The Maze Runner - Remember

di Inevitabilmente_Dea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19. ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20. ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21. ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22. ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23. ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24. ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25. ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26. ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27. ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28. ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29. ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30. ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31. ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32. ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33. ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34. ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35. ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36. ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37. ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38. ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39. ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40. ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41. ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42. ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43. ***
Capitolo 44: *** Capitolo 44. ***
Capitolo 45: *** Capitolo 45. ***
Capitolo 46: *** Capitolo 46. ***
Capitolo 47: *** Capitolo 47. ***
Capitolo 48: *** Capitolo 48. ***
Capitolo 49: *** Capitolo 49. ***
Capitolo 50: *** Capitolo 50. ***
Capitolo 51: *** Epilogo. ***
Capitolo 52: *** Ringraziamenti & Informazioni sul sequel ***
Capitolo 53: *** Sequel! ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


Udii un rumore sferragliante, metallico. Un fremito violento scosse il pavimento sotto ai miei piedi, facendomi cadere.
La testa mi pesava. Il vuoto d'aria che prima era solo leggero, ora si stava facendo sentire dentro il mio stomaco, provocandomi la nausea.

Un sapore amaro persisteva nella mia bocca, ma non sapevo da dove provenisse. 
Mi guardai attorno confusa. 
Era totalmente buio.
Cercai di abituare gli occhi e nel frattempo mi aiutai con gli altri sensi. Tastai le pareti che mi circondavano: sembravano fatte di metallo duro e freddo al tatto.
Ero dentro una gabbia. Una dannatissima gabbia di metallo che conteneva scatoloni e sacchi.
Suoni stridenti di catene echeggiarono nella stanza, rimbombando tra le pareti come un cupo gemito metallico. La gabbia stava salendo come un ascensore, ma molto piú velocemente.
Come ci sono finita qui?
Non mi ricordavo nulla. Era strano.
Sapevo del mondo e di come funzionasse, eppure la mia mente era pervasa da un vuoto incolmabile.
Mi sentivo piccola, in pericolo. Mi affrettai a cercare qualcosa che mi ritornasse utile per... Be' a dire la verità non lo sapevo neanche io.
Sapevo che un arma non mi avrebbe fatto tornare la memoria, tuttavia mi avrebbe fatta sentire meno vulnerabile. Il vuoto nello stomaco e nella mente, la nausea, il buio e quel dannatissimo rumore sinistro mi facevano rabbrividire e spaventare ogni secondo di più.
Quando trovai un piccolo pugnale affilato per poco non mi tagliai.
Piccolo, ma letale. Pensai rigirandolo tra le mani, tentando di maneggiarlo in modo corretto, senza tagliarmi un dito nel buio. La gabbia ebbe uno scossone e quasi l'arma mi cadde di mano. Decisi di infilarla nei pantaloni, pregando che non mi ferisse, e solo quando allungai una mano verso la parete della gabbia per rimanere stabile mi accorsi che il suo movimento verso l'alto si era fermato. Tutto era immobile in quel buio, tutto tranquillo, statico. Solo il mio fiatone continuava a rompere il silenzio in quelle tenebre.
Mi venne quasi naturale tirare un sospiro di sollievo, dato che iniziavo a non sopportare piú quella sensazione di vuoto, ma subito dopo realizzai che fosse troppo presto per cantare vittoria: per quanto ne sapevo, quella calma poteva essere solamente la quiete prima della tempesta. 
E ora?
Passarono alcuni istanti che mi sembrarono infiniti e l'assenza di suoni o movimenti attorno a me resero l'attesa sempre più insopportabile. Ero da sola, senza sapere come ero finita lì e cosa sarebbe successo.
La prima cosa che mi passò per la testa fu urlare per chiedere aiuto. "Vi prego! Aiutatemi!" gridai  con voce rauca, probabilmente per colpa della gola secca. In un certo senso provai una certa sorpresa nel sentire la mia voce rompere il silenzio, un po' come se fosse la prima volta che udivo me stessa parlare.
Quasi come se la gabbia avesse udito la mia richiesta di aiuto, un cigolio meccanico e poi un tonfo sordo si diffusero nell'aria, rompendo il silenzio e facendomi agitare. Seguendo quei rumori alzai lo sguardo verso il soffitto della gabbia e rimasi in attesa, sperando di captare qualche altro suono, ma questa volta fu un cambio improvviso di illuminazione a spaventarmi. Soffocando un mugugno di dolore serrai gli occhi e abbassai lo sguardo a terra, portandomi una mano sulla fronte.
"Newt allora?" sentii una voce gridare.
Sussultai spaventata e indietreggiai di qualche passo, urtando una scatola e quasi rischiando di cadere all'indietro.

Un altro tonfo. La gabbia tremó leggermente. Qualcuno doveva essersi calato. Troppo spaventata per continuare a tenere gli occhi chiusi, aprii le palpebre lentamente, abituandomi alla luce.

Un ragazzo alto e biondo mi stava fissando. Il suo volto era pallido e stupito. 
"Newt! Vuoi dirci chi é arrivato?" la stessa voce di prima, solo leggermente scocciata.
"É un... una ragazza." disse il biondino deglutendo.
Che perspicace. Pensai. Un mormorio animato si accese fuori dalla gabbia.
Sollevai lo sguardo ma la luce mi accecò di nuovo, impedendomi di vedere la fonte di quel suono così familiare e allo stesso tempo estraneo. Mi sembrava di aver già vissuto quella situazione, ma non riuscivo ricollegarla nel tempo.
Aggrottai le sopracciglia e sentii il fiato bloccarsi nella mia gola.

Cosa stava succedendo? Dove ero? Chi era quel ragazzo?

Il biondino fece qualche passo sicuro verso di me, ma si bloccò quando notò la mia espressione difensiva sul volto. Sapevo di non potermi fidare, nonostante fossi sollevata nel vedere che non ero sola in quella situazione. Mi guardai attorno per pochi istanti, notando che la gabbia non fosse alla fine così grande come me l'ero immaginata.

Mi spostai di lato in modo incerto, stando sempre alla larga dal ragazzo che ora mi osservava con un'espressione curiosa. Connessi il mio sguardo al suo, con aria di sfida.

Lui sollevò un sopracciglio e si mosse velocemente verso di me. Il mio istinto di sopravvivenza o forse la confusione nella mia testa mi spinsero ad allungare la mano verso il pugnale nascosto sotto la mia maglietta. Afferrai l'arma con decisione e, facendo un passo indietro per difesa, allungai la lama verso il biondino, sfiorandogli la gola. 

Lui sembrò turbato  e stupito da quel gesto, ma non impaurito.

"Un altro passo e sei morto." constatai con voce tremante.
Lui accennó una risata e, alzando le mani in segno di resa, si allontanò di pochi passi. Mi spostai nuovamente di lato in modo lento e cercai di sbirciare in alto, oltre la gabbia. Le gambe mi tremavano. Cercai di controllarle, ma senza riuscirci.
Quando i miei occhi si abituarono finalmente alla luce del sole, individuai diverse ombre chine sulla gabbia. Sbattei le palpebre e, focalizzando lo sguardo, riuscii ad elaborare una massa di ragazzi con le bocche aperte mi fissava allibita.

 

*Angolo scrittrice*

Il trailer è stato gentilmente fatto da -Anna_15! Siccome non sempre mi fa visualizzare il video vi metto il link:
https://www.youtube.com/watch?v=EgxXgZW5J1Q 

   

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


"Cavoli é veramente una ragazza!" urlò qualcuno.
"Ed é armata. Ora capisco perché lei é la prima. Spero sia anche l'ultima." ribadì qualcun'altro.
"Ehi io vi sento!" affermai arrabbiata.
Una mano mi si appoggiò sulla spalla.
"Ora usciamo di qui, ok?" 
Mi girai e vidi il biondino che mi sorrideva gentile. Una maschera che indossava per farmi cadere nella sua trappola o semplicemente un sorriso per tranquillizzarmi?
Gli puntai nuovamente il pugnale alla gola e lui tolse la mano dalla mia spalla.
"Ti avevo detto di non muoverti." dissi con voce ferma.
Sentii un rumore sordo alle mie spalle. Prima che potessi girarmi, mi sentii sollevare in aria.
Mi ressi alla prima cosa che trovai abbandonando a terra il pugnale.
Non mi sentivo stabile sopra... Sopra cosa?
Alzai lo sguardo. Qualcuno doveva avermi presa in spalla e mi stava trascinando fuori dalla gabbia.
"Scusa ma non posso permetterti di fare a fette uno dei migliori Radurai." disse con voce profonda.
"Lasciami!" ordinai scalciando all'aria.
Continuai a tirare pugni e calci senza peró smuoverlo di un millimetro.
Finalmente, dopo essere saltato agilmente fuori dalla gabbia, mi mise a terra.
Ora é il tuo momento. Ora o mai piú. Corri! Pensai scattando in avanti senza una meta. 
Iniziai a correre e vidi davanti a me delle mura enormi che prima non avevo notato. Peró c'era un uscita. Ero diretta lì. Dovevo andarmene da quel posto.
Corsi per qualche secondo prima di voltarmi.
Tutti gridavano parole indefinite, ma nessuno si muoveva per rincorrermi. 
Mi rigirai velocemente e solo all'ultimo momento vidi che, se avrei continuato a correre, sarei andata a sbattere contro un ragazzo che se ne stava fermo con le braccia incrociate ad intralciare la mia corsa.
Ormai era troppo tardi per rallentare. Tentai di frenare, ma mi scivoló il piede e gli andai a finire goffamente addosso.
Sentii subito una fitta alla faccia. Mi sembrava di essermi spaccata il naso. 
Ma il petto ce l'hai di marmo?! Pensai cadendo a terra e trascinando anche lui con me.
Mi raggomitolai su me stessa premendo entrambi i palmi sul naso come per non farlo cascare.
Mi girai verso il ragazzo che avevo atterrato.
Era, come me, steso a terra dolorante e si massaggiava il petto con una mano.
Guardai nuovamente l'apertura: non era molto distante da dove mi trovavo.
Riguardai il ragazzo steso ancora a terra. Forse avevo ancora una possibilità.
Scattai nuovamente in piedi e corsi verso l'uscita. Ma dopo alcuni passi, qualcuno mi afferrò la caviglia facendomi cadere a terra un'altra volta.
Riuscii per miracolo a non sbattere la testa, ma la caduta mi aveva tolto il respiro del tutto.
Mi sentii trascinare all'indietro. Mi aggrappai inutilmente ai ciuffi di erba che trovavo qua e la.
Girai la testa di scatto: il ragazzo, ancora a terra, mi stava tirando verso di lui con una sola mano.
Una volta arrivata al suo pari si mise sopra di me per bloccarmi.
Si sedette sopra il mio bacino, incatenando le sue gambe alle mie, e mi bloccó i polsi sopra la testa.
Quest'ultima era l'unica cosa che riuscivo a muovere, ma girava su se stessa senza fine.
"Calmati!" mi gridò in faccia.
Chiusi gli occhi, temendo quello che potesse farmi.
Ma non successe niente. Aprii gli occhi e notai che il ragazzo stava guardando verso le mura. Girai il volto anche io e vidi due ragazzi correre fuori dall'uscita. Uno si fermò a riposarsi stendendosi a terra, mentre l'altro si avvicinò a noi con una corsetta leggera. Da vicino notai che doveva essere asiatico.
"Ehi Gally. Chi é arrivato di nuovo? Spero che non sia una palla di lardo come Chuck." disse senza notarmi neanche.
Il ragazzo sopra di me, che sembrava chiamarsi Gally, mi rivolse un cenno del capo. 
L'asiatico abbasó lo sguardo e poi, quasi non credendo a quello che aveva appena visto, si stropicció gli occhi e si inginocchió accanto a noi.
"Una... R-ragazza?" chiese quasi impaurito.
"Certo che siete proprio perspicaci." dissi ironica.
"Che bel caratterino. Ma da quanto é arrivata? Noi velocisti siamo rientrati prima per non perderci il nuovo arrivo." continuò ignorandomi.
"Da pochi minuti." disse Gally sistemandosi nuovamente sopra di me.
"E voi gli permettere di starle addosso così? Gally non ti facevo così testapuzzona." disse rivolgendosi a qualcuno dietro di noi.
Alzai il capo e vidi che nel frattempo la massa di ragazzi che prima mi fissava a bocca aperta, ora ci aveva accerchiato curiosa.
Perché nessuno faceva niente per aiutarmi?
Il ragazzo biondo, che era con me nella gabbia, sembrò avermi letto nel pensiero, perché si fece avanti e poggió una mano sulla spalla di Gally.
"Ora direi che é abbastanza Gally. L'hai fatta sanguinare." disse con voce calma.
"Newt stai zitto, e poi non é colpa mia. Lei mi é venuta addosso. Se non la fermavo io a quest'ora sarebbe morta."
Trasalii a quelle parole. Morta? 
"Penso che abbia comunque imparato la lezione. Forza alzati." disse facendolo quasi sembrare un ordine.
Gally si alzò da me lasciandomi finalmente respirare.
Il ragazzo biondo mi porse la mano per aiutarmi ad alzare le mie chiappe da terra.
La presi ancora incerta e lui mi tiró su senza fatica.
"Piacere io sono Newt." disse stringendomi la mano.
"Piacere io sono..." mi interruppi.
Io chi sono?
Per quanto mi sforzassi non riuscivo a ricordare il mio nome. Andai in panico.
Ho veramente sbattuto la testa così forte da non ricordarmi?
Newt, leggendomi nel pensiero per una seconda volta, mi diede una pacca sulla spalla.
"Tranquilla, nessuno si ricorda il proprio nome quando arriva. Ti verrà in mente tra qualche giorno, se sei fortunata oggi stesso." affermò.
Annuii senza capire. 
"A proposito: ti sta sanguinando il labbro." aggiunse.
Portai le dita alla bocca e pulii le gocce di sangue che la ricoprivano.
"Allora sei una ragazza." disse l'asiatico che fino a pochi secondi prima era rimasto in disparte a guardarmi.
Annuii lievemente.
Ma quante conferme devono avere per capire che non sono un maschio?!
"Io sono Minho." disse sistemandosi i capelli. "Se hai bisogno di qualsiasi cosa chiedi senza esitare."
Poi si avvicinò al mio orecchio e sussurró: "Qualsiasi cosa." 
Trasalii leggermente e sbiancai in volto. 
Poi, senza distaccarsi, si mise a fissare qualcosa addosso a me.
Newt gli prese il mento e lo costrinse a guardarlo negli occhi.
"Bada bene a dove guardi!" disse a denti stretti. E poi rivolgendosi a me quasi imbarazzato:"E tu... Allaccia meglio la..." tossì e arrossì leggermente. "La maglia."
Guardai in basso e vidi che i bottoni della mia maglia erano saltati, lasciandomi scoperto metà del seno.
Arrossii e mi coprii con le mani.
Dopo alcuni attimi di silenzio imbarazzante, Newt urlò agli altri:"Forza, voi tornate al lavoro! Le presentazioni avverranno dopo!" 
Tutti si dispersero in direzioni diverse.
"Allora a dopo, piccola ragazza." disse Minho passandomi accanto e scompigliandomi i capelli.
Roteai gli occhi al cielo.
Odiavo i soprannomi, ma odiavo soprattutto che qualcuno mi toccasse i capelli per arruffarli.
"Lascialo perdere." disse Newt accorgendosi del mio gesto. "So che avrai mille domande da farmi, ma prima ti ci vorrebbe una doccia. E anche dei vestiti, diciamo... Adatti, per stare in mezzo a dei ragazzi." sembrò imbarazzato nel dire l'ultima frase, ma feci finta di non notarlo.
Mi indicò un piccolo edificio alle nostre spalle e mi disse che dovevo sbrigarmi se non volevo le docce infestate di maschi sudati che avevano appena finito di lavorare.
Mentre mi incamminavo mi disse che andava a prendere una delle sue maglie pulite e poi mi raggiungeva.
Specificó diverse volte che non intendeva raggiungermi sotto la doccia, ma mi avrebbe aspettata fuori.
Lasciai fuggire una risata mentre mi avviavo alle docce. 
I maschi sono tutti così?
Mi spogliai velocemente ed entrai nella doccia ad una velocità sorprendente.
Aprii il getto e dovetti trattenermi dall'uscire a gambe levate dalla doccia. L'acqua era congelata.
In dieci minuti mie ero già lavata tutta ed ero pronta per uscire, quando sentii dei passi davanti alla mia doccia.
Mi bloccai e tenni ferma la tenda davanti a me.
"C-chi é?!" chiesi preoccupata.
"Sono Chuck... Newt mi ha detto di portarti i suoi vestiti. Lui non voleva entrare." disse ridendo.
"Puoi appoggiarli e uscire senza sbirciare, per favore?" chiesi con voce tremante appiattendomi sempre piú alla parete.
"Certo! Per chi mi hai preso? Non sono una testapuzzona come gli altri, io! Avrò si e no tredici anni!" disse muovendosi - sperai verso l'uscita.
Non sentii piú nessun rumore e così, dopo aver controllato che tutto fosse deserto, uscii e mi coprii velocemente con un asciugamano. Lasciai che i capelli mi cadessero bagnati sulla schiena. 
Mi sopresi di vederli così lunghi. Mi arrivavano fino al fondo schiena. Erano neri come la pece.
Mi infilai la biancheria intima e poi i pantaloncini che indossavo appena arrivata.
Notai una maglia marrone accanto ad una pila di asciugamani. Doveva essere la maglia di Newt. 
La spiegai e la misi senza esitare. 
Mi meravigliai del buon profumo che emanava: era dolce, ma allo stesso tempo deciso. 
Chissà se anche Newt fa questo odore.
Scacciai quel pensiero dalla testa. E prima di uscire mi guardai abbassando lo sguardo.
La maglia arrivava a metà coscia e sembrava che non indossassi i pantaloni.
Il che peggiorava la situazione precedente, anziché migliorarla.
Uscii lentamente dalle docce e notai Newt appoggiato comodamente alla parete.
Lui incrociò il mio sguardo e poi arrossì.
"Non é che hai anche dei pantaloni?" chiesi imbarazzata.
Lui mi alzò la maglietta e io indietreggiai lentamente chiedendomi il motivo di quel gesto.
"Hai i tuoi pantaloni." affermò.
"E se non li avessi indossati, al momento?!" chiesi scocciata.
Lui fece spallucce grattandosi la testa imbarazzato.
"Se ti prestassi i miei resterei in mutande io." disse ridacchiando.
Risi anche io per educazione, ma l'idea di vedere un ragazzo solo in mutande mi imbarazzava. Parecchio.
"Ora che sei pronta ti mostro la radura. Toccherebbe ad Alby, ma dopo averti presa in braccio e aver visto come hai reagito, non voleva rischiare la vita restando solo con te."
Risi sul serio questa volta. 
"Davvero ho spaventato dei ragazzi robusti come voi?" mi uscì.
Doveva restare solo un pensiero, cavoli.
Lui accennó una risata, ma non rispose.
Probabilmente era sconcertato tanto quanto me.
Insomma, pochi minuti fa gli avevo puntato un coltello alla gola e ora lui se ne stava qui, a parlarmi tranquillamente.
Pensai che saremo diventati buoni amici. 
Sicuramente aveva coraggio da vendere. Ridacchiai.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Mi affiancai a Newt e cominciammo a camminare lentamente.
"Partiamo dalle cose più semplici." Affermò strofinandosi le mani. "Questa è la Radura. Noi siamo Radurai. Nella Radura noi lavoriamo, mangiamo, dormiamo e quindi viviamo. Ogni mese sale la Scatola e porta rifornimenti e un nuovo arrivato, noi lo chiamiamo Fagiolino (in questo caso saresti tu). Poi quella specie di piccola casa lì sarebbe appunto il Casolare, lì dormiamo. Questa sera prima di andare a dormire vieni da me: ti affiderò un sacco a pelo abbastanza comodo. Esistono diversi ruoli nella Radura: Intendenti, sono i capi dei vari lavori, Velocisti, corrono ogni giorno nel labirinto tracciando mappe e cercando un uscita, Scavatori, si occupano dei lavori pesanti negli Orti per esempio scavano i canali e robe varie, Cuoco che credo sia abbastanza semplice da comprendere, Medicali, sono una specie di dottori, Costruttori, riparano o costruiscono qualcosa, Squartatori, uccidono animali, Spalatori, sono quelli che non sanno fare nulla, quindi puliscono di tutto ed infine ci sono gli Insaccatori, loro si occupano di... beh dei cadaveri." disse grattandosi la testa.

Cadaveri?! Trasalii a quelle parole.

"Comunque... a nord ci sono gli orti, a sud il macello e ad ovest ci sono le Faccemorte." disse tutto d'un fiato.
"F-faccemorte?" chiesi incerta.
"Speravo non me lo chiedessi... è un cimitero dove mettiamo i nostri amici defunti." sospirò. 
"Scusami ma non capisco. La vita che mi hai descritto è semplice. Insomma non vi manca né cibo né acqua. Le Faccemorte come si riempiono? Come fanno ad esserci dei morti?" chiesi fermandomi.
Newt sospirò. "Fai troppe domande, Fagiolina." Si grattò nuovamente la testa prima di guardarmi per un paio di secondi.
"Sicuramente Alby mi ucciderà per questo, ma tanto prima o poi inizierai ad essere curiosa, e non voglio che tu scopra cosa c'è al di fuori della Radura a tue spese. Forza, seguimi."
Lo seguii per un paio di minuti e poi si arrampicò sopra una specie di torre costruita intorno ad un albero. Lo imitai facendo attenzione a dove mettevo i piedi. Una volta arrivata in cima alzai lo sguardo. Un enorme labirinto ci circondava.
"Quello è il labirinto. Ci sono quattro porte che conducono al suo interno. Non è un caso se ogni sera si chiudono e si riaprono al mattino seguente. Se non fosse per queste mura saremmo già tutti morti."
"Da cosa ci proteggono?" chiesi senza riuscire a frenare la mia curiosità.
"Dai Dolenti. Sono creature che si aggirano di notte nel Labirinto. Certo, è possibile vederle anche di giorno, ma grazie al cielo è molto raro. Se si viene punti da un Dolente... beh a quel punto, se non passi bene la Mutazione, sei fuori dalla Radura."
Non capii la maggior parte delle parole che disse, ma quello che avevo sentito era abbastanza inquietante e mi bastava.
"Un ultima cosa." aggiunse attirando nuovamente la mia attenzione. "Nella Radura ci sono 3 regole. La prima: non si entra nel labirinto se non sei un velocista come Minho o come Ben.
La seconda: ci si aiuta a vicenda e non ci si mette le mani addosso.
La terza: fai la tua parte nella Radura o sei fuori." disse guardandomi negli occhi. 
Annuii e preferii non fargli altre domande. Avevo già parecchio su cui pensare. 
Cosa ci facevo qui? Chi ci aveva mandati? Con che scopo? 
Perché ero l'unica ragazza del gruppo? Non aveva un senso.
Tutto questo era insensato.
"Per oggi saró il tuo tutore, ma da domani verrai scelta tra gli intendenti. Benvenuta nella Radura." 
"Quando cominceró a lavorare?" chiesi impaziente. Non seppi perché, ma mi sentivo come se fossi in debito con loro. L'unico modo per scontare il mio debito era lavorare. Volevo rendermi utile, fare la mia parte per entrare a fare parte della Radura. Per diventare anche io una parte di loro. Dei Radurai.
"Mi stai ascoltando, Fagiolina?" chiese Newt picchietando sulla mia spalla.
Annuii tornando alla realtà.
"Probabilmente domani, al massimo, se non arriviamo ad una scelta dopodomani." 
Annuii in silenzio e sentii un leggero languorino provenire dal mio stomaco. Lui lo sentì o magari mi lesse nella mente per la milionesima volta.
"Hai fame?" chiese. "Frypan dovrebbe già aver iniziato a servire il cibo. Seguimi se non vuoi rimanere a secco. Se non ti vedono arrivare qualcuno si offrirà volontario per mangiare la tua porzione. E credimi: saranno in tanti." 
Si caló dell'albero e silenziosamente lo seguii.
Arrivammo fortunatamente in tempo e, dopo aver preso ognuno il nostro piatto, andammo all'aperto a mangiare.
Newt si sedette su un pezzo di tronco tagliato a metà.
Ero indecisa se sedermi accanto a lui o dargli un po' di respiro. Dopotutto mi avrebbe dovuta sopportare per un giorno intero. Chissà se lo faceva per obbligo o perché si era semplicemente offerto.
Notai un albero leggermente distante da tutti gli altri. Era abbastanza grande e riparava dai raggi solari. 
Lo raggiunsi immediatamente e mi sedetti sotto la sua ombra, appoggiando la schiena al tronco e il piatto sulle mie gambe distese.
Solo quando abbassai lo sguardo per iniziare a mangiare, notai ciò che si trovava sul mio piatto.
Non seppi perché, ma mi venne una leggera nausea.
Erano delle cose verdi e sembravano soffici, sorrette da un piccolo e tozzo gambo anch'esso verdino. Accanto c'era una piccola mela gialla.
"Non ti piacciono i broccoli, Fagiolina?" chiese qualcuno di fianco a me.
Girai la testa e mi accorsi che Minho mi stava fissando incuriosito.
Ma quando é arrivato, questo? Da quanto tempo mi starà fissando?
Lui sembrò leggere la mia espressione imbarazzata e interrogativa, e si mise a ridere dal nulla.
"Sai, noi Velocisti siamo rapidi, ma silenziosi. Non sai mai se ti stiamo osservando. Ti accorgi di noi quando solo quando é ormai troppo tardi." disse accennando un sorriso e fregandomi uno di quelli che lui chiamava broccoli.
"Minho smettila. Così la spaventi." disse un'altra voce.
Gally.
"Ma voi apparite sempre così dal nulla?!" chiesi facendomi spazio tra i due che, magari senza volerlo, mi stavano spiaccicando tra di loro.
Minho annuì e rise, mentre Gally lo guardò male.
"Ma dai faccia di caspio! Stavo scherzando. E poi alla Fagiolina qui piace scherzare." disse guardandomi e alzando il sopracciglio.
A quel punto, involontariamente, risi io. 
Quei ragazzi erano strani e per quanto mi spaventassero, alla fine mi stavano simpatici.
A parte Gally.
Diciamo che non lo odiavo, ma era sicuramente partito col piede sbagliato, per quanto le sue intenzioni fossero nobili, non si mette mai una ragazza a terra.
"Allora... Volevo chiederti una cosa, Fagiolina." disse Gally spezzando il silenzio.
Attesi e aspettai la domanda che doveva farmi.
"Questa sera io e Alby (che all'inizio si era mostrato contrario), vorremmo organizzare una festa in tuo onore. A volte la facciamo per i nuovi arrivati, ma accade di rado." disse guardandomi come se dovesse chiedermi chissà cosa di inopportuno.
Oddio non é che mi chiede di spogliarmi o roba del genere?! Pensai arrossendo.
Già l'idea di essere al centro dell'attenzione non mi piaceva.
"Quando facciamo la festa, peró, c'é una specie di tradizione che facciamo. E tutti si sono riufiutati di spezzarla. A parte qualche testa puzzona... Non faccio nomi." disse tossendo e indicando Newt con lo sguardo.
"E la tradizione sarebbe..." lo incalzai. 
Perché nessuno arriva mai al punto?!
"Combattere contro di me." disse sorridendomi come per lanciarmi una sfida.
Minho iniziò a ridere. "Non accetterà mai! E poi tu le spaccheresti quel bel corpicino che si ritrova. Non ti sai contenere, caspio."
"E invece accetto!" affermai lanciandogli un occhiataccia.
Minho sembró sorpreso, ma poi fece spallucce e si servì dell'ultimo broccolo che rimaneva nel mio piatto.
"Vedi, testapuzzona! Io vi avevo detto di non sottovalutarla. Ormai ha piú muscoli lei che te, Minho." disse compiaciuto.
"Senti chi parla. I miei muscoli non si mettono in discussione, pive. Li vuoi vedere?" disse alzandosi convinto.
Mi girai dall'altra parte prima che fosse troppo tardi.
"No! Per carità! Abbassati quella fogna di maglietta, Minho!" disse Gally coprendosi gli occhi.
"Eh dai! Almeno tu Fagiolina!" disse prendendomi una mano.
Lì per lì non capii cosa volesse fare, poi sentii qualcosa di caldo sotto in mio palmo. Sbarrai gli occhi arrossendo e vidi che mi stava facendo toccare i suoi addominali. 
La cosa era alquanto imbarazzante e ritirai subito la mano. Peró dovevo ammettere che Gally si era completamente sbagliato.
Insomma, dove li vedevano i muscoli, in me? Io non ero per niente... Aspetta. Ma io non so neanche che aspetto ho. Pensai. Non mi ricordo neanche questo?!
Scossi la testa per riprendermi dallo shock e concentrai la mia attenzione sul piatto di cibo.
"É anche diventata rossa! Sei così carina, Fagiolina. Perché non é mai arrivata una ragazza prima di adesso?" chiese rivolgendosi probabilmente a Gally.
"Ma chiudi quella fogna di bocca, razza di spazzolino per il cesso." disse Gally facendomi l'occhiolino.
"Ehi, se ti riferisci ai miei capelli, ti conviene stare zitto. Sono stupendi." esordì accarezzadoli accuratamente.
"Smettetela teste di caspio! É qui da poche ore e già la state facendo ammattire." ordinó una voce sopra di noi. Alzai lo sguardo e trovai Newt abbastanza indispettito.
"Di la verità, Newt. L'hai avuta vicino a te tutto adesso e ora sei geloso perché sta con noi, invece di stare con te." affermò Minho ridendo.
Ma se siete stati voi a rompere la mia beata solitudine!
Poi l'asiatico mi sussurró all'orecchio:"Stai attenta: lui é un furbacchione!" 
Newt lo allontanò con uno spintone.
Minho si distanzió da me saltellando su una gamba per non perdere l'equilibrio. Poi si incamminó nella direzione opposta alla nostra, seguito da Gally.
Solo quando furono abbastanza lontani, Minho si giró e agitó una mela in aria gridando un "grazie, Fagiolina".
Abbassai immediatamente gli occhi al piatto e lo vidi vuoto.
Sbuffai e lo appoggiai a terra. E pensare che io volevo solo mangiare in modo associale.
Newt si sedette accanto a me e mi porse la sua mela.
"Tieni, a me non va." disse lasciandomela cadere in grembo.
"Sicuro?" chiesi incerta.
Lui annuì e poi si alzó allontanandosi zoppicando.
Sussurrai un grazie, ma era troppo distante per sentirlo.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


Addentai la mela e la gustai fino al torsolo. Presi i semi e li rigirai tra le mani.
In quel momento mi sentivo come quei semi. Mi sentivo piccola, racchiusa nel mio guscio per proteggermi. Nessuno sapeva quello che sarei diventata, come mi sarei resa utile a questo mondo. Nemmeno io lo sapevo.
Chi d'altronde lo sa?
Ma lo avrei scoperto, e una volta sbocciata mi sarei fissata nel terreno con radici solide. Mi sarei fatta una corteccia dura e ruvida. Mi sarei costruita una barriera per gli attacchi esterni, che avrebbe a tutti i costi protetto qualcosa al suo interno, qualcosa di morbido, liscio, caldo e pieno di vita. 
Gli alberi sono molto affascinanti. Sono la prova vivente che niente è veramente come lo vediamo.
All'esterno un albero si mostra duro, ruvido, forte e maestoso. Ma all'interno è totalmente l'inverso. Tutti siamo piccoli all'inizio, ma questo non significa che un giorno non saremo una parte essenziale del mondo, una parte importante che nessuno potrà abbattere perché ci sorreggeremo da soli. 
Senza pensarci due volte scavai una piccola buca sul terreno e li nascosi lì.
Avevo il resto della giornata libera. Non volevo pesare troppo su Newt così decisi di andare alla torre nuovamente.
Mi arrampicai più velocemente di prima e una volta salita mi sentii più leggera.
Non capii il motivo, ma vedere tutto dall'alto, per quanto mi mettesse paura, mi alleggeriva i problemi.
Mi sedetti a terra e chiusi gli occhi, respirando l'aria fresca che mi accarezzava il viso.
La cosa che mi spaventava di più era non sapere come ero fatta. Non solo di aspetto, ma anche il mio carattere, la mia storia.
L'idea di non conoscere niente di me, o addirittura di saperne meno degli altri - che almeno vedevano come ero fatta esteticamente - mi terrorizzava a morte.
"Ehi, Fagio." 
Aprii gli occhi e vidi Newt che mi guardava incuriosito.
"Ehi, Newt." Risi.
"Cosa ti porta quassù? Ti stavano ancora dando fastidio, quelle testepuzzone?" chiese sedendosi accanto a me.
Scossi la testa e risposi: "Per una volta non centrano quelle testepuzzone o come le chiami tu." Non volli rispondere alla prima domanda, anche perché c'erano tante cose che avrei voluto chiedergli.
"Ti volevo parlare di questa sera. Se hai un minuto." Disse preoccupato.
Gli rivolsi il mio sguardo. Era veramente preoccupato. Ma per cosa?
"Lo sai che non devi per forza batterti con Gally, vero? Ancora non hanno afferrato il concetto di ragazza, credo." 
"No, lo voglio fare. Non so perché ma mi sento sicura. E poi se lo spettacolo di io che lo massacro di botte ti impressiona, puoi sempre chiudere gli occhi." Lo stuzzicai ridendo.
Rise, con me. Aveva proprio una bella risata. Quando rideva gli si vedevano tutti i denti, piccoli e bianchi. Ma la cosa che mi piaceva di più erano le fossette che spuntavano sulle sue guance morbide.
"Non sarà un vero e proprio combattimento. Dovrai semplicemente spingerlo fuori dal cerchio." mi spiegò.
"Peccato, ci tenevo tanto a dargliene di santa ragione. Sarà per un'altra volta." gli sorrisi.
I suoi occhi nocciola incrociarono i miei e si illuminarono.
Sentii una strana sensazione allo stomaco come se ci fossero al suo interno mille farfalle che si divertivano a prendersi a pugni tra loro.
Cos'é? Pensai. Cosa mi succede?
I miei pensieri furono rotti da un frastuono. La terrà tremó e la sensazione di instabilità e terrore prese il sopravvento.
Chiusi gli occhi, mi tappai le orecchie con i palmi e nascosi la testa tra le ginocchia.
Sentii la voce di Newt che cercava di rassicurarmi. Dopo poco le sue braccia mi circondarono.
Solo dopo diversi minuti quel frastuono cessó.
"Cos'era?" chiesi ancora impaurita con voce tremante.
"Il labirinto. Le porte si chiudono ogni sera." disse allentando la presa dal mio corpo.
Arrossi pensando che mi aveva appena abbracciata e quella strana sensazione si fece strada nel mio stomaco nuovamente.

Ormai si avvicinava la notte e i Radurai erano intenti a preparare la festa in mio onore.
Volevo aiutarli, ma Alby si era rifiutato di lasciarmi fare qualcosa perché avrebbe dovuto spiegarmi cosa fare e non aveva il tempo.
Lo ignorai e aiutai gli altri ad accendere il fuoco.
Almeno quello lo sapevo fare.
Andai nel bosco e cercai dei bastoncini di legno.
"Finalmente riesco a beccarti da sola, Fagiolina." 
Mi voltai e vidi un ragazzo biondo e alto.
Era quello che era uscito dal labirinto ed era stramazzato al suolo, quando Gally era sopra di me per tenermi ferma.
Gli sorrisi e ignorandolo tornai a raccogliere un pezzo di ramo poco distante dai miei piedi.
"Comunque... Io mi chiamo Ben. Sono un velocista." disse porgendomi la mano.
"Piacere di conoscerti Ben. Io non mi ricordo ancora il mio nome... Mi dispiace." dissi guardando la sua mano.
Avevo le braccia intente a sorreggere i rametti e quando tentati di porgergli la mano tutto mi cadde a terra.
"Oh scusami... Ti aiuto." disse abbassandosi.
Lo ringraziai e iniziai a raccogliere anche io i pezzi di legno.
Dopo alcuni minuti avevamo finito di raccogliere tutto e lui mi fece notare che i bastoncini erano abbastanza per accendere il falò.
Così mi aiutó a portarli alla Radura.
Accendemmo in fuoco e, dopo averlo ringraziato per l'aiuto, mi allontanai lentamente.
Mentre ero girata lo sentii dire:"Quella ragazza mi farà impazzire. Lo sento."
Feci finta di niente e ridacchiando andai in cucina.
Frypan era intento a cuocere qualcosa ai fornelli.
"Cosa ci serve lo chef questa sera?" chiesi sedendomi su uno sgabello.
"Oh, ciao Fagiolina. Non mi ero accorta che eri qui. Comunque carne di ottima scelta direi." esordì ridendo e versando dell'acqua in padella.
"Hai del formaggio?" chiesi.
Lui annuì e mi indicó uno scaffale.
Presi il formaggio e glielo misi di fianco ai fornelli.
"Perché non provi a metterlo sopra la carne? Così si scioglie e diventa più buono." consigliai.
"Non ci avevo mai pensato, ma é un'idea geniale, grazie Fagiolina!" disse baciandomi in fronte.
"Ehm prego... Ora vado." dissi imbarazzata.
Alzai lo sguardo e vidi che il cielo era ormai puntato di stelle.
Intravidi Newt in lontananza. Era seduto con la schiena contro un tronco e beveva qualcosa.
Mi avvicinai e lo affiancai.
"Cosa bevi?" chiesi.
"Non ne ho idea. É un'invenzione di Gally. Ti fa crescere i peli sul petto." disse porgendomelo. "Cioé volevo dire che... A noi fa crescere i peli sul petto. Non nel vero senso della parola. Insomma... Hai capito, no?" aggiunse imbarazzato grattandosi la testa.
Risi e allontanai la bevanda:"Si ho capito. Meglio non rischiare comunque." 
"Posso farti una domanda?" chiese dopo alcuni attimi di silenzio.
Annuii allungando le gambe.
"A cosa stavi pensando oggi sulla torre?" 
A parte il fatto che sei bellissimo? Pensai trattenendo una risata.
"Al fatto che non so come sono fatta." ammisi.
"Non mi ero mai posto una domanda del genere." disse lui buttando giú un altro sorso di quella sostanza.
"Mi potresti descrivere?" chiesi.
Lui sembró non aspettarsi una richiesta del genere così rifletté in silenzio, incerto su cosa rispondere.
"Hai gli occhi azzurri e i capelli neri. Molto lunghi direi. E lisci." disse prendendo in mano una ciocca dei miei capelli e giocandoci.
"Poi hai delle labbra carnose e rosa... Un piccolo neo proprio qui." disse sfiorando la pelle appena sotto il mio labbro inferiore. A quel tocco la mia pelle sembró prendere fuoco e la sensazione allo stomaco riprese il sopravvento.
"Hai la pelle liscia e..." si fermo ad accarezzarmi una guancia. "Quando sorridi ti compare una fossetta. Solo una peró. Qui nella guancia destra." disse abbassando la mano.
"E hai delle mani molto piccole." disse accarezzando il palmo della mia mano. 
Incrociò le sue dita con le mie e a quel punto le farfalle presero a scalciare contro le pareti del mio stomaco senza fine.
Fissai le nostre mani incrociare per alcuni secondi e poi incrociai il suo sguardo.
Arrossii lievemente quando mi accorsi che i nostri volti erano molto vicini.
Sentivo il suo respiro caldo sulla mia pelle. Inizió ad avvicinarsi a me.
Oddio. Oddio. Oddio. Sta veramente per accadere? Oddio. Oddio. Io svengo.
Pensai fissando le sue labbra.
"Dov'é finita la Fagiolina? Dobbiamo combattere!" urlò Gally alle nostre spalle.
Sussultammo entrambi e ci allontanammo immediatamente.
Il mio odio verso Gally stava crescendo.
"Forse dovremmo tornare." ammise Newt alzandosi e distaccando la sua mano dalla mia.
Annuii dispiaciuta e scavalcai il tronco su cui eravamo appoggiati.
"Aspetta." disse afferrandomi il polso. Mi girai senza guardarlo negli occhi.
Mi prese il mento con le dita e mi obbligó a guardarlo.
"Gally é..." disse cercando le parole.
"Gally é forte, ma non veloce. Sfrutta questa cosa a tuo favore nel combattimento."
Annuii e scivolai mal volentieri dalla sua presa.
Non seppi perché ma avevo come l'idea che volesse dirmi qualcos'altro. 
Forse ci speravo e basta.
"Eccomi Gally." urlai andandogli incontro.
Lui mi circondó le spalle con il suo braccio.
"Bene. Stavo quasi pensando che te la fossi data a gambe." disse ridendo.
"Beh ti sbagliavi. Dopo il combattimento sarai tu a dartela a gambe, testa puzzona." risi entrando nel cerchio disegnato a terra.
Gli altri risero e fischiarono divertiti.
"Si come no." disse lanciando un'occhiata che fece zittire tutti. "Tranquilla ci andró piano con te." disse entrando anche lui nel cerchio.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


"L'unica cosa che devi fare è buttarmi fuori dal cerchio." disse aprendo le braccia in segno di sfida.
"E come caspio faccio?" gli chiesi alzando un sopracciglio.
"Così." esclamò correndomi in contro. Indietreggiai leggermente incapace di muovermi. Mi circondò il busto con le braccia, era una specie di abbraccio, ma molto più violento. Molto.
L'impatto mi tolse il fiato e l'unica cosa che riuscii a fare era aggrapparmi alla sua maglietta sporca di terra.
Puntai i piedi sulla sabbia e cercai in qualche modo di frenare, senza riuscirci.
Poi si bloccò di colpo
"Sei fuori, Fagio." disse lasciandomi. Abbassai lo sguardo e vidi che i miei piedi erano esattamente fuori dal cerchio.
"Ma così non vale! Non ero pronta!" urlai scocciata.
Lui rise e poi si rimise in posizione.
"Allora dimostrami quello che sai fare. Ritenta." esclamò saltellando sui piedi.
Rientrai convinta nel cerchio e ricordai le parole di Newt: "Gally è forte, ma non veloce. Sfrutta questa cosa a tuo favore nel combattimento." 
Scrocchiai le ossa delle dita e del collo e gli dissi di farsi avanti. Ora sapevo cosa dovevo fare. 
Mi avvicinai il più possibile alla linea senza però uscire fuori.
Lui come prima prese la carica e mi corse incontro. Quando fu ad un passo da me, mi spostai di fianco e lui, come previsto, continuò a correre.
Gli feci lo sgambetto e lui cadde a terra.
Fuori dal cerchio, con la faccia spiaccicata contro la sabbia.
Iniziai a ridere e gli dissi: "Sei fuori, Fagio."
Gli altri fischiarono e applaudirono divertiti. 
Lo cercai tra la folla e lo vidi. Newt se ne stava seduto per terra. Era soddisfatto e divertito. 
Quando i nostri sguardi si incrociarono lui ammiccò.
Mi girai nuovamente verso Gally che nel frattempo si era rialzato e si stava togliendo la sabbia dai vestiti.
Mi guardò divertito e poi scosse la testa.
"Hai fegato, ragazza." disse avvicinandosi. Senza preavviso mi sollevò da terra e mi buttò sulla sua spalla.
"Ma ora non hai scampo!" esclamò iniziando a camminare.
Iniziai a ridere. L'idea di averlo battuto così semplicemente era buffa.
Alzai lo sguardo e vidi che tutti ci seguivano ridendo e urlando.
Tutti tranne Newt che se ne era rimasto seduto a terra, con le braccia incrociate sul petto, a ridere come non avevo mai visto ridere nessuno.
Gally mi fece scendere poco prima delle docce, mi fece l'occhiolino e sparì nell'edificio.
Dopo aver sorpassato l'intera folla e tanti abbracci - alquanto imbarazzanti direi - decisi di andare a dormire nel Casolare.
Non avevo fame e mentre gli altri mangiavano io mi sarei potuta stendere e addormentare tranquillamente senza essere disturbata.
Entrai nel casolare e appena alzai lo sguardo vidi Newt che si cavava la maglia.
Arrossii e non riuscii a girarmi.
Lui si rimise in fretta la maglia e diventò rosso anche lui.
"S-scusami. Non pensavo ci fosse già qualcuno." dissi fissandomi i piedi.
"No, scusami tu. Ormai non siamo più tutti maschi e poi ci sono le docce fatte apposta." esclamò grattandosi la testa.
"Dato che sei qui, non potresti darmi il sacco a pelo? Così me ne vado a dormire." chiesi.
Lui annuì e ne prese uno da una specie di scaffale. Me lo porse e poi mettendomi una mano nella schiena mi fece avvicinare a lui.
Con la mano libera alzò leggermente la sua maglia. 
Oddio e adesso cosa vuole fare? Pensai arrossendo.
Lasciò ricadere la sua maglietta e alzò la mia mettendomi qualcosa di freddo tra i pantaloni e la pelle del mio fianco. Ero incapace di muovermi. Anche respirare era difficile in quel momento.
"Così sei più protetta." affermò.
"Protetta?" chiesi con le guance ancora bollenti.
"Il pugnale." disse indicando il mio fianco. "L'ho raccolto quando ti è caduto nella scatola."
Abbassai lo sguardo e vidi una sagoma risaltare da sotto la mia maglietta. Cioè quella di Newt.
"Non per spaventarti. Ma io non ti posso proteggere mentre dormo. Non si è mai troppo sicuri. Alcuni di noi non vedono una ragazza da più di tre anni." disse allontanandosi.
Scossi la testa. Perché stavo ancora pensando a quello che avevo visto pochi secondi fa?
"Io vado a mangiare. Sei sicura di non avere fame?" chiese.
Scossi la testa nuovamente.
"Bene, se hai bisogno di qualsiasi cosa questa notte, non esitare a svegliarmi." disse facendomi l'occhiolino. "Buona notte, Fagio."
"Buona notte, Pive." gli sorrisi.
Rimasi alcuni secondi a fissare la porta, nonostante lui se ne fosse già andato.
Cosa mi prende? Da quando mi comporto così? 
Scelsi l'angolo più remoto nella stanza e vi stesi sopra il sacco a pelo. Vi entrai e dopo svariati tentativi di trovare la posizione più comoda per dormire, caddi in un sonno profondo.

"Corri, Elena! Corri!" sentii una voce alle mie spalle. Mi girai e non seppi per quale motivo ma non riuscii a vedere il volto di chi aveva parlato. Era una voce maschile, questo era chiaro, ma a chi apparteneva e perché non riuscivo a vederlo?
Il suo corpo era leggermente sfocato. Riuscivo a definire per certo solo quello.
"Più veloce! Mettiti in salvo, ti copro io!" urlò fermandosi e osservando qualcosa alle sue spalle.
Esitai qualche istante poi, sentendo dei passi veloci farsi sempre più vicini, ripresi a correre a per di fiato.
Cosa avevo combinato per correre in quel modo? Era come se le mie gambe si muovessero da sole. Io stavo correndo, ma anche se mi ordinavo di fermarmi, non ero io a controllare io il mio corpo.
Dopo aver svoltato un paio di angoli e percorso altrettanti corridoi, mi ritrovai davanti ad una porta. Ero indecisa se aprirla o no.
Perché non mi nascondevo? Perchè stavo esitando?
"Elena mettiti in salvo! Stanno arrivando!" sentii gridare il ragazzo di prima.
Eppure ero sola nel corridoio.
Entrai nella porta e davanti a me si materializzò una specie di gabbia.
"Bastardi non vi dirò mai dov'è andata!" urlò ancora la voce. "Non potete obbligarci a fare questo!" 
Chiusi velocemente la porta dietro di me. Poi sentii dei gemiti e un tonfo sordo. Il ragazzo non urlò più.
Presa dal panico entrai nella gabbia e trovai un liquido al suo interno.
Lo avevo visto fare altre volte, solo che le persone erano costrette a bere quel liquido, mentre io lo avrei fatto di mia spontanea volontà. 
La sostanza mi entrò in bocca e subito notai il suo sapore amaro, che quasi mi fece vomitare.
Sentii una forte fitta alla testa mentre perdevo l'equilibrio e cadevo a terra.
La gabbia aveva cominciato a salire velocemente.
Due uomini entrarono dalla porta. Ma ormai era troppo tardi. Mi ero appena suicidata.

Mi svegliai di soprassalto e mi guardai intorno con il fiato corto.
Un incubo.
Mi misi a sedere e solo dopo alcuni secondi capii dove mi trovavo.
Ero nella Radura, era notte e io ero circondata da Radurai che russavano.
Mi rimisi stesa nel sacco a pelo e notai che stavo piangendo. Respiravo pesantemente e piangevo.
Cercai di calmarmi, ma inutilmente. Cosa avevo appena visto?
Tentai invano di riaddormentarmi e quando capii che era un'impresa ardua, mi alzai e, stando attenta a non spiaccicare nessuno, uscii silenziosamente dal Casolare.
La luna risplendeva in cielo e vederla mi tranquillizzò un po'.
Mi sedetti con la schiena appoggiata contro la parete del Casolare e, chiudendo gli occhi, inspirai profondamente.
L'aria era fresca e pungente sul mio viso. 
"Già sveglia?" chiese una voce. Non mi servì aprire gli occhi per capire che si trattava di Newt.
"Incubo." dissi semplicemente. Lo sentii sedersi accanto a me. Non aprii gli occhi. Non volevo che, guardandomi negli occhi, capisse che avevo pianto.
"Tu cosa ci fai in piedi? Ti ho svegliato?" chiesi preoccupata.
Lui fece schioccare la lingua e poi mi sfiorò la mano. A quel punto aprii gli occhi.
"Dovresti dormire. Domani proverai tutti i lavori della Radura. Ti servono energie." disse scostando la sua mano dalla mia.
Per un attimo mi mancò quel tocco. Con la testa ero ancora dentro il sogno. Mille domande tempestavano la mia mente. La cosa più brutta era che non sapevo rispondere neanche ad una di esse.
"Cosa hai sognato?" mi chiese di punto in bianco.
Scossi la testa indecisa se dirglielo o meno.
"Scusami ma ho paura di rimettermi a piangere se te lo racconto." ammisi sovrappensiero.
Ma sei idiota?! Pensai arrossendo. Non glielo dovevi dire!
Scossi la testa pensando ai peggiori insulti da affibbiarmi.
Mi aspettai una sua risata. 
Dopo alcuni secondi sentii il suo caldo abbraccio attorno a me. Mi strinse a lui e tutto quello a cui stavo pensando in quel momento, compreso il sogno, svanì in un istante.
Appoggiai la testa sulla sua spalla e chiusi nuovamente gli occhi.
Sentii il sonno farsi strada nel mio corpo e a stento percepii un'ultima frase.
"Tu dormi. Penso io a scacciare i tuoi incubi"

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


Quando aprii gli occhi era ancora tutto buio. Mi girai su me stessa e appena alzai lo sguardo notai che Newt era a qualche centimetro dal mio viso.
I nostri nasi si stavano sfiorando e sentivo il suo fiato caldo sulla pelle. Stava dormendo beatamente.
Mi guardai intorno. Tutti dormivano. 
Come ci sono arrivata io dentro il Casolare? Pensai.
Mi ricordai la frase dolce di Newt e sorrisi. Era questo che intendeva con "Ci penso io a scacciare i tuoi incubi." Beh devo dire che ci stava riuscendo. Alla grande.
Doveva essere notte ancora. Così decisi di approfittare di quelle braccia calde che mi stringevano e tornai a dormire per la terza volta.

Mi svegliai, ero riposata ma le palpebre mi pesavano comunque. Decisi di tenere gli occhi chiusi per gustarmi gli ultimi minuti nel sacco a pelo.
"Tra quanto pensate si sveglierà?" chiese una voce. 
Pensai di stare ancora sognando, così sospirai per scacciare quella voce fastidiosa dalla mia testa.
"Siamo qui da mezz'ora. Mi sto stancando." disse ancora un'altra voce.
"Vi dico che ne vale la pena."
"E come fai a saperlo?! É la prima volta che vedo una ragazza dormire. E sicuramente é anche la vostra prima volta." 
Cosa? Quindi non sto sognando!
Sbarrai gli occhi e misi a fuoco tre figure che mi stavano fissando in modo alquanto spaventoso.
"Avevi ragione. Vedere una ragazza svegliarsi é la cosa piú bella che ho visto fino ad ora nella Radura." 
"Buon giorno raggio di sole. Sorgi e risplendi." disse un ragazzo biondo ridendo.
"Andatevene." ordinai con la voce impastata di sonno. 
Mi coprii il viso con il sacco a pelo e gli feci segno di sloggiare e lasciarmi in pace.
"Ti abbiamo lasciata dormire, ma ora ti devi svegliare." disse scuotendomi.
"Mmmh." mugugnai. 
"Come vuoi tu. Se non vuoi uscire dal Casolare ti ci porto io fuori." disse ridendo.
Sì come no... Pensai rigirandomi e dandogli le spalle.
Mi sentii sollevare in aria e solo allora sbucai fuori dal sacco a pelo.
Il ragazzo biondo mi aveva preso in braccio e mi stava portando verso l'uscita.
Perché tutti avevano questa fastidiosa abitudine di prendermi in braccio?
Una volta fuori dal Casolare lo minacciai: "Lasciami immediatamente oppure ti picchio. Forte." 
Lui accennó una risata e il suo amico moro mi schernì: "Woh che minaccia. Mi sploffo addosso. Hai sentito, Zart?"
"Come vuoi." disse semplicemente il biondino, che sembrava chiamarsi Zart. "Allora ti lascio cadere a terra."
"No, no, no, no! Non ti azzardare a farmi cascare." urlai aggrappandomi al suo collo.
Ero ancora avvolta nel sacco a pelo e non ci tenevo a sfracellarmi a terra di prima mattina.
Lui rise e poi mi appoggiò a terra delicatamente.
Solo allora sgusciai fuori dalla mia tana calda.
Mi stiracchiai e sentii la lama del pugnale sfregarmi la pelle.
Mi ero quasi dimenticata di averlo. Fortunatamente non mi ha ferita.
"Cos'é quella cosa?" chiese una voce.
Abbassai lo sguardo e solo allora notai il bambino paffutello che stava fissando la protuberanza della mia maglietta.
"Niente." mi affrettai a dire incrociando le braccia al petto.
"Chuck-sploff ha ragione. Cosa ci nascondi?" disse Zart avvicinando la sua mano al mio fianco.
Indietreggiai urtando il moro che prima mi aveva sbeffeggiato.
I due ragazzi si scambiarono un'occhiata di intesa e il ragazzo moro alle mie spalle mi bloccó i polsi.
"Dai ragazzi, state esagerando." disse Chuck.
Zart velocemente mi alzó la maglietta, ignorando le continue lamentele di Chuck.
Quando estrasse il pugnale sentii una fitta nel fianco.
Abbassai lo sguardo e notai un taglio all'altezza della vita.
"Ehi mi hai tagliato, testa di sploff." dissi guardandolo male.
Da quando parlo così io? 
Quelle parole, che sulla bocca degli altri avevano tutto un altro suono, dette da me sembravano alquanto buffe.
Infatti Zart si mise a ridere.
"Zart! Se lo scopre Newt ti ammazza." esclamò Chuck preoccupato. "Ci ammazza tutti."
"Stai zitto palla di lardo. Aria, forza! Smamma!" ordinò dandogli uno spintone e facendolo cadere a terra.
Chuck si alzó faticosamente e mi guardó con aria triste per poi correre via.
Per un attimo mi fece pena. Perché lo chiamavano con quei soprannomi orribili?
E io che pensavo che Fagiolina fosse brutto.
"Allora... Cosa ci fa una ragazza con un pugnale in mano?" chiese Zart spostando la sua attenzione dall'arma a me.
"Vorrai dire nei pantaloni." rise il moro che stringeva sempre più le sue mani sui miei polsi.
"Esattamente, Glader." disse Zart scocciato da quell'intervento.
"Ripeto la mia domanda. Cosa ci fai con un pugnale? Chi te lo ha dato?" chiese avvicinandosi.
Serrai le labbra.
Se glielo avessi detto Newt sarebbe andato nei guai?
Non volevo rischiare e così stetti zitta.
"Sei sorda? Ti ho chiesto..." 
"Ci sento benissimo, Zart-sploff." dissi alzando un sopracciglio.
"Come mi hai chiamato?" chiese serrando la mascella.
"Sei sordo?" chiesi senza riuscire a trattenermi.
Era troppo divertente.
"Stai scherzando con la persona sbagliata, ragazzina." disse appoggiando la sua fronte sulla mia.
"Woh che minaccia. Mi sploffo addosso." ripetei.
Perché non riuscivo a fermarmi?
"Questo é troppo... Ora tu..."
"Lasciatela andare. ORA!" intervenne una voce alle spalle di Zart.
Il ragazzo si giró, lasciandomi libera la visuale.
Newt si stava avvicinando a noi con passo lungo e veloce. Zoppicava, ma nonostante questo non si fermó finché non fu a qualche centimetro da Zart.
"Ti ho detto di lasciarla in pace." si rivolse a Glader.
Lui molló la presa e finalmente mi allontanai da lui massaggiandomi i polsi.
"E tu ridalle il pugnale." ordinò a denti stretti.
Zart più scocciato che spaventato me lo porse.
Lo afferrai e lo riposi sotto la maglietta. Feci per abbassarla, ma Newt mi afferró il polso.
"Cos'hanno fatto? Perché sanguini?" chiese esaminando la mia pelle rossa.
"É stato un incidente." si giustificó Zart.
Newt alzó in aria il mio polso e glielo mostró. Sulla mia pelle erano rimasti i segni della ferrea presa di Glader.
"Anche questo é stato un incidente?" chiese furioso.
Non lo avevo mai visto così arrabbiato prima d'ora.
"Aspettate che lo venga a sapere Alby. Oh, quando lo verrà a sapere potete ritenervi morti." disse accennando un sorrisetto.
Cosa intendeva?
"Non vorrai spedirci nel labirinto, vero?" chiese Zart spalancando gli occhi.
"Non ci si mette le mani addosso." recitó Newt. "É la regola. Comunque spetta ad Alby decidere. Se fosse stato per me voi sareste già fuori da un bel pezzo."
I ragazzi si guardarono e ammutolirono.
"Riguardo a te Chuck." aggiunse infine. "Solo perché sei venuto ad avvisarmi ti risparmieró. Ma questa sera non cenerai." 
Chuck impallidì improvvisamente. Per lui doveva essere una punizione veramente severa data la sua reazione.
"Ora tornate ai vostri lavori scansafatiche di sploff." ordinó.
I ragazzi si sparsero per la Radura lasciandoci soli.
"G-grazie." sussurrai temendo fosse arrabbiato anche con me.
"Come stai?" chiese rivolgendomi finalmente la sua attenzione.
"Bene." affermai.
"Sono stato un idiota a lasciarti sola. Avrei dovuto svegliarti con me, ma non me la sentivo dopo l'incubo che hai fatto questa notte." disse abbassando lo sguardo.
Lo abbracciai.
Mi accorsi solo dopo qualche secondo del gesto che avevo appena compiuto.
Mi era venuto spontaneo eppure ero incredula di averlo fatto.
Anche Newt sembró sconcertato. Di certo non se lo aspettava.
Lui, dopo alcuni istanti di esitazione, mi strinse tra le sue braccia, appoggiando il mento sulla mia testa.
Era parecchio piú alto di me e il mio viso sprofondava nel suo petto.
"Prometto che ti proteggeró. Sempre."
Annusai il suo dolce prufumo. 
Aveva lo stesso profumo che aveva la maglietta. Quell'odore mi faceva stare bene. Era come un calmante per i miei mille pensieri.
Era come un calmante per il mio cuore

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


Mi sciolsi dal suo abbraccio e cercai di non guardarlo negli occhi. Ero rossa, totalmente rossa in viso.
"Vieni. Ti porto da Jeff." disse prendendomi per mano e guidandomi.
"Chi è Jeff?" chiesi aumentando il passo e affiancandolo.
"Un Medicale. Ti disinfetterà la ferita e te la fascerà." disse.
Nonostante mi parlasse con calma sembrava ancora arrabbiato. Vederlo così mi distruggeva.
Entrammo in una stanza che ricordava vagamente una farmacia. C'erano tre letti abbastanza sporchi, buttati sopra una specie di brandina di legno.
"Qual è il problema Newt?" chiese un ragazzo magrolino e scuro di pelle, avvicinandosi a noi.
Newt mise una mano dietro la mia schiena per farmi avvicinare a lui e poi alzò leggermente la mia maglietta mostrando il taglio.
Tolse attentamente il pugnale e se lo infilò in tasca.
"Sei da un giorno nella Radura e già ti fai male?" rise il ragazzo facendomi cenno di sedermi.
Mi accomodai sul letto più vicino e attesi in silenzio.
"Non è stata colpa sua. Zart e Glader sono dei gran pezzi di sploff." disse Newt facendosi rabbioso in viso.
"Non ti preoccupare. Non è nulla di che preoccuparsi. La disinfetto e ci metto una garza." disse alzandomi la maglietta e avvicinando alla mia pelle un panno umido.
All'inizio la ferita bruciò. Supposi che in quel panno doveva esserci qualche sostanza, oltre all'acqua.
Dopo aver tamponato diverse volte per far sparire il sangue, mi applicò una garza bianca e pulita sopra il taglio e la fissò ai bordi con una specie di scotch.
"Fatto." esclamò il Medicale abbassando la mia maglietta. "La paziente è sopravvissuta all'operazione."
Risi pensando che qualcuno aveva ancora dell'ironia in un posto orribile come quello.
"Grazie, Jeff." disse Newt scortandomi all'uscita.
Una volta fuori mi disse di seguirlo. 
"Allora oggi inizierai a provare diversi lavori. Sei agitata?" chiese guardandomi negli occhi.
A dire la verità me lo ricordo solo ora. Pensai. 
Scossi la testa in silenzio e lui continuò: "Inizierai dalla cucina, con Frypan. Starai lì per qualche ora e poi verrò a prenderti. Vedi di non cacciarti in altri guai finché non ci sono. Okay?" chiese.
Annuii silenziosamente e lo osservai attentamente in volto.
Era ancora arrabbiato. Molto arrabbiato. Anche se cercava di nasconderlo ai miei occhi.
Perché continuava a tenere il broncio? Io stavo bene. Anche Jeff aveva detto che non era grave. Gli altri avevano avuto la loro punizione.
Cercai in qualche modo di discostarlo da quel pensiero.
"Tu che lavoro fai?" chiesi attirando la sua attenzione nuovamente.
"Lavoro negli Orti. Sono uno Scavatore." disse.
"Allora posso farti una domanda?" chiesi.
Lui annuì silenziosamente e attese.
"Come fate a innaffiare gli Orti? Nel senso... quando non piove, dove trovate l'acqua?"
"Noi non innaffiamo gli Orti. Qui non piove mai. Mai. L'acqua viene pompata da una serie di tubature sotterranee: è sempre stato così, altrimenti saremmo tutti morti da tempo." spiegò.
Chi avesse creato quel luogo doveva essere un genio. Tuttavia rimaneva sempre una testa di sploff.
"Newt?" lo chiamai fermandomi.
Lui si girò e mi squadrò con aria interrogativa.
"Chi ci ha mandati qui?" chiesi.
"Non lo sappiamo. Noi li chiamiamo Creatori. Ci controllano attraverso le Scacertole." disse facendomi cenno di continuare a seguirlo.
Scacertole? 
Lui sembrò leggermi nel pensiero - come ci riusciva ogni volta? - e mi rispose: "Sono come delle lucertole, ma sono argentate e hanno delle luci rosse che si accendono e spengono ad intermittenza. Sono come una specie di videocamera. I Creatori ci osservano attraverso i loro piccoli occhi malefici."
"Capito..." dissi semplicemente.
"Altre domande, Fagiolina?" chiese.
"Sì: potresti non chiamarmi così, per favore?" dissi più gentilmente che potevo.
"E come dovrei chiamarti? Sentiamo." disse ridendo.
Come ho fatto a dimenticarmi di dirglielo? E' l'unica cosa che mi ricordo su di me e non gliel'ho detta. Che idiota. Pensai dandomi una botta in testa.
"Elena." sorrisi.
Lui piantò i piedi nel terreno fermandosi di botto. Non se lo aspettava. 
Si girò e mi guardò dalla testa ai piedi. 
"Nah. Meglio Fagiolina." disse bloccando la mia testa con il suo braccio e strofinandoci sopra le nocche. Si mise a ridere e mi strinse a sé. Supposi che quella doveva essere una dimostrazione di affetto tipica maschile. Risi anche io e gli circondai la schiena con il mio braccio.
Arrivammo in cucina e Frypan mi rivolse un sorriso a 32 denti.
"Com'è che arrivate abbracciati?" chiese rivolgendo un'occhiata maliziosa a Newt.
"La Fagiolina si è appena ricordata il suo nome: Elena." disse lasciandomi andare.
"Bene, Fag... Elena! A quali lavori sei candidata, oltre al mio?" chiese curioso.
"Solo al tuo e come Medicale." disse Newt sedendosi su uno sgabello.
"Perchè avete escluso gli altri?"
"Beh, direi che Insaccatore, Costruttore e Squartatore sono esclusi a priori per una ragazza. Poi Velocista non se ne parla. E Spalatore come ultima scelta, ma credo che la ragazza qui presente avrà molto potenziale da mostrarci." spiegò facendomi l'occhiolino.
"E Scavatore?" chiese Frypan cavando da uno scaffale una padella arrugginita.
L'espressione di Newt cambiò totalmente. Divenne più cupa e seria, come se gli avesse appena nominato la morte. Non capii.
L'idea di lavorare con Newt mi allettava. Avremo potuto passare più tempo assieme. 
Forse non mi vuole tra i piedi? Pensai diventando triste.
"Diciamo che ha avuto delle divergenze con quella testa di caspio di Zart. Anche se la facessi provare non la prenderebbe mai." disse.
Ricollegai tutto. Quindi Zart è l'Intendente degli Scavatori? 
"Capisco... Beh allora mettiamoci al lavoro senza fretta, Elena." propose porgendomi un tagliere di legno.
"Buon lavoro. La vengo a riprendere tra due o tre ore." disse alzandosi dallo sgabello. "Non affettarti un dito. Ti sei già fatta male abbastanza per oggi." si rivolse a me.
Annuii divertita e presi in mano un coltello.
"Cosa prepariamo di buono?" chiesi. 
"Spezzatino di maiale e patate. Inizia pelando le patate e tagliandole a pezzettini. Io penso alla carne." mi indicó un sacco non molto distante dai miei piedi.
Presi alcune patate e iniziai a pelarle e tagliarle in piccoli pezzetti.
"A proposito: grazie per il suggerimento del formaggio sulla carne, ieri. E' stato veramente un successo. Ma come mai non hai mangiato?" chiese affettando un grosso pezzo di carne.
"Non avevo fame. Ora me ne pento. Non ho fatto colazione oggi e non mangio da ieri a pranzo." risi grattandomi la testa col braccio.
"Comunque ho messo da parte la tua porzione. La puoi mangiare oggi a pranzo con la zuppa." disse sorridendomi. "Molti se la volevano mangiare. Soprattutto Minho. Minho ha sempre fame."
Risi sovrappensiero.
Ultimamente mi ero scoperta a pensare spesso a Newt. E quello era uno di quei momenti.
Un'ora passò velocemente. Frypan, tra un pezzo di carne e l'altro, mi ripeteva spesso di quanto sarebbe stato felice di scegliermi per questo lavoro. Mi disse che ero brava, capace, silenziosa e soprattutto svelta. Non chiedevo troppe cose ed eseguivo subito quello che mi diceva di fare.
Scoprii che mi piaceva cucinare: era rilassante. Tuttavia mi allettava di più la professione del medicale. Avrei potuto aiutare gli altri veramente. Curare le loro ferite e tirargli su il morale. Proprio come aveva fatto Jeff con me. 
"Ma dimmi... tra te e Newt sta nascendo qualcosa?"
La domanda che udii bastò a tirarmi brutalmente fuori dai miei pensieri.
"Cos-cosa?" chiesi lasciandomi fuggire di mano un cucchiaio, che cadde a terra.
Io e Frypan ci chinammo all'unisono per raccoglierlo e così ci demmo una testata.
Mi misi a ridere coprendo con il palmo destro il punto in cui mi ero fatta male.
Frypan fece lo stesso dimenticandosi totalmente della domanda che aveva fatto.
Meglio così. Pensai. Non avrei saputo rispondergli comunque.
"Ti piace, di la verità... Vedo come lo guardi. Sembri Chuck quando vede del cibo." disse serio.
Mi misi a ridere imbarazzata. E ora cosa rispondevo?
"Io... Io credo che... Insomma..." dissi appoggiando il cucchiaio sul tavolo in legno.
"Elena, andiamo? Ti porto da Jeff." intervenne Newt entrando all'improvviso in cucina.
Entusiasta salutai Frypan con la mano e lo seguii fuori. Mi aveva appena salvato e non lo sapeva neanche.
"Com'è andata?" chiese sorridendomi.
"Bene. E' stato bello. A Frypan piace parlare, certo. Ma è simpatico e pieno di calore." dissi avvicinandomi di più a lui.
Lui sorrise e annuì.
Le nostre dita si sfioravano a tratti. A lui non sembrò dare fastidio. Chissà forse non se ne era neanche accorto. So solo che ogni volta che sentivo il suo tocco sulla mia mano, le farfalle diventavano matte nel mio stomaco.
Una volta arrivati, Newt aprì la porta e salutò Jeff che era intento ad esaminare la ferita alla testa di Gally.
Chissà cosa ha fatto.
"Cosa hai fatto, Pive?" chiese Newt leggendomi nel pensiero.
Ma è mai possibile?! Pensai ridacchiando.
"E' cascato ed ha sbattuto contro un sasso appuntito." esclamò Jeff allontanandosi dal ragazzo.
"Certo che potevi evitare Jeff. E comunque è stato quell'imbecille testa di caspio di Winston a farmi lo sgambetto." sottolineó Gally diventando rosso.
"Scusami se non ti ho fatto fare colpo sulla Fagiolina. Pensavo che avessi perso le speranze dopo ieri sera." rise alzando le sopracciglia. "A proposito: proprio un bel lavoro, Fagio. L'hai umiliato e battuto così semplicemente e senza sforzo come non faceva nessuno da... beh, da sempre. Ora sei tu l'imbattuta." aggiunse facendomi l'occhiolino.
"Guarda che l'ho lasciata vincere." borbottò Gally guardando in basso.
"Scusate, ma io avrei fretta. Allora Jeff, la lascio nelle tue mani." disse Newt salutandolo. 
Prima di andarsene via mi posò una mano sulla schiena e mi sussurrò: "Jeff ha ragione. Sei stata grande. Mi ero dimenticato di dirtelo." 
Sentii il suo respiro farmi solletico sul collo, ma non mi allontanai da lui. Ogni volta che eravamo vicini, il mio corpo veniva percorso da un brivido piacevole.
Una volta che Newt se ne fu andato, Jeff mi spiegò cosa fare: "Sei stata fortunata: c'è un malato che puoi curare. Così riesco meglio a valutarti. Gally è nelle tue mani. Questione di vita o di morte: quel taglio potrebbe portarlo alla pazzia, dato come si è lamentato prima." 
"Guarda che io sono ancora qui, faccia di caspio." constatò Gally lanciandogli un'occhiataccia.
"Sono a tua disposizione: chiedimi qualsiasi cosa ti serva e te la troverò." disse ignorando completamente il ragazzo.
"Tutto quello di cui ho bisogno lo trovo da sola, grazie comunque. In caso mi prendessi come Medicale, se non sapessi dove sono le cose che mi servono non potrei curare nessuno." affermai sorridendogli.
"Bene, allora vado a procurarmi della salvia negli Orti. Torno tra poco." disse ricambiando il sorriso. E poi rivolto a Gally ordinò: "Tieni giù le zampe da lei mentre non ci sono, razza di incaspiato." 
Gally scosse la testa sbuffando e Jeff uscì dalla porta, lasciandoci soli.
"Ha già disinfettato la ferita?" chiesi.
Lui scosse la testa e così andai alla ricerca di quel liquido che Jeff mi aveva versato sul taglio. Lo trovai dopo diversi secondi. Ci inzuppai uno straccio e mi avvicinai a Gally che era ancora seduto sul letto sbilenco.
Mi sedetti di fianco a lui e iniziai a tamponare, provocando sul suo viso una smorfia di dolore.
"Vacci piano, Fagiolina. Ho capito che sei forte: non c'è bisogno che premi così tanto." disse ridendo.
"Scusa." risposi arrossendo. Soffiai leggermente sulla ferita e chiesi: "Così va meglio?"
Lui annuì imbarazzato e così ripresi a tamponare. Una volta levato il sangue esaminai il taglio. Era piccolo e non c'era niente di cui preoccuparsi. Presi uno dei tanti cerotti posati sul mobile accanto al letto, lo aprii e lo appoggiai sulla ferita, facendolo aderire bene alla pelle.
"Finito." annunciai. "Il paziente è sopravvissuto con successo all'operazione." dissi imitando Jeff.
"Sei proprio strana, Fagio." disse stendendosi sul letto. "Sei diversa dagli altri."
"Certo: sono una ragazza. Ricordi?" dissi accennando una risata.
"Non intendo quello. Il fatto è che quando sei arrivata tu, tutti sembrano sentire di meno il peso del Labirinto che ci circonda. Soprattutto io. Da quando sei arrivata sono diverso..." disse fissando il suo sguardo fin troppo sui miei occhi. "Mi piaci." aggiunse alla fine.
"Beh, spero di piacere anche agli altri." ammisi arrossendo.
Soprattutto a Newt. Aspetta... cosa? Pensai sbarrando gli occhi. Ho veramente pensato, quello che penso di aver pensato? Cosa? Io non... lasciamo perdere. 
Scossi la testa scacciando definitivamente quel pensiero.
"Agli altri piaci. Ma io intendevo che tu mi..."
Jeff entrò di colpo interrompendoci.
Sotto lo sguardo infastidito di Gally, Jeff si bloccò sulla soglia della porta. "Ho forse interrotto qualcosa?" chiese aprendo le braccia.
"No." esclamai alzandomi.
"Sì." esclamò Gally alzandosi anche lui.
"Perfetto, mi fa piacere vedervi d'accordo. Allora, com'è andata? Hai trovato tutto quello che ti serviva, Fagio?" chiese ignorando un'altra volta il ragazzo.
"Certo. E comunque mi chiamo Elena." sottolineai appoggiando il panno sporco di sangue sul tavolo.
Jeff e Gally mi guardarono sbalorditi. 
"Quindi te lo ricordi?" chiesero all'unisono.
Annuii ad entrambi. "Allora seguimi. Ti porto a scrivere il tuo nome sul Muro." propose Gally prendendomi per mano e trascinandomi fuori.
"Per me sei già dentro i Medicali, ragazza." urlò Jeff correndo fuori. "Non ho bisogno di altre dimostrazioni."

*Angolo scrittrice*
Scusate se questo capitolo é stato noioso e lungo... Non avevo molta ispirazione... Al prossimo capitolo pive!
Dalla vostra Inevitabilmente_Dea ❤

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. ***


Una volta arrivati davanti ad un muro del labirinto, Gally si fermò e mi indicó delle incisioni sulla pietra.
Mi avvicinai e le osservai attentamente. C'erano almeno 50 nomi incisi, tutti maschili ovviamente, ma quello che mi incuriosì fu vedere che alcuni nomi erano barrati da delle linee strorte e tremolanti.
"Perché alcuni sono cancellati?" chiesi sfiorando un'incisione.
"Quanti siamo nella Radura, più o meno?" chiese Gally rispondendo alla mia domanda con un'altra domanda.
"Non so... Forse una trentina." dissi.
"E quanti nomi ci sono scritti?"
"Cinquanta più o meno." dissi iniziando a capire.
"Quindi..." aggiunse lui cavando un coltello dalla sua tasca.
"Sono morti." sussurrai arrivando alla conclusione.
"Bingo, piccola. Devi imparare a fare meno domande agli altri e trovare le risposte da sola. É così che funziona la Radura. Ci sono cose che capirai e altre no. La vita continua comunque." disse porgendomi il coltello.
Lo presi e appoggiai la lama alla parete, iniziando ad incidere con forza.
Gally aveva ragione. Dovevo svegliarmi e iniziare a vivere come facevano gli altri. Meno domande e piú fatti.
Una volta scritto il mio nome, restiruii il coltello a Gally che se lo rimise in tasca.
Lui aprì la bocca e fece per dire qualcosa, quando un rumore sordo attiró la nostra attenzione.
Proveniva da dentro il labirinto.
Per un attimo pensai che le porte si stessero chiudendo, ma era ancora troppo presto. Guardai Gally con aria interrogativa. Lui ricambió lo sguardo, poi si diresse verso l'edera che ricopriva parte del muro alla mia destra. Scostó la pianta e scoprì una finestra larga almeno sei centimetri.
Non appena guardó attraverso di essa il suo sguardó diventó vuoto e impaurito.
Cosa sta guardando?
Mi avvicinai anche io e guardai oltre il vetro.
Quello che mi si parava davanti era spaventoso.
Un grosso animale nero, se così si poteva definire, dalle dimensioni di una mucca, che peró non aveva una forma ben definita, si agitava e si rotolava a terra, mostrando a tratti le zampe nere e altri prolungamenti pieni di armi affilate: una lama da sega, un paio di cesoie e delle lunghe lance.
La creatura rivolse il suo sguardo e per un attimo mi sembró di scorgere i suoi occhi neri. Vidi una scritta dentro i suoi bulbi oculari.
Sforzai la vista e socchiusi leggermente gli occhi.
W.I.C.K.E.D.
Fu tutto quello che riuscii a leggere prima che la creatura gibbosa si scagliasse contro la piccola finestra.
Indietreggiai spaventata quando andó a sbattere con forza contro il muro.
Inciampai contro qualcosa e caddi a terra rumorosamente.
Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla creatura.
Cos'era?
Perché c'era una creatura così spaventosa nel Labirinto?
L'unica cosa che ci separava era un muro.
Un caspio di muro che poteva cascare da un momento all'altro.
Mi trascinai a terra il piú lontano possibile dalla creatura che continuava a sbattere contro la finestrella e continuava a fissarmi in modo dannatamente inquietante.
Dopo alcuni istanti Gally si voltó e mi guardó con uno sguardo impaurito. 
Lasció cadere l'edera sulla finestra nascondendo il mostro dietro di essa.
Solo allora riuscii a distogliere lo sguardo e a tirare le ginocchia al petto, circondandole con le braccia e incastrandoci in mezzo la testa.
Mi accorsi di trattenere il respiro, così lo lasciai andare velocemente.
La mia mente continuava a proiettare la creatura nei miei pensieri, facendomi diventare ogni secondo piú spaventata e agitata.
Sentii qualcosa sulla mia spalla e urlai lasciando fuggire delle lacrime.
Mi allontanai e solo dopo alcuni secondi riuscii ad alzare lo sguardo, utilizzando l'ultimo pezzo di coraggio rimasto.
Vidi sollevata che era semplicemente Gally, che ora mi guardava turbato con viso paonazzo. Forse non si aspettava una reazione del genere.
"Cretino." sussurrai mettendomi in piedi con le gambe tremanti, che mi reggevano a stento.
"Scusami, non avrei dovuto." disse avvicinandosi.
Scossi la testa. No... Non avrebbe proprio dovuto! 
Mi ritrovai in un secondo circondata dalle sue braccia muscolose, che mi abbracciavano per confortarmi.
Rimasi turbata dal suo comportamento.
Il suo abbraccio non era simile a quello di Newt. Mentre quello di quest'ultimo era delicato e dolce, quello di Gally era forte e solido. Quasi come se cercasse disperatamente dell'affetto da provare sulla propria pelle.
Appoggiai la testa sul suo petto e sospirai asciugandomi le lacrime con le mani.
Forse ho avuto una reazione eccessiva. Riflettei.
Feci pressione sul suo petto e lui mi sciolse dell'abbraccio.
"Scusami. Ho avuto una reazione eccessiva. Solo che pensavo che il... Il mostro mi avesse raggiunto." dissi tutto d'un fiato. 
"Quel mostro era un Dolente." disse indicando la finestra ormai coperta di edera.
"Ma Newt aveva detto che di giorno non..." 
"Già, di solito è molto raro vederne uno in pieno giorno." disse grattandosi la testa.
Feci per aggiungere qualcosa, ma una presenza ci raggiunse. Mi voltai e vidi Newt con il fiatone.
"Ti ho sentita urlare. Stai bene?" chiese piegandosi e appoggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato.
Annuii e feci per rispondere, ma Gally mi precedette.
"Abbiamo visto un Dolente attraverso la finestra. Non ti sembra strano vederne uno in pieno giorno?" 
"Frena. Tu le hai mostrato un Dolente?!" disse facendosi cupo in volto. "Ma sei proprio una testa di caspio! Avrà gli incubi per giorni e giorni!" sbraitò avvicinandosi a me.
"Veramente... stai bene?" chiese con voce calma.
Annuii convinta, anche se non ne ero proprio sicura. 
Lui abbassò lo sguardo sulle mie mani.
Quando feci lo stesso mi accorsi di tenere le dita strette e serrate a pugno. Solo allora sentii il dolore che mi stavo infliggendo con le mie stesse unghie. Lui circondò i miei pugni con le sue mani e lentamente mi aprì i palmi sospirando.
"Non sei brava a mentire, Elena." disse soffermando la sua mano sulla mia.
Con la coda dell'occhio vidi Gally serrare la mascella e stringere i pugni. 
Mi voltai verso di lui e vidi che stava fissando le nostre mani unite con rabbia e forse gelosia. Notai un altro sentimento che si faceva strada nei suoi occhi.
I suoi occhi. 
Erano delle mappe azzurre complesse e indecifrabili, circondate da ciglia chiare e lentiggini sparse un po' su tutto il viso. 
Solo dopo che alzò lo sguardo verso di me capii di che sentimento si trattava. Malinconia.
"Io torno al mio lavoro, allora." disse poi sciogliendo la tensione sul viso e andandosene.
"Che gli prende?" chiesi a Newt dopo che Gally se ne fu andato.
Newt si fermò nei miei occhi per alcuni istanti e poi rispose: "Non ne ho idea." 
Mi sentivo come se sapesse la risposta, ma cercasse in tutti i modi di trovare un modo per non dirmela.
"Com'è stato il lavoro come Medicale?" chiese iniziando a camminare.
"Bello. Me ne sono già innamorata." dissi sorridendo. "Quanto manca al pranzo?" chiesi cambiando discorso.
"Credo pochi minuti. Massimo quindici. Perchè? Hai fame?" chiese curioso.
"No... cioè si ho fame, ma prima vado a farmi una doccia." conclusi.
Lui annuì preoccupato e si grattò la testa: "Stai attenta, okay?" disse in fine.
Annuii senza capire. Stavo solo andando a fare una caspio di doccia! Perchè tutta quella preoccupazione?
Quando raggiunsi le doccie, che erano come previsto deserte, mi spogliai velocemente e mi infilai sotto il getto gelido dell'acqua.
Non ero sporca e non puzzavo. Speravo semplicemente che l'acqua lavasse via tutti i miei pensieri, ma soprattutto l'immagine di quel Dolente.
Lasciai uscire un sospiro e poco dopo sentii delle voci entrare dalla porta delle docce.
Riconobbi con riluttanza che si trattava di Zart e forse anche di Glader.
"Potete uscire, per favore?" chiesi temendo cosa avrebbero risposto o peggio cosa avrebbero fatto.
"Oh, Elena! Non sapevamo ci fossi tu qua dentro." esclamò semplicemente Zart. Esitò qualche secondo e poi lo sentii sussurrare qualcosa all'amico. Non capii cosa disse: il getto dell'acqua era parecchio rumoroso.
"Ora usciamo." constatò in fine. Sentii degli ultimi passi e poi il silenzio tornò ad aleggiare nell'aria.
Uscii velocemente. Non volevo rischiare di fare altri brutti incontri. Forse Newt non aveva torto del tutto. Mi asciugai il corpo velocemente, poi infilai la biancheria intima e i pantaloni. Feci per prendere la maglia, ma mi accorsi con orrore che era sparita. 
La cercai dappertutto. Dove potevo averla messa? 
Eppure sono sicura di averla appoggiata qui! Proprio di fianco ai pantaloni! Pensai sbuffando.
Dopo alcuni minuti di vana ricerca, un nome fluttuò nella mia mente. Zart. Era stato Zart.
Infuriata presi un asciugamano e lo avvolsi sopra il reggiseno. Fortunatamente mi copriva abbastanza il petto, ma lasciava comunque scoperto l'ombelico. Prima di uscire feci un profondo respiro, consapevole del fatto che quel giorno sarebbe passato alla storia delle figure di sploff.
Uscii lentamente dalle docce e mi guardai intorno. Tutto era deserto. Sicuramente erano tutti a mangiare.
Feci per camminare verso la cucina di Frypan, quando un singhiozzare catturò la mia attenzione.
Mi voltai e vidi Chuck piangere sotto un albero.
Mi avvicinai e sussurrai il suo nome. Lui alzò la testa di scatto impaurito, poi vedendo che ero solo io, riprese a piangere e a tirare su col naso. Mi abbassai alla sua altezza e gli appoggiai una mano sulla spalla.
"Cos'hai Chuckie?" chiesi con la voce più dolce che mi riusciva.
"Zart. Mi... Lui mi ha..." non riusciva a parlare e veniva interrotto continuamente dai suoi singhiozzi.
Accarezzai la sua testa riccioluta e lui sollevò lo sguardo per vedermi meglio. Aveva un taglio sanguinante sulla guancia paffutella.
"E' stato Zart?" chiesi furiosa.
"Zart e Glad... er." prese fiato. "Mi hanno minacciato e mi hanno detto che se facevo di nuovo la spia a Newt mi mandavano nel Labirinto. Per ricordarmelo mi hanno fatto questa." disse toccandosi la guancia.
Rimasi in silenzio. Cercando di far passare un po' la rabbia.
"Perchè hai addosso un asciugamano?" mi chiese arrossendo.
Chuck mi aveva appena fatto venire in mente un modo per farla pagare a Zart e Glader.
"Zart e Glader sono a mangiare da Frypan, vero?" chiesi assumendo un sorriso malefico.
Chuck annuì asciugandosi le lacrime. 
"Bene. Vieni con me." ordinai prendendolo per mano e guidandolo verso la cucina, obbligandolo ad alzarsi.
"Cos'hai in mente?" chiese smettendo finalmente di singhiozzare.
"Lo scoprirai presto." dissi seria.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. ***


Io e Chuck raggiungemmo la cucina. Mi fermai e mi guardai intorno alla ricerca di Zart e Glader.
Tutti gli sguardi erano fissi su di me. Mi ricordai di avere indosso solo un asciugamano e dei pantaloncini corti. Arrossii all'instante e cercai di ignorare i fischi e vari apprezzamenti provenienti dalla folla.
"Hai un coltello, Chuck?" chiesi rivolgendomi al bambino che tenevo ancora per mano.
Lui annuì e mi porse un piccolo coltellino.
"Cosa stai facendo, Elena? Sei impazzita ad andare in giro così?!" 
Alzai lo sguardo e vidi Newt.
Aveva gli occhi fuori dalle orbite ed era completamente rosso in viso.
"Zart mi ha rubato la maglia mentre ero sotto la doccia. Poi ha fatto questo a Chuck." dissi indicando il taglio sulla faccia del ragazzino. "Voglio ricambiargli il favore."
Newt rifletté un paio di secondi e poi, come mi aspettavo, inizió a dirmi che dovevo lasciar perdere e che gliel'avrebbe fatta pagare lui piú tardi.
Vidi Zart parlare e ridere con Glader. Mangiavano come due maiali seduti su delle panche e appoggiati con la schiena alla parete del Casolare. Accanto a loro c'era la mia maglietta.
Ignorando i vani tentativi di Newt nel farmi cambiare idea, mi avvicinai minacciosa e loro alzarono lo sguardo divertito su di me.
"Hai per caso cambiato look?" chiese ridendo Glader.
"Già questo asciugamano risalta le tue curve." mi sbeffeggió Zart.
Senza pensarci due volte gli sferrai un pugno sul naso, sentendo un crack sonoro.
Le nocche della mia mano bruciavano e mi facevano male, ma cercai di non dare a vedere il dolore.
Glader fece per alzarsi e gli puntai il coltellino al collo.
"Questo era per avermi rubato la maglietta." dissi a Zart, prendendogliela di mano.
Dopodiché gli sferrai un altro pugno sul naso facendogli uscire sangue a fiotti. "E questo é per Chuck." aggiunsi.
"Ma che cavolo fai?" 
Mi girai e vidi Alby venire verso di me e poi bloccarsi vedendomi solo in asciugamano.
Newt gli mise una mano sul petto e gli sussurró qualcosa all'orecchio. Sicuramente gli stava spiegando la situazione.
Approfittai di quel momento di distrazione e mi rivolsi a Zart: "Mi puoi fare quello che ti pare. Vuoi prendertela con me? Va bene! Ma prova a toccare Chuck anche solo un'altra volta e io giuro che ti spezzo tutte le ossa che ti ritrovi in corpo." dissi puntandogli il dito contro. 
Mi infilai velocemente la maglietta, poi sfilai da sotto l'asciugamano.
Lo rigirai tra le mani e poi lo lanciai in faccia a Zart.
"Usalo per pulirti il moccio che ti esce dal naso, testapuzzona." dissi indietreggiando.
Tutti gli sguardi erano fissi su di me. Soprattutto quello di Alby, che trapelava disapprovazione, ma anche un pizzico di divertimento.
"Cos'avete da guardare?!" gridai alla folla. Tutti scossero la testa e tornarono a concentrarsi sui loro piatti.
Restituii il coltello a Chuck ringraziandolo e gli dissi che la ferita l'avremo medicata dopo pranzo.
Andai da Frypan e lui mi porse un piatto di zuppa facendomi l'occhiolino.
"Vuoi anche la carne di ieri sera?" chiese.
Annuii in silenzio e mi passó un altro piatto fumante.
Andai a sedermi nell'unico tavolo presente, tra Gally e Minho.
"Gliele hai suonate a quel pive, eh piccola?" chiese Minho dandomi una gomitata.
"Spero di non doverlo rifare." ammisi massaggiandomi le nocche.
Gally afferrò la mia mano e la esaminó attentamente.
"Dovresti farla vedere da Jeff." disse accarezzando le arrossature.
"C'é chi ne ha piú bisogno." rise Minho. "Da come sanguina il naso di Zart direi che glielo hai rotto." 
Risi anche io. E ritirai la mano dai palmi di Gally.
Iniziai a mangiare sperando che tutti gli sguardi e i sussurri su di me, cessassero all'instante.
Newt ci raggiunse e si mise di fronte a me.
"Ne ho parlato con Alby e non mi sembra contento della situazione." disse rivolgendomi lo sguardo.
"Oh, andiamo! Quando mai Alby é d'accordo su qualcosa?" esordì Minho a bocca piena.
Newt gli lanció un'occhiataccia.
"Lo sai quanto me che tutti avrebbero voluto farlo da tempo. Compreso Alby." ribadì il Velocista dopo aver ingoiato il cibo.
"Sì, ma non é un motivo valido per spaccargli il naso." mi rimproveró.
"Mi sono lasciata trasportare dall'emozione del momento, okay?" dissi alzando le sopracciglia.
"Passerai 24 ore in gatta buia. Alby ti vuole mettere insieme a Zart e Glader." sospiró.
La zuppa mi andó di traverso.
Cosa? Ma se ci siamo appena picchiati! Cioé io l'ho appena picchiato...
Iniziai a tossire facendomi lacrimare gli occhi, così Gally parló per me: "Non se ne parla! Zart é vendicativo e Glader é il suo burattino. La potrebbero ammazzare!" disse battendo il pungo sul tavolo.
"Lo so. Ho cercato di fargli cambiare idea, ma non ne vuole sapere. Comunque non la lascio sola. Starò fuori dalla gattabuia tutto il tempo." disse Newt.
"E se le fanno del male mentre dormi? Non se ne parla! Ci staró anche io." esordì Gally.
"Alby non te lo permetterá mai." disse Minho. "Già é molto se ha dato il giorno libero a te, Newt."
"Oh, al diavolo Alby! Vorrà dire che ti daró il cambio." disse alzando gli occhi al cielo.
"Fermi tutti." dissi.
La situazione si stava facendo pensante.
"Io so badare a me stessa. In caso non ve ne foste accorti." ammisi.
"Allora potremmo ritrovarci a dover evitare che tu li ammazzi entrambi." disse Minho.
Scoppiai a ridere senza riuscire a trattenermi. L'idea di me che li ammazzavo era alquanto buffa.
Newt e Gally sorrisero e in quel momento fui grata a Minho per aver rotto quell'atmosfera cupa.
Finimmo di mangiare silenziosamente, poi mi alzai dal tavolo.
"Dove vai?" chiese Newt alzandosi di scatto.
"Tranquillo, pive. Vado a medicare Chuck." dissi sorridendogli.
"Vengo con te."
Senza che riuscii a ribattere, lui stava già camminando al mio fianco.
Raggiungemmo silenziosamente Chuck, che nel vedermi mi rivolse il sorriso più largo che avessi mai visto.
"Forza, andiamo! Ti curo la ferita." dissi facendogli cenno col capo di seguirmi.
Lui si alzò velocemente e aumentò il passo per starci dietro. Arrivati all'edificio dei Medicali lo feci sedere su un lettino e sotto la supervisione alquanto inquietante di Newt iniziai a disinfettare il taglio.
Newt seguiva ogni mio movimento attentamente come se temesse che sarei scomparsa da un momento all'altro. Forse era per questo che era rimasto all'entrata e mi osservava a braccia conserte.
"Puoi sederti, per favore? Mi metti ansia se stai così." ammisi ridendo imbarazzata.
Lui fece spallucce e si sedette accanto a Chuck, continuando a fissarmi.
"Ti metto così tanto in soggezione?" chiese sorridendo.
"Se solo te la smettessi di fissarmi starei meglio." esclamai dandogli una leggera spinta sulla spalla.
Lui si mise a ridere, contagiando anche me. 
"Bene, Chuck: ho fatto. Te ne puoi tornare a lavorare." dissi facendogli l'occhiolino.
Lui scattò in piedi e corse verso l'uscita, lasciando soli me e Newt.
Rimisi a posto i vari strumenti che avevo usato. Newt continuava a fissarmi. Costantemente.
"Dovresti fasciarti le nocche." disse apparendo ad un tratto dietro di me. Non lo avevo visto muoversi e quasi mi spaventò.
"Nah... non fa poi così male." dissi stringendo i pugni al petto.
Lui prese delicatamente le mie mani e le osservò attentamente.
"Hai delle mani veramente piccole." disse accarezzandomi il dorso della mia mano destra.
"Non è vero!" esclamai. Appoggiai il palmo della mia mano sulla sua per notare quanta differenza c'era. Effettivamente le mie mani erano piccolissime in confronto alle sue, che invece avevano dita affusolate. "Okay, hai ragione." ammisi arrossendo.
Lui incastrò le sue dita alle mie, causandomi una scossa lungo tutta la spina dorsale.
Perchè mi fai questo effetto ogni volta? Pensai fissando le nostre mani strette l'una all'altra

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. ***


Fissai ancora per qualche istante le nostre mani unite.
La sua mano calda e morbida stringeva la mia delicatamente. In quel momento mi accorsi di quanto mi era mancato quel contatto. 
Alzai lo sguardo verso di lui e mi accorsi che fissava i miei occhi. Il suo viso aveva assunto un'aria tranquilla e pacifica, come se avesse trovato conforto a tutte le sue paure e preoccupazioni nelle mie pupille.
I suoi occhi marroni a mandorla rimanevano fissi nei miei, incorniciati da ciglia sottili. 
Ero talmente concentrata su di lui che per poco non sentii aprire la porta. Lui sobbalzò e velocemente ritirò la sua mano dalla mia, assumendo un colore rossastro in viso.
"Newt! Alby ha..." Minho si bloccò davanti all'entrata. Sicuramente doveva aver visto cosa era appena successo tra me e Newt.
"Alby ha?" lo incalzò a continuare Newt.
"Alby vi ha richiamati per l'Adunanza. Ha deciso di farla subito, al posto di questa sera." disse l'asiatico fissandoci con uno sguardo malizioso.
"Bene... allora andiamo." disse Newt facendomi cenno col capo di seguirlo.
"Fermi dove siete." ordinò Minho avvicinandosi a me e mettendomi un braccio intorno alle spalle.
"Mi dovete spiegare cosa ho appena visto. Quindi tu e la bambola qui presente..." disse stritolandomi a sè.
"Smettila Minho. Tu non hai visto niente." sbottò Newt uscendo alla svelta dalla porta.
Minho sospirò e poi iniziò a ridere. "E' proprio una testa di caspio."
Feci spallucce ripensando a quello che aveva appena detto Newt.
"Tu non hai visto niente." Si vergogna a farsi vedere con me? Pensai sospirando.
"Non mi chiedi perchè si comporta così?" chiese Minho alzando un sopracciglio. 
"Come si comporta?" chiesi stupita. Non si comporta sempre così?
"E' geloso, piccola." disse ridendo. "É geloso perché tutti nella Radura ti diamo attenzioni speciali, perché ti diamo soprannomi come piccola bambola."
"Non capisco..." ammisi. Perchè doveva essere geloso? 
"Presto capirai..." disse andandosene.
"Ehi aspetta!" urlai seguendolo fuori. "Non so dove di fa l'Adunanza." mentii.
In effetti non sapevo dove si tenessero le Adunanze, ma volevo cercare di capire perchè aveva detto quelle cose. Non capivo cosa intendesse e dovevo scoprirlo. Forse se gli fossi stata appiccicata tutto il giorno, prima o poi avrebbe ceduto.
Mi disse di seguirlo e ci dirigemmo verso un edificio accanto agli Orti. 
Entrammo e notai che tutti ci stavano aspettando impazientemente. Alcuni tra i presenti erano seduti in due scalinate, mentre altri, che sicuramente non avevano trovato posto a sedere, se ne stavano appoggiati a delle colonne poste nel centro della stanza.
Alby mi indicò una sedia mezza traballante in mezzo alla stanza. Vidi con riluttanza che era stata messa accanto a Zart. Contrassi la mascella e senza fiatare mi misi seduta, incrociando le braccia al petto.
"Ci siamo tutti?" chiese Alby guardandosi intorno. Nessuno disse niente e così il ragazzo continuò: "Sapete tutti perchè siamo qui. Oggi discuteremo di due problemi: uno riguardante i due qui presenti." ci indicò con disapprovazione e poi continuò. "E anche per alcuni problemi riscontrati nel Labirinto, di cui però discuteremo più tardi."
Problemi con il Labirinto? Pensai.
"Zart ed Elena, siete pregati di rimanere in silenzio ad ascoltare l'opinione degli altri Intendenti, finchè non vi sarà chiesto di parlare." aggiunse Newt.
Annuii in silenzio e Newt spiegò brevemente cosa era accaduto, a partire da questa mattina. Tutti ascoltarono in silenzio e quando ebbe finito di parlare, un mormorio acceso, si fece largo tra gli Intendenti.
"Ora, a partire da te Wes, dite cosa ne pensate. In che modo dobbiamo punirli?" chiese Alby indicando un ragazzo che doveva essere l'Intendente dei Costruttori.
"Beh, stando a quello che ha detto Newt... E' vero: la Fagiolina non ha rispettato una delle nostre regole." disse giocando con l'orlo della sua maglietta sporca. "Ma c'è da dire che Zart se l'è meritato. Quindi propongo una notte di Gattabuia per entrambi."
"E' tutto quello che hai da dire?" chiese Newt. Quando il Costruttore annuì distratto, toccò a Minho parlare.
"Io sono d'accordo con Wes, ma dico di punire solo Zart con due giorni di pane e acqua nella Gattabuia. Non l'ha infastidita solo una volta, ma ben due caspio di volte. Lei si è semplicemente difesa." disse Minho scuotendo la testa.
Sentii provenire da Zart una risata isterica. "Ma andiamo... ho coronato il vostro sogno di vederla mezza nuda!" esclamò d'un tratto. 
Strinsi i pugni e mi irrigidii sulla sedia, pronta a spaccargli tutte le ossa del cranio per scoprire se al suo interno esisteva un cervello. 
"Zart!" lo rimproverò Newt, guardandolo in cagnesco. "Devi startene zitto fino alla fine, faccia di caspio."
Zart alzò le mani in segno di resa e le incrociò al petto.
"Bene così." disse Newt. "Winston?"
"Io dico ventiquattro ore di Gattabuia per entrambi."
Parlarono altre quattro o cinque persone, ognuna con idee alquanto simili alle precedenti. Di tanto in tanto Newt appuntava qualcosa su un foglio giallastro.
Per ultimi parlarono Newt e Alby.
"Io dico di fare così: un giorno solo di Gattabuia per la Fagiolina. E' nuova e ancora non sa bene le regole. Mentre due giorni di Gattabuia per Zart. Il primo giorno lo passerete rinchiusi insieme. Chissà magari fate la pace." disse sorridendo falsamente.
Newt si schiarì la voce e inizió a parlarle: "Io ho già espresso la mia opinione questa mattina. Se fosse per me, spedirei Zart nel labirinto." 
Un mormorio si accese nuovamente tra la folla. "Ma..." disse nuovamente attirando l'attenzione. "Dopo i fatti di poco fa, sono d'accordo con Alby. A patto di sorvegliarli durante le ventiquattro ore che staranno insieme. Non sappiamo se Zart le farà di nuovo del male."
"O se io ne farò a lui." mi lasciai fuggire involontariamente, attirando tutti gli sguardi dei presenti. Qualcuno ridacchiò e altri bisbigliarono. Solo Alby rimase serio. Sembrò alquanto scocciato dal mio intervento. Mi odiava così tanto?
"Non possiamo escludere neanche questa possibilità." aggiunse Newt cercando di contenere un sorriso.
Alcuni aggiunsero un bene così e altri si limitarono ad annuire.
"Se qualcuno è contrario alzi la mano." ordinò Alby scocciato.
Nessuno, tranne Zart che venne ovviamente ignorato, alzò la mano.
"Bene così. Newt, portali entrambi alla Gattabuia, poi torna qui. Dobbiamo discutere del Labirinto." ordinò Alby.
Newt uscì dall'edificio e si diresse verso una piccola costruzione in legno, quasi impiantata nel terreno. Io e Zart lo seguimmo a malavoglia.
Poi il ragazzo tirò fuori un paio di chiavi e aprì una porticina fatta di sbarre, facendoci cenno di entrare. Zart con uno spintone mi allontanò ed entrò prima lui.
Feci per entrare, ma Newt mi bloccò.
"Tieni questo." disse porgendomi velocemente il pugnale. "Se ti aggredisce mentre non ci sono, usalo per difenderti." 
Allungai la mano per afferrarlo, ma lui mi abbracciò.
Velocemente mi alzò la maglietta dietro la schiena e lo infilò lì sotto.
"Zart non lo deve sapere." sussurrò al mio orecchio prima di allontanarsi.
Annuii ed entrai nella piccola Gattabuia. Al suo interno non c'era niente, se non una piccola candela, mezza consumata.
Sentii la serratura scattare dietro di me, salutai Newt e mi accucciai in un angolo, iniziando a giocare con i miei capelli.
Sentii Zart sospirare e pregai che non iniziasse a parlarmi.
Ti prego, non parlarmi. Non parlarmi. Non parlarmi. Non...
"Da quando sei arrivata, è cambiato tutto." disse grattandosi la testa.
Ecco. Lo ha appena fatto. 
"Come se fosse colpa mia. Credi che io mi diverta starmene rinchiusa qui, con delle caspio di bestie che ci circondano?" chiesi scocciata.
"Non è questo che intendevo. Tutti si comportano in modo strano da quando sei arrivata. Sembrano tutti... stregati." rise di nuovo.
"Non capisco cosa vuoi dire." sbuffai sperando che la smettesse di parlare.
"Certo che sei proprio ingenua..." alzò gli occhi al cielo. "Non ci sei ancora arrivata?"
"A cosa?!" sbottai. "Tutti mi dite la stessa cosa, ma nessuno me la spiega!"
"Piaci a tutti! Caspio, è così difficile da notare?"
"Beh, se sto simpatica agli altri non credo sia una cosa così grave. Forse sei geloso." dissi sorridendo sarcastica.
Lui scattò in piedi e in pochi secondi me lo ritrovai davanti alla faccia.
Allungai la mano dietro la schiena, pronta ad afferrare il coltello, in caso di necessità.
"Sei come la sorellina minore da proteggere, per almeno la maggior parte dei Raurai. Ma ci sono delle eccezioni: non credo che Newt e Gally ti vedano allo stesso modo." disse allontanandosi da me. "Prima o poi dovrai fare una scelta. Fammi un favore: sbrigati a farla. Alcuni di noi non vedono una ragazza da anni. Gally è una scintilla pericolosa: gli basta un piccolo soffio di vento per accendersi. Si da il caso che tu sia la sua folata di vento."
"Ti sbagli." dissi. Tra me e Gally non c'era assolutamente niente.
"Forse mi sbaglio. Forse no." disse aprendo le mani. "Anche Newt. Vedo come ti guarda e come si comporta quando siete vicini. Hai visto come ha reagito questa mattina, caspio?"
In effetti l'idea di mandarlo nel Labirinto a morire è un po' estremo. Pensai.
"La cosa di cui sono sicuro è che vivevamo pacificamente prima che arrivassi. Non vorrei che per colpa tua scoppiasse qualche lite interna. Qui siamo nella Radura. Non c'è spazio per l'amore e per l'odio. Gally e Newt sembrano esserselo dimenticato." aggiunse guardando fuori dalla gabbia.
"Anche qualcun'altro, mi sa." dissi alzando le sopracciglia.
Lui rise divertito e poi mi guardò serio: "Io non ti odio. Voglio solo evitare i casini che combinerai se continuerai a stare qui."
Ha appena minacciato di uccidermi o è una mia impressione?! Pensai stringendo il pugnale sopra la maglietta.
"Elena?" sentii una voce fuori dalla Gattabuia. Mi affacciai curiosa e vidi Newt.
Il suo volto, prima teso di preoccupazione, si rilassò in un'espressione di calma.
"Starò qui fuori tutto il tempo. Questa notte mi raggiungerà anche Gally e ci alterneremo per rimanere svegli." disse sedendosi con le gambe incrociate a terra. "Se hai bisogno di qualcosa chiedi."
Annuii e lo ringraziai, poi mi appoggiai ad una parete e chiusi gli occhi, sollevata dalla sua presenza che vegliava su di me.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. ***


Aprii gli occhi e mi guardai attorno. Ero stesa su una specie di lettino al centro di una stanza completamente bianca e arredata di qualche armadio dalle ante trasparenti.
C'erano diversi scaffali, pieni di bocce piene di chissà quale liquido.
Alla mia destra c'era un piccolo tavolino di ferro. Su di esso erano sparsi diversi attrezzi: forbici, bisturi, qualche pezzetto di cotone, e altri oggetti che non riuscii ad identificare.
"Soggetto C1, finalmente ti sei svegliata." disse un uomo entrando dalla porta. Non riuscii a vedergli il volto e la cosa mi spaventó. Era vestito di un camice bianco e aveva in mano una siringa.
"Non mi chiamo Soggetto C1, il mio nome é Rebeca!" dissi mettendomi a sedere.
"Come vuoi. Dobbiamo iniziare i test." disse sorridendo.
"No..." sussurrai. "Vi prego basta."
"Potete entrare." ordinó, ignorandomi, ad una radiolina.
Dopo pochi istanti due guardie e altri scienziati entrarono nella stanza.
"Giratela di schiena." ordinò spruzzando fuori un po' di liquido dalla siringa.
Continuai a protestare e a dimenarmi, ma nonostante la mia opponenza, riuscirono a mettermi a pancia in giù.
"É lo stesso liquido di sempre, non ti preoccupare. Ti immobilizzerà, ma non fungerà da anestetico. Sentirai tutto." disse scoprendomi la schiena e inserendomi l'ago nella spina dorsale.
Strinsi i denti. La delicatezza di quel dottore era pari a quella di un bradipo senza braccia.
"Collegale la macchina alla testa." ordinó ad una ragazza vestita con un camice. "E voi potete andare." ordinó alle guardie.
Lei digitó qualcosa in uno schermo e poi mi attaccó alla testa diversi fili con una specie di adesivo bianco.
Cercai di muovermi, ma non sentivo niente dalla testa fino al bacino.
L'unica cosa che riuscivo a muovere erano gli occhi. 
"Iniziamo." annunció lo scienziato prendendo un bisturi. "Stai attenta e guarda come reagisce il suo cervello al dolore." disse alla ragazza, che ancora stava digitando qualcosa al computer.
Sentii una fitta alla schiena e urlai a pieni polmoni.

"Elena!" sentii urlare.
Mi alzai di scatto e mi guardai intorno.
Ero nella Gattabuia. Ero nella Radura. Fortunatamente era solo un sogno. Ero al sicuro. 
Mi tastai la schiena e con sollievo mi accorsi di sentirla tutta intera.
"Mi hai spaventato." disse Newt accasciandosi a terra.
Guardai fuori dalla gabbia e vidi che era tutto buio. Newt mi fissava sbiancato e Gally era a bocca aperta.
"Scusate... Ho avuto un incubo." dissi riprendendo fiato e rimettendomi a sedere. "A proposito: grazie per avermi svegliata."
"Niente... Lo avremmo fatto prima se solo Zart si fosse deciso a muoversi." disse Gally guardandolo in cagnesco.
"Ma dai! Si contorceva e urlava così magnificamente!" ammise Zart imitando la mia faccia spaventata.
"Se avessi avuto le chiavi ti avrei svegliato io stesso." disse Newt.
"Chi te le ha prese?" chiesi.
"Alby... Così non cadete in tentazione." disse imitando la sua voce.
Risi divertita e mi asciugai la fronte.
Ero sudatissima. Avevo anche le guance bagnate. Avevo pianto? Me le asciugai velocemente con il dorso della mano.
Cosa ho appena sognato? Pensai. Perché faccio sempre questi sogni strani?
"Cosa hai sognato?" chiese Newt.
Indicai Zart con lo sguardo. Non volevo che sentisse il tipo di sogno che avevo fatto.
Newt capì subito dal mio sguardo, o forse mi lesse nel pensiero, e annuì preoccupato.
"Dovresti provare a dormire di nuovo." propose Gally.
"No... Ho paura." ammisi. "Non voglio rischiare di ritrovarmi..." mi bloccai.
Non sapevo neanche cosa avevo sognato, né sapevo dove mi trovavo nel sogno.
Poteva essere un ricordo, così come poteva essere semplicemente un incubo.
"Beh... Allora io torno a dormire. Newt, li controlli tu?" chiese Gally.
Newt annuì distratto e così Gally si accomodó sull'erba.
Trascorsero diversi minuti. Tutti dormivano tranne me e Newt.
Per qualche istante credetti che si fosse addormentato anche lui, poi peró ruppe il silenzio e iniziò a pralrmi: "Riguardo a quello che é successo oggi..." disse grattandosi la nuca. "Non so cosa mi sia preso. Mi dispiace." 
"Cosa é successo precisamente oggi?" chiesi sperando che l'oscurità nascondesse il mio imbarazzo.
"Beh..." cominciò mordendosi il labbro. "Mi mancava da tempo un contatto del genere. Non ne avevo uno da anni e ne ho approfittato. Mi dispiace, non é giusto nei tuoi confronti." 
"Non scusarti. Non hai fatto una brutta cosa. E poi a me non dispiace." dissi scuotendo le spalle.
Aspetta... Dimmi che non l'ho detto.
"Cioé intendo che... Non mi ha dato fastidio." mi corressi.
In quel momento ringraziai l'oscurità, poiché stava coprendo il mio rossore sul viso.
"Allora... Bene così." disse tossendo imbarazzato.
"Sì... Bene così." dissi copiandolo. "Certo che siete strani... Avete tutte queste parole... Sploff, testapuzzona, caspio, bene così... Non so cosa significano eppure le uso." risi.
"Dovevamo pur trovare un modo per tenere acceso il cervello nei momenti di noia." spiegò rivolgendomi un sorriso.
"Avete avuto momenti di noia?" mi sorpresi. Con tutto quello che si puó fare qua dentro come fanno ad annoiarsi? 
"Alcuni lavori non ti tengono impegnato tutto il giorno. All'inizio ci inventavamo qualche parila per divertirci. Adesso alcuni hanno due lavori. Qualcuno preferisce così, in modo da tenere la mente sempre impegnata per non pensare a... Beh, a tutto quello che ci circonda." sospriró pensieroso.
"Quando sapró che lavoro dovró fare?" chiesi curiosa.
"Normalmente si indice un'Adunanza, ma non é necessario dato che hai provato solo due lavori. Ne ho parlato con Alby e lui ha detto di aver parlato con Frypan e Jeff. Entrambi ti vogliono con loro a lavorare. Ora sta a te la scelta." disse.
"Medicale." dissi semplicemente. "Anche se... Va bene se quando non lavoro con Jeff, aiuto Frypan in cucina?" chiesi speranzosa.
Newt annuì e si raccomandó di non sovraccaricarmi di lavoro.
L'idea di essere un Medicale mi allettava, ma mi dispiaceva deludere Frypan che aveva fatto di tutto per farmi sapere quanto ci tenesse ad avermi con lui in cucina.
"Posso cominciare da domani?" chiesi entusiata. 
Lui annuì di nuovo e un peso mi si levó dal petto. Finalmente potevo tenere la mente altrove e non pensare sempre a tutti i miei problemi e le domande che mi affliggevano.
Magari finiranno anche gli incubi... Pensai speranzosa.
C'erano tante domande che avrei voluto fargli. Avrei voluto sapere se quello che aveva detto Zart fosse reale o se avesse semplicemente mentito.
Avrei voluto sapere anche di più sui Dolenti.
Avrei anche voluto sapere di che tipo di problema parlava Alby oggi riguardo il Labirinto.
Ma non chiesi niente. Volevo dei chiarimenti ai miei dubbi, ma allo stesso tempo ero spaventata. 
Avevo paura della risposta che avrebbe potuto darmi.
"Forse dovresti metterti a dormire, Eli." disse rompendo il flusso dei miei pensieri.
Eli? Pensai arrossendo. É solo una parola, caspio... Perché le farfalle devono dare di matto ogni volta?
"Ci proveró." sospirai.
Richiusi gli occhi e riflettei qualche istante sul perché quel Eli aveva generato in me una simile reazione.
Provai a capire i miei sentimenti, ma ogni volta che li formulavo, questi si volatilizzavano dalla mia mente. 
Rinunciai ad arrivare ad una conclusione plausibile e mi abbandonai al dolce cullare del sonno.

Quando mi svegliai il sole stava per sorgere. Il cielo sembrava una tavolozza di colori. C'erano l'azzurro, il rosa e anche qualche traccia di blu, che, mentre di notte dominava il cielo, ora sfumava in lilla e bianco sulle nuvole.
Mi chiesi se fosse possibile dormire così tanto.
Beh, contando che ultimamente non dormo mai a causa degli incubi, direi che é normale che io abbia tanto sonno. Pensai stiracchiandomi.
Gli incubi.
Mi meravigliai di aver fatto una notte addormentata senza sognare niente.
Notai che Zart stava dormendo beatamente steso a pancia in su.
In quel momento, la voglia di svegliarlo urlandogli nelle orecchie come se non ci fosse un domani, prese il sopravvento. Ma, senza sapere come, riuscii comunque a sopprimere quell'istinto che mi avrebbe solamente causato piú guai.
Mi affacciai dalla gabbia e notai che sia Newt che Gally dormivano beatamente, entrambi con un braccio sopra gli occhi, sicuramente per coprire le prime luci dell'alba.
Fortuna che mi dovevano sorvegliare. Ridacchiai stropicciandomi gli occhi.
Li lasciai dormire e rimasi in ascolto del silenzio che mi circondava.
Concentravo la mia attenzione su tutto quello che potevo captare.
Non volevo far avverare la mia paura piú temuta. Rimanere da sola con i miei pensieri era una cosa che mi spaventava a morte.
Per alcuni minuti non riuscii a intravedere o sentire nulla.
Poi una sagoma si avvicinó all'entrata del Labirinto. Anzi due sagome.
Dovevano essere Ben e Minho.
Ma non c'erano dei problemi nel Labirinto?
Li vidi fermarsi a pochi metri dalla porta, ancora chiusa, e aspettare.
Dopo pochi istanti le enormi mura iniziarono a spostarsi, aumentando ogni secondo la distanza tra una parete e l'altra. Minho e Ben scattarono velocemente all'interno del Labirinto, scomparendo completamente dalla mia vista.
Fissai per alcuni istanti la porta del Labirinto, poi distolsi lo sguardo, posandolo sul corpo di Gally che iniziava a muoversi.
"Già sveglia?" disse con la voce impastata di sonno.
Annuii silenziosamente.
"Sei proprio mattiniera, Fagio."
"Lo so... Sembra che io e il sonno non andiamo d'accordo." risi.
Lui si tiró su a sedere e si massaggió la spalla dolorante.
"Mi dispiace... Non dovete aver dormito benissimo questa notte." dissi abbassando lo sguardo. "Non faccio altro che cacciarmi nei guai, creando di conseguenza dei problemi a voi. Mi dispiace che dobbiate farmi da guardie del corpo." 
"No, Eli." disse lui scuotendo il capo. "Non mi scoccia stare qui con te. E comunque non é vero che combini solo guai. Zart se l'é andata a cercare. In più tu non crei problemi, tu li risolvi." disse tirando le ginocchia al petto e appoggiandoci sopra i gomiti.
"Ti sbagli. Non ho fatto niente di utile fino ad adesso."
"Sei tu quella che sbaglia. Forse non te ne accorgi, ma da quando sei arrivata tutti sono più spensierati. É come se fossi arrivata e ci avessi tolto dalle spalle tutto il peso dei nostri problemi e la tristezza. Tu ci aiuti, anche senza volerlo! Ma il problema é che noi non sappiamo come aiutare te." disse grattandosi la nuca.
"Io non ho bisogno di aiuto." ammisi.
"Menti. Tutti hanno bisogno di aiuto. Tutti." sussurrò fissandomi. 
Vidi calare un velo di tristezza su i suoi occhi. Era come se parlasse per esperienza personale, come se quella necessità di aiuto l'avesse provata sulla sua stessa pelle.
"Non devi tenerti tutto dentro. Non fare questo errore. Se lo fai, poi diventerai incapace di provare qualcosa per il mondo esterno. Se lo fai tutti i tuoi sentimenti si trasformeranno in tristezza e rabbia." esclamó infine.
"Come lo sai?" chiesi senza riuscire a contenermi.
Lui sembró turbato, poi imbarazzato e dopo ancora indeciso.
"Hai fame?" chiese cambiando discorso. "Bene, vado a rubare qualcosa dalla cucina di Frypan." disse senza aspettare di ricevere una risposta.
Perché ha evitato così la mia domanda? Era troppo personale?
Rimasi in silenzio e attesi il suo ritorno.
Dopo diversi minuti lui ricomparve con due mele in mano. Me ne lanció una attraverso le sbarre della porta.
La afferrai al volo e iniziai a morsicchiarla lentamente.
Un silenzio imbarazzante caló su di noi. Si sentiva solo il rumore del suo masticare.
Il suo pomo d'adamo andava su e giù ogni volta che ingoiava la mela.
Dopo averla finita mi annunció che lui andava a farsi una doccia e poi tornava a lavorare.
Prima di andare sveglió Newt. Quest'ultimo si stropicció gli occhi assonnato. In quel momento mi sentii in colpa.
Chissà quanto ha dormito questa notte. Pensai.
"Puoi andare a lavorare anche tu, faccia di caspio." disse improvvisamente Zart rivolgendosi a Newt.
Da quanto era sveglio? Aveva sentito i discorsi tra me e e Gally?
"Non se ne parla." esordì Newt schiarendosi la voce e sorridendomi in segno di saluto.
"Non le faró del male, non é nel mio stile. E poi ci siamo già chiariti ieri a parole." 
Perché glielo ha detto? Se Newt mi fa qualche domanda io non so come rispondere! 
"Chiariti?" chiese Newt sorpreso.
Annuii silenziosamente e guardai Zart in cagnesco. Lui per tutta risposta mi rivolse un sorriso malefico.
"E di cosa avete parlato? Sentiamo..." chiese ancora Newt rivolgendosi a Zart.
Probabilmente aveva capito che io non avrei proferito neanche una parola al riguardo.
"Se le ho parlato quando non c'eri, ci sarà pur stato un motivo, no?" disse Zart stiracchiandosi.
Perché spifferargli che ci eravamo parlati, per poi tacere sugli argomenti della nostra conversazione?
Vuole che glielo dica io. Pensai arrivando alla conclusione. Zart sei proprio un ammasso di sploff puzzolente.
Newt mi rivolse uno sguardo di rimprovero.
Non gliene avevo parlato, e allora? 
Non gli dovevo dire tutto quello che mi accadeva, caspio! 
"Allora?" insistette.
"Niente che valga la pena di riferire. Erano solo bugie." 
Era una mezza verità: non ne valeva la pena veramente, ma non potevo sapere se le cose che mi aveva detto fossero vere o false.
E poi perché mi stavo facendo tanti problemi per una cosa del genere?
Non mi doveva importare di scoprire se fossero vere o no.
Non era un mio problema. Lo era?
Mi importava? Perché mi importava così tanto?
Newt si rassegnó e smise di fare domande.
Finalmente... Non riesco a sopportare questo genere di stress. Non riesco a mentire alla gente.
Pensai sosprirando.
Non riesco a mentirti Newt.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12. ***


Le ventiquattro ore in Gattabuia passarono presto e nel tardo pomeriggio, Newt mi fece uscire.
Una volta fuori mi stiracchiai. Sentii tutti i muscoli ancora addormentati. Avevo una voglia sfrenata di correre per tutta la Radura, ma se lo avessi fatto probabilmente tutti mi avrebbero preso per pazza.
"Sei libera. Cosa pensi di fare, ora?" chiese Newt infilandosi le chiavi in tasca.
Feci spallucce. "Forse vado a vedere come sta Chuck." 
"Oh..." fece lui. Nel suo tono di voce c'era un tono di... delusione?
"Ma..." aggiunsi. "dopo averlo fatto, non ho la minima idea di cosa combinare. Ti va di fare qualcosa? Ho bisogno di sgranchirmi le gambe. A quanto pare stare a sedere per ventiquattro ore senza fare niente non è nella mia indole." risi.
"Okay... forse ho un'idea. Ti accompagno da Chuck, prima." disse facendomi cenno di seguirlo. 
Mi guidò verso il Macello e mi fece entrare. Chuck stava pulendo con una pala la gabbia dei maiali.
Una puzza tremenda mi riempì i polmoni, costringendomi a tappare il naso.
In confronto, la puzza dei Radurai di notte è un respiro d'aria fresca. 
"Ehi Chuck! Hai visite." disse Newt indicandomi. Mi limitai a salutarlo con la mano libera. Parlare avrebbe significato inalare nuovamente quel pessimo odore.
Come faceva Newt a respirare normalmente?
Il viso di Chuck appena mi vide si illuminò. Lasciò cadere a terra la pala e mi corse in contro per abbracciarmi.
Sperai con tutto il cuore che il bambino non fosse sporco di sploff. A quell'idea mi salì il vomito.
Newt sembrò notarlo e allontanò Chuck dalla mia vita. "Falla respirare, Chuck."
"Non è giusto! Tu la puoi abbracciare ogni volta che vuoi, e io no!" esclamò incrociando le braccia al petto.
Iniziai a ridere, non tanto per quello che il ragazzino aveva appena detto, ma piuttosto per l'espressione sulla faccia di Newt, che era un misto tra imbarazzo e sconcerto. 
"Vedo che la tua ferita è guarita, Chuckie." dissi indicando il taglio ricoperto da una crosta rosso acceso.
Lui annuì e riprese a lavorare.
"Possiamo andare, allora?" chiese Newt indicandomi l'uscita. Non aspettai altro e in un secondo fui fuori dal Macello, inalando nei miei polmoni quanta più aria potevo.
"Allora che vuoi fare?" chiesi curiosa. 
"Hai detto che volevi sgranchirti le gambe, no? Seguimi." disse semplicemente.
Lo seguii in silenzio fino a dentro il bosco. Camminammo per diversi minuti, poi lui si fermò davanti ad un alto albero.
"Riesci a salire?" chiese indicando l'albero. 
"Non ne ho idea, ma ci provo." dissi mettendo un piede contro la corteccia. 
Tenendo le mani saldamente aggrappate ad un ramo sopra la mia testa, mi diedi una spinta decisa con il piede ancora a terra. Mi tirai su con le braccia e riuscii a mettermi a sedere sul ramo che avevo precedentemente usato per sollevarmi da terra.
Newt mi guardò compiaciuto e seguì i miei stessi movimenti. Mi spostai leggermente per fargli spazio e, non appena lui fu salito, procedetti sul ramo successivo.
Continuammo così finchè i rami non divennero sottili e di conseguenza pericolosi. Non avrebbero retto il nostro peso.
Una volta che Newt mi fu seduto vicino, guardai in basso. Eravamo parecchio in alto.
Feci per dire qualcosa, ma Newt mi mise una mano sulla bocca.
Si posò l'indice sulle labbra, per dirmi di fare silenzio. Annuii dubbiosa e allora lui levò la mano.
Mi indicò un punto indefinito alla mia destra. Per farlo si sporse leggermente su di me, appoggiandosi al mio petto.
Eravamo così vicini in quell'istante. Non riuscivo a smettere di fissare il suo volto. Sentivo la mia pelle prendere fuoco. Lui alzò lo sguardo verso di me e mi rivolse un'occhiata interrogativa.
Ah, giusto... la cosa che mi sta indicando... Pensai scuotendo la testa e concentrandomi sul punto da lui indicato. 
Un uccellino dalle piume brune, stava svolazzando su un ramo non molto distante da noi.
"Viene qui ogni giorno." sussurrò Newt al mio orecchio. Il suo fiato caldo mi provocò un brivido lungo tutta la schiena.
L'unica cosa che riuscii a fare in quel momento fu sorridere. Dovevo sembrare scema, veramente scema, perchè in quel momento lui scoppiò a ridere, facendo volare via l'uccellino.
"Dovresti vederti." rise. "Sei rossissima!"
Gli diedi un pugno sulla spalla e cercai di soffocare il mio rossore.
"Hai dieci secondi per fuggire e nasconderti il più lontano possibile." dissi cercando di mantenere un tono minaccioso e serio. 
Lui alzò le sopracciglia e non si mosse. "E' forse una minaccia?" chiese.
"Dieci..." iniziai a contare. Lui scosse la testa e iniziò a scendere l'albero.
Arrivai fino tre e poi lo guardai correre lontano dall'albero.
Una volta finito, iniziai a scendere il più velocemente possibile. Non appena toccai i piedi per terra, scattai in avanti.
Lo raggiunsi in pochi secondi. Stava correndo lentamente e zoppicava visibilmente.
Non deve correre? Pensai dubbiosa.
"Direi che per oggi è abbastanza." affermò una volta che lo ebbi raggiunto.
Annuii sorridente. Ci incamminammo verso il Casolare e una volta usciti dal bosco, vidi Glader passeggiare tranquillamente per la Radura.
"Non so perchè mi venga in mente adesso questa domanda, ma... perchè Glader non è nella Gattabuia?" chiesi indicando il ragazzo.
"Alby ha detto che non aveva fatto niente di male. Era solo stato a guardare. Figuriamoci." disse calciando un sasso che si trovava a terra.
"Dai non prendertela, vedrai che un giorno spaccherò il naso anche a lui." dissi cercando di sdrammatizzare. Lui rise, poi si sedette su un tronco e iniziò a massaggiarsi la caviglia.
Lo affiancai e seguii ogni movimento della sua mano sulla sua caviglia.
Forse non avrei dovuto farlo correre. Chissà perchè zoppica.
"Che c'è?" chiese notando che lo stavo fissando.
"Non per farmi gli affari tuoi, ma... Cosa hai fatto?" chiesi senza riuscire a contenere la mia curiosità.
"Intendi alla caviglia?" chiese lui incerto.
Annuii lievemente e lui per tutta risposta abbassò lo sguardo. Il silenzio calò tra di noi e costruì un muro attorno a Newt.
"Io non..." sussurrò con voce tremante.
"Fa niente. Sono stata un'idiota... non dovevo chiedertelo. Non mi devi nessuna spiegazione. Ci conosciamo da appena tre giorni." sussurrai alzandomi. 
Perchè sono così dannatamente curiosa di ogni cosa. Giuro che mi cucio la bocca un giorno o l'altro.
Iniziai ad allontanarmi da lui senza neanche accorgermene.
"Eli, aspetta!" esclamò afferrandomi il polso. "Non è che non te lo voglio dire perchè ci conosciamo da poco. Semplicemente non è una cosa di cui vado fiero." 
"Non ti preoccupare. Ti capisco." dissi sorridendogli.
"Okay, allora per piacere rimettiti a sedere." supplicò senza lasciare il mio polso. Sembrava disperato. Era come se avesse avuto paura che io sarei fuggita da un momento all'altro.
Feci come mi aveva chiesto e mi appoggiai al tronco.
"Ti assicuro che io sto bene. Non é nulla si grave." disse. "Ti va di raccontarmi del sogno che hai fatto questa notte?" chiese di punto in bianco cambiando discorso.
Feci un profondo respiro e mi preparai a raccontargli dell'incubo. Gli dissi anche del sogno che avevo fatto la prima notte nella Radura.
Lui ascoltò tutto pazientemente, poi riflettè qualche secondo prima di parlarmi.
"Io non caspisco..." ammisi. "Sono semplicemente dei sogni oppure sono veri e propri ricordi?"
"É difficile che siano ricordi. Nessuno ricorda niente di sé neanche dopo anni. In più hai detto di chiamarti Elena, ma nel sogno ti chiamano Rebeca." disse Newt grattandosi la testa.
"Già hai ragione... Facciamo così: dimenticati di tutto quello che ti ho detto, hai già altri problemi da risolvere. Ma soprattutto non dirlo a nessuno, okay?" chiesi guardandolo negli occhi.
"Okay." disse lui sovrappensiero, fissandosi i piedi.
Gli presi il viso tra le mani e lo obbligai a guardarmi negli occhi.
"Newt me lo devi giurare." constatai con voce ferma.
Lui annuì e aggiunse: "Te lo giuro."
Feci scivolare le mie mani sul suo viso e lui continuó a fissarle anche quando le appoggiai in grembo.
"Bene così. Io vado a comunicare a Jeff e a Frypan la mia decisione sul lavoro. Ti lascio..." dissi alzandomi e salutandolo.
Lui mi salutó sorridendomi e poi riprese a fissare la sua caviglia.
Cosa ha mai fatto per sentirsi così in colpa con sé stesso? Pensai.
Aveva una rabbia repressa che si leggeva benissimo nei suoi occhi.
Eppure riusciva a mantenere la calma e a sembrare sereno agli occhi si tutti.
Ma non mi inganni Newt. Pensai. Non mi puoi far credere di star bene quando invece non é così.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13. ***


Andai a comunicare la mia scelta inerente al lavoro sia a Jeff che a Frypan.
Quest'ultimo fu sollevato dalla mia scelta e non esitò ad abbracciarmi non appena gliela comunicai.
Jeff fu altrettanto felice, ma mi spiegò che, in caso ci fosse stata un'emergenza, avrei dovuto dare la precedenza ai Medicali e correre ad aiutarli.
Dopo aver parlato con entrambi mi incamminai verso le docce, approfittando del fatto che Zart fosse ancora in Gattabuia e che Glader senza un suo ordine non si sarebbe mosso.
Feci per entrare nell'edificio, quando vidi Minho uscire velocemente dal Labirinto trascinando qualcosa con sé.
Non é troppo presto per tornare alla Radura?
Gli corsi incontro e più mi avvicinavo piú notavo con orrore che quello che trascinava era un corpo.
Fa che non sia Ben... Sperai.
Non appena gli fui vicino il mio pensiero prese vita.
Ben era incosciente ed era pallidissimo.
"Aiutami." ordinó Minho senza fiato.
Era terrorizzato. 
Presi i piedi di Ben e con fatica riuscii a sollevarlo.
"Dobbiamo portarlo da Jeff." disse l'asiatico iniziando a camminare reggendo il corpo di Ben per le ascelle.
"Cosa gli é successo?" chiesi in preda al panico.
Quella situazione non mi piaceva per niente.
"É stato preso." stentó Minho.
"Che vuol dire?" 
"Non é il momento, Elena. Non dovresti neanche vederlo in questo stato. Ai Fagiolini non é permesso."
Lo portammo in quella specie di infermieria e appoggiammo Ben ancora privo di sensi sul letto più vicino.
"Resta qui. Vado a chiamare Jeff e Clint." ordinó Minho sparendo.
E ora cosa faccio? Pensai terrorizzata.
Ben era macchiato di sangue su tutto l'addome.
Gli alzai leggermente la maglietta, spaventata da quello che avrei potuto vedere.
Un buco perforava la sua pancia e da lì si diramavano delle vene rosse e viola.
Notai che anche le vene del suo collo erano parecchio ingrossate e davano al ragazzo un aspetto degno di film horror.
Presi un panno, decisa a bloccare l'emorragia che gli usciva copiosa dalla ferita.
Ma non appena sfiorai la sua pelle lui scattó in piedi e mi afferró il polso con forza.
"Ben, cosa..." sussurrai cercando di allontanarmi.
Lui non mi lasciava e mi fissava con i suoi occhi inniettati di sangue.
In quel momento entrarono Jeff e quello che presumi essere Clint.
Riuscirono a fatica a farlo stendere e a bloccarlo. Indietreggiai impaurita senza sapere cosa fare.
Perché ha reagito così? Era come se non fosse piú lui... Come se non erano i suoi occhi ad osservarmi, ma quelli di qualcun'altro.
Sobbalzai quando una mano calda mi afferró delicatamente il polso.
Mi girai di scatto e fui sollevata nel vedere che si trattava solo Newt.
Gli saltai al collo senza accorgermene e chiusi gli occhi.
"Andiamocene da qui, okay?" sussurró ricambiando l'abbraccio.
Annuii e lo seguii fuori dall'infermieria, mentre le grida di Ben ci accompagnavano.
"Cosa... Cosa gli é successo?" chiesi ingoiando il panico che avevo in gola.
"É stato punto dai Dolenti. Quello che hai visto é solo l'inizio. Più si andrà avanti piú sarà peggio." disse Newt grattandosi la testa.
"Quindi morirà?" chiesi spaventata.
"No... Minho l'ha riportato in tempo. Ora gli innietteranno il Dolosiero." 
Avevo mille domande per la testa che non aspettavano altro che una risposta, ma decisi di tacere.
Non avrei sopportato il peso di altre brutte scoperte.
"Come ti senti?" chiese Newt preoccupato.
"Mi sento egoista." ammisi. "Non dovrei farmi trasportare dai miei sentimenti. In questo momento dovrei essere là dentro ad aiutare Ben e invece sto qui a... A parlare con te." 
"No, Eli. Non sei egoista. É troppo anche per me stare lì dentro." disse prendendomi la mano. "Sei un Medicale, é vero. Ma lascia che se ne occupino Jeff e Clint."
Annuii ancora indecisa.
Un altro grido mi fece sussultare.
Per quanto continuerà così?
Un altro grido e strinsi la mano di Newt.
Chiusi gli occhi e aspettai in silenzio, contando ogni singolo grido che proveniva dall'infermieria.
All'inizio si contavano su una mano, poi iniziarono ad aumentare.
Newt mi abbracció e mi sussurró di non piangere.
Non sto piangendo... Pensai.
Mi toccai le guance e le scoprii umide.
Non me ne ero neanche accorta.
"Perché ci fanno questo? Chi ci ha messi qui é un mostro..." sussurrai affondando il viso sul suo petto.
Annusai a fondo il suo odore e mi calmai un po'.
Era come un anestetico ai miei pensieri. Quando ero vicino a Newt tutto smetteva di esistere.
"Non ci pensare..." mi sussurró lui accarezzandomi la testa.
Rimanemmo in quella posizione per diversi minuti. Avevo quasi paura di staccarmi.
"Vieni... Ti porto via da qui." disse prendendomi per mano.
Mentre ci allontanavamo vidi Alby correre verso l'infiermeria, seguito da Gally.
Appena mi vide mi rivolse un sorriso quasi come per confortarmi, poi notó la mia mano incrociata a quella di Newt e tornó serio.
Newt mi condusse verso il Casolare e mi fece entrare chiudendosi la porta alle spalle.
Mi guidó su per le scale e qui aprì un'altra porta.
Entrai nella stanza e vidi un letto.
Mi fece segno di sedermi e poi si mise di fianco a me.
"Non pensavo ci fosse un letto." dissi accarezzando le lenzuola che lo ricoprivano.
"Già... É sempre occupato." disse lui ridendo.
Un silenzio imbarazzante caló su di noi.
"Senti, Eli... Io ti devo parlare." disse improvvisamente.
Annuii e aspettai in silenzio.
"Da quando sei arrivata io... Io mi sento strano." disse iniziando ad arrossire. "Ecco, non mi ero mai sentito in questo modo. Non so per certo cosa sia, ma io credo... Insomma, credo che tu... Io forse mi sono..." non riuscì a finire la frase che il suono di una sirena riecheggiò nell'aria.
Mi voltai di scatto tappandomi le orecchie. Incrociai lo sguardo di Newt e lo vidi per niente spaventato.
"Cos'é?" chiesi a voce alta cercando di sovrastare quel suono fastidioso.
"É la Scatola." disse assumendo un'espressione dubbiosa.
Lo vidi correre giù per le scale e lo seguii. 
Una volta fuori vidi tutti i Radurai correre in massa verso la Scatola.
Mi avvicinai anche io e una volta insieme agli altri chiesi a Gally cosa stesse succedendo, ma lui mi ignorò completamente.
"E' un po' presto per le provviste, non credi?" chiese Gally ad Alby, che nel frattempo ci aveva raggiunti.
"Già... aiutatemi ad aprirla e vediamo cosa c'è dentro." ordinò Alby avvicinandosi alla Scatola.
Diversi Radurai obbedirono e dopo pochi secondi la Scatola fu aperta. Gally ci saltò dentro e a quel punto tutti mi si pararono davanti, bloccandomi la visuale.
Sgomitai tra la folla e finalmente raggiunsi le prime file. 
Un ragazzo moro ci fissava impaurito dall'interno della Scatola.
"Un Fagiolino?" chiese qualcuno.
Un mormorio si accese tra i Radurai e in breve tempo tutti si dimenticarono di aiutare il nuovo Fagiolino ad uscire.
Mi sporsi sul bordo della Scatola e gli porsi la mia mano.
"Ciao! Ti ricordi come ti chiami?" chiesi sorridendogli e cercando di essere il più rassicurante possibile.
Il suo sguardo incrociò il mio e qualcosa scattò nei suoi occhi.
In quel momento Newt mi affiancò.
Il ragazzo nuovo osservò la mia mano con uno sguardo vuoto. Era pallidissimo e il suo corpo era sudato e sporco.
"Rebeca." disse fissandomi negli occhi.
Gli altri si misero a ridere credendo che il Fagiolino si chiamasse Rebeca, mentre io e Newt ci guardammo perplessi.
Come fa a sapere del mio sogno? Pensai. Allora non era un sogno, ma...
Non feci in tempo a finire di formulare il pensiero che il nuovo ragazzo svenne.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14. ***


"Rebeca." disse fissandomi negli occhi.
(...)
Come fa a sapere del mio sogno? Pensai. Allora non era un sogno, ma...
Non feci in tempo a finire di formulare il pensiero che il nuovo ragazzo svenne.

Mi fiondai nella Scatola e in un secondo gli fui accanto.
"Jeff!" urlai cercando tra la folla. "Aiutatemi a tirarlo fuori."
Vidi un ragazzo calare sulla Scatola e portare con sé una specie di barella.
"Ciao, io sono Clint. Sono un medicale... Non ci siamo ancora conosciuti." disse.
Già e non mi sembra questo il momento adatto...
Appoggió a terra la barella e con il mio aiuto ci caricammo sopra il ragazzo.
Gally e Clint lo issarono fuori dalla Scatola. Per me era troppo pesante e così rimasi dentro la gabbia.
Newt mi porse la mano e agilmente mi tiró fuori.
Gli sussurrai un grazie e poi corsi incontro a Clint.
"E ora dove lo portiamo?" chiesi ricordandomi che Ben occupava l'infermeria.
"Nel Casolare. É pericoloso portarlo nell'Infermeria con Ben."
Insieme sollevammo la barella e lo portammo fino a dentro il Casolare.
Lì salimmo a fatica le scale e lo appoggiammo sul letto e gli sfilammo da sotto la barella.
Ero esausta e la voglia di sedermi accanto al ragazzo e dormire era molto forte. Ma non era il momento di dormire.
Afferrai un polso al ragazzo e misurai il battito del cuore.
Sembrava essere tutto regolare.
Clint fece altri test, poi si asciugó la fronte.
"Vado ad avvisare Jeff. Non so dove sia finito, perciò ci metteró un po'. Resti tu con lui?" chiese.
Annuii silenziosamente e Clint se ne andó, lasciandomi sola con il ragazzo.
Tirai un sospiro di sollievo.
Come mia prima azione di salvataggio, - senza contatare quella di Ben - me l'ero cavata bene.
Mi sedetti accanto al ragazzo e gli tolsi un ciuffo ribelle dalla fronte.
Studiai attentamente il suo volto.
Aveva dei lineamenti abbastanza marcati ed era parecchio pallido.
Le labbra erano sottili e bagnate.
Ora che lo notavo era totalmente bagnato di sudore. Presi un panno e gli asciugai il volto.
Ora che lo osservavo da vicino mi sembrava familiare.
Scacciai quel pensiero. D'altronde era impossibile che ci fossimo già visti.
Rimisi a posto il panno e mi stesi al suo fianco facendomi piccola, aspettando Jeff.
Rebeca... Riflettei. Come fa a saperlo?
Come era possibile? E se quello che credevo essere un sogno in realtà non lo fosse?
Se fosse un ricordo? Un vero ricordo.
Come faccio a ricordarmi il mio passato? Nessuno se lo ricorda.
In quel momento entró Newt e silenziosamente mi si avvicinó.
Scattai in piedi e lo guardai negli occhi, sperando che almeno lui avesse delle risposte.
"Jeff mi ha mandato per dirti che lo verrà a controllare domani." disse sbrigativo. "Come fa a..." inizió lui.
"Non lo so... É la stessa cosa che mi assilla. Non é possibile. Sicuramente abbiamo sentito male." dissi sperando che non mi contraddise.
"No, Elena. Devi accettare quello che hai sentito. Hai la possibilità di ricordare qualcosa del tuo passato. Perché la vuoi buttare via così?" chiese avvicinandosi.
"Io non..." mi si spezzó la voce. "Io ho paura di che quello che potrei scoprire. E se fossi stata io a mandarvi qui? Per quanto mi riguarda potrei aver fatto qualsiasi cosa orribile e non ricordarmene." 
"Ti prego non piangere..." sussurró Newt. "A me non interessa il tuo passato. E poi già il fatto che tu sia qui dimostra che é impossibile che tu sia l'artefice di tutto questo. Non avrebbe senso, non credi?"
Annuii ancora indecisa e decisi che per quel giorno avevo pianto anche troppo.
Ricacciai indietro le lacrime e presi un grosso respiro.

"Frypan sicuramente sta servendo la cena. Vieni?" chiese rivolgendomi un sorriso incoraggiante.

Scossi la testa. Non avevo fame. Dopo tutto quello che era successo come faceva lui a pensare al cibo?

"Elena, devi mangiare. Lo so che non è il momento più adatto per ingozzarsi di cibo, credimi neanche io ho fame, ma il tuo corpo ha bisogno di energie." disse accarezzandomi un braccio.

"Lo so... è solo che proprio non riesco. Ho bisogno di stare un po' sola, non ti preoccupare per me. Vai pure a mangiare." gli sorrisi.

Lui esitò qualche secondo, poi rassegnato uscì dalla stanza. 

Mi girai verso il ragazzo e notai che era ancora svenuto. Mi avvicinai al muro e mi lasciai scivolare a terra.

Per quanto odiassi riflettere su tutti i miei dubbi, sentivo la necessità di riuscire a collegare le poche informazioni che avevo sul mio conto.

Per ora so di chiamarmi Elena. Anche se a questo punto non ne sono sicura. Forse mi chiamo Rebeca, non lo so. Sono una ragazza e almeno su questo non ho dubbi. Sono l'unica ragazza tra i Radurai. Faccio dei sogni strani. Sogno... Il mio passato? Se quei sogni erano ricordi allora dovevo essere una specie di cavia da laboratorio. Stavano studiando come reagiva il mio cervello al dolore, ma con che scopo? Riflettei. Sapevo veramente poco sul mio conto, tuttavia sapevo più di tutti gli altri. 

Ma se fossi stata una cavia da laboratorio, perchè mi hanno messa qui? Non gli servivo più? Magari questo è un altro test. No, impossibile. Gli altri cosa centrerebbero sennò? Fanno parte della sceneggiatura o sono anche loro, come me, topi rinchiusi dentro ad un Labirinto?

Tormentai la mia mente per diversi minuti, fino a farmi venire il mal di testa. Rinunciai a formulare altri collegamenti e chiusi gli occhi sperando che il mondo dei sogni mi strappasse da quella realtà sconosciuta che non faceva altro che spaventarmi.

"Rebeca!" sentii sussurrare.

Sentivo le mie gambe indolenzite. Guardai in basso e mi accorsi di essere rannicchiata in angolino, al buio.

"Rebeca, sono io: Thomas." disse di nuovo la voce.

Mi guardai intorno ma l'unica cosa che vidi fu il buio più totale.

"Eccoti, finalmente. Ti ho cercata per tutto il laboratorio." vidi una figura accovacciarsi di fronte a me e accarezzarmi i capelli.

"Cosa ti hanno fatto questa volta?" chiese lui sedendosi accanto a me e circondandomi con le sue braccia.

"Test numero 15. Risposta incondizionata allo stimolo di dolore. E' stato terribile, Thomas." sussurrai appoggiandomi al suo petto caldo.

"Devi resistere. Vedrai che tra poco troverò una via di fuga."

"Da cosa?" dissi iniziando a singhiozzare. "Anche se scappassimo da qui, cosa ci aspetterebbe là fuori? Non sappiamo neanche contro cosa stiamo combattendo. Tutto questo a cosa serve?"

Thomas mi strinse di più a sè e stampò un bacio sulle mie labbra.

"Io non ti lascerò mai." sussurrò staccandosi leggermente. "Ora pensa a dormire."

Sentii l'abbraccio di Thomas farsi sempre più forte attorno a me. Mi stava letteralmente stritolando. 

"Mi fai male." dissi voltandomi. Mi accorsi con orrore che Thomas era sparito e al suo posto c'era uno sconosciuto senza volto.

"Stai ferma, Soggetto C1." mi ordinò.

"Lasciala andare!" gridò una voce. Mi girai di scatto e vidi una figura avanzare a grandi falcate verso di noi. Non riconobbi il suo volto, ma qualcosa mi disse che lui era Thomas.

Era ormai a qualche passo da noi quando due persone con camice sbucarono dal nulla e gli infilarono un ago di siringa nel collo. Il ragazzo si accasciò a terra e le due figure iniziarono a trascinarlo via da me. In quel momento il panico che provai fu indescrivibile. Urlai. Con tutto il fiato che avevo nei polmoni. Urlai. Era l'unica cosa che riuscivo a fare. Urlai.

Mi svegliai di scatto urlando. Cosa avevo appena sognato? Mi guardai intorno confusa e mi accorsi di essere nel Casolare. Era mattina e la luce filtrava dalle spaccature tra un asse e l'altra della parete.

Diedi una veloce occhiata al letto e lo vidi vuoto. Scattai in piedi. Dove era finito il ragazzo?

Senza attendere neanche un secondo mi precipitai giù per le scale. Notando che era completamente vuoto, corsi all'uscita.

Perchè nessuno mi aveva svegliata? Prima di riuscire a mettere un piede fuori dal Casolare, andai a sbattere contro qualcuno e caddi sopra di lui.

Alzai il capo indolenzita e cercai di capire quale vittima avevo appena abbattuto al suolo.
Gally.

Mi accorsi di essere ancora sopra di lui, così mi alzai velocemente arrossendo.

"Dobbiamo smetterla di incontrarci così." disse lui massaggiandosi il petto.

"Già, questa volta però è stata colpa mia." affermai porgendogli la mia mano.

"Anche l'altra volta lo era." rise lui afferrandola.

Lo tirai su agilmente e poi mi ravvivai i capelli.

"Perchè stavi correndo?" chiese alzando un sopracciglio.

"Il nuovo Fagiolino è sparito." dissi. Ancora non riuscivo ad usare quelle strane parole senza sentirle buffe.

"Chi? Rebeca?" chiese ridendo. "Non ti preoccupare, ora è con Chuck. Gli sta mostrando la Radura." disse indicando alle sue spalle.

In effetti vidi Chuck che camminava lentamente, seguito dal nuovo ragazzo.
"Ha detto piú niente su di m... Cioé su Rebeca?" chiesi scuotendo la testa.
"Ehm... No. Ha detto di non ricordarsi niente, neanche come si chiama. Era persino sorpreso quando gli abbiamo raccontato quello che aveva detto prima di svenire." disse grattandosi la testa.
Fantastico... Fu il primo pensiero che mi percorse la testa. E ora da chi ricevo spiegazioni?

"E Ben?" chiesi ricordandomi d'un tratto del Velocista.

Gally sbarrò gli occhi stupito. Sicuramente non si aspettava che glielo chiedessi così di punto in bianco. O semplicemente sperava che non avessi mai più chiesto niente riguardo quell'argomento

"Ancora non è nelle migliori condizioni. Jeff e Clint dicono che in una settimana dovrebbe riprendersi in parte. Ben è un ragazzo forte, vedrai che se la caverà." disse circondandomi le spalle con il suo braccio. "Tu piuttosto..." aggiunse. "Non ti devi avvicinare a quell'edificio fino a quando non si sarà calmato."

Scossi la testa. "Domani." dissi. "Andrò a vederlo domani."

"Non se ne parla. Alby non te lo permetterà. Rimani pur sempre una Fagiolina." spiegò. "E anche se lui avesse acconsentito, io non ti avrei comunque lasciato fare."

"Ma sono un Medicale anche io, caspio!"

"E' uguale. Comunque... io torno al lavoro. Ero venuto a svegliarti, ma eri già in piedi, quindi..." disse allontanandosi e salutandomi con la mano.

Sospirai. Questa protezione stava diventando fastidiosa. Avrei trovato il modo di convincerli a lasciarmi vedere Ben. In caso di insuccesso, lo avrei visto di nascosto.

Sentivo in qualche modo di doverlo aiutare.

Non seppi il perchè avevo questa strana sensazione, ma era come se io avessi potuto aiutarlo più di chiunque altro.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15. ***


Mi incamminai con passo veloce verso il nuovo Fagiolino e Chuck. Quest'ultimo, appena mi vide, si girò e mi rivolse un sorriso a 32 denti.
"Fagio, lei è Elena." disse Chuck indicandomi. "E' stata lei a tirarti fuori dalla Scatola."
"Oh, sì!" disse lui imbarazzato. "Sei anche stata con me questa notte."
Quindi mi ha vista dormire? Oddio che cosa imbarazzante. 
Gli chiesi quando si fosse svegliato, mi rispose: "Questa mattina. Ti ho vista dormire attaccata alla parete e non ti ho svegliata."
"Ah, bene così! Chuck, gli stai facendo vedere la Radura?" chiesi.
Il ragazzino sbuffò scocciato: "Sì, Alby me lo ha ordinato."
"Allora non ti dispiace se finisco io, vero?" proposi.
Lui scosse la testa in modo convinto e poi ci salutò entrambi, andandosene.
Volevo cercare di capire perché il Fagiolino fosse collegato in qualche modo ai miei sogni.
Sapevo che non si ricordava nulla, ma forse sarei comunque riuscita ad estrapolargli qualche informazione a lui inconscia.
"Allora... Chuck cosa ti ha fatto..." non feci in tempo a finire di formulare la frase che lui mi interruppe.
"Cosa c'è là fuori?" chiese avvicinandosi pericolosamente all'entrata del Labirinto.
"Ehi-ehi-ehi! Frena, Fagio!" esclamai aumentando il passo per raggiungerlo. "Lì non puoi entrare!"
"Perché?" chiese senza distogliere lo sguardo dall'entrata del Labirinto. 
"Perché è una delle regole. Chuck non te le ha spiegate?"
Lui scosse la testa e mosse altri passi in direzione dell'entrata.
Sentii un grido e mi voltai verso dove era venuto: alla mia destra vidi Gally correre e, una volta raggiunto il nuovo Fagiolino, dargli uno spintone. Vidi il corpo del ragazzo che, sotto la forte spinta di Gally, si librò in aria per qualche secondo, per poi cadere con un tonfo sordo a terra.
"Gally!" gridai avvicinandomi al ragazzo. "Sei pazzo?!"
"Stava per entrare nel Labirinto, caspio!" mi urlò contro.
Lo ignorai e corsi dal ragazzo ancora a terra: "Stai bene?" sussurrai.
Lui accennò un sì e si rimise lentamente in piedi.
Il ragazzo mi fissò per qualche secondo, poi spalancò gli occhi.
Lo sentii farfugliare qualcosa, ma non capii le esatte parole pronunciate. "Come, scusa?" chiesi preoccupata
"Thomas..." sussurrò accennando un sorriso. "Mi ricordo ora. Mi chiamo Thomas." disse a voce più alta.
Non è possibile. Pensai sbiancando. Deve essere una coincidenza. Lui non poteva essere nel mio sogno.
Lo sentii tirare un sospiro di sollievo, come se si fosse tolto un peso dal cuore. Gally gli si avvicinò e gli disse qualcosa sorridente.
Non era possibile. Non potevo crederci. Non volevo. 
Ecco perchè mi sembrava di averlo già visto. Ecco perchè il suo volto mi era così dannatamente familiare. Quindi, seguendo il sogno, io e lui dovevamo essere...
Fidanzati.
"Elena, mi stai ascoltando?" chiese Gally agitandomi una mano davanti alla faccia. 
"Sì, sì." mentii ritornando bruscamente alla realtà.
"Sei sicura di stare bene?" chiese lui preoccupato analizzando i miei occhi.
Annuii sforzandomi di sorridere. 
"Allora lo porti tu al Muro ad incidere il nome? Io dovrei..." 
Lo interruppi prima che potesse finire la frase: "Dov'è Newt? Gli devo parlare, è urgente." mi limitai a dire.
Gally mi indicò scocciato un punto alle mie spalle. Mi girai e vidi Newt lavorare la terra.
Senza aggiungere una parola gli andai incontro. Dovevo parlarne con qualcuno. 
Questa cosa si sta facendo pensante. Pensai mentre il macigno sul mio petto continuava ad opprimermi, rendendomi difficile respirare normalmente.
"Newt..." sussurrai attirando l'attenzione del biondo. "Ho bisogno di parlarti. Da soli. Ora."
Lui mi guardò prima preoccupato, poi interrogativo. "Stai bene, Eli? Sei pallidissima. Te lo avevo detto che ieri dovevi mang..."
"E' urgente. Ti prego." aggiunsi prendendo un grande respiro.
Lui annuì preoccupato e, prima di prendermi per il braccio, si strofinò le mani sporche di terra sui pantaloni marroncino scuri.
Mi condusse abbastanza lontano dagli Orti. Eravamo isolati dagli altri e nessuno ci avrebbe sentiti.
"Thomas. Il ragazzo nuovo dice di chiamarsi Thomas." iniziai.
"Bene! Allora perchè sei così preoccupata?" chiese alzando un sopracciglio.
Perchè nessuno mi fa mai finire di parlare?!
"L'ho sognato, Newt. Non ho visto il suo volto perchè era buio, ma nel sogno lo chiamavo Thomas. In quel caspio di sogno io e lui..." mi bloccai. Era un bene dirglielo?
Perchè sto esitando? Perchè ho paura di dirglielo? Ho paura che ci rimanga male o che... O dannazione perchè mi faccio questi problemi?
"Noi ci baciavamo. Nel sogno ci baciavamo." ammisi lasciandolo a bocca aperta.
Il silenzio non esitò ad arrivare. Newt non parlava e non mi guardava più negli occhi.
Cosa era successo? Perchè aveva reagito così?
Lo vidi serrare la mascella e stringere lentamente i pugni. "E Thomas lo sa?" chiese di punto in bianco continuando a fissare la punta dei suoi piedi.
"No, però pensavo di dirglielo. Magari lui può..." iniziai.
"No." disse lui alzando lo sguardo. "Dimenticati di quello che hai visto. Non può aiutarti. Non lui."
Nei suoi occhi lessi un nuovo sentimento mischiato alla rabbia. Che fosse gelosia? Sapevo solo che non era Newt a parlare. Non mi avrebbe mai detto una cosa del genere. Non era da lui reagire così.
"Newt sei stato tu a dirmi di non provare a scordare quello che vedevo nei sogni." gli ricordai.
"Beh, mi sbagliavo." disse scocciato.
Per un attimo ci rimasi male. Perchè si stava comportando così? Chi era lui per dirmi cosa dovevo o non dovevo fare? Sapevo che avrei dovuto parlarne con Thomas e non sarebbe stato di certo Newt a farmi cambiare idea. Mi ero scoperta una persona molto testarda in quei giorni.
Feci per aggiungere altro, ma lui girò i tacchi e se ne andò senza proferire parola.
La mia coscienza mi costrinse a pensarci su, così arrivai ad una conclusione che mi sembrava abbastanza accettabile: ci avrei dormito sopra e, se il giorno dopo sarei ancora stata convinta di doverlo raccontare anche a Thomas, gli avrei parlato. Che Newt fosse d'accordo oppure no.
Andai infuriata verso la cucina. L'immagine di Newt che mi rispondeva male e poi mi lasciava senza dire niente continuava ad apparire nella mia mente, facendomi ogni volta ribollire il sangue.
Perchè ci sono rimasta così male? Non mi dovrebbe importare... Pensai entrando nella cucina di Frypan.
"Ehi, Elena! Come va?" chiese lui sorridente.
"Bene." sputai acida, senza accorgermene. Vidi Frypan rimanere sorpreso per qualche istante. "Scusami." dissi riprendendomi.
"Problemi in paradiso?" chiese lui allungandomi due o tre biscotti. "Newt... che testa di caspio." aggiunse poi, versando un po' di latte in una ciotola.
Come fanno tutti a leggermi nella mente? Si capisce così tanto dalla mia faccia?
"Bevi e mangia. Non mi sembra che tu abbia fatto colazione." disse sorridendomi. "Il cibo ti calma. Almeno con me funziona." rise.
Addentai un biscotto e bevvi un sorso di latte. 
"Oggi sei con me?" chiese pulendo una padella. Sicuramente aveva capito che non intendevo spiegare il motivo della mia arrabbiatura.
Annuii e gli porsi il bicchiere ormai vuoto. "Sì, non mi fanno avvicinare a Ben, così eccomi qui. Cosa si cucina?" chiesi masticando l'ultimo biscotto.
"Tu ti occuperai del pane, io invece mi inventerò qualche miscuglio per pranzo." disse cavando farina e qualche scodella.
Mi spiegò velocemente il procedimento per preparare il pane, poi mi augurò un buon lavoro.
Mi misi all'opera e dopo un'oretta mi ritrovai ad ammirare orgogliosa il mio capolavoro. Avevo creato ben dieci pagnotte abbastanza grandi. Ora era il momento di cuocerle.
Frypan si offrì volontario, o meglio mi sfrattò dalla cucina, dicendo che li avrebbe cotti lui poco prima di pranzo. Mi liquidò dicendomi che aveva paura che li avrei bruciati o peggio carbonizzati.
Mi accorsi di essere stranamente calma. Cucinare mi faceva veramente bene. Non avrei permesso ad un cattivo pensiero di rendermi nervosa di nuovo.
Mi ritrovavo un'intera giornata davanti e non sapevo cosa fare. Non potevo andare a vedere come stesse Ben. Frypan aveva finito di cucinare. Newt non sembrava volermi parlare - e io non volevo parlare con lui - e mi ero imposta di non parlare con Thomas. Mi rimaneva ben poca scelta su come occupare il mio tempo: non fare niente per tutta la giornata - cosa che scartai subito -, girovagare per la Radura senza una meta fissa, oppure andare a vedere cosa stessero facendo Chuck e Gally.
Optai per l'ultima opzione e mi diressi verso il Macello, sperando di trovare Chuck.
Appena entrai vidi Winston alzare in aria un grosso coltello e farlo ricadere sulla testa di un maialino. Con occhi sbarrati la osservai rotolare a terra sanguinante. 
"Ehi, Elena. Vuoi provare?" chiese mostrandomi un maialino legato al guinzaglio al tavolo in cui, pochi istanti prima, aveva messo fine alla vita di un suo simile.
Scossi la testa spaventata e uscii immediatamente dalla stanza, sbattendo più volte le palpebre.
Mi allontanai velocemente dall'edificio e giurai a me stessa due cose: che non sarei più entrata nel Macello e che non avrei più mangiato qualcosa che provenisse da un maiale.
"Stai bene?" chiese una voce davanti a me. "Sembra che tu abbia appena visto un fantasma."
Alzai lo sguardo e incrociai gli occhi di Gally. 
"Winston. Ho visto Winston affettare la testa ad un maiale. Lo ha fatto così." dissi fingendo di avere un coltello in mano e imitando il ragazzo. "Non ha battuto ciglio. Lo ha fatto come se fosse la cosa più tranquilla e semplice a questo mondo." 
Udii la risata profonda di Gally e poi sentii un suo braccio circondarmi le spalle. "Immagino che ora ti sognerai la testa del maialino per notti." rise di nuovo.
Gli diedi un leggero pugno sul petto e gli mostrai la lingua. "Faccio già troppi incubi. Non ne voglio aggiungere altri alla lista." ammisi sospirando.
"Forza vieni. Ti presento qualcuno." disse facendomi fare dietrofront.
Mi feci condurre curiosa per qualche secondo, poi mi accorsi che mi stava portando verso il Macello e puntai i piedi nel terreno. "Io lì non ci torno." dissi spaventata.
Lui sbuffò, poi mi caricò sulla spalla. Gli ordinai più volte di mettermi giù e altrettante volte gli presi a schiaffi e a pugni la schiena, ma sembrava non voler cedere, così poco prima di entrare mi coprii gli occhi con le mani.
"Ciao, Winston. Ti rubo per un attimo la bestia." lo informò Gally. Sentii un silenzio da parte di Winsotn e intesi che fosse un assenso.
Quale bestia? Per quanto mi riguarda oggi non voglio vedere altri animali. Morti o vivi.
Sentii Gally fischiare, poi uno zampettare continuo a terra. Il ragazzo, che mi teneva ancora in spalla, uscì dal Macello e mi rimise a terra.
Nonostante fossimo usciti continuavo a tenere gli occhi chiusi. Avevo paura della bestia che mi si sarebbe potuta parare davanti. Perchè Gally aveva avuto una pessima idea come quella?
"Ora puoi aprire gli occhi." disse il ragazzo ridendo. Per tutta risposta scossi la testa in modo convinto. Sentii il ragazzo sospirare e venirmi vicino. Con le sue mani mi forzò a togliere i palmi dal viso e a quel punto fui costretta ad aprire gli occhi.
Un Labrador nero mi si avvicinò scodinzolante e iniziò a saltellare ai miei piedi.
"Si chiama Bau." disse Gally accarezzandolo.
"Ciao Bau." esclamai abbassandomi per coccolarlo.
Mi piegai su me stessa senza peró appoggiare le ginocchia al suolo.
Ero in perfetto equilibrio sui miei piedi, almeno fino a quando Bau mi saltó addosso, rompendo la mia stabilità e facendomi cadere.
In una frazione di secondo mi ritrovai stesa a terra, intenta a cercare di calmare il grosso cane, che nel frattempo mi stava leccando la faccia.
Tentai invano di levarmelo di dosso e dopo diversi tentativi falliti, mi limitai a coprirmi la faccia, lasciando però scoperta la bocca.
Le mie labbra erano le uniche cose che il cane non aveva leccato. Sperai con tutto il cuore che non lo facesse.
Mi sentii togliere un peso sulo stomaco e aprii lentamente gli occhi.
Vidi Gally sopra di me, intento a togliermi il cane di dosso.
Non appena lo allontanó tirai un sospiro di sollievo e mi misi a ridere, contagiando anche Gally.
Il ragazzo fece per levarsi da sopra di me, quando il cane balzò sulla sua schiena facendolo ricadere sul mio corpo. 
Il respiro mi si mozzò in gola. Il corpo di Gally era veramente pesante. Osservai il cane ritornarsene indispettito verso il Macello e tirai un sospiro di sollievo.
Gally, sebbene i secondi passassero, rimaneva con la testa appoggiata sul mio petto. Non gli dissi niente, magari si era fatto male o gli girava la testa e aveva bisogno di rimanere fermo qualche secondo.
Mi accorsi invece che aveva gli occhi chiusi e sembrava concentrato su qualcosa. Sembrava stesse sentendo il battito del mio cuore. Arrossii all'istante per quella situazione imbarazzante. Non ero per niente a mio agio e la cosa non mi piaceva.
"Gally..." sussurrai scuotendolo per le spalle. 
Lui emise un mugolio soffocato e poi alzò la testa a malavoglia. "Che c'è?" chiese fissandomi negli occhi.
"Beh, potresti alzarti? Non riesco a respirare." dissi cercando di essere il più cortese possibile.
"Se faccio così stai meglio?" chiese avvicinandosi al mio viso.
Non capivo. Cosa doveva cambiare se si spostava di qualche centimetro? Pesava comunque e rimaneva in ogni caso sopra di me. Iniziava a darmi sui nervi.
"Non è cambiato nien..." fui interrotta dalle sue labbra. Erano morbide e umide. Un brivido mi percorse la schiena. E non erano gli stessi brividi che provavo con Newt. Questi erano più di... disgusto? Non compresi immediatamente cosa stavamo facendo, ma quando capii che ci stavamo baciando, lo allontanai con uno spintone e mi pulii le labbra.
"Cosa caspio ti è saltato in testa?" urlai sbarrando gli occhi e arrossendo.
"I-Io non... Non lo so, non l'ho fatto apposta... Io credevo che... Io ero..." balbettò lui sorpreso. "Mi dispiace. Dimentica quello che è successo, non accadrà più." sussurrò prima di scomparire correndo.
Cosa era appena successo? Ancora la mia mente non riusciva ad accettare quello che era accaduto.
La cosa che mi sorprese di più fu che il mio primo pensiero mentre ci baciavamo fosse Newt.
Perchè avevo pensato a lui? Perchè avevo pensato ai brividi che mi provocava quando ci sfioravamo?
Zart aveva ragione, almeno in parte. Il sentimento provato da Gally non era solo amicizia, o affetto verso una sorella minore. Era vero e proprio amore, e la cosa peggiore per lui era che il sentimento non fosse ricambiato. Ma aveva ragione anche riguardo Newt?
Mi alzai di scatto, accorgendomi di essere ancora a terra. E ora cosa faccio? Pensai guardandomi attorno. La mia prima preoccupazione fu di accertarmi che nessuno ci avesse visti, e così fortunatamente fu.
Tirai un sospiro di sollievo per quanto il mio cuore fosse ancora pesante e la mia mente nella confusione più totale.
Perché non me ne sono accorta prima? Avrei potuto fare qualcosa per... Per evitare tutto questo! Pensai grattandomi la testa.
Sapevo solo che non dovevo assolutamente dirlo a Newt.
Avrebbe sicuramente dato di matto: aveva già reagito non bene ad un bacio dato in sogno, figuriamoci ad uno reale, per di più con Gally.
Ma cosa gli é saltato in mente? Dannazione...


*Angolo scrittrice*
Mi sono appena accorta di aver saltato il "Capitolo 12." nella storia... che sbadata! L'ho appena aggiunto!

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Capitolo 16
*** Capitolo 16. ***


La giornata passò velocemente e l'oscurità iniziò a farsi strada nel cielo. Alby indisse un'Adunanza per discutere del nuovo Fagiolino che era arrivato con troppo anticipo nella Radura. Newt mi aveva accennato qualcosa al riguardo e mi sembrava che la Scatola salisse ogni mese con nuove provviste e un Fagiolino. Thomas era veramente arrivato presto rispetto a tutti noi, d'altronde io ero nella Radura da soli quattro giorni. 
Sembra già passata un'eternità... Pensai incamminandomi verso il Casolare.
 Io ovviamente, non essendo Intendente, non ero tenuta a partecipare all'Adunanza. Così, senza sapere cosa fare, decisi che andare a dormire sarebbe stata l'idea migliore: la giornata si era finalmente conclusa e potevo riposarmi.
Non che avessi fatto qualcosa di stancante durante il giorno, tuttavia i numerosi avvenimenti mi avevano parecchio scombussolato e dovevo dormirci su.
Come mio solito presi un sacco a pelo e mi rintanai nell'angolo più remoto della stanza. Non riuscii a chiudere un occhio per quasi un'ora e, quando finalmente i miei occhi iniziavano a farsi pesanti, una decina di ragazzi entrò chiassosamente nel Casolare.
Sotto il mio sguardo omicida, ognuno prese silenziosamente un sacco a pelo e tutti si misero a dormire. Passarono altri dieci minuti e il sonno sembrava avermi proprio abbandonata. Inoltre i Radurai russavano. Russavano tutti. Mi sembrava di dormire nel Macello, circondata da maiali che grugnivano. Così decisi di alzarmi e spostarmi al piano superiore. Avevo già il mio sacco a pelo e scelsi di lasciare libero il letto.
Obbligai il mio cervello a spegnersi, pur di non iniziare a pensare e a ragionare. Se lo avessi fatto avrei potuto dire addio al sonno che si stava nel frattempo impossessando del mio corpo.

"Soggetto C1, d'ora in poi ti chiamerai Elena." disse una signora vestita in camice affidandomi una cartella contenente diverse schede. "Qui c'è scritto la tua vita passata. In breve i tuoi genitori sono morti a causa dell'Eruzione e la W.C.K.D. ti ha portato in salvo quando eri bambina." disse sbrigativa.
"Ma sono bugie. Per la millesima volta, io mi chiamo Rebeca, non Soggetto C1 o Elena. E i miei genitori sono..." non seppi continuare. Dove erano i miei genitori? 
"Lo sappiamo." rispose acida. "Ma ti pare che possiamo spifferare a tutti che eri una cavia da laboratorio? Wicked è buono. Ricordatelo. Ora lavorerai per la W.C.K.D., che ti piaccia o no. E se dirai a qualcuno i test che ti abbiamo fatto, prenderemo i necessari provvedimenti." sorrise dandomi un buffetto sulla guancia.
Scostai disgustata la sua mano con uno schiaffo. 
"Imparati la storiella sulla tua vita a memoria e rispondi solo quando ti vengono fatte domande. Cerca di essere credibile, Elena." disse incalzando il tono della voce sull'ultima parola. Lo faceva apposta, ci potevo scommettere. La scienziata girò i tacchi e se ne andò impettita.
Camminai per il corridoio e buttai il fascicolo nel primo bidone che trovai. Non avevo bisogno di menzogne. Sapevo il mio passato e non intendevo cambiarlo. 
Almeno non avrei più fatto la cavia da laboratorio e questo mi bastava per essere felice. Odiavo la W.C.K.D. eppure ero costretta a lavorare per lei. Era un destino crudele, ma era pur sempre il mio destino. 

Un rumore mi destò dal sonno. Aprii gli occhi e dopo diversi minuti mi abituai al buio. Vidi una figura che si agitava sul letto, sicuramente a causa di un incubo. Era Newt.
Senza esitare oltre mi alzai di scatto e mi avvicinai al letto. Lo scossi cercando di svegliarlo.
Sapevo fin troppo bene quanto fosse brutto essere in balia degli incubi.
Chiamai più volte il suo nome e riuscii a svegliarlo dopo pochi secondi.
Lui balzò a sedere sul letto e si guardò intorno in modo confuso, respirando affannosamente e ingoiando più volte la saliva.
"Newt." sussurrai ancora una volta. "Newt è stato un incubo, stai tranquillo."
"E-Elena?" chiese lui guardandomi negli occhi. Io annuii e il suo sguardo si fece lucido.
Mi abbracciò e rimasi quasi pietrificata da quel gesto. Era stato veramente così terribile il sogno?
Ricambiai titubante la stretta e gli accarezzai la schiena sudata per tranquillizzarlo. Ancora tremava e il suo respiro era irregolare.
Si distaccò lentamente, quasi non volesse lasciarmi andare, e poi mi sussurrò scusa.
Gli accarezzai i capelli biondi arruffati e feci per tornare al mio sacco a pelo, quando la sua mano si strinse delicatamente sul mio polso, facendomi tornare verso di lui.
"Eli, so che non è giusto nei tuoi confronti chiederti una cosa del genere, ma... dormiresti con me questa notte?" chiese pregandomi con lo sguardo. Mi fissai sui suoi occhi ancora lucidi e pieni di paura. Come potevo lasciarlo solo in quello stato?
"Certo, dai fammi posto." dissi sorridendo incoraggiante. 
Lui si stese sul materasso e si fece piccolo per farmi spazio. Mi accucciai a lui, attenta però a limitare i contatti tra i nostri corpi. Presi le coperte e me le tirai fino al mento.
Lui mi circondò la vita con un braccio e mi avvicinò a sè, facendomi appoggiare la schiena sul suo petto, poi incastrò il suo mento nell'incavo sul mio collo.
Sentii il suo corpo rilassarsi sotto quel contatto, mentre il mio si irrigidiva sempre di più.
Non ero abituata ad un contatto del genere, e la situazione mi imbarazzava parecchio.
Sentii un suo sospiro sul mio collo e in un istante il suo alito caldo mi provocò una scossa lungo spina dorsale. Dovevo riconoscere che mi era mancato quel brivido che provavo solo quando ero con lui.
"Cosa hai sognato?" chiesi. 
"Niente... Cioè, non mi ricordo." si limitò a dire. Per quanto il suo tono potesse sembrare convincente, mi sembrava che mi stesse nascondendo la verità. Decisi di tacere: forse non ne voleva semplicemente parlare.
"Mi dispiace per come mi sono comportato oggi." aggiunse dopo un lungo attimo di silenzio. "Ti giuro che non so cosa mi sia preso. Di solito non mi comporto così. E' solo che l'idea di tu e Thomas che vi baciate mi ha fatto andare fuori di testa." disse con un sussurro.
Cosa? Quindi è geloso? Ha appena ammesso di essere geloso? Pensai trattenendo il respiro. Le farfalle si ripresentarono a mille nel mio stomaco. 
"Scusa, questo potevo evitare di dirlo." disse togliendo il braccio dalla mia vita e ammazzando in un colpo tutte le farfalle.
Dove prima c'era il suo tocco ora sentivo solo freddo e non mi piaceva quella sensazione di vuoto, così gli afferrai la mano e la appoggiai dov'era prima.
"Non scusarti. Smettila di scusarti per ogni cosa. Non ce n'è bisogno." sussurrai stringendogli la mano, quasi per impedire che fuggisse di nuovo lontano da me.
"Domani, se vuoi ci andiamo a parlare." sussurrò lui accarezzando il mio palmo. "Con Thomas intendo."
"Ne riparliamo domani, ora pensa a dormire, okay?" sussurrai con un filo di voce.
"Buona notte, Eli." sussurrò. Sentii un leggerissimo tocco caldo sulla pelle del collo, quasi impercettibile. Ma io lo sentii chiaramente, e quel bacio bastò a farmi prendere fuoco. 
"Buona notte, Newt." sussurrai soffocando il mio imbarazzo.
Sorrisi e mi addormentai tra le sue braccia calde, come era già successo una volta. Ma questa volta l'avrei protetto io dai suoi incubi.

*Angolo scrittrice*

O my god, ma quanto mi amo? Non so voi, ma io sto dando di matto! E' stata la cosa più emozionante di tutte scrivere la scena tra Newt ed Elena. 
Cosa ne pensate? Siete anche voi euforici come me?! 
Okay, respira... *annusa l'aria e sente odore di dolci* *inizia a correre per la casa con la bava alla bocca alla ricerca dei biscotti*
La mia mamma ha appena sfornato i biscotti, quindi vi abbandono qui e li vado a mangiare. A volte penso di avere una Mamma Peeta... che cosa bella *-* 
Ps: scusate per il capitolo corto!
Adieu e al prossimo capitolo! 

Un bacio dalla vostra Inevitabilmente_Dea ♥

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Capitolo 17
*** Capitolo 17. ***


Mi svegliai per la prima volta riposata. Aprii lentamente gli occhi e misi a fuoco una figura sotto di me.
Alzai leggermente la testa e mi accorsi di aver dormito sul petto di Newt.
Come siamo finiti in questa posizione? Pensai arrossendo. 
Il suo braccio mi circondava la vita e mi teneva stretta al suo corpo, mentre il mio busto era in parte appoggiato sul suo addome caldo.
Fissai il suo volto calmo e ancora dormiente. Aveva un'espressione rilassata, come se fosse in pace con il mondo. I capelli, naturalmente arruffati, gli incorniciavano quel viso angelico e gli davano un'aria sbarazzina.
Sarei restata lì a guardarlo dormire per ore, ma mi sembrava una cosa imbarazzante e da psicopatica, così decisi di alzarmi per andare a fare colazione.
Scostai lentamente il suo braccio dalla mia vita e feci per scendere dal letto, quando la sua presa si fece ferrea sul mio busto, trascinandomi di nuovo sopra di lui.
Ora la situazione era peggiore di prima: le sue braccia erano entrambe attorcigliate alla mia vita e non mi lasciavano andare. Era come un bambino che abbracciava, o meglio stritolava, il suo peluche preferito.
"Newt." lo chiamai cercando di contenere l'imbarazzo che si stava nel frattempo mostrando sulle mie guance. Non ricevendo nessuna risposta dal ragazzo gli battei delicatamente la mano sul petto, nel tentativo di svegliarlo.
Lui aprì gli occhi assonnato, mi squadrò per qualche secondo e poi ritornò a dormire beatamente.
Feci per aprire bocca di nuovo, ma i suoi occhi si sbarrarono all'improvviso.
"Cosa ci fai tu qui?" chiese guardandomi interrogativo e confuso.
Cosa vuol dire? Non si ricorda che me lo ha chiesto lui di dormire insieme? Pensai offesa.
"Nel senso... come... come siamo arrivati a stare così... appiccicati?" si corresse.
"Stavo per alzarmi, ma mi hai praticamente stritolato a te. A proposito, lo stai ancora facendo." risi.
Lui tossì imbarazzato e mi liberò dalla sua presa, permettendomi quindi di alzarmi dal letto.
Mi incamminai verso la porta, quando lui mi bloccò chiedendomi preoccupato dove andassi.
"Vado a mangiare..." spiegai confusa dal suo comportamento. Perchè era preoccupato di ovunque andassi senza di lui?
"Vengo anche io." disse raggiungendomi. Mi sembrò più un ordine che una proposta, ma non ci diedi peso. Non mi scocciava averlo accanto, anzi mi faceva sentire in qualche modo protetta e sicura, anche se non ero mai veramente in pericolo.
Scendemmo le scale del Casolare e ci dirigemmo silenziosamente verso la cucina.
Qui trovammo un Frypan indaffarato a pulire le sue pentole in modo alquanto ostinato. Appena ci vide entrare ci rivolse un sorriso e lasciò perdere la padella bruciacchiata.
"Buon giorno. Ora piccioncini, spiegatemi il perchè tutti si sono presentati per la colazione mezz'ora fa e voi siete qui solo ora." disse ridendo e lanciandoci occhiate maliziose.
"Chiusi quella fogna, testa di caspio." rise Newt senza peró dare una risposta.
Frypan alzó le mani ridendo in segno di resa, poi ci passó qualche biscotto.
Newt rifiutó e si prese una mela, io invece iniziai a mangiare i biscotti voracemente. Non mi ero accorta di avere così fame, in piú i biscotti di Frypan erano perfetti: quando li mettevi in bocca si scioglievano facendoti esplodere le papille gustative.
"Allora, oggi sei con me, Elena?" chiese Frypan ritornando con l'attenzione alla sua pentola annerita.
Scossi la testa e ingoiai il biscotto che avevo in bocca per parlare: "Veramente oggi volevo andare a vedere come stesse Ben." spiegai.
"Non se ne parla." disse secco Newt.
"Newt, sono un Medicale, io posso..."
"Ti ho detto di no, caspio. Sei così ostinata a volte..." sbuffó.
Per qualche motivo mi sentii offesa da quelle parole, ma decisi di non replicare. D'altronde aveva ragione: ero ostinata, e proprio per questo quel giorno sarei andata a trovare Ben di nascosto.
Finimmo il resto della colazione in silenzio, poi mi alzai dallo sgabello e mi diressi fuori dalla cucina.
"Io vado a lavorare, oggi pomeriggio Thomas é con me." spiegó lui seguendomi. "Oggi se vuoi ci parliamo."
"Va bene. Inizia a provare i lavori oggi?" chiesi.
Lui annuì. Perfetto. Pensai. Così posso andare a trovare Ben senza essere disturbata. 
Decisi di attendere fino a dopo pranzo.

Dopo aver mangiato aspettai che tutti tornassero ai propri lavori per mettere in azione il mio piano.
Mi diressi verso l'edificio dei Medicali, passando per il bosco e, una volta arrivata, mi accertai che nessuno mi stesse guardando 
Entrai e vidi Ben steso sullo stesso letto in cui lo avevamo messo pochi giorni fa. Pensavo che la sua situazione fosse migliorata, ma mi sbagliavo.
Certo, ora non urlava più come nei primi giorni, ma il suo viso era completamente solcato da vene grosse e verdi.
Era pallidissimo e respirava appena. Sembrava quasi morto, ma stava solo dormendo.
Sta veramente solo dormendo? Pensai terrorizzata. Il pensiero che potesse essere morto mi fece rabbrividire.
Gli andai vicino e gli misurai il polso.
Sembrava tutto regolare. Insomma, sembrava vivo, ma il suo polso era alquanto lento per una persona sana e viva completamente.
Alzai lo sguardo al suo viso e mi accorsi che mi stava fissando con occhi vuoti.
"Ben?" lo chiamai.
Lui continuó a fissarmi con quello sguardo perso. Aveva un'espressione abbastanza inquietante e i suoi occhi iniettati di sangue non miglioravano il suo aspetto.
"Ben, come stai?" chiesi preoccupata.
Lui sussurró qualcosa di incomprensibile e mi avvicinai per sentirlo meglio.
"Tu! Tu sei una di loro!" urlò d'un tratto scattando in piedi.
Feci per indietreggiare, ma lui anticipò la mia mossa e mi spinse con una forza sovrumana verso il muro.
Sbattei rumorosamente contro la parete e caddi violentemente sopra il tavolino in legno, che si ruppe sotto il mio peso. Sentii qualcosa fatto di vetro frantumarsi sotto di me e subito dopo un dolore lancinante mi percorse la schiena, facendomi digrignare i denti.
Mugugnai, pur di non urlare, e nel frattempo rotolai via dall'ammasso di cocci sperando di non tagliarmi ulteriormente.
"E' colpa tua se siamo tutti qui! Tua e di Thomas!" urlò nuovamente Ben prendendomi per il colletto della maglia.
Mi sollevò in aria e mi sbatté contro il muro vicino alla finestra, provocandomi un altro acutissimo dolore sulla schiena. Dei pezzi di vetro dovevano essersi infilati nella mia carne.
Sempre tenendomi per il bordo della maglietta si chinò a raccogliere un pezzo di vetro e, stringendolo saldamente in mano, me lo avvicinò alla gola.
Lo guardai negli occhi, sperando di trovare un pezzo di umanità in lui, ma quello che vidi fu solamente odio e rabbia nei miei confronti.
"Ben..." sussurrai. "Io non ho fatto niente, ti prego lasciami." dissi con un filo di voce.
Lui emise un verso simile ad un ruggito e fece per tagliarmi la gola, quando il suo sguardo fu catturato da qualcosa al di là della finestra.
Sorrise per un secondo e poi sussurrò una parola. Mollò la presa e mi lasciò cadere a terra, provocandomi di nuovo delle fitte. Non capii immediatamente cosa avesse detto e lo osservai lasciar cadere il pezzo di vetro ed uscire dall'edificio.
Thomas. Pensai. Ecco cosa aveva sussurrato.
Cercai di tirarmi in piedi e, dopo diversi tentativi falliti, riuscii ad alzarmi tenendomi salda alla soglia della finestra. Guardai al di là del vetro e l'ultima cosa che vidi prima di cascare fu Thomas che si addentrava nel bosco.
Dovevo avvisarlo. Avrebbe potuto ucciderlo e io avrei potuto salvarlo.
Feci un altro immenso sforzo e riuscii a reggermi sulle gambe tremolanti. Cercando, per quanto possibile, di ignorare il continuo dolore alla schiena, mi mossi in direzione dell'uscita.
Appena uscita all'aperto vidi Newt che stava lavorando agli Orti. Da sola non ce l'avrei fatta, avevo bisogno di aiuto.
Cercai di gridare il suo nome per attirare la sua attenzione, ma l'unica cosa che uscì dalle mie labbra fu un suono soffocato.
Era come quando non riuscivo ad urlare negli incubi e per un attimo sperai che si trattasse veramente di un incubo.
Compii altri passi in direzione degli Orti, ormai ero vicina, ma non abbastanza. Ad ogni passo la distanza sembrava aumentare.
Newt alzò finalmente lo sguardo verso di me e mi rivolse un sorriso, che però si spense quasi subito quando vide in che condizioni ero.
Spalancò gli occhi e mi guardò incredulo. Avevo voglia di stramazzare al suolo, di gridare, di piangere, di morire, anche svenire mi sarebbe stato utile. Ma dovevo aiutare Thomas. Dovevo salvare Thomas.
Newt mi si avvicinò correndo a più non posso e, una volta che fu abbastanza vicino, mi lasciai cadere tra le sue braccia, sfinita per quella che sembrava essere stata una corsa durata fin troppo.
"Elena! Cos'è successo?!" chiese lui preoccupato.
"Thomas." sputai faticosamente. "Ben vuole uccidere Thomas." 
"Ben? Ma Ben è dentro..." disse confuso.
"Aiutami. Ti prego, aiutalo." dissi esaurendo le ultime forze.
Non feci in tempo ad aggiungere altro che un grido acuto si levò nell'aria, rompendo il silenzio tombale della Radura.
Vidi Newt girarsi velocemente e il suo sguardo mutò in panico. Senza sprecare un secondo di più corse a prendere una pala da lavoro. 
Non capii immediatamente cosa volesse fare, poi notai Thomas correre e chiedere aiuto, rincorso da Ben.
Quest'ultimo si lanciò pazzamente all'avanti e lo afferrò saldamente per le caviglie.
Thomas cadde a terra e in un secondo Ben gli fu sopra.
Vidi Newt agitare in aria la pala e colpire forte la testa di Ben, facendolo cadere stordito sopra il corpo di Thomas, che continuava ad agitarsi e a divincolarsi da sotto il ragazzo.
Tutti i Radurai corsero in aiuto e, mentre Thomas si contorceva cercando di liberarsi, sollevarono di peso Ben.
In tre o quattro riuscirono a bloccarlo e Thomas, finalmente in salvo, corse lontano dal ragazzo.
Thomas era finalmente salvo. Potevo finalmente svenire.
Lasciai che le mie gambe si piegassero e caddi a terra fragorosamente.
Aspettai il buio nei miei occhi, ma non arrivò mai. Per quanto dolore io provassi, non ero svenuta e il mio corpo non sembrava volerlo fare.
Newt mi corse incontro e mi prese per le spalle obbligandomi a guardarlo negli occhi.
"Ora è tutto finito." sussurrò. Ripeté più volte la frase e mi sembrò che lo facesse più per calmarsi lui stesso. "Ti porto da Jeff." disse portandomi una mano dietro la schiena.
Gemetti dal dolore e lui ritirò subito la mano. Allungò lo sguardo alla mia schiena e si fece paonazzo in viso.
"Elena..." sussurrò. "Sei... sei piena di vetri."
Mi alzò di peso, facendo forza sotto le ascelle e io cercai in tutti i modi di aiutarlo a sollevarmi, ma per quanto mi sforzassi, il mio corpo sembrava non voler rispondere ai comandi.
"Jeff!" gridò Newt.
In pochi secondi un'altra figura si avvicinò a noi e, dopo alcuni attimi di esitazione, mi prese per le gambe.
Mi portarono velocemente verso l'edificio dei Medicali e una volta entrati, entrambi si fermarono sulla soglia.
Per pochi secondi fissarono l'ammasso di legno e vetro che ormai era lontanamente paragonabile ad un tavolino, poi mi fecero sedere cautamente su un letto.
Jeff corse a prendere qualcosa in un armadietto, mentre Newt mi si sedette accanto.
"Elena, ti prego parlami." disse con occhi lucidi.
"Sto bene." fu l'unica cosa che riuscii a dire prima che la figura di Jeff mi si parò davanti.
"Devi toglierti la maglia." disse titubante.
"Anche io sono un Medicale, posso farcela da sola." dissi arrossendo, per quanto fosse possibile arrossire in quella situazione.
"Forza, Elena. Non riuscirai comunque a medicarti la schiena." spiegò Newt.
Annuii stanca e lui mi aiutò a togliermi la maglia.
Mi coprii il petto con le braccia e abbassai la testa. Non volevo vedere le loro espressioni, ma potevo immaginarle dato che un silenzio imbarazzante cadde su di noi.
Newt tossicchiò e ordinò a Jeff di fare in fretta.
Quest'ultimo si mise subito al lavoro, ma prima mi osservò la schiena nuda con attenzione.
"Newt... c'è una cosa che devi vedere." disse con voce preoccupata.
Newt si sporse leggermente indietro con la schiena e osservò la mia schiena.
Il suo volto si fece paonazzo e sbattè più volte le palpebre prima di osservare l'espressione di Jeff.
"Con cosa credi che se le sia fatte?" chiese rivolto a Newt.
"Mi spiegate cosa vi preoccupa? Cosa mi sono fatta?" chiesi impaziente e preoccupata allo stesso momento.
"Sei piena di cicatrici. Su tutta la schiena. Tutta." spiegò Jeff passando il suo polpastrello probabilmente su una cicatrice.
Questo significa che... Pensai terrorizzata. I miei sogni sono reali. Sono ricordi. Ero veramente una cavia da laboratorio.
Newt mi guardò impietrito. Fece per dire qualcosa, ma si limitò a richiudere la bocca e a guardarmi negli occhi. Non c'era bisogno di spiegargli a cosa stavo pensando, perchè probabilmente ci era arrivato anche lui dato la sua espressione triste.
"Ignora le cicatrici vecchie... Pensa piuttosto a quelle che si creeranno dopo quello che le ha fatto Ben." disse Newt scuotendo la testa.
Jeff si schiarì la voce e, prima di scrocchiare le dita delle mani, disse: "Devo prima toglierti i pezzi di vetro. Non posso assicurarti che non farà male."
Annuii come per dargli il consenso e lui iniziò a sfilare le scaglie di vetro dalla mia pelle.
Inizialmente riuscii a controllarmi e ogni volta che sfilava una scheggia mi limitavo a gemere, ma più i minuti passavano più mi risultava difficile trattenere il dolore.
Una volta finite le schegge, Jeff passò al disinfettare le ferite. Una volta appoggiato il cotone sul primo taglio, non riuscii a contenermi e urlai.
In quel momento desiderai scomparire, così nessuno mi avrebbe sentito urlare.
Sentii la mano calda di Newt appoggiarsi sulla mia coscia ed accarezzarla lentamente, per darmi conforto.
Dopo diversi minuti, che mi sembrarono secoli, Jeff passò alle fasciature.
Tirai un sospiro di sollievo e aprii gli occhi. Non mi ricordavo di averli tenuti chiusi per tutto il tempo.
"Devi alzare le braccia, sennò non ci riesco." spiegò Jeff.
Annuii e alzai le braccia titubante.
Senza perdere altro tempo iniziò a farmi passare la fascia dalla schiena al petto. Dal petto alla schiena. E così via.
Finimmo dopo diversi minuti e finalmente potei abbassare le braccia.
Jeff rimise a porto il materiale che aveva usato e, inaspettatamente, mi accarezzò la testa dicendomi che ero stata coraggiosa.
Ringraziai entrambi per avermi aiutato.
Jeff salutò Newt e prima di andarsene mi disse: "Ti lascio. Tanto sei in ottime mani." disse facendo l'occhiolino a Newt.
Newt lo salutò sovrappensiero e una volta che Jeff fu uscito, mi rivolse la sua totale attenzione.
"Come stai?" chiese. "Intendo veramente, come stai veramente."
"Bene." mentii nascondendo il dolore dovuto al bruciore.
"Rimarrai sempre cocciuta, è?" chiese sorridendomi leggermente.
"Già, credo proprio di sì." risi.
Lui fece per aprire bocca, ma poi la richiuse. Poi, di punto in bianco, mi abbracciò inspirando l'odore della mia pelle.
Ricambiai l'abbraccio e, per quanto mi facesse male la sua stretta, sorrisi. 
Mi erano mancate quelle braccia. Mi era mancato il suo profumo. Mi era mancato lui.
"Ho avuto paura di perderti. Credo che d'ora in poi questo diventerà il mio incubo peggiore." sussurrò senza staccarsi.
"Ma io ora sono qui. E ora sto bene." ammisi stringendolo di più a me. "Veramente bene." 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18. ***


Ero ancora abbracciata a Newt, quando un grido si ruppe nell'aria e ci fece discostare entrambi.
Guardai fuori dalla finestra e vidi che Ben era stato circondato da tutti i Radurai. Senza esitare oltre corsi fuori dall'edificio, ignorando i continui richiami di Newt.
Ogni passo fatto era una fitta allucinante, ma per quanto la schiena mi brucciasse, continuavo a correre in direzione dei Radurai.
Una volta che fui abbastanza vicina, sentii Alby pronunciare: "Ben, sei stato condannato all'Esilio per il tentato omicidio di Thomas ed Elena. Gli Intendenti hanno parlato e la loro parola non cambierà: tu non tornerai mai piú." 
I Radurai si strinsero attorno a lui, obbligandolo ad indietreggiare verso l'entrata del Labirinto.
Mi fermai di scatto e, non riuscendo a trattenermi, urlai un no sonoro, attirando l'attenzione di tutti i presenti.
Feci per correre in direzione di Ben, ma delle braccia salde mi fermarono.
Girai la testa e vidi il viso preoccupato di Newt.
"Non possono fargli questo... É un Raduraio, caspio!" urlai in preda al panico.
Tornai con lo sguardo verso gli altri e vidi Zart schierato in prima linea, che con un bastone spingeva Ben lontano.
Ben mi rivolse il suo sguardo e per la prima volta notai della tristezza e della paura nei suoi occhi.
Sentimenti del tutto umani che non avrei pensato di vedere mai piú nei suoi occhi iniettati di sangue.
"Scusami. Credimi mi dispiace, non ero io. Non so cosa mi sia preso. Perdonami." mi disse.
Delle lacrime iniziarono a sgorgare numerose dai miei occhi.
"Smettetela! Vi prego..." urlai quando i Radurai iniziarono a stringersi sempre di più su di Ben, che si stava avvicinando pericolosamente all'entrata del Labirinto.
Era ormai sera e le porte si sarebbero chiuse a momenti.
Minho lanció uno zainetto oltre le porte che, con un cigolio meccanico, iniziarono ad avvicinarsi.
"Vi prego..." sussurrai abbandonandomi tra le braccia di Newt. 
Ben fu spinto dentro il Labirinto e fu costretto a correre lontano dalle porte per non essere spiaccicato.
Prima che le pareti si unissero con un tonfo, Ben emise un ultimo, lungo e acuto grido disperato.
Iniziai a piangere senza riuscire a contenermi.
Volevo aiutarlo e invece solo ho peggiorato le cose.
Era colpa mia.
Zart mi si avvicinó e, prima di sorpassarmi, si fermó davanti a me.
"Complimenti, Elena. É tutta colpa tua. Era questo che intendevo: combini solo casini." mi sussurró sorridendo maleficamente.
Newt lo cacció via scocciato dicendogli di lasciarmi in pace e così il ragazzo se ne andó scoccandomi un'altra occhiataccia.
"Perché?" sussurrai. "Perché mi hai fermato?"
"Non potevi fare niente. Era andato di testa. Caspio, ti ha quasi ucciso e volevi anche corrergli incontro a braccia aperte?!" mi sgridò arrabbiato. "Ti sei bevuta il cervello? Sei normale?!"
"Io... io non... come fate a non reagire? E' appena morto un vostro amico, un Radurai come voi. Voi lo avete ucciso e lo avete fatto senza battere ciglio! E' questa la cosa non normale!" gli gridai addosso.
Il suo volto tramutò immediatamente e nei suoi occhi potei notare un briciolo di tristezza.
Avevo sicuramente toccato un tasto dolente dentro di lui. Non intedevo ferirlo. Non lo avevo mai voluto. Era ovvio che non lo avessero ucciso loro.
Un altro casino! Complimenti Elena del caspio! Ho un'altra bellissima idea: perchè non vai a sotterrarti viva, così togli un peso a tutti?! Pensai ironica.
"Se non lo avessimo cacciato ora, avrebbe potuto ucciderti in futuro. E non possiamo rischiare." spiegò ritrovando la calma e la compassione che erano sempre presenti nei suoi occhi. "Io non posso rischiare di perderti."
"Ho bisogno di sapere una cosa. E ho anche bisogno di parlarti." dissi cercando di calmare il pianto. "Non ora, piú tardi, quando siamo soli. Passa nell'edificio dei Medicali tra dieci minuti." spiegai guardandomi intorno.
Tutti mi stavano fissando, chi preoccupato, chi sbalordito.
Mi ricordai di avere addosso solo delle fasciature, ma per fortuna mi coprivano tutto il busto.
Newt annuì confuso e mi staccai da lui dirigendomi verso l'edificio dei Medicali.
Avevo bisogno di rilassarmi, o di pensare.
Sì, avevi bisogno di schiarirmi le idee e di calmarmi.
Entrai nella struttura e mi infilai nel letto, coprendomi con le coperte.
Era diventato tutto freddo improvvisamente.
Chiusi gli occhi e non feci in tempo a formulare un pensiero, che il cigolare della porta mi fece aprire gli occhi di scatto.
In un primo momento pensai che fosse Newt, ma poi vidi Gally che mi si avvicinó titubante portando in mano una maglietta.
"Disturbo?" chiese sedendosi sul letto di fianco al mio.
Scossi la testa e mi tirai su a sedere.
"Ti ho portato una mia maglia... Pensavo che ti potesse servire." spiegó porgendomela.
Lo ringraziai e a fatica me la infilai.
Lui raccolse da per terra la maglia di Newt, che indossavo prima, e se la rigiró tra le mani. Osservó preoccupato ogni taglio presente sulla stoffa e poi mi rivolse una delle occhiate che odiavo di piú: uno sguardo misto tra preoccupazione e tristezza.
"Come stai?" chiese.
"Bene... Sono un po' indolenzita, ma per il resto sto okay." spiegai cercando di essere convincente.
"Perché sei andata? Ti avevo detto di non andarci e mi hai disubbidito." disse affranto.
E da quando devo ubbidire ai tuoi ordini?!
"Sono testarda." mi limitai a dire fredda, per non litigare. Non avevo proprio voglia di discutere.
"Per quanto mi odierai ancora?" chiese ridendo.
"Io non ti odio." spiegai aggrottando le sopracciglia.
"Senti, mi dispiace tantissimo di averti baciato. Credimi non so cosa mi sia preso... Io..." spiegó abbassando lo sguardo. "Non volevo morire senza aver mai baciato qualcuno. E quella era la prima e forse ultima occasione che mi si presentava."
Per un attimo mi sentii in colpa.
"Mi dispiace. Se ti ho offeso respingendoti mi dispiace. Immagino che non era il bacio che ti aspettavi."
"No, non lo era. Ma almeno era un bacio." rise grattandosi la testa. "Allora... Amici come prima?" chiese incrociando il mio sguardo.
Annuii e ripetei: "Amici come prima."
Un sorriso di sollievo si formò sulle sue labbra.
Mi salutò e, prima che se ne andasse, lo ringraziai per la maglia.
Rimasi sola nella stanza. Cercai di trovare una posizione comoda sul letto, ma ogni volta che sfioravo il materasso con la schiena, un bruciore fastidioso mi percorreva la pelle.
Finalmente dopo diversi minuti Newt entrò nella stanza.
Si sedette dove prima si era messo Gally e mi osservò con aria stanca. Sembrava non dormire da giorni.
"Allora?" chiese grattandosi la nuca. "Di cosa volevi parlare?"
Mi alzai a sedere e non appena mi sciolsi dalla stretta delle coperte, un brivido di freddo mi percorse la schiena.
"Hai freddo?" chiese preoccupato fissando la maglietta di Gally che avevo addosso.
"Sì, un pochino. Se te lo stai chiedendo, la maglia è di Gally. E' passato pochi minuti fa e me l'ha portata." spiegai con calma.
"Uhm, okay." disse scocciato. "Fuori hanno acceso il fuoco, se vuoi ti ci porto. Possiamo parlare indisturbati anche lì. Dubito che qualcuno abbia voglia di origliare dopo quello che è successo oggi."
Annuii e mi alzai a fatica dal letto. Newt si offrì di prendermi in braccio, ma rifiutai spiegandogli che non era necessario.
D'altronde prima o poi avrei dovuto imparare a farcela da sola.
Uscimmo dall'edificio e ci dirigemmo verso il fuoco che scoppiettava nell'aria.
Frypan stava servendo la cena, ma solo pochi erano in fila per riceverla. Nessuno quella sera sembrava avere fame.
Newt si sedette a terra e questa volta dovetti appoggiarmi alla sua spalla per non cadere a terra dolorante. Ignorando il continuo dolore per ogni singolo movimento, mi misi a sedere di fianco a lui.
Eravamo abbastanza isolati dagli altri ed avevamo proprio davanti la vista delle porte chiuse del Labirinto. Le osservai per alcuni secondi e un'altra ferita prese a bruciare. Non era il solito bruciore dovuto ad una ferita. Quel dolore era mille volte peggio. E non era un dolore fisico. Il ricordo di Ben che urlava e implorava il mio aiuto era rimasto impresso nella mia mente come fosse stato scritto con l'inchiostro. 
Chissà dov'è Ben ora. Spero per lui che sia già morto.
Newt sembrò notare la mia preoccupazione e mi circondò le spalle con il suo braccio destro.
"Allora?" mi incitò lui.
Presi un profondo respiro e iniziai: "Ho bisogno di sapere cosa sono io per te." dissi semplicemente.
"Perchè questa domanda?" chiese imbarazzato.
"Ti ricordi quando mi hai chiesto cosa mi aveva detto Zart nella Gattabuia?" chiesi.
Lui annuì incerto, aggrottando le sopracciglia.
Gli spiegai per filo e per segno il nostro piccolo dialogo. Mi sorpresi quando mi accorsi di ricordarmi a memoria ogni singola parola del discorso.
"E quindi ho bisogno di sapere se stava mentendo o no. Newt, stava dicendo la verità?" chiesi nuovamente.
Lui abbassò lo sguardo e solo dopo diversi attimi di silenzio mi disse: "Perchè non stai facendo la stessa domanda a Gally?"
Feci per rispondere, ma lui aggiunse: "O forse gliel'hai già fatta prima?" chiese affranto.
"No, non gliel'ho chiesto. Non ne ho avuto bisogno." dissi senza riuscire a contenermi.
"Cosa significa questo?" chiese preoccupato.
Ci siamo... Glielo devo dire.
"Lui... mi ha baciato." dissi sottovoce sperando di non essere sentita.
"C-cosa hai detto?" chiese lui sbalordito. Un velo di tristezza calò sui suoi occhi. "Quando è successo?"
"Ieri pomeriggio. Ma io l'ho..." iniziai. Non mi aveva fatto finire.
"E quando intendevi dirmelo?" chiese duro.
"Newt non ha importanza. Te l'ho detto ora e non mi hai ancora fatto finire." spiegai cercando di mantenere la calma.
"Non ha importanza? Caspio, sei proprio ingenua." sbuffò lui guardando altrove.
"Newt io l'ho respinto, caspio!" quasi gridai.
Lui mi rivolse immediatamente la sua attenzione. Era sbalordito e sembrava aver tolto in parte la tristezza che continuava ad aleggiare sul suo volto.
"Perchè?" chiese.
"Perchè non è la persona che amo." spiegai cercando di calmarmi.
"E chi è la persona che ami?" 
"Tu. Sei tu Newt." buttai fuori. "Sei tu la persona che amo, caspio."
Lui mi guardò sbalordito per qualche istante. Mi accorsi solo dopo qualche istante delle parole che avevo appena pronunciato.
Avevo appena fatto diventare solida realtà un pensiero. Avevo appena accertato quella che prima era solo un'ipotesi.
Io amavo Newt. Ed era l'unica cosa che ero certa di sapere su di me.
"Ti prego dimmi qualcosa." sussurrai senza osare guardarlo negli occhi.
Lui non disse niente e fui costretta a guardarlo negli occhi per capire cosa provasse.
Vidi i suoi occhi leggermente lucidi, le guance arrossate e gli occhi fissi sull'erba ai nostri piedi.
Non potei fare a meno di attaccarmi alle sue labbra, sfogando tutta la passione che avevo dentro.
Lo sentii irrigidirsi, poi si rilassò e ricambiò il bacio, facendo scontrare le nostre lingue.
Mi prese per i fianchi e mi avvicinò a lui. In quel momento avevo bisogno di percepire il suo corpo, il suo tepore.
Non mi ero mai sentita così viva prima d'ora. Desideravo quel contatto fin da quando ci eravamo conosciuti, ma sempre a livello inconscio. Non avevo mai permesso alle mie emozioni di salire a galla, per paura che potessero rovinare tutto. Ma in quel momento lo avevo fatto ed era una sensazione magnifica.

"Anche io ti amo." sussurrò lui staccandosi da me.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19. ***


Newt mi obbligò a cenare. Diceva che avevo bisogno di forze, ma quel bacio mi era bastato per riacquistarle tutte.
Lo accontentai, troppo felice per discutere sui più banali argomenti. Quella sera, tra i tavoli, aleggiava un silenzio tombale. Si sentiva la mancanza di Ben ed era un vuoto pesante da portare.
Decisi di andare a dormire presto. Ero stanchissima e quel mortorio non mi faceva di certo rallegrare.
"Dormi con me questa notte?" chiesi a Newt sperando in una risposta affermativa.
Non mi andava di dormire da sola in un luogo isolato, anche se avrei potuto dormire su di un letto comodo.
Lui tuttavia scosse la testa e spiegò: "No, non posso occupare un altro letto. Alby si arrabbierà. Quei letti sono solo per i malati e i feriti."
"E chi ha parlato di occupare un altro letto?" chiesi ridendo. 
E tutta questa sfacciataggine da dove viene fuori? Pensai arrossendo. 
Lui scosse la testa e rise con me, poi mi si avvicinò e mi schioccò un leggero bacio sul naso. "Buona notte, Eli."
Sorrisi al suo gesto e ricambiai il saluto, mandandogli una buonanotte.
Entrai nell'edificio dei Medicali e mi stesi nel letto.
Cercai in tutti i modi di prendere sonno, ma invano.
Il mio cuore continuava a battere all'impazzata, ripensando ogni volta al bacio tra me e Newt.
E ora come andrà? Cosa cambierà? Pensai curiosa.
Il mio cervello, nonostante tutto, mi rimproverava, dicendomi che non era bello gioire quando era appena morto un amico.
Odiavo la mia mente per avermi ricordato quel cattivo pensiero, ma aveva dannatamente ragione.
Faceva male rivedere la faccia di Ben implorare aiuto. Chissà come se la cavava nel Labirinto.
Persi la condizione del tempo e piano piano, ascoltando il suono del mio respiro, caddi in un sonno profondo.

"Elena! Elena, svegliati!" sentii una voce sussurrare. La ignorai e continuai a riposare gli occhi.
"Elena! C'è Janson!" ripetè la voce. Sentii qualcuno darmi una gomitata e spalancai gli occhi.
"Bene, bene... come procede il lavoro, Elena?" chiese Janson fissandomi in modo indifferente.
"Erhm, bene..." constatai imbarazzata.
"Bene? E' solo questo che sai dire?" chiese alzando un sopracciglio, visibilmente irritato.
"I soggetti del gruppo A non sembrano mostrare complicazioni a livello celebrale. L'attività nel Labirinto rimane stabile e tutto procede secondo i piani." confermai dando una veloce occhiata allo schermo del computer davanti ai miei occhi.
"Perfetto. Allora continuate a tenerli sott'occhio. Non voglio che dei marmocchi rovinino i piani di una vita." constatò andandosene.
Tirai un sospiro di sollievo e mi girai verso Thomas, lanciandogli un'occhiata di gratitudine per avermi svegliata in tempo.
"Non hai dormito questa notte?" chiese prendendomi delicatamente la mano.
Scossi la testa sbadigliando e carezzai il dorso della sua calda mano.
Una luce rossa sullo schermo del computer attirò la mia attenzione: i Dolenti stavano attaccando due ragazzi in pieno giorno.
I due soggetti correvano a perdifiato per i corridoi del Labirinto. Rimasi affascinata dalla velocità e dalla sicurezza che mostravano in un luogo tetro come quello. Sembravano conoscere a memoria ogni singola parete di quel Labirinto.
La mia attenzione si catapultò sui due Dolenti che li stavano inseguendo. Avevo sempre odiato quegli esseri. Erano così mostruosi, spaventosi e letali. Letali.
E' per questo che li avevano creati, no? Per tenere lontano i ragazzi dal Labirinto e per ucciderli in caso avessero varcato l'entrata. Eppure quella era la loro unica uscita. Noi gli stavamo complicando il percorso. 
Decisi di mettere fine a quell'inseguimento. Stava durando fin troppo e l'agonia che provavo nei confronti dei due giovani era tanta. Digitai qualcosa sulla tastiera, sotto lo sguardo attento e curioso di Thomas.
"Cosa stai facendo?" chiese con tono indagatore.
"Sto cambiando i comandi dei Dolenti." sussurrai premendo un bottone grigiastro.
"Cosa? Sei impazzita?" quasi urlò sporgendosi sul mio schermo per osservare meglio la mia opera d'arte.
Incrociai le braccia al petto e mi misi comoda sulla sedia. I Dolenti ora si stavano uccidendo tra di loro, sotto lo sguardo stupito dei due ragazzi.
"E se ti scoprono? Non voglio rischiare che tu torni ad essere una cavia da laboratorio. Rebe... cioè, Elena... è troppo rischioso." si corresse Thomas.
"Sai che non mi dispiace che mi chiami Rebeca." spiegai sorridendogli.
"Lo so... ma se mi sentono chiamarti in quel modo capiranno che mi hai spifferato tutto e non possiamo calcolare le conseguenze." disse lui grattandosi la testa con fare agitato.
"Stai tranquillo non mi scopriranno." 
"Elena." chiamò una voce alle mie spalle.
Mi girai lentamente con il terrore negli occhi. Una scienziata mi stava squadrando impaziente. "Janson vuole vederti. Ora." specificò.
Mi alzai titubante e la seguii a testa alta lungo il corridoio. Mi indicò una porta alla mia destra e mi fece entrare con uno spintone. Mi trovai dentro una stanza piena di mobili e scaffali. Un mucchio di scartoffie erano posizionate in modo sparso sulla scrivania al centro della stanza.
"Elena..." iniziò l'uomo seduto dietro alla scrivania bianca. "Sai perchè sei qui?"
"Io? No, credo di no. Perchè sono qui?" chiesi innocente. Adoravo fare uscire Janson dalle staffe. Era il mio gioco preferito.
"Perchè hai manovrato i comandi che avevo personalmente immesso in un Dolente." spiegò cercando di non alterarsi. Digitò qualcosa sulla tastiera del computer che si trovava davanti e lo vidi aprire una cartella elettronica.
"Ah, giusto... Intendevi quello... ops." sorrisi.
"Sai questo cosa significa?" chiese.
Scossi la testa e a questo punto lui si inferocì. Diede una veloce letta allo schermo che si trovava davanti e poi si alzò di scatto dalla sedia.
"Ben... hai presente quel ragazzo? Quello che correva nel Labirinto insieme al Soggetto A7." spiegò alzando la voce. "Doveva morire. Doveva essere punto, ma tu lo hai salvato e hai ammazzato due dei nostri Dolenti!"
"Io non pensavo di..." avevo appena sabotato un'uccisione della W.C.K.D. e non lo sapevo neanche. Ero così fiera di me stessa.
"Tu non pensi! E' questo il problema! Eri più utile da cavia!" 
No. Non poteva farlo. Non poteva riportarmi su quel lettino freddo e torturami.
"Torna a lavorare, ma sappi che alla prossima trasgressione tornerai a fare da cavia." concluse indicandomi la porta.
Tirai un sospiro di sollievo ed uscii dalla stanza. Tornai al mio posto e mi sorpresi di non vedere Thomas. Era sicuramente andato in bagno. Diedi un'ultima occhiata al monitor del computer e riconobbi i due ragazzi.
Erano usciti dal Labirinto sani e salvi. Avevano il fiatone ed entrambi si erano accasciati a terra per riprendere le forze.
Un sorriso spontaneo si formò sul mio viso.

"Elena." mi sentii chiamare.
Aprii lentamente gli occhi e mi sforzai di mettere a fuoco la figura davanti a me. Nonostante la luce del sole fosse accecante, capii che si trattasse di Newt.
Sorrisi sollevata e gli diedi il buon giorno.
"Mi sorprende che tu abbia dormito così beatamente lontano da me." rise stendendosi accanto a me e circondandomi con il suo braccio.
Mi spostai leggermente per fargli posto e mi accoccolai sul suo petto, richiudendo gli occhi.
"Già... sorprende anche me." 
"Oggi vuoi andare a parlare con Thomas?" chiese appoggiando il suo mento sulla mia testa.
Thomas. Pensai.
Mi ricordai del sogno che avevo fatto e, sebbene non fosse stato un incubo, mi spaventava più di ogni altro sogno che avevo fatto.
Quindi io lavoravo per la W.C.K.D.. Anche io ho contribuito a metterli qui dentro. Pensai spalancando gli occhi.
"Elena, mi ascolti?" chiese Newt.
"Scusami, mi ero appisolata di nuovo." mentii.
"Ho detto che se vuoi andare a parlarci prima devi farti una doccia e devi cambiare fasciature." spiegò con calma.
Annuii e mi alzai dal letto caldo, seguita da Newt.
"La schiena? Come va?"
"Meglio di ieri sicuro." risi scrocchiandomi l'osso del collo.
Andai verso le docce e Newt insistette nel volermi aiutare. Mi tolsi di dosso la maglia di Gally e mi girai di schiena.
"Devi slacciare il gancio della fasciatura, io non ci arrivo." spiegai imbarazzata.
Sentii le dita calde di Newt armeggiare con il gancio e poi uno scatto meccanico. Iniziai a farle girare attorno al mio busto e, con l'aiuto di Newt, riuscii finalmente a spogliarmene.
Ringraziai Jeff per avermi fasciato al di sopra del reggiseno.
Senza esitare entrai in una doccia a caso e, tirata la tenda, mi tolsi il resto degli indumenti.
Il getto freddo dell'acqua era una goduria per la mia pelle sporca e allo stesso tempo un dolore continuo per la mia schiena arrossata e ferita.
Finii velocemente di sciacquarmi e chiesi a Newt un'asciugamano, che mi passò senza sbirciare.
Me lo avvolsi tutto intorno al corpo ed uscii timida dalla doccia. Perchè lui doveva rimanere lì? Avevo solo la schiena ferita, non ero in punto di morte: potevo riuscirci benissimo da sola.
Presi i vestiti e ordinai a Newt di girarsi e coprirsi gli occhi fino a ché non avessi finito di vestirmi.
Lui senza protestare fece come dissi.
Dopo diversi minuti eravamo già usciti dalle docce e stavamo cercando Jeff per la Radura.
Quel ragazzo era un mago nel nascondersi ogni volta che lo si cercava.
Dopo averlo trovato e aver cambiato le vecchie fasciature, ricoperte ormai di sangue incrostato, seguii Newt che mi portó da Thomas.
Lo trovammo poco distante dal Muro. Osservava le scritte con occhi socchiusi, come se sforzasse la sua attenzione su qualcosa in particolare. Era talmente concentrato che non ci vide neanche arrivare e, per farci notare, fummo obbligati a chiamarlo.
"Tommi, hai un minuto?" chiese Newt circondandogli le spalle con un braccio.
Tommi? Pensai sorridendo. E' passato neanche un giorno e sembrano già amici di vecchia data.
Thomas annuì distogliendo la sua attenzione dal Muro inciso.
"Ti dovrei parlare..." spiegai. "Non qui, meglio in un posto isolato." precisai.
"Faccemorte." propose Newt. "Non ci va mai nessuno lì. E posso capire il perchè."
Lo seguimmo verso quelle che dovevano essere le Faccemorte. Mi ricordavo che Newt mi aveva già spiegato cos'era quel posto e l'idea di andarlo a vedere non mi allettava più di tanto.
Ci inoltrammo nel bosco e dopo qualche minuto di silenziosa camminata arrivammo a quella specie di cimitero.
Una puzza di marcio appesantiva l'aria. Sull'erba verde ogni tanto spuntavano degli ammassi di terra. Sicuramente la tomba di alcuni Radurai. 
Il pensiero di avere sotto i miei piedi dei ragazzi morti mi raggeló il sangue.
Presi Newt in disparte e gli sussurrai: "Preferirei parlarci da sola, se non ti dispiace."
Lui sembrò turbato per qualche secondo, poi scosse le spalle cercando di assumere un'aria indifferente. Lo si vedeva da lontano un miglio che era scocciato. Lo salutai dandogli un bacio sulla guancia e poi mi diressi verso Thomas, che nel frattempo stava vagando curioso tra i numerosi dossi di terra.
Lo raggiunsi titubante e mi schiarii la voce attirando la sua attenzione.
"Allora? Di cosa devi parlarmi?" chiese curioso.
"Ecco... non so da dove iniziare. Ti prego, promettimi solo che quello che ti dirò ora resterà tra di noi. Non deve uscire una sola parola dalla tua bocca, dopo questa discussione." spiegai.
"Lo prometto. Ora sputa il rospo." mi incitò.
Iniziai a raccontargli di tutti i sogni che avevo fatto, da quando ero arrivata alla Radura fino al sogno della notte scorsa. Lui ascoltò tutto attentamente e alla fine di ogni frase sembrava sempre più sorpreso e confuso.
"Non saprei cosa dirti. Da quando sono arrivato le uniche cose che mi ricordo sono il mio nome e..." si interruppe.
"E...?" lo incitai.
"Mi ricordo anche dell'acqua. Mi ricordo la sensazione di stare affogando. Delle facce che mi fissano, e voci, una donna che dice questa cosa più e più volte: Wicked è buono." sputò tutto d'un fiato. "Fino ad ora non riuscivo a spiegarmi il significato di questa frase. In ogni caso ora so che Wicked non è buono."

*Angolo scrittrice*

Ehi bei Pive!
Si avvicina il Natale e spero che durante queste piccole vacanze io riesca ad esser un po' più produttiva. Lo so che questo capitolo fa un po' schifo. Il fatto è che non sapevo cosa scrivere. 
Spero che i panettoni mi facciano venire l'ispirazione... 
Comunque... Ho due cosine importanti da dirvi:

Cosa importante numero oneavevo in mente di fare due o tre "capitoli" contenenti le vostre domande inerenti alla storia. Ovviamente questi capitoli non rallenteranno la pubblicazione della storia. Cosa ne pensate? Ho solo delle piccole "regole" da dirvi. Accetto tutte le domande (anche su di me se volete), ma con delle piccole restrizioni:

1. Le domande non devono essere personali (es: mi dici il tuo indirizzo di casa così ti stalkero? Mi dai il tuo numero di cellulare? Il nome del tuo cane? Quante volte vai al cesso?)

2. Le domande non devono chiedere spoiler (es: ma alla fine Elena muore? Gally si farà mai le sopracciglia? Minho riuscirà a conquistare il Dolente di cui è innamorato?)

Per il resto potete chiedermi tutto quello che volete. Ovviamente farò questi capitoli solo se a voi va bene.

Cosa importante numero two: la storia vi piace? Avete qualche suggerimento o commenti riguardanti la storia?
Un bacio e tanta obesità

Dalla vostra Inevitabilmente_Dea ❤

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Capitolo 20
*** Capitolo 20. ***


"Quindi i miei sogni non ti dicono niente?" chiesi speranzosa.
"No, mi dispiace." disse. "Anche se in qualche modo sono comunque collegato a te. I tuoi sogni sono il tuo passato e questo é certo ormai." 
"Ma magari non tutto..." dissi riferendomi al fatto che lavorassi per la W.C.K.D..
"No, credo che tutto sia reale. Mi dispiace, ma credo proprio che questo sia anche colpa nostra. É orribile." sussurró grattandosi la testa.
"Sei sicuro di non ricordarti proprio niente? Non hai neanche una piccola sensazione di... Familiarità con questo posto, con gli altri... Con me!" 
La voglia di sapere qualcosa sul mio passato era fortissima.
Cosa pensavo? Era ovvio che non si ricordasse di niente...
Avevo sperato che in qualche modo Thomas avesse potuto spiegarmi qualcosa, ma a quanto pare mi sbagliavo.
"No, te l'ho detto... Anche se prima, quando leggevo i nomi sul Muro, mi sembravano familiari. Anche questo posto sento di averlo già visto. Ma ti ripeto: é solo una sensazione." spiegó.
"Okay..." dissi sconsolata. 
Lo salutai e feci per andarmene, quando lui mi fermó prendendomi la mano.
"Aspetta..." disse avvicinandosi. "Non ti ho mai ringraziato per avermi aiutato il primo giorno, nella Scatola."
"Oh, niente. Sono un Medicale, é questo il mio lavoro." gli sorrisi.
"E mi piacerebbe che tu mi tenessi aggiornato riguardo ai tuoi sogni... Se in qualche modo sono collegato a te preferirei sapere."
Annuii e lui molló la presa dalla mia mano.
Me ne andai veloce da quel posto. L'aria si stava facendo troppo pensante per i miei gusti.
Appena uscii dal bosco vidi Newt aspettarmi appoggiato ad un tronco.
"Hai scoperto qualcosa?" chiese giocherellando con un sasso.
Scossi la testa sconsolata.
Pensavo di essere vicina al chiarire qualcosa e invece mi ritrovavo esattamente al punto di partenza.
"Avevi ragione. Lui non mi puó aiutare. Nessuno puó." dissi nervosa.
Sentivo la rabbia salire dentro di me.
Perché non potevo essere come gli altri? Perché non potevo scordare tutto anche io?
"Dai, vedrai che troveremo una soluzione." disse cercando la mia mano con la sua.
"No, Newt! Non troveremo una caspio di soluzione! Ogni volta che arriva la notte, la paura si impossessa di me. Ho il terrore di addormentarmi per sognare quelle caspio di robe!" buttai fuori.
Stavo urlando e avevo le lacrime agli occhi.
Newt mi guardò con compassione e tristezza, poi mi abbracciò inaspettatamente.
Non devo piangere. Non ora. Pensai cercando il più possibile di trattenere le lacrime.
"Piangi." mi sussurrò stringendomi ancora più forte.
"No." bisbigliai con voce tremante.
"Ti prego, piangi." ripeté lui. "Ne hai bisogno. Se non lo fai ti farai solo del male."
"No... se non piango vedrai che passerà."
"Non è vero. Anche io lo credevo, ma mi sbagliavo." spiegò in modo lento.
"Tu?" chiesi distaccandomi leggermente e guardandolo negli occhi.
L'immagine di Newt che soffriva e teneva tutto dentro per non piangere mi rese ancora più triste di quanto già non fossi.
Cosa lo ha fatto soffrire? Pensai ascoltando il mio cuore perdere di un battito.
"Penso che sia arrivato il momento di raccontarti perché zoppico."
Non avrei mai pensato che la sua tristezza e lo zoppicare fossero in qualche modo collegati.
"Perché zoppichi?" chiesi cercando il suo sguardo, che si fissava su tutto tranne che sui miei occhi.
"Sono stato uno dei primi Radurai. Sono arrivato dopo Alby, che è stato il primo." spiegò giocando nervosamente con un ciuffo dei miei capelli neri. "All'inizio non facevamo granché, perlopiù ce ne stavamo isolati a cercare di capire come funzionasse questo caspio di posto. Poi abbiamo iniziato ad esplorare il Labirinto. Io ero uno dei Velocisti, sai?"
Scossi la testa stupita e mi resi conto di sapere poche cose su di Newt.
"Ovviamente non trovammo un'uscita e il peso del Labirinto iniziava a farsi sentire sulle spalle di tutti. A volte mi sembrava di soffocare qui dentro. Ero sempre cupo e depresso. Non mi confidavo con nessuno per non mettere ulteriore peso sugli altri. Non piangevo mai per paura di mostrarmi debole. Poi un giorno..." si fermò per riprendere fiato e forse per cercare anche un po' di coraggio. "Ho provato a suicidarmi nel Labirinto. Sono salito fino a metà di quel caspio di muro e sono saltato giù."
Mi fissò intensamente negli occhi per qualche secondo, poi distolse lo sguardo. Pensai di non aver mai visto qualcuno così triste come lo era lui in quel momento.
Non sapevo cosa dire. Non avrei mai pensato di sentire quello che mi aveva appena confidato.
Ora capivo perchè non voleva dirmelo.
Tuttavia ero felice che mi avesse confidato una cosa così intima del suo passato. Era un peso troppo grande perchè lo potesse portare da solo.
Newt voltò la testa leggermente e inghiottì un groppo di saliva. Girò nuovamente il viso verso di me e mi sembrò che volesse dirmi qualcosa, invece si limitò a dare una fugace occhiata al mio volto per poi darmi le spalle e andarsene.
Lo fermai immediatamente e lo strattonai a me per un braccio.
Gli stampai un bacio sulle labbra e sentii le lacrime scendermi.
Sapere di quella cosa mi aveva fatto male e soffrivo per lui.
Lui esitò qualche secondo, turbato dal mio gesto. Mi gettai tra le sue braccia e lo strinsi così forte da togliergli il respiro.
Lui invece non si lamentò e ricambiò l'abbraccio, rilassando lentamente i suoi muscoli, che fino a quel momento erano rimasti tesi come corde di un violino.
"Mi dispiace..." sussurrai affondando il viso nel suo petto duro.
Rimanemmo così per quella che sembrò un'eternità. Poi lui si staccò lentamente da me e mi accarezzò i capelli.
"E' accaduto molti anni fa. Se potessi tornare indietro farei un'altra scelta." spiegò. "Ti prego, non fare il mio stesso errore. Non tenerti tutto dentro."
Annuii lentamente e accarezzandogli una guancia dissi: "Anche tu. Non ricommettere lo stesso errore due volte. Io ci sarò sempre quando avrai bisogno, okay?" 
Lui annuì e ridacchiò: "Forza, smettiamola con queste cose tristi o alla fine mi farai piangere." 
Sforzai anche io una risata e mi feci accompagnare da lui verso la cucina di Frypan.
Era ora di pranzo e ognuno stava mangiando chino sul proprio piatto. 
Quando i Radurai ci videro arrivare abbracciati, iniziarono a fissarci e a parlare tra loro. Divenni immediatamente rossa in viso e feci per staccarmi da Newt, che però non me lo permise, anzi aumentò la presa sulla mia vita.
Andammo a prendere i nostri piatti sotto gli sguardi indagatori e maliziosi degli altri.
Come mio solito andai a sedermi tra Gally e Chuck, mentre Newt si posizionò vicino ad Alby che era qualche metro distante da noi.
"Caspio ho perso una scommessa!" esclamò Chuck battendo il pugno sul tavolo di legno.
"Come, Chuckie? Che scommessa?" chiesi infilzando un po' di insalata con la forchetta.
"Io e Frypan avevamo fatto una scommessa." spiegò. "Se io vincevo potevo mangiare una porzione extra di cibo tutti i giorni, mentre se vinceva Frypan..." inghiottì un groppo di saliva. "Io dovevo rinunciare ad un pasto al giorno."
Gally rise divertito mentre la faccia di Chuck si faceva sempre più pallida.
"E sentiamo, su cosa era incentrata la scommessa?" chiese il ragazzo alzando un sopracciglio.
"Frypan aveva scommesso che loro due si sarebbero messi insieme tra poco, mentre io dicevo che non lo avrebbero fatto per altri dodici giorni." spiegò indicando me e Newt.
Cosa? Pensai irritata. Come hanno capito che c'era qualcosa tra di noi? Io non sapevo neanche di amarlo fino a ieri sera! Come hanno fatto a capirlo prima di me?!
Gally sembrò turbato tanto quanto me nel sentire la spiegazione di Chuck e fino alla fine del pranzo non proferì parola, se non per dire a Chuck di stare zitto ogni volta che quest'ultimo provava a far nascere una conversazione.
Finii alla svelta il mio piatto di cibo e feci per alzarmi, quando Gally scattò in piedi prima di me e si allontanò con grandi falcate.
"Cosa gli prende?" chiesi a Chuck.
"E' geloso." spiegò ridacchiando. "Quella testa di caspio è gelosa di te."
Sbiancai in volto. Pensavo che la questione con Gally fosse chiarita, ma ovviamente mi sbagliavo.
Scossi la testa e mi allontanai andando verso l'edificio dei Medicali.
Sperai di trovarci Jeff, o magari Clint, per chiedergli se quel giorno dovevo lavorare con loro, ma naturalmente nessuno di due ragazzi era in circolazione. Non mi sembrava di averli visti neanche a pranzo.
Feci spallucce e decisi di rimettere in ordine il casino che io e Ben avevamo fatto il giorno precedente.
Ben. Pensai sospirando. 
Quella mattina avevo quasi sperato che al mio risveglio lo avrei ritrovato a parlare con Minho. Con il suo sorriso raggiante in volto e la sua energia. Quando non lo avevo visto pranzare seduto vicino all'altro Velocista, una fitta al cuore mi si era riaperta.
Scacciai quel pensiero dalla testa ed iniziai a raccogliere i pezzi di legno da terra. C'erano ancora dei vetri sparsi qua e là e cercai di non tagliarmi nuovamente.
Misi da parte i pezzi di legno rotti, sarebbero sicuramente serviti per accendere il fuoco alla sera, mentre per raccogliere i vetri usai un panno di stoffa.
"Alla fine hai fatto una scelta, Elena." mi si raggelò il sangue e mi voltai lentamente.
Zart se ne stava sull'entrata della porta a braccia conserte. Mi fissava con il suo solito sguardo d'odio.
Era dannatamente inquietante.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21. ***


"Cosa ci fai tu qua?" chiesi cercando di sembrare aggressiva.
"Tranquilla, sono solo venuto a vedere come stavi." spiegò avvicinandosi.
"Sì, come no. Vallo a raccontare a qualcun'altro." sputai scocciata.
"Okay, okay! Colpito e affondato. Volevo solo congratularmi con te per la tua scelta." disse iniziando a battere le mani.
Sembri una foca con i capelli, smettila di rompermi. Pensai stringendo la mascella. 
"Simpatico. Ora vattene." ordinai dandogli le spalle e continuando a raccogliere i pezzi di vetro.
Lui sbuffò fingendo di essere offeso e se ne andò.
Finii di pulire il pavimento e uscii da quel luogo. Jeff e Clint non si erano ancora fatti vivi, così decisi di andare ad aiutare Frypan.
Appena entrai in cucina lui mi bloccò. "Cosa pensi di fare qui?" chiese.
"Aiutarti." spiegai aggrottando le sopracciglia.
"No. Tu non mi aiuterai. Non ti sei ancora guarita e mi rifiuto di far lavorare una ragazza ferita." spiegò.
Lo pregai di lasciarmi fare qualcosa. Odiavo non poter fare niente tutto il giorno, e l'ultima volta che avevo avuto la giornata libera non era andata a finire bene.
Lui rimase sulla sua e continuò a cucinare. Allora decisi di mettermi a sedere su uno sgabello e fissarlo finchè non avrebbe ceduto.
La mia presenza tuttavia non sembrava turbarlo affatto e dopo poco iniziò a conversare con me.
"Grazie, a proposito. Mi hai fatto vincere una scommessa." disse ridendo.
"Sì, Chuck me lo ha detto. Ma come avete..." iniziai.
"Te l'ho già detto. Quando guardi Newt sembri Chuck che fissa il cibo. Bava compresa."
"Non sei divertente." dissi lanciandogli un'occhiataccia.
"Suvvia, state benissimo insieme. Siete come il pane e la carne. O come il latte e i biscotti. O anche come..."
"Sì, ho afferrato il concetto." dissi scuotendo la testa. 
Restai a guardarlo lavorare per altri minuti, poi la porta della cucina si spalancò dietro di noi ed apparve Gally.
"Ehy Frypan, ho bisogno di..." si bloccò vedendo la mia figura seduta su uno sgabello.
Non mi salutò neanche e ignorandomi continuò: "Un po' d'acqua per i ragazzi."
Frypan annuì e passò una bottiglia di vetro al ragazzo, che dopo averla presa uscì senza rivolgermi la parola.
Perchè ora si comporta così? Che odio... Pensai seguendolo fuori.
Non potevo sopportare che lui mi tenesse il broncio, poi per cosa? Perchè era geloso? Si stava solamente comportando come un bambino.
"Ehy, Pive." lo chiamai. Lui ovviamente fece finta di non aver sentito e continuò a camminare velocemente. 
"Ora tu ti fermi e mi spieghi cosa ti prende." ordinai correndo e piazzandomi davanti a lui con braccia incrociate.
"Devo tornare al lavoro, spostati." disse secco cercando di aggirarmi. Precedetti la sua mossa e mi mossi leggermente di lato, barrandogli nuovamente il passaggio.
"Finchè non mi dai spiegazioni non mi muovo da qui, e come ti ho già spiegato: io so essere molto testarda." spiegai fissandolo negli occhi.
"L'unica che deve darmi spiegazioni sei tu. Perchè lui?" chiese diretto.
Cosa? Questa è la mia vita e decido chi amare.
"Perchè ti comporti così?" chiesi senza rispondere alla sua domanda.
Lui rise e scosse la testa. "Credo che tu sappia già la risposta, ora levati."
Rimasi offesa dal suo comportamento, ma non mi scoraggiai.
"Io non posso farci niente se tu sei... geloso." dissi cercando di assumere un tono calmo. "Te l'ho già detto: tu sei mio amico e ti voglio bene. Non riesco a provare qualcosa di più per te."
"E io non riesco a provare qualcosa in meno per te! Lasciami solo un paio di giorni per abituarmi a tutto questo." disse aprendo le braccia. "Non riesco a starti vicina sapendo che Newt può... averti ogni volta che vuole. Anche lui è mio amico e non voglio perdere la sua amicizia."
"Io non voglio perdere la mia amicizia con te." dissi. "Avrai tutto il tempo che desideri, ma ti prego non ignorarmi. Non trattarmi come un'insetto fastidioso che ti gira attorno."
Lui annuì sospirando e si allontanò da me grattandosi la nuca.
In quel momento avevo voglia di urlare di rabbia. Perchè stava succedendo tutto quel casino?
Sapevo che era colpa mia, e questa convinzione bastava a farmi infuriare ancora di più.
Se io fossi morta per mano di Ben, ora ci sarebbe un peso in meno per tutti.
Era una cosa orribile da pensare, ma non potevo farne a meno.
Passai il resto della giornata ad aiutare Chuck a mettere in ordine le docce. Era l'unico in quel momento che riusciva a farmi distrarre da tutti i miei pensieri.
Con la sua dolce innocenza riusciva a trovare il lato positivo dappertutto, tranne ovviamente nel fatto di saltare un pasto al giorno.
Per tutta la giornata non aveva fatto altro che lamentarsi ed escogitare piani naturalmente infattibili per rubare del cibo dalla cucina di Frypan.
Gli promisi che avrei diviso con lui di nascosto la mia porzione di cibo e lui si rassicurò un pochino.
Era ormai arrivata la sera e andammo entrambi a cenare. Durante il pasto restai appiccicata a Chuck che si gustava voracemente la sua cena, preparandosi al digiuno del giorno successivo.
Dopo cena salutai Newt con un bacio e mi diressi verso l'edificio dei Medicali.
Jeff mi spiegò che avrei dovuto rimanere lì per almeno altri due giorni. Mi rimproverò anche di aver faticato durante il giorno. Se volevo far cicatrizzare le ferite dovevo rimanere tutto il giorno a letto.
Sì, come se fosse possibile.
Mi rintanai nel mio letto e per la prima volta caddi in un sonno senza incubi.

Durante la notte mi svegliai sentendo delle voci bisbigliare tra loro.
Restai tranquilla credendo che fosse semplicemente Newt venuto a dormire con me.
Magari aveva fatto un altro incubo.
Quando invece riconobbi la voce di Zart spalancai gli occhi, ma ormai era troppo tardi.
Con l'aiuto di Glader mi aveva immobilizzato e ora stava cercando di legarmi un fazzoletto intorno alla bocca.
Mi dimenavo sotto la loro presa ferra, ma questo sembrò non infastidirli per niente. Zart, dopo essersi assicurato che dalla mia bocca non sarebbe uscito neanche un suono, ordinò a Glader di aiutarlo a sollevarmi.
Mi trascinarono di peso fuori dal letto e subito una fitta mi percorse la schiena. Avevano la grazia pari a quella di due Dolenti.
Per un attimo il pensiero che mi volessero gettare dentro il Labirinto mi fece gelare il sangue, poi però mi ricordai che le porte di notte erano chiuse.
Un secondo di tranquillità percorse la mia mente, subito seguito da uno di panico.
Se non volevano gettarmi nel Labirinto cosa intendevano farmi?
Mi portarono verso la Scatola, al centro della Radura e qui iniziarono a rallentare.
"Aprila." ordinò Zart.
Glader senza esitare oltre mi mollò i piedi, facendomi crollare completamente su Zart.
Quest'ultimo continuava a stringere il mio corpo con le sue braccia muscolose e mi rendeva difficile respirare.
"E' arrivato il momento di ripagare la morte di Ben." mi sussurrò all'orecchio.
No. No. No. Non mi possono buttare giù dalla Scatola. Pensai terrorizzata iniziando a dimenarmi.
Glader aprì le porte della Scatola e Zart iniziò ad avanzare.
"Così come sei arrivata te ne andrai." disse Zart con tono maligno.
Iniziai ad urlare, ma uscivano solo dei lamenti soffocati dalla mia bocca.
Sperai con tutto il cuore che qualcuno venisse a salvarmi.
Newt. Newt deve arrivare. Ora. Pensai.
Non potevo morire così. Non per mano loro.
Zart mi fece appoggiare i piedi sul bordo della Scatola e lanciai un'occhiata fugace all'aggeggio con cui ero arrivata alla Radura. Era tutto nero. Un buco completamente nero.
Iniziai a piangere pensando a tutto quello che avrei voluto dire o fare prima di morire.
Avrei voluto scusarmi con tutti per Ben, perchè anche se gli altri lo negavano, sapevano che infondo la sua morte era colpa mia.
Avrei voluto salutare tutti ed abbracciare il piccolo Chuck. Avrei voluto dirgli che prima o poi saremmo tutti usciti da qui.
Avrei voluto salutare Frypan e Jeff e dirgli quanto mi siano stati d'aiuto
Avrei voluto abbracciare anche Gally e dirgli di andare avanti, dimenticandomi.
Ma più di ogni altra cosa avrei voluto baciare Newt per l'ultima volta e dirgli quanto io lo ami perdutamente. Avrei voluto spiegargli che per nessuna ragione dopo la mia morte avrebbe dovuto provare a suicidarsi di nuovo.
Ma non farò nessuna di queste cose. Pensai prendendo un grosso respiro.
"Ehi!" sentii gridare una voce alle mie spalle.
Una piccola speranza si riaccese dentro di me. 
Finalmente Newt è arrivato. 
Feci per voltarmi e vedere il suo bellissimo volto.
Il mio corpo era scosso da continui singhiozzi, che però finirono quando Zart mi spinse oltre il bordo della Scatola, senza riuscire a vedere per l'ultima volta Newt.
Lui fu il mio ultimo pensiero prima che il nero mi circondasse in un'istante

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Capitolo 22
*** Capitolo 22. ***


Pensai di essere ormai morta, ma una mano mi afferrò il braccio, arrestando la mia caduta nel vuoto.
Sentii un gemito, sicuramente dovuto allo sforzo nel tirarmi su.
Dopo alcuni secondi mi ritrovai fuori dalla Scatola, stesa sull'erba a respirare affannosamente.
Avevo ancora il cuore in gola per lo spavento.
Guardai negli occhi il mio salvatore e mi accorsi che era Minho.
Mi tolse frettolosamente il bavaglio dalla bocca e mi chiese come stessi.
Annuii con la testa incapace di formulare qualsiasi tipo di frase.
Lui ritornò con l'attenzione su Glader e Zart, che nel frattempo se ne stavano in disparte impauriti.
Non capii immediatamente perchè non se la stessero dando a gambe. Poi compresi che non avrebbero comunque potuto scappare da nessuna parte.
Cercai di tirarmi in piedi, ma senza successo. Nessun muscolo del mio corpo sembrava volermi rispondere.
"Cosa vi è saltato in testa?! Brutte teste di caspio!" urlò inferocito.
Zart balbettò qualcosa e per tutta risposta ricevette un pugno nello stomaco da Minho, che lo fece piegare in due per il dolore.
Poi venne il turno di Glader che con occhi spalancati fissava il Velocista. Quest'ultimo fece per tirargli un pugno in piena faccia, ma prima che potesse farlo, Glader si accasciò a terra svenuto.
Minho tornò veloce verso di me e si accovacciò per potermi osservare attentamente.
"Sei ferita?" chiese girandomi il volto in diverse direzioni.
Scossi la testa continuando a respirare affannosamente.
Non riuscivo a parlare e neanche a muovermi. Ero completamente paralizzata, solo la bocca tremava ed era aperta per inalare ossigeno, che però non sembrava arrivasse ai miei polmoni.
Cosa mi sta succedendo? Pensai iniziando a preoccuparmi.
"Riesci ad alzarti?" chiese preoccupato.
Scossi nuovamente la testa e riuscii a comporre una frase: "Non... r-ries-sco... a m-muovermi."
Sperai con tutto il cuore che lui avesse compreso, anche perchè non sarei stata capace di pronunciare quelle parole nuovamente.
Senza esitare lui mi prese in braccio e con passo veloce mi portò verso il Casolare.
"Ragazzi! Mi serve aiuto svegliatevi!" urlò aprendo la porta con un calcio.
Si sentì il suono di movimenti bruschi e veloci - sicuramente tutti stavano uscendo dai loro sacco a pelo - e poi qualche passo affrettato verso di noi.

Una figura uscì dal buio, seguita da altre.
La luna illuminò il volto del ragazzo. Newt.
"Cosa é successo?" chiese quest'ultimo preoccupato.
Per fortuna parló Minho per me: "Zart e Glader hanno provato a buttarla giú per la Scatola." 
"Cosa?! E ora dove sono?" intervenne Gally.
"Glader é svenuto vicino alla Scatola mentre Zart, se non é scappato, é con lui." spiegó.
Gally si allontanó velocemente mentre Newt iniziò a fissarmi preoccupato.
"Cos'hai?" chiese. "Sei viva, sei qui con noi. Calmati, ti prego."
"N-non r-riesco... a r-resp-pirare." spiegai sforzandomi.
"Posala a terra, Minho. Jeff!" urló Newt.
Minho mi appoggió lentamente a terra e tutti mi circondarono.
Sentivo il mio corpo tremare ed era come se non fossi più io a controllare le mie azioni.
Sentii qualcuno chiedermi qualcosa, ma la domanda non arrivó alle mie orecchie. Non capivo piú niente e il panico cresceva dentro di me.
Cosa mi sta succedendo? Perché reagisco così?
Vidi Jeff arrivare di corsa con un viso ancora assonnato.
Si accovacció vicino a me e mi puntó una luce accecante negli occhi.
Poi misuró il mio polso e la mia temperatura corporea.
"Sta tremando e non riesce a respirare. Cosa le sta succedendo?" chiese Newt in preda al panico.
"Credo che sia un semplice attacco di panico. Deve solo calmarsi." spiegó Jeff.
"Scansatevi tutti! Lasciatela respirare ordinó Newt alla folla, che lentamente si allontanó da me. "Elena, guardami! Guardami negli occhi, caspio!" 
Feci come disse e cercai di concentrarmi sulle sue pupille nere e dilatate.
L'iride marrone nocciola era quasi completamente nascosta dal nero.
"Respira... Ti prego." sussurró prendendomi il viso tra le mani.
Ci furono alcuni secondi in cui non pensai a niente.
La mia mente era in totale confusione, tuttavia neanche un pensiero si formuló nella mia testa.
Poi Newt mi bació e in pochi secondi tutto il mio corpo si calmó.
Io l'ho sempre detto che sei il mio calmante, la mia medicina. Questo fu il primo pensiero che formulai.
Newt si staccó lentamente da me e mi osservó attentamente.
Poi, vedendomi tranquilla, si accasció a terra accanto a me.
"Mi hai fatto venire un infarto." bisbiglió passandosi il palmo della mano su tutto il viso.
Mi guardai intorno spaesata. 
Vidi tutti: Chuck, Minho, Jeff, Thomas, Frypan.
Tutti quelli che avevo pensato di non rivedere mai piú erano lì, accanto a me.
Solo uno mancava all'appello: Gally.
Sentii qualcuno gridare e Alby si voltó di scatto, poi corse con altri due Radurai verso un punto indefinito nell'oscurità.
Li osservai attentamente e li vidi avvicinarsi con passo veloce a due figure che, nel buio della notte, stavano lottando tra di loro.
Non capii immediatamente di chi si trattasse, poi riuscii ad identificare la figura di Gally che, con una ferocia mai vista, stava massacrando il viso di Zart.
Ci vollero ben tre Radurai per staccare Gally da quello che ormai rimaneva dell'altro Raduraio.
"Giuro che se ti avvicini di nuovo a lei ti ammazzo!" lo sentii gridare infuriato.
Newt si alzó da terra e mi aiutó a fare altrettanto. Ringrazió Minho per avermi salvata e poi mi abbracció.
"Ho creduto di perderti." mi bisbiglió all'orecchio.
Anche io avevo avuto paura di perderlo, di non poter rivedere di nuovo il suo sorriso e lo sguardo che aveva solo quando mi guardava.
Avevo anche avuto il terrore di perdere tutti quanti, ed era solo merito di Minho se ero viva.
Baciai delicatamente il collo di Newt per rassicurarlo e poi mi staccai lentamente da lui.
Mi rivolsi a Minho e lo ringraziai infinite volte, lui mi rivolse un sorriso sollevato e non potei fare a meno di abbracciare delicatamente anche lui.
Rimase pietrificato dal mio gesto, poi rilassandosi lentamente ricambió l'abbraccio e mi accarezzó i capelli con fare rassicurante.
Non seppi quante volte lo ringraziai quella notte.
Mi staccai da lui dicendogli grazie un'ultima volta e poi mi affrettai a prendere la mano di Newt, per ritrovare un po' di stabilità e protezione che solo lui poteva offrirmi.
"Jeff!" sentii Alby gridare. "Vai a vedere quella faccia di caspio di Zart. Non se lo merita, ma Gally lo ha ridotto un mostro." 
Jeff corse verso il ragazzo, mentre gli altri portarono Gally verso di noi.
Gli stavano bloccando gli arti con forza, forse per calmarlo, e non potei fare a meno di osservare preoccupata le sue nocche.
Erano completamente ricoperte di sangue, ma non riuscii a capire se appartenesse a Zart o a Gally.
Quest'ultimo mi rivolse la sua attenzione e con uno scossone deciso si liberó dalla presa degli altri, per poi correre verso di me.
"Stai bene?" chiese guardando attentamente ogni singola parte del mio corpo per vedere se fossi ferita.
Annuii nonostante fossi ancora sotto shock e parecchio scombussolata.
"Dovresti medicarti le mani." osservai.
Lui rise leggermente e poi le esaminò con noncuranza: "Hai appena rischiato di morire e ti preoccupi delle mie mani?"
Accennai un debole sorriso, constatando che aveva ragione.
Preoccuparmi degli altri costantemente era una delle mie caratteristiche e non potevo farne a meno.
Gally allungò una mano verso il mio viso e asciugò con il palmo non insanguinato le mie guance.
Con la coda dell'occhio vidi Newt lanciargli un'occhiataccia. A quello sguardo il ragazzo ritrasse immediatamente la mano.
Mi asciugai velocemente il volto e lo scoprii ancora solcato dalle lacrime. 
"Mi spieghi perchè quelle teste di caspio hanno cercato di ucciderti?" si intromise Minho.
"Già... è da un po' che le danno del filo da torcere." sibilò Newt. Notai un pizzico di rabbia nel suo tono di voce e gli strinsi la mano, cercando di renderlo più calmo.
E ora? Minho sicuramente mi odierà per aver ucciso Ben. Forse si pentirà di avermi salvata... Pensai ricordando le esatte parole di Zart.
"Allora?" insistette Minho.
E' arrivato il momento di ripagare la morte di Ben. Ripetei più volte nella mia testa.
Quel nome martellava nella mia testa con fare insistente e ogni secondo aumentava l'angoscia nel mio petto.
"Dai, Minho. E' appena sopravvissuta ad un tentato omicidio. Lasciala in pace." mi salvò Gally. "Parlerà quando avrà voglia." 
Tirai un sospiro di sollievo impercettibile ed ingoiai il groppo di saliva che avevo in gola.
Alby si diresse verso di noi e mise una mano sulla spalla di Newt.
"Pive, fai tornare tutti a dormire. E' successo abbastanza casino per oggi. Domani mattina invece faremo un'Adunanza, prima che le porte del Labirinto si aprano. Voglio tutti gli Intendenti, anche tu Minho, e voglio che siano presenti anche Zart e Glader." spiegò il ragazzo di colore.
Newt annuì deciso e fece per aprir bocca, ma prima che lo facesse, Alby parlò di nuovo: "E voglio anche la Fagiolina." chiarì.
Restai pietrificata per qualche secondo. E io cosa centravo con l'Adunanza? Zart e Glader avevano infranto una regola, io ero solo la vittima e di certo non ero un Intendente.
"Perchè anche lei?" chiese Newt preoccupato, leggendomi nella mente.
"Tu portacela e basta, caspio." disse andandosene.
Non mi salutò, nè mi chiese come stessi. Se ne andò semplicemente, fingendo quasi che io non esistessi. Quel suo comportamento mi dava sui nervi. Non mi importava se era il capo, non poteva trattarmi così.
"Eli." la mia attenzione fu richiamata da Newt. "Io devo andare ad avvisare gli Intendenti. Posso...?"
Minho lo interruppe alla svelta e mi poggiò pesantemente una mano sulla spalla. Feci una smorfia per il dolore, le ferite sulla schiena sembravano aver preso fuoco dopo l'accaduto con Zart. "Ci penso io alla Fagiolina, vai pure. E' in buone mani."
Newt lo squadrò per qualche secondo e poi si fissò sulla mano ancora appoggiata su di me. La incenerì con lo sguardo e il Velocista la tolse alla svelta. "Bene così." aggiunse Newt.
Mi sfiorò il braccio come saluto e poi si allontanò, lasciando me, Gally e Minho da soli.
"Vatti a lavare quelle mani, testapuzzona." disse il Velocista. "Sembra che tu abbia fatto a lotta con dei pomodori."
Gally mi salutò velocemente e si diresse verso le docce, ignorando il disperato tentativo di Minho di fare sarcasmo.
"Vieni." disse il Velocista prendendomi il polso e trascinandomi verso il bosco. "Ho bisogno di sedermi." 
Lo seguii senza fiatare. Non avevo una granchè voglia di parlare o discutere.
"E ho anche bisogno di parlarti." aggiunse all'ultimo secondo.
Appoggiò la schiena ad un albero e poi scivolò a sedere, mollando la presa dal mio braccio.
Mi sedetti accanto a lui, evitando però di appoggiare la schiena contro il tronco, avrebbe solamente causato più fitte.
"Mi vuoi dire allora perchè Zart voleva ammazzarti?" insistette.
Ci avrei scommesso che avrebbe tirato fuori proprio quella domanda. Pensai scuotendo la testa irritata.
Rimasi in silenzio, a scrutare i miei piedi, che in quel momento si erano fatti parecchio interessanti.
"Forza, sputa. Non mordo mica." mi incitò lui. Poi capendo che non avrebbe ottenuto una sola risposta da me si silenziò chiudendo gli occhi.
"Perchè eri sveglio?" chiesi io con voce roca. 
Lui mi rivolse la sua attenzione, riaprendo gli occhi e lasciò fuggire una risatina leggera.
"Forza, sputa. Non mordo mica." lo ricopiai.
"Però così sei sleale." rise lui dandomi un pugno sul ricopiai
Un'altra smorfia di dolore apparve sul mio viso.
"Ti fa ancora male la schiena? Non l'ho vista, ma mi hanno detto che eri messa male."
Per un attimo sbiancai. Chi glielo aveva riferito? E quanto gli aveva detto? Sapeva delle cicatrici? 
"Chi te lo ha detto?" chiesi rispondendo per la milionesima volta alla sua domanda con un'altra domanda.
"Se continuiamo così la conversazione non può andare avanti." rise lui divertito. "Troppe domande e nessuna risposta. Facciamo un gioco. Io ti faccio una domanda e tu rispondi, poi è il tuo turno di domandare e io risponderò. Sinceramente. Risposte sincere da entrambi."
Ci pensai qualche secondo, indecisa se accettare o no. Da una parte non volevo che scoprisse che Zart voleva uccidermi per vendicare Ben, perchè forse a quel punto si sarebbe arrabbiato con se stesso per avermi salvata, quando lui stesso mi butterebbe giù per la Scatola.
D'altra parte avevo bisogno di sapere chi gli aveva riferito la situazione della mia schiena e quanti ne fossero a conoscenza.
"Accetto." sentenziai. "Parto io."
Lui fece per controbattere, ma non gliene diedi il tempo. "Chi ti ha detto della mia schiena e quanti lo sanno."
"Ma sono due domande in una. Così bari." disse sorridendo maliziosamente.
"Rispondi, faccia di sploff. Oppure la conversazione finisce qui." spiegai decisa.
"Okay, okay." rise lui alzando le mani. "Ma vorrei dirti che non sono una faccia di sploff. Sono bellissimo. Dillo un'altra volta e ti butto giù dalla Scarpata."
"Scarpata?" mi uscì.
"Hai già fatto una domanda." disse alzando l'indice. "Per risponderti, se me ne dai il tempo, tutti sanno della tua schiena. Sei l'unica Fagiolina della Radura, le notizie su di te si spargono velocemente." 
Tutti? Pensai terrorizzata.
"Ma cosa sann..." iniziai. Lui mi interruppe mettendo una mano sulla mia bocca.
"Frena la lingua, Fagiolina. E' il mio turno." disse. "Perchè Zart voleva ammazzarti? Ho una domanda bonus da fare, tu ne hai fatte due."
"Perchè..." esitai qualche istante. Tanto prima o poi si sarebbe accorto da solo di aver sbagliato a salvarmi. "Perchè voleva vendicare la morte di Ben. E' stata colpa mia e dovevo pagare." spiegai senza osare a guardarlo negli occhi.
"Okay. Seconda domanda: tu e Newt avete già fatto... Insomma, hai capito." sentenziò.
Cosa? Non era arrabbiato con me? Pensai stupita. Avevo smesso di ascoltare dopo il suo okay.
"Ma non sei arrabbiato con me?" chiesi sbalordita.
"Perchè dovrei esserlo?" chiese lui ancora più stupito.
"Beh... Ben era un tuo amico. E' colpa mia se è morto."
"No." rise lui. "Certo era mio amico, ma non ti incolpo della sua morte. Non è colpa tua. Lui ha semplicemente dato fuori di testa e ha aggredito la prima persona che gli è capitata."
Veramente non mi odia? 
"Sei l'unica Fagiolina, come faccio ad odiarti se sei così dannatamente carina e dolce?" chiese lui ridendo. 
Arrossii all'istante e, dopo pochi secondi di silenzio imbarazzante, dissi: "Ora domando io."
"Ma non hai risposto alla..." disse scocciato.
"Perchè eri sveglio?" chiesi interrompendolo.
"Perchè non riuscivo a dormire... dopo quello che è capitato a Ben mi è difficile fare tutto: mangiare, pensare, dormire..." spiegò giocando con un ciuffetto d'erba.
"Ora... tu e Newt, ripeto, avete già..." lo bloccai immediatamente alzando una mano. Quella domanda era fin troppo.
"Perchè ti interessa? Non sono affari tuoi, faccia di sploff." dissi mettendo enfasi sulle ultime parole per dargli fastidio.
"Sei fortunata ad essere donna, Fagiolina." rise. "Ma non hai risposto."
Alzai lo sguardo e vidi Newt dirigersi verso di noi lentamente.
"Ti rispondo solo se mi dici cosa sanno gli altri sulla mia schiena." dissi sbrigativa.
"Che ti sei fatta un macello di tagli cadendo sopra un oggetto di vetro. Cosa c'è da sapere di più?"
"Grazie per aver risposto, ma per tua sfortuna ora sta per arrivare Newt ed io..."
"E' bello questo gioco. Dovremmo chiamarlo Dimmi la verità... sono bravissimo nell'inventare giochi." si esibì con orgoglio. "Ci rigiocheremo anche con gli altri, e se tu non mi risponderai, lo farà Newt." disse fingendosi malefico. "Comunque... Bella chiacchierata, Fagio. Dovremmo farla più spesso."
Minho si alzò lentamente e prima di salutarmi mi disse: "E stai attenta e dove mette le mani quella testapuzzona. Se hai bisogno chiedi aiuto a Capitan Minho." 
Compì qualche passo e poi si girò nuovamente verso di me. "Stai attenta. Non morire." disse con tono serio per poi andarsene definitivamente.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23. ***


Newt diede una pacca sulla spalla di Minho e gli disse qualcosa, sicuramente un ringraziamento per avermi tenuto con sè o magari per avermi salvato, poi mi si avvicinó velocemente, come se fosse ansioso di starmi vicino.
Mi raggiunse zoppicando e si sedette accanto a me, appoggiandosi contro il tronco e allungando le gambe.
"Stai bene?" mi chiese per la milionesima volta.
Annuii e mi appoggiai stanca la testa sulla sua spalla, stando attenta a non appoggiare la schiena per non far bruciare le ferite.
"Ho bisogno di sentirmelo dire a parole. Annuire non mi basta." spiegò accarezzandomi preoccupato i capelli.
"Sto bene, non devi preoccuparti. Ora è tutto passato." sussurrai. "E' tutto passato." ripetei a bassa voce, come per imprimerlo nella mia mente e rassicurarmi.
"Vieni qui." mi sussurrò lui allargando le gambe e battendo a terra con la mano.
Mi alzai lentamente e mi sedetti tra le sue gambe, questa volta appoggiai anche la schiena. Volevo sentire il tepore del suo corpo sul mio, dolore o no.
Lui mi cinse con le sue braccia solide e lasciò cadere le mani congiunte sul mio grembo, appoggiando delicatamente il mento sul mio capo.
Restammo in silenzio per un tempo indefinito. Ascoltai ogni respiro che usciva dal suo naso e andava a posarsi sul mio collo scoperto, causandomi ogni singola volta piacevoli e piccoli brividi.
Per un attimo pensai stesse dormendo così decisi di andargli a prendere una coperta, in caso avesse fatto freddo. Feci per alzarmi, ma lui mi colse di sorpresa e serrò la presa sulla mia vita.
"Che fai?" chiese sbarrando gli occhi preoccupato.
"Pensavo stessi dormendo, ti andavo solo a prendere una coperta." spiegai accarezzandogli il braccio.
"Ti prego, resta." fu tutto quello che disse prima di richiudere gli occhi.
Decisi che lo avrei accontentato. Dopotutto non mi dispiaceva affatto dormire sola con lui. In più non avevo altro posto in cui farlo: Zart sicuramente era stato portato nell'edificio dei Medicali - l'idea di dormire nella sua stessa stanza mi dava il volta stomaco - mentre dormire nel Casolare con tutti che russavano, non mi sembrava un'ottima idea.
Rinunciai alla coperta e mi accoccolai meglio sul suo petto. Chiusi gli occhi e rimasi ad ascoltare il suo respiro, cullata dal continuo alzarsi e abbassarsi del suo petto, finchè non mi addormentai.

Il mattino seguente fummo entrambi svegliati da Minho. Aprii lentamente gli occhi, temendo la luce accecante del mattino, con mia sorpresa il cielo era al contrario ancora abbastanza scuro.
Le porte che davano sul Labirinto erano ancora chiuse e inizialmente mi chiesi perchè mai Minho ci avesse svegliato così presto.
Poi ricordai l'Adunanza a cui ero anche io obbligata a partecipare.
Mal volentieri scivolai via dall'abbraccio caldo di Newt, e li seguii verso l'edificio.
L'idea di rivedere la faccia di Zart e Glader mi fece venire la nausea e un pressante peso nell'addome.
Forse iniziavo veramente a temerli, e la cosa non mi piaceva.
Entrammo quasi per ultimi e tutti gli Intendenti ci stavano aspettando impazienti e assonnati.
"In quanto primo in comando, dichiaro aperta questa Adunanza." annunció Alby. "Come sapete tutti negli ultimi giorni sono successe diverse cose. Partiamo dal fatto più recente e più grave: Zart e Glader la notte scorsa hanno tentato di buttare giù la Fagiolina per la Scatola, che - come tutti sappiamo - torna giù ogni volta che è stata svuotata." si fermò e prese fiato. "Come sempre gli Intendenti parleranno a turno sui provvedimenti che secondo loro sono più adatti alla situazione. Zart e Glader, aprite all'istante quelle fottute orecchie: non siete tenuti a dire una singola parola finchè non vi sarà concesso, chiaro?" disse con tono autoritario.
Fino a quel momento non avevo notato i colpevoli, che standosene seduti in disparte e in silenzio, non davano nell'occhio.
Spinta dalla curiosità alzai lo sguardo verso Zart e vidi la sua faccia ricoperta da sangue incrostato e numerosi lividi e tagli. Gally lo aveva ridotto proprio male, ma se lo meritava.
Il ragazzo stava guardando in basso, poi come se si sentisse osservato, alzò lo sguardo a me e solo allora vidi i suoi occhi ingrossati, lucidi e rossi. Per la prima volta riconobbi nel suo sguardo un filo di dolore mischiato ad uno di tristezza. Che si fosse pentito del suo folle gesto?
Mi obbligai a sostenere il suo sguardo e a non abbassarlo. Non avrei permesso a nessuno di farmi tenere lo sguardo rivolto al basso. Nessuno.
Ci furono alcuni attimi di silenzio, in cui i nostri occhi non smettevano di restare collegati, poi dopo alcuni secondi lui abbassò lo sguardo ai suoi piedi.
Lasciai andare il fiato e mi accorsi che lo avevo trattenuto fino a quel momento. Rilassai le spalle e mi sedetti su una sedia poco distante, calmando anche il resto del corpo.
Mi accorsi che nel frattempo un Intendente aveva iniziato a parlare e gli puntai addosso tutta la mia attenzione, fingendo di non vedere il continuo sguardo di Newt puntato su di me.
Ascoltai ben poco le parole che dissero i primi Intendenti, non che non le ritenessi importanti, semplicemente in quel momento mi rimaneva difficile ascoltare.
Osservai Alby appuntare su un bloc-notes e poi dare la parola al prossimo Intendente.
Arrivò il turno di Gally e, scrocchiatosi le dita delle mani, iniziò a parlare con voce chiara: "Se fosse stato per me io lo avrei già ucciso con le mie stesse mani, ma dato che una stupida regola me lo impedisce, mi andrà anche bene spedirlo dritto dritto ai Dolenti. Saranno felici di avere due nuovi amichetti con cui giocare." spiegò con tono quasi malvagio.
Alby annuì e appuntò tutto velocemente, poi chiese al ragazzo se aveva altri suggerimenti e, quando questo scosse la testa, passò la parola all'Intendente dei Velocisti.
Minho si alzò in piedi e puntò il dito contro Zart e Glader: "Questi due pive del caspio hanno cercato di ucciderla! Se non fossi arrivato io probabilmente a quest'ora sarebbe morta. Ora mi chiedo, perchè caspio sono ancora seduti qui tranquilli, quando dovrebbero già essere scomparsi nella Scarpata?!"
Scarpata... Riflettei. Quella parola l'avevo già sentita uscire dalla bocca di Minho la sera scorsa, tuttavia non ne sapevo ancora il significato.
"Calmati, pive. Ogni cosa a suo tempo. Altri suggerimenti?" chiese Alby sbrigativo.
Minho prima di scuotere la testa, sbuffò sonoramente e si sedette sulla sedia sbilenca.
"Newt?" domandò poi il capo. 
"Per una volta sono d'accordo con quel testa puzzone di Gally. I Dolenti saranno felici di accoglierli nella loro accogliente Tana."
Alby scosse la testa e appuntò tutto, poi prese lui la parola: "In altre circostanze sarei d'accordo con tutti voi pive, ma dati gli ultimi avvenimenti non me la sento di mandare a morte altri due Radurai. Per di più Zart è un'Intendente. Ci vorrebbe un sacco di tempo per eleggerne un altro." 
"Quali ultimi avvenimenti?" chiesi senza riuscire a contenermi.
Alby per tutta risposta mi lanciò un'occhiataccia. Non sopportavo proprio quel ragazzo.
"Come stavo dicendo, dopo il biglietto non ci possiamo permettere di uccidere qualcuno, anche se è per una buona causa. Se è vero quello che il biglietto diceva, allora ci conviene non sprecare nessuna vita." riprese Alby ignorando il mio intervento. "Tuttavia suggerisco una settimana di Gattabuia. Solo pane e acqua."
Quale biglietto? Di cosa sta parlando?
Si sollevarono voci da tutte le parti e ci volle mezzo minuto perchè Alby calmasse tutti i presenti.
"Glader, Zart." li chiamò. "Ora potete parlare e difendervi."
"I-Io..." iniziò Zart arricciando nervoso un filo della sua maglia. "Volevo solo... Ero accecato dal dolore per la morte di Ben, okay? E' stata colpa della stupida Fagiolina se è morto."
Aspetta un attimo? Stupida? Stupida non mi ci chiami brutto faccia di sploff. 
"Attento a come parli." lo minacciò Newt stringendo i pungi.
"Da quando è arrivata non ha fatto altro che casini. Prima il povero Ben, poi il nuovo Fagiolino arriva con fottuto anticipo, e infine il biglietto. Tutto deve essere collegato a lei, me lo sento." insistette Zart, alzando lo sguardo.
"Già." mormorò Glader con una faccia che sembrava neanche sapesse di cosa stessimo parlando.
"Passiamo alle votazioni, svelti. Abbiamo altre questioni da discutere." spiegò una volta ripristinato il silenzio.
"Io continuo a restare della mia opinione, perciò voto per quella." disse Gally incrociando le braccia.
"Anche io voto per l'idea di Gally." intervenne Minho.
"Anche io." asserì Newt.
Anche Frypan si unì a loro, mentre Jeff rimase incerto sul da farsi.
Il resto dei Radurai votarono per l'idea di Alby. Alla fine dei voti erano in cinque schierati dalla parte di Alby, escludendo lui stesso, mentre solo tre avevano votato per l'idea di Gally.
"Jeff, manchi solo tu. Non credo che comunque il tuo voto serva a qualcosa." spiegò Alby.
Jeff annuì e non fiatò.
"Oh, andiamo! Vi siete bevuti il cervello o cosa?!" sbraitò Newt.
"Abbiamo espresso la nostra opinione e abbiamo votato. Sarà fatto ciò che è stato deciso." disse Alby con tono fermo.
Vidi Newt serrare la mascella e conficcarsi le unghie nei palmi della mano. Per alcuni istanti temei che si sarebbe scagliato contro Alby e per prevenire eventuali disastri mi alzai e mi aggrappai al suo braccio destro, teso per la rabbia.
Accarezzai il suo bicipite, cercando di calmarlo, e notai alcune vene sporgenti sulla pelle.
Non lo avevo mai visto così infuriato prima d'ora.
"Portate via questi due pive rincaspiati." ordinò Alby. "E che non succeda mai più."
Zart e Glader furono portati via e dopo alcuni istanti Alby riprese a parlare: "Fagio, ti starai chiedendo come mai ti ho fatto partecipare al Consiglio." disse rivolgendomi la parola.
Annuii e attesi una spiegazione.
"Quando il nuovo e ultimo Fagiolino è arrivato, portava con sè un biglietto. Ora mi spieghi cosa centri tu con lui?" chiese squadrandomi con aria interrogativa.
Gli rivolsi la stessa espressione. Di cosa stava parlando?
Leggendomi probabilmente nel pensiero Alby mi porse un foglietto di carta appallottolato.
Lo afferrai indecisa e lo spiegai, notando subito un messaggio scritto con una grafia ordinata.
Lessi nella mente e il biglietto per poco non mi cadde dalle mani.
Come era possibile?
Il biglietto parlava chiaro. Sul foglio erano impresse parole d'acciaio indelebili.
Lui sarà l'ultimo. Per sempre. La ragazza é stata un errore. É colpa sua se nessun soggetto arriverà piú nel Labirinto.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24. ***


"Cosa? E io cosa centro?" chiesi alzando gli occhi dal foglietto.
"Non so, dimmelo tu." ribattè impaziente.
"Cosa dovrei dirti?" chiesi scocciata. Non sapevano neanche loro di cosa mi stessero accusando.
"Inizia, per esempio, dicendomi se conosci Thomas o se ti sembra familiare." spiegò Alby perdendo visibilmente la pazienza.
"Io non..." ci riflettei su. Non mi sembrava un'ottima idea parlarne con Alby, soprattutto se i miei sogni erano veri e lavoravo veramente per la W.I.C.K.E.D. 
"Io non lo conosco." mentii cercando di essere il più credibile possibile.
"E perchè qualcosa mi dice che stai solo mentendo? Un mucchio di sploffate, ecco cosa stai dicendo." insistette Alby.
"Senti, Alby. Te l'ha già detto: non lo conosce. Anche lei è senza memoria, proprio come tutti noi. Non capisco perchè ti ostini tanto." mi difese Newt.
"Io so solo che c'è qualcosa che mi puzza in tutta questa storia." continuò Alby. "Insomma, prima arriva una ragazza nella Radura - cosa mai capitata -, poi arriva un nuovo Fagiolino con fottutissimo anticipo, in seguito Ben viene punto in pieno giorno e guarda caso cerca proprio di uccidere i due nuovi Fagiolini. Alla fine - come se non bastasse - Zart va via di testa e inizia a cercare di ucciderla. Non ditemi che sono solo io a sospettare qualcosa di strano in tutta questa sploffata."
"Alby stai esagerando a dare tutta la colpa a lei." intervenne Minho. "Se ti ricordi le cose hanno iniziato a diventare strane già prima che lei arrivasse qui. Devo per caso ricordarti quando io e Ben abbiamo assistito ad una lotta tra Dolenti? Si sono ammazzati tra di loro, ignorandoci completamente! Non mi sembra che anche questo sia normale." 
Cosa? Quindi sono veramente riuscita a modificare i comandi dei Dolenti? Pensai entusiasta. 
Avevo salvato le chiappe a Minho e a Ben e loro neanche lo sapevano.
Ora sicuramente io e Minho siamo pari. Pensai cercando di trattenere un sorriso. La poca soddisfazione che provavo fu soffiata via da un altro pensiero. Forse è per questo che Ben...
Lasciai la frase in sospeso, incapace di continuare. La morte di Ben era stata già programmata ed io, cambiando i comandi dei Dolenti, l'avevo sabotata. La W.I.C.K.E.D. aveva sicuramente dovuto rimediare e lo aveva fatto facendolo pungere dai Dolenti.
Quindi era tutto parte del piano?
La W.I.C.K.E.D. aveva già programmato che Ben mi avrebbe attaccato e aveva già ipotizzato che i Radurai l'avrebbero bandito?
Era una cosa orribile. Orribile, ma stupefacente.
"Andate a chiamare il Fagiolino. Se non me lo vuole dire lei, me lo dirà lui." disse Alby riportandomi alla realtà.
Gally uscì dalla stanza e un imbarazzante silenzio di attesa aleggiò per la stanza.
Guardai Newt e cercai di non far trasparire la mia preoccupazione.
Cosa sarebbe successo se fossero venuti a sapere dei miei sogni?
Newt mi fissò per qualche istante, il suo sguardo era pieno di preoccupazione e non cercava di nasconderlo.
Mi prese la mano, e gli fui grata per quel gesto, perchè mi restituì la stabilità che avevo perso.
Gally rientrò dopo qualche istante, trascinando per la maglietta Thomas.
"Fagio, siediti." ordinò Alby.
Thomas si guardò intorno spaventato, poi si sedette su una sedia accanto a me.
"Cosa succede?" mi chiese curioso.
Feci per rispondergli, ma Alby mi anticipò: "Lo ripeto per la seconda volta: voi due Fagio vi conoscevate già prima di arrivare alla Radura?"
Guardai Thomas nella speranza di incrociare il suo sguardo per capire se avesse intenzione di spifferare tutto, ma lui guardava fisso davanti a sè, incrociando senza paura lo sguardo di Alby.
Sperai con tutto il cuore che non nominasse i miei sogni.
Quando aprì la bocca per parlare trattenni il respiro e attesi il silenzio, ascoltando il mio cuore battere all'impazzata.
"No, non la conosco." spiegò calmo.
Dovetti trattenermi dal rilasciare un sospiro di sollievo.
"Neanche un pizzico di familiarità?" insistette Alby.
Thomas scosse la testa convinto e sostenne lo sguardo furente del ragazzo nero.
"Giuro che se mi state nascondendo qualcosa vi do in pasto ai Dolenti." 
Dovetti trattenermi dal lanciargli in faccia il bigliettino che tenevo ancora appallottolato tra le mani.
"Possiamo andare, ora?" chiesi scocciata da quell'interrogatorio insensato.
Alby mi fece segno con la mano di smammare e io fui più che felice di levarmi dai piedi.
"Ehi, Fagio." mi richiamò Alby. "Il biglietto."
Mi accorsi di tenerlo ancora stretto in mano e lo lasciai ricadere sul suo palmo aperto.
"Non fate parola con nessuno su quello che è successo." mi ammonì. "Gli altri non sanno."
Annuii e me ne andai verso le docce. Avevo bisogno di rilassarmi e lavare via la rabbia.
Avrei ringraziato Thomas dopo.
Feci velocemente la doccia e mi coprii con l'asciugamano. 
Stavo strizzando via l'acqua dai capelli, quando sentii dei passi davanti all'entrata delle docce.
Senza aspettare che la porta si aprisse, mi buttai contro la gelida parete della doccia più vicina e chiusi rapidamente la tenda.
Trattenni il respiro e cercai di non urlare per il dolore che mi ero appena causata alla schiena.
Vidi delle ombre proiettarsi proprio sulla tenda della mia doccia e sperai che non fossero Zart o Glader.
Poi le ombre sparirono, seguite da un rumore irregolare di passi e poi dal silenzio.
Feci sbucare prima la testa e poi uscii completamente: le docce erano deserte.
Che mi sia immaginata tutto? Pensai guardando verso la porta.
"Eli." sentii una voce alle mie spalle e poi qualcuno mi afferrò per la vita.
Sobbalzai e mi voltai di scatto, pronta a dare un calcio dove fa più male ai ragazzi.
Mi fermai di botto riconoscendo Newt.
Mi portai una mano al cuore e ripresi a respirare regolarmente.
"Mi hai spaventata, brutto pezzo di idiota!" esclamai colpendogli il petto.
Lui rise. Quanto adoravo la sua risata. Mi uccideva. Riusciva ogni volta a farmi sentire talmente leggera da poter volare.
"Come si vede che sei femmina." affermò lui.
Mi coprii istintivamente il seno con le braccia.
"No... Non intendevo quello, idiota." mi fece il verso. "Mi riferivo al fatto che ti fai la doccia ogni santo giorno."
Mi rilassai e lasciai ricadere le braccia lungo i fianchi.
Era ovvio che non intendesse quello. Pensai.
"Be', forse dovresti seguire il mio esempio." suggerii. "Puzzi."
"Allora forse..." si fermò per sorridermi maliziosamente. "Dovremmo farci una doccia insieme."
Mi bloccai all'istante, irrigidendomi, e sbarrai gli occhi incredula delle sue parole.
Non potevo vedere il mio volto in quel momento, ma ero sicura che fosse arrossato dall'imbarazzo.
Guardai attentamente il suo volto e arrossii ancora più violentemente. Mi stava letteralmente mangiando con lo sguardo.
Non potei fare a meno di guardarlo sbalordita.
"Dovresti vedere la tua faccia." mi schernì. "Sei tutta rossa. Stavo scherzando..."
"...forse." aggiunse poi alzando un sopracciglio.
"Smettila, faccia di caspio." dissi allontanandomi e cercando di coprirmi il volto.
"Non coprirti. Sei bella quando ti imbarazzi." 
"Grazie..." sussurrai sperando che la smettesse.
Ormai stavo assumendo tutte le tonalità esistenti del rosso e non credevo fosse possibile che le mie guance si infiammassero maggiormente.
"Allora... Cosa sei venuto a dirmi?" chiesi giocando con un ciuffo dei miei capelli.
Lui fece spallucce e poi disse: "Niente. Avevo voglia di vederti."
Risi e roteai gli occhi. Era ovvio che stesse mentendo. "Newt, ci siamo visti cinque secondi fa. Avanti, cosa c'é che non va?"
Lui guardó in basso per alcuni secondi poi alzó lo sguardo.
"É solo che sono preoccupato per quello che ha detto Alby. Insomma, come possono ritenerti colpevole di una cosa del genere?" spiegó.
"Il biglietto diceva che é colpa mia." 
"Non mi interessa cosa c'é scritto in quel caspio di biglietto. Io ti conosco e questo mi basta." disse prendendomi la mano.
"Tu conosci questa me, ma non quella passata. Potrei anche aver fatto cose orribili e non ricordarmene." 
"Perché continui a... A darti la colpa?" chiese corrugando la fronte.
"Io... Non ti ho detto una cosa." spiegai cercando di non guardarlo negli occhi. "Riguardo ai miei sogni."
Lui annuì e mi disse di vestirmi e poi uscire, mi avrebbe aspettato per parlare vicino alle Faccemorte.
Lui uscì velocemente ed io finii di asciugarmi.
Una volta vestita mi diressi verso il bosco. Un pesante masso mi opprimeva il petto.
Continuavo a creare frasi e discorsi nella mia testa, sperando di trovare il modo piú adatto per dirgli dell'ultimo sogno.
Quando lo raggiunsi presi un grosso respiro prima di cominciare.
"Newt, io forse... Forse lavoravo per la W.I.C.K.E.D." dissi. "Io vi guardavo attraverso gli schermi. Lavoravo per i Creatori."
In quel momento non lo guardai negli occhi, ma ero sicura che se lo avessi fatto avrei letto nel suo sguardo stupore mischiato alla delusione.
"C-Cosa?" mi chiese lui sbalordito.

*Angolo scrittrice*
Ehi bei Pive!
Come va?
Come vi sembra la storia fino ad ora?
Mi raccomando: passate delle buone feste e mangiate tanti dolci del/la vostra/o Mamma/Babbo Peeta!
Quando le vacanze finiranno credo che torneró a scuola rotolando come un panettone gigante.
Un bacio dalla vostra Inevitabilmente_Dea ❤

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Capitolo 25
*** Capitolo 25. ***


"Cosa stai dicendo, Eli?" mi chiese preoccupato.
"L'ho sognato, Newt. Stavo davanti ad un computer e vi osservavo. Anche Thomas lo faceva." spiegai osservando le mie scarpe che erano diventate improvvisamente interessanti.
"E allora i sogni in cui ti torturavano? Potrebbe essere un falso ricordo..." disse cercando una speranza.
Scossi la testa e continuai: "Prima ero una cavia, poi mi hanno affidato una nuova identità e mi hanno messo a lavorare per la W.I.C.K.E.D."
"E cosa facevi nel sogno? Oltre ad osservarci... Hai visto un'uscita dal Labirinto?" chiese speranzoso.
"No, mi dispiace. Peró ero riuscita a modificare i comandi dei Dolenti. Ero riuscita a farli combattere tra di loro." 
Lui restó in silenzio per diversi minuti, come se stesse pensando, poi parló: "Ora mi é tutto chiaro."
Gli rivolsi uno sguardo interrogativo e lui continuó: "Minho e Ben una volta sono tornati dal Labirinto correndo come rincaspiati e hanno raccontato di aver visto due Dolenti ammazzarsi tra loro."
"Se il sogno era corretto questo piccolo giochetto mi ha quasi fatto tornare ad essere una cavia da laboratorio. Dopo tutto avevo ostacolato i loro piani." spiegai. "Sai... Ben doveva morire quel giorno, ma poi io modificato tutto e l'ho salvato. Quindi probabilmente..."
Newt finì la frase al posto mio: "La morte di Ben era già stata programmata."
Annuii dispiaciuta e guardai altrove. Non potevo sopportare la vista dei suoi occhi annebbiati dalla tristezza.
Mi facevano morire dentro ogni volta.
"Perché non mi hai detto di tutto questo?" chiese visibilmente dispiaciuto. "Forse non ti fidi di me?"
"No!" quasi gridai. "Che domande! Certo che mi fido di te, Newt! É solo che pensavo che mi avresti guardato come un specie di nemico. Pensavo mi avresti odiato. Avevo paura di... perderti."
Lui sospiró e poi mi circondó con le sue braccia.
Mi aggrappai alla sua maglietta e respirai a fondo il suo buon odore. Chiusi gli occhi assaporando quel momento come se fosse l'ultimo.
"Non mi importa del tuo passato, Eli. A me interessa il tuo... il nostro futuro." 
Il mio cuore perse di un battito e le mie guance si infiammarono all'istante.
Per non farlo notare affondai la mia faccia contro il suo petto caldo.
"E poi anche il fatto che hai rischiato di tornare ad essere una cavia per salvare dei ragazzi che neanche conoscevi, dimostra che non eri cattiva. A differenza di quelle facce di caspio che ci hanno messo qui." continuó aumentando la stretta intorno al mio corpo. "Promettimi che mi dirai tutto d'ora in poi."
Annuii convinta, continuando a tenere la testa appoggiata sul suo petto.
Il suo cuore aveva un suono così rilassante.
"Eli, io ti amo e questo non cambierà." mi sussurró. "Mai." 
Subito dopo un suono fastidioso irruppe nel silenzio della Radura. Le porte del Labirinto si stavano aprendo.
"Ho fame. Vieni a mangiare?" chiese Newt distaccandosi da me.
"Prima devo ringraziare Thomas per avermi coperto. Poi ti raggiungo." dissi guardandomi intorno per cercare il ragazzo. 
Lo vidi entrare nel Macello e feci una smorfia disgustata ricordandomi del povero maialino che Winston aveva ammazzato.
"A proposito, grazie per avermi difeso, Newt." gli diedi un bacio fugace sulle labbra e poi corsi verso il Macello.
Chiamai più volte Thomas, stando però fuori dall'edificio, ma visto che sembrava non sentirmi entrai titubante nella stanza.
Fortunatamente Winston gli stava mostrando solo le gabbie degli animali. 
"Ciao, Winston." lo salutai richiamando la sua attenzione.
"Hey, Fagiolina. A cosa devo il piacere di questa visita?" mi chiese curioso.
"Ehm, devo solo parlare con Thomas. Posso rubartelo un secondo?" chiesi rivolgendogli un sorriso nella speranza che mi ascoltasse.
"Non so se Alby è d'accordo." disse facendo spallucce e rimanendo impassibile.
Misi il labbro inferiore all'infuori e sbattei più volte le palpebre cercando di essere il più dolce possibile. Lui si mise a ridere e mi disse: "Smettila, sembra che hai un tic nervoso agli occhi. Te lo lascio, basta che fate presto." 
Annuii e lo ringraziai, poi trascinai Thomas fuori per un braccio.
"Qual è il problema?" chiese Thomas preoccupato.
Mi guardai intorno, accertandomi che nessuno ci stesse ascoltando.
Vidi solo Gally che ci fissava da lontano. Sicuramente non avrebbe potuto sentirci da quella distanza, perciò cominciai: "Volevo solamente ringraziarti per avermi coperto durante l'Adunanza."
"Oh, quello? Non c'è di che. Dopotutto se gli avessi raccontato la verità probabilmente ora sarei nei casini anche io." spiegò sorridendo leggermente.
Thomas aveva un sorriso strano. Inclinava le labbra solo da una parte, precisamente verso destra, e subito gli spuntava sulla guancia una fossetta.
"E dei sogni? Qualche novità?" mi chiese richiamando la mia attenzione ai suoi occhi.
"No, per ora nessun altro sogno." dissi. "Ora è meglio se torni lì dentro, sennò Winston ci sgozza."
Lui sorrise di nuovo e mi salutò con la mano, per poi dirigersi verso l'entrata del Macello.
"Oh, e buona fortuna! Ti servirà." dissi poco prima che entrasse.
Lui mi fece l'occhiolino e dopo aver varcato la soglia della porta sparì.
Mi voltai e mi incamminai verso la Cucina. Notai Gally che ancora mi fissava.
Feci finta di niente e continuai a camminare.
Ormai lo conoscevo, se mi doveva parlare sarebbe venuto a cercarmi lui.
Infatti dopo poco lo vidi venirmi incontro e mi fermai ad aspettarlo.
"Eli." mi chiamò.
Eli? Pensai imbarazzata. Solo una persona mi chiama così. 
"Ho bisogno di parlarti cinque secondi." spiegò. 
Annuii e attesi in silenzio, cercando di dimenticare quel nomignolo che mi sembrava di troppo.
"Ti ho visto parlare con Thomas e volevo avvisarti." disse guardandosi intorno come per paura che qualcuno lo stesse ascoltando. "Non mi interessa quello che vi siete detti. Volevo solo dirti che non mi fido di quel tipo, se gli stai lontana è meglio."
Come? Solo perchè tu hai una caspio di antipatia verso Thomas questo non significa che devo smettere di parlarci. Pensai irritata. 
"Come, scusa?" chiesi cercando di non far trapelare la mia improvvisa rabbia.
"Io l'ho visto... Nella Mutazione." spiegò imbarazzato.
"Frena. Tu sei stato punto?" chiesi spalancando gli occhi. "Eri un Velocista?"
Lui scosse la testa e poi spiegò: "No, avevo infranto la regola. Ma non è questo il punto. Ho un ricordo molto sfocato di quello che ho visto, ma ti giuro di aver visto perfettamente la sua faccia. Penso che sia una spia mandata dalla gente che ci ha messo qui." 
"Hai visto altri volti durante la... Mutazione?" chiesi sputando faticosamente fuori l'ultima parola.
Lui scosse la testa e per un attimo ne fui sollevata. Se avesse visto anche me sarei andata nei casini.
"Senti, io ora non posso spiegartelo, ma credimi: di lui ti puoi fidare." dissi convinta sperando che la smettesse di accusare gente a caso.
"E come fai a dirlo? Se avessi ragione io, invece?" parlò come se stesse sottolineando la ovvia veridicità dietro le sue parole.
"Beh, in quel caso saprò difendermi da sola." sostenni incrociando le braccia al petto.
"Sì, come con Zart e Glader, vero?" disse sarcastico.
Rimasi ferita dalle sue parole. Come poteva essere così cattivo? 
Era come se mi stesse incolpando della mia fragilità. Caspio, Zart e Glader erano in due e mi avevano colto nel sonno. Come potevo difendermi?
Aprii la bocca per controbattere e dirgliene quattro, ma poi la richiusi. Non valeva la pena di sprecare parole con qualcuno così cocciuto.
"Se è questa la tua risposta finale, bene così. Fai come ti pare." dissi girando i tacchi e andandomene.
Lui mi afferrò il polso e mi fece tornare indietro. "Scusami, non era quello che volevo dire."
"Già, però lo hai detto." dissi liberandomi con uno strattone. 
"Senti, io sto solo cercando di proteggerti. Mi dispiace di aver detto quelle cose. Non le pensavo veramente. Però ti prego, stai più attenta quando parli con quel ragazzo." 
Sospirai e scossi la testa. "E va bene, testa di puzzone. Ora posso andare a fare colazione?"
Lui ridacchiò e mi fece segno con la mano di andare.
Raggiunsi la Cucina e mi sedetti accanto a Newt.
Mangiammo velocemente poi ci salutammo. Lui si diresse verso gli Orti mentre io me ne andai sulla Torre.
Non potevo ancora lavorare, ma ero riuscita a corrompere Jeff e il giorno seguente avrei potuto riprendere i miei due lavori, a patto che non facessi troppi sforzi.
Una volta salita sulla Torre mi sedetti, lasciando penzolare i piedi nel vuoto.
Mi misi ad ammirare le porte del Labirinto. Dovevano essere pesantissime, eppure ogni volta si aprivano e chiudevano, sfidando ogni legge della fisica. Osservai tutti i Radurai affaccendati e mi ritrovai più volte a fissare Newt.
Passai la mattinata tra sonnellini e pensieri. Avere del tempo tutto per me non sembrava essere poi così terribile. Forse era normale, dato che ero circondata continuamente da ragazzi, desiderare del tempo da trascorrere in solitudine.
Anche se mi aveva sempre spaventato restare sola con i miei pensieri, mi stavo accorgendo che non era poi così male, se non pensavo continuamente ai miei problemi e alle mie domande.
Era quasi ora di pranzo e osservai diversi Radurai abbandonare quello che stavano facendo per incamminarsi verso la Cucina, dove Frypan stava iniziando a servire il cibo.
Mi alzai e lanciai un ultimo sguardo alle porte del Labirinto, prima di iniziare la discesa dalla Torre.
Una figura che usciva correndo dalle porte del Labirinto attirò la mia attenzione.
Era Minho. 
Perchè è tornato così presto? Cosa sta suc...
Non feci in tempo a finire di formulare il pensiero che il ragazzo si accasciò a terra.

*Angolo scrittrice*
Buona vigilia Pive ❤
Dalla vostra Inevitabilmente_Dea 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26. ***


"Minho!" urlai precipitandomi giú dalla Torre.
Saltai alcuni scalini, rischiando piú volte di cascare a terra, poi quando fui ad una distanza ragionevole dal suolo saltai a terra e iniziai a correre verso il Velocista.
"Alby!" gridó qualcuno. "Newt! Qualcuno li vada a chiamare!"
Spostai lo sguardo dal corpo di Minho, un mucchietto raggrinzito che si muoveva appena, verso quello di un'altra figura che, come me, si stava avvicinando al Velocista a grandi falcate.
Thomas.
Raggiunsi Minho prima di lui e mi inginocchiai accanto al suo corpo.
"Minho!" esclamai toccando con una mano la sua schiena sudata.
La testa del Velocista era appoggiata sulle braccia distese.
Sentii il suo respiro affannato sotto la mia mano. 
Ha perso i sensi? Pensai allarmata. Perché non mi risponde? Forse é stato... Punto?
Deglutii rumorosamente e provai a richiamarlo.
"Minho!" quasi gridai.
Lui alzó lentamente la testa, sembrava che ogni movimento che facesse fosse l'ultimo.
"Ehi... stai bene?" 
Alzai lo sguardo e vidi Thomas che, con sguardo abbastanza preoccupato, stava fissando a tratti me e a tratti Minho.
"Sto... bene." disse tra un respiro e l'altro. 
"É stato punto?" chiese Thomas, questa volta rivolto a me.
Scrollai le spalle e feci pressione sul fianco di Minho per riuscire a farlo rigirare.
Pesava abbastanza, ma dopo pochi secondi riuscii a farlo posizionare con la pancia all'aria.
Gli alzai la maglietta e controllai se ci fosse un buco come quello che avevo visto addosso a Ben.
Fortunatamente non vidi nulla, se non il sudore eccessivo tra i suoi addominali.
Sembrava essere apposto.
"Non vedevi l'ora di farlo, vero Fagiolina?" chiese lui con un sorriso ebete stampato in faccia.
Lo ignorai e scossi la testa.
Come poteva fare ironia anche in situazioni come quelle?
Mi lasciai cadere a terra e portai le ginocchia al petto, rilassando i muscoli fino a quel momento tesi.
Feci per chiedere al Velocista qualcosa, ma vidi Alby arrivare di corsa, chiaramente scocciato.
"Che ci fai qui, Minho? Che é successo?" 
Poi, non ricevendo risposta, ci guardó in cagnesco e continuó: "Cosa gli avete fatto, Fagio?"
Come?! E ti sembra che ho abbastanza forza da ridurre così un Velocista?
"Calmino, Alby." intervenne Minho. "Vedi di renderti utile e vai a prendermi un bicchiere d'acqua." continuó con voce rauca.
Alby non si mosse e continuó a fissare sia me che Thomas, come se ci ritenesse responsabili dello stato di Minho.
"Che é successo?" chiese il ragazzo di colore colpendo con un calcio la gamba del Velocista.
"Non riesco quasi a parlare, faccia di caspio!" gridó Minho. "Dammi dell'acqua!" ordinó per la seconda volta.
Dovetti trattenere un sorriso. Era la prima volta che sentivo qualcuno parlare così ad Alby.
Mi aspettai che quest'ultimo iniziasse a dare di matto, invece con mia sorpresa specificò: "Minho è l'unico pive che può parlarmi così senza che le sue caspio di chiappe finiscano a calci giù per la Scarpata."
Scarpata... mi devo ricordare di chiedere a Newt cos'è.
Poi Alby corse verso la cucina, probabilmente per prendere da bere per il Velocista.
"Minho, sei sicuro di stare bene?" chiesi ancora. Se era rientrato con così di anticipo doveva esserci un motivo.
"Tranquilla, Fagio. Sto benone." spiegò mettendosi a sedere.
Mi morsi il labbro quando un pensiero mi attraversò la mente. Ebbi un tuffo al cuore.
"Forse... Hai per caso ritrovato Ben?" chiesi cercando il suo sguardo.
I suoi occhi si spalancarono e tutto quello che lessi fu un pizzico di tristezza.
Non avrei dovuto tirare fuori quell'argomento, ma a quanto pare la mia linguaccia non si conteneva.
"No, mi dispiace dirtelo, ma lui oramai è andato. Dimenticalo." spiegò scuotendo la testa. "Oggi ho trovato qualcosa di molto più grande."
"Cosa?" mi anticipò Thomas. 
"Aspetta finchè non torna Alby. Odio ripetere le cose due volte. Inoltre, può darsi che non voglia che voi due Fagio sentiate."
Sentii Thomas sospirare e fargli altre due o tre domande, a cui Minho rispose abbastanza scocciato.
Io me ne rimasi in silenzio. Mi bastava sapere che il Velocista stesse bene.
Alby arrivò dopo pochi attimi, portando con sè un grosso bicchiere d'acqua, come Minho aveva chiesto.
Quest'ultimo, una volta arrivato in possesso del bicchiere di plastica, lo svuotò tutto d'un fiato rischiando quasi di strozzarsi.
"Okay, ora parla. Cosa è successo?" chiese Alby spazientito.
"Ne ho trovato uno morto." spiegò cercando di alzarsi faticosamente.
Lo aiutai a mettersi in piedi, il suo viso pieno di sudore gridava stanchezza.
"Eh? Morto? Cosa?" chiese Alby stanco di quel mistero.
Minho sorrise. "Un Dolente morto."
Cosa? Ma come fa ad essere una creatura del genere morta? Cosa l'ha uccisa?
Cercai per un attimo di rispondere al mio dubbio, facendo però peggiorare la mia preoccupazione iniziale. Se un Dolente era una bestia enorme, non osavo immaginarmi quanto potesse essere grande e feroce ciò che l'aveva ucciso.
"Non è un buon momento per scherzare, Minho." insistette Alby.
Ma certo... Deve essere uno dei soliti scherzi di questa faccia di caspio.
"Senti, se non mi credi perchè non lo vai a vedere tu stesso? E' vicino alla Scarpata." 
Alby sbuffò e controllò l'orologio sul suo polso.
Non lo avevo mai notato prima d'ora, ma ero sicura che anche Newt ne avesse uno identico.
"Meglio aspettare la sveglia di domani." constatò infine Alby.
"E' la cosa più intelligente che tu abbia mia detto." disse Minho. "Devo mangiare qualcosa. Fagiolina, mi accompagni?" chiese malizioso alzando un sopracciglio.
Scossi la testa accennando un sorriso. In un altro momento lo avrei lasciato cadere a terra per la sua sfacciataggine, ma forse avrei potuto fargli qualche domanda nel tragitto.
"Forza, andiamo." lo incitai.
Lui mi mise una mano attorno al collo ed io gli circondai il busto con il braccio sinistro.
Iniziai a camminare lentamente verso la Cucina e non potei fare a meno di trattenere il fiato per quanto possibile.
Minho puzzava tantissimo, sicuramente era dovuto al sudore.
"Allora, riguardo a quel Dolente... cosa credi che lo abbia ucciso?" domandai curiosa.
"Non saprei, Fagio. E' la prima volta che vedo una cosa simile. Non era mai successo prima d'ora."
Trovai un po' di coraggio e gli domandai ancora: "Dici che nel Labirinto ci sono bestie più grandi e feroci di un Dolente?"
Avevo paura della risposta, ma dovevo sapere. Ad ogni costo.
"Spero di no, Fagio. Ma non è un'opzione che si può escludere."
Sentii raggelarmi il sangue e forse lui se ne accorse, perchè cercò di rimediare. "Stavo scherzando, Fagio. Ce ne saremo accorti, noi Velocisti. E poi, anche se esistesse una bestia del genere, ci sono quei muri a proteggerci. E in caso, credo che molti Radurai metterebbero a rischio le loro chiappuzze per salvarti. Io compreso."
Sorrisi all'idea di avere delle persone che tenevano a me. Ero lì da pochi giorni e già molti mi si erano affezionati. Tuttavia non avrei mai saputo accettare che qualcuno morisse o rischiasse la vita solo per salvarmi.
Raggiungemmo la Cucina e, quando ci videro arrivare, ci bombardarono di domande.
Qualcun'altro - sicuramente più intelligente - aiutò Minho a mettersi a sedere.
Newt mi raggiunse in un baleno e mi squadrò con aria preoccupata.
"E' successo qualcosa?" chiese passando con lo sguardo da me a Minho, che ormai si trovava circondato da Radurai spaventati.
Presi la manica di Newt e lo tirai a parte per poi sussurrargli: "Minho ha trovato un Dolente morto vicino alla... Scarpata." 
Lui spalancò gli occhi e fece per dire qualcosa, ma rimase a bocca aperta.
"Cos'è la Scarpata, Newt?"
"E' una ripida discesa che termina praticamente con il vuoto." spiegò sbrigativo. "Cosa ha trovato?"

"Un Dolente morto." ripetei. "Alby e Minho lo vanno a vedere domani mattina."

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Capitolo 27
*** Capitolo 27. ***


Passai la notte nell'edificio dei Medicali, dato che Zart era stato spostato nella Gattabuia.
La notte passò velocemente e la mattina dopo mi svegliai abbastanza presto e andai a fare colazione da Frypan.
Qui incontrai Newt, Thomas e Chuck che parlavano sommessamente tra di loro.
Andai a prendere la mia razione di cibo e mi unii al loro tavolo.
"Buon giorno, Pive." dissi attirando la loro attenzione. "Di che state parlando?"
"Del Dolente morto." mi rispose Chuck.
"Mmh, e così ora lo sanno tutti?" chiesi a Newt. 
Pensavo dovesse rimanere una cosa segreta.
Lui annuì sovrappensiero. Qualcosa lo turbava.
Appoggiai una mano sulla sua gamba e la accarezzai per rassicurarlo. Lui mi rivolse un sorriso stanco e notai delle profonde occhiaie sotto ai suoi occhi. Sembrava non aver dormito.
"Io avrei una domanda." intervenne Chuck.
"Sì, Chuckie?" chiesi.
"Chi o cosa ha ucciso il Dolente?" domandò rivolto a Newt.
Esattamente quello che mi chiedevo io. 
Aspettai in una risposta da parte di Newt, che però infilzò le sue uova e le masticò, rimanendo in silenzio. Probabilmente non sapeva rispondere.
Lasciai stare Newt per il resto della giornata. Era ovvio che avesse tanti pensieri e non volevo disturbarlo con le mille domande che avevo in testa.
Passai tutto il giorno ad aiutare Frypan. Cucinammo della pasta con sugo.
Nonostante fossi concentrata sul non bruciare niente, il mio pensiero vagava continuamente tra Minho, Alby ed il Dolente morto.
Era impossibile levarseli dalla testa.
Verso l'ora di pranzo tutti passarono a ricevere le proprie razioni di cibo.
Frypan mi ricordò di non dare niente a Chuck: aveva perso la scommessa e doveva saltare un pasto al giorno.
Gli passai comunque un piatto di pasta fumante mentre Frypan guardava altrove.
Non vidi Newt in fila e questo mi fece preoccupare.
Misi comunque un piatto da parte e, una volta finito di servire, presi il mio cibo e quello di Newt, e andai a cercarlo per la Radura.
Lo trovai vicino alle Faccemorte, che si mangiava le unghie e fissava le porte del Labirinto.
Non lo avevo mai visto così preoccupato.
"Ehi, pive." lo chiamai. Lui mi fissò per diversi istanti e mi rivolse un debole sorriso.
Gli passai il piatto di pasta che ormai doveva essere tiepido e mi sedetti a terra, iniziando a mangiare.
Lui mi imitò e rimase in un silenzio assordante per tutto il tempo.
"Che hai?" chiesi alla fine. In realtà credevo di sapere già la risposta, ma forse parlare lo avrebbe aiutato.
"Alby e Minho sarebbero dovuti rientrare ore fa." spiegò concentrandosi ancora una volta sulle Porte Occidentali.
"Mancano ancora molte ore alla chiusura. Avranno avuto un contrattempo." cercai di tranquillizzarlo.
"Contrattempo?" rise sarcasticamente.
Rimasi un po' spiazzata dal suo comportamento, ma cercai di non dargli gran peso.
Era normale che fosse preoccupato per i suoi amici, tuttavia ci rimasi un po' male. 
Forse vuole restare solo?
"Sto solo cercando di tranquillizzarti, Newt." spiegai fissando il mio piatto alla ricerca di un'altra caspio di frase incoraggiante. Il mio cervello sembrava aver smesso di funzionare proprio in quell'istante.
"Non stare a rincaspiarti troppo. Minho è il miglio Velocista ed Alby, da quello che ho potuto vedere, è uno tosto. Vedrai che se la caveranno." riprovai.
Lui annuì e per un attimo mi sentii sollevata. Forse ero riuscita a tranquillizzarlo un pochino, a riaccendere una piccola speranza in lui.
Ma in effetti era strano che tardassero così tanto. Quanto ci vuole per arrivare a quella caspio di Scarpata, esaminare un Dolente morto e poi tornare alla Radura?
Sentii la sua testa appoggiarsi lentamente sulla mia spalla. 
Fui sollevata da quell'improvviso contatto. Significava che avevo torto e che mi voleva al suo fianco in quel momento.
Gli presi la mano e la accarezzai.
"Perchè non mandiamo qualcuno a cercarli?" chiesi pensando che fosse un'ottima idea.
Lui si alzò di scatto e mi fissò preoccupato.
"E' vietato ed è da pazzi." sputò secco. "Magari si perdono ancora più persone e nel frattempo loro ritornano. Non possiamo rischiare. Non dopo il biglietto. Ora ogni vita è preziosa. Molto più di prima."
Newt aveva ragione, dannatamente ragione.
Dopo una mezz'oretta mi alzai e, una volta assicurata che si fosse tranquillizzato, gli diedi un bacio. Gli ripetei più volte di non preoccuparsi e che se aveva bisogno di qualsiasi cosa mi trovava da Frypan.
Gli consigliai di mettersi a lavorare, tenere la mente occupata lo avrebbe aiutato sicuramente.
Tornai in Cucina per la seconda volta ed aiutai Frypan a cucinare del roast beef con purè di patate.
Chiesi ripetutamente l'ora all'Intendente. Col tempo avevo imparato che le Porte si chiudevano ogni giorno alle sette.
Erano ormai le sei e mezza quando uscii dalla Cucina.
Andai alla ricerca di Newt per vedere come stesse e trovarlo fu una passeggiata, dato che correva da una Porta all'altra senza cercare di nascondere la sua preoccupazione.
"Ehi." chiamò una vocina dietro di me.
Mi girai e vidi Chuck con le braccia incrociate e il viso triste.
Gli sorrisi debolmente. Ormai era ovvio che tutti fossimo preoccupati per quei due pive che erano ancora nel Labirinto.
"Credi che impazzirà?" chiese indicando Newt.
"E' probabile che lo abbia già fatto." spiegai scuotendo la testa.
"Ha ordinato a tutti di andare a mangiare, mentre lui continua a controllare se tornano." spiegò con calma.
"Secondo te, ce la faranno?" chiesi speranzosa.
Ma lui scosse la testa e continuò: "Nessuno lo dice, ma Minho è troppo in gamba per perdersi nel Labirinto. E' impossibile. Sono morti."
Per un attimo mi sorpresi della crudezza e della tranquillità con cui aveva detto quelle parole.
Come poteva dire una cosa del genere con tanta fragilità? Come poteva pensare così in negativo?
D'altronde però aveva ragione. Per quanto spaventoso fosse, probabilmente erano morti, e Newt sembrava non volerlo accettare.
Corsi verso di Newt e lo chiamai. Lui mi ignorò completamente e continuò la sua pazza corsa da una Porta all'altra.
Mi piazzai davanti a lui e lo bloccai. "Newt, ti prego, fermati." sussurrai.
Vidi le lacrime salire a bagnare i suoi occhi e fui certa di non aver mai visto una persona tanto triste come lo era lui in quel momento.
"Le Porte si chiuderanno tra due minuti." spiegò cercando di non far tremare la sua voce.
In pochi secondi ci raggiunse anche qualche altro Raduraio. 
Quasi tutti avevano disobbedito agli ordini di Newt e non avevano cenato.
Ora si erano tutti ammassati su una Porta e fissavano il Labirinto nella speranza di rivedere i propri compagni.
Cercai in tutti i modi di non scoppiare a piangere, per dare forza a Newt e la cosa mi risultò molto difficile, ma alla fine ci riuscii.
Ci unimmo entrambi al semicerchio che si era formato attorno alla Porta.
Un silenziò inquietante e pieno di tensione regnò su di tutti.
Persino i respiri sembravano troppo rumorosi.
Mi ritrovai vicino a Thomas, Gally e Newt. Tutti sembravano preoccupati ed ansiosi, eppure nessuno osava fiatare.
Un rombo assordante risuonò da tutte le direzioni, rompendo il silenzio in mille pezzi.
Poi arrivò lo stridore della pietra che strofina contro altra pietra: le Porte si stavano definitivamente chiudendo per la notte.
Si sentirono dei sospiri di frustrazione o forse me li immaginai solamente, dato il frastuono che squarciava l'aria.
Alcuni Radurai se ne andarono mentre altri continuarono a tenere lo sguardo fisso sul fondo del corridoio del Labirinto.
Feci per andarmene anche io, quando un guizzo di un movimento sulla sinistra catturò la mia attenzione.
Riuscii a distinguere due figure che incespicavano lungo il vicolo, verso la Porta.
Minho, con un braccio di Alby intorno alle spalle, lo stava trascinando dietro.
"Stanno arrivando! Li vedo!" urló Thomas. 
Sentii fuoriuscire dalla bocca di Minho un grido gutturale e strozzato, sicuramente dovuto all'eccessivo sforzo. Vidi Alby cadere a terra e il Velocista cercare in tutti i modi di rimetterlo in piedi, poi infine rinunciare e cominciare a trascinarlo per le braccia sul pavimento in pietra.
Sperai con tutto il cuore che le Porte rallentassero, ma ogni secondo sembravano andare ancora più veloci.
Minho ed Alby si stavano avvicinando e mancavano quasi due metri per entrare nella Radura.
Le Porte si stavano quasi per toccare quando una figura balzò in avanti lasciando tutti impietriti.
Vidi Gally allungare una mano per afferrare la figura, ma quest'ultima sgattaiolò velocemente tra le Porte.
Quando riconobbi che quella figura era Thomas, urlai.
Feci per seguirlo, per tirarlo via dalle Porte che stavano ormai per chiudersi, ma qualcuno mi afferrò in vita e mi alzò da terra, facendomi sbattere i piedi nell'aria.
Mi girai e vidi Newt.
Le Porte si chiusero con un tonfo.
Tre persone sarebbero morte quella notte.
Smisi di cercare di liberarmi dalla presa ferrea di Newt e mi accasciai tra le sue braccia.
Era finita.
Minho. Alby. Thomas. Sarebbero morti.
Nessuno sopravviveva ad una notte nel Labirinto.
Nessuno.

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Capitolo 28
*** Capitolo 28. ***


Non era possibile.
Quella che prima era solo un piccolo punto nero nella mia mente, si era trasformato in una voragine che risucchiava ogni mia emozione.
Quelle che prima erano solo delle probabilità, erano diventate vere e proprie certezze.
Avevo perso Minho, Alby e persino Thomas, che era arrivato alla Radura da poco.
Forse ti accorgi ti tenere tanto ad una persona solo quando l'hai persa. Pensai continuando a fissare le Porte ormai chiuse, sperando in qualche modo che si riaprissero.
Magari è uno scherzo. Forse Minho uscirà dalle Faccemorte e inizierà a ridere.
Era una cavolata pensare quelle cose, lo sapevo. Ma, in quel momento, mi sarei ancorata a qualsiasi cosa pur di non perdere i miei amici.
Ma era già successo. Li avevo persi.
Un'improvvisa malinconia mi macchiò il cuore. Avevo perso Minho e le sue odiose battute.
Avevo perso anche Thomas e mi sorpresi di sentirmi male anche per lui. Era arrivato solo da pochi giorni eppure mi sembrava di conoscerlo da un'eternità. 
Sentivo dolore anche per aver perso Alby, non tanto perchè mi mancassero le sue continue insinuazioni e accuse, ma perchè faceva comunque brutto perdere un compagno.
E poi lui e Newt erano così legati.
Newt! Mi ricordai del ragazzo che ancora mi teneva stretta tra le sue braccia.
Mi girai lentamente per vederlo in faccia.
Non riconobbi quello che vidi.
Il ragazzo che avevo conosciuto - quello solare, divertente, sempre col sorriso sulle labbra pur di far star bene gli altri, quello disposto ad aiutare tutti - se ne era andato, lasciando dietro di sè solo una scia di malinconia e rabbia, dovute alla consapevolezza di aver perso nella stessa notte tre amici.
"Newt..." sussurrai, incapace di dire anche solo un'altra parola.
I suoi occhi erano ancora fissi verso le Porte.
Dovetti trattenermi dallo scoppiare in lacrime tra le sue braccia. Non potevo essere egoista e scaricare tutto il mio dolore sulle sue spalle. Lui soffriva molto di più, non meritava di sentirmi frignare. 
Non mi doveva consolare. Non poteva farlo, perchè anche lui sarebbe scoppiato in lacrime.
"Newt." bisbigliai per la seconda volta. Avevo bisogno di guardarlo negli occhi.
Lui con occhi lucidi mi fissò per qualche istante. Vidi uno sguardo pieno di tristezza. Era lo stesso sguardo che aveva quando mi raccontava di quando aveva tentato il suicidio nel Labirinto.
Se prima era spaventato da quello che risiedeva fuori dalle Porte, ora ne era più che terrorizzato.
Lo sentii scivolare via dalle mie braccia. Pochi secondi dopo lo vidi correre verso le Faccemorte, zoppicando. 
Rimasi immobile per qualche istante, poi con la mente annebbiata da paure e insicurezze, lo seguii.
Feci due o tre passi quando qualcuno mi bloccò tenendomi per il polso.
Gally.
"Cosa vuoi?" fu tutto quello che riuscii a dire, ma uscì dalla mia bocca come un suono strozzato dalle lacrime.
Il groppo che avevo in gola sembrava non volermi far respirare.
"Lascialo andare." mi sussurrò. "Vuole sicuramente stare solo."
Diedi un'ultima occhiata verso il fitto degli alberi e non vidi neanche una figura muoversi al suo interno. Newt era sparito dalla mia vista.
Lasciai fuoriuscire un sospiro. Era così frustante non poter aiutare una persona che stava male.
"Eli, fidati di me." continuò Gally.
Mi rigirai verso di lui e annuii impercettibilmente.
Senza che potessi controbattere mi ritrovai tra le sue braccia muscolose.
Appoggiai la testa sul suo petto incapace di fare o dire altro.
Rimanemmo così per istanti che mi sembrarono infiniti.
Non mi ero accorta di quanto avessi bisogno di un abbraccio.
Indipendentemente dalla persona da cui lo ricevevo. Poteva essere anche Zart, per me non faceva differenza.
Gally si staccò lentamente da me e mi prese il volto tra le mani, costringendomi a guardarlo negli occhi.
Mi fissó per alcuni istanti, come se mi stesse studiando.
Per alcuni attimi, lo odiai profondamente per aver tentato di leggermi negli occhi.
Non ero pronta a mostrargli quello che avevo dentro, eppure lui lo stava comunque leggendo.
Ma poi mi rilassai. D'altronde io lo avevo fatto più volte senza chiedere il permesso.
Ognuno ha l'accesso al cuore di un'altra persona, basta solo stare in silenzio ad ascoltare e osservare con attenzione.
Ed era quello che stava facendo Gally in quell'istante.
"Ricordi quello che ti ho detto quando eri nella Gattabuia?" chiese senza togliere le sue mani dal mio viso.
Annuii, ma lui continuó: "Ti avevo detto di non tenerti tutto dentro, ma é quello che stai facendo ora." 
"Io... Io non posso." bisbigliai abbassando lo sguardo per non fargli notare i miei occhi lucidi.
"Perché?" insistette lui.
"Perché devo essere forte." spiegai.
Era la verità. Dovevo essere forte per tutti. Non potevo mettermi a piangere davanti a tutti i Radurai. Li avrei solo fatti stare peggio. Sarei stata un peso in piú da sopportare.
"Essere forte per chi?" continuó.
"Per Newt, per Chuck, per... te. Per tutti." 
"Non devi essere forte, non ce n'é bisogno. Facendo così ti distruggerai da sola e basta." disse. "Dammi ascolto." 
Alzai lo sguardo per guardarmi attorno, in cerca di aiuto.
Io non volevo piangere.
Tutti sembravano essersi dileguati nel nulla e non li biasimavo, anche io sarei fuggita e mi sarei nascosta pur di non vedere quelle maledette Porte.
"Alby é morto. Minho é morto." sussurró.
Alzai lo sguardo verso Gally. 
Perché me lo sta ricordando?
"Smettila. Così non mi aiuti." dissi secca.
"Thomas é morto." continuó. "Ne sono sicuro. Ora saranno tutti là dentro, staranno morendo perché attaccati da un Dolente. Nessuno sopravvive una notte nel Labirinto. Neanche uno."
"Smettila!" quasi gridai, dandogli uno spintone per allontanarlo da me.
Lui saltelló su una gamba, per riprendere equilibrio e stabilità.
Approfittai di quel momento per andarmene via da lui, ma Gally fu più veloce e in un secondo me lo ritrovai ad un palmo dal naso.
Mi bloccò le spalle e si avvicinò al mio volto.
"Non che mi dispiaccia per quel Novellino, mi è sempre stato antipatico." sputò acido, con voce più alta.
"Ti ho detto di smetterla. Non dire un'altra parola su di lui!" dissi a denti stretti.
"Sennò? Cosa fai? Mi picchi?" mi sbeffeggiò.
Perchè si sta comportando così?
"Forse Alby aveva ragione. Forse è veramente colpa tua." continuò scuotendomi leggermente. 
Abbassai lo sguardo, incapace di sostenere il suo, che si era fatto furioso.
"E' colpa TUA!" sbraitò iniziando a scuotermi violentemente. "Minho, Alby, Thomas! Tutti morti ed è SOLO-COLPA-TUA!" scandì quelle parole e sentii una fitta al cuore.
Ogni parola cattiva che diceva si scagliava contro di me come un dardo avvelenato.
Perchè doveva essere così spregevole?
Forse ha ragione. Pensai sentendo aumentare il groppo nella gola.
"Guardami negli occhi!" urlò per l'ultima volta.
Non seppi perchè, ma alzai lo sguardo e il ribrezzo che lessi nei suoi occhi bastò a farmi scoppiare in lacrime.
Davvero mi odiava così tanto? Era veramente disgustato da me?
Sentii il mondo crollarmi addosso. Tutti i sentimenti negativi piombarono su di me come ombre affamate e mi divorarono voracemente.
I singhiozzi si fecero sempre più fitti e le lacrime solcarono sulle mie guance.
Chiusi gli occhi e li strizzai, cercando in qualche modo di smettere di frignare come una bambina.
"Elena!" parlò Gally. "Guardami negli occhi!" disse per la millesima volta.
No. Non lo farò ancora.
"Ti prego." sussurrò con voce debole.
Cosa? Sta dicendo sul serio? Non può essere così bipolare...
Alzai lo sguardo per capire se facesse sul serio.
Lo vidi triste. Semplicemente triste. Tutta la rabbia e il disprezzo, che avevo letto prima nei suoi occhi, erano magicamente spariti.
"Mi dispiace, ma era l'unico modo." mi disse abbracciandomi.
"C-Cosa?" cercai di dire tra un singhiozzo e l'altro.
"Probabilmente ora mi odi per averti detto tutte quelle cose orribili, ma non le pensavo veramente. Volevo solo farti sfogare. Era l'unico modo per farti cedere." 
Quindi era tutta una messa in scena per farmi piangere? 
Lo allontanai di scatto. "Devo andare da Newt." dissi secca. Mi ero attardata anche troppo.
"Ti prego, Eli. Era l'unico modo per..."
"Smettila! Io non ho bisogno del tuo aiuto!" gridai tra le lacrime. "Avevi ragione. Ora ti odio."
Me ne andai velocemente. Non potevo sopportare di vedere il suo sguardo triste.
Solo quando mi inoltrai nel bosco più fitto divenni consapevole di quello che avevo appena detto.
Come avevo potuto? Gli avevo detto che lo odiavo quando lui aveva solo cercato di aiutarmi.
E ci era riuscito. 
Mi sentivo veramente più leggera. 
Mi fermai e mi appoggiai ad un tronco.
Dovevo calmarmi e riacquistare la ragione. Non potevo presentarmi a Newt in lacrime.
Mi ci vollero pochi minuti per tranquillizzarmi, poi ripresi a cercarlo tra gli alberi.
Mi sarei scusata con Gally dopo aver risolto una questione più importante.
Newt era la mia priorità, Gally passava in secondo piano.
Il chiaro di luna mi illuminò a tratti il cammino. Cercai Newt per un paio di minuti, poi pensai di incamminarmi verso il cimitero.
Lo trovai appoggiato ad una lapide malconcia.
Se ne stava semplicemente seduto a terra, con le braccia appoggiate sulle gambe distese.
Guardava in basso, verso i suoi piedi. 
Appoggiato a pochi centimetri da lui c'era un barattolo di vetro trasparente contenente una sostanza liquida. La riconobbi: era l'intruglio che aveva preparato Gally. Newt me ne aveva offerto un po' la prima notte nella Radura.
Mi avvicinai a lui e presi il barattolo. Annusai quella bevanda e subito un odore alcolico e amaro mi salì nelle narici.
Arricciai il naso e riposi il barattolo dov'era.
"Newt." lo chiamai inginocchiandomi di fronte a lui.
Il suo corpo era cosparso da macchie di luce e ombra, sicuramente dovute alla luce lunare che filtrava attraverso il fogliame degli alberi.
Newt alzò gli occhi verso di me, ma il suo sguardo era vuoto. Sembrò quasi oltrepassarmi, senza vedermi neanche, perchè subito dopo riabbassò lo sguardo alle sue mani.
Gli presi delicatamente una mano e accarezzai il suo palmo.
Come lo feci, sentii qualcosa di umido bagnarmi le dita.
Misi la mia mano sotto la luce della luna e per poco non inorridii a quello che vidi.
Sangue.

*Angolo scrittrice*
Buon anno, Pive! Non volevo finire il capitolo così, ma la mia me cattiva me lo ha imposto! Sorry 

 

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Capitolo 29
*** Capitolo 29. ***


*Attenzione*
Prima di leggere il seguente capitolo volevo semplicemente avvisarvi di una cosa, quindi per favore continuate a leggere.
Questo capitolo tratterà un argomento abbastanza forte e probabilmente molti di voi non saranno d'accordo con quello che scriveró. Tuttavia ho voluto tentare, spero che questo capitolo non vi deluda. Ho cercato di trattarlo come potevo e direi che sono abbastanza soddisfatta. Sono aperta a tutti i tipi di commenti (come sempre), anzi vorrei che ognuno di voi lasci la propria opinione. Vorrei sapere cosa ne pensate (dopo aver letto il capitolo obv), mi farebbe veramente felice.
Detto questo buona lettura, pive. 

"Ma cosa?" sussurrai.
Ritornai con lo sguardo alle mani di Newt.
Due di quelle che prima avevo identificato come ombre, erano macchie di sangue.
Ripresi la sua mano e la rigirai. Era completamente ricoperta di sangue.
Trovai dei tagli sui polsi.
Presi anche l'altra sua mano e la controllai. Identica all'altra.
"Newt!" cercai di non gridare di paura.
Lui mi rivolse lo stesso sguardo di prima.
"Ti prego, rispondimi." sussurrai. Delle lacrime minacciarono di uscirmi dagli occhi.
"Lasciami andare." bisbigliò lui.
"No. Ora tu ti devi alzare." ordinai in preda al panico. "Dobbiamo andare nell'edificio dei Medicali. Io sono un Medicale, posso guarirti. Ti prego, fai questo piccolo sforzo, okay?" chiesi come fa una madre per convincere il suo bambino a fare una cosa controvoglia.
Lui scosse la testa. "Sono stanco."
Feci per parlare di nuovo, ma lui mi anticipò: "Sono stanco di vivere in questo Labirinto." 
"Newt, ti prego." sussurrai cercando di non farmi tradire dalla mia voce tremolante.
Sentii una goccia salata bagnarmi le labbra.
"Sei ubriaco, non sai quello che dici." continuai.
Per un attimo ci sperai veramente. 
"E' la verità. Lasciami morire in pace." disse. "Ti prego, Eli." 
"Ti prego." sussurrò ancora una volta.
"Non se ne parla neanche. Tu ora vieni con me." constatai alzandomi in piedi.
Gli misi le mani sotto le ascelle e iniziai a tirarlo su.
Lui non collaborava. Non voleva collaborare.
Lo alzai di pochi centimetri e gemetti per lo sforzo.
Sperai quasi di riuscire a metterlo a sedere sopra la lapide, ma poi ricadde a terra.
"Newt, ti prego. Permettimi di aiutarti." lo pregai.
"Tu non capisci!" urlò lui. "Essere il leader di questi ragazzi era difficile già prima che Alby morisse. Tutti vogliono uscire da questo fottutissimo posto! Tutti fanno affidamento su Minho per uscire di qui. Io ed Alby siamo le loro guide. E tutto è andato perso! Minho e Alby sono morti! Io non riesco a tenere tutto sulle mie spalle!"
"Troveremo una soluzione. Usciremo da questo posto." gli promisi.
"No! No! No e poi no! Non esiste un'uscita da questo maledettissimo Labirinto. Morire è l'unico modo per uscire da tutto questo casino!" gridò scoppiando in lacrime.
Una mano invisibile mi trafisse il petto e si aggrappò al mio cuore, per poi iniziare a strizzarlo e tirarlo senza pietà.
Ignorai il sangue che aveva imbrattato le mie mani e circondai il volto di Newt con i miei palmi.
"Ti prego, Newt. Lo so che è difficile. Ma ti prometto che se ora mi ascolti ti aiuterò ad affrontare tutto. Starò al tuo fianco e vedrai che riusciremo ad uscire da queste mura." dissi con voce chiara, così che potesse sentire ogni mia parola. "Tutto quello che devi fare è fidarti di me."
Lui incrociò i miei occhi e un'ondata di tristezza si impossessò del mio corpo.
Non poteva mollare. Non poteva lasciarmi sola.
Vederlo così mi distruggeva.
Poi lui annuì. Fu un movimento impercettibile, ma io lo colsi.
Stampai un veloce bacio sulle sue labbra e prima che potesse cambiare idea mi alzai in piedi e gli porsi le mani.
Lui le afferrò e lo aiutai ad alzarsi, ma poi mi cadde addosso.
Riuscii miracolosamente a sostenere il suo peso e non cascai a terra.
"Non riesco a camminare. La caviglia. Fa troppo male." mi sussurrò all'orecchio, con la voce rotta di pianto.
"Ora ti aiuto io, non preoccuparti." 
Misi un suo braccio intorno al mio collo e gli circondai il busto con un braccio.
Lo incitai a provare a camminare e lui mi ascoltò.
Più volte rischiò di cadere, ma impiegando tutta la mia forza, riuscii a mantenere in piedi entrambi.
Uscimmo lentamente dal bosco e ci dirigemmo verso l'edificio dei Medicali che, fortunatamente, si trovava a pochi metri di distanza.
Riuscii a farlo stendere sul letto più vicino. Era buio nella stanza e non persi tempo ad accendere la luce, perchè feci per uscire a chiedere aiuto.
"Dove vai?" chiese preoccupato.
"Vado a cercare aiuto, tu rimani qui e..." mi fermai vedendolo scuotere la testa come un bambino capriccioso.
"Non chiamare nessuno, per favore. Non voglio che tutti lo sappiano." sussurrò nel buio.
Sospirai e accettai la sua richiesta.
Accesi la luce nella stanza e mi affrettai a cercare ciò che mi serviva nell'armadio.
Presi del disinfettante e delle garze pulite, poi corsi verso Newt, che se ne stava steso sul letto con occhi chiusi.
Aveva il viso paonazzo e rigato dalle lacrime.
Gli presi delicatamente i polsi ed iniziai a disinfettare.
Una volta tolto tutto il sangue esaminai le ferite. Erano più profonde di quanto pensassi.
Probabilmente se non fossi arrivata in tempo lui sarebbe morto dissanguato.
Mi affrettai a srotolargli sul polso le garze e poi feci per passare all'altro braccio, quando la porta dietro di noi si spalancò.
Mi girai di scatto, mentre Newt aveva ancora gli occhi chiusi. 
Alzai le mani per mimargli di stare indietro.
"Cosa stai... Perchè hai le mani insanguinate?" chiese Gally spalancando gli occhi.
"Io... è troppo difficile da spiegare. Ti prego chiudi la porta e..."
Newt mi interruppe: "Chi è? Ti prego, fallo uscire. Io... Io non..." si alzò di scatto dal letto, facendo peso sulla gamba zoppa, e subito dopo cadde a terra.
Dovetti trattenere un urlo di preoccupazione e abbandonai in un istante ciò che avevo in mano per aiutarlo a rialzarsi.
Pesava troppo.
"Gally, aiutarmi a metterlo su." ordinai al ragazzo che se ne stava impalato sulla soglia della porta.
Con l'aiuto del ragazzo riuscii a mettere Newt steso nuovamente sul letto.
Aveva gli occhi chiusi e per un secondo il pensiero che potesse essere morto mi attraversò la testa.
Gli controllai subito il battito cardiaco e per sicurezza anche il respiro.
Stava solo dormendo profondamente.
Lasciai andare un sospiro di sollievo e continuai a fasciargli il polso mancante.
Gally fissò ogni mio movimento con un silenzio tombale e per questo gli fui grata.
Quando finii di medicare Newt andai alla ricerca di uno straccio per pulirmi le mani ancora insanguinate.

Quando lo trovai mi affrettai a toglierlo dai miei palmi, odiavo l'idea di essere macchiata di sangue.
Più strofinavo, più il sangue sembrava penetrare la mia pelle e restare indelebile, come un tatuaggio.
"Andiamo..." sussurrai continuando a sfregare.
"Eli." mi chiamò Gally.
Alzai lo sguardo e mi ricordai della sua presenza. Aveva una faccia talmente preoccupata.
"Va tutto bene. Devo solo... togliermelo di dosso." dissi tornando a pulirmi contro il palmo.
"Vai nelle docce, ci sto io con lui." disse sedendosi sul letto di fronte a quello di Newt.
Lo guardai per qualche istante, indecisa sul da farsi.
Potevo veramente lasciarlo nelle sue mani? 
E se poi si sveglia e da di matto? E se poi ha bisogno di ulteriori cure? E se poi...
"Elena, vai." ripetè Gally.
Annuii e mi precipitai verso le docce.
Aprii il rubinetto di un lavandino e iniziai a lavarmi le mani con il getto congelato di acqua.
Dopo diversi minuti le mani tornarono al loro colore naturale. Me le asciugai sui pantaloni e chiusi gli occhi per un momento.
Avevo rischiato di perdere Newt.
Se fosse morto io ora...
Lasciai in sospeso quella frase e un'improvvisa tristezza si impossessó del mio corpo.
Iniziai a piangere a dirotto, immaginando come sarebbe stata pa mia vita senza Newt.
Mi dovetti appoggiare con le mani al lavandino per non cascare a terra.
Le lacrime continuarono ad uscire dai miei occhi, come dighe impazzite.
Il mio corpo era scosso da continui singhiozzi e stentavo a respirare.
Dovevo calmarmi. Newt stava bene.
Aveva bisogno delle mie cure.
Ora. Lui ha bisogno di me, ora.
Mi asciugai le lacrime e corsi nuovamente verso l'edificio dei Medicali.
Quando entrai mi aspettai di vedere il peggio, invece Newt dormiva beatamente e Gally lo fissava pensieroso.
Tirai un sospiro di sollievo e, una volta chiusa la porta, andai a sedermi vicino a Gally.
"Mi vuoi dire che è successo?" chiese fissandomi preoccupato.
Gli raccontai di cosa era accaduto, tralasciando le parole che Newt mi aveva rivolto. Pensai che quello che mi aveva detto fosse una confessione personale e che magari non avrebbe voluto che lo dicessi ad altri.
Lui ascoltò tutto in silenzio e, quando finii di parlare, si grattò il collo e disse: "Non ti preoccupare, non lo dirò a nessuno."
Annuii e lo ringraziai.
"Non pensavo che fosse così..." riflettè qualche secondo cercando le parole adatte. "Stressato e triste."
"Già. Non deve essere semplice vivere qui da anni." spiegai.
Rimanemmo in silenzio a fissare Newt dormire, poi mi venne in mente la mia seconda priorità.
"A proposito... volevo scusarmi per ciò che ti ho detto prima. Io non ti odio, non lo farei mai. Ero solo arrabbiata e triste, e tutto ciò che ho detto era perchè ero confusa." spiegai giocando con una ciocca dei miei capelli.
"No, sono io che dovrei scusarmi. Pensavo di aiutarti e invece ho peggiorato le cose. Tutte quelle cattiverie... facevi bene ad odiarmi." controbatté.
"Insomma, amici come prima?" chiesi allungandogli una mano. Lui ridacchiò e la strinse con la sua.
"E' tardi, puoi andare a dormire, se vuoi. Io resto qui con lui, in caso abbia bisogno." spiegai.
Gally con mia sorpresa scosse la testa. "Resto con te. Magari casca di nuovo e hai bisogno dell'aiuto di Capitan Gally." disse mostrandomi il muscolo.
Sforzai una risata e scossi la testa.
Per quanto si impegnasse a farmi spuntare il sorriso, in quel momento non era proprio possibile.
Mi alzai dal letto e coprii Newt con una coperta. Gli accarezzai il volto, togliendogli una ciocca ribelle di capelli dal viso, poi appoggiai la mia fronte contro la sua.
Inspirai il suo buon odore e, nonostante si fosse mischiato con quello dell'alcool, mi bastò per tranquillizzarmi un pochino.
Stampai un bacio fugace sulle sue labbra, consapevole che Gally stesse guardando.
Mi dispiaceva di farlo davanti a lui, ma ne avevo veramente bisogno.
Tornai a sedermi accanto a Gally e mi portai le ginocchia al petto, appoggiandovi il mento. Continuai a fissare Newt, che ora se ne stava sotto la coperta.
Il suo petto faceva su e giù ad un ritmo regolare. Sembrava rilassato.
Era un angelo quando dormiva e persino nella pessima condizione in cui si trovava in quel momento, era bellissimo.

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Capitolo 30
*** Capitolo 30. ***


Vidi Newt entrare nel Labirinto. Le Porte stavano per chiudersi, perchè lo stava facendo?
Lo seguii e lo richiamai, ma lui sembrava non sentirmi. Iniziò a correre, zoppicando ogni tanto, inoltrandosi sempre più nel Labirinto.
"Newt! Le Porte si chiuderanno! Dobbiamo uscire!" urlai con tutto l'ossigeno che avevo in corpo.
Lui continuò a correre e quando svoltò un angolo iniziai a corrergli dietro. Non volevo lasciarlo solo, ma non volevo neanche perdermi.
"Newt, ti prego, torniamo in dietro." 
Lui svoltò un'altra volta, scomparendo dalla mia vista. Mi fermai a riprendere fiato per pochi secondi, poi continuai a correre.
Non appena girai l'angolo mi bloccai. Newt era circondato da tre Dolenti.
"Newt! Scappa!" urlai. Lui si guardò intorno spaesato, con il terrore sul volto.
Prima che potessi correre in suo aiuto i tre mostri gli piombarono addosso.

Mi svegliai di soprassalto nel buio. Ero sudata e avevo il fiatone.
"Tutto okay?" chiese una voce di fianco a me. 
Sobbalzai e per poco non caddi dal letto.
"Sono io: Gally." spiegò di nuovo la voce.
Mi misi una mano sulla fronte, per calmarmi ed inspirai a fondo.
"Tutto bene?" chiese di nuovo. "Ho spento la luce perchè stavi dormendo."
"Sì, tutto bene. Ho solo avuto un incubo." dissi velocemente, mettendomi a sedere più comodamente.
La mia mente riprese lentamente a funzionare, ricordandomi di dove fossi.
L'immagine di Newt che piangeva raggiunse la mia mente ad una velocità assurda.
Il mio petto fu schiacciato da un macigno invisibile.
Guardai Newt dormire e il peso si allevió leggermente.
"Cosa hai sognato?" chiese Gally curioso, sollevandomi dai miei pensieri.
Scossi la testa, poi mi venne in mente che non poteva vedermi nel buio e così parlai: "Non ho voglia di parlarne... Era orribile. Quanto ho dormito?"
"Più o meno un'oretta."
"Non devo dormire. Se mi riaddormento svegliami, per favore." chiesi spostandomi una ciocca di capelli dal volto. "Devo controllare Newt. Se dormo, non posso."
"Come vuoi tu." disse. 
Sentii il materasso muoversi sotto di me. "Che fai?" sussurrai per non svegliare Newt.
"Mi stendo... dovresti fare lo stesso, si sta più comodi." spiegò Gally.
Feci come aveva proposto e scoprii che non aveva tutti i torti. Appoggiai la schiena contro la parete, non potevo permettermi di stendermi completamente e addormentarmi di nuovo.
Gally invece si stese sul materasso. Il chiarore lunare illuminò il suo volto e mi accorsi che stava fissando il soffitto, nuotando tra i suoi pensieri.
"A cosa stai pensando?" sussurrai. Sicuramente parlare mi avrebbe mantenuto sveglia.
Lui prima di rispondere si mise, come me, a sedere e appoggiò la schiena sulla parete. "A quanto sia fortunato Newt." 
Arrossii e sorrisi imbarazzata. Fortunatamente era buio.
"Devi amarlo veramente... Insomma, per preferire lui ad uno come me, devi essere proprio convinta!"
Risi. Era la prima vera risata che facevo da giorni.
Gli diedi una leggera spinta sulla spalla, e lui ricambiò.
"Ti ho fatto tanto male?" chiesi voltandomi verso il suo volto, consapevole di non poterlo vedere.
"Tutti sanno che mi hai battuto nel cerchio, ma non sei così forte fisicamente da farmi male con una semplice spallata." rise lui.
"No, io intendevo un'altra cosa." spiegai. "Quando ho scelto Newt. Ti ho fatto tanto male?"
"No... dopo un po ci si abitua. Vederti ogni giorno mi basta." sussurrò. "L'ho detto veramente?" chiese ridendo.
Mi spuntò un altro sorriso. 
Odiavo le frasi sdolcinate, ma con Gally era divertente perchè ci scherzava sempre su.
Iniziammo a parlare di tutto. Parlammo del mio primo giorno da Fagiolina, delle prime impressione che entrambi avevamo avuto, mi raccontò anche di quando era arrivato alla Radura.
Parlammo - o meglio sussurrammo - per quelle che sembrarono ore, poi il silenzio regnò.
Rimasi ad ascoltare il respiro di Newt - ero certa che fosse il suo - per diversi minuti.
Poi la stanchezza invase il mio corpo. Senza che me ne accorsi la testa iniziò a pesarmi e lentamente la appoggiai alla spalla di Gally.
Rimasi così per alcuni secondi, poi la rialzai di scatto, ricordandomi che non dovevo dormire.
"Dovresti dormire." sussurrò Gally.
"No... domani all'alba vorrei controllare una cosa e non sono sicura di svegliarmi in tempo." spiegai.
Era vero. La prima cosa che avrei fatto il giorno seguente, sarebbe stata correre alle Porte per vedere se Alby, Minho e Thomas erano vivi.
"Cosa vuoi fare?" chiese lui.
"Lo so che dovrei scartare questa possibilità a priori, ma vorrei essere la prima a controllare se Minho, Alby e Thomas ce l'hanno fatta." sussurrai.
"Ti sveglio io." disse.
"Cosa?"
"Domani vengo a svegliarti io. Ho l'orologio." sussurrò.
"Grazie." dissi. 
"Allora ti lascio sola con lui e vado al Casolare." spiegó alzandosi dal letto.
Annuii e mi alzai anche io.
Lui mi si avvicinó e mi stampó un bacio sulla fronte.
"Cerca di dormire un po'." sussurró allontanandosi. "Buona notte, Eli."
"Buona notte, Capitan Gally." risposi.
Sentii la sua risata scomparire con lui fuori dalla porta.
Non volevo dormire da sola, così alzai la coperta di Newt e mi ci infilai sotto.
Mi feci piccola e mi raggomitolai contro il petto di Newt.
Lui saltó un respiro. Per un attimo temei di averlo svegliato, ma poi lui mi circondó con le sue braccia.
Gli guardai il volto: dormiva ancora. Doveva avermi abbracciato inconsciamente, mentre stava sognando.
Sorrisi, pensando che stesse bene. 
Che io stessi bene.
Chiusi gli occhi, concentrandomi sia sul suo respiro regolare e caldo sulla mia nuca scoperta, sia sul suo buon odore rilassante.
Mi addormentai tra le sue braccia calde, con un sorriso sulle labbra.

La mattina seguente fui svegliata dalla voce di Gally.
Mi strofinai gli occhi e sbadigliai. Prima di correre alle Porte, controllai come stesse Newt.
Aveva ripreso il suo colorito naturale e ancora dormiva.
Corsi velocemente verso le Porte Occidentali e attesi la loro apertura, mentre Gally - che aveva ormai abbandonato ogni speranza di rivedere i suoi amici - se ne era andato a fare colazione.
Dopo alcuni minuti finalmente un frastuono riempì l'aria.
Non ero mai stata così emozionata e agitata prima d'ora.
Aspettai che le porte si riaprissero completamente per poi guardarvi dentro.
Nulla. 
Il corridoio che dava sull'entrata era vuoto.
Sentii rompersi dentro di me la piccola speranza che avevo covato.
Feci per andarmene, quando qualcosa attirò la mia attenzione.
Alzai lo sguardo e, tra l'edera che ricopriva il muro distinsi un corpo.
Alby. Era il corpo di Alby.
"Ma come... Come ha fatto a finire lassù?" pensai ad alta voce.
Il mio cuore saltò un battito quando vidi qualcosa che si muoveva in lontananza.
Inizialmente pensai fosse un Dolente, ma un istante dopo il mio petto si riempì di sollievo: Minho e Thomas stavano camminando velocemente verso le Porte.
Mossi un passo dentro il Labirinto e subito una sensazione negativa mi invase il corpo. 
Me ne infischiai della regola e anche dei Dolenti. 
Thomas e Minho erano salvi.
Gli corsi incontro e mi gettai tra le braccia di entrambi.
Iniziai a piangere di gioia e, dopo averli stritolati ben bene, li lasciai respirare.
"Siete vivi!" esclamai asciugando le lacrime.
"Calmati, Ele." disse Thomas rivolgendomi uno dei suoi sorrisi.
"TU!" gli puntai il dito contro. "Sei un imbecille! Come ti è saltato in mente di entrare nel Labirinto?"
Lui iniziò a balbettare, incredulo del mio improvviso cambio d'umore.
"Non pensavo che fossi bipolare." rise Minho.
"E tu!" puntai la direzione del dito verso il Velocista. "Non posso ancora credere che tu sia vivo!" urlai gettandomi di nuovo tra le sue braccia.
"Okay, calmati." disse Thomas staccandomi da Minho.
"Forza, usciamo. Non voglio restare un secondo di più in questo posto." spiegò Minho.
Annuii e li seguii fino alla Radura, poi vedendo Alby mi bloccai.
"Come ci è finito lassù?" chiesi indicando il corpo.
"Thomas ce lo ha spinto..." spiegò Minho continuando a camminare.
"Devo metterlo giù." constatò Thomas afferrando un rampicante.
Gli misi una mano sul petto. "Fermo, Tom. Siete sicuramente distrutti. Vado a chiedere agli altri di tirarlo giù, okay?" chiesi.
Lui annuì semplicemente e raggiunse Minho.
Guardai un'altra volta il corpo vacillante nel vuoto, poi corsi al Casolare per avvisare gli altri Radurai.
Non appena entrai iniziai ad urlare: "Sono tornati! Svegliatevi, razza di pigroni! Sono tornati!" 
Tutti si svegliarono e volò anche qualche insulto, data l'ora.
"Calmati, donna. Di chi stai parlando?" chiese un ragazzo che non avevo mai visto prima.
"Alby, Minho, Thomas! Sono vivi! Io non so chi tu sia, ma ti devi alzare! Ora!" gli urlai in faccia.
Alcuni Radurai corsero fuori e non appena vidi Jeff e Clint li fermai.
"Ragazzi, dovete andare a tirare giù Alby. Appena entrerete nel Labirinto capirete di cosa sto parlando. Di Minho e Thomas mi occupo io." spiegai.
Loro annuirono e corsero verso le Porte aperte.
Mi affrettai a raggiungere l'edificio dei Medicali e una volta entrata tutto il mio entusiasmo svanì.
Newt era svanito.
"Dove...?" chiesi indicando il letto disfatto e vuoto.
Minho mi guardó con aria interrogativa e aprì la bocca per parlare, ma prima che potesse dire qualcosa mi fiondai fuori dalla porta e sbattei contro un corpo.
"Gally, levati..." dissi chiudendo gli occhi per il colpo, immaginando che fosse il ragazzo ad essersi scontrato con me.
"Calmati: sono Newt." riaprii gli occhi di botto e fissai il volto del ragazzo per alcuni istanti. Arrossi all'istante.
Stava bene.
Era lì, in piedi e stava bene.
Lui non sapeva di Minho e Thomas, perció sarebbe stata una sorpresa.
Trattenni un sorriso ed assunsi un'espressione arrabbiata.
"Tu! Brutto scemo che non sei altro! Dove eri finito?" chiesi puntandogli l'indice sul petto.
"Ero solo andato in b..." cominciò.
"Non mi interessa, faccia di caspio! Entra subito dentro!" ordinai furiosa. "Mi hai fatto prendere un infarto."
Lui ridacchiò ed entrò senza fare storie.
"Cavoli, ora capisco perchè è l'unica ragazza qua dentro." sussurrò Minho a Thomas.
"Ti ho sentito." bofonchiai avvicinandomi a entrambi.
Newt si fermó di botto e fisso i suoi amici.
Vidi un sorriso spuntare sul suo volto.
Diede delle pacche sulle spalle ad entrambi e poi la sua espressione mutó in una mischiata tra rabbia e curiosità.
"Che è successo?" chiese fissando entrambi, temendo forse che fossero solo un miraggio. "Come diavolo..."
"E' una lunga storia." disse Minho guardando Thomas con uno sguardo complice.
"Avete un aspetto orrendo, cacchio. Fatevi visitare da lei." disse indicandomi. "Quando avrà finito e sarete riposati, voglio tutta la storia."
Mi avvicinai a loro, appoggiai entrambe le mani sulle loro spalle e li spinsi a sedere sul letto.
"Toglietevi le magliette." ordinai cercando del disinfettante. Erano sicuramente feriti. 
"Sissignora!" esclamò Minho.
Tornai da loro armata di bende e disinfettante. Iniziai da Minho, dato che sembrava essere il più spavaldo.
Subito il sorriso sulle sue labbra si trasformò in una smorfia di dolore. 
Quando ebbi finito passai a Thomas, che era ancora vestito.
Lui mi porse le mani e le osservai attentamente.
Erano arrossate e piene di piccoli taglietti. Sembrava avesse scalato una montagna con le mani. Feci lo stesso rituale anche con lui, le disinfettai e le fasciai.
"Avanti, togli la maglia." dissi una volta finito. Lui, leggermente titubante, fece come dissi.
Gli trovai solo un taglio sul petto, piuttosto piccolo rispetto a quelli di Minho.
Lo disinfettai e lo fasciai velocemente.
"Non siete stati punti, ma avete comunque un aspetto orribile. Dormite. Dirò a Frypan di farvi qualcosa da mangiare." dissi indicando i letti.
Rivolsi la mia attenzione a Newt, che se ne stava con le braccia incrociate a fissarmi, con un sorriso timido sulle labbra.
Gli andai incontro e lo abbracciai, lasciandolo del tutto allibito.
"Sono contenta che tu stia bene." gli sussurrai.
"Mi dispiace per ciò che ho fatto ieri. Non so cosa mia sia preso." si scusò.
"Fammi un po' vedere." dissi prendendogli delicatamente i polsi.
Tolsi lentamente le fasciature ormai zuppe di sangue ed esaminai la ferita.
Aveva un aspetto migliore, rispetto al giorno precedente, tuttavia non si era ancora cicatrizzata del tutto.
La disinfettai per la seconda volta e l'avvolsi in delle fasce pulite. Feci la medesima cosa con l'altro polso e poi rimisi a posto gli attrezzi che avevo usato.
"Come va la tua caviglia?" chiesi. "Ieri mi hai detto che ti faceva male."
"Sembra essere apposto." constatò lui arricciando il naso.
"Andiamo, lasciamoli dormire." dissi prendendogli la mano e portandolo fuori.
Una volta usciti, rivolsi il mio sguardo alle Porte del Labirinto. I Radurai erano ancora intenti a cercare di tirare giù Alby. "Vado a chiedere a Jeff se..." non feci in tempo a finire la frase che Newt mi baciò.
Sorrisi a quell'improvviso gesto e ricambiai il bacio, permettendo alle nostre lingue di scontrarsi.
Mi era mancato. Eccome se mi era mancato.

*Angolo scrittrice*
Ehi, Pive!
Ho deciso di cambiare titolo. Perché "Remember"? 
Per chi ha il libro di Maze Runner, nella copertina del terzo e del quarto libro c'é scritto "Ricorda. Sopravvivi. Corri." 
Quindi volevo riportarli come titolo dei tre libri che intendo scrivere su Maze Runner.
Cosa ne pensate?

Un bacio dalla vostra
Inevitabilmente_Dea 

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Capitolo 31
*** Capitolo 31. ***


"Newt." sussurrai staccandomi dal suo bacio.
"Mh?"
"Lo sai che dobbiamo parlare di quello che è successo ieri, vero?" domandai guardandolo negli occhi.
Lui abbassò lo sguardo a terra e annuì lievemente.
Sapevo che non voleva affrontare l'argomento, ma io avevo bisogno di assicurarmi che non lo facesse di nuovo.
"Andiamo nel bosco." disse prendendomi per mano e trascinandomi dietro di lui.
"Non vuoi vedere Alby, prima?" chiesi voltandomi un'ultima volta verso le Porte.
"No. Sicuramente i Medicali avranno da fare e io impiccerei e basta. Lo andrò a trovare quando avranno finito." spiegò fermandosi vicino ad un albero.
Newt si sedette a terra e feci per imitarlo, quando lui battè con le mani sulle sue gambe.
Lo guardai con aria interrogativa e lui mi afferrò per i polsi e mi trascinò a sedere sopra di lui. "Vieni qui e basta."
"Sicuro che non ti peso?" domandai preoccupata.
"Nah." sorrise. "Ho bisogno di guardarti negli occhi, mentre ti parlo."
Gli sorrisi e attesi che iniziasse a parlare. "Inizia a spiegarmi cosa caspio ti è saltato in mente."
"Vedi... ieri sera, quando le Porte si sono chiuse, sono andato da Frypan e ho rubato l'intruglio di Gally. Poi sono andato nel bosco, volevo stare da solo, e ho iniziato a bere." fece una breve pausa per riprendere fiato. Decisi di dargli tutto il tempo che desiderava. Parlarne ad alta voce non doveva essere affatto semplice.
"Avevo un coltello in tasca. Di solito lo uso per tagliare le erbacce nell'orto. Senza che me ne accorgessi, già mi stavo tagliando i polsi. Non so spiegarti cosa mi sia saltato in testa, era tutto così confuso nella mia testa. Sembrava una tempesta di pensieri negativi: Alby, Minho, Tommy." continuó con voce bassa temendo forse che lo sentisse qualcuno. "Ho fatto un taglio per ogni amico che avrei perso." 
D'un tratto mi fu tutto chiaro, ma c'era ancora qualcosa che stentavo a capire.
Lui si era fatto in tutto quattro tagli, due in ogni polso: uno per Alby, uno per Minho, uno per Tommy. 
"E il quarto taglio per chi era?" chiesi dando voce ai miei pensieri.
"Per te." sussurró incrociando il suo sguardo velato di lacrime con il mio. "Sapevo che quella notte avrei perso anche te."
Rimasi senza parole. Quindi aveva fatto tutto con la consapevolezza che mi avrebbe lasciata da sola?
Sapeva che avrei sofferto e lo aveva comunque fatto?
Nonostante tutto non riuscii a provare rabbia per ció che aveva fatto, solo compassione.
"Mi dispiace, Eli." disse evitando di guardarmi negli occhi. "Sapevo che ti avrei causato dolore, ma l'ho fatto comunque. Mi dispiace di essere stato egoista. Se ora fossi morto tu saresti qui da sola, con la tua tristezza. Saresti triste e senza la mia protezione. Mi dispiace, Eli." disse con la voce leggermente incrinata.
Gli presi il volto fra le mani e lo obbligai a guardarmi negli occhi: "Newt, ora sei vivo e sei qui con me. Non ha piú importanza ció che hai fatto ieri, a patto che non lo rifarai piú. Ormai quello che é successo appartiene al passato." chiarii con voce dolce. "Me lo hai detto anche tu una volta. Non mi interessa il tuo passato, io ho lo sguardo rivolto al nostro futuro."
Lui mi squadró per qualche istante, facendomi perdere nei suoi occhi, che sembravano galleggiare in una tristezza senza fine.
Poi il suo volto scivoló via dalle mie mani e si posó sul mio petto.
Sentii le sue mani accarezzarmi la schiena e scendere verso il basso in modo lento.
Quando arrivó al bordo della maglia, la sollevó di pochi centimetri con le dita, cercando il contatto con la mia pelle che, in quel momento, sembrava prendere fuoco sotto il suo tocco.
"Newt..." lo chiamai.
"Shh... Ho bisogno di stare così per un po'." sussurró posizionando meglio la testa sul mio petto.
Le sue dita affusolate si piazziarono sui miei fianchi e lentamente mi trovai circondata da entrambe le sue mani.
Un brivido piacevole mi percorse la schiena.
Iniziai ad accarezzare i suoi capelli biondi e arruffati.
Restammo immobili per dei momenti che sperai non finissero mai.
Sentii delle voci fitte provenire dalla Radura. Poteva significare solo che stava accadendo qualcosa e, dati gli ultimi avvenimenti negativi, supposi che non fosse di certo positiva.
"Newt." sussurrai temendo che si fosse addormentato.
Per tutta risposta lo sentii mugugnare.
"Dovremo tornare dagli altri. Sta succedendo qualcosa, lo sento." spiegai.
Lui alzó la testa lentamente e poi lasció la presa per permettermi di alzarmi.
"Devi rovinare sempre tutto, tu." disse fingendo un broncio.
Ridacchiai e, una volta che fu in piedi, cercai la sua mano.
Forse ero solo paranoica, ma avevo una terribile senzazione.
Raggiungemmo velocemente la Radura e vidi una marea di ragazzi addossati all'edificio dei Medicali.
Forse Jeff e Clint hanno bisogno di me.
Guardai Newt, quasi come per chiedergli il consenso e lui si limitó ad annuire.
Senza attendere corsi verso l'edificio e, facendomi largo con delle gomitate tra la folla, riuscii ad entrare.
Vidi Gally appoggiato ad un muro, girato di spalle.
C'era una marea di gente anche all'interno.
Toccai la spalla di Gally per farlo voltare.
"Cosa succede?" chiesi una volta che ebbi la sua attenzione.
"Alby." spiegó indicando alle sue spalle. "É stato punto." 
Come ispirato da quelle parole, un grido raggelante proruppe nella stanza.
Mi mossi in avanti, ma Gally mi fermó. 
"Frena, Fagio." ordinó. "Tu non ti muovi da qui." 
"Ancora con questa storia? Gally, sono un Medicale." replicai abbastanza scocciata.
Decisi di tirare fuori la mia faccia da cucciolo, con tanto di labbro all'infuori.
Lui mi squadró per qualche istante, poi alzó le sopracciglia sospirando: "E va bene. Sei una caspio di cocciuta, sai?"
Gli sorrisi e gli misi una mano sul petto: "É per questo che mi adori." scherzai facendogli l'occhiolino.
"É per questo." confermó.
Mi sbrigai ad attraversare il restante della folla e raggiunsi Alby che, a petto nudo, si dimenava sul letto e urlava.
Vidi Jeff e Clint cercare di combattere contro le sue scalciate e i suoi pugni.
"Jeff! Clint!" urlai cercando di sovrastare il chiasso che stava facendo il ragazzo punto.
"Grande! Ci serve il tuo aiuto." disse Jeff buttandosi sulle gambe di Alby per trattenerlo.
"Prendi la siringa." ordinó Clint indicando l'armadio.
Feci a spallate tra i Radurai che se ne stavano a guardare, per arrivare all'armadio. 
Mi affrettai a cercarla e, una volta trovata, corsi dai ragazzi.
Un Raduraio mi fece quasi cascare la siringa a terra e a quel punto la mia pazienza svanì.
"Porco caspio! Dileguatevi tutti immediatamente, oppure non saró piú l'unica Fagiolina qui dentro. Chiaro?" sbraitai.
Tutti mi fissarono per qualche istante e da qualcuno arrivó una risata.
"Non sto scherzando. Se non ve ne andate subito vi faccio diventare femmine!" 
Dopo un attimo di esitazione, tutti si dileguarono sbuffando.
Solo Gally e Newt restarono nella stanza in disparte.
Non gli dissi niente. Avevano tutto il diritto di rimanere lì e io non avevo voglia di impedirglielo.
Lasciai andare un sospiro di sollievo e tornai dai Medicali.
"Clint, tienilo fermo." ordinai preparando la siringa.
Lui annuì e gli bloccó le braccia sul cuscino, mentre Jeff con tutto il suo peso cercava di trattenere le gambe di Alby.
Mi avvicinai cautamente e osservai da più vicino il buco che aveva sulla pancia.
Era uguale a quello di Ben.
Per un attimo il ricordo del ragazzo mi immobilizzó.
E se anche Alby cerca di uccidermi? 
Scacciai quella pessima sensazione, ripetendomi che Alby non era Ben
Avvicinai l'ago della siringa al suo collo e lo inserii in una vena, spingendo giù il liquido.
Quando lo estrassi, mi arrivó un pugno in faccia.
Caddi a terra piú per la sorpresa che per il dolore, che peró non tardó ad arrivare sul mio zigomo.
Sentii dei passi dietro di me e qualcuno mi aiutó ad alzarmi da terra.
"Clint!" lo rimproverai massaggiandomi la guancia.
Perché ha smesso inprovvisamente di tenergli le braccia?!
"Scusami, pensavo di poterle lasciare." si giustificó.
Idiota.
Mi girai e vidi Newt che ancora mi sorreggeva per le braccia.
Aveva un viso preoccupato e gli sorrisi per rassicurarlo.
Nel frattempo le grida di Alby cessarono e nella stanza tornó il silenzio.
"Inizierà la Mutazione. Sará sempre peggio di così." disse una voce.
Guardai oltre la spalla di Newt e vidi Gally.
Mi ero quasi dimenticata della sua presenza.
"Voglio qualcuno che stia a controllarlo. Giorno e notte." spiegó Newt sostenendo Gally. "Qualsiasi cosa succeda, voglio saperlo. Anche se si fa una sploffata nei pantaloni." 
"Resto io." affermai continuando a massaggiarmi la faccia.
Il dolore sembrava proprio non voler sparire.
"Ha detto qualcuno non qualcuna." sottolineó Gally.
"Ha ragione. Ti ha appena dato un pugno un faccia. Potrebbe fare di peggio." replicó Newt.
"Hai detto potrebbe fare, non farà." dissi stando al loro giochetto.
Sentii una risata provenire da qualcuno alle mie spalle.
Mi girai e vidi Minho a sedere sul letto.
"Lasciatela stare, per una buona volta." mi difese. "E poi ci saremo anche io e Thomas con lei."
"Ecco un altro motivo per non lasciarla." ironizzó Gally.
"E va bene. Ma se vedo anche solo un livido su di lei vi ammazzo entrambi." spiegó Newt puntando un dito sui due ragazzi stesi sui letti. "Noi ci vediamo dopo." disse poi rivolto a me.
Gli lasciai un bacio sulle labbra e poi lo osservai dirigersi verso la porta.
"Andiamo, non puoi lasciarglielo fare!" lo fermó Gally.
"L'ho appena fatto, idiota. Andiamo." disse indicando con un cenno la porta.
"Stai attenta." disse Gally perdendo ogni speranza di farmi cambiare idea.
Annuii e li osservai uscire dall'edificio, seguiti da Jeff e Clint.
Presi una sedia abbandonata in un angolo e mi ci sedetti sopra, spostando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Deve essere difficile avere due guardie del corpo al posto di due fidanzati." sussurró Minho, fingendo di dirmi un segreto.
"Cosa? Loro non sono i miei fidanzati." affermai.
Poi mi corressi: "Cioé io e Newt... Forse..."
Mi bloccai.
Io e Newt eravamo fidanzati?
Dirlo ad alta voce mi suonava imbarazzate, ma appagante.
"Elimina il forse. Tu e Newt avete fatto sesso. É chiaro a tutti ormai." dichiaró Minho, questa volta a voce alta.
Thomas mi guardó imbarazzato. Era chiaro che non avrebbe voluto sentire la conversazione.
"Mentre Gally non ha ottenuto niente." rise l'asiatico. "Per ora."
"Minho!" lo rimproverai. "Io e Newt non abbiamo fatto..."
"Sesso?" suggerì Minho.
"E smettila di dirlo ad alta voce!" esclamai arrossendo.
"Puoi dirlo, piccola Fagiolina innocente. Siamo tutti maschi - a parte Thomas - non ci scandalizziamo." spiegó il Velocista. "Comunque vedrai che non manca molto, é da tanto che Newt ne parla."
"L'unico senza palle qui sei tu, Minho. Lei é anche fin troppo una dura." controbatté Thomas.
Io una dura? Questa é divertente, sul serio.
Poi, in ritardo, elaborai ciò che aveva detto Minho.
"Aspetta... Cosa fa Newt?" chiesi sbalordita.
"Oh, sì. Parla continuamente di te e di quanto... Be' insomma hai capito." taglió corto, trattenendo un sorriso divertito.
Non capii se stesse scherzando. Era veramente difficile capire quando il Velocista fosse serio.
"Puoi dirlo, Fagio." lo schernì Thomas. "Non ci scandalizziamo, siamo tutti maschi qui."
Li ascoltai litigare scherzosamente per qualche minuto. 
Era divertente vedere come si insultavano a vicenda.
Poi il mio pensiero andó su di Newt.
Veramente pensava certe cose su di me?
Non potei fare a meno di arrossire dall'imbarazzo.
E se un giorno fossimo veramente arrivati a quello? Io cosa avrei dovuto fare?
Insomma, non che mi ricordassi del mio passato, ma non avevo sicuramente esperienza.
A meno che con Thomas... Un pensiero si insinuó nella mia mente.
Io e Thomas eravamo fidanzati, secondo i sogni sul mio passato.
É probabile che forse... 
Scacciai quel pensiero e mi rifiutai di continuare a pensare a cose del genere.
Poi mi rimisi comoda sulla sedia e puntai tutta la mia attenzione su Alby, cercando di non ricadere in un'altra conversazione imbarazzante con Minho.

*Angolo scrittrice*
Okay, forse sono pazza, ma è la terza volta che pubblico il capitolo 31 e poi non me lo fa vedere.
Quindi o sogno di postarlo e non lo faccio veramente oppure EFP è impazzito.
In ogni caso oggi pubblicherò anche il capitolo 32.
Potete per favore farmi sapere se vi da tre volte il capitolo 31 o se proprio non l'ha pubblicato? Grazie mille 

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Capitolo 32
*** Capitolo 32. ***


Alby aveva iniziato ad urlare sempre più spesso e le mie orecchie stavano implorando pietà.
Tuttavia avevo promesso che lo avrei tenuto d'occhio, così dovetti rassegnarmi a quel suono che stava ormai diventando famigliare.
Minho e Thomas si erano dileguati durante il pomeriggio, probabilmente non sopportavano di sentire l'amico soffrire in quel modo. 
Ben presto arrivò la sera e il cielo si oscurò, facendo diminuire gradualmente anche le grida di Alby.
Newt passò per lasciarmi la cena e, presa una sedia, mi sedette accanto.
"Come fai?" mi chiese una volta che finii di mangiare.
"Cosa?" borbottai masticando l'ultimo pezzo di pane. 
Lo feci ridere appena e poi continuò: "A stare tutto il giorno con una persona che urla."
Alzai le spalle e appoggiai il piatto a terra. In effetti non lo sapevo neanche io. 
Appoggiai una tempia sulla spalla di Newt e chiusi gli occhi per un momento.
Non mi ero accorta di essere così stanca, inoltre mi faceva male la testa a forza di sentire quelle grida strazianti.
"Dovresti andare a letto. Ieri non devi aver dormito molto a causa mia." spiegò.
La parola letto mi fece venire in mente cosa avrei voluto chiedergli.
"Ehm... Newt?" chiesi indecisa su come iniziare il discorso.
"Sì?"
"Ecco... oggi, Minho mi ha parlato di... insomma... di cosa pensi riguardo al nostro rapporto." spiegai rimanendo vaga.
"Minho? Non mi sembra di avergli mai parlato di noi." si giustificò.
"Beh, ecco... diciamo che non è una cosa successa. Ma tu vorresti che accadesse. E lo hai detto a Minho." spiegai cercando di fargli intuire l'argomento, senza però dirglielo esplicitamente.
Lui rimase in silenzio per qualche istante, sicuramente per pensare, poi parlò: "Avanti, sputa il rospo. Cosa ti ha detto quella faccia di caspio?"
"Ehm... Mi ha detto che tu vorresti che noi facessimo... Ehm... Hai capito, no?" chiesi speranzosa.
Andiamo! Come può essere così difficile da capire?
"No. In verità non ho capito niente." rise lui grattandosi la testa imbarazzato.
"Okay, ci riprovo." dissi voltandomi per guardarlo negli occhi. "Perchè hai detto a Minho che vorresti fare... Ehm... l'amore con me?" sussurrai sperando che avesse colto il messaggio.
Lui sbarrò gli occhi, visibilmente imbarazzato, e poi iniziò a ridere.
"Newt, smettila! Così svegli Alby!" lo sgridai. "E poi cosa c'è di tanto divertente?"
"Minho le racconta proprio belle." disse cercando di trattenere un'altra risata. "Gli hai creduto sul serio?"
Quindi era tutto uno scherzo? Piccolo promemoria: uccidere Minho a bastonate.
"Beh, la sua faccia in quel momento era convincente!" mi giustificai arrossendo.
"Stai tranquilla, Eli. Non gli direi mai qualcosa di così... personale." spiegò facendomi l'occhiolino.
Scossi la testa cercando di far raffreddare le mie guance, ormai in ebollizione.
"Andiamo, vado a chiedere a qualcuno di darti il cambio. E tu vieni con me." ordinò prendendomi la mano.
"Ti sono mancata, eh?" chiesi seguendolo nel buio. 
"Sì, Eli." rise leggermente. "Mi sei mancata."
Andammo da Jeff che mi diede gentilmente il cambio, poi Newt mi condusse al Casolare.
Salimmo al piano superiore e trovammo il letto vuoto.
Io, come era mio solito fare, presi un sacco a pelo, ma Newt me lo rubò di mano e lo rimise a posto.
"Che fai?" chiesi alzando un sopracciglio.
"Ti sei fatta veramente condizionare così tanto da quello che ha detto Minho, da preferire un sacco a pelo a me?" chiese indicandosi. 
"Ma il letto è piccolo, non ti da fastidio condividerlo con me?" chiesi imbarazzata.
"Idiota, devi smetterla di farti tutti questi problemi!" disse togliendosi la maglietta.
Arrossii all'istante e mi chiesi se fosse il caso di distogliere lo sguardo o di continuare a far finta di niente.
Decisi di sedermi sul letto per cercare di rilassarmi e nel frattempo asciugai le mani, leggermente bagnate di sudore, sulla maglia.
Attesi in silenzio che Newt si cambiasse per la notte e nel frattempo mi tolsi le scarpe e mi feci una treccia.
Quelle erano le uniche cose che facevo prima di andare a dormire. Non avevo un cambio per la notte e sinceramente preferivo così: sarebbe stato imbarazzante cambiarsi di fronte a Newt.
"Andiamo a dormire, che sono stanco." spiegò lui apparendomi davanti.
Spalancai gli occhi e rimasi fissa su ciò che mi si era parato davanti.
Newt aveva in dosso unicamente dei boxer larghi e grigi, che gli arrivavano poco più su del ginocchio.
"Cos'è quella faccia?" chiese lui preoccupato. "Ti senti male?"
"N-no... è solo che... perchè t-ti sei spogliato?" chiesi imbarazzata, cercando di distogliere invano lo sguardo dai suoi addominali leggermente pronunciati.
"Sai com'è, quando dormi sei una stufa umana. Veramente, mi riscaldi sempre. In tutti i sensi della parola." spiegò, arrossendo leggermente nel pronunciare l'ultima frase.
"Okay, allora." dissi sorridendogli più sollevata.
Alzai le coperte e mi misi a letto, facendogli posto. Lui si stese vicino a me e poi mi strinse a sè.
Mi accoccolai sul suo petto, intrecciando una delle mie gambe tra le sue.
Senza accorgermene, posai lo sguardo sul suo polso fasciato.
"Newt?" chiesi sperando che fosse ancora sveglio.
Lo sentii mugugnare come sempre e così continuai: "Mi prometti che non mi lascerai mai da sola?"
Lo sapevo: era banale chiedere una cosa del genere, ma avevo bisogno di saperlo. Newt era come una colla che mi teneva tutta insieme. Senza di lui, probabilmente sarei crollata a pezzi.
"Te lo prometto, Eli. Ora mettiti a dormire, ti proteggo io dai tuoi incubi." disse lasciandomi un bacio sonoro sulle labbra.
Quella frase mi sembrò immediatamente familiare. Poi ricordai: era la stessa frase che mi aveva detto la prima notte nella Radura. Non riuscivo a dormire per via degli incubi sulla W.I.C.K.E.D. e lui era riuscito a rassicurarmi con una sola frase.
Affogando in quel bel ricordo, mi addormentai con un sorriso sulle labbra.

La mattina seguente mi svegliai riposata. Non ero affatto sorpresa di non aver fatto incubi quella notte.
Tuttavia, non appena aprii gli occhi, mi accorsi che la parte del letto vicino al mio corpo era vuota.
Mi alzai di scatto e mi guardai intorno. Ero circondata da Radurai che russavano, ma non c'era traccia di Newt.
Scivolai velocemente fuori dal letto e, stando attenta a non pestare nessuno, mi diressi verso la Cucina per fare colazione.
Anche Frypan non c'era e decisi di aspettare il pranzo per mangiare. Non volevo rischiare di frugare tra gli scaffali, per poi ricevere una sgridata da parte dell'Intendente.
La Radura sembrava essere vuota. Sicuramente mi ero svegliata presto.
Ma perché erano spariti tutti?
Mi diressi verso le docce e passai accanto all'edificio delle Adunanze. Sentendo del chiasso provenire dal suo interno, mi bloccai.
Colsi dei pezzi di conversazione: "No, razza di caspio da quattro soldi, non hai capito niente! Sono qui da due anni e non ho mai visto niente di simile. Il fatto che tu provi a dire qualcosa..."
Una voce stava urlando e scommettei che fosse quella di Minho.
Colsi altre parole, ma sconnesse tra di loro, come femminucciaVelocistaprove e altri termini apparentemente senza senso, se lasciati soli.
"Dimme un'altra come questa e ti spezzo il collo qui, davanti a tutti." gridò infuriata un'altra voce.
Gally?
Sentii poi un trambusto accendersi all'interno dell'edificio. Sembrava che qualcuno si stesse prendendo a pugni.
Feci per andarmene il più velocemente possibile da quel luogo, quando una voce alle mie spalle mi fece sobbalzare.
"Lo sai che non si deve origliare un'Adunanza a cui non si è stati invitati?"
Mi girai velocemente, con il cuore in gola e vidi Clint.
"Pensavo fossi..." 
Alby. Pensai scuotendo la testa.
Non poteva essere Alby, lui era a letto malato.
"Jeff mi ha detto che ti devo togliere le bende, lui non può: è all'Adunanza." spiegò indicandomi l'edificio dei Medicali.
"Ehm... Non c'è bisogno: posso togliermele da sola." dissi cercando di non arrossire.
L'idea di farmi vedere in biancheria da un'altro ragazzo era poco incoraggiante.
Già era stato imbarazzante farlo davanti a Newt e Jeff, figuriamoci di fronte a Clint, con il quale avevo parlato solo due volte.
"No, ti devo controllare anche le ferite e tu non riuscirai mai a vederti la schiena da sola." ironizzò senza successo.
"Okay." cedetti. "Almeno possiamo andare nelle docce? Nell'edificio dei Medicali c'è Alby e in caso si svegliasse non vorrei che..."
Lui mi interruppe e si diresse verso l'edificio dei Medicali: "Afferrato. Vado a prendere il materiale, aspettami nelle docce."
Mi incamminai lentamente verso l'edificio e, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno, mi misi in attesa.
Clint tornò con l'occorrente e mi ordinò di togliere la maglia.
Gli diedi le spalle e me la tolsi controvoglia.
Udii degli attimi di silenzio imbarazzante, poi sentii le sue dita fredde posarsi sulla mia schiena e togliere la fascia.
"Strano... Molte si sono cicatrizzate in fretta." disse facendo scorrere i suoi polpastrelli su una delle mie cicatrici.
"Beh, sembrano essere apposto. Hanno tutte la crosta e alcune stanno già formando la pelle nuova."
"Allora posso rimettermi la maglia?" chiesi impaziente.
"Aspetta... prima devo disinfettare questo taglio. Sembra che la crosta si sia levata e la ferita ha iniziato a sanguinare di nuovo." 
Dopo pochi secondi sentii il cotone bagnato sulla pelle.
"Ci siamo svegliati presto oggi, Eric." sentii delle voci provenire fuori dall'edificio.
Non feci in tempo a muovermi che la porta delle docce si spalancò e immediatamente comparvero due ragazzi.
"Uscite di qui!" urlai portandomi le mani al petto.
"Woh... Non avevo mai visto una ragazza in reggiseno." parlò uno fissandomi.
"Già... Ed è meglio di come me lo immaginassi." rispose l'altro.
Corsi a nascondermi dietro Clint e mi aggrappai alla sua maglietta per non farlo muovere.
Il ragazzo sussultò leggermente per la mia reazione, ma fortunatamente non obbiettò.
Feci sbucare la testa da dietro il corpo del Medicale e li minacciai: "Se non uscite immediatamente sarò l'ultima cosa che vedrete prima che io stessa vi cavi gli occhi."
"Per me va bene così." rise uno.
"Ehi, Clint! Se questo è quello che fa un Medicale voglio diventarlo anche io!" propose l'altro entusiasta.
"Uscite di qui, dai." li incitò calmo Clint.
"Io non lo faccio finchè non la vedo di nuovo, quindi ti conviene spostarti, Clint." spiegò uno dei due indicandomi.
"Non azzardarti a muoverti." ringhiai al Medicale.
Vidi una saponetta appoggiata ad un lavandino e la afferrai cercando di non farmi vedere, poi velocemente la scagliai contro uno dei ragazzi, colpendolo in faccia.
"Andatevene!" urlai nuovamente.
"E va bene! Io non voglio finire come Zart, perciò andiamocene." suggerì quello che avevo colpito.
L'amico sbuffò, ma alla fine uscirono entrambi.
Mi allontanai dal Medicale e andai a riprendere la maglietta che avevo abbandonato a terra. Me la infilai velocemente e poi mi rivolsi a Clint: "Una parola su quello che è successo e ti sgozzo."
Lui annuì convinto e allora uscii dalla porta, rinunciando a fare una doccia. 
Arrivò finalmente l'ora di pranzo ed io fui la prima ad entrare in Cucina per mangiare. Il mio stomaco brontolava da diverse ore.
Tuttavia aiutai Frypan a servire e poi mi sedetti tra Newt e Chuck, come mio solito.
"Dove eri finita questa mattina? Quando sono tornato non c'eri." mi chiese Newt.
Risi leggermente e poi gli dissi: "Clint doveva togliermi la fasciatura. Tu, piuttosto, sei sparito senza dire niente!" 
"Com'è quel sorriso?" chiese alzando un sopracciglio.
"Ehm, diciamo che è successa una cosa, questa mattina, che a ripensarci ora, mi fa ridere." dissi concentrandomi sul piatto di cibo.
"Possibile che devo chiederti tutto? Racconta, avanti." mi incoraggiò, interessandosi genuinamente all'argomento.
"Mentre Clint mi stava togliendo la fasciatura sono entrati due ragazzi e..." non feci in tempo a finire che Newt si alzò di scatto in piedi.
"Cosa? Ti hanno vista in... reggiseno?" chiese spalancando gli occhi, furioso. "E questo ti fa ridere?"
"Shh!" dissi trascinandolo di nuovo a sedere, ridendo. "No, idiota. La cosa che mi fa ridere è che siamo andati a cambiare le fasciature nelle docce, perchè Alby era nell'edificio dei Medicali. E appena sono entrati li ho minacciati con una saponetta e poi gliel'ho tirata in faccia."
Sul volto di Newt comparve un leggero sorriso e poi scosse la testa: "Sei incredibile."
"Beh, Eric non l'ha raccontata proprio così..." si intromise Chuck.
"Chi?" chiesi girandomi verso il ragazzino che fino a quel momento aveva pensato a ingozzarsi.
"Eric. Lui ha detto di essere entrato insieme a Lee e..." il bambino arrossì leggermente. "E dopo ha raccontato cosa ha visto."
"E che cosa avrebbe visto?" chiese Newt, leggermente scocciato.
"Beh, le sue... amiche?" spiegó Chuck titubante, disegnandosi con le mani dei cerchi sul petto.
"Grazie per l'informazione, Chuckie." dissi sorridendogli. "Ora vado ad ucciderli." constatai alzandomi dalla sedia.
Questa volta fu Newt a tirarmi nuovamente a sedere per un braccio. "No, tu non vai da nessuna parte. Non voglio che tu finisca di nuovo nella Gattabuia, inoltre abbiamo altri problemi da risolvere, qui nella Radura."
"Cioè? Ne avete parlato all'Adunanza?" chiesi inforchettando un pezzo di patata. 
"Sì... Oggi è stato pesante. Minho e Gally si sono presi addirittura a schiaffi." spiegò grattandosi la fronte, visibilmente stanco.
A schiaffi? Manco fossero bambini piccoli...
"Ora che lo nomini... Dov'è Gally?" chiese Chuck guardandosi attorno.
"Non lo so. Quel pive se n'è andato via offeso durante l'Adunanza." spiegò Newt finendo l'ultimo boccone.
Mi alzai da tavola e presi il suo piatto. "Te lo porto via io." dissi tornando in Cucina.
"Fry, hai bisogno di aiuto, oggi?" chiesi al cuoco che si stava ingozzando.
"Mh, no." bofonchiò sputacchiando dei pezzi di cibo. "Me la cavo da solo oggi, grazie."
Gli feci un gesto col capo per salutarlo e poi tornai al tavolo.
"Ho la giornata libera. Di nuovo. E' possibile che con due lavori non ho niente da fare?" chiesi rivolgendomi a Newt, che nel frattempo si era alzato.
"Ti va di stare con me, oggi?" chiese Chuck sorridendo.
Annuii convinta e gli scompigliai i capelli. Era da tanto che non passavo del tempo con lui.
"Avevo intenzione di rapirti oggi, ma a quanto pare Chuckie mi ha anticipato." rise Newt dando mettendomi le mani sui fianchi e avvicinandosi a me. "Divertiti e non ammazzare di botte nessuno."
Annuii sorridendo e gli lasciai un bacio sulle labbra.
"Blah! Ho appena mangiato e non voglio rimettere!" urlò Chuck coprendosi gli occhi.
Newt si staccò dalle mie labbra e, dopo aver dato uno schiaffo amichevole a Chuck, si diresse verso gli Orti.
Durante il pomeriggio io e Chuck ci sedemmo sotto l'ombra di un albero, al limitare del bosco e parlammo di diverse cose.
Mi raccontò di un fatto accaduto mentre io ero nelle docce. A quanto pareva, Alby aveva richiesto di parlare con Thomas e Chuck era stato costretto ad interrompere l'Adunanza, perchè il ragazzo di colore non la smetteva di dare di matto.
Chuck mi spiegò di essersi fermato a spiare dalla fessura della porta e aveva visto che Alby aveva cacciato furioso Newt, continuando a dire che aveva chiesto di discutere solamente con Thomas.
Ora capisco perchè questa mattina Newt era così stressato.
Il ragazzino mi spiegò poi che, dopo che Newt se ne fu andato era tornato ad origliare e aveva capito delle frasi sparse qua e là.
Me ne elencò alcune come: tutto sta per cambiareti ho visto Thomasmi ricordo chi siamo e altre parole tra di loro disconnesse. 
Poi mi disse che aveva sentito Thomas urlare in preda al panico il nome di Newt e allora se l'era filata, per paura di essere scoperto.
"Stando a quanto si mormora nella Radura, Alby si è auto-strangolato." annunciò infine, per poi cambiare totalmente argomento. "Ti capita mai di sentirti triste e nostalgica, ma non avere idea di cosa si vorrebbe riavere? Tutto ciò che so è che non voglio stare qui. Voglio tornare dalla mia famiglia. Qualunque cosa ci sia là, qualunque cosa sia quello da cui mi hanno portato via, voglio ricordarlo."
Fui sorpresa dalla profondità con cui disse quelle parole. Era orribile il fatto che un bambino di appena tredici anni fosse costretto a vivere in una situazione del genere, senza ricordi, circondato da bestie pericolose.
"Sì, ti capisco. Anche a me a volte mi capita di essere triste senza un motivo apparente." spiegai portandomi le ginocchia al petto.
"Quando ti succede, cosa fai?" chiese sperando in una soluzione.
"Mi attacco alle cose che ho adesso. Agli amici che mi sono fatta e alla vita che ho ricostruito. In un certo senso mi fa stare meglio." spiegai chiudendo gli occhi e assaporando quello che si stava rivelando un pomeriggio tranquillo.
Passammo qualche minuto in silenzio, poi Chuck parlò di nuovo: "Pensi che io abbia dei genitori? Genitori veri? Insomma... credi che io gli manchi tanto da piangere alla notte?"
Spalancai gli occhi e fissai il bambino, che sembrava essersi rinchiuso nel suo riccio protettivo per non soffrire.
Vederlo in quel modo mi fece stare male e giurai a me stessa che chiunque ci avesse messi nella Rdura, avrebbe ripagato le sue azioni con la vita.
"Vieni qui, Chuck." dissi abbracciando il bambino. "Sono sicura, anzi supersicura, che tu abbia dei genitori che ti amano e che tengono a te più della loro stessa vita. E probabilmente sì: staranno piangendo. Piangendo e guardando il mondo che ti ha portato via da loro."
Sentii il bambino tirare su col naso e poi si staccò, asciugandosi la guancia con una manica.
"Lo so che sembra stupido e sdolcinato, ma a volte mi immagino di avere una mamma come te." 
"Ascoltami, Chuckie." dissi attirando nuovamente l'attenzione. "Io non posso essere tua mamma, ma se hai bisogno di qualsiasi cosa, basta che vieni a chiedere. Anche a costo di svegliarmi nel bel mezzo della notte, tu vieni da me. E ti prometto che ti faremo uscire dal Labirinto e ti porteremo dai tuoi genitori." 
Il bambino annuì e poi sussurrò: "Ora che Thomas è diventato Velocista, forse abbiamo un'altra possibilità, non trovi?"
Thomas é diventato Velocista?
"Sì. Forse lui riuscirà a tirarci fuori da questo posto insieme a Minho. E' un bravo ragazzo, si può contare su di lui, non delude mai le tue aspettative." spiegai.
Per un attimo mi sorpresi delle mie stesse parole. Da dove provenivano? Ma la cosa che mi sbalordì ancora di più, fu la convinzione con cui le pronunciai. Forse, in un angolo remoto della mia mente o del mio cuore, mi ricordavo veramente di Thomas.
"Spero tu abbia ragione." disse alzandosi in piedi. "Ora torno a lavoro."
Annuii e lo guardai muovere qualche passo lontano da me. 
"Oh, Elena?" mi chiamò voltandosi incerto.
"Sì?"
"Ti voglio bene." disse prima di scappare via per l'imbarazzo.
"Anche io, Chuck." risi. "Anche io."
Trascorsero diversi minuti e li passai riflettendo su ciò che Chuck mi aveva appena detto. 
Io avevo una famiglia? Perchè non riuscivo a ricordarmela?
Feci per chiudere gli occhi di nuovo, quando un gemito di dolore mi fece sbarrare gli occhi di scatto.
Mi guardai intorno confusa: nessuno sembrava essere nei paraggi. 
Eppure sono convinta di...
"Merda..." sentii sibilare una voce. 
Scattai in piedi e, non vedendo ancora nessuno, decisi di andare alla ricerca del ragazzo che si nascondeva nella foresta.
Dopo diversi minuti di cammino per il bosco, riuscii a scorgere una figura accovacciata a terra tra gli alberi.
Gli corsi in contro e riconobbi il volto di Gally.
Il ragazzo se ne stava raggomitolato a terra, tenendosi il pugno nella mano, con viso dolorante.
Ma cosa...?

*Angolo scrittrice*

Ehi, facce di caspio!
Wow... questo capitolo è bello lungo, ma avevo ispirazione! Spero quindi non vi scocci leggere 3300 parole, al posto delle solite 1600.
Come vi sembra questo capitolo? 
Cosa pensate sia successo a Gally? 
Volevo dirvi che non seguirò il libro per quanto riguarda questo personaggio. Bastano Newt con i suoi istinti omicidi in questa storia, non volevo fare anche un Gally che si getta tra le braccia di un Dolente.
(Chi ha letto il libro capirà di cosa sto parlando)
Perciò penso che da questo punto di vista cambierò leggermente la storia. D'ora in poi credo che farò un mix tra libro e film. Che ne pensate?

Un bacio dalla vostra Inevitabilmente_Dea ♥

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Capitolo 33
*** Capitolo 33. ***


"Cosa hai fatto, Gally?" chiesi precipitandomi dal ragazzo.
"Ho dato un pugno ad un albero." borbottò mettendosi a sedere.
"E perchè hai fatto una cosa così stupida, caspio?!" chiesi sbalordita.
"Perchè ero arrabbiato. Okay?" disse visibilmente scocciato.
"Idiota, fammi vedere." dissi inginocchiandomi accanto a lui.
Gli toccai una nocca e iniziai a fare pressione per vedere se si fosse rotto qualche osso.
"Fa male?" chiesi.
"Che domanda stupida. Certo che no, ti pare? Ho solo preso a pugni una caspio di corteccia!" ironizzò alzando gli occhi al cielo.
"Ehi, modera il tono. Sto solo cercando di capire se ti sei rotto qualcosa." dissi guardandolo storto. "Domani scommetto che si gonfierà tantissimo."
"Perspicace." sputò lui acido. Poi si riprese e disse: "Avrà comunque un aspetto migliore del tuo zigomo."
Cosa? Il mio zigomo?
Lo guardai con aria interrogativa e lui si chiarì: "Alby ieri ti ha dato un pugno, ma non pensavo che ti venisse una mora del genere."
Mi toccai la guancia e premetti leggermente con le dita. In effetti faceva molto male se la toccavo.
Possibile che non me ne sia accorta prima?
"E' tanto orribile?" chiesi cercando di riuscire a vedere la mora invano.
Lui schioccò la lingua e poi si appoggiò ad un tronco, continuando a massaggiarsi la mano.
"Cosa ti ha fatto incaspiare così tanto da prendere a pugni un albero?" chiesi sedendomi accanto a lui.
"Thomas." ringhiò. "Minho. Persino Newt."
Newt?
"Ti va di raccontarmi co..."
"No." mi interruppe secco.
Sospirai e alzai gli occhi al cielo.
Dio, fa così il difficile...
"Se te lo raccontassi potrei farti una mora anche sull'altra guancia." disse.
Cosa? Lui sarebbe capace di picchiarmi?
Spalancai gli occhi e mi allontanai leggermente da lui. Forse era stata una pessima idea andare a parlargli.
Lui probabilmente notò la mia reazione e si corresse: "Era un modo di dire. Non ti toccherei mai."
Decisi di fidarmi, sembrava essere sincero. Così azzerai nuovamente le distanze.
"So che stai cercando di aiutarmi, e lo apprezzo, ma parlarne non mi calmerà affatto." spiegò allungando le gambe.
"Okay. Allora rimaniamo in silenzio." proposi.
Lo facemmo veramente. Restammo in silenzio per quasi una mezz'ora e la cosa che più mi sorprese fu che non mi sentii neanche un po' a disagio.
Solo con Gally e con Newt riuscivo a rimanere senza parlare. A volte, con loro, il silenzio parlava più di mille parole.
"Forse dovremmo andare a mangiare, non credi?" chiese Gally rivolgendomi lo sguardo.
"Mh." mugugnai. Non avevo affatto voglia di alzarmi, mi ero sistemata così bene nel terreno che mi sembrava di aver fatto una buca. "Come va la tua mano?"
"Bene. Forza, pigrona. Io ho fame e anche tu." disse alzandosi e scuotendosi i ciuffi d'erba dai pantaloni.
"Non è vero. Io non ho..." venni interrotta dal brontolio del mio stomaco. "Okay, ho fame. Andiamo."
Lui mi porse la mano 'sana' e mi aiutò ad alzarmi.
Mi scrocchiai le ossa del collo e lo seguii al limitare del bosco. La sera era ormai calata e mi accorsi di aver perso del tutto la cognizione del tempo.
Frypan stava già servendo la cena e tutti i Radurai erano in fila per ricevere la loro porzione. Gally raggiunse gli altri mentre io andai ad aiutare il cuoco a servire.
Una volta che ebbi finito di distribuire il cibo, presi la mia porzione e andai a sedermi tra Thomas e Newt.
"Allora sei diventato Velocista?" iniziai rivolgendomi a Thomas.
Lui annuì e non aggiunse altro.
"Inizi da domani?" chiesi nuovamente.
Lui, come aveva fatto precedentemente, annuì e non parlò.
Certo che è impossibile instaurare una conversazione...
Decisi di rimanere in silenzio. Sicuramente aveva dei pensieri per la testa.
"Che hai, Tommy?" si intromise Newt. "Mi hai fatto una testa così per diventare un Velocista. Perchè non sprizzi di felicità ora che lo sei?"
Thomas scosse la testa e continuò a giocare con il cibo sul piatto.
"Che c'è Tom? Ti vedo pensieroso... Hai voglia di parlare?" chiesi toccandogli il braccio.
"Stavo pensando... E se ci avessero mandati qui per una ragione?" domandò di punto in bianco osservandomi negli occhi.
"Potrebbe anche esserci un motivo dietro tutto questo, ma come possiamo esserne sicuri?" chiese Newt.
"Insomma, ci spediscono qui senza memoria, ci mandano rifornimenti e persone ogni mese. Poi tutto d'un tratto smettono di farlo. Secondo me vogliono che ci diamo una mossa." spiegò Thomas gesticolando con le mani.
"E cosa dovremmo fare?" chiesi scuotendo le spalle. In realtà sapevo già la risposta, ma in quattro anni non ci eravamo riusciti.
"Trovare un modo per uscire di qui." Poi aggiunse: "Attraversando il Labirinto."
"Smettila di rincaspiarti. Potrai pensarci nella Gattabuia e mettere in atto il tuo piano per uscire da qui, quando sarai nel Labirinto. Sono stufo di farmi false speranze." spiegò Newt leggermente scocciato.
Gattabuia? Pensai. E cosa ha fatto?
Non feci in tempo a chiederlo ai due, che Newt si alzò e spiegò a Thomas che era ora di andare nella piccola 'prigione'.
Thomas lo seguì senza brontolare e mi salutò con la mano.
"Tu resta qui, dopo ti devo fare vedere una cosa." disse Newt indicandomi.
Alzai le mani come per dire che non mi sarei mossa e attesi in silenzio, finendo la mia cena.
Dopo poco Newt tornò e mi disse di seguirlo.
Mi condusse dentro il bosco e, una volta che ci fummo inoltrati nel buio più totale, lui si fermò.
"Non vuoi uccidermi, giusto?" chiesi ridendo. "In questi casi, l'assassino agisce uccidendo la vittima. Nei film succede questo."
Mi bloccai. Come facevo a ricordarmi come era fatto e cos'era un film, senza però ricordarmi quando ne avevo visto uno e con chi lo avevo visto? Scossi la testa. Era inutile riempirmi di domande a cui, in ogni caso, non avrei saputo rispondere.
"Beh, noi siamo nella vita reale. Perciò no, non ti ucciderò." disse avvicinandosi. "Per ora." sussurrò poi al mio orecchio.
Iniziammo a ridere entrambi e poi lui mi fece segno di stendermi accanto a lui.
"Cosa volevi farmi vedere?" chiesi non riuscendo più a contenere la curiosità che mi divorava.
"In realtà nulla. Volevo solo trovare una scusa per stare con te." sussurrò incrociando le braccia sotto la testa.
Risi leggermente e mi appoggiai al suo petto, prima di sentire il suo braccio circondarmi il busto.
La sua mano si posò sul mio fianco e lì rimase per alcuni attimi.
Poi la sentii risalire verso l'alto e, con mia sorpresa, le sue dita premettero proprio sulle mie costole, facendomi saltare sul posto.
Iniziai a ridere senza riuscire a contenermi. 
"S-Smet-ti-la..." cercai di dire soffocata dalle risate.
Ormai dalle lacrime mi stavano scendendo sulle guance.
Non riuscivo più a respirare e le sue dita sembravano non voler smettere di farmi solletico.
Poi finalmente lui sollevò la mano, lasciandomi prendere ossigeno e permettendomi di asciugare le lacrime.
"Non farlo più." lo minacciai continuando a ridacchiare.
"Sennò?" chiese alzando un sopracciglio e assumendo un ghigno divertito.
"Sennò... non ti bacio più!" mentii. In realtà non avrei potuto fare a meno dei suoi baci.
Lui iniziò a ridere e mi tirò a sè: "Smettila di dire cavolate. Sappiamo entrambi che non sai resistermi." 
"Colpita e affondata." dissi stendendomi sopra di lui e chiudendo gli occhi.
Dopo alcuni attimi le sue mani si spostarono nuovamente sulle mie costole e continuarono quella tortura divertente.
Questa volta riuscii a liberarmi e, non appena fui in piedi, iniziai a correre senza badare a dove andavo.
Infatti dopo pochi attimi mi scontrai con albero, dando una testata sulla corteccia dura.
Caddi a terra e mi coprii la fronte con le mani, continuando a ridere come un'incantata.
In un attimo Newt mi fu accanto, con viso preoccupato.
"Stai bene?" chiese spostandomi le mani dalla fronte.
Annuii continuando a ridere per ciò che era appena successo.
"Sei un'idiota. Solo un'idiota non vede un albero e ci sbatte contro." ironizzò lui tirandomi in piedi.
"In realtà l'ho fatto apposta." risi. "Sai, a me piace abbracciare gli alberi." 
Lui iniziò a ridere e posò una mano sulla mia schiena, spingendomi in avanti.
"Ti sei sbucciata, ti porto a medicarti." spiegò continuando a camminare.
"Non ce n'è bisogno. Non andare a svegliare Jeff e Clint, sicuramente staranno dormendo. Tra l'altro nell'edificio dei Medicali c'è Alby, non voglio disturbarlo." spiegai attaccandomi al suo braccio.
"Alby è voluto andare al Casolare. Sta meglio e, dato che i Medicali non lo fanno tornare alla vita normale, ha preferito essere spostato lì per non essere sempre solo." spiegò uscendo dal bosco. "In più chi ha parlato di Jeff e Clint? Non sarò un Medicale, ma queste cose banali le so fare anche io."
"Agli ordini, capo!" esclamai aprendo la porta dell'edificio.
Lui entrò e andò all'armadio per cercare l'occorrente. Mi disse di sedermi sul tavolino lì accanto e ubbidii, nonostante ci fossero tre letti comodi da usare.
Dopo poco lui tornò con un cerotto e del disinfettante. Si fece spazio tra le mie gambe e cominciò a medicarmi la fronte.
Per tutto il tempo continuai a fissarlo negli occhi. Era così bello quando era concentrato. 
"Fatto." sentenziò appoggiando i materiali alla mia sinistra.
Per sbaglio, mentre stavo cercando di scendere, sbattei contro la sua testa, facendo gemere entrambi per la botta.
"Questa sera hai proprio voglia di dare testate, abbracciatrice di alberi. Mi hai fatto male." disse appoggiando una mano sulla fronte e l'altra sulla mia coscia, per non farmi muovere dal tavolo.
Gli tolsi il palmo dal volto e baciai la parte in cui lo avevo urtato.
"Va meglio ora?" chiesi sorridendogli.
Lui arrossì per qualche istante poi un ghigno si stampò sul suo volto. "Ho male anche qui." disse indicandosi la guancia.
Decisi di stare al suo gioco e gli baciai lo zigomo. Poi lui si toccò il collo e aggiunse: "E qui."
Il sorriso sulle mie labbra si allargò e mi avvicinai al suo collo. Questa volta le mie labbra si soffermarono più a lungo sulla sua pelle. Quando mi staccai, lui aveva già indicato le sue labbra: "Ho male anche qui."
Annullai le distanze tra di noi e lo baciai. Newt passò la lingua sul mio labbro inferiore, come per chiedermi il permesso d'accesso. Dischiusi le labbra e le nostre lingue si incontrarono.
Gli afferrai i capelli e li tirai leggermente, sentendolo gemere.
Quello che prima era solo un gioco, si era trasformato in qualcosa di piú profondo.
Lui mi afferrò le cosce e automaticamente agganciai le mie gambe al suo corpo. Newt mi sollevò da tavolino e compì alcuni passi in direzione del letto.
Lui mi appoggiò dolcemente sul materasso e mi salì sopra. Si tolse le scarpe con un calcio e io feci lo stesso.
Lui mi portò le braccia sopra la testa e continuò a baciarmi, mettendoci sempre più passione.
Poi le sue mani scivolarono lungo il mio corpo, arrivando fino al bordo della mia maglietta.
Qui si fermarono. 
Newt si staccò dalle mie labbra, con respiro affannato. 
"Sei sicura?" mi chiese guardandomi negli occhi.
"Sì, sono sicura." confermai annuendo con la testa.
Lui non attese altro e mi sollevò la maglietta, per poi gettarla a terra, seguita dalla sua.
Tornò con foga sulle mie labbra e continuò con il bacio, facendolo diventare ogni secondo più desiderato e intenso. A stento ci staccavamo per prendere fiato e, quando lo facevamo, tornavamo velocemente sulle labbra dell'altro, per sentirne il sapore.
Newt fece scivolare le sue mani calde lungo i miei fianchi, provocandomi un brivido piacevole e poi si spostò sul bordo dei miei pantaloncini.
Me lo slacciò e me li sfilò velocemente. 
Prima che la timidezza mi annebbiasse la mente, armeggiai con la sua cintura e, dopo vari tentativi, riuscii a slacciarla e di conseguenza a togliergli i pantaloni.
La cosa che mi sorprese più di tutte fu il fatto di non sentirmi a disagio o fuori luogo. In quel momento Newt era riuscito, con la sua naturalezza, a farmi sentire a mio agio. Senza forzare nulla.
Newt si staccò qualche secondo dalle mie labbra e mi osservò lentamente.
Il suo sguardo scrutò attentamente ogni minima parte del mio corpo, come se volesse imprimere la mia immagine dettagliata nella mente.
Sentii le mie guance andare a fuoco, segno che ero arrossita, e cercai il suo sguardo per ritrovare la sicurezza che temevo sarebbe sparita alla prima esitazione.
Lui piantò i suoi occhi nei miei, invadendomi di una sensazione nuova, ma piacevole.
Alzò le coperte sotto di noi e ci spostammo sotto le lenzuola. Quel gesto mi fece sentire più calma. Forse era per il fatto di sentirmi in qualche modo coperta dal resto del mondo. Visibile solo agli occhi di Newt. Era una sensazione indescrivibile.
Lui iniziò a lasciarmi baci umidi partendo dal collo e poi scendendo lentamente sul mio petto.
Sentii le sue dita scivolare sui miei slip e abbassarli quanto bastava.
Presi il mio tempo per fare la stessa cosa con i suoi boxer. Non avevamo fretta e ciò mi faceva sentire tranquilla e rilassata.
Lui risalì verso le mie labbra. Qui lasciò un bacio veloce e poi si diresse al lobo del mio orecchio, mordicchiandolo senza però farmi male.
Gemetti e intrecciai le mani dietro la sua nuca. 
Le sue mani accarezzarono il mio seno e poi la mia schiena. Mi inarcai leggermente, per dargli lo spazio per sganciarmi il reggiseno. Lo fece velocemente e me lo sfilò.
Per un attimo la sensazione che non fosse la prima volta per lui mi fece provare un leggero panico, ma poi scacciai quel pensiero. Non mi importava. In quel momento eravamo solo noi due a condividere quei momenti.
Sentii Newt avvicinarsi sempre di più al mio corpo.
Poi d'un tratto entrai in contatto con il suo bacino e sussultai leggermente per quella nuova, strana sensazione.
Lui mi diede il tempo per abituarmici e poi cominciò a spingere lentamente, causandomi un fremito.
"Eli." mi chiamò affannato, fermandosi appena.
Aprii gli occhi e lo guardai, con le guance ancora in fiamme.
"Se ti faccio male fermami, okay?" chiese assumendo un'espressione preoccupata.
Annuii incapace di aggiungere altro. Persino una parola avrebbe potuto guastare quel bellissimo momento e non volevo rischiare.
Lui si riattaccò alle mie labbra ed io feci scendere la mia mano ad accarezzare prima i suoi capelli, poi la sua schiena liscia.
Lui intrecciò i miei capelli tra le sue dita e li accarezzò, lasciando ovunque passasse un scia di elettricità.
Sentii di nuovo una leggera pressione sul mio bacino seguita da una fitta improvvisa.
Gemetti e strinsi tra le mani i suoi capelli biondi.
Mi sentii sollevata di scoprire che il dolore fu sostituito gradualmente dal piacere.
"Tutto okay?" chiese accarezzandomi una guancia.
Annuii e lo baciai, facendo scontrare nuovamente le nostre lingue.
Lui prese lentamente a muoversi, cercando di farmi abituare a quella nuova sensazione.
In quel momento fui certa di scoprire che con Thomas non era successo niente e ne fui sollevata.
I nostri corpi si muovevano all'unisono, combaciando alla perfezione e diventando una cosa sola.
Tutto, intorno a noi, si fece sfocato, inesistente. Tutto era annebbiato dai nostri gemiti, che cercavamo di soffocare per non fare rumore.
Le mie guance continuavano ad aumentare di temperatura e mi sentii infuocare sotto le continue carezze di Newt. 
Era come se ogni parte del mio corpo, sotto il suo tocco, prendesse automaticamente fuoco. Era una sensazione unica, indescrivibile. La più bella che avessi mai provato.
Iniziai anche a sudare, ma supposi che fosse una conseguenza del tutto naturale.
Iniziai a familiarizzare con quella sensazione e lentamente mi abituai anche al corpo di Newt.
Continuammo a muoverci per un tempo che sembrò infinito e che sperai non finisse mai.
Dopo alcuni attimi una sensazione piacevole esplose dentro di me. Dei fremiti mi percorsero il corpo, partendo dal bacino e arrivando fino alle guance.
Lo sentii gemere e subito attaccai le mie labbra alle sue per soffocare il suo ansimare.
Lui si fermò qualche istante, continuando a baciarmi e poi, dopo avermi accarezzato i capelli, si stese affianco a me.
Mi coprii con il lenzuolo e mi girai a pancia in giù, continuando a guardare il suo viso rilassato.
Aveva gli occhi chiusi e ancora respirava affannosamente.
Gli lasciai un bacio sul collo e poi mi appoggiai sul cuscino, chiudendo gli occhi a mia volta.
Rimasi ad ascoltare i nostri respiri mescolarsi e sentii il sonno farsi spazio nel mio corpo.
Mi obbligai a rimanere sveglia ancora per un po', per assaporare fino all'ultimo quel momento.
Sentii la mano di Newt accarezzarmi la schiena e non aprii gli occhi.
Era una sensazione così piacevole.
Sentii il suo polpastrello disegnare una linea dritta proprio nel centro della mia schiena.
"A volte mi chiedo chi abbia potuto farti questo." sussurró continuando a disegnare linee sulla mia pelle.
Aprii gli occhi e lo guardai con aria interrogativa.
"Le tue cicatrici. Chi te le ha fatte é un mostro." spiegó.
A quel punto capii: stava tracciando il contorno delle mie cicatrici.
Non mi sentii per nulla turbata quando lui continuó a farlo.
Era come condividere qualcosa di intimo con lui e non avevo problemi a farlo.
"Se mai uscissimo da questo Labirinto..." iniziai guardandolo negli occhi. "Ti prego, non permettergli di rifarmi questo." 
"Ti proteggeró da chiunque cerchi di portarti via da me." affermó. "Sei solo mia, caspio. Nessuno deve toccarti." 
Gli lasciai un bacio dolce sulle labbra e poi mi accasciai sul suo petto, facendo scontrate le nostre pelli ancora sudate.
Rassicurata dalle parole che aveva appena pronunciato, fui felice di abbandonarmi tra le braccia del sonno.

*Angolo scrittrice*
Solo una domanda...
Il capitolo é valso l'attesa? 
Lo spero tanto... Commentate e sclerate (lo facevo anche io mentre scrivevo).
A proposito... Mi hanno fatto notare che il capitolo 31 e 30 erano uguali. Mi dispiace tantissimo per non essermene accorta prima, perciò ho ripubblicato il capitolo 30.
Scusate per i casini che faccio ogni tanto...
Un bacio 
Dalla vostra Inevitabilmente_Dea ❤

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Capitolo 34
*** Capitolo 34. ***


La mattina seguente mi svegliai sentendo il materasso muoversi leggermente.
Aprii gli occhi lentamente e trovai Newt che, già sveglio, mi stava fissando sorridendo come un bambino piccolo.
"Buongiorno..." sussurrai con la voce impastata di sonno richiudendo gli occhi.
Lui non rispose, ma mi lasciò un bacio sulle labbra. 
"Da quanto sei sveglio?" chiesi curiosa accoccolandomi sul cuscino.
"Più o meno una mezz'ora." sentenziò. Sentii il materasso appiattirsi e poi alleggerirsi del suo peso. Aprii gli occhi per vedere dove andasse e mi accorsi che si stava rivestendo.
"E perché non mi hai svegliato?" chiesi mettendomi a sedere e con una mano sorreggendo il lenzuolo attorno al mio corpo.
"Vederti aprire gli occhi la mattina é la seconda cosa piú bella che ho visto nella Radura." sentenzió infilandosi i pantaloni.
Arrossi lievemente e chiesi: "Fammi indovinare, la prima sono i capelli di Minho?" ironizzai.
Lui rise leggermente e disse: "No, sei tu."
Non potei fare a meno di sorridere ad una cosa così dolce.
"E' presto, ma ti conviene vestirti, pigrona. Io vado a farmi una doccia e se quando torno non sei ancora vestita, non ho paura di entrare e vestirti io stesso." mi minacciò stampandomi un bacio sulla fronte e uscendo dall'edificio con la maglietta ancora tra le mani.
Mi alzai e velocemente iniziai a raccogliere i miei indumenti e ad indossarli.
Una volta pronta, rifeci il letto e poi uscii per andare a fare colazione.
Fuori una luce flebile e smorta illuminava la Radura. 
Newt aveva detto che era presto, ma non pensavo che mancasse ancora qualche ora all'alba.
Mi diressi verso le Cucine, curiosa di scoprire se il cuoco fosse sveglio.
Prima però diedi un'occhiata alle Porte del Labirinto. Erano aperte.
La cosa mi risultò alquanto strana. Quando mi ero svegliata per vedere le Porte aprirsi non era così buio come adesso. 
Alzai gli occhi al cielo e vidi che si era trasformato in una lastra color grigio opaco, privo della luce pallida che era naturale vedere al mattino.
Storsi il collo per poterlo ammirare meglio. Non c'era traccia di azzurro, nè di nero. Niente stelle, nessun alone violaceo dell'alba che arrivava piano. Il cielo era completamente grigio, come una lastra di cemento. Privo di colore, morto.
Il sole sembrava essere scomparso.
E se fosse veramente scomparso?
Scacciai via quel pensiero. Era ovvio che il sole non potesse sparire. Tuttavia il cielo si stava comportando in modo alquanto strano. Decisi che avrei chiesto delle spiegazioni a Newt o a Gally più tardi. 
Aspettai Newt per mangiare e, quando arrivò, Frypan ci servì il cibo.
"Avete visto il cielo?" chiese pulendo una padella.
"Sì é strano... Non era mai successo prima." spiegó Newt scuotendo le spalle.
Finii il mio panino sotto lo sguardo attento del cuoco. Perchè mi stava fissando in quel modo?
Per un attimo pensai fosse dovuto al mio modo di mangiare, forse lo facevo in modo strano. Ma anche quando smisi di masticare, lui continuò a fissarmi con aria preoccupata.
"Okay... cosa ho in faccia?" chiesi rivolta a Frypan.
Lui sbarrò gli occhi e divenne leggermente rosso in viso, come qualcuno che è stato colto in fragrante.
Si limitò a distogliere lo sguardo e alzò le spalle.
"Perchè mi guardavi in quel modo?" insistetti, attirando anche l'attenzione di Newt.
"Il livido che hai sulla guancia..." disse per poi rivolgere lo sguardo verso di Newt. "Cosa le hai fatto, amico?" 
Spalancai gli occhi. "No, no! Lui non centra niente, per l'amor di Dio." spiegai. "Alby per sbaglio mi ha dato un pugno mentre gli iniettavo il Dolosiero."
"Oh..." disse sollevato il cuoco. "Mi dispiace di aver dubitato di te, pive." 
Newt fece spallucce e continuò a finire il suo panino. Sembrava preoccupato.
Non riuscii a capire se fosse ferito per l'insinuazione di Frypan o se ne fregasse semplicemente.
"Comunque, io oggi torno a lavorare, Fry." spiegai rompendo l'odioso silenzio che si era creato nella stanza. "Hai bisogno di aiuto? Ti prego dimmi di sì..."
Lui rise leggermente e poi annuì con mio sollievo.
"Bene così. Allora io ti mollo qua." esordì Newt alzandosi dallo sgabello.
Annuii e lo accompagnai fuori dalla struttura. Lo baciai sulle labbra e poi lo salutai con la mano.
In qualche modo sentivo che il nostro rapporto si era intensificato dopo ciò che era accaduto la sera precedente.
Sperai che lui la pensasse allo stesso modo.
Diedi un ultimo sguardo al cielo, non sembrava essere migliorato.
Newt evidentemente non sapeva nulla, quindi restava solo da aspettare che tornasse normale da solo.

Passai tutto il giorno in Cucina e quando finalmente uscii, mi accorsi che si era fatta sera.
Il cielo ora era diventato piú scuro e il grigio era sparito, confondendosi con il buio della notte.
Probabilmente la cena sarebbe stata servita tra poco.
Decisi di mettermi a sedere su una panca vicino al bosco e attendere.
Chiusi gli occhi e con mia sorpresa mi ritrovai a pensare a ció che era successo la notte precedente.
Era successo veramente? 
Non riuscivo ancora a credere di averlo fatto senza che la timidezza rovinasse tutto.
Improvvisamente degli schiamazzi mi fecero aprire gli occhi.
Cosa stava succedendo? 
Tutti i Radurai correvano da una parte all'altra in preda al panico.
Notai Newt e Alby tra la folla. Impartivano ordini a destra e a sinistra, cercando di sembrare tranquilli e con la situazione in mano. Era evidente che anche loro fossero preoccupati e spaventati per qualcosa.
Ma cosa?
Vidi Gally sfrecciarmi davanti e lo fermai.
"Che succede?" chiesi guardandomi attorno.
Vidi tutti i Radurai al lavoro. C'era chi stava barricando le entrate nel Labirinto, chi stava rafforzando il Casolare, chi correva portando con sè armi e cibo.
Era incredibile come tutti si fossero organizzati in così poco tempo.
Rivolsi lo sguardo verso Gally e lo vidi fisso con gli occhi rivolti verso le Porte del Labirinto.
"Mi vuoi dire che caspio ti succede?" chiesi agitandogli la mano davanti agli occhi.
"Le Porte. Non si stanno chiudendo." constatò spaventato.
Cercai nuovamente Newt tra i Radurai e lo vidi parlare con Thomas.
"G-Gally." lo chiamai spaventata.
"Devi andare con gli altri al Casolare. Ora." mi ordinò.
"Devo? E tu dove vai scusa?" chiesi allarmata.
"Sono l'Intendente dei Costruttori, qualcuno dovrà pure impartirgli ordini, no?" disse correndo lontano da me.
Non riuscii a protestare, perchè se ne andò velocemente, così decisi di raggiungere Newt per capire cosa dovessi fare.
"Newt!" urlai quando lo vidi prendere la direzione opposta alla mia.
Lui si voltò di scatto e mi corse incontro zoppicando. Mi strinse forte a sé e poi mi sgridò: "Dove eri finita? Ti cerco da dieci minuti ormai! Chuck aveva detto di averti visto l'ultima volta nel tardo pomeriggio, poi sei praticamente sparita!"
"Io ero..."
"Non importa! Ora devi andare al Casolare a ripararti, i Dolenti arriveranno a momenti."
Vidi il terrore annidarsi nei suoi occhi e contagiò anche me.
"Prima devo aiutare gli altri. Cosa devo fare?" gli chiesi guardandomi attorno per capire chi avesse bisogno di aiuto.
"Ah, sei così cocciuta! Vai a cercare Chuck e poi mettiti con lui al sicuro. Fai veloce." disse accarezzandomi una guancia, cercando di recuperare la calma.
Ci baciammo. Fu un bacio lungo, con un qualcosa in più rispetto ai soliti baci che mi dava. Sembrava quasi un bacio disperato, come se per lui fosse l'ultimo.
Poi si staccò e, senza aggiungere un'altra parola se ne andò via.
Decisi di darmi una mossa: Chuck avrebbe potuto essere d'ovunque.
Lo cercai in Cucina e nelle docce, ma il bambino sembrava sparito nel nulla.
Mi avvicinai al bosco, sperando di trovarlo rannicchiato contro un tronco. Urlai il suo nome, ma il bambino non sbucò fuori.
Sentii delle grida provenire dalle Porte del Labirinto e mi voltai di scatto. Fissai le Porte, pietrificata, incapace di pensare lucidamente o di respirare regolarmente.
Le strutture erette dai Costruttori tremavano pericolosamente.
Qualcosa, dall'interno del Labirinto, stava spingendo per entrare.
Sentii una specie di lamento, sicuramente prodotto da un Dolente. Mi guardai intorno alla ricerca di un aiuto.
Erano tutti spariti. Io ero l'unica rimasta fuori. 
Il Casolare era distante da dove mi trovavo e le strutture che barricavano le Porte del Labirinto sembravano poter cedere da un momento all'altro.
Feci un passo in avanti, ma qualcuno mi afferrò da dietro e mi tappò la bocca.
Urlai per lo spavento, ma si sentì solo un gemito soffocato.
Delle braccia mi trascinarono dentro il bosco ed io continuai a dimenarmi e ad urlare.
"Shh... Sono Gally." sussurrò una voce al mio orecchio.
Smisi immediatamente di ribellarmi e cercai di regolarizzare il respiro accelerato.
Gally mi trascinò all'indietro e, una volta che toccò il muro con la schiena, scivolò a sedere portandomi tra le sue gambe.
Mi guardai attorno e vidi che eravamo circondati da cespugli.
Forse i Dolenti non ci avrebbero notato, ma non potevamo restare lì per sempre.
Sentii un frastuono provenire dalle Porte, segno che le strutture avevano ceduto.
Non riuscii a trattenere un altro urlo e per fortuna la mano di Gally era ancora posata sulle mie labbra.
Chiusi gli occhi e mi appiattii ancora di più contro il suo petto: avevo paura di rivedere una di quelle mostruose creature.
Tuttavia tenere gli occhi chiusi non servì a coprire i rumori agghiaccianti e sinistri, che ben presto riempirono l'aria.
Respirare divenne faticoso quando lo sferragliare meccanico dei Dolenti arrivò alle mie orecchie.
Cercai di regolare il respiro, ancora affannato, per fare meno rumore possibile, ma persino ingoiare il groppo di saliva che mi opprimeva la gola sembrava fin troppo rumoroso.
"Ora tolgo la mano, okay?" sussurrò Gally al mio orecchio.
Annuii lentamente e sentii la sua mano scivolare dal mio viso e posarsi sul mio ginocchio destro.
"Cosa ci fai qui?" sussurrai impercettibilmente.
"Non ho fatto in tempo a nascondermi nel Casolare, come te." rispose.
"Non possiamo restare qui." sussurrai, cercando di controllare il panico che si stava impossessando di me. "Ci troveranno."
"Lo so. Ma non arriveremo mai al Casolare, è circondato da Dolenti."
Aprii lentamente gli occhi e constatai con orrore che Gally aveva ragione.
C'erano tre Dolenti a terra e uno sul tetto. Stavano cercando in tutti i modi di entrare.
"La Scatola." sussurrai. "Non è più scesa dopo che è arrivato il biglietto, giusto?"
"Giusto." rispose lui. "Dovremmo farcela."
Poi mi rivenne in mente Chuck e di conseguenza Newt.
E se i Dolenti fossero riusciti ad entrare?
D'un tratto mi ricordai del bacio di Newt. Ecco perché mi sembrava un addio.
Newt aveva paura di non farcela.
E se non lo avessi piú rivisto?
L'angoscia si impadronì del mio corpo, spazzando via il coraggio e la forza che avevano sempre fatto parte del mio carattere.
"Eli, so che sei preoccupata per Newt." sussurró Gally leggendo i miei pensieri. "Ma ti assicuro che se la caverà. Dovresti essere preoccupata per noi. Siamo noi quelli rimasti fuori." 
Annuii e non aggiunsi altro. Avevo paura di fare troppo rumore.
"Al mio tre corriamo verso la Scatola." bisbiglió Gally spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio per farmi sentire meglio. "Qualunque cosa accada tu continui a correre. Anche se cado o svanisco nel nulla, tu devi entrare in quella Scatola e ti devi chiudere dentro. Promettilo."
Era difficile fare ciò che mi aveva chiesto, tuttavia gli diedi la mia parola.
Ci alzammo rimanendo nascosti dietro i cespugli e cercando di fare meno rumore possibile.
Poi Gally mi prese la mano, contó fino a tre e scattó in avanti trascinandomi dietro di lui.
Iniziammo a correre come se la nostra vita dipendesse da quello, perché era così.
Mancavano pochi metri alla Scatola, quando i Dolenti ci notarono.
Gally mi lasció la mano e accelerò la corsa, superandomi.
"Apro la Scatola!" mi urlò raggiungendola.
Un Dolente aveva iniziato a rotolare velocemente nella nostra direzione.
Accellerai anche io, per paura che ci raggiungesse prima che potessimo metterci in salvo.
Gally sollevó uno sportello e mi urló di entrare.
Non persi neanche tempo a rallentare e mi lanciai di corsa dentro la Scatola.
Caddi a terra e rotolai, andando a sbattere contro una parete metallica.
Subito una fitta mi percorse la schiena e urlai dal dolore.
Mi tirai a sedere contro la parete per dare spazio a Gally. Lui si fiondó nella Scatola e richiuse lo sportello dietro di lui.
Pochi secondi dopo un Dolente rotoló sul soffitto della Scatola, facendola cigolare leggermente.
"Tutto okay?" chiese avvicinandosi a me.
Annuii e rilasciai l'aria che trattenevo nei polmoni.
Lui mi si avvicinó e si sedette accanto a me.
"Vieni qui." disse aprendo le braccia.
Non rifiutai il suo contatto, in quel momento ne avevo bisogno.
Appoggiai la testa sul suo petto e mi aggrappai alla sua maglietta.
Chiusi gli occhi e mi misi ad ascoltare il suono prodotto dai Dolenti.
Mi accorsi di star tremando e cercai di controllare e rilassare i muscoli.
Sobbalzavo ad ogni minimo rumore, e più i secondi passavano piú l'angoscia cresceva dentro di me.
Senza un motivo particolare il Dolente non aveva piú cercato di entrare nella Scatola.
Per un attimo mi sentii sollevata: eravamo finalmente al sicuro.
Poi iniziai lentamente a capire e la paura si annidó dentro di me, divorandomi.
Il Dolente era tornato ad attaccare il Casolare.
Come a conferma di ciò che avevo ipotizzato, un urlo squarció l'aria.
Scattai in piedi.
E se é Newt ad aver gridato?
"Dove vai?!" urló Gally bloccandomi per le spalle.
"Hanno gridato! Newt ha gridato!" risposi con voce rauca. Guardai il soffitto alla ricerca di un qualunque movimento, ma non accadde nulla.
"Ehi! Guardami!" ordinó Gally scuotendomi leggermente.
Feci come aveva chiesto e instaurai un contatto visivo.
"Non era Newt, okay?" spiegó assumendo un tono dannatamente calmo.
"Come fai a dirlo?" urlai cercando di liberarmi dalla sua presa.
Riuscivo a malapena a respirare.
Le pareti di quella gabbia meccanica mi stavano schiacciando, limitando anche l'ossigeno.
Sentii un altro grido e mi buttai a terra, coprendomi le orecchie.
Un altro urlo. Poi un altro ancora.
"Falli smettere!" gridai strizzando gli occhi e premendo i palmi sulle mie orecchie.
Lo sapevo: erano le urla di Newt e di Chuck.
Lo sapevo.
Sentii le mani di Gally posarsi sui miei polsi e poi tirare per spostarmi le mani.
Prima che riuscissi a mettere i palmi sulle orecchie, mi ritrovai circondata dalle sue braccia che mi impedivamo ogni movimento.
"Shh... É tutto finito." mi sussurró accarezzandomi la testa. "É tutto finito." ripeté.
Un altro urlo ruppe il silenzio e nascosi la mia testa nel petto di Gally.
"Le grida. Falle smettere." bisbigliai
"Sono nella tua testa, Eli. Hanno urlato una sola volta."
Cosa? Mi sono immaginata tutto?
"Ascolta. Senti?" chiese Gally alzando un dito nell'aria.
Scossi la testa, non sentivo niente.
"É tutto silenzioso. Forse se ne sono andati." spiegó alzandosi. "Tu resta qui, vado a controllare."
Scossi la testa e gli afferrai il polso.
Riuscii ad inalare abbastanza ossigeno da poter parlare: "Non puoi andartene." sussurrai scattando in piedi. "É pericoloso ed é tutto buio." 
Lui tuttavia salì su una cassa di legno e alzó lentamente una parte del soffitto, facendo sbucare fuori solo la testa.
Dopo alcuni minuti spalancó completamente uno sportello ed uscì.
"Sono spariti, esci." sentii la sua voce provenire da fuori la Scatola.
Lo imitai, mettendo entrambi i piedi sulla cassa.
Lui mi porse una mano e, quando la afferrai, mi tiró su senza il minimo sforzo.
Mi guardai attorno. I Radurai stavano uscendo lentamente dal Casolare e dei Dolenti non c'era traccia.
Osservai ogni figura che varcava la porta del Casolare, sperando di scorgere Newt.
Quando finalmente lo vidi tirai un sospiro di sollievo.
Gli corsi incontro e mi tuffai tra le sue braccia.
"Quando non ti ho visto nel Casolare pensavo di impazzire."
Mi staccai da lui e mi guardai attorno.
"Chuck?" chiesi terrorizzata. 
"É stato il primo ad entrare nel Casolare. Ti ho fatto rischiare la vita per cercare un pive che era già in salvo." spiegó visibilmente arrabbiato.
Non capii se provasse rabbia verso se stesso o verso Chuck, ma non mi importava. 
Lui era salvo. Era l'unica cosa che mi importasse in quel momento.
"Gli altri?" chiesi guardandolo negli occhi. "Sono salvi?"
Lui abbassó lo sguardo e sussurró: "Hanno preso Clint.

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Capitolo 35
*** Capitolo 35. ***


Spalancai gli occhi e sbattei le palpebre più volte.
"C-Come?" chiesi sbalordita.
"I Dolenti sono riusciti a fare un buco nella parete e lo hanno trascinato via." spiegò guardandomi negli occhi.
Rimasi senza parole. Non potevo credere di aver perso un altro compagno. La cosa mi faceva stare molto male, eppure conoscevo il ragazzo da così poco.
Per un attimo mi preoccupai di che esito avrebbe avuto quella morte su Newt. L'avrebbe sopportata?
"Come hai fatto a rimanere salva?" mi chiese baciandomi la fronte.
Indicai con la testa Gally, che se ne stava in disparte ad osservare la scena con aria malinconica.
Newt mi prese la mano e mi condusse dal ragazzo che, vedendoci arrivare, aveva incrociato le braccia.
Newt scostò il suo palmo dal mio.
"Grazie per averla protetta." disse porgendogli la mao.
Gally dopo un attimo di esitazione la strinse e la agitò su e giù per un paio di volte.
"Non l'ho fatto per te, ma per lei." rispose acido Gally.
Perchè si comporta così?
"E poi l'idea di nasconderci nella Scatola è stata sua." disse indicandomi con un cenno del mento.
"Senti, mi dispiace per come ti ho trattato ieri all'Adunanza. Sei un Intendente anche tu e dovevo prendere in considerazione la tua proposta." si scusò Newt mantenendo un contatto visivo con il ragazzo.
Distolsi lo sguardo da Newt e lo posi su Gally, per capire dalla sua espressione come avrebbe reagito.
Con mia sorpresa mi accorsi che anche il ragazzo stava cercando il mio sguardo.
Mi fissò per altri secondi e poi riportò lo sguardo su di Newt.
"Accetto le tue scuse." constatò infine.
"Bene così. Andiamo, Eli?" chiese Newt.
"Sì, tu vai. Io ti raggiungo tra un secondo." spiegai.
Newt annuì e se ne andò lentamente, lasciandomi sola con Gally.
Rivolsi la mia attenzione a quest'ultimo e dissi: "Grazie per averlo perdonato."
Lui sollevò le sopracciglia sorpreso e distolse lo sguardo da me, arrossendo lievemente: "Non l'ho fatto per lui. So che non ci vuoi vedere litigare, l'ho fatto per questo." sputò cercando di assumere un tono distaccato, senza però riuscirci.
"Be', allora grazie per avermi salvato la vita, Capitan Gally." dissi lasciandogli un bacio fugace sulla guancia. Lui non si mosse di un millimetro, cercando di rimanere impassibile, ma giurai di averlo visto arrossire ancora di più.
Mi allontanai da lui e raggiunsi Newt che nel frattempo era quasi arrivato al Casolare.
Una volta che fui al suo pari mi aggrappai al suo braccio, contenta di sapere che eravamo entrambi vivi.
"Giuro che non ti lascerò mai più sola." disse Newt intrecciando le sue dita alle mie.
"Come sta Chuck?" chiesi immaginandomi il bambino piangere rintanato il un angolo del Casolare.
"Bene. Forse si è sploffato nei pantaloni." disse cercando di ironizzare per alleggerire la situazione.
"Perchè le Porte non si sono chiuse?" chiesi cambiando totalmente discorso.
Lui scosse la testa e mi fece segno che ne avremmo parlato più tardi.
Poi indicò qualcosa alle mie spalle. Non feci neanche in tempo a girarmi che qualcuno mi abbracciò in vita.
Non ci fu bisogno di voltarmi per capire chi fosse.
"Chuckie! Stai bene?" chiesi accarezzando la sua testa riccioluta. Mi era impossibile ricambiare l'abbraccio dato che era abbastanza basso per me.
"Mi dispiace... è colpa mia." sussurrò il bambino scosso dai singhiozzi.
"Cosa, Chuckie?" chiesi inginocchiandomi per guardarlo negli occhi.
"Tu avresti potuto morire e sarebbe stata tutta colpa mia. Newt aveva ragione." disse tirando su col naso.
Mi girai verso Newt e gli lanciai un'occhiataccia di rimprovero. Come aveva potuto dire ad una bambino una cosa del genere?
Newt fece spallucce e distolse lo sguardo scocciato. Tornai con l'attenzione su Chuck e spiegai: "Ascoltami, Chuck. Io sono viva e sono qui. Anche se mi fosse capitato qualcosa, non sarebbe stata colpa tua. Okay?"
Lui annuì un po' incerto e poi mi abbracciò nuovamente.
"Ehi, pive." tuonò una voce dietro di noi. "Mollala. Dobbiamo fare un'Adunanza e lei ci serve."
Mi voltai non appena il bambino lasciò la presa e vidi Alby.
Chi se non altro?
Mi alzai e senza fare domande - ormai ci avevo rinunciato - e lo seguii, affiancata da Newt.
Non appena entrammo nella stanza, tutti gli occhi si fissarono su di me.
Alby chiuse la porta dietro di sè e, dopo essersi schiarito la voce, iniziò a parlare: "Molti di voi pive vi starete chiedendo cosa caspio è appena successo. Credetemi, vorrei darvi delle risposte, ma non ne ho." 
Approfittai della pausa per guardarmi attorno. Vidi Thomas starsene in disparte con le braccia incrociate, assolto, come ogni volta, tra i suoi pensieri. Lo raggiunsi e gli rivolsi un accenno di sorriso non appena si accorse di me.
"Sta andando tutto a catafascio. Prima la ragazza, poi il biglietto, poi le provviste e i pivellini, dopo ancora il caspio di cielo decide di diventare grigio e ora le Porte con i fottuti Dolenti." disse camminando attorno alla stanza. "E' chiaro che chi ci ha messo qui ci vuole morti."
"Questo non è vero." sussurrò Thomas continuando a tenere lo sguardo a terra.
Probabilmente non pensava che si fosse sentito il suo commento, dato che quando tutti gli rivolsero l'attenzione, lui spalancò gli occhi sorpreso.
"Cosa, pive? Cosa non è vero?" sbraitò Alby sputacchiando. "Non è vero che i Dolenti ci ammazzeranno tutti? Non è vero che se non ci ammazzano loro, lo farà la fame? Eh?"
"Non intendevo questo. Dicevo che non è vero che chi ci ha mandato qui ci vuole morti. Non ha senso." spiegò muovendo la mano.
"E parla allora, cacchio." lo incitò spazientito Newt.
"I Creatori vogliono che ci diamo una mossa per uscire di qui. Avete vissuto anni e anni in pace e loro si sono stancati di aspettare. Vogliono che usciamo da qui." sentenziò. 
"E come credi di farlo, eh? Chi ti credi di essere? Solo perchè sei sopravvissuto una notte nel Labirinto ti credi Ercole. Be', Ercole, notizia flash: noi stiamo provando ad uscire da qui da due anni." tuonò Alby.
"Fallo finire di spiegare." mi intromisi. "Ti ha salvato la vita, dovresti essergli un po' più riconoscente al posto di accusarlo ogni volta."
In un istante mi pentii di aver detto quelle parole. Alby contrasse la mandibola e strinse i pugni.
Le vene nel collo si ingrossarono, come quelle sulle braccia. Si stava contenendo, ma avrei giurato di avergli visto negli occhi la voglia di prendermi a schiaffi in faccia.
"Non venirmi a dire cosa fare, Fagio. Sei qui da giorni, io da anni." disse a denti stretti.
"Esatto, Alby! Da anni e sei ancora qui!" intervenne Thomas, riportando l'attenzione su di lui.
Gliene fui grata perchè tutti si dimenticarono di me e del mio intervento.
"Io e Minho ci stiamo facendo il culo per farvi uscire, e tutto quello che sai fare è darmi contro?" urlò Thomas visibilmente straziato e stanco.
"Be' allora spiegami tu a chi dovrei dare la colpa." disse Alby abbozzando un sorriso finto. "Avevamo l'ordine nella Radura. Tutto era tranquillo, ma poi siete arrivati voi due e tutto in questo posto sta impazzendo!"
"E allora? Incolpaci pure, mettici in Gattabuia! Ma le cose non cambieranno. Io e Minho forse siamo vicini alla soluzione di questo casino. Dacci solo altro tempo." chiese Thomas calmandosi.
"Tre giorni." sputò Alby. "Dopodiché sarete banditi. Tu e la Fagiolina."
Un brusio animato si accese tra la folla. Sentii volare proteste e sbuffi.
Vidi Newt cercare di fare cambiare idea ad Alby, ma per via del chiasso non sentii ciò che disse.
Il ragazzo di colore se ne fregò di tutti e uscì dal Casolare sbattendo la porta.
Solo dopo pochi attimi realizzai ciò che era appena successo.
Ora la mia vita dipendeva da Thomas e Minho.
"Ele!" mi sentii chiamare.
Scossi la testa e distolsi la mente dai pensieri. Thomas mi stava scuotendo per un braccio.
"Mi dispiace... Ti prometto che ti farò uscire da qui."
Annuii incapace di aggiungere altro.
E se non fosse riuscito a trovare una soluzione?
Se fossimo stati banditi, Thomas era un Velocista e forse avrebbe potuto cavarsela, ma io non avrei avuto speranze.
L'idea si poter rivedere quelle bestie mostruose chiamate Dolenti mi fece rabbrividire.
"Andiamo! Eli, forza!" 
Uscii nuovamente dai miei pensieri e mi accorsi che la stanza era vuota.
Tutti se ne erano andati, eravamo rimasti solo io e Newt.
Dovevo essere sbiancata in volto, perché Newt non appena mi vide mi strinse a sé con un abbraccio.
"Mi dispiace... Vedrai che riusciró a fargli cambiare idea." sussurró al mio orecchio. "Vedrai che Tommy e Minho troveranno un'uscita." 
E se non ci riuscissero?
"Ti prego dimmi qualcosa." continuó.
"Sto bene." dissi staccandomi dall'abbraccio.
"É la più grande cazzata che mi hai detto." sputó Newt scuotendo la testa. "Sembra che tu abbia visto la morte in faccia." 
"Be' scusa se non sto sprizzando gioia da tutti i pori." dissi grattandomi la nuca straziata.
"Non intendevo quello. Non ti biasimo, ma vedrai che Tom..."
Lo interruppi: "E se non ci riescono? Io non voglio diventare la cena di un Dolente."
"E se invece ci riuscissero? Hanno tre giorni, sii fiduciosa." spiegó. "So che é difficile essere fiduciosi quando c'é la propria vita in ballo, ma almeno fidati di me. Non gli permetteró di mandarti in Esilio."
Annuii stanca di continuare quella conversazione.
E se non riuscissero a trovare un'uscita?
Quella domanda continuava a tormentarmi la mente.
La cosa peggiore sarebbe stata rimanere con le mani in mano mentre la tua vita era affidata ad altre persone.
Non avrei potuto aiutare ed era straziante.
Uscimmo dall'edificio delle Adunanze e Newt ordinó agli altri di andare a dormire.
Quella notte tutti preferirono dormire dentro il Casolare, forse per paura che i Dolenti tornassero.
Io e Newt riuscimmo a trovare un posticino attaccato alla parete e, una volta trovati due sacchi a pelo, ci stendemmo a terra.
Durante la notte mi trovai confinata tra il muro e Newt.
Le sue braccia circondavano il mio corpo, ma nonostante quel contatto, quella notte non chiusi occhio

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Capitolo 36
*** Capitolo 36. ***


La mattina seguente mi svegliai sorpresa di essere riuscita a dormire almeno un'oretta.
Tutti ancora dormivano profondamente, compreso Newt.
Come vorrei avere il sonno pesante come loro. Pensai uscendo lentamente dal mio sacco a pelo.
Uscii dal Casolare senza fare rumore e volsi il mio sguardo al cielo.
Era ancora dannatamente grigio e del sole non c'era traccia.
Le Porte invece erano ancora aperte.
Andai a farmi una doccia veloce e poi mi diressi in Cucina a prepararmi la colazione.
Dopo mangiato andai alla Torre. Nessuno sembrava essersi svegliato e non li biasimavo.
Dopo la notte scorsa probabilmente erano tutti stanchi.
Mi obbligai a non pensare, ma nonostante tutti i miei sforzi, alla fine il mio pensiero finì sull'ultima cosa su cui avrei preferito non riflettere.
E se Minho e Thomas non riuscissero a trovare un'uscita?
Quella domanda persisteva nella mia mente come un chiodo su una trave.
Avrei voluto correre dentro il Labirinto e cercare da me un'uscita, ma capii ben presto che sarebbe stata una cosa alquanto stupida.
Mi sarei persa subito e probabilmente la mia resistenza alla corsa era paragonabile a quella di un bradipo con una gamba di legno.
Era meglio lasciarlo fare a chi, a differenza di me, conosceva il Labirinto come le proprie tasche.
E' possibile che non possa fare niente per aiutarli a tirarci fuori di qui? Pensai sbuffando.
"Ehi, piccola Fagiolina." disse una voce, facendomi sussultare per lo spavento.
Non ci fu bisogno di girarmi per capire chi fosse.
"Minho, ho un nome, sai?" dissi fingendomi scocciata.
In realtà quei soprannomi iniziavano a piacermi, erano una dimostrazione di affetto particolare.
"Okay, bambolina." sussurrò sedendosi accanto a me. "Che hai?" 
Scossi la testa e dissi semplicemente la verità: "Quello che ha detto Alby ieri mi preoccupa."
"La tua vita e quella di Thomas sono nelle mani giuste." spiegò dandomi delle pacche sulla coscia. "Non vi esilierà. Noi troveremo un'uscita. Ci siamo così vicini." disse mostrandomi un piccolo spazio tra le dita.
"Questo non significa che la troverete." ammisi.
"Woh, mi fa piacere vedere che sei fiduciosa." rise lui. "Viva il pessimismo!"
Abbozzai un sorriso e iniziai a giocare con una ciocca dei miei capelli.
"Ehi, dico sul serio." disse dandomi una leggere spinta con la spalla. "Vi faremo uscire da qui. Thomas ora sta mangiando, ma appena ha finito usciamo nel Labirinto."
Annuii e lo ringraziai per quelle parole incoraggianti, poi lo guardai calarsi giù dalla Torre e dopo diversi minuti sparire con Thomas nel Labirinto.
Rimasi a fissare le Porte per un altro po', poi vedendo che i Radurai iniziavano a svegliarsi, mi calai dalla Torre e andai in Cucina per aiutare Frypan.
Lo aiutai a servire la colazione e a cucinare le uova, dopodiché andai a sentire se Jeff aveva bisogno di aiuto.
Quando lo trovai mi sorpresi a vederlo triste, probabilmente per la morte di Clint. Jeff si limitò a dirmi di andare ad aiutare chiunque avesse bisogno di aiuto.
Tutti si stavano preparando ad affrontare i Dolenti per la notte che sarebbe venuta.
Andai verso il Casolare e trovai Gally che impartiva ordini a destra e a sinistra, mentre distribuiva a tutti delle assi di legno. Vidi che erano tutti intenti a chiudere il buco nella parete creato dai Dolenti.
"Ehi, Gally." richiamai la sua attenzione. Lui si fermò e mi rivolse un sorriso veloce. "Avete bisogno di aiuto?" chiesi indicando alcune assi che teneva ancora tra le braccia.
"In altre occasioni ti avrei detto di no, ma si da il caso che siamo parecchio incasinati. Quindi più mani abbiamo a disposizione, meglio è. Puoi iniziare sbarrando le finestre." disse affibbiandomi un paio di assi di legno. "Sai usare il martello?" 
"Non lo so, ma posso provarci, non sembra difficile." dissi alzando le spalle.
Lui sorrise alla mia affermazione e mi allungò un martello e alcuni chiodi.
"Mi raccomando, i chiodi vanno fissati sulla trave, non sulla tua mano." precisò ridendo. "Non voglio rovinare le tue belle manine e poi essere picchiato da Newt per questo."
Scossi la testa e iniziai con la prima trave. La avvicinai alla finestra e poi posizionai il chiodo sul legno.
I tentativi iniziali fallirono miseramente, poi capii che se volevo andare avanti dovevo metterci più forza e, nel peggiore dei casi, rischiare di spaccarmi le dita.
Battei forte sul chiodo e finalmente questo si conficcò nel legno. Continuai a battere finchè non rimase fuori solo la testina rotonda. Allora passai al secondo chiodo.
Rischiai più volte di martellarmi la mano, ma continuai finchè la finestra non fu del tutto sbarrata. Dopodichè provai a tirare le assi per vedere se reggevano o se cascavano, rendendo il mio lavoro vano. Con mio sollievo le assi non sembravano volersi muovere.
Andai a chiamare Gally e gli mostrai entusiasta il mio lavoro ben fatto. Lui si limitò a ridere della mia eccitazione nell'aver creato qualcosa di resistente e mi arruffò i capelli, dandomi altre tavole di legno e ordinandomi di sbarrare le finestre mancanti.
Quando finii anche le ultime assi di legno e decisi di fare una pausa. I palmi delle mie mani pulsavano bollenti. La mano con cui avevo tenuto il martello era piena di vesciche fastidiose, mentre sull'altra percepivo ancora i colpi del martello, nonostante avessi smetto.
"Se avessi saputo che lavoravi così, avrei chiesto a Newt di farti provare il lavoro. Ti avrei presa sicuramente." disse Gally comparendomi davanti. Si portò una bottiglia d'acqua alla bocca e bevve qualche sorso.
Lo osservai con sguardo implorante. Avrei ucciso per dell'acqua.
Lui rise per la mia espressione e me la porse, sedendosi accanto a me sull'erba.
Non esitai e trangugiai tutta l'acqua che mi era possibile ingoiare.
"Ehi, vai piano. Non te la ruba nessuno." sottolineò lui dandomi una gomitata.
Ricambiai quel gesto e continuai a bere con più calma.
"Grazie per avermene lasciato un sorso." disse osservandomi gonfiare le guance per accogliere le ultime gocce d'acqua.
Non ingoiai il liquido e lo guardai con assumendo un sorriso divertito.
"Sembri uno scoiattolo." rise lui premendo leggermente sulle mie guance ancora gonfie.

Lo osservai, con sguardo complice e lui sbarrò gli occhi, capendo le mie intenzioni: "Non provare a..."
Il getto d'acqua che uscì dalla mia bocca lo interruppe. Iniziai a ridere nel guardarlo asciugarsi invano la faccia con il bordo della maglia.
"Piccola bastarda..." mormorò gettandosi su di me e bloccandomi a terra.
I suoi capelli bagnati sgocciolavano sul mio viso e lui ne approfittò. Agitò la testa, come fa un cane per asciugarsi il pelo, e mi bagnò tutta.
"Smettila!" gridai ridendo e cercando di divincolarmi dalla sua presa. Lui non smise finchè i suoi capelli non si furono liberati dall'ultima goccia d'acqua.
Allora nel vedermi piena di goccioline iniziò a ridere. "Così siamo pari." disse mollando la presa.
Gli feci la linguaccia e vidi il suo sguardo illuminarsi. Scattò in piedi e avvicinò le sue dita alle mie costole, quando capii le sue intenzioni mi alzai in piedi e corsi lontano da lui.
Gally continuò a rincorrermi finchè io, per guardare indietro verso di lui, non andai a sbattere contro qualcuno.
Ma ti pareva che dovevo andare a sbattere contro qualcosa per forza. Pensai massaggiandomi il naso.
Alzai lo sguardo e vidi Zart sotto di me. Scattai in piedi lontano da lui e sentii i passi di Gally rallentare per raggiungermi.
Zart si alzò massaggiandosi il petto infastidito e mi lanciò un'occhiata carica di odio. Quello sguardo non significava niente di buono.
"Mi dispiace aver interrotto il vostro gioco." sorrise maliziosamente.
"Chi ti ha fatto uscire?" chiese Gally posizionandosi davanti a me. "Dovresti essere ancora in Gattabuia." 
"Alby." disse semplicemente il ragazzo. "Vuole che controlli la ragazza."
Il sangue mi si gelò nelle vene. Cosa? Perchè?
"Ma certo... e perchè avrebbe scelto proprio te?" disse Gally incrociando le braccia.
"Perchè – e cito testuali parole – sei l'unico che non le sbava dietro e che so non farà cazzate."
"Oh, e allora tentare di ucciderla non è una cazzata?" sputò Gally lasciando cadere le braccia sui fianchi e stringendo i pugni. Mi avvicinai a lui e gli accarezzai il braccio per calmarlo. Non avrei voluto assistere ad un'altra rissa.
"No, vedi... non ho più nessuna ragione per farlo. Sarà bandita dalla Radura tra pochi giorni e questo mi rende felice." sorrise malvagiamente. "Sarà divertente sentire le sue urla quando i Dolenti la troveranno."
"Brutto..." Gally si scagliò in avanti, pronto a dargliene di santa ragione, ma cercai di trattenerlo.
"Gally." lo chiamai strattonandolo verso di me. "E' quello che vuole. Lascialo perdere."
Lui si voltò verso di me e mi rivolse uno sguardo interrogativo. "Hai veramente intenzione di andare con lui?" chiese spalancando gli occhi.
"Sì." dissi convinta. "Alby non si fida di me. Non voglio dargli altri motivi per dubitare di me." spiegai.
Gally scosse la testa. "Sei incredibile. Non so se tu sia stupida o coraggiosa."
"Stai tranquillo, ti sei dimenticato che mi so difendere? Ti devo ricordare come ti ho battuto nel cerchio quando..."
"Ehi, io sono ancora qui, vi ricordo." precisò Zart. 
"Zitto!" urlammo io e Gally all'unisono. 
"Sì, mi ricordo. Ma eri contro di me. Io non volevo di certo farti del male. Con lui è diverso." disse Gally indicando con disprezzo Zart.
"Se mi attacca mi metto a urlare come una pazza, okay?" risi cercando di convincerlo.
"Devo essermi bevuto il cervello per lasciartelo fare, ma va bene." affermò grattandosi la testa. Poi si rivolse a Zart e gli puntò il dito contro il petto: "Se solo trovo su di lei un taglio, una mora o anche un piccolo segnetto che prima non c'era, giuro che ti disintegro."
Zart rise divertito e alzò le mani in segno di resa. "La tua fidanzata non corre rischi. A no, aspetta... Non è la tua fidanzata." 
Vidi Gally contrarre la mascella infastidito e poi girarsi verso di me. Mi disse altre due o tre volte di stare attenta e alla fine mi salutò, andandosene.
Quando fu abbastanza lontano Zart mi disse di seguirlo e, per quanto avessi voglia di ammazzarmi piuttosto che ubbidire ai suoi ordini, alla fine lo ascoltai.
Mi ordinò di sedermi accanto a lui su una panchina al limitare del bosco e con riluttanza mi lasciai cadere sul legno, mantenendo una certa distanza.
"Da quanto non passavamo un po' di tempo insieme, eh?" chiese ironico stravaccandosi sulla panchina.
"Già, mi mancavano queste bellissime conversazioni." ironizzai sorridendogli falsamente.
"Mi è mancata la tua vocina insolente. Peccato che tra pochi giorni non la sentirò più." asserì lui.
"Thomas e Minho troveranno un uscita in tempo, non temere." lo sbeffeggiai.
"Questo lo dici tu." sussurrò lui prima di portare le braccia dietro la panchina e chiudere gli occhi.
Non risposi e finalmente regnò il silenzio tra di noi. Approfittai di quella quiete temporanea per guardarmi intorno. I Radurai erano ancora intenti a lavorare al Casolare, più che altro per rinforzare le pareti.
Cercai Newt tra gli altri ragazzi, per vedere cosa stesse facendo. Lo vidi girare su se stesso, apparentemente in cerca di qualcosa. Poi posò lo sguardo su di me e lo vidi incamminarsi senza esitare, con passo veloce.
Mi alzai per spiegargli la situazione prima che le cose potessero prendere una piega negativa, ma Zart mi afferrò il polso.
"Dove credi di andare?" 

Ma non aveva gli occhi chiusi, caspio?!
"Mi fai male, lasciami andare. Devo solo spiegare a Newt come stanno le cose." sputai acida strattonando invano il braccio.
"Lo sta già facendo Gally, non vedi?" disse scocciato indicando alle mie spalle.
Mi volta e vidi che effettivamente Gally aveva una mano sul petto di Newt, per cercare di trattenerlo, e gli stava parlando.
Newt scosse la testa e si incamminò comunque verso di me, ignorando i continui richiami di Gally.
Solo quando mi fu abbastanza vicino, Zart si decise a mollare la presa.
"Ti sei rincaspiata o cosa?" mi chiese Newt furioso.
"Newt, l'ho già spiegato a Gally, io non..." venni interrotta bruscamente dalla sua voce.
"Sì, me lo ha detto, ma non mi interessa. Tu ora vieni con me. Al diavolo Alby e i suoi ordini pazzi." disse trascinandomi per la mano.
Zart si alzò dalla panchina e mi afferrò l'altro polso, tirandomi verso di sè.
Newt si fermò di botto e mi trascinò con più forza verso di lui. Vidi Zart puntare i piedi nel terreno e con uno strattone tirarmi verso di lui.
Sembrava quasi che stessero giocando al tiro della fune, con l'unica differenza che io non ero una corda e loro sembravano più determinati che mai.
"Mi state facendo male! Smettetela di comportarvi da bambini!" gridai frustrata sperando che la smettessero.
"Molla la presa, Zart." intimò Newt senza lasciare la mia mano.
"Perchè non la molli tu, Newt?" lo istigò l'altro.
Sentii la mano di Newt scivolare lentamente dalla mia per via del sudore. Zart sembrò notarlo, infatti mi diede un forte strattone che mi fece catapultare su di lui.
Con mia sorpresa mi prese al volo, permettendomi di rimanere in piedi nonostante l'impatto.
Mi circondò con le braccia e mi stritolò a sè.
Cercai di divincolarmi da quella presa ferrea, senza però riuscirci.
"Ordini di Alby." sputò acido Zart. "Lei resta con me, che tu lo voglia o no."
Newt strinse la mascella e inspirò profondamente. Lo vidi conficcarsi le unghie nei palmi per riuscire a controllarsi.
Solo dopo pochi istanti capii che Zart mi stava usando come scudo per non ricevere la furia di Newt.
"Zart, mi fai male." mormorai muovendomi tra le sue braccia, cercando di fargli allentare la presa. Tuttavia ottenni l'effetto opposto e lui continuò a stringere.
"Lasciala immediatamente." lo intimò Newt facendo un passo nella mia direzione.
"Se vuoi che la lasci allora devi andartene. Non le farò del male, posso assicurartelo." spiegò Zart appoggiando il mento sulla mia clavicola.
Newt mi osservò per alcuni istanti, incapace di prendere una decisione.
Lo guardai e annuii, cercando di sembrare il più convincente possibile. Se non avesse assecondato Zart probabilmente sarei morta stritolata.
"Giuro che te la faccio pagare." lo minacciò Newt allontanandosi di qualche passo, ancora incerto.
Dopo che fu abbastanza distante, Zart mollò la presa, lasciandomi respirare.
"Ora che siamo finalmente soli, possiamo fare una bella chiacchierata." disse sedendosi nuovamente sulla panchina e trascinandomi vicino a lui.

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Capitolo 37
*** Capitolo 37. ***


"Ho un'idea migliore... Perché invece non smetti di dare aria alla fogna che ti ritrovi al posto della bocca?" chiesi incrociando le braccia e rivolgendogli un falso sorriso. "Sai, faresti un favore all'umanità."
"Molto divertente, ma no." rispose lui per niente infastidito. "Ma se non vuoi che parli io, puoi farlo tu." 
Alzai gli occhi al cielo, rifiutandomi di aprire bocca.
"Che ne dici se io ti faccio delle domande e tu mi rispondi?" chiese fissandomi.
Mi girai, dandogli le spalle e continuando a rimanere zitta. 
"Cos'é? Adesso fai la bambina permalosa?" chiese con un tono divertito.
Continuai a ignorarlo, sperando che si stancasse di me e la smettesse.
"Come vuoi... La prima domanda é: tu e Thomas vi conoscete?" chiese assumendo un tono indagatore.
Rimasi immobile e zitta. Ero stanca di quelle continue insinuazioni.
La sua mano si strinse attorno al mio braccio e mi costrinse a girarmi verso di lui. "Ti ho fatto una domanda." disse a denti stretti, incenerendomi con lo sguardo.
Rimasi muta e non lo guardai negli occhi.
Lui mi afferró il mento tra le dita e mi giró il volto, costringendomi a guardarlo.
"Se non vuoi rispondere saró costretto a fare questo." mi minacciò avvicinando la sua mano verso la mia guancia.
Inizialmente non capii le sue intenzioni, poi sentii le sue dita premere forte sul mio zigomo, causandomi subito una fitta.
Gemetti per il dolore e cercai di liberarmi dalla sua presa.
"Alby ha fatto proprio un bel lavoro dandoti un pugno." sputó divertito. "Hai una mora bellissima. Ti dona questo colore violaceo."
Quanto vorrei toglierti quel sorriso a suon di testate... Pensai guardandolo in cagnesco.
Lui finalmente molló la presa, assumendo il sorriso di chi ha appena ottenuto ció che desiderava.
"Intendi rispondermi oppure devo rifarlo?" chiese squadrandomi dalla testa ai piedi.
Mi sentii improvvidamente nuda sotto il suo sguardo indagatore.
"Io e Thomas non ci conosciamo." dissi seccata guardando dritto davanti a me.
"Guardami negli occhi quando parli." sputò acido spostandomi il viso nella sua direzione. "Dillo ancora." ordinò lui rifilandomi di nuovo quello sguardo.
Ripetei nuovamente la frase, senza staccare lo sguardo dai suoi occhi.
Mi sentii improvvisamente arrossire e cercai di soffocarlo. 
Perchè mi sentivo come se Zart avesse abbassato tutte le mie barriere?
"Bugiarda." insinuò lui con un sorrisetto maligno.
"Come facciamo a conoscerci se non abbiamo ricordi?" chiesi rivolgendogli uno sguardo infastidito.
"Passiamo alla prossima domanda." constatò ignorandomi. "Cosa avete fatto a questo posto?"
"Ti ci metti anche tu, ora?! Mi bastavano le insinuazioni di Alby, sul serio."
Feci per alzarmi e andarmene. 
Ero stanca di essere accusata.
Non avevo fatto niente. Come poteva essere colpa mia?
Lui mi bloccò il polso e sentii le sue unghie conficcarsi nella mia carne, mentre mi rimetteva a sedere vicino a lui.
Mugugnai per il dolore e contrassi la mascella.
"Non lo so, okay? Non è colpa mia, siete voi a vedere le cose nel modo sbagliato." dissi strattonando il braccio dalla sua presa.
Mi guardai attorno e vidi che tutti i Radurai si erano ammassati nella Cucina.
Finalmente la salvezza... Pensai alzandomi di scatto prima che Zart potesse afferrarmi nuovamente.
"Fry avrà bisogno di me per servire il pranzo. Mi dispiace lasciarti solo con le tue inutili domande." spiegai fingendo un broncio e allontanandomi con un sorriso soddisfatto sulle labbra.
Lui con mia sorpresa non ribattè, ma si limitò a seguirmi, sicuramente per ricevere anche lui il pranzo.
Appena entrai in Cucina trovai Frypan indaffarato a servire e decisi di aiutarlo.
Nella Radura tutti erano più silenziosi dopo la morte di Clint. Forse tutti avevano paura di essere i prossima ad essere uccisi dai Dolenti.
Zart non mi scocciò per il resto della giornata e per questo dovetti ringraziare Newt. Era andato a parlare con Alby e lo aveva fatto ragionare. Da quanto mi aveva raccontato, Alby aveva ammesso di aver fatto un errore a mandarlo a sorvegliarmi, tuttavia non aveva messo in dubbio la sua proposta – o meglio ordine – di mandare sia me che Thomas in esilio.
Il pomeriggio passò velocemente e lo trascorsi ad aiutare tutti coloro che avevano bisogno di aiuto.
I ruoli nella Radura non contavano quasi più. Ora stavamo lottando tutti per la sopravvivenza.
La sera arrivò velocemente, seguita dal terrore puro. Tutti si affrettarono a raggiungere il Casolare e questa volta anche io e Gally ci assicurammo di non rimanere fuori.
Mancavano ormai pochi minuti a quella che era un tempo l'ora della chiusura delle Porte, così decisi di dirigermi verso il Casolare.
Gli ultimi Radurai stavano entrando proprio in quel momento, con Newt che li incitava come galline fuoriuscite dal pollaio.
Entrai a mia volta, seguita immediatamente da Newt, che chiuse la porta alle nostre spalle.
Proprio un istante prima dello schiatto del chiavistello, pensai di aver sentito il primo spettrale lamento dei Dolenti arrivare da qualche punto profondo del Labirinto.
Quel lamento poteva significare solo una cosa: la notte era cominciata.
Gli Intendenti si erano organizzati tutto il pomeriggio per riuscire a far ammassare tutti i Radurai nel Casolare.
In quel momento stavano distribuendo i Radurai nei vari spazi, insieme ai sacchi a pelo.
Nonostante la quantità di persone e il caos del cambiamento, tutte le attività si svolsero in un silenzio dannatamente inquietante, come se tutti temessero che al suono di un sussurro, un Dolente si sarebbe precipitato ad attaccarci.
Quando tutti si furono sistemati, mi ritrovai al piano superiore insieme a Newt, Alby, Minho e Gally.
Newt era seduto sul letto sbilenco, mentre gli altri stavano su delle sedie di legno accanto a lui.
Mi sedetti vicino a Newt, obbligandolo a farmi posto sul materasso.
Quando mi aggiunsi a loro, tutti smisero di parlare immediatamente.
"Tranquilli, potete continuare a parlare." dissi facendo un'espressione scocciata.
Perchè mi dovevano sempre tenere all'oscuro di tutto?
Okay, sono una ragazza, ma questo non significa che devo essere esclusa dalle loro conversazioni.
"Stavamo solo dicendo di rimanere fuori qualche giorno nel Labirinto. Per i Velocisti, intendo, mentre gli altri devono formare delle squadre per studiare le Mappe del Labirinto a tempo pieno." spiegò Minho rivolgendomi un sorriso. "E ovviamente la qui presente faccia di caspio ha qualcosa da ridire." disse indicando con il mento Alby.
Mappe? Quali Mappe? Pesai confusa. Non sapevo che i Velocisti tenessero delle Mappe del Labirinto.
"Ed io..." si intromise Alby alzando il tono della voce infastidito. "Stavo cercando di spiegare ai pive qui presenti che è da pazzi chiedere alla fottuta gente di uscire e andare lì a morire, Minho! Chi si offrirebbe volontario per una prova simile?"
"Io." spiegò Minho. "E Thomas."
"Se sarà necessario lo farò anche io." sentenziò Newt di punto in bianco.
Come? Ma pensavo che il Labirinto lo spaventasse più di ogni altra cosa.
"Tu, con la tua gamba scassata?" domandò Alby, facendo un'aspra risata.
Alby sei insensibile. Pensai guardandolo in cagnesco. Il ragazzo ricambiò lo sguardo, caricandolo d'odio nei miei confronti.
Ritornai con l'attenzione su di Newt, preoccupandomi per come avrebbe reagito a quell'insinuazione.
Aveva lo sguardo basso verso i suoi piedi e giocava nervosamente con il bordo della sua maglia. 
Gli presi la mano per mostrargli il mio appoggio e lui mi rivolse un timido sorriso. Poi parlò: "Non me la sento di chiedere ai Radurai di impegnarsi in qualcosa che io stesso non ho voglia di fare."
"Oh, dannazione. Newt, avevi ragione oggi pomeriggio. Forse sto diventando pazzo..." spiegò Alby grattandosi la fronte confuso. "Ma avete ragione. E va bene, potete fare quello che vi pare, razza di pive. Ma io non me ne starò con le mani in mano."
Gally intervenne e spiegò: "E cosa vorresti fare? Correre nel Labirinto? Alby sei uscito appena dalla Mutazione, non credo sia..."
Venne interrotto bruscamente da Alby che, alzandosi in piedi, disse con un tono stranamente eccitato: "Non ho detto questo. Ma forse potete incaricarmi delle Mappe. Sfinirò ogni fottuto Raduraio a furia di fargli studiare quelle cose."
Minho e Thomas annuirono senza esitare, ma c'era qualcosa che mi puzzava in tutta quella situazione.
Prima ci vuole bandire e ora da dove scappa tutta questa voglia di aiutarci? E poi così improvvisamente... Pensai accigliata.
"Allora io vado. Ora." disse andando verso le scale.
Newt scattò in piedi e lo richiamò: "Ma sei pazzo ad uscire ora? Abbiamo sentito i gemiti di quei cacchio di Dolenti. Possiamo benissimo aspettare la sveglia di domani."
"Siete voi le teste di caspio che mi hanno riempito di discorsi di incoraggiamento. Non mettetevi a frignare ora che vi ho dato retta. E' stata un'idiozia venire a dormire qui. Dovremmo già essere nella Stanza delle Mappe."
"Non puoi dire sul serio." disse Newt. "Non puoi uscire ora!"
Per tutta risposta Alby estrasse dalla tasca il suo mazzo di chiavi e lo fece tintinnare con aria di scherno. Poi sotto gli sguardi vigili di tutti, scese dalle scale e uscì dal Casolare.

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Capitolo 38
*** Capitolo 38. ***


Gli altri Radurai si sistemarono per la notte, avvolgendosi nei sacchi a pelo nel tentativo impossibile di dormire.
Nessuno disse molto e l'atmosfera si era fatta cupa e piena di tensione. Si sentivano solo mormorii e fruscii sommessi.
Mi ritrovai a 'dormire' tra Gally e Newt. Quest'ultimo mi teneva abbracciata a sè, come per tranquillizzarmi. Stavo tremando e non perchè sentissi freddo. Avevo paura, eppure i Dolenti non erano ancora arrivati.
Chuck era finito al piano inferiore e per qualche ragione me lo immaginai rannicchiato in un angolino a piangere per la paura.
Avrei voluto alzarmi e andarlo a cercare, ma era un'impresa più che ardua.
I Radurai erano tutti ammassati tra di loro e compiere un passo senza spiaccicare la mano a qualcuno era impossibile.
Cercai di controllare il mio corpo che stava tremando senza sosta. Se Newt avesse voluto dormire, non ci sarebbe mai riuscito con me a fianco che mi agitavo in quel modo.
Mi obbligai a fare una lista delle cose che mi avrebbero tranquillizzata.
I Dolenti non sono ancora arrivati. Il Casolare è stato fortificato. Le finestre sbarrate. Sono tra Newt e Gally e so che mi proteggeranno. Delle armi sono state distribuite e anche se non so come usarle, almeno non sono a mani vuote. Perchè ho come l'impressione di non essere al sicuro? Dannazione, è un'agonia essere impotente mentre la tua vita è in pericolo.
Tirai un sospiro e chiusi gli occhi, rannicchiandomi e appiattendomi di più contro Newt.
La mia mente continuava a proiettare l'immagine dei Dolenti che irrompevano nel Casolare, come se si divertisse a spaventarmi.
Cercai di inspirare a fondo l'odore di Newt e iniziai a concentrarmi sul mio respiro.
Niente da fare. Continuo a tremare come un terremoto.
Newt sembrava essersi inspiegabilmente addormentato, nonostante la paura e il mio tremore.
Sentii una mano cercare la mia e quando la trovò la strinse a sè.
Sbarrai gli occhi e vidi che Gally mi stava fissando preoccupato.
Gli sorrisi leggermente, cercando di rassicurarlo e non ebbi il coraggio di ritirare il mio palmo dal suo.
Lui iniziò ad accarezzarmi il dorso della mano con il pollice e mi fece un sorrisetto per farmi stare tranquilla.
Con mia sorpresa la situazione era migliorata. Tremavo ancora, ma meno di prima.
Tuttavia la paura persisteva in me e mi seguiva come un'ombra.
L'angoscia per quanto sarebbe potuto accadere mi stava sopraffacendo, come una coperta soffocante che, tessuta di paura e disperazione, cominciava a vivere di vita propria.
L'attesa era insostenibile.
I lamenti lontani dei Dolenti si fecero più vicini con l'inoltrarsi della notte. Ogni minuto sembrava durare di più del precedente.
Sentii il sonno farsi strada nel mio corpo e non potei fare a meno di sorridere a quella sensazione tanto attesa.
Tuttavia non feci in tempo a chiudere occhio. Da fuori arrivò un'ondata di rumori meccanici, seguita da schiocchi. Era come se qualcuno avesse sparso sul pavimento una miriade di chiodi.
Sobbalzai e mi tirai a sedere sul sacco a pelo, come la maggior parte dei ragazzi.
I Dolenti erano arrivati.
Tuttavia, prima di chiunque altro si era alzato Newt, agitando le braccia e mettendo a tacere la stanza portandosi un dito sulle labbra.
Senza appoggiarsi sulla gamba zoppa, si avvicinó all'unica finestra della stanza in punta di piedi, che ovviamente era ricoperta di assi.
Tuttavia c'erano delle fessure che permettevano di sbirciare fuori.
Newt si sporse per guardare con cautela ed io lo raggiunsi in silenzio.
Mi accovacciai accanto a lui contro una delle assi di legno inchiodate piú in basso, premendo gli occhi contro una fessura.
Era spaventoso trovarsi così vicino al muro.
Passarono un paio di minuti e non avevo ancora notato niente.
Feci per rinunciare, quando un movimento improvviso catturó la mia attenzione e anche quella di Newt.
Esitai nel guardare, temendo che fosse un Dolente.
Tuttavia alla fine cedetti alla curiosità e mi sporsi per guardare meglio.
Una figura stava correndo verso l'entrata del Labirinto.
Zart.
Spalancai la bocca e, distaccandomi dalla finestra, incrociai lo sguardo di Newt, preoccupato e confuso tanto quanto il mio.
Sentii qualcuno sfiorarmi la spalla e sussultai trattenendo un grido.
Thomas mi fece cenno di fargli posto per guardare fuori.
Gli cedetti la mia postazione, troppo spaventata per continuare a sbirciare.
Cosa ci faceva Zart fuori dal Casolare? Perché stava correndo dentro il Labirinto?
Dopo poco Thomas, come Newt, si staccó dalla parete e si sedette con la schiena al muro.
Newt invece mi prese la mano e mi condusse alla parete opposta alla finestra.
"Cosa avete visto?" sussurró Gallu accanto a noi.
"Zart é entrato correndo nel Labirinto." rispose Newt, emettendo un suono quasi impercettibile.
Passarono alcuni minuti e i vari suoni provenienti dai Dolenti penetravano nelle pareti ogni dieci secondi, facendomi sobbalzare dalla paura ogni volta.
Sembrava che all'esterno ce ne fossero almeno tre o quattro.
Li sentii avvicinarsi sempre di piú e poi rimanere in attesa davanti al Casolare 
In quel momento mi sembró che tutti avessero smesso addirittura di respirare per ridurre al minimo il rumore.
Mi strinsi sul petto di Newt e mi aggrappai alla sua maglietta, chiudendo gli occhi e preparandomi psicologicamente al peggio.
In quel momento avrei voluto sentire delle parole incoraggianti da parte del ragazzo, ma ovviamente era un'idea folle che chiunque fiatasse in quel momento.
Newt, quasi leggendomi nella mente, inizió ad accarezzarmi la testa, cercando di tranquillizzarmi.
Tuttavia potevo sentire la sua mano tremare e di certo non mi tranquillizzava sapere che anche lui si stava sploffando addosso.
Aprii gli occhi per osservare la luce lunare che filtrava tra le assi della finestra.
Vidi la luce tremolare e poi un'ombra sottile la interruppe, spostandosi avanti e indietro.
Pochi secondo dopo, l'ombra scomparve e la luce si stabilizzò.
La tensione nell'aria era palpabile e l'idea di avere un Dolente – o addirittura di più– davanti al Casolare era terrificante.
Il mio pensiero ritornò su Chuck e il panico si annidò nel mio petto.
Stava bene? Era spaventato a morte? Ma certo che lo era.... era inevitabile che non avesse paura. D'altronde se non hai paura non sei umano... Pensai cercando di tranquillizzarmi.
All'improvviso sentii un rumore sordo provenire dal piano inferiore del Casolare, simile a quello di una porta che veniva spalancata con violenza.
Sussulti e grida irruppero nella stanza: nessuno si aspettava che i Dolenti entrassero 'educatamente' dalla porta.
Feci per alzarmi e correre, ma Newt mi frenò. Se i Dolenti erano veramente entrati dal piano inferiore non ci sarebbe stata via di scampo per noi.
Tuttavia sembrai l'unica ad aver avuto quella reazione, perchè gli altri rimanevano seduti a fissare le scale.
Perchè caspio non se la stanno dando a gambe? Pensai confusa. Cercai di ragionare lucidamente e alla fine capii che se fosse stato un Dolente ad irrompere al piano inferiore, probabilmente avrei sentito più grida e più chiasso, non di certo il silenzio che in quel momento aleggiava nel Casolare.
Fissai il mio sguardo sulle scale e attesi la comparsa di qualcuno – o qualcosa – nella stanza.
Udii dei passi irregolari salire i gradini di legno e poco dopo una figura si materializzò sull'entrata della stanza.
Mi aspettai di vedere Alby che aveva cambiato improvvisamente idea, ma mi sbagliavo.
Quando vidi chi c'era in piedi davanti a tutti, ebbi l'impressione di aver solo avuto un'allucinazione.
Tuttavia era tutto reale e la gola mi si seccò all'istante.
Era Zart.
Aveva uno sguardo folle e gli abiti lacerati.
Era ricoperto di tagli su tutto il corpo e dai vestiti luridi filtravano delle macchie di sangue. 
Zart cadde in ginocchio e rimase lì, con, con gli occhi che vagavano per la stanza, come se cercassero qualcuno.
"Vi uccideranno!" sbraitò lui furioso. "I Dolenti passeranno a prendervi. Uno alla volta, fino alla fine!"
Tutti lo osservammo, immobili e increduli di quella situazione, alzarsi barcollando e poi avanzare, trascinandosi dietro la gamba destra.
Zoppicava molto.
Nessuno mosse un muscolo e tutti continuammo a fissarlo stupiti.
Pure Newt era rimasto a bocca aperta.
Insomma, era entrato correndo nel Labirinto pichi minuti prima e in quell'istante se ne stava lì, davanti a tutti.
Gally sembrò avere il mio stesso pensiero, perchè infatti constatò: "E' stato punto. Sei entrato per questo nel Labirinto, Zart?"
Zart abbassò lo sguardo sul suo addome e indicò una parte di pelle scoperta e insanguinata: "Questo, dici? Sì, l'ho fatto apposta." 
Socchiusi gli occhi cercando di focalizzare il punto da lui indicato. In effetti vi era un buco sulla sua pelle che prima non avevo notato.
Zart, assumendo un ghigno poco rassicurante, si avvicinò a Thomas. Per raggiungere il ragazzo dovette passare accanto a me e Newt.
Quando mi fu davanti si fermò per qualche secondo per osservarmi e mi rivolse un sorriso malintenzionato, che mi fece raggelare il sangue.
Newt scattò in piedi ed io feci altrettanto. Eravamo minacciati dalla furia omicida dei Dolenti, non potevamo permetterci che scoppiasse una rissa solo perchè Zart mi aveva fissato in modo sinistro!
Zart ci ignorò completamente e continuò ad avanzare finchè non fu a qualche passo da Thomas.
Poi lo indicò con l'indice insanguinato e, sputacchiando come un cane rabbioso, gli urlò contro: "Tu!" si fermò qualche secondo, come per trovare le parole adatte. "Lo sapevo di avere ragione. Io ti ho visto. Mi sono fatto pungere per questo, sai? Sapevo che centravi qualcosa e volevo ricordare. E ora sono sicuro che sia stata tutta colpa tua!"
Vidi Thomas sbiancare all'improvviso.
Poi Zart si girò lentamente su se stesso e incrociò il mio sguardo. "E tu..." disse inclinando la testa di lato e squadrandomi. "Non ti ho vista, ma sono sicuro che anche tu centri qualcosa."
Si voltò nuovamente verso Thomas e lo vidi stringere i pugni, assumendo un'espressione pazza e arrabbiata.
Capii immediatamente le sue intenzioni e mi buttai su Thomas, cercando di spostarlo dal suo stato di trans. 
Per mia sfortuna Zart non si fermò e il suo pugno sinistro mi colpì all'orecchio.
Caddi rovinosamente a terra e premetti la mano sulla parte dolorante.
Ero frastornata. Per un attimo non udii niente. Era come se le mie orecchie avessero smesso di funzionare.
Vidi Newt abbandonare definitivamente il suo stordimento iniziale e spingere via Zart con forza.
Gally in un secondo fu su di me e, prendendomi per la vita, mi rialzò in piedi. 
"Ma ti sei rincaspiato?!" gli urlò contro Newt.
Zart, crollato precedentemente a terra, si rialzò con calma.
Per un attimo temei che avrebbe risposto a quello spintone, ma lui con voce distante disse: "Non è possibile risolverlo. Il Labirinto vi ucciderò tutti. I Dolenti vi uccideranno. Uno alla volta, fino alla fine."
Poi si fermò per riprendere fiato e continuò. "Non c'è modo di uscire... non c'è modo di vincere!"
Con questa ultima affermazione si scagliò sulla finestra vicino al letto ed iniziò a fare a pezzi le assi di legno.
"No!" gridò Newt, correndo verso di lui.
Zart strappò via un'asse proprio nel momento in cui Newt lo raggiunse.
Il ragazzo punto la fece oscillare all'indietro con entrambe le mani e lo prese in pieno alla testa, facendolo finire scomposto sul letto.
Un piccolo spruzzo di sangue schizzò sulle lenzuola.
Scattai in avanti verso Newt, urlando per il terrore e Gally non mi trattenne.
"Zart! Che diavolo stai facendo!" urlai in preda al panico contro il ragazzo
"Stai zitta!" mi ordinò continuando a spaccare le assi della finestra.
Scossi la testa e lo lasciai perdere, concentrandomi su Newt che se ne stava steso sul letto, privo di sensi.
Gli accarezzai la testa e spostai lentamente il suo viso. Aveva una ferita sanguinante sulla tempia destra.
Tornai con lo sguardo furente su Zart, pronta a dirgliene quattro per aver ridotto Newt in quelle condizioni, ma appena lo feci vidi il ragazzo strappare l'ultima asse rimasta sulla finestra.
Nell'istante in cui il pezzo di legno cadde a terra, il vetro della finestra esplose verso l'interno, come uno sciame di vespe di cristallo.
Mi coprii il volto con un braccio e mi gettai sul corpo di Newt, cercando di proteggerlo dalla pioggia di vetri.
Una volta che tutti i frantumi della finestra caddero a terra, tornai con lo sguardo verso Zart.
Il corpo gibboso e pulsante del Dolente si era messo schiacciato nello spazio della finestra distrutta.
Ero talmente terrorizzata che non mi accorsi di essere rimasta l'unica nella stanza – esclusi Zart Newt – e che gli altri se l'erano data a gambe.
Paralizzata osservai il braccio del Dolente farsi strada verso il corpo di Newt.
Mi gettai d'istinto sopra di lui. Se voleva prenderlo, doveva prima passare sul mio corpo.
Poi Zart parlò di nuovo e il Dolente ritrasse il suo artiglio meccanico, come per ascoltarlo.
Colsi quell'occasione per cercare di trascinare il corpo di Newt fuori dalla stanza.
Ignorai le parole che pronunciò Zart e mi caricai Newt addosso. Gemetti più volte per lo sforzo, ma la convinzione di doverlo salvare mi spronò a continuare.
Avanzai a passi irregolari verso le scale, trascinandomi dietro il corpo inerme di Newt. Solo quando arrivai sul primo gradino dovetti fermarmi per capire come scendere.
Lanciai un'ultima occhiata verso Zart e mi accorsi  che stava cercando il mio sguardo.
"Non tornate nel mondo reale. Restate qui." mi disse con sguardo pieno di terrore, prima di gettarsi sul corpo del Dolente.
Strillai quando vidi ogni braccio teso del mostro ritirarsi all'istante e afferrare il corpo di Zart.
Il ragazzo affondò di pochi centimetri nella carne molliccia del Dolente, poi quest'ultimo si ritrasse ad una velocità impressionante.
Non persi neanche un'istante e trascinai Newt per le scale. Rischiai di cascare più volte, ma non mi fermai.
Una volta arrivata al piano inferiore vidi che anche questo era vuoto. Tutti i Radurai si erano riversati fuori dal Casolare e si stavano guardando intorno confusi.
Non mollai Newt e finendo le ultime energie lo tirai fuori.
Qui mi fermai e lo appoggiai delicatamente al suolo, stremata.
Il mio ultimo briciolo di forza svanì e mi buttai a terra, rannicchiandomi su me stessa.
Poi, finalmente, arrivarono le lacrime.

*Angolo scrittrice*
Ehi Pive!
Scusate il ritardo della pubblicazione, ma ieri non sono stata benissimo e quindi mi sono ritrovata a scrivere tutto questa sera.
Spero che il capitolo vi piaccia e scusatemi anche gli eventuali errori grammaticali. Tra pochi giorni rileggo il capitolo e lo correggo, ora non ho voglia...
Baci e buonanotte per chi sta andando a dormire.
Dalla vostra Inevitabilmente_Dea ♥

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Capitolo 39
*** Capitolo 39. ***


"Ehi, ehi, ehi." sussurró Gally raggiungendomi. "Shh... É tutto finito."
Mi cinse tra le sue braccia e affondai il mio viso nel suo petto.
Lui continuava ad accarezzarmi la testa ed io continuavo a piangere come una bambina.
"Non fare così, ti prego." bisbiglió lasciandomi un bacio sulla fronte.
Mi allontanó di qualche centimetro dal suo corpo e mi osservò.
Nascosi il volto tra i miei palmi. Non volevo farmi vedere in quello stato, così debole.
Mi avrebbe preso per una bambina stupida, che piangeva dal nulla.
Io non sono una bambina e non sono debole. Devo smetterla di piangere. Non ce n'é motivo. Continuavo a ripetermi nella mente.
Per quanto mi sforzassi di calmarmi, non ci riuscivo.
Forse erano stati lo stress e la paura accumulati in quei giorni ad avermi fatto scoppiare in lacrime.
O magari era stata la preoccupazione per Newt.
Newt! 
Mi ricordai all'improvviso del ragazzo ancora privo di sensi.
Gally mi spostó le mani dal volto e mi obbligó a guardarlo.
Mi aspettai che mi deridesse per essere caduta a pezzi in un modo tanto patetico.
Ma senza aggiungere una parola mi asciugó le lacrime e mi sorrise incoraggiante.
"M-Mi dispiace..." mormorai tra i singhiozzi. "T-Ti ho b-bagnato la maglia."
"Fa niente..." sussurró accarezzandomi i capelli.
Diedi uno sguardo a Newt e lo vidi muoversi leggermente.
Senza aspettare ulteriormente lo raggiunsi e gli afferrai una mano.
"Newt?" lo chiamai.
Lui sbatté piú volte gli occhi e poi mise a fuoco la mia figura.
"Stai bene?" mi chiese preoccupato.
Non riuscii a trattenere una risata nervosa e gli risposi: "Dovrei essere io a farti questa domanda." 
Lui mi sorrise, ma poi una smorfia di dolore si dipinse sul suo viso.
"Cosa é successo?" chiese appoggiandosi sui gomiti e guardandosi attorno.
"Zart ha spaccato la finestra ed é stato preso dal Dolente, ma tu ti sei beccato una mazzata in testa e sei svenuto sul letto." spiegai spostandogli una ciocca di capelli dalla fronte.
"E allora perché sono qui?" chiese confuso.
"Ti ho trascinato fuori io." 
Lui si acciglió e mi porse un'ultima domanda: "Da sola?"
"Da sola." confermai.
Lui scosse la testa sorridendo, ma subito si pentì di quel gesto e gemette.
"Andiamo... Ti porto all'edificio dei Medicali." dissi mettendo un suo braccio intorno al mio collo.
Lo alzai e lo aiutai a camminare.
Quando passai davanti a Gally lui mi fermò, bloccandomi per un braccio: "Sei sicura di stare bene?" 
Annuii convinta e portai Newt nell'edificio dei Medicali.
Dopo averlo medicato e avergli fasciato la ferita, lo obbligai a rimanere a letto. Lui brontolò, ma ogni volta che provava ad alzarsi aveva subito un forte mal di testa e dei giramenti.
"Non voglio che tu svenga di nuovo." spiegai prima di uscire dall'edificio.
Corsi verso gli altri Radurai e li vidi tutti fissi a guardare davanti a loro.
Raggiunsi la folla e feci a spintoni tra i ragazzi per poter guadagnare un posto in prima fila.
Non appena fui abbastanza davanti, alzai lo sguardo e con orrore vidi del fumo uscire da una stanza in cui avevo visto entrare più volte i Velocisti.
Non mi ero mai chiesta a cosa servisse veramente. Per una volta la mia curiosità non aveva avuto il sopravvento. Tuttavia sentii la necessità di chiedere a Thomas che stanza fosse.
Se aveva preso fuoco e tutti erano preoccupati, all'interno di quell'edificio doveva esserci qualcosa di importante.
Thomas mi spiegò sbrigativo che quella era la Stanza delle Mappe, ma che non mi dovevo preoccupare se era andata a fuoco.
"Ma come?" chiesi sbalordita dal suo comportamento superficiale. "Se lì ci sono le Mappe del Labirinto, ora che è andato tutto perso come faremo ad uscire?!"
Lui fece spallucce e mi rispose: "Sono anni che i Velocisti confrontano le mappe. Ad ogni Velocista è affidata una Sezione del Labirinto. Se ci fosse stata un'uscita l'avrebbero trovata."
Sezione? E poi proprio adesso abbandoni tutto?
Lui lesse la mia espressione confusa e mi spiegò: "Il Labirinto è composto da otto sezioni. Ad ogni Velocista è affidata una Sezione. I Velocisti corrono nel Labirinto e ogni giorno disegnano una Mappa. A fine giornata confrontano sempre ogni Mappa di ogni Sezione con quella del giorno precedente."
Lo disse in modo sbrigativo, come se stesse ripetendo una poesia a memoria. 
E' assurdo... come fa ad essere così tranquillo? Se prima avevamo una piccola speranza di uscire, ora siamo spacciati. E' affermativo: Alby ci esilierà sicuramente.
Mi ricordai del ragazzo di colore. Lui era andato a studiare le Mappe del Labirinto e ciò significava che...
"Alby?!" chiesi in preda al panico.
Ero preoccupata per il ragazzo, nonostante non fossimo mai andati d'accordo.
L'idea di dover medicare il suo corpo ustionato dalle fiamme mi spaventò e rabbrividii, nonostante non fosse freddo.
Thomas assunse uno sguardo preoccupato e mi indicò con un cenno della testa qualcosa alle mie spalle.
Mi voltai di scatto e vidi Gally accovacciato vicino ad un corpo steso a terra.
Lo raggiunsi immediatamente e quando arrivai al suo pari il peso che avevo al petto si alleviò leggermente.
Alby non era nè ustionato, nè morto. Aveva un'enorme squarcio sulla fronte e il sangue gli stava colando da entrambi i lati della testa. Ne era finito anche un po' sugli occhi e qui vi si era incrostato.
Gally lo stava ripulendo con uno straccio bagnato, cauto, sussurrando domande a voce troppo bassa perchè potessi sentirle.
"Gally." richiamai l'attenzione del ragazzo e lui mi rivolse uno sguardo sollevato, come se gli si fosse presentata la salvezza in persona.
"Oh, grazie a Dio. Non sono bravo in queste cose... Fai tu." ordinò affibbiandomi lo straccio ormai colmo di sangue.
"Questo non servirà a molto." spiegai rigirandomelo tra le mani per trovare un punto non inzuppato di sangue. "Aiutami a portarlo all'edificio dei Medicali."
Gally fece come dissi e insieme lo sollevammo da terra, io per i piedi e lui per le braccia.
"Tu." disse Gally richiamando un ragazzo magrolino che ci stava guardando con occhi sbarrati. "Vai a cercare Jeff e digli che ci serve una mano."
Il ragazzo annuì e corse via.
Trascinammo Alby fino al letto e lo lasciammo cadere sul materasso.
Cavoli se è pesante... Pensai togliendomi il sudore dalla fronte.
"Cosa è successo?" chiese Newt balzando a sedere preoccupato e tenendosi un secondo dopo la testa con le mani.
"La Stanza delle Mappe è andata a fuoco. Winston ha trovato Alby lì fuori, mezzo morto, mentre il fumo usciva dall'edificio. Alcuni pive sono andati a spegnere il fuoco, ma era troppo tardi. Secondo Minho le Mappe sono andate. Carbonizzate." spiegò Gally grattandosi nervosamente la nuca.
Osservai Newt per qualche istante, ma non lo vidi per niente preoccupato.
Possibile che a nessuno interessasse delle Mappe andate a fuoco?
"E come sta Alby?" chiese Newt rivolgendosi a me.
Giusto, Alby... Pensai correndo a prendere l'occorrente dall'armadio in legno.
Per prima cosa gli disinfettai la brutta ferita alla fronte e gli fasciai la testa. Poi gli misurai il polso.
"E' a posto. Ha il battito cardiaco un po' basso, ma vedrai che se la caverà." spiegai rimettendo a posto tutti gli oggetti.
"Bene così." constatò Newt incrociando le braccia. "Dovresti andare a dormire."
"Come?" chiesi confusa.
"Hai delle occhiaie assurde, un aspetto di sploff e questa notte non credo che tu abbia chiuso occhio." constatò secco.
"Grazie per la descrizione accurata, Newt." ironizzai.
"Newt ha ragione. Jeff si occuperà degli altri feriti. Hai un aspetto orribile, dovresti andare al Casolare e farti un sonnellino."
"Ma dobbiamo prepararci per la notte che verrà... I Dolenti torneranno. Avete sentito quello che ha detto Zart?" chiesi incrociando le braccia.
"Sì, ma non ci servirai a niente in queste condizioni." spiegò Gally indicandomi. "Vai a dormire." 
"E Chuck?" chiesi.
"Sta bene. Sta lavorando per pulire il macello alla Stanza delle Mappe." spiegò Gally sbrigativo.
"E va bene." constatai infine, senza obbiettare.
Malvolentieri mi diressi al Casolare e presi il primo sacco a pelo che mi capitò tra le mani. 
L'idea di stendermi sul materasso chiazzato del sangue di Newt non mi sembrava ottima così mi stesi vicino ad una parete.
Chiusi gli occhi e mi sorpresi della facilità con cui il sonno si impossessò di me. Gally e Newt avevano ragione.

"Credimi, Thomas sarà un'ottima guida all'interno della W.I.C.K.E.D." queste furono le ultime parole della scienziata prima di abbandonarmi davanti ad un ragazzo impacciato.
Lui se ne stava seduto su una sedia girevole, torturandosi la maglietta. Sembrava quasi ansioso per il compito che gli avevano affidato.
"Piacere, sono Thomas." disse scattando in piedi non appena mi vide arrivare. Mi porse la mano e io gliela afferrai, stringendola saldamente.
Avevo imparato che una forte stretta di mano significava sicurezza ed io non volevo apparire debole.
"Piacere, io sono Re... Ehm, cioè... Elena. Sono Elena." dissi confusa.
Non mi ero ancora abituata al mio nuovo nome. Lui annuì, fingendo di non aver visto la mia esitazione.
"Janson mi ha dato l'ordine di spiegarti come funziona l'esperimento. Sei arrivata tardi, ma fa niente. Ad essere sincero credevo che avessero finito di reclutare persone per seguire il Test, ma avere un cervello in più fa sempre comodo, no?" disse entusiasta.
Annuii un po' spaesata. Da quando la W.I.C.K.E.D. mi aveva utilizzata come cavia da laboratorio non avevo più avuto amici. Loro avevano voluto così e, per quanto mi scocciasse, dovevo sottostare ai loro ordini.
"Cosa stavo dicendo?" disse riprendendosi. Mi accorsi che avevo smesso di ascoltarlo e scossi la testa, tornando concentrata.
"Dell'esperimento." constatai secca. Probabilmente lo misi in agitazione, perchè cominciò a farneticare su cose a me incomprensibili.
"Frena... Non ci capisco niente." ammisi.
Lui sospirò, probabilmente scocciato del fatto che non lo capissi, e mi portò davanti ad uno dei computer.
Digitò qualcosa sullo schermo, come un codice, infatti dopo poco lo schermo del computer si illuminò, proiettando l'immagine di uno spazio verde popolato da ragazzi adolescenti.
"Allora... Questi Soggetti stanno facendo il Test del Labirinto. Il loro scopo è riuscire a scovare un codice attraverso il Labirinto stesso. Una volta trovato il codice, devono decifrarlo e ovviamente poi scoprire come utilizzarlo." spiegò indicandomi al lato dello schermo uno schema raffigurante il Labirinto.
"Okay... allora è semplice." constatai facendo spallucce.
"Sì, certo. Fammi finire di spiegare, prima." disse esausto. Sembrava avesse passato la notte in bianco, dato le sue occhiaie. "All'interno del Labirinto vivono i Dolenti. Tu dovrai occuparti principalmente di loro. Sono di natura biomeccanica. In breve sono esseri viventi che gli scienzati hanno trasformato in macchine pericolose e letali."
Digitò altre parole sulla tastiera e comparve l'immagine di una bestia. Subito mi accorsi che doveva trattarsi di un Ibrido, una macchina meccanica dotata di qualsiasi oggetto esistente per ferire le persone.
"Perchè li avete creati?" chiesi non trovando una logica. 
"Senti... Le cose stanno così e basta. Fanno parte dell'esperimento. Servono a farci studiare come reagisce la Zona della Violenza nei Soggetti. Ti hanno almeno spiegato cosa è la Zona di..."
Lo interruppi secca: "Sì, dove si sviluppa l'Eruzione. Ma sono immuni?"
"Non tutti." spiegò Thomas. "Dicevo, tu devi controllare i Dolenti. Quando Janson ti dirà che ordini impartirgli, tu dovrai aggiornare i loro chip e fare in modo che niente vada storto."
Annuii e gli chiesi se avesse altro da riferirmi. Lui scosse la testa e mi fece cenno di sedermi accanto a lui, vicino ad uno dei computer.
"Benvenuta nella W.I.C.K.E.D." disse lui dandomi una pacca sulla spalla. "Ricordati che W.I.C.K.E.D. è buono."

Mi svegliai di soprassalto. Un altro ricordo. Era da tanto che non sognavo.
Scattai a sedere e mi massaggiai la fronte.
Solo dopo realizzai cosa avevo appena visto nel sogno.
Il Labirinto era un codice da decifrare.
Ma come?
I Velocisti hanno sempre confrontato le Mappe di ogni giorno. Ogni Velocista la sua Sezione. E' impossibile che non si siano accorti di un codice nascosto tra le mura. Pensai concentrandomi.
Poi riuscii ad unire tutti i pezzi e qualcosa scattò nella mia mente.
Era ovvio, come ho fatto a non pensarci prima! Pensai alzandomi di scatto e abbandonando il sacco a pelo.
Una certezza si fece largo nella mia mente e più il tempo passava, più questa si faceva solida.
I Velocisti avevano sempre sbagliato tutto.
Esisteva un codice e dovevamo decifrarlo al più presto. Mancavano pochi giorni all'esilio e dovevamo fare in fretta.
"Il Labirinto è un codice." ripetei a voce alta, come per imprimerlo ancora di più nella mia mente.
Il Labirinto è un codice.

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Capitolo 40
*** Capitolo 40. ***


Mi fiondai fuori dal Casolare e quando notai Newt parlare con Minho, gli corsi incontro.
"Newt!" lo chiamai appoggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato.
"Ehi, bambolina... Che succede?" chiese Minho guardandomi curioso.
Newt lo fulminò con lo sguardo per quel nomignolo, ma poi mi rivolse la sua più totale attenzione.
"Ho bisogno di parlarti, Newt." spiegai. "Posso rubartelo per alcuni minuti?" chiesi a Minho.
Lui annuì e si allontanò, lasciandoci soli. 
"Che succede?" chiese Newt allarmato.
"Ho fatto di nuovo un sogno." spiegai guardandomi attorno alla ricerca di Thomas.
"E..." mi incalzò lui.
"Devo parlarne anche con Thomas. Aiutami a cercarlo e poi vi spiego." dissi continuando a cercarlo con lo sguardo.
Newt sbuffò e mi indicò il ragazzo, che se ne stava seduto con la schiena contro un albero.
Mi incamminai velocemente verso di lui e Newt mi seguì senza proferire parola.
"Vedo che riesci a stare in piedi..." constatai sorridendogli.
"Merito della mia Medicale sexy." disse assumendo un ghigno malizioso.
Risi leggermente e gli diedi un colpo sulla spalla. 
"Ehi, Tommy." disse Newt salutando il ragazzo seduto a terra.
"Ehi, Newt, Ele... Avete bisogno di qualcosa?" chiese alzandosi in piedi.
"Ho fatto uno dei miei sogni-ricordi. Ti ho visto, di nuovo." spiegai. "Mi stavi spiegando come funzionava il Test del Labirinto e mi hai spiegato che il mio compito era quello di..."
"Frena..." disse secco Newt. "Test del Labirinto?"
"Sì... Io e Tom stavamo dietro gli schermi di alcuni computer e vi osservavamo. Io sono arrivata quando ormai era già iniziato il Test e Tom era stato incaricato di spiegarmi come funzionasse."
"Quindi tutto questo è un maledettissimo Test?" chiese Newt scocciato. "E per cosa?"
"Per studiare la vostra Zona della Violenza. Non so bene cosa significhi, ma nel sogno io spiegavo che era la zona dove si sviluppava l'Eruzione... Non mi chiedete cosa sia, perchè non ne ho idea." spiegai sbrigativa, ansiosa di arrivare al punto.
"Ma quindi... Noi siamo come cavie da laboratorio?" Newt mi guardò negli occhi e un'espressione triste si dipinse sul suo volto.
"Non è questo il punto... Nel sogno Thomas mi spiegava che il Labirinto è un codice." dissi euforica. 
"Un codice?" chiese Thomas facendosi curioso.
"Sì! Tu prima mi hai spiegato che i Velocisti confrontano le Mappe di ogni Sezione con quella del giorno precedente. Ogni Velocista ha sempre e solo studiato la sua Sezione. E se le Sezioni fossero collegate tra di loro? E se invece le Mappe andassero confrontate con le altre Sezioni?" spiegai.
Thomas ci pensò un po' su, ma poi la curiosità sul suo volto si spense e fu sostituita da dispiacere: "Sì, ma le Mappe sono tutte andate bruciate e non possiamo più..." 
Newt lo interruppe bruscamente: "Io e Minho le abbiamo nascoste. Le Mappe sono salve, solo l'edificio è andato a fuoco."
Thomas sbarrò gli occhi ed io feci lo stesso. Avevamo ancora una possibilità.
"Allora portami a vederle." ordinò Thomas. "Ma avremo bisogno dell'aiuto di Minho."
Lo guardai nervosa. Come avremmo fatto a spiegarglielo? Non volevo raccontargli dei miei sogni e del fatto che io lavorassi per la W.I.C.K.E.D.
Thomas mi lesse nella mente e mi rassicurò: "Tranquilla... Gli spiegherò tutto io con calma."
Annuii incerta e cercai lo sguardo di Newt.
Thomas corse a cercare Minho e rimasi sola con il ragazzo.
Aveva un'espressione accigliata, come se fosse triste e allo stesso tempo pensieroso.
"Newt, che hai?" chiesi toccandogli il braccio.
"Mi ha semplicemente sorpreso sapere che tutta la mia vita - o almeno la parte che mi ricordo - è tutta un esperimento." disse grattandosi la nuca.
"Lo so... Vi abbiamo fatto cose orribili e mi dispiace... Io non so neanche perchè l'ho fatto. Dovevo oppormi." dissi scuotendo la testa e sentendomi terribilmente in colpa.
"Eli, te l'ho già detto. Non è stata colpa tua. Tu e Tommy ora siete persone diverse. Non importa quello che avete fatto. Conta ciò che siamo e ciò che facciamo ora." spiegò prendendomi la mano. "Ora andiamo da Minho." 
Raggiungemmo il Velocista e lo trovai abbastanza accigliato mentre ascoltava la spiegazione di Thomas.
"E quindi vorresti esaminare le Mappe una ad una?" chiese Minho senza capire.
"Sì, fammele vedere e basta." tagliò corto Thomas.
Minho scosse la testa, ma alla fine ci condusse verso il Casolare.
Estrasse una chiave da una nicchia stretta accanto ad uno degli angoli sul retro della struttura e aprì una porta malmessa che dava su un piccolo ripostiglio.
Osservai lentamente la stanza: qua e là c'erano delle corde, delle catene e altri oggetti di varia natura. Alcune scatole contenenti scarpe da ginnastica, alcuni zaini buttati qua e là e degli scaffali pieni di... 
Mutande? Pensai trattenendo una risata. Non volli immaginare a cosa servissero.
Il Velocista ci condusse verso la parete di fondo e, dopo aver spostato alcune scatole dal muro di fondo, sollevò una botola, rivelando una scala di legno che scendeva nell'oscurità.
Minho scese per primo e noi lo seguimmo titubanti. Cercai di non cadere per i gradini e nonostante il buio riuscii a non ammazzarmi.
Subito le mie narici furono invase da un forte odore di muffa e umidità.
Poi si sentì un click e una luce si accese, costringendomi a socchiudere gli occhi.
Una volta che mi fui abituata al bagliore accecante notai che la stanza era più grande di come me l'ero immaginata. 
Misurava almeno dieci metri quadri e le pareti erano piene di mensole allineate.
C'erano diversi tavoli di legno e su alcuni di essi erano appoggiate delle armi: pali di legno, punte di metallo, rotolo di filo spinato, coltelli, seghe, spade e alcuni archi.
Mi avvicinai con cautela e sfiorai le frecce di un arco. Non seppi perchè, ma quell'arma mi attraeva particolarmente.
"Attenta, bambolina. Quello non è un giocattolo." spiegò Minho.
Mi allontanai e raggiunsi Newt, che nel frattempo si era recato in un angolo buio.
Senza aggiungere altro Newt mosse una vecchia anta di legno, facendola scricchiolare.
Poi cavò diverse scatole di cartone. Le contai, ce n'erano otto in totale.
"Abbiamo messo il contenuto di ogni baule in una scatola separata. Otto scatole per otto Sezioni." spiegò Minho afferrando una scatola e spostandola su uno dei tavoli.
Thomas estrasse una pila di fogli e li osservò accuratamente.
"E ora che dobbiamo fare, pive?" chiese Minho alzando un sopracciglio.
Thomas continuò ad esaminare le Mappe con attenzione, poi vidi il suo volto rilassarsi e alzò lo sguardo di scatto.
"Carta oleata." furono le uniche parole che pronunciò.
"Eh? Che diavolo vai blaterando?" chiese Minho.
"Fidatevi e basta. Ci servono carta oleata e forbici. E tutte le matite e pennarelli neri che riuscite a trovare."
Io e Newt ci scambiammo un'occhiata confusa. Non sarebbe bastato confrontare le Mappe appartenenti a Sezioni diverse? A cosa serviva della carta oleata?
Decidemmo di dargli ascolto, nonostante non avessimo capito dove volesse andare a parare.
Se c'era una cosa che avevo imparato con il tempo, era che Thomas era un ragazzo intelligente e di certo ci si poteva fidare di lui.
Frypan non fu felice di vedersi portare via una scatola intera di rotoli di carta oleata. Ma alla fine riuscii a convincerlo e ci permise di prenderli.
Raccattammo qua e la matite e pennarelli e dopo dieci minuti ci ritrovammo a disporre gli oggetti su uno dei tavoli.
Non avevamo trovato delle forbici, così Thomas optò per un coltello affilato.
"Non so cosa tu voglia fare, ma mi auguro che funzioni." disse Minho con un tono leggermente interessato.
Presi una sedia di legno e mi sedetti accanto a Thomas. Newt fece altrettanto, seguito da Minho, e poi appoggiò i gomiti sul tavolo.
"Muoviti, Tommy." disse ansioso. "Non abbiamo tutto il giorno."
Thomas porse a Minho un coltello e gli spiegò cosa fare: "Comincia a tagliare dei rettangoli di carta oleata grandi all'incirca quanto le Mappe." 
Poi si girò verso me e Newt e ordinò: "Ele e Newt, voi potete aiutarmi a prendere le prime dieci Mappe di ogni Sezione."
Forse stavo iniziando a capire le intenzioni di Thomas. Voleva ricalcare sopra la carta oleata le Mappe riuscendo così a sovrapporle l'una sull'altra per vedere cosa veniva fuori.
Io, Newt e Thomas ci dirigemmo verso le scatole di cartone e cavammo - come ci era stato ordinato - alcuni fogli.
Quando tornammo al tavolo, vidi che Minho aveva già tagliato una ventina di fogli e li aveva impilati l'uno sopra l'altro, formando una specie di torre.
Thomas afferrò un pennello e prese una Mappa. "Va bene, adesso tracciate gli ultimi dieci giorni su un pezzo di carta oleata. Ricordatevi di segnare le informazioni in cima, in modo da ricordarci poi di cosa si tratta."
"Spero che alla fine otterremo qualcosa." sospirai mettendomi al lavoro.
Appoggiai un pezzo di carta oleata sopra una Mappa e iniziai a tracciare delle linee, seguendo quelle disegnate sulla Mappa originale.
Cercai di tracciare linee pulite e ordinate, ma allo stesso tempo feci di fretta. 
Finalmente dopo una decina di minuti finii le mie dieci Mappe e appoggiai la matita, facendo riposare il polso.
Osservai Newt e mi accorsi di quanto fosse concentrato. Disegnava linee dritte che salivano o scendevano, che andavano da una parte all'altra, con la lingua ferma all'angolo della bocca.
Procedemmo con il lavoro, scatola dopo scatola, Sezione dopo Sezione.
"Ne ho abbastanza." constatò Newt abbandonando la matita sul tavolo. "Mi bruciano le dita, cacchio. Vediamo se funziona."
Thomas sembrava non aspettare altro perchè subito scattò sulla sedia e cominciò a disporre ordinatamente i pezzi di carta oleata sul tavolo.
"Okay, datemi gli ultimi giorni di ciascuna Sezione... Fate dei mucchi sul tavolo in ordine, dalla Sezione uno alla Sezione otto. La uno qui..." e indicò un'estremità del tavolo. "E la otto qui." indicò l'altra estremità.
Ubbidimmo in silenzio e lentamente occupammo tutto il tavolo.
La tensione che riempiva l'aria era palpabile. Tutti erano nervosi e allo stesso tempo impazienti di vedere il risultato.
Dopotutto quella era la nostra ultima ancora di salvezza. Se anche quel tentativo fosse fallito, non saremmo stati capaci di inventarci nient'altro.
Thomas raccolse una pagina da ogni pila con mani tremanti, poi le posó l'una sull'altra.
Una volta fatto ció ci mettemmo tutti ad osservare il risultato.
Sussultai leggermente quando notai una lettera formarsi al centro della pagina.
Gli altri ebbero tutti la mia stessa reazione e continuarono a fissare la pagina.
Era appena accennata, ma era lì. Non c'era dubbio.
Nel centro esatto della pagina c'era la lettera F.
"Porco caspio..." sussurrò Newt sbattendo più volte gli occhi, come se non credesse a ciò che aveva appena visto.
"Okay, okay... Ehm, non illudiamoci troppo." dissi grattandomi nervosamente la testa. "Potrebbe anche essere solo una coincidenza. Dobbiamo riprovarci."
"Sono d'accordo." sussurrò Minho ancora intento a guardare la pagina.
"Va bene." disse Thomas continuando a unire le otto pagine di ciascun giorno, in ordine dalla Sezione uno alla otto.
Ogni volta si formava una lettera diversa, sempre resa più chiara tra le righe fatte a matita.
Presto comparirono una L, poi una U, in seguito due T, un'altra U e una A.
Poi altre lettere: PIG e L.
"Fluttua e pigl..." ripetei meccanicamente. "Non ha senso, ma continuiamo."
"A me non sembra un cacchio di codice di salvataggio." disse Newt lasciandosi cadere sfinito sulla sedia.
"Lo so, ma lei ha ragione. Dobbiamo rimetterci al lavoro. Non possiamo abbandonare tutto adesso." spiegò Thomas preso dall'emozione e dalla curiosità.
"E allora muoviti ad allineare le altre pagine." lo spronò Minho. "E' chiaro che non è una coincidenza."
Thomas annuì e si affrettò ad unire le ultime pagine rimaste, portando alla luce altre due lettere.
"Piglia?" chiese Newt incerto. "Fluttua e piglia?"
Thomas annuì nuovamente e poi si diresse a gran velocità verso le scatole di cartone contenenti le altre Mappe.
"Dobbiamo continuare a lavorare." disse eccitato.
Pensai di non aver mai visto una persona talmente ansiosa di scoprire qualcosa, come lo era lui in quel momento.
"Già, io e Thomas non possiamo aiutarvi, però." sottolineò Minho con tono che trapelava rimprovero.
Mi voltai e lo guardai con espressione accigliata. Eravamo ad un pelo dalla risoluzione del codice e lui ci abbandonava?
"Cosa?" chiese Thomas sbalordito. "Cosa c'è più importante di questo?"
"Il Labirinto. Dobbiamo far uscire tutti i Velocisti e forse potremmo attuare quel nostro piccolo programma." disse Minho con voce eccitata.
"Cioè? Di cosa stai parlando?" chiese Newt curioso.
"Io e Thomas stavamo pensando di restare nel Labirinto anche durante notte, per esplorare." spiegò il Velocista. "Le Porte rimangono aperte. Non dobbiamo preoccuparci di tornare in tempo." 
Newt annuì e gli disse di sbrigarsi. 
Thomas seguì Minho malvolentieri, senza neanche salutarci e nella stanza calò il silenzio.
"Per prima cosa dobbiamo andare a mangiare, poi dobbiamo radunare alcuni Radurai." spiegò Newt alzandosi dalla sedia e salendo le scale.
"Frena." dissi afferrandolo per una manica. "Io non vado a mangiare finchè non finisco qui."
"Come ti pare. Io ho fame e in più non ce la farai mai a finire entro questa sera. Neanche se ti aiutassi io." disse ignorandomi e continuando a salire.
Mi guardai attorno nella stanza. Gli oggetti attaccati ai muri erano accompagnati da ombre inquietanti. Non volevo rimanere sola in quella stanza.
"Aspettami!" gridai quando notai che Newt mi aveva abbandonato senza farsi scrupoli.
Corsi fuori dal ripostiglio e lo raggiunsi a passo veloce. "Ti odio." sussurrai riprendendo fiato.
"Anche io ti amo, Eli." disse lui circondando le mie spalle con il suo braccio e stringendomi a sè.

Finimmo il pranzo con una velocità da record. In realtà, io avevo trangugiato il cibo sul mio piatto con una voracità incredibile e avevo messo fretta a Newt per poter tornare a lavorare al più presto.
Lui alla fine si era arreso e mi aveva assecondato.
Avevamo radunato alcuni ragazzi e mi sentii leggermente in imbarazzo. Non conoscevo nessuno di loro, escluso Jeff.
Gli spiegammo in breve quello che dovevano fare e, dopo aver esitato qualche minuto, si misero al lavoro.
Presto arrivò la sera, ma decidemmo di restare comunque a finire il lavoro.
Andai ad avvisare Gally e convincerlo che sarei stata al sicuro dai Dolenti non fu un'impresa semplice. Alla fine però cedette e andò a nascondersi con gli altri al Casolare - che era stato rinforzato per la terza volta.
Quando tornai nel ripostiglio, chiusi a chiave la porta dietro di me e raggiunsi ansiosa gli altri.
Il vibrare della luce nella stanza fu l'unico suono che si sentì per ore, poi lentamente arrivarono anche i rumori spaventosi prodotti dai Dolenti.
Non ci fermammo neanche quando questi si fecero più vicini. Non avevamo tempo da sprecare.
Tutto l'operato si svolse in un silenzio tombale e ciò appesantì il lavoro.
Quando finalmente finimmo doveva essere ormai notte inoltrata.
Avevamo lavorato fino allo sfinimento, ma fortunatamente la nostra fatica non era vana. 
Avevamo trovato altre quattro parole, che sommate alle altre erano sei.
FLUTTUA.
PIGLIA.
SANGUINA.
MORTE.
RIGIDO.
PREMI.

Avevamo il codice. Ora dovevamo solo scoprire come usarlo.

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Capitolo 41
*** Capitolo 41. ***


"Mettetevi a dormire." ordinò Newt sfregandosi gli occhi assonnato. "Domani mattina ricontrolleremo che tutto sia giusto, ma per ora riposatevi."
Tutti si misero stesi, cercando di rendere il più possibile comodo il pavimento.
Andai a prendere alcuni zaini che avevo visto precedentemente.
Li riempii di mutande - sperando che fossero pulite - cercando così di renderli più comodi possibile.
Tornai dai ragazzi e li distribuii. "Usateli come cuscini. Non saranno comodissimi, ma meglio di niente."
"Grazie, Fagio." dissero uno dopo l'altro.
Sospirai. Sul serio usavano ancora quel soprannome?
Mi diressi verso Newt, con l'ultimo zaino rimanente. Non ne avevo trovai abbastanza, ma volevo che fosse lui ad usarlo.
Glielo porsi e, come temevo, lui lo rifiutó. "Usalo tu."
Alzai un sopracciglio e glielo tirai in faccia. "No. Usalo tu."
Mi sedetti a terra e appoggiai la schiena contro la parete. Chiusi gli occhi e mi sistemai meglio.
"Guarda che dicevo sul serio." continuò Newt. "Non mi serve un cuscino quando ho te."
Sbarrai gli occhi confusa. Lo osservai stendersi a terra e appoggiare la testa sul mio grembo.
"Così sì che si sta comodi." disse lui con un ghigno divertito sul viso.
Risi leggermente e afferrai lo zaino, incastrandolo tra la mia testa e la parete.
"Buona notte, Newt." sussurrai accarezzandogli la testa.
"Sogni d'oro, Eli." disse lui guardandomi un'ultima volta, prima di addormentarsi coccolato dalle mie carezze.

La mattina seguente fu il mio mal di collo a svegliarmi, dandomi il buon giorno.
Avevo paura di svegliare anche Newt, così senza muovermi controllai l'orologio sul suo polso.
Woh... Le nove di mattina. Pensai. Non ho mai dormito così tanto.
Newt giaceva ancora dormiente sul mio grembo. Aveva un viso così rilassato e riposato. I capelli - ovviamente arruffati - gli circondavano il volto come un'aureola, dandogli quasi l'aspetto di un angelo.
Iniziai ad accarezzargli la testa, cercando invano di dare ordine a quella chioma ribelle.
Lo vidi aprire gli occhi lentamente e in quel momento pensai di non aver mai visto cosa più bella al mondo.
Sbattè più volte le palpebre, poi un sorriso si formò sul suo volto.
"Ehi." sussurrai sorridendogli di rimando.
"Ehi, bellissima."
Inarcai un sopracciglio. Bellissima? Beh, deve essere cieco. Nessuno è bellissimo di prima mattina. Escluso lui ovviamente.
"Cos'è quella faccia?" chiese lui preoccupato, mettendosi lentamente a sedere e stiracchiandosi.
"Stavo solo pensando che ti sei sbagliato." spiegai facendo scrocchiare il collo.
"Cos'è? Non posso chiamare la persona che amo bellissima? Lo sei, quindi taci e lasciamelo dire." disse secco lui.
"Chiedo perdono, testa di c..." mi interruppi immediatamente e gemetti per il dolore. Scrocchiare il collo non era stata un'ottima idea.
"Che c'è?" chiese lui allarmato.
"Ho un maledetto torcicollo." sussurrai massaggiandomi la nuca.
"Vieni qui." disse allargando le gambe e facendomi cenno di sedermi davanti a lui.
Per una volta feci come disse. La situazione al collo non poteva di certo peggiorare. 
Lui mi scostò i capelli e si avvicinò a me, facendo quasi scontrare la mia schiena contro il suo petto.
Sentii i suoi palmi caldi iniziare ad accarezzare la mia pelle. Poi il suo tocco si fece sempre più forte, trasformandosi in un massaggio.
Tuttavia non era neanche lontanamente paragonabile ad esso, perchè ogni volta che Newt premeva più forte, facevo una smorfia di dolore.
Alla fine mi ci abituai semplicemente ed iniziai a sperare che non la smettesse più.
Sentii il suo respiro caldo sfiorarmi il collo, poi due delle sue dita mi scostarono una ciocca di capelli dietro l'orecchio e mi sussurrò: "Va meglio?"
Sentii dei brividi scendermi lungo la schiena e annuii semplicemente.
Lui mi lasciò un bacio umido sul collo e sorrisi a quel gesto.
Tuttavia un colpo di tosse alle nostre spalle ci interruppe. Ci voltammo entrambi e vedemmo tutti e tre i ragazzi svegli.
"Continuate pure. Tanto ci siete solo voi in questa stanza." disse uno ironico.
"Non sono d'accordo. Possono continuare solo se dopo posso averne un po' anche io da lei." controbattè uno, ridendo come un idiota.
"E smettetela, teste di caspio." li rimproverò Jeff. "Almeno loro provano qualcosa. Voi siete solo fatti di egocentrismo e stupidità."
Uno fece spallucce e si rimise steso, mentre l'altro gli rifilò una smorfia.
"Allora sarà meglio che ci rimettiamo al lavoro." disse secco Newt, alzandosi e avvicinandosi al tavolo cosparso ancora dalle Mappe.
"Mmmh..." si lamentò uno. "Dobbiamo per forza?"
Newt, per tutta risposta, gli tirò un calcio sulla gamba, troppo forte perchè fosse uno scherzo.
"E va bene, razza di pive che non sei altro." mormorò scocciato, alzandosi lentamente. "Che dobbiamo fare ancora?"
"Controllare che sia tutto giusto e che non abbiamo sbagliato." spiegai raggiungendo anche io il tavolino. "Dato che siamo in cinque, ognuno scelga una parola da ricontrollare e chi finisce per primo, verifica la parola rimanente."
"Chi ti ha nominato capo?" disse uno squadrandomi.
"Stai zitto e fai come dice." tuonò Newt. "Lei è più intelligente di voi due messi insieme."
"Concordo." disse Jeff afferrando un paio di Mappe.
Dovetti trattenere una risata quando vidi l'espressione afflitta nel volto dei due ragazzi.
Ci mettemmo tutti al lavoro, in silenzio, come per il giorno precedente.
Dopo una ventina di minuti tutte le parole erano state analizzate per la seconda volta e non avevamo trovato neanche un errore.
"Bene così." constatò alla fine Newt. "Andate a fare colazione e poi ognuno torni al proprio lavoro."
Tutti si dileguarono in fretta e per ultimi rimanemmo solo io, Newt e Jeff.
Quando anche Newt sparì sopra le scale e Jeff fece per seguirlo, tirai per la manica il Medicale.
"Jeff... Stai bene?" chiesi preoccupata. 
Da quando era morto Clint, Jeff non era più lo stesso. Era più cupo e sembrava non aver più voglia di fare niente. In effetti non lo biasimavo. Era normale che, dopo aver perso un amico, stesse in quel modo, ma in ogni caso mi preoccupavo.
Newt non aveva reagito bene quando credeva di aver perso tre dei suoi amici. Non conoscevo abbastanza bene Jeff, ma sapevo di non poter escludere nessuna opzione.
"Bene." si limitò a dire. "Perchè?"
"Ecco, mi sei sembrato un po' giù da quando..." esitai a dire il suo nome per paura di quello che avrebbe potuto scatenare nel ragazzo. "Da quando Clint è stato preso."
Usare la parola morto mi metteva paura e ansia.
Jeff mi guardò per qualche istante, incerto su cosa dire, ma alla fine abbozzò un sorriso.
"Mi sei sempre piaciuta - non fraintendermi, intendo come persona - e ho capito sin dall'inizio che saremmo diventati amici. Ma purtroppo è proprio questa la cosa negativa che segue l'amicizia: se sei tanto coraggioso da attaccarti ad una persona, allora significa che sei pronto per affrontare la sua perdita. Soprattutto in un posto del genere." spiegò continuando a sorridermi.
Non pensavo di poter sentire un tale discorso da lui e mi meravigliai di tanta saggezza in un ragazzo appena diciassettenne.
"Lo so, è una visione abbastanza deprimente della vita, ma quando vivi con la consapevolezza che ogni giorno potrebbe essere l'ultimo - per te e per i tuoi amici - alla fine ti ci abitui e basta. Ho visto tante persone morire davanti ai miei occhi, ma non mi ci sono mai abituato." si fermò per prendere fiato. "Dammi solo qualche giorno e vedrai che mi abituerò anche a questo."
Lo abbracciai quasi automaticamente. Lui si irrigidì - sicuramente non si aspettava un gesto simile - ma alla fine ricambiò la stretta.
"Grazie." mi sussurrò.
"Per cosa?"
"Per questo e per esserti preoccupata di me." bisbigliò staccandosi dall'abbraccio. "E' difficile trovare ancora persone così in un posto del genere."
Gli sorrisi di rimando e iniziai a salire le scale, lasciandolo da solo con i suoi pensieri.
Come immaginavo non lo vidi uscire con me e mi allontanai dal Casolare per lasciargli i suoi spazi.
Avrei giurato di sentire un singhiozzo soffocato provenire dallo sgabuzzino, ma non ci diedi peso.
Sapevo che era Jeff, come sapevo che alla fine era scoppiato in lacrime.
Era un bene che non si trattenesse più.
Gally mi ha insegnato qualcosa... Pensai raggiungendo la Cucina di Frypan.
Quando alzai lo sguardo, - forse per uno scherzo del destino o magari per una pura coincidenza - vidi proprio Gally seduto su uno degli sgabelli traballanti.
Lui incrociò il mio sguardo e scattò in piedi, raggiungendomi in un secondo.
"Stai bene?" chiese prendendomi il viso tra le mani e voltandolo in diverse direzioni, come per controllare se ci fossero graffi o lividi.
"Shi..." biascicai a causa della sua stretta, che premeva le mie guance sulle mie labbra, ostacolando il mio parlare. 
"Vedi, testa di caspio? Te l'ho detto che stava bene. Mai fidarsi, eh?"
Guardai oltre la spalla di Gally e vidi Newt appoggiato alla parete, non molto distante da noi, con le braccia incrociate e la gelosia stampata in volto.
Finalmente Gally mi mollò e sospirò sollevato, rimettendosi a sedere.
"Volete mangiare oppure no? Le uova si raffreddano!" brontolò Frypan, armeggiando con una padella.
Gli rivolsi un sorriso e mi sedetti accanto a Gally, seguita a ruota da Newt.
"Chi hanno preso questa notte?" chiese Newt fissando il suo piatto di cibo.
Gally prese il suo tempo. Ingoiò il pezzo di cibo che aveva in bocca, sorseggiò un po' d'acqua e solo dopo essersi pulito con un lembo della manica, parlò: "Adam."
Non lo conoscevo e per un attimo fui sollevata che non fosse toccato a Chuck, a Thomas, a Minho o ad altre persone a me care. Poi però, mi sentii in colpa per la mia mancanza di emozioni, quando notai un'ombra attraversare il viso di Newt.
Finimmo il cibo in silenzio, poi uscimmo dalla Cucina, appena in tempo per vedere Thomas e Minho correre fuori dal Labirinto.
Gli corremmo incontro e ancora prima di raggiungerli, gli chiesi cosa avessero trovato.
"Niente." sputò acido Minho. "Il Labirinto è un grosso, fottuto scherzo."
Newt guardò Thomas confuso. "Di che sta parlando?" chiese.
"E' solo che è scoraggiato. Non abbiamo trovato niente di diverso. I muri non si sono mossi, niente uscite, niente Dol..." 
Thomas fu interrotto bruscamente da Minho, che scattò in avanti facendo sobbalzare tutti.
"Non ne posso più!" urlò sputando in mezzo all'erba, con le vene del collo rigonfie per la rabbia. "Non ne posso più! E' tutto finito!"
Si tolse lo zaino dalle spalle e lo scagliò con forza a terra, per poi dargli un calcio, facendolo finire ancora più lontano. "Non c'è un'uscita! Non c'è mai stata e non ci sarà mai!"
Tutti lo osservammo paralizzati dirigersi verso le Faccemorte e scomparire tra gli alberi.
Oh no... Se molla persino Minho siamo spacciati. Pensai facendo alcuni passi in avanti, col tentativo di raggiungerlo.
"Lascialo solo, vedrai che gli passa." disse Newt parandosi davanti a me.

Il resto della giornata passò velocemente e tutti - come ormai era solito - si stavano preparando ad 'accogliere' i Dolenti.
Io e Newt mostrammo a Thomas il codice. Lui, come noi, non aveva idea di cosa significasse, ma in ogni caso le parole non promettevano bene.
Minho non si era fatto vedere nè a pranzo nè a cena, così avevo deciso di prendere due porzioni di cibo e portargliele.
Lo trovai quasi subito. Era appoggiato ad una lapide malmessa e stava spezzando un rametto caduto a terra.
"Ehi, posso sedermi?" chiesi indicando la terra accanto a lui. 
Il suo sguardo si illuminò appena mi vide, ma ero sicura che quella reazione fosse causata dal cibo, non da me.
"So che sei un mangione, perciò ti ho portato due porzioni." spiegai sedendomi accanto a lui e porgendogli i piatti.
"Ricordami di chiedere a Newt la tua mano in matrimonio." rise lui, letteralmente azzannando una coscia di pollo.
Lo osservai in silenzio mangiare e, quando finì tutto il cibo, ruttò.
Iniziai a ridere e lui mi guardò male.
"Non credere che solo perchè sei una ragazza, cambierò le mie abitudini." spiegò infastidito.
Per tutta risposta, ruttai anche io, facendo ridere lui.
"Perchè sei venuta qui?" chiese alla fine, tornando serio.
"Perchè ero preoccupata per te. Sei praticamente svanito nel nulla per tutto il giorno."
Lo vidi scuotere la testa e improvvisamente serrò la mascella.
Dato che non sembrava voler proferire parola, mi alzai in piedi e continuai a parlare: "Non devi scoraggiarti, Minho. Vedrai che troverete un'uscita e che..."
Senza che me ne accorsi me lo ritrovai davanti, ad un palmo dal naso.
Mi balzò addosso e mi agguantò per la maglietta, sbattendomi contro la corteggia dell'albero. Chiusi gli occhi e mi morsi il labbro inferiore per il dolore. "Non hai capito, faccia di caspio! Siamo morti! Non c'è uscita, nè soluzione! Siamo tutti morti, lo capisci o no?" mi urlò contro.
Continuai a tenere gli occhi chiusi, per paura di quello che mi avrebbe potuto fare.
Vedere come la paura e la rabbia trasformavano le persone era spaventoso.
Solo quando lo sentii sospirare, riaprii le palpebre.
Minho abbassò lo sguardo sulle sue mani, ancora strette attorno alla mia maglia e assunse un'espressione di vergogna.
Lentamente lasciò la presa e si allontanò di qualche passo.
Non mossi un muscolo, temendo che anche per un minimo movimento mi sarebbe risaltato addosso. 
"Scusa." bisbigliò grattandosi nervoso la fronte. "Non so cosa mi sia preso."
"Non importa." sussurrai rilasciando il fiato, che tenevo ancora incastrato nei polmoni.
Mi sistemai la maglietta, ancora con mani tremanti e misi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"No, invece importa. Ti ho fatto male?" chiese preoccupato.
Scossi la testa e mi avvicinai cauta a lui. 
"Non sono neanche capace di controllare la rabbia, come faccio a cavarti fuori di qui?" chiese più a se stesso, che a me.
"Non importa." ripetei. "Tutti devono sfogare la rabbia."
"Non cercare di giustificarmi." disse lui secco. "Domani verrai bandita insieme a Thomas, e sarà tutta colpa mia."
Sentii una morsa al cuore. Domani? Caspio, ho perso il conto dei giorni.
"Non è colpa tua. Ci hai provato. Ci abbiamo tutti provato, ma non ce l'abbiamo fatta." spiegai buttando giù il groppo alla gola.
Lo sentii sospirare pesantemente. Era frustato e non cercava di nasconderlo.
"Andiamo al Casolare. I Dolenti arriveranno tra poco." disse cambiando discorso.
Mi afferrò per il polso e mi condusse a grandi passi fuori dal bosco.
Poco prima di lasciarmi, si voltò e mi disse: "Davvero... Mi dispiace."
Ci nascondemmo con gli altri al Casolare e andammo a finire entrambi al piano inferiore, insieme alle stesse persone con cui avevamo dormito due notti prima. 
Presto il silenzio calò sulla stanza e mi accorsi che qualcuno stava dormendo.
Da parte mia non riuscii a chiudere un occhio, come al solito. Sapevo di avere un disperato bisogno di dormire, ma per quanto mi sforzassi, non ci riuscivo.
Newt si era praticamente addormentato tra le mie braccia e potevo sentire il suo petto alzarsi e abbassarsi in modo calmo.
Dannazione! Possibile che solo io non riesco a dormire?!
Poi, proprio come tutti ci aspettavamo, arrivarono anche i suoni metallici dei Dolenti.
Tutti si ammassarono contro il muro più lontano dalle finestre, facendo attenzione a non fare troppo rumore.
Questa volta fui io ad accoccolarmi tra le braccia di Newt, continuando a tenere lo sguardo fisso sulla finestra.
I rumori si fecero sempre più intensi, poi si bloccarono. Tutti sapevano che i Dolenti erano lì fuori.
Si udì un'esplosione fragorosa di legno squarciato e vetri rotti provenire dal piano superiore, subito seguito da urla e passi veloci.
"Ha preso Dave!" urlò qualcuno scendendo le scale all'impazzata. 
Nella stanza calò il silenzio. Mi vergognai a sentirmi sollevata, ma la sensazione durò poco, perchè fu sostituita dal panico.
Vidi Thomas scattare in piedi e correre verso la porta, spalancandola con violenza. 
"Tom!" gridai terrorizzata. Cosa gli era saltato in mente?
Corsi verso la porta, per osservare cosa aveva intenzione di fare, e alcuni mi seguirono curiosi e spaventati.
Thomas si era gettato tra le braccia dei Dolenti e scalciava impazzito.
Stava strattonando il corpo di Dave, cercando forse di liberarlo, ma inutilmente.
Immediatamente tre Dolenti gli furono addosso, ma Thomas non cedette e continuò a combattere.
Sembrava aver rinunciato a liberare il ragazzo e ora si stava impegnando per uscire da quella brutta situazione.
Scalciando, sgomitando, spingendo e dibattendosi, riuscì finalmente ad allontanarsi da quei mostri.
Le creature lo lasciarono perdere e corsero a rifugiarsi nel Labirinto, trascinando con loro Dave.
Vidi Thomas crollare a terra, visibilmente ferito e senza forze.
Gli corsi incontro, seguita da parecchi, e mi buttai su di lui.
"Tom!" gridai ormai sull'orlo delle lacrime.
Perchè lo ha fatto? Perchè?
Lui mi guardò con occhi vuoti, come se non vedesse la mia sagoma, poi li chiuse.
"Qualcuno gli prenda le gambe!" ordinai cercando di alzarlo.
Subito Jeff gli afferrò i piedi e insieme lo sollevammo.
Lo portammo di corsa nell'edificio dei Medicali e lo appoggiammo sul letto.
Gli strappai la maglietta per vedere in che condizioni si era ridotto. I vestiti erano ricoperti da una sostanza nera, appiccicosa e maleodorante.
"E' stato punto almeno una dozzina di volte..." bisbigliai sbalordita.
"Prendi il DoloSiero, cacchio!" urlò Newt, rivolto a Jeff.
Subito il ragazzo si catapultò sull'armadio e neanche due secondi dopo glielo iniettò nel braccio.
"Non preoccupatevi..." sentii Thomas sussurrare. Mi fiondai vicino alle sue labbra, per capire meglio le sue parole. "L'ho fatto apposta..." 
Alzai lo sguardo e lo vidi chiudere lentamente gli occhi. 
"No!" gridai scoppiando in lacrime e accasciandomi sul suo petto. " Ti prego non te ne andare!"

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Capitolo 42
*** Capitolo 42. ***


Misurai immediatamente il battito cardiaco di Thomas e con sollievo sentii il suo cuore battere debolmente.
"Stai tranquilla, se la caverà." mi disse Jeff dandomi delle pacche sulla spalla.
"Andiamo, Eli..." sussurró Newt incamminandosi verso la porta.
Lo seguii titubante e una volta fuori gli presi la mano, intrecciando le mie dita con le sue.
"Che ore sono?" chiesi sbadigliando.
Lui alzó il polso per osservare meglio l'orologio e poi constató: "Le due del mattino."
Sbadigliai nuovamente e mi appoggiai stanca sulla sua spalla.
"Torna a dormire, okay?" propose indicando il Casolare con un foro nella parete.
Annuii e mi diressi lentamente all'edificio e presi il sacco a pelo.
Non appena chiusi gli occhi, caddi in un sonno profondo.

"Per quanto ti hanno fatto questo?" mi chiese Thomas.
"Da quando avevo quindici anni." spiegai giocherellando con il bordo della mia maglia bianca.
Perché alla W.I.C.K.E.D. doveva essere tutto monotono? Tutto era un'alternanza di azzurro chiaro e bianco.
"Perché? Io non capisco... Sin da piccolo mi hanno ripetuto che W.I.C.K.E.D. é buono."disse lui grattandosi la testa nervoso. "Hai detto che erano dei test sul dolore?"
Annuii e aggiunsi: "Per controllare come reagisce la mia Zona di Violenza."
"Ed eri l'unico Soggetto? Perchè condurre esperimenti su un unico Soggetto?"
"In verità c'era anche un Soggetto C2."
"C2?"
"C sta per cavia. In ogni caso non ci hanno mai fatto incontrare." spiegai.
Lui annuì pensieroso e fece per aprir bocca, ma un suono di passi affrettati fece sobbalzare entrambi.
"Oh, no..." sussurrai. "Se sanno ciò che ti ho detto, io..."
"Shh... non fare rumore, forse non ci trovano." disse portandosi un dito sulle labbra.
Annuii e lo ascolta. Non avremmo potuto fuggire in ogni caso: nella stanza c'erano solo due porte e non sapevamo da dove sarebbero sbucati.
I passi si fecero man mano più frequenti, come se le guardie avessero iniziato a correre, e sempre più vicini.
Poi improvvisamente la porta alla nostra destra venne spalancata e tre uomini armati entrarono nella stanza.
Thomas mi prese per mano e in un attimo ci fiondammo fuori dalla porta opposta alle guardie.
La fortuna giocava a nostro favore: le guardie non ci stavano sparando e ciò significava che non avevano intenzione di farlo.
D'altronde se lo avessero fatto, avrebbero mandato all'aria i loro stessi piani. Da quanto avevo capito, Thomas era fondamentale per il Test del Labirinto, mentre io... Be' in effetti io non ero importante, ma forse volevano tenermi come cavia di scorta.
Svoltammo due o tre volte lungo il corridoio, ma senza riuscire a seminarli.
Thomas accelerò, trascinandomi dietro e aumentando la distanza tra noi e le guardie.
Sentivo i polmoni prendere fuoco e il sudore scendere sulla mia tempia. Non ero mai stata brava a correre, ma non avevo altra scelta. 
Poi Thomas, come se mi avesse letto nel pensiero, rallentò fino a fermarsi del tutto.
"Cosa... stai... facendo?" chiesi senza fiato, cercando di non accasciarmi a terra per riprendere le forze. Non era quello il momento di cedere.
"Sanno ciò che mi hai detto e sai che provvedimenti prenderanno." disse guardandosi attorno. Perchè non era per niente affaticato?
I passi si fecero sempre più vicini.
"Corri! Se ti prendono tornerai ad essere una cavia!" mi urlò contro, in preda al terrore. "E' questo che vuoi?"
Scossi la testa, incapace di ragionare lucidamente.
"E allora vai! Corri, dannazione!" mi gridò agitando il braccio. "Li distraggo io."
Esitai ancora qualche istante, poi lui mi spinse all'avanti ed io ripresi a correre.
Sapevo che se mai lo avrebbero punito, non sarebbe stato un provvedimento poi così drastico. Thomas era speciale e questo era chiaro a tutti. Non avrebbero rischiato di ucciderlo o torturarlo. Se la sarebbe cavata.
sentii una voce alle mie spalle. Mi girai appena in tempo per vedere Thomas corrermi dietro.
"Più veloce! Mettiti in salvo, ti copro io!" 
Mi girai appena in tempo per vedere Thomas con la preoccupazione dipinta in voto, poi svoltai un angolo.
Dopo aver svoltato un altro paio di volte e percorso altrettanti corridoi, mi ritrovai davanti ad una porta. Ero indecisa se aprirla o no.
Esitai qualche istante poi, sentendo dei passi veloci farsi sempre più vicini, la spalancai di scatto.
Io conoscevo quella stanza.
"Elena, mettiti in salvo! Stanno arrivando!" sentii Thomas gridare.
Entrai nella stanza e davanti a me si materializzò una specie di gabbia.
Io conoscevo quella stanza.
"Bastardi non vi dirò mai dov'è andata!" urlò ancora. 
Chiusi velocemente la porta dietro di me. Poi sentii dei gemiti e un tonfo sordo. Thomas non urlò più.
Presa dal panico entrai nella gabbia e trovai un liquido al suo interno.
Lo avevo visto fare altre volte, solo che le persone erano costrette a bere quel liquido, mentre io lo avrei fatto di mia spontanea volontà. 
La sostanza mi entrò in bocca e subito notai il suo sapore amaro, che quasi mi fece vomitare.
Sentii una forte fitta alla testa, mentre perdevo l'equilibrio e cadevo a terra.
La gabbia aveva cominciato a salire velocemente.
Due uomini entrarono dalla porta. Ma ormai era troppo tardi. Mi ero appena suicidata.

Mi svegliai di scatto, sudata e con il fiato corto. 
Portai le ginocchia al petto e mi presi la testa tra le mani.
"E' mai possibile che non riesco a fare una dormita senza sognare?!" sbuffai.
Mi alzai lentamente e uscii di fretta dal Casolare, volevo vedere come stesse Thomas.
Non appena varcai la soglia della porta, andai a sbattere – come al mio solito, d'altronde – contro qualcuno.
"Scusami, Gally..." bisbigliai presumendo che fosse il ragazzo.
"Nome sbagliato... ritenta."
Trasalii nel sentire quella voce dannatamente familiare e inquietante.
"Alzai lentamente lo sguardo e confermai le mie supposizioni.
"Glader... Cosa vuoi?" chiesi a denti stretti, serrando le dita a pugno.
"Alby mi ha ordinato di venirti a prendere." disse con un ghigno. 
Sentii una stretta al cuore. Il momento dell'esilio era arrivato.
"In realtà lo aveva ordinato a Gally, ma lui si è rifiutato, come tutti gli altri d'altronde." rise malefico.
Indietreggiai di qualche passo, non volevo andare a trovare i Dolenti!
Indietreggiai ancora, quando lui continuò ad avanzare verso di me.
Proseguii ad allontanarmi da lui, ma poi sentii la parete contro la mia schiena.
Ero in trappola.
Lui, che mi mi aveva raggiunta, premette il suo corpo contro il mio e appoggiò il suo braccio contro la parete, all'altezza della mia testa.
"Alby mi ha ordinato di portarti da lui, ma non credo che si accorga di niente se tardiamo. Mi bastano anche solo un paio di minuti." sussurrò avvicinandosi al mio collo.
"Allontanati. "sibilai conficcandomi le unghie nel palmo.
"Sai, volevo farlo da quando sei uscita dalla Scatola, ma Zart era sempre tra i piedi. "sussurrò al mio orecchio. Poi imitando la voce di Zart disse: "Non possiamo arrivare a quel punto, non voglio cadere così in basso. Lascia perciò il tuo amichetto a riposo nei tuoi pantaloni. Se vengo a sapere che l'hai sfiorata senza il mio permesso ti ammazzo, chiaro?"
Poi lui scoppiò in una risata che sembrava quasi forzata. Zart aveva davvero detto quelle parole?
Avevo sempre pensato che Glader fosse il suo burattino e non ero l'unica a crederlo.
Ma da quando Zart era stato ucciso, il burattino aveva imparato a muoversi da solo, rivelandosi addirittura più spietato del burattinaio stesso. 
"Peccato che ora sia morto." sussurrò Glader lasciandomi un bacio umido sul collo.
Rabbrividii e non di piacere, – come quando ero con Newt – ma di puro disgusto.
"Levati." ordinai ritraendomi di più contro la parete.
"Oh, no... Non vedo una ragazza da anni. Non sprecherò questa occasione. 
Sentii le sue mani intrufolarsi sotto la mia maglietta e cercare il contatto con la mia pelle.
"Se farai la brava vedrai che ci vorrà solo un attimo." sibilò lui accarezzandomi la schiena e scendendo lentamente.
Il suo volto si avvicinò pericolosamente al mio e lo vidi schiudere le labbra.
Senza pensarci due volte gli diedi una testata, facendomi male a mia volta.
Gemetti per il dolore e, ignorando la stanza che aveva improvvisamente preso a girare attorno a me, mi fiondai fuori dal Casolare.
Tutto girava senza rallentare ed io avevo un senso di nausea, mischiato allo stordimento.
Sentii qualcuno afferrarmi per i polpacci e conficcare le unghie nella mia carne.
Caddi a terra rovinosamente, sbattendo nuovamente la testa.
Tutto quello che vidi dopo fu la figura di Glader che si buttava addosso a me, confondendosi lentamente con le tenebre.
Tutto quello che percepii da quel momento, fu il buio.

*Angolo scrittrice*
Ehi, teste di caspio!
So che il capitolo è un po' corto, ma spero vi piaccia comunque.
Il motivo di tanta cortezza (?) è che l'ho scritto tutto oggi. Perchè? Perchè sono due giorni che non riesco a staccarmi da Teen Wolf. Sta diventando la mia droga...
Comunque, se ve lo state chiedendo (sicuramente non lo fate, ma io ve lo dico lo stesso, gnè gnè) il sogno che Elena ha fatto è collegato con il primo sogno in assoluto che ha avuto.
Ho modificato qualcosina e se volete andare a rileggere la stesura vecchia potete trovarla nel Capitolo 5.
Ora ho delle domande per voi...
¤Trovate che la storia stia diventando noiosa e/o lenta?
¤Pensate che mi debba dare una mossa e tralasciare alcuni particolari?
Fatemelo sapere nei commenti qui sotto (tipo stile Youtubber, lol).
Anyway, ora io vado a vedere Teen Wolf. 
Nah, scherzo... Vado a mangiare, perciò buona abbuffata a chi – come me – sta per cenare.
Adiòs, Pive!
Dalla vostra Inevitabilmente_Dea ♥

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Capitolo 43
*** Capitolo 43. ***


Mossi le dita e sentii qualcosa di soffice e liscio sotto i miei polpastrelli.
Aprii lentamente gli occhi e mi guardai attorno. Ero stesa in un letto nell'edificio dei Medicali.
Vidi una figura avvicinarsi a me ed indietreggiai, per quanto mi fosse possibile.
"Tranquilla, sono solo Gally."
Tirai un sospiro di sollievo e presi la testa tra le mani.
Potevo sentire il cuore battere sulle tempie, per non parlare poi del mal di testa e dei giramenti.
Alla mia destra notai Thomas, ancora steso incosciente sul letto.
"Come stai?" chiese Gally sedendosi accanto a me e facendo abbassare il materasso.
"Bene. Eccetto il mal di testa, i giramenti e il fatto che Glader ha praticamente cercato di violentarmi." ironizzai portando le ginocchia al petto.
Gally mi sorrise debolmente e poi sospirò.
"Fortunatamente ora sei al sicuro." 
Alzai un sopracciglio, dubbiosa e gli chiesi cosa fosse successo.
"Alcuni ti hanno vista correre, inseguita da lui e quando ti ha atterrata, sono intervenuti tutti quelli presenti. Newt era furioso, come tutti d'altronde. Tu hai perso conoscenza e per ora Glader è stato sbattuto in Gattabuia. Lo hai conciato male, sai?" puntualizzò divertito.
"Cioè?" chiesi curiosa.
"Aveva un labbro spaccato. Per non parlare poi del naso... Woh, gli usciva tanto di quel sangue." rise.
"Ah, credo che sia per via della testata." spiegai massaggiandomi la fronte.
"Testata?" chiese lui sorpreso. "Ti ho visto prendere a pugni la gente, minacciarla con coltelli, ma dare testate... Mi sorprendi ogni volta, Eli." 
Sorrisi e scossi la testa.
"Newt dov'è ora?" chiesi curiosa.
"Sta parlando con Alby. Ovviamente sta tentando di convincerlo a non esiliarvi."
Oh... L'esilio. Pensai torturandomi il lembo della maglia.
"Stai tranquilla, non ti lascerò andare via. Almeno non in queste condizioni." spiegò lui indicandomi. "I Dolenti non ti toccherebbero mai se sei così. Hai un aspetto orribile."
Gli diedi un pugno sulla spalla e lui finse di farsi male.
"Sei un bambino." mormorai scuotendo la testa divertita.
Rimanemmo alcuni istanti in silenzio, poi lui parló di nuovo: "Ma se mai Alby riuscisse ad esiliarti... Dovresti imparare a difenderti, con un'arma intendo." 
Alzai un sopracciglio. E un'arma avrebbe impedito ad un Dolente di uccidermi?
"Se verró esiliata, un'arma non farà la differenza tra la vita e la morte." spiegai dando voce ai miei pensieri.
"Lo so, ma almeno puoi provarci. Ne ho parlato anche con Newt e lui é d'accordo." spiegó.
"E quindi?" insistetti.
Cosa mi avrebbero insegnato ad usare? Un coltello? Una lancia? Una spada?
"E quindi io e Newt ci alterneremo per darti lezioni. Imparerai ad usare l'arco." constató. "É una della poche armi adatte ad una ragazza e che ti permette di ferire ad una distanza maggiore. L'arco é leggero, semplice, ma soprattutto efficace."
Annuii e un sorriso si dipinse sul mio volto. 
"Finalmente parliamo di qualcosa di interessante... Quando cominciamo?" chiesi entusiasta.
"Anche ora se vuoi." disse.
"Ma é sera... Arriveranno i Dolenti." 
"No, tesoro. É mattina... Sei rimasta senza sensi da ieri pomeriggio." spiegó lui grattandosi la testa divertito.
Cosa? E io che pensavo di aver dormito solo poche ore...
"Allora, vuoi che cominciamo?" chiese impaziente scattando in piedi.
Annuii e lo seguii lentamente fuori dall'edificio.
La testa ancora mi girava, ma stavo iniziando ad abituarmici.
"Io vado a chiedere a Minho un arco e poi vado ad avvisare Newt. Aspettami qui." ordinó allontanandosi.
Mi sedetti a terra e mi appoggiai stanca alla parete del Casolare.
Ero emozionata all'idea di imparare ad usare un'arma. Chissà se fossi stata capace di usare arco e frecce. Sicuramente lo avrei scoperto presto e nel peggiore dei casi avrei semplicemente abbandonato.
Gally tornò dopo alcuni istanti con un arco in una mano e una faretra piena di frecce nell'altra.
"Okay, andiamo nel bosco, così potrai mirare a qualche tronco o a qualche uccellino." spiegò facendomi cenno di seguirlo.
"Ehi! Io non mirerò a qualche povero uccellino!" spiegai accelerando il passo per stargli dietro.
Lui sbuffò divertito e dopo aver percorso qualche metro si fermò e si mise in spalla la faretra.
"Ora guarda attentamente." disse indicando un albero con un tronco abbastanza largo.
Mi misi al suo fianco e osservai ogni suo movimento.
Gally allungò una mano dietro la schiena per afferrare una freccia, poi la incoccò e chiuse un occhio per prendere meglio la mira. Lo vidi portare la corda vicino alle labbra e poco dopo scagliò la freccia, facendomi sussultare quando la punta di questa si conficcò esattamente al centro della corteccia.
"Adesso prova tu." ordinò porgendomi arco e faretra.
Annuii titubante e lo imitai in ogni singolo movimento. Fissai un punto poco distante dalla freccia precedentemente lanciata da Gally e dopo aver preso un profondo respiro, lasciai libera la corda, facendo volare la freccia.
Per mia sfortuna, questa mancò il bersaglio e volò ad una velocità impressionante nel fitto del bosco, scomparendo dalla vista.
Sospirai affranta e porsi l'arco a Gally.
"No, no... riprovaci." disse rifiutando l'arma e posizionandosi dietro di me.
Impugnai saldamente l'arco, presi una freccia, la incoccai e presi la mira. Stavo quasi per lanciare, quando sentii la mano di Gally sul mio braccio.
Sussultai e per poco non feci partire la freccia.
"Aspetta... Prova ad abbassare il gomito." disse premendo leggermente sul braccio che teneva la freccia ancora incoccata nella corda. "Okay, ora rimani rigida sul busto."
Sentii la sua mano premere sulla mia pancia e mi irrigidii a causa di quel contatto. Come pretendeva che centrassi il bersaglio in una situazione così imbarazzante?
Poi la sua mano si spostò sulla mia, che teneva ancora salda la freccia. Le sue dita si sovrapposero alle mie e lentamente spostarono l'arco di qualche centimetro.
"Ora lascia." mi sussurrò all'orecchio. 
Mollai immediatamente la corda, sperando che anche lui si spostasse.
Con mia sorpresa la freccia andò a conficcarsi dritta nella corteccia, poco distante dalla freccia precedentemente scagliata.
"Ce l'ho fatta!" esultai saltellando sul posto. Poi vedendo la sua strana espressione mi calmai e mi corressi: "Cioè... ce l'abbiamo fatta."
Un ghigno divertito gli percorse il volto, cancellando la strana espressione precedente.
Chissà a cosa stava pensando in quel momento. Non gli avevo mai visto un'espressione simile. Non era triste, nè felice, nè pensierosa o preoccupata. Era come se mi avesse perforato con uno sguardo intenso, che mi faceva sentire terribilmente in imbarazzo.
Lui rimase a fissarmi per qualche altro secondo, facendomi visibilmente arrossire, poi si schiarì la voce, distogliendo lo sguardo.
"Ehm... Dovresti provare da sola." spiegò lui indicando l'albero.
Annuii imbarazzata e incoccai un'altra freccia. Feci come mi aveva mostrato prima e, dopo aver scoccato la freccia, mi stupii di aver mancato il bersaglio di poco.
"Ancora." ordinò lui.
Freccia dopo freccia, la mia mira migliorava sempre più e le frecce sul tronco iniziavano ad essere abbastanza. 
Il braccio che sorreggeva l'arco si era indolenzito, mentre le dita che tenevano la freccia incoccata mi dolevano.
Dovevamo essere lì da più di un'ora, forse due, quando lui mi disse di fare una pausa.
Andammo insieme a raccogliere le frecce sparse un po' dappertutto in un silenzio tombale.
Lui aveva iniziato a comportarsi in modo strano in seguito a quegli sguardi che mi aveva lanciato, ma perchè?
Ce l'aveva con me?
Forse non ero stata abbastanza brava come lui credeva?
Be' se era così doveva dirmelo, odiavo quel silenzio.
"Credo che per oggi sia abbastanza, Elena." constatò freddo senza mai incontrare il mio sguardo.
Elena? Pensai alzando un sopracciglio. Non mi chiamava Elena da molto...
"Okay, Capitan Gally." dissi sperando di vedere un sorriso spuntare sul suo volto. "Vieni a pranzare con me?"
Lui con mio sconforto scosse la testa e mi disse di andare da sola, perchè lui non aveva fame.
Feci spallucce e andai in Cucina per ricevere la mia porzione di cibo.
Fui l'ultima della fila e dopo minuti – che per colpa della fame mi sembrarono infiniti – finalmente ricevetti un piatto fumante di bistecca.
Andai a sedermi al tavolo con Newt e Chuck.
"Allora? Buone notizie?" chiesi rivolta a Newt.
Lui scosse la testa, ingoiò il cibo che teneva in bocca e parlò: "L'idea di esiliarvi gli si è impiantata in testa come un bullone. La Mutazione l'ha ridotto veramente male, tuttavia vi ha dato più tempo."
"Cioè?" lo incalzò Chuck.
Newt gli rivolse un'occhiataccia e, sempre rivolgendosi a me, continuò: "Ha detto che vi da altri tre giorni, indipendentemente se Thomas si sveglia o no."
Abbassai lo sguardo sul piatto e lo sentii sospirare pesantemente. "Ma come faccio?" 
Mi sorpresi a sentire la mia voce rotta e tremolante a causa dello sconforto.
"Alby ha detto che sei un Medicale e sicuramente sarai capace di prenderti cura di lui anche la fuori." spiegò lui scuotendo la testa stressato. "Mi dispiace, non sono riuscito a fargli cambiare idea."
"Va bene. Non ti preoccupare, hai fatto abbastanza." sussurrai alzandomi da tavola e stampandogli un bacio sulle labbra.
Avevo improvvisamente perso appetito e la cosa non mi sorprendeva affatto.
Avevo bisogno di rimanere un po' sola per schiarirmi le idee e decidere come impiegare il poco tempo rimasto a mia disposizione.
Non che ci fosse tanto da impegnarsi. Sapevo che avrei voluto passare tutto il tempo con Newt e magari se ne avanzava un po' anche con Gally, Chuck e le altre persone a me care.
Tuttavia, spinta dal bisogno di isolarmi, mi diressi alla Torre.
Dopo un paio di minuti, sentii un crack sonoro, seguito subito dopo da un urlo strozzato.
Mi affacciai dal bordo della Torre e vidi Chuck appeso ad un ramo, con le gambe penzolanti nel vuoto.
"Chuck! Cosa stai facendo?!" chiesi porgendogli una mano.
"Volevo seguirti, ma un ramo ha ceduto." disse con il volto che diventava sempre piú rosso per lo sforzo.
"Afferra la mia mano." ordinai sporgendomi ancora di piú.
Lui esitó qualche secondo, poi la sua mano sudaticcia si strinse attorno al mio polso.
Riuscii a tirarlo su solo dopo vari tentativi. 
Chuck pesava molto ed io non avevo tanti muscoli alle braccia.
"Tutti okay?" chiesi una volta che fummo entrambi stesi sulla Torre.
Lui annuì leggermente e si tiró a sedere, continuando a respirare pesantemente.
"Perché mi hai seguito, Chuck?" chiesi cercando di non far sembrare il mio tono scocciato.
Non che mi desse fastidio avere il bambino di fianco, ma preferivo reatare sola.
"Volevo farti compagnia." spiegó lui guardando altrove.
Mentiva. Eccome se mentiva.
"Sul serio, Chuck! Dimmi cosa hai combinato." mormorai guardandolo dritto negli occhi.
"Ho fatto uno scherzo a Gally e per paura che mi beccasse sono venuto qui con te." spiegó lui abbassando lo sguardo ai piedi.
Risi divertita. "E che scherzo gli hai fatto?"
Lui mi guardó sollevato, magari pensava che lo sgridassi, e poi parló: "Ho bussato alla porta mentre lui era sul cesso. Dovevi vedere la faccia di Thomas quando si é accorto chi c'era dentro." 
"Aspetta... Thomas?" chiesi confusa.
"Sì ha fatto lo scherzo con me." disse Chuck divertito.
"E ora dov'é?" chiesi preoccupata. 
Se Thomas era rimasto con Gally, non sarebbe finita bene.
Il bambino alzó le spalle e poi si asciugó il sudore con una manica.
Sospirai. Gally ultimamente si comportava in modo strano. Chissà magari non avrebbe detto niente a Thomas e avrebbe semplicemente lasciato perdere.
"A proposito di Gally..." iniziai. "Hai notato che ultimamente si comporta in modo strano?"
Chuck scosse la testa, poi parló: "É da un po' che é così. Strano che tu te ne accorga solo ora."
"Cosa intendi?" chiesi sbalordita.
"Il modo in cui ti guarda, il modo in cui si comporta quando é con te..." precisó Chuck.
"Chuckie, spiegati meglio." 

"Deve essere frustante per lui starti accanto e sapere che non potrai mai essere sua. É difficile comportarsi da amico quando vorresti essere qualcosa di piú. Almeno credo." spiegó il bambino.
"

Oh..." sussurrai.
Quindi é per questo che si comportava in modo strano...

*Angolo scrittrice*

Ehi, bei Pive!
Ho un paio di cose da dire, poi sparisco e vi lascio in pace.
Innanzi tutto, dato che é da un po' che facevo solo momenti Newtlena, ho pensato che per le shipper di Gallena sarebbe stato bello avere un momento solo tra Elena e Gally. Spero quindi di aver fatto un regalino anche a voi.
Come seconda cosa... Vorrei dire che con questo capitolo non ho assolutamente tentato di copiare Katniss Everdeen o Allison Argent (per via dell'arco), ma é semplicemente una mia passione e volevo condividerla con voi.
Detto queste cose... Cosa ne pensate del capitolo?
Vi aspettavate che alla fine Elena si salvasse dalle grinfie di Glader oppure speravate in qualche modo che...
Be' credo che il concetto sia chiaro. 
Se devo essere sincera non ce la vedo proprio Elena a fare cose del genere, ma poi ad ognuno la propria opinione.
Addio amici Radurai.
Dalla vostra Inevitabilmente_Dea 

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Capitolo 44
*** Capitolo 44. ***


Altre due notti con i Dolenti erano passate, portandosi via la vita di altri due Radurai.
Mancava solo un giorno all'esilio e Thomas non si era ancora svegliato. Certo, come tutti gli altri aveva urlato come un dannato durante la Mutazione, ma alla fine era caduto in un sonno profondo.
Le lezioni di tiro con l'arco continuavano, ma le facevo soprattutto con Newt.
Gally sembrava che cercasse in ogni modo di evitarmi e la cosa mi faceva soffrire.
Pensavo che si fosse abituato a vedermi legata a Newt, ma a quanto pare mi sbagliavo.
Se soffriva a causa mia, forse era un bene che mi stesse lontano.
Mentre aspettavo che Newt arrivasse per la lezione, scagliai un'altra freccia contro un albero e questa andó a conficcarsi proprio nel centro esatto del tronco.
La mia mira era migliorata di gran lunga negli ultimi giorni ed era merito del continuo allenamento.
Stavo per scagliare un'altra freccia, quando un movimento improvviso tra i cespugli colse la mia attenzione.
Puntai l'arco contro il fogliame e attesi in silenzio che qualcosa uscisse allo scoperto.
Aguzzai la vista quando il movimento si ripeté una seconda volta e notai una piccola luce rossa tra i rami.
Puntai la freccia verso quest'ultima e la scagliai con il doppio della forza che impiegavo normalmente.
La freccia andó peró a conficcarsi nel terreno, mancando il bersaglio.
Solo dopo pochi secondi capii che non ero stata io a non averlo centrato, ma era il bersaglio ad essersi spostato.
Qualcosa mi camminó veloce vicino ai piedi e lo seguii con lo sguardo.
Era una Scacertola.
Caricai un'altra freccia, con la quale seguii tutti i movimenti del piccolo animaletto meccanico.
Il perfido mostricciatolo si spostava a destra e a sinistra con una velocità incredibile.
L'animaletto all'improvviso si fermó in un punto ed io tirai la corda per scagliare la freccia.
Proprio all'ultimo momento la bestiaccia si spostó di lato e anche io feci altrettanto con l'arco, senza esitare scagliai la freccia.
Solo dopo alcuni secondi mi accorsi che l'avevo lanciata in direzione di Newt, che era comparso dal nulla.
Urlai per attirare la sua attenzione e lui si spostó appena in tempo.
Mi avvicinai a lui di corsa e mi accorsi di avergli ferito un fianco.
"Ma sei impazzita?!" mi chiese toccandosi il taglio. "Io ritardo di qualche minuto alla lezione e tu mi punisci così!"
"Scusami, Newt! Non ti avevo visto, giuro! Io stavo puntando ad una Scacertola e non mi ero accorta di te." spiegai mettendo l'arco in spalla.
"Seguimi, ti devo medicare prima che tu perda troppo sangue."
Lui con una nuova smorfia di dolore stampata sul viso ad ogni passo, mi seguì sino a dentro l'edificio dei Medicali.
Qui lo feci sedere su un letto e andai a prendere l'occorrente.
"Avanti, togliti la maglietta." ordinai raggiungendolo.
Lui mi guardó imbarazzato e non si mosse.
"Andiamo, non é la prima volta che ti vedo senza maglia." ammisi sorridendogli incoraggiante.
Lui titubante se la levó, restando a petto nudo.
Mi inginocchiai vicino al bordo del letto ed iniziai a medicarlo.
Dovetti mordermi le labbra per evitare di arrossire.
Newt aveva un bellissimo corpo per uno che lavorava solo con le piante.
Una volta che ebbi finito di fasciarlo, osservai soddisfatta il mio lavoro.
"Ti piace quello che vedi?" mi chiese lui con un ghigno malizioso.
"Ah, smettila, Newt." borbottai cercando di alzarmi da terra.
Una volta che fui in piedi, lui mi circondó i fianchi e mi attiró a sé.
"Mi spieghi come faccio a resisterti se sei così dannatamente bella?" chiese sorridendo.
Gli sorrisi di rimando e girai il volto per non fargli vedere il rossore che popolava le mie guance.
Sentii le sue labbra posarsi sul mio collo e il suo respiro caldo farmi il solletico.
Gemetti leggermente quando lui andó a mordermi il lobo dell'orecchio.
Mi portai immediatamente una mano sulla bocca e spalancai gli occhi.
"Newt, smettila. C'é anche Tom qui." lo ripresi distaccandolo da me.
"Sì, ma sta dormendo." aggiunse Newt riavvicinandosi a me.
Gli afferrai il naso e continuai: "Si potrebbe svegliare, quindi smettila."
Lui sbuffó sonoramente e si ravvivó i capelli. 
"Ti lascio andare solo se mi dai un bacio." 
"Questo si chiama ricattare, Newt." spiegai ridendo.
"Appunto. Dammi un bacio e io ti lascio." ripeté.
Scossi la testa e mi avvicinai alle sue labbra.
Lui si spinse in avanti, annullando le distanze e facendo incontrare le nostre labbra.
Mi fece sedere sulle sue gambe e mi avvicinó a sé.
Un colpo di tosse ci fece sobbalzare entrambi ed io persi l'equilibrio.
Mi aggrappai al collo di Newt, ma in un secondo mi ritrovai stesa a terra, con lui sopra di me.
"Va bene che ero svenuto, ma credo che dovreste prendervi una stanza." disse una voce alle nostre spalle. 
Spostai il corpo di Newt e feci capolino sul bordo del letto.
Thomas scoppió in una risata fragorosa ed io arrossii.
"Smettila di ridere come un disagiato, testa puzzona." dissi cercando di contenere il mio imbarazzo.
"Tommy!" esclamò Newt entusiasta correndo ad abbracciare l'amico.
"Finalmente ti sei svegliato dormiglione." dissi alzandomi da terra e raggiungendolo.
"Ehi, Pive..." disse Thomas riferito a Newt. "Vacci piano con gli abbracci."
Newt si distaccò immediatamente ed io mi avvicinai a Thomas.
"Come ti senti?" chiesi guardandolo negli occhi.
"Ho tutti i muscoli doloranti e la nausea, ma per il resto, ho passato di peggio." spiegò grattandosi la testa.
"Be' quasi non sembri malato. Sei sicuro di aver subito la Mutazione?" chiese Newt sedendosi accanto all'amico.
"Quanto è durato?"
Feci spallucce e risposi: "Tre giorni. Di notte ti mettevamo in Gattabuia per assicurarci che stessi al sicuro, mentre di giorno di portavamo qui."
"E lei è stata quasi tutto il tempo con te. Vedi quelle occhiaie? Colpa tua se ora ho una ragazza brutta." disse Newt lanciandomi un'occhiata divertita di sfida.
"Parla per te, testa puzzona." controbattei fingendo un broncio. "Allora, Tom... Hai acquisito qualche nuovo ricordo?"
Ero impaziente di sapere la risposta, aspettavo di poter fare questa domanda da giorni ormai.
"Sì, ma dobbiamo convocare un'Adunanza, non ho le forze per spiegare tutto due volte." disse debolmente.
Io e Newt corremmo a cercare Alby e solo dopo diversi minuti riuscimmo a trovarlo.
Mentre gli altri si dirigevano all'edificio per le Adunanze, io tornai da Thomas per aiutarlo a camminare.
Una volta iniziata l'Adunanza, nella stanza calò il silenzio.
Il solo suono che si sentiva era quello della voce di Thomas, che rimbombava nella stanza.
"La spiegherò in modo semplice e cercate di seguirmi, fino alla fine. Le domande potete farle dopo la spiegazione, intesi?" chiese rivolgendosi con tono autoritario.
Dopo che ebbe avuto una risposta da tutti i presenti iniziò: "I Creatori ci stanno mettendo alla prova. Il Labirinto non è mai stato pensato per avere una soluzione. E' stato tutto un Test. Vogliono che i vincitori - o i sopravvissuti - facciano qualcosa di importante."
Lasciò cadere la frase in sospeso e passò lo sguardo sui presenti, che però sembravano più confusi che mai.
Newt intervenne, dando voce a pieno ai pensieri dei presenti: "Tommy, io non sarò il ragazzo più intelligente della Radura, ma la mia impressione è che tu stia parlando direttamente con il culo."
"Okay, lasciatemi ricominciare." disse Thomas strofinandosi gli occhi. "Ciascuno di noi è stato preso da piccolissimo. Non mi ricordo come o perchè... Ho solo visioni fugaci e sensazioni. Ma so che il mondo era cambiato. Era successo qualcosa di brutto, ma non so cosa. I Creatori ci rapirono e penso che credessero di farlo a fin di bene. In qualche modo dovevano aver capito che la nostra intelligenza era al di sopra della media ed è questa la ragione per cui scelsero noi. Non riesco a ricordare niente della mia famiglia o di cosa sia accaduto, ma dopo che fummo presi, passammo gli anni a studiare in scuole speciali. Facevamo una vita normale, almeno finchè non arrivarono abbastanza soldi e a quel punto loro costruirono il Labirinto. Tutti i nostri nomi sono solo stupidi diminutivi inventati: Alby come Albert Einstein, Newt come Isaac Newton, ed io... Thomas. Come Edison."
Alby lo interruppe, visibilmente scioccato: "I nostri nomi... L'unica cosa che ci è rimasta... Non sono neanche i nostri veri nomi?" 
Thomas scosse la testa frustato. "Per quanto ne so, probabilmente non sapremo mai quali fossero."
Un mormorio si accese tra i Radurai e solo dopo che Newt ed Alby ebbero ripristinato l'ordine, Thomas continuò: "Pare che i Creatori stiano studiando ogni nostra mossa, per vedere chi molla e chi no. Per vedere chi sopravvive. Non c'è da meravigliarsi se ci sono tutte queste Scacertole a fare da spie in giro per la Radura. Inoltre, alcuni di noi hanno subito delle... modificazioni al cervello."
"Perchè tu ricordi tutte queste cose e gli altri che hanno subito la Mutazione no?" intervenne Alby.
"Dopo ve lo spiegherò, ma prima lasciatemi finire." disse Thomas spazientito. "In qualche modo ci hanno cancellato la memoria. Poi ci hanno mandato qui attraverso la Scatola. Era fatto tutto per metterci alla prova: volevano vedere se collaboravamo, se eravamo capaci di costruire una comunità, volevano vedere come avremmo reagito a quelle che loro chiamano Variabili e ad un problema privo di soluzione. Ci hanno fornito tutto l'occorrente e il problema ci è stato posto nella forma di uno dei rompicapi più noti, cioè un labirinto. Tutte queste cose insieme ci hanno fatto pensare che dovesse esserci una soluzione, incoraggiandoci a lavorare anche più sodo, e nello stesso tempo peggiorando il nostro scoraggiamento di fronte all'impossibilità di trovarla. Ci stanno facendo impazzire per vedere come reagiamo. Per vedere che se ci mettiamo l'uno contro l'altro. Ci stanno usando. Alla fine vogliono che i sopravvissuti facciano qualcosa di importante."
"E la gente uccisa? Anche quella fa parte del loro stupido piano?" intervenne Frypan, furioso. Non avevo mai visto così l'Intendente.
"Sì, uccidono la gente. L'unica ragione per cui i Dolenti ammazzano solo una persone per volta è che non dobbiamo morire tutti prima che arrivi la fine designata. Loro ammazzano la gente... o la torturano." Thomas concluse quest'ultima frase lanciandomi un'occhiata.
Abbassai gli occhi, incapace di sostenere ancora quello sguardo pieno di rabbia e tristezza.
"Frena... Cos'era quello sguardo che le hai rivolto?" intervenne Gally, che fino a quel momento se ne era rimasto in disparte ad osservare.
"Credo che questa volta io non possa semplicemente spiegartelo, devi vederlo con i tuoi stessi occhi." spiegò Thomas abbassando il tono della voce.
Scossi la testa, continuando a mantenere lo sguardo sui piedi. Non volevo che tutti vedessero quello che mi avevano fatto. Non volevo che pensassero che ero una debole, un bersaglio semplice da colpire e affondare.
"Ti prego, Eli." sussurrò Gally muovendo dei passi nella mia direzione e fermandosi proprio davanti a me.
Incrociai il suo sguardo e quello che lessi nei suoi occhi mi fece venire voglia di scoppiare a piangere. Distolsi lo sguardo e mi morsi il labbro. Feci un profondo respiro e mi voltai di schiena.
Alzai leggermente la maglia, permettendo agli altri di vedere solamente la mia schiena.
Alcuni mormorii si levarono tra i ragazzi e sentii le dita di Gally sfiorare alcune delle mie cicatrici.
"Loro le hanno fatto questo?" chiese il ragazzo. Potevo leggere nella sua voce un carico di rabbia.
"Sì, sempre per altri Test." spiegò Newt.
"Tu lo sapevi?" chiese Gally togliendo immediatamente la mano dalla mia schiena.
Riabbassai la maglietta velocemente e tornai con lo sguardo verso gli altri.
Newt annuì semplicemente e Gally si rivolse a Thomas, con uno sguardo furioso: "Perchè tu sai tutte queste cose?"
"Perchè ero lì quando i Creatori programmarono il Labirinto ed ero lì quando loro progettarono il Codice."
"Codice?" intervenne Alby.
"Fu nascosto nei movimenti dei muri del Labirinto per una ragione precisa. E io dovrei conoscerla..."
"Ora basta, ne ho abbastanza." sputò Gally rabbioso uscendo dalla stanza e sbattendo la porta dietro di sè."
Mi precipitai fuori e lo fermai per un braccio. "Gally, ti prego aspetta."
"No! No dannazione! Io non aspetto più, mi sono stancato di aspettare." gridò rabbioso. "Perchè non me lo hai detto?"
"I-Io... Avevo paura che tu mi giudicassi o che non ti fidassi più di me." spiegai sull'orlo delle lacrime. "Avevo paura di perderti." aggiunsi.
"E non hai avuto la stessa paura con Newt e Thomas, vero?" chiese furioso. "Eh?!" insistette.
Scossi la testa e trattenendo le lacrime risposi: "E' diverso... I-Io..."
"No, Eli! Dannazione io sono tuo amico! Dovresti conoscermi abbastanza bene da sapere che non ti avrei mai giudicata per una cosa simile!" urlò con gli occhi lucidi.
"Ti prego, lasciami spiegare..." sussurrai con voce rotta.
"No, ho sentito abbastanza. Hai detto quello che dovevi dire e sì, avevi ragione: ora mi hai perso, complimenti." disse prima di andarsene.
"Gally!" gridai iniziando a piangere.
"Elena!" urlò lui girandosi un'ultima volta. "Io ti ho raccontato tutto di me, ho rispettato la tua decisione quando tu hai scelto Newt, ti ho protetta quando eri in pericolo e ti sono sempre stato vicino. Io mi sono fidato!"
"Per favore..." sussurrai muovendo un passo nella sua direzione.
"No, non ti avvicinare. Lasciami in pace. Dimentica per sempre che la nostra amicizia sia mai esistita." spiegò con voce tremante. Poi fece un profondo respiro, come se stesse per dire una cosa che lo avrebbe segnato a vita.
Purtroppo capii troppo tardi quello che mi disse e rimasi ad ascoltare il mondo crollarmi addosso, mentre lui spariva dentro il bosco.
Mi lasciai cadere a terra e permisi ai singhiozzi e alle lacrime di perforarmi l'anima.
Le sue parole piombarono su di me, come un macigno pesante, e mi soffocarono lentamente. "Dimenticami come io mi dimenticherò di te."

*Angolo scrittrice*
Boom bitch!
Non so perché, ma okay... 
Poor Gally... Cosa pensate della sua reazione?
Secondo voi andrà fuori dal Labirinto con gli altri?
Perdonerà mai Elena?
Chi lo sa... Ah, no aspetta... Io lo so :P
*inserire qui gli insulti verso la scrittrice*
Detto questo, fatemi sapere come vi sembra il capitolo :3 bacioni e biscotti a tutti!

Ps: indovinate chi mi é venuto a trovare ieri notte mentre dormivo? 
No... Non era Thomas Sangster.
No... Non era neanche Dylan O'brien.
No... Non era Colton Haynes (sì, ora sono fissata anche con lui).
Ma era una dannatissima, pluridecoloratissima zanzara! Esatto gente. Una ZANZARA.
Ora... Perché non é schiattata insieme alle sue amichette? Solo io ho avuto l'onore di incontrarne una?
Ah, la zanzara ronzava.
Come dice Zio Voldy: Avada kefaidbskfineksof.

Dalla vostra Inevitabilmente_Dea ♥

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Capitolo 45
*** Capitolo 45. ***


Stavo piangendo da minuti ormai. Ero ancora a terra, in ginocchio, a pensare a tutti i miei errori.
Non mi ero accorta di quanto fosse importante per me Gally, ma ora che lo avevo perso, me ne rendevo conto.
E faceva male. Tanto male.
Era come una sensazione di vuoto nel petto. Come un buco nero che mi stava risucchiando tutte le emozioni.
La tristezza continuava a perforarmi senza pietà ed io volevo solo poter tornare indietro, per poter iniziare tutto da capo.
Sapevo che non avrei potuto, ma se ne avessi avuto la possibilità non avrei cambiato gran che delle mie azioni passate.
Avrei scelto Newt in ogni caso, ma forse avrei reso Gally partecipe di quelli che erano i ricordi della mia vita precedente. Dei ricordi schifosi, certo, ma pur sempre i ricordi di una vita.
Forse avrei dovuto ritenermi fortunata. Insomma, io avevo avuto la possibilità di ricordare il mio passato, mentre i miei amici non potevano farlo.
Magari era un bene che non si ricordassero niente. Magari nel richiamare alla memoria i ricordi passati, avrebbero sofferto ancora di più.
Forse era anche per questo che ci toglievano ogni impronta della nostra vita precedente.
Feci un profondo respiro e mi alzai in piedi lentamente. Quando sentii delle mani appoggiarsi sulle mie spalle, sussultai leggermente e mi voltai con il viso rigato dalle lacrime.
"Va tutto bene, Ele?" chiese Thomas scrutandomi attentamente.
"Io e Gally..." iniziai prima di venire interrotta da un singhiozzo. "Abbiamo litigato e... lui se n'è andato."
Thomas si morse il labbro, indeciso su cosa fare o dire in una circostanza del genere, poi si limitò ad abbracciarmi.
La scelta più semplice e umile, ma più utile in quell'istante.
Mi strinsi a lui. Avevo bisogno di sentirmi al riparo, aggrappata a qualcosa di solido, perchè tutte le mie barriere erano state abbattute in un solo colpo ed io ero diventata improvvisamente fragile.
Io odiavo essere così debole, ma non potevo evitarlo.
"E' tutto okay, vedrai che una volta che finirà tutto, una volta che usciremo di qui, farete pace." spiegò accarezzandomi la testa.
"E se lui decidesse di non uscire con noi? E se non lo facesse per colpa mia?" chiesi cercando di placare i singhiozzi continui.
"Vedrai che alla fine farà la scelta più giusta. Gally è una testa puzzona testarda, ma sa ciò che è giusto per lui e per le persone che gli stanno attorno." continuò Thomas scostandomi lentamente da lui.
Chiuse le mani a coppa attorno al mio viso e asciugò accuratamente le lacrime.
"Ti dirò una cosa... Hai presente quando ho detto che i nostri nomi non sono quelli veri?" chiese sorridendomi incoraggiante.
Annuii lentamente e tirai su con il naso.
"Il tuo nome, Elena... Viene da Elena di Troia. Sai, si diceva che lei fosse la donna più bella del mondo." spiegò.
"Questo sarebbe un complimento mancato?" chiesi alzando un sopracciglio e abbozzando un sorriso.
"Sì... No... Cioè tu sei bella, ma..." Thomas arrossì imbarazzato e poi continuò. "Intendevo dire che lei era contesa per via della sua bellezza. La guerra di Troia è scoppiata proprio a causa sua."
"Quindi, secondo te, i Creatori mi hanno mandato qui per far scoppiare delle rivalità tra di voi?" chiesi sbalordita.
"Be' forse... Non lo so. Magari era una conseguenza gradita, d'altronde siamo solo maschi, ma non è questo il punto." disse grattandosi la nuca.
"E allora dove vuoi arrivare?"
"Escludendo il fatto che Elena di Troia sia sempre stata accusata di aver fatto scoppiare una guerra, di essersi comportata da traditrice e altro... Elena è stata la prima ad aver unito tutti i Greci verso uno scopo comune!" spiegò entusiasta. "Forse è per questo che ti hanno mandata qui. Senza di te ora non staremmo tutti insieme ad affrontare questo casino. Tu ci hai uniti verso uno scopo comune. E' come se tu fossi la nostra guida, la nostra luce nel buio, colei che ci sprona a combattere dopo che ognuno di noi ha perso le speranze."
"Okay. Credo di aver afferrato il concetto." dissi grattandomi la testa. "Ma lo sai che non ci accetteranno tutti, vero? Probabilmente saranno arrabbiati con noi per ciò che abbiamo fatto."
"No. Gli altri sanno che i Creatori ci hanno obbligato e gli ho anche spiegato il fatto che tu sia stata minacciata. Gli ho detto che se tu non li avessi assecondati, ti avrebbero riportato ad essere una cavia da laboratorio." spiegò scuotendo la testa. "Io forse potevo oppormi."
"Tom, non è vero. Se ti hanno obbligato non potevi opporti. Hai solo sedici anni, caspio." constatai sospirando. "Ma adesso cosa facciamo? Sai come utilizzare il codice trovato tra le Mappe?"
Thomas annuì entusiasta e spiegò: "C'è una postazione con un computer in un posto dove non abbiamo mai guardato prima d'ora. Il codice ci aprirà una porta per uscire dal Labirinto e disattiverà i Dolenti, in modo che non possano seguirci. Ma è un tentativo folle..."
"Dov'è questo posto?" chiesi curiosa.
"Oltre la Scarpata." rispose Thomas. "Dobbiamo entrare nella Tana dei Dolenti. A meno che tu non abbia un'idea migliore."
Scossi la testa affranta e iniziai a torturarmi il labbro inferiore. "Ci sto. Ma pensi che ci seguiranno tutti?"
Thomas, come temevo, scosse la testa e aggiunse: "Probabilmente no, ma possiamo tentare di convincerli."
"D'accordo..." sospirai.
"Newt pensa che dobbiamo farlo questa notte." aggiunse poi.
Se prima avevo trovato una piccola parte di coraggio in me nell'affrontare un'impresa simile, in quell'istante si era volatilizzata, lasciandomi impaurita più che mai.
Era un'idea folle. Completamente, assolutamente, folle. Era come offrirsi volontari per un'impresa suicida. Odiavo doverlo ammettere, ma ero terrorizzata alla possibilità di ritrovarmi faccia a faccia con una di quelle bestie.
Poi il mio pensiero ricadde su Newt e di conseguenza su Chuck.
Newt sarebbe stato capace di correre di nuovo nel Labirinto, sconfiggendo la sua paura e il suo zoppicare?
Mentre Chuck... Chuck era solo un bambino indifeso. Sarebbe stato capace di starci dietro?
"Ele, sono spaventato anche io, credimi." spiegò Thomas leggendomi nella mente. "Ma dobbiamo farlo. Non possiamo stare qui per sempre."
Annuii indecisa e aggiunsi: "Dopotutto, se non hai fifa non sei umano."
Quella frase in qualche modo mi rassicurò e mi fece sentire meno vulnerabile.
Thomas annuì per confermare la mia frase e abbozzò un sorriso. Poi il suo sguardo fu catturato da qualcosa alle mie spalle.
Non feci neanche in tempo a girarmi, che qualcuno mi afferrò per i fianchi, facendomi voltare.
"Stai bene, Eli?" chiese Newt preoccupato.
Annuii mordendomi un labbro e ricordandomi di Gally.
"Gally?" chiese poi. "Cosa gli è successo?"
Dovetti mordermi l'interno della guancia per non scoppiare di nuovo in lacrime e mi sorpresi quando sentii una sostanza dal sapore metallico invadermi la bocca.
Sangue. Mi ero veramente fatta uscire del sangue con un morso?
"Eli?" insistette Newt non ricevendo una risposta.
"Lui..." presi un profondo respiro e distolsi lo sguardo. "Se n'è andato."
Newt non disse niente e si limitò a sospirare frustrato.
"Allora, sono d'accordo?" chiese Thomas impaziente.
"Tutti. Non è stato difficile come pensavo. Ora dobbiamo solo convincere gli altri Radurai." spiegò Newt guardandosi attorno.
"Pensi accetteranno?" chiesi curiosa di sapere la sua opinione.
"Non tutti." rispose con uno sguardo frustrato. "Alcuni rimarranno qui a rischiare... Ve lo garantisco."
Mi guardai attorno e vidi che alcuni avevano iniziato a litigare in giro per la Radura, mentre gli Intendenti facevano del loro meglio per convincere tutti che occorreva rischiare e lottare per cercare di entrare nella Tana dei Dolenti.
Alcuni Radurai se ne andarono a grandi passi, ma la maggior parte rimase ad ascoltare e a prendere almeno in considerazione l'idea.
"Allora dopo che si fa?" chiese Thomas.
Newt fece un respiro profondo, poi parlò: "Cerchiamo di capire chi va e chi resta, ci prepariamo. Cibo, armi, eccetera. Poi andiamo. Tommy, metterei te a capo della spedizione, dato che l'idea è stata tua, ma sarà già abbastanza difficile convincere la gente a stare dalla nostra parte senza fare di te il nostro capo, Fagio... Non te la prendere. Quindi tieni la cresta bassa, okay? Lasceremo la faccenda del codice a te e a lei... Potete occuparvene voi, nelle retrovie."
"A sentire te, sembra facile." ironizzò Thomas cercando di alleggerire la tensione.
In un secondo assimilai ciò che Newt aveva detto. 
"No." protestai. "Io non entrerò nella Tana mentre voi altri starete lì fuori a farvi ammazzare per proteggerci."
"Non era una proposta. Era un ordine, quindi seguilo e basta." disse secco Newt, lanciandomi un'occhiata di fuoco.
Sbuffai e incrociai le braccia. "Ma..."
"Niente ma. Sarei anche capace di legarti e buttarti io stesso la dentro. Quindi fallo di tua spontanea volontà, oppure ti ci obbligo." continuò puntandomi l'indice addosso.
Piegai le labbra all'ingiù e continuai a fissarlo con il broncio.
"E non fare quella faccia... Questa volta non funziona." disse con un sorrisetto da vittoria stampato sul volto. Mi diede un buffetto sul naso ed io non potei fare a meno di sospirare.
L'aveva avuta vinta e la cosa non mi andava giù.
E se lo avessi perso? No, non poteva succedere.
"Non fare quella faccia preoccupata. Ti prometto che prima di sfiorarti, i Dolenti dovranno uccidermi." spiegò appoggiando le sue mani sulle mie spalle.
"E' proprio questo che mi spaventa, Newt. Io non voglio che tu..."
Newt mi interruppe bruscamente: "Non dirlo neanche. Io non morirò. Punto e basta."
"Ma..."
Lui mi lanciò un'altra occhiata furente e decisi di starmene zitta per non farlo arrabbiare.
Newt diede una pacca sulla schiena a Thomas. "Bene così. Mettiamoci al lavoro."
Le ore seguenti furono frenetiche.
La maggior parte dei Radurai finì per decidere di unirsi alla spedizione. 
Erano anche più di quanto avessi pensato. Addirittura Alby decise di provare. Anche se nessuno lo ammise, scommettevo che la maggior parte di loro facesse affidamento sulla teoria che i Dolenti avrebbero ucciso una persona sola, e che immaginassero di avere ragionevoli possibilità di non essere loro a capitare male.
Quelli che decisero di rimanere nella Radura erano pochi, ma erano determinatissimi e assai rumorosi. Presero ad andarsene in giro imbronciati, cercando di dire agli altri quanto fossero stupidi. Ma alla fine lasciarono perdere e si misero in disparte.
Quanto a noi, che avevamo deciso di fuggire e combattere, avevamo un mucchio di lavoro da fare. Furono distribuiti degli zaini pieni di provviste. Frypan - Newt mi disse che il cuoco era stato uno dei primi Intendenti a decidere di andare, dopo aver visto cosa mi avevano fatto - fu incaricato di raccogliere il cibo e di escogitare un modo di distribuirlo equamente nelle varie razioni.
Gli approvvigionamenti includevano anche delle siringhe di Dolosiero.
Chuck fu incaricato di riempire le bottiglie d'acqua e di distribuirle a tutti. Lo aiutai volentieri e in qualche modo stare vicino al bambino mi rassicurò abbastanza.
Tuttavia la situazione si fece più complicata quando Chuck iniziò a pormi domande assurde, a cui nemmeno io avevo una risposta.
Decisi di mentire spudoratamente, d'altronde era l'unica cosa che mi era rimasta da fare.
Forse era un pensiero egoistico, ma non volevo che Chuck mi abbandonasse, rimanendo nella Radura.
Più volte temei che il suo desiderio di tornare a casa, fosse stato dominato e sconfitto dalla paura.
Da quando aveva scoperto che avremmo tentato la fuga, Chuck aveva cercato di assumere un'aria coraggiosa, ma la sua pelle sudata e gli occhi attoniti tradivano la verità.
Minho, invece, andò alla Scarpata con un gruppo di Velocisti, portando con sé corde d'edera e pietre. Non capii bene a cosa servissero, ma lui mi disse semplicemente che servivano per fare un'ultima verifica sulla Tana dei Dolenti. 
Sperai con tutto il cuore che le creature rispettassero i loro soliti orari e che non uscissero durante il giorno. 
Quando vidi Minho uscire dalle Porte con gli altri Velocisti, tirai un sospiro di sollievo.
Thomas era rimasto tutto il tempo appiccicato a Newt. Lo aveva aiutato a distribuire le armi e ne avevano inventate anche di nuove, per la disperazione in vista dell'incontro con i Dolenti: i pali di legno erano stati intagliati fino a divenire lance o avvolti nel filo spinato; i coltelli furono affilati e fissati con i rampicanti alle estremità di robusti ramitagliati dagli alberi del bosco; cocci di vetro rotto furono applicati alle vanghe.
Alla fine della giornata, ci eravamo trasformati in un piccolo esercito. 
Un esercito assai patetico, a dire la verità, e mal preparato. Ma comunque era pur sempre un esercito.
Gally non si era fatto vivo per tutta la giornata ed io iniziavo seriamente a preoccuparmi.
E se non avesse combattuto con noi? Se fosse rimasto nella Radura?
Quel pensiero mi divorò il petto e decisi di mandare al diavolo le sue parole e andare a cercarlo.
Sapevo che mi aveva detto di dimenticarlo e di stargli lontana, ma dovevo tentare di convincerlo.
Mi incamminai verso il bosco, quando Thomas mi si parò davanti.
"Dobbiamo parlare." disse.
Cercai di aggirarlo, tenendo sempre lo sguardo puntato verso il bosco.
Lui mi si piazzò nuovamente davanti, facendomi sbattere contro il suo petto.
"E' davvero importante?" chiesi spazientita. "Non per essere scortese, ma devo fare una cosa."
"Sì." disse lui secco. "Credimi, lo è."
Sbuffai infastidita. "Avanti, spara."
"Pensavo ad un piano per digitare il codice."
"E..?" lo spronai a continuare.
"Be'... Non per fare il pessimista, ma ci serve qualcuno di supporto. Sai... In caso noi non ce la facessimo." spiegò agitato.
"E chi avevi in mente? Non tutti conoscono il codice."
"Minho e Newt lo conoscono. Diremo loro di fare in modo che venga digitato al computer se noi..."
Lo interruppi: "Sì, ho afferrato il concetto, Tom."
Non volevo pensare a tutte le brutte cose che sarebbero potute succedere. Non avrei fatto altro che peggiorare la situazione.
"Tutto qui?" chiesi sbadigliando.
Thomas annuì stanco e a quel punto lo aggirai, ma lui mi bloccò per un polso.
"Che c'è ancora?" chiesi scocciata.
"Lascialo in pace. Sicuramente starà pensando a come comportarsi e a cosa fare. Forse andare a parlargli potrebbe solo peggiorare la sua decisione." spiegò.
Ci riflettei su qualche secondo. In effetti aveva ragione. In ogni caso, andargli a parlare non avrebbe risolto gran che, ma avrebbe solo peggiorato le cose.
Gally era molto testardo, come me d'altronde. Ed io avrei voluto rimanere sola a pensare, se fossi stata nei suoi panni.
"Okay." sospirai allontanandomi insieme a Thomas.

Poco prima del normale orario di chiusura delle Porte, Frypan preparò un ultimo pasto prima della notte. L'atmosfera che avvolgeva la cena non sarebbe potuta essere più triste o intrisa di paura. Mi ritrovai seduta vicino a Newt e Minho. Entrambi se ne rimanevano in silenzio, assorti tra i pensieri. Newt mi stringeva la mano, obbligandomi perciò a mangiare con la sinistra.
Thomas si trovava a qualche tavolo di distanza da noi. Stava piluccando dal piatto con aria assente, seduto accanto a Chuck. Quest'ultimo continuava a parlare e Thomas rispondeva quasi meccanicamente.
Dopo diversi minuti, Newt controllò l'orologio e dopo essersi alzato, si avvicinò ad Alby.
Minho si alzò da tavolo e io lo imitai, presumendo che fosse giunto il momento tanto temuto.
La paura raggelante e il panico che provavo, mi investirono con tutta la loro forza. 
Era giunto il momento. 
Stavamo per andare. 
Cercando di non pensarci troppo e di limitarmi ad agire, afferrai lo zaino che avevo precedentemente appoggiato a terra. Minho fece lo stesso e insieme ci avviammo verso la Porta Occidentale, dove nel frattempo si erano radunati tutti, richiamati da Newt ed Alby.
"Sei pronta, pive?" mi domandò Minho quando li raggiungemmo, richiamando la mia attenzione con una gomitata. 
Annuii incerta e presi un profondo respiro. Il cuore mi batteva all'impazzata, sembrava quasi mi volesse perforare il petto.
"Thomas, questa roba è tutta un'idea tua. Quindi sarebbe bene che funzionasse, o ti ammazzerò prima che lo facciano i Dolenti." spiegò Minho sarcastico.
"Grazie." mormorò Thomas, ancora con fare assente. 
Lanciai uno sguardo a Newt e lui mi osservò, con uno sguardo carico di preoccupazione.
"Stai bene?" mi chiese.
"Sì." risposi cercando di assumere un sorrisetto. "Sono solo impaziente di farla finita."
Era la pura verità. Se non lo avessi fatto in quell'istante, non ne avrei più avuto il coraggio.
"Amen, sorella." esordì Minho. 
Lui sembrava che fosse il più calmo, il più sicuro di sé, il meno spaventato. Ed io lo invidiavo da morire.
Come caspio fa? 
"Siamo in quarantuno." spiegò Newt, mettendosi in spalla lo zaino che aveva in mano.
Sollevò una grossa asta di legno con l'estremità avvolta dal filo spinato. Sembrava un'arma letale. "Assicuratevi di avere con voi le vostre armi. A parte questo, non c'è molto altro che possa fottutamente dirvi... Il piano lo conoscete tutti. Combatteremo nel tentativo di entrare nella Tana dei Dolenti e Tommy digiterà il suo codice. Poi renderemo pan per focaccia ai Creatori. Tutto qui."
Ascoltai attentamente ogni sua parola e cercai di concentrarmi. Ma una domanda continuava ad affollarmi la testa.
Dove sei, Gally? Pensai guardandomi attorno nel tentativo e speranza di scorgerlo.
Minho catturò la mia attenzione e mi porse un arco.
Nella fretta avevo dimenticato di armarmi. Lo ringraziai e lo afferrai, mettendomi la faretra in spalla.
"Qualcuno non dovrebbe fare un discorso di incoraggiamento o qualcosa del genere?" domandò Minho, distogliendo l'attenzione da me. 
"Prego." ribatté Newt.
Minho annuì e si rivolse alla folla: "Fate attenzione." disse secco. "Non morite."
"Grandioso. Siamo proprio ispirati, cacchio." rispose Newt.
Poi puntò il dito verso il Labirinto, oltre le sue spalle. "Il piano lo conoscete tutti. Dopo anni passati a farci trattare come topi, stanotte ci ribelleremo. Stanotte andremo a lottare con i Creatori, non importa cosa dovremo affrontare per arrivarci. Stanotte i Dolenti faranno meglio ad avere paura."
Sentii qualcuno applaudire, mentre la nausea e l'ansia crescevano dentro di me.
Presto si innalzarono urla e grida di battaglia, a volume sempre più alto, fino a riempire l'aria tutta intorno. 
Non riuscii ad unirmi agli altri. Come potevo? 
"Dove caspio sei, Gally?" sussurrai senza neanche riuscire a sentire la mia voce.
Mi guardai ancora una volta attorno, ma non lo vidi.
Come aveva potuto farmi una cosa del genere? 
Se proprio non vuole venire con noi, almeno sarebbe potutimo venirmi a salutare... Pensai affranta. La nostra amicizia é davvero così debole? Pensavo che mettesse da parte l'orgoglio... Almeno per questa volta.
Sentii qualcuno afferrarmi la mano e alzai lo sguardo.
Newt mi baciò sulle labbra per farmi coraggio e aumentò la stretta attorno alle mie dita.
Eravamo tutti pronti per entrare nel Labirinto, ma più i secondi passavano, più pensavo di aver fatto la scelta sbagliata.
Finalmente tutti tacquero e il silenziò tornò a regnare.
Mi voltai di spalle e osservai le immense Porte del Labirinto sovrastare su di noi, come un avvertimento a non entrare.
La partita era aperta.
Feci un profondo respiro, abbandonandomi all'idea che era l'unico modo per riuscire a scappare.
Ero pronta e per la prima volta sicura di me.
Feci un passo in avanti prendendo un grosso respiro, quando una voce alle nostre spalle, mi fece voltare di scatto, con un sorriso stampato in faccia.
Gally stava correndo a perdifiato nella nostra direzione.

*Angolo scrittrice*
Ehi, Pive!
Scusate il capitolo lunghissimo e forse un po' noioso. 
Per quanto riguarda la spiegazione che segue il nome di Elena, é tutto merito del mio libro di pedagogia.
Non so se ho saputo spiegarlo bene (in caso è tutta colpa di Isocrate) perciò chiedete se avete dubbi :3
Un'ultima cosa... Mi hanno nominato per una challenge e quindi la devo fare anche io. La challenge consiste (almeno credo perché non ho capito bene) nel farmi delle domande a cui io devo rispondere. Perció, se vi va, bombardatemi di domande nei commenti dei prossimo capitoli o nei messaggi privati ed io, alla fine del libro, pubblicheró tutte le domande e le rispettive risposte.
Un bacio e un abbraccio a tutti, xoxo (ex, o, ex, o... Gossip Girl! Okay la smetto.)
Dalla vostra Inevitabilmente_Dea ♥

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Capitolo 46
*** Capitolo 46. ***


"Gally." chiamai il suo nome quando lui ci raggiunse.
Ha cambiato idea. Pensai sospirando sollevata.
"Non puoi partire." mi disse lui invece.
Lo guardai sbalordita. 
"Non puoi partire e lasciarmi qui!" ripeté lui.
"Io ho preso la mia decisione. Ti prego, vieni con noi." lo supplicai.
Gally tuttavia scosse la testa.
"Io non ti lasceró andare là fuori. É troppo pericoloso e anche se riusciste ad uscire, pensate che sarete liberi? I Creatori vi renderanno di nuovo prigionieri e non voglio neanche immaginare cosa ti faranno, Eli."
"Gally, non possiamo rimanere qui! Se restiamo qui, i Dolenti ci uccideranno. Là fuori abbiamo una possibilità." spiegai avvicinandomi a lui.
Lui distolse lo sguardo dai miei occhi e li rivolse a qualcuno alle mie spalle.
"Tu! Non puoi permetterle di fare una cosa del genere! Combattere contro i Dolenti..." rise istericamente Gally, poi continuó, sempre rivolto a Newt. "Dovete essere pazzi. Tu non puoi trascinarla in tutto questo."
"Lei ha fatto la sua decisione. Nessuno l'ha obbligata." spiegó Newt calmo.
"Andiamo... Tutti sanno che ti seguirebbe ovunque tu vada!" urló Gally rabbioso.
"Lei ha fatto la sua decisione e io la rispetto." controbatté Newt continuando a mantenere la calma.
Gally serró il pugno e si avvicinó a Newt. Lo afferró per la maglietta e alzó il pugno in aria.
Rimase con il braccio alzato per diversi secondi, poi lo riabbassó respirando sonoramente.
Newt in tutto questo rimase immobile e non si mosse di un millimetro. Impassibile e calmo.
"Eli, ti prego..." bisbiglió Gally ignorando gli sguardi assidui della folla.
Scossi la testa e continuai: "Mi dispiace per non averti reso partecipe della mia vita passata. Hai ragione, tu sei mio amico... Il mio migliore amico. E io dovrei conoscerti abbastanza bene da sapere che nonostante tutto non mi avresti abbandonata." presi un profondo respiro, poi continuai. "Mi scuso per questo. E ora ti supplico di venire con me. Con tutti noi. Non ti ho reso partecipe della mia vita passata, ma voglio che tu sia presente nel mio futuro."
Lui mi guardó per dei secondi infiniti e piú lo guardavo, più la sua espressione mi faceva prevedere quale sarebbe stata la sua risposta.
La vista mi si appannó lentamente e cercai di ricacciare indietro le lacrime.
Non poteva rimanere là dentro.
"Gally..." lo chiamai per un'altra volta. "Fidati di me e seguimi. Ti prego."
Lui scosse la testa e mi si avvicinó a grandi falcate.
Prima che potessi muovermi di un passo, mi ritrovai circondata dalle sue braccia.
"Io appartengo al Labirinto. Questa é diventata la mia casa e lo rimane, per quanto questo posto possa essere diventato lugubre e pericoloso." spiegó con voce debole.
"Ma noi siamo la tua famiglia..." controbattei.
"Mi dispiace." sussurró prima di staccarsi da me. "Mi dispiace per tutto."
Annuii asciugando una lacrima che aveva preso a scendermi sul volto.
"E mi dispiace anche per quello che sto per fare." aggiunse poi. "Ma devo farlo... Almeno per un'ultima volta."
Lo guardai con aria preoccupata e confusa.
Le sue labbra si posarono sulle mie ed io spalancai gli occhi.
Cosa gli aveva preso?
Le mie lacrime salate andarono a mischiarsi con il sapore delle sue labbra.
Dopo pochi secondi lui si staccó da me e mi osservò per altri secondi, poi indietreggió di qualche passo e mi sorrise in modo malinconico.
"Buona fortuna." mi disse infine.
Ancora leggermente turbata mi girai e raggiunsi gli altri, che mi aspettavano impazienti.
Alcuni colpi di tosse imbarazzati si diffusero tra i ragazzi, mentre qualcun'altro - come Minho - mi rivolse un'occhiata maliziosa.
Mi avvicinai a Newt e gli lanciai un'occhiata per capire il suo umore dopo il bacio.
Lo vidi con la mascella serrata e i pugni contratti, ma quando incroció il mio sguardo si rilassó.
"Pronti per andare o qualcun'altro vuole dare il bacio di addio?" chiese Minho divertito.
Abbassai lo sguardo imbarazzata e sentii i passi dei Radurai farsi sempre più veloci, segno che tutti stavano entrando correndo nel Labirinto.
Guardai per qualche altro secondo il viso di Gally e impressi nella mia mente ogni suo lineamento.
Cercai di impiantare nella mia mente le sue lentiggini, le sue labbra, il modo in cui stringeva la mascella quando era nervoso o arrabbiato. Mi aveva sempre affascinato il modo in cui si grattava la nuca quando era imbarazzato o il modo il cui i suoi muscoli si flettevano quando lavorava.
Ma più di tutto cercai di memorizzare i suoi occhi. Quelle mappe indecifrabili di emozioni, che mi avevano colpito sin dal primo giorno.
Mi morsi il labbro così forte da farmi male e ordinai ai miei piedi di muoversi.
Non lo rivedrò... Pensai cercando di trattenere le lacrime. Mai più.
Mi sarebbe mancato. Probabilmente non sarei più stata la stessa dopo quel giorno.
Come potevo esserlo? Stavo per abbandonare una parte di me in quel posto e nessuno avrebbe potuto restituirmela.
"Forza, Eli." mi sussurrò Newt afferrandomi la mano.
Mi trascinò fino a dentro il Labirinto e gliene fui grata. Se non mi avesse aiutato lui, probabilmente sarei ancora lì, con le lacrime agli occhi.
Scacciai ogni sorta di pensiero e spensi tutte le emozioni.
Non potevo permettermi un crollo in quell'istante.
Tenendo un passo costante, corsi sui sentieri di pietra che portavano alla Scarpatainsieme agli altri Radurai. Non potevo fare a meno di ammirare impressionata i muri di cemento che ci sovrastavano minacciosi. 
Forse quella che stavamo compiendo era un'impresa più grande di noi. Forse il peso del Labirinto alla fine ci avrebbe schiacciati tutti.
Lo scalpiccio dei piedi echeggiava nei corridoi e le luci rosse delle Scacertole tra le foglie d'ederamandavano bagliori anche più inquietanti del solito. Era ovvio che i Creatori ci stessero osservando eascoltando. In un modo o nell'altro, ci sarebbe stata una battaglia. 
Il gruppo si era distribuito per tutta la larghezza del corridoio e stava correndo a passo costante, ma svelto. Presto iniziai a sentire i primi segni di stanchezza e mi chiesi cosa provassero gli altri che, come me, non erano Velocisti.
I polmoni presto iniziarono a bruciarmi e il fiato che inalavo sembrava non arrivarci neanche ai polmoni.
Vidi Newt scambiare due parole con Minho e quest'ultimo corse in testa, guidandoci Radurai per condurci a tutte le svolte necessarie. 
Ogni passo stava diventando un'agonia. Il coraggio che avevo racimolato si era trasformato in terrore e michiesi quando avremmo cominciato a sentire i Dolenti che ci davano la caccia.
Continuammo a muoverci a ritmo costante, ma ben presto iniziai a sentire l'ansare degli altri Radurai.
Tuttavia, nessuno cedette. Corremmo e corremmo ancora, senza trovare traccia deiDolenti. 
Via via che il tempo passava, iniziai a sperare di raggiungere presto la Scarpata. 
E magari anche di arrivarci viva.
Ad un certo punto, Minho rallentò all'angolo, poi si fermò esollevò una mano per dirci di fare lo stesso. 
Dopodichè si voltò, con l'orrore dipinto inviso. 
Capii immediatamente cosa doveva significare quell'espressione e mi sentii mancare l'aria.
Minho strisciò in avanti di qualche passo e sbirciò oltre il bordo affilato del muro di pietra,guardando qualcosa.
Balzò all'indietro, facendo sussultare anche me. 
L'Intendente disse qualcosa, ma io non capii. Decisi di avvicinarmi in punta di piedi, evitando di fare rumore.
"Ce ne sono almeno dodici. Forse anche quindici." spiegò sollevando le braccia e strofinandosi gli occhi col dorso delle mani. "Ci stanno aspettando!"
I Dolenti. Era come se fossero rimasti nascosti, in attesa,e si stessero risvegliando in quel momento. 
Come per magia, iniziai a sentire anche io il loro rumore sferragliante e meccanico.
Sentii un brivido gelido percorrermi la schiena, più intenso che mai. Lanciai un'occhiata a Newt e lui mi fissò preoccupato. Stava per dire qualcosa, ma si bloccò quando vide la mia espressione spaventata. 
Lui ricambiò lo sguardo, carico di tensione.
Non l'avevo mai visto mostrarsi terrorizzato in quel modo. 
Poi finalmente, dopo aver ingoiato un groppo di saliva, mi disse: "Be', sapevamo di dover combattere." 
Cercò di sembrare il più tranquillo possibile, tuttavia il tremolio nella sua voce lo tradì. 
Feci un profondo respiro ed annuii cercando di sembrare il più convinta e tranquilla possibile.
Non volevo mettere più peso sulle spalle di Newt e sembrare la tipica donzella indifesa. Io non lo ero e non lo sarei mai stata. 
Me la caverò. Pensai stringendo le dita attorno all'arco. Ce la caveremo. 
Sentivo le gambe tremarmi alla consapevolezza che i Dolenti erano lì, letteralmente dietro l'angolo. 
I miei dubbi sulla capacità di farcela mi si insinuarono nella mente e nel cuore. 
Ma se i Dolenti erano così crudeli e percolosi come dicevano gli altri, perchè se ne stavano immobili ad aspettarci?
C'era un silenzio attanagliante, escludendo i suoni striduli di quelle bestie.
Poi Thomas bisbiliò, dando voce ai miei pensieri: "Forse hanno già preso un ragazzino nella Radura. Forse possiamo oltrepassarli e basta... Altrimenti perché se ne starebbero lì fermi..." 
Venne interrotto da un rumore forte e lo vidi voltarsi di colpo verso il corridoio. 
Thomas si rigirò di scatto, con il volto sbiancato ed io temei il peggio, aspettando le sue parole.
Stava proprio per dire qualcosa quando nell'aria si udirono altri rumori, ma questa volta dall'altro capo del lungo vicolo. 
Riuscii a dare un'occhiata fugace prima che qualcun'altro mi si piazzasse davanti, oscurandomi la visuale.
Maledii mentalmente la mia statura bassa, ma nello stesso istante ringraziai il ragazzzo che mi si era parato davanti perchè mi aveva costretta a distogliere lo sguardo.
Quello che avevo visto mi era bastato: altri Dolenti ci stavano raggiungendo dall'altra parte del lungo corridoio
Il nemico era ovunque. Eravamo bloccati.
I Radurai si scagliarono verso Thomas, formando un gruppo compatto e costringendolo a spostarsi all'aperto nel corridoio.
Mi affrettai a raggiungere gli altri e tra spintoni e gomitate, riuscii ad arrivare in prima linea.
Un dolore pulsante, acuto, mi salì alle narici e sembrò raggiungere ed annidarsi dietro agli occhi.
Venni spinta in avanti dai Radurai e tutti si assembrarono ancora più compatti, tutti rivolti verso l'esterno.
Allungai il collo e sbirciai oltre il muro di pietra.
Vidi l'orda dei Dolenti che ci separava dall'abisso: le punte tese, la pelle umidiccia che si sollevava e abbassava a ritmo regolare. 
Ci aspettavano, ci osservavano. 
La cosa che mi inquietò maggiormente fu la distanza che separava noi da quei due gruppi di Dolenti assetati di sangue.
Erano solo pochi metri.
Quei cosi erano a pochi metri da noi e nessuno osava fare niente!
Eravamo circondati, senza dubbio circondati. 
Dovevamo uscire da quella situazione prima che peggiorasse ancora.
Attesi in silenzio gli ordini ch sarebbero dovuti arrivare da Thomas o Minho, ma nessuno disse una parola. 
Sentiva Newt tremare di fianco a me, anche lui ammassato contro la parete. 
Cercai la sua mano e, quando la sfiorai, lui sussultò leggermente, poi accettò volentieri quel contatto.
Ancora una volta gli unici suoni presenti erano i gemiti spettrali e i ronzii meccanici provenienti dai Dolenti, fermi a godersi la piccola trappola che avevano allestito per noi. 
I loro corpi disgustosi pulsavano, soffiando fiato artificiale con sbuffi meccanici.
Perchè stiamo qui immobili! E' ovvio che aspettano da noi la prima mossa e se non lo fanno vorrà dire che li coglieremo di sorpresa. Pensai lanciando un'occhiata a Thomas.
"Hai qualche idea?" chiesi al ragazzo.
Lui si limitò a scuotere la testa, poi aggiunse: "Non capisco che cacchio stanno aspettando."
"Dannazione Tom... Noi ti abbiamo seguito fino a qui e tu ora ci dici che non hai un piano?" chiesi scocciata.
"Non saremmo dovuti venire." disse Alby, per la prima volta d'accordo con me. Fino ad allora era rimasto zitto e la sua voce suonò strana, specialmente per via dell'eco creato dai muri del Labirinto.
Thomas gli lanciò un'occhiataccia e poi si rivolse a me: "Be', nel Casolare non saremmo messi meglio. Odio dirlo, ma se muore uno di noi è meglio che se muoiono tutti."
In quel momento sperai davvero che la faccenda dell'unico morto per notte fosse vera, ma non potevamo aggrapparci a quell'unica cosa.
Non sarebbe bastata per sconfiggere i cacchio di Dolenti!
Quello era il suo piano? Be' faceva veramente schifo.
La voce di Alby risuonò ancora una volta lungo tutto il corridoio: "Forse dovrei..."lasciò la frase a metà e prese ad avanzare verso la Scarpata. Lento, come in trance. 
Lo osservai con orrore distaccato. Non riuscivo a credere ai miei occhi.
"Alby?" disse Newt. "Torna qui!"
Troppo tardi capii quali fossero le sue intenzioni. Voleva creare un diversivo per farci scappare verso la Scarpata, oppure voleva sacrificarsi e fare in modo che i Dolenti avessero ucciso solo lui quella notte.
In ognuno dei due casi, si sarebbe fatto uccidere.
Alby cominciò a correre, andando dritto verso l'orda di Dolenti che lo separava dalla Scarpata.
"Alby!" gridò Newt.
Feci per dire qualcosa a mia volta, ma Alby aveva già raggiunto i mostri ed era saltato addosso a uno di loro. 
Newt mollò la presa con la mia mano e si staccò dal mio fianco, correndo verso Alby.
Tesi le mani e acciuffai Newt per le braccia prima che potesse andare oltre.
Non potevamo fare niente ormai. Cinque o sei Dolenti si erano già rianimati e avevano aggredito il ragazzo di colore, in un turbine di pelle e metallo. 
Misi tutta la forza che avevo nelle braccia e tirai Newt indietro.
"Lasciami andare!" strillò Newt, lottando per liberarsi.
"Ma sei impazzito?" gli gridai di rimando. "Non puoi farci niente!"
Altri due Dolenti si staccarono dal branco e si gettarono su Alby, salendo uno sopra l'altro, pinzando e squarciando il suo corpo come se volessero entrarvi dentro e mostrare tutta la loro maligna crudeltà. In qualche modo, anche se pareva impossibile, Alby non gridò. 
Non passò molto che persi di vista il corpo del ragazzo.
Mi stavo concentrando a pieno nel lottare con Newt, ma fui grata per quella distrazione. 
Finalmente, dopo diversi secondi, Newt cedette e si accasciò all'indietro, sconfitto.
Una nausea improvvisa mi invase lo stomaco, mettendolo sotto sopra.
Lo avevamo perso. Completamente.
Trattenendo la mia voglia di vomitare per quel puzzo acre e per la situazione che si era andata a creare, aiutai Newt a rimettersi in piedi. 
Lui non riusciva a smettere di fissare il punto in cui era scomparso l'amico.
"Non riesco a crederci." sussurrò Newt. "Non riesco a credere che l'abbia fatto."
Scossi la testa, incapace di rispondere. Vedere Alby cadere in quel modo... Un nuovo tipo di dolore mai provato prima mi riempì i visceri, un dolore malato, lacerante, peggiore del dolore fisico. E non sapevo nemmeno se avesse qualcosa a che vedere con Alby. Non mi era mai piaciuto granché, quel ragazzo. Dopotutto anche lui non mi sopportava e mi dava contro continuamente. Non che ci odiassimo a vicenda, ma era più un sopportarsi a vicenda. 
Tuttavia il pensiero che ciò che avevo appena visto sarebbe potuto succedere a Chuck, o a Newt.
Minho si avvicinò a me e Newt. Strinse la spalla di quest'ultimo. "Non possiamo sprecare ciò che ha fatto." spiegò in tono fastidiosamente calmo.
Poi si voltò verso Thomas. "Se sarà necessario, li combatteremo, faremo in modo di aprire un varco verso la Scarpata per te ed Elena. Entrate nella Tana e fate il vostro dovere... Noi li terremo fuori finché non ci urlerete di seguirvi."
Thomas guardò tutti i gruppi di Dolenti - nessuno dei quali si era ancora mosso verso di noi - e annuì. "Speriamo che si disattivino per un po'. Ci serve solo un minuto o poco più per digitare il codice." spiegò il ragazzo lanciandomi un'occhiata preoccupata.
"Come fate a essere così senza cuore?" mormorò Newt alle mie spalle.
Il tono schifato della sua voce mi sorprese e allo stesso tempo mi riempì di sensi di colpa.
Alby si era fatto ammazzare per noi. Era solo colpa nostra.
"Che vuoi, Newt?" intervenne Minho. "Dobbiamo metterci in tiro e fargli il funerale?"
Lanciai un'occhiataccia a Minho. Non era quello il momento di fare sarcasmo.
Newt non rispose. Stava ancora fissando il punto in cui sembrava che i Dolenti ammucchiati sopra ad Alby si stessero cibando del suo corpo. 
Non potevo sapere come Newt avrebbe reagito alla morte del suo amico. La prima volta che pensavamo fosse successo, lui aveva tentato il suicidio per la seconda volta.
Avrebbe sopportato tutto quel dolore ancora?
Non riuscii a fare a meno di sbirciare verso i Dolenti e vidi una macchia color rosso vivo su uno dei corpi delle creature. Mi venne il voltastomaco e distolsi subito lo sguardo.
Minho proseguì: "Alby non voleva tornare alla sua vecchia vita. Si è fottutamene sacrificato per noi... e adesso non ci stanno attaccando, quindi forse ha funzionato. Saremmo senza cuore se sprecassimo questa occasione."
Newt, per tutta risposta, si limitò a stringersi nelle spalle e a chiudere gli occhi.
Mi accucciai accanto a lui e gli presi la mano. Non volevo dire niente. Non c'era bisogno. Qualsiasi parola, in quel momento, mi sembrava di troppo.
Minho si voltò, rivolgendosi al gruppo di Radurai stretti gli uni agli altri: "Ascoltatemi! La nostra priorità è proteggere Elena e Thomas. Devono arrivare alla Scarpata e alla Tana per..."
Fu interrotto bruscamente dal rumore dei Dolenti che si riattivavano. 
Sollevai impaurita lo sguardo: le creature sembravano essersi nuovamente accorte di noi. 
All'unisono, cominciarono ad avanzare, lenti, dispiegando le appendici con i loro strumenti di tortura puntati verso di noi, pronti a ucciderci. 
Stringendo la formazione a trappola, come un cappio, i Dolenti stavano venendo alla carica con passo regolare.
Strinsi la mano di Newt, presa da un terrore mai provato prima. Lui fu l'unica cosa a cui mi ancorai, per non perdere del tutto ogni bella emozione.
Forse se ne stavano andando o magari qualcuno aveva avuto la mia stessa idea quando lavoravo alla W.I.C.K.E.D.
Magari avevano hackerato i comandi dei Dolenti, facendo in modo che si distruggessero tra di loro.
Ben presto mi resi conto che era inutile e da stupidi cercare di nascondere ciò che era inevitabile.
Il sacrificio di Alby era stato un miserabile fallimento.

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Capitolo 47
*** Capitolo 47. ***


Thomas afferrò il braccio di Minho. "In qualche modo devo superare quella barriera!" disse facendo un cenno verso l'orda di Dolenti che rotolavano tra noi e la Scarpata. Sembravano un'unica, grande massa rombante di carne gelatinosa e puntuta, che luccicava per i riflessi delle luci sull'acciaio. Alla luce grigia e sbiadita di quei giorni, sembravano anche più minacciosi che mai. 
Minho e Newt si scambiarono una lunga occhiata. 
Sperai con tutto il cuore che si sbrigassero a fare un piano, perché l'attesa della battaglia era quasi peggio della paura della battaglia stessa.
"Stanno arrivando!" urlai spazientita. "Dobbiamo fare qualcosa!"
"Guidali tu." disse infine Newt a Minho, la voce ridotta a poco più che un sussurro. "Crea un cacchio di sentiero per Elena e Tommy. Fallo."
Minho annuì una volta, il volto indurito da uno sguardo di ferrea risoluzione.
Poi si voltò verso i Radurai e ordinó: "Andiamo dritti alla Scarpata! Lottiamo contro quelli al centro, spingiamo quei cosi del caspio verso i muri. La cosa più importante è che Thomas ed Elena arrivino alla Tana dei Dolenti!"
Cercai di mantenere lo sguardo fisso su Minho, ma i miei occhi si ostinavano a guardare i mostri che si avvicinavano. 
Ormai erano a pochi metri da noi e continuavano a fissarci in attesa di una nostra risposta all'attacco.
Strinsi il mio arco e reggendomi sulle gambe tremanti mi alzai in piedi.
Thomas mi prese la mano e mi avvicinó a lui. 
"Dobbiamo rimanere vicini." mi spiegó. "Lascia che siano loro a combattere... Noi dobbiamo entrare nella Tana."
"Ma..." cercai si protestare. 
Mi sentivo una codarda nel lasciare combattere gli altri al mio posto.
Come potevo chiedere ai Radurai di rischiare la vita per me?
"Se non riusciamo a digitare il codice, tutta la lotta e le eventuali morti saranno vane." spiegó Thomas con voce salda. 
Annuii sconfitta e lanciai un'ultima occhiata a Newt, che nel frattempo si era alzato in piedi.
"Pronti!" gridò Minho accanto a me, sollevando la mazza avvolta nel filo spinato in una mano e un lungo coltello argenteo nell'altra. 
Newt mi afferró il polso e mi sussurró: "Qualunque cosa accada, tu devi continuare a correre e devi stare vicino a Thomas. Lui ti proteggerà."
"Sono capace di farlo anche da sola." spiegai sorridendogli incoraggiante.
"Non avevo dubbi." replicó lui lasciandomi un bacio sulle labbra. "Io..." sussurró ancora una volta.
Inarcai un sopracciglio. Ci restava pochissimo tempo.
"Io... Ti amo." bisbiglió arrossendo.
Un calore improvviso mi invase il cuore e un sorriso spontaneo mi si formó sulle labbra.
Minho puntò il coltello verso l'orda dei Dolenti. La lama luccicò. "Ora!" L'Intendente si scagliò in avanti senza attendere le reazioni altrui. 
"Anche io!" urlai per sovrastare i gridi di battaglia dei Radurai.
Newt mi diede un'ultima occhiata, poi lo seguì al volo.
Thomas strinse la mia mano e lasciò passare tutti i Radurai.
Sentii i loro spintoni, l'odore del sudore e notai i loro visi macchiati dal terrore. 
Continuai a fissare Newt, che correva il più veloce possibile verso i Dolenti, zoppicando vistosamente.
Poi si gettò su un Dolente ed iniziò ad infilzare la sua pelle molliccia con la lancia improvvisata.
Il mostro rispondeva ad ogni colpo e Newt schivava con la velocità di un missile. Gli attacchi del ragazzo procedevano con precisione e assiduità, ma anche quelli del Dolente iniziarono ad intensificarsi e sembrava quasi che la bestia ci mettesse tutta la sua forza per riuscire a colpirlo in qualche modo.
Solo allora Newt iniziò a colpire a casaccio la pelle molliccia del mostro. I suoi muscoli si tendevano per lo sforzo e continuava a saltellare sulle gambe, spostandosi per schivare quando necessario.
Grida laceranti, unite a rombi meccanici e al rumore del legno che sbatte contro l'acciaio, si intensificarono sempre di più, creando un frastuono insopportabile.
Lanciai un'occhiata agli altri Radurai e sembrava quasi che avessero in pungo la situazione.
Vidi Chuck superarci correndo e Thomas gli afferrò prontamente un braccio.
Chuck inciampò e poi sollevò lo sguardo verso Thomas, con gli occhi tanto pieni di paura da spezzarmi il cuore. 
"Chuck, tu resti con me ed Elena." spiegò Thomas con voce ferma.
Chuck guardò avanti, verso la battaglia che infuriava, poi ritornò con lo sguardo su di noi e aggiunse: "Ma..." 
Lasciò la frase a metà e capii subito che al ragazzino piaceva l'idea, anche se si vergognava ad ammetterlo.
"Ci serve il tuo aiuto nella Tana dei Dolenti, nel caso in cui uno di quei cosi sia lì ad aspettarci." spiegai io cercando di preservare intatta la sua dignità.
Chuck annuì in fretta, troppo in fretta. Di nuovo, ebbi una fitta di tristezza al cuore.
Dovevamo portare quel bambino in salvo. Magari rischiando la nostra stessa vita, ma sentivo questo dovere. 
"Okay, allora." esordì Thomas. "Prendi Elena per l'altra mano. Andiamo."
Misi l'arco in spalla e porsi la mano al bambino, che lui afferrò senza indugio. Aveva il palmo sudaticcio e tremante, ma continuava a mettercela tutta per mostrare coraggio. 
Porsi lo sguardo nuovamente alla battaglia e con mia sorpresa notai che i Radurai avevano aperto un varco. 
"Hanno creato un'apertura!" urlai a Thomas, indicando più avanti. 
I Radurai stavano lottando selvaggiamente per spingere i Dolenti verso le pareti e non avrebbero resistito ancora per molto.
"Ora!" gridò Thomas. Schizzò in avanti, tirandomi dietro per la mano.
A mia volta trascinai dietro anche Chuck e continuai a stritolare la sua mano per tutto il tragitto, temendo che mi sarebbe scivolata via da un momento all'altro.
Corremmo a velocità massima, dritti verso il corridoio di pietra ormai pieno di urla e di sangue. Verso la Scarpata. La guerra infuriava intorno a noi, facendosi sempre più chiassosa e sanguinosa. 
I Radurai stavano combattendo, sicuramente aiutati dalle ondate di adrenalina causate dal panico. 
I suoni che echeggiavano dalle pareti erano una cacofonia di terrore: grida umane, stridore metallico, rombo di motori, le grida spaventose dei Dolenti, le seghe che giravano all'impazzata, gli artigli che schioccavano, i ragazzi che chiamavano aiuto. 
Era tutta una foschia di sangue, grigiore e bagliori d'acciaio. 
Mi guardai attorno, continuando a tenere salda la mano dei due ragazzi.
Passai proprio vicino a Newt e lui si distrasse un secondo, lanciandomi un'occhiata.
Anche il Dolente contro cui stava combattendo sembrava essersi accorto di noi e sfruttò quel secondo di distrazione per avvicinare un artiglio verso Chuck.
Strattonai il bambino all'indietro e a quel punto il Dolente cambiò direzione, puntando al mio addome.
Feci uno scatto indietro, ma il suo artiglio mi lasciò un profondo taglio sulla pancia.
Urlai di dolore, ma non mi fermai e continuai a correre.
Guardai oltre le larghe spalle di Thomas e mi accorsi che ormai mancavano solo pochi metri.
La folle impossibilità dell'impresa era come un'enorme inondazione di acqua nera che saliva tutta intorno a me, trascinandomi verso la resa.
Ogni passo era una fitta di dolore, ma non mollai.
Newt aveva ripreso a combattere, più accanito di prima.
Thomas fece uno scatto a sinistra, trascinando sia me che Chuck di conseguenza, e continuò a correre. 
Un gemito lancinante si diffuse nell'aria e il grido non si interruppe, squarciando l'aria, sovrastando gli altri suoni fino ad affievolirsi nel silenzio della morte. 
Mi sentii tremare il cuore e sperai che non fosse qualcuno che conoscevo.
Udii una voce lontana che continuava a gridare le stesse parole, qualcosa che ci riguardava. 
Qualcosa riguardo al fatto di proteggere la nostra corsa. 
Era Minho, sicuramente Minho. Le cui urla ormai trasudavano stanchezza e disperazione.
Non ci fermammo. Neanche quando un Dolente si lanciò su Chuck. Con un forte strattone tirai il bambino verso di me e il Dolente cascò sulla gelida pietra.
Presto arrivarono altri Dolenti ad attaccarci e altri Radurai vennero prontamente in nostro aiuto. Ragazzi che non conoscevo correvano al mio fianco, colpendo le appendici dei Dolenti con le loro armi di fortuna, saltando loro addosso, attaccandoli in ogni modo. 
I rumori crebbero fino a divenire insopportabili. 
L'addome continuava a bruciarmi senza sosta e gridai per la disperazione e il dolore.
Sentii Thomas sbandare e frenare subito dopo. Andai a sbattere contro la sua schiena, spinta a mia volta da Chuck.
C'erano sei o sette rami di edera che si estendevano dal bordo di pietra fino a un rudimentale quadrato invisibile, fluttuando nel vuoto del cielo fino a sparire nel nulla.
I Velocisti... Pensai ricordandomi delle corde di edera che i Velocisti avevano portato dentro il Labirinto. 
Thomas esitò, poi parlò con voce chiara: "Prima tu, Elena."
Senza esitare mi lanciai nel vuoto,facendo perno col piede sinistro sul bordo della Scarpata e catapultandomi in alto, nell'aria del crepuscolo. 
Trattenni il respiro e chiusi gli occhi per la paura. 
In una frazione di secondo sentii le mie gambe fare impatto contro il pavimento duro di cemento.
Caddi a terra e rotolai per qualche secondo, gemendo per il dolore.
Subito un lampo gelido mi percorse la pelle, partendo dagli alluci e salendo lungo tutto il corpo, come se mi fossi tuffata in uno specchio d'acqua gelata. 
Il mondo parve farsi ancora più buio. 
Anzi, tutto era buio.
Il terrore mi si annidò nel petto, stringendo come una morsa d'acciaio.
Attesi in silenzio che qualcuno si buttasse come me dentro la Tana e pregai che nessun Dolente facesse capolino dal buio.
Sentii un grido e poi un forte tonfo.
"Chuck? Thomas?" chiamai nel buio.
"Sono Chuck, dove sei?" urlò il ragazzino con aria spaventata.
"Sono qui!" risposi avanzando a tentoni nel buio.
"Aspetta... Ho una torcia." disse il ragazzino. Lo sentii armeggiare con lo zainetto che teneva in spalla, poi ci fu un click meccanico e una luce accecante mi invase gli occhi.
Portai le braccia davanti al viso e distolsi lo sguardo. Quando Chuck smise di puntarmi la torcia addosso, aprii gli occhi.
Mi accorsi che ci trovavamo su un cilindro di pietra, alto circa tre metri. 
Era umido e coperto di una sostanza oleosa sporca e luccicante.
Il cilindro si estendeva davanti a noi per decine di metri prima di dissolversi nel buio. 
Sollevai lo sguardo per sbirciare il buco da cui eravamo entrati: aveva l'aspetto di una finestra quadrata affacciata su uno spazio profondo e privo di stelle.
Una figura oltrepassò la finestrella e mi piombò addosso.
Thomas era steso proprio sopra di me e non potei fare a meno di gemere per il dolore causato dalla ferita.
Il ragazzo si alzò velocemente, aiutato da Chuck, poi mi tese una mano.
"Stai bene?" chiese una volta che fui in piedi anche io.
Annuii portando una mano sulla ferita.
Subito le mie dita si macchiarono di rosso e dovetti distogliere lo sguardo per non vomitare.
"Il computer è laggiù!" disse Thomas, catturando la mia attenzione.
Diversi metri più addentro, nella galleria, c'era un piccolo quadrato di vetro sudicio, che brillava di una luce opaca e verdognola, contro cui Chuck aveva subito puntato la torcia. 
Sotto lo schermo c'era una tastiera incassata nella parete, che però sporgeva abbastanza da consentire di usarla con facilità standovi in piedi davanti. 
Se era proprio lì, a pochi metri da noi, perchè tutto mi sembrava fin troppo semplice per essere vero?
"Scrivi le parole!" gridò Chuck, dando una pacca sulla spalla di Thomas. "Spicciati!"
Thomas mi fece cenno con la testa perché lo facessi io. 
"Io e Chuck staremo di guardia, per essere sicuri che non entri qualche Dolente dal buco." spiegò tranquillo.
Annuii e mi avvicinai al computer malmesso.
Pulii il sudiciume che lo ricopriva e mi affrettai a ripassare il codice prima di inserirlo.
FLUTTUA, PIGLIA, SANGUINA, MORTE, RIGIDO, PREMI.
Avvicinai le mie dita alla tastiera, quando venni interrotta da un forte colpo proveniente dall'alto, alle mie spalle.
Mi voltai di scatto e vidi un Dolente lasciarsi cadere dalla buca. Sbucò dal quadrato scuro come per magia. La creatura aveva ritratto le punte per entrare, ma quando atterrò con un tonfo appiccicaticcio, una dozzina di brutte appendici affilate saltarono fuori di nuovo, con un'aria più letale che mai.
Vidi Thomas spingere Chuck dietro di sé e affrontare da solo il mostro, tenendo la lancia puntata come se potesse servire a respingerlo.
Impugnai l'arco saldamente e caricai una freccia.
Feci come Gally mie aveva mostrato la prima volta e con dita tremanti scagliai la freccia, che andò a conficcarsi nel muso del Dolente.
Dei forti gemiti e le grida provenienti dal Dolente, si confusero con la voce di Thomas.
"Continua a scrivere, Elena!" mi ordinò.
Senza esitare mi voltai di nuovo verso il computer ed iniziai a digitare, una parola alla volta, con la massima cautela, ma nel frattempo cercando di fare in fretta.
FLUTTUA, PIGLIA, SANGUINA, MORTE, RIGIDO, PREMI. 
Ogni parola che inserivo, appariva sullo schermo, seguita da un bip. Poi magicamente scompariva.
Ma c'era qualcosa che non andava con l'ultima parola. Il computer non me la prendeva.
Continuai a digitare freneticamente sulla tastiera, cercando di ignorare i continui rumori provenienti dalla battaglia tra Thomas e il Dolente.
"Questi mostri si possono sconfiggere!" gridò Thomas.
"Il computer non prende l'ultima parola!" gridai di rimando.
Thomas non rispose ed io continuai a provare. 
Eppure il codice è questo! Perchè questo affare non funziona?! Pensai andando in panico.
"L'hai ucciso!" urlò Chuck. Poi scoppiò a ridere, come se con quell'azione tutti i problemi fossero stati risolti. 
"Non è stato così difficile." borbottò Thomas. "Che problema c'è?" mi domandò, quasi urlando. 
Corse verso di me per guardare e indicai il riquadro di vetro sporco, vuoto a parte il bagliore verdastro che gli dava vita, per mostrargli ciò che non funzionava.
"Ho inserito tutte le parole e sono apparse una alla volta sullo schermo. Poi si sentiva un bip e scomparivano. Ma l'ultima parola non la prende. Non sta succedendo niente!" spiegai con voce tremante.
"Be'... Perché?" mi chiese lui, ancora ansimando in cerca di ossigeno.
"Non lo so!"
Continuai a provare. Le mie dita scorrevano veloci sulla tastiera, ricomponendo ogni volta la stessa, medesima parola.
Prima la P, poi la R, seguita da E, M e dalla I. Per quanto io provassi, non accadeva nulla.
"Thomas!" strillò Chuck, dietro di noi. 
Si sentì un tonfo sordo ed esclusi che fosse un qualunque Raduraio. Doveva trattarsi di un altro Dolente.
"Perché ci stai mettendo così tanto?" sbraitò Chuck, isterico. "Avevate detto che si sarebbero spenti, col codice!"
"Il computer non accetta la parola PREMI..." spiegò Thomas, assente. 
"Andiamo, dannazione..." dissi tra me e me. "Non ci arrivo, il codice avrebbe dovuto..."
"Forse dovete solo premere quel bottone" disse Chuck.
Seguii la direzione in cui il ragazzino stava indicando. In punto a pochi centimetri dal pavimento, proprio sotto allo schermo e alla tastiera, c'era un piccolo bottone rosso incassato nel muro.
Mi buttai a terra e allungai la mano verso la soluzione a quel problema.
Stampato sopra il pulsante c'erano scritte tre parole in nero. Era tanto ovvio che non riuscivo a credere che mi fosse sfuggito. 
DISTRUGGI IL LABIRINTO.
Sentii il Dolente gemere e ruggire alle mie spalle, subito dopo seguito da un artiglio affilato, che prendendomi la maglietta, mi provocò una fitta di dolore. 
Senza esitare premetti il pulsante e tutto si fece completamente silenzioso.
Poi, da qualche parte in fondo alla galleria buia, si sentì il rumore di una porta scorrevole che si apriva

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Capitolo 48
*** Capitolo 48. ***


I Dolenti si erano completamente disattivati quasi subito. Le loro appendici furono risucchiate dalla pelle bulbosa, le luci si spensero, sui macchinari al loro interno calò una quiete mortale. E quella porta... 
Caddi a terra e, nonostante il dolore dei vari tagli che si ritrovavano sulla schiena e sull'addome, mi sentii pervadere da un entusiasmo tale che non sapevo come reagire. 
Prima boccheggiai, poi scoppiai a ridere, poi quasi soffocai a causa di un singhiozzo prima di ricominciare a vivere ancora. 
Chuck si era allontanato dai Dolenti, finendo per andare a sbattere addosso a Thomas, che lo strinse forte, stritolandolo in un abbraccio d'acciaio.
"È merito tuo, Chuck." disse Thomas entusiasta. "Eravamo talmente preoccupati delle stupide parole del codice che non abbiamo pensato a guardarci intorno in cerca di qualcosa da premere... L'ultima parola, l'ultimo pezzo del puzzle." spiegó ridendo di nuovo, incredulo che fosse possibile qualcosa del genere dopo tutto ciò che avevamo passato. 
"Ha ragione, Chuck... amico, ci hai salvati! Te l'ho detto che c'era bisogno di te!" confermai.
Arrancai per tirarmi in piedi e mi unii agli altri due ragazzi in un abbraccio di gruppo. 
Mi pareva quasi di delirare. 
"Chuck è un caspio di eroe!" esultó Thomas aumentando la stretta intorno al ragazzino, che nel frattempo stava assumendo un colorito rossastro per l'imbarazzo.
D'un tratto sentii svanire l'entusiasmo, che fu velocemente sostituito dal panico e da una stretta allo stomaco.
"E gli altri?" chiesi facendo un cenno diretto all'apertura della Tana dei Dolenti. 
Thomas fece un passo indietro e si voltò a guardare anche lui, con il sorriso ormai cancellato dalle labbra.
Come in risposta alla mia domanda, qualcuno cadde dal quadrato nero. Era Minho, che sembrava essere stato graffiato o pugnalato sul novanta per cento della superficie del suo corpo.
"Minho!" gridò Thomas, pieno di sollievo. "Stai bene? E tutti gli altri?" 
Minho incespicò verso il muro curvo della galleria e poi vi si appoggiò, ansando. 
"Abbiamo perso moltissime persone... Lassù è un bagno di sangue... Poi si sono spenti tutti di colpo."
Fece una pausa, inspirando profondamente e poi espirando di botto. "Ce l'avete fatta. Non riesco a credere che abbia funzionato davvero."
E Newt? Avevo paura di fargli quella domanda. E se fosse morto per colpa nostra?
Qualcun'altro piombó dentro la Tana e rotoló per alcuni metri.
Vedere la sua testa bionda, tutta spettinata e ribelle, mi riempì di sollievo.
Corsi verso di lui, ignorando il continuo e pulsante dolore delle ferite, nel mentre che qualcun'altro arrivava nella Tana. 
Frypan. Poi Winston e alcuni altri. In breve, diciotto ragazzi si unirono a noi nella galleria, raggiungendo così un totale di ventun Radurai.
Ciascuno di coloro che erano rimasti indietro a combattere, era coperto di muco dei Dolenti e sangue umano, e aveva gli abiti a brandelli.
Mi precipitai sopra Newt, che respirava pesantemente, con gli occhi chiusi.
"Gli altri?" domandó Thomas, terrorizzato.
"Metà di noi..." ansimó Newt con voce fioca. "Morti."
Allora nessuno disse una parola. Nessuno disse più nulla per un bel pezzo.
"Sapete una cosa?" disse Minho, mettendosi un poco più dritto. "Metà di noi sarà anche morta, ma metà di noi è sopravvissuta, caspio. E nessuno è stato punto... proprio come pensava Thomas. Dobbiamo uscire di qui."
Troppi. Pensai scuotendo la testa. Veramente troppi.
La mia felicità si dissolse e si trasformò in un senso di lutto profondo per le venti persone che avevano perso la vita. 
Come facevamo a considerarla una vittoria?
"Newt..." bisbigliai toccando il braccio del ragazzo ancora steso a terra.
Lui spalancó gli occhi di colpo e mi fissó per qualche istante, poi si tiró a sedere velocemente.
"Stai bene?" chiese con aria preoccupata, squadrando le mie ferite.
"Sì... Sto bene." risposi cercando di coprire il sangue che continuava a sgorgare dal taglio profondo sull'addome.
"Caspio, Eli. Ma ti sei vista? Sei ferita e stai perdendo sangue. Molto sangue. E mi dici di stare bene?" 
"Non sono l'unica... C'é chi sta peggio di me. Tu stai bene?" chiesi preoccupata.
Lui scosse la testa e si alzó in piedi. "Dovresti pensare un po' di piú a te stessa a volte. Anteporre il bene degli altri al proprio a volte va bene. Ma se continui così ti farai male." spiegó zoppicando per mantenere un equilibrio sulle gambe.
"Andiamocene di qui." sentenzió alla fine Newt. "Ora. Non sono di certo un Medicale, ma se lei continua a sanguinare così, non credo andrà molto lontano."
"Dove andiamo?" domandò Minho. Thomas indicò la lunga galleria che si perdeva nel buio. "Ho sentito il rumore di una porta che si apriva, da quella parte."
Cercai di scacciare in qualche modo tutto quel dolore: l'orrore della battaglia che avevamo appena vinto. Le vittime. Cacciai via tutto, sapendo che non eravamo ancora affatto al sicuro.
"Bene così... Andiamo." rispose Minho. Il ragazzo più grande si voltò e prese a camminare lungo la galleria, senza aspettare la risposta degli altri. Newt annuì, incitando gli altri Radurai a seguire Minho, poi si voltó verso di me e mi porse la mano.
La afferrai senza esitare e ritrovai la stabilità che avevo perso.
Ci incamminammo uno alla volta, finché io e Newt non rimanemmo soli con Thomas.
"Vado io per ultimo." disse Thomas. Lanciai uno sguardo a Newt e lui mantenne lo sguardo dritto davanti a sé, quasi ignorandomi.
Si stava comportando in modo molto strano, come se fosse arrabbiato con me.
Feci per aprire bocca e chiedergli cosa stesse succedendo, ma lui molló la mia mano e se ne andó verso la porta.
Lanciai uno sguardo interrogativo a Thomas, sperando che almeno lui avesse una spiegazione al suo comportamento strano.
Lui fece spallucce, segno che ne sapeva addirittura meno di me, poi mi fece cenno di entrare nella galleria buia.
Addirittura le torce sembravano essere inghiottite da tutta quella oscurità. 
Sentii i passi dietro di me e capii che Thomas mi aveva seguita senza indugiare.
Mi sforzai di non andare nel panico e seguire le piccole luci provenienti dalle torce che i ragazzi davanti a me stringevano con mano salda.
Non mi ero mai accorta di avere così paura del buio.
Forse perché c'era sempre stato Newt vicino a me, ma in quel momento lo avevo perso nelle ombre, e non solo fisicamente.
Dopo circa un minuto di cammino, udii un grido provenire dall'inizio della fila. Poi un altro e un altro ancora. Le grida svanivano, come se chi le aveva emesse stesse cadendo o venisse risucchiato...
I Radurai in fila presero a mormorare e quando finalmente capii ció che stavano dicendo, mi voltai verso Thomas. 
"Sembra che lassù si vada a finire in uno scivolo che scende giù in picchiata." spiegai.
Forse erano solo mormorii inventati per farci uno scherzo.
Dopo tutto quello che ci hanno fatto, vogliono farci uscire con uno scivolo come se fosse stato tutto un grande e divertente gioco?
Mi sentii rivoltare lo stomaco.
Come potevano essere così senza cuore?
Una alla volta, sentii svanire le grida dei Radurai più avanti nella fila. 
Poi arrivó anche il nostro turno.
Newt si lasció scivolare, emettendo solo un gemito per la sorpresa.
Io procedetti a tentoni nel buio, poi sentii il pavimento mancare sotto i miei piedi e scivolai a terra.
Il mio corpo sfrecciò per una ripida discesa, resa scivolosa da una sostanza oleosa dall'odore sgradevole, simile a quello della plastica bruciata e dei macchinari surriscaldati. 
Mi contorsi fino a riuscire a mettere davanti i piedi, poi provai a tendere le mani per costringere il mio corpo a rallentare. 
Ma fu tutto inutile: la sostanza unta copriva ogni centimetro della pietra e non ci si poteva aggrappare a nulla.
Le grida degli altri Radurai riecheggiarono rimbalzando sulle pareti della galleria mentre scivolavamo giù per lo scivolo unto. 
Mi unii anche io alle grida generali quando il tunnel cominció a curvare.
Sentivo il mio corpo andare a sbattere dovunque, procurandomi delle fitte alle ferite.
Gli odori cambiarono, trasformandosi in qualcosa di simile alla rugiada e alle foglie marce. 
Cominciai ad avere dei conati e dovetti sforzarmi al massimo per non vomitarmi addosso.
Stavo quasi rallentando a causa delle continue curve, quando ricevetti i piedi di Thomas in testa, che funsero da spinta.
Sperai con tutto il cuore che lo scivolo finisse al piú presto, perché mi iniziava a rimanere veramente difficile trattenere i conati.
Il tempo parve dilatarsi all'infinito. Continuammo a scendere in cerchio lungo il tubo. 
La nausea mi bruciava nello stomaco per la sensazione viscida di quel materiale viscoso sul corpo, l'odore, il moto circolare. 
Stavo proprio per voltarmi di fianco a vomitare quando Newt gridò forte. Questa volta non ci fu alcun eco. 
Un istante dopo, volai fuori dal tunnel e gli caddi addosso.
C'erano corpi che annaspavano dappertutto, persone finite l'una addosso all'altra che si lamentavano e si dimenavano confuse, cercando di allontanarsi dagli altri. 
Io battei le braccia e le gambe per non rimanere addosso a Newt, poi strisciai di qualche metro più in là e vomitai tutto ciò che avevo nello stomaco.
Ancora tremante, mi pulii la bocca con la mano, solo quando ormai era troppo tardi mi accorsi che era tutta insozzata di quel muco disgustoso. 
Mi misi a sedere, strofinando a terra entrambe le mani. Quando furono abbastanza pulite mi asciugai la bocca.
Alzai lo sguardo e finalmente riuscii a vedere bene il luogo in cui eravamo arrivati. 
Mentre osservavo, a bocca aperta, vidi anche che tutti gli altri si erano rialzati e riuniti in gruppo. 
Stavano tutti guardando il nuovo ambiente che li circondava.
Ci trovavamo in un'enorme stanza sotterranea, abbastanza grande da contenere nove o dieci Casolari. Dal basso in alto e da un'estremità all'altra, la stanza era coperta di ogni sorta di macchinari, fili, tubi e computer.
Da un lato della stanza, alla mia destra, c'era una fila di circa quaranta grandi capsule bianche che sembravano enormi bare. Dalla parte opposta c'erano delle grandi porte di vetro, anche se l'illuminazione presente non consentiva di vedere cosa ci fosse oltre.
"Guardate!" gridò qualcuno.
Mi alzai in piedi e il respiro mi si bloccó in gola. 
Mi venne la pelle d'oca dappertutto e un terrore strisciante mi scese lungo la spina dorsale, come un ragno bagnato.
Direttamente di fronte a noi, c'era una fila di circa venti finestre dai vetri scuri, allineate una di seguito all'altra per tutta la lunghezza della struttura. Dietro a ciascuna finestra c'era una persona – uomini e donne, tutti magri e pallidi – seduta ad osservarci.
Anzi, a fissarci a palpebre strette. Rabbrividii, terrorizzata. 
Sembravano fantasmi. Visioni rabbiose, affamate e lugubri di persone che non erano mai state felici da vive e che lo erano molto meno da morte.
Ma sapevo che ovviamente non si trattava di fantasmi. 
Erano le persone che ci avevano mandati tutti nella Radura. 
Le persone che ci avevano strappati alle nostre vite.
I Creatori.  
Feci un passo all'indietro e mi accorsi che gli altri Radurai stavano facendo lo stesso.
Un silenzio mortale parve privare l'aria di ogni traccia di vita. Ciascun Raduraio stava fissando la fila di finestre, la fila di osservatori. 
Osservai meglio e vidi che uno di loro abbassò lo sguardo per scrivere qualcosa, un altro tese il braccio e si infilò un paio di occhiali. 
Mi accorsi che tutti indossavano soprabiti neri sopra le camicie bianche e avevano una parola cucita sul petto, a destra, ma per quanto mi sforzassi non riuscii a leggere bene cosa dicesse.
Nessuno di loro aveva un'espressione facciale leggibile: erano tutti bianchicci e sparuti. 
A guardarli facevano quasi tristezza.
Ma non provavo pena per loro. Non la meritavano. Neanche compassione o comprensione.
Avevano rovinato le nostre vite ed era giunto il momento di ripagarli per questo.
Loro continuarono a fissarci.
Nessuno mosse un muscolo.
Solo un uomo scosse la testa, una donna annuì e un altro uomo sollevò una mano per grattarsi il naso.
Quelli furono i gesti più umani che li vidi fare.
"Chi è quella gente?" bisbigliò Chuck, ma la sua voce echeggiò stridula per tutta la stanza.
"I Creatori." disse Minho. Poi sputò per terra. "Vi spacco la faccia!" gridò tanto forte che fui lì per coprirmi le orecchie con le mani.
"Che facciamo?" domandai avvicinandomi a Newt. "Che stanno aspettando?"
"Probabilmente hanno riattivato i Dolenti." disse Newt senza far trapelare nessuna emozione. "Può darsi che stiano arrivando proprio..."
Fu interrotto da un suono forte, acuto, come la sirena di un enorme camion che si avvicinava in retromarcia, ma molto più intenso. 
Arrivava da ogni direzione, rimbombando e riecheggiando per tutta la stanza.
"E adesso?" chiese Chuck, senza nascondere la preoccupazione. 
Mi voltai verso Thomas, sperando che almeno lui sapesse cosa stava succedendo.
I miei ricordi non erano completi e in quell'istante si rivelarono inutili.
Tutti avevamo ormai lo sguardo fisso su Thomas, che per tutta risposta si strinse nelle spalle.
Per la prima volta lo vidi spaventato. Lui allungò il collo e osservò il luogo che ci circondava, esaminandolo da cima a fondo in cerca della fonte delle sirene. 
Tuttavia, non era cambiato nulla. 
Con la coda dell'occhio, mi accorsi che gli altri Radurai avevano rivolto lo sguardo in direzione delle porte. 
Lo feci anche io, appena in tempo per vederle aprirsi. 
Il mio cuore prese a battere più forte. La sirena smise di suonare e sulla stanza calò un silenzio profondo. Rimasi in attesa, col fiato sospeso, pronta a vedere qualcosa di orrendo volarci addosso dalla soglia.
Invece entrarono due persone.
Una era una donna. Un'adulta vera e propria. Sembrava una persona molto ordinaria. Indossava pantaloni neri e una camicia bianca abbottonata con un logo sul seno: la parola W.I C.K.E.D. scritta a lettere maiuscole blu. 
I capelli castani le arrivavano alle spalle e aveva un viso sottile, con gli occhi scuri. 
Si avvicinò a noi senza sorridere né accigliarsi. 
Sembrava quasi che non si fosse accorta del fatto che fossimo lì, o che non gliene importasse niente.
Ebbi una sensazione familiare, come se avessi già incontrato quella persona.
Ma si trattava di una sensazione fumosa.
Non riuscivo a ricordare il suo nome o cosa avesse a che fare col Labirinto. Tuttavia, mi sembrava familiare.
La donna si fermò a una certa distanza dai noi e, lentamente, ci osservò tutti, da sinistra a destra.
L'altra persona, che stava accanto a lei, era invece un ragazzo con addosso una felpa troppo larga, col cappuccio calato sulla testa in modo da nascondergli il viso.
Per un attimo ebbi la stessa medesima sensazione anche con lui.
Il suo modo di camminare, la sua postura ricurva, i muscoli delle braccia tesi. Persino il modo in cui il suo petto si alzava e abbassava, facendo sentire il suo respiro pesante. "Bentornati." disse infine la donna. "Tanti anni e così pochi morti. Straordinario." 
Sentii la bocca aprirsi e il viso infiammarsi per la rabbia.
Per un attimo smisi di accigliarmi a capire chi fosse quel ragazzo e mi concentrai sulla donna.
"Prego?" disse Newt. 
Gli occhi della donna passarono di nuovo in rassegna la folla prima di fermarsi su Newt. 
Mi avvicinai di più a lui, quasi temendo che la donna potesse fargli qualcosa.
"Tutto è andato secondo i piani, signor Newton. Anche se ci aspettavamo di veder cedere qualcuno di più lungo la strada." Lanciò un'occhiata al ragazzo alla sua sinistra, poi tese la mano e gli tolse il cappuccio. 
Anche prima che lui alzasse lo sguardo, capii di chi si trattava. 
Aveva gli occhi bagnati di lacrime, tuttavia il viso rimase impassibile, come se una macchina si fosse impossessata di lui.
Tutti i Radurai presenti emisero un gemito di sorpresa. 
Io mi sentii tremare le ginocchia.
Cosa stava succedendo? 
Perché lui era lì?
"Gally?" mormorai ancora scioccata.
Sbattei le palpebre, poi mi strofinai gli occhi.
Il ragazzo passó lo sguardo tra la folla, poi i suoi occhi si incatenarono ai miei.
Vidi le sue labbra contorcersi, come per dire qualcosa, ma senza riuscirci.
Per una frazione di secondo, vidi i suoi occhi ritornare quelli che ricordavo.
Ritornare delle mappe indecifrabili, al posto di due semplici bulbi oculari vuoti.
"Dovete... Andarvene..." sbiascicó, come se ogni parola fosse una fatica tremenda. La sua testa inizió a tremare, come sotto azione di una scarica elettrica.
"Loro... Mi... Controllano..." spiegó prima di ritornare a sembrare una macchina impassibile.
"Che ci fa lui, qui?" gridò Minho.
"Adesso siete al sicuro." rispose la donna, come se non lo avesse sentito. "Vi prego di stare tranquilli."
"Tranquilli?" latrò Minho. "E chi sei tu per dirci di stare tranquilli? Vogliamo vedere la polizia,il sindaco, il presidente... qualcuno!"
Tutte le parole che vennero dopo, non sfiorarono neanche le mie orecchie.
C'era qualcosa che non andava in Gally.
Era come se non fosse propriamente lui stesso.
Come se... Lo stessero controllando.
Caddi dai miei pensieri quando vidi Gally contrarre la mascella, segno che si stava infuriando. 
Feci un passo in avanti, decisa a raggiungerlo e a prendere a pugni quella donna odiosa, se necessario.
Newt mi bloccó il polso e mi trascinó verso di sé, dicendomi di non fare cose stupide.
La voce della donna rieccheggió ancora una volta nell'aria.
"Un giorno ci sarete tutti grati per ciò che vi abbiamo fatto. Posso solo promettervelo e confidare che le vostre menti lo accettino. Se non lo fate, allora tutta questa faccenda sarà stata un errore. Tempi bui, signor Newton. Tempi bui." Fece una pausa. "Ovviamente c'è un'ultima Variabile." Fece un passo indietro, ma io continuai a tenere lo sguardo fisso su Gally. 
Tutto il corpo del ragazzo stava tremando, il viso di un pallore scialbo che faceva risaltare gli occhi umidi e rossi come macchie di sangue sulla carta.  
Poi si calmò, col viso più disteso e il corpo che si rilassava. 
Gally portò un braccio dietro di sé ed estrasse dalla tasca posteriore qualcosa di lungo e luccicante. Le luci della stanza si rifletterono sulla superficie argentea di un pugnale dall'aria minacciosa che il ragazzo, ora, stringeva forte tra le dita.
Non riuscii a formulare un pensiero o ad agire, che il ragazzo, con velocità inaspettata, fece un passo di rincorsa e scagliò il coltello in direzione di Thomas.

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Capitolo 49
*** Capitolo 49. ***


Gridai con tutto il fiato che avevo il corpo e feci per gettarmi su di lui per spostarlo.
Newt fece per trattenermi, ma qualcuno anticipó le mie mosse.
Proprio quando il pugnale raggiunse una distanza minima dal petto di Thomas, Chuck si tuffó su di lui.
Sentii il mondo crollarmi addosso.
Mi sentivo come se i piedi mi si fossero paralizzati dentro a due blocchi di ghiaccio e riuscii solo a rimanere a fissare inerme la scena orrenda, che andava svolgendosi sotto ai miei occhi.
Con un tonfo umidiccio e rivoltante, il pugnale andò a sbattere nel petto di Chuck, affondandovi fino all'elsa. 
Il ragazzino urlò e cadde a terra, il corpo già preso da un tremito. 
Il sangue sgorgava color cremisi scuro dalla ferita.
Le gambe presero a sbattere sul pavimento, i piedi scalciarono convulsi, dando gli ultimi colpi prima della morte incombente. 
La saliva gli schiumò rossa tra le labbra. 
Sentii l'ossigeno mancarmi nei polmoni e la vista annebbiarsi.
Thomas cadde a terra e prese tra le braccia il corpo tremante di Chuck.
"Chuck!" strillò. La sua voce era piena di terrore. "Chuck!"
Feci un passo in avanti, tremante.
Poi un altro e un altro ancora.
Lentamente mi avvicinai al bambino, ancora steso a terra.
Appena lo raggiunsi, il suo corpo fu preso da un tremito incontrollabile. C'era sangue dappertutto, persino le mani di Thomas ne erano ricoperte. 
Gli occhi di Chuck si erano rovesciati all'indietro, lasciando vedere solo le orbite bianche. Il sangue gli gocciolava dal naso e dalla bocca.
"Chuck..." sussurrai, a stento percependo la mia voce.
Era come se un masso mi avesse sostituito i polmoni, rendendomi difficile respirare a causa del suo peso.
Doveva esserci qualcosa che potevamo fare.
Potevamo salvarlo. 
Potevamo... Il ragazzo smise di contorcersi e si lasciò andare. Gli occhi tornarono alla loro posizione normale, si concentrarono su Thomas, si aggrapparono alla vita. 
"Thom... as."
Una parola, udibile a malapena.
"Tieni duro, Chuck." disse Thomas. "Non morire... Lotta. Qualcuno vada a chiamare aiuto!" 
Nessuno si mosse e nel profondo capii il perché. Non si poteva fare nulla, ormai. Era finita. 
Thomas mi rivolse lo sguardo e lo vidi in lacrime.
"Ti prego fai qualcosa." mi bisbiglió.
Vidi dei puntini neri corrermi davanti agli occhi.
La stanza oscillò e si inclinò.
"Tom... Io non..." non riuscii a finire la frase, che le ginocchia mi cedettero e finii accanto a lui.
No. Pensai. Non Chuck. Non Chuck. Thomas mi fissó ancora per qualche istante, come per attendere un mio intervento.
Poi quando si accorse che era tutto perduto, tornó a concentrarsi su Chuck.
"Thomas." sussurrò il bambino. "Trova... mia mamma."
Un colpo di tosse devastante gli scosse i polmoni, facendogli sputare sangue. "Dille..." 
Non finì la frase. Gli occhi si chiusero, il corpo si afflosciò. 
Esalò l'ultimo respiro.
Rimasi a fissarlo.
A fissare il cadavere di un mio amico. Qualcosa accadde dentro di me. Cominciò in basso, nel profondo del mio petto. 
Un seme di rabbia furiosa. Di desiderio di vendetta. Di odio. Qualcosa di oscuro e terribile. 
Poi esplose, dirompendo dai polmoni, dal collo, dalle braccia e dalle gambe. Esplose nella mia mente.
Dovevano morire.
Tutti.
Tutti i Creatori dovevano morire.
Thomas lasciò andare il corpo di Chuck, si alzò tremando e si volse a guardare i nuovi visitatori. 
Lo vidi gettarsi in avanti, scagliandosi su Gally, annaspando con le dita come artigli.
Mi alzai di scatto e prima che potessi trattenerlo, qualcuno mi afferró in vita e mi sollevò da terra.
Non sentii neanche dolore quando le braccia di qualcuno si avvinghiarono a me, premendo sulle ferite, per tenermi ferma.
Rimasi a fissare la scena, senza poter far niente.
Thomas trovò la gola del ragazzo, prese a stringere, cadde a terra sopra di lui. Si mise a cavalcioni sul suo torace, lo tenne fermo con le gambe per non farlo scappare. 
Cominciò a riempirlo di pugni.
Tenne giù Gally con la mano sinistra, spingendogli il collo a terra, e intanto gli riempì selvaggiamente il viso di pugni con la destra. 
Giù, giù e giù ancora, affondando le nocche strette nella guancia e nel naso del ragazzo. 
Si sentì il rumore di qualcosa che si rompeva, vidi sgorgare del sangue, si sentirono urla tremende. 
Non capii se appartenessero a Gally, a Thomas o fossero di entrambi.
Ma ben presto si unirono alle mie.
"Lascialo stare!" gridai in preda al panico. "Lo stavano controllando! Dovresti picchiare lei!" 
Thomas parve non sentirmi neanche e continuó a picchiarlo senza pietà.
Mi dimenai con tutte le forze che avevo in corpo e finalmente riuscii a liberarmi.
Corsi in avanti, puntando alla donna che fino a quel momento se ne era rimasta in disparte a godersi lo spettacolo con un fastidioso sorrisetto stampato sulle labbra, segno che tutto stava procedendo secondo i suoi piani.
Quando mi vide arrivare, la sua espressione tramutó in terrore puro ed indietreggió di qualche passo, con occhi sbarrati.
Senza esitare tirai fuori l'arco e caricai una freccia.
Vidi un'ombra passarmi accanto, poi qualcuno mi colpì al polso, facendomi cadere di mano l'arco.
In un secondo mi ritrovai a terra, bloccata da Minho.
Mi dimenai e mi sorpresi quando emisi dei suoni simili ad un ringhio.
"No!" sentii urlare Thomas, consumato dalla disperazione. "No!" "Glielo avevo promesso!" gridò ancora.
Aveva quasi una voce da folle. 
"Avevo promesso che lo avrei salvato, che lo avrei portato a casa! Glielo avevo promesso!"
Nessuno rispose.
Mi calmai e distesi i muscoli, arrendendomi alla ferrea presa di Minho, che non aveva ceduto neanche per un attimo.
Rimasi stesa a terra, ad ascoltare Thomas piangere come mai prima.
I suoi singhiozzi addolorati risuonavano nella stanza come i lamenti emessi da qualcuno che viene torturato. 
Per un attimo sperai di riuscire a piangere anche io, per esternare tutto quel dolore.
Ma dai miei occhi non uscì neanche una lacrima. 
Erano passati diversi minuti, ma Minho rimaneva ancora sopra di me, per tenermi bloccata.
Per quanto potessi sembrare calma esternamente, in realtà dentro di me si stava svolgendo una battaglia sanguinosa.
Per me nella Radura, Chuck era diventato un simbolo. Come un faro che indicava che in qualche modo saremmo riusciti a sistemare le cose. A dormire in un vero letto. Ad avere dei genitori che ci dessero il bacio della buonanotte. A mangiare uova e pancetta a colazione e ad andare in una vera scuola. A essere felici.
Ma ora Chuck non c'era più. Il suo corpo inerme, a cui Thomas era ancora aggrappato, sembrava un talismano freddo. Che diceva che non solo i nostri sogni di un futuro pieno di speranza non si sarebbero mai realizzati, ma anche che comunque la vita non era mai stata così. 
Che anche se eravamo riusciti a fuggire, ci aspettavano giorni tetri. 
Una vita di dolore. Ricordi, incubi e dolore.
Cercai di raccogliere il dolore e di chiuderlo da qualche parte, nel profondo del mio animo. 
Magari sarebbe marcito con il tempo e lo avrei dimenticato.
Dimenticare... Non avevo mai desiderato così tanto dimenticare qualcosa, come in quel momento.
Ma dovevo andare avanti. Lo dovevo a Newt, a Minho, a Thomas.
Qualunque fosse il cupo futuro che ci aspettava, saremmo stati insieme, e in quel momento era tutto ciò che importava.
Vidi Thomas lasciare andare Chuck e accasciarsi all'indietro senza fiato, cercando di non guardare la maglietta del ragazzo tutta annerita dal sangue. 
La maggior parte degli altri ragazzi, invece, stava fissando il cadavere di Chuck con espressione vacua, come se ormai fossero andati oltre la capacità di provare sentimenti. 
Nessuno stava guardando Gally, che respirava ancora, ma che era rimasto immobile.
Per un attimo mi ero dimenticata anche di lui. Avrei voluto raggiungerlo. Avrei voluto delle spiegazioni. 
Ma in fondo, in fondo, non lo desideravo veramente. 
Avevo avuto la fortuna di ricordare una parte del mio passato e non era stata una bella esperienza. Non volevo rischiare di avere altre informazioni e di starci di nuovo male.
Riportai lo sguardo su Chuck e sentii mancarmi l'aria.
Ancora non potevo crederci. Lui era morto...
Ed io mi sentivo insensibile.
Non stavo piangendo e per quanto mi sforzassi non ci riuscivo.
Il dolore dentro me stava aumentando di volume, facendo pressione sulla gabbia toracica, come per farla scoppiare.
La donna della W.I.C.K.E.D. spezzò il silenzio: "Tutto accade per uno scopo" disse. 
Nella sua voce non c'era traccia di malignità, ma neanche di compassione. "Dovete capirlo."
La fissai sperando di incendiarla con lo sguardo, ma la donna non si degnò neanche di guardarmi.
Una fitta improvvisa si propagandò su tutto il mio busto, facendomi gemere di dolore.
Abbassai lo sguardo e mi ritrovai i vestiti completamente bagnati da sangue e da quella sostanza oleosa di cui era impregnato lo scivolo.
"Minho... lasciami andare adesso." dissi con voce ferma.
Se non avessi fatto qualcosa a quella ferita sarei potuta morire dissanguata.
"Cosa ti succ..."
La sua frase fu interrotta da un'improvvisa serie di urla e di rumori al di fuori dell'ingresso da cui era passata la donna. Lei andò chiaramente in panico, voltandosi e impallidendo all'istante. 
Alzai lo sguardo e vidi diversi uomini e donne con addosso jeans luridi e soprabiti fradici fare irruzione dalla porta brandendo pistole, strillando e gridandosi parole a vicenda. 
Era impossibile capire cosa dicessero. 
Minho si spostò immediatamente da sopra di me e mi aiutò ad alzarmi.
Osservai meglio le armi che quelle persone brandivano decise. Erano per lo più fucili e pistoloni, sembravano quasi... arcaiche e rudimentali. Come giocattoli abbandonati in un bosco per anni e appena riscoperti dalla generazione successiva di bambini che volevano giocare alla guerra. Sconvolta, rimasi a fissare due dei nuovi arrivati che gettavano a terra la donna della W.I.C.K.E.D.
Poi uno fece un passo indietro, estrasse la pistola, prese la mira.
Sbarrai gli occhi e mi aggrappai al braccio di Minho.
Cosa volevano fare?
Per un attimo, tutta la mia rabbia nei confronti di quella donna sparì, lasciando spazio all'angoscia.
L'aria si illuminò dei bagliori della pistola, da cui partirono diversi colpi diretti al corpo della donna. Era morta, un cumulo sanguinolento sul pavimento.
Con gambe tremanti feci diversi passi all'indietro, rischiando quasi di inciampare, seguita a ruota da Minho.
Dovevamo andarcene. Quella situazione non avrebbe portato a nulla di buono.
Un uomo si avvicinò ai noi mentre gli altri componenti del gruppo ci circondarono, puntando svelti le pistole a destra e a sinistra e poi sparando alle finestre degli osservatori, mandandole in frantumi.
Mi tappai le orecchie per il frastuono, ma riuscii comunque a sentire delle urla.
Vidi del sangue ed immediatamente distolsi lo sguardo, concentrandomi sull'uomo che si stava avvicinando. Aveva i capelli neri e un viso giovane ma pieno di rughe intorno agli occhi, come se avesse trascorso ogni giorno della sua vita a preoccuparsi di come arrivare a quello successivo.
Non mi piaceva la sua faccia.
Cosa voleva fare? Spararci? Renderci prigionieri ancora una volta?
Serrai i pungi quando lui iniziò a parlare: "Non c'è tempo per le spiegazioni." disse con voce affaticata quanto il suo volto. "Seguitemi e correte come se fosse una questione di vita o di morte. Perché lo è."
Con quelle parole, l'uomo fece alcuni cenni ai compagni e poi corse fuori dalle grandi porte di vetro, tenendo il braccio con cui brandiva la pistola teso e rigido davanti a sé. La stanza era ancora scossa dai colpi di pistola e dalle grida di agonia, ma feci del mio meglio per ignorarli.
Potevamo veramente fidarci?
"Andate!" gridò da dietro uno dei violenti. Era l'unico modo in cui potevo definirli, in quel momento. Avevano ucciso a sangue freddo moltissime persone, senza neanche battere un ciglio.
Dopo una brevissima esitazione, i Radurai seguirono l'uomo, quasi pestandosi i piedi a vicenda nella foga di uscire da quella stanza, andando il più lontano possibile dai Dolenti e dal Labirinto.
Tutto accadde molto in fretta. In un secondo mi ritrovai trascinata via da Minho.
Non avevamo scelta: dovevamo lasciare indietro il corpo di Chuck.
Lanciai un'ultima occhiata a Gally. Era ancora steso a terra, immobile. L'unica cosa che si muoveva in lui, era il petto. Che andava su e giù a ritmi irregolari.
"Gally!" gridai cercando di frenare la corsa di Minho.
Lui per tutta risposta aumentò la stretta sulla mia mano e con uno strattone mi obbligò a continuare a correre.
"Ha ucciso Chuck!" mi gridò senza neanche guardarmi.
"Non è stato lui, lo controllavano!" urlai di rimando. "Non possiamo lasciarlo lì!"
"Lo abbiamo appena fatto." disse secco l'ex-Intendente dei Velocisti.
Corremmo giù per un lungo corridoio e poi entrammo in una galleria scarsamente illuminata. 
Salimmo una tromba di scale a chiocciola. Tutto era buio e c'era odore di roba elettronica. Giù per un altro corridoio. Ancora su per altre scale. Altri corridoi. 
In pochi secondi mi sentii svuotare di tutto. Avevo visto troppo. Ormai c'era solo il vuoto dentro di me. Un nulla.
Continuai ad andare. Continuammo a correre.
Alcuni degli uomini e delle donne ci guidavano, in testa al gruppo, mentre altri gridavano incoraggiamenti da dietro.
Raggiungemmo altre porte di vetro e le attraversammo, uscendo all'aperto e trovandoci sotto un cielo nero da cui scendeva una pioggia torrenziale.
Non si vedeva nulla. Solo qualche bagliore opaco che rimbalzava sulle pozzanghere battute dalla pioggia. 
Il capo non smise di muoversi finché non raggiungemmo un grosso pullman dai fianchi ammaccati e graffiati in vari punti e la maggior parte delle finestre coperte da un reticolo di crepe. La pioggia vi scorreva sopra come fosse un'enorme creatura sbucata dalle profondità dell'oceano.
"Salite!" gridò l'uomo. "In fretta!"
I ragazzi ubbidirono. Tutti si strinsero fuori dalla porta del pullman in un gruppo compatto e poi salirono, uno alla volta. Quel momento parve dilatarsi all'infinito. 
I Radurai si spinsero a vicenda e arrancarono sui tre gradini che portavano all'interno dell'automezzo e poi ai posti a sedere.
Io e Minho eravamo rimasti in fondo alla fila, con Newt proprio davanti a me. 
Sollevai lo sguardo verso il cielo e sentii la pioggia battermi sul viso. Era calda, quasi bollente, e l'acqua sembrava stranamente densa. 
Mi concentrai sul pullman. Era quasi arrivato il mio turno. Minho mi spinse avanti, incitandomi a sbrigarmi, ed io mi ritrovai in un secondo seduta su uno dei sedili.
Mi accorsi di aver a fianco Newt solo dopo pochi secondi. Mi era venuto quasi naturale sedermici accanto.
Lui non mi degnò neanche di uno sguardo e un'altra crepa si formò sul mio cuore.
Cosa era successo?
Perchè si comportava così?
Lui, sicuramente per evitare di incrociare il mio sguardo, rimaneva con la faccia incollata al finestrino.
Guardai anche io oltre il vetro mezzo rotto e una scena orribile mi si parò davanti.
Thomas era stato gettato a terra da una donna. Un uomo armato gliela levò di dosso e la scaraventò a terra con forza, puntandole contro il fucile.
Quando vidi il volto della donna fui presa da terrore puro e la pelle mi si accapponò. La pelle della donna era pallida e rugosa, coperta di orribili piaghe che grondavano pus. 
In un istante Thomas salì sul pullman e percorse il corridoio.
Occhi spalancati lo fissarono mentre camminava fino al sedile posteriore vicino a Minho, su cui si lasciò cadere. 
L'acqua nera scorreva a fiumi sulle finestre all'esterno. La pioggia tamburellava rumorosa sul tetto. I tuoni scuotevano il cielo sopra le nostre teste. 
Una delle salvatrici, una donna, si sedette di fronte e Thomas e a Minho. Il capo che aveva parlato con noi in precedenza salì sul pullman e si sistemò al volante, avviando il motore. Il pullman cominciò a muoversi. Proprio in quel momento, vidi guizzare un movimento fuori dalla finestra. 
La donna piagata si era alzata in piedi e stava correndo a perdifiato davanti al pullman, agitando follemente le braccia, gridando qualcosa soffocato dai rumori del temporale. 
I suoi occhi erano accesi dalla follia o dal terrore. 
Si chinò verso il vetro della finestra e la vidi scomparire dal mio campo visivo.
"Aspettate!" urlò Thomas, ma nessuno lo sentì. O forse lo sentirono, ma non importava a nessuno. L'autista diede gas al motore. Il pullman avanzò di colpo e andò a sbattere contro il corpo della donna. Il tonfo mi fece balzare sul sedile: la donna era stata schiacciata dalle ruote anteriori. 
Un secondo tonfo annunciò il passaggio di quelle posteriori. 
Newt mi afferrò la mano e la strinse a sè.
Lo guardai e vidi sul suo viso un'espressione nauseata, che sicuramente rispecchiava la mia.
Senza dire una parola, l'autista tenne il piede premuto sul pedale e il pullman procedette faticosamente, nella notte inondata dalla pioggia.
L'ora che seguì, fu una nebbia indistinta di suoni e visioni. L'autista guidava a velocità spericolata, attraversando città e cittadine, mentre la pioggia fitta rendeva quasi impossibile vedere alcun ché. 
Le luci e gli edifici apparivano annacquati e deformi, come scaturiti da un'allucinazione indotta da qualche droga. 
A un certo punto intorno al pullman si ammassarono delle persone dai vestiti logori, con i capelli incollati alla testa e i visi devastati da strane piaghe, come quelle che avevo visto sulla donna. 
Si misero a battere sui fianchi dell'automezzo, come se volessero salire, se volessero sfuggire alle esistenze orribili che stavano vivendo.
Il pullman non rallentò mai. 
Ad ogni piccolo scossone, mi appiccicavo sempre più a Newt.
Non ci eravamo mai lasciati la mano, dall'inizio del tragitto, ma nessuno dei due aveva osato dire una parola.
Thomas aveva iniziato a parlare con la donna seduta di fronte a lui, sicuramente in cerca di spiegazioni e decisi di seguire il suo esempio.
"Newt?" lo chiamai cavando fuori tutto il coraggio che mi era rimasto.
Lui mi rivolse lo sguardo e si morse il labbro, nervoso.
"Perchè ti comporti in modo così strano? Sembra quasi che tu mi odi..." spiegai mettendo una ciocca dietro l'orecchio.
"Io non ti odio." rispose con voce leggermente dolce.
"E allora perchè ti comporti come se fosse così?"
Lui fece un profondo respiro e si grattò la testa, forse alla ricerca delle parole più giuste.
"Non lo so... E' tutto questo che..." fece un altro respiro, poi continuò. "Tutto è partito dal bacio tra te e Gally. Mi ha fatto veramente infuriare il fatto che lui lo abbia fatto, ma mi ha fatto uscire ancora più di senno il fatto che tu non lo abbia respinto."
Una fitta mi travolse il cuore. Sentire il suo nome... La sua immagine coperta di sangue e stesa sul pavimento, riaffiorò nella mia mente.
"Ti sembrerò un bambino capriccioso e insensibile. Insomma, sono morti molti nostri amici. E' morto Chuck... Tu sei stata ferita..." spiegò accarezzandomi il palmo. "E io mi lego al dito proprio il bacio, come se fosse una questione di vita o di morte."
"Mi dispiace... Mi ha colta di sorpresa... I-Io non sapevo cosa fare!" mi giustificai.
"Lo so... Dispiace anche a me." disse lui. "Sono un'idiota e lo so. Per questo se d'ora in poi mi vedrai trasformato in stronzo temporaneo, dimmelo e perdonami. Mi ci vorrà un po' per mandare giù tutto questo."
Annuii lentamente e mi accoccolai sulla sua spalla, chiudendo gli occhi e sperando che tutto il mondo intorno a me smettesse di esistere.
"Newt?" chiamai tenendo gli occhi ancora serrati tra di loro.
"Mh?" 
"So che ora ci stanno aiutando, ma io non riesco a fidarmi. Starei più tranquilla se tu..." lasciai cadere la frase.
"Se io..?" mi incitò lui.
"Se tu rinnovassi una vecchia promessa." spiegai. "Non devi lasciare che mi portino via da te e che mi facciano di nuovo tutto quello che in passato non hanno esitato a fare."
"Te lo prometto." disse lui, con tono sincero. "Hai già abbastanza cicatrici di guerra."
Due ore dopo, il pullman frenò. 
Ci eravamo fermati in un parcheggio fangoso che circondava un edificio anonimo con diverse file di finestre. La donna e altri soccorritori ci fecero spostare, facendoci entrare dalla porta d'ingresso e poi salire su una scala. 
Finimmo in un enorme dormitorio con una serie di letti a castello allineati lungo una parete. Dal lato opposto c'erano cassettiere e scrivanie. Le finestre coperte dalle tende si intervallavano su ciascuna parete della stanza come in una scacchiera.
Osservai tutto con un silenzioso senso di stupore distante. Ormai non c'era più niente che potesse stupirmi o sopraffarmi di nuovo.
La stanza era coloratissima. Muri color giallo acceso, coperte rosse, tende verdi. 
Dopo il grigiore smorto della Radura, era come essere trasportati in un arcobaleno vivente. 
La vista di quell'insieme di cose - i letti, le cassettiere, tutto fresco e pronto all'uso - trasmetteva un senso di normalità quasi opprimente. 
Troppo bello per essere vero. 
Ma non potevo fare a meno di chiedermi quanto sarebbe durato.
Quando misi piede nel nostro nuovo mondo, Minho espresse quella sensazione al meglio: "Caspio, sono morto e sono finito in paradiso."
Avevo difficoltà a provare gioia, come se facendolo avessi potuto tradire Chuck. 
Ma da qualche parte c'era qualcosa. Qualcosa. 
L'autista e capo del gruppo ci lasciò nelle mani del personale, nove o dieci uomini e donne che indossavano pantaloni neri stirati e camicie bianche, i capelli impeccabili, i visi e le mani ben puliti. Erano tutti sorridenti. I colori. I letti. Il personale. 
Percepii una felicità impossibile, che cercava di erompere dentro di me. 
Tuttavia, vi si nascondeva un enorme abisso, una cupa depressione che forse non mi avrebbe mai abbandonato: il ricordo di Chuck e del suo brutale assassinio. Del suo sacrificio. 
Ma nonostante questo, nonostante tutto, per la prima volta da quando ero uscita dalla Scatola mi sentii al sicuro.
Come avevo predetto, quella sensazione non durò a lungo.
Furono assegnati i letti e poi distribuiti i vestiti e l'occorrente per il bagno. 
Uno ad uno i Radurai venivano chiamati ed organizzati. Ma il mio nome non arrivò mai.
Mi dissero che potevo avere una stanza tutta mia.
Obbiettai. Io non volevo abbandonarli, ma soprattutto non volevo rimanere sola con me stessa.
"Non possiamo lasciarti dormire con loro." mi disse una donna con i capelli pari e neri.
"Ma loro sono la mia famiglia. Ci ho dormito insieme per mesi. Non corro rischi, posso assicurartelo." spiegai cercando di mantenere la calma.
"Sono gli ordini. In più ti servono delle medicazioni urgenti." fu l'ultima cosa che disse prima di prendere in mano l'arma, in modo saldo. "Se non accetti sarò obbligata a costringerti."
Guardai Newt, che se ne stava sulla soglia, a discutere con una guardia.
"Lei non se ne va. Non potete portarla via da me."
"Ripeto per l'ultima volta." disse secca la donna. "Vieni con me nella tua stanza."
Incontrai lo sguardo di Newt e lo supplicai con lo sguardo.
"Come non detto..." sibilò la donna facendo un cenno alle mie spalle.
Due grandi e grossi uomini armati mi afferrarono le braccia e mi trascinarono all'indietro, lungo il corridoio.
"Newt!" gridai in preda al panico.
Lui scattò in avanti, ma fu bloccato a sua volta dalla guardia con cui stava discutendo prima.
"Eli!" gridò lui di rimando.
Venni trascinata di forza fino ad una porta. Solo quando fui al suo interno, le guardie mi lasciarono andare.
Provai a scappare un paio di volte, ma fu tutto inutile.
"Hai mezz'ora per farti una doccia, poi verranno a medicarti e ti porteranno la cena." disse secca la donna.
Quella fu l'ultima frase che disse prima di sbattere la porta dietro di sè.
Il suono del chiavistello mi rimbombò nella testa.
Ero rimasta sola.
Senza via d'uscita.

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Capitolo 50
*** Capitolo 50. ***


Non appena entrai sotto il getto dell'acqua, una sensazione di calma e piacere mi invase il corpo. Non mi facevo una bella doccia calda da... Be' da quando ne avevo memoria.
Desiderai di poter rimanere sotto l'acqua più a lungo, ma avevo dei tempi da rispettare e alla mia ferita sembrava non piacere acqua.
Se dal rubinetto essa partiva trasparente e limpida, atterrava nel pavimento sudicia e insanguinata.
Dopo essermi lavata per bene, uscii malvolentieri dalla doccia e mi asciugai.
Controllai l'orologio che era stato fissato alla parete e mi accorsi che avevo pochissimo tempo per me, prima che i medici arrivassero.
Indossai i vestiti puliti e mi legai i capelli in una crocchia. Girovagai per la stanza alla ricerca di qualcosa di interessante da esaminare, ma sembrava essere vuota, quasi spoglia se non ci fossero stati gli arredi.
Mi lasciai cadere sul letto e lo trovai così morbido e confortate, che quasi mi addormentai.
Un'altra volta, il mio pensiero andò a Chuck. 
Se solo ci fosse anche lui a condividere con me tutto questo... Pensai perdendo tutto l'entusiasmo che avevo accumulato. 
Sentii dei passi nel corridoio e balzai a sedere sul letto. Mi guardai attorno impacciata, poi mi rilassai.
La serratura scattò ed entrò una specie di infermiera, seguita da due guardie.
"Prego signorina Elena... Può seguirmi in infermeria." mi disse in tono gentile e calmo. "Riesce a camminare autonomamente?"
Annuii confusa e mi alzai in silenzio. E tutta quella gentilezza da dove veniva? Fino a quel momento tutte le persone in quell'edificio mi erano sembrate autoritarie e fredde. Di certo non si sarebbero fatti scrupoli a trattarci come bambini idioti.
Ma per quanto sembrasse assurdo, ebbi l'impressione che almeno quella giovane donna fosse diversa in qualche modo.
Forse di lei potevo veramente fidarmi.
Percorremmo in silenzio il corridoio, poi lei mi scortò dentro una stanza bianca, illuminata dalle monotone luci accecanti.
"Potete andarvene." disse fredda, rivolta alle guardie. "Se entrate con quei cosi finirete per rompere qualcosa." aggiunse squadrando le loro armi.
Le guardie si lanciarono un'occhiata indecisa, poi ci lasciarono sole.
"Oh, che liberazione..." sussurrò una volta chiusa la porta. "Prego, puoi sederti lì." disse indicandomi un lettino posto al centro della stanza.
Quasi sussultai quando lo vidi, ma cercai di comportarmi come se nulla fosse e mi sedetti.
Quel lettino mi sembrava lo stesso che usavano per farmi gli esperimenti. Quelle brutte e dolorose sensazioni riaffiorarono dentro di me, facendomi sentire male.
"E' tutto okay?" mi chiese cordialmente, armeggiando con dei guanti.
Annuii e cercai di scacciare quel pensiero.
"Togliti la maglia, così posso dare un'occhiata a quelle ferite." ordinò sistemandosi gli occhiali sul naso.
Feci come mi chiese e cercai di mettermi a mio agio, ma mi risultò impossibile.
Perchè con Jeff o con Newt non mi vergognavo, ma con una donna sì?
Jeff... Pensai trattenendo il fiato. Non lo avevo visto scendere nella Tana dei Dolenti. Questo significava che...
Come posso essermi dimenticata di lui?
Ero una pessima amica. 
Sentii una fitta all'addome e quel dolore mi bastò per riportarmi alla realtà.
"Scusami, forse avrei dovuto avvisarti. Credo che sia meglio che tu ti stenda, ti farà un po' male." spiegò inzuppando il cotone con una sostanza verde.
Allungai il corpo sul lettino e attesi in silenzio.
Dopo diversi minuti di agonia, lei prese delle fasce ed iniziò ad aggrovigliarmele attorno al busto.
"Mi dispiace per quello che ti hanno fatto." mi disse poi, di punto in bianco.
"Come, scusa?"
"Ho visto le tue cicatrici. Mi dispiace che ti abbiano fatto tutto questo." confessò continuando a lavorare. "Pensavo che ormai i Soggetti C fossero morti."
Spalancai gli occhi: "Soggetti C? Perchè dovremmo essere morti?"
"Ehm... Non avrei dovuto dirlo. Dimenticalo." disse, assumendo un tono agitato.
"Ti prego, ho bisogno di spiegazioni."
Lei si guardò intorno, poi mi si avvicinò ed inziò a parlare a bassa voce: "Tu riesci a ricordare, non è così?"
Annuii confusa. E quello cosa centrava.
"Non riesco a capire perchè ti abbiano spedita nel Labirinto, tu sei immune al siero Oblitus." farfugliò quasi come se stesse facendo delle ipotesi tra sè e sè.
"Io ricordo... Ma solo poche cose, e sono sfocate e disconnesse." precisai grattandomi la testa. "Ma questo cosa centra?"
"Okay... Quando hanno iniziato a fare gli esperimenti sulla risposta incondizionata al dolore, usavano delle sostanze particolari che entravano subito in circolo, in modo che non compromettessero l'esito del test. Queste sostanze ti immobilizzavano, ma ti permettevano di sentire tutto il dolore. Funzionavano per un tempo lunghissimo, in modo che gli scienziati avessero tutto il tempo del mondo. Ma non avevano previsto che in qualche modo queste sostanze sarebbero andate a modificare qualcosa dentro di te, rendendoti immune al siero Oblitus. Questo siero sarebbe una sostanza che fa dimenticare, a chi la ingoia, il suo passato. Permettendogli di ricordare solo il suo nome. E' il siero che ti fanno ingoiare quando vieni spedito..."
"Nel Labirinto." completai, iniziando a capire.
"Esatto. I Soggetti C erano stati ideati come cavie da laboratorio, ma una volta finiti i Test da sperimentare, diventavano inutili. Avevano deciso perciò di usarvi come Soggetti per il Test del Labirinto. Inizialmente avevano spedito il Soggetto C2. Era un ragazzo. Uno splendido, intelligente e dolce ragazzo. Tuttavia quando si sono accorti che, una volta arrivato nella Radura, aveva iniziato a ricordarsi del suo passato, compromettendo l'andatura dell'esperimento, hanno cercato di ucciderlo per mezzo dei Dolenti. Non so che fine abbia fatto, ma probabilmente è morto." spiegò scuotendo la testa frustrata. "Hanno iniziato a studiare come si manifestassero i ricordi e hanno capito che potevate vedere il passato solo durante il sonno. Sai, quando si dorme, la parte conscia della nostra psiche è come se venisse messa a tacere, mentre l'inconscio domina. Era incredibile vedere come il vostro cervello si fosse adattato ad una simile situazione!" esclamò entusiasta.
"Non capisco..." ammisi frustrata. Cosa c'era di incredibile?
"Vedi, se i vostri ricordi fossero riaffiorati tutti insieme, nello stesso istante, probabilmente avreste avuto un crollo psichico e sareste morti. Ma il vostro cervello si è adattato e ha fatto in modo di fornirvi i ricordi a cui tenevate di più solo durante il sonno. In modo che il conscio non venisse danneggiato. Vi venivano presentati sotto forma di sogni, ma non potevate controllarli. E' una cosa incredibile..." concluse sussurrando. "Proprio per questo non capisco perchè abbiano mandato anche te nel Labirinto, se hanno cercato di uccidere il Soggetto C2."
"Non mi ci hanno mandato. Se i miei ricordi sono giusti, ci sono andata da sola, per scappare dalle guardie. Volevano punirmi per aver condiviso quello che mi avevano fatto con..."
"Thomas." completò lei.
Spalancai gli occhi. Come faceva a saperlo?
"Come fai a sapere tutto questo? Chi sei tu, in realtà?" chiesi dura.
"Lo so perchè io ero lì quando tutto è successo. Non ti ricordi di me, huh?" chiese assumendo un tono quasi dispiaciuto.
Scossi la testa confusa, poi lei spiegò: "Ero come la tua tutrice. Ti ho accompagnata, passo per passo nella tua vita... o in quello che ne restava." 
"C-Cosa?" chiesi scioccata.
"Quando ti portarono alla W.I.C.K.E.D. eri solo una bambina. Ti hanno affidata a me. Sapevo tutto su di te. Tutto. Poi un giorno arrivarono e ti dissero che era arrivato il momento di occupare un posto alla W.I.C.K.E.D. e ti utilizzarono come cavia. Ho cercato di oppormi, ma mi dissero che se non avessi accettato, ti avrebbero tolto dalle mie braccia. Ho cercato in tutti i modi di evitarlo, credimi. Ma non ci sono riuscita." sospirò frustata.
"Dopo cosa è successo?" chiesi curiosa.
"Hanno continuato a fare quello che volevano e mi avevano obbligato a tacere, come fecero con te. Io sono stata tutto il tempo dietro il sipario, ad osservarti crescere. Ti ho visto soffrire e poi riacquistare la felicità con Thomas. Eravate molto attaccati l'uno all'altra. Vi amavate. Ma tu continuavi ad avere un vuoto dentro. Io ti mancavo come tu mancavi a me. E' stato un trauma per entrambe... Poi un giorno sei sparita nel nulla. Pensavo che ti avessero spostata in un altro settore, fino a quando non ti ho visto attraverso gli schermi del computer. Quando ho visto che eri nella Radura, ho creduto di morire per il dolore."
"Mi dispiace..." sussurrai. "Sai qualcos'altro che potrebbe tornarmi utile?" 
Lei serrò la mandibola e sospirò assumendo un'aria triste.
"C-Cosa ti succede?" chiesi preoccupata.
"Gli esperimenti che facevano... Il siero che usavano... Non solo ti hanno resa immune al siero Oblitus, ma ti hanno anche resa..." fece una pausa e prese un profondo respiro. "Sterile. Ti hanno resa sterile."
Sbattei le palpebre più volte, allibita. Non che avessi progettato di avere figli, ma la cosa mi sconcertò non poco. Insomma, da una parte la cosa non mi toccava dato che non avrei mai messo al mondo un figlio, sapendo che avrebbe avuto un futuro incerto e pericoloso. Come avrei potuto farlo? Sarebbe stato come regalare ulteriori cavie alla W.I.C.K.E.D. ed io non volevo che i miei figli passassero quello che avevo passato.
Ma d'altra parte la cosa mi scombussoló.
Feci per aggiungere qualcosa, quando si sentirono dei passi nel corridoio e l'infermiera si allontanò velocemente da me, fingendo di mettere a posto alcuni attrezzi.
La porta si spalancò ed entrò un uomo con i capelli neri e radi, pettinati sulla testa pallida. Il naso era lungo, leggermente storto verso destra, e gli occhi castani e furbi guizzavano da me all'infermiera, con fare indagatore.
Indossava un completo bianco. Pantaloni, camicia, cravatta, cappotto. Calze. Scarpe. Tutto bianco. 
"Soggetto C1... Ben tornata." mi disse rivolgendomi un falso sorriso.
"Il mio nome è Elena." lo corressi a denti stretti. Se non mi ricordavo male, lui doveva essere Janson.
"Sai... In verità non è neanche quello il tuo nome, ma io continuerò a chiamarti Soggetto C1." specificò duro. "Seguimi se non vuoi rimanere senza mangiare." ordinò poi.
Si incamminò lungo il corridoio, senza neanche verificare se lo stessi seguendo oppure no.
Mi rivolsi alla ragazza e la ringraziai con un sorriso: "Grazie per tutto quello che hai fatto, mi dispiace di non ricordare niente, ma ti sono grata per essere stata sincera con me. Come hai detto che ti chiami?"
"Frances... Ma tu mi chiamavi Fanny."
"Piacere di averti incontrata... Fanny."
Lei mi sorrise e mi fece segno di sbrigarmi a seguire Janson. Corsi per il corridoio e alla fine arrivai al suo pari.
Percorremmo in silenzio tutto il tragitto, poi lui mi scortò dentro una sala gigante, piena di tavolini e sedie d'acciaio.
Sembrava che fosse stata usata di recente perchè cartacce, bicchieri e fazzoletti erano stati lasciati sui tavoli e alcuni pezzetti di cibo erano in terra.
"I tuoi amici si sono sfamati prima di te, ma sono sicuro che troverai un angolo pulito per mangiare la tua pizza." spiegò aprendo uno scaffale e cavando uno scatolone di pizza.
Spalancai gli occhi. Una pizza. Una vera, genuina pizza di quelle che lasciano l'unto sulle dita. 
La afferrai e mi diressi tra i tavoli, sedendomi su quello che mi sembrava meno sporco ed iniziai a mangiarne – o meglio divorare voracemente – ogni boccone, con la fame che vinceva su ogni altra sensazione. 
Un sorriso spontaneo di sollievo e soddisfazione spuntò sul mio viso. Non mi ricordavo quando fosse stata l'ultima volta che ne avevo mangiata una, men che meno con chi la avessi condivisa.
Sentirmi così felice mi causò un turbamento. Mi ero talmente abituata alla disperazione e all'ansia, che sembrava quasi un sogno provare sentimenti positivi per qualche minuto. 
Specialmente in un momento in cui, personalmente, facevo così tanta fatica ad accettare di essere allegra mentre la metà dei miei amici era morta e la parte restante era chissà dove senza di me.
Finii la mia pizza in un silenzio sacrale, quasi temendo che alla prima parola, Janson – che era restato a fissarmi sull'uscio della porta –  me l'avrebbe portata via.
"Ora che hai finito ti riaccompagno nella tua stanza a dormire." ordinò facendomi cenno di seguirlo.

I giorni passarono lenti e non persi mai la speranza che Newt mi avrebbe trovata. Mi aveva fatto una promessa ed ero sicura che la avrebbe mantenuta a tutti i costi.
I giorni erano stati monotoni e pesanti. Spesso mi ritrovavo a pensare al piccolo Chuckie e al periodo passato nella Radura. Spesso i ricordi si impossessavano di me e spesso mi facevano mancare l'aria.
Janson non mi aveva toccata e per fortuna gli esperimenti non si erano più verificati. 
Le mie ferite erano ormai guarite e al loro posto si erano formate delle cicatrici vistose.
Non capivo cosa aspettassero ad usarmi di nuovo come cavia da laboratorio. Sembrava quasi che stessero attendendo qualcosa di importante.
Per quanto riguardava Frances – ovvero Fanny – non l'avevo piú vista e la cosa mi preoccupava.
E se in qualche modo fosse andata nei guai per avermi detto alcune cose?

Ero a sedere sul mio letto, intenta a farmi una treccia per andare a dormire, quando la porta della mia stanza si spalancò, rivelando Janson.
"Abbiamo abbastanza tempo, ancora." disse controllando il suo orologio. "Seguimi." ordinò.
Aveva il volto ricoperto di sudore, come se avesse corso una maratona, e gli occhu fuori dalle orbite.
Ero confusa dal suo comportamento inusuale, ma feci come disse. Ero troppo stanca per obbiettare e l'unica cosa che desideravo in quel momento era andarmi a seppellire sotto le coperte.
E magari restarci anche per giorni senza dover far niente.
Janson, dopo alcuni minuti di cammino, si fermò davanti ad una porta d'acciaio, con una scritta sopra di essa.
Lessi attentamente: SALA OPERATORIA.
Indietreggiai di qualche passo e mi guardai attorno alla ricerca di una via di fuga in casi estremi.
"Tranquilla, abbiamo finito con i Test sul dolore. Ma dobbiamo farti bere il contro siero per farti riacquistare la memoria e..."
Lo interruppi. "Io non voglio riacquistarla. Quello che ho visto mi è bastato, grazie."
"Be' in ogni caso dobbiamo anche inserirti un chip." sentenziò aprendo la porta. 
Dei dottori in camice bianco e con delle mascherine – anche esse bianche –  si stavano infilando dei guanti e stavano parlando tra di loro.
"Per..?"
Lui sbuffò sonoramente, visibilmente scocciato dalle mie domande, poi si grattò la testa con fare superficiale e parlò: "Tutti i Soggetti appartenenti al Test del Labirinto ce l'hanno. Tu sei entrata di testa tua e non abbiamo fatto in tempo a mettertelo. Quindi fai come ti dico, oppure le conseguenze saranno pesanti."
Mi guardai di nuovo attorno. Non c'erano guardie o altre persone. 
Forse avevo via libera. Potevo correre e andare a chiudermi in camera mia. Non volevo che giocassero ancora con il mio cervello!
Janson mi afferrò il polso e senza che potessi ribellarmi mi trascinò dentro la stanza, che poi chiuse a chiave.
"Sbrigatevi." ordinò ai dottori, scaraventandomi sul lettino posto al centro della stanza.
Mi alzai di scatto e afferrai un bisturi, posto alla mia sinistra, poi lo puntai verso Janson.
"Lasciami uscire." ordinai con voce ferma.
Lui alzò le mani in segno di resa, poi sorrise soddisfatto e abbassò le braccia.
Non capii perchè non fosse spaventato dall'arma che tenevo in mano, nè perchè avesse assunto un sorriso vittorioso. Ora avevo io il coltello dalla parte del manico... Non avrebbe dovuto implorarmi di risparmiarlo? 
La risposta alle mie domande arrivò subito e sentii qualcosa pizzicarmi il collo.
Persi il controllo del mio corpo e mi accasciai a terra, incapace di muovere un solo muscolo.
"Cosa mi avete iniettato?" chiesi con voce tremante.
Cercai più volte di muovermi, ma il mio corpo non rispondeva ai comandi.
Anche solo un dito, ti prego. Pensai concentrandomi al massimo.
"Come? Vorresti dirmi che non ti ricordi di quando non riuscivi a muoverti, ma sentivi tutto il dolore?" chiese con voce maligna.
Qualcuno mi sollevò e mi stese sul lettino.
Janson fece un cenno ad un medico e lui mi avvicinò alla bocca una mascherina.
Trattenni il fiato quando questa si appoggiò sul mio viso.
Passarono diversi secondi e sentivo i miei polmoni bruciare e chiedere ossigeno.
Senza riuscire a resistere, inspirai tutta l'aria che potevo.
Le mie palpebre iniziarono a farsi pesanti e la mia mente a non ragionare più lucidamente. Le figure davanti a me iniziarono a diventare sfocate e sempre più confuse.
In breve tempo, tutto diventò buio ed io mi addormentai, perdendo la concezione del tempo.

Aprii lentamente gli occhi e mi trovai in una stanza bianca. Non era la mia camera e non era la stanza in cui mi trovavo poco prima di svenire.
Cosa era successo? Cosa mi avevano fatto?
Sentii la porta cigolare lentamente e poi aprirsi. Cercai vi voltarmi, ma non ci riuscii.
Per quanto sarebbe ancora durata la sostanza che mi avevano iniettato?
"Vedo che sei sveglia, Soggetto C1." sentire quella voce mi bastò per capire di chi si trattasse.
Sospirai e chiusi gli occhi, stanca come non mai.
"Non mi importa se hai deciso di non parlarmi. A me basta che ascolti le parole che dico." spiegò Janson calmo. "Partiamo dal fatto che tutto questo è colpa tua. Hai rovinato l'esperimento, ma sono riuscito in qualche modo a ripararlo, anzi, forse a migliorarlo. Quando ti sei spontaneamente buttata dentro il Labirinto, pensavamo che tutto fosse andato in frantumi, ma ci sbagliavamo. Vedi... L'idea iniziale, era quella di spedire un'altra ragazza, poco dopo Thomas. Il suo nome è Teresa, non so se tu la abbia conosciuta, ma non ha importanza. Ma poi tu hai deciso di fare di testa tua, credendo di scappare da noi e cercare di dimenticare. Ops... Il tuo tentativo è stato vano. Non solo sei di nuovo qui come Soggetto della W.I.C.K.E.D., ma riavrai indietro ance i tuoi ricordi."
Spalancai gli occhi. No. Non poteva farlo.
Lo vidi avvicinarsi a me, con una fiala di liquido viola in mano.
"Apri la bocca..." ordinò avvicinandomela alle labbra.
Serrai le labbra convinta. Non me lo avrebbe fatto ingoiare facilmente.
"Come vuoi tu..." bisbligiò prendendo qualcosa dal tavolino vicino alla mia testa.
Solo quando portò l'oggetto sotto la luce, riuscii ad identificarlo.
Il metallo liscio del bisturi risplendeva malignamente.
Con destrezza lo rigirò tra le mani, poi osservò ogni parte del mio corpo.
Poi, senza esitare, lo conficcò nella mia clavicola, facendomi urlare dal dolore.
Immediatamente versò il liquido nella mia bocca e mi fece quasi soffocare.
Tossii più volte per riuscire a prendere fiato e sperando che in qualche modo riuscissi a farlo uscire dalla mia gola, ma ormai era fatta. Lo avevo ingoiato.
La ferita alla clavicola continuava a pulsare insistentemente. 
Al quel dolore insopportabile si aggiunse ben presto un mal di testa lacerante.
Le fitte alle tempie infatti non tardarono ad arrivare e mi fecero gemere di dolore. Mi sarei stretta la testa tra le mani se avessi potuto.
In pochi secondi ricordai. Tutto era partito dalle eruzioni solari. Non era stato possibile prevederle. Solitamente le eruzioni erano fenomeni normali, ma in quel caso furono senza precedenti, immani. Raggiunsero picchi sempre più alti... e una volta che furono individuate, fu solo questione di minuti prima che l'ondata di calore colpisse la Terra. Prima furono inceneriti i satelliti. Migliaia di persone morirono all'istante, milioni nel giro di qualche giorno. Un numero incalcolabile di chilometri terrestri fu ridotto a una landa desolata. 
Ma quello che accadde dopo fu peggiore.
Poi arrivò la malattia. L'ecosistema andò in pezzi e divenne impossibile controllarla. Venne chiamata dalla gente Eruzione. Da quanto potevo ricordarmi, era una cosa orribile. Solo i più ricchi potevano essere curati, ma nessuno poteva essere guarito. 
L'Eruzione era un virus mortale che attacca il cervello. Era violento, imprevedibile, incurabile. Come prima cosa cominciavano le allucinazioni, poi gli istinti animali iniziavano a sopraffare quelli umani. Infine si veniva consumati, privati della propria umanità. 
Con il tempo era emersa una nuova generazione che poteva in qualche modo sopravvivere alla malattia. La W.I.C.K.E.D. ci strappò alle nostre famiglie, promettendoci un futuro più sicuro.
Eravamo solo milioni di ragazzi rimasti orfani. Scelsero noi per il grande evento. La prova delle prove. Tutto ciò che avevamo vissuto era stato calcolato nei minimi dettagli. Erano stati messi dei catalizzatori a studiare le nostre reazioni, le nostre onde cerebrali, i nostri pensieri. Tutto nel tentativo di trovare una cura.
"Bene. Dato che hai deciso spontaneamente di sostituirti a Teresa, dovrai prendere il suo posto anche nella Fase Due." disse Janson secco, riportandomi alla realtà. "In realtà ci hai semplificato il lavoro. Abbiamo sfruttato il fatto che tu e Thomas eravate innamorati a nostro favore. Abbiamo addirittura deciso di restituirgli i ricordi in cui stavate insieme, ovviamente solo quelli belli."
Fece una breve pausa, poi riprese a parlare: "Ora ti dirò cosa dovrai fare nella Fase Due. Ascoltami attentamente perchè se sbagli, tutto andrà a tuo sfavore."
Gli ci vollero ben dieci minuti per spiegare nel dettaglio ogni cosa. Ogni mia azione era stata pianificata e anche le reazioni degli altri, erano state previste.
"Non esiste che io faccia una cosa del genere." constatai secca. "Non lo farò e non potete obbligarmi."
"Hai ragione... Non possiamo. Be' peccato... significa che dovremmo uccidere tutti i Soggetti sopravvissuti." disse voltandosi verso l'uscita.
"Aspetta! Non puoi!" urlai. 
"Se non accetti, l'esperimento fallirà. E se questo dovesse accadere, i Soggetti diventeranno inutili."
"E va bene." constatai sospirando. "Lo faró."
"Sapevo che avresti accettato. Ora non ci rimane che attendere che arrivino a salvarti, per mettere in atto la grande fuga." esordì lui, con un sorriso soddisfatto. "Passa una buona notte... Soggetto C1."
Janson si avvicinò alla porta e fece per andarsene, ma all'ultimo si girò e aggiunse: "Oh, a proposito... Non provare neanche a raccontare a tutti che questo è solo un esperimento."
"Non potrete controllarmi una volta che sarò fuori, nella Zona Bruciata o come cacchio si chiama." spiegai con un sorrisetto.
"E invece sì. Hai presente il chip che ti abbiamo inserito? Ecco, quello non solo ci permette di controllare le tue azioni motorie e altro, ma se mai trasgredissi agli ordini o provassi a spifferare qualcosa, lanceremo una scarica elettrica talmente alta che ti farà svenire nel giro di pochi secondi. Non ti preoccupare, nulla del tuo corpo verrà danneggiato."
Poi, con un sorriso di vittoria sulle labbra, Janson uscì dalla porta e la richiuse dietro di sè.
Abbassai lo sguardo sulla clavicola e per quanto possibile cercai di vedere in che condizioni fosse.
Vedevo solo sangue. Sangue sulla mia camicia bianca. Sangue sulle lenzuola. Sangue sul cuscino. Sangue nei capelli.
Nonostante il dolore, la stanchezza mi stava consumando.
Lasciai vagare la mente, sperando che il pensare mi avrebbe distratto dal dolore.
Mi sforzai di riflettere su qualcosa, fino a ripensare al breve periodo trascorso nel Labirinto, ai giorni passati a fare il Medicale, fino alla mia prima notte nella Radura. Sembrava che tutto fosse accaduto cent'anni prima. Come un sogno. 
Fissai il soffitto bianco sopra di me, sentendo arrivare il sonno. 
Lo respinsi con forza. Cosa avevo appena fatto?
Avevo accettato di fare cose orribili ai miei amici. A Thomas, a Minho, a Newt...
Tutti quelli che si fidavano di me. Li avrei delusi.
Sentii le lacrime gonfiarsi sotto le palpebre. Una riuscì a sfuggire e gocciolò giù dalla tempia destra, finendo nei capelli. 
Al dolore della ferita si aggiunse il dolore al petto. Quest'ultimo era peggiore e consumante. Era come un macigno, caduto direttamente su di me. Un dolore soffocante e attanagliante.
Mi dispiace, Newt... Pensai rilasciando un'altra lacrima. Perdonami.

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Capitolo 51
*** Epilogo. ***


Comunicazione d'ufficio – W.I.C.K.E.D. – 
Data: 232.1.27, Ora: 22.45
DESTINATARIO: I miei colleghi
MITTENTE: Ava Paige, Alto funzionario
RE: PENSIERI SULLE PROVE DEL LABIRINTO, Gruppo A

Secondo tutti i calcoli, credo che siamo tutti d'accordo che le Prove siano state un successo. Venti sopravvissuti, tutti qualificati per il tentativo che abbiamo in programma. Le reazioni alle Variabili sono state soddisfacenti e incoraggianti. L'assassinio del ragazzo e il 'salvataggio' si sono mostrati un finale di grande valore. Avevamo bisogno di sconvolgerli per vedere come reagivano. 
Il Soggetto C1 si è rivelato più importante di quello che credevamo per la Fase Due e siamo riusciti a convincerla a prendere parte all'esperimento.
Onestamente, sono sbalordita dal fatto che alla fine, nonostante tutto, siamo stati in grado di radunare un gruppo tanto folto di ragazzi che si sono semplicemente rifiutati di cedere. Per quanto sia strano, vederli ora, che pensano che vada tutto bene, è la cosa che mi riesce più difficile fare come osservatrice. Tuttavia, non c'è tempo per i rimorsi. Andremo avanti per il bene del nostro popolo. So di avere già una mia idea riguardo a chi debba essere scelto come capo, ma mi tratterrò dall'esprimermi ora, in modo da non influenzare le decisioni altrui. Tuttavia, per me si tratta di una scelta ovvia. Sappiamo tutti molto bene qual è la posta in gioco. Personalmente mi sento incoraggiata. 
Alla fine, i soggetti ricorderanno e comprenderanno lo scopo delle brutte cose che abbiamo fatto loro e che abbiamo in programma di fare in futuro. La missione della W.I.C.K.E.D. è quella di servire e proteggere l'umanità, a qualunque costo. Siamo veramente 'buoni'. Vi prego di rispondere con le vostre considerazioni personali. Ai Soggetti verrà consentita un'intera notte di sonno prima dell'esecuzione dello Stadio 2. In questa fase, concediamoci di sentirci speranzosi. Anche i risultati delle prove del Gruppo B sono stati quantomeno straordinari. Mi serve tempo per elaborare i dati, ma domattina potremo cominciare a parlarne. A domani, allora.  

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Capitolo 52
*** Ringraziamenti & Informazioni sul sequel ***


Eccoci arrivati alla fine di questo bellissimo percorso. 
Ho pensato perciò che sarebbe stato bello ringraziarvi di tutto, miei cari lettori.
Abbiamo affrontato questo cammino insieme, mano nella mano. Abbiamo pianto nelle scene tristi, riso in quelle divertenti e sclerato nei momenti Newtlena/Gallena/Newtmas.
Vi ringrazio non solo perchè mi avete spronato a continuare questa storia, ma anche per tutti gli incoraggiamenti, i complimenti e i giudizi.
Grazie per avermi accompagnata lungo tutto il tragitto. Sono fiera di come sia uscita tutta la mia storia e sono ancora più fiera che sia piaciuta a qualcuno.
Spero in qualche modo di essere riuscita a farvi percepire belle emozioni. Chissà, magari sono anche riuscita ad insegnarvi qualcosa.
Credevo che non sarei mai riuscita ad arrivare nel profondo delle persone, a far scattare qualcosa dentro di esse. Ma a quanto pare mi sbagliavo.
Non lo sapevo, ma le parole a volte hanno il potere di cambiare qualcosa nella vita delle persone.
Per aver messo la mia storia tra le seguite, vorrei ringraziare particolarmente:

kat _A2 
manuuu93 (PS: grazie per aver recensito)
nna_ennennea 
principessa_luxa (PS: grazie per aver recensito)
selenagomezlover99 
Poi, per aver messo la mia storia tra le ricordate, vorrei ringraziare:
MarieJNBlack90 
Poi, per aver messo la mia storia tra le preferite, vorrei ringraziare:
the_fanfictioner 
Ed in fine vorrei rigraziare per aver recensito alcuni capitoli:
TheGirlWhoFliesOnABook 
Katniss Fray Prior
Midnight13 
Ringrazio anche le lettrici silenziose... Fatevi sentire nel prossimo libro, ci terrei tanto ♥

Per quanto riguarda invece il secondo libro, prima di iniziare a scriverlo, prenderò una pausa di un mese, per raccogliere un po' di idee.

Il sequel si chiamerà "The Maze Runner - Survive" e spero di non perdere qualche lettore nell'attesa ♥ 
Vi avviserò quando pubblicherò il primo capitolo del secondo libro.
Spero di non finire come Thomas nell'immagine (Katniss sareste voi).
Detto questo vi lascio e ci rivediamo tra un mese, pive ♥
(se qualcuno vuole scrivermi in questo lasso di tempo, per me va benissimo!)
Mi mancheranno le vostre recensioni :'( 
Un bacio e grazie ancora di tutto
Dalla vostra Inevitabilmente_Dea ♥

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Capitolo 53
*** Sequel! ***


Ehi, pive! Come promesso dopo un mese sono tornata e ho pubblicato sul mio profilo il secondo libro di Maze Runner!
Non ho voglia di mettervi il link, perció andate sul mio profilo (Inevitabilmente_Dea) e cliccate su "The Maze Runner - Survive".
Spero vi piaccia ;) 
Godetevi il secondo libro, addio pive ♥
Dalla vostra Inevitabilmente_Dea ♥

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