Il filo di Valerie

di Barbara Baumgarten
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il decotto clandestino ***
Capitolo 2: *** Nulla è per sempre ***



Capitolo 1
*** Il decotto clandestino ***


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Per leggere il primo capitolo della storia: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3410263&i=1 scritta da Elanae

 

Il decotto clandestino

 

I loro sguardi s’incrociarono come due lame in duello mentre i lampi illuminavano le ampie vetrate del castello. C’era stato un tempo in cui quelle iridi l’avevano guardata con affetto o, almeno, così aveva stupidamente creduto fino a quel dannato giorno nel quale tutto aveva preso una piega diversa.

“Puoi guardare dove metti i piedi?” l’imbeccò con tono altezzoso. Valerie ricacciò la rabbia negli abissi del suo dolore per non dargli alcuna soddisfazione e si voltò per andarsene. Ignorato, il ragazzo rincarò con più acidità.

“Ti faccio così paura da non potermi nemmeno parlare? O una delle tue pozioni ti ha tolto la parola?”

Era troppo, almeno per lei. Si girò nuovamente verso di lui con lo sguardo furente di chi viene deriso da qualcuno che, tempo prima, si credeva un amico.

“Paura? Ah, mio caro, non avrei paura di te nemmeno se rimanessimo gli unici superstiti al mondo”, tentò di rispondere pan per focaccia, provocando uno sguardo soddisfatto sul volto di lui. “Anzi, sai cosa ti dico? Perché non getti il tuo nome nel Calice così da dimostrare a tutti quanto credi di valere?”

Gli occhi del ragazzo tornarono seri tutto d’un tratto. Lei sapeva che lui era troppo codardo per mettersi in gioco nel Torneo Tre Maghi e quell’imbeccata aveva davvero colpito nel segno. Ma la sofferenza di Valerie era tale che non riuscì a fermarsi.

“Ah, quasi dimenticavo: se c’è da giocare secondo delle regole tu non sei in grado”. Affondato, pensò Valerie. Lei non era una ragazza particolarmente rancorosa o che amava mettersi in contrasto con gli altri. Anzi, per la verità era molto dolce, forse fin troppo, e aveva imparato sulla propria pelle cosa significasse fidarsi della persona sbagliata. Il suo personalissimo Re Frigerio era in piedi davanti a lei, ferito nell’orgoglio e furente. Non era certo una soddisfazione degna del nome ma tanto bastò per fargli capire che lei non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa facilmente. Girò su se stessa per dirigersi alla sala comune dei Corvonero dove sperava di trovare un po’ di pace, quando lui la fermò afferrandola per un braccio. Non era un presa forte ma al solo tocco Valerie si bloccò senza tuttavia voltarsi per incrociare il suo sguardo.

“Non sono mai stato tuo amico, Val. Fattene una ragione”

Ora, c’erano due cose molto chiare in quelle parole: la prima, era che stava mentendo. Se davvero non fossero mai stati amici perché l’aveva chiamata Val? La seconda cosa limpida di quella frase era quanto lui ci fosse rimasto male dalla sua reazione, così tanto da volerla ferire. Purtroppo però, come spesso accade fra ragazzi, Valerie non comprese né l’una né l’altra. I suoi occhi bruciarono e senza rispondere prese a correre su per le scale diretta al dormitorio.

Sbattendo contro alcuni studenti ignari del male che lei stava provando, Valerie riuscì a raggiungere la sua stanza e a gettarsi sul letto. Il pianto veniva soffocato dal cuscino ma i singhiozzi violenti facevano tremare il baldacchino. Avrebbe voluto che sua nonna fosse lì per consolarla, per spiegarle il motivo di tanta cattiveria. Strinse i pugni lasciando che la sofferenza sfogasse senza ostacoli e aspettando di calmarsi. Sapeva che sarebbero serviti diversi minuti ma non aveva fretta: così lasciò che i suoi occhi si svuotassero di tutte le lacrime represse nei mesi passati.

Erano trascorsi dieci mesi da quel dannatissimo giorno. Quarantadue settimane durante le quali Valerie aveva pensato e ripensato più volte a cosa fosse accaduto per trovare anche solo una piccola spiegazione su dove avesse sbagliato.

Ricordava di aver incontrato Etienne il primo giorno di scuola a Hogwarts, durante la cena di benvenuto. Non appena il Cappello Parlante aveva gridato “Corvonero!” lei era scesa dallo sgabello e si era diretta al tavolo della sua nuova casa e lì, fra i saluti e le presentazioni, aveva incrociato quegli occhi grigi. Etienne era un Serpeverde, un ragazzo più grande di lei di un anno e dal viso gentile. Valerie all’epoca non sapeva cosa volesse dire Serpeverde e non si curò delle voci nemmeno quando alcune sue amiche avevano cerato di spiegarle che in quella casa andavano solo maghi di un certo tipo. Quando chiese spiegazioni le venne solo detto che di un Serpeverde non ci si fida mai, nemmeno per scherzo.

Tuttavia, Valerie non era di certo una abituata a dar credito a dicerie tanto più che aveva vissuto sulla sua pelle cosa volesse dire essere preceduti da malelingue. Così, ignorando il consiglio delle amiche, accettò di buon grado tutto ciò che sarebbe venuto da quella amicizia, se mai sarebbe nata un’amicizia. Etienne non era uno di grandi discorsi ma di lunghe occhiate. I loro sguardi si cercavano e c’era curiosità. Valerie era ancora una bambina quando lo conobbe e lui si guardò bene dall’avvicinarla per due, lunghi, anni. Solo sguardi, nulla di più.

Poi, un giorno, Valerie era nel bagno del primo piano. La toilette era praticamente in disuso da quando si era sparsa la voce della presenza di Mirtilla e per Valerie era un ottimo luogo per portare avanti i suoi esperimenti. Tuttavia, doveva sempre stare attenta perché anche altre persone erano solite usare quel bagno e lei non voleva che qualcuno sapesse delle sue ricerche. Le era capitato di essere interrotta proprio sul più bello e di dover mettere tutto via in fretta e furia… Come quella volta in cui aveva visto la Granger assieme Weasley e Potter che preparavano una pozione Polisucco.

Ad ogni modo, Valerie si era fatta furba e davvero veloce a nascondersi e nessuno si era mai accoro che lei frequentasse quel bagno. Almeno, non fino a quel giorno. Qualcuno si era introdotto furtivamente, talmente tanto da trovarla intenta a rimestare la pozione di sua invenzione. Valerie aveva sobbalzato e per poco non aveva ribaltato il calderone e tutto il suo contenuto sul pavimento.

“Ciao!”, disse semplicemente quel ragazzo dagli occhi grigi.

“Ciao?”, fece eco Valerie. “Per poco non mi hai fatto venire un infarto e dici solo Ciao?”

Lui corrucciò la bocca, pensieroso.

“Ciao sono Etienne è meglio?”, chiese ridendo. Era un tipo decisamente strano ma simpatico e la sua risata fu subito contagiosa.

“Io sono Valerie”, disse lei mentre si ripuliva le mani dall’ultimo ingrediente che aveva usato per la pozione. Etienne si avvicinò guardingo al calderone, storcendo il naso per l’odore.

“Non ho idea di cosa tu stia cucinando, ma ha un odore orribile!”

“Hai ragione”, rispose Valerie. In effetti non era proprio invitante e decise che avrebbe dovuto lavorarci su.

“Cos’è?”, le domandò ancora nauseato dalla puzza.

“E’… non ho bene idea di come chiamarla, ancora. Però è un decotto e se tutto è andato bene dovrebbe ingrandire le cose”. Valerie parlò soppesando ogni parola e sottolineando il condizionale. Era brava con le pozioni, ma a volte le cose non erano andate esattamente come lei aveva pronosticato, perciò il condizionale era decisamente d’obbligo. Etienne era sorpreso.

“Beh, c’è solo un modo per saperlo”, disse eccitato come un bambino. Valerie annuì e prelevò qualche goccia.

“Ma su cosa la proviamo?”, chiese la ragazza che solo in quel momento si rese conto che non aveva pensato di portare un oggetto con sé. Etienne si guardò in giro e poi si frugò nelle tasche, finché non apparve un sorriso di successo sul suo volto. Con fare trionfante tirò fuori la sua piuma per scrivere.

“Proviamo con questa”, le disse porgendole l’oggetto. Era perfetto.

Valerie appoggiò la piuma per terra e fece gocciolare il decotto. In pochi istanti l’estremità iniziò a pulsare allargandosi e rimpicciolendosi a ritmo sempre più frenetico. Valerie cominciò ad indietreggiare e con lei anche Etienne. Si trovarono con le spalle al muro mentre la piuma, con un sonoro crack si fece decisamente molto più grande di quel che era. Davanti agli occhi stupiti dei due ragazzi, la piuma di Etienne era divenuta lunga un paio di metri. Valerie aveva un sorriso stampato sul volto: aveva funzionato! Forse troppo… ma era questione di capirne il corretto dosaggio, nulla di importante. La cosa davvero interessante era che aveva funzionato!

Anche Etienne era stupito e, a differenza della ragazza riuscì a sillabare qualcosa.

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“È incredibile!”

Valerie era soddisfatta del suo decotto, così come lo era di aver conosciuto Etienne, e mai avrebbe pensato che quel ragazzo simpatico e dagli occhi grigi la potesse usare. Ma la vita è piena di sorprese e il suo personalissimo Re Frigerio sarebbe stata una di quelle

 

Note: come promt obbligatorio personale avevo il decotto dilatante

 

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Capitolo 2
*** Nulla è per sempre ***


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Capitolo 3:  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3416380

Capitolo 4:  http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3417362

 

Nulla è per sempre

 

 

“Cedric Diggory!”. Un boato accolse il nome del Campione di casa. La festa per il Torneo era appena cominciata e i ragazzi delle tre scuole battevano le mani ai tre maghi che si sarebbero scontrati per l’onore della scuola di appartenenza. Tutti gli studenti di Hogwarts acclamarono Cedric… tutti eccetto due. Valerie non aveva smesso di cercare Etienne con lo sguardo da quando era arrivata nella grande Sala del Calice e riuscì a vederlo un istante prima che Silente leggesse l’ultimo nome del Torneo. Lo vide allontanarsi, furioso e lo seguì. Il ragazzo correva su per le scale, diretto chissà dove, e Valerie faticava a stargli dietro. Si teneva la divisa con la mano per non inciampare mentre con l’altra si aggrappava al corrimano.

“Etienne!”, provò a chiamarlo. Nulla. Il ragazzo correva senza voltarsi, senza dar peso a quella voce che lo richiamava. Lo vide imboccare il corridoio che, ormai aveva capito, l’avrebbe portato nella Stanza delle Necessità e si sforzò di andare più veloce. Se fosse arrivata in ritardo, la porta si sarebbe richiusa e non avrebbe più potuto seguirlo. Aveva il fiato corto per la fatica, boccheggiava per poter prendere l’aria che sembrava mancare ad ogni respiro ma con un ultimo sforzo si lanciò oltre la porta che stava scomparendo. Valerie si trovò con la faccia a terra, ansimante e i muscoli che dolevano per la corsa. Alzò la testa aspettandosi di trovare Etienne ma non lo vide. Attorno a lei la stanza era ricolma di libri e di ricordi. Nonostante tutto, nonostante il tempo, Etienne aveva avuto bisogno del loro nido d’amore. Forse significava qualcosa…

Valerie si rimise in piedi, ordinandosi una ciocca dietro l’orecchio e pulendosi la tunica per quanto potesse. Si guardò attorno: tutto era esattamente come lo ricordava, perfino l’odore di quella stanza era lo stesso.

“Etienne?”, lo chiamò timorosa. La sua voce echeggiò per qualche istante fra le librerie stracolme, giungendo fino alle orecchie del ragazzo che trasalì. Non si aspettava di trovarsi Valerie, aveva sperato fino all’ultimo di essersela lasciata alle spalle.

“Etienne”. Questa volta non era una richiesta d’ascolto. Valerie sapeva che poteva sentirla e sussurrò appena quel nome mettendoci tutto l’affetto che provava.

“Vattene via!”. Il ringhio di Etienne le arrivò come uno schiaffo. Valerie cercò di capire da quale direzione provenisse la risposta e s’incamminò, trovandosi, senza nemmeno troppa sorpresa, davanti quel letto che aveva rappresentato tutto per lei. Etienne era seduto, gobbo, e teneva le mani attorno al volto.

“Etienne”, lo chiamò ancora una volta. Lui alzò lo sguardo verso di lei: occhi furiosi e il volto contrito dalla rabbia. Valerie non l’aveva mai visto così e si spaventò.

“Cosa vuoi da me?!”, tuonò il ragazzo. Lei non sapeva cosa rispondere… Perché l’aveva seguito? Era stata spinta da qualcosa di forte ma non avrebbe saputo dire cosa. Amore? Forse. Compassione? E perché mai?

“Non lo so”, rispose mesta. “Non so perché ti ho voluto seguire”. Valerie avrebbe voluto dar voce alla tempesta che provava ma non ci riusciva. Era arrabbiata, spaventata, curiosa… tante cose, troppe, e tutte assieme.

“Immagino sia per deridermi”, disse Etienne. “Per ridere del fatto che il Calice non mi ha ritenuto degno di rappresentare la scuola. Oppure per dirmi che non valgo nulla, che non avrò mai la possibilità di dimostrare al mondo il mio valore perché, in fondo, non ce l’ho”. Vi era tanto disprezzo in quelle parole che Valerie avvertì la nausea.

“È questo che credi? Pensi davvero che riderei di te?”. La ragazza non capiva perché Etienne dicesse quelle cose. Lei lo aveva sempre appoggiato e incoraggiato! Se c’era una sola persona al mondo che sapesse quanto lui valeva quella era lei.

“Perché non dovresti?”, rispose acido. “In fondo, io ho riso di te”. Si alzò dal letto e le andò incontro guardandola con quei suoi occhi grigi carichi di odio. Non era possibile… Valerie non poteva credere a ciò che stava ascoltando. Perché? Per quale assurda ragione lui le voleva così male?

“Sai perché tutti ridevano quando passavi per i corridoi?”, le domandò serpentino. “Perché ho raccontato a tutti di noi. Ho detto a tutti quanto sia stato facile portarti a letto per i miei scopi!”. Rise a bocca aperta in un ghigno che Valerie non aveva mai visto in vita sua. Etienne si stava prendendo gioco dei suoi sentimenti.

“No”. La voce di Valerie era spezzata dal dolore e dal pianto che faticava a trattenere. “Tu non… non l’hai fatto”. Era un preghiera? Una speranza?

“Invece sì, l’ho fatto Valerie. Credevi che fossi innamorato di te? Credevi che tu valessi qualcosa? Mi servivi, Valerie, avevo bisogno delle tue pozioni, non del tuo amore. Povera sciocca illusa!”. Quelle parole a metà fra l’urlato e il disprezzo colpirono la ragazza allo stomaco come un pugno. Come poteva trattarla così?

“Mi hai usata? Hai fatto tutto per… una stupida pozione?!”. Etienne rise a quella domanda, umiliandola ancora di più.

“Eccezionale!”, disse ridendo. “Finalmente il tuo piccolo cervellino ci è arrivato”. C’era tanto di quell’odio in quella voce che nemmeno Etienne riusciva a crederci. Si era tenuto tutto dentro, per tutto quel tempo! La rabbia, la frustrazione, il rancore… Valerie aveva infranto la sua possibilità di valere qualcosa frantumando quella boccetta e lui non l’avrebbe mai perdonata.

“Non sono mai stato qualcuno nella mia famiglia, Valerie. Tutti hanno sempre dato più attenzioni a mio fratello Lance! Lance è bravo… Lance è quello intelligente… E io? Non sono forse anch’io bravo e intelligente? Avevo la possibilità di diventare il miglior Cercatore di tutti i tempi, Valerie, e rendere finalmente orgogliosa la mia famiglia. Ma tu hai rovinato tutto”

La ragazza ascoltava quella confessione con le lacrime agli occhi, incapace di distogliere lo sguardo da quello furioso di lui. Non lo riconosceva più o, forse, non l’aveva mai conosciuto davvero. Chi era quel ragazzo davanti a lei? Ero lo stesso di cui si era innamorata?

“Che c’è? Non dici nulla eh?”, la imbeccò acido. “Non hai niente da dire?!”, urlò.

Valerie scosse la testa.

“Allora continuo, tesoro. È stato… faticoso reprimere il bisogno di vomitare mentre ti stavo accanto. Tu e quel tuo puzzo babbano che ti si è attaccato il giorno della tua nascita. Quando ti baciavo pregavo che finisse presto”.

Valerie si sentiva svenire. Si portò una mano alla bocca per reprimere un conato e tutto le vorticava attorno. Quel ragazzo che aveva amato non c’era più, non era mai esistito. Era stata usata per i suoi scopi vili e gettata non appena aveva commesso l’errore di rompere quella boccetta. Etienne aveva un cuore di ghiaccio e un animo nero come la notte. Come aveva potuto essere così stupida da credere che un ragazzo potesse innamorarsi di lei?

Il dolore cominciò a trasformarsi in rabbia. Valerie poteva sentirlo crescere dentro di sé, strisciando sotto pelle. Lo avvertiva nelle mani, lo sentiva nello stomaco. Perfino i suoi occhi sembrarono cambiare colore sotto l’influsso della furia. Il suo respiro cominciò a farsi regolare, troppo, mentre con le mani scivolava sotto la veste, cercando la bacchetta.

William Shakespeare scrisse che non c’è furia dell’Inferno peggiore di una donna respinta, e aveva ragione. Valerie in quel momento comprese quanta forza avesse dentro di sé pronta a esplodere. Ogni cosa aveva perso di significato e nulla sarebbe mai tronato come prima. La ragazza dolce e dalla buone maniere aveva smesso di esistere nell’attimo stesso in cui Etienne le aveva urlato in faccia il suo disprezzo. Impugnò la bacchetta sfilandola dolcemente da sotto la veste e pensando al modo migliore per usarla.

Etienne rimase fermo sul posto osservando Valerie mentre gli puntava la bacchetta contro. Distese le mani lungo i fianchi, aspettando…

Alcuni piani sotto, gli studenti delle tre scuole di magia erano perplessi. Un altro nome era stato estratto dal Calice. Nessuno poteva crederci, nessuno osava fiatare mentre Silente raccoglieva quel pezzo di carta bruciacchiato che svolazzava leggero come una piuma. Il Preside dovette rileggere il nome un paio di volte prima di dar voce a ciò che tutti stavano aspettando.

“Harry Potter!”

 

 

N.d.A

pomt: "Eccezionale!"

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