Blue Eyes

di Elpis Aldebaran
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Tears of Consiounsess ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo: Earrings of Blood ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo: A Ray in a Cloudy Sky ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo: The Shots of Treason ***
Capitolo 5: *** Epilogo: Blue Eyes ***



Capitolo 1
*** Prologo: Tears of Consiounsess ***


Blue Eyes

 

(De Umana Insania – Capitolo della Vendetta -)

 

 

 

 

 

A Giulia,

perchè gliel'ho promesso

e per qualche assurdo motivo

 che solo lei conosce,

legge quello che scrivo.

E le piace anche.

Questa ragazza mi da una soddisfazione

incredibile.

Grazie per i complimenti,

grazie di apprezzare i miei lavori,

grazie di tutto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Prologo – Tears of Consciounsess

 

 

 

 

 

“[…] Itachi Uchiha è stato trovato morto nella sua cella, l’ora del decesso

Probabilmente risale per le ore 23.00.

La guardia ha rivelato che non ci sono stati strani rumori, che tutto era come ogni sera.

Pare che l’omicida si sia procurato dei profondi tagli in tutto il corpo e si sia lasciato morire dissanguato.

Una morte lenta e dolorosa che […]”  *

 

“[…] accanto alla cella di Uchiha Itachi era rinchiuso il famigerato Hidan (27 anni, condannato all’ergastolo per omicidio e organizzazione clandestina illecita).

Secondo le autorità quest’ultimo è scomparso la notte stessa del suicidio,

non lasciando alcuna traccia.

Una fuga da manuale.

 La polizia è già sulle sue tracce.

Hidan era stato rinchiuso per diversi reati, tra i più efferrati […]”

 

Londra, The Sun, 15 di Gennaio, 1959.

 

 

 

Ino Yamanaka lesse più volte quell’articolo di giornale di una settimana, poiché le lacrime che le riempivano gli occhi le impedivano di scorrere agevolmente il testo. Tremava tutta, in preda alle convulsioni, dalle spalle strette e magre alle gambe leggermente piegate che facevano fatica a sorreggerla. Riuscì con grande sforzo a recuperare una sedia di legno e a buttarcisi sopra. Si portò una mano al petto e scoprì che il cuore le martellava in modo furioso; poteva sentire il battito irregolare che le rimbombava nelle orecchie, assordandola.

Fu come se qualcosa si sbloccasse dentro di lei. Poggiò la fronte sul legno duro del tavolo e le lunghe braccia si distesero su di esso; le mani accartocciavano i fogli di giornale dalle foto in bianco e nero, tutte riguardanti un uomo alto dai lunghi capelli biondi, quasi platinati.

Finalmente, riuscì ad urlare. La voce acuta e disperata invadeva il suo appartamento vuoto e buio, le lacrime cadevano come un fiume, bagnandole il viso sciupato e la maglietta che indossava; i singhiozzi le mozzarono il fiato. Per un momento, le sembrò di essere in apnea, di non poter respirare, di affogare nelle sue stesse lacrime.

Forse, se fosse stato così, quella morte sarebbe stata migliore rispetto a ciò che l’attendeva.

Desiderava ardentemente poter tornare indietro e far finta di niente quando ne aveva avuto l’occasione, almeno il suo assassino l’avrebbe presa e uccisa ignara di tutto e di sorpresa. Invece aveva capito, e non c’era sensazione peggiore che essere impotente, sapendo che un uomo sarebbe venuto a prenderti per ucciderti per vendetta, e tu puoi solo aspettare la morte e sperare che sia veloce e indolore, pur sapendo che non sarà affatto così.

Avrebbe voluto morire in quel momento, se fosse servito ad alleviare il suo dolore.

Sentì la porta d’ingresso del suo appartamento fare uno scatto e aprirsi con un lento cigolio, l’aria fredda esterna che entrava e le faceva rabbrividire i piedi nudi, come un brutto presagio.

“Shi-shikamaru?”

Chiamò flebilmente, con un ultimo briciolo di speranza.

Non ricevette risposta, solo dei passi pesanti che attraversavano il corridoio d’ingresso e si avvicinavano a lei, scandendo un angosciante conto alla rovescia. Ino si alzò in piedi di scatto, gesto dettato più dall’istinto di sopravvivenza che da altro. Con una mossa fulminea, riuscì ad afferrare un coltello da cucina nel momento esatto in cui Hidan faceva la sua apparizione.

Alto e imponente, il viso sottile e dai tratti decisi, gli occhi dal taglio allungato e il sorriso sadico: uguale all’ultima volta che lo aveva visto, uguale alle foto dei giornali che ancora occupavano il tavolo.

Era lì e l’avrebbe uccisa.

“Buonasera.”

Salutò, educato, avanzando di un passo e chinando la testa leggermente.

Ino cercò di appiattirsi contro il muro opposto; il coltello in aria stretto nella mano che tremava inverosimilmente. In quel momento, doveva sembrare molto patetica.

“Sembra che mi stessi aspettando.”

Continuò Hidan, incurante della situazione, come se si fosse presentato a casa di un vecchio amico. Prese con una mano la sedia su cui prima stava seduta la giovane ragazza e si accomodò, accavallando elegantemente le gambe; si tolse i guanti in pelle facendo mostra delle dita lunghe e affusolate, buttando un’occhiata ai giornali davanti a , leggendoli con falso interesse.

“Vedo che hai studiato, mia piccola Ino. Non vedi l’ora di morire, vero?”

Chiese con voce suadente, guardandola con occhi quasi maliziosi.

Ino Yamanaka pregò tutti i santi che conosceva di farla morire di crepacuore in quel momento.

Non resse oltre la pressione, lasciò andare il coltello e scivolò lentamente a terra in modo scomposto. I singhiozzi aumentavano sempre di più.

“Oh, non fare così, honey. Se il tuo fidanzato farà il bravo, non sentirai alcun dolore quando consacrerò il tuo corpo al potente dio Jashin.”

“Lui no-“ cercò di dire Ino, respirando profondamente  nella speranza di riprendere un po’ di controllo sulle proprie azioni. “Lui, Shikamaru non non è il mio... fidanzato.”

Hidan le sorrise, come un padre rivolto alla propria bambina, scatenando una serie infinita di brividi sulla schiena della giovane, che si irrigidì non appena vide l’uomo alzarsi dalla sedia e chinarsi su di lei, faccia a faccia.

“Dici, tesoro?”

Domandò, portandosi una mano nell’interno giacca ed estraendo una foto sgualcita. Gliela mise sotto il naso e Ino riconobbe subito i due protagonisti di quello scatto.

“Siete tu e Nara tre giorni fa, dico bene? Siete appena usciti da casa sua dopo una bella nottata, immaginoaffermò ridendo sguaiatamente, come a prenderla in giro.

Ino chiuse gli occhi, vergognandosi e sentendosi stranamente nuda davanti a quel fatto, sputato come un pettegolezzo. Magari avrebbe potuto essere così, se non fosse stato pronunciato da un pazzo religioso con precedenti penali.

“Peccato che tu sia così bella Ino. Evidentemente ti sei scelta l’uomo sbagliato e adesso paghi le conseguenze dei suoi errori. È vero che non si può avere tutto dalla vita, non trovi?”

Ino non rispose mai e forse non capì nemmeno l’ultima parte della frase, perché Hidan aveva già alzato una mano e l’aveva colpita con forza alla testa, facendole perdere i sensi.

 

 

Continua...

 

 

* tratto da “De Umana Insania”

- Il giornale “The Sun” esiste realmente ed è uno dei più venduti del Regno Unito.

 

 

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Invece era successo quello che nemmeno l’obiettività di Sakura era riuscita a prevedere.

Ino si era svegliata una mattina, una come tante, e si era riflessa allo specchio, come sempre. Aveva visto i suoi occhi azzurri, troppo chiari, e aveva pensato che le sarebbe piaciuto qualche volta svegliarsi al mattino e perdersi in degli occhi scuri, magari marroni e densi, calorosi come un pezzo di cioccolata fondente.

Aveva subito pensato a Shikamaru Nara ed era andata in crisi esistenziale.

 

 

 

Note di Lee (che deve andare a studiare e non c’ha voglia,

ma è uno sporco lavoro e qualcuno –lei- deve pur farlo):

Ho poco tempo, quindi perdonate queste poche righe sciatte e frettolose. Questa fanfic ha partecipato a una sfida sullo ShikaIno Official Fan Forum (Gesù, ma un nome più corto?) controla Elwerien.

Ho perso, ma mi importa il giusto in quanto io amo questa fic con tutto il mio cuore <3

L’ho scritta esattamente in sei ore e ventisette minuti (i minuti sono tirati a caso, ma le ore no ù_ù) e ci è voluta una settimana per betarla (si ringrazia Rekichan dal profondo del cuore, la faccio lavorare ad orari assurdi).

Spero che possa piacere come piace a me e soddisfare chi aveva letto De Umana Insania: nessuno si immaginava un continuo, e nemmeno io.

Gli aggiornamenti saranno settimanali, ogni domenica sera; ammesso e non concesso che l’autrice riesca a sopravvivere durante la settimana.

Fuggo, nella vana speranza che qualcuno si fermi e decida di fare l'atto caritatevole di recensire.

 

 

 

Besos,

 

Lee

 

 

 

Naruto © Masashi Kishimoto

Blue Eyes © Coco Lee

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Capitolo 2
*** Capitolo Primo: Earrings of Blood ***


Blue Eyes

 

(De Umana Insania – Capitolo della Vendetta -)

 

 

 

 

 

  1. Capitolo Primo – Earrings of Blood

 

 

 

Shikamaru Nara guardava fisso davanti a sé il telefono della centrale di polizia.

Sakura lo osservò per pochi attimi, prima di farsi avanti con passo incerto e posare accanto all’apparecchio telefonico una tazza di tè fumante; lui non degnò nemmeno di uno sguardo né la ragazza, né la bevanda, continuando imperterrito a memorizzare ogni singolo angolo del telefono, alla ricerca e nella speranza di un rumore o di un tremito da parte della cornetta, o di un lampeggiare della luce verde che indicava una chiamata in arrivo.

La ragazza dai capelli assurdamente rosa guardò impotente l’amico, non sapendo bene cosa fare, come comportarsi, mordendosi il labbro inferiore con insistenza. Anche lei era in ansia, aveva paura per quello che era successo, ma cercava con tutte le sue forte di mantenere la mente fredda e lucida per non impazzire, come stava accadendo al giovane Nara.

La porta dell’ufficio si spalancò con un tonfo, mentre Naruto che era poggiato su una delle stampelle, entrava goffamente tenendo stretto tra i denti un sacchetto pieno di ciambelle. Sakura gli si avvicinò apprensiva, aiutandolo ad arrivare fino al tavolo dove il ragazzo si sistemò per bene su una sedia, addentando poi famelico un pezzo di dolce.

“Novità?”

Chiese a Shikamaru seduto proprio di fronte a lui. Il giovane negò con la testa sospirando, e finalmente dopo tanto tempo, alzò gli occhi sui due amici che lo guardavano, compatendolo.

Ciò non fece altro che irritargli i nervi.

Due giorni prima era entrato a casa di Ino, dato che la ragazza non aveva risposto né alle sue chiamate, né ai suoi messaggi. Lui non era tipo che si preoccupava facilmente per le persone. Prima di farsi prendere dal panico o da pensieri negativi, faceva sempre passare una settimana o qualche giorno di più; ma con Ino non si sentiva mai sicuro. Era una ragazza incosciente, che spesso e volentieri si metteva nei guai perché non sapeva badare agli affari suoi; lui gliel’aveva detto un sacco di volte di stare attenta e di pensare alla sua vita, ma sembrava che le parole le entrassero un orecchio e le uscissero dall’altro. Quindi si era recato come spesso faceva, nel condominio dove abitava Ino, aveva salutato il portiere come sempre e aveva preso l’ascensore fino al terzo piano.

Non aveva fatto caso alla strana sensazione che aveva cominciato a invadergli lo stomaco come una tenaglia. All’inizio aveva dato colpa al fatto che non avesse pranzato.

Ma quando aveva bussato alla porta dell’appartamento numero ventidue e l’aveva trovata aperta, l’inquietudine era diventata sovrana del suo cervello, portandolo a urlare il nome della ragazza per tutta l’abitazione; perlustrando ogni stanza; rivoltando cassetti e coperte, qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano. Alla fine era giunto nella cucina, trovando gli articoli di giornale e il coltello sul pavimento accanto a qualche goccia di sangue; a quella vista, nel suo cervello si stava componendo un puzzle di frasi e immagini. Capì quello che Ino cercava di dirgli da una settimana a quella parte, maledicendosi per essere stato così superficiale, non avendo credendo alla paranoie dell’amica.

La sua voce, che mai lo avrebbe abbandonato, gli rimbombava nella testa, le sue parole di preoccupazione lo perseguitavano: “Shikamaru, credo che qualcuno mi stia osservando”; “Non sono sicura, ma ho la sensazione che qualcuno sia entrato nel mio appartamento”; “Hai per caso preso la chiave di scorta di casa mia? Non capisco, è scomparsa; “Shika, so che sono paranoica, ma io credo proprio che qualcuno mi stia seguendo”.

Tutto collegato, tutto finalmente chiaro.

Era corso giù per le scale del palazzo, saltando i gradini e arrivando di corsa in portineria dove aveva messo sotto interrogatorio il vecchio custode, nella speranza che avesse visto qualcosa o qualcuno di sospetto. E quel qualcuno c’era stato: alto, imponente, elegante, dai capelli biondissimi, quasi argentati.

Shikamaru ricordava perfettamente il salto all’indietro che aveva fatto il suo cuore, lo aveva sentito doloroso nel petto, come se la cassa toracica fosse troppo stretta per contenerlo.

Era arrivato alla centrale di polizia devastato e sconvolto; stava già predisponendo gli uomini per una perquisizione in casa Yamanaka alla ricerca di qualche prova, quando il telefono del suo ufficio aveva squillato, paralizzando tutti, come se qualcuno avesse detto ad alta voce che la persona dall’altro capo della cornetta era proprio l’uomo che stavano cercando.

Il giovane Nara aveva risposto tremante, sentendo la voce metallica di Hidan che lo canzonava, lo minacciava e lo ricattava.

Voleva soldi e lasciare il paese in modo sicuro, ma prima voleva pregare un po’ il suo Dio, magari con qualche sacrificio umano; Shikamaru gli aveva urlato per telefono provando a non bestemmiare, cercando dei compromessi, qualsiasi cosa per riavere Ino viva.

Ma Hidan era uno psicopatico, anche se questo non era stato riconosciuto dal giudice del processo, in quanto l’uomo al momento degli omicidi era perfettamente in grado di intendere e di volere.

Con lui non esistevano patti o ragionamenti: o stavi con lui o contro di lui; alle sue regole oppure morivi.

Shikamaru Nara ancora fissava il telefono della centrale di polizia.

Naruto stava finendo la sua terza ciambella e Sakura leggeva con attenzione il fascicolo sulla sparizione di Ino, sperando che il suo occhio da infermiera trovasse qualche particolare utile, come quando si deve controllare un organismo alla ricerca della malattia, il nodo della matassa.

“Senti, Shikamaru” iniziò poco dopo la ragazza, togliendosi gli occhiali da vista e posandoli sul tavolo. “ non mi hai mai parlato di Hidan né mi hai detto perché ce l’ha con te. Cosa gli è successo?”

Il ragazzo restò immobile e Sakura all’inizio credette che non le avesse prestato attenzione, ma poi Shikamaru si sciolse il codino spettinato, immergendo una mano fra i capelli lunghi e rilassandosi un momento, mentre le ciocche scure gli ricadevano scomposte davanti agli occhi.

“Lui, quel fetente, è un seguace della religione del dio Jashincominciò piano e lentamente. “ i suoi seguaci seguono la via dell’uccisione e dell’omicidio per onorarlo. Da quello che riuscii a capire, quando indagavo su questa setta, prima di uccidere una vittima pregano questo Dio affinché accolga la loro offerta; non so esattamente il perché di tutto questo, ricordo che la mia squadra era da settimane sulle tracce del capo

“Hidan..?” domando Sakura, intuendo già la risposta.

“Esatto. Riuscimmo a prenderlo una notte di tre mesi fa, grazie a una mia intuizione particolarmente brillante, devo dire.”

“Già, me lo ricordo. È stato un vero colpo di genio, Shikamaruaffermò Naruto con allegria.

Il moro non rispose, abbozzando solo un sorriso debole e continuando con la sua storia.

“Hidan fu processato e condannato all’ergastolo per omicidio e per organizzazione clandestina illecita. Ricordo che prima di abbandonare l’aula di tribunale, passò davanti alla squadra omicidi che seguì il suo caso, tra cui c’ero anche io. Mi guardò strano, non riuscì a capire cosa cercasse di trasmettermi con quegli occhi viola: se ci penso ancora adesso, mi viene la pelle d’oca” Shikamaru sospirò massaggiandosi le palpebre. Riprese l’elastico per capelli con cui aveva giocato tutto il tempo e si rifece il suo solito codino alto.

“Hidan sapeva che, se era stato incastrato, era stato per colpa mia. Non era un segreto, tutti quelli che avevano assistito al processo lo sapevano. Solo adesso ricordo con esattezza tutte le piccole cose che sono successe nel momento in cui lui ci passò davanti il suo sguardo si era spostato impercettibilmente da me ad Ino, che mi stava venendo incontro e mi abbracciava. Avrà pensato che fosse la mia ragazza o mia sorella, non lo so sicuramente qualcuno di importante” Sakura gli si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla. Adesso capiva meglio tutto: l’unico modo per vendicarsi di Shikamaru non era ucciderlo, la sua morte non avrebbe portato a niente.

La porta dell’ufficio si aprì piano e un uomo dai capelli argentati fece capolino, osservando i presenti uno per uno.

“Capitano Hatake!” urlò Naruto, senza un minimo di contegno. L’uomo entrò nella stanza richiudendosi la porta alle spalle, in mano teneva una busta di colore giallo.

“Mi spiace disturbarti Shikamaru, ma avrei una cosa da consegnarti” disse puntando lo sguardo su Sakura, chiaro segnale di uscire da lì in quanto non era un agente di polizia. La ragazza capì al volo, prendendo le sue poche cose e uscendo silenziosamente senza protestare.

“Questa busta è per te. Non c’è il nome del mittente e non è arrivata col postino.” disse Kakashi; il ragazzo capì subito che Hidan aveva cominciato a muoversi contro di loro, non avendo ancora visto le sue richieste esaudite.

Prese la busta gialla e la strappò in cima senza tante cerimonie, sbirciando il contenuto. All’interno c’era solo un paio di orecchini semplici, tondi che lui conosceva benissimo.

“Sono di Inomormorò, rigirandosi quei piccoli oggetti fra le mani. Il telefono del suo ufficio cominciò a squillare, facendo sussultare tutti per la sorpresa. Come un razzo Shikamaru si portò la cornetta all’orecchio, senza aggiungere nient’altro.

“Oh-oh, ciao Nara. Ti è piaciuto il mio regalo?”

“Cosa le hai fatto? Che significa?”

“Ancora è viva, non temere. Ho solo pensato di mandarti i suoi oggetti personali:  da morta non credo che potrebbe più usarli, non trovi?” Shikamaru cercò con tutte le sue forze dal trattenersi di spaccare il telefono addosso al muro, mentre vedeva Kakashi davanti a lui che lo esortava a proseguire la conversazione. Stava cercando di rintracciare la chiamata.

“Chi mi assicura che non l’hai già fatta fuori?”

“Oh, caro Shikamaru, certi trucchetti con me non funzionano. Tu sai che è viva, per poco, ma lo è. Più aspetti a soddisfare le mie richieste, più lei soffrirà, non capisci? Ogni giorno che farai passare, io mi divertirò a toglierle qualcosa: spero che il sangue non ti faccia effetto.” 

Chiuse la comunicazione con tono di voce talmente divertito, da fargli arrivare il sangue alla testa.

Shikamaru afferrò il telefono e finalmente lo scagliò contro il muro, rompendolo in due parti.

“Nara, ti ha dato di volta il cervello?!”

Urlò Kakashi, spiazzato da quella reazione.

“Shikamaru, non credi che sarebbe meglio se andassi a riposare?”

Chiese invece Naruto più cautamente, questa volta senza sorriso.

Il moro non rispose, fissando con aria persa i resti del telefono che giacevano sul pavimento. Prese la giacca e corse via, non aspettando alcun permesso e non salutando nessuno. Quando uscì dalla centrale, una fitta pioggia si stava abbattendo sulla città, come sempre in quella stagione, ma non si curò né di prendere l’ombrello, nè di chiamare un taxi.

Cominciò a camminare lentamente, con le gocce d’acqua che gli bagnavano il viso e i capelli; se Ino fosse stata con lui, probabilmente si sarebbe lamentata per via dei suoi capelli che sarebbero diventati di lì a poco crespi e nodosi, intrattabili. Si lasciò andare ad una risata amara, prendendosi il viso con una mano e andando a sbattere contro una signora, passando oltre senza scusarsi.

Suo padre gli aveva sempre detto che non era lavoro per lui, quello.

Ora che ci pensava, Shikaku Nara gli aveva sempre dato un sacco di consigli per non farsi fregare nella vita e lui era stato tanto stolto da non seguirne nemmeno uno. Le regole di Nara Senior erano tre, semplici e concise:

1. Fare un lavoro modesto, ma che al contempo frutti bene e ti permetta di vivere non nel lusso, ma nemmeno nella miseria.

2. Trovare una brava donna, massaia, che non dia problemi e soprattutto che stia zitta la maggior parte del tempo.

3. La donna in questione non deve essere assolutamente, irrimediabilmente bionda.

Il primo punto lo aveva completamente ignorato, in quanto lo pagavano più di qualsiasi altro lavoro normale e il rischio di morire era abbastanza elevato, anche se lui poche volte prendeva poche volte parte alle missioni. Era il classico agente da ufficio, che studia i piani a tavolino, la mente di un’intera squadra investigativa. Finora non aveva mai avuto problemi con criminali in cerca di vendetta.

Il secondo punto non sapeva dire con certezza, in quanto non era sposato (più tardi lo si faceva meglio era, a suo avviso) e non sapeva minimamente con quale donna sarebbe capitato.

Il terzo punto per lui rimaneva un mistero e una seccatura ineguagliabile; conosceva Ino da quando aveva iniziato a lavorare a Scottland Yard, gliel’aveva presentata Naruto ad una festa, dove le giovani reclute entravano a far parte del vero mondo: donne, droga, assassini, tutte cose che si vedono nei polizieschi, meno stereotipate e più vere, più crudeli di quanto si possa immaginare.

Era una giovane che ancora studiava all’università, giornalismo avrebbe scoperto dopo. L’aveva subito inquadrata ancora prima di conoscere il suo nome: occhi azzurri, che servivano ad ammaliare gli uomini e a farli diventare burro nelle sue mani; capelli biondi, bellissimi, fatti per essere toccati, per incorniciare quel viso minuto e dai lineamenti morbidi; pelle bianca, perché risaltava, semplicemente; gambe da favola, su cui gli occhi maschili si soffermavano volentieri ogni qual volta accavallasse le gambe.

Poi avrebbe scoperto anche che possedeva un carattere terribile e una lingua biforcuta che sapeva usare benissimo, in tutti i sensi.

Non si ricordava molto bene, Shikamaru, se mai ci fosse stato un incontro finito senza litigare, fra loro due; lui non la sopportava a prescindere da tutto, gli dava l’impressione di nascondere sempre qualcosa e ciò lo infastidiva non poco. Lei non lo sopportava in quanto era la donna della seconda metà del secolo, che vuole emergere e farsi rispettare, e non poteva andare d’accordo con qualcuno così maledettamente misogino e tradizionalista; avevano una visione della vita completamente opposto, due caratteri differenti: avrebbero finito con l’ammazzarsi, sosteneva sempre Naruto.

Invece era successo quello che nemmeno l’obiettività di Sakura era riuscita a prevedere.

Ino si era svegliata una mattina, una come tante, e si era riflessa allo specchio, come sempre. Aveva visto i suoi occhi azzurri, troppo chiari, e aveva pensato che le sarebbe piaciuto qualche volta svegliarsi al mattino e perdersi in degli occhi scuri, magari marroni e densi, calorosi come un pezzo di cioccolata fondente.

Aveva subito pensato a Shikamaru Nara ed era andata in crisi esistenziale.

Ma lui in quel periodo aveva Temari e le cose semplicemente non erano andate.

 “Era bionda anche lei, che maledizione” si disse Shikamaru, arrivato quasi al suo appartamento, bagnato come un pulcino.

Aveva sempre cercato di scansare le donne come Ino: non voleva complicazioni, non voleva problemi. Non sapeva nemmeno cosa ci fosse tra loro in quel momento, se proprio doveva analizzare il loro rapporto; Ino flirtava con ogni essere di sesso maschile che trovava almeno minimamente attraente, perché doveva imporsi, dimostrare al mondo che col vestito giusto e un sorriso ammiccante, qualsiasi donna poteva ottenere ciò che voleva. Era furba, anche troppo.

Invece, Shikamaru veniva fuori da una relazione che lo aveva assorbito completamente, anima e corpo, lo aveva distrutto in tutti i sensi e ancora dopo mesi che si era lasciato con Temari, a volte provava malinconia, provava tristezza per quel futuro che sarebbe potuto essere e che per un periodo sembrava il migliore. In quei momenti, chiamava Ino.

E non certo per chiacchierare.

Le piaceva, ne era consapevole. Lei ancora non voleva impegnarsi seriamente. Avevano trovato un compromesso che andava bene a entrambi; solo, non sapeva quanto sarebbero andati avanti, prima di rendersi conto che il solo sesso non avrebbe reso felice nessuno.

Se mai quella storia sarebbe finita, Shikamaru si promise che finalmente avrebbe cercato ciò che voleva dalla vita e avrebbe messo le cose in chiaro con Ino; solo adesso che lei non c’era -e forse non ci sarebbe più stata- capiva quanto quella ragazza fosse importante per lui, perché anche non sentire le risatine fastidiosamente acute o i suoi ragionamenti privi di logica gli provocava un peso, un senso di vuoto, come se gli mancasse un pezzo di cuore, già martoriato. Però non sapeva fino a che punto arrivava quell’affetto, come verso una sorella, un’amica o altro.

Ora come ora gli interessava solo riaverla e avere una magra illusione che forse le cose potevano cambiare.

Perché dovevano cambiare.

 

Ino aveva le lacrime agli occhi.

Cercò di tamponarsi con un panno stracciato l’orecchio destro, dal quale colava leggermente del sangue, macchiando i suoi vestiti.

Non sapeva dove si trovasse, la luce era sempre spenta e le finestre erano tappate da pesanti assi di legno, che facevano passare la quantità di luce minima affinché una persona non inciampasse. Sentiva un pesante odore di calcinacci e polvere e un ticchettio che proveniva da qualche angolo angusto del magazzino (almeno il luogo le sembrava tanto grande da esserlo), come il rumore di un lavandino non chiuso bene. Aveva le caviglie legate a un paio di manette di ferro, che le avevano tagliato la pelle, provocando due leggere ferite che le bruciavano da impazzire, soggette allo sporco del luogo.

“Se non muoio per mano sua, schiatterò per infezione, accidenti!” sibilò fra i denti, osservando il panno che ormai non presentava più segni di sangue fresco.

Dopo aver perso i sensi nel suo appartamento, si era ritrovata distesa in quel luogo, con la testa che ancora le faceva male per la botta ricevuta, ma che era stata fasciata alla bell’e meglio: evidentemente Hidan la voleva ancora viva, pronta per il suo bel sacrificio. Non ricordava quanto tempo fosse passato e non avrebbe avuto modo di saperlo comunque, dato che intorno a lei c’erano solo il buio e le sagome degli oggetti e dei macchinari, forse, che la circondavano. Con le mani libere aveva provato più volte a slegarsi i piedi, ma ovviamente non poteva rompere delle manette di ferro. Aveva anche preso in considerazione l’idea di tagliarsi un piede, in preda al panico iniziale, ma poi a mente fredda aveva constatato che, se anche ci fosse riuscita, sarebbe stato difficile scappare con una sola gamba, mentre l’altra lentamente la faceva dissanguare.

Aveva aspettato per un sacco di tempo, almeno una notte, ne era certa, prima di rivedere Hidan.

Quando veniva a controllare in che stato fosse, il suo arrivo era sempre preannunciato da una porta pesante che si apriva e si richiudeva in lontananza. Ino, fino a che non sentiva la sua voce divertita che la chiamava, sperava sempre che fosse qualcun altro che per puro caso si fosse ritrovato in quel posto dimenticato da Dio. Anche da Jashin, secondo lei.

Quella mattina poi, Hidan sembrava più eccitato del solito. Blaterava riguardo a un metodo efficace per far esaudire le sue richieste nel modo più veloce possibile, diceva che sarebbe stato divertente e che per questo, un giorno, il suo Dio gli avrebbe manifestato tutta la sua gratitudine e compiacenza.

Si era ritrovata, senza neanche rendersene conto, spiaccicata al suolo a pancia in su, il suo sequestratore che le teneva le braccia alzate sopra la testa per non farla dimenare troppo; anche al buio lui la poteva vedere benissimo in viso e anche lei, purtroppo. Vedeva nei suoi occhi un qualcosa, non sapeva bene cosa, che le metteva addosso un’ansia incredibile, che tutte le volte la faceva scoppiare a piangere inevitabilmente, spaventata come non mai da quello che le avrebbe potuto fare.

Lui la squadrava sempre; sembrava che volesse memorizzare ogni dettaglio del suo corpo e del suo viso, come a volersi gustare ogni momento di quella tortura; quella mattina la sua attenzione si era focalizzata principalmente sulle orecchie. Con un dito, le aveva sfiorate lentamente, percorrendone il profilo, dall’attaccatura superiore, tutto il padiglione, fino alla pelle morbida del lobo, dove i suoi orecchini (i suoi preferiti, quelli che le aveva regalato Shikamaru) facevano bella mostra, semplici ed eleganti. Aveva sentito le sue dita stringere piano quel minuscolo oggetto da una parte e dall’altra, mentre il cuore le martellava furioso nel petto perché non capiva cosa le sarebbe capitato.

Hidan aveva tirato via l’orecchino con forza, sferzandole il lobo, spaccando in due quei pochi centimetri di carne che la fecero urlare di dolore. Non poté nemmeno sfogarsi a dovere con lacrime e urla, perché le tappò subito la bocca, ridendo divertito di come il suo viso in quel momento fosse passionale, segnato così a fondo dal dolore.

Avrebbe voluto vomitare, se non fosse che quel pazzo fece lo stesso anche con l’orecchio destro. Questa volta, forse, non misurando bene la sua forza, perché sentì che probabilmente aveva strappato un po’ più di carne. Sentì il liquido vischioso che percorreva un piccolo tratto della nuca per poi finire a terra, dove Ino rimase sdraiata e piangente anche quando l’uomo sciolse la sua morsa e la lasciò libera.

Si girò di lato, in tempo per rigettare i succhi gastrici del suo stomaco.

“Oh, honey… se fai tutte queste scene per così poco, non voglio immaginare cosa tenterai di fare nei prossimi giorni.”

Le disse Hidan con tutta la disinvoltura possibile, come se la stesse mettendo al corrente delle previsioni del tempo.

Le aveva gettato quel panno bagnato in faccia ed era sparito; il ghigno divertito che sempre lo seguiva.

Giuro che se mi lascia la cicatrice e morirò, lo perseguiterò anche come spirito, accidenti!” sussurrò Ino a denti stretti con le lacrime agli occhi.

Cercava di rassicurarsi, ma nel suo profondo, sapeva esattamente che questa volta le cose non sarebbero andate per niente bene.

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

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Neji si abbottonò il cappotto elegante e risistemò i fogli che aveva poggiato sul tavolino. Quando si tirò su, gli occhi azzurri di Naruto fiammeggiavano indignati.

“Non è una cosa giusta quella che stai dicendo, Neji. Shikamaru è un ottimo poliziotto, forse uno dei migliori della centrale. Non merita la compassione di nessuno ed è abbastanza forte e maturo da poter lavorare a mente lucida. Io credo nel suo lavoro.”

“Talmente maturo da scagliare un telefono contro il muro?”

Domandò sarcastico Neji, mostrando con un ghigno i denti bianchissimi.

 

 

 

 

 

 

Risposte alle Recensioni:

Saeko no Danna: sono contenta che alla fine tu abbia recensito, rendendomi molto felice e soddisfatta *smile*: ricevere recensioni è sempre una gioia, quindi ti ringrazio. Dato che non leggi spesso le AU, spero vivamente che continuerai a leggere e recensire questa facendomi sapere le tue opinioni, nella speranza che non ti deluda la storia e che tu la possa trovare almeno un po’ interessante come “De Umana Insania”.

Grazie ancora e spero e presto… ^^

 

Mimi18: grazieH Twin, mi dai sempre grandi soddisfazioni ù_ù; sai che questa fic è molto importante per me, che la amo da morire, e sapere che possa piacere molto anche ad altri per me è una grande soddisfazione! Se mai farò il terzo capitolo di questa saga (aiuto!), sarai la prima a leggerlo, te lo prometto! ><

Ti voglio bene, caraH.. XD

 

Shika: naaaaa! Non ti preoccupare con i ritardi, sai che io e loro andiamo d’accordo! XD

Per me è stato un piacere dedicarti questa fic, perché in tutte le fic che ho scritto, belle o brutte (più brutte che belle), tu ci vedi sempre il lato buono. Senza contare che mi riempi di complimenti e il mio ego si gonfia in modo osceno! XD

Grazie Giulietta, apprezzo veramente tanto :) …

 

 

Si ringrazia anche chi ha messo questa storia tra i preferiti, ovviamente.

Aggiornamento tra una settimana!

 

Lee

 

 

 

Naruto © Masashi Kishimoto

Blue Eyes © Coco Lee

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Capitolo 3
*** Capitolo Secondo: A Ray in a Cloudy Sky ***


Blue Eyes

 

(De Umana Insania – Capitolo della Vendetta -)

 

 

 

 

 

2. Capitolo Secondo – A Ray in a Cloudy Sky

 

 

 

 

 

Sakura stava tagliando in modo quasi maniacale e perfetto una semplice carota.

In una pentola, del riso bianco stava cuocendo lentamente e in un’altra, del curry stava per essere completato con l’aggiunta, appunto, delle suddette carote. Dal salotto, la musica di una radio si diffondeva ovunque, facendole muovere a terra un piede involontariamente, concentrata com’era sul piatto che stava cucinando con tanta attenzione. Non era mai stata brava in cucina, era una delle tante cose che la faceva sembrare mascolina agli occhi di molti; sua madre, proprio per questo, le aveva sempre detto che mai ci sarebbe stato un uomo che avrebbe desiderato sposarla un giorno, e così anche Sakura aveva cominciato a crederci, rassegnandosi.

Poi era arrivato Naruto. Ed era per lui che in quel momento aveva messo da parte la sua se stessa aggressiva e poco femminile, per prendere un libro di cucina e mettersi a preparare per il suo fidanzato impossibilitato, del buon riso al curry (almeno sperava che venisse buono, era sopravvissuto a Itachi Uchiha, non poteva mica permettere che crollasse per avvelenamento).

Il campanello dell’appartamento trillò tre volte e Sakura si precipitò, senza pensare, ad aprire al visitatore inaspettato prima che potesse farlo Naruto.

Neji Hyuuga salutò con un cenno di mano, entrando nell’abitazione con eleganza; la sua perfezione e i suoi modi di fare raffinati stonavano in modo palese col disordine della casa.

“C’è qualche problema?”  

Domandò Naruto zoppicando verso di lui.

“Diciamo di sì. Volevo informare te, prima di andare a dirlo a Nara

Neji si accomodò sul divano rosso mogano del salotto, mettendo sul basso tavolino davanti a sé dei fogli scritti fittissimi.

“Siete riusciti a scoprire dove è stata portata Ino?”

Domandò Sakura.

“Purtroppo no, siamo in alto mare. Non abbiamo trovato testimoni che abbiano visto Hidan, potrebbe anche aver lasciato la città, per quanto ne sappiamo. Ma conosciamo qualcosa sulla sua fuga

Naruto sbirciò i fogli di Neji, assottigliando gli occhi per cercare di leggere.

Hidan è fuggito dal carcere con un complice.”

“Vuoi dire che là fuori c’è qualcuno che lo sta aiutando anche adesso?”

“Molto probabile.”

“E’ una pessima notizia.”  

Constatò il biondo, grattandosi distrattamente il mento con la punta del gesso.

“Già e non essendo a conoscenza di che faccia abbia o chi sia, non sappiamo nemmeno se ci tenga sotto controllo e se faccia sapere i nostri spostamenti a Hidan, dato che non abbiamo trovato un minimo indizio su di lui e sul suo nascondiglio

Il terzetto rimase silenzioso per alcuni istanti, ognuno immerso nei proprio pensieri quando uno strano odore si espanse per la casa, facendo arricciare il naso a Neji.

“Oh no! Il curry!”

Sbarrò gli occhi Sakura, precipitandosi in cucina. Si sentirono vari trambusti, tra cui il rumore di una pentola che cadeva a terra, un’imprecazione della giovane e vari utensili che, probabilmente, venivano lanciati da una parte all’altra della cucina.

Quando tutto sembrò finito, Naruto sorrise a Neji come a scusarsi e riprese il discorso di prima.

“Avete fatto delle ricerche?”

“Ovviamente. Abbiamo tentato di rintracciare tutte le persone coinvolte col culto di Jashin di cui Hidan era a capo prima che venisse arrestato. Erano tre uomini e quattro donne che si occupavano dei riti, altri erano una sorta di assistenti o persone con cui avevano affari; delle quattro donne, due si sono trasferite all’estero, una è morta, l’altra è qui in città ed è già stata interrogata, ma è pulita. Sembra che abbia messo la testa a posto e si sia sposata.

Dei tre uomini, uno attualmente è ricoverato in ospedale in prognosi riservata, uno lavora a Manchester e un altro si è ritirato in Cornovaglia, predicando in nome del dio Jashin laggiù.”

Naruto si buttò sullo schienale del divano, riflettendo a lungo sulle notizie appena ricevute. Apparentemente, nessuna di quelle persone che erano state a stretto contatto con Hidan adesso erano in grado di aiutarlo.

“Che mi dici dei vari collaboratori, gli uomini in affari di cui mi hai accennato prima?”

“Lo stesso vale per loro. Trasferiti, morti… Gli unici due di cui non si sa nulla sono due uomini. Pensiamo che vendessero le vittime da sacrificare o cose del genere…”

Disse con un moto di disgusto Neji, voltando il viso in un’altra direzione, come a non volerci pensare.

“Credo che proprio queste due persone siano la nostra traccia.”

“Lo penso anche io. La mia squadra ci sta già lavorando; l’unico indizio che abbiamo è l’iniziale dei loro nomi, probabilmente.”

“In che senso?”

“Sono stato negli archivi e ho guardato la scatola delle prove che furono portate in aula nel processo contro Hidan. Tra i reperti, c’erano diverse lettere e messaggi firmati presumibilmente da questi due uomini misteriosi; ognuno firmava con una ‘K’, con una calligrafia differente.”

“Credi che siano i loro nomi?”

“Se veri o in codice, questo non saprei dirlo, Uzumaki.”

Il biondo annuì, alzandosi barcollante dal divano e stiracchiandosi.

“Domani esporrò tutto questo a Shikamaru. Ci sta che, col cervello che si ritrova, veda qualcosa che a noi è sfuggito.”

“Non credo. Se mi permetti, in questo momento Nara è abbastanza inutile. Non ha la freddezza per lavorare come si deve. Mi domando perchè non lo abbiano allontanato dalle indagini.”

Neji si abbottonò il cappotto elegante e risistemò i fogli che aveva poggiato sul tavolino. Quando si tirò su, gli occhi azzurri di Naruto fiammeggiavano indignati.

“Non è una cosa giusta quella che stai dicendo, Neji. Shikamaru è un ottimo poliziotto, forse uno dei migliori della centrale. Non merita la compassione di nessuno ed è abbastanza forte e maturo da poter lavorare a mente lucida. Io credo nel suo lavoro.”

“Talmente maturo da scagliare un telefono contro il muro?”

Domandò sarcastico Neji, mostrando con un ghigno i denti bianchissimi.

“La verità è che in questo momento non è in grado di svolgere il suo mestiere, ecco tutto. È uguale a tutti gli altri: niente più, niente meno. Dammi retta, Uzumaki, tenetelo il più lontano possibile dalle operazioni, è un consiglio.”

Il giovane Hyuuga non badò all’occhiataccia furente che gli lanciò Naruto. Salutò educatamente Sakura, che si era momentaneamente riaffacciata dalla cucina, e tolse il disturbo sbattendo la porta dell’ingresso.

“Alla faccia del brutto carattere…”

Commentò Sakura, perplessa.

“Neji Hyuuga è così, freddo e calcolatore, non ammette mai errori. Gli ci vorrebbe una donna, per ammorbidirlo.”

“Ho un’amica carina, vuoi che faccia un tentativo?”

“Se è Tenten a cui stai pensando, non credo sia una buona idea. Lei lo ucciderebbe.”

Sakura sembrò pensarci seriamente, poi scoppiò a ridere, poggiandosi sullo stipite della cucina.

“Sì, forse hai ragione.”

Naruto si rimise a sedere sul divano, sintonizzando la radio su un programma di musica Jazz.

Sakura tornò ai fornelli, tentando di riparare al danno del curry bruciato.

Naruto era la cura migliore alla sua malinconia. Con le sue risate e battute, anche col suo esser goffo e imbranato col gesso, le faceva dimenticare per alcuni secondi la tristezza che era venuta nel momento in cui aveva appreso della scomparsa di Ino.

Era il suo sole in un giorno di nuvole.

 

Quando Shikamaru Nara il giorno dopo arrivò alla centrale, una nuova busta anonima lo aspettava sulla scrivania. Kakashi Hatake attendeva su una sedia vicino, le mani congiunte in grembo e gli occhi stanchi solcati dalle occhiaie profonde di chi lavora anche di notte.

“Inutile dire che anche questa è arrivata senza postino.”

Disse soltanto.

Shikamaru si fece forza, aprendo la busta con uno strappo.

Migliaia di fili d’oro caddero sul tavolo, sparpagliandosi, mentre gli occhi del giovane si aprivano turbati, non riuscendo a capire in un primo momento che cosa fossero.

“O mio Dio…” sussurrò, portandosi una mano alla bocca. “…questi sono i suoi capelli…”

Toccò tremante la ciocca bionda caduta dalla busta sentendone la consistenza poi, come se fosse stato punto da qualcosa, ritirò in fretta la mano, sconvolto.

Kakashi si avvicinò al ragazzo, facendolo mettere a sedere. Sapere che quei capelli erano appartenuti fino a poche ore fa a una ragazza sequestrata, ricevere un pezzo di lei era una cosa che faceva contorcere le viscere dello stomaco anche a uno come lui. Fece sparire il più in fretta possibile tutto quanto, controllando prima che nella busta non ci fosse altro, qualcosa di utile, magari.

“Nara

“La prossima volta cosa ci manderà? Un dito? Un orecchio? Il cuore?

Pronunciò con rabbia, prendendosi il viso tra le mani.

“Non ci sarà una prossima volta.”

Affermò Kakashi, prendendo dei fogli da un cassetto della scrivania .

Shikamaru li esaminò bene, ma non riuscì lo stesso a capire cosa il suo superiore stesse cercando di dirgli.

“Lo abbiamo trovato, o meglio, abbiamo trovato tre possibili posti in cui potrebbe essere. La zona è fuori città, dopo East London.”

“E’ un posto immenso, come potete dire di averlo trovato?” rispose con foga il ragazzo.

“Personalmente, se dovessi scegliere un posto dove nascondere un prigioniero, sceglierei dei magazzini abbandonati o una vecchia fabbrica, non credi che sarebbero dei bei posti? O magari una cantina.”

“E’ ovvio, mai nessuno andrebbe a curiosare…”

“Appunto. E mi risulta che nella zona che abbiamo rintracciato, ci siano tre vecchi magazzini per materiali da costruzione di una famosa ditta, la Madoson&Co. Ha chiuso parecchi anni fa per bancarotta, ma ancora i suoi magazzini sono sparsi per la periferia di Londra.”

Shikamaru guardò a lungo Kakashi, scrutando il suo viso per verificare se quello che gli stava dicendo fosse uno scherzo oppure no. Forse tutta quella situazione poteva avere una svolta positiva.

Forse il suo incubo stava per finire.

“Dobbiamo andare subito a controllare, non possiamo aspettare oltre!”

Ho già convocato tre squadre, si stanno preparando. Fallo anche tu e vai da Naruto, ha delle notizie da darti…”

Detto questo si separarono.

 

Ino si passò una mano fra i capelli corti, tagliati male e in modo impreciso.

Era contenta, almeno quella volta non era stato versato del sangue. Vedeva Hidan davanti a sè che lucidava con un panno la canna di una pistola grigio scuro, una Colt Navy del 1870, e deglutì tremante, pensando che probabilmente quella era l’arma che avrebbe messo la parola fine alla sua breve vita.

Cambiò posizione delle gambe, deboli e graffiate, cercando una postura più comoda. Essere in quel posto le aveva fatto venire tutte le crisi che conoscevi: di nervi, isteriche, tutto. Ormai era arrivata alla conclusione che non sarebbero mai riusciti a trovarla e a liberarla in tempo dubitava che Hidan avesse lasciato dietro di sé degli indizi sul luogo del sequestro, che poteva essere ovunque. Anche all’estero, per quanto ne sapeva lei.

“Non siamo all’estero, piccola Ino, non temere.” Rispose la voce dell’uomo come se avesse sentito il suo muto ragionamento, “Siamo ancora a Londra, all’incirca. Sai, è difficile scappare con una ragazza rapita appresso: le persone farebbero troppe domande.”

Continuò con un sorriso amichevole che le fece rizzare tutti i peli delle braccia.

Si era chiesta più volte, in quei giorni, cosa ci fosse in Hidan che non andasse. A quanto ne sapeva lei, prima di immischiarsi nella religione di Jashin, era stato un notaio di nota fama, benestante e frequentatore dell’alta società; aveva soldi, successo e un certo potere tra i suoi clienti e colleghi, evidentemente. Un uomo comune avrebbe venduto l’anima al diavolo per avere una vita come la sua, e Ino non riusciva proprio a capire cosa lo avesse spinto a diventare in quella maniera; in un certo senso, era molto simile a Itachi Uchiha.

“Hidan…” pronunciò timorosa, con voce roca. Quello la guardò interrogativo, invitandola con gli occhi viola a parlare.

“… perché segui questa religione? È… è orribile…”

Honey, piccola… perché questa domanda così difficile e complicata?”

“Se… se devo morire, almeno voglio capire meglio per cosa lo faccio.”

L’uomo la guardò compiaciuto, rimettendo la pistola nel fodero e avvicinandosi a lei lentamente, felice per quella domanda e voglia di sapere.

“Mi sembra giusto. Mi perdonerai però se il mio sarà un discorso confuso e complicato. ‘Perché’ è la domanda più difficile che un essere umano possa fare.”

Ino lo vide mettersi comodo su una sedia traballante di legno, mentre si accendeva un sigaro che emanava un odore nauseante.

“Vedi, Jashin è un dio che vuole sacrifici, umani chiaramente. Lui è convinto che gli uomini, tutti dal primo all’ultimo e me compreso, siano dei sudici peccatori, una razza ingrata, sommersa dai vizi e dall’ipocrisia. Lui ama il mondo, immensamente, e per questo non sopporta di vederlo in mano a degli esseri tanto spregevoli come noi; anche io un giorno morirò per mano di qualcun altro ed allora sarò felice di essermi liberato da questo male comune, da questo mondo malato che ormai non ha più nulla da offrire e quindi deve essere distrutto. Jashin ama proprio questo: la distruzione totale, completa di questo mondo corrotto, è convinto che dalla distruzione possa nascere qualcosa di migliore. Io sono consapevole di essere soltanto una sua pedina, lo aiuto in questo progetto e un giorno verrò ripagato; è una religione magnifica che in pochi sanno apprezzare e comprendere e tu, honey, devi sentirti onorata di contribuire a tutto questo. Non devi vedere la faccenda in modo negativo, sono sicuro che dopo la morte, ovunque tu andrai, mi ringrazierai per quello che ti ho fatto.”

Ino rimase seriamente scioccata dalle sue ultime parole. Non poteva credere che le avesse detto che un giorno gli sarebbe stata grata!

Cercò di controllarsi, mentre un moto di rabbia la percorreva tutta. Avrebbe voluto alzarsi ed urlargli che si poteva ficcare i suoi ringraziamenti con tanto amore su per il didietro, se proprio ci teneva; invece rimase immobile, continuando ad osservarlo e mordendosi la lingua.

“E dimmi… stai cercando di fare del male a Shikamaru solo per vendetta?”

“Detto così sembra altamente immorale. Il tuo compagno ha impedito che noi della setta del dio Jashin compissimo il nostro dovere e questo non è stato bello.”

Adesso lo sguardo di Hidan si era fatto più sarcastico e minaccioso, come se al ricordo dell’avversario la sua fiamma della vendetta stesse avvampando più del solito.

“E’ uno sporco infedele e il dio Jashin disprezza le persone come lui. Volevo che soffrisse, ma non col morire: per noi seguaci e servitori di Jashin, la morte è la nostra massima aspirazione, è l’avvicinamento col nostro Dio e il nostro massimo contributo alla sua opera. Non volevo che quel Nara avesse un tale privilegio prima di me, così ho pensato che farlo soffrire per il resto dei suoi giorni fosse un bel modo per punirlo. Non sei d’accordo con me?” Chiese a Ino, con occhi seriamente interessati alla risposta che poteva dare la giovane. Ma quella rimase zitta, incapace di pronunciare anche un singola parola: qualsiasi cosa avesse detto, non gli sarebbe piaciuto sicuramente e l’avrebbe fatta fuori prima del tempo.

Il silenzio piombò ancora fra i due. Hidan sembrava un bambino davanti a una grande ruota panoramica per la prima volta, immerso in sogni affascinanti e fantasie nascoste; Ino cercava in tutti i modo di scacciare dalla mente tutto quello che aveva sentito finora perché, anche se fosse sopravvissuta, era sicura che si sarebbe portata gli incubi appresso per un sacco di tempo.

Cercò di ripensare a tutto quello che era accaduto, a come fosse capitata in quel posto, quando quell’incubo fosse iniziato e perché non avesse potuto far nulla per evitare tutto ciò.

“Perché… come hai fatto a fuggire dal carcere?” chiese piano, ricordandosi di quel particolare strano e inspiegabile di cui avevano parlato anche i giornali.

“Come prego?”

“Voglio dire… era pieno di polizia: come hai fatto ad evadere senza che nessuno ti vedesse?”

“Sei molto curiosa Ino, deduco sia una caratteristica comune di voi giornalisti.” 

Constatò pensieroso, sorridendo di quel fatto buffo.

“Come dire… sono uscito dalla porta della mia cella e poi da quella secondaria, lì ho preso una macchina e sono andato in periferia. Semplice.”

Ino continuava a guardarlo perplessa, non capendo. Hidan si rese conto del suo sguardo dubbioso.

Honey, ragiona, è ovvio che qualcuno mi ha aiutato. Mi considero una persona abbastanza intelligente e astuta, ma non tanto da aprire una porta di ferro a mani nude e poi…”

Ino già non ascoltava più, si era fermata a due frasi prima.

Era ovvio che qualcuno lo avesse aiutato? A quella domanda c’era solo una risposta.

 

“Ha un complice nella polizia.”  

Decretò Shikamaru mentre si dirigeva verso le macchine di Scotland Yard. Dietro di lui, Naruto lo seguiva veloce, per quanto potesse, guardandosi poi attorno.

“Vuoi dire che finora abbiamo lavorato col complice di Hidan? Sei sicuro?”

Shikamaru vide i suoi colleghi prendere posto nelle varie macchine, preparandosi probabilmente all’operazione finale di quel rapimento. Quando notò che nessuno stava badando a loro, si rivolse a Naruto parlando a bassa voce.

“Questo spiegherebbe un sacco di cose: come è fuggito dalla prigione senza essere visto, come abbia preso le informazioni su di me, come recapitasse le buste gialle senza postino, come sapesse i miei orari di lavoro. Prima che questa storia finisca, troveremo anche questo figlio di puttana.”

Si allontanò da Naruto che, arrabbiato, rientrò negli uffici, maledicendo il braccio rotto e la gamba zoppicante che gli impedivano di andare in missione.

Shikamaru si sistemò sul sedile accanto al guidatore, aspettando che il capitano Hatake lo raggiungesse; dietro di sè, altri due agenti avevano preso posto nella vettura, fermi e immobili pronti all’azione. Uno di loro lo colpì particolarmente per la sua alta statura, sottolineata dallo spazio angusto della macchina.

“Qual è il vostro nome, agenti?”

Chiese, più per necessità che per educazione. Voleva rendersi conto con che gente lavorava.

“Io sono Aburame. Numero di matricola 0056.” 

Rispose uno di loro come una macchina, sistemandosi sul naso un paio di occhiali tondi e scuri che non gli permettevano di leggere il suo sguardo.

“Agente Zukuka, lavoro nella seconda divisione della squadra omicidi.”

Rispose l’uomo alto, alzando una mano. Shikamaru intravide sul polso di questo un cicatrice circolare, somigliante da lontano a un bracciale.

“Come te la sei procurata?” chiese il giovane subito, senza pensarci.

“Cicatrice di guerra, ho partecipato alla Seconda Guerra Mondiale, prima di venire in polizia.”

Nara annuì, sentendosi quasi più sicuro ad avere come compagno un elemento del genere: sicuramente, non gli sarebbe mancata l’esperienza.

Quando Kakashi Hatake li raggiunse, partirono insieme a tutte le altre pattuglie alla volta di East London, sfrecciando sulla statale che fiancheggiava il Tamigi e che li portava nella periferia industriale, uno scenario completamente diverso dal chiassoso centro di Londra.

Il gruppo di vetture si separò in tre diverse direzioni, ognuna diretta a un magazzino diverso della Madoson&Co; Shikamaru osservava fuori dal finestrino il paesaggio tetro, il cielo sempre nuvoloso che, in quella circostanza, era semplicemente perfetto.

Arrivati nelle vicinanze dello stabilimento, le quattro macchine di Scotland Yard si fermarono, parcheggiando in un luogo nascosto dagli alberi, dove difficilmente qualcuno le avrebbe notate.

L’aria era più fredda e l’umidità data dal fiume era più percepibile che in città, facendo rabbrividire gli agenti quando scesero dalle auto.

Tutti misero mano alle proprie pistole e si radunarono in cerchio per ascoltare le direttive del capitano Hatake. Alla fine si diressero verso il magazzino, disperdendosi.

 

Naruto, dopo aver parlato con Shikamaru, si era chiuso negli archivi della centrale, controllando le personali schede, una per una, degli agenti di polizia della loro centrale, cercando un indizio su qualche nome che potesse risultare sospetto.

Ma come aveva immaginato, niente compariva su quei curriculum immacolati. Tutti sembravano bravi uomini, agenti con la testa a posto  che mai nella vita avevano commesso qualcosa, nemmeno un piccolo furto. Sconsolato, buttò l’ennesima cartellina sul tavolo, massaggiandosi gli occhi stanchi, convincendosi che forse Shikamaru stavolta aveva preso un granchio e lui stava solo facendo del lavoro inutile.

La porta dell’archivio si aprì con un sommesso cigolio, facendo passare Neji Hyuuga.

“Ti stavo cercando, Uzumaki. Posso sapere che ci fai rinchiuso in questo posto?”

Il biondo si voltò verso il suo interlocutore, non scordando le parole che aveva usato contro Shikamaru la sera prima.

“Secondo il mio amico, il complice di Hidan si troverebbe all’interno della polizia. Quindi sto cercando fra i curriculum di ogni singolo poliziotto se c’è qualche indizio, una traccia…”

“Può essere, ma sono qui per farti sapere un’altra cosa, comunque. Ho trovato il nome dei due uomini che erano con la setta di Jashin.”

Naruto sbarrò gli occhi, invitando il collega a parlare.

“Sono stati nominati una sola volta nel processo contro Hidan, per sospetto di complicità, ma furono subito lasciati perdere. Uno è Kisame Hoshigaki, un noto avvocato di Liverpool; l’altro è conosciuto col solo nome di Kakuzu. C’è veramente poco su di lui, se non che è stato un mercenario durante la guerra, e da allora deduciamo che abbia continuato la sua attività per qualche ricco che voleva togliersi un po’ di disturbi. Sembra sia scomparso poco prima l’incarcerazione di Hidan.”

Naruto ci pensò un attimo, guardando Neji perplesso.

“Perché ho come l’impressione di aver già sentito questo nome?”

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

*Colt Navy: è una rivoltella, una pistola che spara a ripetizione, molto semplice. È di produzione americana ed è stata usata nelle Guerre Indiane, nella Guerra di Crimea e nelle battaglie risorgimentali. Immessa nel mercato statunitense nel 1850, è stata usata fino al 1873 circa (cit. Wikipedia).

 

 

 

 

Next>>

 

Aveva tanto sperato che qualcuno, lui, la venisse a salvare; ogni minuto passato in quello schifo di posto aveva pregato Dio (lei, che in tutta la sua vita non era mai nemmeno entrata in una chiesa) di mandarle una qualsiasi persona a prenderla, a dirle che andava tutto bene e che sarebbe tornata a casa. Ma adesso, dopo quello che le aveva detto Hidan, si era rassegnata alla sua fine, forse ingiusta, e aveva cominciato a desiderare che Nara se ne stesse a casa, al sicuro, perché se lui fosse morto, lei sicuramente non sarebbe riuscita ad andare avanti lo stesso.

“Shikamaru, smettila, ti prego… vattene via!”

 

 

 

 

 

 

 

 

Note di Lee:

Oh, Mon Dieu!

Eccomi qua col secondo capitolo, che a dirvela tutta è il mio preferito in assoluto; primo per la presenza NaruSaku (originariamente nella mia testa ci doveva essere anche la scena lemon fra i due, ma per ragioni di tempo l’ho dovuta saltare), secondo per il pezzo sulla religione di Jashin, sulla quale mi sono svenata. Non esisteva nessuna notizia a riguardo, solo che questa religione predica il massacro e l'assassinio. Nel Jashinismo, qualsiasi cosa che non sia la distruzione totale è considerata un peccato (cit. Wikipedia).

Per cui capirete, oh cari lettori o presunti tali, che tutta la descrizione in merito esposta da Hidan, è farina del mio neurone.

 

 

 

Risposte alle Recensioni:

Mimi18: Adesso puoi dire cosa ti piace di questo capitolo senza spoiler vari! XD Come si denota, anche nella preferenza dei capitoli abbiamo gusti in comune, e ciò mi preoccupa quasi più della sincronizzazione della vescica, oh Gesù! XD Seriamente parlando, sono felice che recensisci ogni capitolo nonostante tu abbia già letto tutto. Lo apprezzo davvero molto, TwinH.

 

Kaho chan: Oh, Kaho! Che sorpresa! Sono indecisa se prendere quel “Non mi ricordavo che fossi così brava, davvero Lee” come un complimento o no, fatto sta che mi sono messa a ridere. XD

Sono molto felice che ti piaccia la fanfic e sicuramente il betaggio della Reki ha contribuito molto. Non si spiega come la prima parte dell’intera storia, fatta con calma e pazienza, fosse piena di frasi che non tornavano, mentre la seconda parte, più lunga e fatta di fretta senza poi essere riletta, sia venuta solo con qualche errore di battitura.

Eh, i misteri della vita…

And so, spero che continuerai a leggere, a ‘sto punto, nella speranza che anche il resto dei capitoli ti piaccia.

 

 

Ringrazio come sempre tutti quelli che leggono, anche se non recensiscono, ma che se lo facessero renderebbero sicuramente felice una povera creatura del Signore. ù_ù

 

Prossimo aggiornamento a domenica 22 marzo, ore imprecisate.

 

 

 

 

 

Lee

 

 

 

 

 

 

Naruto © Masashi Kishimoto

Blue Eyes © Coco Lee

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Terzo: The Shots of Treason ***


Blue Eyes

(De Umana Insania – Il Capitolo della Vendetta -)

 

 

 

 

 

 

3. Capitolo Terzo – The Shots of Treason

 

 

 

Shikamaru avanzava lentamente fra i cespugli bassi e spogli; la pistola stretta tra le mani e rivolta verso il basso. Stava avanzando da solo, consapevole che, a una cinquantina di metri dietro di lui, Kakashi Hatake lo seguiva silenzioso e scaltro, coprendogli le spalle.

Gli altri agenti si erano disposti lungo tutto il perimetro dell’edificio, bloccando tutte le possibili via di fuga alternative: se Hidan teneva Ino imprigionata là dentro, l’avrebbero preso senz’altro.

Riuscì ad arrivare ad una piccola porta arrugginita nascosta dietro alcuni rami bassi di un albero, doveva essere stata un’uscita di sicurezza probabilmente. Con un piccolo pezzo di fil di ferro fece scattare la serratura e scivolò come un’anguilla all’interno del magazzino, enorme, buio come la notte; l’umidità era ancora più alta e da lontano un rumore ripetitivo, come di un rubinetto che perde, lo accompagnava ad ogni passo dentro quel posto invivibile. Riuscì presto ad abituarsi all’oscurità, camminando però sempre a tentoni per paura di inciampare.

Era tutto troppo silenzioso e surreale e una strana ansia gli attanagliava il cuore, velocizzandogli la respirazione.

In lontananza, sentì la porta da cui era entrato chiudersi leggermente, segno che anche Kakashi era dentro con lui.

Questo lo fece sentire più tranquillo.

Con passo più fermo si avventurò ancora all’interno dello stabile, tra sacchi di sabbia e cemento, montagne di mattoni e macchine da costruzione.

Arrivò alla fine di un corridoio, le cui pareti erano formate da scaffali in acciaio e scatole di bulloni e utensili vari; la luce flebile della sera passava da una finestra chiusa in malo modo con delle assi di legno ormai marce, illuminando piano un angolo dove una sedia di legno era vicino al corpo rannicchiato di una ragazza.

“Ino!” urlò Shikamaru con voce stridula e incredula, correndo verso di lei. Quella aprì gli occhi di scatto, guardandosi intorno e, non appena intravide nel buio la figura del ragazzo correre verso di sè, le lacrime le uscirono in automatico dagli occhi, mentre con le braccia cercava di avvicinarsi più che poteva al ragazzo, strascicando il proprio corpo.

Lui non doveva essere lì.

“No! Ti prego, torna indietro o ti ammazzeranno! Scappa, Shikamaru! Ti prego!” gli urlò con quanto fiato aveva in gola, disperata. Sentì il panico farsi avanti.

Tutti, ma non lui.

Ma il ragazzo non sentirla, buttandosi poi davanti a lei in ginocchio, guardandola con occhi spalancati, come un naufrago che dopo tanto tempo vede la sua terra, come Ulisse che rivede la sua Itaca.

Le prese il viso tra le mani, accarezzandole le guance bagnate e sporche, sentendo sotto di sé la sua pelle, i muscoli che si muovevano a testimoniare che fosse lei, viva, e non un’allucinazione.

“Ino, Ino, Ino…”

Le disse, baciandola un attimo sulle labbra senza chiedere il permesso, specchiandosi nei suoi occhi magnifici che col tempo non avevano perso luminosità.

“Lui è qui! Scappa ti prego! Scappa o ti ammazza!” supplicava invece Ino, cercando di allontanarsi, piangendo ancora senza ritegno. Aveva tanto sperato che qualcuno, lui, la venisse a salvare; ogni minuto passato in quello schifo di posto aveva pregato Dio (lei, che in tutta la sua vita non era mai nemmeno entrata in una chiesa) di mandarle una qualsiasi persona a prenderla, a dirle che andava tutto bene e che sarebbe tornata a casa. Ma adesso, dopo quello che le aveva detto Hidan, si era rassegnata alla sua fine, forse ingiusta, e aveva cominciato a desiderare che Nara se ne stesse a casa, al sicuro, perché se lui fosse morto, lei sicuramente non sarebbe riuscita ad andare avanti lo stesso.

“Shikamaru, smettila, ti prego… vattene via!”

Riuscì a dirgli spingendolo via con le poche forze che le rimanevano.

Lui la guardò un attimo perplesso, riavvicinandosi e cominciando ad armeggiare con le manette.

“Non capisco di cosa ti lamenti, seccatura…” affermò in tono che voleva sembrare di rimprovero, ma che inevitabilmente lo fece sorridere.

“Non capisci perché non mi ascolti, accidenti!” gli urlò lei, prendendolo per il viso come poco prima aveva fatto lui.

“Devi andartene, e se non vuoi farlo per te, per la tua vita, fallo per me. Ti ucciderà e io non voglio!”

“Mi spiace, seccatura, ma dopo tutte le notti insonni che mi hai fatto passare, restare in vita sarebbe un bel modo per ringraziarmi!”

E di nuovo si ributtò sulle manette che tenevano legati i piedi.

Ino pianse ancora più forte, premendo un mano contro la bocca. Aveva la strana consapevolezza che non sarebbero usciti da quel posto vivi insieme. Era esattamente come la  sensazione che aveva avuto in casa sua prima che Hidan venisse a prenderla: quel ghiaccio che ti blocca il sangue nelle vene, che ti fa perdere i battiti del cuore.

Voleva urlare, scalciare via quell’imbecille che non la lasciava al suo destino, poter dire prima di morire a Hidan, che il suo dio Jashin era una grande stronzata.

Shikamaru…” mormorò flebile, sfinita.

E fu un secondo, non ebbe nemmeno il tempo per urlare.

L’ombra di Hidan era apparsa velocemente, come liquido nero sul pavimento. Un gesto fulmineo, e col calcio della pistola aveva colpito il ragazzo alla nuca.

“Finalmente ci rivediamo, Nara.”  

Sibilò sadico, compiaciuto, osservando il ragazzo che tentava di rialzarsi dopo la botta subita.

Shikamaru fece leva sugli avambracci, incredulo, scuotendo la testa per far tornare la vista normale; il dolore alla nuca gli aveva fatto vedere le stelle, nel senso vero dell’espressione.

“Hidan, ti prego…” lo supplicò Ino, aiutando il compagno ad alzarsi.

Era un incubo e non si poteva svegliare; non avrebbe mai voluto vedere tutto quello.

Honey, allora le mie lezione sulla religione di Jashin ti sono servite.” Le disse Hidan canzonatorio, ridendo ad alta voce.

“L’edificio è circondato da poliziotti… se… se fai fuori me… non riusciresti comunque a scappare… sei… sei in trappola…”

Riuscì a formulare Nara mettendosi a sedere, respirando forte.

Ino l’osservava impotente: perché era così sicuro di lui? Non vedeva quanto erano nei guai? Se ne rendeva minimamente conto?!

“Oh, credo che tu non sappia una gran bella cosa del mio piano, caro il mio eroe.”

“Quella di avere un complice? Mi spiace, ma lo so.”

Rispose Shikamaru con un ghigno, ricambiato da Hidan.

“E sai anche chi è?” chiese curioso come un bambino. Ino ormai aveva cominciato a interpretare ogni singola parola, gesto o tono di voce del ricercato. Non le ci volle molto a capire che stava prendendo in giro Nara, che stava giocando con lui a una battaglia psicologica senza precedenti.

“No? Te lo dico io…” continuò Hidan notando il viso spaesato del ragazzo, “Eravamo in affari, quando avevo la mia bella setta, Kakuzu, lo conosci? Oh, ma forse tu lo conosci col suo anagramma… è l’agente Zukuka, no?”

Gli occhi del giovane si spalancarono per il disgusto.

Per tutto quel tempo aveva avuto il complice di Hidan a nemmeno un metro di distanza e non se n’era accorto!

“A quest’ora avrà già sistemato tutti i poliziotti qui attorno, lasciandoci soli. È stato carino, un vero gentiluomo.” 

Decretò avvicinandosi ai due e inginocchiandosi di fronte e loro, per poterli osservare dritti negli occhi.

“Sai, prima di uccidere uno di voi due, volevo finire di raccontare alla piccola Ino come sono scappato dal carcere. Sembravi così appassionata al mio racconto, honey…”

Le disse, carezzandole il viso con la punta delle dita. Ino strinse gli occhi, non osando scansarsi, mentre Shikamaru sembrò ringhiargli contro.

“Non toccarla!”

“Oh-oh! Siamo gelosi?” chiese divertito, ritirando la mano. “Sai, Itachi me lo diceva sempre che voi della polizia siete dei sentimentali. Aveva proprio ragione. Ho sempre invidiato il suo intelletto e la sua sottile ironia, mi piaceva, già.”

Hidan aveva preso a passeggiare avanti e indietro, raccontando con aria assorta e felice, come di chi narra di vecchie scorribande fra amici.

“Sapete, la sua morte era stata programmata. Eh sì, mica credevate che si fosse suicidato solo a causa del processo, oh no!, facevamo tutti parte dello stesso giro, sì sì. Teneva gli affari qui a Londra per conto del buon vecchio Kisame e se la cavava bene. Peccato che non condividessi il fatto che uccidesse tutte quelle ragazze senza una preghierina al dio Jashin, era un infedele anche lui! Quando lo arrestarono dopo di me, sapevamo entrambi che non sarebbe finita lì, noi grandi uomini non potevamo finire i nostri giorni in una putrida cella…”

“Tu… eri d’accordo con Itachi? Eravate complici?!” urlò Shikamaru, scioccato. Finalmente alcuni pezzi del puzzle stavano cominciando a tornare al loro posto, la verità stava venendo a galla, rivelando qualcosa di talmente grosso che, forse nemmeno loro avevano immaginato.

“Ovvio, Nara! In cella mi aveva detto che Kakuzu era entrato nella polizia sotto falso nome, bisognava trovare solo un pretesto, un momento di confusione per farmi uscire… e quale occasione migliore della sua morte? Oh, che genio di ragazzo! Spero che adesso sia in un bel posto!”

Hidan scoppiò a ridere. In quel momento Shikamaru afferrò la sua pistola e sparò un colpo dritto verso l’uomo.

Ino urlò spaventata, presa alla sprovvista.

Hidan rimase immobile, osservando poi con calma il suo corpo, perfetto e immacolato.

Nara lo aveva mancato di poco.

A una velocità incredibile tirò fuori la pistola a sua volta, e prima di poter sparare al ragazzo, cinque spari risuonarono per il magazzino, secchi.

“Kakuzu li vuole proprio massacrare…” pronunciò Hidan, con un ghigno, mentre anche lui premeva il grilletto.

Questa volta non ci furono errori di traiettoria; il colpo prese Shikamaru in pieno petto.

Senza una parola, un gemito o altro, si accasciò al suolo sotto gli occhi di Ino che urlò.

Il tempo si era come fermato. Il fumo lentamente saliva dalla canna della pistola per disperdersi nell’oscurità, accompagnando l’ultimo sospiro di vita di Shikamaru.

Ino gli si avvicinò, tremante, muovendolo nella speranza che si riprendesse; lo chiamò più volte, prima piano, poi urlando il suo nome senza più lacrime, svuotata fino all’ultimo nell’anima.

Guardò il suo viso leggermente abbronzato, i lineamenti che le erano così mancati in quei giorni di prigionia, la sua bocca semiaperta, dalla quale era stata baciata poco prima; i suoi capelli castani, legati sempre in quel codino così fuori moda e quella fronte spesso aggrottata in un’espressione perplessa.

Ino guardava tutto questo, guardava quei dettagli che non avrebbe più rivisto.

Lo guardava e si rendeva conto che era tutto finito in un secondo, nemmeno il tempo per un addio.

Il dolore ancora non era giunto, sentiva solo il vuoto che pesava.

Hidan le si avvicinò, toccandole una spalla, leggero.

Honey, non disperare, lui…”

“Ti prego, uccidimi.” Gli chiese senza guardarlo. Voleva finirla anche lei, prima che la consapevolezza della morte del giovane Nara le penetrasse nella pelle e nel cuore, facendola impazzire dal dolore.

E sembrava che Hidan non stesse aspettando che quella parola. Felice, puntò il grilletto alla sua testa bionda, caricando il colpo che avrebbe detto fine a tutto.

“Buon viaggio, piccola Ino.”

Ino chiuse gli occhi, pronta ad accogliere il suo destino, dopo tanto tempo che lo vedeva davanti a sé, ma che non riusciva mai a raggiungere.

Sentì il rumore secco dello sparo.

Poi niente.

Aveva immaginato di sentire il bruciore della pallottola che le perforava la carne, il cranio e infine arrivava al cervello, distruggendole tutto. Invece niente, solo la canna della pistola che aveva abbandonato la sua testa e un corpo che cadeva con un tonfo accanto a lei.

Aprì un occhio, si guardò attorno e svenne.

 

 

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

 

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Per la prima volta, aveva visto la morte in faccia, aveva rischiato seriamente di non poter vedere più i suoi cari, le facce amiche, un semplice cielo azzurro; tutto questo perché amava un uomo dal lavoro duro e la vita complicata. Su questo non poteva farci niente, non poteva comandare il suo cuore.

Adesso, doveva solo capire cosa desiderava e cosa voleva farne della sua vita; per chi viverla.”

 

 

 

 

 

 

Risposte alle Recensioni:

Mimi18: TwinH, mi cara, dolce e adorata TwinH… innanzitutto: auguriiiii! XD Approfittiamo anche di questo spazio per ricordare quanto stai diventando vecchia. ù_ù

Ma lo sai che le tue recensioni mi lasciano sempre a sospirare felice, e soddisfatta tutto il giorno? Davvero, come piace a te questa storia credo non piaccia a nessuno; cogli perfettamente quello che io ho voluto trasmettere e ti piace quello che io ho voluto far piacere al lettore. Il nostro essere TwinH non c’entra niente qui, è che tu riesci a capire quello che io voglio veramente scrivere e comunicare e ciò non può che rendermi immensamente felice! <3

Adesso, dopo questo capitolo, puoi di nuovo spoilerare quanto vuoi! XD

 

Saeko no Danna: Dire che sono felice che il pezzo di Hidan ti sia piaciuto, è dire poco. C’ho talmente sputato sangue su quella parte, che le tue parole sono uno dei migliori ringraziamenti che uno scrittore possa ricevere, davvero.

Spero che questo capitolo ti piaccia in altrettanto modo, anche se dubito perché sono sempre stata sul filo dell’OOC qui, e ciò mi ha provocato una seria crisi nervosa; quindi a te il giudizio dei miei sforzi. XD

Ti ringrazio per avere la costanza di recensire ogni singolo capitolo, alla prossima!

 

 

 

 

Si ringrazia tutti quelli che, almeno una volta nella loro vita, si sono imbattuti in questa fan fiction. Se poi l’hanno letta e l’hanno odiata, mandandomi accidenti perché gli aveva rovinato la giornata… bhè, quello è un altro discorso.

 

La pubblicazione del prossimo e ultimo capitolo potrebbe avere un leggero ritardo, ma niente di eterno.

 

 

 

 

Lee

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Naruto © Masashi Kishimoto

Blue Eyes © Coco Lee

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Capitolo 5
*** Epilogo: Blue Eyes ***


Blue Eyes

 

(De Umana Insania – Il Capitolo della Vendetta -)

 

 

 

Epilogo – Blue Eyes

 

 

 

 

 

“[…] la sentenza della Corte Suprema Britannica ha giudicato

 l’evaso Hidan (27 anni, condannato in precedenza all’ergastolo) colpevole di tutte le accuse.

L’imputato è stato condannato a morte mediante sedia elettrica.

L’esecuzione è chiusa al pubblico e si svolgerà questo pomeriggio alle 6.00 P.M. Dopo il processo, Tsunade (57 anni, membro della Corte Suprema Britannica)

ha dichiarato che […]”

 

Londra, The Sun, 7 di Febbraio, 1959.

 

 

 

 

 

 

Sakura ripiegò con cura il giornale e lo lasciò sul bianco lettino d’ospedale, mentre Ino si rivestiva veloce e preparava la sua borsa dei vestiti davanti a lei, pronta a lasciare quel posto che puzzava di disinfettante.

“Ino…”

La chiamò l’amica, riavviandosi una ciocca di capelli rosa dietro l’orecchio. “…dovresti parlare con Shikamaru. Non puoi trattarlo in questo modo…”

La bionda sembrò non ascoltarla, continuando a prepararsi come se niente fosse.

Tre giorni prima si era risvegliata in quella stanza, il viso sorridente di Sakura che la osservava. Le aveva raccontato che Hidan era stato colpito, prima che potesse farla fuori, da uno sparo al braccio da Neji Hyuuga che, insieme a Naruto e ad altri della centrale, erano partiti di corsa quando avevano scoperto la vera identità dell’agente Zukuka.

Quando erano arrivati al magazzino, avevano trovato gli altri poliziotti a terra feriti o legati, incapaci comunque di muoversi o di continuare la missione. Erano entrati dalla porta secondaria che aveva aperto Shikamaru e subito si erano trovati Kakuzu. Neji. senza tanto riflettere, gli aveva impiantato cinque colpi di pistola al petto, uccidendolo.

Hyuuga, insieme ad Hatake, era corso in direzione di alcune voci e lì aveva visto Nara a terra. D’istinto aveva sparato ad Hidan, arrestato subito dopo dai colleghi che avevano fatto irruzione. Shikamaru si era rialzato senza tante cerimonie pochi secondi dopo, un po’ frastornato, togliendosi il pesante giubbotto anti proiettile che gli aveva salvato la vita.

Una cosa da niente, proprio.

“Ino non è giusto quello che stai facendo e lo sai.”

Insistette Sakura, aiutando l’amica a mettersi la giacca pesante. Silenziose, uscirono dall’ospedale, raggiungendo subito un taxi che le avrebbe condotte al carcere di massima sorveglianza, dove Hidan sarebbe stato finalmente giustiziato.

Sakura più volte le aveva consigliato di non presentarsi, che non sarebbe stato affatto salutare per la sua mente rivedere quell’uomo che l’aveva torturata, ma Ino era impuntata sulla decisione.

Voleva vederlo morire.

Voleva avere la certezza che lui non avrebbe più potuto farle del male.

Solo in quel modo avrebbe potuto mettere una pietra sopra a tutto quello che era accaduto.

Arrivarono al carcere velocemente; Naruto  le attendeva all’entrata col solito sorriso bonario sulle labbra; Sakura gli si avvicinò, sistemandogli il colletto della camicia. Quella scena fece sorridere in modo amaro Ino, al pensiero che lei probabilmente non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere.

Non si accorse di Shikamaru che si era avvicinato, prendendola delicatamente per un braccio, buttando così all’aria il suo piano di stargli lontana. Non era arrabbiata con lui, questo mai!, ma vederlo le faceva male, perché certe cose non si possono cancellare.

“Come stai?”

Chiese lui, accompagnandola all’interno del carcere, superando i controlli per entrare.

“Bene, nonostante tutto.”

Rispose, guardandolo intensamente.

“Ti devo parlare, puoi ascoltarmi?” chiese, facendo vedere il suo documento di polizia a un’agente che controllava l’entrata alla stanza dell’esecuzione.

Si fermarono in un angolo appartato, mentre davanti a loro alti funzionari pubblici e giuridici facevano il loro ingresso discutendo di politica, come se non stessero andando a vedere esecuzione.

“Senti, sai che a me non piace parlare…” iniziò subito con aria scocciata, guardandola. Ino stava ferma e rigida come un palo, con la paura di quello che sarebbe potuto uscire dalle labbra del ragazzo. Qualche mese fa avrebbe pagato qualsiasi cosa per sentirsi dire ti amo, e c’era una parte di se stessa che ancora lo sperava e lo desiderava; ma dentro di lei esisteva anche un’altra parte che avrebbe solo voluto dimenticare, tornare alla vecchia vita di prima, una vita senza Shikamaru Nara ad affollarle i pensieri ogni singolo istante.

Quando il ragazzo aprì di nuovo la bocca, lo sguardo di Ino si piantò sul pavimenti senza che lei se ne rendesse conto.

“Ma è giusto che ti dica una cosa: io mi sono innamorato di te.”

Glielo disse tranquillo, come se stesse chiedendo a sua madre di fargli il bucato.

“Oh.” Rispose Ino.

“Già… che palle…” bofonchiò Shikamaru, voltando il viso altrove, imbarazzato anche se non lo dava a vedere. Non aveva mai detto una cosa del genere, non lo aveva detto neanche a Temari in modo esplicito.

Ma con Ino era sempre stato tutto diverso, con lei aveva dovuto togliersi ogni maschera, smettere di nascondersi dietro a bugie e scuse.

“Shikamaru, sai cosa significa questo per me… ma per ora io non voglio più vederti.”

Era come se il giovane avesse ricevuto una doccia fredda addosso, tanto rimase sconcertato da quella risposta. Lei lo amava, lui l’amava, finalmente!, ed era logico che dovessero stare assieme, o almeno provarci. Era un’operazione matematica sensata, dove era il problema?

“Io ti amo, e sempre lo farò, ma devo capire fino a che punto. Io ho rischiato di morire per te e devo comprendere se è un prezzo che posso ancora pagare per amarti o no.” Ino chiuse gli occhi, sospirando, vedendo che il ragazzo non le rispondeva ma si limitava a fissarla, come se non avesse capito cosa aveva detto.

“Ti prego, non cercarmi più.” Detto questo se ne andò, lasciando Shikamaru con i suoi pensieri.

Certe esperienze nella vita non si possono dimenticare, rimangono impresse dentro di te per sempre, segnano la tua esistenza in modo decisivo. Per la prima volta, aveva visto la morte in faccia, aveva rischiato seriamente di non poter vedere più i suoi cari, le facce amiche, un semplice cielo azzurro; tutto questo perché amava un uomo dal lavoro duro e la vita complicata. Su questo non poteva farci niente, non poteva comandare il suo cuore.

Adesso, doveva solo capire cosa desiderava e cosa voleva farne della sua vita; per chi viverla.

Arrivò alla stanza circolare dell’esecuzione; una sedia elettrica era posta su un piccolo palco, protetto da una spessa parete di vetro che la divideva dal resto della stanza. Dall’altra metà, era piena di sedie per gli sfortunati poliziotti e personaggi politici che assistevano alle condanne. Ino individuò Sakura, seduta accanto a Naruto, e si accomodò anche lei, sperando che il tutto fosse veloce.

Altre persone entrarono e occuparono i posti a sedere. Lentamente tutto si riempì. Solo un uomo corpulento se ne andò fumando un sigaro; vestiva firmato e in modo elegante, con giacca e cravatta; aveva un’espressione da ricco, di chi è abituato ad avere tutto ai suoi piedi. Nell’uscire, andò a sbattere contro Neji Hyuuga che educatamente si scusò e passò oltre. L’uomo, però, seguì il ragazzo con lo sguardo finché non fu più visibile, ghignando e mostrando i denti aguzzi.

“Non dovresti farti vedere in giro, Kisame.”

Una giovane donna lo raggiunse; una rosa bianca fra i capelli, marcava ancora di più la sua bellezza fuori dal comune.

“Lo so, ma volevo vedere chi ha fatto fuori i miei clienti.”

Rispose l’uomo, porgendo il braccio alla donna che accettò con un sorriso. Insieme, raggiunsero una macchina nera, di lusso; un’autista in divisa li attendeva.

Tutta l’area intorno al carcere era circondata da poliziotti e da alcuni agenti dei servizi segreti, come potè constatare la donna con un’occhiata furba.

Lei li conosceva bene, giocava spesso con loro

“Kakuzu era un’ottima fonte di guadagno. Una grande perdita.”

“Lo so, ma qualcuno dovrà pagare. Io ci ho perso un sacco di soldi, Konan.” La donna annuì, salendo in macchina dell’uomo e, dato un cenno all’autista, partirono.

Shikamaru entrò nella stanza, poggiandosi di lato contro il muro, in quanto i posti a sedere erano già tutti occupati.

Nel silenzio generale, Hidan fu accompagnato sul palco con la sedia elettrica da due medici che collegarono i vari cavi e fili al suo corpo. Mantenne sempre gli occhi chiusi. Non li aprì nemmeno quando un dottore gli chiese se era pronto, o se c’era qualcosa che voleva dire prima di morire.

Ino deglutì; senza rendersene conto si avvicinò al vetro, poggiandoci sopra una mano, fasciata da una candida benda.

Quando fu annunciata la prima scossa, Hidan aprì di scatto gli occhi e guardò proprio nella sua direzione, osservandola bene; scrutando quella giovane che avrebbe dovuto essere il suo sacrificio per il dio Jashin.

E, prima di sentire il suo corpo sussultare sotto le forti scosse elettriche, si perse in quelli che sarebbero stati l’ultima cosa che avrebbe visto.

I suoi occhi blu.

 

 

 

 

Fine (?)

 

 

 

 

 

 

Note:

La Corte Suprema Britannica non esiste.

Il giornale “The Sun” esiste realmente ed è uno dei più venduti del Regno Unito.

Molte informazioni sono state prese da Wikipedia.it

 

 

 

 

 

Note della Lee:

La storia è finalmente finita. Adesso potete saltare di gioia, strapparvi i capelli, o semplicemente mandarmi a fanculo: libera scelta. ù_ù

Si ringrazia nuovamente Rekichan per il paziente betaggio a orari disumani.

 

Mi scuso, ma questa volta non posso rispondere alle recensioni, perché vado piuttosto di fretta (non dovevo nemmeno aggiornare oggi). Ma volevo comunque ringraziare Saeko no Danna che con pazienza mi è stata accanto in queste settimane, recensendo puntualmente ogni capitolo, rendendomi assai felice. Mimi18, la mia TwinH, che nonostante sapesse già tutta la trama non è mancata a recensire ugualmente, manifestando tutto il suo entusiasmo per questa fan fiction; ti adoro <3. Lucia lair, che ha recensito per la prima volta lo scorso capitolo dopo aver messo la storia nei preferiti.

Ringrazio tutti quelli che hanno sempre letto in silenzio, che hanno messo questa storia tra i preferiti, e se volessero farmi sapere qualcosa, le loro opinione a riguardo, mi renderebbero molto felice e soddisfatta.

 

 

Alla prossima…

 

 

 

 

 

                                                                           Lee

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Naruto © Masashi Kishimoto

Blue Eyes © Coco Lee

 

 

 

 

 

 

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