Indice di fuoco di claws (/viewuser.php?uid=117343)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Esser (vorrei) un solo viaggiatore e scegliere entrambe le strade presso un bivio ***
Capitolo 2: *** Combustione spontanea, o di come i materiali infiammabili prendano fuoco in particolari condizioni ***
Capitolo 3: *** Sucker Punch ***
Capitolo 4: *** Il viaggio, non la destinazione, è fonte di meraviglie ed esperienze (Itaca non illude) ***
Capitolo 5: *** Al buio non tutte le regole sono scritte ***
Capitolo 6: *** Ci vorrebbe una seconda pelle sottopelle ***
Capitolo 7: *** Esistono storie che non esistono ***
Capitolo 8: *** Dal manuale per esorcizzare le paure, capitolo introduttivo ***
Capitolo 9: *** Eros(a) ***
Capitolo 10: *** Le ultime parole sono quelle famose o quelle di una vincitrice ***
Capitolo 11: *** Nove vite di confessioni ***
Capitolo 12: *** L’acqua è per i perversi, il caffè per le bugie bianche ***
Capitolo 13: *** Romanticidio ***
Capitolo 14: *** Effetto farfalla ***
Capitolo 15: *** Ognuno ha il proprio cruccio e la propria croce ***
Capitolo 16: *** In tinte rubino, ambra e seppia ***
Capitolo 17: *** Fumo diffuso e inferenze ***
Capitolo 18: *** Condividere il giogo ***
Capitolo 19: *** Le ultime Grigie ***
Capitolo 20: *** Perdendo lo smalto ***
Capitolo 1 *** Esser (vorrei) un solo viaggiatore e scegliere entrambe le strade presso un bivio ***
Indice di fuoco
Altar girls, altered girls
They’re the things
that love destroys
I loved her with a love
thirsty and desperate.
I felt that we two might
commit some act so atrocious
That the world, seeing us,
would find it irresistible
L’odio e
l’adoro. Perché ciò faccia, se forse mi
chiedi,
io, nol so: ben so tutta la
pena che n’ho.
Esser (vorrei) un solo
viaggiatore e scegliere entrambe le strade presso un bivio
When there’s a Will
there’s a Way
(But there’s no
Will, there are just Graces)
Non
serve porsi la questione Amore
o attrazione? o Lei
ricambierà? quando le persone coinvolte si
trovano in due fazioni opposte. Non serve neanche chiedersi se una
eventualità del genere potrà mai finire come Leo e Sherrietta,
perché, per carità, quello è teatro,
non la vita reale. Certe storie sono degne di essere raccontate
soltanto quando non appartengono alla realtà dei fatti
– capite cosa s’intende? L’opera Leo e Sherrietta
appartiene realmente a un altro piano di esistenza: compare nel nostro
universo solo come una storia da rappresentare in uno spettacolo.
Da
un certo punto di vista sì, Cacciatrice Bianca e Pugno di
Fuoco appartenevano a famiglie nemiche. C’era di stabilire
chi, tra le due, fosse Leo e chi Sherrietta, ma era solo uno stimolo
per l’immaginazione. Non sarebbe diventato nulla di concreto.
Ma
sapete cosa davvero avrebbe impedito a Leo e Sherrietta di amarsi?
L’amore per le loro famiglie. Se Leo avesse potuto amare la
propria famiglia più di Sherrietta, allora nessuna storia
d’amore tragica si sarebbe consumata; se Sherrietta avesse
potuto confidare di più nei propri genitori e nei propri
parenti, nessuno sarebbe morto.
Certo,
se la tragedia non fosse stata scritta, nessuno avrebbe mai usato le
parole di Leo nei confronti di Sherrietta per rivolgersi al proprio
grande amore; generazione dopo generazione, nessuno avrebbe dato nomi
diversi alle rose (che, nonostante il tempo, hanno mantenuto il loro
profumo); nessuno avrebbe dato lavoro né agli attori
itineranti né a quelli che invece esercitano la loro arte su
un’isoletta monotona. Nessuno si sarebbe mai emozionato per
la fine tragica di due giovani.
E
nessuno avrebbe paragonato la propria storia a quella di quei due
ragazzi morti per amore, nessuno avrebbe proposto diverse soluzioni per
quel finale in altre canzoni o in altri romanzi.
Invece,
invece: Smoker amava troppo la propria famiglia per abbandonarla in
favore di un amore che amore poteva non essere.
A
questa famiglia appartenevano Tashigi, che Smoker considerava come una
figlia, e Hina, quella che più si avvicinava a
un’amica. É vero anche che questa famiglia era
molto più ampia: era il suo lavoro. Smoker amava il proprio
lavoro in Marina come niente altro – esclusi forse i suoi
sigari. Era una sfida continua, un continuo opporsi alle idiozie che i
piani alti sparavano sulla Giustizia Assoluta: era camminare contro la
marea della folla, dando spallate a tutti quelli che cercavano di
buttarla giù dal ponte della nave, in pasto alle bestie del
sudario marino.
Non
c’era nulla di più stimolante del lavoro in Marina.
Non
c’era niente di più liberatorio di una vita da
pirata.
Anne
aveva una famiglia gigantesca, eccentrica e variegata; aveva un Babbo
che era una forza della natura; un migliore amico che riusciva ad
ascoltarla e a capire perfino com’era il calore del fuoco
nelle vene; aveva un compito che le avrebbe permesso di rimanere da
sola quando le serviva e di amministrare la giustizia – la
Giustizia, non quella spazzatura sbandierata ai quattro venti e sui
sette mari dalla Marina.
Non
poteva sperare in un ambiente migliore per cauterizzare le proprie
ferite; non c’era nessun altro posto al mondo in cui si
sarebbe voluta trovare quando un traditore uccise uno dei suoi
più grandi amici. Nonostante i dolori, nonostante le
difficoltà, la sua famiglia sosteneva ogni fratello e ogni
sorella, senza differenze, senza esclusioni.
C’era
Rufy, lontano. Ma lui non era un fratello: era oltre.
L’equipaggio di cui Anne faceva parte era la sua famiglia;
Rufy era un fratello di cuore, di spirito, di anima. Se ce ne
sarà la possibilità, dopo la morte Rufy
andrà a prendere lei e Sabo e loro tre rivivranno una vita
più felice di quella in cui si sono lasciati prematuramente.
E
pensare a Sabo portava a Thatch – portava al compito che si
era prefissata: la sua famiglia, prima di tutto, prima di qualsiasi
altra cosa, prima di se stessa.
Il
risultato era scontato. Se due anime così indipendenti si
fossero scontrate, ognuna avrebbe poi ripreso la propria strada, senza
un ripensamento: come due rette incidenti che, recuperatesi dalla
lotta, proseguono punto per punto, nessuno sguardo indietro, nessun
cambio di rotta.
Si
erano effettivamente scontrate, nella realtà. Come predetto
– come era prevedibile, a dire il vero – i loro
itinerari, che prima divergevano, si toccarono in un crocevia e poi
sfrecciarono lontano, ognuna con la propria famiglia in testa e la
propria missione da svolgere, anche se il fumo segue sempre al fuoco,
anche se avrebbero
potuto capirsi, anche se, anche se—
Non
si incontrarono mai più. Una non fu che un fastidio per
l’altra e viceversa; un ostacolo, forse un combattimento
divertente. Una possibilità remota di raccontare la loro
storia c’era, ma era un’eventualità
microscopica. Chi scrisse Leo e Sherrietta non trovò nulla
di interessante da raccontare in queste due personalità
difficili.
Quando
due donne amano le loro famiglie e il loro credo più di ogni
altra cosa al mondo, come si può raccontare del loro amore
– visto che amore tra loro non c’è?
In
un universo parallelo, Leo e Sherrietta si sono guardati e non si sono
capiti; in un altro ancora, Pugno di Fuoco e Cacciatrice Bianca si sono
scontrate e incontrate.
«Due
correnti divergevano in un tratto di mare, e io presi la rotta meno
frequentata e questo—questo ha fatto tutta la
differenza.»
Generazione
dopo generazione, forse il fumo ha un odore diverso quando si solleva
da gradini (in fiamme) rosso fuoco?
Note
Autrice:
Ehilà!
Qualcuno è sopravvissuto a tutto questo? Qualche coraggioso?
Qualche incosciente?
Questa
è una raccolta di one shots SmoAce in versione genderswap.
Già la SmoAce non ha molto seguito, per di più
sono entrambe due donne, qui. É un po’ una sfida
anche per i lettori, lol. Però ho visto questa
challenge e non ho potuto fare a meno di scriverci su quelle venti
shots richieste. Che poi non hanno ancora ufficializzato la mia
iscrizione, ma io non ho potuto resistere: al limite sarà
una raccolta ispirata a questa challenge. Pace.
Gli
aggiornamenti saranno regolari, uno alla settimana, stesso giorno,
stessa spiaggia e stesso mare. Son già tutte scritte,
rivedute e corrette, nonché ordinate per tirar
giù una sorta di storia della loro relazione, a parte
qualche eccezione.
Spieghiamo
un po’ di cose. Il prompt di questo capitolo (che risulta,
alla fin fine, un capitolo introduttivo) era Amore Impossibile.
Titolo
della storia: si capirà meglio tra qualche settimana. In
semiotica, comunque, un indice è un segno naturale, non
intenzionale. L’esempio più comune che si fa
è quello, indovinate?, tra fumo e fuoco. Il fumo indica (o
può indicare) la presenza di un falò, ad esempio:
non perché la correlazione sia una convenzione, ma
perché è un fenomeno fisico. Alla fine
l’ho spiegato lo stesso, lol.
Sottotitoli
al titolo della storia: citazione alterata da American Beauty / American Psycho
dei Fall Out Boy; citazione da The
Shadow of the Torturer di Gene Wolfe; carme LXXXV di
Catullo tradotto da Pascoli secondo la metrica barbara, lo si trova in Traduzioni e Riduzioni.
Il
titolo della shot è una parafrasi estremamente libera di
alcuni versi della poesia Road
Not Taken di Frost. La prima riga del sottotitolo viene da
Between The Acts,
ultimo libro scritto da Virginia Woolf: significa “quando
c’è la volontà di far qualcosa, si
trova un modo”, in sostanza. Ma Will (volontà)
è anche il soprannome di William. A qualcuno viene in mente
Shakespeare? Bravi, ottima deduzione, Leo e Sherrietta è una
versione molto alternativa di Romeo e Giulietta. La seconda riga
è una mia aggiunta. Non c’è Will, in
questa storia: ci sono soltanto Graces. Grace è un nome
inglese, Grazia
in italiano. Will & Grace era una serie televisiva, credo, e mi
piaceva il gioco di parole, perché in questa raccolta non ci
sono uomini, non ci sono Will, ci sono soltanto donne, soltanto Grace.
Spero si capisca almeno un pochino, ehm. I FOB non mi fanno
male, nooo...
Riprendo
una frase dal testo: Certe
storie sono degne di essere raccontate soltanto quando non appartengono
alla realtà dei fatti. Atteniamoci alla
realtà come a quella dell’opera One Piece
originale: io vi racconterò un’altra storia, che
– essendo non vera – può essere
raccontata anche in maniera diversa, possibilmente più
stupida, se sono io a scriverla, lol. Vorrei far notare che non intendo
scrivere un neo Romeo e
Giulietta: Will, per favore, non rivoltarti nella tomba,
non ce n’è bisogno.
Questa
era la shot più stramba della ventina, perlomeno dal mio
punto di vista. Spero non vi abbia spaventato. Si parla dei vari motivi
per cui un amore del genere non è stato possibile. Eh, dalla
prossima shot si cambia umore, almeno un po’.
Ho
giocato molto coi prompt, per cui non aspettatevi cose normali. Il
rating rimarrà arancione perché anche in prompt
come Eros
credo di essere rimasta in termini tali per cui il rosso non
è richiesto. Quando ci arriveremo, se qualcuno
sentirà che forse è il caso di alzarlo ancora,
avrà tutto il diritto di dirmelo. A me non sembra
necessario, ecco.
C’è
qualcuno che aspetterà il seguito? Mah. Il prompt del
prossimo capitolo sarà Colpo
di Fulmine. Se vi va, fatevi vivi. (Allitterazioni per
far rinsavire quelli che non ce l’hanno fatta e sono svenuti
per l’orrore.)
Puff,
puff, ho finito. Spero che a qualcuno sia piaciuta!
Alla
prossima,
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 2 *** Combustione spontanea, o di come i materiali infiammabili prendano fuoco in particolari condizioni ***
Indice di fuoco
Combustione
spontanea, o di come i materiali infiammabili
prendano
fuoco in particolari condizioni
Ever felt
away with(out) me?
(This is
your last warning, a courtesy call)
Cappello
di Paglia le sarebbe sfuggito ancora. La prima volta quel
ragazzino era stato salvato dal criminale più sfuggente e
pericoloso del mondo; in quel momento, invece, ci avrebbe pensato la
seconda Comandante della flotta di Barbabianca – non il capo
dei rivoluzionari, ma comunque una personalità da non
sottovalutare.
Per
quale motivo Pugno di Fuoco era tornata ad Alabasta, nel Paradiso della
Rotta Maggiore? La soluzione era più semplice del previsto,
a quanto sembrava: quel marmocchio col cappello di paglia era il suo
fratellino. Qualcosa non andava, ma Smoker non riuscì a
capire cosa, di preciso.
«Mi
dispiace, Cacciatrice Bianca, ma dovrai vedertela con me.»
Smoker,
con un gesto secco, ordinò ai propri uomini di rimanere
indietro. Presto l’aria sarebbe diventata irrespirabile
– rovente. Con una sorta di ringhio, Smoker
evaporò in una nuvola di fumo giusto in tempo per
contrastare una sfera di fuoco che brillava come un secondo sole.
Inviluppata nel fumo, quella piccola stella esplose con un fragore
assordante.
Quando
Smoker riprese la propria forma umana, era inginocchiata a terra e
ansimava per lo sforzo. La ragazzina, al contrario, sembrava molto
divertita da tutta quella faccenda. Che faccia tosta.
«Cosa
ci fai qui, Portuguese?» Disse Smoker, una volta in piedi.
Non poteva essere già priva di forze: doveva proteggere i
propri uomini e la popolazione dal capriccio di quei dannati pirati.
«Oh,
solo una visita al mio fratellino.» Rispose Anne, facendole
l’occhiolino. «Sai, non lo vedevo da un bel
po’ di tempo. Non potevo permetterti di catturarlo, ti
pare?»
Quella...!
Quella si stava praticamente prendendo gioco di lei!
La
rabbia la fece ribollire di nuovo in lunghe creste di fumo. Il primo
pugno di Smoker mancò Anne per un soffio, il secondo
– il destro – la colpì diritta in
faccia, ma la guancia di Anne divenne fuoco prima che Smoker potesse
riprendere forma umana.
«Ohw,
Smoker, non è carino da parte tua tirarmi pugni del genere!
Potresti farmi del male!»
Smettere
di fumare non era nelle sue intenzioni; forse stava diventando vecchia?
Il fiato cominciava a cedere.
La
ragazzina si era piegata su Smoker e l’aveva guardata
attentamente. Poi le aveva fatto un altro occhiolino (doveva aver
capito che la marine non poteva sopportare cose del genere), aveva
tirato su un sorrisone da schiaffi e aveva detto: «Piacere di
averti conosciuto, ma ora devo proprio scappare. Ho un fratellino da
salutare.»
«Non
è l’unico motivo per cui sei tornata fino ad
Alabasta, Pugno di Fuoco. Capirò cosa mi tieni
nascosto.»
Anne
si mostrò sorpresa – forse lo era davvero. Poi
recuperò il proprio cappello e lo zaino da terra e, prima di
cominciare a correre, esclamò: «Sei una persona
interessante, Cacciatrice Bianca. Ci vediamo un’altra volta,
forse!»
Smoker
non fece nemmeno in tempo ad acchiapparla per una gamba con un pugno di
fumo, perché quella ragazzina correva come una matta
– aveva i carboni ardenti sotto ai piedi, accidenti a lei!
Nel giro di un minuto era scomparsa alla vista. Certo, era sicuramente
andata da Cappello di Paglia—parlando di
quell’altro pirata, con loro c’era anche la
Principessa di Alabasta. Cosa diavolo stavano complottando? Qual era il
loro obiettivo in quella terra in rivolta?
Più
Smoker ci pensava, più le veniva in mente quella dannata
marmocchia, e questo la turbava parecchio. Il fatto che il potere di
una neutralizzasse il potere dell’altra la faceva innervosire
oltre ogni dire – e povera Tashigi, su di lei il capitano
sfogava la propria frustrazione.
Se
qualcuno, in quel momento – dopo che Pugno
di Fuoco era appena sfuggita alla cattura (e con lei anche Cappello di
Paglia, accidenti!) –, le avesse chiesto che cosa pensasse di
Portuguese, Smoker avrebbe
spento il sigaro nell’occhio di chi aveva pensato
anche solo per scherzo che quello sarebbe stato l’inizio di
una grande amicizia.
Al
diavolo! Quella per Pugno di Fuoco sarebbe diventata
un’ossessione, volente o nolente, un’ossessione
buona o cattiva, impossibile stabilirne la qualità a priori;
una come quella che aveva per Cappello di Paglia (uguale? Sicura?), per cui
avrebbe seguito entrambi in capo al mondo.
Per
breve tempo dopo quel primo scontro, si trattò di
un’ossessione lavorativa, per così dire. Smoker si
sentiva punta sul vivo perché le era sfuggita una criminale
di prim’ordine; come le avrebbe promesso Tashigi qualche giorno dopo, sì, anche Smoker sarebbe dovuta diventare più forte. Per
seguire la propria giustizia morale, ma anche per se stessa –
per non considerarsi mai più debole o incapace di
sconfiggere uno di quella feccia.
All’inizio.
Erano (e noi siamo) solo all’inizio. Nell’aria
secca e calda di Alabasta, una scintilla avrebbe potuto accendere un
inferno di fuoco – e una scintilla era stata lanciata con un
occhiolino. Non proprio come per Didone, ma in qualche modo la freccia
fu scagliata anche per Smoker.
Note Autrice:
Salve!
Qualche reduce da settimana scorsa? Qualche nuova recluta? Benvenuti o
benritrovati!
Secondo
capitolo, prompt: Colpo
di fulmine. Il titolo si spiega più o meno da
solo, nel senso che si tratta della definizione di combustione
spontanea.
Il
sottotitolo che avrei voluto mettere è un passaggio di una
poesia di Saffo, A me
pare uguale agli dei, ripresa poi da Catullo secoli dopo: Un fuoco sottile sale rapido
alla pelle / e ho buio negli occhi e il rombo / del sangue alle orecchie.
Il sottotitolo effettivo è una citazione (di due versi
sovrapposti, con with/without) da una
canzone dei Nightwish, Ever
Dream, e da una canzone dei Thousand Foot Krutch, Courtesy Call.
E
nulla, adoro scrivere scene di combattimento – probabilmente
sono le mie preferite, anche se ne scrivo davvero poche. Poche ma
buone, spero. Qui cominciamo a staccarci paurosamente dal canon, ma
ehi, è una fanfiction, no
canon = we still have fun.
Tashigi
<3 Boh, niente, adoro quella ragazza, volevo soltanto dirlo. Ha
più pazienza di Giobbe, lol.
Per
Smokie è stato amore a prima vista – ma anche NO!
grosso come una casa. Diciamo che... Anne ha colpito Smoker e
viceversa. Per ora entrambe accantonano la questione e si occupano di
problemi più pressanti, ma la freccia è stata
scagliata e dalla prossima shot—no, la prossima
è Amore
platonico, quindi siamo ancora in una sorta di stallo
introduttivo. Mea culpa.
Giuro che presto interagiranno come si deve! XD
Non
l'ho chiesto prima, ma se ce ne fosse bisogno, non avrei problemi a
inserire le traduzioni in italiano dei sottotitoli. Sono in inglese
perché ho preferito mantenere gli originali, quindi non so,
ditemi pure! (Ci saranno sottotitoli in italiano più avanti,
per esempio!)
Mi
piacerebbe ricevere consigli, impressioni, messaggi in bottiglia (??),
se mai qualcuno ne avesse tempo e voglia. Anche domande o
fangherleggiamenti. Non mordo e non mangio nessuno, tranquilli! Al massimo scrivo
papiri infiniti!
Grazie
per aver letto. A settimana prossima! C:
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 3 *** Sucker Punch ***
Indice di fuoco
Sucker Punch
Woe
to all who stop at the horizon!
Ecco
in che cosa si stava sviluppando l’ossessione di Smoker,
anche chiamata Portuguese D. Anne: si stava trasformando in un enorme
macello nella sua testa.
Il
problema più grave non era la D nel nome, ma il fatto che
fosse la sorella maggiore di quel Cappello di Paglia che nel giro di
pochi giorni avrebbe sconfitto Crocodile. Forse Tashigi, dopo la Storia
di Alabasta, aveva colto le implicazioni sulla giustizia e sulla Marina
meglio di chiunque altro, forse più di Smoker stessa, che
pure era perfettamente consapevole del fatto che la Giustizia Assoluta
fosse più un danno che una protezione; gli incontri (o
scontri?) con Pugno di Fuoco, nelle settimane successive e in diverse
isole del Paradiso della Rotta Maggiore, avevano portato Smoker a
credere che fratello e sorella dovessero essere alzati sullo stesso
piano – su quello dei pirati fuori dalla norma.
Inutile
dire che metterli sullo stesso livello le dava molto fastidio, ma
glielo avrebbe concesso, perché Smoker seguiva un altro
genere di giustizia, e la sua giustizia ammetteva piccole eccezioni in
fatto di criminali – come Tashigi aveva potuto notare (e come
potè notare in seguito altre volte). Certo quello non
bastava come giustificazione per lasciarli scorrazzare per i mari del
mondo, perché i pirati sono e rimangono pirati.
Così,
mentre la sua nave inseguiva Cappello di Paglia, Smoker pensava a quei
due marmocchi scapestrati – e ora che ci pensava, a quella
famiglia apparteneva anche il capo dei rivoluzionari. Avrebbe voluto
sapere cosa ne pensasse Garp di figlio e nipoti, ma immaginò
che non sarebbe stato felice di parlarne – o forse che ne
sarebbe stato troppo
felice, in realtà.
Chissà
perché, pur essendo fratelli, uno era Monkey e
l’altra Portuguese. Di certo non per depistare la Marina, dal
momento che quei due se ne andavano per il mondo dicendo a tutti che
erano fratelli; nemmeno per differenziarsi, visto che una era Pugno di
Fuoco e l’altro Cappello di Paglia; per quale diavolo di
motivo, allora, due cognomi diversi?
Quanti
misteri c’erano, dietro quella famiglia?
Pur
trovandosi in missione contro Cappello di Paglia, Smoker pensava
più che altro a Pugno di Fuoco. L’avevano
incontrata altre volte, il commodoro e i suoi, durante alcuni sbarchi
su diverse isole. Non si poteva dire che Portuguese avesse avuto
intenzione di dar loro battaglia: semplicemente li salutava con
battutine ironiche e scappava via prima che ci fosse uno scontro serio.
Una volta aveva perfino consegnato a Tashigi il capo di una banda di
schiavisti giunti sull’isola per acquisire merce di scambio.
Certo
il suo comportamento non aiutava i sottoposti del commodoro. Sulla sua
nave già si seguiva una sorta di istinto morale, ma ricevere
lezioni di giustizia da una fuorilegge era, come dire, un pugno che non
si poteva prevedere e contro cui non ci si poteva difendere. La
reazione migliore a cui erano giunti era adattarsi all’idea
che esistessero pirati modellati con quello stampo.
A
farle pensare a Pugno di Fuoco c’era anche la questione dei
loro poteri. Il fumo è un indice di fuoco: è una
conseguenza inevitabile di un incendio. Il fumo segue sempre al fuoco,
come una presenza sottile che si arriccia verso il cielo e si disfa
nell’aria, ma è sempre più in alto
rispetto alle fiamme quando fumo e fuoco si estinguono. Come se
sfidasse le fiammate a raggiungerlo e ad accompagnarlo al cielo.
Quindi,
come il fumo segue sempre al fuoco, così Smoker avrebbe
seguito Anne inseguendo Rufy, pur mantenendo Cappello di Paglia come
obiettivo primario. Il fumo si trova sempre in presenza del fuoco: ma
quando nel cielo si alzano colonne grigie, il fumo si allontana dalle
lingue di fuoco ancora a terra, giusto? Allo stesso modo Smoker non
poteva fare a meno di pedinare Anne e, una volta faccia a faccia, di
tenerla a distanza, in una sorta di gioco con la corda: si tira, si
lascia la presa, si recupera spazio, ci si ritira – come la
marea.
Come
la marea, Anne aveva lasciato un segno su Smoker. Era poi arrivato un
grosso tifone tropicale che aveva ingrossato il mare come il fiato di
un bambino gonfia un palloncino, tifone che l’aveva
sconvolta: era un vento del Nord, rosso per i fulmini, nuvole basse di
pioggia, acqua dolce sulla sabbia. Poi quel maestrale mostruoso aveva
accompagnato via, soffiando, la tempesta: quando Pugno di Fuoco e
Cacciatrice Bianca si erano separate di nuovo dopo un breve scontro, il
Potere del Diavolo di Smoker si era assopito con la convinzione che
quel fuoco sarebbe tornato presto ad alimentarlo.
Così
non fu per qualche tempo: le creste di fumo che nuotavano nelle vene di
Smoker cominciarono a ribollire, ad arricciarsi sulle pareti dei
capillari, a esigere che quel fuoco si mostrasse, per placare quella
sensazione di mancanza che proprio non voleva saperne di sparire.
Smoker tratteneva il proprio potere e lo costringeva a non gridare,
perché quella non sarebbe stata una relazione sana in nessun
modo. Stare attorno ad Anne non era salutare per Smoker, tanto quanto
fumare non lo è per i polmoni.
C’era
una sorta di complicità tra pirata e commodoro, in qualche
modo. Si parlavano (insultavano, più che altro) come
vecchissime amiche; quando si scontravano, dopo Alabasta, si misuravano
in delle zuffe per controllare che entrambe fossero nella forma giusta
per sostenere un duello. Probabilmente questo legame
professional-amichevole di rivalità (se così si
può definire) era dovuto alla combinazione dei loro Poteri
del Diavolo: non che qualcuno potesse esserne sicuro, dal momento che
nemmeno le due controparti ne erano certe.
Ma
andava bene. Era stimolante fronteggiarsi con un’avversaria
le cui capacità annullavano i vantaggi di un frutto Rogia.
Che gusto c’era a combattere contro qualcuno che non dava
filo da torcere?
Invece
fumo e fuoco gorgogliavano continuamente nel sangue come i gas
più freddi e quelli più caldi nelle correnti
convettive del sole, verso cui fuoco e fumo si arrampicavano.
Note Autrice:
Eccoci
qui, a questo terzo capitolo. Prompt: Amore Platonico.
Dal
momento che faccio fatica a distinguere amore senza-altri-aggettivi
(scusate i termini freddi, ma non so come altro definirlo)
dall’amore platonico, ho preferito ripiegare, come si
sarà capito, sui due poteri dei Frutti Mera Mera e Moku Moku
(o Foco Foco e Fum Fum). Poteri che, per certi versi, sono
collegati. Con questa shot si spiega finalmente il titolo della
raccolta, lol.
Qualcuno
ha trovato una citazione da un’altra poesia antica? Magari il
vento del Nord rosso di fulmini? Il buon, vecchio Ibico? Adoro quella
poesia. Come diceva qualcuno, i nomi importanti fanno sfigurare chi non
li sa portare, per cui la mia è una sfida con me stessa:
citare passaggi così toccanti e meravigliosi è
sempre un tentativo rischioso, ma ci provo. Sbagliando
s’impara, dopotutto.
Sucker punch
è un termine inglese di difficile traduzione: è
un pugno che non si riesce a prevedere e contro cui non ci si riesce a
difendere. Anne è un po’ il sucker punch per
Smoker e viceversa.
Il
problema tra queste due sceme (??) è: come conciliare le
differenze – che sono tante e sono molto importanti?
Dopotutto, Smoker rimane un soldato della Marina e Anne rimane una
fuorilegge: molto improbabile che due personalità
così forti riescano a trovare modi e metodi per una
relazione, che sia affettiva (ma anche no, almeno all’inizio)
o di interessi vari ed eventuali (già più
probabile nel suo essere molto improbabile). Rimane comunque una scelta
difficile, forse estrema. A queste e altre amenità
cercherò di rispondere settimana prossima con Amore per interesse.
Ehi, finalmente interagiranno in grande stile (?). Hallelujah!
Il
sottotitolo è una citazione dalla canzone Sagan dei
Nightwish. Intendevo rimandare alle creste di fumo e alle lingue di
fuoco che (grazie, fisica) tendono verso l’alto;
e anche all’amore platonico, perché
c’è un po’ l’idea
dell’oltre il cielo, o sbaglio? Cioè, Platone non
intendeva l’iperuranio in questo modo, ma dopo di lui
è diventato qualcosa del genere, credo. (Mi perdonino tutti
gli studenti di filosofia, ma spero di aver capito un minimo, anche se
non mi stupirebbe non averci capito nulla.) Qui la citazione vale sia
in questo senso che come: male a chi si ferma all’orizzonte e
non prova a superare i propri limiti!
Nel
caso in cui aveste voglia o tempo di scrivermi, non abbiate paura, non
mordo e non mangio nessuno. Anche per dirmi che questi primi tre
capitoli non vi convincono, oppure che vi sembrano campati per aria
(non so, a volte ho questa sensazione a riguardo). Un po’ di
feedback mi potrebbe essere utile. C:
Grazie
per aver letto questa terza shot. Ringrazio anche le due persone che
seguono questa raccolta: significa molto per questo goffo tentativo
riguardo due personaggi difficili, senza contare
il genderswap. Quindi – vi ringrazio molto!
A
settimana
prossima!
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 4 *** Il viaggio, non la destinazione, è fonte di meraviglie ed esperienze (Itaca non illude) ***
Indice di fuoco
Il viaggio,
non la destinazione, è fonte di meraviglie ed esperienze
(Itaca non illude)
I’m
under your curse now, but I call it compromise
I thought
that you were wise, but you were otherwise
D’accordo,
Rufy aveva fatto un casino di proporzioni notevoli ad Alabasta.
Ovviamente la Marina s’era presa il merito della sconfitta di
Crocodile e tutto quanto, ma ad Anne erano arrivate le notizie
corrette, perciò conosceva tutta la storia.
Il
problema era che conoscevano la verità anche i marine contro
cui si era scontrata a Nanohana: il capitano Smoker e la sua seconda in
comando, senza contare tutti i loro sottoposti. Contando anche Hina la
Gabbia Nera, le cose non andavano bene per niente. Rufy era ancora
troppo vicino a questa gente pericolosa e aveva bisogno di un aiuto
– insomma, considerate che Anne era la sua sorellona,
inevitabilmente per lui si preoccupava molto.
Pugno
di Fuoco elaborò una strategia. Aveva informazioni non
esattamente fresche sulla posizione di Barbanera, quindi una sortita su
una nave della Marina sarebbe tornata utile sia per Rufy che per Thatch.
Si
ritrovò davanti alla Gabbia Nera un paio di volte: quella
donna, però, non sembrava intenzionata a inseguire il suo
fratellino, fortunatamente. Forse i suoi superiori l’avevano
relegata ad Alabasta? Che spreco di potenzialità. Alla
Marina proprio c’erano degli incompetenti.
(In
seguito scoprì che anche Smoker e i suoi non avevano
ricevuto l’ordine di inseguire Rufy, ma il commodoro se ne
era bellamente fregata,
almeno per i primi tempi, quando la ferita bruciava ancora.)
Dunque,
a questo punto doveva distrarre la Cacciatrice Bianca per un
po’. Niente di più facile: Anne era brava a
distrarre le persone e ci si divertiva anche parecchio.
«Nemici
a bordo!»
«Ehi,
nemica a
bordo, semmai, brutto maniaco! Devi guardare in faccia il nemico, non
più in basso!»
I
soldati si trovavano in estrema difficoltà – non
sapevano come comportarsi davanti a una minaccia come un esplosivo
ambulante sul ponte della nave. Pugno di Fuoco avrebbe potuto farli
colare a picco come quelle navi dei Billions a Nanohana.
La
guardiamarina (fresca di promozione e di dubbi sulla Giustizia) aveva
sguainato la propria spada e l’aveva puntata verso la
criminale che aveva davanti. Non avrebbe potuto combattere alla pari
con lei, ma l’avrebbe comunque trattenuta in attesa del
commodoro.
Commodoro
che in mezzo minuto netto era sul ponte, fumava due sigari e sembrava
molto irritata da questa faccenda.
«Sono
qui per invitarvi gentilmente a star lontani da Cappello di
Paglia,» disse Anne, senza essere interpellata.
«Cortese
da parte tua, ma anche
no.»
«Guarda
che il gergo dei giovani non ti fa sembrare meno vecchia,
capitano.»
«Commodoro.»
«Oh.
Congratulazioni. Comunque rimani vecchia.» Anne fece
l’occhiolino a Tashigi, che arrossì e strinse
forte l’elsa di Shigure – ma non abbassò
lo sguardo, nonostante l’imbarazzo.
«Non
cambio idea. Lui rimane il mio obiettivo.»
«Dai,
commodoro, lascialo in pace, o io non lascerò in pace te e i
tuoi uomini.»
«Non
siamo mai in pace, se ci sono pirati in giro.»
Il
sorrisone di Anne non prometteva proprio nulla di buono.
In
qualche modo, comunque, la strategia di Anne ebbe successo. Smoker
smise di inseguire Rufy (che nel frattempo chissà
dov’era finito, avrebbe potuto nascondersi seriamente dal
commodoro solo se fosse finito sulle nuvole!) e cominciò a
dedicarsi ad altri pirati – per esempio ad Anne, anche se non nel modo
stabilito dal protocollo della Marina o che le era stato impartito
quando era ancora un soldato semplice.
Anne
cominciò a frequentare la cabina del commodoro soprattutto
per sbirciare tra i documenti che si trovavano sulla scrivania, alla
ricerca di notizie fresche per il completamento della propria missione.
Il più delle volte ci dava un’occhiata mentre
chiedeva insistentemente a Smoker di lasciar perdere la burocrazia, in
altri casi leggeva alla luce fioca delle proprie dita – ecco
che essere Pugno di
Fuoco tornava molto utile – quando Smoker
dormiva. Va anche detto che il commodoro aveva un sonno abbastanza
leggero, e che in molti casi acchiappava Anne per i capelli con una
mano di fumo e la costringeva di nuovo a letto, per poterla controllare
più facilmente.
Sì,
solo per quello, avete letto bene, ma avrete anche capito bene, ci
auguriamo.
«Smokie,»
esordì Anne, un giorno.
«Cosa
c’è?»
Stava
per chiederle per quale motivo le permettesse di spiare documenti della
Marina: era una domanda che le era sorta spontanea e che le sarebbe
sfuggita dalle labbra, se non si fosse trattenuta all’ultimo
momento. Non doveva assolutamente chiedere: perché avrebbe
dovuto? Se glielo avesse fatto notare, magari Smoker glielo avrebbe
impedito da quel giorno in avanti, e a quel punto quella relazione che
avevano instaurato sarebbe finita.
Allo
stesso modo, però, Anne aveva l’impressione che
quelli fossero fogliacci inutili. Non c’era mai
granché: ogni tanto si parlava di Barbanera, ogni tanto di
Rufy, ma non c’erano mai informazioni precise o preziose.
Forse
Smoker le nascondeva i fogli veramente utili. Tutto sommato, non era da
escludere.
«Tra
quanto finisci?» Disse invece, accoccolandosi sulle spalle
del commodoro – che, seduta alla scrivania, sbuffò
e stropicciò l’orecchio di un documento, con la
solita aria di chi odia essere infastidito mentre lavora.
Anne
avrebbe aspettato ancora un po’. Forse col tempo Smoker
avrebbe aperto anche gli ultimi cassetti della scrivania; allora Anne
avrebbe potuto sfogliare in fretta tra informazioni davvero utili.
L’attesa era comunque piena di divertimenti vari di cui
doveva ancora scoprire le potenzialità.
La
vera domanda era per
quale diavolo di motivo avesse permesso a quella
marmocchia di infilarsi tra le pieghe della sua vita e del suo letto.
In
realtà, per una delle due questioni la risposta
c’era: voleva condurre un esperimento. Certo, altre
personalità eminenti avrebbero potuto discutere sul termine
utilizzato, ma Smoker seguì il metodo sperimentale per esser
sicura della propria ipotesi.
La
prova ebbe esito positivo: il fumo che le scorreva nelle vene aveva
reagito attivamente alla vicinanza con il fuoco di Anne. Questo
verificava le sue teorie, ma non la faceva sentire meglio –
proprio per nulla, perché anche quella ragazzina doveva aver
avvertito quella sensazione piacevole quando fuoco e fumo si erano
trovati di nuovo a contatto.
Per
quale motivo, invece, permetteva a quella marmocchia di darle fastidio
continuamente? Soprattutto, perché le lasciava dare
più di una occhiata ai documenti che c’erano sulla
scrivania?
Smoker
glielo concedeva in modo tale che ad Anne fosse ben chiaro che si
trattasse seriamente di una relazione d’interesse; e poi
anche per porre Pugno di Fuoco in una posizione di svantaggio. Smoker,
dopo quel primo esperimento riuscito, si sarebbe anche disfatta di
tutto quel macello che ne era seguito (avere Anne in giro per la
cabina, vederla entrare dalla finestrella, sentirla lamentarsi per la
noia e quant’altro): invece stava studiando Anne –
voleva capire se dietro quell’atteggiamento ci fosse un
sentimento, e dunque una debolezza, almeno in termini generali, una
sorta di tallone d’Achille su cui Smoker avrebbe potuto fare
pressione se ce ne fosse stata necessità.
Fino
al momento del bisogno, però, Smoker non avrebbe
approfittato di un punto debole – sempre che ci fosse stata
una debolezza. Anne tornava nella cabina del commodoro (che le
nascondeva documenti importanti) nella speranza che quei fogliacci le
venissero svelati o lei riuscisse a ottenerli – questo Smoker
lo aveva ben presto capito e aveva chiuso a chiave documenti utili
nell’ultimo cassetto della scrivania. Quella piromane si
sarebbe azzardata a forzarlo? Fino a quel momento la risposta era
negativa.
Per
quale ragione Smoker non si sarebbe servita di un difetto nel pensiero
o nella percezione che Anne aveva del mondo? Perché voleva
vedere come si sarebbe comportata, in quella situazione, una fuorilegge
di quella risma particolare. La sua concezione di Giustizia mordeva
insistentemente e non vedeva l’ora di mettere in cella quella
criminale; allo stesso modo Smoker le ripeteva di aspettare,
perché sarebbe arrivato un momento migliore, o forse non ce
ne sarebbe stato proprio bisogno.
Forse
c’era qualcosa di buono, ma Smoker non voleva nè
ammetterlo nè scoprirlo: se ci fosse stato, sarebbe venuto
fuori da solo, o lei l’avrebbe notato senza
l’intenzione di cercarlo. Stava solo posticipando la cattura
di quella marmocchia, non stava cancellando dalla lista dei ricercati
una come Pugno di Fuoco.
(Questa
fu la stessa linea di pensiero che Smoker intraprese anche contro Rufy
– con pochi risultati oltre a quello di lasciare che i propri
uomini facessero amicizia con la ciurma di Cappello di Paglia, alcuni
anni dopo.)
Note Autrice:
Never stop the fun,
diceva qualcuno. Salve! Qualcuno ha notato il riferimento a Skypea? XD
Prompt:
Amore per interesse.
Il modo più “semplice” perché
queste due instaurassero una relazione. C’è
già un primo assestamento, diciamo: Smoker vuole capire che
diavolo di pirati ha davanti, tra Anne e Rufy. Vuole studiare una per
poi catturare l’altro una volta capiti i punti deboli di quel
particolare modo di essere pirata. Anne, al contrario, intende
sfruttare la vicinanza con Smoker per controllarla meglio e per
acquisire informazioni su Rufy (da un lato) e su Barbanera
(dall’altro).
Il
titolo è una rivisitazione di una delle citazioni che ogni
tanto tiro fuori dalla mia testa a caso, ricordi d’infanzia.
Credo provenga da un album di Loreena McKennitt intitolato The Book of Secret.
Quella donna ha una voce splendida e produce musica meravigliosa. Il
riferimento alla patria di Ulisse viene dalla poesia Itaca di Kavafis:
spero si capisca per quale motivo è stato inserito e
perché lì. Il viaggio è cominciato da
poco! C:
Il
sottotitolo viene dalla canzone Otherwise
della band inglese Morcheeba. Per me è un po’ la
canzone SmoAce, al momento, almeno.
E
per me Anne ha una seconda di reggiseno e la cosa la fa sentire a
disagio, ma non diciamoglielo, lol. Tashigi e Hina vengono almeno
nominate perché adoro quelle due marine.
Dimenticavo.
Quello che ho in testa io coi soprannomi è il seguente:
Smokie
– per Fem!Smoker
Smokey
– per Male!Smoker
In
pratica, è quello che succede negli USA con nomi come Tracie
& Tracey: il primo è un nome per bambine, il secondo
per bambini. Perlomeno, questo secondo mio padre, che da giovane ne ha
viste di tutte e di più negli Stati Uniti (lol).
L’idea mi è piaciuta e quindi eccoci qua.
Prossima
fermata: Relazione
clandestina.
Come
sempre, vi invito a mandarmi un messaggio nel caso in cui qualcosa non
vi torni, non vi convinca, oppure nel caso in cui un passaggio o un
pensiero vi sia piaciuto. O magari per dirmi che la SmoAce comincia a
piacervi, chissà. Mi farebbe proprio piacere! -w-
Ringrazio
chi legge questa storia, chi la segue, chi l’ha inserita tra
le ricordate. Grazie! ;)
claws_Jo
P.S.
Ieri, 25 Novembre, era una giornata
internazionale fondamentale. Oggi è un altro
giorno importante (Ace Day: non si tratta di Portuguese D.
Ace, ma di asessualità. So che si tratta di una pagina in
inglese, ma voglio condividerla ugualmente. A qualcuno
potrebbe tornare utile). Giusto per farlo presente, eh.
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 5 *** Al buio non tutte le regole sono scritte ***
Indice di fuoco
Al
buio non tutte le regole sono scritte
Clandestino: dalla radice KAL da cui
Occulto e Celare
a cui
pare si aggiunga DIES, giorno;
cioè
che sta nascosto al giorno, che odia la luce
Smoker
aveva cercato di imporre delle regole a quell’improbabile
relazione che uno storico di un’epoca cosiddetta
“buia” avrebbe chiamato rapporto
vassallatico-beneficiario. Nella definizione per il caso preso in
esame, però, andava eliminato il termine vassallatico, dal
momento che Smoker non era al servizio di Anne o viceversa; si trattava
comunque di un rapporto personale, da uomo a uomo – o meglio,
da donna a donna – ed entrambe ricevevano benefici da quella
storia. A questo punto lo storico ipotizzato avrebbe ribattuto che i
benefici tra commodoro e Pugno di Fuoco non fossero in alcun modo da
porre sullo stesso livello di quelli tra seniores e vassi, ma non ci
occuperemo di approfondire il discorso. C’erano delle regole,
un rapporto personale e dei benefici, questo sì.
La
prima notte, innanzitutto, avevano stilato la Lista delle Leggi:
avevano preso un foglio bianco e ognuna aveva scritto delle regole che
voleva venissero seguite. Quando non si trovavano d’accordo
nei termini o nei contenuti cominciavano a litigare e a tirarsi serie
infinite di frecciatine, ma non accadde che per pochi casi: forse
perché nessuna delle due intendeva esporre un fianco in
maniera così diretta, quindi entrambe accettavano anche
quelle regole che non piacevano particolarmente.
La
prima regola, scritta con una penna rossa, era: Pugno di Fuoco non
potrà rimanere sulla nave del commodoro nelle ore di luce.
Questo voleva dire che Anne e Smoker si sarebbero viste principalmente
di notte e che d’estate i loro incontri di benefici sarebbero
durati molto meno. Anne accettò, anche se con riserva
(perché Anne amava dormire quando c’era luce e il
letto di Smoker era più comodo dello Striker, e per certi
versi anche più sicuro).
C’erano
altre regole, tra cui Niente
baci sulla bocca o altre cose melense, oppure Se Pugno di Fuoco ha il
raffreddore non deve neanche pensare di salire a bordo della mia nave,
ma quella che Smoker voleva fosse chiara e rispettata sempre e comunque
era la prima della lista – per una questione di sicurezza,
principalmente.
Il
problema era che la regola era chiarissima, ma poco rispettata. Anne
sembrava adorare la luce e sentiva il dovere di condividerne
l’amore con tutti – anche con Smoker, che invece
non aveva alcuna intenzione di ritornare sui propri passi, riguardo le
regole sottoscritte e imposte.
«Alzati,
marmocchia.»
«Mh?
Ma è presto.»
«O
te ne vai di tua spontanea volontà, o ti butto fuori a calci
io.»
«Non
lo faresti.»
«Preferiresti
essere trovata qua e condannare entrambe alla morte? Anzi, no, mi
sembra proprio un’ottima idea, perché non rimani?
Non vedo l’ora di trovarmi davanti Tashigi che passa dal
sorpreso allo sconvolto in venti diversi colori prima di cominciare a
disprezzarmi, per poi finire a processo con Kuzan che mi chiede i
dettagli morbosi della nostra relazione.»
«Smetti
di essere sarcastica alle cinque di mattina, è
insopportabile.»
«Tutto
pur di farti uscire da qui.»
«Io
non mi muovo.»
«Accidenti
a t—»
«Dai,
Smokie, è ancora buio, lasciami riposare un po’.
Non essere così tesa. Se proprio insisti, la prossima volta
potresti salire tu a bordo della mia nave, nessuno di sicuro ci
disturberebbe.»
«Perché
io salirei spontaneamente su una nave di pirati senza cercare di
affondarla.»
«Ehi,
io sono sempre qua e mi sembra che sia ancora tutto in ordine. Va bene,
forse il soffitto è un po’ bruciacchiato, ma
è colpa tua se mentre facciamo—»
«Lo so!»
«Ohw,
Smokie, non ti piace quando dico certe cose? Sei così
pùdica!»
«Pudìca,
ragazzina.»
«Quello
che è. Non puoi pretendere che a quest’ora il mio
vocabolario funzioni bene. Ecco, tu pretendi troppo, Smokie. Sei sempre
a dirmi “E fai questo, e vattene, e stai zitta”
– sei una prepotente.»
«Meglio
scoprirlo prima che dopo, marmocchia.»
«Come
se mi facessi spaventare per così poco. Perché,
piuttosto, non mi lasci riposare?» Anne enfatizzò
il gesto sbadigliando.
«Non
credevo che avessi così poche energie, Pugno di
Fuoco.»
«Oh,
per far sesso con te ho sempre molte energie. Ma visto che tu sei vecchia, non voglio
impormi. Vedi? Non sono prepotente, io.»
«Ch.»
Rispose Smoker, scuotendo la testa. Che ragazzina impertinente, quella.
«Non
lo vedi che è ancora buio? Io dico che farà luce
tra due ore.»
«Un’ora.»
Il
modo in cui Smoker aveva risposto fece ghignare Anne. In pratica, le
aveva dato sessanta minuti per consumare tutte le forze che le erano
rimaste. Cinquantanove e cinquantanove, cinquantanove e
cinquantotto—
«La
mia giustizia calerà sopra di te con grandissima vendetta e
furiosissimo sdegno, vecchia!»
Detto
questo, Anne tirò i capelli a Smoker prima di avvicinarsi al
suo viso: poi le soffiò un paio di scintille sulla fronte e,
ridacchiando, le morse un braccio, esattamente come un vampiro.
Portuguese
D. Anne manteneva sempre le proprie promesse – soprattutto
quelle più divertenti e che includevano far imbestialire un
commodoro di Marina. Non avrebbe infranto le regole che si erano
scambiate: non prima che le infrangesse Smoker, perché
vedere una marine che non si preoccupa delle leggi da lei stessa
approvate sarebbe stato un bel colpo di scena.
Note
Autrice:
Ci
si rivede! Prompt: Relazione
clandestina.
Il
sottotitolo è l’etimologia della parola
“clandestino” secondo etimo.it – amo i
dizionari etimologici con tutta me stessa.
Quello
dello storico del “periodo buio” sarebbe uno
storico dell’epoca medievale, perché sto
studiacchiando di quel bel periodo storico che è il Medioevo
e metterci di mezzo quello che studio ormai è una fissa.
Spero che si capisca quello che il povero studioso cerca di dirci.
L’ultima
frase pronunciata da Anne è una ripresa da Pulp Fiction,
film che io in realtà non ho mai visto perché in
casa mia guardare Tarantino non va bene (non so perché,
altri suoi film mi sono piaciuti).
Mi
rendo conto ora che tra una shot e l’altra, in termini di
tempo della storia, possono trascorrere anche periodi un po’
lunghi. É una raccolta che ha molte pause, molti silenzi,
molti eventi lasciati indietro e non raccontati. Forse un giorno
metterò su un’altra raccolta in cui si parla di
questi momenti taciuti. Chi lo sa.
Al
prossimo giro ci aspetta Tradimento.
Come
sempre, se avete dubbi o perplessità su quanto considerato
(???) sono a vostra disposizione per rispondere come riesco. Non
preoccupatevi di sembrare invadenti o altro: mi piacerebbe parlare di
queste due sceme (???) con qualcuno. Mi sento un po’ la sola
shipper di ‘ste due, di ‘sti tempi... Anche se
notate errori, orrori o quant’altro, non fatevi problemi a
evidenziarmeli.
Vi
ringrazio per aver letto. Un grazie particolare va alle persone che
continuano a seguire questa raccolta – loro sanno di certo di
chi sto parlando. Grazie! C:
Alla
prossima settimana!
claws_Jo
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personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 6 *** Ci vorrebbe una seconda pelle sottopelle ***
Indice di fuoco
Ci vorrebbe una seconda pelle
sottopelle
When you think more than you
want
Your thoughts begin to bleed
«Oh-ho.»
Sussurrò Anne, aprendo gli occhi. «Ohi.»
Quella era la sua testa che le pulsava e che le stava dicendo di
trovarsi in una situazione difficile.
Vediamo.
Dove si trovava? Sul letto, tra il muro e il corpo di Smoker, accaldata
e stanca quanto lei. Smoker che la stava fissando con un’aria
soddisfatta e inquisitoria, per la cronaca, e che si era appena passata
una mano sulla faccia prima di prendere un sigaro.
Ecco,
ora Anne sarebbe soffocata tra il fumo e i propri sensi di colpa.
Perciò, tirando fuori il miglior sorriso accattivante di cui
era capace, scavalcò il corpo di Smoker e si
alzò, senza vestiti indosso – non erano quelli a
proteggerla dagli sguardi delle persone –, prima di
raccattare da terra la maglietta e di appoggiarla con cura sulla sedia
della cabina.
Quella
era la seconda o la terza volta che si trovavano a condividere la notte
insieme. Anne decise quindi di esplorare un po’ quella
stanzetta, pur rimanendo sotto lo sguardo vigile del commodoro.
Aprì
l’armadio per curiosare, ma nello spalancare l’anta
aprì il proprio cuore a quel brutto sentimento che Anne
conosceva bene – l’odio nei confronti di se stessa.
Ora
aveva freddo e quella sotto i suoi occhi era una bella giacca di pelle,
grande, invitante. Se la infilò immediatamente, anche se non
era di certo una giacca la soluzione ai suoi brividi.
C’era
una soluzione? C’era davvero?
Erano
sensi di colpa. Feroci, prepotenti, inarrestabili. Stavano cercando di
risalire dal suo cuore fino in gola, volevano uscire alla luce del
sole, quei piccoli folletti bastardi, volevano farsi sentire, volevano
un pubblico diverso dalla solita Anne. Lei avrebbe lottato con tutte le
proprie forze perché non vedessero mai la luce del sole, ma
quelli non desistevano, attendevano il momento propizio, bastardi
strateghi.
Aveva
promesso a se stessa che avrebbe punito il delitto compiuto da
Barbanera, per fare giustizia sulla memoria di Thatch. Lo aveva
promesso a se stessa attraverso il viaggio a ritroso sulla Rotta
Maggiore, cercando informazioni, inseguendo le poche notizie insicure
sulla posizione di quel bastardo che le aveva portato via Thatch.
Non
aveva potuto salvare Sabo, non aveva potuto salvare Thatch—
E
ora si trovava nella cabina di una marine, e con quella ci aveva appena
fatto sesso, e ci aveva perso non solo tempo, ma anche pensieri.
La
voglia enorme che la stava consumando era quella di gridare e di
sedersi in un angolino, con le ginocchia sotto il mento, con la testa
persa nei ricordi, a crogiolarsi nella malsana convinzione di non
essere mai abbastanza. Di non aver fatto abbastanza quando aveva dieci
anni, davanti a Sabo sbattuto tra i flutti, avvolto nel sudario
infinito del mare; di non aver previsto l’omicidio ordito da
Barbanera nei confronti di Thatch.
Anne
avrebbe potuto aiutarli; avrebbe potuto salvarli. Non era stata
abbastanza forte—
Tirò
su con il naso, rabbrividì ancora, mise le mani tra i
vestiti della marine per tenersi occupata, per far finta di essere una
ficcanaso, sarebbe sembrata una ficcanaso, agli occhi di Smoker? Quelli
erano occhi che, avessero colto un momento di debolezza, avrebbero
visto e capito troppo. Si era invischiata con un ginepraio di donna.
Oh,
ecco che arrivava il pensiero più cupo, il pensiero secondo
cui Anne avrebbe tradito la memoria di Thatch e quindi anche di Sabo.
Improvvisamente la giacca le parve fatta di magma e se la tolse di
fretta, buttandola a terra (anche stavolta Smoker tacque).
Anne
si sentiva come se li avesse davvero traditi. Sapeva che il traditore,
tra tutti, era Barbanera, non lei. Lo sapeva, ma non poteva fare a meno
di pensare di avere una grossa parte di colpa: se avesse osservato
meglio Teach, di certo avrebbe potuto sventare l’omicidio; se
si fosse riappacificata con Sabo, sicuramente lui non sarebbe morto; se
avesse fatto, se avesse detto, ma non aveva nè detto
nè fatto, il rimorso la stava divorando come una campana di
vetro estingue il fuoco.
Se
non si fosse invaghita di una marine (per inciso, una gran bastarda), a
quel punto avrebbe già consegnato Teach alla giustizia del
Babbo. Ecco un altro grosso sbaglio che si sommava ai precedenti: il
fardello sulle sue spalle le avrebbe presto incrinato le vertebre.
«Portuguese,
smetti di giocare con i miei effetti personali e torna qua. Non voglio
un fiammifero raffreddato nella mia cabina.»
Il
tono era quello di un ordine. Anne odiava gli ordini – e
visto che al momento stava odiando anche se stessa, mandò a
quel paese il commodoro (che ancora tornò a far silenzio,
quanto aveva capito, quanto aveva intuito di Anne?) e prese la giacca
che aveva abbandonato a terra.
Ora
la voglia era quella di bruciare la stupida giacca di pelle per il
gusto di guardare Smoker e di percepire in lei una qualsiasi sorta di
odio, odio per quella giacca di ceneri, odio per il suo essere una
criminale, odio per qualsiasi cosa, ma odio. Voleva che qualcuno la
odiasse.
Perché?
Perché Sabo e Thatch non l’avrebbero odiata, se ne
avessero avuto la possibilità.
«Portuguese,
se non torni qui vengo a prenderti io.»
Il
tono ora era quello di una promessa per metà sensuale e per
metà inquietante.
Ecco,
quello era un tono adatto al suo umore scuro e al suo animo nero.
Note Autrice:
Quando
ho detto “ho giocato con i prompt”, intendevo
questa shot, ad esempio: il prompt era Tradimento, e qui
non c’è Anne che tradisce Smoker o viceversa, ma
Anne che pensa di aver tradito la memoria di Sabo e Thatch attraverso
(anche ma non solo) Smoker. Tradire, dal punto di vista etimologico,
significa “usar frode contro a colui che si fida, prendendo
forse motivo dall’atto nefando di chi consegna al nemico
[...] una persona o cosa che ha giurato o ha il naturale dovere di
difendere”. Perché io mi diverto a far soffrire i
personaggi che ho tra le mani, già.
Il
sottotitolo è una citazione dalla canzone Society di Eddie
Verner, che si può trovare nel film Into The Wild.
Stavo
pensando a quali voci potrebbero avere Anne e Smokie. Sinceramente?
Anne ce la vedo (sento) bene con la voce di Ariel, della band Icon for Hire (li
adoro); Smoker con la voce di Floor Jansen, della band Nightwish. Entrambe
quando
parlano, non
quando cantano. Spero che i due link riescano a darvi
un’idea di quello che io mi immagino. A questo proposito,
credo che scriverò qualcosa di SmoAce prendendo spunto da
qualche canzone degli Icon.
Portgas, rispetto a
Portuguese,
mi piace molto di più, ma per una volta mi sono attenuta
all’edizione italiana. Wow, che spirito ribelle, che sono.
Tanto
perché Tradimento possa far coppia con un altro bel prompt,
il prossimo sarà Gelosia.
Vi
invito sempre a scrivermi qualora aveste voglia di dirmi come vi son
sembrati questi primi capitoli. Non mordo! Promesso (??)!
Ringrazio
tanto tanto I love
Ace_30_D per le sue parole. C:
Un
grazie anche a chi segue volta per volta, lasciando una traccia di
sé o meno.
Alla
prossima settimana! Stay safe!
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 7 *** Esistono storie che non esistono ***
Indice
di fuoco
Esistono
storie che non esistono
Gelosia: dal greco ZELOTÒS,
emulo, rivale;
geloso
è chi è travagliato dal timore che altri possa
conseguire
un
bene, un avere che agogniamo noi
«Ascoltami,
Smokie,» disse Anne, sbadigliando, «cosa
c’è tra te e la tua ragazza?»
«La
mia ragazza?»
«Il
tuo braccio destro. Tashigi, si chiama, no?»
«Non
è la mia ragazza,
è la mia seconda
in comando ed è stata promossa a guardiamarina.
È un bravo soldato che sa farsi valere.»
Come
al solito, Smoker era seduta alla scrivania, mentre Anne aveva messo le
spalle contro le spalle del commodoro, i piedi contro il muro e si
stava dondolando in quella maniera pericolosa, dando ovviamente
fastidio alla marine: un po’ come gli studenti, a scuola, si
mettono con lo schienale attaccato al muro e due gambe della sedia per
aria.
«Quindi
non state insieme?»
«Sei
gelosa, per caso?»
«No.
È che trovo buffo che due donne comandino una nave. Non
pensavo che alla Marina fossero così avanti, con le quote
rosa.»
«Non
è che se hai un bel faccino ti promuovono a capitano,
marmocchia.»
«Lo
so, lo so. Scusa tanto se mi stupisco per certe cose, eh.»
La
conversazione finì lì, ma Anne non smise di
dondolarsi usando Smoker come base d’appoggio.
«Sai
che sei pesante? E non solo fisicamente, Portuguese.»
«Parla
la valchiria ammasso di muscoli,» rispose Anne, schioccando
la lingua, «e poi mi sto divertendo un mondo. Se non mi trovo
qualcosa da fare mentre tu lavori, mi annoio.» O penso troppo.
«Vorrei
sapere come fanno quelli della tua ciurma a sopportarti.»
Oh,
ecco una battuta servita su un piatto d’argento, arriva,
arriva!
«Come
fai tu, Smokie.»
L’effetto
sortito pareva quello sperato. Smoker ringhiò,
stropicciò un fogliaccio del Comando; Anne fece in tempo a
scendere dalla propria giostra prima che il commodoro si alzasse dalla
sedia. Come appena svegliata da un incubo, Smoker scrollò le
spalle, si passò una mano sul viso e poi decise di aver
bisogno di fumare. Dalla giacca appesa vicino alla porta prese due
sigari e un accendino, e solo dopo aver inspirato il primo tiro
osservò Anne, seduta ora sulla scrivania con le gambe
accavallate.
«Tra
noi due, sei tu quella gelosa, Smokie.»
«Gelosa
di che cosa? Non mi risulta che tu sia una mia schiava, per cui la tua
vita è tua e basta.»
Sì,
era decisamente gelosa ed era anche decisamente divertente prenderla in
giro.
«Ohw,
Smokie, non sentirti offesa da questa storia. Per farti star meglio, ti
racconterò dei miei compagni – di ciurma, intendo,
eh.»
Ah,
sì. Sarebbe riuscita a farla impazzire e poi le avrebbe
detto «Smokie, fai proprio tutto da sola, io che ti ho detto
di sbagliato?», era un piano geniale. Se non altro, aveva
trovato un modo per non annoiarsi su quella nave dove non poteva
neanche scorrazzare
liberamente.
Smoker,
che si era di nuovo seduta alla scrivania per lavorare, avrebbe provato
a ignorarla con tutti i propri mezzi, ma Anne non ci avrebbe
rinunciato. Magari, stordendola abbastanza con quella storia, sarebbe
riuscita ad ottenere dei documenti più importanti di quella
carta straccia, dei documenti utili, possibilmente.
«Vediamo.
Il Babbo è un caso a parte, ovviamente, per cui non ne
parliamo. Marco è il primo Comandante ed è il mio
migliore amico. Poi ci sarebbe Jozu, lui sì che mi capisce!
In fondo, i diamanti sono i migliori amici delle ragazze.
E—»
Non
pensare a Thatch, non pensare a Thatch—
Dopo
un momento di silenzio, che nella testa di Anne durò
un’eternità di ricordi e di rimorsi,
proseguì: «Sai, Marco è un
po’ come te.»
La
mano sinistra di Smoker strinse l’orecchio di un foglio con
più forza del necessario, poi suddetto foglio venne buttato
malamente sulla pila di carta sul fondo della scrivania.
«Nel
senso, siete sempre tutti e due chini su montagne e montagne di
documenti noiosi e non avete mai tempo di giocare con me.»
Smoker
corrugò la fronte, ma ancora non reagì a parole.
«E
non ti ho ancora detto niente del suo Potere del Diavolo! Oh,
è una figata pazzesca,» aggiunse Anne,
gesticolando come se non ci fosse un domani. «In pratica
può trasformarsi in una fenice! Una fenice!
È uno spettacolo. Le sue fiamme sono blu. Sai come son belle
le fiamme blu contro quelle rosse?»
Smoker
accese il terzo sigaro, che venne accolto da un sorrisone soddisfatto
di Pugno di Fuoco.
«Poi
ci sono gli effetti collaterali del suo potere, e anche quelli sono
molto divertenti. Ad esempio, non riesce ad ubriacarsi. Il che
può essere un’arma a doppio taglio, nella nostra
famiglia, visto che festeggiamo molto spesso. L’ultima
volta—»
Quando
Thatch c’era ancora—
«L’ultima
volta avevo bevuto così tanto che non riuscivo
più a stare in piedi. Marco mi ha raccontato che avevo
proposto di giocare a beer
pong con il liquore rubato al Babbo,
e—»
«La
vuoi smettere, per favore?»
«Se
proprio me lo chiedi cortesemente—»
Smoker
stava per impazzire con tutte quelle parole che le entravano in un
orecchio e non riuscivano a uscire dall’altro.
Che
Smoker fosse gelosa non della sua vita sentimentale, ma della sua vita
da pirata? E che nascondesse questa specie di invidia dietro la gelosia
per le sue relazioni con altre persone? Da Smoker ci si poteva
aspettare questo e altro, Anne non aveva avuto bisogno di molto tempo
per capirlo.
«Smetti
di guardarmi con quella faccia, Portuguese.» Disse Smoker,
con un tono irritato. Era parecchio arrabbiata, probabilmente
perché era stata punta sul vivo e odiava farsi prendere in
contropiede – o mostrarsi in quella condizione che doveva
ritenere di debolezza. Battè la cenere giù dal
sigaro e cercò di finire di compilare quelle scartoffie.
Scartoffie che erano come contare i capelli di una persona (non pelata,
ovviamente): c’era da perdere il conto nei primi due minuti
di lavoro ed era molto, molto noioso. Tuttavia, da quando frequentava
quella cabina, Anne non l’aveva mai vista rimpiangere davvero
tutta quella burocrazia. Cioè, sì, la
stressava parecchio, questo era chiaro, ma l’accettava come
parte della propria vita. Anne aveva capito che Smoker non avrebbe
desiderato altro che prestare servizio come soldato, a combattere per i
propri ideali.
L’idea
faceva sorridere Anne: oh, erano simili, in questo, più
simili di quanto non si aspettasse. Anche Anne amava la propria vita e
i propri compiti – perché inseguire Barbanera e
consegnarlo alla giustizia di Barbabianca sarebbe stato molto
soddisfacente e liberatorio. Forse per questo le piaceva trascorrere
del tempo col commodoro...?
In
ogni caso, no,
forse Smoker era solo gelosa di Anne, non della sua libertà.
La donna sembrava apprezzare la propria vita nella Marina, o meglio
– sembrava apprezzare i continui ostacoli sulla strada della
propria giustizia.
«Smokie—»
«Cosa
c’è—!»
«Niente!»
Rispose Anne, facendole una linguaccia.
In
compenso, dar fastidio a Smoker dava profonda
soddisfazione.
Note
Autrice:
Prompt:
Gelosia.
È
interessante scrivere di Anne presa dai propri pensieri, ma a volte mi
rendo conto che è molto divertente scrivere dialoghi tra
personaggi che proprio non si sopportano – o che si
stuzzicano continuamente.
Tashigi
viene nominata perché la adoro, ormai l’avrete
capito; Marco perché lui, Ace e Smoker insieme sono la mia
OT3 (oddio lo so che sono una brutta persona, ma aww, li adoro); Jozu
(o Jaws?) perché è il migliore amico delle
ragazze. XD
Non
vogliatemene, Tash è la mia preferita in tutto il manga, ma
la Smoker/Tashigi non ce la vedo per nulla. Non ci riesco. Per me sono
padre e figlia (o madre e figlia, in questa raccolta). Al massimo
Maestro Jedi e Padawan. lol.
Ringraziamo
sempre etimo.it per le chicche che riserva a chi sta lì a
cercarle.
Next:
Amore con scarto
d’età.
Grazie
per aver letto, come sempre. Per qualsiasi evenienza non esitate a
contattarmi. C:
A
settimana prossima. Stay safe!
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 8 *** Dal manuale per esorcizzare le paure, capitolo introduttivo ***
Indice
di fuoco
Dal
manuale per
esorcizzare
le paure, capitolo introduttivo
Più
del tempo che non ha età, siamo noi che ce ne andiamo
(Live
with me forever now, pull the blackout curtains down)
«Toglimi
una
curiosità, Smokie,» disse Anne, appena entrata
nella cabina del commodoro, «me
lo chiedo da un po’: ma tu non
porti
il reggiseno solo quando ci sono io in giro, oppure non lo porti mai?»
«Come
mai
una
domanda del genere così all’improvviso?»
«Tu
rispondimi.»
Smoker
sollevò la
testa da uno di quei soliti documenti noiosi, guardò Anne
negli occhi e disse:
«Non lo porto mai. É scomodo.»
Anne
rimase buona
buona per mezzo secondo, poi scoppiò a ridere. Che razza di
logica era,
quella?! Certe cose andavano fatte per decoro! E poi Smoker osava
lamentarsi di
come Anne andasse in giro in pantaloncini e reggiseno – lei almeno ce lo aveva addosso!
«Cosa
c’è di così
divertente?»
«É
solo che mi
sembra una cosa molto contraddittoria, detta da te.»
«Non
sono io
la
scostumata, qua dentro, Portuguese.»
Anne
ridacchiò.
«No? Sicura?»
Alla
fine Smoker
cedette e rinunciò a finir di leggere quella robaccia
proveniente dal Comando.
«Non lo porto da quando avevo la tua età e nessuno
mi ha mai arrestato per atto
osceno in luogo pubblico, quindi non seccarmi.»
«Oh,
è vero, a
volte mi dimentico che tu sei vecchia.»
Smoker,
ancora seduta
alla scrivania, non fece in tempo a reagire a quella solita
frecciatina: Anne
fu più veloce e l’abbracciò dalle
spalle. Appoggiò la testa sulla clavicola di
Smoker e le sue mani caddero casualmente
sul seno del commodoro. No, neanche stavolta aveva indossato il
reggiseno,
sotto la maglia: forse non lo portava mai sul serio.
«Stai
veramente
controllando, Pugno di Fuoco?»
«Non
posso
sempre
fidarmi completamente di una marine, Smokie.»
«Non
si
scherza su
certe cose.»
«Ma
io non
stavo
scherz—» Aveva cominciato a dire una delle sue
solite frasi maliziose, Anne, e
stava per coinvolgere Smokie in una
delle sue attività preferite – un po’
d’amore non avrebbe fatto male a nessuna
delle due –, quando intuì che la compagna aveva
detto più di quanto non fosse
stato detto.
«E
io non ti
ho
detto di smettere,» aggiunse Smoker, prendendo una mano di
Anne e portandosela
alla scollatura, lentamente, per catturare l’attenzione di
quella ragazzina che
stava riflettendo un po’ troppo.
«No,
no, no,
frena, adesso,» borbottò Anne, ritirando le mani
verso di sè per poi spostare
la sedia lontano dalla scrivania. Voleva guardare Smoker negli occhi
mentre
discutevano. «Cos’è questo
“Non si scherza su queste cose”? Cosa volevi
dire?»
Smoker
sbuffò,
alzò gli occhi al soffitto e guardò
l’altra con sufficienza. Cercava di farla
desistere, ma figuriamoci, quando Pugno di Fuoco si metteva in testa
qualcosa
diventava una zuccona di proporzioni intergalattiche. Le loro
discussioni
serie, in genere, potevano essere riassunte nella frase Quando
l’Inarrestabile incontra l’Inamovibile
(si scambiavano i due
ruoli costantemente): questa volta, però, Smoker non aveva
voglia di discutere.
O meglio: non c’erano ragioni per tenerle nascosto
perché non indossasse più
quegli strumenti di tortura.
«Quando
avevo la
tua età, una persona autorevole mi ha detto che portare
quegli aggeggi aumenta
il rischio di contrarre alcune malattie. Non che mi interessasse
particolarmente, al momento, ma quando ho provato a vivere senza,
l’ho trovato
molto più comodo. Fine della storia. Va bene,
adesso?»
«Smokie,
ma
ci
credi davvero?»
«Una
marea
di
scienziati sta ancora cercando di capire se ci sia connessione tra
portar
reggiseni e l’incidenza di tumori. La discussione scientifica
non mi interessa:
da quando ho smesso di metterli, mi sento meno costretta, quindi li ho
buttati
via tutti.»
Anne
ci
rifletté
su per un minuto buono. Poi esclamò: «Sai, secondo
me quello lì te l’ha detto
solo perché era un maniaco.»
«Probabile.
É
anche vero che, invecchiando, le probabilità di malattie da
cui non si guarisce
aumentano.»
Anne
non ci aveva mai davvero pensato, ma in effetti quando si diventa
adulti e poi
anziani le
paure non diminuiscono – se possibile, aumentano. Dalle paure
più stupide, come
le rughe o i capelli bianchi, fino a quelle più insidiose,
come le malattie, il
non essere più autosufficienti, la vita che si assottiglia
come della lana
filata troppo. Smoker era solo all’inizio (come se alla sua
età ci si potesse
considerare vecchi sul serio!) della maturità, ma sentiva
che qualcosa già
stava cambiando.
Anne
le sorrise in
un modo quasi tenero. «Ehi, va bene che sei praticamente con
un piede già nella
tom–cioè, hai trentaquattro anni, ma mi sembra che
tu ti prenda abbastanza cura
di te.» Tese una mano a Smoker, che dopo un momento di
esasperazione raccolse
il guanto della sfida. «Puoi sempre chiamarmi, se hai bisogno
di qualcuno che
ti controlli bene, mh?»
«Per
quello
ci
vuole un medico, non una marmocchia.»
«Sai
che se
continui a chiamarmi marmocchia l’unico effetto che ottieni
è quello di
sentirti più vecchia?»
«Stai
cercando di
convincermi a smettere? Non ce la farai, marmocchia.»
Arrivarono
fino al
letto inciampando un paio di volte ognuna nei passi
dell’altra. Anne rideva,
sorrideva e annuiva a tutti gli insulti di Smoker per la situazione in
cui
stavano finendo (aveva da lavorare, come al solito, stakanovista).
«Mh-hm. Hai presente quando ti senti piena di
energia, tanto che potresti andare avanti per ore?» Era stato
poco più di un
sussurro nell’orecchio di Smoker, come una scintilla che
sfiora la pelle della
mandibola. La ragazzina le aveva davvero dato un pizzicotto sulla
coscia? «Va
bene anche il ricordo di quella sensazione, visto che –
m’immagino – tu non
riesca a provarla, al momento. Vecchia.»
Note Autrice:
Anne
che chiama
Smoker vecchia è una cosa bellissima. Viva i giovincelli.
(Mi sento anzianotta.)
Prompt:
Amore
con scarto d’età.
Sottotitolo.
Prima riga: citazione da Valzer per un
amore di Fabrizio de Andrè. Non so
perché non parli mai di Faber, lo adoro.
Ha scritto delle canzoni che sono oltre
la poesia, accidenti.
Seconda riga: citazione da Immortals
dei Fall Out Boy. Traduzione: "Vivi con me adesso, tira giù
le tende scure”. Ok,
non son capace di tradurre, per cui vedo di spiegare cosa siano le
blackout
curtains: sono delle tende di colore scuro che venivano impiegate nelle
abitazioni
in tempo di guerra. Quando c’erano degli aerei che
sorvolavano le case, si
aprivano queste tende sulle finestre in modo tale che da fuori non
fosse
visibile la luce interna alla casa – e dunque non era chiara
la posizione dell’edificio
a chi era nell’aereo, che si trovava in difficoltà
nel mirare quello che non
poteva distinguere nel buio.
Quel
live
with me forever now per me può
suonare anche come un invito a non occuparsi del futuro,
perché quell’attimo in
cui si trovano si allungherà fino all’infinito di
un secondo. Non so se rendo l’idea.
É anche un rialzarsi dopo un momento di sconforto per
sentirsi di nuovo pronti
a contrastare qualsiasi cosa, grazie anche a un supporto sia morale che
fisico.
Il movimento dell’aprire le tende scure sembra calare un
sipario più intimo e “da
nascondere” rispetto alle normali tende di casa. É
come se quel momento di
difficoltà andasse celato (forse sovrapposto, riscritto?) da
un momento intimo
in altro senso, più “facile” per queste
due sceme (???).
Qui
si discute
della differenza d’età tra Anne e Smoker in
maniera implicita, cioè parlando
del tumore al seno, che in età avanzate colpisce
più facilmente. Paura che
Smoker ha, e che Anne cerca di mandare via, magari senza riuscirci, ma
si sa,
certe paure non se ne vanno neanche per sogno. Boh, a me Smokie che cerca di occupare la mente di Anne con altro
fa troppo ridere, perché Anne non si arrende certo per
così poco! XD Boh, mi diverto a renderle sceme (???), a
volte sono troppo serie.
Quella
storia del
reggiseno e dei tumori al seno è una diàtriba che
va avanti da ere geologiche.
Ovviamente non sono una scienziata che ha la verità del
mondo, e con questa
storia non intendo persuadere nessuno a far niente (a parte farvi
piacere un
po’ la SmoAce, non so se ci sto riuscendo). Quindi voi fate
come volete –
quello che posso dire è abbiate cura di voi e del vostro
corpo: che sia una
villa o un monolocale (come nel mio caso, visto che sono formato
tascabile), il
vostro corpo è pur sempre casa vostra, no?
Ho
finito con le cose
random che di norma ci sono in queste note: la prossima settimana il
menù
prevede il prompt Eros!
Siamo
già a
Natale, quindi auguri a tutti!
Grazie
per aver
letto! Ringrazio ancora tantissimo Happy_Ely
per i suoi commenti. C:
Per
qualsiasi
dubbio, parere o critica in merito alla storia, non esitate a
contattarmi!
Alla
prossima
settimana!
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 9 *** Eros(a) ***
Indice
di fuoco
Eros(a)
You’re
second hand smoke, second hand smoke
I
breathe you in, but
honey I don’t know
What
you’re doing to me
«Uhm,
Smokie—ie,»
sussurrò Anne, un po’ senza fiato. Era solo una
sua impressione o Smoker era
tutta attorno? Era come se il commodoro avesse preso la forma di una
nuvola di
fumo e la stesse imprigionando nelle sue spire, in un soffocamento che
portava
al sogno.
«Cosa
c’è,
Portugue—se.»
«Mi
sa che
il
soffitto è un po’ bruciacchiato.»
«Non
mi
interessa,»
rispose l’altra, dopo un profondo respiro.
Le
interessava
molto di più la pelle di Anne, morbida ed elastica, che
appena si inumidiva per
il sudore s’arroventava e di sudore non c’era
più traccia. Il petto di Anne si
alzava e abbassava come un mantice per caminetto –
l’aria calda usciva dalla
sua bocca e alimentava la voglia di sentire e toccare (e anche di
parlare, o di
interrompere in qualche modo il silenzio che c’era).
«Smokie—ie,»
ripeté Anne.
«Portugue—se,»
ripeté Smoker, infastidita da quelle continue interruzioni.
Anne
avrebbe
voluto dirle trecento cose insieme (tra cui Sei una grandissima stronza),
ma
poi rimase in silenzio. O meglio, emise un altro
«Smokie—kie» quando fu inguine
contro inguine; sfregavano, piano; stregavano, come una piccola scossa
sul palmo della mano. La sensazione le piaceva.
Poi
Anne
acchiappò
la coda di cavallo, ormai sfatta, di Smoker e levò
l’elastico. Smoker aveva i
capelli tutti annodati e non erano per nulla lisci: tutta colpa del
fumo, di
sicuro. Le tirò i capelli finché il commodoro non
smise di passare le labbra
sul petto abbronzato di Anne e si decise, invece, a mettersi viso
contro viso.
«Cosa
c’è?»
«Smettila
di
baciarmi. Mi dà fastidio e infrange le regole.»
«Non
ti sto
bacian—do.»
Anne,
in una serie
di piccoli movimenti veloci, scivolò verso la pancia di
Smoker, abbastanza giù
da poterle dare un pizzicotto cattivo nell’interno coscia. La
reazione di
Smoker (una rapida scossa di sorpresa piacevole) la fece sorridere.
Le
gambe di Smoker
– le cosce. Morbide quando erano a riposo; comode a sedercisi
sopra; ma appena
scattavano si vedevano il guizzo e la tensione dei muscoli e Anne
sarebbe stata
lì per dei minuti a fissarle. Per questo le piaceva tanto
stuzzicarla sulle
cosce – e sulle ginocchia, Smoker era molto sensibile sulle
ginocchia.
D’altra
parte, Anne
non amava molto essere baciata, men che meno da quella stakanovista del
commodoro: erano gesti un po’ troppo intimi per i suoi gusti
– e meno Smoker
riusciva a capire, più Anne si sentiva al sicuro. Anne
poteva chiudersi a tutti
i tocchi, alle mani, al seno, alle cosce: sapeva quali erano i modi per
evitare
di mostrarsi nelle proprie debolezze, e uno di questi era non (farsi)
baciare.
Soprattutto da quella lì.
«Annnn—e,»
sibilò
Smoker.
Un
altro problema
era Smoker che la chiamava per nome (erano casi rarissimi). Quello la
faceva
deglutire e le faceva alzare la testa in direzione degli occhi grigi di
Smoker
che, instancabile investigatrice com’era, la osservava sempre
con molta attenzione.
«Non
provare
a
smettere.»
Anne
si
tranquillizzò.
Anche questa volta l’aveva scampata bella. Quando alla bocca
di Anne si
aggiunsero le sue mani, Smoker non la interruppe più per un
po’.
Quando
i muscoli
di tutto il corpo (dalla punta dei piedi alla radice dei capelli) si
tesero e
tutti i nervi acuirono la percezione del piacere, solo allora Smoker
osò
interromperla. Prese la testa di Anne dalla base della treccia e
così la
giovane si trovò di nuovo faccia a faccia con Smoker.
Anne
sapeva che
quel ringhio uscito dalle labbra della marine avrebbe voluto essere un
bacio,
ma Smoker seguiva le regole che si erano imposte (anche se ogni tanto
barava, eh).
Ecco,
di nuovo
quella sensazione, di nuovo Smoker dappertutto, come se Anne potesse
respirarla. I polmoni le stavano diventando neri, doveva espellere il
fumo,
doveva buttarlo fuori dal proprio corpo e dalla propria vita prima
che—
Prima
che le
strappasse via la corazza con cui si era difesa per dieci anni dal
mondo
esterno.
Però
le
piaceva la
sensazione del seno di Smoker sul proprio; delle sue cosce; non avrebbe
voluto
darle una possibilità di farla rimanere, ma dopo la prima
volta Anne era
tornata perché il sesso con Smoker le piaceva davvero tanto
– poteva prendere
fuoco e il fumo l’avrebbe circondata per contenerla; poteva scottare Smoker e lasciarle
delle bruciature profonde
sulla pelle, perché il suo potere l’avrebbe
guarita e protetta; mano contro
mano era fiamma contro fumo, in un contatto che elettrizzava fino al
più
piccolo dei capillari venosi e arteriosi. Più di tutto,
c’era quella
sensazione di polmoni neri e di Smoker che la circondava come il fumo
circonda
l’incendio.
Con
quest’immagine
in testa Anne inarcò la schiena e la spina dorsale si
lamentò come chi si
lamenta per pura voglia, non perché ci sia qualcosa che non
va – come chi si
sente così bene da provar vergogna.
Di
nuovo gli occhi
di Smoker in quelli di Anne; un altro ringhio; una coscia di Smoker tra
le sue
e i seni premuti gli uni sugli altri.
«Portuguese,»
disse Smoker, soddisfatta.
«Smokie,»
rispose
Anne, sorridendole.
Per
ogni volta che
decidevano di condividere il loro piacere per il sesso, per ogni volta
una
sottile cresta di fumo grattava via un pezzetto della barriera dietro
cui Anne
si riparava; per ogni volta Anne glielo permetteva, piano, senza
fretta, con
molta paura e un po’ di rimorso.
Note Autrice:
L’origine
di
questa shot è stata la grande (?) idea di usare il prompt, Eros, aggiungendoci quella bellissima (?)
“–a” finale. Il fatto che
ad Anne piaccia tanto far sesso con Smoker la rende ogni volta
più vulnerabile
all’acutezza di spirito di Smoker, che così
capisce sempre di più quello che
Anne nasconde – e quello che nasconde è tutta una
serie di cose, quelle
importanti della sua vita, i suoi dolori, le sue insicurezze. Si tratta
di uno scambio alla pari, ma credo che ormai mi conoscerete, adoro
parlare di Anne e di tutte le questioni che le frullano nella testa! XD
Come
primo
esperimento non mi dispiace. Ho in mente un paio di altre cose per
altre scene
simili (principalmente la questione fumo/fuoco in situazioni del
genere), ma
credo che le riserverò a quella fantomatica seconda raccolta
per cui ho
qualcosina in mente. Non garantisco nulla, però, lol.
Sinceramente
non penso che il rating sia da
alzare.
Non è una
scena erotica descritta nei
particolari – non mi piacerebbe e non ne sarei capace. Mi
affido al vostro
giudizio: se pensate che il rating vada alzato, non esitate a
contattarmi.
Il
sottotitolo
è
una citazione dalla canzone Irresistible
dei Fall Out Boy. Traduzione (prendetela sempre con le pinze, Jo
& traduzioni = orrore!): Sei fumo passivo, fumo passivo, ti
respiro ma,
dolcezza, non so che cosa tu mi stia facendo.
Il
prossimo
sarà Amore adolescenziale.
Grazie
per aver
letto – un grazie gigante a Happy_Ely.
Per tutti: auguri di buon anno! Se dovete guidare, non bevete, mi
raccomando!
C: Stay safe!
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 10 *** Le ultime parole sono quelle famose o quelle di una vincitrice ***
Indice
di fuoco
Le ultime parole sono
quelle
famose o quelle di una vincitrice
Sono
una donna e posso avere tutte le contraddizioni che voglio!
Anne, in genere,
entrava nella cabina di Smoker trasformandosi in una piccola fiamma che
si
arrampicava dallo Striker lungo il fianco della nave fino alla
finestrella
della stanza, lasciata appena socchiusa. Quando faceva caldo e la
finestrina
era spalancata, Anne riusciva ad infilarsi nella camera con un salto
ben
calcolato.
Quel giorno,
però,
una fitta terrificante l’aveva colta a mezz’aria.
Se non avesse avuto i
riflessi pronti, Anne sarebbe finita con la faccia spalmata sul fianco
della
nave e a quel punto non solo la pancia le avrebbe fatto male.
«Brutta
cera,
oggi, Portuguese.» Osservò Smoker, quando Anne
riuscì a scalare la finestra e a
riversarsi sul pavimento della cabina con un’aria sconvolta.
«Zitta. Mi
sento
malissimo.»
«Ciclo?»
«Cosa te lo
fa
pensare?» Anne strisciò fino al letto e
lì si sistemò in posizione fetale,
portandosi le ginocchia sotto al mento. «Sei una stronza.
Scommetto che sei già
in menopausa perché sei una vecchia strega.»
«Stavo per
darti
un analgesico, ma visto che sei così simpatica ti
lascerò a contorcerti per il
dolore.»
Anne praticamente
ruggì per la sofferenza che provava. Diede le spalle alla
scrivania di Smoker e
sbuffò. S’era dimenticata i medicinali nello zaino
– zaino che aveva
dimenticato sullo Striker. Avrebbe gridato contro il mondo intero tutta
la sua
incazzatura, anzi, avrebbe voluto far saltare in aria la nave di quella
bastarda del commodoro e soprattutto avrebbe voluto annegare suddetta
stronza.
«Stupida.»
Disse
Smoker, tirandole in testa una confezione di paracetamolo.
«Come siamo
infantili, commodoro. Certo che la menopausa fa diventare acide,
eh?»
Ogni tanto (ogni
spesso?) capitava che le loro conversazioni cominciassero con insulti e
non
progredissero molto. Certo, magari le frecciatine diventavano
più acute, ma
sempre cattive rimanevano: come le conversazioni tra adolescenti quando
l’unico
scopo è imporsi sul proprio interlocutore – e
quando avere
l’ultima parola è il premio più ambito.
É anche vero che il più delle volte
Anne e Smoker non si arrabbiavano mai sul serio (più che
altro questo era vero
per Anne) e che simili conversazioni tra adulti erano decisamente
peggiori.
«Non
è quella, sono le marmocchie.»
«Su, Smokie,
sii
carina con me, sono ammalata.»
«Saranno
quattro o
cinque anni che hai le tue cose, quindi non disturbarmi.»
«Quattro o
cin—senti, Smokie, non so come sei messa tu, ma io ho
diciannove anni, non
quarantacinque!»
Allora Smoker si
voltò e le rivolse piena attenzione: quel cambio di
atteggiamento mise Anne in
guardia. «Quando ti son venute per la prima volta?»
«Perché?
Quando
avevo sedici, diciassette anni. Forse diciassette.» Anne
rotolò su un fianco
per ingoiare la pastiglia e guardare negli occhi il commodoro.
«Non è normale?»
«No. In
genere
succede due o tre anni prima.»
«Ed
è grave? Che
mi sia successo così tardi, intendo.»
«Non lo so.
Non è
normale, comunque.»
«Oh.»
Rispose
Anne, un po’ preoccupata. «Insomma, quando mi
è successo per la prima volta ero
sulla Moby Dick e l’unico a cui sono riuscita a chiedere
aiuto era Marco. Non è
stato molto contento di spiegarmi tutta la storia, ma mi vergognavo
troppo a
chiedere ad altri. È l’unico con cui riesco a
parlare.»
Smoker aveva
notato come Anne fosse impensierita da tutta quella storia. Quello del
ciclo
non è mai l’argomento migliore di conversazione,
eppure il dubbio stava per
superare il dolore nella testa di Anne, poco ma sicuro. Aveva bisogno
di essere
rassicurata: avere dubbi sul proprio corpo è come avere una
coperta troppo
corta in un giorno di freddo – non ci si riesce a stringere a
sufficienza per
sentirsi protetti e i piedi si intorpidiscono e non si sente altro che
la loro
mancanza.
«Ch. Forse
ero io
ad essere in anticipo.» Concluse Smoker.
Anne sorrise a
quel pessimo tentativo di supporto morale. Le parve che i reni si
stessero
spremendo da soli fino a mozzarle il fiato. «Smokie vuol fare
le cose di fretta
fin da piccola, eh?» Riuscì a dire con un filo di
voce.
La marine le
tirò
in testa una scatoletta di assorbenti. «Vatti a mettere a
posto, stupida.»
«Non sono
una
bambina!» Disse Anne, alzandosi dal letto con enorme fatica.
Strisciò fino al
bagno con l’aria di un’ipocondriaca che
è appena stata ricoverata in ospedale.
«A volte ti
comporti
come una marmocchia. Mi correggo: ti comporti sempre
come una marmocchia.»
«Fanculo,
Smokie.»
Anne le fece una linguaccia prima di sparire dietro la porticina del
bagno.
Se non altro, la
discussione da ragazzine che devono
avere l’ultima parola per forza era finita con le ultime
parole dell’unica teenager
tra le due.
Note
Autrice:
Scusate il
ritardo! Tour de force universitario e l’essere pendolari non
hanno aiutato
proprio per nulla.
Il sottotitolo
è
una citazione da Downton Abbey, telefilm che non ho mai visto ma che
piace a
mia mamma, lol. Avrei voluto aggiungere "e tutti i cambi d'umore che
voglio!", ma forse si capisce anche senza modificare la citazione.
Il prompt era Amore adolescenziale: ho giocato un
po’
anche stavolta. Si parla del conoscere il proprio corpo (cosa che si
comincia a
fare nell’adolescenza) e delle paure che ne possono derivare;
del bisogno di
comportarsi in modo offensivo per proteggersi, quindi battutine e
parole cattive,
litigi continui ma mai definitivi, tentativi di supporto morale, cose
del
genere. È anche uno sfogo mio nei confronti di quello schifo
che è il ciclo
mestruale (odio profondo). Poi Smokie non è molto brava come
supporter, ma
almeno ci prova. Forse. XD
È un
capitolo di
transizione: se qui si comportano in maniera un po’ infantile
e giocano un po’, nel prossimo
capitolo i giochi si faranno più seri. Siamo al giro di boa
e ci mancano un bel
po’ di prompt interessanti. Il primo del girone di ritorno
(???) sarà Amore incondizionato.
Grazie per aver letto,
a tutti voi che avete aperto la paginetta e siete arrivati fino alla
fine. :)
Ringrazio sempre
tantissimo Happy_Ely! Grazie, Ely,
per il tuo continuo supporto! C:
Per qualsiasi
dubbio o altro, potete sempre mandarmi un messaggio anche privato. Non
mordo.
Al massimo, in questi giorni d’inferno risponderò
in ritardo: mi spiace, io
vorrei restare su EFP tutto il giorno, ma come diceva qualcuno reality kicks in e non posso stare a
guardare, anche se la contemplazione è il mio forte (questo
per dire che
sono pigra come un leone).
Alla prossima!
Stay safe!
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 11 *** Nove vite di confessioni ***
Indice
di fuoco
Nove vite di confessioni
Heavy
stones fear no weather
Tenendo
conto del fatto che
la maggior parte del tempo che trascorrevano assieme la trascorrevano
nel letto
della cabina di Smoker, lei e Anne avevano in teoria molto tempo per
discutere,
prima, dopo o durante il sesso (soprattutto
durante, sembrava che non riuscissero a stare zitte, accidenti). In
genere si
rinfacciavano frecciatine, scherzi cattivi, la stanza ringraziava
quando i muri
non venivano bruciacchiati dalle fiamme di Anne, altre frecciatine,
molto
sarcasmo.
Col
passare delle
settimane, però, le visite di Anne si fecero sempre
più sporadiche. Ora Anne
sgattaiolava nella stanza di Smoker una volta ogni quindici, venti
giorni:
rispetto a una cadenza se non giornaliera, quasi,
dei primi tempi, quel comportamento aveva reso Smoker non perplessa, ma
in
guardia.
Non
che ci fosse
mai un momento in cui Smoker potesse essere sicura di quello che
passava nella testa
di Anne: era sempre stata brava a capire le persone ed era piuttosto
sveglia,
ma Anne era capace di non mostrare mai un fianco scoperto
(metaforicamente
parlando). L’unica cosa di cui Smoker poteva essere sicura
era che, se mai Anne
avesse deciso di parlarle di argomenti seri, con una sola piccola
rivelazione
le avrebbe aperto un universo intero di pensieri, informazioni ed
emozioni,
tutti ugualmente pericolosi.
Perché
non le
aveva mai detto nulla di nulla? La risposta facile era che, se avesse
parlato,
avrebbe servito notizie di importanza vitale su un piatto
d’argento alla
Marina, e quindi teneva la bocca chiusa (metaforicamente parlando); la
risposta
difficile era che tutto quello che Anne pensava e non le diceva avrebbe
potuto
avvicinarle in termini umani.
La
seconda
risposta era più complicata, o meglio – aveva
delle implicazioni di
responsabilità nei confronti Anne di Smoker e viceversa. Ad
esempio, rivelare a
Smoker che Anne era figlia di Roger era come buttar giù le
basi di un ponte tra
di loro, no? Ma voleva anche dire mettere in estrema
difficoltà Smoker (perché
lei di certo si sarebbe messa a rifletterci a lungo e con conseguenze
non
prevedibili): non dirglielo, di conseguenza, poteva implicare una
qualche sorta
di affetto o di premura nei confronti di Smoker stessa. Smoker non
poteva
immaginare la connessione tra Roger e Anne, ma poteva supporre una
logica del
genere dietro il suo silenzio.
Se
Anne avesse
parlato o non avesse parlato, ecco, in entrambi i casi c’era
una piccola
probabilità di essere considerata da Smoker una debole o una
sentimentale.
Smoker
non credeva
in maniera definitiva che Anne fosse debole o sentimentale. Certo,
glielo
avrebbe rinfacciato diverse volte nel corso di una serata, ma mai in un
momento
in cui parole del genere potessero ferirla sul serio.
Così,
una sera,
Smoker aveva alzato gli occhi da quei maledetti fogli sulla sua
scrivania e
aveva guardato attentamente Anne, seduta sul lato stretto del tavolo.
C’era
qualcosa di diverso nel modo in cui Anne si era accomodata
lì a fianco. In
genere si abbarbicava sui documenti come un gatto irritato dal proprio
umano;
quella sera, invece, sembrava più un gufo o una civetta,
appollaiata
sull’angolino della scrivania con uno sguardo che simulava
indifferenza ma era,
in realtà, piuttosto concentrato – come se, con
quell’attenzione, avesse
raggiunto una consapevolezza ulteriore, o qualcosa del genere.
«Cosa
c’è?» Chiese
Smoker.
Anne
scosse la
testa e tirò fuori un bel sorriso accattivante. Sembrava che
non volesse farsi
vedere in quello stato da civetta saggia. «Niente. Vedo che
ti stai già
divertendo molto con tutta quella carta straccia.»
«Spiacente,
Portuguese, ma stasera dovrai aspettare.»
«Perché?
Vuoi
stressarti un po’ di più, così dopo
scarichi tutto lo stress su di me? Dai,
Smokie! Perché non fai una pausa?»
Anne
enfatizzò
quella scena agitando le gambe davanti al commodoro – e allo
stesso tempo si
levò gli scarponcini, che atterrarono con la suola per aria
in un’area
imprecisata vicino al letto.
Smoker
fece di
tutto per ignorarla. In quei momenti Anne tendeva ad abbarbicarsi sulle
spalle
di Smoker finché la marine non capitolava (e ci voleva del
tempo, sul serio),
emettendo versi buffi nel tentativo di imitare le fusa di un gatto,
continuando
a ripetere «Dai, Smokie,» come se Dai
fosse il mistero dietro la Volontà della D. Quella sera,
invece, come a
preparare la compagna a una successiva rivelazione, Anne
andò verso l’armadio e
tirò fuori lo specchio che aveva tolto dalla parete la prima
volta che era
entrata nella cabina. Senza guardare il proprio riflesso, la ragazzina
(come
Smoker chiamava Anne nella propria testa) lo appese di nuovo al muro.
«Cosa
ti è
successo?» Chiese il commodoro, senza smettere di leggere il
documento che
aveva sotto gli occhi.
«A
me? Proprio
niente, a parte il fatto che mi stai bellamente
ignorando.»
«Non
cercare
scuse, Portuguese. Cosa mi stai nascondendo?»
«Adesso
non posso
nemmeno rimettere a posto uno specchio?»
«Non
se è la mia
stanza, e non se lo hai tolto tu di tua
spontanea e non accordata volontà tre o quattro
mesi fa.»
«Non
ti ricordi
nemmeno quando sono entrata qua dentro per la prima volta. Mi sento
offesa.»
Rispose Anne, con un tono indispettito, appoggiando il cappello
arancione su
quel fottutissimo documento che Smoker stava leggendo da un quarto
d’ora. «Pausa,
Smokie, pausa.»
E
pausa fu, alla
fin fine. Smoker fu gentilmente
accompagnata al letto e le venne data la possibilità di
scaricare tutto lo
stress della giornata (che gentile che era, Anne). Quando furono
entrambe
stanche e (soddi)sfatte, in un momento tra il sonno e la veglia, si
sollevò
appena un sussurro—
«Smokie.
Ehi,
Smokie, sei tra noi?»
«...
Sì.»
«Volevo
dirti una
cosa. È importante.»
Smoker
stava per
sistemarsi su un fianco per guardare Anne in faccia, ma la ragazzina
disse
qualcosa come «No, te lo dico nell’orecchio, non lo
deve sentire neanche il
muro,» e infilò i propri piedi caldi sotto quelli
della compagna per
avvicinarsi ancora un po’.
Anne
le disse di
essere la figlia di Gol D. Roger tutto d’un fiato, con una
voce sottilissima
come il profilo di una lingua di fuoco che si sta estinguendo.
Ecco
che
l’universo dentro alla testa di Anne si stava piano piano
aprendo a Smoker: una
sola breve occhiata le era bastata per capirci qualcosa di
più – per capire che
Anne l’aveva fregata di nuovo.
Quella
rivelazione, detta o non detta, non avrebbe indebolito la posizione di
Anne nei
confronti di Smoker: o meglio, aveva messo in difficoltà
anche lei, ma tra le
due era la marine a trovarsi in uno
svantaggio maggiore – benché svelare
quel segreto non fosse stato
proprio uno sforzo insignificante da parte di quella testa calda.
Smoker
era in una
posizione più scomoda perché ora si trattava di
perdere o di rafforzare la loro
relazione. Una parola sbagliata col tono sbagliato e Anne avrebbe
incendiato
l’intera nave.
«Cosa
ti aspetti
che ti dica, Anne?»
«Non
lo so,
Smokie. Ma siamo già a buon punto se mi chiami per nome, non
credi?»
Rimasero
in
silenzio per una decina di minuti – le ciglia lunghe di Anne
sbattevano sul
braccio di Smoker e la innervosivano più del solito.
«Ci
sono altre
cose che avresti potuto dirmi e che ancora mi tieni nascoste. E sono
cose che
ti stanno molto più a cuore. Perché allora io
dovrei dirti qualcosa come “Non
preoccuparti, ti amo anche se sei la figlia di un criminale di quel
calibro”?»
«Ohw,
Smokie, lo
pensi davvero?»
«Pff.»
D’accordo, non ancora – ma forse, un giorno.
«Tu perché non
mi racconti quello che davvero non vuoi
dirmi?»
Il
viso di Anne si
strinse in un’espressione di rimorso e dolore.
«Ti
ripugna così
tanto che non riesci a tirarlo fuori?»
«Non...
non saprei
da dove cominciare.»
«Farò
io le
domande, se serve.»
«Oh,
non dubito
delle tue capacità investigative, Smokie. Non voglio
parlarne.»
«Allora
non
aspettarti una risposta da me.»
Si
guardarono
negli occhi per una decina di secondi, poi Anne si rigirò
nel letto e si alzò
per andare a rimettere quello specchio nell’armadio. La
fermò la voce di
Smoker: «La mia pausa durerà ancora un paio
d’ore, se deciderai di parlarmi.»
Anne
si voltò
verso il letto. Era in piedi in mezzo alla cabina, senza vestiti
addosso, ma
bastavano i due tatuaggi, sul braccio e sulla schiena, a coprirla
completamente
alle occhiate più acute di Smoker. Era innegabilmente bella,
ma anche
terribilmente fastidiosa nel suo silenzio.
«Va
bene, Smokie,
sembri tenerci così tanto che ti racconterò una
cosa. Una sola. Poi voglio la
mia risposta. Chiaro?» Disse Anne, abbandonando lo specchio
per terra.
«Sì.»
Anne si
coricò di
nuovo, si riaggiustò sotto il lenzuolo, si disfece la
treccia e cominciò a
spiegare quale fosse la storia dietro ASNNE:
com’era stata la sua vita
quando era più piccola e chi erano i suoi fratelli. Si
limitò a dire che Sabo
era morto e che lei, anni dopo, aveva preso il mare prima di Rufy
– Smoker non
aveva bisogno di ulteriori spiegazioni. Le spiegò anche
perché portasse sempre
la treccia, perchè tre erano i fratelli e tre dovevano
essere le ciocche. La
sua storia fu breve e da manuale – ma da manuale per
poliziotti nello stendere
il resoconto di un caso. Era asettica. Aveva cercato di evitare di
farsi
coinvolgere nei propri stessi ricordi. Perché?
Terminato
il
racconto, Smoker disse: «Un giorno me la racconterai come si
deve.»
Anne
le diede uno
schiaffo su una guancia, schiaffo che Smoker ignorò
completamente.
«Vuoi
usare quello
specchio, adesso, o vuoi metterlo via?»
«Lo
metterò via.
Dopo.»
Ora
voglio la mia risposta era implicito.
«Vuoi
davvero
sentirti dire quelle cose?»
Anne
rimase in
attesa, in silenzio – un silenzio che non voleva prendere in
giro, per una
volta.
Smoker
allungò una
mano ad acchiappare un sigaro dalla scrivania. Il fumo del polso si
arricciava
in sottili volute, come se quei riccioli fossero la realizzazione
fisica della
difficoltà di espressione. Dopotutto, esistono molte cose
impegnative da dire.
«“Noi
moriremo: per questo siamo fortunati. Molti non moriranno mai,
perché
non sono mai nati”.
Questa è la mia risposta.»
Anne
sorrise,
perché quello era il massimo a cui Smoker sarebbe arrivata,
come dichiarazione
d’intenti. Le sarebbe sfuggita una lacrima, se il suo corpo
non fosse stato
bollente (no, la lacrima era scappata, ma era evaporata non appena
aveva
toccato le ciglia). Quelle parole—quelle parole Anne le aveva
già sentite,
chissà dove, chissà quando, le aveva rifiutate
con tutta se stessa. Ora, dette
da Smoker, assumevano tutt’altro significato. Ti
ho accettato quando eri una criminale, perché non dovrei
accettarti
ora?, le aveva detto senza pronunciarlo.
Era
un’accettazione della vita – della vita di Anne.
Note
Autrice:
Ovviamente
la
linea del tempo è modificata in modo tale che queste due
sceme abbiano
possibilità di incontrarsi per tutta la durata della
raccolta. Dopotutto, è il
potere della fantasia (???). E del fregarmene del canon, anche.
Prompt:
Amore incondizionato. Spero sia
risultato abbastanza chiaro, ecco.
Il
sottotitolo,
guarda un po’, è una citazione da una canzone, Empire, del gruppo Of Monsters And Men.
Adoro anche loro. Per farsi
un’idea, significa qualcosa come: le pietre pesanti non
temono nessun
tempo(rale). È un andare avanti anche quando la situazione
che si ha davanti si
fa difficile.
Anne
racconta a
Smoker di Roger, Thatch e Sabo: si apre a Smoker riguardo quello che
più le
importa. Insomma, le mostra le insicurezze più grandi che si
porta sulle spalle.
Smoker, stoicamente (oddio, più o meno, eh! XD), le risponde
che non le
interessa di chi è figlia e che l’accetta lo
stesso nella propria vita, anche
se è la figlia di Roger, anche se si trascina dietro la
morte di due fratelli,
anche se, anche se... Ci sono molti punti lasciati in sospeso che prima
o poi
andranno tirati e chiusi. Li tireranno e chiuderanno, ma non oggi.
L’ultima
frase di
Smoker è una traduzione libera di un pezzetto di Unweaving the Rainbow: Science, Delusion and the
Appetite for Wonder,
di Richard Dawkins. L’originale è: we are going to
die and that makes us the
lucky ones. Most people are never going to die because they are never
going to
be born. (Noi moriremo e questo ci rende persone fortunate. La maggior
parte
della gente non morirà perché non è
mai nata.) Basta la prima parte di questo
pensiero perché Anne capisca cosa c’è
dietro.
Oh,
settimana
prossima avremo in studio il prompt Batticuore.
Non so se riuscirò ad aggiornare di notte, perché
devo cercare di recuperare cicli di vita diurni. Credo che i nuovi
capitoli arriveranno di mattina, ecco. :)
Come
sempre, per
qualsiasi dubbio o perplessità potete scrivermi: anche per
farmi sapere la
vostra opinione riguardo al capitolo! Non mordo! C:
Grazie
infinite a Happy_Ely per le sue
parole, davvero.
Spero
vi sia
piaciuto. Grazie per aver letto! ;)
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 12 *** L’acqua è per i perversi, il caffè per le bugie bianche ***
Indice
di fuoco
L’acqua
è per i perversi, il
caffè per le bugie bianche
Kick
drum beating in my chest again
Smoker pensava che
Anne bevesse caffè – ma una quantità
industriale di caffè, intendiamoci. Il
motivo per cui lo pensava non era perfettamente chiaro nemmeno a lei:
aveva
delle teorie, ma non le aveva mai esposte a nessuno (qualcosa per cui
tutti i
marmocchi iperattivi e rompicoglioni bevessero caffè, ad
esempio). Perciò un
giorno decise che avrebbe lasciato sulla scrivania un’esca
anonima.
A quanto pareva,
Anne non aveva colto nessuna stranezza in quella tazza da
caffè che non era la
solita tazza da caffè di
Smoker. Oppure, anche nel momento in cui avesse colto quella
differenza, non
aveva detto nulla a riguardo.
Un’altra
sera,
sulla scrivania, mise una tazza di caffè e una di
tè. Inutile dire che Anne scelse
subito quella con il tè caldo, la bevve in un solo fiato e
poi disse qualcosa
riguardo il fatto che sulla Moby Dick il tè era decisamente
più buono e che robaccia vi danno,
quelli della Marina?
Ah, Smokie, quello è il tuo tè preferito? Non lo
sapevo!
Incazzatura a
parte, Smoker cominciò a credere che ad Anne il
caffè non piacesse per nulla.
D’altro canto era sicura che, se le avesse chiesto qualcosa,
poi Anne avrebbe
indagato e le avrebbe posto domande stupide come Ma
come fate a bere quella schifezza?
(Chi non beve
caffè è un eretico.)
Forse avrebbe
dovuto chiedere. Forse l’Anne schematizzata che Smoker aveva
in testa era troppo schematizzata
– di sicuro era
molto polarizzata e parziale, ma al commodoro serviva soprattutto
quando doveva
inventarsi frasi cattive con cui rispondere alla vera Anne.
Dopo essersi
allenata con la sua proiezione, Smoker si sentì pronta a
porre la fatidica domanda.
«C’è
un motivo per
cui non bevi il caffè?» Chiese quindi ad Anne, una
sera.
Pugno di Fuoco la
guardò inclinando la testa. «Che razza di domanda
è? Non mi piace. Ha un sapore
terribile.»
«Solo per
quello?»
Anne mise su una
smorfia di disgusto e mise i piedi sulla scrivania. «Sono un
po’ tachicardica.
Non mi fa neanche bene. E se bevo un solo caffè per due o
tre giorni poi mi
scende un po’ la pressione. Sei contenta, adesso?»
Smoker prese la
propria tazza di caffè e se la portò alla bocca.
Anne la guardò e sbuffò.
Gliel’avrebbe
pagata cara.
La mattina
seguente, infatti, dalle cucine era sparito tutto il caffè,
fino all’ultimo
granello. Si sollevò un caos infernale prima che Smoker
scendesse nella mensa e
gridasse a tutti di stare zitti: quando però qualcuno le
riportò precisamente
quale fosse la situazione, allora avrebbe voluto gridare il nome di
Portuguese
D. Anne per richiamarla subito all’ordine e confiscarle il
maltolto, perché
sicuramente era stata quella stronza di Pugno di Fuoco a togliere a
tutti loro
la santa caffeina!
Ma dopotutto
quella era una criminale, e i pirati non seguivano gli ordini dei
Marine, no?
(Quelli della
Flotta dei Sette non rientravano nel conto, in nessun dannatissimo
caso.)
Lo Striker correva
sul mare con un po’ più di fatica del solito, a
causa del peso dei sacchi di
caffè. Da quando era sgattaiolata fuori dalla cabina del
commodoro, aveva
raggiunto le cucine e se n’era andata con la refurtiva erano
trascorse ormai
alcune ore, e Anne era sicura che l’unica che non avrebbe
sofferto per
l’astinenza da caffeina sarebbe stata Tashigi.
Già che
c’era
avrebbe barattato tutta quella roba con qualcosa di commestibile, una
volta
attraccata alla prima isola abitata nella zona. Altro che
caffè! Ci voleva un
pranzo abbondante per festeggiare.
Oltre al danno, la
beffa: Anne non si fece vedere per diversi giorni. Quando poi
entrò dalla
solita finestrella della cabina di Smoker, si trovò davanti
una sorta di
fantasma di fumo, pallido, con lo sguardo poco concentrato –
o meglio, un po’
vago. Ma quando Smoker tornò nel mondo dei vivi
scrollò le spalle e cercò di
non mostrarsi con la guardia abbassata.
«Pugno di
Fuoco—»
«Sì,
sì, ti ho
rubato il caffè, è vero, accetterò
ogni punizione che vorrai infliggermi, bla
bla bla. Ma tu prova a farmi di nuovo una domanda del genere e la mia
vendetta
sarà ben peggiore del toglierti una cosa stupida come il
caffè.»
«Quindi
sapere
qualcosa di te è praticamente un reato nei tuoi confronti?
Potevi dirmelo prima
che cominciassimo—questa cosa.»
«È
questo il
problema, allora? Vuoi conoscermi meglio?»
Be’, forse
sì.
Poteva essere quello, il problema – che poi, era un problema?
Si sarebbe
trattato di un problema nel caso in cui Anne non avesse spiegato la
propria
avversione nei confronti del caffè, eppure le aveva
risposto. Quindi,
esattamente, dove stava il problema?
Il non sapere
dov’era il problema era
il problema.
«E comunque
ti ho
portato un caffè. Ormai sarà freddo e
probabilmente un po’ è finito fuori bordo
mentre ero sullo Striker, ma basta il pensiero, no, Smokie?»
Con grande forza
di volontà il commodoro aspettò che Anne le
porgesse il bicchiere di plastica:
poi praticamente glielò strappò di mano e si
finì il caffè tutto in un sorso
(non che ce ne fosse molto, ma bastava il pensiero di averlo bevuto,
effetto
placebo incluso, insomma).
Quale rapido
cambiamento di comportamento! Quando il caffè
cominciò a entrarle in circolo,
Smoker riuscì a collegare il caffè alla
gentilezza che Anne le aveva fatto
(senza dimenticare che, prima della gentilezza, c’era stato
l’orribile furto).
Perciò ci fu punizione ma ci fu anche una sorta di premio:
il pacchetto
completo comprendeva il letto e dei morsi.
Ecco. Anne si
sentiva stravolta ma soddisfatta. Mettendo la testa sul petto di
Smoker, cercò
di sentire il battito del cuore. Era veloce e forte.
«Oi, Smokie,
cos’è
tutto questo pum-pum-pum? Sembra
che
tu stia tirando un carro, coi battiti che hai.»
«È
il caffè che fa
effetto. Ora zitta e dormi.»
Già, il
caffè che
fa effetto. Già.
Note
Autrice:
Il problema non è il problema. Il problema è il tuo atteggiamento rispetto al problema! Così diceva Capitan Jack Sparrow, almeno. Ehm! Salve! A me il
caffè non piace, questa è la mia rivincita contro
i caffè-dipendenti. No, ok,
non è vero, non voglio prendere in giro nessuno, Anne e
Smokie a parte,
ovviamente.
Il prompt era Batticuore. Anne parla della propria
tachicardia (il che è un mio headcanon) e questo
è un altro passo in avanti
nella loro relazione. Poi anche a Smoker il cuore batte forte quando
c’è in
giro Anne, ma la scusa è quella del caffè che fa
accelerare i battiti cardiaci.
Ci crediamo tutti, Smokie.
Il sottotitolo
è
una citazione da una canzone – che novità! Si
chiama Coffee’s For Closers
e wow, che novità anche questa, è dei Fall Out
Boy. Mi spreco con l’originalità, lo so.
È anche una delle mie preferite dei
FOB. Traduzione: La grancassa tuona di nuovo nel mio petto. Siete mai
stati a
un concerto o alla sfilata di una banda? Quando la grancassa suona,
sembra che
il cuore dentro il petto segua il ritmo della grancassa. È
una sensazione un po’
inquietante, ma bella.
Sette giorni e
arriverà il capitolo Amore non
ricambiato
– sarà uno di quei capitoli random, messi in mezzo
a questa sorta di storia
perché mi andava (e perché non sapeva dove
metterlo, onestamente, ehm).
Grazie, come
sempre, per aver letto.
Un grazie speciale
a Happy_Ely che mi supporta sempre
tantissimo. Adoro chiacchierare di Smokie e Anne con te, Ely! C:
Di nuovo, per
qualsiasi domanda, critica o perplessità vi invito a
mandarmi un messaggio,
anche privato. Non ho ancora mangiato un frutto del diavolo Zoan,
quindi giuro
che non mordo! ;)
A settimana
prossima! Stay safe!
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 13 *** Romanticidio ***
Indice
di fuoco
Romanticidio
Behold
the very paradise of snakes, señora
Qual
era il
problema, stavolta?
Era
che non
riusciva a levarsi dalla testa una marmocchia, ecco il problema.
Intendiamoci,
Smoker amava il proprio lavoro – non sarebbe finita in una
gabbia di matti o a
farsi torturare dalla stupidità di quegli idioti del
Comando, se non avesse
trovato un rifugio sicuro nell’essere una marine –,
non lo avrebbe lasciato per
nulla al mondo, almeno fino all’età della
pensione. Ma quella ragazzina...
Stupida. Stupida, stupida. Esattamente, chi era la stupida? Chi aveva
pensato
solo per un momento a un universo parallelo in cui lei non era una
marine e
quindi avrebbe potuto—
Sorvoliamo.
Ad
alta quota, come il fumo che sale da un incendio. No, la figura
retorica non
l’aiutava per nulla.
A
partire dal
fatto che non riusciva a ignorare suddetta ragazzina, Smoker si era
posta
diverse domande. Una delle prime riguardava la legge della Marina: cosa
diceva
a proposito di relazioni con i pirati? Cosa sarebbe successo se...?
Perché
Smoker
certe cose se le chiedeva – non poteva fare a meno di
chiedersele – prima
ancora di sapere cosa ne pensasse l’altra persona in
questione. (Sì, Smoker
pensava davvero tanto: prima si partiva da un grumo di pensieri un
po’
aggrovigliati, poi li prendeva uno alla volta con le proprie mani
eteree di
fumo e li sbrogliava, riordinandoli nel palazzo della mente che
sembrava più
una tabaccheria, ma sssh, nessuno
doveva saperlo.)
C’era
Garp, eroe
della Marina: una parte della sua famiglia aveva preso il largo con la
bandiera nera
dopo che il vecchio era già da tempo un soldato affermato.
Invece cos’era, lei?
Un commodoro, un nessuno, sulla Rotta Maggiore. Non avendo cercato
nessun tipo
di carica o titolo per ottenere più influenza –
perché, diciamolo, non
glien’era fregato niente quando era di stanza a Loguetown
–, si trovava in una
situazione svantaggiata.
Inoltre
Garp non
aveva voluto una discendenza di fuorilegge, se li era ritrovati per
mare durante la propria
assenza; mentre Smoker, visto il gomitolo di pensieri che stava
cercando di
svolgere, stava volontariamente
pensando a una ragazzina pirata, e non rinchiusa dentro una cella con
delle
manette di agalmatolite alle mani.
Aveva
preso questa
rivelazione riguardo i propri sentimenti (o sensazioni? Sentimenti
le sembrava una parola troppo forte, in quel momento)
con quanta più calma possibile; aveva bevuto un
caffè, aveva acceso un sigaro e
poi un altro ancora, com’era solita fare di prima mattina.
Aveva dato
un’occhiata ai nuovi documenti arrivati freschi freschi dal
Comando, era salita
sul ponte, i suoi l’avevano salutata, Tashigi aveva cercato
di parlare
all’albero maestro. Aveva seguito la routine giornaliera per
rimanere
tranquilla – e non si può dire che non lo fosse,
in apparenza.
In
pratica,
ricordate la questione della matassa di pensieri? Là, sul
ponte, con un sigaro
in bocca e gli uomini che cantavano durante il lavoro, il gomitolo non
era solo
nella testa, ma anche nel cuore.
Si
dedicò a quei
fogliacci con più costanza della norma; Tashigi era molto
sorpresa da questo
cambiamento nella propria superiore, ma non glielo fece in nessun modo
presente. Una sera bussò alla porta del commodoro e la
trovò ancora intenta a
leggere chissà cosa.
Tashigi
era una
brava studentessa e aveva un’ottima maestra, per cui non
impiegò tanto tempo a
capire che qualcosa non andava. Tuttavia era anche una ragazza educata
ed
empatica, perciò non avrebbe chiesto niente: avrebbe
ascoltato, ma non si
sarebbe imposta.
«Signora,»
disse,
entrando nella cabina del commodoro. Appoggiò il
caffè che le aveva portato
sulla scrivania di Smoker, stando bene attenta a non rovesciarlo per
terra:
Smoker annuì per ringraziarla.
Poi
la
guardiamarina rimase in piedi, in attesa. O meglio: rimase ferma,
diritta come
un palo, per due millisecondi in più rispetto al solito, ma
Smoker notò
comunque il suo indugiare impercettibile.
Dopotutto,
tra i
suoi sottoposti girava voce che Vegapunk avesse sviluppato dei sensori
ottici
di ultimissima generazione e che i piani alti dell’esercito
li avessero fatti
installare nel corpo della loro superiore. (Tutte
cazzate, imbecilli, si chiamano occhi! Imparate ad usarli senza farvi
spaventare, aveva detto Smoker una volta, seminando il panico
tra i suoi
uomini.)
«Guardiamarina,
cosa c’è?»
«Niente,
signora,»
si affrettò a rispondere Tashigi, nascondendo
l’imbarazzo dietro gli occhiali,
«apprezzo la dedizione che ultimamente ha nei confronti dei
rapporti che
arrivano e che partono per il Comando, Smoker.»
Smoker
aveva
l’impressione che Tashigi avesse colto qualcosa di
più, ma – sia lodata la sua
discrezione – non aveva detto alcunché a proposito
di questo di più.
«Puoi
andare, Tashigi.»
Certo,
dedizione
per quegli stupidi rapporti. Che poi nessuno le leggeva, quelle idiozie
noiose.
Non
che Smoker
cercasse di prendere in giro qualcuno, al momento, tantomeno se stessa.
Stava
soltanto cercando di occuparsi di altro, invece di preoccuparsi
di una marmocchia testa calda – che, per la cronaca,
non aveva rivisto per un po’ di tempo.
Tanto
quella non
avrebbe mai neanche ricambiato un’infatuazione (forse anche
questa era una
parola un po’ forte? Forse no) per lei. Smoker non teneva
nascosto il proprio
orientamento sessuale, ma neanche lo sbandierava ai quattro venti e ai
sette
mari, e non era quello il problema, accidenti!
Il
problema era
che aveva... una cotta? Qualcosa del genere–per una stupida
ragazzina pirata!
Va
bene, quello era un problema,
un’aberrazione anche
abbastanza pressante, a dire il vero. Andava contro le regole stabilite
dalla
Marina, bla bla bla,
quant’altro. Smoker seguiva la propria idea di giustizia e
molto di quello che lei pensava non era gradito alla Giustizia
Assoluta, quindi
quella questione era di minore importanza rispetto a—
Avrebbe
dovuto
evitare di esporsi. Avrebbe dovuto evitare di pensarci: quale riparo
migliore
del suo lavoro? Doveva solo trovare una ciurma di pirati contro cui
scaricare
lo stress. Non pensare alle infinite possibilità di quella
storia su cui
fantasticava (parola
forte, parola forte); non immaginare le parole dette e le
cose fatte; lavorare, allenarsi, diventare più forte, e
comprarsi una marca di
sigari diversa, riempire la cabina di fumo per riempirsi la testa di
tutto,
purché non di quella ragazzina. Strozzare quelle riflessioni
su un futuro
alternativo, soffocarle, eliminarle decapitandole.
...
Dicevamo, rispetto
al fatto che, da qualunque punto di vista la si guardasse, la sua fosse
una
sensazione destinata a rimanere nel groviglio, dove ogni nodo sembrava
una
lingua biforcuta, che le rideva addosso, rideva di lei, delle sue
sensazioni –
o sentimenti.
«Pugno
di Fuoco!»
«Che
piacere,
Cacciatrice! Cosa ci fate qui, tu e la tua ragazza? Avviso, non sono in
vena di
farmi arrestare da te, sono già impegnata.»
Bastano
poche
parole per imbrigliare per bene la matassa del cuore e per ucciderne
qualsiasi
speranza.
Note
Autrice:
Ecco,
questa è una
di quelle shots messe esattamente a caso
nel gruppo. Nel senso: non c’entra nulla nel macrotesto che
mi ero prefissata.
Ma questa è la shot numero tredici e non potevo non mettere
qualcosa di...
triste (??) al numero tredici. Scusate. Sono una brutta persona. In
realtà non
credo nella sfortuna, anche se ci vede benissimo, maledetta.
Prompt:
Amore non ricambiato. Ma credo fosse
comprensibile, lo scrivo per ordine, più che altro.
Il
titolo è la
resa italiana del titolo della canzone Romanticide,
dei Nightwish – una delle mie preferite del gruppo. Qui ho
voluto dare alla
parola Romanticidio una sfumatura diversa rispetto al termine nella
canzone
originale: l’ho sfruttato come necessità di
eliminare il sentimento – per
motivi di lavoro come per stare in pace con se stessi.
Il
sottotitolo è
una citazione dal libro Nostromo di
Conrad. È un paradiso di serpenti perché
l’amore – immagino – è una
cosa
piacevole, ma può essere un dolore tremendo, se finisce come
finisce in questa
shot.
Tash
<3333
Sempre grazie a Oda che si è inventato Tashigi, senza di lei
il mondo di OP
sarebbe molto più brutto. Scusate anche il riferimento a
Vegapunk ma io voglio vedere quell'omino simpaticissimo (???)
nell'opera originale. Non vedo l'ora! (E poi mi diverto a scrivere di
Smokie che parla male ai propri sottoposti, poveri cari.)
Nel
libro di
Conrad il paradiso di serpenti era tutt’altro, ma quel
romanzo non mi è
dispiaciuto, quindi ecco che sparo citazioni letterarie a manetta. LOL.
Avete
presente il reinterpretare i testi letterari? Ecco, io non so farlo. Mi
diverto
a citare un po’ arrandom (??) e basta.
Quello
dell’amore
è un concetto sfuggente, o che perlomeno sfugge a me, quindi
scriverci su mi
sembra un buon modo per avvicinarsi a capirlo. Parlare di Smokie, poi,
è cosa
che faccio di rado, quindi dedicarle un pochino di spazio mi fa molto
piacere.
-w-
Tengo
a far notare
che, in tutto questo, ancora non si sono baciate. Carine, loro. Il
prossimo
prompt, Bacio, risolverà
il problema.
Mi
spiace essere
poco presente sul sito (il che sembra un controsenso viste le
pubblicazioni a raffica,
ma... sono trip dovuti al troppo studio. È assurdo, lo so),
quindi scusatemi
già a partire da ora. Dovrei riuscire a pubblicare tutto
regolarmente,
comunque. C:
Grazie
a chi ha
letto, a chi segue questa raccolta, e soprattutto grazie a Happy_Ely perché è
sempre presente e mi supporta un mondo. ;)
Alla
prossima settimana!
Stay safe!
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 14 *** Effetto farfalla ***
Indice
di fuoco
Effetto farfalla
Idea
secondo cui piccole variazioni nelle condizioni iniziali
producono
grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema
Da quando avevano
cominciato a frequentarsi (precisiamo: da quando Anne aveva cominciato
ad
infilarsi nella cabina di Smoker e Smoker aveva cominciato a non
calciarla
fuori bordo immediatamente), ecco, dall’inizio della loro non
meglio definita
relazione, Anne non aveva mai baciato Smoker. Ma neanche un innocuo
bacio sul
naso, o sulla guancia. Niente di niente. Dopotutto, era una regola che
Anne
stessa aveva preteso nella loro Lista
delle Leggi. È anche vero che questa imprecisata
relazione si trattava, più
che altro, di un rapporto per benefici materiali, non per soddisfare un
bisogno
romantico o affettivo.
Rimaneva il fatto
che a Smoker i baci piacevano: o almeno, pensando alle proprie passate
esperienze, ricordava che i baci le erano piaciuti molto.
Con Anne,
però, il
discorso era più difficile. Innanzitutto, perché
quella era una fuorilegge –
questo portava Smoker a reagire in maniera diversa rispetto alle altre
persone
che aveva frequentato prima di lei. Anne stessa aveva proibito,
all’inizio di
tutto, che la bocca di una anche solo sfiorasse quella
dell’altra. Smoker non
aveva insistito, pensando che opporsi a quel divieto potesse essere
visto come
un cedimento o un segno di affetto – cosa assolutamente
inesistente, almeno
all’inizio: come una debolezza che una marine non poteva
permettersi nei
confronti di una criminale.
A distanza di mesi
dalla stesura di tutte quelle regole, però, Smoker
cominciava a sentirsi un po’
spazientita: ogni tanto barava – che poi, barare,
adesso, forse era una parola grossa. Diciamo, per la cronaca, che la
bocca di
Smoker toccava la pelle di Anne in qualcosa che poteva sembrare dei
piccoli
baci, ma non erano le labbra di Anne, d’accordo? Forse Smoker
lo faceva anche
per cercare di abituare Anne alla sensazione, va bene? Forse. Erano
tutte
supposizioni: il commodoro non aveva infranto nessuna legge, fino a
quel
momento, questo era dato per certo.
E poi Anne osava
perfino lamentarsi del fatto che fumasse prima e dopo il sesso! Roba da
matti,
davvero. Di chi era la colpa?
La colpa era tutta
di Pugno di Fuoco, che oltre a dettare leggi stupide (almeno secondo il
commodoro, che di leggi stupide ne conosceva parecchie) la provocava
mettendo
il suo faccino pieno di lentiggini così vicino al collo di
Smoker. Anne la
stuzzicava e sicuramente lo faceva apposta, quella maledetta. Stava
testando la
sua resistenza – ah, ma Smoker sarebbe riuscita a resistere,
se non altro per
qualche mese.
Già.
Sarebbe
riuscita a resistere ancora per un po’, se Anne, quella
notte, non avesse avuto
la geniale idea di sistemare la propria faccia sulla guancia di Smoker.
Di
certo qualcuno da qualche parte se la stava ridendo alla grande. Poi
Anne
cominciò a strofinare piano piano il proprio naso appena
sotto un occhio della
marine, per darle fastidio – e ci stava riuscendo benissimo.
Quando poi si
avvicinò a sufficienza, iniziò a sbattere le sue
ciglia lunghe su quelle corte
di Smoker – e questo andava oltre la sua soglia di
sopportazione, sarebbe
andato oltre la soglia di sopportazione di chiunque.
«La vuoi
smettere?!»
Anne sembrava
arrabbiata. «Certo che non ti va mai bene niente!»
Esclamò, allontanandosi
bruscamente dal viso di Smoker.
«...
Spiegati.»
Disse Smoker, sbuffando. Si sistemò in posizione supina
perché l’alzare gli
occhi al soffitto potesse avere un effetto più incisivo su
Anne (erano brave
attrici entrambe, per i nostri standard).
«Appena
cerco di
far la carina tu ti arrabbi. Posso dire che non ha molto
senso?!»
«Spiega il
“far la
carina”, marmocchia, perché fino ad ora mi sembra
che tu non abbia fatto altro
che stuzzicarmi.»
«Sei tu che
non mi
parli!»
«Non
cambiare
argomento.»
Ecco, ora Anne
sembrava perplessa. Poi dovette aver messo insieme tutti i pezzi del
puzzle,
perché schioccò le dita e tirò fuori
un gran sorrisone da faccia di bronzo. Si
mise in posizione seduta, sistemandosi la treccia sfatta, poi
guardò bene
Smoker e le si adagiò piano piano addosso. Quel sorriso
sornione era ancora lì
e sì, Smoker avrebbe voluto baciarla solo per levarglielo
dalla faccia.
Avvicinatasi
ancora, Anne sbattè velocemente le ciglia su quelle di
Smoker – come se quello
stupido gioco non l’avesse infastidita abbastanza al primo
giro.
«Non lo sai
che
questo viene chiamato bacio farfalla,
Smokie?»
Che diavolo stava
dicendo, adesso?
Smoker era
perplessa – ma la sua espressione era a metà tra
l’arrabbiata e l’insofferente.
«Ma
sì, Smokie!»
Anne ripetè quel gesto che tanto dava fastidio alla
compagna. «Non mi dire! Una
vecchia come te, pensavo le sapessi tutte!»
Ah, adesso
sì che era
furibonda, le aveva appena dato della decrepita!
Il fatto che Anne
l’avesse baciata, però, le dava un margine
più ampio di azione. Lei, non
Smoker, aveva compiuto il primo passo – certo, non era
veramente un bacio
tradizionale, ma Anne doveva essere perfettamente consapevole delle
proprie azioni
e delle proprie parole: per la prima volta da quando avevano cominciato
a
frequentarsi, Anne l’aveva baciata. Dimentichiamo la
differenza tra baci
tradizionali e baci stupidi.
Per cui, Anne in
seguito non avrebbe avuto nessun diritto di appellarsi a una qualsiasi
legge
della Lista se Smoker avesse deciso di baciarla sul serio (cosa che
fece nel
giro di due secondi, a onor del vero).
«Smokie—»
«Tu sei stata la prima a infrangere le
regole.»
«Veramente,
sulla
lista c’era scritto “Niente baci sulla
bocca o altre cose melense”, vedi?»
Ehi, quella lista
aveva qualcosa di strano. O forse quella di Smoker era una vista
selettiva. O
forse una memoria selettiva.
«Ch.»
«Ma ti
perdono,
perché io sono una brava
ragazza – e
perché tu stai
invecchiando in fretta.
Ora, direi che è la volta buona per mettere in pratica tutta
la mia conoscenza
riguardo i baci. Izo mi aveva dato un rossetto, ha un colore
bellissimo, rosso
corallo, ha detto. Proviamo il bacio
rossetto.»
Ma da dove diavolo
la ragazzina tirava fuori tutti quelle stupide idee?
Note
Autrice:
Quando Anne decide
che può sentirsi al sicuro nell’aprirsi a Smoker,
glielo dice in maniera
tutt’altro che convenzionale: cioè con un bacio
farfalla. Che poi Smoker così,
a caso, si dimentichi della Lista di Leggi... Eh, la vecchiaia. Secondo
me ha
imparato da Aokiji, che ha un udito selettivo fenomenale. (Aokiji
è un altro
dei miei preferiti. Tutti quasi-marine... mannaggia.)
Sono due sceme,
però
sono così carine che, perlomeno per me, sono perdonate. XD
C’è
una lista
infinita di baci stupidissimi – perché
sì, la gente su tumblr mette giù delle
liste di baci e io ci finisco per caso e voilà, ecco qui
questa shot che wtf.
Prompt: Bacio,
ovviamente. Anche stavolta ci ho
giocato un po’, se non altro perché non
è un bacio esattamente convenzionale,
quello farfalla. Però è tenero. Anne potrebbe
fare cose tenere senza far notare
agli altri che sono cose tenere. Non so se mi spiego, a furia di
ripetizioni.
Però aww, so cute.
Il prossimo: Passione.
Ringrazio sempre
chi legge, chi segue, chi commenta! So che sembra assurdo visto che
pubblico ogni due giorni, ma sono davvero impegnatissima con lo studio.
Auguratemi buona fortuna per il prossimo esame, se mi volete un minimo
di bene (o se siete persone compassionevoli)! Non lo
passerò mai... sigh
Come ogni volta,
per qualsiasi dubbio, critica o altro ci sono i messaggi. Can che
abbaia non
morde, e io manco abbaio! Sarei un pessimo cane da guardia! (???)
Alla prossima
settimana! Stay safe!
claws_Jo
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personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 15 *** Ognuno ha il proprio cruccio e la propria croce ***
Indice
di fuoco
Ognuno
ha il proprio
cruccio
e la propria croce
Passione:
sofferenza; sentimento di grande violenza e
intensità;
in
seguito anche trasporto amoroso o forte attrazione erotica
Dannazione.
Quella
volta che aveva permesso a Smoker di farle la treccia, Anne aveva
pensato di
lasciare la treccia a metà e di spedire Smoker direttamente
sul letto e
dimenticare tutto il resto del mondo fino a quando non stesse per
svenire per
la stanchezza. Tutto perché ogni tanto Smoker le sfiorava il
collo con le dita
e perché Anne aveva associato l’odore dei sigari
al momento prima (e dopo) il
sesso. Già, Smoker stava fumando un sigaro mentre aveva le
mani tra i capelli
scuri di Anne.
Insomma,
era tutta
colpa di Smoker, come al solito.
Anne
sbuffò
per
controllarsi. Smoker non le avrebbe mai più fatto la
treccia. Mai più.
Neanche sotto tortura.
«Quanto
ci
metti?
È una treccia, non un tappeto!»
«Sto
facendo
del
mio meglio.»
«Questa
è la prima
e l’ultima volta che te la faccio fare. È troppo
importante perché tu ci mett—»
E si bloccò. No, non era quello che voleva dire.
«Perché
io ci
metta le mani?»
No,
no, no!
«Se
stai per
esporre le tue intuizioni, sappi che sono sbagliate.»
«Correggimele
prima che io le dica, perché non sono belle. Per
nulla.»
Ah,
Anne stava per
impazzire. Quella stupida di un commodoro non poteva pretendere di
capire
sempre tutto! Soprattutto quando Anne diceva cose che non
corrispendevano al
suo stesso pensiero.
Alla
rabbia si
sovrappose l’imbarazzo per la verità.
«È
troppo
importante perché tu ci metta così poca cura. Lo
sai che cosa significa, per
me, la mia treccia.»
«Se
non
faccio
pratica, come pensi che imparerò?»
«Fai
pratica
coi
tuoi, di capelli.»
Anne
aveva vinto
per il rotto della cuffia. Smoker aveva grugnito qualcosa riguardo
l’avere i
capelli troppo corti, ma Anne non disse altro. Era ancora troppo
spaventata
dalle proprie emozioni e da quella discussione – evitata solo
per i suoi buoni
riflessi mentali – che avrebbe portato a un litigio.
Qualche
tempo
dopo, nonostante Anne si fosse ripromessa il contrario, si trovarono
ancora in
quella situazione: Smoker che le faceva la treccia e Anne che
sopportava più o
meno pazientemente quella tortura di dita e odore di sigaro.
Se
i continui
scherzi di Marco e del resto della ciurma non l’avessero
portata alla pazzia,
di sicuro ci avrebbe pensato Smoker con le sue mani e il suo profumo
pungente.
Stai
ferma, Anne, si diceva, stai ferma.
Pensa ad altro, ma non a Sabo. Pensa a
Rufy. Chissà come
sta, con i suoi compagni. Ce ne sono un paio piuttosto strambi, ma
sembravano
tutti delle brave persone. Rufy era così felice,
l’ultima volta che l’ho visto—
«Marmocchia,
sei
ancora tra noi?»
Anne
scosse la
testa, tornando nel mondo dei vivi, ma nello scrollar le spalle si
accorse che
Smoker aveva la fine della treccia ancora tra le mani, dunque
poté muoversi
poco.
«Hai
detto
qualcosa, Smokie?»
«No,
però mi
sembravi sulle nuvole, quindi ti ho richiamato all’ordine. Ho
finito.»
Anne
prese la
treccia, si alzò e la guardò allo specchio (senza
guardarsi allo specchio).
«È venuta abbastanza bene, ma devi esercitarti
ancora un po’. Alcuni giri sono troppo larghi e ogni tanto ci
sono ciuffi che
rimangono fuori dalla treccia.»
«Torna
qua.
La
rifaccio adesso.»
Cazzo,
la tortura
ricominciava ancora. Se glielo avesse vietato, Smoker avrebbe voluto
spiegazioni, e chi glielo spiegava, a quella stronza, che il solo
sentire le
sue mani sul collo le faceva venire una voglia tremenda di
fare—
Fare
sesso o fare
amore?
Una
gran bella
domanda, grazie tante, nel momento migliore della giornata, proprio.
Sbuffò
così tanta aria fuori dai polmoni che dovette recuperarla
tutta inspirando di
corsa. Ovviamente – perché qualcuno, da qualche
parte, si stava divertendo un
mondo nel vederla in difficoltà – in quel momento
Smoker aveva disfatto la
treccia e aveva cominciato a pettinarle i capelli con le dita.
La
sensazione era
così piacevole e intensa che la spaventava. Anne si
trattenne dallo scappar via
solo perché le domande che sarebbero seguite
l’avrebbero portata a riflettere
sulle proprie emozioni, e a quel punto ne sarebbe davvero uscita pazza.
Pazza
furiosa.
Smoker
intuì
qualcosa. Lasciò perdere la treccia, decidendo di dedicarsi
alle scapole e alle
spalle di Anne, molto più interessanti secondo il suo metro
di giudizio. Diede
un pizzicotto ad Anne proprio in mezzo alle scapole, sui baffi del
tatuaggio.
La giovane praticamente sobbalzò, e se non finì
con la faccia premuta contro i
piedi del letto fu solo perché aveva un ottimo istinto di
conservazione.
«Sei
nervosa.»
No,
la parola giusta
non è nervosa, la
parola giusta è santa
martire, anche se sono due.
Anne
non rispose
–
che diavolo avrebbe potuto dire? Ma, era scontato, quel silenzio non
andava
bene. Smoker avrebbe cominciato a chiedere, e le domande sarebbero
diventate un
interrogatorio, e quella bella sensazione che riempiva gli spazi scuri
del
cuore di Anne (quelli dove il risentimento per se stessa non si
annidava) se ne
sarebbe andata via anche solo con una piuma.
Per
cui Anne
decise che qualcosa andava fatto, e in fretta; con uno scatto si
girò (era
seduta a gambe incrociate, per cui il movimento fu un po’
buffo, ma non
sgraziato) e baciò Smoker, prima sul mento e poi sulla
bocca, prima per
infastidirla, poi per spingerla a pancia in su sul letto e per farci
sesso o
amore, ancora non era chiaro.
La
tortura era
finita, per quel giorno. Sarebbe finita definitivamente quando entrambe
avessero parlato apertamente dei loro sentimenti.
Note
Autrice:
Anche
qui una
bella etimologia. Prompt: Passione.
Inutile dire che giocare con le parole è uno dei passatempi
che preferisco.
Pazza
furiosa è un
riferimento all’Orlando Furioso e
alle vicissitudini del povero Orlando (lol, non so voi, ma a me fa
troppo
ridere, povero). Amo quel librone immondo di quello stupido di Ariosto
– ma amo
di più l’Orlando Innamorato di Boiardo, che era un
dannato genio.
Ohw,
son
così
carine, ste due stordite (??). -w-
Se
non si fosse
capito, amo insultare le cose che mi piacciono e le persone a cui
voglio bene. EHM.
Ho
una bellissima
novità! La cara Happy_Ely
mi ha fatto
un regalo con fiocchi e controfiocchi! Date un’occhiata a questo disegno
meraviglioso! Sapete, sono in brodo di giuggiole da giorni
perché addirittura
un disegno Fem!SmoAce...! Io sinceramente non speravo in questo favore
di
pubblico! Sono felicissima!
Ringrazio
quindi
Ely in particolar modo, poi tutti voi che seguite ogni settimana questa
raccolta. Grazie mille a tutti, davvero. Mi fate proprio felice. -w-
Ci
avviciniamo
inesorabilmente alla fine (sigh, piango). Il prossimo prompt
è Fidanzamento.
Grazie
per aver
letto. A settimana prossima! Stay safe!
claws_Jo
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Capitolo 16 *** In tinte rubino, ambra e seppia ***
Indice
di fuoco
In
tinte rubino, ambra
e
seppia
Nella
lingua Yaghan della Terra del Fuoco, mamihlapinatapai
significa
“guardarsi
negli occhi sperando che l’altro dia inizio a qualcosa
che
entrambi desiderano ma che nessuno dei due vuole cominciare”
Narcolettica
com’era, Anne dormiva poco di giorno e poco di notte
– ma il conto di sette ore
di sonno, in ventiquattro ore, tornava. Perciò, in notturna,
quando era sulla
Moby Dick adorava uscire sul ponte a infastidire le sentinelle; quando
era da
Smoker, invece, quello che poteva fare era leggiucchiare i documenti
sulla
scrivania del commodoro o stare a guardare la compagna dormire.
Quest’ultima
era
un’occupazione interessante ma pericolosa. Interessante
perché Smoker grugniva
anche durante il suo sonno leggero; pericolosa perché a cosa
si pensa quando si
guarda la persona con cui si è in una strana relazione?
Già.
Per
cui ogni
tanto Anne guardava il soffitto, ma non era molto divertente, e tornava
a guardare
quella stupida stakanovista dal sonno leggero.
Anche
Smoker aveva
una propria corazza che la proteggeva dal mondo esterno, ma non era una
barriera di cemento (noi potremmo definirla meglio forse come liquido non
newtoniano):
Smoker permetteva alle persone di entrare sotto la sua pelle, ma solo
quando
lei acconsentiva era possibile divenire a conoscenza dei suoi affetti e
delle
sue preoccupazioni profonde. Provare a demolire quella barriera con
impeto
era
impossibile; ci voleva un lavoro sottile, di fino, di pazienza e di
coraggio.
Inconsapevolmente, Anne aveva lavorato su quella protezione fino a
poterci
scivolare dietro. Certo, Anne non lo sapeva ancora, però
intuiva qualcosa nel
modo in cui Smoker si muoveva attorno a lei, nel modo in cui sorrideva
mentre
fumava un sigaro – Anne aveva l’impressione che
sorridesse più del solito, e
che non fosse dovuto solo al fumo.
Sospirò.
Quando
avevano cominciato a frequentarsi, be’, Anne non si aspettava
di arrivare al
punto in cui ci si chiede se non sia la volta giusta—
Che
razza di
situazione. Il solo pensiero la faceva arrabbiare, innervosire e
imbarazzare.
Avrebbe voluto prendere a pugni qualcosa, ma anche il cuscino stava
sotto la
testa di Smoker (in realtà lo condividevano, sssh)
e in quel momento tutto
pur di non svegliare la stronza.
Basta, stupido
cervello, smettila—
Stava
scoppiando.
Aveva bisogno di aria. Aria subito!
Si
vestì in
silenzio e decise che un giro sul ponte non avrebbe fatto male. Sarebbe
bastato
non farsi vedere, sì, sarebbe andato tutto bene.
Quello
che Anne
non aveva calcolato era la guardiamarina a far da sentinella notturna.
Tashigi
era seduta su una seggiola in mezzo al ponte, a gambe accavallate, con
una mano
sull’elsa della sua spada. Anne cercò in tutti i
modi di non farsi vedere, o
forse volle farsi vedere ma... senza darlo a vedere. Il fatto
è che era notte
fonda e Tashigi non indossava gli occhiali, per cui fu più
un gioco di rumori
che di vista acuta.
«Mostrati
alla
luce!» Gridò Tashigi, sguainando Shigure, pronta a
qualsiasi attacco (per
quanto riuscisse a distinguere appena Anne nel buio).
«Ssssh!
Zitta, per
favore! Vengo in pace!» Anne mise un dito infuocato sulle
labbra perché Tashigi
la riconoscesse e perché tacesse o abbassasse la voce.
«Pugno
di
Fuoco!»
«Sono
io.
Non sono
qua per farti del male.»
«Lo
so.
Scusa.»
Rispose Tashigi, rinfoderando la spada. In realtà stava
parlando con l’albero
maestro, ma quando Anne agitò una mano davanti alla sua
faccia si riprese e
rispose ad Anne guardandola negli occhi.
«Lo so?»
«Oh-oh.
A—ehm, no,
cosa? Io non so nulla di niente. Nessuno su questa nave sa della
relazione tra
Cacciatrice Bianca e Pugno di Fuoco.»
Oh,
cazzo, quella
sì che era una dannata scoperta.
«Seriamente?!
Seriamente quella stronza del commodoro—»
«Non
subito,»
tenne a precisare Tashigi. «Qua—qualche tempo
fa.»
Anne
prese un
respiro che veniva su dallo scrigno di Davy Jones e sbuffò.
«Raccontami questa
storia fin dall’inizio, per favore.
Altrimenti faccio affondare questa dannata nave.»
Tashigi
annuì in
maniera professionale e appoggiò Shigure alla seggiola.
«Dev’essere stato una
ventina di giorni fa. Smoker ha fatto radunare tutto
l’equipaggio sul ponte e,
dopo aver minacciato tutti di ripercussioni e vendette non meglio
specificate
se avessimo raccontato questa storia, ci ha detto, testuali parole,
“Se vedete Portuguese D. Anne nei
pressi o
sulla nave, sappiate che non va in alcun modo né ostacolata
né arrestata.
Badate bene, se fate salire sul ponte un’altra criminale
finite tutti in grossi
guai!”» Tashigi imitò la voce
di Smoker con grande soddisfazione e fumò
sigari immaginari con un’espressione a metà tra il
minaccioso e l’imbarazzato
fino al midollo.
Anne
scoppiò a
ridere a bassi colpi di tosse. «Non ci posso credere!
Nonostante il disagio, mi
sarebbe piaciuto vederla!»
«È
stato
divertente,» ammise Tashigi. «E secondo me
– è stata molto carina. Per quanto
il commodoro possa essere carina.»
Le
due giovani si
guardarono e ridacchiarono assieme – entrambe in imbarazzo,
ma per diversi
motivi. In un’altra vita sarebbero potute essere amiche.
«A
quel
punto era
chiaro a tutti che ci fosse una qualche relazione tra voi, anche se
Smoker non
è mai stata esplicita a riguardo. Stavamo aspettando che tu
arrivassi perché la
cosa venisse ufficializzata.»
Ecco,
a quel punto
Anne si strozzò con la propria saliva.
«Cos—cosa
dovremmo
ufficializzare?»
«Ma
come,
non
state insieme?»
Anne
tossì
più
forte. La saliva aveva sbagliato strada e stava cercando di raggiungere
i
polmoni. «Non credo sia esattamente la definizione
migliore.»
«Oh.
Scusa—! Ho
toccato un tasto dolente?»
No, non è
un tasto dolente, è proprio un
gran casino, avrebbe
voluto dire Pugno di Fuoco. Invece disse: «Non ne abbiamo mai
parlato. Non lo
so.»
«Oddio,
scusami.»
Rispose Tashigi, tutta rossa in faccia, mentre si sfregava le mani
sulle guance
nel tentativo di ricacciare in bocca le parole che l’avevano
messa in quella
situazione, «Non volevo, davvero.»
«È
che ho paura.»
Sussurrò Anne, tutto d’un fiato. Tashigi non era
sicura di aver sentito quelle
parole, per cui rimase in silenzio, incapace di reagire per confortare
Anne.
«La nostra era cominciata come una relazione di interesse,
no? E adesso mi
trovo a non essere sicura di quello che voglio.»
E ho altri mille
pensieri a cui dovrei
pensare, si diceva Anne, dovrei
pensare a Thatch, a Sabo, e non ci
riesco.
Si
sentiva cattiva
per aver relegato in un angolo della propria mente due delle persone a
cui più
aveva voluto bene. Da un certo punto di vista accoglieva quella
sensazione
sgradevole, perché la percepiva come una punizione per il
proprio egoismo (per
quello che lei credeva fosse egoismo). D’altro canto quella
era una brutta
emozione e questo la spaventava.
«Hai
provato
a
parlarle?» Chiese Tashigi. Poi aggiunse: «Voglio
dire, lo so che fa paura. È un
salto nel vuoto. Ci si lancia in un crepaccio e
c’è il terrore che non ci sia
nulla a cui attaccarsi. Conosco—conosco un sentimento del
genere. È come quello
che ho provato dopo Alabasta. Ma sono sopravvissuta e sto diventando
più
forte.»
Anne
sorrise alla
guardiamarina. «Tu sei una donna forte, signorina-marina. Non
permettere a
nessuno di dirti il contrario.»
«Mi
chiamo
Tashigi!»
«Lo
so, ma
quello
è il mio soprannome per te.»
Tashigi
sospirò.
«Ho
capito
cosa
vuoi dire, Tashigi,» riprese Anne, «ma non
è così facile.»
«Io
ci ho
messo
una notte intera prima di smettere di piangere,» ammise la
marine. «Te lo dico
perché sei una criminale diversa dal resto dei pirati. Ho
pianto l’anima,
quella notte. Ma mi sono ripromessa che dopo non avrei pianto
più per la mia
debolezza. Per cui, non so, magari puoi sentirti debole ora, ma
domattina
dovrai affrontarla.»
Il
sorriso di Anne
era come una lampada ad olio in mezzo alla tempesta. Prese una mano di
Tashigi
e la strinse tra le proprie, dicendole: «Grazie,
signorina-marina, farò del mio
meglio.»
«Se
metterai
in
imbarazzo Smoker davanti a noi, allora saprò che sei davvero
diversa da tutti
gli altri pirati.»
«Non
mi
aspettavo
che il braccio destro di Smoker fosse così
risoluto!»
«È
solo molto
divertente,» precisò Tashigi, rossa in faccia come
il rossetto di Izo. «Le farebbe bene sciogliersi
un po’.»
Così,
la
mattina
successiva Smoker si svegliò e non trovò Anne nel
letto. Era diventata brava a
sgusciar via senza farsi notare, la marmocchia.
La
vide seduta
sulla scrivania a tirare calci in aria. Sembrava impegnata in una
qualche
riflessione importante mentre si pettinava i capelli nella sua solita
treccia.
Illuminata dal sole delle sei di mattina, la schiena di Anne sembrava
fatta di
bronzo vivo, sotto cui i muscoli guizzavano in modo aggraziato. Anne
stava
canticchiando qualcosa in brevi sussurri: impossibile capirne le
parole. Era
una visione struggente e malinconica, in qualche modo. Forse era la
luce del
momento che segue l’alba, forse quella melodia che scappava
dalle labbra di
Anne: sarebbe stata il soggetto perfetto per una fotografia vecchia di
cinquant’anni, ossidata dagli anni e dalla nostalgia; color
seppia che era il
color bronzo della schiena di Anne invecchiato nella memoria.
«Anne.»
La
giovane smise
di canticchiare e si voltò verso il commodoro.
«Cosa c’è, Smokie?»
L’aveva
chiamata
per nome senza pensarci. La osservò bene: capì
che qualcosa non funzionava
quando Anne abbassò per un millisecondo lo sguardo.
«Cos’è che ti preoccupa,
ragazzina?»
«Oh,
un
sacco di
cose,» rispose Anne, stiracchiandosi, «per esempio,
perché non mi hai mai detto
che mi vuoi bene?»
Per
l’amor
del
cielo, così diretta alle sei del mattino, Smoker
l’avrebbe uccisa e poi data in
pasto ai re del mare, promesso.
Non
c’era
uscita
sicura da quella domanda – non poteva esserci. Non
c’erano scorciatoie: c’era
solo un ponte sospeso sul vuoto. Sicura di volerlo attraversare?
Assolutamente
no. Era anche vero che non aveva aspettato altro che quella domanda,
per
risolvere una volta per tutte la loro condizione.
Anne
l’aveva
sfidata e ora Smoker doveva assumersi le responsabilità di
quell’accordo che,
col trascorrere del tempo, aveva scavato una nicchia nel suo animo.
Prima lo aveva
colpito in maniera brutale, quando la sua idea di giustizia e
l’esser criminale
di Anne si erano scontrati; poi aveva capito che per trovarsi un
angolino in
quell’animo difficile avrebbe dovuto usare un pennellino da
archeologo e
togliere granellino dopo granellino la polvere che,
nell’animo di Smoker,
ricopriva ogni affetto in modo tale che nulla a lei caro si mostrasse
chiaramente al mondo.
«Non
è facile
capire quando si passa da un’infatuazione a un innamoramento,
stupida.»
«Avresti
potuto
parlarne con me! Non sono una statua: se mi parli, rispondo.»
«Non
so
perché non
l’ho fatto. Non gridare.»
Anne
diede un
calcio alla scrivania – su cui ancora era seduta.
Sbuffò e poi si alzò.
«Scusa.»
«Perché
ti scusi?»
«Hai
ragione.
Dovresti scusarti tu con
me.»
Smoker
si
tirò su
seduta nel letto. Prese una maglia e la indossò, con calma,
e nel frattempo
cercò le parole da usare. Quando una cosa era chiara,
però, Smoker aveva solo
quelle parole da sfruttare.
«Avrei
dovuto
parlartene prima. Avevo paura. Non di te: delle conseguenze nel mio
modo di
vivere.»
Sì,
Anne
poteva
immaginare. Per quanto già far sesso con una criminale
venisse condannato dalla
Marina, essere legati da rapporti di amicizia o romantici a un pirata
– che
fosse il primo dei novellini o uno degli Imperatori – era
considerato un reato
peggiore. Solo Garp avrebbe potuto capire quali sentimenti contrastanti
si
agitassero nel cuore di Smoker, e solo per certi versi.
«Posso
capire,
Smokie, ma a rimanere in silenzio non mi hai aiutato.»
«Te
l’ho detto. Non
è facile.»
Anne
le si
avvicinò. Erano in piedi vicino alla scrivania e la luce del
sole scaldava i
polsi di entrambe, visto che le mani di una erano in quelle
dell’altra.
Sulla
fotografia
color seppia era stata aggiunta una lente color del rum.
«Non
ti
chiedo di
lasciar perdere la tua vita in Marina. Ti voglio bene: non ti
chiederò una cosa
del genere.»
Era
il suo tono
più affettuoso, quello che aveva riservato a Rufy dopo la
morte di Sabo. Certo
Smoker non lo sapeva, ma doveva sentirsi onorata, nonostante tutto.
«E
io non lo
chiederò a te.»
«Non
ti
sembra di
aver dimenticato di dirmi qualcosa?»
«A
me non
sembra
proprio.»
Anne
tirò
un
pochino i capelli di Smoker, come una bambina che tira la manica della
giacca
per ottenere l’attenzione che merita.
«Va
bene, va
bene
– ti voglio bene anche io. Contenta?»
In
qualche modo
quell’empasse andava sbloccata. Anne rise, mentre Smoker
scosse la testa e
sorrise appena: poi la giovane diede a Smoker un bacio sul naso e un
soffio di
fuoco giusto sopra l’orecchio. Le scintille bruciarono una
ciocca di capelli di
Smoker, lasciandole l’impronta di una scottatura sulla pelle.
«Che
cosa
combini,
marmocchia?»
«Adesso
sei marchiata a vita, Smokie.»
Note Autrice:
La
frase di
Tashigi “Nessuno su questa nave sa della relazione tra
Cacciatrice Bianca e
Pugno di Fuoco” è una dotta (?)
citazione-parafrasi dal film Balle Spaziali.
Uno dei miei film
preferiti. Ve lo saprei citare quasi tutto a memoria, lol.
È
una sorta
di
regolamento dei conti lasciati in sospeso: quando hanno intrapreso
questa
relazione non pensavano di arrivare al punto in cui una persona
chiarisce i
propri sentimenti all’altra. C’è paura,
nervosismo, anche un po’ di rabbia –
dopotutto Anne scopre che Smoker le vuol bene non attraverso Smoker
stessa, ma
attraverso Tashigi. Certo, avrebbe potuto capirlo prima da sola,
ma—la
rivelazione dei propri sentimenti la apre alla rivelazione dei
sentimenti
dell’altra, diciamo.
E
bon, loro sono
finalmente carine una con l’altra. O meglio: lo sono almeno
in questo momento
importante. Onestamente, penso che entrambe possano essere serie,
perlomeno in
un caso come quello presentato sopra: ci hanno girato attorno per mesi,
ed ecco
che passano a mettere in ordine una questione delle tante.
Prompt:
Fidanzamento.
Diciamo che non sono
un’esperta di relazioni sentimentali, come si sarà
capito dal resto della
raccolta, ma così è andata. Se io non sono
professionista nello scrivere di
certi generi, loro non sono normali, quindi è tutto... nella
norma. Scusate i
giochi di parole, ma sono settimane del cavolo.
Tashigi,
mia
adorata <33 boh, è adorabile. Credo che, nonostante
tutto, rimanga
abbastanza IC: Tash si fida di Smoker e l’appoggia anche in
questa avventura.
Tanto bene a quella fanciulla. E non so, nelle SmoAce in genere non
capita che
ci sia bashing su di lei, perché—con quel testone
di Smokey ci vuole una
ragazza che gli faccia capire le cose (o che faccia entrare un
po’ di sale in
zucca al proprio superiore). E nulla, è una cosa carina,
secondo me. Sono tanto
papà e figlia <3333 o fratello maggiore e sorella
minore? Difficile scelta!
Giuro
che se Oda
mi fa sparire Tash o Smokey come Ace, mmr—aaaaargh! Divento
come Rob Lucci in
versione Zoan. E non faccio le fusa (???) né inseguo
nastrini o esche di piume.
(???) XD
A
breve
arriverà
uno dei miei prompt preferiti, cioè Anello.
Yuppi!
Grazie
a tutti voi
che seguite questa storia e che continuate a leggerla. Un grazie
enormissimo a
Happy_Ely, che come settimana scorsa ci porta un regalo (un disegno)
bellissimo!
Qui
il link -w-
A
settimana
prossima! Stay safe!
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 17 *** Fumo diffuso e inferenze ***
Indice
di fuoco
Fumo
diffuso e
inferenze
Singing
vows before we exchange smoke rings
Smoker
fumava
davvero un sacco. Nella maggior parte dei casi, poi, lasciava appena
socchiusa
la finestra della cabina, mentre la porta era sempre chiusa, per cui
l’aria era
irrespirabile. Ogni tanto l’odore di fumo faceva salire le
lacrime agli occhi.
«L’unica
che non
se ne è mai lamentata è Hina.»
«Com’è
che viene
chiamata? La Gabbia Nera?»
Smoker
annuì. «Una
mia vecchia amica. Se non è ancora schiattata con tutto il
fumo che ha attorno
è solo perché è una grandissima
stronza. Ch.»
Anne
sapeva bene
che, quando Smoker parlava in questa maniera, stava semplicemente
dicendo che
voleva un gran bene a Hina. Ora che ci pensava, Smoker lavorava con
donne
interessanti – certo, Hina era lontana, ma Tashigi, ad
esempio, era una persona
incredibile.
Sia
Tashigi che
Smoker amavano il loro lavoro, che non era esattamente solo un
mestiere: forse
era più un credo? Una sorta di congregazione religiosa? Una
setta di pazzi
stakanovisti? Anne non sapeva come definirlo. Certo era che, se lei
avesse
considerato l’essere pirati un lavoro, allora lei stessa
sarebbe stata una
signorina Stakanov.
Benché
la
finestrella fosse spalancata, ancora non si poteva respirare aria
decente, lì
dentro. Anne ricordava come se fosse successo due minuti prima la volta
in cui
aveva aperto la porta della cabina per fare corrente: Smoker
l’aveva trafitta
con lo sguardo, si era alzata di scatto e aveva sbattuto chiusa la
porta –
povera porta, cancello del Purgatorio degli iracondi.
«Quella
porta sta chiusa,» aveva
detto Smoker, «quando
ci sono io, quella porta rimane
chiusa. Chiaro?»
«Perché?»
«Perché
mi dà
fastidio.»
Il
discorso era
finito così, quella volta. Non c’era stata nessuna
spiegazione degna di questo
nome – d’accordo, per certe preferenze non
c’era bisogno di avere grandi motivi: a una persona poteva piacere il
caffè e a un’altra
no solo in base al sapore. Lo stesso valeva per una porta, ma si sa,
Smoker non fa e non
dice le cose a caso.
E
poi quella era
la porta della sua cabina: se la
voleva chiusa, doveva esserci un motivo ulteriore a quel «Mi
dà fastidio».
«Potresti
spiegarmi perché ti turba così
profondamente lasciare aperta la porta, Smokie? In fondo i
tuoi uomini sanno
che sono qui, se è questo che ti preoccupa.»
«Non
è per
quello.» Rispose Smoker, accendendo il terzo sigaro della
mattinata.
«Perché,
allora?
Non puoi dirmelo?»
«Non
ne ho
voglia.»
Un’altra
indecente
spiegazione uscita dalla boccaccia del commodoro! Questi sviluppi
minacciavano
tempeste all’orizzonte. E dire che, fuori dalla finestra, non
c’era un filo di
nuvole, nonostante il maestrale che fischiava sui fianchi della nave.
Anne
amava il
vento: quando soffiava lo scirocco il fuoco si rimestava nelle sue
vene, quando
c’era levante le fiamme schioccavano insieme al lamento del
vento; quando c’era
maestrale Anne adorava arrostirsi sul ponte come una salamandra.
Il
vento,
dopotutto, alimenta gli incendi.
«Daaaai,
Smokie,
non ci credo,» insistette Anne. Le sue braccia scivolarono
sulla scrivania e
ovviamente tutti i fogli vennero sparsi in giro, quali per terra e
quali in
mezzo ad altri documenti.
Forse
era il vento
a darle fastidio? Le correnti d’aria? Eppure aveva visto
Smoker apprezzare la
brezza sul ponte della nave. Quale diavolo era il motivo della porta
chiusa?
Smoker,
in ogni
caso, non era divertita da quell’abuso di potere di Anne, ora
spalmata in
posizione supina sulla sua scrivania. Se lei non fosse stata arrabbiata
e se
quella scema di Pugno di Fuoco non avesse ridacchiato per la
confusione,
avrebbe pensato che fosse una nuova tecnica di seduzione (completamente
un
disastro, se fosse stato così).
Per
restituirle il
fastidio, Smoker soffiò sulla faccia di Anne un anello di
fumo.
«E-ehi!»
La
giovane quasi cadde giù dalla scrivania, ma si contorse come
un gatto a
mezz’aria e finì per tossire in piedi.
«Questo è stato un colpo basso!»
«Vero.»
«Me
la
pagherai
cara!»
Anne
non fece in
tempo ad avvicinarsi che Smoker le soffiò addosso un altro
anello di fumo, di
diametro minore, ma più spesso. Povera Anne che quasi
sputò un polmone per
colpa di quegli sleali attacchi a sorpresa.
«Guarda
che
ti
brucio tutti i tuoi sigari!»
Anne
si era
accovacciata dall’altra parte della scrivania rispetto alla
sedia, dove Smoker
non poteva vederla. Un silenzio da guerriglia era sceso nella stanza,
quando
improvvisamente il commodoro si accese un altro sigaro.
«Vuoi
davvero
sapere perché tengo la porta chiusa?»
Ah,
vedete che
c’era una spiegazione più difficile, dietro? Anne
ne era certa! Per questo la
sua testa scura apparve sulla superficie della scrivania come il
periscopio di
un sottomarino, piano, con estrema cautela. Poi, con un movimento
buffo, annuì.
«Il
fumo dei
miei
sigari è un po’ come un’estensione di
me. Se rimane del fumo dall’altra parte
della stanza, posso modellarlo a mio piacimento. Ad esempio, del fumo
contro
l’armadio: è come se sentissi la maniglia
dell’anta tra le dita.»
«Cioè
mi stai
dicendo che, se partecipassi a una gara di anelli di fumo, vinceresti
sempre
perché potresti soffiare, non so, una miniatura del Babbo.
Di Barbabianca.»
«Anche.»
Dove
stava andando
a parare, quella maledetta?
...
Un momento!
Gli anelli di fumo!
«Brutta
stro—»
«Ci
sei
arrivata,
allora.»
Un
altro soffio di
fumo in faccia – stava diventando irritante, davvero.
«In
pratica,
ogni
volta che mi stordisci con quella tortura per i polmoni, mi stai
baciando o mi
stai dicendo una cosa carina come “Ti voglio
bene”?»
Smoker
non rispose
e quella fu la risposta.
«Ma
sii un
po’ più
normale, cazzo! Finirai con l’uccidermi! Ti sembra
logico?!»
«Ha
i suoi
vantaggi.»
Anne
mise su un
broncio adorabile, ma Smoker non ci cascò.
«Dammi
quello
stupido sigaro che hai in bocca.»
Il
commodoro
sapeva che, se Anne avesse fumato uno dei sigari, per il proprio
cervello
sarebbe stato praticamente una sorta di viaggio esoterico (per non
usare altri
termini). Forse Anne non se n’era resa conto? In
ogni caso,
Smoker le prestò il sigaro che stava fumando.
«Sta’ attenta a non tirar troppo.
Sai come si fanno?»
Anne
sbuffò
e fece
un tiro – piano, con attenzione, per evitare di soffocare.
Poi le sue labbra si
arricciarono e arrotondarono prima che un piccolo anellino di fumo
scappasse
fuori.
Per
concentrarsi,
Anne aveva chiuso gli occhi e aveva prestato attenzione solo alla
posizione
della propria lingua nella bocca e al fumo, che doveva fermarsi in
gola. Quando
riaprì gli occhi vide il frutto del proprio lavoro
dissiparsi sulla faccia di
Smoker e – la faccia di Smoker. Cos’era
quell’espressione impagabile?
«Smokie,
stai
bene?»
Per
l’amor
del
cielo, non stava bene, stava meglio
di bene. Come dicevamo, fu il viaggio esoterico di un grumo di fumo
nella bocca
di Anne. Avevamo già fatto notare che a Smoker i baci
piacevano?
«Sì,
sì.» Rispose
invece, recuperando il proprio sigaro.
«Perciò
tieni
sempre tutto chiuso per sentirmi sempre attaccata a te?»
«Pensa
quello che
vuoi,» borbottò il commodoro, raccattando e
riordinando i fogli sparpagliati
qua e là. Si ritrovò il viso di Anne a due
centimetri dal proprio, un viso
sorridente, lentigginoso e abbronzato – Smoker le riconobbe
la grande capacità
di inchiodarla sul posto.
«Smokie
è strana,
ma a volte è molto tenera.» Disse Anne, prima di
darle un bacio sul naso e di
scappare via, possibilmente a mettere in disordine altri fogli.
Note
Autrice:
Questa
è
una delle
mie preferite – se non la mia preferita. È stupida
e tenera. Son convinta di
essere una fumatrice (e una bionda) repressa, visto che non sono bionda
e non
fumo, ma scrivo sempre di gente coi capelli chiari e che consuma
sigarette su
sigarette peggio di una ciminiera. E dire che odio l’odore
del fumo, lol.
Il
sottotitolo
è
una citazione dalla canzone 20 Dollar
Nosebleed dei Fall Out Boy (Traduzione: Giurando prima di
scambiarci anelli
di fumo). Inferenza è un
termine che
indica un ragionamento deduttivo. In effetti qui Anne è
piuttosto acuta, anche
se di suo è già una persona piuttosto sveglia.
Narcolessia a parte. Basta
battute brutte!
La
cornice degli
iracondi nel Purgatorio è quella dove le anime camminano
immerse in un fumo
nero. Non vi sembra appropriato, per la cabina di Smokie? XD
Prompt:
Anello.
Mi diverto a inventare
stupidaggini a partire da prompt intelligenti!
Il
prossimo,
già,
è proprio Matrimonio.
Non manca molto
alla fine. (sigh!)
Un
grazie enorme a
Happy_Ely, che anche stavolta ha disegnato
queste due sceme (???).
Grazie
infinite, Ely!
Grazie
a tutti per
aver letto. C:
A
settimana
prossima! Stay safe!
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 18 *** Condividere il giogo ***
Indice
di fuoco
Condividere
il giogo
It’s
Fire, Golden,
In
my Walden
«Ehi,
Smokie,
guarda che ti ho portato!»
Anne,
entrata
dalla porta della cabina – ormai l’equipaggio di
Smoker sapeva della loro
relazione, ancora un po’ e avrebbero trattato Anne come
trattavano Tashigi –,
appoggiò sulla scrivania del commodoro un pacchettino di
dolci.
«Vuoi
avvelenarmi
con dei biscotti?»
«Guarda
che
arrivano dall’isola primaverile di Cinar, sono una
specialità di pastafrolla,
cioccolato e arance. Dovresti ringraziarmi.»
«Grazie.»
Rispose
Smoker, facendole il verso. Figuriamoci, non l’avrebbe
ringraziata come una
normale persona beneducata. «È fondente,
vero?»
«Certo.
Non
sono
disattenta, io.»
Smoker
stava per
acchiappare il sacchetto, aprirlo e assaggiare un biscotto, quando Anne
fu più
veloce e glielo sottrasse. Le fece una linguaccia. «No,
Smokie, non sono cose
da mangiare così. Sono biscotti importanti. Adesso ti spiego
come funzionano.»
Quello
di Anne era
un discorso in preparazione da diverso tempo. Barbanera si trovava
sull’isola
di Banaro e lei non poteva più aspettare. Dal momento che il
duello con Teach
non sarebbe stato facile e che per molto tempo, probabilmente, Anne non
avrebbe
potuto visitare Smoker, la giovane aveva intenzione di sistemare la
loro
relazione in maniera definitiva.
Ma...
definitiva.
Sul serio. Quei biscotti sarebbero stati l’ufficializzazione
del loro—rapporto
stabile. (Qualcosa del genere.)
«Allora,
prendi un
biscotto,» cominciò Anne, rossa in faccia e con le
mani che un po’ le tremolavano,
«lo spezzi a metà,» spezzò il
suddetto biscotto, «e una metà la tieni tu,
l’altra io.»
Smoker
era
perplessa. «Esattamente, cosa stai cercando di dirmi,
Portuguese? Le tue mani
non tremano mai così tanto.»
«Uhm.»
Anne le
tese metà del biscotto e Smoker lo prese. «Adesso
guarda.»
Le
due metà
ovviamente combaciavano. Il commodoro corrugò la fronte.
«...
Cosa
c’è che
non va. Ed è una cosa seria, Anne.»
«Sono
serissima.
Tu terrai una metà, e io l’altra.»
Smoker
annuì, ma –
era chiaro – voleva delle spiegazioni, e le voleva seduta
stante. Quella storia
le piaceva sempre di meno. Aveva tutta l’aria di essere una
di quelle cerimonie
imbarazzanti e che non fanno altro che montare disagio sulle spalle
delle
persone che celebrano.
Che
cosa stavano
celebrando, poi?
«Perché?
Perché
adesso, intendo.»
«Perché
ho trovato
Barbanera: la mia resa dei conti con lui si avvicina.»
«Mi
stai
dicendo
che è un addio? Parla chiaro.»
«Ti
sto
dicendo
che dopo aver punito Barbanera come merita, io tornerò nel
Nuovo Mondo. Dal
Babbo e dal resto della ciurma. Visto che non mi sembra che tu abbia
intenzione
di seguirmi, devo pur legarti a me in qualche modo, no?»
Smoker
era ancora
perplessa e accigliata.
«È
un rito che
facevano i pirati tanto tempo fa,» spiegò Anne.
«Quando la donna rimaneva a
terra, lei e il marinaio che amava spezzavano a metà un
biscotto e ognuno se ne
teneva una parte, così, una volta che lui fosse tornato a
casa, avrebbero
controllato che le due metà combaciassero ancora.
È come uno scambio di
intenzioni.»
Ancora
perplessa e
più accigliata.
«È
molto egoista,
da parte tua,» disse Smoker.
«Cos—pensavo
che
fosse—»
«Sto
scherzando.»
Disse il commodoro, sorridendo nella solita maniera da faccia da
schiaffi (era
difficile farle tirare fuori un sorriso affettuoso, dopotutto).
Avvicinò la
propria metà del biscotto alla metà di Anne.
«Va bene. Terrò il mio pezzo di
biscotto. Gli altri posso mangiarmeli o no?»
«Sì
che puoi
mangiarli, Smokie, ma non è quello il punto, e lo
sai.»
«Lo
so. Ma
so che
tu passerai di qua nel viaggio di ritorno al Nuovo Mondo, e so che non
dovrò
preoccuparmi di te. Tu non dovrai preoccuparti di me.»
Anne
sospirò,
rassegnata. Era anche molto felice, però. Qualunque cosa
fosse successa, poteva
star certa che Smoker non si sarebbe sottratta a quella promessa.
«Allora
giuri?»
«Giuro.»
Il
biscotto non fu
dimenticato, in nessun modo: semplicemente, decisero di siglare il loro
accordo
non davanti a un sindaco o al secondo in comando, ma sul letto
– che a quel
punto era diventato di loro comune proprietà. Si trattava
di
ufficializzare la loro unione (anche se non sarebbe mai stato un
matrimonio
valido, in nessun tribunale) prima di allontanarsi per
chissà quanto tempo.
La
distanza era un
impedimento minaccioso. Per questo motivo si erano sposate,
per quanto il termine potesse suonare strano. Avrebbero
preferito il termine coniuge, se ne
avessero saputo l’origine.
Due
coniugi sono
due persone che portano assieme il giogo. Nel loro caso, questo
ostacolo le
avrebbe condotte in luoghi diversi; Anne e
Smoker non avrebbero smesso di
procedere diritte sulla rotta scelta – che a quel punto era
diventata di loro comune
proprietà.
Smoker,
dopo il
disastro di Banaro e dopo la guerra a Marineford, si sarebbe chiesta
prepotentemente se la propria influenza non trascinasse alla morte le
persone a
lei care – e che cosa avrebbe dovuto fare davvero
in quella carneficina. Si sentì come se avesse infranto un
giuramento, ma—allo
stesso tempo sapeva che quegli incubi si sarebbero ripresentati anche
nel caso
in cui avesse deciso di scendere in campo per salvare la condannata a
morte.
La
sua metà
del
biscotto sarebbe finita inzuppata, ma quella promessa sarebbe stata
mantenuta, finché amore non le
separi.
Note Autrice:
Il
biscotto
è
finito inzuppato nel caffè o nelle lacrime? Tremate,
tremate, le streghe
(l’autrice + angst) son tornate!
Prompt:
Matrimonio.
Probabilmente qui sia Anne
che Smoker sono un po’ fuori dal personaggio normale, ma
tenendo conto che
tutto, in questa raccolta, è basato su quelle due pagine di
manga in cui Ace e
Smoker sono comparsi assieme... Spero me lo perdonerete. Considerando
inoltre che
questa raccolta, a parte un paio di prompt, è pensata per
essere una sorta di
racconto della loro relazione, diciamo che una cosa semi-dolce, a
questo punto
del macrotesto, la potevo strappare dai loro personaggi. Non
è facile muoverle
in un contesto romantico e questo prompt mi ci ha costretto,
praticamente. LOL.
Attraverso
il
biscotto a metà le due si scambiano, in sostanza, la
promessa che due persone
si scambiano nella celebrazione del matrimonio. Finchè morte
non ci separi: la
morte improvvisa e brutale di Anne, però, non tronca la
promessa che lei e
Smoker si sono fatte, causa l’amore che Smoker porta ad Anne.
(ma non è
troppo triste?) Il fatto è: Smoker, anche in un
contesto come questo, si
sarebbe mossa e schierata dalla parte di chi voleva salvare Anne a
Marineford?
Eh. Me lo chiedo da un po’. Chissà. (Penso di no,
ma comunque.)
Il
sottotitolo
è
una citazione dalla canzone My Walden
dei Nightwish. Nel Walden, che è praticamente un rifugio
nella natura, c’è il
fuoco e c’è l’oro, che rimandano ad Anne
e anche a una fede d’oro. E poi quello
è il loro Walden, il loro rifugio.
Ho
quasi finito di
rompervi l’anima (???) con questa raccolta. Ancora due shots
e ci siamo. Sette
giorni e ci rivedremo con Amore in
vecchiaia.
Grazie
per aver
letto. Come sempre, per qualsiasi domanda potete contattarmi attraverso
EFP.
Giuro solennemente di non avere buone intenz—volevo dire, non
mordo, giuro! C:
A
settimana
prossima! Stay safe!
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 19 *** Le ultime Grigie ***
Indice
di fuoco
Le ultime Grigie
Un
cuore che ama è sempre giovane
«Smokie,
Tashigi
mi ha raccontato una storia interessante su di te.»
«M’immagino.»
Anne
stava
camminando per la cabina stringendo tra le braccia il cuscino di
Smoker. Aveva
detto che lo stava sprimacciando, ma in realtà ci stava
giocando, come al
solito. «Ha detto che i bambini ti adorano. Una volta sei
finita contro una
bambina che stava mangiando il gelato e le hai detto che i
tuoi pantaloni si erano mangiati il suo gelato.»
«È
vero. E le ho
anche dato dei soldi per comprarsene uno più grande. E
allora?»
Pugno
di Fuoco
strinse il cuscino con più forza, come se lo stesse
spremendo per farci
un’aranciata di piume. Sembrava tesa. «Ti ricordi
di quando ti ho parlato di
Sabo...?»
«Sì.»
«Secondo
me, anche
lui sarebbe stato bravo con i bambini.»
Dopo
quella
confessione, rimasero in silenzio. Smoker annuì e poi
riprese a leggere il
resoconto di un’altra discussione del Comando, mentre Anne
cominciò a rigirarsi
sul letto, annoiata. Visto che non sapeva cosa fare,
continuò a pensare ad alta
voce.
«Forse
non saresti
brava con i tuoi figli, ma con dei nipoti, magari... Saresti una nonna
epica.»
«Ti
ringrazio, lo
prenderò come un complimento,» rispose Smoker, con
lo stesso tono con cui si
sarebbe rivolta a un impiegato a uno sportello della posta.
«Era un complimento, stronza!»
E
il cuscino venne
lanciato sulle spalle di Smoker, ignorato da questa, finito per terra.
Anne era
ancora annoiata, però.
«Li
vizieresti
tutto il tempo e saresti la nonnina zitella più amata della
città.»
«Hai
intenzione di
morire prima di invecchiare, marmocchia?»
Veramente
Anne
pensava che Smoker si sarebbe stancata di lei, o che lei si sarebbe
stancata di
Smoker, prima di un anno di relazione più o meno
affettivo-beneficiaria. E poi
c’erano quindici anni di differenza tra loro, praticamente:
quando Smoker fosse
arrivata alla vecchiaia, Anne sarebbe stata, al confronto, una
ragazzina. Poi
pensò che agli occhi del commodoro lei sarebbe stata sempre una marmocchia, e il pensiero la
innervosiva e la
rassicurava allo stesso tempo.
Anne chiuse
gli occhi per immaginarsi la vita a cinquanta, sessant’anni,
settanta. Non
trovava immagini precise: c’erano solo figure indefinite che
continuavano a
mescolarsi tra loro, un vociare indistinto, i colori si sovrapponevano
e si
separavano come le onde sulla spiaggia, non c’era nulla su
cui focalizzarsi.
Poi sentì la sedia scorrere sul pavimento e aprì
gli occhi: Smoker, ancora
seduta, aveva girato la sedia in modo tale che, abbassando la testa,
potesse
guardare negli occhi Anne, ancora sdraiata sul letto.
«...
Smokie?»
Chiese Anne, incuriosita. Col tempo, si era aperta poco a poco a
Smoker: ora la
donna era in grado di intuire i pensieri di Anne e questo poteva essere
un’arma
a doppio taglio per entrambe.
«Se
muori prima,
ti ammazzo.»
Poi
Smoker tornò a
lavorare sui propri fogli.
«Ehi,
Smokie,
frena un attimo.»
Silenzio.
«Cosa
vorresti
dire con—quello che hai detto?»
«Quello
che ho
detto: hai intenzione di morire prima del tempo?»
«No,
non voglio.»
Anche
se spesso ho pensato che
forse—sarebbe meglio se—
«E
allora sii più
creativa, marmocchia. Io ho ancora del lavoro da fare. Se devi
immaginare
qualcosa o qualcuno, cerca di farlo con più precisione
possibile.»
Accidenti,
Smoker
aveva davvero un ottimo intuito.
Anne
rotolò nel
letto per un paio di minuti, con in viso un broncio dovuto
all’impegno profuso
nel ricostruire Smoker in versione signora zitella. Smoker con le rughe
(della
vecchiaia, non del fastidio, quelle ce le aveva già); Smoker
con un bastone da
passeggio; Smoker con i sigari in bocca e un dottore o una dottoressa
che le
ripetono tutti i santi giorni di smettere di fumare; Smoker che, stufa
di stare
con le mani in mano, va ad addestrare i novellini della Marina
– ecco, non si
sarebbe comportata esattamente come con dei bambini, ma sarebbe stata
una brava
insegnante comunque; Smoker con la dentiera e che si ostina a fumare,
tanto
nessuno sarebbe sempre attorno a lei a requisirle i sigari fino a tempo
indeterminato.
L’ultimo
pensiero
la colpì con violenza. Tutti gli
eroi
muoiono giovani. Anne riusciva ora a immaginare Smoker nella
vecchiaia, ma
non riusciva ad immaginare se stessa accanto a lei, e—questo
la spaventava
molto.
Era
paura della
morte fisica come di quella del proprio spirito. Il rimorso nei
confronti di
Thatch e Sabo l’assalì e Anne dovette stringere le
mani a pugno e sbuffare
profondamente per respingere l’attacco di quel sentimento
che, come sempre,
l’avrebbe portata all’odio per se stessa.
Recuperò il cuscino che era finito
per terra e se lo portò al cuore, nel tentativo di tamponare
una ferita che non
si era mai rimarginata nel suo animo, ripetutamente pugnalato dalla
vita a
partire dal concepimento – che era stato un male, che era
stato un peccato da
ripulire con il sangue.
No,
non sarebbe
arrivata alla vecchiaia perché sentiva che il proprio cuore
era già vecchio per
i troppi dolori e per il troppo amore. Anne era stata sottoposta a
tante
emozioni fortissime e contrastanti, nel corso di vent’anni di
vita, al punto
che sarebbe scoppiata molto prima dei cinquanta o dei
sessant’anni.
Guardò
la schiena
di Smoker e le sue mani sui fogli; le sue dita chiare e le unghie
corte. Pensò
che Smoker, da bella donna qual era, sarebbe invecchiata bene. Da una
ghianda
forte poteva crescere una quercia millenaria.
Poi,
l’illuminazione.
«Ehi,
Smokie, ma
tu, da nonnina zitella, avresti sempre i capelli di questo colore
grigio
triste?»
«Probabile.
Non mi
dici sempre che sono vecchia, marmocchia?»
Tra
noi due, quella già vecchia sono io,
pensò Anne, con un sorriso amaro dietro a
un «Sì» divertito.
Note
Autrice:
Angst
incoming. Preparatevi
per la prossima settimana.
Il
titolo è il
rimaneggiamento del titolo The Last
Amazing Grays dei Sonata Arctica. Il sottotitolo è
la traduzione italiana
di un proverbio greco.
Il
prompt era: Amore in vecchiaia.
Anne
non riesce ad
immaginare se stessa invecchiata, mentre riesce a inquadrare benissimo
Smoker.
C’è la paura che l’amore per Smoker
possa affievolirsi fino a scomparire e che
questo possa succedere in un tempo relativamente molto più
stretto – uno, due
anni –, cosa che nella vita può accadere. La paura
che l’amore possa scomparire
è solo una faccia di un’altra paura, quella della
morte: morte del corpo, dello
spirito, della speranza, delle emozioni, dunque anche
dell’amore. Anne riesce a
immaginarsi una Smoker che, anche nella vecchiaia, rimane viva e, in
qualche
modo, giovane. Pensando questo, si sente immensamente vecchia, provata
già fin
troppo dalla vita. Cosa succede ai bracci del compasso quando si
arrugginiscono? Che il compasso può non funzionare
più.
E
sì, il prossimo
sarà – tanto per gioire – Amore
a scoppio
ritardato. Si tratterà del capitolo conclusivo
della raccolta, e sarà un
capitolo a sè, una sorta di AR (alternate reality) rispetto
alla realtà di
questi precendenti capitoli (un po’ come la shot Amore non ricambiato, per intenderci).
Preparate fazzoletti e
cioccolato – o forse no? Io li ho preparati lo stesso, lol.
Spero
che vi sia
piaciuta anche questa shot. Un grazie grandissimo a Happy_Ely,
come sempre, che ci porta un nuovo disegno!
Grazie, Ely!
;)
Grazie
per aver
letto. A settimana prossima! Take
care!
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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Capitolo 20 *** Perdendo lo smalto ***
Indice
di fuoco
Perdendo
lo smalto
The ashes are all cold now
No more bullets and the embers are
dead
(I’ll bury it all with me down in my
grave)
Ch. Portuguese D. Anne
era morta da mesi e Smoker non aveva potuto fare altro che rigirarsi
quella
scheggia di perla rossa tra le mani, come se fosse uno di quegli
aggeggi
antistress per novellini al primo colloquio.
Tashigi
l’aveva
vista scheggiare una di quelle sferette della collana della defunta
Portuguese
D. Anne mentre Smoker credeva di non essere vista. Tashigi la guardava
consumare quella metà di perlina tra le mani come un chiodo
fisso consuma la
ragione di una persona.
Tashigi sopportava
la vista di tutto questo e non sapeva come parlare alla propria
superiore. Ci
aveva provato una volta sola e quella volta Smoker l’aveva
squadrata come se fosse stata un fantasma: la sua reazione aveva spaventato Tashigi, che era
rimasta
in silenzio. Smoker poi aveva grugnito qualcosa di incomprensibile e
aveva
chiuso la porta della propria cabina con uno schiocco assordante. Per
molti
giorni era rimasta chiusa là dentro.
Qualcuno avrebbe
potuto pensare che il comportamento anomalo di Smoker fosse dovuto alle
proporzioni della guerra sostenuta a Marineford: Tashigi sapeva che
c’era
qualcos’altro, sotto. Qualcosa che poteva assomigliare a
quello che lei stessa
aveva provato dopo Alabasta, ma non era lo stesso. Smoker sarebbe stata
in
grado di reagire prontamente, in un caso del genere: il problema non
era il suo
concetto di giustizia, com’era successo a Tashigi.
Il problema era
che Smoker si era accorta di aver perso
un’opportunità. Si rigirava quel
pezzetto di perlina tra le mani e riusciva a scorgerci quello che
sarebbe
potuto essere e che mai sarebbe stato.
Smoker si stava
consumando in una stranissima nostalgia e si stava alimentando di un
sogno, in
un ciclo continuo di rielaborazione e distruzione.
Tashigi sapeva
com’era fatta la sua superiore: impiegava lungo tempo ad
aggiustarsi alle
persone importanti nella propria vita, ma una volta che i suoi affetti
erano
stati decisi difficilmente se ne liberava – traditori a
parte. Anne non
l’aveva tradita perché innanzitutto non
c’era nulla da tradire tra di loro (non
era amore, non c’era stato):
ecco
quindi che, quando aveva capito che l’amore c’era
almeno da parte propria,
Smoker si era ritrovata senza possibilità di realizzarlo
– senza possibilità di
dirlo. Questo era ciò che la stava sgretolando.
Dopo cinque giorni
da quando Tashigi aveva tentato di parlarle, Smoker aprì la
porta della propria
cabina. In bocca aveva due sigari, negli occhi una decisione a cui
Tashigi
disse subito Sì, appena
la scorse.
«Vado a
parlare con Kuzan.»
«Sì,
signora.»
Chissà
quanto
tempo avrebbe impiegato a ricucirsi il cuore, ridotta com’era
in quella
condizione. Si sarebbe tuffata nel proprio lavoro, e Tashigi e i suoi
uomini
l’avrebbero seguita con dedizione, senza mancarle di rispetto
per quel momento
– per quei giorni – di debolezza. Non si sarebbe
risparmiata: la sua missione
era e rimaneva catturare Cappello di Paglia. Non l’avrebbe
fermata un piccolo incidente di
percorso, né un
mancato battito cardiaco, né
un’infinità di rimpianti.
Chi
l’avrebbe mai
detto che rivedere Cappello di Paglia dopo due anni potesse farle
quell’effetto. Non sembrava cambiato, da lontano: era sempre
uno stupido
incosciente con un cappello che Smoker aveva già visto a
Loguetown, molto tempo
prima. Una volta a terra, coinvolti nei festeggiamenti tra bambini
giganti,
marine e pirati, Smoker sentì perfettamente
cos’era cambiato in Rufy.
Quel ragazzino non
aveva superato la morte della sorella, ma non si era mai neanche
arreso. Non
soccombeva davanti al ricordo del petto di Anne squarciato dal magma;
resisteva; cercava di superare il trauma di quel giorno con
l’aiuto dei propri
compagni e amici.
Prima ancora di
essere un pirata, Cappello di Paglia era una persona onorevole. Il
pensiero di
essere alle sue calcagna, in qualche modo, la faceva sentire meglio.
La metà
perlina
che Smoker aveva in tasca parve bruciare le dita che la strofinavano.
Seduta in
disparte, tirò fuori la semisfera dalla tasca, se la
rigirò tra le mani, e
quasi le venne un colpo quando Cappello di Paglia comparve dal nulla
per
gridare: «Ehi! Quella sembra una perlina della collana di
Dadan!»
Smoker fece
sparire il suo personale strumento di tortura prima che Rufy potesse
acchiapparlo.
«Devi
proprio,
Cappello di Paglia?»
«Sai,
Fumosa,
Dadan è la donna che ha allevato Anne e me. Anne aveva una
collana fatta con delle
perline rosse.»
Come
potrei non
saperlo?
«Cosa stai
cercando di dirmi, Cappello di Paglia?»
«Sembravi
triste,
Fumosa,» esclamò Rufy, senza preoccuparsi di
sembrare invadente. «Non c’è
bisogno di essere tristi per quello che è successo. Ci sono
i bei ricordi a
tenere viva la memoria delle persone.»
«Non ho bei
ricordi, pirata. Solo sogni.»
«Anche
quelli
possono servirti, ma... mi spiace. Fumosa, ho capito
cosa—»
Il marmocchio era
troppo sveglio. Smoker lo doveva interrompere prima che dicesse la
verità.
«Puoi
tornartene
ai tuoi festeggiamenti, per favore?» Più un ordine
che un invito, Smoker prese
Rufy per il collo e lo scaraventò con pochi scrupoli verso
il calderone,
l’anima della festa. Così potè sfregare
le mani sulla propria mezza perlina
come se quella fosse una saponetta mezza
consumata: come se, aggrovigliandocisi sopra le dita, potesse lavare
via
l’orribile sensazione di un amore abortito.
A furia di
toccarlo e torturarlo e di dirgli Memento
Mori, quel pezzetto di perlina era diventato rosa. Il colore
era colato via
come la patina scadente di una brutta giornata. Non che le importasse
granché:
al buio era solo una semisfera nera, mentre nei suoi occhi era sempre
rosso
fuoco.
Note
Autrice:
Buongiorno, buon
pomeriggio, buonasera e buonanotte a tutti!
Come sempre,
prompt: Amore a scoppio ritardato;
primo sottotitolo dalla canzone Nuclear
di Mike Oldfield; sottotitolo tra parentesi dalla canzone To The Grave dei Morcheeba (altra
canzone SmoAce, aiut-). Nuclear
è una canzone contro la guerra:
mi è sembrato un buon finale per questa storia. Le guerre
sono belle solo sulle
pagine dei libri. Ma conoscere è necessario anche quando
comprendere è
impossibile, diceva il buon vecchio Levi.
Traduzioni: Le
ceneri sono fredde, ormai / finiti i proiettili, e spente le braci /
(Seppellirò tutto con me, giù nella mia tomba)
Smoker si rende
conto dei propri sentimenti troppo tardi. Anche quando Rufy prova a
dirle che
ci sono i ricordi – no, non va: non ci sono ricordi, Smoker
potrà nutrirsi solo
di sogni. Non è solo la perlina della collana di Anne a
perdere colore: anche
Smokie si sente stanca e infiacchita da tutte le questioni che ha nella
testa e
contro cui combatte ogni giorno. Starà perdendo lo smalto
anche lei? Chissà.
Perché la
mezza
perlina? Per due motivi: perché a metà
è come la metà biscotto del capitolo
“Condividere il giogo”, e poi perché
volevo che le ultime parole di questo
capitolo fossero rosso e fuoco, cioè le stesse parole
che
concludono il primo capitolo. Sì io mi diverto
così.
Questa raccolta mi
ha preso davvero un sacco. Mi ci sono emozionata parecchio. Adoro
muovere Anne
e Smokie e spero che, almeno un po’, vi siano piaciute per
come sono state
interpretate. Mi farebbe proprio piacere se così fosse.
Se non altro,
probabilmente avrete scoperto un sacco di nuove canzoni, no? XD
Però
davvero, se
vi ha fatto piacere, fatemelo sapere. Ehi, anche se vi ha fatto schifo,
perché
no? O perché non vi ha convinto, o se vi ha divertito. Se vi
ha lasciato
qualcosa, ecco.
Grazie per
l’ascolto e la pazienza. Ci risentiremo quando
sarò riuscita a finire la
prossima raccolta SmoAce e comincerò a pubblicarla: nel
frattempo potrebbe
scapparmi qualche altra storia autoconclusiva SmoAce (sto mettendo su
l’idea di
una raccolta veloce veloce ispirata alla sfida 1sentence
con tutte le
tabelle, ma onestamente il tempo manca sempre). Spero leggerete anche
queste
ipotetiche, future storie. C:
Vi ringrazio molto
per avermi seguito – chi segue sa di chi sto parlando C:
ringrazio in
particolare i love Ace 30 per la
sua
recensione al capitolo 5! Un grazie enormissimo e giganteschissimo
(????) va a Happy_Ely, che mi ha
supportato così a
lungo! Ely, a te va un grazie!
grande
quanto una stella di cinquanta masse solari, anche perché ci porti un altro disegno
bellissimo!
Sono molto felice
di tutto questo appoggio. Grazie davvero, persone dietro lo schermo di
casa, mi
rendete una fanwriter felice. Intanto è la prima
“storia a capitoli”, diciamo,
che porto a termine: ci ho provato già altre volte, ma non
mi è andata così
bene. Nei casi precedenti mi sono lasciata prendere dai sogni e non ho
messo le
storie su carta; questa volta, invece, ci sono riuscita, e sono onorata
di aver
avuto ben sei cavalieri e cavalieresse (come funziona, al femminile?
Insomma,
guerrieri e guerriere, tipo Xena, ecco!) a seguire venti shot su
‘ste due
matte. Grazie, grazie, grazie!
E tanto per fare
la persona internazionale... Take care till we meet again on these
smoace
shores.
Jo, out!
claws_Jo
Questi
personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di
Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno
scopo di lucro.
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