Sei Prime Volte

di Akemichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il primo incontro ***
Capitolo 2: *** La prima separazione ***
Capitolo 3: *** La prima missione ***
Capitolo 4: *** Il primo bacio ***
Capitolo 5: *** La prima volta ***
Capitolo 6: *** La prima dichiarazione ***



Capitolo 1
*** Il primo incontro ***


Il Primo Incontro


Sabo aveva sempre pensato che lo studio non facesse per lui. I suoi esami quando ancora viveva a Goa non erano mai andati bene, perché non riusciva a tenere a mente nulla di quello che leggeva sui libri, a parte ciò che riguardava la geografia e la navigazione, materie che apparentemente non avevano alcuna utilità per un futuro nobile.
Entrare nei rivoluzionari gli aveva mostrato nuove prospettive anche riguardo quel particolare settore. Dragon aveva la convinzione che la conoscenza fosse potere, per cui pretendeva dai suoi collaboratori non solo la forza fisica, ma anche un grande sapere riguardo la storia del mondo, la sua geografia, e altre varie materie che potevano essere utili.
Giacché Sabo era ancora giovane per recarsi in missione, Dragon lo aveva spronato sia ad allenarsi, sia a studiare e Sabo, per non deluderlo, vi si era buttato anima e corpo, riscoprendo un piacere anche nello studio che non credeva di avere. Sentiva di imparare cose davvero utili, cose che gli piacevano.
E così finiva sempre per esagerare, passando ore e ore nella biblioteca di Baltigo fino ad addormentarsi sul tavolo e sporcarsi il viso con l'inchiostro della sua penna. Si trovava in quelle condizioni anche quella sera, con la testa chinata e la guancia appoggiata ad un grande libro di geografia, la bocca semiaperta con la saliva che gli scendeva a bagnare le pagine, quando Ivankov decise di svegliarlo in malo modo afferrandolo per un braccio e trascinandolo giù dalla sedia, senza alcuna cura ai libri e i fogli degli appunti che si era trascinato dietro e che erano precipitati poco cerimoniosamente a terra.
«Cosa.... Cosa...?» balbettò Sabo, con la bocca ancora impastata e le palpebre semichiuse, senza davvero capire che cosa stava succedendo.
«Ti devi preparare, Dragon-boy sta arrivando» fu la risposta di Ivankov, che non smise di trascinarlo fino ad arrivare alla sua camera, dove iniziò a spogliarlo.
«E allora?» domandò Sabo, che non si era ancora svegliato del tutto e non capiva che cosa stesse succedendo di diverso dal solito. Dragon usciva spesso per le missioni e tornava a tutti gli orari ed era raro che lui interrompesse le sue attività per andarlo a ricevere.
«Su, su, che dobbiamo farti bello.»
Ivankov lo gettò senza preavviso sotto il getto freddo della doccia, che svegliò totalmente Sabo, anche se in un modo che avrebbe evitato. Decise di lasciar perdere con le domande: conosceva quello strambo tizio abbastanza per accettare le sue altrettanto strambe decisioni. Sicuramente c'era una ragione sotto.
Si lavò in fretta per evitare di congelarsi e uscì ad asciugarsi. Ivankov era sparito, ma gli aveva lasciato i vestiti puliti da indossare, quindi Sabo terminò di prepararsi e poi scese giù nella darsena, che si trovava al piano sotterraneo della base di Baltigo: le loro navi, infatti, non potevano stare all'esterno per evitare di essere viste, per cui un condotto all'interno delle montagne rocciose permetteva loro di entrate direttamente nel porto sotterraneo.
Ivankov lo aveva anticipato e stava parlando con Dragon, mentre il resto dell'equipaggio finiva di scaricare il carico della nave e di sistemarla dopo la lunga traversata. Sabo ricambiò i saluti delle persone che incontrava, fino a raggiungere i due.
«Avevi bisogno di me?» chiese a Dragon, dato che quello doveva essere l'unica spiegazione all'atteggiamento bizzarro di Ivankov, che lo guardava con un sorrisetto a metà tra l'enigmatico e il divertito.
Dragon annuì. «Sì, vieni.» Come al solito, non era di molte parole. Sabo lo seguì: era abituato a quell'atteggiamento fin troppo pragmatico.
Seduta sulla scaletta della nave, c'era seduta una ragazzina che Sabo non aveva mai visto. Sembrava un po' a disagio per via della situazione, ma quando vide Dragon avvicinarsi balzò in piedi e assunse un'espressione decisa.
Dragon mise una mano sulla spalla di Sabo, quindi allungò l'altra per indicare lei. Quando fu abbastanza vicino, poggiò la mano anche sulla sua spalla.  «Sabo, questa è Koala» gliela presentò. «Ha deciso di unirsi a noi e io ritengo che sia un valido elemento per noi.»
Koala parve imbarazzata, per cui Sabo sorrise e allungò il braccio verso di lui. «Piacere, sono Sabo.» Ricordava com'erano stati per lui i primi tempi con i rivoluzionari, con tutte quelle persone che erano più grandi e più esperte, per cui capiva benissimo come doveva sentirsi lei in quel momento e, senza nemmeno rendersene conto, la trovò immediatamente simpatica.
Koala allungò delicatamente la mano verso di lui, ma quando gliela strinse la sua presa era più decisa di quanto il suo volto esprimesse. «Piacere.»
Dragon si concesse uno dei suoi rari sorrisi. «Posso contare su di te per mostrarle la base?»
«Certamente» annuì Sabo. «Vieni con me.» Ignorò di proposito lo sguardo eloquente che Ivankov gli aveva lanciato, perché finalmente aveva capito esattamente perché l'avesse gettato sotto la doccia e reso in qualche modo presentabile.
Be', Koala era effettivamente carina, doveva dargliene conto. Aveva anche indosso un vestito arancione a gonna molto corta, decisamente più elegante e femminile del resto delle donne presenti, che giravano con jeans e lunghi mantelli, cosa che indubbiamente aveva attirato la sua attenzione. Tuttavia, era una rivoluzionaria scelta personalmente da Dragon, per cui l'avrebbe trattata come tale. Sapeva bene cosa significasse avere un motivo be preciso per unirsi a quell'armata.
«Se hai qualche domanda, dimmi pure» le disse, mentre salivano le scale per recarsi nell'edificio principale della base.
«Una sì, a dire la verità. Da quanto sei nei rivoluzionari?»
Sabo capì che quella curiosità derivava dalla sua giovane età. La cosa era effettivamente comprensibile, dato che lui era il più giovane membro dell'armata e ciò nonostante era già tra i membri più considerati da Dragon. I motivi erano molteplici e non solo legati al tempo che aveva trascorso con loro.
«Sono tre anni» rispose allora. «Avevo dieci anni.»
«Hai un anno meno di me» commentò Koala, con un sorriso appena accennato.
«Questo vuol dire che sono ancora il più piccolo fra tutti i rivoluzionari!» esclamò Sabo, a metà tra il divertito e l'esasperato. Non che la cosa gli desse così fastidio, ma ogni tanto era difficile non sentirsi all'altezza perché ancora troppo inesperto.
«Be', sei comunque un collega più anziano, rispetto a me» lo consolò Koala gentilmente, cosa che lui apprezzò.
«Allora, lascia che mi dia da fare come tale.»
Cercò di ricordarsi quello che Iulo, il ragazzo addetto alle intercettazioni che di età era quello che si avvicinava di più a lui, gli aveva spiegato la prima volta. Erano tutte cose pratiche: i turni di pulizia, i turni della cucina, i turni per il bagno. Poi ovviamente la condusse a fare un giro della base, indicandole tutte le stanze fondamentali, dalla mensa alla biblioteca, dalle camerate alle sale di addestramento. Mentre esploravano la base le presentava anche gli altri colleghi che avevano la fortuna di incontrare, come lo stesso Iulo, Tremotino il bibliotecario, il dottor Bones, Bunny Joe e altri.
Nonostante la rigidità delle regole, che cozzavano con la stranezza delle persone che le attuavano, Koala non pareva assolutamente preoccupata. L'imbarazzo che aveva avuto inizialmente sembrava scomparsa e in quel momento pareva solo interessata a capire e imparare il più possibile, per non essere un peso. Di nuovo, a Sabo gli ricordò se stesso qualche anno fa.
«Come mai hai deciso di entrare nei rivoluzionari?» le domandò quindi, di getto. «Se ti va di dirmelo, ovviamente» aggiunse, temendo di essere stato indiscreto.
Lei lo guardò per un attimo e strinse i pugni, cosa che lo fece pentire di averglielo chiesto, ma poi, quando iniziò a parlare, la sua voce era decisa. «Sono stata una schiava. Dei Draghi Celesti» precisò. «Sono riuscita a scappare grazie a Fisher Tiger. Lui mi ha salvato. Era un grand'uomo.» Un sorriso dolce le si era aperto sul volto al ricordo, prima di irritarsi. «E invece è considerato un criminale! Non voglio più vivere in un mondo del genere.»
Sabo fissò la sua espressione decisa e un sorriso gli si aprì sul volto. Era la stessa cosa che pensava lui, lo stesso motivo per cui si era unito ai rivoluzionari, nonostante partisse da basi completamente differenti. Strinse però i pugni: lui sapeva benissimo di che cosa erano capaci i nobili e odiava pensare a ciò che potevano averle fatto.
«Tu, invece?» domandò Koala, risvegliandolo dai suoi pensieri.
«Questa me l'ha fatta un Drago Celeste.» Sabo aveva alzato la mano per sfiorarsi i bordi della cicatrice che gli deturpava il viso. «Non ho ancora capito il perché, ma ha bombardato la nave sulla quale stavo navigando. Sono vivo per miracolo.»
Koala fece un'espressione sorpresa, che poi diventò amara rassegnazione. «Sì, sono fatti così» confermò. Nessuno poteva saperlo meglio di lei.
«Non preoccuparti. Dragon-san lo cambierà, questo mondo. E non gli daremo una mano.» Sabo ne era certo.
La loro conversazione fu interrotta dall'arrivo di Anna che, quando aveva saputo che il loro nuovo acquisto era una donna, si era esaltata e aveva deciso di occuparsi della sua sistemazione. «Ho fatto!» esclamò, tutta felice. «Vuoi venire a vedere?»
«Certo.» Koala le sorrise: sembrava apprezzare qualunque persone facesse parte dei rivoluzionari e cercava di essere aperta con chiunque. «Ci rivediamo dopo?» disse a Sabo, per non lasciarlo così improvvisamente dopo che lui era stato così gentile da accompagnarla per tutta la base.
Sabo annuì, con un sorriso. Per lui non era un problema, per altro conosceva Anna da parecchio e, a parte le sue stranezze che comunque erano tipiche anche di altre persone nell'armata, era una brava persona. Era sicuro che Koala potesse trovarsi ancora di più a suo agio con lei.
Anche Ivankov li aveva raggiunti e aveva praticamente artigliato Sabo per le spalle. «Allora, è carina, eh?» non perse tempo a chiedergli, non appena le due ragazze furono sparite oltre il corridoio dei dormitori maschili.
Ma Sabo aveva altro in mente, che rispondere alle sue provocazioni, per quanto divertite fossero. Sì, Koala era molto carina, benché non fosse quello il motivo per cui si sentiva in colpa nei suoi confronti. No, la sensazione che provava dipendeva unicamente dal fatto di averle mentito. Non che la sua fosse stata proprio una bugia-bugia, più che altro era un'omissione della verità, ma per quanto lo riguardava non faceva molta differenze.
Quando aveva sentito che era stata una schiava, il disgusto che provava per essere di sangue nobile era tornato prepotentemente ad attanagliarlo e non aveva avuto il coraggio di spiegarle perfettamente che era proprio quella la ragione per cui si era unito ai rivoluzionari. Certo, Sabo sapeva perfettamente di non essere come loro, era scappato da Goa proprio per non rischiare di diventarlo, ma ciò nonostante la vergogna che provava per le azioni che loro avevano e continuavano a commettere non l'abbandonava mai.
A differenza di Ace, che andava in giro a chiedere a chiunque cosa pensassero di lui e di suo padre, giusto per decidere immediatamente a chi dare la sua fiducia, Sabo cercava di tenere le sue origini ben nascoste, lo aveva sempre fatto. Non perché pensasse che l'avrebbero abbandonato, dato che sapeva che persone come Ace e Rufy lo conoscessero abbastanza da giudicarlo unicamente per le sue azioni, ma proprio perché si vergognava anche solo ad ammettere di avere dei punti di contatto con persone del genere.
Fra il senso di vergogna e l'essere un bugiardo, preferiva di gran lunga la seconda opzione, benché fossero tremende entrambe.

***

Sabo stava correndo nel corridoio per portare un pacco di documenti che erano appena arrivati a Dragon, quando vide la porta di una delle sale allenamenti semichiusa, con il filo di luce che usciva dal corridoio e rumori che provenivano dall'interno. Era una cosa curiosa, perché in media solo lui la occupava a orari così strani, per cui vi si affacciò.
Hack stava allenando Koala. Quando lei aveva espresso il desiderio di imparare il karate degli uomini pesce, Dragon non aveva messo in dubbio nemmeno per un istante che ce la potesse fare e l'aveva immediatamente affidata ad Hack per gli insegnamenti, il quale, sebbene si fosse dimostrato scettico inizialmente, ora non faceva altro che parlare bene della sua allieva.
E il motivo era ben chiaro vedendoli allenarsi dal vivo. Sabo rimase in piedi sulla soglia, ammirato dall'energia che Koala ci metteva nei suoi colpi. Aveva indosso il kimono da karateca e il sudore gli scendeva dalla fronte e dalle tempie, bagnandole il viso e i corti capelli arancioni, ma appariva più bella che mai. Hack le parava ogni colpo, ma pareva faticare e impegnarsi tanto o non più di lei.
Quando fecero una pausa, si accorsero della sua presenza e si voltarono a salutarlo, ansimando per lo sforzo. Hack si chinò a prendere una borraccia e ne passò un'altra a Koala, la quale gettò metà del contenuto in testa senza troppe cerimonie, prima di berne l'altra metà.
«Come sta andando?» domandò allora Sabo, entrando nella palestra, dato che non sembrava fossero infastiditi dalla sua presenza.
«Molto bene!» esclamò Hack con orgoglio. «Ancora un po' e questa diventa più forte di me, te lo dico io.»
«Ah, non lo so.» Koala sorrise e si fissò il palmo, arrossato dai numerosi esercizi. «Sono ancora inesperta.»
«Ti va di provare a farle da sparring partner?» gli propose Hack. Sabo era stato addestrato da Dragon in persona, cosa che l'aveva subito messo nel novero dei favoriti, ma tutti avevano dovuto ammettere che il motivo di fondo era il suo talento e la sua forza, superiore a quella dei normali ragazzi della sua età.
«Perché no?» rispose Sabo, nonostante sapesse di avere dei documenti da consegnare. Da bambino si allenava sempre con i suoi fratelli, per cui trovava interessate l'idea di ricreare la stessa atmosfera con Koala. Lei parve della stessa opinione, perché gettò via la borraccia e si mise in posizione.
Allora Sabo poggiò a terra il pacco di fogli che stava trasportando e si sistemò meglio al centro della stanza. Per qualche attimo i due ragazzi si studiarono, poi fu Koala a fare la prima mossa, aggredendolo frontalmente e cercando di colpirlo con un pugno, che Sabo schivò agilmente. Doveva però ammettere che Hack aveva ragione: lei aveva grande agilità a e forza, nonostante l'aspetto delicato, e nonostante il poco tempo che aveva avuto per allenarsi.
Sabo si abbassò un istante e poi fece una capriola all'indietro per allontanarsi da lei in modo che non potesse continuare a trattenerlo con la sua rapida raffica di pugni, quindi cercò di colpirla con un calcio, ma Koala aveva già alzato il suo braccio e, tenendo l'avambraccio in perpendicolare, rigido come un pezzo di marmo, lo parò. Un attimo dopo, lo aveva colpito in pieno petto con il palmo dell'altra mano completamente aperto, facendolo cadere e rotolare per alcuni metri. Anche il suo istinto sembrava perfetto per un combattimento.
«Che ti avevo detto?» commentò Hack, orgoglioso.
«E io dico che avevi ragione» borbottò Sabo, che al contrario non sembrava altrettanto entusiasta. Non che non fosse felice dei progressi di Koala, anzi, era molto felice per lei, ma aveva anche un certo orgoglio e una certa competitività che lo portavano a cercare sempre di primeggiare, anche in un allenamento fittizzio.
Forse fu proprio per quel motivo che, la sera stessa, dopo aver finalmente consegnato i documenti a Dragon e aver terminato gli altri compiti che gli erano stati assegnati, tornò nella sala allenamenti per fare qualche esercizio extra. Gli ingegneri avevano costruito una macchina che sparava dei piatti di ceramica, utilizzata sia dai cecchini per affinare la mira, che dai combattenti normali per esercitarsi. Per Sabo era sempre un modo per allenare i suoi riflessi e il suo Haki: quando aveva imparato l'armatura, riusciva a distruggere i piatti senza alcuno sforzo muscolare.
«Ah, guarda che bugiardo!» La voce di Koala da dietro lo distrasse, soprattutto perché aveva ancora il groppo alla gola nel sapere di non averle ancora detto la verità, cosa che avvantaggiò i piatti che gli si infransero addosso facendolo cadere all'indietro. Koala scoppiò a ridere.
«Molto divertente!» protestò lui, balzando in piedi, mentre gli faceva la gentilezza di spegnere il macchinario.
Lei continuava ad avere un sorriso divertito a fissare il suo broncio. «Ci sei andato piano con me, oggi, vero?» gli domandò poi, polemica.
Sabo tirò un sospiro di sollievo: non stava parlando della sua famiglia ma dell'allenamento di qualche ora prima. Annuì e stavolta fu lui ad avere un sorriso soddisfatto. «Volevo solo vedere di cosa eri capace» spiegò poi. Sapeva di essere forte, ma sapeva anche quanto lei si stava impegnando per imparare e non voleva demoralizzarla subito.
«E io invece voglio vedere di cosa sei capace tu» ribatté Koala, un'espressione decisa sul viso. «Mostramelo.»
«Va bene, ma non qui» rispose Sabo. «Non voglio distruggere tutto.» Aveva capito dal suo tono che aveva sbagliato a sottovalutarla, proprio perché per lei era importante diventare forte per poter combattere con i rivoluzionari. Nemmeno a lui sarebbe piaciuto, per cui si era deciso a mostrarle davvero il massimo delle sue potenzialità.
Uscirono dall'edificio della base e si incamminarono nel deserto di Baltigo, freddo e buio. Fortunatamente la luna piena illuminava a sufficienza il sentiero che Sabo stava percorrendo. Si fermò quando trovò una roccia di dimensioni sufficienti per quello che voleva fare. Koala rimase distante, ad osservarlo mentre la picchiettava appena con le dita per individuare il "cuore", quindi Sabo riempì le sue mani di Haki e le infilò nella roccia. Un istante dopo, questa si spezzò in diversi pezzi di piccole dimensioni che si sparsero attorno.
«Wow...» esalò Koala. La facilità con cui aveva distrutto quel masso era incredibile. Lei si guardò intorno alla ricerca di un altro delle stesse dimensioni e tentò di colpirlo con una delle sue mosse di karate, con il palmo ben aperto. Sentì la roccia cedere sotto la sua presa e dividersi a metà, ma senza procurare la stessa distruzione di Sabo.
Lui fischiò comunque ammirato. «Devo mettermi ad allenarmi seriamente, o finirai per superarmi.»
«Lo spero proprio!» replicò lei, con un gran sorriso. Apprezzava da sempre che lui nutrisse questa fiducia in lei.
«Io no» scherzò Sabo. La guardò e pensò che, forse, avrebbe potuto finalmente dirle la verità e liberarsi da quella sensazione opprimente che lo attanagliava. Anche perché, più andava avanti, più era costretto a dire bugie per evitare di scoprire il suo segreto.
«Oh, mi si è rotto il vestito.» Koala ruppe l'atmosfera guardandosi la manica del suo abito arancione, che ora era contraddistinta da un grosso strappo nella stoffa. «Questo tipo non è adatto al combattimento...»
«Però ti sta bene» commentò Sabo, sincero, e poi se ne pentì un istante dopo. Ringraziò il buio che gli nascondeva il rossore sul viso.
«Grazie.» Lei sorrise. «Voglio mettermi abiti che mi piacciono. Non voglio più che ci sia qualcuno a dirmi quello che devo o non devo fare.» Sabo sentì una freccia attraversargli il petto: il momento era passato e di certo adesso non poteva più dirgli che le aveva mentito. «Però voglio essere comoda durante un combattimento...»
«Sono certo che i nostri sarti sapranno prepararti un vestito apposta» disse immediatamente Sabo, per cercare di scacciare il fantasma del suo passato da schiava. «Anche i miei li hanno preparati loro. Proviamo a chiederglielo.» E riprese il sentiero per tornare alla base senza nemmeno voltarsi indietro. Doveva distrarsi e non pensare alla bugia che le aveva detto.

***

Si svegliò di soprassalto da uno dei suoi soliti pisolini sui libri che stava studiando, perché avvertì chiaramente qualcosa che veniva estratto da sotto la sua testa. Allora balzò in piedi e allungò la mano per fermarlo, in maniera automatica, ma Koala era stata più rapida di lui ed era riuscita ad impossessarsi del foglio, che ora stava ammirando divertita.
«Questa sarei io?» gli domandò, mostrandoglielo. Raffigurava una persona stilizzata che pareva indossare un kimono bianco.
«Non avresti dovuto vederlo» protestò Sabo, in imbarazzo. Aveva l'abitudine di fare schizzi mentre rifletteva sulle cose che studiava, ma non era mai stato un bravo disegnatore.
«Dai, è carino» cercò di tirargli su l'umore Koala. «Adesso capisco perché Dragon-san tiene quella specie di caricatura della sua faccia nel suo ufficio.»
«Scherzi, vero?»
«Affatto, l'ho visto coi miei occhi. È appeso alla parete dietro la sua scrivania.»
Sabo avvampò: nemmeno Dragon avrebbe dovuto vedere quella roba che disegnava solamente per se stesso! Eppure, una certa parte di lui provò del calore improvviso: se fosse stato suo padre, il disegno che aveva fatto sarebbe stato distrutto. Invece il capo dei rivoluzionari, uno dei criminali più temuti al mondo, aveva appeso quel disegno nel suo studio, solo perché gliel'aveva disegnato lui. Dopotutto, aveva solo senso. Dragon era stato, per Sabo, un padre migliore di quello vero.
Tuttavia, questo non significava che non se ne vergognasse, per cui cercò di cambiare argomento. L'intera discussione l'aveva svegliato abbastanza da fargli notare che Koala aveva cambiato abbigliamento. Be', era sempre un vestito con la minigonna cortissima e di colore arancione, lo stesso della pelle di Fisher Tiger, e lei era sempre carinissima, ma c'era anche qualcosa di diverso.
«Stai molto bene» gli disse. «Ha qualche somiglianza con il mio o sbaglio?» Il cappello con i googles era già un indizio abbastanza forte, ma c'era anche la forma della gonna, che ricordava la sua cravatta bianca, e le due sottili cinture che portava alla vita.
Koala abbassò lo sguardo e annuì. «Mi piace il tuo stile» ammise.
Ora, Sabo non avrebbe avuto problemi. Lei era carinissima e lui l'ammirava molto, perciò era quasi un onore che avesse deciso di ispirarsi a lui. L'unico problema era che la tua tipologia di abito attuale prendeva ispirazione da quelli che indossava da bambino. E quelli che indossava da bambino, benché sporchi e usurati, erano gli stessi dei nobili. Non sapeva nemmeno dire lui esattamente perché li aveva tenuti. Forse perché erano l'unica cosa che gli piacevano di quella vita, oppure erano un eterno ricordo del posto da cui proveniva e della vergogna di cui non si sarebbe mai liberato.
«Ti ho detto una bugia» disse, in fretta.
«Che cosa?» Koala lo guardò perplessa.
«È vero che un Drago Celeste mi ha sparato, ma non è stato quello il motivo principale per cui sono diventato un rivoluzionario» spiegò allora Sabo. «Io ho origini nobili. Be', non nobili come i Draghi Celesti, ma comunque...»
Koala fece un piccolo sorriso e annuì. «Lo sapevo già.»
«Che?» Sabo spalancò gli occhi.
«Me l'ha detto Iva-chan. Be', lui pensava lo sapessi.»
Sabo si sedette sulla sedia e guardo verso la pila di libri che stava studiando. «Perché non me l'hai mai detto?»
«Aspettavo fossi tu a sentirti pronto.» Koala incrociò le braccia sul petto, indicando che ora che aveva tirato fuori l'argomento, però, non gli restava che spiegare tutto per bene. Almeno a lei l'aveva detto volontariamente, i suoi fratelli avevano dovuto quasi menarlo per riuscire a tirarglielo fuori.
«Mi dispiace non averlo fatto prima» disse lui, con un sospiro. «È solo che... Me ne vergogno tanto.» Ogni volta gli veniva da ripensare a ciò che era successo al Grey Terminal e la nausea lo assaliva, tremenda e inevitabile. «Ho visto cosa sono capaci di fare e non riesco a credere di essere uno di loro.»
«Ma tu non sei come loro» intervenne immediatamente Koala.
«Lo spero proprio!» Sabo si lasciò sfuggire un risolino, che servì ad alleggerire l'atmosfera. «Però non riesco a non sentirmi responsabile di quello che combinano, anche se non è colpa mia.»
«Ecco perché sei qui» terminò Koala per lui.
«Già. Mi dispiace non avertelo detto prima.» Adesso che aveva confessato tutto ad alta voce, si sentiva meglio. Odiava l'idea di averle detto una bugia ancora più di quanto odiasse il suo sangue, perché Koala era una sua amica e una sua compagna e voleva che si fidasse di lui.
«E va bene, ti perdono» disse lei, sospirando, ma il tono era divertito. «A una condizione. Posso tenerlo?» E indicò il foglio con il suo scarabocchio, che aveva continuato a stringere fra le mani per tutto quel tempo.
«Ma è orribile!»
«Lo so» confermò Koala, causandogli un broncio perché lui sperava, almeno, che lei tentasse di rassicurarlo sulle sue doti di disegnatore. «Però lo voglio lo stesso.»
Sabo alzò le spalle. «Come vuoi.»
Koala tornò ad osservare quel disegno con un sorriso stampato sul volto. Era davvero brutto e non le assomigliava per nulla, ma per lei era importante. «Non ho mai avuto degli amici» disse, quasi a se stessa. Era stata fatta schiava quando era troppo giovane e poi, dopo la morte di Fisher Tiger, il suo unico obiettivo era stato combattere, per cui non ne aveva avuto né il tempo né la possibilità. «Certo, ci sono i pirati del sole, ma persone della mia età mai. Anche se tu hai un anno meno di me» precisò, divertita.
Sabo le scoccò un'occhiata seccata: continuava a irritarlo il fatto di essere sempre il più piccolo in quell'armata, anche se significava essere spesso coccolato. Però aveva capito perfettamente quello che Koala intendeva dire: la prima volta che si erano incontrati aveva provato un'istantanea simpatia per lei, per quello che aveva passato e per quello che voleva fare della sua vita. Lui era stato più fortunato, aveva avuto prima Ace e poi Rufy con sé, nonostante l'orrore della sua famiglia, mentre lei non aveva avuto nessuno, se non per pochissimo tempo.
Essere considerato il suo primo amico era un onore e un privilegio, per Sabo, che si ripromise di non dirle bugie, mai più. D'altronde, lui la considerava una carissima amica, oltre a stimarla come persona, per questo aveva sofferto tanto prima di confessargli la verità.
Le sorrise.
«Anche io sono contento di averti incontrata.»

***

Akemichan parla senza coerenza:
Rendiamoci conto, ci ho messo così tanto a pubblicare finalmente questa raccolta che ormai è fuori canon XD Una roba assurda. Vabbé, tato ormai dovreste sapere del mio odio atavico per un certo avvenimento che è successo nel canon riguardo a Sabo, per cui alla fine who cares. In generale comunque altre shot di questa raccolta possono andare bene anche nel canon quindi va bene così. Che dire, finalmente ce l'ho fatta a pubblicare anque quest'altra raccolta del ciclo "Sei", spero che vi piaccia XD
Qui l'idea del disegno di Sabo m'è venuta da un doujinshi e l'ho voluta riprodurre perché mi piaceva tanto. Dad!Dragon è uno dei miei headcanon preferiti. XD

 

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Capitolo 2
*** La prima separazione ***


La Prima Separazione
 
 


Preparando la valigia per la partenza, Koala si rese conto di possedere effettivamente poche cose e altrettante poche a cui tenesse davvero: qualche vestito, sia normale sia da allenamento, due paia di scarpe, pettini e altre oggetti per la toeletta, un paio di libri sulla storia della Rotta Maggiore presi in prestito dalla biblioteca dei rivoluzionari. Nient'altro.
Be', c'era il disegno di Sabo, ma quello sarebbe rimasto al sicuro sulla sua scrivania, per non correre il rischio di perderlo. E la cosa più importante, quella a cui teneva davvero, era marchiata a fuoco sulla sua schiena, per cui sarebbe per forza venuta con lei.
Qualcuno bussò alla porta e poi la aprì lentamente.
«Posso?» domandò Sabo e, solo quando ricevette la risposta positiva, entrò. «Non mi hai detto che tu e Hack stavate partendo.»
«Ah, scusa, è successo tutto in fretta» rispose Koala. Dragon era fatto così, in certe cose: organizzava tutto e poi te lo comunicava aspettandosi che fossi in ogni minuto pronto a rispettare le sue consegne. «Vado sull'Isola degli Uomini Pesce ad allenarmi con il maestro di Hack.»
«Il mastro del maestro sarà tipo un super maestro!» commentò Sabo divertito. «Sono contento per te» aggiunse poi. Sapeva benissimo quanto fosse importante per Koala la relazione con gli uomini pesce. La sua eccitazione al pensiero di recarsi nell'isola natale d Fisher Tiger era papabile.
«Tu ci sei mai stato?»
Sabo annuì. «Anni fa, eravamo di passaggio per tornare a Baltigo» spiegò. Lui non lasciava la base praticamente da quando Dragon l'aveva condotto la prima volta, questo perché volevano che fosse pronto e preparato prima di affrontare il mondo. La cosa lo faceva a volte sentire come un leone in gabbia, per uno che desiderava fare il pirata, ma considerando che aveva rischiato di morire a cinque metri dalla sua isola comprendeva la necessità di diventare più forte. «L'ho vista solo per un attimo, ma era una cosa meravigliosa.»
«Non vedo l'ora di vederla!»
Hack spuntò sulla soglia. «Sei pronta? Dobbiamo andare.»
Koala annuì e si mise lo zaino sulle spalle.
«Fate buon viaggio» disse loro Sabo, con tono più triste di quello che voleva.
«Torneremo presto» gli assicurò Hack, dandogli una leggera patta sulla spalla. «E ti conviene allenarti, altrimenti diventeremo più forti di te.»
«Col cavolo» replicò Sabo, ma sorrise. Aveva apprezzato il tentativo di rassicurarlo.
Koala era troppo eccitata per rendersi conto che, dopo così tanto tempo passata chiusa in quella base, al contatto con tutti i suoi abitanti e soprattutto con Sabo e quella era la prima volta in cui ne usciva finalmente. L'Isola degli Uomini Pesce era il suo sogno, dopo il viaggio con gli uomini pesce, e non vedeva l'ora di arrivarci.
Aveva già tempestato Hack di domande, ma la realtà superava ogni sua immaginazione. Koala aveva avuto il cuore in gola per tutta l'immersione con la nave, ma quando erano arrivati era convinta di aver smesso di respirare. I suoi occhi non la smettevano di muoversi per memorizzare tutto ciò che aveva davanti, dalle radici delle mangrovie che crescevano rigogliose alla volta della Red Line che proteggeva l'isola con la sua cappa.
Fortunatamente era con Hack, che si stava occupando di tutte le questioni burocratiche e la prendeva per le spalle per non farla inciampare perché si guardava attorno invece che dove metteva i piedi. Ma mano che proseguivano dal dove la loro nave aveva ormeggiato per entrare all'interno dell'Isola, Koala si rese conto delle occhiate che le persone le scoccavano.
Era vero, lei fissava gli Uomini Pesce che incontravano, non perché li trovasse strani ma al contrario per riavere la sensazione che aveva avuto nella nave dei Pirati del Sole. Stando con i Draghi Celesti aveva anche avuto l'occasione di vedere delle sirene, ma finalmente poteva conoscerle nel loro paese natale, dov'erano libere e felici.
Le occhiate che invece gli abitanti lanciavano a lei erano tutt'altro che amichevoli. Le migliori erano incuriosite, dal fatto che fosse assieme ad Hack, ma la maggior parte erano decisamente diffidenti. Qualche sirena spuntava dall'acqua per fissarla, ma un attimo dopo era già sparita e al massimo Koala riusciva a vederle la pinna.
Già sapeva che queste due razze erano vittime di razzismo e trattate alla stregua di sotto-umani, ma era la prima volta che si accorgeva sulla sua pelle di cosa significasse essere diverso. Non potevano andare in superficie senza essere visti come "strani" e "differenti". Ora, in quell'isola, era lei quella strana. Koala strinse i pugni: prima o poi i rivoluzionari sarebbero arrivati ad un punto in cui nessuno avrebbe mai dovuto provare una simile situazione di disagio.
«Credi che riusciremo a vedere Jinbe e gli altri?» domandò, ad Hack.
«Non credo» rispose lui. «Anche se Jinbe ora è nella Flotta dei Sette, credo che preferiscano stare lontani dall'Isola per evitare problemi, dato che sono pirati. E Arlong e i suoi se ne sono andati dalla Rotta Maggiore.»
«Capisco.» Sapeva perché Jinbe aveva fatto quella scelta, Dragon gliel'aveva spiegato bene, ma erano anni che non lo vedeva e avrebbe voluto mostrargli cos'era diventata.
Hack comprese la sua tristezza. «Non preoccuparti, vedrai che riusciremo a incontrarlo prima o poi. Intanto, ti presenterò un'altra bella persona.»
L'aveva condotta verso il quartiere più povero dell'isola, dove Fisher Tiger era cresciuto da ragazzino prima di andarsene a cercare fortuna. Era anche dov'era vissuto Hack e dove possedeva ancora un piccolo appartamento, l'unica cosa che gli era rimasta dopo che tutto il resto della sua famiglia era stato preso dai cacciatori di schiavi e solo lui era riuscito a scappare, proprio grazie all'aiuto di Jinbe.
Nel quartiere, in una delle vie più nascoste, c'era un piccolo dojo. Era vecchio e decadente come il resto delle altre case dei dintorni, ma possedeva ancora una sorta di aura di potere che affascinò immediatamente Koala. Avrebbe imparato l'arte del karate proprio dall'Isola dov'era stato creato. Sorrise fra sé.
Hack bussò, ma non ricevette risposta. Allora aprì lentamente la porta e vi entrò: dopo un piccolo atrio, dove lasciarono le scarpe, si entrò direttamente nel salone principale, che era pulito e appariva nuovo, in deciso contrasto col resto della struttura. C'era un uomo pesce che aveva appena finito di pulire il pavimento.
Koala gli scoccò un'occhiata cercando di non essere troppo invadente. Era molto grasso, con anche un doppio mento gonfio sotto la bocca. Aveva lunghi capelli argentei e due grandi occhi neri. La pancia tonda era bianca, mentre la schiena era un blu brillante, con una lunga serie di sottili spine che vi spuntavano. Le braccia tozze erano collegate ai fianchi da delle sottili pinne.
«Maestro Shiru, è un piacere rivederla» disse Hack, tenendo le mani davanti a sé e con un piccolo inchino. Koala lo imitò immediatamente.
Shiru strinse gli occhi e lo fissò intensamente. «Hack...» mormorò. «Sei finalmente tornato in te stesso e hai mollato quegli umani, vedo.»
«No, maestro» scosse la testa Hack. «Credo ancora che Dragon possa cambiare il mondo. Oggi sono qui per lei.» Allungò la mano all'indietro e fece segno a Koala di fare un passo in avanti, in modo da farsi vedere. «Vorrei che le insegnasse il karate.»
«Non insegno alle sirenette» commentò lui, dopo averle scoccato un'occhiata distratta.
«Non è una sirena, è un'umana» lo corresse gentilmente Hack.
Adesso Shiru era davvero interessato dalla situazione, ma non in modo positivo. Fissò i due con occhi spalancati e irritati. «Vorresti che insegnassi il karate degli Uomini Pesce, la nostra antica arte che deriva dai nostri antenati, ad un'umana?» ripeté scandendo bene ogni parola.
Hack annuì. «Le ho già insegnato tutto quello che potevo» spiegò. «È estremamente dotata e penso che potrebbe fare grandi progressi con te.»
«Gliel'hai insegnato» disse Shiru. Fece una leggera risatina, che uscì come un suono gutturale rancoroso. «Sei il disonore di questo dojo e di tutta l'isola. Solo perché degli umani ti hanno preso con sé ora pensi di essere come loro. E adesso stai pure dando loro tutta la nostra cultura, così dopo potranno pure sterminarci dopo aver preso tutto quello di cui avevano bisogno.»
«Non è così!» esclamò Koala, ma Hack le fece cenno di tacere.
«Maestro, capisco bene che gli umani hanno perseguitato la nostra razza da sempre» disse. «Nessuno lo sa meglio di me. Questo non significa che siano tutti così e, le posso assicurare, Koala è molto diversa. Come tutti i rivoluzionari. In fondo, stiamo semplicemente portando avanti le idee di Fisher Tiger e della regina Otohime.»
«Buoni loro» sbuffò Shiru.
Koala decise che ne aveva abbastanza. Poteva accettare la sua diffidenza verso di lei, perché era un'umana. Poteva anche accettare che diffidasse dei rivoluzionari, perché certo il Governo non permetteva loro di avere una buona reputazione. Ma non poteva accettare che avesse una cattiva opinione di Fisher Tiger, che l'aveva salvata e, come lei, moltissimi altri schiavi. Un uomo che aveva superato i limiti delle razze.
«Hack, esci» ordinò, in tono perentorio. «Per favore» aggiunse, decisa, quando lui sembrò tentennare. Allora Hack annuì e, con un breve inchino verso il maestro, lasciò la stanza. Koala si levò il vestito arancione che indossava, senza alcun pudore, restando in mutandine e reggiseno, quindi si voltò per mostrargli il simbolo del sole rosso che spiccava sulla sua schiena chiara. Shiru non aveva tolto gli occhi da lei, prima annoiato, ma adesso poteva vederne lo stupore, anche senza guardarlo.
«Ero una schiava, quindi questo segno copre quello dei Draghi Celesti» affermò Koala. «Sì, sono un'umana, ma credo di sapere bene cosa significa essere perseguitati o essere considerati meno di niente. Fisher Tiger e i pirati del sole mi hanno salvato, per questo ho deciso di imparare il karate. Non c'è nessun altro motivo sotto.»
Rimase ferma, con le braccia lungo i fianchi e la schiena ben dritta voltata verso di lui, aspettando una reazione. Ciò che ricevette contro fu il bastone per pulire per terra e il secchio dell'acqua sporca, con così tanta forza da farla crollare a terra.
«Fuori di qui!» le gridò contro. «Vedere quel simbolo su di te mi fa schifo.»
Ma Koala non aveva intenzione di arrendersi per così poco. Non dopo Fisher Tiger, non dopo i rivoluzionari. Andarsene senza aver imparato nulla sarebbe stata una sconfitta e lei non poteva permetterselo. Si alzò, prese un respiro profondo per raccogliere le forze, ignorando l'acqua sporca che le scendeva dai capelli, e poi si gettò contro di lui, il palmo aperto contro a colpire. Shiru superò in fretta la sorpresa e si predispose per la difesa: un attimo dopo aveva perso tutto il suo grasso ed era diventato un uomo fin troppo magro, con la pelle che gli si appiccicava alle ossa.
Koala rimase stupefatta un attimo di troppo per permettergli di colpirla dritta sul petto. Il seno attutì il colpo, ma la spinta fu sufficiente a farla volare dall'altra parte della stanza, sbattendola contro la parete. Cadde a terra di schianto, ma un attimo dopo era già di nuovo in piedi e pronta al contrattacco. Non importava quanto avesse capito che Shiru era oltre le sue capacità e oltre quelle a cui era abituata con Hack, non se ne sarebbe andata senza lottare.
Quando Hack tornò nella stanza, perché c'era troppo silenzio per permettergli di aspettare ancora, trovò Koala a terra, i muscoli che le facevano troppo male per potersi alzare. Numerosi lividi stavano comparendo su tutto il suo corpo e le usciva del sangue dal naso e dalla bocca. Stava cercando di rimettersi in piedi, ma falliva ogni volta, ricadendo a terra di schianto.
«Porta via questa spazzatura» disse Shiru.
«Saremo di nuovo qui domani, Maestro» rispose Hack. Nonostante lo distruggesse vederla in queste condizioni, apprezzava la sua forza d'animo e il suo desiderio di imparare. Non se ne sarebbero andati senza provarci fino in fondo.
E mantennero il proposito. Ogni sera Koala crollava addormentata nelle sue braccia e lui le curava le ferite, quindi la mattina dopo erano di nuovo nel dojo e Hack aspettava fuori finché lei non era più in grado di alzarsi in piedi. Shiru ci andava più pesante, pensando che prima o poi sarebbe stato troppo, ma la realtà era che Koala si stava abituando a quell'allenamento estenuante. Ogni giorno era sempre più difficile farla stancare. Se le prime volte era stata una sconfitta netta, ogni ora in più che riusciva a resistere era una vittoria.
Così, lei e Hack erano talmente abituati a quella forma di allenamento coercitivo, che si stupirono molto di vedere Shiru con il suo kimono da allenamento, che li stava attendendo seduto sulle ginocchia al centro della stanza.
«Mi avete fregato» commentò, quando si furono accomodanti, un po' titubanti, davanti a lui. «Hai talento» ammise infine, fissando Koala. «In questi giorni non hai fatto altro che osservarmi e imparare da me. Mi hai costretto ad allenarti.»
Koala aveva abbassato lo sguardo e Hack notò che alcune gocce stavano cadendo sul pavimento. Le mise una mano sulla spalla per assicurarla, ma quando lei alzò il viso aveva uno sguardo deciso, nonostante le lacrime che le scorrevano lungo le guance.
«Per favore, Maestro, mi alleni» mormorò, con voce impastata. «Voglio diventare forte. Voglio combattere per cambiare questo mondo. Non voglio più che le persone muoiano com'è morto Fisher Tiger.»
Shiru continuò ad osservarla attentamente. «Posso insegnarti quello che so» disse infine. «Ma non posso assicurarti altro.»
«Oh, Maestro. Grazie!» Hack si chinò fino quasi a toccare il pavimento con la fronte. «Grazie!» Koala si asciugò le lacrime e lo imitò. Ce l'avevano fatta, avevano vinto!
«Non ci andò giù leggero» terminò Shiru.
E rispettò il suo proposito. Nonostante fosse un allenamento vero e non un combattimento, la sera era comunque piena di lividi e ferite e talmente distrutta da crollare addormentata subito dopo cena. Hack si prendeva cura di lei come poteva, cercando almeno di farle assaggiare i piatti tipici della zona e facendole i complimenti per come stava andando. Diventava ogni giorno più forte, poteva dirlo dai suoi movimenti. E anche dal fatto che, piano piano, riusciva a resistere sveglia per più tempo rispetto all'inizio.
«Posso dirti una cosa stupida?» commentò Koala una sera, mentre lui le spalmava una crema lenitiva sulla gambe.
«Certo.»
«Mi manca Sabo.»
Hack si voltò a guardarla con un sorrisetto furbo in viso. «Non sono abbastanza bravo?» commentò divertito.
«No! Non dire idiozie!» ribatté lei, ma poi capì che stava scherzando. «Te l'avevo detto che era stupido...»
«Non è stupido, è piuttosto normale» rispose allora Hack seriamente. «Siamo abituati a stare sempre con lui che è strano che non sia qui, vero? Manca anche a me.»
«Ogni tanto mi giro e penso che sia dietro di me, invece non c'è.»
«Abitudine» sorrise Hack. «Ma non poteva venire con noi. Lui e tutti gli altri avevano da fare. Però possiamo provare a chiamarlo al telefono.»
Koala scosse la testa. «No, non importa» rispose. «Gli racconteremo tutto quando torneremo.»
«Dovremo raccontarlo molte volte, sono sicuro che tutti vorranno sapere tutto» commentò Hack, già immaginandosi il terzo grado di Iulo che gli aveva dato il suo numero di telefono da spargere in giro nel quartiere delle sirene, dato che le sue esperienze sessuali ancora deficitavano di quel particolare campo. Inutile dire che Hack aveva gettato il numero nel primo cestino disponibile.
«Anna mi terrà sveglia la notte per questo» confermò Koala, che già immaginava quanto sarebbero state a letto, con già la luce spenta, a raccontarsi cose.
Eppure, lei sentiva che c'era qualcosa di diverso nel modo in cui Sabo le mancava. Certo, era stato il suo primo amico in quella base e avevano anche dei punti di contatto. Stavano spesso assieme, sia per ordine di Dragon sia per volontà personale, ma Koala aveva poi sviluppato altre amicizie e altre persone a cui teneva in quel gruppo.
Sabo le veniva spesso in mente, più di quanto credesse possibile. Ciò che le dava forza per superare quegli allenamenti estenuanti era il desiderio di rispettare la volontà di Fisher Tiger e la fedeltà che aveva alla causa della rivoluzione, ma anche Sabo. Il modo in cui l'aveva sempre rispettata e incoraggiata, il modo in cui lui stesso affrontava tremende prove pur di diventare più forte e in grado di proteggere tutti.
Koala sentiva un crescente desiderio di dirgli tutto. Quando riusciva in qualcosa, di voltarsi verso di lui ed esultare, aspettandosi di vedere il suo sorriso. E man mano che i giorni di lontananza aumentavano, più questa sensazione di avere la necessità di parlargli e di vederlo diventava forte.
"Mi sa che qualcuno s'è preso una cotta..." La realizzazione le venne quasi improvvisamente, una sera che non riusciva a dormire per la gamba che le doleva troppo per un colpo preso nel punto sbagliato. Non se n'era accorta prima perché Sabo era sempre stato al suo fianco. Era una cosa naturale averlo. Ora ne sentiva la mancanza in modo quasi ossessivo.
Però aveva un lavoro importante da fare, quindi la nascondeva in un recesso del suo cuore e continuava gli allenamenti più decisa di prima. Ora che aveva imparato a reggerne lo sforzo poteva anche prendersi qualche ora libera per visitare meglio l'Isola degli Uomini Pesce, cosa che desiderava da sempre e che l'aveva aiutata a sentirsi meno diversa.
Quando i sei mesi che Dragon aveva concesso loro finirono, Koala sapeva che avrebbe lasciato una parte del suo cuore in quell'isola che era stata la patria di Fisher Tiger, di Jinbe e degli altri e in cui era riuscita anche a fare amicizia. Un'altra era felice di poter tornare a  Baltigo, a quella che era praticamente diventata casa sua, con le persone a cui teneva. E da Sabo a raccontargli tutto.
«Ho fatto una lista degli allenamenti da svolgere in futuro» disse Shiru. «Non voglio certo aver sprecato questo tempo per nulla.»
«Grazie, Maestro.» Koala sorrise: era commossa al pensiero di lasciarlo. Quell'uomo pesce era burbero e di poche parole, ma le aveva insegnato tutti i suoi segreti come ad una figlia. L'avrebbe abbracciato, se non avesse avuto la certezza che non gli sarebbe piaciuto.
«Hack, spero che tu sappia quello che stai facendo.»
«Ne sono certo» rispose Hack. «Stai bene, Maestro.» Anche per lui era difficile lasciare l'Isola in cui era nato, ma entrambi sapevano bene che essere un rivoluzionario era ciò che contava, al momento.
«Sei contenta di tornare a Baltigo?» le chiese, una volta che furono salpati sulla nave che era tornata a prenderli.
Lei annuì. «È stata una bellissima esperienza, ma mi manca casa.» Non credeva un giorno avrebbe avuto un posto da chiamare veramente così.
«Soprattutto ti manca un certo biondo» la prese in giro Hack.
«Già, be'» commentò Koala, lanciandogli un'occhiataccia. «Avrei preferito non farmi vedere con questo coso.» Si era allenata fino all'ultima ora disponibile, per cui non tutte le sue ferite si erano rimarginate, compreso un vistoso livido sulla guancia, che le gonfiava l'angolo delle labbra.
«A Sabo non importerà» le assicurò Hack. L'aveva visto crescere, dato che era già un rivoluzionario quando Dragon l'aveva salvato dall'esplosione, quindi lo conosceva davvero bene per sapere che non era il tipo da badare a certe cose.
Koala annuì. «Comunque mi mancano anche gli altri. Anche Iva-san, per quanto strano sia.»
Hack rise. «Già.»
Però sì, Sabo era quello che mancava maggiormente a entrambi, soprattutto a lei. Si sentiva quasi in colpa a pensarlo, perché aveva stima e simpatia per tutti i rivoluzionari, persino per quell'erotomane di Iulo che, anche se per scherzo, ci provava spudoratamente con lei. Eppure non riusciva a smettere di pensare a come sarebbe stato rivedere Sabo e riavere quella familiarità che gli era mancata per sei mesi.
Al porto sotterraneo di Baltigo, tra gli ufficiali c'era solo Dragon ad aspettarli, oltre ad altri che avevano il compito di occuparsi della nave per dare il cambio ai marinai stanchi dopo il lungo viaggio.
«Bentornati» li accolse. «Com'è andata?»
«Molto bene» rispose Hack. «Credo che sia stata un'ottima scelta, non avrei mai potuto insegnarle bene come il mio Maestro. E anche io ne ho approfittato per ripassarre.»
Koala annuì. «Grazie per avermi dato questa possibilità.»
«Era necessaria» commentò semplicemente Dragon. «Andate pure a sistemarvi e poi a cena. Parleremo dopo della vostra prima missione.»
Era una novità, dato che fino a quel momento a Koala non era stato ancora permesso partecipare a una, ma solamente sentire i rapporti di quella degli altri. Era entusiasta al pensiero di poter finalmente partecipare attivamente alla rivoluzione. Eppure, i suoi occhi non facevano altro che scansionare il porto alla ricerca di tracce di Sabo.
Gli dispiaceva che non fosse presente, ma d'altronde era normale. Sicuramente aveva delle cose da fare e in fondo magari non sapeva nemmeno che fossero arrivate. Tornò a rivolgersi verso Dragon, ma lui non aveva altro da dire loro. Come al solito era di poche parole
In compenso tutti i suoi monologhi interiori vennero sconfitti dall'arrivo dello stesso Sabo. «Koala! Hack!» gridò loro, quando era ancora a metà della scala che portava alla base. «Bentornati!» Era in tenuta da allenamento, con i pantaloni della tuta e il petto nudo, e aveva il fiato corto, chiaro segno che aveva smesso solo per venirli a salutare.
Koala gli sorrise e fece per ricambiare il saluto, ma Sabo aveva praticamente corso verso di loro e l'aveva abbracciata. «Mi sei mancata» lo sentì dire, mentre la stringeva contro il suo petto sudato e la stringeva fra le sue braccia. Koala sentì chiaramente il battito accelerato del suo petto, mentre appoggiava la testa contro di lui e deglutì, completamente bloccata per la sorpresa.
Poi Sabo parve accorgersi della puzza che emanava e del fatto che fosse completamente ricoperto di sudore, quindi la lasciò con un certo imbarazzo. «È andato tutto bene?» domandò, rivolto verso Hack, per il senso di colpa di aver salutato inizialmente solo Koala.
«Benissimo» annuì Hack, allungando la mano per stringere la sua. Non era minimamente offeso di non aver ricevuto lo stesso abbraccio, era anzi divertito dalla scena.
Koala rimase a fissare i due uomini che chiacchieravano, ma in realtà non riusciva a staccare gli occhi da Sabo. Era davvero così alto, quando si erano separati? Ricordava che avessero più o meno la stessa altezza quando si erano salutati sei mesi prima e invece adesso gli sembrava così adulto... Si era anche lasciato crescere i capelli e ora i riccioli biondi gli scendevano lungo il viso e vi si appiccicavano sopra per il sudore.
«Sarà meglio che vada a farmi una doccia» commentò, con un sorriso leggermente imbarazzante. «E sono sicuro che anche voi vorrete riposarvi dopo il viaggio...»
«Sì, anche io ho bisogno di una doccia» commentò Koala, uscendo dalla trance che l'aveva colta a causa di Sabo e del suo petto nudo. «Ci possiamo vedere a cena, però. Abbiamo un sacco di cose da raccontarti!»
«Certo, non vedo l'ora!» confermò lui, con un grande sorriso. «Hai sentito che Dragon ci manda in missione?»
«Finalmente!»
L'eccitazione nella voce di entrambi era papabile e Hack non poté trattenere un sorriso. A lui era già capitato, soprattutto perché come uomo pesce poteva muoversi fra le isole con maggior velocità, ma capiva benissimo perché i due ragazzi la percepissero come novità eccezionale.
«Allora, ci vediamo in mensa» disse, prima di recuperare la sua borsa. Doveva anche fare un rapporto completo per Dragon su quello che era successo e su com'era la situazione dell'Isola degli Uomini Pesce prima di cenare.
Sabo annuì e poi li precedette su per le scale, con un'ultima occhiata e un ultimo sorriso. Koala prese il suo zaino e lo seguì. Anna, con cui divideva la camera, non c'era, cosa che le permise di sistemare per bene i suoi vestiti, di mettere a lavare quelli sporchi e di infilarsi poi sotto il getto della doccia.
"Sì, ho proprio una cotta di quelle pesanti..." ammise a se stessa, mentre si lavava, perché sentiva ancora su di sé parte del sudore di Sabo e la cosa non la infastidiva minimamente. Si era sentita felice quando l'aveva abbracciata. Chissà, però, se le era mancata nello stesso modo in cui lei aveva sentito la sua lontananza e aveva capito cosa davvero provava nei suoi confronti.
Alzò le mani e si strinse nella braccia, per cercare di recuperare la sensazione che aveva provato quando era stato Sabo a stringerla a sé. Allora ebbe risposta alla sua domanda nella maniera in cui si ricordava della fretta con cui Sabo l'aveva afferrata, senza praticamente guardarla, e nel modo in cui le sue braccia tremavano appena, con le mani che si stringevano spasmodicamente contro di lei.
A quanto sembrava, quel viaggio era stato una vittoria su tutta la linea!
«Anche tu mi sei mancato, Sabo» sussurrò, pentendosi di non averglielo detto subito.
Forse, innamorarsi non era poi così male.

***

Note di Akemichan:
Wow! Non mi aspettavo di avere così tanto successo con questa piccola raccolta, davvero grazie mille a tutti!
Questo secondo capitolo non è esattamente fuori canon, a parte un piccolo riferimento ad Ace e Rufy, perché sappiamo che è stato Hack ad allenare Koala e che Sabo invece era il pupillo di Dragon, per cui mi piaceva l'idea del vecchio maestro di karate. E poi Oda è stato cattivo e del dojo dell'isola degli uomini pesce non ci ha ancora fatto vedere nulla, quindi questa è un po' la mia versione XD Spero che vi sia piaciuta!

 

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Capitolo 3
*** La prima missione ***


La prima missione



La sua vita nella Rotta Maggiore era stata molto diversa da come l'aveva immaginato quando abitava a Goa. Non c'erano stati viaggi di esplorazione, non scontri con i pirati o con la marina. Questo perché, fondamentalmente, aveva deciso di essere un rivoluzionario, cosa che portava con sé molti doveri. Dragon lo aveva sempre apprezzato, per cui si era impegnato personalmente ad allenarlo per renderlo un ufficiale capace, con la conseguenza che non aveva lasciato la base di Baltigo per anni.
Era uno dei motivi principali per cui Sabo era oltremodo eccitato dall'idea di poter andare finalmente in missione: non solo avrebbe potuto visitare altre isole, ma anche dimostrare a Dragon che la sua fiducia era stata ben riposta. Aveva immaginato quel momento per anni.
Ciò che non aveva immaginato era finire ammalato proprio in quel momento. Aveva passato anni a vivere nel Grey Terminal senza prendere un raffreddore e gli era venuta la febbre non appena aveva messo piede oltre Baltigo. Fosse stata solo un po' d'influenza non ci avrebbe nemmeno fatto caso, ma doveva essere di quelle pesanti, perché i muscoli gli facevano male e non aveva nemmeno fame.
Quando erano arrivati nella stanza d'albergo che avevano affittato, si era seduto a terra senza troppe cerimonie, liberandosi di mantello e cappello. Incrociò le braccia e si allentò la cravatta e il colletto della camicia: aveva freddo e caldo contemporaneamente. Non una sensazione piacevole.
Hack recuperò un termometro e glielo mise in bocca. Koala gli arrivò alle spalle, inginocchiandosi dietro di lui, e gli mise una mano sulla fronte, per confrontare le loro due temperature.
«Scotti» confermò.
«Ma non mi dire» replicò Sabo, incrociando le braccia. Sentiva che anche la gola gli bruciava. Stava così male che non si era nemmeno accorto dei seni di Koala che spingevano contro la sua schiena.
«Quasi quaranta» commentò Hack, controllando il termometro. «Tu non vai da nessuna parte oggi.»
Sabo spinse le mani a terra per alzarsi. «Ce la faccio...» mormorò, mentre tremolava un po' sulle gambe.
«Non ti reggi in piedi.» Hack lo afferrò per le spalle e lo spinse sul letto. Normalmente non sarebbe riuscito a trattenerlo, ma era chiaro che non era in forze.
«Ma siamo in missione...»
«Di quello non ti devi preoccupare» disse Koala, prima di porgergli un bicchiere in cui aveva fatto sciogliere una pastiglia di aspirina. «Ci posso pensare io. Tanto devo solo andare a recuperare la coppa, no? Non è una cosa difficile.»
«È solo la prima parte» le ricordò Sabo, bevendo tutto d'un fiato. «Non sappiamo quante altre persone siano alla ricerca della coppa. E il difficile sarà il dopo, quando dovremo riportarla al legittimo proprietario. Non sappiamo nemmeno se davvero abbia informazioni da darci.»
«Be', allora vedi di metterti in sesto per il dopo» replicò Koala.
«Penso che farò un salto in paese a vedere se hanno qualche antibiotico» disse Hack. Lui e Koala si scambiarono un'occhiata ignorando completamente Sabo, il quale fece un altro tentativo per alzarsi da letto.
«Stai giù.» Koala lo spinse con forza, costringendolo a sdraiarsi. Mentre Hack lasciava la stanza gli tolse la camicia, ignorando le sue proteste, e poi gli asciugò il sudore prima di metterlo sotto le coperte. «Non ti fidi di me? Non pensi sia in grado d farcela da sola?»
«No...» rispose Sabo immediatamente. «Non è quello... Il capo...»
Lei gli accarezzò lentamente la fronte. «Capisco che tu non voglia deludere Dragon, ma non ci puoi fare nulla» gli disse dolcemente. «Avrai tempo per questo, adesso devi pensare a riprenderti. Come hai detto, abbiamo anche altro da fare. Non è necessario che tu ti sforzi.»
«Sì...» La risposta venne fuori come un singhiozzo. Dragon era praticamente un padre per lui, un padre che ammirava e stimava. Non avrebbe avuto il coraggio di tornare a Baltigo e dirgli che aveva passato tutto il tempo a letto mentre gli altri facevano il lavoro al posto suo.
Oltre a questo c'era anche la voglia di fare finalmente qualcosa. Era entrato nei rivoluzionari per cambiarlo, il mondo, e fino a quel momento sentiva di non essere riuscito a fare nulla.
«Prometto che se non guarisci in tempo non diremo niente a Dragon» sorrise Koala complice, facendolo ridere appena.
«Sai, mi dispiace anche non poter combattere assieme a te» confessò lui. Avevano passato così tanto tempo ad allenarsi e a usarsi come sparring partner che non vedeva l'ora di poter essere al suo fianco contro dei nemici.
«Avremo tutto il tempo del mondo» rispose Koala, in leggero imbarazzo. «Non voglio un partner ridotto in queste condizioni.»
«Ma che cosa posso fare?»
«Dormi. Riposati. È la maniera migliore per far passare la febbre.»
«Ho mal di testa e troppo caldo» commentò lui. «Non so se ci riesco.»
«Ti che non riesci a dormire?» scherzò lei, scuotendo la testa. Tuttavia andò in bagno a recuperare un asciugamano bagnato per metterglielo sulla fronte, solo per scoprire che, appunto, Sabo già sonnecchiava, tra la febbre e il letto comodo. Sorrise appena mentre si sedeva al suo fianco e usava l'asciugamano per pulirgli il sudore dal viso.
«Come sta?» domandò Hack, tornato dalla famacia.
«Dorme» disse Koala, con un gesto eloquente della mano.
«Bene, vuol dire che l'aspirina sta facendo effetto» annuì lui. «Io comunque ho preso delle compresse apposta.»
«Senti, resti tu con lui? Io farei un salto alla chiesa a recuperare questa coppa.»
«Certamente» rispose Hack. «Ma sei sicura di non voler restare tu?»
Koala, che stava recuperando alcune cose utili dalla sua borsa, scoccò un'occhiata verso Sabo e sorrise appena, poi scosse la testa. «Non importa.» Le sarebbe piaciuto restare, ma anche lei voleva iniziare a fare qualcosa per la rivoluzione. «Prenditi cura tu di lui per me.»
«Vai tranquilla.»
E così, quando Sabo si svegliò, si ritrovò Hack che si occupava di passargli un panno sulla fronte, con le sue mani palmate e squamate, invece di quelle piccole e delicate di Koala. «Eh, lo so che avresti preferito qualcun'altra, ma dovrai accontentarti di me» commentò Hack, che si era perfettamente accorto dell'occhiata non felice che gli era stata scoccata.
Sabo borbottò qualcosa fra sé e tentò di voltare la testa per non farsi vedere. «Dov'è?»
«È andata a recuperare la coppa.»
«Da sola?» Sabo balzò su e lo fissò sorpreso e preoccupato.
«Se la sa cavare, sai.»
«Sì, lo so...» Koala era forte e poteva occuparsi di molte cose da sola, non c'era necessità della sua presenza o quella di qualcun altro, ma la realtà era che non poteva non preoccuparsene.
«Tu come stai?» domandò Hack.
Sabo si toccò la fronte: era più fresca. Anche la sensazione di intorpidimento degli arti e di pesantezza alla testa era diminuita. «Meglio» affermò. «Però sei hai preso delle medicine dammele pure.» Si ricordava vagamente che era andato in farmacia.
Hack annuì e si alzò per andare a recuperare le compresse. In quel momento la porta si aprì: lo sguardo di Koala, appena entrata, corse immediatamente al letto di Sabo e, accorgendosi che era sveglio, sorrise.
«Com'è andata?» chiese immediatamente lui, che comunque diede una rapida scorsa per verificare che non ci fossero ferite visibili.
«Eccola qua!» Koala aveva con sé un pezzo di stoffa rossa, che srotolò per rivelare il piccolo calice d'oro, un tempo usato per alcuni riti, ma che ora era considerato una reliquia preziosa e basta.
«Hai avuto problemi?» Hack aveva passato una compressa a Sabo, che la inghiottì senza nemmeno bere l'acqua.
«No» scosse la testa lei, mentre lo risistemava all'interno della stoffa rossa. «Era esattamente nel posto che ci era stato indicato, ho solo dovuto aspettare che la chiesa fosse vuota» spiegò. «Tuttavia ho visto parecchia gente sospetta al villaggio.»
«Non mi sorprende, dato l'articolo sul giornale che ne parlava» commentò Hack. «Sono in molti che la cercano per poterla vedere al miglior offerente.» Ciò che loro avrebbero avuto nel restituirlo al legittimo proprietario, invece, aveva un valore decisamente superiore al denaro: informazioni segrete per far scoppiare una rivolta e iniziare così a destabilizzare il Governo Mondiale.
«Allora dobbiamo andarcene» affermò Sabo. «Koala, vorrei che tornassi al posto e verificassi che la nostra nave è a posto. Tra un'ora ti raggiungeremo anche noi.»
Non c'era stata nessuna regola su chi dovesse essere il capo di quella piccola spedizione, eppure per Koala e Hack era decisamente chiaro chi avrebbe dato gli ordini sulle loro azioni, anche con la febbre. Lo conoscevano da anni per sapere che sarebbe stato un buon capo, anche se da accudire quando iniziava a fare troppi casini.
«Non vuoi riposarti ancora?» domandò tuttavia lei.
Sabo scosse la testa. «Se davvero ci sono pirati e cacciatori di tesori qui è meglio che ce ne andiamo il prima possibile, proprio perché non sto bene» affermò. «So che ve la potete cavare, ma a bordo di una nave avremo una serie di vantaggi tattici notevoli, soprattutto grazie a Hack.»
«Sono d'accordo» annuì il diretto interessato, che in acqua combatteva meglio ed era anche in grado di affondare navi, con un po' d'impegno. «Inoltre se partiamo subito è possibile che riusciamo a far perdere le nostre tracce.»
«D'accordo.» Koala lasciò la coppa sul tavolo e poi lasciò nuovamente la stanza, portando con sé il suo zaino.
«Mi risposo ancora un po'» disse Sabo ad Hack, tornando ad appoggiare la testa sul cuscino. «Puoi preparare tu la roba?»
«Ma certo.» Per una volta che lui davvero li ascoltava e se ne stava buono a letto, tanto valeva approfittarne. Non che ci fosse comunque tanto da sistemare, perché non avevano avuto il tempo di organizzarsi, solo chiudere gli zaini dopo averci nascosto dentro la coppa.
«Grazie. Svegliami quando è passata un'ora.»
Non ce ne fu bisogno, da parte di Hack, perché nemmeno dieci minuti dopo qualcuno sfondò la porta della camera. Era un gruppo di uomini armati e completamente vestiti di bianco, con un cappuccio a punta, almeno una ventina, tanto da non riuscire a stare tutti in quella stanza.
«Dov'è il calice?» intimò uno di loro, mentre gli altri puntavano le pistole contro di loro.
«Che brutto risveglio...» commentò Sabo, con tono seccato. Non aveva avuto Koala accanto a sé nemmeno prima, ma almeno Hack era stato gentile. Ora stava meglio, ma la febbre non era calata del tutto e non aveva proprio voglia di mettersi a combattere con tutta quella gente.
Scoccò un'occhiata complice ad Hack, il quale annuì. «Nello zaino» rispose.
Quello che sembrava il capo del gruppo si spostò di lato, mentre i suoi uomini continuavano a tenerli sotto tiro, ma quando fece un passo per lo zaino, Hack e Sabo balzarono, afferrarono gli zaini e in due passi furono alla finestra. Erano già saltati di sotto, proteggendosi con le braccia dai vetri, quanto sentirono i colpi di pistola dietro di loro.
Non si fermarono a guardare dietro di sé, ma presero immediatamente la strada per il porto. La sparatoria aveva però attirato gli altri gruppi che stavano cercando la coppa, per cui gli inseguitori aumentarono di numero. La fortuna fu che iniziarono anche a combattere fra di loro per decidere chi doveva essere ad inseguire i due rivoluzionari, con il risultato di rallentarsi a vicenda.
Quando ebbero messo un po' di distanza, Sabo si fermò. «Vai avanti, fino alla nave» ordinò ad Hack. «Qualcuno potrebbe essere andato a cercare Koala. Inoltre, voglio che la nave sia pronta a salpare subito.»
«Ma che cosa vuoi fare?»
«Non preoccuparti, non farò nulla di pericoloso.»
Hack ne dubitava, ma non avevano il tempo di parlare, per cui annuì e riprese la corsa verso il posto. Sabo si chinò e tastò il terreno, alla ricerca del cuore. Quando l'ebbe trovato, il gruppo degli inseguitori era diventato omogeneo: si erano evidentemente resi conto che avrebbero perso il calice a continuare a combattere.
Per Sabo andava benissimo: sorrise fra sé e, nel momento in cui furono a portata, premette i pugni nel terreno e lo distrusse completamente, aprendo una voragine in cui l'intero gruppo cadde. Gli uomini si schiantarono al suolo gli uni sugli altri, in posizioni strane nel tentativo di salvarsi. Quando Sabo si affacciò sul bordo, vide che pochissimi erano rimasti fuori dalla frana che era susseguita alla voragine e non erano comunque in grado di salvarsi.
Anche con la febbre, certa gente non era in grado di competere con lui. Già lo sapeva, ma era bello averne finalmente la prova sul campo. Si voltò per riprendere il sentiero verso il porto, con più tranquillità rispetto a prima, anche se aveva l'Haki dell'Osservazione sempre attivo, per sicurezza.
Fu una prudenza utile, perché altrimenti non sarebbe riuscito ad evitare la lama che aveva puntato al suo ventre con l'intenzione di sbudellarlo. Sabo fece un balzo in avanti, rotolando, e poi si rialzò in piedi in fretta, voltandosi a vedere il suo assalitore.
Era un uomo smilzo, completamente vestito di nero, compresa la bandana che teneva sulla fronte pelata. La sua spada non era una katana standard, perché aveva la lama estremamente lunga, tanto che lui era costretto a tenere il braccio alzato perché altrimenti avrebbe toccato il terreno.
«Chi sei?» domandò a Sabo. Aveva una voce squillante. «Non uno qualunque... Ma non ho mai visto la tua taglia.»
«I cacciatori di taglie non ne hanno una» rispose Sabo, con un leggero sorriso ad increspargli il volto. Se fosse stato un pirata, chissà quanto alta sarebbe stata invece!
«Non lo sei» scosse la testa l'uomo. «Li conosco tutti e non t'ho mai visto. Chi sei?» ripeté.
«Non è bello chiedere senza essersi presentati prima.» Anche se a Sabo non importava affatto. Sentiva che la febbre l'aveva comunque reso debole e non aveva voglia di combattere contro qualcuno che poteva avere abbastanza capacità da metterlo un attimo in difficoltà.
L'uomo alzò le spalle. «Io volevo solo saperlo per la tua lapide» affermò. «Per questo sapere chi sono io non ti serve.»
E poi si scagliò verso di lui, ad una velocità per cui Sabo riuscì a evitarlo appena. La lama gli strappò la camicia, che era ancora aperta dato che Sabo se l'era infilata in tutta fretta mentre scappavano dalla stanza d'albergo. L'uomo non gli diede un attimo di tregua, continuando a cercare ogni possibile modo per affettarlo con la sua lunga spada.
Sabo riusciva a stargli dietro e si accorse che in circostanze normali non avrebbe avuto problemi, ma la febbre lo rallentava, per cui lo evitava appena. Anche se evidentemente quello bastava ad irritare l'uomo, che fino a quel momento era riuscito solo a tagliuzzarli la camicia.
Se era forte tanto quanto era veloce, Sabo immaginò che avrebbe potuto sconfiggerlo facilmente, però non voleva rischiare di sprecare energie a vuoto, dato che non sapeva quanto il suo corpo avrebbe retto alla fatica. Doveva trovare un'apertura che fosse sufficiente a sconfiggerlo con un'unica mossa.
Finché non si accorse che non aveva bisogno di essere lui a farlo.
Sorrise appena fra sé e si mosse in modo da voltare le spalle in direzione del porto, mentre rallentava i movimenti. Quando fu il momento esatto, cadde sulle sue ginocchia, dando l'idea di essere esausto. L'uomo concentrò tutta la sua attenzione su di lui, ma all'ultimo Sabo alzò il braccio e fermò la lama che stava scendendo su di lui. La mano con cui l'aveva bloccata era ricoperta d'Haki dell'Armatura e non ci volle che un minimo sforzo per spezzarla in due.
L'uomo era troppo stupito da quella scena per poter notare Koala che era appena spuntata dal sentiero in quel momento. Alla scena che le si presentò davanti lei non rifletté nemmeno un attimo, ma fece un balzò in avanti e lo colpì in pieno petto con una delle sue mosse di karate che normalmente avrebbero spaccato cinquecento tegole. Sentì la cassa toracica dell'uomo che si spezzava sotto il colpo, prima che il corpo rotolasse per qualche metro e poi rimanesse immobile come una bambola rotta.
Solo allora Koala si accorse della spada spezzata al fianco di Sabo, che si stava rialzando. «Uno così avresti potuto sconfiggerlo in un attimo» affermò, contrariata. «Non avevi bisogno di aspettare me.» Per quanto conoscesse la sua forza, doveva ammettere che lui era ancora superiore a lui.
«Sì, probabilmente» annuì lui. «Però sto ancora un po' male. E so che potevo contare su di te.»
Lei si addolcì appena. «Hack è già alla nave, siamo pronti a partire» spiegò. «Se fosse arrivato qualcuno avrebbe potuto scappare a nuoto.»
Sabo annuì. «Non sarà necessario, credo di averli rallentati abbastanza. Raggiungiamolo.» Si voltò e tremò appena sulle gambe. Il suo fisico era ancora debilitato e quello scontro, per quanto contro un nemico non alla sua altezza, lo aveva decisamente stancato.
Koala gli si affiancò e lasciò che si appoggiasse a lei. «L'hai fatto perché volevi combattere assieme a me per forza, vero?» commentò divertita. «E adesso sei distrutto.»
«Non sono distrutto, solo un po' stanco» negò lui, ma lasciò che lei lo sostenesse.
«Sì, sì...»
Mentre andavano verso il porto, entrambi si resero conto di una cosa. Se la cavavano perfettamente da soli, perché erano forti e si fidavano l'uno dell'altro. Se Sabo aveva aspettato l'arrivo di Koala non era perché aveva bisogno di lei, era perché la voleva.
Non era necessità, era voler stare assieme, in qualunque situazione.

***

Akemichan parla senza coerenza:
Di tutte le shot che completano questa raccolta, questa forse è quella che mi convince meno. Non saprei dire perché, forse per via dell'immagine scleta che stona un po' con l'argomento, forse per via del fatto che è la meno incentrata sull'amore di questi due (cosa che prometto verrà ampiamente rimediata nelle prossime tre, giuro!)... Però volevo assolutamente mostrarli nel contesto a loro più congeniale, che è quello di essere rivoluzionari. Spero che a voi sia piaciuta lo stesso! :)

 

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Capitolo 4
*** Il primo bacio ***


Il Primo Bacio



Quando si trattava di impedire a Sabo di fare cose troppo pericolose o imprudenti, Hack era in maggioranza perché Koala era sempre pronta a fermarne gli eccessi e a farlo stare al suo posto. Quando, invece, si trattava di impedire che non lavorasse eccessivamente al punto di sentirsi male, era in minoranza, perché Koala era esattamente come Sabo.
Entrambi sentivano il peso di aver passato anni a non fare nulla di concreto, per quanto allenandosi per diventare forti fosse comunque una conquista, e perciò tendevano a voler risolvere le cose il più in fretta possibile per passare alla missione successiva, senza badare troppo alla stanchezza che si accumulava.
Quindi, nonostante avessero speso tutto il pomeriggio e la sera dietro quel messaggio in codice che avevano intercettato e che avrebbe consentito loro, una volta interpretato, di anticipare le mosse dei loro nemici, nessuno dei due aveva intenzione di andare a riposarsi. Non prima di aver scoperto qual era la parola chiave per poterlo tradurre in frasi di senso compiuto.
«Ragazzi, secondo me è meglio andare a riposarsi» tentò per l'ennesima volta. «Sono sicuro che dopo un bel sonno avremo la mente più fresca e quello che non riesce oggi riuscirà domani.»
«Domani è troppo tardi» ribatté Sabo, serio. «Saremo già arrivati sull'isola e non saremo preparati per quello che hanno intenzione di fare.»
«Non saremo pronti comunque se saremo stanchi.»
«Sono d'accordo» intervenne Koala. «Però la nostra priorità è tradurre questo.»
Hack scosse la testa e capitolò. «Preparo del caffè.» Si alzò, andò in cucina e fece tre tazze piene di caffè doppio, giusto per essere sicuro. Quando tornò nella stanza, i due ragazzi erano ancora nella stessa posizione, come congelati, gli occhi fissi sul foglio e le penne che scrivevano quasi da sole. «La rossa è per Koala, la blu è tua» disse, ma notò che le presero senza nemmeno far caso ai colori.
«Non capisco» commentò Sabo esasperato, dopo aver preso un lungo sorso di caffè. «Questo codice non ha una logica sensata. Anche ammettendo che questa parola significhi davvero "attacco", la lettera 'a' sarebbe scritta con due numeri diversi. Perché?»
«Non ha senso» convenne Koala, con voce stanca. I suoi occhi corsero verso gli infiniti fogli che avevano sparso sulla scrivania, con possibili interpretazioni, nessuna delle quali si rivelava essere di senso compiuto. Magari avrebbe avuto un'illuminazione successiva su qualcosa che avevano già pensato e che non avevano ancora compreso. «Cosa vuol dire 'asl'?» domandò, notando che le tre lettere si ripetevano diverse volte negli appunti di Sabo.
«Cosa? Oh, questo.» Un sorriso appena accennato si aprì sul suo viso. «Sono le iniziali mie, di Ace e di Luffy. A e S e L, in ordine di età.» Le sue sopracciglia si imbronciarono per un attimo al ricordo di quanto Ace era soddisfatto nello scoprire che era il fratello maggiore.
Koala sorrise appena: sapeva benissimo quanto Sabo tenesse ai suoi fratelli e quanto ne parlasse. Però a volte era veramente esagerato. «E perché sono nei nostri appunti?» lo prese in giro.
«Niente, faccio vagare la mente per cercare di farmi venire nuove idee...»
Avrebbe aggiunto qualcos'altro, ma il viso divertito di Koala era diventato improvvisamente serio, mentre fissava quelle tre lettere, piegando leggermente il labbro. Lei afferrò uno dei pochi fogli ancora bianchi. «I capi dell'esercito avversario sono tre, giusto?» domandò, mentre iniziava a scrivere i loro nomi. «Hanno altri gradi?»
Sabo rimase perplesso, ma poi rifletté, richiamando alla mente quanto aveva studiato. «No, sono di pari grado, si distinguono solo perché uno viene dalla città, uno dalla periferia e uno dalle campagne» rispose.
«Bene, allora se li valutiamo a partire dal centro e scriviamo i loro nomi completi...» Koala li scrisse tutti di seguito, come se fossero un'unica parola. «Molte lettere si ripetono, ma tutti assieme possiedono almeno una volta tutte le lettere dall'alfabeto, hai notato?»
Sabo si sporse in avanti per guardare, mentre lei iniziava ad assegnare ad ogni lettera dei nomi un numero, partendo dal numero uno, fino a terminare all'ultima lettera. Allora prese la sua penna e sotto vi scrisse quella parola scritta a numeri che avevano interpretato come 'attacco': ora che si vedeva che quella era la chiave, era più facile comprendere perché una stessa lettera potesse essere scritta con due numeri diversi. Assumevano maggior senso anche altre parole, dove loro inizialmente avevano preso due numeri distinti quando erano semplicemente decine che andavano oltre il ventiquattro canonico delle lettere.
«Sei un genio!» esclamò Sabo e, senza nemmeno accorgersene, le afferrò il volto fra le mani e la baciò sulla fronte.
Hack sobbalzò per l'urlo, dato che si era appisolato per un attimo, ma poi si limitò a fare un sorriso soddisfatto alla scena che gli si presentò davanti, con Koala che era rimasta leggermente spiazzata da ciò che era appena successo.
«Koala ha trovato la chiave del codice» spiegò Sabo, scoccandogli un'occhiataccia. «Mi sono fatto trasportare.»
«Ho visto» rise Hack. «Ora però possiamo andare a letto. Una volta capita la chiave, non dovremo aver difficoltà a tradurre il tutto domani, a mente fresca.»
I due ragazzi si guardarono e annuirono. L'adrenalina che avevano per la rabbia di non riuscire a interpretare il messaggio era un attimo calata e la stanchezza che avevano accumulato iniziava a farsi sentire. Hack ne approfittò per alzarsi e incoraggiarli a fare lo stesso. Abbandonarono così l'intera scrivania piena di fogli, andarono in bagno e sistemarsi un attimo e poi andarono a letto, con grande soddisfazione di Hack, che fu il primo a crollare addormentato.
Cosa che non riuscì altrettanto bene, perché mezz'ora dopo Sabo e Koala erano di nuovo in piedi e nessuno dei due parve particolarmente sorpreso nel vedere l'altro in piedi, in pigiama e scalzo, con la chiara intenzione di tornare a lavorare sulla decodificazione del messaggio.
«Non riuscirò a dormire prima» sussurrò Sabo.
Koala annuì, poi, senza dire altro si avvicinò alla scrivania e recuperò dei fogli bianchi puliti, il massaggio intercettato e quello dove era stata scritta la chiave per decodificarlo. Sabo prese le due tazze e una coperta, quindi i due ragazzi si postarono in cucina per non disturbare Hack che dormiva tranquillamente. Sapevano che avrebbe voluto partecipare, ma che allo stesso tempo avrebbe preferito vederli a letto.
Si sistemarono sulla tavolata, la coperta che li copriva entrambi fino alla testa e in mano le tazze riempite di nuovo fino all'orlo di caffè scuro e bollente. Sabo sistemò per bene i fogli: quello bianco davanti a sé, su cui stava ricopiando la prima riga del messaggio da tradurre, che aveva posto alla sua destra. Davanti a Koala c'era invece il foglio con la chiave, in modo che lei potesse dettargliela mentre lui scriveva.
«Siamo pronti» affermò, appoggiando la penna.
Koala annuì. «Quando avremo finito, poi, mi bacerai come si deve?» chiese, con un tono divertito nella voce.
Sabo si voltò verso di lei in modo decisamente troppo rapido, gli occhi spalancati, incredulo. Aveva davvero sentito quello che aveva sentito? Koala lo guardava e sorrideva dolcemente. «Posso farlo anche adesso» mormorò allora, con un sorriso imbarazzato sul volto.
Koala non disse nulla, lo osservò solo per un attimo e poi chiuse gli occhi, attendendo. Non avevano bisogno di dirsi altro, era tutto decisamente naturale, al punto che Sabo si chiese perché non si era reso contro prima di quanto desiderasse farlo. La traduzione del messaggio poteva aspettare un paio di minuti, forse anche di più.
Allungò la testa verso di lei e posò dolcemente le labbra sulle sue.

 

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Capitolo 5
*** La prima volta ***


La prima volta


Il problema di vivere all'interno del quartier generale dell'Armata Rivoluzionaria, che si basava su una precisa gerarchia e divisione dei compiti, si palesava quando si doveva parlare di qualcosa che non solo non era strettamente collegato al loro lavoro, ma era anche discretamente imbarazzante. E soprattutto non era qualcosa di cui si poteva parlare con le persone che erano amici più stretti.

Per questo motivo Sabo stava pensando a lungo per decidere chi fosse la persona più adatta per una discussione del genere. Dragon era la persona che si avvicinava maggiormente ad un padre, per lui, ma era anche il suo capo e non trovava assolutamente sensato disturbarlo per cose del genere. Questo comprendeva anche la maggior parte degli ufficiali superiori, come Bunny Joe, che benché fossero meno spaventosi di Dragon, avevano decisamente altro da fare che essere i suoi consulenti.

Ivankov lo avrebbe ascoltato senza problemi, ma lui e la sua squadra avevano una strana idea della sessualità, per cui li aveva immediatamente scartati per manifesta incapacità di aiutarlo. Così come aveva scartato tutte le donne della base: quello sarebbe stato effettivamente troppo imbarazzante. Bones era stata la sua prima scelta possibile, ma era un dottore che si vestiva da donna, per cui Sabo non era sicuro di riuscire a mantenersi serio mentre parlavano. Hack era stata la seconda, però era troppo amico di Koala e troppo coinvolto da loro. Gli serviva un'opinione esterna e imparziale.

A dire la verità, Iulo sarebbe stato la sua ultima scelta in qualsiasi situazione, perché, benché fosse particolarmente esperto in certe situazioni, aveva un atteggiamento che la maggior parte delle persone, Sabo compreso, avrebbe trovato insopportabile. Però era finito all'angolo riguardo a quella questione, per cui non gli restò che correre effettivamente il rischio e prepararsi a ciò che gli sarebbe lasciato contro.

«Ho un'erezione ogni volta che Koala mi sta troppo vicina.» Aveva confessato la cosa velocissimamente, quasi senza respirare, perché non c'era un modo meno imbarazzante di esprimere il suo problema.

Iulo, seduto alla sua scrivania per le intercettazioni, lo fissò per un attimo sbattendo le palpebre. Poi le sue labbra carnose si piegarono in un sorriso divertito e i suoi occhi blu brillarono di interesse. «Benvenuto nel mondo degli uomini» commentò, allungando una mano per prendere un'altra sedia e spostarla di fronte alla sua, per fargli cenno con la mano di accomodarsi. «Ti sei rivolto alla persona giusta.»

Sabo ne dubitava e si era pentito di essere in quella stanza un istante dopo la sua confessione, ma ormai era fatta, per cui si sedette di fronte a lui poco convinto. «Ci tengo a precisare che io e Koala stiamo assieme. Cioè, non assieme-assieme... Non so nemmeno come definirla ma-»

Iulo lo interruppe agitando la mano. «Tutti sanno cosa c'è fra te e Koala.» Oh, grande, questo faceva sembrare l'intera Armata Rivoluzionaria come un gruppo di pettegole.

«Bene...» mormorò Sabo lentamente. «Che cosa posso fare?»

«A fare che, esattamente?»

Sabo gli scoccò un'occhiataccia: era chiaro che Iulo si stava divertendo a non capire di proposito pur di fargli ammettere cose imbarazzanti. «A risolvere il mio problema. Non posso più lavorase se mi succede ogni volta...»

«Non è che lo ritenga proprio un problema, io...» mormorò Iulo, quasi a se stesso. «O meglio, lo sarebbe se fosse qualsiasi altra ragazza e non Koala. Ma è lei e a quanto pare hai finalmente raggiunto la pubertà, perciò è tipo una cosa naturale.»

«Quindi che cosa dovrei fare?»

«Basta creare la giusta atmosfera.» Iulo si chinò per appoggiarsi meglio alla schiena e fissò in altro, per crearsi l'immagine mentale di quello che stava succedendo. «Approfitta della prima missione per invitarla fuori a cena. vi divertite, chiacchierate un po', poi mentre la accompagni in camera, preso dal momento...»

«Frena, frena!» lo bloccò immediatamente Sabo. Lui non era quel genere di ragazzo, non era Iulo. Non era capace di corteggiare nessuna e per di più Koala non era una persona come tutte le altre. «Non voglio fare una cosa del genere. Voglio solo che smetta.»

«Guarda che il sesso è una componente importante in una relazione.» Cosa ne sapesse lui di relazioni, che aveva solo avventure occasionali, era un grosso mistero.

«Sì, forse» concesse Sabo. «Ma Koala... Non lo so, non voglio darle problemi.»

Iulo avvicinò il viso al suo e lo scrutò attentamente. Poi tornò indietro e aprì un cassetto, in cui iniziò a rovistare con una mano. «Credo che dovresti parlarne direttamente con lei, allora. Su quello che ti succede.»

«Non posso farlo.»

«Ehi, non ti sto mica dicendo che devi andare da lei e gridarle 'ehi, lo sai che sei scopabile?'» commentò Iulo, che aveva finalmente trovato quello che cercava nel suo cassetto. «Ma se non le parli del tuo problema, non saprai mai cosa ne pensa lei. Tieni.»

Sabo avvampò: la scatola che gli stava allungando era una confezione di preservativi. «Ma ho appena detto che...»

«Vuoi proteggerla, l'ho capito» ribatté Iulo, scuotendo la testa. «Ma lei non ha bisogno di essere protetta da te. È solo a lei che dovresti confessare questa cosa.» Dopodiché, tornò a voltarsi verso la sua scrivania e si infilò le cuffie alle orecchie, pretendendo di lavorare per indicare che, per quanto lo riguardava, la conversazione era conclusa.

Sabo si rigirò la confezione di preservativi in mano, senza sapere bene cosa farci, ma alla fine se la infilò in tasca e si alzò. Mentre rimetteva la sedia al suo posto, dovette ammettere che forse parlare con Iulo non era poi stata quella cattiva idea che pensava all'inizio. Certo, non era uscito da quell'angolo in cui si ritrovava, perché non aveva la minima idea di come poter sviluppare la questione con Koala, però doveva ammettere che Iulo aveva ragione. Non più bugie, si erano detti, e lui gli nascondeva qualcosa di piuttosto grosso. In senso psicologico e letterale.

«Ovviamente poi devi raccontarmi tutto!» gli gridò Iulo, mentre stava lasciando la stanza delle intercettazioni, cosa che lo fece avvampare, proprio ora che aveva preso un attimo fiducia in quello che doveva fare.

Restava comunque una cosa più facile a dirsi, per cui tentò di evitare Koala il tempo necessario a elaborare una strategia che non lo facesse sembrare un pervertito o un perfetto idiota. E in pratica nessuna delle idee che gli venivano in mente erano in qualche modo estranee a quei due insiemi. Decise che il troppo pensare gli aveva fatto venire mal di testa e che non era il caso di continuare in quelle condizioni. Cercò di liberare la mente con un po' di allenamento, ma quando tornò la sera dopo cena in camera sua non aveva ancora trovato una soluzione.

Si slacciò la sua cravatta bianca e sospirò. Odiava quella situazione. Koala era una delle persone più importanti, per lui, oltre al fatto di essere una sua compagna e una carissima amica. E una donna che stimava. Non gli piaceva l'idea di doverla evitare, né quella di metterla in imbarazzato. Tanto meno, ovviamente, forzarla a fare cose che non avrebbe voluto fare.

Afferrò il suo taccuino degli appunti, in cui scriveva le cose che osservava in missione per poi scriverle meglio nel suo 'che sarebbe diventato libro prima o poi'. Magari provare a mettere su carta ciò che pensava di quella faccenda l'avrebbe aiutato a sentirsi meglio e a trovare una soluzione. Si sbagliava, servì solo a farlo imbarazzare maggiormente, per cui lo gettò in malo modo nella scrivania per allontanarlo da sé.

Non aveva l'abitudine di scappare dalle situazioni, ma quella era una cosa particolare. Non era facile attraversare la pubertà nell'Armata Rivoluzionaria, che certo era composta da persone fuori dal comune.

«Sabo? Ci sei?» Koala aveva bussato alla porta e, come al solito, aprì senza attendere risposta.

Sabo afferrò il primo libro disponibile sulla scrivania e lo aprì ad una pagina casuale, voltando le spalle alla porta e pretendendo di essere impegnatissimo. «Cosa c'è?» domandò, senza voltarsi. «Sto studiando per la nostra prossima missione.»

«Oh, e quale sarebbe?» Il tono di Koala era incredulo, in maniera negativa. Dragon dava loro le missioni contemporaneamente e, i rari casi in cui non lo faceva, avevano cura l'uno dell'altro di comunicare immediatamente la situazione.

«Non è ancora nulla di preciso» rispose Sabo vago, dato che non esisteva nessuna missione. Teneva il libro con una mano sola e l'altra a tenergli il mento, in una posizione che, supponeva, indicasse grande concentrazione. «Mi sto mettendo avanti.»

«Okay.» La porta si chiuse e, per un attimo, lui pensò che se e fosse andata e stava per tirare un sospiro di sollievo, che gli morì in gola quando avvertì la mano di Koala sulla sua spalla e il suo corpo che premeva sulla sua schiena.

Lei stava appoggiata con il mento all'altra sua spalla, per stare il più vicino possibile a lui. «Saa-bo...» gli sussurrò nell'orecchio. Il suo fiato gli stuzzicò la pelle, anche perché lei si era aiutata con la mano per essere sicura che il suo messaggio arrivasse a lui e a nessun altro, nonostante fossero soli nella stanza.

Sabo avvertì tutto il sangue nelle gambe, seguito immediatamente da un senso di durezza. Balzò in piedi con le guance in fiamme, il libro che cadeva a terra senza troppe cerimonie. «Ma che ti prende?!» esclamò, con troppa veemenza, mentre si scostava da lei e si allontanava, con la sua cravatta che scivolava lentamente a terra.

«Che prende a te» ribatté Koala e stavolta era seccata. «Mi stai evitando di proposito e non mi piace.»

«Non ti sto evitando» mentì lui. «Stavo solo leggendo un libro...»

«Lo stavi leggendo al contrario, idiota.»

Dannazione. Non era previsto. Sabo prese un sospiro profondo. Era di nuovo all'angolo e c'erano solo due alternative possibili: continuare a negare, col risultato di farla arrabbiare maggiormente, oppure confessare tutto. In entrambi i casi, sarebbe stato un disastro, per cui preferì decisamente la confessione. Almeno sarebbe stato onesto come le aveva promesso.

Si voltò verso di lei, sperando che notasse il gonfiore nel cavallo dei suoi pantaloni, ma Koala, con un cipiglio seccato in volto, era concentrata sul suo volto, per cui non ci fece caso. «Voglio fare l'amore con te» disse allora Sabo. Non sapeva nemmeno come fosse riuscito a confessarlo così facilmente, ma ora che lo aveva detto, sembrava semplicemente una cosa naturale da pensare che era stato stupido a non dirlo prima.

Koala spalancò gli occhi e il suo sguardo scese inevitabilmente sul suo inguine: ora sì che se n'era accorta. La sua bocca si aprì in un 'oh' silenzioso.

«È tutto a posto» si affrettò ad aggiungere Sabo. «Cioè, è un problema mio, tu non te ne devi preoccupare, troverò il modo di risolverlo...» La sua voce andava scemando nel vedere che lei non sembrava reagire in alcuna maniera, fino a cessare del tutto quando Koala lo superò e si sedette sul bordo del suo letto.

«Fare l'amore con me è un problema, per te?» gli domandò. Il tono era neutro, semplicemente interessato.

«No! Quello che voglio dire è...» Non sapeva nemmeno lui che cosa volesse dire. «Non voglio che tu faccia nulla che non voglia fare. E poi ho paura» confessò, alla fine. Si sedette sul letto, accanto a lei, ma non troppo vicino per non invadere il suo spazio. «Noi non parliamo mai di quello che ti è successo in passato, lo so, però io a volte ci penso comunque e insomma, questa cosa mi ha fatto venire in mente che forse avevi subito degli abusi e io non voglio...»

«Certo che ho subito degli abusi!» lo interruppe lei, di scatto. «Non erano di natura sessuale, ma non li si può chiamare in altro modo.»

«Okay.» Non era 'okay' per nulla. Si strofinò gli occhi: ogni volta che ci pensava non poteva fare a meno di pensare che erano stati dei nobili a farlo. Dei nobili come lui. Poi Koala si avvicinò e gli strinse le mani fra le sue.

«Tu non sei loro.» Glielo ripeteva spesso, anche se sapeva che non bastava a cancellare la vergogna che provava.

«Sì, ma è lo stesso» rispose Sabo. «Non voglio metterti a disagio solo perché sto attraversando la pubertà.»

Koala emise un risolino divertito. «Hai un anno appena meno di me» gli ricordò. «Il che significa che non sei l'unico in questa fase.» Poi, lentamente, slacciò le due sottili cinture del suo vestito arancione e, afferrandolo per i bordi della gonna a tre strati, se lo sfilò passando per la testa, per poi spostarlo verso un angolo del letto, fino a rimanere in mutande e reggiseno. Le guance le si colorarono appena di rosso, ma lo sguardo era deciso e guardava in avanti.

Sabo rimase a fissarla estasiato, passando lo sguardo per la curva dei seni, a malapena nascosti dal reggiseno, quasi chiedendo di essere liberati, con i capezzoli in erezione ben visibili sotto la stoffa. Allungò una mano tremante verso di lei e le accarezzò lentamente il viso, per essere sicuro che non si sottrasse al suo tocco.

«Lo vuoi davvero?» le chiese.

«E tu?» fu la risposta.

Allora Sabo annullò la distanza che c'era fra di loro, e, mentre la sua mano scendeva lungo la schiena passando sul suo marchio fino a raggiungere l'allacciatura del reggiseno, la baciò. Lei aveva alzato le mani per stringergli le braccia, mentre ricambiava il bacio con entusiasmo. Poi, poiché lui sembrava avere delle difficoltà a slacciarle il reggiseno, si scostò da lui in maniera divertita  e lo fece personalmente, facendo scendere le spalline lentamente fino a liberare i seni, con Sabo che la fissava con gli occhi spalancati.

Il reggiseno si unì al resto dei vestiti, mentre Koala si sdraiava di schiena per invitarlo a toccarla. Sabo si chinò su di lei, tenendosi in equilibrio con le ginocchia e con una mano, mentre con l'altra le accarezzava uno dei seni. Seguiva la linea che formavano sul suo petto e li muoveva leggermente, quindi toccava con la punta delle dita i capezzoli e li stringeva appena. Erano una cosa totalmente nuova per lui e voleva avere il tempo di scoprirli per bene. Koala ansimava leggermente, il respiro che si faceva più pesante.

«Ahi!» esclamò poi, quando lui gli strinse un seno con troppa forza.

«Scusa!» Non sapeva ancora come dosare i suoi artigli del drago in quella situazione. Si scostò da lei un po' preoccupato di averle seriamente fatto male e così si accorse che, mentre Koala era praticamente nuda, salvo per le mutande e le lunghe calze, lui era ancora completamente vestito. Allora si spogliò in fretta e in maniera poco cerimoniosa, vergognandosi del suo pene che era ancora in erezione da quando quella storia era iniziata e stava diventando anche abbastanza fastidioso.

Si chinò a fatica per recuperare i pantaloni dove ancora lasciato i preservativi e ne estrasse uno. Le sue mani tremavano mentre cercava di scartarlo.

«Ti sei preparato» rise appena Koala, che si era alzata a sedere.

«N-No... Questi me li ha prestati Iulo...» balbettò Sabo imbarazzato, riuscendo finalmente ad aprirlo ma ritrovandosi in mano qualcosa che a conti fatti non aveva la minima idea di come utilizzare. Era molliccio e bagnato e gli faceva anche un po' impressione. Iniziò lentamente a srotolarlo, stando ben attento a non romperlo, ma poi rimase a fissarlo indeciso sul da farsi.

Koala, ancora seduta sul letto, gli fece cenno di avvicinarsi, in modo che il suo pene fosse quasi all'altezza del suo viso. Poi gli prese il preservativo dalle mani e, con attenzione, glielo fece indossare. Nonostante l'operazione chirurgica che stava eseguendo, era chiaramente imbarazzata e le sue dita tremavano, soprattutto quando gli sfioravano la pelle.

Sabo era fermo, ma respirava pesantemente e si sentiva sempre più eccitato. Gli era capitato di toccarsi, qualche volta, ma sentire le mani di Koala su di lui era tutta un'altra cosa. Un senso di urgenza lo colse e una lunga serie di emozioni lo stavano attraversando: calore, bruciore, eccitazione, piacere. Koala parve accorgersi del suo stato, perché, una volta terminato il suo lavoro, lasciò scendere le sue mutandine fino alle caviglie, rivelando un ciuffo di peli ramati.

Fu la goccia definitiva. Sabo la prese per la spalle per spingerla nuovamente con la schiena sul letto, quindi le allargò con delicatezza le gambe, fino ad infilarsi in mezzo. Sicuramente, in una situazione normale, si sarebbe vergognato all'infinito di quello che stava facendo, ma il suo pene gli stava procurando sensazioni tali per cui ciò che voleva fare era più importante di tutto. Le mani passarono fra i suoi peli ramati per mettere in evidenza la sua vagina. Koala si agitava e tremava sotto di lui per l'eccitazione e per l'imbarazzo, ma non abbastanza da fargli pensare che volesse fermarsi.

Allora la penetrò, sentendo immediatamente un sollievo al prurito che l'aveva attanagliato per tutto quel tempo. Durò un attimo, perché sentì all'interno della resistenza che non immaginava e che lo infastidiva. Koala si era liberata delle mutande, per avere le gambe libere di stringersi contro la sua schiena, segno per Sabo di proseguire a spingere con più forza.

Quando la resistenza scomparve totalmente, Koala gridò. Sabo sentì nuovamente il sollievo invadergli il corpo, ma comunque si fermò praticamente nascondendo il volto verso il suo seno, finché non sentì che lei si stava muovendo contro di lui. Era una strana sensazione, sentire un intero corpo attorno al suo pene, oltre a quella specie di plastica che lo rivestiva. Era a metà fra i disgustoso e il piacevole. Divenne totalmente piacevole quando finalmente venne, lo sperma intrappolato nel preservativo.

E poi era finito tutto. Sabo uscì da lei tenendo strettamente il suo pene per essere sicuro che il preservativo non uscisse, ma non sapeva come sentirsi. Era stato piacevole, certo, venire finalmente nel posto che desiderava e non nella sua mano, ma allo stesso tempo era stato deludente. L'aveva immaginato per così tanto che, ora che era avvenuto, l'unica cosa che riusciva a pensare era 'tutto qui?'.

E poi notò il sangue, una piccola macchia che si era allargata sulla coperta quando si era allontanato da Koala. Anche il suo preservativo era sporco. «Stai bene?» Sabo impazzì. «Ti ho fatto male?»

«Calmati!» Koala, che era rimasta sdraiata a recuperare il fiato, balzò immediatamente in piedi. «Succede la prima volta. Va tutto bene!»

Rimasero a fissarsi e a respirare pesantemente, ancora nudi, senza sapere bene che cosa dire o che cosa fare.

«Succede la prima volta...» ripeté lei, mentre lui continuava a fissare quella macchia rossa con orrore. «È perché sono... ero vergine.» Non che questo servisse a farlo stare meglio, al contrario gli dava l'impressione di averle portato via qualcosa.

«Ma... Ti è piaciuto?» mormorò Sabo, non osando guardarla.

«Non so» ammise lei. «È stato strano.» In un attimo, aveva afferrato i suoi vestiti e se li era messi quasi a casaccio. «Ho bisogno di una doccia» annunciò e lasciò la stanza senza aggiungere altro.

Sabo rimase a lungo sul letto, nudo, con ancora il preservativo sul pene, dandosi dell'idiota e dell'incapace. Fra tutte le cose, avrebbe dovuto chiedere a Iulo come si facevano certe cose. Invece si era trovato nella situazione senza avere la minima idea di cosa doveva fare e come comportarsi. Era sicuro che fossero cose che venivano naturalmente, nella situazione, e se l'era sempre immaginato come qualcosa di estremamente piacevole, fatto di baci e di carezze e di sguardi languidi, invece era stato qualcosa di meccanico e forzato. Un fallimento.

Altrettanto meccanicamente si alzò, gettò via il preservativo nel cestino, assicurandosi che non fosse visibile dall'esterno, quindi si fece una doccia per cancellare tutto il sudore che quei cinque secondi di piacere gli avevano causato e poi mise a lavare la coperta, cercando di non fissare quella macchia rossa. Per quanto Koala gli avesse detto che andava tutto bene, non riusciva davvero a crederci. Non avrebbe dovuto sanguinare. Non era così che funzionavano le cose.

Ovviamente non riuscì a chiudere occhio: nella sua mente continuavano a girargli le immagini di quello che era successo e, a ben vedere, era anche seccato che, dopo qualche ora, gli bastava riprendere la sensazione della sua mano sui seni di Koala per fargli tornare un'erezione, cosa che lo costrinse a farsi una lunga serie di docce fredde per calmarsi.

Il risultato fu che, la mattina successiva, si presentò nell'ufficio di Dragon in condizioni spaventose, con le occhiaie e i capelli spettinati e ancora un po' bagnati. Dragon lo fissò con i suoi occhi penetranti, senza dire una parola.

«Non ho dormito stanotte» gli spiegò Sabo, benché immaginasse che la cosa fosse particolarmente ovvia. Succedeva abbastanza spesso da fargli sperare che non sembrasse una cosa strana.

«Perché?»

Ecco, appunto. «P-Perché...? Non c'è una ragione...»

«Dal reparto lavanderia mi hanno detto che hanno trovato del sangue sulla tua coperta.»

Maledetti pettegoli! «Mi sono tagliato con un foglio di carta.» Ma doveva sapere che Dragon non ci avrebbe creduto, lo conosceva da troppi anni per sapere quando un interrogatorio voleva in realtà dire che sapeva già tutto, ma voleva che fosse l'altro a confessare tutto.

Ma come dire una cosa del genere proprio a lui? Al capo dell'Armata Rivoluzionaria, il criminale più ricercato del mondo. Se con Koala si era trovato all'angolo in una situazione del genere, con Dragon era tipo dieci volte peggio.

«Io e Koala, ecco... Abbiamo...» mormorò, sperando che Dragon non pretendesse davvero ogni singolo particolare.

Dragon sospirò. «Non sono contrario alla vostra relazione, finché sarete in grado di scinderla da quello che stiamo facendo.» L'occhiata che gli lanciò fu particolarmente eloquente: non era una capo eccessivamente severo, ma faceva ciò che andava fatto per un bene superiore. Non avrebbe ordinato qualcosa di negativo a meno che non fosse stato strettamente necessario.

«Certamente» assicurò Sabo. «Tanto non è andata granché bene...» Non sapeva nemmeno perché lo aveva detto, solo che era stanco e deluso e preoccupato per ciò che avrebbe significato per lui e Koala. Non avrebbe mai voluto perderla per una stupidaggine del genere.

«Tu hai quindici anni, e Koala sedici» commentò Dragon. Il suo tono era neutro e il comportamento disinteressato, ma Sabo ascoltava con attenzione, perché sapeva bene che era proprio in quei momenti che lui rivelava le cose più importanti e personali. «Avete più esperienza di molti adulti in tantissimi ambiti, ma è chiaro che in questo siete ancora molto inesperti. E la prima volta capita che vada male. Non lasciatevi abbattere.»

Aveva terminato di parlare, Sabo lo capì immediatamente perché lo conosceva bene, ma non aveva importanza. Il suo carisma e tutto ciò che aveva fatto per lui gli bastavano ad avere fiducia in tutto quello che gli diceva. E, per quanto fosse stato imbarazzante ammettere certe cose proprio con Dragon, doveva ammettere di sentirsi meglio adesso.

«Grazie.»

«Parlane anche con lei» fu l'unico consiglio che Dragon gli diede, prima che Sabo lasciasse l'ufficio. Era la stessa cosa che gli aveva dato Iulo all'inizio di tutta quella storia, ma per quanto non fosse andata effettivamente come previsto, probabilmente era la cosa migliore.

Evidentemente Koala doveva essere sulla sua stessa linea di pensiero, perché la trovò ad attenderlo nella sua camera, seduta sul suo letto, con la coperta pulita. Restò fermo sulla porta, indeciso su cosa fare. C'era dell'imbarazzo fra di loro, era chiaro, ma allo stesso tempo poteva sentire una specie di nuova consapevolezza. Si erano sempre trovati a loro agio, andavano d'accordo, forse era proprio per questo che si erano innamorati.

«Ho parlato con Hack» disse Koala. La sua voce era ferma.

«E io con Dragon.» Sabo chiuse la porta dietro di sé. «Sì, è stato imbarazzante.»

Lei sorrise. «Dicono che sia normale che la prima volta vada male.»

«Già.»

Rimasero a fissarsi per un attimo, poi Koala prese un sospiro. «Qualunque cosa sia successa ieri, voglio che tu sappia che è stata una mia decisione.» Strinse le mani, come faceva spesso quando pensava a Fisher Tiger. «Quello che ho imparato in questi anni è che posso decidere della mia vita. Che posso fare quello che voglio. E ho intenzione di farlo per sempre, com'è stata una mia decisione unirmi ai rivoluzionari. Se ieri è andata male, è stata colpa di entrambi, ma è stata anche una decisione di entrambi. Ho deciso di farlo io, assieme a te, a prescindere dal risultato.»

Era stato un discorso lungo, per cui Sabo non l'aveva interrotta nemmeno per un attimo, ma si era limitato a ringraziare mentalmente che lei si fosse sentita in dovere di rassicurarlo. Lo faceva sempre e per questo non poteva che ammirarla e sentirsi in colpa per non riuscire a fare altrettanto.

«In pratica, vuoi vivere senza alcun rimpianto.» Come due altri ragazzi di sua conoscenza. A pronunciare quella frase, capì anche perché Koala gli piaceva tanto. In ogni cosa, condivideva i suoi valori di vita.

«Sì» disse lei, stupita. Era come se quella frase rispecchiasse perfettamente quello che voleva dire.

«Nemmeno io» affermò allora Sabo. «Ho provato tante cose ieri, non tutte piacevoli, ma hai ragione, non dovremo rimpiangerlo. Perché io volevo davvero fare l'amore con te. Non così, ecco, però...» Non riuscì a proseguire, troppo imbarazzato al pensiero del corpo nudo di lei sotto di lui, così come se l'era immaginato a lungo, caldo, sudato ma fremente, con le labbra e le guance rosse per l'eccitazione, gli occhi lucidi e il respiro affannato. Era un'immagine immaginaria che si sovrapponeva a quella reale, ma che bastava a dargli nuovamente un'erezione.

«Sei già pronto per riprovarci?» Koala rise.

«Lui apparentemente sì» sdrammatizzò Sabo, indicando in basso. «Ma anche io» confessò. Non importa quanto male fosse andata la prima volta, desiderava ancora poterla toccare e baciare e avere.

Koala allargò le braccia verso di lui, senza più alcun tremore. «Senza rimpianti.»

Era da quando le aveva confessato tutto che sentiva di non provarne più, per quanto male fosse andata la prima volta. Forse era per quello che si trovava all'angolo: perché provava dei rimpianti, cosa che aveva giurato di non fare.

«Senza rimpianti. » confermò, prima di chinarsi a baciarla ancora.

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Capitolo 6
*** La prima dichiarazione ***


La prima dichiarazione


Il dito di Sabo le sfiorò appena il collo, per poi scendere lungo il petto fino alla curva dei seni, per accarezzarli. Le erano cresciuti, tanto che non riusciva più a prenderli totalmente nella sua mano, ma il capezzolo era rimasto piccolo come una ciliegia, di colore rosa chiaro. Li adorava.
Era raro avere dei momenti di pausa da poter dedicare solo a loro stessi, all'interno dell'esercito rivoluzionario, ma quando potevano rimanevano per qualche tempo così, nudi a letto senza fare nient'altro che guardarsi e toccarsi e chiacchierare fra di loro. Così Sabo era sdraiato, con solo la camicia aperta sulle spalle che non copriva nulla, ad accarezzare il corpo di lei con la punta dei polpastrelli, guardandola ammirato.
Koala teneva gli occhi chiusi, ma quando lui raggiunse l'ombelico, lasciando che le dita premessero contro il ventre teso per i muscoli ben allenati, li aprì e voltò appena la testa verso di lui, con un sorriso accennato sulle labbra.
«Ti diverti?» gli domandò.
Lui annuì. «Sei bellissima» disse.
«Solo per questo?»
«In tutti i sensi, intendo.» E lo pensava veramente: quando la guardava non vedeva solamente una donna dal corpo perfetto e tonico e dei seni che facevano venire voglia di morderli, ma anche una donna che era sopravvissuta alle peggiori circostanze e poi aveva deciso di salvare il mondo. Una donna da ammirare.
Lei parve capire e il suo sorriso si allargò. «Anche tu non sei male» commentò divertita, alzando le mani a sfiorargli quella cicatrice che le ricordava come i Draghi Celesti avessero legato le loro due vite. L'unica cosa buona che poteva attribuirgli.
«Oh, grazie della concessione» rispose lui, con un leggero broncio fasullo sul viso.
Le prese la mano e se la avvicinò alla bocca, baciando ogni singolo dito. Lei rimase a guardare la scena attentamente, poi si spostò strisciando sul letto per avvicinarsi. Sabo allungò la mano per stringerla a sé, ma quando stava per passarla dietro la schiena, lei si scostò appena. Fu un movimento leggero, quasi una scrollata di spalle, ma sufficiente a farlo fermare.
«Perché?» le domandò.
«Che cosa?»
«Perché non vuoi che ti tocchi la schiena?» Se n'era accorto da qualche tempo. Non avevano problemi quand'erano vestiti, ma se era nuda evitava accuratamente qualsiasi contatto, anche visivo, con la sua schiena.
Koala tornò a sdraiarsi, fissando il soffitto. «Sai che cosa c'è.»
«Proprio perché lo so non capisco» replicò Sabo. «Non è qualcosa di cui ti vergogni.»
«Vergognarmi!» rise fra sé Koala. «Quel simbolo è il mio orgoglio.» Poi tirò un lungo respiro. «È l'ultima cosa che mi ha lasciato Fisher Tiger... Vale moltissimo.»
«Lo capisco.»
«È come se lui fosse ancora con me» continuò Koala. «A vedere quello che sono diventata, quello che sto facendo... E mi vergogno a fargli vedere... questo
«Me? Noi due?»
«Noi due che facciamo sesso» sussurrò lei.
«Pensi che non gli piacerei?»
«Non aveva molto in simpatia gli umani» mormorò Koala, chiudendo appena gli occhi per ricordare quel momenti. «Non si poteva dargli torto. Ma tu... Noi tutti qui siamo differenti.»
«Questo è vero.» Sabo si alzò lentamente, la scavalcò e scese a terra. «Però non hai risposto alla mia domanda.»
«Perché non conosco la risposta.» Koala riaprì gli occhi e lo guardò che si allontanava verso il bagno, la camicia azzurra sulle spalle che non serviva affatto a coprigli le natiche sode, o le spalle diritte. «Non devi offenderti.»
Lui non si voltò. «Non lo sono» disse. «Solo che... Non so, sembra quasi che ti vergogni di noi. Di quello che facciamo.» Anche lui aveva un orgoglio, dopotutto, come rivoluzionario.
«Non è così...» sussurrò, quando era già scomparso all'interno del bagno. Si strinse nelle spalle: non aveva progettato di ferirlo in alcun modo, solo che le sue sensazioni erano così difficili da spiegare che non era strano che non avesse capito.
Non si era resa conto dell'importanza di quel sole che aveva sulla schiena finché non aveva perso Fisher Tiger. Allora aveva passato il resto dei suoi anni a combattere per mantenere vivo il ricordo, per essere degna anche lei di averlo marchiato a fuoco sulla schiena. I suoi anni erano stati di duro lavoro e nient'altro, per l'obiettivo che si era prefissato.
Avere una storia le sembrava quasi una distrazione, un tradimento, a prescindere da quanto degna forse l'altra persona. Perché, ovviamente, non provava altro che ammirazione per Sabo e per i principi per i quali combatteva.
Poi lentamente, si voltò e si accasciò sul materasso: i suoi seni che vi premevano e le braccia piegate sul cuscino, sotto la sua testa. Quando Sabo tornò dal bagno la trovò così, con la schiena voltata e il simbolo dei pirati del sole in piena vista. Era la prima volta che lo vedeva, anche se già sapeva della sua esistenza e della sua forma.
«Non devi farlo per forza» le disse, fermo sulla soglia del bagno. «Non voglio che ti senta obbligata, se non vuoi.»
Lei scosse la testa. «Ho smesso di fare cose perché lo vuole qualcun altro» affermò. «Ma hai ragione. Io sono orgogliosa di essermi innamorata di te, come lo sono del simbolo che porto sulla schiena. Non devono essere incompatibili.»
Sabo non disse nulla, ma continuò a fissarla con gli occhi spalancati. Era sbiancato. «È la prima volta che me lo dici.»
«Che cosa?» si stupì lei.
«Che sei innamorata di me.»
Koala arrossì. «Oh, be', pensavo che fosse ovvio...» Così ovvio che non se l'erano mai detto prima. Erano andati avanti consapevoli della situazione, senza mai pensare che, a volte, le parole hanno un peso. «E tu?» domandò, quando Sabo fu tornato a sedersi sul letto accanto a lei.
Sabo non rispose, con occhi ancora fissi su quel sole rosso che spiccava sulla sua pelle chiara. Allungò una mano, senza nemmeno accorgersi che stava tremando, e ne sfiorò i bordi. Lei rabbrividì appena sotto quel tocco: era la prima volta che lasciava che qualcuno lo toccasse e le appariva strano, ma non spiacevole.
Sabo si prese tutto il tempo per passare il suo dito indice sul bordo del marchio, su ogni raggio fiammeggiante. Al suo interno cercò il simbolo dei Draghi Celesti: era appena visibile, ma era ancora all'interno, si potevano sentire i bordi appena accennati. Era il simbolo vivente che si poteva decidere di cambiare, di trasformare il passato negativo in qualcosa di positivo.
«È bellissimo...» mormorò. Si spostò fino a sistemarsi sopra di lei. Di altezza era così piccola rispetto a lui, ma nemmeno ci faceva caso, perché sapeva che nascondeva molto di più dietro. Fortuna che era nel suo periodo refrattario, non gli sarebbe piaciuto rovinare il momento con un'erezione.
Si chinò su di lei e le baciò la schiena, prima sulle spalle e poi scendendo, sul marchio, sul centro. Koala sorrise appena e lo lasciò fare. Si vergognava ancora, una sorta di timore riverenziale all'idea di fare qualcosa di così triviale per il simbolo che era il suo orgoglio, eppure lo trovava piacevole.
«Voglio fare sesso così, la prossima volta» mormorò Sabo.
«Perché?!»
«Perché questo simbolo è qualcosa di importante per la donna che amo» rispose Sabo. «E non voglio dimenticarlo.»
Lei ridacchiò fra sé. Doveva proprio evitare di guardarla quando glielo diceva? «Se mi va» rispose, ma non riusciva a togliersi il grande sorriso che gli si era formato in viso. «Non è mica detto che decida di farlo ancora...»
«Ah, sì?» Ora il tono di Sabo era divertito come il suo. Poi iniziò a solleticarle la schiena, proprio ai lati del marchio, ben sapendo che sfiorarla così la faceva sobbalzare. Lei si scostò appena, ma lui era completamente sdraiato su di lei e la teneva ferma. «Non credo tu possa sottrarti dopo quello che hai detto prima» la avvertì, mentre ridacchiava assieme a lei.
«Quello che abbiamo detto, tutti e due» precisò Koala, divertita. Sì, lei era orgogliosa dell'uomo che si era scelta, perché ne condivideva scopi e lavori, ma era anche orgogliosa che lui si fosse innamorato di lei. Non l'aveva preventivato, non l'aveva cercato, ma c'erano persone che stimava e di cui apprezzava la stima. Con Sabo erano andati oltre, ma non se ne era mai pentita.
«Hai ragione» fu costretto ad ammettere lui, con le guance leggermente rosse ma la voce sicura. «Io sono orgoglioso e felice di essere ricambiato da te» disse, dando voce ai suoi stessi pensieri.
Koala si divincolò dalla sua presa, per voltarsi verso di lui. Sabo si alzò appena, puntellandosi con le mano ai suoi fianchi. Lei era completamente nuda sotto di lui, con i capezzoli eretti e la bocca appena schiusa, le labbra rosse.
«Allora dimmelo. Guardandomi in faccia.»
Sabo ricambiò lo sguardo deciso e un sorriso gli increspò le labbra. «Devo proprio?»
«Assolutamente.»
Si chinò appena per baciarla, sfiorandole leggermente le labbra e sentendo i suoi seni sotto il suo petto. «Io ti amo, Koala.»

 

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