la mia vita è una fanfiction slash

di Akicchi
(/viewuser.php?uid=140097)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gelato ***
Capitolo 2: *** Party ***



Capitolo 1
*** Gelato ***


Normalmente Castiel non scendeva quasi mai in cantina, eppure quell'afoso giorno di metà giugno si era deciso a farlo per curiosare all'interno del frigo, dove trovò una vaschetta di gelato al gusto vaniglia e ciò lo portò ad invitare Dimitri a casa sua.
Il ragazzo arrivò con il fiatone e grondante di sudore, entrò dentro e si sedette sulla sedia vicina a quella girevole dov'era collocato l'altro. Il ragazzino dai capelli mori scoppiò a ridere, mentre gli porgeva un cucchiaino, lasciandogli un bacio sulla guancia accaldata e sudata.
«Sai che non dovevi venire per forza di corsa, vero?»
«Sei te che mi hai mandato sono eccitato come messaggio.» Si sfilò la t-shirt violacea del Campo Giove, inarcando un sopracciglio mentre prendeva l'oggetto. «E perché mi hai dato un cucchiaio? Devo mangiarti?»
«Lo sono, ma per questo!» Gli mostrò la confezione di gelato con gli occhi verdi che brillavano. «È alla vaniglia! Capisci, Dimitri?»
Le labbra del castano tremarono, dalle quali uscì in seguito una risata, mentre si portava una mano sulla fronte: doveva aspettarselo, figuriamoci se avrebbe mandato messaggi con quel tipo di allusione. Decise però di non pensarci e di concentrarsi sul gelato, nonostante avesse problemi a concentrarsi sulla puntata di Skins (UK) perché, diciamoci la verità, come potevi farlo con il ragazzo che ami a petto nudo per il caldo?
Conclusa la puntata e chiuso il pc, il diciannovenne si stiracchiava e fece scricchiolare le ossa mentre stringeva tra i denti il cucchiaio, i due si osservarono e il ventiquattrenne deglutì rumorosamente passandosi una mano tra i capelli castani.
«Sei proprio un bambino, guarda come ti sei sporcato.»
«Uh? Do»
La parola gli morì in un brivido, dovuto alla lingua altrui che tracciava il tragitto lasciato dalla crema sciolta, seguito da rapidi baci e subito dopo uno sulle labbra. Era diverso dagli altri: non era smaliziato bensì più diretto e intenso, il che lo fece respirare ad affanni ed era intento a liberarsi per respirare, ma più ci provava e più le due lingue si scontravano. Ci riuscì solo quando l'altro iniziò a dedicarsi al collo e poi al petto, facendolo sospirare ad ogni parte sensibile.
«Basta, Dimitri. Ti prego.»
«Qualcosa non va?» Alzò lo sguardo color nocciola, confuso. «Non...»
Un verso strozzato uscì dalle gole di entrambi: il collo, il petto e le braccia erano tutte arrossate sui punti dove aveva poggiato le labbra; aveva una pelle fin troppo delicata, dannazione, a questo particolare non ci avevano pensato e lo maledicevano. I ragazzi si osservavano, il minore con le mani a coprirgli il volto e le dita che mostravano gli occhi; il maggiore invece tentava di allontanarle con delicatezza, regalandosi a vicenda dei sorrisi un po' insicuri che mutarono in una risatina.
«Sappi che la tua prima volta la farai a casa mia.»
«C-che?! I-io...» La risata continua dell'altro lo portò a gonfiare le guance, dandogli in seguito un pugno sul petto. «Smettila di scherzare e parlare della mia verginità, per favore!»
«Non ci fantastichi mai, Cassie? Di solito gli adolescenti lo fanno, ammetto di averlo fatto pure io e di essermi toccato nel mentre.»
Quella schiettezza stava spiazzando il rimasto vergine, sempre più rosso per l'imbarazzo, mentre tentava di deglutire.
Non l'aveva mai fatto.
Sospirò mentre chiudeva gli occhi, al fine di tranquillizzarsi, venendo successivamente baciato con delicatezza sulle palpebre dal compagno che riprese a mormorare.
«Finirei all'inferno per te, sai? E ti aspetterò, non importa per quanto tempo, quando sarai pronto lo sarò anch'io.»
Il diciannovenne inspirò ed espirò profondamente, cercando alla cieca le sue labbra per farle aderire, stringendolo in un abbraccio. Lo amava, si amavano così tanto da sentirsi senza pesi ma con degli ostacoli ancora da superare. Non ora, ma più avanti.
«Cassie?»
«Sì?»
«Il gelato si sta sciogliendo.»
«Idiota,» Riparì gli occhi, ridendo divertito. «Sei più importante te che un gelato alla vaniglia.»

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Party ***


«Castiel, sono Joshua. Sei libero stasera? Ma certo che lo sei, geek, vieni al pub sotto casa tua. Ti voglio alla festa.»


Ecco com'era iniziata la vicenda.
Detestava quel posto con l'intensità di mille notp ed incoerentemente era lì, seduto su una poltrona, intento a leggere Warm Bodies poiché non riusciva ad integrarsi con gli altri nonostante i suoi sforzi.
Quasi rovinò una pagina nel sentire un tonfo vicino a lui e si voltò, spalancando gli occhi per lo stupore, ed andò a stringere tra le braccia la figura appena arrivata mentre sorrideva al settimo cielo.
«Dov'eri finito? Ti ho cercato per tutto il locale.»
«Mi sono fermato a parlare con il barman.» Rispose, porgendogli un bicchiere contenente un liquido azzurro. «Tieni, avrai sete.»
«No, grazie. Non bevo alcoolici.»
«Accidenti, sei proprio il cliché della brava ragazza insicura, Cassie. E' una sorta di gazzosa; stai tranquillo, non ti farà vedere le tue ship diventare canon.»
Il ragazzino lo squadrò con cautela prima di decidersi a fidarsi nel berlo e, al termine di esso, come se avesse visto la sua otp suprema davanti ai suoi occhi, guardò l'altro con gli occhi luminosi.
«E' buonissima! Posso ubriacarmi con la gazzosa?»
«Non esagerare, Percy Jackson.» Ridacchiò tra un sorso di whisky e l'altro, poggiandolo in seguito sul tavolino di vetro, prima di arruffargli i capelli. «Di solito sono io il brillo delle feste.»
A quel gesto pieno di gentilezza, il ragazzo dai capelli mori gongolò e recuperò il bicchiere (errato), per finirlo, ma la voce altrui arrivò tardi quando ormai il suo cervello era stato divorato da uno zombie. Ragion per evitare qualche disastro l'altro lo trascinò di corsa in bagno, chiudendo la porta a chiave, dove assistette ad uno spettacolo che non augurerebbe a nessuno. Il ragazzo era piegato in avanti e stava rigettando numerose volte, mentre l'accompagnatore lo tranquillizzava con qualche carezza e lo strinse al proprio petto solo al quinto conato, che sembrava essere l'ultimo, e si accorse solo in quell'istante delle lacrime.
«Cassie, sono qui. Non piangere, va tutto bene, non ti lascio qui e così.»
«Dimitri?» Azzardò con lo sguardo lucido e la voce tremula, ricevendo in seguito una risposta affermativa al suo quesito. «Mi dispiace tanto, davvero.»
«E' colpa mia, non...»
«Ti faccio sempre preoccupare, non capisco perché mi stai ancora dietro né cosa cosa ha attirato la tua attenzione su di me. Guardami, sono così sfigato e ordinario, praticamente un cliché vivente. Non... non ho il coraggio di dire che stiamo insieme, la mia pansessualità, né di darmi completamente a te. So che dovrei migliorare e non piangermi addosso, però...»
«Ti aiuterò a farlo, starò sempre con te. Non importa cosa succederà, ricordati che puoi sempre fare affidamento su di me, non solo come ragazzo ma anche come amico. Riguardo il coming out non ti devi preoccupare, se mi vorrai sarò li con te, anche i miei hanno faticato ad accettarlo. Io non sto con te perché voglio portarti a letto, Cassie, e non sei uno sfigato; stare con te mi fa sentire vivo, libero di dire tutto senza essere guardato strano. Ti amo perché sei te.»
Il diciannovenne tentò di stringersi a lui dopo quelle parole, ma l'alcool lo aveva indebolito e di conseguenza scivolava sempre via come una saponetta. Era una triste visione, era per questo che l'altro lo teneva ancor più stretto nell'abbraccio e lo coccolava, come se fosse un cagnolino o un gattino abbandonato al gelo invernale. Si concessero pure un bacio pieno di rimorsi e di sensi di colpa, era salato, sapeva di vomito, alcool e lacrime.

L'ubriaco si era addormentato e per questo lo sollevò, mentre osservava quel volto devastato dall'alcool, con l'intento di portarlo a casa o, almeno, in un posto dove dormire. Il sobrio decise di avvertire i genitori dell'altro, presentandosi con il suo nome d'arte, David, sulla questione che avrebbe dormito con un compagno di classe e che avrebbe ritirato il materiale scolastico l'indomani. Avrebbe mandato Joshua per punizione, come minimo, di aver approfittato dell'incapacità di rifiutare del piccolo nerd.



Una volta arrivati all'abitazione di Dimitri, il quale sistemò Castiel con estrema cura sul letto, si passò dal basso verso l'alto le mani per il volto e infine tra i capelli, tirando un respiro profondo per calmarsi. Ciò che che lo staccarono da quello sconforto furono i mormorii sconnessi dell'addormentato, al quale si avvicinò sedendosi lì accanto.
«Dim... qui... aspetta... non- Dimitri!»
Si alzò bruscamente dal letto con gli occhi spalancati, da un plausibile ma palese terrore, girandosi subito dopo di lato per vomitare e, una volta che si fu ripreso, i due ragazzi si osservarono con dolore.
«Sono qui, Cassie. Sono qui.»
«Perdonami...» mormorò, mettendosi a sedere con l'aiuto dei gomiti. «Non volevo rovinare la serata...»
«Hai solo bevuto per sbaglio il mio bicchiere, sono cose che capitano.»
«Io...»
«Non mi aspettavo che tu fossi l'ubriaco depresso, sai?» Gli rivelò, accarezzandogli i lineamenti con il pollice. «Pensavo che iniziassi a delirare come Magnus Bane in Perù.»
«E flirtare con i piatti.» Gli sfuggì un risolino, mentre si nascondeva le labbra dietro la mano. «E l'urlare di voler diventare un cactus.»
Sospirando rassegnato, il maggiore dei due allontanò quella mano con la propria e lo osservò meglio: i suoi denti non erano dritti, ecco perché si vergognava dei suoi attimi di felicità, eppure gli piacevano comunque nonostante lo spazio che formavano.
«Castiel, non ti nascondere. Sei così carino.»
«Sei ubriaco pure te, Dimitri.»
«Gli ubriachi dicono sempre la verità, non lo sapevi?»
Quelle parole zittirono immediatamente il liceale, il quale andò ad accoccolarsi al fianco altrui e si strusciò contro, prima di alzarsi un'altra volta e lasciargli un bacio a fior di labbra.
«Grazie di tutto, ma perché l'hai fatto? Non... non eri costretto.»
«L'ho fatto perché devo sempre salvarti il posteriore, geek. E ora dormi, domani non andrai a scuola.»
E con quella lieta notizia, preceduta da un esulto, il ragazzino si addormentò piano piano e poi tutto in una volta. Un po' come l'innamoramento.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3414165