The debt

di Little Redbird
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The debt ***
Capitolo 2: *** Queens ***
Capitolo 3: *** Santiago ***
Capitolo 4: *** Family ***
Capitolo 5: *** Cake ***



Capitolo 1
*** The debt ***


The debt
 

Simon fu svegliato da violenti pugni sulla porta della sua camera. Intontito, sollevò la testa dal cuscino per cercare di capire cosa stesse succedendo e dal corridoio gli arrivò la voce burbera di Raphael che gli intimava di alzarsi.
Si stropicciò gli occhi, deciso a non far arrabbiare il leader dei vampiri, ma la testa gli cadde di nuovo sul cuscino. Era stanco morto – sorrise tra sé per l'ironia di quelle parole. Il non-matrimonio di Alec era durato davvero poco, ma si era intrattenuto con Clary ed Izzy fino a tarda notte, a brindare al coraggio del maggiore dei Lightwood e ad ascoltare i discorsi delle ragazze che discutevano sulle possibili reazioni dei membri del Conclave alla notizia del matrimonio fallito.
Raphael bussò – o meglio, si abbatté con furia sulla porta – ancora una volta, imprecando in spagnolo.
“È ora di uscire dal nido, uccellino” lo chiamò in una lingua a lui più familiare.
Simon si coprì la testa con il braccio.
“Mi devi un favore” gli ricordò Raphael.
Dannato vampiro. Non si aspettava che arrivasse a riscuotere il debito così presto. Già si pentiva di avergli chiesto in prestito il completo per il matrimonio.
“Arrivo” assicurò mettendosi a sedere.
Si diresse alla porta, addosso solo un paio di pantaloni della tuta grigi, e la aprì, rivelando un Raphael vestito di tutto punto, i capelli perfettamente in ordine.
“Buongiorno” si sentì salutare con sarcasmo. “Non ho mai visto un vampiro dormire tanto.”
S'infilò nella stanza e spalancò l'armadio mezzo vuoto di Simon, afferrando dei jeans e una maglietta scura e cacciandoglieli in mano in tutta fretta.
“Vèstiti” ordinò. “Ho bisogno che ti finga il mio ragazzo per un'ora. Ti spiego dopo.”
“Che cosa?” domandò Simon, ma infilò comunque la maglietta aderente.
Raphael non rispose e gli lanciò un paio di scarpe.
“Non puoi chiedere a qualcun altro?” domandò confuso, ancora mezzo addormentato.
Raphael fece una faccia inorridita. “Conosco tutti da una vita, sarebbe a dir poco imbarazzate. Basta con le domande. Vèstiti.”
Simon esitò.
“Me lo devi” gli ricordò di nuovo Raphael.
Simon non era sicuro che quel vestito valesse davvero un'ora passata a fare da finto fidanzato. Sì, decise poi, perché la voglia di scoprire a cosa servisse un fidanzato ad uno come Raphael era troppa per uno come lui.







 


AN:
Questa flash l'ho scritta di fretta e con un sonno peggio di Simon, per cui perdonatemela.
Adesso sono davvero tentata di scrivere qualcosina sul perché Raphael abbia bisogno di un finto fidanzato lol
Scritta per il Drabble flash del gruppo We are out for prompt.
Prompt di Karla: Simon x Raphael " il prezzo di quella Giacca ".

Aspetto mercoledì per nuovi spunti, ci leggiamo in questi giorni v.v

Red

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Capitolo 2
*** Queens ***


Premessa, vi prego non saltatela.
Tutto questo era nato come una flash, e tale doveva restare, nonostante il pensiero di scrivere di più su questa idea intrigasse pure me. Però le tre bellissime persone che mi hanno recensita mi hanno fatto notare che lasciare una storia così era un po' una bastardata.
E, siccome sono una brutta persona, ma non esageratamente, e la mia ultima storia mi ha dato l'ispirazione giusta, ho accontentato sia loro che me.
Ora, la flash era ambientata subito dopo la 1x12, e l'ho scritta prima che la 1x13 andasse in onda, e la 1x13 è un'eresia, quindi – per questo e per motivi di trama – ho deciso di ignorarla e di partire da dove avevo lasciato, per cui questa mini-long potrebbe considerarsi una AU.
A questo proposito, questa storia è quel genere di AU un po' stupide e piene di cliché e di fluff, cosa che non mi era mai capitato di voler scrivere, ma per i Saphael questo e altro. Spero che a nessuno venga qualche carie.
Vi lascio alla lettura di questo primo (in realtà secondo) capitolo e ci rileggiamo a fondo pagina, perché c'è di più.


 

2. Queens
 

Quando si lasciarono alle spalle il garage dell'hotel, Simon poté constatare che il sole era appena calato. Fuori dal finestrino, seduto alla destra di Raphael, poteva vedere il cielo sfumare dal verde al blu scuro mentre il sole si posava dolcemente dietro i palazzi di Brooklyn.

Raphael non aveva più detto una parola da quando aveva acconsentito a fingersi il suo ragazzo per un'ora, e lui non aveva ancora idea del perché gliene servisse uno, tanto per cominciare.

“Puoi dirmi almeno dove stiamo andando?” domandò, la voce appena un sussurro nel silenzio dell'auto. Era meglio cominciare con le domande facili.

Raphael si prese tutto il tempo per svoltare, prima di dargli una risposta. “Devo incontrare delle persone. Non ci vorrà molto” assicurò. Sembrò riflettere un attimo, poi aggiunse: “Puoi restare in macchina, basta che tu sorrida e saluti con la mano se qualcuno ti vede.”

Simon si accigliò. Perché mai Raphael si stava dirigendo nel Queens? Quella zona di New York faceva parte della sua giurisdizione vampirica – o qualunque fosse il termine. Forse dovevano incontrare un'altra specie. Però continuava a non capire perché il leader dei Vampiri di New York avesse bisogno di un partner per una riunione politica. E perché disturbarsi tanto se poi lo lasciava in macchina?

“Riesco a sentire gli ingranaggi del tuo cervello che si sforza di capire.” La voce di Raphael era profonda, forse più del solito, ma c'era una sfumatura divertita nel suo tono.

Simon sorrise per assecondare l'apparente buon umore dell'altro. “Uno di noi deve pur usarlo, il cervello” ribatté sagace.

Un sopracciglio di Raphael si sollevò nella sua tipica espressione sufficiente. “E credi di essere tu quello che tra noi usa la materia grigia?”

“Non sono io quello che pretende che qualcuno si finga il suo fidanzato come pagamento di un debito.”

Raphael non rispose.

“Io non sapevo nemmeno che fossi gay” insistette Simon. “Anche se un po' lo sospettavo.”

Gli occhi scuri di Raphael gli lanciarono un'occhiata gelida prima di alzarsi al cielo. “Io invece ho sempre saputo che tu lo fossi.”

Simon fece un suono offeso. “Solo perché ho una cotta per Ryan Reynolds non vuol dire che io sia gay” negò. Si morse un labbro e ci pensò. “Dire che ho una cotta per un uomo non aiuta la mia causa, suppongo” mormorò tra sé. “Magari sono bi, chissà.”

“Senti” disse Raphael.

Si era voltato completamente verso di lui e Simon si rese conto che si erano fermati. Avevano parcheggiato di fronte ad una villetta bifamiliare, l'esatto opposto di quello che si era aspettato. Decisamente diverso dai soliti luoghi di incontro tra leader di Nascosti.

Stava ancora guardando fuori dal finestrino quando Raphael continuò, il divertimento completamente svanito dalla sua voce.

“Non ti chiedo molto. Non dovrai tenermi per mano né baciarmi. Non dovrai nemmeno parlare, solo farti vedere. È il minimo che tu possa fare per ripagarmi di tutti i favori che ho fatto a te e ai tuoi amici Shadowhunter.”

Simon ignorò la malinconia che le parole di Raphael gli avevano trasmesso. “Tecnicamente, sono morto per causa tua, quindi direi che siamo già pari.”

Raphael si voltò e strinse le mani sul volante – per impedirsi di stringerle intorno al suo collo, sospettò Simon.

“Lo faccio perché siamo… tipo amici, no?” disse esitante. “L'avrei fatto anche se non mi avessi prestato il vestito.”

Le dita di Raphael si rilassarono sullo sterzo, ma continuò a fissare dritto davanti a sé. “Va bene” disse soltanto. Scese in fretta dall'auto e si avviò verso la casa.

Simon abbassò il finestrino dal vetro oscurato e seguì l'altro con lo sguardo. Raphael camminava con la schiena dritta, con quel suo tipico passo sicuro, una mano nella tasca dei pantaloni eleganti. Bussò alla porta sulla destra e attese per dieci lunghi secondi prima che questa venisse aperta.

Una ragazza dai lunghi capelli castani allacciò le sue braccia abbronzate intorno al collo di Raphael e Simon trasalì. Nessuno abbracciava Raphael Santiago, leader del Clan dei Vampiri di New York, incapace di provare affetto e simpatico come un dito in culo. Nessuno tranne quella ragazza, evidentemente. E il ragazzo che accorse alla porta. E i due bambini che si strinsero alle sue gambe.

Che cazzo sta succedendo.

Quel pensiero non suonò nemmeno come una domanda nella testa di Simon. Tutto quello a cui riusciva a pensare era che Raphael si stava lasciando abbracciare, senza minacciare di staccare la tasta a tutti. E – ommioddio – quella era una risata? La risata di Raphael?!

Simon continuò a osservare la scena, la bocca aperta e gli occhi spalancati.

Quando il capannino di persone intorno a lui smise di abbracciarlo e lo invitò ad entrare, Raphael rifiutò educatamente.

“Sono con qualcuno” Simon lo sentì dire. “Mi fermerò un'altra volta.”

“Con qualcuno?” domandò una donna. “Chi?”

“Uh.” Era la prima volta che Raphael esitava e, se fosse stato ancora umano, il cuore di Simon avrebbe galoppato, intenerito da quell'incertezza.

“Il tuo nuovo ragazzo?” chiese un uomo.

Simon non poteva vedere molti visi oltre la porta, ma sospettava che in casa ci fosse più gente di quanto pensasse.

“Sì” si arrese ad ammettere Raphael. “Però è una cosa nuova” aggiunse in fretta.

All'improvviso, Simon poteva vedere almeno sei persone sbirciare verso la macchina da sopra le spalle di Raphael.

Rimase perplesso per un attimo, poi si ricordò del suo ruolo e sorrise ai volti curiosi che lo scrutavano, salutando piano con la mano dall'interno dell'auto.

I visi sparirono di nuovo dietro la figura di Raphael.

“Digli di entrare” suggerì la voce di donna che aveva sentito prima.

“In realtà stavamo andando a cena” mentì Raphael.

“Qui si mangia sicuramente meglio” obiettò un uomo. “Papà non sarà contento di sapere che passi solo per dare gli auguri e sparisci.”

Ci fu un attimo di silenzio. “Lo sa che non mi piace partecipare ai compleanni.”

“Restate solo qualche ora” suggerì la donna.

Raphael si voltò appena verso la macchina per guardarlo con la coda dell'occhio. “Stiamo insieme da poco” disse, volgendosi di nuovo verso gli altri. “Non sono pronto a presentarlo a tutta la famiglia.”

Simon trattenne il respiro. A tutta la famiglia. Il ricordo di quella sera in camera sua gli tornò alla mente con prepotenza. Lui e Raphael stesi sul letto, il soffitto dipinto di azzurro, le confessioni fatte a mezza voce.

Due dei miei fratelli sono ancora in vita e ho molti nipoti.”

Vai a trovarli?”

Ogni tanto mi assicuro che stiano bene.”

Si sentì terribilmente stupido. Con tutte le commedie romantiche che Clary l'aveva trascinato a vedere, come aveva potuto dimenticare che l'unica volta in cui qualcuno ha bisogno di un finto fidanzato è per far contenta la famiglia?

Si morse il labbro e si voltò di nuovo verso la casa.

“Non dire stupidaggini” stava dicendo la donna. “Non lo mordiamo mica.”

Simon sorrise dell'ironia di quelle parole. Dei Mondani che lo mordevano sarebbero stati il colmo.

Anche se, con la fortuna che si trovava, non era da escludere che prima o poi succedesse.

“Dico davvero” insistette Raphael. “Non credo che gli vada di partecipare ad uno dei vostri chiassosi e interminabili compleanni.”

Proruppero delle risposte offese, producendo l'unico risultato di confermare la chiassosità degli abitanti della casa.

Simon sorrise. La famiglia di Raphael era così tipica e normale. Gli mancava la normalità. E gli mancava la sua, di famiglia.

Prima che Raphael potesse protestare ancora, la ragazza che gli aveva aperto la porta lo oltrepassò e si diresse a passo spedito verso la macchina.

Verso di lui, si rese conto Simon. Ricompose il sorriso sulle sue labbra, stando bene attento a non mostrare i canini.

La giovane, che non doveva avere più di sedici anni, si lanciò contro la portiera e la spalancò senza complimenti, non dandogli nemmeno il tempo di salutare.

Raphael era qualche metro dietro di lei e la guardava esasperato.

“Vieni dentro” lo invitò la ragazza. Anche se, più che un invito suonò come un comando.

Simon si chiese se l'intera famiglia Santiago avesse manie di controllo.

“Ciao” la salutò confuso.

L'altra sembrò rendersi conto della sua maleducazione e fece un enorme sorriso, nascosto dall'apparecchio per i denti, poi spostò i capelli dietro una spalla e gli tese la mano. “Sono Laura” disse.

Simon la strinse piano. “Simon” si presentò, ricambiando il sorriso.

“Adesso vieni dentro” comandò di nuovo. “È il compleanno del nonno.”

“Oh” fece Simon. Lanciò un'occhiata a Raphael, che però teneva lo sguardo sull'erba ben curata. “Certo” acconsentì uscendo dall'auto.

Raphael chiuse gli occhi; sembrava deluso che avesse accettato.

Ops.

Laura batté le mani e si avviò verso la casa. Simon la seguì con più calma e si fermò al fianco di Raphael, che stava chiudendo l'auto con la chiave che aveva pescato dalla tasca.

“Avrei dovuto rifiutare?” gli sussurrò. Adesso che poteva vedere bene la porta, da cui spuntavano almeno dieci persone, desiderava essere stato meno educato.

Raphael scosse la testa. “Ormai è fatta” disse rassegnato. “Cerca di non metterti in imbarazzo. E di non mettere in imbarazzo me.”

Simon fece un enorme sorriso. “Quando mai sono imbarazzante?”

Raphael alzò gli occhi al cielo e gli posò una mano sul fondo della schiena per condurlo dentro.

 

 

 


AN:

Dunque, se siete sopravvissuti a questa prima dose di fluff, complimenti.
Se non volete più vedermi, comprensibile.
Se, invece, vi ho incuriositi e resterete con me per i restanti tre capitoli, sappiate che li ho già pronti – perché avevo paura di fare la fine della long BonKai – e dovrei pubblicare una volta a settimana, o almeno quando saprò che chi la segue (ma chi la segue?) ha letto.
Detto questo, se ancora non ne avete abbastanza delle stupidaggini che scrivo e volete leggere i missing moments di questa storia nell'attesa del prossimo capitolo, ce ne sono tre, per il momento:

Mi propio sol;

Smoke n' mirrors;

Quiet room.

Sono in ordine cronologico, più o meno.

Vado ad emigrare in Messico.
Red

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Capitolo 3
*** Santiago ***


3. Santiago
 

In meno di cinque minuti, Simon era stato presentato a tutta la famiglia Santiago – o quasi, perché sembrava che qualcuno non fosse ancora arrivato e che qualcun altro non ce l'avrebbe fatta. Aveva sentito i più svariati nomi e gradi di parentela – Pepe, Felipe, Raquel, Elena, Carlos, figli, nipoti, pronipoti, fidanzati di nipoti, mariti di figli, amici di nipoti e amici di famiglia di Raphael – e stava ancora memorizzando i visi, quando la folla di curiosi terminò e gli fu dato un attimo di pace.

Era da tempo che non si trovava in mezzo a tanti umani, con i loro profumi e battiti eccitati, e si sentiva un po' stordito, cosa che non sfuggì all'occhio vigile di Raphael.

“Stai bene?” gli domandò in un sussurro, sospingendolo piano verso un angolo del salotto.

Simon annuì, rilassando i muscoli del viso per aprirsi in un sorriso sincero. “Credevo non finissero più” confidò.

“Mi dispiace” si scusò l'altro e Simon si accigliò. Raphael non si dispiaceva mai, e fargli conoscere la sua famiglia non era di certo qualcosa per cui scusarsi.

“Va bene” lo rassicurò. “Sono simpatici, e sembra mi adorino già.” Gli scoccò un altro sorriso e Raphael distolse lo sguardo.

“C'è qualcun altro che devi conoscere.”

“Il festeggiato” dedusse Simon. Non aveva ancora dato gli auguri a nessuno, contando di seguire Raphael quando l'avrebbe fatto lui.

Il vampiro annuì per confermare le sue deduzioni. “Vieni” disse, precedendolo verso la vetrata che conduceva in giardino.

Lo spazio era in comune per entrambe le famiglie dello stabile, ma Simon sospettava che appartenesse tutto ai Santiago. Luci, lanterne e candele illuminavano l'erba bassa e i tavolini sparsi, qualche palloncino era stato attaccato alla facciata della casa e qualcun altro agli alberi che circondavano il parco. Nell'aria c'era profumo di carne e birra e alcuni dei bambini rincorrevano i cani di famiglia.

Simon si stava ancora guardando intorno quando Raphael gli sfiorò piano il gomito per invitarlo a seguirlo verso un angolo del giardino, dove stavano sedute tre persone anziane. La donna del gruppo balzò in piedi, nonostante l'età e le gambe magrissime che minacciavano di spezzarsi, per abbracciare Raphael. Sembrava una cosa del tutto normale, abbracciare il vampiro più potente di New York.

“Nora” mormorò Raphael e nella sua voce Simon poté sentire una sfumatura tutta nuova: tenerezza.

Si morse il labbro e attese che l'abbraccio si concludesse e lui potesse smettere di sentirsi di troppo.

Quando Nora sollevò il viso dalla spalla di Raphael le sue guance erano umide, e qualcosa nello stomaco di Simon – vuoto e inutile ormai da mesi – si mosse.

“Non sei invecchiata di un giorno” si complimentò Raphael. Ecco un'altra cosa nuova.

“Che pezzo di merda” fu la risposta dell'altra.

Simon trattenne una risata, ma non riuscì ad impedirsi di sorridere.

Persone che abbracciavano e insultavano Raphael? Quello doveva essere il Paradiso.

L'altro vampiro gli lanciò un'occhiata, sicuro – e a ragione – di trovarlo a sghignazzare per l'uscita di Nora.

“Simon” lo salutò questa.

Di certo le notizie viaggiavano veloci in famiglia.

Simon le sorrise e la donna gli si avvicinò per stringergli le mani nelle proprie, calde e rugose.

Quando entrarono in contatto lei lo guardò con occhi addolorati, ma fu soltanto un attimo, prima che gli sorridesse gentile.

“Questa è mia sorella Nora, Simon” la presentò Raphael.

Simon non riuscì a nascondere la sorpresa.

Due dei miei fratelli sono ancora in vita” gli aveva detto.

Istintivamente, lanciò un'occhiata ai due uomini seduti silenziosi davanti a sé. Uno dei due somigliava terribilmente a Nora, ed era sicuro che, se avesse potuto cancellare le sue rughe, la fronte sarebbe stata la stessa di Raphael.

“È, uhm, è un piacere” balbettò a Nora. “La vostra famiglia è splendida” disse, con un sorriso e un po' più di sicurezza.

La donna sorrise. “Mi piace” disse, guardando lui, ma parlando chiaramente con suo fratello.

Raphael distolse lo sguardo, a disagio.

Simon si strinse nelle spalle. Era strano essere approvato come finto fidanzato, ma anche soddisfacente.

“Buon compleanno” disse allora Raphael e suo fratello si alzò per abbracciarlo brevemente.

Era stato un tipo di abbraccio completamente diverso da quello con Nora, e Simon si sentì improvvisamente a disagio sotto lo sguardo dell'uomo.

“Questo è mio fratello, Manuel” lo presentò Raphael. “Il festeggiato” aggiunse per dargli l'opportunità di fare gli auguri senza sembrare stupido.

Simon gli strinse la mano. “Buon compleanno” gli disse. “Mi spiace essere arrivato senza regalo-”

“Oh, non dire stupidaggini” lo interruppe subito Nora. “Sappiamo che è colpa di Rafi.”

Rafi. Lo abbracciavano, lo insultavano e lo chiamavano Rafi. Oh, l'indomani avrebbe avuto così tante cose da raccontare agli altri! Così tante cose con cui punzecchiarlo!

Sorrise sornione, guardando dritto negli occhi di Raphael, che cominciava a pentirsi di averlo portato con sé – e, probabilmente, anche di averlo riportato indietro dal mondo dei morti in primo luogo.

“Lui è mio marito, Victor” disse Nora, quando fu evidente che i due vampiri fossero troppo impegnati in una gara di sguardi.

Simon si riscosse e strinse la mano all'uomo panciuto, che gli sorrise amichevole.

“Spero tu abbia fame” disse ancora Nora. “I miei nipoti hanno preparato cibo per un intero esercito. Preferisci salsiccia o hamburger?”

Simon si accigliò. “Uh, non vorrei offendere, ma in realtà sono vegetariano.”

Raphael alzò gli occhi al cielo, ma le labbra gli si tesero in un sorriso.

“Oh.” Nora sembrava delusa. “Sono sicura che le ragazze troveranno qualcosa.”

Simon sorrise grato.

“Vieni” lo invitò Raphael. Stava ancora sorridendo. “Ti faccio fare un giro nel giardino.”

“Siamo quasi pronti a mangiare” disse Manuel e Simon si rese conto che era la prima volta che parlava. E il suo tono gli metteva soggezione.

Raphael sembrò esitare un istante. “Torneremo in tempo” promise.

Simon lo seguì fin dove finiva l'erbetta e cominciava un fitto gruppo di alberi. Era come se avessero il loro bosco personale.

“La tua famiglia è splendida” gli disse, cercando di tenere il suo passo. “Non riesco proprio a capire da dove sia uscito tu.”

Il suo tentativo di umorismo cadde nel vuoto. Raphael si fermò e si appoggiò al tronco di un albero, incurante della giacca costosa; infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e piegò una gamba per tenersi in equilibrio con il piede contro il tronco.

Qualcosa, in quella posizione – o forse semplicemente in lui –, impedì a Simon di distogliere lo sguardo, anche mentre si poggiava a sua volta contro l'albero di fronte.

“Quando vuoi andartene basta dirlo” disse Raphael, la voce di nuovo quella a cui era abituato.

“Possiamo restare, se vuoi” assicurò. “Anche se non sembra tu lo voglia poi tanto” azzardò in un sussurro.

Raphael lo guardò, senza nessuna espressione particolare. “La festa non è ancora iniziata. Non hai idea di quello che ti aspetta.” Fece un mezzo sorriso, assaporando già l'imbarazzo dell'altro.

“Non preoccuparti per me, Rafi” gli fece lui, ridendo poi apertamente per il nomignolo.

Raphael scosse la testa. “Lo sapevo che questa storia mi si sarebbe ritorta contro” sospirò drammatico. “Se ti azzardi a chiamarmi così davanti al clan ti ammazzo definitivamente” minacciò poi.

Simon sorrise. “Vieni ad ogni compleanno?” domandò, curioso di scoprire di più sui Santiago.

“Quando posso” disse. “Non amo troppo le feste.”

“Non l'avrei mai detto” fece sarcastico Simon.

Restarono in silenzio per qualche secondo; dalla casa arrivavano le voci e la musica.

“Tua sorella sembra aver intuito che sono… come te” mormorò.

Raphael posò piano lo sguardo su di lui.

“Sembra starle bene, però” aggiunse Simon. “Anche se non sono sicuro tuo fratello la pensi allo stesso modo.”

Gli occhi di Raphael tornarono alle luci della casa. “Non è quello” disse, altrettanto piano. “Non solo, almeno.”

“Cosa intendi?”

“Non sei tu” chiarì Raphael, la gamba che scivolava piano dal tronco. “Ti ho detto che siamo molto religiosi, no? Non è tanto contento che io sia un vampiro, ma nemmeno che mi piacciano gli uomini. O almeno credo, non me lo ha mai detto in faccia.”

Simon si accigliò. “Non capisco” ammise. “Perché fingere di avere un fidanzato, allora?”

“Per mia sorella. Crede che viva solo e miserabile in un hotel, non importa quante volte le abbia spiegato che è come se avessi una seconda famiglia.”

Simon si piegò sotto il peso di quelle confessioni. Ultimamente Raphael si apriva con lui, ma non sapeva se esserne felice, perché sembrava avere solo cose tristi da raccontare.

“Ti vuole bene” gli disse. “Ti vogliono bene tutti.”

Gli angoli delle labbra di Raphael si sollevarono.

“E tu ne vuoi a loro” aggiunse Simon, ricambiando quel sorriso accennato. “Non avrei mai pensato che ti lasciassi abbracciare da qualcuno.”

“Non mi piace essere toccato.”

“Lo so.”

“Eppure mi tocchi tutto il tempo.”

Simon si morse il labbro e assunse un'espressione colpevole. “Mi dispiace, sono un tipo appiccicoso.”

“Lo so” gli disse lui con un sorriso.

Se avesse potuto, Simon era sicuro che sarebbe arrossito dalla testa ai piedi. Sentiva già il bicchiere di sangue che aveva bevuto prima di uscire scaldargli appena gli zigomi.

“Mi dispiace non poter mangiare carne” si scusò, ripensando all'espressione di Nora.

Raphael fece un accenno di risata, cogliendolo alla sprovvista. “Sei un vampiro, Simon” gli ricordò. “Non avresti potuto nemmeno se avessi voluto.”

Simon scosse le spalle e sorrise.

“In effetti, credo che inizierò a dire che mi stai convincendo a diventare vegetariano. È una buona scusa per evitare di rovinare le giacche con il cibo che mi tocca nascondere” aggiunse, l'eco di quella risata ancora presente nella sua voce.

Simon si morse la lingua, ma non riuscì a trattenersi dal parlare. “Sei diverso quando sei con la tua famiglia” disse di getto.

Raphael distolse lo sguardo. “Immagino sia così per tutti.”

Simon annuì. “Sì, ma non così. Sei quasi… piacevole” disse, palesemente meravigliato.

Raphael roteò gli occhi. “Conto sul 'quasi'” disse.

Toccò a Simon alzare gli occhi al cielo ma, prima che potesse ribattere, una voce, più vicina e squillante delle altre, li interruppe.

Rafiii! Smettetela di sbaciucchiarvi, è tutto pronto!”

Simon fece un sorriso imbarazzato e si sistemò il ciuffo di capelli che puntava in su.

Raphael si coprì il viso con una mano. “Ma cosa ho fatto di male?” mormorò tra sé.

Si allontanò senza degnare l'altro di uno sguardo.

Simon lo seguì. Nora gli piaceva, ma non era sicuro di poter sopravvivere a quei livelli d'imbarazzo.






 


AN:
Avrei dovuto aggiornare venerdì, di norma, ma sono un tipo ansioso e non vedo l'ora di pubblicare tutti i capitoli; e avevo promesso a Donnie di aggiornare quando l'avrebbe fatto lei, quindi eccoci qui ^^
Simon ha conosciuto i due fratelli di Raphael e ha scoperto un po' di cose, come il suo nomignolo :P, come vi è sembrato?
Mancano due capitoli, e sono i miei preferiti.
Oh, l'altra volta ho dimenticato di aggiungere un missing moment di questa storia, che si collega sia a questo capitolo che al prossimo, e riguarda Simon e il suo costante toccare Raphael:
Touch me like you do.
 
Red

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Capitolo 4
*** Family ***


4. Family
 

Sul tavolo che si estendeva lungo tutto un fianco del giardino erano stati sistemati piatti, bicchieri, ciotole, posate e cibo di ogni genere. La famiglia Santiago si affollava intorno al buffet, complimentandosi con le bocche piene e indicando i piatti forti.

D'istinto, Simon si fece più vicino a Raphael, timoroso di finire come quelle povere cosce di pollo, tra le grinfie di giovani che sarebbero potuti passare per lupi.

Raphael voltò la testa per guardarlo e sorrise. “Tutto normale” assicurò. “Basta aspettare che passino al barbecue.”

Simon annuì, acconsentendo al piano, ma passarono appena trenta secondi prima che Laura gli si parasse davanti e gli cacciasse in mano un piatto colmo di riso e verdure.

“La nonna ha detto che non mangi carne” gli disse sorridendo.

Simon sorrise di rimando. “Grazie” disse. “Credo sia troppo per me, però. Lo divideremo io e Rafi.”

Raphael sospirò, rassegnato a sentirsi chiamare con quel nomignolo per sempre – che, nel loro caso, era letteralmente per sempre; o almeno, fino a che non si fosse stufato e avesse ammazzato il ragazzo. Ponderò l'idea e sorrise tra sé.

Simon lo prese a braccetto – davanti a tutti, porca di quella miseria – e lo trascinò fino ad un tavolino libero in un angolo.

“Non fare lo stupido” gli sibilò, sedendosi al suo fianco.

Simon lo guardò confuso. “Che ho fatto, adesso? Ho appena salvato la tua giacca nuova dal sugo delle cosce di pollo” disse imbronciato.

Raphael lo guardò spazientito. “Parlo del nomignolo e del tuo toccarmi davanti a tutti” spiegò.

Simon si accigliò e si piegò verso di lui. “Devo o non devo essere il tuo fidanzato?”

“Sì, ma non farti prendere la mano. Non sei il mio tipo.”

“Io sono il tipo di tutti” ribatté seccato, e gettò un cucchiaio di riso tra l'erba dietro di lui.

Poco dopo, al loro tavolo si sedettero Laura, il suo ragazzo – Pedro? – e due loro amici.

Simon si sentì come ai ricevimenti della sua famiglia in cui veniva assegnato al 'tavolo dei giovani'. Questi giovani, però, erano simpatici. Erano una band, scoprì Simon. Laura era la cantante, Pedro il chitarrista, John stava alla batteria e Samuel alla pianola.

“Più tardi dovremmo suonare qualche pezzo” li informò Laura. “Nulla è più incoraggiante degli applausi della famiglia, a prescindere da quanto hai stonato” aggiunse con una risata.

Risero tutti con lei – perfino Raphael sorrise.

“Non vedo l'ora di ascoltarvi” disse sincero Simon.

“Lui se ne intende” s'intromise l'altro vampiro. “Anche Simon è in una band.”

Si voltò a guardarlo. Non aveva idea che Raphael sapesse del gruppo di svitati con cui suonava, men che meno si sarebbe aspettato qualcosa di simile a un complimento.

“Davvero?” domandò Pedro e il suo scetticismo lo ferì non poco.

Annuì sicuro. “Suono la chitarra.”

Il viso di Laura s'illuminò. “Devi suonare per me” ordinò.

“Non credo sia il caso” rifiutò.

“Ti prego. Una sola canzone” giurò lei.

Simon lanciò uno sguardo a Raphael per ricevere consiglio. Lui si strinse nelle spalle, indifferente.

“Va bene” promise, ma già se ne pentiva.

Il viso di Raphael si fece vicino al suo. “Ora ho anch'io qualcosa da raccontare quando saremo tornati” sussurrò.

Il suo alito gli solleticò l'orecchio e Simon si voltò per lanciargli un'occhiataccia, ma si trovò a pochi millimetri dal suo naso e perse il filo dei pensieri. Si limitò a schiudere le labbra e a sbattere piano le ciglia mentre cercava aria che non gli serviva.

Raphael si tirò indietro e si sistemò sulla propria sedia. Solo allora Simon si rese conto che per tutto il tempo il braccio di Raphael era rimasto disteso sul suo poggia-schiena.

Distolse lo sguardo, ma si trovò a fissare due occhi scuri quanto quelli che aveva appena lasciato andare. Manuel li stava osservando attentamente, il viso severo era corrucciato in un'espressione pensierosa.

Simon riportò lo sguardo su Laura.

Maledetto il vestito che aveva chiesto in prestito.

E maledette le promesse che faceva, dal fingersi il fidanzato di qualcuno a suonare per la famiglia di suddetto qualcuno.

Elena, la madre di Laura, si avvicinò al tavolo con un enorme sorriso, accennando qualche passo di danza, il seno prosperoso che ballava con lei.

“È ora di ballare!” li informò, stringendo le spalle della figlia per tirarla su.

Laura si lasciò trascinare via e gli altri membri della band la seguirono.

“Promesso?” domandò, voltandosi un'ultima volta verso il loro tavolo.

Suo malgrado, Simon annuì.

“È ancora valida la tua offerta di andarcene quando voglio?” domandò, senza girarsi a guardare Raphael.

Anche senza vederlo, sapeva che stava di nuovo sorridendo. “Non se ne parla” negò. “Adesso viene il bello.”

Simon si voltò appena in tempo per coglierlo a guardarlo con espressione indecifrabile.

La musica si fece più alta e i Santiago si riversarono al centro del giardino, spostando i tavolini e le sedie di plastica per poter ballare liberamente.

Simon osservò quel fiume di gente che si muoveva come una sola entità al ritmo della musica. Sorrise ai bambini che si muovevano sconnessi, ad alcuni degli adulti che non avevano idea di cosa stessero facendo e alle ragazze più giovani che si dimenavano come fossero al Pandemonium. Si voltò a sorridere anche a Raphael, per fargli sapere che quello era uno degli spettacoli migliori della sua vita – secondo solo a suo nonno ubriaco al suo Bar Mitzvah.

Raphael scrutò la sua espressione meravigliata per qualche secondo, poi lasciò che la bocca piena gli si stendesse in un sorriso – l'ennesimo di quella serata – e Simon si trovò a desiderare di poter essere davvero parte di quella famiglia.

Fu allora che Raquel, una bimba di cinque anni, una delle pro-pro-nipoti di Raphael, si avvicinò a loro e tese la mano al più grande dei vampiri.

Raphael esitò per lanciare un'occhiata a Simon, che li guardava incuriosito, ma scosse la testa e prese la bambina per mano per condurla tra la folla.

Simon cercò di non perderli di vista e focalizzò lo sguardo sul vestitino rosa della bimba. Raphael la fece girare due volte e la prese in braccio. Raquel strinse le braccia corte intorno al collo dello zio e affondò il viso nella sua spalla mentre lui faceva ruotare entrambi a velocità appena sopra quella umana.

Simon continuò a fissare la scena, estasiato dall'espressione di Raphael, che mormorava chissà cosa nell'orecchio della piccola.

Era davvero troppo per la sua sanità mentale – già dubbia in partenza. C'era qualcosa di pesante all'altezza del suo stomaco ed era sicuro che, se solo Raphael avesse continuato a sorride così, il suo cuore avrebbe ricominciato a battere.

Era nella merda. Fino al collo. Aveva una cotta per Raphael. E si stava fingendo il suo ragazzo davanti a tutta la sua famiglia. Era finito in una cazzo di commedia romantica.

Sussultò quando qualcuno si sedette nel posto lasciato libero da Raphael. E quando un Mondano coglie di sorpresa un vampiro, quel vampiro è fottuto davvero.

“Lei è la sua preferita” disse Nora con fare confidenziale.

Simon si voltò a guardarla, pregando che la sua cotta per Raphael non si vedesse troppo.

“Non è una cosa carina da dire, soprattutto quando hai tanti nipoti,” aggiunse la donna, “ma Raquel può chiedergli qualsiasi cosa.”

Simon rifletté un attimo sulle sue parole. “Ho il sospetto che non dovrebbe nemmeno chiedere.”

Nora sorrise. “Finalmente qualcuno che lo conosce.”

Simon si accigliò. Non era sicuro di conoscere Raphael, ma gli piaceva pensare che fosse sulla buona strada. E, soprattutto ora che riconosceva di avere una cotta per lui, ce l'avrebbe messa decisamente tutta.

“Tu non balli?” gli chiese allora Nora.

Simon sorrise e scosse brevemente la testa. “Ho promesso di suonare con Laura.”

Non era proprio una bugia. Anzi, era la verità, solo che era solo una parte. Il suo fidanzato era occupato a ballare con sua nipote e non gli avrebbe chiesto di ballare nemmeno dopo, probabilmente.

“Simon!”

La musica era finita e Laura lo chiamava dal microfono. Si voltarono tutti verso di lui, curiosi di scoprire in cosa si fosse cacciato.

Raphael sorrideva apertamente, Raquel ancora tra le sue braccia.

“Vieni a suonare” lo invitò Laura.

Simon si voltò a sorridere a Nora e si alzò per raggiungere la band sul palco improvvisato.

La ragazza lo accolse con un enorme sorriso, l'apparecchio che scintillava sotto le luci. “Che ne dici di Ed Sheeran?” domandò speranzosa.

Simon ci rifletté per qualche secondo. “Suppongo si possa fare” acconsentì.

Pedro gli passò la sua chitarra e Simon fece scivolare la fascia sulla schiena. Si sedette sullo sgabello al centro e aspettò che Laura sistemasse i microfoni.

Scrutò furtivo la folla, in cerca di Raphael e della piccola Raquel, ma non riuscì a vederli e suppose che fossero tornati a sedersi dall'altra parte del giardino.

I ragazzi del gruppo gli diedero l'ok e fece scorrere piano le dita sulle corde, in cerca degli accordi giusti.

I Santiago si fecero silenziosi e ognuno si avvicinò istintivamente al proprio partner – che fosse un amico, un fidanzato o un parente poco importava. Cominciarono a ballare solo dopo che Laura ebbe iniziato a cantare.

Simon rimase impressionato dalla sua voce.

Settle down with me. Cover me up. Cuddle me in.”

Elena già singhiozzava per la performance della figlia e alcune delle ragazze più giovani facevano da coro improvvisato.

Oh, ora riusciva a vedere Raphael. Aveva tolto la giacca e restava in maniche di camicia e panciotto. Si muoveva lentamente al ritmo delle note che scappavano dalle corde della chitarra, le braccia strette intorno a sua sorella.

Simon deglutì il groppo che minacciava di soffocarlo e distolse lo sguardo da quella scena così intima.

Incrociò gli occhi di Laura, che continuava a cantare con trasporto le parole di Kiss me.

Simon non conosceva nessuna di quelle persone, eppure sentiva di voler già bene a tutti. Si sentiva parte di quella gigantesca e chiassosa famiglia, anche se in realtà era tutta una farsa.

Con quel pensiero, la canzone terminò e la voce di Laura sfumò sulle ultime parole. I presenti applaudirono con entusiasmo e li incitarono per poter ascoltare un'altra canzone, ma Simon restituì la chitarra a Pedro e rimase tra i membri della band solo il tempo necessario a complimentarsi con loro. Si diresse al suo tavolo, interrotto ad ogni passo da qualcuno che si congratulava e alla fine si arrese a farsi trascinare verso il centro da quel mare di corpi, mentre un'altra canzone partiva dalle casse.

Si trovò a sbattere contro le spalle larghe di Raphael – aveva già accennato di essere finito in una fottuta commedia romantica, vero? –, che stava parlando in spagnolo con Nora, i toni abbastanza accesi, da quel che aveva potuto sentire.

“Scusami” mormorò, sicuro che l'altro l'avrebbe sentito comunque.

“È tutto tuo” disse Nora, allontanandosi con una mano sulla schiena e le gambe tremanti.

Simon si guardò in giro, erano circondati da coppie che dondolavano al ritmo della musica e della voce melodiosa di Laura.

“È brava” disse a Raphael, riferendosi alla ragazza.

Lui annuì in accordo. “Siete stati bravi” disse, le labbra sollevate appena in un accenno di sorriso.

Simon distolse lo sguardo. “Possiamo andare via, se vuoi.”

Raphael sembrò sorpreso. “Credevo volessi ballare.”

Il sorriso di Simon si fece più amaro. “Non mi ha invitato nessuno” mormorò.

Raphael alzò gli occhi al cielo e gli si avvicinò per prendergli una mano. “Non sei una tredicenne al ballo di fine anno” gli ricordò. “Sei in famiglia, puoi chiedere a chi vuoi.”

Simon gli strinse la mano. Gli aveva appena detto che faceva parte della famiglia?

Puoi chiedere a chi vuoi.

“Vuoi ballare?”

Gli aveva tolto le parole di bocca. Mentre lui raccoglieva il coraggio di chiedere a Raphael di ballare, l'altro lo stava già facendo.

Simon annuì, un sorriso imbarazzato sulle labbra. “Credevo non volessi.”

Raphael scosse le spalle e lo attirò a sé. “Ormai la mia reputazione è compromessa.” Gli strinse la mano e posò l'altra sul suo fianco e a lui non restò che posare la sua sulla sua spalla muscolosa.

Improvvisamente, toccare Raphael era un dramma. Tutte le cose su cui prima non rifletteva ora erano di vitale importanza: la sensazione della camicia sotto i polpastrelli, i muscoli che guizzavano ad ogni movimento, il profumo di dopobarba che non riusciva a coprire quello del sangue. Si sentiva stordito, quasi ubriaco, e Raphael non faceva nulla per alleviare quelle sensazioni. La mano che gli teneva sul fianco lo stringeva saldamente, ma il pollice accarezzava piano la stoffa della maglietta, e non aveva idea se fosse intenzionale o meno, ma lo mandava fuori di testa.

Si muovevano appena in quel fiume di corpi, dondolando lentamente a destra e sinistra e girando di tanto in tanto.

Le dita della mano che stringeva la sua scivolarono piano lungo il palmo, il polso e l'avambraccio, abbandonandolo per un solo secondo per poi posarsi sull'altro suo fianco. Lo tirò più vicino e Simon tremò contro il suo petto.

“Che cos'hai?” fu la domanda repentina di Raphael.

Simon si arrese al suo tocco e gli allacciò le mani al collo. “Niente” mentì, respirando una boccata del suo profumo.

La presa di Raphael si fece più salda, una silenziosa pretesa di spiegazioni.

“Mi manca la mia famiglia” disse Simon, e non era del tutto una bugia.

“Puoi andare a trovarli, se vuoi” lo rassicurò. “Sei stato bravo stasera.”

Simon strofinò la guancia contro quella di lui, in quello che sperava sembrasse un incidente. Quella era la sua unica opportunità di stare così vicino a Raphael senza temere di essere decapitato, e aveva intenzione di sfruttarla al meglio.

“C'è altro?”

Quella domanda rimase in sospeso per un po', il tempo necessario perché la canzone finisse e ne iniziasse un'altra. Quello fu il tempo che ci impiegò Simon a decidere di confessare.

“La tua famiglia mi piace” disse, come avesse avuto intenzione di cambiare argomento. “Mi fa venire voglia di restare con loro.”

Raphael nascose un sorriso nella sua spalla e Simon sentì le sue labbra piene attraverso la maglietta. “Non è tutti i giorni così” assicurò.

“Vorrei farne parte lo stesso” insistette.

Raphael sollevò il viso per guardarlo negli occhi. “Ne fai parte, in un certo senso” disse. “Il clan è la mia seconda famiglia, e di conseguenza fate tutti parte di questa. Anche se non vi porto ai compleanni” aggiunse con un sorriso.

Doveva davvero smetterla di sorridere così, se voleva che lui sopravvivesse.

“Raphael?” lo chiamò, come se non fossero a due centimetri di distanza.

“Mh?”

“Quanto sarebbe ridicolo se mi fossi accorto di avere una cotta per te?”

Raphael si fermò e si tirò indietro per guardarlo bene in viso. “Molto” disse soltanto.







 


AN:
Dunque. Simon ha confessato e Raphael non ne sembra contento.
Manca un solo capitolo, risolveranno? Chissà ƪ(˘⌣˘)ʃ

Questa volta ce l'ho fatta a resistere una settimana per l'aggiornamento, ché c'era una Event del WAOFP e ho scritto un mare di cose. In questi giorni vi inonderò la sezione (◕‿◕✿)

Red

 

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Capitolo 5
*** Cake ***


5. Cake



Simon si sentì morire per la seconda volta. Distolse lo sguardo e lo lasciò andare come se all'improvviso scottasse. Come se fosse un oggetto sacro e le sue mani profane non potessero sopportare di toccarlo.

“Già” disse, scuotendo la testa per schiarire i pensieri. “Dimenticatelo. È ridicolo.”

Fece qualche passo indietro per allontanarsi da lui, ma le altre coppie gli intralciavano la strada e lo spingevano di nuovo tra le braccia di Raphael.

Era bastato un attimo perché la sua personale commedia romantica si trasformasse in un film horror. Ma d'altronde, cosa si aspettava? Che Raphael confessasse i suoi presunti sentimenti per lui? Che lo stringesse più forte e lo baciasse davanti a tutti?

Nora si era sbagliata di grosso: lui non lo conosceva affatto Raphael. Gli era piaciuto pensare di sì perché era stato così fortunato da conoscere quest'altra parte di lui, ma si era illuso che potesse provare nei suoi confronti quello che provava per la sua famiglia, per il sangue del suo sangue. Ed era semplicemente ridicolo, ma se n'era reso conto troppo tardi. Era stato lo stesso Raphael, solo due ore prima, a dirgli che non era il suo tipo.

Certo che non lo era. Simon era solo un bambino dal punto di vista di Raphael, un vampiro a stento capace di controllare i suoi nuovi impulsi, mentre lui capeggiava un intero clan.

Come diavolo gli era venuto in mente di dire una cosa così stupida?

Tentò per l'ennesima volta di superare la folla, ma qualcuno lo trattenne per un polso. Non c'era bisogno che controllasse chi fosse, la presa salda ed esigente di Raphael era inconfondibile. Lo trascinò fuori da quell'orda di corpi appena prima che la musica sfumasse in qualcosa di più movimentato e la famiglia ricominciasse a ballare sconnessamente.

Se fosse stato ancora umano, Simon era sicuro che in quel momento avrebbe avuto un attacco di panico. Non escludeva di averlo nemmeno da vampiro.

Raphael lo condusse nel boschetto, lontano da occhi e orecchie indiscreti, tuttavia non aveva voglia di stare da solo con lui, non dopo essere stato rifiutato così candidamente. Cercò di sfilare la mano dalla sua, ma Raphael rafforzò la presa e lo lasciò andare solo quando fu sicuro che non se la sarebbe data a gambe – cosa che poteva ancora succedere.

“Come ti è venuto in mente?” fu la prima domanda di Raphael.

Simon lo guardò confuso. Gli stava chiedendo come gli fosse saltato in mente di avere una cotta per lui o di dirglielo?

“Non è che l'abbia fatto apposta” si difese. “È successo e basta.”

Raphael distolse lo sguardo solo per un secondo e quando tornò a guardarlo era tornato il leader dei vampiri che tutti temevano. “Senti” esordì con tono fermo. “Ti manca la tua famiglia e la mia ti ha accolto con calore, è comprensibile che ti siano saltate in testa strane idee.”

Simon era sempre più confuso. “Ho una cotta per te, Raphael, non per la tua famiglia.”

Raphael assunse un'espressione sofferente nel sentire quelle parole. “Dormici su, va bene? Vedrai che domani, quando sarà passata l'euforia, sarà passata anche la tua cotta.”

Simon strinse i pugni e si allontanò senza rispondergli. Era vero che fosse molto più giovane di lui, soprattutto in esperienze amorose – perché, davvero, le uniche persone che gli fossero mai piaciute erano Clary e Ryan Reynolds –, ma lo stava trattando come un bambino capriccioso in cerca di attenzioni. Sì, gli mancava la sua famiglia, e sì, i Santiago erano ospitali, divertenti e chiassosi, ma non aveva una cotta per loro. Dubitava fosse effettivamente possibile avere una cotta per una famiglia. Ma che diavolo di affermazione era? Lui non voleva di certo accarezzare i capelli di Pedro, ballare con Victor o baciare Nora. Lui voleva baciare Raphael, Cristo Santo!, ma Raphael lo credeva un completo cretino. E allora, vaffanculo, tanto valeva mettersi in ridicolo per bene e spiegare quelle cose anche a lui.

Ormai aveva raggiunto il giardino e qualcuno lo guardava perplesso, ma li ignorò, fece dietrofront e si diresse di nuovo verso Raphael, che l'aveva seguito a qualche metro di distanza.

Il coraggio di Simon vacillò nel vedere che lo guardarva pensieroso, e rallentò il passo, fino a fermarsi poco lontano dalla folla di ballerini improvvisati, ma Raphael continuò a camminare verso di lui, le mani nelle tasche e il passo sicuro.

Dio, se voleva baciarlo in quel momento.

“Vuoi tornare a casa?” domandò quando gli fu vicino.

Simon non rispose. Forse aveva davvero visto troppe commedie romantiche, o magari il non-matrimonio di Alec, il giorno prima, gli aveva messo in testa strane idee, fatto sta che si aggrappò alle spalle del panciotto di Raphael come ne valesse della sua vita e premette le labbra sulle sue.

Fu un bacio da bambini, impacciato e senza risposta da parte dell'altro. Semplicemente due bocche premute una contro l'altra.

Il gridolino di Laura, attraverso il microfono, fece sobbalzare tutti. L'intera famiglia Santiago si voltò a guardare quella scena pietosa, applaudendo e fischiando come se avesse appena segnato la nazionale.

Simon si tirò indietro, pietrificato. Mollò la presa su Raphael, che lo guardava con gli occhi scuri spalancati, le mani ancora in tasca.

“Sul serio, Simon?” domandò scuotendo la testa. “Davanti a tutti?”

Simon lasciò andare un respiro tremante. Era un idiota. Più idiota di quanto avesse mai creduto.

Raphael lo rifiutava e lui per dispetto lo baciava. Era piuttosto sicuro che il leader dei vampiri potesse denunciarlo per molestie, con quelle basi.

“Mi dispiace” si scusò, allontanandosi in tutta fretta verso la casa.

Raphael non lo seguì, ma Simon riuscì ad arrivare solo in soggiorno prima di essere fermato. Alcuni nipoti di Raphael gli saltarono addosso per scompigliargli i capelli e dargli qualche pacca sulla spalla, sospingendolo di nuovo verso l'uscita in giardino. Riuscì a scrollarsi di dosso tutti, alla fine, e cercò di fuggire verso la porta, ma venne di nuovo intercettato.

“Stanno tagliando la torta” gli disse Nora, un sorrisetto compiaciuto a piegarle le labbra carnose.

Simon distolse lo sguardo, ma non ebbe il coraggio di abbandonarla senza una parola. “Devo andare, mi dispiace.”

“Hai già detto di no alla carne, non puoi rifiutare anche la torta” insistette, categorica.

Simon lanciò un'occhiata al giardino. Raphael stava parlando con suo fratello, le braccia incrociate sul petto in una posa difensiva e minacciosa.

Sospirò, riportando lo sguardo su Nora. Che cosa aveva combinato? Questa Raphael non gliela avrebbe perdonata mai.

L'anziana donna lo prese a braccetto prima che lui potesse rifiutare di nuovo e lo condusse fuori.

“Vedrai che ti perdonerà per averlo baciato davanti a tutti” disse Nora.

Simon la guardò dubbioso.

“Non è colpa tua” lo rassicurò. “Rafi crede che siamo troppo vecchi, o forse troppo stupidi, per essere felici per lui. Crede che non possiamo reggere la vista di due uomini che si baciano. Metà dei miei nipoti è gay” confidò scrollando le spalle. “Se avessero tutti il tuo coraggio, magari se ne renderebbero conto pure loro. E quello stronzo dello zio non riesce ad essere un buon esempio manco per sbaglio” continuò con fare cospiratorio. “Sei il primo ragazzo che mi fa conoscere che non sembra una statua o un hippie. Dio, quel cinese con i brillantini mi inquietava.”

Simon sorrise al pensiero di Raphael che presentava Magnus come suo fidanzato.

“È da quando ha portato il tizio biondo, il russo, dieci anni fa, che Manuel è convinto che ci prenda tutti per il culo e in realtà nessuno lo fili.”

Nella testa di Simon, Magnus fu sostituito da Stan, con i suoi modi impostati e quasi meccanici. Il cervello gli stava suggerendo tutti i motivi per ricattare il povero Stan con quella storia, ma mise da parte il divertimento e si piegò verso Nora per sentire quello che gli stava dicendo.

“Chi crede di fregare con i suoi abiti costosi? Si vede dal Messico che è miserabile come pochi.”

Non era completamente d'accordo. Raphael poteva non essere pienamente felice di essere un vampiro, ma non l'avrebbe definito miserabile; era contento della vita che conduceva, dei suoi impegni da leader.

“E poi dove lo trova un bravo ragazzo come te?” concluse Nora. Batté piano la mano sulla sua e lo abbandonò al loro tavolino per andare a fare una foto con suo fratello dietro la torta, senza dargli il tempo di proferire parola.

Simon si sedette sulla sua sedia, intento a processare tutte le informazioni che la donna gli aveva appena fornito.

Ogni tanto Raphael si presentava dalla sua famiglia con una persona fidata, che acconsentiva a fingersi il suo ragazzo perché sua sorella non stesse in pensiero, ma a quanto pareva la cosa gli si era ritorta contro e i Santiago avevano capito che ci fosse qualcosa di strano nei suoi fidanzati. In pratica, Simon era stato il primo a partecipare attivamente agli eventi di famiglia. Forse era proprio quello che Raphael intendeva quando gli aveva chiesto di non metterlo in imbarazzo. D'altro canto, nessuno sembrava essersi imbarazzato per quella pallida imitazione di bacio – tranne Simon, certo, lui aveva desiderato tornare nella buca da dove era strisciato fuori un anno prima.

“Sei ancora qui.”

Quella di Raphael non voleva essere un'accusa, ma una constatazione.

Simon scattò in piedi, il poco sangue rimasto nel suo corpo che correva verso le guance. “Nora mi ha convinto a restare per la torta.”

Raphael si sedette al suo posto e Simon lo imitò, speranzoso che non fosse troppo arrabbiato.

“Mi dispiace” disse comunque. “Non volevo metterti in imbarazzo. È che sono un po' impulsivo.”

“Giusto un po'” fece lui sarcastico.

Simon si torturò le mani. “Lo so che ora mi odi anche più di prima,” cominciò, lanciò un'occhiata a Raphael, ma lui non negò, lo guardava imperscrutabile, “però credo di aver salvato il tuo piano.”

“Non mi dire.”

Simon gli regalò uno sguardo gelido. “La tua famiglia cominciava a dubitare dei tuoi finti fidanzati – tra l'altro: Stan, sul serio? – e sospettava fosse tutta una tua montatura.”

Quando Raphael non rispose, continuò.

“Inoltre sembra che alcuni dei tuoi nipoti siano gay, e tua sorella crede che il tuo non sia affatto un buon esempio. Sai, nascondere la cosa e presentare i tuoi compagni solo quando sei costretto.”

Si voltò a guardarlo. Raphael fissava la marea di ragazzi che si accalcava per fare la foto con il nonno o prozio – a seconda del caso. Sembrava assorto nei suoi pensieri e temette che non si fosse nemmeno degnato di ascoltarlo mentre parlava.

Si girò all'improvviso e Simon si rese conto di quanto fossero vicini. Le loro sedie erano ancora nella stessa posizione di quando si erano seduti per mangiare – o per fare finta. Prima che desse di matto e lo baciasse davanti a tutti.

“Mi dispiace se ti ho causato problemi con tuo fratello” disse in un soffio.

Non gli era sembrata una chiacchierata piacevole quella tra i due, poco prima.

Raphael aggrottò le sopracciglia. “Nessun problema” disse, gli occhi incatenati a quelli di Simon. “Mi ha rimproverato, sì, ma solo perché crede che ti abbia fatto qualche torto.”

“Cosa?”

“La tua uscita di scena” spiegò. “Non è passata inosservata, anzi. I miei fratelli credono che, solo perché non invecchio, io diventi automaticamente il fratello minore. Sono sicuro che mi sculaccerebbero, se potessero, e la tua faccia da cucciolo bastonato alimenta il loro sospetto che ti tratti male.”

Simon non sapeva cosa dire – o meglio, voleva scusarsi per l'ennesima volta, ma temeva di suonare ripetitivo.

“Suppongo che mi tocchi dimostrare che non è così” aggiunse Raphael, il viso sempre più vicino al suo.

Simon si ritrasse. “Mi dispiace averti messo in una posizione difficile, ma non baciarmi per dimostrare qualcosa, ti prego. Mi conosco e la cosa non può finire bene. La mia cotta si ingigantirebbe a dismisura e non voglio che sia strano tra di noi. Anche se temo di aver già-”

Raphael lo zittì con un bacio carico di esasperazione e la volontà di Simon si dissolse come aria sotto la pressione delle sue labbra piene.

In caso questo non bastasse a sottolineare la convinzione di Simon di essere finito in una commedia romantica, fuochi d'artificio colorarono la notte in onore del compleanno di Manuel.

Entrambi i vampiri sollevarono lo sguardo verso il cielo per assicurarsi che non fosse tutto nella loro testa.

Quando i loro occhi s'incontrarono di nuovo, Simon era consapevole di sembrare spaventato. Perché lo era – decisamente spaventato.

“Non mi passerà mai” disse, prima che Raphael potesse chiedergli se qualcosa non andasse.

“Cosa?”

“La mia cotta per te.”

Raphael tentò di reprimere un sorriso, ma non ci riuscì. “Lo spero bene” disse, posandogli una mano sulla nuca per attirarlo in un altro bacio.

“No, Raphael, non è divertente” disse, scostandosi dopo un attimo di esitazione. “Sai come sono fatto, mi toccherà lasciare l'hotel, non sopporterei di vederti tutti i giorni-”

“Simon” lo interruppe lui. Era l'ennesima volta, quella sera, che pronunciava il suo nome, e gli sembrò la cosa più bella che qualcuno potesse mai dire. “Credi che ti stia baciando per far contenta la mia famiglia?” domandò, la presa ben salda sulla sua nuca.

Simon riuscì ad annuire appena.

“Credevo fossi abbastanza intelligente da aver capito che non faccio nulla per compiacere gli altri” disse, i canini che spuntavano dalla bocca tesa. “E adesso sta' zitto un attimo.”

Si baciarono una terza volta, i fuochi d'artificio che ancora fischiavano nel cielo, e Simon ammutolì. Il bacio si addolcì, le labbra di Raphael, morbide come poche altre cose al mondo, si schiusero e pretesero che le sue facessero lo stesso, così che la lingua scivolasse piano nella sua bocca.

Simon non seppe mai quanto tempo rimasero a baciarsi, né per quanto a lungo avrebbero continuato a farlo se Nora non gli avesse cacciato a forza due fette di torta in mano.

Detto così non suonava romantico, ma il settantesimo compleanno di suo cognato fu una delle notti più belle della sua esistenza.

 

 


 


AN:
Quelle rare volte in cui riesco a concludere una storia, divento molto emotiva, quindi potrei cominciare a dire sciocchezze, oltre che a piangere.

Questa piccola sorta di AU resterà per sempre nel mio cuoricino, perché ci ho messo così tanto amore, così tanto divertimento, come non mi capitava da tempo.
Sono felicissima di aver ricevuto diverse recensioni positive ed entusiaste, è sempre una soddisfazione riuscire a trasmettere al lettore quello che io provo mentre scrivo.

Siete tutte delle persone preziose, sono contenta di avervi strappato qualche sorriso con i miei vaneggiamenti, e spero non sia venuta una carie a nessuno, con tutto questo fluff.

Grazie per la compagnia, davvero.

Red
 

PS: non temete, non ho ancora finito di infastidirvi con la mia presenza nella sezione… in effetti pensavo di scrivere The debt dal punto di vista di Raphael, ma Chara dice che la devo smettere di farmi del male, e forse ha ragione ...ho ancora alcuni fill da postare e la seconda parte di Worth it.

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