Twin Peaks: Libera da Bob

di Andrew of China
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Libera da Bob ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: atto finale ***



Capitolo 1
*** Libera da Bob ***


Capitolo 1


Laura si mise in posizione fetale, osservando le acque che scorrevano rapide nel fiume. Una leggera brezza le scompigliava i capelli.
Tirò un lungo sospiro.
Avrebbe dovuto piantarla di frequentare quegli uomini che desideravano solo un semplice amplesso. Lei voleva di più: un ragazzo sincero che fosse in grado di amarla come meritava. In fondo non pretendeva troppo.
Il destino le aveva sempre giocato un brutto tiro, ora sperava solo di ottenere ciò che da sempre bramava.
D'un tratto un'espressione di terrore le si dipinse in viso. Ricordò che vi era solo un ostacolo alla sua felicità: Bob.
Laura rabbrividì quando la nitida immagine del demone che tormentava la sua esistenza le balenò in mente. Inorridì quando pensò a quei folti capelli brizzolati che mettevano in evidenza quell'ampia fronte solcata da profonde rughe.
Un fascio di luce la colpì in pieno viso. Sollevò gli occhi. La giornata volgeva al termine, ma i raggi del sole irradiavano ancora la città.
Si schermì gli occhi con la mano destra e si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio sinistro.
Qualcuno le sfiorò una spalla. Si voltò di scatto.
Un uomo anziano che indossava un lungo impermeabile liso le si parò innanzi. Pete Martell.
Laura parve costernata. Abbozzò un'espressione di scusa. "Oh, io... ecco... non volevo".
L'uomo levò una mano in aria per farla tacere. Distese le labbra in largo sorriso. "Non devi scusarti! Le rive del lago di Twin Peaks non sono mica di mia proprietà!". Il suo sorriso sfociò in una fragorosa risata.
Anche Laura rise, poi balzò in piedi. "Sa, questo posto è l'ideale per schiarirsi la mente, per fare ordine...".
Pete colse quella nota stridula che si era insinuata nella voce della giovane. La scrutò in viso. "C'è qualcosa che ti preoccupa, non è vero?".
"Beh, conosce i problemi che affliggono noi adolescenti...", articolò in tono di scherno.
"Sua moglie, Catherine, è in casa?", aggiunse in seguito.
L'uomo le si fece vicino, tese una mano a carezzarle una guancia. "No, mia cara. Sono solo", sussurrò questi accostando le sue labbra all'orecchio destro della ragazza.
Laura indietreggiò di alcuni passi lentamente, esitando. "Bé, non credo sia una buona idea". Scoccò un'occhiata fugace al suo orologio da polso.
"Ah, si è fatto tardi! I miei mi staranno aspettando... quindi vado...".
Prima che Pete potesse ribattere, girò sui tacchi e si allontanò a passo svelto.
Gli uomini... tutti uguali!, pensò la giovane con una smorfia di disgusto stampata in volto.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2. Laura percorse il vialetto che conduceva direttamente alla porta d'ingresso della sua abitazione. Frugò nella sua tracolla, da cui estrasse una chiave che infilò nella toppa. Il portone si aprì con un cigolio sommesso. La giovane mosse un passo all'interno della casa. "C'è nessuno?", fece, guardinga. Con passo felpato raggiunse la cucina. Sperava solo di non imbattersi in suo padre. Oramai conosceva la verità, sapeva che Bob aveva preso possesso di lui. E che prima o poi l'avrebbe fatta fuori. Laura deglutì cercando di scacciare quell'immagine dalla mente, si sfilò la giacca e, con noncuranza, la gettò su una lacera poltroncina posta in un angolo della sala. A quanto pareva era sola in casa. Trasse un profondo respiro e i suoi lineamenti si addolcirono. Accennò persino un sorriso. Si avviò verso la rampa di scale che separava le stanze da letto dal resto dell'abitazione, quando improvvisamente distinse la figura imponente del padre, che si stagliava sulla soglia della porta della sua camera. "C...ciao. C...che ci fai qui?", scandì la ragazza, impallidita. Leland incrociò le braccia sul petto, spalmandosi sulla parete tappezzata di quadri dell'ampio vestibolo. "Bé... io vivo qui...". Udendo quelle parole, un brivido le serpeggiò lungo la schiena. Non riusciva ancora a capacitarsi che quell'essere disgustoso, viscido le era sempre stato accanto, giorno e notte. Come se le avesse letto nel pensiero, il padre discese le scale e le si avvicinò. Le stampò un bacio sulla fronte. Laura arricciò le labbra in una smorfia di disgusto, poi arretrò di alcuni passi. Un conato di vomito le salì su in gola. "Papà, devo ultimare i compiti. Posso andare nella mia stanza?". L'uomo le cinse le spalle con un braccio e l'attirò delicatamente a sé. Poi la sospinse in avanti. "Desidero parlarti, cara". La giovane sbiancò e si volse nuovamente verso il padre. "Ora? Non possiamo rimandare a dopo?". Quando Leland scrollò il capo, gocce di sudore imperlarono la fronte spaziosa di Laura. All'improvviso un tonfo echeggiò nella sala. Entrambi si voltarono. Una donna sulla cinquantina, dal viso segnato da profonde rughe e dagli occhi infossati depose alcune buste sull'ampio tavolo che troneggiava in salotto. Sarah Palmer. "Sono tornata. Ho fatto la spesa, così stasera preparerò una cena succulenta!". La madre di Laura stirò le labbra screpolate in un fioco sorriso. Trasse dalle buste alcune confezioni di biscotti al cioccolato, che sistemò nella credenza. Laura esalò un lungo respiro e si allontanò con aria furtiva. Quando Leland si rese conto che la figlia non era più al suo fianco, serrò i pugni. Si portò vicino allo specchio che copriva una parete della stanza e osservò l'immagine di Bob che vi era riflessa.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3. Laura si chiuse la porta alle spalle. Arricciò il naso e storse le labbra: nella sala gravava un odore stantio. Si precipitò verso l'armadio che dominava l'arredamento della stanza ed aprì la finestra che vi era accanto. Un refolo di vento giunse a scarmigliarle i folti capelli biondi. Laura indugiò un momento ad assaporare quella frizzante aria primaverile che aleggiava in città. Per fortuna sua madre era sopraggiunta proprio in quell'istante, evitandole una sgradevole conversazione e... una morte dolorosa. Stava per perdere la vita e questo pensiero non la sconvolgeva, anzi, la eccitava. Tra tutti gli uomini che l'avevano posseduta Bob era certamente quello in grado di accendere il suo fuoco. Adesso, però, trovava aberrante andare a letto con suo padre. Magari ci avrebbe fatto un pensierino. D'un tratto un rombo riportò alla realtà la giovane, che aguzzò lo sguardo e scorse James Hurley in sella alla sua moto. Quando il ragazzo accostò al marciapiede che fiancheggiava la sua abitazione, Laura si riversò in corridoio e, senza farsi notare dai suoi, si recò in giardino. Proprio in quell'istante James smontò dal veicolo e, a passi lenti, le andò incontro. Quando la raggiunse, sfiorò le sue calde labbra in un tenero bacio. Poi si lasciarono travolgere dalla passione e presero a baciarsi avidamente. "Laura!". Un grido alle loro spalle li fece sobbalzare. "Maledizione!", imprecò la giovane sottovoce. Si volse verso il padre che li scrutava dalla finestra del salotto e sfoderò il suo miglior sorriso da brava ragazza. "Papà, ti prego. Lasciaci soli." Sulle labbra di Leland fece capolino un sorriso beffardo. "Un nuovo ragazzo, eh? Non stavi forse con Bobby Briggs?" I due lo ignorarono e si diressero, mano nella mano, verso il gazebo posto nel bel mezzo del parco antistante alla casa dei Palmer. L'uomo assestò un pugno sulla finestra mandando il vetro in frantumi, il volto livido di ira. Levò gli occhi al cielo terso, mentre gli uccelli seguitavano a pigolare. "La tua fine è vicina, puttanella". James scostò una ciocca di capelli dal viso di Laura e gliela portò dietro l'orecchio sinistro. Le carezzò una guancia. "C'è qualcosa che ti turba?". La ragazza avvampò, poi scrollò la testa, lentamente. "Andiamo, parlamene...", la incalzò il giovane sollevandole il mento. Laura avrebbe tanto voluto vuotare il sacco, svelargli i suoi più intimi segreti, parlargli di Bob, lo spirito che dimorava nei boschi di Twin Peaks e che rendeva la sua esistenza un vero incubo. Ma non poteva: l'avrebbe messo in pericolo. La fanciulla esalò un profondo respiro e, con aria di rassegnazione, abbozzò un cenno di diniego col capo. "Mi spiace, James, ma non posso farne parola con nessuno." A quel punto il ragazzo aggrottò le sopracciglia e si drizzò in piedi. Allargò le braccia, esterefatto. "Come pensi possa funzionare la nostra relazione se mi nascondi dei segreti?!". Laura restò inerte. Mosse le labbra, ma le parole le morirono in gola. James, furente, si allontanò con passo deciso dal gazebo. "Me ne vado". La giovane scattò in piedi, una lacrima le solcò una guancia. "Non andare via! Ti prego". L'uomo, incurante delle sue suppliche, raggiunse il marciapiede che costeggiava il parco della città, montò in sella alla sua moto, avviò il motore e partì.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: atto finale ***


Capitolo 4. Laura percorse quel breve tratto di strada che la separava da villa Hayward. Quando si trovò nel cortile della casa di Donna, prese a bussare insistentemente al vasto portone d’ingresso. Dopo un lasso di tempo, l’esile figura del padre dell’amica apparve sulla soglia. “Laura, tutto bene?”, fece l’uomo col suo solito tono pacato. La giovane si asciugò istintivamente col dorso di una mano le lacrime che le rigavano il viso spigoloso. Sospirò e accennò un sorriso. “Sì, grazie. Donna è in casa?”. William Hayward rimase immobile per qualche istante, un’espressione colma di preoccupazione stampata sul viso pingue. “Sì, dovrebbe essere nella sua stanza”, disse con voce esitante, facendosi da parte. La ragazza avanzò all’interno del vestibolo lentamente, poi salì una rampa di scale e si ritrovò in un lungo corridoio immerso nella penombra. Tempestò di pugni una porta e subito si udì una voce femminile. “Avanti!”. Laura fece il suo ingresso nella stanza dell’amica e andò a rannicchiarsi sul letto che torreggiava al centro. Tirò su col naso, poi scoppiò in un pianto dirotto. Donna le si fece vicina, le sedette accanto e l’abbracciò, posandole un affettuoso bacio sulla guancia sinistra. “Che hai? Ehi, tesoro, che ti succede?”. La fanciulla l’attirò nuovamente a sé e la strinse vigorosamente. “Oh, Donna. È tutto così… orribile… raccapricciante…”. L’amica le carezzò una guancia. Dopo prese a scompigliarle la chioma bionda. “Ti va di parlarmene?”. “Se lo facessi, ti metterei in pericolo”. Un brivido serpeggiò lungo la schiena di Donna. “Ma che dici?! Non puoi esserti messa in guai seri… dico bene?”. Laura la scrutò in volto, a lungo. “Ho bisogno di chiederti un favore…”. La giovane dai folti capelli neri, che le cadevano rigogliosi sulle spalle, ricambiò il suo sguardo e un guizzo attraversò il suo viso. “Ma certo. Tutto quello che desideri…”. “Potresti prestarmi la Magnum calibro 38 di tuo padre?”, chiese come fosse la richiesta più normale del mondo. Un’espressione incredula si dipinse sul volto di Donna Hayward. “Ma… ti ha dato di volta il cervello?”. Laura giunse le mani e assunse un tono supplichevole. “Ti prego, ne ho davvero bisogno. Non sono impazzita”. “A cosa ti serve?”. La ragazza scrollò il capo. “Non posso rivelartelo”. A quel punto un silenzio tombale calò nella sala e poco dopo Donna lo ruppe: “E va bene, ma giurami che non farai sciocchezze!”. “Promesso!”, rispose Laura, divenendo di colpo raggiante. Leland osservò l’immagine di Bob riflessa nello specchio del salotto, le labbra distorte in un ghigno. Questa sera la violento e poi la faccio fuori, pensò. D’un tratto la porta della stanza si aprì con un debole cigolio. L’uomo si voltò e scorse sua figlia. Impugnava una pistola. “Cosa hai intenzione di fare?”, chiese, la voce incrinata. “Lo sai perfettamente… Bob”. Un sorriso fioco increspò le labbra di Laura, che puntò il revolver contro il padre. Leland si sentì mancare, aveva la sensazione che le gambe stessero per cedergli, il fiato corto. L’aveva smascherato. “Non… non puoi uccidermi dopo tutto quello che c’è stato fra noi!”. La ragazza chinò il capo di lato. “E’ vero, il sesso è stato fantastico, non lo nego. Ma adesso basta: io voglio una relazione stabile e non con un demone. A causa dei miei torbidi segreti l’unico ragazzo che mi abbia mai amato mi ha mollata”. Un istante dopo Laura aprì il fuoco.

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