You'll come to me

di Charlie Winchester
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** All the legends are true ***
Capitolo 3: *** The law is the law ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Angolo autrice:
Salve ragazze!
Giusto qualche giorno fa ho visto su facebook una foto su una pagina Malec che poi vi posterò, si trattava di Alec in versione Persefone e Magnus in versione Ade.
Vi lascio immaginare… ho fangirlato troppo e ho pensato che qualcuno avesse già scritto una storia così, invece apparentemente no.
Ovviamente se così non fosse e io avessi copiato l’dea di qualcuno vi prego di farmelo sapere immediatamente e provvederò a cancellare la storia.
Cambierò un po’ la figura di Persefone in quanto Alec non ce lo vedo proprio ad essere rapito mentre raccoglie fiori, credo lo farò diventare un cacciatore (sappiamo tutti che gli dei rapivano ninfe e ragazze di cui si infatuavano, quindi perché non un ragazzo?)
In più Magnus/Ade non immaginatelo cattivo e tenebroso, per me sarà più come Ade nella versione Disney, un po' sassy e simpatico.
(preparatevi adoro le gif)
Inizialmente era una one shot ma stava diventando troppo lunga perciò ho deciso di dividere la storia in capitoli, sono già al quarto quindi aggiornerò il prima possibile, questo che leggerete ora è davvero il più corto, consideratela come un'introduzione.
Lasciatemi recensioni e fatemi sapere se la storia vi piace, anche le critiche sono ben accette.
Ecco il link dell'autrice dell'imagine a cui mi sono ispirata: 
http://itsladyhawke.tumblr.com

 
 You'll come to me
 
 
 
–Non sarò mai tuo!
Sbraitò Alec contro Magnus. La reazione a questa frase fu un sorrisino malizioso.
Il dio dell’Ade sapeva perfettamente che prima o poi avrebbe ceduto, aveva tutto il tempo del mondo, non poteva spostarsi dagli inferi ma in ogni caso non si sarebbe perso quello spettacolo nemmeno se avesse potuto.
–Ti credo sulla parola Alexander.
Il modo in cui Magnus pronunciava il suo nome lo fece rabbrividire, quel posto lo faceva rabbrividire.
Non c’era luce del giorno e tutto era illuminato dalla tenue luce delle fiaccole appese alle pareti.
La sala del trono era una grande caverna, Alec si aspettava di vedere scheletri e anime di morti ovunque, non  un tavolo imbandito con frutta e carne fresca. Questa strana normalità lo spaventava.
–Dove hai nascosto il mio arco e le mie frecce? Non hai nessun diritto di prenderli.
–Senti zuccherino, ascoltami attentamente. –Magnus si alzò dal suo imponente trono di velluto blu in pendant con la sua camicia, sorseggiando una strana bevanda aranciognola. Probabilmente è ambrosia*, pensò Alec.
Si diresse con passo lento ma deciso verso il ragazzo. –Non te li darò fino a quando non ti sarai volontariamente donato a me. Sarai tu stesso a cercarmi.
Si avvicinò pericolosamente a lui e gli sfiorò il mento con due dita. –Il tuo orgoglio ti impedirà di venire da me ma il desiderio ti consumerà così tanto che non potrai più opporti.
Alec deglutì nervoso ma riprese immediatamente il suo autocontrollo e scansò la mano di Magnus.
–Preferirei morire piuttosto.
Magnus scoppiò a ridere.
–Non ti converrebbe. Ricordati che sono il dio degli Inferi, la tua anima verrebbe comunque mandata qui e a quel punto non ci sarebbe più divertimento né per me né per te.
Il dio si allontanò con passo felino e con uno schiocco di dita aprì una porta davanti a se, prima di varcarla si voltò verso il ragazzo e gli disse: –Mangia qualcosa Alexander, magari cambierai idea.
Gli fece l’occhiolino e prima che Alec potesse ribattere qualcosa svanì nel nulla.




*AmbrosiaNella mitologia l'ambrosia (in greco anticoἀμβροσίαambrosia) è a volte il cibo o la bevanda degli dèi. La parola deriva dal greco a- (il cosiddetto "alfa privativo") e(μ)βρότος, ου (m)brotos ("mortale", rad. mrot-, cfr. latino mors, mortis) ovvero il cibo o la bevanda che solo gli immortali potevano consumare.

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Capitolo 2
*** All the legends are true ***


You'll come to me





Passarono giorni e Alec non vide più Magnus, era sollevato, non voleva vederlo, la sua figura lo intimidiva. Nonostante Alec fosse fisicamente più grande della forma umana di Magnus si sentiva comunque in soggezione.
Il dio sapeva come farti sentire piccolo e insignificante anche solo con uno sguardo.
Non mangiava da giorni, sapeva che il cibo mangiato negli inferi lo avrebbe costretto a restare là per sempre perciò stava facendo la fame e il suo corpo umano cominciava a risentirne.
Era dimagrito molto e il suo corpo generalmente muscoloso cominciava a mostrare i primi segni di debolezza.
Era stata l’anima di un soldato a scortarlo nei suoi alloggi la prima sera; gli era stato preparato un enorme letto a baldacchino con le lenzuola di seta nera, tutto era così monotono, i mobili, i quadri. Alec pensò che stonassero con la personalità di Magnus, sicuramente però non era stato lui ad arredare le stanze.
Nella sua stanza c’era anche un armadio con abiti per tutti i gusti, certo alcuni erano troppo nello stile di Magnus, cosparsi di glitter ovunque, ricoperti di perline e pailletes, Alec avrebbe preferito buttarsi nello Stige piuttosto che indossarli.
Improvvisamente cominciò a chiedersi come fosse la sua camera, sempre che gli dei avessero bisogno di dormire ovviamente, probabilmente rispecchiava la sua personalità un po’ eccentrica.
Scosse la testa, infastidito, non voleva dedicare troppi pensieri alla camera da letto del suo rapitore e allora cominciò a pensare alla sua vecchia vita.
Quanto gli mancava il sole. Sin da quando era bambino aveva sempre vissuto all’aria aperta, inevitabilmente pensò a sua madre che era sicuro avrebbe mosso mari e monti per cercarlo.
Ma cosa avrebbe potuto fare la dea dell’agricoltura contro il dio dell’Ade?
Niente.
La consapevolezza che non sarebbe mai tornato sulla terra lo colpì come un’onda che si infrange sugli scogli. Non sapeva come reagire, voleva distruggere Magnus ma era altrettanto consapevole che non avrebbe potuto fare niente.
Ecco di nuovo quella sensazione di impotenza contro la quale è impossibile combattere, Alec si sentiva così anche quando trovava una preda ma questa fuggiva prima che potesse prenderla, la sensazione era la stessa ma moltiplicata per mille.
Improvvisamente uno di quei portali si aprì nella sua stanza, o forse avrebbe dovuto chiamarla prigione, Alec capì che era ora di cena. Certo non si lamentava della grandezza dei suoi alloggi ma si sentiva come un uccellino in gabbia senza via d’uscita.
Varcò il portale e si ritrovò nella sala del trono, il lungo tavolo apparecchiato era sempre là, si stava già preparando mentalmente a non toccare tutte quelle cibarie quando seduto al capo del tavolo vide Magnus.
–Ben arrivato, Alexander.
Alec fece per sedersi all’altro capo del tavolo, il più lontano possibile da quell’essere che tanto disprezzava, ma bastarono un paio di gesti di Magnus che il tavolo si accorciò e rimase solo una sedia per lui.
–Siediti qua. Affianco a me. –Magnus lo guardò intensamente, si aspettava una qualche reazione da parte del cacciatore ma Alec era troppo debole persino per reagire.
L’unica cosa che poteva fare era rassegnarsi, l’idea non gli piaceva però chi avrebbe mai potuto affrontare il dio dell’Ade per lui?
–Alexander, oggi mangerai. È un ordine. Non puoi morire. Ti ho rapito perché ti amo, lo sai questo?
Ti ho rapito perché ti amo, lo sai questo?
Quelle parole rimbombarono insistenti nella sua testa. Fu la goccia che fece traboccare il vaso, la scintilla che accese il fuoco dentro di lui, sbatté con forza il pugno sul tavolo e cominciò ad urlare contro Magnus: –Tu non mi ami. Questo non è amore. Sono solo un giocattolo per te, sei viziato come tutti gli dei. Non sei capace di amare. Se mi amassi veramente, non mi lasceresti rinchiuso come un animale in gabbia, non basta preoccuparti perché non mangio, se fossi sincero potrei anche crederlo, tu in realtà sei preoccupato per te stesso, perché se io morissi allora saresti di nuovo solo.
Le parole gli uscirono dalla bocca come un fiume in piena, probabilmente aveva fatto arrabbiare Magnus così tanto che lo avrebbe ucciso lui stesso, era preparato a qualsiasi reazione ma inaspettatamente il dio gli strinse la mano chiusa a pugno.
–Forse hai ragione Alexander. Io non so cos’è l’amore ma è altrettanto vero che tu non mi conosci. Non sai che cosa provo e io non so cosa provi tu.
Magnus incatenò il suo sguardo a quello di Alec e per un istante gli sembrò di perdersi in quelle pozze celesti.
Ad Alec sembrò davvero umano in quel momento, sarebbe potuto essere un terrestre qualsiasi che non avrebbe saputo riconoscerlo, sembrava sincero.
–No.– cambiò subito idea, era solo un altro dei suoi trucchetti da dio per far cadere tutti ai suoi piedi. –Non mangerò. Tutti conoscono le storie, chi mangia un frutto coltivato nell’Ade è costretto a rimanere qui per sempre.
Magnus sorrise a quell’affermazione.
–È vero. Tutte le storie sono vere, Alexander. Però, dovresti imparare ad ascoltare meglio. Ciò che è coltivato nell’Ade ti legherà per sempre a me, dove pensi che prenda la carne? Non posso tenere creature vive qui. La carne mi viene spedita da Artemide, la dea della caccia che ti è tanto cara. A proposito, era un po’ seccata quando le ho scritto che volevo rapire proprio un cacciatore.
Alec guardò la carne, era affamato come non lo era mai stato in tutta la sua vita, la coscia di maiale sul suo piatto lo stava invitando a divorarla.
Prima di mangiarla però si fermò: –Come so che non mi stai mentendo? Se mi legassi per sempre a te non dovresti più preoccuparti, a quel punto sarei comunque tuo per sempre.
Nessuno potrebbe più fare niente per salvarmi.
–Non ti sto mentendo. Lo giuro su mio fratello Valentine*!– quando disse ciò un tuono rimbombò nella stanza ed entrambi saltarono per lo spavento –Stai calmo fratellino! Non ti arrabbiare.– Magnus si sistemò seccato e poi continuò: –Inizialmente ci avevo anche pensato ma non voglio usare dei subdoli giochetti per averti.
Alec alzò un sopracciglio, era ovvio che non credeva ad una parola di quello che stava dicendo.
Magnus rimase colpito dalla diffidenza di quel ragazzo, sapeva di doversi conquistare la sua fiducia, era davvero intrigato da lui, quasi si sentiva in colpa per averlo rapito…
Eppure era così bello, così forte e così innocente allo stesso tempo, in tutta l’eternità Magnus non aveva mai visto o conosciuto creatura più complessa. Nessuno mai l’aveva affascinato come Alec.
Con un gesto magico lo fece avvicinare e poi gli sussurrò all’orecchio:–Te l’ho già detto che devi imparare ad ascoltare meglio? Quando sei arrivato, ti ho detto che saresti stato tu a venire da me e attenderò con ansia quel momento.
Subito dopo guardò il cacciatore negli occhi, si soffermò qualche secondo sulle sue labbra piene e si poi ritrasse per tornare a sorseggiare il suo bicchiere di nettare.



*Ho deciso che Valentine sarà Zeus



Angolo autrice:
Ciao fanciulle:)
Come promesso ecco il secondo/primo capitolo, non vedo l'ora che esca la puntata Malec stanotte *-*
Ora vado a dormire perchè mi aspetta un'interrogazione sui limiti domani!
Notte.

 

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Capitolo 3
*** The law is the law ***


PICCOLA PREMESSA:
 
Ciao ragazze!
Mi sono accorta di un errore che ho fatto, nel mito Persefone era una dea (figlia di Demetra e Zeus), una dea minore ma pur sempre una dea. In questa storia Alec invece è umano come credo di avervi fatto capire. È stato un mio errore, ero quasi certa che lei fosse umana, poi oggi mentre cercavo informazioni su di lei ho scoperto che era una dea. Ho deciso comunque che non cambierò il fatto che Alec sia umano nella mia storia per due motivi: il primo è che dovrei riscrivere tutto ma la storia mi piace così e non la cambierò, il secondo è che ho già pensato a qualcosa…
Non vi anticiperò niente e per il momento vi lascio alla lettura di questo capitolo che spero vi piaccia!
Non siate timide di dirmi quello che pensate, liberissime di criticare la mia scelta o qualsiasi altra cosa pensiate abbia sbagliato, buona lettura!





 
You'll come to me

 
 


Alec si stava dimenticando di come fosse stare alla luce del sole, la sua carnagione gli sembrava più chiara, Magnus gli aveva fatto diversi complimenti paragonandola all’avorio e alle porcellane più raffinate ma Alec preferiva non rispondergli.
Non era preoccupato per la sua pelle, semplicemente gli mancava quella sensazione di calore che provava quando usciva a cacciare e restava fuori per giornate intere.
La sera quando tornava era sempre un po’ rosso in viso e  suo padre lo prendeva in giro.
Quanto gli mancava la sua famiglia, aveva vissuto sempre con suo padre ed era stato lui a insegnarli l’arte di cacciare con l’arco, anche se esistevano armi da caccia sempre più moderne, suo padre era rimasto fedele al suo vecchio arco, che apparteneva alla famiglia di Alec da generazioni.
Sua madre invece… Non la vedeva spesso ma era una donna così buona e così bella, aveva gli occhi celesti e i suoi capelli erano lunghi e neri come la pece, Alec gli assomigliava tantissimo, non solo di aspetto fisico ma anche di carattere.
Entrambi adoravano la pace e la serenità ed entrambi erano testardi e diffidenti. Il ragazzo cominciò a immaginare cosa stessero facendo, chissà se qualcuno mi starà cercando.
Non gli piaceva vivere là, quella ‘’gabbia’’ in cui passava gran parte del suo tempo senza far niente non poteva essere chiamata vita.
Alec scrutò la sua stanza, era sdraiato con la schiena leggermente sollevata per evitare di addormentarsi.
Evitava di appisolarsi inutilmente da quando un giorno si era svegliato di soprassalto e aveva trovato Magnus seduto nella poltrona di fronte al letto, intento a osservarlo.
 
–Che diamine ti è saltato in mente? Che cosa stavi facendo?
–Mi piace guardarti dormire. Hai un’espressione rilassata e sembra che tu non possa odiarmi.– fu la risposta del dio.
 
Lo odiava eccome, invece. Ne era certo. Continuava a non capire il motivo della sua scelta. Perché proprio lui? Avrebbe potuto rapire chiunque. Decise di non scervellarsi più di tanto, era impossibile capire Magnus.
Fissò la poltrona nera davanti a lui e poi il suo sguardo ricadde su tutti gli oggetti poggiati nell’angolo della stanza.
C’erano tele bianche, tempere, strumenti musicali, libri, tutti doni che gli aveva fatto Magnus per attirare la sua attenzione, senza successo.
Qualsiasi cosa avesse chiesto sarebbe apparsa, ne era certo, ma lui non desiderava altro che poter tornare dalla sua famiglia. Quella era una delle poche cose che il dio non gli avrebbe mai dato. E il suo arco.
Alec decise di divertirsi un po’.
–Vorrei che la poltrona davanti al letto fosse blu cobalto.–Esclamò a voce alta. Non sapeva se il dio stesse ascoltando ma tentò ugualmente.
In pochi secondi la poltrona nera venne avvolta da una nube blu e quando questa si dissolse nell’aria aveva cambiato colore.
Alec scrutò i quadri appesi al muro, anche quelli erano altrettanto monotoni e spettrali.
Uno in particolare raffigurava una foresta spoglia in una notte di luna piena.
­–Vorrei che il quadro della foresta sparisse.– il quadro scomparve e venne sostituito da uno di un paesaggio di campagna in primavera, con tanto di fiori e alberi verdi.
Alec pensò che Magnus non avesse niente da fare per assecondare desideri così banali.
Improvvisamente un varco si aprì nella parete, Alec pensava si trattasse del solito portale verso la sala del trono ma era ancora troppo presto per la cena, ormai aveva imparato a riconoscere gli orari della giornata proprio grazie alla puntualità del varco, incuriosito si alzò dal letto e indossò i suoi anfibi neri. Indossava un paio di jeans e una maglietta nera con scollo a V.
Passò in mezzo al portale e si ritrovò in un lungo corridoio scarsamente illuminato. Dietro di lui il varco si era chiuso e Alec non aveva la più pallida idea di come farlo riaprire.
Sulle mura di pietra vi erano delle fiaccole ma queste illuminavano poco e niente, non avendo la più pallida idea di come rientrare in camera sua il ragazzo decise di avventurarsi nella semioscurità, per orientarsi tastava le pareti e ad un certo punto si trovò davanti a una biforcazione, nonostante i corridoi sembrassero uguali Alec decise di andare comunque nella parte che considerava più illuminata. Non che avesse paura del buio ma non era mai stato al di fuori dei suoi alloggi o della sala del trono e non voleva rischiare di cacciarsi nei guai.
Quel posto era come un labirinto che pareva non finire mai. Stava camminando da molto, se ne accorse perchè le gambe cominciavano a fargli male, non era più abituato a fare lunghe camminate. Si fermò un momento a riposare e si poggiò contro il muro.
Un varco si aprì dietro di lui e lo risucchiò nella parete. Alec cadde in terra e si ritrovò in una stanza apparentemente vuota.
Si alzò e si spolverò i pantaloni. Non c’erano arredi ma sulle pareti vi erano affreschi rappresentanti scene della mitologia greca. Dei che lottavano contro i titani, cavalli alati, ninfe e satiri. Quella stanza era stranamente illuminata, molto più di quelle in cui stava di salito, due lampadari di cristallo pendevano dal soffitto e creavano dei magnifici giochi di luce che ricordavano i raggi solari.
Alec sorrise, rimase incantato a guardarli e si chiese come facessero a funzionare.
Probabilmente con la magia.
Era così distratto da quello spettacolo che non si accorse che qualcosa veniva, o più precisamente strisciava verso di lui.
–O cavolo.– all’improvviso vide davanti a sé una vipera nera, il ragazzo istintivamente indietreggiò fino a sbattere contro la parete. Aveva visto centinaia, se non migliaia di vipere nella foresta e non ne aveva paura, ma questa era più grossa e sopratutto viveva negli Inferi.
Il serpente davanti a lui sibilava e strisciava sempre più velocemente.
Morirò nel regno dei morti. Che ironia. Fu il pensiero di Alec.
–Ciao zuccherino.– gli disse una voce all’orecchio. Alec la riconobbe subito, Magnus si era materializzato affianco a lui. Indossava una vestaglia di velluto rosso e ai piedi portava un paio di ciabatte blu notte sopra le quali vi era la scritta: king of hell
Non era truccato, notò Alec e non appena era apparso la vipera si era accovacciata a un metro da loro, dando segno di non voler più attaccare.
–Vedo che hai conosciuto Chairman Meow.
Alec lo guardò, confuso. La vipera si mosse, si arrampicò sulla gamba del dio e gli salì sulla spalla.
–Quello è tuo?
–Sì. È la mia vipera.
–Perché Meow?
–Ho sempre desiderato un gatto ma mio fratello Valentine è un tale rompiscatole. La legge è legge. –Magnus lo disse imitando quella che sarebbe dovuta essere l'espressione di suo fratello.– Posso tenere solo creature infernali come questa. È una vipera del Tartaro*.

Alec inizialmente sorrise ma poi non riuscì più a trattenersi e scoppiò in una fragorosa risata. Il dio lo guardò e alzò un sopracciglio, era sorpreso da quella reazione, non aveva mai visto Alec ridere, il ragazzo si limitava a qualche sorriso ma quasi mai era sincero. Per tutto il periodo in cui l’aveva osservato, prima di rapirlo, Alec gli era sembrato un po'apatico, poi continuando ad osservarlo giorno per giorno Magnus si era reso conto che le persone a cui rivolgeva un sorriso sincero e con cui si apriva un minimo si potevano contare sulla dita di una mano. Suo padre, sua madre, sua sorella Isabelle e il suo fartellastro Jace. Mai però l’aveva visto ridere in quel modo, nemmeno con loro.
Era così perfetto, con la testa leggermente ripiegata all’indietro e la vena del collo evidenziata per la risata. Quel suono era così limpido e profondo che Magnus avrebbe voluto congelare il tempo in quel preciso istante e rimanere là a guardarlo per sempre.
Magnus lo guardava stregato, i suoi occhi erano socchiusi, i suoi denti perfettamente dritti e bianchi erano in bella mostra. Non voleva interrompere quel momento, era stato lui la causa di quella risata e voleva godersi quella sensazione ancora un po’.
–Vuoi conoscere il mio cerbero*?
 
–Che cos’è un cerbero?
–È il mio cane da guardia.– spiegò Magnus. Questo fece ridere ancora Alec.–Non sto scherzando. È davvero un cane da guardia, ha tre teste e si chiama Church.
Alec si rilassò e per la prima volta da quando era stato rapito provava qualcosa diverso dall’odio e dalla rabbia. Paradossalmente questa nuova sensazione era stata causata proprio dal responsabile delle prime due.
Magnus posò Chairman Meow a terra e la vipera sparì come inghiottita dal pavimento.
–Dov’è andata?
–Torna nel Tartaro. Non può stare troppo a lungo nel mio palazzo.
–E Church invece?
–O no, lui sta all’ingresso degli inferi. Deve impedire che ospiti indesiderati varchino le porte del mio regno. Te lo farei conoscere ma ho l’impressione che lui ti vedrebbe solo come uno spuntino.
Magnus aprì un portale e fece cenno ad Alec di seguirlo.
Si ritrovarono nella sala del trono. Questa volta il lungo tavolo apparecchiato non c’era e il centro della sala era completamente vuoto. C’era solo il trono del dio degli inferi appoggiato contro la parete dietro di loro.
–Siediti Alexander.
Magnus fece apparire due poltrone rosse dall’aspetto molto comodo. Quella camminata aveva stancato così tanto Alec che si sedette senza ribattere. In realtà sarebbe potuto crollare su una sedia qualsiasi, voleva solo riposare le gambe. Uno schiocco di dita e un calice di cristallo colmo di vino rosso apparve nella sua mano destra.
Il dio lo osservava attentamente, ogni volta che Magnus lo guardava in quel modo Alec si sentiva strano, come stesse cercando di vedere dentro di lui.
In realtà Alec si sentiva sempre strano in presenza di Magnus, non sapeva mai come comportarsi con lui, non era sicuro che trattarlo con odio sarebbe servito a qualcosa perciò si limitava a parlare poco e a ringraziarlo ogni volta che gli faceva un regalo, anche se quest’ultimo non era gradito. Bevve il bicchiere di vino tutto d’un sorso, un po’ perché aveva sete e un po’ perché era sicuro che l’alcol l’avrebbe fatto sentire meno a disagio.
Anche Magnus si sedette e accavallò elegantemente le gambe.
–Perché prima stavi facendo quelle richieste assurde? Non fraintendermi, sono felice che tu mi abbia chiesto finalmente qualcosa, stavo cominciando a chiedermi se avessi rapito una statua. Non sei molto di compagnia.
–Credo che... Volevo solo vedere se stavi ascoltando. Tutto qua.
Alec alzò le spalle. Magnus gli sorrise. Era già qualcosa, finora non era mai capitato e anche se Magnus non era uno a cui piaceva aspettare sapeva di non poter forzare Alec ad amarlo.
–Alexander, c’è una cosa che voglio chiederti, ti ho fatto molti doni ultimamente. Non è un problema ovviamente ma sembra che tu non gli gradisca.
–Ti ho sempre ringraziato.
Magnus roteò gli occhi al cielo e fece apparire un bicchiere di nettare tra le sue mani.
–Non è quello il punto. Non c’è bisogno che mi ringrazi. Vorrei solo sapere cosa ti piace. Vorrei imparare a conoscerti ma sembra che tu abbia costruito un muro tra noi. So che in parte mi odi perché ti ho rapito e non capisci le mie motivazioni ma…­– Magnus venne interrotto da Alec che senza neanche rendersene conto esclamò: –Spiegamele allora.– il dio lo guardò confuso con un sopracciglio alzato, allora Alec si spiegò meglio: –Dimmi perché mi hai rapito. Voglio sapere le tue motivazioni.
Alec maledette il vino con tutte le sue forze. Non era abituato a bere e quella piccola quantità era bastata per scollegare il cervello dalla bocca.
 

 

*La parola Tartaro (dal greco Τάρταρος), indica il luogo dove, nella mitologia greca e latina, Zeus aveva rinchiuso i Titani. Tuttavia la vipera del Tartaro è roba inventata da me.

*
Cerbero nella mitologia greca era uno dei mostri che erano a guardia dell'ingresso degli inferi, su cui regnava il dio Ade. È un mostruoso cane a tre teste.


 

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