Tell it to the frogs.

di Giulz95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***





  Suo nonno era stato un cacciatore. Non l’aveva mai voluta portare con sé per una questione di sicurezza. Troppe pallottole volanti, non vorrai venir scambiata per una piccola Bambi con quegli occhioni. Sentiva ancora la voce dell’uomo dai baffi folti e il forte accento meridionale. Magari lì è meglio. Magari tutto questo schifo non è uscito dal continente americano. Magari sono vivi.
Scosse la testa concentrandosi sulla preda di fronte a lei.
Suo nonno era stato un cacciatore. Non l’aveva mai voluta portare con sé, ma questo non gli aveva impedito di portarla nei boschi e insegnarle a seguire le tracce, ad orientarsi. Non aveva impedito a sua madre di pagarle le lezioni di tiro con l’arco quando aveva tredici anni. Si era stufata in fretta, ma con una rispolverata veloce e un set di arco e frecce trovato in una macchina abbandonata sul ciglio della strada si riteneva un’aspirante Legolas femminile.
La freccia scoccò conficcandosi nella carne del cervo, che iniziò a correre all’impazzata verso la vegetazione. Ancora per poco. Sarebbe andato poco lontano con un polmone collassato.
Seguì le tracce di sangue per qualche miglio prima di imbattersi di nuovo nell’animale, ma qualcosa la preoccupò. La sua freccia era ancora conficcata appena dietro la spalla  e a farle compagnia un’altra freccia spuntava dalla coscia sinistra. Una freccia che non era sua. No, col cazzo. Sono ore che sto dietro a questo miracolo con gli zoccoli. È mio. Scoccò di nuovo, facendo correre l’animale verso la vegetazione e seguendolo, proprio come prima. Ma stavolta rimase attenta e leggermente sulla difensiva. Chiunque volesse il suo cervo era armato come lei, forse di più. E forse non aveva tanta voglia di cederle la bestia. E comunque gli avvenimenti delle ultime settimane le avevano insegnato a non fidarsi delle persone.
 
“Rimani qua, va bene?” le disse, lo sguardo più serio che mai.
“Hanno ucciso Alex!”
“Rimani qua!”
Quando gli sparì finirono era già lontana.
 
Uno scricchiolio dietro di lei la fece tornare alla realtà. Si voltò di scatto, tendendo le orecchie per un lamento, un ruggito. Qualcosa. Quando lo sentì era già a pochi metri da lei. Il bastardo era dietro un albero. Fece un passo indietro, osservando gli altri due cadaveri farsi avanti dietro il primo. Lasciò l’arco a terra e sguainò il coltello dalla fibbia legata al suo fianco prima di calciare il primo putrefatto facendolo perdere l’equilibrio per un attimo prima di afferrarlo e bloccarlo contro l’albero. La lama toccò la corteccia dietro il cranio del cadavere che fermò la mascella con un ultimo ruggito. Si voltò velocemente per trovarsi faccia a faccia con il secondo stronzo che già aveva abbassato la testa puntando alla sua spalla scoperta. Dopo qualche secondo di lotta la ragazza riuscì ad avere la meglio, il corpo ai suoi piedi. Si aspettava di dover fare i conti con un terzo putrefatto, ma era scomparso. Probabilmente dietro al mio cervo. Rinfoderò il coltello e si abbassò a raccogliere l’arco. Non ebbe nemmeno il tempo di rialzarsi quando sentì la mano sulla sua spalla stringerla tirarla a sé. Cadde a terra e si allontanò di qualche metro, cercando di incoccare una freccia prima di venir mangiata dallo schifo che ora si stava chinando su di lei. Troppo vicino troppo vicino troppo… thuck.
Il putrefatto le cadde addosso con un tonfo e un dardo dalle piume verdi e bianche nel cranio. Da tempia a tempia. Bel tiro. Spostò il cadavere da sopra di lei e afferrò velocemente l’arco e la freccia ancora incoccata, che le era scivolato di mano rialzandosi e puntandolo davanti a sé trattenendo il respiro. Una balestra. Eccolo qui lo stronzo che vuole il mio cervo. Alzò lo sguardo dall’arma puntata verso di lei per guardare il cacciatore. Sembrava quasi non respirasse, immobile, gli occhi puntati verso di lei sotto la fronte aggrottata. Non aveva altre armi con sé, se non un grosso coltello appeso alla cintura dei pantaloni consunti e sporchi, sui quali colava del sangue dalla fila di scoiattoli penzolati da una corda sulla sua spalla.
Strinse l’arco nella mano, la freccia ancora tesa verso di lui.
-È mio.- La voce bassa e graffiante aveva un accento estremamente marcato, decisamente del sud. Bifolco. Magnifico.
-Se parli del cervo che seguo da ore, te lo puoi scordare. La prima freccia è mia.- Aveva parlato lentamente e con chiarezza. –E comunque a quest’ora potrebbe non essere né mio né tuo, ma di qualche stronzo morto.-
-Sono giorni che gli sto dietro.-
-E dovrei fidarmi del buon cacciatore che mi punta un dardo in faccia?-
-Pfft.- Rispose sarcasticamente accennando all’arco in acciaio.
Ok, mi ha salvato la vita. Se avesse voluto farmi fuori non l’avrebbe fatto no? Dopo qualche secondo abbassò l’arco al suo fianco, e l’uomo di fronte a lei fece lo stesso con la sua balestra.
-Grazie.- Accennò al cadavere dietro di lei. –Se non fosse…-
-Sei sola?- La interruppe. La ragazza lasciò un sospiro abbassando le spalle. Mentire non sarebbe servito a nulla.
-Sì.-
L’uomo la guardò per un secondo facendo scorrere i suoi occhi sulla sua figura. Devo avere un aspetto terribile. Fanculo, non che lui sia meglio. Non che nessun altro sia meglio. L’apocalisse arriva con una ventata di carne marcia e malnutrizione, condita con la scarsa igiene personale e la spossatezza. Cristo, devo fare davvero schifo. Slegò velocemente un paio di scoiattoli dalla corda e li lanciò ai piedi della ragazza, che alzò lo sguardo verso di lui. L’uomo alzò le spalle voltandosi verso il bosco, cercando con gli occhi una traccia della preda ben più grande. Della mia preda.
-Il cervo è mio.- E si incamminò sparendo tra la boscaglia. La ragazza rimase impietrita per qualche secondo, fissando il punto dove era scomparso. Scosse la testa abbassandosi a prendere le due carcasse, esaminandole velocemente. Una parte di lei voleva corrergli dietro, e reclamare la sua preda dopo avergli infilato quei due scarti giù per la gola, ma il suo stomaco la fermò dal fare cazzate, prevalendo sul suo orgoglio. Si girò verso sud, dalla parte opposta e quella presa dall’uomo, e camminò per qualche decina di minuti.
 
“Sei sola?”
“Sì.”
 
Sola. Da quanto ormai, due settimane? Per strada ogni giorno, dormendo sugli alberi e cacciandosi il cibo come un animale. Scopo? Non morire. D’altronde i suoi sogni di gloria erano rimasti su quel dannato bus fermo sulla statale I85, assieme ai cadaveri di Jen ed Esther.
Esther.
 
“Allora?”
“Niente, sono tutti fermi fino all’entrata di Atlanta. Stanno distribuendo dell’acqua, sarà una cosa lunga.” Posò le bottigliette sul tavolo di fronte a lei ed Avi e sbuffò. “Ci toccherà eliminare la data. Chiamo la casa discografica.” Scese di nuovo dagli scalini e sulla strada. Minuti, ore, caldo, sudore. Avi scese dal bus per cercare sua sorella. Il suo grido. L’inizio della fine
“ESTHER!!”
 
Grida. La ragazza si voltò di scatto correndo verso la fonte delle urla. Cosa fai? Torna indietro! Bambini. Erano grida di bambini. Un piede dopo l’altro, l’arco già pronto di fronte a sé quando si fermò tra i cespugli attorno ad una piccola radura tra gli alberi. Di fronte a lei, cinque uomini erano impegnati in un pestaggio ai danni di quello che dall’odore poteva essere solo un putrefatto. La testa. Devono mirare alla testa. Ma che cazzo…? Fece un passo avanti per liberarsi la visuale uscendo allo scoperto e scoccò la freccia, che si conficcò dritta nella tempia del cadavere. La situazione si congelò, i quattro uomini ora voltati verso di lei ad armi alte. Bastoni e utensili agricoli più che altro. Ma cos’è, uno scherzo? Lasciò cadere a terra l’arco e portò lo sguardo in basso, accanto al putrefatto steso a terra. Il bastardo schifoso doveva essere impegnato nel pranzo della domenica. Portata principale? Cervo di montagna. Lasciò andare un respiro di sconfitta.
 
“E comunque a quest’ora potrebbe non essere né mio né tuo, ma di qualche stronzo morto.”
 
Me la sono tirata.
Uno scricchiolio alla sua sinistra, dietro gli arbusti fece voltare tutti di scatto. Il panico ricopriva i volti degli uomini che ora miravano sia alla ragazza sia alla vegetazione. Quando sentì la voce emergere prima di lui dalla boscaglia, la ragazza chiuse gli occhi sospirando.
 
-Figlio di puttana…- Il cacciatore uscì dai cespugli inveendo contro il cadavere ormai a terra, senza accorgersi dell’arciere alla sua sinistra. Gli uomini abbassarono le armi, tenendola comunque d’occhio. Pensano che mi abbia riportata indietro? O forse sono solo molto stupidi. –Quello era il mio cervo.- Il suo cervo? –Guardatelo… Tutto smangiucchiato da questo inutile, lurido, bastardo, figlio di nessuno.- Continuò calciando il putrefatto a terra ad ogni parola, congelandosi per un attimo alla freccia nella sua testa. Alzò lo sguardo verso i suoi compagni, scrutandoli uno ad uno prima di voltarsi verso la ragazza. –Tu…-
-Te l’avevo detto.-
Il cacciatore la guardò per un secondo prima di ruggire.
-Che cazzo ci fai qua?-
-Calmati ragazzo.- Parlò l’uomo più anziano. –Ci ha solo dato una mano ad abbatterlo.-
Il cacciatore si avvicinò con passi ampi verso di lui.
-Che ne sai tu vecchietto? Perché non prendi il tuo stupido cappello e non torni sul lago dorato?!- Si voltò puntando il dito contro alla ragazza.
-Ho seguito questo cervo per miglia e questa stronza si è messa in mezzo incasinandomi tutte le tracce.- Distolse lo sguardo recuperando le frecce dalla carcassa del cervo. –Volevo riportarlo al campo e cucinare un po’ di selvaggina. Che ne dite se tagliamo la parte che ha morso?- Chiese guardando gli uomini. Aveva rimandato gli insulti a più tardi? Stronzo presuntuoso. E idiota anche.
-Io non rischierei fossi in voi.- La ragazza parlò con voce pacata, attirando gli sguardi degli altri.
-Cos’è, mi prendi per il culo?- Parlò ancora rivolto verso di lei, un sorriso di sfida diretto alla ragazza. –Cosa sei, una specie di iena mangia scarti?-
-Mangialo se vuoi. Finirai come lo stronzo che ha pranzato con la mia preda.-
-La tua preda…?-
-Whoa, whoa.- L’unico uomo armato con un fucile iniziò a parlare. Indossava un cappellino della polizia di qualche contea sperduta nella Georgia. –Daryl, chi è questa?-
-Una stronza con un arco, ecco chi è. Ho perso il cervo per salvare il suo inutile culo da uno di questi bastardi mentre giocava a cappuccetto rosso, tutta sola in mezzo ai boschi.- Si allontanò da lei di poco, continuando a guardarla. –Beh, adesso il cervo non è di nessuno per colpa sua. Ho degli scoiattoli, circa una dozzina. Forse bastano.- Si voltò di nuovo verso gli uomini prima di guardare di nuovo cadavere a terra ed estrarre la freccia dal cranio pulendola sui suoi pantaloni e porgendola alla ragazza che rimase spiazzata per un secondo prima di prenderla.
-Deve essere il cervello. Siete gli unici a non averlo capito?- Si allontanò, lasciando dietro di lui il silenzio.
La ragazza raccolse il suo arco tornando verso i cespugli ma l’uomo con il cappello della polizia la fermò.
-Aspetta!- Si voltò a guardarlo. Aveva un bell’aspetto, pelle abbronzata, moro… Il fucile a pompa restava appoggiato alla sua spalla con nonchalance. Avrà anche un bell’aspetto, ma è un coglione. –Grazie per l’aiuto.-
-I pestaggi da bar funzionano con i vivi. Dovete mirare al cervello.-
-Sì, beh, lo avete reso chiaro, tu e Daryl.- Daryl. Che razza di nome è Daryl?
-Ha detto che eri sola… Sembri essere in pessimo stato.- Ora era l’anziano con il cappello da pescatore a parlare. –Perché non ti fermi con noi?-
-Dale…- L’uomo con il cappello si voltò verso di lui.
-Avanti, Shane. Ci ha dato una mano, è il minimo che possiamo fare!-
-Non… Non ce n’è bisogno, davvero, io…-
-Dobbiamo parlare con Daryl di suo fratello.- Uno degli uomini, maglietta bianca e jeans, si voltò verso Shane, che annuì guardandolo prima di voltarsi verso la ragazza e camminare verso quello che doveva essere un accampamento. Dale le sorrise e l’ultimo uomo, dai tratti ispanici, fece lo stesso.
-Beh, almeno per ora penso tu possa essere dei nostri. Mi chiamo Morales.-
Dei nostri.
Non sarebbe più stata da sola. Ma poteva farlo? Dopo tutto questo tempo… Ne era capace?
Per ora. Non montarti la testa.
-Julia.-

 

"Novocaine" on Wattpad, scritta da NinjaPastryWrites: https://www.wattpad.com/story/23644331-novocaine-pentatonix-zombie-survival

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Camminò dietro agli uomini guadagnandosi qualche occhiata dal resto dell’accampamento. Erano in molti, uomini, donne, bambini addirittura. Vi erano tende e veicoli, attorno ad uno spazio centrale di fronte ad un camper degli anni ’70. Un Winnebago. Un suo amico d’infanzia ne possedeva uno. Ci aveva passato una notte intera in campeggio. Suo padre era fissato con i camper. Le vacanze con lui erano qualcosa che Julie ricordava con dolcezza.
- Merle!- Daryl stava chiamando qualcuno. Se Daryl è un nome stupido, Merle è ancora peggio. –Merle! Porta qui il tuo brutto culo. Ho degli scoiattoli… Cuciniamoli.- Lasciò giù la balestra prima che Shane lo chiamasse da dietro.
-Daryl. Aspetta un attimo, devo parlarti.- Lo raggiunse, e Julie lo vide a disagio. Questo tizio faceva paura a tutti. E qualcosa le diceva che qualsiasi cosa Shane dovesse dirgli, non gli sarebbe piaciuta.
-Di cosa?- Chiese il cacciatore.
-Di Merle. C’è stato… un problema, ad Atlanta.-
Daryl si guardò attorno, rendendosi conto che tutto il gruppo lo osservava. Julie rimase in disparte. Era teso, diversamente da quello che aveva visto nel bosco. Chiunque fosse questo Merle, doveva essere una persona a cui teneva, e qualcosa gli era successo ad Atlanta. Lo sanno tutti tranne lui e lo guardano come un animale allo zoo, pronto per sbranare qualcosa. Si sentì pensare e si chiese cosa potesse importargliene. Daryl fece qualche passo attorno a Shane prima di parlare abbassando la testa. –È morto?-
L’uomo di fronte a lui esitò.
-Non ne siamo sicuri.-.
-È morto o no?!- Daryl gli ruggì contro prima che l’uomo con la t-shirt bianca, quello che aveva parlato poco fa nella radura, si intromettesse.
-Non si sa, non possiamo dirlo con certezza.-
-Cos’è, la giornata del porta un estraneo al campo? Tu chi sei?- Il suo tono era minaccioso e il suo sguardo andò per un secondo a Julie, dietro di loro.
-Rick Grimes.-
-‘Rick Grimes’… C’è qualcosa che vuoi dirmi?- Dal modo in cui parlava Julie pensò che già sapesse cosa era successo. O per lo meno se lo aspettasse. Questo Merle… Non è qui. Ma non sanno se è morto. Un’unica spiegazione logica: l’hanno lasciato indietro. Julie aggrottò la fronte.
 
“Dobbiamo tornare sul bus, Esther e Jen… E Ryan!”
“Non possiamo fare niente!”
“Non possiamo lasciarli indietro, Scott!”
“Sono morti.”
“…Avi…”
“Andiamo.”
 
-Tuo fratello ci ha messi in pericolo.- Fratello. Merle è suo fratello. –Quindi l’ho ammanettato su un tetto a un tubo di metallo. È ancora lassù.-
-Come puoi esserne certo?- Parlò Julie. –Hai lasciato una persona in una trappola per animali. Niente si merita una fine così.- Gli occhi erano puntati su di lei fino a che Daryl non parlò di nuovo. Diede la schiena alla folla e Julie notò il gesto veloce della sua mano ad asciugarsi gli occhi. Porca troia, che gente è questa.
-Aspetta, lasciami elaborare la cosa.- Si voltò di nuovo verso Rick, urlandogli in faccia. –Tu hai ammanettato mio fratello su un tetto… e lo hai lasciato lì?!-
Rick abbassò lo sguardo prima di rispondere dopo qualche secondo.
-Sì.-
Daryl lo fissò per un minuto prima di lanciargli contro la fila di scoiattoli e caricarlo, ma Shane gli impedì di raggiungere l’uomo con una spallate, che lo fece cadere a terra. Daryl tirò fuori un coltello, ma venne velocemente disarmato e bloccato in una presa al collo dai due uomini.
-È meglio se mi lasci andare!- 
-No, penso sia meglio di no.- Rispose Shane.
-Questa presa è illegale!- Non aveva molto fiato in corpo, e stava combattendo per non cedere in ginocchio, anche se è proprio quello che fece.
-Perché non presenti un reclamo? Posso andare avanti così tutto il giorno.-
Rick si accucciò davanti all’uomo, che respirava a fatica. A Julie la situazione sembrava surreale. Questa gente… Rick e Shane. Solo due mostri avrebbero lasciato un uomo in una situazione simile. E ora suo fratello era in una presa considerata pericolosa e vietata dalla legge, facendo passare lui per mostro.
-Mi piacerebbe discutere con calma di questo argomento, pensi di potercela fare?- Nessuna risposta. Non che avesse potuto rispondere. A mala pena riusciva a respirare. –Pensi di potercela fare?-
-Ehy.- Julie attirò l’attenzione su di sé, stringendo l’impugnatura del suo arco. –Così lo ammazzi.-
Shane la guardò aspettando un cenno di Rick, e lasciando Daryl cadere a terra. L’uomo si alzò a sede guardandola per un secondo con astio. ‘Fatti i cazzi tuoi’. Afferrato.
-Se l’ho fatto c’è un motivo.- Rick era di nuovo inginocchiato di fronte al cacciatore. –Tuo fratello non collabora e non sa stare insieme agli altri.-
-Non è colpa di Rick.- Un uomo di colore che Julie non aveva notato prima parlò per farsi sentire da tutti. –Avevo io la chiave. Mi è caduta.-
-Non potevi raccoglierla?- Daryl ruggì.
-Mi è caduta in una grondaia.-
Oh, Cristo Santo.
-Dovrebbe farmi stare meglio?- Si era alzato, avvicinandosi all’uomo.
-Beh forse questo sì… Per non farlo raggiungere dagli zombie ho incatenato la porta. Con un lucchetto.-
Julie poteva vedere il volto di Daryl da quella posizione. Il ragazzo stava facendo di tutto per non crollare, trasformando le sue emozioni in rabbia. E ci stava riuscendo piuttosto bene, ma poteva vedere le sue lacrime dentro alle iridi azzurre prima che ogni volta lui le asciugasse con il dorso della mano. Cazzo, che stronzi.
-Possiamo andare a prenderlo?- Chiese la ragazza. La guardarono tutti per qualche secondo, compreso Daryl. ‘Ho detto fatti i cazzi tuoi!’. Ignorò il suo sguardo. –Posso andare io, se mi dite dove lo avete lasciato.-
-Aspetta, chi diavolo è questa, chi diavolo sei tu?- Una ragazza bionda aveva parlato da davanti al camper. Non l’avevo ancora notata, non c’era alla radura.
-Una che passa per caso. E se quell’uomo è ancora vivo…-
-Non ti conosciamo, non dovresti neanche essere qui!- Un uomo dalla corporatura massiccia si fece avanti. Non intimorì Julie, anche se era questo che cercava di fare.
-E non ci starò per molto. Vado a prendere questo tizio, lo porto indietro e sparisco. Se non ci riesco non avrete perso niente, se non un po’ di umanità.-
-Andate tutti al diavolo, non ho bisogno di voi!- Daryl si era alzato urlando. –Ditemi solo dov’è. Vado a prenderlo io.-
-Ve lo mostrerà lui.- Una voce dal camper. Una donna, dai capelli castani e lo sguardo severo verso Rick. –Dico bene Rick?-
Rick annuì dopo un secondo.
-Torneremo qui.- La donna rientrò sul camper e Rick abbassò le spalle. Fidanzata? Julie guardò la mano sinistra dell’uomo. Moglie. Bella signora, sei sposata con un idiota.
 
 
 
Julie era scesa a recuperare le due frecce che aveva lasciato nel cervo prima di raggiungere gli altri uomini. Tirò fuori dal suo zaino la sua Beretta 92SF e controllò le munizioni. Detestava l’idea di dove andare in città, ma poteva approfittare della gita per trovare qualcosa di utile. Rick aveva detto di aver lasciato un borsone pieno di armi mentre scappava con il gruppo e lei aveva bisogno di munizioni. E di acqua. E con un po’ di fortuna di cibo, visto che il suo cervo era finito nello stomaco di quello zombie. Maledetto cervo. In più, era veramente dispiaciuta per Daryl e suo fratello. Da quello che aveva sentito dire da Shane, questo Merle era uno stronzo. ‘Uno che non ti darebbe un bicchiere d’acqua se stessi morendo di sete.’. Ma per come la vedeva lei, la ragazza stava andando a trovare un cadavere su un tetto e magari a rimediare qualche rifornimento. In più, non aveva nulla di meglio da fare, e una volta tornata sarebbe potuta sparire di nuovo.
-Quindi…- Julie sentì la moglie di Rick parlare di nuovo a suo marito mentre lei tendeva la corda dell’arco, per assicurarsi che non si fosse danneggiata. –Lo salverete tu Daryl e ‘quella che passa per caso’? È questo il piano?-
Julie ignorò le sue parole, mentre Rick si voltò guardando un ragazzo asiatico.
-Oh, per favore.- Dopo qualche secondo riuscì a convincerlo motivandosi con la capacità del ragazzo di muoversi in città e Shane parlò di nuovo.
-Grandioso vuoi mettere in pericolo due uomini e una donna, mmh?-
-Lei non viene.- Daryl si era appena voltato a guardare la ragazza, che ignorò il suo sguardo mettendosi in spalla l’arco.
-Se sei ancora offeso per quel cervo valuterei le tue priorità: vedi qualcun altro che si faccia avanti per salvare tuo fratello?-
-Perché tu?- Chiese guardandola. –Cosa ti interessa?-
-Perché è giusto. E perché sono in debito.- Mi hai salvato la vita. Due volte.
 Daryl la guardò e per un secondo le parve di vederlo annuire in segno di ringraziamento.
-Quindi sono quattro.- Era la voce del vecchio, Dale.
-Non sono solo quattro. Stai mettendo in pericolo tutti noi. Rifletti su questo, Rick.- Shane parlò rivolto all’uomo. –Andiamo, hai visto quello zombie. Era arrivato vicinissimo a noi, stanno lasciando la città, se verranno qui ci servirà più gente possibile per proteggere il campo!-
-Shane ha ragione.- La donna castana parlò di nuovo. –Merle Dixon? Non vale nessuna delle vostre vite. Ne delle armi!-
-Senza offesa.- Julie parlò di nuovo. –Ma al momento la sua vita vale quanto la tua per me. Può essere il peggior stronzo del pianeta, ma sta morendo su un tetto ammanettato ad un tubo, sempre che non sia già stato sbranato o che non sia cotto come un uovo sul cofano di una macchina. Ed è lì perché tuo marito ce l’ha messo. Non è il modo di morire per nessuno, nemmeno per un animale, figuriamoci un essere umano.-
La donna sostenne lo sguardo della ragazza per un po’ prima di voltarsi con astio. Julie la ignorò mentre Rick si abbassò su un ragazzino che non poteva avere più di otto anni, posandogli una mano tra i capelli. Suo figlio?
Il clacson del furgono suonò e Daryl urlò di muoversi. Julie salì sul retro, sedendosi di fronte al cacciatore ma voltata verso l’asiatico alla guida e a Rick, che salì poco dopo caricando la sua pistola con quattro proiettili. Quattro proiettili, quattro persone. La coincidenza.
 
 
 
Julie lo teneva d’occhio. Non si fidava, non ancora, di nessuno. Non le sembrava una minaccia, non in quel momento almeno, ma la furia cieca con la quale aveva attaccato Rick al campo…Faccio anche a meno di ripetere l’esperienza. Il ragazzo asiatico si chiamava Glenn. Un tipo a posto, che non poteva avere più della sua età ma che per qualche motivo sembrava più giovane. La ragazza fece finta di ascoltare la conversazione dei due uomini seduti davanti a lei, notando però lo sguardo che il cacciatore non sembrava volerle risparmiare. Mi sta sottovalutando. Era abituata a quel tipo di sguardo, cavolo, lo aveva visto un sacco di volte. Si sbagliava. Si sbagliavano sempre,
-Che diavolo hai da ridere, ragazzina? Pensi che sia un gioco?- Julie scosse la testa. –Non è un gioco. Mio fratello potrebbe essere morto su quel tetto e tu te ne stai lì a ridere. Stupida puttana.-
-Non sto ridendo e non chiamarmi puttana. Puttana.- Gli reindirizzò l’insulto.
-Come mi hai chiamato?!-
-Smettetela voi due!- Rick alzò la voce dal sedile davanti a Julie, che per un attimo rimase stordita dalla voce dell’uomo. Autoritario. Leader. Avi. –Litigare tra di voi non serve a nulla se non a fare più casino.-
Daryl si voltò sputando di lato, e la ragazza distolse lo sguardo. Non voleva guardarlo, ma non riuscì a fare a meno di sentire lo sguardo azzurro dell’uomo puntarglisi addosso.
Indossava una canotta nera che lasciava vedere un’ampia scollatura sotto il collo fine e leggermente allungato. Daryl si chiese a cosa diavolo le servisse la felpa rossa che aveva legato in vita. In piena estate, in Georgia. Sotto i jeans scuri e consunti spuntavano un paio di vans of the wall grigie che urtavano la vista del ragazzo. Inutili. Completamente. Così come quel maledetto sorrisino da so tutto io. Non era male, con i capelli scuri raccolti in una coda alta e gli occhi contornati da ciglia lunga e folte. Non era male, ma da quello che aveva visto nel bosco non era tagliata per tutto questo. Avrebbe avuto bisogno di aiuto, e avrebbe rallentato tutti, magari li avrebbe messi in pericolo, magari non sarebbe riuscito a salvare Merle. Si voltò distogliendo lo sguardo e Julie si sentì in qualche modo sollevata. Non lo aveva notato prima, ma i suoi occhi erano taglienti come una lama affilata. Di un azzurro quasi metallico. Sarebbero stati quasi affascinanti, così come tutto il resto di lui, se non fosse stato un tale idiota. Era arrabbiato, e questo la ragazza poteva capirlo. Se avessero ammanettato mio fratello avrei piantato una freccia in culo a tutti. Ma il modo in cui si comportava… Quasi infantile. Pensava che fossero stati tutti costretti a crescere un po’ più in fretta in quella situazione, mentre Daryl sembrava un bambino trovato in un fosso. Veramente è lui che mi ha trovata però.
 
Era così impegnata nei suoi pensieri che non si accorse della frenata del furgone fino a quando Glenn non parlò.
-Dobbiamo scendere.-
 
 
Dopo qualche metro a piedi incontrarono il primo gruppo di zombie interessato a loro. Daryl si occupò dei primi due con il coltello protagonista della ‘rissa’ al campo, mentre il terzo cadde con un tonfo poco prima che l’uomo potesse voltarsi per metterlo al tappeto, una freccia conficcata nella nuca.
-Potevi sbrigarti prima.-
-Non volevo farti fare brutta figura.- Sorrise la ragazza.
L’uomo si voltò borbottando qualcosa a cui Julie non diede peso, recuperò invece la freccia passandola sui jeans per liberarla dai resti del putrefatto, prima di incoccarla nuovamente nell’arco, tenendosi pronta. Non si sa mai.
-Prima Merle o le armi?- Chiese Rick dopo qualche momento.
-Prima Merle, non se ne parla neanche!- Daryl ruggì passandogli davanti, la balestra appoggiata saldamente al suo bicipite. Muoversi con quell’affare doveva essere come un abbonamento in palestra. Anche il suo arco richiedeva una discreta forza fisica, ma era sicura che non fosse pesante come l’arma dell’uomo. Non che il tendersi delle braccia dell’uomo le dispiacesse.
-Invece sì.- Rispose il poliziotto prima di voltarsi verso Glenn. –Tu conosci la zona, decidi.-
-Merle è più vicino, per le armi dobbiamo fare il giro. Prima Merle.-
Grazie a Dio.
Raggiunsero il vicolo che costeggiava il palazzo indicato dal ragazzo. C’era una scala antincendio, ma era troppo in alto da raggiungere.
-E adesso?- Glenn. –Non c’è altro modo per entrare senza scendere sulla strada principale.-
-Possiamo passare da davanti. Entra uno, gli altri lo coprono.- Propose Rick guardando la ragazza. Certo che sono io. Lui vuole tornare dalla sua famiglia, Glenn è un suo amico e Daryl… Beh, non avrebbe senso salvare Merle per un uomo morto, no?
-No, troppo rischioso.- Daryl parò proprio quando Julie stava per rispondere, prima di guardarla. –Vieni qui.-
-Perché?-
-Se riesco ad alzarti puoi raggiungere la scala e tirarla giù. Dovresti essere abbastanza alta. Sbrigati.-
-Potresti anche usare un per favore di tanto intanto.- Lo stava prendendo in giro con una tranquillità che non si spiegava. Mi ha salvato la vita. Tsk. Si avvicinò all’uomo che girò gli occhi al suo commento.

Daryl si voltò in modo che la schiena della ragazza fosse rivolta verso di lui. Piegandosi sulle ginocchia circondò le gambe della ragazza appena sopra il ginocchio; Julie si sbilanciò leggermente all’indietro, sedendosi quasi sulla spalla dell’uomo. 

-Metti il piede sulla mia mano.- Ordinò il ragazzo. 

Julie si alzò, ottenendo un supporto supplementare dalla sua mano che ora restava posata sulla sua schiena, appena sopra il suo sedere. Aveva un buon equilibrio, ma dannazione se si sentiva impotente.  

-Tutto ok?-

-Sì, ma non farmi cadere.-

-Non mi servi da morta.- No, ma sta pur certo che sarai il primo a venire mangiato. La maglietta di Julie si era alzata leggermente lasciando che la mano dell’uomo venisse a diretto contatto con la sua pelle. Maledizione. Non l’avrebbe mai ammesso a se stessa, ma quel tocco non le dispiaceva affatto. Le mancava essere toccata da un altro essere umano. Avi. 

Daryl rimase sorpreso dal peso della ragazza. Sembrava molto più leggera, ma i suoi muscoli dovevano essere più tonici di quello che l’uomo aveva stimato. Aveva notato che le sue cosce erano piuttosto toniche, ma non si era soffermato abbastanza evidentemente. Forse avrebbe dovuto darle un’altra occhiata una volta su quel tetto. Si zittì mentalmente e spostò la mano sotto il suo sedere, per issarla più in alto. Se, come no. La sua voce gli rise nelle orecchie assieme alla tensione che ora poteva sentire anche in mezzo alle sue gambe. Dannazione. Arrossì, sperando che il cinese e il poliziotto non se ne accorgessero, e si diede dello stupido per aver lasciato giù la guardia. Devo trovare Merle. Non ho tempo per queste stronzate.

-Presa.-

Daryl le afferrò i fianchi aiutandola ad arrivare a terra. Julie portò con sé la scala, afferrando il primo perno rugginoso e quando i suoi piedi toccarono terra l’uomo si allontanò da lei come se l’avesse scottato, voltandosi di spalle. Devo avere un aspetto terribile e probabilmente sono sudata da fare schifo. Si sentì estremamente stupida e si odiò anche per aver lasciato che il suo tocco l’affliggesse tanto. Lo guardò per un secondo mentre Glenn e Rick salivano la scala. Perché diavolo dovrebbe importarmi di come mi guarda?


 

Rick usò le cesoie prese in prestito da Dale per rompere il lucchetto e la catena che bloccavano la porta del tetto e Daryl le diede immediatamente un calcio aprendola.

-Merle!-

Corse davanti al piccolo gruppo, guardandosi intorno furiosamente. Julie lo guardò, osservando i suoi movimenti con attenzione. Quando si fermò davanti a Rick lo stomaco della ragazza cadde in un vuoto d’aria. Suo fratello non c’è. L’angoscia del ragazzo era palpabile. 

-Avevi detto che era qui!- Ruggì, sostenendo lo sguardo del poliziotto prima di voltarsi di nuovo. Julie seguì il suo sguardo a terra e la nausea minacciò di espellere quel poco cibo che aveva in corpo. C’era un solo modo per liberarsi dalle manette. Un modo terribile.

-No!- Daryl stava urlando, camminando avanti e indietro come fosse un animale ferito in gabbia. Gridava e cercava di trattenere le lacrime, reprimendo il dolore con la rabbia. Come al campo.

-No!- Il ragazzo tese ogni muscolo del suo corpo, senza riuscire a trattenersi. Si voltò con uno scatto verso Glenn, la balestra carica e puntata alla sua fronte prima di girarsi puntandola verso la ragazza e tenendola ferma davanti a lei. Non era lucido, questo era chiaro. Vuole un capro espiatorio. Julie fissò i suoi occhi mantenendo la calma. Ha paura. Non vuole uccidermi, ha solo paura. In essi vide la devastazione che stava provando per aver perso suo fratello e le lacrime rigarono le sue guance nonostante i suoi migliori sforzi per trattenerle. Julie si sentì come se non avesse dovuto vedere tutto ciò. La voce del ragazzo le risuonò in testa come quando aveva decifrato il suo sguardo dopo che si era fatta avanti difendendolo al campo. “Fatti i cazzi tuoi”. Ma stavolta il suo sguardo le stava chiedendo qualcos’altro, e lei non aveva la minima idea di cosa fosse. Voleva aiutarlo, ma non sapeva come. Non ho paura. Lui ha paura.

Mentre lei non pensò nemmeno a difendersi, Rick stava puntando la sua Python alla tempia del ragazzo.

-Non esiterò. Non mi importa se tutti gli zombie della città lo sentono.-

Dopo qualche secondo Daryl abbassò l’arma con riluttanza. Respirava pesantemente, stringendo i pugni e sbattendo le palpebre per respingere le lacrime. Nessuno sapeva cosa dire. Improvvisamente si abbassò raccogliendo la mano mozzata di Merle. Julie sciolse lo straccio blu che teneva legato alla cintura dei suoi jeans e lo porse al ragazzo.

-Tieni, usa questa.- Lui l’afferrò e con attenzione vi avvolse l’appendice, rallentando il suo respiro e calmandosi. Si alzò guardandosi attorno prima di camminare dietro a Glenn e nascondere lo straccio nel suo zaino. La faccia del ragazzo asiatico la costrinse a trattenere un sorriso.

-La lama della sega non era abbastanza affilata per le manette.- Disse poi con calma. 

Julie abbassò lo sguardo a terra notato il sangue sul cemento e sul metallo delle manette.

-Deve avere usato qualcosa per fermare il sangue, ce ne sarebbe stato di più altrimenti.- I tre uomini la guardarono con curiosità. –Una cintura?-

Daryl la fissò per un secondo prima di annuire. –Probabilmente.- Le si avvicinò osservando le tracce di sangue. –Di qua.-

Il suo linguaggio del corpo e l’energia che lo circondava erano cambiati improvvisamente. Poco prima aveva dato di matto ma adesso era concentrato a seguire i movimenti di suo fratello. Aveva bisogno di fare qualcosa di utile per disperdere la rabbia. Agire lo distraeva abbastanza da bloccare le sue emozioni. Ignorò la paura di dover continuare a sopravvivere senza Merle e si concentrò su quello che sapeva fare meglio: cacciare.
 
-Merle?-
-Non siamo soli qui. Te lo ricordi?- Il tono di Rick era alterato. Daryl aveva seguito le tracce fino alla cucina del palazzo. Merle aveva abbattuto due zombie con una chiave inglese, e a sentir parlare Dary era ‘il più cazzuto degli stronzi’. Ma Rick aveva ragione, con la quantità di sangue che aveva perso le possibilità di vederlo vivo erano scarse.
-Fottiti, magari si sta dissanguando.-
-Il fornello.- Julie richiamò l’attenzione degli uomini che si voltarono verso la fiamma ancora accesa. La struttura della cucina era sporca di sangue e accanto alla cintura in pelle una spatola di metallo era appoggiata al muro, sporca di residui di pelle. Julie la prese in mano sentendo la voce di Glenn.
-Cos’è quella roba bruciata?-
-Pelle.- Julie parlò, vedendo il ragazzo reagire come si aspettava facesse. –Ha cauterizzato la ferita.-
-Vi ho detto che era cazzuto. Nessuno uccide Merle se non Merle.-
-Non darlo per scontato. Ha perso molto sangue.- Rick lo seguì verso una finestra aperta sul vicolo adiacente.
-Sì? Non gli ha impedito di svignarsela da questa trappola mortale- Julie si affacciò dopo di lui. Un bel salto.
-Ha lasciato l’edificio? Perché diavolo l’avrebbe fatto?- Perché è da solo.
-Perché no? È la fuori da solo per quello che ne sa. A fare quello che deve fare: sopravvivere.- Era l’ennesima volta che Julie lo sentiva elogiare suo fratello. Doveva essere un tizio piuttosto duro, e questo lo rispettava, ma il pensiero di quello che avrebbe potuto fare per vendetta la turbava. Lei non c’entrava nulla comunque, ma il campo… C’erano dei bambini al campo. E uno di quelli era il figlio di Rick. Il poliziotto non le piaceva, ma non si sentiva di dover tornare indietro a dare la brutta notizia a lui e sua madre. ‘Avevate ragione, Merle e Daryl li hanno aperti in due.’. No, non avrebbe dato questa soddisfazione a quella donna.
-Sopravvivere? Fuori in strada, da solo e con una ferita del genere? Quante speranze può avere, Daryl?- Julie parlò rivolta verso l’uomo, tenendo un tono pacato, anche quando egli le ringhiò in faccia.
-Non meno che venire ammanettato e lasciare a marcire da questi stronzi.- Questi. Non voi? Lei non aveva fatto nulla, ma Daryl non poteva saperlo e il fatto che non l’avesse attaccata direttamente la lasciò con una punta di sollievo nei pensieri. L’uomo si voltò verso Rick. –Non ce l’avete fatta. Non lo ammazzerà nemmeno uno di quei merdosi bastardi.-
-E se fossero mille merdosi bastardi, la storia cambierebbe?- Il poliziotto cercò di riportarlo nel mondo reale.
-Perché non fai tu i conti? Io vado a cercarlo.- E con questo si avvicinò alla finestra con l’intenzione di saltare. Julie ebbe l’impulso di fermarlo, ma si fermò. Non erano affari suoi, e comunque probabilmente non ci sarebbe riuscita. Magari è così che deve andare. Magari appartiene a suo fratello.
-Daryl, aspetta!- Rick ordinò, prendendo il suo braccio e tirandolo verso di sé.
-Lasciami andare! Non puoi fermarmi!- Di nuovo quella sensazione. Il bambino che aveva tenuto dentro di sé durante le ricerche era tornato negli occhi del ragazzo abbastanza a lungo perché Julie se ne accorgesse. Anche ora, mentre Rick lo teneva fermo contro il muro, il suo sguardo era quello di un ragazzino. Preoccupato. Vuole andare a cercare la sua famiglia. Lasciaglielo fare.
-Io non ti posso biasimare, è la tua famiglia, questo lo capisco. Ho passato un inferno per trovare la mia. So esattamente come ti senti.- Daryl si morse il labbro.
-Non può essere lontano.- L’uomo si volto verso di lei. –Non con quella ferita. Possiamo ancora raggiungerlo, ma Rick ha ragione. Andare da soli è un suicidio. Dobbiamo pensare ad un piano e per prima cosa dobbiamo recuperare quel borsone. Non possiamo muoverci in città con tante buone intenzioni. Non ho molte frecce con me.-
Daryl annuì abbassando lo sguardo per un attimo. E Rick lo lasciò voltandosi verso di lei.
-Hai un piano?-
 
“Hai un piano?” Avi e il resto del gruppo la guardavano. Lasciare il rifugio era un’idea stupida, l’aveva detto al ragazzo, ma non l’avevano ascolta. Abbiamo bisogno di armi, provviste. Non possiamo morire qui. Ma sarebbero morti fuori. Julie abbassò lo sguardo. Ci volle poco perché ciò accadesse.
 

-Io sì.-
 
Glenn trovò un indelebile e altri oggetti da ufficio come delle gomme e temperini e inchinandosi a terra iniziò a disegnare una mappa dei vicoli e delle strade principali attorno all’edificio e alla zona dove giaceva il borsone. Tracciò una via per se stesso, dicendo che sarebbe andato per primo verso le armi.
-Daryl e Julie mi aspetteranno nel vicolo. Da lì dovreste riuscire a coprirmi.-
-Lo so anche io che è una pessima idea e non mi piaci.- Daryl scosse la testa.
-Lo sta facendo per tuo fratello.- Julie rispose zittendolo e guadagnandosi un’occhiataccia.
-Sentite, se usciamo la fuori in gruppo siamo lenti. Attiriamo l’attenzione. Se vado da solo posso muovermi veloce.-
-Perché loro due?- Rick era chinato accanto a lui ora.
-Perché l’arco e la balestra sono più silenziosi delle pistole.- Glenn sorrise alla ragazza che sorrise leggermente rispondendo al suo incoraggiamento. –Rick tu aspettami due isolati più in là, in questo vicolo.- Puntò ad un punto leggermente più lontano dal borsone, segnandolo con una gomma. –Potrei non riuscire a tornare da loro, se gli zombie dovessero tagliarmi la strada. In quel caso andrò avanti, fino a te. Avrò le spalle coperte in ogni caso.-
Il silenzio piombò tra di loro per qualche secondo, prima di venir interrotto da Daryl.
-Ragazzo, che facevi prima di questo?-
-Consegnavo pizze. Perché?-
Julie sorrise di nuovo. E lei che pensava di essere un cervello in fuga.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Daryl tirò la corda della balestra e Julie incoccò una freccia nell’arco. Erano pronti, entrambi ai lati opposti del vicolo. L’uomo voltato verso l’inferriata da cui Glenn era uscito, Julie pronta a coprirgli le spalle.
-Quelle scarpe.- L’uomo le parlò dopo qualche secondo di silenzio. –Non ti servono a nulla.-
-Meglio scalza?-
-Dovresti cercarne un paio più rinforzate.-
-Sì beh, non ho avuto molto tempo per andare a fare shopping.-
Daryl alzò le spalle tornando a puntare la balestra davanti a lui. In un secondo un ragazzino dalla pelle olivastra spuntò fuori dall’edificio. Julie tese subito l’arco, spaventandolo.
-Daryl!-
L’uomo si voltò, puntando l’arma insieme a lei.
-Whoa whoa! Non sparate! Cosa volete?-
-Cerco mio fratello, è gravemente ferito, l’hai visto?-
Il ragazzino urlò. Maledizione. Julie fece un passo avanti verso di lui minacciandolo.
-Sta zitto, idiota, farai arrivare gli zombie!-
-Aiudame! Aiudame!-
-Zitto!- Daryl lo colpì con la balestra facendolo cadere a terra prima di abbassarsi tappandogli la bocca. Dannazione. Dei passi dietro di lei furono l’ultima cosa che sentì prima di essere presa per i capelli e lanciata a terra. Picchiò la testa sul cemento abbastanza forte da appannarle vista e udito ma riuscì a vedere due uomini colpire Daryl dopo averlo preso da dietro. È una mazza da baseball quella? Julie si guardò in torno cercando il suo arco quando sentì le urla di Glenn dietro di lei. L’uomo disarmato si allontanò da Daryl per correre verso il borsone, prendendo Glenn con lui mentre la mazza da baseball era già alta pronta a cadere sulla nuca dell’uomo a terra e spalmare il suo cervello nel vicolo. Cazzo cazzo cazzo.
-No, no! Julie! Daryl!-
Julie prese la mira velocemente e la freccia trapassò il palmo della mano dell’uomo, che strillò lanciando la mazza lontano e correndo verso il suo compagno, che nel frattempo stava cercando di issare Glenn su una macchina. Alzò il braccio per cercare un’altra freccia ma non prese altro che aria. Finite. Proprio quando se ne rese conto un dardo si conficcò nella natica dell’uomo ancora illeso, prima che esso sparisse nella vettura e giù per la strada. Daryl si alzò correndo verso l’inferriata mentre Julie corse verso il borsone chiudendolo. Posso andarmene.
-Tornate qui, figli di puttana!- Daryl urlò prima di chiudere l’inferriata per proteggere entrambi dal gruppo di zombie.
Posso prendere la borsa ed andarmene.
Ma suo fratello?
-Andiamo.- Daryl si voltò a guardarla. –Abbiamo le armi, possiamo cercare tuo fratello. Andiamocene prima che quel cazzo di poliziotto…-
Daryl la fissò per un attimo prima di spostare lo sguardo verso il ragazzino a terra, che ora stava tentando la fuga. Rick arrivò correndo dal lato opposto del vicolo, fermandolo e tenendolo lontano da Daryl, che nel frattempo gli si era lanciato addosso.
-Ti faccio arrivare le palle in gola!- Era difficile gestire entrambi per Rick. –Hanno preso Glenn. Quel piccolo stronzo e i suoi amichetti bastardi!- Liberandosi dalla morsa del poliziotto Daryl riuscì ad avvicinarsi al ragazzo abbastanza da prenderlo per la maglietta. Lo ammazzerà. È uno stronzetto, ma è un ragazzino. Julie tirò fuori la pistola e in un rapido movimento si ritrovo di fronte all’uomo puntandogliela in mezzo agli occhi. Il tempo sembrò fermarsi.
-Strike due. Alla terza ti becchi la pallottola.- Aveva una fiamma negli occhi che Daryl non poté che stare a guardare. L’elastico che le teneva i capelli doveva essersi rotto quando era caduta a terra e ora le ciocche castane le cadevano sul viso e sulle spalle lucide di sudore. La ragazza era un cazzo di rompicapo. Due secondi fa voleva mollare tutto e sparire con le armi a cercare Merle con lui, adesso si stava comportando come lo sceriffo. La guardò con un misto di rabbia e ammirazione quando fece un passo indietro e lei puntò la pistola al ragazzo dietro di lei, che probabilmente era sul punto di pisciarsi sotto.
-Solo precauzione, ragazzino.- Julie gli sorrise prima di voltarsi verso lo sceriffo. –Rick?-
-Torniamo al laboratorio.- L’uomo si voltò prendendo la borsa con le armi e il cappello a tesa larga che Julie non aveva notato, prima di seguirli lungo il vicolo.
 

... 


-Gli uomini che erano con te. Dicci dove sono andati.- Rick parlò all’ostaggio con chiarezza. Anche senza quella divisa Julie avrebbe capito subito che lavoro faceva prima del contagio.
-Non vi dico niente.- Il ragazzino ispanico sedeva su una sedia in mezzo all’ufficio dove si era separato il gruppo, un sguardo strafottente che faceva andare la ragazza su tutte le furie. Non le importava poi molto di Glenn, ma sembrava un bravo ragazzo e sapeva per certo che finché non l’avessero salvato non se ne sarebbero andati da Atlanta. Daryl camminava avanti e indietro per la stanza, gli occhi fissi sull’adolescente e di tanto in tanto su di lei. Stupida. Sarei dovuta andare via da sola, non chiedergli di venire con me. Ora avrei avuto un borsone pieno di armi e un tizio in meno da cui guardarmi le spalle. Non sembrava che Daryl fosse particolarmente devoto allo sceriffo, ma non era da sottovalutare.
In più era piuttosto ferita nell’orgoglio per essersi fatta incasinare così da tre idioti messicani.
Rick si voltò verso di lei chiedendole che cosa fosse esattamente successo nel vicolo, ma Daryl rispose per lei.
-Questo stronzo e quei coglioni dei suoi amici sono spuntati dal nulla e ci hanno attaccati.- Avanti e indietro, come un animale in gabbia. Come sul tetto.
-Siete voi che avete attaccato me, puto. Dicevi che cercavi tuo fratello come se fosse colpa mia.-
-Hanno preso Glenn. Avranno preso anche Merle.-
-E cosa ne avrebbero guadagnato?- Julie gli rispose senza nemmeno guardarlo. –Glenn aveva le armi nel borsone.- Enfatizzò l’ultima parola, guadagnandosi l’ennesima occhiata d’acciaio.
-Merle? Ma che cazzo di nome è?- Il ragazzo alzò la testa ghignando. E firmando la sua condanna. –Non chiamerei il mio cane Merle.-
Daryl avanzò furiosamente a quelle parole, cercando di assestargli un calcio alla tempia e ci sarebbe riuscito se non fosse stato per Rick.
-Maledizione… Daryl, sta buono!- Lo sceriffo lo spinse con esasperazione.
Stiamo perdendo tempo. Troppo tempo. Julie si guardò attorno e quando le caddero gli occhi sullo zaino di Glenn una lampadina le si accese sopra la testa. Aprì lo zaino dando le spalle al ragazzo e frugò per un po’ nella sacca centrale prima di tirare fuori da essa lo straccio che aveva dato a Daryl qualche ora prima.
-Ragazzino.- Ottenne la sua attenzione. –Vuoi vedere cosa è successo all’ultimo tizio che ha fatto incazzare Daryl?- Prese la mano amputata lanciandola sulle gambe del ragazzo che urlò rotolando giù dalla sedia fino a finire con le spalle al muro.
-Cazzo, cazzo! No, voi siete pazzi!-
Si avvicinò alla faccia terrorizzata e parlò con un ghigno quasi malefico.
-Mi fa regali del genere ogni tanto, tutto quello che gli chiedo. Credo proprio che stavolta gli chiederò un piede.-
Daryl osservò la scena e un brivido corse lungo la sua spina dorsale. Il modo in cui aveva inarcato la schiena inginocchiandosi di fronte al ragazzo era stato paurosamente inquietante e sexy allo stesso tempo. In più le sue parole dovevano aver funzionato, perché sembrava molto più disposto a collaborare.
-Va bene, va bene, ve lo dico, ma non uccidetemi. Non fatelo, per favore.-
Stava piangendo. È un ragazzino. Julie si sentì quasi in colpa, ma l’immagine del cervello di Daryl sul cemento del vicolo le si presentò dietro agli occhi con una sconosciuta voglia di vendetta che la lasciò spiazzata per un momento.
Rick prese il ragazzo per la maglietta alzandolo e spingendolo contro il muro.
-Ora basta! Adesso ci mostrerai dove hanno portato il nostro amico, okay?-
Il ragazzo annuì guardando per un secondo Daryl e Julie, il volto pieno di terrore.
-Sì, sì però… Però tieni quei due psicopatici lontani da me, ti prego!-

... 


-Sei certo di voler seguire questo stronzetto dai suoi amici? Potrebbero tenderci in un’imboscata.- Daryl era appoggiato al muro accanto alla scrivania su cui Rick stava caricando le armi tirandole fuori dal borsone. –Queste cazzo di gang ti ucciderebbero per nulla, e scommetto che sono molti più di noi. Il cinese vale tanto per te?-
-La vita che ho la devo a Glenn.- spiegò Rick. –Non ero nessuno per lui. Solo un idiota in un carrarmato. Sarebbe potuto andarsene ma non l’ha fatto.-
 
“Non avresti dovuto salvare quell’uomo, Kev.”
“Ma dai, era nei guai. E poi è un bravo ragazzo.”
“Hai sprecato munizioni.” Avi gli era quasi addosso, la voce ormai priva di tutte quelle caratteristiche che lei adorava tanto. “Ha rischiato la vita. Non dovevi farlo.”
“Amico, il giorno in cui sarò io l’idiota chiuso in un capanno senza via d’uscita e potrebbe esserci un altro buon samaritano che mi tirerà fuori sarà il Signore a decidere se me lo merito o no. Mai sentito parlare del Karma?”
Julie sorrise. Kevin era l’unico che ancora riusciva a farla sorridere, ma Dio aveva giocato un brutto scherzo a tutti loro quando quella maledetta porta si era spalancata davanti a loro.
 
-Non c’è niente che vi trattiene qui, andatevene. Tornate al campo.- Rick parlò senza guardarli.
-E a tua moglie e tuo figlio? Cosa diciamo a loro?- Julie aveva le braccia incrociate sotto il seno fingendo distacco. Il ricordo di Kevin l’aveva colta alla sprovvista e ora era costretta a deglutire per eliminare il nodo che le stringeva la gola.
Daryl la guardò per un attimo accorgendosi che qualcosa non andava. Gli era sembrata fragile tutto a un tratto. Si voltò di nuovo verso Rick ed annuì impercettibilmente prima di prendere due fucili dal tavolo e porgendone uno a lei. –Andiamo a prenderlo.-

... 


-Dannazione, dov'è Daryl ?- Rick aveva raggiunto il suo limite.  

 

Avevano seguito il ragazzo, Miguel, in una carrozzeria abbandonata dove a detta sua doveva trovarsi Glenn.

 

-Era dietro di me.- Julie rispose voltandosi leggermente verso lo sceriffo. –Magari ha cambiato idea ed è andato a cercare Merle.- Si ritrovò allo stesso tempo sollevata e delusa. Daryl sapeva che l’intenzione della ragazza era quella di fuggire con le armi, tradendo Rick, Glenn e tutto il resto dell’accampamento, e averlo tra i piedi significava dover costantemente essere pronta a ritrovarsi le dita di tutti puntate addosso, ma per qualche ragione la figura del ragazzo la confortava in qualche modo e la sua assenza la metteva a disagio. Non l’avrebbe ammesso mai, ma stava cominciando a rivalutare le sue opzioni.

 

-Il vostro amico bifolco se la sta facendo sotto. Fa bene ad esserlo. G avrebbe preso una di quelle frecce e gliel’avrebbe piantata su per il culo. È stato furbo a sparire.- Miguel aveva recuperato la sua spavalderia dopo l’incidente della mano.

 

-G?- Chiese Rick.

 

-Guillermo. È il capo qui.-

 

-Va bene, vorrà dire che ci faremo una bella chiacchierata.- 

 

Rick avrebbe preferito avere più copertura ma sapeva che non avevano tempo da perdere per aspettare un eventuale ritorno di Daryl. Lui e la ragazza avrebbero dovuto risolvere la cosa da soli. Rick la osservò tenere un Remington 870 tra le mani che sembravano troppo piccole per l’arma. La faretra legata alla sua schiena era vuota e l’arco era di conseguenza posato sulle sue spalle, inutilizzabile. Aveva un accento particolare, straniero quasi, e un aspetto che faceva presagire solo una marea di guai. I capelli castani erano ancora slegati ma era riuscita a fermarli in una mezza coda usando una matita trovata nell’ufficio, dopo la scenetta con il ragazzino e la mano di Merle. Ma le cadevano ancora in gran parte sulle spalle scoperte, appiccicandosi alla pelle per il caldo. L’uomo studiò il suo viso: i lineamenti erano dolci, quasi come quelli di una bambola di porcellana dal naso piccolo e all’insù e le labbra carnose, ma la sua espressione era perennemente indurita da uno sguardo che taceva una storia che non era sicuro di voler sentire. Insomma, era pur sempre uscita dal nulla con un arco. Ma c’era qualcosa in lei che gli ricordava Carl, e si sentì sollevato dal fatto che i maschi fossero più semplici da crescere. Non la conosceva e qualcosa gli diceva che non doveva fidarsi ciecamente di lei ma aveva una buona mira e sembrava avere anche una buona dose di palle. Ecco perché era qui adesso.

 

-Pensi di essere in grado di mantenere la calma e fare come ti dico?- Le chiese.

 

-Sì.- Rispose senza esitare

 

Si abbassarono a terra, caricando le pallottole nei fucili mentre Miguel si prese la testa fra le mani.

 

-Avanti ragazzi, è una follia. Date a G le armi. Vuole solo le armi.-

 

-Non posso farlo.- Rispose Rick affiancando Julie contro il muro e prendendo gli ultimi respire profondi. Stavano per entrare in quello che poteva essere un massacro.

 

-Sei sicura di potercela fare?- L’uomo le chiese per l’ultima volta.

 

Prima che potesse rispondere un paio di anfibi neri le caddero dall’alto sulle gambe.

 

-Ma cosa cazzo…!?- L’aveva presa alla sprovvista, dannazione.

 

Rick scattò mirando l’arma verso la direzione da cui erano caduti.

 

-Daryl!- Abbassò il fucile. –Avrei potuto ucciderti. Sei davvero uno stupido figlio di puttana, lo sai vero?-

 

-Fa attenzione a come parli, agente. Avevo da fare.- Rispose a Rick prima di rivolgersi alla ragazza con nonchalance, come aveva fatto nel bosco dopo averle lanciato gli scoiattoli. Ha la brutta abitudine di lanciare le cose a terra. –Mettiteli.-

 

-Dove li hai…?-

 

-Un paio di isolati indietro. Tranquilla, la tizia non verrà a richiederteli.- Li aveva sfilati da un cadavere? –Muoviti, quelle dannate scarpe non ti serviranno a un cazzo qua fuori.-

 

-Posso sapere cos’hai contro le mie scarpe?- Era la seconda volta che commentava le sue vans. Riconosceva che non fossero proprio l’ideale per l’occasione ma non ne aveva un altro paio e comunque ci era affezionata. Le ho comprate a casa.

 

-Ho visto un paio di serpenti qua attorno: vipere e sonagli. Non voglio ritrovarmi a dover succhiare il veleno dal tuo dannato piede e portarti indietro.- Scosse la testa. –Ma fa come diavolo vuoi.-

 

Finse di concentrarsi sulla sua balestra controllandone la corda, ma la guardava con la coda dell’occhio e la vide sfilarsi le vecchie e consunte scarpe di tela prima di infilarsi i nuovi anfibi. Pensava glieli avesse lanciati addosso, per il modo in cui le aveva parlato. Ma non l’aveva fatto.

 

Miguel alzò gli occhi al cielo. –Voi due psicopatici siete davvero strani, amico.-

 

-Ci tieni ai tuoi denti?- Dary lo minacciò.

 

-Hai azzeccato la misura.- Julie mosse il piede nella scarpa testandola. Erano un po’ larghe sulla caviglia, ma comode. –Come hai fatto?-

 

-Le tue impronte.-

 

-Mmh.- Julie annuì leggermente. –Sei davvero un buon cacciatore allora.-

 

L’uomo arrossì. –Taci. Non abbiamo tutto il giorno.-

 

-No infatti. Avete finito di fare i bambini?- Rick li riprese di nuovo. –Daryl, ho bisogno di sapere se posso contare su di te.-

 

-Sono qui.-

 

-Te ne sei andato così, io…-

 

-Ho detto che sono qui.- Ringhiò. –Andiamo.-

...

Scavalcarono il muretto entrando nel parcheggio davanti a loro, attraversandolo a grandi falcate. Julie camminò su cocci di vetro rotto, bottiglie fracassate, metallo arrugginito e altri rifiuti lasciati a terra. Daryl aveva ragione sulle scarpe. L’odore di benzina e olio per motori venne trasportato da una folata d’aria. Daryl alzò la balestra e spinse in avanti Miguel.  Il garage si aprì immediatamente come se G li stesse aspettando, una schiera di uomini davanti a loro. Un giovane uomo dai tratti ispanici si fece avanti. G. 

 

-Stai bene, ometto?- Chiese a Miguel. 

 

-Vogliono tagliarmi un piede!-

 

-Lo sbirro vuole farlo?-

 

-Non lui, quel bifolco! La chica mi ha mostrato una mano mozzata. L’ha già fatto!-

 

- È vero? Volete il piede di Miguelito? È da malati, amico.-

 

-Vogliamo solo fare una chiacchierata tranquilla.-

 

G li guardò per un attimo prima di accennare a Julie e Daryl.

 

-Questi due attaccano il cugino di Felipe. Minacciano di tagliargli un piede. Felipe aveva una freccia nel culo. Un altro dei miei uomini nella mano. E vuoi una chiacchierata tranquilla? Sei un bel tipo.-

 

-La foga del momento.- Rick mantenne la calma. –Abbiamo fatto degli sbagli. Da entrambe le parti.-


“Non ci posso credere, mi ha colpito! Ma l’hai visto? Chi diavolo si crede di essere per prendermi a cazzotti?!” Scott era furioso, di nuovo. Di nuovo per qualcosa che Avi gli aveva detto con un tono sbagliato.

“Senti, avete esagerato entrambi ok?” Julie passò lo straccio bagnato di alcool sul taglio sopra il sopracciglio del ragazzo. Era iniziata come una semplice discussione su chi dovesse usare o meno armi da fuoco, e Avi aveva deciso che lui, Mitchell e Kirstie potevano farne a meno. E improvvisamente i due ragazzi si erano ritrovati uno avvinghiato all’altro sul pavimento. Staccarli non era stato facile, e lei stessa si era beccata una gomitata da Avriel. Non stava bene.

“Andrà tutto bene, Scotty. Dovreste imparare a pensare prima di agire, tutto qui. È la foga del momento.”


Era troppo distratta per sentire il click di un fucile sopra di lei, ma Daryl riuscì a voltarsi in tempo per vedere un uomo sul tetto alla sua sinistra puntare l’arma verso la ragazza. Gettò la balestra a terra e con uno scatto si lanciò sul corpo di Julie che cadde a terra. L’ultima cosa che ricordò fu il dolore sordo al cranio, gli spari e Daryl su di lei a farle da scudo.

 

 

Quando riaprì gli occhi la sua schiena era appoggiata ad un muro e le sembrava di avere il peggiore post-sbronza della sua vita. Si toccò leggermente la tempia e le sue dita si macchiarono di sangue. Sono morta? 

 

-Julia, stai bene?- Rick era inginocchiato davanti a lei, anche se non riusciva a metterlo a fuoco. Annuì comunque. Dietro di lui Daryl e Glenn stavano coprendo rispettivamente i lati di un vicolo. Erano fermi per lei. Maledizione.

 

-Vi… Vi ho rallentati, mi dispiace. Che cosa è successo?- La sua bocca era impastata e ogni sua parola sembrava pronunciata da qualcun altro. 

 

-Lo sparo ci ha risparmiato un mare di guai. Hai perso un sacco di sangue dalla tua ferita, e G ha pensato che il suo amico ti avesse sparato. È entrato in panico. Daryl li ha convinti che eri morta, e che saremmo ritornati con il resto del nostro ‘esercito’ per cercare vendetta. La promessa che ciò non sarebbe accaduto in cambio di Glenn.-

 

-Ragazzi!- Glenn si voltò verso Rick e Julie assieme a Daryl. –Dobbiamo proprio andare!-
 
Si incamminarono verso il luogo dove avevano lasciato il furgone ma una volta arrivati si fermarono sui loro passi.
 
-Oh mio Dio.- Glenn fu il primo a parlare seguito da Daryl.
 
-Dove diavolo è il furgone?-
 
-L’abbiamo lasciato qui, chi l’ha preso?-
 
-Merle.- Si voltarono a guardare la ragazza e Daryl la fissò negli occhi.
 
-Sta andando a prendersi la sua vendetta al campo.-

 



Buon salve.

La faccio spiccia spiccia che non ho tanta voglia di scrivere l'outro :3

Fatemi sapere con un commento se sareste interessati ad avere una "prestavolto" per Julie e per gli altri personaggi non presenti nella serie di TWD. Io di solito lo faccio per gli OCs, ma mi rendo conto che in molti preferiscono crearsi un'immagine del personaggio e tenersela bene a mente...Quindi vedete voi, fatemi sapere :)

Giulz

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


La corsa era stata lunga e faticosa, e la sua concussione non l’aiutava certo a stare al passo con i tre uomini. Si era fatto buio ormai, ma dovevano tornare. Rimanere in città a passare la notte era comunque troppo pericoloso e dovevano arrivare all’accampamento prima di Merle. Julie guardò Daryl per un secondo. Era la seconda volta che le salvava la vita. Lei lo aveva fatto una volta sola, nel vicolo. Non erano pari, ma aveva dimostrato qualcosa.
Quando sentirono gli spari e le urla, la ragazza pensò al peggio.
Corsero il più velocemente possibile su per la collina, Rick davanti a Daryl e Glenn e lei dietro di loro. Arrivarono in tempo per trovare il campo invaso da putrefatti. Molte delle persone che aveva visto quella stessa mattina erano morte, i cadaveri a terra. Sparò ad uno zombie chinato su un corpo a pochi metri da lei quando sentì l’urlo di una bambina provenire dalla sua destra, tra la boscaglia. Corse il più velocemente possibile per vederla circondata da quattro putrefatti. Ne colpì due dalla distanza, uno con l’impugnatura del fucile e l’altro, che si stava avventando sulla bambina, con il coltello che aveva velocemente estratto dalla sua cintura. La bambina continuava ad urlare, in preda al competo terrore. Non si era resa conto che fossero così isolate rispetto agli altri. Se continuava ad urlare così ne avrebbe attirati altri. Si chinò leggermente guardandola negli occhi.
 
-Ehi, ehi! Stai bene?- La prese per un braccio. –Ragazzina, stai bene? Ti hanno preso?-
 
La bambina scosse la testa continuando a piangere e Julie si guardò attorno. Ne arrivavano altri, almeno sei. Tirò la ragazzina dietro di lei e si preparò ad affrontarli.
 
-Stammi dietro, va bene? Agganciati a me.-
 
Sparò due colpi abbattendo due zombie ma il terzo proiettile non uscì dalla canna. Maledizione, le munizioni. Mi manca il mio arco. Tenne il coltello stretto in mano e indietreggiò di qualche passo, prima che il resto degli zombie cadesse davanti a lei. Daryl le corse in contro.
 
-State bene?- Urlò per farsi sentire sulle grida e gli spari. Julie annuì, si voltò e prese il polso della bambina prima di seguirlo fuori dalla boscaglia, dove la situazione si era calmata. Non appena furono in linea visiva con il gruppo di sopravvissuti al centro dell’accampamento senti la bambina strattonarsi dalla sua morsa e correre verso una donna in lacrime, i capelli tagliati corti e grigi.
 
-Sophia!!-
 
-Mamma! Mamma!-
 
Rick stava abbracciando la sua famiglia, Sophia e sua madre facevano lo stesso, così come la famiglia di Morales. Aveva riconosciuto un altro nucleo di persone molto legate fra loro durante la sua breve permanenza: Dale e le due sorelle dai capelli biondi. Dale era in piedi, voltato verso il camper, così come anche tutti gli altri superstiti. Julie fece qualche passo in avanti e le vide. La più grande, quella che l’aveva attaccata quel mattino era chinata sul cadavere di sua sorella minore.
 
-No… No Amy! Amy!-
 
Daryl le lanciò uno sguardo eloquente prima di voltarsi e sparire dalla sua vista.
Se mi avesse ascoltato, se fossimo scappati con le armi…
Sarebbe stato anche peggio.
 

 ...

 
 
Le azioni meccaniche l’avevano aiutata a superare i momenti peggiori. La ripetitività del pulire l’arco, controllare la tensione della corda, assicurarsi che tutte le frecce fossero abbastanza affilate, affilare il suo coltello con una pietra… Poteva concentrarsi su qualcosa che non fossero i cadaveri di quella gente. Non li conosceva. Non doveva essere lì e non aveva nessun diritto per disporre dei loro corpi. Aveva bisogno di frecce e per puro caso aveva trovato dei rami abbastanza leggeri e resistenti da poter utilizzare fino a che non ne avesse trovate di altre. Stava seduta appoggia ad un tronco, l’odore di carne bruciata le riempiva le narici anche a quella distanza dal campo, ma almeno non doveva vedere. La lama scorreva sulla superficie del ramo, perfezionandolo e creando una punta alla sua estremità. Dall’interno verso l’esterno, fino in fondo.
 
 
Avi l’aveva trovata così due giorni dopo il motel. Seduta con la schiena appoggiata al copertone della jeep, i suoi movimenti veloci e precisi sul legno. La guardò per un po’ da dietro il cofano. Stupida macchina, potevi resistere ancora qualche chilometro? Non aveva ancora parlato, gli aveva chiesto solo di levarsi il sangue da dosso, perché l’odore le faceva venire da vomitare. Tornò a maneggiare con il motore della sua Range Rover prima di sentire il rumore del metallo cadere sul cemento seguito da un respiro profondo. In un attimo era accanto a lei, la mano destra imbrattata di sangue premeva sul polso sinistro. Non alzò nemmeno lo sguardo per incontrare il suo. Avi aprì velocemente la portiera posteriore tirando fuori uno straccio pulito e tornando da lei, si inginocchiò pressando sulla ferita. Non lo guardava ancora.
“Siamo vivi. Tu sei viva. Abbiamo attraversato l’inferno e siamo usciti dall’altra parte, io e te. Vuoi mandare tutto a puttane, dopo tutto questo?”
“Siamo soli.” La sua voce lo spaventò.
“No. Non sei sola. Non sarai mai sola.”
 
 
Un rumore dietro di lei la fece voltare di scatto, il coltello stretto nella sua mano. Quando da un albero uscì la figura esile della bambina bionda che aveva salvato la notte prima. Abbassò il coltello e respirò profondamente, accennandole un sorriso.
 
-Ciao.-
 
-Ciao.- Le rispose la ragazzina, senza avvicinarsi.
 
-Come stai? Tutto bene?-
 
-Stai… Lo sai che stai piangendo?-
 
Julie alzò la mano passandosela sulle guance e stupendosi delle sue lacrime. Se le asciugò prima di voltarsi di nuovo verso di lei.
 
-No, sto bene. Non preoccuparti.- Notò che la bambina rimaneva in piedi a qualche metro da lei, rimanendo in silenzio. –Come ti chiami?-
 
-Sophia…- La sua voce era così dolce… Tutto in quella bambina non faceva altro che peggiorare il suo umore. Troppo dolce per un mondo così.
 
-Sophia… È un bel nome.-
 
-Tu come ti chiami?-
 
-Io mi chiamo Julia.- Le sorrise. –Tua madre sa che sei qui?-
 
Sophia alzò le spalle. –Non voglio vedere.- Julie annuì. –Tu perché non sei con gli altri?-
 
-Perché ho finito le mie frecce. E devo costruirne delle altre prima di ripartire.-
 
-Te ne vuoi andare?- La bambina sembrò triste a quella domanda.
 
-Non c’è nulla per me qui.- Julie le sorrise dolcemente prima di ricominciare il suo lavoro sulle frecce.
 
-Posso… Posso stare qui con te per un po’?-
 
-Certo.- Sorrise. –Ma non sederti troppo vicina. Il coltello e le schegge, sai.-
 
-Lo so…- Sophia si sedette a gambe incrociate a qualche metro da lei. –Anche il signor Dixon lo fa ogni tanto.-
 
-Daryl?-
 
La bambina annuì.
 
-Come mai sei da sola?- Julie si fermò per un secondo a quella domanda, ma cercò di non dare a vedere la sua tristezza.
 
-Avevo un gruppo prima.-
 
-Sono morti?-
 
Si girò a guardarla, ma la bambina era impegnata a giocare con un filo d’erba ai suoi piedi.
 
- Sì, sono… Non ci sono più.-
 
-Anche mio padre non c’è più, ma non sono triste. Non ho neanche pianto per lui.-
 
Julia non sapeva cosa dirle, così decise di non dire nulla. Dopo qualche secondo di silenzio Sophia parlò di nuovo.
 
-Ti piacciono le margherite?- La bambina sorrise.
 
-Mi piacciono molto, Sophia.-
 
-Posso raccogliertene un mazzo?- Si alzò in piedi. –Sai, per ringraziarti.-
 
-Per cosa?-
 
-Per ieri sera.-
 
-Non c’è bisogno che mi ringrazi. Ma se vuoi raccogliere dei fiori puoi farlo. Rimani qua vicino però.-
 
-Ragazzina.- La voce di Daryl fece saltare entrambe. Julie si voltò a guardarlo. Non l’aveva sentito. Immagino che dopotutto sia un buon cacciatore. –Tua madre ti sta cercando.-
 
-Ma… Non voglio…-
 
-Sophia?- la bambina si voltò verso Julie, che le sorrise. –Torna al campo. Poi andremo a cercare dei fiori insieme, se tua madre è d’accordo, ti va?-
 
Sophia sorrise leggermente e annuì prima di sparire verso il campo. Erano pochi metri e la strada era ben visibile. In più era arrivata da sola fino a lì, poteva anche tornare indietro.
 
Daryl parlò dopo qualche minuto, il suo tono severo.
 
-Starai seduta qui a piangerti addosso tutto il giorno?-
 
-Non mi sto piangendo addosso.-
 
-Stai piangendo. Stavi. Prima che arrivasse la bambina.-
 
-Non sono affari tuoi, Daryl.- Si voltò, distogliendo lo sguardo dal suo.
 
-Pensavo non ti importasse nulla di queste persone.-
 
-E a te? Importa?- L’uomo alzò le spalle incrociando le braccia sul petto. –Ti importa. Altrimenti saresti venuto con me.-
 
-Se fossimo spariti con le armi sarebbero morti tutti.-
 
-Beh, hanno lasciato tuo fratello indietro. Io lo chiamerei Karma.-
 
L’uomo annuì di nuovo mordendosi il labbro senza che lei vedesse.
 
-Dovresti alzare il culo e venirci a dare una mano con i corpi.-
 
Julie non rispose, non emise un fiato, ma soffiò su una delle frecce per eliminare l’eccesso di legno truciolato e prese un altro ramo.
 
-Senti un po’ donna, non mi interessa da dove sei uscita e qual è il tuo turpe passato. Se hai intenzione di stare con noi…-
 
Julie scattò in piedi guardandolo dritto negli occhi.
 
-"Voi"? Hai passato gli ultimi due giorni a cercare tuo fratello dopo che questa gente lo ha abbandonato su un tetto, probabilmente a morire, e adesso improvvisamente c'è un "voi"? - Aveva parlato con calma, ma Daryl non rispose. La ragazza sospirò chiudendo gli occhi per un secondo, prima di parlare di nuovo. –Me ne sarò andata prima del tramonto. Non conosco queste persone, e da quello che ho visto non mi interessa conoscerle. Non c'è nessun "noi".-
 
Si abbassò raccogliendo il suo zaino e le faretra con le nuove frecce prima di incamminarsi verso il bosco.
 
-Ehi.- Daryl la chiamò e lei si fermò voltandosi. –Non si possono più fare le cose da soli.-
 
Julie scosse la testa sorridendo. –Grazie per le scarpe Dixon.- E sparì nel bosco.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Il putrefatto le ringhiò contro un’ultima volta, a pochi centimetri dalla faccia. Era arrivata appena in tempo. Si voltò verso il bambino a terra dietro di lei e lo riconobbe. Il figlio di Rick. Cosa ci fa qui? È così difficile tenere d’occhio i propri figli?
 
-Carl, vero?- Gli chiese voltandosi controllando la boscaglia. Potevano essercene altri nei dintorni. –Cosa fai qui?-
 
Il bambino si alzò tremando leggermente. –Io stavo solo… Volevo solo…-
 
-Devi stare vicino a tua madre. E tuo padre. Sempre. Loro possono proteggerti, e tu non puoi farlo da solo.-
 
-Anche tu puoi proteggere le persone, vero?- Il suo tono era timido ma curioso. –Lo hai fatto ieri, con Sophie. E ora…-
 
Julie si voltò di scatto prendendolo per un polso. Carl saltò leggermente, spaventato dall’azione improvvisa della ragazza.
 
-Hai visto quello che è successo ieri sera? Se qualcuno non fosse arrivato in tempo da Sophia lei sarebbe morta. Perché si è allontanata da chi poteva proteggerla. Bisogna stare sempre in gruppo, sempre. Soprattutto voi bambini.-
 
-Ma tu te ne stai andando. Tu… Non vuoi un gruppo?-
 
La guardava dritto negli occhi. Se la presenza di Sophia la rendeva melanconica con la sua dolcezza quella di Carl la mandava su tutte le furie. Sembrava un bravo ragazzo, ma sapeva che prima o poi avrebbe portato guai. Distolse lo sguardo e si alzò in piedi tirandolo con sé.
 
-Ehi! Ehi dove mi stai portando?-
 
-Indietro.- Rispose con astio.
 
-E ti fermerai?-
 
-Ti sto riportando dai tuoi genitori. Punto. Se ti ribecco nei miei boschi saranno guai.-
 
Il ragazzino rimase zitto per tutto il tempo. Non erano poi così lontani dall’accampamento, ma lungo la strada avevano trovato compagnia. Nulla di che, un paio di putrefatti facilmente evitabili, ma Julie non aveva perso l’occasione per far notare a Carl che se fosse rimasto da solo non sarebbe riuscito a passare inosservato. Dopo circa un quarto d’ora si ritrovarono al fianco dell’accampamento. Julie camminava con una falciata lunga e nervosa, strattonando il bambino dietro di sé. Cercò di non guardarsi attorno per evitare di dover vedere gli effetti del disastro della sera prima, ma scorse Andrea (così l’aveva sentita chiamare quel mattino) ancora chinata sul corpo della sorella. Si aspettava che l’avessero già bruciata, ma la postura della donna era protettiva, e Julie sapeva cosa significa non voler lasciare andare.
Lori, la moglie di Rick, era chinata accanto a lei, e le parlava dolcemente. Quando sentì i passi alle sue spalle si voltò verso di loro e la sua espressione cambiò.
 
-Cosa credi di fare?!- Si alzò in piedi afferrando la spalla di Carl e tirandolo verso di lei. –Tieni giù le mani da mio figlio!- Julie tentò di mantenere la calma, ma le sue parole risultarono comunque più taglienti di quello che voleva.
 
-Tuo figlio… Stava per diventare cibo per zombie. Era solo in giro per la boscaglia. Ti consiglio di tenerlo più d’occhio, tuo figlio.- Lori la guardò andarsene e la ragazza sentì la voce della madre sgridare il bambino. Come fosse colpa sua.
 
Voleva andarsene. Nessuno l’aveva vista tornare oltre a Lori, Carl e Andrea, anche se la bionda probabilmente non si era resa nemmeno conto della sua presenza. Avrebbe potuto girare i tacchi e tornare nel bosco, considerare il suo ritorno come un veloce incidente di percorso. Ma quando si guardò attorno si sentì quasi svenire. I corpi erano molti, almeno una decina solo attorno a lei. Potevano essere di più, poteva essere colpa mia. Il senso di colpa le strinse lo stomaco e fece cadere il suo sguardo sul corpo ai suoi piedi. Un uomo. Il viso era duro, la pelle di colore grigio chiaro e tesa.
Non era lui, la forma del viso e la costituzione pesante l’avevano rassicurata. Rivederlo così…Non sapeva se ce l’avrebbe fatta a riprendersi in seguito. Ma la lunghezza dei capelli e la linea della mascella coperta dalla barba scura glielo ricordavano. Si abbassò tirando fuori il pugnale e dopo qualche secondo lo spinse nella tempia del cadavere.
 
 
“Non pensi sia ora di domarla?”
“Pensavo ti piacesse la mia barba. Non te ne sei mai lamentata.” Avi si passò la mano sul mento e sulle guance con un’espressione ferita, che la fece sorridere.
“Mi piace, tesoro, senza non saresti tu. Ma se non fai qualcosa finirà per iniziare una rivolta e conquistare il mondo.”
“Mmh…Potrebbe non essere poi così male.” La guardò speranzoso prima di sospirare. “Va bene, va bene. Me ne occuperò domani mattina. Adesso voglio solo andare a casa e dormire per una settimana.”
Julie rise baciandolo leggermente sulle labbra. “Avanti Cactus Jack, andiamo a casa.”

 
 
Alzò lo sguardo trovando quello di Daryl. Aveva in mano un piccone e il sole di fronte a lui lo obbligava a socchiudere gli occhi. Dopo qualche secondo annuì leggermente e lasciò a terra il piccone prima di chinarsi afferrando il cadavere dalle spalle. Julie sospirò e lo prese per le caviglie aiutando l’uomo a trascinarlo verso la pira accesa a pochi metri da loro, quando Glenn li fermò all’improvviso.
 
-Ma che state facendo? Gli zombie li mettiamo lì.- Sembrava turbato. –I nostri vanno da quella parte!-
 
-Che differenza fa, sono tutti infetti.- Daryl parlò a denti stretti per lo sforzo. Questo tizio era più pesante di quanto sembrava.
 
-I nostri vanno in quella fila laggiù.- Glenn si era avvicinato alzando la voce e Julie si era fermata lasciando il corpo, seguita da Daryl. Guardò il viso del ragazzo e si accorse che stava piangendo. –Noi non li bruciamo! Noi li seppelliamo. È chiaro?-
 
La ragazza guardò il cacciatore e dopo qualche secondo egli si voltò annuendo prima di recuperare il cadavere e spostarlo insieme a lei verso un altro gruppo di corpi. Era stupido. Questi corpi erano infetti, seppellirli non avrebbe fatto altro che inquinare il terreno. Gli animali, le piante, l’acqua… Tutto sarebbe stato infettato, allora. Lasciarono cadere il corpo con un tonfo.
 
-Lo sai che è una cazzata, vero?- Gli parlò a voce bassa, come per non farsi sentire dagli altri, e mantenne lo sguardo su di Glenn, che sembrava sopraffatto dalle emozioni. Daryl si voltò sputando per terra.
 
-Non vogliono affrontare la realtà. Non hanno ancora sistemato la ragazza bionda perché sua sorella non lascia avvicinare nessuno al suo cadavere. È una cazzo di bomba ad orologeria.-
 
-Cosa suggerisci?- Gli chiese, incontrando il suo sguardo.
 
-Di spararle. Dritto in testa. Posso colpire un tacchino in  mezzo agli occhi dalla distanza.- Julie annuì distogliendo di nuovo lo sguardo, ma Daryl continuò a guardarla. –Sei tornata.-
 
-Il ragazzino… Il figlio di Rick. Era in giro da solo per i boschi. L’ho solo riportato da sua madre.- Daryl sbuffò sarcasticamente prima di recuperare il suo piccone. –Non dureranno a lungo se non si danno una svegliata, ed io non ho tempo da perdere con queste stronzate. Ma sto perdendo luce, quindi non ripartirò prima di domani.- L’uomo la guardò per un secondo prima di allontanarsi borbottando qualcosa che Julie non riuscì a sentire.
 
Dopo qualche secondo si voltò verso il centro dell’accampamento. Uno degli uomini che aveva visto il giorno prima davanti al cervo era di fronte ad una donna di colore, e le stava chiedendo di abbassare la voce.
 
-L’hanno morso! Hanno morso Jim!- Julie si avvicinò alla scena, così come tutti gli altri sopravvissuti. Daryl aveva ancora in mano il piccone e lo teneva stretto davanti a sé.
 
-Facci vedere.- Ringhiò all’uomo, che ora era circondato.
 
-No… No… Sto bene. Sto bene…- Jim si voltò afferrando una pala per difendersi, ma Daryl fu più veloce di lui. Lo bloccò da dietro disarmandolo e Julie si avvicinò alzandogli la maglietta. Il morso era gonfio e fresco. Deve essere successo da poco. Si allontanò distogliendo lo sguardo mentre Daryl lasciava andare l’uomo per tornare davanti a lui. –Cazzo…-
 
-Sto bene… Sto bene…- Continuava a ripeterlo come un mantra. La ragazza lo guardò per un attimo e senza pensarci posò la mano sull’impugnatura del suo coltello, senza però estrarlo. No, non stai bene.
 

...

 
-Ficchiamogli una piccozza nella testa.- Daryl fu il primo a parlare. Erano riuniti in cerchio, a qualche metro di distanza da Jim, che si era seduto su un tronco di fianco al camper. –E anche in quella della ragazza morta.-
 
-Tu lo vorresti?- Shane lo guardò con aria di sfida. –Al suo posto?-
 
-Sì. E vi ringrazierei mentre lo fate.-
 
-Odio dirlo e non pensavo che l’avrei mai detto ma forse Daryl a ragione…-
 
-Jim non è un mostro, Dale.- Rick lo interruppe. –Ne un cane rabbioso. È malato, è un uomo malato. Se cominciamo così dove fissiamo il limite?-
 
-Il limite è molto chiaro.- Daryl annuì. –Zero tolleranza per gli zombie e per chi sta per diventarlo.-
 
-E se potessimo aiutarlo? Il Centro di Controllo Malattie starà cercando una cura…-
 
-Non c’è cura.- Julie fermò Rick e tutti si girarono verso di lei. Attirare l’attenzione di tutti ogni volta che apriva bocca era qualcosa a cui non aspirava, ma era l’ultima arrivata. La maggior parte di loro non la conosceva e la sua voce suonava sempre estranea. –Non esiste una cura, e comunque non arrivereste in tempo. Quell’uomo è…- Prese fiato prima di parlare chiaramente. –È come se fosse già morto. Nel giro di qualche ora la febbre si alzerà velocemente e prima che ve ne accorgiate sarà finita. Io l’ho già visto. Non c’è modo di evitarlo, e non sarà solo un problema suo. Se si trasforma sul quel camper… Volete davvero rischiare tanto?-
 
-Dovremmo almeno provarci. Se c’è rimasta una struttura governativa da qualche parte difenderebbe il CCM ad ogni costo. È la nostra migliore speranza.- Non farete mai in tempo. Julie non poteva credere che non riuscissero a capire. –Rifugi, protezione…-
 
-Sono d’accordo Rick, tu vuoi queste cose, le voglio anche io.- Shane alzò leggermente la voce. –Ora, se esistono… Sono in una base militare. Fort Benning.-
 
-A 100 miglia nella direzione opposta?- Lori non lo guardò nemmeno. C’era una strana tensione tra i due ma Julie decise che non erano affari suoi. Nulla di tutto questo era affare suo. Ma sei ancora qua.
 
-Proprio così. Però è lontano dalla zona calda. Se quel posto è operativo sarà senz’altro ben protetto.-
 
-L’esercito è andato da settimane.- Sei ancora qua e stai anche parlando. Zittì la voce della sua coscienza e continuò. –E sarà anche lontano dalla città, ma non credere che le strade siano meno pericolose.- Alzò lo sguardo sui volti confusi degli altri prima di fermarsi su quello di Shane, evidentemente scocciato. –Atlanta non è l’unico luogo ad avere putrefatti dietro ogni angolo-.
 
-Julie ha ragione.- Rick annuì. –L’esercito era in prima linea eppure è stato sopraffatto. L’abbiamo visto tutti. Il CCM è la nostra scelta migliore e l’unica chance per Jim.-
 
Jim è un uomo morto. La ragazza guardò Daryl negli occhi e sapeva che lui era della sua stessa opinione. Stiamo perdendo tempo, tra qualche ora sarà morto. Dobbiamo agire ora. L’uomo annuì impercettibilmente prima di voltarsi verso l’infetto per un secondo prima di guardare Rick.
 
-Tu vai a cercare dell’aspirina, fa quello che devi fare.- Si girò di scatto alzando il piccone e camminando verso Jim. –Qualcuno deve tirare fuori le palle e risolvere questo cazzo di problema.-
 
-Ehi, ehi, ehi!- Rick era già dietro di lui, la Python puntata alla sua nuca. –Noi non uccidiamo i vivi.-
 
-Buffo.- Daryl abbassò l’arma voltandosi. –Detto dall’uomo che mi sta puntando un’arma alla testa.-
 
-Metti giù la piccozza.- Shane si era avvicinato e Daryl lo guardò prima di sbattere l’arma a terra e allontanarsi. Julie guardò Rick accompagnare Jim sul camper poco prima di sentire una mano afferrare la sua. Si voltò per vedere il viso dolce di Sophia.
 
-Hai deciso di restare?- La bambina le stava sorridendo speranzosa.
 
- Sì. Per ora almeno.-
 
-Possiamo andare a raccogliere le margherite ora?-
 
-Dovresti chiederlo a tua madre, prima.- Non sapeva se la donna si fidava o meno di lei, e non voleva rischiare una lite inutile. –Possiamo andare assieme se vuoi.-
 
Sophia annuì sorridendo prima di trascinarla verso la zona ad ovest dell’accampamento. La donna dai capelli grigi era accanto a Daryl, la piccozza dell’uomo nelle sue mani, e stava ripetutamente colpendo un corpo sfigurato con essa. L’intera scena era semi nascosta da un pick-up e la bambina non aveva potuto vederla, fortunatamente. Daryl fermò Julie con uno sguardo e le fece cenno di allontanarsi con la bambina. Suo padre? Era suo padre l’uomo a terra? Julie si fermò, accucciandosi di fronte a Sophia.
 
-Ehi, possiamo andare. Ci penserà Daryl a parlare con tua madre, va bene? Possiamo iniziare ad andare verso l’altopiano per il funerale, troveremo dei fiori sulla strada, ne sono certa.- Julie sorrise, sperando di riuscire ad ottenere l’attenzione della bambina. –Puoi raccoglierne un po’ per tuo padre.-
 
Sophia perse il sorriso e scosse la testa.
 
-Non voglio raccoglierne per lui. Non se li merita.-
 
Julie rimase per un po’ a guardarla prima di inghiottire il nodo che le si stava formando in gola alle parole della bambina e sorriderle leggermente. Si alzò badando bene di rimanere di fronte a lei bloccandole la vista e la prese per mano di nuovo, tirandola verso il sentiero erboso che portava al prato sopraelevato.
 

 ...

 
Sophia le camminava davanti abbassandosi di tanto in tanto per raccogliere dei fiori. Julie aveva già una margherita bianca sopra l’orecchio, e quando Sophia aveva sorriso dopo averla sistemata lì, ne prese una dalle mani della bambina sorridendole prima di fissarla nella stessa posizione tra i capelli biondo grano. Era una brava bambina. Dolce, forse anche troppo per poter farcela da sola. Julie scosse la testa eliminando il suo pensiero. No, non sono questi i piani. Non posso andare con loro, non lo sopporterei di nuovo. Il pick-up bianco passo alla loro destra, e Julie riconobbe Daryl alla guida. È l’unico con un minimo di consapevolezza qui. È uno stronzo, è vero. Ma mi ha salvato la vita due volte e sa come funzionano le cose adesso.
 
-Il signor Dixon è il tuo fidanzato?-
 
Julie si voltò verso la bambina sgranando gli occhi.
 
-Eh?-
 
-Siete sempre vicini, e lui è venuto a parlarti stamattina, dopo di me.-
 
-No, non è il mio fidanzato, Sophia.- Julie le sorrise. -È venuto a chiamarmi per chiedermi una mano al campo, e sono in debito con lui.-
 
-In debito?- Sophia alzò lo sguardo, gli occhi leggermente socchiusi per il sole.
 
-Sì. Mi ha… Mi ha salvato la vita un paio di volte.-
 
La bambina camminò in silenzio per un po’ prima di tornare a parlarle.
 
-Anche io sono in debito con te?-
 
Julie sorrise. –Oh sì. E il prezzo per ripagarmi è alto. Vuoi sapere cosa devi fare?-
 
Sophia aveva riconosciuto il tono scherzoso della ragazza e annuì sorridendo.
 
-Devi raccogliermi la più bella margherita che trovi. E devi promettermi che qualsiasi cosa succeda, non ti allontanerai mai da sola. Va bene?-
 
La bambina le sorrise di nuovo, un sorriso a denti scoperti e vero che ancora non aveva visto sul suo volto. Accidenti, non l’aveva visto sul volto di nessuno da un bel po’. Camminarono per un po’ in silenzio prima che Sophia parlasse di nuovo.
 
-Hai mai avuto un fidanzato?- Julie si congelò a quelle parole. Si fermò accanto alla bambina, che senza accorgersene aveva fatto ghiacciare il sangue nelle sue vene. Cosa sto facendo qui? Dovrei essere la fuori. Dovrei cercarlo, io dovrei… -Julia? Scusami, non volevo. Va bene se non vuoi parlarne, scusami.- Sophia la teneva di nuovo per mano, il volto una maschera di senso di colpa.
 
-No, non scusarti, io…Sì. Sì avevo un fidanzato. E…- Dannato groppo in gola. –E l’ho perso. Ci siamo divisi per strada. È per quello che non posso restare per molto, capisci? Devo andare a cercarlo.-
 
-Oh.- La bambina abbassò lo sguardo per un attimo. –E come si chiama?-
 
Il pick-up era parcheggiato qualche passo davanti a loro, l’intero gruppo attorno ad esso, compresa la madre di Sophia.
 
-Avriel. Lui si chiama Avriel.-

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Una volta salita sul camper trovò Carol accanto a Jim. Il mattino seguente sarebbero partiti per il CCM, Rick le aveva chiesto se sarebbe andata con loro, e lei aveva detto che ancora non ne era sicura, ma che per il momento potevano contare su di lei. Nemmeno Julie sapeva perché l’aveva fatto, ma lo sceriffo ne approfittò per chiederle di stare accanto a Jim per sicurezza, e lei aveva acconsentito. Se dovesse trasformarsi, è meglio che ci sia qualcuno in grado di prendere una decisione. La donna dai capelli grigi si voltò a guardarla sorridendole tristemente. Era la mamma di Sophia, e il suo viso aveva la stessa dolcezza di quello della bambina, solo più triste. Dietro di lei, Jim era in un bagno di sudore, la pelle percorsa da brividi. Sapeva com’era. Aveva già visto tutto.
 
“Tienila al caldo.” Avi le aveva ordinato mentre accendeva il motore della jeep allontanandosi il più velocemente possibile da quella strada. La testa di Kirstie era sulle sue gambe, i capelli biondi sparpagliati attorno al suo viso e pregni di sudore. La ragazza tremava, sudava, respirava a fatica. Avi le aveva detto che probabilmente era denutrita e qualche virus schifoso doveva esserle entrato in circolo. Non poteva essere stata morsa, Kirstie rimaneva sempre in macchina durante gli attacchi, e comunque erano stati tutti prudenti, tutti al sicuro. No, doveva essere influenza, doveva. Un lamento silenzioso le uscì dalle labbra prima che iniziasse a tossire portandosi la mano davanti alla bocca. Quando Kevin la prese in braccio correndo verso il motel dove si erano fermati, i jeans e le scarpe di Julie erano macchiate di sangue.
 
 
-La febbre è aumentata.- Carol sciacquò la pezza dopo averla rimossa dalla fronte dell’uomo. Julie non sapeva cos’altro dire, quindi annuì e basta. Dimmi qualcosa di nuovo. –Non ho avuto occasione di ringraziarti per aver salvato Sophia ieri sera.-
 
-Non ce n’è bisogno, davvero.- Julie annuì posando l’arco contro lo sportello del piano cucina. –L’ho…L’ho portata con me al campo prima. Volevo chiederti se per te andava bene, ma eri impegnata.-
 
-Certo…- Sorrise. –Le hai salvato la vita, mi fido di te.- Mi fido di te. Julie rimase senza parole prima che Carol parlasse di nuovo rivolta a Jim. –Hai bisogno di qualcosa?-
 
L’uomo annuì per un attimo prima di parlare con fatica. –Uhm acqua… Vorrei, vorrei solo un po’ d’acqua.-
 
Carol annuì scendendo dal camper, e Julie prese il suo posto. Jim sembrava un brav’uomo. Le dispiaceva che fosse toccato a lui. La garza che fasciava la ferita era impregnata di sangue e pus, segno dell’infezione in corso. Distolse lo sguardo quando si accorse che Jim la stava guardando con la coda dell’occhio.
 
- È rimasta una tomba per me?-
 
Julie alzò lo sguardo fissandolo per qualche minuto. Sapeva. Non era sicura lo avesse accettato, ma non sperava di sopravvivere. Questo gli avrebbe reso la pillola meno amara forse.
 
-Mi dispiace che stia succedendo a te.- Lo guardò dritto negli occhi, cercando di essere il più sincera possibile. –Vogliono andare al CCM. Sperano di trovare una cura.-
 
-Quel…- Jim si riaggiusto sul materasso con difficoltà. –Quel suono che senti è Dio che ride mentre fate dei piani.- Julie annuì. –Tu non sei d’accordo con loro?-
 
Prese fiato. –L’ho già visto succedere. È un processo rapido, se anche esistesse una cura…Non arrivereste in tempo.-
 
Jim annuì leggermente. –A chi è successo?- La ragazza abbassò lo sguardo e l’uomo si scusò.
-Voglio solo parlare, finché ancora ci riesco. I tuoi segreti sono al sicuro con me, sarò muto come un morto.-
 
Julie lo guardò, l’ombra di un sorriso sul viso dell’uomo di fronte a lei. Ammirava il senso dell’umorismo, soprattutto sul letto di morte.
 
-Ad un’amica.- Iniziò guardando in basso. –Dopo un paio di settimane dal contagio. Non ha voluto dirlo, non eravamo preparati.-
 
-Ha… Ha morso qualcuno?-
 
Julie scosse la testa. –No. È caduta a terra, pensavamo fosse svenuta. Quando ci siamo resi conto che non respirava più abbiamo trovato il morso. Le ho sparato prima che potesse fare del male a qualcun altro.-
 
-Come si chiamava?-
 
-Kirstin.- Julie sorrise, il nodo alla gola onnipresente.
 
-La conoscevi bene?-
 
La ragazza annuì guardando in basso. –Da prima di tutto questo. Lavorava con il mio fidanzato. Era una brava ragazza, ma era spesso ammalata… Influenza, infezioni alle vie respiratorie… Ho pensato anche io che Dio ridesse di noi quando è stata la prima a…- Chiuse la bocca passandosi la mano sugli occhi per asciugarli.
 
-Mi dispiace. Non volevo…- La tosse interruppe le sue parole. Julie afferrò il secchio ai piedi del letto passandoglielo e Jim lo afferrò chinandosi sopra di esso. Piccole gocce di sangue denso caddero dalle sue labbra, e la ragazza distolse lo sguardo. Quando Jim le ripassò il secchio il suo sguardo era perso nel vuoto. –Sta attenta alle mangrovie. Le radici possono far incagliare la barca. Lo sai, non è vero?- Stava delirando. La febbre doveva essere molto alta a quest’ora. –Amy è andata… A nuotare- Si voltò guardandola. –Tu terrai d’occhio la barca, giusto? Dovresti farlo.- Sembrava le stesse chiedendo di restare con gli altri. Tieni d’occhio la barca, tieni d’occhio il gruppo. Occupati di loro. Proteggili. Julie abbassò la testa prima di annuire.
 
-Terrò d’occhio la barca, Jim. Non preoccuparti.-
 
 
...
 
 
Morales le aveva dato il cambio al fianco di Jim poco prima che facesse buio. Non era più riuscita a parlare con l’uomo, la febbre era troppo alta e non poteva fare altro che ascoltarlo delirare. Le stringeva il cuore, ed era grata che Kirstie avesse continuato a svenire quando era toccato a lei. Il suo corpo era molto più debole rispetto a quello dell’uomo, ma per lo meno non era stato così umiliante.
Aveva deciso che sarebbe partita con il gruppo. Le parole di Jim l’avevano condizionata, le era sembrato una specie di ultimo desiderio. Avevano bisogno di lei, e detestava ammetterlo, ma anche lei aveva bisogno di loro. Non poteva più stare sola.
Decise di sfruttare le ultime ore di luce per andare a caccia, dare un’occhiata in giro e magari controllare il perimetro prima di notte. Ma era distratta, preoccupata per il viaggio. Si sentiva in colpa principalmente. Partire con loro, allontanarsi così tanto, significava rinunciare alla sua ricerca, almeno per ora. Avi avrebbe dovuto attendere. Stupida. Non lo rivedrai più, lo sai anche tu. Hai sentito gli spari no? Lui era disarmato. Ma era ricco di sorprese, quell’uomo. Capace di adattarsi, e questa è la miglior qualità che si possa avere in un mondo così. Non ci avrebbe mai creduto se non lo avesse visto con i suoi occhi. Il modo in cui prendeva le decisioni per il gruppo, come teneva i piedi fissi al terreno e come le aveva insegnato a macellare le prede che lei riportava dalla caccia. L’aveva sorpresa, e lei aveva sorpreso lui probabilmente. La piccola ragazzina di città, tanto superficiale quanto tutti gli altri, con le sue comodità che aveva sempre dato per scontate… Si era adattata. Si era adattata a tutto, anche allo stare da sola. Sarebbe stata in grado di cambiare ora?
Puntò la freccia contro lo scoiattolo fermo sul tronco di fronte a lei, ma spostando il peso sentì un ramo scricchiolare sotto il suo piede. Anche lo scoiattolo doveva averlo sentito, perché in un attimo era sparito sui rami più alti dell’albero. Julie sospirò abbassando l’arma, ma sentì dei passi avvicinarsi e si nascose velocemente dietro un cespuglio, l’impugnatura salda sull’arco. Incoccò silenziosamente una nuova freccia, quasi di istinto. I passi erano stabili e regolari, quindi non era un putrefatto. La ragazza vide arrivare Shane attraverso la vegetazione, il fucile a pompa alto davanti a lui. Stava puntando qualcosa, ma sapeva che non era abbastanza idiota da sparare in mezzo ai boschi per nulla. Seguì la linea di tiro, e ad una decina di metri scorse la schiena di Rick. Lo sguardo tornò immediatamente sull’uomo davanti a lei. Strinse l’arco nella sua mano trattenendo il fiato e si alzò senza fare rumore, la sua arma dritta davanti a lei. Se avesse premuto il grilletto, l’avrebbe ucciso. Nemmeno lei sapeva il perché, qualcosa che aveva a che fare con Atlanta e la fiducia che Rick le aveva concesso seppur erroneamente con i Vatos. Furono secondi lunghissimi quelli che precedettero il respiro affannoso di Shane, che abbassò il fucile al suo fianco prima di accorgersi della sua presenza. Quando si voltò verso di lei, la ragazza stava abbassando l’arco, ma la freccia era ancora tesa, puntata ad un angolo più stretto. Lo guardò fisso negli occhi, la sua espressione indecifrabile. Shane sorrise nervosamente prima di parlare.
 
-Julie.- Abbassò lo sguardo continuando a sorridere prima di guardare in avanti. Stava chiaramente evitando il contatto visivo. –Pazzesco vero? Dobbiamo iniziare ad indossare giubbotti fluorescenti.- Julie continuava a guardarlo. –Pensavo dovessi ripartire prima di sera.-
- Jim mi ha chiesto di tenere d’occhio la barca, mentre delirava per la febbre.- La sua voce era glaciale, mentre Rick tornava verso di loro. –Gli ho promesso che l’avrei fatto.-
 
Shane la fissò per qualche minuto prima di voltarsi verso Rick.
 
-Tutto bene?-
 
-Sì.- Shane rispose. –Solo uno stupido scoiattolo.-
 
 
 ...
 
 
I grilli erano particolarmente rumorosi quella notte. Le avevano sempre conciliato il sonno da bambina, in campeggio con i suoi genitori. Ma sommati a tutti gli avvenimenti della giornata e al mal di testa dovuto alla caduta in città, stavano avendo esattamente l’effetto opposto. Il campo era silenzioso, T dog sorvegliava Jim perché lei potesse riposare, ma invece di stendere il suo sacco a pelo nel pick-up bianco come aveva fatto la notte scorsa e addormentarsi, era seduta con la schiena appoggiata all’abitacolo, lo sguardo rivolto verso l’alto e una sigaretta tra le dita. Aveva ringraziato chiunque fosse in ascolto quando nella tasca della giacca di un putrefatto aveva trovato il pacchetto di Marlboro nuovo di zecca. Aveva smesso di fumare tre anni fa. Avriel lo detestava, e lei comunque aveva iniziato da ragazzina per sentirsi più grande dei suoi anni. In più, in America le sigarette costavano un occhio della testa. Così l’aveva fatto, aveva smesso, un po’ perché gliel’aveva chiesto lui, un po’ perché si era messa in testa che doveva curare di più la sua salute. Quando il mondo era andato a puttane però, i suoi polmoni erano l’ultima cosa di cui si preoccupava. Non fumava molto: una, massimo due al giorno. Dovevano bastare. Dio solo poteva sapere quando avrebbe trovato un altro fumatore trasformato in carne marcia.
Quando sentì un rumore accanto a lei si voltò di scatto, la mano destra posata sull’impugnatura del coltello al suo fianco. Si rilassò quando vide avvicinarsi Daryl.
 
-Cristo…- Aspirò dal filtro prima di prendere la sigaretta tra le dita e scuotere la testa. –Mi hai fatto prendere un colpo.- Tenne la voce bassa per non svegliare nessuno.
 
-Tieni.- Le lanciò una bottiglietta di plastica arancione. Lanciò. Ancora. –Antidolorifici con i controcazzi. Per la tua testa.-
 
Julie lo guardò per un secondo. –Dove…-
 
-La scorta di Merle, l’ha lasciata sulla moto. Ben fornita direi. Anfetamine, estasi… Un po’ di tutto.- La sua voce era diversa, priva di quel tono graffiante che la caratterizzava.
 
-L’importante è essere preparati ad ogni evenienza. Tu?-
 
-Cosa?-
 
–Sei come lui?-
 
-Nah. Non mi ha mai attirato l’idea. L’ho visto fare un sacco di stronzate. Non ne vale la pena.- La guardò con la coda dell’occhio. –Sorpresa?-
 
-Dovrei?-
 
L’uomo alzò le spalle. –Questa gente pensa che io sia un bifolco stronzo e strafatto. Ho visto come mi guardano.-
 
Notò di nuovo come non si riferisse a lei. Questa gente. Sorrise leggermente. –Fanno cilecca solo sull’ultima parte, allora.- L’uomo abbassò la testa annuendo. L’aveva ferito? Dannazione.
-Non… Non volevo…-
 
-Non importa.-
 
-Daryl.- Lui alzò lo sguardo e lei incollò i suoi occhi a quelli dell’uomo. –Era una battuta. Davvero. Non volevo.- Sorrise sarcasticamente. –E comunque sei l’unico che non mi guarda come fossi una specie di bestia selvatica uscita dai boschi.- Lascio cadere la testa indietro e lasciò uscire il fumo denso dalle sue labbra. –Si fottano.- 
 
Daryl la guardò e si ritrovò a fissarla mentre mordeva la pelle attorno il suo pollice, i gomiti appoggiati al bordo del pick-up. Aveva indossato la felpa, ma l’aveva lasciata aperta sul davanti. La canotta nera era stata sostituita da una bianca con dei disegni blu e viola, leggermente più scollata. Riusciva a vedere l’inizio di una scritta spuntare dalla scollatura, ma non capiva cosa dicesse. Era una lingua diversa, probabilmente.
La ragazza si sentì quasi a disagio. La stava guardando all’altezza del seno, la testa leggermente inclinata di lato e la fronte aggrottata. Stava cercando di leggere il suo tatuaggio.
 
-‘La testa cerca, ma chi trova è il cuore.’-  L’uomo sembrò svegliarsi da una specie di trance alle sue parole, e si rese conto della posizione compromettente del tatuaggio.
 
-Non è inglese.- Ringraziò il buio, perché sentiva la sua faccia bruciare d’imbarazzo.
 
-Italiano.- Annuì lei. Buttando il mozzicone della sigaretta dopo averla spenta sul pick-up. –Chi poteva trasferirsi in un altro continente due anni prima dell’apocalisse, se non io?-
 
Daryl annuì. –Cosa ti ha portato quaggiù?-
 
-Lavoro.- Julie mentì e cambiò velocemente discorso. –Anche tu ne hai, tatuaggi, dico… Ne ho visto un pezzo sulla tua schiena, ma non riesco a capire cos’è.-
 
-Niente che valga la pena guardare.- La ragazza lo vide agitarsi e riaggiustarsi la maglia in modo da coprire il disegno sulla sua spalla. La sua reazione era stata improvvisa, e lei preferì non pressare ancora sull’argomento. Non credo che ci sia solo un tatuaggio a marcargli la schiena.
 
-Non hai lasciato che ti ringraziassi.- Cambiò di nuovo argomento. –Mi hai salvato la vita troppe volte, in un paio di giorni.- Daryl divenne più che agitato, iniziando a camminare lentamente attorno al pick-up. –E quello che hai fatto alla carrozzeria… Avresti potuto rimetterci la pelle.-
 
-Ho solo dei buoni riflessi.- Si stava sminuendo.
 
-Beh, grazie. Okay?-
 
L’uomo alzò le spalle. –Devo andare.-
 
Julie annuì ma dopo qualche secondo l’uomo scavalcò la barriera del pick-up sedendosi di fronte a lei, tenendo lo sguardo basso. Julie sorrise leggermente, tirando fuori il pacchetto di sigarette e offrendogliene una. Daryl alzò lo sguardo sul pacchetto accettando e la ragazza annuì quasi copiandolo prima di osservare la fila nella scatolina di cartone e tirarne fuori una con i denti, prima di accenderla con un fiammifero e passarlo a lui prima che si spegnesse. Fanculo le razioni. Lo guardò mentre spegneva la piccola fiamma agitando la mano e il suo sguardo cadde sulle maniche tagliate della maglia del ragazzo, che attiravano l’attenzione sulle spalle larghe e forti. Il suo stomaco si contrasse improvvisamente e lui sembrò accorgersene, alzando lo sguardo verso di lei come se le leggesse nel pensiero. Il blu metallizzato dei suoi occhi incontrò quelli di lei, e anche al buio le sembrò che fossero cambiati, che fossero più scuri, quasi primitivi. Sentì l’elettricità crescere sempre di più nello spazio tra i loro corpi. Improvvisamente lui distolse di nuovo lo sguardo verso il basso.
La ragazza si sentì a disagio. L’ultima volta che aveva provato quella sensazione di fronte a lei era seduto Avi, e una vocina nel retro della sua testa le stava urlando di andarsene, di smetterla con queste cazzate e di andare a cercarlo. Ma non voleva andarsene. E non voleva che Daryl se ne andasse, così cercò di fare altra conversazione.
 
-Sei stato tu a portarmi via da lì? Quando sono svenuta?-
 
Alzò di nuovo le spalle. –Io e Merle portavamo le carcasse dei cervi fuori dai boschi, quando andavamo a caccia. Intere, non voleva che le tagliassi prima di arrivare a casa. Dovevano essere intere, diceva che gli uomini con le palle facevano così.-
 
-Era piuttosto duro con te.-
 
-Voleva che diventassi un uomo, non una fighetta, tutto qui. Diceva che visto che già ero stupido dovevo essere forte.- Il suo tono era difensivo. Vuole bene a suo fratello, è evidente. E gli manca. Ma non ha ancora sparato a quelli che lo hanno molto probabilmente ucciso.
 
-Ti dava dello stupido?-
 
I suoi occhi si oscurarono per un secondo e in essi vide dolore prima che lo trasformasse, come sempre, in rabbia. –Non parlare di lui.- La zittì improvvisamente.
 
-Scusa.-
 
-Non scusarti.- Lanciò la sigaretta di lato prima di scendere dal pick-up e camminare verso la boscaglia. –Spero che quelle pillole ti siano d’aiuto.-
 
Dannazione, Julia. Dannazione.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Quando la carovana di auto partì, Julie si chiese se non avrebbe dovuto fare come la famiglia di Morales e distaccarsi dagli altri. ‘Non credere che noi abbiamo più probabilità’, Shane lo aveva sussurrato a Rick, ma lei lo aveva sentito, e anche se quel tizio non le piaceva affatto si era ritrovata a dargli ragione. Era salita sul camper per rimanere con Jim, anche se per un secondo aveva pensato di chiedere a Daryl se poteva salire sul suo pick-up. Era l’unico dell’intero gruppo del quale si fidava, ma Jim aveva bisogno di lei e comunque non era dell’umore adatto per viaggiare in macchina con il cacciatore. Doveva distanziarsi, non poteva permettersi di intenerirsi, non più. Dale guidava il camper, e ad ogni buca, curva o sassolino sulla strada l’uomo sdraiato sul lettino della zona notte quasi piangeva dal dolore alle ossa. La sua pelle scottava e Julie pensò che fosse quasi inutile continuare a bagnargli la fronte, sapeva che la febbre non sarebbe scesa. Alternava momenti di lucidità a momenti di delirio e Julie non poteva fare altro che stringergli la mano e sussurrargli che se voleva fermarsi doveva solo dirlo, nessuno glielo avrebbe impedito.
 
-Cosa facevi… Prima?- Era di nuovo lucido. Forzava le parole fuori dalla sua gola, cercando di distrarsi il più possibile. Julie gli rispose bagnandogli la fronte.
 
-La cantante. Ci stavo lavorando, almeno. Tu?-
 
-Mmh…- Strinse gli occhi sopprimendo un urlo prima di rispondere. –Il meccanico, io… il meccanico.-
 
-Hai sistemato tu il camper? Con Dale?-
 
Jim annuì solamente e quando riaprì gli occhi la guardò fissa nei suoi.
 
-Rimarrai con loro?-
 
Julie pensò per un attimo prima di rispondergli.
 
-Per ora, sì.-
 
-Devi farlo, tu… Non si può stare da soli, a questo mondo. Tu hai bisogno di loro… Tu…-
 
-Sono stata sola per tanto tempo, Jim. Me la cavo.-
 
-Loro hanno bisogno di persone come te.- Parlò tutto d’un fiato prima di stringerle la mano è urlare dal dolore.
 
-Persone come me?-
 
-Sì… Tu… Li puoi proteggere. Li puoi aiutare, guidare quando ne avranno bisogno… Persone come te, fanno del bene senza pensarci su due volte.-
 
-No, Jim, non sempre faccio del bene.- Julie pensò ad Atlanta, a come stava per lasciarli tutti nella merda. A come li avrebbe traditi.
 
-È per questo che hai bisogno di stare con il gruppo. Con Shane e gli altri. Con Dixon.- Julie aggrottò la fronte. –Lui è come te.-
 
-Voleva piantarti una piccozza in testa.-
 
-Sì… E in questo momento vorrei che l’avesse fatto.- Julie gli strinse la mano e guardandolo glielo chiese di nuovo.
 
-Jim, vuoi fermarti? Non devi continuare a soffrire, non devi… Ora spetta a te. Possiamo fermarci se vuoi. Devi solo dirlo, e dico a Dale di chiamare gli altri.-
 
Jim la guardò e accennò un sorriso prima di annuire. La ragazza ricambiò il suo sguardo e si alzò camminando verso l’abitacolo.
 
-Dale?- L’anziano e Glenn, seduto accanto a lui, si voltarono verso di lei. –Chiama Shane. Dobbiamo fermarci, Jim ha deciso.-
 
... 

 
Rick salì sul camper e si avvicinò a lei e Jim, parlando prima con la ragazza sottovoce.
 
-Sei sicura che fosse lucido?- Rick le chiese.
 
-È lucido ora. Non possiamo continuare a torturarlo così, è inutile.-
 
-Possiamo cercare di limitare gli ostacoli, possiamo…-
 
-Rick.- Julie lo fermò. –È finita. Non sta a te e non sta a me decidere, quindi finché è qui con noi, fa quello che avreste dovuto fare dall’inizio e chiedigli cosa vuole.-
 
Rick si voltò verso l’uomo e si avvicinò a lui sedendosi. -Jim… Ne sei sicuro? Abbiamo ancora una possibilità, noi…-
 
-Questo viaggio mi sta uccidendo. Lasciatemi qui. Voglio stare solo con la mia famiglia. Lasciatemi…-
 
-Sono morti. Tu… La febbre, non sai cosa stai dicendo. Hai delirato la maggior parte del tempo…-
 
-Pensi che non lo sappia?- Jim si alzò a sedere con fatica sul materasso prima di continuare.
–Ma sono lucido ora. Tra cinque minuti magari potrei non esserlo più. Rick, so bene quello che sto dicendo. Lasciatemi qui. Ora spetta a me, okay?- Rick abbassò lo sguardo. –È una mia decisione, non un tuo fallimento.-
 
L’uomo annuì, chiedendo a Julie di seguirlo fuori dal camper per parlarne con gli altri. Parlare di cosa? La ragazza di voltò verso Jim.
 
-Resisti va bene? Solo un secondo. Saremo qui tra un secondo.- Quando l’uomo annuì, lei seguì lo sceriffo, prendendo posto tra lui e Daryl che la fissò per un secondo.
 
-Dice che è quello che vuole.- Rick iniziò a parlare.
 
-Ma è lucido?- Carol chiese con stupore. Si stava chiedendo come si potesse voler arrendersi. Come se fosse possibile continuare a combattere.
 
-Sì.- Julie rispose. –È qualche minuto che parliamo. È lucido.-
 
-Lasciarlo qui?- Shane sussurrò allo sceriffo. Pensa davvero che nessuno senta quello che dice? –Andarcene via? Non sono sicuro di potercela fare.-
 
-Non sta a te.- Julie lo fissò negli occhi. –Non sei tu a dovercela fare, ma lui. Non sei tu quello che sta soffrendo, è lui. Se questa è la sua scelta dobbiamo solo permettergli di farla.- La sua voce tremò leggermente, e sentì Daryl allontanarsi da lei di qualche passo, prima di salire sul camper.
 
-Datemi una mano a tirarlo giù.-
...
 

“Sto morendo di fame!” Urlò Mitch. “Kirstie sta morendo di freddo e Kevin ha appena ucciso Scott!”
“Scott era inutile!” Avi gli rispose urlandogli contro con il doppio della rabbia, e a Julie sembrò che lo scudo che aveva eretto intorno a sé dopo la morte di Esther si stesse crepando, cadendo a pezzi come intonaco dalle pareti. “Tutto quello che faceva era lamentarsi e creare problemi. Non ci ha aiutato per nulla!”
“Come Kirstie! Vuoi chiedere a Kevin di sparare anche a lei?” Julie decise di non intervenire. Kirstin aveva bisogno di lei, la sua pelle bruciava e quando Kevin le porse la bottiglia d’acqua la ragazza ne verso un po’ su fazzoletto blu, prima di posarlo sulla fronte dell’amica. “Sono stufo, cazzo!” Si alzò, fissando Avriel dritto negli occhi. “Sono stufo di te che non fai altro che dare ordini, di Kirstie e del suo atteggiamento di merda, di Kevin con il suo vivere fra le nuvole e di quella puttana che continua a farsi prendere in giro da te quando le dici che andrà tutto bene! Non posso più vedere nessuno dei miei amici morirmi davanti, fammi un favore e sparami in mezzo agli occhi!”
“Con piacere.” Avi gli sibilò contro.

 
Jim era seduto con la schiena appoggiata ad un albero. Rimase lucido abbastanza da permettere a tutti di salutarlo. Rick gli offrì una pistola con un colpo ma lui la rifiutò. Julie l’avrebbe voluta, ma non tutti sono in grado di premere il grilletto quando decidono di farla finita. Rimase per ultima. Si inginocchiò davanti all’uomo che le sorrise e la ragazza sentì il cuore perdere un altro dei pezzi che erano rimasti. Non conosceva Jim, ma l’aveva aiutata a capire, a parlare. Cazzo, era stato il primo con cui aveva parlato, seppur per poco, della notte al motel e di Kirstin da quando era successo. Era un brav’uomo e non era giusto. Non era giusto.
 
-Promettimi di non andartene. Promettimi che resterai con loro.- Era serio ora, la guardava negli occhi cercando di continuare a respirare.
 
-Te lo prometto, Jim.- Poi sorrise. –Terrò d’occhio la barca per te, ok?-
 
Jim tossì una risata forzata prima di chiudere gli occhi per un attimo. Julie gli strinse per l’ultima volta la mano prima di alzarsi e scendere verso i veicoli, Daryl la guardò di nuovo, ma lei non incrociò il suo sguardo. Stava per piangere, non voleva farsi vedere così.
 
“No, Jim, non sempre faccio del bene.”
“È per questo che hai bisogno di stare con il gruppo. Con Shane e gli altri. Con Dixon. Lui è come te.”
“Voleva piantarti una piccozza in testa.”
“Sì… E in questo momento vorrei che l’avesse fatto.”

 
Stava per risalire sul camper quando Daryl le camminò accanto con un cenno del capo verso il suo pick-up. Julie si fermò per un secondo, prima di voltarsi, aprire la portiera e salire dopo di lui.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


-Sveglia. Sembra che ci siamo.- Daryl scosse le sue spalle leggermente, facendole aprire gli occhi, che rimasero fissi su un panorama di devastazione. L’intero suolo era coperto di cadaveri putrescenti, più di quanti ne avesse mai visti tutti insieme. L’odore era quasi insopportabile. Rimasero in silenzio e immobile per un po’ fino a quando l’uomo non si voltò tirando fuori il Remington che aveva tenuto nel furgono dopo Atlanta dal sedile posteriore, prima di passarlo a lei. L’arco è nel camper.
Guardò velocemente in basso per assicurarsi che la ragazza avesse con sé il suo coltello e scese dall’auto, balestra in spalla, seguito da lei. Quando si riunirono con gli altri il sole stava per tramontare.
 

Camminarono attraverso l’odore di marcio e il ronzio delle mosche cercando di guardare a terra il meno possibile. Rick e Shane camminavano davanti al gruppo, Daryl e Julie a chiuderlo. Daryl si assicurò che gli stesse sempre accanto, non dietro e non davanti. 

Una saracinesca d’acciaio proibì loro di entrare nella struttura governativa. 

Erano bloccati.

 

-È questa la tua grande idea?- Shane chiese a Rick con frustrazione. –Qui non c’è nessuno!-

 

-Ci dev’essere un modo!- Rick studiò il cancello.  

 

-Non avremmo mai dovuto ascoltarti, amico. Siamo spacciati!-  

 

-Hey!- Daryl si lanciò contro Shane cercando di farlo tacere. –Vuoi chiudere quel cesso di bocca?-  

 

Julie afferrò rapidamente il retro della camicia di Daryl tirandolo indietro prima che potesse affrontare Shane

 

-Tienilo lontano da me!- Il poliziotto le ringhiò, puntandole il dito addosso. Le fece venire voglia di guardare Daryl spaccargli la faccia. O di spaccargliela da sola.  

 

-Zombie!- Glenn chiamò. Il cacciatore fu il primo a camminare verso la minaccia, il dardo si conficcò nella testa di un cadavere con un suono sordo. Julie lo seguì. Pensò di usare il coltello per non fare rumore, ma erano già praticamente circondati. Alzò il fucile e cominciò a far fuori i putrefatti più vicini. Si mette male.

 

-La telecamera! Si è mossa!- Gridò Rick, notando il movimento della telecamera di sicurezza appesa su di loro. –C’è qualcuno!-

-Deve essere impostata con un timer!- Julie non distinse la voce sugli spari ma dovevano fare qualcosa, e in fretta. Ne arrivano sempre di più.

 

-Cosa facciamo?- Daryl urlò. –Dobbiamo muoverci, ce ne sono troppi!-

 
-Fort Benning è ancora un opzione!- Shane si avvicinò a Rick, lasciando  a Daryl e Julie la sua parte di zombie da abbattere. Comincio a odiarlo.
 
-Non c’è niente a Fort Benning!- Rick si lanciò contro la porta, prendendola a pugni e urlando, supplicando di farli entrare. Quando sembrava essersi rassegnato la lastra di metallo si alzò, investendoli con una luce accecante. Rimasero per un attimo a guardarla prima che Daryl urlasse.
 
-Dentro!-
 

...

 
Entrarono con le armi ancora alzate, il panico dei minuti precedenti ancora presente. Erano in un atrio spazioso, scale da entrambi i lati davanti a loro portavano ad un livello sopraelevato. Julie e Daryl erano ancora di schiena, a coprire il gruppo, ma quando sentirono il click di un fucile sopra le loro teste si girarono insieme agli altri, puntando l’uomo in piedi in cima alle scale.
 
-C’è qualcuno infetto?- Urlò. Julie pensò a Jim, e prese un respiro profondo prima di sentir Rick parlare.
 
-Uno del nostro gruppo lo era. Non ce l’ha fatta.-
 
L’uomo scese le scale rimanendo davanti al gruppo, senza abbassare il fucile. –Perché siete qui, che volete?-
 
-Un’occasione.-
 
-È una gran bella pretesa di questi tempi.- Lo sguardo dell’uomo si spostò velocemente su ogni membro del gruppo, fermandosi di più su Sophia e Carl. Ci sono dei bambini, amico. Avanti. -Farete tutti un esame del sangue, altrimenti andate fuori.-
 
-Nessun problema.- Rick annuì.
 
-Se c’è qualcun altro fatelo entrare ora, questa porta resterà chiusa-
 
Si allontanarono velocemente dall’entrata seguendo l’uomo, prima che la serranda d’acciaio scendesse di nuovo a proteggere l’atrio. Rick si avvicinò all’uomo tendendogli la mano.
 
-Rick Grimes.-
 
-Dr Edwin Jenner.-
 

...

 
Dopo le analisi Jenner li riunì tutti in un ascensore iniziando a scendere nelle fondamenta dell’edificio. Stare sottoterra è probabilmente la scelta migliore in una situazione simile.
 
Daryl ruppe il silenzio, incapace di trattenersi. –I dottori se ne vanno in giro con quell’artiglieria?- Julie gli diede una spallata riprendendolo e lui la guardò di sbieco.
 
-Ce n’era tantissima da queste parti, mi ci sono abituato.- Jenner rispose mantenendo la calma. –Ma voi sembrate abbastanza innocui.- Guardò Carl e Sophia per un secondo prima di sorridere leggermente. –Tranne voi due. Dovrò tenervi d’occhio.- Una volta usciti dall’ascensore attraversarono un corridoio ritrovandosi in una grande sala spoglia se non peri il centro di essa, dove Julie poteva scorgere delle scrivanie, anche nel buio. –Vi, accendi le luci nella sala grande.- Alzò la voce e come per magia una luce fredda illuminò la stanza. –Benvenuti nella Zona 5.-

La ragazza si guardò attorno, e per un secondo si sentì come in quel cartone che guardava da bambina, dove uno scienziato dal ciuffo rosso aveva costruito un laboratorio nel retro della sua cameretta. Sorrise da sola al ricordo e si sentì un’idiota. -Quindi è qui che finiscono quelli bravi a scuola.-

-Dove sono tutti quanti? Gli altri dottori, il personale…- Rick seguì Jenner al centro della sala.

-È tutto qui. Ci sono solo io.- Jenner guardò la luce sul soffitto prima di parlare di nuovo. –Vi, saluta i nostri ospiti. Dagli il benvenuto.-

-Benvenuti ospiti.- Quando sentirono la voce nell'aria attorno a loro si resero conto del suo tono computerizzato.

-Avanti.- Il dottore si accorse dei loro volti rassegnati. Tanta strada per niente, ed io lo avevo detto. Julie si morse la lingua. –Vi mostro le vostre stanze.-
 

... 


Parlò quasi come fosse un agente turistico mentre attraversavano i corridoi ricoperti da moquette, aprendo le porte delle stanze ed accendendo le luci. –I ricercatori si fermavano a soggiornare qui di tanto in tanto. Non sono appartamenti di lusso, ma ci sono letti, corrente e docce.-

-Docce?- T dog sorrise e Julie fece lo stesso.

-Sì, solo andateci piano con l’acqua calda.-

-Acqua calda?- Glenn sembrò quasi incredulo.

C’erano abbastanza stanze per tutti, così Julie decise di non dividere la camera con nessuno. Mentre entrava nella stanza accendendo la luce riuscì a sentire lo sguardo di Daryl sulle sue spalle, ma lo ignorò chiudendo la porta dietro di lei. Lo spazio era ridotto ma confortevole, un letto ad una piazza e mezza con una scrivania ed un armadio di fronte, collegato ad una porta dalla quale poteva scorgere il bagno. Non appena vide la doccia, si liberò dei suoi vestiti e lasciò che l’acqua calda le massaggiasse le spalle. Erano settimane che si lavava con secchi d’acqua gelida presa da torrenti lungo la via, l’ultima doccia risaliva a prima del contagio. Si chiese se avrebbe visto Daryl senza lo sporco a macchiargli la pelle, come ormai era abituata a fare. L’aveva voluta tenere più vicina a sé durante la giornata e si era accorta del modo in cui abbassava lo sguardo su di lei per controllare che stesse bene. Sotto il suo sguardo le sembrava di cadere in pezzi, ma non le dispiaceva. Daryl era un uomo complicato, questo era certo, e a volte le ricordava uno dei bambini sperduti di Peter Pan, ma in altri momenti guardando le sue spalle larghe e le sue braccia tendersi al peso della balestra pensava a tutto fuorché a Peter Pan. E il modo in cui camminava a passi larghi, con un oscillare dei fianchi pesante e virile…Si chiese se in questo momento l’acqua stesse ricoprendo la sua pelle scura dal sole. Julie si sentì arrossire e si diede dell’idiota mentalmente. Sto pensando a lui sotto la doccia? Cosa cazzo mi prende? Certo, era passato troppo tempo da quando si era potuta permettere di fare pensieri del genere su un uomo. Il rapporto con Avi era diventato sempre più difficile dopo la morte di Esther. Lui era crollato, lei lo aveva aiutato a rimettere insieme i pezzi, ma era cambiato. Julie era l’unica che poteva anche solo tentare di avvicinarsi a lui e cercare di parlargli, ma l’intimità fra di loro era solo un ricordo, una memoria a cui aggrapparsi mentre dormiva da sola, lontana da lui.

Indossò biancheria e abiti puliti. Una maglietta a maniche corte e l’unico paio di leggins neri che aveva nel suo zaino, e decise di rimanere scalza. Si stava tamponando i capelli bagnati con un asciugamano quando senti bussare alla porta. Aprì per trovarsi faccia a faccia con Glenn, il volto del ragazzo sorridente e rilassato.

-La cena è pronta.- Julie sorrise legandosi i capelli con uno degli elastici che teneva al polso prima di seguirlo per i corridoi.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Quando entrarono nella caffetteria tutti avevano già preso posto al tavolo, tranne che per Daryl, che stava seduto sul bancone della cucina dietro alle sedie, una bottiglia di whiskey tra le mani. Julie prese posto accanto a Glenn e osservò la scena quasi surreale. Era come se tutto questo non fosse mai successo, come se sopra le loro teste il mondo fosse normale. La ragazza aveva abbassato la guardia, così come tutti, anche solo per una notte. Erano passate settimane dall’ultima volta che si era concessa di girare senza armi, o che aveva mangiato da un piatto pieno. Spaghetti istantanei. Un anno fa aveva buttato nella spazzatura ogni lattina di quei cosi che aveva trovato nella cucina di Avriel, ma ora le sembravano la cosa più buona del mondo. C’era cibo, acqua, e alcool. E forse saranno state le risate attorno a lei o Daryl che si guardava bene dal lasciare che il bicchiere davanti a lei rimanesse vuoto per troppo tempo, ma in un attimo si ritrovò a ridere insieme agli altri.

-Questo vino non è niente male, dottor Jenner.- L’uomo annuì alle parole di Dale.

-Mamma, posso assaggiarlo?- Carl guardò sua madre, che scosse la testa.

-Non penso sia una buona idea, tesoro.-

-Andiamo, che male può fargli?- Rick sorrise e Lori annuì a Dale che ne versò un goccio nel bicchiere del bambino, ricoprendone appena il fondo. Carl si bagnò appena le labbra, gli occhi tutti puntati su di lui, prima che allontanasse il bicchiere dalla sua faccia con un verso di disgusto. Julie rise con gli altri prima di parlare.

-Sai, da dove vengo io i bambini della tua età bevono un po’ di vino ogni sera a cena.- Guardò il bambino prendendo un sorso dal suo bicchiere. –Mia nonna lo usava per farmi andare a dormire.-

-Beh, ora si spiega il tuo accento! Spagnolo?- Glenn la guardò alzando la fronte.

-Italiano.- La ragazza sorrise. Non era il primo americano che la confondeva con una madre lingua spagnola, dunque era abituata a correggere le persone. Guardò gli sguardi stupiti degli altri sopravvissuti e ridacchiò abbassando lo sguardo. –Mi sono trasferita un paio d’anni fa. Ma so che anche in Francia è una tradizione.-

-Beh,- Lori parlò dopo qualche secondo. -Quando Carl andrà in Italia, o in Francia, potrà berne un po’.- Lori le sorrise. La tensione che si era creata all’accampamento quando le aveva riportato Carl sembrava essersi sciolta. –Intanto questo lo beve la mamma.-

-Forse è meglio se ti limiti alle bibite gassate, amico.- Shane sembrava l’unico a non partecipare attivamente alle risate. Julie non si fidava ancora di lui, non dopo quello che aveva visto nei boschi all’accampamento.

-Non tu, Glenn.- Daryl parlò, e Julie notò come anche l’uomo si stesse lasciando andare. –Bevi, voglio vedere quanto rossa può diventare la tua faccia.-

L’intero tavolo scoppiò a ridere, e dopo un paio di brindisi tutti cominciarono ad alzarsi per tornare alle loro camere. Carol, Lori e i bambini furono i primi a congedarsi, e ben presto gli unici rimasti nella caffetteria furono Julie, Daryl e Glenn, che era stato sfidato dal cacciatore ad una gara di alcool che aveva perso miseramente e ora dormiva sonoramente con la testa appoggiata al tavolo. Julie prese un sorso di whiskey dal bicchiere di fronte a lei prima di sorridere.

-Non vorrei essere nei suoi panni domattina.-
Daryl si avvicinò al bersaglio appeso al muro, recuperando tre freccette e piazzandosi a qualche metro di distanza davanti a lei.

-Non pensavo saresti durata più di lui.- Lanciò il primo dardo, che colpì l’anello più esterno. Daryl imprecò silenziosamente. –Ti ho sottovalutata.-

-Conosco i miei limiti, tutto qui.- Julie alzò le spalle osservando le braccia dell’uomo tendersi in avanti lanciando di nuovo, questa volta mancando di poco il centro. Daryl si voltò leggermente a guardarla, guance arrossate, capelli sciolti e tutto il resto. Il tatuaggio sulla sua scollatura faceva di nuovo capolinea dalla sua maglietta, ma questa volta cercò di non fissarla.

-Ti ho sottovalutata dall’inizio. Sei più tosta di quanto sembri.-

Julie sentì la faccia andarle a fuoco. Era un complimento? –Grazie…?- Inclinò la testa di lato guardandolo lanciare un’altra volta. Centro perfetto. Il suo stomaco continuava a saltare e non era sicura che fosse solo per il cibo o l’alcool, così come non potevano essere solo il whiskey e il vino che aveva in circolo a farle sentire così caldo. Daryl si era avvicinato a lei per prendere la bottiglia di whiskey posata di fianco a lei sul bancone, e la ragazza avrebbe potuto giurare che si stesse muovendo a rallentatore per un motivo preciso.

-Ad Atlanta, quando volevi sparire con le armi.- L’uomo prese un sorso di alcool prima di continuare. –Perché non l’hai fatto?-
Julie alzò le spalle. –Rick e il suo tempismo.-

-Saresti potuta andare, se non avessi perso tempo a chiedermelo. Ti saresti beccata una freccia in culo, ma avresti potuto provarci.-
Perché gli hai chiesto di venire con te? Si era fatta questa domanda di continuo da quando erano tornati dalla città. Pena? No, Daryl non poteva farle pena, nemmeno con tutto quello che stava passando con la storia di Merle, anche se avrebbe voluto vederlo riunito con suo fratello. L’uomo davanti a lei era come un animale selvatico. Un puma di montagna, che giocava a fare il gatto di casa. Era una cosa triste da stare a guardare. Julie avrebbe voluto vederlo per quello che era, avrebbe voluto cacciare con lui, in mezzo ai boschi, avrebbe voluto che la pressasse contro un tronco e… Cosa?

La ragazza si alzò sulle punte appoggiando le labbra alle sue leggermente, appena sfiorandole. Colse entrambi alla sprovvista. Non avrebbe dovuto farlo, ma aveva bevuto abbastanza da eliminare qualsiasi filtro che le impedisse di fare cose stupide. Daryl non ricambiò il bacio. Rimase immobile, le braccia lungo i fianchi e la bottiglia di whiskey ancora nella sua mano.

-Perché l’hai fatto?- L’uomo parlò dopo qualche secondo, arrossendo ed allontanandosi da lei lanciando uno sguardo veloce a Glenn, preoccupato.

Julie alzò le spalle. –Volevo solo provare, credo.-

-Che diavolo di motivazione è?-

Si sentì stupida, alcool o no. E si sentì in colpa, verso di lui, verso se stessa, verso… Zittì il suo cervello: non aveva bisogno di pensare ad Avi, non adesso. -Scusami, okay? Mi dispiace.-

-Smettila di scusarti.- Sembrava nervoso, spaventato, agitato. Come prima di salire sul retro del pick-up insieme con lei. Le si avvicinò di nuovo, attratto dal profumo che emanava la sua pelle.

Era un odore fresco e dolciastro, e gli ricordava dei fiori che raccoglieva da bambino per sua madre, quando ancora era in vita. Il sorriso della donna era uno dei pochi ricordi piacevoli della sua infanzia, mentre le mani di quello stronzo del suo vecchio quando tornando dal lavoro scopriva che quella fighetta di suo figlio si divertiva a raccogliere fiori come… beh, come una fighetta, quello era un ricordo che avrebbe preferito non avere. I segni sulla sul schiena gli diedero una scossa ricordandogli che quello non era il momento adatto all’autocommiserazione. Il bastardo è morto. È acqua passata. Tu sei ancora qui. Lei è qui. Abbassò il volto avvicinando le labbra all’orecchio della ragazza e lasciò che le parole gli uscissero dalla bocca, incapace di fermarle in tempo a causa probabilmente di quel dannato whiskey. –Sei maledettamente bella.-

Daryl si diede dello stupido e incolpò l’alcool per avergli fatto sussurrare quelle parole a un centimetro dal suo orecchio. Abbassò la testa aspettando la sua risata e tentò di riallontanarsi, ma Julie lo prese per il polso, fermandolo come se fosse congelato.

-Posso… Posso farlo di nuovo?- L’uomo alzò le spalle e stavolta quando le labbra della ragazza si posarono sulle sue rispose al bacio, staccandosi però dopo pochi secondi.

-È una pessima idea. Credimi, non è quello che vuoi.- La sua voce era bassa, quasi un sussurro.

-Tu lo vuoi?- Daryl alzò le spalle. –Non dirmi cosa non voglio, dimmi cosa vuoi tu.-

-Faccio schifo in queste cose.-

-Non hai risposto alla mia domanda, Daryl.-

-Sì.- Alzò lo sguardo su quello della ragazza e per un secondo gli sembrò di rivedere quel sorriso pericoloso che gli aveva già procurato i brividi ad Atlanta, mentre spaventava quello stronzetto di Miguel. Una scossa scese dal suo addome dritto in mezzo alle sue gambe e alzò la mano per posarla sul fianco di Julie, premendo le dita sulla sua pelle scoperta. –Sì, lo voglio.-

Le permise di circondargli il collo con le braccia e attirarlo più vicino a lei per posare le labbra di nuovo sulle sue. Bastò poco per fargli perdere ogni buona intenzione di mantenere l’autocontrollo. Smise di pensare e lasciò che il suo corpo prendesse il sopravvento. La baciò con forza, graffiandole le guance con la sua pelle ruvida coperta da un accenno di barba ispida. Lei prese il suo labbro inferiore tra i suoi denti tirandolo leggermente verso di sé e fu allora che l’uomo lasciò che la sua lingua esplorasse la bocca della ragazza, cadendo in un ritmo sostenuto da avidi baci togli fiato.

-Okay?- Lei chiese sottovoce, staccandosi per una frazione di secondo. Avrebbe dovuto fermarsi, ma il suo corpo non glielo lasciava fare. Dopo ogni bacio, il suo sistema nervoso ne chiedeva un altro, e un altro ancora.

Daryl la issò sul bancone prima di voltarsi di nuovo verso Glenn, che russò sonoramente. Julie fece del suo meglio per mantenere il respiro regolare mentre Daryl spostò la sua bocca sul suo collo scoperto. Quando fu vicino al suo orecchio lo sentì ringhiare e la sua voce le scese dritta nel basso ventre.

-Vuoi fermarti?-

Julie respirò prima di scuotere la testa. L’uomo posò l’ultimo bacio leggero sulle sue labbra prima di guardarla negli occhi e uscire con lei dalla caffetteria.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


I capelli sparpagliati sul cuscino accanto al suo, le ciglia lunghe posate sulle sue guance arrossate dal caldo. Julie spostò una ciocca di capelli castani dietro il suo orecchio con il tocco leggero della sua mano prima di tracciare la linea della sua mascella fino alle labbra livide dalla sera prima. Avi aprì gli occhi lentamente, il verde più limpido che lei avesse mai visto. 

“Buongiorno, signor Kaplan.”

“…’giorno.”

L’aveva abbracciata e dopo pochi secondi si era riaddormentato di nuovo.

“Avi? Amore, devi alzarti, Kevin ti ha già chiamato una volta.”

“Ssssh…” La strinse di più a sé, nascondendo il proprio viso nel suo collo. 

“Va bene. Altri cinque minuti.”
 
Julie aprì gli occhi e guardò la stanza attraversò le lacrime. Le asciugò velocemente con il dorso della sua mano e si chiese se sarebbe mai riuscita a dormire senza svegliarsi in quel modo. Era in una camera. Quattro mura e un tetto. Protezione, un letto comodo e aria condizionata. Erano ancora al CCM, e la sua testa le stava scoppiando. Si voltò sull’altro fianco, chiuse di nuovo gli occhi e li riaprì di scatto, la memoria della sera prima la colpì come un pugno nello stomaco. Come aveva potuto? Come…? E lui non era qui. Doveva essersi svegliato prima di lei per tornare nella sua camera senza che qualcuno lo vedesse. Cosa siamo, al liceo? Non aveva le forze di affrontarlo, e tanto meno di parlare di ieri notte, ma ogni volta che sbatteva le palpebre spezzoni del loro incontro le tornavano alla mente. Decise di alzarsi e vestirsi, per raggiungere la caffetteria dove trovò già quasi tutto il gruppo seduto a fare colazione.

-Buongiorno.- La ragazza forzò un sorriso a Rick prima di scorgere la macchina del caffè posata sul bancone. –Oh Dio, sì.- Si lanciò alla ricerca di una tazza e quando il caffè le toccò le labbra lasciò un sospiro di felicità. Fa schifo, ma è un mese che non tocco un goccio di caffeina, e comunque mi sta dando una mano con questo schifo di mal di testa.

-Non preoccuparti, non sei l’unica.- Dale le sorrise bonariamente accennando a Glenn. Il ragazzo stava con la testa bassa appoggiata alle mani, i gomiti sul tavolo e gli occhi chiusi.

-Mmmmmh… non fatemi mai, mai, mai più bere.-

-Credo tu abbia perso amaramente, ieri sera.- Julie sorrise apostrofando il ragazzo che emise solo un altro lamento prima di zittirsi di nuovo.
Shane entrò nella caffetteria, portando con sé un’aurea che fece sentire a disagio la ragazza. Guardò Lori abbassare lo sguardo. Qualcosa non va. Ma quando Daryl entrò dopo di lui senza neppure guardarla pensò che forse era il caso di pensare ai propri problemi, non a quelli di Lori. L’uomo le passò davanti riempiendo il suo piatto delle uova che T Dog aveva preparato prima di sedersi accanto a Glenn dandole le spalle. Che stronzo.

-Ragazzi che facce, voi tre.- T Dog scherzò riferendosi ai volti sbattuti si Glenn, Daryl e Julie. –Si può sapere cosa è successo ieri sera?-
Julie aspettò per un secondo. Daryl non alzò nemmeno la testa dal piatto, così rispose lei per lui.

-Solo un sacco di cattive decisioni.- Vide le spalle dell’uomo irrigidirsi per un istante prima di ricominciare ad ignorarla. Cosa stavi pensando, che ti avrebbe portato la colazione a letto? Stupida, stupida Julia. Non è una soap opera questa. Non c’è tempoNon ho tempo per tutte queste cazzate. 

Jenner salutò entrando nella stanza e prima che potesse versarsi una tazza di caffè Dale iniziò a parlare. –Dottore non vorrei scocciarla con delle domande di prima mattina…-

-Ma lo farai comunque.-

-Non siamo venuti per le uova.- Andrea insistette. Jenner annuì chiedendoci di incontrarlo nella Zona 5 non appena fossimo pronti prima di sparire con il suo caffè. Julie decise di aspettare che Daryl uscisse prima di seguirlo con nonchalance. Una volta fuori dalla stanza lo chiamò a bassa voce e lui si voltò di scatto.

-Che cosa vuoi?- Le ringhiò contro.

-Ah, è così che vuoi approcciare la questione?- Il tono dell’uomo non le era piaciuto per nulla.

-Quale questione, donna? È stata solo una cattiva decisione, no?- Julie abbassò lo sguardo sotto quello pesante di Daryl. –Non c’è niente di cui parlare.-

-Fa come meglio credi.- Si voltò di scatto camminando verso la Zona 5 prima di sentire la porta della stanza dell’uomo sbattere sonoramente. Non ci posso credere.
 
...

-Fammi rivedere il TS-19.- Lo schermo di fronte a Jenner si illuminò e la voce metallica assecondò la richiesta del dottore. Julie si appoggiò ad una scrivania accanto a Sophia e Carol, dalla parte opposta della stanza di Daryl. Non lo posso nemmeno vedere ora. –Poche persone hanno avuto la possibilità di vedere quello che state per vedere voi. Pochissime.- Sullo schermo comparve la figura di un cranio umano, prima, e successivamente una luce blu scannerizzò quello che doveva essere il cervello del soggetto TS-19.

-Quello sarebbe un cervello?- Chiese Carl, e Jenner gli rispose sorridendo.

-Uno straordinario.- Tornò a guardare di fronte a sé. –Non che importi, in fin dei conti. Vi, ingrandisci.-
L’angolo dell’immagine cambiò, e le luci blu all’interno dell’area celebrale iniziarono a farsi più intense e a lampeggiare.

-Cosa sono quelle luci?- Shane chiese.

-Sinapsi.- Jenner guardò la ragazza annuendo.

-È la vita di una persona. Esperienze, ricordi, tutto quanto. Da qualche parte tra tutti quei circuiti organici, tra i lampi di luce… Ci sei tu.- La ragazza sentì lo sguardo di Daryl sulla sua schiena, ma decise di ignorarlo, continuando ad ascoltare Jenner. –Quello che ti rende unico e umano.-

-Non dici mai cose sensate?- L’uomo dietri di lei parlò e Julie dovette trattenersi dall’alzare gli occhi al cielo. Daryl la stava infastidendo. Più di quanto avrebbe dovuto lasciarsi infastidire da uno sconosciuto.

-Come ha detto la signorina,- Jenner la indicò per un secondo. –quelle sono sinapsi. Impulsi elettrici nel cervello che trasportano messaggi. Determinano tutto quello che una persona fa o pensa dal momento della nascita a quello della morte.-

-È uno stato di veglia?- Julie gli chiese interessata. Doveva distrarsi, e lo schermo davanti a lei con le parole del dottore ci stavano riuscendo benissimo. Lo studio dell’attività cerebrale l’aveva sempre affascinata, sin da piccola, come d’altronde un sacco di altre cose. Le piaceva imparare, e nell’era diinternet imparare non era mai stato più facile.

-Sì. O piuttosto la ripetizione della veglia.-

-Questa persona è morta.- Andrea si avvicinò di più allo schermo. –Chi è?-

-Soggetto sperimentale 19. Qualcuno che era stato morso e infettato. E si è volontariamente offerto di farci registrare il processo. Vi, esamina il primo evento.- La scansione sullo schermo cambiò mostrando lo stesso cervello invaso da delle diramazioni nere e verdi. –Invade il cervello come fosse meningite. Scatena un’emorragia alle ghiandole surrenali. Il cervello si spegne, seguito dagli organi principali.- La figura analizzata smise di muoversi. –E così muori. Tutto quello che eri o saresti stato sparisce.-

Era così che era successo quindi. Kirstin. Era così che era morta. E Jim. Julie prese un lungo respiro abbassando la testa, sentendo nuovamente lo sguardo di Daryl su di lei. Questa volta si girò incontrando il suo sguardo, che l’uomo distolse velocemente. Bambino.

-Esamina il secondo evento.- L’immagine cambiò di nuovo, la zona cerebrale ormai spenta. –I tempi di resurrezione sono molto variabili, abbiamo casi in cui è successo dopo solo tre minuti, il tempo massimo è stato otto ore. Nel caso di questo paziente sono state due ore, un minuto e sette secondi.-
Una luce rossa si illuminò alla base del tronco cerebrale, diramandosi debolmente verso l’esterno.

-Fa ripartire il cervello?- Chiese Lori.

-No, solo il tronco cerebrale. In pratica li fa alzare e muovere.-

-Ma non sono vivi?- Rick sembrò quasi cercare conferma.

-Dimmelo tu.-

-La maggior parte del cervello muore.- Julie parlò attirando l’attenzione di Jenner e Rick. –Il lobo frontale, la corteccia cerebrale…La parte umana non torna indietro.- Il dottore annuì.

–È come un guscio. Guidato da un istinto irrazionale.- Una luce improvvisa attraversò il cranio del paziente. Gli ha sparato. Non che potesse fare altrimenti, è chiaro. -Vi, spegni lo schermo centrale e i terminali.-

-Non hai idea di cosa sia vero?- Andrea si avvicinò a Jenner asciugandosi gli occhi. Lei aveva perso Amy. Quelle immagini dovevano averla colpita almeno quanto lo avevano fatto con Julie.

-Potrebbe essere un batterio, un virus, un parassita, un fungo.-

-O l’ira di Dio?- Jacqui commentò e Jenner annuì.

-Sì, anche.-

-Qualcuno deve sapere qualcosa.- Andrea sembrava non volersi arrendere. –Qualcuno da qualche parte! Ci devono essere altre strutture.-

-Potrebbero esserci. Con persone come me.-

-Ma perché non lo sai, come puoi non saperlo?- Rick si fece avanti.

-Si è interrotto tutto. Non ci sono più comunicazioni. Io sono isolato qui da un mese.-

-Quindi non è solo qui. Non è rimasto niente, da nessuna parte?-

L’infezione era mondiale dunque. Julie chiuse gli occhi sentendosi svenire. A casa, dall’altra parte dell’oceano… Aveva voluto credere che non fosse successo niente. Che la sua famiglia stesse bene, che non fossero stati costretti a vivere in questo modo, amorire in questo modo. Il modo in cui Jenner le aveva aperto gli occhi era stato come prendere uno schiaffo a mano aperta sul volto. Dale parlò di nuovo spostandosi verso il grosso orologio digitale appeso alla parete. Julie non aveva notato che stava contando alla rovescia.

-Dottor Jenner, capisco che sia stata dura per lei e detesto doverle fare un’altra domanda, ma quell’orologio sta contando all’indietro. Che succede a zero?-

-Finisce il carburante per il generatori del sotterraneo.- Aveva esitato a rispondere, voltandosi e camminando verso l’uscita.

-Vi, che succede quando il carburante finisce?- Julie aveva posto la domanda alla voce computerizzata, che rispose immediatamente.

-Quando il carburante finisce comincerà la decontaminazione generale di tutta la struttura.-

Non suona bene per nulla.
...
 
Era tornata nella sua camera come gli altri, a testa bassa, con il vuoto nello stomaco. Era troppo bello per essere vero. Un rifugio sotterraneo, cibo, elettricità… Julie si diede della stupida per aver pensato, anche solo per un secondo, che potesse rimanere qui. Jenner era stato vago, si era ammutolito di colpo, ma la voce metallica di V le risuonava nella testa.

“Decontaminazione generale di tutta la struttura.”

Quanto avevano ancora? Un’ora? Quarantacinque minuti? Non mi farò trovare impreparata.

Prese lo zaino dalla poltrona accanto alla parete e iniziò a preparare l’occorrente per la fuga. Cibo negli armadietti della stanza, acqua nel frigobar… La sua idea sembrava essere sempre più quella giusta. Chiuse lo zaino quando qualcuno bussò alla sua porta.

-E’ aperto.-

-Te ne vai?- Daryl. Julie non alzò nemmeno lo sguardo da quello che stava facendo.

-Mmh mmh.-

-Dopo ieri sera...-

-Una cattiva…-

-Cazzate.- L’uomo fece un passo avanti, ottenendo l’attenzione della ragazza. Aveva una bottiglia d’alcool in mano. Questo ne spiegava l’improvvisa spontaneità.

-Senti,- Legò la felpa rossa in vita prima di continuare. –Non so cosa è successo ieri sera. Non sono il tipo, fidati. Ma so che non aspetterò che quell’orologio arrivi a zero per scoprire perché Jenner è sembrato colpevole tutto a un tratto.- Lo guardò per un secondo. –E nemmeno voi dovreste.-

-Non sei il tipo?! Donna, se stata tu ad infilarmi la lingua in gola per prima!-

-Non è questo il punto!- Prese un respiro prima di continuare. –Io non lo so per quanto ancora rimarrò in questo gruppo. Non posso…- Chiuse gli occhi. –Ho una cosa da fare. Una persona, da cercare. Non posso lasciare che…-

-Sai cosa ti dico?- Daryl fece un passo avanti, fumante di rabbia. –Vuoi andare? Vattene. Vattene via, puoi morire sbranata sul lato della strada per quello che mi riguarda. Non sei stata altro che un peso per tutti noi.- La fissò negli occhi, sostenendo lo sguardo apatico della ragazza. –Sei ancora qui? Vai! Levati dalle palle! Sai cosa me ne importa. Un problema in meno a cui pensare.- Si voltò dirigendosi verso la porta. –Stupida puttana.-

-Ehi.- Julie lo prese per un polso obbligandolo a fermarsi e voltarsi verso di lei. Non appena fece ciò, la mano della ragazza si alzò volando verso il volto di Daryl, che la fermò prontamente stringendole la mano fino a farle male. La sovrastava, il fuoco negli occhi azzurri, e l’espressione di chi sta cercando di chiamare ogni briciola di autocontrollo a se stesso.

-Non. Provarci.- Le ringhiò un attimo prima che il buio legasse la stanza, e Julie pensò di essere stata salvata dalla campanella. Daryl la lasciò andare di colpo spingendola all’indietro.

-Che diavolo succede ora?-

-Le luci, l’aria condizionata… Non c’è più tempo.- La ragazza uscì dalla porta superandolo, e quando la raggiunse il resto del gruppo era affacciato al corridoio. Jenner le passò davanti, raccogliendo la bottiglia di alcool dalle mani di Daryl.

-Jenner, cosa sta succedendo?-

-Perché si è spento tutto?-

-Jenner!-

-L’uso energetico ha delle priorità.- Jenner continuò a camminare, ignorando le domande degli altri.

-L’aria non è una priorità?-

-Non dipende da me, la zona cinque si sta spegnendo da sola.- Un sorso di whiskey, continuando a camminare davanti al resto del gruppo.
Daryl prese nuovamente il polso della ragazza, stavolta curandosi bene dal stringere eccessivamente, e la tirò verso se seguendo Jenner. Si ritrovarono nella sala principale.

-Che cosa significa? Ehi! Sto parlando con te.- Lasciò andare il polso di Julie prima di continuare. –Che significa? Come può un edificio fare qualcosa da solo?-

-Rimarresti sorpreso.-

–Dobbiamo andarcene subito.- L’uomo davanti a lei si fermò guardandola.

-Jenner!- Rick, tornato dallo scantinato con Shane, Glenn e T-Dog, si avvicinò al dottore guardandolo negli occhi. –Che cosa succede?-

-Il sistema interrompe i sistemi energetici non essenziali. È progettato per fare andare avanti i computer fino all’ultimo secondo. Ha cominciato poco prima dell’ultima mezzora, è puntuale.-

-Rick!- Julie lo raggiunse quasi correndo. –Rick, dobbiamo andare via, adesso.-

-Cosa?-

-Dobbiamo andare via!-

-Il mondo si regge sul carburante fossile, insomma non è una cosa stupida?-

-Rick!- Afferrò il suo braccio stringendo appena. –Adesso!-

L’uomo la guardò per un attimo prima di annuire e voltarsi verso il resto del gruppo. -D’accordo, Lori! Prendi le nostre cose. Anche gli altri. Ce ne andiamo, adesso!-

Un allarme. Julie chiuse gli occhi. Troppo tardi.

-Che succede?-

-Dottore?-

Trenta minuti alla decontaminazione.

Morirai qui, e non lo troverai mai più. Avriel? Non lo rivedrai mai più.

-Andiamo via, avanti!- Shane incitò il gruppo a muoversi verso le porte, ma era troppo tardi, e Julie lo sapeva. Per questo non si mosse mentre le porte di uscita si chiudevano davanti al naso di Rick e Glenn.

-Non ci avrai chiusi dentro?- L’asiatico fece un passo indietro continuando a fissare la porta. –CI HA CHIUSI DENTRO!-

Daryl guardò la ragazza appoggiarsi alla macchina, il terrore chiaro sul suo volto. Avrebbe dovuto lasciarla andare. A quest’ora sarebbe stata fuori dall’edificio, in salvo. Ma no, stupido coglione, adesso è chiusa qui con gli altri. Il sangue gli pulsò nelle orecchie e improvvisamente guardando Jenner vide tutto rosso. Non sentì le gambe corrergli incontro, ma prima che potesse rendersene conto, la bottiglia di vetro era stretta nella sua mano. Io lo uccido. -Figlio di puttana! Facci uscire da qui!-

Shane, T-Dog e Julie riuscirono a fermarlo in tempo, prima che spaccasse la bottiglia in testa al dottore seduto alla scrivania. Quando i due uomini lo lasciarono andare, la mano della ragazza rimase fissa sul suo petto, tenendolo indietro.

-Non fare cazzate, o non usciremo mai di qui.-
Gli sussurrò, e lui si ritrovò ad annuire respirando pesantemente.

-Jenner, apri quella porta. Adesso.- Rick. Ma non c’è più via di scampo, Julie pensò, è tardi.

-E’ inutile. Di sopra è tutto chiuso, le uscite di emergenza sono sigillate.-

-Apri quella dannata porta!- Daryl ringhiò al sua fianco e la ragazza sentì la mano vibrare sopra il suo petto. Si scostò di qualche millimetro, rimanendo però vicina all’uomo.

-Non è una cosa che controllo io ma i computer! Ve l’avevo detto: una volta che quelle porta si chiudeva non si sarebbe più aperta.- Stupidi. Quanto siamo stati stupidi. –Comunque è meglio così.-

-Cosa è meglio così? Che succede tra ventotto minuti?- Nessuna risposta. –CHE SUCCEDE TRA VENTOTTO MINUTI?!-

-VOI LO SAPETE A COSA SERVE QUESTO POSTO?!- Jenner si alzò in piedi, urlando in faccia ai due poliziotti accanto a lui. –ABBIAMO PROTETTO LE PERSONE DA COSE DAVVERO TERRIBILI! ARMI CHIMICHE CHE DIFFONDEVANO VAIOLO, TIPI DI EBOLA CHE AVREBBERO FATTO FUORI META’ DELLA NAZIONE! COSE CHE NON AVRESTE MAI VOLUTO CHE SI DIFFONDESSERO!- Si risiedette davanti al suo computer. –In caso di un crollo energetico catastrofico, un attacco terroristico… Vengono sganciate le PTI per impedire che esca qualsiasi organismo.-

Oh mio Dio.

Julie afferrò il braccio di Daryl sentendosi mancare.

Era una bambina, solo una bambina. Seduta sul divano di casa sua, era la seconda volta che i notiziari interrompevano il suo programma di cartoni preferito. La prima, otto anni prima, le torri gemelle. E adesso questo. Sua madre comparve quasi subito dietro di lei, mentre la donna del telegiornale parlava ancora.

“E' di 31 morti, 3 dispersi e 25 feriti di cui 15 in pericolo di vita il bilancio della tragedia ferroviaria di stamattina, dove un treno merci ha deragliato nella tarda nottata di ieri, provocando la fuoriuscita di gas GPL da una delle cisterne, che a contatto con l’ossigeno si è incendiato provocando un’esplosione termo-barica ad impulsi che ha coinvolto tutta la zona.”
 
Sua madre sembrava sconvolta, ma la bambina non capiva molto, oltre al fatto che erano morte delle persone, e che c’era stato un incendio. No, non un incendio.
 
Un’esplosione.
 
-V, definisci.-
 
-E’ una bomba termo-barica a impulsi.- Julie chiuse gli occhi respirando profondamente. Moriremo tutti. –Consiste nella detonazione in due stadi di un areo-sol che produce un’onda d’urto di potenza e di durata infinitamente superiore ad ogni altro esplosivo che non sia nucleare.-
 
Julie smise di ascoltare in quel momento, guardandosi attorno per un attimo. Carol stava piangendo, stringendo Sophia. Lori sembrava voler svenire, Carl in lacrime tra le sue braccia. Dale, Rick, Shane, Glenn… Tutti davano l’idea di stare per cadere nel panico più assoluto.
 
-Fa incendiare l’aria.- Jenner continuò dopo V, sostituendo la voce metallica. –Mette fine a tristezze, dolore, rimpianti.-
 
Avi scese dal bus per cercare sua sorella. Il suo grido. L’inizio della fine.
“ESTHER!!”
 
Mitch e Kirstin piegati sul corpo immobile di Scott, distrutti dal dolore. Kevin e il suo sguardo perso. Colpevole. Un incidente. Uno stupido incidente. “Che cosa facciamo?” Julie si volta verso il loro leader. “Lasciatelo. Dobbiamo andare.” Freddo. Come sempre.
 
La testa di Kirstie era sulle sue gambe, i capelli biondi sparpagliati attorno al suo viso e pregni di sudore. Quando Kevin la prende tra le braccia, i jeans di Julie sono macchiati di sangue.
 
I secondi lunghi un’eternità dopo lo sparo di Avi, prima che il corpo inerme di Mitch cadesse a terra con un tonfo, la carta da parati gialla dietro di lui sporca di sangue e pezzi di cervello.
 
Il corpo di Kevin sulla poltrona di fronte a lei. Occhi sbarrati, volto sfigurato, pallottola in mezzo agli occhi. La fissava in silenzio, mentre Avi urlava ammanettato a quel termosifone. Le chiedeva, la scongiurava di guardare lui, non il cadavere di fronte a lei. E pregava qualcun altro di fermarsi.
Avi tornò a maneggiare con il motore della sua range rover prima di sentire il rumore del metallo cadere sul cemento seguito da un respiro profondo. In un attimo era accanto a lei, la mano destra imbrattata di sangue premeva sul polso sinistro. 

“Sei ancora viva.”

“Vai, sono dietro di te, vai!”

“Sei sola?”
 
-A tutto.-

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Aspettare non era mai stato il suo forte. L’attesa per un treno, per una risposta, per una chiamata. Stare seduti ad aspettare era la cosa che odiava di più. Ma cos’altro poteva fare ora? Alzarsi e tentare di scalfire le porte di metallo con un’ascia, accanto a Shane e Daryl? No, inutile. Tutto inutile. Non poteva che aspettare. Carol la guardò per un secondo stringendole la mano. Sophia e Carl, tra le braccia delle loro madri, piangevano ancora. Spaventati. Quando dovrebbero aver paura di quello che c’è la fuori.
Forse Jenner ha ragione. Forse è meglio così.

-Meglio per chi?-

-Per tutti noi! Sapete cosa c’è la fuori. Una vita breve e violenta e una morte lunga ed in agonia.- Il dottore si volta verso Andrea. –Tua sorella.
Hai detto che è stata morsa vero? Come si chiamava?-

-Amy.-

-Amy. Lo sai che succede. L’hai visto.-

-L’abbiamo visto tutti.- La mia voce è debole e bassa. –Tutti abbiamo perso qualcuno.-

Jenner annuì prima di guardare Rick. -E’ questo che vuoi per tua moglie e tuo figlio?-

-Io non voglio che accada questo!-

Shane e Daryl ritornarono verso il gruppo. Il cacciatore rimase in piedi, mentre l’altro uomo si appoggiò ad una macchina, spossato.

-Non riesco a scalfirla…-

-Quelle porte sono progettate per resistere a ben altro.-

-Beh la tua testa no!- Julie lo sentì, ma non aveva le forze di alzarsi. Daryl alzò l’ascia mirando al dottore, ma venne di nuovo fermato dagli altri uomini.
Parole, e ancora parole. Julie non le stava più a sentire. Chiuse gli occhi e appoggiò la testa alla scrivania dietro di lei.

È meglio così.

Non avrebbe mai rivisto Avi, mai ritrovato, mai riabbracciato. Ma questo non aveva più importanza ora. Ora c’erano soltanto lei e il fuoco. Avi e tutti gli altri non erano stati che un ricordo lontano, e tra una manciata di minuti non sarebbero stati più nemmeno quello.
Niente più rimpianti.

Una mano strinse la sua. Aprì gli occhi e lo sguardo spaventato di Sophia si puntò nel suo.

-Hai paura?- Le chiese la bambina.

-Un po’. Tu?-

Sophie annuì infilandosi una mano in tasca e porgendole il contenuto subito dopo. Julie abbassò lo sguardo e si sentì mancare il fiato. Una margherita dal gambo spezzato giaceva sotto i suoi occhi, che ora si stavano velocemente riempiendo di lacrime.

Loro vogliono vivere.

Sophia vuole vivere. Non importa quanto tempo avranno una volta fuori di qui, questa non è la loro ora. Di nessuno di loro.

-Non è giusto!- Carol urla di fianco a lei. –Tu non puoi tenerci chiusi qui!-

-Un piccolissimo momento, un millisecondo. Nessun dolore.- Il dottore la guarda con condiscendenza. –Non sarebbe più compassionevole stringere quelli che ami e aspettare che il tempo scada?-

-Non è compassione.- Julie alzò lo sguardo sul dottore, fissandolo negli occhi. –Non è compassione se ci tieni prigionieri. È omicidio.- La stanza cadde nel silenzio, ascoltando la ragazza, che nel frattempo si era alzata continuando a guardare Jenner dritto negli occhi. –Il suicidio è la strada più semplice. La più pratica e veloce. È una scelta, e tu la stai togliendo a queste persone.  Vogliono vivere. Il perché non ti concerne, non sei tu a dover scegliere per loro. A questo punto non sei altro che un altro assassino.-

-La fuori morirete comunque tutti! Magari non oggi, magari domani o tra un mese, ma morirete! E sarà lungo, e brutale, e agonizzante. Ma questo… -

-Lei è un dottore, giusto?- Julie lo interruppe. –Scienziato?-

L’uomo annuì dopo qualche secondo.

-“Consapevole della solennità del mio atto, giuro di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona”..- L’intera stanza sembrava rapita dalle parole della ragazza. – Ricordi il tuo giuramento di Ippocrate? Tu dovresti preservare la vita delle persone, non decidere di toglierla a tuo piacimento.-
 
Jenner sospirò scosse la testa. Aveva funzionato.
 
-Vi ho detto che il piano di sopra è sigillato, non posso aprirlo.- Il dottore tornò alla scrivani premendo il codice sul palmare accanto allo schermo e le porte d’acciaio si riaprirono con un rumore metallico.

-Andiamo!-

-Forza, muovetevi!-

Il gruppo corse verso l’uscita ma la ragazza rimase ferma accanto al dottore, guardandoli con un sorriso. Daryl si voltò non appena si accorse della sua mancanza.

-Cosa ti serve, un invito scritto?!-

-Io resto qui.-

Daryl la guardò per un secondo prima di voltarsi verso il resto del gruppo.

-Datevi una mossa!-

Julie si voltò verso Jenner e Rick. Il dottore stava sussurrano qualcosa all’orecchio dello sceriffo, niente di buono a giudicare dalla sua faccia. Lori fu accanto al marito in un attimo, tirandolo con se verso l’uscita, così come Daryl in un secondo fu davanti alla ragazza, stringendole il braccio e trascinandola verso la porta.

-Lasciami andare!- Cercò di liberarsi, di fare resistenza con i piedi, ma era inutile. L’uomo era più forte di lei, così Julie abbassò la testa e affondò i denti nella mano di Daryl, che la liberò con una smorfia di dolore.

-Sei impazzita?!-

-Non hai più tempo, devi andare!-

-Tu vieni con me!- La guardò dritta negli occhi prima di correggersi. –Con noi! Muoviti!-

-Io non ho più niente per cui vivere. Non ho niente da fare là fuori. Vuoi un’altra chance? Vai. Non puoi obbligarmi a venire con te.-

-Hai detto che devi trovare qualcuno!-

-Non succederà mai. Non lo troverò mai.- Le lacrime le riempirono gli occhi. Pronunciare a voce alta quello che già pensava da tempo gli aveva conferito ancora più credibilità.

-Ascoltami bene, donna.- La stava stringendo di nuovo, il suo viso minacciosamente vicino a quello della ragazza. –Io non ho intenzione di tirare le cuoia oggi, e non ho intenzione di uscire da quella porta senza di te. Quindi ti conviene darti una mossa.-

Lo guardò negli occhi per un attimo. Aveva sentito bene?

-Daryl…-

La tirò di nuovo verso l’uscita, e questa volta lei lo seguì.
...
 
Julie non voleva nemmeno pensare a come Rick avesse un granata, ma era stata l’unica cosa che era riuscita a sfondare le vetrate dell’edificio. Daryl l’aveva girata di spalle, facendole scudo con il suo corpo per evitare spiacevoli incidenti con le schegge di vetro. Cosa sta facendo? Cosa pensa di fare?
Saltarono attraverso la nuova uscita e corsero il più velocemente possibile verso i veicoli parcheggiati fuori da esso. Daryl la trascinò di nuovo verso il suo pick up, la spinse sul sedile del passeggero ed entrò dal lato del guidatore.

-Sta giù!-

Julie abbassò la testa dietro il cruscotto e sentì di nuovo il corpo dell’uomo sovrastarla per proteggerla. Pochi secondi, e la terra tremò. L’esplosione fu assordante, e il cielo di Atlanta si tinse di un bagliore innaturale. Daryl si spostò lasciandola libera di alzare lo sguardo.
Il CCM era collassato su se stesso, completamente avvolto dalle fiamme. Il calore proveniente dall’edificio scottava sulla pelle della ragazza. Avrebbe potuto essere là dentro. Poteva essere finita, questo incubo maledetto… Finito. Invece, per uno scherzo mal riuscito del destino, era ancora viva. Respirava ancora, e si ritrovò a maledire ogni molecola d’aria che le riempiva i polmoni.
Aveva lo sguardo fisso sul fuoco. Daryl la guardò dopo un secondo, e notò l’espressione apatica della ragazza.

-Stai bene?-

Julie si voltò a guardarlo e scosse la testa prima di appoggiarla al vetro e guardare fuori dal finestrino.
Nessuno dei due parlò ancora, nemmeno quando il camper davanti a loro iniziò a muoversi, aprendo la carovana. Sarebbe stata una lunga strada.

Lunga, e silenziosa. 
 

Ed eccoci alla fine della prima stagione.
Da domani inizierò a publicare la seconda, sperando di riuscire a riempire in tempo il buco che ho lasciato tra la prima e la seconda parte della stagione :D 
Comunque, senza divagare troppo..
Grazie mille a chi ha messo la storia tra le seguite, a chi ha commentato e a chi ha avuto la pazienza di seguirmi fino alla fine!
Vi aspetto con la prossima stagione da domani :)
Ora torno a farmi mangiare dall'ansia nell'attese del finale di stagione (pls AMC, let my baby Daryl be ok)

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