Rewind

di _Kurai_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Regret ***
Capitolo 2: *** Reset ***
Capitolo 3: *** Restart ***
Capitolo 4: *** Retrace ***
Capitolo 5: *** Replay ***
Capitolo 6: *** Remain ***
Capitolo 7: *** Realize ***
Capitolo 8: *** Resolve ***



Capitolo 1
*** Regret ***



Rewind


Jersey just got colder and
I'll have you know I'm scared to death
That everything that you had said to me was just
A lie until you left
Now I'm hoping just a little bit stronger
Hold me up just a little bit longer
I'll be fine, I swear
I'm just gone beyond repair

And I should have been your everything
I'm now at the end of my eternity
And I will sleep to have the darkest dreams
This just won't seem right to me
I close my eyes and beg for peace

("Jersey", Mayday Parade) 


/Regret/
 

"Un'altra, Iwa-chan!"

Le goccioline di sudore gli imperlavano il viso come tanti piccoli cristalli.

Nemmeno dopo tutte quelle ore di allenamento serrato Oikawa Tooru accettava di essere stanco, nonostante fosse stato proprio lui a sollevare la questione dell'importanza del riposo.

Era sempre stato così: tanti buoni consigli, tanta buona volontà, ma poi era sempre il primo a sbagliare e a perseverare nei suoi errori. Hajime si chiese per l'ennesima volta cos'avrebbe fatto quell'idiota senza di lui, ma alla fine decise di accontentarlo, anche se fuori era già buio da un bel pezzo.

"Va bene, però questa è davvero l'ultima!" sospirò, sconfitto.

Tooru sorrise, in un modo o nell'altro riusciva sempre ad averla vinta.

 

Erano rimasti solo loro due in palestra, o forse perfino in tutta la scuola.

Prima l'alzatore del Seijou aveva voluto allenarsi nella sua celebre battuta dall'alto fino a che i suoi polpastrelli erano diventati insensibili e le sue gambe pesanti, e Hajime non aveva lesinato di notare le sue malcelate smorfie di dolore al momento dell'atterraggio più e più volte: il ginocchio gli faceva ancora male, e l'idiota si ostinava a negarlo.

Gli aveva lanciato uno sguardo di rimprovero, e Tooru aveva capito l'antifona: avevano iniziato ad allenarsi insieme sulle alzate e sulle schiacciate, e così era trascorsa un'altra ora. Gli altri se n'erano andati, uno dopo l'altro.

Oikawa insisteva a continuare ancora, anche se era evidente dai suoi movimenti che il dolore non accennava a diminuire, e Iwaizumi gli aveva già fatto notare diverse volte che era ora di smettere per quel giorno, nonostante un'amichevole contro la Shiratorizawa fosse imminente. Dopo l'ultima sconfitta solo sentirli nominare faceva riapparire quel Tooru che tanto faceva arrabbiare Hajime, quel Tooru che non riusciva ad accettare i suoi limiti e che si giustificava con parole vuote e sorrisi falsi. Tuttavia, sembrava ci fosse dell'altro.

Quel sorriso ostentato dal suo compagno di sempre, che conosceva alla perfezione, lo irritava oltremisura, ma allo stesso tempo non riusciva a dirgli di no.

Oikawa Tooru era davvero un demone.

 

Per Hajime era già stata una pessima giornata, e vedere Tooru preoccuparsi così poco di sè stesso e delle proprie condizioni lo impensieriva più di quanto riuscisse a sopportare in quel momento. L'ace della Seijou in tutti quegli anni di amicizia aveva imparato che ogni volta che Oikawa sorrideva in quel modo c'era qualcosa che non andava e di cui non voleva parlargli, ma che allo stesso tempo temeva di affrontare da solo.

Ogni volta finiva allo stesso modo: Iwaizumi sbottava, volavano insulti e pugni ben assestati e alla fine Oikawa glissava, dicendo che era tutto sotto controllo e che conosceva i suoi limiti. Questo non impediva ad Hajime di preoccuparsi, tanto più che nell'ultimo periodo Tooru si era fatto schivo e taciturno, il che non era assolutamente da lui.

Il capitano dall'Aoba Johsai andò a recuperare la palla in fondo al campo, e ancora una volta Hajime notò che zoppicava vistosamente, anche se cercava di celarlo, senza successo.

Tooru si fermò sulla linea bianca, e, con una strana luce negli occhi, fece per provare un'ultima volta la sua battuta per concludere in bellezza l'allenamento, anche se non c'era nessuno ad assistere (se non un seccato Hajime).

Iwaizumi lo raggiunse a grandi passi, lo sguardo ancora più arrabbiato del solito. Forse la sua reazione era eccessiva, ma non riusciva ad evitarlo. Strappò la palla di mano a Oikawa, che dapprima lo guardò con l'infantile sdegno di un bambino a cui vengono sottratte le caramelle per scongiurare un mal di denti, poi si fece improvvisamente serio.

"Hajime, non è necessario che ti preoccupi per me in questo modo" gli disse, senza riuscire a guardarlo negli occhi. Lo aveva chiamato per nome, e non con uno dei suoi stupidi vezzeggiativi.

Cosa stava succedendo?

Iwaizumi sbuffò e si morse la lingua per trattenere la rabbia che ribolliva dentro di lui. Forse stava seriamente esagerando.

In ogni caso riuscì a raggiungere il suo obiettivo, e finalmente si avviò con Tooru verso lo spogliatoio. Mentre si spogliavano delle tute da allenamento si soffermò sui movimenti calcolati del setter, pieni di attenzione per non concentrare il peso sulla gamba destra, e poi indugiò con lo sguardo quando Oikawa fece per sfilarsi la fascia protettiva bianca dal ginocchio, che era livido e gonfio, quasi il doppio più grande dell'altro. Fu allora che non riuscì più a trattenersi, e si alzò in piedi davanti a Tooru, intrappolandolo spalle al muro. Non avrebbe accettato un nuovo tentativo di minimizzare.

"Sarai contento adesso, immagino" iniziò, con lo sguardo fisso negli occhi castani di Tooru e una vena pulsante sulla fronte "sono stufo di vedere come cerchi di autodistruggerti e di tagliarmi fuori dalle tue preoccupazioni, SONO DAVVERO STUFO!" aveva alzato la voce, una cosa che non era decisamente da lui, ma si sentiva come se un'eruzione che covava da anni nelle profondità di un vulcano si fosse improvvisamente svegliata e si stesse per riversare all'esterno, inarrestabile e pronta a portare distruzione.

Oikawa aprì e richiuse la bocca, come un bizzarro pesce fuor d'acqua. Come avrebbe dovuto giustificarsi? Iwaizumi avrebbe capito? O forse si sarebbe arrabbiato ancora di più?

Il suo silenzio contribuì a peggiorare la situazione. Hajime si morse un labbro a sangue nel tentativo di trattenersi, ma le successive parole di Tooru innescarono definitivamente la bomba.

"E tu cosa potresti fare per risolvere le mie preoccupazioni? Non ho bisogno di una balia e non è affar tuo fino a che punto intendo sforzarmi per riuscire a migliorare, Hajime."

"NON SAREBBE AFFAR MIO, TOORU? Non ricordi che siamo una squadra? Che noi due siamo... siamo..." prese un respiro, come se gli mancasse l'aria "PIUTTOSTO CHE VEDERTI IN QUESTO STATO PREFERIREI DISTRUGGERTI IO CON LE MIE STESSE MANI, MALEDIZIONE!"

Ecco, l'aveva detto.

L'aveva urlato.

L'aveva pensato a lungo, tutte le volte che aveva assistito a episodi simili, e alla fine era esploso.

Il silenzio era assordante e lo sguardo di Tooru era dannatamente vuoto.

Ostentava falsa indifferenza. In realtà, anche in lui qualcosa si era spezzato.

Iwaizumi abbandonò il proposito di farsi la doccia nello spogliatoio e indossò in fretta la divisa e la giacca, poi, sforzandosi di non guardare negli occhi quello che fino a pochi minuti prima era convinto essere il suo migliore amico, uscì dalla stanza sbattendo la porta e lasciò Oikawa ancora lì seduto, attonito.

 

Fuori aveva iniziato a piovere forte, e il rumore ritmico delle gocce sull'asfalto rieccheggiava nella testa di Hajime con l'insistenza di un rimprovero.

Avevano discusso tantissime volte nel corso della loro decennale amicizia, ma non si era mai sentito così. Non avrebbe mai voluto sbottare in quel modo, e la sua testa minacciava di scoppiare. Forse sarebbe dovuto tornare dentro e chiedergli scusa, anche se il suo orgoglio non glielo avrebbe mai permesso. Sospirò. Era già bagnato fradicio, e nella foga aveva dimenticato l'ombrello a scuola.

 

Senza rendersene conto aveva già percorso più di un isolato sotto il diluvio quando finalmente il suo buon senso gli impose di tornare indietro. Non poteva lasciarlo così, in un momento in cui era evidente che Tooru avesse bisogno d'aiuto. Non gli importava che non l'avrebbe mai accettato o che l'avrebbe preso per un gesto di compassione, Hajime doveva capire.

Fuggire non era la risposta.

 

Tornò indietro di corsa, indifferente al peso dei vestiti intrisi d'acqua e alla pioggia che gli entrava negli occhi, e giunse in vista dell'ingresso dell'Aoba Johsai appena in tempo per vedere due sagome scure incrociarsi a pochi passi dal cancello della scuola. Non riusciva a distinguerne i volti, perchè uno dei due si riparava con un ombrello, mentre l'altro indossava una giacca nera col cappuccio e i pantaloni della divisa del Seijou. I due ebbero un breve scambio di battute, quindi l'individuo incappucciato si allontanò a grandi passi, per poi sparire in un vicolo.

Fu un attimo.

L'ombrello cadde a terra, scoprendo il volto di Tooru, che si portò una mano al petto.

Un campanello d'allarme risuonò fortissimo nella testa di Hajime e iniziò d'istinto a correre nella sua direzione, arrivando a sorreggerlo un istante prima che cadesse in ginocchio.

"I-Iwa-chan... scusa..."

Una macchia rossa si stava allargando sulla felpa bianca e azzurra di Oikawa e le sue mani fecero per aggrapparsi a Iwaizumi, mentre cercava disperatamente di dire qualcos'altro.

Solo in quel momento Hajime notò un luccichio spettrale a pochi passi da loro: un coltello di almeno quindici centimetri riluceva sull'asfalto, immerso per metà in una pozzanghera e macchiato da un inequivocabile liquido scarlatto.

Prima che Hajime potesse dire o fare qualsiasi cosa sentì la forza scivolare via dalle dita che stringevano febbrilmente e quasi dolorosamente le sue braccia tese a sorreggere il compagno, mentre gli occhi di Tooru si chiudevano lentamente.

"...no... resta sveglio, razza d'idiota...io..."

 

Stava ancora stringendo tra le braccia il corpo immobile di Oikawa sotto la pioggia incessante e non sapeva se fossero trascorsi istanti o ore quando improvvisamente Iwaizumi tornò alla realtà, riscosso dalle luci di quattro fari abbaglianti che li circondavano.

Qualcuno aveva chiamato la polizia e un'ambulanza, e Hajime percepiva tutto come al rallentatore, come se fosse chilometri lontano da lì.

Alcuni uomini strapparono Tooru dalle sue braccia e lo sistemarono su una barella, mentre la pioggia continuava a cadere, implacabile. Iwaizumi riprese il controllo di sè e fece per seguirli, ma un uomo in uniforme blu scuro lo afferrò per un braccio e sentì chiaramente qualcosa di freddo e metallico chiuderglisi intorno al polso.

Hajime alzò uno sguardo più che incredulo verso gli occhi freddi e impassibili del poliziotto, che vanificò in un istante ogni suo tentativo di urlare e divincolarsi premendogli dolorosamente il gomito sulla schiena e procurandogli un dolore immediato e pungente alla spalla destra. Cosa stava succedendo? Cosa volevano da lui? Perchè non lasciavano semplicemente che seguisse Tooru?

 

* * *

 

Era ancora completamente fradicio e nessuno gli aveva offerto un asciugamano e nemmeno una bevanda calda. Era seduto da almeno due ore su una sedia fredda in una stanza spoglia a chiedersi se ci fosse un modo per svegliarsi da quell'incubo, a cercare di rispondere a domande che si facevano sempre più prive di senso e ripetitive, sicuramente con lo scopo di fargli fare un passo falso.

Improvvisamente l'uomo smise di parlare e tirò fuori un piccolo computer portatile, mettendo in riproduzione un video che era stato evidentemente girato con un cellulare.

La prima parte inquadrava la palestra vuota e si sentiva chiaramente la sua voce che urlava "PREFERIREI DISTRUGGERTI IO CON LE MIE STESSE MANI, MALEDIZIONE!" e poi dopo un movimento brusco della ripresa (probabilmente l'ignoto cameraman improvvisato si era nascosto per non farsi vedere da lui) si vedeva lo stesso Hajime sbattere la porta e avanzare deciso verso l'uscita della palestra. L'inquadratura successiva, probabilmente ripresa da una telecamera di sorveglianza o qualcosa del genere, riprendeva lui che correva via sotto la pioggia e dopo qualche minuto Oikawa che usciva di corsa e la sagoma incappucciata che riappariva dalla stessa direzione in cui Iwaizumi si era allontanato poco prima. Solo in quell'istante Hajime si rese conto con un brivido di terrore che lo sconosciuto era vestito esattamente come lui e indossava perfino un paio di scarpe da ginnastica identiche alle sue.

Il video si interrompeva subito dopo, un istante prima che lui accorresse ad aiutare Tooru, come se la telecamera si fosse improvvisamente spenta proprio nel momento meno opportuno.

Era evidente che Hajime Iwaizumi e Tooru Oikawa si erano fatti un nemico.

 

Nonostante le sue proteste e la richiesta disperata di poter almeno fare una telefonata per avvertire la sua famiglia che stava bene e per scoprire le reali condizioni di Tooru, Hajime si ritrovò rinchiuso per la notte nella piccola cella sul fondo della caserma del quartiere, "in attesa di successivi accertamenti", come aveva detto il poliziotto con un ghigno.

Guardava il muro grigio della cella come se potesse dargli delle risposte, cercando di mantenersi freddo e razionale per quanto possibile.

Era un errore, era tutto un errore.

Tooru si sarebbe ripreso e avrebbe chiarito tutto, e il giorno dopo sarebbe andato a trovarlo e tutto si sarebbe risolto per il meglio.

 

Il destino la pensava diversamente.

Il viso dai tratti appuntiti del poliziotto dagli occhi freddi come il ghiaccio riapparve nel suo campo visivo: "Ci sono brutte notizie per te, pare. Il tuo amico è peggiorato, dall'ospedale dicono che è in coma irreversibile".

Hajime andò come in blackout per qualche minuto, con gli occhi sbarrati e un'improvvisa fame d'aria, tanto che per qualche istante vide tutto nero.

"Non è... non è possibile...".

 

* * *

 

Doveva essere ormai piena notte e la cella era totalmente buia. L'unica luce proveniva dall'ufficio della guardia notturna in fondo al corridoio, ed era fioca e lontana come la sua volontà di vivere in quel momento.

Avrebbe voluto spegnersi, cancellare tutto, non provare più nulla.

Avrebbe voluto tornare indietro, correggere i suoi errori, impedire quell'insensata escalation di eventi che aveva portato a quel terribile risultato.

Chiuse gli occhi, pur sapendo che non avrebbe mai preso sonno.

Invece cadde lentamente in un oblio oscuro e senza sogni.

 

Fu come precipitare in un buio senza fine, ma al suo risveglio uno dei suoi desideri si era avverato.

Quando aprì gli occhi, si accorse subito che in lui e in ciò che lo circondava c'era qualcosa di molto diverso.

 


E così dopo aver rimuginato mooooolto a lungo su questo prompt (che chiaramente non vi svelo ancora perchè il vero plot twist arriverà nel prossimo capitolo) ecco che arrivo a maltrattare anche la IwaOi! Ditelo che sentivate la mancanza di angst su loro due visto che non ce n'è abbastanza! /inserire sarcasmo qui/
Anyway, spero di avervi incuriositi a sufficienza e che avrete voglia di continuare a leggere questa storia, almeno quanta ne ho io di scriverla~

Grazie a tutti quelli che sono arrivati fin qui e alla prossima!!

_Kurai_

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Reset ***


/Reset/


You got a look in your eyes
I knew you in a past life
One glance and the avalanche drops
One look and my heartbeat stops
Ships pass in the night
I don't wanna wait 'til the next life
One glance and the avalanche drops
One look and my heartbeat stops

Last call and everybody's watching
His voice rings out like a storm
Sometimes the past echoes in the future
Starting long before we were born
Sometimes you only get one chance...

("Avalanche", Walk the Moon)


 

"Iwa-chan? Iwa-chaaaaaan? Sei ancora nel mondo dei sogni?"

Quella voce era anche più irritante del solito, ma mai come in quel momento era il suono che più desiderava sentire in assoluto.

Erano distesi su un prato umido, e sopra le loro teste c'era solo la volta celeste ricamata di stelle immersa nel tepore di agosto.

Il muro grigio doveva essere mille miglia lontano da lì, insieme alle sbarre e al corridoio semibuio che erano stati le ultime cose che aveva visto prima di addormentarsi.

Non gli importava che fosse un sogno, un ricordo o una proiezione della sua mente, gli bastava essere il più possibile distante da quel luogo.

 

Osservava incantato e un po' confuso la sua mano destra tesa verso il cielo, molto più piccola di come la ricordava; era ancora intontito dal sonno quando sentì la voce di Tooru e si accorse che anche in lui c'era qualcosa di diverso, a cominciare dal tono più alto di un'ottava e dalla piccola mano dalle dita affusolate che lo stava scuotendo con foga.

"Iwa-chan, ti sei addormentato durante la nostra missione speciale notturna! Credo di aver visto almeno un paio di UFO mentre dormivi" gli fece notare Oikawa con una nota di infantile rimprovero nella voce.

 

Di colpo la mente di Iwaizumi si snebbiò e riannodò i fili di quel ricordo: rammentò nitidamente una notte di metà agosto dei loro dieci anni in cui avevano avuto il permesso di dormire sotto le stelle nel giardino della casa in campagna dove passavano le estati. Quella volta Tooru si era messo in testa che delle creature extraterrestri avrebbero approfittato di uno sciame di stelle cadenti come diversivo per attaccare la Terra.

"Sai, Iwa-chan?" aveva continuato, indifferente al suo silenzio. A Tooru bastava qualcuno che lo stesse ad ascoltare, e anche se Hajime era quanto di più diverso da un paziente ascoltatore si potesse immaginare, in fondo non gli era mai dispiaciuto essere sempre stato colui che aveva il privilegio di sapere per primo ciò che passava in quella testa vuota. "Vorrei essere il primo uomo ad atterrare su Marte, quando sarò grande. Vorrei arrivare più in alto di tutti, e toccare le stelle con le mie mani..."

"Così ti bruceresti, idiota" si sentì rispondere Hajime, facendo eco alle parole che già aveva pronunciato diversi anni prima "...ieri non avevi detto che da grande vuoi entrare nella nazionale di pallavolo?"

"Voglio diventare un astronauta campione di pallavolo!" decise Tooru con quel suo sorriso che aveva il potere di illuminare ogni cosa tutt'intorno. Il suo sorriso vero, non quella pallida e falsa imitazione a cui l'Iwaizumi diciassettenne si stava suo malgrado abituando negli ultimi tempi. Quel sorriso che faceva apparire sensata anche la sciocchezza più enorme, solo perchè pronunciata da quelle labbra. Risero entrambi, poi rimasero in silenzio per qualche istante.

"Chissà come sarebbe una partita di pallavolo in assenza di gravità..." osservò Tooru improvvisamente serissimo, guardando le stelle negli occhi di Hajime, che come allora gli tirò un pugno amichevole (almeno nelle sue intenzioni) sulla spalla "Non si può giocare a pallavolo se la palla galleggia nell'aria, idiota". Risero di nuovo, abbracciati dal sottofondo del frinire delle cicale.

"Eppure non mi dispiacerebbe giocare una partita contro i marziani..." concluse Oikawa, un po' deluso.

 

Avevano parlato a lungo delle loro aspirazioni per il futuro, quella notte. Erano ancora due bambini e la loro vita era una parentesi felice di giochi e chiacchiere spensierate, progetti e sogni più o meno realizzabili.

Eppure il piccolo Tooru già lasciava intravedere i contorni della persona che sarebbe diventato: la sua illimitata ambizione già traspariva dalle sue parole, e anche il modo di ragionare era pressochè lo stesso ("Forse semplicemente non è cresciuto affatto" pensò l'Hajime di sette anni dopo).

Era sempre stato così, destinato alla costante insoddisfazione, a puntare sempre più in alto: la Luna, Marte, le stelle, poi chissà che obiettivo avrebbe anelato a raggiungere...

Iwaizumi era sempre stato il primo a impedirgli di bruciarsi, a proteggerlo costantemente da sè stesso e dalle inevitabili delusioni, rimproverandolo aspramente se necessario. Era ormai il suo ruolo, se l'era sagomato addosso come una corazza, e lo era stato da quando si erano conosciuti, praticamente nella culla. Era più grande di Tooru solo di un mese e dieci giorni, e fin da piccolo era sempre stato il più responsabile dei due, sempre pronto ad essere una roccia a cui l'altro potesse aggrapparsi.

Ma poi, cos'era cambiato?

 

* * *

 

Tooru stringeva in mano la piccola astronave giocattolo che lui gli aveva regalato un mese prima per il suo compleanno. Non se ne separava mai e inventava spesso giochi e storie ambientati nello spazio, in cui solitamente lui era l'eroe e Hajime il suo secondo, oppure il terribile mostro alieno da sconfiggere. Avevano anche due modellini di astronauti, su cui Tooru aveva scarabocchiato i loro nomi (il kanji di "Iwa" – accompagnato dall'inevitabile "chan" - era un po' storpiato, e il suo astronauta aveva il colore graffiato e sbiadito, ma negli anni Hajime ci si era un po' affezionato, finchè non lo aveva perso qualche tempo dopo, durante un'altra di quelle lunghe estati in campagna), che erano protagonisti di improbabili avventure senza fine, nelle quali Iwaizumi trovava sempre il modo di inserire dinosauri o insetti giganti.

Hajime mise la mano in tasca e tirò fuori proprio il suo astronauta, che affiancò l'astronave madre di Oikawa sullo sfondo del cielo notturno, mentre Tooru iniziava a tessere il filo di una delle sue storie.

Poi, all'improvviso, il gioco si interruppe con un'esclamazione di sorpresa: "Iwa-chan, quella era davvero una stella cadente!!" esclamò Tooru con gli occhi che brillavano "Io ho già espresso il mio desiderio, e tu?"

"Non posso dirtelo o non si avvererà, stupido"

"Io ho desiderato di arrivare più in alto di tutti" disse il piccolo Oikawa, con un sorriso che da solo illuminava il cielo più di tutte le stelle del firmamento.

 

* * *

 

Gli occhi di Iwaizumi erano umidi e appannati, e il mondo di fuori era di nuovo grigio e metallico.

"Era un fottuto stramaledetto sogno!" imprecò nella sua testa, affondando le unghie nei palmi delle mani.

Nella cella semibuia, non vista, una lacrima gelida e solitaria scese sulla sua guancia.

Ma doveva restare lucido, non serviva a niente perdersi nei ricordi.

Una soluzione doveva ancora esserci, quell'idiota non poteva essersi lasciato sconfiggere così facilmente.

Gli occhi della sua mente vedevano un'altra camera spoglia, lontana da lì un numero indefinito di chilometri, ingombra di fili e schermi. La vedeva chiaramente, come se si trovasse veramente lì.

Al centro della stanza, un letto candido, e tra le coltri ecco spuntare quel volto, pallido ma sempre bellissimo, che talvolta aveva desiderato prendere a pugni ma segretamente amava da prima di quando potesse ricordare.

Quanto desiderava poter essergli accanto in quel momento.

Quanto desiderava poter almeno sentire i loro compagni di squadra, perchè gli facessero sapere qualcosa.

Cosa poteva fare?

Ripassò mentalmente il numero indefinito di film d'azione che aveva visto in tutta la sua vita, ma non gli sovvenne nessuna idea geniale. Chi poteva volergli così male da averlo incastrato così? E chi poteva voler così male a Tooru da mandarlo quasi all'altro mondo senza apparente motivo?

Il carattere di Oikawa non era affatto facile e Hajime era il primo a dirlo, ma un tentato omicidio gli sembrava seriamente eccessivo: che Tooru si fosse cacciato in problemi più grandi di lui? Che la sua ambizione l'avesse portato a pestare i piedi di qualcuno?

Il mal di testa fece nuovamente capolino, come se due martelli pneumatici stessero lavorando a pieno regime sulle sue tempie.

 

Poi, inconsciamente, Hajime infilò la mano destra in tasca.

Quello che ne tirò fuori lo sconvolse tanto che per qualche istante si dimenticò di respirare.

 

Un modellino di un astronauta con i colori graffiati e sbiaditi, con il suo soprannome scarabocchiato sul retro.

 

Forse c'era ancora una speranza.

 


Ebbene, ecco qui il secondo capitolo! Che dire... credo di aver compensato un po' di angst dell'incipit con questa botta di fluff XD O almeno spero...
Alla fine sto di nuovo cascando nel vortice delle longfic perchè questa storia doveva avere tre capitoli invece ne avrà sicuramente almeno cinque >__< spero davvero di riuscirla a portare a termine come vorrei, essendo la mia prima long su Haikyuu... in ogni caso sono davvero felice per le recensioni di valechan91 e bakagheiyama, che ringrazio tantissimo! :3 

Alla prossima!

_Kurai_

 

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Capitolo 3
*** Restart ***


/Restart/


Teach me to number my days
And count every moment
Before it slips away
Take in all the colors
Before they fade to grey

I don't want to miss
Even just a second
More of this

It happens in a blink, it happens in a flash
It happens in the time it took to look back
I try to hold on tight, but there's no stopping time
What is it I've done with my life?

("Blink", Revive)


 

Il rumore della chiave nella serratura gli fece alzare lo sguardo di scatto.

Il poliziotto di turno era cambiato: un uomo robusto con un sacchetto unto in mano aveva preso il posto della guardia dallo sguardo freddo del giorno precedente, e insieme a lui c'era un individuo alto in giacca e cravatta, dall'aspetto piuttosto ordinario.

Che gli avessero affidato un avvocato? Erano già arrivati a quel punto?

La risposta non tardò ad arrivare, ed era affermativa. L'avvocato d'ufficio entrò con lui e si richiuse la porta alle spalle.

"Sono Niishi Wataru, il tuo avvocato. Posso chiamarti Iwaizumi-kun?"

L'uomo aveva un'aria amichevole, anche se era evidente che facesse parte della sua maschera. Questi gli sorrise, come un adulto che guarda dall'alto in basso un bambino che ha combinato qualcosa più grande di lui, nel tentativo di rassicurarlo, ma non ottenne il risultato sperato.

Iwaizumi sollevò un sopracciglio e annuì, soffocando un sospiro e aspettando di sentire cosa avesse da dire il nuovo attore apparso sul palcoscenico di quella farsa.

Intanto stringeva in tasca il suo astronauta, tanto forte da farsi male.

 

"Puoi raccontarmi esattamente cos'è successo, Iwaizumi-kun?" chiese l'uomo, insistendo in quel sorriso che già iniziava a innervosire Hajime, che tuttavia si sforzò di restare calmo. Doveva giocare bene le sue carte, e tirò fuori la sua migliore poker face.

"Io e Tooru siamo nella stessa squadra di pallavolo e ci conosciamo da sempre, siamo rimasti ad allenarci fino a tardi e lui ha esagerato nonostante gli strascichi di un brutto infortunio, così mi sono arrabbiato con lui e ho detto cose che non pensavo... è così irresponsabile quando si tratta di sè stesso... ho sbagliato, sono andato via prima di lui, e quando sono tornato sui miei passi l'ho visto parlare con un ragazzo che indossava la divisa della nostra scuola. Non si vedeva il suo viso, e appena ho fatto per avvicinarmi è fuggito e... era già successo, non ho potuto fare altro che sorreggerlo... io non avrei avuto motivo di cercare di uccidere il mio migliore amico, ma a quanto pare quel video basta a inchiodarmi..." abbassò lo sguardo in preda alla frustrazione, abbattendo un pugno sulla panca gelida.

"Non sono state trovate impronte sul coltello, l'acqua della pozzanghera ha confuso tutte le tracce... attualmente l'unica prova che ti inchioda è quel video, che è arrivato a tempo di record nelle mani della polizia..."

Una lampadina si accese nella mente di Hajime. Che ci fosse ancora qualcuno a scuola, rimasto intenzionalmente ad aspettare che se ne andassero per portare a termine il suo piano? In fondo doveva ammettere che negli ultimi giorni le sue reazioni erano state piuttosto prevedibili: non avevano fatto altro che discutere per una nonnulla in continuazione, sicuramente un'ottima circostanza per cercare di incastrarlo. Ma che cosa poteva fare?

"La prego, Niishi-san" cambiò espressione di colpo "mi aiuti a uscire da qui, o almeno a incontrare i miei compagni di squadra... voglio sapere come sta Tooru" non riuscì a evitare al suo tono di apparire disperato, ma in fondo era effettivamente così.

"Proverò a fare il possibile se collaborerai, Iwaizumi-kun" concluse l'avvocato, ancora con quel sorriso sempre più simile a una paresi facciale.

 

* * *

Iniziava a pensare che non avrebbe potuto contare su nessuno.

Doveva essere ormai pomeriggio inoltrato e lui era sempre lì, abbandonato al suo destino, senza la possibilità di sapere nulla. Cosa era stato detto alla sua famiglia? Come stava Tooru? Perchè lo trattavano tutti come un criminale e non indagavano oltre?

Una ciotola di riso ormai freddo era ancora abbandonata sul piccolo ripiano che fungeva da tavolo. Non l'aveva nemmeno guardata, così come non aveva mangiato nulla la sera prima. Il suo stomaco era chiuso, e il mal di testa lo stava uccidendo. Si distese di nuovo, stremato.

Chiuse gli occhi, deciso a fuggire lontano da lì, almeno con la mente.

Il sonno lo prese in una morsa, avvolgendolo nelle sue spire.

 

* * *

Si risvegliò seduto, con le gambe sotto un banco della scuola media.

Si era addormentato in classe, ma nessuno sembrava essersene accorto.

Tooru era lì, accanto a lui, come sempre, ma il suo sguardo era assente, perso fuori dalla finestra.

Hajime guardò la data sul diario semiaperto di fianco a lui: quel giorno non gli riportava alla mente nulla in particolare, ma la classe era quella del terzo anno.

Doveva trattarsi del periodo in cui l'arrivo di Tobio aveva mandato in crisi Tooru, che temeva di essere scavalcato dal nuovo piccolo genio della Kitagawa Daiichi.

Era stato anche il periodo in cui Oikawa aveva iniziato ad esagerare con gli allenamenti, ed era stato ripreso più volte dall'allenatore per quel motivo.

Da quel momento in poi, ogni volta che qualcosa lo preoccupava, che fosse relativo alla pallavolo o meno, aveva iniziato a reagire in quel modo, e non aveva mai imparato quando fermarsi.

Si era accorto fin dal primo anno che il suo sogno di arrivare più in alto di tutti avrebbe dovuto scontrarsi con qualcuno che era già più in alto di lui: la scuola media Shiratorizawa li aveva sistematicamente sconfitti a tutti i tornei, e la sua frustrazione era cresciuta di anno in anno. Hajime aveva solo potuto combattere al suo fianco e restare a guardarlo infrangersi a poco a poco contro il muro della sua insoddisfazione.

 

Iwaizumi non riusciva a capire perchè tra tanti momenti si era risvegliato proprio in quel frangente: avrebbe forse potuto cambiare qualcosa? Avrebbe potuto in qualche modo impedire a Tooru di innescare quel circolo vizioso che l'avrebbe portato a infortunarsi al ginocchio qualche anno dopo, sempre a causa del superlavoro negli allenamenti? L'aveva sempre rimproverato, ricordandogli che esagerare avrebbe solo rischiato di mettere in pericolo la sua forma fisica, che cosa poteva fare di più? Come poteva impedire ciò che sarebbe successo?

 

Di colpo ricordò un libro che aveva letto tempo prima, che raccontava del cosiddetto "Effetto farfalla", nel quale un viaggiatore nel tempo pestando una farfalla nel passato causava incredibili cambiamenti nel suo tempo... che fosse il suo caso? Che si trattasse davvero di un viaggio nel tempo con lo scopo di cambiare qualcosa nel suo destino e in quello di Tooru? Che bastasse un minimo e insignificante cambiamento per risolvere ogni cosa? Cosa avrebbe dovuto fare per innescarlo?

 

Quando suonò la campanella della fine delle lezioni, dovette scrollare Oikawa per fargli riprendere il contatto con la realtà, e lui gli rispose scherzando, con quel suo mezzo sorriso che già aveva iniziato a corrompersi. Uscirono insieme nel corridoio, stranamente in silenzio, diretti verso la palestra per gli allenamenti.

Hajime decise di tentare. Voleva stare attento ad ogni particolare, pesare e misurare ogni minimo movimento, valutare ogni istante. Ma non voleva solo restare ad osservare: il suo obiettivo era provare a poco a poco ad alleggerire quel peso che allora stava appena iniziando ad accumularsi, e per questo decise di fare il primo passo.

Qualcosa che non aveva mai provato a fare nei suoi diciassette anni di vita: parlare gentilmente e apertamente al suo migliore amico, nel tentativo di farlo sentire compreso. Era sempre stato convinto che per far ragionare Oikawa Tooru era necessaria un po' di sana violenza, ma magari cambiare approccio avrebbe potuto innescare un cambiamento imprevedibile. Valeva la pena tentare.

Erano appena fuori dalla palestra quando Hajime appoggiò una mano sulla spalla di Tooru e piantò il suo sguardo verde negli occhi castani dell'alzatore, cercando perfino – con scarsi risultati – di accennare un sorriso: "Ehm... mi sei sembrato strano e preoccupato per qualcosa ultimamente...se vuoi parlarne ti prometto che starò ad ascoltarti, puoi contare su di me" concluse, senza sapere bene cosa aspettarsi. Oikawa sussultò e spalancò gli occhi in una reazione esagerata, per poi posargli una mano fresca sulla fronte: "Iwa-chan, devi avere la febbre... due intere frasi gentili, nessun insulto e nemmeno un pugno in dieci minuti... sei tu che mi fai davvero preoccupare, sai?" glissò Tooru, facendo recedere Hajime dal suo proposito nel giro di due secondi. Sì, per far ragionare Oikawa Tooru era necessaria solo un po' di sana violenza.

Ricordò di essere stato lui stesso, a forza di testate, a inculcargli una nuova motivazione: dopo una partita in cui Oikawa era stato sostituito dal giovane ma promettente Kageyama avevano avuto una discussione memorabile, in cui Hajime aveva rammentato a Tooru l'importanza del gioco di squadra. Lui non era da solo, che si trattasse di affrontare un avversario particolarmente ostico come Ushijima Wakatoshi, la frustrazione e il terrore di essere lasciato indietro o qualsiasi altra preoccupazione che lo affliggesse. Non lo avrebbe mai lasciato solo ad affrontare tutto questo, e se necessario glielo avrebbe inculcato con testate ancora più forti.

 

* * *

La palestra e il viso di Tooru sfumarono davanti ai suoi occhi senza che avesse potuto fare nulla di più: nel presente era l'ora di cena, come gli fece notare la guardia del primo giorno facendo rumore con le chiavi sulle sbarre e interrompendo così il suo viaggio onirico. Una sensazione mista di frustrazione e odio crescente lo invase, e lanciò uno sguardo fulminante al suo carceriere, che scrollò le spalle. "Ti conviene mangiare qualcosa, sennò non avrai nemmeno la forza di stare in piedi al processo. E non prendertela con me, anche io preferirei essere altrove ora" concluse l'uomo, per poi voltargli le spalle. Iwaizumi ignorò anche quel pasto e abbandonò la testa tra le mani: intendevano forse farlo impazzire in quel modo, finchè non avesse confessato per sfinimento qualcosa che non aveva fatto?

 

Passarono così altri tre o quattro giorni: Hajime aveva ormai perso il conto, e non riusciva nemmeno a trovare sollievo nel sonno. Dopo la brusca interruzione del suo viaggio ai tempi delle medie non era più riuscito a vivere quella strana esperienza, e le poche ore in cui riusciva a dormire erano popolate di terribili incubi che si confondevano l'uno nell'altro, anche se il peggior incubo era quando si rendeva conto di essere sveglio. Le ore erano scandite solo dalle ciotole di cibo che si ostinavano a propinargli, e che lui sistematicamente rifiutava. L'avvocato era tornato una volta e gli aveva fatto alcune domande su particolari insignificanti, e anche lui lo aveva rimproverato per quel suo sciopero della fame: "Renderti debole non servirà a dimostrare che hai ragione, non agire in modo irresponsabile e cerca di collaborare, Iwaizumi-kun".

 

Il quinto giorno di reclusione a digiuno di cibo e notizie dall'esterno iniziò nel peggiore dei modi e continuò ancora peggio. Non aveva dormito nemmeno un minuto, con il terrore di vedere ancora gli occhi di Tooru chiudersi e il suo sangue imbrattargli le mani per l'ennesima volta, e quando le luci al neon si accesero per dare inizio a una nuova inutile e monotona giornata si rese conto di non avere nemmeno la forza di mettersi a sedere. Le braccia e le gambe tremavano incontrollabili, e strinse i denti per ricacciare indietro i brividi che lo assalivano a ondate. Si sforzò di sollevarsi e per un istante vide tutto annebbiato, poi la vista tornò lentamente a fuoco.

Individuò la ciotola di riso intonsa della sera prima e allungò la mano verso il ripiano: l'istinto di autoconservazione stava avendo la meglio.

Fu in quell'istante che sentì due voci provenire dalla stanza in fondo al corridoio, che appartenevano verosimilmente alla guardia di turno e all'avvocato Niishi: "La posizione di quel ragazzo è destinata a peggiorare, potrebbe essere questione di ore... la vittima ha avuto un altro peggioramento, l'hanno riportato indietro per un soffio ma le prospettive non sono affatto buone... "

"Se solo collaborasse potremmo sperare in un patteggiamento, ma non fa altro che dormire e rifiutare il cibo" sospirò l'avvocato d'ufficio.

La mano di Hajime si fermò a mezz'aria, perdendo la presa sulla ciotola che si infranse in mille pezzi sul pavimento. Non solo Tooru non si sarebbe risvegliato mai più, ma nemmeno il suo avvocato riusciva a credere alla sua innocenza...

 

Poi successe tutto in pochi istanti.

Senza motivo apparente, Hajime si alzò di scatto, con l'intento di avvicinarsi alle sbarre e sentire più facilmente le parole dei due, ma qualcosa andò storto.

Il suo corpo, lasciato privo di nutrimento per troppe ore, non rispose come doveva: barcollò leggermente in avanti, e poi tutto fu nero.

E mentre una macchia scarlatta si allargava lentamente sotto la sua fronte, complice uno dei cocci della ciotola infranta, Hajime finalmente riaprì gli occhi nel mondo che gli apparteneva.

Cinque divise bianche e acquamarina erano intorno a lui, il parquet lucido era sotto i suoi piedi e la rete davanti ai suoi occhi. Tooru era alla sua destra, lo sguardo concentrato oltre la rete.

Dall'altra parte, Ushijima Wakatoshi del Liceo Shiratorizawa era al turno di battuta.

 


E siamo arrivati al terzo capitolo! Riecco l'angst che vi è sicuramente mancato tanto nello scorso capitolo (seh, sicuramente...) e che adoro dispensare a piene mani perchè sono una persona orribile XD Ringrazio Bakagheiyama e drunk_hotstepper per le recensioni,  spero che vi piacerà anche questo aggiornamento anche se vi lascio un po' appesi sulla sorte del povero Iwa-chan... prometto che scriverò il quarto più veloce che posso! 
Alla prossima!

_Kurai_

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Capitolo 4
*** Retrace ***


 /Retrace/

 


I am losing you again
Let me out and let me in
'cause you're not alone here
Not at all
Let me belong here
Break my fall

Shelter me from this again
Dedicated to the end
Help me break my conscience in
To free us from our innocence
("Break my fall", Breaking Benjamin)


 

Il tabellone era impietoso.

Tredici a dieci per la Shiratorizawa.

Iwaizumi ricordava alla perfezione quella partita, persa al quinto set dopo una lotta logorante.

Era la finale dell'Interhigh dell'anno precedente, ed era stato il loro ennesimo secondo posto dietro la squadra numero uno della prefettura.

Era anche stata la partita in cui il ginocchio destro di Oikawa aveva iniziato a dare segni di cedimento, nonchè il preludio di una delle loro memorabili discussioni.

 

Mancava un solo punto alla Shiratorizawa per raggiungere il match-point.

 

Forse questa volta c'era davvero qualcosa che Hajime avrebbe potuto cambiare.

Dopo la partita aveva rivisto il video fino alla nausea, praticamente costretto da Tooru che continuava a tormentarsi per cercare di correggere gli errori che avevano determinato quella sconfitta. Avevano passato un intero sabato pomeriggio in quel modo, con Oikawa che ristudiava con espressione maniacale ogni minimo movimento della squadra, finchè Iwaizumi non si era spazientito e l'aveva trascinato fuori di casa a forza per distrarlo.

 

Tuttavia mai come in quel momento si sentì grato all'alzatore per quelle sue dannate manie di perfezionismo: se fosse riuscito a portare l'Aoba Johsai alla vittoria, forse il futuro di Oikawa sarebbe cambiato... se il battito d'ali di una farfalla poteva innescare un uragano, una vittoria contro i campioni assoluti avrebbe potuto cambiare qualcosa, no?

Hajime sorrise impercettibilmente.

Doveva essere la volta buona.

 

Il potentissimo servizio di Ushiwaka sarebbe arrivato leggermente più indietro della sua posizione, facendolo sbilanciare e ricevere in modo poco efficace quella battuta, che i suoi compagni di squadra non sarebbero riusciti a salvare. Però Hajime lo sapeva, e si spostò impercettibilmente per mettersi sulla giusta traiettoria, tenendo conto anche della particolarità di essere mancino che caratterizzava il capitano Ushijima.

La sua ricezione fu impeccabile. Tooru gli alzò una palla perfetta e la sua schiacciata recuperò un punto, necessario per interrompere la serie di battute della squadra avversaria.

Era il turno di Oikawa, e i suoi occhi brillavano di aspettativa e fame di vittoria.

Potevano davvero farcela, potevano davvero vincere per una volta. Roteò la palla tra le mani e si preparò alla breve rincorsa, poi la colpì in volo con tutta la sua forza.

Il libero avversario ricevette prontamente il suo servizio e Ohira schiacciò dritto su Iwaizumi, che rimandò direttamente la palla oltre la rete segnando un altro punto sul limite della linea bianca laterale. Ancora un punto e sarebbero stati pari, e poi la vittoria sarebbe stata a portata di mano.

Un'altro servizio di Oikawa volò nel campo avversario, prontamente ricevuto da Satori e poi da Watari, quindi schiacciato da Hanamaki in direzione opposta a quella attesa dal middle blocker della Shiratorizawa, che però si spostò in fretta e riuscì a murare anche quel tentativo.

Takahiro e Issei, in prima linea, videro la palla cadere come al rallentatore in un punto dove non potevano arrivare, ma da fondocampo Tooru prese la rincorsa e si lanciò in avanti in un salvataggio disperato. Il suo ginocchio destro ebbe uno scricchiolìo che perfino Hajime sentì chiaramente dalla sua posizione, ma il suo scopo venne raggiunto: Iwaizumi rimandò la palla dall'altra parte della rete, mentre Oikawa si rialzava zoppicando impercettibilmente. Anni di superlavoro negli allenamenti iniziavano a chiedere il loro prezzo in cambio, ma al capitano del Seijou non importava. Hajime lo sapeva benissimo, e decise che sarebbe stato ancora più attento: dall'altra parte, Semi aveva alzato a Ushiwaka, e un'altra volta l'ace del Seijou ricordò istintivamente la sua traiettoria e riuscì a ricevere una di quelle tremende schiacciate, innescando un'altra azione e ottenendo un altro punto. Erano pari, ce l'aveva quasi fatta. Solo due punti li separavano dalla vittoria.

Tooru battè per la terza volta, ma il servizio si infranse subito contro la difesa avversaria: era iniziato il contrattacco, e si abbattè sull'Aoba Johsai con la forza della migliore schiacciata di Ushijima, che cambiò impercettibilmente traiettoria un istante prima che Watari la ricevesse. Il libero si scusò per l'occasione persa, inchinandosi due volte, per poi essere rassicurato e spronato dal resto della squadra.

Tutti gli sforzi fino a quel momento rischiavano di essere stati vani: la Shiratorizawa era al match point e al turno di battuta. Bastava un solo punto.

Toccava a Satori, che rivolse ad Hajime uno strano ghigno sornione, prima di battere un servizio che venne solo sfiorato dalle mani di Matsukawa. Senza pensare il vicecapitano del Seijou corse dalla seconda linea, lanciandosi all'indietro e salvando la palla all'ultimo istante, ma terminando la sua caduta contro il muro a fondocampo. Sicuramente gli sarebbe venuto un grosso bernoccolo, ma il suo salvataggio fu provvidenziale e Oikawa stesso ebbe la soddisfazione di segnare il punto della parità.

Quindici a quindici.

La stanchezza era evidente, ma l'Aoba Johsai era determinata a combattere: gli occhi del capitano erano ipnotizzati dal miraggio della vittoria, accesi di una luce che Hajime non vedeva da tantissimo tempo.

 

Hajime inspirò ed espirò con la palla tra le mani, nel tentativo di sgombrare la mente.

Era il suo momento.

Era forse un segno che quel servizio decisivo dovesse dipendere da lui? La battuta fu potente e diretta, ma l'intervento di Ohira impedì che si risolvesse in un ace: passò la palla a Semi, che l'alzò ancora a Ushiwaka...

Una schiacciata troppo lunga, troppo potente.

Questo pensarono tutti i componenti della Seijou, e tutti rimasero interdetti quando la palla atterrò precisamente sulla linea di fondocampo, senza che nessuno l'avesse sfiorata.

L'arbitro alzò la bandierina dal lato della Shiratorizawa, e Hajime strinse i pugni fino a tatuarsi dieci mezzelune sui palmi delle mani.

Tooru fece un cenno dietro la schiena. Hajime, Issei e Takahiro annuirono impercettibilmente.

Reagirono alla battuta di Ohira con uno dei loro migliori attacchi sincronizzati, ma non fu sufficiente. Iwaizumi si mosse per ultimo per schiacciare l'alzata di Oikawa dopo un'efficace finta dei compagni, ma Ushijima fu più veloce.

Il suo muro si parò un'altra volta tra Tooru e i suoi sogni di gloria, e Iwaizumi si sentì invadere da una bruciante delusione: nemmeno rivivendo quella partita una seconda volta era riuscito a cambiare le cose. Aveva una gran voglia di prendere a pugni qualcosa, mentre guardava l'espressione di Tooru che si sforzava di mantenere la sua apparenza ineccepibile di fronte al pubblico al momento della premiazione. Aveva fallito di nuovo.

In preda alla rabbia si chiese se quei brevi viaggi nel tempo non fossero una sorta di punizione: stava forse subendo un castigo per aver lasciato solo Tooru nel momento del bisogno, rivivendo un'altra volta certe esperienze ma scontrandosi con la loro ineluttabilità?

 

* * *

Oikawa uscì per primo dallo spogliatoio, esattamente come era successo nel ricordo originale, ma quella volta Iwaizumi si era ritrovato ad aspettarlo fuori: Tooru non aveva detto nulla, ma era stato stranamente taciturno fino a casa, per poi dare inizio a una litigata priva di un reale motivo che si era trascinata per qualche giorno.

Per questo Hajime decise di cambiarsi più in fretta e seguirlo a breve distanza.

Doveva essere successo qualcosa in quei minuti in cui Tooru era rimasto da solo, e lui doveva scoprirlo.

Si nascose dietro una porta, vedendo il suo capitano in piedi di fronte a Ushiwaka in mezzo al corridoio.

Con ogni probabilità Oikawa non si era nemmeno asciugato i capelli dopo la doccia, a giudicare dalle gocce che colavano giù dalla sua chioma castana fin sotto la maglietta. Hajime si incantò per un istante a fissare la sua armonica linea del collo solcata da una goccia cristallina, poi dovette prestare attenzione alle parole di Ushijima.

"Rassegnati. Finchè rimarrai in quella squadra non avrai mai le certezze che potrebbe darti la Shiratorizawa. Sei destinato a perdere finchè non capirai che loro per te non sono abbastanza, e finchè rimarrai in questo circolo vizioso anche loro perderanno fiducia in te a causa della vostra debolezza... avresti dovuto venire alla Shiratorizawa, così hai firmato la tua condanna come eterno secondo" disse Wakatoshi, con il suo solito tono monocorde.

Quell'individuo privo di emozioni era riuscito a concentrare tutte le frustrazioni e le paure di Tooru in poche parole. All'improvviso Hajime capì le ragioni della litigata dell'anno prima, e si maledisse nella sua testa per non averlo nemmeno immaginato.

Fece per tirare un pugno carico di frustrazione alla porta che era stata il suo nascondiglio, ma il corridoio della palestra si dissolse davanti ai suoi occhi, sostituito da una luce abbagliante.

 

* * *

Un'infermiera dal pessimo tempismo gli stava puntando una luce intensa nell'occhio sinistro, con l'intenzione di valutare il suo stato di coscienza.

Hajime spalancò entrambi gli occhi e sussultò, cercando istintivamente di allontanare il braccio della donna.

 

Provava dolore ovunque.

Il grigio era stato sostituito dal bianco, le sbarre da un ago sottile collegato a un tubicino che rovesciava un'ignota sostanza nelle sue vene. Era sempre prigioniero, e aveva ottenuto anche una spessa fasciatura intorno alla fronte, che con ogni probabilità doveva aver battuto contro il pavimento.

Non aveva toccato cibo per cinque giorni, e quello era il risultato. Non sapeva se sentirsi rincuorato perchè almeno era uscito dalle quattro mura della cella, ma ci mise un istante a capire che non si trattava affatto di un miglioramento quando un poliziotto entrò nella stanza, attirato dal trambusto provocato dal suo brusco risveglio.

Era in ospedale, attaccato a una flebo e piantonato dalla polizia.

Si chiese se fosse umanamente possibile che la situazione potesse peggiorare più di così, ma non riuscì a darsi una risposta.

Richiuse lentamente gli occhi, cadendo in un torpore confuso e senza sogni.

 

Quando sì svegliò era pomeriggio inoltrato e un pallido sole disegnava un arcobaleno artificiale sul pavimento della stanza.

Hajime si sentiva un po' meglio e si mise a sedere, mentre ancora le immagini dell'ultimo viaggio nei ricordi si accavallavano nella sua mente.

 

Poi, un'illuminazione improvvisa invase la sua mente: che Ushijima avesse qualche legame con quello che era successo a Tooru? In fondo gli aveva rimproverato più volte di non aver scelto la Shiratorizawa... era possibile che avesse convinto qualcuno a fargli del male pur di far sì che se lui non poteva averlo in squadra al suo fianco, nemmeno l'Aoba Johsai lo potesse avere?

Il mal di testa tornò a fargli visita, più intenso e insistente che mai.

Rivolse uno sguardo d'odio immotivato alla boccetta di liquido della flebo, poi la sua attenzione fu attirata da due voci fuori dalla porta.

"Come vi è saltato in mente di accordare questo trasferimento senza avvertire la polizia!" si trattava con ogni probabilità di uno degli uomini che lo piantonavano, visibilmente alterato.

Quello che gli rispose era evidentemente un medico: "La richiesta urgente è stata fatta dai genitori per averlo più vicino, e perchè qui abbiamo il reparto di terapia intensiva migliore di tutta la prefettura... vogliono tentarle tutte prima di arrendersi, sapete, anche se è già andato due volte in arresto..." rimase in silenzio per qualche istante "non potevamo sapere che poco dopo il suo trasferimento sarebbe stato ricoverato qui in emergenza anche il suo presunto assalitore...".

 

Tooru era lì, nel suo stesso ospedale.

Era stato un errore, ma erano lì, più vicini di quanto potesse sperare.

Hajime era chiuso in una stanza e sorvegliato a vista, ma avrebbe trovato il modo di raggiungerlo, per poterlo rivedere anche se attraverso un vetro.

Nient'altro gli importava.

 

Avrebbe solo dovuto aspettare una distrazione, sgattaiolare fuori dalla stanza e... poi avrebbe improvvisato.

Si guardò intorno, registrando con lo sguardo ogni particolare che potesse essergli d'aiuto.

Niente da fare, ogni piano che cercava di elaborare si scontrava con una serie infinita di possibili imprevisti e difficoltà.

Sospirò, poi il suo sguardo fu catturato dalla finestra.

 

Si alzò dal letto, attento a non fare rumore, e si trascinò dietro per qualche passo il carrellino della flebo. Aprì lentamente e silenziosamente la finestra e si affacciò fuori, sperando con tutto il cuore che fosse una via di fuga plausibile.

"Bingo!" urlò nella sua testa.

Sotto la finestra, un cornicione cingeva l'intero piano dell'edificio come una cintura.

Hajime non ci pensò neppure un istante: si strappò l'ago dal braccio, si diede la spinta e scavalcò il davanzale, preparandosi a compiere una delle esperienze più pericolose che mai avesse tentato nella sua vita.

Un passo, un altro, un altro ancora.

Fu fortunato: la stanza attigua non era altro che un piccolo ripostiglio deserto pieno di camici e suppellettili varie, dotato di una piccola finestra rimasta socchiusa.

Sì, poteva davvero riuscirci.

Con agilità riuscì a intrufolarsi nel ripostiglio senza fare rumore, e in fretta indossò un camice monouso verde, una mascherina e una cuffietta, in modo da nascondere la vistosa fasciatura sulla fronte.

Uscì nel corridoio, passando accanto alle due guardie che stavano discutendo su una partita di baseball del giorno precedente.

Gli mancava solo da scoprire in quale stanza si trovasse Tooru, ma gli bastò seguire le indicazioni per il reparto di terapia intensiva: come se il destino lo avesse attirato fin lì, Hajime si trovò subito davanti alla stanza del compagno.

 

Una lama di sole accarezzava lievemente i suoi occhi chiusi, e solo la presenza di un numero imprecisato di tubicini e macchinari intorno a lui lasciava intendere che non stesse semplicemente dormendo. Il suo viso era innaturalmente pallido, ma i capelli ricadevano in dolci onde perfette sulla sua fronte, come in un quadro dipinto da un pittore particolarmente ispirato.

Iwaizumi si sorprese ad asciugarsi gli occhi con una manica del camice, ed era così sopraffatto dalle emozioni che non si accorse della presenza silenziosa che dopo qualche istante si manifestò di fianco a lui.

Sussultò, quando i suoi occhi color del mare in tempesta incontrarono quelli scuri e freddi del capitano della Shiratorizawa.


...giuro che non volevo finire un altro capitolo con la faccia di Ushiwaka, ma è successo.
Ho scritto questo capitolo a tempo di record ed ho anche dovuto troncarlo a forza perchè stava diventando troppo lungo (credo di essermi lasciata vagamente prendere dalla partita, sì), non vedo l'ora di sorprendervi con gli eventi del quinto! Probabilmente il numero definitivo sarà di sette o otto capitoli, quindi siamo più o meno a metà di questo mio delirio, abbiate pazienza e avrete le vostre risposte~
Ringrazio fortissimo Bakagheiyama, valechan91 e drunk_hotstepper per le recensioni, i vostri pareri mi spronano ad andare avanti!!

Un grazie speciale anche alle bimbe della mia Aoba Johsai personale, soprattutto le donne della mia vita Sawako e OnnanoKoKawaii, che leggono e betano in anteprima i miei abortini di capitoli prima che io decida che siano degni di essere pubblicati, mi aiutano a districare il disagio che c'è nella mia testa quando mi perdo nelle mie trame complicate e sopportano tutto il mio angst esagerato XD Grazie, davvero.

Alla prossima!

_Kurai_

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Capitolo 5
*** Replay ***


/Replay/


Eyes looking back at me
I can't even see your face
The pressure is closing in
It's taking me again

Wait it's all than I can take
And every single day
A part of my soul is fading
But now, by letting go somehow
Unshackled and unbound
I'm calling out your name, I'm fading
So save me from what I've become

Wait, just about to break
Help me see the way
I'm shattering to pieces on the floor

("Fading", Decyfer Down)


 

Hajime distolse in fretta gli occhi, sudando freddo.

Che Ushijima lo avesse riconosciuto?

Tornò a rivolgere lo sguardo nella stanza, indeciso se fare una qualsiasi mossa o rimanere immobile, in modo da non farsi scoprire. Prese un respiro profondo, cercando di calmarsi, cercando una qualsiasi risposta sul viso diafano al di là del vetro.

Quello che non poteva aspettarsi erano le parole che uscirono dalle labbra di Ushiwaka, che parlava tra sè e sè rivolgendosi a Tooru, quasi indifferente alla sua presenza.

 

"E dire che se mi avessi ascoltato, niente di tutto questo sarebbe successo..."

Era decisamente più di quanto Hajime potesse sopportare.

 

Sentì il sangue caldo imbrattargli i palmi delle mani. Doveva inconsciamente aver stretto i pugni tanto forte da ferirsi per cercare di trattenersi, ma così era davvero troppo.

Era forse un'ammissione di colpevolezza? O semplicemente stava insinuando che se Tooru l'avesse seguito alla Shiratorizawa, il malvagio Hajime non avrebbe potuto fargli del male? In entrambi i casi quelle parole sarebbero bastate a farlo esplodere.

 

Ancora prima di poterci pensare, con uno scatto afferrò il bavero della felpa bianca e viola di Ushiwaka, anche se per farlo dovette quasi alzarsi sulle punte, e senza dargli neppure il tempo di reagire gli assestò un pugno sul viso con tutta la sua forza.

Voleva che quei tratti di pietra si distorcessero, che smettesse di essere così impassibile e incapace di provare emozioni, voleva odiarlo e provocarlo, voleva distruggerlo e cancellarlo, perchè in fondo, se Tooru era lì, in qualche modo doveva anche essere colpa sua.

Non si era nemmeno accorto di averlo urlato, in mezzo a un silenzioso corridoio d'ospedale.

 

Il naso di Wakatoshi sanguinava copiosamente e il capitano della Shiratorizawa ci mise un istante di troppo per riconoscere il guizzo negli occhi verdi di Hajime, che non si accontentò e gli sferrò un altro destro sullo zigomo, senza riuscire a fermarsi.

 

"Pensi forse di risolvere qualcosa, così? Qui l'unico che ha sbagliato sei tu, Iwaizumi Hajime, non ha senso cercare di scaricare sugli altri le tue colpe" rispose Ushiwaka con quel suo insopportabile tono privo di sfumature, mentre cercava di tamponarsi il naso sanguinante alla meglio con la manica della felpa, senza comunque perdere la sua freddezza.

 

Hajime era talmente accecato dalla rabbia che non si accorse nemmeno delle mani che apparvero alle sue spalle e lo immobilizzarono prontamente sul pavimento, ancora prima che potesse caricare un altro pugno. Sentì un doppio scatto e il freddo del metallo sui suoi polsi, poi un bruciore intenso propagarsi a partire dal suo braccio destro. Poi la nebbia calò su ogni cosa.

Prima che chiudesse gli occhi del tutto, Hajime vide quattro volti conosciuti entrare nel suo campo visivo, all'inizio del corridoio.

 

Hanamaki, Matsukawa, Kunimi e Kindaichi, alcuni dei suoi compagni di squadra, venuti con ogni probabilità a trovare Oikawa, avevano assistito alla scena.

Nei loro occhi c'era dubbio, sfiducia, delusione, paura.

Avevano visto la sua parte peggiore, e se prima di quel momento avevano dubitato della sua colpevolezza, sicuramente la scena a cui avevano assistito aveva dissipato i loro dubbi.

 

"Game Over" pensò Hajime, prima di salutare quell'oscurità che ormai conosceva bene.

 

* * *

 

Quando riaprì gli occhi, l'ago della flebo era di nuovo piantato nel suo braccio.

Tutto sembrava tranquillo, forse fin troppo.

Un pallido sole disegnava un arcobaleno artificiale sul pavimento della stanza.

Provava una sensazione bizzarra, mentre faticava a mettere ordine tra le immagini confuse che gli affollavano la mente.

Improvvisamente ebbe una folgorazione e si guardò le mani.

Nessuna traccia delle dieci mezzelune sanguinanti che si era autoinciso nella carne nei suoi inutili tentativi di autocontrollo.

 

Rivolse lo sguardo alla porta chiusa, in attesa di una conferma al sospetto che per un istante gli era balenato nella mente.

 

"Come vi è saltato in mente di accordare questo trasferimento senza avvertire la polizia!" urlò qualcuno nel corridoio.

"La richiesta urgente è stata fatta dai genitori per averlo più vicino, e perchè qui abbiamo il reparto di terapia intensiva migliore di tutta la prefettura... vogliono tentarle tutte prima di arrendersi, sapete, anche se è già andato due volte in arresto..." fu la risposta, e Hajime capì cosa significasse davvero provare l'esperienza di un deja-vu.

 

Gli era stata donata un'altra possibilità?

Poteva cancellare quell'errore imperdonabile, poteva davvero ritentare?

In realtà avrebbe voluto rompere il naso a Ushiwaka altre mille e mille volte, ma l'esperienza di essere costretto e ammanettato a terra e poi sedato non l'avrebbe mai augurata a nessuno, nemmeno allo stesso Ushijima.

 

Resistette alla tentazione di aprire la finestra immediatamente dopo aver sentito il medico allontanarsi e si impose di aspettare ancora, nella speranza di non trovare nuovamente Ushiwaka davanti a quella stanza, anche se non poteva calcolare i tempi con certezza.

Il piano che si stava lentamente plasmando nella sua mente prevedeva di riuscire a incontrare Takahiro, Issei, Yutaro e Akira in circostanze migliori della volta precedente e cercare di parlare con loro: aveva bisogno di qualcuno che gli credesse, qualcuno che gli accordasse fiducia.

Il resto sarebbe venuto da sè, doveva solo sperare.

 

Poi, improvvisamente, un'immagine si materializzò nitida nella sua mente.

Il quadrante di un orologio da polso a pochi centimetri dal suo viso, appartenente a uno degli uomini che l'avevano immobilizzato.

Segnava le 15.55.

L'orologio a muro della sua stanza segnava le 15.40... se fosse riuscito ad arrivare nel reparto poco dopo l'arrivo dei compagni, forse sarebbe riuscito ad evitare Ushiwaka, che probabilmente avrebbe deciso di togliere il disturbo nel momento il cui li avesse visti.

A lui avrebbe pensato in seguito.

Seguì le lancette con lo sguardo mentre attraversavano minuti lunghi come anni, poi decise che era il momento.

Si strappò di nuovo la flebo dal braccio, avanzò verso la finestra e l'aprì lentamente, cercando di non farla cigolare.

Uscì sul cornicione, pregando che andasse tutto liscio come la prima volta.

Un corvo decise che sarebbe stato troppo semplice e iniziò a beccargli le mani mentre cercava di arpionarsi al muro per mantenere l'equilibrio. Hajime cercò di scacciarlo, agitando un braccio nell'aria, ma il volatile continuava ad avvicinarglisi.

"La mia croce è essere circondato da esseri fastidiosi" pensò Iwaizumi sospirando, mentre cercava di schivare le beccate sempre più aggressive del corvo.

Riuscì finalmente ad arrivare alla finestra attigua, non senza un numero significativo di graffi sulle mani e sulle braccia, e chiuse fuori la creatura diabolica, fulminandola con lo sguardo. Il corvo si schiantò contro il vetro e volò via intontito.

Ripensandoci, Hajime riaprì leggermente la finestra in modo da lasciare un piccolo spiraglio. Non poteva sapere cosa sarebbe potuto succedere in seguito e quella via di fuga avrebbe potuto servirgli ancora.

 

Prese lo stesso camice verde della volta precedente, una cuffietta e una mascherina e di nuovo passò davanti ai due poliziotti, che erano ancora impegnati a discutere della stessa partita di baseball.

Attraversò i reparti con calma e attento a non dare nell'occhio, prendendosi tutto il tempo possibile per evitare di incontrare Ushijima.

 

Quando arrivò davanti alla stanza di Tooru, erano le 16.05.

Quattro paia di occhi si girarono nella sua direzione, riconoscendolo ancora prima che dicesse alcunchè, nonostante il viso quasi del tutto coperto.

"Iwaizumi-san!! Come...?" esclamò Kindaichi, prima di essere messo a tacere da un calcio negli stinchi di Kunimi.

Hajime sospirò e fece un cenno ai compagni, invitandoli a seguirlo in un bagno poco lontano per poter parlare senza paura di essere scoperto.

 

I quattro pendevano dalle sue labbra.

"Nessuno di noi pensa che sia stato tu" disse subito Takahiro, ancora prima che Hajime iniziasse a parlare.

"Volevamo tanto riuscire a parlarti ma non ci è stato permesso... La polizia ha fatto domande a un sacco di gente a scuola, ma ha dato più importanza alle dichiarazioni di persone che nemmeno vi hanno mai rivolto la parola che hanno detto che litigavate spesso, piuttosto che a ciò che abbiamo detto noi che vi conosciamo da anni" aggiunse Issei, contrariato.

Gli altri due annuirono, e ad Hajime venne una gran voglia di abbracciarli tutti, anche se non era molto da lui.

 

"Voglio scoprire chi è stato a fare del male a Tooru, potete aiutarmi?" esitò, sapendo che stava chiedendo loro di rischiare di essere etichettati come suoi complici in caso di fallimento, ma i quattro risposero affermativamente, decisi.

Raccontò tutta la storia fin dall'inizio, senza lesinare sui particolari e cercando di spiegare anche quei suoi misteriosi viaggi temporali, nonostante fosse convinto che su quello avrebbero fatto molta fatica a credergli.

I ragazzi dell'Aoba Johsai ascoltarono in silenzio tutta la storia e alla fine convennero tutti che si sarebbero fidati di Hajime e l'avrebbero aiutato a trovare il vero responsabile.

Sentiva che se avesse continuato a viaggiare nel tempo avrebbe avuto una risposta, ma in quel frangente stava diventando sempre più difficile, senza potersi muovere liberamente...

 

Poi, ad Issei venne un'idea.

"Makki, è vero che di spalle io e Iwa-kun ci somigliamo?"

"...cosa stai pensando, Mattsun?" Takahiro iniziò a preoccuparsi, conoscendo il genere di idee che scaturivano dall'immaginazione del più alto "Comunque sì, a parte la differenza di altezza e la forma delle sopracciglia vi somigliate abbastanza... perchè?"

"Perchè ho deciso di aiutarlo ad uscire da qui" affermò Matsukawa, sicuro di ciò che stava dicendo "Ho visto un film in cui un evaso riusciva a fuggire da un ospedale grazie a uno scambio di persona, sono sicuro che potrebbe funzionare!".

Hajime lo guardò orriplato, valutando per un istante tutti i rischi che quel piano avrebbe potuto comportare: "Non se ne parla nemmeno, Mattsun! Non lascerò che tu ti metta a rischio per me, deve esistere un'altra soluzione...".

Non avrebbe mai permesso una cosa simile, a costo di rimanere in carcere per il resto della vita.

 

Tuttavia nel giro di pochi minuti Matsukawa riuscì a convincere gli altri tre dell'efficacia del suo piano, e suo malgrado Hajime fu praticamente costretto ad accettare. Si scambiarono i vestiti, mentre ancora il vicecapitano della Seijou brontolava qualcosa a proposito di un ammutinamento.

 

Hajime rincalzò di qualche centimetro i jeans di Issei e tirò su il cappuccio della sua felpa sopra il cappello calcato sulla fronte per nascondere le bende, mentre Mattsun si ritrovò con metà polpaccio lasciato scoperto dal camice, ma per il resto la trasformazione sembrava funzionare. Sperò che i poliziotti non si fossero ancora accorti della sua assenza e che il piano non venisse smascherato troppo in fretta e cercò di ostentare naturalezza quando uscì dal bagno insieme agli altri. Matsukawa si nascose addosso il cellulare, elettrizzato come il protagonista di un film d'azione, e dopo aver ricevuto raccomandazioni e pacche sulle spalle (da Takahiro), sguardi di ammirazione (da Yutaro e Akira) e insulti (da Hajime, che ancora sperava di dissuaderlo) si incamminò nella direzione opposta seguendo le indicazioni di Iwaizumi.

Tutto era tranquillo.

 

Tornarono davanti al vetro della stanza di Oikawa: nulla era cambiato. Hajime indugiò ancora in silenzio desiderando di poter entrare anche solo per pochi secondi e stringere ancora la sua mano, anche se non doveva assolutamente dare nell'occhio e l'ingresso era permesso solo ai parenti stretti, come gli aveva spiegato Hanamaki poco prima.

Rimasero lì davanti in silenzio, immersi in foschi pensieri, finchè il telefono di Takahiro non vibrò nella sua tasca.

Issei aveva scritto "Missione compiuta!" e tutti e quattro tirarono un sospiro di sollievo. Hajime non era ancora del tutto tranquillo.

 

Era il momento di andare: non potevano sapere se e quando Issei sarebbe stato scoperto (Hajime si rifiutava anche di immaginarlo) e dovevano approfittare dell'occasione per portare a termine il piano.

 

I quattro fecero per tornare sui loro passi, ancora immersi in un denso silenzio e travolti dall'entità di quello che stavano facendo. Avevano quasi raggiunto l'ascensore quando incrociarono il signore e la signora Oikawa, che salutarono con un inchino. Hajime si calcò di più il cappuccio della felpa sulla testa.

La madre di Tooru aveva lo sguardo spento e gli occhi gonfi e il padre le cingeva le spalle con un braccio.

 

Hajime guardò di nuovo indietro verso la stanza di Tooru, con una singola lacrima appesa alle ciglia.

"Ti prometto che risolverò tutto questo, idiota di un Oikawa" disse tra sè, e affondò il viso nella sciarpa di Matsukawa, poco prima di uscire a provare di nuovo la sensazione della libertà.

 


That escalated quickly.
Questa storia sta scivolando via velocissimamente, non ho mai scritto più di venti pagine in così poco tempo e mi sto affezionando davvero tanto al punto di vista di Iwaizumi... mi era successo con pochissimi altri personaggi prima d'ora e sono piacevolmente sorpresa, spero di riuscire a scrivere altro su lui e Oikawa in futuro!
Ringrazio ancora una volta chi sta seguendo questa storia e soprattutto chi ha trovato il tempo di recensirla, e già non vedo l'ora di pubblicare il sesto capitolo...

Alla prossima!

_Kurai_

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Capitolo 6
*** Remain ***


/Remain/


I'm on my knees cause you're everthing I need,
and I've made a mess of myself on my own.
Well I am on my face and I'm calling out your name,
and I won't run away cause I'm already home.

The trouble with tears is that they dry,
and the trouble with faith made me wanna cry.
I've never felt so much like I'm alive,
I wanna open my eyes and see your face.
If I have to wait a thousand days,
I'd still be right here right next to you.

("Already Home", Thousand Foot Krutch)


 

Era prigioniero.

Legato a un numero indefinito di fili e macchinari, vincolato alla respirazione artificiale, rinchiuso nel suo stesso corpo.

Era prigioniero, ma Oikawa Tooru vedeva ogni cosa.

Si sentiva leggero, come mai prima d'ora.

Un'intera settimana a vagare per una stanza asettica e bianca, senza poterne uscire e parlare con nessuno.

In realtà aveva provato a chiedere ai medici che spesso venivano a controllare i dati e le linee spezzate sugli schermi che cosa gli stesse succedendo, ma non aveva ricevuto risposta.

All'inizio si era offeso - detestava essere ignorato – poi aveva capito.

Stava galleggiando fuori dal suo corpo, e nessuno poteva vederlo.

Urlava, e nessuno poteva sentirlo.

 

Sinceramente non aveva mai immaginato di trovarsi in una situazione del genere, ma si sarebbe aspettato che Iwa-chan lo venisse a trovare almeno una volta durante tutto quel tempo.

I suoi compagni erano passati quasi tutti i giorni ed erano rimasti per ore al di là del vetro, senza entrare, ma Iwa-chan non era mai con loro.

Perfino alcune ragazze del suo fanclub personale erano passate di lì più volte, con gli occhi rossi e gonfi di pianto, ma non erano loro che voleva vedere.

Si sentiva come dentro un acquario, intrappolato in una bolla sottovuoto.

Avrebbe forse dovuto andare oltre?

I dottori dicevano che i suoi organi stavano iniziando a cedere uno dopo l'altro.

 

Non riusciva a credere che una singola coltellata l'avesse ridotto in quel modo. Gli eroi dei film d'azione che andava a vedere al cinema con Iwa-chan e gli altri (quando non c'erano titoli di fantascienza disponibili) sopportavano innumerevoli ferite e alla fine vincevano sempre.

 

Non ricordava nemmeno il volto del suo assalitore: ogni volta che si sforzava nella sua mente avveniva come un corto circuito e tutto quello che vedeva era una pozzanghera di sangue e acqua sporca.

Tooru era solo con un sè stesso immobile e inerte, e non riusciva a spiegarsi il motivo di quello che era successo.

Sarebbe forse rimasto in quello stato per sempre? Detestava una prospettiva simile: vedere la vita scorrere all'esterno, mentre tutti lo lasciavano indietro, era indubbiamente peggio della morte.

Tuttavia non avrebbe mai potuto andarsene senza aver visto Iwa-chan un'ultima volta.

Aveva già cercato di andar via da lì due volte, ma alla fine era tornato indietro.

Doveva solo aspettare ancora un po', e quello stupido di un Iwa-chan sarebbe venuto a trovarlo.

 

* * *

 

Era trascorsa quasi una settimana, in un susseguirsi di ore e giorni tutti uguali.

Il Tooru incorporeo era seduto sullo stipite del letto, con lo sguardo rivolto fuori dalla finestra.

Un pettirosso stava zampettando sul davanzale e le due perline nere dei suoi occhi sembravano fissarlo. Tooru fece per avvicinarsi, ma l'uccellino volò via.

Quando arrivò davanti alla finestra, un grosso corvo atterrò al suo posto.

 

Sospirò.

Poi, voltandosi nuovamente verso il vetro dell'acquario che lo separava dal resto del mondo, incrociò uno sguardo familiare, che tuttavia apparteneva all'ultima persona che voleva vedere.

 

Ushijima Wakatoshi era affacciato dall'altra parte e lo fissava con quel suo solito sguardo imperturbabile.

Era come durante le tante partite che aveva giocato contro la Shiratorizawa, prima come alzatore della Kitagawa Daiichi e poi come capitano dell'Aoba Johsai: quel dannato Ushiwaka era sempre dall'altra parte, sempre con quello sguardo, a ricordargli quanto il muro di abilità che li separava fosse invalicabile.

Oikawa tornò verso la finestra, ignorando deliberatamente la presenza imponente e silenziosa di Wakatoshi.

Che motivo aveva di venire a trovarlo? Voleva godere un'altra volta della sua sconfitta? Voleva fargli presente per l'ennesima volta che no, non gli sarebbe mai successa una cosa simile se l'avesse seguito alla Shiratorizawa?

Si voltò, intenzionato a regalargli il migliore – ma invisibile ai suoi occhi – sguardo di disgusto firmato Oikawa Tooru, ma fu sorpreso nel vedere la sua schiena allontanarsi verso il lato opposto del corridoio. Le sue onde mentali negative dovevano averlo scacciato, finalmente! Tooru non si accontentò, dilettandosi in una significativa varietà di linguacce e smorfie rivolte alla schiena di Ushijima.

 

Non erano passati cinque minuti quando apparvero finalmente dall'altra parte del vetro quattro persone che aveva molta più voglia di vedere. Erano lì per lui, Mattsun, Makki, Yutaro e Akira, anche se un'altra volta non c'era Hajime insieme a loro. Si aspettò di vederlo spuntare per qualche istante, come già aveva fatto molte volte, ma poi abbassò lo sguardo, deluso.

 

Forse gli era successo qualcosa, qualcosa che gli impediva di stargli accanto come aveva sempre fatto. L'ultima cosa che ricordava era la stretta forte delle sue braccia e le sue parole che lo supplicavano di tenere gli occhi aperti, non poteva averlo abbandonato...

 

Rialzò gli occhi e notò che era apparsa una quinta persona accanto agli altri.

Il suo viso era coperto da una mascherina e da una cuffia, ma non avrebbe confuso quello sguardo con nessun altro al mondo.

Hajime era lì, ed era venuto per lui.

 

Si avvicinò al vetro più che poteva: aveva la sensazione che se avesse provato ad attraversarlo non avrebbe più potuto tornare indietro, ma in quel momento non gli importava. Iwa-chan e gli altri parlarono per pochi secondi, poi gli voltarono le spalle e si chiusero nel bagno di fronte.

Tooru ci rimase di sasso.

"Sei crudele, Iwa-chan... non sono riuscito a vederti nemmeno un minuto..." piagnucolò tra sè, poi decise in un istante.

Con un movimento fluido galleggiò attraverso il vetro e la porta del bagno, che Makki stava chiudendo a chiave proprio in quel momento.

 

Fu così che Oikawa venne a conoscenza di tutto quello che era successo in quei sette lunghissimi giorni e capì perchè Iwaizumi ci aveva messo così tanto tempo per raggiungerlo.

Sentendo tutta la storia dalle labbra di Hajime, a Tooru venne una gran voglia di toccarlo, di abbracciarlo, di chiedergli scusa per tutto quello che era successo.

 

Se solo gli avesse parlato prima delle sue preoccupazioni, se solo gli avesse impedito di abbandonare quello spogliatoio...

 

Anche lui si oppose all'idea di Mattsun, ma le sue obiezioni non potevano essere udite.

Sbuffò, frustrato dall'inutilità dei suoi tentati interventi nella conversazione.

Assistette allo scambio d'abiti tra Hajime e Issei e poi seguì gli amici fuori dal bagno.

Fu in quel momento che lo notò, soffermandosi sul suo involucro vuoto: un filo simile a quello di una ragnatela lo teneva legato al suo corpo e si allungava quanto più lui si allontanava da esso.

 

Tooru fu sorpreso di non essersene accorto prima, ma almeno sembrava che si potesse allontanare dalla prigione del suo corpo inerte almeno per un po', anche se il filo si assottigliava impercettibilmente a poco a poco.

 

Abbracciò Hajime da dietro, anche se lui non poteva sentirlo.

Gli occhi verdi del suo ace erano fissi negli occhi chiusi del Tooru addormentato e non aveva più detto nulla da quando la loro riunione di emergenza improvvisata si era conclusa; era sempre stato la sua roccia, ma in quel momento – forse a causa dei vestiti più grandi di almeno due taglie – sembrava fragile e vulnerabile come mai prima.

Il suo sguardo era immensamente malinconico, anche se la luce fiammeggiante sul fondo di quegli occhi non si era ancora spenta. Iwaizumi allungò la mano verso il vetro, immaginando di poter toccare quella di Oikawa.

Non sapeva che l'anima di Tooru era a pochi millimetri dal suo viso e gli sussurrava con voce rotta che gli dispiaceva tantissimo, che gli era mancato come l'aria e che gli sarebbe restato accanto finchè avesse potuto. Lo strinse più forte, anche se era consapevole che Hajime non poteva percepirlo.

 

Improvvisamente Takahiro tirò fuori il cellulare: era arrivato il segnale di Issei, e per il bene di Iwaizumi avrebbero dovuto allontanarsi il prima possibile. Tooru rimase per un istante immobile al fianco di Hajime, mentre i quattro salutavano i suoi genitori con un inchino, senza sapere bene cosa fare.

 

Tuttavia gli bastò riflettersi nell'unica lacrima appesa alle ciglia del suo ace per decidere: non gli importava quello che sarebbe successo, non gli importava se quel filo sempre più sottile presto o tardi si sarebbe spezzato. Voleva rimanere al fianco di Iwa-chan, anche se lui non poteva sentirlo. Voleva soffocare il rimpianto perdendosi nei tratti del suo viso sempre corrucciato e assorto, voleva essere nell'aria che respirava e sfiorarlo con le sue mani incorporee ancora per un po', finchè il suo tempo non si fosse esaurito. 

 


...ecco qui un capitolo che non doveva esserci.
Vedetelo come un interludio, un intermezzo, quello che volete XD In pratica Oikawa si è incazzato a star sempre lì immobile a non far niente e ha deciso di prendere le redini della faccenda. Chi sono io per dirgli di no?
Se Oikawa non si fa prendere da altre manie di protagonismo (quando mai) dovrebbero esserci ancora due capitoli oltre a questo, spero davvero che mi seguirete fino alla fine çAç

E niente, ora me ne vado a piangere sull'episodio.

Alla prossima!

_Kurai_

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Capitolo 7
*** Realize ***


/Realize/


Waking up and letting go,
To the sound of angels.
Am I alive or just a ghost?
Haunted by my sorrows.
Hope is slipping through my hands,
Gravity is taking hold.
Said I'm not afraid, that I am brave enough.
I will not give up,
Until I see the sun.

Hold me now,
'Til the fear is leaving,
I am barely breathing.
Crying out,
These tired wings are falling,
I need you to catch me.

("Hold me now", Red)


 

Il tardo pomeriggio di una domenica di fine novembre li accolse in un abbraccio gelido, ma Hajime si sentiva già molto meglio.

Aveva una speranza, finalmente al suo fianco c'erano delle persone che credevano in lui.

Era come se qualche pezzo stesse iniziando ad andare al suo posto, anche se era comunque dannatamente preoccupato per Matsukawa. Tuttavia c'era qualcosa che lo spingeva più di prima ad andare avanti, che lo incoraggiava a pensare che sarebbe andato tutto bene, che avrebbe risolto ogni cosa.

 

Tooru galleggiava nell'aria sopra di lui, seguendolo come un'ombra. Aveva capito che il suo ace stava pianificando qualcosa per aiutarlo e non poteva stare lì con le mani in mano ad aspettare di essere salvato, come una principessa in difficoltà. Avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per sostenerlo, non potendo dargli un aiuto più tangibile.

 

I quattro lungo la strada parlarono del più e del meno, come a voler ostentare normalità. Salirono su un autobus mezzo vuoto e attraversarono qualche isolato, finchè non fu il turno di scendere di Kunimi e poi di Kindaichi.

Avevano deciso che Hajime si sarebbe nascosto a casa di Hanamaki, i genitori del quale erano partiti il giorno prima per andare a trovare dei lontani parenti in Hokkaido; la casa di Takahiro era a due fermate dal capolinea, ed entrambi rimasero in silenzio per il resto del viaggio dopo che Akira e Yutaro li ebbero salutati.

Hanamaki sembrava pensieroso e Hajime lo comprendeva benissimo: sapeva bene del rapporto speciale che legava Takahiro a Issei (e chi non ne era a conoscenza nella Seijou?) e capiva quanto potesse essere preoccupato che Mattsun venisse scoperto. Non sapeva come fare a cercare di alleviare quel peso e si limitò a sfiorargli la spalla per manifestargli la sua comprensione e la sua immensa gratitudine. Erano sulla stessa barca, in fondo.

 

Quando varcarono la soglia dell'appartamento di Makki fuori era già completamente buio.

Nessuno dei due aveva fame, ma decisero di comune accordo di scaldare del ramen precotto quasi per cercare di colmare un'altro tipo di assenza, come se il cibo potesse riempire quel vuoto che sentivano entrambi alla bocca dello stomaco, quell'ansia che tutto potesse precipitare per le persone a cui tenevano di più in assoluto.

"Ma quindi sei sicuro che in uno di questi tuoi... sogni... potresti scoprire o cambiare davvero qualcosa?" chiese Takahiro, alla ricerca disperata di conferme. Allo stesso tempo non voleva pesare con la sua preoccupazione su Iwaizumi, sapendo che era stato il primo ad avversare l'idea di Mattsun e che lui stesso non aveva cercato di dissuaderlo: all'inizio aveva preso la questione quasi come un gioco, ma solo quando avevano iniziato realmente ad attuare il piano aveva preso coscienza della reale entità del rischio che tutti loro stavano correndo.

"Vorrei poterti dire di sì con certezza assoluta, non sai quanto. So solo che tutto questo non è una coincidenza, che posso fare qualcosa anche se non so ancora come e quando ma... farò tutto quello che è in mio potere e anche di più, se necessario." rispose Hajime con l'espressione più seria che gli avesse mai visto. Lo spirito di Oikawa pensò che se in quel momento avesse avuto un cuore tangibile avrebbe saltato un battito. Iwa-chan stava combattendo per salvarlo, anche se non gli era ancora del tutto chiaro in che modo.

 

Hajime e Takahiro parlarono ancora per un po' e Iwaizumi volle informarsi su come fosse stata recepita a scuola l'aggressione a Oikawa: Tooru era indubbiamente un personaggio in vista all'Aoba Johsai e per tutta la settimana era stato l'argomento principale di tutti i discorsi a mezza voce nei corridoi.

"La polizia è venuta a scuola tre volte, hanno raccolto testimonianze e scavato nel vostro passato scolastico e sportivo, ma sembrava stessero solo cercando di confermare la tua colpevolezza piuttosto che cercare altre strade... mi hai raccontato che avevano un video girato da qualcuno all'interno della scuola e le registrazioni della telecamera esterna tagliate ad arte già poche ore dopo, no? Se è così..." iniziò a riflettere Takahiro "...il responsabile è qualcuno della nostra scuola, ed è la stessa persona che probabilmente ha chiamato la polizia e ha fornito loro la testimonianza e il materiale per incastrarmi. Ci ho pensato davvero a lungo e non riesco a venirne a capo, cazzo!" Hajime battè un pugno sul tavolo, frustrato.

"Ti eri accorto di qualcosa di diverso ultimamente però, giusto?" chiese Hanamaki, tutto preso a giocare al detective.

"Sì, ve ne sarete accorti anche voi... quell'idiota ci stava nascondendo qualcosa che lo preoccupava e non sono ancora riuscito a capire che cosa... come al solito quella sera aveva esagerato con quel dannato ginocchio, ma sono sicuro che ci fosse dell'altro! Eppure sono stato più idiota di lui, ho saputo solo aggredirlo con le parole sperando di spronarlo ad aprirsi e invece è finita così... è solo colpa mia, avrei dovuto affrontarlo in modo diverso e capire quello che lo tormentava..."

"Che fosse la partita contro la Shiratorizawa? Tra l'altro... non volevo dirtelo ma oltre che aver annullato l'amichevole il preside ha sciolto il club fino a data da destinarsi... poi dopo lo speciale in tv la situazione era diventata insostenibile" continuò Takahiro, con lo sguardo basso.

"...Quale speciale in tv?" Iwaizumi lasciò cadere le bacchette nel ramen, interdetto.

"Forse avrei davvero fatto meglio a non dirtelo... hanno girato un servizio sul caso per uno di quei dannati programmi che fanno sciacallaggio sulle disgrazie della gente e hanno distorto tutto, montando interviste e dichiarazioni per metterti in cattiva luce... io, Issei e gli altri abbiamo rifiutato di rispondergli ma hanno pensato che avessimo paura di te. Hanno detto una quantità incredibile di cazzate, sicuramente se l'avessi visto avresti distrutto il televisore a calci. Perfino Mattsun ha iniziato a urlare contro lo schermo quando l'abbiamo guardato a casa sua, non credo di averlo mai visto così arrabbiato..." sospirò Makki.

 

Hajime rimase in silenzio, con la testa tra le mani. Lo spirito di Oikawa scese accanto a lui, cingendogli le spalle con un braccio e accarezzandogli i capelli. Ogni parola era una stilettata anche per lui, anche se Tooru stesso non riusciva a ricordare perfettamente quello che era successo prima della sua aggressione, come se a poco a poco i suoi ricordi stessero rapidamente sbiadendo come vecchie foto.

Hajime riprese a parlare, continuando a riflettere ad alta voce: "Devo ammettere di aver pensato anche io per prima cosa alla Shiratorizawa e a quel bastardo di Ushiwaka... probabilmente Tooru era preoccupato anche per quella partita ma era solo un'amichevole, li abbiamo affrontati tantissime volte in fondo... sono sicuro che ci fosse dell'altro, e devo ammettere anche che non credo che il responsabile sia Ushijima. Prima di incontrarvi ho avuto un... confronto con lui, e ho avuto l'impressione che gli dispiacesse solo di non aver potuto sfruttare il talento del nostro capitano nella sua dannata squadra e non ci fosse altro. Potrei sbagliarmi, ma comunque non può essere stato lui l'aggressore: il ragazzo che ho visto parlare con Tooru e poi fuggire era molto più basso di Ushiwaka... e poi indossava la nostra divisa: per quanto possa essere facile ottenerne una in prestito la teoria non sta in piedi..." sospirò, vedendo che si trovava inevitabilmente in un vicolo cieco.

Nessuna idea, nessuna pista.

 

Hajime si addormentò sul divano per sfinimento, anche se non erano ancora le scoccate le dieci. Per quanto in quei giorni oggettivamente il suo corpo aveva dormito tantissimo, si sentiva stanco come se avesse vissuto dieci vite contemporaneamente.

 

Il giorno dopo Takahiro sarebbe andato a scuola e il ritorno dei suoi genitori era previsto il giovedì seguente; Hajime doveva solo restare nascosto il più possibile e sperare che il viaggio successivo sarebbe stato quello buono. Non poteva far altro che sperare.

 

Tooru fece per rimboccargli la coperta, per poi sbuffare contrariato per aver dimenticato di essere incorporeo: attraversare gli oggetti e non sentire il calore della pelle di Iwa-chan sotto le dita era seriamente frustrante, tanto da fargli venire una gran voglia di piangere stupide lacrime intangibili.

 

Continuava a percepire il filo assottigliarsi, come un lento stillicidio sopra la sua testa. Vedeva i contorni delle sue mani diventare sempre più indistinguibili dallo spazio circostante, ma voleva correre il rischio. Si sedette nell'aria accanto ad Hajime riprendendo ad accarezzargli i capelli, incurante delle lacrime che alla fine avevano iniziato a scendere lentamente sulle sue guance trasparenti.

 

* * *

Un'altra volta Hajime aprì gli occhi in un posto diverso.

Un'altra volta si trattava chiaramente del momento sbagliato.

Era a casa sua, nel suo letto. La sveglia stava suonando.

Diede un pugno alla cieca sul comodino, facendo cadere a terra la radiosveglia, che atterrò in piedi continuando a proiettare sul soffitto la data e l'ora ma smise di suonare.

Mancavano cinque giorni all'aggressione a Tooru ed erano le sette e mezza del mattino.

Non ricordò nessun avvenimento particolare di quel giorno e sbuffò, contrariato. Non aveva così tanto tempo a disposizione da potersi permettere un altro viaggio in cui poteva solo stare ad osservare, alla ricerca di quel piccolo battito d'ali di farfalla che avrebbe evitato l'uragano.

Di sicuro però avrebbe potuto indagare, cercando delle risposte a quelle domande che lo assillavano da una settimana.

Poi all'improvviso ebbe una folgorazione, come se qualcuno gli avesse sussurrato all'orecchio di fare più attenzione ai particolari: ricordò che quel giorno era entrato a scuola in ritardo perchè dopo aver spento la sveglia si era riaddormentato e aveva perso l'autobus che prendeva con Tooru ogni mattina.

Forse era proprio lì la risposta che stava cercando.

 

Guardò di nuovo l'ora sul soffitto e si alzò di scatto, senza nemmeno raccogliere la sveglia: era decisamente tardi, e probabilmente Oikawa era già arrivato all'incrocio che congiungeva i due isolati in cui abitavano, il loro quotidiano punto d'incontro.

Si lavò, indossò la divisa in fretta, afferrò la borsa e un paio di biscotti e uscì di casa. I suoi genitori erano già usciti e chiuse la porta con due mandate, poi si precipitò in strada.

Oikawa era prevedibilmente già lì ad aspettarlo, splendente come sempre.

"Iwa-chan? Svegliato male stamattina? Sei particolarmente imbronciato oggi..." commentò Tooru con un sorrisetto obliquo.

Iwaizumi fece per rispondere con un pugno, poi si fermò a mezz'aria, ripensandoci.

"Ho dormito malissimo e vedere la tua faccia non mi aiuta, grazie comunque dell'interessamento" sbuffò, adattando il suo passo a quello di Tooru.

 

Parlarono di argomenti futili fino all'arrivo a scuola. Poi, di colpo, a metà di un discorso estremamente coinvolgente su un documentario sull'Area 51 che Oikawa aveva visto la sera precedente, il capitano della Seijou si rabbuiò. Erano giunti davanti ai loro armadietti, che erano sempre stati vicini fin dal primo anno, ma quello di Tooru era socchiuso. La serratura sembrava rotta, e Oikawa esitò prima di aprirlo. Iwaizumi si sporse oltre la sua spalla, curioso di scoprire il motivo per cui il suo migliore amico si fosse zittito all'improvviso.

 

Tooru teneva molto all'ordine nel suo armadietto: normalmente l'anta interna era decorata da numerose polaroid che immortalavano i momenti più disparati, tra cui la maggior parte erano con Hajime o con l'intera squadra, circondate da adesivi stupidi con alieni e astronavi e corredate da post-it e didascalie scritte con la sua calligrafia tonda e ordinata; sui ripiani c'erano alcuni libri, una confezione di liquido per le lenti a contatto, un paio di occhiali di ricambio, un pettine, uno specchio e pochi altri oggetti utili.

Una volta aperto, Tooru si lasciò sfuggire un'imprecazione: le foto erano state quasi tutte strappate e ammucchiate in un angolo in forma di coriandoli, il liquido era stato rovesciato sui libri e gli occhiali erano stati evidentemente pestati sotto i piedi da qualcuno e poi rimessi al loro posto nella custodia.

"Iwa-chan... chi può essere stato così crudele?" commentò, guardando con le lacrime agli occhi tre anni di ricordi strappati. Tooru aveva una vera e propria fissazione per le fotografie e da quando Hajime gli aveva regalato una piccola Instax all'inizio delle superiori aveva immortalato più o meno ogni cosa: vedere tutte quelle immagini irripetibili distrutte era un po' come vedere una parte di sè stesso fatta a pezzi davanti ai suoi occhi, e gli dispiaceva ancora di più che vedere gli occhiali distrutti e i libri rovinati.

Vide qualcosa brillare e allungò la mano fino al fondo dell'armadietto, ma la ritrasse con una smorfia: il suo indice era striato di sangue, che iniziò a imbrattargli la mano. Hajime sondó alla cieca e tirò fuori un frammento dello specchio, anch'esso infranto in mille pezzi.

Tooru rimase a fissare il dito insanguinato come pietrificato finchè Hajime non gli porse un fazzoletto e un cerotto recuperati dal suo armadietto. In un'altra circostanza Tooru gli avrebbe fatto notare che in certe occasioni era premuroso più di sua madre, ma non aveva nessuna voglia di scherzare.

 

Il trillo della campanella interruppe il momento e Oikawa sbattè l'anta con rabbia e tristezza per quell'attacco immotivato.

Iwaizumi fece per seguirlo verso la loro classe, ma nel voltarsi notò un foglio di carta scivolare a terra, caduto dall'armadietto chiuso con violenza.

Era un normale foglio a quadretti, strappato da un quaderno.

Lo raccolse, non visto da Tooru, e lo mise in tasca.

 

Aveva decisamente trovato una pista.

 

* * *

Lentamente i pezzi del puzzle iniziavano a trovare la loro corretta collocazione, mentre allo stesso tempo Hajime riprendeva a tormentarsi col senso di colpa.

 

Era riuscito a trovare il tassello mancante di cui Tooru l'aveva tenuto all'oscuro, ma se solo fosse stato più attento avrebbe anche potuto scoprirlo prima.

 

Se solo quella mattina lui non fosse arrivato in ritardo, Tooru non avrebbe dovuto affrontare da solo quella brutta esperienza, non avrebbe deciso di nascondergliela per chissà quale motivo e non si sarebbe buttato con tutte le sue energie sull'allenamento per distrarsi, peggiorando lo stato del suo ginocchio.

 

Hajime continuò a tormentarsi per tutta la mattina con questi pensieri, voltandosi più spesso del solito in direzione di Tooru, che sembrava impassibile.

 

Ricordava a sprazzi immagini appartenenti alla versione 1.0 di quella giornata: rammentava di aver notato che Oikawa portava le lenti a contatto e non i soliti occhiali che di solito metteva in classe per riposare gli occhi e aveva visto anche il cerotto sulla punta dell'indice della sua mano destra, ma non aveva collegato le due cose e non ci aveva fatto troppo caso.

 

E dire che aveva sempre pensato di essere un buon osservatore e di poter leggere Tooru come un libro aperto.

 

Durante il primo intervallo uscì per andare in bagno e tirò fuori dalla tasca il foglietto ripiegato.

 

Sbiancó.

 

Due sole frasi, scritte in una calligrafia aguzza i cui tratti sembravano graffi di unghie affilate.

 

"Dovresti smettere di esistere, Oikawa Tooru.

Questo è un avvertimento, non parlarne con nessuno o perderai ciò che hai di più prezioso."

 

Una volta tornato in classe, Tooru lo osservò con sguardo interrogativo. A prima vista era l'Oikawa di sempre, aveva indossato di nuovo la sua maschera e non sembrava turbato o spaventato... del resto non aveva letto la minaccia su quel foglio, e Hajime non era del tutto sicuro di volergliela far leggere.

"Stai male, Iwa-chan?" gli chiese, avvicinandosi con la sedia "hai una pessima cera... vuoi per caso andare in infermeria?".

"Ora sei tu che sembri mia madre" sbuffò Hajime, mentre ancora cercava di decidere se parlare o no a Tooru del messaggio che aveva trovato. Se non l'avesse messo al corrente avrebbe potuto fermare il responsabile ed evitare il peggio senza sollevare un gran polverone, indagando da solo senza mettere Oikawa ancora più in pericolo... ma non stava forse facendo il suo stesso errore? Non era stata la decisione di Tooru di non coinvolgerlo "per il suo bene" a causare tutta quella situazione?

Rimase in silenzio per qualche minuto, poi si alzò di nuovo.

"Sì, forse è davvero meglio che vada in infermeria" affermò deciso, e senza nemmeno lasciare il tempo a Oikawa di chiedere di accompagnarlo sparì nel corridoio.

Non poteva mettere di nuovo in pericolo Tooru, quindi avrebbe risolto tutto da solo.

Non sapeva bene dove nè cosa cercare, ma finchè la sua principale fonte di preoccupazione era in classe al sicuro era il momento giusto per tentare di scoprire qualcosa.

 

Girò l'angolo, sovrappensiero, mentre si dirigeva di nuovo verso gli armadietti.

Si accorse troppo tardi del ragazzo che stava camminando in fretta nel senso opposto con alcuni libri sottobraccio e riuscì a scostarsi solo all'ultimo momento, senza riuscire a evitare una spallata. Fece per protestare, ma non ottenne nessuna reazione: questi continuò per la sua strada, ignorandolo apertamente.

Hajime rimase per un momento pietrificato sul posto, interdetto.

Poi abbassò lo sguardo. Sul pavimento c'era un foglio di appunti, caduto con ogni probabilità da uno dei libri del ragazzo che l'aveva urtato.

Era un foglio a quadretti, strappato da un quaderno, e le parole erano scritte in una calligrafia aguzza i cui tratti sembravano graffi di unghie affilate.

 

Hajime lo raccolse e si mise a seguire il ragazzo a distanza, non visto.

Non ricordava il suo nome, ma a pensarci bene gli sembrava di averlo già visto prima, anche se non rammentava in quale occasione.

Era talmente preso dallo sforzo di cercare di ricordare quella fisionomia che si rese conto un istante troppo tardi di averlo perso: un attimo di distrazione e gli era sparito sotto gli occhi.

Iwaizumi imprecò tra sè. Mancavano pochi minuti alla fine dell'intervallo.

Stava per tornare indietro quando, da dentro una piccola aula vuota, sentì una voce maschile evidentemente alterata.

 

"E quindi non intendi proprio stare con me? Io farei qualsiasi cosa per te, perchè non lo vuoi capire? Dovresti smetterla di avere occhi solo per quello stronzo di Oikawa e piangere perchè non ti ricambia!"

Iwaizumi si immobilizzò dietro lo stipite della porta, all'erta.

"Aoki-kun... smettila di urlare così... mi fai paura!" era la voce di una ragazza, che a giudicare dal tono doveva essere piuttosto spaventata ed evidentemente non apprezzava le attenzioni del suo interlocutore.

"Nessuno può amarti quanto ti amo io, Aya-chan... nessuno... lo sai, vero?" la ragazza che rispondeva al nome di Aya si lasciò sfuggire un gridolino, nel momento in cui Aoki le strinse un polso "Dimmi... se quell'Oikawa sparisse dalla faccia della terra, tu mi ricambieresti?".

La ragazza non rispose.

 

Hajime gettò un rapido sguardo dentro la stanza senza farsi scoprire: riconobbe all'istante la ragazza come una delle componenti del fan club di Tooru, per averla vista molto spesso sugli spalti alle loro partite. Continuava a non ricordare dove avesse già visto Aoki, ma era solo questione di tempo.

"Se mi avessero accettato nel club di pallavolo allora mi avresti voluto, eh? Se non mi avessero relegato in panchina senza darmi occasioni di giocare allora sarei stato io a brillare! Quanto vorrei che anche loro sparissero..." il suo tono si era mutato in un ringhio basso, quasi gutturale.

 

Finalmente Iwaizumi ricordò dove l'aveva già visto: agli allenamenti del club durante il primo anno, quando lui e Oikawa erano entrati nella squadra dei titolari automaticamente per il talento dimostrato fin dalle medie. Del resto erano stati selezionati fin dal terzo anno alla Kitagawa Daiichi dall'allenatore dell'Aoba Johsai, quindi per loro la strada verso la vetta del club era stata in discesa. Ricordava Aoki Kyotaro come un ragazzo violento e discontinuo che tendeva a farsi prendere da scatti d'ira e ad abbandonare gli allenamenti a metà. Per questo il coach non si era mai fidato di lui, e non lo faceva mai entrare in campo in partita.

Alla fine del primo anno lui, Hajime e Tooru avevano avuto una discussione piuttosto animata, che si era conclusa con Kyotaro che aveva lasciato la palestra e non era più tornato ad allenarsi. Per quanto anche Aoki frequentasse il terzo anno della Seijou (in un'altra sezione), in quegli anni non si erano mai incrociati nei corridoi, o almeno Hajime non ricordava di averlo più incontrato dopo quel litigio, di cui non rammentava nemmeno il motivo.

Che il puzzle fosse finalmente completo?

 

Hajime tornò in classe di corsa poco prima che suonasse la fine dell'intervallo, sopraffatto da quello che aveva scoperto.

Evidentemente Aoki aveva tutti i motivi per odiare Tooru: la matassa sembrava finalmente molto più semplice da districare, anche se non sapeva se sarebbe riuscito a tenere Oikawa all'oscuro ancora a lungo e non aveva ancora idea di come fare a fermare Kyotaro senza mettere nessuno in pericolo.

 

Una volta varcata la soglia dell'aula, Iwaizumi rimase congelato sul posto.

La lezione successiva era già iniziata, e il banco di Oikawa era vuoto.

 

Iniziò a boccheggiare, preso da un panico che non aveva mai sperimentato prima. E se gli fosse già successo qualcosa? Se la sua scoperta avesse modificato il futuro e Tooru ne avesse fatto le spese prima del tempo? Rivolse uno sguardo interrogativo a Issei e Takahiro, seduti nel banco accanto, e Matsukawa interpretò la sua domanda inespressa: "Oikawa è venuto a cercarti poco fa, non vi siete incrociati?"

Hajime si alzò di nuovo, strappando un rimprovero spazientito – prontamente ignorato - al professore, e uscì un'altra volta dalla classe, con il cuore in gola.

 

Non sapeva davvero cosa pensare.

 

In realtà non ebbe neanche il tempo di immaginare i peggiori scenari possibili: una voce fin troppo conosciuta lo chiamò alle spalle, facendolo sobbalzare per la sorpresa in mezzo al corridoio deserto.

"Iwa-chan... pensavo che ti avrei trovato in infermeria... ero preoccupato..." disse Oikawa, con un tono serio che aveva sentito poche volte uscire dalle sue labbra.

I contorni del sogno iniziavano a farsi più vaghi e confusi, ma Hajime voleva rimanere ancorato a quell'immagine a tutti i costi.

"Mi sento già meglio... torniamo in classe?"

Improvvisamente Tooru cambiò espressione.

Un sorriso malinconico increspó le sue labbra e iniziò a parlare lentamente, con gli occhi fissi in quelli di Hajime.

"Iwa-chan... grazie. E... scusa." Si avvicinò a Iwaizumi, rimasto immobile sul posto, fino ad abbracciarlo, appoggiando la testa sulla sua spalla.

Il corridoio iniziò a sfocarsi, non sapeva più se a causa del suo tempo che stava per scadere o delle lacrime appese che gli annebbiavano la vista.

"Non volevo che andasse così. Avrei voluto restare di più al tuo fianco, ma ora devo andare. So che stai combattendo per me, che stai cercando di proteggermi dagli altri e da me stesso come hai sempre fatto... Io mi fido di te, Iwa-chan. Sei l'unico motivo per cui sono rimasto fino ad ora. E se ti ho tenuto nascoste le mie preoccupazioni e quelle minacce... è solo perché per una volta volevo essere io a proteggerti...

Perché... sei tu quello che ho di più prezioso".

"Tooru..."

 

* * *

 

Lo aveva osservato per ore, Iwa-chan, mentre aggrottava le sopracciglia e strizzava gli occhi nel sonno, come se fosse intrappolato nella ragnatela di un sogno spiacevole.

Lo aveva abbracciato con lo sguardo, mentre si agitava sotto la coperta e ogni tanto borbottava parole indistinguibili.

Tooru aveva dormito moltissime volte accanto a lui fin da quando erano bambini e conosceva a memoria ogni espressione del suo viso, ma questa volta era diverso.

Lui non era veramente lì, e in un certo senso nemmeno Iwaizumi lo era davvero.

Erano in due universi differenti e cercavano di tendersi la mano.

Tooru iniziò a parlare con lui, anche se non poteva sentirlo.

Il filo che lo teneva legato al suo corpo mortale era ormai sottilissimo e teso oltremisura, vicino al punto di rottura.

Una volta che ebbe finito di parlare, Hajime dischiuse le labbra e sussurrò il suo nome.

Poi tutto si dissolse.


You led me here,
then I watched you disappear.
You left this emptiness inside
and I can't turn back time

No, stay!
Nothing compares to you.
Nothing compares to you.
I can't let you go,
Can't let you go.
I can't let go.

I'll never be the same
I'm caught inside the memories, the promises
are yesterdays and I belong to you.
I just can't walk away
'cause after loving you
I can never be the same.

("Never be the same", Red)


 

Rieccomi qui con un po' di ritardo ma con un capitolo lungo il doppio, con un doppio sottofondo musicale e una doppia razione di feels (ce n'era bisogno, vero?)
Devo ammettere che mi ha fatto un po' male ed è stato piuttosto impegnativo da scrivere anche se avevo già tutta la storia in mente da un po'... il prossimo sarà l'ultimo e spero davvero che chi è arrivato fin qui mi seguirà fino alla fine... 
Ringrazio infinitamente tutte le persone che mi hanno recensito fino ad ora e chi recensirà questo nuovo capitolo, non avevo mai ricevuto così tanti feedback a una storia che ho scritto e sono davvero felice, mi riempite il cuoricino, davvero <3

Alla prossima!!

_Kurai_

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Capitolo 8
*** Resolve ***


/Resolve/


Sometimes it's hard to just keep going
But faith is moving without knowing
Can I trust what I can't see?
To reach my destiny
I want to take control but I know better

God, I want to dream again
Take me where I've never been
I want to go there
This time I'm not scared
Now I am unbreakable, it's unmistakable
No one can touch me
Nothing can stop me

("Unbreakable", Fireflight)


 

 

 

Occhi aperti, spalancati nel buio.

 

Occhi chiusi, per sempre.

 

Pelle imperlata di sudore, un cuore che batte a ritmo accelerato.

 

Pelle diafana e fredda, un cuore fermo, una linea retta.

 

Si sono tesi la mano, da due universi differenti.

Si sono sfiorati, ma il filo si è spezzato.

 

Hajime lo sa, che è finita. Lo sa, lo sente forte nel petto, in quel cuore così impazzito che sembra battere per due.

Se chiude gli occhi percepisce ancora la sensazione dei capelli di Tooru che gli fanno il solletico sul collo, sente ancora il tono delle sue parole.



* * *

Issei guardava il soffitto della stanza quasi completamente al buio.

Lo schermo del cellulare, accuratamente nascosto sotto le coperte, gli confermò che le due del mattino erano passate da un pezzo. Voleva sentire la voce di Takahiro, ma doveva accontentarsi dei suoi messaggi. Sospirò.

Non sapeva esattamente cosa l'avesse spinto a correre un rischio così enorme, a parte la grande amicizia che lo legava ad Hajime e la voglia di aiutarlo a uscire da quella terribile situazione. Eppure non si era pentito di quel colpo di testa: era certo che anche Iwaizumi per lui avrebbe fatto la stessa cosa, ed era questa fiducia reciproca la base della loro amicizia. Issei in fondo era una persona semplice, di poche parole ma tanti fatti, talvolta impulsivo e a tratti riflessivo: l'unica cosa che gli mancava in quel momento era la presenza di Takahiro accanto a lui, perchè tutte le volte che avevano corso un rischio erano sempre stati insieme.

 

Da quando aveva salutato i suoi amici era andato quasi tutto liscio: aveva avvisato a casa che sarebbe rimasto a dormire da Hanamaki (cosa piuttosto frequente) e aveva seguito pedissequamente le indicazioni di Iwaizumi, raggiungendo in fretta il ripostiglio e avvolgendosi delle bende intorno alla fronte, per completare la trasformazione. Perfino l'attraversamento del cornicione (che per fortuna dava su uno spiazzo deserto) fu effettuato con successo, anche se sul momento la sua volontà aveva vacillato per un istante. Ma ormai era in ballo, e doveva ballare.

Si era nascosto sotto le coperte e si era girato con la schiena verso la porta, sperando che chiunque fosse entrato pensasse che stesse dormendo. Sembrava che in ogni caso nessuno si fosse accorto dell'assenza di Hajime.

Mancava solo una cosa, che effettivamente non aveva considerato.

La flebo, che qualcuno prima o poi sarebbe venuto a controllare.

Issei Matsukawa si era accorto in quel momento di una grossa falla nel suo piano: la sua paura degli aghi.

 

Alla fine, dopo qualche minuto di sudori freddi, aveva deciso di staccare l'ago – con le dita tremanti e temendo che qualcuno entrasse da un momento all'altro - tappare il tubicino e assicurarselo al braccio con del nastro di cerotto che aveva rubato nel ripostiglio insieme alle bende.

Si era sentito davvero orgoglioso di sè stesso, anche se con ogni probabilità il suo espediente sarebbe stato scoperto con facilità.

Invece era stato di nuovo fortunato: l'infermiera che era passata ben due volte prima di quel momento aveva solo controllato che le gocce scendessero dal contenitore di soluzione salina e l'aveva guardato fingere di dormire, aveva scritto qualcosa in una cartelletta ed era uscita.

 

Tutta quella fortuna doveva necessariamente avere il suo rovescio della medaglia.

 

Stava scrivendo l'ennesimo messaggio a Takahiro, sveglio esattamente come lui (e dannatamente preoccupato, anche se era evidente che stava cercando di non farlo trasparire nei suoi messaggi) quando sentì all'improvviso un certo trambusto davanti alla sua porta.

Una voce maschile, probabilmente un medico, stava parlando a bassa voce con uno dei due poliziotti che lo piantonavano (l'altro probabilmente dormiva e si erano dati il cambio, vista l'ora), ma Issei riuscì comunque a captare qualcosa di quello che si stavano dicendo.

 

"...Così immagino che in qualche modo ora dovrete informarlo che è accusato di omicidio..." percepì chiaramente, e rimase pietrificato.

 

No. Si rifiutava di crederci. Non aveva neppure pensato a quell'eventualità, anche se sapeva che c'erano ben poche probabilità che Oikawa si risvegliasse... ma... non aveva nemmeno voluto provare a immaginarlo, sapendo quanto il suo capitano fosse ostinato a lottare a oltranza, di qualunque traguardo si trattasse.

Temeva di avere ormai poco tempo prima di essere scoperto, ma rimase a indugiare con l'indice sullo schermo per un po', non sapendo nemmeno lui come esprimere una notizia del genere.

 

"Ho sentito un medico qui fuori parlare di accusa di omicidio, Makki... temo che sia successo l'irreparabile, cosa facciamo adesso?" scrisse in fretta, cliccando il tasto invio con le dita tremanti.

Sperò almeno che i poliziotti avrebbero atteso il mattino seguente per entrare e informarlo di ciò che già sapeva, scoprendo così anche lo scambio di persona.

Per la prima volta da quando aveva deciso di attuare quel piano per aiutare Hajime, Issei si sentì invadere dal panico. Strinse i denti, sperando di ricevere al più presto una risposta da Takahiro.

 

* * *

Hanamaki era disteso nel suo letto, girato su un fianco. Non aveva ancora dormito nemmeno un minuto e continuava a rivolgere il suo sguardo verso lo sfondo del cellulare, attendendo febbrilmente la vibrazione che segnalava l'arrivo di un messaggio di Matsukawa.

 

Quando finalmente il cellulare vibrò e l'icona si materializzò sullo schermo, Takahiro aprì immediatamente il messaggio.

Desiderò di non averlo mai ricevuto.

 

Con il telefono stretto in mano, si alzò dal letto e camminò in punta di piedi fino al salotto.

Hajime era seduto sul divano con gli occhi sgranati, si era strappato la coperta di dosso e sembrava estremamente agitato, tanto che quando Makki gli posò delicatamente una mano sulla spalla sussultò violentemente, mentre ancora cercava di porre un freno al suo cuore impazzito.

 

Hajime vide lo schermo dello smartphone acceso nella penombra e l'espressione di Takahiro che lo fissava, e trovò conferma di quello di cui già era certo.

Takahiro vide lo sguardo di Hajime, e capì che già lo sapeva.

 

* * *

Si era sforzato di mantenersi lucido, di pensare razionalmente, di non perdere la calma a costo di fare violenza alla sua indole. Si era sforzato per una settimana intera, e non era servito a niente.

Era praticamente certo dell'identità dell'assassino, ma a che pro se Tooru era morto? E Matsukawa era ancora intrappolato in ospedale al suo posto, rischiando come minimo di essere incriminato come complice, al pari di Hanamaki.

 

"Ho sbagliato tutto, ho sbagliato tutto... dovrei solo andarmene adesso, sparire il più lontano possibile e smettere di causarvi problemi. Non merito degli amici come te e Mattsun" tirò su col naso cercando di dissimulare, ma Takahiro se ne accorse comunque "voi potete ancora far loro credere che vi ho costretto... forse dovrei tornare lì e rifare lo scambio, dovrei consegnarmi..." Hajime aveva perso la bussola, ma si sforzava comunque di cercare di proteggerli, senza pensare che su di lui in quel momento pendeva un'accusa pesantissima.

 

Takahiro era ancora in silenzio, come in black-out.

Poi si riscosse, cercando di ritrovare almeno una parvenza di razionalità: "Ormai ci siamo dentro... nè io nè Issei intendiamo abbandonarti, ma non so davvero cosa dovremmo fare ora..." disse, con la testa tra le mani "Però... hai scoperto qualcosa, vero?".

"Sì, credo di sapere chi è il responsabile ma... come potranno credermi in queste circostanze? Non ho prove se non questa... e una volta scoperto che sono fuggito non mi crederanno mai" tirò fuori la lettera che aveva trovato nell'armadietto, che però avrebbe dovuto competere con le prove molto più pesanti che lo inchiodavano.

Nessuno dei due vedeva una via d'uscita.

 

In realtà Hajime sapeva quale fosse l'unica via d'uscita, ma era una strada lastricata di incertezza e rischi, senza ritorno. Se solo fosse riuscito a fare un ultimo viaggio nel passato e fermare definitivamente Aoki, a qualsiasi costo... ma come poteva avere la certezza di farcela? Doveva tornare nel momento giusto, ideare un piano efficace di sicura riuscita, ma prima di tutto avrebbe dovuto riuscire a riaddormentarsi... non ce l'avrebbe mai fatta in un momento del genere, non così. Avrebbe voluto solo uscire fuori, correre, urlare e piangere nel buio fino a perdere la voce e sè stesso, perchè ormai tutto aveva perso valore.

Ma non poteva. Ormai aveva coinvolto anche Issei e Takahiro, doveva andare avanti.

Solo lui poteva farlo.

 

"Makki, devi farmi perdere conoscenza. Non lo so, prendimi a testate, sbattimi la testa contro il muro, quello che vuoi. Devo tornare a quel giorno, questa volta ce la farò." disse, con una luce strana negli occhi. "Se fallirò consegnami a loro e digli che ho costretto te e Issei a coprirmi, tanto niente per me avrebbe più importanza..."

Takahiro lo prese per le spalle, deciso a interrompere quel suo delirio: "Un semplice sonnifero funzionerebbe lo stesso o devo farti male per forza? Non che non abbia voglia di prenderti a schiaffi per farti rendere conto di quello che stai dicendo, ma quello manesco qui sei tu, quindi... in ogni caso se si tratta di addormentarti ho la soluzione: nel mobiletto del bagno ci sono i sonniferi di mia madre, lei soffre d'insonnia... in via teorica potrebbe funzionare lo stesso, non credi?"

"Hai ragione, scusami se stavo perdendo la calma" sospirò stancamente Hajime, poi seguì con lo sguardo l'amico che spariva dietro una porta in fondo al corridoio, per poi tornare con un contenitore cilindrico di plastica azzurra pieno per metà di pastigliette bianche e un bicchiere d'acqua.

Hajime prese due pastiglie e le ingoiò con due sorsi d'acqua.

Già dopo qualche secondo gli occhi iniziarono a velarglisi; avvicinò il pugno a quello di Takahiro, come avevano spesso fatto prima delle partite, e lo guardò con uno sguardo pieno di gratitudine e carico del peso dell'ultima speranza.

 

Il buio iniziò lentamente ad avvolgerlo come un cappotto di velluto, poi la sua mente affondò rapidamente nel torpore.

 

* * *

Era di nuovo a scuola.

Accanto a lui c'era Tooru, come sempre. Stava radunando le sue cose dentro la borsa, stranamente in silenzio.

Hajime sentì una strana sensazione salire dalla bocca dello stomaco e si sforzò di dominarsi: non poteva lasciarsi prendere dai sentimenti, non prima di compiere la sua missione.

La campanella della fine delle lezioni era appena suonata, gli allenamenti stavano per iniziare.

Sentiva che era il momento giusto, e controllare sul calendario appeso in classe fu solo un'inutile conferma, così come la visione delle nuvole scure piene di pioggia fuori dalla finestra.

Ora stava solo a lui decidere come agire.

 

Seguì Oikawa giù dalle scale verso la palestra.

Non parlarono affatto, esattamente com'era successo quel giorno, ma questa volta era Iwaizumi a nascondere qualcosa, ed era completamente concentrato sulle mosse che avrebbe dovuto fare per mettere al sicuro la farfalla ed evitare l'uragano.

Tooru dovette chiamarlo due volte per ottenere la sua attenzione: "Iwa-chaaaan? Cos'è quello sguardo così corrucciato? C'è qualcosa che ti preoccupa?".

"Tu" avrebbe voluto rispondere Hajime, ma si trattenne, limitandosi a dire a Tooru che doveva parlare col coach e di aspettarlo nello spogliatoio con gli altri.

 

Iwaizumi spaziò con lo sguardo in tutta la palestra: a giudicare dal punto di ripresa del video, Aoki doveva averlo girato da dietro i grandi tappeti di gommapiuma ammucchiati in fondo all'edificio. Davvero li aveva osservati per chissà quanti allenamenti aspettando solo che lui e Tooru litigassero per trovare il momento favorevole per attuare il suo piano e liberarsi di entrambi?

Hajime doveva andare con i piedi di piombo con una persona capace di una tale psicosi, una persona che non aveva esitato ad accoltellare a morte il suo migliore amico solo per invidia... ma quanti danni poteva fare un odio covato per anni?

 

Mentre ancora annaspava in questi pensieri, Hajime si avvicinò al coach Irihata: "Coach... dovrei parlarle di una questione molto importante che riguarda Oikawa... ha tempo di ascoltarmi?" chiese con tono calmo e misurato, cercando di non far trapelare la sua agitazione.

 

Ci aveva pensato a lungo.

Il suo primo pensiero era stato quello di giocare d'anticipo e dissuadere Aoki, con le parole o con la forza se necessario. Ma di cosa poteva essere capace quel ragazzo? Davvero sarebbe bastato affrontarlo da solo o avrebbe rischiato di mettere nuovamente in pericolo Oikawa, dal momento che lui era a conoscenza delle minacce che avrebbero dovuto rimanere segrete? Del resto Kyotaro possedeva un coltello, e non era escluso che fosse abbastanza fuori di sè da utilizzarlo anche contro di lui.

Ci aveva pensato a lungo, e alla fine aveva deciso che, come aveva detto anni prima a Tooru, avrebbe puntato sul gioco di squadra.

 

Aveva raccontato tutta la storia a Irihata-san, soprassedendo sui viaggi nel tempo, e il coach lo aveva ascoltato con attenzione: ricordava bene Aoki e lo scompiglio che aveva causato in alcune occasioni durante il loro primo anno e si rabbuiò vedendo il messaggio che Hajime aveva trovato nell'armadietto di Tooru.

"Da quando ti conosco sei sempre stato così responsabile, Iwaizumi-kun... mi fido di te, hai sempre sostenuto questa squadra e il suo capitano e se sei preoccupato ti aiuterò. Hai fatto benissimo a parlarmene, hai fatto la scelta giusta. Come insegnante e allenatore, è mio preciso dovere proteggere ognuno di voi da qualsiasi tipo di minaccia".

Hajime tirò un sospiro di sollievo, inchinandosi due volte davanti al coach.

 

Era poi venuto il turno di Issei e Takahiro, a cui aveva raccontato a grandi linee tutte le sue vicissitudini e il suo piano: esattamente come nel suo presente, i due gli credettero ciecamente, e si allontanarono per informare gli altri componenti della squadra di avvisare loro o Iwaizumi se avessero visto qualcosa di strano in palestra, senza dilungarsi in troppe spiegazioni. Hajime ringraziò i kami mille e mille volte per aver trovato amici simili sulla sua strada.

 

Tooru era ancora ignaro di tutto, e se tutto fosse andato come previsto non c'era alcun bisogno che lo sapesse.

 

"Tu mi stai nascondendo qualcosa, Iwa-chan" Oikawa gli apparve alle spalle, facendolo sobbalzare. Quell'idiota lo conosceva troppo bene.

"Pensa ad allenarti, io non ti sto nascondendo proprio nulla, idiota di un Oikawa!" gli rispose, mentre guardava febbrilmente in ogni direzione.

Anche il coach sembrava all'erta, attento a ogni movimento sospetto.

 

Hajime aveva tirato di proposito alcune schiacciate più potenti del solito, con la scusa di dover andare a recuperare la palla più lontano e poter controllare ogni angolo della palestra senza comportarsi in modo troppo strano. L'ultima palla era finita dietro i famigerati tappetoni, ed esitò per un istante prima di andare a recuperarla... si affacció con il cuore che batteva fortissimo, tanto da sentirlo nelle orecchie come un concerto di tamburi.

Non c'era nessuno.

Hajime tornò pensieroso al fianco di Tooru. E se qualcosa che aveva fatto la volta precedente avesse già cambiato il futuro in qualche modo incontrollabile? E se Aoki non fosse comparso, vedendo che non c'erano le condizioni favorevoli per il suo piano? Cosa avrebbe dovuto fare per avere la certezza matematica che tutto funzionasse?

Perso nei suoi pensieri, calcoló male il tempo di un'alzata di Oikawa, ottenendo una palla in testa e un'esplosione di risate da parte dell'ignaro Tooru.

Per un istante ebbe una gran voglia di prenderlo a pugni, anche se era stato lui ad essersi distratto. Sospirò. Quanto era dolce il suono della sua risata! Si era mai soffermato ad apprezzare semplicemente la sua presenza e le più piccole cose della loro amicizia?

Se ne accorgeva solo dopo essersele fatte scivolare via dalle dita, per non aver cercato prima di comprendere. Ma era ancora in tempo, e non poteva sprecare quell'ultima occasione.

 

Poi si ricordò di non aver guardato nel posto più ovvio: sugli spalti, dove di solito anche durante gli allenamenti si sedevano i tifosi della squadra a provare le coreografie per le partite e le ragazze del fanclub di Oikawa, che avevano il loro posto riservato nella prima gradinata e si beavano di ogni sguardo del capitano della Seijou, che dal canto suo ricaricava così il suo già immenso ego.

Iwaizumi individuò Aya-chan seduta tra le sue amiche e aguzzó lo sguardo fino a che non lo vide: Aoki era sull'ultima gradinata, con la faccia nascosta da una mascherina per il raffreddore e un cappellino in testa. Era concentrato sulla ragazza in prima fila, ma per un istante guardò verso di lui e Hajime si affrettó a distogliere lo sguardo. Fece un cenno a Issei, che individuò Aoki a sua volta e poi annuì, tornando a concentrarsi sull'allenamento.

Era tutto sotto controllo.

Hajime si sforzó almeno di sembrare tranquillo, ma non faceva altro che distrarsi e guardare sugli spalti con la coda dell'occhio, il che gli valse altre pallonate in faccia e una serie di sguardi di Tooru tra il divertito e il preoccupato.

"Davvero, Iwa-chan... sei troppo distratto oggi, cosa ti succede? Sei per caso geloso per le mie ammiratrici?" gli chiese dopo l'ennesima schiacciata fallita con quel suo sorrisetto obliquo "ho visto che guardi continuamente sulle gradinate, c'è qualcosa che non va?"

Del resto, anche Tooru sapeva leggerlo come un libro aperto.

 

Le tre ore di allenamento finirono in fretta, ma questa volta Tooru e Hajime seguirono gli altri nello spogliatoio. Iwaizumi fece una doccia veloce ma indugió ad asciugarsi, mentre gli altri andavano via a gruppetti. Oikawa come al solito aveva passato lunghi minuti a ripiegare ordinatamente i suoi vestiti nella borsa, per poi prepararsi ad una delle sue lunghe docce post allenamento. Hajime lanciò uno sguardo d'intesa a Takahiro e Issei, che uscirono dallo spogliatoio chiudendosi la porta alle spalle.

Ora doveva solo aspettare qualche minuto che fossero completamente soli e sperare di essere credibile. Oikawa era chiuso nelle docce da almeno dieci minuti, ma probabilmente ci sarebbe rimasto ancora almeno altrettanto tempo; la musica del suo cellulare (uno dei motivi per cui amava restare sempre nello spogliatoio tra gli ultimi, fiducioso nel fatto che Iwaizumi lo avrebbe aspettato comunque) era a volume piuttosto alto e le docce erano distanti dalla porta dello spogliatoio, perciò con ogni probabilità non avrebbe sentito nulla. Hajime aspettó il messaggio concordato con Takahiro, poi deglutí, prese un respiro e urlò quella dannata frase che aveva fatto tanto male a entrambi, anche se stavolta era rivolta contro il vuoto. Speró con tutto il cuore che funzionasse.

Uscì, sbattendo la porta.

Sotto la doccia, Tooru si stava passando il balsamo tra i capelli canticchiando tra sé, ignaro di tutto.

Uscito dallo spogliatoio, Hajime colse subito un movimento che la prima volta gli era sfuggito, occupato com'era a cercare inutilmente di dominare la rabbia.

 

* * *

Aoki sentiva che finalmente era il momento giusto. Era un segno, il suo piano non poteva fallire. Quel maledetto sarebbe rimasto da solo per ultimo nello spogliatoio come sempre, avrebbe solo dovuto trovare il modo di liberarsi di quell'altro bastardo che gli stava sempre appresso come un'ombra o una dannata guardia del corpo. Li odiava, li aveva odiati fin dall'inizio, perché gli avevano messo contro il coach e tutta la squadra. Odiava soprattutto Tooru, che aveva tutto ciò che a lui mancava.

E poi eccolo, il colpo di fortuna.

"Sono un fottuto genio" disse tra sé, accarezzando l'acciaio della lama nascosta sotto la giacca.

Stavano litigando, stavano litigando e lui era lì, e il suo piano avrebbe avuto una copertura perfetta, inattaccabile. Si sarebbe liberato di entrambi e si sarebbe discolpato in un colpo solo. Prese il cellulare e accese la modalità video, riuscendo a ottenere una ripresa accettabile in cui si sentiva l'urlo di Iwaizumi e si vedeva il vicecapitano sbattere la porta. Sorrise, vittorioso.

 

Lo seguì a distanza, per controllare che effettivamente se ne andasse.

Aveva studiato il piano nei minimi dettagli, non poteva permettersi nessun passo falso.

 

* * *

 

Hajime uscì dalla scuola sotto la pioggia, camminando lentamente sotto l'ombrello. Doveva far sì che Aoki si concentrasse su di lui, doveva distogliere la sua attenzione da Tooru. Invece di andarsene rimase fermo davanti al cancello, verificando con la coda dell'occhio che Aoki lo stesse seguendo. Non aveva paura per Tooru, perchè aveva chiesto a Issei e Takahiro di restare nascosti nei pressi della palestra ancora un po', in caso Oikawa fosse uscito prima del previsto.

 

* * *

Avevano litigato, quindi lui avrebbe dovuto andarsene, no?

Perchè allora quel dannato Iwaizumi era ancora lì, in attesa di Oikawa? Quello sarebbe stato il posto e il momento perfetto per attuare il suo piano, sotto la pioggia e nella penombra della sera: aveva perfino studiato l'angolazione delle telecamere in modo che il suo viso non venisse inquadrato, e il colpo di fortuna del video avrebbe coronato la riuscita della prima parte di esso, che consisteva nell'incastrare Hajime come unico sospettato. E invece quello stronzo era lì, immobile.

Poco male, avrebbe ucciso anche lui.

In fondo era anche colpa sua se al primo anno era stato ostracizzato dal club, era colpa sua e di quegli stupidi discorsi sul gioco di squadra. Oikawa oltre ad avergli precluso il posto di titolare nella squadra gli aveva rubato qualunque possibilità potesse avere con Aya-chan, ma anche Iwaizumi non era innocente.

Era un peccato dover rinunciare a quella fantastica copertura, ma finchè Hajime non se ne fosse andato non avrebbe potuto sorprendere Oikawa da solo e godere al massimo della sua vendetta.

In fondo, avere sulla coscienza una o due persone non faceva nessuna differenza, se questo significava uscire dal suo incubo personale.

 

* * *

Non era riuscito a pensare niente di meglio, Hajime.

Si era fermato proprio davanti alla scuola, sotto il diluvio, nel punto esatto dove aveva sorretto Tooru agonizzante quella maledetta sera.

Aveva affidato il resto agli altri, Oikawa non si sarebbe fatto alcun male.

Ci aveva pensato a lungo, ma non aveva trovato una soluzione migliore.

Non gli importava cosa potesse succedergli, in quell'istante ogni fibra del suo essere aveva l'unico obiettivo di proteggere Tooru, e se Aoki avesse deciso di aggredire anche lui perchè ostacolava il suo piano, era lì ad attenderlo.

 

E così eccolo, dannatamente prevedibile.

Non aveva l'ombrello, ma teneva calcato sulla testa il cappuccio di quella giacca quasi identica alla sua. Camminava lentamente nella sua direzione, pensando che Hajime non l'avrebbe visto avvicinarsi perchè la sua visione periferica era limitata dall'ombrello.

 

"Ti ricordi di me, Iwaizumi Hajime?" aveva chiesto in un sussurro, mentre tirava fuori la mano destra nascosta dentro la giacca e scopriva la lama affilata del coltello.

Hajime chiuse gli occhi, attendendo un'esplosione di dolore che non arrivò mai.

 

"Fermati immediatamente, Aoki-kun. Se proseguirai nel tuo intento non farai altro che dimostrare che quel giorno abbiamo avuto ragione a cacciarti dalla squadra per il tuo comportamento violento." era la voce del coach Irihata, ferma e autorevole come sempre.

Iwaizumi aprì gli occhi.

La squadra al completo era lì, sotto la pioggia battente, e li circondava.

C'era anche Tooru, con un'espressione indescrivibile che non gli aveva mai visto prima.

 

Prese la parola il coach Mizoguchi, che era stato messo al corrente da Irihata-sensei: "Lascia cadere immediatamente quel coltello se non vuoi che la tua posizione peggiori ulteriormente, abbiamo chiamato la polizia e tu non vuoi passare il resto della tua vita in prigione, vero?"

 

"Vi odio... tutti" ringhiò sommessamente Aoki, messo con le spalle al muro.

Aprì e richiuse la bocca, con il volto deformato dalla rabbia. Per un terribile istante Hajime pensò che sarebbe impazzito del tutto, vibrando colpi alla cieca.

Poi, inaspettatamente, Aoki lasciò cadere il coltello, che finì sommerso per metà in una pozzanghera ai suoi piedi.

Le sirene della polizia si sentivano già, in avvicinamento.

 

* * *

Una volta che Aoki fu ammanettato e portato via e sullo spiazzo antistante la scuola rimasero solo loro due, Hanamaki e Matsukawa, Oikawa non potè più trattenersi.

"Sei uno stupido, Iwa-chan!" singhiozzò, perdendo di colpo tutto il suo contegno e prendendolo a pugni sul petto, per poi abbandonarsi in un abbraccio e iniziare a singhiozzare ancora più forte, con il volto rigato dalle lacrime e dalla pioggia. "Non hai pensato che mi sarei preoccupato? Mi hai tenuto all'oscuro... di una cosa del genere... per proteggermi, ma come hai potuto pensare di metterti in pericolo fino a questo punto? Iwa-chan... sei così crudele a pensare che io avrei potuto vivere senza di te...".

Hajime guardò le espressioni colpevoli di Issei e Takahiro, che evidentemente erano stati costretti a rivelargli tutto, poi sospirò e ricambiò l'abbraccio, scogliendo in un istante il nodo di tensione che l'aveva tenuto imprigionato da giorni. Alzò lo sguardo, incontrando gli occhi pieni di lacrime di Tooru, poi lasciò cadere l'ombrello e premette con forza le labbra sulle sue, lì, all'improvviso.

Oikawa spalancò gli occhi ma ricambiò con foga, come se non avesse aspettato altro per tutta la vita.

 

* * *

 

EPILOGO

 

Hajime aprì gli occhi, confuso.

Ci mise un istante di troppo a capire che il luogo dove si trovava non era la sua stanza né il salotto di casa Hanamaki, ma era comunque un posto che conosceva molto bene. Quel lampadario a forma di astronave l'avrebbe riconosciuto tra mille.

Era quasi mattina, e la luce di un'alba gelida filtrava timidamente dalle tapparelle della stanza di Oikawa. Si girò di lato per abbracciare con lo sguardo i lineamenti perfetti di colui che era stato il suo migliore amico, ma evidentemente in quella settimana andata irrimediabilmente perduta nel flusso temporale era diventato qualcosa di più... Glielo dicevano i vestiti abbandonati sul pavimento, il calore del corpo nudo di Tooru che sfiorava il suo sotto le coperte, la sua mano che stringeva forte quella di Hajime, intrappolandola in una piacevole morsa.

 

L'aveva inseguito nei ricordi, l'aveva riportato indietro perfino dalla morte, aveva messo a rischio la sua stessa vita pur di poterlo riavere accanto. Non avrebbe permesso mai più che il suo tesoro più grande gli venisse strappato.

Lo svegliò delicatamente con un bacio a fior di labbra, e gli occhi dalle lunghe ciglia di Tooru si aprirono lentamente, incatenandosi ai suoi.

"Sai, Iwa-chan?" sussurrò Oikawa, una volta che le loro labbra si furono allontanate di qualche centimetro, anche se sapevano entrambi che era solo questione di pochi istanti "Stanotte ho sognato di annegare. Andavo giù, sempre più giù, non riuscivo più a vedere la superficie. Non riuscivo a muovermi, e tu non c'eri. Poi mi arrendevo, abbandonandomi alla corrente, e allora ecco apparire la tua mano tesa verso di me, le tue braccia a sostenermi e a riportarmi a galla... Ti amo, Iwa-chan."

 

"Ti amo anch'io, idiota di un Oikawa."

 


Time stands still
Beauty in all he is
I will be brave
I will not let anything take away
What’s standing in front of me
Every breath
Every hour has come to this
One step closer

I have died everyday waiting for you
Darling don’t be afraid I have loved you
For a thousand years
I love you for a thousand more

And all along I believed I would find you
Time has brought your heart to me
I have loved you for a thousand years
I love you for a thousand more.

("A Thousand Years", Christina Perri)



...e così è finita.
Questo capitolo finale è dedicato alle due persone a cui tengo di più al mondo, che mi hanno ascoltata e sostenuta nei miei momenti di disagio e hype durante la stesura di questa storia così come negli ultimi 9 anni... mi sento sentimentale perchè i finali mi fanno sempre un brutto effetto, quindi lancio tutto l'amore del mondo alle mie due donne, Sawako_RagDOLL e OnnanokoKawaii ❤ (Visto? Alla fine anche io riesco a fare un happy ending se mi impegno! Ditemi che sono brava, su)

Per quanto riguarda Sawako, il suo contributo a questo capitolo si è concretizzato anche in quel bellissimo (a parte la mia faccia, perchè sono un Iwaizumi indegno) collage pubblicato all'inizio, nato da una sua idea e creato in un pomeriggio delirante di foto che ha generato le peggio cose IwaOi: tutti i credits sono suoi e non smetterò mai di ringraziarla per avermi proposto di rendere tangibile una cosa scritta da me, il che mi regala un sacco di feels ❤ Inoltre le ho preso in prestito l'headcanon di Tooru che canta sotto la doccia, perchè è una cosa troppo preziosa per non essere scritta ovunque (leggete la sua ultima one-shot e amatela.)

OnnanokoKawaii è stata fin dall'inizio la mia consigliera n°1 per quanto riguarda Oikawa nonchè la salvatrice di questo capitolo finale, che ho riscritto diverse volte e mi ha disagiato oltremisura. Spero che questo finale zuccheroso compensi almeno un po' tutte le lacrime che ti ho fatto versare con quelli precedenti (anche se tu fai decisamente di peggio *coff*) ❤ 

Tornando a noi, visto che qui sennò mi partono i sentimentalismi potenti e inizio a vomitare cuoricini (e ho una fama da brutta persona che dispensa angst da difendere) ringrazio anche tutte le persone che hanno lasciato recensioni a questa storia, sono ancora piacevolmente sorpresa di aver ricevuto così tanti commenti e ho una gran voglia di iniziare a dedicarmi a qualche altro progetto su questo pairing che ho scoperto di amare ancora più di quanto pensassi!
Attendo i vostri pareri su questo lunghissimo ultimo capitolo, sperando di non aver deluso le vostre aspettative~

Ora mi eclisso, ma ci si rivede presto in questo fandom, è una promessa!!

_Kurai_ 

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