The day we met

di Melaa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Risveglio ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Oggi è il 22 Marzo e sono in un letto d'ospedale da tre giorni. 
Tutto per colpa di un fottutissimo stronzo che, sebbene fossi sulle strisce pedonali,non si è fermato e mi ha preso in pieno una gamba. Sono stata fortunata però: ho una gamba rotta e cadendo ho battuto la testa, ma comunque senza gravi conseguenze. Insomma, sarebbe potuto andare peggio! 

Oggi è il mio compleanno, ma come ripeto, anche se mi dispiace passare i primi giorni da maggiorenne qui, mi ritengo molto fortunata.

Non si può dire lo stesso del mio compagno di camera: un ragazzo che avrà circa la mia età. Non so cosa gli sia successo, ma ha bisogno dell'ossigeno per respirare e ha una flebo attaccata al braccio destro. Aimè, è in coma.

Ogni giorno viene una donna con un bambino di circa due anni a trovarlo, e il piccolo ogni volta si corica sul petto del ragazzo e lo abbraccia, mentre la signora gli parla. 

Una volta le ho chiesto: "Credi che lui ti senta?" Lei mi ha sorriso e mi ha detto: "Non lo so, ma io ci provo. Spero di riportarlo indietro da noi, ci manca molto." 

Io non le ho fatto altre domande per discrezione e lei non si è divulgata ma abbiamo fatto amicizia; è molto premurosa, sia con me che con il ragazzo.
Invece da me vengono sempre i miei genitori, la mia migliore amica Mery, a volte alcuni amici e anche compagni della mia scuola. Tra 6 giorni mi dimettono, e, non vedo l'ora, finalmente ritornerò alla mia vita normale.


Mi chiamo Lisa, sono in un letto d'ospedale, e oggi compio 18 anni.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Oggi è il 23 Marzo. Tra 5 giorni mi dimettono.
Stare in ospedale è una noia. Non posso fare nulla, o meglio: potrei camminare, ma dovrebbe esserci qualcuno ad accompagnarmi, e poi è una seccatura. Posso solo leggere, messaggiare o ascoltare musica.

“Ehi, Lisa!” quell’uragano della mia migliore amica mi si butta quasi addosso.

“Stordita, ti ricordi che ho una gamba rotta e la testa pesante? Se evitassi di appoggiarti e urlare, mi faresti un favore.”

“Oh, scusa” diventa tutta rossa “come stai oggi?”

“Sempre uguale. E tu? Come va con Christian?”

“Oh io tutto bene, e Christian.. beh.. non sono ancora riuscita a dirglielo. Perchè si ha così paura di dire a una persona che ti piace?”

“Perchè hai paura di perderla, amica mia. Però devi dirglielo, altrimenti avrai il rimpianto per tutta la vita, no? Meglio mille rimorsi che un solo rimpianto.”

“Hai ragione, domani mi faccio coraggio e glielo dico.” Lancia un’ occhiata al letto vicino al mio, in cui c’è il ragazzo in coma. “Non si è ancora svegliato?”

Lo guardo anch’io. “No, nulla. Non fa una piega, poverino. Oggi i suoi genitori e il bambino non sono ancora venuti a trovarlo.”

“Accidenti, mi dispiace che stia così. Infondo è pure carino.”

“Meryyyyy, smettila! E Christian??” Mi giro verso di lei e le tiro un buffetto in testa.

“Christian è Christian. Eppoi ho solo detto che è carino!”

“Sì, lo è” dico rigirandomi verso di lui.

 
Dopo che la mia amica se n’è andata non ho più avuto nulla da fare. Almeno però qualcuno qui è in compagnia: sono arrivati i (credo) genitori del ragazzo. Per lasciargli un po’ di privacy mi metto le cuffie e ascolto la musica, ma poi mi addormento.
 
Mi sveglio e mi guardo intorno, notando che quelle persone sono ancora lì. Ma quanto tempo è passato? Cerco l’orologio, segna che sono le 19:30. Ho dormito circa un’ora. Faccio un movimento brusco con la gamba e mi viene una fitta lancinante. “Ahi!!!!”
Subito i signori si girano verso di me, e la signora mi dice: “Hai bisogno d’aiuto?Tutto a posto??”

“Si tutto a posto, grazie, ho solo fatto un movimento brusco. Scusate, non volevo interrompervi.”

“Ma figurati, cara.” Si avvicina a me. “Hai fatto una bella dormita. Ti annoi molto qui?”

“Abbastanza. E.. se posso, il ragazzo come sta?”

La vedo rattristarsi. “Oh.. sempre uguale. E’ stabile ma non si sveglia. Non sappiamo più cosa fare. Sappiamo solo che vogliamo che il nostro bambino torni a casa.”

“Oh, ma quindi è vostro figlio??” Accidenti Lisa, che delicatezza! “Volevo dire, mi scusi per la domanda, non volevo rattristarla. Allora.. è vostro figlio? Intendo, accidenti, sembrate molto giovani!”

Questa volta mi risponde il padre. “Sì, lo abbiamo avuto da giovani.” E mi sorride.

“E la storia si è ripetuta” mi risponde la signora. Cosa vorrà dire “la storia si è ripetuta?”

“Ah.. capisco” che imbarazzo. Ma gli affari miei potrei anche farmeli, accidenti!

“Comunque io mi chiamo Cristina  e lui è mio marito Luca, piacere di fare la tua conoscenza.”

“Io mi chiamo Lisa, piacere mio.”

“Hai bisogno di qualcosa, Lisa? Non so, acqua, qualche schifezza da mangiare..”

“No grazie, sono a posto, ma grazie mille comunque, davvero. Siete gentili. Tra poco finisce l’orario di visite, e non vorrei rubarvi altro tempo prezioso con vostro figlio..”

“Oh tranquilla cara. Lui sa che siamo qui.”

“Ne sono sicura. Spero davvero per voi che si riprenda presto.”

“Lo speriamo anche noi.. ci manca così tanto il nostro bambino..”

“Abbiate fede, signori.”

Dalla porta fa capolino un infermiere, che dice: “L’orario delle visite è finito, signori.”

“Ok, andiamo via subito” risponde Luca.

“Cara Lisa, è stato un piacere finalmente sapere il tuo nome. E’ da qualche giorno che ci vediamo ma non te l’avevo mai chiesto. Sei davvero simpatica e sei proprio una bella ragazza. Ci vediamo presto!”

“Grazie signora, e grazie anche a lei signore, per aver speso del tempo con me. Arrivederci!”

“Ciao, Lisa.”
Vanno ancora a dare un ultimo saluto, poi sorridendo se ne vanno.
 
E’ notte quando sento degli infermieri entrare in camera mia e urlare: “Codice rosso, codice rosso!” Ma io sono ancora mezza addormentata e non capisco molto.  Vedo solo che accendono la luce e trascinano via il mio compagno di stanza.
Oddio.

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Capitolo 3
*** Risveglio ***


Un altra bellissima giornata in ospedale mi sta aspettando. Gli infermieri sono appena venuti a svegliarmi, tra poco mi portano la colazione e poi vengono a farmi un controllo, ma non ne ho la benchè minima voglia.
Di colpo mi viene in mente quello che è successo stanotte. Aspetta, l’infermiera non se n’è ancora andata come al solito dalla mia camera. Ma allora..
Mi giro di scatto (facendomi di nuovo male, accidenti a me) e rimango sbalordita, avrò sicuramente la faccia da pesce lesso. Il mio compagno di stanza è qui, vivo e vegeto. Soprattutto sveglio.
L’infermiera dopo averlo aiutato a sedersi comodamente se ne va, allora lui guardandola andare via si accorge di me.
La prima cosa che ho pensato è stata ‘wow’ la seconda ‘è un miracolo’.
Mi sto facendo la figura dell’idiota, perchè anche lui rimane a fissarmi. Distolgo lo sguardo e nascondo il viso tra i miei capelli, per non far vedere le varie tonalità di bourdeaux che ho sulle guance.

“Ciao”. E’ poco più che un sussurro, ma io lo sento chiaro è forte.

Mi giro di scatto verso di lui e ricambio il saluto, con un sorriso. “Ciao. Scusa se ho reagito così ma è che.. praticamente mi ero abituata ad essere da sola in camera.” Andiamo, non hai niente di meglio da dire?

Comunque piacere, Lisa. Tu come ti chiami?”

“Io mi chiamo Alessandro, piacere. Verrei a stringerti la mano, ma..” si indica i tubicini dell’ossigeno che gli escono dal naso “non so esattamente come muovermi”

“Oh, non importa.” Cerco le stampelle vicino al letto e cerco di alzarmi. Quasi non so nemmeno più come si cammini, ormai. Mi siedo sulla sedia accanto al suo letto e gli do la mano. Gli sorrido, e quando lui mi da la sua sento uno strano brivido sulla pelle, che dalla mano si propaga in tutto il resto del corpo.

“Ecco. Ora siamo a posto” gli sorrido di nuovo e mi stacco da lui.

“ Come mai sei qui?”

“Oh, ho avuto un piccolo incidente, ma me la sono cavata con poco. E tu?”

“Idem, ma ho avuto qualche problemino in più.”

“Beh.. però ora sei qui, sveglio. La tua famiglia veniva tutti i giorni a trovarti, tua mamma ti parlava sempre. Poi c’era un piccolino che ogni giorno si accucciava su di te.”
Gli luccicano gli occhi e un sorriso enorme si fa largo sul suo viso. Che dolce.

“Il mio tesoro..”

“Siete molto legati?” Mi rendo conto della domanda che gli ho fatto e gli dico: “Scusa, non volevo essere invasiva.”

Ride di gusto. “Ma quale invasiva, figurati. Comunque si, siamo molto legati..”
Viene interrotto dall’ infermiera che entra e mi guarda come se avessi ucciso qualcuno.

“E tu signorinella? Dovresti avere qualcuno vicino pronto ad aiutarti quando vuoi alzarti, almeno per le prime volte. Potresti cadere e farti male! La prossima volta chiama.”

“Mi scusi.”

“Non importa. Ma che non capiti più. Siamo intesi?” Mi ammonisce addolcendosi. Si avvicina e dolcemente mi aiuta a rimettermi a letto. Ci porta la colazione e se ne va.
Accidenti a lei che ci ha interrotto, chissà cosa stava per dirmi!
Mangio un po’ di fette biscottate con la marmellata, non ho molta fame ma mangio per tenermi in forze.
Vedo Alessandro che fa un po’ fatica, gli chiedo se vuole una mano ma dice di no. Chiamo l’infermiera, mi faccio alzare e mi faccio accompagnare di nuovo sulla sedia accanto al letto del mio compagno di stanza e appena lei se ne va, dopo qualche protesta del ragazzo, inizio a spalmargli la marmellata sui biscotti. Con uno sguardo truce mi fa una linguaccia.

“Quanti anni hai?” mi chiede addentando una fetta biscottata.

“18. E tu?”

“20. Raccontami un po’ di te. Vai a scuola?”

“Frequento ragioneria, ma non è la scuola che avrei scelto. Avrei voluto fare l’artistico, ma i miei genitori non volevano, e quindi..”

“Perchè non hai preso le redini della questione tu?”

“Non volevo deluderli. Ai tempi avrei fatto di tutto per renderli felici, per compiacerli. Ma ora mi rendo conto dell’errore che ho fatto.. ma non posso tornare indietro.”

“Però puoi sempre farlo un giorno. Magari non andare a scuola, ma fare le cose per conto tuo. Studiare, e quelle cose lì. Potresti fare un corso da qualche privato.. no?”

“Beh si, ho già qualcosa in mente e un giorno, magari, farò quelle cose. Sempre se non cambio idea prima.”
 Gli sorrido, e lui ricambia. Che bel sorriso che ha.

“In quel caso comunque farai qualcosa che vorrai tu. Non che ti ha imposto qualcun’altro.”

“Non preoccuparti, sono cambiati quei tempi. E tu invece cosa fai nella vita?”

“Io lavoro, faccio il barista in un pub qui in città. Mi piace molto, si sta sempre a contatto con la gente e ciò mi fa bene.”
Qualcuno bussa alla porta, e dopo aver detto entrambi: “Avanti!” vediamo entrare Luca, il papà di Alessandro, che subito corre ad abbracciarlo.

“Figlio mio!”

“Papà, mi stai strozzando.”
Mi sento decisamente di troppo, decido allora di alzarmi e mettermi a letto. Sto facendo un chiasso tremendo e entrambi si girano verso di me, e Alessandro mi dice: “Guarda che non sei di troppo. Puoi stare qui con noi!”

Solita frase di circostanza. “No no tranquillo, mi metto a studiare qualcosa, per non rimanere troppo indietro.” Faccio un po’ di fatica e allora Luca si avvicina e mi aiuta. Lo ringrazio e cerco il libro di Matematica, mi corico e incomincio a leggere quelle dannate parabole. Dopo poco entra Cristina, la mamma di Alessandro, con il bambino in braccio.
Mi saluta e va verso suo figlio, per abbracciarlo. Vedo con la coda dell’occhio che gli posa il bambino sulla pancia, e questo dopo essersi buttato sul ragazzo dice: “Papà!!!”

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