Ius & Love

di Lachiaretta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO I ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO II ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO III ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO IV ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO V ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO VI ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO VII ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO VIII ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO IX ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO X ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO I ***


POV di Christine
 
Appoggio le braccia nude alla fredda balaustra fissando ammaliata il sole tramontare oltre il Colosseo, non smetterà mai di togliermi il fiato. Alle mie spalle ho chiuso la porta finestra nella speranza di isolarmi dalla musica dell’ennesimo party di fine estate per questo non mi sorprendono le mani di Andrea sulle mie spalle annunciato dall’aumentare del volume.
 
“Prenderai freddo così!” Sussurra al mio orecchio sfregando le dita sulla mia pelle scoperta per scaldarla.
 
“Sto bene, tranquillo.” Mi volto verso il mio fidanzato ammirando quanto le sfumature di rosso e arancione rendano anche lui molto più bello. “Sto aspettando una telefonata.”
 
Andrea solleva un sopracciglio sorpreso calandosi nei panni del fidanzato geloso. “Di chi?”
 
“Mia madre.” Gli spiego abbassando lo sguardo per nascondergli la mia preoccupazione. “Mio padre aveva la visita con l’oncologo esattamente mezz’ora fa, non ricordi?” Come può ricordarsi ogni appuntamento per qualsiasi scatto di ogni modella che segue, me compresa, e dimenticare che il padre della donna che ama sta male?
 
“Ah già.” Risponde cercando di nascondere il suo sollievo. “Scusa me ne ero completamente dimenticato, vedrai che sarà andato tutto bene. Ora rientriamo, fa freddo e Estelle potrebbe offendersi, è la sua festa e non possiamo passare l’intera serata isolati in balcone.”
 
Per un istante porto lo sguardo oltre le sue spalle e guardo la biondissima padrona di casa, già completamente ubriaca nonostante siano più o meno le sette di sera, che balla sul suo tavolo da pranzo con indosso solamente un body di pizzo e sandali con tacco sedici. “Non si renderà nemmeno conto della nostra assenza e comunque siamo qui da soli cinque minuti mentre la festa è iniziata da oltre due ore.” Sbotto cercando si nascondere il mio cipiglio quando Andrea invece che assecondarmi si volta e sorride nella direzione di Estelle che finge di sfilare le spalline dell’unico pezzo di abbigliamento che ricopre il suo corpo. “Ma tu se vuoi vai pure dentro a goderti lo spettacolo, io aspetto la telefonata di mia madre.”
 
“Chris dai, non essere gelosa.” Ride senza nemmeno voltarsi dalla mia parte ma continuando a fissare la bionda sul tavolo. “Fa veloce e raggiungimi dentro.”
 
“Certo, così posso ballare anch’io in solo intimo sopra un tavolo, peccato che non indosso il reggiseno.” Gli rispondo appena lui apre la porta, peccato che la musica assordante non gli permetta di sentire la mia minaccia e a me non rimane che fissarlo mentre si porta sotto il tavolo incriminato battendo le mani a ritmo e probabilmente unendosi al coro che incita la modella a togliersi tutti i vestiti.
 
Ma come sono arrivata a tutto questo? Penso reprimendo la rabbia e voltando le spalle al mio bellissimo fidanzato.
 
Sette anni fa ho abbandonato Venezia per studiare giurisprudenza alla Sapienza di Roma e mi sono persino laureata con il massimo dei voti con una brillante tesi di diritto penale incentrata sulla sottile linea grigia che divide il diritto alla privacy e il diritto di cronaca con riferimento alle persone famose, argomento a me estremamente congeniale atteso che mi riguarda in prima persona. Grazie ad Andrea infatti ho potuto smettere di pesare finanziariamente sulle spalle dei mie genitori guadagnando qualche soldo, in realtà centinaia e centinaia di euro, facendo dapprima qualche scatto occasionale per una stilista di costumi da bagno, poi di biancheria intima e infine per gli stilisti più notori di Roma, fino a diventare anch’io una delle “punte” della rivista Teen Model, editoria per cui Andrea lavora come agente da svariati anni.
Ma andiamo per ordine: ero solo al secondo anno e vivevo ancora nei pressi della Bocca della Verità insieme a Cindy, un’americana tutto pepe trasferitasi in Italia per l’erasmus.
Quella sera sedevo davanti alla televisione avendo rinunciato a studiare a causa della festa al piano di sopra, Cindy era salita per chiedere di abbassare la musica ma era già passata mezz’ora, il volume era ancora più alto di prima e di lei non c’era più traccia. Qualcosa mi suggeriva che non l’avrei più rivista per l’intera notte. All’improvviso sobbalzai sentendo bussare pesantemente alla porta, mi sollevai dal divano e scrutai la mia immagine riflessa nello specchio prima di raggiungere l’ingresso. I lunghi capelli neri ricadevano troppo lisci lungo le spalle e la pelle completamente senza trucco era fin troppo chiara e tormentata dalle tanto detestate lentiggini, decisamente non ero al massimo della forma. Ma chi poteva essere?
“Ciao, tu sei Christine?” Domandò il ragazzo visibilmente ubriaco appoggiato con entrambe le mani agli stipiti della porta, i riccioli biondi gli ricadevano sulla fronte non riuscendo tuttavia a coprire i bellissimi occhi verde giada. Sollevò un sopracciglio sorridendo maliziosamente. “Cindy aveva detto che eri bella, ma non aveva specificato quanto.”
“E tu chi saresti?”
“Andrea Marchi al tuo servizio. Sono qui per scortarti al piano di sopra.” Pronunciò mimando un inchino un po’ troppo goffo a causa dell’alcol scendendo ad esaminare con un’espressione inorridita la mia orrenda tuta in acetato. “Ma prima indosserei qualcosa di meno comodo se fossi in te.”
Quello fu l’inizio di tutto. A quella festa ne seguirono molte altre e poi arrivarono le cene, i baci e l’amore. Tre mesi dopo Andrea ed io facevamo coppia fissa, lui studiava scienze della comunicazione e contemporaneamente lavorava come agente per la rivista Teen Model, seguiva alcuni fotografi e trovava loro le modelle di cui avevano bisogno. Nonostante la giovane età era bravissimo nel suo lavoro e si era già fatto un nome nel settore. Fu lui a propormi il mio primo servizio, la nuova collezione di Calzedonia scattata negli splendidi giardini di Villa Ada, grazie al quale anticipai tre interi mesi d’affitto. Pio fu il turno di Intimissimi, Benetton, Sisley, fino a nomi più importanti come Miu Miu, Dior, Chanel, Gucci, Valentino e Prada. Tutti i miei sogni sembravano essersi realizzati e una volta conseguita la laurea nonostante le insistenti telefonate di mio padre decisi di continuare con questo lavoro anziché iniziare la pratica per diventare avvocato.
 
La suoneria del mio cellulare mi riporta al presente, rispondo immediatamente leggendo il nome di mia madre sullo schermo.
“Christine, Christine.” Sussurra tra le lacrime. “Devi tornare subito a Venezia, tuo padre non sta bene.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
POV di Filippo
 
“Maledizione.” Mi alzo dalla scrivania sbattendo la tastiera contro il monitor del computer. Sono tornato a lavoro da un solo giorno e mio padre mi molla immediatamente una terza memoria in cui devo riuscire a confutare tutte le richieste testimoniali di controparte: niente di più facile ho pensato immediatamente, peccato che abbia elencato novantatré capitoli di prova con almeno una quindicina di testi oltre ad aver richiesto l’espletamento di una CTU. Dovrebbero vietare certe richieste spropositate e sono sicuro che il Giudice non leggerà nemmeno le loro domande ma ovviamente non posso basarmi su questa teoria e non chiedere il rigetto di ogni singolo capitolo. Sono esattamente tre ore che sto lavorando senza sosta e non sono nemmeno arrivato a metà. Vago per lo studio alla ricerca di una mano ma Teo è già uscito da un’ora, Giovanni è a casa a studiare per l’esame di Stato, Camilla sta già aiutando mia zia a preparare un’udienza di domani e non mi azzardo nemmeno a rivolgermi a mio zio o mio padre. Mi rimane solo Mel ma so che in cambio vorrà essere portata fuori a cena e questa sera sono già impegnato con Laura.
A grandi passi mi dirigo alla macchina del caffè optando per una capsula di ‘Nero Intenso’, spero che la caffeina mi darà una mano a terminare il lavoro in tempo.
E pensare che solo tre giorni fa ero comodamente sdraiato sulle candide spiagge di Playa del Carmen a pochissimi metri dal mare sorseggiando ottimi cocktail in compagnia della prosperosa Marina.  Mio padre dopo aver scoperto che Leonardo, mio fratello maggiore, aveva preferito iscriversi a medicina piuttosto che a giurisprudenza e seguire le sue orme, aveva rivolto tutte le sue speranze su di me e quando all’esame di stato ero stato bocciato le sue urla avevano riempito la casa per giorni: non che avesse tutti i torti, avevo passato l’estate al mare con gli amici. Quando invece quest’anno dopo mesi di estenuante studio ininterrotto ho finalmente superato l’orale, era talmente felice che non ha badato a spese regalandomi una vacanza paragonabile ad un viaggio di nozze per me e la mia  ‘amica’ di allora. Ripensandoci bene mi piaceva molto Marina, due tette stupende e sapeva fare certe cose con la lingua che mi facevano impazzire, ma era un po’ troppo appiccicosa e dopo la lunga vacanza insieme si era convinta che tra noi ci fosse qualcosa di serio. Ho dovuto lasciarla e Laura è decisamente un ottimo rimpiazzo.
 
Scuoto la testa tornando alla mia scrivania e riportando la tastiera di fronte a me, maledetta memoria da concludere entro oggi.
“Quanto vorrei un nuovo praticante, anzi meglio due.” Sbuffo sperando di vedermi materializzare davanti un nuovo dottore capace di aiutarmi.
 
“Maschio o femmina? Devi essere più preciso quando esprimi un desiderio. Io voto per il primo, meglio se di bell’aspetto.” Melita fa capolino nella mia stanza sfoggiando un sorrisetto malizioso.
 
“In questo momento mi andrebbe bene qualunque cosa purché sia in grado di aiutarmi.” Le rispondo facendo scivolare il mio sguardo sul suo vestito blu scuro talmente attillato da lasciare poco all’immaginazione, non che non conosca alla perfezione il suo corpo comunque. Ovviamente mio padre le permette di vestirsi così solo perché è bravissima nel suo lavoro. “So però che me ne pentirei una volta terminata quindi scelgo una ragazza, anzi due.” Continuo immaginandomi due giovanissime e bellissime neolaureate pronte a fare tutto quello che dico loro: un sogno.
 
Mel mi sorride di rimando avvicinandosi si qualche passo al mio tavolo. Porta i lunghi capelli castani raccolti in uno chignon stretto in cima alla testa, lasciando scoperto l’esile collo e la pelle abbronzata delle spalle, ed io non riesco a non pensare a quanto era bello sentirle gemere il mio nome mentre baciavo quel punto esatto. “Posso darti una mano io se hai bisogno, ho appena finito e stavo per tornare a casa.”
 
“Come posso rifiutare un’offerta tanto gentile.”
 
“Ovviamente mi aspetto qualcosa in cambio però!” Annuncia leccandosi il labbro superiore con la punta della lingua e accavallando le gambe in modo da scoprire la coscia quanto basta da risvegliare la parte bassa del mio corpo.
 
Credo che sia arrivato il momento di disdire il mio appuntamento con Laura.

 
 
 
 
Angolo autrice
 
Ciao a tutt*. Mi sono finalmente decisa a scrivere una nuova storia, anche se devo ammettere che mi c’è voluto un po’ di tempo per abbandonare Jake e Mia, ormai erano parte di me.
Questa storia sarà diversa, ambientata in Italia, Venezia per l’esattezza, in uno studio legale (ma non spaventatevi, di tecnico ci sarà ben poco, solo qualche riferimento).
Ciascun capitolo vedrà l’alternarsi dei POV di Christine e Filippo, con stili completamente diversi tra di loro. Lei dolce e gentile, lui il classico uomo che non deve chiedere mai, con riferimenti al sesso spero non troppo volgari.
Per ora è solo una specie di presentazione dei due protagonisti e di alcuni dei personaggi secondari, ma già dal prossimo capitolo s’incontreranno ed inizieranno ad interagire tra loro.
La narrazione è al tempo presente ma ho voluto raccontarvi qualcosa di loro attraverso i ricordi che ovviamente sono al passato, spero che non metta confusione questa cosa.
Nella speranza che vi sia piaciuto questo primo capitolo vi lascio il link della pagina in cui troverete tutti i presta volto da me scelti. (CLICCA QUI)

 
 
 
 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO II ***


CAPITOLO II


 
POV di Christine
 
Appena metto piede nella mia vecchia stanza vorrei mettermi ad urlare. È così frustante essere tornata esattamente al punto di partenza, come se questi sette anni non fossero mai passati. La stessa minuscola camera con il piccolo letto singolo accostato al muro, la minuscola finestrella a soffitto da cui a mala pena entra abbastanza luce per vedere dove metto i piedi, il sottotetto a travi a vista troppo basso per la mia altezza, il piccolo armadio incapace di contenere nemmeno la minima parte di vestiti che ho portato con me nel viaggio di ritorno. Niente a che vedere con il lussuoso appartamento che condividevo con Andrea a pochi passi da Piazza di Spagna, già il bagno padronale era più grande di questa misera stanza.
Il viaggio di ritorno non è stato per niente facile, il mio umore non era certo dei migliori a causa delle rivelazioni di mia madre: hanno trovato una massa piuttosto grande all’interno del polmone destro, deve iniziare le terapie subito, torna a casa prima che sia troppo tardi. Ed è quello che ho fatto, ho infilato di corsa gran parte delle mie cose nelle valige e sono salita sul primo Freccia Rossa per Venezia.
Andrea non ne è stato contento. Già quando l’ho raggiunto sotto quel dannato tavolo da cucina, sul quale Estelle aveva già cominciato a lasciare intravedere uno dei suoi prosperosi seni, abbiamo discusso per qualche minuto prima che si convincesse ad accompagnarmi a casa, e lì è stato anche peggio. Non riusciva proprio a capire la mia preoccupazione e come sempre veniva prima il lavoro.
“Ti sta per scadere il contratto.” Mi ha ricordato con tono di voce irritato appena rientrati nel nostro appartamento. “Se te ne vai adesso non potranno rinnovartelo, ti considereranno poco affidabile e io non potrò più fare niente per te.”
Ho provato a spiegargli che per me mio padre era molto più importante di tutto questo e che nel caso in cui non mi avessero più voluta avrei potuto trovare un altro lavoro. Ho pur sempre una laurea in giurisprudenza.
“Dopo tutto quello che ho fatto per te getti al vento questa opportunità. Non condivido la tua scelta e non aspettarti il mio appoggio.”
Con le lacrime agli occhi per la rabbia e la delusione ho sbattuto alle mie spalle la porta di casa e sono letteralmente fuggita da lui. Il suo appoggio? Mio padre potrebbe morire e l’uomo che amo si è comportato come un maledetto idiota.
 
Ecco perché mi stupisco nel vedere comparire il suo nome sullo schermo del mio telefono.
 
- Pronto?- Sussurro quasi in tono interrogatorio.
- Ciao. Sei arrivata?- La tensione nella sua voce è fin troppo evidente.
- Sì. Mezz’ora fa. Sono a casa ma tra poco esco per andare in ospedale.- Rispondo secca. Devo ancora perdonarlo per la sua totale assenza di tatto.
- Chris mi dispiace. Ero ubriaco ieri sera e non pensavo veramente quello che ti ho detto.
- Sul serio? – Domando scettica sollevando il sopracciglio destro nonostante lui non possa vedermi.
- Sì, cioè penso sul serio che se non sarai qui per il rinnovo del contratto verrai rimpiazzata con un’altra ma ti appoggerò comunque. Mi manchi già. – Il suo tono di voce sommesso mi strappa un sorriso. Sarà anche un idiota, a volte un grandissimo idiota, ma è il mio idiota.
- Anche tu mi manchi. – Sussurro nonostante nessuno oltre lui possa sentirmi. – Potresti venirmi a trovare. Magari il prossimo fine settimana. –
- Ma certo piccola. Prenoto già il treno, sabato mattina sarò da te.-
 
Decisamente sollevata metto giù la conversazione e dopo aver indossato qualcosa di più comodo esco di casa per raggiungere l’ospedale.
 
 
***
 
 
I giorni successivi trascorrono monotoni e sempre uguali. Ogni mattina alle sette in punto mi sveglio, ancora sotto le coperte controllo se qualcuna delle mie fan fiction preferite è stata aggiornata ed eventualmente leggo il nuovo capitolo e lascio la mia piccola recensione, quindi mi alzo e mi sforzo di mangiare qualcosa per colazione, solitamente solo una tazza di caffè accompagnata da un biscotto oppure uno jogurt, mi vesto e raggiungo con mia madre l’ospedale. Resto nella stanza di mio padre l’intero giorno sopportando le sue continue allusioni ben poco velate sul come io stia gettando il mio futuro al vento, accompagno a pranzo mia madre durante la chemio  e alle sei di sera torniamo a casa e andiamo a letto senza cena.
L’unica ragione che mi spinge ad affrontare l’intera settimana quasi serenamente è la consapevolezza che sabato potrò rivedere Andrea anche se mi mette non poca ansia presentare il mio fidanzato alla mia famiglia, in cinque anni non ho mai avuto occasione di presentarli. Da quando lo conosco non ho mai passato tanto tempo lontano da lui e ogni singola fibra del mio corpo sente la sua mancanza, e quando finalmente è venerdì non sto più nella pelle mentre preparo per lui la stanza degli ospiti. Con il cuore in gola corro in camera mia sentendo il telefono suonare senza tuttavia riuscire a raggiungerlo in tempo, ma so che è lui e che mi sta avvisando di essere già in strada. Spero che abbia sentito la mia mancanza esattamente quanto io ho sentito la sua.
Sistemo i lunghi capelli neri e tolgo gli scomodi occhiali da vista decidendo di richiamarlo con Face Time e farmi vedere al meglio da lui, almeno la mia immagine lo accompagnerà nelle lunghe ore in treno. Esattamente pochi secondi dopo però il mio telefono s’illumina nuovamente mentre nella piccola stanza risuona l’avviso di un messaggio di testo.
 
Tesoro scusami ma non riesco a partire. Domani c’è un servizio fotografico e richiedono la mia presenza.
 
Senza nemmeno rispondere lancio il telefono sul letto e urlo per la frustrazione. Non ci vediamo da oltre una settimana, mi aveva promesso che sarebbe venuto a trovarmi e si ferma a Roma per un servizio. Da quando è necessaria la presenza di un agente ad un servizio fotografico? In tanti anni che lavoro con lui non è mai successo, sono sicura che è stata una sua decisione e magari non aveva nemmeno comprato veramente il biglietto.
 
“Christine cara, che succede?” La voce di mia madre mi spinge a sollevare la testa dal cuscino sperando che non si accorga delle lacrime che rigano le mie guance.
 
“Niente mamma, non preoccuparti.” Le rispondo frettolosamente sforzandomi di rivolgerle un debole sorriso.
 
“Il tuo amico non viene più?” Insiste impicciona come sempre, stringo i pugni per controllare la rabbia che mi ribolle nelle vene.
 
“Fidanzato mamma, FIDANZATO!” Alzo la voce sollevandomi a sedere sul letto per fronteggiarla. “Stiamo insieme da cinque anni e vivevamo insieme nonostante voi non abbiate mai voluto conoscerlo.”
 
Lei in tutta risposta scrolla le spalle e io mi devo ripetere mentalmente più e più volte di mantenere la calma perché vedere suo marito star male è già abbastanza doloroso. “Oggi io e tuo padre ci siamo chiesti cosa hai intenzione di fare ora che sei qui.” Cambia prontamente argomento.
 
Spalanco un paio di volte la bocca incerta sulla risposta da dare. “In che senso scusa?”
 
“Dovresti cercare un lavoro Christine, sei grande e non puoi trascorrere le tue intere giornate a casa a non far nulla.” Non far nulla? Nel senso che secondo lei non ho mai lavorato negli ultimi anni o che passare le mie giornate al capezzale di mio padre sia solamente una perdita di tempo? Preferisco tacere prima di mandarla al diavolo intimandole di uscire dalla mia stanza. “Comunque oggi, mentre tuo padre faceva la chemio, sono andata dal parrucchiere, da Alfredo vicino a Rialto. C’era una donna, un’avvocatessa, mi pare mi abbia detto di chiamarsi Serpe, e raccontava alla sciampista che avrebbero proprio bisogno di un praticante nuovo che li aiuti con il lavoro. Mi sono permessa di parlarle di te, le ho detto che ti sei laureata a pieni voti alla Sapienza e che sei tornata da poco a Venezia, tralasciando ovviamente la storia della rivista. Ti aspetta lunedì alle diciotto per un colloquio.”
 
“CHE COSA?” Grido esasperata. È la mia vita, deve smetterla di impicciarsi.
 
“Anche secondo tuo padre è un’ottima idea. Potresti almeno provare.” Ribatte lei portando lo sguardo alle unghie perfettamente laccate e cercando di far leva sui miei sensi di colpa.
 
“Mamma io ho già un lavoro.” Rispondo asciutta cercando di recuperare la calma persa pochi istanti prima.
 
“Sicura?” Domanda, gli occhi stretti a fessura pronti a cogliere un qualsiasi tentennamento. “Mi pareva di aver capito che il tuo contratto fosse in scadenza e se anche il tuo ragazzo ti sta lasciando temo che quell’assurda rivista non abbia intenzione di aspettare il tuo ritorno.” Mi chiude la bocca uscendo dalla camera senza darmi nemmeno il tempo di elaborare una risposta. Andrea mi ama e se anche io dovessi perdere il contratto con Teen Model lui non mi lascerebbe mai, o almeno credo.
 
Tormentata dai dubbi afferro il telefono e lo chiamo.
 
- Chris piccola. – Risponde a voce alta per sovrastare la musica di sottofondo, il tono di voce chiaramente distolto dall’alcol.
- Dove sei? Ad una festa? – E io che lo immaginavo a casa a disperarsi per non essere venuto da me.
- No, no. Si tratta solo di un aperitivo. Per festeggiare. –
- Festeggiare cosa? – Continuo il mio interrogatorio sentendo voci femminili di sottofondo.
- Estelle. – Chiarisce lui titubante. – Le è stato appena offerto un contratto, domani parteciperà al servizio di Valentino. –
Alle sue parole tutto mi diventa estremamente chiaro, è proprio vero che le mamme hanno sempre ragione. – Il mio contratto? –
- Mi dispiace Christine, ti avevo avvisata che per loro una vale l’altra. Il fatto che tu non fossi disponibile per i servizi di questi giorni ha fatto ricadere le sue attenzioni su Estelle. –
- Ma non mi dire. E tu non centri niente in tutto questo? – Mi mordo immediatamente l’interno della guancia pentendomi della domanda, non ci tengo veramente a conoscere la sua risposta.
- è il mio lavoro amore, non posso metterti prima delle altre solo perché ti amo. – Le due paroline finali rincuorano ma solo per qualche istante. Nel momento in cui entrambi restiamo in silenzio riesco a cogliere la voce di Estelle che incita Andrea a tornare a ballare con lei. Senza pensarci due volte attacco la telefonata e spengo il telefono.
Sta succedendo veramente.
Andrea mi sta lasciando e la rivista mi ha rimpiazzata in meno di due settimane.
Forse dovrei veramente provare a fare quel colloquio, anche solo per accontentare mio padre.
 
 
 
 
 
POV di Filippo.
 
Lunedì. Ore 18:10.
 
Mi alzo sbuffando dalla sedia sentendo suonare il campanello per la seconda volta. La segretaria ha già terminato il suo orario di lavoro da meno di dieci minuti e la mia stanza è la più vicina alla reception, esclusa la postazione dei dottori ma Giovanni è di nuovo a casa a studiare e Camilla è in posta. Lascio cadere sulla scrivania i documenti che sto studiando e mi allungo sul bancone per premere il tasto di apertura del portone, quindi spalanco la porta e gli volto le spalle incamminandomi nuovamente verso la mia stanza, senza scomodarmi di attendere il misterioso ospite.
 
 “Buo - buonasera.” Una titubante voce femminile mi blocca sui miei passi. Sapevo che mio padre aveva diversi colloqui con alcuni giovani laureati ma ero sicuro che avesse già ultimato e soprattutto non ricordavo il nome di alcuna ragazza in agenda. “Mi scusi, sono la dottoressa Defalco, ho appuntamento con l’avvocato Belli.”
 
Mi volto verso la nuova arrivata osservandola dalla testa ai piedi. Indossa una semplice gonna blu scuro lunga quasi fino alle ginocchia e una camicetta azzurra e bagnata. Deve sicuramente essere stata presa alla sprovvista dalla pioggia di alcuni minuti fa con il risultato che i lunghi capelli neri, stretti in una coda alta in cima alla testa, sono arruffati per l’eccesso di umidità e la camicetta, dello stesso azzurro dei suoi grandissimi occhi, aderisce perfettamente al prosperoso seno e lascia intravedere in trasparenza il pizzo scuro dell’intimo. Devo ammettere che questa ragazza non è affatto male.
Rendendomi conto di essermi soffermato eccessivamente sulle sue splendidi tette scendo ad esaminare la vita sottile, le gambe snelle e perfettamente depilate, e uno stupendo paio di Louboutin spuntate color crema. Le osservo a lungo cercando di cogliere un possibile segno di contraffazione ma devo constatare con soddisfazione la loro originalità: ha gusto la ragazza.
 
“Io sono l’avvocato Belli.”  Le rispondo in tono malizioso, consapevole dell’equivoco che sto creando.
 
“Oh, buongiorno.”  La ragazza spalanca i grandi occhi azzurri sbattendo un paio di volte le lunghe ciglia meravigliata, quindi allungando la mano perfettamente smaltata per presentarsi. “Mi scusi non immaginavo fosse lei.”
 
Sorrido sornione avvicinandomi di qualche passo e incurvandomi verso di lei, solo pochi centimetri separavano i nostri volti. “Perché? Mi immaginavi più vecchio o forse meno bello?” Emetto in un sussurro gongolando nel vedere le sue guance imporporarsi piacevolmente.
 
“Filippo! Non starai importunando la dottoressa?” Alzo gli occhi al cielo allontanandomi dalla mora. Doveva arrivare proprio adesso mia zia, mi ha guastato tutto il divertimento.
 
 
 
 
POV di Christine
 
“Filippo! Non starai importunando la dottoressa?” Mi volto di scatto notando una bella ed elegantissima donna di mezza età dai capelli castano ramati poco più lunghi delle spalle. Osserva con aria di rimprovero l’avvocato Belli quindi si volta verso di me sorridendomi amorevolmente. “Michela Sarpi, piacere.” Si presenta e io devo soffocare una risata. Deve trattarsi della donna incontrata da mia mamma dal parrucchiere, come l’aveva chiamata? Serpe!
 
“Mi segua, l’avvocato Belli la sta attendendo.” Per un istante fisso sconcertata la donna e riporto lo sguardo sul bellissimo ragazzo di fronte a me che sembra trattenere una risata.
 
“Lei ha detto di essere l’avvocato Belli?” Domando a lui facendolo scoppiare definitivamente a ridere sonoramente.
 
“Tecnicamente lo sono.” Mi risponde scrollando le spalle e ignorando lo sguardo di rimprovero della donna più grande.
 
“Ti prego perdona mio nipote.” Continua lei in tono gentile scuotendo la testa a destra e sinistra. “A volte ha uno strano senso dell’umorismo.”
 
Spalanco la bocca per lo stupore incapace di comprendere cosa stia realmente succedendo intorno a me ma sono sicura di essere appena stata presa in giro. Osservo il ragazzo davanti a me dal basso verso l’alto nonostante gli alti tacchi cercando di reprimere la rabbia che ultimamente prende sempre più spesso il sopravvento su di me.
 
“Non sei l’avvocato Belli?!” Più un’affermazione che una domanda, gli occhi stretti per l’irritazione.
 
“E invece lo sono. Avvocato Filippo Belli. Purtroppo credo che tu stia cercando mio padre.” Mi spiega mentre sul suo viso si dipinge un fastidioso sorrisetto.
 
“Tu lo sapevi? Ti stavi divertendo alle mie spalle?” Sbotto stringendo i pugni lungo i fianchi e avvicinandomi nuovamente a lui, esattamente come pochi minuti prima.
 
“Calmati dottoressa Defalco, era solo uno scherzo.” Mi schernisce, quindi mi volta le spalle e ritorna a grandi passi all’interno della sua stanza.
 
“Non badare a lui.” Michela Sarpi poggia la mano sulla mia spalla per tranquillizzarmi mentre io vorrei solo correre dietro a quel Filippo e prendere a sberle quel viso tanto perfetto quanto odioso. Già sono arrivata in ritardo a causa della pioggia e lui si permette anche di farmi perdere tempo inutilmente. “Sul serio, ignoralo. Crede di essere divertente.”
 
“Io sono divertente.” Borbotta Filippo Belli con il volto sepolto dietro ad un mucchio di carte facendole alzare gli occhi al cielo e ridere.
 
“Vieni dai, l’avvocato Belli ci sta attendendo”. Continua indicando con la mano destra il lungo corridoio sulla destra e io la seguo buttando per l’ultima volta l’occhio verso il giovane avvocato trovandomi costretta a riconoscerne la straordinaria bellezza, molto più della maggior parte dei modelli che ho mai incontrato in tutti gli anni vissuti a Roma. Tutto di lui è perfetto: i capelli castani, i grandi occhi marroni, la barba fintamente incolta, il corpo atletico e gli abiti eleganti e alla moda. Scuoto la testa per dimenticarmi di lui e concentrarmi sulla donna al mio fianco, pregando che il padre sia meno impertinente e intrattabile del figlio.
 
 
 
 
POV di Filippo.
 
Con la coda dell’occhio osservo mia zia allontanarsi con quella ragazza. Ha pure un bel culo!
Forse ho esagerato con lei, e se mio padre la assume? Avevo promesso che non avrei fatto il cretino con nessuna ragazza dello studio, non contando Mel ovviamente ma lei sa il fatto suo. Ad onor del vero non è ancora una dipendente quindi non dovrei aver fatto niente di male, e insomma l’ho solo presa un po’ in giro.
Chissà come sta andando il suo colloquio? Potrebbe essere interessante averla qui con noi, vederla gironzolare tutti i giorni per l’ufficio. Cerco di riportare la mia attenzione sui documenti abbandonati sopra la tastiera ma mi ritrovo a rileggere per sei volte di seguito la medesima frase senza comprenderne il reale significato. Nel retro della mia mente si ripropone continuamente l’immagine di quella ragazza seduta alla scrivania di mio padre, la sua camicetta ancora umida per la pioggia che aderisce al seno avvolto nel pizzo nero e sembrava veramente un bel paio di tette, le gambe sottili accavallate in modo da permettere alla lunga gonna scura di risalire mostrando una buona parte della cosce sicuramente toniche. Un’immagine paradisiaca. E quelle scarpe? Mi piacerebbe decisamente vederla con solo quelle addosso.
E quegli occhi? Così grandi, azzurri e profondi… Istintivamente mi passo una mano tra i capelli lasciando scivolare tra le dita grosse ciocche e pettinando indietro il lungo ciuffo. Cosa mi sta succedendo? Perché ora sto pensando ai suoi occhi invece di concentrarmi sulle divine chiappe fasciate dall’aderente gonna.
 
Spero tanto che mio padre non decida di assumerla così potrei recuperare il suo curriculum, contattarla e chiederle di uscire. Come si chiama?
Divertente, ricordo tutto di lei tranne il suo nome!
 
 
 
Angolo autrice:
Ecco il secondo capitolo di Ius & Love.
Siamo ancora all’inizio ovviamente ma spero di essere riuscita a catturare la vostra attenzione.
 
Cosa ne pensate per il momento?
Christine è tornata a Venezia, ha perso il suo contratto a favore di Estelle, e Andrea sembra volersi allontanare da lei.
E Filippo? Non sembrano aver cominciato esattamente con il piede giusto.
 
Christine avrà superato il colloquio?
 
Ringrazio tantissimo chi ha già inserito questa storia tra le preferite/da ricordare/seguite e spero che continui a piacervi.


IL CAST: Ecco i personaggi finora incontrari.

CHRISTINE
FILIPPO
ANDREA
MEL
MICHELA SARPI


Al prossimo capitolo in cui finalmente incontreremo Teo... 
Ricordatevi la mia pagina di Facebook!!! Se lo volete potrei come per la mia vecchia long mettere un piccolo spoiler prima del prossimo capitolo!!!
Lachiaretta.
  

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Capitolo 3
*** CAPITOLO III ***



 
POV di Filippo.

 
Sono le sette e sono ancora seduto alla mia scrivania fingendo di leggere la medesima pagina da quasi un’ora. Mio padre è ancora chiuso nel suo ufficio insieme a quella ragazza e mia zia e io mi sto torturando dalla curiosità di sapere l’esito di questo colloquio.
Chissà poi perché mi interessa tanto! Ok, è una figa pazzesca, ma che mi frega se sarà assunta o meno. Beh se mio padre dovesse assumerla non potrei portarmela a letto, conosco bene le sue regole. L’immagine di lei completamente nuda risveglia la parte bassa del mio corpo, sarà veramente così perfetta come credo? E quel caratteraccio, mi è letteralmente saltata addosso per uno scherzetto da nulla. Deve essere un vero peperino, tutta da domare.
Il problema è che non riesco proprio a ricordarmi come si chiama e stranamente né in agenda né tra le mail c’è traccia di un appuntamento o del suo curriculum. Sicuramente c’è lo zampino di zia Michela visto che la stava aspettando, lei non vorrà dirmi il suo nome e non posso chiederlo a mio padre.
 
“Andiamo a berci qualcosa?” Teo fa capolino nella mia stanza sistemandosi il bavero della giacca elegante grigio scura con finta noncuranza.
 
Matteo Zaninotto, cugino più grande di Mel e mio migliore amico.
Ha iniziato a lavorare per mio padre cinque anni fa, una volta superato l’esame di stato, portando con sé la bellissima cuginetta neolaureata. Fu il primo a trattarmi bene appena arrivato in questo studio. Gli altri dottori/avvocati mi vedevano solo come il figlio viziato e raccomandato del capo che avrebbe preso il loro posto indipendentemente dalla preparazione, e i miei parenti mi creavano ancora più problemi trattandomi male solo per evitare di farmi sembrare privilegiato.
Morale: i primi mesi in studio furono una vera merda.
Mi riempivano di lavoro e nessuno mi dava una mano, nemmeno per farmi capire come funzionano le cose e appena uscito dall’università non sai proprio niente. Una sera stavo letteralmente sclerando su un decreto ingiuntivo, era stato emesso e non avevo la minima idea di che cosa fare se non quanto insegna il codice di procedura civile, vale a dire che ho sessanta giorni di tempo per notificarlo. Se qualcuno mi avesse spiegato cos’era una relata e come andava preparata forse sarebbe stato molto più facile. Quella sera Matteo Zaninotto si fermò per la prima volta davanti alla stanza riservata ai dottori, occupata solo da me perché sua cugina era già a casa per preparare l’esame di stato nonostante avesse la mia stessa età. Mi ci volle un po’ di tempo per accorgermi della sua presenza e quando finalmente alzai lo sguardo si sforzò di non ridermi in faccia. Mi stavo letteralmente tirando i capelli per la frustrazione.
Si avvicinò senza dire nulle e fissò le carte che avevo in mano, quindi portò una sedia al mio fianco e iniziò a spiegarmi quello che avrei dovuto fare. Da quella sera lui diventò il mio mentore e presto iniziammo a frequentarci anche fuori dallo studio: il mio primo vero amico in quella gabbia di matti.
Fin da subito intuì che Teo non era del tutto normale, sul lavoro estremamente preciso e preparato ma una volta uscito dallo studio si concedeva ai divertimenti più sfrenati. Il suo motto era: “La parola limite non appartiene al mio vocabolario.”
Fu lui a portarmi al mio primo night club, con lui ho fumato la mia prima canna e assunto le prime droghe senza però mai eccedere. Prima di avere una casa mia trascorrevo tutti i week end nella sua camera per gli ospiti tornando all’alba dopo devastanti feste e la maggior parte delle volte non soli. 
Dopo un paio di mesi si aprì del tutto davanti a me infilando la lingua in bocca ad un ragazzo, un bellissimo ragazzo per carità, ma era un vero maschio. Mi chiarì di sentirsi attratto sia dai maschi che dalle femmine e di avere rapporti indifferentemente con entrambi, e quando notò la preoccupazione nel mio sguardo mi rassicurò dicendomi che ero troppo etero per i suoi gusti. In effetti in quattro lunghi anni non ha mai allungato un solo dito su di me, nemmeno quando fin troppo ubriachi, ci siamo ritrovati in tre sullo stesso letto con la medesima ragazza.
 
“Scusa?” Gli domando risvegliandomi dai miei pensieri e rendendomi conto che è ancora in piedi accanto alla mia porta in attesa di una risposta.
 
“Ci sei? Ti ho chiesto se usciamo per un aperitivo. Hai già lavorato troppo per oggi.” Afferra la mia giacca dall’attaccapanni e me la porge invitandomi a seguirlo. Una parte di me vorrebbe dirgli di no, ma appena colgo la figura di Mel alle sue spalle mi trattengo dall’ammettere che vorrei attendere quella ragazza indisponente e scoprire se è stata assunta. Che poi potrei scoprirlo comunque nei prossimi giorni vedendola venire a lavorare o meno, e comunque, dopo lo scherzo che le ho fatto prima, non sarà ben disposta a lasciarmi il suo numero di telefono.  Forse dovrei solo lasciarla perdere.
 
“Che faccia Fil, sicuro di stare bene?” Ride Mel avanzando verso di me e portandosi alle mie spalle. Ancheggia esageratamente per attirare la mia attenzione sul suo vestito striminzito mentre Teo alza gli occhi al cielo agitando nuovamente la mia giacca per incitarmi ad alzarmi e seguirlo.
 
“Va bene!” Mi arrendo lasciando ricadere i documenti sulla tastiera. “Ma solo un aperitivo.”
 
“Perché? Hai impegni dopo? Devi rivederti con Laura?” Indaga Mel spostandomi alla mia destra per fissare i suoi occhi sospettosi nei miei. La adoro finché non diventa gelosa, eppure mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro tutte le volte che le ho ribadito di essere solamente amici, certo se evitassi di dirglielo mentre sono a letto con lei forse potrei sembrare più convincente.
 
“No Mel, tranquilla. Sono solo stanco.”
 
 
 
Due ore dopo salgo in vaporetto con la testa che mi gira leggermente, tre bottiglie di vino in tre non sono esattamente “un” aperitivo. La Vedova era piena di gente stasera e dopo poco più di un’ora Teo ci abbandonato con un ragazzino magro e biondissimo poco più che ventenne dall’aria forse un po’ malatticia, non che non fosse bello, anzi, ma proprio non riesco a provare attrazione per gli uomini. Doveva evidentemente piacergli moltissimo perché da qualche mese l’unico ragazzo a cui Teo sembrava intenzionato a rivolgere le proprie attenzioni è Giovanni e nonostante quest’ultimo continui a rifiutarlo il mio amico non sembra voler mollare la presa al punto da frequentare solo ragazze. Che abbia finalmente cambiato idea? O era solo in astinenza?
Rimasti da soli io e Mel ci siamo scolati un’altra bottiglia ma al momento di andare a casa mia mi sono tirato indietro. Non so nemmeno io il perché, indossava quel vestito corto color crema che mi ha sempre fatto impazzire. L’ho liquidato dicendole che mi dovevo incontrare con Laura e lei ovviamente si è infuriata, quindi ha afferrato la sua borsetta ed è uscita velocemente dal locale.
In verità Laura non la sento da ieri ma non avevo proprio voglia di farmela stasera.
Se dicessi una cosa del genere a voce alta uno qualunque dei miei amici mi rinchiuderebbe in ospedale nel reparto di psichiatria.
 
 
 
Pov di Christine.
 
 
“Mamma sono io.” Annuncio entrando nel piccolo ingresso. Lascio la borsa su una delle sedie della tavola da pranzo accasciandomi su quella accanto.
 
“Allora com’è andata? Cosa ti ha detto l’avvocato Serpe?” Domanda raggiungendomi in sala con un piatto di lasagne in mano. Carboidrati a cena? Cosa le passa per la testa? Declino la sua offerta con un gesto della mano servendomi una porzione di insalata mista.
 
“Sarpi mamma! Per fortuna ho chiesto direttamente dell’avvocato Belli.” Le rispondo rabbrividendo al solo ricordo di quel fastidiosissimo ragazzo che si è spacciato per il padre. Filippo Belli. Certo che il cognome casca proprio a pennello, credo di non aver mai incontrato un ragazzo tanto affascinante quanto lui.
 
“Sarpi, Serpe. È lo stesso! Vuoi dirmi allora com’è andato il colloquio.” La voce di mia madre mi riporta alla realtà e io ricaccio nelle profondità della mia mente l’immagine del bel volto di Filippo.
 
“Direi bene. Comincio domani.” Concludo orgogliosa, non che fosse la mia aspirazione nella vita ma sapere che per loro è così importante mi rende stranamente felice.
 
Il colloquio è durato quasi un’ora e mezza. L’avvocato Paolo Belli sembra quasi più indisponente e odioso del figlio, infondo la mela non poteva essere caduta troppo lontana dall’albero. Per tutto il tempo non ha mai accennato ad un sorriso, mi ha fissato imperscrutabile esaminando il mio curriculum e tempestandomi di domande per testare la mia preparazione. Fortunatamente sono riuscita a rispondere ad ogni singola domanda, forse con qualche tentennamento in materia di singoli contratti, ma sempre sufficientemente. L’avvocato Sarpi invece non la smetteva di annuire incoraggiandomi a continuare, è proprio una donna gentile, mi domano come sia finita in mezzo a questa strana famiglia.
Alla fine mi ha riaccompagnato all’uscita rassicurandomi dell’esito positivo del colloquio precisando tuttavia che l’ultima parola sarebbe spettata all’avvocato Belli. Infine mi ha congedato raccomandandosi di portare i suoi saluti a mia madre.
Una volta salita sul vaporetto diretta verso casa il telefono ha cominciato a vibrare all’interno della mia borsa e grande è stato lo stupore nel sentire la gentile voce dell’avvocato Sarpi che mi comunicava che mi attendeva la mattina seguente per iniziare un periodo di due settimana di prova.
 
 
Terminata la cena mi siedo sul divano a guardare un po’ di televisione prima di andare a letto. Andrea prova a chiamarmi un paio di volte ma come negli ultimi due giorni rifiuto la chiamata, non voglio lasciarlo ma farlo stare un po’ sulle spine aiuterà a rimetterlo in riga. So bene quanto sia impegnativo il suo lavoro e posso capire che non sia riuscito a partire, vorrei solo dimostrasse un maggiore interesse per me e la mia situazione.  Ed ecco che iniziano ad arrivare i primi frutti.
 
- Amore ti prego perdonami. Mi manchi tantissimo. Giuro che volevo partire e che presto sarò da te. Ti amo.
 
Sorrido leggendo il suo messaggio ma decisa a fargliela pagare ancora per un po’ chiudo il telefono senza rispondere. Domani gli racconterò del colloquio.
 
 
***
 
 
La mattina seguente.
 
Alle otto in punto raggiungo il grande portone dello studio, sono in anticipo di mezz’ora e non so se suonare o attendere pazientemente l’orario prefissato con l’avvocato Sarpi, potrebbe non essere arrivato ancora nessuno.
 
“Buongiorno.” Mi saluta una bellissima ragazza bionda poco più giovane di me. Indossa un paio di Jeans chiari, una t-shirt e un blaize nero.  Guardo il mio copro titubante fissando il mio abito nero aderente e le spuntate dello stesso colore, forse non era proprio necessario vestirsi così elegantemente. “Ha un appuntamento?” Continua sorridendomi amorevolmente e indicandomi di seguirla con la mano destra all’interno dell’edificio, i lunghi capelli dorati riflettono la luce del sole mentre i suoi grandi occhi chiari brillano facendola quasi sembrare un angelo.
 
“Si-si.” Balbetto imbarazzata dalla sua bellezza nonostante la sua estrema semplicità. “Sono Christine Defalco, ho appuntamento con l’avvocato Sarpi, inizio oggi la prova.”
 
“La nuova praticante? Io sono Camilla. Ho iniziato anch’io da qualche mese.” Allunga la mano destra stringendo la mia con vigore. “Lavoreremo insieme, seguimi ti faccio vedere la nostra stanza intanto. Gli avvocati non arrivano mai prima delle nove di solito, tranne Michela che è sempre la prima.” Continua trascinandomi all’interno di una piccola stanza con quattro scrivanie e facendomi accomodare su una delle due vuote. “Nemmeno io di solito arrivo così presto ma ieri sera non solo riuscita a rileggere una memoria e vorrei concluderla prima dell’arrivo di Matteo.”  Contrariamente alla mia prima impressione i rapporti all’interno dello studio devono essere molto cordiali se lei si permette di chiamare tutti per nome. Chissà poi chi sarà questo Matteo.  “Questa è la mia postazione, mentre quella è di Giovanni ma lui viene poco in questo periodo, ha l’esame di stato tra qualche mese. Quindi saremo solo io e te per un po’! Meno male, abbiamo tantissimo lavoro ed era dura da sola.”
La ragazza di fronte a me parla molto velocemente, agitando le mani di fronte al viso e muovendosi continuamente, sembra simpatica ma non ho mai lavorato a stretto contatto con qualcuno e spero di riuscire a reggere il confronto.
Una decina di minuti dopo veniamo raggiunte dall’avvocato Sarpi la quale, dopo essersi complimentata per la puntualità, mi invita a darle del ‘tu’ e chiamarla Michela quindi mi affianca a Camilla chiedendole di spiegarmi tutte le regole dello studio.
Mi siedo allo stesso tavolo di Camilla portando con me un quaderno per prendere più appunti possibili, per quanto la bionda si mostri estremamente disponibile non posso approfittare di lei e non voglio chiederle di ripetermi questa lezione. Lei mi mostra il gestionale, come devono essere segnate le telefonate, le mail, gli appuntamenti, l’utilizzo del fotocopiatore e dello scanner, i cassetti della cancelleria, insomma tutto ciò che mi serve sapere per sopravvivere all’interno dello studio.
Già mi sono ricreduta sul suo conto, è simpatica e alla mano e sono felice di aver qualcuno su cui contare.
Alle dieci passate mi porta vicino l’ingresso mostrandomi l’ultimo degli strumenti elettronici dello studio, la macchina del caffè. Dal cassetto prende due bicchierini, quindi spalanca un armadietto dentro il quale ci sono decine di scatole ognuna con un nome diverso: mokaccino, barista, cremoso, ristretto ardenza, ecc.
 
“Scegli quello che preferisci!” Mi incita Camilla prendendo per sé l’ultima capsula di mokaccino e gettando nell’immondizia l’involucro ormai vuoto. Allungo una mano decisa verso la confezione di nero intenso, conosco perfettamente questo tipo di capsule essendo lo stesso che abbiamo, o meglio avevamo, io e Andrea a casa. Mi manca fare colazione con lui la mattina. Dopo devo ricordarmi di chiamarlo, è arrivata l’ora di fare definitivamente la pace.
 
“Toh.  Non rischierai mai di rimanere senza. Quella miscela piace solo a Filippo, e a te!” Continua scrollando le spalle e tornando a sedersi alla scrivania.
 
Ancora Filippo Belli. Doveva piacergli esattamente il mio stesso caffè? Credo che ogni speranza di non doverlo incontrare sia completamente vana ma spero almeno di non dover lavorare in stretto contatto con lui.
 
“Allora? Pronta questa memoria Camilla?” Un ragazzo piuttosto alto e piazzato fa capolino all’interno della nostra stanza interrompendo la mia lezione. Porta la barba lunga che nasconde i suoi lineamenti altrimenti abbastanza dolci, fancendolo sembrare più vecchio di quello che deve essere effettivamente e dandogli un’aria da duro. Deve trattarsi di Matteo.
 
“Ciao Teo. Si, si! L’ho salvata all’interno del fascicolo.” Gli risponde la ragazza al mio fianco alzando il capo dal pc. “Posso presentarti Christine, ha iniziato oggi la pratica.”
 
Il ragazzo sposta lo sguardo su di me fissandomi silenziosamente per alcuni secondi prima di decidersi ad entrare e raggiungere il tavolo, la possente mano destra tesa verso di me. “Avvocato Zaninotto, ma puoi chiamarmi Matteo. Avevamo proprio bisogno di altra forza lavoro qui, avrei giusto un paio di memorie…”
 
“Calma calma.” Lo interrompe la bionda alzando entrambe le mani a palmi aperti. “è solo il suo primo giorno. Direi che esattamente come tutti potrebbe cominciare con un semplice decreto ingiuntivo. Non vorrai farla scappare a gambe levate?”
 
“Va bene, va bene. Vorrà dire che le farai entrambe tu!” Ride Matteo facendo imbronciare Camilla, sicuramente pentita per aver suggerito di darmi qualcosa di più facile.
 
“Ma Melita mi ha già mollato una comparsa.” Si lamenta incrociando le braccia al petto e sbuffando sonoramente.
 
“Ok, allora le lascerò sul tavolo di Filippo. Però non dite a nessuno che sono stato io a metterle lì, penserà che sia opera di suo padre.”  Non riesco più a trattenere una risata al pensiero che stiano complottando alle spalle di quel cretino. Ecco come lo chiamerò d’ora in avanti, il cretino, almeno tra me e me. Questo primo giorno non si sta rivelando affatto male.
 
“Parlavate di me?” Il mio sorriso svanisce appena si affaccia alla porta Filippo Belli, si sorregge con entrambe le mani allo stipite della porta dondolandosi sui talloni. Solo uno come lui può non sembrare un completo idiota con un paio di bretelle a righe, potrebbe indossare un pagliaccetto e rimanere bellissimo. Non si accorge subito della mia presenza mentre si avvicina all’amico colpendogli la spalla con un leggero pugno. “Non azzardarti, ho già troppo lavoro per conto mio.”
 
“Speriamo allora che Christine impari presto il lavoro così potremo passare a lei tutto il lavoro.” Continua Matteo indicandomi con un cenno del capo. Solo con questo gesto il cretino sembra notarmi alla scrivania di Camilla, percepisco i suoi occhi scrutare il mio intero corpo dalla testa ai piedi e mi pento di aver scelto un abito così stretto. “Cristine lui è Filippo, il figlio…”
 
“Non c’è bisogno di presentazioni.” S’intromette Filippo sedendosi sulla scrivania e avvicinando il suo volto al mio. “Io e la dottoressa ci siamo già conosciuti ieri sera.”
 
“Già!” Scatto, gli occhi stretti a fessura mentre il solo ricordo del suo brutto tiro mi riempie nuovamente di rabbia al punto che se non fosse il figlio del capo lo prenderei a sberle, tanto che devo stringere il pugno sotto il tavolo per trattenermi. Il mio primo giudizio su di lui, a differenza di tutto il resto dello studio, non era sicuramente sbagliato. È un cretino totale.
 
“Ancora arrabbiata signorinella? Ti verranno le rughe se continui a corrugare così la fronte e fidati che sarebbe un vero peccato.” Ammicca lasciandomi un buffetto sulla guancia destra. Istintivamente indietreggio ma non sono abbastanza veloce da sfuggire alla presa delle sue dita, appena sfiorano la pelle del mio viso mi sento avvampare e mi sforzo di convincermi che sia per quel gesto tanto infantile piuttosto che per il contatto inaspettato.
 
“Visto che ne sei tu la ragione potresti aiutarmi togliendoti dalla mia vista.” Scatto lasciandolo a bocca aperta, non deve essere abituato ad essere rifiutato. Alle sue spalle invece Teo scoppia a ridere sonoramente.
 
“Wow wow. C’è tensione qui. Mi sono perso forse qualcosa?” Alza le mani afferrando Filippo per le spalle e allontanandolo da me quanto basta perché io possa ricominciare a respirare regolarmente.
 
“Nervosa già di prima mattina?” Domanda sollevando il sopracciglio perfetto, troppo perfetto per un uomo senza tuttavia minare la sua mascolinità. Proprio non lo sopporto.
 
“Fino a pochi minuti fa ero la persona più felice sulla faccia della terra.” Sbotto incrociando le braccia al petto con l’effetto che i suoi occhi si focalizzano sul mio seno.
 
“Sarei io quindi ad emozionarti così tanto?” Continua lui sollevando lo sguardo un attimo che cominci ad urlare.
 
“Non illuderti, sono solo emozioni negative.” Termino convinta di essere riuscita a zittirlo. “Molto vicine all’odio.”
 
“Beh sai come si dice… Tra l’odio e l’amore..” Il cretino lascia in sospeso la frase ammiccando languidamente, come se potesse avere anche solo una possibilità con me. Crede che bastino un paio di moine per farmi dimenticare il suo essere tremendamente fastidioso e farmi cadere ai suoi piedi?  
 
“Va bene! Ora tornate nelle vostre stanze e lasciateci lavorare.” Interviene Camilla notando sicuramente le mie orecchie fumanti e i miei pugni stretti per la rabbia, ma senza riuscire a smorzare il suo sorriso divertito a causa del nostro battibecco.
 
“E quelle memorie?” Le domanda Matteo in tono supplichevole.
 
“Se finisco presto la comparsa di Mel vengo a darti mano.” Sorride la bionda guadagnandosi un caloroso abbraccio prima di spingere i due ragazzi fuori dalla porta.
 
 
 
POV di Filippo.
 
 
Immediatamente mi fiondo nel mio studio chiudendo la porta alle mie spalle. Teo ha cercato di fermarmi per parlare ma dovrà attendere fino alla pausa pranzo, lontano da questo studio e da tutte le orecchie indiscrete comprese quelle di Mel.
Mi lascio cadere sulla sedia della scrivania ritrovando sopra la tastiera gli stessi documenti che ieri non sono riuscito ad esaminare per colpa di quella ragazza.
Christine…
Finalmente posso abbinare un nome al suo volto, non che non le stesse bene il soprannome che avevo scelto per lei: la iena.
È così fastidiosa, come si permette di rivolgersi a me in quei toni? In fin dei conti sono pur sempre il figlio del capo e comunque uno dei suoi superiori, io sono l’avvocato e lei la dottoressa. È ancora incazzata nera per quello stupido scherzo, troppo orgogliosa per i miei gusti. Avrebbe proprio bisogno di essere messa in riga.
Certo che è proprio figa però.
Le sue tette sembravano così beate perfettamente fasciate dal tessuto elasticizzato. Avrei tanto voluto allungare la mano e verificare se sono veramente così sode come sembrano.
 
“Filippo scusami, posso parlarti un attimo?” Zia Michela apre la porta senza bussare e attende che le dia il permesso di entrare.
 
“Certo zia.” Le indico la sedia di fronte a me invitandola ad accomodarsi. “Dimmi tutto?” Nonostante mi sorrida amorevolmente sento già nell’aria il profumo di un chiaro rimprovero in arrivo.
 
“Filippo caro, per caso ti ho sentito parlare poco fa con Christine, e ieri ti ho visto. È indubbiamente una bellissima ragazza e conosco le tue abitudini. Vedi di starle alla larga o dovrò parlarne con tuo padre.”
 






Angolo autrice:
In questo capitolo abbiamo finalmente conosciuto sia Matteo che Camilla
Christine è stata presa per un breve periodo di prova contrariamente a tutte le speranze di Filippo. Tra i due non sembra correre buon sangue, lui è indubbiamente un cretino e lei non riesce a tenere a freno la lingua. I rapporti tra loro saranno sempre così tesi?
Eppure sembrano avere qualcosa in comune.. almeno la marca preferita di caffè!

Ringrazio ancora tutte voi che avete votato o recensito!! Aspetto di sapere cosa pensate anche di questo terzo capitolo che a dirla tutta a me non convince molto ma era necessario per presentare i nuovi personaggi.

Baci 
Lachiaretta.

Intanto vi lascio con Filippo e le sue bretelle a righe!! 

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Capitolo 4
*** CAPITOLO IV ***


CAPITOLO IV
 
CHRISTINE’S POV
 
 
“Quindi?” Camilla mi fissa attentamente, entrambe le sottili sopracciglia bionde inarcate e un sorrisetto da chi la sa lunga. 
 
“Quindi cosa?” Le domando non capendo esattamente a cosa potrebbe fare riferimento, o forse solo ignorandolo volontariamente.
 
“Tu e Filippo.” Chiarisce in un sussurro allargando le braccia prima di riportare le mani alla sedia per aiutarsi ad avvicinarla alla mia. “Vi conoscete già? Siete stati insieme per caso?” Continua ammiccandomi allusivamente. La fisso shoccata per alcuni secondi con la bocca spalancata, non posso credere che questa ragazza che conosco da appena qualche ora mi stia veramente chiedendo se sono stata a letto con il figlio del suo capo.
 
“NO!” Alzo la voce stizzita facendola sobbalzare sul posto. “Assolutamente no.” Strillo sollevandomi in piedi quasi a voler dare maggior risalto alle mie parole.
 
“Scusa, scusa!” Si tira indietro, i palmi alzati e rivolti verso di me, sembra turbata dalla mia reazione esagerata. “Non volevo offenderti. Ho visto che c’era confidenza tra voi e lui se le fa praticamente tutte.”
 
Come immaginavo, il cretino è anche un donnaiolo incallito. Il genere che crede di aver tutte le donne ai suoi piedi solo perché bello e ricco, anche se totalmente e completamente vuoto. Se le fa praticamente tutte…. “Ma quindi anche tu e lui?” Le domando ripensando alle sue parole. Se fa il cretino con me perché non avrebbe dovuto farlo anche con Camilla appena iniziato a lavorare qui, è bellissima oltre che apparentemente molto simpatica.
 
“No, no, no, no!” Ride agitando le mani davanti al volto per l’imbarazzo. “Lui non si avvicina a nessuna delle ragazze dello studio, è molto professionale in questo o almeno così era di solito. Per questo ho immaginato fosse successo qualcosa tra voi prima di oggi.”
 
La sua spiegazione mi lascia leggermente interdetta, il cretino sembra avere un certo codice d’onore sul posto di lavoro. Eppure questo non l’ha fermato dal prendermi in giro. “Assolutamente no. L’ho conosciuto ieri sera quando sono venuta per il colloquio e l’idiota si è pure spacciato per il padre facendomi perdere tempo e arrivare in ritardo.” Sbuffo incrociando le braccia al petto. “Non andrei mai con uno come lui.”
 
Camilla allarga le sopracciglia meravigliata. “Eppure mi è sembrato di vederti arrossire quando ti ha toccata.” Ride sonoramente facendomi abbassare lo sguardo per l’imbarazzo. Speravo non se ne fosse accorto nessuno ma temo che non sia sfuggita nemmeno al cretino. “E comunque non è così male se lo conosci bene. Certo che se continuate a punzecchiarvi così temo seriamente per l’incolumità di entrambi.”
 
Scuoto la testa pensando alla remota possibilità di scoprirlo una persona simpatica. “Beh non mi interessa nemmeno conoscerlo. Sono qui per lavorare e comunque sono fidanzata.” Anche se non ho più chiamato Andrea. Termino mentalmente la frase. Devo assolutamente chiamarlo e fare pace con lui prima che sia lui a non voler più sistemare le cose con me.
 
“Dai! Anch’io! Con Giovanni!” Con un gesto del capo mi indica la scrivania vuota del dottore a casa a studiare e io cerco di immaginarmi il volto del fidanzato della mia nuova amica.
 
Un rumore di tacchi attira l’attenzione di entrambe sulla porta ma riusciamo solo a scorgere un lembo di tessuto blu scuro. Titubanti ci osserviamo negli occhi per alcuni secondi prima di scrollare le spalle e riprendere a lavorare.
 
 
 
 
FILIPPO’S POV
 
 
Maledizione. Ho ancora gli stessi documenti in mano e non riesco proprio a trovare la forza di concentrarmi. Ma cosa mi succede?
Insomma è solo una ragazza, non è nemmeno così figa pensandoci bene, il seno non supera una terza, i fianchi sono forse troppo magri per i miei gusti e quelle piccole lentiggini le rovinano la pelle altrimenti perfetta. Ok, forse sono un po’ troppo critico, è veramente bella ma niente di più, e poi è così intrattabile.
Perché mi sto fissando così tanto su di lei?
Ovvio, perché sembro non interessarle minimamente. Però sono sicuro di averla vista arrossire e trattenere il respiro quando mi sono avvicinato a lei ma, cacchio, è appena in grado di tollerare la mia presenza all’interno della stessa stanza.
Non mi è mai successo, MAI, che una ragazza mi rifiutasse così, per partito preso.
Perfino Camilla i primi tempi era chiaramente attratta da me nonostante io non sia esattamente il suo tipo, la notavo agitarsi e balbettare pesantemente ogni volta che doveva parlare con me.
Christine invece sembra solo detestarmi.
Assurdo.
E comunque non potrei farmela nemmeno se le interessassi. Conosco bene le regole di questo benedetto studio, mio padre è sempre stato chiaro e le raccomandazioni di zia Michela sono state una conferma.
Non che non ci abbia pensato, anzi, e credo che portarmela a letto sarebbe l’unico modo per togliermela dalla testa.
 
“Posso.” La voce di Mel mi desta dai miei pensieri. Si affaccia alla porta appoggiandosi con il fianco allo stipite e osservandomi con le braccia incrociate. Sembra nervosa, che sia ancora arrabbiata per ieri sera?
 
“Certo vieni!” Le indico con la mano destra una delle sedie dall’altra parte della scrivania. “Siediti.”
 
Mel avanza sicura e si lascia cadere sulla poltroncina di pelle nera senza che l’espressione scocciata abbandoni il suo volto. Alza un dito e si arrotola una ciocca di capelli castani per poi farla ricadere davanti al viso e arrotolarla una seconda volta.
 
“Tutto bene Melita?” Le chiedo preoccupato per il suo mutismo, non credo di non averla mai sentita rimanere in silenzio così a lungo e la sua espressione non promette nulla di buono.
 
“Dovrei dirti una cosa, ma non so se sia il caso.” Ribatte lei tornando ad incrociare le braccia al petto.
 
“Mi pare che ormai ci conosciamo abbastanza per dirci qualunque cosa.” La incito pensando a cosa potrebbe turbarla al punto da aver paura di parlarne con me, uno dei suoi migliori amici. “Non sei incinta vero?” Continuo sgranando gli occhi per la paura. Non sarò mica io il padre? Siamo sempre stati attenti.
 
“No!” Risponde pacata alzando gli occhi al cielo e credo anche un po’ divertita dalla mia reazione. “Mi sarei portata Teo e un paio di paramedici in questo caso. Sei sbiancato al solo pensiero.” Scuote il capo e mi aspetto che scoppi a ridere da un momento all’altro, invece rimane seria e la cosa inizia a preoccuparmi non poco.
 
“Allora che succede?” La incalzo sperando che si decida a rivelarmi subito ciò che è venuta a dirmi.
 
“La nuova praticante…” comincia riferendosi a Christine, deve essersi accorta del suo arrivo. “Non mi piace.” Trattengo una risata divertito dalle sue parole, era questo a preoccuparla? È facile immaginarne il motivo, è troppo bella per i suoi gusti. Tengo questo pensiero per me limitandomi ad annuire, non voglio che riversi su di me la sua rabbia. “Si sente chissà chi e invece è solo l’ultima arrivata. Prima sono passata davanti alla loro stanza e continuava a distrarre Camilla, che dovrebbe scrivere una comparsa per me.”
 
“Dai Mel, ora non esagerare, è solo il suo primo giorno. Stanno facendo conoscenza ed è un bene che diventino amiche se devono collaborare.” Le faccio presente cercando di non farle capire di non essere d’accordo con lei.
 
“Parlavano di te comunque!” Mi risponde stringendo le labbra in una linea sottile molto simile ad un ghigno.
 
“Sul serio? E cosa dicevano?” Le chiedo stravaccandomi sulla sedia e incrociando le braccia dietro la testa, le gambe allungate di fronte a me. Allora non le sono così indifferente se non riesce a non pensarmi.
 
“Abbassa le arie Don Giovanni. Se non ricordo male le sue parole esatte sono state ‘non andrei mai con uno come lui!’. Oh e continuava a chiamarti L’IDIOTA!”
 
Alza leggermente il tono sull’ultima parola, non sia mai non abbia sentito bene il bel nomignolo che mi ha affibbiato.
Come si permette quella iena? Sono comunque il figlio del titolare dello studio e un suo superiore. Ma ancora più fastidio mi da la sua frase: non andrei mai con uno come lui!
Chi crede di essere? Dovrebbe essere grata di ricevere le attenzioni di uno come me. Non sono solo bello da togliere il fiato e ricco da far schifo, sono anche intelligente e capace. Non ha idea di quante ragazze pagherebbero per uscire con me? 
Mi ritrovo a stringere i pugni sotto il tavolo stropicciando il tessuto dei miei pantaloni griffati. Una parte di me vorrebbe alzarsi da questa maledetta sedia, raggiungere la sua stanza e dirle in faccia quello che penso di lei.
Cioè? Che è tanto bella quanto irritante? Che mi da fastidio che lei non voglia venire a letto con me tanto quanto lo vorrei io?
Non potrei comunque farlo, le regole sono regole e non mi metterei mai contro mio padre, ma l’idea che lei mi rifiuti così palesemente mi manda completamente fuori di testa.
 
“Hai capito perché mi infastidisce? Si permette questo ed è solo al primo giorno e temo che possa deviare Camilla con i suoi modi di fare!” Continua Mel riportandomi la mia attenzione su di sé.
 
“E cosa pensi di poter fare? È mio padre a decidere di lei, noi non abbiamo alcuna voce in capitolo e non è mia intenzione andare a riferirgli che una sciacquetta qualunque si è permessa di chiamarmi ‘idiota’.” Le faccio notare ricordandole che noi purtroppo abbiamo le mani legate.
 
“Deve prima superare le due settimane di prova.” Sul bel volto della mia amica si apre un sorrisetto maligno, ha qualcosa in mente e credo di aver capito di cosa si tratti. “Potremmo farle un po’ di pressione, metterla in difficoltà. Scommetto che se ci impegniamo i suoi risultati saranno talmente negativi che tuo padre non potrà fare altro che mandarla via, o meglio potrebbe scappare a gambe levate ancora prima del termine.”
 
Fisso Mel sconcertato per il suo piano e per il ghigno che lo accompagna. Perché non ci ho pensato io? Fare in modo che venga mandata via è la soluzione perfetta, non dovrei vederla tutti i giorni e la smetterei di torturarmi per non poterla avere. Troverà un altro studio in cui lavorare.
“Ci sto!” Annuisco assaporandomi già la vittoria su quella iena. “Ne riparliamo stasera a cena?”
 
Melita: bella e malefica, connubio perfetto.
 
 
 
 
 
CHRISTINE’S POV.
 
 
SECONDO GIORNO DI PROVA.
 
Arrivo in studio alle otto e trenta precise, non c’è ancora nessuno ma fortunatamente ieri sera Michela mi ha lasciato una copia delle chiavi dello studio, oltre ad un decreto ingiuntivo. Ci ho messo un po’ a capirlo ma sono riuscita a terminarlo entro le sette, ora vorrei rileggerlo per essere sicura che non ci siano errori prima di riconsegnarlo alla mia Domina.
Dopo cena ho finalmente richiamato Andrea, quattro giorni di silenzio mi sono sembrati una punizione più che sufficiente. Ha cercato di spiegarmi il disguido con Estelle ma sinceramente ho preferito non saper nulla di più della sua prima versione: si è dovuto fermare perché la sua presenza al servizio fotografico era necessaria e venerdì sera sono usciti solo per festeggiare il suo contratto. Non può esserci altro sotto, Andrea non metterebbe mai a rischio cinque anni d’amore per Estelle. Decisa a cambiare argomento gli ho raccontato del mio colloquio e del mio primo giorno di lavoro, sembrava alquanto stupito della velocità con cui ho trovato un altro lavoro e forse anche non molto contento, tuttavia ha preferito non dire nulla al riguardo. Mi ha ascoltato dimostrandosi interessato e felice per il mio entusiasmo fino a lui, Filippo Belli: mi ha consigliato di stare alla larga da un tipo così, convinto di poter avere ogni ragazza che vuole. Parole superflue, sarà anche bello ma non mi avvicinerei mai ad un tale cretino presuntuoso e odioso.
E comunque non è così male se lo conosci bene.
Le parole di Camilla mi tornano alla mente ma le scaccio via aggrottando la fronte. Non ho la minima intenzione di approfondire la sua conoscenza. È il figlio del capo e rimarrà tale.
 
 
L’odiosissimo suono della sua voce mi desta dai miei pensieri, è già arrivato in studio?
 
“Buongiorno Christine!” Si annuncia in tono troppo gentile prima di sporgersi verso la scrivania di fronte alla mia e appurare che è vuota. Indossa una giacca elegante blu scura sopra una camicia in Jeans, i bottoni lasciati aperti lasciano intravedere la parte superiore del petto perfettamente depilata, la barba incolta e il lungo ciuffo fintamente spettinato.
Bello è bello, non si può certamente negare.
Mi ci vuole qualche secondo per scorgere la figura alle sue spalle, una ragazza un po’ più alta di me e magrissima. Le lunghe gambe sottili ancora più slanciate grazie ai tacchi altissimi, il fisico asciutto fasciato in un aderente abito rosso con le spalle scoperte nonostante non sia più così caldo, mi auguro si sia portata una giacca. I capelli castani raccolti in una cosa alta le lasciano il bel viso scoperto. Potrebbe tranquillamente essere una modella.
Oltre ad un ottimo curriculum è necessario essere stupendi per essere assunti in questo studio? In due giorni non ho incrociato nessuno che potesse nemmeno essere definito carino!
 
“Ti presento l’avvocato Melita Zaninotto, la cugina di Matteo.” Continua Filippo indicando con un cenno del capo la collega al suo fianco che avanza decisa verso di me sorridendomi smagliante e allungando la mano destra per stringere la mia.
 
“Ciao. Piacere di conoscerti Christine.”
 
Mi alzo immediatamente in piedi sorridendole a mia volta. “Il piacere è mio avvocato.” Le rispondo meccanicamente agguantando la sua mano e stringendola con forse troppa decisione.
 
“Per carità Christine, dammi del tu! Mi fai sentire vecchia così.” Continua agitandomi la mano sinistra davanti al viso e io annuisco imbarazzata dai suoi modi cordiali. Sembra gentile esattamente come suo cugino, fortuna che non sono tutti odiosi come Filippo. “Avevamo proprio bisogno di una nuova dottoressa, sai c’è così tanto lavoro che a volte dobbiamo fermarci fino a notte fonda. Ma non temere, controllerò personalmente che i miei colleghi non ti sovraccarichino di lavoro, sei appena agli inizi.” Il suo sorriso smagliante è talmente rassicurante e non posso fare a meno di arrossire ringraziandola per la sua disponibilità e assicurandole che nel limite delle mie capacità cercherò sempre di esserle il più possibile d’aiuto. Una parte di me è già sicura che diventeremo grandi amiche.
 
 
***
 
TERZO GIORNO DI PROVA
 
 
Siedo alla mia scrivania intenta a terminare il mio secondo decreto ingiuntivo. Dopo aver riesaminato il primo con attenzione l’ho inoltrato a Michela la quale si è complimentata per la totale assenza di errori. Non che sia un gran merito, si trattava solo di inserimento dati, non minimamente paragonabile alle memorie che deve preparare Camilla, ma per essere il mio primo atto ne sono comunque orgogliosa. Quindi mi ha passato altri due fascicoli da terminare entro stasera, il primo l’ho quasi ultimato e presto comincerò il secondo.
Improvvisamente una casella si illumina  sullo schermo del computer in alto a destra.
 
Un nuovo messaggio di posta.
 
Da: Avvocato Melita Zaninotto.
Christine, scusami se ti disturbo ma avrei bisogno di chiederti una cortesia. Ho appena finito di controllare una costituzione ed è pronta per essere depositata. Credo sia giusto ma soprattutto utile che tu veda come sono i vari uffici e capisca come devono essere effettuati gli incombenti di cancelleria, quindi ti chiederei di recarti in Corte D’Appello per provvedere.
Ti aspetto nella mia stanza per consegnarti il fascicolo.
 
 
Rileggo due volte la mail non capendone bene il significato. Deposito? Cancelleria? Chissà cosa vuol dire? Vorrei poter domandare a Camilla ma lei è nello studio di Teo, quindi salvo e chiudo il file word a cui sto lavorando.
Trovo Mel seduta alla sua scrivania intenta a scrivere velocemente al pc, indossa un paio di elegantissimi occhiali dalla montatura sottile nera che la rendono ancora più affascinante. Mi invita ad accomodarmi e mi mostra l’atto di costituzione spiegandomi in grandi linee di cosa si tratta e indicandomi la strada per la Corte D’Appello, poi mi consegna tra le mani un sottile fascicolo azzurro con indicata l’intestazione dello Studio Legale Belli. Lo prendo tra le mani sorridendole e mi sollevo dalla sedia raggiungendo la porta per andarmene.
 
“Christine aspetta, non dimenticare i documenti allegati all’atto.” Mi fa notare indicando con una mano un trolley blu scuro in piedi accanto alla sua scrivania.
 
“Documenti?” Le domando strabuzzando gli occhi alla vista della voluminosa valigia.
 
“Già, devono essere depositati. Ti ho preparato il trolley per aiutarti a portarli.” Sorride ancora in tono dispiaciuto. “Se potessi portarlo io lo farei volentieri.”
 
“Non ti preoccupare Melita, ci penso io.” La rassicuro afferrando il manico e trascinandolo fuori dalla porta. Ogni mia speranza sulla leggerezza del carico svanisce nell’istante in cui tento di sollevarlo dal suolo.
Noto Filippo sollevare lo sguardo richiamato dallo stridere delle rotelle sul pavimento appena passo davanti alla sua stanza, alza la mano aperta e mi saluta con un sorrisetto strano in volto e io mi trattengo dal ripagarlo con un terzo dito.
 
Una volta in strada cerco di orientarmi, purtroppo l’aver vissuto tanti anni lontano da Venezia non mi aiuta per niente. Vorrei poter prendere un vaporetto ma ho paura di perdermi e Mel è stata tanto gentile ad indicarmi la strada quindi seguo le sue istruzioni. Quando raggiungo Rialto non sento già più le braccia a forza di sollevare la valigia affinchè non sbatta su ogni maledetto gradino, fortuna che al ritorno sarà vuota.
Arrivata in Corte mostro il mio cartellino di riconoscimento all’agente in divisa gialla in ingresso e chiedo a lui di indicarmi la prima sezione. Ovviamente è al primo piano, senza ascensore: conto i gradini ad uno ad uno maledicendo i tacchi alti che non mi rendono la missione più facile. Raggiunto il cancelliere lascio cadere ai suoi piedi i documenti incapace di sorreggerli un minuto di più. Fortunatamente è un ragazzo abbastanza giovane e ride di me senza offendersi per i miei modi poco gentili. Esamina il fascicolo e timbra con un datario ogni singola copia dell’atto restituendomi quelli con indicato ‘copia studio’, quindi mi aiuta ad aprire la valigia e ne estrae una copia di documenti fissando sconcertato gli altri sei fascicoli.
 
“Perché hai così tante copie?” Mi domanda e io lo guardo a bocca aperta non conoscendo la risposta.
 
“Mi hanno chiesto di portarle!” Biascico titubante.
 
“Prova a sentire l’avvocato, magari c’è un motivo specifico.” Mi incoraggia lui ponendo l’ennesimo timbro sul fascicolo documenti tra le sue mani.
 
Prendo il telefono dalla borsa e compongo il numero dello studio specificando l’interno di Melita.
- Ciao Melita, scusa se ti disturbo ma il cancelliere chiede perché abbiamo così tante copie dei documenti.
 Le domando riferendo le stesse parole del ragazzo di fronte a me appena mi risponde.
 
- Tre per l’ufficio, una per il presidente, una per controparte e una per lo studio.
 Mi risponde semplicemente. Il suo tono è così ovvio che mi vergogno per averglielo domandato. Senza mettere giù la conversazione ripeto le sue parole al cancelliere il quale mi guarda stranito.
 
“Per i documenti è sufficiente una copia soltanto per l’ufficio. Le altre non servono.”
 
-Come una? Interviene Melita dall’altra parte del telefono avendo sentito le sue parole.  Meno di due settimane fa sono dovuta tornare in studio dalla terza sezione per fare altre copie perché una non era sufficiente. Cambiano continuamente idea e noi non sappiamo più cosa fare. Mi dispiace Christine, sono desolata. Digli di prendersi quello che vuole e riporta in studio il resto.
 
Metto giù il telefono e invito il cancellerie a prendere quanti fascicoli ritiene opportuni. Lui si trattiene la copia che ha già in mano e mi costringe a portarmi via tutte le altre.
Quando finalmente raggiungo lo studio ho le braccia talmente indolenzite che fatico a scrivere al computer, i piedi pulsano all’interno delle scarpe col tacco e sono talmente stanca che non vedo l’ora di tornare a casa.
Peccato che oltre ai due decreti lasciati in sospeso prima di recarmi in Corte trovo sulla mia scrivania altri tre fascicoli, uno di Melita e uno di Filippo. È appena l’una e già non vedo l’ora che finisca questa giornata troppo lunga, o meglio l’intera settimana.
 
Non credevo fosse così faticosa la pratica forense.
 
 
 
 
Angolo autrice:
Quarto capitolo.
Filippo sembra essersi arrabbiato per le parole di Christine, forse più per il fatto che lei non sia attratta da lui che per avergli dato dell’idiota.
Oggi abbiamo rincontrato Melita. Ha elaborato un bel piano? Dite che mandarla in giro di Venezia con una valigia pesantissima inutilmente facesse parte del suo piano?
Ovviamente si!!! E Filippo era sicuramente d’accordo.
Povera Christine, stanca morta per la scarpinata si trova persino due atti in più da scrivere.
Riuscirà a resistere?
Cos’altro escogiteranno quei due?
Beh lo scoprirete nel prossimo capitolo…

 
 

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Capitolo 5
*** CAPITOLO V ***


CAPITOLO V . Scherzetto
 
 
 
QUARTO GIORNO DI PROVA – Venerdì.
 
Apro gli occhi disturbata dalla luce che penetra all’interno della piccola stanza attraverso la finestra a soffitto. Ieri ero così stanca che ho dimenticato di chiuderla, ho finito di lavorare alle nove passate e avevo così tanto male ad ogni singolo muscolo del mio corpo che ho dovuto letteralmente trascinarmi lungo ogni calla fino alla fermata del vaporetto e poi fino a casa. A metà strada ho persino tolto le scarpe tanto pulsavano i piedi per il troppo camminare sopra i tacchi tanto alti. Una volta raggiunta casa non ho nemmeno cenato, sono salita in camera e mi sono buttata sul letto. Il telefono ha squillato un paio di volte ma l’ho ignorato chiudendo gli occhi e lasciandomi andare tra le confortanti braccia di Morfeo.
 
Sono appena le sei del mattino ma il sole è già abbastanza alto da turbare il mio sonno, mi rigiro sotto le coperte coprendomi il volto con uno dei cuscini sperando di riprendere lo splendido sogno che stavo facendo: Andrea. Sognavo la nostra vecchia camera da letto, le lenzuola di seta scura e le sua bocca sulla mia. Quanto mi manca, quanto ho bisogno di lui.
Senza prestare attenzione all’ora, ormai conscia della totale impossibilità di prendere sonno, recupero dal comodino il mio telefono e cerco tra i preferiti il nome del mio fidanzato, se ancora posso definirlo tale. Ovviamente il suo telefono è ancora spento, avrà fatto tardi ieri sera e starà sicuramente ancora dormendo. Decido quindi di mandargli un messaggio e di farmi una doccia per rilassarmi in vista della lunga giornata lavorativa.
 
Messaggio ad Andrea: Ciao amore, scusa se non ho risposto alle tue telefonate. Mi manchi tantissimo, spero di vederti presto. Ti amo.
 
L’acqua calda accarezza il mio corpo delicatamente rigenerando i miei muscoli atrofizzati e rinvigorendoli. Se fossi riuscita a farmi anche ieri sera una doccia forse avrei dormito molto meglio. La parte più dolorante del mio corpo sono i piedi, oltre a bruttissime piaghe causate dal troppo camminare presentano anche due brutti tagli sotto la pianta. Quelle Dior sono sicuramente bellissime ma tutt’altro che comode.
Una volta uscita tampono i lunghi capelli neri con uno degli asciugamani più piccoli e utilizzo quelli più grandi per asciugare il mio corpo.
Oggi si cambia registro, al diavolo l’eleganza. Niente perizoma, niente vestitini stretti ed eleganti, niente scarpe dal tacco esagerato.
Tornata in camera apro l’armadio e ne estraggo un paio di Jeas scuri, li infilo e arrotolo le gambe in modo da lasciare le sottili caviglie scoperte. Tra le maglie appese scelgo una blusa rossa con un grande scollo rotondo e maniche a tre quarti e ballerine dello stesso colore. Mi rigiro davanti allo specchio osservando il risultato dei miei sforzi, per una volta dimostro perfettamente la mia età e le gambe sembrano anche più magre fasciate dal tessuto denim. Non è proprio il mio stile ma devo ammettere che non mi dispiace.
Scendo le scale e raggiungo la cucina ancora buia, mia madre non si deve essere ancora svegliata. Non avendo voglia di preparare la colazione afferro la borsa ed esco di casa, per una volta posso fare colazione fuori e concedermi qualche carboidrato.
 
 
 
Messaggio da Andrea: Amore, troverai in stazione un biglietto a tuo nome per stasera alle 19. Ho bisogno di stare con te.
 
 
 
 
***
 
 
Passo l’intera mattinata in tribunale insieme a Giada, la segretaria quasi quarantene, scorazzando tra le varie cancellerie: mobiliari, immobiliari, decreti ingiuntivi e sentenze.
Appena messo piede in studio ho trovato Michela ad attendermi, si è complimentata per il lavoro di ieri e mi ha chiesto se potevo accompagnare Giada nelle sue mansioni della giornata. Ovviamente ho acconsentito anche se controvoglia, non mi esaltava l’idea di tornare in tribunale dopo la mia avventura di ieri e tantomeno di passare la mattinata insieme a quella donna che sembra avere occhi solo per il cretino. Mi sono però dovuta ricredere.
Giada non è affatto male, mi ha spiegato come muovermi, insegnato i trucchi del suo lavoro, presentato tutti gli impiegati e decine di affascinanti giovani avvocati che ci hanno persino offerto più di un caffè. Tutto merito di Giada, dei suoi grandi occhi verdi e dei lunghi capelli biondi, delle gambe lunghissime e del seno prosperoso, ma anche del suo sorriso smagliante e del suo carattere gentile ma allo stesso tempo deciso. Gli uomini cadono letteralmente ai suoi piedi e ne comprendo pienamente il motivo, mi domando come possa farsi abbindolare da di Filippo.
Verso mezzogiorno rientriamo in studio e sulla porta incontriamo Camilla, borsa alla mano.
 
“Ciao ragazze! Vi unite a me per il pranzo?” Ci domanda mantenendoci la porta aperta mentre noi entriamo e scarichiamo il risultato del nostro lavoro in front office. “Pensavo a del sushi.”
 
“Io passo. Ho una figlia a casa che mi attende.” Le risponde Giada raccogliendo i lunghi capelli in cima alla testa. “Corro a prepararle il pranzo e torno tra un paio d’ore.”
 
“A me non dispiacerebbe invece.” Accetto l’invito della mia collega seguendola lungo il corridoio dopo aver salutato Giada e averle augurato buon pranzo. “Non immaginavo che avesse una figlia. Anzi non immaginavo che fosse sposata, sembra molto interessata agli uomini.” Confido a Camilla una volta rimaste sole. In effetti non ha disdegnato alcune delle attenzioni degli avvocati che abbiamo incontrato oggi, per non parlare di Filippo. Ogni volta che lo incontra sembra perdere la ragione.
 
“Non è sposata infatti!” Ammette Camilla scrollando le spalle. “Non ne so molto tranne che vive da sola con questa bambina di quasi sette anni. Dovresti vedere che bella.”
 
Annuisco cercando di immaginarmi una versione più piccola della nostra segretaria. Non deve essere stato facile crescere una figlia da sola, quella donna inizia a piacermi sempre di più, anche se presta troppe attenzioni al cretino per i miei gusti.
Entriamo nel piccolo ristorante e ci accomodiamo sugli alti sgabelli del bancone notando la maggior parte dei tavoli già occupati. Senza nemmeno guardare il menù ordino una bottiglia di acqua naturale e una porzione di maki misti da sedici pezzi, Camilla invece prende un cono al tonno, una porzione di California Roll, Tekka Maki e Ebi Maki.
 
“Progetti per il week end?” Mi domanda improvvisamente tra un boccone e altro. Alcuni pezzi di riso le sono rimasti attaccati alla guancia e io devo trattenermi dal riderle in faccia.
 
“Si!” Esulto ripensando al messaggio del mio fidanzato di questa mattina. “Finalmente rivedo Andrea.”
 
“Dai! Sono felice per te. Mi sembrava di aver capito che ci fosse qualche problema tra di voi.”
 
“Già! Per lo più incomprensioni a causa della distanza.” Ammetto sconsolata scuotendo la testa. “Niente di irrisolvibile comunque e stasera finalmente ci vedremo.” Sorrido soddisfatta. Ho bisogno di rivedere Andrea e non vedo l’ora di poterlo riabbracciare.
 
“Mi piacerebbe conoscerlo. Viene lui e scendi tu?” Continua trangugiando una grossa porzione di alga riso e gambero cotto.
 
“Lui purtroppo deve lavorare.” Scrollo le spalle fingendo che non mi dia fastidio dover partecipare ad una festa invece di passare l’intera serata con il mio bel fidanzato. “Prendo il treno delle sette, sarò a Roma al più tardi entro le dieci.”
 
 
 
FILIPPO’S POV.
 
 
Oggi è proprio una giornata di merda. Quello stronzo di mio padre mi ha mollato tre atti d’appello da completare entro questa sera e si è pure raccomandato di ultimare tutto entro l’ora di cena e di dare il meglio di me. Come se avessi sforato anche solo un termine da quando ho iniziato la pratica o presentato atti scritti con i piedi.
Secondo zia Michela lo fa  solo per stimolarmi, ma io quando lo vedo guardarmi con quell’aria di sufficienza gli tirerei dietro tutta la scrivania, pc compreso.
Come se non bastasse sono stato solo tutta la mattina, Teo e Mel sono dovuti andare a Vicenza per una causa molto delicata e Christine era già uscita prima ancora che arrivassi insieme a Giada. Alla fine ho chiuso la porta, mi sono seduto alla mia scrivania e ho lavorato per ore concludendo due degli atti assegnatomi.
Venti minuti dopo mezzogiorno mi trascino fuori dalla mia stanza spinto dai morsi della fame. Noto subito la scrivania di Giada colma di carte e fascicoli anche se di lei non c’è traccia. Deve essere andata a casa per il pranzo.
Cercando di non farmi vedere butto l’occhio all’interno della stanza dei dottori, precisamente verso la scrivania di Christine ma con mio grande disappunto noto che anche lei deve essere uscita.
Strano. Di solito rimane in studio per il pranzo, non deve abitare nelle vicinanze. Magari è uscita insieme a Camilla, o forse potrebbe essere uscita insieme a qualcuno. So come funziona in tribunale. Presto farà amicizia con qualche praticante o avvocato, in fondo attira molto l’attenzione con quell’accento romano e il suo culo da paura.
Afferro la giacca dall’attaccapanni ed esco dallo studio indeciso su cosa mangiare. Polpettine fritte? Lasagne pesto e gamberoni? Mcdonald? Escludo l’ultima possibilità al solo pensiero di trascorrere l’intera giornata con la puzza di fritto addosso.
Cosa mi rimane? Svolto alla prima calla a sinistra e mi imbatto in Zushi. Perché no? Inoltre potrei ordinare da asporto e risparmiarmi di pranzare da solo.
All’interno mi dirigo verso il bancone, a pochi passi dalla cassa noto le due ragazze sedute poco distanti, mi danno le spalle ma conosco troppo bene Camilla e, per quanto la cosa mi irriti, non potrei mai confondere i lunghi capelli scuri e lucenti di Christine né il suo fastidiosissimo accento romano. Mi avvicino il più silenziosamente possibile per non attirare la loro attenzione, curioso di sapere di cosa stanno parlando.
 
“Prendo il treno delle sette, sarò a Roma al più tardi entro le dieci.” Dice Christine con un sorrisetto ebete stampato in volto. Chissà cosa dovrà fare nella capitale che la eccita così tanto.
 
“Peccato. Potevamo uscire insieme!” Continua Camilla infilandosi in bocca il cono e staccandone un generoso morso. “Che progetti avete per la serata?”
 
“C’è una festa in un nuovo locale nel Lungotevere.”
 
Cara Christine, vuole tornare a casa per il week end per andare ad una festa? E non da sola! Non mi è sfuggito il plurale utilizzato da Camilla. “Che progetti avete?”
Deve uscire con qualcuno? Chi la sta aspettando a Roma? Potrebbe essere un’amica, un fratello o una sorella.
O un fidanzato.
Termina la mia coscienza mentre io mi sdegno al solo pensiero. In fondo è probabile che non sia single, è una bellissima ragazza e anche abbastanza in gamba.
Ma cosa sto dicendo? Bellissima? In gamba? Ok forse lo è ma considerato il suo caratteraccio sono sicura che si tratti di un qualche parente. Non sopporterei nemmeno di avere come amica una ragazza così!
Prima di essere notato dalle due praticante volto loro le spalle ed esco dal locale.
Ormai mi è passata la fame.
 
 
 
 
CHRISTINE’S POV
 
 
 
Il telefono risuona all’interno della piccola stanza, Camilla solleva il ricevitore alzando gli occhi al cielo ma senza abbandonare il suo solito tono gentile che la contraddistingue.
 
“Christine è per te. Filippo ti vuole nel suo studio appena puoi.” Sogghigna divertita riattaccando la cornetta, sembra ancora convinta che tra me e il cretino ci sia qualcosa nonostante continui a rassicurarla del contrario.
 
Guardo lo schermo del computer indecisa se terminare o meno il mio atto prima di raggiungerlo.
In fin dei conti ha detto “appena posso”, non subito.
Devo ammettere però che la cosa mi stupisce, è così strano che quel ragazzino viziato non abbia preteso che mi materializzassi immediatamente di fronte a lui.
Chissà cosa vorrà da me?
Eppure lui sembra l’unico in questo studio a non delegare praticamente nulla, nemmeno a Camilla. Magari potrebbe avergli detto suo padre di chiamarmi e attendere troppo potrebbe compromettere la mia posizione.
E se fosse con lui in questo momento?
Il dubbio mi tormenta finché non sposto rumorosamente la sedia all’indietro e mi sollevo utilizzando entrambe le mani per fare perno sulla scrivania.
“Andrò almeno a sentire di cosa ha bisogno, poi deciderò se terminare il mio lavoro.” Dico a me stessa superando la piccola porta che conduce al corridoio e sforzandomi di ignorare l’espressione sul volto della mia collega.
Per fortuna lui non è troppo lontano da noi, esattamente dall’altra parte dell’ingresso.
 
“Cosa posso fare per te Filippo?” Gli domando accostandomi alla porta spalancata, le braccia incrociate, il fianco destro poggiato allo stipite. Filippo solleva gli occhi dal computer e scruta il mio corpo dalla punta dei piedi fino al volto per poi tornare alla punta dei piedi dove non nasconde più un sorrisetto fastidioso che immediatamente fa montare la mia rabbia.
Come può infastidirmi così con un solo sguardo?
Che poi cosa lo diverte tanto? Sicuramente le mie ballerine e il mio abbigliamento casual. “Allora?” Scatto in attesa di una risposta.
Ovviamente è solo, potevo tranquillamente raggiungerlo con calma.
 
“Buon pomeriggio Christine, oggi sembri … più giovane.” Esordisce lui senza smettere di sorridere.
 
“Sto lavorando Filippo, hai bisogno di qualcosa o posso tornare alla mia scrivania?” Domando seria stringendo le braccia al petto. Non c’è nulla da fare, questo ragazzo non mi piacerà mai ma non riuscirà a rovinare la mia giornata perfetta.
 
Lui in risposta solleva le mani a palmi aperti di fronte a sé. “Ok, ok. Non ti si può fare nemmeno un complimento.” Si difende alzandosi in piedi e lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi. Sotto la giacca nera indossa un’imbarazzante camicia scura a cuori ma lui non sembra vergognarsene. Qualcuno dovrebbe dare un dress code a questo ragazzo.
 
“Complimento?” Chiedo sollevando un sopracciglio scettica. “Mi stai chiaramente prendendo in giro!”
 
“E invece no! Non che non preferisca i tuoi bellissimi vestitini aderenti ma nemmeno così stai male. E questo è un grosso complimento da parte mia, non ho mai trovato attraenti le donne in pantaloni.” Si avvicina e appoggia entrambe le mani agli stipiti della porta, sovrastandomi. Solo ora che indosso le ballerine mi rendo conto di quanto sia effettivamente alto e slanciato. I suoi grandi occhi marroni, terribilmente vicini, si fissano nei miei e il suo sorrisetto svanisce. Ho paura della poca distanza che ci separa e vorrei fare un passo indietro nel corridoio per aumentarla ma le mie gambe sembrano inchiodate al suolo. Sento il mio viso andare a fuoco, segno che devo essere arrossita pesantemente. Nell’istante in cui sono sicura che Filippo stia per spingersi ancora più in avanti però si tira indietro e quell’odiosissimo ghigno torna a far capolino sul suo volto raggiante. “Avrei bisogno di una mano Christine.” Riprende allontanandosi da me e tornando a sedersi alla sua scrivania. “Devo iscrivere a ruolo un atto di citazione in appello. Cosa mi serve?”
 
“Scu - sa?” Domando con tono incerto, la voce che trema e il respiro pesante. Non può essere questo l’effetto del cretino su di me, eppure non riesco a controllare la mia voce tremante.
 
“Ti sto interrogando. È giusto che tu sappia queste cose.” Risponde scrollando le spalle come se fosse la cosa più ovvia al mondo. “Allora, cosa mi serve?”
 
“Beh, le copie dell’atto con il fascicolo documenti.” Comincio e lui mi gira lo schermo del pc affinché io possa vedere il suo lavoro. “La nota d’iscrizione a ruolo con marca e contributo unificato.” Filippo annuisce rassicurandomi della correttezza della mia risposta. “E copia autentica della sentenza ad uso appello.” Termino sorridendogli a mia volta, felice di avergli risposto.
 
“E per questa ho mandato Giada in tribunale stamattina, dovreste averla ritirata e portata già in studio. Ma non è tutto.” Filippo poggia il mento su entrambe le mani senza distogliere il suo sguardo da me e costringendomi ad abbassare gli occhi per riuscire a concentrarmi.
 
Non ho mai apprezzato gli occhi marroni eppure su di lui un altro colore non starebbe altrettanto bene. Mentalmente ripeto l’elenco appena pronunciato ad alta voce cercando di ricordare l’ultimo elemento mancante.
“E il fascicolo di primo grado.” Rispondo infine tornando a guardarlo e sfoggiando uno dei miei migliori sorrisi da copertina che sembra avere il giusto effetto sull’uomo di fronte a me, ora è lui a dover distogliere lo sguardo.
Non sei l’unico a colpire nel segno caro Filippo!
 
“Brava.” Filippo mima un applauso complimentandosi per la mia risposta. “Sul serio, ammetto che pochi sono così preparati dopo una sola settimana di pratica. Il fascicolo di primo grado è esattamente il mio problema. È giù in archivio.”
 
Corrugo la fronte nel sentire pronunciare le ultime parole. Archivio? Non sapevo nemmeno esistesse un archivio. “E io cosa dovrei fare?”
 
“Se non fossi in alto mare con la citazione andrei io in cantina a cercarlo. Non è che potresti…” Lascia in sospeso la frase lasciandomi intendere cosa vuole domandarmi di fare. Non credo che rientri tra i miei compiti una mansione del genere ma Michela ha detto che devo essere pronta a tutto per aiutare i miei superiori in tutto e che quando Giada non c’è è corretto svolgere anche le mansioni di segreteria. Guardo alle mie spalle cercando la bionda ma di lei non c’è traccia, deve essere impegnata in qualche altra commissione.
 
“Va bene.” Sbuffo stringendo le labbra per non mettere il broncio come una bambina. “Dimmi dove andare.”
 
 
 
 
 
 
Tre ore più tardi.
 
FILIPPO’S POV.
 
 
“Aperitivo?” La grande testa castana di Teo fa capolino oltre la porta della mia stanza seguito da sua cugina. La barba incolta e pesanti cerchi neri intorno ai grandi occhi marroni, segno che deve aver passato la notte lontano dal suo appartamento. Sarà lo stesso biondino?
 
Alzo lo sguardo verso l’orologio, le sette meno venti. “Certamente, mando in stampa questo e andiamo.” Rispondo alzandomi dalla scrivania e infilando la giacca nera sopra la camicia a cuori guadagnandomi una risata da parte dei due cugini. Il mio armadio comprende molti capi strani ma niente in confronto alla camicia che ho dovuto indossare oggi. Tutta colpa di Teo. Devo smetterla di giocare ad obbligo o verità con lui, o almeno decidermi di scegliere solo la seconda.  
 
Lascio i tre atti conclusi nella cassetta di mio padre sogghignando soddisfatto del mio lavoro quindi insieme ai miei due amici mi dirigo verso l’uscita. Il mio stomaco si sta contorcendo per la fame. Tutta colpa di Christine se ho saltato il pranzo. Almeno ho avuto la mia rivincita.
 
 
“Ma Christine non è venuta oggi?” Domanda Mel una volta arrivati alla Vedova Nera. “Appena siamo rientrati l’ho cercata ma la sua scrivania era vuota.” Continua chiaramente curiosa. Che stia tramando qualcosa? Mi spiace tesoro, oggi sono arrivato prima io!
 
“C’era, c’era!” La rassicuro mentre assaggio una delle buonissime seppioline fritte che ho ordinato. “L’ho mandata in archivio a cercarmi il fascicolo di primo grado per l’appello.” Le rispondo incapace di trattenere un ghigno maligno.
 
Teo si allunga verso di me, scrutandomi disorientato. “I fratelli Rossi? Ma Filippo, Giada è andata a prendere in tribunale il fascicolo la settimana scorsa. Non è in archivio.” Mi fa notare in tono di rimprovero.
 
“Oh, me ne devo essere dimenticato.” Continuo facendo ridere la mia bella amica che svuota il suo primo bicchiere di prosecco. “E mi devo anche essere dimenticato di dirle che la porta della cantina non si apre dall’interno senza la chiave.” Termino scoppiando a mia volta a ridere sonoramente.  
 
Altro che mandarla su e giù per Venezia con venti chili di bagaglio, chiuderla per ore dentro una cantina buia e impolverata alla disperata ricerca di un fascicolo che non c’è e facendole perdere il treno e la festa, è uno scherzo!
 
“Che cosa?” Teo sgrana gli occhi, in volto una chiara espressione di disapprovazione. “Non vorrai dire che è ancora là?”
 
Alzo le spalle cercando di ignorare quel senso di malessere che mi sta prendendo la bocca dello stomaco. Tutta colpa di Teo.
 
“Merda, io ho anche spento la luce prima di uscire.” Continua passandosi la mano nervosamente tra i capelli, quindi ci volta le spalle e se ne va lasciandomi sola con una già ubriaca Mel che non riesce più a trattenere le lacrime dal ridere.
 
Christine, tutta sola all’interno della cantina buia e polverosa.
 
 
 
 
CHRISTINE’S POV
 
 
Centinaia e centinaia di fascicoli completamente identici, accatastati senza alcun ordine né segno che possa aiutarmi a riconoscere quello che sto cercando. Controllo ad una ad una ogni cartellina inserite nell’armadio contrassegnato con l’anno in corso ma di quello indicato da Filippo nel foglietto che mi ha lasciato come promemoria non vi è traccia. Passo quindi al gruppo accatastato in fondo alla scala, probabilmente fascicoli ancora da mettere a posto, ma non è nemmeno lì. Decisa a non abbandonare la ricerca passo in rassegna tutti gli altri armadi, potrebbe essere stato messo via nel posto sbagliato.
 
Ore dopo sono completamente esausta e totalmente ricoperta di polvere. Ho controllato ogni angolo di questo maledetto archivio, quel dannato fascicolo non c’è!
 
All’imprvviso tutto intorno a me diventa improvvisamente nero, per un istante credo di essere sul punto di svenire e attendo l’inevitabile urto del mio corpo contro il suolo, pregando che non faccia troppo male, ben presto però mi rendo conto che i miei piedi sono ancora saldamente ancorati al suolo. Sono cosciente ma non riesco a vedere nulla oltre il mio naso, la stanza è completamente buia e io barcollo scontrandomi contro uno degli armadi. Estraggo dalla tasca dei pantaloni il telefono e uso lo schermo per illuminare la strada di fronte a me. L’interruttore è fuori dalla porta della cantina, probabilmente qualcuno uscendo avrà notato la luce accesa e deve aver premuto l’interruttore inconsapevole della mia presenza all’interno della stanza.
A fatica salgo i gradini scricchiolanti fino alla porta e abbasso la maniglia fredda tirando contemporaneamente la porta verso di me del tutto inutilmente. Sembra bloccata. Riprovo ancora una volta e un’altra ancora prima di lasciare il telefono ai miei piedi iniziando a battere entrambi i pugni contro la lastra metallica che mi separa dallo studio.
 
“Aprite!” Urlo con tutto il fiato che ho in gola sperando che qualcuno riesca a sentirmi. “APRITE!” La consapevolezza che la porta è molto spessa e che l’ingresso è distante dagli uffici dello studio mi manda fuori di testa. Nessuno mi sentirà a meno che non passi esattamente davanti all’ingresso.
 
Dopo svariati minuti e innumerevoli richieste di aiuto rinuncio accasciandomi al suolo, la schiena contro la porta ghiacciata, le ginocchia premute contro il petto.
Perché diavolo Filippo non viene ad aprirmi non vedendomi tornare?
Recupero il cellulare dal punto in cui l’avevo abbandonato per avere entrambe le mani libere e digito velocemente il codice di sblocco.
Con estremo orrore noto che sono le sei e venti. Potrei chiamare Camilla? Sbatto malamente il telefono al suolo rendendomi conto di non avere campo. Questa cantina è praticamente un bunker.
Significa che dovrò rimanere chiusa qui dentro e al buio finchè qualcuno non mi noterà?
E la cosa peggiore è che se non esco immediatamente perderò il mio treno.
 
Sbatto ritmicamente la testa contro il muro alle mie spalle quasi a voler scandire i secondi della mia prigionia.
E se non fosse stato un caso?
Mi torna alla mente il bel volto del cretino e quel suo dannatissimo ghigno.
Che sia colpa sua?
Non può sul serio aver architettato tutto questo solo per farmi un dispetto.
Altrimenti come mai non è ancora venuto ad aprirmi. Sono chiusa qui dentro da quasi tre ore.
E se fosse uno stupido crudelissimo scherzo?
No, perché dovrebbe fare una cosa del genere? Non andiamo d’accordo ma una cattiveria così non credo di meritarmela.
Guardo nuovamente l’ora: le sette e dieci. Il mio treno è già partito e io non posso nemmeno chiamare Andrea per avvisarlo. Addio week end romantico.
Asciugo una lacrima consapevole di quanto si arrabbierà con me, non crederà mai che sono rimasta bloccata in una stupidissima cantina alla ricerca di un fascicolo. Penserà che non ho voluto raggiungerlo.
Ad intervalli regolari controllo il telefono sperando di vedersi illuminare almeno una tacca per poter chiamare la mia collega e pregarla di aprirmi il prima possibile.
L’aria rarefatta e la polvere si sono fatti strada fino ai miei polmoni e mi impediscono di respirare bene tanto che devo aumentarne il ritmo per soppesare la carenza di ossigeno.
 
 
Una decina di minuti più tardi la porta alle mie spalle si spalanca e io ricado con la schiena al suolo battendo la testa sul pavimento.
 
“Che cavolo! Quei due idioti.” Due mani forti mi afferrano le spalle e mi riportano a sedere. “Christine come stai?”
 
“Come sto? Di merda grazie. Sono ore che sono chiusa qui dentro e ho pure perso il mio treno!” Sbotto nervosa contro il mio salvatore invece di ringraziarlo per avermi liberata. Senza degnarlo di uno sguardo mi affretto verso la strada alla ricerca di campo e provo a chiamare Andrea. Purtroppo lui non mi risponde quindi gli mando un sms avvisandolo del contrattempo. Magari potrei partire domani. “Fanculo!” Sbraito sbattendo il telefono all’interno della borsa.
 
“Mi dispiace.” Risponde Teo una volta all’esterno.
 
“Scherzi? Tu mi hai tirata fuori.” Lo ringrazio voltandomi verso di lui e sforzandomi di sorridergli. Non merita di essere trattato male. “Come hai fatto a capire che ero lì? Ormai avevo rinunciato a richiamare l’attenzione.”
 
Teo si passa la mano destra tra i capelli imbarazzato distogliendo lo sguardo. “Fidati, è meglio se non lo chiedi.”
 
“Matteo Zaninotto.” Alzo la voce per attirare la sua attenzione e contemporaneamente mi avvicino il più velocemente possibile mettendolo con le spalle al muro. “Cosa mi stai nascondendo?”
 
“Calmati!” Alza la voce alzando le braccia tra noi cercando di prendere le distanze.
 
“TU!” Grido a mia volta ignorando le persone che rallentano il passo vicino a noi per ascoltare la nostra conversazione. “TU SAPEVI DOV’ERO! E QUANDO HAI APERTO LA PORTA HAI DETTO ‘QUEI DUE IDIOTI’! A CHI TI RIFERIVI?” Sbraito agitando l’intero corpo come se fossi completamente fuori di testa.
 
“Io… loro… Christine…” Balbetta l’avvocato di fronte a me guardandosi intorno evidentemente in cerca d’aiuto. Ma perché glielo sto chiedendo?
 
“Lascia perdere!” È fin troppo chiaro a chi fa riferimento. Alle due persone che mi stanno apparentemente rendendo la vita impossibile qui dentro. Mi scosto da lui lasciandogli abbastanza spazio per respirare. È grande e grosso ma si lascia mettere facilmente i piedi in testa. “Dimmi dove posso trovare Filippo.”
 
“Ignoralo Christine, lui a volte è… così immaturo. Crede di essere divertente.” Continua lui poggiando entrambe le mani sulle mie spalle. “Dai vieni, ti porto a mangiare qualcosa!”
 
“DIMMI DOVE!” Sbotto slacciandomi dalla sua presa e allontanandomi di qualche passo.
 
“Alle Vedova Nera.”
 
Al nome del locale mi incammino senza nemmeno preoccuparmi di recuperare la giacca rimasta all’interno dello studio. Arrivata alla Vedova Nera lo trovo in piedi accanto al bancone intento a conversare con una ragazza alta e magrissima con i capelli corti, dal modo in cui si pone capisco immediatamente che è interessato a lei e non come amica. Schifoso. Per lui sono ancora chiusa all’interno di quella maledetta cantina e lui pensa a portarsi a letto sta tizia.
 
“FILIPPO!” Lo chiamo a gran voce attirando l’attenzione di entrambi verso di me.
 
“Christine, cosa ci fai qui?” Mi domanda, gli occhi sgranati come se avesse appena visto un fantasma.
 
“QUI? Cioè non in quel dannato archivio in cui sono rimasta chiusa per ore a causa TUA?” Alzo la voce sull’ultima parola, sono proprio curiosa di sapere cosa si inventerà per difendersi.
 
“Oh, non dirmi che sei rimasta bloccata lì fino ad adesso? Non ti sei portata la chiave prima di scendere?” Continua lui. Un sorrisetto fastidioso stampato sulla sua faccia da schiaffi.
 
“Come potevo saperlo? L’hai fatto apposta vero? Perché?”
 
“Apposta? Perché avrei dovuto farlo?” Solleva entrambe le spalle scrollandole ma l’espressione divertita sul suo volto lo tradisce.
 
“Non ci posso credere. Sei proprio un cretino! Ma se speri di mandarmi via così ti sbagli, non te la darò vinta.” Sbotto, entrambi i pugni stretti mentre cerco di trattenermi dal prenderlo a sberle. “Ho persino perso il mio treno per colpa di questo tuo stupidissimo scherzo.”
 
“Mi dispiace Christine, non arriverai in tempo per la tua festicciola?” Le sue parole sono una rivelazione. Mi ha chiuso lì dentro di proposito. Non so come ma lui sapeva che sarei dovuta partire e ha organizzato tutto questo per… per non farmi partire? Per rovinarmi la vita?
Prima di potermene rendere conto afferro un bicchiere di rum e cola dalle mani di un ragazzo al mio fianco e lo lancio addosso a Filippo. Non solo il contenuto che sporca la sua intera faccia e quella camicia di cattivo gusto, ma anche lo spesso e pesante bicchiere di vetro che gli colpisce il petto prima di frantumarsi ai suoi piedi.
 
“TU SEI PAZZA!” Grida saltando indietro per allontanarsi dalle schegge, con le mani cerca di asciugarsi le guance già appiccicose a causa del cocktail.
 
“Ho imparato dal maestro!” Gli rispondo prima di voltargli le spalle e uscire dal locale.
 
 
 
***
 
 
 
La mattina seguente trovo tre chiamate perse e due messaggi da parte di Andrea.
 
Messaggio di Andrea ore 22.00: Christine ho letto solo ora il tuo messaggio! Cosa vuol dire che hai perso il treno?
 
Ieri sera sono rientrata a casa e corsa dritta a letto. Per tutto il tragitto ero talmente nervosa che non sono più riuscita a trattenere le lacrime. Alla fine sono crollata addormentata pochi istanti dopo essermi coricata.
 
Messaggio di Andrea, ore 23.00: Ci avrei scommesso che non saresti venuta.Quale contrattempo può averti trattenuta in studio oltre le sette? Nemmeno fosse un vero lavoro.
 
Prevedibile! È arrabbiato. Provo immediatamente a chiamarlo ma trovo il suo telefono spento quindi accendo il computer per controllare gli orari dei treni. Dovrebbe esserci un Italo o una Freccia in partenza.
 
“Christine scusa?” La testa di mia madre fa capolino all’interno della mia piccola stanza. “Dovresti venire in ospedale. Tuo padre si è sentito male.”
 
 
 
 
 
 Angolo autrice.
 
Ecco il nuovo capitolo. Scusate per il ritardo ma la prima stesura non mi convinceva.. l’avevo quasi finito oltre una settimana fa ma non mi piaceva, poi una sera ho avuto l’illuminazione e l’ho modificato quasi tutto. Avevo messo uno spoiler sulla pagina di Facebook che non è compreso nel capitolo perché mi stavo dilungando troppo ma non spaventatevi, quella parte ci sarà nel prossimo capitolo..
E tranquille, nella mia testa so come perfettamente come dovrà essere scritto e confido che arriverà a breve.
Un abbraccio e scusatemi ancora.
Lachiaretta.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** CAPITOLO VI ***



CAPITOLO VI

 
 
“Christine scusa, dovresti venire in ospedale. Tuo padre si è sentito male.”
 
 
 
Passo l’intero week end seduta accanto a mio padre nel reparto di rianimazione, fatico a trattenere le lacrime ma devo essere forte, devo farlo per lui e per mia madre.
A quanto pare il tumore ha compromesso le vie respiratorie e la situazione sembra essersi aggravata drasticamente.
 
Solo nel tardo pomeriggio di sabato sono riuscita a mettermi in contatto con Andrea, con lui mi sono lasciata andare del tutto al mio dolore e al pianto nascosta in un sottoscala dell’ospedale. Avrei voluto averlo al mio fianco, sentire le sue braccia stringermi e rassicurarmi che tutto andrà per il meglio, purtroppo lui è a centinaia di chilometri da me. Si è offerto di partire immediatamente in auto ma gli ho vietato di farlo nonostante fosse ciò che più desideravo. So bene che lunedì mattina presto sarebbe dovuto tornare a Roma e un viaggio del genere, perdipiù in auto, sarebbe stato troppo pesante e rischioso per lui. Almeno non sembra più essere arrabbiato con me.
 
Lunedì mattina.
Alle sei di mattina, dopo aver trascorso la notte interamente sveglia, un tram e due vaporetti, mi trascino fino a casa. Mi infilo immediatamente sotto la doccia ma non ho tempo di lavarmi i capelli quindi li raccolgo in uno chignon spettinato, lasciando ricadere alcuni ciuffi lungo le spalle. La faccia è un completo disastro, pesanti cerchi neri circondano i miei occhi nonostante l’abbondante strato di correttore, e decido di puntare sull’abbigliamento per salvare il salvabile. Dopo una lunga riflessione davanti al mio armadio mi decido per una blazer nero, camicia verde smeraldo senza bottoni abbastanza scollata che infilo all’interno di un paio di pantaloni neri a vita alta, ai piedi scarpe con tacco alto nere. Elegante e raffinata.
Alle otto in punto esco da casa e mi dirigo verso la fermata del vaporetto.
In strada l’ansia comincia a fare capolino dentro di me, rivedere Filippo dopo quello che è successo venerdì sera. Cosa mi è passato per la testa? Ok, lui è stato un vero stronzo ma gli ho lanciato un bicchiere addosso. Non potevo limitarmi al contenuto? Potevo fargli del male. E se lo ha detto a suo padre?
Sicuramente perderò questo lavoro.
 
Arrivata in studio mi siedo alla mia scrivania e senza fiatare accendo il computer e scarico la mia agenda della giornata: due decreti e un pignoramento presso terzi.
 
“Christine!” Mi richiama la mia collega. “Tutto bene? Hai una faccia?”
 
Guardo Camilla reprimendo un sospiro. “Purtroppo no. Ho avuto un pessimo week end.” Nel frattempo sento il mio telefono vibrare a contatto con il legno, è Andrea. Gli metto giù, senza rispondere e lui richiama immediatamente. Come può non sapere che sto lavorando a quest’ora? Metto il telefono in borsa ignorando le sue chiamate e mi concentro nuovamente sulla mia biondissima compagna di lavoro.
 
“Di nuovo problemi con Andrea? Avete litigato a Roma?” Mi domanda ignorando ovviamente ciò che è accaduto venerdì.
 
“Magari. Non sono andata a Roma, ho perso il treno. Il caro Filippo ha deciso di farmi un bello scherzo, mi ha mandato in archivio senza dirmi che la porta non si apre dall’interno. Fortunatamente Teo è venuto a liberarmi ma era ovviamente troppo tardi.” Sbotto d’un fiato, il solo ricordo mi fa innervosire ancora.
 
“Cosa? Ma sei sicura che l’abbia fatto apposta?” Continua lei, gli occhi sgranati per lo stupore.
 
Annuisco desolata. “Me l’ha confermato Teo e quando l’ho fronteggiato l’ha praticamente ammesso. Credo voglia indurmi ad andare via da questo studio.”
 
“No, no, no. Signorina non ci pensare nemmeno. Finalmente arriva una ragazza brava e simpatica. Non puoi lasciarmi di nuovo sola.” Mi punta l’indice contro scuotendo violentemente il volto per dare maggior impeto alle sue parole. “Se vuoi posso provare a parlargli, non capisco il perché di questo comportamento. Ma non devi starci così male!”
 
“Non sto così per quel cretino.” Preciso immediatamente, un tipo come lui non potrebbe mai togliermi il sonno. “Mio padre è peggiorato.” Ammetto abbassando lo sguardo.
 
“Oddio Christine, mi dispiace. Come sta?”
 
“Grave ma stabile. I medici fanno il possibile ma finchè non migliora non potrà riprendere con la chemio terapia. Dobbiamo aspettare.” Con l’indice della mano destra mi asciugo una lacrima sfuggita al mio controllo quindi mi concentro nuovamente sullo schermi del mio computer sperando che capisca che non intendo proseguire con la conversazione. Con la coda dell’occhio la vedo esitare prima di tornare alla sua scrivania e ricominciare a studiare.
 
L’ennesima vibrazione mi spinge a tirare fuori il telefono dalla borsa. Tre chiamate e un messaggio da parte di Andrea.
 
Messaggio da Andrea - Amore ho bisogno di parlarti.
 
Messaggio ad Andrea – Tesoro, sto lavorando. Ti chiamo in pausa pranzo.
 
 
 
FILIPPO’S POV
 
Leggo il giornale seduto al bancone del bar mentre sorseggio un fumante caffè nero. Oggi non ho tanta voglia di lavorare ma ne sono costretto, mio malgrado.
Ripenso alla reazione oltremodo esagerata di Christine. Mi ha tirato un bicchiere addosso? Sento ancora il tonfo del pesante del bicchiere contro il mio petto prima di infrangersi al suolo in mille schegge di vetro. E ho dovuto persino ripagare il barista, nemmeno fosse stata colpa mia. Ok, ok. Forse l’ho provocata con quello scherzo ma insomma… è stata esagerata e basta.
 
“Buongiorno fiorellino.” Saluta Mel sedendosi sullo sgabello accanto al mio. Il vestito blu talmente corto da lasciare intravedere il bordo delle calze autoreggenti trattenute dal reggicalze. Ha sempre avuto buon gusto per la biancheria intima. “Ma come ti sei conciato oggi?” Ride indicando la mia semplicissima camicia azzurra e i pantaloni grigi.
 
“Non avevo voglia di niente di eccentrico oggi.” Ammetto scrollando le spalle, almeno mio padre non mi guarderà storto come al solito.
 
Mel butta giù in un sorso l’intero contenuto della tazza che il barista le ha messo davanti. “Allora andiamo?” Mi domanda invitandomi ad alzarmi e seguirla in studio.
 
“Tanta fretta di lavorare oggi?” Le chiedo sollevando entrambe le sopracciglia, è una gran lavoratrice ma di solito non arriva mai prima delle nove.
 
“Non esattamente. Devo assolutamente parlare con Christine e vorrei farlo prima dell’arrivo della tua famiglia.” Ride sonoramente lasciandomi intendere di avere qualcosa in serbo per la malcapitata dottoressa. “Altro che chiuderla in archivio.”
 
“Non sono sicuro.” Rimango seduto sul mio sgabello indeciso se seguirla o meno. Ora Christine sa che tutte le sue sventure non sono una semplice fatalità e dopo la reazione di venerdì non sono così sicuro di voler continuare con il nostro gioco.
 
“Ah ah ah. Molto divertente. Fai come vuoi Filippo, io non ho intenzione di perdermi il divertimento.” Su queste parole gira i tacchi e si allontana velocemente nonostante gli altissimi tacchi.
Riporto la mia attenzione sul giornale ancora aperto davanti a me cercando di ignorare tutti i possibili piani che potrebbe avere in mente quella squinternata di Melita.
Ha detto che voleva parlarle. Cosa le dovrà dire di così grave da credere di metterla fuori gioco? La curiosità è tale che sento le gambe prudermi al punto che devo alzarmi in piedi e rincorrere la mia collega sperando di raggiungerla in tempo per non perdermi un solo istante di conversazione.
 
 
 
 
CHRISTINE’S POV
 
 
Fisso in silenzio la copertina di Teen Model mentre tutti i miei incubi si stanno realizzando. Speravo di poter tenere lo studio legale all'oscuro del mio passato da modella, almeno per i primi tempi, fino a convincere l'Avvocato Belli, padre non figlio, che potevo essere anche una brava praticante.
E invece ecco Melita che mi sventola in faccia la pagina patinata della rivista prima di lasciarla cadere sulla tastiera del computer. 
Filippo la raggiunge sulla porta in tempo per non perdersi un unico istante di questa scena deprimente.
L'intera parte destra della pagina è occupata solo da una mia foto di un paio di anni fa scattata mentre posavo per una famosa casa di moda. In un altro momento potrei riconoscere di essere venuta benissimo, i capelli perfetti, lo sguardo fiero approfondito dal non troppo pesante trucco. Peccato che indosso solamente uno striminzito completo di pizzo nero.
Perchè? Perchè questa foto? E perchè Melita ha deciso di portare il giornale giusto qui, sul posto di lavoro? Capisco che il suo non è un gesto amichevole appena si volta verso l'odioso figlio del capo e lo invita con la mano ad avvicinarsi per osservare meglio. Non ascolto nemmeno le sue parole dal tono derisorio. Mi sono chiaramente sbagliata, non è una ragazza gentile e non sarà mai stata una mia amica.
Ma perchè Teen Model dopo aver cancellato il mio contratto ha deciso di pubblicare una mia vecchia foto in copertina. Scendo con lo sguardo alla ricerca del titolo e ci metto qualche secondo a metterlo a fuoco attirata dal piccolo riquadro in basso a sinistra.
 
AVVISTATO ANDREA MARCHI IN ATTEGGIAMENTI INTIMI CON LA MODELLA ESTELLE SAUNDRES. COSA NE PENSERA' LA STORICA FIDANZATA CHRISTINE DEFALCO?
 
Trattengo il respiro dimenticando chi mi circonda e sforzandomi di non piangere mentre osservo l'immagine del mio fidanzato troppo vicino ad Estelle. Ha rimpiazzato velocemente la mia assenza questo week end. Ecco perchè insisteva tanto per parlarmi questa mattina, cosa doveva spiegarmi.
Alzo gli occhi verso i miei interlocutori solo per non dar loro la soddisfazione di fargli intuire quanto io stia soffrendo.
 
"Povera dottoressa modella. Il tuo fidanzatino ti tradisce?" Mi schernisce chiaramente Melita, entrambe le mani poggiate sui fianchi. “Mi fermo a prendere il giornale e chi mi trovo mezza nuda davanti? Tu Lo sai che esiste un codice deontologico? Secondo me potrebbero cancellarti dall’albo e di sicuro l’avvocato Belli non ti vorrà qui un giorno di più.” Continua soddisfatta. Come potevo ignorare che anche lei facesse parte di questo stupido gioco. Alzo lo sguardo verso Filippo cercando di mantenere un’espressione composta e fiera, non posso dargliela vinta. Lui però non mi sta guardando.
Sta fissando la copertina di Teen Model sorpreso e interessato. Sicuramente cerca di decifrare il titolo che non riesce a leggere perché rivolto verso di me. Può essere che stavolta ne fosse all’oscuro?
“Allora Christine? Non dici nulla?” Parliamo di questo Andrea Marchi?” Termina Melita riportando la mia attenzione su di lei.
 
“Anche se non credo che la questione debba interessarti, sappi che alla mia iscrizione ho fatto presente all’ordine degli avvocati del mio lavoro precedente e loro mi hanno risposto che non esisteva alcuna compatibilità purchè fosse cessato. Per questo ho ritenuto che non fosse necessario pararne con l’avvocato Belli in sede di colloquio. Probabilmente, a differenza tua, invece di farmi mantenere agli studi ho deciso di trovarmi un lavoretto. Perché fare la cameriera in una pizzeria se mi ritenevano abbastanza bella per fare la modella. Ma forse tu non puoi capire.” La sfido colpendola in quello che è sicuramente il suo punto debole, facendole intuire che la reputo meno bella di me. “E per quanto riguarda il mio ragazzo, è solo una trovata pubblicitaria. Ne ero stata messa al corrente ancora la settimana scorsa, ovviamente mi è stato chiesto il permesso.” Mento spudoratamente. “Uno scandalo di tal genere è un trampolino di lancio per la sua corriera. L’unica cosa che non avevamo concordato era la mia foto in prima pagina ma come dargli torto, hanno sicuramente intuito che li avrebbe aiutati a vendere di più. Guarda quel cretino del tuo amico…” con la mano gli indico Filippo ancora sulla porta che osserva la pagina patinata della rivista. “Filippo è solo un completo intimo, ma forse sei abituato ad indumenti di cattivo gusto.” Termino riportando lo sguardo sulla ragazza di fronte a me.
 
“Come ti permetti!” Melita alza la voce di un paio di toni, il volto livido per la rabbia, non si aspettava una risposta a tono. “Piccola ragazzina insolente cosa cerchi di insinuare?”
 
“Io parlavo genericamente. Non è colpa mia se nessuno ti ha mai ritenuta abbastanza bella per fare la modella o che tu stessa riconosca di avere cattivo gusto.” Le rispondo sforzandomi di sorriderle con aria di sfida, sta per scoppiare di rabbia e non ho intenzione di tirarmi indietro. Se devo perdere il lavoro non lo farò a testa bassa.
 
“Io sono molto più bella di te!” Grida come una bambina. Immaginavo che avrebbe perso la ragione alle mie parole ma non fino a questo punto. “E non ho assolutamente cattivo gusto. Diglielo anche tu!” Si volta verso Filippo cercando il suo appoggio ma lui continua a fissare imbambolato la rivista senza prestare attenzione alla nostra conversazione. In uno scatto di rabbia afferra Teen Model e lo gira in modo da nascondere la mia immagine. “è solo una foto, CRETINO.” Alza ancora di più la voce sull’ultima parola.
 
Le sue grida attirano l’attenzione di Teo che si fionda all’interno della piccola stanza ormai piena spintonando Filippo per raggiungere la cugina. “Cosa sta succedendo qui?” Immediatamente i suoi occhi incrociano i miei per assicurarsi che stia bene, sa cosa aspettarsi.
 
“Niente, l’avvocato Belli e l’avvocato Zaninotto stavano andando via, vero?” Sibilo riportando il mio sguardo verso il satana in gonnella davanti a me pregando che colga il mio invito ad uscire dalla mia stanza.
 
“Esattamente.” Risponde lei, il volto livido per la rabbia, un attimo prima di darmi le spalle e andarsene a passo spedito seguita da Filippo.
 
“Chri – stine” Balbetta Camilla una volta rimaste sole con Teo, la sua prima parola da quando Melita ha varcato la soglia. Ignorandola afferro il giornale abbandonato sulla scrivania e inizio a voltare le pagine alla ricerca dell’articolo incriminato. Al centro della pagina è stata riportata la stessa foto della copertina ma in formato molto più grande. Andrea, splendido nel suo abito blu scuro Armani, i capelli biondi spettinati, la barba leggermente incolta troppo vicino alla mia sostituta, Estelle. Non li ho mai visti in atteggiamenti tanto intimi, si guardano negli occhi, si sorridono a vicenda. Sembrano essere sul punto di baciarsi.
 
Avvistato Andrea Marchi venerdì sera alla festa sul Lungotevere. Girava voce che avesse comprato due biglietti, uno per sé e uno per la storica fidanzata, l’ex modella Christine De Falco (in copertina sul set di un famoso marchio di biancheria intima). Di lei però sembra non esserci traccia, che abbia abbandonato anche il fidanzato oltre alle passerelle?
È ufficiale, in vista della scadenza del contratto con Teen Model, la Defalco ha lasciato Roma per tornare nella sua città natale. Al suo posto è stata presa la bellissima Estelle Saundres. Che la nuova arrivata abbia anche fatto breccia nel cuore di Marchi?
Una cosa è certa, sono stati visti in atteggiamenti intimi per tutta la sera, sguardi complici, sorrisi maliziosi e ad una certa ora sono spariti entrambi.
 
 
In un attacco improvviso di rabbia lancio la rivista contro il muro lasciandola ricadere al suolo e mi accascio sulla mia sedia trattenendomi la testa con entrambe le mani.
 
“Christine, tranquilla. Non farti fuorviare da Melita, lo sai che è solo una trovata pubblicitaria.” Sussurra Camilla avvicinandosi e poggiandomi una mano sulla spalla.
 
“Stavo mentendo.” Biascico tra i singhiozzi. Con la coda dell’occhio vedo Teo chiudere la porta, raccogliere il giornale da terra e gettarlo all’interno del cestino della carta. “Stavo mentendo per non dare loro troppa soddisfazione. Non è una trovata pubblicitaria, non sono stata avvisata di nulla. Io non sono andata alla festa per colpa di Filippo e lui mi ha rimpiazzato con Estelle. Ecco perché continuava a telefonarmi, perché insisteva di volermi parlare. Sapeva dell’articolo.”
 
 
FILIPPO’S POV
 
Siedo alla mia scrivania ripensando a quello che è appena successo. L’articolo, le foto… la foto.
L’ho vista a malapena ma è stato più che sufficiente per rimanere impressa nella mia mente. Era così maledettamente sexy distesa su quel divano con indosso solo quel minuscolo pizzo nero. Sono riuscito ad intravedere un tatuaggio sul costato, probabilmente una scritta, e un altro che faceva capolino dallo striminzito perizoma semitrasparente.
Porca troia, sembrava così dannatamente perfetta. Anzi sicuramente lo è, era una modella!
Cosa darei per rivedere quella foto? Beh! Quanto può costare quella rivista? Tre? Cinque euro?
Posso sempre andare a comprarla. Per far cosa? Farmi una sega pensando a lei?
Andiamo di male in peggio qui.
 
“Filippo!” Teo spalanca la porta facendola sbattere con violenza contro il muro. “Non ti sembra di esagerare adesso? Perché ce l’avete tanto con quella povera ragazza?”
 
“Questa volta io non centro niente. È stata tua cugina a trovare la rivista.” Mi giustifico alzandomi dalla sedia e affrettandomi a chiudere la porta prima di essere sentiti da orecchie indiscrete. Sono quasi le nove ormai e a minuti dovrebbero arrivare mio padre, mio zio e Michela.
 
“Beh eri lì e non hai fatto nulla per fermarla. Immagino che Melita sia solo invidiosa, Christine è sveglia e molto più bella di lei, ma tu che problemi hai?” Sbotta facendo battere contemporaneamente il pugno chiuso sul tavolo, sembra molto più arrabbiato della settimana scorsa.
 
“Nessuno.” Mento spudoratamente. Come posso dirgli che non la voglio intorno a me visto che non riesco a non immaginarla senza vestiti? Lui sa che non possiamo portarci a letto alcuna ragazza dello studio, esclusa Melita ovviamente. “La stiamo prendendo in giro.”
 
“In giro? Questa è cattiveria pura e semplice. Ti avviso Filippo che non condivido questo vostro comportamento. D’ora in avanti mi occuperò io di lei e se le fate anche solo un altro scherzo giuro che vado dritto da tuo padre a spiattellare tutte le tue merdate.” Mi minaccia ben sapendo che l’ultima cosa di cui ho bisogno è mettere in crisi il già fragile rapporto con il mio genitore. Sgrano gli occhi immaginando alla sua reazione se solo sapesse cosa stiamo combinando io e Mel. Sicuramente mi manderebbe via.
 
“Non lo faresti!”
 
“Non mi sfidare Filippo. D’ora in poi stalle alla larga. Lasciale finire il periodo di prova e se verrà assunta ti sforzerai di ignorarla se non sarai in grado di avere un rapporto da persona matura quale dovresti essere.”
Detto questo esce dalla stanza sbattendomi la porta in faccia senza nemmeno darmi il tempo di rispondergli.
 
 
 
 
 
Per i tre giorni successivi seguo il consiglio del mio migliore amico, se così può essere ancora definito.
Ignoro Christine. Faccio letteralmente finta che non esista. Non la saluto, non le parlo, evito persino Camilla per non rischiare di avere alcun contatto con lei.
Non ho più rivolto la parola nemmeno a Teo, più per volontà sua che mia visto che sembra volermi evitare.
Passa tutto il suo tempo libero con Christine. L’ha portata persino a pranzo alla Vedova l’altro giorno e io sono dovuto tornare in studio con un panino a portar via per non vederli ridere e scherzare insieme. Quand’è che sono diventati così tanto amici?
Se non sapessi che lei è fidanzata potrei pensare a qualcosa di più tra quei due… Il fidanzato? Sarei proprio curioso di vedere che faccia ha. C’era una sua foto su quella maledetta rivista ma non sono proprio riuscito a staccare lo sguardo da Christine nemmeno per un istante sufficiente a notarlo.
Sarà un modello anche lui? Magari è bellissimo. Ecco perché Christine non è mai stata minimamente attratta da me, sta insieme ad un dio greco.
Ma potrebbe non essere così bello.
Chissà se quella rivista è ancora in vendita. No, no, no. Mi sono imposto di non comprarla e non devo farlo.
 
Ho perso.
 
È la diciottesima partita a tetris che gioco. Il lato positivo di questo mio isolamento è che a lavoro sto macinando come un treno, sono le 18.45 e ho già terminato di scrivere il mio atto da oltre mezz’ora. Preferisco però aspettare che lei esca dallo studio prima di anche solo aprire la mia porta. È già giovedì e domani mio padre deciderà de tenerla o meno. Come farò se dovesse decidere di assumerla? Potrei cambiare studio. Verrei pagato meno ma potrebbe essere una soluzione.
Quanto bene stavo prima del suo arrivo?
 
“Non ci posso credere. Pensavo che fosse finito questo maledetto gioco.” Teo entra nella mia stanza per la prima volta da lunedì senza nemmeno rivolgermi un saluto. Sta urlando e la sua espressione arrabbiata mi fa intuire che non mi aspetta nulla di buono.
 
“Di cosa stai parlando?” Gli domando sollevando la testa dallo schermo e fissando i suoi grandi occhi verdi mentre i pezzi si accumulano in fila portandomi a perdere l’ennesima partita.
 
“Christine.” Precisa allargando le braccia come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Speravo che dopo la nostra ultima conversazione avessi smesso di torturarla. È brava, gentile e simpatica, merita questo lavoro, volete lasciarla in pace.”
 
“Datti una calmata Matteo, ti ripeto che non ho la minima idea di cosa sia successo. Ho fatto come hai detto, l’ho evitata al punto che sono ancora chiuso qui dentro solo per non rischiare di incrociarla in corridoio.” Sbotto offeso dalle sue insinuazioni.
 
“Vuoi dirmi che non centri nulla con il suo atto misteriosamente sparito dal suo computer? Michela le ha dato la sua prima conclusionale come prova finale, tuo padre l’avrebbe dovuta leggere domani mattina e decidere se tenerla o meno. È tutto il giorno che ci lavora e ora il file è sparito.”
 
Sollevo entrambe le sopracciglia colpito dalle sue parole. “Credo che tu abbia sbagliato porta.” Mi limito a rispondere lasciandogli intuire che ci deve essere lo zampino di sua cugina dietro quest’ennesimo tiro mancino decisamente ben piazzato. “Rivolgiti a Melita.”
 
Al nome di sua cugina sbuffa sonoramente. “Se ne è andata venti minuti fa. Dovevo immaginare che non avrebbe lasciato perdere. E adesso cosa pensi di fare?”
 
“Io?” Domando auto indicandomi con l’indice della mano destra. “Ti ripeto che non è colpa mia! L’ho evitata come mi hai chiesto isolandomi in questa maledetta stanza, cos’altro dovevo fare?”
 
“Beh. Il gioco ha avuto origine da te però. Domani dovrò raccontare tutto a tuo padre per giustificare la mancata consegna da parte sua.” Minaccia. I pugni chiusi puntati ai fianchi.
 
“Non puoi farlo, sai bene che mio padre se la prenderà con me!” Alzo la voce sbattendo entrambi i pugni sul tavolo.
 
“E allora bisogna risolvere il problema.”
 
“Cosa dovrei fare? Se Melita ha cancellato il file non c’è modo di recuperarlo.” Gli faccio notare sollevandomi dalla poltrona in pelle per fissarlo negli occhi.
 
“Lo so. Però con il tuo aiuto potrebbe riscrivere l’atto in molto meno tempo e sicuramente meglio dell’originale.” Mi suggerisce sfoderando uno strano sorriso. Non credo alle mie orecchie e spero di aver capito male.
 
“IO COSA? ASSOLUTAMENTE NO! Fallo tu che sei tanto suo amico.” Grido sbalordito dalle sue parole.
 
Teo scuote la testa ridendo sonoramente. “Spiacente, ho saputo che Giovanni sarà ai Giardini dell’Eden stasera. Devo andare via!”
 
“Tu esci e io devo passare l’intera serata con lei?” Ripeto incredulo. Non può chiedermi sul serio una cosa del genere.
 
“Beh puoi decidere: o le dai una mano o domani io parlerò con tuo padre. E dovrà essere un atto perfetto. Non voglio perdere un aiuto valido come Christine.”
 
“Teo questo è un fottutissimo ricatto!” Sbraito rendendomi conto di non avere scelta. Quattro giorni ad evitarla e ora dovrò trascorrere le prossime ore da solo con lei.
 
 
 
 
Angolo autrice.
 
Ciao!! Ecco il sesto capitolo.
Ho voluto lasciare più spazio del solito a Filippo e ai suoi pensieri. So che non ha riscosso molta benevolenza nello scorso capitolo, sicuramente non è tutto normale, ma in fondo non è così cattivo.
Dopo la reazione di Teo le acque sembravano finalmente essersi calmate, e invece Melita aveva in serbo un ultimo tiro mancino.
Avete capito bene comunque! Nel prossimo capitolo ci aspetta un bel faccia a faccia tra Filippo e Christine.
Cosa succederà tra questi due una volta rimasti soli?
Al prossimo capitolo.
Ringrazio ancora una volta tutti voi che avete voluto lasciarmi una recensione. Amo sapere cosa ne pensate.
Baci
Vi lascio alle due foto della rivista.

 
 
 

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Capitolo 7
*** CAPITOLO VII ***




CAPITOLO VII
 
 
“Mi stai prendendo per il culo?” Esclamo guardando Matteo dritto in faccia mentre con tutte le mie forze cerco di ignorare il cretino accanto a lui. Sono entrambi in piedi di fronte a me. Teo quasi al centro della piccola stanza, le braccia aperte e i palmi rivolti verso di me, in volto il suo solito caldo sorriso. Filippo invece è rimasto sull’ingresso, le bracca incrociate al petto, la schiena appoggiata allo stipite bianco e l’espressione più nervosa che gli abbia mai visto in queste due settimane. C’è solo una possibile ragione alla proposta di Teo. “Si tratta di un altro scherzo?” Ancora non credo alle mie orecchie, fisso stranita quello che credevo ormai essere mio amico. Nell’ultima settimana abbiamo pranzato insieme ogni giorno e gli ho raccontato praticamente tutto di me, del mio passato e delle mie aspettative del futuro. Credevo di potermi fidare di lui, sembrava diverso dal cretino e da Malefica nonostante lo stretto rapporto di amicizia e il legame di sangue. Eppure ora, dopo aver sentito quelle parole uscire dalla sua bocca credo che anche lui faccia parte della congiura contro di me, il finto alleato pronto a pugnalarmi alle spalle. Altrimenti come potrebbe anche solo pensare che sia possibile una cosa del genere?
Vorrei tanto che Camilla non fosse uscita prima oggi, almeno lei potrebbe darmi una mano.
 
“Tutto il contrario invece. Ti aiuterà lui a riscrivere la comparsa, anche se dovesse costargli l’intera notte.” Ripete Teo passandosi la mano davanti alla bocca per nascondere quella che ha tutta l’aria di una risata nonostante simuli un prurito improvviso alla barba troppo incolta. Ovviamente questo suo gesto non mi aiuta a prenderlo seriamente.
 
“E perché dovrebbe visto che è stato sicuramente lui a cancellarla?” Continua con tono forse un po’ troppo aggressivo, accompagnato dagli occhi sgranati e i pugni stretti lungo i fianchi. Devo sembrare completamente pazza, ma sono ancora troppo arrabbiata. Ho passato l’intera giornata a lavorare su quel maledetto atto, da quando stamattina l’avvocato Belli in persona è entrato nella stanza e mi ha lasciato il fascicolo sulla scrivania precisandomi che lo avrebbe corretto personalmente e, solo all’esito, valutato la mia possibilità di rimanere all’interno dello studio. L’avevo praticamente terminato quando stupidamente mi sono assentata per andare in bagno nonostante Camilla fosse già andata via. Tutta colpa della tisana alla betulla dall’effetto depurativo. Ti spedisce in bagno dopo dieci minuti con una pipì incontenibile. Eppure dovevo immaginare che dopo tre giorni di totale tranquillità avrebbe escogitato qualcosa per allontanarmi, e io gli ho servito la possibilità su un piatto d’argento. Quando sono tornata della pagina word non vi era più traccia, né sulla scrivania, né all’interno della cartella, né nel cestino. Sparita.
In effetti dovrebbe già ringraziarmi per non essere corsa da lui e averlo preso a sberle: a due a due finchè non diventano dispari, come direbbe mio nonno.
 
“Ti sbagli.” Mi corregge Teo costringendomi a portare lo sguardo sul cretino per un brevissimo istante, solo per leggere la sua espressione, a me sembra colpevole. “Filippo giura di non aver preso parte a questo scherzo e io gli credo. Un tiro così mancino è il parto di una mente distorta come quella di mia cugina. Lui ha sempre lavorato con la porta chiusa, non avrebbe potuto vederti attraversare il corridoio. Mel invece dalla sua postazione vede perfettamente chi entra ed esce dai servizi.” Le sue parole mi spiazzano ancora una volta. Davo per scontato che fosse stato lui da non aver minimamente pensato a questi particolari. Ecco la differenza tra una semplice praticante e un affermato avvocato penalista. “Ma intanto bisogna riscrivere l’atto e tu da sola non ne sei in grado.” Continua sottolineando il punto focale della situazione, che nemmeno io posso negare. Ho chiaramente bisogno di una mano, ma non voglio quella di Filippo.
 
“E perché non mi aiuti tu?” Più che una domanda, una supplica. Mi trattengo dal congiungere le mani in segno di preghiera sperando che Teo decida di prendere il posto del cretino. Sarebbe anche sufficiente che si fermasse insieme a noi, siamo gli ultimi all’interno dello studio e non mi fido di rimanere da sola con quello lì. Sia chiaro, non che abbia paura di lui, temo solo che finirei per ucciderlo in un impeto di rabbia.
 
Il ragazzo più grande di fronte a me però scuote la testa amareggiato cercando di scusarsi ancora prima di negarmi la sua presenza. “Christine, mi dispiace ma non posso. Stasera ho un impegno, non posso assolutamente mancare.” Si giustifica avvicinandosi a me e poggiandomi una mano sulla spalla per consolarmi, l’amarezza che leggo nei suoi occhi mi rassicura della sua sincerità. “Ma non devi preoccuparti. Filippo mi ha garantito che ti aiuterà a scrivere un atto anche migliore di quello che avevi fatto tu. Vedrai che suo padre ne sarà talmente entusiasta che ti assumerà immediatamente.”
 
“Come posso fidarmi di lui? Dopo tutto quello che ha fatto? Potrebbe anche indurmi con l’inganno a scrivere qualcosa di sbagliato.” Piagnucolo lamentandomi di colui che dovrebbe aiutarmi come se non fosse presente all’interno della stanza, esattamente ad un metro da me, e non potesse sentirmi. Sono certa che farebbe di tutto per fuorviarmi e indurmi a scrivere qualcosa di talmente tanto sbagliato da farmi buttare fuori a suon di calci.
 
Teo scuote ancora una volta il capo con convinzione. “Non lo farà! Sa bene quale potrebbero essere le conseguenze di un tuo possibile fallimento. Stai tranquilla. Ti aiuterà.” Le sue parole lasciano intendere che deve avere qualche asso nella manica, di tale valore da assicurarsi che il cretino non farebbe nulla di male a meno di pagarne personalmente le conseguenze.
 
Passo in rassegna ogni altra possibile lamentela che ho in testa consapevole che Teo avrà una risposta per ciascuna di esse, quindi non appena mi rendo conto di non avere altro da dire annuisco e porto finalmente lo sguardo su colui con cui dovrò trascorrere le prossime ore. Filippo, stranamente vestito quasi normalmente con un pantalone grigio scuro e un maglione viola chiaro, fissa il pavimento battendo rumorosamente il tacco della scarpa per terra. Solo dopo una manciata di interminabili secondi sembra rendersi conto che io e il suo amico abbiamo finito di discutere, quindi alza il capo verso la nostra direzione. “Allora cominciamo?” Sono le sue prime parole da quando lui e Teo mi hanno raggiunta nella mia stanza, è rimasto in silenzio con le braccia conserte senza muovere un solo muscolo. “Magari andiamo da me, staremo più comodi.” Continua indicando la porta del suo ufficio, se non avesse un’espressione quasi schifata in viso potrebbe quasi sembrare una frase maliziosa.
Ad ogni modo non ha tutti i torti: la scrivania è molto più ampia, il computer più nuovo, e le grandi sedie in pelle decisamente più comode.
 
“Bene ragazzi, mi aspetto un ottimo lavoro da voi. Magari dopo, se sopravviverete a questa serata, potreste raggiungermi ai Giardini dell’Eden.” Ride sonoramente allargando così tanto la bocca da mostrarmi praticamente l’intera dentatura, poggia la mano destra sulla mia spalla e mi spinge in avanti, arrivati sulla porta fa lo stesso con la mano libera con Filippo accompagnandoci nella sua stanza fino alla scrivania e invitandoci a prendere posto.
 
“Vattene Matteo prima che cambi idea e vi molli qui. Dai ancora aria alla bocca e al diavolo il tuo appuntamento.” Sibila Filippo lasciandosi cadere sulla poltroncina in pelle, gli occhi stretti a fessura fissi su di lui in attesa di solo un’altra parola per girarsi e andarsene. Teo però serra le labbra, mima una chiave che gira nella toppa e finge di buttare via una chiave immaginaria prima di voltarsi e andarsene agitando solo la mano in segno di saluto. Filippo quindi alza la mano destra e indica la sedia accanto a me. “Siediti Christine, prima cominciamo prima questo strazio avrà fine.” Biascica comprendoni il volto con entrambe le mani.
 
Restiamo in silenzio per diversi minuti, seduti uno davanti all’altra, lui fissa lo schermo del suo computer mentre io sfoglio il fascicolo fingendo di leggere i documenti custoditi all’interno.
Perché continuo a pensare che questa non è per niente una buona idea?
Dovevo rifiutare la proposta di Teo, ma cosa avrei potuto fare in alternativa? Da sola non potrei mai riuscire a riscrivere questa comparsa decentemente senza passare altre dodici ore davanti al computer. Maledizione. Mi ero impegnata così tanto.
 
“Credo che la cosa migliore sia dividersi i compiti, faremo più in fretta. Tu che hai già letto tutto il fascicolo potresti occuparti della parte in fatto riassumendo cosa è successo finora mentre io potrei cercare giurisprudenza a nostro favore e elaborare la parte di diritto.” Propone Filippo sollevando incerto lo sguardo verso di me e guardandomi oltre la coltre di ciglia scure.
 
“Non sono per niente d’accordo. Così finiresti per dire di averlo scritto tu e prenderti tutto il merito di un mio eventuale successo.” Sbotto incrociando le braccia al petto, mordendomi la lingua per evitare di aggiungere che oltretutto non mi fido di lui e di quello che potrebbe scrivere.
 
“Lo dicevo per te sai!” Alza la voce di rimando sollevando le mani davanti a sé quasi a voler creare un muro tra noi. “Sono più preparato, è ovvio che per me è più facile.” Sbuffa strisciando la sedia sul pavimento e inclinandola leggermente all’indietro mentre io nella mia mente spero con tutta me stessa che cada rovinosamente al suolo. Sotto questo punto di vista però ha ragione ma non gliela darò mai vinta, nemmeno sotto tortura.
 
“So che hai più esperienza ma anch’io ho studiato molto, in particolare per quest’atto. Ho bene in testa cosa devo scrivere e ho già fatto abbastanza ricerche.” Sulle ultime parole apro il fascicolo, afferro le sentenze stampate nel pomeriggio e le lascio ricadere sopra la sua tastiera affinché le veda. Lui invece le prende e le sposta indifferente facendomi avvampare per la rabbia.
 
“Devo dedurne che è tua intenzione arrangiarti? Dimmelo Christine perché non ho intenzione di perdere il mio tempo se non vuoi farti aiutare.”
 
Inspiro profondamente più volte per trattenermi dal mandarlo a quel paese, non posso permettermi di restare da sola, non ora che sono già passate le otto. “Sai bene che ho bisogno del tuo aiuto.” Ammetto chinando la testa e ingoiando quel che rimane del mio orgoglio. Sapevo che non mi avrebbe aiutata, ho sbagliato a credere alle parole di Teo.
 
“Bene. Allora decidi tu come fare.” Mi suggerisce poggiando entrambi i gomiti sulla scrivania e sorreggendosi il mento con entrambi i palmi, in volto il suo classico sorrisetto da ebete che tanto odio. Sembra pronto a deridermi.
 
Come fare? Io vorrei occuparmi della parte in diritto, mi sono impegnata troppo per delegarla a lui, ma sono sicura che il suo supporto mi permetterebbe di ottenere risultati nettamente migliori. E poi non credo lui potrebbe mai abbassarsi a scrivere la cronistoria dei fatti. “Che ne…” inizio bloccandomi appena i suoi occhi incontrano i miei, mi fissano con tanta intensità da togliermi il respiro. Mi domando sempre come dei semplicissimi occhi marroni possano farmi un tale effetto.
 
“Scusa?” Sogghigna della mia incertezza inclinando il capo di lato e scrutandomi con eviddente curiosità.
 
Scuoto la testa per riprendermi dal mio momento di defiance. “Che ne dici di fare tutto insieme? Dalla prima all’ultima parola.” Propongo titubante, mi rendo conto da sola che è una gigantesca cavolata e temo la sua reazione. Riderà o si arrabbierà? Ad ogni modo sono certa che non sarà mai d’accordo.
 
“Ti rendi conto Christine che ci vorrà il doppio del tempo così?” La sua espressione, come prevedevo, non nasconde la considerazione che ha della mia idea: completamente assurda. Stranamente non ha ancora detto di no.
 
“Lo so.” Ammetto abbassando lo sguardo sullo scuro tavolo in mogano e seguendone le venature con la punta del dito indice. “Ma io vorrei presentare un mio atto. Frutto dei miei pensieri. Tu potresti aiutarmi nella forma o correggermi se sbaglio qualcosa, ma vorrei partecipare ad ogni sua singola parte.”
 
Filippo, dall’altra parte del tavolo, rimane in silenzio per una manciata di interminabili secondi finchè non mi costringo ad alzare ancora una volta gli occhi per controllare che sia ancora effettivamente di fronte a me. Lui continua a scrutarmi, pensieroso, chiaramente incerto sul da farsi, poi, dopo un lunghissimo sospiro, ricomincia a parlare. “Non lo trovo per niente ragionevole ma è sempre meglio che continuare a litigare su chi deve scrivere cosa. E devo ammettere che ti fa onore non aver scelto la strada più facile. Vuoi scrivere tu?” Mi domanda posizionando lo schermo del computer in centro al tavolo così che entrambi possiamo leggere e porgendomi la tastiera. Mi stupisco nel vederlo recuperare il frutto delle mie ricerche e iniziare ad esaminarne il contenuto. Forse vuole sul serio aiutarmi. “Cominciamo adesso però.” Mi sprona, il tono di voce fermo ma non derisorio come al suo solito.
 
Annuisco afferrando la tastiera e posizionandomela di fronte, un sorriso soddisfatto mi si dipinge in volto nonostante tutti i miei sforzi di reprimerlo. Seleziono dalla cartella dei modelli la comparsa conclusionale e inizio ad inserire i nomi delle parti e l’elencazione dei fatti.
 
“Perfavore Christine.” Perfavore? Cosa gli prende? “Rendimi le cose più facili. Di cosa stiamo parlando?” Domanda scuotendo le spalle e passandosi il pollice e l’indice davanti agli occhi. Non vuole darlo a vedere ma deve essere molto stanco, in fondo ha lavorato anche lui tutto il giorno senza sosta. Lo dimostra l’elevato numero di fascicoli.
 
“Ah, cer-to.” Balbetto presa alla sprovvista mentre nella mia mente ripercorro tutti i fatti di causa. “Si tratta di una successione testamentaria. C’è un testamento olografo in cui la madre nomina come successore universale dell’ingente patrimonio la figlia minore Alice, lasciando solo l’appartamento al mare alle sorelle. Queste ultime sono ricorse all’autorità giudiziaria chiedendo l’annullamento del testamento per captazione da parte di Alice che, a loro dire, avrebbe sfruttato la loro coabitazione per indurla a scrivere il testamento; chiedono inoltre di ricostruire le loro quote di legittima.” Riassumo velocemente sperando di essere stata abbastanza chiara e di aver usato i termini giuridici corretti. So bene che non sarà lui a giudicarmi ma non voglio sembrargli una inetta, soprattutto dopo aver insistito a lavorare insieme.
 
Filippo si limita ad annuire senza alzare lo sguardo dalle sentenze che gli ho consegnato e limitandosi a segnare qualche appunto a margine con la matita. “Va bene. E noi chi difendiamo?” Nell’istante in cui realizzo di aver omesso uno degli elementi di maggior rilievo mi mordo l’interno della guancia per la vergogna. Fortunatamente il suo tono è ancora molto pacato, non credo di aver mai avuto una sola conversazione così civile con lui prima.
 
“Della figlia minore, Alice.” Mi affretto a rispondere per dargli il quadro completo della situazione.
 
“Ok Christine. Illustrami la tua idea.” Su queste ultime parole riporta i suoi grandi occhi marroni su di me evidentemente curioso di sapere le mie convinzioni al riguardo, incrocia nuovamente le braccia al petto e dondola all’indietro sulla sedia. Deve essere proprio un vizio.
 
“Beh, anzitutto escluderei la captazione, cioè deve essere provata, non presunta dalla sola coabitazione. Al riguardo ho trovato una recentissima sentenza che si esprime chiaramente in tal senso, la utilizzerei per sostenere che il testamento non è viziato e pertanto non annullabile.” Le parole escono dalla mia bocca trasudando certezza e preparazione, o almeno è quello che penso e spero. Non ne conosco il motivo ma vorrei fare una bella impressione, forse così si convincerà che merito questo posto di lavoro. Mi sollevo dalla sedia allungandomi sulla scrivania e trovo la pronuncia a cui ho appena fatto riferimento per sottoporla alla sua attenzione.
 
“Ah ah.” Annuisce, le labbra schiuse e un’espressione chiaramente stupita in volto. Seguo la direzione dei suoi occhi e avvampo rendendomi conto che nella posizione in cui mi trovo gli ho appena concessa una piacevole visione della mia scollatura forse troppo profonda per un abito da lavoro. “E del lascito alle sorelle cosa mi dici?” Cambia discorso distogliendo lo sguardo e fissandolo sui fogli che stringe tra le mani. Per un brevissimo istante mi sembra addirittura di vederlo arrossire.
 
“Secondo me si tratta di un legato in sostituzione di legittima. Cioè la signora non l’ha detto espressamente nel testamento ma secondo me è chiara la sua intenzione, e se così è non hanno titolo per pretendere il supplemento non avendo rinunciato a detto legato. Almeno così dice il codice.”
 
“Brava Christine. Mi stupisci. Pensa che un caso simile è stato fatto all’esame d’avvocato un paio di anni fa e oltre metà dei candidati non sono riusciti a capire il reale problema. Sei sulla buona strada ora basta solo trascrivere ciò che mi hai appena illustrato.” Il suo volto si illumina mentre aprendo un sorriso abbagliante mi mostra i perfetti denti bianchissimi, e il mio cuore perde un battito. Ho incontrato tanti bellissimi ragazzi nella mia vita, attori e modelli, e lui non ha niente da invidiare a nessuno di loro in quanto a bellezza e fascino. Il volto delicato, le sopracciglia scure perfettamente delineate, né incolte, né femminili, i grandi occhi marrone intenso, furbi ed intriganti, le lunghe e folte ciglia, il naso affusolato, le labbra sottili, la barba leggermente incolta e gli assurdi capelli. Devo ammettere che è bellissimo e ora che non è nemmeno odioso come al solito potrebbe anche piacermi.“Puoi rispondere se vuoi.”
 
“Scusami?” Gli domando ritornando alla realtà. Maledizione, mi sono appena incantata a guardarlo, dimenticandomi che si tratta di lui, il cretino. E lui mi ha pure beccata.
 
“Il tuo telefono, sta suonando.” Chiarisce indicando il mio telefono abbandonato sul tavolo che vibra rumorosamente, il nome e il viso di Andrea illuminano lo schermo.
È tutta la settimana che prova a telefonarmi, da quando lunedì ho risposto ai suoi messaggi dicendogli che qualunque cosa avesse da dirmi non avrebbe mai potuto spiegare le immagini e l’articolo sulla rivista. Lui però sembra non voler rinunciare e ogni giorno continua a telefonarmi, più e più volte, nonostante il mio totale silenzio. Solo ieri, stanca di vedere un numero sempre più elevato di chiamate perse e amareggiata per tutto quello che sta succedendo, ho deciso di scrivergli un altro messaggio pregandolo di darmi del tempo, almeno una settimana, per riflettere su di noi. Inizialmente non ne è stato entusiasta, ma quando gli ho precisato che altrimenti non mi avrebbe sentita mai più, sembrava aver accettato la mia richiesta.
 
Perché allora mi sta chiamando di nuovo?
 
“No. Continuiamo a lavorare.” Gli rispondo girando il telefono con lo schermo contro il legno del tavolo in modo da non dover più vedere il volto del mio fidanzato, o forse ormai ex.   
 
 
 
 
 
 
FILIPPO’S POV
 
 
 
“Vuoi andare ai Giardini dell’Eden?” Mormoro a voce talmente bassa che non sono sicuro che mi abbia veramente sentito. Invece Christine si volta verso di me, i suoi movimenti non nascondono la sua titubanza.
 
“No.” Risponde secca, immediatamente però si rende conto di essere stata eccessivamente scontrosa e cerca di recuperare. “Scusami ma sono molto stanca, è stata una lunga giornata. Preferisco andare a casa. Ma tu vai, non preoccuparti.” Accenna un sorriso forzato quasi a volermi incoraggiare a prendere la mia strada. Forse dovrei salutarla e andarmene, la nostra tregua è durata abbastanza e non credo che lei voglia trascorrere altro tempo con me. Abbiamo passato le ultime quattro ore seduti alla mia scrivania a discutere di testamenti, capacità a succedere e legati, e verificando ultimi orientamenti giurisprudenziali. Il tutto piacevolmente accompagnato dall’incantevole immagine della sua morbida scollatura, dalle cosce sode lasciate scoperte dalla cortissima gonna ogni volta che accavallava le lunghe gambe, i morbidi capelli al delizioso profumo di fragole. E oltre che bella è pure estremamente intelligente. Devo ammettere che non è stato così spiacevole stare con lei. Ciò non toglie però che è stata solo una tregua e non sono sicuro che lei sia realmente disposta a portarla avanti dopo tutto quello che è successo nelle ultime due settimane.
 
“Si, penso che raggiungerò Teo.” Le rispondo voltandole le spalle e aprendo la porta di ingresso. Fuori la strada è completamente buia, sgombra e avvolta nel silenzio, non c’è più anima viva. Guardo ancora una volta l’orologio rendendomi conto che è quasi l’una di notte prima di voltarmi ancora una volta verso la mia collega. “Dove abiti?”
 
Christine sgrana gli occhi stupita dalla mia domanda e un leggero rossore imporporisce le sue guance. “In Riva De Biase. Perché?”
 
“Perché l’ultimo vaporetto è passato da oltre un’ora e non mi fido a farti girare da sola, soprattutto con quel vestito. Mi sono impegnato troppo e vorrei arrivassi sana e salva almeno a domani per scoprire il giudizio di mio padre.” Chiarisco scrollando le spalle e sperando di sembrare sarcastico piuttosto che un completo e patetico idiota. “Vieni, ti accompagno a casa.”
 
Lei rimane ferma sulla soglia a fissarmi, la sua espressione stupita mi irrita più del dovuto. So che ha una considerazione molto bassa di me ma non la lascerei mai nelle mani di qualche malintenzionato. “Ok…” Biascica dopo lunghi secondi di indecisione. “Ti ringrazio Filippo.” Sembra imbarazzata, non riesce a sostenere il mio sguardo e abbassa gli occhi al pavimento mentre esce dallo studio e mi si affianca. Io chiudo la porta a doppia mandata quindi ci incamminiamo sulla destra superando il primo ponte. Tengo il suo passo anche se troppo lento per i miei gusti ma non voglio farle fretta, già non capisco come possa anche solo rimanere in piedi su quei tacchi altissimi da questa mattina.
 
“Grazie.” Sussurra dopo diversi minuti di silenzio. Con la coda dell’occhio la osservo mentre cammina al mio fianco, lo sguardo fisso sulla strada il viso coperto dai lunghi capelli scuri.
 
“Figurati, non mi fido di farti tornare da sola, se ne sentono tante.” Ripeto scrollando le spalle, in fondo non mi costa niente. “Sono solo una ventina di minuti a piedi.”
 
Christine si ferma e finalmente si volta a guardarmi portandosi con entrambe le mani i capelli dietro le orecchie mostrandomi un paio di bellissimi orecchini a forma di cuore, sicuramente di Tiffany. “Non intendevo per questo, o almeno non solo. Mi hai aiutato con la comparsa conclusionale per ore, saltando anche la cena. Se non fosse stato per te non ce l’avrei mai fatta a terminarla entro domani mattina e soprattutto non così bene.”
 
“Non ho avuto molta scelta.” Ridacchio imbarazzato passandomi una mano tra i capelli e spettinando il lungo ciuffo che forse dovrei accorciare, Teo mi ha praticamente ricattato anche se non credo che lei ne sia veramente consapevole. “Non condivido però il gesto di Mel. Un conto è farti girare come una trottola per Venezia carica di documenti totalmente inutili o chiuderti per ore dentro l’archivio..” Lascio la frase in sospeso rendendomi conto di averle praticamente ammesso di averla torturata volontariamente per un’intera settimana. “Si, insomma, erano stupidi scherzi…” Sdrammatizzo alzando gli occhi al cielo e sperando che lei non si arrabbi di nuovo. “Ma cancellarti l’atto, non sarei mai arrivato a tanto.”
 
“Perché?” Continua lei. Siamo immobili una davanti all’altro a parlare veramente per la prima volta da quando ci siamo conosciuti, esattamente due settimane fa.
 
“Perché è scorretto.” Cerco inutilmente di trovare le parole giuste per esprimerle il mio pensiero: se doveva fallire doveva farlo da sola. “Hai comunque tenuto duro nonostante ti avessimo reso la vita decisamente pesante, eliminare il tuo lavoro è sbagliato. Ho anch’io dei principi.”
 
“Questo l’avevo capito, altrimenti non ti saresti impegnato così tanto per aiutarmi.” Accenna un sorriso distogliendo lo sguardo per un breve istante mentre ancora una volta le sue guancie si tingono di un dolcissimo rosa, potrei abituarmi a questa nuova versione di lei. “Ti chiedevo il perché degli scherzi.”
 
Maledizione. Cosa le dico adesso?
L’ho fatto perché mio padre mi ha imposto chiaramente di non avere alcun tipo di relazione con le praticanti dello studio dopo aver capito che tra me e Melita c’era stato qualcosa e perché ti trovo così dannatamente attraente che il più delle volte penso a te nuda o, peggio, con quel fantastico completino della rivista. Perché pensavo che se mio padre ti avesse mandato via avrei potuto avere una possibilità con te o almeno avrei potuto smettere di pensarti continuamente. Certo Filippo, puoi dirle una cosa del genere senza sembrare un completo idiota e non finire con una cinquina stampata in faccia. Ora è dolce e carina ma ricorda che non è proprio la regina dell’autocontrollo. Non ho ancora dimenticato il bicchiere.
“Non potresti lasciar perdere?” Le consiglio abbassando lo sguardo incapace di sostenere quei grandi occhi azzurri fissi su di me in attesa di una risposta. “Ti prometto che non ce ne saranno più, almeno da parte mia, e aiuterò Teo a convincere Mel a lasciarti in pace.”
 
“Beh mi sembra un buon compromesso.” Decide dopo una pausa non troppo lunga, voltandomi ancora una volta le spalle e ricominciando a camminare prima di rendersi conto che sono ancora fermo dove mi ha lasciato. “Andiamo?”   
 
Mi bastano un paio di passi per affiancarmi a lei che è rallentata dai vertiginosi tacchi. Siamo quasi alti uguali adesso, ma quell’unico venerdì che indossato le ballerine la superavo di una quindicina abbondante di centimetri. “Allora? Dimmi qualcosa di te. Christine è un nome d’arte?” Cambio discorso curioso di scoprire qualcosa di lei, non la conosco per niente. In fondo era una modella, potrebbe tranquillamente aver cambiato il proprio nome con uno decisamente più affascinante.
 
“No!” Sgrana i grandi occhi azzurri inclinando il capo di lato per riuscire a guardare contemporaneamente me e la strada di fronte a noi. “Cosa te lo fa pensare?”
 
Scrollo le spalle infilando entrambe le mani all’interno della tasche dei pantaloni. “Probabilmente perché tu sembri italianissima mentre il tuo nome ha origini francesi.”
 
Sorride della mia spiegazione del tutto logica scuotendo la testa divertita. “Io sono nata e cresciuta in Italia, mia madre è francese ma non torniamo a Nizza da quando avevo cinque anni.” Chiarisce senza smettere di sorridere, o meglio, ridere di me. Un nome d’arte? Potevo fargli una domanda meno assurda?
 
“Ah, non fa una piega.” Ammetto sforzandomi di ridere insieme a lei, devo sembrarle un completo idiota. “La tua famiglia è rimasta a Roma?”
 
“Sbagliato ancora!” Continua portandosi la borsa sulla spalla opposta, credo a causa del peso. Forse dovrei offrirmi di portarla io. “Mi sono trasferita a Roma per studiare giurisprudenza a diciotto anni, loro hanno sempre vissuto qui a Venezia.”
 
“E cosa ti ha spinto a lasciare la vita mondana della bella capitale, i riflettori e le passerelle?” Continuo con chiaro riferimento al suo passato da modella, la parte della sua vita che più mi intriga. Quanto vorrei poter vedere qualche altra sua foto, preferibilmente senza lo stupido fidanzato sulla stessa pagina.
 
“Mio padre…” Biascica in un sussurro lasciando in sospeso la frase. Forse non era d’accordo con le sue scelte di vita, forse l’ha costretta a lasciare il lavoro e a tornare. Magari è una specie di padre padrone che pretende di decidere della sua vita senza ammettere obiezioni, esattamente come il mio. La mia mente viaggia immaginandomi una giovanissima Christine che fugge da casa e si fa fotografare di nascosto per poi tornare con la coda tra le gambe scoperta dai genitori. Mi sembra ragionevole.
 
“Non era d’accordo.” Un’affermazione più che una domanda, quasi volessi terminare la sua frase.
 
Christine inspira profondamente prima di ricominciare a parlare. Affretta il passo e mantiene gli occhi fissi al suolo. “Mio padre sta male. Ha sempre fumato come una ciminiera nonostante gli dicessi continuamente che ne avrebbe pagato le conseguenze… Vorrei tanto non aver avuto ragione.”
 
Le sue parole mi lasciano completamente basito. Mi blocco ancora una volta afferrandole il braccio e costringendola a voltarsi ancora una volta verso di me. “Christine cavolo. Non pensavo. Se solo avessi immaginato io…”
 
“Tu? Non mi avresti bullizzata insieme a Malefica?” Scatta nervosa strattonando il braccio per liberarsi. Mi si stringe il cuore al pensiero di aver praticamente sparato sulla croce rossa. Una situazione familiare tanto delicata e io e Mel che ci mettiamo di impegno a peggiorare il tutto. E lei non è mai crollata, anzi. Ha sempre combattuto a testa alta.
Temo però che non sia così forte quanto ci ha dato a vedere.
 
“Esattamente.” Sbotto stringendo di più la mano per impedirle di allontanarsi. “Ti ho già detto che mi dispiace e che non succederà più. Se potessi cambiare il passato lo farei ma non posso. Voglio solo che ti entri in quella testa dura che mi dispiace.”  Christine annuisce abbassando lo sguardo, i lunghi capelli scuri le ricadono sulle guance coprendole lo splendido viso ma non abbastanza velocemente da celare gli occhi zaffiro velati di lacrime. E io vorrei solo poter allungare le mani e portarglieli indietro per poter continuare a vederla.
“Malefica?” Decido di cambiare discorso riuscendo finalmente a farla sorridere di nuovo.
 
“Beh è bella e cattiva. Mi sembrava il soprannome più adatto.” Ammette sollevando le spalle e ricominciando a camminare. Ormai dovremmo essere vicini a casa sua.
 
“In effetti lo è. Non glielo dire mai però!” Le suggerisco rabbrividendo alla possibile reazione della mia amica se scoprisse una cosa del genere. Già sarà abbastanza difficile costringerla a sotterrare l’ascia di guerra, spero che Teo sia abbastanza convincente. “Sempre meglio di ‘il cretino’ comunque!” Termino sforzandomi di ridere per non farla sentire in colpa.
 
Christine di fronte a me sgrana gli occhi per la sorpresa e boccheggia cercando qualche parola in grado di giustificarla. Io però la stoppo subito agitando una mano davanti al suo viso invitandola a non dire niente al riguardo, non voglio sentire altro su quel soprannome che spero superato definitivamente.
Ancora una volta un fastidioso ronzio proveniente dalla sua borsa attira la mia attenzione. È già la terza volta da quando siamo usciti dallo studio e sono certo si tratti ancora una volta dello stupido fidanzato. “Lo sai vero che chi ti sta cercando da ore sarà molto preoccupato del tuo silenzio.” Le suggerisco inclinando il capo e guardando prima la borsa e poi ancora una volta i suoi splendidi occhi. Chissà perché non vuole parlargli davanti a me?
 
“Non mi interessa.” Risponde lei secca senza distogliere lo sguardo e lasciandomi totalmente spiazzato. “Lo sentirò più tardi.”
 
“Mi pareva di aver letto il nome del tuo fidanzato. Non vuoi ammettere di aver passato il tuo tempo insieme all’avvocato più bello di Venezia? Posso capire se non vuoi farlo ingelosire.” Rido passandomi la mano destra tra i lunghi capelli pettinandoli all’indietro, mentre una parte di me si ritrova a sperare che sia questo il motivo. Forse inizio a piacerle.
 
Invece di rispondermi Cristine si blocca e infila la mano nella borsa. Per un secondo temo che voglia rispondere alla chiamata e probabilmente deridermi per la mia affermazione con lo stupido fidanzato. Al posto del telefono tuttavia ne estrae un mazzo di chiavi e io mi rendo conto di essere davanti ad una porta con il nome Defalco sulla targhetta. “Grazie mille Filippo, per avermi aiutata e per avermi riaccompagnata.”
 
“Basta ringraziarmi, mi scoccia un po’ ammetterlo ma è stato un piacere.” Scherzo imbarazzato dai suoi grandi occhi azzurri su di me. “Speriamo che sia un nuovo inizio.”
 
“Credo che lo sarà.” Mi rassicura senza smettere di sorridermi, fa un passo verso di me e si alza sulle punte fino a raggiungere la mia guancia dove deposita un totalmente inaspettato bacio. “Buonanotte Filippo.” Mi saluta in un sussurro aprendo la porta di casa ed entrando prima che io riesca a risponderle.
 
“Buonanotte Christine.” Biascico una volta rimasto solo passandomi le dita della mano destra sulla guancia che lei ha sfiorato con quelle labbra invitanti.
 
No,no,no. Non doveva andare così. Invece di allontanarla da me la sto facendo avvicinare ancora di più e ogni suo nuovo aspetto che conosco la rende ancora più bella ai miei occhi. Maledizione. Come farò ad andare avanti così? Soprattutto adesso che sicuramente mio padre l’assumerà visto l’ottimo scritto che gli presenterà domani.
Si sta mettendo male, molto male.

Tiro fuori il telefono dalla tasca della giacca il cellulare e chiamo Teo. Ho decisamente bisogno di una tequila.
 
 
Angolo autrice:
 
Bene bene bene. Ecco il nuovo capitolo.
Spero non vi abbia annoiato la parte giuridica.. Ho cercato di tagliarla il più possibile ma qual cosina doveva esserci…
Filippo e Christine iniziano a fare conoscenza e questo loro avvicinamento forzato sembra aver portato molti frutti.
Al prossimo aggiornamento che spero arriverà presto…
Lachiaretta.

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Capitolo 8
*** CAPITOLO VIII ***





CAPITOLO VIII




 

POV FILIPPO
 

"Si può sapere cosa ti è successo ieri?" Teo si siede al mio fianco porgendo una moneta da un euro alla barista e ammiccandole maliziosamente. La ragazza, completamente rossa in volto, afferra la moneta e corre alla macchina del caffè, pochi istanti dopo torna con un macchiato traboccante di schiuma e decorato con un cuore di caramello e cioccolato in polvere. La stessa storia ogni mattina, chissà se si renderà mai conto che Teo non è veramente interessato a lei ma solo al suo caffè?

"In che senso?" Gli chiedo di rimando non capendo veramente il senso della sua domanda.

"Sei arrivato, ti sei scolato due tequila e sei andato via... da solo!" Specifica il mio amico portandosi la tazza alla bocca e riempiendosi la barba di latte montato tanto che mi devo mordere il labbro inferiore per non scoppiare a ridergli in faccia.
Ieri sera, dopo aver riaccompagnato Christine a casa sua, ho chiamato Teo assicurandomi che fosse ancora ai Giardini dell'Eden, nonostante l'ora tarda. Una volta arrivato l'ho trovato seduto ad un tavolo insieme ad una rossa mozzafiato. Era proprio bella nonostante i dieci anni in più del mio amico e decisamente interessata ad approfondire la conoscenza. Lo si intuiva chiaramente dallo sguardo furbo, da come regolarmente si inumidiva le labbra carnose e dalla sua mano che vagava casualmente troppo vicino al cavallo dei pantaloni. Teo però sembrava ignorarla mentre i suoi occhi vagavano per la stanza fissandosi continuamente sul centro della pista da ballo dove Camilla saltellava agitando la lunga chioma bionda avvinghiata al suo fidanzato, Giovanni Pavanetto. A differenza della ragazza Giovanni si era chiaramente accorto della presenza di Teo e nonostante l'espressione truce non riusciva a distogliere lo sguardo.
Mi sono seduto al bancone e ho ordinato una tequila scolandomela in un solo sorso. Avrei tanto voluto parlare con il mio amico, buttare fuori tutta la confusione che sentivo dentro, ma non mi andava di disturbare, né il contatto fisico né tantomeno quello visivo. Quindi ho chiesto alla barista un altro bicchiere e dopo averlo bevuto sono tornato a casa senza nemmeno salutare.
"Allora com'è andata ieri?" Continua attendendo una risposta da parte mia.

Scrollo le spalle portandomi alla bocca l'ultimo pezzo di cornetto al cioccolato rimasto. "è andata..." Biascico ripensando alla serata. Ed è vero. È andata. Abbiamo lavorato discretamente, scritto un atto di livello talmente alto che nemmeno da solo avrei potuto raggiungere grazie alle mie conoscenze e al suo spirito innato. A differenza di molti Christine è in grado di trasmettere ai suoi scritti tutto il suo carattere "bisbetico" attraverso frasi mirate e parole pungenti. Per la prima volta siamo riusciti a parlare senza discutere, provocarci o litigare. È andata bene? Decisamente no! Mi sono alleato con Mel e l'abbiamo torturata al solo scopo di allontanarla dallo studio e alla fine ho concentrato le mie energie per aiutarla a rimanere. Appena mio padre leggerà il nostro lavoro non potrà non confermarla e adesso sarò costretto a vederla ogni giorno. E quel maledetto bacio...

Teo davanti a me strabuzza gli occhi mentre un'espressione seria gli si dipinge in volto. "Andata? Spero tu non le abbia giocato qualche altro brutto tiro!" Non capisco perché sia così tanto interessato a lei.

"No, tranquillo." Preciso immediatamente alzando le mani in segno di difesa. "Non mi hai lasciato molta scelta e ho deciso che non le metterò più i bastoni tra le ruote. Ha già abbastanza problemi. Lo sapevi che suo padre è gravemente malato?"

"Non ne avevo idea." Si affretta a rispondere visibilmente dispiaciuto per la notizia ma non riuscendo a nascondere un sorriso del tutto fuori luogo. Io dal canto mio metto su il broncio incrociando le braccia al petto, innervosito dalla sua reazione. Tutta la settimana che sembrava essere diventato il suo migliore amico e ora ride delle sue disgrazie. Ovviamente al mio amico non sfugge la mia reazione. "Non mi fraintendere Fil, mi dispiace per Christine, tantissimo, e mi meraviglia tutta la sua forza. Ma diavolo. Ho passato l'intera settimana con lei e abbiamo parlato di qualsiasi cosa, QUALSIASI, ma mai niente di così personale, e a te sono bastate un paio d'ore per scendere così in intimità. Credevo non ci fosse buon sangue tra voi."

"Ed è così, non andiamo d'accordo. Solo che abbiamo sotterrato l'ascia di guerra o almeno così credo." Preciso bevendo in un sorso quello che è avanzato del mio caffè ormai freddo. Chissà perché ha voluto confidare proprio a me un particolare così delicato della sua vita, sicuramente non per imbonirmi perché ormai le avevo dato tutto l'aiuto possibile. Con Teo invece ha parlato di qualsiasi cosa ma mai di suo padre. Qualsiasi cosa? "E ti ha mai detto qualcosa del suo fidanzato?"

Il sorriso che fino a prima illuminava il volto del mio amico si trasforma improvvisamente in una grossa e fragorosa risata. "E perché ti interessa?" Mi domanda in risposta. "Non è che sotto sotto ti piace quella ragazza?"

Sgrano gli occhi e spalanco la bocca allibito per la sua domanda. Non ho mai nascosto di trovare Christine una ragazza scopab... una bella ragazza, ma addirittura piacermi... Apro e chiudo un paio di volte la bocca alla ricerca di qualche parola sensata per poter rispondere al mio amico senza però trovare nulla da dire.
Fortunatamente una massa di capelli mori castani mi salva all'ultimo istante infilandosi tra me e il mio amico. Le braccia di Mel cingono sia me che suo cugino mentre contemporaneamente deposita un intenso bacio sulla mia guancia sinistra, un po' troppo vicino all'angolo della bocca. Sorride eccessivamente e i suoi grandi occhi da gatta verde scuro sono illuminati di una strana luce.

"Sei di buon umore cugina?" Le chiede Teo slacciandosi dalla sua presa e facendo cenno alla barista affinchè anche lei ordini.

"Non prendo niente grazie, dobbiamo andare in studio. Subito!" Dichiara tirandomi con forza per la manica della giacca viola.

"Calma calma." Tiro il braccio sperando di non sgualcire ulteriormente la giacca, già mio padre non sopporta il mio stile eccentrico, figurarsi se mi presento anche in disordine. "Tanta fretta di lavorare?"

"Assolutamente." Mi risponde spingendomi in piedi giù dallo sgabello. "Ti ho finalmente liberato della dottoressa modella, ieri sera prima di andare via le ho cancellato una memorietta che aveva scritto come prova finale. Non che fosse un buon lavoro, non si sarebbe salvata comunque ma almeno eliminandola mi sono assicurata di non darle ulteriori possibilità."

"Quindi ammetti così spudoratamente di essere stata tu a cestinare il suo lavoro." La rimprovera Teo guardandola stizzito. "Mi dispiace deluderti però, sappi che Filippo..."

"... l'ho vista lavorare fino a tardi per scrivere nuovamente la memoria." Lo interrompo per impedirgli di raccontare la verità alla cugina. Se solo sapesse che l'ho aiutata si infurierebbe con me ma soprattutto con lei. Non riuscirebbe a mandare giù un affronto di tal genere e finirebbe solo per odiarla ancora di più al punto da escogitare qualche altro subdolo piano per metterla in difficoltà. Potrebbe dire a mio padre che l'ho aiutata a scrivere l'atto inficiando l'intera prova nonostante sia frutto quasi totalmente del suo lavoro, continuerebbe a darle filo da torcere e io le ho promesso che avrei fatto di tutto per farla smettere. Oltretutto non la finirebbe più di rompere. Fortunatamente Teo sembra intuire i miei pensieri e annuisce assecondando la mia bugia.

"Beh, non cambia molto. Ci aveva messo un giorno intero a scrivere una comparsa mediocre, può aver lavorato anche l'intera notte ma sono sicura che il risultato sarà pessimo." Conclude trionfante, convinta che Christine non sia in grado di scrivere una buona memoria. Non ha idea di quanto si sbaglia. "Allora andiamo, Belli senior sarà già in studio e probabilmente starà già decidendo del suo destino. Vediamo quale sarà il risultato di tanto lavoro."

Dopo aver pagato il conto per la mia colazione, tutti e tre usciamo dal bar e ci dirigiamo verso lo studio. Melita cammina alla velocità maggiore che le consentono i tacchi troppo alti, addirittura ignorando gli sguardi ingordi della maggior parte degli uomini che incrociamo. Come sempre non riesce a passare inosservata, bellissima nel suo completo grigio scuro. I pantaloni aderenti e alti in caviglia slanciano la sua snella figura, mentre dai bottoni della camicia lasciati volontariamente aperti fa capolino il pizzo rosso scuro del suo reggiseno. Se non fossi abituato a vederla così tutti i giorni probabilmente strabuzzerei anch'io gli occhi, esattamente come i maschi che ci circondano.
Entrati in studio butto immediatamente l'occhio all'interno della stanza dei dottori curioso di sapere se Christine è già arrivata ed è lì che la trovo, ma non sola. Seduto al suo posto c'è mio padre concentrato nella lettura di alcuni fogli che stringe tra le mani, sicuramente l'atto, mentre lei, in piedi al centro della stanza, lo osserva in silenzio torturandosi le mani per la tensione. Ci mette qualche istante ad accorgersi della nostra presenza alle sue spalle e quando si volta verso di noi abbozza un sorriso stirato prima di indurirsi alla vista di Melita. Indossa semplicemente un paio di jeans aderenti che le fasciano le gambe magre e una camicetta senza bottoni rosa antico con le maniche a sbuffo. Nessuna scollatura, nessuna trasparenza, niente di sexy, solo un paio di Jeans e una camicia. E io mi ritrovo a strabuzzare gli occhi come se avessi appena visto la donna più bella di Venezia. I lunghi capelli scuri le ricadono liberi sulle spalle in morbide onde e gli occhi azzurri illuminati grazie alla perfetta riga nera che li circonda. È perfetta.
Mi sveglio dal mio sogno ad occhi aperti appena il tacco di Mel urta violentemente contro la mia tibia, un'imprecazione esce dalle mie labbra prima che riesca a bloccarla. Mio padre alza lo sguardo verso di noi e scuotendo il capo mi saluta controvoglia con un serissimo: "Buongiorno a te Filippo..." per poi tornare a concentrarsi sull'elaborato di Christine.

Perché devo sempre sembrare un completo idiota ai suoi occhi? On mi rispetterà mai. Riporto lo sguardo sulla mia amica al mio fianco che scrolla le spalle fissandomi seria, nemmeno un accenno di dispiacere. È tesa quasi fosse anche lei sotto esame. Sono curioso anch'io quanto lei di conoscere le sorti di Christine ma ora che mio padre si è accorto di noi non possiamo rimanere imbambolati sulla porta ignorando il nostro lavoro. Anche Teo pare del mio stesso avviso tanto che mette una mano sulla spalla di entrambi tirandoci indietro nel corridoio.
A malincuore ci dirigiamo ognuno nelle proprie stanze, io lascio però la porta aperta per poter captare qualche parola della loro conversazione.
I lunghi minuti successivi trascorrono avvolti in un surreale silenzio. Non uso il computer, ho staccato il telefono, fatico addirittura a respirare pur di non fare alcun rumore che disturbi quella pace. Come può non aver ancora terminato la lettura? Magari non gli piace. No, non è possibile, sono certo che sia quasi perfetto. E se mi fosse sfuggito qualche errore?
Blocco le mie congetture appena vedo mio padre attraversare a passo spedito il corridoio, passare davanti alla mia porta e proseguire oltre, fino alla sua stanza.
Immediatamente mi alzo in piedi e mi fiondo da lei curioso di sapere il verdetto del suo lavoro bloccandomi non appena mi ritrovo puntati addosso i grandi occhi di Camilla. Quando è arrivata? Ero così preso da Christine da non essermi accorta della sua presenza all'interno della stanza?

"Ciao Filippo! Hai bisogno di qualcosa?" Mi domanda sbattendo un paio di volte le palpebre contornate di ciglia bionde. Al diavolo, perché deve essere così maledettamente servizievole. Mi è sempre piaciuta per questo lato del suo carattere ma oggi proprio non riesco a sopportarla.

"Eh... no!" Biascico passandomi la mano destra tra i lunghi capelli, forse dovrei andare dal barbiere. "In verità volevo solo..." balbetto vergognandomi come un verme ma bisognoso di avere una risposta. "volevo chiedere se..." Continuo incapace di formulare una domanda completa e comprensibile tanto che Camilla mi sta fissando con gli occhi sbarrati e l'aria di chi non abbia la minima idea di cosa stia accadendo.

"Non ha detto niente." Interviene in mio aiuto Christine dando un senso alle mie parole. "Ha terminato di leggere ed è andato via senza dire nulla."

"Ma avrà fatto qualcosa, un'espressione, un cenno, qualsiasi cosa per farti intuire se ne era contento o meno." Domando dimenticandomi per un istante di chi stiamo veramente parlando: mio padre. Un padre che non ho mai visto sorridere, un padre che non ha mai avuto in viso un'espressione di gioia, o felicità, o stupore, o qualunque altra cosa che non fosse seria o contrariata.

"Nulla di nulla." Continua lei scrollando le spalle. "Beh almeno non mi ha detto di raccogliere le mie cose e andarmene. Potrebbe essere positivo."

Annuisco sforzandomi di ignorare lo sguardo indagatore di Camilla puntato su di noi. Come potrebbe essere altrimenti? Fino a ieri non facevamo altro che litigare come cane e gatto e ora...




 

POV TEO

 

"Si può sapere cosa ti è saltato in mente?"

Giovanni Pavanetto, in splendida forma nei suoi jeans scuri e camicia azzurro chiaro, entra nella mia stanza sbattendo rumorosamente la porta. Nonostante la voce controllata posso percepire chiaramente la sua rabbia, la intuisco dalle grosse vene pulsanti del collo, dai bicipiti gonfi che tirano il tessuto chiaro, dalla mascella rigida e gli occhi fiammeggianti. Cristo quanto è bello. "Buongiorno a te mio caro." Gli rispondo facendogli notare la sua mancanza di educazione.

Giovanni solleva le braccia frustato mimandomi un bel –va a quel paese-. "Al diavolo i convenevoli Matteo, cosa ti è passato per la testa ieri sera?"

"Mi sono fatto quella spumeggiante rossa e ne è valsa la pena. Tu?" Lo provoco accomodandomi davanti a lui sul bordo della grande scrivania in mogano.

"Cosa ho fatto io non ti interessa!" Alza la voce di un paio di toni visibilmente irritato. "Come ti è venuto in mente di guardarmi in quel modo mentre quella donna ti toccava? Davanti a Camilla per di più!"
Alle sue parole non riesco a trattenere gli angoli della bocca e sul volto mi si apre un gran sorriso.
"CHE CACCHIO HAI DA RIDERE? NON STO SCHERZANDO!" Sbraita improvvisamente fregandosene di poter essere sentito.

"Non capisco cosa ti abbia dato più fastidio: il fatto che ti guardassi o che quella donna mi toccasse." Rido sonoramente sollevandomi dalla scrivania e avvicinandomi pericolosamente a lui.

"Io sono FI-DAN-ZA-TO." Precisa soffermandosi su ogni singola sillaba. "Non mi importa se ti fai un'intera squadra di nuoto femminile. Devi smetterla di guardarmi come se volessi spogliarmi con gli occhi." Sbotta nervosamente incrociando le braccia al petto.

"Oh, ma io non vorrei solamente spogliarti." Soffio a pochi centimetri dal suo viso. La sua espressione dura vacilla leggermente alle mie parole e per un brevissimo istante vedo i suoi occhi scendere sulle mie labbra che saggiamente inumidisco con punta della lingua.

"Matteo io non sono gay."

"Non sembravi di quest'avviso quella sera in discoteca." Gli faccio notare. Ormai ci separano uno spazio talmente breve che mi basterebbe abbassare il capo per poter unire le nostre labbra, di nuovo. Per quanto dichiari di non volermi non riesce ad allontanarsi da me, nemmeno quando si passa la mano sugli occhi quasi a voler scacciare l'immagine che gli ho appena riportato alla mente.

"Ero ubriaco, non sapevo quello che facevo." Sbuffa frustato lasciando cadere la mano sulla mia spalla e facendo una lieve pressione per allontanarmi. Io però faccio perno sui talloni per non spostarmi di un solo millimetro.

"Posso dire con certezza che ti è piaciuto però!" Ghigno malizioso al ricordo di quella serata.

Giovanni lavorava con già da un annetto con noi, l'avevo sempre trovato un bellissimo ragazzo ma non gli avevo mai dato troppa corda non volendo smascherare il mio orientamento sessuale in studio, ne erano a conoscenza solo Filippo e Melita.
Era una calda sera di luglio e io e Filippo eravamo usciti per bere qualcosa. Arrivati alla Vedova Nera abbiamo incontrato Mel e una sua amica, tale Elisa se non mi sbaglio, una biondina non troppo alta e magrissima che non ho più rivisto. Abbiamo aperto un paio di bottiglie di vino e siamo finiti ubriachi all'interno di una delle discoteche abusive dietro Piazza San Marco. Non era iniziata proprio bene la serata considerato che dopo una manciata di minuti Filippo aveva cominciato a flirtare con la bionda facendo andare Mel su tutte le furie. Quando i due hanno iniziato a baciarsi sono letteralmente scappato nascondendomi in uno dei bar al piano inferiore dove trovai Giovanni intento a scolarsi un qualche liquore molto scuro.
Lo salutai con un cenno del capo e, dopo essermi accertato di non essere stato seguito da mia cugina, mi accomodai sullo sgabello accanto al suo.
All'inizio la conversazione era tesa e distaccata ma dopo tre o quattro bicchieri di troppo abbiamo iniziato a scherzare e ridere come se fossimo amici da sempre. Oltre che bellissimo era anche simpatico.
Ad un certo punto due ragazze tutt'altro che carine si sono avvicinate a noi ballando in un modo così volgare da far accapponare la pelle, ci avevano puntati e speravano di rimorchiarci. Pur di liberarmene optai per una mezza verità: "mi spiace ragazze ma sono frocio."
Loro in tutta risposta sono scoppiate a ridere dandomi del bugiardo e non credendo alle mie parole.
Intervenne allora Giovanni confermando la mia affermazione e avvalorandola aggiungendo di essere anche lui omosessuale e nello specifico il mio fidanzato. Le due ragazze hanno letteralmente sbarrato gli occhi ancora incerte se crederci o meno finché la più giovane delle due ci ha chiesto un bacio di prova.
Ancora stento a credere al pensiero di Giovanni che si alza dal suo sgabello e con estrema lentezza avvicina sorridendo il suo volto al mio, appoggia delicatamente le sue labbra sulle mie e si sofferma per un interminabile istante finchè le mie mani sfuggono al mio controllo, si insinuano tra i folti capelli castani impedendogli di allontanarsi da me. Le mie labbra iniziano a muoversi saggiando quelle del ragazzo al sapore di un qualche forte liquore che non riesco a riconoscere, la lingua spinge per farsi spazio all'interno della sua bocca e accarezzando la sua, annodandosi, cercandosi, intercettandosi.
Nessuno mi ha mai baciato così bene.
Quando finalmente ci stacchiamo le due ragazze sembrano essersi volatilizzate, e noi riprendiamo da dove ci siamo interrotti.

"Io sto insieme a Camilla e non voglio farle del male. Stai alla larga da me Matteo. Non succederà mai più." Sibila in un soffio prima di voltarmi le spalle e correre fuori dal mio studio. Lontano da me e da ogni tentazione, perché io lo so che lui mi vuole ancora e prima o poi tornerà tra le mie braccia.



 

 

POV FILIPPO

 

Mel entra nel mio studio lasciandosi sbattere la porta dietro le spalle e si siede scompostamente sulla sedia di fronte alla mia.
"Non posso crederci." Esordisce comprendoni il volto con entrambe le mani. Alzo lo sguardo dal mio computer concentrandomi su di lei e su cosa la turba. "Ho appena sentito parlare tuo padre, tuo zio e tua zia. Indovina! Hanno deciso di tenerla." Sbotta incrociando le braccia al petto e mettendo su il broncio tanto che mi devo sforzare per bloccare sul nascere un sorriso di soddisfazione. Ce l'ha fatta. "Come avrà fatto?"

Scrollo le spalle continuando a fingere di non averla aiutata la notte scorsa. "Non so Mel, forse è brava davvero."

"Tu credi?" Domanda sollevando il sopracciglio destro come se dalla mia bocca fosse uscita la più grande idiozia. "Ma non preoccuparti, ci basterà insistere per farla crollare. Non potrà lavorare giorno e notte per sempre."

Le sue parole mi colpiscono come un pugno. Devo ancora dirle che non voglio continuare con il nostro gioco ma soprattutto devo convincerla a darci un taglio anche a lei. Inspiro profondamente un paio di volte prima di trovare il coraggio di emettere una sola parola. "Ehm..." Prendo ancora una volta fiato, sono sicuro che andrà su tutte le furie. "In verità non sono sicuro di voler continuare."

"A fare cosa?" Domanda lei voltandosi verso di me, la fronte corrucciata.

"Questa cosa che abbiamo iniziato... torturare Christine." Emetto con un filo di voce abbassando lo sguardo sulle carte sparse sulla mia scrivania.

"E di grazia, posso sapere perché?" Continua lei, il tono della voce fermo e privo di ogni tipo di inclinazione tanto che devo alzare ancora una volta gli occhi su di lei per rendermi conto che è effettivamente arrabbiata. Lo percepisco dalle mani tese che stringono i poggioli, dagli occhi stretti a fessura e dalle labbra increspate.

Inspiro un'altra volta a pieni polmoni in cerca di una risposta che riesca a calmarla, potrebbe esplodere da un momento all'altro facendo terra bruciata intorno a lei. "Mio padre. Fino ad oggi Christine non ha detto niente a nessuno, ma se andasse da mio padre o da zia Michela a lamentarsi? Sai come andrebbe a finire? Il rapporto tra me e mio padre è già abbastanza teso, non sono il figlio modello che cercava, potrebbe essere la sua occasione per buttarmi fuori a calci."

Mel sgrana gli occhi e scuote violentemente la testa. "Ma no Filippo, non credo che arriverebbe a tanto. Potrebbe arrabbiarsi ma mandarti via?"

"Me l'ha praticamente detto!" Mento spudoratamente abbassando ancora una volta lo sguardo fingendo un'improvvisa vergogna. "Le sue parole esatte sono state 'Combina un'altra delle tue e sei fuori, figlio o non figlio.'" Pronunciata l'ultima parola alzo nuovamente il capo notando con mio grande piacere di aver colto nel segno, se l'è bevuta. "Terminiamola qui Mel. Entrambi. Se anche smettessi solo io di farle qualche brutto scherzo lei potrebbe comunque pensare che sia opera mia e mi accuserebbe."

"E dovremo far finta che non esista?" Continua scettica fissando i suoi grandi occhi da gatta nei miei. Io rimango in silenzio non sapendo se rispondere affermativamente o negativamente. Come mi comporterò io con Christine d'ora in avanti? "Vabbè. Piuttosto che rischiare che tuo padre ti mandi via preferisco sopportare la vista di quella sciacquetta. Spero solo che si tanga alla larga da me."

Le sorrido riconoscente orgoglioso di me stesso per averla convinta. Non credevo che sarebbe stato così facile ma in fondo è una buona amica e tiene a me.
 

Trascorro l'ora successiva a lavorare alla mia opposizione allo stato passivo cercando di venire a capo ai conti malfatti del curatore. A ritmo regolare butto l'occhio in fondo al corridoio aspettando che Camilla esca dalla stanza per poter confidare a Christine la bella notizia. Probabilmente mio padre intende aspettare la fine della giornata. Camilla però non sembra intenzionata ad allontanarsi nemmeno per andare in bagno e io rinuncio ad ogni mia speranza quando vedo addirittura aggiungersi a lei Giovanni che stranamente ha deciso di lavorare nonostante sia a casa per preparare l'esame di state. Poco prima di pranzo mio padre entra nella mia stanza e, senza nemmeno salutarmi, mi ordina di prendere la giacca e seguirlo. Quindi passo l'intero pomeriggio con lui passando da un pranzo con un direttore di banca e sei appuntamenti con clienti diversi e in sei punti diversi di Venezia. In poche parole il pomeriggio ideale.
Quando rientriamo in studio sono ormai le 18.20 e, ciliegina sulla torta, mio padre pretende di vedere l'opposizione entro stasera. Mi chiudo nella mia stanza a rileggere l'atto per correggere possibili errori, senza riuscire a parlare con Christine. Un'ora mi alzo dalla mia comoda sedia in pelle e porto il fascicolo a mio padre in tempo per vedere Teo infilarsi la giacca e dirigersi verso l'uscita.

"Già finito?" Gli domando fermandomi al suo fianco. "Consegno questo a papà ed esco anch'io, se mi aspetti ci facciamo uno spritz."

"A dire il vero sto andando alla Vedova Nera insieme a Christine, Camilla e Giovanni... sai per festeggiare... tuo padre le ha appena comunicato che da lunedì sarà parte effettiva dell'organico dello studio..." Balbetta incerto, sicuramente frenato dall'espressione delusa che mi si è dipinta in volto. "Beh ma puoi venire con noi..."

"No, no." Mi affretto a rispondergli. "Vai tranquillo. Mia madre sarà contenta di vedermi a casa in tempo per la cena." Saluto il mio amico con una pacca sulla spalla e riprendo il cammino verso la stanza di mio padre. Bell'amico però, se ne va a bere l'aperitivo insieme a Christine e gli altri due lasciandomi solo. Mi ha invitato solo perché si sentiva in colpa, eppure sono stato io ad aiutare Christine con la memoria: se ha superato la prova è anche merito mio cavolo.
Che si divertano pure quei due insieme, per quel che mi riguarda possono uscire insieme ogni sera. Per quel che mi riguarda non esiste, Christine non esiste.

Lascio il fascicolo a mio padre e ancora nervoso per l'accaduto ritorno da me per recuperare la giacca. La infilo e recupero il telefono in carica dalla scrivania. Mi ci vuole qualche istante per notare il piccolo post-it rosa attaccato al centro dello schermo. Tutta la rabbia che pochi istanti fa si era impadronita di me sembra essere svanita alla stessa velocità con cui mi aveva travolto.

 

CIAO FILIPPO,
VOLEVO INVITARTI DI PERSONA MA PRIMA STAVI LAVORANDO E POI ERI DA TUO PADRE.
SIAMO ALLA VEDOVA NERA A FESTEGGIARE.
RAGGIUNGICI
CHRISTINE
;)





 

ANGOLO AUTRICE

CIAO A TUTTI...
SCUSATEMI PER L'IMMENSO RITARDO MA ULTIMAMENTE è STATO DIFFICILE SCRIVERE.
Già DOMANI COMINCERò IL PROSSIMO CAPITOLO E SPERO DI RIUSCIRE AD AGGIORNARE MASSIMO IN UNA SETTIMANA.
IN QUESTO CAPITOLO HO FINALMENTE INTRODOTTO UN NUOVO PERSONAGGIO... IL BEL GIOVANNI. FIDANZATO DI CAMILLA MA ANCHE 'AMICO' DI TEO...

FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE DI LUI E DELLA PIEGA CHE STA PRENDENDO QUESTA MIA NUOVA STORIA...

BACI
LACHIARETTA.

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Capitolo 9
*** CAPITOLO IX ***


CAPITOLO IX
 
 
 
“Mi stai distruggendo la batteria del cellulare.” Sibilo al telefono allontanandomi leggermente da Teo, Camilla e Giovanni che mi precedono all’interno della Vedova Nera.
 
“Ti prego Christine, non mettere giù, voglio solo parlare.”
 
“E cosa ti fa credere che io voglia parlare con te. Se avessi voluto avrei risposto alle altre centocinquanta telefonate con cui mi stai tempestando da ieri.” Avevo chiesto ad Andrea qualche giorno per riflettere, avevo bisogno di star tranquilla per potermi concentrare sul lavoro e la prova di ieri e ciò non contemplava parlare con lui. Andrea invece, dopo avermi concesso una tregua fino a ieri sera ha ricominciato a chiamarmi ininterrottamente.
Non so nemmeno perché ho risposto invece di ignorare come al solito la sua chiamata, forse perché non volevo mi scaricasse la batteria del telefono, o forse perchè, nonostante sia imperdonabile, avevo solo voglia di sentirlo.
 
“Ti prego Christine” La sua voce bassa e lamentosa mi stringe il cuore. “Dobbiamo parlarne.”
 
“Parlare di cosa? Di te ed Estel? Ho già letto abbastanza.” Sbotto in un impeto di rabbia mentre le immagini di Teen Model della settimana scorsa mi si ripropongono davanti agli occhi. “Scusami ma proprio non ho voglia di parlarne, né adesso né mai.”
 
“No, no, no. Christine non è come credi.” Si affretta a giustificarsi. Tipica frase da uomo. “Ammetto che inizialmente ero arrabbiato con te perché non eri venuta, avevo bisogno di vederti, e ammetto di aver bevuto parecchio ma con Estelle non c’è stato assolutamente niente. Lei mi si è attaccata fin da subito chiedendomi perché non c’eri e credo si fosse accorta dei fotografi. Voleva uno scoop, qualcosa che le permettesse di raggiungere la prima pagina del giornale, non vale la metà di te.” Ecco cosa non volevo sentire, queste esatte parole. Le parole che avrebbero insinuato in me il dubbio. Come posso credergli? Ma come posso allo stesso tempo non credergli dopo tanti anni insieme?
E se veramente non fosse successo nulla tra loro?
 
“E allora perché non me lo hai detto subito? Perché hai lasciato che lo scoprissi così?” Continuo evitando accuratamente di raccontargli di Malefica e del modo in cui mi ha sbandierato la rivista davanti a tutti per umiliarmi.
 
“L’ho scoperto anch’io solo lunedì mattina in edicola. Ho provato a chiamarti ma tu non rispondevi. E domenica… Christine tuo padre stava male, non volevo darti ulteriori pensieri. Ti prego amore, credimi. Non è successo assolutamente nulla.”
 
Inspiro profondamente un paio di volte. Una parte di me vorrebbe credergli ma l’altra proprio non ci riesce. Ricordo bene l’ultima mia festa a Roma e al modo in cui guardava Estelle spogliarsi sopra quel suo maledetto tavolo. Non riusciva a trattenersi nemmeno di fronte a me. “io…” Balbetto incerta. “non so Andrea… ho bisogno di pensare…”
 
Vengo interrotta da una mano che si poggia sulla mia spalla per attirare la mia attenzione.
“Eccomi Christine, grazie per avermi invitato.” Filippo compare dietro di me, deve aver trovato il mio bigliettino e aver deciso di raggiungerci. Ci siamo già incontrati oggi ma come sempre mi perdo ad osservare la sua figura alta e magra, il suo stile eccentrico ma allo stesso tempo accurato e ricercato, quei capelli forse un po’ troppo lunghi, il sorriso eccessivamente smagliante e i suoi grandi occhi marroni su cui mi soffermo forse un po’ troppo.
 
“CHRISTINE.” Grida Andrea dall’altro capo del telefono riportandomi con i piedi per terra. “CHI CAVOLO C’E’ CON TE? SEI FUORI CON UN RAGAZZO?”
 
MI affretto a coprire con la mano l’apparecchio così che nessuno dei due ragazzi possa ulteriormente sentire la voce dell’altro mentre con il capo gli indico la porta del locale sussurrandogli di precedermi dato che gli altri sono già dentro. Appena credo che sia abbastanza distante riprendo la mia telefonata.
 
“…CREDERE CHE TU STIA USCENDO CON UN ALTRO.” Colgo solo le ultime parole della sua frase ma sono comunque abbastanza per farmi intuire che ha travisato la situazione. Sembra piuttosto arrabbiato.
 
“Andrea smettila di urlare o metto giù il telefono.” Sbotto sperando che la finisca di sbraitare. Come può pensare una cosa del genere, non ci siamo nemmeno ufficialmente lasciati e crede che io stia già uscendo con un altro. “Sono fuori con qualche collega dello studio legale…” sussurro a disagio dopo una mangiata di secondi di silenzio da parte di entrambi. Perché deve essere così difficile.
 
“E perché sei fuori con loro?” Continua duro, il tono sommesso di poco fa sembra essersi totalmente dissolto.
 
“Ho superato la prova…” Biascico innervosita da questo suo cambiamento d’umore improvviso e del tutto ingiustificato.
 
“E dimmi un po’. Come sono questi tuoi colleghi? Belli?”
 
Lo interrompo prima che possa formulare solo un’altra domanda. “Basta Andrea, non ho intenzione di proseguire questa conversazione e gli altri mi stanno aspettando. Ti richiamo io.” Su queste parole chiudo la conversazione premendo il tasto di fine chiamata. Diciotto minuti di telefonata.
Scuoto il capo realizzando che non parlavo così tanto con lui da una settimana. Da prima della pubblicazione di quel maledetto articolo su lui ed Estelle.
Immediatamente nella mia mente appare l’immagine di loro due, l’uno rivolto verso l’altra, intenti a sorridersi amorevolmente. Subito quella ferita che credevo rimarginata si riapre. Andrea nega tutto… che sia vero? Come posso credergli? Cosa sta facendo per farsi credere da me?
Fa tante storie per la mia uscita e magari lui stesso è già pronto per una delle sue solite feste.
Certo che è andato fuori di testa al solo sentire la voce di Filippo. E se lo vedesse?
 
“Christine tutto bene?” Camilla richiama la mia attenzione facendo capolino dalla spessa porta del locale.
 
Annuisco lievemente avvicinandomi a lei e riponendo il telefono all’interno della borsa. “Ho terminato.”
 
“Va tutto bene? Filippo ha detto di averti vista un po’ agitata poco fa e mi ha chiesto di venire a controllare.” Continua non riuscendo a nascondere un mezzo sorriso. Filippo era preoccupato per me? Che abbia sentito la mia telefonata?
Senza rendermi conto mi ritrovo a sorridere alla mia amica pensando al bel avvocato in pensiero per la mia situazione.
 
“Si, si.” Confermo non avendo intenzione di rovinare la serata a tutti con i miei problemi sentimentali. “Entriamo. Ho bisogno di bere.”
 
 
 
Una volta all’interno raggiungiamo i tre ragazzi seduti al bancone. Teo ride sonoramente sbattendo il pugno sul tavolo ad una qualche battuta di Filippo mentre Giovanni li osserva con aria severa. Non sembra andare molto d’accordo con i due avvocati, o forse c’è solo qualcosa che lo turba eccessivamente.
Ci accomodiamo sugli alti sgabelli e ordiniamo da bere: quattro prosecchi e una tequila liscia, quest’ultima per me. Abbasso lo sguardo imbarazzata mentre i miei accompagnatori strabuzzano gli occhi sbalorditi della mia ordinazione. In effetti non è nemmeno ora di cena.
 
“Però! Ci dai dentro ragazza!” Mi schernisce Teo colpendomi la spalla destra con la grande mano destra. “E io che ti facevo tanto delicata.”
 
Sento le guancie imporporarsi per l’imbarazzo, sia chiaro che non sono né mi sento un’alcolizzata ma non ho mai disdegnato un buon bicchiere di tequila, soprattutto dopo una settimana tanto pesante e una conversazione anche peggiore se possibile. Forse un solo bicchiere potrebbe non essere sufficiente. Apro e chiudo la bocca incapace di proferire una sola parole, forse avrei dovuto cominciare come loro con un bicchiere di buon vino.
 
“Non prenderla in giro.” Gli risponde prontamente Filippo prendendo inaspettatamente le mie difese. “Anzi cambio il mio ordine.” Esclama facendo un cenno con la mano alla cameriera che corre da lui sorridendogli e chinandosi sul bancone in modo da lasciare in bella vista il prosperoso seno attraverso la provocante scollatura. “Porta una tequila anche a me per favore.”
 
“Certamente dolcezza, tutto quello che vuoi.” Ammicca la rossa fissando i suoi grandi occhi verdi sul mio bel collega lasciando intendere che sembra disposta a concedergli molto di più di un semplice drink. Lui però non sembra darci peso e una volta afferrato il bicchiere si rivolge di nuovo verso di me per brindare.
 
Sorrido al bellissimo ragazzo al mio fianco portando il bicchierino alla bocca e ingoiando il contenuto in un solo sorso. Sento la gola bruciare al solo passaggio del liquido e una vampata di calore avvolge l’intero mio corpo. Tutto diventa improvvisamente più leggero tra le risate dei miei colleghi e senza rendermene conto mi ritrovo tra le mani un nuovo drink invece del bicchiere vuoto che sorreggevo fino a qualche istante prima.
Svuoto anche questo sentendo già la testa girare quindi afferro una manciata di patatine portandomele alla bocca e riempiendomi di briciole il vestito color cipria.
Alla mia destra Camilla e Teo ridono allegri prendendo in giro Melita e la sua faccia una volta scoperta la mia assunzione mentre Giovanni li osserva entrambi molto serio soffermandosi prima sulla sua fidanzata e poi sull’avvocato. Che sia geloso di loro? Forse teme che Camilla sia interessata a Teo?
In effetti tra i due sembra esserci feeling ma, almeno a mio parere, nessuno dei due sembra interessato all’altro, non più di una semplice amicizia. Eppure il suo sguardo duro lascia chiaramente intendere la sua disaprovazione.
Alla mia sinistra Filippo si fa consegnare dalla provocante cameriera altri due bicchieri di Tequila, insieme ad un bigliettino. Lui lo apre e lo osserva ancora sorridente, prima di richiuderlo e riporlo nel taschino della giacca viola.
Lascio perdere i miei compagni e mi avvicino a lui curiosa di conoscere il contenuto del messaggio. Appena si accorge della mia presenza accanto a lui mi porge il secondo bicchiere invitandomi a brindare, io lo afferro prontamente e lo faccio urtare al suo tirando indietro la testa e svuotandolo in un solo sorso, per l’ennesima volta.
 
“Vacci piano Christine, sembri già piuttosto allegra.” Mi consiglia avvicinandosi al mio orecchio, la voce impastata dall’alcool.
 
“Da che pulpito.” Biascico poggiando una mano sul suo petto, esattamente all’altezza del suo cuore o meglio del taschino incriminato. Filippo sorride sornione finchè non si accorge di ciò che stringo tra le mani. “E questo cos’è?” Domando alzando il biglietto della barista e sventolandolo di fronte al suo volto prima di passarlo a Camilla che lo afferra prontamente, incapace di trattenere una risata e lo porge a Teo.
 
“Dai ragazzi.” Sbotta Filippo alzandosi in piedi e cercando di recuperare il piccolo foglio di carta sotto lo sguardo sbigottito dell’avvenente cameriera.
 
Teo però una volta afferrato Filippo con entrambe le braccia passa a Giovanni il biglietto che lo apre e me lo ripassa sorridendo. Finalmente sembra divertirsi anche lui.
Con la coda dell’occhio leggo il contenuto del biglietto: un numero di telefono, l’indicazione dei suoi orari di lavoro e l’esplicita richiesta di chiamarla.
Come può una ragazza essere tanto sfacciata?
Io non avrei mai il coraggio di fare un gesto del genere, non ne ho mai avuto bisogno o forse l’occasione.
Riporto lo sguardo sulla cameriera scrutandola da capo a mezzo busto, l’unica parte di lei da me visibile oltre al bancone. La folta capigliatura rossa stretta in una coda alta le contorna il viso ricoperto di lentiggini, gli occhi sono grandi e verdi e la pelle chiarissima. Il fisico è abbastanza minuto se paragonato alla quarta di seno stretta nel top nero sicuramente di una taglia inferiore per non lasciare nulla all’immaginazione.
È una bella ragazza, devo ammetterlo, ma io sono molto meglio.
Porto il piccolo pezzo di carta davanti al volto di Filippo sventolandolo fregandomene di lei e dei suoi occhi puntati su di me.
 
“Lo rivuoi per caso?” Gli domando sfoderando uno dei miei migliori sorrisi, ripiegandolo nuovamente e infilandolo nella tasca dei pantaloni.
 
Ancora legato alla presa di Teo scoppia a ridere e scuote il capo. “Immagino che non sia tua intenzione restituirlo.” Mi risponde, il tono della voce allegro e chiaramente divertito.
 
Annuisco beffarda riportando lo sguardo sulla rossa che mi sta fissando con aria furiosa, gli occhi stretti a fessura non nascondono il suo odio nei nostri confronti. “Puoi anche tenerlo.” Si rivolge a me con aria di sfida dopo essersi avvicinata, si allunga sul bancone porgendo a Filippo un secondo bigliettino, questa volta però lo infila direttamente nella tasca dei suoi pantaloni soffermandosi eccessivamente vicino alle sue parti basse. Sento Teo scoppiare a ridere mentre Filippo la osserva nemmeno troppo sorpreso. Probabilmente è abituato ad avance del genere.
Un’improvvisa ondata di rabbia si impadronisce di me senza che mi sia ben chiaro il motivo, tutta l’ilarità di prima sembra avermi abbandonata. Accartoccio il bigliettino che ancora stringo tra le mani prima di lasciarlo cadere a terra.
 
“Portami un’altra tequila.” Le ordino perentoria. “Subito.”
 
 
 
 
 
 
FILIPPO’S POV
 
Allungo il braccio in tempo per afferrare Christine che oscilla pericolosamente sui tacchi eccessivamente alti. Cinque tequile sono effettivamente troppe per chiunque. Cingo la sua vita e la stringo inebriandomi del suo dolce profumo: Dior.
 
“Credo che sia ora di tornare a casa.” Annuncio all’allegro gruppo senza lasciare la presa sulla mia bella collega per la paura di vederla cadere a terra.
 
Camilla invece sorregge Teo aiutata da un contrariato Giovanni. “Decisamente è ora di andare. Non mi sento affatto bene.” Blatera, la voce impastata dall’alcool. Dopo un paio di bicchieri di prosecco ha deciso di unirsi a me e Christine, mischiando vino e tequila. Non proprio una scelta intelligente. E adesso nemmeno lui riesce a tenersi in piedi sulle sue gambe.
 
“Riuscite ad accompagnarlo?” Domando alla coppia di fidanzati pregando in una risposta affermativa perché se loro si occupano di Teo io potrò riportare a casa Christine.
 
“E lei?” Domanda Giovanni indicando con il capo la mora al mio fianco. Istintivamente tendo i muscoli del braccio destro stringendola ancora più a me. L’elegante stoffa del suo abito tra le mie dita è così morbida che nella mia testa non riesco a non immaginare quanto sarebbe bello sfilarla il vestito e sentire se la sua pelle è altrettanto liscia e setosa.
 
“Ci penso io, so dove abita.” Gli rispondo cercando di non lasciar trapelare la mia eccitazione all’idea di rimanere da solo con lei, non che abbia idee strane in testa, è completamente ubriaca e non approfitterei mai di una donna, ma sono certo che mi aiuterà ad avvicinarmi ancora più a lei.
 
“Ok allora.” Continua Camilla senza riuscire a nascondere il suo solito sorriso beffardo. “Ci vediamo domani.”
 
Su queste parole i tre mi voltano le spalle e si incamminano verso Piazzale Roma mentre io trascino Christine oltre il primo ponte accertandomi che non inciampi nonostante stia trascinando i piedi. Al culmine del quattro decido che potrebbe essere meno faticoso prenderla in braccio piuttosto che sollevarla a peso morto ad ogni gradino. Passo quindi il braccio sinistro sotto le sue ginocchia stringendomela al petto. Christine ride sonoramente agganciando entrambe le braccia al mio collo.
 
“Credo di aver bevuto troppo.” Biascica a pochi centimetri dal mio viso.
 
“Credo anch’io.” Confermi fissando i miei occhi nei suoi che ora sembrano ancora più azzurri del solito. “Sei stata ufficialmente battezzata dallo studio legale Belli. Preparati che con noi sono così quasi tutti i venerdì.”
 
“Non credo di riuscire a reggere…” Appoggia la testa sulla mia spalla socchiudendo gli occhi. Così tenera e indifesa sembra quasi una bambina, fatico a paragonarla alla iena che su tutte le furie mi ha lanciato un bicchiere addosso solo una settimana fa. Alzo lo sguardo verso il portone di fronte a me insicuro se comunicarle che siamo arrivati o meno. Sfortunatamente è lei ad alzare il capo e riconoscere la propria casa.
Con non poca fatica sfila entrambe le gambe dalla mia presa e cerca di rimettersi dritta, dopo essersi tolta le scarpe e aver riparato i piedi sullo zerbino.
“Grazie Filippo, sei stato gentile ad accompagnarmi a casa… in braccio.” Il capo chino, troppo timida per sostenere il mio sguardo.
 
“è stato un piacere.” Ammetto passandomi la mano destra tra i capelli per l’imbarazzo. Come può questa donna annientare tutta la mia sicurezza. Sarà perché un giorno sembra odiarmi e il giorno seguente sembra essere chiaramente interessata a me. Anche prima con la rossa, il modo in cui ha reagito al suo gesto provocatorio, sembrava … gelosa. “Possiamo rifarlo quando vuoi.” Continuo facendola scoppiare a ridere talmente forte che deve coprirsi la bocca con il palmo della mano per non svegliare l’intero vicinato. “Prima al telefono mi sembravi un po’ tesa. Parlavi con il tuo ragazzo?” Le domando a denti stretti troppo curioso di avere qualche notizia in più sulla sua vita sentimentale.
 
“Ah ah.” Annuisce tornando immediatamente seria. “Ma non so se siamo ancora insieme.”
 
Le sue parole mi lasciando a bocca aperta. Ieri sera aveva accennato di non voler parlare con lui al punto da ignorare le sue telefonate ma non immaginavo avessero così tanti problemi. Non ha detto di averlo lasciato però. Cosa vuol dire che lei non sa se sono ancora insieme? è single o no. “Come mai?” Continuo deciso di approfittare del suo stato di ubriachezza per ottenere più informazioni possibili.
 
Christine solleva gli occhi al cielo prima di sorridermi forzatamente, immediatamente mi pento di essere stato così tanto invadente. “La rivista.” Ammette d’un fiato e io ripenso all’immagine di lei in intimo di pizzo nero sentendo il cavallo dei pantaloni farsi improvvisamente più stretto. Vorrei ricordare la faccia dello stupido fidanzato ma l’unica immagina che mi torna alla mente è lei quasi completamente svestita.
 
“La rivista…?” Ripeto mandando giù la grossa quantità di saliva che si è concentrata all’interno della mia bocca.
 
Christine annuisce ancora abbassando di nuovo lo sguardo. “Vi ho mentito. Non era una trovata pubblicitaria. Lui dice non essere successo nulla con Estelle ma le immagini erano abbastanza chiare.”
 
“Direi di sì.” Rispondo senza pensare, la mia mente ancora concentrata sul ricordo della copertina di Teen Model. “Cioè no! Aspetta … non so…” Balbetto cercando di non ferirla ma non volendo nemmeno difendere lo stupido fidanzato.
 
Lei mi sorride teneramente sollevando entrambe le sopracciglia. “Staremo a vedere… e tu?” Mi domanda prendendomi alla sprovvista.
 
“Io cosa?”
 
“Sei fidanzato?” Precisa scrutandomi con i grandi occhi azzurri.
 
“No.” Le rispondo, in effetti ho detto chiaramente a Laura che l’avrei cercata io se avessi voluto rivederla e il mio silenzio di quasi due settimana dovrebbe essere abbastanza chiaro. Non che sia stato male con lei in Messico, è bella, intelligente e una bomba a letto, ma non sono proprio il tipo da relazione fissa, o almeno così credevo.
 
“La chiamerai?” Domanda fingendo di guardarsi intorno per non mantenere gli occhi fissi nei miei. Le gote leggermente arrossate. Ormai la conosco abbastanza da capire le sue espressioni. “La cameriera intendo.” Termina precedendo la mia domanda e confermando la mia teoria sulla sua gelosia. Avevo dimenticato di avere ancora il suo numero nella tasca dei pantaloni. Non era assolutamente male. Le rosse mi hanno sempre attratto, sarà per quel non so che di selvaggio. In effetti potrei chiamarla, una parte di me ha bisogno di sfogarsi e sono sicuro di essere ben lontano dal potermi infilare nel letto di Christine.
 
“Ti interessa?” Avvicino il mio volto al suo, soffiandole la domanda a pochissimi centimetri dal suo. L’odore pungente della Tequila mista al suo dolcissimo profumo mi aiuta a ritrovare tutta la mia sicurezza mentre un sorrisetto malizioso mi si dipinge in volto. Il suo volto si colora di rosso acceso sintomo che la mia supposizione corrisponde alla realtà. Vorrei saperne di più, cercare di capire cosa le passa veramente per la testa, ma se è veramente timida come penso non farei altro che allontanarla. Devo comportarmi bene se voglio riuscire a conquistarla, e questo significa che devo ignorare il mio amichetto che preme sul cavallo dei pantaloni e defilarmi prima di dire qualcosa di sbagliato, capace di allontanarla di nuovo da me. Azzero la distanza tra i nostri volti baciandole candidamente la guancia sinistra. La sento sussultare mentre le mie labbra si soffermano sull’angolo della sua bocca, a lungo, senza fretta di mettere fine al contatto.
“Buonanotte Christine.” Sussurro, esattamente come lei meno di ventiquattro ore fa, prima di indietreggiare e permetterle di rientrare in casa.
 
 

 



Angolo autrice

Scusatemi per tutto questo ritardo... Vorrei aggiornare più regolarmente ma il lavoro e il matrimonio prendono la maggior parte del mio tempo.
Come sempre vi ringrazio tutte... <3
a prestissimo spero
 
 
  
   
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** CAPITOLO X ***



(il giudice Giacomo Paolin)


CAPITOLO X
 
 
CHRISTINE POV – LUNEDI’ MATTINA.
 
 
“Buongiorno.” Sollevo gli occhi oltre lo schermo del computer e inquadro il bellissimo ragazzo di fronte a me. Filippo oggi è ancora più affascinante del solito, se possibile. Indossa una giacca color ghiaccio sopra una maglia bianca e un pantalone di cotone pesante grigio scuro. Ha regolato la barba accorciandola e scoprendo totalmente le guance. Che strano, non ho mai amato gli uomini con la barba tanto da costringere Andrea a rasarsi ogni maledetto giorno, e adesso devo trattenere la mia mano dal sollevarsi e scoprirne la consistenza. Cosa diavolo mi sta succedendo? Sento il mio cuore accelerare improvvisamente nell’istante in cui i miei occhi incrociano i suoi, grandi e marroni. “Già al lavoro? Potevi fermarti a bere un caffè con noi.”
 
“Mmm.” Balbetto ancora persa nell’ammirare il mio interlocutore che mi osserva totalmente stranito per la mia totale assenza. “Si! Cioè no!” Mi affretto a correggermi. “Sono arrivata molto presto, il bar non era ancora aperto.” Gli rispondo ricordando bene di aver visto la prosperosa ragazza che si accingeva a sistemare le poche sedie intorno ai tre tavoli che sono stati loro concessi in strada, le avevo chiesto un caffè da portar via ma lei ha scrollato le spalle dicendomi di non aver ancora acceso la macchina.
 
“Ah.” Continua visibilmente sorpreso, non è abitudine di nessuno arrivare prima delle otto e mezza, figurarsi alle sette. “E il week end? Cosa hai fatto di bello?” Domanda ancora spostandosi alla mia destra e accomodandosi sull’angolo della scrivania. Il volto illuminato dal suo smagliante sorriso.
 
Cosa gli racconto adesso? Che sono talmente sfigata da non avere ancora un solo amico qui a Venezia? Di aver passato l’intero week end in ospedale o stesa sul mio letto a guardare serie tv in streaming, litigare al telefono con Andrea e ripensare a quel dannatissimo bacio che mi ha dato venerdì sera? Ma può definirsi un bacio? Ok, le nostre labbra si sono sfiorate e si è soffermato abbastanza a lungo, ma non credo che potesse essere considerato un bacio. Non sono nemmeno sicura che abbia intenzionalmente mirato all’angolo della bocca. Sicuramente lui puntava alla guancia ma eravamo entrambi talmente ubriachi ed io avrò barcollato esattamente in nell’istante giusto da sviarlo. E lui si sta facendo così tante paranoie quante me ne sto facendo io? “Niente di che. Sono stata da mio padre.” Ammetto stringendomi nelle spalle per la vergogna.
 
“Potevi chiamarci, io e Teo siamo andati a cena con degli amici e in un locale temporaneo in piazzale Roma.” Si abbassa sulla scrivania avvicinando pericolosamente il suo volto al mio, di nuovo. Inspiro profondamente inebriandomi del suo profumo, deciso e sexy quasi quanto lui, non riesco a sopportare tutta questa vicinanza. Fortunatamente o sfortunatamente la porta di ingresso sbatte e giunge alle nostre orecchie la voce squillante di Camilla che augura il buongiorno a tutti. Filippo scatta immediatamente in piedi rimettendo una distanza di quasi un metro tra noi. Gli occhi ancora fissi nei miei.
 
“Ok…” Biascico dopo aver ingoiato la saliva improvvisamente concentratasi all’interno della mia bocca. “La prossima volta potrei chiamare Teo…” Continuo osservando il suo sopracciglio destro sollevarsi a causa delle mie parole. Non vorrà per caso che chiami lui? “Il tuo numero non ce l’ho!” Concludo chiarendo il motivo della mia decisione.
 
“Beh possiamo risolvere subito allora.” Uno splendido sorriso si riapre sul volto di Filippo che si allunga nuovamente sul tavolo fino a prendere il mio telefono, digita velocemente sullo schermo e me lo restituisce con un contatto in più. Filippo Belli. “Ora puoi chiamarmi.” Termina strizzando maliziosamente l’occhio destro.
 
Afferro il telefono sperando di non essere arrossita, speranza annullata dall’improvviso calore che sento alle guance, segno che il sangue è affluito al mio viso smascherando il mio imbarazzo. Maledizione. Perché gli basta così poco per farmi diventare una stupida ragazzina.
 
Un colpo di tosse attira l’attenzione di entrambi verso la porta. Camilla ci osserva appoggiata allo stipite della porta. I lunghi capelli biondi raccolti in una coda alta le lasciando totalmente scoperto il viso sul quale non tenta nemmeno di nascondere il suo sorriso divertito. Ci ha visti.
 
“Spero di non interrompere nulla.” Annuncia non riuscendo a soffocare una risata mentre si fa strada all’interno della nostra stanza prendendo posto alla sua scrivania, di fronte alla mia.
 
“Assolutamente no!” Abbandono frettolosamente il telefono all’interno della borsa e alzo le mani libere quasi a volerla convincere di non averlo nemmeno mai toccato.
 
Filippo scuote il capo divertito dalla mia reazione infantile e sorride calorosamente alla nuova arrivata. “Ok ragazze. Se volete io e Teo abbiamo un’udienza in tribunale alle undici e mezza. Venite con noi?”
 
“Certamente.” Gli risponde la bionda attaccando la borsa al bracciolo e accasciandosi sulla sedia, gli occhi sconsolati fissi sulla pila di fascicoli che le sono stati assegnati nel week end.
 
Filippo quindi riporta lo sguardo su di me attendendo la mia risposta e il mio cuore salta nuovamente un battito all’idea di passare altro tempo con lui, anche se non da soli. Scuoto il capo cercando di scacciare tutti gli strani pensieri che stanno affollando la mia testa, come può essere cambiato tutto nel giro di un paio di sere? Sono passata dall’odiarlo a non riuscire a togliermelo dalla testa?
Forse dovrei stare alla larga da lui il più possibile, ossigenarmi. Piuttosto difficile contando che lavoriamo insieme e che dovrò vederlo ogni giorno. Forse avrei dovuto rinunciare a questo posto, non riscrivere la memoria e scappare a gambe levate. Oramai però sono qui, l’ordine degli avvocati pretende la mia partecipazione a trenta udienze a semestre e per ora sono a quota zero.
“Ok.” Biascico totalmente imbarazzata.
 
Filippo quindi si congeda da noi promettendo che sarebbe passato a chiamarci insieme a Teo prima di uscire dallo studio, con un anticipo sufficiente per bere un caffè sotto Ponte di Rialto.
Lo saluto concentrandomi immediatamente sull’istanza a cui stavo lavorando prima di essere interrotta dal ragazzo, sforzandomi di ignorare gli occhietti furbi e indagatori di Camilla che mi scrutano da oltre lo schermo del suo pc. Non le è passato inosservato il modo in cui è cambiato il nostro rapporto e tantomeno che lui mi ha lasciato il suo numero di telefono, fortunatamente però è abbastanza discreta da non fare domande.
Dopo oltre mezz’ora ho già ultimato ciò che dovevo fare ma è ancora abbastanza presto per andare via quindi spengo il computer e recupero il telefono all’interno della borsa. Andrea mi ha chiamata ben tre volte e mi ha mandato quattro messaggi che decido di chiudere prima ancora di leggere. Sono decisamente di buon umore e so che le sue parole potrebbero innervosirmi.
Abbiamo passato l’intero week end a discutere a causa della mia uscita con i colleghi. Lui si permette di essere geloso, lui che non si è fatto alcun problema a passare la serata insieme ad Estelle. Continua a negare fermamente che sia successo qualcosa tra loro e a volte sembra talmente disperato che il mio cuore vorrebbe credergli ma poi ripenso a Filippo e a quel maledetto quasi bacio e il desiderio di tornare insieme ad Andrea svanisce immediatamente.
Forse la nostra storia è terminata nell’istante in cui sono ripartita per Venezia ponendo fine alla mia carriera da modella, come si può portare avanti un rapporto a così tanti chilometri di distanza?
Mentre entro nella sezione telefonate per scaricare le chiamate senza risposta la mia attenzione viene attirata da una telefonata in uscita di quasi un’ora prima.
FILIPPO BELLI.
Sbianco all’idea di aver fatto partire una chiamata infilando il telefono in borsa per l’imbarazzo di essere stata sorpresa da Camilla però non ricordo di aver sentito il telefono di Filippo suonare o tantomeno vibrare. Ancora più strana è la durata: un solo secondo. Sembra un semplice squillo.
 
Un semplice squillo? Un solo squillo? Scuoto il capo violentemente ignorando di attirare l’attenzione della ragazza seduta di fronte a me. Non può essere vero. Sarà stato un errore. Ma se anche avesse fatto partire la chiamata per sbaglio avrebbe messo giù annullando la chiamata anziché registrare un secondo. Che l’abbia fatto volontariamente? Che abbia voluto il mio numero?
Filippo Belli ha lasciato partire uno squillo dal mio telefono per avere il mio numero. Per l’ennesima volta da questa mattina sento le guance avvampare alla sola idea che lui abbia anche solo pensato ad un gesto tanto contorto per me.
 
“Si po’ sapere per cosa ti stai torturando?” La voce di Camilla mi riporta con i piedi per terra costringendomi a guardarla. “Sembri completamente fuori di testa.” Ride sotto i baffi, sa bene cosa mi sta succedendo ma vuole sentirselo dire da me. E ora cosa le dico? La verità? Ho passato le prime due intere settimane a lamentarmi del viziatissimo figlio del capo e adesso sono qui che mi agito da sola al solo pensiero che lui abbia desiderato avere il mio numero di telefono.
 
Filippo ha voluto il MIO numero di telefono!
 
Ancora non mi sembra vero che sia arrivato a tanto. Ovviamente è troppo orgoglioso per chiederlo. Mi ha lasciato il suo. Ma forse teme che io non lo chiami quindi ha voluto essere sicuro di avere la possibilità di sentirmi. O Mio Dio. Mi sto facendo troppi film mentali.
 
“Christine ci sei?” Camilla richiama nuovamente la mia attenzione facendomi notare che non le ho ancora risposto. “Ti abbiamo proprio persa!” Conclude scuotendo il capo e ridendo sonoramente. Come sospettavo aveva capito tutto ma esitava a parlarne solo per rispetto della mia privacy.
 
“Allora ragazze andiamo?” Teo e Filippo compaiono sulla porta, pronti per uscire. Camilla annuisce con il capo e afferra la borsa dal manico della sedia. Il suo sguardo fisso nel mio mi lascia intuire che il nostro discorso è tutt’altro che concluso.
 
 
POV TEO
 
 
Filippo ha chiesto a Camilla e Christine di venire con noi in udienza. Non che non ne sia felice, ma mi ha stupito non poco.
Fino a pochi giorni fa faceva di tutto pur di mandarla via e sono stato costretto a ricattarlo perché smettesse di tormentarla e adesso sembrano andare d’amore e d’accordo. Chissà se tra loro è successo qualcosa l’altra sera dopo esserci salutati.
Venerdì Filippo è stato vago, ha ammesso di averla accompagnata fino alla porta di casa ma di essersene andato subito via. Sono sicuro che sia la verità, Christine era troppo ubriaca per qualsiasi cosa, ma tra loro sembra essere successo comunque qualcosa. Lo capisco dal modo in cui lei, che cammina a pochi passi di fronte a noi, si gira ad intervalli regolari per incontrare il suo sguardo e sorridergli. Dal modo in cui lui si affretta a sollevare lo sguardo dal suo fantastico culo appena lei accenna a voltarsi, quasi a non volersi far beccare, incrocia i suoi occhi e le sorride di rimando, per poi ritornare sul suo bellissimo fondoschiena. Qui gatta ci cova. E Camilla se la ride, segno che sa qualcosa che io ancora non so.
 
Cosa mi sta combinando Filippo? Che sia arrivato per lui il momento di mettere la testa a posto?
 
Arrivati in tribunale ci fermiamo nella piazzetta per prendere un caffè veloce prima di entrare.
 
“Chi è il Giudice?” Domanda Camilla per capire se fermarsi al primo o salire al secondo piano.
 
“Giacomo.” Le rispondo dopo aver esaminato l’agenda. “Il dott. Paolin.” Mi correggo notando la faccia stranita di Christine.
 
“E lo chiamate per nome?” Mi chiede evidentemente stupita dalla nostra confidenza. Io osservo Filippo che annuisce lievemente avvicinandosi al suo orecchio.
 
“è un nuovo magistrato piuttosto giovane. Ha circa l’età di Teo. Ci siamo incontrati una sera in un locale e dopo un paio di drink eravamo praticamente amici per la pelle. In tribunale però non ci lasciamo andare a rapporti confidenziali per non minare la sua professionalità.” Distolgo lo sguardo dai due troppo disgustato dal loro eccessivo modo di intendersi, sono talmente mielosi che rischio il diabete se resto ancora accanto a loro. Ciò che non mi sfugge però è l’aria sognante di Camilla, i suoi grandi occhi persi nel vuoto mentre Filippo continua a parlare di Giacomo Paolin. Controllo nella sua direzione ma effettivamente non c’è nulla che può aver attirato la sua attenzione al punto di imbambolarla così. Non può trattarsi solo di una coincidenza, deve centrare per forza il bel magistrato e questo può giocare solo a mio favore.
 
Per tutta l’udienza scruto Camilla, al modo in cui distoglie velocemente lo sguardo nell’istante in cui Giacomo si volta verso di lei e, bisogna ammetterlo, anche lui la guarda. Sembra molto interessato a lei nonostante lo abbia visto solo con donne molto più grandi e molto diverse dalla giovane praticante. Un’idea comincia a farsi strada nella mia mente e io so che non promette nulla di buono.
 
Una volta usciti è già mezzogiorno e invece che il nostro consueto caffè Filippo propone di fermarci per pranzo in cicchetteria. Entriamo nel bar accanto all’ingresso del Tribunale, il migliore in zona Rialto. Io prendo come sempre una mozzarella in carrozza, due polpette di carne, una porzione di olive fritte e sarde, il tutto accompagnato con un ottimo bicchiere di prosecco. Filippo ordina le stesse cose ad esclusione delle sarde mentre le ragazze si limitano a polpettine e crostino al baccalà. Nessuno di loro disdegna un buon bicchiere di vino. Mentre i miei tre accompagnatori ridono e scherzano, io invece continuo ad escogitare il mio piano estraendo il telefono dalla tasca e digitando velocemente un messaggio di testo. La risposta non tarda ad arrivare e come speravo è positiva.
 
“Filippo che programmi hai per mercoledì sera? Mi ha appena scritto Giacomo chiedendomi di organizzare una cena in zona Vicenza.” Camilla si volta immediatamente incuriosita versa di me convincendomi sempre di più di aver fatto centro. “Ragazze potete venire anche voi se volete.”
 
Fil si volta immediatamente verso Christine in attesa di una risposta mentre questa guarda Camilla in attesa che sia lei la prima a sbilanciarsi. “Beh potrebbe essere una sorta di cena di studio. Magari chiedo anche a Giovanni se vuole venire.”
 
“Certo certo. Tutti i membri dello studio belli sono ben accetti.” Esulto vedendola cadere nella mia trappola. Non potevo volere di meglio, io, lei, Giovanni e Giacomo seduti allo stesso tavolo.
 
“Tutti?” Domanda Christine titubante, lo sguardo basso per l’imbarazzo.
 
Colgo immediatamente il suo riferimento a mia cugina. “Non posso non invitare Mel. Mi ucciderebbe.” Le rispondo dispiaciuto. Christine mi piace tantissimo e non riesco a perdonarla per ciò che le ha fatto però non posso nemmeno escluderla.
 
“Allora scusatemi ma preferisco non esserci.” Biascica stropicciandosi le mani prima di afferrare il caffè e buttarlo giù in un solo sorso.
 
“No, dai! Vieni. Lei saprà stare al suo posto. E poi ci saremo sia io che Teo, e anche Camilla. Siamo tutti dalla tua parte. Non farà nulla di male.” Insiste Filippo meravigliandomi non poco. Ma cosa diavolo sta succedendo al mio amico. Come può essersi perso così. A Vicenza ci sono dei locali favolosi dove lui rimorchiava sempre moltissime ragazze e si vuole legare le mani portando Christine? Non si sarà innamorato?
 
“… in realtà non ho nemmeno una macchina mia. Non saprei nemmeno come venire a Vicenza.” Continua sempre più titubante.
 
“E ti sembra un problema? Vieni in macchina con me. Dai non farmi insistere.” Ormai sta letteralmente tubando. Mi auguro che accetti perché se continua così finirà per perdere tutta la sua dignità.
Christine fortunatamente sembra ascoltare tuttavia i miei pensieri e annuisce acconsentendo alla nostra serata.
 
Perfetto. Se ho ragione la nostra cena sarà più fruttuosa di quanto immaginassi.
 
 
 
Angolo autrice:
Christine e Filippo continuano ad avvicinarsi e questa cena potrebbe essere la loro occasione.. Ma non solo. Cosa avrà in mente Teo? E Mel se ne starà tranquilla a guardare i due piccioncini tubare?
Spero che il prossimo capitolo arriverà prestissimo.. voi fatemi sapere cosa ne pensate.
 
 
      
 
 

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