The Goody Lady of Tea and the Evil Kitty of Doom and the Mary Sues

di hely_e_Scripsi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ***



Capitolo 1
*** Parte 1 ***


«Sohen, smettila di mangiare quella pianta!»
«E perché?»
«Perché è velenosa!» Sohen sputò diverse foglie, cercando invano di pulirsi la lingua.
«È la prima volta che l'insalata mi tradisce» mugugnò quindi. Sospirai, chiedendomi perché questo deficiente fosse mio amico.
«I draghi, cioè noi, sono carnivori, te ne eri mai accorto? Ora rimettiamoci in marcia, voglio trovare un posto comodo per dormire.»
Proseguimmo. Il cielo stava lentamente sfumando nel rosa del tramonto e il sole basso alle nostre spalle allungava le ombre dei sassi e delle sterpi. Ci guardavamo intorno, scrutando gli angoli in ombra e le cime delle montagne vicine; le piante erano poche e di forme che non avevamo mai visto prima. Serrai le mascelle.
Il sentiero che stavamo percorrendo curvava all'interno, seguendo la forma della montagna. Girando l'angolo avvertii un risucchio sulle squame, come se stessi entrando in acqua. Anche Sohen doveva averlo avvertito, perché sobbalzò e iniziò ad ansimare.
«L'hai sentito anche tu?» chiese.
Annuii. «Sì ma non preoccuparti, non vedo acqua nei paraggi, forse è stato il vento. Sai, come quando ci alziamo in volo e l'aria ci spinge verso il basso» dissi.
Due urli perforanti provenienti dalla nostra destra ci fecero voltare di scatto. Anelli di energia violacea apparvero intorno alle mie zampe bianche mentre mi preparavo ad attaccare, mentre accanto a me Sohen si accucciò e sfoderò gli artigli, pronto a balzare sul nemico. Ci guardammo intorno, ma udimmo solo un rumore di frasche e terra smossa; voltandoci vedemmo due umane correre a rotta di collo verso il castello... aspetta, prima non c'era un castello!
«Sono solo due umane» disse Sohen, rilassandosi. Lasciai sfumare la mia magia, seguendo le umane con lo sguardo: correvano verso il ponte marmoreo che collegava il castello con la montagna su cui ci trovavamo. Uno spostamento d'aria ci fece alzare lo sguardo: un uccello dalle grandi ali nere si stava rapidamente abbassando in direzione del ponte, e atterrò a metà flettendo le zampe. Ma gli uccelli non hanno zampe così lunghe, e neanche rosa!
L'uccello, ignorando completamente le umane alle sue spalle, si mise a contemplare il massiccio portone del castello. Lo osservai meglio: aveva capelli bianchi ricci e un paio di nere orecchie feline. La mora si fermò di colpo: la bionda che era dietro di lei, nell'impeto della corsa, le si spiaccicò addosso e rotolarono entrambe per terra, urlanti, fermandosi ad alcuni metri di distanza dal presunto uccello. Quello si girò, rivelando un corpo umano femminile: spostai lo sguardo sul volto scoprendo un sopracciglio alzato.
«Qualche problema?»
Le umane urlarono di nuovo - Sohen commentò « È un vizio!» - e si voltarono verso di noi, poi verso la ragazza alata, di nuovo verso di noi.
«Non uccideteci!» urlò l'umana più piccola dai capelli neri.
«Non fateci del male!» fece eco l'altra, più alta e con lunghi capelli biondi.
«E perché dovrei farvi del male?» domandò la ragazza alata.
«O uccidervi?» aggiunsi io.
«Avete mica delle caramelle?» chiese Sohen. Lo guardai spalancando gli occhi, scorgendo la ragazza alata fare lo stesso, mentre le umane continuarono a fissarci terrorizzate.
«Che c'è? A me piacciono le caramelle.» Si difese lui. «Mi chiamo Sohen, comunque» aggiunse rivolto alle umane.
«Non ho mai incontrato un drago a cui piacciano le caramelle» osservò la ragazza alata.
«Difatti c'è solo lui, ma tu ignoralo. Credo che abbia battuto la testa, da cucciolo. Io sono Neth.» dissi io.
«Ah, siamo già passati alle presentazioni? Io prima calmerei 'ste due» disse la riccia, indicando le due umane piagnucolanti davanti a lei.
Io e Sohen ci avvinammo e le due si ritrassero.
«Non abbiate paura!» mormorai il più dolcemente possibile. Non dovetti sembrare molto rassicurante, perché le donne si strinsero l'una all'altra fissandomi.
«Certo, non c'è niente da temere in due creature grosse il triplo di voi con zanne affilate e artigli come rasoi.» Fu il contributo della ragazza alata. La bionda spostò lo sguardo da me a Sohen alla riccia, e mormorò:
«Davvero non volete mangiarci?»
«No aspetta, mi hai frainteso: io adoro mangiare umani per colazione.» A seguito di questa uscita la ragazza alata si guadagnò una mia occhiataccia dal cristallino significato: stare zitta!
La mora si girò verso la bionda, sussurrando:
«Dici che possiamo fidarci?»
«Massì» rispose l'altra. «Se avessero voluto mangiarci l'avrebbero già fatto» Si riscosse.
«Io sono Lisabelle Averno.»
Bel cognome rassicurante, pensai.
«Io Owattibel Phönix» disse l'altra. Ci fu un coro di ''EEH?''
«Eh cosa?! Lamentatevi con i miei» protestò Owattibel.
Ci girammo tutti verso la ragazza alata, che alzò le mani in segno di resa.
«Cos'è, un interrogatorio? Mi chiamo Khamira, va bene?» Annuimmo.
Udii un ansimare proveniente da sotto il ponte, nel baratro: sulle prime pensai fosse il vento, ma quando l'ansimare assunse toni di molto colorite imprecazioni, sporsi la testa. Altre due umane si stavano arrampicando sulla parete del burrone, con l'ausilio di strani strumenti e corde. La rossa alzò la testa e spalancò gli occhi, e dalla mano le cadde uno di quegli strani oggetti che stava attaccando alla roccia.
«Un drago, porca–!» E qui imprecò.
«Ake, che ti prende?!» esclamò la mora; quando a sua volta sollevò lo sguardo, le si rovesciarono gli occhi e lasciò andare la corda: restò appesa all'intreccio di corde e nastri che aveva intorno alla vita. Khamira si avvicinò e sporse la testa.
«È una festa?»
«Che diamine siete?» urlò la rossa mentre tirava calci alla compagna svenuta.
«Io sono Khamira e tu sei maleducata.»
«Sohen!» disse il drago rosso sprizzando felicità da tutti i pori.
«Owattibel...»
«Lisabelle Averno.» La interruppe la bionda con voce squillante.
«E io sono Neth, puoi smettere di scalciare, non ti faremo niente.»
«Oh, ma io non scalcio perché ho paura, sto solo cercando di svegliare Arabelle!» rispose la rossa.
«Potremmo darvi una mano a salire» osservò Lisabelle.
«Ovviamente! Le aiuterai tu a salire, usando la forza del pensiero?» fece Khamira. Lisabelle alzò le spalle e io spiegai le ali viola scuro, lanciandomi nel burrone e planando sino all'altezza delle arrampicatrici.
«Non ci provare» intimò la rossa.
«E invece sì.»
Presi la corda tra gli artigli e la tirai su.
«I miei moschettoni!» protestò la ragazza appesa, senza curarsi minimamente di stare volando attaccata ad un drago nero. Salii fin sopra al ponte e appoggiai le due ragazze sul marmo.
Owattibel e Lisabelle si chinarono su quella che era stata chiamata Arabelle, dandole leggeri schiaffetti. Sohen si fece avanti: le due ragazze schizzarono in due direzioni differenti nel tentativo di evitare la mole contundente del mio amico. Il drago rosso diede quindi due sonore leccate alla ragazza svenuta.
Arabelle aprì gli occhi e lanciò un grido perforante: Sohen fece un balzo indietro ostentando un'aria offesa.
«Mostri!» urlò Arabelle scattando in piedi.
In quel momento si udì un tonfo. Ci voltammo tutti e vedemmo che le porte del castello si erano spalancate: un uomo in vestaglia color crema con un gran ciuffo biondo sulla testa ci stava correndo incontro.
«Che cos'è tutto questo baccano?» protestò. «Disturbatori della quiete pubblica! Manco sulle montagne si può vivere in pace!»
«Ooooh!» esclamò una voce sconosciuta alle nostre spalle: ci voltammo a fronteggiarla.
«Quale essere mirano le mie pupille?» disse la tipa apparentemente apparsa dal nulla, con una veste verde e una sacca sulle spalle da cui spuntava una penna d'oca.
Sguardi confusi vennero lanciati a destra e a manca, ognuno cercando l'essere che miravano le sue pupille.
«Che essere?» sbottò la rossa.
«Quello che è locato alle tue poderose spalle» spiegò la nuova venuta. L'arrampicatrice si girò, per trovarsi nella traiettoria del seccato sguardo giallo di Khamira.
«Nessuno ha mai visto uno zhart da queste parti?»
«Io no» disse allegramente Sohen, mentre seguiva una farfalla.
«Posso azzardare una domanda senza venire ucciso o mutilato?» chiese l'uomo in vestaglia.
«Certo» dissi io, udendo Khamira borbottare: «Perché tutti pensano che io debba uccidere qualcuno?»
«Da dove siete spuntati fuori?» domandò l'uomo color crema. «La domanda vale per tutti»
La tizia in fondo al ponte socchiuse gli occhi: «Vorresti forse insinuare di non aver mai sentito parlare di me?» aggiunse, avvicinandosi con la fronte corrugata.
«Ehm, veramente vorrei» puntualizzò l'uomo.
«Ma è inaudito! Inconcepibile! Assurdo!» La donna agitò le braccia al cielo. «Chi non ha mai sentito parlare di me, la grande Ottawia l'Eccelsa?!» Squadrò tutti con aria contrariata.
Sei mani e due zampe di alzarono. Ottawia l'Eccelsa incrociò le braccia sul petto e mise il broncio.
«Quindi? Che ci fate qui?» ripeté l'uomo.
«Bella domanda» disse Khamira.




*We're back folks!

Dopo aver momentaneamente abbandonato le Storie Sconnesse, siamo tornate con questo crossover tra... Indovinate.
I nostri OC!
E dopo questa lunghissima introduzione, vi salutiamo!
Alla prossima, funghetti!*

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Capitolo 2
*** Parte 2 ***


Parte II

 

 

 

 

 

Fatte le presentazioni il conte Kremas chiese:

«E cosa fate qua?»

«Te l'ho già detto!» esclamò Kamirah. «È una bella domanda, ma non conosciamo la risposta! Io stavo volando verso Livano quando mi sono ritrovata di fronte il tuo castello e tutta la combriccola»

Ottawia alzò un sopracciglio. «E dov'è situato il suddetto borgo di Livano? Non ne ho mai sentito parlare, pur conoscendo perfettamente questa contrada.»

Kamirah tentò di spiegarle che Livano si trova nell'arcipelago Ilanias e che era strano che non l'avesse mai sentita, essendo una delle principali città di Xorill, ma Ottawia scosse la testa.

«Xorill? Piacciati di apprendere che il nome di questa landa è Regno della Fantasia!»

«Io sapevo si chiamasse Tanüka» intervenne Sohen.

«Ma che cosa dite?!» esclamò Arabelle. «Siamo nel Parco Nazionale di Dahihaho City!»

Owattibel e Lisabelle si guardarono stranite.

«Ma non è il bosco di Tubenville?»

«Veramente questa è la contea di Kremas!» disse il conte color panna.

L'ennesimo urlo lacerò l'aria.

«E basta!» urlò Khamira.

Vidi una ragazza attraversare di corsa il ponte verso di noi. Una donna dai lunghi e fluenti capelli rosso fuoco che cavalcava a pelo un unicorno alato bianco perla sbucò dagli alberi dietro di lei.

Il destriero si impennò davanti al ponte e indietreggiò. La ragazza ci raggiunse e si buttò nell'erba, ansimando pesantemente: il conte Kremas si precipitò a sorreggerla.

La donna ci squadrò tutti con magnetici occhi verdi, poi aprì la bocca dalle labbra rosse e carnose.

«Per questa volta sei salva, ma presto verrai catturata, assieme a quelle altre due imperfette!» urlò con una voce argentina, quindi girò il cavallo.

«Andiamo, Tornadus.»

Il cavallo impennò, lanciando un nitrito potente, e si lanciò al galoppo tra gli alberi.

«Deve arrivare qualcun altro?» domandò Khamira.

La ragazza si mise una mano sul petto fiorente, e una setosa ciocca di capelli viola le cadde a coprire i lucenti occhi grigi.

«Presto... arriveranno!» ansimò la ragazza.

«Ma chi, di grazia?!» esclamò Ottawibel.

Il conte Kremas la aiutò ad alzarsi.

«Le Mary Sue!» esclamò la nuova arrivata.

Owattibel impallidì, indietreggiò e andò a finire addosso a Lisabelle, che la sorresse.

«Oh miei nonni! Oh miei nonni!»

«Anche se i miei nonni fossero ancora vivi, non credo gliene fregherebbe molto della faccenda» commentò Khamira.

«Chi sono queste Mary Sue?» indagò Ottawia. «Sono forse... predone? Guerriere?»

«Peggio!» Owattibel emise un grido strozzato. «Loro sono... Perfette! Loro sono senza carattere! Loro sono LORO!»

«Non ho capito niente» dissi.

Owattiibel rabbrividì.

«Personaggi delle storie senza un difetto! Senza carattere, che spaziano dalla dolce infermierina alla ragazza dark col passato tragico!»

«Tipo quei film fatti apposta per farmi vomitare?» osservò la ragazza con la treccia rossa, che si fa chiamare Ake.

«È un altra cosa!» sbottò Owattibel. «Sono proiezioni dell'autrice nella storia, troppo perfette perché possano essere verosimili. Una persona normale non può a fare tutto alla perfezione.» Rabbrividì di nuovo. «Hanno poteri pressoché infiniti, mancano di spessore e tutti, dico tutti cadono ai loro piedi! Sono la tragedia della letteratura!»

Stavolta fu Ottawia ad impallidire.

«È una cosa tremenda!» esclamò. «Se penso che forse ho mancato di caratterizzare un personaggio come si deve...»

La ragazza tra le braccia del conte Kremas scoppiò in singhiozzi.

«Che ti prende, mia cara?» domandò il conte, asciugandole le lacrime e guadagnandosi un'occhiata di sbieco da parte di Khamira.

«Mi verranno a prendere!» singhiozzò lei. «Ero una Mary Sue anch'io, ma...»

Owattibel cacciò un grido strozzato e scappò dietro una zampa di Sohen, che si mise a fare le fusa.

«Lontano! Lontano da me, essere immondo!» berciò Ottawibel facendo una serie di scongiuri con le dita.

La ragazza scoppiò di nuovo in lacrime sulla spalla del conte Kremas, mentre Lisabelle scoccava un'occhiataccia ad Owattibel.

«Non saltare subito alle conclusioni! Stava per dire qualcos'altro!» Si rivolse alla ragazza e le diede due pacche sulla schiena.

«Non badare a lei» disse con voce pacata. «Continua pure.»

La ragazza tirò su col naso. «Mi sono ribellata. Ero stufa di vivere senza una logica!» Tirò uno spintone al conte Kremas. «Mollami, maniaco!»

A Owattibel scappò l'ennesimo strillo e la Mary Sue abbassò lo sguardo.

«Scusate... e anche tu, scusami tanto...» aggiunse, rivolgendosi al conte Kremas. «Devo ancora formarmi un carattere definitivo. Scusate tanto...»

«Oh, non fa nulla» disse il conte sorridendole.

La Mary Sue arrossì.

«Chce l'uai uno gnome?» domandò Arabelle.

Ci girammo verso di lei e vedemmo che aveva la bocca piena e in mano una tavoletta di cioccolato morsa a metà. Arabelle squadrò tutti con uno sguardo infastidito e inghiottì il boccone enorme che aveva in bocca.

«Beh? Sono cioccolista, io.»

«Anch'io sono una cioccolista, ma non mi sembra il momento per mettersi a mangiare!» disse Ake. «Siamo finite in bellissimo posto, te l'avevo detto che dovevamo venire fin qua!» aggiunse la rossa trionfante. Arabelle fece un gesto di stizza.

«A quest'ora sarei a mangiare cioccolato con Cicero! Mannaggia a te!»

Ake sbuffò. «Altro che cioccolato, qui abbiamo i draghi!»

Sohen fece ciao ciao con la zampa, esibendo un sorriso tutto zanne. Arabelle impallidì.

«Non me ne frega un piripillo! Non ti riconosco più!» mormorò, lo sguardo fisso sulle zanne del drago rosso.

La rossa sobbalzò: «Di nuovo con questo piripillo! Basta!» urlò.

Arabelle alzò gli occhi al cielo.

Sohen si avvicinò alla mora, gongolante. «Me ne dai un pezzo? Uno grosso, però!»

Arabelle lo guardò come se fosse suonato. Probabilmente lo è.

«Manco per sogno! È il mio cioccolato!» Poi si rivolse ad Ake. «E tu sei una traditrice!»

Il drago rosso sgranò gli occhioni gialli e mugolò, fissando Arabelle.

«Ho detto no!» strillò la cioccolista agitando i pugni.

Ritornammo a girarci verso la ex-Mary Sue, che arrossì.

«Beh, mi chiamo Arya Crystal... Ma voglio cambiarlo, non mi piace per niente. E poi, è un nome da Mary Sue.»

«Che ne dici di Xena Anastasia?» propose Ottawia.

Arya scosse la testa. «No grazie! Sono altri nomi da Mary Sue!»

Ottawia sbiancò.

«Che ti prende?» le chiesi.

«Potenze del cielo! Ho chiamato così la protagonista di una mia opera!» sussurrò Ottawia, le goccioline di sudore che le imperlavano la fronte.

«Quanta potenza nelle nuvole!» mormorò Khamira alzando un sopracciglio.

«Sono rovinata! Rovinata!» gridò Ottawia, cadendo sulle ginocchia. «Non appena i lettori scopriranno delle Mary Sue mi considereranno una scrittrice da due soldi! E io sono Ottawia l'Eccelsa

«Suvvia, solo perché ha il nome di una Mary Sue non vuol dire che sia una Mary Sue» la consolò Lisabelle.

Owattibel scattò. «Si inv-hmm!»

Ake, con un gesto fulmineo, le tappò la bocca.

«Eh-ehm!» fece il conte Kremas. «Chiedo scusa, ma questa signorina ha bisogno di un nome.» Si rivolse a lei con un sorriso disarmante. «Ti andrebbe... Alina?»

Gli occhi grigi di Arya scintillarono «Oh sì!»

Sentii Khamira borbottare qualcosa di incomprensibile al cielo.

Si sentirono un tonfo e qualche strillo: ci girammo tutti di nuovo verso Arabelle e la trovammo stesa sotto la zampa bianca di Sohen: il drago rosso aveva rovesciato lo zaino della cioccolista ed era intendo a masticare un mazzo di barrette di cioccolato, carta inclusa.

«Io ti disconosco come amico» borbottai.

«Era mio!» strillò Arabelle, dimenandosi sotto la zampa di Sohen e sputando la pelliccia viola che dalle zampe del drago rosso le era finita in bocca.

«Mi sa che ora non lo è più» disse Ake, osservando divertita la scena.

 

 

 

 

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