Counting Stars

di shinepaw
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Riflessioni davanti ad una palla ***
Capitolo 3: *** Un passo avanti e due indietro ***
Capitolo 4: *** Solo amici ***
Capitolo 5: *** Ricordi del passato... pizza, Coca-Cola e gelato ***
Capitolo 6: *** Baci rubati ***
Capitolo 7: *** Dolci pensieri inespressi ***
Capitolo 8: *** Una sera, l'amore ***
Capitolo 9: *** Festeggiamenti per cuori inquieti ***
Capitolo 10: *** Confessioni ***
Capitolo 11: *** Bella ***
Capitolo 12: *** Una nuova famiglia ***
Capitolo 13: *** Solo amici... forse! ***
Capitolo 14: *** Argento tristezza, oro passione, verde dolcezza ***
Capitolo 15: *** Il primo amore non dura mai ***
Capitolo 16: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 17: *** Epilogo ***
Capitolo 18: *** Paura di amare - Extra ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


John's point of view

Il sole splende inclemente sul campo ormai prossimo all'abbandono, baciando noi sconfitti accaldati. Appoggio le mani sulle ginocchia e tiro un lungo respiro, asciugandomi il sudore dalla fronte.

Sono esausto, non c'è muscolo che non mi dolga e non sono esattamente di buon umore.

Beau mi si avvicina, sorridendomi dolcemente.

- Non potevamo farci nulla - dice piano, cercando di confortarmi. - Vediamolo come un incidente di percorso.

- Già - replico pacatamente. Mi cinge le spalle con un braccio e mi scorta dal resto della squadra. Non ci capita tanto spesso di perdere, ma quando succede nessuno si deprime: siamo uniti abbastanza da sostenerci in tutto, nella buona e nella cattiva sorte.

E a sostenere me c'è sempre Beau, la nostra ala grande e il mio migliore amico da tempo immemore. Ci conosciamo da quando, alle elementari, abbiamo iniziato a giocare a basket. È stato lui il primo ad unirsi alla squadra, nel momento in cui ho deciso di formarne una.

Certo, abbiamo avuto un inizio un po' burrascoso... un po' tanto, basti pensare che mi ha tirato la palla in testa il giorno in cui ci siamo incontrati per la prima volta!

Nonostante ciò la nostra amicizia è fiorita e si è solidificata in pochissimo tempo, diventando quasi fratelli, più che amici. Con Beau ho condiviso praticamente tutto, anche il primo bacio, poiché lui aveva una cotta per me e... e mi ha baciato, appunto.

Questo non ha però influito sul nostro rapporto ed ora siamo amici come sempre. Purtroppo per lui, non ho i suoi medesimi gusti.

- La prossima volta andrà meglio - annuncio stancamente. Mi arrivano pacche sulle spalle e sorrisi convinti.

- Una partita persa non è la fine del mondo - concordano.

- Stasera andiamo a bere qualcosa e divertirci un po' - esordisce poi Beau. - Vieni con noi?

Declino l'offerta, non perché non abbia voglia di passare del tempo con la squadra, ma per il semplice motivo che non credo di poter reggere il loro divertimento serale.

~~~

Prima di uscire di casa mando un messaggio a Crystal, dicendole che abbiamo perso. Mi risponde con qualche parola d'incoraggiamento. È tanto dolce e comprensiva, è davvero una buona amica.

E, ormai, nulla di più.

Mentre cammino le cuffiette nelle mie orecchie mi portano una melodia dolce e rilassante, di sottofondo a una voce grintosa e calda.

Like a lightning bolt, your heart will glow
And when it's time you'll know

You just gotta ignite the light and let it shine
Just own the night like the 4th of July

'Cause, baby, you're a firework
Come on, show 'em what you're worth
Make 'em go, "Aah, aah, aah"
As you shoot across the sky

Baby, you're a firework
Come on, let your colours burst
Make 'em go, "Aah, aah, aah"
You're gonna leave 'em all in awe, awe, awe

Boom, boom, boom
Even brighter than the moon, moon, moon
It's always been inside of you, you, you

Una volta arrivato nel mio posto preferito stacco gli auricolari dal cellulare, assaporando per un lungo attimo il silenzio di questo luogo e le parole della canzone che riecheggiano nella mia mente.

Mi sdraio sul prato, lasciandomi solleticare il volto e le mani dall'erba rigogliosa. È abbastanza raro trovare così tanto verde, qui, eppure non impossibile.

Perché questo è il mio posto preferito? Ci vengo da sempre, da solo. È un prato piuttosto ampio, talmente silenzioso da poter percepire il battito del proprio cuore. Non c'è mai nessuno, a quest'ora, e si può ammirare la volta celeste.

Non credo che nessuno potrà mai comprendere la magia che l'essere qui sprigiona. È come crescere e tornare bambino, ed è una sensazione che ti fa sentire vivo.

Mentre mi perdo a contare le stelle, sottovoce per non disturbare gli spiritelli del prato a cui ancora credo, una cometa attraversa rapida il cielo come un fulmine a ciel sereno.

- Io... non desidero tanto, solo un po' di fortuna. Una vittoria, magari. O anche semplicemente una bella cosa - dico ad alta voce, perché temo che a bisbigliare non mi sentano, lassù.

- Se posso chiedere qualcosa... non so cosa, ma fa' che sia bello - replica un'altra voce, che non è la mia. Rimango per un lungo istante zitto, ancora emozionato per l'evento a mio dire... magico.

- Ehi - esordisco dopo un po', prendendo coraggio. - Sei uno spiritello del prato?

Una risata dolce e melodiosa, sommessa, giunge alle mie orecchie.

- Suppongo di no, e tu?

- Suppongo anch'io di no - replico, dopodiché scoppiamo entrambi a ridere. - Dove sei?

- Qui... qui, vicino a te.

Mi alzo, spostandomi più in là di qualche metro. Ho sempre creduto che nessuno conoscesse questo posto, penso. Poi mi siedo, non osando invadere altro spazio stendendomi.

E qui, vicino a me, c'è una ragazza bellissima, illuminata dalla luce della luna che le indora ulteriormente i capelli chiari e le fa brillare gli occhi d'un verde vivo.

- Sdraiati pure - sussurra dolcemente. Obbedisco, sfiorandole una mano col gomito nell'incrociare le braccia dietro la testa.

- Pensavo di essere l'unico a conoscere questo posto - affermo, lo sguardo rivolto al meraviglioso cielo notturno.

- Lo pensavo anch'io...

La brezza accarezza gentilmente l'erba sotto di noi e ci scompiglia delicata i capelli.

- È... magico, non trovi?

- Già!

Silenzio. Per un istante mi domando se quella mia domanda circa gli spiritelli m'abbia fatto suonare infantile.

- Comunque piacere di conoscerti - bisbiglia lei a seguito di qualche lungo minuto di nulla. Possiede una voce bassa e soave, timida, quasi avesse paura di disturbare solo a parlare. - Mi chiamo Virginia.

- John - replico. Piega la testa verso di me ed io faccio altrettanto. Arrossisce impercettibilmente, ma sorride. - Mi dispiace di averti disturbata. Era la prima volta, in tutti questi anni che vivo e vengo qui, che vedevo una stella cadente...

- Lo stesso per me - annuisce, e il fatto di averla disturbata mi fa sentire in colpa, senza che ciò abbia senso. - Però... però non mi hai disturbata... dovrei essere io a scusarmi.

- Figurati.

Ci guardiamo ancora, e occhi negli occhi ci sorridiamo.

- Finché gli spiritelli del prato non s'indispettiscono... sono ben felice di condividere con te il mio luogo preferito.

Ride sommessamente, Virginia; un brivido mi corre lungo la schiena, e non è di freddo.

- Anch'io lo condividerò assai volentieri.

E detto ciò si alza, avviandosi nella direzione opposta a quella di casa mia. Balzo in piedi a mia volta, restando però immobile come uno stoccafisso.

- Ci rivedremo? - grido, e al diavolo la quiete.

- Chi lo sa! - risponde, prima di ridere timidamente. E, fatemelo dire, credo proprio che potrebbe diventare il mio suono preferito.

La brezza soffia di nuovo, accarezzandomi impercettibilmente il viso. Non posso fare a meno di chiedermi se per caso non fosse davvero uno spiritello del prato...

O, chissà, magari una stella cadente?

Scuoto la testa. Qualunque cosa fosse, chiunque fosse... so unicamente che voglio rivederla.

-

Note dell'autrice:
lo so, lo so... ho milioni di recensioni a cui rispondere e giuro, le leggo tutte! Ma non resisto, prologhi ed epiloghi sono sempre stra-eccitanti! Come volevo dire per Stray Heart anche se non l'ho fatto, il titolo di questa storia è stato ispirato dalla celebre Counting Stars degli OneRepublic (rispettivamente, Stray Heart, da Stray Heart dei Green Day). E sempre per restare in tema di musica, il pezzetto che vi propongo in questo prologo è Firework di Katy Perry. Ora basta, però! Vado a rispondere alla recensioni. Baci

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Capitolo 2
*** Riflessioni davanti ad una palla ***


John's point of view

La sera seguente sono tornato al prato e l'ho perlustrato in lungo e in largo, ma di Virginia nessuna traccia.

Ero abbastanza deluso, perciò mi son accomodato al solito posto e ho puntato lo sguardo al cielo, senza riuscire però a concentrarmi.

I miei pensieri erano terribilmente disturbanti e rumorosi nella quiete del mio piccolo paradiso, talmente fastidiosi da rendermi impossibilitato a contare le stelle.

Sono rimasto lì per un po', riflettendo su come il blu della volta celeste mi rammentasse gli occhi dei miei fratelli e il luccichio delle stelle quelli dei miei nipoti.

Sono così differenti dai miei, i quali sono verdi ma più tendenti ad un color acqua che al verde bosco di Virginia.

Virginia...

Alla fine, stufo di aspettare qualcuno che non arrivava (né sarebbe arrivato...), mi sono alzato e me ne sono andato, irritato con me stesso per essermi illuso così presto.

~~~

Palleggio nervosamente, avanti e indietro. Fa caldo, anche se la brezza fra i miei capelli mi dona un po' di refrigerio.

Il campo da basket è deserto. Mi piace allenarmi da solo, a volte per scaricare lo stress, altre semplicemente per immaginare un folto pubblico, da partite dell'NBA, ad acclamarmi. Sogno ambizioso, ma d'altronde chi non ne ha uno? Tutto è possibile, basta crederci.

Mentre scendo dal canestro, dopo essermi appeso ad esso in una schiacciata, noto con la coda dell'occhio un gruppetto in avvicinamento.

Recupero la palla e alzo una mano in segno di saluto.

- Zio John! - esclama Akira, venendo ad abbracciarmi. Con lui c'è suo fratello, il suo ragazzo e Blake. Gli accarezzo i capelli castani, sorridendo.

- Ehi, tesoro. Che fate di bello, qui?

- Niente, avevamo voglia di uscire - risponde Ryuu, stranamente non scocciato o annoiato.

- Vi va una partita?

- Io non gioco - dice subito Akira, indietreggiando d'un passo.

- Voi?

- Noi sì - risponde suo fratello, cercando con lo sguardo il consenso degli altri. Annuiscono.

- Allora... che ne dite, io con Christopher e tu e Blake contro di noi?

- Va bene.

Lancio un'occhiata di sottecchi a mio nipote. Lui va a sedersi a bordo campo, donandomi un sorriso lieve.

Io gioco un po' con i ragazzi, cercando sì di non esagerare eppure di neanche trattenermi troppo. È bello giocare con loro, nel mio elemento, divertendomi senza badare eccessivamente alle regole.

Alla fine io e Christopher infliggiamo una sconfitta non troppo pesante a Ryuu e Blake, e loro sportivamente l'accettano senza proteste né musi lunghi. Tutto sommato abbiamo vinto più per fortuna che per altro.

- G-gioco a-anch'io - annuncia timidamente Akira, alzandosi e raggiungendoci. Mi sistemo indietro i ricci, i quali mi ricadono ribelli e sudati sulla fronte.

- Ottimo, ti cedo il mio posto. Ho bisogno di una pausa - replico, sorridendogli. Arrossisce impercettibilmente. Christopher nota le nostre occhiate e lo stringe a sé, stampandogli un bacio su una tempia.

Mi volto rapidamente e vado a sedermi al posto di mio nipote, soffocando una risata. L'asfalto scotta, ma poco importa. Bevo un sorso d'acqua dalla borraccia che mi porto sempre appresso e verso il resto sul viso.

Dopodiché mi stringo le ginocchia al petto e mi limito ad osservare la partita. Sono bravi, per non aver mai giocato ufficialmente.

Ryuu potrebbe essere un fantastico giocatore, poiché compensa la propria bassa statura con scatti e salti incredibili: è una scheggia e scivola fra gli altri, tutti più alti di lui, come una saponetta. È anche assai preciso nei tiri.

È l'unico piuttosto aggressivo, sebbene l'abbia visto più di una volta sbagliare apposta qualche passaggio senza che suo fratello se ne accorgesse proprio per passargli la palla. Vuole vincere, però vuole anche divertirsi e che il proprio gemello si diverta.

Blake è una montagna, tira senza alcuno sforzo e fa canestri, oltre che passaggi, perfetti. Se la intende talmente bene con Ryuu da ricordarmi la telepatia che lega me e la mia squadra.

Akira ci mette tutto se stesso, ridendo se qualcosa non va come sperava. Il più delle volte i suoi tiri sono storti e finiscono chissà dove, eppure non è poi così terribile.

Christopher invece potrebbe dare molto più di ora, se volesse, ma pare preoccuparsi più di Akira che del gioco. È così alto che gli basta un nulla ad arrivare al canestro e ha un tiro assai preciso, però guarda più spesso il proprio ragazzo della palla.

E io, io cosa posso dire al riguardo? Sono felice che abbia qualcuno come Chris al suo fianco, mio nipote. Ho sempre saputo di non essere, di non poter essere la persona giusta per lui e sono sollevato che l'abbia compreso. Si merita quel ragazzo, e merita di essere felice.

Mi riscuoto dalle mie elucubrazioni udendo del trambusto.

- Akira!

Mi alzo di scatto e mi precipito da loro. A quanto pare è caduto e sembra provato. Non è esattamente il momento migliore per organizzare una specie di partita di basket, cretino, mi rimprovero mentalmente.

- Stai bene, tesoro? - indago, abbassandomi alla sua altezza. Annuisce debolmente.

- Non è niente, zio... ho solo preso una storta e sbucciato il ginocchio...

Non ne sono troppo convinto, ma non vedo nulla di sospetto. Faccio per tendergli una mano per aiutarlo ad alzarsi, però Christopher mi precede e lo prende in braccio in stile principessa.

- Riesco a camminare, Chris - protesta sottovoce Akira. Lui gli bacia la fronte.

- Meglio limitare gli sforzi - bisbiglia di rimando. Silenzio. Blake mi porge la palla, che recupero e sistemo sottobraccio.

- Torniamo a casa, allora?

A seguito di un breve scambio di sguardi, tutti annuiscono. Io prendo la mia borraccia e poi ci avviamo, Ryuu e Blake in testa, mano nella mano, e Christopher sempre con in braccio Akira di fianco a me.

- S-sei imbarazzante - sento mio nipote dire al proprio ragazzo.

- E tu sei o non sei la mia principessa? - ribatte teneramente Chris. Mi sforzo di fingere di non aver sentito.

- C-c'è mio zio, C-christopher!!!

Ridacchio, impossibilitato a non farlo. Loro si voltano a guardarmi.

- Z-zio John...?

- Scusa, tesoro - agito una mano come a dire che non è nulla. - Stavo pensando a me e Beau.

O più precisamente al periodo in cui ci provava spudoratamente con me ed era super appiccicoso e... imbarazzante.

- Beau? Chi è? Il tuo fidanzato?

- Akira - dico in tono d'affettuoso rimprovero. - No, è il mio migliore amico e l'ala grande della mia squadra.

- Figo - commenta Christopher.

- Già.

Una volta alla villa Jake, mio nipote, si occupa di suo fratello. Per fortuna non ha davvero nulla di grave. Mentre i ragazzi vanno poi a prendersi il gelato, io mi sposto a bordo piscina.

Qui c'è sempre almeno un po' d'aria fresca, oltre alla piscina che chiama invitante. E ci sono anche Geoffrey e Crystal: lei ha la testa poggiata sulla sua spalla e il muso di Haru in grembo, mio fratello invece mi osserva con benevolenza.

Faccio rotolare la palla da una mano all'altra, pensando a quanto sia incredibile che quasi vent'anni fa lui, il 'Signor Maggiordomo' (come lo chiama qualcuno di nostra conoscenza), ha fatto il grande passo dopo secoli in cui avevamo perso la speranza. E altrettanto tempo fa quella testa calda di Adam ha trovato qualcuno che lo sopporti, forse non per sempre, ma che io sappia ancora stanno insieme.

Anche i miei nipoti hanno trovato le loro anime gemelle, se di esse si tratta. Il loro è un amore giovane, che solo il tempo dimostrerà se indistruttibile.

E io, io da quant'è che non ho una ragazza? Dai tempi del liceo, forse? Quanto tempo è passato dall'ultima volta in cui c'era una persona nel mio cuore più importante del basket?

Tanto, troppo tempo. Voglio dedicarmi completamente a quello che non è semplicemente uno sport, per il sottoscritto, ma sto iniziando a sentirmi come se mi mancasse qualcosa di essenziale.

E questo è male.

-

Note dell'autrice:
il nostro adorato Francesco è tornato, festeggiamo! Anche Isa è tornata, col raffreddore e forse l'influenza, un exposé su Sherbrooke da preparare e qualche altro compito. Davvero desolata di non aver postato per un sacco di tempo. Vi lascio con 'Press Your Number' di Taemin. Buonanotte!

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Capitolo 3
*** Un passo avanti e due indietro ***


John's point of view

Dopo la delusione dell'altra volta, son tornato sì al prato, ma senza cercare Virginia. Mi son sistemato al solito posto, nella solita posizione, ad osservare il cielo sereno in cui splendevano le stelle.

Ed altro non ho fatto, non sto facendo. Un grillo molesto rompe la quiete, poi tace. È un fruscio non dovuto al vento a farmi drizzare le orecchie, come un calpestio leggero d'erba.

- John? - risuona il mio nome a seguito di un'altra pausa di silenzio. Fremo da capo a piedi, deglutendo ed ignorando il battito furioso del mio cuore.

- Sì? - replico, dopo essermi schiarito la gola. - Chi invoca il mio nome? È forse uno spiritello del prato?

Ride sommessamente. Quella sua risata cristallina mi provoca un milione di brividi lungo la schiena.

- Proprio così - risponde, decisa. Sorrido, impossibilitato a trattenermi.

- Che onore - affermo, socchiudendo gli occhi. Il vento agita i fili d'erba attorno a me, solleticandomi piacevolmente le orecchie. - Posso fare qualcosa per te, o caro spiritello?

- Vieni qui...

Mi alzo, raggiungendola. Non appena mi sente arrivare, volta il capo verso di me. È bellissima, con i lunghi capelli biondi che le incorniciano il viso e la testa come un'aureola e gli occhi dolci e luminosi.

- Ciao - sussurro, sdraiandomi di fianco a lei.

- Ciao - bisbiglia di rimando.

Restiamo in silenzio ad osservare la volta celeste. Non saprei dire se sia più spettacolare il cielo notturno o Virginia.

- Che ne dici? - esordisco, reprimendo uno sbadiglio. - Una domanda per ogni stella che c'è lassù, nulla di personale.

- E quante stelle ci sono, lassù?

Avvampo, abbozzando un sorrisetto. Bella domanda.

- Abbastanza per conoscerti almeno un po'.

- E va bene.

- Inizia tu...

Ci riflette un secondo, mentre io mi giro per guardarla. I nostri occhi s'incontrano, e lei mi sorride. Ha un sorriso talmente brillante da illuminare a giorno il prato.

- Ti piacciono i cani?

Ricambio il sorriso.

- Li adoro. Che fosse quello di mio fratello o di mio nipote... li ho sempre amati.

- Hai un fratello? - chiede, stupita.

- Due - rispondo - come le domande che mi hai appena fatto, ed entrambi più grandi di me.

Ridacchia imbarazzata.

- Ops. Allora puoi farmene due.

- Ti hanno mai detto che hai degli occhi bellissimi? - mormoro, vincendo l'incertezza e l'emozione del momento. So d'essere impulsivo, ma non voglio neanche rimangiarmi la domanda.

- N-no... - balbetta Virginia, e io so che è arrossita.

- Hai degli occhi bellissimi, Virginia.

Ed avvampo a mia volta, di nuovo.

- G-grazie...

- Senti... ma se ti dessi il mio numero?

Oh, questo è davvero impulsivo, penso tra me e me.

- Lo dai ad ogni ragazza che conosci? - indaga con un filo di voce, diffidente. Questo mi ricorda che siamo ancora sconosciuti, o quasi.

- Non si risponde ad una domanda con un'altra - ribatto, tranquillo. Mi ignora. - Comunque no, anche perché di ragazze non ne conosco tante.

- Giochi a basket, vero?

Sorrido, soffocando una risatina.

- Sì, gioco a basket.

- Allora credo che potremmo scambiarci i numeri di cellulare - dice con nonchalance.

- Perché gioco a basket?

Ci fissiamo per un lungo istante, verde nel verde. E poi, come io mi sciolgo in una rumorosa risata, lei mi imita cristallina.

- Anche per quello... forse - replica. Ridacchio. Questa conversazione, così spensierata... è una boccata d'aria fresca contro lo stress di tutti i giorni, i pensieri negativi circa numerose vittorie mancate.

Le detto il mio numero di cellulare e lei ricambia.

- Mi hai salvata come Spiritello del prato?

Sento le guance imporporarmisi lievemente, ma tanto è buio.

- No, però ammetto che non è affatto male, come idea... - affermo, sorridendole. Lei adesso è seria.

- John... - sussurra, facendomi rabbrividire. La sua voce, come qualunque altra sua cosa... è incredibile.

- Lo stai facendo di nuovo - la rimprovero scherzosamente. Mi guarda interrogativamente.

- C-cosa?

Le domande una dopo l'altra, vorrei rispondere, invece dico:

- Sorridere... così -.

E poi arrossiamo entrambi. So che vorrebbe chiedere: così come?, eppure tace, imbarazzata quanto me.

- J-john...?

- Cosa c'è?

- Lo... lo pensi davvero, quello che hai detto prima?

- Cosa?

- Dei... dei miei occhi.

Sorrido ulteriormente, allungando una mano per sfiorarle una guancia. È liscia e morbida, calda.

- Certo. Sono belli e... non solo i tuoi occhi.

Si tira a sedere, all'improvviso, e poi si alza. La imito, osservando incantato il vento alzare l'erba che con i nostri corpi abbiam schiacciato e far ondeggiare il vestito di Virginia.

- Ehi.

Si volta appena, guardandomi da sopra la spalla. Anche i suoi capelli dorati sono agitati dall'aria. Lo sguardo che mi dona non è di qualcuno che sa di essere bello e vuole farsi ammirare, bensì un'occhiata timida e quasi malinconica, oserei dire.

- Virginia... - allungo una mano verso la sua, sebbene non sappia nemmeno io cosa voglia fare. Sussulta, quando la tocco, eppure non si ritrae. - Per favore, non te ne andare come l'altra volta.

- Sai che ci rivedremo - mormora; per quanto ciò mi rassicuri, non mi basta.

- Lo so, ma... io voglio rivederti anche altrove...

- Non so se sia una buona idea - commenta a bassa voce, di nuovo diffidente come prima, quando parlavamo di scambiarci il numero di cellulare. Non capisco perché si comporti così, ora, ma non voglio innervosirla.

- Perché? - mi sfugge, mentre lascio andare la sua mano. Lei abbassa lo sguardo, girandosi completamente verso di me. - Virginia...?

- Io... devo andare - risponde semplicemente, se tale si può considerare una risposta. - Buonanotte, John.

- Buonanotte, Virginia - sussurro a mia volta, guardandola andar via, ancora una volta deluso. Mi rimprovero, dovrei essere soddisfatto di aver ottenuto il suo numero.

Mi passo una mano sul viso, sospirando. Forse non abbiamo fatto un passo avanti, ma mezzo...

-

Note dell'autrice imperdonabile:
konbanwa! Sì... so di essere imperdonabile, a non aggiornare da così tanto e non degnare d'una risposta le recensioni. Mi vergogno di me stessa, uh... ora giuro che rimedio, però. GIURO. E intanto vi lascio con Soldier di Taemin, questa canzone è... è... indescrivibile. Okay, okay, basta parlare. Mi volatilizzo. Baci!

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Capitolo 4
*** Solo amici ***


John's point of view

- Ottima partita, oggi - dico ad uno ad uno ai giocatori avversari. Molto sportivamente mi stringono la mano, più provati di noi e, purtroppo per loro, sconfitti. Un incidente di percorso può capitare a tutti, alla mia squadra come ad una emergente ma già piuttosto forte come la loro.

Lo ammetto, è stata una partita per nulla facile, anche se di poco conto. È come una sorta di allenamento più impegnativo, che però non porta alcun progredimento alla carriera.

Poi vado dai miei compagni, i quali mi danno pacche sulle spalle o mi arruffano i capelli. Beau mi dona un sorriso complice, dolce.

- Siamo stati grandi - esordisco, stiracchiandomi e ricambiando fugacemente il sorriso del mio migliore amico. - Perciò, se vi va, possiamo andare a festeggiare da qualche parte, offro io.

Esultano, dopodiché iniziano a parlottare fra di loro. Io recupero le mie cose e mi cambio, lasciando loro il tempo di decidere cosa fare e dove andare. Intanto controllo il cellulare: ho due messaggi, uno da parte di Crystal e l'altro da Virginia. Apro il secondo, ritrovandomi involontariamente a sorridere dopo averlo letto.

'A: John.

Da: Virginia.

Com'è andata?'

'Alla grande, abbiamo vinto! :D'

'Fantastico!'

Odo dei passi in avvicinamento perciò, sussultando, m'affretto a riporre il cellulare in tasca.

- John? - mi chiama Beau. - Hai finito? Stiamo aspettando solo te.

- C-certo - balbetto io, imponendomi di cancellare dal volto il sorriso di poco prima. - Arrivo subito.

Lui mi lancia un'occhiata di malcelata diffidenza, per poi tornare dagli altri. Sospiro. Ho la netta sensazione che, nonostante questa vittoria, la fortuna non girerà tanto presto dalla mia parte. E non intendo nel basket.

~~~

Andiamo in un locale assai frequentato. Un tempo era gestito da un barista conosciuto per essere sposato con una veterinaria ed essere amico del campione nazionale di surf, ma soprattutto per essere sempre intento ad asciugare lo stesso bicchiere. Henry, si chiamava, se non sbaglio.

Ora invece la gestione è passata ad un'emerita sconosciuta, però pare simpatica. Mentre controllo il portafogli e conto quanti soldi ho, sperando bastino per quei bestioni dei miei compagni, lo sguardo mi cade su degli inconfondibili capelli biondo oro e una risata cristallina giunge alle mie orecchie.

- Ehm... - inizio, attirando l'attenzione della squadra. - Io arrivo subito, voi ordinate pure che poi pago.

Assentono, allegri. Beau mi regala uno sguardo strano, anche se lo noto solo di sfuggita. Mi avvicino e picchietto sulla spalla la bella ragazza vicino a me, intenta a parlare con l'amica.

- Sì? - risponde, voltandosi. Quando i suoi occhi si posano su di me ed avvampa impercettibilmente, il mio primo impulso è quello di abbracciarla. - Oh, John, ciao.

- Ciao - replico, sorridendole. La ragazza che è con lei soppesa brevemente i miei amici e poi mi dona una lunga occhiata d'apprezzamento, prima di prender sottobraccio l'amica.

- Ehi, Virgi, chi è questo bel tipo? Il tuo ragazzo, forse? Non me ne hai mai parlato...

Adesso sono io ad arrossire, e anche vistosamente. Bel... tipo?

- È s-solo un amico - risponde Virginia, diventando più rossa di me.

Già, siamo solo amici. Forse neanche quello.

- Be'... io devo andare, ti lascio un po' di privacy col tuo amico - dice colei di cui è in compagnia, dopodiché ammicca maliziosamente e abbassa la voce, sebbene io la senta benissimo. - Forse ancora non è il tuo ragazzo... ma io non me lo lascerei scappare, uno così.

E detto ciò la saluta con un gesto della mano ed esce dal bar.

- Stavi andando anche tu? - chiedo. Fa di no col capo. - Oh, allora che ne dici se prendiamo un tavolo? Posso offrirti da bere?

- C-certo.

Mi giro a controllare i miei compagni di squadra: si stanno sedendo anche loro e in piedi c'è solo il mio migliore amico, il quale mi osserva con gli occhi colmi di tristezza prima di distogliere lo sguardo ed unirsi agli altri.

Ho la spiacevole impressione che qualcosa non vada, con Beau, eppure la felicità e l'emozione nel vedere Virginia inibiscono qualunque impressione.

Ci sediamo anche noi ad un tavolo non troppo distante da quello della mia squadra, comunque abbastanza per poter parlare in pace. Sono tutti bravi ragazzi, però possono diventare un po' irruenti dopo una vittoria ed eccessivi festeggiamenti.

Per fortuna sono alle spalle di Virginia, almeno non può vederli ammiccare e fare gesti equivoci nella nostra direzione. A volte mi paiono più maturi i miei nipoti... entrambi diciottenni.

Sbuffo nel palmo della mia mano, prima di riprendere a sorridere.

- Ancora congratulazioni per la partita - dice Virginia.

- Oh... grazie.

- È stata dura? Sembri stanco.

Non posso fare a meno di domandarmi se sia apprensione quella nella sua voce perché, se così fosse, qualcosa dovrà pur voler dire.

- Non più del solito, però ammetto che deboli non erano.

Ci osserviamo per un lungo istante, in silenzio. È il cameriere a spezzarlo, servendoci da bere.

- È la tua squadra, quella? - domanda Virginia, voltandosi per fare un cenno verso di loro. Quegli stupidi fingono di parlare fitto fitto fra di loro. Annuisco. - Sembrano simpatici. Sei qui con loro?

Assento, di nuovo.

- Oh... non voglio trattenerti, se hai da fare.

Sorrido, agitando una mano come a dire che non fa niente. Ci saranno altri giorni in cui festeggeremo, mentre non so se incontrerò ancora Virginia in un posto che non sia il prato, me l'ha detto chiaramente: è restia a vederci nei luoghi più 'pubblici'.

- Ma no, siamo qui per festeggiare e quello si può fare sempre - la rassicuro. Mi dona un timido sorriso, quasi più bello di quello raggiante. - E tu? Eri con la tua amica?

Sorseggia la cioccolata che ha ordinato con un pizzico di goffaggine che la rende terribilmente carina ai miei occhi.

- Ah, sì - risponde distrattamente, sistemandosi una ciocca dorata dietro l'orecchio e alzando velocemente lo sguardo. Il mio è calamitato dallo sbaffo marrone che corre dalla sua bocca alla guancia. Arrossisce, accorgendosi che la sto guardando intensamente. - C-cosa c'è?

Prendo il tovagliolo e mi allungo sul tavolo, pulendole delicatamente il viso. Avvampa ulteriormente. Ah, questa ragazza è un mix esplosivo di tenerezza, bellezza e dolcezza, mi ritrovo a pensare.

- Eri sporca di cioccolato - spiego, arrossendo a mia volta.

- O-oh... g-grazie, allora.

- Non c'è di che - replico, prima che tra di noi cali per l'ennesima volta il silenzio. Lancio un'occhiata ai miei amici ed incrocio gli occhi di Beau, il quale mi mima con le labbra se ho intenzione di raggiungerli o no. Sospiro. - Credo di dover andare, ora.

- Oh... certo - dice lei con un filo di voce. Finisco l'acqua che ho ordinato in un sorso e deposito due banconote sotto il bicchiere, dopodiché mi alzo.

- Ciao, Virginia. Ci vediamo... al solito posto?

Annuisce brevemente, nascondendosi dietro la tazza. Cosa dovrei fare? Voglio abbracciarla, stringerla a me... insomma, voglio infrangere questa barriera per la quale il contatto fisico è motivo d'imbarazzo.

Incerto sul da farsi, mi avvicino a lei e semplicemente le scompiglio con gentilezza i capelli, prima di farle un cenno di saluto con la mano e andare dai miei compagni.

- Ce ne hai messo di tempo! - mi rimproverano scherzosamente.

- Chi è, la tua ragazza? - chiede Beau, ma più che una frecciatina pare una domanda seria.

- N-no... è solo un'amica - rispondo, arrossendo. Vado ad accomodarmi di fianco al mio migliore amico, bisbigliandogli all'orecchio: - Sei geloso? -.

- Ma va' - replica altrettanto a bassa voce, regalandomi un ampio sorriso. E io gli credo, mi ha già detto anni fa di non provare più nulla per me.

Mentre ordino una Coca-Cola Virginia si alza ed esce dal locale, agitando timidamente una mano nella mia direzione in segno di saluto. M'illumino immediatamente e ricambio entusiasticamente il gesto.

- Certo però che la tua amica è uno schianto! - commentano in coro i miei amici non appena è fuori e non può udirli.

- Già - concorda Beau, inarcando un sopracciglio. - Davvero una bella ragazza.

- Proprio così - annuisco, ridendo nervosamente. Il cameriere mi serve la Coca-Cola. - Che ne dite di partecipare al torneo che si terrà fra due mesi?

-

Note dell'autrice:
lo sooooo, ieri non ho postato. Ero in casa tutta sola soletta e mi son messa a fare la copertina della short story che seguirà la nuova raccolta, Color of the Season, e s'intitolerà Blue Eyes: a butler's story. Probabilmente sarà davvero l'ultima storia, ma non ci metterei la mano sul fuoco, soprattutto rammentando ciò che avevo detto circa Infinity. Devo ancora presentarvi un personaggio, però intanto potreste preparare delle domande per una terza edizione di Confessioni, domande folli e lettori lancia-pomodori. Pensateci. Baci

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Capitolo 5
*** Ricordi del passato... pizza, Coca-Cola e gelato ***


Virginia's point of view

'Resto a dormire da Fiona.'

Okay, rispondo, riponendo il cellulare sul tavolo. Mi massaggio la testa, sistemando i capelli dietro l'orecchio. Sono esausta, dopo il lavoro, e non so se fare la doccia o un pisolino e poi cenare. Tanto sono sola.

Il cellulare vibra di nuovo, ma stavolta è John.

- Pronto?

- Ciao - dice. La sua voce è calda e bassa, giovane. Una piacevole morsa mi stringe lo stomaco e infiniti brividi mi corrono su per la schiena.

- Ciao a te - replico, andando a sedermi sul divano. Accavallo le gambe, rimettendo al proprio posto la ciocca ribelle. - Che succede?

Mi sforzo di ignorare il battito del mio cuore che accelera durante la breve pausa di silenzio prima che lui sospiri, piano.

- Ho la spiacevole sensazione che stasera non ci vedremo, mi sbaglio?

Sgrano gli occhi, perché è impossibile che sappia quanto sia stanca e, di conseguenza, non abbia voglia di andare al prato. Forse è lui lo spiritello magico.

- Non ti sbagli - rispondo infatti, sbadigliando. - Sono sfinita, il lavoro mi ha risucchiato le energie.

Un'altra pausa, nella quale sospira più rumorosamente.

- Oh, peccato. Avrei proprio desiderato sbagliarmi. Perciò...

- Perciò? - lo incalzo, automaticamente.

- Perciò suppongo tu non abbia voglia di venire a cena con me, vero?

- È un appuntamento? - domando, con il cuore in gola e il nervosismo a mille.

- Potrebbe esserlo - mormora, ridendo sommessamente. - Se lo fosse, verresti?

Avvampo, portandomi una mano al petto. Stupido cuore, lo rimprovero, datti una calmata!

- Sì.

- Sì? - ripete, stupito. Arrossisco ulteriormente.

- Sì.

- Oh Signore - lo sento sospirare, quasi avesse trattenuto il fiato per tutto il tempo. - Allora... ti andrebbe bene se passo a prenderti verso le otto?

- Va bene - concordo, fremendo dall'emozione, poi gli detto il mio indirizzo.

- A più tardi, Virginia - sussurra, e sono certa che stia sorridendo.

- A stasera, John - replico. Attacca, e io mi lascio andare in una risata liberatoria. La stanchezza è svanita in un secondo. Non ci posso credere. John... ho appena acconsentito ad andare ad un appuntamento con John. Non è... che io non abbia più paura che possa riaccadere ciò che è successo anni fa, ma non posso neanche negare che mi faccia sentire bene e sembri un bravo ragazzo.

Mi gratto il capo, riflettendo. Sì, ho decisamente bisogno di una doccia, ora, e di decidere cosa mettere.

~~~

Dieci minuti prima delle otto mi guardo l'ultima volta allo specchio. È stata dura scegliere se lasciare i capelli sciolti o no, se truccarmi e se indossare qualcosa di decisamente elegante o meno. Alla fine ho deciso di essere semplicemente me stessa, sperando di non esagerare col vestito blu notte che ho ritrovato del tutto casualmente.

Metto il cellulare in borsa, aspettando giusto cinque minuti prima di uscire. Lui è già qui e si sistemando i ricci, usufruendo dello specchietto del parasole e, non appena mi vede, fa finta di niente. Io salgo in macchina con nonchalance, pregando di non arrossire alla lunga occhiata d'ammirazione che mi dona.

- Wow - commenta. - Sei meravigliosa.

- G-grazie - balbetto, mentre le guance immancabilmente mi s'imporporano.

John's point of view

- Ho scelto un ristorantino carino - dico, sorridendole. - Vista mare!

- B-bene.

Per il resto del tragitto io non fiato e lei neppure. Mi chiedo se, nel silenzio dell'abitacolo, possa udire il battito forsennato del mio cuore. Accidenti, avrei dovuto vestirmi meglio, penso. Al confronto con lei, i vestiti da tutti i giorni di Ryuu sono più eleganti dei miei.

Quando arriviamo parcheggio e la conduco nel ristorante. La cameriera m'indica il tavolo riservato, prima di flirtare inequivocabilmente con me, sostenendo di venire ad assistere ad ogni mia partita. Dopo che ci ha lasciato il menù la congedo gentilmente, cercando una qualche espressione sul viso di Virginia: tiene lo sguardo basso e non sembra a proprio agio.

Mentre ci sediamo rifletto su come potrei migliorare un po' l'atmosfera tesa che regna tra di noi.

- E tu... pensi che verrai, una volta, a vedere una mia partita? - domando, speranzoso. Si adombra ulteriormente.

- N-non lo so...

Ugh, mossa sbagliata...

- Uhm... posso chiederti dove lavori?

Stavolta la sua espressione si distende impercettibilmente.

- In una libreria.

- Oh. Anche a me piacciono i libri.

- Suppongo che il tuo lavoro sia il basket... - continua lei, a seguito di un'interminabile pausa di silenzio.

- Già.

- Avete vinto qualche premio importante?

- Più o meno...

- Oh.

Torna la cameriera per prendere i nostri ordini. Non siamo molto originali, entrambi scegliamo pizza e Coca-Cola.

- Quando andavo al ristorante con i miei fratelli e loro padre - inizio, sommerso dai ricordi - lui mi diceva sempre di ordinare qualcosa di raffinato, e io per ripicca ordinavo ogni volta pizza e Coca-Cola. A volte mio fratello, quello maggiore, mi prendeva anche il gelato, di nascosto.

Virginia mi ascolta, attenta.

- Loro... padre?

Sospiro, annuendo.

- Lui e mia madre hanno divorziato molto prima che io nascessi.

- Oh...

- Eppure, nonostante ciò, ci siamo sempre considerati fratelli.

- È una bella cosa - commenta, abbozzando un sorriso.

- Sì - rido, bevendo un sorso di Coca appena portata da un cameriere diverso da quella di prima. - Peccato che ci siam poco sopportati per lungo tempo.

- E ora?

- Ora ognuno fa la sua vita. Non andiamo certo d'amore e d'accordo, ma sotto sotto ci vogliamo bene.

- Io invece sono figlia unica...

- Oh, capisco. Troppo impegnativa una seconda meraviglia - asserisco in tono casuale ma con una nota di dolcezza.

- J-john...! - balbetta Virginia, arrossendo violentemente. Una risata sommessa rotola fuori dalle mie labbra.

- Cosa c'è? - ribatto. - È la verità. Sei bellissima, Virginia.

Poi arriva la pizza e il discorso cade. Parliamo del più e del meno mentre mangiamo e ci sporchiamo come bambini e non ci importa assolutamente. Sembriamo più due amici che una coppia, qualunque senso implichi questo termine, però si può sempre rimediare più tardi. Anche se non ho la minima idea di come rimediare, sia chiaro.

- Sai cosa ci vorrebbe, ora? - dico, dopo aver pagato. Usciamo dal ristorante. Mi dona un timido sorriso.

- Cosa? Ah, aspetta, lo so!

E poi, in coro, esclamiamo:

- GELATO! -, prima di scoppiare a ridere.

- C'è una gelateria a due passi da qui, ti va?

Annuisce, sorridendo ulteriormente. Io le porgo il braccio. Sempre con timidezza estrema, si aggrappa ad esso. Lungo la strada non parliamo; in cielo son salite le stelle e la luna, quelle stesse che adoriamo ammirare dal nostro posto speciale. E pensare che un tempo lo consideravo solo mio...

Per mia fortuna la gelateria è ancora aperta anche a quest'ora come ricordavo, sennò sapete che figura?

Prende una misera coppetta alla vaniglia, mentre io esagero e compro un enorme cono al cioccolato, limone e yogurt.

- Come fai a mangiarlo tutto?! - mi domanda, scioccata.

- Ti stupirai di quanta roba ci sta qua dentro - rispondo, facendole l'occhiolino e pizzicandomi la pancia.

Finisco però a condividerlo con lei, non riuscendo a non cedere ai suoi occhioni colmi di desiderio che non trova il coraggio di esprimere. Cerco di gustarlo, anche se al contempo mi sforzo di non sfiorare neanche per caso la sua lingua con la mia.

Terminato il gelato, ci osserviamo per un interminabile secondo, verde nel verde, i volti a un centimetro di distanza l'uno dall'altro. Non riesco ad impedirmi di fissarle le labbra, e lei deve accorgersene poiché arrossisce.

Mi allontano, reprimendo l'impulso di baciarla fino a non aver più fiato. Sono sconcertato da quanto forte mi batta il cuore.

- Sei stanca? Ti riaccompagno a casa, vieni - dico, voltandomi verso la strada.

- O-oh... certo.

- Virginia... - la chiamo, in prossimità della mia macchina. Mi fermo, girandomi verso di lei. La luna che le illumina il viso la rende ancor più incantevole. - Io... spero che tu abbia apprezzato questa serata almeno la metà di me e...

- Mi è piaciuta - sussurra. - Grazie.

Sospiro.

- Mi piacerebbe rifarlo, se ti va e hai tempo... insomma, voglio dire... uscire con te...

Deglutisco, avvicinandomi lentamente. Alza la testa.

- Piacerebbe anche a me - bisbiglia, talmente piano che per un attimo temo di averlo solo immaginato. Le accarezzo dolcemente una guancia, azzerando la distanza fra di noi. So che non è esattamente la cosa migliore da fare al primo appuntamento, ma non mi pare esistano regole in amore.

Amore, o qualsiasi cosa questo sentimento sia, puntualizzo mentalmente.

La mia mano scivola a sistemarle i capelli dietro l'orecchio in un gesto simile ma non medesimo al suo mentre mi perdo nei suoi occhi verdi, luminosi come le stelle.

Percepisco le sue, di mani, posarsi sulla mia maglietta e poi la bacio. È un semplice e dolce sfiorarsi di labbra, un bacio decisamente... casto, eppure nell'insieme perfetto.

Le sue dita si stringono attorno alla mia t-shirt come io la stringo a me. Quando ci stacchiamo respira lentamente sulle mie labbra; io devo sopprimere l'improvviso bisogno di ribaciarla.

Le accarezzo dolcemente il capo e poi saliamo in macchina. Durante il tragitto fino a casa sua non parliamo, però stavolta è un silenzio piacevole.

- Buonanotte, Virginia - sussurro, arruffandole gentilmente i capelli. Si gira verso di me, sorridendo timidamente.

Ugh, non so se riuscirò a trattenermi dal baciarla ogni volta, quando fa così, penso tra me e me. Mi sporgo in avanti e le deposito un bacio delicato sulla guancia.

- B-buonanotte, John - replica, dopodiché scappa in casa. Mi lascio andare in una risata isterica, appoggiandomi al volante.

Che serata, oh Dio, che serata incredibile.

Mi ravvio i capelli. Domani ci sarà tempo per le domande, i dubbi, per le incertezze sul fatto che stiamo insieme o no, ma per ora voglio solo gustarmi l'euforia del momento.

Ah, davvero una serata indimenticabile.

-

Note dell'autrice:
sooooo... credo avrete intuito che il nuovo personaggio è colui di cui si parla all'inizio del capitolo. Ma chi potrebbe essere? Il suo ex fidanzato? E poi, sarà un lui? Okay, basta con le domande. Vi lascio con 'Tired of Being Sorry' di Enrique Iglesias. 'Notte, baci

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Capitolo 6
*** Baci rubati ***


John's point of view

- Ah... scusa per il ritardo! - esclamo, ansimando. E sì che dovrei essere abituato a correre. Virginia mi sorride timidamente, sistemandosi i capelli dietro l'orecchio in quel consueto gesto che mi fa impazzire.

- Non fa nulla, sono io in anticipo - mi rassicura, mentre riprendo fiato.

- Oh... meglio, detesto non rispettare gli orari. Entriamo?

- Certo.

Dopo aver cenato insieme, come secondo appuntamento l'ho invitata al cinema. Semplice, banale, eppure abbastanza romantico. Compro i biglietti del film che abbiamo scelto, una commedia da molti consigliata, e poi entriamo nella sala semi-vuota. Mi aspettavo più gente, ma meglio così.

- Dove vuoi che ci sediamo, in mezzo, in alto o in basso?

- In mezzo - sussurra, stringendosi impercettibilmente a me. Alle nostre spalle giunge del trambusto.

- Avevi promesso che mi avresti comprato il popcorn, Christopher!

- Ah sì? Non ricordo.

- Non mentire!

Mi volto a sbirciare da chi provengano queste voci familiari. Non che non ne abbia idea. Mio nipote incrocia le braccia al petto, evitando lo sguardo divertito del fidanzato e mettendo il broncio.

- E va bene, te lo compro - sospira Christopher, quasi come una mamma che cede ai capricci del tenero figlioletto. - Ma ad una condizione.

- Quale?

- Devi baciarmi.

Akira tentenna e il suo ragazzo fa da sé, afferrandolo per le spalle e affondando una mano fra i suoi capelli, prima di baciarlo appassionatamente sulla bocca.

- Adesso me lo compri?

- Sì - sorride lui, e mio nipote per poco non gli salta in braccio. Si limita ad abbracciarlo forte.

- Sììì! Ti amo, Chris!

Mi giro completamente affinché mi notino.

- Ciao, Akira - dico, sperando mi sentano.

- Oh, c-ciao, zio John - replica, stringendosi al braccio del proprio fidanzato. Soppesa brevemente me e Virginia.

- Anche voi qui?

- Sì - risponde Christopher, poi lancia un'occhiata eloquente a mio nipote. - Stavamo andando a prendere il popcorn.

Dopodiché stringe la sua mano nella propria e tornano di là. Io e Virginia andiamo a sederci vicino ad un'altra coppia composta da un ragazzo con gli occhiali e la sua ragazza dai lunghi capelli chiari, o almeno così nel buio della sala mi pare.

- Mikha?

- C-cosa?

- Ti amo.

- A-anch'io, Liam.

Soffoco un sospiro, sbirciando Virginia. Distoglie lo sguardo: anche lei mi stava guardando. Rientrano Chris e Akira e si accomodano nella fila seguente.

Dopo all'incirca una decina di minuti le luci si spengono completamente, mentre sullo schermo cominciano ad apparire i soliti, poco interessanti trailer.

- Magari anche tu volevi il popcorn - bisbiglio in un orecchio a Virginia.

- No, grazie. Sto bene così.

Poi parte il film: 'Mikha' e 'Liam' si baciano praticamente per almeno metà di esso e credo anche mio nipote e il suo ragazzo; io lo seguo distrattamente, poiché la presenza di Virginia mi distrae e calamita il mio sguardo. Anche al buio è bella, così dannatamente bella.

Mentre lei è terribilmente concentrata su un inaspettato colpo di scena faccio lentamente scivolare un braccio verso lo schienale della sua poltroncina, prima di abbassarlo fino a poggiarlo sulle sue spalle.

Sussulta e mi guarda, arrossendo, ma non mi chiede di toglierlo e, dal canto mio, non ho intenzione alcuna di spostarlo.

- Virginia... - la chiamo piano. Il film sta giungendo alla fine e anche la mia vita, siccome percepisco il mio cuore prossimo ad esplodere. Torna ad osservarmi timidamente. Sullo schermo i due goffi protagonisti si baciano e io... io mi sporgo verso di lei e delicatamente le sfioro le morbide labbra con le mie.

Sorprendentemente la sua mano si posa sulla mia guancia e mi attira ulteriormente a sé, invitandomi ad approfondire il bacio. Le sistemo i capelli dietro l'orecchio, scostandomi.

Nell'oscurità è difficile dire quali sentimenti celino i suoi occhi, spero solo che non si penta. Perché questo bacio, come il precedente, sta decisamente alimentando le mie speranze.

~~~

Cammino lentamente, quasi misurando ogni passo. Come ogni sera, il vento agita delicato l'erba rigogliosa e mi scompiglia i ricci.

Mi sdraio come di consueto nel posto un tempo 'di Virginia', ma che ora condividiamo. È terribilmente suggestivo.

Lei? Lei è da un po' che non si fa vedere. Le ho mandato qualche messaggio, ai quali ha risposto spicciamente. Forse è davvero impegnata con il lavoro, fatto sta che ho capito che vuole i propri spazi.

E ha tutti i diritti di desiderarli, però... però non riesco a farla uscire dalla mia testa, ero distratto perfino agli allenamenti. Non so se stasera verrà, il mio sesto senso dice di sì, ma ne dubito.

Be', poco male, resterò qui a parlare da solo come un cretino come durante le sere passate.

Alla fine, mentre la speranza si sta dissolvendo quasi completamente, lasciando posto alla stanchezza, un fruscio. Virginia si accomoda accanto a me.

- Ehi - bisbiglio.

- Ehi - replica. - Avevo la netta sensazione che m'aspettassi.

Non confermo né nego. Non ho il coraggio di confessarle che la aspetto dal nostro secondo appuntamento.

- Come va col lavoro?

- Tutto okay. Mi dispiace di essere stata tanto impegnata, non volevo pensassi ti stessi evitando ma non potevo fare altrimenti.

- Figurati, so quanto sia importante il lavoro.

Cala il silenzio. Contempliamo le stelle a lungo, siano ore o minuti non ne ho idea. Sembra tutto come il solito, eppure non è il consueto silenzio. È più teso, forse anche con un filo di disagio.

- Virginia... io...

Mi tiro a sedere, prendendole lentamente una mano. Non la ritira, restando in quieta attesa.

- C-cosa?

Prendo fiato, sperando di non sembrare troppo impacciato o stupido o...

- Io...! Insomma, so che è presto e che tu hai un lavoro e io gli allenamenti e non potremo vederci tutti i giorni ma, diamine, sei bellissima e mi piaci e...

Lei ridacchia sommessamente, con timidezza, frenando il mio fiume di parole.

- John.

- ... e lo capisco, se rifiuterai, davvero, non è un problema, non ci resterò male, è okay...

- John! - ripete, ridendo. La sua risata cristallina non può essere paragonata a nulla di terreno. Taglia corto e non farti distrarre, mi rimprovero mentalmente.

- Cioè, ecco, quello che voglio dire è... vorresti essere la mia ragazza?

Il mio cuore pare pronto a lasciar baracca e burattini e fuggire dalla cassa toracica. Arrossisce in modo adorabile, mentre l'attesa si fa carica di tensione e speranza, ma anche sconforto. E se dicesse no? Ne sarò deluso, ovvio, però non potrò darlo a vedere, non sarebbe coerente.

- Sì - bisbiglia, abbozzando un lieve sorriso.

- Davvero?

- Sì.

- Sicura?

Si mette seduta anche lei, ridacchiando di nuovo.

- John... - sussurra, accarezzandomi una guancia. Percepisco le sue dita finire tra i miei ricci e stringerli delicatamente. - Mi piaci anche tu.

E mi bacia vicino alla bocca. La stringo a me con entrambe le braccia, più felice che se fossi entrato a far parte dell'NBA.

- Ti prometto che non te ne pentirai - mormoro, inspirando a fondo il suo profumo dolce. Lei ricambia la stretta. - Te lo prometto, Virginia.

-

Note dell'autrice che si sente uno zombie:
mettete giù i forconi e ritirate gli annunci che mi davano per dispersa. I'm sooooo sorry. Mi piacerebbe postare ogni giorno, davvero, ma tra scuola e pigrizia mi sento prosciugata. Sono gli ultimi mesi... comunque, per vostra fortuna, tra poco arrivano le vacanze. Spero di non ammalarmi né avere un altro piccolo problema... e spero di trovare il wifi! Ah, non ve l'ho detto? Le trascorro a Miami! Ora basta, I need some sleep. Baci

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Capitolo 7
*** Dolci pensieri inespressi ***


Virginia's point of view

È una giornata meravigliosa, oggi: ventosa, certo, e anche parecchio, ma in cielo non c'è neanche una nuvola e fa davvero caldo.

Insomma, una giornata da surfisti. O da gelato. Comunque non da lavoro.

Nessuno ha voglia di stare in libreria, né noi che ci lavoriamo né qualche raro cliente. John mi ha invitata a pranzare con lui in spiaggia e poi ho il pomeriggio libero, poiché il mio capo, Paul, ha un appuntamento col proprio fidanzato e mi ha dato mezza giornata di riposo.

Giusto in questo momento lui è qui e si stanno baciando come se io non esistessi. È un bel tipo, si chiama Adam: ha affascinanti occhi blu e capelli scuri e corti, però non è il mio tipo. È troppo sicuro di sé, privo di quell'adorabile goffaggine che caratterizza John.

Trattengo un sospiro, rammentandomi che manca solo mezz'ora al nostro incontro. Da quando ci siamo messi insieme, ogni fugace attimo è buono per vederci.

Più che altro è John a comparire 'del tutto casualmente' e ogni volta che può ovunque io sia, anche se non troppo di frequente. Non vuole farmi sentire soffocata, credo.

È infinitamente dolce... ogni tanto arriva pure in ritardo agli allenamenti per passare giusto qualche minuto in più con me.

Osservo Adam stringere a sé il proprio compagno e morderlo sul collo, prima di staccarsi e prendergli una mano, intrecciandovi le dita. Un sentimento indefinito mi si agita nello stomaco.

- Andiamo - dice, strattonandolo più o meno gentilmente. Il mio capo controlla l'ora sul cellulare.

- Per oggi va bene così - m'informa, donandomi un piccolo sorriso. Non sembra impaziente. - Puoi andare, adesso. Grazie. Ottimo lavoro, come sempre.

Perciò recupero la mia borsa e controllo il bancone, prima di uscire. Lui chiude la porta.

- Ciao, Virginia. Buon pomeriggio, a domani.

- Altrettanto - replico, esibendomi in una breve riverenza. Con la coda dell'occhio noto il mio ragazzo, cioè, John, appoggiato al muro. Mi suona ancora strano pensare a lui come al mio ragazzo.

Adam cinge con un braccio le spalle del proprio biondo fidanzato e mi fa un cenno col capo, dopodiché si allontanano in direzione opposta alla mia.

- John! - lo saluto allegramente, raggiungendolo e fingendo una calma che non ho. Lui mi regala il suo sorriso più bello, prima di attirarmi a sé in un abbraccio dolcissimo.

- Ciao, piccola - dice, staccandosi. Arrossisco, e anche lui avvampa impercettibilmente.

- Che ci fai qui?

- Be'... - si passa una mano fra i ricci e strascica i piedi, evitando il mio sguardo, imbarazzato. - Ero stufo di aspettare, ecco tutto.

Timidamente gli prendo una mano e, immediatamente, le sue dita si intrecciano alle mie. Mi conduce in un ristorantino sulla spiaggia in cui non ero mai stata.

Ordiniamo, anche se stavolta niente pizza né Coca-Cola.

- Ehi - esordisce, tenendo lo sguardo basso. Azzarda un'occhiatina di soppiatto. - Vieni qui.

Mi alzo e aggiro il tavolo, avvicinandomi. John mi afferra per un polso e mi tira a sedere sulle sue gambe, avvolgendomi le braccia attorno alla vita e poggiandomi il mento sulla spalla.

- J-john...

Mi bacia sulla guancia. Mi tornano in mente il mio capo e Adam, i loro baci, ma non solo, anche quel morso sul collo...

Quasi mi leggesse nel pensiero, mi mordicchia giocosamente appena sotto l'orecchio.

- Cosa vuoi fare, dopo?

- N-non lo so...

- Ti va una passeggiata?

- Oh, certo...

Mi stringe ulteriormente, solleticandomi il collo col naso. Non riesco ad impedirmi di ridacchiare, prima di afferrare i suoi affascinanti ricci ribelli e allontanare gentilmente il suo viso da me.

- John... no.

Sorride e io mi sciolgo, allentando la presa sui suoi capelli. Ne approfitta, sporgendosi verso di me e rubandomi un delicato bacio sulle labbra, per poi posarmene un altro, più tenero del primo, sulla fronte.

Dopodiché arriva il cameriere, stroncando sul nascere la prospettiva di scambiarci altre effusioni. Mangiamo in silenzio, perché di parole non c'è bisogno: i suoi occhi verdissimi parlano da soli.

Quando finiamo di pranzare mi preclude la possibilità di pagare il conto, convincendomi a desistere con un bacio e qualche buffetto.

Poi si riappropria della mia mano e andiamo in spiaggia. Non è super affollata, però ci sono tanti surfisti e giovani studenti che si godono le vacanze estive.

- Non devi lavorare, vero?

- No, ho il pomeriggio libero.

- Ah, già.

Il vento ci scompiglia i capelli. Con la mano libera me li scosto dal viso.

- E tu non hai allenamenti, giusto?

- Giusto. Io...

Lo sbircio di sottecchi: pare incerto, ed è così carino. No, è più che carino, è bellissimo. E, lo ammetto, lo penso dalla prima volta in cui ci siamo incontrati.

- C-cosa?

- Be', ci sarà la finale del torneo, fra una settimana e mezza e... mi piacerebbe tanto che tu presenziassi... insomma, se puoi, ovviamente...

Mi copro la bocca con la mano, soffocando una risata. Oh, accidenti, non posso dirgli di no.

- Dimmi giorno preciso, luogo e ora e vedrò cosa posso fare - rispondo. - Basta che non sia troppo tardi.

- O-o-oh, c-certo! - tartaglia, arrossendo. Deve tenerci davvero molto. Camminiamo ancora un po', prima di fermarci e sederci sulla sabbia.

Mi fa accomodare sulla sua felpa, che non avevo assolutamente notato avesse. Nonostante la goffaggine, è un vero gentiluomo.

Osserviamo le onde rifrangersi sul bagnasciuga: è una visione rilassante, così come rilassante è il suono del vento che le accarezza.

- Non sono mai stato al mare con i miei fratelli - rammenta John, sospirando. Adoro quando pensa ad alta voce, soprattutto perdendosi nei ricordi o raccontandomi qualche aneddoto.

Gli accarezzo una mano. Ha mani perfettamente normali, né grandi né piccole, con dita sottili e delicate, da artista.

- Puoi sempre rimediare - commento. Ridacchia, lanciandomi un'occhiata divertita.

- Sì, come no.

Gli poggio la testa sulla spalla. Cala il silenzio. Mi sbircia cautamente, senza aver il coraggio di parlare: il suo sguardo incantato è il più bel complimento del mondo.

Forse questa volta è quella buona, penso, forse posso riporre fiducia in lui. È presto, eppure forse è quello giusto.

-

Note dell'autrice:
buonasera! Sto cercando di fare il mio meglio per aumentare gli aggiornamenti ma, al pari dei miei sforzi, aumentano i compiti e le altre noie scolastiche. Per fortuna tra poco arrivano le vacanze, di sicuro arriverò ad un buon punto. Dopo la raccolta Colors of the Season volevo segnalarvi che scriverò almeno altre due storie, Blue Eyes: a butler's story e Hello... baby!, sempre seguendo i personaggi della serie. Voglio approfondire qualunque più piccolo dettaglio approfondibile, se avete idee particolari fatemelo sapere! E per concludere, restando in tema con il titolo di questa storia... vi lascio Falling Star degli FT Island. 'Notte!

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Capitolo 8
*** Una sera, l'amore ***


John's point of view

Le strade, a quest'ora, sono quasi deserte. Non passo mai di qua, ma suppongo sia normale. Non è una zona che conosco tanto bene, so che è assai frequentata e i locali sono sempre pieni di vita, e proprio per questo sono qui, per accertarmi se sia vero o no, i ragazzi vogliono cambiare un po'.

Per ora sono rimasto abbastanza deluso, però. Non c'è nulla di eclatante da nessuna parte, dunque credo che me ne tornerò a casa, perlomeno è vicina.

Dietro di me odo dei passi pesanti, ma non ci bado. Perché dovrei? Chiunque è libero di camminare su questo marciapiede come sto facendo io adesso.

- Ehi - dice una voce strascicata. La ignoro, non starà parlando con me. - Ehi, tu.

Allungo inconsciamente il passo. Il tizio (se solo uno è) alle mie spalle fa la medesima cosa.

- Ohi, bellezza.

Non sta parlando con me, mi ripeto, non sta parlando con me. Sono solo paranoico.

- Ehi, tu, Riccioli d'oro!

Oh merda, penso, sta parlando con me.

- Sei sordo?!

Lo ignoro e accelero ulteriormente. Qualcuno mi afferra per un polso. Mi volto di scatto, irrigidendomi e dando uno strattone per riappropriarmene.

Sono tre uomini di media statura, sporchi, barbuti e probabilmente ubriachi. Mantieni il sangue freddo, mi rammento, andrà tutto bene, non fare nulla che possa innervosirli.

- Desiderate? - dico, con voce talmente flebile da chiedermi se sia realmente la mia. Mi impongo di non tremare, serrando i pugni.

- Giri tutto solo, carino? La vuoi un po' di compagnia?

Indietreggio involontariamente, e loro mi accerchiano. Odo altri passi in avvicinamento.

- Ehi! Ehi, John! Ti ho detto mille volte di aspettarmi!

Ci giriamo tutti e quattro verso il nuovo arrivato che, con mio infinito sollievo, è Beau.

- Oh - commenta, facendosi costernato. - Cosa volete dal mio ragazzo?

I tre lo guardano dal basso in alto, intimoriti. Per una volta il fatto che il mio migliore amico sia una montagna, sia in altezza sia per via dei suoi muscoli, è un motivo decisamente rassicurante.

- N-niente - balbetta il tizio che prima mi ha preso il polso. - Pensavamo fosse solo.

E se la danno a gambe, talmente in fretta da poter battere Usain Bolt. Beau mi abbraccia forte e io ricambio la stretta, sollevato.

- Stai bene?

- Sì - rispondo tremante. - Sì, sto bene.

- Meno male. Sono arrivato appena in tempo, eh?

Mi scosto un po', abbandonandomi in una risata nervosa e liberatoria.

- Già. Già. Grazie, Beau. Non esiste al mondo migliore amico di te.

- E solo quello... - sospira, adombrandosi. Vorrei indietreggiare, ma lui rinsalda la presa.

- Beau, ne abbiamo già parlato... - inizio, incerto. Ero tremendamente felice che fosse arrivato, lo sono ancora, felice, però non desideravo ricadere su questo discorso per entrambi inconcludente e spiacevole.

- Lo so, lo so, ma... è così terribile che io voglia che tu sia il mio ragazzo?

Non replico, vorrei farlo eppure è inutile, e poi non mi lascia il tempo di dire nulla.

- Io ti amo, John.

Immancabilmente arrossisco alla sua confessione, anche se meno della prima volta in cui si è dichiarato. Pensavo di poter affrontare tutto questo in maniera... differente, invece mi sto comportando ancora come l'adolescente che ero.

- Beau...

- Vuoi essere il mio ragazzo? - continua, imperterrito. Mi agito tra le sue braccia, inutilmente, dopodiché mi trovo costretto ad alzare lo sguardo e perdermi nei suoi occhi scuri, tremendamente seri.

- Tu non vuoi davvero una risposta - sussurro, per quanto mi sia difficile. Si rabbuia ulteriormente.

- È vero - concorda pacatamente. - Non voglio una risposta, se non affermativa.

L'espressione mesta e sofferente sul suo viso è un terribile peso sul mio cuore.

- B-beau... io... mi dispiace... - esordisco, piano, e lui posa le mani sulle mie spalle. È vicino, molto vicino, troppo vicino, però non ho il coraggio di allontanarmi.

- Shh. Va' via, John, adesso, oppure rendimi il ragazzo più felice della Terra - e detto ciò mi lascia una frazione di secondo per decidere, prima di prendere il mio viso tra le mani per baciarmi.

Ma, per quanto mi pianga il cuore a rifiutarlo così, piego la testa di lato e poi mi sottraggo, dopodiché mi volto e me ne vado, correndo.

Unicamente una volta giunto a casa mi concedo di respirare, riprendendo fiato mentre armeggio con le chiavi. Che serata.

Il mio migliore amico m'ha salvato da tre individui poco raccomandabili, si è dichiarato e mi ha chiesto di essere il suo ragazzo, per poi tentare di baciarmi... e venir mollato in mezzo alla strada.

Mi sento un pessimo amico per questo, ma cosa potevo fare?

Mi accascio sul divano in salotto, dopo esser finalmente riuscito ad entrare.

Mi dispiace per stasera, scrivo a Beau, e grazie ancora. Non risponde. Me lo dovevo aspettare.

Insomma... è che a me i ragazzi non piacciono però, al di là di questo, io non lo amo, non come lui ama me. L'ho sempre considerato un fratello, qualcuno che c'era non per senso del dovere bensì per affetto... e soprattutto ho una ragazza, ora, ho la ragazza più bella del mondo, per la quale ci ho messo l'anima a cercare di conquistarla.

No, mi dispiace, rifletto tra me e me, tra Virginia e Beau sceglierei sempre e comunque Virginia, per quanto ciò mi sorprenda.

Il mio cellulare vibra, e io mi precipito a rispondere, pensando per un millesimo di secondo che sia Beau, anche se non ho la minima idea di cosa potrebbe volermi dire. Non mi piace trovarmi in questa situazione con lui...

- Pronto?

- Ehi - sussurra una voce a me diventata terribilmente familiare e assuefacente.

- Ciao, piccola - replico, fremendo dal piacere che sentirla mi dà. - Tutto bene?

- Sì... - sospira. - Sì, tutto bene.

- Sicura?

- Volevo solo sentire la tua voce... stasera non c'eri.

Il cuore fa le capriole nel mio petto, in un attimo dimentico della pena provata per Beau.

- Anch'io volevo sentirti... - ammetto, sistemandomi più comodamente sul divano. - Mi stavi aspettando?

- Non direi... dovrò pur svolgere il mio mestiere di spiritello - dice, ridacchiando sommessamente. Sopprimo una fitta di devastante desiderio di stringerla e baciarla fino a non aver più fiato.

- Virginia... - replico, ridendo a mia volta.

- Dov'eri? - domanda, e per un attimo m'interrogo se quella nella sua voce possa essere una malcelata nota di gelosia.

- In perlustrazione fra i locali.

Non menziono Beau, altrimenti non credo riuscirei a trattenermi dal confessare che lui è innamorato di me e ha tentato di baciarmi.

- Oh...

- Per la squadra - specifico, immotivatamente.

- Capisco... b-be'... si è fatto tardi...

- Oh, hai ragione... vai a dormire?

- Sì... b-buonanotte, John.

Sorrido.

- Buonanotte, piccola - replico. Segue una pausa di silenzio in cui nessuno ha il coraggio di attaccare, né di aggiungere altro. O forse sì. - Ah, Virginia?

- C-cosa?

Mi sale il cuore in gola, ma serro i pugni e cerco di sconfiggere l'incertezza.

- No, niente...

- Oh, allora...

- Ecco, è che io ti amo, tutto qui, volevo solo dirti questo, buonanotte - dico tutto d'un fiato, senza respirare. Non credo di aver la forza (né il coraggio) di ripeterlo, anche se è così. Io la amo, e grazie a Beau, per quanto in circostanze tutt'altro che buone, l'ho capito.

Silenzio, di nuovo.

- Io...

Mi passo una mano sul viso. D'un tratto non sono più sicuro di voler sapere cosa dirà. Se qualcosa dirà.

- Buonanotte, John - conclude invece con voce più decisa e rilassata di poco fa. E appende. Mi sdraio sulla pancia e affondo il viso in un cuscino, soffocando strani suoni.

Non ci posso credere, eppure è accaduto. L'ho detto. Le ho detto che la amo.

Per la seconda volta non posso fare a meno di pensare: che serata! Stavolta, però, in positivo. Quella ragazza ha il potere di spazzar via le nuvole da un cielo grigio!

-

Note dell'autrice:
e così il povero Beau è stato rifiutato definitivamente, come presto qualcun altro. Chi? Lo scoprirete presto! Ma non temete... almeno per due personaggi ho un lieto fine. Poi si vedrà! E niente, dopo Colors of the Season, Blue Eyes: a butler's story, Hello... baby! e un paio di sorprese che sto preparando, credo che prenderò spunto da Rusty e Michele e la trasformerò in una long. Baci!

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Capitolo 9
*** Festeggiamenti per cuori inquieti ***


John's point of view

Oggi è il giorno della finale del torneo. Un po' di nervosismo di fondo c'è sempre, ma ho fiducia nelle nostre abilità e la fortuna che sembra apprezzare la mia squadra.

Mi sgranchisco le spalle e sbadiglio, prima di riallacciarmi le scarpe e raggiungere i miei compagni. Beau mi rivolge un sorriso tirato, evitando il mio sguardo.

- Beau...

- Ciao - dice gentilmente. I nostri compagni, intuendo qualcosa, vanno a fare riscaldamento.

- Io...

- Non ne voglio parlare, John - sospira, passandosi stancamente una mano sul volto.

- Sapevi, sai che è così! - protesto, dispiaciuto. Stringe le labbra in una linea sottile, socchiudendo gli occhi. Sospira di nuovo.

- Sì, lo sapevo. Ma continuavo a sperare, ad aggrapparmi alle piccole cose.

Scuoto il capo, soffocando un verso incredulo.

- Sperare...? Mi stai dicendo che io ti ho illuso?

Adesso è lui a scuotere la testa.

- No. No, mi sono auto-illuso. È quello che succede alle persone innamorate. Ci si fa i filmini. Che restano tali.

- Mi hai detto che non provavi più nulla - gli ricordo, ignorando la spiacevole sensazione di disagio che questa conversazione mi sta provocando.

Mi lancia un'occhiata mesta, sconfitta.

- Cosa avrei dovuto fare? Ammettere che a questo punto non credo smetterò di amarti? Dimmi cosa, John! - sbotta, e tutti si voltano a guardarci stupiti.

- Sst! Abbassa la voce!

Si strofina gli occhi con il dorso della mano, facendomi sentire ancor più uno schifo.

- Basta così - dice in tono duro, saldo.

- Mi abbandoni, per questa partita? - chiedo piano. Il suo sguardo vacuo e ferito si posa per una frazione di secondo su di me.

- No. No, ovvio che no. Sei il mio migliore amico e il mio compagno di squadra, non potrei mai. Starei solo peggio.

Gli accarezzo il capo, non riuscendo ad impedirmi di cercare di confortarlo. Non si sottrae alla mia mano, però lo noto contrarre la mascella.

- Grazie. Grazie, Beau. Non potrò mai ringraziarti abbastanza per... tutto.

- Sì, sì - ride amaramente, restando a testa bassa. - Ora va' a fare riscaldamento, scemo. Tra poco vi raggiungo anch'io. Abbiamo o no un torneo da vincere?

Nonostante tutto accenno un sorriso e vado dal resto della squadra.

- Avete litigato? - domandano in coro. Lancio loro un'occhiata eloquente.

- Nooooo, se litigate tu e Beau si può annunciare la fine del mondo! Perderemo di sicuro! - ulula Chen, la nostra ala piccola. Gli rifilo una sberla sulla nuca, ricevendo in risposta un sorriso smagliante.

Inizio a far riscaldamento con loro, anche se di tanto in tanto non riesco a impedirmi di controllare se arrivi Beau e, dopo che si è aggiunto anche lui, se tra i primi spettatori ci sia Virginia.

Non c'è, ma mi ha promesso che verrà e io mi fido.

I nostri avversari sono lievemente in ritardo, perciò ce la prendiamo comoda. Quando arrivano si scusano più di una volta, noi li osserviamo: sembrano forti come si vocifera, per quanto non esattamente puntuali.

Finalmente cominciamo a giocare. Il primo tempo fila via come niente, hanno un leggero vantaggio su di noi di una decina di punti, ma nulla che non recupereremo - e supereremo -.

Durante la pausa tra il secondo e il terzo tempo non resisto e controllo gli spalti. Lo percepisco immediatamente, il suo sguardo è su di me. Alza timidamente una mano, inosservata, e mi saluta.

Torno a giocare decisamente rinfrancato, giurando a me stesso che vincerò, vinceremo, non posso perdere mentre Virginia mi guarda.

A parte qualche passaggio non proprio perfetto e un paio di falli da parte di Chen, la partita si rivela meno ardua del previsto, per quanto combattuta. Non è semplice fortuna quella che ci porta alla vittoria, bensì la nostra buona intesa, mescolata alle abilità individuali di ognuno di noi. Soprattutto con Beau ho una telepatia pazzesca, sebbene la situazione tra noi non sia delle più rosee, al momento.

Non appena abbiamo salutato i giocatori avversari e stretto loro la mano, qualcuno mi salta in braccio e stringe il mio viso tra le mani, prima di posare sulle mie labbra il bacio più intenso e appassionato di sempre. Quando ci stacchiamo, sorreggo Virginia e affondo il viso nella sua spalla, ridendo.

- Ciao, piccola.

Ride a sua volta.

- Ciao, campione.

La stringo forte a me, inspirando a fondo il suo profumo dolce, dopodiché la poso a terra. Si appropria timidamente della mia mano e raggiungiamo gli altri.

- Amica, eh? - sogghignano. Avvampiamo entrambi, lei solo d'imbarazzo e io di imbarazzo e caldo. Con la coda dell'occhio noto Beau rabbuiarsi. Sospiro mentalmente, poi lancio una rapida occhiata alla mia fidanzata. Annuisce.

- Virginia è la mia ragazza, razza di scimmioni - annuncio, strappando loro grasse risate.

- Era ora, era ora! Adesso però è ora di andare a ritirare ciò che ci spetta!

- Mi pare giusto - concordo, tirando a me Virginia per baciarla sulla guancia. Sono così felice che sia qui, e sono al settimo cielo che abbiamo vinto non solo una partita, bensì il torneo.

Ci danno la coppa che abbiamo vinto e, a seguito di ciò, ci chiedono di metterci in posa per scattare una foto che finirà sul giornale. La foto è solo per la squadra, ma sapere che lei è qua mi fa sorridere come Ryuu quando guarda Blake e come Akira quando arriva Christopher.

- Stasera festeggiamo, non si discute - annuncia Chen. Io cingo le spalle di Virginia ed assento. Beau continua a tenere la testa bassa. - Puoi portare anche la tua tipa, se vuoi.

- Nah - replico, stringendola dolcemente. - Magari un'altra volta.

- Okay! Ma stasera guai a chi non si fa vedere!

Ridiamo, e poi vanno a cambiarsi. Io ne approfitto per stare il più possibile con la mia incantevole ragazza.

- N-non vuoi che io stia con i tuoi amici?

Le accarezzo una guancia e le rubo un delicato bacio a fior di labbra.

- Non è questo, è che vorrei festeggiare con te... in privato, solo tu ed io. Certo non stasera, stasera sto con i ragazzi, ma... quando vuoi...

Mi abbraccia, nascondendo il volto nel mio petto. Le sfioro i morbidi, lisci capelli biondi.

- Okay.

- Okay?

- Sì. Mi sta bene.

- Fantastico.

Colgo distrattamente una voce chiamarmi, e questo mi rammenta che presto o tardi dovrò anch'io cambiarmi e raggiungere gli altri.

- Sarà meglio che vada... - bisbiglio, per quanto restio a staccarmi da lei. Mi bacia sul mento e poi sul naso.

- Allora ciao, campione - dice, abbozzando un timido sorriso. La bacio un'ultima volta.

- Ciao, piccola. Ti amo - sussurro. Arrossisce in modo adorabile, prima di abbracciarmi di nuovo.

- Ciao, John - farfuglia, prima di allontanarsi frettolosamente. La guardo andar via, dopodiché raggiungo i miei compagni.

- La tua ragazza, eh? - mormora Beau, tetro. In mano ha la mia borraccia e sulla spalla la mia borsa. - Vi auguro ogni bene.

Gli lancio un'occhiata di sottecchi: sembra più ferito di prima della partita.

- Grazie - rispondo, regalandogli un sorriso gentile. Guarda altrove, sospirando piano. So che ci vorrà non poco a ricostruire il nostro rapporto, ma al momento voglio solo festeggiare, con la squadra e soprattutto con Virginia.

Perché lei è la cosa più bella che mi sia capitata finora...

-

Note dell'autrice:
volevo solo augurarvi buonanotte e poi scappo, domani ho scuola! Giuro che qualcosa posto, tra lunedì e mercoledì, prima di partire! Baci

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Capitolo 10
*** Confessioni ***


John's point of view

- Che dici, stasera ti andrebbe di festeggiare? - esordisco, stringendo il cellulare tra orecchio e spalla. Accarezzo Haru con una mano, cercando di farlo desistere a far la lotta con me.

I miei nipoti mi osservano incuriositi. Li ignoro.

- Non so - risponde Virginia, sospirando. - Dovrò pur cenare a casa ogni tanto, John.

- Non ti invito a cena così spesso - ribatto vivacemente. Ammutolisce, e io pure, ma solo per un attimo. - E poi cosa intendi?

- Non importa, ti spiego stasera - taglia corto, sospirando di nuovo. M'illumino immediatamente, mentre sul viso mi appare un sorriso.

- Perciò ci possiamo vedere?

- Sì. Alle otto?

- Alle otto è perfetto.

- Okay. Okay, a stasera.

- A stasera - sussurro, felice. Appende. Ryuu e Akira si scambiano un'occhiata d'intesa, prima di puntare su di me i loro sguardi maliziosi.

- Con chi ti vedi, zio John? La tua ragazza? - chiedono all'unisono. Rifilo loro un'occhiata di finto rimprovero.

- Mi rifiuto di rispondere alla vostra domanda, piccole pesti - annuncio con nonchalance, per poi ghermirli entrambi tra le mie braccia. Ridono, abbracciandomi a loro volta. Li stringo più forte e do loro un bacio ciascuno fra i capelli.

Sono grandi, ormai, cresciuti in un attimo sotto i miei occhi stupefatti che non potevano credere ad uno scorrere tanto rapido del tempo, e sono diventati dei ragazzi maturi ed equilibrati.

Eppure, in fondo in fondo, resteranno sempre i miei piccoli. Spero di essere un bravo zio, per loro.

- Devo andare - dico infine, liberandoli dalla mia presa.

- Di già? - piagnucola Akira. - Pensavamo restassi ancora un po'.

- Akira, - lo redarguisce il suo gemello - non hai sentito? Lo zio John ha da fare.

- Sì, ma uffaaa!

Gli concedo un altro abbraccio e un fugace bacio sulla fronte. Lui mi stritola e strofina la testa contro il mio petto come Haru quando ha un estremo bisogno di affetto.

Dopodiché li saluto con un cenno della mano e li affido ai loro ragazzi, passando anche a salutare mio fratello e Crystal.

È presto, ma devo prepararmi emotivamente a stasera.

~~~

Alle otto in punto passo a prendere Virginia, incantevole come sempre nello stesso abito blu del nostro primo appuntamento.

Fra di noi regna un silenzio pesante e non mi azzardo neanche a baciarla. Mentre entriamo al ristorante si stringe a me e si aggrappa al mio braccio, rassicurandomi un po'.

Ci sediamo al tavolo che ho prenotato e ordiniamo.

- Scusa, non so cosa mi prenda - mormora, evitando il mio sguardo. - È una serata strana...

- Vedo... - commento, inarcando un sopracciglio e bevendo un sorso da ciò che ci hanno appena portato. - Qualcosa non va?

- Be'... dovevo spiegarti perché dovrei cenare quasi sempre a casa, no?

Le accarezzo fugacemente le mani, sorridendole incoraggiante.

- Se vuoi - dico, stringendomi nelle spalle. Sospira.

- Io... io... ecco... non posso lasciare Bella troppo spesso da sola.

- Bella...? - domando, lanciandole un'occhiata interrogativa. Bevo un altro sorso, cercando di mascherare il nervosismo.

- Mia... mia figlia.

E per poco non riverso ciò che ho in bocca sul muro, portandomi appena in tempo la mano alle labbra. Inizio a tossire convulsamente. Virginia mi osserva con apprensione mista a sconforto.

- Mi dispiace, John - sussurra, abbassando la testa. - Volevo dirtelo prima, ma ogni volta non mi sembrava mai il momento giusto e... avevo paura. Paura di cos'avresti fatto una volta saputo di Bella.

- Virginia... - la chiamo dolcemente, prima di sporgermi sul tavolo e baciarla, dissimulando lo shock momentaneo della sua confessione. - È tutto okay. Io ti amo.

Sospira di nuovo, però stavolta credo di sollievo.

- Non sei arrabbiato perché non te l'ho detto subito?

- Perché dovrei esserlo? Se non te la sentivi, è giusto così.

Per la testa mi frullano un mucchio di domande che vorrei porle, ma nella mia testa restano.

- Non dobbiamo parlarne, se non vuoi, però... - esordisco, cauto. Mi lancia un'occhiata triste eppure salda.

- Non è il miglior discorso da avere in una serata in cui si suppone dovremmo festeggiare, ma meglio ora che poi. Vuoi sapere di suo padre, vero?

Annuisco, accarezzandole di nuovo le mani.

- Lui... lui... mi violentò. Ma nonostante tutto io volli tenere la bambina.

Mi porto una mano alla bocca, poi arriva il cameriere con le nostre ordinazioni e il discorso cade. Ceniamo completamente immersi nel silenzio; di tanto in tanto la sbircio di sottecchi, cercando di assimilare le informazioni ricevute questa sera.

- Mi dispiace di aver trasformato una bella serata in... questo - dice una volta fuori dal ristorante, abbattuta. Le cingo le spalle con un braccio.

- Shh... vieni, ti porto a casa - replico, baciandole una guancia. In macchina, ancora silenzio.

Una volta sotto casa, il mio impulso più forte è quello di prendermi un bacio vero, però so che me ne resterò quieto per non farla sentire peggio.

- J-john... stasera Bella non c'è, dorme da un'amica, perciò potresti... restare a dormire... se ti va - mormora timidamente Virginia. Sgrano gli occhi.

Oh, non devo pensare male, mi rimprovero, ha detto dormire.

- P-posso?

La sua risata sommessa è una risposta più che soddisfacente. Prima di scendere dall'auto ci baciamo, ed ho l'impressione che questo non sarà l'ultimo della serata.

Mi conduce dentro e poi nella sua camera, dopodiché si stende sul letto. Io resto immobile in mezzo alla stanza, aspettando indicazioni.

- John...?

La raggiungo e le salgo a cavalcioni, per poi sfiorarle il collo con le labbra. Percepisco la sua mano infilarsi tra i miei ricci e strattonarli gentilmente.

- John - bisbiglia nuovamente, provocandomi un miliardo di brividi lungo la schiena. Trattengo il fiato. - Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata insieme a mia figlia e... ti amo.

Le nostre labbra si incontrano in un bacio dolce, carico di parole al momento taciute. La stringo a me, ascoltando il battito frenetico del mio cuore. Lo sente anche lei? Anche il suo batte così forte?

- Oh Virginia - sospiro. - Ti amo anch'io.

~~~

Il mattino seguente mi sveglio in un letto che non è il mio, in una stanza che non conosco con qualcuno che invece decisamente mi appartiene, oggi ancor più di ieri.

Virginia dorme con la testa sul mio petto e le braccia attorno alla mia vita. Scosto i suoi capelli dal mio viso e sorrido, sopprimendo uno sbadiglio.

Le accarezzo il capo e il viso. Non ho mai toccato nulla di più liscio e morbido. Le bacio il naso, la guancia e la fronte, prima di azzardarmi a sfiorare anche le sue palpebre.

- Dio, - mi sfugge - sei bellissima.

La stringo ulteriormente a me. Mi sento così fortunato, oltre che al settimo cielo. Ieri è stata la notte più bella di sempre.

Lei mugugna qualcosa, per poi intrecciare una gamba alle mie e sbadigliare, abbozzando un sorriso beato.

- Buongiorno, principessa - le bisbiglio all'orecchio, baciandola nuovamente sulla guancia. Ancora ad occhi chiusi alza la testa e poggia le labbra sulle mie, dopodiché rivela le sue meravigliose iridi verdi.

- Buongiorno, John - sussurra, spostando il capo dal mio petto alla spalla. Accarezzo la sua.

- Hai dormito bene?

- Alla grande - risponde, sorridendo ulteriormente e socchiudendo di nuovo gli occhi. - E tu?

- Anch'io, merito forse di uno spiritello?

Ridacchia insieme a me, poi si fa seria.

- Ieri... è successo davvero?

Annuisco, appoggiando la fronte alla sua e rubandole un tenero bacio eschimese.

- Ti amo - sbadiglia, coprendo i pochi centimetri di distanza che separano le nostre bocche.

- Ti amo anch'io. Tanto - replico, afferrandola per i fianchi e tirandola a me. Restiamo così per un po', alternando le coccole al far la lotta.

Lasciatemelo dire, si sta rivelando il più bel buongiorno di sempre.

- John! - ride, dandomi un ultimo bacio. - Devo andare al lavoro.

- Va bene - sbuffo, prima di sorriderle. Ci alziamo e vestiamo, e io non riesco a trattenermi dall'abbracciarla e baciarle il collo.

- Sei incorreggibile...

- Lo so!

- Però ti amo - sussurra, ricambiando la stretta. Non credo che, per quante volte lo ripeterà, mi basterà mai.

-

Note dell'autrice:
ho promesso che avrei postato prima di giovedì ed eccomi qua. Dopodomani mi aspettano dodici ore d'aereo! Non so se ci sentiremo, mentre sarò a Miami. Non voglio illudervi. Mi mancherete! Ma tornerò presto, non temete. Baci!

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Capitolo 11
*** Bella ***


John's point of view

Il sole sta iniziando la sua lenta discesa verso l'orizzonte; per quanti pomeriggi abbia passato qui, attendendo il tramonto, non credo smetterò mai di provare un senso di meraviglia verso il cielo che si tinge d'arancio, il mare spruzzato d'oro.

Questo tardo pomeriggio si è concluso con l'ennesima vittoria e siamo tutti immensamente soddisfatti. Io, a dire il vero, anche un po' teso.

Insomma, ho accettato di passare a prendere a scuola Bella, ovviamente insieme a Virginia. Ci stiamo vedendo da abbastanza tempo, ha detto, andrà tutto bene. Lo spero...

Virginia mi viene incontro e mi sorride dolcemente.

- Avete giocato benissimo, oggi - osserva, circondandomi la vita con le braccia. Le bacio i capelli. - Mio campione.

- Ciao, piccola - replico, ricambiando l'abbraccio. Le rubo un bacio sulle labbra. - E la tua giornata come è andata?

- Bene. Abbastanza noiosa. Lenta.

Ridacchia, staccandosi da me e prendendomi timidamente la mano. Le accarezzo il dorso con il pollice.

- Sei nervoso? Possiamo rimandare, lo sai.

Abbozzo un debole sorriso.

- Nah. È okay. Andrà tutto bene.

O almeno me lo auguro, penso, incrociando mentalmente le dita.

- Già - concorda, sbirciandomi di sottecchi. La guardo anch'io, e poi le nostre labbra s'incontrano dolcemente. - Ti amo, John. Sei incredibile.

Sorrido, arrossendo d'imbarazzo.

- Ti amo anch'io, Virginia - mormoro, mentre saliamo in macchina. Il viaggio fino alla scuola media si rivela il più lungo della mia vita, sebbene siano solo una quindicina di minuti. Quindici minuti infiniti, trascorsi a sopprimere il nervosismo.

- Eccoci qua - esordisce Virginia, stiracchiandosi. Soffoco un sospiro e mi stampo in faccia il mio sorriso più rassicurante. Scendiamo.

- Eccoci qua - ripeto a mia volta, appoggiandomi all'auto. Un sacco di ragazzini sciamano per l'ampio piazzale, gridando e correndo qua e là. Mi ricordano i tempi in cui i miei nipoti frequentavano questa stessa scuola.

- Bella? Bella, sono qui! - grida Virginia, agitando una mano e avvicinandosi alla massa di studenti schiamazzanti. Una ragazza di media statura dai lunghi capelli castani la abbraccia forte.

- Mamma!

- Ciao, tesoro. Com'è andata la scuola?

- Bene.

Le bacia i capelli e io sorrido, intenerito. Si vede che il legame che le accomuna è forte, fortissimo.

- Vieni, ti voglio presentare una persona - annuncia, prendendole una mano e venendo verso di me. M'irrigidisco per una frazione di secondo, dopodiché mi rilasso e sorrido ulteriormente.

Andrà tutto bene, mi rammento, non c'è nulla che potrebbe andare storto.

Bella mi vede e mi osserva con aria indecifrabile. Possiede dei bellissimi occhi grigio-azzurri, messi in risalto dai capelli color cioccolato, i quali le ricadono morbidi sulle spalle. I tratti del viso sono quelli dolci di Virginia.

- Ciao, Bella.

- Ciao - replica, sostenendo il mio quieto sguardo sempre con espressione impenetrabile. Lancia un'occhiata seria a sua madre.

- Lui è John, il mio fidanzato - mi presenta perciò lei, sistemandosi al mio fianco. Allungo una mano e Bella la soppesa brevemente, prima di stringermela.

- Piacere di conoscerti.

- Piacere.

Mi fissa di nuovo, mentre un principio di disagio si fa strada in me.

- Tratta bene mia madre - dice infine, stringendo le labbra. Annuisco.

- Certo.

- Bella... - inizia Virginia, subito interrotta.

- È okay, mamma. Lo sapevo già. C'è il suo profumo nella tua camera.

Arrossiamo entrambi violentemente e io mi sento mancare. Ditemi che non l'ha detto davvero, che me lo sono immaginato. Che ho le allucinazioni.

- A-andiamo a casa, ora - ci esorta sua madre, lanciandomi un'occhiata tremendamente imbarazzata.

In silenzio, saliamo in macchina. Bella si sistema dietro.

- Non ti chiamerò papà - mette in chiaro dopo un po'. Me lo aspettavo, non m'illudevo certo che saremmo subito andati d'amore e d'accordo. Non funziona così, anzi, spesso le cose non finiscono mai per andare per il verso giusto.

- Va bene.

- Giochi a basket? - chiede all'improvviso, a seguito di un'altra pausa in cui nessuno all'interno dell'abitacolo fiata.

- Sì.

- Sei il playmaker, vero?

Assento nuovamente.

- Proprio così.

- Ti ho visto in televisione, l'altro giorno.

- Durante il torneo?

- Sì. Eri piuttosto figo. È stata una partita coinvolgente.

Wow, penso, la figlia tredicenne della mia fidanzata mi ha appena definito 'figo'. È un gran inizio. E dopotutto non si suol dire che 'chi ben comincia è già a metà dell'opera'?

- Ti piace il basket, eh?

- Abbastanza - risponde, schiva. Non sarà facile conquistarla, non sembra aver nulla del carattere di sua madre, ma ho fiducia nel fatto che alla fine andremo d'accordo.

- Siamo arrivati, ragazze - esordisco, sopprimendo un sospiro. Posteggio sotto casa, per poi voltarmi verso la mia ragazza.

- Grazie, John - dice, regalandomi un sorriso dolce. - Vuoi salire?

- Meglio di no - rispondo, a malincuore. Bella rotea gli occhi con aria scocciata.

- Non sei di disturbo, Signor Playmaker - sbuffa, allungando una mano per appiopparmi uno schiaffetto sul capo.

- Bella... sii gentile - la rimprovera Virginia. Devo faticare non poco per soffocare una risatina.

- Ti sto facendo un favore, mamma - ribatte, aprendo la portiera e saltando giù dalla macchina. Anche la mia incantevole fidanzata fa per scendere, ma io la afferro per un polso e la tiro a me, rubandole un bacio appassionato.

- Ho l'impressione che andremo d'accordo - commento, sorridendo. Appoggia la testa sul mio petto.

- Ha un carattere forte, ma è più fragile di quel che sembri. Ha solo... paura. Sono l'unica persona che ha, e lei era tutto ciò che avevo finché... finché non ci siamo incontrati. Ce la siamo sempre cavata da sole, io e mia figlia, capisci?

Le accarezzo il viso, annuendo.

- Lo capisco. Virginia... non ho mai fatto promesse, però voglio che tu sappia che non siete più sole, che io ci sono e sempre ci sarò, per te come per Bella.

Lei nasconde il viso nella mia maglietta, dopodiché si asciuga una lacrima.

- Ti amo - sussurra, alzando la testa per donarmi uno sguardo commosso. Le sistemo i capelli dietro l'orecchio.

- E io amo te - replico, sfiorandole dolcemente le labbra con le mie. Mentre approfondiamo il bacio, la sua portiera viene aperta.

- Entrate sì o no? Ew! Mamma! Quando ho detto che mi andava bene non intendevo che apprezzo vedervi così!

Ci stacchiamo di botto, avvampando violentemente per la seconda volta.

- BELLA!!!

Ride, e poi anche noi ci lasciamo andare in una sonora risata. Sì, andremo decisamente d'accordo.

-

Note dell'autrice:
I'm back! Vi sono mancata? A me siete mancati un casino. Però devo dire che le vacanze sono andate alla grande (ancora risento del jet lag...) e, be', devo confessare che mi sono pure presa una cotta per un ragazzo... eheheheh. Okay, basta col gossip. Vi dico solo che le storie previste dopo Colors of the Season sono aumentate! Una vedrà anche due nuovi personaggi, Leya e Brooklyn. Chi saranno? Lo scoprirete tra non molto! Baci

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Capitolo 12
*** Una nuova famiglia ***


John's point of view

È quasi sera. Abbiamo fatto un allenamento super intenso, di quelli che ci distruggono più di una settimana di torneo. È bello cercare di superare i nostri limiti, e soprattutto è bello farlo insieme. È impossibile dimenticare che siamo una squadra.

Di questi tempi sono parecchio di buon umore, va tutto incredibilmente bene: non perdiamo una sola partita, sono in estrema sintonia con i miei amici e sono follemente innamorato di Virginia, oltre a star instaurando un buon legame con Bella.

Devo dire che anche con Beau ogni cosa è andata a posto. Mi pare più sereno, è di nuovo il mio fantastico miglior amico, il mio compagno preferito e mio fratello.

- Ehi, Beau! - esclamo, raggiungendolo e cingendogli le spalle con un braccio. Lui volta appena il capo, stravolto. - È da un secolo che non beviamo qualcosa insieme... che dici, stasera ti va di andare da qualche parte, io e te?

I suoi occhi guizzano rapidamente e per una frazione di secondo in essi passa un lampo di qualcosa che non colgo, poi sembra... imbarazzarsi?

- Scusa ma no, John. Ho già un altro impegno col mio fidanzato.

Soffoco un colpo di tosse, sgranando gli occhi. Perché diavolo non lo sapevo, m'interrogo, non lo so?! Dopodiché rammento che anch'io non gli ho detto di Virginia fino al giorno della finale del torneo, perciò mi sembra giusto.

- Oh. OH - dico, stupito. Le sue dita si posano sulla mia nuca e mi accarezzano gentilmente i ricci.

- Magari un'altra volta, eh?

- Oh - ripeto per la terza volta. - Certo.

Dopodiché mi dona un sorriso ancor più imbarazzato e fa un cenno con la mano, andando a recuperare le proprie cose. Io resto imbambolato in mezzo al campo, mordicchiandomi il labbro inferiore. Sono curioso, eccome se lo sono, ma non voglio impicciarmi.

Spero unicamente che sia una brava persona, diamine, se lo merita.

~~~

- Ma è proprio una villa villa?

- Sì.

- Cioè, con la piscina?

- Sì.

- E hanno il maggiordomo, anche?

- Sì. È mio fratello. I suoi figli, i miei nipoti, sono due ragazzi fantastici. Sono un po' più grandi di te, hanno diciotto anni, ma credo che andrete d'accordo.

- Hmmm... hai detto che hanno il cane, giusto?

- Sì. Si chiama Haru. Ti piacciono i cani?

- Sì, tanto.

- E poi c'è il coniglio di mio nipote, Watson. È stato il mio regalo di Natale dell'anno scorso a mio nipote.

Bella mi scruta con gli occhioni grigi colmi di meraviglia ed impazienza. È una gioia vederla meno diffidente.

- Andiamo, allora? - sbuffa. Le ho proposto di presentarle Akira e Ryuu, ovviamente insieme a tutto il resto della famiglia... e magari presentare anche Virginia a loro.

- Dobbiamo aspettare tua madre - sorrido. Alza gli occhi al soffitto.

- Mammaaaaa! Quanto ci metti?!

Lei sbuca immediatamente dal bagno con i capelli legati in una treccia a lisca di pesce. È bellissima. No, è stupenda.

- Cos'è tutta questa impazienza? - ridacchia, divertita. - Mi pare di ricordare che avevi detto: okay, ma solo per conoscerli, io lì due ore non ci voglio stare.

- Mamma! Non m'interessa quanto restiamo, ma andiamo!

Io e Virginia ci scambiamo un'occhiata ilare, prima di scoppiare entrambi a ridere. Mi copro la bocca con una mano, lei invece arruffa gentilmente i lunghi capelli di sua figlia.

- Va bene, andiamo, andiamo. Sei pronto, John?

- MAMMA!

L'ennesima risata ci accompagna fino alla mia macchina, mentre durante il viaggio regna il silenzio. Virginia sembra felice e Bella è tornata impassibile.

- Siamo arrivati - annuncio. La villa si staglia in tutto il suo candido splendore davanti ai nostri occhi.

Andiamo a suonare al campanello. Viene ad aprire mio fratello il quale, a seguito di una lunga occhiata, ci invita ad entrare.

- Sono tutti in giardino - spiega, conducendoci a bordo piscina.

- Ma è enorme! - sento Bella esclamare.

- Benvenuti! - esclamano all'unisono gli abitanti della villa. Ci sono i miei fratelli con Paul e Crystal, i padroni di casa con loro figlio e Jake e i gemelli, stranamente Akira da solo e suo fratello in compagnia di Blake.

- Grazie - risponde Virginia. Sua figlia le sta rigidamente accanto.

- Grazie del caloroso benvenuto - mi aggiungo io. In famiglia, forse, penso. - Oggi sono qui perché volevo presentarvi la mia fidanzata, Virginia, e sua figlia, Bella.

- Piacere di conoscervi - dice Crystal, sorridendo caldamente. - Prendetevi cura di lui.

Anche Geoffrey fa per imitare sua moglie, ma qualcosa d'imprevisto cattura la nostra attenzione.

- Oh, ehm, ciao, Paul.

- Il cerchio si chiude - borbotta lui. Adam lo fissa con aria furiosa. Virginia mi lancia un'occhiata confusa.

- Adam e Geoffrey sono i miei fratelli maggiori - le spiego. Poi lui esplode.

- 'Il cerchio si chiude' un corno! E dire che mi fidavo di te! Con la ragazza di mio fratello, poi! E ha pure una figlia! Non ci posso credere!

Il suo biondo fidanzato, afferrato da mio fratello per la felpa, lo lascia sfogare con espressione imperturbabile.

- Hai finito?

- Oh, certo, come no! Ovvio che ho finito! - risponde Adam, la voce grondante sarcasmo.

- Ottimo - lo zittisce Paul. - Perché se hai finito potresti anche ascoltarmi un attimo e farti entrare in quella testa vuota che ti ritrovi che ti amo, e questo vuol dire che ci sei solo tu, per me, non me ne frega niente di nessun altro.

Lui si sgonfia come un palloncino bucato.

- Oh, vaffanculo - borbotta, a testa bassa. Il suo ragazzo esibisce un sorrisetto, dopodiché gli dà qualche pacca gentile sul capo.

- So di non essere stato il ritratto della fedeltà per lungo tempo, ma puoi fidarti di me, Adam. Puoi fidarti dei miei sentimenti. Sono reali.

- Lo so - ribatte, avviluppandolo in un goffo abbraccio. - Ti amo anch'io.

Quando si staccano, Geoffrey ci attira entrambi a sé, cingendoci le spalle con un braccio.

- Finalmente anche i miei fratellini sono cresciuti - commenta, ridendo. Rido a mia volta, mentre Adam protesta e si divincola, inutilmente. Anche gli altri ridono.

Le presentazioni, a seguito di questo piccolo battibecco, si rivelano ancor più calorose.

- È un piacere avervi qui. Io sono Marco e questo è mio marito, Leon. Lui invece è nostro figlio, Rei - si presentano i padroni di casa.

- E io sono Jake - aggiunge mio nipote, il maggiore dei tre. - Loro sono i miei fratelli, Akira e Ryuu.

- Piacere di conoscervi - ripetono loro, facendo una piccola riverenza a Virginia e stringendo la mano a Bella.

- Io sono Akira - sorride lui. - Perdona mio fratello, è terribilmente maleducato.

Infatti il suo gemello si è subito allontanato da noi con il suo ragazzo.

- Osa guardare qualcuno che non sia io come hai fatto poco fa e... e... ti uccido, Blake!

- Ma...

- Non negare! Ti ho visto come la guardavi!

Akira si passa una mano fra i capelli, imbarazzato.

- È terribilmente geloso - spiega. - Mi dispiace...

- È okay - replica Bella, ipnotizzata dai suoi occhi dorati. A seguito della consueta diffidenza, si è sciolta in un attimo.

In sottofondo le voci di mio nipote e il suo fidanzato più non s'odono, poiché si stanno baciando così appassionatamente da dare i brividi.

Arriva Haru al galoppo e io e Virginia affidiamo Bella ad Akira. Sembrano avere un certo feeling.

- Fidanzata, eh? - esordisce Geoffrey, raggiungendoci. Io stringo a me la mia ragazza.

- John mi ha parlato di te - dice timidamente.

- Ah sì? E cos'ha ti detto?

- Belle cose. Ha dei bei ricordi di te.

Lui pare stupito, io avvampo violentemente.

- Davvero?

- Davvero - confermo io, passandomi le mani fra i ricci. E poi mio fratello m'abbraccia forte, mentre Virginia mi dona un sorriso dolce e mi fa l'occhiolino.

- Vorrei averlo fatto più spesso... - borbotta in seguito Geoffrey, staccandosi, quasi tra sé e sé. Una risata sommessa rotola cristallina fuori dalle mie labbra.

Alla fine ci ritroviamo a scambiare due chiacchiere un po' con tutti, osservando nel frattempo Ryuu e Blake impossibilitati a staccarsi l'uno dall'altro, ma soprattutto Bella e Akira che giocano con Haru.

- Hai una famiglia meravigliosa, John - osserva Virginia, appoggiandomi la testa sulla spalla. Io poso la mia sulla sua.

- Da oggi è anche vostra - mormoro. - Qui nessuno resta solo.

Nessuno.

-

Note dell'autrice:
konbanwa, miei adorati! Spero abbiate avuto una buona giornata. Io okay, tra ieri e condizioni fisiche non esattamente ottimali ho passato la mattinata a letto, ma per il resto ora sto benone - e anche di buon umore -. Ora rispondo alle recensioni, intanto vi lascio Bulletproof Picasso dei Train, giuro, non riesco a smettere di ascoltarla. A parte ciò, chi sarà mai il fidanzato di Beau? E quale delle nostre adorate coppie finirà in crisi? A voi scoprirlo. Baci

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Capitolo 13
*** Solo amici... forse! ***


John's point of view

È una giornata soleggiata, il cielo è terso e la brezza ci scompiglia leggera i capelli. Io e Ryuu ci stiamo sfidando ad una partita uno contro uno davanti a casa, mentre Blake si occupa di recuperare la palla. Come spettatori ci sono Bella, Akira e Christopher.

Da quando si sono conosciuti, mio nipote e la figlia della mia ragazza sono diventati inseparabili. È la mia migliore amica, mi ha detto Akira.

Sono felice che si trovi così bene con lui. Più che bene, oserei dire, poiché, se le mie visite alla villa si sono quadruplicate, è proprio per portar Bella. Non che mi dispiaccia.

Il lato negativo della loro amicizia? Christopher.

- Cinque minuti di pausa, okay? - dico a mio nipote, asciugandomi il sudore dalla fronte con il dorso della mano.

- Certo - replica, recuperando la propria bottiglietta e dissetandosi, prima di rubare un bacio al suo fidanzato. Bevo anch'io, osservando Akira e Bella chiacchierare fitto fitto e ridere forte. Christopher li fissa con espressione impassibile, seduto a qualche metro da loro.

Io e Ryuu riprendiamo a giocare; suo fratello invece recupera un vecchio pallone da basket e sfida Bella a rubarglielo. Mi lascio distrarre dal gioco finché non s'ode un tonfo di qualcuno che cade: ci blocchiamo immediatamente tutti e controlliamo cos'è successo, per ritrovarci davanti una visione rassicurante. Più o meno.

Akira è caduto e Bella su di lui però, per fortuna, non sembrano essersi fatti nulla, anzi, stanno ridendo.

- Stai bene? - domanda Christopher, ansioso, alzandosi e raggiungendoli.

- Sì, sì, non è nulla - esclama lui, accarezzando il capo della sua amica. - Piuttosto, ti sei fatta male?

- No... no, sto bene.

Dopodiché la aiuta a rialzarsi, sorridendole. Il suo ragazzo torna a sedersi ed incrocia le braccia al petto, adombrandosi in viso. Tira aria di tempesta, penso, cercando lo sguardo di Ryuu. Lui sembra star avendo i miei stessi pensieri.

- Chi vince questa ha vinto tutto e basta, va bene? - propongo. Annuisce, lo sguardo ancora puntato sul suo gemello. Akira sembra ignaro delle senz'altro spiacevoli emozioni che sta provando il suo fidanzato.

Alla fine, in apprensione per loro, non riesco più a concentrarmi e finisco per farmi battere da Ryuu.

- Ah, zio John, sei arrugginito! Ti sei fatto battere da mio fratello! - esclama Akira. Il suo braccio è sulle spalle di Bella. Christopher gli è vicino in un secondo e lo tira a sé per un polso, rubandogli aggressivamente un bacio.

Nei suoi occhi dorati saetta un lampo di confusione, mentre in quelli grigi di Bella s'agitano infinite emozioni.

- Ma che gli prende? Perché fa così? - mi chiede mio nipote. Il suo riccio ragazzo, infatti, si è voltato e, con espressione corrucciata e risentita, è entrato in casa.

Mi stringo nelle spalle come a dire che non lo so, sebbene io lo sappia eccome. Tutto sommato, credo che Akira resterà sempre terribilmente ingenuo.

- Entro, vado in bagno - annuncio. Anche Ryuu e Blake mi seguono. Mi rinfresco il viso, poi vado in salotto. Lì ci sono Jake, Raphael, Victor e loro figlio.

- Che c'è, tesoro?

- Niente.

- Che tipo di niente?

- Niente! - ripete in un sibilo Christopher.

- È un niente che riguarda Akira - afferma Victor, o Testa Blu, come lo chiamava un tempo Ryuu.

Suo figlio guarda altrove.

- Visto? - esclama suo padre, trionfante. - Non sarà come avere a che fare con un cane, ma so ancora capire mio figlio!

Suo marito scuote il capo, ridacchiando. Io mi sposto a bordo piscina. Alle mie spalle, dei passi strascicati. Valuto cosa dire nel caso lui dicesse qualcosa. Sono combattuto, insomma, Akira è mio nipote e gli voglio bene come a un figlio, ma Bella è la figlia di Virginia e ad intromettermi non otterrò mai il suo affetto.

Ne resterò fuori, mi prometto, lascerò che le cose facciano il loro corso.

- Ciao - borbotta Christopher, fissando l'acqua azzurra della piscina.

- Ciao, Christopher - replico. In qualche modo, mi fa un pizzico di pena.

- Mi sento un cretino - confessa dopo un po'. Inarco un sopracciglio, stupito.

- Perché?

- Perché non posso fare a meno di essere geloso e lui non mi vuole più, anche se non ha il coraggio di dirmelo. E io non voglio perderlo, ma cosa ci posso fare?

- Diglielo - rispondo, mentre penso: povero ragazzo.

- Non ce la faccio - ammette, strascicando i piedi, a testa bassa. - E se poi dicesse che è vero? Che non gli interesso più?

- Christopher, - inizio dolcemente, riflettendo sul fatto che non avrei mai pensato di parlare con lui di Akira - mio nipote ti ama. Non l'ho mai visto così felice con nessuno, nemmeno con me o con Bella, credimi, non quanto lo è con te.

Si passa una mano fra i ricci. Sorrido.

- Sul serio, - proseguo - Akira non vuole nessun'altra persona all'infuori di te. Abbi fiducia. Andrà tutto bene. O il mio nome non è John.

Lui ride incertamente. Non mi sembra molto convinto.

- Grazie - dice, imbarazzato e pensieroso. Faccio un gesto come a dire che non è nulla. Sto per alzarmi, quando una domanda improvvisa mi blocca. - C'è... c'è mai stato qualcosa fra di voi?... fra te e Akira?

Mi porto una mano alla bocca, ridendo.

- No, nulla. Per prima cosa perché è mio nipote, per seconda perché non mi piacciono i ragazzi e terza, be', è il figlio di mio fratello, sarebbe come fargli... un torto, mettiamola così. Non credo riuscirei più a guardare Geoffrey negli occhi dopo aver fatto qualsiasi cosa con Akira.

- Capisco... scusa per la domanda - biascica Christopher, ancor più imbarazzato. Gli do una pacca sulla spalla.

- Figurati.

Poi gli faccio un cenno di saluto e rientro, voltandomi solo una frazione di secondo a sbirciarlo da sopra la spalla. Si siede sull'erba con un tonfo.

- Buona fortuna - gli auguro, anche se non mi sentirà. Ne avrà bisogno.

-

Note dell'autrice:
dopo esser già stati messi a dura prova in Infinity, Chris e Akira sono in crisi. Paranoie infondate? Un'amicizia che sta forse diventando di più? Sono davvero così terribile da farli lasciare? Who knows. Lo scoprirete nel prossimo capitolo! Bacioni

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Capitolo 14
*** Argento tristezza, oro passione, verde dolcezza ***


Akira's point of view

Non avrei mai creduto di riuscire ad avere un'amica, sì, un'amica femmina, addirittura una migliore amica, eppure è così. Bella è la mia migliore amica e io sono il suo migliore amico.

È incredibile perché abbiamo ben cinque anni di differenza, ma è davvero matura! Con lei posso parlare di tutto e la cosa è reciproca. Ce la intendiamo alla grande, insomma, mi capisce decisamente di più degli amici in comune con mio fratello che son più suoi che miei.

Be'... a voler essere precisi non parlo di Christopher con lei. Cioè, sa che è il mio ragazzo, però nulla di più. Mi sembrano andare d'accordo, nonostante in questi ultimi tempi lui si stia comportando in modo davvero inusuale, soprattutto con me.

Gli ho chiesto se fosse geloso, ma si è limitato a strofinarsi il collo e dire di no. Quindi non credo di dovermi preoccupare, o sì? Spero decisamente di no.

- Cosa farai dopo la scuola?

- Eh? Ah... ah! Uhm... sinceramente non lo so. Mio fratello vuole diventare veterinario.

- Mai pensato di fare il modello? - chiede Bella, ma a bassa voce, ed io non sono sicuro di averla udita.

- C-cosa? - balbetto, riscuotendomi definitivamente dai miei pensieri sul mio ragazzo e girandomi di scatto a guardarla.

Siamo nella mia camera (be', mia e di Ryuu), a chiacchierare come il solito. È bello vedere lei e zio John così spesso alla villa. Ogni tanto portiamo Haru a spasso insieme o giochiamo in piscina. Mi sento meno timido, con Bella.

- Nulla - borbotta, mordicchiandosi il labbro inferiore. Le poggio una mano dietro la nuca, facendole i grattini e sorridendo. Adoro i suoi capelli, sono del medesimo colore dei miei e sono morbidissimi e lisci.

- E tu cosa farai, dopo la scuola?

- Non lo so neppure io, però farò qualsiasi cosa pur di aiutare la mamma.

- Le vuoi un bene dell'anima, vero? - commento dolcemente. Lei abbassa lo sguardo.

- Come ne voglio a te - mormora, senza alcuna timidezza. - Mi sembra di conoscerti da sempre.

E solo in questo preciso istante mi accorgo che il suo viso è vicino, molto vicino, troppo vicino al mio. Non ho neanche il tempo di arrossire e scostarmi o aggiungere qualcosa, poiché Bella si sporge in avanti e chiude gli occhi, sfiorandomi le labbra con le sue.

È un bacio delicato, casto ed incerto, e soprattutto un bacio sbagliato, a cui non posso rispondere. Per quanto a malincuore, per quanto mi pesi spezzarglielo, il cuore, sgrano gli occhi e poso una mano sul suo petto, facendo pressione per allontanarla da me.

Il suo sguardo argenteo in questo preciso istante cela un sentimento che dovrebbe provocar leggerezza ed invece è un peso, il mio dorato esprime senso di colpa.

~~~

- Chris - lo saluto, mentre entra nella stanza. È passata una settimana e mezza da quando Bella mi ha baciato e se con lei ho più o meno affrontato la cosa... con lui non ci sono riuscito. Lo sento distante da me, anche sul piano fisico, e tutto ciò mi spaventa.

- Ehi - replica, abbozzando un sorriso abbastanza tirato, quasi una smorfia amara.

- Vuoi sederti? - chiedo, facendogli spazio sul tappeto. Da seduti si discute più tranquillamente... a volte.

Mi soppesa brevemente, dopodiché fa un cenno di diniego col capo. Deglutisco, ignorando il disagio che mi pervade.

- Devo parlarti.

- Immaginavo - sospira, socchiudendo gli occhi. - Ti ascolto.

- Prometti di non arrabbiarti?

Non risponde. Chiudo gli occhi, serrando i pugni e racimolando un briciolo di coraggio. Pensa positivo, mi rammento.

- Ecco... Bella m-mi ha b-baciato - dico tutto d'un fiato, balbettando, ovviamente. Christopher sussulta come se avesse preso la scossa, prima di irrigidirsi e contrarre la mascella. - Ma io l'ho respinta subito! L'ho respinta e le ho detto... le ho detto che non potevo, perché sono fidanzato... sono fidanzato con te e ti amo.

- Non dire bugie, Akira - ribatte, massaggiandosi la radice del naso come fa sempre quand'è irritato. - Non c'è alcun bisogno di dire le cose come non stanno. Sapevo che sarebbe finita così. Speravo fino all'ultimo di sbagliarmi... ma lo sapevo.

- B-bugie? - ripeto, sconvolto.

- Tu non mi ami, non più, e forse non vorrai ammetterlo, ma ti sei innamorato di lei. Non sono stupido.

- Chris...

Stringe ulteriormente i pugni.

- Ho desiderato infinitamente che mettessimo un punto a tutto ciò prima di... di questo. Ti credevo diverso, Akira - continua, sempre evitando il mio sguardo, e sul suo bel viso un'espressione quasi fosse troppo stanco. - Ma va bene, va bene, lo farò io. Ti lascio.

- No... - mormoro, sentendo gli occhi riempirmisi di lacrime. - Chris, per favore!

Stringe le labbra, dopodiché si avvicina alla porta, allontanandosi ulteriormente da me. Le lacrime mi rigano le guance.

- Avevi promesso... avevi promesso che non mi avresti mai più lasciato - singhiozzo. Lui si ferma. - Io ti amo, Christopher. Come puoi dire che è una bugia? Sono innamorato di te dal primo istante in cui i nostri occhi si sono incontrati, quel giorno, e non ho mai smesso d'amarti, neanche quando hai baciato quella ragazza, alla festa, nemmeno quando te ne sei andato, mai. Ti amo. Ti amo. Ti amo, Chris.

E intanto mi copro il viso con le braccia, e il petto non mi ha mai fatto tanto male come ora. Lui non dice nulla.

- Ti prego... ti prego, Chris! Ti prego! Ti amo!

All'improvviso le sue braccia sono attorno a me e mi stringono forte, fortissimo, così forte da far male, però è un dolore piacevole.

- Shh - sussurra, mentre mi affloscio contro il suo petto. - Non piangere. Mi stai spezzando il cuore.

Io porto le mani dietro la sua schiena e mi aggrappo alla sua maglietta, piangendo ancor più rumorosamente.

- Amore mio...

Mi accarezza i capelli, facendomi sentire un cucciolo bisognoso di coccole. Il tocco della sua mano sulla mia testa mi calma un po', perciò mi rannicchio contro il suo petto.

- Mi dispiace, Chris - dico, senza alzare il capo. Percepisco le sue labbra posarsi sulla mia testa.

- Scusa. Sono stato troppo duro con te - ribatte, sospirando. - Ma che non risucceda più. Posso capire l'euforia di una nuova amicizia, però senza arrivare a trascurarmi. Mi sentivo ferito, Akira. Come ti sentiresti se, per esempio, mi mettessi a fare l'amicone con tuo fratello, se parlassi tutto il tempo con lui e giocassi solo con lui e facessi ogni singola, benedetta cosa con lui, dedicandomi a te unicamente perché stiamo insieme o perché lui non c'è?

- Ew - non posso fare a meno di commentare. Immaginare il mio ragazzo e il mio gemello insieme mi fa effetto, anche perché nella mia vivida visione Ryuu lo sta decisamente respingendo.

Chris ridacchia.

- Sì, esatto, ew - concorda, prima di tirarmi a sedere sulle sue gambe, al posto di stare in ginocchio. - Akira, io non voglio proibirti di essere amico di chiunque tu voglia, men che meno di Bella. Ma vorrei che da oggi tu fossi più cauto, soprattutto con lei, e mi trascurassi un po' meno. È chiedere troppo?

- No, Chris - mormoro, e lui prende il mio viso tra le mani, mi asciuga le lacrime e mi bacia appassionatamente sulle labbra.

- Ti amo anch'io, piccolo - soffia sul mio collo, per poi morderlo. Le mie mani finiscono tra i suoi ricci e, lasciatemelo dire, non mi stancherò mai dei suoi capelli. Neanche dopo aver accarezzato quelli di Bella. - E sai cosa?

- Cosa?

Mi alza il volto con un dito. I suoi occhi verdi rifulgono di tenerezza, fissi nei miei dorati.

- Voglio fare l'amore con te finché non saremo così stanchi da addormentarci.

E io non posso fare a meno di baciarlo e accontentarlo, perché per Christopher farei qualsiasi cosa purché non mi lasci, purché resti sempre al mio fianco e mi ami.

-

Note dell'autrice:
salve! Eh sì, stasera fino a mezzanotte sarò qua (a scrivere, penso), perciò forse un terzo capitoletto lo posto. Cosa? Sono terribile? Lo so, lo so. Ma che ci posso fare? Adoro mettere in difficoltà i miei piccini. Comunque mancano quattro capitoli, extra incluso. E poi mi aspettano cinquanta shot e più... UH. A più tardi, forse. Baci!

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Capitolo 15
*** Il primo amore non dura mai ***


Virginia's point of view

Sono appena tornata dal lavoro e sono esausta. Adoro interagire con i clienti, finché non si tratta di vecchiette indecise e brontolone. Vado in cucina, sbuffando, e bevo un po' d'acqua.

La casa è inquientantemente silenziosa senza Bella e John, rifletto. È strano che lei non sia ancora tornata da scuola, a quest'ora è già qui da un sacco. Forse sono alla villa e hanno dimenticato d'avvisarmi.

Proprio mentre sto per controllare il cellulare, la porta d'entrata sbatte, richiudendosi alle spalle di qualcuno.

- Bella? Sei tornata?

- Sì - è la sua debole risposta. Sembra il suo tono arrabbiato. Non furioso, ma comunque arrabbiato.

Quando arriva in salotto, realizzo che forse la situazione è lievemente peggio di un'arrabbiatura. Ha la faccia scura come un temporale, però gli occhi lucidi.

Un flashback mi colpisce inaspettato e immediatamente rammento quando ho già visto quest'espressione, per fortuna solo una volta. E non era un'occasione allegra, come avrete intuito.

- Tesoro... - sussurro, avvicinandomi a lei. Ha le guance tutte rosse e pare sudata, quasi avesse corso o camminato parecchio. Bella guarda altrove, stringendo le labbra. Non ho la minima idea di cosa possa essere successo, e temo di saperlo. - Eri alla villa?

Annuisce, deglutendo. La noto torturarsi il labbro inferiore coi denti. Ebbene, la prima e unica volta in cui l'ho vista in questo stato, è stata quando le ho detto la verità su suo padre.

- Dov'è John? - chiedo dolcemente.

- Non lo so - risponde. La sua voce è roca e tremante, prova inconfutabile di un enorme nodo di lacrime. - Ci sono andata e tornata a piedi.

- Perché?

- Volevo vedere Akira - confessa. M'impongo di non saltare alle conclusioni finché non mi dirà di più. Mia figlia mi abbraccia forte, affondando il viso nel mio petto ed iniziando a singhiozzare. Le accarezzo i lunghi capelli castani.

- Cos'è successo? - bisbiglio, stringendola ulteriormente a me. Mi fa male, malissimo vederla così. La mia Bella, la mia piccola guerriera, sempre seria, sempre così forte...

- L'ho baciato. E lui mi ha respinta - dice, tirando su col naso. Le appoggio le labbra sul capo.

- Oh tesoro - sospiro, accompagnandola sul divano. Ci sediamo, e io le permetto di sfogarsi, di piangere finché ne ha bisogno.

Non abbiamo mai parlato di ragazzi... sì, diciamo, marginalmente... non sono certo stata ad indagare se ci fosse qualcuno nel suo cuore, sebbene avessi intuito che negli ultimi tempi fosse particolarmente interessata ad Akira e forse provasse qualcosa di più di semplice affetto, per lui.

Mi dispiace che questo suo primo amore si sia rivelato una tremenda delusione. D'altronde, anche se tutto è possibile, dubito che le cose sarebbero potute andare in altro modo.

Ne abbiamo parlato, io e John. Era preoccupato per Bella, perché suo nipote è fidanzato e gli sembrava che per mia figlia la cosa stesse sfociando in qualcosa di più dell'amicizia. E, a questo punto, non si sbagliava.

- Stasera mangiamo la pizza - annuncio, cercando di consolarla un po'. Tira su col naso.

- Davvero? - domanda, alzando la testa dalla mia spalla. Le arruffo affettuosamente i capelli.

- Sì. Viene John a cena e ci porta la pizza.

Torna a sistemarsi su di me, abbozzando un sorriso piuttosto stanco. Perlomeno ha smesso di piangere. Le do un bacio sulla fronte.

- Tesoro... ti ricordi quella mia amica col pastore australiano?

I suoi incredibili occhi grigi cercano i miei, cauti.

- Sì...

- La sua cagna ha avuto i cuccioli e... be', mi ha detto che me ne regala uno, se lo vogliamo. Ovviamente non subito, adesso sono ancora piccoli, ma tra un po'...

E ho a malapena il tempo di finire la frase che Bella già si è dimenticata del suo dramma con Akira e le si è illuminato il viso. Mia figlia adora i cani, ma non abbiamo mai potuto prenderne uno perché nessuno aveva il tempo di prendersene cura.

- Mamma... davvero possiamo? - chiede, adorabilmente eccitata.

- Se ne troverai uno che ti piace...

- Sììì! - esclama, buttandomi le braccia al collo e stritolandomi. Suonano al campanello.

- Sarà John - dico io. Bella è già alla porta.

- Pizza! - annuncia il mio fidanzato, entrando con il cartone in mano. Mia figlia gli salta praticamente in braccio.

- John! Prendiamo un cane! La mamma ha detto di sì! - lo informa immediatamente, euforica. Lui la sorregge con un braccio e cerca di non far cadere la nostra cena, sorpreso.

- Oh - dice, cercando il mio sguardo. - Ma è fantastico!

Bella torna con i piedi saldamente a terra, riacquistando la sua consueta espressione indecifrabile. John poggia la pizza al sicuro e io lo raggiungo per un bacio veloce. Mia figlia scompare in cucina.

- Cos'è questa storia del cane? - bisbiglia, baciandomi nuovamente sulla guancia.

- Voglio solo che sia felice, e questo è il momento giusto - rispondo, accarezzandogli i ricci. - Dopo ti devo parlare di Akira.

- Okay.

Mi ruba un altro bacio. Bella fa capolino dalla cucina.

- Mamma! John! Mangiamo sì o no? Ho fame!

Ci scambiamo un'occhiata eloquente, dopodiché la raggiungiamo. Mentre ceniamo parliamo del più e del meno, scuola, lavoro... ma soprattutto del nome del nostro futuro cane.

Fra i 'però se sarà una femmina' e 'mi piacerebbe di più un maschio', mi ritrovo a pensare che sembra stiamo parlando di un bambino. La sensazione di essere una normale famiglia che cena è meravigliosa.

Dopo aver sparecchiato e lavato i piatti io e John andiamo ad accomodarci sul divano, mentre Bella scompare nella propria camera. John mi convince a sedermi sulle sue gambe.

- Parliamo - bisbiglia, accarezzandomi i capelli. - Cosa dovevi dirmi di Akira?

- Bella oggi è andata alla villa. Da sola. Questa cosa non mi piace, ma non è questo il problema.

Lui inarca un sopracciglio, restando in silenzio.

- Lei vede Akira come qualcosa di più di un amico, però la cosa non è reciproca.

Sospira.

- Mi fa male saperla con il cuore spezzato, per quanto fosse inevitabile - aggiungo.

- E per questo le prendi un cane?

Per un attimo resto confusa, domandandomi cosa gli passi per la testa.

- Ovvio che no. Voglio solo che sia felice e... è okay. È una responsabilità che posso, possiamo assumerci. Non comportarti come se fossi il genitore che disapprova. Non sei suo padre, John.

E appena lo dico me ne pento, ma è troppo tardi per ritirarlo. Lui si adombra, abbassando il capo.

- Non intendevo... - inizio, invano.

- Hai ragione. Hai perfettamente ragione. Non sono suo padre, né tuo marito. Sono solo un estraneo che è entrato nella tua - vostra - vita e vorrebbe restarci.

- John... lo sai che io ti amo!

Mi dona un'occhiata mesta.

- Lo so. Ti amo anch'io. E... mi scuso se la domanda era inappropriata. Ma... ma a volte non posso fare a meno di chiedermi cosa farò se tu non dovessi più aver bisogno di me.

Gli accarezzo i ricci, cospargendogli il viso di baci.

- Avrò sempre bisogno di te, sciocchino - lo rassicuro. Lui mi stringe forte a sé.

- Virginia... - sussurra, in un tono così triste da provocarmi un fremito. È perché l'ho ferito, lo so. Ricambio l'abbraccio.

- Bella ti adora - esordisco, anche se ho qualche dubbio di riuscire a risollevargli il morale. - E nonostante la delusione con Akira è felice che tu ci abbia introdotte alla tua famiglia. È felice anche tu sia qui, con noi, e non solo con me. John... è tutto molto più bello con te, e non è la stessa cosa se non ci sei.

Mi sistemo a cavalcioni su di lui, giusto per essere più comoda. Torna ad abbracciarmi e io inspiro a fondo il suo profumo incredibilmente dolce, quasi di biscotto.

- Davvero? - bisbiglia contro il mio collo, posandoci un milione di baci delicati.

- Davvero - rispondo, affondando una mano nei suoi ricci scuri. Sono bellissimi, selvaggi e affascinanti. Li adoro. Prendo il suo viso tra le mani. - Io ti amo, e voglio che anche tu sia felice con noi. Con me.

- Oh Virginia - sospira, guardandomi con espressione talmente intensa ed adorante da farmi tremare. - A me basta vederti per essere felice.

Dopodiché regna il silenzio. Mi adagia sul divano e io vorrei dirgli che mi dispiace rovinare il momento ma non possiamo, non qui e non ora, c'è Bella, eppure taccio e mi limito ad assaporare le sensazioni che probabilmente nessun altro all'infuori di lui mi farà mai provare.

-

Note dell'autrice:
oggi è stata un'ottima giornata. Spero anche per voi. Be'... mi scuso per non aver ancora risposto alle recensioni. Rimedierò al più presto. Comunque, come dicevo su Wattpad, la storia dedicata a Bella s'intitolerà Juliet & Juliet. E con ciò, ho detto tutto. A domani! Baci

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Capitolo 16
*** Un nuovo inizio ***


Virginia's point of view

È molto tardi, ormai l'orario di chiusura. Paul è andato a casa da un bel pezzo dicendo, con aria estremamente preoccupata, di avere un'emergenza. Lo conosco da prima che nascesse Bella e posso affermare di non averlo mai visto tanto in ansia.

D'altronde per me non è un problema restare qui a lavorare da sola, sono adulta e vaccinata. Controllo l'ora sul cellulare un'ultima volta e poi decido che per oggi è abbastanza.

Riordino l'area lettura, dopodiché vado a recuperare le mie cose nel retrobottega. Sbadiglio. Tra poco viene a prendermi John, rammento, e inevitabilmente sorrido. Solo pensare a lui mi fa battere il cuore, lui e i suoi dolci occhi verdi, il suo luminoso sorriso, i suoi ricci ribelli.

Mentre mi domando se ho preso tutto odo dei passi alle mie spalle. Mi volto, aspettandomi di trovarmi davanti il mio fidanzato. Purtroppo, non è lui.

John's point of view

Posteggio davanti alla libreria come faccio ogni sera in cui vengo a prendere Virginia e mi appoggio un attimo al volante, sospirando. Dopodiché, nonostante sia piuttosto buio, cerco di sistemarmi i ricci e scendo.

Le luci all'interno della libreria sono accese, però sembra non esserci nessuno. Entro, guardandomi attorno. Libri, libri e ancora libri, immersi nel silenzio totale.

- Virginia? - la chiamo. Sul bancone ci sono ancora le chiavi e la porta del retrobottega è socchiusa. All'improvviso una voce rude e maschile spezza il silenzio.

- Stai zitta, tanto non ti sentirà nessuno!

Io sussulto, prima di serrare i pugni e stringere i denti. Scivolo silenziosamente nella stanza adibita a retrobottega. Qui c'è un tipo di qualche centimetro più alto di me, sporco e puzzolente, e ha imprigionato Virginia al muro. Lei si dibatte e cerca di sottrarglisi con aria disgustata.

- John! - esclama, non appena mi vede. Io afferro il tizio per una spalla e lo costringo a girarsi, per poi tirargli un incredibilmente forte pugno in faccia e spedirlo sul pavimento, così rapidamente che non ha il tempo di reagire.

- Avvicinati una seconda volta alla mia fidanzata, stronzo, e ti spedisco non all'ospedale, ma in galera - ringhio, rivolgendogli un'occhiata d'astio misto a repulsione. Quello, con una mano sul viso (da sotto di essa posso orgogliosamente notare del sangue scorrere), scappa via con la coda fra le gambe.

Mi volto verso Virginia. Lei si è accasciata contro il muro con aria ancora terrorizzata, seppur nel profondo sollevata.

- Stai bene? - chiedo, accarezzandole dolcemente una guancia. - Ti ha fatto qualcosa?

- Sto bene - risponde flebilmente, dopodiché si rannicchia contro il mio petto. Io la stringo a me, rilassandomi e respirando lentamente. - Oh John... ho avuto così tanta paura, paura che non tu non saresti arrivato in tempo, che avrei dovuto rivivere t-tutto di n-nuovo...

La stringo più forte, e lei si scioglie in lacrime con il viso affondato nella mia felpa. Anch'io ho avuto paura, ho mantenuto il sangue freddo, però non so cos'avrei fatto se il tizio mi avesse picchiato a sua volta.

- Shh... sono qui, piccola... va tutto bene... è finita, sono qui... - la rassicuro, permettendole di far fuoriscire la paura presa e accarezzandole i capelli.

Dopo un po' si tranquillizza e si asciuga il viso, rimanendo abbracciata a me.

- Perché Paul non è qui? - domando, contraendo la mascella. Diamine, se lui fosse stato qui nulla di ciò che è successo sarebbe mai accaduto.

- Aveva un'emergenza - bisbiglia Virginia. - Non l'ho mai visto così preoccupato, e lo conosco da tanto, tanto tempo.

- Avrà ben altro di cui preoccuparsi, dopo che ci avrò scambiato due chiacchiere! - sbotto. Le sue mani si serrano ulteriormente alla mia felpa.

- John... per favore. È tutto okay. Sto bene.

Le bacio i capelli d'oro colato.

- Virginia, non è okay. Piccola, io ti amo e... e... non potrei mai perdonarmi che ti accadesse qualcosa.

Le sue braccia si spostano attorno al mio collo ed io arrossisco.

- Gli parlerò io - sussurra, posandomi un bacio sotto lo zigomo. - Adesso andiamo a casa.

Annuisco. Mentre ricontrolla di aver preso e sistemato ogni cosa non le tolgo un attimo gli occhi di dosso, ringraziando il cielo che non le è successo nulla. È così bella, pura, angelica, come si può farle del male?

Usciamo, e noto che le tremano impercettibilmente le mani nel chiudere la porta. La stringo a me, cercando di confortarla.

In macchina nessuno fiata. Deduco che sia ancora scombussolata e, quando arriviamo, non metto neanche in questione il salire o no.

- John...

- Sono qui - replico, sorridendole. Poi entriamo e l'accompagno nella sua camera.

- Vai... vai a casa?

- No, se mi vuoi qua - rispondo, abbracciandola. Sta tremando di nuovo. - Come posso andare a casa? Stai tremando.

- È stata una serata difficile - bisbiglia, stringendomi forte. Le bacio una tempia mentre mi trascina a letto. Anche sotto le coperte restiamo avvinghiati e, vista la vicinanza dei nostri volti, m'accorgo del suo respiro irregolare. Strofino teneramente il naso contro il suo.

- Lo so. Ma è passata, no?

Non risponde, però la odo respirare più lentamente.

- Vado in bagno.

Sto per tornare in camera quando vengo fermato.

- John?

- Ehi - replico, entrando in camera di Bella. - Ancora sveglia? È tardi.

- Vi ho sentiti entrare. Cos'è successo alla mamma?

Mi siedo sul bordo del letto, azzardandomi ad accarezzarle il viso. Lei non si scosta.

- Un malintenzionato è entrato mentre era da sola in libreria, ma non preoccuparti, sono arrivato in tempo e l'ho mandato via, probabilmente con il naso rotto, anche - aggiungo per sdrammatizzare. Emette una risatina priva di allegria.

- John?

- Sì?

La sua mano si poggia timidamente sulla mia.

- Grazie per tutto quello che fai per la mamma. È davvero felice da quando ci sei tu e se lo è lei allora lo sono anch'io. Ma... be', mi fa realmente piacere averti qui con noi - dice, e sembra così distaccata, ed io sono così commosso. - Io t-ti voglio b-bene, John.

Le accarezzo dolcemente una guancia. Credo potrei mettermi a piangere solo per il tono imbarazzato in cui l'ha detto.

- Anch'io ti voglio bene, Bella. Sei una ragazza così forte!

Sussulta e resta in silenzio. Che sia arrossita?

- Chissà, forse un giorno ti chiamerò papà - aggiunge, quasi a volerla far sembrare una cosa casuale, buttata lì.

- Quel giorno sarò l'uomo più felice del mondo - replico, alzandomi e stampandole coraggiosamente un bacio in fronte. - Buonanotte, Bella.

- Buonanotte... - esita - ... John.

Io non la prendo male: ha ammesso di volermi bene e questo mi va più che bene. Un passo alla volta, mi rammento, tornando a letto e abbracciando Virginia.

- Ci hai messo parecchio - mormora, mentre le bacio il collo.

- Ho parlato con Bella. Era in apprensione per te...

Si rigira nella mia stretta e posa la testa nell'incavo della mia spalla.

- Cos'ho fatto per meritarmi voi due? - bisbiglia, prima di accostarsi ulteriormente a me. Le nostre gambe s'intrecciano. - Ti amo tanto, John. Grazie. Grazie di tutto.

-

Note dell'autrice:
fine? No, manca l'epilogo e l'extra! E intanto le recensioni s'accumulano... scusate! Chiedo perdono! Baci

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Capitolo 17
*** Epilogo ***


John's point of view

La brezza mi scompiglia dolcemente i ricci, facendo ondeggiare l'erba rigogliosa. Essa è illuminata dalle lucciole, anche se paiono più milioni di frammenti di stelle cadute sul prato. Un sospiro innamorato esce dalle mie labbra socchiuse.

È passato più di un anno dal giorno in cui io e Virginia ci siamo incontrati in questo piccolo paradiso, e un anno preciso da quando abbiamo iniziato a stare insieme. Sono successe tante cose, da allora.

Ho trovato l'amore della mia vita e il mio migliore amico, Beau, con una storica cotta per me, sembra ora decisamente preso dal suo fidanzato. È una brava persona. Mi sono infinitamente affezionato a Bella, la figlia della mia ragazza, e sono riuscito a conquistare il suo affetto. E che dire del fatto che io e la mia squadra abbiamo vinto un importante torneo?

Merito di una stella, forse? Credo che non lo saprò mai.

Mi stendo sul morbido tappeto verde, lasciandomi solleticare le orecchie dai fili sottili. L'ennesimo sospiro si perde nel silenzio.

Ho perso il conto di quante volte io e Virginia abbiamo contemplato le stelle in quello che è diventato il nostro luogo magico. Sotto questo cielo ci siamo scambiati infiniti baci, ci siamo dichiarati il nostro amore e confessati i pensieri più profondi, le più dolci tenerezze.

Mentre ammiro la volta celeste, un fruscio impercettibile giunge alle mie orecchie, flebile come uno spiffero di vento.

Non alzo neanche il capo, limitandomi a voltarmi nella direzione da cui proviene il suono. E sorrido.

La sua risata si leva melodiosa e cristallina per il prato, deliziandomi ogni volta come la prima.

- John - mi saluta, sdraiandosi accanto a me. - Mi stavi aspettando?

Io sorrido ulteriormente.

- Ti aspetto sempre, anche quando non vieni e so che non verrai.

- Sei così dolce - sospira, girandosi verso di me per osservarmi. I nostri nasi si sfiorano. Allungo una mano e le accarezzo una guancia, dopodiché si alza e si sistema a cavalcioni su di me.

- Ti devo chiedere una cosa - mormoro, quasi fra me e me. - Virginia...

- Un anno - dice, guardandomi attentamente. Ai miei occhi è un angelo caduto dal cielo e atterrato direttamente su di me. O anche una stella.

- Esatto. Un anno. Precisamente un anno fa non t'incontrai in questo luogo magico, bensì ti chiesi di essere la mia ragazza. Mi fa piacere che te lo ricordi.

- Come potrei dimenticare? - ribatte, massaggiandosi il collo con aria imbarazzata. Le dono un sorriso leggero.

- Cos'è un anno, in fondo in fondo? Tanto e poco. Per me un'infinità di tempo e un lampo di secondo, perché sembra ieri che ti domandavo se fossi uno spiritello ed oggi è già il nostro anniversario.

Sorride anche lei e io sopprimo l'irresistibile bisogno di baciarla solo per non perdere il filo del discorso.

- Pensavo di aver unicamente bisogno del basket, altro non mi serviva. Ed ora non potrei vivere senza te e Bella. Dove sei stata, tutto questo tempo? Avrei desiderato averti conosciuta prima, così da poterti dare ogni cosa e, soprattutto, il mio amore.

- John...

- A volte il destino è strano, ma a noi va bene così, vero? Virginia, tu sei la mia stella cadente, perché sei caduta fra le mie braccia e hai fatto rifulgere la mia vita ogni singolo giorno.

Distoglie per un breve istante lo sguardo, imbarazzata.

- Quel giorno credo che desiderassi te. Era scritto nelle stelle. E adesso, adesso sai cosa desidero più di ogni altra cosa?

- Cosa? - bisbiglia, e io le accarezzo nuovamente il viso con tenerezza.

- Desidero svegliarmi ogni mattina al tuo fianco, venire tutte le sere alla libreria e tornare a casa insieme, e poi cenare, insieme, io, te e Bella. Voglio che ci sentiamo una famiglia, che ci facciamo le coccole sul divano e che chiacchieriamo di cani mentre mangiamo la pizza. Sotto queste stelle a testimoniare lo confesso: voglio trascorrere ogni singolo giorno della mia vita con te. E tu lo vuoi?

Faccio una pausa, frugando rapidamente in tasca. La scatoletta è ancora al proprio posto, con mio immenso sollievo.

- Mi vuoi sposare, Virginia?

Ora mi fissa emozionata: nei suoi grandi occhi verdi si riflettono gli infiniti puntini dorati che illuminano il cielo e una lacrima le riga il volto.

Per un istante tutto tace, perfino i grilli molesti, perfino il vento e pure il battito del mio cuore.

- Sì - sussurra, e mi abbraccia forte. Mentre riversa le sue lacrime contro il mio collo ricambio l'abbraccio. Ho mentito quando dicevo a Bella che sentirla chiamarmi papà mi avrebbe reso l'uomo più felice del mondo. È questo, questo sì a farmi traboccare il cuore di gioia.

E nell'attimo in cui la sua stretta si fa più debole e io le infilo l'anello al dito, una stella cometa attraversa il cielo scuro.

FINE

-

Note dell'autrice:
sniff... è finita anche questa... certo, manca l'extra ma... sniff... poi rispondo alle recensioni, SNIFF. Ci si becca ancora, ovvio, ma vorrei ringraziare tutti i miei lettori (e lettrici) adorati. Siete così dolci e gentili, sapete sempre come strapparmi un sorriso. Grazie!

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Capitolo 18
*** Paura di amare - Extra ***


Beau's point of view

È una notte meravigliosa: la luna piena splende nel cielo scuro e si staglia sul mare, circondata dalle stelle. Fa anche abbastanza caldo, poiché non c'è nemmeno un filo di brezza.

Le onde si rifrangono rilassanti e spumose sul bagnasciuga mentre calpesto silenziosamente la sabbia. È la serata ideale per far una passeggiata, una romantica passeggiata al chiar di luna, mano nella mano con la propria metà.

Che io non ho. Da quando John mi ha definitivamente respinto, sbattendomi inoltre in faccia la sua felice vita di coppia con la sua bionda ragazza, non faccio che vagare da solo per i locali come un animale selvatico che però non cerca semplicemente qualcuno con cui accoppiarsi. Non sono quel genere di ragazzo.

Stasera, invece, avevo terribilmente bisogno di aria fresca. Aria di mare.

Dopo un po' che cammino incontro una persona seduta vicino al bagnasciuga. Alla luce della luna noto che è un uomo che avrà almeno una decina (o anche quindicina) d'anni più di me, ciò nonostante i tratti del suo viso ispirano dolcezza e gentilezza e nell'insieme è ancora davvero attraente.

Mi siedo al suo fianco. Lui si stringe le ginocchia al petto.

- La luna è stupenda, stasera - osservo, non sapendo cosa dire. Lo sconosciuto non replica, non subito.

- Particolarmente - ammette, in un tono così malinconico da farmi boccheggiare. Faccio per aggiungere qualcosa, qualcosa di carino, ma mi interrompe.

- No, non dirlo. In me non c'è nulla di bello.

Non è vero, penso io, riflettendo sul luccichio intrigante dei suoi occhi, la curva delicata e triste delle labbra...

- Mi chiamo Beau - dico, sperando di ottenere una qualche reazione un po' meno distaccata. Abbozza un sorriso amaro.

- Ben - risponde piano. La sua tristezza è contagiosa e un senso d'angoscia mi pervade improvviso.

Far qualcosa di buono per qualcuno, Beau, mi ritornano in mente le parole di mia madre, è ciò che può farti sentire una persona migliore. Non voglio sentirmi una persona migliore, ma desidero disperatamente fare qualcosa di buono.

Mi armo di pazienza e buona volontà. Non so cosa mi attragga, di lui, non so perché sto facendo quel che sto facendo, so solo che è giusto, è giusto così e mi basta.

- Ti piace il basket, Ben?

~~~

Ben's point of view

Beau mi bacia un'ultima volta e poi s'accascia al mio fianco, stringendomi tra le sue braccia muscolose. Io lo lascio fare, ascoltando il suo respiro irregolare e il mio lento.

Fare l'amore con Beau mi risucchia ogni energia, perché sto decisamente invecchiando e, tra la differenza d'età e quella fisica, mi distrugge sempre.

Suona incredibile, eppure stiamo uscendo insieme da ben sei mesi. È il fidanzato perfetto: dolce, rassicurante, premuroso... peccato io non lo degni di tutte le attenzioni che lui dedica a me. Non sono più capace di 'fare il cagnolino' di qualcuno, non dopo anni passati a dare tutto me stesso per... Paul.

Oh, per l'amor del cielo, non sto assolutamente trattando Beau come Paul trattava me. Non potrei mai. Semplicemente sto mitigando il senso di solitudine con lui, sebbene io non sia più in grado di offrire che qualche fiacco atto di dolcezza.

Mi bacia l'orecchio, affondando il naso nel mio collo e inspirando a fondo.

Recentemente è subentrata l'abitudine. Non è poi così male avere sempre qualcuno che ti dia il calore che non hai mai avuto, la tenerezza che hai sempre atteso. Non è così male stare con Beau, anzi.

Anzi, a dirla tutta dovrei essere più onesto con me stesso. Mi rifiuto di ammetterlo, eppure mi ritrovo a sospirare quando non c'è, ad illuminarmi quando arriva e a sorridere come un idiota pensando a lui. Qualunque cosa per me fosse l'amore, adesso non corrisponde più al nome di Paul.

Mi rigiro nel suo abbraccio, fronteggiandolo. Il mio cuore non ha mai battuto tanto forte e dubito di aver realmente il coraggio di dire ciò che aspetta da parecchio.

Ho paura, ho il terrore di essere diventato vuoto come la persona che amavo, nonostante lui aspettasse solo colui che l'avrebbe fatto rifiorire. E soprattutto, sebbene Beau mi ami e non provi alcuna vergogna nel dirmelo, ancora temo che alla mia confessione non segua risposta.

- T-ti amo - borbotto, nascondendo il viso nel suo petto. Smette per un secondo di accarezzarmi i capelli, stupito. - La tua risposta?

- Era ora che lo dicessi - replica, sorridendo come un bambino a Natale. Io torno a dargli la schiena e lui mi bacia il collo. Per un secondo, solo uno, ho pensato che era dannatamente adorabile.

- Stupido.

E sorrido a mia volta, timidamente. Beau mi stringe più forte, e il suo corpo è caldo e rassicurante.

- Ti amo anch'io, Ben.

-

Note dell'autrice:
e con ciò, è tutto. (Congratulazioni a FrannyIn per aver indovinato subito, AIUTO. E tu, Sugarcubes_? La tua deduzione era esatta?)
Buonanotte, miei cari. Domani è giorno di nuova raccolta! Baci

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