Don't tell me bye bye

di Nihal_Dubhe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Miss Right ***
Capitolo 2: *** Where did you come from (pt.1) ***
Capitolo 3: *** Where did you come from (pt.2) ***
Capitolo 4: *** Where did you come from (pt.3) ***



Capitolo 1
*** Miss Right ***


N.B. So che sono brutte le  note a inizio storia, ma è un dettaglio importante. La parte di testo della canzone ad inizio capitolo è un riferimento ai pensieri di colui che la canta, non per forza del personaggio a cui si riferisce il punto di vista del capitolo! ^^




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"...I think he* has come,
I'm in front of the person
Who shakes up my heart
I think I'm attracted to you
Like a magnet, right now
Your life, your heart, your face, your line
Like a pice of a puzzle,
You fit into my ideal type
Oh God, I'm like the wind
That is led by the weather that is you
You're a flower, I'm a bee,
I'm only going toward you..."
[J-Hope]

 ▌▌Pause



Arrivai al ristorante venti minuti in anticipo rispetto all'inizio del mio turno. Sgattaiolai dentro dalla porta sul retro senza farmi vedere da nessuno. Non lo facevo assolutamente per odio verso i miei colleghi; semplicemente volevo godermi fino all'ultimo quei momenti tranquilli per me. Con loro avrei già condiviso il resto della serata.
Raggiunsi il mio armadietto e aprii il lucchetto. Poggiai per terra davanti a me lo zaino che mi ero portato per prendere da dentro le magliette di ricambio della divisa. Lavorando tre giorni alla settimana avevo bisogno di altrettanti cambi, ma ero troppo pigro per portarmeli giorno per giorno. Così era nata quella routine: il martedì portavo tre magliette e il sabato le riportavo tutte a casa sporche per poterle lavare con la macchinata della domenica. Ne sistemai due sul ripiano più alto lasciandone una fuori, appoggiata sopra lo zaino. I pantaloni invece spesso li indossavo direttamente da casa essendo neri e piuttosto normali.
Feci passare l'ipod e di conseguenza anche il cavo degli auricolari sotto felpa e maglia così da poter continuare ad ascoltare la canzone fino alla fine anche mentre mi cambiavo. Cercai di assorbire da quella musica tutte le vibrazioni positive che mi trasmetteva per poter iniziare a lavorare al meglio. Cambiai anche le scarpe e allacciai in vita il grembiule. Prima di avviarmi nella cucina del locale riposi con cura mp3 e cellulare e infine richiusi il lucchetto.
Appena aprii la porta fui investito, come al solito, da una nube di vapore, segno che i cuochi erano già all'opera nonostante mancasse ancora un'ora all'apertura. Quello era il principale motivo per cui mi ero visto costretto ad indossare già dalle prime volte le lenti a contatto: avevo scoperto fin da subito a mie spese quanto fosse difficile lavorare con gli occhiali perennemente appannati o, ancora peggio, quanto fosse poco piacevole recuperarli dall'acqua bollente per le stoviglie.
<< Buon pomeriggio a tutti. >>
Alcuni ricambiarono con un vero saluto, altri troppo impegnati solo con dei cenni. Ripetei il saluto anche ai camerieri che si trovavano in sala ad apparecchiare i tavoli.
<< Hey, Jiminie! Ben arrivato. Mi sa che tu Hoseok non l'hai mai incontrato. Lavora con noi da alcuni anni ma ultimamente ha dovuto cambiare giorni. D'ora in poi avrete diversi turni in comune. >>
Era stato il mio capo a parlare. Nel frattempo mi indicò un ragazzo vestito con la divisa da cameriere che si avvicinò appena sentì il suo nome.
<< Mi raccomando Hoseok, prenditi cura di Jimin. >> e detto ciò mi lasciò da solo con quel ragazzo.
Capelli neri, di qualche centimetro più alto di me e con il sorriso più radioso che avessi mai visto.
<< Jiminsshi! Piacere! Sono Jung Hoseok, ma qui quasi tutti i figli dei clienti mi chiamano Hobi. Lavoriamo bene insieme! >>
Tutti quei sorrisi mi misero di buon umore.
<< Piacere Hoseok-hyung, sono Park Jimin. Ti prego di prenderti cura di me. >>
Gli rivolsi anche io un sorriso e un piccolo inchino. Lui mi diede una pacca sulle spalle.
<< Purtroppo ora devo proprio andare, ma a fine turno chiacchieriamo! Ci tengo. Buon lavoro. >>
<< Anche a te. A più tardi. >>
Tornai nelle cucine e mi occupai di sistemare la dispensa, sistemando sugli scaffali tutti i prodotti che non andavano in frigo, i quali invece erano stati sistemati già al mattino ancora freschi da qualcun'altro. Mi piaceva occuparmi di quella parte. Era come un gioco ad incastro dove ogni cosa doveva trovare il suo specifico posto in base alla forma, alla quantità e alla frequenza del suo utilizzo. Inoltre era il compito meno pesante tra le mie mansioni: era sicuramente meglio rispetto al lavare i piatti. Nonostante fossi stato assunto appunto come lavapiatti, fortunatamente mi avevano affidato diversi lavori manuali.
<< Ragazzi, il “Mouse” apre! >> sentenziò la testa del capo apparsa dalla porta socchiusa della cucina.
Erano le fatidiche parole che davano il via ad una serata frenetica. Essendo il nostro un ristorante per famiglie l'orario di apertura era alle sette di sera e già alle undici si iniziava a smontare tutto. Il difficile era riuscire a star dietro ai bambini di tutte le età e alle loro mille richieste. Fortunatamente non ero io a dovermene occupare, tuttavia risentivo del clima generale. Di lì a poco i clienti iniziarono ad entrare e le varie pentole e padelle sporche crebbero in modo esponenziale.
Sistemai il più velocemente le ultime cose nella dispensa e raggiunsi la mia postazione. Guanti e spugna alla mano, iniziai a fare ciò per cui ero davvero pagato: grattare cibo incrostato.
In un momento di relativa calma la mia mente vagò fino a concentrarsi sul nome del ristorante. “Mouse”, topo. La prima volta, quando mi ero presentato sotto consiglio di un amico, mi ero convinto fosse un pessimo nome. Chi voleva associare i ratti al cibo e alla cucina? Avevo sentito di locali che avevano chiuso i battenti per colpa di avvistamenti di topi. Dopotutto Seoul era una metropoli e, come in moltissime altre città, era impossibile controllare il numero di topi quindi poteva capitare che si intrufolassero dal retro, usciti da qualche tombino e spinti fin lì dal cibo.
Il “Mouse” invece aveva fatto della sua icona a forma di topolino un marchio di qualità ma soprattutto di divertimento per i clienti più piccoli. Le tovagliette di carta su ogni tavolo erano decorate con il disegno in bianco e nero di un topolino che fuggiva all'agguato di un grosso gatto e all'ingresso il capo distribuiva una piccola confezione di matite colorate per ogni bambino. Inoltre a fine pasto insieme al dolce venivano portati dei cioccolatini con la forma di questo animaletto. Erano anche queste piccole attenzioni del gestore ad assicurare quasi tutte le sere il pieno.
Uno dei camerieri entrò a ritirare gli ordini e mi distrasse. Da dov'ero riuscivo a vedere attraverso il vetro ad oblò della porta gli ultimi tavoli. Hoseok stava sparecchiando i piatti di una delle tante famiglie. Il figlio piccolo aveva un'espressione davvero imbronciata, come se volesse gridare da un momento all'altro. Il continuo via vai degli altri camerieri fece si che le voci della sala si riversassero spesso nella cucina.
<< Hoseok-sshi! Guarda che faccia brutta che mi fa! Aiut-
La porta si richiuse alle spalle di qualcuno.
Lo vidi accarezzare la testa del piccolo e piegarsi sulle ginocchia per potersi avvicinare di più.
<< Che succ- Hobi hyu- fare qualcosa? >>
Molte sue parole si persero nel chiasso generale e la porta fu richiusa un'altra volta.
Continuai ad osservare la scena. Sembrava davvero preoccupato per il broncio di quel bambino. Lo vidi rivolgersi sia alla madre che al figlio diverse volte, ma quest'ultimo non sembrava intenzionato ad aprir bocca. All'improvviso si illuminò e si allontanò velocemente dal tavolo. Cosa gli era preso? Come mai dava così tante attenzioni a quei clienti?
Dopo poco Hoseok tornò all'interno della visuale offerta dall'oblò. Aveva in mano una confezione di matite colorate che subito porse al bimbo. Questo divenne alla velocità della luce il ritratto della felicità, ma anche l'espressione dello hyung non sembrava da meno. La madre iniziò ad inchinare la testa più volte sorridendo riconoscente mentre il figlio si lanciava in pastrocchi artistici sulla tovaglietta. Hoseok sembrava in imbarazzo e si grattava il collo mentre si inchinava a sua volta.
Uno scappellotto mi riportò alla realtà di padelle sporche che mi circondava.
<< Aish! Ma! Che male. >>
Mi voltai di scatto e vidi il ragazzo delle consegne a domicilio ridere sotto i baffi.
<< Jiminie, meglio essere colpito da me che dal capo. Basta spiare i tuoi colleghi. >>
<< Grazie Yoongi hyung, fortuna che ci sei tu. >>
Alzai gli occhi al cielo e scoppiai a ridere anche io. Non era un ragazzo con cui avevo parlato spesso, ma mi era sempre sembrato un tipo molto serio e piuttosto riservato sulle questioni personali. La sua attenzione però era già altrove e dopo aver gridato a destra e a manca chiedendo dove fossero le pizze per la sua consegna, sistemò il portapacchi sulla moto e ripartì.
Io mi concentrai nuovamente sul mio lavoro che continuava ad aumentare via via che l'ora si faceva più tarda, dimenticandomi completamente della sala al di là dell'oblò. Rivolgere tutte le mie attenzioni a qualcosa di manuale mi permetteva di liberare la mente. Almeno per quella sera non volevo pensare alle domande che mi tormentavano così spesso. Mesi prima, quando mi ero trasferito a Seoul, ero stato davvero convinto che scappare da mia madre, che a quelle domande dava voce ogni giorno, mi avrebbe aiutato a far chiarezza nella mia vita. Mi sembrava l'unico metodo possibile per ritrovare la tranquillità; inoltre quell'aumento improvviso di responsabilità mi avrebbe sicuramente aiutato a maturare. Invece quei dubbi sulla mia vita me li ero trascinati dietro fin lì ed ora era la mia coscienza a ripetermi di continuo quelle stesse domande. Ma almeno per quella sera le mie uniche preoccupazioni sarebbero state le pentole incrostate e le teglie unte.
La cucina si fece via via più silenziosa col passare delle ore. L'orologio mi ricordò che mancava poco alla fine del mio turno. Svuotai l'ultima lavastoviglie riempita di piatti e bicchieri e fui finalmente libero di andarmi a cambiare. Sbadigliando entrai nella stanzetta adiacente dove c'erano gli armadietti.
<< Hey, hai appena finito anche tu? >>
Fissai il tipo seduto sulla panca intento a cambiarsi le scarpe per qualche secondo prima di riconoscerlo.
<< Ah, Hoseok-hyung, scusami, sono stanco e non ti avevo riconosciuto subito. >>
Lui si mise a ridere con un'energia che gli invidiai davvero molto mentre io mi lasciavo cadere a sedere accanto a lui come un sacco di patate. Per un attimo appoggiai i gomiti sulle ginocchia e la testa sulle mani. Potevo riposarmi un attimo prima di tornare a casa.
<< Sembri molto stanco Jiminie, sicuro di avere le forze per tornare a casa? >>
Solo un attimo.
<< Jiminie? >>

Giusto un att-

<< Hey! >>
Tirai su la testa di scatto.
<< Cosa? >>
Ero consapevole di avere un'espressione davvero persa nel vuoto. Mi ero davvero quasi addormentato lì seduto? Hoseok aveva una mano sulla mia spalla e mi scuoteva. Sembrava spaventato e io a vedere la sua faccia scoppiai a ridere. Sembrava tanto una mamma preoccupata. Forse era per quello che prima era riuscito a capire cos'avesse quel bambino.
<< Mi guardi come una mamma. >>
Il suo viso si addolcì.
<< Allora ti ordino di cambiarti alla svelta e di andare subito a dormire! >>
Il falsetto che usò mi fece divertire ancora di più.
<< Scusami per prima. Ora sono abbastanza sveglio. Anche se non credo di aver la forza di cambiarmi. Porterò tutto a casa per sta volta. >>
Con qualche difficoltà aprii il lucchetto e riempii lo zaino con le mie cose, facendoci stare a forza anche le scarpe. Tenni fuori solo l'ipod e il cellulare.
<< Tu invece non sei stanco? Dev'essere difficile con tutti quei bambini. >>
<< Non è la parte più bella? Quei marmocchi sanno essere davvero divertenti, basta starli a sentire. >>
Non era la risposta che mi sarei aspettato, ma la sua espressione intenerita mi confermò che la pensava davvero così. 
<< Sarai davvero un ottimo papà, hyung. >>
Lui scoppiò di nuovo a ridere. Sembrava davvero che le energie non gli mancassero mai. Controllai l'ora sul cellulare. Era davvero tardi. Cinque chiamate perse.
<< Grazie, grazie. Hey, sicuro di non volere un pass-
<< Scusami, hyung devo scappare! Alla prossima. Grazie per il duro lavoro. >>
Cinque chiamate perse da Taehyung e dieci minuti di ritardo. Dovevo assolutamente sbrigarmi. Presi al volo lo zaino e mi precipitai fuori dal “Mouse” senza nemmeno sentire il saluto di Hoseok. Composi il numero del mio migliore amico alla svelta. L'agitazione mi aveva risvegliato completamente dal torpore e ora stavo correndo verso il solito posto.
Taehyung era anche il mio coinquilino e, poiché lavorava anche lui la sera come cassiere, ci incontravamo spesso all'angolo della via del konbini dov'era stato assunto per poi tornare insieme.
<< Tae, eccomi! Sto arrivando. Mi stavo per addormentare sulla panca. Ecco, ti vedo. >>
Mi sbracciai per attirare l'attenzione del mio amico. Lui vedendomi mi rivolse il suo sorriso tutto denti.
<< Tieni, un caffè caldo. Stasera si gela. >>
Mi passò una lattina di caffè e ci avviammo verso casa insieme, lui sul suo skateboard elettrico e io a piedi, come eravamo ormai soliti fare.





TRADUZIONE:
"...Penso sia arrivato*,
Sono davanti alla persona
Che scuote il mio cuore
Penso di essere attratto da te
Come un magnete, proprio ora
La tua vita, il tuo cuore, il tuo viso, il tuo profilo
Come un pezzo di un puzzle
Calzi a pennello con il mio tipo ideale
Oh Dio, sono come il vento
guidato da te che sei il clima
Sei un fiore, io un'ape
Sto andando solo nella tua direzione..."
[J-Hope]


* le parole con l'asterisco sono state cambiate al maschile

 

~안녕하세요~

Buona sera ^^ è la prima volta che scrivo una JiHope, nonostante sia la mia otp, e sono un po' in ansia ^^"
Spero che questa storia possa piacervi e spero che il capitolo vi abbia incuriosito di più rispetto all'introduzione ahah non sono brava con le introduzioni, mihanae ^^"
DidiNihal

 

 

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Capitolo 2
*** Where did you come from (pt.1) ***


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“...Pretty eyes, pretty nose, you’re so pretty
Just looking at you makes me happy
But where did you come from? You’re so pretty
Cupid’s arrow pierced my heart
Anyway, you’re such a fair boy*
Any girl* can fall for you after looking at you
I need to approach you before someone else steals you
I will bite down on you first...”
[J-Hope]


▌▌Pause




Controllai per l'ennesima volta l'orologio appeso alla parete. Ancora una dannatissima mezz'ora. Quella sera il ristorante era mezzo vuoto. Il giovedì la gente era sempre poca poiché la maggior parte delle famiglie preferiva poi uscire nel weekend, i pochi clienti erano quasi tutti tornati a casa. Per far qualcosa e smettere di fissare il lavabo vuoto aspettando che la lavastoviglie terminasse il ciclo, decisi di portar fuori la spazzatura un po' prima del solito.
Il bidone era proprio nel vicolo su cui dava la porta di servizio per il personale. I due sacchi dell'immondizia erano davvero pesanti: era incredibile la quantità di roba che veniva buttata in un ristorante; così ne assicurai uno caricandomelo in spalla mentre l'altro cercai di trascinarlo. Malamente, dopo aver aperto ben due porte spingendole con il sedere, arrivai alla meta. Con la coda dell'occhio notai qualcuno lì vicino.
<< Hey, scusa, mi apriresti il bidone per favore? >>
La risposta fu una serie di mugolii strozzati. Preoccupato scaricai tutto a terra e mi voltai. Mi ritrovai davanti un Hoseok impalato e imbarazzato, con le mani nascoste dietro la schiena.
<< Hyung, che fai? Stai fumando? >>
Feci qualche passo verso di lui e mi sporsi in avanti per annusarlo. Essendo buio non sarei riuscito facilmente a notare il filo di fumo di una sigaretta.
Lui parve ancor più a disagio e ritrasse di scatto la testa.
<< Cosa?! No! Io... Ecco,– allungò lentamente le mani davanti a sé, l'espressione era davvero colpevole –ho rubato un dolce del ristorante. So che non-
Scoppiai a ridere così forte che la sua voce venne completamente sovrastata. L'idea che avesse addirittura nascosto le mani come un bambino mi impediva di riuscire a riprendere fiato.

<< Jiminie ora basta prendermi in giro! >>
Detto
 ciò si avvicinò a me per darmi un simbolico e leggero pugno in testa prima di scoppiare a ridere a sua volta. Poi si chinò per infilare la carta che mi aveva mostrato prima nel sacco dell'immondizia.
<< Non pensavo fossi tu, temevo fosse di nuovo il ca-
<< Che fate lì voi due? Hoseok, non avrai rubato di nuovo dalla cucina?! Ti ho già detto che se vuoi dei dannati muffin li devi prima chiedere e poi pagare. Sono per i clienti. >>
<< Capo, io... >>
Mi ripresi alla svelta. La voce del nostro datore di lavoro era bastata a farmi smettere istantaneamente di ridere.
<< Capo, le giuro che non stava mangiando. Gli ho domandato io se mi aiutava con i sacchi, ma uno non era chiuso benissimo e qualcosa è caduto per terra. Mi stava solo aiutando. >>
Era una scusa credibile, vero? Dopotutto Hoseok era chinato a terra con ancora in mano i lembi del sacco.
<< Sì, sì, va bene. Non voglio sentire altro. Sbrigatevi qui e sparite. Oggi chiudiamo un po' prima. >>
Lo hyung tirò un sospiro di sollievo ancor più forte del mio quando l'altro uomo fece per andarsene. Iniziò a ridacchiare piano guardandomi. Aprì le labbra per dirmi qualcosa quando, prima di sparire il capo lo richiamò di nuovo.
<< Ah, Hoseok. Farti coprire da qualcuno più piccolo di te... Ricordati che chi ruba un ago diventa un ladro di buoi.1 >> detto ciò ci lasciò definitivamente soli.
L'altro ragazzo si lasciò andare ad una risata liberatoria.
<< Sono stato beccato in pieno. E additato come ladro di buoi! Grazie comunque Jimin per aver cercato di coprirmi. >>
Mi scompigliò i capelli in modo affettuoso.
<< Non hai fatto niente di terribile. Mi sembrava esagerato che ti urlasse contro, tutto qui hyung. >>
Hoseok mi sorrise.
<< Sei proprio carino! >>
All'improvviso si lanciò ad abbracciarmi.
<< Ma cosa- Staccati hyung! >>
Lo allontanai da me ridendo. Mi ero accorto fin da subito di come fosse una persona gentile ed espansiva. Non si faceva alcun problema a parlare con tutti, anche con chi conosceva solo da dieci minuti, e spesso dava pacche sulle spalle o ti accarezzava sulla testa come aveva fatto con me prima. Tuttavia quel contatto così improvviso mi aveva messo un po' in imbarazzo.
<< Allora Jiminie, buttiamo sta spazzatura e torniamocene a casa. A proposito, l'altro giorno ho provato a chiedertelo, ma sei corso via. Per caso hai bisogno di un passaggio? >>
Aprì il bidone con una mano e con l'altra ci lanciò dentro uno dei due sacchi, senza alcun particolare sforzo. Doveva essere davvero ben allenato.
<< Grazie per il pensiero hyung. >> Sollevai anche io un sacco cercando di sembrare altrettanto disinvolto. << Però io torno sempre a casa con il mio coinquilino, ci incontriamo a metà strada da qui dove lui lavora. >>
<< Metà strada? Beh, si può fare. Avendo finito prima probabilmente dovrai aspettarlo comunque. Tanto vale aspettarlo con me in macchina, no? Lasciami sdebitare Jiminie. >>
Quella era una faccia da cucciolo o era solo una mia impressione?!
<< Davvero, non ce n'è bisogno! Però, se per oggi posso approfittarne mi farebbe piacere. Ti ringrazio molto. Fa davvero freddo stanotte, eh? >>
Sembrò davvero contento di sentirmelo dire.
<< Perfetto! Qui abbiamo fatto, no? Torniamo dentro. >>
<< Hyung, io devo sistemare le ultime cose in cucina e poi vado a cambiarmi. >>
<< Non preoccuparti, nel frattempo vado a prendere la macchina, è qui vicina. Ti aspetto qui fuori, ok? >> e si allontanò verso la stanza sul retro mentre io entravo in cucina.
Svuotai la lavastoviglie ad una velocità record. Fortunatamente pochi clienti significava anche poche stoviglie da lavare. Mi precipitai appena terminato a cambiarmi. Ero piuttosto agitato. Avevo legato un po' con tutti lì al lavoro, ma nessuno si era mai comportato così... da amico.
Potevo considerarlo già un amico? Dopotutto lo conoscevo davvero da poco. Avrei sfruttato al massimo il passaggio per conoscerlo meglio.
O almeno così credevo.
Quando uscii dal ristorante lui era già lì fuori. Mi fece segno con i fari e io entrai in macchina.
<< Allora! Dove ti porto? >>
Gli spiegai con precisione la strada poi per momenti interminabili calò il silenzio.
Avrei dovuto ringraziarlo di nuovo? Chiedergli della sua vita? Del lavoro?
Non sapendo decidermi, incollai la faccia al finestrino osservando Seoul scorrere sotto i miei occhi. Era davvero una città immensa. I suoi alti palazzi e le sue luci ti circondavano come un abbraccio ovunque ti trovassi. In quella sera fredda Non che non fossi abituato a vivere in una città così grande, ma ancora mi sembrava strano non intravedere mai il mare spuntare tra i grattacieli, nonostante alla fine bastasse la metropolitana per raggiungere Incheon e il mare.
<< Prima mi hai detto che vivi con un coinquilino. Non sei di Seoul quindi? >>
<< Ah, no. >>
Chissà come faceva a sapere che stavo pensando alla mia città.
<< Da dove vieni? Nemmeno io sono di Seoul. >>
<< Sono di Busan, mi sono trasferito qui poco prima di marzo per frequentare l'ultimo anno. >>
Ero così felice che lui mi avesse fatto quelle domande rompendo il silenzio. Ora era il mio turno.
Mi voltai di nuovo verso di lui.
<< Tu invece di dove sei? Che ci fai a Seoul? >>
Lui rise. Non seppi perché lo fece, non credevo di aver detto nulla di divertente, ma incredibilmente quella risata mi mise completamente a mio agio.
<< Io mi sono trasferito qui prima dell'inizio delle superiori con i miei genitori per un ricollocamento del personale nella ditta dove lavora mio padre. Prima abitavamo a Gwangju. A volte mi manca, ma Seoul offre molte più opportunità. >>
Annui in segno di assenso riflettendo sulle sue parole. Alla fine era proprio quello il motivo per cui mi ero trasferito, lasciando i miei genitori e i miei amici. Volevo trovare la mia strada tra le infinite possibilità della città più grande della Corea del Sud, ma trovandola ai miei tempi, senza il peso della famiglia che cercava di obbligarmi ad una scelta affrettata. Tuttavia i mesi erano passati e ancora nulla era cambiato.
Mi rabbuiai a quei pensieri, ma Hoseok riprese a parlare e io mi concentrai solo sulla nostra conversazione.
<< Qui ci sono le migliori scuole di ballo, ma purtroppo la retta è davvero alta e sono costretto a lavorare per pagare la retta. Oltre che come cameriere al “Mouse” lavoro anche... Non ridere ok? – mi rivolse uno sguardo veloce per assicurarsi che fossi serio. Io annuii in risposta. – Come insegnante di acquagym per le signore di una certa età. >>
L'immagine di lui circondato da ajumma che saltellava a bordo vasca con il suo solito entusiasmo fu così facile da delineare nella mia mente che mi fu impossibile non ridere.
<< Jimin! Avevi promesso! >>
Si girò verso di me con il broncio. Un broncio adorabile, degno di un bambino, al quale non seppi resistere e risi ancora più forte.
<< S...scusa hyung! È che ti ho immaginato senza alcuno sforzo, ti ci vedo bene ad allenare ajumma a tempo di musica. >>
Lui scoppiò in una risata.
<< Non so se prenderlo come un complimento. Porta rispetto per il tuo hyung, non sai quanto possano essere terribili le vecchiette! >>
<< In effetti in costume da bagno non devono essere il massimo. Non ti prenderò più in giro, lo prometto. >>
Lui staccò un attimo la mano dal volante per scompigliarmi i capelli, senza mai smettere di sorridere.
<< Io invece lavoro solo al ristorante. I soldi li uso per le spese extra e per aiutare un po' i miei con l'affitto. Loro sono convinti che studiare sia molto più importante e quindi hanno deciso di finanziarmi. Sperano così tanto che in quest'anno trovi la mia strada e scelga un'università che probabilmente mi avrebbero pagato anche l'affitto a New York se glielo avessi chiesto. Io invece non so proprio che fare... >>
Improvvisamente quella confessione me l'ero lasciata scappare con leggerezza, tutti i miei problemi parlando con lui mi erano sembrati meno opprimenti. Forse era per la tranquillità con cui lui parlava della sua vita, forse era il suo tono leggero e allegro. O forse era per la stanchezza che mi ero lasciato andare. Dopotutto in macchina c'era un bel caldo, nonostante fossimo parcheggiati già da...
<< Hyung! Ma da quanto siamo arrivati?! >>
Frugai nelle tasche per recuperare il più in fretta possibile il cellulare.
<< Aish, non saprei, siamo arrivati da un po'. Sei in ritardo? >>
Composi il numero di Taehyung senza nemmeno guardare se mi avesse scritto qualche messaggio e nel frattempo mimai un “temo di si” con le labbra ad Hoseok.
Lui congiunse le mani davanti alla faccia e strizzò gli occhi per sembrare ancor più contrito nel chiedermi scusa.
<< Tae? Scusami, sono qui fuori, ho fatto un po' tardi! Sei ancora qui? >>
– Yaw bo seh yo.Jimin? Sto uscendo ora. Non preoccuparti. –
Riattaccai e mi voltai verso Hoseok.
<< Niente ritardo, Taehyung sta uscendo ora. E poi è colpa mia, parlavamo così tranquilli che non mi sono accorto. >>
Appena pronunciai quelle parole mi imbarazzai. Quella frase suonava troppo come un “sto bene qui con te”. Nascosi la faccia con la scusa di slacciare la cintura. Hoseok mi scompigliò ancora una volta i capelli.
<< Allora ci vediamo sabato, Jiminie. Anche io stavo bene a parlare qui con te. Buona notte. >>
<< Grazie mille hyung. Ci vediamo, buona notte. >>
Gli rivolsi un ultimo sorriso in risposta al suo e scesi dalla macchina. Poco più in là, sulla porta del konbini, comparve il mio migliore amico. Gli feci un gesto con la testa di saluto e ci avviammo verso casa insieme. Dietro di noi l'auto di Hoseok fece inversione e si allontanò.

***

<< Chi era quel ragazzo? >>
Taehyung si infilò nel letto vicino a me. Il nostro appartamento era piccolo e già arredato con un divano letto e un letto matrimoniale, ma, dopo pochi giorni in cui avevamo provato ad alternarci sul quel divano scomodissimo, avevamo deciso che, se quando eravamo piccoli e andavamo in vacanza insieme dormivamo nello stesso letto, potevamo farlo anche ora.
<< Un mio collega. >>
<< E i colleghi ti accarezzano la testa di solito? >>
Mi stupii davvero di come avesse pronunciato quella domanda con tono assolutamente normale, come se mi stesse chiedendo se di solito iniziavo alle sei il turno.
<< Ok, credo stia diventando un amico, ma lo conosco solo da tre giorni. >>
<< Quindi è per questo che sorridevi così tanto parlando con lui. Sono contento per te. >>
Anche nella penombra riuscii a vedere il suo strano sorriso quadrato.
<< Hey, aspetta un attimo! Come fai a sapere queste cose? Non stavi lavorando?! >>
<< Caffè di fine lavoro. >> commentò come se quella fosse una vera e propria spiegazione.
<< Grazie Tae. >>
Gli sorrisi a mia volta prima di chiudere gli occhi.
<< Ti piace? >>
Riaprii di scatto gli occhi.
<< Certo che no! Cosa dici! Dormiamo ora. Buona notte Tae. >>
<< Buona notte anche a te. >> e proprio come quando eravamo bambini intrecciò i piedi ai miei.
Ormai ero abituato a quelle strane abitudini del mio migliore amico e coinquilino, tanto che quasi mi faceva strano addormentarmi senza sentire i suoi piedi freddi contro i miei.
Chiusi di nuovo gli occhi sentendo la stanchezza intorpidirmi i sensi.
<< Forse un po' si... >> sussurrai.
Scivolai nel mondo dei sogni con la sua risata appena trattenuta per non fare troppo rumore.






Detto coreano: “바늘 도둑이 황소 도둑 된다” ossia “Chi ruba un ago diventa un ladro di buoi”.
Chi è disonesto nelle piccole cose, diventerà disonesto nelle grandi. Una cattiva abitudine, anche se piccola, se non viene stroncata sul nascere, crescerà (dal sito www.corea.it)
“Yaw bo seh yo” è il nostro “pronto” italiano di quando si risponde al telefono, è come un ciao. Mi sembrava carino lasciarlo in lingua originale ^^''

TRADUZIONE:
“...Occhi graziosi, naso grazioso, sei così carino*
Solo guardarti mi rende felice
Ma da dove vieni? Sei così carino*
La freccia di Cupido ha bucato il mio cuore
Comunque, tu sei un gentiluomo*
Ogni ragazza* si innamorerebbe di te dopo averti visto
Ho bisogno di avvicinarmi a te prima che qualcuno ti rapisca!
Farò per primo la mia mossa...”
[J-HOPE]


*Le parole con l'asterisco sono state modificate per essere rese al maschile o al femminile per adattarle alla storia.

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Capitolo 3
*** Where did you come from (pt.2) ***


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“...I’m from Busan, you’re from Gwangju
But we’re the same
Even here in Seoul, even there in Jeju Island
Everyone is in love, oh yeah...”

[JIMIN]

▌▌Pause

 


Osservai Jimin e il suo amico allontanarsi dallo specchietto retrovisore. Quel Taehyung doveva essere qualcuno di davvero importante per lui. E anche per me stava diventando qualcosa, qualcosa come un bastone tra le ruote. Non riuscivo proprio a non pensare al fatto che tutte e due le occasioni che ero riuscito a creare per restare con Jimin erano state entrambe interrotte da lui.
O meglio, Jimin entrambe le volte era corso di lui al posto di dirgli di tornarsene da solo a casa, ma per me non faceva differenza. Dopotutto non potevo pretendere chissà che, ci conoscevamo davvero da poco. Poco importava che io fossi ossessionato dalle sue guance, dal suo sorriso, dai suoi occhi, insomma, da lui fin da quando ci avevano presentati.
<< Aish, così non va bene. Devo andarci piano... >>
Borbottai tra me e me, mentre con la mano sinistra frugavo a tentoni, senza distogliere gli occhi dalla strada, nella tasca della portiera alla ricerca degli auricolari. Al primo semaforo tirai fuori dalla tasca dei pantaloni anche il cellulare e tenni premuto il tasto 1 per la chiamata rapida.
<< Hyung? Ci sei? >>
– Mh... –
<< Sei a casa? >>
– Mh... – 
<< Ma stai già dormendo, hyung? >>
– Mmmh. – 
Loquace come al solito. Per l'ennesima volta mi chiesi come potesse essere il mio migliore amico.
<< Non è che ti va di andare a bere una birra? >>
– Hoseok, mi pigli per il culo? –
<< No. Dai, ti passo a prendere. Tra dieci min sotto casa tua? >>
Sapevo che con lui bisognava buttarsi, in qualunque richiesta. Ad aspettare un suo primo passo, probabilmente sarei diventato vecchio.
– No, tra cinque minuti, sono già al konbini all'angolo. Non farmi aspettare. –
<< Ma mi hai appena detto che- ti odio Min Yoongi, ma grazie. Ti aspetto lì fuori. >>

*

<< Allora, che succede? È per Jimin? >>
Fu la prima cosa che Yoongi mi chiese salendo in macchina.
<< Sì, è per Jimin. >>
<< Mi toccherà starti a sentire per stasera, non è così? >>
Gli risposi con un sorriso accennato. Lui sbuffò, ma poi mi chiese di iniziare alla svelta a raccontare. Dopotutto, anche se spesso mi prendeva in giro chiamando i miei sfoghi “le mie lagne”, non c'era mai stata una volta in cui non fosse stato lì con me quando avevo bisogno di parlare.
Anche se poteva non sembrarlo e di certo lui non lo avrebbe mai ammesso, Yoongi era una di quelle persone pronte a fare di tutto per i suoi amici, soprattutto per me, ma allo stesso tempo “in cambio” del suo aiuto, avrebbe fatto pesare la cosa per il maggior tempo possibile se la faccenda non era davvero seria.
Mentre cercavo di raccontargli in breve la serata, attraversammo in macchina buona parte del quartiere di Itaewon1, rinomato per avere un buon numero di bar frequentati da omosessuali. Quando giungemmo vicino alla Homo Hill, parcheggiai e scendemmo. 
Nonostante Yoongi non si fosse mai pronunciato con chiarezza in merito alla sua sessualità nonostante ci conoscessimo da tanti anni, non si era mai nemmeno lamentato dei locali che frequentavo, così avevo smesso tempo addietro di preoccuparmi di un suo giudizio che tanto non sarebbe arrivato. 
Quello in cui ci stavamo dirigendo era il nostro preferito: il Queen. Era un posto piacevole, con buona musica e luci soffuse blu al neon che rendevano l'atmosfera accogliente e sensuale. Dietro il bancone scorsi una delle poche barmaid che mi fosse mai capitato di incontrare.
Mi sporsi sul bancone per attirare l'attenzione.
<< Ehy, Chieki, ce le fai due birre? >>
<< Ehy, tesori! Ve le faccio subito. >>
Era una ragazza davvero particolare, con un stile molto occidentale: pantaloni lunghi strappati con due grossi buchi sulle ginocchia e un top con una scollatura che lasciava pochissimo all'immaginazione e che andava ben oltre il limite a cui qualunque altra ragazza coreana sarebbe arrivata. Sulla spalla sinistra svettava il tatuaggio di due rami di ciliegio che si intrecciavano a dar forma ad una luna ornata di fiori: un disegno delicato che creava un certo contrasto col il trucco pesante e il rossetto scuro.
Servì altri due clienti e infine arrivò con le nostre birre.
<< Ecco a voi. Allora, che ci fate qui voi due da soli? Siete venuti a rimorchiare? >>
Yoongi sospirò.
<< No, devi sapere che lo scemo qui a fianco è impazzito per un nostro collega, un ragazzino. >>
<< Un ragazzino? E com'è? >>
Chieki ammiccò complice voltandosi verso di me.
<< Non è un ragazzino! Ha solo un anno in meno di me. E, noona, dovresti vederlo. Ha due cosce pazzesche e queste guance così tenere. >>
La ragazza scoppiò a ridere.
<< Mi ha già conquistata! Spero almeno sia già da questo lato della barca. >>
Io la guardai interrogativo mentre prendevo un lungo sorso.
<< Oddio, Hoseok, ti ha chiesto se è frocio come te. >>
A sentir quella frase mi venne da ridere, ma scoprii a mie spese quanto fosse orribile ridere e bere allo stesso tempo. La birra mi era inevitabilmente finita di traverso facendomi tossire come un dannato. Qualche cliente accanto a me mi guardò male e anche Yoongi non si trattenne dal fare lo stesso.
Poi si girò di nuovo verso la ragazza, infischiandosene del mio stato.
<< Beh, insomma stasera siamo usciti perché voleva lagnarsi con qualcuno del fatto che sto ragazzino lo ha già piantato in asso due volte per correre dal suo coinquilino. >>
<< Ma io- fui interrotto da un ultimo colpo di tosse. -Non è così! Nemmeno ci conosciamo bene, mica mi aspettavo di finire già a letto. >>
Chieki annuì.
<< Mh, mh, credo di aver capito. Se è il suo coinquilino sicuramente lo conosce meglio, non farti paranoie per questo qui. Piuttosto cerca di farlo divertire abbastanza da farsi dimenticare che questo tizio esista. >>
Accompagnò le ultime parole da un altro dei suoi ammiccamenti. Mi ritrovai a pensare a quante persone avesse sedotto tra uomini e donne con quelle ciglia così lunghe.
<< Noona, ma perché non potevo innamorarmi di te? >>
<< Ti prego, no. Ho già sentito le tue lagne quando hai capito di essere gay, non vorrei sentirne altre sulla questione. >>
Alzai gli occhi al cielo cercando di ignorare il commento acido del mio amico, mentre la ragazza ci guardava ridendo.
<< Hoseokie, sei molto tenero, ma non mi metterei mai con un ragazzo che mi chiama "noona". Mi sentirei vecchia e diventerei triste. >>
Quelle parole mi lasciarono un po' sbigottito.
<< Perdonami! Io ti ho sempre chiamata noona! Non avrei dovuto? Perché non me l'hai mai detto?! Scusami, noo- ehm Chieki! >>
Lei sentendomi rise ancora di più.
<< Yoongi-ah, non è adorabile? Ti prendevo in giro, tesoro. Chiamami pure noona. E la prossima volta voglio vederti con questo ragazzo. Anzi, vorrei vedere anche te accompagnato. >> disse puntando una delle lunghe unghie contro Yoongi.
<< Non contarci troppo, noona. Ah, quindi noona va bene, giusto? >>
<< Sì, stai tranquillo. Ora devo andare, mi chiamano. Buona serata ragazzi. >> E detto ciò si allontanò andando verso altri clienti.
<< Cosa posso fare, hyung? >>
Lui ruotò il busto per potermi guardare dritto in faccia.
<< Non è solo per le sue cosce, vero? Scommetto che ti sono bastate queste due volte in cui vi siete parlati per capire che ti piace. >>
Il suo sguardo era serio e penetrante. Avevo cercato in tutti modi di farla sembrare una semplice cottarella per un bel ragazzo, ma a lui non potevo mentire.
<< Sì, hai ragione. Parlare con lui... mi fa sentire bene. È così spontaneo e gentile. Quando mi parlava del suo futuro e delle sue insicurezze avrei voluto abbracciarlo e dirgli che ora c'ero io. Sono un caso così disperato? >>
Mi afferrai la testa tra le mani e osservai il mio bicchiere mezzo vuoto.
<< Io ti auguro solo di non prenderla in quel posto. Spero sia davvero gentile come credi. >>
<< Hyung, piantala con queste frasi a doppio senso! Le battute sconce non ti si addicono. >>
Scoppiai a ridere e lui grugni.
<< Sei tu che sei un pervertito. Comunque, dicevo sul serio. >>
<< Lo so. Hyuuuuung, sei così tenero quando vuoi! >>
Tentai di abbracciarlo, ma fui malamente allontanato con un “Ma piantala.”
Alla fine entrambi finimmo le nostre birre in un sorso e ci alzammo per unirci alla folla che iniziava a ballare. Per quella sera non avrei più parlato né pensato troppo a Jimin. Volevo godermi la serata con il mio migliore amico. Per le preoccupazioni c'era ancora tempo.






1 Itaewon, la Homo Hill e il Queen sono posti realmente esistenti di Seoul e sono rispettivamente un quartiere, una strada e un locale gay molto famoso di quest'ultima. La descrizione del locale però è inventata da me.

 


TRADUZIONE:

“...Io vengo da Busan, tu da Gwangju
Ma siamo uguali
Anche qui in Seoul, anche lì alle Isole Jeju
Tutti sono innamorati, oh si...”

[JIMIN]

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Capitolo 4
*** Where did you come from (pt.3) ***


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“...Oh my, look at what this boy* is doing to me
What he’sdoing to me is no joke
If you keep doing thatmy heart will be trembling
My hands will shake and I’ll run out of breath
Are you saying you like me right now?
Is that how you feel right now?
guess you are attracted to Jeollado guys
Oh rightwhere are you from again?...”
[J-Hope]

▌▌Pause 

Il telefono iniziò a squillare. Quel suono era così lungo e ripetitivo che presto diventò parte integrante del sogno che stavo facendo. Quando però cessò per ricominciare ancor più insistente qualche secondo dopo, mi accorsi che aveva poco a che fare con la situazione assurda che si stava svolgendo nella mia testa. Vagamente confuso aprii gli occhi e controllai il cellulare per vedere chi mi stava chiamando (finalmente avevo riconosciuto che era la mia suoneria). Taehyung si lamentò da sotto il cuscino dove aveva ficcato la testa per poter continuare a dormire.
“Capo”
<< S...sì? Buongiorno, capo. È successo qualcosa? >>
– Jimin? Scusa se ti chiamo a quest'ora, ma ho bisogno di un favore. Stasera siamo rimasti a corto di personale. Sei disponibile? Ovviamente aggiungo la serata allo stipendio. –
<< Stasera? - il mio cervello vorticò cercando di pensare a cosa dovessi fare quella sera. Ero così addormentato che non ero nemmeno sicuro di che giorno fosse, ma per soldi extra mi sarei liberato da qualunque impegno. - Sì, sono disponibile. >>
– Ah, prima che mi dimentichi. Dovresti lavorare come cameriere. Vieni un'ora prima del solito così potrò darti tutte le dritte per la serata e la divisa. A più tardi allora, grazie. –
Feci in tempo solo a ringraziare il capo a mia volta prima che quest'ultimo interrompesse la chiamata.
Lavorare come cameriere.
All'inizio, al primo colloquio al Mouse ci avevo sperato in effetti, ma essendo lo stipendio un po' più alto e io completamente senza esperienza, avevo capito ben presto che mi conveniva puntare più in basso. Così avevo accettato come lavapiatti, un lavoro di tutto rispetto e fondamentale per un ristorante, ma la paga era quella che era. Stasera invece avrei scoperto quanto fossi stato stupido al tempo. O magari avrei fatto un casino e avrei ringraziato tutti gli dei di non insistito per fare quel lavoro.
Con quel pensiero catastrofico in testa mi alzai con ancora meno voglia di affrontare la giornata. Non volevo creare problemi, né mettermi in ridicolo con i colleghi e una parte di me pensava che stessi davvero esagerando a buttarmi giù a quel modo. E comunque, che lo volessi o no, la giornata sarebbe trascorsa lo stesso, ineluttabilmente, e sicuramente fin troppo veloce.
Infatti, in un batter d'occhio il cellulare mi ricordò che dovevo già uscire di casa. Odiai quella sveglia quasi quanto quella della mattina. Mentre mi incamminavo verso il ristorante, con le immancabili cuffiette nelle orecchie, riflettei sul fatto che quella non era sicuramente la prima volta in cui andavo al lavoro vestito normalmente, senza indossare nemmeno i soliti pantaloni neri, o in cui andavo indossando gli occhiali, anche se di certo era passato diverso tempo dall'ultima volta in cui l'avevo fatto.
Solo che quel giorno era diverso. Non che alla fine ci fosse nulla di straordinario in quel cambio di ruolo per una volta, ma l'idea di mettere una nuova divisa e non dover passare la serata tra acqua bollente e scarti di cibo, un po' mi eccitava. 
Dovevo essere davvero impazzito. Avevo passato la giornata nell'ansia e ora, solo perché ero uscito di casa indossando jeans e occhiali da vista, mi sentivo in modo completamente diverso.
Appena giunsi al ristorante e trovai il capo ad aspettarmi nel retro, tutti quei pensieri non ebbero semplicemente più spazio nella mia testa.
«Ciao Jimin-ah, stavo giusto portando di qui la tua divisa per stasera. Indossala subito, intanto ti spiego un po' di cose»
Tutto ciò che riuscii a dire, infatti, fu un semplice saluto prima che fossi travolto da vestiti e informazioni a raffica. Stavo ancora finendo di abbottonare la camicia bianca con la testa già piena di cose che temevo di dimenticare nel giro di cinque minuti, quando finalmente il capo fermò quel folle monologo sull'uso del palmare per prendere le comande.
«Ah, Hoseok! Eccoti finalmente, dove ti eri cacciato?– E ancor prima che il nuovo arrivato avesse finito di varcare la soglia, il capo si girò nuovamente verso di me –Hoseok-ah ti dirà il resto. È venuto prima, più o meno, solo per aiutarti, quindi vedi di essergli riconoscente» e con ciò se ne tornò in sala lasciandoci soli.
«Ti prego, ignora le ultime parole del capo, Jimin-ah. Sarebbe imbarazzante»
«Niente affatto! So che è solo per farti perdonare dal capo per i muffin, ma ti ringrazio tantissimo Hoseok hyung, mi rimetto nelle tue mani!»
Mi inchinai profondamente mentre pronunciavo quelle parole, anche se non riuscì a trattenere un sogghigno.
Hoseok scoppiò a ridere, coprendosi il viso con una mano.
«Dai, Jiminie, finisci di vestirti prima di prenderti un raffreddore. Anche se, lo sai no? Quello che si dice sugli stupidi...»
Alzai la testa alla svelta solo per beccarlo che rideva apertamente.
«Dannato hyung, questa me la paghi!» e mi lanciai su di lui. Con un movimento feci scivolare il mio braccio dietro al suo collo, intrappolandolo contro il mio petto. Poi con una certa foga iniziai a sfregare le nocche della mano ancora libera contro la sua testa. Hoseok tirò un acuto potentissimo, prima di iniziare a farmi il solletico sui fianchi. L'unico modo in cui ci riuscì, essendo ancora bloccato con il collo sotto il mio braccio, fu praticamente semi abbracciandomi da dietro, tuttavia, a causa del solletico e dei conseguenti movimenti per liberarmi, mi ritrovai definitivamente stretto tra le sue braccia, appoggiato di schiena contro il suo petto.
Mi irrigidii immediatamente, così tanto da non accorgermi che anche Hoseok era diventato all'istante più impacciato.
Ero stretto tra le braccia di Hoseok.
Ero stretto tra le braccia di Hoseok e lui grazie al cielo non poteva vedere la mia faccia rosso pomodoro.
Ebbi appena il tempo di metabolizzare quella situazione che di nuovo tra di noi furono rimessi i giusti spazi. Lo hyung si era allontanato lasciandomi andare e, senza nemmeno girarsi a guardarmi, mi aveva invitato ad andare con lui in sala per le ultime spiegazioni.

Dovevo assolutamente raccontare tutto a Tae. Forse lui avrebbe saputo spiegarmi tutto quell'improvviso imbarazzo tra di noi.

*

«Signora, le ripeto che mi dispiace moltissimo per l'incidente, ma purtroppo se è stato suo figlio a far cadere il piatto, noi non possiamo proprio rifarglielo gratuitamente. Posso provare a chiedere al mio capo per uno sconto»
«È inammissibile! È colpa tua se è caduto, non di mio figlio! Hai appoggiato il piatto troppo vicino al bordo e io pretendo che...»
Smisi di ascoltare poiché lo sforzo che stavo compiendo per non sbroccare era già titanico.
Non era possibile che proprio il mio primo giorno come camerieri dovesse capitarmi una tale rompipalle pronta a rovinare tutto.
Inspirai profondamente lanciando un'occhiata loquace prima al bambinetto che si ostinava a giocare facendo correre un paio di macchinine sul tavolo, e poi al marito che stava per scomparire sulla sedia tanto si stava facendo piccolo.
«Signora, si calmi, le ripeto che-
«Chiamami subito il direttore! Non sono io a dovermi calmare!»
La signora ora si era definitivamente alzata in piedi per strillarmi direttamente in faccia.
Ecco, era la fine. Potevo dire "ciao, ciao" al mio lavoro al Mouse.
Sentii un nodo alla gola. Guardai con ansia crescente intorno a me, sperando in qualche aiuto divino. Senza quel lavoro era la fine per me. Certo, i miei mi mandavano sempre i soldi per tutte le spese, ma quel mio tentativo di trovarmi una strada verso l'indipendenza, per dimostrargli quanto mi stessi impegnando, stava sfumando in una sola sera per colpa di una-
«Che succede, signora? La prego di scusare il mio collega per non essere riuscito ad aiutarla. Ora riferisca pure a me, la prego»
Sorriso smaliante, fare servizievole e allo stesso tempo competente, tono sicuro di sé: solo più tardi mi resi conto di aver assistito alla messa in atto di tutte le capacità dell'istruttore di acquagym Jung Hoseok nel trattare con le ajumma.
La signora, a disagio per tutta quella gentilezza davanti ai suoi strilli, si rimise a sedere impacciata. Spiegò nuovamente l'accaduto in modo conciso, senza tutta l'enfasi precedente sulle mie fantomatiche colpe, arrivando quasi ad ammettere che la colpa era forse del figlio.
«Mi dispiace moltissimo ancora per l'incidente. Mi assumerò personalmente la colpa dell'accaduto con la cucina e le faremo avere un secondo piatto gratuitamente. Jimin-ah, per favore, tu occupati di andare a prendere qualcosa per pulire prima che qualcuno si faccia male»
Hoseok si girò verso di me con un sorriso professionale e, prima che potessi scoppiare dalla rabbia per tutta quella situazione, mi fece l'occhiolino. Un brevissimo occhiolino per farmi capire quanto fosse costretto a comportarsi in quel modo anche con me.
Alleggerito dal pensiero che il mio amico potesse davvero credere che c'entrassi davvero in quell'accaduto, raggiunsi il retro del ristorante, seguito a ruota da Hoseok che si fermò invece in cucina a chiedere la nuova ordinazione.
Uscii dopo pochi minuti armato di guanti, mocio e bidone per tornare nuovamente verso il tavolo della signora infernale e la sua dannata famiglia.
Senza degnarli di uno sguardo mi misi a ripulire tutto, sentendo attraverso la schiena il loro sprezzo, contento però di potermi sfogare almeno mentalmente come volevo.
Poco dopo fui raggiunto dallo stesso Hoseok con in mano il secondo piatto per il figlio. Mi aspettavo di sentirlo rivolgersi nuovamente alla megera, ma mi sbagliavo: lui si accucciò per ritrovarsi faccia a faccia con il bambino.
«Ehy, io sono Hobi hyung. Hai voglia di ascoltare un attimo lo hyung?»
Il bimbo finalmente smise di guardare le macchinine per rivolgere uno sguardo all'interlocutore, senza però accennare una risposta.
«Ascolta, io lo so che sei un bravo ometto, ma i bravi ometti giocano dopo aver fatto la loro pappa, ok? Il piatto di prima purtroppo è caduto, ma a questo fai attenzione, mi raccomando, perché ci ho fatto mettere una razione di formaggio extra solo per te. Siamo d'accordo?»
Non capii bene a quale magia stessi assistendo, ma su quel visetto comparve finalmente un sorriso. Forse era per essere stato chiamato "bravo ometto" o forse per il formaggio extra, tuttavia in un lampo le macchinine furono messe da parte per far spazio al nuovo piatto.
Mi sembrò addirittura di captare un ringraziamento boffonchiato del padre, che pronunciò così la prima parola di tutta la serata.
Un autentico miracolo.
Hoseok si allontanò soddisfatto verso un altro tavolo e io, appena il pavimento tornò ad essere pulito, mi liberai di tutta quella roba per pulire prima di tornare nuovamente in sala ad occuparmi degli altri clienti.
Avrei voluto avere un momento per ringraziare per bene Hoseok, ma dovetti limitarmi ad un "grazie" pronunciato col solo labiale da tre tavoli di distanza. In risposta ricevetti uno dei suoi bellissimi sorrisi a forma di cuore che mi diede la forza di affrontare il resto della serata.

*

Undici e trentasette.
Finalmente niente pile di padelle sporche, niente clienti incazzati, niente bambini urlanti, niente piatti da portare in bilico fino ai tavoli: finalmente quella serata era finita e potevo tirare un sospiro di sollievo.
Varcai la porta dello spogliatoio e dentro notai che dentro c'erano già alcuni degli altri camerieri e cuochi, tra cui anche Hoseok, intento a slacciare i primi bottoni della camicia usata durante il servizio in sala.
«Hyuuung! Grazie, grazie davvero!»
Corsi ad abbracciarlo stretto da dietro.
Stasera aveva salvato il mio posto di lavoro e la mia pazienza, gli ero davvero grato.
«Jiminie, non è nulla, figurati. Era anche il tuo primo giorno in sala»
Qualcuno gettò qualche occhiata incuriosita, altri si misero a raccontare a chi non era presente cosa fosse successo.
«Mi hai salvato, hyung, amo le persone come te! Come posso ringraziarti?»
Il tipo delle consegne, Yoongi, scoppiò a ridere guardandoci.
Fu dopo quella reazione che iniziai a sentirmi in imbarazzo. Mi staccai di colpo dalla schiena di Hoseok, rendendomi conto di come potesse suonare quell'ultima frase. Le mie guance andarono immediatamente a fuoco.
Lui si voltò verso di me sorridendo, probabilmente anche lui in imbarazzo. Lanciò un'occhiata verso l'altro ragazzo che ancora rideva per poi tornare a concentrarsi su di me.
«Sai, noi ragazzi del Jeollado(1) siamo così!»
Rise sfregandosi la nuca con la mano ancora a disagio.
«E io che pensavo fossero gli istruttori di acquagym ad essere così»
Yoongi si era avvicinato ghignando, soddisfatto del suo commento.
«Hyung, perché mi fai questo?!»
Hoseok gli si lanciò contro, cercando di colpirlo in qualche modo, ma Yoongi assunse un'espressione talmente seria da fermarlo; tuttavia, appena le intenzioni belliche dell'altro furono scemate, tornò a ghignare scappando verso il proprio armadietto.
Mentre li guardavo riflettei sul fatto che quei due dovevano essere buoni amici anche al di fuori del Mouse. Non avevo mai visto Yoongi scherzare a quel modo con qualcuno, anche se in effetti lo si vedeva solo per poco in giro al ristorante. Allo stesso tempo però sperai davvero di riuscire a non avere mai modo di contrariarlo: quello hyung doveva essere davvero spaventoso da arrabbiato.
Hoseok tornò verso di me scuotendo la testa.
«Aish, Yoongi-hyung ha proprio un carattere tremendo quando vuole»
Il sorriso sulla sua faccia, però, contraddiceva molto le sue parole, facendomi ridere.
«Quindi è risaputa la tua seconda identità come allenatore di ajumma! E io che pensavo di essere il solo a custodire il segreto»
«Ya! Jimin! Non ti ci mettere anche tu!»
Yoongi sghignazzò ancor più forte di prima.
«Non avevi appena detto che volevi ringraziarmi come si deve?»
«Hai ragione, hyung. Domani ti offrirò il pranzo dove vuoi tu, va bene?»
«Accetto. Ora dimmi il tuo nick di KakaoTalk, così saprò dove poterti tampinare nel caso decidessi di rimangiarti la parola»
Non ero sicurissimo di come fossimo arrivati a quel punto. Un attimo prima lo stavo prendendo in giro e un attimo dopo mi ritrovavo con il suo contatto salvato sul cellulare e un appuntamento fissato per il giorno dopo.
A quanto pareva, però, con lui andava così. Ogni volta finivo per buttarmi in qualcosa di cui mi rendevo conto solo un attimo dopo. Era rischioso certo, ma non avevo di che lamentarmi, soprattutto non ora che avevo ancora la sensazione della sua schiena premuta contro di me e la prospettiva di un intero pomeriggio da soli.

Quello che avrei avuto da raccontare a Tae quella sera era appena aumentato in modo esponenziale.

 

TRADUZIONE:

“...Oh Dio, guarda questo ragazzo* cosa mi sta facendo
Quello che mi sta facendo non è uno scherzo
Se continui a far così, il mio cuore avrà i tremiti
Le mie mani tremeranno e io sarò a corto di fiato
Stai dicendo che io ti piaccio proprio ora?
È così che ti senti proprio ora?
Suppongo che tu sia attratto dai ragazzi del Jeollado(1)
Oh giusto, da dov'è che vieni?...”
[J-Hope]

*Le parole con l'asterisco sono state modificate al maschile
(1) Il Jeollado è una regione della Corea del Sud che comprende anche la città di Gwangju, città natale di J-Hope


 

~~Noticine~~

Pensavate che non avrei mai continuato questa ff, eh? E invece no! Eccomi qui! Ahah
Sperando di non avervi deluso con questo capitolo dopo tutto questo tempo, ringrazio chiunque si sia ritrovato di nuovo qui a leggere <3
Grazie mille,
DidiNihal

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