Amore al terzo dan

di Celeste_08
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** KeiKenKai Team ***
Capitolo 2: *** Sola al mondo ***
Capitolo 3: *** Jet-lag che passione ***
Capitolo 4: *** Onora i principi dell'etichetta ***
Capitolo 5: *** Zanshin ***
Capitolo 6: *** Due mondi diversi, una sola memoria ***
Capitolo 7: *** È tutto nella tua testa ***
Capitolo 8: *** In gioco con te ***
Capitolo 9: *** La gara ***
Capitolo 10: *** A nudo per te ***



Capitolo 1
*** KeiKenKai Team ***


"OSU"
Mi inchino al maestro e lui fa altrettanto.
"OSU, Blanco"
L'arbitro lascia andare il braccio destro lungo i fianchi e così inizia il primo kumite della giornata. Poi dovrò provare i nuovi kata. 
Io e il maestro combattiamo per minuti interminabili: lui è bravissimo e ha una tecnica degna di una cintura rossa, ma io ho dalla mia agilità e strategia e nessuno mai mi porterà via dal mio sogno. 
Il Grand Prix di Lombardia è la gara internazionale più temuta dagli atleti di Karate ed io, a 25anni, ci sono arrivato. Non mi sto risparmiando: né in termini di esercizio né in termini di studio. La mia ragazza, Georgina Amoros, fortunatamente è un'atleta come me: sarebbe difficile gestire una relazione se non fossimo entrambi impegnati con la stessa disciplina. Meno male che siamo una coppia affiatata: troverei complesso spiegare a una qualunque perché al momento preferisco il campionato all'amore. 
Ovviamente contro il maestro non ho speranza di vincere, ma posso fare un dignitoso tentativo ed infatti, quando finisco a terra, mi aiuta a rialzarmi e si inchina.
"OSU, senpai. Eccellente, Jorge. Hai combattuto benissimo e mi hai tenuto impegnato. Mettici questa grinta e non dovrai temere ostacoli. Forza, inizia i kata ora."
Mi inchino, mi detergo la fronte con la manica del karategi e mi porto davanti agli specchi a tutta parete. Ho una scaletta fissa, anzi... Abbiamo. Ridder Van Kooten e Pasquale Di Nuzzo. Loro sono i campioni rispettivamente olandese e italiano di Karate Shotokan e nel kata a squadre siamo un trio che non teme rivali. 
Ci inchiniamo al maestro, prendiamo posizione ed io inizio ad annunciare le mosse. Lo specchio ci restituisce un'immagine perfetta di sincronia, precisione ed energia. 
Ci muoviamo come un unico corpo. 
Siamo un unico corpo. 
Siamo il team KKK, KeiKenKai. 
Terminiamo la sequenza con una proiezione che vede me al centro, gambe divaricate e ginocchia piegate a novanta gradi, e loro due ai miei lati, una gamba a terra, flessa, ed una alzata in posizione di attacco.
Siamo perfetti.
"KYO!!!" 
Il maestro alza le braccia e chiude il pugno destro nella mano sinistra: per oggi abbiamo terminato. 
"¡Hola guapos!"
Georgina, la mia fidanzata, arriva in quel momento nel dojo e ci saluta festosa..
Mi abbraccia e la stringo a me, godendomi la sensazione di freschezza che emana il suo corpo snello e riposato contro il mio, stanco e sudato. 
"OSU G. Come te la passi?"
Pasquale la fissa e poi dà di gomito a Rid. 
"Ci vediamo in spogliatoio Blanco. Ciao G!"
Li osservo allontanarsi col maestro e sorrido, poi bacio a lungo Georgina. 
"Sei pronto a partire amore?"
La stringo a me ed annuisco.
"Vi ho visti da fuori. Siete meravigliosi insieme: li farete fuori tutti."
Chino il capo e scuoto la testa. Sono abbastanza scettico a riguardo. Al Grand Prix partecipano i migliori atleti di Karate: io punto al primo posto solo perché voglio salire sul podio. Ma onestamente il podio è un traguardo raggiungibile... Il primo posto non lo so. 
"Vorrei essere con te, a Como."
Mi porto la sua mano al cuore e sussurro:
"Purtroppo conosci le regole."
Mai partire per le gare, meno che mai internazionali, con il proprio partner. Nessuna distrazione.
Mi sfiora la nuca con tocco delicato e fisso i suoi occhioni scuri da guerriera di altri tempi.
"Ti vengo a salutare dopo la doccia."
La stringo a me e la sento mormorare "Ti amo, Jorge."
Esco e mi dirigo verso gli spogliatoi. Dio, vorrei essere capace di risponderle nello stesso modo, ma chissà perché non ne sono in grado. Sospiro mentre mi sfilo il karategi e Rid mi guarda comprensivo. Sa leggermi in viso meglio di chiunque altro.
"Amico, dovrai dirle che non la ami. Lo sai vero?" 
Rid mi fissa e io non riesco a sottrarmi al suo sguardo.
"Le sono comunque molto affezionato. Non voglio che stia male per me."
Pasquale ci raggiunge.
"Ma tu sei felice?"
Mi volto stupito verso di lui.
"È una bella e brava ragazza..."
Rid mi prende per le spalle e mi fissa con uno dei suoi sguardi azzurro ghiaccio.
"Non si risponde a 'quanti anni hai' con 'sono Jorge Blanco'. Se non sei più felice diglielo e basta. Torturarsi non fa bene."
Annuisco e chino il capo. 
"Glielo dirò... Dopo Como."
I due annuiscono gravi e poi Rid sorride.
"Ottimo, quindi torniamo al punto. Come ci organizziamo per partire?"
Entro in doccia e dico:
"Venite tutti da me a dormire stasera mio padre ci porta in aeroporto domani. Sono il più vicino."
E con questo chiudo la conversazione e mi lascio inondare dal getto di acqua tiepida, che lava via come un balsamo il sudore e la stanchezza.

Qualche minuto dopo, mentre mi asciugo, il maestro entra in spogliatoio con le borse per la gara. 
"Ragazzi, vi ho fatto preparare le protezioni e i karategi. Mi raccomando, usate solo le tute ufficiali quando sarete a Como."
Chiudiamo il pugno destro nella mano sinistra e chiniamo il capo.
"Sono fiero di voi e so che mi darete soddisfazione. Ricordatevi solo di una cosa... Divertitevi in gara. Arrivare alle internazionali è stato un viaggio, ora godetevi il finale!"
Annuiamo e il maestro ci abbraccia ad uno ad uno.
"Ultima cosa. Non so a quale maestro verrete affidati... Fatemi fare bella figura, e non fate troppe alzate di testa nel dojo prima delle gare. Puntiamo tutto sulla strategia, ricordatevelo."
Annuisco e mi batto il pugno destro sul cuore. In effetti andremo a combattere contro qualcosa come sei sette volte le nostre capacità. E contiamo sull'effetto sorpresa... Abbiamo un asso nella manica e io non vedo l'ora di calarlo. 
I ragazzi escono dallo spogliatoio con il maestro ed io, dopo essermi infilato nei jeans, raggiungo G nel dojo. Sta facendo il riscaldamento, ma si blocca appena mi vede.
"Pronto a partire, capitano?"
Annuisco e la abbraccio brevemente. 
"Ti porto nel cuore Jorge. Rendici fieri." Mi fa il gesto del saluto ed io la bacio velocemente sulle labbra. 
"Ci vediamo fra dieci giorni G."
Faccio per voltarmi ma mi richiama.
"Jorge... Perché ho la sensazione che tu mi stia dicendo addio?"
Fisso i suoi occhi scuri e valuto le opzioni. Dopotutto sarà meglio per tutti togliersi in fretta il cerotto. 
"Georgina.. Io non sento più le stesse emozioni di prima. E prepararmi alle gare mi ha solo fatto capire una volta di più quanto in realtà io tenga a me stesso e non a una relazione."
Mi fissa e i suoi occhi si inumidiscono.
"Io ti ho sempre appoggiato... E continuerei a farlo. Adesso senti solo la tensione per la gara e..."
Ho capito cosa sta per dirmi e la blocco.
"No. Sono mesi che non mi sento più così bene con te. Non è stato il Grand Prix la colpa di questo, è solo.... Georgina. Io non ti ho mai amata. Ti voglio bene e sei una ragazza splendida, ma.. Io non ti amo. E vedere quanto trasporto ci metti tu mi mette a disagio. Mi spiace, ma non sono più felice con te."
Georgina mi fissa e scuote la lunga coda alta, scura e folta. 
"Speravo di farti cambiare idea Jorge. Ma vedo che non sarà così."
Sembra così arresa all'evidenza che non so trattenermi dal dire la frase che tutti i manuali vietano di pronunciare:
"Restiamo amici."
Scoppia a ridere e mi volta le spalle.
"Hai una gara capitano. Esci di qui."
Non voglio che mi odi.
"G... Io..."
Dal riflesso nello specchio vedo che piange e faccio per abbracciarla, ma lei scatta e con il viso rosso strepita ad un soffio dalle mie labbra:
"Esci. Hai una gara ed io un allenamento, e tu non sei invitato."
"Non odiarmi." Perfetto, che razza di imbecille sono. 
"Non ti odio capitano." Calca fastidiosamente su quest'ultima parola. 
"Sarò il tuo più grande rimpianto." La sento dire mentre mi avvio all'uscita del dojo. 
Devo avere una faccia terrea, perché Rid mi corre incontro e grida a Pasquale:
"Hey! Metti in moto, andiamo a fare un giro distensivo!"
Alzo lo sguardo verso di lui e poi dico:
"Sai, ho come la sensazione di essermi tolto un peso, ma..."
Rid mi dà una pacca:
"La abbiamo sentita. Non entrare in paranoia, hai una gara."
"Rid ha ragione. Forza capitano, andiamo a cena e poi tutti a casa Blanco. Domani ci aspetta un viaggio mega..."


 

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Capitolo 2
*** Sola al mondo ***


Mi sveglio e mi stropiccio gli occhi. Fisicamente mi sento riposata, ma dentro sono stanca. Mi tiro su e osservo il ragazzo profondamente addormentato accanto a me. Si chiama... Juan, credo. Sì, è Juan. Uno dei miei tanti uomini senza amore, la mia ennesima notte di sesso senza emozione. Ogni notte una nuova ferita, quanto mi costa cara questa indipendenza. 

" Stoessel... Stoessel... Uhm, no. Non è per niente un cognome argentino. Di dove è tuo padre?"
La maestra è gentile, mi sorride mentre pone la domanda e mi accarezza il capo aspettando una risposta.
"Non lo so... Io non lo conosco." Rispondo timidamente.
"Ah povera piccola.... Coraggio, vai a sederti... Iniziamo la lezione."
Mi siedo accanto ad un bambino poco più grande di me, è alto per la sua età. Ed è spagnolo. 
"Io sono Diego, Diego Dominguez. E vengo da Zaragoza. Tu?"
Gli rispondo con lo sguardo basso.
"Sono Tini... Sono nata qui. Ma non so altro."
Annuisce e fa una smorfia.

Siamo adolescenti ora. 
"Eddai Martina, lo fanno tutti. Perché noi no?"
"Non sono pronta Diego. Non voglio ancora... Perché non puoi aspettare?"
Diego mi restituisce uno sguardo triste e si avvicina a me. Mi bacia sul collo, mi soffia all'orecchio, mi sfiora le labbra con fare sensuale.
"Eddai... È perfetto. Siamo io e te... Al mare... Soli..."
Ha ragione. Anche la mia amica Leila lo ha già fatto. Ed io sto col più bello della scuola, che non vuole arrivare vergine a 17 anni. È un chiodo fisso per lui. Io non credo di amarlo, è più il mio migliore amico.. La prima volta dovrebbe essere speciale, unica, fantastica. Eppure, poi quando penso a Leila e alle altre dentro di me scatta qualcosa. 
Restituisco il bacio a Diego e senza rendermene conto lo faccio cadere sulla sabbia. Mi sistemo sopra di lui e con violenza quasi lo libero della t-shirt. Lui mi spoglia con altrettanta velocità e con la stessa urgenza che per la prima volta sento io. 
È la mia prima volta: dovrebbero esserci baci, carezze, parole dolci... Ansia e dolce paura. No, c'è solo fretta. Maledetta fretta. Facciamo sesso ed io non sento nulla, niente di niente. Lui viene e lo fa dentro di me. 
"Diego, non abbiamo usato..."
Si tira su e mi guarda. 
"E allora? Non hai un padre o una madre che ti faranno storie se resti incinta. Puoi fare la puttanella senza remore, fra l'altro.. Ti sei meritata una pizza. Sono stato il primo a irretirti, domani Tomas mi dovrà 20 dollari"
Si tira su e io resto sola. 
Piango, lacrime silenziose che non sente nessuno, ma che mi scavano dentro.
Sono sola anche quando tre settimane dopo faccio il test di gravidanza. 
Sono sola anche quando vado dal ginecologo per chiedergli di firmare l'interruzione di gravidanza. 
Sono sola. Mio figlio non nascerà. Non metterò al mondo un figlio senza padre. 
Sono sola anche quando arrivo all'ambulatorio. 
Sono sola anche quando tutto è finito, con quel vuoto pesante nel mio ventre e quella ferita nel cuore. 
Sono sola sempre. 
Io non voglio un ragazzo. 
Io non voglio amare, perché sono stata la prima a non essere amata.

E così, dopo Diego, è stata la volta di uno, di dieci, di trenta... Non ricordo i loro nomi. E loro non ricordano il mio.
Mi alzo piano dal letto, ma è una precauzione inutile perché Juan dorme come un sasso. Afferro la mia borsa da palestra e mi tuffo dentro il karategi immacolato. 
Stringo forte la cintura nera in vita e mi lego i capelli in una coda. Tolgo lo spazzolino dal bagno di quella camera squallida di hotel e lo getto nel mio beauty-case. Poi, silenziosamente come sono entrata, esco per sempre dalla vita di uno dei tanti di cui scorderò il nome. 
Respiro a fondo l'aria di Buenos Aires e faccio una passeggiata fino alla palestra, dove mi attende Adrian. Il mio maestro. 
"OSU!"
Si inchina e io lo imito, chiudendo il pugno destro nella mano sinistra.
"Come stai oggi Tini?"
Cerca di farmi chiacchierare ma onestamente non ne ho voglia. 
"Iniziamo Adrian. Poi vorrei fare i bagagli."
Eh già. Finalmente in partenza, e stavolta volo in Italia al Grand Prix di Lombardia. Sono una delle più piccole, ho 19 anni appena. Ma riesco bene, penso per l'ennesima volta buttando a terra Adrian. 
"Sei una vera campionessa."
"OSU". Mi inchino e faccio per andarmene, dopo due ore di allenamento sfiancante. 
La fatica mi aiuta a tenere libera la mente. Quando mi alleno i miei fantasmi scompaiono, tutte le mie paure che celo dietro storie di una notte sembrano svanire nel nulla a Karate. 
Adrian mi trattiene per un braccio e si avvicina pericolosamente alle mie labbra. Posso sentirlo respirare. Anzi, ansimare.
"Resta con me, poi durante la gara non ci vedremo mai."
Mi volto e lo fisso duramente. Ha un viso squadrato, occhi e capelli scuri e carnagione olivastra. Sembra un gigante in confronto a me.
"Adrian, i miei amanti non significano nulla. Ma tu sei il mio allenatore. Non posso e non voglio. Fattene una ragione."
Detto questo, lo spintono ed afferro dal tavolo delle schede la borsa nel cellophane, la mia dotazione per la gara.
"Martina... Ci vediamo domani mattina alle 9 in aeroporto. Fra l'altro viaggiamo con il team KeiKenKai, che comporrà il resto della squadra latino americana. Non ho idea di chi siano i componenti. Puntuale, mi raccomando."
Annuisco.
"OSU."
Esco dal dojo e passo oltre gli spogliatoi. Mi farò la doccia a casa. Ho bisogno di stare sola.
Io sono nata sola e nella solitudine trovo un minimo di pace. Ma già so che stanotte non dormirò. Quando dormo sola ho sempre incubi, ecco perché esco spesso con persone diverse. 
Stasera però resterò a casa. Dopotutto, ho una valigia da preparare. 

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Capitolo 3
*** Jet-lag che passione ***


La sveglia suona ed io la spengo per riflesso condizionato, in piena trance da risveglio. Il trillo del mio telefono ha svegliato anche Rid e Pasquale, che dormono sui materassini accanto al mio letto.
"Perché abbiamo preso l'aereo all'alba?"
Chiede Pasquale tirandosi su.
"Perché abbiamo 4 ore di fuso orario e quindi quando arriveremo lì sarà tardissimo. 15 ore e 35 minuti di volo... Moriremo prima di arrivare."
Risponde Rid, che odia gli aerei e ha già il terrore di come impiegare mezza giornata di volo. 
Ridacchio all'indirizzo di Rid e tiro un cuscino a Pasquale, dopodiché con fatica mi alzo. Dormirei volentieri altre dieci ore. Magari in aereo. 
"Meno male che ci hanno dato due giorni di assestamento a Milano prima di partire per Como. Pasquale come ti sembra Milano?" Chiedo al mio italiano di riferimento.
Lui scrolla le spalle.
"Bah... Non ha il mare. Non ha un fiume... Oddio, ci sono i Navigli. E poi boh, è grande."
Rid lo interrompe.
"Ma levati. È la capitale italiana del divertimento: locali super cool, aperitivi pazzeschi, ragazze strafighe e nessuna noia. E noi saremo in uno degli hotel più fighi, vicino al quartiere della moda. Il Boscolo Hotel.."
Pasquale lo guarda e chiude la giacca della tuta. 
"Senti tuttologo, sai chi è il quarto della nostra squadra?"
Rid scuote il capo e mi fissa smarrito.
Scrollo le spalle.
"So che è una ragazza. Pare sia una forza della natura questa qui: 19 anni e cintura nera secondo dan."
Mentre lo dico sono intimidito all'idea di averla in squadra: nel mio Paese, in Messico, io sono il più giovane atleta di Shotokan e sono secondo dan da due anni e mezzo. Se lei è secondo dan adesso, vuol dire che è diventata nera a 16 anni o giù di lì. Io lo ero all'età sua. Fuor di metafora, sono felice di non doverci combattere contro. Sarà un elemento di spicco in squadra, ma temo potrebbe buttare giù tutti noi. 
Dopo un'ultima controllata alle borse scendiamo di sotto, dove ci aspetta mio padre.
"Che precisione ragazzi! Partiamo anche con un po' di anticipo sulla tabella di marcia." 
Pasquale scuote la testa e mi fissa con uno sguardo a metà fra l'esasperato e il divertito.
Una mia occhiata, che vuole essere per gioco, lo intimorisce e gli fa dire rapidamente:
"Senpai ni rei." 
Il saluto all'allievo anziano
Ridacchio e gli mollo una pacca affettuosa. 
"Tienitelo per la quarta componente. Sarà lei l'allievo anziano quando noi faremo i kata a squadre."
Rid e mio padre cominciano ad avviarsi verso la porta così anche noi ci affrettiamo a seguirli. 
Il viaggio da casa all'aeroporto lo facciamo in silenzio. Io sono nervoso e non so nemmeno bene perché; Pasquale dorme e mio padre discute con Rid le possibilità di svago a Milano.
"Divertitevi campioni. Seguiremo la diretta!"
Mio padre non è uno sentimentale e io apprezzo che non si dilunghi nei saluti. Alle sette in punto stiamo aspettando al check-in il maestro e la nostra misteriosa compagna di squadra.
"Siete della KeiKenKai?"
Ci chiede un ragazzo non troppo più grande di me.
"Si. Aspettiamo Sensei Salzedo e Kuro obi Nidan Stoessel."
Il tipo annuisce e china leggermente il capo rivolgendomi il saluto del Karate. 
"OSU. Sono Adrian. Tu sei Kuro obi Nidan Blanco?"
Mi inchino e così fanno Pasquale e Rid mentre dico: 
"Sensei ni Rei"
Loro due dicono "OSU" e Adrian Salzedo ci sorride. 
"Martina la conoscerete a Milano: per un errore deprecabile della Federazione è partita con l'aereo delle 7. Dopodomani la vedrete nel dojo. Intanto, sarei felice di conoscere un po' meglio voi: la vostra fama vi precede, ma avrete tanto di cui parlare."
Devo dire che pur sembrando giovanissimo ci sa davvero fare, ma qualcosa in me mi suggerisce di tenere alta la guardia con Sensei Salzedo. Non so spiegarmi, ma a pelle sento che qualcosa di lui mi darà fastidio. Guardo i ragazzi, che non sembrano affatto pensierosi o infastiditi e seguiamo Adrian al check-in.
Due ore dopo siamo in volo su un aereo Lufthansa in Business Class. Io e Adrian ci ritroviamo seduti uno accanto all'altro, mentre Rid e Pasquale sono seduti in un'altra fila. 
"Saranno interminabili 15 ore e mezzo di volo."
Dice Adrian fissando l'oblò.
"Beh, abbiamo cuffiette, sedili comodi e TV. Poteva andare peggio." Ribatto io e mi infilo le cuffie alle orecchie. Ascolto senza sentirlo veramente qualche pezzo del rock classico, e intanto lascio vagare la mia testa. 
Georgina, la gara imminente, questa tensione dovuta a chissà cosa... Adrian dorme per la gran parte del viaggio e quando le hostess servono il pranzo ed una merenda lui si sveglia solo per bere dell'acqua, ingollare una pastiglia bianca e tornare a dormire.
Io in aereo dormo con tantissima difficoltà, in effetti, e forse farei meglio a usare qualche pasticca di passiflora anche io. Me ne rendo conto quando atterriamo a Milano. Sono le quattro di mattina quando arriviamo in hotel, e per fortuna i receptionist ci assegnano in fretta le suite. Io, Rid e Pasquale abbiamo un mega appartamento con tre camere matrimoniali, altrettanti bagni, una sala e l'uso cucina. 
Adrian ha una suite più piccola, sul nostro stesso piano, ma tutta per sé. La nostra misteriosa compagna di squadra ha un'altra suite al piano superiore.
Mollo i bagagli sul letto e aspetto che i ragazzi e Adrian si ritirino. Per qualche strano scherzo legato al fuso orario, io sono stanco morto ma sveglio e teso. Forse un po' d'aria fresca mi farà bene e così decido di andarmene nella terrazza. 
Quando arrivo lì, noto subito di non essere solo. C'è una ragazza minuta, magra e snella, con gambe sottili come giunchi ma dall'aria super tonica. Ha i capelli castani con riflessi biondi, sono mossi e li porta lunghi e sciolti sulla schiena. È davvero bellissima e il suo profilo si staglia contro la skyline di Milano in un modo meraviglioso. 
Deve aver notato la mia presenza perché senza voltarsi mi chiede:
"Too tired to sleep or just too amazed by the stunning view?"
Lo ha detto correttamente ma ha un accento familiare e così le rispondo in spagnolo.
"Ma guarda che fortuna. Se non altro non dovrò temere di fare brutte figure, visto che parli spagnolo. Sembri messicano dall'accento."
La fisso e noto che ha gli occhi colore dell'oro. Brillano come due stelle. È la più bella creatura che abbia mai visto. 
"Lo sono. Di Guadalajara. E tu? Parli come gli argentini o i venezuelani."
Sorride e si scosta i capelli dal viso.
"Vengo da Buenos Aires infatti. Viaggio infinito, dovrei essere stanca ma non riesco a dormire."
Che buffo: io stesso non avrei saputo dire meglio come mi sento. 
"Idem, ho pensato che un po' di aria fresca potesse farmi bene e così eccomi qui, ma pensavo di essere solo."
Mi guarda dritto negli occhi e qualcosa si accende in me.
"Se vuoi me ne vado."
Fa per andarsene, ma la richiamo.
"Non mi piace così tanto il panorama senza te."
Non arrossisce e non china lo sguardo, che donna fiera. 
"Se vuoi guardare il panorama lo puoi fare senza di me. Se vuoi guardare me non è questo il posto." È così vicina al mio viso ora che posso contare tutte le sue folte ciglia. I suoi capelli hanno un profumo delizioso e mi piace che il vento sollevi i suoi boccoli verso il mio viso.
Non so nemmeno il suo nome, ma so che mi attrae tanto questa bella sconosciuta. Così tanto che sto per perdere il controllo.
"E qual è il posto?"
Le chiedo mentre le sfioro un fianco con la mano.
Mi afferra la mano con decisione e mi sussurra sulle labbra:
"Ti ci porto."
In stato di trance, un po' per l'eccitazione crescente e un po' per il jet-lag e l'ora antelucana, la seguo in ascensore e fino alla porta di una camera. 
La fisso e mi perdo nel suo sguardo fiero e deciso, in cui mi sembra di scorgere un'ombra di paura. Ma magari è solo una mia idea.
"Allora... Posso offrirti la cura universale per il jet-lag o il bacio della buonanotte, messicano dagli occhi smeraldo."
Le prendo il viso fra le mani e la bacio. Lei non sembra stupita né arrabbiata: ricambia il mio bacio e spalanca la porta della suite. La richiude con un calcio e continuando a baciarmi mi fa strada fino a un divano. 
Non so cosa mi è preso e non so nemmeno perché, ma in pochissimo mi ritrovo perso in lei travolto da un piacere che non ho mai provato con nessuna prima d'ora. Questa sconosciuta è bella ed intraprendente, sarebbe bello conoscerla meglio. C'è un'energia strana fra noi: ogni sua carezza è una scossa intensa per me e intuisco che anche a lei piace molto quello che faccio. 
Quello che provo è potente e mai vissuto prima e calma la mia mente ed il mio corpo, con un senso di beatitudine e pace che non ho mai sperimentato finora.

Quando mi sveglio la mattina dopo, alle dieci passate, lei ancora dorme ed io ho due ore per tornare in camera. Le lascio un biglietto sul cuscino, con il mio numero ed il mio nome.
"Spero tu possa essere molto più del sogno di una notte"
Le sfioro la nuca nuda con un bacio ed esco dalla stanza. 555.
Questo numero mi è familiare ma non capisco perché. 
Entro nella suite che divido con i ragazzi e noto che le porte delle loro stanze sono chiuse. Meglio così. Ragazzi che serata... 
Mentre mi dirigo verso il bagno noto un foglio sul mio letto. Battuta a macchina, scritta a lettere di fuoco c'è la risposta al mio campanello d'allarme. 
Oh cazzo. Sono andato a letto con la mia compagna di squadra senza saperlo. E adesso? Con le mani fra i capelli mi lascio cadere sul letto. 
Che coglione sono? 

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Capitolo 4
*** Onora i principi dell'etichetta ***


Straccio il biglietto sul cuscino accanto a me e getto i pezzi a terra. Prince charmant, mi spiace... Io non vedo mai due volte lo stesso amante. Io non cerco un sogno. Tu hai solo soddisfatto un mio bisogno. 
Peccato poi. Nessuno mi aveva mai baciata in quel modo, languido ma allo stesso tempo ineluttabile. Nessuno mi aveva mai toccata così prima d'ora. Nessuno mi aveva mai regalato piacere per il solo gusto di farlo. Lui mi ha fatta rinascere con un solo bacio, con una sola carezza. Mi spiace perderlo, ma il nostro futuro non esiste in partenza. Domani sarò a Como e lui sarà solo uno dei tanti nomi. 
Quanto vorrei che domani non arrivi mai. Forse potrei cercarlo in hotel, ma per cosa poi, sapendo che dovrei salutarlo già domani mattina?
Lascio che l'acqua fresca della doccia lavi via le mie ansie e, dopo essermi asciugata, mi metto il karategi della Federazione: la mia divisa ufficiale per tutta la durata del Grand Prix. 
Stringo la cintura in vita e calzo un paio di infradito, poi afferro con malagrazia le protezioni per i kumite e mi dirigo nella palestra che l'hotel ci mette a disposizione per oggi e domani mattina. 
Adrian è già intervenuto, vedo. Ha attaccato alla porta un adesivo con i kanji che compongono la scritta "Hombu-Dojo" e ha messo il tatami sul pavimento.
Entro e noto i miei tre nuovi compagni senza davvero guardarli, ma vengo quasi istantaneamente attraversata da un'energia strana. Posso sentire elettricità nell'aria, dietro di me, sulla mia nuca. È desiderio puro quello che mi spinge a voltarmi e in un attimo vengo attraversata da un milione di emozioni.
Il ragazzo con gli occhi verdissimi, che mi fissa facendo crepitare l'aria e facendomi balzare il cuore in gola, è quello della terrazza. 
Quel prince charmant straordinario che mi ha regalato la fugace visione del paradiso con un bacio. 
Quel Jorge del biglietto. 
Il mio senpai, pare. 
Uno dei mille che devo scordare.
Uno che non può mandarmi in fuori fase così.
Oddio non ce la farò. Le mie ginocchia cedono ma riesco a fingere che sia la mia volontà di sedermi nella posizione del seiza. Appoggio la gamba sinistra a terra, e ruoto leggermente quella destra fino a ritrovarmi seduta sui talloni. 
"Otagai ni rei"
Mormoro inchinandomi ritualmente.
"OSU", rispondono in coro i tre inchinandosi.
Ad un cenno di Jorge, i due si siedono nella posizione di seiza e lui li imita. Adesso il senpai sono io, visto che mi hanno lasciata nel lato anteriore della palestra, sedendosi di fronte a me.
Ed infatti Jorge mormora rocamente:
"Senpai ni rei"
I due rispondono "OSU" ed io fissando un punto imprecisato alle loro spalle inizio ad enunciare le cinque regole del dojo. Forse serviranno a mettere in chiaro come funzioneranno le cose fra noi:
"hitotsu, jinkaku kansei ni tsutomuru koto" 
/ricerca la perfezione del tuo carattere/
"OSU"
Continuo:
hitotsu, makoto no michi wo mamoru koto
/difendi le vie della sincerità/
"OSU"
Jorge ha gli occhi che brillano di pura energia... O forse è altro. Mi sforzo di proseguire:
"hitotsu, doryōku no seishin wo yashinau koto"
/cura il tuo spirito di ambizione/
"OSU"
Uno dei due ragazzi sembra essersi accorto che qualcosa non torna, ma non ho scelta: 
"hitotsu, reigi wo omonzuru koto"
/onora i principi dell'etichetta/
"OSU"
Meno male che è l'ultima perché sto per cedere, tanto sento il peso di quegli occhi di smeraldo su di me.
"hitotsu, kekki no yū wo imashimuru koto"
/rinuncia alla violenza/.
"OSU"
Restano a fissarmi con la testa eretta e lo sguardo fiero.
"Kiritsu" ordino dopo essermi alzata, e loro mi imitano. 
"Senpai Stoessel, io sono... Beh, lui è Kuro obi Nidan Di Nuzzo" e Jorge indica il ragazzo alto e castano alla sua sinistra. 
"OSU", chino il capo nella sua direzione.
"E lui è Kuro obi Nidan Van Kooten" indica l'altro ragazzo, altissimo e con gli occhi celesti ed i capelli biondi. Che trio mi sono trovata.
"OSU" e mi volto verso Van Kooten.
Jorge mi indica il tavolo, sul quale è poggiato un biglietto in carta seta. Già immagino lo scritto, e odio Adrian per questo. 
"Tini, io sono andato a Como a verificare delle cose burocratiche e amministrative. Ti affido i KeiKenKai. A domani, buon lavoro. -A."
Buon lavoro un cazzo, Adrian.
"Okay ragazzi, io sono Martina. Senpai Stoessel ce lo teniamo per i saluti ufficiali, qui dentro solo nomi. Adrian, il maestro con cui siete arrivati, è a Como e noi abbiamo oggi e domani per allenarci. Non conosco i vostri programmi perciò suggerisco di partire con kumite e kata e domani mattina faremo meditazione. Domande?"
Mi fissano in silenzio e chinano il capo.
"Sen... Martina, come ci dividiamo?"
Cazzo, odio questo Jorge. Le sue domande creano solo problemi ed io pensavo fosse ovvio che non combatterò con lui. La memoria del corpo non tradisce e ogni fibra di me lo desidera. E sento, dal modo in cui mi guarda, che per lui anche è così. 
"Tu e Van Kooten ed io e Di Nuzzo."
"Senpai... Cioè, Martina. Perdonaci ma noi combattiamo in categorie diverse ed io posso solo allenarmi contro Rid." Mi dice Di Nuzzo con fortissimo accento italiano. 
Guardo stizzita il programma accanto al foglio e fulmino Jorge con lo sguardo.
"Blanco, potevi avvisarmi prima che voi combattete col manuale del galateo."
Jorge china il capo, ma ha un luccichio strano negli occhi. 
"Okay, finiamola qui: iniziamo il riscaldamento e poi alleniamoci eh?"
Dico e comincio a correre lungo il perimetro del dojo. 
Al tredicesimo giro sono calda e piacevolmente tesa, più per desiderio che per sport. 
Jorge sta fissando le protezioni in fondo alla stanza.
"Non ti servono."
Ci inchiniamo una all'altro e mi sento svenire.
Ci fissiamo così a lungo in posizione di attacco che posso sentire il mondo girare intorno a noi. Una sua mossa mi restituisce lucidità e iniziamo il combattimento. Parata e attacco, parata e attacco. Cazzo che tempra il messicano. Ma è prevedibile e così decido di spiazzarlo. Io non so eseguirlo ancora, ma ne conosco la teoria e mi cimento nel kata più difficile: il suparimpei. 
Mi basta solo saltare per vedere Jorge cedere e a quel punto eseguo il calcio e lo spedisco a terra, purtroppo cadendo sopra di lui. Sono a un centimetro dal suo viso e tutto mi dice di baciarlo. 
"hitotsu, reigi wo omonzuru koto"
/onora i principi dell'etichetta/
Mi alzo con uno scatto e il suo sguardo si spegne, ma è triste ora.
"Cioè... Tu sei solo un secondo dan? Davvero?"
Mi chiede l'olandese stupito mentre Jorge si rialza.
"Avrai notato che non era perfetto il suparimpei. Ma lui era prevedibile e dovevo spiazzarlo. Ve lo ho detto: io non credo nel combattimento di galateo. Io credo nell'energia e nel migliorarsi."
Jorge mi fissa a lungo e china il capo.
"Ragazzi, vi vengo a cercare fra un po'. Avete cose su cui riflettere."
L'olandese lo guarda stranito ma poi improvvisamente sembra colpito da un lampo di genio.
"Giusto. Andiamo Pasquale. OSU"
Si inchinano ed escono. Non li sento allontanarsi però. Anche se la porta è chiusa. 
"Bel colpo." Mi dice Jorge occhi belli.
"Poche stronzate. Perché non mi hai detto chi eri?"
Mi fissa:
"Perché non me lo hai detto tu?"
Resto senza parole. Io non resto MAI senza parole di fronte a un ragazzo.
"Io ho capito stamattina chi.."
"Stai zitto. Dobbiamo dimenticarci di ieri sera. Non può essere."
Mi tocca un fianco e io sento un brivido. Lo voglio con tutta me stessa, voglio perdermi in lui su questo tatami, voglio essere presa in questo dojo anche se è immorale. 
"hitotsu, reigi wo omonzuru koto"
/onora i principi dell'etichetta/"
"Non toccarmi. Abbiamo fatto un errore e abbiamo una gara. Non significa niente ieri sera." Gli dico stizzita.
Mi fissa e io vorrei solo potergli dire tutto di me. E non so nemmeno perché a lui, che non conosco ma che sento potrà capirmi.
"Dimmelo adesso che non significa niente l'aria che vibra attorno a noi. Guardami in faccia e dimmi che dobbiamo scordarci tutto quello che c'è stato. Se fosse solo sesso, vibrerebbe così l'aria?"
È a pochissimi centimetri dal mio viso.

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Capitolo 5
*** Zanshin ***


"Jorge...."
Le prendo il viso fra le mani e la bacio. È pura estasi l'incontro delle nostre labbra, le mie mani sui suoi fianchi, le sue dita nei miei capelli. Ho voglia di sentirla ed infilo una mano sotto la giacca del suo karategi, già madido di sudore.
Ma lei mi blocca, e con presa agile mi afferra il braccio per stringerlo con forza dietro la mia schiena. Sono conquistato... E bloccato.
"Senti principe.." Soffia a pochissimi centimetri dal mio orecchio
"...non so tu, ma io a questo titolo tengo perché ho aspettato una vita il Grand Prix. E non sono abituata a cedere alla passione, seppur forte come questa. Non intralciarmi."
Mi piego in avanti e lei, non aspettandoselo, si ritrova sbalzata a terra, ma con un'agile capriola si riporta subito di fronte a me. 
"Perfetto, allora non sei solo carino. Sai anche combattere. Richiama i tuoi amici, dobbiamo allenarci.. E mi servi concentrato."
Non resisto e cerco di attirarla a me, ma lei schiva le mie braccia e fa per colpirmi. Decido di usare la sua stessa tecnica e salto. 
Funziona: non se lo aspettava e quindi cade. Ottimo.
Ma non è una sprovveduta e con un calcio ben assestato fa perdere anche a me l'equilibrio, così mi ritrovo sopra di lei e, ignorando come, finisco sotto il suo corpo magnifico.
"Stai imparando Blanco. Ma puoi ancora migliorare."
Maledetta tentatrice bella come il sole.
"E forse tu puoi insegnarmi come..."
Faccio per baciarla e lei sembra non ritrarsi, ma in quel momento ritornano Pasquale e Rid.
"OS.. Uhhhh. Vi lasciamo?"
Chiede Rid da un punto indistinto.
Martina si rialza e chiude il pugno destro nella mano sinistra.
"No. Dobbiamo allenarci."
Arrossisco fino ai capelli ma annuisco e costringo il mio respiro a tornare normale. Ci alleniamo duramente e la fatica mi restituisce lucidità. 
"Complimenti ragazzi. Il vostro kata a squadre non teme rivali."
È il primo complimento che Martina ci rivolge e wow... Non mi sono mai sentito più gratificato.
"Per oggi siamo a posto, suggerirei un salto dai fisioterapisti per verificare la tensione muscolare, e magari meditazione domani. Ho visto abbastanza in fatto di tecnica e ho diverse proposte per Adrian."
Rid e Pasquale si detergono il sudore dalla fronte e si avvicinano a me.
"Cosa facciamo?"
Mi inchino e dico
"Senpai ni rei"
"OSU." Rispondono e ci congediamo.
Entrando negli spogliatoi comincia l'interrogatorio:
"Jorge, che cazzo... Capisco sia figa, ma con la senpai proprio? Quella vive solo per il Karate."
Pasquale non capisce un cazzo.
"Più che altro, io pure potevo sentire vibrare l'aria attorno a voi. Come farete adesso?"
Chiede Rid ansioso.
Li fisso e scuoto il capo.
"Non lo so. Ragazzi, io vado a farmi controllare il flessore, ci vediamo?"
Pasquale annuisce.
"Noi andremo alla SPA."
Li saluto e mi dirigo verso la zona relax. 
Due voci femminili nascoste da una porta in legno stanno parlando. Una è la SUA voce.
"Grazie Mechi. Non lo so... Lui è diverso. Mi attrae in un modo che non so spiegarti, da un lato sarebbe anche bello approfondire. Ma resterei fregata. Come con Diego."
L'altra voce le risponde:
"Non puoi saperlo. E comunque dovresti davvero dare retta a Xabi. Ci sono dei rischi calcolati che potresti cominciare a correre. Credo che questo Jorge rientri nella categoria."
La sento sospirare.
"Non lo so. Con Diego a farmi male ero da sola. Adesso mi gioco un titolo e una qualificazione. Lo sai cosa significa Karate per me..."
Non capisco la risposta dell'altra ragazza, ma improvvisamente, chiunque sia, questo Diego mi sta antipatico e lo vorrei morto. In qualche modo ha rovinato il passato di questa fanciulla splendida, e per colpa sua lei ha paura a lasciarsi andare con me. Ho abbastanza materiali su cui riflettere, penso mentre busso alla porta.
"Chi è?"
Chiede la voce che non conosco.
"Blanco. KeiKenKai... Cercavo il fisioterapista."
Una giovane ragazza, con i capelli biondi e mossi e labbra rubino, mette fuori la testa. La fisioterapista insomma...
"Mi hai trovata. Accomodati nella stanza accanto. Finisco con lei e arrivo da te." E con questo richiude la porta dietro di sé. 
Mi sistemo sul lettino della stanza accanto e aspetto con fiducia la fisioterapista, la quale dopo pochi minuti entra in un frusciare di camice bianco e capelli al vento.
"Blanco, insomma."
Annuisco, ma mi interrompe.
"So diverse cose di te.."
Arrossisco e lei mi strizza un occhio.
"La conosco da quando aveva 6 anni. So tutto di lei. E so che tu la hai turbata, in senso buono. Allora, dove..."
La interrompo, le indico il flessore e cerco di farla recuperare da dove si era interrotta.
"Non aspettarti che ti dica tutto di lei. Ti dico solo che ha alle spalle una storia tormentata e che se vuoi avere una chance con lei devi aiutarla ad affrontare i suoi fantasmi."
Che razza di sibillina.
"E cosa ti fa pensare che io voglia una chance con lei?"
Si ferma e mi fissa dritto negli occhi.
"Il modo in cui ti innervosisci solo sentendola nominare. Blanco, non mi sono mai piaciuti gli arroganti, ma credo che tu abbia davvero la stoffa per essere il suo tipo. Se saprai prenderla."
Sospiro, quanto vorrei che avesse ragione. 
"Io sono Mercedes, ma potete chiamarmi Mechi. E... Blanco, la mia Tini è la donna più forte che conosca. Ma ha una debolezza, il Karate. Per lei il titolo è un vero riscatto.
Ti consiglio di capirne il perché."
Faccio per dire qualcosa ma vengo bloccato.
"Ottimo. Gambe a posto, addome rilassato e respirazione regolare. Ti suggerisco di usare la posizione di seiza per meditare. Non dovresti aver noie ai flessori così."
La ha chiamata Tini. Chissà perché. Saluto Mercedes, ringrazio ed esco, pronto per una doccia. 
Quando termino, in realtà non ho voglia di tornare in camera e nemmeno di stare in compagnia. Nemmeno della mia misteriosa quanto affascinante compagna di squadra. Così, cambio i jeans con i pantaloni della tuta ed entro nel dojo. Tecnicamente dovrei usare il karategi, ma sono solo e non mi sto allenando. Ho bisogno di rilassare la testa e di pensare con calma.
Quando ho iniziato Karate a livello agonistico non ho più dato spazio alle mie relazioni personali. Georgina è stato un caso, ma alla resa dei conti è venuto fuori che io non riuscivo a concentrarmi se dovevo anche gestire una relazione. E meno male che era un'atleta come me. Sennò sarebbe finita molto prima e non a causa mia. Ma di lei non mi importa più nulla.
Credevo che arrivare in Italia mi avrebbe convinto una volta di più di quanto il Karate sia tutto per me, ma adesso c'è lei. 
Lei che è bellissima e fiera, come una leonessa pronta a uccidere.
Lei che ha il coraggio di mille guerrieri e lo sguardo perso dell'ultima delle bambine. 
Lei che non ha paura di incoraggiare un team per guidarlo verso il podio, ma teme i suoi stessi sentimenti come la peste. 
Lei che quando mi fissa con quegli occhi di cioccolato fa vibrare l'aria intorno a noi e fa scomparire il mondo.
Lei che sta fuggendo da qualcosa. 
Come me.
Siamo due cavalli lanciati al galoppo che si sono scontrati a metà pista. Siamo due anime ferite. 
Ma io posso curarla perché in un modo che non so spiegare il suo dolore lo percepisco simile al mio.
"Jorge."
Quella voce.
"Kiritsu"
Mi alzo e il desiderio mi fa voltare verso una porticina che non credevo esistesse. Lei è lì, leggings e top. Come me a piedi scalzi, in divisa poco ortodossa per il dojo. 
"OSU".
Mi fa un cenno avanti a sé indicando il tatami ed io mi ci dirigo. Si mette di fronte a me e si inchina.
"Fammi vedere chi sei veramente."
E in posizione di attacco mi costringe a difendermi. Ma non è un combattimento come gli altri. 
"Non perdere la concentrazione, Blanco."
Non ci riesco. Mi spiazza. Paro i colpi più per riflesso che per volontà, attacco senza energia. Potrebbe farmi a pezzi se solo lo volesse.
La osservo saltare e mi preparo a schivare, ma lei con una capriola aerea mi butta comunque a terra. Non sento dolore, eppure sono caduto male. 
"Kiritsu, Kuro obi."
Eseguo e davvero sto benissimo. È stupefacente. 
"Come..."
Mi fissa e si sporge verso di me.
"Zanshin. Dopo l'attacco la mente resta vigile, pronta a qualunque azione. Io pratico ippon kumite proprio perché è l'esercizio migliore per imparare ad acquisire controllo, lo zanshin appunto.
Tu punti a buttarmi a terra, ma per vincere me devi prima vincere te stesso. Questo è il vero Karate."
Si ferma e mi dice:
"Devi controllare le tue emozioni o loro controlleranno te. E ti faranno male."
Maestra Stoessel. 
"È per questo che tu sei sempre così controllata?"
Il suo sguardo si accende, poi torna triste. 
"Non vuoi conoscere la mia storia Jorge."
La fisso.
"Non sei diversa da me. Insegnami a cercare la via e spiegami cosa ti rende così impassibile. Anche io ho una storia alle spalle. Mostrami come hai affrontato la tua; io ti dirò la mia."
Mi sfiora la guancia con tre dita. 
"Non farti attraversare dalle emozioni. Dominale. Potresti non voler più combattere dopo quello che ti dirò. Vuoi correre il rischio?"
Le pianto gli occhi negli occhi.
"Mi ucciderebbe non combattere più se perdo la gara. Accetto il rischio. Guidami."

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Capitolo 6
*** Due mondi diversi, una sola memoria ***


Lo fisso e penso che sarebbe meraviglioso lasciarsi andare e dirgli tutto. Ma in fondo, non lo conosco ancora. 
"Hai fame?" Gli chiedo sentendo il suo stomaco borbottare.
"Sì, ma non cambiare discorso." Determinazione e focus. Questo ragazzo non è uno scemo, non è il mio solito amante. 
"Non lo cambio. Ti chiedo di parlarne con del cibo davanti. E non dove tutti possono sentirci."
In realtà forse il dojo è davvero il posto migliore, ma io non ho voglia di stare qui. Al momento vorrei solo farmi un hamburger, bere una bella Corona e affondare nel letto. Mi ritrovo a pensare che sarebbe bello dormire fra le sue braccia, ancora. Da domani sera non sarà possibile. Sto odiando la situazione. 
"E sia donzella. Anzi, le piacerebbe fare un giro per Milano?"
Lo sposo domani. Maledetto tentatore seducente come il calore del fuoco e altrettanto pericoloso. 
Perché no? 
"Mi dia quindici minuti señor."
Annuisce e mi apre la porta.

"Certo che anche questa vista non scherza."
Mormoro guardando ammirata la vista Duomo che si gode dalla terrazza di Rinascente. Le guglie del Duomo si stagliando bianche e luminose contro il cielo scuro. L'arte gotica non mi piace ma questa è diversa. Vederle così luminose sotto lo spicchio di luna è uno spettacolo. E la strada, sotto di noi, sembra così piccolina. Jorge è perso, ma annuisce:
"Sì. Una vista di altri tempi. Fa pensare..."
Fissa il vuoto giocherellando con le patatine rimaste nel piatto. Io sono appagata dal cibo e capisco che lui è troppo elegante per forzarmi a parlare così comincio:
"Da quanti anni pratichi Karate?"
Mi fissa e scrolla le spalle.
"Diciannove." 
Cavolo. La mia età in pratica.
"Perché hai iniziato?"
Sorride:
"Posso chiedere lo stesso a te. Comunque, è una brutta storia."
Scuote le spalle.
"Siamo in due."
Mi fissa dritto negli occhi e adesso capisco perché l'immensità del suo sguardo. Anche lui è ferito e guarda il mare cercando una riva.

"We've come a long way from where we began
Oh, I'll tell you all about it when I see you again
When I see you again"

Wiz Khalifa canta in sottofondo ed io non posso far a meno di pensare che abbia super ragione. Perdo il controllo, mi lascio andare per la prima volta in vita mia:
"Sono rimasta orfana da bimba, non ne ho memoria. Ho cominciato Karate in istituto, perché ero la sola bimba. Mi trattavano male."
Sospiro. 
"Poi ho iniziato l'agonistica. Ero cintura blu, da pochissimo in realtà. E ho incontrato una squadra di soli ragazzi. Diego, Pablo e Leonardo. Diego mi piaceva, era poco più grande di me, ed era senpai oltre che mio compagno di classe. Io cercavo l'amore romantico, ero sola al mondo. Lui mi dava attenzioni e abbiamo fatto un errore."
Mi trema la voce, mi prende il viso fra le mani e mi fissa:
"Solo te lo senti."
Poggio una mia mano sulla sua e quel contatto così intimo mi scalda, mi fa continuare.
"È stato il mio primo ragazzo, avevo solo 15 anni. E sono rimasta incinta."
Deglutisce ed impallidisce.
Sorrido a denti stretti.
"Ti avevo detto che non volevi saperlo."
Mi guarda.
"Ti prego continua."
Sostengo il suo sguardo:
"Lui mi ha confessato che voleva solo essere il mio primo amante, per scommessa. Credo di esser morta assieme al bambino che ho abortito. Non potevo metterlo al mondo. Non volevo facesse la mia fine."
Prende un respiro profondo:
"Hai continuato Karate per controllare le tue emozioni. E hai finito col seppellirle quando sei diventata cintura nera. Giusto?"
Annuisco. Ha capito tutto.
"Hai trovato la tua via del guerriero e ora che sai dominare le tue emozioni non vuoi riportare a galla la donna che c'è in te."
Ha ragione, ma mi ha ferita.
"E tu? Tu combatti come un disperato. Per te è importante solo buttare tutti a terra. Tu sei un animale ferito. Sei forte e lo sai ma non sai controllarti. Qual è la tua storia?"
Scrolla le spalle.
"Uno pari e palla al centro. Mia mamma è stata uccisa sotto i miei occhi quando ero solo un bambino. Per me Karate è sempre stato un modo per imparare a usare la rabbia che ho dentro in modo positivo. Ma adesso che sono secondo dan..."
Ho capito cosa intende e continuo per lui:
"... Adesso hai capito che non è tutto ciò che serve, la forza, per vincere l'avversario."
Mi fissa e lo sguardo torna luminoso, quello di un bimbo a cui hanno appena dato una bella notizia.
"Più che altro, adesso so che mia mamma resterà invendicata e che la mia rabbia non basta più per portarmi avanti nel mondo che amo. Karate mi ha tenuto lontano dal mondo reale, è il mio scudo dagli affetti. Sei la prima persona a cui racconto tutto."
Lo fisso e stavolta sono io a posare la mia mano sul suo viso.
"Hai paura che se ti lasci andare al sentimento qualcuno possa ferirti?"
Annuisce. 
"È la stessa paura che ho io, Jorge."
Un cameriere si avvicina.
"Scusatemi signori, ma davvero dovremmo chiudere. Mi spiace interrompervi, purtroppo devo chiedervi di avviarvi alla cassa."
Prima che io possa fare qualsiasi mossa, Jorge tira fuori una banconota da 50€ e paga, lasciando al cameriere il resto. Mi chiede di non fare nulla con uno sguardo. Allargo le braccia, estenuata.
Usciamo nella fresca aria di Milano, anzi... Torniamo sulla terra. L'hotel è a due passi da noi, ma c'è ancora questa elettricità che crepita fra me e lui. E da come mi guarda so che anche lui la sente. 
Arriviamo sotto l'hotel e ci avviamo agli ascensori. Sono le tre passate... Domani alle 8 c'è la sveglia.
 Si parte per Como. 
Dio, se solo potessi ritardare di 24ore la partenza. 
Oh mio Dio... 
Entriamo in ascensore e l'energia esplode nel momento esatto in cui incatena i suoi occhi ai miei.
"Siamo figli della stessa storia. Possiamo farcela, insieme."
Finisce di parlare e le mie labbra trovano le sue. È un bacio senza tempo, il bacio che aspettavo. E, come già la sera precedente, mi sento libera. Libera e felice. 
L'ascensore si ferma ed usciamo nel corridoio. Sempre cingendomi la vita lui tira fuori la chiave magnetica e apre la porta di un appartamento, altro che suite. 
Al mio sguardo perplesso risponde con un bacio che non fa parlare. Mi solleva come una sposa e mi porta nella sua camera, che è grande quanto la mia suite circa. 
Non passa molto prima di perderci l'uno nell'altra. E mentre faccio l'amore per la prima volta in vita mia, vorrei che questa notte non finisse mai.


Bliss. Mi sveglio appena prima delle 8, abbiamo dormito poco e niente ma mi sento rinata. È così bello mentre dorme. Sembra un bambino. Il mio bambino smarrito. Un tremito gli percorrere le ciglia ed io so che sta per svegliarsi.
"Mmmm... Buongiorno raggio di sole."
Potrei abituarmici. Sto per baciarlo, ma bussano alla porta.
"Che cazzo, Jorge! Svegliati!!!"
Sembra quel ragazzo italiano..
Ed improvvisamente temo di sapere cosa debba dirgli. 

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Capitolo 7
*** È tutto nella tua testa ***


"Jorge che cazzo, apri!"
Diciamo che stavo sognando un bacio di Martina, perciò svegliarsi così non è il massimo.
Apro del tutto gli occhi e lei è accanto a me, con il bel viso teso.
"Credo stiano cercando me..."
La bacio e la rassicuro:
"Vedremo."
Mi alzo e mi infilo al volo i pantaloni del pigiama, dopodiché apro la porta.
"Alleluja, volevo chiamare l'esercito."
Pasquale è già vestito e sembra furioso.
"Cosa ti serve? Non partiamo più alle 10?"
Mi fissa e sembra non capire perché sembro così assente. 
"Jorge... La tua bella amica non si trova, ed il suo maestro è furioso. Le cose sono due: o è con te o è sparita. In entrambi i casi Adrian sembra pronto a fare una guerra. Serve a nulla ricordarti che abbiamo una gara domani?"
Merda. Faccio cenno a Pasquale di aspettare e mi giro, ma Martina è già dietro di me. Indossando i suoi leggings e il sopra della mia tuta. È uno schianto, e ho un groppo in gola quando capisco l'enormità di quello che ho fatto. 
"Ragazzi... Con Adrian parlo io. Pasquale, se vuoi scusarmi.." E con ciò esce dalla mia stanza, e adesso sì che sto male. Adrian non ci metterà molto a capire tutto.
Pasquale aspetta che lei sia entrata nell'ascensore e poi entra nella nostra suite, chiudendo la porta e trascinandomi nella sua camera. 
"Mi spieghi cosa cazzo ti prende? Possibile che non capisci che questa gara per me e Rid significa tutto? Che Salzedo è un maestro importante e può aprirci le porte del mondiale? Come cazzo puoi farci questo? Adesso sarà furioso, tu sarai a pezzi e la squadra andrà a puttane. Lo capisci???"
Abbasso lo sguardo. 
"Senti è capitata nel momento peggiore, però è una cosa bellissima e non puoi capire cosa ci sia dietro. Lei è come me. Lei è la mia energia perché lei sa qual è la strada."
Pasquale mi fissa
"Energia? Strada?"
Ricambio il suo sguardo. 
"Lei ha una storia difficile alle spalle. Come me. Io posso curarla. Perché lei ha già curato me. Non è che non abbia a cuore la qualificazione ma siamo atleti per arrivare alla fine. Io ho capito qual è ora lo scopo del Karate, io so cosa devo fare per vincere. E lo so perché c'è lei qui, con me e per me. Forse dovrei parlare io col maestro." 
Pasquale mi fissa sconvolto.
"Senti capitano, non ci ho capito un cazzo, ma ho capito che stai male. Adesso stai con noi, domani facciamo la gara e poi parliamo delle prospettive. Okay?"
Per niente, ma non mi lascia scelta. Mi trascina nella mia stanza e mi aiuta a raccogliere le mie cose. Quando chiudiamo la borsa da viaggio, Rid arriva con un caffè e un muffin.
"Ti serviranno. Mangia."
Prigioniero nella mia squadra. E forse, se fossi in loro non potrei far a meno di stare dalla loro parte e comportarmi come stanno facendo loro. 
Quando scendiamo nella hall alle 10, il check out dura un istante ed in troppo poco tempo ci ritroviamo sul pulmino per Como. L'aria è pesante. Adrian è livido.
"Blanco. Dobbiamo parlare."
Martina si alza e si allontana con lo sguardo basso. Ha la tuta istituzionale e il viso stanco, ma è bella lo stesso e dalla sua espressione so che sta soffrendo quanto me. 
"Blanco quello che è successo è gravissimo. Non sono disposto a tollerare tresche nella squadra delle qualificazioni mondiali, meno che mai se un membro della squadra è garanzia di successo."
Lo fisso in silenzio e poi abbasso lo sguardo. 
"Sensei.."
"Meno stronzate. Dimenticati di lei e portateci al mondiale." Si avvicina al mio viso e mi costringe ad alzare lo sguardo.
"Coso.. Non ti azzardare a fare giochetti. Tanto per lei sarai uno dei tanti amanti. Ti dimenticherà in fretta, vedrai."
Ed in quel momento, un'illuminazione. A Salzedo non importa nulla dei mondiali: a lui interessa solo avere Martina. E adesso so perché lei è triste. Lei non lo vuole. Lui non l'hai mai avuta.
"Perfetto, allora. Però vede sensei S... Almeno io l'ho avuta."
Diventa livido e mi fa cenno di allontanarmi, cosa che faccio più che volentieri. 
Non so come, ma Tini.. Voy por ti. 
Raggiungo Rid e Pasquale e incrocio i loro sguardi furiosi. Faccio per aprire bocca, ma Pasquale mi blocca. 
"Non peggiorare le cose, amico."
Sospiro e guardo fuori dal finestrino... Mi piace questo paesaggio, ma non mi piace non poterlo condividere con lei.
Lei che in questo momento è seduta nei primissimi posti, abbracciata alla bionda fisioterapista. Mercedes Lambre... 
«Ti consiglio di scoprire perché il Karate sia tanto importante per lei».
Me lo aveva consigliato lei, parlando di Martina. 
Un passo avanti lo ho fatto ieri sera: lei lo usa come scudo per le emozioni. Le hanno fatto male in passato e ora lei scherma tutto dietro uno sguardo di ghiaccio e mosse letali. Però non mi torna qualcosa nel suo combattimento. È precisa, è veloce ed è letale, ma combatte ferita. Da cosa e perché non lo so. Combatte come un animale in gabbia. È strano, perché ha tutto: bellezza, intelligenza, leggerezza, onestà, fierezza... Mi chiedo quale sia il suo vero tormento. 
Il mio è la paura. Non ho la sua tecnica, non ho la sua velocità, il mio kumite non è preciso e plastico come il risultato di un calcolo algebrico, però la mia determinazione è immensa. È la paura di sentirmi piccolo ed impotente a tenermi saldo durante la gara. Nella mia carriera, solo il maestro mi ha buttato giù. E in qualche modo, le sconfitte per mano del maestro non le percepisco come problemi. Idem quelle per mano della ragazza con gli occhi tristi, bella come il sole dell'alba ma irraggiungibile come la luna sul mare. 
"Siamo arrivati."
Pasquale mi scuote e mi rendo conto che i miei pensieri mi hanno tenuto impegnato fino a destinazione. Scendiamo dal pulmino e seguiamo Salzedo e la senpai all'interno della grezza struttura di fronte cui è parcheggiato il nostro mezzo. L'hotel sembra una caserma: grigio e squadrato, ha tutta l'aria di un ritiro sobrio per sportivi. L'interno è moderno ma essenziale, tutto rigorosamente comandato in remoto: dalle tende alle finestre fino alle porte scorrevoli. Ci accoglie un tale, che indovino messicano dall'accento identico al mio, con i capelli scuri e lunghi alle spalle e occhi grandi da bambino. 
"Buongiorno Keikenkai, ben arrivati Tini e Adrian." Ah, sarà un tale del loro staff.
"Ciao Xabi." Adrian risponde così al suo saluto e poi senza congedarsi scompare alla nostra vista percorrendo una rampa di scale che deve portare al piano superiore. 
Restiamo solo noi atleti. 
"Keikenkai, io sono Xabiani Ponce de Leon, e sono il maestro di meditazione trascendentale. Martina già mi conosce, ma vorrei conoscere voi. Avete venti minuti per sistemarvi e poi vi aspetto dabbasso per la meditazione. Domande?"
Rid sbatte gli occhi assonnati e Pasquale crolla la testa sul petto. 
"Grazie, maestro Xabiani. A dopo."
Una receptionist ci consegna le chiavi delle stanze e ci indirizza agli ascensori. 
Nello specchio, incrocio lo sguardo di Martina, impassibile come quello di un giocatore di poker. Come vorrei sentire il suono della sua voce... Ma so che è disturbata dalla presenza dei miei compagni.
Eppure, come se mi avesse letto nel pensiero, quando le porte si aprono dice:
"Xabi è il migliore dei preparatori. Ma ha una tecnica inusuale, basta che ignoriate il disagio nei primi momenti." E con questo si allontana nel corridoio, dandoci le spalle.
"Ma voi avete idea di cosa sia la meditazione trascendentale?"
Chiede Rid
"Sì ma personalmente non la ho mai provata. So che ci si deve rilassare, lasciar vagare i pensieri e liberarsi della negatività e delle emozioni. Ci si dovrebbe sentire carichi a molla al termine."
Pasquale e i suoi esempi. 
Entrando nella nostra stanza, non posso fare a meno di notare che somiglia davvero alla camerata di una caserma. Tre letti, tre sedie, tre tavoli, un bagno. 
Posiamo le borse, indossiamo i karetegi e strette le cinture ci chiudiamo la porta alle spalle. Direzione dojo.
Entrando, notiamo che Martina e Xabi sono già lì, nella posizione di seiza e lei ha gli occhi chiusi, rilassati come se dormisse. 
Xabi ci indica con un gesto di imitarla e ci affrettiamo ad eseguire.
Martina sembra non accorgersi di noi, mentre eseguiamo la respirazione secondo le indicazioni del maestro. 
"Adesso cercate di visualizzare la vostra più grande paura e datele forma. Concentratevi e focalizzatevi sul vostro tormento più grande: dovrete dargli un nome. Solo così lo potrete dominare."
Chiudo gli occhi e torno alla mia infanzia.
 

La paura nella mia testa ha la forma di un uomo ed è grigia e marrone. Un ometto grigio e marrone che mi impedisce di pensare lucidamente. 
Da lontano sento Xabi che sussurra in qualche punto vicino a me:
"Dominala. Esiste solo nella tua testa. Controllala".
Cerco di immaginare come sarebbe un combattimento con quell'ometto grigio e marrone che diventa grande nel mio cervello. Lui non sa che sono forte. E improvvisamente mi ricordo la tecnica di Martina.
Lui combatte con i pugni, ed è più forte di me. Ma io sono piccolo nella mia testa e non posso rispondere con un pugno. Sgambetto e lui diventa più grosso. Sto per cedere, ma poi un'altra figura arriva nella mia mente. Sa di torta e di fresco, mi ricorda la mamma. E in quel momento voglio che quella sensazione di pace duri per sempre, così nella mia testa tirò un calcio e l'ometto grigio e marrone scompare come polvere. Dove è la mamma? Il profumo è rimasto, adesso è una carezza, dita leggere come quelle di un'amante. La mia amante. Il profumo prende forma nella mia testa e diventa un boccolo di seta, i capelli di Martina. Vorrei allungare le mani e toccarli e nel vedere che non ci arrivo... Sospiro.

"Eccellente, Jorge. Espira e apri gli occhi." Il comando mi riporta alla realtà e mi ritrovo seduto nella posizione di seiza, la fronte sudata ma la testa piacevolmente vuota. O meglio... Rilassata. Mi sento... Rilassato. Elastico. Pronto.
Martina mi guarda e il suo sguardo è oro puro. 
"Kiritsu Kuro Obi. Hai vinto te stesso, ora sei pronto per la gara."
La fisso e poi fisso gli altri.
Xabiani sembra soddisfatto. 
"Puoi ritirarti, Jorge. Tu per oggi hai finito."
Mi congedo e noto Rid e Pasquale ancora tesi nel loro sforzo. Quando chiudo la porta del dojo alle mie spalle mi sento stanco come dopo una corsa, ma vitale come se fossi appena sceso dal letto dopo un sonno ristoratore. 
Arrivo nella mia stanza e mi stendo sul letto. Il cuscino sa di pulito ed è fresco ed io non impiego tanto per scivolare nel più dolce degli oblii. 


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Capitolo 8
*** In gioco con te ***


Chissà se Jorge aveva mai provato la meditazione trascendentale: il suo lavoro oggi è stato fenomenale. Non so davvero quale fosse la sua paura più grande, anche se qualcosa mi ha raccontato.
So solo che, qualunque cosa fosse, ha fatto un gran lavoro per domarla e dominarla. Almeno lui è uscito rilassato... Anche i suoi compagni di squadra sembravano molto molto molto rilassati al termine delle tre ore di meditazione.
Io... Io non posso dire lo stesso. Ho provato a immaginare la mia paura più grande ma non sono riuscita nemmeno a identificarla. E adesso mi sto sorbendo, tanto per cambiare, un cazziatone di Adrian... A cui si è unito Xabian. 
"Martina io non ti capisco. Dove hai la testa?"
Sbotta Adrian, senza che lo senta davvero.
"Adrian, ti ho già detto... Adduttori a posto e ho già risolto con Mechi la contrattura."
Vedo Xabi alzare le mani rassegnato.
"Tini.. I tuoi muscoli tre ore fa. Cosa ti prende?? Un po' di nervosismo ci sta, ma tu stai esagerando."
Non ho capito che ha detto.
"Ma la piantate voi due? Non ha bisogno che le urliate addosso. Giusto Tinita?"
Mechi è appena arrivata e ha preso sottobraccio Xabi, che finalmente ha di meglio da guardare. 
"Okay. Mi raccomando. Svuota la testa. Non farti attraversare dalle emozioni."
E detto questo, bacia Mechi sulla tempia ed escono. Oh li invidio tanto.
Adrian resta a fissarmi.
"Mi serve quel fottuto oro. Dobbiamo qualificarci, capito Martina? Non so che cazzo di incantesimo ti abbia fatto quel ragazzino, ma tu devi dimenticartene. Adesso."
Si avvicina e io agisco prima di pensare. Con una mossa repentina lo allontano, colpendolo all'altezza del plesso solare.
"Sei una ragazzina. Un giorno mi apprezzerai, e capirai che stai sbagliando tutto su di me."
Lo fisso, disgustata.
"Adrian, prenditela da solo la qualifica. Io sono già arrivata al Grand Prix, mi basta."
So di aver detto una bugia, ma spero che lui non lo capisca. In fondo, cosa sa di me? 
Esco dal dojo e salgo nella mia stanza. È davvero spartana e non ha nulla che induca al relax. Al massimo, può andare bene per un sonno ristoratore dopo grandi fatiche. Ma io.... Io che fatica ho fatto oggi?
Mi tuffo sotto la doccia e mi faccio scivolare addosso acqua gelida, sperando che calmi la mia ansia. Non lo fa. 
Mi asciugo i capelli distrattamente, guardando uno spicchio di lago che intravedo dalla finestra. La giovane falce di luna si riflette sulla superficie. È bellissimo, e non sembra lontano dal nostro hotel.
Decido, impulsivamente, di concedermi un giro, anche se è davvero tardi ed io domani alle 7 devo essere sveglia. Alle 9 iniziano le convocazioni. 
Mi metto un paio di leggings e indosso la tuta di Jorge. Ha il suo profumo e questo mi distrae, gliela dovrei ridare. 
"Dopo... Alla fine di tutto."
Chissà se, lontani dal Karate, avremmo un futuro io e lui. Scuoto la testa ed inizio a correre... Io non ho mai immaginato un futuro con nessuno dei miei uomini. 
Ma lui è uno dei tanti?
"NOOOOOO!" Urla una voce nella mia testa. 
Arrivo al lago senza rendermene conto. Non mi manca nemmeno il fiato, tanto ero presa dal mio flusso di coscienza. 
Invece, è lo spettacolo dinanzi a me a togliermi il respiro. 
Il lago è una lamina argento, incastonata in una conca verde smeraldo, punteggiata di minuscoli fiorellini azzurri. La luna si riflette sulla superficie e le lucciole sembrano divertirsi a giocare con quel riflesso argentato. Sono incantata, mi siedo e mi perdo ad ammirare il panorama.

Mi ricordo qualcosa della mia infanzia. Andavo spesso in un parco a Buenos Aires, mi incantavo a tirare sulla superficie di uno specchio d'acqua sassolini. Volevo rifrangere la luce del sole.
Una mano. 
Una piccola piramide di cristallo.
Sette colori brillanti e mille parole felici, che mi scaldano il cuore, anche se non le riconosco. 
"Tini"
Mi chiama una voce di bambino.
Un sorriso gentile. Due figure grandi.
"All you need is love" cantata in sottofondo. 
Poi una nuvola. Una grande nuvola nera. L'arcobaleno è andato via. 
"Tini! TINIIIIII!"
La voce di quel bambino è spaventata ed è lontana. Una sostanza rossa e appiccicosa che sa di ferro. Un rumore cattivo e profondo. 
Poi qualcosa cade in acqua. 
Non vedo più niente: tutto è rosso e nero e sa di ferro. Non mi piace. 
"La mia bambina!"
Qualcuno mi chiama ed io vengo trascinata in acqua. Rumore di qualcosa che esplode, ma è attutito dalle onde di quello specchio d'acqua. 
"Tini! Non lasciare la mia mano!"
È una mano fresca, una mano di mamma. La stringo e la mano diventa viscida, sudata. Mi stringe ed io ho paura. Mi tocca sul fianco, sono grande ora. 
Combatto. 
La mano è forte. 
Ma io posso spiazzarla. 
Salto per divincolarmi, mi libero e poi la colpisco con un calcio. 
Va via come polvere, ed il fresco mi avvolge.

"Martina! Martina, riprenditi!!!"

Due braccia forti mi afferrano e finalmente apro gli occhi. 
Smeraldi lucenti incontrano il mio sguardo. 
"Jorge, ma che..?"
"Eri finita in acqua, come stai?"
Mi stringo a lui mentre un brivido mi attraversa. 
La mia testa è libera...
 Ma io? Io lo sono?

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Capitolo 9
*** La gara ***


Martina, fra le mie braccia, è scossa da brividi violenti e non capisco se questi sono dovuti al freddo o ai singhiozzi.
La stringo contro il mio petto e le massaggio la schiena, quel fascio di muscoli tanto sottile quanto scattante e fiero. Quando è un po' più calma mi sfilo la giacca della tuta federale e gliela faccio indossare al posto della giacca della mia tuta, fradicia e gelida. 
"Grazie... Jorge, io.."
Sembra una bambina, con i capelli ricci per l'acqua e gli occhi di miele ingranditi... Dallo spavento? Dall'emozione? Dal rimorso?
Le metto un dito sulle labbra ciliegia e la invito a tacere.
"Non ti chiederò di parlarne, se non vuoi. So che abbiamo una gara domani e non voglio turbarti..." Arrossisco inseguendo i nostri ricordi, così recenti ma lontani una vita. 
Mi pianta gli occhi addosso, ucciderei per vedere quello sguardo tutta la vita.
"Ma?" Sorride verace e mi costringe a continuare 
"... Non posso turbarti più di quanto abbia già fatto, ma... Ecco... Ci tengo moltissimo a te e vorrei... Che... Non ti facessi problemi a dirmi cosa ti tormenta. Se vuoi." 
Allargo le braccia in segno di resa, io non ho mai fatto un discorso del genere con una ragazza. MAI. 
"Capitano, lo apprezzo."
Ridacchia e si avvicina pericolosamente al mio viso. 
"Ma?" Mormoro quasi contro le sue labbra, sperando che non risponda così da regalarle un bacio.
"Ma abbiamo una gara. E almeno tu hai dato un senso alla meditazione. Non posso scaricarti addosso le mie paure... Non prima dei kumite di domani. Io...."
Arrossisce e mi sfiora la bocca con un bacio.
"Io... Jorge, anche io tengo a te. E per questo non posso raccontarti quello che mi ha scossa."
Si gira di scatto e in tempo zero si è allontanata da me.
"Grazie per esserci stato. Cioè, grazie per tutto in realtà. Ti..."
I nostri sguardi si sono detti quello che nessuno di noi ha avuto il coraggio di pronunciare, ma proprio nel momento in cui sto per raggiungerla e accoglierla fra le mie braccia, lei getta a terra la mia giacca e corre via singhiozzando.
"Perdonami se puoi." 
È l'ultima cosa che sento, prima di accasciarmi a terra. 
Potrei inseguirla, la raggiungerei senza sforzo. Ma il mio corpo non risponde e mi ci vuole uno sforzo di volontà notevole per calmare la mia respirazione e rimettermi in piedi.
Quando torno in camera, Pasquale e Rid non sono ancora arrivati. Meglio così. 
Mi stendo sul mio letto e, dopo aver controllato la sveglia, cado addormentato, dolcissimo oblio senza sogni che calma la mia mente confusa ed il mio cuore in ansia. 


Negli spogliatoi, il giorno dopo, io e i ragazzi stiamo eseguendo il riscaldamento. Siamo in attesa dell'annuncio dei combattimenti. Siamo stati pesati e ognuno di noi ha fatto la sua prova di forza. Combatteremo contro una squadra europea, al meglio di tre assalti. Domani i punteggi dei kata a squadre determineranno il punteggio finale, e se sarà gloria o sconfitta. 
Adrian entra nello spogliatoio e fissa Pasquale.
"Di Nuzzo?"
"OSU, sensei."
"Combatti per primo. Contro Espinosa. Prenditi il casco."
Pasquale afferra il casco di protezione e controlla la conchiglia sotto la cintura.
Nessuna parola fra noi mentre lo accompagniamo al bordo del tatami. Espinosa sembra piccolo e nervoso. Pasquale lo mangia a colazione uno come lui. 
Arbitro e specchio prendono posizione ai lati opposti del tatami. Un maestro della JKA shotokan Karate comincia il protocollo:
"Kioske rei."
Pasquale ed Espinosa gridano
"OSU" e si inchinano l'uno all'altro. 
Cominciano a scattare i 120 secondi di rito.
Pasquale, adottando la sua tecnica tipica, si difende dall'attacco dell'avversario con una sequenza di pura potenza. 
Manji uke: doppia parata. 
Gedan Barai: il braccio destro esegue una parata bassa. 
Jodan Uchi Uke: il braccio sinistro protegge il viso. E nel volgere di un istante... 
Yama zuki. Doppio pugno eseguito descrivendo una grande "U" con le braccia. L'avversario nemmeno ha realizzato cosa sta accadendo.
Sanbon Pasquale; ippon Espinosa. 
3:1 per noi.

Nel secondo combattimento Espinosa attende una mossa decisiva di Pasquale, che naturalmente gli costa un'ammonizione, ATENAI. Pasquale lo fa spesso. Confonde l'avversario con un Go No Sen: tattica grazie alla quale consente all'avversario di attaccare per primo, sfruttando le aperture per contrattaccare. Ed infatti, Gyaku Mawashi Geri. Un calcio circolare sferrato con la gamba posteriore, tenendo fermo il peso su quella anteriore. 
Sanbon per lui, nessun punto per Espinosa. 
6:1 per il team Keikenkai.

Al terzo kumite, Espinosa è palesemente incazzato.
Impegna Pasquale in una serie di proiezioni, ma è nervoso e lui sa difendersi. 
"ATOSHI BARAKU" grida l'arbitro. 30 secondi ancora. 
Atemi Waza per Pasquale, che usa assieme ad una proiezione questa tecnica di percossa. 
Sanbon per lui. Nihon per Espinosa.
9:3
"AKA NO KACHI!" /Rosso vince!/
Le nostre dotazioni sono rosse e anche io lo sono... Di piacere. Ho il miglior team al mondo.

La squadra europea sembra davvero arrabbiata. E a proposito... 
Adrian sta agitandosi sugli spalti, che strano: il tabellone Hublot che segna i punteggi indica che Martina ha vinto  9:4 la sua competizione contro una tale Sofia Carson. E adesso si prepara a fronteggiare... 
Oh mio Dio, no. 
Non è vero.
Leggo il nome sul tabellone e il cuore mi balza in gola.


Nel frattempo viene chiamato Rid per il suo kumite. Affronterà un tale Cecchi, spigoloso quanto lui.
Batto un cinque a Pasquale e mi dirigo esattamente sulla metà degli spalti.
Martina contro la mia ex.
Rid contro un tale che indovino veloce.

Inspiro ed espiro.
Inspiro ed espiro.
Martina e Rid hanno allacciato i caschi sotto il mento e calato il frontalino.

"KIOSKE REI!"
I maestri della JKA danno l'avvio contemporaneamente.
"OSU"
Georgina è appena diventata nera, perché sta combattendo contro Martina?
Martina esegue subito la sua firma. Quel MIKAZUKI KERI da cintura rossa. 
Quella mossa che mi ha steso la prima volta. È un calcio circolare alto... È complesso oltre ogni dire, ma lei lo esegue con grazia ed è perfetta. Proietta Georgina di lato, e atterra in piedi. L'arbitro si inchina alla tecnica. 
Sanbon per lei. Georgina ippon. 3:1 
Scendo di un gradino e, mentre la osservo aiutare l'avversaria a rialzarsi, incrocio il suo sguardo e mi batto il pugno destro sul cuore. 
Mi strizza un occhio ed io volto lo sguardo sul tatami in cui Rid sta perdendo contro Cecchi. 
Cecchi non ha tecnica, ma è veloce e purtroppo Rid è prevedibile, così si ritrova proiettato indietro.
3:2 per la squadra spagnola. 
Cazzo, no.
Ci servono punti per la qualifica, non solo il netto delle vittorie.

Martina sta affrontando Georgina, e per la seconda volta la sta umiliando. Sono fiero della mia guerriera. 
"KIOSKE REI!"
Il maestro annuncia il secondo kumite di Rid e nemmeno io credo ai miei occhi: Rid salta, gira su se stesso e sferra un calcio addominale a Cecchi, fermandosi un attimo prima della pettorina. SUNDOME. Cecchi ha la guardia alta e non si rende nemmeno conto di cosa succede. 
Rid si aggiudica il secondo assalto. 
3:1 per Rid.
Mi inchino dagli spalti al mio compagno e poi urlo di puro giubilo. E quel mio momento di gioia fa voltare Georgina.
Il mondo scompare per un attimo e nel Dojo restiamo io, Martina e lei. C'è una scarica di puro odio che passa da lei a me, sotto lo sguardo stupito e attonito della mia perfetta guerriera di altri tempi. 

"KIOSKE REI"
Il comando del maestro riporta tutti a terra e il combattimento ha inizio, ma Martina sembra persa. Parata e attacco, difesa e calcio. Vanno avanti così, mentre Rid vince il suo secondo assalto. Fukurou 6: Keikenkai 8
E poi succede l'irreparabile. 
Georgina finge un calcio e Martina abbassa la guardia. In un secondo è a terra.
Fukurou 6: Keikenkai 8

Martina ha vinto, ma... Anche così l'altra squadra ci tallona.

In più, ora tocca a me. 
Rid mi lancia il suo casco e su pilota automatico lo allaccio mentre un tecnico mi prepara i guantoni.
Io affronto Dominguez. 
Terzo Dan, la punta di diamante della Fukurou. 
Inspiro ed espiro. 
Inspiro ed espiro. 

"KIOSKE REI"
"OSU" rispondiamo io e Dominguez inchinandoci. 
Dominguez mi attacca in fretta ma io non sono ingenuo. È troppo grosso per essere agile, così salto e scatto. Mi blocca con un braccio, ma io sfrutto lo spostamento di baricentro per fare una capriola e proiettarlo.
3 : 2 per me.

"KIOSKE REI"
"OSU"
Mi allontano e riprendo fiato. 
Martina è livida sugli spalti. 
Georgina si è portata dietro Dominguez e ha un ghigno soddisfatto sul viso.
Riprendiamo a combattere e stavolta Dominguez mi sta sfiancando. Non attacca propriamente, ma mi costringe a restringermi il campo. Mi sta assediando. Decido di fare una mossa disperata.
Fingo un affondo, Dominguez ci casca ed io salto con una capriola dietro di lui. Atterro in piedi e lo proietto facendolo atterrare di pancia. 
Un dolore sordo mi attraversa ed il flessore della mia gamba urla di rabbia. 
Sono 6 a 4, penso mentre una smorfia mi si disegna sul volto. 
Devo davvero aumentare il distacco. 
Devo aiutare i miei ragazzi.
Sono il capitano.
Ma.... ah che dolore... 
Inspiro. Espiro.
Inspiro. Espiro.
Martina e i ragazzi accorrono ai bordi del tatami, mentre lo specchio chiama i paramedici. Ghiaccio.. 
Pace. 
Osservo i volti attorno a me.
Dominguez si è tolto il casco: Martina è impallidita come quando io ho riconosciuto Georgina.
Lo specchio mi fa cenno di togliere il casco anch'io. 
Leggo "Diego Domingue" sul pettorale e ho un tuffo al cuore. La primaria saggezza dell'intuito mi dice che è QUEL Diego.
Martina mi si avvicina e mentre mi prende il casco dalle mani mormora:
"Jorge... Zanshin."

Le sorrido, ma quando mi rimetto in posizione di attacco e sento il grido
"KIOSKE REI" il mio "OSU" suona più come una bestemmia di dolore che come un saluto. 
Diego mi attacca e io mi volto appena in tempo. Paro il colpo, ma non ho la forza per reagire. 
Vorrei proiettarlo.
Lo osservo e prevedo una sua finta, così sto al gioco e all'ultimo uso lo spostamento per saltare. 
Non è stato un salto preciso ma mi sta rigando il viso di lacrime di dolore. 
A Diego basta uno sgambetto a gamba tesa per vincermi, ma calcia alto e il suo calcio mi colpisce sul setto nasale.

Tutto diventa ovattato e lontano, mentre cado sbattendo la testa.
Sento il sapore del sangue in bocca, vedo tutto rosso e ho un dolore sordo al capo.
Lo specchio sta urlando.
"ATENAI"
Martina entra nel mio campo visivo in un turbine di capelli al vento e karategi e mi solleva la nuca. 
"Mio Dio, sta perdendo fiumi di sangue. CHIAMATE UN MEDICO!"
Lei è qui. Chiudo gli occhi.

Che casino.

Il mio karategi è chiazzato di sangue. Se mi vedesse Sergio mi ammazzerebbe. Lui non tollera i karategi sporchi. Cerco di slacciare la giacca.

"Jorge! Hai aperto gli occhi! Oh.. Starai bene. Ci sono io." 
Chi sei?
Voglio solo stare in pace.
Voglio che questo dolore finisca.

"Sono qui, Jorge. Guardami."

Una carezza fresca sul mio viso. 
Due occhi color caramello che mi fissano preoccupati. 
Martina ha i tratti del viso indistinti nel mio campo visivo. 

Voci confuse di Rid, Pasquale e Adrian. Qualcuno ha imprecato.

"Jorge... Hai vinto, era fallo. 3:0, oh Jorge!" 
Chi lo ha detto?

Vorrei sorridere, ma tossisco sangue e tutto intorno a me sento solo voci confuse. 
Sbatto gli occhi per rimettere a fuoco.

"Jorge guardami. Non smettere di guardarmi. Parlami."
Apro la bocca e sento solo sangue. 
Qualcuno mi sta spostando su qualcosa. 
Dove è Martina?
Sento confusamente dalle voci concitate di Pasquale e Rid che Dominguez della Fukurou è stato eliminato.

Martina dove sei?

"Almeno lo ha tolto di mezzo. Lo sapevo che sarebbe stato utile scambiare le categorie" 

Che ci fa Georgina qui?

"COSA HAI FATTO?"

Eccola. 
La mia guerriera.
Martina... 
Ho bisogno di te.

"Se smette di tenere gli occhi aperti entrerà in coma per trauma cranico."

Una voce fredda. Odore di cloro. 

"Si tolga! Devo stabilizzarlo. Il trauma è grave. Fategli tenere gli occhi aperti. Non deve addormentarsi, se vogliamo evitare il coma."

Ma chi, io? Perché?

"Jorge... Sei forte, Jorge. Sono qui, guardami. Ci sono io. Starai bene..."

Ancora la sensazione fresca, sulla nuca e sulle guance. Sento un profumo fresco, forse un po' agrumato.
Qualcosa mi pizzica il volto. Brucia un istante. Poi cola lungo le mie guance e arriva all'angolo della bocca. È una lacrima. Tante lacrime. 
Martina mi fissa con occhi lucidi, piange. Sono belli i suoi occhi. 

Perché piange?
Ah, sono ferito. 
Io... Io la amo. Sono ferito, ma lei è qui.
Ma sono grave?
Martina... 
Potrei non poterglielo più dire.
Cerco di tirarmi su e la fisso.
"Ti amo Martina" 
Che schifo, sputo sangue a ogni parola.

Avvicina il volto al mio e si chiazza le guance di rosso.
"Shhh. Non parlare Jorge, non ti affaticare. Penso io a te."

Non ha capito...

"Mar...ti...na... Ti... A..mo..."
Tossisco. Perdo il fiato.

"Ti prego, non parlare, non ti voglio perdere. Non lasciarmi sola..."

Perché non mi può capire? 

Il sangue mi cola copioso dal naso, mi invade la gola e mi fa così schifo che chiudo gli occhi.
"...re! NOOOOOOOOOOO!"
Quel grido e poi...
Silenzio. 
Attorno a me è tutto nero.
Buio. 
Calma.

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Capitolo 10
*** A nudo per te ***


"Amore! Nooooooooooooooooooooo!"

Quel grido esce dalle mie labbra senza che io lo controlli. Mi rendo conto di aver urlato solo quando percepisco addosso a me gli sguardi di tutti. 

"Tini... Scansati Tini, devono portarlo via." 
La familiare voce dolce di Mechi mi riporta sulla terra, non so da dove arrivi ma mi abbandono volentieri tra le sue braccia. 
Come se vivessi la vita di un'altra persona, osservo Jorge caricato sulla barella e spostato sull'ambulanza ed è solo quando si chiudono gli sportelloni del dojo dietro di lui che capisco quanto davvero io lo ami. 
Mi divincolo dall'abbraccio di Mechi e cerco di rincorrere quel tremendo corteo, ma Mechi è rapida.
"Tesoro, ti ci portiamo poi. Ora non saresti di nessun aiuto e lui ha bisogno di cure. Inoltre, odio dirtelo, ma devi ricomporti. Stanno arrivando i commissari della JKA."
Annuisco e mi asciugo gli occhi, che intuisco gonfi, con la manica del karategi. Sono sporca di sangue... Sangue di Jorge.
Dio, quanto vorrei mettere le mani su Diego. 
Cosa..? 
Oh merda, ecco cosa.

Improvvisamente il mio dolore sordo al petto si trasforma in una cascata rovente di rabbia, dolcissima rabbia che silenzia il tormento dentro di me e grida vendetta. 
Quando arrivano i maestri della JKA, mi inchino impercettibilmente e poi sbraito con mala grazia:
"Volete spiegarmi per quale dottrina la Fukurou ha messo in campo due su tre degli allievi eliminati dal torneo?!"
Percepisco vagamente la presenza di Ridder e Pasquale accanto a me.
Pasquale fa per intromettersi nel discorso, ma un maestro lo zittisce con un cenno del braccio.
"Due terzi della squadra sono rimasti bloccati per un disguido con i visti. Rinunciare al torneo era impossibile, mandare in campo le riserve era la sola scelta probabile. Ad ogni modo, i dettagli della composizione della squadra avversaria non devono interessarvi, KeiKenKai. Altro dobbiamo discutere."
Sembra un accidenti di maestro Yoda quando parla e ora che lo guardo effettivamente noto che ha la stessa faccia da ranocchio del guerriero di Star Wars. Se non fosse che sto bruciando di rabbia e il dolore è una lama che mi affonda nel petto, ridacchierei al pensiero. 

"Come affrontiamo i kata di domani? Io ho perso un elemento."
La voce di Adrian mi riporta con crudeltà al presente. Cioè, Jorge sta male ed io devo preoccuparmi dei kata di domani? 
In che mondo? 
Per quale arguta dottrina?
Poi incrocio il suo sguardo e mi ricordo quella conversazione, fatta prima della partenza.

*"Martina, sei la mia migliore allieva e non arriveremo al mondiale senza di te. Mi è costato un po' mettere fuori gioco il maestro dei KeiKenKai, però era l'unica per avere concrete possibilità di vincere il titolo. Tu e quei tre ragazzi siete una polizza di garanzia."
Adrian sta fissando il mio sguardo nel riflesso dello specchio a tutta parere del dojo. 
Certo, io voglio quel titolo e lui il sesto dan. Quando sarò campionessa mondiale di Shotokan sicuramente potrò togliermi dai piedi quel viscido di Adrian e lasciare la palestra per frequentare la league dei campionissimi. Troppi brutti ricordi, qui dentro e non mi importa se, per scordarli, dovrò utilizzare il talento di altri atleti. Al mondiale vince chi ha il punteggio più alto e fa parte della squadra più forte. 
O con i KKK, o non si fa. 
"OSU."
E riprendiamo ad allenarci.*

E poi un altro dolorosissimo flashback. 

*La mia seconda notte con Jorge, l'intensità di quell'amore che ancora ignoravo esser tale. 
Le sue labbra su di me, le sue mani alla base della mia schiena, i suoi occhi nei mei.*

No, io non sono in grado di sfruttare la sua squadra.
Lui e Pasquale hanno ottenuto il punteggio singolo più alto, Jorge si è fatto portare in ospedale pur di lasciare ai suoi ragazzo uno scarto notevole nella finale del torneo. 
Lui sì che è un capitano.

Torno sulla terra: i maestri della JKA mi stanno fissando. 
"Stoessel, che ne dice?"
Di cosa?
"Martina... accetta. Jorge aveva ragione quando diceva che la tua tecnica è molto superiore alla nostra. E in quattro giorni possiamo stabilire un nostro ritmo, ma per favore.. Accetta di eseguire il kata a squadre con me e Pasquale."
Fermi tutti.
Fisso Rid che mi punta addosso due occhi di ghiaccio. 
"Voi volete... Farmi capitano?"
Questo è assurdo. 
Devo assolutamente impedire che la cosa abbia seguito, io non posso sottrarre il titolo a Jorge.
Io lo amo.
Adrian è livido e teso. 
"Martina. Accetta. Hanno squalificato Dominguez e Amoros guiderà i Fukurou nel kata. Manchi solo tu e non abbiamo tutta la notte."
Persa nei miei pensieri, mi sono fatta sfuggire un filo del discorso, il più importante a quanto pare. 
"Ma due ragazze possono gareggiare in un kata maschile?"
Maestro simil-Yoda mi guarda sconvolto, anzi, infastidito. 
"Come dicevamo prima, trattasi di una dispensa speciale."
Rid mi fissa con occhi di ghiaccio, che emanano tensione palpabile. 
"Martina... Jorge ha ottenuto per noi il punteggio più alto. Se non lo vuoi fare per noi, fallo per lui."
Ha ragione. 
Mi inchino ai maestri e fisso il mio sguardo su quello che somiglia a un ranocchio. 
"OSU. E sia, i KeiKenKai li guido io, ma a una condizione."
Improvvisamente ottengo l'attenzione di tutti.
"Se dovessimo vincere, il mondiale verrà dato a Blanco. Nel combattimento singolo io ho ottenuto un punteggio inferiore e, anche se accetto la fascia di capitano, non intendo rubare il titolo all'atleta che ha lottato a sangue per ottenerlo."
I maestri della JKA si inchinano e commentano "molto sportivo". Stanno per parlare quando Adrian interviene, credo senza rendersene conto.
"Ma... Non erano questi i piani! Se non vinci tu, io non ottengo il sesto dan!"
Un mormorio generale lo fa rinsavire e riprende smorzando i toni.
"Intendo... Se con i kata ottieni un punteggio alto perché regalarlo via?"
I maestri sbuffano, ma Yoda (chissà come si chiama davvero...) interviene:
"Yudansha Stoessel ha ragione. Se vincerete i kata attribuiremo il mondiale alla squadra originale dei KKK. Ci vediamo venerdì, alle 10.00 nel dojo. Buon pomeriggio."
E con questo, si inchina e si ritira.
Rid e Pasquale mi abbracciano.
"Grazie mille. Quello era un discorso da capitano."
Adrian ci raggiunge.
"Quello è un discorso che riprenderemo. Forza, adesso andiamo ad allenarci."
Lo fisso.
"Come hai detto?"
Adrian ringhia:
"A L L E N A R C I. SUBITO!"
"Allenati tu, con rispetto. Io ho terminato una gara, il mio compagno di squadra è ferito gravemente e vorrei andare a visitarlo. Da stasera sono tutta per voi."
Rid e Pasquale annuiscono.
"Sensei... Siamo d'accordo anche noi."
Adrian ci liquida con un gesto.
"Fate come vi pare. Mi dovete portare al mondiale. Martina, parliamo stasera."
E con questo esce dal dojo.
Scuoto le spalle per zittire Rid che ha una domanda sulle labbra e gli faccio cenno che rimanderemo il discorso... A tempo indeterminato, spero. 

Io e i ragazzi ci cambiamo velocemente ed io sono ben lieta di affidare al servizio lavanderia il mio karategi. Mi fa impressione il sangue. 
All'uscita della palestra ci attende un taxi, a cui prontamente affido l'indirizzo dell'ospedale in cui si trova Jorge. 
Santa Mechi, cosa farei senza di te?
L'ospedale somiglia ad una caserma, tutto cemento e moderna efficienza. L'interno è sobriamente arredato con rilassanti toni di verde menta e celeste. Ci sono tantissime persone, ma non c'è chiacchiericcio. Ad accoglierci, un'infermiera bionda tutta ciglia finte e rossetto rosso. Se non fosse che la situazione è tragica, le chiederei a che piano c'è la festa in maschera: la sua mise sembra tanto, tanto, tanto finta.
"Blanco eh? Ah già, lo hanno portato in terapia intensiva, sesto piano. Tecnicamente ammetteremmo solo i familiari..."
Rid interviene:
"Tecnicamente lei è la fidanzata. Può fare un'eccezione."
Il mio cuore fa una capriola abbandonandosi al dolcissimo pensiero. 
Prendiamo un ascensore, che si ferma ad ogni singolo piano e mi fa venire voglia di fare le scale a rotta di collo. 
Controllo, Tini, controllo. 
Quando finalmente usciamo al sesto piano, Rid e Pasquale individuano l'altro banco dell'accettazione e chiedono di Jorge.
"Stanza 4"

Ci incamminiamo e sulla soglia della stanza ci fermiamo.
"Martina... Noi non entriamo se prima non troviamo un medico in grado di fornirci spiegazioni. Vuoi entrare tu intanto?"
Annuisco e mentalmente li ringrazio per il grande tatto. 
Prendo un respiro profondo e infilo la porta. 
Con delicatezza me la chiudo alle spalle e mi dirigo verso il bellissimo ragazzo disteso su un letto troppo grande e con il braccio e il petto incerottati per fermare i tubi delle glicolisi.
Il viso è sereno, anche se ha un livido violaceo a contornare il naso e quest'ultimo è fasciato. So che dovrei resistere alla tentazione, ma nelle favole il principe sveglia la principessa con un bacio. Magari succede anche a rovescio. 
Mi chino sulle sue labbra, che sono sorprendentemente calde, ma baciare una statua di cera non sarebbe molto diverso. Jorge non muove un muscolo e così mi rassegno a guardarlo.
Se solo potesse sentirmi... 

Cosa mi stavi dicendo prima di perdere conoscenza? 
Quale parola è stata così difficile da farti perdere i sensi?
Tutta la vita fra le tue braccia, amore mio, anche a costo di tacere, ma ti prego torna da me. 
Ieri sera al lago potevo dirti prima di scappare che la mia più grande paura è quella di essermi innamorata di te.
Ero venuta qui con lo scopo di qualificarmi, vincere il titolo per il mondiale ed allontanarmi dalla mia palestra. 
Nel mio dojo sono sempre stata l'orfana sola e senza amici.
Nella league dei campioni sarei ancora orfana e ancora sola, ma sarei il più giovane terzo dan. 
Avrebbero timore di me.
E poi sei arrivato tu. 
Pensavo fosse solo il sesso grandioso, ma poi quel bacio all'uscita dell'ascensore mi ha fatto capire che saresti stata la mia terapia, il mio balsamo.
Tu mi hai guardata dentro, mi hai voluta comunque nonostante il mio passato tormentato, nonostante le ferite dell'anima. E lo hai fatto perché sei ferito nel cuore come me, quindi conosci questo dolore.
Amore, adesso so cosa vuol dire AMARE. 
Quando mi hai ripescata dal lago non volevi nulla, se non salvarmi. 
Ed io avrei potuto confessarti che non ero degna di stare nella tua squadra perché mi interessava solo quel titolo. 
Che mi avresti detto?
Ti avrei deluso.
E poi ti ho visto sugli spalti, inchinarti a me nonostante la tua ex fosse con me sul tatami. Tu hai tifato me, hai esultato con me e per me... E il mio ex ti ha ferito di lì a dieci minuti, facendo sì che tutta la mia diga di controllo e autocontrollo cedesse. 
Ti amo, perché lo ho capito solo ora? Amo la tua passione.
Amo il tuo sguardo pieno di vita.
Amo le tue braccia forti. 
Amo il tuo cuore immenso.
Amo il tuo amore per ciò in cui credi.
Amo te. 

E per questo non posso vincere io, perché io ho già fatto tutto per metterti in difficoltà. 
Ho paura di quello che farà Adrian adesso che sono capitano. 
Ho paura dei tuoi ragazzi, che mi hanno messa a capo di tutto ignorando i trascorsi. 
Vorrei un tuo abbraccio, ma so che non lo merito. 
Vorrei solo poterti guardare ancora una volta, chiederti scusa e dirti che ti amo.
Poi mi ritirerei.
Perché avere un biglietto per il mondiale se non ci sei tu?
Perché continuare Karate per passione se tu manchi?
Perché costringi due atleti come Rid e Pasquale ad avere un capitano come me, quando lo scopo del mio maestro è farli fuori?
Perché non torni da me?
Ti direi tutto amore mio, perché ti amo e non ferirei né te né la squadra che adori. 
Torna qui.
Posso vivere senza i tuoi abbracci, ma non posso pensare che nessuno godrà più del tuo sorriso aperto. 
Torna... 

E quando alzo la testa dal suo capezzale, mi accorgo di Rid e Pasquale.
Dalle loro facce capisco che qualcosa non va... 
Cosa ho fatto? Oh mio Dio... 

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