All of the stars

di Mai Valentine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stars ***
Capitolo 2: *** Your Weakness ***
Capitolo 3: *** My Strenght ***
Capitolo 4: *** Battle Cry ***
Capitolo 5: *** Dream ***
Capitolo 6: *** Costia ***
Capitolo 7: *** Yu gonplei ste odon ***
Capitolo 8: *** Two years after ***
Capitolo 9: *** Earth ***
Capitolo 10: *** We Are Grounders ***
Capitolo 11: *** Freak ***



Capitolo 1
*** Stars ***


Stars
 
Le piaceva ammirare le stelle.
Le piaceva fissarle all'infinito, 
ai suoi occhi erano piccoli e lucenti diamanti
che brillavano sulla sua testa.
Su Polis.
Sul mondo.
La porta della sua stanza venne aperta.
Un'ombra sgattaiolò agile fino a giungere al suo fianco.
Non si voltò.
Non ancora.
«Cosa guardi?»
Heda  posò i suoi grandi occhi verdi su Costia.
«Polis».
«Bugia».
Heda si concesse il lusso di un sorriso.
Quella ragazza riusciva a sfiorarle l'anima, a leggere dentro di lei,
a farsi carico dei pensieri del Comandante,
 senza pretendere nulla in cambio.
Solo amore.
Heda però non poteva concedere amore.
Titus le aveva detto più volte che essere Heda significava essere soli.
Costia le afferrò la mano, le sorrise, le mostrò il più disarmante dei sorrisi.
E Leksa si arrese abbandonando Heda da qualche parte nel suo io.
«Tu guardi le stelle Leksa perché il cielo ti attrae. Chissà cosa c'è lassù... Io un giorno diverrò una stella, così tu potrai ammirarmi da lontano e portarmi sempre qui, nel tuo cuore» le poggiò una mano sul petto.
«Io non voglio che tu vada lassù — indicò il cielo —. Io voglio che tu resti qui con me, per sempre» disse con la speranza e l'innocenza negli occhi come quella di un bambino.
Il volto di Costia si illuminò, prese la mano di Leksa e la guidò fino al letto trascinandola sul morbido materasso coperto da molte pellicce.
Si amarono sotto la luce delle stelle ignare del futuro.
Dal cielo quelle stelle sarebbero presto cadute sulla terra. 


Angolo Autrice: 
Salve fandom dei The 100 questa è la mia prima volta che scrivo in una sezione dedicata a una serie TV e ho voluto sperimentare un nuovo tipo di scrittura (?). Ammetto che mi piace il personaggio di Leksa/Lexa, anzi molto di più che piacermi e mi sono sempre chiesta: com'era Costia? E da qui è partita questa idea. Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e se vi va lasciatemi una recensione. Alla prossima Mai Valentine.

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Capitolo 2
*** Your Weakness ***


Your weakness
 
Heda era seduta sul suo trono,
con la schiena eretta.
Pura immagine del potere.
I dodici clan erano tutti al suo cospetto,
ascoltavano estasiati le parole di quella giovane donna.
Tutti,
tranne una.
Nia.
Regina della nazione del ghiaccio,
Azgeda.
Quella ragazzina parlava di alleanza,
di riunirsi e combattere contro un unico nemico: Maunon*.
Rise, sferzante.
Invidiosa del potere del Heda.
«Ridicolo. Io conosco solo una frase: Jus Drain Jus Daun e non potrò mai allearmi con chi mi ha mosso guerra, in passato: i Trikru! Questa alleanza è fragile. Come te. Bambina».
Heda la fissò.
«Quella è la porta, vattene se vuoi».
Nia arricciò le labbra e volse le spalle agli undici clan,
al Heda.
"Jus Drain, Jus Daun" ripeté nella sua mente stringendo l'elsa della spada. Seguita dai suoi uomini.
Da suo figlio, Roan.
Dalla sua pupilla, Ontari.
E mentre si allontanava volse un'ultima volta lo sguardo verso Heda e vide ciò che a molti sarebbe sfuggito.
Leksa aveva mostrato le sue debolezze,
la sua debolezza,
a lei.
Una ragazzina le premeva dolcemente  una mano sulla spalla e rideva con gli occhi,
con occhi grandi da cerbiatta.
Leksa strinse la mano di Costia.
Sorrise crudelmente, Nia.
Adesso sapeva come avrebbe potuto scoprire tutti i segreti di Heda.
Cosa la rendeva così forte,
lo Spirito del Comandante sarebbe stato suo.
Per sempre.
Costia incrociò lo sguardo di Nia,  di Azgeda.
Si guardarono.
Costia capì.
Nia se ne andò, lasciando nella sala il vento gelido del Nord. 



Angolo autrice:
*Maunon: Gli uomini della montagna in Trigedasleng.
Ho introdotto alcune parole nella lingua parlata dai Grounder/Terrestri.
Spero vi piaccia anche questo capitolo e se vi va lasciatemi una recensione. A presto, Mai Valentine =)

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Capitolo 3
*** My Strenght ***


 
Leksa era nel suo letto,
coperta dalle molte pellicce e dalla pelle calda di Costia.
Un braccio della guerriera stringeva il fianco morbido della guaritrice,
la guaritrice stringeva con forza il corpo della guerriera.
Titus spalancò la porta della stanza.
«Heda!» gridò.
Heda balzò dal letto coprendosi con le lenzuola,
Costia la imitò, abbassando lo sguardo,
con l'imbarazzo sulle gote.
Il maestro aprì e chiuse la bocca,
stringendo le palpebre fino a farle diventare due minuscole fessure,
nere.
Era chiara la sua disapprovazione.
«Non potevate aspettare?» ringhiò Heda.
Era furiosa con coloro che avevano osato rubarle quel fragile momento d'intimità,
d'amore.
«No, non possiamo più aspettare» disse una voce femminile con dolcezza.
Diversa da quella di Titus rabbiosa.
Heda fissò il volto di Luna,
illuminato dall'unica candela,
dalla sua flebile luce.
Un'increspatura  si dipinse sulle labbra di Heda,
simile a un sorriso,
rivolto a Luna.
«Azgeda ha invaso le terre degli undici clan, ci ha dichiarato guerra».
«I suoi guerrieri sono nei nostri boschi, Leksa» tremò  Titus stringendo le mani convulsamente.
«Preparate il consiglio di guerra. Riuniti gli undici clan. Jus Drain Jus Daun!».
I messaggeri uscirono dalla stanza.
Heda sospirò.
Ancora una guerra.
Ancora morti.
Ancora sangue.
Costia l'abbracciò.
La baciò.
«Io verrò con te».
Leksa  annuì.
Si sentì forte.
Costia era la sua forza.
 
***
 
Alle prime luci  della sera  il volto di Leksa era dipinto con i colori della guerra.
Il vento gelido del Nord bussava prepotente alle porte della Foresta.
La Foresta era negli occhi verdi di Heda,
brucianti vendetta,
colmi d'orgoglio.
Il cuore della Foresta batteva,
il cuore di Heda fremeva.
La mano di Costia reggeva con salda presa il cuore di Leksa,
pronto a perdersi nelle oscurità della battaglia.
Si fissarono negli occhi con intensità.
Bastò uno sguardo.
"Io non ho paura".
Sulle loro teste le profondità del cielo.
Delle stelle.


Angolo Autrice:
Buon Venerdì pomeriggio signori e signore, dame e cavalieri, grounder e skypeople spero che questo capitolo vi piaccia e se si (anche se no) mi farabbe piacere sapere cosa ne pensate e sopratutto nel caso che non vi piaccia il perché, per migliorarsi =). Per un autore (aspirante scrittrice) fa sempre piacere avere un riscontro dai lettori =). A presto, Mai Valentine. P.S Ovviamente il fatto che Costia fosse una guaritrice me lo sono inventato (Spero che Zio R prima o poi ci dia una qualche informazione in più su Costia).

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Capitolo 4
*** Battle Cry ***


Battle Cry
 
Il grido di guerra si alzò al cielo, nell'aria dolce del primo mattino. Heda marciava in groppa al suo cavallo,  dietro di  lei uomini, donne, bambini cresciuti troppo in fretta.
Guerrieri.
Anya  camminava al fianco destro.
 Indra al sinistro.
Gustus era l'avanguardia.
Nyko la retroguardia.
Costia era il suo centro.
Ovunque passassero la folla li acclamava.
Invocando, Heda.
Chiedendo aiuto, Heda.
Supplicando, Heda.
Heda annuiva,
annuiva e proseguiva,
dritta verso i suoi nemici.
Molti dei villaggi erano stati distrutti, corpi di uomini, donne,  bambini che non sarebbero mai cresciuti, giacevano sull'erba alta e rigogliosa della foresta.
Il cuore di Leksa perse un battito.  
Un bambino inginocchiato in terra piangeva la madre morta,
la sorella uccisa,
il padre assassinato.
Le sue mani erano sporche di sangue, sangue nero che sgorgavano dalla ferita aperta. Leksa fece cenno con il capo. Costia smontò da cavallo e corse.
Afferrò per le spalle il ragazzino che continuava a gridare.
A piangere.
La guaritrice lo schiaffeggiò.
«I morti sono morti, i vivi hanno fame» disse abbracciandolo, divenendo partecipe del suo dolore. Aden pianse tutte le lacrime tra le braccia di Costia.
Un freccia venne scagliata dall'alto.
Gli uomini  di Azgeda attaccarono.
Gli uomini degli undici clan risposero.
Il grido di guerra sconquassò la terra.
 
***
All'alba gli eserciti contavano i loro morti.
All'alba il campo di battaglia era colmo di cadaveri.
All'alba la terra beveva il sangue dei guerrieri.
All'alba il vento soffiava tra i rami della Foresta.
All'alba Leksa trovò Nia, seduta sul suo trono [finto].
All'alba Heda sguainò la sua spada.
L'alba udì il gridò di guerra della Foresta.
 

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Capitolo 5
*** Dream ***


Dream
 
Heda venne portata nella sua tenda,
la ferita alla spalla era grave.
Sangue, veleno, sgorgavano insieme.
In un unico liquido.
Titus ordinò di pulire la ferita.
Di preparare Heda.
Leksa aveva gli occhi chiusi,
stringeva i denti.
«Io non morirò. Non ora».
Anya le era vicino,
le strinse le mani, scostandole dalla fronte i capelli sudati.
Era stato un massacro.
Per gli uni, per gli altri.
«Costia» sussurrò Leksa prima di perdere i sensi.
«Sono qui» rispose.
Leksa sorrise scivolando in un lungo sogno.
 
***
 
Aprì gli occhi. Non era nel suo letto. Non si trovava nella sua tenda.
Non era in guerra.
Il cinguettio degli uccelli, il  rumore del fiume che  scorre infrangendosi sulle rocce, alle sue spalle una casa di legno e pietra, erano la conferma.
Non era in guerra.
Da lontano il frastuono degli zoccoli di possenti cavalli, le voci di uomini che tornavano o giungevano per portare notizie.
Era bambina.
Era il giorno in cui venne scelta per diventare  Natblidia.
Un uomo anziano le poggiò una mano sulla testa.
«É lei» disse.
Aveva tre anni quando fu portata via.
Aveva sei anni quando divenne il secondo di Anya.
Aveva otto anni quando uccise per la prima volta.
Aveva undici anni quando divenne Heda.
Aveva tredici anni quando conobbe Costia.
Aveva quattordici anni quando i loro corpi si unirono per la prima volta.
Aveva quindici anni e  le sue mani si erano già macchiate del sangue di molti, troppi, uomini.
I suoi occhi avevano visto troppe guerre.
Pianse.  
 
 
***
 
Una luce accecante proveniva dal cielo,
senza sole.
Una voce giunse da lontano,
una voce di donna.
Leksa era distesa su un pavimento lucido,
non si trovava nel suo passato,
non era nella sua tende.
Dov'era?
La voce si fece insistente.
«Alzati Leksa kom Trikru e vivi».
«Alzati Leksa Kom Trikru e combatti»
Leksa si alzò.
«Avvicinati Leksa Kom Trikru».
Leksa si avvicinò,
incerta,
ignara.
Non poteva vedere la donna che aveva parlato.
Non poteva vedere oltre il fascio di luci,
divenuti mille,
tutti i suoi predecessori erano lì,
all'unisono parlarono.
«La tua morte non sarà né  qui, né oggi. Devi ancora vedere tutte le stelle cadere dal cielo».
 
***
Leksa si svegliò.
La sua mano non stringeva più quella di Costia.
Volti scuri erano riuniti attorno al suo capezzale.
«Costia è stata rapita, Azgeda».

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Capitolo 6
*** Costia ***


 
Costia
 
Costia era nata d'estate,
sulla pelle il profumo del sale,
negli occhi scuri le profondità degli oceani.
Costia è  legata ai polsi, alle caviglie con catene di ferro.
La sua pelle porta le croste delle torture,
nei suoi occhi,
la paura.
Costia viveva in una casa vicino al mare,
l'ultimo villaggio dei Trikru.
Ammirava il sole,
d'estate,
cullato dalle onde.
Rideva.
Costia  è rinchiusa in una piccola cella,
alza lo sguardo,
il buio la circonda.
Piange.
Costia amava prendersi cura delle persone,
Nyko venuto da TonDc le insegnava l'arte della medicina.
Bambini,
donne,
uomini,
chiedevano il suo aiuto.
Costia non può curare le sue ferite,
del sangue sgorga dal suo collo,
dalle su ventre,
dalle sue mani.
Costia arrivò a Polis in un caldo mattino autunnale.
Aveva  undici anni.
Le strade affollate, il grande mercato, la stupirono.
I suoi grandi occhi si illuminarono,
sotto la luce del sole.
Costia ascolta il rumore silenzioso,
l'unica compagnia,
il suo respiro.
Costia vide la ragazza più bella,
in un giorno di festa,
in una sera d'inverno.
Il popolo acclamava Heda,
dopo la vittoria.
Sconfitta di Azgeda.
Gli occhi scuri della notte  incontrarono le profondità della Foresta.
Costia conobbe il più bel sorriso del mondo.
Quella stessa notte i suoi sogni furono tormentati dal corpo di Heda.
Costia pensò alla sua Leksa,
ferita nel suo letto.
Alle sue mani che non potevano sfiorarla.
Costia conobbe Heda una sera di fine inverno,
Heda era ferita,
una freccia nella carne.
Curò la ferita,
e il cuore solitario di Leksa.
L'amore sbocciò come un ciliegio in primavera.
Costia porta una mano al petto.
Non c'erano ciliegi,
non c'era amore,
in quella fredda cella.
Costia baciò Heda in un pomeriggio d'aprile,
con il vento  trai capelli,
con il cuore che batteva  forte,
con le mani che tremavano, a quel primo bacio.
Leksa baciò Costia in un pomeriggio d'aprile.
Dimentica dell'insegnamento del suo Fliemkepa: "l'amore è debolezza".
Costia ha una speranza,
si aggrappa ai suoi ricordi.
La porta della sua cella viene aperta.
Nia la guarda dall'alto in basso.
Il ferro caldo sulla carne a ogni domanda non risposta.
Nia ordina.
Costia tace.
Nia guarda due dei suoi uomini.
Un solo accenno.
Costia ricorda la prima volta che aveva fatto l'amore.
Era una sera di fine  primavera.
L'aria calda accarezzava i loro corpi,
le incertezze,
la paura di sbagliare si insinuavano nel suo animo.
Nell'animo di Leksa.
Le stelle e il cielo erano la perfetta cornice di quella notte.
Costia si raggomitola su sé stessa,
i due uomini vanno via.
Resta sola.
Non versa una lacrima,
Costia.
Aspetta,
Costia.
«Leksa AI hod yu in» sussurra
Si addormenta Costia.
Domani sarà un altro giorno,
pensa,
prima della fine.



Angolo autrice:
Di solito mi riprometto di non aggiornare in fretta, ma questo breve capitolo è per adesso il mio preferito. Ovviamente ribadisco che di Costia non conosciamo nulla e tutta la situazione è stata inventata da me, tranne per il rapimento e le torture (anche se non specificano quali ma conoscendo Nia e i suoi uomini non è difficile immaginarle). Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e aspetto una recensione. A presto, Mai Valentine. 

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Capitolo 7
*** Yu gonplei ste odon ***


Yu Gonplei Ste Odon, Costia



Leksa attende, nel suo letto, tra le lenzuola sporche di sangue.
Leksa aspetta, la carne brucia, come ferro ardente.
Leksa ascolta, il battere del suo cuore debole, infranto.
Leksa ripete instancabilmente il nome di Costia, come una litania.
Porta le braccia al petto,
dondolandosi.
Leksa piange, dai suoi occhi scivolano lacrime, silenziose.
Titus irrompe nella sua stanza, sul viso le rughe di notti insonne.
Scuote il capo Titus, con se non porta nessuna notizia.
Leksa solleva il suo corpo dal letto, il braccio le duole.
Lo stomaco si stringe in una morsa.
Anya accorre; sulle guancia cicatrici di guerra.
«Devi restare a letto, Heda. Titus lasciaci sole».
Il fleimpeka annuisce. I suoi passi rimbombano nella stanza oscura.
Leksa si aggrappa alle spalle di Anya,
della sua maestra,
della sua amica,
della sua confidente.
Testimone della sua unione con Costia, in quel giorno caldo del mese di Luglio.
Anya bacia la fronte di Leksa,
Piange Leksa, versando ogni lacrima sulla spalla della sua guerriera.
«Troveremo Costia, te lo giuro Heda».
Leksa trova conforto in quella promessa.
E Heda per una volta può mostrarsi debole
[nell'amore].
 
***
 
 
Erano trascorse tre settimane dal rapimento di Costia. Tre settimane in cui Leksa non trovava pace. La ferita alla spalla non le lasciava un attimo di respiro  per il dolore. Gli incubi l'assalivano ogni qualvolta chiudeva gli occhi e in questi incubi vedeva Costia.   Costia che l'amava.
            Costia che sorrideva.
            Costia che implorava di salvarla.
            Costia che la condannava.
            «Costia!» urlò Heda svegliandosi di soprassalto. Il cuore le batteva all'impazzata. Le mani le tremavano. Il corpo era sconvolto da lunghi e freddi brividi. Di paura. Le lenzuola erano imporporate  di sudore.
            Posò una mano sulla testa, scosse il capo cercando di allontanare dalla mente quell'orribile sogno, così vero.
            Vivo.
            Ingoiò la saliva.
            Giù per la gola un sapore amaro.
            La droga per calmarla aveva svanito il suo effetto, lasciando la sua mente in balia di sé stessa. Sbatté le palpebre per tre volte, cercando di controllare il suo respiro. La luce delle candele accese, unica sua compagnia, illuminarono il volto di una donna.
            «Ontari!»
            Leksa sgranò gli occhi.
            Era indifesa.
            Era sola.
            Ontari era armata.
            E nei suoi occhi brillava l'ombra di Nia.
            Ontari si avvicinò. Poggiò la fredda lama della sua spada sul collo di Leksa; una goccia di sangue scivolò lungo il collo sinuoso di Leksa, macchiando le lenzuola.
            «Questo è da parte mia, questo è invece un dono della regina Nia». Le  gettò  sulle gambe un sacco e veloce sfuggì dalla finestra, avvolta dall'oscurità della notte.
            Leksa con mano tremante sciolse il nodo del sacco.
            La testa di Costia rotolò sulle coperte immacolate.
            Heda afferrò il volto della donna che aveva amato,
            che amava.
            Che ama.
            Lo stringe al petto,
            cullandola.
            Chiedendo perdono.
            Le chiude gli occhi rimasti aperti.
            Il sangue fresco imporpora le sue mani.
            Sul viso i segni di molte torture.
            Tra la bocca spalancata,
            una lettera,
            stretta tra i denti.
            Prima di morire.
            Lacrime solcarono le sue guance.
            Rosse.
         Per la rabbia,
            la disperazione,
            il dolore.
            Un dolore lancinante che non aveva mai provato prima. Era come se una lama arroventata l'avesse trafitta, in quell'istante. Una lama puntata dritta al cuore, trapassandole i polmoni. Togliendole il respiro.
            Le sue dita tremarono, piano,  con estrema lentezza  sfilò la missiva tra i denti di Costia. Le dita incerte spezzarono il sigillo di ceralacca. Portò le mani alla bocca. In quella lettera era stato descritto ogni minimo dettaglio della violenza che aveva subito la sua Costia. Alla fine del foglio bianco insozzato dalle mani sporche di sangue vi erano le ultime parole di Costia.
 
            Non piangere per me. Non piangere per la mia morte. Non piangere, Leksa.
            Alza lo sguardo al cielo quano ti sentirai triste.
            Alza lo sguardo al cielo quando vorrai gridare.
            Alza lo sguardo al cielo quando cercherai conforto.
            Alza lo sguardo al cielo quando ti sentirai sola.
            Guarda le stelle Leksa.
            Io sono lì.
            E presto altre stelle scenderanno sulla terra.
            Ai hod yu in.
 
            Heda fissa il foglio.
            Lo stringe tra le mani.
            Sussurra «yu gonplei ste odon, Costia».
            Leksa grida.
            Il suo urlo disperato raggiunge il cielo.
            E il cielo piange, pioggia.
            Nell'attesa delle stelle.



Angolo Autore:
Cari lettori vi auguro un buon inizio settimana e spero che questa lettura vi sia piaciuta. Attendo vostre notizie. A presto, Mai. 

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Capitolo 8
*** Two years after ***


Two years after
 
 
La stagione dell'estate portava con sé la felicità.
Il sole che batté sulla terra, sul corpo degli uomini, delle donne, dei bambini.
La città si riempie di rumori, di risa, di urla. D'allegria.
E la notte,
oh la notte!
Le notti di Polis sono un turbine di emozioni, un vortice costante, un giramento di testa senza fine.  
Da togliere il fiato.
Polis è viva e la paura dell'inverno, di quel freddo e rigido inverno è solo un ricordo lontano.
Il mondo vive.
Leksa è morta.
Il suo cuore ha smesso di battere. Le notti di Polis sono diventate il suo peggiore incubo. L'estate è diventata il più rigido degli inverni. Intorno a sé ha eretto barriere. Intorno a sé ha creato il vuoto.
Vive Heda nutrendosi del cuore ridotto a brandelli di Leksa.
Vive Heda prendendosi, succhiando, tutto ciò che resta di Leksa.
Vive Heda per il suo popolo.
Per la sua Polis.
Muore Leksa  che fissa il cielo dalla sua stanza, scrutando  le stelle. 
Sono questi i momenti più difficili, più crudeli.
Guarda le stelle Leksa chiudendosi nel suo mondo. Nelle sue bugie Leksa attende Costia.
Si gira verso la porta.
Sorride.
Un attimo e  ricorda.
Tutto.
La porta resterà chiusa.
Costia non entrerà.
Costia è morta.
Leksa resta sola a fissare le stelle,
sente la pelle della  donna che ha amato,
sente la sua presenza nell'aria.
Accarezza la ferita.
No, Costia non tornerà.
Costia è morta.
«Hodnes laik kwelnes ».
Voltò le spalle al cielo.
Alle stelle.
 
***
«Mamma cosa sta succedendo? No, no!  A diciotto anni ci sarà la revisione. Posso farcela!» gridò disperata una giovane ragazza.
«Clarke le cose sono cambiate. Voi andrete sulla terra!» esclamò la madre accogliendo tra le sue braccia la figlia.
Clarke si rilassò; una siringa si conficcò nella carne.
Un velo di tristezza  calò sugli  occhi della madre.
"Tutti sono sacrificabili, forse anche mia figlia".
Clarke si svegliò in una navicella.
Stavano volando, nello spazio.
Accarezzò l'orologio di suo padre.
Nell'attesa di un miracolo.
 
 
***
Leksa udì una risata, sbarazzina, come quella di Costia. Scosse il capo. Costia era morta. Aveva lei stessa seppellito la testa nel suo giardino personale.
Lontano da Polis,
lontano dagli occhi del mondo.
Qualcuno le accarezzò la spalla,
le soffiò nelle orecchie parole dolci.
"Guarda, Leksa".
E Leksa incredula sollevò lo sguardo.
Una scia luminosa attraversò la volta celeste.
Le stelle stavano cadendo dal cielo.
 
 
***
 
La sua navicella atterrò sulla terra.
Si aprì.
L'urlo di  Ottavia vibrò tra i folti alberi verdi,
svegliando quella natura (in)contaminata.
Estranea.
«Siamo tornati bastardi!»
Sulle sue labbra rosse di Clarke si dipinse un sorriso.
Abbassò lo sguardo,
i suoi piedi toccavano terra.
Il suo cuore batté per la felicità.
Non sapeva che tra gli alberi uomini armati li spiavano.
Non sapeva che ben presto il cielo e la terra si sarebbero incontrati.
Non sapeva che i suoi occhi azzurri si sarebbero intrecciati in un intricato filo rosso con gli occhi verdi della Foresta.


Angolo autrice:
Salve a tutti, spero che anche questo capitolo vi piaccia e attendo recensioni. Finalmente è arrivata Clarke! Ah, Holdnes Laik Kewelnes dovrebbe significare Love is a weakness ma se non fosse così chiedo venia e provvederò a cancellarlo e a trovare il termine corretto. A presto, Mai!

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Capitolo 9
*** Earth ***


Earth
 
Quando Clarke scoprì che la terra non era disabitata un grande sorriso si dipinse sulle labbra.
Il cervo che brulicava l'erba, rada, su una terra povera, tutto ciò non era neanche lontanamente immaginabile a quello che aveva pensato.
In prigione, sognando la terra.
Quando scoprì che il cervo aveva due teste si ritrasse, spaventata da quella mostruosità.
"Tutta colpa dell'uomo" sussurrò una voce tra gli alberi, forse i fantasmi di chi aveva abitato quel mondo prima di loro.
Quando Clarke vide il fiume sorrise ancora una volta. Octavia aveva preso iniziativa e senza pudore si spogliò, gettandosi nelle acque scure.
Quando il mostro marino fece la sua comparsa la paura si impossessò di lei,
la gioia si tramutò in orrore.
Quando Clarke vide esultare Jasper gridò insieme ai suoi compagni,
alla sua nuova famiglia.
Quando Clarke vide una lancia conficcarsi nel petto di Jasper le gambe le tremarono,
il fiato si spezzò.
La terra divenne un incubo.
Non erano soli.
Alzò lo sguardo al cielo.
Intorno a loro alberi e verde.
I loro nemici erano fantasmi travestiti da foglie.
Il verde della Foresta l'osservava.
Quando Clarke vide le farfalle illuminarsi nella notte era con Finn.
Il suo cuore non ancora spezzato le osservava, meravigliata.
"Forse la terra non è così crudele" pensò, ingenua.
***
La notte calò su Polis.
Sull'America.
Su quello che restava della terra .
Ceneri.
Heda fissava le stelle.
Non brillavano più come prima.
Forse era per la morte di Costia.
Forse perché la più luminosa era atterrata sulla terra.
Bussarono alla sua porta.
«Avanti» rispose.
Anya si inchinò a Heda.
Il comandante si voltò verso la guerriera, la sua insegnante, l'amica.
«Che notizie mi porti?» domandò girando per la stanza, enorme.
Vuota come la sua anima.
«Ne abbiamo catturato uno e usato come avvertimento per i suoi compagni. Volevano raggiungere i Maunon».
Heda corrugò la fronte, strinse i pugni e mostrò i denti, bianchi.
La rabbia la invase.
Il dolore si impossessò di lei.
«Uccideteli. Uccideteli tutti» ringhiò, ferale.
Anya obbedì.
«Sha Heda».
E veloce come un gatto uscì dalla stanza.
Leksa restò sola.
Le stelle la sua unica compagnia.
E la voce di Costia che giungeva,
lontana.
In un sussurro.
"Non avere paura delle stelle cadute dal cielo. La terra è la loro casa. Sarai tu la sua casa".
Leksa chiuse gli occhi, una lacrima solitaria le solcava il viso.
Heda aprì le palpebre gli invasori sarebbero morti.
Tutti.
E con loro le stelle.
 
 
 
***
 
Clarke dormiva raggomitolata su sé stessa. Tentando di riscaldarsi con qualcosa, qualsiasi cosa.
La terra era crudele.
Tutte le loro speranze svanite nel nulla.
La terra li aveva accolti come nemici.
L'aveva accolta come nemica.
Una creatura da cacciare.
Strinse le palpebre respingendo indietro le lacrime.
Da quando le suole dei suoi stivali avevano toccato quel luogo,
avevano sfiorato la Foresta, la terra, il mondo le era crollato addosso e con esso tutte le sue verità.
Le bugie di sua madre.
La morte di Wells.
Il suicidio di Charlotte
La follia dilagante.
L'anarchia.
La paura.
L'arrivo di Raven.
Il terrore di Bellamy.
Le mezze verità di Finn.
I grounder.
No, non poteva permettersi il lusso di piangere.
Il destino di tutti loro dipendeva da lei.
Da Clarke Griffin.
Era proprio come suo padre.
Ma non sarebbe mai diventata come sua madre.
Avrebbe difeso  il suo popolo dai terrestri.
Dalle insidie della Foresta.
Una voce udì da lontano.
Una voce femminile, di ragazza.
"Non avere paura della Terra. Ella ti accoglierà. Un giorno la Foresta stringerà la Stella".
Clarke voleva crederci.
Avrebbe voluto.
Clarke era diventata una leader,
e i leader non possono permettersi sogni.
Avrebbe bruciato la Foresta.
E tutti i suoi nemici.


ANgolo autore: Spero che anche questo capitolo vi piaccia, attendo una recensione e ringrazio tutti voi per la lettura. A presto, Mai V.

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Capitolo 10
*** We Are Grounders ***


L'inverno si avvicinava.
Un altro, ancora.
Le giornate diventavano più fredde, più corte, il sole era coperto da una brina di nuvole.
I nemici erano molti, i vivi troppi e la fame tanta.
Scarseggiava il cibo nella Foresta. Gli animali si rintanavano sentendosi braccati; avvertivano la minaccia degli uomini venuti dal cielo, percepivano la loro diversità.  
Solo i lupi giravano nella Foresta, signori e cacciatori di quei luoghi.
E le pantere.
Le magnifiche pantere nere che combattevano i lupi.
Leksa si sentiva un lupo, cacciatore.
Percepiva l'odore della paura degli uomini venuti dalle stelle.
Percepiva l'odore della vendetta.
Era curiosa Leksa, voleva conoscere il loro comandante, chiunque fosse.
Rischiava la vita per la sua gente, proprio come lei.
Come Heda.
Già, Heda doveva ucciderli.
Heda doveva proteggere la sua gente.
Heda non poteva permettersi di sognare.
Leksa si.
Leksa  aveva immaginato il leader di quei invasori, prima prendeva le sembianze di un uomo, alto e burbero, o basso e grasso. Poi si tramutava in una bambina dalle mani troppo in fretta sporche di sangue. Rivedeva se stessa, come in uno specchio.
L'immagine mutava, sempre.
Fino alla notte in cui vide una pantera dal manto nero, ombra della Foresta, dagli occhi azzurri come la più chiara delle giornate invernali fissarla intensamente.
La pantera spalancava le fauci e la divorava.
La divorava affondando la bocca nel suo petto, strappandole il cuore dalla carne viva.
Vedeva il suo sangue sgorgare copioso.
La pantera  si cibava del cuore del lupo.
Emise un gemito  di dolore.
Sobbalzando dal letto.
Si toccò il petto, alla ricerca del cuore.
Assicurandosi di averlo ancora,
un cuore.
Forse no, dopo la morte di Costia.
«Heda?» domandò una ragazza sgusciando dalle folte pellicce sollevando lo sguardo oltre le calde gambe di Heda. La fanciulla si aspettava un gemito di piacere, non di dolore.
«Heda» si sollevò sui gomiti avvicinando il suo volto a quello del comandante, alla ricerca delle labbra.
«Niente baci sulla bocca» disse riprendendo il controllo di se.
«Come desidera, Heda. Bacerò qualcos'altro». Strusciò il suo corpo contro quello del comandante scendendo di nuovo tra le gambe, affondando la bocca nella  femminilità di Heda. Leksa sussultò più volte. A occhi chiusi vedeva la pantera divorarla. Il suo animo bruciò dal basso ventre al petto al raggiungimento dell'orgasmo.
Fu in quel momento che Heda decise.
La pantera morirà
Le stelle verranno sterminate dalle asce dei guerrieri.
Dei suoi guerrieri.
E sorrise cercando vendetta contro i sogni.
 
***
 
Era la cosa migliore da fare era fuggire.
Scappare.
Per andare dove?
Quella era la loro casa, adesso.
Molti dei loro erano seppelliti lì.
I loro corpi nascosti dalla polvere scura.
Clarke aveva smesso di contarli dal primo giorno,
dalla morte di Wells,
dalla morte di Athom.
E tutte le altre di cui sentiva il peso,
ingiusto.
Trovava conforto negli occhi di Bellamy.
Annegavano insieme nel dolore di una vita crudele.
Fatta di scelte.
[Sbagliate].
 Forse.
Erano diversi,
eppure simili.
Finn il terzo uomo.
Dominatore della ragione.
Figlio della pace.
Finn aveva provato e lei ci aveva creduto che i Grounder li avrebbero ascoltati.
Si erano dati una possibilità che i dominatori della terra, di quel mondo devastato dalla guerra, potessero concedere loro il lusso di calpestare il suolo della Foresta.
Si erano sbagliati.
Tante, troppe volte.
Ancora una volta erano costretti a difendersi.
Soli.
Gli uomini sull'Arca erano morti.
Sua madre era morta.
Molti erano morti, sia tra le stelle, sia sulla terra.
Anche i Grounder erano mortali, si vantavano delle loro ferite.
Lo stomaco di Clarke si era chiuso in una morsa, stretta, nel vedere una bambina morire perché era una guerriera.
Si era domandata più volte chi fosse il loro Comandante.
Un uomo crudele?
Un folle?
Non lo sapeva, non le importava.
Ora voleva solo salvare i suoi compagni dall'imminente attacco.
Fuggire era la scelta migliore.
Così pensava Finn.
In questo aveva fede Clarke.
La fede è una pia illusione.
 
***
 
«Heda non è saggio andare TonDC. Ci siamo già noi» disse una donna dalla pelle nera come il carbone. Fiera e coraggiosa.
«Sono stanca di restare a Polis. I miei Nitblida sono nella mani di Titus, al sicuro. Io voglio conoscere questo comandante degli skaikru».
«Non hanno un comandante. Non sono come noi» rispose Anya con le braccia incrociate.
Heda camminò innanzi e indietro nella sala del trono. Carica di nervosismo.
«Come hanno fatto a sopravvivere fino a oggi?» domandò mostrando i denti.
«Perché siamo stati noi a concederlo».
«Per questo devo venire a TonDC e vedere con i miei stessi occhi».
«Sarebbe più saggio che Heda restasse a Polis, per il momento» intervenne Titus con fare severo.
Leksa chiuse gli occhi. La vista del suo maestro, a volte, le era insopportabile. Le ricordava giorno per giorno la sua scelta. Nella mente si insinuava, strisciando come un serpente, le sue terribili parole, colme di verità: essere Heda significa essere soli. Lei era sola.  
Sospira Leksa.
Ordina Heda.
«Tutti fuori».
E la sua voce rimbomba tra le pareti della sala del trono.
«Tranne Anya».
La guerriera si ferma. Torna indietro, dal suo comandante, dalla sua seconda, dalla sua amica. A volte si domanda a chi obbedisca davvero se alla sua Heda o alla sua Leksa. Perchè Anya lo sa tra le due c'è una differenza, abissale. Due persone diverse coesistono in una. Heda e Leksa. Leksa e Heda.
Heda divora Leksa.
«Perché hai dato il comando a Tristan? Non mi reputi in grado?» ringhia Anya dopo che la porta è stata chiusa.
«Tu sei la mia miglior guerriera» ribatté chiudendo gli occhi.
«E allora perché non vuoi che combatta?»
Heda tace.
No, non è Heda.
Ma Leksa.
Sul volto di Anya si dipinge un lieve sorriso.
Le si avvicina, con passo felpato, come quello di un gatto. Tra guerrieri non sono permesse tenerezze, ma Anya le scompiglia i capelli, come tanto tempo fa. I loro sguardi si incontrano e Leksa sospira.
«Và e torna» non aggiunge altro.
«Vincitrice e con la loro testa sulla mia spada».
Heda annuisce.
Leksa chiude le palpebre quando la porta si chiude. Un oscuro pensiero si insinua nella mente.
Lo sa.
Il vuoto la circonda.
Sterminateli tutti.
Spera di rivedere i suoi uomini,
Anya.
 
***
           
Gli eventi precipitano. L'attacco giunge, (in)aspettato. Fulmineo. Sono costretti alla ritirata.
I primi feriti.
I primi morti.
Bisogna prendere una decisione, in fretta.
Clarke vacilla.
Deve dare il tempo a Raven di costruire quel qualcosa che permetterà loro di salvarsi.
Ma Raven è ferita.
Ci vuole tempo, troppo tempo.
I morti aumentano.
Poi giunge la scelta.
Chiudere il portellone e sopravvivere o morire.
Le mani tremano.
Le urla aumentano.
Finn, Bellamy e altri combattono.
La testa le scoppia.
Invoca sua madre,
suo padre.
«Clarke!» urlano.
Prende la sua scelta.
Abbassa la leva.
Il portellone si chiude.
Anya riesce a entrare.
E prima che gli altri la massacrino, li ferma.
Negli occhi della guerriera c'è una luce.
Una promessa.

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Capitolo 11
*** Freak ***


Esci dalla vostra prima casa, la luce ti acceca.
Non sai quello che troverai, lo immagini.
Corpi dei grounder bruciati. Solo scheletri.
Corpi dei tuoi compagni. Massacrati.
Non hai tempo per pensare che qualcosa ti rapisce.
Dormi.
Ti svegli ancora.
Sei a Mount Weather.
Non ti piace.
C'è aria di pace,
odore di sangue,
misto a bugie e tradimenti.
Provi a coinvolgere i tuoi compagni. Fallisci.
Lo sai, sei prigioniera in una bara di metallo.
Abitata da zombie con sembianze umane.
Fuggi da sola.
Ciò che scopri ti inorridisce, uomini e donne tenuti in gabbie, strette, per soddisfare i fa bisogni di quegli umanoidi.
Sei crudele con gli abitanti della Montagna.
Durante la fuga incontri Anya.
Combattete per tutto il tempo anche quando l'aria fresca vi avvolge.
Dopo una lotta sancite la pace.
E quando finalmente vi stringete la mano: sparano.
Ti catturano, ti credono una grounder.
"Ero così vicina" pensi e crolli tra le braccia di tua madre.
 
***
Sei ossessionato da Clarke. La vuoi indietro. La vuoi con te.
È tua.
L'ami.
La cerchi ovunque Finn, senza trovarla.
Uccidi per la prima volta.
Perché vuoi, non perché devi.
Da pacifasta ad assassino.
Uccideresti ancora pur di salvarla e lo fai.
Diciotto morti macchiando le tue mani di sangue.
Le grida di paura non le ascolti pur di trovare lei.
Ma è lei a trovare te.
Leggi sul suo volto tutto il disprezzo del mondo,
disgusto.
E non importa se i tuoi peccati sono stati redenti,
tu brami il suo perdono.
 
***
 
Sei in viaggio da giorni. I tuoi fidati ti seguono.
Gustus ti protegge.
Indra si guarda intorno, odore di morte invade le sue narici.
Hai mandato 300 guerrieri, dovevano tornare vittoriosi con le lame delle spade sporche di sangue della teste dei tuoi, dei nemici del tuo popolo. Invece sono stati sconfitti. Tutti. Per mano di una bambina. Dicono.
Vi fermate.
Scegli un luogo non lontano dall'accampamento dei Skypeople.
Lo guardi, ti sembra un tubo di metallo, senz'anima.
I tuoi uomini sono pronti per il massacro se entro l'alba non lasceranno le tue terre.
Non ti importa dove andranno a morire, ovunque vogliano ma non prenderanno possesso ancora della tua casa.
I tuoi occhi sono lucenti, brami la vendetta.
Un'aquila vola sopra la tua testa.
"Costia" sussurri.  Cerchi redenzione nei tuoi ricordi.
Indra ti porta alla realtà: «meritano tutti di morire».
Annusci e attendi una loro risposta al tuo ordine.
 
***
 
Hai paura.
Non sai quel che fai.
C'è della pazzia in te.
Parlare con il loro comandante è la tua, vostra unica speranza.
Jaha è venuto a voi dopo un lungo viaggio parlando di una terra immaginaria.
Credi sia pazzo, tutti lo credono.
C'è chi lo segue.
Chi ha ancora fede nel cancelliere, ma non sa che è un uomo rotto, fatto a pezzi.
E tu sei priva di fede.
Kane ha parlato a lungo con Lexa, il comandante che tutti  i grounder rispettano vi ha detto che è saggia e forte. Sembra avere molti anni sulle spalle, di vita e di comando.
Sei pronta ad offrirle qualcosa: la cura per i mietitori. Speri che questo possa bastare.
Tutti i grounder li temono.
Il nemico del tuo nemico è tuo amico. Questo disse Bellamy molto tempo fa.
Con il coraggio in mano esci dal campo. Il cielo è azzurro e l'aria è fredda.
L'inverno sta arrivando e voi avete bisogno di un aiuto per i vostri amici.
Una tregua per l'arrivo del freddo.
Il cuore ti batte nel petto, non sai cosa aspettarti.
Sei decisa.
Dentro te tremi.
Un uomo alto e dal volto tatuato ti porta dentro, chiara la sua minaccia:
«se  osi solo guardarla nel modo sbagliato io ti taglio la gola».
Lo guardi con indifferenza.
L'aria nella tenda è gelida. Ti guardi intorno. La testa ti gira, i dettagli ti sfuggono.
Una donna dalla pelle nera come l'ebano protegge il comandante.
Ha gli occhi chiusi, tra le mani un pugnale, ci gioca accarezzandolo con le dita.
Il tuo cuore trema quando le sue palpebre si spalancano. Due occhi dal colore dell'acero ti fissano, ti scrutano, ti minacciano con crudele indifferenza.
«Tu sei quella che ha bruciati vivi 300 dei miei guerrieri».
«Tu sei quella che li ha mandati ad ucciderci».
 
***
 
Quella ragazzina che hai davanti osa sfidarti.
È interessante.
Nessuno fin'ora ha mai osato contraddirti.
La guardi intensamente, come un lupo con la sua preda, ma negli occhi di quella bambina rivedi la pantera dei tuoi incubi. Ti mostri sicura di te, affondi la punta del tuo coltello nel legno e quel gesto accompagna la tua voce.
«Hai una risposta per me, Clarke the sky people».
Tentenna. La vedi ingoiare la saliva. Ha paura.
Vuoi farle paura.
«Ho un'offerta» ribatte senza staccare gli occhi dai tuoi.
L'ascolti.
Sei titubante.
È un susseguirsi di risposte, state scegliendo l'alpha e sai chi vincerà.
Ma quando sei pronta a decretare la tua sentenza lei ti mostra la ciocca di Anya.
Il tuo cuore perde un battito.
Le  gola si stringe in un nodo.
Gli occhi umidi.
Le labbra tremano.
Tutto si svolge velocemente, troppo velocemente. Fermi Indra prima che possa fare del male alla bambina. Vuoi conoscerla. È il tuo unico ed ultimo ponte con Anya. Dovrai essere tu ad ucciderla se mente.
Ti alzi dal tuo trono.
Ti ergi in tutta la tua grandezza.
Heda.
Non Lexa.
Clarke alza il viso, sostiene il tuo sguardo.
Combattiva.
Ringhi mostrando i tuoi denti bianchi, perfetti.
«Dimostralo».
 
***
Sei riuscita a dimostrare al comandante la verità. Potete guarire i mietitori. Sul tuo volto si dipinge un sorriso. Tornate al suo accampamento. Nella sua tenda dove c'è profumo di candele, alla vaniglia, o almeno così ti sembra. Guardi il tavolo di guerra. Finalmente hai trovato pace.
«C'è una cosa che devi fare per me, Clarke»  dice avvicinandosi a te, piano.
«Tutto quello che vuoi».
E sei felice perché sai che finalmente potrai salvare i tuoi compagni. Nulla potrebbe distruggere quel momento di serenità.
«Consegnatemi l'uomo che chiamate Finn quando avremo avuto la nostra giustizia, voi avrete la vostra tregua».
Rimani lì a fissarla con gli occhi spalancati e la bocca aperta. Se in lei avevi visto un briciolo di umanità si è sbriciolata tra le dita. Lei non è altro che un mostro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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