Better than revenge

di _deny_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Unforgivable sinner ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


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Lui era lì, bello come un dio, sprizzava virilità da tutti i pori e aveva muscoli definiti come se fosse uscito da un quadro di Michelangelo. Sorrise, ed Emma non poté evitare di mordersi il labbro inferiore, come faceva sempre quando si tratteneva dal fare qualcosa, e quel qualcosa ora era baciarlo. Si avvicinò con lentezza studiata, guardando gli occhi sgranati di lei, incredula che tutto quel ben di dio fosse finalmente suo. Vedeva solo le sue labbra, che stavano per sfiorare le sue, tremò all'idea che presto sarebbero state tutte per se.

Chiuse gli occhi, per assaporare meglio quel momento.

Ma non ci fu nessun bel momento d'assaporare,perché all'improvviso il respiro le mancò, si senti prendere dal panico e dovette così svegliarsi.

L'avessi mai fatto!

Il suo peggior incubo, il suo nemico numero uno, colui che nella scaletta d'importanza veniva molto dopo i piccioni era li, davanti a Emma, che se la rideva di gusto e piegato in due. Probabilmente dopo averle tappato il naso.

Poteva il mio odio aumentare ancora di più? 

" Aaah, Emma, mi farai morire dal ridere prima o poi."

Ma magari, coglione.

Per l'ennesima volta i suoi sogni erano stati bruscamente interrotti da quell'essere immondo che, troppo spesso la mattina, si divertiva a intrufolarsi nella sua camera e irritarla a morte. 

E voi vi chiederete "Ma chiudersi la finestra no?"

Quel fuorilegge del suo vicino sapeva aprire ogni tipo di serratura chiusa, e dato che non poteva dire ai suoi genitori che l'adorabile, intelligentissimo figlio di quei vicini così perfetti aveva quello strano vizio - Perché Emma non avrebbe mai voluto mettere zizzania dove non ve n'era- , sopportava.

A dirla tutta se avesse voluto forse sarebbe riuscita a demoralizzare questo tipo di situazioni, ma infondo le faceva comodo per varie ragioni: ad esempio la sveglia a volte non suonava. O forse era lei a non sentirla, fatto sta che senza Matteo avrebbe racimolato un bel po di ritardi scolastici.

Insomma, finché si limitava a cercare di soffocarla non andava poi così male.

" Prima o poi mi farò murare sta cazzo di finestra!"

Sbuffò infastidita stropicciandosi gli occhi, mentre quello ancora se la rideva.

"Nah, dovevi vederti, avevi un sorriso idiota stampato in faccia! Cosa stavi sognando, il principe azzurro?"

Non sembrava aspettarsi davvero una risposta, e in ogni caso Emma non gliela avrebbe nemmeno data, ma si sedette sul letto incrociando le braccia, come se volesse intavolare un discorso sul significato dei sogni alle sette del mattino.

Emmaa mugugnò disperata, ancora intontita dal sonno, e nascose la testa sotto il lenzuolo. La luce che veniva da fuori era accecante e rendeva quel risveglio ancora più brusco.

" Che ore sono?"

Chiese sbadigliando.

"Ora che muovi il culo, ho anche la mia, di vita."

Lo disse con tono lamentoso, ma Emma dubitava gli dispiacesse avere una scusa per essere la causa del suo malumore. Alzò la testa per guardarlo meglio - E male-.

" Senti ciccio, mica sei obbligato a farlo, sai?! Non te l'ho chiesto mica io, ma guarda questo oh."

E detto ciò chiuse gli occhi, riappoggiando la testa sul cuscino e sperando che sparisse come per magia.

Si vabè ragazzi, sono ancora rincoglionita dal sonno eh!

" Tua mamma è venuta a PREGARMI di non farti fare altri ritardi, dice che si è rotta di doverti portare sempre a scuola perché perdi il bus, caro il mio ghiro."

Emma si sedette di scatto, ora completamente sveglia, guardando stralunata quella specie di pazzo ipocrita che la guardava saccente.

" Davvero mia madre ti ha dato il permesso di fare questo?"

Chiese infastidita, indicando la finestra.

" Esci immediatamente dalla mia stanza! Subito, non ti voglio tra i piedi, dissolviti, puff!"

L'interessato alzò gli occhi al cielo, quasi avesse a che fare con una bambina capricciosa.

Capricciosa io poi? Lo so che lo faceva apposta per infastidirmi, lo sapevo benissimo, ma non ci sarebbe riuscito perché -insomma- lo sapevo perché lo faceva, mica ero stupida.

" Senti scimmia, se non fosse per me arriveresti tardi a scuola circa ogni giorno; Non credi che dovresti essermi riconoscente?"

Ed ecco che ricompariva quel suo sorriso odioso da presuntuoso, la smorfia peggiore del suo repertorio di facce da idiota. Emma prese il cellulare dal comodino, controllando l'ora: 7.30.

Se aveva iniziato così presto ad essere terribilmente odioso, si sarebbe anche stancato prima, no? 

" Bene, mi comprerò una sveglia, ora scompari, non posso credere che hai portato mia madre dalla tua parte! Sei un mostro."

Devo aver fatto proprio schifo nella mia vita passata per meritarmi una simile condanna.

" Io sono una persona altruista invece, mica come te, scimmia acida! E non ho portato proprio nessuno dalla mia parte, non è colpa mia se sono un ragazzo maturo e affidabile." 

Terminò il suo intelligentissimo discorso con una linguaccia.

Emma soppresse la sua rabbia, che stava diventando insostenibile, schiacciandosi il cuscino sopra il viso e mugolando rabbiosa.

Sì be, aveva qualche problemino di gestione della rabbia, e quindi? Non era ovvio il perché?!

All'improvviso, mentre ancora cercava di capire come cambiare la giornata in meglio, non sentì più la sensazione del lenzuolo sopra di se,e un colpo d'aria la fece rabbrividire.

Emma credette d'impazzire, iniziò a temere di arrivare a scuola con qualche tic nervoso, che l'avrebbe resa ancora più nervosa per il resto della giornata. Si alzò, mettendosi seduta, sbuffando e maledicendo, notando che quell'ameba le aveva tolto le coperte, per poi buttarle a terra senza remore.

Si perché tanto mica era lui quello schizzinoso, mica le avrebbe dovute lavare lui le lenzuola.

Lo linciò guardandolo, ma rimase interdetta dal suo sguardo.

Era arrossito? Puah!

Emma sorrise malefica, non vedendo l'ora di metterlo un po in imbarazzo.

" Cos'è, il mio vicino nerd non ha mai visto una donzella in pigiama? "

Essendoci abbastanza caldo si era limitata ad una canottiera e pantaloncini corti, sinceramente trovava ridicolo che si imbarazzasse. Ma quando mai le sarebbe ricapitata l'occasione per metterlo in un disagio del genere?

Quindi si alzò dal letto, guardandolo sorridente.

" Bene, ora mi vesto." 

Fece la finta di alzare la canottiera, prendendone solo i lembi. Lui distolse lo sguardo, ancora imbarazzato.

" Be io vado, non voglio arrivare in ritardo per colpa tua."

Detto ciò, Matteo si diresse in fretta alla finestra, uscendo sul balcone e tornando in camera sua. Non fece in tempo ad arrivarci che Emma scoppiò a ridere.

" Siamo un poco imbarazzati eh?"

Disse, anche se ormai non poteva più sentirla.

 

Il rapporto tra Ema e Matteo era particolare: lui e la sua famiglia si trasferirono accanto a casa sua che lei aveva dieci anni, e lui dodici. Per la sua età era un bambino tranquillo, forse perché amava fare cose diverse dai suoi coetanei come smontare e rimontare computer e leggere, o forse per le sue insicurezze. Era un bambino troppo magro e poco apprezzato dalle ragazzine della sua età.

All'inizio aveva fatto molta fatica a rivolgerle la parola, limitatosi a fingere che Emma non esistesse, nonostante le loro famiglie organizzavano cene e pranzi insieme.

Ma Emma non era una bambina paziente, anzi, era completamente l'opposto di lui: faceva amicizia con cani e porci ed era infastidita dal fatto che quel bambino non apprezzasse i suoi tentativi di dialogo e, credendo che lo facesse per farle dispetto, iniziò a trattarlo male per vedere se così avrebbe reagito.

Funzionò. Lo faceva così arrabbiare che perdeva tutta la sua timidezza, poi iniziò a darle pan per focaccia ovviamente, e la cosa la divertiva così tanto che non perse mai il vizio di provocarlo.

Crescendo lui aveva perso gran parte della sua timidezza, e aveva guadagnato qualche muscolo in più e una bella presenza. Forse non era uno di quelli che ti fermi a fissare per ore incantata, ma era abbastanza carino da aver messo su un po di arroganza che da piccolo gli mancava, diventando sempre più bravo a capovolgere i ruoli. Ora era lui quello che non perdeva occasione per prenderla per il culo.

Quella mattina Emma non perse l'autobus e arrivò puntuale in classe.

Si sedette accanto a Elisa che alzò in alto i pollici, ironizzando sulla sua puntualità.

" Oggi siamo mattiniere, eh?"

Ironizzò, sorridendo come se volesse intendere molto di più di quello che aveva detto.

Emma alzò gli occhi al cielo, sapeva già dove volesse andare a parare.

" Sì, mi ha svegliato Matteo e no, non è stato intrigante e non abbiamo improvvisamente deciso di essere amici del cuore, quindi molla l'amo cara."

Rispose stizzita, dato che la scenetta si ripeteva ogni giorno.

Elisa rise, poi fingendosi occupata a controllare le doppie punte dei suoi perfetti capelli castani disse ciò che ripeteva da cinque anni a questa parte.

" Dai Emma, vi conoscete dalle medie e continuate a fingere di odiarvi, ma vi volete bene. Si vede che vi sentite a vostro agio tra di voi, poi non ci credo che Matteo sia così insopportabile, è sempre così gentile!"

 

Elisa adorava Matteo. Mentre inizialmente con Emma lui non parlava, con Elisa non aveva fatto fatica. Quest'ultima sosteneva che fosse perché Emma, mancando di tatto, avevo spaventato quel povero dodicenne così timido usando un approccio troppo vivace. Lei invece, che era più simile a lui, capiva cosa volesse dire essere timidi e quindi si erano rapportati fin da subito nel modo giusto.

Emma dubitava comunque che qualcuno potesse aver paura di lei, non era un mostro a tre teste.

" Ammetto che ci calco un po la mano con la faccenda dell'odiarlo, ma ciò non vuol dire che mi ci veda ad essere dolce e gentile con lui, e credo che per lui valga lo stesso. Ognuno ha il suo antistress. E comunque è un tipo insopportabile."

E detto ciò sperava che l'argomento Matteo fosse chiuso.

Chiuso, si cara, con un lucchetto e il cerbero di guardia.

La campanella della prima ora suonò, ma fortunatamente la prof di filosofia era la solita nemica della puntualità e avevano tutti la speranza che non venisse proprio, quella donna metteva un sonno incredibile quando spiegava.

Senza girarsi verso Elisa e scarabocchiando sul banco, Emma intavolò un nuovo discorso, di gran lunga per lei più interessante del precedente.

" Eli, hai presente Lorenzo? Sai, ieri mi fissava con una certa insistenza."

Disse col tono più controllato che conoscesse, fissando il banco. Elisa, che la conosceva fin dalla sua prima figura di merda in prima elementare, ovviamente non ci cascò. Sapeva quanto poco era controllata Emma, nel pensare a Lorenzo.

" Uuuh, il nostro caro Lorenzo ha fatto un'altra vittima! È così bello d'altronde, nemmeno tu potevi evitarlo, dai racconta che mi sono persa ieri"

Disse Elisa tua eccitata dal nuovo gossip.

 

Lorenzo, alias l'uomo che non doveva chiedere mai, era un bellissimo ragazzo e un grandissimo stronzo. Ultimamente punzecchiava spesso Emma, più del solito nonostante si conoscessero di vista dalle medie. Forse perché non era caduta ai suoi piedi nell'istante in cui aveva visto, forse perché non gli lasciava mai l'ultima parola, fatto sta che se fino a poco tempo fa si rivolgevano la parola - si e no- due volte l'anno, ultimamente ogni volta che l'incontrava lui aveva sempre qualche battuta da sprecare con lei. Emma, d'altronde, si sentiva in una di quelle fanfiction dove la ragazza brava e buona finiva con lo stronzo di turno, che da puttaniere diventava l'uomo più dolce e innamorato del mondo.

Ok, ok lo so.

La trasformazione di lui non era ancora avvenuta, ma confidava che fare la difficile con lui fosse l'unico modo per suscitare l'interesse di uno che poteva avere chiunque.

Da quando però si erano scontrati in corridoio la settimana prima aveva iniziato a guardala spesso, e altrettanto spesso lei aveva finito col pensarlo.

" Ieri, quando ti ho accompagnata da Federico, era in compagnia di una che sinceramente non era tutta sta gran bellezza, aveva una voce acuta che ti fa venire voglia di buttarti sotto un tram. Comunque lui, quando mi ha visto, mi ha fissato finché non sono andata via, tanto che anche la tipa mi ha guardato male."

Concluse Emma soddisfatta.

Quando l'aveva guardata in quel modo, come se fosse interessante, si era sentita come una di quelle ragazze bellissime e che sanno di esserlo, e quella sensazione l'aveva accompagnata per tutta la giornata.

Non si era mai sentita così bella.

Elisa si esaltò, convinta che dovesse continuare a fare la dura, che presto sarebbe caduto ai suoi piedi e che avrebbe smesso di fare il finto uomo delle caverne. Emma era d'accordo con lei, anzi, più che altro ci sperava.

Iniziava a piacerle il loro punzecchiarsi durante i brevi incontri a scuola, i suoi sguardi che la facevano sentire intrigante e fiera di esserlo, le sue mani così grandi e morbide.

Non ci aveva ancora pensato abbastanza quando arrivò la professoressa, e in men che non si dica l'esaltazione scemò con le due ore di filosofia che seguirono, mentre attendevano con ansia l'arrivo della ricreazione.

Quando finalmente la campanella suonò Emma era contenta come una bambina il giorno di natale.

" Ti accompagno da Federico, dai."

Esclamò, alzandosi dalla sedia.

Elisa scoppiò a ridere

" Certo, come sei dolce, immagino che non c'entri nulla col fatto che in quella classe ci sia anche Lorenzo, vero? "

Emma le rivolse uno sguardo esageratamente sconvolto, fingendosi offesa, mentre la trascinava fuori dall'aula.

" Io sono solo preoccupata per la tua incolumità mia maliziosa amica, guarda questi corridoi, brulicano di teppistelli!"

Accompagnò la frase aprendo le braccia, come a mostrarle l'ovvietà dei fatti e annuendo convinta con la testa, mentre cercava di non scoppiare a ridere.

 

Effettivamente la loro scuola d'arte era la preoccupazione di molti genitori, a buona ragione dato che era piena di ogni tipo di stranezza, per non parlare dei ragazzi poco raccomandabili che gironzolavano nei corridoi. Non era strano vedere studenti vestire in cosplay, ragazze che andavano in giro con gonne di tulle coi teschi accoppiate a bustini aderenti, o ancora ragazzi pieni di piercing e catene da far invidia ad un carcerato. Per non parlare degli spacciatori che occupavano il cortile. Per ironia della sorte, dietro l'artistico, c'era il classico.

Shakespeare sarebbe stato orgoglioso del cattivo sangue che scorreva fra le due scuole, dato che gli uni criticavano una scuola piena di perfettini, gli altri ne criticavano una piena di spacciatori e attacca brighe, che nemmeno i carcerati in libertà vigilata.

Elisa rise, probabilmente pensando a quanto dovevano sembrare idiote ad occhio esterno, poi si fermò sorridente e alzò la mano, salutando.

" Emi il tuo cavaliere sta arrivando! Anzi, i nostri cavalieri per essere più precisa."

Asserì Elisa con uno sguardo sognante, le bastava vedere Federico per avere la testa altrove.

Ma alzando lo sguardo Emma rimase delusa da vedere Matteo, mentre si era aspettata che Elisa intendesse Lorenzo, quando parlava del suo cavaliere, ma evidentemente la vedevano diversamente su come doveva essere quest'utimo.

Di certo un cavaliere non mi avrebbe fatto la L di loser, come Matteo invece faceva.

Emma ricambiò il complimento con sguardo altezzoso e un elegante dito medio.

Culo e camicia, come li chiamavano lei ed Elisa, si avvicinarono, ed Emma non poteva manco lamentarsi.

Aveva deciso di uscire in avan scoperta con Elisa, nella speranza di incrociare casualmente Lorenzo nei corridoi ed iniziare uno dei loro battibecchi fingendo di non notare quella chioma bionda, gli occhi grandi e verdi, le sue spalle così larghe...

Una mano entrò nel suo campo visivo, ed essendo persa nei suoi pensieri - Sempre meno casti- le prese un colpo e arretrò leggermente, quindi per poco non perse il precario equilibrio che non aveva se non fosse che Matteo l'afferrò subito per un braccio, anche se in maniera poco delicata.

" Emma, evitiamo di investire degli innocenti? Dici che si può?!"

Esclamò Matteo allarmato.

Emma si voltò, trovandosi una biondina che le passava accanto, guardandola poi infastidita perché stava quasi per rovinarle addosso.

Sbuffò.

" Se tu evitassi di spaventarmi si, potrei evitare!"

Esclamò risentita, liberandosi dalla presa del suo braccio ed incrociando le braccia, nella classica posa che Elisa aveva nominato - Ed ora Emma ti fa la ramanzina-, che tra l'altro trovava anche abbastanza ridicola.

" Tu ti spaventi per ogni cosa, la questione è come si può evitare di non spaventarti, piuttosto. Sei sempre con la testa fra le nuvole."

Disse Matteo alzando gli occhi al cielo infastidito, un'abitudine che aveva preso da Emma, nata come una presa in giro nei primi tempi in cui valutava le varie mosse per infastidirla - per altro riuscendoci.-

E si, ha passato un anno a scimmiottarmi facendomi saltare i nervi.

" Non ho sempre la testa fra le nuvole, cerco solo di fingere che tu non esista, semplicemente."

Esclamò Emma guardandolo male. 

Era vero che era spesso persa nei suoi pensieri, sua mamma trovava la cosa addirittura preoccupante. Non ne poteva fare a meno, anzi non poteva proprio evitarlo perché non se ne rendeva conto, ma non capiva perché infastidisse tanto Matteo. Forse perché lui era molto più terra terra, difetto del segno della vergine probabilmente. 

Federico a quel punto ci prese sotto braccio, uno per lato, ridendosela divertito.

" Bambini basta, andiamo in cortile dove potrete picchiarvi e rotolarvi nel fango senza disturbare la quiete pubblica."

Federico era la diplomazia fatta a persona, non sopportava i litigi e se non poteva evitarli cercava di prenderla con ironia, sfoderando il suo sorriso angelico, che faceva venir voglia di chiedergli scusa anche quando non c'era nulla di cui scusarsi.

" Oh sì Fede, mi hai letto nel pensiero, in questo momento potrei picchiarlo e strappargli i suoi riccioli uno per uno." sputò acida Emma, riservando uno sguardo incarognito, rivolto esclusivamente a quell'energumeno del suo vicino.

A dire il vero non sapeva se avrebbe mai avuto il coraggio di strappargli i capelli, forse una delle poche cose che in lui erano sempre state affascinanti. Li portava leggermente più lunghi dei suoi coetanei e sembravano sempre in disordine, come se avessero vita propria, e di un marrone così scuro da sembrare nero. Infine scendevano mossi, quasi ricci, e davano l'idea di essere morbidissimi.

Matteo le fece la linguaccia, dando un pugno leggero al fianco dell'amico che si affiancò ad Elisa, poggiandole una mano alla base della schiena e precedendo Emma e Matteo, per avere un po d'intimità con la sua ragazza.

 

Federico si trasferì dall'America con la sua famiglia che aveva tredici anni. Sua mamma, nonché la sorella della mamma di Elisa, aveva deciso che le mancava l'Italia ed era tornata con famiglia a seguito. Elisa aveva solo undici anni quando s'innamorò del cugino che non aveva mai conosciuto, e fu nel contempo bello e doloroso per lei.

Se agli inizi, essendo ancora una bambina, prese la cosa con leggerezza, dopo qualche anno iniziò a sperare fosse solo una cosa passeggera. Era una cotta tremendamente sbagliata e avrebbe recato problemi e delusioni in famiglia.

In realtà non fu una cosa passeggera anzi, da sei mesi a questa parte aveva scoperto che suo cugino provava gli stessi sentimenti e, dal momento in cui scoprirono di essere ricambiati, non erano più riusciti a trattenersi. Era una faccenda molto delicata, dovevano sempre nascondersi e le liti tra i due per i sensi di colpa non mancavano.

Fin dal loro primo incontro divennero inseparabili, tanto che con la scusa di fargli degli amici Elisa lo portò con sé a casa mia, facendogli conoscere Matteo.

" Emi non ti senti osservata?"

Mi chiese Elisa, facendola di nuovo tornare sulla terra e guardandola con un sorriso malizioso.

Emma si guardò intorno, confusa, e Matteo la imitò.

Dato che non si faceva i cazzi suoi manco a morire.

Poi una mano le scompigliò i capelli, il che la infastidì tanto che si girò verso Matteo, pronta a saltargli alla gola, ma lui era intento ad osservare qualcosa dietro di lei, sorpreso.

Anzi, qualcuno, si rese conto quando sentì una risatina sommessa.

" Guarda che sono qua, imbranata."

Emma arrossì, riconoscendo nell'immediato la voce arrogante alle sue spalle, e il cuore prese a batterle così forte che ebbe paura che lui potesse sentirlo.

Si voltò, mostrandosi il più possibile infastidita, e alzò l'indice all'altezza del suo petto.

"Punto uno, non sono u'imbranata quindi modera i termini, punto due: cosa vuoi, Lorenzo? Già scleri di prima mattina?"

Sperava davvero di non essere arrossita. Certo, era borioso e arrogante, sapeva di essere dannatamente bello e che metà scuola gli sbavava appresso e, a quanto si diceva in giro, faceva di tutto per rendere felici le sue fan, ma non aveva intenzione di essere come le altre, lei.  

Le piaceva nonostante tutto, forse perché più volte aveva visto che sotto quello strato superficiale si nascondeva una persona gentile: lo avevo visto lasciare il posto in autobus alle vecchiette, aiutare chi si trovava in difficoltà e difendere quelli che erano considerati gli sfigati della scuola dai più arroganti. Erano queste cose che le avevano causato una cotta per lui, ma non per questo gli avrebbe reso le cose facili. Sapeva come andavano le cose con i tipi così, se ti mostrarvi predisposta nei loro confronti gli venivi presto a noia.

Lorenzo si avvicinò con un sorrisetto di chi aveva appena mangiato la nutella di nascosto, le si avvicinò tanto che percepì il profumo del bucato fresco dei vestiti, un odore che aveva sempre amato.

Si guardarono, in una tacita gara a chi abbassa prima lo sguardo, il che serviva a capire chi, dei due, era il più vulnerabile.

" Mia madre vorrebbe sapere se tua mamma avrebbe tempo di chiamarla stasera, per quella faccenda della festa medievale. Ieri sera non è riuscita ad andare alla riunione quindi vuole gli aggiornamenti. Pensi di poterglielo riferire?!"

Formulò la domanda con strafottenza, ovviamente voleva irritarla. Alle sue spalle sentiva Federico e Matteo parlare fra loro, ma ero sicura che Elisa non si stesse perdendo nemmeno un frangente del loro discorso.

Emma puntò un dito sul petto di Lorenzo, guardandolo male per fargli intendere che non le metteva soggezione.

" Gli riferirò di dire a tua mamma che probabilmente ti hanno scambiato all'ospedale, dato che non hai un decimo della sua dolcezza e gentilezza, e mi auguro ti faccia prendere lezioni di buona educazione prima che tu mi faccia fare una figuraccia alla sfilata."

Lo minacciò. Lui fece un sorriso ancora più sornione, se possibile, cosa che le fece quasi vacillare il suo sguardo da dura.

 

Ogni anno nel loro piccolo paese c'era questa usanza della festa medievale. Oltre a banchetti, concerti e giochi c'era la famosa sfilata, dove dei volontari sfilavano con gli abiti di quei tempi e delle maschere veneziane, ricordando la storia e riportando il clima storico, concludendo la giornata con un ballo al vecchio castello del borgo che veniva riportato in vita per l'occasione, dove si riproduceva il ballo in vero stile dell'epoca. Dato che il paese era piccolo, quasi tutti gli abitanti erano presi dalla preparazione di quest'evento per il quale sarebbe arrivata tutta la provincia ad assistere.

Emma amava quella festa fin da quando ero piccola, coltivando il sogno di diventare archeologa, per sentirsi parte almeno un po di tempi che non avevo vissuto e che l'affascinavano. 

Grazie a sua mamma, che era una delle principali organizzatrici dato che lavorava in comune, aveva finalmente avuto la parte principale della principessa del borgo, quindi avrebbe fatto sfoggio di un bellissimo vestito di circa venti kg e sarebbe stata in prima fila nella sfilata. Il suo cavaliere, per un caso fortuito, era proprio Lorenzo, quindi avrebbero avuto spesso occasione di vedersi fuori dalla scuola per i preparativi. Inutile dire che impazziva se pensava che mancavano ancora pochi giorni e poi avrebbe ballato con lui, se lo immaginava già come un perfetto mr Darcy...

Emma era così presa dai suoi viaggi che si accorse tardivamente che Lorenzo le stava dando un pizzicotto sul naso, e lo guardò a bocca aperta, non aspettandosi prendesse tanta confidenza.

Ma cosa avevano tutti contro il mio naso, dannazione?

" Ah, allora ci sei ancora."

Esclamò sorpreso e divertito.

" Dove diavolo dovrei essere scusa?"

Gli inveì contro forse un po troppo brusca, ma le imbarazzava da morire essere stata sorpresa con la mente altrove proprio da lui.

E se avessi fatto qualche smorfia strana o sognante, facendogli intuire i miei pensieri?

Datemi un muro su cui sbattere la testa, una pala per scavarmi la fossa ma, per l'amor di dio, fate qualcosa.

Improvvisamente una mano le sbucò da dietro la spalla sinistra, coprendole il naso e tirandola leggermente lontano da Lorenzo, cosa della quale Emma non era molto grata a dirla tutta.

Il viso di Matteo spuntò subito dopo il braccio, le stava letteralmente col fiato sul collo, e si rivolse a Lorenzo ai limiti dell'educazione. Emma era sicura di sembrare abbastanza ridicola.

Dov'è un muro quando ne avevo bisogno?

" Ma guarda chi rompe le palle pure a ricreazione, non riesci a starmi lontano nemmeno dieci minuti, eh principino?"

Il tono di voce di Matteo fece irrigidire Emma, non lo aveva mai sentito così astioso, capì fra quei due non correva buon sangue, ed effettivamente non potevano che essere più diversi.

Il sorriso di Lorenzo divenne ancora più sardonico, se possibile.

" Sei geloso perché do più attenzioni a lei che a te? Dovresti conoscerli i miei gusti ormai, Matteo."

Non si sentiva per niente a suo agio fra quei due che si guardavano come se fossero pronti a fare a pugni proprio con lei in mezzo, ammesso che si ricordassero della sua presenza. Stizzita, spostò la mano del suo vicino bruscamente, facendola ricadere a peso morto sul suo fianco, sfiorandole poi, involontariamente, la coscia durante il percorso, particolare che la fece spostare di scatto, mentre Matteo era troppo preso a guardare con sfida Lorenzo per curarsi della cosa.

Non sapeva il motivo dei loro rancori ma desiderava li rimandassero lontano da lei.

" Bene, potrete finire di amoreggiare in classe, cerchiamo di non dare spettacolo per favore? Federico ed Elisa ci stanno aspettando."

Ovviamente quando Emma si voltò Elisa e Federico non si vedevano nemmeno più, probabilmente impegnati ad amoreggiare in qualche angolo nascosto della scuola.

Rendendosi conto che era ancora lì, Lorenzo le sorrise, guardandola volutamente con uno sguardo insistente, facendole rischiare di andare in un brodo di giuggiole - Quanto era patetica -. Poi entrambi i ragazzi si diedero le spalle e s'incamminarono in due direzioni opposte, lasciandola lì, da sola, come una cretina.

Certo, no ma grazie eh, siete simpatici.

Inseguì Matteo a passo militare, incavolata nera. 

Possibile che non si facesse mai gli affaracci suoi? Che razza di pettegola!

Lo afferrò per la felpa, facendogli rallentare il passo.

" Lo sai che non ti sopporto vero? E che sei vivo solo perché non amo sporcare?"

Matteo la guardò incurante del suo tono minaccioso.

Peccato non poter tornare indietro di qualche anno, quando una frase del genere lo avrebbe fatto tacere e scappare in casa, per dire alla mamma quanto era cattiva la figlia dei vicini.

" Ma lo vedi come ti tratta? Gli permetti di toccarti come se non fosse il più grande coglione di sto mondo, vuoi che ti veda come le oche che gli girano intorno?"

Lo disse con un tono arrogante, come se non gliene importasse più di tanto, ma questo la fece imbestialire ancora di più.

Era ovvio lo dicesse solo per pungere un nervo scoperto, perché alla fine dei conti che lei facesse o no l'oca a lui non gliene fregava minimamente.

" Ma come ti permetti? Intanto devi farti gli affari tuoi, punto uno, so difendermi da sola, in più da quando in qua ti comporti da fratello maggiore? Che problemi hai ?!"

Senza rendersene conto si ritrovarono fermi, sotto un albero del giardino della scuola, a dare spettacolo proprio come desiderava evitare Emma. Ma non ci fece caso, troppo distratta dal comportamento di Matteo, che era una novità, ma era anche abbastanza sicura che non era per difendere lei che si era intromesso.

" I miei problemi sono affari miei"

Disse Matteo iniziando a scaldarsi.

" Poco fa li hai fatti diventare anche affari miei, ti sei intromesso in una mia cosa privata!"

Voleva pure avere ragione lui, ma che coraggio.

Matteo scoppiò a ridere, dandole l'idea che stesse diventando sempre più psicolabile.

" Oddio, quindi ti piace? Ma sei seria? Cioè tutta quell'aria da stronza che ti porti in giro, come se fossi chissà chi, acida per il novanta percento del tempo, poi mi cadi sulla cotta più banale di sto mondo, come tutte le altre ragazzine?"

Matteo a stento tratteneva le risate, lui non se lo aspettava. Credeva che fosse meno ingenua di così.

La conosceva da anni e non erano mai andati molto d'accordo, ma se l'avesse creduta una cretina come molte ragazze della sua età non ci avrebbe perso tempo nemmeno per litigare. Doveva ammettere che, anche se una ragazza come lei non le sarebbe mai piaciuta in senso romantico, aveva rispetto per lei e la considerava abbastanza intelligente da poter meritare ben più di un coglione come Lorenzo.

Non c'era da sorprendersi che la ex di quello stronzo, la prima ed ultima ad averlo seriamente frequentato un anno e mezzo fa, si fosse innamorata di un altro, piantandolo come se fosse una nullità.

Emma lo guardava a metà tra lo sconvolto e l'imbestialito ed era quasi sicuro che avrebbe voluto qualcosa da sbattergli in testa, magari sradicando l'albero...

"Ascolta un po, cazzone di un informatico che non sei altro, non so se ti è chiaro il concetto che non sono affari tuoi, se ho una cotta per qualcuno di certo non la vengo a raccontare a te. Il problema è che ti sei intromesso facendomi fare una figura di merda, in più non ho mai detto che mi piace, quindi evita di dire in giro stronzate."

Gli disse Emma, dandogli una spinta alla spalla destra con una mano.

Un altro motivo per cui non si sarebbe mai potuto innamorare di Emma era il fatto che fosse manesca. Aveva quel viso da bambina che la faceva sembrare un pezzo di pane, da piccola conquistava tutti con i suoi occhioni e la sua ingenuità, ma non aveva mai fregato lui che sapeva benissimo che lei poteva essere tutto tranne che dolce e ingenua. Quando si arrabbiava era capace di sfidare ad alzare le mani chiunque, uomo o donna che fosse, come incurante del fatto che, se un uomo davvero avesse fatto a botte con lei, non ne sarebbe uscita bene.

Quella discussione ridicola iniziava ad infastidirlo, la prossima volta l'avrebbe lasciata fare come cazzo pareva, problemi suoi.

"Emma piantala, e non spintonarmi che non sembri normale, non farò di certo a botte con una donna! Io ti ho dato un consiglio, ed è evidente che ti piace quello, inoltre dubito che lui non se ne sia accorto e non ne stia approfittando, ma a quanto pare sto sprecando fiato! Sei davvero stupida come vuoi far sembrare."

Dicendo questo Matteo le si avvicinò, facendole notare che era più alto e grosso di lei, provando ad essere minaccioso e ad incuterle un minimo di timore, sperando di porre fine al suo fare arrogante, nonostante ne fosse stato proprio lui la causa.

Si guardarono male per qualche secondo, a pochi centimetri di distanza, e le risultò quasi tenera quando, rossa in viso per la rabbia, sembrò in procinto di arretrare. Per un attimo gli sembrò di vedere un lampo di timore nei suoi occhi per quel lato del carattere di Matteo che tirava fuori di rado. Ma fu solo un attimo, poi tornò col suo solito fare battagliero.

"Tu non sai niente, è ridicolo discutere del niente, credi di saper tutto solo perché siamo vicini di casa ma tu non mi conosci veramente, quindi per me le tue parole sono solo aria al vento, mister so tutto io! Sai che me ne frega di quello che pensi."

Emma aveva il respiro affannato, sembrava che quella discussione le avesse fatto prosciugare più energie del dovuto. La campanella di fine ricreazione suonò proprio in quel momento, quindi sarebbe stato meglio per entrambi dirigersi in classe.

Finalmente aveva la scusa per concludere quella loro stupida sceneggiata da coppia litigiosa.

Matteo fece per allontanarsi ma si sentì quasi in colpa, sapeva che Emma soffriva di pressione bassa e che quando si arrabbiava in quel modo peggiorava la situazione, tanto che a volte le si offuscava la vista e si procurava l'emicrania.

Non avrebbe dovuto preoccuparsene dato che lei non faceva nulla per migliorare la sua situazione.

Sbuffò, lasciandola infine da sola, arrabbiato con lei e con se stesso perché se avesse avuto un mancamento si sarebbe pure sentito responsabile per quella stupida.

Matteo non si arrabbiava mai, solo lei riusciva a farlo incazzare in pochi attimi, e a lui non piaceva arrabbiarsi. Fin da piccolo era stato di animo pacifico e, come conobbe Emma, decise che sarebbe stato meglio starle alla larga. Gli aveva dato l'idea fin da subito di portare solo guai e stress.

Lui amava avere tutto in ordine e sotto controllo, l'opposto di lei che sembrava posseduta da tremila personalità, tutte insopportabili e che gli facevano saltare il suo amato auto controllo.

Si affrettò dirigendosi verso le macchinette, prendendo una barretta di KitKat, chiedendosi se avesse avuto abbastanza zucchero e cioccolato.

Se andava tutto bene ci si sarebbe soffocata con quella barretta.

Passò davanti all'aula di Emma e di Elisa, notando che la prima non era ancora arrivata, la seconda invece era fuori dalla porta probabilmente aspettando l'amica.

Quando lo vide gli sorrise gentile, Elisa era una ragazza dolce pensò, più vicina al tipo di donna che avrebbe potuto desiderare. Non che la vedesse sotto quel punto di vista chiaramente, la considerava come una sorella.

" Ohi Mat, Emi? Sai dov'è finita? Il prof arriverà a momenti."

Matteo, per l'ennesima volta quel giorno, sbuffò. Era ancora parecchio incazzato.

" Starà arrivando. Ti avviso che sarà particolarmente instabile, più del solito cioè. Dalle questa."

Disse lanciandole la barretta di KitKat. Lei la prese al volo guardandolo confusa.

" Abbiamo avuto un piccolo litigio e probabilmente, rossa com'era, potrebbe avere uno dei suoi soliti cali di pressione."

Le spiego senza guardarla, dirigendosi verso la sua classe. Poi dopo qualche secondo si voltò ancora verso di lei, che era più confusa di prima.

"Non dirle che te l'ho data io, meno ho a che fare con quella pazza meglio è. Ciao Eli, ci si vede più tardi."

Nonostante si fosse reso conto di non aver avuto un tono gentile, dato che era ancora parecchio nervoso, non si curò di dire altro. Elisa li conosceva da abbastanza tempo da non sorprendersi più, avrebbe capito.

Si diresse in classe e la rabbia sembrava aumentare, odiava Emma, doveva sempre fare il bastian contrario. In più, con tutta probabilità, Lorenzo non avrebbe perso tempo e avrebbe dovuto litigare pure con lui.

Che giornata di merda.

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Capitolo 2
*** Unforgivable sinner ***


Eccome XD Questo è il 2 capitolo, scusate il ritardo :) Per chi volesse fare amicizia, restare aggiornato sulla storia o anche solo sparare cavolate, ho un gruppo con sciona di "The edge of love" :) Ecco qua, cliccateci sopra e vi rimanderà alla pagina facebook!A presto ;)
Sciona & _deny_  Efp


Emma arrivò alla palestra comunale alle quattro del pomeriggio. Aprì il grande portone verde dell'entrata, ritrovandosi in un lungo corridoio anonimo, con piastrelle anch'esse verdi e muri che, un tempo, erano stati bianchi, ma attualmente erano ricoperti di pedate, che i ragazzini lasciavano per dispetto. L'aria sapeva di candeggina, ed Emma si massaggiò la testa per quella sensazione di nausea che stava iniziando a prenderle lo stomaco. Il mal di testa non le era passato, tutta colpa di quell'imbecille, ovviamente, pensò stringendo i pugni e sedendosi pesantemente sulla prima panca che trovò.

Se Emma aveva qualcosa in comune con Matteo, era l'odio per le liti.
Non era la tipa sempre incazzata col mondo che Matteo credeva: a lei piaceva punzecchiare gli altri o fare l'arrogante con Matteo, per dimostrargli che non poteva essere scalfita da nulla, nemmeno dalle sue frecciatine, ma di certo non coltivava l'hobby di saltare alla gola di chiunque le passasse davanti.
Al contrario, era brava ad essere padrona di se stessa, capace di difendersi col sorriso sulle labbra in ogni situazione, ma con Matteo proprio non riusciva a trattenersi. Lui le faceva venire la voglia di incazzarsi, di sfogarsi su di lui, ed era come se la sua sola presenza le procurasse attacchi di rabbia ingestibili e tutto ciò sembrava quasi da malati.

 

Si Emma, sei malata, fattene 'na ragione. Un ottimo passatempo per Freud, se fosse ancora vivo.

 

Ogni volta che litigavano in quel modo passava il resto della giornata con un tremendo mal di testa, causa della sua pressione bassa, il che glielo faceva odiare ancora di più.
Non era come litigare con Lorenzo, con lui nevosismo ed eccitazione salivano di pari passo, finendo per lasciare una dolcissima sensazione di confusione totale.
Peccato fossero fermi alla fase Facciamoci i dispetti come all'asilo.

Sua madre arrivò in quel momento, affacciandosi da una delle porte che portava agli spogliatoi, luogo scelto per le riunioni riguardanti la festa medievale.

"Emi, vieni un attimo che così provi il costume per la sfilata? Dobbiamo controllare che sia tutto apposto."


Quella donna era un fascio di nervi in quei giorni. Ci teneva moltissimo a quella festa, desiderava fosse tutto perfetto ed organizzato fin nei minimi dettagli.
Solo il giorno prima una delle ragazze che partecipavano alla sfilata aveva provato il costume, che gli era diventato largo perché questa era dimagrita di cinque kili negli ultimi due mesi, e ciò aveva fatto impazzire sua mamma che a casa si era sfogata con lei e con tutte "Voi stupide adolescenti che pensate solo alla dieta". L'ha controllata per tutta la cena, assicurandosi che mangiasse come al suo solito. L'ansia.
Inoltre l'aveva minacciata di non perdere o prendere nemmeno un etto, altrimenti l'avrebbe esclusa dalla sfilata.
Emma non aveva risposto, conscia che la sua genitrice non fosse nel pieno delle sue facoltà mentali e doveva solo lasciarle sfogare lo stress, poi sarebbe tornata l'impersonificazione della calma fatta in persona.
Così quando, tornata da scuola, le aveva detto che sarebbero andate a fare la prova costume e di muoversi a mangiare, Emma non aveva contestato. Prima di tutto perché sua madre era l'unica al mondo a incuterle timore, dato che non sapeva mai cosa aspettarsi quando si incazzava. In secondo luogo aspettava da mesi quel giorno, quella sarebbe stata la prova costume definitiva, due giorni prima della grande festa.

 

Entrò nel camerino, dove si trovava il vestito e la sarta, una signora sui cinquant'anni che sembrava ce l'avesse col mondo intero. 

Era alta, slanciata e con corti capelli brizzolati sempre al loro posto, inoltre aveva una passione smisurata per le salopette, dato che l'aveva sempre vista solo con quelle indosso.
Le faceva un po' paura ad essere sincera, sembrava pronta ad uccidere chiunque la contestasse e aveva sempre uno sguardo inferocito.
Le borbottò un salve a cui la donna rispose con un cenno del capo, intenta a togliere un vestito turchese dalla gruccia.
Visto così l'abito sembrava un ammasso di merletti e strati messi a casaccio uno sopra l'altro, e in quel momento pensò al programma che guardava con sua madre: Abito da sposa cercasi.

 

"E ricordate, l'abito non si guarda ma si indossa."

O qualcosa di simile.

Dio mio, un vestito da meringa...

 

" Emma svestiti, così possiamo vedere se il vestito è giusto."

Sua mamma lo disse spingendola su una panca, per farla sedere e svestire, con gli occhi che quasi brillavano nell'attesa di vederla con indosso quella che definiremo tenda, o massa informe di tessuto a dir si voglia.

" Mamma so svestirmi da sola, graaazie."

Per quanto sua madre le lasciasse la sua indipendenza, forse anche troppa dato che a tredici anni la lasciava gironzolare, con i suoi amici del mare, fino alle sei del mattino senza dire ne a ne bah, ogni tanto la trattava come una poppante, come in quel momento in cui le stava togliendo le scarpe. Continuò senza ascoltare le sue proteste, quando ad un tratto la porta si aprì.

" Scusate il ritardo."

Emma alzò lo sguardo all'improvviso, incontrando quelli di Lorenzo che la guardavano divertiti.

Emma arrossì, pensando a quanto dovesse sembrargli ridicola in quel momento. Immaginava già quanto l'avrebbe presa in giro, una volta trovandosi da soli. Avrebbe anche pensato fosse una stupida ragazzina, di quelle che fanno tanto le superiori, ma che senza i genitori non sapevano che pesci prendere.

" Mamma smettila, sei troppo nervosa, so far da me, dai."

Sbuffando per l'imbarazzo si chinò per togliersi le calze, sua mamma si alzò e sembrò trattenere le risate, poi salutò Lorenzo, preso ad osservare il tessuto nelle mani della sarta.

"Lore! Credevo arrivassi più tardi, ma già che ci siamo vai nel camerino accanto, ti porto subito il tuo abito, così poi facciamo qualche prova della sfilata dato che ci siete entrambi."

Emma invece emise un ciao strascicato, guardandolo, aspettando che uscisse per togliersi anche i jeans e la maglia.

 

"Grazie ma', bella figura di merda che ho fatto. Sorpresa da Lorenzo mentre mi toglievi le scarpe, come se avessi cinque anni poi! Ho imparato a vestirmi da sola tanti anni fa, ricordi?"

La madre le stava dietro, aiutandola ad abbassare gli strati della gonna che le si erano ammassati sui fianchi. Sorrideva, incurante delle proteste della figlia, mentre quest'ultima teneva un cipiglio imbronciato cercando di rimettere apposto i capelli, che le si erano scompigliati nell'infilare quei tremila strati di tessuto.

Mentre le tirava la gonna verso il basso, il sottogonna le si sfregò malamente sui fianchi.

"Ahi!"

Ecco da chi ho preso la mia delicatezza. 

Sua madre sbuffò.

Mi sa ho preso troppe cose da questa donna.

"Non fare la scorbutica dai, non è una tragedia. Pure sua mamma lo avrebbe fatto. Ti ho solo tolto le scarpe, che tragedia."

Emma ne dubitava.

"Non credo proprio, sai?"

"So che tu non puoi saperne nulla, perché non lo hai mai visto. Magari lo ha fatto giusto stamattina, ma che ne puoi sapere te, mica c'eri."

Discutere con sua madre era una causa persa.

 

Finalmente la gonna era sistemata, quindi prese il bustino avvolgendoselo intorno, tenendone i limiti inferiori con le dita sulla schiena, aspettando che sua madre ne chiudesse i bottoni.

Chiuse gli occhi per calmarsi, se le avesse risposto troppo male sarebbe finita col litigarci, ed era comunque troppo educata per esprimere i suoi pensieri, quindi attese in silenzio che le abbottonò il bustino e, una volta fatto, si avvicinò al bagno per vedersi allo specchio. Una mano trattenne la sua quasi nell'esatto momento in cui si mosse.

"Chiedo solo una cosa- esordì la sarta con voce minacciosa- non ci si guarda allo specchio fino al giorno della sfilata."

Ma stiamo scherzando?

Emma si voltò verso la sarta, con la bocca semiaperta e le pupille dilatate.

"Ma... Ma come? Perché?"

Chiese con voce infantile, aspettava da anni quel momento, e ora non poteva nemmeno goderselo. 

Che saltava in mente alla vecchia? E se non le fosse piaciuto, o se il giorno della sfilata avesse scoperto di sembrare una balena spiaggiata con quel vestito? Avrebbe voluto goderselo davanti allo specchio, mica si vestiva tutti i giorni così.

 

Uscendo dal camerino Emma incontrò Lorenzo, probabilmente le stava aspettando già da un po'. Sentì il cuore salirle in gola quando lo vide.

Lorenzo si avvicinò, nel suo completo in calzamaglia. Sembrava Douglas Booth in Romeo & Juliet.

Era estremamente affascinante, Emma non aveva mai visto un ragazzo più bello di lui. 

" E il brutto anatroccolo si trasformò in un cigno" le sussurrò.

Emma rimase zitta per qualche secondo, si aspettava un complimento ed era pronta a ribattere con un grazie, ma quello... Quello non era un complimento, giusto? O ci sentiva male lei?

A scoppio ritardato, gli diede uno schiaffetto sulla nuca.

"Brutto anatroccolo a chi, cretino?!"

Lorenzo scoppiò a ridere, e più rideva, più Emma aveva voglia di spaccargli la faccia, nonostante, soli cinque minuti prima, gli sarebbe saltata addosso.

Quando smise di ridere, finalmente, la guardò. Con la punta delle dita accarezzò le decorazioni del corpetto, gelandole il respiro.

Emma avrebbe voluto deglutire quel groppo in gola che sentiva, ma non riusciva a ricordare come si faceva. 

"Stavo scherzando Emma, sei più bella del solito" disse a bassa voce, guardandola negli occhi.

Oh, così andava già meglio.

Lei cercò di sorridergli, ma quel complimento, detto con quella voce così calda, mentre la guardava così profondamente la fecero emozionare tanto che le uscì un sorriso sghembo e tremante.

Dio mio, che diabete.

 

*-*-*-*-*-*-*-

 

La stanza di Emma era temuta dai più. Le sue amiche non volevano saperne, entrandovi solo se necessario. I suoi genitori invece, quando le avevano permesso di scegliere il nuovo arredamento l'anno prima, l'avevano guardata sconsolati e osava pensare, quasi inquietati. Sua nonna era l'unica a trovarla affascinante. A parte Emma stessa, ovviamente. 

 

Questo avrebbe dovuto farle sorgere dei dubbi, fin da subito. 

 

Ma Emma non si faceva intimidire, continuando ad ammirare la sua stanza con occhi luccicanti e pieni d'orgoglio. 
L'armadio ad angolo aveva otto ante a specchio. 
La spalliera del letto, di fronte all'armadio, era formata da piccoli archi bianchi continui, che circondavano tanti piccoli specchietti. 
La cassettiera anch'essa bianca che si trovava nell'unica parete libera, accanto alla scrivania, era disposta sotto un altro grande specchio quadrato attaccato alla parete. 
Motivo d'inquietudine di tutti era appunto la presenza di tutti queste superfici riflettenti. 

 Emma cercava di farli ragionare, insistendo sul fatto che rendessero la stanza più luminosa e più grande.  

Inoltre lei adorava specchiarsi. Non credeva fosse per vanità o per insicurezza, era per lo più una fissa che aveva sempre avuto. Era capace di passare ore davanti allo specchio, come se avesse paura di cambiare da un giorno all'altro. 
 

Matteo l'aveva più volte minacciata, dicendole che sarebbe stato divertente romperne uno ogni sette anni, per assicurarle una sfiga perenne. 

 

Fatto sta che tornata a casa dalle prove dell'abito la prima cosa che aveva fatto era stata specchiarsi, per controllare se Lorenzo avesse portato danni con il suo savoir faire. Non avevano mai passato così tanto tempo a stretto contatto come quel pomeriggio.

Dopo il suo complimento c'era stata una leggera aria d'imbarazzo, poi sua madre aveva parlato con entrambi, spiegandogli per bene la scaletta che avrebbero dovuto seguire per la sfilata. Lei ci aveva capito la metà, troppo presa dal corpo di Lorenzo accanto al suo, che a volte la sfiorava. Quindi si aspettava di trovare qualche traccia del sconvolgimento emotivo che aveva sentito in palestra. 
Cercò di capire se il suo colorito fosse diverso, ma trovò le guance chiare come il resto della pelle. Controllò gli occhi, aspettandosi di vederli ancora scossi o più brillanti del solito, ma niente. Era tutto sotto controllo. Solo le labbra erano leggermente piegate all'insù, l'ombra di un sorriso leggero che non sembrava intenzionato ad andarsene. E le mani tremavano appena, un tremolio quasi trascurabile se non ci si soffermava ad osservarle per più di qualche secondo. 

 Non sapeva se esserne sollevata o pensare che, se nemmeno un ragazzo affascinante come Lorenzo poteva scombussolarla, allora era un caso perso. Aveva avuto le sue cotte, addirittura ricordava i drammi che avevano speziato due delle sue infatuazioni più pesanti alcuni anni prima, quando ancora credeva nel principe azzurro. 

 

Quanti pianti inutili. 

 

Era stata innamorata dell'amore finché, un giorno, si svegliò con un messaggio da quello che credeva fosse la sua anima gemella, che diceva che non poteva funzionare. 

Fosse stato uno dei tanti forse non l'avrebbe scossa più del necessario ma, il soggetto, aveva sfortunatamente tutta la stima e la fiducia di Emma. Si conoscevano da anni, si vedevano solo nelle vacanze estive ( Scrivendosi durante il resto dell'anno) e lei credeva davvero che fosse l'uomo più affidabile del mondo.  

Era un bravo ragazzo, sicuramente non bello, ma aveva così tanti pregi che dopo anni in cui lui l'aveva rincorsa assiduamente senza farne segreto, lei non poté far altro che innamorarsi a sua volta.  

La portava a vedere le stelle, le suonava ( e cantava) le canzoni più romantiche degli 883, la loro sintonia era invidiabile. 

O almeno così credeva. 

 

La fine di quell'idillio arrivò dopo soli due mesi, da un giorno all'altro. Il giorno prima lui le dedicava le parole più dolci al mondo, il giorno dopo le dedicò invece l'unica frase che non avrebbe mai voluto sentire da lui.  

 

In breve il senso di quella frase era, più o meno, questo: non me la vuoi dare? Vuoi tenerti illibata perché non ti senti pronta? Scusa, il mio amico dei piani bassi non condivide. 

 

E tanti saluti alla Emma romantica. Benvenuta sfiducia nel mondo. 

Fu forse l'unico periodo della sua vita in cui lei e Matteo non litigarono. Lui sapeva a grandi linee, dato che sua madre si premurava che i vicini sapessero i fatti suoi. 

Che poi non ci voleva un genio per capire che quell'isolarsi, quel non punzecchiarlo, quel dimagrire a vista d'occhio in poche settimane, e la miriade di canzoni tristi che ascoltava in camera, non erano causate dalla famosa depressione post vacanze. 

 

Emma si era fermata in giardino, seduta in una delle sedie sotto il gazebo, e aveva appena scoperto Alessandro Baricco. Mentre si perdeva tra le righe di Novecento le arrivò un sms dall'unica persona che l'aveva appena spezzata, e mai la minaccia preferita di sua madre le era sembrata così adatta:  

Ti prendo, ti spezzo le ossa e ci gioco a shanghai.  

Lui c'era riuscito. L'aveva spezzata. 

Il messaggio altro non era che un semplice - Ciao, come va?- 

Allontanò il cellulare, per evitare di buttarlo a terra e saltarci sopra. 

Non aveva nessuna intenzione di rispondergli, non voleva fargli credere che bastasse così poco per ripulirsi la coscienza. Lui meritava di sentirsi in colpa. 

Doveva sentirsi una merda, per rendere il concetto. 

Come le accadeva spesso ultimamente scoppiò a piangere. Si sentiva stupida per essere così tragica, ma era ormai diventata un rubinetto aperto. 

Dopo pochi secondi, o minuti, una mano le coprì la spalla, per poi ritirarla quasi nell'immediato. Lei saltò sul posto, spaventata, e voltandosi vide il volto dispiaciuto di Matteo. 

La pena che provava per lei era evidente. 

Lo guardò con gli occhi ancora umidi, arrabbiata per la debolezza che stava mostrando proprio a lui. 

"Cosa vuoi Matteo? Lo vedo come mi guardi, sai?" 

Matteo non si aspettava una reazione del genere e si allontanò di un passo, biascicando un "Io... Io volevo solo..." Poi s'interruppe. La rabbia con cui lo guardava Emma poteva quasi sentirla lui stesso, odiava questo lato di lei. Era così passionale nei suoi umori. Tutto ciò che lei provava, lo provava con un'intensità che lui non avrebbe mai creduto possibile se non fosse che gliela trasmetteva con tanta forza, facendo si che lui stesso sentisse sue quelle emozioni. Strinse i pugni per sopprimere la voglia di schiaffeggiarla. 

"Sei una cretina" disse infine, allontanandosi. 

Emma, per quanto l'odiasse, si sentì davvero una cretina.  

Da quel giorno non aveva smesso di soffrire, ma cercò di tenere a bada il dolore per quando era da sola, preferibilmente prima di addormentarsi. Il resto del tempo lo passò concentrandosi di più sullo studio, come non aveva mai fatto in vita sua. Ironicamente funzionò.  

 

Quella volta fu la prima e l'ultima che soffrì come un cane per un ragazzo. C'era voluto un anno per arginare del tutto il dolore e per capire che non era la fine del mondo.  

Ma, in un certo senso, era stata la fine di un mondo. Del mondo intero no, ma il suo mondo fatato dove spesso si era rifugiata, quello dei suoi possibilissimi sogni e del principe azzurro che la salvava, quel mondo era distrutto.  

Capì che non aveva bisogno di essere salvata da nessuno, ma il lavoro sporco avrebbe dovuto farlo lei stessa.  

Capì che i sogni non sono abbastanza, sono un inizio ma poi spettava a lei decidere cosa farne. 

 

 

"...ama farsi guardare 
non sopporta la gente 
che annoia e che rompe..." 

 

Emma si destò di colpo dai suoi pensieri, saltando sul posto per lo spavento. La voce di Vasco Rossi arrivava a tutto volume fin nella sua stanza e, nervosa, raggiunse con grandi passi felpati la finestra, spalancandola con poca grazia.  

Matteo, la cui camera s'intravedeva a pochi metri di distanza, fingeva di suonare una chitarra immaginaria e, mentre pogava, la guardò con un mezzo sorrisetto furbo. Guardandola e indicandola, iniziò a cantare: 

"Alza sempre la voce, sa sempre tutto lei, e anche quando c'ha torto non lo ammette mai!"  

Un tic involontario fece saettare, in alto, il sopracciglio destro di Emma. 

Esatto, per il nervoso. 

"Deficiente!" urlò Emma dalla finestra, mentre Matteo le faceva l'occhiolino e teneva il ritmo, ciondolando la testa. 

"Adesso ti faccio vedere io" borbottò poi, avvicinandosi al computer. Aprì i-tunes, e fece partire la canzone di risposta e, per far capire subito l'antifona al suo vicino, fece partire la canzone dal ritornello. 

 

"...Ma perché non ti fai mai i cazzi tuoi  
e t'impegni a esser sempre più bastardo che puoi  
perché i cazzi tuoi non te li fai mai  
però rischi di farti fare il faccione sai..."  

Voltandosi in direzione di Matteo, a testa alta, lo ritrovò affacciato al davanzale. 

"Sfigata. Non sai fare di meglio?" Urlò, sovrastando la voce di Max Pezzali che, giustamente, continuava a cantargli di farsi i cazzi suoi. 

Emma si sporse come lui, dalla sua finestra, e gli tirò una gomma da cancelleria. E l'avrebbe preso se avesse avuto più mira. 

"Sei un codardo, perché non me le dici in faccia le cose, invece che lasciar parlare Vasco, eh?"  

Di rimando lui le rilanciò la sua gomma da cancellare, e a differenza sua, la beccò con una mira infallibile sulla fronte. 

La gomma rimbalzò, cadendo nel vialetto che divideva le due case, ed Emma si massaggiò il punto colpito, pregando il Signore che potesse aver pietà dell'anima di Matteo, perché lei non ne avrebbe avuta. 

"Bambino!" gli disse, acida. 

"Strega" rispose lui, con una calma che fece incazzare, ancora di più, Emma. 

Emma si allontanò dalla finestra, avvicinandosi al comodino. Aveva messo, in un piccolo vaso di vetro, tanti sassolini colorati trovati al mare, per creare quel vaso decorativo. Ne prese uno color ambra, grande quanto metà del suo palmo, e tornò alla finestra con un sorrisetto sinistro, mentre lui le dava la schiena, fischiettando a ritmo della musica. 

Prese la mira, questa volta non poteva mancarlo. Il che sarebbe stato impossibile, con quel sasso. 

Lo beccò giusto tra l'attaccatura dei capelli e il collo, facendolo immediatamente piegare in avanti per la sorpresa, e lanciò un gridolino di vittoria, alzando i pugni al cielo per esser riuscita a colpirlo. 

Lui si voltò verso di lei, ora sembrava davvero incazzato.

Era anche ora.

"Ma sei cogliona?" Le urlò.

"Hei ciccio, hai iniziato te!" esclamò, incrociando le braccia al petto e guardandolo con aria da saputella.

Le riusciva molto bene.

"Ah, e questo giustifica il tuo tentato omicidio?"

Il solito esagerato.

"Potrebbe, sì."

Per un attimo si guardarono minacciosi, entrambi in silenzio. Poi, con un gesto fulmineo, Matteo le lanciò qualcosa, e quel qualcosa che le colpì la guancia sembrava viscido e umido, tanto che Emma saltò all'indietro, cadendo, e urlando per lo spavento e lo schifo di non sapeva cosa.

Sentì Matteo ridere di gusto, mentre lei, schifata, guardava lo schifidol giacere per terra.

Avvertiva ancora la sensazione di viscido sulla guancia.

Bleah

"Vaffanculo! Giuro che ti farò di peggio!" Urlò, sperando che la sentisse.

La porta della sua stanza si aprì con un tonfo secco, facendola saltare sul posto.

Sarebbe morta d'infarto avanti così.

"Emma, ora basta, sono io la cretina che domani si sveglia alle sei!"

Sua mamma entrò furiosa nella sua stanza, poi si avvicinò alla finestra.

"Signorino, parlo anche con lei, sa"

Sentì Matteo farfugliare delle scuse, per poi chiudere la finestra. Sorrise vittoriosa, sua mamma lo aveva fatto tacere e lei, essendo figlia sua, poteva prendersi il punto di vittoria, no?!

"Brava mami, digliene quattro!" Esordì, battendo le mani. Sua madre l'incenerì con lo sguardo.

"Vedi di star buona, o non ci sarà nessuna sfilata" la minacciò, puntandole il dito contro.

Emma, in risposta, si lanciò sul letto, con poca grazia.

"Sì, capo."

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