mi dispiace…” sillabò la ragazza.

Poi la scena scomparve e
James riaprì gli occhi.
Il sole fuori dalla finestra, batteva incessante, riversando i suoi raggi tra le imposte leggermente aperte; oltre a quello, nella stanza non c’era nessuno. Il ragazzo udì provenire dal piano inferiore un rumore di pentole, segno evidente che Leanne, con tutta probabilità, stava cucinando per il pranzo. I frammenti del sogno appena fatto, aleggiavano ancora nella sua testa mentre il senso di perdita si faceva meno insistente: per un attimo, quel dolore lo aveva quasi fatto impazzire.
Il soldato si mise a sedere sul futon e, prendendosi la testa tra le mani, cercò di regolarizzare il respiro.

Quel sogno sapeva corrispondere a verità.. e allora perché la sua mente non riusciva ancora a recuperare completamente i ricordi? Perché quelle immagini continuavano a sembrargli terribilmente vicine e lontane al tempo stesso? Cosa gli mancava ancora?
Un tonfo attutito fece scattare lo sguardo di James alla sua sinistra. Muovendosi, aveva fatto cadere il libro che Leanne aveva lasciato, lo stesso che gli stava leggendo mentre lo vegliava.
Il viso spensierato della protagonista del film tratto dal romanzo, gli sorrideva dalla sovra copertina dell’edizione economica di Orgoglio e Pregiudizio. James la afferrò.
Aveva visto Leanne leggerla più e più volte, sempre quella, mai altri libri. La ragazza, quando lui le aveva chiesto il motivo di quell'attaccamento, gli aveva confessato di averlo iniziato a leggere solo quando aveva scoperto che anche Emelie lo aveva fatto; convinta che potesse aiutarla nel fargli tornare la memoria. Solamente dopo, si era scoperta ad amarlo anche lei.
James, lo aprì e aggrottò le sopracciglia confuso. A dispetto della copertina, l’interno sembrava molto più vecchio. Le pagine ingiallite riportavano caratteri stampati con le vecchie tecniche editoriali ed erano in tedesco.

“E’ la cosa più preziosa che ho…”

James voltò la primissima pagina, sulla quale, in una grafia corsiva quasi illeggibile, c’era scritto:

"Solange der Geist frei ist, konnte keine Kette inhaftieren"

-    Finchè la mente è libera, nessuna catena potrà imprigionarti… - tradusse in un sussurro il ragazzo.

Nella sua testa ci fu qualcosa di molto simile ad un click, come di ingranaggi che trovano finalmente il loro incastro.
James restò quasi senza fiato, mentre i suoi ricordi si allineavano coprendo i buchi e le lacune ancora rimaste.
Gli tornò in mente tutto… ogni cosa.
Emelie, nella sua testa, tornò ad essere la sua Elie e il suono della sua voce e la freschezza della sua pelle, persero la loro evanescenza per tornare concreti. La gioia e il dolore si mescolarono in parti eguali.
Il ragazzo, si alzò barcollando fino alla finestra dove, sempre tenendo il libro in mano, si sostenne al davanzale di legno lucido.
Guardò di nuovo il romanzo, togliendogli la finta copertina mentre mille dubbi gli piombavano addosso. Perché Leanne glielo aveva tenuto nascosto? Che motivo c'era per camuffarlo a quel modo? Quale?

-    James! Non dovresti stare in… -

Il rimproverò si stemperò sulle labbra di Leanne quando lo sguardo le cadde sul volume che lui teneva in mano. Il ragazzo non potè non notare lo sguardo allarmato che gli rivolse.

-    Cos’è questa storia? – domandò lui – Perché non mi hai mai dato il libro di Elie? – aggiunse con tono accusatorio.
-    Ti sei ricordato di lei.. – mormorò attonita la ragazza, sgranando gli occhi e stringendo tra le mani il canovaccio che si era portata dalla cucina.
-    Sì.. l’ho fatto – rispose James con una nota di dolore in fondo alla gola che gli agitava lo sguardo.
-    Yokkata*.. – si lasciò sfuggire Leanne con occhi umidi.
-    Per quale motivo hai questo libro? – ripetè James avanzando di un passo verso di lei – E.. - si fermò, cercando di focalizzare ciò che ancora gli sfuggiva - Come facevi a sapere di che colore avesse gli occhi Elie? Non ci sono foto a colori o di lei da viva.. – disse quasi tra sè.
-    James... - cominciò la ragazza alzando una mano verso di lui.
-    No Leanne! Basta segreti! - la bloccò lui - Sono stanco dei tuoi misteri e delle tue vaghe risposte! Io non.. -
-    E
sperimenti sulla vita eterna – disse all’improvviso Leanne interrompendolo – Questo è quello che stavano cercando di fare in quel laboratorio –
-    Cosa? – sussurrò James senza capire.
-    Tramite diverse sostanze di origine sconosciuta iniettate direttamente in vena, cercavano di battere la morte, di prolungare la vita di un corpo clinicamente deceduto.. - proseguì lei - L’elettroshock veniva usato per mandare in arresto il cuore della cavia e osservare come essa restava vigile e reattiva per diversi secondi. Quando l'effetto svaniva, con una nuova scarica, le si riattivava il cuore.. – spiegò la ragazza in tono molto pratico, ma continuando a tormentare lo straccio che aveva in  mano – All’inizio si trattava di pochi, sfuggenti secondi, ma con gli anni gli effetti migliorarono, si arrivò a una decina di minuti.. ma non era mai abbastanza... - mormorò con la voce ridotta ad un sussurro - Non avevano idea di cosa fossero riusciti a creare a loro insaputa.. – aggiunse con amarezza.

A quel punto, Leanne prese un respiro tremolante e fissò James negli occhi.

-    Pensa al terrore che può aver provato una ragazza di ventitré anni, sette dei quali passati a vivere come una cavia, nel morire e nel ritrovarsi improvvisamente all’interno di un altro corpo, osservando sé stessa morta sul pavimento.. –

James la fissò incredulo mentre la sua mente metteva assieme i pezzi di quanto lei gli aveva detto.

-    E.. Elie.. – mormorò alla fine.
-    Okairi**, James – sorrise lei tra le lacrime, prima di scoppiare in violenti singhiozzi una volta che lui l’ebbe abbracciata.

* è una frase a metà tra "Ce l'hai fatta" e "è andato tutto bene"
** Letteramente "Ben tornato"




Chief's room:


Fiuuuuuuuuuuuuuu Booooom! *tipico rumore della battaglia navale elttronica*
Vi ho aperto finalmente un mondo? O ve l'ho disintegrato?
Ebbene sì, Emelie non è mai morta (non nei normali canoni almeno)! Lei e Leanne sono infatti la stessa persona.
Come questo sia potuto accadere è accennato nelle ultime battute. Ho deliberatamente preso spunto dal gas che, nella versione cartacea di Captain America, ha salvato Teschio Rosso e che era stato inventato per prolungare la vita di Hitler in caso di trionfo nella WWII. Gli esperimenti di Rheinoldt però hanno prodotto altri inespettati frutti... che verranno approfonditi più avanti.
Mi auguro che lo "sblocco" mentale di James non sia stato troppo facile. Ho voluto rendere il libro di Emelie una specie di chiave, soprattutto vista l'importanza che ha avuto nella vita della ragazza.
In sostanza, per chi aveva il cuore infranto dal non lieto fine tra i due natii degli anni '40 e dalla possibile non love story con Leanne, può tirare un sospiro di sollievo... forse!
Ringrazio tutti i lettori che hanno avuto la pazienza di arrivare fin qui, le mie recensiste Howling commandos a cui spero di aver chiarito qualche centinaio di dubbi, e tutte le belle persone che mi hanno inserita tra le storie preferite, seguite (Stitch1995) e ricordate.
Ci rivediamo quindi venerdì prossimo nel.... 1945!

Un abbraccio a tutti,
Marta

p.s. le risposte alle recensioni potrebbero subire un ritardo, ma arriveranno!

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Capitolo 25
*** Identità confusa ***


24


Emelie si era sentita semplicemente attirare via, come del ferro con una calamita. Quel richiamo era stato troppo intenso e lei gli aveva obbedito, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare. Sapeva di stare morendo, sapeva che quello era il suo ultimo respiro e sapeva di non poter più fare niente per James; era ora di proseguire. Poi però, aveva riaperto gli occhi e si era ritrovata esattamente nello stesso luogo dal quale pensava di essersi dipartita per sempre. Era di nuovo in piedi, nonostante il suo corpo si trovasse a terra; il sangue fresco che si allargava sulla divisa da carcerata.
Emelie si era guardata intorno in un gesto di consapevole confusione. Le facce atterrite degli altri scienziati, la trapassavano senza degnarla di uno sguardo. Doveva esserle capitata una di quelle esperienze definite "extracorporee", ma il fatto strano, è che lei non si sentiva affatto morta.. il mondo attorno a lei aveva un aspetto più sfumato, dai contorni meno netti, ma non c’era nessuna luce a guidarla né aveva la sensazione di doversi incamminare da qualche parte. Era lì, stesa a terra, chiaramente senza vita, ma non lo era.


-    Herr Schmidt? –

Qualcuno alle spalle di Emelie, interpellò Rheinoldt rimasto chino su di lei. La ragazza provò l'impulso di strapparle quel corpo dalle braccia; era morta, che la lasciasse in pace!
L'uomo non rispose subito, restando perfettamente immobile... poi scattò. Il movimento repentino del fratello spaventò Emelie, che retrocedette istintivamente andando ad urtare qualcuno alle sue spalle. L’attimo successivo si ritrovò seduta sul pavimento di ceramica bianca del laboratorio, a fissare Rheinoldt con una pistola ancora fumante in mano. Seguendo la traiettoria dell'arma, vide un uomo con folti baffi crollare a terra, perdendo la presa sul revolver stretto in pugno. Quell’uomo si chiamava Faust...


“Mi stava simpatico” pensò Emelie con una punta di rammarico “Ma cosa dico?! E come faccio a cono…”


La ragazza rimase congelata, accorgendosi che non era la sola cosa di strano che ricordasse. Aveva la testa piena di ricordi non suoi: di una bambina con le trecce che gioca a campana nel cortile di casa, di una famiglia borghese, poi abbandonata perché non condivideva gli ideali Hitleriani, di come fosse diventata un’infermiera esperta e fosse stata reclutata da HYDRA per occuparsi delle cavie di quel laboratorio.


“Che cosa sono tutte queste immagini? Cosa diavolo sono?!” pensò spaventata Emelie, portandosi entrambe le mani alla testa.

-    Fraulein Baumann, mi ha sentito? Fraulein Baumann! –

Quel tono così imperioso le fece alzare lo sguardo verso il suo interlocutore, capendo solo in quel momento che ce l’aveva con lei.
Gli occhi serici di Rheinoldt la guardarono, la sua pettinatura di solito impeccabile, era stata intaccata dagli  ultimi avvenimenti e alcuni ciuffi ribelli gli cadevano sulla fronte.

-    Sia così gentile da occuparsi lei di… di mia sorella per cortesia – le disse l’uomo porgendole poi una mano per alzarsi.

Nonostante l'aspetto, sembrava tornato perfettamente in sé e i suoi modi erano di nuovo garbati e controllati. Emelie, troppo sconvolta per replicare, accettò semplicemente l’aiuto che le veniva offerto, quasi barcollando sotto quel peso di una vita non sua.

-    So che deve essere stata un’esperienza scioccante. Mi rammarico per ciò a cui ha dovuto assistere. - le disse Rheinold serrandole la spalla in una presa delicata ma ferrea - Però, se potesse farlo lei ne sarei davvero felice – aggiunse, guardandola e attendendo un’affermazione da parte sua.
-    C.. certo – riuscì finalmente a balbettare lei.

Anche la sua voce era diversa... Cosa stava accadendo?

-    Ottimo, la ringrazio – replicò gentilmente lo scienziato – Portatelo via, al laboratorio sette - ordinò, riferendosi al cadavere del collaboratore - Il resto di voi può andarsene – aggiunse infine facendosi largo tra i presenti ancora attoniti.

Due uomini si avvicinarono invece al corpo steso per terra di Emelie e lo issarono su una barella con ruote.
La ragazza, ancora stordita, guardò verso James. Dall’oblò in vetro, 
dietro la brina che il freddo aveva creato, il suo volto si vedeva appena.

" Se solo potessi liberarlo... " pensò la ragazza facendo un passo verso di lui "Potremmo andarcene! Potremmo essere libe.."


-    Fraulein Baumann, stiamo aspettando solo lei –

Emelie, come colpita da un colpo di frusta, si voltò; uno dei due barellieri la attendeva sull’uscio.

-    A... arrivo… - mormorò lei, seguendoli e lanciando un’ultima occhiata a James.

Per un attimo si era fatta prendere dall'enfasi del momento, senza neppure valutare le possibili conseguenze. Si era quasi dimenticata del luogo in cui fosse oltre che delle sue attuali, non ben definite, condizioni.
Rifecero il percorso al contrario, tornando verso la cella che aveva ospitato fino a quel momento la ragazza. Una volta entrati, i due uomini adagiarono il corpo sul letto e poi se ne andarono.
Quando la porta si fu chiusa lasciando fuori quel poco rumore che c'era, Emelie si sentì sopraffare da un senso di claustrofobia come non le era mai successo in tanti anni passati dentro quelle quattro mura di mattoni. Non era solo la consapevolezza della forzata lontananza da James, o il fatto di aver scoperto tutte le macchinazioni di suo fratello che aveva (in parte) contribuito a realizzare. Gran parte della fonte del suo senso di malessere era sdraiato sulla sua branda.
Era tutto surreale, nulla sembrava avere un senso. Era morta, raggiunta da due fatali colpi di pistola. Il suo corpo era proprio lì, davanti a lei; tutte le prove del suo decesso erano in bella evidenza, eppure… eppure lei era viva, il suo spirito aveva resistito.
Suo fratello aveva creato un mostro? Sembrava che le sue afflizioni non dovessero avere una fine..

Emelie, incapace di restare ancora ferma a fissare la figura stesa sul letto, si diresse con passo rapido verso la bacinella che usava per sciacquarsi il viso la mattina e vi si specchiò. L’immagine della donna che poco prima aveva preso in ostaggio, la guardò dal riflesso ondulato dell’acqua.
I capelli biondo miele serrati in una treccia, il viso rotondo spruzzato di lentiggini e gli occhi verdi. Un'estranea, ecco chi era al suo sguardo; eppure conosceva tutta la sua vita e questo, se possibile, la faceva sentire anche peggio.
Emelie si sentì mancare l'aria.. non era possibile! Non era possibile che fosse davvero entrata nel corpo di qualcun altro.


Sicura?

Una vocina si fece largo nei suoi pensieri mentre, atterrita, continuava a fissarsi.

Davvero non è possibile? Con tutti gli esperimenti che hanno fatto su di te? Direi che è più che normale invece…


Il suo subconscio, o qualsiasi cosa esso fosse, aveva ragione.. ma lei non era ancora nelle condizioni di accettarlo.
Tutte quelle immagini e sensazioni.. tutti quegli esperimenti a cui lei.. a cui quella donna aveva partecipato con la convinzione che fossero necessari. Sentiva ancora l'eco lontano dell'eccitazione della scoperta, dell'indifferenza per quegli uomini e quei bambini tranquillamente sacrificabili per il Reich; non…

Un conato di vomito scosse la ragazza, che dovette correre verso la tazza per rimettere. Il suo corpo stava reagendo alla situazione, stava reagendo a quello a cui il suo cervello non riusciva a far fronte.

Quando ebbe finito, si sciacquò il viso madido di sudore e cercò di prendere dei lunghi e profondi respiri. Si sentiva sperduta e sola. Sola senza James che avrebbe sicuramente saputo come aiutarla...

“Tu sei Emelie.. questi ricordi non sono tuoi, ma di questa donna, che qualsiasi fine abbia fatto, non è più qui, non è te!” cercò di tranquillizzarsi chiudendo gli occhi “Nessuno sa che sei ancora viva, nessuno sa che gli esperimenti hanno prodotto questo. E' il tuo vantaggio! Sfruttalo! Puoi ancora salvare James!”

Questo pensiero diede la forza ad Emelie di guardare la questione in una maniera diversa. Certo, continuava ad avere paura di ciò che le era capitato, di tutti i punti oscuri di questa sua "abilità", ma aveva tra le mani l'occasione di salvarlo per davvero. Non l'avrebbe sprecata!
Le sarebbe bastato liberarlo da quella macchina al momento propizio e uscire di lì.
Uscire di lì… poteva realmente andarsene senza alcun impedimento.. era… libera.
Emelie, guardò la vecchia sè stessa stesa sul lettino e seppe cosa fare. Pulì e deterse il corpo, cancellando il sangue e la vestì con gli abiti che le avevano messo a disposizione per comporre la salma. Cercò di fare tutto con assoluto distacco, cercando di estraniarsi e focalizzandosi sul suo piano e su James. Materialmente parlando, quelle operazioni le vennero semplici; era abituata a occuparsi dai cadaveri, ne aveva dissezionati diversi, o almeno, lo aveva fatto la donna a cui apparteneva il suo attuale corpo.
Oltre ai ricordi, pareva aver acquisito anche tutte le conoscenze e le abilitò di quella persona; il che, per il momento, le risultava molto utile.
Quando finì, la Emelie sdraiata sul letto sembrava solo addormentata e pronta a svegliarsi da un momento all’altro.
Prima di andare ad avvisare di aver finito, provò in tutti i modi ad uscire di nuovo sotto forma di.. spirito  (non avrebbe saputo dare un altro nome a quello che le era capitato), ma non ebbe alcun esito positivo. A quanto pareva, ci dovevano essere delle condizioni ben specifiche perché questo accadesse, e temeva  che una di queste, fosse proprio la morte dell’ospite..
Delusa dalle poche cose che era riuscita a scoprire, scostò la scrivania recuperando da dietro di essa il suo libro e il diario, e solo allora chiamò gli inservienti per dire che aveva terminato. Dopodichè, si diresse verso l’ascensore che l’avrebbe portata all’esterno dell’edificio.
Il piano era semplice: il giorno seguente sarebbe tornata al lavoro come al solito, avrebbe raggiunto il laboratorio cinque e avrebbe liberato James.
La sua prima uscita dopo sette anni di prigionia, fu accolta da un cielo grigio piombo e da una fitta nevicata.
Dovette costringersi a non fermarsi con la bocca spalancata a guardarsi intorno, ma di proseguire verso la sua bicicletta. Le sembrava tutto uscito da un sogno, e allo stesso tempo perfettamente normale, mentre si dirigeva verso il piccolo appartamento che aveva in città.
La donna che la "ospitava" non aveva marito, né pretendenti o famiglia; abitava da sola e l’unica sua dedizione era la scienza e il Reich.
Emelie, si coricò per la prima volta dopo anni su di un morbido letto. Si era fatta un lungo bagno caldo e cucinata la cena: uova e salsiccia.
Era carica di speranze e di ottimismo quando i suoi occhi si chiusero, facendola sprofondare in un quieto sonno. Nulla poteva farle prevedere la tragedia che si sarebbe consumata il giorno dopo, una volta fatto ritorno al laboratorio….


-    Cosa? Mi spiace fraulein Baumann, è stata una cosa improvvisa anche per noi… Stanotte, Herr Schmidt, è partito portando con sé la salma di sua sorella e il soggetto americano. Dove sia andato è un mistero, non lo ha  lasciato detto a nessuno…  Fraulein? Si sente bene? E’ molto pallida… Fraulein!!! Dove sta andando?! –

Ma Emelie si era già voltata per correre via. Non sarebbe mai più tornata in quel luogo.. Non c’era più niente.. solo dolore.



Chief's room:

Buongiorno e ben tornati nel 1945!
Premetto che questo sarà in assoluto l'ultimo capitolo ambientato in quest'epoca (per davvero eh).
Mi è sembrato doveroso inserirlo per dare una prima spiegazione di ciò che è successo. Emelie, a seguito degli esperimenti a cui è stata sottoposta, ha sviluppato la capacità di "trasferirsi" nel corpo di un'altra persona vivente. Ora, sono più che sicura che esista un supereroe o un villain con le medesime capacità, ma questo è stato il massimo della mia invettiva ^^" anche perchè dovevo far sopravvivere sta povera creatura in qualche maniera xD
Ovviamente ho dovuto metterle dei paletti, ovvero di non poter decidere liberamente di lasciare l'ospite ma che questo sia subordinato alla morte fisica del corpo.
Non vi preoccupate, Leanne risponderà ad altri quesiti nei prossimi capitoli ;)
Mi auguro di essere riuscita a coinvolgervi nello stato d'animo della nostra protagonista. Non è stato semplice, perchè a situazione è talmente surreale da avermi dato delle difficoltà a immedesimarmi nelle sue sensazioni. Come al solito si vede che amo l'introspezione xD
Nel prossimo capitolo torneremo ad occuparci del presente e finalmente del nostro caro James ;) Come reagirà al racconto di Emelie?
Un sentito ringraziamento a tutti i meravigliosi Lettori, le superbe recensiste Howling commandos e ai mitici utenti che mi hanno inserita tra le seguite (You_are_my_hero), ricordate e preferite (Calzona_BestLove,You_are_my_hero)!

Un abbraccio a tutti,
Marta

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Capitolo 26
*** Il peso di una vita di troppo ***


25.


-    Mi sono sentita assalire dalla disperazione. Ero tornata con l’intenzione di portarti via di lì, e invece era già troppo tardi.. avrei dovuto agire quel giorno stesso –

Emelie si rigirò la tazza fumante tra le mani, sospirando sul suo riflesso di caffè. Quando il suo pianto si era placato, James le aveva chiesto di raccontargli tutto quello che le era successo. Così si erano spostati in sala da pranzo, sul divano che aveva ospitato James la prima notte passata in quella casa. La ragazza si sentiva leggera, potendo finalmente raccontare la verità, ma anche spaventata.. non tutto era andato come desiderava in quella lunga vita.

-    No invece, hai fatto bene a rimandare. Avresti rischiato di farti scoprire e sarebbe stato molto peggio. Non eri nemmeno certa che mi sarei ricordato di te e adesso potremmo non essere qui.. – replicò James seduto di fianco a lei.
-    Sarà.. ma in quel momento mi sono sentita solo una stupida che aveva fallito nell’unico scopo che si era prefissa – disse lei sorridendo tristemente.
-    Cosa hai fatto dopo? – le chiese James.
-    Sono tornata in città, ho raccolto tutti i risparmi che possedevo, preso lo stretto necessario e sono salita sul primo treno in partenza.. - rispose Emelie, appoggiando la tazza ormai vuota sul basso tavolino che avevano di fronte - Mi sono fermata alla penultima città prima di arrivare al capolinea e da lì ho proseguito fino alla successiva a piedi, per essere sicura di non essere seguita – spiegò, ricordando lo stato di confusione che aveva accompagnato quel viaggio senza meta – Sono stata fortunata che i bombardamenti non avessero distrutto la linea ferroviaria – aggiunse.
-    Com’era la fine della guerra? –

James non riusciva ad immaginarsela, non dopo aver passato così tanti anni a combatterla.

-    Il mondo che tu mi hai descritto sembrava non esistere più. La Germania era uno stato in ginocchio, che aveva subito una pesante sconfitta e altrettante pesanti ripercussioni – rispose lei, soffermandosi sull’immagine della sofferenza che aveva visto in quei giorni di pellegrinaggio – Però c’era speranza – aggiunse rivolgendo a James un sorriso.
-    Credo sia l’unica cosa che tenga vive le persone anche dopo simili catastrofi – replicò James fissando le dita luccicanti della propria mano.
-    La penso come te.. Anche se confesso di aver pensato che fosse morta, in certi momenti – confidò la ragazza con un sospiro stanco.
-    Dai, prosegui – la invitò James puntando di nuovo il suo sguardo su di lei e dandole un buffetto sul ginocchio.

Fosse stato per lui, l'avrebbe tenuta tra le braccia fino al giorno successivo, ma c'erano tante cose che voleva sapere, tante domande che attendevano una risposta. Ritrovarla lì, era stato... non sapeva nemmeno lui se definirlo un miracolo o semplice giustizia. Lì, in oriente, lo avrebbero chiamato Karma. Dopo tutto quello che era successo, dopo quello che entrambi avevano passato e superato, sembrava quasi giusto che fosse andata a finire così. E Dio gli era testimone che non l'avrebbe mai più lasciata andare via. Mai.

-    Quando pensai di essere sufficientemente lontana da HYDRA, mi calmai abbastanza da realizzare che non potevo continuare a vagabondare senza meta. - riprese il discorso la ragazza - Così l'idea mi venne spontanea: sarei andata in America e avrei cercato di contattare il Capitano Rogers. Se c’era qualcuno in grado di aiutarmi a ritrovarti, quello era il tuo amico d’infanzia. - raccontò Emelie, stringendosi al petto le ginocchia che aveva raccolto - Ovviamente, puoi immaginare quale stato d’animo mi colse quando venni a sapere che era morto – disse – Lo lessi per caso in un quotidiano, figurati.. poche righe e mi ritrovai punto e a capo. - mormorò.

James vedeva quanto quei ricordi pesassero ancora sulle sue spalle e d'un tratto realizzò che Emelie aveva passato settant'anni in un mondo che la credeva morta. Lui e Steve avevano passato quel tempo nel limbo, ma lei no..

-    Nel frattempo trovai lavoro all’ospedale locale. - proseguì la giovane - Le infermiere erano ben accette e soprattutto ne avevano un gran bisogno. Fu più o meno un paio di mesi dopo che HYDRA mi trovò.. –

-   Saresti dovuta scappare in America, a prescindere dal fatto che Steve fosse o meno vivo – le fece notare James.
-    Hai ragione, avrei dovuto, e il pensiero mi ha sfiorato più di una volta.. - assentì Emelie, puntando lo sguardo sul soffitto di legno della sala - ma quando cominciai, non riuscii più ad andarmene  – confessò con un sospiro – Avessi visto quanti giovani soldati si erano all’improvviso ritrovati mutilati o gravemente feriti.. annullati fisicamente e psicologicamente. In guerra non erano andati distrutti solo gli edifici, ma anche le persone, e poi, in ognuno di loro vedevo il tuo viso; non potevo lasciarli.. – ammise, stringendo con gratitudine la mano di James che si era posata sulla sua – Quella sera ero uscita dal lavoro come di consueto assieme alle altre mie colleghe. Stavo attraversando la strada quando, tutto d'un tratto, un’auto è sbucata a folle velocità travolgendo me e tutti quelli che mi stavano vicino. – disse abbassando lo sguardo – Non ho neppure realizzato cosa fosse successo.. mi ritrovai improvvisamente a guardare la scena da una prospettiva diversa; ero, una persona diversa. - raccontò incapace di sollevare gli occhi verso James - Altri ricordi si affollarono nella mia mente, fino a quando furono tutti spazzati via da una consapevolezza.. Stavo attraversando la strada con mio figlio, dov’era lui? –

Emelie si interruppe per prendere fiato e cercare di calmarsi. Riportare a galla quella scena, quei momenti, era un vero e proprio strazio anche a distanza di quasi settant'anni da che era accaduta.

-    Elie… – mormorò James senza sapere cosa dire per confortarla.
-    Avevo rubato la vita di una vedova di guerra che lavorava nel mio stesso ospedale come balia. - proseguì lei quasi con rabbia - Quella sera stava tornando a casa, quando un auto investì molte persone tra le quali il figlio di soli dieci anni.. Non ho mai avuto un figlio, ma so bene cosa si prova a perderne uno – disse Leanne con estrema fatica nel mantenere un tono di voce fermo.
-    Era quello il bambino che dici di aver ucciso… - rammentò allora il soldato.
-    L’ho ucciso James, non ci sono vie di fuga! E ho anche preso la vita di sua madre! Se non fossi stata lì.. se HYDRA non mi avesse trovata... –

Emelie si interruppe, passandosi una mano sulla fronte con gesto nervoso.

-    In tutti questi anni è un peso che non sono mai riuscita a togliermi dalle spalle. Se fossi morta quel giorno nulla sarebbe accaduto – ammise.
-    Capisco bene come ti senti… - replicò James con amarezza. 
-    Ritrovarmi improvvisamente in quella situazione, mi diede la spinta per trasferirmi in America.. il dolore di aver perso un figlio è terribile, e mi fece ricordare che c’era una famiglia, a Shelbyville, che era nella mia stessa condizione –

Gli occhi di James si spalancarono nel sentire quella frase. Emelie gli sorrideva, con gli occhi lucidi e una profonda tristezza dietro di essi.

-    Sei andata a cercare i miei.. – disse e lei annuì.
-    I tuoi genitori erano delle persone splendide ed estremamente gentili, e tua sorella era una ragazza davvero bella.. Quando ho detto loro di essere una tua amica, mi hanno accolto a braccia aperte – raccontò l'albina, sentendo il cuore scaldarsi al solo pensiero di quell’incontro.
-    Come stavano? – chiese James evidentemente emozionato.
-    Erano in lutto, ma se la cavavano.. Becky aveva trovato lavoro in una sartoria ed era in procinto di sposarsi  – lo informò – Tua madre si è messa a raccontarmi di tutte le marachelle che tu e Steve combinavate da bambini, e tuo padre parlava della tua carriera militare con orgoglio. Tutti loro non potevano essere più fieri di averti avuto come figlio – aggiunse con tono dolce.
-    Sono felice che tu sia andata a trovarli… - disse James con un filo di voce - Grazie di averlo fatto –
-    E' stato un piacere – rispose Emelie.

Il ragazzo aveva pensato tante volte ai suoi e a come dovevano aver reagito nel perderlo. Si era rammaricato che non fosse rimasto nessuno a sostenerli, nemmeno Steve. Sapere che Emelie era riuscita a conoscerli, lo faceva sentire incredibilmente meglio e le era grato di non averli coinvolti nella sua ricerca. Perdere un figlio è terribile, ma la verità sarebbe stata ancora peggio.

-    Sei poi rimasta a vivere a Shelbyville? – le domandò in seguito.
-    No, mi sono trasferita a Washington. Sapevo che Howard Stark risiedeva lì e pensavo che mi avrebbe potuto aiutare – disse la ragazza con un sorriso.
-     Howard... - ripetè James poco convinto dal ricordo che aveva del magnate - e sei riuscita ad incontrarlo? -
-     Meglio! Cercando lui ho incontrato Peggy ad Hollywood, durante una festa... in piscina, ma meglio evitare i dettagli - raccontò Emelie, aggrottando le sopracciglia al ricordo della moltitudine di ragazze in bikini che si aggiravano quel giorno.  Maria aveva avuto una grande pazienza con lui...
-    Quella Peggy? – esclamò James quasi incredulo.
-    Proprio lei – rispose la ragazza come se fosse stata la cosa più ovvia del  mondo – E' l’unica persona con cui mi sono confidata sulla mia reale identità, oltre a Nomura-san ovviamente.. Ed è stata sempre lei a convincermi ad aiutarla a fondare lo S.H.I.E.L.D. e a darmi l'opportunità di arrivare a te. Ci sono voluti molti anni, ma alla fine ci sono riuscita – disse.
-   Ti sarai dovuta… "trasferire" altre volte, giusto? – domandò il ragazzo.
-    Solo due per la verità… Nomura-san, come ti ho già detto, faceva parte dello S.H.I.E.L.D. ed è stato il mio medico per tutti questi anni. - gli spiegò - Abbiamo scoperto molto poco sulle mie capacità ad essere sinceri.. Posso occupare solo corpi vivi e li posso abbandonare solo se questi muoiono… - spiegò Emelie in poche parole.
-    E se non dovessi trovare un ospite in tempi brevi? – la interrogò James.
-    Penso che il mio spirito si dissolverebbe come tutti gli altri.. Non ho mai voluto fare test per accertarmene e le uniche due volte nelle quali mi sono “spostata”, l’ho fatto su persone in coma che non avevano alcun parente che potesse occuparsi di loro. Non prenderò mai più la vita di una persona per salvare la mia – rispose adombrandosi.
-    Scusa, ti ho fatto una domanda stupida – disse il ragazzo costernato.
-    Non ti preoccupare, me ne hai fatte di peggiori – disse lei divertita, alzandosi per portare la tazza nell’acquaio.
-    E come sei finita in Giappone? – le chiese ancora James dalla sala da pranzo.
-    Quando Peggy iniziò a manifestare i primi segni dell'Alzheimer, abbiamo dovuto pensare ad un piano b… Così  lasciai lo S.H.I.E.L.D., diventai Leanne e, con l’aiuto di Nomura-san, mi trasferii qui. Sua moglie era già morta da diverso tempo e lui si era ritirato nel tempio – rispose la ragazza mentre lavava.
-    Come mai hai deciso di venire proprio qui? –
-    Principalmente perché avevo capito che se volevo riportarti indietro, mi sarei dovuta concentrare solo su quello e avevo bisogno di calma e tranquillità per studiare le mosse da fare per rintracciarti; senza contare che nel caso in cui avessi dovuto tenerti testa, avrei avuto bisogno di un addestramento un po’ più specifico – spiegò, asciugandosi le mani in un canovaccio.
-    Hai passato tutto questo tempo a cercarmi.. –

Emelie sentì la presenza di James alle proprie spalle e facendo un passo indietro, si appoggiò al petto ragazzo.

-    E' stato difficile.. HYDRA non ha mai lasciato indizi e non sapevamo dove e quando saresti comparso, eri come un fantasma.. - raccontò - Solo dopo gli eventi di New York, e con il ritorno di Steven, c’è stato uno spiraglio a cui aggrapparsi – spiegò la ragazza – Ti avrei cercato per altri cento anni se fosse stato necessario – aggiunse con fervore voltandosi a guardarlo, il corpo incastrato tra quello del ragazzo e il lavabo della cucina.
-    Come ho fatto a non riconoscerti prima? – mormorò lui osservandola.
-    Forse per via del fatto che non sono più la Emelie degli anni '40 – replicò lei facendo un movimento circolare con l'indice davanti al proprio viso.
-    I gesti, i sentimenti.. sono cose che non cambiano solo perché l’aspetto è diverso. Tu sei e sarai sempre Elie – ribattè James chinandosi verso di lei e baciandola.

Il bacio, dapprima dolce e lieve, divenne sempre più urgente, più smanioso. Racchiudeva dentro di sé tutti quegli anni di lontananza e tutto ciò che non c’era potuto essere.
Approfittando della necessità di dover riprendere fiato e prima che James tornasse prepotentemente a reclamare la sua bocca,
Emelie riuscì a sfilare la maglia del ragazzo assieme alla propria. Le mani della giovane presero a vagare lungo la colonna vertebrale del soldato, assaggiando i muscoli allenati e la miriade di cicatrici che davano memoria della sua vita difficile.
D’altro canto, James, teneva ferma la destra sulla sua vita lasciando invece inerte il braccio bionico.
Fu Leanne, ad afferrargli  la mano sinistra e a portarsela al petto, fremendo sotto il freddo del metallo. James si fermò, improvvisamente restio.

-    Non mi da fastidio, non me ne ha mai dato – gli sussurrò la ragazza a fior di labbra per poi mordergli piano il labbro inferiore.

Come se la cosa avesse dato un'improvvisa scossa al giovane, James la afferrò saldamente per i fianchi tirandola su. Emelie, si aggrappò alle sue spalle ampie e incrociò le gambe dietro la sua schiena. Con i bacini così a contatto, c’erano pochi dubbi su dove sarebbe proseguita la loro serata. Senza mai lasciarla, James salì verso le camere.

Per quella sera lasciarono tutti i loro problemi al piano di sotto.



Chief's room:

Buon pomeriggio a tutti ^^

James ed Emelie si sono ritrovati ed è arrivato il momento di alcune spiegazioni. So che alcuni di voi si erano immaginati scenari molto più dinamici sulla spiegazione del presunto assassinio compiuto da Leanne, quindi spero di non avervi deluso ^^"
Volevo che fosse un modo per accumunare i due ragazzi; entrambi infatti, si ritengono responsabili di qualcosa che in realtà non è direttamente colpa loro. Ed è per questo che, al commento di Emelie sul fatto che probabilmente se fosse morta quel giorno non sarebbe accaduto nulla, James non finisce per consolarla, ma la capisce, che è una cosa ancora più profonda.
I trascorsi sulla famiglia di Bucky ovviamente sono completamente inventati a scopo della trama, mentre per quanto riguarda la festa dove Emelie ha incontrato Peggy, essa è ripresa direttamente dalla 
seconda stagione della serie Agent Carter.
Spero di essere stata sufficientemente chiara su quello che ho spiegato, in caso contrario sono disponibile a qualsiasi chiarimento ^^
Il prossimo capitolo getterà le basi per il ritorno all'azione e per inoltrarsi nell'arco narrativo finale di questa storia.
Un grande ringraziamento a tutti i silenziosi Lettori, alle mie recensiste le Howling commandos e a coloro che mi hanno inserita tra i preferiti (Bebba91), seguiti e ricordati.

A presto bella gente!
Un abbraccio,
Marta

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Capitolo 27
*** Cenere alla cenere ***


26.


James aprì gli occhi con un dolce peso sul petto. Emelie, con la testa appoggiata sulla sua spalla e il braccio abbandonato sul suo sterno, dormiva profondamente. Vedeva il profilo delle ciglia tremolare appena sotto il lieve respiro che le alzava e abbassava il petto a contatto con il suo fianco. Potrebbe sembrare una banalità, ma al ragazzo pareva che l’intero corpo della giovane si sagomasse perfettamente al suo.
Avevano fatto l’amore altre due volte dopo la prima della sera precedente, e di fatto doveva essere quasi ora di pranzo.. Alcuni temerari raggi di sole, sfidavano le spesse imposte danzando con la polvere dell'aria, scontrandosi poi contro il chiaro tatami*.
Il soldato accarezzò lievemente la spalla e il fianco scoperto di Emelie con le dita della mano metallica. Non avvertiva alcuna sensazione, né tantomeno il calore della pelle di lei, ma così poteva almeno avere la certezza che fosse reale e non solo il frutto della sua immaginazione.
La mano dell'albina si chiuse in un pugno contro il suo petto, mentre un respiro un po’ più profondo gli si infrangeva sul collo. Le gambe si mossero e la ragazza gli si strinse addosso.


-    Buongiorno, – la salutò lui – di nuovo... – aggiunse con un sorriso sghembo.
-    Giorno – replicò lei, sorridendo contro la sua spalla e stiracchiandosi – Sono tutta indolenzita – commentò.
-    Non fatico a crederci – le rispose James con una risata, tirandola sopra di sé con estrema semplicità.

Emelie si accomodò sul petto del ragazzo, appoggiando l’orecchio sul cuore e ascoltandone il battito pacifico mentre James le accarezzava i capelli. La giovane si sentiva sollevare e abbassare a ritmo con il respiro di lui e non c’erano altri suoni ad attorniarla. Era un momento perfetto.

-    Chi era Leanne? –

La domanda del ragazzo fece sollevare il viso alla giovane. James le stava rivolgendo uno sguardo di pura curiosità.

-    Era una ragazza canadese – rispose allora, puntellandosi sui gomiti e appoggiando il mento sui palmi – Aveva una bella famiglia, un sacco di amici, e un cane di nome Bud – raccontò mentre James muoveva le dita sulla sua schiena ascoltandola – Ha fatto la capo cheerleader nel suo liceo e si è diplomata con buoni voti; sarebbe dovuta andare al college, voleva studiare legge – proseguì e poi fece un sorriso amaro – Un giorno, viaggiando in macchina con i suoi, sono stati coinvolti in un incidente.. Lei è entrata in coma, ed è rimasta così per due anni prima che arrivassi io.. – concluse.
-    Non sempre le cose vanno come dovrebbero – commentò James guardando sopra di sé.
-    Mi sento quasi in colpa ad essere sopravvissuta… - mormorò Emelie.
-    Se è per questo anche io – replicò James – Non è stata un po’ appariscente come scelta? – le domandò subito dopo per cambiare discorso, scostandole un ciuffo bianco.
-    Non erano così all’inizio – rispose la ragazza – Come per tutti gli esperimenti, non potevo essere perfetta al cento per cento.. Nel giro di un paio di settimane diventano bianchi a prescindere dal colore che hanno all’inizio – disse con un mezzo sorriso divertito.
-    Comodo – ironizzò James.
-    Soprattutto quando devi tingerli o infilarti una parrucca in testa – sbuffò Emelie – Ho cominciato a lasciarli del loro colore quando mi sono trasferita qui, i Giapponesi sanno farsi i fatti loro come hai potuto notare – raccontò.
-    Yuki-chan – disse James con un sorriso.
-    Già, una perfetta ed immortale regina delle nevi – ribattè lei arricciando il naso.
-    Non è che la regina ha voglia di preparare qualcosa da mangiare? Sto morendo di fame - confessò il ragazzo con il solito sorriso da mascalzone.
-    Posso provarci – rispose Emelie.

Si protese a lasciargli un bacio a fior di labbra e si alzò, recuperò gli slip e un maglione, e scese di sotto.
Quando James la raggiunse, la casa era già pervasa da un buon profumo di spezie. Il ragazzo si fermò sulla soglia della sala da pranzo, guardando Emelie riempire un paio di ciotole con degli spaghetti in brodo fumanti. Le gambe nude spuntavano da sotto il maglione, e i capelli erano arruffati e in disordine. Era semplicemente bellissima.

Il vecchio Bucky l’avrebbe raggiunta, presa in braccio e  riportata in camera, ignorando la fame e il piatto caldo in tavola. Il Soldato d’inverno no.
Dentro di lui, dal giorno prima, convivevano queste due personalità completamente in contrapposizione tra loro. Sembrava che i suoi pensieri viaggiassero su binari paralleli senza incontrarsi mai e in un certo senso, capiva bene come si sentisse Emelie quando diceva che le persone alle quali aveva preso il corpo sopravvivevano dentro di lei come entità distinte. Lui si sentiva nello stesso modo.

-    Smettila di pensare e vieni a sederti –

La voce della ragazza lo riportò alla realtà.

-    Era così evidente? – chiese lui, prendendo posto di fronte a lei.
-    Corrughi appena la fronte quando stai ragionando, lo facevi anche allora – rispose Emelie picchiettandosi il punto tra le sopracciglia con l'indice.
-    Non siamo più le stesse persone di una volta.. – disse James dopo un attimo di silenzio.
-    No e non lo saremo più – replicò la ragazza iniziando a mangiare.

Non c’era nessuna emozione particolare in quella frase, era solo un dato di fatto.

-    Ma so che ti amo ed è l’unica cosa a non essere mutata nel tempo – aggiunse poi, guardandolo dritto negli occhi.
-    Mi basta questo, tutto il resto non conta – affermò James, citando la stessa frase pronunciata molto tempo prima.
-    Vale lo stesso per me – disse Emelie sorridendogli con calore.

Durante il pranzo, la ragazza espresse il desiderio di salire fino al tempio per avvisare il suo maestro del traguardo raggiunto e James non potè che essere d’accordo. Quell’uomo aveva in qualche modo vegliato su di lei per tutto quel tempo; se erano arrivati fino a lì, lo dovevano anche a lui.
Dopo aver fatto un bagno (durato un po’ più del previsto), i due ragazzi si incamminarono per il sentiero innevato fino a raggiungere il tempio nascosto sulla cima. Una volta arrivati, trovarono il signor Nomura intento a liberare il cortile dalla neve in eccesso, che non appena li vide si fermò, osservandoli attentamente.

-    Ci sei riuscita – esordì semplicemente, aprendosi in un sorriso e accogliendo Emelie tra le braccia – Entrate a prendere un tè, avanti – li invitò precedendoli all’interno della sua casa.

La prima volta che erano stati lì, era tutto ancora avvolto nella nebbia, c’era molto da fare e la loro strada era solo all’inizio. Quante cose erano cambiate.

-    E così, ora ti ricordi tutto – esordì Nomura finendo di versare il tè nella sua tazza.
-    Ogni cosa. – asserì James guardando brevemente Emelie – Vorrei solo non averci impiegato così tanto tempo... – aggiunse amareggiato.
-    La mente richiede molto tempo per guarire, più di quanto ne abbia bisogno il corpo – disse l’anziano – e non credo nemmeno che sia già finita – aggiunse.
-    No, è vero.. – concordò il ragazzo – sto ancora facendo i conti con quello che ho fatto – disse - volontariamente o meno che fosse – concluse, anticipando le proteste che si erano formate negli occhi di Emelie.
-    La via del perdono è lunga, ma alla fine arriva per tutti – commentò l'anziano con un sorriso triste.
-    Elie mi ha raccontato di quello che le è successo – disse James – sono dispiaciuto per le sue perdite –
-    Quando abbiamo perso Tsubaki**, mia moglie non si è più ripresa... Eravamo... Ero talmente preso dal lavoro allo S.H.I.E.L.D., da non aver dato il giusto peso alla famiglia – raccontò mestamente – Quando conobbi Leanne, o meglio, Kat – disse, riferendosi al nome che la ragazza portava a quel tempo – Ho deciso di aiutarla.. Io avevo sprecato il mio tempo, a lei invece era stato rubato. Non potevo cambiare il mio passato, ma potevo aiutare voi ad avere un futuro - affermò con un luccichio determinato dietro gli occhi neri.

Emelie non sapeva come esprimere la propria gratitudine. Sapeva quanto dolore avesse dovuto sopportare e quando si sentisse responsabile di quella felicità perduta, lo aveva visto con i propri occhi. La signora Nomura era una donna gentile e un’agente brillante, vederla spegnersi a quel modo era stato devastante. Il dolore iniziale si era attenuato, sostituito dall'amaro dei ricordi, ma non si era mai del tutto spento, e spesso lo si poteva leggere negli occhi del Giapponese. Aveva fatto tutto ciò che gli era possibile per aiutarla e le aveva insegnato tutto ciò che sapeva. Senza la sua guida e i suoi consigli, quando Peggy si era ammalata, non avrebbe fatto molta strada da sola.

-    Non so davvero come ringraziarla Nomura-san, per essersi preso cura di Elie in mia assenza e di averci aiutati ad essere qui oggi – inaspettatamente fu James a prendere la parola, inchinandosi fin quasi a toccare il pavimento con la fronte.

La ragazza guardò brevemente il suo maestro, cercando di trasmettergli tramite gli occhi tutto quello che non riusciva ad esprimere a parole e poi imitò James, chinandosi anch’essa.

-    Grazie a voi per avermi concesso la possibilità di vedervi assieme – replicò l’uomo abbassando il capo – Ma ora, quali sono i vostri piani? – domandò quando tornarono a sedersi.
-    Elie ha proposto di contattare il capitano Rogers – rispose James.
-    Credo che adesso possa darci una mano concreta e poi… non trovo giusto tenerlo all’oscuro dei fatti. So che lo sta cercando dall’episodio del Triskelion ed è ora che raggiunga il suo scopo – spiegò la ragazza annuendo.
-    Non ho avuto la fortuna di conoscere il Capitano di persona, ma sono più che sicuro che tu abbia valutato attentamente la situazione – replicò l'anziano guardando la sua allieva.
-    Come lei mi ha sempre insegnato a fare, sensei – disse Emelie con un sorriso.
-    Sei sempre stata un’ottima adulatrice Yuki-chan – ribattè divertito l'uomo – In tutti i casi sono d’accordo con la tua decisione. Per quanto sia isolato e sicuro questo posto, HYDRA possiede mezzi e spie che noi non possiamo neppure immaginare – proseguì tornando serio.
-    No, infatti – disse James prendendo la parola – Ora più che mai, mi rendo conto che siete tutti esposti ad un pericolo ben maggiore di quanto pensassi… per questo preferiremmo non aspettare il disgelo – spiegò il ragazzo.

Nomura si passò una mano in viso. Lo addolorava sapere che i due ragazzi se ne sarebbero andati. In qualche modo saperli al villaggio, gli aveva risollevato lo spirito, ma quello che James aveva detto era vero: nessuno degli abitanti di quel luogo meritava di essere vittima di quella vicenda.

-    Penso di potervi facilitare il compito di contattare il Capitano. Avevo già chiesto a Peggy di assicurarmi un modo per poterlo rintracciare in caso di necessità – disse l’uomo sorprendendo i due ragazzi.
-    Sul serio? – esclamò Emelie e Nomura annuì.
-    C’è un telefono satellitare, dotato di una linea non tracciabile, nascosto nel tempio; era lì per ogni evenienza, ma credo che sia ora di tirarlo fuori – raccontò alzandosi.
-    Sta nevicando? –

Emelie si voltò verso James che guardava fuori con la fronte aggrottata.

-    Non c’era una nuvola quando siamo arrivati, non è possibile che…- la ragazza si interruppe bruscamente, aprendo di scatto la parete scorrevole e uscendo all’esterno.

Corse verso lo spiazzo antistante il tempio, incurante dei richiami da parte di James.

-    Cosa succede? – le chiese lui quando la raggiunse.
-    Questa non è neve… - rispose la ragazza con la voce che tremava, sfregando il pollice e l’indice insieme – E' cenere.. – disse, mostrando la pelle annerita.

James, d’istinto alzò gli occhi al cielo. Nella notte, uno strano bagliore si rifletteva sulla volta, oscurando la miriade di stelle che osservavano dall’alto. Un suono lontano e ritmico gli arrivò all’improvviso, portato dal cambio di vento che ora soffiava nella loro direzione.

-    Questo è il rumore di un elicottero.. – disse, tornando a guardare Emelie che sbiancò all’improvviso.
-    Ci hanno trovati.. – sussurrò lei agghiacciata.
-    Presto! Da questa parte! –

Entrambi si voltarono a guardare il signor Nomura che fece loro segno di seguirlo. 


* Tipico rivestimento del pavimento nelle case Giapponesi in paglia di riso
** Tsubaki=Camelia



Chief's room:

Buongiorno a tutti!

E' proprio il caso di dire dalle stelle alle stalle! Si preparano tempi difficili per la nostra coppia appena ritrovatasi, HYDRA è arrivata e porterà con sè non poche sorprese!
Spero che abbiate apprezzato l'excursus su Leanne; so che alcuni di voi avevano immaginato che fosse un ex agente, ma io ho optato per una storia molto più tanquilla anche se non meno triste.
La storia dello "sbiancamento" dei capelli ha un suo perchè oltre al fatto che io volevo una protagonista che li avesse xD Ho pensato che potesse essere l'indicatore di quanto sia realmente vecchia Emelie, una specie di promemoria della sua età. Almeno non possono diventarle bianchi dopo che vedrà quello che deve succedere... *battutaccia*
Un sentito ringraziamento ai Lettori, alle recensiste Howling commandos e a chi mi ha inserita tra le fic seguite, ricordate e preferite.

Un grande abbraccio,
Marta

p.s. le risposte alle recensioni potrebbero subire un leggero ritardo, scusate.

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Capitolo 28
*** Fiamme e devastazione ***


27


-    Avevo tenuto queste per ogni evenienza –

Il signor Nomura accompagnò le proprie parole sollevando il tatami del tempio. Sotto di esso, in appositi spazi, 
erano sistemate diverse pistole automatiche, alcuni coltelli e una lunga katana. Passò ai due ragazzi le varie armi, tenendo per sé soltanto la katana; non aveva mai usato altro.

-    Tieni Elie – James, allungò un paio di coltelli e una pistola alla ragazza, ma vedendo che non rispondeva si girò a guardarla.

La giovane fissava un punto imprecisato sulla parete di fronte, senza ovviamente vederlo.

-    Elie – la chiamò il ragazzo.
-    Eh? – gli rispose finalmente lei riscuotendosi – Ah scusami… - aggiunse, afferrando ciò che James le porgeva.
-    Stai bene? – le chiese il soldato.
-    Sono.. preoccupata – minimizzò lei.

In realtà, Emelie era terrorizzata. Se davvero c’era HYDRA di mezzo, non sarebbe stata una cosa semplice… senza vittime. L’idea di aver portato scompiglio e pericolo nella tranquilla vita degli abitanti del villaggio, che tanto avevano fatto per lei, le dava un senso di nausea e di vertigine.
Che cosa aveva fatto?

-   Emelie! –

Il duro richiamo di Nomura la fece tornare in sé; non si era minimamente accorta di essersi di nuovo assentata mentalmente.

-    Tieni a bada i sensi di colpa, o ti distrarranno. Non ti ho insegnato niente in tutti questi anni? – la rimproverò lui.
-    Ha ragione.. mi scuso – rispose lei affranta.

Il vecchio la osservò per un attimo con quell'espressione angustiata che le scavava qualche ruga in più di quanto le concedesse la sua apparente giovane età. Dopo tanto tempo da che ci conoscevano continuava a darle del lei.. alla fine era cambiata molto poco.

-    Se ti può consolare, tutti quanti al villaggio erano a conoscenza della tua reale identità, e sono stati tutti d’accordo nell’accoglierti, così come avevano fatto con mia moglie e me. Quindi nessuno di loro era inconsapevole dell'eventuale pericolo  – confessò l'uomo.
-    Lo sapevano? – domandò Emelie allibita.
-    Sì, ed è quindi tuo dovere concentrarti e agire al meglio delle tua capacità – replicò l’anziano.
-    Certo – rispose con decisione la ragazza.
-    Andiamo allora – aggiunse James portandosi in testa al gruppo.

Evitando il sentiero principale, scesero a valle passando dal folto del bosco. L'ambiente non era buio, complice il riflesso della luna sulla neve fresca, quindi raggiungere il limitare della foresta non fu difficile. In tutti i casi, quando arrivarono, c'era già un'altra potente fonte di luce ad illuminare i dintorni... Qualcosa che bruciava lì vicino…
Emelie si arrestò improvvisamente in mezzo alla neve, poi iniziò a correre.


-    Elie!- la chiamò James, ma lei parve non ascoltarlo, scomparendo oltre la linea degli alberi.

Sia il ragazzo che il signor Nomura la seguirono, capendo ben presto cosa avesse allarmato tanto la giovane..
Emelie era ferma, negli occhi spalancati si riflettevano le fiamme che stavano divorando la sua casa. La ragazza, poteva quasi udire i suoi ricordi bruciare e il crepitio del suo amato libro mentre le pagine si incenerivano. Non aveva più nulla che testimoniasse che "Emelie" una volta era vissuta…

-    Eme…- cominciò James, avvicinandosi incerto a lei.
-    Per fortuna hanno dato fuoco solo alla mia.. – disse la ragazza interrompendolo – Sto bene - lo rassicurò decisa guardandolo  – Mi dispiace sensei…- aggiunse poi, rivolgendosi a Nomura.
-    Non sarà questo a cancellare il ricordo di mia moglie – replicò l’anziano imperturbabile.

Emelie respirò a fondo, poi volse le spalle alla propria abitazione e si guardò intorno. Se si toglieva il rumore del legno in fiamme, tutto era silenzioso e immobile; le luci delle case tutte spente. L’unico punto luce, oltre all’incendio, proveniva dal centro del villaggio, in prossimità del capannone per le scorte alimentari che aveva ospitato poche sere prima la festa d’inverno.

-    Ci stanno aspettando – mormorò cupo James.

La ragazza lo guardò con la coda dell'occhio; non lo aveva più visto sotto quell’aspetto dalla prima volta che si erano incontrati a Washington. Quello che rimaneva del Soldato d’inverno stava tornando a fare capolino.

-    Sì, anche secondo me – replicò lei.
-    L'avvertimento era rivolto a voi due. Qualsiasi siano le loro intenzioni, vogliono che usciate allo scoperto – disse il signor Nomura con la luce dell'incendio che ne accentuava le rughe in uno strano gioco di ombre.
-    Non possiamo evitarlo.. nelle case non c'è nessuno, ciò vuol dire che devono aver portato tutti quanti al capannone – ragionò il ragazzo.
-    Procediamo con una formazione a triangolo? – chiese Emelie osservando le strade deserte – Se ci sono dei cecchini appostati abbiamo bisogno di avere occhi su ogni lato –
-    No, – la interruppe James – non c’è nessuno appostato, ci stanno aspettando esattamente al centro del villaggio. - disse - Non hanno bisogno di tenderci un’imboscata, hanno il coltello dalla parte del manico.. – spiegò con voce tetra.
-    Come fai ad esserne sicuro? – ribattè Emelie.
-    Ho lavorato per… con quella gente per molto tempo, so come ragionano – rispose il ragazzo.
-    Scusami - disse la giovane, ma James le fece cenno di non preoccuparsi.

In realtà apprezzava il fatto che lei si scordasse che razza di persona fosse stato.

-    Come consigli di procedere allora? – gli chiese il signor Nomura.
-    Dividiamoci: uno prosegua frontalmente e gli altri facciano il giro e convergano dai lati. In questo modo sarà possibile trovare un'apertura. Se siamo fortunati potrebbero perfino non sapere che lei è assieme a noi – rispose il soldato guardando l’anziano, che annuì trovandosi d'accordo.
-    Procederò da sinistra – disse Emelie.
-    Bene, allora io da destra. Signor Nomura per lei va bene? – domandò James.
-    Sì, ma siate prudenti, entrambi – si accommiatò lui prima di confondersi tra le ombre.

Emelie si avvicinò a James e gli prese il viso tra le mani.

-    Non fare niente di avventato, intesi? –  gli disse con una lunga occhiata.
-    Mi conosci – rispose il giovane.
-    Appunto per questo lo dico – replicò lei con un mezzo sorriso.
-    Stai tranquilla – la rassicurò lui dandole un buffetto sulla guancia.
-    A dopo –

La ragazza gli diede un leggero bacio sulle labbra e si allontanò velocemente verso la direzione che aveva scelto. Costeggiò il limitare ombroso della foresta, per raggiungere il riparo più vicino. Prima di inoltrarsi tra le case, tolse la sicura caricando un colpo in canna, respirò un paio di volte per calmarsi, e quando la sua mente trovò quell’equilibrio che il suo maestro le aveva insegnato, fu pronta ad agire.
Muovendosi con cautela per non spezzare il silenzio tombale che regnava nell’aria, passò di copertura in copertura, avvicinandosi sempre di più al capannone. Lì, lo spazio veniva illuminato dai fari alogeni di tre elicotteri Kamov Ka-50 modificati. Una decina di militari in tuta mimetica nera, se ne stavano vicino ai velivoli, Ak-47 alla mano. Nessuno pareva particolarmente attento ai dintorni e questo, abbinato al numero esiguo di uomini, la diceva lunga sulla sicurezza di HYDRA nei loro confronti. Non c'era segno degli ostaggi, ma le finestre sul tetto del deposito erano illuminate: dovevano per forza essere lì dentro.
La ragazza si guardò intorno, cercando segni del signor Nomura e di James, senza però riuscire ad individuarli. Si fermò quindi a ragionare sul da farsi.
Se fosse riuscita ad aggirare gli elicotteri e a raggiungere il capannone, avrebbe potuto dare un’occhiata all’interno e magari escogitare un piano per non mettere a repentaglio la vita degli ostaggi.


“Se solo riuscissi a comunicare con Nomura-san e James… Aggirarli non sarà difficile, devo solo me…”

-    Smettetela di fare progetti lì nascosti nel buio! E’ inutile e soprattutto controproducente. –

I pensieri di Emelie si congelarono all’istante, come se qualcuno l'avesse immersa nell'azoto liquido; perchè non poteva essere vero…

-    Ok… allora posso passare direttamente ad elencare i motivi per i quali non vi conviene fare niente di avventato? –

Emelie osservò una figura uscire dall’ombra di uno dei grandi elicotteri. Alto, capelli biondi e occhi grigio ferro, anche se da lì non poteva vederli. Ma lo sapeva… avrebbe riconosciuto suo fratello fra mille altre persone. Non era cambiato di una virgola dal 1945 e sarebbe dovuto essere morto. Aveva sempre sperato che lo fosse.


-    Se non vi consegnate spontaneamente la questione è la seguente: nel capannone sono rinchiuse quelle così gentili persone che vi hanno ospitati, e vorrei farvi notare che la struttura è in puro legno di abete.. il che lo rende un ottimo combustibile. Il resto ve lo  lascio immaginare – spiegò, perfettamente a proprio agio e con le mani dietro la schiena.

La ragazza, era talmente tanto confusa e scioccata da quella improvvisa apparizione che credeva cancellata per sempre, che non riusciva neppure a pensare al da farsi.

“Ragiona Emelie… Calmati e ragiona…” si disse, cercando di scacciare i ricordi che le stavano riaffiorando nella mente, ma la voce di suo fratello non glielo permetteva.


-    Giusto! – esclamò nel frattempo Rheinoldt come se si fosse improvvisamente ricordato di una cosa importante – Volete avere una prova che io non menta! – detto questo fece un breve cenno con la mano.

La porta del capannone venne aperta e un soldato ne uscì trascinandosi dietro una figura recalcitrante.

-    Yuki-nee!! –

Quell’unico urlo diede il colpo finale ad Emelie, che dovette premere con forza la fronte contro la fredda parete che le fungeva da riparo, per trovare qualcosa di concreto al quale aggrapparsi.

-    Può bastare – sentenziò Rheinoldt mentre la bambina continuava a gridare – Avanti, dovrò mica cominciare con il conto alla rovescia? Quelle cose succedono solo nei film! – aggiunse esasperato quando l'ostaggio fu di nuovo al suo posto.

Sapendo bene con chi avevano a che fare e senza avere un piano di riserva, Emelie e James uscirono allo scoperto esattamente nello stesso momento.

-    Finalmente! La mia cara sorellina e il nostro fondamentale Sergente Barnes, al quale sono tornati i ricordi se non erro – li accolse gioioso l’uomo – Emelie hai fatto un lavoro magnifico con lui, di nuovo. – aggiunse rivolgendosi direttamente alla giovane.
-    Tu dovresti essere polvere ormai…- replicò lei a denti stretti mentre cercava, senza farsi notare, di individuare Nomura.  
-    Hai perfettamente ragione! Mentre ve lo spiego, sareste così gentili da depositare a terra le vostre armi e da allontanarle da voi? – domandò retoricamente.

Emelie diede una veloce occhiata a James, che imperturbabile si chinò lentamente a posare pistola e coltelli. Non le rimasi quindi altro da fare che imitarlo intanto che Rheinoldt proseguiva a parlare.

-    Nostro padre aveva scoperto un particolare gas che, una volta inalato, era in grado di prolungare la vita di chiunque. Ovviamente era stato ideato per il Fuhrer, ma alla fine è servito più a me che non a lui, visto com’è finito… - raccontò l’uomo scuotendo la testa – Lo stesso gas è stato usato per gli esperimenti condotti su di te. Non sai la sorpresa e la gioia nello scoprire che, a distanza di sessant’anni, tu non eri affatto morta! – disse con enfasi.

La ragazza si sentì vacillare a sapere da quanto tempo fosse già nel mirino di HYDRA.

-    Se eri a conoscenza del fatto che fosse viva, per quale motivo sei uscito allo scoperto solo adesso? – gli domandò James.

Quando era arrabbiato il suo tono di voce calava di parecchie ottave, diventando quasi un ringhio.

-    Sfortunatamente negli ultimi tempi ho dovuto ricorrere anche io all’ibernazione; il mio corpo si sta assuefacendo al gas, e la sua durata si riduce sempre di più – spiegò Rheinoldt – Senza contare che dopo gli eventi di Washington, avevamo anche bisogno di recuperare il nostro miglior soldato. Ha lasciato un posto vuoto molto importante, lo sa sergente Barnes? – disse con un sospiro.
-    Avresti dovuto fare meglio i tuoi calcoli – replicò Emelie.
-    Effettivamente ho preso con un po’ troppa leggerezza la questione.. – convenne l’uomo – Abbiamo impiegato diverso tempo, troppo a dire la verità, per ritrovare le tue tracce.. Soprattutto da quando hai lasciato gli Stati Uniti per venire a rintanarti in questo posto sperduto. Fortunatamente ti sei fatta viva tu! – disse con sollievo – Ma ora bando ai convenevoli! Credo che la situazione vi sia piuttosto chiara - commentò conciliante.

Gli uomini che accompagnavano lo scienziato imbracciarono i fucili, disponendosi in cerchio attorno a loro.
Uno di questi si avvicinò a Emelie, puntandole la canna del fucile contro la schiena.

-    Non riesco ancora a vederti in queste vesti –

Rheinoldt si avvicinò, squadrando la ragazza con occhio clinico.

-    Ma avremo modo di rimediare.. Non vedo davvero l’ora di ricominciare! – aggiunse con un sorriso soddisfatto e lascivo.

Se Emelie non fosse stata sotto tiro e non ci fossero stati degli ostaggi, James avrebbe potuto agevolmente mettere al tappeto i tre uomini che lo tenevano sotto tiro... Era anche sicuro che Rheinoldt lo stesse provocando apposta.
Nonostante questo, sentì comunque il sangue andargli alla testa nel vederlo di nuovo così vicino a lei. Anche per il ragazzo era stata una brutta sorpresa saperlo ancora vivo, come Emelie lo credeva morto dalla fine del conflitto.

-    Se pensi che io sia la stessa ragazza che era tua prigioniera un tempo, ti sbagli di grosso… - sibilò la ragazza guardandolo dritto negli occhi – Te lo giuro, fratello, – sottolineò l’ultima parola con un tale sarcasmo, da renderlo quasi palpabile – alla prima occasione, anche se dovesse costarmi la vita per sempre, io ti ucciderò e cancellerò la tua ignobile e depravata esistenza da questo mondo – sentenziò con un sorriso feroce.

Rheinoldt rimase a fissarla, senza dare nota di aver sentito o meno quelle parole e poi, senza alcun preavviso, come aveva fatto l’ultimo giorno che si erano visti nel laboratorio cinque, estrasse di scatto la pistola e la puntò contro la ragazza.
Quando il colpo esplose, Emelie sentì la pallottola sfiorarle l’orecchio per superarla. Nello stesso momento, James reagì, atterrando le guardie che lo tenevano sotto tiro, per poi crollare a terra immobilizzato da un terribile dolore al braccio sinistro.


-    E' stato un bene non rimuovere il circuito elettrico della protesi – commentò Rheinoldt – e lei, Agente Nomura, le pare che non me ne sarei accorto? –

Emelie, che era rimasta immobile a fissare davanti a sé la canna della pistola ancora fumante, e vincendo contro le gambe che erano sul punto di cedere, si voltò.
Il soldato in uniforme che prima la teneva sotto tiro, ora aveva lasciato andare il proprio fucile per comprimersi il torace. A terra splendeva la lama di una lunga katana.

-    No! – gridò la ragazza, capendo la situazione e affrettandosi a sostenere l’uomo che aveva preso a barcollare.

Quando gli tolse il casco, sotto di esso comparve il viso sudato e sofferente del suo maestro.
Emelie premette la mano contro il foro di entrata della pallottola nel tentativo di fermare il sangue che stava tingendo la neve di rosso.

-    Sensei! Sensei! Resista, resti sveglio! – lo pregò la giovane.
-    Non.. pensare a me.. dev.. fermalo – mormorò l’anziano con il fiato spezzato.

Emelie tornò a concentrarsi sul fratello, che una volta riposta la pistola, aveva estratto dalla tasca della sua divisa militare un piccolo telecomando. James era ancora a terra, la scarica elettrica lo aveva stordito al punto da fargli perdere il controllo dei nervi periferici.
Impossibilitato a muoversi, fissava sofferente la scena, sollevando con il respiro pesante la neve farinosa che aveva davanti al viso.


-    Tu sarai cambiata cara sorella.. Io invece credo di essere rimasto uguale ad un tempo – disse con un ghigno crudele prima di premere il bottone.

Con un boato, il capannone esplode prendendo fuoco. La luce improvvisa si riflettè negli occhi sgranati per l’orrore di Emelie e le sembrò di udire delle urla di bambina levarsi nell’aria. Il suo mondo era stato devastato ancora una volta…
Un’altra luce scintillante catturò all'improvviso l’attenzione della ragazza che, poggiato in terra il suo maestro esanime, raccolse la katana e si lanciò con un urlo contro lo scienziato.
Menò un fendente dall’alto che Rheinoldt schivò scartando di lato, allora la ragazza ruotò su sé stessa per prendere potenza e cercò un affondo laterale, che intaccò appena la stoffa rinforzata dell’uniforme.
Emelie cambiò presa, lasciò che la parte non affilata della lama si appoggiasse al suo avambraccio e fece ruotare la spada verso il punto vulnerabile tra la spalla e il collo dell’uomo, che però si abbassò.

Invece di ruotare di trecentosessanta gradi, puntò il piede per fermare la rotazione, e levata in alto la katana con entrambe le mani, la calò dall’alto. Rheinoldt usò la mano poggiata a terra per darsi una spinta all’indietro e ritrovarsi al di fuori del raggio d’azione della lama.

-    C’eri quasi sorellina – la canzonò, più eccitato che preoccupato dallo scontro.

Emelie
non aveva mai combattuto contro suo fratello, ma doveva immaginarlo che fosse un soldato più che ben addestrato. Aveva dalla sua una certa rapidità e soprattutto il fisico allenato di un uomo adulto. La ragazza sicuramente non poteva competere in quanto a forza fisica con lui, ma poteva batterlo sulla velocità. Senza badare quindi alle parole dello scienziato, partì di nuovo all’attacco.
Iniziò a menare fendenti veloci e precisi, poi improvvisamente cambiò tattica, e facendo perno sul piede, alzò la gamba per calciare.
Il suo colpo venne nuovamente parato dall'avambraccio dell'uomo, ma questo le diede l’opportunità di avere un’apertura. Impugnata saldamente la spada, descrisse un arco da terra fino al cielo, diretto verso le sterno dell’uomo impossibilitato a scartare.
Rheinoldt però, alzò la mano destra e afferrò la lama prima che lo riuscisse a toccare. La ragazza si sentì strappare la spada dalle mani, e subito dopo venne afferrata per la gola e sollevata da terra. La morsa che le serrava la trachea era troppo forte per essere naturale.


-    Il sergente Barnes non è l’unico ad aver usufruito di protesi metalliche... avresti dovuto pensarci, Emelie – sorrise Rheinoldt scaraventandola a terra.

Il colpo mozzò quel poco fiato che era rimasto a Emelie, che non ebbe nemmeno il tempo di recuperarlo, ricevendo un calcio dritto nello stomaco che la fece rotolare nelle neve. Gemendo di dolore, venne afferrata di nuovo per il collo e tirata in piedi, un pugno al fianco sinistro le fece letteralmente vedere le stelle.
Lottando per non perdere conoscenza, si aggrappò al braccio di Rheinoldt, che per scrollarsela di dosso la lanciò letteralmente per aria.
Emelie ricadde diversi metri più in là, vicino al capannone in fiamme.
Nello stato di confusione nel quale versava, la ragazza sentiva il calore sulla schiena riversarsi ad ondate portate dal vento. Cercò di rialzarsi, ma un calcio sulla tempia la rimandò al tappeto. La pelle sottile si squarciò, lasciando uno schizzo di sangue sulla neve fresca.
Emelie, con il viso premuto a terra, guardava le scarpe di Rheinoldt a pochi centimetri da lei.

-    Ho sempre desiderato darti una simile lezione, – commentò – però avrei preferito non essere costretto a farlo – aggiunse quasi dispiaciuto.

Poco più in là, James giaceva ancora riverso e immobile.
Tutto quello che avevano fatto, tutto quello che erano riusciti a riottenere era scomparso per davvero…
Sarebbe ricominciato tutto da capo. Non era riuscita a salvare James, né gli abitanti del villaggio e né tanto meno Nomura...

La vista le si offuscò a causa delle lacrime e l'ultima cosa che vide, prima che il buio sopraggiungesse, fu una grande esplosione e delle grida.



Chief's room:

Taratataaaan taratataaaaan *musichetta da colpo di scena*

Buondì a tutti!

In realtà non posso parlare di colpo di scena, perchè era piuttosto ovvio che il villain di questa vicenda fosse Rheinoldt e che un suo ritorno fosse palese. Per altro è il capitolo che mi è piaciuto di meno per come è venuto, non sono granchè brava a destreggiarmi nei capitoli d'azione, soprattutto se sono militari ^^"
Non per niente i miei preferiti cono quelli introspettivi xD Spero comunque che il "duello" sia sufficientemente chiaro.
Del famoso gas prodotto da HYDRA vi avevo già accennato qualcosa in uno scorso capitolo, ho semplicemente invertito i ruoli di Teschio rosso e Rheinoldt, visto che in origine era il buon Johan ad usarlo per mantenersi bello(???) e ciovane!
Che ne sarà dei nostri eroi e di Nomura? Per saperlo vi rimando al prossimo capitolo ;)
Un sentito ringraziamento ai Lettori, alle recensiste Howling commandos e a coloro che mi hanno inserita tra i preferiti, seguiti e ricordati (LollyCery13)!

Un abbraccio a tutti,
Marta

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Capitolo 29
*** Sayonara ***


28.


Bip
bip
bip
bip

Quel suono persistente si insinuò come un tarlo nella mente di Emelie, strappandola dall'oblio nel quale era caduta. Mentre ancora ad occhi chiusi, la sua mente si riconnetteva al presente, un flash dei suoi ultimi ricordi riaffiorò.
L’immagine di Rheinoldt che torreggiava trionfante su di lei, le fece aprire gli occhi di colpo.
La ragazza si trovò seduta su di un lettino ospedaliero, accanto a lei la macchina che le monitorava il battito cardiaco, ebbe un’impennata. Confusa, Emelie si guardò intorno.
Era in una stanza senza finestre, illuminata con alcuni pallidi neon; una flebo sostenuta da un treppiede di metallo, gocciolava della fisiologica direttamente nel suo braccio.
Con fare nervoso, la giovane staccò sia l’ago che l’elettrodo attaccato alla sua pelle, interrompendo così quel fastidioso rumore. Qualcuno l’aveva curata... il fianco e la testa erano fasciate in bende sterili e in tutta la stanza, aleggiava l’odore tipico di un ospedale o di un laboratorio…
Alcune spiacevoli scene del suo passato tornarono a galla e la spinsero a mettersi in piedi. Indossava il tipico camice di carta, senza nient’altro sotto e ovviamente lì in giro non c’era nessuno dei suoi effetti personali. Se davvero l’avevano riportata in una delle basi HYDRA, la prima cosa che doveva fare era armarsi. Staccando il piedistallo e la cima della flebo, ricavò un tubo di metallo abbastanza resistente per fungere da manganello. Ne stava saggiando la portabilità, quando una voce la sorprese.


-    Non ti muovere –

Il click di una sicura che veniva tolta, accompagnò l'avvertimento.

-    Ora voltati molto lentamente e lascia…-

Emelie non fece nessuna delle due cose che le si stavano chiedendo. Senza permettere al suo interlocutore di finire la frase, si voltò di scatto abbassandosi per evitare la canna della pistola. Lottando contro il dolore alla testa e al fianco, con il tubo deviò il braccio teso dell’avversario, lo afferrò e, ruotando su sé stessa, lo mandò a sbattere contro il muro.

-    Cosa...!? –

Quell’esclamazione alle sue spalle, fece girare la ragazza già pronta a colpire con la sua arma improvvisata. L'asta calò rapida sul nuovo arrivato, che però l'afferrò saldamente in una morsa d’acciaio. Quando la ragazza vide chi le stava di fronte rimase allibita.

-    Capitano Rogers…- mormorò, osservando il ragazzo biondo in giacca di pelle, stagliarsi come un monumento davanti a lei – Grazie al cielo..- disse con un filo di voce, mentre le poche energie date dall’adrenalina sparivano.

Il Capitano, la afferrò giusto in tempo prima che crollasse a terra.

-    Vai a chiamare la dottoressa Cho! – disse all’uomo che Emelie aveva atterrato.
-    No! – la ragazza si rianimò, aggrappandosi alle braccia del ragazzo per sostenersi – Sto bene, voglio solo sapere dov'è James – aggiunse subito dopo interrompendo sul nascere le proteste di Rogers.

Sul viso di Steve si dipinse un’espressione cupa e desolata al contempo, che faceva già presagire la risposta.

-    HYDRA lo ha portato via… - disse.
-    Dio no… - mormorò Emelie, facendo un paio di passi indietro inorridita dalla notizia – Che cosa ho fatto..- proseguì, afferrandosi le braccia e parlando più con sé stessa che con i presenti – Sono morti tutti per colpa mia.. Avrei dovuto chiamarti prima – disse, guardando smarrita il ragazzo biondo che assunse un’aria confusa.
-    Morti? - replicò lui senza capire.
-    Se ti riferisci ai Giapponesi chiusi dentro il capannone, loro stanno benissimo... a differenza mia –


Emelie si voltò verso il ragazzo di colore che aveva aggredito, che il quel momento si massaggiava la nuca dolorante. Adesso che lo guardava bene, lo aveva già visto di sfuggita durante le operazioni al Triskelion, ma non sapeva nè chi fosse, né in che rapporti fosse con il capitano Rogers.

-    Com'è possibile? – gli domandò lei basita.
-    Si sono rifugiati in un bunker sotto l’edificio. L’esplosione li ha lasciati illesi – spiegò.
-    Non sapevo che esistesse un bunker.. – replicò Emelie aggrottando le sopracciglia.
-    Penso sia opera del signor Nomura – rispose Steven.
-    Cosa? E' vivo? – esclamò la ragazza sollevata.
-    Sì.. ho parlato con lui proprio pochi minuti fa, è nella camera qui a fianco – disse il ragazzo senza sapere bene come continuare – Mi ha chiesto di mandarti da lui non appena ti fossi svegliata.. – aggiunse abbassando lo sguardo.

La ragazza riconobbe bene l’atteggiamento e il tono di chi stava cercando di comunicare qualcosa di spiacevole. Era lo stesso che lei usava in ospedale quando doveva affrontare delle neo vedove di guerra.
Nomura sensei era vivo.. ma non lo sarebbe stato per molto; questo è quello che dicevano le parole inespresse del capitano Rogers.


-    Ti prego, accompagnami da lui – disse la ragazza.

Una volta che le fu dato qualcosa per coprirsi, sostenuta dal braccio di Steven, venne accompagnata fino alla stanza del suo maestro.
L’uomo giaceva sdraiato sopra il lettino ospedaliero, accanto a lui, un apparecchio monitorava le funzioni vitali e una mascherina gli dava l’ossigeno che i polmoni ormai stanchi necessitavano.

Una donna dai lineamenti orientali venne loro incontro prima che entrassero nella camera.

-    Non dovrebbe alzarsi signorina Walsh, anzi, Steven non avrebbe dovuto farla alzare – esordì con tono di rimprovero.
-    Mi sono alzata di mia iniziativa e ho sopportato di peggio, dottoressa Cho – replicò la ragazza ancora aggrappata al braccio del Capitano.
-    Mi conosce? – chiese Helen di rimando, leggermente stupita.
-    Il suo lavoro come genetista è conosciuto in tutto il mondo – rispose Emelie – Come sta? – chiese poi, riferendosi al signor Nomura.
-    Il proiettile ha perforato l’arteria succlavia.. la culla è riuscita a riparare i danni subiti ma.. -
-    Ma l’emorragia è stata troppo forte e fermata troppo tardi, e la sua età non rende possibile un’adeguata trasfusione – concluse per lei Emelie.
-    S..sì, esatto – disse la dottoressa, confusa dall'accuratezza di quella diagnosi.
-    Ho lavorato per diversi anni come infermiera, le ferite da proiettile erano all’ordine del giorno -  spiegò la ragazza atona.
-    Capisco… però, devo insistere nel doverla fare riposare.. se facesse ancora una terapia nella culla dopo potrebb.. -
-    No, rifiuto categoricamente di entrare in quell’affare! – ribattè decisa la ragazza – Se guarirò lo farò con i miei tempi – aggiunse con sguardo fiammeggiante – Ora, se volete scusarmi – disse superando la donna basita ed entrando nella camera.

Non appena si avvicinò al letto, l’uomo sdraiato sopra di esso aprì gli occhi, e lo scintillio opaco delle sue pupille la guardò.

-    Sensei.. – mormorò Emelie, chinandosi su di lui per prendergli una mano.
-    I tuoi sensi di colpa sono così forti da essere quasi tangibili, sai? – la salutò lui con un mezzo sorriso, togliendosi la mascherina per l’ossigeno.
-    Io… avrei dovuto essere più accorta, ma soprattutto non avrei dovuto coinvolgervi in questa faccenda. Né lei, né tutti gli altri – disse l'albina amareggiata.
-    Non è questione di accortezza se le cose sono andate come sono andate, era solo questione di tempo. Quello ci ha traditi.. e aver data per scontata la morte di tuo fratello. – replicò l’anziano -  Entrambe cose che non potevamo prevedere in alcun modo – aggiunse deciso.
-    Mi dispiace.. –
-    Poco fa mi sono messo in contatto con la signora Matsuda. Stanno tutti bene e a parte casa tua, non ci sono stati altri danni – le disse Nomura.
-    Matsuda-san sapeva del Bunker? –
-    Lo sapevano solo i più anziani, quelli che hanno vissuto la guerra e i suoi bombardamenti - rispose

Emelie non riusciva a sentirsi completamente sollevata da quella notizia. Avrebbe preferito che non ci fosse mai stata l'occasione di sentirla, perchè avrebbe voluto dire che non era successo niente, che tutto era come al solito e che la vita in quel pacifico villaggio era rimasta tale.

-    Mi è scivolato via tutto dalle mani di nuovo… -  disse, inghiottendo il groppo che le si era formato in gola.

-    E allora riafferralo! Hai la possibilità e le capacità per farlo, non sei vecchia e non sei nemmeno sola. - replicò Nomura - Riprenditi il tuo passato e il tuo futuro Yuki-chan! I miei insegnamenti non sono serviti a nulla? – le disse l’uomo stringendole la mano.
-    Certo che sono serviti! – esclamò lei – Lo farò.. lo giuro.. però sensei.. mi dispiace davvero tanto – aggiunse con le lacrime agli occhi.
-    Non è accaduto nulla Yuki-chan e se sei triste per questo povero vecchio, sbagli ad esserlo – la consolò con un sorriso – Da troppo tempo mi trascinavo su questa terra, e ora che sono riuscito ad aiutare te, posso tornare da loro.. E' da tanto che mi aspettano; sono stato egoista anche in questo.. – disse con un sorriso pacifico e malinconico.
-    Sono sicura che loro non la pensino così.. sono sicura che sono fiere di lei come lo sono io. – replicò la co-fondatrice dello S.H.I.E.L.D.

Tre ore dopo, l'agente Tetsuya Nomura morì.




Chief's Room:

Buon pomeriggio a tutti quanti.
Questo capitolo ha portato l'ingresso del Capitano Rogers e l'uscita di scena di Nomura. Per un eroe che arriva, un altro se ne va.
Scusatemi, lo so che questo capitolo è parecchio corto e non porta grandi rivelazioni, ma volevo omaggiare il personaggio di Nomura; perchè in fin dei conti se Emelie è arrivata fin qui è soprattutto merito suo.
Per questo motivo non volevo nemmeno proseguire con l'incontro tra lei e Steve. Incontro che leggerete nel prossimo capitolo ^^
So che in molti speravano l'ingresso di Captain America ed era doveroso che io lo inserissi. Steve (ah, e non dimentichiamoci di Falcon) riapre una serie di possibilità che sicuramente verranno comode per il recupero di Bucky. Chissà con quali modalità avverrà ;)  
Comunque sono stata brava dai.... non ho fatto saltare in aria tutto il villaggio xD
Un grazie speciale a tutti voi Lettori, alle mie recensiste le Howling commandos e in particolare a LollyCery13 per essersi aggiunta, e alla bella gente che mi ha inserita tra le seguite, preferite e ricordate. Se ho raggiunto quota 100 recensioni lo devo solo a voi che mi continuate a sostenere (e a sorbirvi i miei striminziti capitoli xD). Grazie, grazie di cuore.

See you next time space cowboy!
Marta


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Capitolo 30
*** Freddo di solitudine ***


29.


Emelie, si alzò a spegnere il monitor che in quel momento produceva un lungo fischio ininterrotto, poi tornò a sedersi esattamente dov’era prima. Prese la mano ancora calda del suo maestro e ne fissò il viso immobile. Avevano trascorso gli ultimi momenti a parlare di vecchi ricordi, soprattutto di quando la signora Nomura e la figlia erano ancora in vita. Poi, l'ex agente aveva chiuso gli occhi, inspirato ancora una volta, e se n’era andato. Tutto sommato era stata una morte serena. Era da molto tempo che non aspettava altro; era pronto. Emelie, non lo era.
Fuori dalla stanza sentiva le voci dei suoi soccorritori mentre parlavano tra di loro. Di cosa non poteva esserne certa, ma poteva dedurre che stessero discutendo di lei e di cosa avrebbero dovuto fare da lì in avanti. La ragazza, si rese improvvisamente conto di una cosa che fino a pochi minuti prima non aveva senso pensare...
Non aveva più la sua casa, ne James, e adesso nemmeno l’uomo che le aveva fatto da padre per molti anni. Tutto ciò che aveva era stato schiacciato dal peso della sua famiglia, delle sue origini.
Emelie si guardò intorno smarrita, alla ricerca di qualcosa di concreto a cui aggrapparsi, ma in quella stanza non c’era niente che potesse distrarla.
Non una finestra, non uno sprazzo di cielo o un raggio di sole. Una sensazione di panico la invase. Quel posto, del tutto simile ad un laboratorio, con la sua claustrofobia le rammentava troppe cose e nessuna delle quali piacevole.
Traballando, si alzò in piedi dirigendosi verso la porta. Appena fuori da essa, trovò la dottoressa Cho, Steve e il suo amico, ancora intenti a parlare tra di loro. La sua improvvisa apparizione interruppe la frase che il ragazzo di colore stava rivolgendo al Capitano, il quale la guardò da sopra la spalla con un sopracciglio alzato.

-    Tutto bene? –

Il ragazzo biondo si girò, dando le spalle agli altri due suoi interlocutori.

-    Ho bisogno di aria.. – gracchiò Emelie incapace di rispondere alla domanda.
-    E noi vorremmo delle spiegazioni – replicò l’amico dal nome ignoto, leggermente spazientito.
-    Il signor Nomura? – domandò invece la dottoressa.

Emelie la guardò semplicemente, e la donna si affrettò a superarla senza una parola entrando nella stanza che aveva appena lasciato.

-    Ti prego, portami fuori di qui -  la ragazza si rivolse direttamente al Capitano Rogers.

Il militare la guardò. Aveva decine di domande da porle, sia su di lei che sul suo amico d’infanzia, ma non poteva ignorare il dolore che vedeva nei suoi occhi e il modo in cui si stringeva le braccia al petto, come se cercasse di contenere qualcosa pronto ad esplodere.

-    Vieni – le disse alla fine, accompagnando la risposta con un gesto del braccio.
-    Ehi, Steve! – protestò l’amico.
-    Dacci un attimo Sam – lo calmò il Capitano.

L’uomo non ribattè, limitandosi a pinzarsi la radice del naso tra l'indice e il pollice, e a fare un cenno di assenso.
Steve, accompagnò Emelie all’ascensore che collegava il piano interrato con il resto dell’edificio, che altro non era se non la casa della dottoressa Cho. Il capitano condusse la ragazza nella veranda sul retro, che dava su un ampio giardino all’inglese coperto di neve. I raggi del primo pomeriggio riscaldavano l’ambiente e si riflettevano sulle ampie vetrate.

Ma Emelie non ci badò minimamente. Attraversò con decisione la stanza e si diresse fuori, senza ascoltare le proteste del Capitano sul fatto che lei fosse in maniche corte e che fuori facesse un freddo cane.
La ragazza camminò in mezzo alla coltre bianca, respirando pesantemente e ricominciando finalmente a ossigenare i polmoni; non si era affatto accorta di aver trattenuto inconsapevolmente il fiato fino a quel momento.

L’aria gelida la inondò, e l’assoluto e ovattato silenzio, le fece lo stesso effetto di una panacea, arrestando finalmente il suo passo.
Rimase ferma immobile, con la neve ad infradiciarle i polpacci mentre guardava verso il cielo terso.


-    Ti ammalerai a star qui fuori –

Dopo qualche minuto, la voce di Steve la raggiunse, così come il giubbotto in pelle che le mise sulle spalle.

-    Non patisco il freddo – rispose lei - là faceva molto più freddo.. - e tornò di nuovo il silenzio.
-    Steve! –

Il ragazzo si voltò verso Sam che stava sopraggiungendo. Tutto il tempo che quella strana ragazza aveva passato al capezzale dell'agente Nomura, lo avevano riempito discutendo sul se ci si potesse fidare di lei. Sam era indubbiamente pieno di valide argomentazioni di contro, ma Steve aveva due validi motivi per non dubitare di Emelie, che però non era ancora riuscito a spiegare.

-    Non possiamo più aspettare  - esordì Sam quando fu più vicino – Non se vuoi recuperare Bucky. Deve dirci quello che sa! - aggiunse spazientito.

Dai fatti del Triskelion avevano passato ogni singolo giorno a dare la caccia al Soldato d'inverno, e l'aver perso la propria "preda" per un soffio, non rugava solo a Captain America.

-    Sam, non è così semplice – replicò il Capitano.
-    Posso capire il lutto, ma se non facc.. -
-    Vi dirò tutto ciò che volete sapere - esordì a sorpresa Emelie - e scusatemi se vi ho fatto perdere del tempo; tempo che non abbiamo se vogliamo salvare James – aggiunse la giovane voltandosi verso di loro.
-    Oh, beh.. bene – balbettò Falcon preso in contropiede.
-    Ma ad una condizione.. – li avvisò lei – Nessuno medico, o scienziato, deve venire a sapere quello che dirò, mai – disse.

Steve fissò nuovamente la ragazza. Ogni traccia di paura che poteva averle letto in viso prima, era sparita, sostituita da una fredda determinazione.

-    Lo giuro sul mio nome – le rispose il ragazzo biondo, dando poi di gomito all'amico perchè lo imitasse.
-    Sì! Certo, anche io sul... mio nome – disse, pensando che ormai più nessuno faceva quel tipo di giuramento.
-    Allora cominciamo dall’inizio – replicò Emelie con un sorriso stanco.
-    Vuoi parlarne qui fuori?! – esclamò Sam incredulo.
-    Non voglio che qualcuno senta, in casa potremmo essere ascoltati – replicò l'albina.
-    Ragazza, tu sei paranoica - ribattè Falcon.
-    Ho delle ottime ragioni per esserlo - disse Emelie per niente divertita.
-    Helen non è una cattiva persona, non origlierebbe mai – disse Steve.
-    Non è per la dottoressa Cho.. ci sono altri che potrebbero farlo, e tutti noi sappiamo quanto la loro rete sia estesa e potente.. – rispose Emelie riferendosi ad HYDRA.
-    Non capisco quale inconfessabile segreto tu possa nascondere  – ribattè il ragazzo di colore, aggrottando le sopracciglia e squadrandola come per cercare una coda o qualcosa di simile – Non diventerai verde anche tu quando ti incazzi? – domandò un po’ preoccupato.
-    No.. io… - rispose la ragazza senza sapere bene da dove cominciare – Sono… sono stata oggetto di esperimenti da parte di HYDRA per più di sette anni – disse.
-    Cosa? – mormorò Steve scioccato.
-    E' stato durante la mia prigionia che ho conosciuto James.. dovevo prendermi cura di lui – raccontò Emelie – Quando è arrivato al laboratorio era in pessime condizioni, aveva perso il braccio sinistro dopo la caduta da un treno – spiegò ai due ragazzi, e sulla fronte del capitano si formò una ruga di confusione.
-    Aspetta… L’incidente del treno è capitato durante una missione per recuperare Zola nel 1945 – ragionò il ragazzo biondo – non è possi…- iniziò a dire per poi bloccarsi.
-    Il mio vero nome è Emelie Schmidt e sono nata il 14 ottobre del 1920, a Berlino – confessò.
-    E' uno scherzo! – esordì Sam, sorridendo ironico e scuotendo la testa.
-    Hai detto Schmidt? – le chiese invece Steve – Quello Schmidt? –
-    Sì.. era mio padre – rispose Emelie adombrandosi.
-    Perfetto! Dice di essere nata 94 anni fa e di essere la figlia di un pazzo nazzista! – esclamò Falcon.
-    Puoi star sicuro che preferirei non esserlo – ribattè lei con una smorfia.
-    E per caso, quel simpaticone che abbiamo incontrato in Giappone e che si è portato via l’amico di Steve, è anche lui tuo parente? – domandò sarcastico, poi vedendo l’espressione di Emelie, tornò incredulo – Oh, ma dai! - mormorò.
-    E’ mio fratello gemello – rispose la ragazza con tono amareggiato.
-    Credo che le tue spiegazioni siano solo all'inizio allora – disse Steve scuro in viso.



Chief's room:

Ciao a tutti ^^

E' iniziato il confronto tra Emelie e Steve, che però non sembra mettere in dubbio la buona fede della ragazza, o almeno non come Sam xD
Scusate se non è particolarmente lungo, vengono come vengono ^^"
Con la prima parte ribadisco il concetto che, per quanto una persona possa essere forte, avrà sempre dei momenti di cedimento, super poteri o meno. Emelie si è sentita mancare la terra sotto i piedi per un attimo, ma non per questo si darà per vinta, anzi, continuerà più forte di prima!
Non ho la minima idea se la dottoressa Cho abbia davvero un laboratorio sotto casa ^^" ma vista la tendenza nell'universo Marvel ad averne almeno uno (sei sei uno scienziato) ho pensato che potesse starci xD In questo caso ci troviamo in Korea, giusto per precisare perchè siano arrivati lì tanto in fretta.
Nel prossimo capitolo dovrete ancora pazientare, non si scopriranno le sorti di James =/ ma cercherò di renderlo lo stesso interessante!
Grazie di cuore a tutti i Lettori, alle recensiste Howling commandos e a chi mi ha aggiunta tra le storie preferite (Moschino), seguite (Chic) e ricordate.

Un besito a todos,
Marta

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Capitolo 31
*** Chiamata dall'inferno ***


30
 

-    In parole povere, sei in grado di trasferire la tua anima in qualsiasi persona vivente. Questo quando il tuo corpo muore, è corretto? –

Emelie, nel sole pomeridiano che scaldava l’inverno di Seul, 
aveva raccontato tutto ciò che le era successo, dall'infanzia trascorsa a Berlino agli accadimenti più recenti di Washington. Alla fine, perfino lo scettico Sam aveva dovuto ammettere che per quanto fosse tutto assurdo, in ciò che aveva detto loro c'era un filo logico.

-    Sostanzialmente sì – rispose la ragazza – Per questo non desidero che qualcuno venga a saperlo, le ripercussioni sarebbero inimmaginabili – aggiunse tetramente.
-    Schmidt era veramente senza remore.. usare da cavia perfino la sua stessa figlia per non parlare del... resto – commentò Sam truce.
-    Mio fratello è anche peggio di nostro padre.. - replicò Emelie con un sorriso amaro - E' stato lui a portare avanti gli esperimenti contro il parere di Johann, ma una volta morto non c’è stato più nessuno a mettergli i bastoni tra le ruote – spiegò con una smorfia.
-    E' un uomo che ama il potere, ambizioso e senza scrupoli; non c’è combinazione peggiore di questa – sentenziò Steve guardando un punto imprecisato di fronte a sé.

Per lui era stato un piccolo shock, scoprire che dietro la sparizione del suo migliore amico c’era il suo più vecchio nemico, anche se in questo caso si trattava della sua discendenza. Era convinto di essersi lasciato tutto alle spalle sessantotto anni fa, sotto il ghiaccio del mare artico. HYDRA invece era rimasta fedele al suo motto: tagliata una testa altre ne cresceranno al suo posto.
Sembrava un incubo senza fine… Solamente l’idea di tutto il dolore che aveva dovuto subire Bucky, per non parlare di Emelie, gli faceva ribollire il sangue nelle vene.


-    E non c’è mira più grande per uno come lui, che quella di ottenere l’immortalità.. – proseguì la ragazza – se Rehinold dovesse per davvero capire come fare, io non… - un concetto del genere non riusciva neppure a pensarlo.
-    Non accadrà, glielo impediremo ad ogni costo – disse il capitano Rogers con decisione.

Emelie iniziava a capire come mai fosse diventato l’idolo Americano e l’eroe per eccellenza; c’era una forza nel suo sguardo e nel suo timbro, per la quale non potevi che prendere per vere le parole che gli sentivi pronunciare. In quel momento, lei credette per davvero che avrebbero sconfitto HYDRA una volta per tutte.

-    Per prima cosa dobbiamo capire dove si siano diretti – disse Sam con molta praticità – Provo a calcolare un paio di rotte possibili che possono aver preso. Se le incrocio con la informazioni delle basi HYDRA di cui siamo a conoscenza, potrei ottenere dei risultati – suggerì.
-    Ottima idea – convenne Steve e il suo amico si diresse senza perdere tempo di nuovo verso la casa.

Il Capitano e la ragazza, rimasero da soli nell’ombra che iniziava a calare sul giardino. Erano rimasti lì per ore, ma lui non sembrava esserne infastidito. Era stato molto disponibile invece, soprattutto dopo averla incontrata per la prima volta e in un’occasione non particolarmente serena. Se non fosse stato per lui e per Sam, lei ora non sarebbe stata lì per cercare di rimediare a ciò che era successo.

-    Come avete fatto a trovarci? – Emelie si rivolse al Capitano e lo vide accennare un sorriso.
-    Sono andato a trovare Peggy – rispose lui – Non ero ancora tornato a farle visita dopo gli eventi di Washington, e con le ricerche eravamo ad un punto morto. Parlarle mi dà sempre grande giovamento, anche se lei è sempre meno lucida. - raccontò, con un attaccamento e una tristezza nello sguardo, che Emelie si sentì stringere il cuore.

"Quanto deve averla amata..." pensò.

-    Quel giorno però, lo era. – riprese Steve con il fiato che si condensava in nuvolette di vapore – Quando le ho detto di Bucky e della misteriosa ragazza dai capelli bianchi, mi ha immediatamente detto di cercare Tetsuya Nomura e di farlo il più in fretta possibile - spiegò.

-    Peggy Carter… che donna straordinaria - mormorò Emelie con affetto – James, all’epoca mi aveva parlato di lei ed è stata la prima persona a conoscere la verità su di me; è una persona piena di risorse e degna di fiducia. Non so cosa avrei fatto senza di lei ed è terribile vederla così… - disse con una nota umida.
-    Ti capisco… è dura quando tutti gli altri se ne vanno e tu resti da solo – commentò il capitano Rogers.
-    Già.. gli anni sono difficili da sopportare e ancora di più lo sono i ricordi – concordò Emelie stringendosi le braccia al petto – Tutto ciò che avevo del mio passato è andato in fumo, letteralmente. Rheinoldt ha dato fuoco alla mia casa e a tutto ciò che c’era dentro – aggiunse, rammentando l’immagine dell'abitazione in fiamme.
-    Sono tornato a Shelbyville una volta, ma era tutto diverso.. la mia vecchia casa non c’era più – disse Steve sospirando.
-    Abbiamo parecchie cose in comune noi due, eh capitano? – sorrise Emelie.
-    Purtroppo sì – rise lui.
-    Sarà meglio rientrare – propose la ragazza, superandolo e dirigendosi verso l’abitazione della dottoressa.
-    Ah, Emelie – la fermò Steve.
-    Sì? – la ragazza si voltò a guardare il Capitano cercare qualcosa all’interno del suo giubbotto.
-    Credo che questo sia tuo – le disse porgendole un libro.

Emelie spalancò gli occhi, allungando una mano tremante verso l’oggetto che credeva di non rivedere mai più.

-    Dove lo hai trovato? – gli domandò incredula aprendolo.
-    Era proprio di fianco a te quando siamo arrivati – disse il giovane.

L'albina rimase qualche secondo a sentire tra le mani quella famigliare sensazione di pagine e inchiostro.

-    Grazie di avermelo riportato, è un ricordo prezioso – replicò commossa – E' stato il dottor Erskine a regalarmelo – aggiunse, provocando in Steve una reazione stupita.
-    Lo hai conosciuto? – domandò colpito.
-    Era uno dei medici di HYDRA, l’unico ad essersi preso cura di me finchè ha potuto.. Si è sempre dimostrato contrario a certe pratiche, e non era di sicuro ben visto all’interno dell’organizzazione, veniva tollerato solo per i suoi risultati – spiegò la ragazza.
-    Era un grand’uomo, e fra tante persone ha scelto proprio me perché diventassi quello che sono – disse Steve con nostalgia – A volte mi chiedo se abbia fatto la scelta giusta – mormorò con occhi distanti.
-    Sono sicura di sì – disse sincera Emelie con un sorriso – Senza di te la guerra non avrebbe avuto fine e molti altri avrebbero sofferto quello che abbiamo sofferto io e James – affermò con decisione per poi abbassare gli occhi – Ti devo delle scuse, Steven – aggiunse dopo un attimo.
-    E per cosa? – domandò senza capire il Capitano.
-    Pensavo di essere nel giusto, di aver tutto sotto controllo.. avevo giurato che lo avrei strappato dalle mani di HYDRA e invece… - disse concitata – James è stato di nuovo catturato e ti ho impedito di ritrovarti con il tuo migliore amico. Io.. - spiegò senza riuscire a trattenere qualche lacrima.
-    Tu non hai nessuna colpa – la bloccò Steve mettendole le mani sulle spalle – Hai agito nell’interesse di Buck; hai dedicato la tua intera esistenza a questo proposito, e per ciò non hai fatto niente di male – disse guardandola negli occhi.

Emelie mandò giù il groppo in gola e annuì.

-    Forza, rientriamo – le disse lui e con un’ultima stretta alle spalle si mise in cammino.

La ragazza rimase ferma sul posto, con il libro stretto tra le mani. Lo aprì nel punto dove era stato lasciato il segno. Un biglietto candido svettava nella pagina giallognola.

561.5987425
Call me.

-    Mi dispiace Steve – sussurrò Emelie fissando la schiena del Capitano che si allontanava.


Mare, mare e solo mare.
Questo era il paesaggio che scorreva rapido sotto lo sguardo di Emelie.
Seduta sul retro di un grande elicottero, picchiettava il dito sulla cornice del vetro. Con lei non c'era nessun altro se non il pilota del mezzo, che non aveva aperto bocca neppure quando si era presentata nel luogo indicato ed era salita sopra il velivolo.

Il suo libro non era scampato all’incendio per un caso fortuito, e men che meno le era stato abbandonato vicino senza uno scopo. Suo fratello glielo aveva lasciato appositamente, perché lei trovasse quel biglietto con il numero di telefono. Così, quella stessa notte era uscita nuovamente nel giardino della dottoressa Cho e, mentre gli altri erano intenti a rintracciare HYDRA, se n'era andata.
Quando aveva raggiunto il centro città, da una cabina telefonica aveva composto il numero. Al primo squillo, la voce di suo fratello con il solito tono gioviale le aveva risposto.

Sapevo che avresti chiamato, sorellina
Tagliamo corto, dov’è James? Cosa devo fare?
Il Sergente Barnes è qui con me. Devi solo raggiungere il molo 5 sul fiume Han, lì troverai un mezzo ad attenderti. Ti aspetto

La chiamata era stata interrotta e le aveva lasciato un brivido di disagio lungo la schiena.
Rheinoldt sapeva perfettamente dove lei si trovasse e questa era una cosa capace di terrorizzarla. Le aveva fatto maturare la certezza che, se anche fosse scappata per tutta la vita, lui l’avrebbe sempre raggiunta; non ci sarebbe mai stata una pace per lei.
Ma in quel caso la questione non si poneva neppure; James era con lui ed Emelie avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di liberarlo.. anche ritornare ad essere la schiava di suo fratello se fosse stato necessario.
Quando l’elicottero aveva preso quota, aveva sorvolato l’intera città, dirigendosi poi verso il mare aperto. Da quel poco che era riuscita ad intuire nel buio della notte, si era diretto verso il mar del Giappone, allontanandosi sempre di più dal suo improvvisato rifugio.
Venne colta da una fitta di rimorso al pensiero del capitano Rogers. Era stata tentata di dirglielo. Affrontare suo fratello da sola era una prospettiva che, per quanto lei fosse determinata, la riempiva di angoscia. Era l’unico uomo sulla terra capace di destabilizzarla, perché ancora troppo vividi, erano i ricordi della loro convivenza forzata e delle sue sevizie. Eppure, nonostante questo, non poteva coinvolgere altre persone. HYDRA era ovunque; aveva infettato così profondamente il mondo, che meno persone venivano tirate in mezzo e meglio era. Soprattutto dopo gli ultimi eventi... Le grida di Chihiro non si erano ancora affievolite.
Emelie, era consapevole delle scarse possibilità di successo che le si prospettavano, ma si sentiva più leggera nel sapere che avrebbe pagato solo lei per le sue scelte.

Un’improvvisa luce in mezzo al nero delle acque, la riscosse dai suoi pensieri. L’elicottero rallentò, iniziando le procedure per atterrare su quella che divenne sempre più chiaro essere una stazione petrolifera.
Sul riflesso del vetro, il viso di Emelie si aprì in un ghigno. Non era un caso se suo fratello si era rifugiato in quel luogo, c’era qualcosa sotto, studiato nei minimi particolari.
Il velivolo la scaricò sulla piattaforma, andandosene subito dopo e lasciandola sul ponte esterno illuminato da fari alogeni.
Quando l’elicottero fu abbastanza lontano, nello spazio circostante calò il silenzio; gli unici rumori che si udivano, erano il ronzio dei generatori e le onde che si infrangevano sul metallo della struttura. Emelie si guardò intorno mettendo mano all’unica arma che era riuscita a portarsi via dalla casa della dottoressa Cho: la Katana appartenuta a Nomura.
In giro non c’era anima viva, nè si avvertiva alcuna presenza.

La ragazza alzò lo sguardo verso la telecamera che, lampeggiando di rosso, puntava su di lei. Lui la stava osservando.
Emelie si decise ad imboccare la porta più vicina. Il primo piano della piattaforma era completamente illuminato e vuoto, ma le scale che si affacciavano ai piani inferiori si gettavano nel buio. La ragazza ruppe uno star light facente parte del suo scarno equipaggiamento, e si inoltrò nell’oscurità. La preoccupazione di dover esplorare uno per uno tutti i piani le venne risparmiata, infatti le porte blindate che conducevano ad essi, erano tutte bloccate; l’unica ad aprirsi fu quella del terzo livello.

I corridoio erano deserti e l’aria era immobile, cosa che invece di rasserenarla, non fece che aumentare la sua preoccupazione. Avrebbe preferito farsi strada in mezzo ai nemici, piuttosto che proseguire nel silenzio più assoluto e nel buio più profondo con solo le telecamera a seguirla.
Quando raggiunse l’ennesima diramazione dell’ennesimo corridoio, iniziò a spazientirsi.

-   Comincio a perdere la pazienza Rheinoldt! Non sono qui per farti giocare! Sono qui per chiudere i conti una volta per tutte – esclamò, sentendo la sua voce rimbombare tra le pareti metalliche.

Quando l’eco si spense, una serie di luci a soffitto si accese nel corridoio alla sua sinistra. Solo quelle. Un chiaro invito a seguirle quindi.
La ragazza, con cautela, imbocco la strada indicata, cercando di fare il minimo rumore possibile con le suole delle scarpe. Superò diverse uscite sbarrate da pesanti porte a tenuta stagna, finchè non ne raggiunse una aperta e buia a fine del corridoio.
Emelie rimase sulla soglia, estraendo la katana dal fodero con un sibilo metallico e stringendola saldamente con entrambe le mani. Sapeva di dover entrare lì dentro, sapeva che era una trappola, sapeva che il suo cervello le stava dicendo di non varcare quella soglia e di fuggire il più lontano possibile, ma sapeva anche che era l’unico modo per salvare James... e così mise piede dentro la stanza.
Non appena fu entrata, la camera si illuminò facendole chiudere gli occhi per un breve istante.
Dentro non c’era nessuno... tre pareti su quattro erano di solido acciaio, mentre la quarta era occupata da due grandi vetrate temperate che davano su un ambiente privo di luce. Ma quello che attirò l’attenzione della ragazza, fu una vasca trasparente con intelaiature d’acciaio, dentro la quale galleggiava un corpo. A Emelie parve che il cuore dovesse scoppiarle nel petto, anche da quella distanza, senza avvicinarsi, avrebbe riconosciuto quella sagoma ovunque…
Pur riluttante e spaventata all’idea di dare concretezza a quello che il suo cervello cercava disperatamente di rifiutare, si avvicinò. Non appena mise a fuoco il volto della persona all’interno, chiuse gli occhi il più forte possibile.
Il viso, all’apparenza addormentato e deturpato solo da un piccolo tubo per l’ossigeno, era il suo. Emelie Schmidt giaceva immobile all’interno di una bara piena di liquido simile ad acqua, i capelli biondi a vorticarle intorno al volto e gli occhi verde acqua, senza alcun barlume di vita, spalancati sul nulla.

Aveva ancora le palpebre serrata, quando il rumore secco della porta che si chiudeva, la fece voltare.
Ancora scossa per quello che aveva appena visto, Emelie dovette subito un altro duro colpo..
La ragazza, posò lo sguardo sul viso inespressivo di James, fermo davanti all’uscita che fino a qualche secondo prima era aperta. Le fu chiaro fin da subito che quello che aveva di fronte non era più James.
Il Soldato d’inverno era tornato.


-    Ti prego, no… - mormorò mentre il viso le si segnava di disperazione.
-    Ben arrivata sorellina –

La voce squillante di Rheinoldt, fu accompagnata dal ronzio di un neon che andò ad illuminare una delle sale oltre i vetri. Lì, l’uomo sorrideva alla ragazza.

-    Ora che siamo tutti qui riuniti, possiamo iniziare – sentenziò con un largo sorriso acceso dalla follia.




Chief's room:

Sono in ritardo!! Scusate!
Ho lavorato al capitolo le uniche due sere in cui sono rimasta in possesso delle mie facoltà intellettive ^^" e per complicarmi ulteriormente la vita (ma soprattutto per non subire un linciaggio da parte vostra) ho unito due capitoli che all'inizio erano separati... altrimenti era troppo corto di nuovo xD
Siamo infine giunti alla battaglia finale, alla resa dei conti, al climax dell'intera vicenda! Però prima ci rilassiamo un pò con una breve chiacchierata e con la ricomparsa dell'ormai ritenuto disperso Libro. Non ho avuto cuore di farlo sparire così dalla trama e anzi, gli ho dato il compito più importante di tutti. Povero Steve, non poteva nemmeno immaginare cosa ci fosse celato al suo interno...
Non amo particolarmente le scene di battaglia caotiche, anche perchè non sono in grado di scriverne ^^" quindi ho optato per un classico "faccia a faccia" anche se non proprio con la persona giusta...
Rheinoldt sta mettendo in tavola tutti i suoi assi, a partire dal vecchio corpo di Emelie.. a cosa mai gli potrà servire? E James è veramente di nuovo sotto il controllo di HYDRA?
Questo e altri quesiti troveranno una (parziale) risposta nel prossimo capitolo!
Un grazie a tutti i silenziosi Lettori, alle mie recensiste le Howling commandos che spaccano di brutto e a tutti coloro che mi hanno aggiunta tra le storie preferite, ricordate e seguite.

Con affetto,
Marta

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Capitolo 32
*** Volere e potere ***


31


James sostava immobile davanti alla porta, gli occhi spenti cerchiati di nero e la divisa del Soldato d’inverno addosso. Rheinoldt invece, era comodamente a braccia conserte dietro lo spesso vetro che lo separava dal resto della sala. Emelie,
per come era tornato nella sua vita mandando in fumo anni di attesa e la gioia appena ritrovata, lo odiò più profondamente di quanto mai avesse fatto.

-    Cosa vuoi da me? Cosa vuoi ancora da noi? – lo aggredì la ragazza.
-    Cosa voglio da lui, l’ho già ottenuto – replicò Rheinoldt con una scrollata di spalle – ed è stato anche piuttosto semplice ottenerlo; è bastato operare un po’ più in profondità e un po’ più a lungo – aggiunse con un sorriso soddisfatto rivolto al soldato silente.
-    Il tuo lavaggio del cervello è stato rimosso una volta e lo sarà di nuovo – ribattè Emelie avvicinandosi al vetro.
-    Qui inizia la parte divertente, per me ovviamente, dove inizio a demolire una per una le tue certezze - replicò lo scienziato appoggiandosi al vetro con l'avambraccio.
-    Non credere di poterm... -
-    Quanto tempo ti è occorso la prima volta a fargli tornare la memoria? - la interruppe l'uomo - Con l’ausilio dei fascicoli che ho trovato in casa tua e del tuo diario, posso presumere che si sia trattato di qualche mese – disse fingendosi pensieroso – e la sua memoria era stata manipolata solo per un breve lasso di tempo e ad intervalli; ma questa volta non ho usato esattamente lo stesso approccio.. - spiegò mellifluo - Quanti giorni sono passati da quando siamo venuti al tuo villaggio? Temo di non ricordare bene – domandò con un ghigno.


Emelie spalancò gli occhi. Stava dicendo che da quando lo avevano riportato al laboratorio, era stato sotto trattamento senza interruzioni…?
La ragazza si voltò verso James che non pareva aver udito nulla di ciò che era stato detto. Sulla sua tempia, un cerchio rosso fuoco e dai contorni nero carbone, faceva capolino tra i capelli castani.


-    Temo che per far riemergere il nostro caro Sergente Barnes, questa volta ci vorranno ben più di un paio di mesi – sentenziò con assoluta tranquillità l’uomo – Invece di preoccuparti e cercare una soluzione per salvare lui, dovresti concentrarti su te stessa sorellina, sei tu la protagonista – aggiunse scimiottando un inchino.
-    Qualsiasi cosa tu voglia da me, non la otterrai – replicò gelidamente Emelie voltandosi a fronteggiare nuovamente il fratello.
-    Ah no! Non spontaneamente, ne sono perfettamente conscio.. ma penso che tu abbia notato il tuo vecchio corpo in quella teca – rispose Rheinoldt con un cenno del capo in direzione dell'oggetto in questione.
-    Se come dici, hai seguito e studiato ogni mio movimento per anni, dovresti anche sapere che non posso occupare un corpo già morto – replicò la ragazza, gettando con la coda dell’occhio un rapido sguardo a sé stessa.
-    E' un problema che sono riuscito a risolvere – disse tranquillamente l’uomo.
-    Stai mentendo! – esclamò Emelie sconcertata.
-    Vedi, quello lì - proseguì Rheinoldt indicando con il pollice - non è esattamente il corpo crivellato di colpi che ti sei lasciata dietro nel '45, direi più che è una rielaborazione del medesimo  – disse – Ho mantenuto solo la struttura ossea, il reticolo venereo e il cervello originari e da lì sono riuscito a ricreare organi, muscoli e tessuti. Tutto questo è stato possibile anche grazie agli studi della dottoressa Cho, per quanto inconsapevole lei sia di questo utilizzo della sua tecnologia rigenerativa - spiegò - Probabilmente si ricorderà del suo più giovane tirocinante - aggiunse sfoderando un sorriso da bravo ragazzo.

Più lo ascoltava, più Emelie era sicura di essere precipitata in un incubo. Quale mente malata poteva spingersi a fare tutto ciò?
Forse aveva da sempre sottovalutato suo fratello e quello di cui poteva essere capace... e la cosa che più la spaventava, era che tutto quello era stato fatto per lei.


-    Quel corpo, in realtà, non è ancora mai morto – disse quasi con un sussurro Rheinoldt.
-    E dovrei ringraziarti per questo? – chiese sprezzante Emelie – Pensi anche solo lontanamente che funzionerà? Non hai letto Frankestein? Non è andata a finire affatto bene per il suo creatore – aggiunse con un sorriso feroce.
-    Per mia fortuna sono anche riuscito ad ovviare al problema della "ribellione", prendendomi la libertà di installare un dispositivo di controllo che vada a lavorare su quella caparbia testolina che ti ritrovi – spiegò l’uomo – Una volta che ti sarai trasferita, avrò finalmente il completo controllo su di te – disse trionfalmente – Ma ora ti starai chiedendo: “come farà ad obbligarmi a farlo?” - proseguì, senza lasciar tregua alla ragazza che aveva assunto un'espressione allarmata - Avrai certamente notato che l’intera piattaforma è disabitata e che siamo a decine di miglia dalla costa più vicina, e quindi dal più vicino centro abitato… -
-    Non… - Emelie si sentiva la testa scoppiare, mentre il piano di suo fratello assumeva concretezza nella sua mente.
-    Questa camera è stata chiusa ermeticamente. E' stata progettata perché non passi neppure il più sottile refolo d'aria. Ciò che è qui dentro resta qui dentro. Quando il sergente Barnes ti ucciderà, avrai solo due possibili scelte: occupare il suo corpo e cancellare così la sua esistenza, o tornare ad essere Emelie Schmidt – sentenziò, con il naso a sfiorare il vetro mentre osservava sua sorella paralizzata dall'orrore oltre di esso – Mi hai chiesto cosa voglio da te, sorellina? – proseguì mormorando – Io voglio tutto! Il corpo, la mente, la tua intera vita – scandì come un predatore che sta per pregustare della carne succulenta.
-    Non andrà come vuoi! – gridò Emelie, battendo un pugno sulla superficie trasparente e sentendo montare il panico per l’ineluttabilità della situazione – Non andrà com… -

La ragazza troncò la frase a metà, abbassandosi giusto in tempo per evitare il pugno che si schiantò contro il vetro dove prima c’era la sua testa. Rotolò di lato riportandosi prontamente in piedi e James si voltò lentamente verso di lei.

-    Stupiscimi sorellina! L’unico modo che hai per impedirlo è ucciderlo – rise Rheinoldt mentre il ragazzo avanzava verso Emelie.
-    James ti prego! – lo supplicò lei.  

Le sue però, furono parole gettate al vento. Il Soldato d'inverno diede inizio ad un attacco serrato fatto di mosse di Kravmaga, visto che era sprovvisto di armi. A Emelie, non rimase altro che schivare i colpi del ragazzo cercando di distanziarsi il più possibile.
Per parare i pugni metallici che altrimenti le avrebbero spezzato sicuramente un braccio, usava la spada rigorosamente nel fodero.
Dalla sua postazione, Rheinoldt seguiva il combattimento, e non sembrava avere particolarmente fretta che esso giungesse al termine. Dopotutto, che problemi c’erano a gustarsi la scena in tutta calma? L’esito dello scontro era già segnato: vittoria su tutti i fronti. Sarebbe tornato a casa con sua sorella finalmente sottomessa e con il suo invincibile soldato.

Emelie, nel frattempo, pensava febbrilmente ad un modo per terminare il combattimento senza fare del male a James. Non avrebbe potuto continuare all’infinito a parare i suoi colpi, la sua resistenza aveva un limite che il Soldato d'inverno non conosceva.
In quei momenti avrebbe dato qualsiasi cosa per avere un altro tipo di "superpotere", anche solo un’armatura a propulsione le sarebbe andata bene.
Di far ritornare 
il ragazzo in sé non c’era la minima speranza e per quanto fosse doloroso ammetterlo, era proprio così.

“Devo fargli perdere i sensi… non c'è altro modo” pensò Emelie, sottraendosi con un colpo di reni ad un calcio diretto al suo sterno. Fece qualche passo indietro per mettere un po’ di distanza tra di loro ed estrasse la Katana dal fodero.

-    Ti sei decisa a fare sul serio finalmente? – esclamò Rheinoldt con soddisfazione.

James, per nulla intimorito da quel cambio di atteggiamento, le si fece di nuovo contro. Cercò di colpirle il fianco e quando lei lo schivò, mirando al viso, si apprestò a tirarle un pugno con il braccio sinistro.
Emelie deviò il colpo usando la lama della spada e dall'incontro dei due metalli si sprigionarono una miriade di scintille. La ragazza ruotò su sè stessa e James, preso in contropiede non la seguì nel movimento, superandola. Quando Emelie gli fu alle spalle, lo colpì con un calcio sull’interno del ginocchio facendoglielo cedere, dopodiche, appoggiandogli una mano sulla spalla per avere più presa, lo colpì appena sopra la tempia
con l’elsa della spada. James crollò di lato emettendo un grugnito. Emelie sapeva di aver giocato sporco, mirando ad un punto già sensibile per i trattamenti ricevuti, ma non avrebbe avuto altre occasioni come quella.
La giovane senza perdere tempo si voltò. Se fosse riuscita ad assestargli un calcio esercitando la giusta forza, lo avrebbe messo al tappeto.
Ma il piano di Emelie sfumò quando, con uno scatto, James le afferrò la caviglia con la mano sinistra gettandola a terra come una bambola di pezza. Un acuto dolore le si inerpicò lungo la colonna vertebrale mozzandole il respiro. La ragazza fece appena in tempo a voltare la testa di lato, che il pugno del soldato si conficcò nel pavimento di cemento ad un centimetro da lei. Con entrambi i piedi Emelie scalciò, allontanandolo da lei per poi rimettersi in piedi. James scosse la testa per ritrovare un po’ di lucidità e scartò senza troppe difficoltà la sequenza di mosse marziali che la ragazza gli rivolse.

“E’ troppo forte…” realizzò Emelie un attimo prima di essere afferrata per la gola e scaraventata lontano.

La giovane, andò a sbattere contro il muro sul fondo della stanza e ricadde dietro la teca che conteneva il suo vecchio corpo. Tossendo e sputando un grumo di sangue si mise carponi. Una mano la afferrò di nuovo. Emelie si sentì sollevare e sbattere sopra al coperchio della cassa. James, a carponi su di lei, le immobilizzò le braccia con le gambe e le chiuse la mascella nella presa ferrea della sua mano sinistra.
Con lentezza il soldato iniziò ad aumentare la pressione esercitata, fissando la sua vittima con occhi vitrei.
Per l’impotenza e il dolore, gli occhi di Emelie si riempirono di lacrime mentre ascoltava suo fratello esultare come un tifoso ad una partita di calcio.
James invece, sembrava non accorgersi neppure di quello che stava accadendo.

"Mi dispiace tanto James… mi dispiace tanto…." pensò la ragazza.

All’improvviso, con un boato, una delle pareti della stanza esplose. L’aria si riempì di fumo e polvere, mentre James veniva scaraventato via ed Emelie rotolava a terra. La testa prese a rimbombarle e le orecchie a fischiarle. Stesa su di un fianco, cercò di alzarsi leggermente in mezzo ai calcinacci e di mettere a fuoco la situazione. La polvere che turbinava ancora nella camera le impediva di vedere alcunché, ma a venirle in soccorso fu una voce.

-    Questa è la seconda volta che devo salvarti perché tu decidi di fare tutto da sola –

Emelie sorrise, distrutta ma felice, ad un accigliato Steve Rogers.
La cavalleria era arrivata.



Chief's room:

Miei cari lettori scusate!
So di essere in terribile ritardo, ma sono stata malata gran parte della settimana e ciò non mi ha permesso di mettermi a pc per scrivere il capitolo. Ho trovato solo oggi il tempo di finirlo e postarlo.
Com'era prevedibile James è tornato ad essere un burattino nelle mani di HYDRA o meglio, di Rheinoldt.
Spero che la mia spiegazione del suo piano sia stata abbastanza chiara, se qualcosa non lo fosse sarò felice di rispondere ad eventuali quesiti ^^
Mi auguro anche che le scene di combattimento siano comprensibili ^^" parte del mio ritardo nel postare è anche dovuto al fatto che ho riscritto più volte lo scontro tra Emelie e il Soldato d'inverno. A sorpresa è arrivato anche Steve che forse riuscirà a ribaltare le sorti di questa tragedia.
Se qualcuno ha letto Frankestein sa perchè ho voluto citarlo all'interno della discussione con Rheinoldt, per chi non lo avesse fatto un breve riassunto può essere che il Dott. Frankestein dopo aver dato vita alla sua creatura ne perde il controllo e la vicenda finisce in tragedia.
Lo consiglio vivamente come romanzo perchè è davvero toccante. Vi consiglio anche, se volete, una serie di documentari prodotti dalla BBC Earth andati in onda recentemente su Rai5 sul Giappone. Qui di seguito vi lascio il link: Wild Japan
Vi dico solo che a vedere questi paesaggi mi commuovo sempre.
Grazie mille a tutti per la pazienza e per essere arrivati fino a qui! Grazie ai miei Lettori, alle recensiste le Howling commandos e a coloro che mi hanno inserita tra le fic seguite (Sara_saya e Fireslight), ricordate e preferite.

Buon ponte per chi lo fa e un abbraccio a tutti!

Marta

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Capitolo 33
*** Resa dei conti ***


32
32. La resa dei conti


-    Se volevi dimostrare che le donne sono più forti degli uomini, credimi che non c'era bisogno di farlo –


Steve, aiutò Emelie a rimettersi in pieni sostenendola saldamente per un braccio. A parte un discreto numero di escoriazioni e un taglio all’attaccatura dei capelli che le sanguinava copiosamente sul viso, la ragazza sembrava stare bene.

-    Ho sbagliato a sottovalutare mio fratello – si lamentò lei massaggiandosi la mandibola – Dov’è finito? – aggiunse preoccupata subito dopo.

Il vetro temperato che separava la stanza d’osservazione, giaceva divelto in mezzo ai calcinacci, e ora che la polvere causata dall’esplosione si era
parzialmente posata, appariva chiaro che non c'era più nessuno.

-    Sam sta facendo un giro di ricognizione qui attorno, non fuggirà – le rispose Steve rassicurandola.
-    Non è abbastanza, io devo… -
-    Attenta! - 

Il capitano Rogers alzò lo scudo in vibranio, voltandosi parzialmente per poter proteggere entrambi dal pugno di ferro che James aveva sferrato.
-    Buck! - esclamò Steve stupito mentre il ragazzo li caricava nuovamente.
-    Gli hanno fatto di nuovo il lavaggio del cervello! Non riconosce nessuno, stai attento! – lo avvisò Emelie mettendosi al riparo.

Osservando la difficoltà con la quale Steve teneva a bada il suo amico, le certezze di Emelie sul fatto che non avrebbe mai potuto vincere si rafforzarono. Per quanto lei potesse essere agile e un’abile combattente, loro erano su di un altro livello.

-    Steve, devo andare a cercare Rheinoldt! – gridò la ragazza all’indirizzo del Capitano.
-    Non ti lascerò andare da sola! – replicò lui mentre respingeva l’ennesimo attacco di James.
-    Se non lo fermo, sarà solo questione di tempo perché ritorni.. sono settant’anni che mi perseguita, non glielo lascerò fare un giorno di più – ribattè Emelie.

Steve le gettò un’occhiata veloce durante un momento di stallo dal combattimento, poi si gettò a testa bassa contro James placcandolo.

-    Vai! – le gridò trattenendo il ragazzo.

Emelie non se lo fece ripetere due volte, recuperò la katana da terra e corse verso la stanza sfondata. Prima di sparire nel corridoio, guardò un ultima volta James con il viso contratto dallo sforzo di liberarsi del Capitano e poi varcò la soglia.
Esattamente come quando era arrivata, i corridoi erano vuoti, con l’unica differenza che non c’era più nessuno ad osservare i suoi spostamenti.
Emelie sospirò, quella che le si prospettava era probabilmente la cosa più difficile che avesse mai fatto nella sua vita, ma in cuor suo era sollevata. Lo era perché James era in buone mani, anzi, in ottime mani. Già da subito, dalla prima volta che aveva incontrato il capitano Rogers, aveva capito che anche lui avrebbe fatto di tutto per il bene di James. Quando poi aveva avuto occasione di parlarci e di conoscerlo personalmente, questa sua sensazione non aveva fatto che accrescersi. Se c’era qualcuno a cui poteva affidare la vita e il futuro dell’uomo che amava, quello era Steve Rogers. Per cui era con uno strano sollievo che si apprestava a concludere quella storia durata anche troppo e, soprattutto, che aveva causato tanta sofferenza non solo a lei, ma anche a chi voleva bene e che l’aveva protetta per tanti anni.
La ragazza, proseguì con cautela ma con passo deciso lungo le diramazioni del piano nel quale si trovava. L’accesso ai piani superiori era stato bloccato dal protocollo di emergenza, come continuavano a ricordarle gli altoparlanti posti ad ogni incrocio. Era stato attivato dalla deflagrazione causata dall’arrivo di Steve e si era innescato in automatico. Era un sistema di sicurezza presente su ogni piattaforma petrolifera, che isolava tutti i piani superiori nella speranza di arginare un possibile incendio. Quindi, a Emelie non rimaneva scelta che scendere.
Mentre si apprestava ad imboccare la prima rampa di scale, una raffica di proiettili la costrinse a ripararsi oltre il corrimano.


-    Rheinoldt! – gridò all’indirizzo del suo nemico.

Quando l'eco dei colpì sul ferro si attenuò, la ragazza si sporse leggermente per guardare di sotto. Uno svolazzò di abiti qualche piano più in basso, le diede conferma della posizione di suo fratello. Andava di fretta e la scarica di proiettili era solo un tentativo di rallentarla.
Emelie, correndo per diminuire la distanza tra lei e l’uomo, ragionò su dove stesse cercando di dirigersi e
la soluzione le venne piuttosto rapidamente. Era quasi certa che Rheinoldt si stesse dirigendo verso l’area esterna di attracco, dove sicuramente c’erano delle scialuppe. L'unico punto di fuga di quei livelli.
Combattendo contro la stanchezza, la giovane aumentò il ritmo reggendo saldamente la spada nella mano sinistra, e rallentandolo solo quando fu in prossimità dell’ingresso all’attracco. Lì, come aveva fatto in precedenza, prese un respiro profondo, visualizzò la sua vecchia casa immersa nella neve con la figura di James ad attenderla, ed entrò.
Rheinoldt era fermo a fianco di una delle scialuppe e con il solito sorriso, teneva la pistola puntata verso di lei. Non fosse stato per l’aria trafelata sarebbe risultato impeccabile come sempre.

-    Siamo giunti alla conclusione sorellina – esordì mentre lei si posizionava a distanza di sicurezza – Non è stata esattamente la vittoria che immaginavo, ma  ci sarà tempo per rifarsi – disse in modo pragmatico.
-    Lo credi davvero, Rheinoldt? – replicò Emelie.
-    Direi che sei abbastanza intelligente per capire da sola che una spada da samurai contro una pistola semi automatica, ha ben poche speranze – commentò lui.
-    Quindi, tu speri che io decida di lasciarti andare – commentò Emelie.
-    Beh, quali alternative hai? Moriresti, visto che non hai intenzione di usare il tuo vecchio corpo – rispose l’uomo con un'alzatina di spalle.
-    Sei sempre stato di ristrette vedute.. sempre convinto che la strada che tu hai scelto sia l’unica – disse la ragazza con un sorriso di commiserazione.
-    Belle  parole, ma i fatti parlano chiaro – ribattè Rheinoldt.
-    Non hai proprio preso in considerazione l’altra opzione, vero? – chiese Emelie camminando lentamente verso di lui.
-    Quale altra opzione? – domandò l'uomo, per la prima volta confuso.
-    Che io decida di morire! – esclamò la ragazza correndo verso di lui.

Rheinoldt spalancò gli occhi colto alla sprovvista e fece fuoco con l’arma senza pensarci due volte.
Tre proiettili centrarono il bersaglio. Emelie sentì i proiettili perforarle la carne in pure stilettate di dolore, ma non si fermò.
Guardò fisso gli occhi ombrati di paura di suo fratello e gli affondò la katana nel ventre, spingendo la lama fino all’elsa. Rheinoldt sbattè con violenza contro la ringhiera alle sue spalle, aggrappandosi alle spalle della sorella e fissandola allibito.

-    Tu sei pazza.. – mormorò con un filo di voce e gli occhi quasi fuori alle orbite.
-    Deve essere una caratteristica di famiglia – replicò ansante Emelie.

Con le ultime forze fece leva sulla spada, sollevando il corpo dell’uomo quel che bastava per farlo precipitare ormai inerte nei flutti sotto di loro. Emelie, osservò Rheinoldt impattare contro l’acqua levando alti spruzzi. Il suo corpo galleggiò per qualche istante e poi scomparve sotto un’ondata più forte.
A quel punto, le energie abbandonarono completamente la ragazza che si accasciò a terra.
Il sangue zampillava copioso dalle ferite, impregnando l’aria salmastra di odore rugginoso. Il cuore sembrava scoppiarle nel petto mentre il dolore la sferzava ad ogni respiro. L’orizzonte le appariva sfocato e la testa le sembrava infinitamente pesante.

"Credo di essermi spinta troppo olt..."

E l'oscurità calò.



Chief's room:

Buongiorno a tutti ^^

Siamo al terz'ultimo capitolo di questa fic, ebbene sì, non manca molto =(
Ho avuto qualche problema con il sito di hosting delle immagini, quindi niente banner, ma arriverà spero ^^"
Forse qualcuno si aspettava lo scontro con Bucky, ma ho preferito concentrarmi su Emelie e sulla sua questione in sospeso. Rheinoldt meritava un trattamento di "riguardo" e spero di avere accontentato tutti quelli che speravano finisse male!
Ho evitato torture o cose del genere solo perchè non sarebbe stato in linea con il personaggio di Emelie xD
Non ho idea se sulla piattaforme esista un simile protocollo di sicurezza, quindi quello che avete letto è stato frutto della mia immaginazione.
Non vi rimane altro che rimuginare sulle sorti di Emelie e del caro James, ma dovrete aspettare solo una settimana per scoprirlo ;)
Ringrazio tutti i silenziosi Lettori, la mia squadra di recensiste le Howling commandos, e la bella gente che mi ha inserita tra le seguite (Michela30), preferite (Michela30) e ricordate <3

Un abbraccio a tutti voi,
Marta

p.s. Le risposte alle recensioni con al solito arriveranno, abbiate fede.

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Capitolo 34
*** Mai perdersi ma ritrovarsi ***


33


Emelie uscì dall’oscurità all’improvviso, come le era sempre successo. Non era mai stato un processo lento, non c’era mai stato modo di abituarsi. Un attimo prima era viva e respirava dentro ad un corpo caldo, e quello dopo si ritrovava sospesa in un mondo dai contorni sfocati, che, per quanto si sforzasse, non riusciva a mettere a fuoco. Però, per quanto l’ambiente intorno a lei non fosse preciso, capì subito di non essere dove si era aspettata di ritrovarsi. Accanto a lei, stesa su un lettino ospedaliero, c’era il corpo di Leanne.
La ragazza era vistosamente bendata e ormai inerme. Attorno al letto, tre lati su quattro erano occupati da separé di una neutra plastica verde, ma nonostante le apparecchiature da ospedale, a Emelie sembrava più di essere all’interno di una struttura dismessa. Un capannone a dirla tutta, visto l’alto soffitto a travi di cemento e l’illuminazione alogena che gettava ovunque una luce fioca e asettica.

La ragazza era nella più totale confusione. Perché non era sulla piattaforma? Cosa ci faceva lì il suo corpo?

-    Emelie? –

La giovane si voltò spaventata. Nella foschia del suo mondo di mezzo, la figura massiccia e inconfondibile del capitano Rogers era ferma a qualche metro da lei.

-    Spero che tu possa sentirmi.. onestamente non so come funziona quando… - esordì, lasciando in sospeso la frase senza sapere come proseguire.

Emelie per sicurezza arretrò, l’ultima cosa che voleva era ucciderlo e ritrovarsi nel suo corpo.

-    So che avrai un sacco di domande e che sarai confusa – proseguì il giovane – però non abbiamo tempo, o meglio, non ne hai tu – disse – per cui non tiriamola per le lunghe…- aggiunse facendosi da parte.

Mentre un cigolio di ruote rimbombava tra le pareti vuote, Emelie, senza poter essere vista da Steve, scosse la testa con un sorriso mesto.
Sapeva cosa voleva che facesse il ragazzo, ma non l’avrebbe fatto… aveva giurato. Aveva giurato che non avrebbe mai più preso un corpo, nemmeno quello di qualcuno in coma e con lo zero percento di possibilità di risvegliarsi.
Perchè ogni volta che lo faceva, un pezzo di lei se ne andava, mentre immagini, suoni, odori e persone che non aveva mai visto, diventavano improvvisamente parte della sua vita. Aveva la testa piena di ricordi che non le appartenevano e che alle volte avevano ancora il potere di confonderla.
Non voleva più provare nostalgia per una casa in cui non aveva realmente mai abitato, o per un cane che non aveva mai ricevuto in regalo a natale. Ma la volontà di Emelie venne fatta tracollare non appena comparve la dottoressa Cho, intenta a spingere sopra ad un altro lettino il suo vecchio corpo.

-    Avevi detto che nessuno avrebbe saputo il mio segreto! – esclamò la ragazza furente, dimenticandosi di non poter essere udita.

Quasi Steve l'avesse sentita, portò le mani in avanti come per calmarla.

-    So cosa ti avevo detto e mi dispiace di non aver mantenuto la parola, ma ora non c’è tempo. Avrai tutte le spiegazioni che desideri e potrai anche prendermi a schiaffi una volta che sarai di nuovo con noi – replicò.
-    Come se un mio schiaffo potesse farti qualcosa… - sbuffò Emelie contrariata – Non posso tornare lì dentro, Steve… - commentò sempre a sé stessa nel ricordarsi le modifiche che Rheinoldt aveva fatto.
-    Se ti preoccupa il fatto che quelli di HYDRA abbiano potuto fare qualcosa, non ne hai motivo – intervenne la dottoressa Cho – Alcuni collegamenti neurali erano stati modificati, ma sono riuscita a sanarli, per cui non devi avere alcun timore – disse con un’espressione risoluta ma preoccupata per la possibile reazione della ragazza.

Steve gettò uno sguardo sulla figura immobile nel lettino, sperando che aprisse improvvisamente gli occhi e lo insultasse, ma quando vide che nulla sembrava essere cambiato si spazientì.

-    Sei sopravvissuta settant'anni per darla davvero vinta a quel maledetto stronzo? – sbottò, dimenticandosi del suo proverbiale self control d'altri tempi (per fortuna Tony non era nei paraggi) – Hai l’occasione di ricominciare la tua vita esattamente da dove l’avevi lasciata! Davvero hai intenzione di lasciare che Buck la continui da solo? – proseguì guardando torvo l’aria davanti a sé – Questa cosa inizia ad essere ridicola… - mormorò frustrato, sentendosi un perfetto imbecille a parlare con il nulla.
-    Pensavo che solo il dottor Banner avesse problemi a gestire la rabbia –

Il ragazzo, preso in contro piede abbassò lo sguardo, incontrando un paio di occhi azzurro/verdi che lo stavano osservando con sarcasmo.

-    Mi sento uno straccio – gracchiò Emelie cercando di mettersi a sedere.
-    Non devi sforzarti. Questo corpo non ha mai compiuto nessun movimento, sarà indebolito per qualche tempo e avrai bisogno di fare riabilitazione prima di poterti muovere come vuoi – la avvertì la dottoressa aiutandola a sedersi con delicatezza.
-    Temo che sia così – rispose la ragazza e poi, prima che la donna potesse ritrarsi, le afferrò saldamente l’avambraccio – Mi dispiace di essere stata sgarbata in precedenza, non era mia intenzione.. – disse guardando seria Helen – Grazie per quello che hai fatto, grazie di cuore - aggiunse.
-    La tua reticenza è comprensibile, ho giurato di non invadere la tua vita e rispetterò la parola data. Non è mia intenzione fare ricerca in questo modo, né farti del male – rispose la dottoressa con un sorriso gentile.

Emelie annuì, rispondendo al suo sorriso prima di rivolgersi a Steve.

-    Ora credo che tu mi debba un buon quantitativo di spiegazioni – lo avvisò.
-    Ogni parola è debito, ma prima vorrei sapere se…-
-    E' morto – lo anticipò Emelie oscurandosi – L’ho ucciso e ho gettato il corpo in mare – spiegò, guardando Steve come per dire che la questione era chiusa definitivamente.

Lui prima di riprendere a parlare, si limitò a farle un cenno d’assenso e non proseguì il discorso.

-    E' stato Sam a portarti via dal pontile, stava facendo un giro di ricognizione e ti ha vista - cominciò a spiegare il Capitano.
-    Allora credo di dover ringraziare anche lui non appena lo vedrò – commentò Emelie – ma vorrei prima sapere di lui.. – aggiunse con un punta di tremore nella voce.
-    Sta bene – la rassicurò il ragazzo biondo – Sono.. riuscito a metterlo ko; non senza qualche difficoltà – disse sospirando.
-    La sua.. – a Emelie porre quella domanda costava una gran fatica – la sua memoria? -  

La ragazza vide lo sguardo di Steve adombrarsi di una grande stanchezza.

-    Quando lo abbiamo portato qui non ricordava nulla, l’unica cosa che gli era chiara era la sua ultima missione.. sapeva di doverti eliminare ed era l’unica cosa che gli importava -  raccontò.

Emelie, nell’udire quelle parole, provò una fitta al cuore.

-    HYDRA è riuscita ad andare così in profondità? – domandò, più alla dottoressa Cho che non a Steve.
-    Non sono stata in grado di capire cosa gli avessero fatto esattamente.. a differenza tua, il suo cervello non presentava modifiche chirurgiche – commentò la dottoressa.
-    Nel 45’ usavano una sorta di elettroshock… penso che più o meno gli abbiano fatto la stessa cosa anche adesso – spiegò Emelie – Per fargli tornare la memoria ho dovuto usare i ricordi che ci legavano, ma il suo blocco era solo superficiale – disse con rammarico.
-    Questa volta abbiamo dovuto usare delle maniere un po’ più forti… - disse Steve – ma i risultati sono stati piuttosto soddisfacenti – aggiunse con un mezzo sorriso.
-    Non capisco… - replicò Emelie confusa.
-    Credo che qualcuno voglia vederti – rispose il ragazzo, allungandole una felpa da indossare sopra la lunga camicia da paziente.

Senza riuscire a trasformare in parole le domande stupefatte che le erano venute in mente, Emelie indossò la maglia e sorretta da Steve si alzò, ma quando lui fece per condurla fuori da quella specie di camera, lei lo fermò.

-    Aspetta un attimo – gli disse – fammi avvicinare – aggiunse, indicando con lo sguardo il lettino sul quale giaceva Leanne.

Quando le fu vicina, Emelie prese la mano immobile di lei nelle sue e chinandosi, se la appoggiò sulla fronte.

-    Grazie, per tutto.. – disse con commozione.

Dopo di che, a braccetto di Steve e con passi lenti e difficoltosi, uscì.
La sua prima impressione, ovvero quella di essere in qualche sorta di casolare abbandonato, fu confermata.
Attraversarono la grossa stanza dove lei aveva riposato ed entrarono in una più piccola, che si apriva in due locali separati da colonne di cemento. Da una parte, appoggiato al muro a braccia conserte c’era Sam, che non appena entrarono si fece loro incontro.

-    Stai bene – esordì, guardandola con il solito sorriso spaziato tra gli incisivi.
-    Sì, ed è anche merito tuo, grazie Sam – rispose Emelie con affetto.
-    Fa strano parlare con te... così – replicò lui dandola un'occhiata da capo a piedi.
-    Posso immaginare – disse la ragazza divertita.

Stava per aggiungere qualcosa, quando un movimento alle spalle del ragazzo di colore attirò la sua attenzione. Dietro Sam, a terra con il capo chino e  il braccio sinistro stretto in una morsa da fabbro, c’era James.

-    James! –

Emelie mollò l’appiglio sul braccio di Steve e per quanto le sue gambe glielo concedessero, si precipitò verso la figura.

-    Aspetta! – esclamò Sam cercando di fermarla.


Il Capitano però gli mise una mano sulla spalla per trattenerlo, facendogli cenno di lasciarla andare.

-    Steve non siamo ancora certi che… - protestò il ragazzo rivolto all’amico.
-    Lasciala fare – lo rassicurò lui con sguardo deciso.

Emelie, raggiunto il ragazzo, si lasciò cadere davanti a lui, osservando allarmata la morsa che lo imprigionava.

-    Steve! Ma che diavolo state facendo? – esclamò, voltandosi verso l’interessato e incendiandolo con lo sguardo.
-    Non avevamo altra scelta – replicò il ragazzo mentre Sam di fianco a lui lo indicava come per dire che non era stata una sua idea.

La ragazza scosse la testa, tornando a rivolgersi verso il giovane davanti a lei.

-    James, stai bene? – gli chiese, appoggiandogli delicatamente una mano sul braccio.

Il ragazzo alzò finalmente la testa. Aveva gli occhi cerchiati da profondo occhiaie e l’aria di chi è tornato reduce da una battaglia, fisica o interiore non faceva differenza. Lui la guardò per un lungo momento, respirando dalla bocca semi chiusa in modo quasi impercettibile.

-    Sei tu… - mormorò.

Emelie sussultò, chiedendosi se avesse capito davvero giusto, o se fosse il suo cervello a giocarle dei brutti scherzi.

-    Sei di nuovo tu.. – ripetè lui mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime – la mia Emelie - aggiunse appoggiandole la mano libera sul collo.
-    Tu ti ricordi di me… - replicò allibita la ragazza.

James, incapace di parlare per l’emozione annuì, lasciando che le lacrime trattenute gli cadessero lungo le guancie irsute e chinandosi fino a nascondere il viso nel petto della giovane. Emelie, ancora incredula, lo attirò a sé appoggiandogli una guancia sulla sommità della testa.

-    Steve, liberalo – pregò, rivolgendo lo sguardo al ragazzo rimasto fino a quel momento in disparte.

Il Capitano fu ben lieto di assecondare quella richiesta e con diversi giri di manovella, allentò la morsa. Non appena James fu libero, strinse finalmente Emelie con delicatezza. Gli sembrava ancora un sogno che fossero riusciti a farcela.

-    Buck, ti ricordi di me? –

Il ragazzo alzò lo sguardo, mentre Emelie lo scioglieva dall’abbraccio perché potesse confrontarsi con l’amico.

-    Tua madre si chiamava Sara e mi ricordo che ti riempivi le scarpe di giornali – rispose James.

Steve gli sorrise, commosso di aver ritrovato il suo vecchio amico d’infanzia.

-    Bentornato Buck – gli disse mentre il ragazzo si rimetteva in piedi aiutando Emelie a fare altrettanto.
-    Come ci siete riusciti? – domandò la ragazza afferrandogli la mano.

Sapeva di poter apparire infantile agli occhi dei presenti, ma era ancora talmente meravigliata, da aver paura che lui potesse scomparire e dall’intensità con la quale James stava rispondendo alla sua stretta, doveva pensarlo anche lui.

-    E' stato un modo un po’ più brutale del tuo.. – disse Steve con un mezzo sorriso.
-    Ma efficace – aggiunse Sam – non semplice, ma efficace. –
-    In così poco tempo? E’ sorprendente! – esclamò Emelie – Cosa c’è? – domandò subito dopo, vedendo gli sguardi che i due ragazzi si stavano scambiando.
-    Dallo scontro sulla petroliera.. sono passati quasi sei mesi – disse Steve.

Emelie lo guardò, sicura di non aver capito bene.

-    Come sarebbero sei mesi? Non è possibile.. – mormorò.
-    Quando sei arrivata qui, ho dovuto operarti per riuscire a stabilizzare le tue condizioni – disse la dottoressa Cho facendo il suo ingresso nella sala solo in quel momento – Purtroppo però sei entrata in coma… – aggiunse.
-    Una delle opzioni che ci restavano era quella di rimuovere il sostegno vitale a Leanne – disse Steve.
-    Nulla mi avrebbe fatto infuriare di più – disse subito Emelie adombrandosi.

Lo aveva promesso, non avrebbe mai più preso una vita, mai più.

-    Ne ero sicuro, e difatti abbiamo deciso di attendere.. - ripose il ragazzo biondo - Nel frattempo Helen ha "sistemato" il tuo vecchio corpo e noi abbiamo iniziato ad aiutare Bucky – spiegò.
-    Sono stata fortunata – commentò Emelie mentre sentiva il braccio di James intorno alla sua vita stringersi un po’ di più.
-    E' vero… - concordò il Capitano – ma i problemi non sono finiti… - aggiunse tetro.



Chief's room:


Oh mio Dio siamo al penultimo capitolo *angoscia*
Stento ancora crederci... sigh! Ma risparmio la tristezza per la prossima volta xD
Squilli di tromba e volata di piccioni, Emelie è viva!
Almeno in questa fiction ho deciso di risparmiare la vita alla mia protagonista ^^" in un modo un pò bislacco e forse con qualche spiegazione un pò presa per i capelli, ma l'ho fatto. Questo capitolo è stato scritto per primo, non appena ho visto la scena post titoli di coda di Ant man. In realtà doveva essere una flash fic, ma alla fine ho sviluppato una long xD Questo non vuol dire che questo ultimo capitolo sfoci nel periodo della Civil War; nell'epilogo forse capirete un pò di più.  
Per ora vi lascio e vi ringrazio! Tutti voi
Lettori, le mie recensiste Howling commandos, chi mi ha messa tra i preferiti, seguiti e ricordati.

Un bacio a tutti,
Marta

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Capitolo 35
*** Epilogo ***


34. epilogo


James, si fermò a qualche metro di distanza dalla figura di Emelie seduta a cavalcioni sul parapetto dell’ex diga che li aveva ospitati come fuggiaschi negli ultimi sei mesi.
A onor del vero non ci poteva ancora credere, che lei fosse lì e che fosse… beh, lei.
Emelie era sempre stata "Emelie", anche quando si trovava nel corpo di Leanne, e su quello non ci pioveva. Però rivederla nel suo vecchio corpo era letteralmente una gioia. Per ora conservava ancora i suoi liscissimi capelli biondi, ma era questione di poco tempo perché diventassero bianchi. Dio quanto le era mancata.

Quando decise che era il momento di smettere di contemplarla, le si avvicinò. La ragazza era china sulla stessa pagina del quotidiano che Steve le aveva messo in mano mezz’ora prima, e quando lui si sedette al suo fianco alzò appena la testa.

-    Dovevo aspettarmelo, vero? – sospirò lei.
-    Temo di sì – rispose il ragazzo.

La prima pagina del giornale gridava a caratteri cubitali:  “E’ ancora caccia al Soldato d’Inverno!!”  e il relativo trafiletto proseguiva poco più sotto.

Sono ormai mesi, che i corpi di polizia di tutto il mondo stanno dando la caccia al criminale noto come Soldato d’Inverno.
Responsabile di quello che ormai viene definito il disastro di Washington, il Soldato è anche accusato di diversi crimini perpetrati negli anni sotto il comando del KGB. L'attuale premier Russo smentisce qualsiasi coinvolgimento dell’attuale governo e si dice pronto a collaborare alla sua cattura. Nel frattempo si indaga nel passato dell’organizzazione nota come HYDRA, alla base della recente caduta dello S.H.I.E.L.D. L’uomo, il cui vero nome è James Buchanan Barnes, aveva  militato negli Howling Commandos, squadrone attivo contro il regime Nazista negli anni '40, ed è un amico d’infanzia del Capitano Steve Rogers. Captain America ha dichiarato di non sapere dove Buchanan sia, ma le autorità…“  Continua a pagina 1-2-3-4.

-    Che mucchio di schifezze – sentenziò Emelie, gettando con stizza il giornale giù verso l'acqua stagnante.
-    Non hanno tutti i torti – replicò James con un sorriso mesto.
-    C’è gente, tra quelli che scrivono questi articoli, che hanno fatto molto più male di te e intenzionalmente perfino – sbottò la ragazza – dovrebbero solo tacere – aggiunse stizzita.
-    C’è maretta ovunque dopo Washington – soggiunse il ragazzo – Steve mi ha detto che tra le alte cariche sta iniziando a serpeggiare il malcontento per la troppa “libertà” dei supereroi – raccontò battendo ritmicamente con lo stivale sulla parete di cemento.
-    Ci mancava anche questa – sospirò Emelie reclinando la testa all’indietro.
-    Tra l’altro sarebbe ora che ti trovassi un soprannome, ormai sei entrata di diritto nella categoria “eroi” – disse James con un sorriso.
-    E come mi dovrei chiamare? Zombie girl? – replicò la ragazza sollevando le sopracciglia.
-    Io pensavo più a Phoenix – ribattè il soldato.
-    Te lo concedo, non è male - concordò lei - però temo che le luci della ribalta siano da evitare – aggiunse Emelie - ma adesso cosa facciamo James? – domandò poi rivolta al giovane.

Il soldato stette in silenzio per un lungo momento prima di parlare.

-    Ce ne andiamo – rispose con una scrollata di spalle – Sei mai stata in Romania? – domandò voltandosi verso di lei.
-    No, ma mi piacerebbe visitare la Transilvania – rispose Emelie mostrando i canini – Perché proprio la Romania? – s’informò la ragazza.
-    Per le prugne – scherzò il giovane beccandosi un pugno sul ginocchio – è l’unico paese dove non sono stato in missione – rispose poi più seriamente.

Emelie capì all’istante perché avesse scelto quel luogo: niente missioni = niente ricordi dolorosi.

-    Per me va bene – approvò la ragazza con un sorriso.
-    Davvero? – replicò sorpreso lui.
-    James, dopo tutto quello che abbiamo passato sarei disposta a vivere ovunque, se questo significasse poter stare insieme – disse Emelie molto tranquillamente.

James la fissò e poi, prima che lei potesse notare i suoi occhi lucidi, le passò un braccio attorno alle spalle stringendosela al fianco. La ragazza, appoggiò la testa nell’incavo del suo collo e intrecciò le dita con quelle della mano robotica.

-    Ti amo – sospirò la giovane, godendosi per un momento quell’istante e ignorando tutti i problemi futuri che si sarebbe di sicuro presentati alla loro porta.
-    Ti amo anche io Elie – rispose lui baciandole il capo.

Che l’intero universo stesse a guardare come andavano avanti, che osasse pure sfidarli ancora; che ci provasse.
Li avrebbe trovati pronti, entrambi.


Fine

Chief's room:

E anche questo percorso si è concluso.
Scrivere la parola fine è sempre un pò uno shock anche per me che ne sono l'artefice, ma credo che ogni finale lo sia.
Spero che questo epilogo abbia soddisfatto le vostre aspettative ^^ Se con questa storia sono riuscita anche solo una volta a farvi sorridere, mettervi ansia o andare in brodo di giuggiole, posso considerare compiuto il mio lavoro, perchè ogni storia è scritta per sè stessi, ma in modo particolare per chi la legge.
Alcuni di voi mi hanno chiesto se è previsto un seguito, io non lo escludo, anzi, un paio di idee ci sono già e prima o poi saranno messe su "carta"! Per ora sono impegnata nel progetto di un'altra long che è più o meno a metà opera, ma che interesserà il fandom di Final Fantasy XV. 
Monster ha avuto un successo incredibile, soprattutto dando un'occhiata a quante altre storie ci siano in sezione e questo è dovuto a voi. Se sono riuscita a infilarmi in tutte le classifiche di sezione è merito vostro e dell'incredibile affetto che avete dimostrato a me e ai miei personaggi.
Il vostro supporto è stato fondamentale e il mio piccolo successo è tutto dedicato a voi <3

Un sentito ringraziamento a tutti i Lettori, che nonostante siano rimasti nell'ombra hanno fatto schizzare il contatore letture alle stelle e che quindi hanno dimostrato quanto gli sia piaciuta questa storia.

Un grazie a chi mi ha inserita tra le storie preferite: Alzheimer, Bebba91, Calzona_BestLove, Cassy23, charlotteohlin, Chrona00, clepp, DESTROYA_DESTROYA, Giada_LaRosa, grace18, Jesibel, KAOLIN, Kaori Ninjiaka, Karota, mangamylove, michela30, moschino, MrsBieber_98, nemesis_inframe92, OllyKPotterhead1, Thominewt, weepingangel, you_are_my_hero, _ChappyChan_

Grazie a chi mi ha inserita tra le seguite: AllisonHermioneEverdeen, Anna Wanderer Love, Armidia,AsiaDreamcatcher,Chic,Chrona00,DarkLady_,denise26,EkaterinaKenzi,Fating,ferins,fireslight,HORANge_carrot,KAOLIN,Kittycake,LadyBones,ladyw,leila91,mangamylove,michela30,
myloxyloto0521, Oberyn_92,Portuguese D Rogue,queen_under_mountain,Red_Amortentia,Rinoa Heartilly Vengeance,RythmHolic,sara_saya,sirina89,Sonata_Eterna,stitch1995,strangeronmars,SweetSmile,weepingangel,you_are_my_hero,Yule_directioner,_Alessia_C95,_KuroHime_
Grazie a chi mi ha inserita tra le ricordate: Anthea08,Cassy23,ferins,LollyCery13,mangamylove,shaya73

E grazie, grazie, grazie alle Howling commandos, il mio gruppo di recensiste! So che ho ancora delle risposte da dare ai vostri ultimi commenti e prometto che passerò!

_Alessia_C95: Mia cara Ale, sei stata la prima a credere nella mia storia e a commentarla! Le tue recensioni mi hanno davvero resa orgogliosa del lavoro fatto e tu sei assolutamente una personale splendida ^^ Sono contenta di averti conosciuta! Come mi avevi suggerito ho inserito un soprannome per la nostra eroina ;) Grazie di tutto e a presto.

Leila91: Benniiiiish! (ormai è diventato un grido di battaglia xD) A te che ti sei sparata mezza maratona di film della Marvel per tua conoscenza personale e per tornare a recensirmi cosa mai potrei dire? Con le tue recensioni è stato tutto diverso, mi mancavi da morire!! Come al solito mi hai dato la giusta carica per proseguire e con le tue mille domande mi hai fatta morire dal ridere =) Grazie di cuore per essere stata al mio fianco anche in quest'avventura <3

AllisonHermioneEverdeen: Devo ancora pagartelo lo psicanalista? O il mio finale ti ha rasserenata? xD Grazie mia cara di aver sopportato tutta quest'ansia continuando a seguirmi e a recensire. Il tuo sacrificio mentale è stato molto apprezzato =* Grazie mille!!

Red_Amortentia: La tua costanza è stata commovente =,) anche nel recensire tutti i capitoli che avevi lasciato indietro! Sono le persone come te a far felici noi autori, perchè si vede quanto ci tieni. Grazie infinite!

LadyBones,Charlotteohlin, Kaori ninjiaka: Vi ringrazio per avermi lasciato un commento, è sempre bello ricevere un parere su quanto si sta scrivendo ^^

Mangamylove, Thominewt, Bebba91, LollyCery13: Ragazze, grazie per esservi sempre fermate a farmi sapere quando vi stessi mandando nel panico xD Siete state molto pazienti con me! Avete avuto tante belle parole che mi hanno fatta sorridere più di una volta ^^ A presto spero <3

Qui finisce il nostro percorso assieme, ma sono sicura che ci ritroveremo ^^

Con tutto il mio affetto,
Marta


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