First

di SilviAngel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First Kiss ***
Capitolo 2: *** First Fight ***
Capitolo 3: *** First Night ***



Capitolo 1
*** First Kiss ***


Avvertimento!
Questa ff era già stata pubblicata nella sezione LIBRI... ora postata anche in quella TELEFILM


Piccola stupidaggine uscita a posteriori dell’episodio “Malec”.
Ci tengo a fare una precisazione, io sto leggendo i libri, ma quanto troverete qui si appoggia sul verse del TV show. Spero di non essere andata troppo OOC, ma sto ancora assimilando e conoscendo i personaggi.
Quindi qualunque possibile puntualizzazione o critica o altro si basi sull’elemento “ma non è così nel libro” trova qui la sua prima e unica spiegazione e risposta.
Buona lettura.
A questa one shot ne seguiranno ancora altre due/tre.
 
FIRST KISS
Alec camminava avanti e indietro per la sala, prendendosela con rabbia eccessiva con i polsini inamidati della camicia bianca che indossava e odiando senza posa quel dannato papillon che gli toglieva il respiro.
 
Lo aveva fatto per davvero.
 
Aveva baciato lo stregone davanti alla sua famiglia, aveva baciato un nascosto davanti ai membri più illustri del Conclave e, fattore non secondario, aveva baciato Magnus davanti a Jace senza che ciò gli importasse minimamente.
Ora, ripensandoci, stava nuovamente sentendo il fiato fuggire dalla sua gola. Volendo essere del tutto sincero, doveva ammettere che, per un istante, dopo aver guardato Magnus negli occhi e aver rivolto gli stessi subito dopo verso Lydia, aveva pensato di essere in procinto di svenire.
Era quasi certo che avrebbe perso i sensi togliendosi, almeno per il momento e in modo assai scenico, dall’impiccio ma così non era stato.
 
E lei, quella giovane donna sbucata dal nulla una manciata di giorni prima e di cui molti diffidavano, lo aveva liberato pronunciando poche parole.
Liberato da un impegno senza senso, liberato da una maschera che si era cucito rigidamente addosso anni prima, liberato da un assoluto e ingombrante senso dell’onore che non gli aveva procurato altro che costrizioni su costrizioni da quando ne aveva memoria.
Lydia gli aveva detto con semplicità disarmante che meritava di essere felice ed era vero.
Entrambi lo meritavano.
La giovane cacciatrice avrebbe trovato ancora l’amore – Alec lo sperava profondamente – e lui doveva avere il coraggio di vivere quello che aveva in quell’esatto istante tra le mani.
A tutto questo e a molto altro riuscì a pensare il primogenito dei Ligthwood mentre lo stregone mostrava sul tavolo nella stanza accanto al quartier generale gli oggetti magici più potenti che aveva trovato a casa di Ragnor Fell e che avrebbero potuto condurli al Libro Bianco.
Solo quando Jace e Clary se ne andarono, l’immortale si avvicinò, silenzioso come un gatto, permettendo al cacciatore di avvertire la propria presenza al suo fianco.
Alec si voltò e quasi annegò nel sorriso aperto e innegabilmente felice del nascosto.
 
Magnus aveva appena iniziato a parlare, ancora piacevolmente frastornato dalla scena madre che avevano interpretato lungo la navata che conduceva all’altare, quando a passo marziale Maryse fece la sua comparsa, seguita da un quanto mai dimesso Robert.
Lo scontro tra madre e figlio fu meno aspro di quanto tutti i presenti si sarebbero aspettati. La donna sibilò, a un passo dall’esplodere, ogni sillaba pronunciata, come se stesse con estrema difficoltà trattenendo la rabbia che sentiva nel petto, per salvaguardare i brandelli di quella dannata apparenza che aveva contraddistinto l’intera sua esistenza, apparenza che il figlio aveva bellamente mandato in frantumi con un unico gesto genuino.
Stupendo se stesso, Alec riuscì a tenerle testa.  
Da quando aveva scoperto il sordido segreto dei suoi genitori – erano stati entrambi membri del Circolo – essi avevano smesso di incutergli timore o di generare in lui quell’immane rispetto che lo aveva spinto a cercare di somigliare loro in tutto e per tutto, ponendoli entrambi su un piedistallo che per anni era parso irraggiungibile.
Ciò che però più di tutto ferì Alec fu il disgusto, più che palese, con cui la madre aveva sputato fuori la sua ultima parola “Nascosto” e infatti il mancato sposo si era trovato a stringere i pugni con forza per evitare di parlare ancora e peggiorare ulteriormente i rapporti.
 
Quando Maryse e Robert lasciarono la stanza, Alec si rituffò con gioia e una buona dose del suo personalissimo e caratterizzante imbarazzo in quell’universo scintillante, allegro e sarcastico che era Magnus Bane.
Bastarono poche parole allo stregone per alleggerire l’atmosfera e il cacciatore avvertì la tensione sciogliersi e lasciare libero il suo petto e i suoi pensieri.
“Stavo riflettendo su una cosa: non abbiamo ancora avuto il nostro primo appuntamento”
“Hai” iniziò Alec, farfugliando come gli accadeva quasi ogni dannata volta in cui si ritrovava a una distanza troppo breve dall’uomo “Hai ragione. Ti va di, che ne so, andare a bere qualcosa una volta o l’altra?”
“Sarebbe perfetto, lo sai che odio bere da solo. Ritengo però che questo non sia il momento migliore. Tra l’assassinio di Ragnor, Valentine sul piede di guerra, il prossimo necessario e quanto mai odiato incontro con Camille, penso che dovremo rimandare il nostro rendez-vous”
“Sono d’accordo” ammise Alec, voltandosi di lato, così da poter di nuovo e ancora – ne avrebbe mai avuto abbastanza? – godere del sorriso irriverente di Magnus.
Senza accorgersene Alec divenne incapace di allontanare i propri occhi dalle labbra dell’altro che erano sfacciatamente socchiuse, i cui angoli impercettibilmente si piegavano verso l’alto e dalle quali piccoli e perfetti denti bianchi facevano capolino.
“Alexander, ti invito dolcemente a smetterla” quasi cantilenò lo stregone mentre a forza faceva un piccolo passo indietro.
“Cosa?” mormorò il moro, senza comprendere la ragione di quelle parole e, di conseguenza, senza spostare la sua attenzione dalla bocca dell’immortale.
“Se non smetti immediatamente di fissarmi le labbra in quel modo, ti posso assicurare che daremo nuovamente spettacolo, esattamente qui, nel bel mezzo dell’Istituto con buona pace di tua madre, del povero Fratello Silente laggiù in fondo e, fidati, farò in modo che il tuo apprezzatissimo atto eroico di poco fa venga etichettato da tutti i presenti come un bacetto da educanda. Sono stato sufficientemente chiaro?” arretrò ancora Magnus.
Le guance di Alec assunsero varie sfumature di rosso prima che riuscisse a collegare muscoli e cervello, distogliendo finalmente il proprio sguardo per poi abbassarlo immediatamente sui propri piedi.
“Perdonami, io… io non”
“Esattamente, tu non” la voce dello stregone pareva avvolta da un morbida e sottile risata “Tu non hai la benché minima idea dell’effetto che può avere ogni tua azione, sguardo o anche minimo movimento, perché non hai la benché minima idea di quanto tu possa essere affascinante e pericolosamente sexy nella tua ingenuità” sussurrò abbassando il tono parola dopo parola, affinché nessuno potesse anche solo lontanamente correre il rischio di udire quanto stava lasciando la sua bocca.
Deglutendo e infilandosi nervoso le mani in tasca, il giovane cacciatore tentò di stemperare la tensione “Penso sia meglio che io vada a levarmi questi di dosso”
A quelle parole, Magnus alzò gli occhi al cielo prima di prendere un profondo respiro e dire con voce fintamente sconsolata, come se stesse parlando a un bambino che non aveva intenzione di imparare la lezione una volta per tutte “Alec, cosa devo fare con te?”
“Perché?”
“Mi hai appena detto che stai andando a spogliarti. Ora dimmi, che devo fare con te?”
“Devi smetterla! Smettila di travisare ogni mia parola. Smettila di confondermi” reagì Alec, alzando le braccia esasperato, probabilmente più dalla propria incapacità di prevedere e prevenire i doppi sensi che Magnus sapeva scovare ovunque piuttosto che dalle ciò a cui aveva alluso l’altro.
“Oh tesoro, sono stato creato per confonderti” e ridendo lo spinse verso le scale “forza ora vai. Il tempo che avrebbe dovuto essere occupato dai festeggiamenti è oramai agli sgoccioli, bisogna tornare ad occuparsi di Valentine”
In silenzio, ma voltandosi indietro per assaporare ancora una volta lo sguardo dello stregone su di sé, Alec lasciò il quartiere operativo dell’Istituto per recarsi, a passo svelto, nell’ala adibita ad alloggi privati.
Chiusasi la porta alle spalle, Alec si lasciò scivolare lungo il legno scuro, sedendosi a terra respirando in modo lento e ritmico, a occhi chiusi, nel tentativo di riprendere il controllo completo e definitivo su emozioni e ragione.
Chissà se ne sarebbe mai più stato capace? Forse i suoi gesti avevano definitamente rotto gli argini e il corso della sua vita non sarebbe mai più stato lo stesso.
 
Erano passati solo pochi istanti da quando aveva conquistato un attimo tutto per sé che un deciso bussare lo riscosse, costringendolo a rimettersi in piedi e ad aprire la porta.
Isabel non gli concesse neppure il tempo di allontanarsi dalla soglia e gli saltò letteralmente al collo e lui, per non perdere l’equilibrio e rovinare dolorosamente a terra, strinse le braccia attorno al suo corpo, riportandola con i piedi per terra.
“Oh, per l’Angelo! Non hai idea di quanto io sia felice e orgogliosa di te. Mi stai dando forza e”
“Io dare forza a te? Izzy ma che stai dicendo?”
“Niente, lascia stare, non è questo il momento. Anzi, dato che sei qui per cambiarti d’abito suppongo, approfittane per gettare nel fuoco quel completo, non ti sta per niente bene. Quando sarà il momento già mi immagino come ti vorrà abbigliato e…” mordendosi la lingua e comprendendo – dall’espressione completamente incuriosita del fratello – di aver osato troppo, cercò di rimediare mutando discorso “ma non siamo qui per questo. Forza indossa qualcosa di comodo e raggiungici nella stanza di Jocelyn, dobbiamo capire come muoverci ora”
Il ragazzo annuì e Isabel lasciò la stanza, continuando a sorridere felice come Alec non la vedeva da tempo.
 
Rimasto nuovamente solo, lo shadowhunter sciolse con meticolosa lentezza i lacci delle scarpe e, dopo averle sfilate, le spinse sotto un piccolo sgabello, avendo cura di allinearle una all’altra, prima di passare alla fastidiosa fascia che lo stringeva a vita. Nel girarsi su se stesso, vide la propria immagine riflessa nel grande specchio inchiodato alla parete per la prima volta da quando si era vestito per il matrimonio.
La sorella aveva ragione.
Quell’abito dalla foggia eccessivamente mondana non gli si addiceva per nulla. Soffermandosi poi su alcuni dettagli, già immaginava le mani di Magnus sfiorare ora in un punto ora in un altro la stoffa, elargendogli mille mirate espressioni di disgusto per l’eccessiva monotonia.
Quasi sentiva la sua voce nella mente.
Avrebbe detto che non lo slanciava, che gli tagliava male il punto vita annullandogli i fianchi e che assolutamente il bianco non era il suo colore. D’un tratto, Alec si scoprì per l’ennesima volta senza fiato, interrompendo in modo brusco quei pensieri che come rapide furiose avevano attraversato la sua mente.
Da quando in qua sapeva quasi esattamente cosa Magnus avrebbe pensato, cosa avrebbe detto – addirittura quale intonazione avrebbe dato alle parole – e quali espressioni avrebbero rivestito il suo viso facendogli assottigliare gli occhi e stringere le labbra?
 
Quando era accaduto tutto ciò?
 
La domanda si ripeteva nella sua testa, ingigantendosi ogni volta, mentre la fascia di stoffa finalmente veniva abbandonata sul letto e, liberato il bottone dall’asola e lasciata scendere la zip, i pantaloni lentamente si raccoglievano a terra.
Sollevando prima un piede e poi l’altro, uscì da essi, gettandoli poi malamente a far compagnia all’indumento tolto in precedenza.
Oramai perso nei propri pensieri, il rampollo dei Lightwood portò le mani al papillon maledicendo chiunque lo avesse considerato un accessorio elegante dato che aveva impiegato un tempo indefinito per creare un fiocco perfetto e, per assurdo, stava impiegando un altrettanto tempo indefinito per scioglierlo e liberarsene.
Dedicò poi le sue attenzioni ai piccoli bottoni di lucida madreperla della camicia permettendo ai lembi di aprirsi poco a poco. Girando ancora una volta su se stesso e guardando fuori dalla finestra, registrò con un pizzico di ritardo il rumore sottile della porta che nuovamente veniva aperta mentre la voce di Magnus già riempiva la stanza.
“Isabel mi ha detto che mi volevi parlare e di affrettarmi prima che tu… oh per tutti i demoni del-”
Lo stregone non poté terminare la frase. Le parole erano rimaste bruscamente incagliate a metà del loro naturale tragitto, mutando in uno strozzato lieve mugolio di fronte alla sfrontata e inconsapevole bellezza di Alec che ora era lì, di fronte a lui, con indosso una camicia bianca quasi completamente slacciata, un paio di aderenti boxer grigi e i calzini – uno dei due calato storto e per metà sul polpaccio – anch’essi dello stesso colore.
“Magnifico, semplicemente magnifico” tirò fuori a fatica Magnus mentre quell’unica frase era riuscita a riscuotere il cacciatore che, con gesto veloce, aveva richiuso la camicia, accorgendosi con imbarazzo che fosse ben più corta di quanto aveva sperato.
“Cosa ci fai qui?” domandò fingendo una sicurezza palesemente inesistente e incrociando le braccia al petto.
“Ho incontrato tua sorella nel corridoio e mi ha detto di averti appena lasciato in camera e che mi volevi parlare. Suppongo che questo sia il mio pagamento per averla difesa nel processo”
“Pagamento?” le braccia del cacciatore si strinsero ancora di più attorno al proprio busto e dato che l’ultima cosa che Magnus desiderava era mettere realmente a disagio il ragazzo, abilmente deviò su questioni più tranquille.
“Lasciamo stare, ti va?” e, ricevuto un cenno di assenso, riprese    “Ci stanno aspettando di sotto, andiamo?”
“Certo, ma prima dovrei vestirmi”
“Se proprio devi…” sospirò affranto lo stregone ritornando al suo atteggiamento giocoso e ironico, appoggiandosi con un fianco al massiccio tavolo di legno che occupava un lato della stanza, senza levare gli occhi di dosso da Alec.
“Potresti uscire, per favore?”
“Sei un guastafeste. Avrei guardato e non toccato” Magnus mosse sorridendo alcuni passi verso la porta, prima di arrestarsi all’improvviso e voltarsi indietro, coprendo la distanza che lo separava dal giovane “Non posso però andarmene senza aver fatto una cosa”
Con più forza fisica di quanta Alec avrebbe pensato l’altro possedesse, l’immortale sciolse l’intreccio delle sue braccia che, pesanti, scivolarono ai lati del suo busto e, agguantati tra le dita i lembi ora nuovamente aperti della camicia, tirò il corpo del cacciatore a sé.
“Mi hai sorpreso Alexander Lightwood. Non succedeva da tempo, da così tanto tempo che tu non ne hai idea”
Senza dare possibilità al cacciatore di muoversi o rispondere, Magnus lo baciò.
Un bacio lento e profondo, possessivo e dolce al punto giusto e fu Alec questa volta a rincorrere le labbra dell’altro nell’attimo in cui queste si allontanarono, scoprendosi ingordo e affamato.
“Non sono solito farmi prendere di sorpresa” soffiò lo stregone sulla sua bocca umida, prima di succhiargli per un attimo ancora il labbro inferiore.
“Nessuno mi aveva mai preteso come hai fatto tu al centro di quella navata, giovane nephilim. Nessuno mi aveva mai reclamato così. Nessuno mi aveva mai fatto sentire così. Nessuno” parlò ancora prima di spingersi in avanti quel poco necessario per andare a prendersi ancora un bacio.
Magnus aveva appena mutato impercettibilmente l’angolazione del proprio viso, riuscendo a invadere in modo ancora più pieno e caldo la bocca di Alec, quando quest’ultimo si scostò, in cerca di aria, ma non solo.
“Andiamo via” per la seconda volta Alec deviò dalla strada ritta e sicura.
“Cosa?”
“Andiamo via di qui. Andiamo a bere qualcosa, a cena, a fare una passeggiata” iniziò a elencare velocemente Alec legando i loro sguardi.
“Non hai idea di quanto mi piacerebbe seguire queste parole, ma non è il momento e se ora ti dessi retta, ce ne pentiremmo entrambi, ma non rattristarti mio giovane cacciatore. Ci sarà tempo e ci prenderemo tutto il nostro tempo, puoi starne certo. Ora uscirò da quella porta e aspetterò che tu abbia indossato i tuoi soliti tristi abiti da battaglia e poi raggiungeremo gli altri”
“I miei soliti tristi abiti?”
“Oh, avremo tempo anche per affrontare quel discorso, tesoro, non preoccuparti”
“So già che me ne pentirò. Vuoi avere l’onore di scegliere i miei vestiti?” disse tutto d’un fiato Alec, per paura di non riuscire a terminare la frase se solo si fosse soffermato un attimo in più a pensarci.
Il viso di Magnus si illuminò come quello di un bambino la mattina di Natale e incredulo chiese “Davvero posso?” congiungendo le mani e portando la punta delle dita sulle proprie labbra, in attesa di una definitiva conferma.
Alec, prese un profondo respiro e aprì le braccia.
 
Le dita dello stregone si esibirono in un articolato movimento sprigionando alcune scintille blu.
“Bellissimo”
Il nephilim si voltò verso lo specchio e dopo un rapido sguardo disse semplicemente “No”
Aveva indosso un paio di jeans chiari con numerosi tagli sulle cosce e sulle ginocchia e una maglietta azzurro cielo talmente aderente da mettere in mostra ogni centimetro del proprio petto e addome.
Se ciò non fosse già stato sufficiente a spiegare la reazione così immediata e decisa avuta, fu il gesto dello shadowhunter a rendere tutto chiaro. Aveva infatti subito portato le mani sul fondoschiena dato che aveva una strana sensazione e fu lì che scoprì ciò che sancì il definitivo no, due profondi tagli mettevano in mostra buona parte delle sue natiche.
 
Per la seconda volta la magia dello stregone venne sprigionata e questa volta il cacciatore pronunciò più di una sillaba “Stai scherzando?”
“Tu non hai idea di quanto tu sia favoloso e sexy vestito così” cercò di difendersi Magnus.
“Canotta a rete e pantaloni di pelle con catene?”
“Stavo scherzando” e prima che Alec potesse continuare a lamentarsi, l’immortale fece ancora una magia.
Gli occhi di Alec corsero ancora una volta allo specchio e la sua espressione si distese.
Alla fine Magnus aveva semplicemente utilizzato i soliti abiti del giovane, forse solo un poco più nuovi e aderenti, in fondo non era di sicuro per il suo gusto nel vestire che si stava innamorando di lui.
“Visto? Non ci voleva poi molto. Jeans scuri e camicia” si compiacque del risultato Alec, e voltandosi, vide lo stregone a una spanna dal proprio viso.
“Permettimi almeno una cosa?” e, senza attendere il permesso, Magnus slacciò il primo bottone, lisciando poi – ben più di quanto fosse necessario, a palmi aperti e molto molto lentamente – il tessuto fresco della camicia prima di terminare di parlare “Sei perfetto, andiamo”
L’eterno aveva oramai oltrepassato la porta avviandosi per il corridoio prima che Alec si convincesse a seguirlo e, mossi un paio di passi, quest’ultimo si rese conto che qualcosa non andava.
Avvertiva una sensazione strana e imbarazzante, totalmente inaspettata e mai provata prima che richiese alcuni secondi e un altro paio di passi per essere assimilata e svelata completamente.
Sgranando gli occhi, Alec gridò visibilmente irritato, per nulla preoccupato che qualcuno potesse udirlo “Magnus, per l’Angelo, perché non indosso le mutande?”
Lo stregone non rispose, limitandosi a riempire il corridoio con una soddisfatta e piena risata che giunse quasi dispettosa alle orecchie del nephilim.

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Capitolo 2
*** First Fight ***


Ecco la seconda one shot di questa mini serie, ad essere sincera non mi convince completamente, ma ho voluto pubblicarla ugualmente.
Spero possa piacere.
So che a una prima lettura potrebbe sembrare caotica e senza legami tra le varie parti, ma ho tentato di rendere la confusione che penso aleggi nella testa di Alec.
Buona lettura.

 
FIRST FIGHT
 
Shadowhunters, vampiro, stregone e mannaro erano tutti raccolti di fronte allo schermo che mostrava come in un loop distorto Hodge che entrava nell’infermeria e, dopo aver giocherellato con un anello, iniziava a parlare verso una porzione completamente sulla parte destra dello video.
Le dita sicure di Jace toccarono il vetro producendo un fermo immagine nell’attimo esatto in cui quello che avevano creduto essere un membro pentito del Circolo e un loro amico e valido insegnante estraeva da una borsa la Coppa Mortale sottratta poco prima con la violenza a Lydia.
 
Tutti rimasero per un attimo senza parole perché nessuno aveva la benché minima idea di cosa fosse utile e giusto fare in quel momento.
La prima a parlare fu Clary che, meravigliandosi della propria sicurezza, iniziò con il dire che il primo passo da compiere fosse tentare di salvare la madre, non solo per un fattore egoistico, ma anche nell’eventualità che la donna potesse avere informazioni utili acquisite durante la prigionia.
Alec in piedi a lato dello schermo obiettò con voce ferma “Credo sia necessario anche recuperare la Coppa, se mentre cerchiamo di guarire tua madre, Valentine iresce a metterci le mani sopra sarà la fine”
“Allora la soluzione è una sola: dividerci” tirò le fila Jace, allarmando Isabel e la stessa Clary.
“Dividerci?” la voce esitante di Simon stridette in mezzo ai presenti “Di solito nei film non porta mai a niente di buono. Di solito ci scappa il morto. Di solito il morto è o il personaggio di colore – scusa Luke – o il nerd sfigato, cioè io”
“Tu non sei più un nerd sfigato” ci tenne a precisare Isabel, guadagnandosi un piccolo sorriso di riconoscenza dal neo vampiro.
“Se potessimo scegliere, anche io preferirei non dividere le forze” spiegò Jace “ma dobbiamo farlo per il semplice motivo dobbiamo agire su più fronti, senza dimenticare che ottenere un successo in un pezzo solo della nostra missione sarebbe del tutto inutile. Quindi dobbiamo dividerci per muoverci al meglio”
Nessuno osò più contraddirlo e così lo shadowhunter riprese.
“Valutiamo ciò che dobbiamo affrontare. Da un lato dobbiamo cercare di intercettare Hodge che in un modo o in un altro dovrà raggiungere fisicamente Valentine”
“Quindi vi servirà di nuovo una localizzazione potente” lo interruppe Magnus “e quindi vi servirò io”
“Non necessariamente. Potrò pensavo di utilizzare una diversa forma di tracciamento e tu potrai attendere gli sviluppi nel tuo appartamento” convenne Jace “Pensavo di agire in questo modo: io, Alec e Luke vedremo di individuare il traditore e metterci alle sue calcagna. Simon, Isabel e Clary voi penserete a recuperare il Libro Bianco”
Tutti parvero annuire e accettare infine tali suddivisioni di compiti, fino a che Alec non si fece udire “Ma se troveremo il Libro Bianco servirà uno stregone per compiere il rituale e”
Jace lo interruppe guardandolo direttamente in viso “Cosa abbiamo detto sul pensare con lo stilo?”
Alec arrossì abbassando il capo e, anche se era più che consapevole che difficilmente qualcuno avesse compreso il senso delle parole dell’altro, non obiettò.
“Bene, prepariamoci e andiamo” concluse Jace, muovendosi poi verso l’armeria.
 
Magnus rimase volutamente un passo indietro, non avendo di certo bisogno di armi e quando Alec se ne accorse, fu rapido nell’imitarlo.
“Forse è un bene rimanere divisi, sarò di certo più concentrato” esordì con fare divertente lo stregone.
“Non mi pare il momento di scherzare”
“Oh, fidati non sto scherzando” e afferrandolo per un braccio, così da distaccare ancora di più il resto del gruppo riprese “Prima abbiamo lasciato in sospeso un discorso e ci terrei davvero a riprenderlo e parlare un po’ magari”
“Quale discorso? Il fatto che i miei genitori mi abbiano gentilmente informato di quanto tu sia sempre stato di facili costumi o il fatto che il tempo per te sia un fattore irrilevante?”
“O anche il fatto che tu abbia detto a tuo padre che non è di certo amore” sibilò Magnus per nulla lieto che la situazione con Alec si fosse ingarbugliata in modo così intricato e in così poco tempo.
“L’hai detto anche tu, stiamo correndo troppo e”
“Prendiamo entrambi un bel respiro. Parlavamo di un appuntamento, mi pare” Magnus cercò di calmare il tono della conversazione “che ne dici se torniamo a focalizzarci su quello? Logicamente affinché ciò sia concretamente possibile, cerca, per quanto possibile, di non farti ammazzare” e sorridendo lo lasciò andare.
 
I due gruppi si divisero appena fuori dall’Istituto prendendo strade differenti.
Il tragitto di Simon e dei suoi compagni condusse all’Hotel Du Mort, sua nuova casa, dove sperava che avrebbero ottenuto facilmente la collaborazione di Raphael. D’altronde sembrava che il nuovo capo del nido avesse una particolare attenzione per l’ultimo arrivato.
Purtroppo neppure gli occhi da cucciolo di Simon riuscirono a scalfire la presa di posizione di Raphael, troppo spaventato dall’idea che Camille potesse o riprendersi il potere o mettere nei problemi l’intero gruppo con le sue azioni che si erano spinte ben oltre il limite degli Accordi.
Il tempo scorreva e capendo che Raphael non avrebbe mutato la sua idea, Clary e Simon presero l’unica decisione possibile e cioè liberare la vampira per conto proprio.
Non fu facile ma alla fine, complice l’arrivo provvidenziale di Isabel, riuscirono nell’intento, ritrovandosi nei sotterranei dell’hotel.
 
Camille aveva posto una condizione alla consegna del Libro Bianco.
Nuovamente libera ella aveva infatti estremo bisogno di una sorta di assicurazione sulla sua non vita e, per sperare di poter sopravvivere ed essere al sicuro da qualunque possibile azione del Conclave, richiese come pagamento per il proprio aiuto una sorta di liberatoria firmata con il sangue da Simon.
Simon doveva, in parole spicce, dichiarare di aver chiesto lui a Camille di essere morso e trasformato in un vampiro impedendo di fatto che il Conclave potesse accusarla di aver infranto gli Accordi.
Malauguratamente, un così particolare documento poteva essere redatto solo con la magia e per questo motivo la combriccola si stava muovendo alla volta del loft del Sommo Stregone di Brooklyn.
Giunti all’appartamento, la vampira si mosse spavalda avanzando fino al centro della stanza e iniziando a parlare al padrone di casa con tono mellifluo e in parte affettato.
Clary e Simon si guardarono, alzando le spalle, stupiti da tale comportamento dato che da esso traspariva una evidente e palese profonda conoscenza tra i due.
 
Se il clima presso Magnus non si poteva di certo ritenere tranquillo e sereno, peggio ancora era la situazione in cui stavano muovendosi Alec e Luke che, dopo aver raggiunto Hodge, anche se troppo tardi, e aver lottato avevano perso di vista sia lui che il figlio di Valentine.
Il primogenito dei Lightwood, appena resosi conto di quanto accaduto e della gravità del comportamento di Jace, si era messo in contatto con l’altra metà del gruppo, raggiungendoli nell’appartamento dell’immortale.
 
Alec si sarebbe aspettato mille possibili scenari, in fondo stava andando incontro a uno stregone, due vampiri e una mezza shadowhunter, ma si scoprì completamente impreparato a ciò che i suoi occhi videro non appena mise piede nel loft.
Magnus era poggiato contro un grosso e massiccio tavolo, spinto contro ad esso da una donna che lo stava baciando sulla bocca.
Il giovane Lightwood rimase senza parole e nonostante lo sguardo preoccupato di sua sorella, cercò di ignorare quanto appena accaduto. Certo era più facile a dirsi che a farsi, era sicuro che ciò che sentiva per Magnus non fosse – ancora – amore.
 
Era chiaro a chiunque che quell’uomo lo confondeva ogni volta, lo metteva fuori asse costantemente e lo aveva fatto sentire per la prima volta in vita sua bello e apprezzato, ma lo conosceva poco e di certo non era ancora pronto per cucirsi addosso definizioni ed etichette.
Nonostante queste riflessioni, averlo sorpreso mentre si stava tranquillamente trastullando con un’altra persona – per di più una donna – dopo che solo poche ore prima Alec aveva gettato al vento la sua maschera non era semplice da mandare giù, anzi stava nuovamente avendo difficoltà a respirare.
A voler essere comunque totalmente sinceri, lo shadowhunter si rese conto che la postura e l’immobilità di Magnus denotavano sorpresa, considerando anche che il nephilim aveva ancora freschi nella mente i movimenti languidi delle sue labbra, le mani che si stringevano sulla parte bassa della sua giacca e la sua bocca che giocava con la propria, rincorrendola. Era evidente che il bacio con Camille non stesse coinvolgendo molto lo stregone, ma ciò non migliorava molto la realtà.
 
Magnus dopo pochi attimi di totale smarrimento, spinse via da sé la vampira, come se oltre che sbagliato, quel gesto fosse altamente pericoloso e così fu perché, non appena riuscì nel suo intento, l’immortale voltò il capo, come attirato da qualcosa e i suoi occhi si posarono sulla figura alta e slanciata di Alec che, silenzioso, stava avanzando nella stanza al fianco della sorella.
Non appena il nephilim registrò il movimento che avrebbe portato lo stregone ad accorgersi di lui, distolse rapido lo sguardo, non sarebbe riuscito di certo a sopportare su di sé il peso di quegli occhi.
 
Dopo un attimo di evidente imbarazzo da parte di tutti presenti – ad eccezione di Camille, ovvio – la situazione si sbloccò più per necessità che per altro. Avevano priorità impellenti e anche se mille cose avrebbero dovuto essere dette e mille parole pronunciate, tutti si concentrarono sulla necessità di raggiungere l’appartamento della vampira così da poter recuperare il Libro Bianco.
Il viaggio sul furgoncino di Simon fu scomodo e inquietante.
A lato del guidatore si era seduta Clary, come se, d’abitudine quello fosse il posto che le spettava, subito dietro, con le gambe distese su tutta la seduta se ne stava Isabel e infine, come a completare un grottesco quadretto, sullo stretto sedile posto lungo la fiancata del veicolo, aveva preso posto il trio più improbabile: Camille, Alec e nel mezzo il povero Magnus.
La nascosta, che tutto aveva compreso in un battito di ciglia o forse anche meno, si allungò fino a ritrovarsi premuta contro il fianco dello stregone e con un braccio piegato sullo schienale, prese a sprimacciare tra le dita i ciuffi di capelli del suo vicino.
“Sai cosa mi fa venire in mente l’odore di questo furgone? Il nostro periodo in India. Te lo ricordi? Eravamo sempre storditi per l’uso di qualche nuova erba e ci ritrovavamo a rotolarci nudi nei posti più impensati” gorgogliò suadente a pochi centimetri dall’orecchio dello stregone ma con voce sufficientemente alta, in modo che gli altri potessero udire chiaramente ogni parola.
“Camille, non mi sembra il caso di rivangare il passato e, a tutto dire, non è che ricordi molto di quel periodo”
“Che ne dite di concentraci sulla missione?” il tono acido di Alec non passò di certo inosservato, guadagnandosi un ghignò di vittoria da parte della non-morta, mentre Magnus tentando di sottrarsi dai tocchi di lei si avvicinava sempre di più al nephilim.
“Che può darti lui? Dieci, vent’anni forse? La vita di uno shadowhunter è così prevedibilmente breve. E se anche appartenesse a quello sparuto numero di cacciatori che sopravvivono alla giovinezza, avvizzirà così in fretta. Cos’è una vita mortale per quelli come noi?” la vampira stuzzicò con tali domande la pelle dello stregone.
“Io non sono come te” disse Magnus quasi a denti stretti, tentando di allontanarsi ancora.
“Da quando in qua ti poni scrupoli sulla natura delle creature che ti porti a letto?”
Viste le ultime parole, Magnus volle precisare “Io non sono come te. Sarò anche uno stregone, un immortale, un nascosto, ma non sono come te. Non sono crudele, non sono meschino e non gioco con il cuore delle persone e con questo il discorso tra noi è chiuso”
La voce di Magnus era divenuta parola dopo parola più greve e imperiosa, quasi spaventosa e se Simon fosse stato concentrato su quanto avveniva nel resto invece che sulla strada, l’avrebbe di certo paragonata agli effetti speciali che usati per dare l’idea del potere possente di Gandalf nella trilogia che amava.
Camilla parve visibilmente frastornata dal tono usato e spaventata a tal punto da arretrare e mettere spazio tra sé e lo stregone.
Magnus, alzando gli occhi al cielo per il sollievo, si voltò allora verso Alec che, con la mano stretta attorno all’arco se ne stava a capo chino, assorto dalla contemplazione delle proprie scarpe.
“Alexander” provò a attirare su di sé la sua attenzione, ma quello non volle saperne e, dopo un nuovo tentativo andato anch’esso a vuoto – e consistente in dita chiuse dolcemente attorno all’avambraccio del cacciatore – si arrese, sperando che il viaggio terminasse il più in fretta possibile.
 
Il malconcio furgone si fermò nel parcheggio sotterraneo di un palazzo di lusso e la variopinta e variegata compagnia dopo un claustrofobico viaggio in ascensore, giunse finalmente all’appartamento di Camille.
La vampira, per nulla intenzionata a render loro facile la ricerca, si limitò a dire che non aveva la benché minima idea di dove potesse essere quello stupido libro e, ottenuto finalmente l’agognato documento firmato con il sangue da Simon, si dileguò.
I rimasti si divisero nuovamente, consapevoli che il tempo non era dalla loro parte.
Così Clary e Simon rimasero nel salone principale, Isabel si mosse nella stanza successiva, mentre, deciso ad approfittare di ogni possibile occasione, Magnus spinse Alec in una camera attigua.
Rimasti soli, il primogenito di casa Lightwood iniziò a passare in rassegna il primo scaffale ricolmo di libri, ma la voce calda e al contempo decisa dell’eterno si insinuò nei suoi pensieri.
“Alec, dobbiamo parlare”
“Questa non mi sembra la situazione ottimale per parlare” rispose rapido senza neppure voltarsi, generando nello stregone un moto di geuina stizza, pur se contornato da infinita dolcezza, perché in fondo tutto quello non era altro che il frutto di una acerba gelosia.
“Ne sono consapevole, ma possiamo scorrere i dorsi di questi volumi e parlare allo stesso tempo”
“Mettiamola così allora, non voglio parlare. Sei contento ora?”
“Certo che no, fiorellino”
“E non chiamarmi fiorellino” sbottò Alec, voltandosi finalmente e posando il proprio sguardo furioso e frastornato su Magnus.
“Ho centinaia di anni, davvero pensavi che non avresti mai incontrato un mio ex? Parlando logicamente di quelli immortali”
Un sorriso amaro si dipinse sulle labbra chiuse del figlio dell’angelo “Ma ti ascolti quando parli? Quelli immortali… in totale di che cifra stiamo parlando indicativamente?”
“Davvero vuoi che ti dica un numero? Sono uno stregone, sono immortale e amo la compgnia. Questo è ciò che sono e tu lo hai sempre saputo”
“Una vampira!” disse Alec con tono visibilmente disgustato.
“E cosa vuoi dire con ciò? È una pessima persona, ma dubito che dipenda esclusivamente dalla sua natura di vampira, con tutta probabilità il suo interesse per il sangue ha solo affinato doti naturali che già possedeva. O forse ti inorridisce proprio la consapevolezza che io stessi con un nascosto, che potendo scegliere tra i meravigliosi nephilim, gli ordinari mondani e gli orridi nascosti, me la facessi con la feccia? Beh, forse non te ne sarai ancora reso pienamente conto, ma non molto tempo fa tu hai baciato un nascosto. Fossi in te andrei di corsa a purificarmi”
Magnus si lasciò andare a un piccolo e amaro ghigno, volgendo le spalle al figlio dell’angelo e prestando attenzione alla ricerca sperando di captare possibili campi magici dai ripiani della libreria.
 
“Scusa” mormorò Alec cercando di avvicinarsi, ma notando che l’unica reazione che otteneva era far allontanare ancora di più lo stregone, sospirando cercò di spiegare per una volta nella sua vita cosa diavolo gli stesse girando tra cuore e cervello “Mi sono espresso male. Non era mia intenzione offenderti, ma sai che non è facile per me muovermi con naturalezza tra i mondani e i nascosti-”
“Onore e gloria all’educazione di mamma Maryse” si intromise Magnus provocandolo ancora.
“Lei è una vampira pericolosa e priva di scrupoli che ha infranto gli accordi, ma non è questo il motivo per il quale ho reagito così. Quello che voglio dire è che… Per l’angelo, tu la stavi baciando!”
“Tecnicamente lei stava baciando me e credimi è stato tanto strano quanto spiacevole”
“So di non aver nessun diritto di dirti cosa fare nella tua eterna vita ma-”
“Ma ritenevi che l’esserci scambiati quel bacio mozzafiato davanti a tutti avesse fatto di noi una coppia?” nel silenzio che seguì le sue parole, Magnus rifletté con cura su cosa aggiungere e poco dopo parlò ancora.
“Tu mi hai baciato perché volevi fuggire da un matrimonio che ti eri erroneamente scelto, perché volevi comunicare ai tuoi genitori senza tante parole – e soprattutto senza dover chiedere loro un appuntamento – che sei gay e perché, come hai detto tu stesso, io ti confondo. Bene. Tutto ciò non è sbagliato, ma – e lo sai meglio di me – non fa di noi una coppia, fa di noi due persone che si sentono fortemente attratte l’una dall’altra, che vogliono conoscersi e che devono darsi tempo e che potrebbero, lo spero, diventare una coppia. Ciò non toglie che io stesso proverei i tuoi stessi sentimenti e sarei verde di gelosia se avessi trovato qualcuno a strusciarsi su di te, fiorellino” terminò il figlio di Lilith, azzardandosi ad usare di nuovo quel soprannome che adorava.
“Io non sono geloso” obiettò sottovoce Alec.
“Oh si che lo sei” lo contraddisse l’eterno e finalmente si aprì in un sorriso disteso “ma ora forza, continuiamo la ricerca. Non ha senso avere il nostro primo litigio ancor prima del nostro primo appuntamento”
Distendendo i nervi tesi e i muscoli contratti e sorridendo di rimando, Alec scosse il capo e riportò la sua attenzione ai libri.
Fu in quell’attimo che l’immortale lo chiamò di nuovo anche se con una strana urgenza nella voce.
“Magnus” iniziò a rispondere il cacciatore, ma quando si voltò verso il compagno di ricerca, ciò che vide lo impietrì.
Una spada angelica era puntata di taglio alla gola dello stregone mentre le braccia erano tenute piegate dietro la schiena da uno shadowhunter che Alec non aveva mai visto prima.
“Non fare scherzi Lightwood” una voce proveniente dalla sua destra lo costrinse a girarsi in quella direzione per scoprire semplicemente un altro cacciatore pronto a intercettare ogni sua mossa.
 
Spinti entrambi in avanti dai ribelli, Alec e Magnus ripercorsero i corridoi attraversati dopo aver lasciato Isabel, Clary e Simon in altre stanze.
Nonostante la situazione per nulla favorevole, lo stregone volle far buon viso a cattivo gioco e ci tenne a precisare “Alexander, anche se eravamo soli, eravamo in un posto nuovo ed io sono vestito in modo a dir poco strabiliante, questo assolutamente non conta come primo appuntamento, sia chiaro”

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Capitolo 3
*** First Night ***


Terza ONE SHOT della serie.
Essendo giunta a trattare di momenti successivi a quanto mostrato nel tf, ci tengo a precisare che quanto segue è un prodotto di fantasia, non vi sono spoiler dei libri.

Buona lettura

FIRST NIGHT
Tutto era crollato rovinosamente in poco tempo, infrangendosi contro quella che appariva essere la schiacciante vittoria di Valentine.
Jace – pur con la consapevolezza che i suoi gesti dovessero essere letti alla luce delle minacce a cui erano sottoposti i suoi amici – aveva seguito il padre attraverso un portale, lasciando dietro di sé solo dolore e lacrime.
Alec era riuscito per un soffio a fermare la corsa di Clary, prima che questa sparisse – e si perdesse – nel limbo di un portale sconosciuto, ma dopo quel gesto era, come tutti del resto, entrato in completa apatia, muovendosi come un automa verso il parcheggio sotterraneo e salendo poi sul furgone di Simon.
Clary aveva pianto in silenzio per un po’ ma, appena rientrata all’Istituto era stata travolta dall’iniziale entusiasmo di Luke per il ritrovamento del Libro Bianco e, seguendo Magnus e gli altri, aveva raggiunto la stanza dove era stato collocato il corpo ancora addormentato della madre.
 
L’incantesimo fu meno eclatante di quanto i presenti probabilmente si fossero aspettati e, senza effetti sfolgoranti, semplicemente l’aura che avvolgeva Jocelyn si assottigliò, per poi scomparire del tutto.
Magnus aveva adempiuto al proprio dovere e non volendo intralciare gli abbraccia tra i presenti, arretrò lentamente, fino a sparire sullo sfondo.
Aveva quasi abbracciato l’idea di andarsene via alla chetichella, quando vide accanto all’armeria Alec seduto su un ripiano sgombro mentre la sorella gli accarezzava i capelli, mormorando al suo orecchio.
Lo stregone non aveva conoscenza diretta e reale di cosa potesse dire perdere in quel modo il proprio parabatai, ma ricordava pienamente i discorsi degli shadowhunter con cui aveva intrecciato la propria vita in passato.
Era distruttivo, nel profondo e in modo assai doloroso.
Doveva fare qualcosa per il suo angelo e così, Magnus si avvicinò fino a quando la sua presenza non venne captata da Isabel che, sollevando il viso, gli regalò un sorriso stanco e tirato.
Ella capì che Alec avesse bisogno di conforto e per questo decise di lasciarlo in buone mani, in fondo anche lei aveva perso le tracce di un fratello e aveva bisogno di leccarsi le ferite. Così, senza dire neppure una parola, Isabel  si allontanò facendo un piccolo cenno del capo a Magnus, spingendolo silenziosamente a prendere il suo posto, cosa che prontamente lo stregone fece.
“Come stai?” domandò a mezza voce l’immortale.
“Come vuoi che stia?” rispose acido e arrabbiato Alec “Non so dove sia, non so perché abbia agito così e-”
“Ha agito così per salvarci la vita, fiorellino”
“Lo so!” quasi urlò lo shadowhunter, attirando su di sé gli sguardi incuriositi di alcuni shadowhunters presenti “O almeno la mia parte cosciente lo sa. È l’altra parte che”
“Che non vuole accettarlo? Senti, so che può sembrare il momento meno opportuno, ma ti va di uscire da qui? Di lasciarti alle spalle l’Istituto per qualche ora? Penso che questa sera nulla potrà essere fatto. Il Conclave deve decidere come agire. Ciascuno di voi deve assorbire le novità e poi, domani, vedremo di capire anche grazie a Jocelyn cosa sarà meglio fare”
“Tante belle parole, ma dove posso andare? Non voglio di certo girovagare tutta la notte per New York” disse rapido e con voce sottile Alec, prima che Magnus lo interrompesse.
“Ti fidi di me?” lo stregone lo spiazzò completamente con questa domanda e quando vide la sua mano aperta di fronte a sé, in attesa e a palmo in su, guardò a destra e a sinistra e con un gesto istintivo e forse incosciente, vi posò sopra la propria.
“Non te ne pentirai” disse il figlio di Lilith, aprendo un portale nel bel mezzo dell’armeria nell’istante esatto in cui Alec pronunciava con tono divertito “So che me ne pentirò”
Shadowhunter e nascosto sparirono in un attimo e l’unica testimone fu Isabel, che sospirando sollevata, si incamminò verso gli altri, sperando di avere anche lei un pizzico di fortuna.
 
Quando Alec uscì dal turbine violaceo del portale – aveva sempre odiato utilizzarli, pur riconoscendone l’assoluta utilità – si ritrovò al centro del loft di Magnus, mentre il padrone di casa, ancora tenendolo per mano, lo spronava a seguirlo.
Senza interrompere il contatto, il nephilim si lasciò condurre fino al lucido divano scuro e, quando Magnus richiamò a sé la propria mano, sentendo la stanchezza calare con forza sulle sue spalle, Alec si accasciò sui cuscini.
“Ti va un drink?”
Il giovane rispose sovrappensiero di sì.
L’attenzione del figlio dell’angelo era interamente concentrata sulla propria mano, ora vuota – pericolosamente e dolorosamente vuota – ammise silenziosamente a se stesso. La sensazione di protezione e sostegno che gli aveva donato la semplice e gentile stretta delle dita del nascosto era qualcosa che non avrebbe mai pensato di provare. Qualcosa che riteneva impossibile e assurda.
Come poteva un gesto così banale avere un tale potere, una tale forza?
Alla fine dei conti, ad Alec non interessava trovare una risposta, ciò che voleva era avere indietro ancora e di nuovo quella sensazione.
Completamente perso nei suoi pensieri, sobbalzò quando lo spazio accanto a sé venne occupato e gli venne messo tra le dita il lungo stelo di un bicchiere.
Il cacciatore prese un sorso del cocktail e, ringraziando il pace che li avvolgeva, prese un respiro e, lento ma sicuro, andò alla ricerca della mano di Magnus stringendola nella propria.
Lo stregone si meravigliò del coraggio mostrato dal giovane, rimanendo comunque in silenzio e iniziando a carezzare con il pollice il dorso delle dita di Alec.
 
A smuovere la situazione, giunse una piccola bomba di pelo bianco e grigio che, balzando sul divano, si avvicinò annusando circospetta quelle mani intrecciate che veloci si separarono.
“Hai un gatto?” la voce divertita e curiosa di Alec ruppe il silenzio.
“Le serate sono lunghe”
“Pensavo non facessi altro che passare da una festa a un’altra” ribatté il ragazzo.
“Adoro la vita mondava, ma anche quella potrebbe venirmi a noia se ne abusassi, quindi spesso, mi ritrovo disteso su questo divano a sorseggiare un ottimo cognac mentre osservo fuori dalla finestra e, in quelle serate, Presidente Miao è un’ottima compagnia”
Il gattino inizialmente aveva dato il bentornato al proprio padrone, strusciandosi lungo la sua coscia, ma ben presto se ne era andato alla scoperta dell’intruso presente e nonostante l’iniziale diffidenza, pochi attimi dopo già era a zampe all’aria felice dei grattini che stava ricevendo sulla pancia.
Apparentemente senza motivo, all’improvviso, Presidente si rimise in piedi e senza degnare i presenti di un miagolio di commiato, se ne andò.
“Gatti” disse sospirando Magnus mentre Alec tornò a convogliare la sua attenzione sul poco liquido rimasto nel suo bicchiere, per svuotarlo poi del tutto e abbandonarlo sul basso tavolino davanti al sofà.
 
Lo stregone non sapeva bene cosa dire o cosa fare, timoroso di sbagliare e far scappare quel ragazzo fragile e forte al tempo stesso e alla fine decise che valesse comunque la pena rischiare.
“Vedrai che la notte aiuterà tutti a chiarirsi le idee e domani-” le parole gli morirono in gola, sopraffate dal gesto inaspettato compiuto dallo shadowhunter.
Alec aveva annullato la distanza che lo separava dall’immortale, accoccolandosi – per quanto fosse realisticamente possibile vista la sua statura non indifferente – al suo corpo, appoggiando il capo sul petto dell’altro.
“A-Alec” balbettò sorpreso il nascosto.
“Per favore” udì provenire dal corpo infagottato contro il suo e, avvolgendogli le braccia attorno alla schiena, lo tenne ancora di vicino a sé.
 
Rimasero abbracciati scomodamente e stretti l’uno all’altro sul divano, per molto tempo, fino a quando il crepuscolo non cedette definitivamente posto alla sera.
“Hai fame?” domandò sottovoce il padrone di casa “Potrei fare apparire qualunque cosa tu voglia. Sono uno stregone dopotutto”
“No, grazie” rispose Alec, senza accennare a mutare la sua posizione.
“Ok” e accarezzando dolcemente la schiena del cacciatore, lasciando scivolare su e giù le lunghe dita, Magnus aggiunse “Allora che ne dici di spostarci?”
“Perché?”
“Per stare più comodi, solo per stare più comodi” il padrone di casa rispose con fare rassicurante al viso preoccupato che si era sollevato dal suo petto.
Alec annuì, rimettendosi a sedere composto e dopo aver accettato di nuovo la mano dello stregone, si lasciò guidare attraverso l’appartamento, fino a giungere davanti ai battenti socchiusi di una porta scorrevole.
Un solo attimo di tentennamento attraversò il corpo dello shadowhunter che si irrigidì impercettibilmente.
“Voglio solo togliermi di dosso un po’ di chincaglieria” spiegò, agitando le mani e facendo tintinnare anelli e catenelle “e fare in modo che tu possa distenderti e riposare”
Magnus riuscì nel suo intento e portò il figlio dell’angelo oltre la soglia, abbandonandolo poi nel mezzo della stanza per spostarsi verso un fornitissimo mobile da toletta.
 
Alec lo seguì curioso e notò che semplicemente stava liberando il proprio corpo dai gioielli. Inaspettatamente, sentì il desiderio di occuparsi in prima persona di quella stramba incombenza perchè voleva vedere Magnus senza tutti quegli ornamenti e voleva essere lui a toglierglieli uno per uno.
Arrivatogli alle spalle, lo voltò per averlo esattamente di fronte e, senza dire una sola parola, prese tra le proprie una delle mani di Magnus. Iniziò a sfilare gli anelli, poggiandoli poi uno dopo l’altro in una colorata ciotola di terracotta smaltata, probabilmente di origine peruviana.
Via via che la ciotola si riempiva le mani apparivano nella loro nuda bellezza con lunghe e curate dita e unghie laccate di scuro. Per ultimo il cacciatore tirò via una piccola armatura che terminava con un artiglio – di cui aveva avvertito la piacevole presenza mentre, accoccolato allo stregone, si godeva le sue carezze – e che copriva l’intero dito indice della mano destra.
Magnus amava davvero molto i gioielli e, terminato con gli anelli, Alec dovette dedicare le sue attenzioni prima ai bracciali e poi alle collane. Portò le dita a sfiorare il collo dello stregone per togliere anche i numerosi fili di metallo e ciondoli che ricoprivano il petto dell’immortale.
Lo stregone sollevò il viso dopo aver piegato in avanti il capo per facilitare i movimenti di Alec e, osservando l’attenzione e l’impegno con cui il suo ospite si stava prendendo cura di lui, decise di protrarre quel momento, mettendo nelle mani ora libere un piccolo flacone di liquido trasparente e alcuni dischetti di cotone.
“Cosa?”
“Non vuoi avere il piacere di vedermi senza alcuna difesa? Mi hai già privato dei miei gioielli, non vuoi cancellare anche i glitter?”
 
Vedere Magnus.
Vedere lo stregone senza artifici di alcun genere.
Era una proposta troppo allettante e stuzzicante e Alec la accettò senza battere ciglio.
“Perché non usi la magia?” chiese il nephilim imbevendo il cotone.
“Perché alla fine è noioso fare tutto con la magia. Il tempo non è un problema per me, ma devo comunque fare in modo che passi e, se ricorressi sempre ai miei poteri, la noia mi assalirebbe”
“Noia. Hai usato più volte questa parola. È per noia che…” iniziò a dire, senza avere poi il coraggio di continuare.
“Non pensarlo nemmeno per un attimo, Alexander. Non è di certo per noia che mi piaci”
Rassicurato da queste semplici parole e dallo sguardo sincero del figlio di Lilith, Alec tornò al proprio compito “Cosa ci devo fare con questo ora?”
Magnus chiuse gli occhi “Devi passarlo, in modo delicato, ovunque ci sia del trucco, il ché sta a significare praticamente su tutto il viso”
 
Poco dopo l’immortale avvertì la fresca sensazione del batuffolo bagnato e stette immobile in attesa che quei gesti venissero ripetuti ancora e ancora.
Ci fu solo una piccola pausa – con annesso un probabile cambio di cotone – e il crollo delle difese riprese, concentrandosi questa volta sulle labbra e subito dopo sulle guance e sul viso.
“Ho, cioè penso di aver finito”
La voce indusse l’eterno a riaprire gli occhi e notando lo sguardo di Alec su di sé, il padrone di casa cercò di scherzare, anche se un pizzico di paura galleggiava in superficie “Deluso? Senza i miei gioielli e il mio trucco sono solo, beh, io”
“Sei bello” entrò a gamba tesa Alec, spiazzandolo del tutto.
“Davvero lo pensi? O lo dici solo per timore che lo stregone cattivo ti tramuti in un rospo?”
“Sei bello” ripeté il nephilim senza dare altre spiegazioni e arretrando di un piccolo passo afferrò con entrambe le mani la sottile e quasi impalpabile sciarpa che Magnus aveva mollemente attorno al collo. Lasciando poi lentamente fluire la stoffa su uno dei palmi, la raccolse con l’altro, posandola infine sul ripiano del tavolo lì accanto.
“Alexander, non credo sia il caso di-” l’obiezione del padrone di casa venne però smorzata sul nascere da un semplice dito.
L’indice di Alec si avvicinò – senza però toccarle – alle labbra dello stregone, ripetendo il gesto che tempo addietro quest’ultimo aveva compiuto sul cacciatore.
 
Le mani dello shadowhunter tornarono ben presto al corpo di Magnus e, dopo un seppur breve indugio, si avvicinarono ai bottoni lucenti della camicia.
Le dita dell’immortale si strinsero rapide attorno ai sui polsi e un sicuro e irremovibile “No” riempì l’aria “No, Alexander. Non hai idea di quanto vorrei che continuassi, ma non ora, non oggi. Hai bisogno di riposare e di riacquistare lucidità. Fidati che domani mi ringrazierai”
Tenendo ancora stretto uno dei polsi, l’eterno lo guidò fino al bordo del letto e ve lo fece sedere. Prima che Alec potesse lamentarsi, Magnus si abbassò e, inginocchiato, lo aiutò a togliersi le scarpe per poi ritornare in piedi e spingerlo a coricarsi.
“Riposa” passò con amore e cura le dita tra i suoi capelli scuri “io vado a mettere in sicurezza l’appartamento e torno da te”
 
Magnus impiegò pochi minuti ad innalzare ogni tipo di barriera attorno al proprio loft e quando rientrò nella propria stanza, il nephilim, anche se visibilmente stremato, aveva ancora i suoi magnifici occhi spalancati nella penombra.
Lo stregone si sfilò le scarpe e, imitando la posizione di Alec, si distese su un fianco, con il viso rivolto al centro del letto.
“Cerca di dormire”
“Ho paura” confessò il cacciatore “Ho paura che Jace abbia agito senza pensare e che possa”
“Alec, domani” ripeté ancora una volta, spingendosi in avanti e posando la propria fronte su quella dell’altro.
“Ok”
Come già in precedenza, Alec si fece piccolo piccolo per lasciarsi avvolgere dalle braccia calde e sicure di Magnus e, posando il capo sul suo petto, pregò per avere almeno un paio di ore – sperare in una intera notte sarebbe stato di sicuro eccessivo – senza incubi e cattivi pensieri.
“Alexander” sussurrò dopo alcuni minuti lo stregone “siamo davvero pessimi io e te insieme”
“Perché?” quell’unica parola giunse ovattata e attutita dalla camicia dell’immortale.
“Perché non riusciamo a fare una cosa che sia una fatta bene. Ci siamo baciati prima di uscire insieme. Abbiamo litigato prima di uscire insieme e ora addirittura stiamo passando la notte insieme e ancora non siamo usciti insieme”
“Magnus, dormi”
“Buonanotte, fiorellino”*
“Ma sì” disse tra sé e sé il Sommo Stregone di Brooklyn, “in fondo perché preoccuparsi?” nonostante il mondo fosse in procinto di crollare, lui stava tenendo tra le braccia il suo angelo. Cosa avrebbe mai potuto chiedere di più?
Sperando con tutto se stesso che davvero il giorno successivo avrebbe portato sviluppi positivi, finalmente Magnus si assopì.
 
*Chiedo venia… non voleva essere una citazione canterina, ma così è.

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