Il ritorno in vita di un fantasma

di Miss Loki_Riddle Gold
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un fantasma tornato in vita ***
Capitolo 2: *** Serata a Villa Holmes ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 – Problemi a Baker Street 221B ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - La giusta dose di divertimento per rompere la noia ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Una scoperta indesiderata ***



Capitolo 1
*** Un fantasma tornato in vita ***


Mycroft è infuriato in questo momento. E’ infuriato con se stesso che appena lo ha rivisto ha pensato a quanto gli fosse mancato e a quanto vorrebbe averlo sotto di se in quel preciso momento.
E’ infuriato con Anthea che doveva proprio, ma davvero proprio, tenere acceso il video in macchina.
E’ infuriato con Watson che non ha fermato Sherlock dall’uccidere una persona ed, ancora, con se stesso per non essere riuscito ad arrivare in tempo dal fratello.
E’ infuriato con Sherlock che, come ringraziamento all’averlo riportato in patria, ha avuto la bella idea di uccidere un uomo a sangue freddo davanti a tutti loro.
E’ infuriato con Lestrade che non ha fermato il suo caro fratellino, ma soprattutto è infuriato con lui, quell’uomo che in quel momento è comparso sugli schermi di tutto il Regno Unito solo per chiedere loro se gli è mancato. E’ infuriato con lui che non si è nemmeno dato la briga di creare un video più realistico. No, la sua entrata in scena doveva essere per forza così… terrorizzante. Perché lo sa che adesso il Regno Unito sarà spaventato. Perché doveva proprio decidersi ad arrivare ora, mentre suo fratello se ne stava andando.
E’ infuriato con lui, però, soprattutto perché non lo sapeva. Perché non sapeva che stava bene, nascosto da qualche parte certo, ma stava bene.
Perché Mycroft non lo ammetterà mai probabilmente ed il mondo non dovrà mai saperlo, ma il suo scheletro nell’armadio, colui che riesce ad attirare il suo cuore in una trappola ben ideata, il suo peccato personale è appena tornato ed è lì in quello schermo. Quello stesso che sta guardando mentre chiama suo fratello per riportarlo in patria a chiedere con la sua voce strascicata: “I Miss You?”
Perché Mycroft lo ama quel maledetto psicopatico e, nello stesso tempo, lo odia con tutto se stesso, perché Jim Moriarty è la reincarnazione di tutto quello che non sopporta, di tutto quello che considera sbagliato e lui non può farci niente.

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Capitolo 2
*** Serata a Villa Holmes ***


Serata a villa Holmes
 
Mycroft ha passato una serata maledettamente lunga a causa del ritorno di Moriarty… Moriarty, il solo nome lo fa sorridere, proprio lui che non sorride mai. Sa già cosa lo attenderà a casa o meglio, chi. Ecco perché davvero, davvero non ha nessuna voglia di ritornarci. Non adesso. Ma la rabbia che ha covato per tutto il giorno inizia a farsi sentire. Lo deve vedere, è l’unico punto fisso nella sua mente da quando lo ha visto nello schermo della macchina.
Deve assolutamente capire perché. Perché è tornato, ma soprattutto perché non glielo ha detto. Dovrebbe saperlo che non rivelerà a nessuno dei loro incontri.
Saluta con un bacio Greg, che ha appena riaccompagnato a casa. Si sono dati appuntamento per la sera dopo. E’ da qualche mese che si frequentano, ma Mycroft sa che i loro giorni sono agli sgoccioli. Lo percepisce sulla propria pelle come una leggera pellicola di eccitazione, abbastanza leggera per riuscire a comportarsi normalmente, ma non sufficiente per poter pensare anche solo per un secondo di non averla addosso.
Si dirige a casa, nella propria villa con sguardo cupo. Non ha intenzione alcuna di rivederlo. E’ troppo irritato con lui, al momento.
Gli ci vuole tempo per superare il suo ritorno e se la smettesse di mettere alla prova suo fratello sarebbe meglio.
Quando infila la chiave nella serratura si ritrova inconsapevolmente senza fiato. Lo sta trattenendo.
La porta scatta e lui può benissimo entrare dentro.
Le luci sono spente, tranne una che arriva dalla cucina.
Non avrà… non riesce a trattenersi e si avvia a passo leggero, per quanto permessogli, a controllare.
Non arriva nemmeno in cucina, qualcosa lo trattiene nel buio o meglio, qualcuno.
Una mano si è posata sulla sua spalla. Una mano morbida, incredibilmente piccola per essere quella di un uomo e maledettamente curata. Riuscirebbe a riconoscere quel tocco ovunque.
- Moriarty.- Dice, non è un saluto e non è nemmeno una domanda, è una constatazione.
- Ti sono mancato, Mycroft?- Gli chiede l’altro, le labbra quasi a sfiorargli il lobo dell’orecchio. Per poco il maggiore degli Holmes non geme percependo l’alito caldo sulla propria pelle. Quanto gli è mancato quel maledetto, ma non risponde. Non gli darà il piacere di sentirglielo dire ad alta voce.
- Lasciami andare.- Sono le parole che usa, il tono freddo. E’ ancora infuriato con quel maledetto tentatore di uno psicopatico.
- Mmmh… potrei sempre dirti di no, ma a quel punto useresti il tuo ombrello, non è così?- Mentre parla lascia che la mano si muova in una lenta e sensuale carezza dalla spalla alla mano che regge l’ombrello. Per la seconda volta non risponde. Si avvia, invece, verso la cucina.
Qualcuno gli ha preparato da mangiare ed è più che sicuro che non sia stata la sua domestica. L’ha mandata via non appena ha finito la chiamata con suo fratello.
- Ti piace?- La domanda che gli arriva alle orecchie lo spinge a voltarsi. Moriarty si è appoggiato allo stipite e lo guarda incuriosito, le sue meravigliose labbra aperte in un sorrisetto -o dovrebbe definirlo un ghigno?-. Gli occhi scuri, di cui non si riconosce l’iride dalla pupilla, sono fissi sul suo volto. Socchiude gli occhi.
- Da quand’è che sai cucinare?- Chiede, non è davvero interessato. Solo che l’altro non aveva mai cucinato prima. Vede le dita dell’altro torturarsi fra loro, sintomo che sente quanto Mycroft è irritato con lui.
- Oh, beh… dovevo pur fare qualcosa in questi ultimi anni, no? – Non ha fame. Non di cibo per lo meno.
- Ovviamente.- Gli risponde, atono. Certe volte vorrebbe essere asessuato come suo fratello Sherlock, vorrebbe non provare attrazione per l’uomo che ha davanti. Certe volte, invece, vorrebbe essere più preparato per potergli fare più male, molto più male.
Moriarty sta attendendo la sua reazione e non deve attendere molto perché con un gesto lo ha appena preso per il bavero della camicia e sbattuto contro il muro. L’ombrello dimenticato da qualche parte. Finalmente può mostrare tutta l’ira deformare il suo volto.
- Come?- Chiede, sanno entrambi che non stanno più parlando di cibo.
- Bella domanda, può significare tante cose… Come ho imparato a cucinare? Come mai sono tornato? Come ho passati questi anni?- Gli sussurra avvicinando il volto al suo, ma Mycroft non ha tempo né voglia per questi giochetti. Ecco perché lo allontana un minimo dal muro per poi sbatterlo ancora più forte di prima.
- Rispondi.- Gli dice, la voce tesa, quasi triste.
- Perché dovrei? Tanto lo sai!- Mycroft lo guarda irritato. – Ok, ok… ma ripeto dovresti saperlo. Non potevo venire prima, anche se ci ho pensato, ma davvero non potevo. Quando ho saputo che tuo fratello se ne stava per andare ho fatto la mia apparizione. So quanto ci tieni a lui.- Risponde. Anche lui è teso.
- Avresti potuto chiedermi il permesso prima di fare finta di essere morto e non attentare alla vita di mio fratello.- Gli risponde, quasi in un ringhio trattenuto. Moriarty adora quando Mycroft si lascia andare ai sentimenti, qualsiasi essi siano e contro chiunque siano.
- Lo sai che è stata colpa tua.- Gli risponde, un ghigno a deformargli il volto.
- Colpa mia, Moriarty?- Vede il volto di Moriarty deformarsi in una finta smorfia di dispiacere.
- Non mi chiamavi più per cognome da molto tempo.- Gli dice, ma a Mycroft non importa, tutto quello che fa è sbatterlo contro al muro per la terza volta, questa volta con abbastanza forza da fargli mancare il respiro.
- Off… L’ho fatto perché tu preferivi lui a me.- Dice, stringendosi nelle spalle. – Pensavo ti sarebbe piaciuto se io fossi scomparso dalla tua vita.- Mycroft ha la tentazione di prenderlo a pugni.
“l’ho fatto perché tu lo preferivi a me”? “Credevo ti sarebbe piaciuto…”? Quelle due frasi non hanno per niente calmato Mycroft, che anzi è anche più irritato, adesso. Come diamine gli è venuto in mente che sarebbe stato contento senza di lui o che potesse attentare alla vita di suo fratello per gelosia senza conseguenze?? Invece, lo lascia andare, senza curarsi che l’altro non riesca a reggersi in piedi e si allontana da lui.
- Allora non saresti dovuto tornare.- Dannazione non è da lui essere tanto irritato, ma quello psicopatico fa esplodere in lui tutto ciò che nessun altro era mai riuscito a fargli emettere.
Jim lo guarda dal basso, dove si è rannicchiato.
- Lo so… mi dispiace.- La sua voce è quella di un animale ferito, ma a Mycroft non importa. Non gli importa nemmeno che l’altro abbia chiesto scusa quando lui non lo chiede mai. Non in quel momento, per lo meno. Lo rialza dal bavero della camicia prima di appoggiare con forza le proprie labbra su quelle dell’altro. Lo sente stringersi a lui. Lo allontana da se, con un gesto schifato, prima di sedersi e mettersi a mangiare come se niente fosse. E’ davvero arrabbiato questa volta.
Moriarty lo osserva, poi si alza da terra. Con un gesto elegante si rimette apposto la camicia in modo da far sparire possibili pieghe rimaste dal trattamento dell’altro.
Solo a quel punto si avvicina e con delicatezza gli leva la forchetta dalla mano e si va a sedere sulle sue gambe come se tutto quello che è appena successo non fosse mai avvenuto. Stringe l’altro in un abbraccio, circondandogli il collo con le braccia. Resta lì, attendendo la mossa dell’altro.
Mycroft non può farci niente, proprio niente quando ai movimenti del suo psicopatico preferito i pantaloni iniziano a farsi troppo stretti. Dannazione se lo desidera. Vorrebbe portarlo a letto e farlo suo per tutta la notte, ma non può. Per quanto l’idea lo solletichi e la risata dell’altro nel suo orecchio gli riveli che ha percepito quanto gli sta succedendo. Deve controllarsi, adesso si sta vedendo con un altro. Fa per scostarlo da se, ma le braccia, come sempre in quei casi, non rispondono a dovere. Si ritrova, quindi, a stringerlo invece di respingerlo.
- Jim… non farlo mai più.- Gli sussurra nell’orecchio.
- Sai che non posso promettertelo.- Gli giunge di risposta, ma non lo scosta da se. Non lo ammetterebbe mai ma il pensiero di Lestrade gli è scivolato via insieme a quello del resto dell’Inghilterra. Non quando gli occhi del criminale sono nei suoi o quando le sue mani sono artigliate nelle spalle dell’altro o ancora, quando le loro labbra sono così vicine da permettere l’un l’altro di sentire il fiato solleticargli la pelle della bocca. Sa che quando Moriarty se ne andrà dovrà levarsi l’odore del criminale da addosso. Lo sa, ma non gli interessa. Non in quel momento che può cibarsi di quel corpo ed avvolgersi in quell’odore tanto desiderato.
- Allora non promettermelo, ma stai attento. Lo sai che prima o poi ti dovrò mettere in carcere e non ci potremo più vedere.-
- Sembri tuo fratello.- Il ghigno comparso sulle labbra dell’altro lo fa sbuffare, ma sa che ha ragione. Sherlock in confronto a lui è più sentimentale, ma con Moriarty ogni cosa cambia. Moriarty è l’unico che riesce a renderlo in quel modo.
Al suo sbuffo, Moriarty appoggia semplicemente le proprie labbra su quelle dell’altro. “Starò attento.” sembra intendere con quel bacio.
Quando si separano sono entrambi a corto di fiato. Maledetto psicopatico, si ritrova a pensare Mycroft percependo per l’ennesima volta il desiderio di farlo suo. In quei casi vorrebbe essere una persona normale, vorrebbe che l’altro non fosse un criminale. Vorrebbe semplicemente tutto quello che non può avere.
Cerca di tornare lucido e dallo sguardo che gli rivolge Jim sa che lui lo ha capito.
- Scendi, ho fame.- Gli dice, cercando di essere il più freddo possibile, ma senza riuscirci. Non con lui, ci riuscirebbe con chiunque altro, ma non con lui.
- Permettimi di aiutarti.- Risponde, infatti, l’altro con quel tono da psicopatico, che non riesce a far altro che eccitarlo.
Sa cosa sta per succedere. E’ un gioco tutto loro, iniziato da molti anni a questa parte ed è il modo migliore per cibarsi almeno per loro, lo sa e non riesce a trattenere un ringhio di piacere. Quindi stringe Moriarty più a se, quasi a dargli il suo permesso.
Moriarty lo lascia andare con una mano, prendendo un pezzo della torta al cioccolato che gli ha fatto.
Mycroft adora le torte, in particolare quelle al cioccolato e Moriarty adora il cioccolato, in particolare se sotto forma di torta. Si potrebbe dire che amano la stessa cosa, ma non è così. Come ogni volta vedono la situazione dai due punti opposti.
Moriarty assaggia la torta e si volta a baciare Mycroft che gliela prende dalle labbra iniziando a mangiarla. Il cibo ha un gusto migliore se condita con il sapore del criminale, pensa Mycroft mentre lo mangia.
Continua a mangiare così, senza preoccuparsi di quanto una cosa simile possa sembrare strana vista da fuori, perché sono da soli e nessuno li vede in quel momento. Quando sono in pubblico entrambi riprendono il loro posto come nemici.
Moriarty non farà sicuramente sconti a Mycroft né succederà mai il contrario.
Quando Mycroft smette di avere fame, o almeno così sembra, non fa altro che levare la torta dalle mani di Moriarty e baciarlo come due semplici amanti.
Non sanno bene come o perché. Non importa. Ma si alzano in simultanea e, continuando a baciarsi, si avviano verso la camera da letto.
Dannazione se il suo psicopatico gli è mancato. Ormai la rabbia è passata lasciando spazio solamente al desiderio del corpo dell’altro.
Mycroft inizia a spogliare Moriarty, con quella frenesia dettata dalla mancanza.
Moriarty si lascia spogliare, stringendosi il più possibile all’altro e strofinandosi contro il suo corpo quasi nella speranza di vederlo eiaculare lì, in quel preciso istante, nei propri pantaloni.
Mycroft, però, non glielo permette, facendolo cadere senza tante cerimonie sul letto del maggiore degli Holmes, prima di adagiarsi su di lui.
Il criminale adora stare sotto all’altro, adora quando Holmes lo tratta come qualcosa di suo, unicamente suo perché sente quanto l’altro ci tenga a lui. In ogni suo gesto lo percepisce, perché è in quei momenti che l’altro da il meglio di se. Non si aspetta la frase che l’uomo sopra di lui emette in quel preciso momento.
Mycroft ci ha pensato, non sa se è giusto. Non sa se dovrebbe semplicemente fregarsene, ma le parole che l’altro gli ha detto lo hanno colpito.
- Promettimi che non attenterai mai più alla vita di mio fratello.-
Cala il silenzio per qualche secondo, ma è difficile che uno dei due non ragioni prima di pensare.
Jim fa uno scatto con il bacino cambiando le posizioni e ponendosi fra le gambe dell’altro, prima di strusciarsi, iniziando con mani esperte a liberare l’altro dai suoi pantaloni. I gesti decisi ed i movimenti veloci, ma eleganti indicano quante volte abbia compiuto quelle stesse azioni sui pantaloni dell’altro.
- Solo se tu mi prometti che lo lascerai.- Gli risponde, la voce arrochita dal piacere, mordendogli il lobo dell’orecchio. – Lascia quell’idiota e torna con me.- Gli propone e per un attimo il pensiero sembra solleticare la mente di Mycroft, ma viene subito cacciato via.
- Non è un idiota.- Risponde semplicemente, non ha detto se sì o no perché ancora ci deve pensare.
- Non mi costringere ad ucciderlo. Il tuo caro fratellino sarà pure sopravvissuto, ma sei sicuro che ci riuscirà anche il tuo fidanzatino?- Fa una smorfia nel dire l’ultima parola. Mycroft è suo e tale deve restare. Il solo pensiero che qualcun altro possa avere le sue labbra, il suo corpo o qualsiasi altra parte dell’essere di Mycroft lo fa letteralmente impazzire. Sì, è disposto ad uccidere chiunque si frapponga a loro due, persino il pianeta intero, perché Mycroft è suo, che sia ben chiaro a tutti.
Mycroft lo sa, ma non è questo che lo fa irritare. Mycroft non sopporta quando qualcuno lo minaccia.
Non sopporta che Moriarty gli parli in quel modo e, soprattutto, odia con tutto se stesso il modo in cui l’altro tratta chiunque gli si avvicini. Se non fosse stato ben chiaro al criminale che la sua segretaria Anthea non era interessata a lui con tutta probabilità non sarebbe più viva da molti anni, ormai. Ecco perché capovolge nuovamente la situazione per poi prendere l’altro per il collo e stringerlo.
- Non. Osare. Minacciarmi.- Gli dice, la rabbia ben impressa nella sua espressione.
James non fa altro che scoppiare a ridere. Ride perché lo sa che Homes non lo strozzerebbe mai, non ne ha proprio la capacità. Ride perché non può sopportarlo. Ride perché vuole ridere.
Mycroft lo lascia andare, non gli da la soddisfazione di fare altro. Scivola al suo fianco, disgustato della follia che per un attimo ha preso il posto dell’uomo che ama e lo guarda.
- Vattene. - Gli dice, in quello che ha tutto il sentore di essere un ordine. Moriarty lo osserva.
Odia quando gli altri gli danno ordini, ma Mycroft non è gli altri. Mycroft è qualcuno di più, Mycroft è… Mycroft. L’unico che abbia la capacità di dargli ordini, per quanto non sempre li esegui. Mycroft è l’unico che può mettere becco nei suoi affari. L’unico ed il solo.
Non risponde, lo osserva e basta, poi con mano tremante gli accarezza il volto in uno dei suoi pochi gesti di vero affetto. Si alza e si riveste prima di andarsene.
Quando sente la porta chiudersi Mycroft prende un respiro profondo prima di avviarsi in bagno a farsi una doccia. Deve pensare e con tutta probabilità quella notte la passerà in bianco tormentato dai pensieri.
Lestrade, il suo cuore ne è cosciente, è un idiota. D’altro canto, però, la sua mente lo considera molto meglio perché per lo meno non uccide nessuno. E’ retto e, probabilmente, il suo carattere gli farebbe bene, ma ha un difetto enorme: non è il suo scheletro nell’armadio, non è Moriarty né lo sarà mai e questo il suo cuore non lo accetterà mai né il suo corpo risponderà ai suoi gesti con piacere.
Moriarty d’altro canto è un assassino, uno psicopatico, qualcuno che se potesse ucciderebbe, ma è anche fottutamente geniale. Se non fosse tanto diverso gli ricorderebbe suo fratello Sherrinford. Moriarty è tutto ciò che ha sempre odiato e che lo ha sempre disgustato, ma il suo cuore ed il suo corpo perdono ogni genere di controllo quando sono in sua presenza e non ci può davvero fare nulla.
E’ pensando ad uno solo di loro che il suo corpo si decide a venire con un gemito roco ed un unico nome sulle labbra. Non sa ancora che il proprietario di quel nome ha appena deciso di mettere atto ad un nuovo piano ai danni di coloro che conosce.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 – Problemi a Baker Street 221B ***


Sono passate due settimane da quando Moriarty ha fatto la sua entrata negli schermi di tutta la nazione. Due settimane di assoluto silenzio, almeno per Sherlock che inizia ad annoiarsi. Nessuno riesce a capire da dove sia provenuto il messaggio di Moriarty. Non ha lasciato indizi il che rende il caso anche più interessante. Sherlock però, non si è reso conto solo di questo particolare. No, c’è anche qualcosa che non va in suo fratello Mycroft.
Il modo in cui si guarda alle spalle, il modo in cui lo va a trovare sempre più spesso sono dettagli che attirano dei sospetti, soprattutto ad una mente abituata a ricercare anomalie come quella di Sherlock. Non possono sicuramente sfuggire.
Ha, inoltre, notato alcuni particolari sui vestiti di Mycroft che indicano una certa attività notturna non ben identificata. Un giorno gli ha trovato un bottone, mezzo sgualcito, della camicia del maggiore. Era mezzo stappato dal modo in cui si ritrovano i fili, cosa che, conoscendo il fratello, non sarebbe successo se non in casi particolari.
Un’altra volta ha notato una piccola macchiolina verde sulla giacca del fratello, che può indicare solamente l’essersela sfilata velocemente. Che diamine sta succedendo? Che diamine prende a Mycroft? Certo potrebbe chiederlo all’altro, ma così si perderebbe tutto l’interesse e Sherlock è davvero annoiato. E’ tanto annoiato che osservare gli abiti di suo fratello sembrano essere l’unica cosa interessante di quel periodo. Poi, diciamocelo, sicuramente Mycroft non rivelerebbe la verità, tutto il risultato che Sherlock otterrebbe è il premurarsi di far sparire altri possibili indizi da parte di suo fratello e Sherlock lo sa bene.
La cosa che stupisce maggiormente Sherlock, però, è che Lestrade non abbia mai niente di simile. Magari ha macchie di cibo sugli abiti, ma nulla che si possa ricondurre alle condizioni di Mycroft. Sherlock non è stupido, quindi ha ben capito che i due si vedono, non tentano nemmeno di nasconderlo, ma Mycroft è sempre più strano. C’è qualcosa che non va che Sherlock intende scoprire.
E’ questa la situazione solita ed è così che si trova oggi. E’ un ronzio a risvegliare Sherlock dal suo solito stato comatoso in cui finisce ogni volta che è annoiato e non può sparare alle pareti o fare esperimenti.
Un ronzio che si ripete un paio di volte.
Sherlock balza in piedi, prendendo il proprio cellulare.
 
Ti sono mancato? – J.M.
 
J.M. Sherlock sorride, deve averlo scritto con un numero privato, ma non importa, perché fa parte del gioco.
J.M. non ci vuole un genio per capire chi sia. James Moriarty. Ci pensa un po’ su, poi si mette a digitare una risposta.
 
Come mai solo ora? – S.H.
 
Davvero non riesce a comprendere perché solo dopo due settimane si faccia sentire. La risposta la ottenne qualche secondo dopo.
 
Noioso. Lo sai. – J.M.
 
No, non lo sa, ma a quanto pare è una domanda che l’altro reputa stupida o, più probabilmente, a cui non intende rispondere. Forse se si concentra di più giungerà alla risposta giusta. Ci prova, ma qualcosa non gli torna. Un altro ronzio pone termine ai suoi pensieri
 
Trovami. – J.M.
 
Solo quell’unica parola, nulla di più. Sherlock pensa che sicuramente lo cercherà ed appena lo avrà trovato lo farà smettere, quindi manda un messaggio al suo migliore amico e fidato blogger John Watson.
 
Baker Street. Ora. – S.H.
 
***
 
Mycroft ha preso una decisione o per meglio dire non ne ha presa alcuna.
Non è facile scegliere fra il cuore ed il cervello, in particolare se si sta parlando di un Criminale e di un Ispettore di Polizia. La cosa sarebbe piuttosto semplice messa in questo modo, ma non lo è. Non quando si tratta di Moriarty.
Ha attentato alla vita di suo fratello Sherlock -maledizione!- e attenta alla vita di migliaia di persone e ne uccide per semplice noia ogni giorno centinaia.
Ha fra le proprie mani la vita di tutte le organizzazioni criminali e riesce a svaligiare la banca d’Inghilterra ascoltando della musica e tutte le altre con un semplice gesto.
Mycroft sa che se quello lo ha fatto solo per noia, quando è davvero irritato può commettere anche crimini maggiori. Lo ha messo alla prova senza volere ed il risultato è stata la finta morte di suo fratello. Non può nemmeno immaginare cosa esattamente potrebbe commettere se lui scegliesse Lestrade.
Come minimo lo ucciderebbe, ma probabilmente prima lo torturerebbe fino a fargli chiedere di morire. Sa che la propria casa è piena di microchip e non sono state messe da lui o dai suoi uomini. Lo sa, ma non gli importa dato che l’unica persona che riceve quei video è anche l’unica che desidera lo veda.
Moriarty, il suo meraviglioso Moriarty è dall’altra parte, sa bene che non permette a nessun’altro di vedere cosa succede in casa sua. E’ geloso persino dei suoi uomini. Lo sa perché più volte glielo ha detto. Lo sa che Moriarty lo considera proprietà privata. E’ lui che lo osserva, solo ed unicamente lui.
Entra in casa e si comporta come se nulla fosse, ma ogni sera alla stessa ora si fa una lunga doccia. Se è fortunato Moriarty lo chiama subito dopo per parlargli, ma non viene più a trovarlo il che è assolutamente un bene perché non sa ancora come dirgli che ha scelto Lestrade, sa che lo capirà oggi, dato che ha invitato l’altro a pranzo al ristorante Criterio.
Niente di eccessivo, spera Mycroft, ma è la sua risposta. Non lascerà Greg per Jim, neanche per sogno. Moriarty si è finto morto per più di tre anni. Bene, ora ne paga le conseguenze.
Lestrade non ha capito il motivo dell’invito ad uscire ed è sicuramente meglio così.
Glielo ha chiesto solo all’ultimo, ma dato il luccichio negli occhi dell’altro è riuscito a capire che non ha altri impegni e la sua contentezza.
E’ bastato quello a spingerlo a scegliere il ristorante Criterio in Piccadilly Circut, lo stesso dove tanti anni prima, quando ancora nessuno dei due era conosciuto, si è scambiato il primo bacio con Moriarty. Lì, seduto al bancone del bar. Nessuno dei due conosceva l’identità di chi aveva davanti.
 
Non passa molto affinché ci arrivino e si siedano ad un tavolo non troppo in angolo, ma nemmeno troppo in vista, nel punto strategico per qualsiasi cosa. Quando sono arrivati Lestrade viene riconosciuto così vengono messi lì, ma non è ancora arrivato l’antipasto che entra Sherlock Holmes.
E’ trafelato e stranamente non viene seguito dal fido Watson.
Ha gli occhi sgranati, nota Mycroft, il che significa che ha scoperto che sta per succedere qualcosa lì dentro.
- Uscite, uscite, presto!- Dice, la voce quasi roca dal troppo tempo passato a non fare assolutamente nulla. Con tutta probabilità ha finito di annoiarsi da poco.
Lestrade e Mycroft balzano in piedi, spingendo gli altri ad eseguire il comando, poi Lestrade lo bacia, lasciandolo solo con suo fratello o, almeno è così che crede. Quando si volta si accorge della presenza di una terza persona. Ha un cappellino con una visiera schiacciato sulla fronte, dei jeans, degli occhiali da sole – per quale assurdo motivo porta degli occhiali da sole in un luogo chiuso?-, una felpa con la scritta “I love London”. Un vestito tipico di un turista, ma Mycroft sa chi ha di fronte con la stessa semplicità con cui l’altro sa chi sono loro due. James Moriarty lo ha seguito lì dentro e lo sa, non c’è bisogno di dirlo ad alta voce, sanno entrambi che se avesse deciso di scegliere Lestrade e fosse riuscito nel suo intento lui avrebbe fatto saltare in aria l’intero ristorante.
Mycroft odia quel genere di situazioni. Se fossero da soli lo sbatterebbe contro il muro dalla rabbia che sta provando in quel preciso momento, ma non può e la lucina rossa che vede addosso a Sherlock glielo conferma.
Sherlock fissa Moriarty, lui fissa Sherlock. Gli sembra di essere il terzo incomodo anche se sa che non è così. Si volge verso Sherlock, ma lui non ha ancora parlato. Non si sono detti assolutamente nulla. Può quasi leggerla la conversazione fra i due. Sherlock che chiede informazioni, Moriarty che non intende darle, Sherlock che si chiede a chi era rivolta quella minaccia e Moriarty che parla.
- Beh, che c’è? Stavo mangiando.- Una menzogna maggiore non potrebbe fuoriuscire dalle sue labbra e lo sanno tutti e tre. Il ghigno che si dipinge sul volto di Sherlock e su quello di Moriarty sono più simili di quanto ci si aspetterebbe. Poi Moriarty alza le mani in segno di resa.
La musichetta di un cellulare sembra rompere il silenzio che si è creato fra loro.
- Scusate.- Lo psicopatico sogghigna, mentre tira fuori dalla tasca del cappotto il proprio cellulare e risponde, si avvia alla porta e nel farlo sfiora leggermente la spalla di Mycroft con la propria. Appena il tempo per fargli capire che si vedranno, quella sera stessa a casa. Non c’è bisogno di parole o biglietti per capirsi.
Restano qualche secondo in silenzio mentre Moriarty sparisce dalla vista.
- Immagino ti avesse lasciato degli indizi.- Rompe il silenzio Mycroft volgendosi verso suo fratello.
- Molto nascosti.- Risponde Sherlock, poi lo guarda come ad invitarlo a raggiungere Lestrade. – Ho lasciato Watson a casa da sua moglie, è più sicuro per entrambi.- Dice, sicuro di sapere a cosa sta pensando Mycroft, il maggiore annuisce.
- Immaginavo.-  Poi si avvia verso la porta, il pericolo appena scampato. Parlerà con Moriarty quella sera stessa.
Solo quando fa per aprire la porta sente le parole di suo fratello:- Era una minaccia, ma non ho ancora capito rivolto a chi.-
Si ferma un attimo a quelle parole, poi continua a camminare come se niente fosse.
 
Mycroft non ha davvero intenzione di tornare a casa sapendo chi ci troverà ad attenderlo. Non ne ha intenzione, anche se ormai è sera. Ha lavorato fino all’ultimo minuto rimastogli, ma Anthea ha ragione. Si deve andare a riposare, non può permettersi errori.
E’ per questo che si fa accompagnare a casa nella stessa macchina in cui si trova la sua fidata segretaria. Più di una volta si è chiesto se fosse giusto non raccontarle nulla sulla sua situazione, ma poi si è ripreso ricordandosi in tempo che nessuno al mondo deve scoprire di Moriarty, mai. Da una conversazione simile potrebbero derivare disastri di dimensioni titaniche e lui non può di certo permetterselo.
E’ in macchina che succede qualcosa di imprevisto, qualcosa che non pensa neanche lui sarà tanto importante nella sua vita. E’ con un gemito di frustrazione da parte di Anthea che parte ogni cosa.
Si volta a guardarla nel sentirla emettere un suono del genere. Non è da lei, non lo è mai stato.
La osserva. Per lui Anthea è un’amica oltre che un’ottima segretaria, il loro lavoro li ha resi incredibilmente vicini, è colei con il quale si confida maggiormente e se gli piacessero le donne crede proprio che avrebbe messo gli occhi su di lei. Oh, Anthea, la dolce, cara Anthea. Anthea che non si dimentica mai un suo appuntamento, Anthea che gli è sempre al fianco, la stessa Anthea con  la quale passa buona parte delle sue giornate. Anthea che è sempre legata al suo smartphone e che potrebbe davvero avere chiunque al suo fianco, ma anche la stessa che non desidera chiunque. Oh, no. Quando l’aveva conosciuta era stato piuttosto sorpreso, in positivo si intende. In molti dicono che un gay ed una lesbica non possono andare d’accordo, beh, loro sono l’eccezione che conferma la regola, allora, perché Anthea gli risolleva sempre l’umore. Sa sempre di cosa abbia bisogno e cosa fare. Ecco perché quel suono, uscito dalle labbra dell’altra lo sorprende tanto da spingerlo a risponde.
- Che succede, Andrea?-
Non è sorpreso quando la ragazza si volta a guardarlo, quasi ricordandosi solo in quel momento della sua presenza in macchina e lo fissi per qualche secondo, prima di rispondere.
- La… la mia ragazza.. lei mi ha tradito…-
Lo sorprende sentirla in quel momento parlare con tanta rabbia, ma il suo pensiero non è già più lì con lei. Non sta più ascoltando le parole della sua segretaria. Quindi non sente la sua filippica o il suo modo improprio di usare le parole.
- Con un uomo… ci potresti credere? Con un fottutissimo uomo! Oh, ma io li ammazzo entrambi, devono solo sperare di non finirmi fra le mani! Come osa mettermi le corna??-
La osserva, ma in realtà non la vede, la mente è già giunta a casa sua, dall’uomo che lo sta aspettando probabilmente seduto a gambe aperte sul divano per non creare pieghe sui suoi vestiti.
Ripensa alla rabbia che persino una persona solitamente tranquilla come Anthea prova quando viene tradita. Certo, si è sentito in un qualche modo tradito quando ha scoperto che era tutta una montatura, si è sentito tradito quando l’altro ha attentato alla vita di suo fratello. Si è sentito tradito per tre anni a quella parte, ma cosa ha pensato lui? Come l’ha presa? Se l’è chiesto di sfuggita un paio di volte, ma non abbastanza seriamente affinché la propria mente si puntualizzasse su quell’obbiettivo. Non si erano lasciati quando Moriarty aveva fatto finta di morire. Aveva semplicemente dato per scontato che non stessero più insieme, ma non è possibile né lasciarsi né stare insieme quando le cose avvengono come sono avvenute fra loro. Non se lo sono chiesti. Nessuno ha mai chiarito la situazione che c’era fra loro. Non sono mai stati davvero insieme. Era solo una certezza. Una certezza che li aveva presi fin da quando avevano posato l’uno gli occhi sull’altro. Loro si appartenevano. Era una situazione assurda, ma con la stessa certezza con cui lui era entrato nel Governo e l’altro aveva preso in mano le redini dei crimini. Loro sapevano, non c’era mai stato bisogno di dirselo. Non servono parole quando si ha davanti ad un ovvietà. Pensò che se glielo avesse chiesto anni prima Moriarty gli avrebbe semplicemente risposto che si annoiava a parlare di cose così idiote. Era sempre andato bene così. Non c’era mai stato nessun’altro solo lui e Moriarty. Certo a volte si vedevano con altre persone, ma nulla di davvero serio. Ricordava ancora quando aveva scoperto che Moriarty si vedeva con Molly. Non era riuscito a parlare con la ragazza per molto tempo. La situazione lo aveva irritato fin troppo. Ricordava ancora la risata del suo psicopatico quando lo aveva sbattuto al muro e come quella stessa sera fossero finiti nuovamente a letto insieme. Si era chiesto più volte se Moriarty lo facesse irritare di proposito per vedere la sua reazione come un bambino con il proprio gioco preferito. Aveva rifiutato quell’opzione. Non poteva essere tanto infantile. Ora cos’era cambiato? Era bastata un’occhiata per fargli capire quanto in realtà fossero ancora legati. Sì, era arrabbiato perché erano passati tre anni, perché aveva attentato alla vita di suo fratello Sherlock e – dannazione!- se lo sarebbe potuto risparmiare, ma prova per lui ancora dei sentimenti profondi, sentimenti che nemmeno per tutto l’oro del mondo sarebbe riuscito a cambiare - dannazione! -. Maledetto Moriarty! Eppure in questo momento si chiede davvero se tutto quello che c’è stato fra loro possa essere messo in una scatola e buttato via, se esista una scatola tanto capiente, ma soprattutto se è davvero ciò che vuole. Si chiede quanto Moriarty sia arrabbiato per aver portato Lestrade nel loro ristorante, per averlo portato nel loro posto. Si chiede se Lestrade potrebbe essere mai la persona a cui pensa appena sveglio - subito dopo essersi domandato se suo fratello sta bene - o se continuerà ad essere un pensiero qualsiasi, una persona qualsiasi nella sua vita. Si chiede se riuscirebbe mai davvero a dare a Lestrade un decimo del valore di Moriarty e lo sa qual è la risposta o la conosce bene. Quel maledettissimo suono che gli rimbalza in mente gli fa comprendere che il Napoleone della criminalità ha ragione. Deve lasciare Lestrade.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - La giusta dose di divertimento per rompere la noia ***


Capitolo 4 – La giusta dose di divertimento per rompere la noia
 
E’ passata una settimana da quando ha minacciato Mycroft. Lo sapeva che alla fin fine le cose si sarebbero rimesse apposto. Quella sera è stato lui a dover essere calmato ed è stato divertente. Quando è con Mycroft le cose non vanno sempre come sperato, non che l’altro sia meno noioso, ma deve ammettere che quando il suo “Ombrellaio”, come lo chiama lui, è arrabbiato le scopate che fanno sono sicuramente le migliori della sua vita. La maniera in cui l’altro lo spinge verso il muro, sbattendocelo poi contro, la maniera in cui a volte lo minacci, lo fanno impazzire. Sono quasi pareggiabili solo a quando Mycroft lo prende con forza o lo costringa a prenderglielo tutto in bocca. Forse è per questo che adora farlo incazzare, crede davvero che sia l’unico modo, è questo che non l’ha mai annoiato del tutto in Holmes. A differenza del fratello i suoi pensieri sono sempre pesanti e… noiosi. Ma Moriarty può reggerla un po’ di noia se quello che ottiene in cambio è qualcosa di davvero gustoso e quel corpo a cui ad una prima occhiata non avrebbe dato neanche un penny è sicuramente la cosa che lo riesce a mandare in visibilio maggiormente. Questo può essere anche  dimostrato dalla mano che si è, quasi di propria volontà, andata a posare fra le proprie gambe al solo pensiero di cosa arrivi a fare un uomo freddo come Mycroft Holmes quando arrabbiato. La loro storia è iniziata molto tempo prima che uno dei due divenisse ciò che erano in quel momento. Quanto avevano? Venti… diciotto anni? Forse erano ancora più piccoli, ma a Moriarty non interessa, non in quel momento mentre digita con divertimento una risposta a quell’ottuso di Sherlock. A volte nemmeno il consulente investigativo è divertente. Noia, noia, noia. A volte l’unica cosa che può fare per calmarsi è distruggere tutto. Sente un bip, quindi raccoglie uno dei suoi cellulari e lo osserva. Mycroft. Sbuffa, cos’è che vuole ora?
 
Che diamine ci fa il corpo di una donna appesa per le budella fuori dal mio ufficio? – M.H.
 
Sorride, divertito. Oh, sì. Quel regalino. Gliel’ha fatto mettere davanti appositamente e non è ancora finita. Risponde.
 
Un regalo per la nostra notte insieme. – J.M.
 
Adesso sì che le cose si muoveranno, magari, con un po’ di fortuna riuscirà a rompere la noia della giornata. Non riceve una risposta, sa che Mycroft non è tanto stupido da chiedergli come abbia fatto a mettere su una scena del genere. Sa che alla fine troveranno una risoluzione al caso. Magari entro la sera, pensa. Ogni giorno c’è un caso abbastanza complesso, ma non troppo. Non vuole che Mycroft resti fuori fino a sera tarda, in particolare dato che si è infine deciso ad accettare di dormire sempre con lui. C’è un caso principale, un caso fatto di piccoli segni che ha messo su per Sherlock Holmes. Non vede l’ora che giunga alla soluzione, nel frattempo si gode le attenzioni di Mycroft e i piccoli gesti che compie ogni giorno. In quel momento è seduto sul divano ad ascoltare musica. Ama ascoltare musica e presto uscirà, gli va di pranzare fuori. Immagina di poter girare per la città e scegliere quale persona far uccidere e quale mantenere in vita, alla luce del sole. Sarebbe divertente vedere l’espressione terrorizzata sul volto della gente… almeno per i primi dieci minuti.
Ogni tanto uno dei suoi cellulari vibra e lui si appresta a rispondere. E’ duro come lavoro, quello. Soprattutto se si stanno confondendo le acque a Sherlock Holmes. Dover cercare di parlare amichevolmente con il più giovane degli Holmes è fastidioso oltre che un incredibile noia.
Ha iniziato a massaggiare con lui da qualche giorno, facendosi scambiare per una ragazza che ha sbagliato numero.
L’intento è fin troppo semplice, quasi ovvio. Vuole vedere la sua reazione quando giungerà alla fine del caso principale. La sola immagine di quale sia lo fa sorridere.
Rivolge un ennesimo sguardo ad un ennesimo cellulare, il terzo, quello con il quale lavora, quello più protetto. Sta aspettando una telefonata, un messaggio, insomma qualcosa. Quanto diamine ci mette quel mentecatto a rispondergli? Non è da lui fargli perdere così tanto la pazienza, quindi cosa diamine può essergli mai successo?
Il bip che aspettava lo fa sorridere, la luce che illumina il cellulare.
 
Tutto apposto. Ora, come hai passato la serata ieri sera, caro cognatino?
 
Non c’è bisogno di una firma, sanno entrambi chi è l’altro. Oh, il suo prediletto, che naturalmente continua ogni volta a deriderlo per la sua situazione con Mycroft. Uno dei pochi fidati a sapere. La loro amicizia è sempre stata strana. All’inizio si odiavano, entrambi ben decisi ad accaparrarsi il pezzo migliore della mafia mondiale, si combattevano ed in alcuni stati aiutavano, persino, clan rivali a combattersi fra loro. Poi le cose erano iniziate a cambiare ed infine erano finiti con l’allearsi fra loro. Era stato da lui che si era nascosto per quei tre anni. Il giorno nel suo giardino, la notte nel suo letto. Non gli aveva fatto mancare la compagnia, assolutamente, anzi a volte si chiedeva se fosse stata davvero una buona idea quella di tornare a mostrarsi, ma non poteva sicuramente restare lì, per quanto potesse far piacere ad entrambi. Non dopo che il più piccolo degli Holmes aveva tentato di eliminare la sua rete mafiosa in Serbia. Per fortuna lo avevano controllato, rendendogli le cose più impegnative del solito ed insieme erano riusciti a creare una rete sottostante a quella che avevano lasciato distruggere ad Holmes. Un’idea geniale, insomma.
E’ sogghignando che si appresta a rispondere al suo alleato.
 
Insufficiente, direi.
 
Manda il messaggio, senza firmarlo, non ce n’è bisogno, poi volge lo sguardo verso gli schermi che ha davanti agli occhi. I suoi schermi privati, solitamente non li guarda di giorno, non quando la casa è vuota. Non sono interessanti a quelle ore, a parte uno, su cui punta lo sguardo.
Un microchip che nessuno sa trovarsi in quel punto di quell’ufficio, nemmeno i suoi uomini. Solo lui è consapevole della cosa, ce l’ha messo un giorno che è andato a trovare il padrone dell’ufficio.
L’uomo è al momento seduto composto, come sempre, alla scrivania. Parla con la propria assistente, Anthea, se non ricorda male. Aveva pensato di metterlo in un punto più vicino per riuscire ad udire cosa si dicessero le persone lì dentro, ma sarebbe stata troppo in vista e Mycroft non è stupido. Troppo intelligente per non farla fuori se solo l’avesse trovata, per quanto tenesse ancora accese quelle che aveva impostato nella sua abitazione seppur ben sapesse che ne conosceva non solo l’esistenza, ma anche la posizione. Aveva, così, dovuto accettare di perdere la possibilità di sentire qualcosa, ma aveva guadagnato di non far trovare quell’unico microchip e di avere una buona visuale della stanza.
La donna, Anthea, esce in quel momento dall’ufficio con delle carte in mano ed entra un uomo.
Ha già visto quell’uomo prima d’ora con quei capelli castani e quell’aria da bravo ragazzo che lo fa tanto innervosire. Oh, lo conosce bene, chiede spesso aiuto a Sherlock per i suoi casi. L’ispettore Lestrade. Se non fosse per il proprio autocontrollo Moriarty in quel momento starebbe stringendo i pugni e digrignando i denti perché Mycroft è di sua proprietà, nessuno lo può toccare o guardare se non lui. Nessuno, per lo meno, che non abbia avuto il suo permesso prima.
Sicuramente quell’ispettore di polizia non ce l’ha avuto e, sicuramente, non gli è stato permesso di guardarlo in quel modo o di piegarsi in quella maniera verso l’altro.
Un bip lo distrae dai suoi pensieri. Prende il cellulare, sicuro che sia la risposta al suo ultimo messaggio, solo per accorgersi che il suono arriva da un altro cellulare. Mycroft? Cosa diamine vuole adesso? Non gli basta di stare così vicino a quel morto vivente, perché è ovvio che se quell’ispettore oserà toccare il suo Mycroft sarà ucciso non appena uscirà da quell’edificio.
 
Si sente fino a qui la puzza di gelosia, smettila di guardarmi. M.H.
 
Per poco non sobbalza, come diamine è riuscito a capire… Beh, è anche vero che a volte dimentica che Mycroft non è un “pesciolino rosso” come direbbe il diretto interessato. Sorride, inconsapevolmente.
 
Fai sparire quel goldfish poi ne riparleremo. J.M.
 
Manda il messaggio, mentire con Mycorft sarebbe inutile. Si conoscono così bene che riconoscerebbero una menzogna anche attraverso un SMS.
Attenderà la sera per farla pagare ad entrambi e a quel punto, oh come sarà divertente!
 
***
 
Quando Moriarty apre la porta resta perplesso. Che abbia sbagliato abitazione o data ed ora? No, questo è impossibile per lo meno per lui. L’unica risposta è una sola. Mycroft è rientrato prima, come sembrano segnalare le luci accese nell’abitazione.
- La prossima volta dovrò rendere il mio regalino più interessante a quanto pare. – Sogghigna, facendo il primo passo nell’abitazione e parlando alla stanza che a quanto pare è ancora vuota.
- Non scherzerei se fossi in te. Per colpa tua ho perso un’ora del mio tempo. – Risponde freddamente una voce alle sue spalle, mentre la porta si chiude dietro di lui. Mycorft, a quanto pare è irritato con lui seppur riesca ancora a tenere bassa la voce. Oh, adora quando è in certe situazioni. Mycorft arrabbiato è tutto ciò che desidera.
- Non ti facevo uomo che si lamenta per il tempo perso quando ha davanti a se la magnifica visione del mio amore per lui.- Dice, ancora senza voltarsi. Cala il silenzio, quasi l’altro stia prendendo fiato.
- UNA DONNA APPESA PER IL SOFFITTO DAVANTI AL MIO STUDIO, MA TI E’ ANDATO DI VOLTA IL CERVELLO?- Eccola lì, pronta su un piatto d’argento tutta per lui, l’ira di Mycorft.
Sbuffa, incamminandosi verso la cucina.
- Noioso.- Dice, quasi fra i denti, senza degnare l’altro di ulteriore attenzione.
- NO… Mi HAI FATTO PERDERE UN ORA A SPIEGARE CHE NO, TU ED IO NON ABBIAMO NIENTE A CHE SPARTIRE. UN’ORA, MORIARTY!-
Questa volta si volge a guardarlo. Ha il collo e il volto arrossati dalla rabbia e dallo sforzo di gridare.
- Un’ora sprecata, quindi.- dice, tranquillo. Se fosse qualcun altro probabilmente avrebbe già dovuto iniziare a scontare la sua pena, ma Mycroft è diverso. Adora tirare le redine nell’ombra e se non è davvero irritato non si sporca mai le mani colpendoti. – Dev’essere ben chiaro a tutti che cosa succederà a chiunque osi toccarti senza il mio permesso. Sia per te che per quell’idiota del tuo ex.- Storge le labbra, mentre dice l’ultima parola ed eccolo senza fiato.
Il colpo alla parete che gli ha fatto avere Mycroft è stata ben più preavvisa del solito.
- Quante volte ti ho detto di non OSARE minacciarmi?- Chiede, l’ira impressa in ogni movimento di labbra.
Moriarty digrigna i denti, le loro labbra che quasi si sfiorano, quasi a percepire l’uno l’odore e il sapore dell’altro.
- Sarai costretto a ripetermelo tante altre volte, allora. Fino a quando non ti sarai scollato di dosso tutti gli altri, per lo meno. – Risponde, con altrettanta rabbia o, per lo meno, è quella che mostra esteriormente dato che è troppo eccitato per rendersene davvero conto.
Per un attimo cala il silenzio, la presa che si fa sempre più forte sulle sue spalle.
- Geloso, Jim?- Riceve di tutta risposta, gli occhi di Mycroft ben incollati nei suoi.
Sogghigna:- Assolutamente.-
Le labbra di Mycroft che si impossessano delle sue è forse fra le cose più eccitanti che Moriarty conosca, ben consapevole di cosa avverrà più avanti.
Come volevasi dimostrare, infatti, quello è il primo dei mille se non di più di baci che iniziano a scambiarsi. Più che baci, in realtà sono uno scambio reciproco di morsi quasi a voler marchiare il corpo dell’altro, ma d’altronde non si scambiano mai baci loro due, se non quando sono davvero tanto irritati l’un l’altro e Moriarty è molto bravo nell’irritare Mycroft, è forse il suo passatempo preferito dopo tentare di uccidere Sherlock.
Ah, gli Holmes, che creature fantastiche! Ma non è a questo che pensa, mentre strappa letteralmente di dosso gli abiti a Mycroft e lascia che l’altro faccia lo stesso vinti entrambi dal piacere e dal desiderio di avere il corpo dell’altro fra le proprie grinfie.
Sono i pantaloni gli ultimi a lasciare il loro posto, seguendo le camicie e le scarpe dei due.
Restano in cravatta, o almeno Mycroft l’indossa, ad osservarsi con il fiatone, quasi avessero appena finito una gara di corsa, si osservano, sfidando con gli occhi l’altro a fare il primo passo.
E’ Jim a tirare il politico per la cravatta e a portarlo senza nemmeno chiederglielo in un nuovo travolgente bacio, che questa volta finirà a letto a lottare su quale dei due debba avere la predominanza sull’altro questa volta.
Sarà Mycroft a vincere, sarà lui a penetrare nel criminale con un gesto solo, incurante del dolore prodotto, sarà lui a fare piangere l’altro come un bambino scopandolo, lasciando che sia solamente il sangue a farne da lubrificante nelle sue spinte, sarà solo lui a possedere l’altro per tutta la notte, lasciandosi alla fine sfinito fra le braccia di quello che dovrebbe essere un suo nemico, quello che ha osato minacciare e tentare l’assassino di suo fratello Sherlock. Si addormenterà, senza nemmeno scivolare fuori dall’antrio caldo del suo psicopatico preferito.
Moriarty lo sa, mentre fa vincere Mycroft, lo sa e già ne gode.
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Una scoperta indesiderata ***


Ringrazio CreepyDoll e Blablia87 per aver sempre continuato a leggere questa storia e per averla recensita di capitolo in capitolo. In più ringrazio anche tutti quelli che hanno messo la storia nelle preferite/seguite/ricordate e chi la ha solamente letta.
Ora vi lascio all'ultimo capitolo, che trovo meno bello ed interessante degli altri, ma con il quale si conclude il tutto. 
Vorrei aggiungere anche che domani pubblicherò un capitolo extra, per chiunque ne sia interessato.
Buona lettura

Capitolo 5 – Una scoperta indesiderata
 
Quando Sherlock aveva compreso i dati lasciatogli da Moriarty erano le quattro del mattino.
Le coordinate coincidevano con casa di suo fratello. Moriarty stava lavorando da lì o per qualche assurda ragione si trovava lì.
La donna, Clara, che da un po’ di tempo era divenuta sua amica, non era altro che James Moriarty e si trovava a casa di Mycroft.
Non sarebbe dovuto essere difficile, ma quel dato era stato sufficiente per fargli rendere conto quanto fosse stato cieco.
Moriarty conosceva suo fratello, in un qualche modo passavano del tempo assieme, in un qualche modo doveva fare sì di raggiungerli ed in fretta pure, prima che Mycroft si lasciasse fregare dal Napoleone del Crimine. Doveva trovarlo, ma di sicuro non con John, non poteva mettere in pericolo il suo migliore ed unico amico e la sua famiglia per una cosa così stupida. Perché tutto sommato era stupida, quindi l’unica altra persona che poteva prendere in considerazione era Lestrade che avrebbe anche potuto fare da ponte fra lui e Mycroft in caso le cose fossero precipitate. Per questo alle cinque di mattina si trovava già vestito a camminare per le strade deserte di Londra, andando a prendere il primo taxy che passava per dirigersi a casa dell’Ispettore.
Non si era nemmeno preso la briga di scrivergli un SMS, probabilmente non se ne sarebbe accorto.
 
Scendi di casa, ti sto aspettando.
SH
 
Non sarebbe andato a suonargli alla porta, se non rispondeva lo avrebbe chiamato al telefono.
Alle cinque, quarantadue e venticinque secondi Lestrade scese di casa, sbadigliando con ancora la faccia sconvolta per essere stato svegliato due ore dopo essere andato a dormire, ma per fortuna, Sherlock notò con stupore, non indossava il pigiama e nemmeno la vestaglia di casa. Per lo meno si era cambiato, non che la cosa lo interessasse, ma sapeva bene quanto suo fratello fosse pignolo e noioso su certi dettagli.
- Che c’è, Sherlock?- Chiese, assonnato, entrando in casa. Nel suo coma post-risveglio, infatti, aveva capito solo che c’entrava qualcosa con un caso, il tipo e la situazione non gli era ben chiara.
- Mycroft ha bisogno di noi. Ho varie probabilità per credere che a casa sua si sia insidiato James Moriarty.- Non aggiunse altri dettagli, mentre la macchina si metteva in moto, non c’era bisogno, anche se lo sguardo di Lestrade gli raccontava di un vecchio rammarico, di una speranza e di una comprensione profonda.
Non aggiunse che, a pensarci bene, era impossibile che un assassino si insidiasse a casa di suo fratello senza il permesso del padrone di casa, neanche se era il Criminale peggiore di tutta la Gran Bretagna ad averlo fatto, neanche se era sotto minaccia. No, a pensarci bene, ci doveva essere un’altra scusa. Un motivo che spingeva Moriarty a voler essere trovato, a lasciare casi facilmente risolvibili vicino il posto di lavoro di suo fratello, un motivo che spingeva Mycroft a non voler più frequentare Lestrade, un motivo che lo spingeva a voler osservare più da vicino la situazione.
Alle sette di mattina, con mezz’ora di ritardo rispetto all’orario programmato da Sherlock per causa di Lestrade, arrivarono a casa del maggiore degli Holmes e attesero che, qualche minuto dopo, Mycroft aprisse la porta, con la vestaglia di casa a coprirne le nudità.
- Mycroft c’è…- Lestrade entrò senza neanche chiedere il permesso. – C’è…- Una canzoncina canticchiata a mezza-voce si levò dalla camera da letto.
Sherlock guardò Mycroft da capo a piedi, senza neanche il bisogno di parlare, già comprendendo che sì, quello che aveva sospettato era la verità. Per questo si perse l’entrata di Lestrade nella camera da letto del politico, ma solo se fosse stato sordo si sarebbe perso il grido che ne derivò.
- Mycroft!- Uscì dalla camera, sotto shock. – C’è Moriarty nel tuo letto… nudo… che canticchia canzoni di natale.-
Mycroft lo osservò, senza tutta via avere il tempo di rispondere, perché l’Ispettore rientrò di colpo in camera, guardando l’intruso ad occhi spalancati. Mycroft chiuse la porta, seguendo l’ospite indesiderato.
- Tu… tu mi hai lasciato per l’assassino di tuo fratello! Mycroft! Esigo una risposta!- Per l’ennesima volta Mycroft fece per parlare, ma forse il lungo allenamento della notte precedente lo aveva reso un minimo troppo lento, perché fu Moriarty a rispondere scoppiando a ridere, alzandosi sui gomiti.
- No, no, no!- Canticchiò, con voce divertita. – No, non ha lasciato te per me, me lo sono semplicemente ripreso. Vedi? Gli Holmes sono di mia proprietà. Tu nella loro vita sei solo una piccola parentesi che si chiuderà velocemente.- Sogghignò, divertito, osservando i due.
- Lestrade io te lo avrei dovuto dire prima, ma…- Lo schiaffo che arrivò in mezzo al volto di Mycroft fu tutta la risposta che ricevette da parte dell’Ispettore. Sì, uno schiaffo non un pugno come avrebbero fatto in tanti.
- Tu, invece, immagino che lo avessi capito da un po’.- Sputò a Sherlock.
- Avevo i miei sospetti.- Rispose il più giovane degli Holmes.
Gregory non gli rispose nemmeno perché stava già semplicemente uscendo dall’abitazione. 

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