Avengers beside: IM3 - TDW

di Chekkumeto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2.5 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo Bonus ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Questa è, con qualche modifica, la storia che prima si intitolava “La Dea, i supereroi e gli assassini”. È stata rivista e resa un po' più sensata e ora è una storia a quattro mani scritta da me e l'amore mio, Lawrence Victory.

Speriamo quindi che la rivisitazione vi piaccia e per quelle di voi che avevano preso in simpatia la cara Artemide, niente paura, la rivedremo presto.

Come sempre, buona lettura.


CAPITOLO 1

In cui Stark è senza parole e Barton rompe una finestra


Erano lì in piedi già da venti minuti. Tony Stark aveva lo sguardo vacuo e non aveva detto una parola, ma d'altronde Pepper sapeva che, per il suo fidanzato, neanche indossando la sua armatura sarebbe stato più facile. Quel giorno ricorreva l'anniversario della morte dei coniugi Stark e la signorina Potts aveva pensato che fosse giusto andare a rendere omaggio al loro capezzale, ma ora non sapeva che dire, qualsiasi parola sembrava inappropriata. Si limitava a fissare Tony senza capire se stesse pregando o cercando di far esplodere la tomba del padre con lo sguardo.

Il suono di passi vicini infranse il silenzio e Pepper si voltò, sollevata, per vedere chi fosse il suo salvatore. Si ritrovò a fissare un paio di pettorali scolpiti nascosti da un completo elegante e da una camicia a strisce. Imbarazzata, alzò (parecchio) lo sguardo per riuscire a guardare negli occhi azzurri il leader dei vendicatori.

-Capitano Rogers, come mai qui?-domandò Pepper, grata di aver trovato un pretesto per rompere il silenzio.

-Signorina Potts-esclamò l'uomo facendo un elegante inchino-Sono passato per rendere omaggio ai signori Stark. Ci ho messo un po' per trovare questo posto: non riesco ad orientami in questa metropoli-

-Oh, è molto gentile da parte sua-rispose la donna-So che non ha avuto molto tempo per conoscere Howard Stark-

-Purtroppo, ma il merito è anche suo se oggi sono l'uomo che ha davanti-rispose il capitano, poi spostò lo sguardo su Tony Stark che nel frattempo non si era mosso di un centimetro.

-Da quanto tempo è così?-chiese lui.

-Ormai da quasi mezz'ora-rispose la donna, laconica.

-Beh, deve essere un record per lui-lo provocò il capitano.

Tony grugnì seccato.

-Non tutti hanno avuto mezzo secolo di tempo per esercitarsi nel gioco del silenzio, Mr. Calippo- esclamò risvegliandosi dal suo torpore-Io sono un uomo d'azione-

I due si scambiarono una vigorosa stretta di mano e Pepper sorrise. Non avrebbe mai creduto che Tony potesse un giorno avere dei veri amici.

-Mi hanno detto che è stato un terribile incidente d'auto-disse Cap, indicando la tomba.

-Sì. Organizzato dall'Hydra. La macchina è esplosa. Nessuno è sopravvissuto-rispose Tony-Un gran bel botto.

Steve annuì in silenzio.

Pepper guardò tristemente il fidanzato.

Tony si guardò il polso, fingendo di avere un orologio.

-Bene, possiamo terminare la fase contemplativa, andiamo al “campo base” per un aperitivo, Capitano?.

Rogers sorrise.

-Mi spiace, ma non posso bere in servizio-rispose lui.

-Pensavo che la Sua fosse una visita di piacere-disse Tony, perplesso.

-Lo era infatti, ma ora abbiamo un impegno: c'è una missione-

-Per chi?-

-Per tutti-rispose fiero il paladino a stelle e strisce.

-Bene, riuniamo le Giovani Marmotte...qui solo i morti hanno il diritto di riposare...- e tutti insieme si avviarono verso la Avengers Tower.



Appoggiata alla ringhiera che dava sull'immensa sala da ballo sottostante, Natasha Romanoff sembrava annoiata e distratta, ma in realtà stava memorizzando ogni singolo movimento del suo bersaglio. L'apparenza era un'arte per la bionda, ex rossa, dall'abito scarlatto. Un passo falso e se ne sarebbe accorto. Un passo falso e poteva cadere in un baratro senza fine.

L'uomo in elegante smoking nero passeggiava tra gli invitati con disinvoltura, ballava con le ragazze più belle, non così belle secondo lei, e beveva chiacchierando con i diplomatici presenti alla festa. Ad un occhio comune sarebbe sembrato un perfetto damerino pomposo, ma lei, anche da lontano, notava tanti, troppi particolari che lo tradivano.

Lo conosceva troppo bene.

-Come procede, Vedova Nera?-chiese la secca voce di Hill nel suo orecchio.

-Nel complesso bene, Maria. Ma c'è qualcosa che non va. Sembra un novellino-rispose, senza perderlo di vista.

-Sta lasciando la sala, credo sia il momento-aggiunse, andando con nonchalance nella direzione presa dall'uomo.

Rimase distante, mentre lui si intrufolava negli appartamenti privati del padrone di casa, Armand Lijbishe,un sospetto contrabbandiere di armi chitauriane rubate da New York.

-Sta entrando. Ora viene il difficile-sussurrò nel comunicatore.

-Non perderlo, mi raccomando Vedova. Conosci i rischi.

Lo vide imboccare il corridoio che portava al caveau, senza guardarsi attorno.

Primo errore.

Poi si mise ad hakerare con un dispositivo la serratura elettronica, senza accorgersi videocamera sul soffitto.

Secondo errore.

-Hill, fermalo! Sta aprendo la porta senza staccare l'allarme!-sussurrò rapidamente all'auricolare.

Lo vide fermarsi e ascoltare ciò che gli veniva comunicato, Vedova Nera poté tirare un sospiro di sollievo. Purtroppo il suo bersaglio non era l'unico ad aver commesso errori quella sera: Natasha era tanto concentrata su di lui, non si era accorta di una ronda di guardie nel corridoio dietro di lei.

-Ferma! Mani in alto!-gridarono, attirando anche l'attenzione del soggetto.

Per la vendicatrice non sarebbero un problema mezza dozzina di guardie di sicurezza armate, il guaio era che il soggetto non doveva assolutamente vederla. Lanciò delle piastrine elettriche ai due più vicini e rapidamente prese la porta che portava alle scale di servizio, tallonata da un buon numero di uomini nerboruti. La inseguirono in una stanza al buio. La vedova ne uscì poco dopo mentre si risistemava i capelli. Ritornò sui suoi passi nella speranza di ritrovare il suo bersaglio, ma fu il suo bersaglio a trovare lei. E aveva una pistola.

-Romanoff. Esigo una spiegazione.

-Barton...anche tu qui?-chiese sorridendo civettuola.

-Eccoli!!!- urlò qualcuno in fondo al corridoio.

Prima che lui potesse chiederle spiegazioni, una mandria di omoni in nero gli fu addosso.

-D'yavol-sbottò Romanoff. (al diavolo)

-Allora? Che ci fai qui?-le urlò Clint, afferrandone uno per il collo.

-Ti sembra il momento?-rispose sganciando un cazzotto nello stomaco di qualcuno.

-Sì-sbottò lui sparando ai più vicini.

-Dopo New York...sei diverso...hai fatto un sacco di errori stupidi in questa missione...io e Maria eravamo preoccupate...-spiegò, mentre ribaltava quello e strangolava l'altro.

-Quindi mi stavi spiando?...pensavate che non fossi in grado?-tuonò arrabbiato.

Quindici nemici erano già a terra a quel punto.

-Cerca di capire...cercavamo di proteggerti...se non le avessi detto di fermarti avresti fatto scattare...l'allarme-rispose, continuando a combattere.

-Mi aspettavo più fiducia da te!-ruggì stendendo due uomini in un impeto di rabbia.

-Intanto ti ho salvato il culo-ribatté lei, iniziando a irritarsi.

-E hai fatto fallire la missione!-continuò, sempre più furioso.

Un'altra ventina di uomini si aggiunse ai precedenti, più armati e arrabbiati.

Clint si guardò attorno, l'unica via di fuga era la finestra.

-Reggiti-ordinò, stringendo a se la compagna.

Nat intuì cosa stava per fare.

-No! Aspetta! È troppo al...-

Prima che lei potesse fermarlo si erano lanciato contro il vetro.

Precipitarono nel vuoto a sette piani dall'asfalto.

Il tempo sembrò rallentare. Clint vedeva la sua partner precipitare nel vuoto.

Esaminò la situazione: nella migliore delle ipotesi sarebbero stati ancora vivi, ma con gambe e qualche costola rotte, la fuga sarebbe stata comunque impossibile. Si rese conto di non avere scampo: aveva ucciso entrambi.

Il suo ultimo errore.

Forse..” pensò “se le attutisco la caduta, lei può ancora salvarsi, magari con qualche costola rotta...ma può farcela”.

Annuì convinto mentre il tempo ritornava a scorrere.

Strinse a se la sua migliore amica e si lasciò cadere, lieto di poter rimediare almeno a questo suo sbaglio.

A nulla valsero i tentativi di Nat di divincolarsi.

Sembrava aver avuto la sua stessa idea, ma Clint era comunque più forte di lei.

4 piani.

Fortuna che quando si libererà sarò già morto...”.

2 piani.

Credo... che avrei dovuto diglielo. Magari posso ancora farlo”.

Clint disse qualcosa che si perse nel frastuono dell'aria sferzante.

1 piano.

Qualcosa colpì la coppia che si ritrovò a parecchie decine di metri dalla villa.

Atterrarono e lasciarono un profondo solco nel terreno, ma non erano morti... nessuno dei due.

Qualcosa li aveva fatti cadere molto più dolcemente del previsto e a una buona distanza dalla villa.

Un indistinta macchia nera li spinse di lato, si rialzò dal canale scavato con il proprio corpo e con un balzo silenzioso si allontanò.

Clint cercò di seguirla con lo sguardo, per capire chi e soprattutto cosa fosse, ma un dolore lancinante lo bloccò, permettendogli solo di intravedere una strana luminescenza, dopodiché la figura sparì nella notte.

Barton era attonito.

Si costrinse a risvegliarsi dal suo torpore per sincerarsi delle condizioni della compagna.

-Nat! Stai bene!?- la ragazza sembrava svenuta.

-Nat!! Svegliati- un sonoro cazzotto smorzò i richiami dell'arciere.

Natasha Romanoff balzò in piedi e con aria minacciosa si rivolse al collega.

-Dopo ti ammazzo, ma ora corri!-sbottò.

Al che anche Clint si accorse del berciare concitato proveniente dalla direzione della villa.


Spero che la rivisitazione sia stata di vostro gradimento, torneremo in due settimane con il capitolo successivo, ricco d'azione.

A presto,

Chekkumeto&Lawrence_Victory






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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Uao! Ma siete tantissimi! Siamo veramente molto molto felici delle recensioni e di tutte le persone che ci seguono :-D per premiare la vostra gentilezza abbiamo deciso di farvi due regali: gli aggiornamenti non saranno più ogni due settimane, bensì ogni settimana, precisamente ogni sabato! E inoltre vi suggeriamo di controllare questa storia nei prossimi due/tre giorni, perché potreste trovare una sorpresa :-D

Vi ringraziamo ancora e vi auguriamo una buona lettura.

Chekkumeto&Lawrence_Victory



CAPITOLO 2

In cui Rogers fa nuove amicizie e Fury ha dei dubbi sul futuro del pianeta



Appena arrivati all'Avengers Tower, Tony fece accomodare Steve sul divano del gigantesco salotto e dal bar prese snack salati e due calici di un cocktail analcolico color verde acido.

Il Capitano guardò il bicchiere inarcando un sopracciglio.

-Che cos'è?-chiese perplesso.

-E' un cocktail... Sai, succhi di frutta, concentrati e roba simile mescolati insieme... trovo strano che tu non li conosca, siete praticamene coetanei- esclamò il miliardario.  -Questo è kiwi, mela verde e pompelmo [nota: si chiama Capoverde]. Suona strano, ma ti assicuro che è buono-.

Non molto convinto il capitano ne assaggiò un sorso e dovette ammettere che quel chictail, o come si chiamava, era davvero delizioso.

-Ci vuoi del ghiaccio? o ti sei portato il tuo?- Scherzò Tony.

-No, grazie- rispose Rogers, troppo impegnato a godersi la bibita per capire la battuta.

Tony bofonchiò qualcosa, scocciato.

-Stark, Capitano- salutò pacatamente Banner, uscendo dall’ascensore.

-Dottore, benvenuto. Posso offrirle un drink?-chiese il padrone di casa, prendendo al volo un altro bicchiere di cocktail verde.

-Oh...non è alcolico, vero?-chiese il dottore, accettando l'offerta.

-No, siamo in servizio-bofonchiò Stark, citando il capitano.

-Lo provi dottore, è delizioso, a parte il colore orrendo- esclamò il capitano.

-Ehm...già...-mormorò Banner.

Subito Steve si accorse della gaffe.

-No!...cioè, volevo dire...è brutto come colore di una bibita...è un bel verde sulle altre cose...a lei sta benissimo...-tentò di recuperare Cap.

Bruce inarcò un sopracciglio.

-Non nel senso...bah...lasciamo perdere-bofonchiò il vendicatore, imbarazzato.

Stark, che non aveva detto una parola durante lo scambio, ora sorrideva divertito.

-Ahi ahi, il Capitan Perfettino che si perde in un bicchiere... di succo di frutta- ridacchiò, guadagnandosi un'occhiataccia.

-Anche lei è qui per la missione, dottore?- chiese Rogers, per togliersi dall'impiccio.

-Sì, anzi, sono stato io a consigliare a Fury di riunire la squadra per questo lavoro. Vi informerò tutti quando arriveranno anche Barton e Romanoff-spiegò.

-E Point Break?-chiese Stark.

-No, Thor non poteva venire...- cominciò Banner.

-Meno male... so che ha un modo "particolare" di manifestare il suo apprezzamento per le bevande- Lo interruppe Tony.

-... L'abbiamo contattato con questo strano aggeggio che ci ha dato l'ultima volta, ha detto che deve sedare certe rivolte- continuò il dottore esibendo uno strano aggeggio simile ad un diapason dai riflessi dorati.

-... e questi bicchieri in cristallo di Boemia sono un regalo di Pepper- proseguì Stark come se Banner non avesse aperto bocca.

-Peccato, quindi questa volta non ci sarà il nostro Pikachu nella squadra!- esordì Barton, facendo irruzione nel salotto, seguito a ruota dalla rossa partner, ancora visibilmente indisposta.

-Barton, Romanoff, vi aspettavamo- esclamò Steve alzandosi, reggendo in una mano il suo bicchiere e nell'altra il vassoio con i cocktail, che porse ai due.

-Abbiamo avuto un contrattempo- tagliò corto Natasha, fulminando Barton.

-Uhuhu...attenzione! Il mirabolante duo è in crisi?-chiese Stark, in risposta un bicchiere gli sfiorò il naso a tutta velocità per poi infrangersi contro il muro.

-Romanoff! Quel bicchiere... -cominciò Tony, ma incrociando lo sguardo dell'assassina si zittì come un topolino.

-Avete finito di spettegolare, signorine?-esclamò la secca voce del direttore Fury.

-Ehi, monocolo. Anche tu a questo party?-ridacchiò Stark.

-E' ora di spiegarvi la missione. Barton, Romanoff, dopo devo parlarvi in privato-esclamò Nick.

-Attento capo, oggi tira una brutta aria in paradiso-rise il miliardario.

-Che vuoi dire?-borbottò Fury inarcando un sopracciglio.

-La coppia è scoppiata-rispose Stark.

Il direttore continuava a non capire.

-Il ragno e il falco hanno litigato-sospirò Tony.

Fury alzò lo sguardo al cielo.

-Avengers: l'ultima linea di difesa. Che dio ci aiuti-borbottò.

Tutti quanti raggiunsero la sala briefing.

Fury si piazzò in piedi davanti al proiettore olografico.

Barton si appollaiò sulla ringhiera della scala.

Gli altri si accomodarono sui pouf rossi e oro.

-Che diavolo è questa roba, Stark?-chiese il Capitano, sollevando disgustato la massa di morbido tessuto.

-E' un pouf, Vecchia cariatide-borbottò il padrone di casa, stizzito.

-Color Iron Man-aggiunse Steve-Megalomane.

-Stark, Rogers! Posso avere la vostra attenzione o siete troppo impegnati a bisticciare?- esclamò il direttore.

-Sissignore-risposero in coro, mettendosi seduti (Rogers con non poche difficoltà).

Perfino Tony sapeva che con il “grande capo” non bisognava scherzare troppo.

-La situazione è molto, molto grave. Un pazzo che si fa chiamare “Thunderwhite” ci ha lanciato una sfida:da tre giorni a questa parte ha annunciato un attentato ogni 24 ore, se non lo troviamo entro questa scadenza fa una strage di civili in un posto affollato…-spiegò Fury, palesemente irato.

Un brusio si levò dal gruppo.

-Cosa...civili? Ma è orribile…

-Perché ancora non l’avete preso?!

-Cosa stiamo aspettando, troviamo questo bastardo!-gridò scattando i piedi Captain America.

-Lo so, è terribile, ma ora calmatevi, non ho finito-continuò Fury. -Sul luogo dell'attentato lascia un indizio sulla prossima città. Sono già state colpite Edimburgo, Bruxelles e Ottawa. Stessa dinamica: un esplosione in pieno centro abitato, nessuna traccia di ordigni, gas o sostanze esplosive-

-Credete che siano soggetti “Extremis” lasciati detonare, come quelli di Aldrich Killian?- interruppe Tony. Dalla faccia sembrava molto turbato.

-Lo abbiamo escluso. Lo S.H.I.E.L.D. ha controllato tutta la documentazione sul progetto: nessuna cavia è rimasta in vita e i creatori della formula hanno fatto tutti la stessa fine. Tranquillo Stark: Pepper non corre più alcun pericolo- spiegò comprensivo Nick.

-Comunque non sono stati registrati picchi di temperatura. Inoltre ho analizzato il primo cratere. c’è qualcosa di molto strano: Sono perfettamente circolari e il terreno sembra carico di elettricità statica-si intromise Banner.

-Quindi di che può trattarsi?-chiese Barton, pensieroso.

-Secondo me è tecnologia aliena-rispose il dottore.

Tutti sgranarono gli occhi.

-Oh avanti...dopo New York vi sembra così assurdo?-replicò Bruce, guardandoli di sottecchi.

-E va bene...il dottor karma ha ragione. Dobbiamo considerare tutte le possibilità-lo sostenne Tony.

-Sappiamo qual’è il prossimo obbiettivo?-chiese Natasha.

-Non ancora, i miei uomini mi informeranno appena avranno risolto l'enigma che ci ha lasciato ieri. Ma ormai mancano cinque ore al prossimo attentato. Ho qui dei video dei precedenti attacchi: Stark, falli analizzare a quella tua diavoleria parlante, forse scopriremo qualcosa di utile-ordinò il direttore.

-C'è una cosa che non torna...-esclamò Natasha -Come può organizzare attacchi di questa portata, in così poco tempo e in città così distanti?-

Banner scosse la testa-Non possiamo escludere che abbia un bel numero di complici...per ora non abbiamo indizi a riguardo-

-Riunione terminata, partiamo per il Triskelion appena Stark scopre qualcosa-

Fury uscì lanciando uno sguardo eloquente a Occhio di Falco e Vedova Nera, che lo seguirono.

-Jarvis? Esegui un controllo incrociato su tutti i video con il software di riconoscimento facciale e prendi nota di qualsiasi anomalia-ordinò Tony.

-Subito signore-rispose l'AI.

-Credo...che il mio aiuto qui non sia necessario. Dottore, le va un altro checktail?-chiese Steve, a disagio davanti a tutte quelle stranezze tecnologiche.

-Volentieri-rispose l'altro, e si avviarono verso il soggiorno.


---

-Agenti-esordì il capo dello SHIELD.

I due rimasero immobili, sul divano, davanti al direttore; sapevano cosa li aspettava.

-Ho sentito una voce riguardo a quanto accaduto a Mosca-continuò assottigliando lo sguardo-Avete una spiegazione?

-Sissignore, vede, io stavo facendo la mia missione...-

-Io e Maria eravamo preoccupate, capisce, New York...-

-...ero quasi riuscito a portarla a termine quando è sbucata lei, che non doveva essere lì...-

-...lui non era più lo stesso, ha fatto un sacco di errori da principiante in quella missione...-

-...e ha attirato le guardie, quindi siamo dovuti scappare...-

-...c'è stato un combattimento, lui ci ha quasi uccisi lanciandoci da una finestra...-

-E' stata tutta colpa sua!-conclusero le spie in coro.

-Ehi! Uno alla volta! Mi state facendo venire mal di testa!-sbottò il direttore.

-Scusi, signore-risposero, mesti.

-Quindi. Romanoff, non è stato carino spiare Barton. Se avevi dei dubbi avresti dovuto parlarne con lui. Barton. Lei era preoccupata per te, anche tu avresti fatto lo stesso per lei-disse il direttore, ora più calmo-Siete la mia squadra migliore, non tollero che i vostri problemi personali interferiscano con il vostro lavoro. Chiaritevi e poi andata ad aiutare Stark.-

I due agenti abbassarono lo sguardo, imbarazzati.

Senza aggiungere altro, il direttore li lasciò soli.

I due rimasero immobili ancora per qualche secondo.

-Scusa Nat, capisco che fossi preoccupata per me, mi dispiace...-bofonchiò Clint.

-Ci sei arrivato finalmente- rispose secca lei.

Barton la guardò storto -Credo che la battuta giusta sia “Scusami anche tu Clint, torniamo amici come prima”- disse in falsetto.

-Non ho nulla per cui scusarmi-.

-Capisco di aver fatto male i miei calcoli quando ti ho lanciata giù dalla finestra, ma ho cercato di rimediare...-

-RIMEDIARE? QUELLO TU LO CHIAMI RIMEDIARE?- ringhiò lei alzandosi in piedi.

-CERCAVO DI SALVARTI LA VITA!-.

-SACRIFICANDO LA TUA-.

-NON C'ERA MODO DI SOPRAVVIVERE ENTRAMBI!-

-IO... TU... SEI UN IDIOTA!- Rispose la ragazza per poi uscire sbattendo la porta.

Clint rimase solo con la sua rabbia. -STUPIDA DONNA!!- gridò affranto.

Maria Hill, che aveva sentito l'ultima parte della conversazione (come probabilmente tutti nella torre), rivolse uno sguardo eloquente al direttore dello SHIELD accanto a lei. Fury iniziava a pensare che il mondo non fosse poi così al sicuro.


Eccoci qua! Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia divertiti come ha divertito noi scriverlo :-D

A presto, e ricordate di controllare per la sorpresa :-D

Chekkumeto&Lawrence_Victory




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Capitolo 3
*** Capitolo 2.5 ***


Tan dan dan dan!

Come era stato presagito nell'episodio precedente, ecco qui un piccolo dono, un biscottino diciamo, per chi ci segue assiduamente.

ATTENZIONE! QUESTO NON E' UN CAPITOLO! E' UN FLASHBACK! NON AGGIUNGE E NON TOGLIE NIENTE ALLA STORIA PRINCIPALE!

Buona lettura a tutti!

Chekkumeto&Lawrence_Victory


CAPITOLO 2.5

In quel di Amsterdam


-Ho una missione per te, Barton-

Occhio di Falco inarcò un sopracciglio, fissando l’immagine digitale del suo capo, nello schermo del portatile. Doveva essere qualcosa di urgente se non aveva aspettato di dirglielo tra cinque ore al Triskelion.

-Abbiamo avuto conferma che Viktor Blumart, serbo, è stato visto entrare nell'hotel "Saturn moon" nella zona a luci rosse di Amsterdam-disse la voce registrata del direttore, mentre sullo schermo apparivano le foto di un uomo alto con i capelli brizzolati-Blumart è un noto contrabbandiere di preziosi rubati, al momento è in fuga dopo un colpo a Mosca. Non conosciamo la sua destinazione, a dirla tutta è stata già una fortuna riuscire ad individuarlo: quel tipo sa come non farsi trovare. Catturalo e portalo alla base, vivo!,dobbiamo interrogarlo. Ha informazioni su uno 084 che ci sta dando qualche noia. Attento Barton, non avremo una seconda possibilità. Passo e chiudo-.

Clint spense il computer, radunò le sue cose e prese quella che sembrava una custodia per violini. Si trovava in Belgio e con la sua fedele Jeep sarebbe arrivato a destinazione in poche ore.

Una volta sul posto si guardò attorno, alquanto divertito. Il Saturn Moon era esattamente il tipo di posto dove ti aspetti di trovare un ladro dai gusti tanto raffinati. L’apoteosi della pomposità: pavimenti in velluto rosso, pareti bianco perla ornate di rilievi barocchi placcati d’oro.

Al centro dell’immenso atrio c’era un palco circondato da divanetti in pelle, probabilmente vera, la luce era fioca e rossa mentre si svolgeva lo spettacolo: una meravigliosa ragazza, snella e aggraziata, danzava sinuosa nel suo abito pesca, sventolando con charme i lunghi capelli rossi e arricciati. Attorno a lei ballavano altre splendide ragazze, ma era lei quella che attirava gli sguardi.

Clint era convinto di non aver mai visto una creatura tanto affascinante, ma si costrinse a distogliere lo sguardo per cercare Blumart.

Ovviamente anche lui era lì, in prima fila, imbambolato come tutti a guardare la bella ragazza. A Fury però non piaceva attirare l’attenzione, Barton avrebbe dovuto aspettare che il soggetto salisse in camera o andasse in bagno per prenderlo da solo e lontano da occhi indiscreti.

Clint si mise comodo, visto che doveva aspettare. Aveva una splendida visuale sulla sua ballerina preferita, e prese pure un drink (a spese dello SHIELD, ovviamente).

Alla fine del balletto le ragazze scesero dal palco per trovare qualche “pollo” da adescare e con cui passare qualche ora in camera, sotto lauto, anzi, lautissimo, compenso.

Per un attimo Barton osò sperare che nessuna delle ragazze andasse via con Blumart, ma ovviamente la ballerina dai capelli rossi andò proprio da lui.

Neanche avesse sentito l’odore dei diamanti” pensò Clint divertito.

Tra le esclamazioni e gli incitamenti dei suoi scagnozzi, Blumart si avviò verso la sua stanza a braccetto con la ragazza.

Barton aspettò qualche istante prima di seguirli.

Quando si fermarono in mezzo ad un corridoio, Barton si fermò dietro l’angolo, sbirciando senza farsi vedere.

Si sporse appena in tempo per vedere Blumart spingere la ragazza al muro e baciarla con foga. Lei gli avvolse una gamba attorno ai fianchi e fu allora, quando la lunga gonna si sollevò sulla coscia, che Clint capì perché quella ragazza era andata dritta da Blumart:

Legata poco sopra al ginocchio, aveva una pistola.

Barton imprecò mentalmente.

Altro che ballerina! Minimo è un’assassina! Sarà qui per ucciderlo dopo il colpo in Russia.

Senza perderli di vista accese il comunicatore.

-Cheese, mi ricevi?-sussurrò.

-Sì, Occhio di Falco. Che succede?-rispose Coulson, dall’altra parte della linea.

-Ho bisogno di un’identificazione. Donna, una ventina d’anni, attraente, capelli rossi, occhi verdi, potrebbe essere russa, ha una pistola e sta andando in camera con il nostro uomo-spiegò rapidamente.

-La descrizione è un po’ rozza ma...è probabile che sia... LEI-rispose il gestore.

-Dannazione...lo sospettavo-sospirò l’arciere.

-Attento Clint, è la più letale assassina mai vista in circolazione. E’ stata addestrata dalla Red Room-Barton rabbrividì sentendo quel nome-ed è ricercata da 7 diverse agenzie, hai l’ordine tassativo di ucciderla a vista-lo avvertì il gestore.

Alzando gli occhi al cielo l’agente spense l’auricolare.

La coppia era arrivata in cima alle scale e Blumart stava cercando con una certa fretta la chiave della suite. Barton li teneva d’occhio da lontano, la sua specialità, e, poco prima di chiudersi la porta alle spalle, la ragazza gli fece un occhiolino malizioso.

-Merda…-esclamò Clint, attraversando il corridoio di corsa.

Spalancò la porta, pistola in mano, e rimase basito.

Erano passati si e no dieci secondi da quando la porta si era chiusa e Blumart era già legato ad una sedia con l'assassina che sorrideva beffarda in piedi dietro di lui.

-Ma come diavolo…-esclamò incredulo.

-Non mi sembra di aver richiesto il servizio in camera, Occhio di Falco. O posso chiamarti Clinton Barton?-chiese lei ridacchiando.

Lui la guardò sorpreso, come conosceva la sua identità?

-Anche se dubito che tu sua qui per farci una serenata-disse, indicando la custodia sulla sua spalla.

-Sei una ragazza perspicace, Vedova Nera. O posso chiamarti Natalia Romanov?-ribatté Barton.

Per un attimo la donna rabbrividì sentendosi chiamare per nome, ma si riprese subito.

-Facciamo così: tu te ne vai e io non ti uccido-sbottò improvvisamente Vedova.

-Ho ordini di portarlo con me vivo...-rispose Barton.

-...E i miei capi lo vogliono morto-lo interruppe lei.

-Allora temo che uno di noi due si farà molto male…-

La Romanov colse al volo l’invito e con un calcio poderoso spinse Blumart e la sua sedia contro il Falco, dopodiché piroettò di lato e con il tallone fece volare via la pistola di Clint. Provò a colpirlo con un altro calcio, allo stomaco stavolta, ma lui si riprese dallo stupore iniziale e le afferrò la caviglia con entrambe le mani. L’atletica assassina ne approfittò per ruotare su se stessa e assestargli un altro calcio sullo zigomo che gli fece mollare la presa.

Alquanto irritato la afferrò per i fianchi, spingendola violentemente contro il muro ma Natalia gli tirò un forte schiaffo sul viso e una ginocchiata in mezzo alle gambe. Mugolando Barton cadde a terra e lei gli si mise sopra a cavalcioni, bloccandolo, caricò un pugno ma l’arciere alzò le mani.

-Blumart è scappato-esclamò Clint.

Natalia guardò verso la porta ed effettivamente la sedia che aveva spinto poco prima era in frantumi e non c’era traccia del suo obbiettivo.

Imprecò in russo e colpì comunque Clint al viso, per poi correre fuori dalla stanza.

Vide di sfuggita la giacca nera di Blumart sparire dietro l’angolo del corridoio a sinistra. Gli aveva rotto il femore con un calcio, prima di legarlo alla sedia, zoppicando non poteva andare troppo lontano. Si lanciò in quella direzione, ma poco prima di svoltare una freccia si conficcò sul muro, a pochi centimetri dal suo naso.

Seccata si voltò verso il corridoio e vide Barton con il suo arco, un’altra freccia già incoccata e la custodia per violini aperta sul pavimento.

-Quest’arco non ha mai sbagliato un colpo, Vedova-l’avvertì lui.

-C’è sempre una prima volta, Falco-rispose, estraendo la preziosa freccia dal muro e spezzandogliela davanti agli occhi.

Mai l’avesse fatto.

Clint si infuriò come mai in vita sua.

Natalia sgusciò su per le scale e lui le corse dietro più che deciso a spezzarle a sua volta qualcosa, possibilmente un braccio.

Blumart aveva imboccato le scale di servizio e saliva verso il tetto, dove lo aspettava un elicottero. Evidentemente Natalia aveva sottovalutato la sua resistenza al dolore, pure con la gamba rotta correva parecchio veloce.

All’altezza dell’ultima rampa, Clint riuscì a raggiungere l’assassina e la afferrò per il vestito. In risposta lei sfruttò la sua posizione sopraelevata per ruotare su se stessa e piantargli una potente ginocchiata al viso facendo rotolare Clint giù dalla scala.

Questo movimento, però fece sfilare la sua pistola dal fodero che finì molti piani più in basso.

Imprecò ancora in russo: non aveva tempo per recuperarla e l’agente si stava rialzando, inoltre lui era armato. Natalia salì qualche altra rampa di scale e apri, infine, la porta che dava sul tetto dell’hotel.

Lì finì la sua corsa.

Davanti a lei erano schierati mezza dozzina di uomini che le puntavano contro altrettante mitragliette.

Blumart era appoggiato al suo elicottero dietro di loro. Il malvivente sorrise bieco e, aiutato da un suo sgherro, si portò nel mezzo del suo muro di bocche da fuco.

-Bene bene, ecco qui un bel ragnetto disarmato… pensavi che non avessi pronto un piano di fuga per ogni evenienza?-disse il criminale.

Natalia era in trappola.

-Occhio per occhio, signorina-aggiunse, poi prese una pistola e le sparò alla gamba sinistra.

Con un gemito Natalia cadde a terra.

Doveva fuggire, ma se non avesse portato a termine la missione la Red Room le avrebbe riservato cose ben peggiori della morte.

Un colpo secco poco lontano da lei attirò la sua attenzione: una freccia era piantata nel cemento poco lontano e lampeggiava minacciosamente.

Quando pensava che stesse per esplodere e ammazzarli tutti, iniziò ad emettere una nuvola di fumo che in pochi secondi rese impossibile vedere.

Clint uscì dalla porta che dava sulle scale indossando degli occhialoni speciali. Si fece largo nel tra gli uomini di Blumart , troppo impegnati a tossire per fare qualunque cosa, e lo tramortì con una freccia narcotizzante. Approfittando del fumo trascinò il contrabbandiere sull’elicottero, era pronto a fuggire e concludere così la sua missione.

Prima di salire a bordo, però, ebbe un attimo di esitazione: si voltò e vide Natalia, ferita, inerme e circondata da uomini armati. Una volta accortisi della scomparsa del capo l’avrebbero sicuramente uccisa. Infondo non erano questi gli ordini? Ma era giusto lasciarla così? Cint Barton non sapeva cosa fare.

Sospirò.

Aveva preso la sua decisione.

Natalia vide il suo avversario venirle in contro. il fumo si stava diradando. Era completamente scoperto.

-Non muoverti-disse alla ragazza.

Lei si lasciò caricare in braccio, troppo sorpresa per protestare.

L'arciere corse più veloce che poteva verso l’elicottero, mentre gli scagnozzi di Blumart lanciavano gli ultimi colpi di tosse misti ad imprecazioni.

Adagiò l’assassina vicino a criminale, chiuse il portellone e aprì la portiera del pilota per salire.

Si diede mentalmente dello stupido, aveva dimenticato il pilota!

Ora che il fumo si era completamente dissipato, il pilota poteva vederlo benissimo e gli stava puntando una pistola alla testa.

Prima che potesse premere il grilletto, qualcosa sfondò con uno schiocco lo scafo antiproiettile dell’elicottero e lo colpì alla schiena.

Clint intravide uno scintillio dorato, dopodiché quel…qualunque cosa fosse, si dissolse senza lasciare traccia. L’arciere non rimase poi così sorpreso. Non era la prima volta che gli capitava una cosa simile, tuttavia non era il momento di giocare a cluedo: era ora di prendere il volo.


Natalia era distesa accanto al suo obbiettivo, non si muoveva, teneva gli occhi chiusi, stava pensando. Perché quel tizio l’aveva portata con se? Forse voleva qualcosa da lei? In ogni caso, questa era l'occasione che aspettava. Aveva le mani libere, quell’idiota non l’aveva legata (anche se probabilmente sarebbe servito a poco), così allungò silenziosamente le mani verso il collo del suo obbiettivo. Poteva strangolarlo mentre era ancora addormentato, nulla di più semplice.

-Non devi farlo per forza-sospirò Clint, senza voltarsi verso di lei.

Per un secondo rimase spiazzata, era stata più silenziosa di un gatto!

-E’ la mia missione! E poi questo qui merita di morire-rispose, senza ritrarre le mani.

-E’ questo che ti ripeti per giustificare quello che fai?-chiese ancora lui.

-Io uccido. E’ quello che faccio, non ho bisogno di giustificarmi con me stessa, ne tanto meno con te!-ringhiò l’assassina, iniziando ad arrabbiarsi.

-E sentiamo, quale sarebbe il tuo piano?-

-Uccido lui, poi stordisco te, ti lascio da qualche parte e piloto questo coso verso casa: missione compiuta-

Finalmente l’arciere si voltò.

-Come? non mi uccideresti?- chiese curioso.

-...No...non so quale sia il tuo piano, ma mi ha permesso di uscirne viva. Diciamo che te lo devo-confessò lei.

- In ogni caso non credo riusciresti a stordirmi in quelle condizioni, o a pilotare qualunque cosa-ridacchiò lui.

-Oh, posso fare questo e molto di più!- rispose lei, risentita.

-Se ne sei convinta...- ribatté lui, ridendo sempre di più.

Dopo pochi secondi di silenzio, Vedova si decise ad allontanare le mani dal gracile collo del suo bersaglio per sincerarsi delle proprie condizioni.

-Sotto il mio sedile dovrebbe esserci il kit di primo soccorso-la informò Barton.

-Tu sai che potrei attaccarti in qualunque momento, vero?- disse lei, sentendosi vagamente sottovalutata.

-Perché? Io non voglio farti del male-

-E COSA VUOI ALLORA? QUALI SONO LE TUE ISTRUZIONI? DOVE MI STAI PORTANDO? I TUOI CAPI VOGLIONO UCCIDERMI PERSONALMENTE? TORTURARMI? SONO PIU’ RESISTENTE DI QUANTO SEMBRA, CREDIMI! NON DIRO’ NULLA!!!- sbottò lei, estremamente frustata.

-Ti rilasserebbe sapere che non c’è nessun piano?- tagliò corto lui.

Natalia era basita.

-Non voglio farti del male,né tantomeno portarti da nessuno. Ci stiamo dirigendo verso una casa sicura dello SHIELD. Rimani li per un po’, rimettiti in sesto e sentiti libera di andartene quando vuoi. Ti do la mia parola che nessuno saprà che sei lì-spiego finalmente.

Vedova non sapeva più cosa pensare, la stava portando in una casa sicura dello SHIELD. Lei! Un’assassina pluriricercata in mezzo pianeta!

-Cosa vuoi da me?-chiese, sempre più confusa.

-Nulla, solo, non toccare le mie faretre nell'armadio della camera da letto. Sai, sono un maniaco dell’ordine-

-Tu...vuoi il mio corpo?-chiese lei, come se fosse la cosa più normale di questo mondo.

Clint si voltò nuovamente, disgustato.

-COSA? No! Io non...ma ti pare?-esclamò incredulo.

-Cosa… sei tu?- chiese lei.

-Sono un agente se è questo che intendi. Ma sono prima di tutto un essere umano. E sono certo che anche tu lo sia-

-Io sono una macchina di morte, non ho sentimenti né compassione-sospirò lei.

-Conosco il tuo “curriculum” Nat, ma so che non è del tutto vero-

Natalia sobbalzò sentendosi chiamare con quel nomignolo.

-Ti ho vista su quel tetto. Tu avevi paura…-

-IO NON HO MAI PAURA!-lo interruppe.

-Fammi finire…avevi paura, non di morire, ma di deludere i tuoi capi, che ti faranno se torni senza aver compiuto la missione? Conosco di fama la Red Room, non hanno rispetto per la vita umana-

-Anche tu uccidi...Lo SHIELD non è migliore della Red Room-

-E’ vero, ma non vorremmo farlo. Siamo obbligati ad uccidere per salvare delle persone innocenti. So che puoi capire questo ragionamento-

-So che io sono un pericolo e che lo SHIELD mi vuole morta, tu dovresti uccidermi o qualcun altro lo farà-

-Non permetterò a nessuno di farti del male. Tu non sei cattiva, Nat. Tutti facciamo scelte, giuste o sbagliate. Tu non hai avuto neanche questa possibilità. Sei meglio di quello che credi sai?-le disse lui, parlando con il cuore in mano.

-Cosa vuoi che faccia?-gli chiese lei.

-Per ora voglio che entri e ti medichi quella ferita visto che non ci hai messo neanche un cerotto. Troverai tutto il necessario in cucina. Ti aiuto a scendere-

Natalia non si era nemmeno accorta che l’elicottero era fermo. Erano arrivati a destinazione e sembrava non esserci nessuno ad aspettarla, né dello SHIELD, né della Red Room.

-E tu cos’hai intenzione di fare?-domandò Nat, mentre Clint la aiutava a scendere dall’elicottero.

-Torno indietro-rispose Occhio di Falco-Ho lasciato la mia Jeep davanti all’hotel-


Speriamo che questo piccolo fuori programma vi sia piaciuto e ci vediamo sabato con il prossimo capitolo!

A presto!

Chekkumeto&Lawrence_Victory


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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Attenzione! In questa premessa ci sono un paio di punti importanti.

Per prima cosa, vogliamo fare a tutti le nostre scuse per il ritardo nel postare il nuovo capitolo, ma il bonus ci ha occupato i primi giorni della settimana e quindi non abbiamo fatto in tempo ieri a finire questo.

In secondo luogo, vorremmo proporre una specie di “premio” per il/la fan più attivo (cioè che ci recensisce sempre, fa commenti esaurienti e dettagliati, cose così) che sarà a sorpresa tra i prossimi capitoli, quindi abbiamo bisogno di sapere se siete tutti d’accordo. Ovviamente il premio non sarà nulla di materiale, bensì qualcosa riguardante la storia.

Infine devo dire che siamo rimasti un po’ delusi dal calo di recensioni nel capitolo bonus che ci aspettavamo vi sarebbe piaciuto di più e ci auguriamo che torniate a esprimerci la vostra opinione che ci fa sempre tanto piacere.

Ultima cosa, questo capitolo è un po’ lento e sentimentale, dal prossimo però ci sarà tanta azione, quindi godetevi la calma prima della tempesta.

Ora, come sempre vi auguriamo buona lettura.

Chekkumeto&Lawrence_Victory


CAPITOLO 3

In cui Banner si improvvisa analista e Pepper tesse la sua tela


Mentre sorseggiava l’ennesimo cocktail verde, Banner cercava di concentrarsi su una rivista scientifica che aveva ricevuto quella mattina, ma l’evidente disagio del suo amico a stelle e strisce lo distraeva.

-C’’è...uhm...qualcosa che non va, Steve?-chiese, con un briciolo d’esitazione.

Lui rimase fermo e silenzioso per qualche istante prima di voltarsi verso il dottore.

-Ti capita mai di non sentirti te stesso?-chiese Steve.

Il Dottore scoppiò a ridere.

-Sei serio?- rispose.

Rogers prese una sedia e si sistemò di fronte al suo interlocutore.

-Intendevo… di sentirti inadatto, fuori posto, che la gente ti veda diversamente da come sei realmente…-.

-Scusa, non ti seguo- rispose il dottore, perplesso, richiudendo il giornale.

-Sai: Tony Stark è uno scienziato pazzo pieno di soldi oltre ad essere Iron Man, Natasha e Clint sono agenti dello SHIELD oltre che vendicatori e tu sei una delle menti più brillanti del nostro tempo, ma chi è Steve Rogers quando non è Captain America?-

Bruce sembrava interdetto, così Steve cercò di spiegarsi meglio.

-Quando non sono in missione per Fury tutto quello che faccio è allenarmi. Non so come comportarmi con le persone di questo tempo-.

-beh…- cercò di dire Banner.

-E poi tutta questa tecnologia mi mette a disagio. Non saprei dove andare se uscissi dalla torre: non ho un hobby, amicizie al di fuori del lavoro… Ho solo il mio appartamento- continuò il capitano.

-Sai, credo di sapere di cosa hai bisogno- azzardò Bruce.

-Ovvero?-

-Una ragazza- sorrise il dottore.

Il mastodontico capitano arrossì come una scolaretta il primo giorno di scuola.

-E’ che… non saprei cosa… non saprei che fare, dove andare…- si giustificò.

-Non ce n’è bisogno! lascia che sia lei a condurre le danze, fatti portare al cinema, prova qualche fast food, accompagnala al centro commerciale… cose di questo tipo-.

-Si… beh… ma in questo caso… chi?- chiese speranzoso Steve.

-Ah non guardare me! questo devi deciderlo tu-

-e poi chi si prenderebbe uno come me?-

Il dottore lo squadrò da testa a piedi.

-Stai scherzando vero? le donne stravedono per gli uomini alti e muscolosi, e tu hai il vantaggio di rimanere del tuo colore per essere così- scherzò Bruce.

-Scommetto che le ragazze svengono ai tuoi piedi anche quando vai a comprare il latte-

-Veramente non mi piace molto il latte, però mentre andavo in lavanderia, una volta, una signora ha avuto un mancamento e ho dovuto rianimarla- disse serio Rogers.

Banner evitò di commentare.

-Comunque non so come comportarmi con le ragazze di questo tempo- continuò lui, ancora scettico.

-In questo caso hai bisogno di un po’ di pratica… prova a chiedere a Natasha!- esclamò il dottore.

-Romanoff?-

-Conosci qualche altra Natasha?-

-Dici che mi aiuterebbe?-

-Perché no? Mi sembra la persona più adatta in materia di… corteggiamento- rispose Banner.

Rogers ci pensò un attimo, poi scattò in piedi facendo sobbalzare l’amico.

-Dottore! Sei un genio! Avresti dovuto fare lo strizzacervelli, non lo scenziato- scherzò raggiante.

Bruce rise alla battuta.

-Si certo, e chi può avere interesse a parlare con me?-

-Dottore, avrei interesse a parlare con lei-

La voce divertita di Pepper Potts placò in un istante le risate dei due uomini.

-Buongiorno Miss Potts-disse subito il Capitano scattando sull’attenti.

-Salve, Virginia. Non faccia caso a noi, io e il Capitano stavamo discutendo di una sciocchezza- disse educatamente Bruce.

-Ma io devo davvero parlare con lei. Questioni… importanti-specificò l’amministratrice delegata.

-Oh...ma certo, prego, mi dica pure…-disse Bruce, sistemandosi più elegantemente sul divano.

-Io vado ad...allenarmi-esclamò il Capitano, congedandosi con un piccolo inchino a Pepper, che sorrise imbarazzata.

-Io e Tony ci sposiamo-sparò la donna, dopo che il capitano si fu allontanato.

Bruce fece cadere la sua rivista per la sorpresa.

-Oh mio...congratulazioni! E’ una notizia bellissima, non capisco perché Tony non me l’abbia…- Banner si interruppe davanti all’espressione colpevole di Pepper-...Tony lo sa?-

-Ne abbiamo parlato...un paio di volte. Volevo chiederglielo oggi, dopo la visita al cimitero ma è arrivato il signor Rogers…-spiegò.

-Ma scusi, non dovrebbe essere lui a...no certo, stiamo parlando di Tony Stark, è ovvio che sia lei a proporre…-si corresse il dottore, alzando gli occhi al cielo.

-Quindi...secondo lei va bene che sia io a farmi avanti?-chiese Pep torcendosi le mani.

-Sì, certo. Insomma, oggigiorno non è poi così strano. E poi l’importante è il matrimonio, non chi lo propone a chi-sorrise Bruce.

-Bene. Grazie infinite dottore...ci sarebbe ancora una cosa Bruce. Ehm, posso darti del tu, vero? Vuoi essere uno dei nostri testimoni?-chiese Pepper sorridendo.

-Cos...sì, sì certo. Sarebbe fantastico. Grazie-esclamò Banner con un ampio sorriso.

-Grazie a te Bruce. E’ bello vedere che Tony ha finalmente qualcuno che tiene a lui-

Pepper si voltò verso la porta appena in tempo per vedere un inferocita Natasha attraversare il corridoio.

-Scusami Bruce, devo andare a parlare con Natasha. Devo chiederle di farmi da damigella-disse la donna, alzandosi e rassettandosi la gonna.

-Forse è meglio chiedere in prestito lo scudo di Steve. Giusto per precauzione-ridacchiò il dottore.

-Si, credo sia meglio, grazie dottore-rispose la donna e filò via prima che Banner potesse dirle che stava scherzando.

Pensò che la gente, forse, lo prendeva un po’ troppo sul serio, dopodiché riprese la sua rivista.

In prima pagina, svettava la notizia di una nuova scoperta dei giovani scienziati Leopold Fitz e Gemma Simmons dello SHIELD, di cui Banner aveva letto ogni pubblicazione.

-Bruce, volevo chiederti…-esclamò Clint, entrando nella stanza.

-NO. Basta. Per oggi lo psicologo Banner ha chiuso i battenti. Chiedi a Sark-sbottò il dottore, chiudendo definitivamente la sua lettura maledetta.

-Vado a rinchiudermi in camera, li potrò starmene tranquillo-.

Il dottore sparì subito e Clint rimase fermo con ancora il dito a mezz’aria.

-...se sai dov’è Natasha-concluse a bassa voce.


L’ assassina era nella sua camera e stava violentemente colpendo un povero sacco da boxe.

Quando sentì bussare si augurò con tutto il cuore che non fosse Clint, o stavolta avrebbe preso lui a pugni.

Spalancò la porta e si trovò a fissare una grossa stella bianca circondata da un cerchio blu e uno rosso.

-Ehi, Nat...-esclamò Pepper, seminascosta.

-Pepper. Perché lo scudo?-chiese la rossa sconcertata.

-Precauzioni-ridacchiò lei.

Incredibilmente, riuscì a strappare un sorriso a Nat.

-Prego, entra-disse l’assassina, facendosi da parte.

Si accomodarono sul divano e Pepper appoggiò lo scudo di lato.

-Allora, come posso aiutarti?-chiese Natasha incuriosita.

-Beh, in pratica, io voglio chiedere a Tony di sposarmi…-iniziò.

-Sei incinta?-la interruppe la rossa, guardandola con attenzione.

-Che…? No! No non sono incinta. E’ che io e Tony stiamo insieme da parecchio-spiegò l’altra, leggermente indignata.

-Scusa...è che...Stark...cioè...non sposerei uno così neanche se fosse l’ultimo uomo sulla terra. E poi, non dovrebbe essere lui a...no, certo. Stiamo parlando di Stark-commentò l’assassina ridacchiando.

A Pepper venne quasi da ridere sentendo le stesse parole di Bruce.

-Il punto è: vuoi farmi da damigella?-chiese mordicchiandosi il labbro.

Natasha rimase per un secondo senza parole, immobile.

-Sei...sei sicura di...volere me?-chiese lentamente Tasha.

-Sì, certo-sorrise l’altra perplessa.

Lentamente un sorriso si allargò sul volto della rossa.

-Ne sarei... molto felice-rispose, stringendo delicatamente la mano di Pepper.

Natasha era già stata a molti matrimoni, ma era sempre stato solo una copertura. Non aveva mai partecipato al matrimonio di un’amica… forse perché non aveva mai avuto amiche.

Era raggiante al pensiero di fare da testimone a Pep, e di non dover nascondere ingombranti armi sotto quei minuti vestiti da damigelle. Si sentiva normale.

si, quella notizia l’aveva davvero resa felice.

-Perché non gli organizzi un matrimonio a sorpresa?- suggerì.

-A… Sorpresa… si, SI è un’idea stupenda- rispose Pepper.

-Così il caro Iron Man non avrà via di scampo!- Scherzò l’altra.

-Devo solo decidere quando- Pep cominciò a rimuginare su una possibile data.

-Che ne dici di: Appena tornati dal Triskelon?-

-Cosa? intendi… ma ci sono un sacco di cose da organizzare e troppo poco tempo!-

-Insomma Pepper gestisci uno dei più grandi agglomerati societari del mondo e mi vieni a dire che non riusciresti a farlo? Avverto gli altri, andiamo a fermare quel pazzo, torniamo indietro e tu e Tony siete marito e moglie- cercò di convincerla Nat.

-... D’accordo, tu sarai la mia talpa e mi avvertirai dei suoi spostamenti-

-Non sarà difficile- rise Nat, era entusiasta di fare la spia “per gioco” per una volta.

-C’è molto da fare! devo chiamare qualcuno per gli abiti, fortuna che ho le misure, e potrei chiedere a Happy di chiedere a suo cugino per il Catering, me ne parla sempre, e poi la cerimonia, potrebbe essere proprio sulla torre, devo cercare un…- sparò tutto d’un fiato Pep, alzandosi in piedi.

-Dai, vai a preparare tutto, ci penso io a riportare questo al suo proprietario- disse Nat, prendendo in mano lo scudo.

-Grazie mille Nat- squittì entusiasta la bionda, abbracciando l’amica.

Nat non ricordava di essere mai stata così felice.


Eccoci qua! Speriamo che il capitolo non vi abbia annoiati, in ogni caso il prossimo non lo farà di sicuro!

A sabato prossimo!

Chekkumeto&Lawrence_Victory



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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Ci scusiamo tantissimo per il ritardo di ben una settimana, ma sono entrate in gioco quelle belle cose chiamate “esami di stato” e che riducono il tempo che il mio collega Lawrence può dedicare alla scrittura, lasciando me da sola a lavorare con solo le sue correzioni.

Per questo motivo purtroppo anche il prossimo capitolo sarà domenica 21, a meno che io non riesca a fare un miracolo e a farlo prima. In ogni caso ci sarà una sorpresa un po' diversa dall'ultima, per allora.

Spostiamo la pubblicazione dal sabato alla domenica perché il sabato è il giorno in cui abbiamo più tempo per scrivere.

Abbiamo vagamente (XD) inteso che vi attira l’idea del piccolo “concorso” quindi nel prossimo futuro sarà sfruttata.

Spero che questo capitolo sia di vostro gradimento, perché scriverlo è stato un parto.

Buona lettura

Chekkumeto&Lawrence_Victory


CAPITOLO 4

In cui cambiano i piani e squillano i telefoni



Stark stava ancora lavorando quando Fury fece irruzione nel laboratorio, seguito dagli altri Avenger.

-Ehi, che succede? E’  già ora di partire?-chiese il miliardario padrone di casa.

-Sì ma non per il Triskelion, ci sono novità Stark-rispose rapidamente il direttore, collegando una chiavetta USB al computer.

Sul maxi schermo apparve un’immagine della Statua della Libertà. Era stata perimetrata e circondata di poliziotti.

-Venti minuti fa una telecamera di sorveglianza della statua si è oscurata per trenta secondi. Quando hanno ripreso a filmare, questa era la scena-spiegò Fury, cambiando immagine.

Sullo schermo comparve quella che a giudicare dalla quantità di contatori elettrici era la stanza che controllava tutto l’impianto di illuminazione del monumento, al suo interno tre uomini e due donne, tutti con la stessa tuta blu scuro, legati con quelli che sembravano cavi elettrici a una valigetta nera. La valigetta aveva un timer sul lato visibile e sotto era stata disegnata una grande A rossa cerchiata. Tutti gli Avengers trattennero il fiato.

-Dobbiamo intervenire subito!-esclamò il Capitano.

-Aspetta Rogers, qui c’è qualcosa di strano. Perché New York? Le altre città erano tutte capitali-osservò Stark.

-Non possiamo dare per scontato che sia il nostro attentatore, nessuno al di fuori dello SHIELD sa che vi ho coinvolti, potrebbe anche essere opera di qualcun’altro- rispose il direttore.

-Che importa? Lì ci sono dei civili legati ad una bomba!-ribattè Banner, alquanto nervoso.

-Quanto tempo ci rimane? Qualcuno sta cercando di disinnescarla?- chiese subito Natasha.

-Quando è comparsa la valigetta il timer segnava 60 miuti, ora rimane poco più di mezz’ora…-rispose Nick.

-Coincide con l’ora dell’attentato, ma c’è qualcosa che non torna! Ho riletto i precedenti indizi e…- lo interruppe Tony con fare pensieroso.

-Per ora concentriamoci su QUESTA bomba, Stark. Ho mandato il tuo decriptatore alla base, una volta decifrato l’indizio sguinzaglierò tutti gli agenti disponibili alla ricerca dell’attentatore. Per rispondere alla tua domanda, Romanoff, no, gli artificieri stanno ancora cercando di entrare, le porta sono bloccate elettronicamente-rispose Nick.

-Digli di fermarsi-rispose Nat.

Il direttore inarcò un sopracciglio e le chiese per quale motivo.

-Chiunque sia questo tizio è chiaro che ci vuole in quella stanza. Se riesce a controllare porte e telecamere è probabile che stia sorvegliando l’ingresso: se vede entrare degli estranei forse può far esplodere la bomba a distanza-spiegò l’assassina che aveva già incontrato stratagemmi simili in passato.

-Un punto per la vedova, muoviamoci allora. Direttore, portaci alla statua e avvisa anche noi non appena scopri qualcosa sull’indizio-ordinò Stark scattando in piedi.

Nick annuì e si diresse alla piattaforma

Gli Avengers si diressero verso l’ascensore per raggiungere la pista di atterraggio dove li attendeva il Quinjet di Fury, ma quando le porte si aprirono si trovarono davanti Pepper, rossa in viso e con uno scatolone tra le braccia.

-Pepper, che c’è lì dentro?-chiese Stark incuriosito.

-Niente, tranquillo. Scartoffie-disse lei, chiedendo aiuto mentalmente ai suoi “complici”.

Fortunatamente Nat sembrava aver capito cosa contenesse potesse contenere quello scatolone.

-Vieni Stark, hai un appuntamento con una bomba-disse l’assassina trascinandolo dentro l’ascensore.

-C’è una bomba nella statua della libertà: vado, risolvo la situazione e torno- fece Tony, ammiccando alla fidanzata.

-Fate con calma va bene?-disse Pepper ai Vendicatori, ma solo Nat e Banner capirono che era iniziata l’operazione “matrimonio a sorpresa”

Le porte dell’ascensore si chiusero su un ignaro Stark che stava ancora elaborando teorie sul modus operandi del loro attentatore.


---


Il quinjet atterrò rumorosamente sulla strada poco lontano dalla statua.

Gli agenti dello SHIELD trattenevano la folla, ansiosa di avvicinarsi al gruppo di supereroi per una foto o un autografo.

-Non sarà pericoloso lasciare qui tutta questa gente?-chiese Banner, sempre più nervoso.

-Non se ne andrebbero nemmeno se gli piombasse addosso Hulk in persona-gli fece notare Stark.

Senza ulteriori esitazioni entrarono nella statua, diretti verso la stanza della valigetta mentre Fury ripartiva alla volta del Triskelion.

-Dietro questa porta c’è la bomba. Ora io la apro e poi starò di guardia al corridoio-cominciò a ordinare Rogers- Barton, pensaci tu alla bomba; Romanoff, vai alla console di controllo e prendi tutti i video di sorveglianza; Stark e Banner, voi controllate gli ostaggi e cercate di liberarli. Salviamo un po’ di vite-.

-Agli ordini, capitano mio capitano-rispose Stark, scattando sull’attenti.

Steve lo ignorò e scardinò completamente la porta.

I cinque ostaggi iniziarono ad agitarsi, al loro ingresso, e Banner cercò subito di calmarli.

Clint corse alla valigetta  e iniziò ad esaminarla mentre Stark cercava di capire se poteva liberarli.

Il timer segnava ormai dieci minuti.

-Ci vorrà molto?-chiese Steve.

-Sto controllando se ci sono meccanismi che innescano la bomba e la valigetta viene aperta. Ci sono quasi-rispose Barton.

-Stark, quei cavi?-chiese ancora Rogers.

-Potrei spezzarli a mani nude, ma potrebbero essere collegati al detonatore-rispose il miliardario.

Banner notò che Clint era ancora impegnato e che il tempo era agli sgoccioli, c’era bisogno di un piano di riserva e in quel momento ebbe un idea.

-Taglia quei fili Stark, io mi trasformo e vi faccio da scudo dall’esplosione- disse subito.

-Dottore, se la bomba è come quella degli altri attentati anche Hulk potrebbe non resistere, perfino le mie armature finirebbero disinegrate- rispose in fretta Stark.

-Hai ragione-disse Captain America entrando nella stanza-ma il mio scudo no-.

-Cos’hai in mente?- chiese il milliardario che stava ancora trafficando con le cavigliere che inprigionavano gli ostaggi.

-Portiamola in cima alla statua, mi butto dalla testa con la bomba mentre nello stesso istante tagliate i fili. Con una buona rincorsa posso allontanare la valigetta quanto basta-

-Steve! Il mondo ha bisogno di te, non sappiamo con cosa abbiamo a che fare e il vibranio potrebbe non resistere. Lascia che lo faccia io!-ribattè il medico.

-Io sono il leader di questa squadra, devo essere io a farlo-disse ancora Steve.

-Esatto! tu devi restare per guidare la squadra, io sono un mostro!-commentò il dottore.

In quel momento uno squillo fastidioso iniziò a risuonare nella stanza.

-Non è il mio-disse subito Stark.

Gli altri iniziarono si guardarono sbigottiti, poi rivolsero lo sguardo alla valigetta che teneva in mano Clint.

Con un sospiro il super soldato la aprì con un violento strattone. Gli ostaggi sobbalzarono all’unisono.

qualcosa cadde per terra e quel qualcosa porduceva una snervante musichetta polifonica.

-Toh! Un cellulare! Tenete lo spirito di sacrificio in caldo per la prossima volta!- disse Tony sostenendo gli sguardi omicidi di Banner e Rogers.

Quest’ultimo liberò gli ostaggi che corsero fuori dalla stanza mentre il cellulare continuava insistentemente a squillare.

I cinque eroi si guardarono, senza toccarlo, come se potesse mordere.

Fu il Capitano, stufo, a prendere il dispositivo e pigiare, come aveva imparato da poco, il tasto verde sullo schermo e subito dopo quello del vivavoce.

-Salve Avengers. Non vedevo l’ora di parlare con voi-disse una voce modificata, proveniente dall'apparecchio.

-Non è necessario mettere in pericolo degli innocenti per parlare con noi-disse Steve con calma.

-Pericolo? come avete potuto vedere nessuno era in pericolo. E’ stato uno spasso osservare il vostro teatrino-.

Automaticamente i quattro si voltarono verso la porta dove la videocamera di sicurezza lampeggiava di rosso ad intermittenza.

-Chi sei?-chiese invece Banner.

-Sono il game master, l’organizzatore della piccola sfida tra me e Nick Fury, potete chiamarmi… Thunderwhite- rispose il misterioso interlocutore.

-Perché hai organizzato questa pagliacciata?-chiese Clint.

-Volevo solo avvertirvi di persona-

-Avvertirci riguardo a cosa?-chiese lì’arciere.

-Alle conseguenze. Fury non avrebbe dovuto chiedervi aiuto nel nostro gioco. Ha barato… e ora dovrò barare anch’io-.

Tutti si guardarono inquieti.

-Chi ti ha detto che il direttore ci ha coinvolti? Hai un'informatore all'interno?-sbottò Clint furioso.

-Vi basti sapere che qualsiasi cosa farete d’ora in poi, io lo saprò- rispose Tunderwhite.

-Che c’è? il nostro amico tanto sicuro di se ha paura di perdere?- lo canzonò Tony.

-curioso che proprio lei dica una cosa del genere, signor Stark. Sappiate che state scherzano con forze al di sopra di voi, e quando l'avrete capito sarà troppo tardi- Minaccò la voce.

-Perché non ci spieghi? Adesso sono curioso-rispose il miliardario.

-Ma così il gioco finisce subito e voi siete appena arrivati- rise Thunderwhite -E a proposito. E’ il momento che il gioco continui. Ti conviene rispondere al telefono, sigor Stark-.

La chiamata si chiuse e un istante dopo il cellulare di Tony cominciò a suonare. era Fury.

Il milliardario esitò un momento prima di rispondere.

-Avengers, ci siamo, grazie al decriptatore di Stark abbiamo scoperto l’indizio-annunciò la voce del direttore.

-Benissimo, qual’è l’indizio?-chiese subito Stark.

-”Il nuovo colosso di New York”-citò Fury.

-Che vuol dire?-chiese Barton perplesso.

Tutti si guardarono perplessi. Rogers prese il telefono dalle mani di Stark.

-Quindi sappiamo che è a New York, qual’è la situazione?- chiese.

-Resta poco tempo- tuonò la voce del direttore proveniente dal dispositivo,  -stiamo facendo evacuare grattaceli, centri commerciali e tuto gli edifici affollati che possono essere definiti un “nuovo colosso”. Voi a che punto siete?- domandò.

-Falso allarme, ma a dopo le spiegazioni. Veniamo a darvi una mano. passo e chiudo- disse il capitano chiudendo la chiamata.

-Noi non ci muoviamo di qui!- dichiarò Tony.

-Cosa?- chiesero all’unisono gli altri tre.

-Ho capito cosa voleva dire quel bastardo! i precedenti indizi erano citazioni, parti di canzoni, l’ultimo era un’intera poesia: “...sentite questo rumore nelle foglie d'acero? E' il soffio del mondo nuovo che arriva." "... l' uragano si prepara tutto il mondo si allinea. Tenete alta la testa e non abbiate dubbi, un passo a sinistra, un passo a destra è così che si prosegue diritti.”- esclamò Tony.

Il milliardario continuò vedendo le facce attonite dei suoi amici.

-E’ una poesia di Georges Oshawa. L’ultima volta la bomba è scoppiata sulla collina del parlamento ad Ottawa, che si trova su un isola dell’omonimo fiume. Pensateci: la foglia d’acero è il simbolo del Canada, l’uragano è presente sullo stemma della capitale, “il mondo si allinea, un passo a sinistra, un passo a destra…” il fiume Ottawa è la linea che divide il Quebec dall’Ontario e il parlamento si trova su una collina, in alto...-

-D’accordo, abbiamo capito Stark, ma questo cosa significa?- chiese il capitano.

-Il nuovo colosso! è il titolo della poesia…sulla base di questa statua!- esclamò esasperato Stark, stupendosi della mancanza di cultura dei suoi amici.

-La statua è stata evacuata e, a parte la valigetta, non c’è nulla di strano- rispose Rogers.

-E se la bomba fosse nelle fondamenta? Se Thnderwhite volesse far crollare la statua su quella folla di curiosi qui fuori?-

-Stark, non torna. La statua è politicamente nel New Jersey, non a New York!- spiegò Banner.

-Sta barando! Lo ha detto che avrebbe barato! cerca di fregarci, ci manda a cercare una bomba a New York e invece fa esplodere la statua, vuole coprirci di ridicolo! Per questo ci ha fatti venire qui! vuole…-

-NON TI MUOVERE!-

Una voce proveniente dal corridoio attirò l’attenzione dei vendicatori che corsero fuori dalla stanza. Nat stava puntando la pistola contro una figura incappucciata, bassina, dal corpo slanciato, si riuscivano ad intravedere dei lunghi capelli castani.

Vi stava spiando! l’ho vista arrivare dalle telecamere di sorveglianza poco fa, quando gli ostaggi sono scappati!- esclamò Nat, furiosa.

-Sei con Thunderwhite? hai nascosto qui una bomba?- chiese il capitano.

La figura rimase immobile.

-Tony!- esclamò una voce femminile sotto il cappuccio. -La torre Tony! corri, non pensare a me!- continuò.

i presenti si guardarono, straniti.

la ragazza approfittò di quell’attimo di confusione per voltarsi e far volare via la pistola di Nat. l’assassina, ancora prima di accorgersene, si ritrovò per terra mentre la figura misteriosa lasciava il corridoio.

-Fermati!- Le ringhiò Nat rimettendosi in piedi, pronta all’inseguimento.

Clint la fermò. -Lasciala andare, se ne occuperano gli agenti fuori dalla statua- disse.

-Gli stessi che non si sono accorti che fosse entrata?- rispose lei.

Stark interruppe il litigio, -dobbiamo scoprire dove ha nascosto la bomba, mancano pochi minuti!- ordinò.

-Ragazzi, la torre…-ripetè il Capitano un po’ più forte.

-La torre cosa Rogers?-esclamò il miliardario spazientito.

-E’ quello l’obbiettivo. Quel tipo ha detto che ci sarebbero state delle ritorsioni contro di noi!-esclamò finalmente il super soldato.

-Ma la poesia…-attaccò Tony.

-Dimentica la poesia Stark! Ha barato, è questo che intendeva!! Siamo noi il suo obbiettivo!!- gli tuonò contro Rogers.

Tony rimase paralizzto.

Natasha cercò di dire qualcosa, -ma… Pepper…-.

-Signore-

esclamò JARVIS nel comunicatore di Tony

-C’è un intruso nella to…-

La trasmissione si interruppe.

Una forte esplosione eccheggiò a chilometri di distanza.


Salve ancora,

speriamo che vi sia piaciuto questo capitolo e se volete lasciare un’opinione ci fa sempre molto piacere.

A presto

Chekkumeto&Lawrence_Victory





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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Probabilmente ormai ci davate per dispersi, e avevate ragione, ma come potete vedere siamo tornati. Esame di stato mandato a quel paese, ora siamo di nuovo liberi di scrivere e portare avanti questa storia come precedentemente previsto. Stiamo anche lavorando ad una cosuccia che spero vi piacerà e che sarà pronta questo pomeriggio. Qualcosa che vi permetterà di essere continuamente informati sul nostro lavoro ;-); la pagina facebook ufficale di Avengers Beside!!!!

https://www.facebook.com/AvengersBeside

Festa!!!

Mi raccomando, venite a mettere mi piace per avere disegni, immagini e tanto altro sulla storia!

Ma bando alle ciance, è ora di godervi questo atteso e durissimo capitolo. Non vi diciamo che fatica a scriverlo.

Buona lettura,

Chekkumeto&Lawrence_Victory



CAPITOLO 5

In cui...è meglio se lo scoprite da soli.



Gli Avengers si fiondarono fuori dalla statua e guardarono in direzione dell'Avengers Tower. L'edificio era ancora in piedi, ma sovrastato da una fitta colonna di fumo nero.

-JARVIS?! JARVIS!! rapporto!! Pepper è nella torre?!- continuava ad urlare Tony nell’auricolare.

Natasha e Bruce si guardarono mestamente, loro sapevano che la fidanzata di Stark non si sarebbe mossa da là fino al loro ritorno.

Alla fine Tony tolse bruscamente l’auricolare e lo scagliò a terra.

-Dobbiamo andare alla torre!-sbottò ai suoi compagni-Subito! -.

-Ma Fury è ripartito…-gli fece notare Clint.

-Agente! Gli Avengers devono requisire questo elicottero! Immediatamente!- ordinò Captain America ad un poliziotto vicino alle transenne, che, senza una parola, si fece da parte. Rogers fece cenno agli altri di salire, Clint e Natasha presero i comandi e in tutta fretta fecero decollare il velivolo della polizia nel silenzio generale delle forze dell’ordine e della folla, tutti intenti a guardare increduli la torre.

-Ci vorrà ancora molto?-chiese il miliardario per la sesta volta in pochi minuti.

-Quest’affare non va più veloce di così!- ringhiò Natasha, preoccupata quanto lui.

Gli Avengers erano fissi con lo sguardo sulla torre che diventava sempre più nitida. C’era un grande squarcio, perfettamente circolare, sulla facciata. L’esplosione aveva distrutto la grande A, simbolo della squadra.

Steve si stava rigirando lo scudo tra le mani, Nat imprecava in due lingue diverse e diverse volte rischiò di spezzare la cloche dell’elicottero. Bruce aveva nell’iride una chiara sfumatura verde e scuoteva nervosamente la gamba facendo oscillare l’elicottero.

Il mezzo si avvicinò alla piattaforma di atterraggio e la situazione alla torre divenne chiara: l’esplosione aveva coinvolto sei piani. Il cratere era chirurgicamente circolare, sembrava che la torre fosse stata costruita così. Ovunque c’erano vetri polverizzati, cavi scoperti, macerie e distruzione. Nessun segno di vita.

Banner si stava già trasformando quando afferrò Tony per un braccio e si lanciò all’interno dello squarcio, per cercare Pepper. Appena il l’elicottero toccò terra anche Nat, Clint e Steve si precipitarono alla ricerca.

Hulk andava in giro ribaltando ogni cosa, scavando nelle macerie, sfondando muri e causando qualche crollo, seguito da un preoccupatissimo Tony Stark.

-Pepper!!! Pepper!!! PEPPER!!! JARVIS ci sei?!- gridò Tony.

-AfFr...Zz..tVo.. Sg...ORe- fu la risposta della AI.

-Pepper è qui? Nella torre?-chiese speranzoso.

-S...rInA Po...ZZz.Pre..Nte ne..LLa T..RR-

Il miliardario sbiancò.

-Dimmi dove si trova!!- ordinò immediatamente.

-SiG...INa.. zzZ PoTS… Ci...TadU...Mo PiAn...o…-

-Sentito Hulk? Cinquantaduesimo piano!-disse Stark, avvicinandosi al gigante. Subito quest’ultimo cominciò a colpire il pavimento e così precipitarono di due piani.

-PEPPER!! MI SENTI?! PEPPER!!!-

-Tony… siamo qui…l’abbiamo trovata-si voltarono entrambi nella direzione da dove arrivava la voce di Clint, temendo il peggio.

-Bel lavoro bestione, ora però mi serve quello piccolo-disse Stark affrettandosi mentre Hulk, grugnendo, lasciava spazio al suo alter-ego.

Stark raggiunse gli amici facendosi largo tra le macerie e rimase pietrificato dallo spettacolo che gli si presentava.

-L’abbiamo… trovata così…- sussurrò Clint.

Lo sguardo attonito di Tony si postava alternatamente dal corpo di Pepper al volto dei suoi compagni che sembravano più terrorizzati di lui, poi cadde in ginocchio, la mente annebbiata.

-E’...E’...- cercò di domandare.

-E’ viva?- concluse Bruce, appena arrivato.

-Non lo sappiamo: non possiamo avvicinarci-

Davanti a loro Pepper era stesa sulla schiena.

A un metro da terra.

Circondata da polvere e detriti disposti in cerchi concentrici.

-Sta...volando?-chiese Rogers, basito.

-Levitando...credo-ribattè Romanoff, ancora più incredula.

-Sembra...un...magnete!- esclamò Banner.

-Guardate questo- disse Clint, raccogliendo un pezzo di calcestruzzo da terra.

Caricò il braccio puntando al corpo fluttuante della ragazza.

-Fermo!- gridò Tony sconvolto, ma il coccio era già in volo e a pochi metri da Pepper si sgretolò fino a diventare sabbia, poi i frammenti si disposero ordinatamente nei cerchi sul pavimento.

Starl era ammutolito.

-Lei… Sta... vibrando!-balbettò Banner, illuminandosi.

-Che vuol dire che sta vibrando?-domandò Natasha, preoccupata.

-C’è questa teoria, chiamata “teoria delle stringhe”, che tenta di conciliare la meccanica quantistica con la relatività generale…-attaccò il dottor Banner.

-Nella nostra lingua, dottore-chiese Steve, inarcando un sopracciglio.

-In pratica ogni molecola vibra ad una sua frequenza. La frequenza determina la densità della massa della sostanza-sbuffò Bruce.

-Quindi Pepper è come un diapason: sta emettendo vibrazioni talmente forti da modificare la massa delle molecole che la circondano-continuò Stark -Nessuno di voi ha mai visto Fringe?-.

-Cos’è Fringe?-chiese Steve perplesso.

-Cercalo su Wikipedia-sbottò il miliardario.

Nel frattempo Clint e Natasha si erano ritirati in un angolo, con il cellulare in mano.

-Stark abbiamo informato Fury della situazione, un trasporto dello SHIELD sarà qui in mezz’ora per portarla in una struttura adeguata-esclamò Natasha.

-Non abbiamo mezz’ora, Romanoff! Non sappiamo nemmeno se sia viva!-sbottò Stark-.

-Quelle vibrazioni non ci permettono di avvicinarci, ci serve una protezione resistente- borbottò Bruce.

-Hai ancora qualche armatura Stark? Hai visto com’è finito quel ciottolo- osservò Barton.

-No… sono tutte andate!- Si maledì Tony.

-Fury deve avere qualcosa allo SHIELD per contenerla, ma ci vuole tempo-spiegò Nat.

-Lo faccio io, la porterò io alla base-si offrì subito il Capitano.

-Capitano, vuoi diventare polvere di supereroe?-gli chiese Barton, inarcando un sopracciglio.

-Sono un po’ più resistente di te, Falco. Posso cavarmela con danni lievi-rispose il soldato.

-Una vibrazione così forte potrebbe distruggerti i timpani…-lo rimbeccò il miliardario, ma un ruggito animale fermò ogni protesta.

Istintivamente Natasha si aggrappò al braccio di Clint accanto a lei, mentre il gigante verde si ergeva nuovamente in tutta la sua altezza.

Hulk fece un passo verso Pepper ma si ritrasse prima di afferrarla, lamentandosi.

Sulla mano destra erano comparse delle escoriazioni, quando aveva provato ad avvicinarla.

Ruggendo di rabbia balzò sulla ragazza ignorando le ferite che si moltiplicavano, e la prese tra le braccia, poi con due falcate balzò fuori dalla torre.

Gli altri corsero subito a guardare di sotto e lo videro atterrare con una capriola maldestra e dirigersi verso la base dello SHIELD.

Gli Avengers si diressero verso la pista di atterraggio per seguire i movimenti del gigante dall’elicottero.

Per Clint non fu difficile trovare Hulk: bastava seguire la scia di distruzione che si lasciava dietro. Il bestione però sembrava affaticato e sofferente. Si era caricato Pepper su una spalla per poter potersi appoggiare sul braccio libero mentre correva.

Dall’elicottero si auguravano che il gigante non travolgesse nessuno quando un forte gracchiare alla ricetrasmittente di Nat attirò la loro attenzione.

-Ehi banda!-esclamò la voce di Fury nell’apparecchio -Mi dicono che un grosso tizio verde sta intasando il traffico. Ne sapete niente?-chiese.

-Hulk sta…portando la signorina Potts alla base. Non c'era tempo per aspettare un trasporto speciale- rispose Romanoff.

-Ammirevole, ma sarà inutile portarla base, dobbiamo raggiungere il nostro centro medico fuori città-rispose subito il direttore.

-Fantastico! E come lo diciamo alla nostra ambulanza verde che va nella direzione sbagliata?- si lamentò Stark nella ricetrasmittente.

-Basta dargli qualcosa da seguire!- rispose pacato Fury e quasi contemporaneamente un quinjet sorpassò a tutta velocità l’elicottero.

Il velivolo si abbassò tagliando la strada al gigante e dal portellone si sporse il direttore dello SHIELD in persona con un megafono in mano. Fury squadrò Hulk: era visibilmente esausto, si reggeva a malapena sulle gambe e aveva ferite ed escoriazioni ovunque. Notò anche che nel punto in cui si era fermato Hulk la strada si stava sgretolando descrivendo un cerchio perfetto. In aggiunta, il gigante verde sembrava sofferente e parecchio arrabbiato per quella brusca interruzione della sua corsa.

-Ehi, colosso-parlò Fury nel suo megafono-Stai andando dalla parte sbagliata! Seguici!- continuò il direttore ma l’altro sembrava non l’avesse sentito.

Hulk scapitò e ruggì, dopodiché caricò il quinjet, il pilota fece partire i propulsori e riuscì a scansarsi all’ultimo secondo. L'Avenger arrabbiato finì con la faccia a terra ma poco dopo si rialzò e ruggì ancora: era pronto a caricare.

-Beh… almeno ora ci segue!-sospirò il direttore-Pilota, verso il centro medico! E cerca di rimanere… alla sua portata- ordinò.

Il quinjet prese quota e lentamente si diresse verso la Hudson Valley, seguiti da un infuriato Hulk e dall’elicottero degli Avengers.

---

Era passata più o meno un ora da quando il quinjet aveva lasciato New York. Hulk stava arrancando dietro il velivolo dello SHIELD quando all'improvviso cadde scaraventando Pepper poco lontano, la quale, libera dalla presa del gigante, riprese a levitare. Hulk era veramente malridotto quando si ritrasformò in Bruce Banner. Il dottore era livido, ferito in più punti e perdeva sangue dalla bocca e dalle orecchie. Gli Avengers atterrarono per raggiungere l’amico, era la prima volta che vedevano Bruce in quello stato. Fortunatamente si trovavano a poca distanza dal centro medico e un furgone gli stava già venendo incontro.

Anche l’aereo di Fury era atterrato e il direttore raggiunse Tony Stark e i suo gruppo.

-Ormai è fatta! Stanno portando una speciale capsula per Pepper, abbiamo deciso di metterla in un liquido che abbiamo sintetizzato dal gravitronio: assorbe le vibrazioni e mantiene una temperatura costante. L’avevamo progettata per… un’altra persona ma ci sono state delle… complicazioni- spiegò il direttore.

Stark annuì mentre i medici scesi dal furgone cominciavano le operazioni di soccorso, il miliardario era troppo preoccupato per fare domande: l’importante e che quella cosa funzionasse.

In pochi minuti il gruppo raggiunse il centro medico dello SHIELD e Pepper e Bruce furono portati in reparti speciali. Gli Avengers dovettero aspettare pazientemente fuori, seduti e in silenzio dato che nessuno osava proferire parola.
Erano passate alcune ore, Rogers aveva ripreso a girarsi lo scudo tra le mani. Clint si era addormentato con la testa sulla spalla di Nat mentre lei aveva preferito appoggiarsi al muro. Tony continuava a camminare nel corridoio passando continuamente davanti alle porte delle stanze di Bruce e Pepper. Solo dopo un’alta mezz’ora un medico uscì da una delle porte: quella di Pepper.

-Allora?- chiese impaziente Tony, subito raggiunto da Steve e lo Strike Team Delta ancora assonnato.
-Beh… è difficile capire cos’abbia…- cominciò la dottoressa.

-Questo lo abbiamo notato dottoressa… Cho- disse Tony sbirciando il cartellino che sporgeva dalla tasca, -Pepper è viva?-.

-La signorina Potts è viva, ma sembra in stato di coma- disse pacata lei.

Tony si sedette sulla sedia li vicino e si mise le mani tra i capelli.

-Si risveglierà?- chiese Steve, preoccupato.

-Non lo sappiamo, finché non scopriamo cos’ha non possiamo fare ipotesi. Per ora è stabile, la vasca sta funzionando-.

-E… per quanto riguarda il dottor Banner?- domandò il capitano.

La dottoressa si grattò le estremità degli occhi a mandorla, come avesse mal di testa per il troppo lavoro.

-Il dottore è stato spostato nella culla rigenerativa: aveva lesioni sull'80% del corpo e temiamo che il suo udito sia gravemente compromesso- disse.

Tony si risvegliò dal suo torpore e si alzò in piedi.

-Possiamo vederli?- chiese improvvisamente.

-...beh… Il dottor Banner potrete vederlo al termine del trattamento, credo possiate far visitare alla signorina Potts, ma solo per pochi minuti..-

La dottoressa Cho non terminò la frase che gli Avengers si erano già fiondati nella stanza.

L’interno era completamente buio fatta eccezione per una luce verde acido proveniente da una specie di armadio di vetro sul fondo della stanza.  Tony si avvicinò e vide che Pepper era al suo interno, collegata ad un tubo per l’ossigeno. sembrava che la vasca di contenimento avesse fermato le vibrazioni emanate da Pepper che ora riposava in piedi davanti a loro.

-Non vorrei sembrare fuori luogo, ma come mai i suoi vestiti non sono finiti… ecco… in polvere- osservò Clint, curioso e allo stesso tempo imbarazzato.

Solo allora Tony si rese conto che la sua ragazza era ancora vestita del tailleur rovinato dall’esplosione con cui l’avevano trovata.

-Probabilmente le vibrazioni si intensificano solo a pochi centimetri da lei, probabilmente è per questo che Hulk non si è polverizzato dato che la stava portando in spalla- ipotizzò Tony.

Calò il silenzio.

-...Vuoi che ti lasciamo solo con lei?- chiese Nat dopo un po’.

-Si, grazie…- rispose Tony, voltandosi.

Nat, Steve e Clint si incamminarono verso la porta. Poco prima di uscire Nat, che chiudeva la fila, voltò la testa e vide Tony Stark abbracciare il bizzarro armadio di vetro che lo separava da quella che sarebbe ormai dovuta essere sua moglie.


Eccoci qua. Immagino siate molto preoccupati per la nostra Pepper, ma non è in gravi condizioni. E' solo un diapason ambulante.

Voci di corridoio mi dicono che nel prossimo episodio potrebbe esserci del sano Clintasha, quindi tenete gli occhi ben aperti ;-).

Ci vediamo sabato prossimo, davvero stavolta :-P, con nuove mirabolanti avventure.

A presto,

Chekkumeto&Lawrence_Victory




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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Salve!

Tra il computer andato a quel paese e capire come diavolo funziona l'editor html di EFP c'è voluto un po', ma eccoci qui. Abbiamo infine deciso di liberarci definitivamente delle scadenze, il capitolo arriverà quando sarà finito e basta. Detto ciò, le pubblicazioni saranno comunque più rapide delle ultime, ora che sono finite le vacanze e quant'altro.

Non ci resta che augurarvi buona lettura e rinnovare l'invito a visitare la nostra pagina facebook con link al capitolo precedente.

Chekkumeto&Lawrence_Victory


CAPITOLO 6

In cui Natasha si diverte un po' troppo


Tornati nel corridoio, Clint e Natasha si sedettero vicini, mentre Rogers prese posto sulla sedia proprio davanti a loro. I tre amici erano un po' più tranquilli ora che Pepper non era in pericolo di vita, ma nessuno riuscì a trovare nulla da dire e fu ancora silenzio. Nat, anche se non lo dava a vedere, era la più triste di tutti: lei e Pepper avevano appena iniziato a legare e subito un attentatore fuori di testa per poco non l'ammazzava. Non riusciva a togliersi dalla testa il pensiero che fosse colpa sua, Coulson e la Stanza Rossa le avevano ripetuto più volte che creare dei legami era pericoloso. Proprio per questo motivo si era ripromessa di non innamorarsi di nessuno. Mai.

-Ti va... di parlare di...tu sai cosa?- disse all'improvviso Clint, rompendo il silenzio.

-Non so cosa- rispose Nat, un po' infastidita con l'amico per aver interrotto i suoi pensieri.

-Ma sì... la missione... la nostra fuga- le ricordò lui.

-Oh, intendi quando hai cercato di ucciderci entrambi?- lo schernì l'assassina, incrociando le braccia.

-Andiamo Natasha, sai di cosa parlo. Non possiamo rimandare in eterno-

-Non ho voglia di parlarne, e forse non l'avrò mai, quindi piantala- il tono dell'assassina prese una sfumatura più grave.

-Dovremmo informare Fury dell'esistenza di…-

-NO!- rispose Nat perentoria, e il tono acuto riscosse Steve dal suo torpore.

I tre si guardarono per qualche secondo, poi Cap intuì che quella conversazione non lo riguardava e tornò ai suoi pensieri.

-No, il direttore non lo deve sapere- riprese Nat.

-Perché? Pensi che venendo a conoscenza della sua esistenza possa dubitare delle tue abilità di agente?- rispose Clint senza riflettere.

Come risposta ricevette un calcio sullo stinco che lo fece mugolare. Anche se perplesso, il Capitano fece finta di non essersene accorto.

-Lei non vuole che si sappia- rispose poi Nat.

Clint sgranò gli occhi.

-Lei? È una Lei?- chiese incredulo.

-Sorpreso?- rispose lei fingendosi offesa.

-Da quanto tempo sai che è una lei?-

Nat sospirò prima di rispondere.

-Da Amsterdam. Quando ha messo KO il pilota dell'elicottero e ci ha permesso di fuggire. L'ho vista tirare la freccia. Non aveva il cappuccio, probabilmente pensava di essere abbastanza lontana da non essere vista...- raccontò.

-Vorrei tanto sapere chi è. Sembra una specie di angelo custode-ipotizzò Clint.

Nat rise.

-Gli angeli custodi di solito hanno un solo protetto, non due-

-...Sai Nat, in verità credo che lei protegga me...-

-Cos'è, pensi di avere l'esclusiva sugli angeli custodi?-sbuffò Natasha ridendo.

-E' che... non te lo ho mai detto... ma lei mi aiutava da prima che conoscessi te... da  prima che mi unissi al circo in effetti. E ora mi dici che è una lei... e se fosse... mia madre?-

-Clint...-

-Siamo entrambi arcieri, magari mi ha trasmesso le sue abilità...-

-Clint, anche io la conosco da prima di conoscere te. Da quando ero alla Stanza Rossa-sbottò l'assassina.

Da sempre Clint sognava di rivedere la madre e illudersi l'avrebbe solo fatto soffrire dopo.

-...Tu... ma allora chi...-

- Non lo so, ma non credo sia tua madre, mi dispiace- lo anticipò lei, gelida.

Calò nuovamente il silenzio.

All'improvviso Clint si spose verso la sua migliore amica e le stampò un bacio a tradimento sulla guancia.

Nat si sentì bruciare e dovette fare ricorso a tutto il suo addestramento  per non tradire emozioni sconvenienti.

-Grazie per avermi detto la verità Nat. Parleremo della nostra salvatrice quando te la sentirai, va bene?-mormorò l'arciere con un timido sorriso.

Non attese la risposta, diede un altro dolce bacio alla guancia di Natasha.

La ragazza non sapeva cosa dire, quel bacio innocente aveva cancellato la sua rabbia nei confronti di quello stupido di Clint. Da molto, troppo, tempo i due non erano così vicini, già da prima che Loky li mettesse l'uno contro l'altra.

Per un attimo pensò di voltarsi e rispondere con qualcosa di più di un bacino fraterno, ma le parole di Coulson le rimbombarono nella mente: "Non permettere a Clint di diventare più di un amico. Le coppie di spie non hanno mai funzionato e mai lo faranno. E dopo non sareste più in grado di essere lo Strike Team Delta".

E poi Clint non se la sarebbe cavata così a buon mercato.

Senza contare che Steve li stava osservando.

-Allora Steve, vogliamo parlare del nostro appuntamento?-  disse infine.

quelle poche parole furono sufficienti a far quasi cadere dalle sedie ben due Avenger.

-C... c... cos.... qui? A... adesso?- fu la risposta dell'impavido e imbarazzato Captain America.

Lo sguardo di Clint viaggiava da Steve a Nat ad una velocità impressionante e l'assassina capì di aver fatto centro.

-Certo! Quale momento migliore? Non daremo a quel pazzo la soddisfazione di rovinare i nostri programmi. Ovviamente aspetteremo che Pepper e Bruce stiano meglio ma fino ad allora c'è così tanto da organizzare...- rispose.

Natasha non aveva bisogno di voltarsi verso Clint per sapere che era impallidito.

Un colpo di tosse lì avvisò della presenza di un quarto ascoltatore.

-No vi prego, continuate, sembrate una soap argentina per ragazze-

I tre amici non si erano accorti che il tempo concesso a Stark era finito da un pezzo e che probabilmente  il miliardario li stava osservando da un bel po'.

-Pepper come stà?- chiese Clint cercando di cambiare argomento.

-È stabile, non credo che corra pericoli. Aspettiamo solo che finisca di... vibrare- disse Tony in un tono a metà tra il serio e il divertito-Ora vorrei solo avere notizie del nostro dottore- riprese incupendosi.

-È arrivato giusto in tempo allora-esclamò una voce entusiasta poco lontano.

La dottoressa Cho era appena uscita dalla stanza accanto a quella di Pepper, seguita da un uomo dall'aria stanca, un accenno di barba sul viso, capelli lunghi e brizzolati e una sfumatura vagamente verde negli occhi.

Gli Avengers si precipitarono verso il dottor Banner molto sollevati e cominciarono a tempestarlo di domande sulla sua salute. Bruce guardòò la dottoressa Cho con aria interrogativa.

Lei alzò gli occhi al cielo e zittì il gruppo di supereroi con un gesto della mano.

-Bruc... ehm... il Dottor Banner si è ripreso quasi totalmente dalle ferite e può essere già dimesso, come vedete...purtroppo c'è ancora il problema dell'udito. I timpani si sono danneggiati più di tutto il resto-

Gli amici si guardarono tra loro, preoccupati.

-Se fosse stato un uomo normale sarebbe rimasto audioleso a vita, ma considerando il suo fattore rigenerativo potrebbe recuperare l'udito in poco più di un mese- li tranquillizzò la dottoressa.

-Quindi dobbiamo fare un corso accelerato di linguaggio dei segni?- domandò Stark, dando una pacca sulla spalla dell'amico scienziato.

-Non sarà necessario- esclamò Clint con un sorriso furbetto.

I suoi amici (Banner compreso) lo videro estrarre qualcosa dalla tasca, una specie di congegno dalle dimensioni di una palla da golf. Cominciò a girarlo tra le dita mentre cominciava a spiegare.

-Fury me ne ha dato solo uno di scorta per ogni evenienza ma per ora basterà. È un apparecchio acustico dello SHIELD ed è quasi meglio di un timpano normale. Provare per credere-disse indicandosi l'orecchio.

Passò il dispositivo a Bruce che sembrava aver capito di cosa si trattasse. Banner se lo sistemò all'orecchio e cominciò a regolarlo, ma l'attenzione di tutti era su Clint.

-Non avevo idea che tu fossi sordo, Clint- disse Steve a nome di tutti, esclusa Nat.

-Sì…una missione…non è finita bene-confessò Clint, andando a cercare la mano di Nat, che gli dette una stretta amichevole.

-Come va' amico?- chiese al dottor Banner.

-Beh... ti ho sentito, penso sia positivo- rispose lui mentre si massaggiava l'orecchio privo di dispositivo.

-Lo so, da fastidio averne solo uno. Chiederò a Fury di procurartene un paio come soluzione temporanea-.

Tony si rivolse alla dottoressa -Grazie per il suo aiuto signorina Cho-

Lei arrossì-oh non ho fatto nulla di speciale…praticamente il dottore si è curato da solo-

Banner e Stark stavano osservando la torre dalla pista di atterraggio. Era ormai buio e con la poca luce dei palazzi vicini era impossibile vedere in che condizioni fosse dall'esterno. Bruce avrebbe voluto dire qualcosa all'amico ma il fragore dei motori del Quinjet in decollo copriva qualsiasi altro suono.

I due entrarono nell'enorme atrio: ovunque c'erano vetri rotti e pezzi di mobilia sparsi sul pavimento, dal soffitto cadevano ancora dei detriti e i cavi scoperti mandavano scintille a intervalli regolari.

Stark si fermò a osservare quello spettacolo desolante. Voleva che la torre fosse un simbolo di speranza e di protezione, ma non era riuscito a proteggere nemmeno la sua ragazza.

-La ripareremo, Tony. Tornerà ad essere grandiosa-lo rassicurò Bruce.

-Si...certo...-mormorò Tony-Ma prima dobbiamo trovare l'indizio. Quel bastardo è venuto a fare casino a casa nostra e adesso noi lo ridurremo in briciole-aggiunse con sguardo determinato.

Il prossimo indizio poteva essere ovunque ma i due pensarono di cominciare dal piano colpito dalla bomba, dopotutto Thunderwithe non aveva avuto molto tempo per nascondere la valigetta dopo l'esplosione.

Cominciarono a cercare nelle stanze vicino al cratere, Stark spostava tavoli, sedie rotte, armadi e tutti i detriti che occupavano il pavimento, ma Bruce si guardava attorno. Appesi alle pareti c'erano gli striscioni bianchi e i palloncini scoppiati. Per terra spuntavano mazzi di rose bruciacchiate e un tappeto rosso ricoperto di detriti attraversava il salone. Era impossibile che Stark non li avesse notati, eppure non aveva fatto domande.

-Lo sapevi vero?-chiese Bruce con un timido sorriso.

Stark si fermò e lo guardò.

-Beh..Pepper è una donna fantastica e un'eccezionale amministratore delegato, ma non è brava a fare le cose di nascosto... soprattutto in una torre piena di telecamere-rispose piatto Tony, ricominciando a lavorare.

Bruce era senza parole.

-Non preoccuparti, ti farò avere una copia della lista nozze dopo che avremo preso quel bastardo-aggiunse il miliardario, facendogli l'occhiolino.

Il dottore scoppiò a ridere.

-Quindi vuoi farlo?- chiese.

-Pepper si merita il suo grande giorno e una bella famiglia, soprattutto ora che ho appeso l'armatura al chiodo-

Banner si avvicinò all'amico e gli mise una mano sulla spalla.

-Hai ragione. Ma prima avremo bisogno un'ultima volta del grande Iron Man, in tutta la sua forza e genialità. Non riusciremo a prendere quel pazzo senza di te-

Tony annuì.

-Signore, ho terminato il download dei video di sorveglianza-

Era stato JARVIS ha parlare.

Banner sbarrò gli occhi sorpreso.

-Pensavo che JARVIS fosse rimasto danneggiato nell'esplosione...-

-Infatti, ti presento JARVIS mobile, non avrai pensato che abbia passato tutto il tempo all'ospedale a piangermi addosso!-sorrise Tony, mostrando il suo telefono all'amico.

-E' un piacere rivederla dottor Banner-rispose l'AI.

-Comunque una volta riparata la torre sistemerò anche lui. JARVIS, mostraci il video. Telecamera 23, 24 e 25, dalle ore 6:55 in poi-

Sul display apparve un'indaffarata Pepper che si muoveva avanti e indietro con un telefono in mano. Ora sistemava un mazzo di rose  e ora rispondeva ad una chiamata. Non si fermava per un secondo. In tutti e tre i filmati la ripresa si interrompeva improvvisamente, l'ultima immagine era quella di Pepper che si sistemava i capelli allo specchio.

-Niente di utile-commentò piatto Tony rimettendosi il telefono in tasca.

Banner poteva giurare di aver visto scendere una lacrima solitaria sul volto dell'amico ma decise di non parlarne.

-Dovremmo contattare Thor!- sbottò improvvisamente Stark.

-Thor?-chiese Bruce, sorpreso dall'improvvisa affermazione.

-Si, non hai quell'aggeggio per chiamarlo?-

Bruce tirò fuori dalla tasca il già visto diapason e si guardò attorno in cerca di qualcosa.

-Dobbiamo dargli la scossa, funziona con l'energia elettrica-spiegò.

-E qui di corrente ne è rimasta poca... a parte quei cavi che pendono dal soffitto-indicò Tony.

-Non ci tengo a rimanere folgorato. Proviamo a tirarcelo contro?- suggerì Bruce.

Tony ci pensò un attimo, poi schioccò le dita e si diresse verso la finestra, scansando le macerie sul pavimento.

-Che vuoi fare?- domandò Banner.

-Possiamo chiamarlo in un altro modo!- disse Tony, poi si affacciò alla finestra e guardò il cielo stellato.

-Ehi, tu lassù! Heimdal, Hedall o come diavolo ti chiami! Se dovessi vedere Thor digli che sulla terra abbiamo urgente bisogno di lui!- gridò.

 Stark ritrasse la testa e guardò l'amico.

-Visto? Meglio di una mail!- disse Stark con aria soddisfatta, ma Bruce non lo stava guardando, anzi, stava guardando i suoi piedi.

-Ehm...Stark?-esclamò.

Tony abbassò lo sguardo e si accorse di avere un piede su una valigetta nera.

****

-…o magari una passeggiata sulla spiaggia, dopo il cinema e il ristorante…-

Nella statua della libertà, a metà della scala che portava alla sala di controllo, Clint Barton provava l’incontrollabile desiderio di sbattere la testa contro il muro, ripetutamente.

Da quando il Quinjet si era sollevato dalla pista di atterraggio dell’Avenger Tower, Natasha non aveva fatto altro che parlare con Steve del loro appuntamento.

Già solo l’idea che uscisse con lui gli faceva venire la nausea, figuriamoci sentirne parlare in continuazione.

-Ma la vuoi smettere!-sbottò furioso.

Natasha si azzittì e il Capitano lo guardò perplesso.

-Scusa Capitano, ma abbiamo un lavoro da fare ora-disse all’amico, mentre li superava e proseguiva la salita.

Pur sapendo i motivi della sua rabbia, Natasha era sconcertata. Non aveva mai sentito Clint usare quel tono.

Per un po’ decise di starsene buona, sia perché dovevano effettivamente fare un lavoro e sia perché non voleva rischiare di tirare troppo la corda.

La sala di controllo era ovviamente deserta, scura, con un distributore di bibite, uno di snack, tre sedie e tre schermi che inquadravano tre diverse zone: la testa, l’ingresso e la sala dell’impianto elettrico, dove avevano messo la finta bomba.

Raggiunta la loro destinazione, Natasha si mise al lavoro per trovare i filmati a partire dall’apertura al mattino, sperando di trovare qualche traccia dell’attentatore, oltre che della ragazza misteriosa.

Per un po’ non volò una mosca, finché…

-Nat, Cap! Qui!-esclamò Clint indicando la testa della statua.

Premette un pulsante e tirò indietro la registrazione.

-Ecco, guardate. Qui è quando hanno trovato la bomba e stanno sgomberando la statua. Laggiù, la ragazza con i jeans e la felpa blu che guarda fuori dal vetro-indicò.

Quando gli agenti entrarono, la ragazza controllò che nessuno la guardasse e si piegò a terra. La folla di gente impediva ai tre Avenger di vedere cosa stesse facendo e quando si spostarono lei non c’era più.

-Dov’è andata?-esclamò Steve basito.

Nat indicò il punto in cui si intravedeva una macchia scura sul pavimento.

-Lì. C’è una specie di grata. E’ l’impianto di areazione. Si è infilata nel condotto-spiegò-E’ una brava-commentò.

-Mica come certa gente che si fa beccare dietro gli angoli-la rimbeccò Clint.

-Ma sentitelo…hai fatto certi errori che nemmeno una recluta al primo giorno di addestramento-sbottò Natasha fulminandolo.

-Se se…intanto per poco non ci facevi catturare-rise lui amaramente.

-E tu non ci facevi ammazzare-aggiunse piccata.

-…e adesso esce-disse Steve a voce alta.

I due assassini spostarono la loro attenzione sullo schermo e videro la grata spostarsi e la ragazza ne uscì rapidamente. Ora aveva anche uno zainetto e ne estrasse una felpa nera.

La indossò, tirò su il cappuccio e uscì di corsa dalla stanza.

-Ed eccola che arriva da noi-disse Clint un attimo dopo, indicando lei che compare e parla con Stark.

-Non ha guardato la telecamera neanche una volta-sbuffò Clint-Ci sa fare-

-Aspetta, torna a quando sono arrivati gli agenti di polizia-disse Natasha.

Clint riavvolse il filmato come richiesto.

-Ecco. Ferma qui-

Il video inquadrava la ragazza voltata verso la loro direzione, quando aveva controllato di non essere osservata.

-Riesci ad ingrandire?-chiese Clint a Natasha.

La ragazza annuì e l’immagine zoomò sul volto, anche se molto sgranato.

-Non si vede un granché…-mormorò Steve.

-Però…non so…Nat…non ti sembra…familiare?-chiese Clint.

-Sì…mi ricorda qualcuno, ma non si vede abbastanza bene-

Un rumore di passi nel corridoio li mise in allarme.

Clint incoccò una freccia, Steve imbracciò lo scudo e Natasha tolse la sicura alle pistole.

I passi si avvicinarono e la porta si spalancò seguita da un clangore di armi.

I tre Avenger si trovarono sotto il tiro di cinque fucili d'assalto.

-Fermi!-tuonò una voce fin troppo familiare.

Il direttore Fury si fece strada tra i suoi soldati e sorrise.

-Non penserete di essere gli unici a voler vedere quelle registrazioni-

-Poteva almeno avvisare-puntualizzò Steve, abbassando lo scudo.

-Avete trovato qualcosa?-chiese il direttore, ignorandolo.

-Sissignore, qui si vede in viso la donna che è venuta ad avvertirci-spiegò Clint, indicando il video.

-Io e Clint pensiamo di averla già vista. Lei sa chi è?-chiese Natasha affiancandolo.

-Qualcuno che non dovrebbe essere lì. Prendete le registrazioni e portatele alla base-abbaiò ai soldati.

Clint, Nat e Steve rimasero immobili a guardare le loro prove sparire in una borsa.

-Ma signore…può dirci chi è?-chiese Romanoff.

-E' riservato-sbottò lui lasciando la stanza.

Chi poteva essere così classificato che nemmeno i migliori agenti dello SHIELD potevano saperlo?


Speriamo che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e vi ringraziamo per l'affetto con cui ci seguite.

A presto.

Chekkumeto&Lawrence_Victory


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Capitolo 8
*** Capitolo Bonus ***


Questo capitolo bonus non è come il precedente, è un capitolo un po' particolare. Triste e sentimentale, però ci è sembrato giusto.


Chekkumeto&Lawrence_Victory


IL GIORNO DIVERSO



Tony Stark faceva sempre la stessa strada, ogni mattina, per andare a salutare Pepper nel suo ufficio. A volte in armatura, a volte in macchina, ma sempre la stessa strada, tranne un giorno. C'era un giorno in cui la strada cambiava, si allungava. Una volta partito dalla Stark Tower, prima di arrivare alle Industries, si fermava. Parcheggiava la macchina in mezzo alla strada, come solo Tony Stark può fare, e si fermava per uno, due, a volte cinque minuti, sul marciapiede. Guardava fisso davanti a se, nessuno sa a cosa pensasse. Alla fine della sua contemplazione risaliva in macchina e riprendeva il tragitto. Nessuno sapeva che lo faceva, nemmeno Pepper. Perché Tony Stark non è un sentimentale.


Nick Fury era un ligio lavoratore, sempre nel suo ufficio o sul campo a gestire qualche operazione. Sabati, domeniche e festivi non esistevano per lui, tranne un giorno. C'era un giorno in cui il suo ufficio restava vuoto, le vetrate oscurate. Prendeva la macchina e andava sempre nello stesso posto e restava lì, a volte per ore. Salutava Tony Stark quando lo vedeva arrivare e lo salutava ancora quando se ne andava. Nessuno dei due aveva mai parlato, ne si erano avvicinati. Non c'era niente da dire. Poi, il giorno dopo, tornava in ufficio come se niente fosse successo, riprendeva a lavorare con vigore ancora maggiore, perché giorni come quello non ci fossero mai più. Perché quello era il giorno del suo fallimento.


Clint Barton aveva visto di tutto nella sua lunga carriera, aveva visto i terroristi sterminare interi villaggi senza pietà, ormai i massacri non gli facevano più nessun effetto, continuava la sua vita come se niente fosse. Eppure c'era un giorno all'anno, un giorno in particolare, sempre lo stesso, in cui Natasha sapeva di doverlo lasciare in pace. Fin dal risveglio quella luce che di solito animava i suoi occhi astuti non c'era, il sorriso scaltro non increspava le labbra nemmeno per un secondo. Lavorava come sempre, centrava il bersaglio come sempre, ma non c'era la sua solita allegria. Natasha non condivideva quel sentimento, appartenendo ad una patria diversa, ma lo comprendeva. Perché a Clint Barton non fanno nessun effetto le stragi dei terroristi, tranne quando vengono a farle a casa sua.


Per Captain America questo è un giorno come gli altri, almeno finché non arriva al quartier generale dello SHIELD e vede tutti, agenti, analisti, inservienti fermi, sull'attenti e con lo sguardo basso.

-Che gli prende?-chiede sottovoce a Maria Hill, ferma accanto a lui.

La donna non risponde, si limita ad accendere il computer del direttore Fury e a mettere su un video-reportage.

I minuti passano, le immagini, le interviste e gli articoli di giornale scorrono davanti a suoi occhi e quando lo schermo diventa nero, l'unica cosa che resta sono le lacrime che scendono copiose dagli occhi azzurri e imbrattano la maglietta bianca.

Senza dire nulla il Capitano lascia il Triskelion e sale sulla sua moto. Pochi minuti dopo raggiunge il marciapiede dove il suo capo e i suoi amici stanno fermi ad aspettare, seguito da due furgoncini. Gli autisti scendono, scaricano un buon numero di casse e ripartono. Cap si avvicina alle casse, ne apre una e ne estrae un mazzo di rose bianche. Una alla volta comincia a posare i fiori per terra, perfettamente allineati e una volta terminato il mazzo ne prende uno nuovo. Proprio lì, nello spazio desolato, dove 14 anni prima si ergevano fiere due splendide torri, Capitan America aveva lasciato su quel marciapiede 2749 rose bianche e ora, osservato dai suoi amici e da tutti i presenti, stava li, sull'attenti, con le lacrime agli occhi.

11 settembre 2015

Per non dimenticare.

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


Buonasera cari,

speravo di riuscire a pubblicare ad un orario decente, ma le ultime correzioni si trascinano sempre fino a tardi.

La quasi totale assenza di recensioni degli ultimi capitoli ci ha un po' rattristati, ma speriamo che questo ricco ed emozionante capitolo invogli qualcuno di voi a farci sapere che ne pensa.

Buona lettura a tutti.

Chekkumeto&Lawrence_Victory


(PS di Chekku: preparatevi. Questo sarà tosto)


CAPITOLO 7

In cui vanno di moda i cappucci e i “Fermi”


Poco dopo Clint ricevette una chiamata. Era Tony e aveva trovato il prossimo indizio. I due assassini ripartirono con il Quinjet verso la torre, ancora pensierosi per quanto successo con Fury.

Stark, invece, era più tranquillo. Al telefono il direttore lo aveva rassicurato sulle condizioni di Pepper, in netto miglioramento. Raggiunta la torre, Bruce e Tony si unirono al gruppo e il Quinjet si diresse al Triskelion.

Grazie al decriptatore del miliardario, gli analisti dello SHIELD iniziarono subito a lavorare sul nuovo indizio, mentre ai cinque eroi fu consigliato di mangiare qualcosa, fare una doccia e dormire un po', soprattutto a Clint e Natasha che non dormivano decentemente da almeno quarantotto ore. Inizialmente tutti si opposero, ma si resero conto in fretta che la loro presenza in quel frangente era pressoché inutile. A Tony fu assegnata una stanza nella zona per gli ospiti, mentre Clint, Steve e Nat preferirono i loro soliti appartamenti nell'area riservata agli agenti. Nel frattempo Bruce, per nulla stanco dopo il ricovero, si fece visitare dai medici della struttura e in poco tempo gli furono consegnati i suo nuovi apparecchi per l’udito perfettamente calibrati.

Fu il direttore Fury in persona a richiamare tutti i vendicatori quando l’indizio fu risolto.
Il prossimo obbiettivo dell'attentatore era il Museo del Genocidio di Yerevan, in Armenia.

- Sembra che Thunderwhite abbia un pessimo senso dell'umorismo! - fu il commento di Tony.

Grazie all’ingegno di Stark, gli Avengers potevano contare su un largo anticipo e furono sul luogo diverso tempo prima dell’ora fatidica.

Il direttore Fury aveva già predisposto l'evacuazione e in men che non si dica il posto era deserto.

- Io mi occupo di pattugliare il perimetro, voi organizzate una ronda. Mi raccomando, fate attenzione - disse Steve, appena scesi dal Quinjet.

Gli altri quattro raggiunsero il centro di coordinamento mobile dello SHIELD, per avere una pianta dell'edificio.

- Ci sono solo due piani da perlustrare, il piano terra e il primo piano. Sopra ci sono le tre sale circolari con le esposizioni del genocidio mentre sotto ci sono la biblioteca, le sale di studio, la sala conferenze e un magazzino. Io e Clint controlliamo il piano terra, Tony e Bruce al piano superiore - ordinò Nat mentre indicava i luoghi sulla mappa. Furono portati giubbotti antiproiettile per tutti ma Banner declinò l’offerta con un sorriso amaro. Poco dopo gli Avengers stavano entrando in squadre separate nel museo, determinati a mettere la parola fine a quella storia.



Al piano inferiore i due agenti dello SHIELD stavano perlustrando per la terza volta la sala conferenze. Avevano controllato sotto ogni sedia, dietro ogni anfratto, avevano persino smontato il palco per cercare tracce della bomba ma non avevano trovato nulla né li, né da nessun’altra parte. Tra loro mantenevano un silenzio quasi snervante, interrotto solo dalle sporadiche comunicazioni nei rispettivi ricevitori. In ogni caso non fecero molta fatica a non rivolgersi la parola, c’era ancora molta tensione tra loro. Al piano superiore invece Tony non smetteva di parlare nemmeno per un secondo di sé stesso, delle sue ultime invenzioni, di sé stesso, di serate che aveva organizzato, di sé stesso, di Pepper o di sé stesso. Bruce stava per addormentarsi in piedi quando una parola lo risvegliò dal suo torpore.

- ...armatura -

- C...come scusa? Cosa dici dell'armatura? - balbettò improvvisamente interessato.

Tony lo squadrò indispettito e scosse la testa.

- Dunque Bel Addormentato, dicevo che allo SHIELD stavo rispolverando i progetti di Mark 42, l’armatura che potevo pilotare a distanza… -

- Non avresti dovuto riposare? - lo rimproverò l’amico.

- Dormirò quando sarò morto. Comunque, pensavo di costruirne altre e applicare alcune migliorie che modestamente trovo geniali, in pratica… -

- Vuoi costruire altre armature? Scusa, quando ho detto che avremmo avuto bisogno del grande Iron Man intendevo che avremmo avuto bisogno di TE - lo interruppe Bruce.

- Come stavo dicendo… non ho più intenzione di costruire armature, ma droni, androidi - continuò Tony, seccato.

- Che piloterai tu immagino… -

- Sono un genio, è vero, ma non posso comandare più Iron Man nello stesso momento. No, intendo lasciare il controllo dei miei droni a JARVIS - rispose il miliardario.

- Ma tutte le tue armature potevano già essere controllate da JARVIS… si insomma, prima che diventassero fuochi d’artificio -

- Questa volta sarà diverso - rispose l’altro, i suoi occhi si illuminarono - Ho intenzione di integrare JARVIS con un programma strategico militare in modo che i droni si muovano come un gruppo uniforme e ben organizzato. Facendo un rapido calcolo saranno almeno il 63,7% più solidi delle armature dato che non saranno vuoti all’interno ma potrei renderli anche più leggeri con una nuova lega che sto testando per i rivestimenti dei sottomarini dello SHIELD… - Tony era partito come un treno e il dottore sapeva bene che se non l’avesse interrotto avrebbe continuato all’infinito.

- Uhm, dunque non hai intenzione di tornare dentro un’armatura? - Banner era scettico, ma Tony sembrava molto convinto.

- No, sto per sposarmi Bruce, e se morissi... Pepper mi ucciderebbe. Però non posso smettere di aiutare la gente. Allora che ne pensi? È un progetto ambizioso e avrò bisogno anche de tuo aiuto - disse Tony.

- Dunque… droni comandati a distanza da JARVIS… -

- Massima precisione e pericolo praticamente zero - cercò di convincerlo Tony.

- E… quanti androidi vorresti costruire? -

- Dieci, cento, mille, quanti ne vogliamo! - esclamò Tony allargando le braccia.

- Una Iron Army quindi - rise l’amico.

- Mmh… non mi piace. Iron Soldiers? Iron Troop? - suggerì Stark.

- Iron legion? -

Tony si grattò il mento pensieroso.

- Iron legion… Orecchiabile! Vedi che quando ti impegni da quel tuo cervello geniale esce anche qualcosa di buono! - disse stringendo ironicamente la mano all’amico.

Banner non fece in tempo a ribattere che la voce del capitano li chiamò nel ricevitore.

- Ragazzi sono io, ho visto qualcosa muoversi nel cortile sul lato sud. Voi vedete qualcosa da lì? - li chiamò.

Bruce e Tony corsero alla finestra vicina e fecero in tempo a vedere qualcuno entrare da una porta al piano terra.

- Avvertiamo Barton e Romanoff - esclamò Banner.



Clint e Natasha erano ormai al decimo giro del piano quando la voce di Stark risuonò nei comunicatori.

I due agenti estrassero le armi e si diressero all'ingresso sulla piazza, pronti ad affrontare l’intruso.

Raggiunsero la porta sul lato sud ma non videro nessuno. Le stanze vicine erano state chiuse a chiave e non c’era altri corridoi oltre a quello da cui erano arrivati loro.

- Qui non c’è nessuno. Voi due, scendete e guardate nel cortile esterno, forse ha visto che il museo è evacuato e sta cercando di darsela a gambe! Allertate anche gli agenti sul perimetro, che stiano più attenti! - ordinò Nat nel ricevitore.

Clint guardò l’orologio: mancava meno di un minuto all’ora X. I due erano ormai convinti di aver fermato Thunderwhite, quando udirono il rumore di una porta che veniva sfondata. Clint e Natasha si scambiarono uno sguardo e corsero nel corridoio verso la fonte del rumore. Da lontano riuscirono a vedere la stanza violata sulla sinistra, il magazzino. Mentre si avvicinavano con le armi spianate nel corridoio esplose un flash proveniente dalla stanza. D’istinto si ripararono dove poterono, in attesa dell’esplosione ma tutto ciò che udirono fu un perentorio: - FERMO! -.

Si precipitarono verso l’uscio e gridarono a loro volta - FERMI! -, ma qualsiasi altra parola gli si spense sulle labbra. Nella piccola e fredda stanza si avvertiva un piacevole tepore, come una sensazione di protezione. Due figure gli si presentavano di fronte, entrambe di spalle: la prima era incappucciata a decisamente più alta e robusta della ragazza che aveva atterrato Nat alla statua, l’altra era coperta da un lungo mantello nero come la notte e pieno di inserti dorati. L'unica cosa che fuoriusciva dal cappuccio era una cascata di capelli biondi. La figura si voltò di profilo e Nat e Clint ebbero un sussulto: era una donna, vestita con una specie di armatura, aveva dei copri spalle, una gonna e dei calzari verde ambra con intricati disegni dorati e teneva in mano un arco e una freccia, anch’essi dorati, puntati verso la figura incappucciata. Il suo viso era pulito, dipinto, bellissimo, due occhi verdi come pini selvatici. La donna aveva un’oscura espressione, sembrava felice, stupita e allo stesso tempo terrorizzata.

- FERMI! -

Qualcun altro era sopraggiunto dal corridoio e teneva in mano una pistola. I due agenti si voltarono e videro una ragazza bassina con i capelli castani, corti, ondulati. Aveva due occhi grigi e penetranti e dei tratti molto delicati, simili a quelli di una bambola di porcellana. Era la ragazza della statua, aveva la stessa felpa e la stesa altezza. Natasha e Clint rimasero attoniti da quella serie di scoperte improvvise, come se una nota acuta risuonasse nelle loro teste e gli togliesse il fiato ma Nat era troppo occupata a cercare di respirare per capire che il suono c'era davvero e si diffondeva attorno a loro. Anche Clint si sentì mancare il respiro e stordito cadde a terra in ginocchio, seguito dalla ragazza della statua. Quello che venne poi fu solo confusione e smarrimento. La donna dall’arco d’oro si era gettata sui due agenti e l’altra ragazza, mentre tutt’intorno c’erano fuoco e scariche elettriche. Era come vedere un film in tv, quando si vede un’esplosione, solo che i due agenti avvertivano davvero il calore sulla pelle. Nat e Clint non riuscirono a tenere gli occhi aperti e caddero svenuti. Al loro risveglio nessuno dei due capiva cosa fosse successo. Si guardarono attorno, si trovavano in un cratere, dove prima c’era il magazzino e il resto del museo ora c’era solo un enorme buco. La porzione di pavimento dove si trovavano Clint e Nat era l’unica cosa rimasta intatta. Le due donne misteriose non c’erano più. I due si rialzarono a fatica, ancora rintontiti. D’avanti a loro, a qualche metro di distruzione di distanza, c’erano Fury, Tony, Bruce, Rogers e una trentina di agenti dello SHIELD. Tutti li stavano fissando con la stessa espressione sbigottita stampata su volto.



Quattro agenti si fecero subito avanti e aiutarono i due storditi colleghi a raggiungere l'unità mobile, dove attendeva già un dottore.

Furono sottoposti a qualche test basilare per verificare che non avessero difficoltà a concentrarsi o a muoversi e che non ci fosse nessun tipo di ferita. Infine il medico fece un prelievo abbondante a entrambi, su richiesta del dottor Banner.

- Ne ho bisogno per l'indagine. Mandatemi i risultati il prima possibile, per favore - spiegò.

- Barton! Romanoff! Siete tutti interi? - abbaiò il direttore, avvicinandosi con passo spedito.

- S...sissignore...stiamo...bene - mormorò Clint scambiando occhiate allarmate con la sua collega.

- Rapporto, prego -

Clint e Natasha spiegarono per filo e per segno quanto accaduto, omettendo ovviamente tutto ciò che riguardava la ragazza dall'arco d'oro.

- Nient'altro? - chiese il direttore, inarcando il sopracciglio.

Natasha abbassò lo sguardo, indecisa se fosse il caso di parlargliene, dopo quanto accaduto con le registrazioni.

- Abbiamo...abbiamo visto il volto della donna che era con noi sulla statua della libertà... - mormorò, alzando gli occhi verso di lui.

Purtroppo non poté continuare perché le sue orecchie cominciarono a fischiare, subitò si guardò attorno per scoprire l'origine di quel suono fastidioso per poi scoprire che era solo la suoneria del telefono personale di Fury.

Era strano, di solito il direttore usava solo il cellulare dello SHIELD ma Fury aveva un'aria troppo tetra per approfondire la questione. Per qualche istante l'uomo non disse nulla.

- Sto arrivando - concluse, riattaccando.

- Signore, la donna che... - disse Clint.

- Dopo Barton, ora ho una questione più urgente. Trovate un posto sicuro e andateci, ci vedremo lì, è un ordine! - sbottò il direttore, subito dopo si allontanò a grandi passi.

I suoi due migliori agenti rimasero lì fermi, senza dire una parola, sempre più sospettosi sul suo bizzarro comportamento.

- Sta nascondendo qualcosa - bofonchiò Clint assottigliando lo sguardo.

Nat voleva rispondere ma in quel momento li raggiunsero Cap e Tony, esordendo con un ironico - E' Fury. Nasconde sempre qualcosa -

- Come vi sentite? - chiese invece un più preoccupato Steve.

- Bene, non preoccuparti Rogers. Siamo pronti a tornare in azione - ammiccò Barton.

- Si vede, non avete nemmeno un graffio - disse Stark squadrandoli da capo a piedi.

- Ne parliamo dopo - lo liquidò Romanoff, - Fury ha detto di andare in un posto sicuro -

- La torre non è sicura, Thunderwhite l'ha già violata una volta. E casa mia a Malibù è...beh...ha fatto una brutta fine - bofonchiò Stark.

- Ah sì...quando hai invitato il Mandarino per un caffè, giusto? - ridacchiò Romanoff.

- Io ho una...ehm...casa. Uno chalet nel bosco. Praticamente indistruttibile. E controllato dallo SHIELD - propose il dottore.

- Grazie Bruce, ma è meglio tenerci fuori dal radar di Fury per un po'. Almeno finché non avremo scoperto cosa ci nasconde - ribattè Rogers e i due agenti annuirono all'unisono. - Andiamo al mio appartamento, non è grandissimo ma almeno lontano da orecchie indiscrete - continuò.

- Solo se mi prometti che casa tua non è un museo delle anticaglie. Dimmi che non hai uno di quei giradischi...quelli con quella specie di tuba sopra... - disse Tony affiancandolo.

- No Stark, non ho un grammofono - sbuffò alzando gli occhi al cielo.

- E...le stoviglie? Ce le hai di pietra? -

- Vuoi venire o no? - bofonchiò seccato il capitano, Bruce, Natasha e Clint erano già lontani e stavano parlando con alcuni agenti per rimediare un passaggio.

- Umh...la bandiera. La bandiera Americana attaccata al muro ce l'hai di sicuro! -

Il biondo capitano arrossì fino alle orecchie.

- Ah. Lo sapevo -

Soddisfatto il miliardario trotterellò verso i suoi amici.


L'appartamento di Steve era come quello di qualsiasi altro cittadino americano single. Un normale bilocale, in un normale condominio di un normalissimo quartiere.

L'arredamento non era niente di eclatante, tranne che per la già nota bandiera americana attaccata alla parete del soggiorno. Una piccola cucina, un tavolo da pranzo con poche sedie, un divano, un vecchio televisore e un computer portatile.

- Rogers. Tu. Hai. Un. Portatile? - esclamò Stark con gli occhi fuori dalle orbite.

- Certo che ho un portatile. Mi serve per navigare in rete e aggiornarmi - spiegò stringendosi nelle spalle.

- Bel posto amico. Per vivere qui da solo sei molto più ordinato di Natasha - ridacchiò Clint dal divano, beccandosi un cuscino in testa dalla diretta interessata.

- Posso offrirvi qualcosa? Un caffè? O...ehm...un caffè? - chiese Steve imbarazzato, guardando il frigo vuoto.

- Dimenticato di fare la spesa? - sorrise Romanoff - Anche Clint. Più o meno tutti i giorni -.

- Siete sicuri di vivere in due case separate, voi due? - chiese Tony assottigliando lo sguardo.

- Barton, Romanoff. Raccontateci cosa avete visto - esclamò Rogers, ignorando l'uomo di latta.

Steve e Banner si accomodarono difronte ai due assassini, mentre Stark preferì continuare a gironzolare tra gli effetti personali del Capitano.

Con un rapido scambio di sguardi, i due agenti concordarono di tenere la versione già data a Fury.

- Quando Banner e Stark ci hanno avvertiti della donna che si avvicinava all'ingresso, ci siamo preparati ad accoglierla - spiegò Clint.

- Prima che lei entrasse, abbiamo sentito una voce e visto un bagliore provenire dal magazzino -

- Ci siamo precipitati all'interno e c'era un uomo, di spalle, con il cappuccio. Gli abbiamo detto di alzare le mani e arrendersi, ma in quel momento è arrivata la donna -

- Abbiamo avuto appena il tempo di guardarla in volto prima che la stanza esplodesse - concluse Natasha.

- E così l'unica persona che poteva dirci qualcosa è esplosa - sbuffò Stark.

- Un attentatore kamikaze...non ci avevo pensato... - mormorò Banner.

- Se usa sempre questo sistema sarà impossibile trovarlo...ogni uomo che scoveremo si farà esplodere subito dopo! - esclamò Rogers alzandosi in piedi, nervoso.

- Ricordate nulla dell'esplosione? Un suono? - chiese Bruce sporgendosi verso di loro.

- Umh...sì...un suono c'era...una specie di nota...acuta...ma non saprei dirti da cosa era causata - rispose Natasha.

- Immaginavo. Anche io e Stark abbiamo sentito qualcosa, dal perimetro di sicurezza -

- Dobbiamo scoprirne di più di questa donna misteriosa...potrebbe essere una complice di Thunderwhite - commentò Steve.

- Beh...non è proprio misteriosa - mormorò Clint, attirando l'attenzione di tutti.

Lui e Natasha si scambiarono l'ennesimo sguardo.

- E', o meglio era, un'agente dello SHIELD. Nome in codice: Starlight - spiegò Nat.

- Perché Fury non ce l'ha voluto dire? - chiese Cap perplesso, ripensando ai momenti nella statua.

- Era un'agente di livello otto, nessuno di noi aveva l'autorizzazione per avere informazioni su di lei - sbuffò Clint.

- In ogni caso è morta nell'esplosione, quindi non può esserci molto utile - borbottò Stark.

- Appena vediamo Fury dobbiamo comunque chiedere come si chiamava - disse Rogers.

Con uno scatto la porta d'ingresso si aprì, rivelando una giovane donna sorridente.

-Piacere, Ebony Stark-


Ka-Boom!

Ci venderemmo la casa per vedere le vostre facce ora.

Adesso vogliamo sapere cosa ne pensate, lasciate un commentino per due poveri scrittori tristi e soli :'(

Al prossimo capitolo cari amici e grazie dell'affetto con cui ci seguite.

Chekkumeto&Lawrence_Victory













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Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***


Signore e Signori, bentornati.

Ci scusiamo immensamente per il ritardo ma non è stato un capitolo facile e l'università e il lavoro non hanno certo aiutato. Abbiamo comunque cercato di fare un buon lavoro come sempre e speriamo che sia di vostro gradimento.

L'ultima volta vi abbiamo lasciati con molti interrogativi e finalmente avrete un po' delle risposte che desiderate.

Buona lettura

Chekkumeto&Lawrence_Victory


-Appena vediamo Fury dobbiamo comunque chiedere come si chiamava - disse Rogers.
Con uno scatto la porta si aprì, rivelando una giovane donna sorridente.
-Piacere, Ebony Stark -

CAPITOLO 8

In cui arrivano ospiti


La nuova arrivata entrò nell'appartamento con disinvoltura, togliendosi lentamente il trench. Salutò con un educato cenno del capo tutti i presenti, soffermandosi volutamente qualche secondo in più su Tony Stark. Solo Natasha e Clint risposero al saluto.
-Posso?- chiese al padrone di casa indicando una sedia vicina.
Il Capitano non rispose ma lei non aspettò e drappeggiò educatamente il soprabito sopra la sedia, per poi accomodarvisi, sotto lo sguardo di tutti i presenti, l'uno più attonito dell'altro.
-Stark?- ripeté Banner lentamente, togliendosi gli occhiali.
Ebony annuì.
-Chi sei?-chiese Tony.
-Sono io, Ebony- disse lei con un sorriso.
Tony assunse un'espressione indecifrabile, a metà tra stupore e rabbia.
-Che ci facevi alla statua?-chiese Natasha.
-Chi sei?-ripeté il miliardario.
-Tel'ho detto, sono Ebony Stark-
-Smettila di dire Ebony Stark. Dimmi il tuo nome, il tuo vero nome-continuò Tony, eclissando Nat.
-Ascolta Tony...- provò a dire lei.
-No, ascoltami tu. Solo tre persone erano a conoscenza dell'esistenza di Ebony Stark e due sono morte, quindi ora voglio sapere chi è lei e chi le ha parlato di mia sorella!-
-Tony. Devi credermi. Io sono davvero lei!- gridò.
Stark alzò le mani in segno di resa.
-D'accordo... allora dimmi, come sei sopravvissuta all'incidente d'auto?- chiese con un sorriso cattivo.
-Aspetta aspetta... tu hai una sorella?- lo interruppe un incredulo Bruce.
-È complicato, e comunque avevo una sorella-
-A quanto pare ce l'hai ancora...-
-Quella non è mia sorella!- alzò la voce Tony.
-Hey Stark! Abbassa... i Tony- ridacchiò Clint, ricevendo in risposta un paio di occhiate assassine da Tony, Bruce e Natasha -Sono sicuro che l'agente Starlight ci spiegherà tutto, lasciamola parlare- mormorò, ritraendosi da quegli sguardi.
L'attenzione di tutti si spostò ancora sulla nuova arrivata.
-È vero, sono l'agente Starlight dello SHIELD. Io, Barton e Romanoff abbiamo lavorato spesso insieme, in passato. Il mio vero nome è Ebony Stark e sono la figlia di Howard Stark, nonché sorella minore del qui presente Tony Stark- cominciò lei guardando Tony dritto negli occhi.
-Nessuno, ad eccezione dei miei familiari era a conoscenza della mia esistenza... diciamo che la mia è una storia complicata...

Molti anni fa, all'apice della sua carriera, mio padre ebbe una figlia da... dalla sua assistente. Quando nacqui la mia esistenza venne tenuta segreta, sarebbe stato uno scandalo e il grande Howard Stark non poteva permettersi di rovinare la sua immagine...-
A queste parole tutti si girarono a guardare Tony, come se si aspettassero una smentita da parte sua ma lui annuì semplicemente.
-Oh vi prego, non travisate le mie parole- continuò Ebony -Capisco le ragioni di mio padre e non serbo rancore, lui stesso decise di raccontare tutto a Maria Stark e anche lei capì che tutto questo non era altro che l'avventura di una notte...-
Ebony abbassò lo sguardo tristemente, Tony schioccò la lingua e prese posto anche lui sul divano per ascoltare attentamente la versione della presunta sorellastra.
-Comunque, fu deciso di nascondere questa storia a Tony per paura della sua reazione, tra l'altro in quel periodo si stava laureando all'MIT e la mia esistenza avrebbe potuto danneggiare il suo futuro. In qualche modo però lui lo venne a sapere...-
In quel momento Tony alzò la mano per prendere la parola: -Una sera sentì mio padre e mia madre litigare, durante quella lite mamma si lasciò sfuggire dell'esistenza di Ebony. Quando si accorsero di me cercarono di giustificarsi ma era troppo tardi...-
Lei fece un lento cenno di assenso -Non perdonasti mai nostro padre per quello che aveva fatto- disse, guardando tristemente il fratello.
-Mio padre- mormorò lui.
-Nonostante ciò Tony non ritenne giusto che io crescessi lontana da mio padre e da mio fratello, mia madre era morta durante il parto ed io vivevo con mia nonna in Baviera. Avevo cinque anni e non ho ricordi chiari di quel periodo, non ho nemmeno più rivisto mia nonna...non so neppure se sia ancora in vita. Comunque la famiglia Stark venne a prendermi e da quel giorno vissi insieme a loro, come una vera famiglia-.
Tony guardava fisso sua sorella, aveva ancora quella strana espressione sul volto.
-Tutti mi accolsero nel migliore dei modi. Se la mia presenza avesse infastidito Maria, lei non lo diede mai a vedere, anzi mi trattò come fossi sua figlia. Anni dopo Howard e Maria decisero che non potevano continuare a nascondermi dall'opinione pubblica, prima o poi la stampa avrebbe scoperto che una bambina sconosciuta viveva a casa Stark, così io e i miei genitori partimmo per Londra per incontrare un legale, amico di mio padre, che avrebbe reso ufficiale la mia adozione senza indagare troppo sul mio passato. Purtroppo il destino volle diversamente e mentre ci stavamo recando in auto da quell'amico cademmo in un'imboscata e...-
-...e mia sorella, mia madre e mio padre morirono in quell'auto! Fine della storia!- interruppe Stark alzandosi in piedi.
-Ma... non capisco. In quell'auto vennero trovati solo i corpi dei coniugi Stark... non è mai stata trovata nessuna bambina- intervenne Banner, perplesso.
-A questo posso risponderti io: Fury. Lui e mio padre erano diventati buoni amici allo SHIELD e Fury era appena diventato direttore. Lui era uno dei pochi a sapere dell'esistenza di Ebony. Volle onorare la memoria di mio padre nascondendo alla stampa la presenza di mia sorella su quell'auto. Mi ha confermato che mia sorella è stata trovata morta a bordo, quindi questa tizia sarà anche molto informata su di me e sulla mia famiglia ma di sicuro non è mia sorella!-.
-Mi dispiace Stark, ma all'epoca ho dovuto nasconderti la verità- esclamò qualcuno apparso sulla soglia dell'appartamento. Tutti si voltarono tranne Ebony, che cercò di nascondersi dietro lo schienale della sedia.
Nell'appartamento era appena entrato il direttore dello SHIELD: Nick Fury.
Nuovamente in quelle quattro mura cadde il silenzio, ma questa volta durò poco perché il nuovo arrivato sembrava avere molte cose da dire.
-Ebony, che ci fai qui?- sbottò adirato.
La diretta interessata tentò di assumere un’aria innocente.
-Sai che sono una grande fan di Captain America, ho scoperto il suo indirizzo e volevo chiedergli un autografo- rispose.
Clint guardò Tony come a voler dire: “hai ancora dubbi che sia tua sorella?” ma l’attenzione del miliardario era catalizzata dal direttore.
-Non ti avevo espressamente vietato di avere contatti con tuo fratello?- continuò lui come se non avesse sentito la risposta di Ebony.
Lei si strinse nelle spalle e si limitò a rispondere: -Scusa papà-.
A quelle parole il livello di sbigottimento degli Avengers raggiunse il limite e tutti in coro esclamarono: -PAPÀ?!?!?!-.
Il direttore Fury si grattò la nuca imbarazzato, era ora di dare delle spiegazioni e a lui non piace dare spiegazioni. Mai.
-Si, lei è mia figlia… Ma prima che tu faccia una delle tue battute, Stark, è adottata- spiegò il direttore, ma Tony non era in vena di fare battute.
-Voglio sapere tutto! E subito!- esclamò.

Fury si strinse nelle spalle.
-Come già tua sorella ti ha spiegato, ero in buoni rapporti con tuo padre. Prima di partire per Londra mi chiese di guardargli le spalle, così segretamente mi recai personalmente a Londra con qualche agente. I sospetti di tuo padre erano fondati: non arrivarono mai a destinazione e in tutto ciò fu coinvolta anche la loro figlia minore. Quando arrivai sul luogo dell’imboscata tuo padre era ancora vivo e anche lei, era solo svenuta. Mi fece promettere di prendermi cura di Ebony e così ho fatto, ora lei è legalmente mia figlia-.
-Vuoi dire che “la tua agente che finge di essere mia sorella” è legalmente tua figlia- precisò Tony.
Nick si rivolse a Ebony –Te lo dicevo che non l’avrebbe presa bene-.
-Senti Tony, io sono Ebony! Hai la conferma del direttore dello SHIELD, ti ho raccontato tutto! Sono viva, fattene una ragione!- esclamò lei furente.
-Tutto?- chiese Tony sarcastico –Non mi hai ancora detto cosa ci facevi alla statua!-
-Sono un’agente! Mi occupo di investigare sugli attentati organizzati da Thunderwhite. Sono già stata ad Edimburgo, Bruxelles e Ottawa per cercare indizi, senza risultati- chiarì Ebony, poi guardò verso Natasha –A proposito, senza rancore per l’incidente alla statua Romanoff, ma non potevo farmi riconoscere- aggiunse.
A quel punto Bruce prese la parola.
-Esatto! La statua! Cosa ci facevi nascosta alla statua? Se conoscevi il luogo dell’attentato perché non sei andata lì?- chiese.
Ebony abbassò lo sguardo.
-E a proposito, come sapevi che l’attentato sarebbe stato alla torre? Te lo ha detto il tuo amico Thunderwhite?- la incalzò Tony.
Ebony continuò a fissare il pavimento –Non sono autorizzata a divulgare dettagli sulla missione senza l’autorizzazione del direttore- disse meccanicamente.
-Ma il direttore è proprio qui o sbaglio?- si interpose Bruce.
Fury sospirò, non gli piaceva davvero dare spiegazioni.
-L’agente Stark è stata informata, come tutti gli agenti dello SHIELD, della presunta ubicazione della bomba. Ebony si è recata sul posto per indagare. Da quello che ho letto nel suo rapporto ha ricevuto una chiamata dal suo partner: l’agente Blake…-
-L’agente Blake? Nome in codice “Blackstorm”? La leggenda?- lo interruppe Clint, ma il direttore sembrò non farci caso.
-…l’agente Blake sta indagando assieme all’agente Stark sugli attentati. Si sono recati sui luoghi per indagare ma in quest’occasione si sono separati-.
-L’agente Blake ha preferito mandare me in ricognizione mentre continuava le sue indagini, dato che, a differenza di qualcuno, sa che la Statua della Libertà non si trova a New York!- continuò Ebony.
A quel punto Tony era rosso dalla rabbia –IL NUOVO COLOSSO NON POTEVA ESSERE ALTRO CHE LA STATUA! E COMUNQUE C’ERA UN KAMIKAZE CHE STAVA PER FARSI SALTARE IN ARIA E POCO TEMPO A DISPOSIZIONE!-
Nick cercò di appianare gli animi.
-Ascolta Tony, quello che l’agente Stark cerca di dire…-
-E TU SMETTILA DI METTERE IL MIO COGNOME VICINO ALLA PAROLA “AGENTE”! SUONA DA SCHIFO!-
-L’agente Starlight ha ricevuto una chiamata dal suo partner che la informava sul reale obiettivo dell’attentatore, dopodiché è corsa ad avvertire prima voi...- fece una pausa per lanciare un’occhiataccia a Ebony –...e solo dopo me-.

-E per fortuna aggiungerei- commentò Banner -Se avesse aspettato probabilmente Pepper sarebbe morta... dunque, ora che conosciamo la storia della tua vita, cosa ti porta al nostro quartier generale?-chiese Banner, indicando lo spoglio appartamento del Capitano.

-Temporaneo! Quartier generale temporaneo-puntualizzò Stark.

-L'agente Starlight è qui per errore e ora mi seguirà al Triskelion senza fare storie!- intervenne Fury per lei, che però non era tipo da accettare gli ordini senza discutere.

-Sono qui per darvi una mano. Possiamo prendere quell'uomo se uniamo le forze!- disse.

-Grazie tante ma anche se per ora abbiamo un posto vacante il proprietario potrebbe scatenare una guerra interplanetaria se scoprisse che lo abbiamo sostituito, e ora se permetti ti mostro l'uscita!- affermò il miliardario, deciso a non volerla più tra i piedi.

-Ebony, ne abbiamo già parlato...- cominciò Fury.

-...Dopo l'esplosione al museo, lo so. La situazione però è grave e Shawn... voglio dire, l'agente Blake...- disse lei.

Clint e Nat si scambiarono una fulminea occhiata interrogativa.

-Direttore. Ormai Stark è a conoscenza della mia vera identità. A questo punto non ci sono più motivi perché non possa aiutare gli Avengers a fermare Thunderwhite, quindi chiedo di poter continuare le indagini assieme a loro, in caso contrario la prego di accettare le mie dimissioni- continuò Ebony mettendosi sull'attenti. Il direttore a quel punto era davvero furyoso.

-Chiedo scusa, ma per quanto riguarda il suo partner? L'agente Blake?- chiese Clint. Il volto di Ebony si incupì.

-Lui preferisce continuare ad indagare da solo- lo liquidò lei, poi si rivolse a Fury -Direttore, qual'è la sua risposta?-.

Nick alzò l'occhio al cielo -Tu e tuo fratello non farete altro che rimbeccarvi come dei bambini, compromettendo l'intera operazione-.

-Le assicuro che presto andremo d'amore e d'accordo- rispose l'agente Stark facendo l'occhiolino al fratello.

-...Va bene- si arrese il direttore, poi si rivolse alla squadra -da questo momento Ebony soggiornerà con voi alla Stark Tower e vi aiuterà ad arrestare Thuderwhite. Ci sono obbiezioni? Signor Stark?-

Tutti si voltarono verso l'amico che balbettò qualcosa di incomprensibile, poi trasse un respiro profondo e si rivolse a Ebony -Il mostro rosso ti fa paura?-.

-Non più, perché tu sarai la mia armatura- rispose subito lei. I presenti si guardarono straniti. Nessuno, nemmeno il direttore, aveva capito cosa si erano detti.

Tony incrociò le braccia, visibilmente turbato -Perché ora? Perché non prima?- chiese.

-Saresti stato una distrazione, invece sei stato il motivo che mi ha spinta ad andare avanti e a diventare un agente. Voglio onorare la memoria di papà, anzi dei nostri genitori! Tony, fermiamo Thunderwhite insieme!- disse.

I due fratelli si guardarono negli occhi per un lungo istante senza che nessuno dicesse nulla.

-Io non la voglio con noi alla torre. Si, direttore, io obbietto- disse infine Tony rompendo il silenzio.

Ebony sospirò profondamente, ma aveva previsto una simile evenienza -È per te!- disse con un sorriso malefico mentre estraeva una busta dal trench e la porgeva a Tony. Lui ne estrasse un foglio ingiallito dal tempo e con qualche bruciatura qua e la, ma il contenuto era ancora leggibile.

Prima di dire qualsiasi cosa, il miliardario lo lesse da cima a fondo. Si soffermò qualche istante in più solo sulle firme apposte infondo al documento, firme che non vedeva da molti anni.

Quando finalmente alzò gli occhi dal foglio, il suo sguardo era furente.

-Il testamento dei miei genitori-disse gelido.

-Il certificato di adozione è andato distrutto nell'incidente, ma non questo- spiegò Ebony con un'aria malvagia negli occhi -Speravo di non doverlo usare in questo modo, ma non mi lasci altra scelta. Puoi non accettare che io sia tua sorella, ma stando a questo foglio metà delle Stark Industries è mia-

Tony non era mai stato così arrabbiato in vita sua. Negli anni un sacco di donne si erano avvicinate a lui per il suo immenso patrimonio, ma questa aveva superato ogni limite.

-Questo non vuole dire nulla! Nessuno sa dell'esistenza di mia sorella...-

-Oh è qui che ti sbagli. Il direttore dello SHIELD qui presente può garantire la mia identità nonché l'autenticità delle firme. Posso far autenticare questo documento quando voglio... ma ti propongo un patto. Tu accetterai la mia esistenza fino a quando non prenderemo quel pazzo attentatore. Dopodiché io sparirò di nuovo e ti lascerò il testamento. Potrai strapparlo, brucialo, fare quello che ti pare. Lo giuro sul mio onore di agente-.

Tony sembrò rimuginarci su, poi a sua volta assunse un'espressione simile a quella di Ebony -Certo sorellina. Ci sto!- sibilò alzandosi in piedi -Ora, se la signorina gradisce, la accompagno a visitare la sua abitazione. Dottor Banner, vuole accompagnarmi?-

-Oh... certo, va bene- disse Bruce risvegliandosi dai suoi pensieri. Tony, Ebony, Fury e il dottore si diressero alla porta.

-Un'ultima domanda- disse quest'ultimo prima di uscire -Come sei sopravvissuta all'esplosione al museo?- chiese.

Ebony fece spallucce -Non ne ho la più pallida idea, credo dovreste chiedere a loro- rispose lei indicando Clint e Natasha, dopodiché uscì seguita da due straniti Tony e Bruce.

La porta dell'appartamento si chiuse e i tre membri degli Avengers rimasero soli con i loro pensieri.

-Cosa ne pensi?- chiese Barton alla compagna dopo qualche minuto.

-Non lo so, non sono ancora sicura che sia chi dice di essere, ma di sicuro averla dalla nostra parte ci tornerà utile- rispose.

-Tu Steve che ne pensi?- chiese ancora l'arciere.

Solo in quel momento i due agenti si accorsero che il Capitano non aveva aperto bocca per tutta la durata della conversazione. Ora se ne stava li imbambolato, fissando come un baccalà la sedia sulla quale Ebony aveva scordato il soprabito. Nat voleva dire qualcosa ma venne interrotta da un bip nel comunicatore. L'agente sorrise e poi tirò un pugno a Steve per risvegliarlo -Riprenditi eroe, era Fury. Sono arrivati alla torre e sembra che stiano per portarci anche Pepper, pare si sia ripresa- disse.

Il capitano sbatté gli occhi e riuscì solo a dire -grazie al cielo, allora andiamo anche noi- poi si alzò, raccolse il trench della sua ospite lo ripiegò con particolare attenzione.

Uscendo Clint e Nat si guardarono a lungo. Dovevano pensare ad una scusa convincente per l'accaduto al museo, altrimenti avrebbero dovuto spiegare molte cose sul loro rapporto “incompleto”.


Un capitolo pieno di domande e di risposte oggi, vi manca l'azione? Non preoccupatevi che nel prossimo torneremo ad alzare il ritmo. Speriamo che questo capitolo vi sia piaciuto e vi invitiamo a farci avere le vostre opinioni che sono molto importanti per noi. Inoltre se voleste fare un salto sulla nostra pagina facebook “Avengers Beside” ci farebbe molto piacere e vi daremo un biscotto. Ci troverete anche immagini e disegni tratti da questa storia oltre che anticipazioni e notizie sui capitoli in uscita.

Stay Beside :-)

Chekkumeto&Lawrence_Victory

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Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***


Ciao cari,

Scusate se per questo capitolo ci è voluto tanto ma ci sono state in mezzo molte cose, tra cui perdita totale di ispirazione. In ogni caso siamo tornati carichi e pronti per sfornare i nuovi capitoli di questa (speriamo) appassionante storia.

Per chi avesse bisogno di un ripasso, ci eravamo lasciati con la ritrovata sorella di Tony che lasciava l’appartamento del nostro Capitano, accompagnata da Tony, Bruce e Fury, seguita poco dopo da Rogers, Barton e Romanoff.

Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia e sia sufficientemente lungo. Per aggiornamenti e immagini ricordo che ci trovate su Facebook alla nostra pagina “Avengers Beside”.

Grazie a tutti per la pazienza e buona lettura, le recensioni sono sempre gradite.

Chekkumeto&Lawrence_Victory

 

CAPITOLO 9

In cui Ebony frega Tony e Rogers ha un “appuntamento”

 

Nell’ennesimo corridoio della torre, Tony Stark stava esponendo le motivazioni per cui aveva scelto le mattonelle 5x5 cm per il pavimento piuttosto delle banali 4,9x4,9. Ebony, d’altro canto, sembrava molto interessata a qualsiasi baggianata che il fratello le propinasse per annoiarla, con grande disappunto di quest’ultimo. Banner e Fury li seguivano a poca distanza, il primo sbadigliando in continuazione dalla noia, l’altro invece sembrava in allerta, come se aspettasse che da un momento all’altro Ebony saltasse al collo del fratello.

Il giro della torre andava avanti da un po’ e il miliardario le aveva mostrato ogni stanza, ogni angolo, ogni buco dell’edificio, cercando di essere il più noioso e snervante possibile, senza mai riuscire nel suo intento.

-…e questa è l’uscita di emergenza- disse, indicando la pista di atterraggio all’ultimo piano della torre.

-Oooh, un’altra? Quindi se lo scarico dei rifiuti e la tromba dell’ascensore dovessero essere bloccati posso saltare da qui!- esclamò Ebony con falso entusiasmo.

-Quella ragazza è incredibilmente caparbia- bisbigliò Banner al direttore.

-Non ne ha idea, dottore- mormorò questi.

Tony ormai era a corto di idee, di energie e di pazienza.

-E adesso dove mi porti?- domandò lei in falsetto.

-Adesso facciamo un gioco, si chiama “Ebony fa bungee-jumping estremo dal tetto della torre”- la canzonò Tony.

-E come sarebbe “estremo”?-

-Senza elastico!-

-Adesso mostriamo ad Ebony la sua stanza- si intromise Bruce –Vero Tony?-

Un lampo attraversò gli occhi di Stark –Sì, ma certo. Se sua signoria volesse seguirmi- aggiunse con un ampio sorriso, incamminandosi.

Il povero dottore cercò di pensare a quale idea malsana fosse venuta all’imprevedibile amico e i suoi timori si concretizzarono quando Tony si fermò davanti ad uno stanzino minuscolo.

-Ecco qua la cameretta della mia adorata sorella, ti piace mia cara?- chiese con finta premura.

-Certo Tony, è perfetta. Per una spia non c’è niente di meglio di una stanza piccola, è più facile controllare se qualcuno è entrato mentre non c’eri, se manca qualcosa e se ci sono intrusi. E poi sono una ragazza semplice, mi sentirei così a disagio in una di quelle immense camere da hotel a 5 stelle- rispose eccitata, iniziando ad appoggiare le sue cose.

-Un momento, questa non è la tua stanza. Devo essermi sbagliato- la interruppe Tony trascinandola per un braccio lungo il corridoio.

Dopo tre piani in ascensore e due corridoi si fermò davanti ad un’altra porta.

-Ecco la tua stanza- esclamò sorridendo sornione.

La stanza in questione era grande come un appartamento, con un letto a baldacchino in cui ci sarebbero state comodamente sei persone, un minibar, divano e televisore, cabina armadio e bagno privato.

-Ah…non potrei restare nella stanza di prima?- chiese dispiaciuta.

-Assolutamente no. È occupata. La uso per…uhm…le scope- ribatté subito lui –Spero che non ti sentirai troppo a disagio qui-

-No, certo che no- sospirò Ebony, lasciandosi cadere tristemente sul letto.

Con un sorriso trionfante il fratello lasciò la stanza, seguito da un incredulo Bruce e da un divertito Fury.

-Io vi lascio signori, qui mi sembra tutto apposto- disse quest’ultimo, avviandosi verso la pista di atterraggio dove l’attendeva lo stesso velivolo che trasportava Pepper, per portarlo al Triskelion.

Tony continuava a sorridere soddisfatto.

-Ti ha fregato- osservò Bruce, mentre camminavano verso il soggiorno.

-Fury?- chiese Tony perplesso.

-Davvero non te ne sei accorto??- ridacchiò Bruce.

Stark rimase interdetto per qualche secondo, poi sgranò gli occhi e realizzò di aver appena lasciato sua sorella nella stanza più grande e confortevole della Stark Tower.

-Quella piccola…- sbottò facendo per tornare indietro.

-Lascia perdere, ha vinto lei-

-Una battaglia, Bruce. La guerra è appena iniziata- rispose il miliardario.

Ripresero a camminare.

-Per essere riuscita a sfiancarti in questo modo deve proprio essere tua sorella…-

-Oh no, dottore. Lei È mia sorella, l’ho riconosciuta nel momento in cui ha messo piede a casa del Capitano, ciò non toglie che non mi fidi di lei- spiegò Stark.

“Il solito Tony” pensò Bruce tra se e se. Nonostante le apparenze era contento del ritorno della sorella.

-Sei l’ultima persona da cui mi sarei aspettato una “sorella segreta” in stile soap- disse il dottore sorridendo, mentre varcavano la soglia del soggiorno.

-Già…eravamo felici allora…- mormorò Tony, con lo sguardo perso nel fiume dei ricordi.

Per allontanare l’alone di malinconia che aleggiava nella stanza, Stark puntò verso il bar.

-E la storia del “mostro rosso”?- azzardò Bruce, vedendo Tony propenso a parlare.

Il miliardario, che intanto si era versato un po’ di Bourbon, si fermò con il bicchiere a pochi centimetri dalla bocca, lo abbassò e se lo rigirò tra le mani.

-Quando venne a vivere con noi, Ebony aveva gli incubi ogni notte. Aveva poco più di quattro anni, era spaventata dall’improvviso cambiamento nella sua vita e sognava un mostro tutto rosso che voleva portarla via-

Bruce si appoggiò al bancone, interessato.

-Si svegliava nel cuore della notte urlando e piangendo, si appallottolava sul pavimento e non c’era verso di farla dormire. Dopo qualche notte mi accorsi che se restavo vicino a lei si calmava, così la invitai direttamente a venire a dormire nel mio letto. Dormiva girata su un fianco ed io la avvolgevo con le braccia…-

-…Come fossi “la sua armatura”!- lo anticipò il dottore. Tony annuì prima di prendere un sorso dal suo bicchiere.

-Chi immaginava che l’impavido Tony Stark avesse un lato tenero- commentò Bruce divertito.

L’altro grugnì qualcosa e si portò nuovamente il bicchiere alle labbra.

-Vieni, andiamo a vedere se a quei medici incompetenti dello SHIELD serve una mano a sistemare Pepper nella sua stanza- disse incamminandosi verso la pista di atterraggio.

Nascosta nel corridoio che dava sul soggiorno, Ebony sorrise e tornò nella sua stanza.

 

Appena fuori dall’appartamento, Clint, Natasha e il Capitano trovarono uno dei fuoristrada dello SHIELD.

-Fury ha pensato a noi- sorrise Natasha, sedendosi automaticamente sul sedile del passeggero, accanto a Clint che guidava.

A Rogers non restò che accomodarsi sul sedile posteriore, al centro per poter parlare meglio con i compagni.

Partirono chiacchierando tranquillamente, ma dopo il terzo semaforo rosso in pochi minuti, Natasha iniziò a spazientirsi.

-Vuoi darti una mossa? Di questo passo arriveremo l’anno prossimo- sbottò seccata.

-Mi scusi vostra maestà, ma non posso certo passare sopra le altre auto- ribatté Clint, indicando la colonna di macchine davanti a loro.

L’assassina si stava annoiando e quindi doveva intrattenersi. Tormentando Clint, ovviamente.

-Avremmo dovuto prendere la moto, io e Steve. Saremmo già arrivati, non trovi?- sorrise civettuola, voltandosi verso il Capitano.

Sul sedile posteriore, Rogers teneva in grembo il soprabito che Starlight aveva dimenticato nel suo appartamento e sembrava perso nei suoi pensieri.

In un battibaleno i due assassini avevano ripreso a litigare furiosamente ma a Steve non arrivava altro che un brusio di sottofondo.

Nella sua mente, stava cercando di immaginare come restituire il cappotto alla giovane Stark e chiederle di prendere un caffè senza sembrare il solito imbranato. E sei lei avesse detto di no? E se non gliel’avesse chiesto nel modo giusto? E se fosse stata già impegnata? Nella sua mente si affollavano le possibilità una dietro l’altra, scoraggiandolo sempre di più.

-Steve, andiamo a cena!- gridò improvvisamente Nat con tono furioso, strappandolo dalle sue fantasie.

-Cos…Natasha ma…adesso? Non stavamo andando alla torre?- balbettò confuso.

-Sì. Adesso. Lasciamo che ci vada questo cretino alla torre- ringhiò l’assassina, uscendo di volata dall’auto, che nel frattempo si era fermata ad un incrocio. Steve si voltò verso l’amico per chiedere cosa si fosse perso, ma quest’ultimo teneva lo sguardo fisso sulla strada e non sembrava intenzionato a proferire parola. Il povero capitano si rassegnò, scese dall’auto e seguì Nat, timoroso di cosa l’ex spia russa avesse in mente.

-Non vuoi andare a trovare Pepper?- chiese perplesso.

-E’ ancora sotto sedativi per il viaggio, non si sveglierà prima di un’ora o due. Abbiamo il tempo per quei consigli in campo sentimentale che mi avevi chiesto. Se c’è un’emergenza ci chiameranno- sbuffò -c’è un ristorante italiano poco lontano da qui, andiamoci- continuò lei, avvinghiandosi al braccio dell’impavido e imbarazzato Captain America.

 

Il ristorante “Fusilli” non era il più famoso né il più buono della zona, ma il proprietario conosceva Nat e soprattutto conosceva i suoi gusti. Si trovava su una piazza e quindi alcuni tavoli erano all’aperto. Nat non si era staccata dal braccio di Steve nemmeno per un secondo durante il tragitto e aveva continuato a guardarlo con occhi languidi mentre gli spiegava ora a come approcciarsi ad una sconosciuta, ora a come farla cadere ai suoi piedi.

Una volta seduti al tavolo del ristorante, nella terrazza esterna agghindata con luci soffuse e decorazioni varie, Natasha si accomodò osservando Steve, in attesa della sua mossa.

Il Capitano, dal canto suo, si schiarì la voce cercando qualcosa da dire, o meglio qualcosa che avrebbe detto se quello fosse stato un vero appuntamento.

-Uhm…sei molto carina- disse, cercando di non balbettare.

Natasha inarcò un sopracciglio e lo guardò di traverso.

-Con lei non funzionerà- sorrise.

-I signori desiderano ordinare?- chiese una giovane cameriera.

-Sì, io prenderò gli spaghetti allo scoglio- rispose gentilmente Natasha in italiano.

-Uhm…io prenderò…lo stesso- mormorò Rogers, chiedendosi cosa avesse ordinato.

-Da bere?-

-Può consigliarci un buon vino da abbinarci- chiese Nat sempre in italiano.

-Dell’acqua minerale andrà benissimo- la anticipò Steve, intuendo le sue intenzioni.

Quando la cameriera si fu allontanata, ripresero la conversazione.

-Con chi non funzionerà?- riprese lui.

-La Stark. È una spia, Rogers… una donna forte, indipendente, una che ha dovuto farsi strada in un mondo dove spadroneggiano gli uomini. Dirle “sei molto carina” non è quello che vorrebbe sentirsi dire- spiegò l’assassina.

-Co… cosa centra lei adesso?- ribatté Steve, arrossendo un po’.

-Niente… ti sei tenuto stretto il suo cappotto come se fosse il tuo animaletto di peluche…-

-Io non ho…non stavo…-

-Rogers, stai calmo, non andrò a dirglielo. Sarai tu a farlo- ridacchiò.

Il Capitano la guardò come se fosse impazzita.

-Dovrei andare da E… Ebony e dirle che ho tenuto stretto il suo cappotto?- chiese.

-Che carino, ti trema perfino la voce quando dici il suo nome- rise l’assassina –No Capitano, devi dirle che ti piace, che sei attratto da lei. Però per prima cosa devi invitarla a cena- precisò Nat.

-Ma a me non…-

-Oh tesoro, sei stato così dolce ad invitarmi a mangiare qui. Sono così felice di passare un po’ di tempo sola con te, senza gli altri intorno, capisci- strillò Nat, con la voce di un’ottava più alta e ammiccando vistosamente.

-Natasha ma…-

-Spero che mi inviterai spesso a fare queste cenette insieme, insomma, un tipo carino come te…un tale galantuomo…- continuò lei imperterrita.

Il Capitano era sempre più confuso.

Preso com’era non si accorse di un cameriere alquanto irritato che li sorpassava per poi sparire all’interno del locale.

In quel momento tornò anche la loro cameriera portando le ordinazioni.

I due Avengers la ringraziarono e attesero di nuovo che si fosse allontanata.

-Dicevamo?- chiese allora l’assassina, tornando “normale”.

Il Capitano la squadrò con un sopracciglio inarcato.

-Che vuoi cenare con me più spesso?-

-No, prima-

-Che io non ho nessun interesse sentimentale per la sorella di Stark?-

-Giusto. Ne sei sicuro? È una ragazza carina, single, lavorerà con noi…se proprio non vuoi impegnarti seriamente, puoi sempre fare pratica- spiegò Nat.

-Cos…no! Non userò una ragazza per fare pratica come se fosse un sacco da boxe!- sbottò Steve indignato.

Natasha alzò gli occhi divertita e sorrise.

-Ma certo…come ho potuto pensarci…- ridacchiò, avvicinandosi a Steve.

-Nat…- mormorò lui imbarazzato, cercando di scostarsi da lei.

-Tranquillo Capitano, se vuoi uscire con una ragazza devi abituartici-

Dal tetto dell’edificio difronte, Clint ancora con il grembiule sottratto poco prima al ristorante e fumante di rabbia stava prendendo seriamente in considerazione l’idea di conficcare una freccia dritta nel cranio del biondo Capitano. Mentre malediceva mentalmente la sua partner in tutte le lingue che conosceva alzò per un istante lo sguardo. Fu abbastanza per intravedere una figura sporgersi dal tetto del palazzo di fronte, e non una figura qualunque, sembrava la sua vecchia conoscenza incappucciata dall’arco dorato, la donna che Clint aveva creduto sua madre. Aveva il cappuccio abbassato e di lato le pendeva la treccia più lunga che Clint avesse mai visto. Si stava sporgendo per guardare la coppia disotto come se non avesse mai visto un uomo e una donna in atteggiamento romantico.

Mentre Barton si chiedeva se fosse il caso di avvertire Natasha, l’altra si accorse che lui la stava guardando e, dopo avergli sorriso, si rimise il cappuccio e sparì dietro al tetto senza fare rumore.

Clint rimase a fissare quel punto per qualche secondo, per poi riportare l’attenzione al Capitano e a Natasha, giusto in tempo per vedere quest’ultima avvicinarsi al viso del Capitano.

-Natasha…Nat….Romanoff, che stai facendo?- balbettò Steve, mentre la ragazza si tendeva sempre di più verso di lui.

-Se vuoi uscire con una ragazza ad un certo punto dovrai baciarla- rispose lei con leggerezza, continuando ad avvicinarsi.

-No…Nat…io non credo che sia…-

-Shh, tranquillo Steve, è tutto apposto…-

Proprio quando Natasha stava per chiudere la distanza tra loro, una delle decorazioni che adornavano la terrazza cadde precisamente sulla testa del capitano, Steve avrebbe giurato di aver sentito il sibilo di una freccia pochi istanti prima, proprio sopra di lui.

-Ma che…- esclamò, guardandosi attorno.

Natasha si allontanò da lui, fingendosi sorpresa.

-Qualcosa non va?- chiese.

-No… quest’affare mi è caduto in testa- disse sporgendosi a raccogliere l’ornamento incriminato.

-Magari era solo attaccata male, non preoccuparti. Continuiamo il nostro appuntamento-

-No Natasha, scusami ma…è il caso di chiudere qui la nostra lezione, grazie comunque. Pago io il conto. Ci vediamo alla torre- ribatté Steve alzandosi, cercando di non sembrare maleducato.

Natasha sorrise, per nulla offesa, prendendo un assaggio di spaghetti, mentre attendeva pazientemente. Dovette aspettare finché Rogers non se ne fu andato, dopo aver pagato il conto, per veder spuntare il suo ex migliore amico da un vicolo.

-Non dovresti essere alla torre?- chiese lei sorridendo.

L’arciere prese un paio di respiri profondi, non volendo essere troppo aggressivo.

-E così tu e Rogers, eh?- chiese acido.

-Sì. Geloso?-

-No no, puoi fare la sgualdrina con chi ti pare, per quel che mi riguarda- rispose Clint, sedendosi al posto del Capitano e prendendo una forchettata dal piatto.

-Spero tu abbia raccolto lo stuzzicadenti che hai conficcato nel muro, qualcuno potrebbe scambiarlo per un brutto attaccapanni- rispose indicando la parete in penombra dell’esterno del ristorante.

-Lo stavi per baciare!- esclamò l’arciere.

-“Faccio la sgualdrina con chi voglio”- rispose lei divertita.

-Per quanto tu sia un’irritante ragazzina io ci tengo a te-rispose lui alzando la voce.

La poca gente nei tavoli vicini guardava i due partner, perplessi. Clint, accorgendosene, si alzò sgarbatamente e uscì dalla veranda. Nat lo seguì e lo spintonò da dietro per provocarlo.

-Hai un modo strano di dimostrare che tieni a me brutto idio…- aveva cominciato a dire lei, ma non riuscì a finire la frase perché Clint in un istante l’aveva afferrata per i fianchi e aveva appoggiato le sue. Fu un bacio rude, feroce, colmo di frustrazione e rabbia repressa. Dal canto suo, dopo i primi secondi di shock, Nat rispose al bacio, ma non appena si furono staccati per riprendere fiato, la sua mano colpì il viso dell’arciere con tutta la forza di un’assassina altamente addestrata, dopodiché girò i tacchi e si avvio lungo il marciapiede, a passo spedito, nascondendo un ampio sorriso.

Clint rimase immobile, incerto su cosa fare o cosa dire, con una mano sulla guancia arrossata e il cuore che ancora batteva all’impazzata.

-Quella donna mi farà diventare matto…- sbuffò, andando a riprendere l’arco, abbandonato in un vicolo poco lontano.

 

Speriamo che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto, vi invitiamo come sempre a farci sapere cosa ne pensate, anche poche parole saranno molto apprezzate.

A presto,

Chekkumeto&Lawrence_Victory

 

 

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