Let The Wind Blow di Ehyca (/viewuser.php?uid=116503)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Outtake #1 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Outtake #2 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 21: *** capitolo 19 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 44: *** SuChen Extra ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Storia originariamente scritta in All Hands On Deck da:
Se c'era un'assoluta verità che Minseok avrebbe sostenuto fino alla fine dei tempi, era che sebbene avesse i voti più alti nella sua classe di cinese, non significava assolutamente che fosse competente nella lingua. Cinese era una lezione obbligatoria – dovevano farla tutti – e approssimativamente il 100% dei ragazzi a scuola la odiava. Minseok, a quanto pare, era una delle poche persone che cercava di prendere bei voti in quella materia, e, a quanto pare, era bravo a ricordarsi le regole verbali e cose così. Quindi sì, aveva il voto più alto in cinese.
Ma non lo sapeva seriamente parlare.
“Non so perché ti dia così fastidio,” gli disse Jongdae a pranzo durante il terzo giorno di scuola. La pausa pranzo era l'unico momento in cui potevano passare del tempo assieme dato che Jongdae era un anno indietro, e solitamente era lui a parlare ininterrottamente, ma oggi Minseok aveva passato tutta l'ora a lamentarsi invece che mangiare, e generalmente era una cattiva idea. Cominciò a riempirsi velocemente la bocca di cibo, controllando brevemente l'orologio.
“Perché,” disse, ingoiando il riso. “Come dovrei aiutare il ragazzo cinese quando non posso nemmeno comunicare con lui? Il mio cinese è terribile, Jongdae. Terribile.”
“Aspetta, okay, fai un passo indietro. Cosa devi fare esattamente?” chiese Jongdae, cercando di rubare qualcosa dal vassoio ancora pieno di Minseok e venendo colpito col cucchiaio dal ragazzo. Fece una smorfia di dolore.
“A quanto pare arriva uno studente che si è trasferito dalla Cina,” spiegò Minseok. “E non sa una parola di Coreano. Quindi ha bisogno di, tipo, un compagno. Come l'ha chiamato Junmyeon... un compagno di adattamento. Per aiutarlo ad ambientarsi ed affrontare la barriera della lingua e non farsi bocciare in tutte le materie o qualcosa del genere. Non lo so, penso di doverlo aiutare a non morire?”
“Non sembra così male,” disse Jongdae, scrollando le spalle.
“Ma io non parlo cinese,” ribadì Minseok. “Mi hai mai sentito cercare di parlare cinese? Probabilmente no, perché non lo so fare. Il nostro insegnante non prova nemmeno più a spiegarci qualcosa perché nessuno sa una parola.”
“Non può essere così male, hyung,” insistette Jongdae, alzando gli occhi al cielo.
“Lo è,” disse solennemente Minseok. “Quel ragazzo riderà di me. E poi piangerà perché non ci sarà nessuno che lo aiuti a salvare i suoi voti.”
“Chi lo dice?” disse Jongdae, cercando di rubare ancora una volta il pranzo di Minseok ma fallendo. “Potresti rimanere sorpreso. Forse imparerai a parlare cinese per la disperazione.”
“Non voglio impararlo,” mormorò Minseok, mangiando l'ultimo chicco di riso della sua ciotola. “Perché finisco sempre immischiato in questo genere di cose?”
Jongdae rise. “Probabilmente perché sei il più grande pollo di sempre, e Junmyeon hyung lo sa benissimo.”
Minseok gli fece una smorfia, ma Jongdae aveva probabilmente ragione (aveva sempre ragione). Però a Minseok non piaceva ammetterlo, quindi disse invece, “Da quando sei così in confidenza con Junmyeon da chiamarlo ‘hyung’?” e questo fece zittire Jongdae.
Era una cosa rara, quindi Minseok se la godette finché poteva.
Minseok venne tirato fuori dalla propria classe il giorno seguente per conoscere ufficialmente il nuovo studente. Fu Junmyeon a venirlo a prendere – era sempre incaricato di cose di questo tipo – e sebbene i due non fossero propriamente in confidenza, si conoscevano abbastanza da chiacchierare durante il tragitto verso l'ufficio principale.
“Sei eccitato?” chiese piacevolmente il presidente del consiglio studentesco.
Minseok si trattenne dal fare una smorfia e invece scrollò le spalle. “Nervoso,” ammise. “Sembra un lavoro piuttosto importante, e non so quanto bene riuscirò a portarlo a termine.”
Junmyeon annuì comprensivo. “Sono sicuro che andrai bene,” disse rassicurante. “Luhan sarà contento di avere qualcuno che lo aiuti a prescindere, onestamente.”
“Luhan?”
Junmyeon annuì mentre cominciavano a scendere le scale. “È il nome dello studente che si trasferisce. Penso che Lu sia il cognome, a dire il vero, ma ci ha detto di chiamarlo così. Penso.” Sorrise leggermente imbarazzato. “Io, um, non capisco il cinese tanto bene.”
Minseok sentì la disperazione montare nel suo petto. Se nemmeno Kim Junmyeon, studente modello, riusciva a capire quel ragazzo, come avrebbe fatto lui?
Raggiunsero l'ufficio un momento dopo, e Minseok si preparò psicologicamente prima di entrare. Dopotutto, avrebbe probabilmente passato molto tempo con questo ragazzo in un prossimo futuro. Se fosse sopravvissuto, si sarebbe dovuto preparare.
“Ah, Minseok ah, sono felice ce l'abbia fatta,” disse il preside non appena Minseok entrò, lasciando fuori Junmyeon. Si inchinò leggermente come forma di saluto. “Ti presento Luhan, il tuo nuovissimo compagno di classe.”
Minseok si voltò a guardare il ragazzo ora in piedi accanto alla sua scrivania, che si inchinò a sua volta tenendo in mano la sua nuova uniforme. Quando si raddrizzò, Minseok sbatté le palpebre per la sorpresa. Era un po' più alto di lui, ma per il resto, sembrava più piccolo in ogni aspetto, dai suoi grandi occhi castani, al nasino piccolo e la pelle liscia, e il modo in cui si mordeva nervosamente il labbro. Luhan sorrise leggermente, timido, e si scostò i morbidi capelli castani da davanti agli occhi. “Ciao,” disse, in uno stentato coreano accentato e troppo formale. “Sono Luhan. Piacere di conoscerti.”
Minseok lo fissò per un momento prima di ritrovare la voce. “Um. Ciao. Io sono Minseok.”
Luhan sbatté le palpebre un paio di volte, e lo sguardo di Minseok rimase incollato alle sue ciglia. “Minseok,” ripeté il ragazzo, piano e a voce alta, come per provare. “Minseok.”
Minseok annuì stupidamente.
“Esatto,” disse il preside. “Allora, sai qual è il tuo lavoro, Minseok ah?”
“Um,” rispose lui, distogliendo lo sguardo da Luhan per guardarlo. “Più o meno? Devo solo aiutarlo ad ambientarsi e cose così, giusto?” Guardò Luhan, che sembrava un po' perso. Si chiese se stessero parlando troppo veloce per lui.
“Beh, speravamo più che altro che potessi essergli amico. Sai, oltre alle altre cose, tipo assicurarti sempre che sappia dove si trova e che capisca le sue lezioni. È abbastanza difficile essere il ragazzo nuovo, ma lo sarà ancora di più per Luhan, dato che non può parlare con gli altri studenti.”
Minseok annuì lentamente. “Sì, signore,” disse, anche se l'idea non è che lo entusiasmasse tanto. Doveva già aiutare il ragazzo con un sacco di cose, ma ora doveva prendersi cura di lui anche fuori dalla classe?
“Fantastico. Grazie mille per aver accettato, Minseok. Sono sicuro che Luhan apprezzerà davvero il tuo aiuto,” disse il preside, sorridendogli calorosamente. Minseok si limitò ad annuire ancora. “D'accordo. Beh, immagino possa tornare in classe ora. Magari puoi fargli fare un giro veloce della scuola durante la pausa.” Un altro cenno. “Potete andare, allora.”
Minseok si morse il labbro e si girò verso il ragazzo, che lo stava guardando con gli occhi spalancati e incerti. Provò a fare un piccolo sorriso, ma la preoccupazione gli attanagliava lo stomaco e probabilmente non sembrò affatto rassicurante. “Andiamo,” disse, con voce leggermente esitante. “Andiamo, Luhan-ssi.”
Luhan annuì silenziosamente, e seguì Minseok fuori dall'ufficio e lungo il corridoio. Minseok voleva dire qualcosa per rompere il silenzio imbarazzante mentre percorrevano i corridoi, ma non riusciva a pensare a niente di cui parlare (e anche se avesse parlato, non era sicuro che Luhan lo avrebbe capito). Si fermò, comunque, quando passarono davanti ad una porta. “Questo è il bagno,” disse, voltandosi verso il ragazzo e indicando la stanza in questione. “Ce n'è un altro al piano di sopra, ti mostrerò anche quello dopo, ma—” Si interruppe quando Luhan sbatté le palpebre, con le sopracciglia aggrottate. “Ti vuoi cambiare?” Indicò l'uniforme tra le sue braccia.
Luhan guardò i vestiti che aveva in mano, poi il bagno. Sembrò finalmente capire. “Ah. Sì,” disse, annuendo.
Minseok annuì stupidamente in risposta. “Uh. Ti aspetto qui.” Fece una pausa per un secondo, scavando nel cervello per trovare una certa parola, e poi ripeté la frase in un Cinese lento e probabilmente sbagliato. Ma non appena le parole lasciarono la sua bocca, il viso di Luhan si illuminò e sorrise contento.
“Ah!” esclamò, sembrando eccitato e ripetendo quello che aveva detto Minseok, prima in cinese, e poi in coreano. “Okay,” disse, annuendo e sorridendo ancora prima di entrare in bagno.
Minseok si ritrovò a fissare la porta per diversi minuti dopo che il ragazzo fu entrato.
Quando Luhan tornò, era vestito con l'uniforme, sembrando in ordine ed elegante, e stava ancora sorridendo leggermente. Lo zaino gli pendeva da una spalla, ora riempito con i vecchi vestiti.
“Hai un armadietto?” chiese lentamente Minseok, assicurandosi di scandire bene le parole. Poteva tradurre frasi semplici come questa in cinese, ma poi come avrebbe imparato Luhan? (O forse, Minseok non voleva semplicemente mettersi in ridicolo.)
Luhan sembrò capire comunque, perché annuì, ripetendo la parola armadietto piano tra sé e sé e tirò fuori un bigliettino dalla tasca. C'era un numero scritto sopra, e Minseok annuì.
“Okay,” disse. “Ti mostro dov'è.” Si diresse alle scale, e Luhan lo seguì come un cagnolino ubbidiente.
Raggiunsero il secondo piano, dove si trovava sia la loro classe che gli armadietti (visto che spesso i due corrispondevano), e Minseok passò le dita sugli armadietti mentre camminavano. “Questo è il mio,” disse, picchiettando sull'armadietto numero 2441. Continuò a camminare, gli occhi sulle targhette numerate, e si fermò qualche metro più avanti. “E questo è il tuo.” Sollevò lo sguardo e vide che Luhan stava ancora guardando l'armadietto di Minseok, concentrandosi sui numeri, come per cercare di memorizzarli. Minseok continuò a fissare il ragazzo cinese fino a che non si voltò e sorrise, raggiungendolo.
“Mio?” chiese, posando una mano sulla porta.
Minseok annuì. “Sì. Hai un lucchetto?” Finse di chiudere un lucchetto nella porta.
“Sì, sì,” rispose Luhan, annuendo e prendendolo dallo zaino. Era ancora nella confezione di plastica, quindi Minseok immaginò glielo avesse dato il preside. Dopo svariati tentativi riuscì a scartarlo e lo girò per vedere l'adesivo con la combinazione sul retro. “24. 53. 16,” mormorò in cinese. Staccando l'adesivo, lo attaccò alla confezione e aprì l'armadietto, togliendosi lo zaino e appendendolo dentro. Guardò Minseok per sicurezza, il quale sorrise leggermente e annuì incoraggiante. Luhan chiuse l'armadietto e armeggiò con il lucchetto per un momento, accigliato.
Quando non riuscì ad aprirlo ai primi due tentativi, il ragazzo emise un piccolo suono disperato e guardò Minseok imbarazzato, con le guance rosse. Minseok non poté fare a meno di ridacchiare piano, prendendo gentilmente il lucchetto e girando la manopola un paio di volte. “Devi ruotarlo più di una volta verso destra,” disse, dimostrandoglielo con dita abili. “I lucchetti sono una merda.” Si interruppe e guardò Luhan, il quale era di nuovo confuso. Giusto, probabilmente usare il gergo non andava bene per il ragazzo. “Um. Brutti. I lucchetti non sono buoni.”
“Ahh,” disse Luhan, annuendo. Un momento dopo, quando Minseok era riuscito finalmente ad aprire il lucchetto, sentì il ragazzo mormorare, “Merda.” Lo fece sorridere.
Qualche minuto dopo, si ritrovarono in piedi di fronte alla loro aula. Luhan era stato aggiunto alla sua classe, per convenienza. “Stiamo qui per la maggior parte della giornata,” spiegò lentamente Minseok. “Diversi professori arrivano in classe per diverse materie. Funziona così anche in Cina?”
Luhan annuì, e Minseok sospirò internamente per il sollievo. Non voleva doversi preoccupare anche della confusione sul sistema scolastico. “D'accordo, entriamo allora.”
Luhan dovette presentarsi alla classe non appena mise piede dentro, e Minseok vide un paio di ragazze ridacchiare e sussurrare mentre il ragazzo si inchinava e mormorava un, “Ciao, sono Luhan”. Trattenne l'istinto di alzare gli occhi al cielo. Quando Luhan finì, però, la professoressa disse, “Puoi sederti vicino a Minseok, per rendere le cose più semplici. Minhyuk, puoi spostarti nel banco vuoto dietro.” Il vecchio compagno di banco di Minseok annuì e prese le proprie cose per cambiare posto, e Minseok indicò il banco ormai vuoto.
“Vieni,” disse piano a Luhan.
Luhan annuì e lo seguì al suo nuovo posto, sedendosi e mordendosi il labbro incerto. “Um,” disse piano, e Minseok lo guardò. “Matita... non ho…uh, già.”
“Ah.” Minseok si schiarì la gola, cercando nel proprio banco per una paio di minuti prima di avvampare e dare al ragazzo la propria matita, rimanendo senza. Poi si rese conto che Luhan non aveva nemmeno niente su cui scrivere, e alzò una mano. “Professoressa,” disse, sentendosi un po' in imbarazzo. “Luhan-ssi non ha alcun libro.”
La donna guardò il nuovo studente, che faceva terribilmente pena, mentre stringeva la matita di Minseok come se la sua vita dipendesse da essa. “Oh, giusto,” disse, e si diresse agli scaffali posti in fondo alla classe, prendendo un paio di quaderni (e Minseok usò quel tempo per scovare la matita in più che sapeva di avere da qualche parte nel suo banco). Luhan li prese con un cenno di ringraziamento, e li mise tutti tranne uno dentro il banco, per poi aprire quello rimasto e guardare la lavagna mentre la professoressa continuava la sua spiegazione sui testi classici.
Minseok cercò di ascoltare cosa stava dicendo, ma venne presto distratto da dei movimenti provenienti dal banco di Luhan, e il suo sguardo si spostò verso destra dove il ragazzo era piegato sul suo foglio, e copiava con attenzione le parole scritte sulla lavagna, con tratti leggermente goffi. Quando finì, Luhan riportò la sua attenzione sulla professoressa, sbattendo le palpebre lentamente, e la sua bocca ebbe un fremito. Minseok cercò di rimettersi al lavoro, ma era difficile spostare lo sguardo quando Luhan sembrava così concentrato, con una luce negli occhi che gli stringeva il petto. Lo vide aggrottare le sopracciglia, pper oi guardare il quaderno e scrivere lentamente Chae Man…sik? Un piccolo sospiro gli uscì dalle labbra.
Il cuore di Minseok perse un battito, e allungò una mano per picchiettare sul banco del ragazzo. Luhan si voltò a guardarlo con gli occhi sgranati, e Minseok rimase temporaneamente senza parole, fino a che non riuscì a sussurrare, “È tutto okay. Ti darò i miei appunti. Non ti preoccupare.”
Luhan sembrò nervoso per un momento, con le sopracciglia aggrottate, quindi Minseok indicò il proprio quaderno e sussurrò, “Ho bisogno che qualcuno mi dica cosa mi sono perso, comunque. Possiamo condividere.”
Finalmente, la fronte del ragazzo si rilassò e in qualche modo, questo fece sentire Minseok un po' meglio. “Andrà tutto bene,” si ritrovò a dire, e per qualche ragione sentiva che lo stava dicendo più a se stesso che a Luhan.
La prima pausa fu dolorosamente imbarazzante, e Minseok si pentì profondamente di aver accettato di fare questa cosa stupida. Quando la campanella suonò, segnalando l'inizio della pausa, circa sei ragazze della classe di Minseok si alzarono in piedi e circondarono il nuovo arrivato, chiedendogli da dove venisse, se Luhan fosse il suo nome completo e cose del genere. Luhan sembrò scioccato all'inizio, e poi molto confuso, cosa che non sorprese Minseok, visto che nemmeno lui riusciva a capire cosa stessero blaterando le ragazze.
Quando Luhan rimase impassibile e in silenzio, Minseok disse, “Um, non penso sappia cosa state dicendo.”
“Davvero? Oh…” disse una delle ragazze, delusa. “Puoi tradurre per noi, allora?”
“Um, no, non proprio,” rispose Minseok, e davvero, stava dicendo la verità, ma più che altro non voleva farlo. Luhan non protestò. “Uh, Luhan-ssi? Posso farti fare un giro, se vuoi.”
Luhan lo guardò, sbattendo lentamente le palpebre, poi annuì.
“Okay. Andiamo.”
Non c'era molto da vedere in realtà. La scuola di Minseok era piuttosto piccola, quindi gli mostrò solo dove stavano la palestra, la mensa, la biblioteca e i bagni, e gli indicò le scale per salire al terrazzo, e l'infermeria e gli uffici di segreteria. E quello era tutto. Minseok mangiò qualcosa mentre camminavano per i corridoi, e si sentì in colpa per Luhan, che non sembrava avere niente da mangiare, ma non poteva esattamente dividere la propria merenda.
La conversazione fu praticamente inesistente, a parte quando Minseok gli diceva il nome di certe cose e Luhan lo ripeteva. Prima di tutto, Minseok non era ancora sicuro di quanto Luhan riuscisse a capire e quanto bene gli avrebbe saputo rispondere, e poi non sapeva nemmeno cosa dire. Solitamente era piuttosto bravo a intrattenere una conversazione, ma per qualche ragione, l'atmosfera lo metteva troppo a disagio, e alla fine della pausa, Minseok ebbe paura per il proprio destino. Ogni volta che pensava a qualcosa da dire a Luhan che non facevesse parte del tour, si voltava e vedeva il ragazzo cinese guardarsi intorno con gli occhi spalancati, mordendosi il labbro, e le parole evaporavano dalla lingua di Minseok, lasciandoli in un silenzio lungo e imbarazzante.
Minseok non era mai stato bravo a parlare con i ragazzi carini.
Le lezioni erano un continuo voler evitare qualsiasi interazione con il nuovo studente per evitare possibili momenti di imbarazzo, e allo stesso tempo sentirsi in colpa per il povero ragazzo, che sembrava così spaesato la maggior parte del tempo, cercando di capire lezioni che non solo non erano nella sua lingua madre, ma anche il continuo di qualcosa che era stato spiegato nei tre giorni precedenti al suo arrivo. Minseok si ritrovò più di una volta ad aprire la bocca, pronto ad assicurargli che lo avrebbe aiutato a recuperare e che gli avrebbe dato i suoi appunti e tutto. E poi invece la richiudeva, perché aveva sin troppe cose in ballo nella sua vita e non poteva promettere a questo ragazzo che lo avrebbe aiutato in tutto. Luhan non era una sua responsabilità. Sì, avrebbe dovuto aiutarlo ad adattarsi al nuovo ambiente, ma questo non significava provvedere ad ogni suo bisogno. Luhan aveva diciassette anni. Poteva cavarsela da solo.
Minseok continuava a ripeterselo, anche mentre, con discrezione, guardava Luhan fissare il proprio libro di scienze con sguardo terrificato. Minseok dovette mordersi la lingua per trattenersi dal promettergli che glielo avrebbe tradotto. (Non conosceva nemmeno tanto cinese.)
Quando la campanella della pausa pranzo suonò, Minseok si irrigidì per un momento, non sapendo cosa fare, prima di voltarsi verso Luhan e dire, “Devo andare in bagno, ci vediamo in mensa?”
Luhan sbatté le palpebre, poi annuì, e Minseok afferrò la propria borsa prima di correre in bagno. Ci andava sempre prima di incontrarsi con Jongdae per il pranzo. Non avrebbe incasinato quella routine per Luhan – non poteva proprio.
Quando raggiunse la mensa qualche minuto dopo, si guardò intorno velocemente in cerca di una testa dai capelli castani, e si sentì sollevato quando non la vide. Minseok pensò di doversi preoccupare probabilmente – chiedersi dove fosse Luhan o qualcosa del genere – ma spinse via il pensiero e cercò Jongdae invece. Trovò l'amico al loro solito tavolo, e scivolò al proprio posto di fronte a lui, già pronto a sfogarsi.
“Non voglio farlo,” annunciò, e Jongdae lo guardò sorpreso. “Tutta questa cosa del compagno di adattamento. È una tortura.”
“Awww, perché?” chiese Jongdae, non sembrando particolarmente comprensivo (come si era aspettato Minseok, ovviamente). “Il ragazzo cinese fa paura?”
“No,” borbottò Minseok, accigliato. “È molto carino. Come una... fata. O qualcosa del genere. Non lo so.”
“Una scusa perfetta per mollare,” concluse Jongdae, e Minseok riusciva quasi ad assaporare il sarcasmo.
“Chiudi il becco,” mormorò. “Non voglio farlo e basta. Sono già abbastanza occupato, con lo stress dell'ultimo anno e la vita e altre cose, e questo ragazzo fa compassione e ha bisogno d'aiuto per tutto e probabilmente mi starà appiccicato e io non ho tempo. Davvero. In più è tipo, super imbarazzante. Non so mai cosa dirgli e sento che sarà decisamente deluso quando capirà che non posso essergli d'aiuto e ugh.” Sospirando, tirò fuori il proprio pranzo dalla borsa e cominciò a mangiare.
“La tua vita è così difficile,” disse Jongdae, senza sentimento, e Minseok si chiese perché avesse scelto lui come miglior amico.
“Già,” grugnì Minseok. “Dico davvero. Perché proprio io? La mia vita è già abbastanza dura come unico ragazzo dichiaratamente gay della scuola.”
Jongdae gli diede una pacca consolatoria sulla spalla (e forse un po' protettiva). “Che mi dici di Chanyeol e Baekhyun?”
Ci volle un momento perché Minseok capisse di cosa stesse parlando. Il suo sguardo si spostò sui due ragazzi in questione, seduti un po' più in là, che dividevano una porzione di patatine. “Um, non penso siano davvero gay, Jongdae.”
L'amico scrollò le spalle, infilando la cannuccia nel proprio succo. “Ci vanno vicini.”
Minseok non si disturbò nemmeno a rispondere. Entrambi i ragazzi erano un anno più piccoli di lui, ma erano buoni amici di Jongdae quindi li conosceva abbastanza bene e... sì, okay, anche se non erano davvero gay, stavano un gradino sotto.
“Sai, penso che Kim Jongin possa essere bi,” aggiunse Jongdae, socchiudendo leggermente gli occhi mentre guardava il ragazzo dall'altra parte della mensa. “Qualcuno mi ha detto che potrebbe essere bi.”
Minseok alzò gli occhi al cielo. “Smettila di spettegolare come un ragazzina adolescente, Kim Jongdae.”
“Hey, sto solo cercando di farti sentire meglio,” disse Jongdae, sorseggiando il proprio succo.
“Beh, voglio dire, se stiamo parlando di persone che sono sull'orlo di essere gay, ci sei sempre tu,” disse Minseok, tanto per infastidire l'amico. “Sai, con la tua piccola cottarella per Kim Junmyeon.”
Jongdae si affogò e tossì, sputando il succo di frutta sul tavolo. “Quella non è una cotta!” protestò con decisione.
Minseok sorrise leggermente, con aria di sfida. “Ne sei sicuro?”
“Sì,” disse Jongdae, asciugandosi il mento e guardandolo male. “Semmai, è una... sana ammirazione. Per un altro ragazzo. È una cosa totalmente normale e non gay.”
“Se ti fa sentire meglio pensarla così,” canticchiò Minseok. “Ma comunque, niente di questo cambia le cose, perché mi trovo ancora in una situazione difficile e voglio uscirne. Sono serio, se continua ad essere così imbarazzante e strano, me ne tiro fuori. Lo farò fare a Junmyeon o qualcosa del genere.”
“Aw, andiamo hyung,” disse Jongdae. “Sii carino con il povero ragazzo. Sono sicuro che non sia così male come pensi.”
Minseok aprì la bocca per protestare, per insistere che lo era davvero, ma in quel preciso instante sentì una voce accentata chiamarlo, “Minseok!”
Voltò la testa di scatto, e vide Luhan avvicinarsi titubante, con le mani che giocherellavano con l'orlo della giacca. Quella stupida fitta al petto era tornata. “O-oh. Luhan-ssi. Hey.”
Il piede di Jongdae lo colpì sotto il tavolo, e Minseok sapeva che se avesse guardato l'amico ora, il più piccolo gli avrebbe fatto un cenno di ammiccamento, o qualcosa di ugualmente irritante. Tenne gli occhi su Luhan.
Luhan si fermò di fronte a lui, sembrando poco sicuro, e lo stupido cuore di Minseok cedette. “Vuoi sederti con noi?” chiese, con voce chiara.
Gli occhi di Luhan si illuminarono in un istante – il suo viso era davvero un libro aperto – e annuì grato. “Sì. Grazie.” Si sedette nella sedia vuota accanto a Minseok e guardò Jongdae con curiosità.
“Ciao!” lo salutò il ragazzo, prendendo l'iniziativa. “Io sono Jongdae. Sei nuovo qui, vero?” parlava velocemente, e Minseok voleva rimproverarlo per non aver scandito bene le parole per Luhan, ma il ragazzo cinese si illuminò ed esclamò, “Sì! Vengo dalla Cina.”
La scioltezza delle sue parole sorprese Minseok. Aveva ancora un forte accento, ma sembrava avesse fatto molto esercizio.
Jongdae annuì, sorridendo piacevolmente. “Figo. Ti sei trasferito con la tua famiglia?”
Cavolo. Jongdae era più bravo di lui in questa cosa. Luhan sembrò felice di avere finalmente incontrato qualcuno più piacevole di – beh, di Minseok. “Sì. Io, mia mamma e mio papà. Per lavoro.”
Jongdae annuì, e i suoi occhi si posarono sullo spazio vuoto davanti al ragazzo. “Non hai il pranzo?” chiese, mimando l'azione del mangiare.
Minseok si sgridò mentalmente per non aver nemmeno notato che Luhan era arrivato al tavolo a mani vuote. E non aveva mangiato niente nemmeno durante la pausa. Luhan si accigliò leggermente e poi esitò prima di scuotere la testa e dire, “No, non ce l'ho.” E non disse altro, forse non voleva o non sapeva spiegare altro.
Minseok guardò il proprio pranzo – era praticamente finito, ed era importante che mangiasse il resto. I suoi occhi si spostarono su Jongdae, che lo stava guardando con aspettativa. Fece una smorfia. “Um,” disse. “Vuoi qualcosa da mangiare? Posso comprarti qualcosa... o... già. Se vuoi.”
Luhan sorrise grato, ma scosse la testa. “È tutto okay,” disse. “Sto bene.”
Minseok si accigliò, con le dita ancora chiuse attorno al portafogli. Le ritrasse velocemente. “Sei sicuro?”
Luhan annuì, ancora sorridendo.
“Dovresti mangiare,” insistette Jongdae, scavando nella propria borsa per qualcosa in più da mangiare. Porse al maggiore un pacchetto di biscotti. “Ecco, prendili.”
Luhan annuì e li prese, e Minseok guardò la propria borsa sentendosi in colpa.
“Non disturbarti nemmeno a chiedere del cibo a Minseok hyung,” disse Jongdae, dandogli un piccolo calcio. “Non divide mai nulla. Nemmeno con me.” Minseok fece il broncio, ma prima che potesse protestare, Jongdae urlò. “Chanyeol ah, Baekhyun ah! Avete qualcosa da mangiare per il ragazzo nuovo?”
I due ragazzi sollevarono lo sguardo su di lui, poi su Luhan. Baekhyun fu il primo a sorridere amichevolmente e dire, “Certo! Probabilmente ho qualcosa.” Qualche secondo dopo, i due si avvicinarono e si sedettero accanto a Jongdae, porgendo a Luhan una mela e un muffin ai cereali. Luhan accettò con un sorriso angelico.
Minseok venne per lo più ignorato, e beh, forse non avrebbe dovuto fare poi tanto in fin dei conti.
Ma per qualche ragione, vedere altre persone aiutare il suo protetto metteva Minseok vagamente a disagio.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Alla fine del primo giorno come compagno di adattamento di Luhan, Minseok era più ottimista di tutta la cosa rispetto a quando Junmyeon gli aveva chiesto di farlo. Aveva passato tutto il pomeriggio tra il sentirsi compassionevole per il povero ragazzo Cinese e cercare di non pensarci troppo, perché non era un suo problema. Minseok aveva già abbastanza problemi. Non voleva dover pensare anche a quelli di Luhan. Ma questo non impedì alla sua mente di pensare a tutte le centouno difficoltà che il ragazzo avrebbe dovuto affrontare prossimamente.
Quando l'ultima campanella suonò, Minseok si voltò verso il compagno di banco senza davvero guardarlo e chiese, “Allora vuoi, um, che ci scambiamo i numeri di telefono o qualcosa del genere?”
Luhan rimase in silenzio, e Minseok si sforzò di incrociare lo sguardo del ragazzo, e trovò Luhan con la bocca arricciata. Minseok sollevò un sopracciglio inquisitorio, confuso dal suo silenzio, e poi Luhan disse, “Non ho un cellulare.”
Minseok lo guardò sorpreso. “Davvero?” Di questi tempi, persino i bambini delle elementari avevano un telefono.
“Non ne ho uno,” disse Luhan. “Ci siamo appena trasferiti. Non l'ho ancora comprato.”
“Oh,” disse Minseok, annuendo comprensivo. “Non ne hai ancora comprato uno. Okay, beh, um... Posso comunque darti il mio numero. E se ne hai bisogno... puoi chiamarmi, immagino.” Cercò di non fare smorfie. Il pensiero di Luhan che gli chiedeva aiuto ventiquattr'ore su ventiquattro non era esattamente allettante, per quanto potesse sentirsi compassionevole nei confronti del ragazzo. Ma immaginò che facesse parte di quello che aveva accettato di fare, anche se non volontariamente.
Sospirando mentalmente, strappò un pezzo di carta dal proprio quaderno e scrisse il proprio numero, insieme al nome. Lo porse a Luhan, che lo guardò per un momento prima di infilarlo con attenzione in tasca. “Grazie,” disse, riportando lo sguardo su Minseok, gli occhi grandi e marroni incerti come sempre. Mettevano a disagio Minseok, anche quando Luhan gli sorrideva gentilmente.
“Okay. Bene. Io vado a casa. Quindi... ci vediamo domani,” disse Minseok, alzandosi e prendendo i libri da portare a casa.
Fece per voltarsi, ma un lieve tocco al gomito lo fermò. Si girò e vide le dita di Luhan posate sul suo braccio, la testa inclinata. “Grazie, Minseok. Davvero.”
Minseok sbatté le palpebre un paio di volte, sentendo la solita stretta al petto vedendo i grandi occhi sinceri di Luhan. Dovette deglutire prima di riuscire a rispondere con un semplice, “Nessun problema,” per poi fare un cenno di saluto e andarsene, dirigendosi all'armadietto. Aveva bisogno di andare a casa.
Si incontrò con Jongdae fuori da scuola, come sempre. “Dov'è il tuo ragazzo cinese?” chiese l'amico mentre si avvicinava.
Minseok lo guardò male. “Non è il mio nuovo cagnolino, sai.”
Jongdae sorrise e scrollò le spalle. “Sei sicuro che sappia come arrivare a casa, almeno? Seoul può essere piuttosto caotica, se non sei abituato alle grandi città.”
Minseok dovette resistere all'istinto di fermarsi e farsi prendere dal panico. Continuò a camminare lungo il marciapiede. “Sono sicuro che troverà la strada di casa.”
“Sei senza cuore, hyung,” disse l'amico, spingendolo leggermente con il gomito.
“Non è vero! Voglio solo andare a casa. E dubito che Luhan apprezzerebbe essere trattato come un bambino indifeso, comunque,” protestò Minseok. Si spostò lo zaino sulle spalle.
“Dovrei dire a Junmyeon hyung che non ti stai prendendo abbastanza cura del tuo compagno di adattamento,” lo prese in giro Jongdae.
“Dovrei dire a Junmyeon hyung che parli di lui tutti i giorni,” ribatté Minseok, dando un colpo di spalla all'amico mentre attraversavano insieme la strada.
Jongdae tossì, colpendolo a sua volta. “Non è vero.”
“Giuro, Kim Jongdae, hai detto qualcosa su di lui ogni giorno da quando la scuola è iniziata. Comincio a diventare sospettoso.” Minseok sollevò le sopracciglia.
Jongdae sbuffò, spingendolo abbastanza forte da farlo inciampare di lato. “Solo perché tu sei attratto dai ragazzi non significa che lo siano tutti,” disse, alzando gli occhi al cielo in maniera drammatica.
“Mi piace pensare che tutti siano un po' gay, nel profondo,” disse Minseok, sorridendo. “Serve solo incontrare l'uomo giusto e bam! Il gay che c'è in te esce fuori.”
Jongdae rise. “Ah sì? E chi è 'l'uomo giusto' per te?”
Minseok ci pensò su, evitando una donna col passeggino sul marciapiede. “No vedi, per me è il contrario. Per me, penso ci sia un po' di eterosessualità, da qualche parte. Quindi, um, se la donna giusta dovesse arrivare, allora dovrò ripensare alla mia sessualità.”
“O,” disse Jongdae con un sorriso, “un certo uomo giusto che potrebbe essere o meno insolitamente carino.”
“Cosa,” disse il maggiore, voltandosi verso di lui confuso prima di capire a chi si stesse riferendo l'amico, “Luhan?!”
Jongdae rise. “L'hai detto tu, non io.”
“No,” negò Minseok, scuotendo la testa deciso. “No no no. Quel ragazzo mi causerà solo problemi. Giuro. Non ho bisogno che mi metti strane idee in testa. E poi, quante sono le possibilità che sia gay?”
“Beh, sai hyung,” disse Jongdae, “Mi piace pensare che tutti siano un po' gay.”
Minseok grugnì. “Ti odio.”
Jongdae sorrise ampiamente. “Mi piace assicurarmi di sentirtelo dire almeno una volta al giorno.”
“Sei terribile.”
“Sei incastrato con me.”
Sfortunatamente, Jongdae aveva ragione.
Minseok aveva, comunque, un altro amico con cui condividere tutti i suoi problemi, che ascoltava molto meglio di Jongdae. E, ancora meglio, questo amico era quasi sempre disponibile per parlare.
Minseok arrivò a casa e lanciò le zaino accanto alla porta, togliendosi le scarpe e passando in cucina per prendere un muffin che non avrebbe mangiato lui. Poi si diresse dritto in camera, sfilandosi la giacca e aprendo i primi bottoni della camicia mentre si dirigeva alla portafinestra che conduceva al piccolo balcone. Chiudendosi la porta alle spalle, posizionò il muffin precariamente sul muro che divideva il proprio balcone da quello del vicino, poi si sedette a terra contro di esso, tirando fuori il cellulare nell'attesa.
Non dovette aspettare molto. Cinque minuti dopo il suo arrivo, sentì un'altra porta aprirsi, e poi il suono di qualcuno che si sedeva dall'altra parte del muro, mormorando, “Gnam, gocce di cioccolato.”
Minseok sorrise. “Ciao Kyungsoo.”
“Hey hyung. Come è andata a scuola?” chiese il ragazzo, ora schiena a schiena con Minseok, con solo il sottile metallo a separarli.
Minseok sospirò. “Ho incontrato lo studente nuovo.”
“Oh? E com'è?” Kyungsoo parlò con un pezzo di muffin in bocca. “Raccontami.”
Minseok sorrise leggermente. Poteva sempre contare sull'interesse del vicino per qualsiasi cosa di cui il maggiore volesse parlare. Una parte di lui pensava fosse perché Kyungsoo veniva istruito a casa e quindi non aveva molte persone con cui parlare, ma un'altra parte di lui pensava (sperava) che a Kyungsoo piacesse davvero parlare con lui, e ascoltare i suoi problemi. “Non è così male,” ammise. “Intendo, Luhan—si chiama così—Luhan di per sé non è male. Sembra abbastanza gentile. Ma avrà un sacco di difficoltà. Sa a malapena parlare coreano, da quanto ho visto, ed è già tre giorni indietro, e non so se riuscirà a sopravvivere senza un sacco di aiuto e io – non voglio essere quel ragazzo che ha tutta la responsabilità sulle proprie spalle. Contano su di me e io non ho idea di cosa sto facendo e sono già stressato nonostante ancora non abbia incominciato a fare nulla.”
“Non sei mai stato bravo a gestire lo stress,” disse Kyungsoo, e Minseok dovette ridere.
“No. Per niente. E quest'anno sarà già abbastanza stressante senza tutte queste responsabilità in più,” continuò.
“Quindi cosa farai?” chiese l'amico.
Minseok sospirò. “Voglio dire loro che non voglio farlo.”
“Ma?”
Minseok sorrise mestamente. “Ma... mi sento in colpa. È così indifeso.”
“Quindi non ti tiri indietro?”
“Sinceramente, non credo che potrei farlo nemmeno se volessi, non subito. È il mio compagno di banco, mi sentirei uno stronzo vedendolo in difficoltà,” confessò. “Non penso di poterlo fare.”
“Probabilmente è spaventato,” disse Kyungsoo, e sì, Minseok lo sapeva questo. “Avrà tanta paura, hyung. Anche se non lo dà a vedere.”
“Lo so,” rispose Minseok, guardandosi le dita. “Ma sono spaventato anche io. Non posso fargli da baby-sitter per tutto l'anno. Non posso.”
“Ma non puoi abbandonarlo subito,” concluse Kyungsoo.
“No,” confermò imbronciato lui. “Lo aiuterò per un po'. Fino a che non si sarà ambientato. E poi... poi basta. Ho i miei problemi di cui occuparmi.”
“Fai quello che pensi sia giusto, hyung,” disse Kyungsoo, e a volte, Minseok desiderava che il ragazzo potesse semplicemente dirgli cosa era giusto. Kyungsoo probabilmente era bravo a capire queste cose.
“Già,” sospirò. “Comunque, Soo, che mi dici di te? Cosa hai fatto oggi?”
Kyungsoo fece un suono vago. “Ho dipinto Camelopardalis sul mio soffitto,” rispose.
“Non te lo chiedo nemmeno.”
“È una costellazione.”
“Ti credo sulla parola.”
Kyungsoo rise, e Minseok sorrise scuotendo la testa. Questo, almeno, era normale. E con tutti i cambiamenti improvvisi nella sua vita, aveva bisogno di un po' di normalità per bilanciare il tutto.
Il giorno seguente, l'insegnante di coreano di Minseok assegnò loro un progetto, con scadenza alla fine dell'anno. Era abbastanza grosso – qualcosa circa la scoperta o un viaggio o qualcosa del genere, con un sacco di parti diverse e analisi da fare e presentazioni – ma non l'avrebbe dovuto consegnare per altri nove mesi, quindi Minseok non se ne preoccupò al momento. Segnò semplicemente la data nella propria agenda e lo ripose in un angolino del suo cervello.
Non gli venne in mente che non tutti potevano prendere un progetto del genere con tanta casualità fino a che la professoressa non chiamò sia lui che Luhan alla cattedra per discutere di una cosa. Minseok guardò il proprio compagno mentre camminavano di fronte alla classe; Luhan si stava nuovamente mordendo il labbro, sembrando preoccupato, e Minseok si chiese se avesse capito in cosa consistesse il compito assegnato. Faceva davvero schifo in questa cosa del compagno di aggiustamento, non è così?
“Sono sicura che immaginiate,” cominciò la professoressa quando furono di fronte a lei, “che non sarebbe giusto far fare a Luhan un lungo saggio in coreano, dato che non è la sua prima lingua, anche se dovesse migliorare per la fine dell'anno.” Minseok annuì leggermente, e Luhan sembrava vagamente imbarazzato. “Quindi ho deciso di dargli un progetto alternativo, che conterà anche al posto di tutti gli altri piccoli compiti scritti nel corso dell'anno.” La donna annuì tra sé e sé, sembrando soddisfatta.
Minseok, incerto di cosa c'entrasse lui in tutto questo, si voltò verso Luhan e mormorò, “Hai capito?”
Luhan sembrò un po' titubante, ma annuì.
“Eccellente. Luhan, visto che il progetto dovrebbe essere su una scoperta, voglio che faccia il tuo sulla tua nuova vita in Corea. Visto che il tuo coreano è limitato, però, ti permetto di usare anche delle fotografie.”
“Foto…grafie?” chiese Luhan, aggrottando le sopracciglia e guardando Minseok.
Minseok mimò l'atto di fare una foto, facendo anche il suono dello scatto. “Immagini,” disse.
“Ahh,” Luhan annuì. “Fotografie.”
L'insegnante sorrise contenta. “Sì, puoi usare immagini, e anche parole. Minseok, mi piacerebbe che lo aiutassi per quella parte, e per qualsiasi cosa avesse bisogno durante il progetto.”
Minseok aprì la bocca per protestare, insistere che non aveva davvero il tempo per occuparsi di due progetti, ma l'insegnante lo interruppe con un cenno della mano. “Se accetti di aiutare Luhan, dimezzerò la lunghezza del tuo progetto finale. Magari solo un pezzo descrittivo o qualcosa del genere. La tua partecipazione nel progetto di Luhan compenserà il resto.”
Minseok chiuse la bocca e ci pensò su. Il progetto finale sembrava richiedere davvero un bel po' di lavoro. Sarebbe stato probabilmente più facile aiutare Luhan a fare un paio di foto e scrivere qualche didascalia. E poi, era compito suo aiutare Luhan, no? “Um. D'accordo allora.”
“Perfetto. Presto ti darò qualche informazione in più, Luhan. Potete tornare ai vostri banchi.”
Mentre Minseok scivolava al proprio posto, si chiese se fosse davvero una buona idea. Un'altra cosa che lo legava a Luhan. E quando Minseok avrebbe voluto tirarsi fuori da questa cosa del compagno di adattamento? Avrebbe fatto qualche differenza?
“Ah,” Luhan disse all'improvviso accanto a lui. Minseok si voltò. “Non ho una macchina fotografica.”
“Cosa?” chiese Minseok.
“Non ho una macchina fotografica. Come faccio a fare le foto?” Luhan si morse il labbro nervosamente.
E prima ancora di accorgersene, Minseok si ritrovò a dire, “Te ne troverò una. Non preoccuparti.”
E doveva davvero smetterla di promettere che avrebbe fatto cose prima ancora di pensarci, ma davvero, quando l'espressione di Luhan mutava in un sorriso grato, non riusciva a pentirsi di aver detto qualcosa.
A pranzo quel giorno, Jongdae annunciò che si sarebbe candidato per il consiglio studentesco. Fu una sorpresa per Minseok, che non aveva mai sentito l'amico esprimere qualche interesse per una carica all'interno del consiglio prima.
“Aspetta un secondo,” disse attorno al proprio cucchiaio. “È una nuova, brillante strategia per passare più tempo con Kim Junmyeon?” chiese.
Jongdae lo guardò male e gli diede un colpo con una delle sue bacchette, e Minseok rise.
“Kim Junmyeon?” chiese una voce alla destra di Minseok, il quale sollevò lo sguardo sorpreso. A volte si dimenticava che Luhan era accanto a lui, nonostante fossero insieme tutto il giorno.
“Oh, uh, già,” disse Minseok. “L'hai conosciuto, vero? Il presidente del consiglio studentesco.”
Luhan annuì, guardando Jongdae. “Ti piace Junmyeon?”
Jongdae si strozzò. “No! Non mi piace.”
Luhan lo studiò per un momento, sembrando pensieroso. “Junmyeon è molto gentile. E molto attraente.”
“Non mi piace!” protestò Jongdae. “Minseok hyung vuole solo essere irritante.”
Luhan scrollò le spalle, sorridendo. “Okay.”
Minseok faticò a non ridere. “Comunque Jongdae, candidati. Magari qualcuno ti voterà.”
Jongdae annuì deciso. “Lo farò. Farà una bella impressione sul mio curriculum. Magari compenserà i miei voti meno che esemplari.”
Minseok cercò di non notare il modo in cui Luhan sussurrasse le parole curriculum e esemplari.
“Ma il motivo per cui te lo sto dicendo,” continuò Jongdae, “è perché se vinco le elezioni, probabilmente salterò diversi pranzi per degli incontri.”
“Oh.” Minseok si accigliò. Jongdae era sempre stato il suo compagno di pranzo. Eccetto ora, che aveva anche— “Bene. D'accordo, allora. Abbandonami.”
“Potresti candidarti anche tu,” suggerì Jongdae.
Minseok fece una smorfia. “E saltare il pranzo?” chiese. “E poi, ho già troppe cose in ballo.” Resistette all'istinto di guardare Luhan mentre lo diceva. Dopotutto, se tutto andava bene, non sarebbe più stato una sua responsabilità.
Come per ricordargli quante cose aveva da fare, Luhan sollevò lo sguardo per un momento dai propri appunti e tirò gentilmente la manica di Minseok. “Minseok,” disse piano. “Cosa è un trattato?”
Il ragazzo si voltò verso di lui e sbatté le palpebre. “È... un accordo. Tra due stati o qualcosa del genere.”
“Oh.” Luhan prese la matita e scarabocchiò qualcosa sopra la parola. “E colonnello?”
Minseok guardò la pagina che stava leggendo Luhan e vide che era quasi completamente coperta di cerchietti e punti interrogativi – domande da fare, in modo che Luhan capisse una sola lezione di storia. Sospirò. Avevano un bel po' di lavoro da fare.
Quando l'ultima campanella del giorno suonò, Minseok abbassò lo sguardo sorpreso sulla piccola pila di libri e compiti per il fine settimana, e l'enorme pila sul banco di Luhan (e l'espressione terrificata sul suo viso), e in un momento di compassione e sfortunata impulsività, chiese al ragazzo se avesse voluto studiare insieme o qualcosa del genere.
Luhan lo guardò con grandi occhi speranzosi. “Mi vuoi aiutare?” chiese, sembrando incerto (anche se poteva semplicemente essere la sua mancanza di sicurezza nelle sue abilità comunicative).
Minseok se ne stava già pentendo, ma qualcosa nella disperata speranza nella voce di Luhan gli fece scrollare le spalle e dire, “Già, voglio dire, è il mio lavoro, no? Aiutarti a recuperare e cose così. Anche io devo riprendere un paio di cose, comunque.” Evitò lo sguardo di Luhan, ma quando il cinese rimase in silenzio, si voltò a guardarlo, e vide il ragazzo mordersi il labbro e annuire nervosamente.
“Okay,” disse piano Luhan.
Minseok distolse nuovamente lo sguardo e si schiarì la gola. “Allora puoi, um, venire a casa mia. O vengo io da te?”
“Casa tua va bene,” rispose Luhan, e Minseok annuì. Sarebbe stato più a suo agio a casa propria, comunque.
“D'accordo. Prendiamo, uh, le nostre cose allora. Ci incontriamo con Jongdae.” Sussultò leggermente. Jongdae sarebbe stato terribilmente irritante, lo sapeva.
Eppure quando i due uscirono in cortile, con gli zaini in spalla, il più piccolo non era da nessuna parte. Minseok si accigliò e tirò fuori il telefono dalla tasca, trovando un messaggio dell'amico.
Jongdumb: Rimango ancora un po' per le elezioni del consiglio studentesco! Puoi aspettarmi se vuoi.
Minseok fece una smorfia e lanciò un'occhiata a Luhan, che aspettava pazientemente accanto a lui. Scrisse velocemente una risposta. Nah, preferisco tornare a casa. Buona fortuna per le tue cose. Saluta Junmyeon da parte mia ;)
Senza aspettare la risposta irritata che sapeva sarebbe arrivata, Minseok si voltò verso Luhan e disse, “Jongdae non viene alla fine. Andiamo.” Luhan annuì e cominciarono a incamminarsi verso casa di Minseok.
La prima metà del tragitto fu silenziosa, e questo mise Minseok a disagio, come tutte le altre volte in cui aveva passato del tempo con Luhan. Aveva la netta sensazione di sembrare antipatico non parlando mai con lui, ma continuò a ripetersi che probabilmente Luhan non era a suo agio a parlare in coreano, comunque, quindi gli stava solo facendo un favore. Sì, ecco cosa stava facendo.
Ma poi, quando attraversarono la strada dove solitamente Minseok e Jongdae si separavano, una voce sottile disse, “Vivere in Corea è piuttosto difficile.”
Minseok si voltò a guardare Luhan sorpreso. Il ragazzo raramente iniziava una conversazione, se mai lo faceva. Si chiese cosa lo avesse spinto a farlo ora. “U-um, già,” disse stupidamente. “Immagino.”
Luhan sorrise leggermente, tenendo le spalline del proprio zaino. “Vivevo in una piccola città in Cina,” disse, e le sue parole erano lente e ben pensate, ma la sua voce non tremava nel modo in cui aveva tremato quella di Minseok quando aveva dovuto fare una presentazione in Cinese. “Qui, è molto più…” Luhan esitò, fece una piccola smorfia, poi disse, “manglu.”
“Frenetico,” tradusse automaticamente Minseok, e Luhan gli fece un sorriso che lo fece sentire decisamente strano.
“Frenetico,” ripeté Luhan, annuendo. “È molto più frenetico qui.”
Minseok non poteva che ritenersi d'accordo. Riusciva a malapena a sentire la debole voce di Luhan a volte con tutti questi clacson e le macchine che passavano. “Sì,” disse. “Seoul è una città affollata.” Poi, quasi involontariamente, aggiunse, “Ti piace stare qui?”
Luhan fece un suono vago, guardando gli alti edifici che li circondavano. “Wo bu zhidao,” disse, poi rise e si corresse, “Non lo so.”
Minseok pensava che Luhan avesse una risata carina. Ma non lo disse.
“È molto diverso,” continuò Luhan. “Anche il cibo è differente.”
“Ti piace?” chiese Minseok.
Luhan scrollò le spalle. “Immagino.”
Minseok era tentato di portarlo in tutti i posti migliori, fargli assaggiare i piatti più buoni, ma non lo fece. Invece, rimase in silenzio per un po', ma alla fine l'atmosfera divenne troppo pesante e disse, “Hai nostalgia di casa?”
Luhan lo guardò inclinando la testa. “Ho cosa?”
“Ti manca la tua casa? La Cina?” riformulò.
“Ahh,” disse il ragazzo. “Che parola hai usato?”
“Nostalgia,” ripeté Minseok, e Luhan sorrise leggermente.
“Nostalgia,” disse. “Sì, ho un po' di nostalgia. Mi mancano... i miei amici, più che altro. Non parlo con loro da quando mi sono trasferito.” Si accigliò tristemente. “Mi manca anche il cibo. Zhenzhu naicha.” Luhan sorrise, guardando Minseok. “Sai cosa è?”
Minseok scosse la testa. Non aveva mai sentito quella parola prima.
“È una... bibita. Milk tea. Con delle... perle?”
“Perle?”
Luhan scrollò le spalle. “È buono,” disse, e Minseok non seppe come rispondere.
Per il resto del tragitto fino al suo palazzo, Luhan continuò a conversare, senza mai lasciare che il silenzio si prolungasse per più di dieci secondi. Passarono più tempo a cercare di capirsi che a parlare seriamente, usando un misto di coreano e cinese, ma era chiaro che Luhan ce la stesse mettendo tutta, davvero tutta. Fece sentire in colpa Minseok per non aver fatto lo stesso sforzo.
Ma gli ricordò anche che aveva i suoi motivi per non voler fare questa cosa, per non averlo voluto fare dal principio.
Alla fine raggiunsero l'edificio, e presero l'ascensore, e Minseok indicò i muffin che c'erano in cucina a Luhan prima di dirigersi in camera e togliersi la giacca. Per abitudine, diede uno sguardo alla portafinestra del balcone, e rimase sorpreso quando vide una sciarpa rossa legata al divisorio in metallo. “Um,” disse distrattamente a Luhan. “Un secondo, devo risolvere una cosa.” Aprendo la porta, mise la testa fuori e disse, “Hey Soo.”
Kyungsoo emise un suono sorpreso dal punto in cui era nascosto dietro il muro. “Oh, ciao hyung. Mi hai spaventato.”
“Scusa,” rise Minseok. “Ma Soo, uh, non posso chiacchierare oggi. Ho un ospite.”
“Oh? È Jongdae?” Kyungsoo aveva incontrato Jongdae un paio di volte prima, quando il più piccolo aveva fatto visita a Minseok.
“No, è – è un ragazzo che sto aiutando con qualche cosa di scuola,” disse con attenzione, perché sapeva che Luhan stava ascoltando da dietro di lui.
“Oh, quel Luhan?” chiese Kyungsoo, e Minseok sussultò. Meno male che non voleva fargli sapere che parlavano di lui.
“Sì,” disse debolmente.
“Posso conoscerlo?” chiese Kyungsoo, e prima ancora che Minseok potesse rispondere, il più piccolo si alzò in piedi, stringendo il muro in metallo che li divideva. Quando la sua faccia apparve sopra il divisorio, Minseok si ritrovò vagamente sorpreso, come al solito. Per quanto fosse strano, non vedeva il viso del vicino tanto spesso. Il 95% delle loro interazioni erano non visive. Kyungsoo lo colpiva sempre per la sua tenerezza.
“Um,” disse Minseok. “Credo di sì.” Si voltò e vide Luhan in piedi dietro di sé, che aspettava in silenzio. “Ti andrebbe di conoscere il mio vicino?” chiese.
Luhan sorrise. “Certo,” disse, e Minseok si fece da parte per lasciare passare il ragazzo. Si voltarono nuovamente verso Kyungsoo, il quale sorrise e salutò.
“Ciao Luhan-ssi,” disse Kyungsoo. “Io sono Kyungsoo.”
Luhan sembrò leggermente sorpreso che il ragazzo sapesse il suo nome, e Minseok cercò di non arrossire. “Piacere di conoscerti, Kyungsoo,” rispose Luhan, offrendogli la mano.
Kyungsoo la fissò, e Minseok si intromise velocemente. “Kyungsoo non stringe le mani,” spiegò. “Ha un disordine di immunodeficienza.” Luhan lo guardò confuso. “Si ammala molto facilmente,” chiarì Minseok.
“Già,” confermò Kyungsoo, come se fosse qualcosa di cui andare fieri. “Questo è anche il motivo per cui studio a casa. Ci sono troppi germi fuori.” Sorrise, ma Minseok sapeva che a volte era difficile per lui. Ne avevano parlato a lungo in passato.
“Ah,” disse Luhan. “Allora…” Sorrise e lo salutò imbarazzato.
Kyungsoo rise. “È un piacere anche per me,” disse. “Vieni dalla Cina, vero?”
Minseok grugnì internamente. Kyungsoo non aveva idea di come ci si comportava in situazioni sociali; probabilmente non pensava potesse essere strano il fatto che conosceva così tanto di Luhan.
Ma Luhan disse semplicemente, “Sì,” e sorrise, ed era strano che Minseok fosse infastidito da come Kyungsoo e Luhan sembrassero già meno a disagio di quanto non lo fossero loro due? O forse era solo Minseok ad essere a disagio.
Decise di non scavare più a fondo.
La sessione di studio di Luhan e Minseok non era divertente. Erano seduti nel soggiorno di Minseok, da soli, e lessero testo dopo testo, traducendolo e spiegando parole e frasi, scrivendo appunti e decifrando calligrafie incasinate (visto che Luhan aveva qualche difficoltà nel leggere hangul scritto a mano), discutendo delle lezioni, e sforzandosi di capire termini tecnici che Luhan non sembrava comprendere. Era stancante e frustrante e più passava il tempo più Luhan sembrava stressato, e Minseok sapeva di essere incline agli sbalzi d'umore, ma cercò di tenersi sotto controllo perché Luhan sembrava già abbastanza agitato.
Ma era difficile quando Minseok pensava al fatto che avrebbe già finito i propri compiti e starebbe facendo qualcosa di divertente da ore, ed era già così stanco e irritato nonostante non fossero arrivati nemmeno a metà delle cose che si era perso Luhan, e Minseok non poteva continuare ad andare in bagno o Luhan avrebbe cominciato a fare domande e—ugh. Non voleva farlo.
E voleva farlo ancora meno quando Luhan gli stava così vicino, spalla a spalla, la voce debole e calda nell'orecchio di Minseok, i suoi occhi castani su si lui. E quando la madre di Minseok tornò a casa dal lavoro e li vide insieme sul divano, così vicini, disse, “Oh, chi è lui, Minseokkie?” e la sua voce era piena di curiosità ma c'era anche quel tono, quello che usava ogni volta che il figlio nominava qualche ragazzo che lei non conosceva, e fece immediatamente sentire Minseok mille volte peggio.
“Un compagno di studio,” mormorò, tenendo gli occhi fissi sugli appunti di scienze.
Luhan si alzò in piedi e si inchinò rispettosamente, dicendo, “Salve, sono Luhan.”
“Oh,” disse la donna, evidentemente sorpresa dal suo accento. “Ciao Luhan. Io sono la mamma di Minseok.”
Luhan sorrise educatamente e si risedette, sfiorando il ginocchio di Minseok con il proprio.
“Preparo una cenetta veloce,” disse la madre di Minseok, e il ragazzo sentì la paura attanagliargli lo stomaco. “Se vuoi stare qui a studiare ancora un po', puoi rimanere a cena se ti va.”
Minseok trattenne un grugnito, ma Luhan si illuminò. “Sarebbe carino,” disse. “Grazie.”
“Vuoi chiamare i tuoi genitori per dire loro dove sei?” Chiese la donna.
Luhan scosse la testa immediatamente. “Non sono a casa.”
“Oh, okay. Beh, continuate a lavorare allora.”
Minseok sospirò e si voltò nuovamente verso i libri.
La cena consisteva nel solito miscuglio super salutare di sua madre – era un'infermiera, e teneva molto alla salute del figlio – e dopo qualche cortese scambio di parole tra i suoi genitori e Luhan, calò il silenzio. Dopodiché i due si ritirarono nella camera di Minseok per continuare a studiare, e se in salotto Minseok si era sentito a disagio, fu ancora peggio nello spazio ristretto della sua stanza. Ogni volta che il gomito di Luhan toccava il suo, oppure chiedeva il significato di una certa parola, o il suo respiro soffiava contro l'orecchio di Minseok, o faceva quel piccolo suono di disperazione quando capitava una domanda che non capiva, Minseok si agitava un po' di più. Non voleva farlo. Non voleva fare niente di tutto questo. Non aveva mai fatto niente per meritarsi tutte le cose sbagliate che ora riempivano la sua vita.
E alla fine, qualcosa in Minseok scoppiò, e disse piano, “Possiamo... smettere?”
Luhan lo guardò sorpreso. “Sei stanco?” chiese, con gli occhi scuri pieni di preoccupazione.
“Io—” Minseok era stanco, ma non intendeva questo. “No, voglio dire... posso smettere? È solo... hai quasi recuperato, giusto? Ci manca solo matematica da rivedere, e sono praticamente solo numeri, e sei molto più bravo in coreano di quanto mi aspettassi, e tu... probabilmente puoi cavartela da solo, giusto? Puoi farcela da solo, no? Posso... posso smettere ora?” Fissò intensamente i fogli sparsi di fronte a sé. “Non voglio... non voglio farlo più.”
Luhan rimase in silenzio, e Minseok sollevò con esitazione lo sguardo. Il ragazzo lo stava guardando, e i suoi occhi erano così grandi e spaesati che Minseok sentì una fitta al petto. “Io—Minseok ti prego,” disse Luhan, e ahi, che male. “Minseok non posso—non posso.”
Minseok si grattò il collo agitato. “Sono... molto impegnato, e non so se avrò sempre tutto questo tempo, e io... mi dispiace.”
E voleva finirla così – voleva che con Luhan finisse così— ma una mano gli afferrò improvvisamente il polso, e Luhan lo guardò disperato, trattenendo il fiato. “Minseok, ti prego non farlo,” disse con voce strozzata. “Non ho nessuno. Non posso—” Cominciò a blaterare un po' in Cinese, e Minseok non capì la maggior parte di quello che stava dicendo, ma il senso era chiaro, e il petto di Minseok gli si stringeva tanto forte quanto la presa di Luhan sul suo polso.
“Luhan, io—”
“Ti pago.”
Minseok si fermò a mezza frase per fissare Luhan. Aveva la mascella serrata, gli occhi sospettosamente lucidi, e no, no no no, Minseok non voleva che si mettesse a piangere. “Mi pagherai?”
Luhan annuì deciso. “Per il tuo aiuto.”
Minseok esitò. Cercò di ragionare tra sé e sé. Non hai bisogno di soldi. Continuerai a odiare la situazione. È un problema. Ma si ritrovò comunque a chiedere, “Quanto?”
“Uh—” Luhan si morse il labbro. “5,000 won?”
“Per ogni sessione di studio?” chiese Minseok.
Luhan annuì con esitazione.
5,000 won. Era quasi nulla. Minseok poteva chiederli ai genitori in cambio di buttare la spazzatura. Eppure, con gli occhi lucidi di Luhan su di sé, e le sue dita ancora attorno al suo polso, e la stupida stretta al petto, Minseok finì per dire, “Okay.”
“Davvero?” ansimò Luhan.
Minseok distolse lo sguardo e annuì. “Bene. Non dovrai pagare per le cose con cui ti aiuterò per il progetto, dato che è un mio compito. Ma per il resto...5,000 won a incontro.”
“Okay,” disse velocemente Luhan, annuendo. Lasciò andare il braccio di Minseok e cominciò a raccogliere i propri libri. “Ti lascio per oggi. Scusa se ti ho creato problemi.” Guardò Minseok per un momento. “E grazie. Io – grazie, davvero.”
La gratitudine di Luhan lo fece sentire anche peggio. “Nessun problema,” disse burberamente, e qualche minuto dopo Luhan se ne andò.
Minseok si mise a dormire sentendosi ancora più in conflitto di quando aveva iniziato.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Minseok non sentì Luhan per tutto il fine settimana, eccetto per un'unica telefonata di un minuto in cui Luhan chiese timidamente, “Come si dice ‘hetong’ in Coreano?” e Minseok cercò velocemente e rispose con un semplice, “Contratto” e poi il ragazzo Cinese chiese, “Questa... questa non conta come un sessione di studio, giusto?”
Non ci volle molto perché Minseok capisse che quello che intendeva Luhan era, “Questo non significa che ti devo pagare, giusto?” e gli fece stringere lo stomaco.
“No,” disse, deglutendo a fatica. “No, sto solo aiutando un... compagno di scuola.”
“Okay,” rispose Luhan, con voce sottile. “Grazie, Minseok.”
E finì lì.
Minseok non parlò con Luhan per tutto il fine settimana, ma parlò con Kyungsoo, attirandolo fuori con offerte di dolcetti fatti da sua madre. (Era tacita regola tra loro, che se avessero semplicemente chiacchierato senza alcuno scopo, non c'era bisogno di nessuna offerta, ma se fosse servito qualche consiglio, allora l'offerta doveva essere commestibile. Kyungsoo non aveva quasi mai bisogno di consigli. Le offerte di Minseok erano allo 80% cibo.)
“Sono una persona terribile, Kyungsoo,” era la frase che caratterizzava la maggior parte del suo discorso. “Vuole solo qualcuno che lo aiuti a sopravvivere in un paese straniero. Perché sono così cattivo con lui?”
“Dimmelo tu, hyung,” era sempre la risposta calma del più piccolo.
Minseok sbuffò. “Non lo so. È solo che – non ho niente contro di lui, personalmente. Non ha assolutamente niente che non vada. Sono solo infastidito perché devo fare uno sforzo e passare del tempo a fare qualcosa che non voglio fare.”
“Probabilmente lo capisce,” rispose Kyungsoo.
“Sì, forse, ma... ha già così tanti problemi di suo. Ricordi, me l'hai detto tu... che deve essere così spaventato. Ieri, quando gli ho detto che volevo smettere... mi è sembrato terrificato. Come posso abbandonarlo così?”
“Hai un cuore davvero grande, hyung.”
“Sono un pollo.”
Kyungsoo rise leggermente. “È vero,” confermò. “Non riesci a vedere le persone in difficoltà o che soffrono.” Fece una pausa. “Ecco perché sei mio amico.”
“Non dire cose, Soo!” esclamò velocemente Minseok. “Lo sai che non è vero. Mi piace passare il tempo con te. Sei una delle persone più belle che conosco.” Sorrise leggermente. “È per questo, però, che sono ancora amico di Jongdae, quella povera anima. Sarebbe perso senza di me.”
Kyungsoo grugnì dall'altra parte del muro. “Ad essere sinceri, hyung, sei tanto cattivo con Jongdae quanto dici di esserlo con Luhan.”
Minseok rise. “Sa che gli voglio bene, nel profondo.”
“Chi, Jongdae o Luhan?”
“Jongdae,” disse velocemente Minseok. “Ovviamente.”
Kyungsoo ridacchiò. “Stavo solo scherzando, hyung. Ma comunque, Luhan... hai detto di essere incastrato con lui?”
Minseok sospirò. “Sembrerebbe di sì. Ho accettato di aiutarlo con i suoi compiti, più il grande progetto che deve fare, e siedo accanto a lui in classe, e sono il suo compagno di laboratorio di scienze, e siede al nostro tavolo a pranzo e... sì, sembra proprio che sia incastrato con lui.”
Kyungsoo rimase in silenzio per un momento, e poi disse, “Sai, hyung…quando Luhan ha detto ‘Non ho nessuno,’ penso dicesse sul serio. Pensa a quanto sarà difficile per lui farsi qualche amico. Anche se il suo coreano è migliore di quanto non lasci intendere... esporsi sarà davvero difficile. Essere il ragazzo nuovo è sempre difficile. Voglio dire, non posso dirlo per esperienza, ma è quello che ho sentito.” Kyungsoo rise amaramente. “Ma davvero, dico sul serio. Oltre ad essere spaesato e confuso, probabilmente è anche molto solo.”
Minseok si morse il labbro incerto. Non era esattamente sicuro dove Kyungsoo volesse andare a parare.
“Quello che voglio dire è…hyung, probabilmente ha bisogno di un amico tanto quanto ha bisogno del tuo aiuto. Sei la prima persona con la quale ha potuto legare da quando è arrivato qui. Ha bisogno di questo legame. Anche se è fastidioso – e sono sicuro che sappia quanto questa situazione possa esserlo – ne ha davvero bisogno.” Kyungsoo prese un profondo respiro. “Penso davvero che dovresti provare ad essergli amico. Sul serio, hyung. Sarà molto più facile passare così tanto tempo con lui se... gli offri una mano amica. E lo apprezzerà tanto.”
A volte, Kyungsoo era sin troppo saggio e nel giusto per essere vero. Minseok sospirò. “Lo so,” disse, con voce sofferente. “Lo so, Kyungsoo. È solo che... non so se siamo compatibili. Dal punto di vista dell'amicizia, dico. Non lo so e basta.”
“Come fai a dirlo?”
Minseok fece una smorfia. “Non so mai cosa dirgli,” spiegò. “Tu e Luhan siete già più a vostro agio di quanto non lo siamo noi. È stupido.”
“Soprattutto considerando che io ho praticamente zero capacità nel socializzare,” aggiunse Kyungsoo, e Minseok rise.
“È vero, però. Di solito sono abbastanza amichevole. Ma Luhan risucchia tutta la mia eloquenza. Non sono mai a mio agio con lui. Penserà che sono un perdente. O solo uno stronzo. Mi chiedo perché mi voglia ancora intorno.”
“Probabilmente il tuo inconscio sta cercando di evitare qualsiasi interazione per la tua riluttanza a fare tutto questo,” affermò Kyungsoo, e Minseok ebbe paura che il discorso stesse prendendo una brutta piega. Fortunatamente, disse solo, “Sono sicuro che se ci provi ti verrà naturale. Ti prego, provaci hyung. Per il bene di entrambi.”
Minseok sospirò pesantemente. “D'accordo,” mormorò. “Cercherò di essere più gentile con lui.”
“Grazie,” disse Kyungsoo, e sembrò leggermente fiero di sé. “E già che ci sei, smettila di rendere difficile la vita a Jongdae.”
“Whoa, whoa, è lui che rende difficile la mia vita. Io sto solo rispondendo ai suoi attacchi. È una cosa reciproca.”
A proposito di Jongdae, venne a fargli visita la domenica, e Minseok non si disturbò a condividere con lui i suoi problemi con Luhan, perché Jongdae dava consigli terribili. Gli chiese, comunque, come stesse andando la sua campagna per vincere il cuore di Kim Junmyeon – oops, il consiglio studentesco. Jongdae gli diede un colpo e disse che stava andando benissimo, grazie tante, e che sarebbe stato meglio che Minseok votasse per lui altrimenti avrebbe ritenuto chiusa la loro amicizia e sarebbe diventato il migliore amico di Kyungsoo. Minseok fece qualche altra battuta sul presidente del consiglio studentesco, Jongdae fece qualche minaccia vuota, e il maggiore riuscì a dimenticarsi del ragazzo cinese che avrebbe dovuto affrontare l'indomani a scuola.
Almeno Jongdae serviva a qualcosa.
(Beh, quello e qualche altra cosa, ma Minseok non lo avrebbe mai ammesso a voce alta.)
Minseok prese seriamente il consiglio di Kyungsoo. Davvero. Potrebbe non essere sempre la scelta migliore accettare il consiglio da un vicino recluso e più piccolo, ma Kyungsoo non lo aveva mai deluso prima, quindi tendeva a fidarsi del più piccolo e agiva di conseguenza.
Eppure quando Luhan arrivò a scuola il giorno seguente e si sedette accanto a Minseok con un sorriso e un mormorato, “Buongiorno,” Minseok non riuscì a fare quello che sapeva Kyungsoo avrebbe voluto facesse. Sapeva che avrebbe dovuto guardare Luhan negli occhi, che avrebbe dovuto salutarlo calorosamente e magari chiedergli come fosse andato il fine settimana, ma quando giunse il momento... non ci riuscì. Non quando guardando il ragazzo si ricordò dei suoi occhi disperati quando aveva pregato Minseok di non abbandonarlo, e del modo in cui la sua voce aveva tremato quando disse che lo avrebbe pagato, solo per tenerlo vicino.
Minseok sì sentì male all'improvviso, e tutto quello che riuscì a dire fu un “Giorno,” in risposta, con gli occhi fissi sul banco.
Luhan probabilmente non voleva nemmeno essere suo amico. Minseok era una persona orribile.
Eppure, a pranzo, quando Minseok era seduto da solo in mensa (perché Jongdae stava stampando i poster per la propria campagna), Luhan gli si avvicinò in silenzio e indicò il posto vuoto accanto a lui, chiedendo, “Posso sedermi qui?”
Minseok si rese conto cheil ragazzo doveva essere davvero disperato se continuava a volersi sedere con lui anche dopo tutto quello che era successo tra loro. E il fatto che Luhan sentisse ancora il bisogno di chiedere se potesse sedersi lì fece stringere ancora di più il petto a Minseok.
“Certo,” disse, riuscendo a fare un sorriso, e Luhan ricambiò grato, sedendosi vicino a lui.
Ci furono un paio di secondi di silenzio, e poi Luhan mormorò, “Prometto di non farti alcuna domanda.”
Questo fece sussultare Minseok, perché gli ricordò quanto fosse stato acido con Luhan si da quando era arrivato. Per quanto la sua presenza potesse causargli stress, odiava il modo in cui Luhan camminasse in punta di piedi attorno a lui. “È tutto okay,” gli assicurò velocemente. “Per quanto riguarda Venerdì, io—” si fermò, e deglutì a fatica. “È tutto okay,” ripeté. “Davvero. Ti aiuterò con qualsiasi cosa ti serva.”
Poteva sentire gli occhi di Luhan su di sé, quindi Minseok sollevò lo sguardo dal proprio pranzo, e vide il ragazzo distogliere gli occhi velocemente, mordendosi il labbro per nascondere un sorriso. La scena fece sentire Minseok un po' meglio.
Questa era la sua occasione, pensò. Questa era la sua occasione per provare a Luhan di non essere davvero uno stronzo patentato. Era la sua occasione per mantenere la promessa fatta a Kyungsoo di provarci almeno.
Solo che, come al solito, Minseok si ritrovò senza sapere cosa dire, e finirono per stare seduti a mangiare in silenzio per un altro, interminabile minuto imbarazzante. C'erano un sacco di cose che Minseok avrebbe potuto dire—“Oh, vedo che hai il pranzo oggi.” “Dove vivi, comunque?” “Allora, riguardo quel grande progetto…”— ma le parole sembravano sempre rimanergli incastrate in gola. Aggrottando le sopracciglia e schiarendosi la voce, Minseok aprì la bocca per dire qualcosa, ma prima che potesse parlare, Luhan chiese, “Chi è quello?”
Minseok sollevò sorpreso lo sguardo dal proprio pranzo e vide Luhan indicare dall'altra parte della stanza. Seguendo il suo dito, il suo sguardo si posò su una figura sola ad un tavolo della mensa – un ragazzo allampanato con la pelle chiara, i capelli castani e un'espressione impassibile sul volto.
“Um,” disse incerto, socchiudendo leggermente gli occhi. “Non lo so. Penso che sia nuovo qui. È uno o due anni più piccolo di noi.”
Luhan posò il mento sulla mano e guardò in silenzio il ragazzo per un momento. Minseok sbatté le palpebre confuso, e poi il cinese mormorò, “Ke ai.”
Minseok non conosceva tanto la lingua, ma sapeva sicuramente cosa significava quello. E tra tutte le cose, più che domandarsi cosa ci trovasse di carino in quell'espressione amara, Minseok si ritrovò a chiedersi cosa questo potesse implicare. Luhan intendeva carino nel senso di 'mi ricorda un cucciolo' o carino nel senso di... qualcos'altro? Luhan trovava i ragazzi carini?
A Luhan piacevano i ragazzi?
Prima che Minseok potesse saltare alle conclusioni, però, Luhan disse, “Sembra solo.”
Scuotendo la testa per allontanare certi pensieri, Minseok disse, “Non l'ho mai visto parlare con qualcuno prima.”
“Probabilmente non si è fatto tanti amici,” concluse Luhan debolmente, con occhi compassionevoli. Poi, ancora più piano, disse, “Come me.”
Per Minseok, che si sentiva già abbastanza in colpa per aver trattato Luhan così male, fu un pugno allo stomaco.
“Dovrei parlare con lui,” disse Luhan all'improvviso, e si alzò in piedi per attraversare la stanza senza guardarsi indietro. Minseok lo guardò in silenzio, con qualcosa che gli attanagliava lo stomaco.
Mentre Minseok lo guardava, Luhan si fermò davanti al ragazzo e gli disse qualcosa, e da quanto poteva vedere, il più piccolo non rispose – guardò solo Luhan in silenzio. Il cinese disse ancora qualcosa, e Minseok sentì lo strano istinto di... di assicurarsi che stesse usando la giusta grammatica, o qualcosa del genere. Lui si era già abituato al tono basso e al forte accento di Luhan. Il povero ragazzo con il quale stava parlando poteva non capire una parola di quello che stava dicendo. Non era compito di Minseok assicurarsi che Luhan potesse comunicare con gli altri?
Non si alzò dalla propria sedia.
Alla fine, Luhan si sedette di fronte al ragazzo, ma era l'unico a parlare. Il più piccolo continuava a fissare il proprio piatto vuoto e di tanto in tanto sollevava lo sguardo su Luhan, con espressione ostile e sgradevole. Minseok si chiese perché Luhan ci stesse pure provando.
Per un momento si domandò se Luhan non ritenesse quel ragazzo una migliore opzione rispetto a sé. Non fu un pensiero piacevole, però.
Con sorpresa di Minseok, Luhan finì per tornare al suo fianco dopo qualche minuto, sembrando imperturbato e non particolarmente scoraggiato. Si sedette accanto a Minseok e mormorò piano. “Il suo nome è Sehun. Oh Sehun.”
Minseok lo guardò con le sopracciglia alzate. “Te l'ha detto lui?”
Luhan scosse la testa. “L'ho letto sull'uniforme.” indicò la piccola targhetta sulla propria giacca. “Non ha detto molto.”
“Non è molto amichevole,” constatò Minseok, punzecchiando il resto del proprio pranzo. Non che io lo sia.
Luhan scrollò semplicemente le spalle e sorrise. “Si aprirà,” disse.
“Continuerai a provare?” chiese Minseok, sorpreso.
Il ragazzo fece un vago suono di assenso. “Sì. Sono molto…” Fece una pausa. “Yiguan.”
Minseok si accigliò. “Analisi?”
Luhan rise. “No, no. Uh…Non mi arrendo facilmente.”
Oh. Il cinese di Minseok era pessimo. “Ah. Persistente.”
Luhan rise ancora e annuì. Minseok pensava ancora che la sua risata fosse insolitamente carina. “Sì. Persistente.”
Minseok annuì stupidamente. Si domandò se fosse per questo che Luhan continuava a sopportare il suo comportamento meno che accogliente. Si chiese se Luhan lo avrebbe lasciato in pace se avesse convinto Oh Sehun ad aprirsi con lui.
Si chiese anche se gli sarebbe andata bene, nel caso fosse successo.
Minseok continuava a ripetersi che avrebbe chiesto a Luhan se avesse bisogno di aiuto per qualcosa, se Jongdae non avesse insistito che Minseok lo aiutasse a scrivere il discorso per la sua campagna dopo la scuola. Si ripeteva che avrebbe fatto uno sforzo per essere più amichevole. Lo avrebbe fatto. Ma anche se Minseok si lamentava di Jongdae più di ogni altra cosa, la sua lealtà rimaneva verso il proprio migliore amico piuttosto che verso il suo... compagno cinese. Ecco perché non lo aveva fatto.
Ma anche mentre ascoltava Jongdae ripetere il proprio discorso circa un centinaio di volte, la sua mente lo portava a Luhan, e a tutte le cose che potevano causargli qualche problema qui in Corea. Anche se la comprensione e il vocabolario di Luhan erano sorprendentemente buoni, aveva spesso difficoltà a capire le cose che lo circondavano. Se nella stanza c'era troppo rumore o il suo interlocutore strascicava troppo le parole o usava un gergo, era spaesato. Se troppe cose gli venivano dette tutte insieme, lo sguardo di Luhan appariva terrificato e abbandonava ogni speranza di capire. Se non poteva fermarsi e chiedere un chiarimento su qualcosa, andava nel panico e confondeva tutto il resto della frase. E non solo quello, Minseok si chiedeva anche se Luhan sapesse tutto. Capiva il sistema della metropolitana? Poteva ordinare da un menù? Sarebbe stato capace di afferrare il sarcasmo, o delle battute o... o un flirt? Luhan poteva prendersi cura di se stesso?
Minseok doveva continuamente ripetersi che Luhan non era un bambino, che poteva capire le cose da solo, che non era una sua responsabilità.
“Minseok. Hey, Minseok-ah.” Ci vollero un paio di secondi prima che Minseok si rendesse conto delle dita che schioccavano davanti al suo naso.
“Cosa? E non chiamarmi così,” disse, sbattendo le palpebre e riscuotendosi dai propri pensieri.
Jongdae rise. “Ho detto ‘hyung’ tipo quattro volte. Non hai risposto. Pensavo fossi andato in catalessi.”
Minseok fece una smorfia. “Stavo cercando di non ascoltare la tua voce irritante.”
“Non mentirmi, Kim Minseok,” rise Jongdae. “Allora, com'è il mio discorso?”
“Sinceramente ho smesso di ascoltare dopo l'ottava volta.”
“Perché, eri troppo impegnato a pensare a qualcos'altro – o dovrei dire qualcun altro?” Jongdae inarcò le sopracciglia in modo suggestivo.
Minseok sbuffò, cercando di ignorare il fatto che le sue guance si fossero arrossate all'accusa. “Sì, Kyungsoo. Probabilmente sarà preoccupato da morire chiedendosi dove sono.”
“Conoscendo Kyungsoo, probabilmente potrebbe morire per questo,” rise Jongdae. “Ma non ti ha mandato alcun messaggio per chiederti se è successo qualcosa, quindi immagino non sia così.”
“Whoa, sentiti un po', Sherlock.”
“In ogni caso,” continuò Jongdae, sollevando un sopracciglio, “la persona a cui mi stavo riferendo non era Kyungsoo, e sono sicuro che lo sapessi.”
Minseok si passò una mano tra i capelli, stanco. “Vai a casa, Jongdae.”
“Avevi quello sguardo negli occhi,” disse Jongdae, sorridendo imperterrito.
“Che sguardo,” Minseok rimase impassibile.
L'amico aggrottò le sopracciglia. “Quello sguardo da ‘Oh il mio povero Luhan, cosa dovrei fare’. Quello che ti viene ogni volta che fingi che non ti interessi se finirà o meno in un canale di scolo. Sei pessimo a nascondere le tue emozioni, hyung. O forse sono io troppo bravo a leggerti.”
L'unica risposta di Minseok fu sollevare gli occhi al cielo e dire, “Non ho uno sguardo.”
“Ma questo è quello che stavi pensando,” concluse Jongdae.
“No,” disse deciso Minseok. “Perché dovrebbe importarmi di lui?”
“Lo stai facendo ancora~” canticchiò provocatorio Jongdae.
Minseok grugnì. “Okay, penso di aver finito qui,” disse, alzandosi e controllando l'orologio. “Devo tornare a casa, comunque.”
Jongdae sembrò lasciar perdere – per un volta – e si alzò a sua volta, raccogliendo i propri fogli. “Perché, chi ti aspetta? I tuoi genitori lavorano fino a tardi il lunedì, no?”
“Devo chiedere a Kyungsoo di aiutarmi con una cosa,” rispose Minseok, mettendosi lo zaino in spalla. “E poi devo cenare, sto morendo di fame.”
“Prendi qualcosa da mangiare prima di andare,” suggerì Jongdae, seguendolo.
“Nah,” rifiutò immediatamente. “Lo sai com'è mia mamma con quello che mangio.”
“Oh, giusto,” grugnì Jongdae. “Come ho fatto a dimenticarlo?”
Minseok scrollò le spalle e si affrettò alla porta e sul marciapiede. Avrebbe davvero fatto tardi. “Ci vediamo, okay? Buona fortuna con il tuo discorso. È fantastico, giuro.”
“Grazie, hyung. Ci vediamo.” Jongdae rimase alla porta del café e salutò Minseok che correva verso casa. Odiava correre tanto quanto odiava essere in ritardo. Lo metteva di malumore.
Casa sua non era tanto lontana, fortunatamente, e Minseok la raggiunse giusto in tempo per mettere la testa fuori dal balcone e dire, “Eccomi.”
“Ce l'hai fatta,” la voce di Kyungsoo giunse dall'altra parte del muro. “Per un secondo mi sono preoccupato.”
Minseok rise. “Jongdae mi ha trattenuto,” spiegò.
“Questo non ti ha mai fermato prima.”
Kyungsoo lo conosceva troppo bene. Doveva smetterla di condividere tutti i suoi segreti con il vicino. “Già, mi sono un po' distratto.”
“Facendo cosa?” chiese Kyungsoo, genuinamente curioso.
Minseok scrollò le spalle, anche se l'altro non poteva vederlo. “Solo pensando, immagino.”
Kyungsoo mormorò. “Beh, vai allora,” disse piacevolmente.
“Vado, vado,” disse Minseok, sorridendo. Si voltò per tornare in camera, poi si fermò. “Aspetta, posso chiederti un favore?”
“Certo,” disse Kyungsoo.
“Avresti – avresti una macchina fotografica da prestarmi?”
Minseok rimaneva sempre perplesso come ogni volta che parlava con Luhan, il ragazzo sembrasse comprendere la maggior parte di quello che diceva, ma quando altre persone parlavano con lui, Luhan le guardava come se non capisse una parola. Ora, Minseok era generalmente molto attento quando parlava con lui – usava un vocabolario semplice, scandiva bene le parole, e così via – ma anche quando gli parlava Jongdae, con la sua solita parlantina rapida, Luhan lo seguiva piuttosto bene.
Quindi non aveva senso per Minseok, l'espressione spaesata e confusa di Luhan quando un paio di ragazze lo avvicinarono durante la prima pausa. Tutto ciò che chiesero era dove avesse vissuto in Cina e che tipo di cinese parlasse, cose abbastanza comprensibili, ma Luhan rispose inclinando la testa di lato e accigliandosi leggermente.
“Um…hai capito la nostra domanda?” chiese una delle ragazze, sembrando preoccupata.
Luhan sbatté le palpebre un paio di volte, poi disse qualcosa in rapido cinese che nemmeno Minseok afferrò. Nonostante questo, le ragazze si voltarono verso di lui, e Minseok scrollò le spalle.
“Okay, beh, uh…è stato un piacere parlare con te,” disse la ragazza, e le due amiche tornarono al proprio posto.
Luhan riportò lo sguardo sui propri compiti di scienze senza dire una parola, e dopo qualche momento di silenzio, sussurrò, “Quali erano i mitocondri?”
Minseok lo fissò per pochi secondi, preso alla sprovvista, poi indicò la tabella davanti a lui. “Questi,” disse, puntando una parte della cellula animale.
“Ahhh,” disse Luhan, annuendo. “Xianliti.”
Minseok lo guardò scrivere la parola nella casella vuota. “Perché fingi di non capire?” mormorò all'improvviso.
Luhan lo guardò, chiaramente sorpreso. “Ma davvero non lo sapevo,” disse, sembrando leggermente imbarazzato.
“No, non quello,” spiegò Minseok, facendo un cenno verso i suoi compiti. “Intendo quando le persone parlano con te. È accaduto un paio di volte. Fai sempre finta di non capire quello che dicono, anche se so che non è così.”
“A volte parlano troppo piano,” disse Luhan, distogliendo lo sguardo.
“Stavano parlando forte e chiaro oggi,” insistette lui.
Luhan si morse il labbro per un secondo. Sembrava stanco. “Non sono davvero interessate,” spiegò alla fine. “Non fanno domande perché vogliono conoscermi. Le fanno perché sono nuovo e strano. Pensano sia eccitante.”
“Più che altro pensano tu sia carino,” mormorò sotto voce Minseok.
“Huh?”
Minseok scosse la testa. “E se volessero davvero conoscerti? Esserti amici?” chiese.
Luhan riempì un'altra casella. Le sue lettere erano ancora grandi e infantili. “Allora continueranno a provare,” disse con attenzione. “E mi chiederanno qualcos'altro oltre che come si scrive il loro nome in cinese.”
Minseok sentì una strana fitta al petto, e pensò alla custodia nella propria borsa, che gli era stata passata il giorno precedente da sopra il divisorio. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi la campanella suonò, e Minseok si morse la lingua. Lo avrebbe fatto dopo. Detto dopo. Lo avrebbe fatto.
Jongdae non aveva alcun incontro per il consiglio degli studenti quel giorno, ma quando raggiunse Minseok al tavolo della mensa, il più grande era ancora solo.
“Dov'è il tuo ragazzo cinese?” chiese Jongdae, guardandosi attorno curioso.
Minseok sollevò lo sguardo dal proprio pranzo, sorpreso. “Cosa? Non è qui ancora?”
Jongdae scrollò le spalle, e Minseok si sentì all'improvviso irragionevolmente preoccupato. Guardò la porta dalla quale di solito entrava Luhan per raggiungerli, quasi aspettandosi che il ragazzo apparisse lì immediatamente. Quando non lo fece, Minseok studiò velocemente la mensa, e i suoi occhi vennero attirati automaticamente da un tavolo vagamente familiare. “Oh,” disse, sbattendo le palpebre.
Luhan era seduto nuovamente di fronte a quel ragazzo – Sehun, giusto? - e sorrideva mentre parlava con l'amico (se così si poteva chiamare). Sehun continuava a non dire niente per non incoraggiare Luhan, da quanto poteva vedere Minseok, ma il ragazzo cinese non sembrava abbattuto dalla mancanza di risposta.
“Oh, eccolo lì,” disse Jongdae, interrompendo Minseok dal suo momento di trance. “Si è fatto un amico.”
“Uh, qualcosa del genere,” disse piano Minseok.
Jongdae rise. “Si sta avvicinando all'altro ragazzo nuovo,” disse. “Che cosa carina.”
Minseok arricciò il naso, e si bloccò velocemente dal dire qualcosa di stupido tipo “Perché dovrebbe farlo quando ha già me.”
Prima che Minseok potesse dire qualcosa, Luhan si alzò e cominciò a camminare verso di loro. I loro occhi si incrociarono e Minseok sbatté le palpebre sorpreso quando Luhan sorrise timido e lo salutò. Senza pensare, Minseok ricambiò il saluto.
Jongdae gli diede una gomitata, e Minseok non si degnò nemmeno di cercare di capire cosa stesse suggerendo l'amico.
“Nessuna fortuna?” chiese Minseok quando Luhan si sedette accanto a lui. Le parole erano pesanti sulla sua lingua, ma riuscì a farle uscire.
Luhan lo guardò, gli occhi spalancati e ancora una volta sorpresi, e Minseok si chiese se fosse davvero così sconcertante che stesse cercando di fare conversazione. “Uh, no, non proprio,” disse il ragazzo. “Non ha ancora detto niente.”
“Cosa gli stavi dicendo?” chiese curioso Jongdae, dando un morso al suo pranzo.
Luhan scrollò le spalle. “Gli stavo solo parlando un po' di me,” rispose. “Dato che non vuole dirmi niente su di sé.”
“Perché così potete essere amici?” chiese Jongdae.
Luhan scrollò ancora le spalle. “Se lui vuole.”
Fece tornare in mente a Minseok la loro conversazione di prima. Non sono davvero interessati. Allora continueranno a provare. Si chiese se Luhan stesse facendo quello che sperava gli altri facessero con lui.
Si domandò se era quello che avrebbe dovuto fare per Luhan.
Per qualche stupida, incomprensibile ragione, ci volle un intero giorno perché Minseok trovasse il... coraggio, o qualcosa del genere, per voltarsi verso il compagno e dire, “Ho qualcosa per te.”
Luhan lo guardò sorpreso. Minseok cominciava a ricevere spesso quello sguardo da parte sua. “Qualcosa?” chiese incredulo.
Minseok si sentì di nuovo improvvisamente nervoso, con i palmi sudati per nessuna ragione. “Uh, già. Hai, um, non hai una macchina fotografica, giusto? Per il tuo progetto?”
Luhan annuì, con gli occhi distraentemente lucidi.
Minseok si schiarì la gola. “Beh, me lo sono ricordato all'improvviso, ieri... e ho chiesto a Kyungsoo, perché ricordavo ne avesse una. E ha detto che puoi usarla, se vuoi. Lui non la usa tanto. Dice che non c'è tanto da fotografare a casa sua.” Rise leggermente. “Comunque, sì. Ce l'ho con me, se vuoi. Possiamo cominciare a fare le foto quando vuoi tu.”
“Noi?” ripeté Luhan, e Minseok quasi sussultò.
“Um…già. Voglio dire, dovrei aiutarti, giusto? E se vuoi essere nella foto, allora deve farla qualcun altro, no?”
Un sorriso cominciò ad aprirsi sul viso di Luhan. “Sì, immagino di sì.”
Minseok si schiarì ancora la gola. “D'accordo. Allora, um, te la posso dare ora.” Si alzò e cominciò a raccogliere velocemente le proprie cose.
Luhan si alzò accanto a lui, ma non toccò i propri compiti per il giorno. “Grazie,” disse piano, e Minseok deglutì a fatica. “Non dovevi farlo per me.”
Minseok si inumidì le labbra e scrollò le spalle, gli occhi fissi sul banco. “Non è... niente,” mormorò. “Non preoccuparti.”
Si fermarono di fronte all'armadietto di Minseok un minuto più tardi, e il ragazzo tirò fuori la fotocamera dal proprio zaino e la passò con cautela a Luhan. “È piuttosto carina,” disse, con gli occhi fissi sull'oggetto per assicurarsi che Luhan non la facesse cadere. “Kyungsoo ha detto che devi starci attento, okay?”
Luhan annuì velocemente, guardando la macchina quasi con rispetto. “Lo farò,” promise. “Dì a Kyungsoo che lo ringrazio, okay?”
Minseok gli assicurò che lo avrebbe fatto. “Allora, um, vuoi andare... oggi, o più tardi? Non ho molto da fare,” disse, grattandosi il collo incerto.
Luhan lo guardò ancora, ma per sua sorpresa, scosse la testa. “Non posso, a dire il vero,” disse Luhan. “Sono impegnato.”
“O-oh,” disse Minseok, preso in contropiede. “Magari domani, allora?”
Luhan fece una smorfia. “Vediamo,” disse lentamente. “Potrei essere impegnato anche domani.”
Minseok voleva chiedere perché – moriva dalla voglia di saperlo – ma non lo fece. “Oh. Okay. Beh... proverò a cercare un altro giorno, allora. Fammi sapere quando sei libero.”
Luhan gli sorrise, e Minseok dovette sbattere le palpebre per la luminosità. “Grazie,” disse con sincerità, e Minseok riuscì a fargli solo un piccolo sorriso in risposta.
Si stava sforzando di essere più gentile e tutto, davvero, ma era difficile quando si ritrovava senza parole così spesso.
Luhan finì per non essere libero il mercoledì dopo la scuola, e poi di nuovo il giovedì, e Minseok si chiese cosa potesse fare il ragazzo tutto quel tempo (dato che per quanto ne sapeva lui, ancora non aveva amici), ma non pensava fosse suo diritto chiedere. Comunque, vedeva il ragazzo a scuola, dato che Luhan era letteralmente accanto a lui tutto il giorno, a meno che Minseok fosse in bagno o Luhan stesse parlando con Oh Sehun (che, a quanto pare, aveva risposto ad alcune delle sue domande con monosillabi, cosa che rese Luhan estremamente entusiasta).
In ogni caso, Minseok pensava di dover essere grato che Luhan non avesse mai tempo per stare con lui dopo la scuola. Dopotutto, questo significava che aveva nuovamente un po' del tempo libero che era stato così preoccupato di perdere. Stranamente, però, non si sentiva sollevato. Ogni volta che stava a casa, a lavorare su progetti scolastici o cose così, si ritrovava a domandarsi perché Luhan continuasse a rifiutare le sue offerte di aiutarlo con lo studio. Forse era davvero tanto impegnato, ma a volte Minseok si chiedeva se Luhan semplicemente non volesse più passare tanto tempo con lui di quanto non ne passasse ora. Forse si era stancato del suo comportamento e del suo essere sempre a disagio. Minseok lo sarebbe stato.
Per qualche ridicola ragione, Minseok si infastidì per questa cosa, diventando irritabile e triste fino a che il venerdì, a fine lezioni, Luhan non si voltò verso di lui e chiese titubante, “Hai tempo oggi?”
La quantità di speranza e sollievo che dilagò nel cuore di Minseok a quella stupida domanda era davvero assurda. “Sì!” esclamò un po' troppo in fretta. Si schiarì la voce. “Voglio dire, sì, ho tempo. Ho tutto il fine settimana per fare i compiti e tutto, quindi... sì.”
Luhan gli sorrise grato. “Se non sei impegnato... penso mi piacerebbe cominciare a fare foto per il mio progetto oggi. È un gran lavoro, quindi sono un po' preoccupato.”
Minseok annuì comprensivo. “Finiremo in tempo, non preoccuparti,” disse. Sbatté le palpebre sorpreso quando si rese conto con quanta facilità fosse uscito quel 'finiemo'. Non 'finirai'. Non lo stava spingendo su Luhan, così come avrebbe voluto fare la settimana precedente. Lo avrebbero fatto insieme.
“Ho portato dei vestiti per cambiarmi,” disse piano Luhan, risvegliando Minseok dai suoi pensieri. Gli tornò vagamente in mente che gli aveva insegnato lui stesso la parola 'cambiarsi' il loro primo giorno insieme. Il ragazzo indicò la propria borsa. “Non voglio indossare la divisa nelle mie foto.”
Minseok annuì. “Ha senso,” disse. “Vuoi cambiarti ora, prima di andare?”
Luhan annuì. “Devo solo prendere i compiti da fare nel fine settimana,” disse, e cominciò a prendere i libri dal banco. Gli occhi di Minseok si spalancarono quando i libri cominciarono ad impilarsi. “Io, uh…ho lasciato che si accumulassero,” disse piano, incespicando un po' con le parole. “Un po'.”
Minseok non sapeva se insegnare il verbo 'procrastinare' a Luhan o se dargli una pacca incoraggiante sulla schiena. Invece, non fece niente. Si ritrovò semplicemente a dire, “Possiamo, uh, lavorarci. Sai, nel fine settimana. Se vuoi.” Distolse lo sguardo dal compagno e si concentrò nel recuperare i propri libri.
Ci fu un breve silenzio, e poi una piccola voce disse, “Sarebbe carino.”
Minseok sorrise tra sé e sé.
Di tutti i posti in cui Minseok si aspettava Luhan lo portasse per la prima sessione di foto, l'aeroporto non era uno di quelli. Però, aveva senso, se ci pensava. Il progetto doveva essere circa la sua nuova vita in Corea, e l'aeroporto era la prima cosa che il ragazzo aveva visto appena atterrato. Era giusto cominciare da lì.
Ora vestito con dei bermuda casual e una vecchia maglietta a righe, e con indosso un grande zaino pieno zeppo di cerniere, Luhan poteva confondersi decisamente con la folla, a parte le valigie. Minseok, d'altra parte, dava nell'occhio con la sua divisa scolastica e con in mano una costosa fotocamera. Si mosse a disagio, guardando Luhan da dietro. Il ragazzo era sempre molto ordinato ed elegante con la sua uniforme, ma ora, vestito normalmente, sembrava... cordiale, in un certo senso. Amichevole, e a suo agio. Minseok si chiese se anche lui stesse così bene con indosso i vestiti di tutti i giorni.
Luhan si voltò all'improvviso, e Minseok trasalì leggermente per la sorpresa. Il ragazzo sorrise gentilmente. “Io, um, avrei un'idea, più o meno. Per come dovrebbero essere le foto.” Minseok annuì incoraggiante. “Vorrei che venisse scattata da dietro, solo la mia schiena, con l'aeroporto attorno a me…” Fece una pausa, poi indicò un cartello lì vicino. “Ecco, davanti alla sezioni dei voli internazionali. Ho pensato che... forse... tipo, le persone potrebbero essere…” Cercò la parola giusta, poi imbarazzato mosse vagamente le mani, simulando movimento. “Mohu.”
Minseok lo fissò per un momento, poi rise all'improvviso. “Sfocate?” chiese.
Luhan sorrise un po' timidamente e scrollò le spalle, con le guance rosa.
“Penso di aver capito cosa intendi,” disse rassicurante Minseok. “Ma... non sono sicuro di come farlo.”
“Nemmeno io,” ammise Luhan con vergogna.
In un secondo, Minseok tirò fuori il proprio cellulare, ancora sorridendo. “C'è il Wi-Fi in questo aeroporto, giusto? Lo cerco.”
Era più facile a dirsi che a farsi, a quanto pare. Luhan era praticamente appiccicato al fianco di Minseok, sbirciando il suo cellulare mentre controllavano diversi blog di fotografia e siti di how-to. Era abbastanza difficile fare qualsiasi cosa con Luhan così vicino, con i suoi capelli che di tanto in tanto gli sfioravano la tempia o la fronte, lo spazio tra loro così ridotto che Minseok poteva sentire il calore corporeo irradiare dalla sua pelle. Alla fine, però, Minseok riuscì a mettere insieme qualche informazione e cominciò ad armeggiare con la fotocamera di Kyungsoo, cercando di capire le impostazioni e di cambiarle senza rompere niente.
Ci vollero secoli di prove ed errori, sospiri di frustrazione e smorfie di repulsione, ma alla fine riuscirono a fare qualche foto decente. Luhan rimase con la schiena rivolta a Minseok, le mani che afferravano le spalline del suo zaino e il mento alto, mentre guardava dritto davanti a sé, come se si stesse preparando per il suo viaggio. Le luci erano un po' troppo forti, e le persone spesso camminavano davanti all'obbiettivo senza rendersi conto di star rovinando foto che sarebbero potute essere buone, ma alla fine Minseok guardò le anteprime degli scatti nel piccolo schermo e poté ritenersi soddisfatto. Non erano niente di spettacolare, ma nemmeno terribili, e quando Luhan le vide, si illuminò eccitato.
“Sono perfette,” disse senza fiato, afferrando senza pensarci il polso di Minseok. Le luci rendevano i capelli di Luhan quasi dorati, le sue guance rosse e il suo sorriso brillante.
Minseok pensò, per un breve secondo, che anche con dei vestiti casual e sotto le forti luci dell'aeroporto, Luhan fosse raggiante.
(Ed era una cosa piuttosto strana da pensare, quindi Minseok ripose il pensiero da parte.)
“Ci scriverò una didascalia sotto,” disse Luhan, con il viso ancora troppo vicino a quello di Minseok. I loro sguardi si incontrarono sopra la fotocamera. “Penso scriverò…‘Il vento era forte il giorno in cui sono volato qui. Mi sentivo come se mi stesse soffiando verso la Corea. Qui è dove il mio viaggio ha inizio. Nell'aria.’”
Minseok deglutì a fatica e annuì. “Perfetto,” disse, a voce stranamente bassa, e non era sicuro se stesse parlando della grammatica, della didascalia, o... di qualcos'altro.
Sperava si riferisse alla grammatica.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Era diventata una specie di
routine, per quel ragazzo – Luhan, o qualunque fosse il suo
nome – venire a far visita a Sehun all'inizio di ogni pausa
pranzo. Aveva cominciato un giorno all'improvviso. Sehun stava
mangiando il proprio pranzo, senza attirare alcuna attenzione su di
sé, come al solito, e poi improvvisamente un ragazzo gli si
era avvicinato, presentandosi in un coreano fortemente accentato. Sehun
non aveva risposto, più che altro per fargli capire che non
era interessato a iniziare una conversazione, ma il ragazzo era
insistente. Alla fine si era seduto, sorridendo e chiacchierando
amabilmente, facendo domande che non ricevettero risposta. Sehun non
sapeva davvero perché continuasse a provare. Ma alla fine
Luhan lo aveva lasciato in pace, cosa che a Sehun andava più
che bene. Fino ad ora era riuscito a passare inosservato con successo,
e sperava di continuare su questa scia.
Luhan, comunque, non sembrava
volersi arrendere così facilmente. Era tornato il giorno
seguente, e quello successivo, ed ogni giorno da allora. Non sembrava
mai aspettarsi niente da Sehun; si sedeva semplicemente di fronte a lui
e gli parlava, raccontandogli della pila di compiti che aveva da fare o
dei suoi vecchi amici in Cina, tutto in un coreano mal pronunciato che
Sehun avrebbe trovato affascinante se non fosse stato così
fastidioso. Luhan aveva scoperto il nome di Sehun dalla sua targhetta,
così come aveva fatto Sehun con lui, scoprendo anche la sua
classe – era un diplomando, due anni più grande di
lui. Luhan parlava con Sehun come se fossero amici o qualcosa del
genere, anche se Sehun non aveva mai riconosciuto la sua presenza fino
al terzo giorno, quando aveva risposto con brevi cenni della testa alle
sue continue domande.
Si chiese brevemente se
Luhan stesse cercando disperatamente qualcuno con cui sedersi, ma poi
si rese conto che il ragazzo stava con lui solo i primi minuti del
pranzo, finché il suo amico, un altro studente che sembrava
essere in qualche modo vicino al ragazzo cinese, arrivava da
chissà dove era prima di entrare in mensa. Quindi Luhan non
aveva bisogno di sedersi con Sehun ogni
giorno. Voleva semplicemente farlo.
Il che, francamente,
non aveva alcun senso per Sehun, perché cercava di rendere
piuttosto ovvio di non volere la stessa cosa. La determinazione di
Luhan non era soltanto incomprensibile, ma anche estremamente irritante.
Il quinto giorno, un
venerdì, Luhan gli si era avvicinato, come al solito, e
aveva cominciato a parlare a Sehun del ragazzo con cui sedeva sempre,
Minseok. Sehun era assolutamente sicuro di non aver mostrato un
briciolo di interesse sull'argomento, ma Luhan continuava, dicendo che
Minseok lo aveva aiutato in questo e in quello, e che Minseok gli aveva
insegnato questa e quella parola, e che Minseok lo avrebbe aiutato
gratuitamente nel suo progetto. (Perché avrebbe dovuto farsi
pagare, comunque? Non che Sehun stesse ascoltando... o che gli
importasse.)
“Accanto a
chi sei seduto in classe?” chiese Luhan all'improvviso, e
Sehun sollevò lo sguardo per un millesimo di secondo e vide
Luhan sorridergli, con la testa inclinata di lato, la perfetta immagine
di un'innocente curiosità.
Sehun non poteva
rispondere a questa domanda con un cenno della testa, e a questo
punto sapeva che Luhan non lo avrebbe
lasciato in pace se non avesse risposto. Forse, se lo avesse fatto,
Luhan se ne sarebbe andato. Forse era proprio quello che stava cercando
di fare. Far dire qualcosa al ragazzo solitario. E poi avrebbe smesso
di infastidirlo.
“Park
Jinhyuk,” mormorò Sehun, fissando ostinatamente il
proprio vassoio.
Luhan rimase in
silenzio per un lungo momento, ovviamente colto di sorpresa, ma Sehun
non lo guardò. “Oh. Beh, che bello. Lui
– lei? - ti aiuta con i tuoi compiti?”
Non se ne era andato
subito dopo, ma non fece tante altre domande prima di tornare dal
suo Minseok. Un altro paio di quelle domande
necessitavano una risposta verbale da parte di Sehun, cosa che fece in
controvoglia, sperando che Luhan si scoraggiasse. Per come era fatto,
però, il maggiore sembrava tutt'altro che scoraggiato quando
si alzò e disse, “Ci vediamo lunedì,
Sehun!”
Il ragazzo aveva
ferventemente sperato che l'avesse detto solo per essere educato o
qualcosa del genere. Sperava che Luhan si stancasse di lui e lo
lasciasse in pace d'ora in poi.
Nessuna fortuna.
Lunedì,
all'una, Luhan si sistemò al suo solito posto, proprio di
fronte a Sehun. “Ciao, Sehun-ah,” disse il ragazzo
cinese, come se fossero buoni amici. Sehun si accigliò al
nomignolo, ma non si disturbò a correggerlo,
perché in primo luogo, probabilmente il ragazzo non capiva
le regole delle formalità coreane, e poi, avrebbe
significato parlare. No, grazie.
Quando Sehun non
rispose, Luhan riempì il silenzio. “Minseok ed io
siamo andati a fare qualche foto all'aeroporto venerdì.
È stato... carino. Sembrava quasi che... beh. È
stato carino. Minseok è stato molto gentile.”
Sehun cominciò a mangiare il proprio pranzo senza curarsi di
guardare il maggiore. “È dovuto andare via prima
di cena, però. Ha detto che a sua madre non piace quando
mangia nei ristoranti. Mi andava bene, comunque, perché non
avevo soldi con me, quindi non avrei potuto comprare niente.”
Luhan stava storpiando la pronuncia di quasi ogni parola, ma Sehun ci
si era abituato. “Sono andato a casa sua, sabato, per
lavorare ai miei compiti. Ne ho tanti. Riesco a malapena a fare
qualcosa in classe. Ho sempre così tanti dubbi, ma non
voglio disturbare Minseok. Penso di infastidirlo comunque, facendomi
aiutare dopo la scuola.” Luhan sembrava leggermente
preoccupato mentre lo diceva – non che Sehun stesse prestando
attenzione. “Ma Minseok è stato gentile anche
sabato. Mi fa davvero felice. All'inizio pensavo mi odiasse, ma ora
penso non sia così. Voglio dire, abbiamo solo fatto i
compiti per tutto il tempo, e probabilmente non voleva farli. Non
è stato tanto divertente. Ma almeno non mi odia.
È una cosa buona.” Se Luhan stava cercando di
farlo sentire in colpa, non stava funzionando. “Il suo vicino
è gentile, Kyungsoo, non viene a scuola qui. Kyungsoo
è amichevole. Mi ha chiesto il numero di telefono. Mi sono
reso conto dopo che probabilmente intendeva il cellulare.”
rise imbarazzato Luhan. “Spero non cerchi di mandare messaggi
al mio telefono di casa.” Sehun continuò a
mangiare in silenzio. “Forse dovrei dire a Minseok
di—chi è quello?”
Sehun
sollevò lo sguardo prima di riuscire a fermarsi. Luhan stava
guardando dietro di lui, dall'altra parte della stanza –
Sehun si sedeva sempre rivolto verso il muro – e Sehun
resistette all'istinto di voltarsi. Sbattendo le palpebre una volta,
tornò a guardare il proprio pranzo.
“C'è
un ragazzo che ci sta guardando. Beh, te. Sta guardando te. Continua a
sollevare lo sguardo, come se stesse cercando di essere
furtivo,” lo informò Luhan. Sehun si
rifiutò di guardare. “Dovrei andare a parlare con
lui?”
“No!”
esclamò il più piccolo prima di potersi
fermare. Guardò Luhan, che sbatté le palpebre
sorpreso. Sehun abbassò le spalle, sentendosi stranamente
agitato. “No,” disse più piano.
“Non farlo.”
“Perché
no?” chiese Luhan, ancora guardando il ragazzo.
Sehun fece una lunga
pausa prima di dire, “Non attirare l'attenzione su di me. Se
tutto va bene si dimenticherà che esisto.”
Luhan annuì,
e Sehun fece una smorfia perché questo era il maggior numero
di parole che avesse volontariamente detto da quando aveva iniziato la
scuola qui. “Voglio sapere chi è,
però,” disse Luhan. “Continua a
guardarti.”
“Non
parlargli,” borbottò Sehun, anche se forse
era giusto un po' curioso su chi fosse. In modo
da... evitarlo meglio, sì.
“Ma voglio
sapere—” cominciò a dire ancora Luhan,
suonando leggermente petulante, e con uno sbuffo irritato Sehun si
voltò a vedere chi fosse.
“Chi?”
disse impaziente.
“Ha appena
distolto lo sguardo. Quel ragazzo, quello attraente con i capelli
scuri. La sua pelle è... marrone.”
Grugnendo mentalmente
per la scelta di parole del ragazzo (probabilmente non sapeva come
spiegarsi meglio), Sehun posò lo sguardo sul ragazzo in
questione. Lo riconobbe in un istante. “Kim
Jongin,” disse, abbastanza piano che solo Luhan potesse
sentirlo. “È nella mia classe.”
“Ah,”
disse Luhan, e Sehun si rivoltò per vederlo annuire
pensieroso. “Interessante.”
“Per
niente,” disse Sehun, riportando l'attenzione sul pranzo.
Aveva già detto sin troppo. Luhan probabilmente pensava che
Sehun gli stesse dando il permesso di continuare la
conversazione. No. No, no, ti prego no.
“Beh, Minseok
è qui. Ora vado. Ci vediamo domani, Sehun-ah,”
disse Luhan, alzandosi in piedi. “Continuerò a
guardare Kim Jongin.”
Sehun non si fece
problemi ad alzare gli occhi al cielo esasperato.
Minseok non sapeva fosse
possibile che due persone potessero essere egualmente felici per due
cose che sembravano così vastamente lontane una dall'altra.
Mentre Jongdae esultava per sua nuovissima ed importantissima posizione
all'interno del consiglio studentesco, eletto quel giorno, Luhan era
assolutamente elettrizzato perché Sehun, il ragazzo
solitario quasi muto, gli aveva detto frasi complete quel giorno.
Minseok non sapeva quali fossero quelle frasi, ma dubitava che
meritassero il sorriso a 1000 watt che Luhan aveva in viso una volta
tornato dalla loro chiacchierata giornaliera. Dopotutto, per quanto
poteva vedere lui dall'altra parte della stanza, Sehun sembrava ancora
burbero e impassibile come sempre.
Luhan di certo non sembrava così entusiasta quando Minseok parlava
con lui. E Minseok a volte gli sorrideva persino
(okay, raramente, ma era qualcosa!).
Nel frattempo, mentre il suo migliore amico e il suo, uh, Luhan
sorridevano, Minseok si sentiva leggermente infastidito. Forse era
perché non aveva mangiato abbastanza, ma Minseok non poteva
fare a meno di provare una certa sensazione allo stomaco. Era stupido,
perché non era che Jongdae lo stesse abbandonando o niente
del genere. Non era nemmeno che Jongdae si fosse fatto un nuovo amico.
Era solo più impegnato ora, con gli incontri del consiglio
durante il pranzo e dopo la scuola, e con eventi a cui doveva
partecipare, e roba del genere. Minseok non pensava che l'amico lo
stesse scaricando per Kim Junmyeon (beh, Minseok non aveva ancora
scartato quell'ipotesi, ma era sicuro che non fosse la sola ragione).
Ma Jongdae era comunque molto più impegnato ora, il che
lasciava Minseok senza un miglior amico molto più spesso di
quanto non gli sarebbe piaciuto.
Jongdae aveva suggerito in diverse occasioni che anche lui avrebbe
potuto iscriversi a sua volta in un club o qualcosa del genere, ma
Minseok... non poteva e basta. Non aveva il tempo, continuava a dire al
più piccolo. Non poteva farlo.
Per quanto riguardava Luhan, beh. Minseok aveva ancora lui, certo.
E pensava
anche di aver fatto alcuni progressi con il ragazzo – da
parte sua le conversazioni erano ancora imbarazzanti e a volte forzate,
ma dopo aver passato un po' di tempo con lui, Minseok aveva imparato
come parlargli. Stava imparando come aiutare al meglio Luhan con le
cose che gli servivano. E Luhan non camminava più in punta
di piedi attorno a lui, non sembrava più spaventato di poter
infastidire Minseok (cosa che lo aveva fatto sentire terribile). Non
erano esattamente amici, ma Minseok non aspettava
più con terrore i momenti che avrebbe dovuto passare con
Luhan, e anche a lui non sembrava dispiacere la sua compagnia, anche
se era tutto ciò che aveva.
Ma poi, quando Minseok
aveva pensato di star gestendo piuttosto bene tutta questa faccenda di
Luhan, il ragazzo se ne era andato da casa sua sabato lasciandogli una
banconota da 5,000 won, incriminante e velenosa, nelle mani di Minseok.
Aveva finito per nascondere i soldi sotto il materasso, così
da non doverle vedere e non sentirsi lo stronzo dell'anno.
E poi c'era la storia
di Oh Sehun, la ragione dell'attuale buonumore di Luhan. Non che
Minseok avesse qualche problema riguardo questo. Ma la gioia di Luhan
causata dal ragazzo sembrava soltanto peggiorare il suo malumore. Era
stupido e ingiustificato e Minseok voleva finirla ed era ancora
così affamato ed irritabile e, ugh. Perché, per una
volta, le cose non potevano essere semplici per Minseok?
Le cose migliorarono
leggermente nel corso della settimana. Jongdae faceva dentro e fuori
dalla mensa durante la pausa pranzo, e tornava a casa con Minseok un
giorno sì e uno no, ma compensava la sua assenza con le
continue frecciatine al fatto che a breve sarebbe stato il suo
compleanno, e che Minseok avrebbe fatto meglio ad organizzargli
qualcosa. Luhan era ancora occupato con Sehun e cercava di parlare con
lui durante il pranzo, ma il più piccolo sembrava essersi
chiuso ancora di più da quel lunedì in cui aveva
parlato più del solito.
A parte il pranzo, però, Luhan rimaneva ancora incollato al
fianco di Minseok, il quale non sembrava tanto infastidito quanto lo
sarebbe stato prima. Si stava quasi abituando ad avere il ragazzo
sempre vicino. A questo punto si aspettava di
averlo sempre accanto; ogni volta che si girava, ogni volta che il
professore introduceva qualche nuova parola, ogni volta che venivano
date troppe istruzioni alla volta. Minseok stava incominciando a fare
il primo passo in automatico; la sua mente pensava, cercando il modo di
spiegare le cose in parole semplici, traducendo in cinese quello che
poteva, per sicurezza. Era più facile risolvere questi
problemi prima che Luhan potesse chiedergli qualcosa.
Di certo non era perché Minseok era felice quando Luhan gli
sorrideva ogni volta che lo aiutava senza che glielo chiedesse.
Kyungsoo gli aveva detto che forse si stava affezionando alla
compagnia di Luhan, ma per una volta, Minseok decise di ignorare le
'perle di saggezza' del più piccolo. Dopotutto, cosa poteva
saperne Kyungsoo?
(“Conosco te, hyung. Non
pensare che non ti conosca. Mi dici i tuoi segreti da una vita, cavolo.
Dovresti starmi ad ascoltare.” Certo certo.)
Ad ogni modo, non importava quanti progressi Minseok pensava avessero
fatto, niente poteva prepararlo alla conversazione che ebbero
giovedì a pranzo.
Era uno di quei giorni in cui Jongdae aveva un incontro con il
consiglio degli studenti, quindi Minseok arrivò in mensa
trovando il tavolo vuoto. Quando si sedette, si guardò
automaticamente intorno alla ricerca di Luhan, ma il ragazzo non era al
suo solito posto davanti a Oh Sehun. Non era da nessuna parte, per
quanto poteva vedere Minseok. La sua reazione immediata fu quella di
preoccuparsi, il che era ridicolo, perché Luhan aveva
diciassette anni, non cinque. Era però difficile per Minseok
ignorare i fastidiosi pensieri che gli riempirono la mente mentre
tirava fuori il proprio pranzo.
Fortunatamente, il ragazzo arrivò qualche minuto dopo,
prendendo posto accanto a Minseok invece che fare il solito pit stop al
tavolo di Sehun. “Ciao,” disse il ragazzo, posando
la busta del pranzo sul tavolo senza aprirla.
“Hey,” rispose Minseok, guardandolo ma senza fare
domande. Sarebbe sembrato troppo interessato se gli avesse chiesto cosa
lo avesse trattenuto? Lo avrebbe fatto sembrare una mamma iper
protettiva, o solo un amico curioso, o—
“Sono stato fermato da alcune ragazze in
corridoio,” disse all'improvviso Luhan, riscuotendo Minseok
dai suoi pensieri.
“Oh,” disse Minseok, aggrottando automaticamente le
sopracciglia, preoccupato. “Ti stavano
infastidendo?”
“No,” rispose lui, aggiustandosi sulla sedia.
Sembrava stranamente agitato. “Ma mi hanno detto una
cosa.”
“Cos'era stavolta?” chiese Minseok, quasi tra
sé e sé. “Che hai degli occhi
bellissimi?”
Luhan sbatté le palpebre, visibilmente sorpreso, e Minseok
voleva darsi un pugno. Certo, rendiamo le cose
ancora più strane, idiota. “Pensi
che abbia dei begli occhi?” domandò.
Minseok distolse lo sguardo e si concentrò sul proprio
pranzo, sentendosi avvampare. “Non sapevo fosse messo in
discussione,” disse, sentendosi stranamente vergognoso.
“Non importa. Cosa ti hanno detto le ragazze?”
Luhan continuò a muoversi accanto a lui, e quando Minseok lo
guardò ancora, il ragazzo sembrava nervoso, come se non
fosse sicuro di doverlo dire a Minseok o meno. “Era
più una domanda, a dire il vero,” disse,
incespicando un po' con le parole, come non faceva sin dal suo primo
giorno di scuola. “Io—loro—era su di
te.”
Minseok si sentì improvvisamente tanto nervoso quanto Luhan.
Perché le ragazze chiedevano a Luhan cose su di lui? Non
è che fossero interessate a lui. Sapevano benissimo che
sarebbe stato inutile. “Cosa—cos'era?”
chiese, non proprio sicuro di volerlo sapere.
Luhan stava giocherellando con la manica della giacca, guardando
Minseok di tanto in tanto. “Loro, um, mi hanno chiesto se
sapessi che sei... che sei... gay?” Minseok gelò
mentre il suo cuore perdeva un battito, qualcosa di spiacevole gli si
rigirò nello stomaco. Non è che fosse un segreto
o niente del genere, sapeva che tutti a scuola sapevano, ma Luhan non
lo sapeva, e avrebbe preferito che fosse rimasto così, e oh
merda, non avrebbe voluto che venisse a scoprirlo così.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non uscì
niente, e continuò a fissare il tavolo, con la testa che gli
girava leggermente. Prima che potesse pensare a come reagire,
però, sentì Luhan avvicinarsi a lui, il suo petto
gli sfiorò la spalla quando si voltò a guardarlo,
e Minseok poté sentire il fiato di Luhan sulla propria
guancia, e stava cominciando a sudare, e poi il ragazzo
sussurrò, “Um, cosa significa?”
Ci volle un imbarazzante lungo momento perché Minseok si
rendesse conto che Luhan si riferiva alla parola. Luhan non sapeva
cosa significasse 'gay'. Non era
esattamente nel vocabolario dei principianti. Minseok non era nemmeno
certo dell'esatta traduzione cinese. Tossendo imbarazzato, Minseok si
allontanò leggermente da lui, mettendo un po' di spazio tra
loro, e riuscì a dire, “S-significa,
um.” si schiarì la gola, abbassò
leggermente la voce così da non essere sentito.
“Significa che mi piacciono i ragazzi?”
Luhan si allontanò, e Minseok era troppo spaventato per
guardarlo, per vedere come avrebbe reagito. Mantenne gli occhi sul
tavolo, si infilò del cibo in bocca. Calò il
silenzio per qualche momento, e poi Luhan disse,
“Oh.” Minseok si sentiva male. “Tipo...
solo i ragazzi? Non ti piacciono le ragazze?”
Minseok continuò a masticare, il viso accaldato e la gola
secca. “È quello che significa la parola,
sì.”
Ci fu un altro attimo di silenzio, e poi Luhan chiese piano,
“Stavano dicendo la verità?”
Almeno, pensò Minseok, Luhan aveva avuto la decenza di
chiedere conferma a lui, invece che credere ciecamente che i vari
pettegolezzi raccontatigli da quelle ragazze fossero veri.
Però, fu comunque difficile per Minseok aprire la bocca e
dire, “Sì, è vero.”
“Oh,” ripeté, e Minseok si
preparò a Luhan che se ne andava, a Luhan che lo avrebbe
ignorato da adesso in poi, a tutto ciò che Luhan avrebbe
potuto dirgli. Minseok non si vergognava di quello che era –
era uscito allo scoperto davanti a tutta la scuola, dopotutto
– ma sapeva che a volte dire la verità portava a
brutte conseguenze, e a volte era difficile accettarle. Prese un
profondo respiro e strinse le bacchette, serrando la mascella, e
preparandosi al peggio.
Ma tutto ciò che disse Luhan fu, “Okay. Hey,
quell'annuncio di stamattina, era riguardo alla squadra di
calcio?”
Minseok si sentì debole all'improvviso, scioccato dal cambio
di argomento di Luhan, e anche dal fatto che fosse ancora
lì, seduto accanto a lui. Si rese conto più tardi
che non sarebbe dovuto rimanere sorpreso, considerando che quando
Minseok aveva insinuato che Jongdae avesse una cotta per Junmyeon,
Luhan non aveva battuto ciglio, eppure... si voltò a
guardare il ragazzo, gli occhi spalancati, e vide che Luhan lo stava
osservando con sguardo sincero e un piccolo sorriso sulle labbra, le
spalle rilassate, completamente a suo agio. E in questo modo, Minseok
venne travolto da sollievo e gratitudine e altre calde sensazioni che
lo riempirono, facendolo sentire intontito e leggero. Non si sentiva
così da... probabilmente da quando lo aveva detto a Jongdae,
e il suo migliore amico aveva detto, “E me lo dici solo ora?
Mi sono sempre chiesto come mai non ti piacessero le Wonder
Girls.”
“Io—cosa?” balbettò, fissando
Luhan, che continuava a guardarlo paziente, sempre sorridente.
“Quell'annuncio,”
ripeté Luhan, sebbene le parole suonassero confuse per
Minseok, che doveva ancora riprendersi. “Hanno detto qualcosa
sulla squadra di calcio?”
“La—squadra—oh,
sì.” Minseok scosse la testa, pensando che
probabilmente era sembrato un idiota. “Sì,
l'annuncio. Le selezioni cominceranno presto. La nostra scuola
è forte a calcio, si allenano tutto l'anno per la
stagione.” Studiò il viso di Luhan per un momento.
“Non—non dici niente sul fatto che mi piacciono i
ragazzi?”
Luhan
scrollò le spalle. “Non sono affari miei chi ti
piace,” disse. “Tu giochi a calcio?”
Minseok si
sentì quasi annaspare. “Sì,”
disse quasi ipnotizzato. “Ero nella squadra.”
“Non
più?” chiese curioso Luhan, e Minseok era ancora
stupefatto per come il ragazzo fosse passato da un discorso all'altro
così velocemente.
“No,
io—ho dovuto smettere. Non ho il tempo di stare in squadra
quest'anno,” disse, incespicando nelle parole.
Luhan annuì
e cominciò finalmente a tirare fuori il proprio pranzo.
“Anche io penso che non potrò unirmi alla
squadra,” disse triste. “Troppe cose da fare.
Troppo impegnato.” Guardò Minseok, sembrando
incerto mentre aggiungeva, “Dovremmo giocare, qualche
volta.”
Tutto quello che
Minseok riuscì a dire in risposta fu,
“Sì, certo.” E, si rese conto qualche
minuto dopo, quando si fu schiarito bene le idee, che lo pensava
davvero. Non gli sarebbe dispiaciuto affatto. Passare del tempo con
Luhan non per necessità, non per fare i compiti o aiutarlo
nel progetto o niente del genere. Passare del tempo insieme e basta.
Giocando a calcio. A Minseok non dispiaceva.
Sin da quando erano diventati
migliori amici, Minseok aveva avuto l'annuale compito di organizzare la
festa di compleanno di Jongdae. Non era sicuro del perché,
dato che non preparava mai niente di speciale o divertente, ma l'amico
insisteva che fosse lui a fare qualcosa, e a Minseok non dispiaceva
farlo. Quest'anno, convenientemente, il suo compleanno cadeva di
sabato, quindi Minseok pensò di invitare qualche persona a
casa per fare qualcosa e mangiare schifezze. Niente di stravagante, ma
abbastanza da soddisfare Jongdae (purché Minseok gli facesse
un regalo decente).
Si rese conto velocemente però che, oltre a lui, Jongdae non
aveva poi tanti amici. Non è che non fosse un ragazzo
amichevole, perché Jongdae era molto più
estroverso di lui, ma la verità è che nonostante
il ragazzo avesse migliaia di conoscenze, non aveva tanti amici intimi.
Nessuno che Minseok pensava di dover invitare, almeno.
Avrebbe potuto invitare Kyungsoo, dato che comunque la festa sarebbe
stata a casa sua. A meno che qualcuno non avesse il raffreddore o
qualcosa del genere, il suo vicino avrebbe probabilmente potuto passare
il pomeriggio con loro. Chi altro c'era? Chanyeol e Baekhyun,
immaginò. Tra tutti i suoi compagni di classi, loro due
erano quelli con cui aveva legato di più. In più,
erano ragazzi amichevoli; andavano d'accordo con tutti. Oltre loro
tre... di chi parlava Jongdae? Kim Junmyeon?
Oh. Jongdae lo avrebbe ucciso.
Minseok passò la pausa pranzo a guardarsi intorno in mensa,
chiedendosi chi altri avrebbe potuto invitare. Aveva già
contattato gli altri invitati e ricevuto conferma, e ora doveva solo
assicurarsi che non stesse dimenticando nessuno. Non che fosse
possibile.
“Cosa stai cercando?” chiese improvvisamente una
voce accanto a lui.
Minseok si voltò sorpreso e vide Luhan seduto lì,
che lo guardava. Non aveva visto il ragazzo tornare dal tavolo di
Sehun. “Huh? Oh, stavo solo pensando se ci fosse qualcuno da
invitare…” si fermò quando si rese
conto quanto sarebbe stato brutto – ammettere di star
cercando persone da invitare alla festa di Jongdae, e non invitare lui.
E poi pensò che non c'era alcun motivo per cui non
invitare Luhan. Anche con i limitati collegamenti
del ragazzo, conosceva abbastanza bene tutti quelli che aveva
invitato... e a Minseok... non sarebbe dispiaciuto se fosse venuto.
“Hey, um. Domani è il compleanno di
Jongdae,” cominciò incerto. Sarebbe voluto venire?
La maggior parte del tempo, Minseok pensava che Luhan stesse con lui
solo perché non aveva nessun altro. Probabilmente non gli
stava nemmeno tanto simpatico – perché avrebbe
dovuto, quando Minseok non aveva fatto altro che scoraggiarlo
dall'avvicinarsi troppo? Si stava già pentendo di aver
aperto bocca.
“Lo so,” disse Luhan. “Continua a
ricordartelo ogni volta che siete insieme.”
Minseok rise un poco. “Lo so. Volevo solo dire…um,
ho invitato un paio di persone a casa, per festeggiare e passare del
tempo insieme. Ti, uh—” si fermò un
attimo quando vide lo sguardo speranzoso con cui lo stava guardando
Luhan. “Ti andrebbe di unirti a noi? Voglio dire,
più siamo, meglio è, o come si dice.”
“Più siamo più cosa?” chiese
Luhan, gli occhi ancora lucidi e speranzosi.
Minseok tossì. “Niente. Intendevo che se vuoi puoi
venire. Alla festa.”
Luhan si morse il labbro, come se stesse cercando di non sorridere
– come se non volesse sorridere prima di sapere se Minseok
stesse scherzando o meno. “Vuoi che venga?” chiese.
Minseok distolse lo sguardo imbarazzato, scrollò le spalle e
disse, “Certo. Se vuoi.”
“Io—sì. Mi piacerebbe,” disse
Luhan, ed era solo una sua impressione o sembrava un po' commosso?
“Grazie.”
Minseok fece un cenno con la mano, come per dire che non c'era
problema. Lo faceva sentire troppo strano. “È a
casa mia,” disse, anche se era abbastanza sicuro di averlo
già detto. “Comincia alle 3, e puoi rimanere a
cena e fino a quando vuoi.”
“Dovrei—dovrei portare qualcosa?” chiese
Luhan, sembrando più coinvolto ed eccitato di quanto non si
sarebbe aspettando Minseok. “Dovrei portare un
regalo?”
Minseok guardò il ragazzo accanto a sé, e dovette
sorridere per quanto sembrasse toccato. Che qualcosa di così
piccolo significasse così tanto per lui... Minseok
pensò che Luhan se lo meritasse. Meritava di sentire di
appartenere a qualcosa, di sapere che piaceva alle persone, che
era voluto. Era una cosa così
semplice, un invito ad una festa di compleanno, ma per Luhan era molto
più di quello, e Minseok se ne rese conto. “Porta
solo te stesso,” lo rassicurò. “Non
preoccuparti di altro.”
“Okay,” disse Luhan, sembrando quasi senza fiato.
“Sì. Grazie.”
“Non devi ringraziarmi,” disse Minseok, e lo
pensava davvero. “Voglio che tu venga.”
“Davvero?” chiese Luhan, guardandolo risolutamente.
“Io—sì,” rispose Minseok,
balbettando sotto quello sguardo. “Kyungsoo ti
vorrà vedere. E io – sì. Dovresti
venire.” Non sapeva nemmeno più cosa stesse
dicendo.
“Ci sarò,” disse velocemente Luhan,
annuendo. “Voglio venire.”
Minseok abbassò lo sguardo sul tavolo e sorrise.
“Okay,” disse.
Quando guardò nuovamente Luhan, il ragazzo stava sorridendo
incontrollabilmente attorno alle proprie bacchette, la testa abbassata
verso il tavolo per nascondere il proprio viso, arrossato per
l'incredibile felicità. La scena fece riprovare a Minseok
quella strana sensazione che aveva provato il giorno prima. Si chiese
brevemente quando Luhan avrebbe smesso di avere quell'effetto su di
lui.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Sinceramente, quando Minseok aveva chiesto a Junmyeon se fosse voluto venire alla festa di Jongdae, non si era aspettato che il ragazzo accettasse. Non era nemmeno stato completamente serio – era stato più che altro un 'hey vuoi venire alla festa del mio amico ahah non sarebbe divertente'. Ma quando aveva incrociato il presidente del consiglio studentesco in corridoio, aveva gettato la domanda così, e Junmyeon aveva detto, “Oh, Jongdae? Non sapevo fosse il suo compleanno domani.”
Minseok annuì, guardandosi intorno per assicurarsi che il migliore amico non sbucasse fuori dal nulla per chiedergli perché stesse parlando con la sua non-cotta. “Già. Faccio una piccola festa a casa mia.”
“Ti ha chiesto lui di invitarmi?” Chiese Junmyeon, visibilmente sorpreso.
Minseok rise, grattandosi il collo. “Beh, uh, non esattamente. Ho solo pensato, sai, visto che siete abbastanza vicini…”
“Non siamo così vicini,” disse Junmyeon, e Minseok sbatté le palpebre. “Ho cominciato a conoscerlo solamente dopo che si è candidato alle elezioni.”
Minseok rimase quasi a bocca aperta. “Voi - davvero?”
Junmyeon scrollò le spalle, sorridendo amabilmente. “Sì. Perché?”
Minseok venne improvvisamente travolto dall'istinto di andare a cercare Jongdae e afferrarlo in una presa di sottomissione, chiedendogli perché quell'idiota parlasse così tanto di Junmyeon se a malapena lo conosceva. Davvero, che razza di ragazzo si prendeva una cotta per qualcuno a cui non aveva nemmeno rivolto parola?
(“Non è una cotta!” gli avrebbe detto lui. “È soltanto una normale ammirazione, totalmente non gay!”)
Schiarendosi la gola a disagio, Minseok guardò Junmyeon e disse, “Niente, pensavo solo che foste un po' amici. Puoi comunque venire alla festa, se vuoi.” Non poteva di certo ritirare l'invito ora, dopotutto.
Junmyeon sembrò pensarci su. “Jongdae vorrebbe che venissi?”
“Uh…” Minseok ci pensò per un secondo. Jongdae voleva che venisse? Sì, ma anche no, perché nonostante tutta l'ammirazione che l'amico aveva per il maggiore, a quanto pare non erano nemmeno amici. Ma Minseok non era famoso per rendere le cose facili a Jongdae. “Sì, voglio dire, penso di sì. Per adesso siamo solo noi due, il mio vicino e Baekhyun e Chanyeol, quindi…”
“Byun Baekhyun?” chiese Junmyeon. “Siamo insieme al comitato per l'annuario. Se c'è anche Baek, vengo.”
E quindi Junmyeon aveva accettato l'invito di Minseok, e visto che il ragazzo ci teneva alla propria vita, si era convenientemente 'dimenticato' di dirlo a Jongdae.
Kyungsoo fu il primo ad arrivare sabato pomeriggio, sembrando nervoso ma anche un po' eccitato all'idea di conoscere così tante persone nuove in una volta. Era estremamente raro che Kyungsoo uscisse da casa propria, anche solo per andare da Minseok. Conosceva una po' Luhan, Jongdae abbastanza bene, ma non aveva mai incontrato nessuno degli altri, quindi sarebbe stata un'esperienza nuova per lui. Disse a bassa voce a Minseok che non era mai stato ad una festa di compleanno prima, e che non era sicuro di cosa fare. Minseok sorrise e gli diede una busta di palloncini da gonfiare come decorazione.
Jongdae arrivò poco dopo, giusto in tempo per osservare le decorazioni di Minseok e Kyungsoo con occhio critico. “Chi ha fatto gli striscioni?” chiese.
“Io,” rispose Minseok.
“Lo sapevo. Sono terribili,” disse Jongdae, e Minseok grugnì e gli diede un calcio. “Hey Kyungsoo, come va?”
Il ragazzo si illuminò eccitato. “Bene!” esclamò. “Buon compleanno! Questa è la prima festa di compleanno a cui sia mai venuto.”
“Davvero?” chiese Jongdae. “Che mi dici della tua?”
Kyungsoo scosse la testa. “Siamo sempre solo io e i miei genitori. Non è proprio una festa. Non credo che conti.”
Jongdae si accigliò. “L'anno prossimo ti organizziamo una festa, è deciso,” disse. Poi aggiunse, “Ma per ora, parliamo di me! È il mio compleanno!”
Baekhyun e Chanyeol arrivarono insieme, come al solito. Minseok si chiese brevemente se quei due si staccassero mai l'uno dall'altro.
“Ci siamo tutti, allora?” chiese Jongdae, guardando le persone riunite nel salotto di Minseok. Chanyeol si stava presentando con entusiasmo a Kyungsoo, il quale sembrava allo stesso tempo intrigato e allarmato dal volume della sua voce e dal suo gesticolare.
“Uh, no,” disse Minseok, sentendosi all'improvviso stranamente nervoso. Non aveva detto a Jongdae di nessuno degli altri due invitati. “Deve arrivare ancora qualcuno.”
“Oh?” disse Jongdae sorpreso. “Chi?”
“Vedrai,” si contenne Minseok, forzando un mezzo sorriso.
Qualche minuto dopo, qualcuno bussò alla porta, e Baekhyun esclamò, “Vado io!” Prima ancora che Minseok potesse dire niente, il più piccolo aprì la porta, e disse, “Oh, ciao Junmyeon hyung! Non sapevo ci saresti stato anche tu!”
In un istante, Jongdae afferrò il braccio di Minseok e lo fece voltare, sibilando, “Che cavolo, perché è qui?”
Minseok rise nervosamente. “L'ho invitato?” tentò.
“Kim Minseok giuro che ti—oh, uh, ciao sunbae,” disse Jongdae, lasciando andare il braccio di Minseok e sorridendo in modo affascinante al nuovo arrivato.
Junmyeon sorrise raggiante. “Puoi chiamarmi hyung, lo sai,” disse. “Buon compleanno, Jongdae.”
Jongdae sembrava fosse sul punto di svenire. Minseok riuscì a malamente a contenere una risatina. “G-grazie, hyung. Io, um, non sapevo saresti venuto.”
“Mi ha invitato Minseok,” disse lui, e Minseok sussultò leggermente. L'amico l'avrebbe ucciso per questo. Ne era valsa la pena, però, perché per una volta Jongdae era imbambolato e timido, una cosa gloriosa. Era da anni che Minseok aspettava di vederlo così.
Ricominciarono le solite presentazioni – più che altro presentò Kyungsoo agli altri, spiegando che c'era un motivo se il ragazzo non si poteva avvicinare troppo a loro – e poi, ci fu un lungo silenzio imbarazzante, perché Jongdae sembrava ancora essere vergognoso e Kyungsoo sembrava essere stato travolto da tutti i visi nuovi e nessuno sembrava sapere cosa dire. (Di sicuro Minseok non lo sapeva.)
“Hey,” disse all'improvviso Chanyeol, la voce decisamente troppo alta nel silenzio della stanza. “Hai qualche gioco di società?”
E fu così che i sei ragazzi finirono per sedersi in cerchio sul pavimento del soggiorno, giocando a Pirates' Dice. Minseok non ci aveva mai giocato prima, ma Chanyeol e Baekhyun ne era decisamente entusiasti, spiegarono velocemente le regole e consegnarono a tutti tre dadi. Dovettero fermarsi per disinfettare quelli di Kyungsoo prima di iniziare il gioco, ma dopo di che, fu difficile fermarli. Era un gioco caratterizzato dal bluff e da decisioni che ti mettevano sotto pressione, e dopo un po', tutti i giocatori cominciarono a lanciarsi insulti per averli messi in situazioni difficili. A Minseok piaceva guardare tanto quanto giocare – Jongdae si era dimenticato di essere timido di fronte a Junmyeon e si lamentò della propria sfortuna, Kyungsoo chiamava ogni bluff come se potesse leggere nel pensiero, e Junmyeon, presidente degli studenti, passò la maggior parte del tempo a urlare invec che parlare durante i suoi turni – ma dopo un po', si ritrovò distratto da qualcos'altro. Dopotutto, era difficile prestare attenzione al gioco quando il suo sguardo continuava a posarsi sulla porta.
“Stiamo aspettando qualcun altro, hyung?” chiese Jongdae, alla terza volta che vide Minseok perso tra i propri pensieri.
“Huh? Oh, sì... ho detto a Luhan che poteva venire, se voleva, ma non è qui,” disse Minseok, accigliato.
“Hai invitato Luhan?” chiese Jongdae, inarcando le sopracciglia. “Perché?”
Minseok scrollò le spalle, evitando il suo sguardo. “Ho pensato che sarebbe voluto venire,” mormorò, ignorando anche lo sguardo che gli stava lanciando Kyungsoo.
“Il ragazzo cinese?” chiese Baekhyun, intromettendosi. “Vi vedo sempre insieme. È un tuo amico, Jongdae?”
Jongdae scosse la testa. “Non proprio. Più che altro di Minseok hyung.”
“Oh, è fantastico che stia facendo amicizia con il nuovo ragazzo,” disse Junmyeon, illuminandosi, e Jongdae cominciò a mormorare “Beh voglio dire siamo amici più o meno, immagino possa chiamarci amici,” ma Minseok era troppo distratto dall'uso di quel termine per ridere alla ridicolaggine di Jongdae.
Amici? Lui e Luhan erano amici? Avevano fatto quel passo da 'compagni di classe' a 'conoscenti' ad 'amici'? C'erano dei passi? Minseok non lo sapeva nemmeno. Si sentì improvvisamente un po' imbarazzato. (Luhan si considerava suo amico? Se no, lo avrebbe fatto dopo oggi?) Scuotendo la testa, Minseok disse, “Non importa di chi sia amico, non è qui.”
“Ti ha mandato un messaggio?” chiese Baekhyun, facendo ruotare i dadi in mano.
Minseok scosse la testa, lanciando comunque uno sguardo al telefono posato sul tavolino. “Non ha un cellulare,” disse. “Ancora,” aggiunse.
“Non è qui già da due settimane?” chiese Chanyeol, sollevando le sopracciglia.
Minseok scrollò le spalle senza dire niente, scuotendo pigramente il proprio dado. Gliene era rimasto solo uno; non era troppo bravo a questo gioco.
Chanyeol socchiuse gli occhi, sospettoso. “Curioso,” disse. “Davvero curioso.”
Baekhyun diede un piccolo schiaffo alla spalla del miglior amico. “Devi smetterla di guardare serie sullo spionaggio.”
“Avrebbe comunque potuto chiamarmi dal telefono di casa,” si intromise Minseok. “Ma non l'ha fatto.”
“Forse giace morto in un vicolo da qualche parte,” suggerì Chanyeol, con la stessa leggerezza con cui qualcuno direbbe 'Forse ha dormito troppo'.
“Chanyeol,” disse severo Baekhyun, ma Jongdae stava ridendo, e anche Kyungsoo si unì dopo un po', facendo uscire la parte macabra del suo senso dell'umorismo.
Minseok cercò di sorridere e alzare gli occhi al cielo per la battuta (almeno pensava fosse una battuta – non si poteva mai dire con Chanyeol), ma sentì una strana fitta al petto al pensiero. Dopotutto, Luhan era sembrato piuttosto eccitato di venire quando Minseok lo aveva invitato il giorno prima. Ora era più di un'ora in ritardo, e Minseok non aveva notizie di lui. Cosa avrebbe dovuto pensare?
Fortunatamente, venne salvato dall'attacco di panico indotto da quel pensiero quando qualcuno bussò alla porta, e Minseok si gettò verso di essa. Aprendola, sentì un'ondata di sollievo quando vide Luhan lì in piedi, sembrando imbarazzato quando incontrò il suo sguardo, e sorrise. “Ciao,” disse piano.
“Ciao,” rispose Minseok, e la sua voce era stranamente affannata.
“Scusa il ritardo,” disse Luhan. “Avevo alcune, uh, cose da fare. Ho portato una cosa.”
Minseok guardò la mano del ragazzo e vide una piccola busta. “Per me?” chiese stupidamente.
Luhan rise. “No, ovviamente no. Per Jongdae. È il suo compleanno, dopotutto.”
Oh. Oops. “Um. Giusto, ahah.” Minseok sentì le guance avvampare. Idiota. “Ti avevo detto che non c'era bisogno che portassi qualcosa, però.”
“Lo so. Ma volevo farlo,” disse Luhan, sorridendo, e la sincerità nel suo sguardo riusciva sempre a sconcertarlo.
“Okay,” disse, pensando a qualcosa da dire per riparare all'imbarazzante domanda di prima. “Grazie. Voglio dire – non importa. Dai, entra.” Resistendo al bisogno di sventolarsi il viso, si fece finalmente da parte per lasciar entrare Luhan.
“Ciao Luhan-hyung!” disse Kyungsoo dopo un momento di silenzio.
Luhan si immobilizzò per un secondo, poi chiese piano, “Hyung?”
Minseok si accigliò leggermente, poi disse, “Sì, lui è—Kyungsoo è più piccolo di te, quindi dovrebbe chiamarti—”
“No, lo so,” disse Luhan, abbastanza piano che solo Minseok lo sentì. “Solo che – è un termine familiare, giusto? Amichevole?”
“Oh.” Minseok sbatté le palpebre un paio di volte, riportato improvvisamente al suo precedente monologo mentale circa la parola “amici.” “Sì, penso di sì. Voglio dire, a Kyungsoo piaci... nemmeno lui è il massimo in tutta questa cosa del costrutto sociale…”
Luhan all'improvviso sorrise, lo sguardo acceso da una gioia innegabile, e sussurrò, “Hyung.” Minseok deglutì a fatica per quanto sembrasse felice, ma prima che potesse pensarci troppo, il ragazzo cinese si schiarì la gola e disse con attenzione, “Ciao a tutti. Scusate il ritardo. E buon compleanno, Jongdae!”
Dopodiché, ci fu un breve momento in cui tutti parlarono tra loro, seguito da un entusiasta, “Hai mai giocato a Pirates' Dice, Luhan-ssi?” da parte di Chanyeol.
Luhan scosse la testa, e Minseok si schiarì la gola più forte di quanto non fosse necessario mentre si sedeva per terra accanto al ragazzo. “Posso spiegarti come si gioca,” disse, forse con un po' troppa autorità, ma Luhan si voltò semplicemente e gli sorrise grato, e Minseok pensò fosse giustificato. Questo è il suo lavoro, dopotutto.
Nonostante lui stesso le avesse imparate poco meno di un'ora prima, Minseok spiegò con attenzione le regole del gioco, con l'aiuto delle persone attorno a lui. Era abituato a questo – era bravo. Spiegare le cose in parole semplici, ripeterle quando capiva che Luhan ne aveva bisogno, usare i gesti oltre che le parole. Luhan annuiva, e Minseok sentì la soddisfazione scorrergli nelle vene. Poche cose facevano sentire bene Minseok come un lavoro ben svolto.
Alla fine, Luhan sembrava aver capito, e Minseok gli sorrise per un momento prima di voltarsi verso il gioco e prendere i propri dadi. “Cominciamo, allora?” chiese, guardandosi intorno. “E assicuratevi di pronunciare chiaramente le vostre scommesse, così che Luhan possa capire.”
Ci fu una serie di cenni della testa, seguita dal forte brontolio dello stomaco di qualcuno. Alcuni ragazzo ridacchiarono, e Minseok si voltò verso Luhan, il quale stava sorridendo imbarazzato.
Ridendo leggermente, Minseok disse, “Vado a prendere qualcosa da mangiare,” e si alzò in piedi.
“Vengo anche io,” cinguettò Kyungsoo, e i due si diressero in cucina.
“Perché sei venuto?” chiese Minseok mentre versava delle patatine in un contenitore enorme, guardando Kyungsoo, il quale stava aprendo il rubinetto con un tovagliolo di carta. Non poteva toccare niente in cucina, figuriamo aiutarlo con gli snack.
Il più piccolo scrollò le spalle, dando la schiena a Minseok. “Non è mai un brutto momento per lavarsi le mani,” disse, sfregando metodicamente i palmi insieme, coperti di sapone.
“Per te no, immagino,” disse Minseok, ridendo leggermente. Lavorarono in silenzio per un momento, ascoltando gli altri chiacchierare nella stanza accanto. Minseok sbirciò in soggiorno e sorrise quando vide Luhan agitare i dadi.
“Probabilmente dovresti smetterla, sai. Se vuoi che Jongdae la smetta di scocciarti.”
Minseok si voltò sorpreso e vide Kyungsoo che lo guardava da sopra la spalla. Il più piccolo stava sorridendo, con una strana luce negli occhi. “Di fare cosa?” chiese perplesso.
“Questo,” disse Kyungsoo, indicando il viso di Minseok. “Con Luhan. Dovresti vederti.”
Minseok si mise immediatamente sulla difensiva, anche se sapeva che Kyungsoo non lo stava prendendo in giro, come avrebbe invece fatto Jongdae. “Cosa faccio?” chiese, aggrottando le sopracciglia.
Kyungsoo scrollò le spalle, agitando le mani per asciugarle (“potrebbero esserci dei germi negli asciugamani, sai!”). “Sembra un po' incriminante, sai,” disse. “Guardarti. Come prima, con il gioco dei dadi. Quando stavi parlando con lui, avevi questo sorriso, così cordiale e tutto, e il tuo sguardo si era addolcito. E il modo in cui gli parlavi, così attentamente, così che non avesse problemi a capire. E se non ti conoscessi così bene direi che sembravi quasi—” Pensò alla parola giusta. “Affettuoso,” disse alla fine, annuendo. “Ed eri così assorto. Come se ti fossi dimenticato che c'erano altre persone nella stanza.”
Minseok sputacchiò leggermente. “Sei pazzo,” disse agitato. “Non ho fatto niente del genere.”
Kyungsoo scrollò le spalle, sorridendo. “Ti sto solo dicendo ciò che ho visto,” disse, “e probabilmente quello che ha visto anche Jongdae, cosa per la quale ti tormenterà.” Minseok stava per protestare, ma il vicino continuò, guardando il soggiorno e dicendo, “Forse Luhan ti sta solo contagiando, però.”
Minseok si voltò, seguendo il suo sguardo verso il ragazzo cinese sul pavimento, il quale stava sorridendo per qualcosa che aveva detto Junmyeon. “Che vuoi dire?”
“Sembra che Luhan sia sempre così,” disse il più piccolo. “Sai, con quei sorrisi e gli occhi dolci e tutto. Forse stai solo cominciando a comportarti nei suoi confronti allo stesso modo in cui lui si comporta nei tuoi. Automaticamente.”
Minseok emise un suono che sembrava più seccato di quanto non avrebbe voluto e si voltò nuovamente verso il bancone per prendere le ciotole e portarle in salotto, sistemandole tra gli ospiti. Kyungsoo lo seguì in silenzio con la propria ciotola. Per essere qualcuno che passava così poco tempo con altre persone, il suo vicino sembrava capirle si troppo bene.
Un minuto dopo, si ritrovarono mangiare e cominciare un nuovo turno del gioco, ora con sette partecipanti. “Ti aiuto per i primi turni,” disse Minseok a Luhan in automatico, poi guardò Kyungsoo, che stava sorridendo. Non era un sorriso di scherno o niente del genere, ma infastidì comunque Minseok. Distolse velocemente lo sguardo.
“Tu non mangi le patatine?” chiese Luhan un momento dopo, indicando il contenitore con le carote che gli aveva tagliato prima sua madre.
“Huh? Oh, no, non posso.” Minseok abbassò la testa, come se questo lo avrebbe aiutato ad evitare la domanda.
“Prima le mangiava,” disse Jongdae masticando. “Ma poi sua mamma è diventata super severa su quello che mangia. Non può più mangiare niente.”
Minseok scrollò le spalle, sforzandosi di sorridere e mordendo un'altra carota, tenendo lo sguardo sui dadi.
“Non le mangi nemmeno quando non è in casa?” chiese Baekhyun, con gli occhi spalancati. “Sono colpito. Non potrei mai essere così ubbidiente.”
“Cocco di mamma,” sussurrò Jongdae, e Minseok gli lanciò un'occhiataccia. “Andiamo, hyung, è il mio compleanno. Vivi un po', mangia qualche schifezza.”
Minseok scosse la testa risoluto. “Mangerò già la torta più tardi,” disse. “Mi ci è voluta un'ora per convincere mia madre.”
I ragazzi lasciarono cadere l'argomento e continuarono il loro gioco, con Kyungsoo in testa, come al solito. (Minseok potrebbe aver rubato una patatina, quando nessuno stava guardando, ma questo peggiorò la situazione perché nessuno sano di mente mangerebbe solo una patatina. Cattiva idea). Passarono così il pomeriggio, a volte giocando, altre volte dividendosi in gruppetti e facendo quello che volevano. Per cena ordinarono la pizza, e Minseok aveva discusso anche di questo con la madre, ma senza alcun risultato. Non poteva vincere ogni battaglia, dopotutto. Finì per rubare qualche morso dallo spicchio di Jongdae, e finì i suoi avanzi dal frigo mentre tutti gli altri masticavano pizza unta. A volte, la vita di Kim Minseok era davvero dura.
La torta fu decisamente il momento più importante del giorno per Minseok, dato che raramente aveva il permesso di mangiarla. Jongdae aprì i regali nello stesso momento, anche se non ce n'erano tanti. Baekhyun e Chanyeol gli avevano comprato un cappello, Kyungsoo e Minseok un vecchio video gioco con il quale giocava sempre da bambino insieme al suo migliore amico, e Junmyeon non gli aveva fatto niente, dato che Minseok gli aveva detto che non ce n'era bisogno. L'ultima busta che aprì Jongdae fu quella portata da Luhan, il quale sembrò improvvisamente nervoso mentre il più piccolo prendeva un bigliettino.
“Posso leggere a voce alta?” chiese Jongdae, guardando il ragazzo.
Luhan scrollò le spalle, abbassando la testa timido. “È stupido,” disse piano.
Jongdae sorrise, aprendo il biglietto. Minseok si ritrovò inconsciamente a sporgersi per sentire meglio. “Caro Jongdae-yah,” lesse, e sorrise per il nomignolo. “So che è stato Minseok ad invitarmi al tuo compleanno, non tu, ma ti sono comunque grato. Grazie per la generosità che mi hai mostrato da quando sono arrivato in Corea. Spero potremo diventare ancora più amici in futuro. Per favore accetta il mio regalo e mangialo con gusto, okay? Sinceramente, Luhan.” Sollevò lo sguardo sul ragazzo e gli fece un grande sorriso, che Luhan ricambiò con esitazione, e Minseok li osservò senza dire niente, ma stranamente avrebbe voluto farlo. La carta regalo venne strappata via e Jongdae tirò fuori un piccolo contenitore con dei piccoli biscotti alla crema. “Wow, grazie hyung!” disse entusiasta Jongdae. “È stato carino da parte tua. Li hai fatti tu?”
Luhan si morse il labbro per nascondere un sorriso e annuì timidamente. “Sì. Spero ti piacciano.”
“Sono sicuro di sì,” rise Jongdae, guardando golosamente i dolcetti.
Minseok li guardò, e sentì di dover essere contento che Luhan stesse facendo amicizia con altre persone, e grato che Jongdae fosse così premuroso, e lo era, provava tutte quelle cose, ma per un brevissimo momento, mentre Jongdae e Luhan si sorridevano, quei sentimenti vennero offuscati da qualcos'altro, qualcosa di spiacevole, e Minseok non era sicuro di come si sentisse riguardo a quello.
Non era un segreto che Jongdae avesse una segreta affinità con i stupidi giochi che si fanno alle feste, e sapeva che sia Minseok che Kyungsoo lo sapevano, ma non era comunque sicuro di come la loro conversazione circa la volta in cui Baekhyun si era rotto il braccio si fosse evoluta in un gioco di Non Ho Mai.
“Non è difficile,” stava dicendo Minseok a Luhan mentre gli altri aspettavano per cominciare. Jongdae pensava che Minseok fosse un po' troppo impaziente di spiegare le cose al ragazzo, a volte. “Tieni alzate cinque dita, o magari dieci, visto che siamo così tanti, e una persona dice qualcosa che non ha mai fatto... tipo, viaggiato all'estero o cose così. E poi tutti quelli che hanno fatto quella cosa devono abbassare un dito. L'ultima persona con almeno un dito alzato vince.”
“Oh,” disse Luhan, sembrando leggermente confuso. “Qual è lo scopo?”
Jongdae rise. L'innocenza di Luhan non smetteva mai di divertirlo. “Imparare cose sugli altri,” disse. “O, se vi conoscete già abbastanza bene, è un modo per mettere in imbarazzo i propri amici e rivelare i loro segreti.”
Luhan sorrise un po' titubante. “D'accordo allora,” disse. “Penso di aver capito.”
“Bene,” disse Baekhyun, in un tono che diceva chiaramente Statemi tutti ad ascoltare. “Cominciamo, allora? Vado per primo.” Tutti annuirono, e Baekhyun pensò un attimo, mordendosi il labbro prima di dire, “Non ho mai…bagnato il letto dalle elementari.”
Ci fu qualche risatina imbarazzata, e Jongdae vide Luhan sporgersi verso Minseok per sussurrargli qualcosa all'orecchio – chiedendo spiegazioni, molto probabilmente, anche se non pensava che una domanda così innocente meritasse il rossore che colorò le guance dell'amico. Jongdae grugnì mentalmente alla reazione di Minseok, ma non disse niente quando anche Luhan arrossì alla spiegazione, abbassando un dito.
Passarono alcuni minuti in cui quelli che aveva ancora le dita alzate presero in giro quelli che l'avevano abbassato, e Baekhyun ricordò a gran voce a Chanyeol di quella volta, e poi tutti passarono alla persona successiva. “Non ho mai,” disse Chanyeol, “non passato un compito.” E così via.
La parte preferita di Jongdae era, senza dubbio, scoprire informazioni sugli amici che altrimenti non avrebbe mai saputo. “Non ho mai,” disse al suo primo turno, “mentito al mio migliore amico.” Si voltò teatralmente verso Minseok.
Invece di dargli una risposta diretta, però, Minseok si gettò su di lui e abbassò una delle dita di Jongdae. “Questa è una bugia, Kim Jongdae, e lo sai bene!” disse, ridendo. Jongdae sputacchiò indignato.
“Quando ti avrei mentito?” chiese, districando la mano dalla presa di Minseok.
“Hmm, lasciami pensare,” disse l'amico, fingendo di riflettere. “‘Certo che che ti prendo se cadi dalle monkey bars, hyung!’ ‘Verrò sicuramente alla tua partita di calcio stasera!’ ‘Prometto di non perdere il tuo fumetto preferito!’ E la mia preferita—” I suoi occhi si socchiusero malignamente. “‘Non ho assolutamente una cotta per—’”
Prima che potesse finire, la mano di Jongdae andò a coprire la bocca dell'amico, interrompendolo mentre il più piccolo lanciava uno sguardo a Junmyeon dall'altra parte del cerchio. Fortunatamente, nessuno sembrò cogliere il nome che Minseok aveva cercato di dire contro il palmo di Jongdae. “Okay!” disse Jongdae, ridendo a gran voce. “Ho capito. Okay. Torna a sederti ora, hyung. Abbasso il dito, cavolo!”
Sogghignando, Minseok si risedette al suo posto tra Kyungsoo e Luhan, ma a Jongdae non sfuggì il fatto che avesse solo sette dita alzate, invece delle otto che aveva prima.
Il più delle volte, le cose che dicevano di non aver mai fatto erano abbastanza semplici e noiose, tipo, “Non sono mai stato all'oceano,” oppure “Non ho mai guardato un film horror.” Altre volte era cose imbarazzanti a cui rispondere, o con lo scopo di imbarazzare qualcuno in particolare, tipo, “Non ho mai pianto a scuola,” o “Non mi si sono mai rotti i pantaloni in pubblico.” Ma le cose si fecero interessanti solo al secondo turno di Kyungsoo, che disse “Non sono mai stato ad un appuntamento.”
Ci fu un breve, pesante silenzio, e poi Junmyeon, Jongdae, Chanyeol e Luhan abbassarono un dito.
“Aspetta, cosa?” chiese Baekhyun, guardando Chanyeol con gli occhi sgranati. “Quando?”
Chanyeol si grattò la testa imbarazzato, ridendo leggermente. “Due anni fa?” disse, facendola suonare come una domanda. “Con quella ragazza... quella che mi ha dato i biscotti al White Day…”
Baekhyun aggrottò le sopracciglia. “Non mi hai mai detto di essere andato ad un appuntamento.”
“La fai sembrare come se ti avesse tradito,” commentò Junmyeon con una risata.
Baekhyun distolse lo sguardo da Chanyeol con uno sbuffo irritato. “Non è vero,” disse, sembrando infastidito. “Sono solo arrabbiato che non me lo abbia detto.”
“Aw, dai Baek,” disse Chanyeol, tirando implorante il braccio dell'amico. “Non fare così! È stato solo un appuntamento!”
Jongdae venne distratto dal piccolo battibecco quando sentì Luhan chiedere piano a Minseok, “Non sei mai stato ad un appuntamento?”
Non era una novità per Jongdae, ma era comunque curioso di cosa avrebbe detto l'amico. “Ah, no,” disse un po' imbarazzato il ragazzo. “Non mi sono mai piaciute le ragazze, quindi…” Si interruppe, con le guance rosse. “E non avrei mai chiesto ad un ragazzo di uscire, quindi... niente appuntamenti.”
Luhan annuì pensieroso, e Jongdae spostò lo sguardo su Junmyeon, per ricontare quante dita aveva ancora su. Quattro. Non cinque. Ne aveva di sicuro abbassato uno.
Non che a Jongdae importasse, o niente del genere, ovviamente.
Era il turno di Minseok, e ci pensò su solo un momento prima di dire, “Non ho mai... baciato una ragazza.”
Stronzo. Usare il suo orientamento sessuale per costringere gli altri a confessare di aver fatto qualcosa. Imbronciato, Jongdae abbassò un altro dito, e osservò come anche tutti gli altri, tranne Kyungsoo e Minseok, fecero lo stesso. “Era in prima elementare!” si difese Chanyeol, sotto lo sguardo sospettoso di Baekhyun, e l'unica risposta dell'amico fu, “Ma non me l'hai comunque mai detto! Tu sapevi del mio!” Junmyeon sembrava impassibile alla propria confessione, e Jongdae guardò male Minseok che lo stuzzicava riguardo alla ragazza che aveva avuto l'anno precedente, relazione che andò male per tutti quelli coinvolti. Ma Jongdae vide anche lo sguardo di Minseok abbassarsi sulle tre dita rimanenti di Luhan, e lo mise da parte per poi rendere la vita dell'amico difficile più tardi.
Qualche turno dopo, Jongdae decise di vendicarsi di Minseok. “Non ho mai,” disse, “baciato un ragazzo. O non sono mai stato baciato da un ragazzo,” aggiunse ripensandoci. Perché ridere sulla mancanza di vita amorosa dell'amico era sempre divertente, anche se a volte un po' crudele, considerando le circostanze.
Con assoluto shock di Jongdae, però, Minseok abbassò un dito, e poi vide ogni altra singola persona nella stanza abbassarne uno.
Jongdae sputacchiò. “Aspetta, cosa?” chiese, guardandosi attorno. “Perché sono l'unico che non è mai stato baciato da un ragazzo?” Il suo sguardo si posò su Junmyeon, che si guardava attorno imbarazzato.
“Baekhyun mi ha baciato quando eravamo piccoli,” annunciò Chanyeol, e Baekhyun arrossì.
“È stato un incidente,” insistette Baekhyun, come se avessero avuto quella conversazione molte altre volte prima. “Stavamo giocando ad acchiapparello e io sono inciampato e caduto e—”
“È convenientemente atterrato sulle mie labbra. Con le sue labbra.” rise Chanyeol.
“Chiudi il becco,” disse Baekhyun, incrociando le braccia e mettendo il broncio.
Junmyeon sembrò molto meno imbarazzato dopo questa storia, e prese parola, dicendo, “Ero ad una festa di Capodanno in vacanza e c'erano alcune persone che avevano bevuto un po' troppo e un ragazzo mi ha baciato. Non lo conoscevo nemmeno. È stato decisamente strano.”
Jongdae rilasciò il fiato che non si era accorto di aver trattenuto.
“E tu, hyung?” chiese, voltandosi accusatorio verso Minseok. “Da quanto tu hai baciato un ragazzo?”
Minseok sorrise un po' a disagio, scambiandosi uno sguardo con Kyungsoo. Jongdae rimase a bocca aperta.
“Io ho baciato lui, a dire il vero,” disse Kyungsoo, senza vergogna. “Quando avevo... undici anni, forse? Minseok hyung stava avendo un crollo, e ho pensato che il mio aiuto sarebbe potuto servire.”
Minseok rise imbarazzato. “Stavo passando una specie di crisi di sessualità,” ammise. “E mi stavo sfogando con Kyungsoo, perché forse mi piacevano i ragazzi. E poi mi ha baciato. È stata probabilmente la cosa più strana che mi sia mai capitata.”
“Ma ha funzionato,” puntualizzò Kyungsoo.
“Ho smesso di andare in iperventilazione,” confermò Minseok. “Penso fosse più che altro per lo shock, però. È stato il mio primo bacio e, credo, anche la prima volta che mi hai toccato.”
“Già, baciare non è esattamente sulla mia lista di Cose Che Posso Fare,” disse Kyungsoo. “Ma al tempo non ci stavo pensando. Comunque, hai smesso di dare di matto, ne abbiamo parlato a lungo, e Minseok è uscito dalla crisi.”
Minseok annuì, e Jongdae era ancora a bocca aperta. “Aspetta un secondo,” disse il più piccolo, agitando freneticamente le mani. “Kyungsoo ha saputo che sei gay prima di me?”
Minseok sussultò leggermente, come se fosse stato beccato a dire troppo. “Oh. Già. Riguardo quello...”
“Minseok hyung mi dice sempre che dai pessimi consigli,” disse Kyungsoo, sorridendo.
Jongdae stava per protestare, ma prima di poterlo fare, Baekhyun si sporse e disse, “E tu Luhan-ssi? Anche tu hai abbassato un dito.”
Luhan annuì, tanto impassibile quanto Kyungsoo. “Il mio amico Zitao mi ha baciato,” disse. “Ma Zitao bacia un sacco di persone. È molto amichevole.”
Jongdae immaginò fosse una spiegazione plausibile, ma vide nuovamente lo sguardo di Minseok posato un po' troppo a lungo sul ragazzo cinese. Per citare Chanyeol: “Curioso. Davvero curioso.”
(Ad essere sinceri, però, Minseok non conosceva nessuno oltre lui apertamente gay, quindi magari Jongdae gli avrebbe dato il beneficio del dubbio. Forse.)
Il gioco finì poco dopo, e Kyungsoo vinse con tre dita ancora alzate. Nessuno era davvero sorpreso; Kyungsoo non aveva mai fatto un sacco di cose, a quanto pare. Uscire raramente di casa poteva dare quel risultato, apparentemente. Come vincitore poté scegliere che film fuardare quella sera, e dopo un po' si sistemarono tutti di fronte alla TV per vederlo. A Kyungsoo venne offerto un posto sul divano, così come a Jongdae, dato che era il festeggiato, e rimase un posto vuoto accanto a lui. Quel posto finì per essere occupato da Junmyeon, perché Minseok era un idiota e disse, “Perché non ti siedi là, Junmyeon, sono sicuro che a Jongdae non dispiaccia.” Il che era stupido, perché per l'ultima volta, Jongdae non aveva una cotta per lui. Nonostante Junmyeon fosse ridicolmente attraente illuminato dallo schermo, perché un ragazzo non poteva apprezzare il bell'aspetto e la brillante personalità di un altro ragazzo? Accidenti! Minseok era davvero insopportabile a volte. Soprattutto quando lui stesso si sedette accanto a Luhan, dicendo che “doveva assicurarsi che Luhan capisse il film,” cosa ridicola dato che per lui misero i sottotitoli. Ipocrita. Minseok doveva davvero smetterla di rendergli così facile farsi prendere in giro, perché solo Dio sapeva che Jongdae ne avrebbe approfittato.
Quando il film finì, tutti erano addormentati o in dormiveglia. Baekhyun era svenuto, piegato contro Chanyeol nel loro puff, e Luhan sembrava a malapena cosciente, mentre ondeggiava precariamente accanto a Minseok, il quale sembrava terrorizzato dall'idea che il ragazzo potesse addormentarsi su di lui. Jongdae stesso restava sveglio a fatica, mentre i rimanenti ragazzi chiacchieravano piano, una conversazione che per lui non aveva senso fino a che Luhan non si riprese e chiese, “Qualcuno di voi sa qualcosa su Kim Jongin?”
Jongdae spalancò gli occhi – quand'è che si erano chiusi? - mentre tutti guardavano il ragazzo cinese sorpresi. Luhan non aveva detto molto durante tutto il giorno, a meno che non gli venisse chiesto qualcosa direttamente, quindi il fatto che stesse parlando era strano tanto quanto la domanda in sé.
“Kim Jongin…il ragazzo un anno indietro a noi?” chiese Chanyeol, inclinando leggermente la testa di lato e stringendo Baekhyun a sé in modo che non cadesse.
Luhan annuì, strofinandosi stancamente gli occhi. “Sì. Sai qualcosa su di lui?”
Minseok lo stava guardando in modo strano, con la bocca leggermente storta. “Perché all'improvviso ti interessa?” chiese, non proprio accusatorio, ma forse con un po' troppo interesse.
Luhan scrollò le spalle, sorridendo vagamente. “Sono solo curioso.”
“È piuttosto popolare,” disse Jongdae, dato che nessuno diceva niente. “Le ragazze parlano continuamente di lui. Su quanto sia carino e sexy e blah blah blah. Ma ho sentito dire che è abbastanza timido, non parla molto. Credo che sia uno di quei casi di 'ragazzo involontariamente carino'. Nel senso che riceve attenzioni anche se non le vuole.” Scrollò le spalle. “La mia compagna di banco ha una cotta enorme per lui, quindi ne sento parlare spesso. E,” aggiunse, “ho sentito che potrebbe essere bi.”
Ci fu un momento di silenzio, e poi Luhan si voltò e si sporse verso Minseok, il quale spalancò gli occhi e si allontanò fino a che non si rese conto cosa stesse facendo il ragazzo e rimase perfettamente immobile mentre Luhan gli sussurrava, “Cosa vuol dire?” nell'orecchio.
Uh,” disse piano Minseok, schiarendosi la gola nel silenzio opprimente della stanza. “È l'abbreviazione di 'bisessuale'. Vuol dire che gli piacciono sia le ragazze che i ragazzi.”
Gli occhi di Luhan si illuminarono all'improvviso, e sorrise. Jongdae di certo non fu l'unico a notarlo, perché Minseok lo fissò mentre il ragazzo diceva, “Ah, okay. Buono a sapersi.”
“È solo un pettegolezzo,” disse velocemente Minseok. “Solo perché Jongdae l'ha sentito da qualche ragazza non significa che sia vero.”
“Ha ragione,” disse Junmyeon, e Jongdae si sgonfiò leggermente.
“Allora perché lo direbbero?” chiese Luhan, sbattendo i grandi occhi innocentemente.
Minseok scrollò le spalle. “Perché alle ragazze adolescenti piace spettegolare.” Fece una pausa, guardò Jongdae. “Scusa, alle ragazze adolescenti e a Jongdae.”
Un paio di ragazzi risero, e Junmyeon era uno di loro. Jongdae si imbronciò. “Ho solo sentito delle cose, okay?” disse. “Comunque, nessuno sembra sapere niente circa vecchie ragazze o ragazzi o cose così, quindi non c'è niente di certo.” Decise di chiudere il becco poi, perché cominciava davvero a sembrare come se passasse tutto il tempo a scuola ad ascoltare le ragazze della sua classe che parlavano di ragazzi.
Luhan sembrò soddisfatto delle informazioni raccolte, comunque, e la conversazione si spostò su quali piani avessero per il giorno seguente. Jongdae pensò di aver sentito Kyungsoo invitare Luhan ad andare da lui, ma non poteva esserne sicuro perché i suoi occhi si stavano pian piano richiudendo, e aveva così sonno, ed era così comodo sul divano, e che male c'era se avesse fatto un piccolo pisolino e—
Si riscosse nuovamente un momento dopo quando sentì una mano calda sul ginocchio, scuotendolo leggermente. Aprì gli occhi e vide Junmyeon che lo guardava, sorridendo. “Uh,” disse intelligentemente.
“Devo andare,” disse Junmyeon, ridendo un poco. “Se ti va bene.”
“Huh?” Jongdae stava avendo qualche problema a pensare. Perché era stanco, ovviamente, non per qualche altra ragione. “Oh, sì. Certo.”
Junmyeon continuò a sorridergli, e Jongdae non era sicuro se il tempo stesse scorrendo più lento del normale perché non era completamente sveglio o cosa. La mano di Junmyeon era ancora sul suo ginocchio, però, e una parte del cervello di Jongdae stava ancora cercando di decidere se fosse normale o meno. “Grazie per avermi invitato alla festa,” disse piano il maggiore.
“Uh huh.” Jongdae probabilmente sembrava un idiota. “Voglio dire, è stato Minseok. Non io. Non che – uh, non è che non volevo che venissi. Ma non gli ho detto io di invitarti. E... uh. Già, sono contento sia venuto. Non che volevo che venissi. Aspetta, no così suona male. Non intendevo questo. Ho solo... Lascia perdere, smetto di parlare. Grazie per essere venuto.”
Junmyeon rise. “Mi sono divertito. Buon compleanno, Jongdae.”
Jongdae tenne la bocca risolutamente chiusa e si limitò ad annuire.
Il maggiore si alzò in piedi un momento dopo, togliendo finalmente la mano dal suo ginocchio. Salutò gli altri e poi scomparve oltre la porta, e Jongdae si ritrovò inconsciamente a fissarla.
Quando alla fine distolse lo sguardo, vide che Minseok lo guardava con un sorriso che a Jongdae non piaceva per niente. “Non dire una parola,” mormorò, gettandosi sul posto che Junmyeon aveva appena liberato. Era piacevolmente caldo, e odorava di... non importa, non avrebbe completato quel pensiero,
Minseok non disse niente, ma Jongdae poteva quasi sentire la sua voce irritante nella propria testa.
Avrebbe comunque ucciso il suo migliore amico per aver invitato Junmyeon oggi.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
“Ciao, Sehun-ah.”
Sehun fece l'errore di sollevare lo sguardo dal proprio pranzo e guardare il ragazzo sorridente di fronte a sé. Trattenne a stento un grugnito esasperato. Siamo sinceri, qualsiasi altra persona al mondo si sarebbe ormai resa conto che la propria presenza non sarebbe mai stata ben accetta per Sehun, ma Luhan no. A questo punto, Sehun non riusciva nemmeno più a capire se il ragazzo fosse semplicemente estremamente ottuso, o se si stesse illudendo che se avesse continuato a provare, allora Sehun avrebbe cominciato a tollerarlo.
La cosa terrificante era che Sehun cominciava a pensare di stare tollerando Luhan.
“Come è andato il tuo fine settimana?” chiese allegro Luhan, e Sehun poteva dire anche senza guardare il maggiore che più che aspettarsi una risposta era eccitato di raccontargli come fosse andato il suo. Il ragazzo, ovviamente, non si degnò di rispondere. “Il mio è stato fantastico. Davvero. Venerdì Minseok mi ha invitato alla festa di compleanno di Jongdae. Ero così sorpreso. Pensavo si fosse stufato di me ormai! Ero così felice. Oh! E Kyungsoo – il vicino di Minseok – mi ha chiamato hyung! E anche Jongdae! È stato piacevole.” Fece una pausa, poi aggiunse velocemente, “Minseok mi chiama semplicemente ‘Luhan’. Ma almeno ha smesso di chiamarmi ‘Luhan-ssi’, giusto?” Un piccolo sospiro, e poi, “Tu puoi chiamarmi hyung, okay Sehun? Se vuoi.”
Sehun assottigliò le labbra con decisione. Non aveva mai chiamato Luhan in alcun modo, men che meno hyung. Non sapeva cosa Luhan stesse cercando di tirargli fuori. Se lo chiedeva da tempo ormai.
Luhan annuì, poi continuò, come se non stesse parlando a quello che era essenzialmente un muro di mattoni. “Kyungsoo mi ha invitato ad andare a casa sua domenica. Non con Minseok o niente del genere. Solo io e Kyungsoo. Ero davvero eccitato, anche se ho dovuto cancellare qualche impegno per andare.” Rise piano, imbarazzato. Sehun finse di non star ascoltando. “Kyungsoo mi ha detto che raramente ha ospiti. Mi sono dovuto lavare le mani molto bene prima di poter entrare, per precauzione. Kyungsoo si ammala molto facilmente. Camera sua è figa, però. Visto che passa molto tempo da solo a casa, ha un sacco di hobby interessanti. Guarda le stelle, e dipinge, e ha un sacco di libri di scienze e modellini. Minseok mi ha detto che ormai non si preoccupa nemmeno più quando sente rumori provenire dalla stanza di Kyungsoo.” ridacchiò Luhan.
Sehun sentì una scintilla di interesse, ma la spense subito. Era un malfunzionamento del suo cervello, niente di più. Non era abituato ad affrontare situazioni del genere.
“Kyungsoo sembra davvero intelligente. Sembra capire molto bene le persone, e Minseok mi ha detto che parla con lui di tutti i suoi problemi. Volevo fare la stessa cosa, ma... beh. È molto amico di Minseok. Non volevo che Minseok scoprisse i miei problemi.” Luhan rise un po' tristemente. “Volevo chiedere di lui a Kyungsoo, ma ho pensato che potesse essere maleducazione o qualcosa del genere. Comunque, dopo sono andato da Minseok, per fare un po' di compiti. Sembrava un po' irritato, e mi sono sentito in colpa, ma avevo davvero bisogno del suo aiuto. Ma ho pensato che forse era irritato perché stava male, perché a metà pomeriggio ha cominciato a diventare pallido e a tremare, e mi ha suggerito di tornare a casa.” Sehun sollevò lo sguardo per un momento, contro la propria volontà, e vide che Luhan si stava mordendo nervosamente il labbro. “Dovevo comunque andare, ma... mi sono sentito in colpa. Ma è tutto okay, oggi sta bene.” Luhan annuì deciso, come per rassicurarsi, e Sehun distolse nuovamente lo sguardo.
“Oh!” esclamò all'improvviso Luhan, spaventando leggermente Sehun. “Mi sono dimenticato che dovevo dirti una cosa. Ho osservato Kim Jongin—”
A questo punto, Sehun non poté trattenere il suono contrariato che gli uscì dalla bocca. Luhan non sembrò notarlo.
“—E ho chiesto ai ragazzi alla festa se sapessero qualcosa su di lui. Ma nessuno sembrava sapere molto,” continuò Luhan.
Ti prego ti prego ti prego fa che non vada a finire come Sehun immagina andrà a finire.
“Ti sta di nuovo guardando,” affermò Luhan. “Penso che andrò a parlare con lui.”
Senza pensare, la mano di Sehun afferrò il suol polso quando il ragazzo cercò di alzarsi. Sentì Luhan sussultare per la sorpresa. “Non farlo,” disse Sehun, così piano che Luhan faticò a sentirlo.
“Ma voglio fargli qualche domanda,” disse Luhan.
La presa di Sehun si rafforzò leggermente, gli occhi fissi sul tavolo. “Non farlo,” disse ancora, poi strinse i denti e aggiunse, “Per favore.” Quelle parole erano amare e velenose sulla sua lingua. Sehun non pregava nessuno da anni. Si ricordava distintamente l'ultima volta che l'aveva fatto, e non era un ricordo piacevole.
Luhan rimase immobile per un momento, poi si risistemò sulla sedia. Sehun allentò la presa sul suo polso ma non lo lasciò andare. “D'accordo,” disse Luhan, piano, come se stesse parlando con un animale volubile. “Però devi rispondere ad alcune mie domande.”
“Cosa?” chiese incredulo Sehun, socchiudendo gli occhi.
Luhan annuì compiaciuto. “Non parlerò con Jongin, ma in cambio, risponderai alle mie domande. O l'una o l'altra.”
Era un ricatto? Brontolando piano, scelse la meno peggio. “Va bene,” ruggì. “Fai le tue stupide domande.” Lasciò andare il maggiore e incrociò le braccia.
Se Luhan si era reso conto che Sehun gli stava parlando in modo informale, non ne fece parola. “Perché sei così contrario all'idea che parli con Kim Jongin?” chiese, la voce ancora debole e gentile. Non aiutava a fatto.
“Perché sì,” disse impassibile.
“Devi rispondere onestamente,” lo rimproverò Luhan. “Questa non è nemmeno una risposta.”
Sehun sospirò, forse un po' troppo drammatico. “Perché,” cominciò, “Non voglio che pensi a me.”
“Sembra che stia già pensando a te,” gli fece notare Luhan, guardando oltre la spalla del più piccolo, probabilmente verso il ragazzo in questione.
“Già, magari la smetterà se non lo calcolo,” Sehun ruggì. Non che stesse funzionando con un certo qualcuno.
“Perché non vuoi che pensi a te?” chiese poi Luhan, posando il mento sulla mano.
Sehun fece un gran respiro. “Non voglio che nessuno pensi a me,” rispose.
“Perché no?” lo incoraggiò Luhan.
“Perché,” disse frustrato Sehun. “Non voglio e basta. Finisce sempre male.”
Luhan rimase in silenzio per un lungo momento, e quando Sehun lo guardò, il più grande lo stava osservando con occhi gentili. Poi disse, “Perché hai cambiato scuola?”
Sehun venne preso in contropiede per l'improvviso cambio di argomento. “Io—mi hanno trasferito. In una nuova casa.”
“Cosa?” chiese Luhan, confuso. “Intendi dire che hai traslocato?”
E Sehun non sapeva perché lo stesse facendo, dato che ogni campanello di allarme nel suo cervello gli stava dicendo di non farlo, ma scosse la testa e disse, “Mi hanno trasferito in una nuova casa famiglia.”
Luhan rimase in silenzio per un attimo, poi disse piano, “Oh.” Sehun distolse lo sguardo, con la rabbia che gli saliva in corpo, era arrabbiato con se stesso per aver detto qualcosa, disgustato e frustrato, ma poi Luhan chiese, “Che cos'è?”
Sehun rise, amaramente. “Significa che i miei genitori non possono tenermi e nessun altro mi vuole,” mormorò. “Lascia perdere. Vai via. Non voglio rispondere ad altre domande.”
Sorprendentemente, Luhan si alzò lentamente, e Sehun non lo guardò. Un momento dopo, sentì una mano posarsi sulla propria spalla, e Sehun non si disturbò a scacciarla. “Mi dispiace,” disse Luhan, e anche se non era sicuro di volerlo fare, Sehun gli credette. “Vorrei comunque diventare tuo amico, però.”
Sehun grugnì debolmente. “Io non ho amici.”
“Potresti,” fu tutto quello che disse Luhan prima di allontanarsi, tornando da Minseok.
Per qualche strana ragione, Sehun sentì freddo nel punto in cui la mano di Luhan era scivolata dalla sua spalla.
Minseok non era sicuro di cosa provare vedendo Luhan osservare Oh Sehun dall'altra parte della mensa. Non era nemmeno sicuro di come sentirsi su molte cose che riguardavano Luhan, ma questa cosa di Sehun era la più importante al momento.
“Cosa ha detto oggi?” chiese Minseok masticando il proprio pranzo.
“Huh?” disse Luhan, voltandosi verso di lui. “Oh. Uh…non molto. Penso sia personale.”
Il naso di Minseok si arricciò involontariamente. “Non sapevo foste così in confidenza,” disse.
Luhan annuì vagamente. “Non lo siamo,” disse, un po' triste. “Ancora.”
Minseok si accigliò, ma non sapeva come rispondere. Invece, disse, “Allora, come sta venendo il tuo progetto?”
“Il mio progetto?” gli occhi di Luhan si offuscarono all'improvviso. “Oh, quello. Ho ancora solo due foto - quella che hai fatto in aeroporto, e quella che mi ha fatto Kyungsoo sabato alla festa.”
“Quale hai scelto?” chiese Minseok. Sapeva che Kyungsoo ne aveva fatto un paio lungo tutta la giornata.
“Quella con tutti noi che esultiamo dietro Jongdae, mentre soffia le candeline sulla torta,” disse Luhan con un sorriso caldo. “È davvero una bella foto, e ci vediamo chiaramente io... e te.”
Minseok riuscì a fare un sorriso imbarazzato. “Cosa scriverai nella didascalia?” chiese, per distrarsi da altri sentimenti strani.
Luhan aggrottò leggermente le sopracciglia. “Stavo pensando, forse…‘Più che il luogo, sono le persone in Corea che cominciano a farmi sentire a Seoul come a casa.’” Guardò Minseok, gli occhi spalancati e sinceri. “È buona?”
Minseok annuì stupidamente, la mente leggermente offuscata sotto quello sguardo. “Sì, è buona,” disse. Poi si schiarì la gola e continuò, “Comunque, possiamo fare qualche altra foto, se vuoi. Magari a scuola? In fondo passi molto tempo qui.”
Luhan sorrise, annuendo. “È una buona idea,” disse. “Ma mi piacerebbe fare foto in diversi posti di Seoul, prima o poi. Come un vero tour della città, o qualcosa del genere.”
“Posso portarti,” biascicò Minseok senza nemmeno rendersene conto. “Voglio dire, visto che comunque dovrei fare le foto, ti ci posso portare.”
Luhan si illuminò. “Grazie, Minseok,” disse, con voce calda.
Minseok aprì la bocca per dire qualcosa – non era sicuro cosa – ma prima che potesse farlo, Jongdae apparve al loro tavolo, sorridendo. “Oh, ciao Jongdae,” disse Minseok sorpreso.
“Hey,” rispose l'amico, ma stava guardando Luhan. “Ho chiesto un po' in giro di Kim Jongin.”
“Cosa?” chiese Minseok, ma venne ignorato.
“Oh, grazie Jongdae!” disse Luhan, sorridendo. “Non mi aspettavo facessi così in fretta.”
Sedendosi accanto al ragazzo cinese invece che al solito posto vicino a Minseok, Jongdae si sporse e abbassò leggermente la voce, “Beh, la maggior parte sono solo pettegolezzi, ma da qualche parte dovranno pure arrivare, no? Comunque, ho sentito che non è il massimo a scuola, ma solo perché passa molto tempo a ballare. Ho ricevuto risposte contrastanti circa che tipo di danza, però. Ma sì, questo supporta tutta la teoria bi—”
Minseok si sporse oltre Luhan e colpì leggermente Jongdae. “Non fare stereotipi sui gay,” disse severo.
Jongdae gli fece una smorfia. “Bene. Comunque, non sembra essere coinvolto in nessuna attività extracurricolare a scuola, probabilmente per le sue cose di danza. E a quanto pare ha due sorelle maggiori, e lo sfondo del suo telefono sono i suoi cani.” Si interruppe all'improvviso. “Oh mio Dio, sembro uno stalker.”
Luhan rise, ma prima che qualcuno potesse dire altro, una voce profonda disse, “Hey, stiamo di nuovo parlando di Kim Jongin?”
Sollevarono tutti lo sguardo su Chanyeol che stava tirando via Baekhyun dal loro solito tavolo. Luhan si illuminò. “Sì, Jongdae stava raccogliendo informazioni per me.”
“Baek conosce Jongin,” disse Chanyeol, e Baekhyun annuì.
“Stavo dormendo quando ne stavate parlando,” disse Baekhyun. “Ma mio fratello ha frequentato sua sorella per un po' di tempo. Quindi ho sentito parlare di lui qualche volte. Da una fonte certa.”
Minseok rimase seduto in silenzio mentre tutti cominciavano a parlare a bassa voce di Kim Jongin, del quale lui aveva a malapena sentito parlare prima.
“Non posso dirti con sicurezza se sia bi o meno,” disse Baekhyun, poggiandosi al tavolo e arricciando il naso pensieroso. “Ma non ne sarei troppo sorpreso. All'altra sua sorella piacciono le ragazze, quindi ovviamente la sua famiglia non ha problemi al riguardo. Ma non ho mai sentito niente circa sue passate relazioni. Balla, però. Danza classica, penso, ma forse anche hip-hop. O forse lo fa solo per divertirsi. Comunque, mio fratello è stato a casa sua qualche volta, e una volta è tornato e mi ha detto che aveva sempre pensato che Jongin fosse figo e tutto, ma invece è un po' impacciato e goffo.”
Luhan annuì in modo pensieroso, voltandosi, e Minseok seguì il suo sguardo, posato sul ragazzo in questione che era seduto con altri ragazzi, e sorrideva per qualcosa. Non solo sembrava l'esatto opposto di impacciato, ma era anche dannatamente bello, e Minseok ebbe l'improvviso istinto di dire a Luhan di smettere di guardarlo
“È gentile, però?” chiese Luhan, rivoltandosi verso Baekhyun. “Devo sapere se è gentile.”
Minseok aprì la bocca per chiedere perché dovesse saperlo, ma Baekhyun stava già parlando, dicendo, “Mio fratello non ha mai detto niente di male su di lui. Sua sorella è super gentile, però, e adora Jongin. Parlava di lui tutto il tempo, sai, come fanno le sorelle. Voglio dire, per come ne parlava lei, penseresti sia la persona più dolce del mondo. Ma sono sicuro che fosse lei di parte.”
Luhan sorrise e annuì, apparentemente soddisfatto da quella risposta.
Sbuffando leggermente, Minseok riuscì finalmente a prendere parola, “Perché chiedi a tutti di Kim Jongin?”
Luhan sembrò pensarci un momento, guardando ancora il ragazzo dall'altra parte della stanza. “Sono interessato a lui,” disse, e Minseok sapeva che poteva semplicemente significare che trovava Jongin interessante, ma questo non lo fermò dal saltare ad un centinaio di conclusioni possibili, e tutte lo facevano stare leggermente male.
“Capisco,” fu tutto quello che disse, e si voltò nuovamente verso il proprio pranzo mentre Luhan continuava a guardare Jongin con occhi che lo valutavano. All'improvviso si pentì di avergli chiesto qualcosa.
Era la fine del giorno successivo, durante l'ora di studio e proprio prima che suonasse la campanella, che Luhan si voltò verso Minseok all'improvviso e sussurrò, “Posso farti una domanda?”
Distogliendo lo sguardo dai suoi compiti di matematica solo per un secondo, Minseok annuì, cancellando un numero. “Certo,” sussurrò in risposta. Luhan gli faceva sempre domande durante l'ora di studio, quando aveva bisogno di chiarimenti (cosa che accadeva spesso).
Ci fu un breve silenzio, e poi il ragazzo disse, “Come sviluppi delle foto?”
Minseok si voltò verso di lui sorpreso, un sopracciglio alzato incredulamente. “Non lo sai?”
Luhan si grattò il collo imbarazzato. “Beh, so come farlo in Cina. Ma vivevamo in una cittadina davvero piccola... dovevamo farlo di persona... e io non l'ho mai fatto…” Sembrava vagamente a disagio. “Come fate in Corea?”
Minseok non poté trattenere un piccolo sorriso per l'imbarazzo del ragazzo. “Ci sono diversi posti in cui farlo,” disse. “Vai in un negozio dove ci sono diverse macchine, inserisci la scheda della macchina fotografica, scegli le foto da stampare…” Si interruppe quando Luhan lo guardò spaventato. “Okay, ti spiego passo per passo. Prima devi—”
“Ti aiuto io!” disse all'improvviso una voce, e Minseok e Luhan si voltarono e videro la ragazza seduta dietro di loro che sorrideva vincente. Minseok sbatté le palpebre. “Vuoi qualcuno che ti aiuti a sviluppare delle foto, vero? Posso aiutarti!”
Luhan si immobilizzò, tornando automaticamente alla modalità 'non ho idea di cosa stai dicendo' davanti al viso della ragazza, e nemmeno Minseok sapeva cosa dire.
“Possiamo andare dopo la scuola, hmm?” disse la ragazza, attorcigliandosi un ciuffo di capelli attorno al dito e sbattendo le ciglia. “Conosco un posto dove puoi andare, se Minseok non lo sa.”
Luhan aprì finalmente la bocca per rispondere, ma prima che potesse farlo, Minseok biascicò, “Lo porto io!”
Sia Luhan che la ragazza lo guardarono sorpresi. Minseok si sentì avvampare. “Posso portarlo io,” mormorò più piano. “Non devo fare niente dopo la scuola. Ti accompagno a sviluppare le foto.”
Ci fu un lungo momento di silenzio dove Minseok voleva nascondere il viso sotto il banco, ma poi Luhan disse, “Okay.”
Minseok si sforzò di guardare il ragazzo e lo vide sorridere. “Huh?”
“Lo apprezzerei,” disse Luhan piano, improvvisamente timido. “Se mi aiutassi.”
“Oh.” un sorriso stirò le labbra di Minseok, anche se era ancora imbarazzato per l'improvvisa esclamazione di prima. “Okay.” La campanella suonò, e Minseok finse di non vedere la ragazza dietro di loro che si imbronciava delusa. “Andiamo, allora.”
Luhan sorrise e annuì, raccogliendo i libri da portare a casa. “Grazie, Minseok.”
Fu solo quando arrivarono agli armadietti, prendendo i loro zaini, che Minseok si rese conto di una cosa. “Aspetta, Luhan. Non hai solo tre foto da sviluppare?” C'era quella dell'aeroporto, quella della festa di Jongdae, e ieri dopo le lezioni Minseok gli aveva fatto una foto in uniforme, davanti all'uscio della classe vuota, come se si stesse preparando ad entrare e sedersi al proprio posto. Perché Luhan avrebbe dovuto sviluppare tre foto?
Luhan sollevò lo sguardo da dove stava chiudendo lo zaino. “No, ne ho diverse. Non per il progetto, però. Solo per me. E Kyungsoo mi ha chiesto di svilupparne alcune per lui.”
“Oh. Okay allora.” Ora che Minseok ci pensava, aveva visto il ragazzo armeggiare con la fotocamera qualche volta, durante il pranzo e alla festa di compleanno. Aveva sempre pensato che stesse solo cercando di capire come usare la marea di impostazioni diverse, o esercitandosi per il suo progetto.
Quando uscirono da scuola e arrivarono sul marciapiede, Minseok svoltò a sinistra. “Conosco un posto dove puoi sviluppare le foto,” disse, facendo un cenno verso la direzione in cui stavano camminando. “Stai attento, così saprai come arrivarci in futuro.”
Luhan annuì, stringendo la macchina fotografica che aveva in mano. Camminarono in silenzio per uno o due minuti, e poi Minseok vide il ragazzo sollevare la fotocamera all'improvviso, inquadrare e scattare una foto velocemente. Poi la abbassò, guardò l'anteprima e sorrise. Minseok si chiese se l'avesse fatto spesso prima, senza che lo notasse.
“Allora…” disse Minseok dopo qualche minuto passato a guardare Luhan che faceva foto. “Quel Sehun... sembrava piuttosto incazzato oggi a pranzo.” Aspetta, perché stava parlando di Oh Sehun? Non gli piaceva nemmeno pensare a Oh Sehun. Quando Luhan gli lanciò uno sguardo confuso, però, Minseok si dimenticò automaticamente di quello e cambiò parola. “Agitato. Sembrava agitato.”
Luhan annuì, aggrottando le sopracciglia e lasciando che la fotocamera gli pendesse dal collo. “Sì. Penso sia arrabbiato con me.”
Ora fu lui ad accigliarsi. “Perché?” chiese, sembrando più offeso di quanto non avesse voluto.
Luhan giocherellò con il bottone della propria giacca, mordendosi il labbro. “Penso di avergli fatto troppe domande ieri.”
“Allora perché non lo lasci da solo?” chiese Minseok, aggrottando le sopracciglia. “Se si arrabbia con te solo per questo…”
Luhan scosse la testa velocemente. “No, non posso smettere di tentare ora. Significherebbe che ho fallito. Voglio aiutarlo, non peggiorare le cose.” Guardò Minseok, sorridendo leggermente. “Kyungsoo è d'accordo con me.”
Minseok cercò di non pensare al fatto che Luhan avesse discusso di queste cose con il suo vicino. Invece, scrollò le spalle e disse, “Immagino sia così, se lo dici tu…” I due si fermarono ad un incrocio.
Luhan canticchiò piano, guardando la città affollata che lo circondava. “Continua a non piacermi girare per la città,” disse casualmente. “È così diverso da dove sono cresciuto. Mi spaventa, a volte.”
“Ho vissuto in città per tutta la mia vita,” disse Minseok, guardando le macchine che gli scorrevano davanti. “Non riesco nemmeno a immaginare come sarebbe vivere altrove.”
“Le piccole città sono molto più tranquille,” disse Luhan, gli occhi fissi sul semaforo. “Oh, possiamo andare?” Fece un passo sulle strisce.
La mano di Minseok scattò d'istinto, afferrando la prima cosa che riuscì a raggiungere, e tirò Luhan indietro, esclamando, “Aspetta!” Una macchina suonò il clacson, mancando il piede di Luhan di pochi centimetri. Minseok fece un sospiro di sollievo e disse, “Controlla sempre due volte prima di attraversare una strada a Seoul. Le persone infrangono le regole della strada più volte di quanto le rispettino.”
Luhan lo fissò con gli occhi sgranati, sbattendo le palpebre un paio di volte, prima che il suo sguardo scendesse sul braccio di Minseok, il quale seguì il movimento e si rese conto che stava stringendo la mano di Luhan. Deglutendo a fatica, la lasciò andare come se si fosse scottato. “Scusa,” mormorò. “Io – non volevo che ti investissero.”
Gli occhi di Luhan tornarono al suo viso, ancora vagamente scioccato. “Grazie.”
Minseok scosse la testa velocemente, imbarazzato, e cominciò ad attraversare la strada. “Andiamo,” disse. “Il posto è proprio qui davanti.”
Qualche minuto dopo, si ritrovarono di fronte a una macchina che stampava fotografie, e Minseok spiegò la differenza tra foto lucide e foto opache. Quando Luhan dovette scegliere le foto da stampare, però, il ragazzo si posizionò in modo che Minseok non potesse più vedere lo schermo. Luhan gli lanciò uno sguardo leggermente imbarazzato e Minseok capì cosa stesse cercando di dirgli.
“Vado a, uh…guardare un paio di cose,” disse Minseok, e Luhan gli sorrise grato prima di voltarsi nuovamente verso lo schermo.
Dopo qualche minuto in cui Minseok vagava senza scopo per il negozio e Luhan sceglieva le foto, il ragazzo cinese chiamò Minseok per aiutarlo a completare l'operazione. “Ora tutto quello che devi fare è pagare, e poi le foto saranno pronte per il ritiro tra un'ora o due,” disse, indicando il prezzo sullo schermo.
“Okay,” disse allegro Luhan, tirando fuori il portafogli e aprendolo. “Kyungsoo mi ha dato i soldi per le sue, oh, e questi sono per te—” Minseok saltò per la sorpresa quando sentì Luhan premere qualcosa nella sua mano. Abbassò lo sguardo e vide una banconota stropicciata da 5,000 won. “Per il tuo aiuto oggi,” disse Luhan, con voce nervosa. “Sono sicuro che questa conti come sessione di aiuto.”
Minseok aprì la bocca per dire qualcosa, le dita attorno ai soldi, ma non uscì alcun suono. Prima che potesse anche solo capire cosa fosse successo, però, Luhan fece un piccolo suono.
“Oh,” disse piano, guardando il portafogli. “Non mi bastano.”
Minseok guardò in silenzio il ragazzo voltarsi verso lo schermo, il dito puntato contro il pulsante indietro per deselezionare qualche foto.
“Aspetta.” La parola uscì dalle labbra di Minseok prima ancora che decidesse di dirlo. Sentendo di non avere più il controllo del proprio corpo, Minseok prese gentilmente la mano di Luhan, come aveva fatto lui un momento prima. Gli restituì la banconota da 5,000 won. “Tieni,” disse, la gola secca sotto lo sguardo spalancato di Luhan. “Io—puoi tenerli. Compra le tue foto. Lo sto facendo solo... per aiutarti. Perché voglio farlo. Non c'è bisogno che mi paghi.”
Luhan lo fissò per un altro momento, gli occhi sospettosamente lucidi, come se stesse per mettersi a piangere, ma fortunatamente non lo fece. Sbatté velocemente le palpebre, chiudendo le dita attorno ai soldi, e per il più breve dei secondi, strinse la mano di Minseok nella propria. Minseok non era sicuro del perché quel piccolo gesto sembrasse significare così tanto.
Dopo che Luhan ebbe pagato, avevano un po' di tempo da ammazzare, fino a che le foto non sarebbero state pronte. Onestamente, a questo punto Minseok sarebbe potuto tornare a casa e lasciare che Luhan gestisse il resto da solo, ma... non lo fece. Invece, disse, “Andiamo in giro per negozi fino ad allora.”
Luhan sembrava piuttosto sorpreso dalla proposta, ma acconsentì prontamente. Finirono in un negozio di cappelli lì vicino, e Luhan cominciò subito a provarsene diversi, controllando il suo riflesso nei diversi specchi, aggiustandosi attentamente la frangetta che fuoriusciva dal cappello. Ad un certo punto, provò un cappellino peloso a forma di koala, e si voltò verso Minseok, chiedendo, “Come mi sta?”
Minseok sorrise per il cappello infantile. “Carino,” disse automaticamente, poi abbassò il viso per nascondere il leggero rossore quando si rese conto di cosa aveva detto.
“Prova questo,” gli disse all'improvviso Luhan, distraendolo dal proprio imbarazzo.
Il ragazzo aveva in mano un cappello con la pelliccia, e Minseok lo fissò per un momento prima di dire, “Ma non è inverno.”
“Ma lo sarà,” puntualizzò Luhan.
Minseok rise. “Penso che questo sia più il mio genere.” Afferrò uno snapback e lo indossò, mettendosi in posa.
Luhan sorrise e annuì. “Stai bene con i cappelli,” disse, con voce casuale, prima di voltarsi per provarne un altro.
Minseok sbatté le palpebre un paio di secondo prima di ricordarsi di togliersi il cappello e continuare a guardare. Un momento dopo, prese un berretto alla Sherlock Holmes e se lo mise, voltandosi verso Luhan che stava provando un cappellino blu, e disse, “Che ne dici di questo? Come mi sta?”
Luhan lo guardò e rise. Minseok scoprì che gli piaceva far ridere Luhan.
“Che ne pensi di questo?” divenne il tormentone di quell'ora, con Minseok che si provava i cappelli più ridicoli, solo per far ridere ancora Luhan. Da quello di Sherlock Holmes a un fedora viola, da un cappello da cow boy a una bombetta verde, da un berretto nero con i pompon rosa ad un colorato cappellino con le eliche, ma il più magnifico di tutti era quello giallo acceso con qualche spruzzatina di fiori rosa. Luhan fece una foto di Minseok che posava con quell'ultimo cappello, il quale lo minacciò che se qualcun altro oltre loro avesse visto quella foto sarebbe stato in Guai Davvero Seri. Luhan rise ancora un po', e Minseok non riuscì a stare serio.
Quando uscirono dal negozio, Minseok si ritrovò immerso nell'odore di qualcosa di saporito e delizioso. Stava per voltarsi nell'altra direzione, ma poi vide Luhan fissare tristemente la bancarella di udon lì vicino, e si ricordò del suo povero portafogli vuoto, e prima di accorgersene, si ritrovò a dire, “Ne vuoi un po'?”
Luhan lo guardò sorpreso. “Non ho più soldi,” disse, sembrando desolato
“È tutto okay,” disse Minseok, tirando fuori il proprio portafogli. “Offro io.”
Sul viso di Luhan passarono una serie di emozioni diverse, a partire dalla gioia e finendo con la preoccupazione. “Ma tu non puoi mangiare, vero?”
Ad essere sinceri, Minseok era sorpreso che Luhan se ne fosse ricordato. Cercò di scrollare la spalle con nonchalance. “No, ma non ho fame comunque.” Questa era una bugia bella e buona. “Facciamo così, mi devi un favore, okay?” Sorridendo, si avvicinò alla bancarella e ordinò prima che Luhan potesse protestare. Cercando di placare il ruggente vuoto del suo stomaco, portò il vassoio a Luhan, il quale sembrava alle stesso tempo eccitato e indeciso. Prima che potesse dire qualcosa, però, Minseok spinse il cibo nelle sue mani, sorridendo rassicurante. “Mangia,” gli ordinò.
Mettendo da parte l'esitazione, Luhan prese un morso e sorrise. “È buono,” disse, e Minseok annuì prima di distogliere lo sguardo, perché stava davvero morendo di fame e guardare Luhan mentre mangiava peggiorava soltanto le cose. Doveva davvero andare a casa a mangiare qualcosa.
Continuarono a passeggiare lungo le strade di Seoul mentre Luhan mangiava, guardando le vetrine ed entrando nei negozi di tanto in tanto, per vedere se c'era qualcosa di interessante. Luhan aveva l'abitudine di indicare qualcosa e dire, “Guarda!” per attirare l'attenzione di Minseok, solitamente per mostrargli qualcosa che trovava divertente o carino o esorbitantemente caro. Una volta, però, quando Minseok era impegnato a frugare tra una pila di CD in un negozio di seconda mano, la stessa voce lo chiamò, “Seok-ah!”
La testa di Minseok scattò in un istante. Nessuno lo chiamava mai ‘Seok-ah’. Aveva sentito una serie di nomignoli nel corso della propria vita, dai suoi genitori ai compagni di classe, ma nessuno lo aveva mai chiamato così, e Luhan—che lo aveva sempre e solo chiamato ‘Minseok’—sicuramente non lo aveva mai chiamato così. Si voltò, pronto a dirgli che non era mai successo che lo chiamassero in quel modo, ma si bloccò quando vide che Luhan lo stava fissando con gli occhi spalancati. Minseok aprì la bocca, ma l'unica cosa che uscì fu, “Sì?”
Luhan sbatté le palpebre un paio di volte, visibilmente imbarazzato, poi balbettò, “Scusa, non volevo dirlo—”
Minseok rise, divertito dal fatto che Luhan pensasse fosse un gran problema. “Va tutto bene,” disse. “Non mi dispiace.”
E davvero, non gli dava fastidio. Anzi, pensò che non gli sarebbe affatto dispiaciuto se Luhan fosse stato l'unico a chiamarlo così.
Minseok e Luhan stavano uscendo dal negozio di fotografia, una piccola pila di foto nelle mani di Luhan, il ragazzo stava raccontando a Minseok dei suoi vecchi compagni di scuola quando svoltarono l'angolo e Luhan smise di parlare all'improvviso, facendo un passo indietro. Guardandolo incuriosito, Minseok inarcò un sopracciglio.
Luhan non disse niente, facendogli cenno di indietreggiare, e Minseok fece un passo indietro. Quando fu al sicuro dietro di lui, Luhan si avvicinò al muro e sbirciò oltre l'angolo, e Minseok si accigliò confuso fino a che Luhan non sussurrò, “È Kim Jongin.”
“Huh?” Avvicinandosi, Minseok sbirciò a sua volta, e vide il più piccolo camminare nella loro direzione, con le cuffie attaccate all'iPod che teneva in tasca. Era da solo, e trasportava quello che sembrava un borsone da palestra, e mentre si avvicinava, Luhan afferrò la spallina dello zaino di Minseok e tirò entrambi nel negozio più vicino, in modo che quando Jongin avesse svoltato l'angolo non avrebbe visto nessuno. Minseok e Luhan guardarono il ragazzo oltrepassare la vetrina, e quando fu a una distanza sicura, Luhan uscì dal negozio e lo fissò.
“Um,” cominciò Minseok, perplesso. “Cosa sta succedendo esattamente?”
Senza avvisarlo, Luhan cominciò a seguire Jongin, gli occhi fissi sulla sua schiena. “Lo sto osservando,” disse semplicemente.
Minseok corse per tenere il passo, sentendosi molto confuso e leggermente a disagio. “Perché?” chiese.
“Perché sono interessato a lui,” disse ancora Luhan, esattamente come il giorno prima, e Minseok fece una smorfia.
“Quindi lo seguirai per tutte le strade di Seoul?” chiese Minseok, sollevando le sopracciglia.
Luhan annuì leggermente. “Non lo seguo,” disse. “Lo osservo solo per un secondo.”
“Questa è—” Minseok venne interrotto dalla risata di Luhan, il quale disse, “Guarda.”
Minseok posò lo sguardo su Jongin a qualche metro da loro, e sbatté le palpebre quando il più piccolo sollevò le braccia, ignaro delle persone intorno a lui, e fece un piccolo salto lungo il marciapiede. Mentre Minseok e Luhan lo osservavano, il ragazzo fece qualche passo, un altro salto e poi una pirouette. Poi abbassò le braccia e continuò a camminare come se non fosse successo niente.
Luhan ridacchiò leggermente, mormorando, “Ke ai.” A Minseok piacque tanto quanto la volta che glielo aveva sentito dire nei confronti di Sehun, ovvero poco.
“Hai finito?” chiese Minseok, forse un po' troppo burbero. Sarebbe potuto essere perché era incredibilmente affamato ormai.
Luhan scosse la testa. “Voglio parlare con lui.”
Minseok sbuffò piano, incrociando le braccia. “Fallo, allora,” disse. “Io devo andare a casa. Sono già in ritardo, sarei dovuto essere a casa mezz'ora fa.”
Luhan si voltò verso di lui, con gli occhi spalancati. “Puoi andare,” disse. “Posso trovare la strada di casa da qui.”
Minseok cercò di non fare troppo il broncio. “Bene,” disse.
Non accorgendosi del suo improvviso cambio di umore, Luhan sorrise allegro. “Grazie per essere venuto con me, Seok-ah,” disse, e la spiacevole sensazione nello stomaco di Minseok si placò un attimo al suono del nomignolo. “Lo apprezzo davvero. E mi sono divertito tanto.” Abbassò la testa, imbarazzato. “E grazie per avermi comprato da mangiare... e tutto. Davvero.”
Minseok mosse leggermente i piedi, gli angoli della sua bocca si sollevarono contro la sua volontà. “Non c'è problema,” disse. “Io—mi sono divertito anche io.”
Luhan si illuminò, e Minseok si sentì piacevolmente caldo per un momento, ma poi il ragazzo guardò sopra la propria spalla e disse, “Oh, lo sto perdendo. Ci vediamo, Minseok!” E senza un'altra parola, si voltò e cominciò a correre per raggiungere Kim Jongin, lasciando Minseok da solo sul marciapiede.
Sarebbe potuto rimanere lì per un tempo indefinito, ad osservare il punto in cui Luhan era svanito in mezzo alla folla, se il suo stomaco non avesse borbottato forte, seguito dalla vibrazione del suo telefono. Lo prese, sapendo già chi poteva essere.
Kyungsoo: Hey, dove sei? Non ti sei presentato per il controllo.
Facendo una smorfia, Minseok scrisse una risposta veloce, assicurandogli che era per strada, poi si voltò e cominciò ad incamminarsi verso casa, sentendosi nauseato. Non era sicuro se fosse perché non mangiava da ore o perché continuava a pensare a Luhan che diceva, “Sono interessato a lui.”
Era abbastanza sicuro che fosse per il primo motivo.
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
d
Minseok trovò considerevolmente più semplice parlare con Luhan dopo la loro... uscita. Non parlare in generale, perché Minseok aveva capito come comunicare efficacemente con lui nelle tre settimane passate, ma proprio mantenere una conversazione. Parlare con Luhan nello stesso modo in cui parlava con Jongdae o Kyungsoo (anche se, ad essere onesti, con loro due parlava in modo completamente diverso). Provare cappelli divertenti insieme, apparentemente, era un modo efficace di entrare in confidenza con qualcuno. La quinta settimana di scuola segnò l'inizio dei test di fine unità, il che significava che Luhan passava molto più tempo a casa di Minseok, a rivedere appunti e schede che non finivano mai, cercando di memorizzare termini e teorie complicate. A Minseok non dava fastidio. Lo teneva concentrato sullo studio, e in un certo senso... gli piaceva la compagnia. Era spesso irritabile dopo tante ore di studio – riusciva proprio a sentirlo – ma Luhan era sempre allegro e paziente e ottimista, sorrideva anche quando lui cominciava ad arrabbiarsi per tutto. A differenza delle loro prime sessioni di studio, però, Minseok non se la prendeva mai con Luhan. Luhan, che incespicava ancora con le parole quando leggeva una domanda a voce alta. Luhan, che mormorava ancora in cinese, sotto voce, quando eseguiva delle equazioni di matematica. Luhan, che a volte si lamentava ancora, “È così diverso,” quando faticava a memorizzare i termini scientifici. Indipendentemente da quante volte doveva ripetersi o correggerlo, Minseok non si arrabbiava mai con Luhan. Si scocciò un po', però, quando il ragazzo lo pagò per tutte le sessioni di studio, evitando il suo sguardo mentre gli passava le banconote. Minseok le prendeva senza dire una parola, senza nemmeno guardarle, mentre il ragazzo lo ringraziava per la centesima volta quella settimana prima di andarsene. Nascose nuovamente i soldi sotto il materasso, come faceva sempre, e cercò di non pensarci. Non sapeva nemmeno più verso chi sentirsi frustrato. Non passarono tutta la settimana a studiare, ovviamente. Quando Luhan era a casa sua, facevano più che altro i compiti e rivedevano i test, con qualche pausa di tanto in tanto per mangiare e parlare di cose non inerenti alla scuola. A volte, Kyungsoo si affacciava al bancone per chiacchierare. Solitamente, però, Luhan voleva studiare il più possibile, e questo manteneva Minseok concentrato. Luhan non stava mai a lungo dopo cena, comunque, dicendo che aveva delle cose da fare e scomparendo per il resto della serata. Per quanto ne sapeva Minseok, il ragazzo non aveva altre persone con cui passare il tempo, quindi non era sicuro di dove andasse, ma non fece domande. A scuola, ad ogni modo, Luhan sembrava piuttosto popolare. Non sedevano più da soli in mensa; Baekhyun e Chanyeol stavano sempre al loro tavolo ormai, anche quando Jongdae era assente per qualche incontro del consiglio. Quando non c'era nessuna riunione, anche Junmyeon veniva a chiacchierare con loro, a volte. E ovviamente, Luhan passava ancora la prima parte del pranzo a parlare con Oh Sehun. Minseok non sapeva se stesse facendo qualche progresso con il più piccolo, ma almeno Sehun sembrava rispondere di tanto in tanto, anche se il suo viso rimaneva sempre impassibile, se non irritato. Ogni volta che Minseok gli chiedeva di cosa avessero parlato, Luhan gli rispondeva sempre in modo poco chiaro, tipo, “Solo quello che mi è venuto in mente,” o, “Non penso che Sehun voglia te lo dica.” Mandava Minseok fuori di testa. E poi c'era la questione di Kim Jongin. Minseok non aveva ancora idea di cosa volesse lui – o meglio, cosa Luhan volesse da lui. Luhan non diceva mai nulla al riguardo, a parte chiedere alle persone se sapessero qualcosa sul più piccolo, e dicendo che era 'interessato a lui'. Una cosa talmente vaga che a volte Minseok voleva mettersi a urlare. Cosa significava? Per quanto ne sapeva, non avevano nemmeno mai parlato. Luhan continuava a dire di voler parlare con Jongin, ma non lo faceva mai. E per lui era strano, perché quando voleva parlare con Sehun, andava e lo faceva. E Sehun sembrava decisamente meno accogliente di Jongin. Quindi perché Luhan non aveva alcun problema a parlare con il primo, ma non con il secondo? Minseok passava sin troppo tempo a cercare di capire Luhan, e non sembrava arrivare da nessuna parte. Cominciò ad insospettirsi, comunque – se non lo fosse stato già da prima – il giorno dopo due test importanti, quando lui e Luhan stavano camminando in corridoio verso l'entrata, a fine giornata. Minseok aveva chiesto a Luhan se voleva fare qualche altra foto per il progetto, visto che il carico di studio era decisamente più leggero ora, e Luhan stava quasi per accettare quando voltò improvvisamente la testa, come se qualcosa l'avesse sorpreso. Minseok seguì il suo sguardo, confuso, ma non vide niente di strano oltre alla massa di studenti impazienti di tornare a casa. “Oh!” disse piano Luhan. “Non importa, io – non posso. Scusa, Minseok, devo—” Sembrava indeciso per un momento, poi si voltò verso di lui velocemente e gli toccò il braccio; Luhan lo faceva sempre. Toccava. “Mi dispiace,” si scusò il ragazzo, gli occhi castani spalancati e sinceri. “Mi piacerebbe davvero. Ma devo andare a fare una cosa.” Minseok annuì senza dire niente, anche se c'era una vocina irritante nella sua testa che gli ripeteva hai sempre qualcosa da fare, cosa fai sempre? Ma poi Luhan si voltò un'ultima volta con un sorriso e lo salutò, e Minseok lo vide scomparire tra la folla, diretto da qualche parte – da qualcuno – in particolare. Minseok aveva visto bene la faccia irritata di Oh Sehun voltarsi verso Luhan, e qualcosa di spiacevole gli attanagliò lo stomaco.
“Sehun-ah!” Fu una reazione spontanea, voltarsi a guardare chiunque lo avesse chiamato in corridoio, sebbene ormai avrebbe dovuto essere abituato. Sehun si ritrovò immediatamente faccia a faccia con Luhan, il quale gli stava sorridendo allegro. Lo prese in contropiede per un momento, perché Luhan non gli aveva mai parlato fuori dalla mensa prima. Più che altro perché Sehun faceva del suo meglio per evitare di farsi vedere da lui. “Sehun-ah, sei impegnato ora?” chiese Luhan, sembrando un bambino innocente mentre dondolava avanti e indietro, stringendo le spalline del proprio zaino. Sehun scrollò le spalle in un modo che non significava né sì né no. Luhan, a quanto pare, lo prese per un sì. “Verresti con me in un posto?” Sehun si accigliò, teso. “Perché?” chiese, tenendo stretto lo zaino. Ma il ragazzo continuò a sorridere felice. “Perché voglio portarti da qualche parte,” disse. “Dove?” chiese poi il più piccolo, aggrottando le sopracciglia. “Non ne sono ancora sicuro. Ho pensato potessi scegliere tu.” Okay, ora Sehun era solo confuso. Cosa stava cercando di dirgli Luhan? “Che vuoi dire?” chiese deciso, perché non sarebbe andato da nessuna parte fino a che non avesse ricevuto qualche risposta. Luhan rise piano. “Ho solo pensato che potessimo passare un po' di tempo insieme, sai, fuori da scuola. Solo io e te, senza doverci preoccupare delle altre persone in mensa o cose così. Che ne pensi?” Sehun non sapeva cosa pensare, onestamente. Nessuno gli aveva mai fatto un'offerta del genere. “Perché dovrei volerlo fare?” “Perché sei solo,” disse Luhan, e Sehun strinse le labbra. “Non so—” “Lo sei,” lo interruppe immediatamentelui, sembrando severo, ma comunque gentile e sincero. “Ero nella tua stessa situazione, sai. Nuovo, senza amici. So come ci si sente.” Sehun sentì una strana sensazione allo stomaco. “No, non lo sai,” disse cupo. “Non mi conosci nemmeno. Non sai niente.” Invece che farsi da parte, però, Luhan sorrise leggermente, un po' triste, e fece un piccolo passo avanti. “Non ancora,” ribatté. “Ma sono davvero bravo ad ascoltare.” Fece una piccola pausa, poi aggiunse, “Non vuoi tornare a casa, no?” Sehun si ritrovò senza parole per un lungo momento. Poi disse semplicemente, “No.” “Allora vieni,” disse Luhan, posando una mano sul gomito di Sehun, delicatamente. “Pago io. Ti prego, vieni.” E per qualche ragione, Sehun si lasciò trascinare fuori dalle porte e sul marciapiede, anche se i campanelli di allarme nella sua testa gli stavano dicendo di andare via. Luhan era l'unica persona che riusciva a fargli fare qualcosa che andasse contro il suo istinto.
Parecchi minuti dopo, Sehun si ritrovò seduto di fronte a Luhan nell'angolo di una gelateria, a bere un milkshake al cioccolato in religioso silenzio. Per una volta, anche Luhan non stava parlando, limitandosi a mangiare la propria coppetta. Il posto l'aveva scelto Sehun – sapeva che era meglio non lasciarlo fare al maggiore – ma non ci era mai stato prima. Non usciva spesso. “Allora…” disse alla fine Luhan, e Sehun non sapeva se sentirsi sollevato, irritato, o entrambe le cose. Sollevò velocemente lo sguardo su Luhan. “Sehun. Perché non sorridi mai?” Sehun fece una smorfia. “Perché dovrei?” “Perché ti farebbe sentire meglio,” disse lui semplicemente. “È scientificamente provato. E poi, penso saresti molto più carino se sorridessi.” Sehun si accigliò leggermente. Se non lo avesse conosciuto, avrebbe pensato che Luhan stesse flirtando con lui, ma il ragazzo parlava in questo modo letteralmente con tutti. “Non voglio essere carino,” rispose. Luhan rise. “Lo sei già,” gli disse. “Solo un po' burbero. Un sorriso starebbe bene su di te.” “Sorriderò quando avrò un motivo per farlo,” affermò impassibile Sehun. “Ti ho comprato un milkshake,” gli fece notare Luhan. “Penso di meritare un sorriso.” “Mi hai fatto venire tu qui. Non volevo nemmeno venire,” ribatté Sehun. Il più grande sospirò. “Bene. Cosa posso fare per meritarmi un sorriso?” “Potresti lasciarmi in pace,” rispose immediatamente Sehun. Luhan lo guardò con occhi tristi. “Questo non ti renderebbe felice,” disse. “Non fingere che sia così.” Sehun serrò la mascella e non disse niente. Luhan posò il mento sulle mani e sospirò ancora. “Perché sei sempre così triste?” mormorò, così piano che il ragazzo a malapena lo sentì. Si rese conto solo un momento dopo che lo aveva detto nella sua lingua madre; il cinese di Sehun era abbastanza buono, più che altro perché una delle sue madri affidatarie era Taiwanese. “Posso farti una domanda?” chiese all'improvviso Sehun, rompendo il silenzio. Luhan lo guardò sorpreso, ma annuì. Il più piccolo si umettò le labbra, guardandolo dritto negli occhi. Non era sicuro del perché avesse parlato, ma non poteva tornare indietro ora. “Cosa vuoi da me?” Luhan sbatté lentamente le palpebre, non lasciando trapelare niente mentre rifletteva sulla domanda. Sehun era pronto a tutto – davvero, ne aveva sentito di cose – ma sentiva che dietro la risposta del ragazzo c'era qualcosa di grande. Alla fine, Luhan parlò. “Voglio che ti fidi di me,” rispose, la voce tanto decisa quanto il suo sguardo. “Voglio che tu sappia che puoi parlarmi di tutto o venire da me senza avere paura. Voglio che ti senta abbastanza a tuo agio da sorridere quando sei con me. Voglio che mi chiami hyung, e voglio che ti renda conto che non ti ferirò mai. Ecco cosa voglio da te.” Sehun rimase in silenzio, cercando nel suo sguardo un segno, un indizio che gli facesse capire che stava mentendo, che non diceva sul serio. Ma Luhan era un libro aperto, e Sehun non trovò nulla. “Perché?” chiese, con la gola improvvisamente secca. Luhan inclinò la testa di lato. “Perché tutti dovrebbero avere qualcuno al proprio fianco,” rispose. “E perché sei troppo giovane per essere triste.” “Non sono triste,” negò acidamente Sehun, abbassando lo sguardo sul proprio bicchiere. “E non ho bisogno di nessuno.” “Sì, lo sei, e sì, ne hai bisogno,” disse Luhan, con voce gentile ma decisa. “Ma voglio che la situazione cambi.” Sehun sbuffò e prese il milkshake, evitando lo sguardo del ragazzo. Non si sarebbe lasciato influenzare. No. “Posso abbracciarti?” gli chiese all'improvviso Luhan. Sehun sussultò involontariamente. “No.” “Ti prego?” “No.” “Voglio farlo.” “No.” Luhan emise un piccolo suono frustrato. “Sarò triste se non me lo lascerai fare.” “Non mi importa.” “Non hai visto la mia faccia triste. Ti sentirai in colpa quando la vedrai.” Sehun sentì le proprie labbra tremare, e le morse immediatamente per farle smettere. “Vai ad abbracciare qualcun altro. Vai ad abbracciare il tuo Minseok.” Ci fu un attimo di silenzio prima che Luhan dicesse, “Non so se lo apprezzerebbe.” E poi, “Abbraccerò te.” “E io urlerò.” “No, non lo farai.” Prima che Sehun potesse dire qualcos'altro, Luhan si sedette accanto a lui, e delle braccia calde gli cinsero il corpo, avvicinandolo a sé. Sehun rimase immobile, poi si mosse, ma non lo spinse via. Luhan premette il viso nella spalla del ragazzo e mormorò, “Puoi fingere che non ti piaccia. Non mi interessa. Ma considero questo l'inizio della nostra amicizia.” “Non siamo amici,” disse Sehun, ma le sue parole non contenevano veleno. Non era una cosa a cui era abituato. Luhan lo abbracciò più forte. “Sì, lo siamo. Lo dico io. Ora lasciati abbracciare.” Sehun non si mosse, ma mentre Luhan lo stringeva, sentì la tensione abbandonare il suo corpo, poco a poco. Smise di lottare, perché sapeva che Luhan non si sarebbe comunque fermato. Si arrese, perché Luhan sembrava riuscire a capirlo più di chiunque altro al mondo. Sehun rimase seduto e... si lasciò abbracciare. Rimasero così fino a che il gelato di Luhan non cominciò a sciogliersi. “Parlerò con Jongin,” mormorò il maggiore contro la giacca di Sehun. “Non farò il tuo nome né niente, giuro. Voglio solo parlare con lui.” Sehun si sentì all'improvviso troppo stanco per discutere ancora sulla faccenda. “Va bene,” disse stancamente, scrollandosi di dosso le braccia del ragazzo e sentendosi estremamente a disagio. “Fai quello che vuoi. Non mi ascolti mai, comunque.” Luhan sorrise, sporgendosi sul tavolo per salvare il proprio gelato. “Faccio solo ciò che è meglio per te,” disse, e Sehun non avrebbe dovuto credergli. Non avrebbe dovuto, perché sua madre aveva detto la stessa cosa, anni fa, e guardate dov'era ora. Sehun gli credette lo stesso.
“Allora, dove sei andato ieri con Sehun?” chiese il giorno dopo Minseok, punzecchiando svogliatamente il proprio pranzo. Per una volta, non aveva molta fame. Non c'era nemmeno nessuno che lo tenesse occupato, dato che Baekhyun era a una riunione del comitato dell'annuario (e quindi c'era anche Chanyeol, nonostante non ne facesse parte) e Jongdae stava facendo qualcosa per il consiglio studentesco. Luhan canticchiò, sorridendo. “Siamo andati a prendere un gelato,” disse. “Gelato,” ripeté Minseok, tenendo gli occhi fissi sul piatto. “Sembra... divertente.” “È stato davvero…mi presti il telefono?” Minseok glielo passò senza dire niente. Luhan cliccò qualche tasto e poi disse, “Ah. Produttivo. È stato davvero produttivo.” Riprendendo il telefono, Minseok annuì senza entusiasmo. “Mi fa piacere.” Ci fu un piccolo silenzio, e poi Luhan chiese piano, “Sei arrabbiato con me?” Minseok sollevò lo sguardo su Luhan, e lo vide stringersi le mani in grembo, sembrando nervoso. I suoi occhi grandi lo fecero subito sentire in colpa. “No, certo che no.” Luhan si morse il labbro, poi disse, “Mi dispiace davvero aver cancellato i nostri piani ieri. So che vorresti finire il progetto il prima possibile. Ma era davvero importante che portassi fuori Sehun. Di solito non lo trovo mai dopo la scuola, o sono troppo impegnato, o…” Si interruppe, sospirando. “Mi dispiace.” Minseok sussultò. Si stava davvero comportando in modo così freddo che Luhan aveva pensato fosse arrabbiato con lui? “Non sono arrabbiato,” giurò, il più convincente possibile. “Davvero. Sono solo... stanco.” Questo, almeno, era vero. Si accigliò e si portò le bacchette alla bocca. “Okay,” disse piano Luhan. Mangiarono in silenzio per un po', e poi Luhan, con un'allegria palesemente forzata, disse, “È il compleanno del mio migliore amico lunedì.” Minseok lo guardò e sbatté gli occhi. “Migliore amico?” Se non era lui, allora... Sehun? Luhan annuì, sorridendo. “Yixing. Il mio migliore amico in Cina.” Ohhh, ora aveva più senso. A dire il vero, Minseok era sicuro di aver sentito Luhan parlare di Yixing prima. “Oh, figo. Gli hai parlato da quando ti sei trasferito qui?” Luhan si accigliò leggermente. “Solo un po'. L'ho chiamato quando siamo arrivati, e gli ho mandato qualche email dal computer della biblioteca, ma... beh, le chiamate verso la Cina sono costose, e non vado così spesso in biblioteca.” “Perché non ci parli su Skype?” chiese attorno al cucchiaio. Quando Luhan lo guardò confuso, Minseok si tolse la posata dalla bocca e ripeté la domanda. Lo sguardo confuso rimase. “Skype?” Minseok annuì. “Sai, con la telecamera, nel tuo computer. Video chat. È gratis.” “Ohhhh. Quello. Yixing ce l'ha,” disse Luhan. “Tu no?” chiese Minseok. Il ragazzo scosse la testa. “Non ho internet.” Oh. Ecco perché Luhan gli chiedeva sempre se poteva fare qualche ricerca a casa sua. “Puoi usare il mio,” disse automaticamente. Questa volta, però, non sentì di volersi rimangiare le parole un momento dopo averle dette. “Manda un'email al tuo amico e decidete l'ora. Ti do il mio indirizzo Skype così mi può aggiungere. Così potrete parlare faccia a faccia per il suo compleanno.” Gli occhi di Luhan si illuminarono. “Davvero?” Minseok annuì, leccando il cucchiaio. “Certo. Non sarà difficile.” “Wow, grazie Minseok. È davvero—” “Cosa hai detto a Jongin?” Minseok e Luhan si voltarono sorpresi per l'interruzione e videro Sehun in piedi accanto al tavolo, accigliato. Minseok rimase a bocca aperta, non aveva mai visto il ragazzo da così vicino prima, o sentito parlare. Non si era nemmeno reso conto fino ad adesso che Sehun non era seduto al proprio posto all'inizio del pranzo, o che Luhan lo stava aspettando al tavolo quando Minseok era entrato in mensa. Luhan sbatté gli occhi innocentemente. “Non gli ho detto niente.” Il cipiglio di Sehun si trasformò in uno sguardo arrabbiato. “Hai detto che avresti parlato con lui. L'hai ammesso.” “Ma non l'ho fatto ancora. Davvero, Sehun-ah. Chiedilo a lui, non mi ci sono nemmeno avvicinato. Probabilmente non ha idea di chi io sia,” disse sincero Luhan. Sehun si morse il labbro per un momento, cercando di decidere se Luhan stesse mentendo o meno, poi strinse i pugni e chiese, “Allora perché mi ha parlato?” “Kim Jongin ha parlato con te?” chiese Luhan, spalancando gli occhi. Sehun annuì teso. Un piccolo sorriso fiorì sul viso di Luhan, e Minseok non poteva essere più confuso. “Beh, buon per lui. Cosa ha detto?” Sehun premette le labbra insieme per un momento, guardando brevemente Minseok, poi disse, “Mi ha chiesto se volessi sedermi con lui e i suoi amici a pranzo. E anche tu. Ha detto che potevamo andare entrambi.” Luhan alzò leggermente le sopracciglia, ma il suo sorriso si allargò. “Davvero? È stato carino da parte sua. Cos'hai detto tu?” Sehun incrociò le braccia e disse, “Non ho detto niente. Sono andato a sedermi in bagno per un po', sperando che si dimenticasse della mia esistenza.” Minseok non poté fare a meno di sollevare le sopracciglia, ma Luhan si limitò a sorridere. “Dianxing de Shixun,” disse scherzoso. Tipico di…Shixun? Era così che Luhan chiamava Sehun? Prima che Minseok potesse chiedere, Luhan disse, “Dovresti accettare la prossima volta. Anche se mi devo ancora accertare che sia gentile.” Sehun fece una smorfia. “Digli di lasciarmi in pace, invece,” disse. “Questo non è sicuramente nei miei piani,” ribatté Luhan, sempre sorridente. I due sembravano così diversi che Minseok voleva quasi mettersi a ridere. Sehun grugnì piano, irritato, e Minseok immaginava fosse una cosa che capitava spesso. “Non voglio che Kim Jongin si interessi a me,” disse. “Digli di smetterla.” “Non posso far smettere qualcuno di interessarsi a te, Sehun-ah,” disse Luhan. “Così come tu non puoi fermarmi dall'esserti amico.” Sehun borbottò sotto voce, poi disse, “Bene. Forse gli arriverà il messaggio meglio che a te e mi starà lontano.” Gli occhi di Luhan si spostarono dall'altra parte della stanza, dove era seduto Jongin. Quando Minseok seguì il suo sguardo, vide il più piccolo distogliere lo sguardo velocemente. “Ne dubito,” fu tutto quello che disse Luhan. Sehun se ne andò un momento dopo, sbuffando irritato mentre si dirigeva al proprio tavolo per mangiare. Luhan lo guardò allontanarsi, e Minseok sbatté lentamente le palpebre, ancora scioccato. “Cosa è appena accaduto?” chiese stupidamente. Luhan sorrise, riportando l'attenzione sul proprio pranzo. “Il mio piano mi sta sorpassando,” disse. Questo non era per niente di aiuto. “Sono così confuso.” “È tutto okay, Seok-ah,” disse calmo Luhan, dandogli una gentile pacca sulla spalla. “Non ti riguarda. Non ti preoccupare.” Aveva ragione, ovviamente. Niente di tutto questo aveva a che fare con Minseok. Ma quando vide Luhan guardare in direzione di Kim Jongin e sorridere, capì che in qualche modo voleva che lo riguardasse. Si rese conto di una cosa solo qualche minuto dopo. “Aspetta. Perché Sehun ti parla in modo così informale?” Luhan si accigliò, sembrando più pensieroso che altro. “Non ne sono sicuro. Non me ne accorgo neanche. La formalità coreana mi confonde.” “Beh, digli di smetterla,” borbottò Minseok. “È irrispettoso.” Luhan scrollò le spalle indifferente. “Mi interessa di più che lui si senta a proprio agio, sinceramente. Se vuole usare il banmal che lo faccia pure. Non mi dà fastidio.” Minseok emise un piccolo hmph, ma lasciò perdere. Non gli piaceva parlare con Sehun. Lo rendeva burbero. Non pensava di voler approfondire il perché, però.
Kyungsoo era una persona davvero sola. Gli piaceva pensare di essere molto indipendente e tutto, ma alla fine, era ancora solo. I suoi genitori lavoravano per la maggior parte della giornata, lasciandolo a casa da solo, il che significava che fino alla fine delle lezioni, Kyungsoo era lasciato a se stesso, fuori dal mondo. Non è che non avesse niente da fare, perché era sempre impegnato a studiare e con la sua miriade di interessi e hobby. Ma stare solo tutto il tempo, a volte gli pesava. Ci era abituato, certo. Kyungsoo era sopravvissuto alla solitudine per tutta la sua vita. Detto questo, la settimana appena passata era stata particolarmente difficile per lui. Era di nuovo periodo di esami. Con Minseok impegnato a studiare e aiutare Luhan praticamente ogni giorno dopo la scuola, Kyungsoo si ritrovò solo anche dopo la fine delle lezioni, seduto nella propria stanza; un posto che a volte lo faceva sentire al sicuro, e altre volte sembrava una prigione. Certo, Minseok passava sempre a salutarlo in balcone la sera, quando Luhan se ne andava, ma a quel punto – a meno che non fosse andato lui stesso da loro – erano già passate dodici ore dall'ultima volta in cui aveva avuto contatti con un altro essere umano, e lo faceva andare quasi fuori di testa. In più, i suoi genitori erano già tornati dal lavoro per quell'ora, quindi aveva altre persone con cui parlare. In tutto e per tutto, era stata una brutta settimana, e Kyungsoo non voleva l'ora che finisse Non è che Kyungsoo si risentisse per Luhan, però. Anzi, il ragazzo gli piaceva, e si divertiva in sua compagnia. Pensava anche che Luhan facesse bene a Minseok. Se Luhan non fosse stato così gradevole, però, Kyungsoo era sicuro che avrebbe sicuramente cercato di disfarsene. Dopotutto, Minseok era molto probabilmente la persona più importante nella sua vita. Non poteva permettersi di perderlo. Quindi quando Minseok lo invitò a casa sua lunedì, mentre Luhan parlava su Skype con il suo amico in Cina, Kyungsoo si sentì sollevato. Allineò tutte le sue vitamine sulla scrivania e le prese una ad una – misure preventive per non ammalarsi, anche se probabilmente servivano più per sentirsi in pace con se stesso che per altro – e indossò i suoi 'vestiti per uscire', per poi avviarsi lungo il corridoio fino alla porta del suo vicino; si tirò la manica della maglietta oltre la mano e premette il campanello con una nocca. Kyungsoo indossava sempre le maniche lunghe, soprattutto nelle rare occasioni in cui lasciava casa propria; aveva sviluppato l'abitudine compulsiva di tirarle oltre le proprie mani così da non dover toccare niente. Si chiese vagamente cosa significasse per il suo stato mentale mentre aspettava che qualcuno aprisse la porta. Anche se non era chiusa a chiave, per nessun motivo avrebbe posato la mano su qualcosa di tanto sporco come una maniglia. Pochi minuti dopo, si ritrovò seduto sul divano di Minseok a chiacchierare con Luhan, mentre il padrone di casa sistemava la web cam del proprio computer. “—e credo che Jongin gli chieda tutti i giorni se vuole sedersi con loro ma Sehun dice sempre di no perché è testardo,” stava dicendo Luhan, sorridendo. “Quel Sehun, non so cosa fare con lui; ho parlato con Jongin, però, venerdì. Non l'avevo programmato, ma l'ho visto mentre tornavo a casa da qui, sai, dopo aver rivisto gli appunti di matematica con Minseok. Comunque, l'ho visto venire verso di me, e mi sono fermato per un secondo, perché ero sorpreso. Mi ha visto anche lui, e pensavo avrebbe fatto finta di non riconoscermi, ma poi mi si è avvicinato e mi ha detto, ‘Sei l'amico di Sehun, giusto?’” “Davvero?” chiese Kyungsoo, con le sopracciglia inarcate. Gli veniva difficile seguire Luhan quando blaterava così, dato che il suo accento diventava più forte quando era eccitato per qualcosa. “Sì!” disse Luhan. “Sembrava così imbarazzato, era adorabile. Ho detto di sì, e Jongin mi ha chiesto perché non piacesse a Sehun.” Ridacchiò leggermente. “Gli ho detto che Sehun non è bravo a stringere amicizia, e che se continuerà a provare, alla fine Sehun lo accetterà.” “Sehun non si arrabbierà con te, per questo?” chiese Kyungsoo. Luhan agitò le mani. “Mi ringrazierà prima o poi.” Kyungsoo sorrise leggermente. “Sei senza paura, hyung. Da come lo descrivi, Sehun sembra abbastanza spaventoso.” “Ahh, è solo un ragazzino,” disse Luhan. “Un ragazzino carino, triste, forse un po' spaventato. Devi solo essere gentile con lui. Ma insistente. Sono sicuro sia un bravo ragazzo, in fondo.” Kyungsoo annuì, e stava per rispondere quando Minseok tornò e disse, “È tutto pronto, Luhan. Vieni in camera, ti mostro come chiamarlo una volta che si connette.” Luhan si illuminò eccitato, salutando Kyungsoo prima di seguire il ragazzo nella sua stanza. Un momento dopo, Minseok uscì, sorridendo tra sé e sé. “È stato davvero carino da parte tua, hyung,” disse Kyungsoo quando il maggiore si sedette accanto a lui, nel posto prima occupato da Luhan. Minseok abbassò la testa timido. “Non è niente,” mormorò. “Non è stato nemmeno tanto difficile. E Luhan è comunque sempre qui.” L’ho notato, voleva dire Kyungsoo, ma non lo fece. Lamentarsi, aveva imparato tempo fa, non serve a nulla. “È stato comunque carino,” disse. “Ti sei preoccupato di far felice Luhan, anche se a te non viene niente in tasca. Solo perché volevi renderlo felice.” Minseok arrossì leggermente. “Sei cambiato tanto da quando è arrivato Luhan.” “Già…” disse Minseok, grattandosi il collo imbarazzato, e in sottofondo si sentì un Luhan entusiasta, “Xing-ah!” I due ragazzi nel salotto risero, poi continuarono la loro solita routine in cui chiacchieravano e si raccontavano cosa fosse successo nei giorni passati. Kyungsoo raccontò a Minseok dell'articolo sui traumi psicologici che aveva letto quella mattina, Minseok gli descrisse la reazione di Jongdae quando aveva sentito alcune ragazze parlare male di Kim Junmyeon, e le cose tornarono al loro posto. A Kyungsoo piaceva la normalità – ne aveva bisogno, davvero. Era l'unica cosa a cui poteva aggrapparsi. “Ti vedo faccia a faccia molto più spesso in questi giorni, hyung,” disse a un certo punto Kyungsoo. Allungò una mano per fingere di punzecchiare la guancia del ragazzo, ma non lo toccò. “Mi viene difficile capire se stai cambiando o no se ti vedo così spesso. Hai perso peso?” Minseok fece una smorfia, fingendo di mordere il dito di Kyungsoo. “Non farlo,” disse. “Non incoraggiarmi, intendo.” Kyungsoo fece immediatamente un passo indietro. “Oops, scusa,” disse. A volte si dimenticava quanto fosse delicato l'argomento. Minseok scosse la testa. “È tutto okay,” lo rassicurò. “Sono solo state delle settimane stressanti.” Kyungsoo annuì comprensivo. Sapeva l'effetto che lo stress aveva sull'amico. “Seok-ah!” lo chiamò all'improvviso Luhan da camera sua. Kyungsoo sorrise automaticamente per il nomignolo. “Vieni qui, Yixing ti vuole conoscere!” Il sorriso di Minseok era nervoso quando si alzò per entrare nella propria stanza, dove Kyungsoo sentì Luhan presentarlo come “Minxi”. Un minuto dopo tornò in salotto, sembrando imbarazzato. “Allora?” chiese Kyungsoo, ridendo. “Com'è Yixing?” “Molto onesto,” rispose Minseok, ridacchiando. “E non parla una parola di Coreano.” Kyungsoo sorrise, immaginando che Yixing gli avesse fatto un complimento o qualcosa del genere – Minseok non aveva mai saputo accettare i complimenti. “Non sei geloso?” lo prese in giro. Minseok lo guardò. “Mi tormenta già abbastanza Jongdae, grazie tante,” disse, arricciando il naso. “Apprezzerei se non ti ci mettessi anche tu.” Kyungsoo rise. “Devo prendere il posto di Jongdae, quando lui non è qui.” “Se fosse così, non mi disturberei a tenerti come amico,” disse Minseok, facendogli una linguaccia. “Un Jongdae basta e avanza.” “Hai ragione,” disse Kyungsoo. “Hai bisogno di qualcuno che ti tenga coi piedi per terra quando necessario.” Mentre Minseok alzava gli occhi al cielo, però, Kyungsoo non si lasciò sfuggire il fatto che quando lo aveva preso in giro, Minseok non aveva negato niente.
(Chiedo scusa per la brutta formattazione, ho passato un'ora a cercare di capire come sistemarla ma niente da fare /sigh)
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
a
Ottobre
fu un mese abbastanza calmo per Minseok. Dopo tutta la confusione e il
disagio nel conoscere Luhan, dovendo trovare quindi una nuova routine,
ora si era finalmente stabilizzato. I giorni sembravano combinarsi
insieme col passare delle settimane, e le giornate si facevano sempre
più fredde. Alcuni giorni, Luhan andava a casa sua per
studiare e lavorare al progetto, altri giorni le cose tornavano come
prima che il ragazzo arrivasse; Minseok discuteva dei suoi problemi con
Kyungsoo, invitava Jongdae a casa durante il fine settimana, e
così via. Alcune settimane erano più impegnate di
altre, ma c'era da aspettarselo. Tutto sommato, Minseok sentiva che le
cose erano tornate più o meno alla normalità.
Lo stesso non si poteva dire di Luhan, però. Si stava
adattando alla vita in Corea, certo, e il suo coreano migliorava ogni
giorno di più. Eppure, era sempre occupato a cercare di
tenere il passo dei propri compagni, soprattutto in materie come storia
e letteratura. Nel frattempo, quando non era completamente concentrato
nel passare tutti i test, Luhan continuava a cercare di avvicinarsi a
Oh Sehun. A volte passava più tempo del solito con lui a
pranzo, restando anche dopo che Minseok arrivava in mensa, e a volte
Minseok vedeva il più piccolo persino rispondere, fare
conversazione. Luhan annunciò orgogliosamente, una
volta, che Sehun diventava ogni giorno più loquace, anche se
a Minseok sembrava comunque piuttosto acido. A volte, dopo la scuola,
andavano insieme a fare delle cose, e questo lo faceva
sentire…
Niente. Non provava niente al riguardo. Era quello che ripeteva deciso
a Kyungsoo ogni volta che capitava. I silenzi che seguivano queste
affermazioni facevano pensare a Minseok che il vicino non gli credesse.
E, ancora, c'era la faccenda di Kim Jongin. Non che Minseok avesse
qualche problema con lui, nello specifico, ma
continuava a non avere idea di cosa centrasse. Luhan diceva di aver
parlato con lui un paio di volte, per 'assicurarsi che fosse gentile',
ma oltre quello non sembrava avere alcun contatto con il ragazzo, a
parte guardarlo in mensa, che era ancora strano. Jongin, ad ogni modo,
sembrava cercare un contatto diretto con Sehun sempre di più
in questi giorni. Dopo i continui rifiuti di sedersi con lui e i suoi
amici, a quanto pare Jongin si era stancato e aveva deciso di seguire
il consiglio di Luhan, sedendosi di fronte ad un Sehun decisamente
infastidito e sorridendo imbarazzato, mentre tirava fuori il proprio
pranzo. Minseok li guardò con confusa curiosità,
Jongin diceva qualche parola, faceva una risatina imbarazzata, e
guardava Luhan dall'altra parte della stanza. Si voltò
giusto in tempo per vedere Luhan fare un sorriso e sollevare un pollice.
Niente aveva senso per Minseok.
Intorno a metà ottobre, andò insieme a Luhan al
fiume Han per fare qualche altra foto per il progetto. Minseok ci era
già stato prima – era impossibile vivere a Seoul
senza mai vedere il fiume Han – ma non
ci era mai andato semplicemente per divertirsi. Era una giornata
bellissima, con il cielo azzurro e il sole di metà autunno,
e Luhan era vivace e allegro mentre faceva rimbalzare i sassi
sull'acqua, con il vento che gli arruffava i capelli. Aveva le guance
arrossate e gli occhi lucidi, e rise quando Minseok gli
afferrò il colletto della giacca e fece finta di gettarlo in
acqua, e qualche volta Minseok si distraeva dal fare le foto
semplicemente fissandolo.
(Dopotutto, Minseok non era cieco. Tutti potevano
vedere quanto fosse bello Luhan. Doveva solo stare attento a non farsi
trascinare troppo.)
A fine mese, quando Halloween si stava avvicinando, Luhan vide la
squadra di calcio allenarsi dopo la scuola e chiese a Minseok se gli
andasse di giocare. E come poteva dire di no quando Luhan sembrava
così impaziente? Quindi trovarono un po' di tempo nel fine
settimana, mettendo da parte i libri e i compiti e prendendo invece
scarpe da tennis e palle da calcio, e dirigendosi al campo. Minseok
indossò la sua vecchia maglietta, quella di quando faceva
parte della squadra, così come le sue scarpette da calcio,
che non vedevano l'erba da più di sei mesi. Luhan le
ammirò da lontano, con indosso dei semplici pantaloncini e
maglietta e le sue solite scarpe, e Minseok dovette convincersi a non
chiedergli se voleva fare scambio.
Luhan era una persona entusiasta in generale, Minseok lo sapeva, ma lo
era ancora di più quando mise piede nel campo da calcio. Era
anche bravo; Minseok aveva giocato con diversi calciatori di talento,
quando era nella squadra, ma Luhan era tanto bravo – se non
di più – quanto molti dei suoi vecchi compagni.
Inoltre, sembrava anche avere energia infinita, calciava la palla su e
giù per il campo senza dare segni di voler rallentare,
correndo in cerchio quando segnava e facendo giochetti quando Minseok
si fermava per bere e riposarsi.
Lui, invece, non era così instancabile. Non faceva movimento
da quando aveva lasciato la squadra di calcio, ed era probabilmente
fuori forma, quindi si stancava piuttosto velocemente. Si
divertì, comunque, a giocare con Luhan. Gli mancava quello
sport, e Luhan era un avversario eccellente, anche se un po' troppo
premuroso. Pur avendo la possibilità di fare più
goal, quando Minseok ne aveva bisogno, anche Luhan rallentava.
Oltretutto, a Minseok piaceva guardarlo giocare. Era simile a guardare
un bambino con il proprio gioco preferito; era valsa la pena andare fin
lì, vedendo lo sguardo di pura gioia sul suo viso.
Minseok ebbe comunque qualche difficoltà quando si
buttò sull'erba affannato, il petto che gli bruciava per la
fredda aria autunnale. Cercò di rallentare il proprio
battito cardiaco mentre faceva il bilancio di come stava – un
po' frastornato, ma sarebbe stato bene. Proprio quando stava per
chiamare Luhan, per dirgli che lui aveva finito per oggi, il viso del
ragazzo apparve sopra di lui, con i capelli sudati attaccati alla
fronte. “Okay?” chiese, spingendosi indietro i
capelli.
Minseok lo fissò un momento senza dire niente,
destabilizzato dalle sue guance arrossate, dalle gocce di sudore che
gli scendevano lungo la tempia e dalla lingua con la quale si
umettò le labbra. “Sì. Sto
bene,” riuscì a dire, con la bocca secca, e Luhan
sorrise e corse via, calciando la palla con piena potenza. Minseok
osservò senza fiato la pelle liscia di Luhan che si stirava
lungo i muscoli, le cosce e le ginocchia muscolose, e le braccia
pallide tenute in alto per restare in equilibrio, linee eleganti e
potenza controllata, e oh. Minseok aveva sperato che questo non
accadesse.
Perché Minseok era ancora un ragazzo adolescente con ormoni
adolescenti, che era attratto da altri ragazzi, che a volte sembravano
rendergli la vita difficile. Forse tutta questa cosa del calcio non era
stato una buona idea.
Sforzandosi di guardare altrove, Minseok sentì un'improvviso
giramento di testa, e strisciò fino a dove aveva posato lo
zaino, tirando fuori un muffin ai cereali e mangiandone
metà. Quando riportò lo sguardo su Luhan, il
ragazzo stava facendo palleggiare la palla sulle ginocchia, senza farle
mai toccare terra.
“Hai finito?” gli chiese Luhan, distogliendo lo
sguardo dalla palla per un secondo e guardando Minseok
Minseok ingoiò prima di rispondere affermativamente.
Luhan sembrava leggermente deluso, ma lasciò cadere la palla
sull'erba e la fermò col piede. La calciò
gentilmente, mandandola verso dove era seduto Minseok, il quale stava
bevendo.
“Sei davvero bravo,” disse, sistemandosi accanto a
lui e afferrando la propria bottiglia. “In che posizione
giocavi nella squadra?”
“Attaccante,” rispose Minseok, cercando di non
arrossire mentre decideva se mangiare o no l'altra metà del
muffin. Tenne gli occhi sul terreno, sapendo per passate esperienze che
guardare il proprio compagno avrebbe solo peggiorato la situazione. In
fondo aveva giocato in una squadra di soli ragazzi per molti anni;
aveva avuto problemi del genere prima.
“Quale?” chiese Luhan, pulendosi la scarpa da un
po' di terra. Non si vergognava più di chiedere chiarimenti,
aveva capito ormai che Minseok non avrebbe riso di lui.
“Attaccante di centro,” disse Minseok, facendo dei
gesti con le mani che in nessun modo avrebbero potuto fargli capire attaccante
di centro.
“Ahhh.” annuì Luhan. “Io
giocavo in difesa.”
Minseok annuì a sua volta, posando il proprio peso sulle
mani e sospirando. “Ora che non sto correndo comincio a
sentire freddo,” disse, tremando leggermente. “Vuoi
andare a casa?”
Luhan fece un suono vago. “D'accordo. Mi fai una foto
prima?”
Minseok vide Luhan tirare fuori la fotocamera di Kyungsoo dalla
custodia. Rise leggermente; la portava ovunque.
“Certo,” disse, prendendola mentre il ragazzo si
alzava in piedi. “Corri per il campo, ne faccio un
paio.”
Non ci voleva mai molto per fare una buona foto di Luhan. A volte
Minseok si chiedeva se il ragazzo avesse un lato peggiore. O se venisse
mai male in foto.
Scorse tra le foto che aveva appena scattato e decise che no, non
veniva mai male.
Presero le loro cose e cominciarono a incamminarsi verso casa, non
volendo pagare per il biglietto dell'autobus quando il tempo era
così bello. Minseok cominciò a pentirsene dopo un
po', però, quando i piedi cominciarono a fargli male e
sentì di nuovo la testa girargli. Mangiò la
seconda metà del muffin e disse, “Hey, casa di
Jongdae è più vicina. Vuoi fermarti
lì, prima? Non ho niente da fare a casa.”
Luhan scrollò le spalle, e Minseok cambiò
direzione, dirigendosi con facilità verso casa di Jongdae.
Sperava davvero che l'amico fosse a casa.
C'era, per fortuna, e li lasciò entrare arricciando il naso.
“Puzzate di brutto,” disse con una risata.
“Cosa stavate facendo?”
“Calcio,” cinguettò felice Luhan.
“Minseok mi aveva promesso che avrebbe giocato con
me.”
Jongdae si bloccò e si voltò a guardare Minseok,
alzando le sopracciglia. “Calcio?”
Minseok si grattò il collo e si buttò sul divano
dell'amico, incurante di quanto fosse sudato.
“Già,” disse, cercando di mantenere un
tono di voce casuale.
“Cosa?” chiese Luhan, guardandoli con gli occhi
sgranati. “È strano?”
“Non giocavi a calcio dall'anno scorso,” disse
Jongdae, con lo sguardo fisso su Minseok. Il maggiore non disse niente.
“Ha lasciato la squadra,” disse Luhan, accigliato.
“Non hai detto così, Seok-ah?”
“Sì,” rispose Minseok, sperando che
Jongdae non dicesse niente.
Non succedeva mai che Jongdae 'non dicesse
niente’. “Lui ha dovuto lasciare
la squadra,” disse, come il pettegolo che era sempre stato.
“Si è ammalato gravemente e non ha più
potuto giocare.”
Minseok sospirò e rotolò verso l'angolo del
divano.
“Ammalato?” ripeté Luhan, sembrando
preoccupato. “Come?”
Quando Minseok non rispose, Jongdae disse, “Si è
semplicemente ammalato. È finito in ospedale per una
settimana. Ha perso molto peso. Dopodiché non ha
più potuto giocare, e ci sta ancora male. Non giocava da
allora. Ecco perché la mamma è molto severa su
quello che mangia. Ora sta bene, vero hyung? Come nuovo.”
Minseok mormorò qualcosa di incomprensibile. Non gli piaceva
parlarne.
L'amico rise. “Era ora che ricominciassi a comportarti come
un essere umano normale. Sono contento che lo abbia fatto giocare con
te, Luhan-hyung. Non dice mai niente, ma so che gli manca.”
E per una volta, Jongdae sembrava davvero troppo sincero
perché Minseok potesse arrabbiarsi con lui. Idiota di un
amico.
Quando alla fine si rigirò, Minseok vide lo sguardo di Luhan
su di sé, preoccupato e compassionevole e affettuoso, e lo
fece sentire strano dentro.
Il resto di ottobre passò in un lampo. Halloween
arrivò e si concluse; una festività di cui
Minseok non era propriamente appassionato, dato che non poteva mangiare
nessuna delle caramelle che venivano passate in classe. Non era nemmeno
un fan dei film horror che davano sempre in TV, né delle
decorazioni inquietanti. Si godette però la visione di
Chanyeol e Baekhyun vestiti rispettivamente da Ash Ketchum ed una Misty
inaspettatamente attraente. Baekhyun era decisamente spudorato con
indosso quei pantaloncini di jeans piuttosto corti e la parrucca
arancione, ma anche Minseok sarebbe stato così orgoglioso se
fosse stato così bene in quel costume.
Era divertente anche il fatto che Jongdae si fosse presentato a scuola
vestito da Harry Potter, per poi scoprire che Kim Junmyeon indossava la
stessa identica cosa, passando conseguentemente la giornata ad evitare
il presidente del consiglio studentesco perché e
se pensasse che l'ho fatto di proposito? Sarebbe troppo imbarazzante!
Finì per nascondersi sotto il tavolo della mensa a
pranzo quando Junmyeon si era avvicinato, scoprendo però che
era venuto a cercare proprio lui. (“Heh heh. Ciao
hyung. Stavo solo... raccogliendo la mia bacchetta.”) Minseok
non avrebbe smesso di prenderlo in giro per molto tempo.
Lui andò vestito da calciatore
professionista, e Luhan prese in prestito un costume da Peter Pan dal
club di teatro grazie a Baekhyun, e lo indossò orgoglioso.
Minseok decise di non soffermarsi su quanto stesse bene con la
calzamaglia.
Novembre portò il freddo, il ghiaccio colorava ogni
davanzale di Seoul tutte le notti. Minseok scambiò il
proprio giubbotto autunnale con quello più pesante, ma Luhan
arrivava ancora a scuola con la sua solita giacchettina leggera,
tremando violentemente e sbattendo i denti.
“Perché non prendi una giacca più
calda?” gli chiedeva sempre Minseok, guardandolo preoccupato.
“Nah,” era la solita risposta di Luhan.
“La mia va ancora bene. È solo novembre!”
Minseok si chiese quante altre volte avrebbe dovuto ricordargli che i
novembre in Corea non erano gli stessi novembre della Cina.
(Dall'espressione determinata sul viso di Luhan, probabilmente tante.)
La vita di Sehun era in generale abbastanza sopportabile. Non l'avrebbe
chiamata buona, ma era tollerabile. La sua nuova
madre affidataria non lo disturbava, il che era già tanto
considerando le altre case in cui era stato. Non riceveva chiamate o
messaggi dalla scuola che gli dicevano di alzare i propri voti. La
scuola, in generale, non gli causava troppa sofferenza. Tutti
miglioramenti rispetto al suo passato.
C'era, comunque, la faccenda davvero stancante di Kim Jongin. Kim accidenti-a-lui
Jongin. Sehun non sembrava riuscire a liberarsi del ragazzo.
Sì, okay, sopportava Luhan. Il ragazzo cinese insisteva
ancora per essere suo amico, e Sehun aveva smesso di cercare di
convincerlo a lasciarlo in pace. Ma Luhan era semplice, prevedibile.
Stava con lui per un po' all'inizio del pranzo, gli raccontava qualcosa
su Kyungsoo, Jongdae e Minseok, e gli faceva domande alle quali doveva
inevitabilmente rispondere, costringendolo di tanto in tanto a fare
conversazione. A volte, Luhan lo trascinava via dopo la scuola, per
bere una cioccolata calda e 'fare cose da amici'. Prima Sehun ordinava
sempre la cosa più costosa del menù, ma aveva
smesso di farlo quando un giorno Luhan non aveva abbastanza soldi per
comprare qualcosa per sé. Ad ogni modo, le loro uscite si
concludevano sempre con un abbraccio non ricambiato ed un,
“Sono contento che siamo amici, Sehun-ah. Sei davvero
importante per me,” e poi Sehun tornava a casa, vagamente a
disagio ma molto caldo. Per la cioccolata. Non per l'abbraccio.
Tollerava Luhan. Sapeva cosa aspettarsi da lui.
Jongin, invece. Jongin non era affatto come Luhan.
Non aveva ancora idea del perché il ragazzo avesse
cominciato a parlargli, per cominciare, ma aveva ancora dei sospetti
che Luhan avesse qualcosa a che fare con tutto questo. E ora Jongin non
la smetteva. Gli chiedeva di sedersi con lui e i
suoi amici durante il pranzo, e quando Sehun rifiutava, andava lui a
sedersi al suo tavolo, subito dopo che Luhan se ne andava. Se sapeva
che Sehun avrebbe rifiutato, perché continuava a
chiedere? E ogni giorno, in classe, gli mormorava un buongiorno, timido
e imbarazzato mentre gli sorrideva, anche se Sehun non ricambiava mai.
E a volte gli parlava anche durante le pause. E si offriva di essere
suo compagno per i lavori di gruppo. Sehun era un compagno terribile;
perché avrebbe dovuto volere stare con lui?
Se Luhan era costantemente allegro, solare e sicuro di sé,
Jongin era un mix di assoluta autostima e goffaggine debilitante. Un
secondo prima stava bene, tutto sorrisi e tono della voce affascinante,
e quello dopo si nascondeva il viso dietro le mani, la voce gli si
bloccava in gola e le orecchie gli diventavano completamente rosse. Che
diavolo significava?
E poi. Il modo in cui parlava Jongin era
completamente diverso da come parlava Luhan. Il ragazzo cinese
blaterava, e sarebbe potuto andare avanti per ore senza parlare di
niente in particolare, ma almeno seguiva un filo. Con
Jongin, Sehun veniva travolto, cambiava argomento troppo spesso e
troppo all'improvviso. “E mia sorella era tipo, ‘Jongin,
il cane ha masticato di nuovo le tue scarpe.’ Oh
hey, stavo pensando, quand'è il tuo compleanno?”
Uh, cosa?
Se c'era una cosa che accomunava Luhan e Jongin, però, era
sicuramente la loro ostinazione. Seriamente, non sembrava finire mai.
“Cosa devo fare perché la smetta di
infastidirmi?” fu la prima frase completa che gli disse
Sehun, a fine ottobre.
Jongin era sembrato momentaneamente scioccato, ma si riprese
velocemente, e sorridendo gli disse, “Parla con me.”
Sehun si accigliò. “Quindi se parlo con te mi
lascerai in pace?”
Jongin annuì.
“D'accordo. Di cosa vuoi parlare?” Sehun
incrociò le braccia e si preparò alla
conversazione che stava per cominciare.
“Qual è il tuo colore preferito?” chiese
Jongin, posando il mento sulla mano.
“Cosa?”
“Il tuo colore preferito. Il mio è il blu. Qual
è il tuo?”
Sehun sbatté le palpebre per qualche secondo.
“Giallo.”
Jongin inclinò la testa di lato. “Non mi sembri un
ragazzo da giallo.”
“Contiene tutta la felicità che io non
ho,” rispose impassibile Sehun.
Jongin rise. Sehun non stava scherzando. “Pietanza
preferita?” E così via.
Il giorno seguente, Jongin era tornato. Sehun lo guardò
male. “Avevi detto che mi avresti lasciato in pace.”
Jongin sorrise e scrollò le spalle, grattandosi il collo
imbarazzato. “Ho cambiato idea.”
“Perché?”
“Mi piaci troppo,” disse Jongin, poi rise e nascose
il viso, imbarazzato. Sehun alzò gli occhi al cielo mentre
non guardava.
“No, non è vero. Non c'è niente che
possa piacere in me,” ribatté Sehun.
“Non mi conosci nemmeno.”
“So che il tuo colore preferito è il
giallo,” puntualizzò lui. “E che la tua
pietanza preferita è la pizza al formaggio.” Fece
una pausa, poi aggiunse, “Ma hai ragione.”
“Non c'è niente che possa piacere?”
chiese Sehun.
“No. Che non mi piaci. Ci sto ancora lavorando. Per adesso,
sono solo interessato a te.”
Era una cosa che Luhan diceva spesso. “Sono
interessato a lui.” Cosa voleva dire?
“Beh smettila,” disse burberamente Sehun.
“Non finirò per piacerti, quindi non sprecare il
tuo tempo.”
“Questo lo deciderò io,” disse Jongin
sedendosi di fronte a lui.
Kim Jongin era davvero un problema.
Di solito, quando Minseok arrivava a scuola la mattina, Luhan era
già lì, seduto al proprio banco. Sapeva che Luhan
usava la bici in questi giorni, visto che le temperature si erano
abbassate e preferiva che il tragitto fosse il più veloce
possibile. Quindi arrivava sempre prima di lui, che invece andava a
piedi.
Un freddo lunedì mattina di metà novembre,
però, Minseok si sedette al proprio banco senza trovare il
compagno. Non era troppo preoccupato, ovviamente; tutti facevano tardi
di tanto in tanto, e mancavano ancora cinque minuti al suono della
campanella. Luhan aveva un sacco di tempo per arrivare.
Mentre i minuti passavano, però, Minseok cominciò
a preoccuparsi. Controllò il telefono, ma non c'era alcuna
chiamata. Emise un piccolo suono contrariato, ma lasciò
perdere e cominciò a frugare nel proprio banco per cercare
un temperamatite. Mentre era ancora piegato, suonò la
campanella, e un momento dopo sentì un corpo accasciarsi
sulla sedia accanto a lui.
“Ah,” disse raddrizzandosi. “Eccoti,
Luhan.”
“Buongiorno,” mormorò Luhan, ma quando
Minseok si voltò, il ragazzo era rivolto verso il banco, con
la testa piegata.
“Tutto okay?” chiese accigliato. “Hai
fatto un po' tardi oggi.”
“Sto bene,” disse Luhan, ma qualcosa nella voce lo
tradì.
“Luhan—” Minseok abbassò la
testa, girandosi per vedere il viso del ragazzo.
“Cosa—” Si interruppe quando Luhan
nascose la faccia. “Luhan, guardami.”
Ci fu un momento di silenzio, e poi Luhan alzò la testa con
esitazione. Minseok ansimò. “Oh, cavolo, che ti
è successo?” chiese, osservando le brutte ferite
sulle guance e sul mento del ragazzo, e il labbro chiaramente spaccato.
Luhan scosse la testa, evitando il suo sguardo. “Non
è niente,” disse piano. “Sono caduto
dalla bici.”
“Quando?” chiese Minseok, sussultando per
l'escoriazione sulla sua mascella. “Stai bene?”
Il ragazzo si leccò il labbro rotto nervosamente.
“L'altra notte,” rispose. “Tardi. Era
buio. Sto bene.”
“Cosa stavi facendo in bici nel bel mezzo della
notte?” continuò Minseok, ma non ricevette
risposta mentre tirava fuori le mani di Luhan da sotto il banco. Anche
quelle erano piene di tagli e lividi, e sibilò.
“Merda, Luhan, devi andare in infermeria.”
“Sto bene, Minseok, davvero,” insistette lui, ma
emise un piccolo suono di dolore quando il ragazzo gli
afferrò il braccio. Minseok lo guardò, e Luhan
sussultò. “È solo un
graffio,” disse piano.
“Solo un graffio,”
mormorò Minseok, tenendo con delicatezza il polso di Luhan
per tirargli su la manica. Non dovette nemmeno sollevarla fino al
gomito per vedere la ferita, coperta da una garza quadrata imbevuta di
sangue. “Cavolo, Lu.”
Quel nomignolo gli sfuggì dalle labbra con così
tanta facilità che non se ne rese nemmeno conto fino a che
non uscirono dalla classe, la mano ancora attorno al polso di Luhan per
tirarlo con sé. Si voltò, e il ragazzo lo stava
guardando con gli occhi sgranati, a sua volta sorpreso ovviamente.
Minseok cercò di non arrossire.
Raggiunsero l'ufficio dell'infermiera un momento dopo, e Minseok
entrò senza nemmeno bussare, con Luhan che lo seguiva. La
donna sollevò lo sguardo da dove stava misurando la
temperatura di un ragazzo dal viso vagamente verdastro. “Oh,
ciao Minseok. Non ti vedevo da un po'.”
Minseok agitò velocemente le mani, interrompendola.
“Non sono qui per me,” disse. “Il mio
amico è caduto dalla bici.” Indicò
Luhan, che stava nervosamente in piedi dietro di lui.
“Oh. Okay allora. Uh, sono un po' impegnata al momento,
potete aspettare?” chiese l'infermiera, accigliandosi e
guardando il suo paziente.
“Posso occuparmene io,” decise in quell'istante
Minseok. “Ho solo bisogno di qualche cerotto.”
“Sono in quell'armadietto,” disse lei, voltandosi a
controllare il termometro.
Minseok annuì e aprì l'armadietto, tirando fuori
garza, cerotti e disinfettante. Poi spinse fuori Luhan e andarono in
biblioteca, per sedersi ad uno dei tavoli. La bibliotecaria li
guardò, ma non disse niente quando Minseok le
mostrò i cerotti.
Un momento dopo, Luhan era seduto su una sedia rivolto verso Minseok,
senza giacca e con le maniche della camicia risvoltate oltre i gomiti.
Minseok non disse nulla mentre si occupava dei tagli sui palmi e sulle
nocche, ripulendole con del cotone imbevuto di alcol.
“L'infermiera sapeva il tuo nome,”
mormorò all'improvviso Luhan.
Minseok trattenne il respiro, coprendo con della garza il brutto taglio
sul palmo della sua mano. “È un'amica di mia
madre,” rispose. “Anche mia mamma è
infermiera.”
“Ahh,” disse Luhan, annuendo e sussultando quando
il ragazzo prese l'altra mano.
Minseok finì con le mani e con le braccia, poi
indietreggiò. “Altro?” chiese.
“Sì,” rispose lui, sollevando l'orlo
della camicia e togliendo una benda che mostrava una lunga abrasione
sul suo fianco. Minseok tenne lo sguardo sulla ferita, evitando la
liscia pelle bianca della pancia di Luhan. Il cerotto venne applicato
in un minuto. Poi gli mostrò un brutto taglio sul ginocchio,
ed ebbero finito.
“Vieni,” disse Minseok, facendolo avvicinare.
“Metto un po' di pomata e qualche cerotto su quelli del
viso.”
Luhan esitò, poi si sporse in avanti. Con le mani
leggermente tremanti, Minseok passò le dita dietro alla
testa del ragazzo, per tenerla ferma mentre passava l'unguento. Dovette
prendere un profondo respiro prima di avvicinarsi al labbro spaccato di
Luhan, sentendo il fiato caldo sulle proprie dita mentre lo ripuliva.
Deglutendo a fatica, si fece indietro e guardò Luhan dalla
testa ai piedi. “È tutto?” chiese, e la sua voce
sembrava strana persino a lui.
Luhan sbatté le palpebre un paio di volte, poi
annuì.
“D'accordo,” disse Minseok, cominciando a
raccogliere le cose da riportare indietro o da buttare via.
Proprio mentre si stava alzando, la voce di Luhan lo bloccò.
“Mi puoi chiamare Lu, comunque,” disse
piano.
Minseok lo guardò con gli occhi spalancati.
Il ragazzo sorrise leggermente, poi sussultò quando il
movimento gli tirò il labbro tagliato. “I miei
amici mi chiamavano così, in Cina. Mi piace.”
Minseok esitò, poi ricambiò il sorriso.
“Okay,” disse, voltandosi per buttare il cotone
nella pattumiera.
Solo quando si sedettero di nuovo ai loro posti Luhan gli
sussurrò, “Grazie, Minseok.”
Minseok sorrise, rivolto verso i libri. “Nessun
problema,” disse, cercando di ignorare le farfalle nello
stomaco.
Minseok si rese conto solo a fine giornata che per farsi quelle brutte
ferite, Luhan doveva aver avuto un diretto contatto della pelle con il
cemento. Guardò scioccato quando l'amico tirò
fuori la sua vecchia giacca dall'armadietto e se la infilò,
sembrando imbarazzato. Non avrebbe potuto non vedere i buchi sui gomiti
nemmeno se avesse voluto.
“Lu, non puoi più indossare quella
cosa,” disse Minseok, quasi mettendosi a ridere solo all'idea.
Luhan si voltò a guardarlo, sorridendo imbarazzato.
“È ancora buono,” disse, ma non sembrava
crederci nemmeno lui. “Posso ancora indossarlo.”
“È ridicolo,” disse Minseok, scuotendo
la testa. “Devi fare qualcosa adesso?” Luhan scosse
la testa, esitante. “Vieni a casa mia. Ho un vecchio
giubbotto che non uso più. Ha una tasca rotta, ma puoi
usarlo fino a che non ne avrai uno nuovo. È più
caldo di questo, comunque.”
Luhan sembrava titubante, ma Minseok non gli diede scelta. Arrivarono a
casa sua una ventina di minuti più tardi, dopo una fredda
camminata che fece tremare Luhan come una foglia al vento (e Minseok
notò che il ragazzo non era andato a scuola in bici;
pensò non fosse sopravvissuta alla caduta), e Minseok
tirò fuori il suo vecchio giubbotto rosso dall'armadio.
“Ecco,” disse, spingendolo tra la mani di Luhan.
“Le maniche erano un po' lunghe per me, quindi ti dovrebbe
stare. Lo tenevo come scorta, ma non mi serve davvero.”
Luhan lo guardò per un attimo, senza parole, poi se lo
infilò, lo chiuse e si tirò su il cappuccio,
chiudendo i bottoni fino al mento. “È
così caldo,” disse, la voce attutita dal tessuto
che gli copriva la bocca.
“Bene,” disse lui ridendo. “Indossalo per
un po', riscaldati.”
Luhan prese un profondo respiro, e Minseok riuscì a capire
che stava sorridendo dal modo in cui i suoi occhi si incurvarono
formando mezze lune. “Ha il tuo profumo.”
Minseok ridacchiò imbarazzato. “Beh, presto
profumerà come te.”
“Come noi,” lo corresse Luhan, e a Minseok piaceva
come suonava.
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
a
“Basta
– basta così, Dahye. Grazie. Il
prossimo!”
Chanyeol grugnì dal suo posto accanto a Baekhyun, di fronte
al palco dell'auditorium. “Baek, siamo qui da secoli. Non
puoi semplicemente dare la parte a qualcuno e basta?”
Baekhyun scosse la testa ostinatamente. “No. Bisogna essere
perfetti per questa parte. E fin'ora, nessuno è riuscito
nemmeno a tenere una nota. O a recitare in modo decente, ad essere
onesti. Sarebbe un crimine dare la parte dei protagonisti a uno di
loro.”
Chanyeol sbuffò frustrato, allungando una mano nella ciotola
di pretzel di Baekhyun. Non aveva nemmeno potuto pranzare, dato che si
era dovuto affrettare qui per le audizioni. “Chi ti ha dato
il compito di scegliere gli attori, comunque?” chiese,
masticando i salatini e arricciando il naso.
“Io stesso,” disse Baekhyun, controllando la
propria cartelletta e scribacchiando qualcosa accanto a un nome.
“Come presidente del drama club ho il diritto di scegliere
tutti gli attori.”
“Volevo chiederti una cosa: come puoi essere il presidente e
vice-presidente del drama club?”
“Non sono il vice-presidente. Lo sei tu,” disse
Baekhyun, e Chanyeol si voltò a guardarlo incredulo.
“Lo sono?” chiese. “Da quando?”
“Da quando l'ho detto io,” disse l'amico.
“Sono, però, il tesoriere e il capo
organizzatore.”
“E il fondatore. E unico membro,” disse Chanyeol.
“Oltre me, a quanto pare.”
Baekhyun sbuffò con aria di superiorità.
“Non è colpa mia se nessun altro in questa scuola
capisce la bellezza delle arti drammaturgiche.”
Chanyeol alzò gli occhi al cielo. “Oppure, non
lasci che nessuno ti aiuti.”
“Lo sto lasciando fare a te,” disse Baekhyun,
chiamando sul palco la persona successiva. Fece una smorfia non appena
la vide, per poi mandarla via.
Chanyeol sospirò. “Okay. Chi sono esattamente i
personaggi principali per cui tutti stanno facendo le
audizioni?”
Gli occhi di Baekhyun si illuminarono di colpo. Oltre ad essere il
presidente del club, Baekhyun era anche il direttore di scena
– e cosa più importante – l'autore.
“L'eroina e il principe,” disse entusiasticamente.
“Partiamo dal protagonista maschile. È alto,
gentile e bellissimo, anche se un po' ottuso. Inciampa e cade per tutta
la durata della commedia, ma è affascinante. Tutti lo amano.
E poi, la protagonista femminile. Una grande eroina. Si rifiuta di
aspettare che il suo Principe Azzurro arrivi da lei; va e se lo cerca
da sola. È spavalda, ha carattere, e non si lascia fermare
da niente sul suo cammino. In più, canta come un
angelo.”
Chanyeol grugnì. “Sembra speciale.”
“Lo è,” confermò lui.
“A volte prende cattive decisioni, però. Non pensa
sempre prima di agire.”
Chanyeol annuì. “Okay, allora quante persone
ancora devono fare l'audizione per il principe? Finisci prima con loro,
scegline uno, e poi passi alle ragazze.”
Baekhyun guardò la lista di persone che volevano fare
l'audizione. “Hmm. Manca solo un altro ragazzo.”
“Chi è?”
Baekhyun si voltò verso di lui con un sorriso smagliante.
Chanyeol associava sempre brutte cose a quel sorriso.
“Tu.”
Il più piccolo sbatté le palpebre. “Io?
Ma non mi sono messo in lista.”
“Lo so, stupido,” disse Baekhyun, colpendolo sul
naso con un pretzel. “Ti ho messo io.”
“Ma non voglio far parte della commedia,” disse
accigliato Chanyeol. “Non so nemmeno cantare.”
“Il protagonista maschile ha solo una canzone,”
disse Baekhyun. “Andiamo, Yeol. Mio vecchio amico. Non mi
vuoi aiutare? E poi sarò super mega impegnato con lo
spettacolo nei prossimi mesi. E tu non potrai fare altro se non venire
tutti i giorni alle prove. Quindi perché non provi
semplicemente a fare l'audizione? Nessuno dice che avrai la
parte.”
Chanyeol si accigliò ancora di più.
“Sei tu a fare tutti i casting,” gli fece notare.
“Sono completamente imparziale,” disse solennemente
Baekhyun. “Dai, Yeol, fai l'audizione. Ecco, questo
è il copione. Leggi questa parte qui.” Delle mani
sorprendentemente forti spinsero Chanyeol fuori dalla sedia.
Facendo un gran sospiro, Chanyeol salì le scale che
portavano al palco e si mise al centro di esso.
“Pronto?” domandò, chiedendosi
perché finisse sempre per fare cose del genere per Baekhyun.
“Pronto!” esclamò l'amico, sollevando un
pollice.
Chanyeol guardò il copione e studiò il piccolo
monologo che gli aveva indicato Baekhyun, poi cominciò a
recitare, lamentandosi dell'ingombrante voluminosità della
sua spada. Quando ebbe finito, Baekhyun cominciò ad
applaudire selvaggiamente, imitando il suono di un pubblico esultante.
“Come sono andato?” chiese Chanyeol, sorridendo
forzatamente.
“Perfetto!” rispose eccitato Baekhyun.
“Sì, il ruolo è tuo.
Congratulazioni!”
Chanyeol si illuminò orgoglioso per un momento, poi si rese
conto di una cosa. “Hey, aspetta. Non la voglio nemmeno la
parte!”
“Troppo tardi!” disse Baekhyun, scrivendo qualcosa
sulla cartelletta. “Ho già segnato il tuo
nome.”
Chanyeol borbottò qualcosa, ma scese dal palco senza troppe
lamentele. Che lo volesse o meno, sapeva che alla fine avrebbe
accettato la parte.
Baekhyun applaudì contento. “Oh, è
fantastico. Il perfetto protagonista maschile. Ora tutto ciò
che devo fare è trovare la perfetta eroina.”
Chanyeol alzò gli occhi al cielo. Baekhyun non avrebbe mai
trovato qualcuno che corrispondesse esattamente all'idea che aveva in
testa. “Se sei così esigente,”
brontolò, “perché non prendi tu stesso
il ruolo?”
Ci fu un momento di silenzio, e poi Baekhyun si voltò verso
l'amico con gli occhi sgranati. “Sì.”
“Cosa?” Chanyeol fece subito marcia indietro.
“No, stavo scherzando. Non puoi fare l'eroina, Baek, sei
già tutto il resto! Non sei – non sei nemmeno una
ragazza!”
“E quindi?” chiese con aria di sfida Baekhyun.
“Stavo alla grande con il costume di Misty ad Halloween, no?
Pensaci, Yeol! Sarei fantastico.”
“Baekhyun, non ci stai pensando abbastanza. Sono serio, non
puoi prendere questo ruolo,” disse disperato Chanyeol.
“Posso,” disse il maggiore deciso, “e lo
farò. E sarò favoloso.”
Chanyeol grugnì e gettò le braccia sugli occhi.
Aveva l'ultima possibilità di difesa prima che Baekhyun
decidesse di diventare la prima eroina travestita della scuola.
“Baek, se tu sei l'eroina e io sono il principe, dovremo
innamorarci. Mi dovrai baciare.”
Questo fece esitare Baekhyun per un secondo, e per un momento, Chanyeol
pensò di aver vinto. Ma poi Baekhyun esclamò,
“E allora! Niente che non abbiamo già fatto prima,
no?” sorridendo.
“Avevamo sei anni,” disse debolmente Chanyeol.
“Ed è stato un incidente.”
“Non ha importanza! Non obiettare, Park Chanyeol. Avremo un
successo travolgente. Le prove iniziano la settimana
prossima!”
Ecco qua. Dopotutto, le parole di Baekhyun erano, ed erano sempre
state, legge.
Generalmente, quando Minseok diceva a Jongdae di fare delle cose,
l'amico si lamentava per un po' e poi le faceva. Era a questo che
servivano gli amici, no? Renderti la vita difficile per poi
assecondarti comunque. In ogni caso, Jongdae aveva agito
così per tutta la sua vita, e di sicuro non sarebbe cambiato
ora.
E quindi, quando Minseok gli disse, “Ci vediamo davanti a
scuola sabato pomeriggio,” Jongdae si lamentò di
avere altre cose da fare, e poi ci andò.
Quando arrivò c'erano solo Minseok e Luhan. Tipico. In
questi giorni, vedeva raramente l'uno senza l'altro. Aveva quasi
pensato che il ragazzo gli stesse rubando lo status di miglior amico,
ma Luhan non si lamentava mai, quindi no.
“Okay, amici,” disse Jongdae mentre si avvicinava,
infilandosi le mani in tasca per ripararle dall'aria fredda di
metà novembre. “Cosa facciamo oggi?”
“Non così in fretta,” rise Minseok.
“Dobbiamo ancora aspettare delle persone.” Accanto
a lui, Luhan annuì eccitato.
“Ah sì? Chi?” chiese Jongdae.
“Ciaoooo!” esclamò un'altra voce
all'improvviso, e Jongdae si voltò per vedere Baekhyun e
Chanyeol avanzare verso di loro dalla direzione opposta. Baekhyun
agitò le mani vivacemente.
“Oh, è una festa,” rise Jongdae.
“Hey ragazzi, hanno trascinato anche voi?”
“Chi ci ha trascinato in qualcosa?” chiese
Chanyeol, sorridendo da sopra la sciarpa. “Volevamo venire,
vero Baek?”
Baekhyun sembrava leggermente meno entusiasta al momento. “Ho
dovuto posticipare un incontro del drama club,” disse.
“Ma ho immaginato ne valesse la pena.”
Chiacchierarono per un po', discutendo dei piani di Baekhyun per la sua
commedia, per la quale Chanyeol sembrava ancora estremamente esitante.
Anche Jongdae lo sarebbe stato, se il direttore era Baekhyun. Gli
piaceva il ragazzo, ma a volte sapeva incutere timore, nonostante la
sua piccola statura e il suo viso carino.
“Okay, Luhan, cosa vuoi—hey aspetta.”
Si voltarono tutti per vedere un nuovo viso apparire, con le
sopracciglia aggrottate e le labbra rivolte verso il basso.
“Sehun-ah!” esclamò Luhan, sorridendo
quanto più poteva senza che si riaprisse la ferita al labbro
e andando verso il ragazzo. “Sei venuto!”
“Non mi hai detto che ci sarebbero state altre
persone,” disse cupo Sehun.
Luhan rise e gli passò un braccio intorno alle spalle, il
suo sorriso allegro in netto contrasto con l'espressione tetra del
più piccolo. Jongdae avrebbe voluto scattare una foto.
“Non te l'ho detto perché volevo che
venissi,” rispose Luhan. “Non te ne andrai ora,
vero?”
L'espressione di Sehun non cambiò. “Ci sto
pensando.”
“Awwww, non farlo ti prego,” disse Luhan,
tirandogli un braccio implorante. “Voglio che tutti i miei
amici siano qui oggi.”
Sehun sospirò e alzò gli occhi al cielo, ma non
si mosse. Jongdae guardò Minseok per vedere come avrebbe
reagito l'amico, ma sembrava che sapesse già che Sehun
sarebbe venuto. Ovvio. Nessun segreto tra Luhan e Minseok.
Venne distratto dai suoi pensieri da una voce familiare e allegra.
“Ciao ragazzi, sono in ritardo?”
Jongdae si voltò di scatto e vide Junmyeon avvicinarsi,
sorridendo meravigliosamente (perché sorrideva sempre
così? Non ne aveva alcun diritto). A bocca aperta, Jongdae
si girò nuovamente verso Minseok, il quale lo stava
osservando attentamente. Jongdae socchiuse gli occhi sospettoso, ma
l'amico si limitò a scrollare le spalle e a indicare Luhan,
come per dire, Non dare la colpa a me! L'ha invitato lui!
Jongdae non era sicuro di credergli.
“Ci siamo tutti, allora?” chiese Chanyeol, la voce
tonante rispetto al silenzio del parcheggio della scuola.
“Beh, abbiamo invitato anche Kyungsoo, ma ha detto che non
poteva venire,” disse Luhan, sembrando dispiaciuto.
“Ma lo chiameremo con il vivavoce, vero?”
Minseok annuì. “Per un po', almeno,”
disse. “Non ho così tanti minuti nel
telefono.”
“Possiamo usare il mio,” suggerì
Junmyeon, fermandosi accanto a Jongdae – un po' troppo vicino
– e tirando fuori un cellulare dall'aria costosa.
“Ho le chiamate illimitate. E dati, se vogliamo
videochiamarlo o qualcosa del genere.”
A volte Jongdae si chiedeva come si potesse essere così
generosi.
(Non lo disse a voce alta.)
“Grazie Junmyeon,” disse Luhan, sorridendogli
grato. “Ma comunque, stiamo aspettando un'altra persona
ancora.”
“Davvero? Chi?” chiese Baekhyun, guardandosi
intorno. “Siamo gli unici che erano al compleanno di Jongdae,
più Sehun.”
Luhan continuò a sorridere, ma Jongdae notò il
suo nervosismo quando il ragazzo lanciò un'occhiata a Sehun.
“Oh, solo qualcuno—”
“Hey, ciao a tutti!”
Jongdae e tutti gli altri si voltarono verso la nuova voce, e
sentì distintamente Oh Sehun mormorare un debole, “No.”
Era Jongin. Jongdae lo aveva riconosciuto subito; oltre ad essere il
più popolare della scuola, lo aveva anche visto con Luhan e
Sehun in mensa qualche volta.
“Che ci fai tu qui?” chiese
freddamente Sehun mentre Jongin gli si avvicinava con un sorriso.
“Luhan-ssi mi ha invitato,” rispose felice il
ragazzo. “Ha detto che avevi bisogno di un
compagno.”
Jongdae si voltò allo stesso tempo di Sehun per vedere il
maggiore, che stava sorridendo nervosamente. “Io, um, vi ho
divisi in coppie,” disse. “Insomma, così
ognuno ha un compagno. Io sono con Minseok, Baekhyun con Chanyeol,
Jongdae con Junmyeon—” Jongdae si
strozzò leggermente. “—e Sehun, tu sei
con Jongin.”
Il ragazzo sbuffò scontento, ma Jongdae lo sentì
a malapena sopra il proprio panico interiore. “Non voglio
stare con Jongin,” disse. “Starò con te.
Ci può stare Minseok-ssi con lui.”
“Nono!” disse allegro Luhan. “Ho
già deciso le coppie. Non puoi cambiare.”
“Sei incastrato con me!” disse Jongin, egualmente
entusiasta. Sehun incrociò le braccia e arricciò
le labbra contrariato.
Cercando di darsi un controllo, Jongdae si voltò verso
Junmyeon e disse, “Allora... sembra ci abbiano messi in
coppia.”
Junmyeon gli fece un altro dei suoi sorrisi angelici. “Sembra
di sì!” disse piacevolmente. “Ti
dispiace?”
“Huh? Oh, no. No, certo che no. Niente affatto,”
negò velocemente Jongdae, poi si rese conto che forse stava
esagerando. “Voglio dire, non che—”
Fortunatamente, Luhan lo interruppe prima che potesse dire qualcosa di molto
stupido. Tendeva a dire molte cose stupide di fronte a Kim
Junmyeon.
Dopotutto, chi non sarebbe intimidito da un
ragazzo dagli ottimi voti, benestante, generoso ed estremamente
attraente come Kim Junmyeon?
Aspetta cosa?
“Oggi andiamo a Insadong,” affermò
eccitato Luhan. “Vero, Seok-ah?”
Minseok annuì, sorridendo per la sua esuberanza.
“Luhan voleva andare con tutti in un posto da turisti
così da poter fare delle foto per il suo
progetto,” disse.
“E per divertirci!” esclamò Luhan.
“Finalmente non ho tanto da studiare questo fine settimana,
quindi volevo fare qualcosa di divertente. Con tutti i miei
amici.” Si illuminò, come se fosse fuori di
sé dalla gioia avendo tutte quelle persone che poteva
chiamare amici.
Ora che Jongdae ci pensava, probabilmente era così.
“In più è gratis,” aggiunse
Luhan, tirandosi su il cappuccio del giubbotto per ripararsi dal vento.
Jongdae era abbastanza sicuro di riconoscere quel cappotto. Minseok non
ne aveva uno simile? “A parte la metro per arrivare
lì.”
Minseok sollevò lo sguardo dal telefono di Junmyeon, dove
stava digitando il numero di Kyungsoo. “E le cose che
comprate.”
“Non sono mai stato a Insadong,”
rifletté Baekhyun. “C'è più
che altro roba d'arte, no?”
Luhan annuì. “Arte tradizionale
coreana,” lo informò, come se stesse recitando
qualcosa. “Compresi dipinti ad inchiostro e
terracotta.” Sospirò. “A Kyungsoo
sarebbe piaciuto.”
Una voce gracchiò all'improvviso dal telefono. “Non
parlare di me come se fossi morto, hyung.”
Luhan si voltò per guardare l'apparecchio in mano di
Minseok. Sorrise. “Ti ci porterò un giorno,
Kyungsoo-yah,” disse. “Contaci.”
“Vedremo,” fu la risposta meno
che ottimista di Kyungsoo.
“Non mi piace l'arte,” brontolò Sehun, e
Jongdae lo vide incrociare le braccia come un bambino petulante,
“Cosa ti piace?” chiese Jongin
accanto a lui, per nulla scalfito dall'atteggiamento del compagno.
Tutto ciò che ricevette fu uno sbuffo aristocratico, ma non
ne sembrava né troppo deluso né sorpreso.
“Io andavo spesso a Insadong,” mormorò
Junmyeon accanto a Jongdae, facendolo quasi saltare per la sorpresa.
“Ci sono un sacco di gallerie d'arte. Mi ci portava mia
mamma.”
“Perché sei ricco?” blaterò
Jongdae, per poi darsi un calcio mentalmente. Stupido. Sei
così stupido.
Ma Junmyeon rise, il suo sorriso sempre smagliante.
“No,” disse. “Perché mia madre
è un'artista.”
“Oh.” Ora Jongdae si sentiva ancora più
stupido. “È... è davvero figo,
onestamente.”
Se possibile, il sorriso di Junmyeon divenne ancora più
raggiante. Era quasi accecante. “Sfortunatamente non ho
ereditato il suo talento per l'arte,” disse mentre il gruppo
cominciava a muoversi lungo la strada, ora che c'erano tutti
“Ma hai tanti altri talenti,” disse velocemente
Jongdae, e wow, doveva davvero smetterla di parlare. Tipo, ora.
Junmyeon rise ancora. “Grazie,” disse.
“Penso di avere anche io i miei punti di forza.”
Tanti. Tanti punti di forza. Jongdae si chiese all'improvviso se
Junmyeon fosse forte.
Si mossero in fila per due sul marciapiede, una processione di
adolescenti chiacchieroni guidata da Minseok e Luhan, con l'aggiunta
della voce di Kyungsoo dal telefono di Junmyeon. Li seguivano Jongdae e
il compagno, Baekhyun e Chanyeol e infine Sehun e Jongin. Per la
maggior parte del tempo erano tutti impegnati nelle proprie
conversazioni; persino Jongdae e Junmyeon. Beh, Junmyeon parlava, con
tono rilassato e accomodante, e Jongdae faceva del suo meglio per
rispondere senza sembrare un idiota. Con scarso successo.
Insadong era un po' più interessante di quanto non si fosse
aspettato Jongdae (forse un po' pessimisticamente). C'erano centinaia
di bancarelle diverse e negozi che si affacciavano sulla via
principale, tutti pieni di strana bigiotteria, dipinti, abiti
tradizionali o maschere. Qualche volta Junmyeon si sporgeva verso
Jongdae per dirgli le origini di qualche tipo di arte o qualche piccola
storiella, che gli era stata raccontata probabilmente anni prima dalla
madre, e questo riusciva a mantenere l'attenzione di Jongdae.
Perché quelle storie erano affascinanti, ovviamente. Non
perché a Jongdae piacesse sentire Junmyeon così
vicino, o che condividesse con lui cose così intime. E se
erano quelle cose a piacergli, era solo perché Jongdae si
ispirava tanto a Junmyeon. Solo per quello.
Dall'altra parte del telefono, anche Kyungsoo stava raccontando delle
storie, molto probabilmente lette in uno dei mille libri che il ragazzo
stava sempre studiando. Luhan faceva delle foto, la macchina
fotografica non rimaneva mia ferma per più di quei pochi
secondi che gli servivano per cambiare le impostazioni, e Minseok
chiacchierava allegramente con lui e Kyungsoo. Dietro Jongdae, Baekhyun
e Chanyeol stavano cercando di non fare troppi danni, data l'innata
abilità del più alto di far cadere
involontariamente le cose più costose. Ci volle un momento
perché Jongdae vedesse gli ultimi membri del loro gruppetto;
dopo un po' vide Jongin e Sehun che osservavano un ballerino di strada
esibirsi in una qualche danza tradizionale. Gli occhi di Jongin erano
spalancati e affascinati, mentre sorrideva felice, Sehun invece stava
facendo del suo meglio per sembrare disinteressato ed esasperato.
Non era esattamente il giorno migliore per girare per le strade di
Insadong – il cielo era coperto, e il vento era pungentemente
freddo – ma Jongdae trovò la gita comunque
piacevole. Gli piaceva sentire il suono della risata di Kyungsoo al
telefono quando Minseok lo prendeva in giro, o guardare Chanyeol e
Baekhyun provarsi delle maschere e poi cercare di andarsene senza
comprarle, e vedere Oh Sehun osservare Jongin con più
interesse di quanto non avesse mai mostrato prima. Gli era piaciuto
quando Junmyeon aveva comprato a tutti del hotteok ad una bancarella
vicina, e aveva guardato Minseok assaggiarne un po' da Luhan dopo tanto
incoraggiamento. Gli piaceva quando stavano tutti insieme,
così (non proprio insieme, dato che Kyungsoo era bloccato a
casa). Era piacevole.
“Dobbiamo attraversare!” disse ad un certo punto
Luhan, quando raggiunsero la fine della strada principale.
“Prendete tutti per mano il vostro compagno!”
Jongdae sbuffò, sentendo il proprio viso avvampare
nonostante il freddo. “Non siamo bambini, hyung.”
“Non voglio che vi perdiate,” disse Luhan,
prendendo la mano di Minseok con cautela, per non peggiorare le ferite.
Il viso di Minseok era tanto rosso quanto Jongdae sentiva il proprio
(per ragioni diverse, si ripeté Jongdae).
“Meglio fare come dice lui,” disse Joonmyun,
ridacchiando, e un attimo dopo la mano di Jongdae venne tirata fuori
dalla tasca per essere avvolta da un'altra.
“Io—uh—okay,” disse il ragazzo,
sbattendo velocemente le palpebre. Si guardò attorno
freneticamente, così da non dover guardare il maggiore.
Dietro di loro, Baekhyun e Chanyeol camminavano con le dita
intrecciate, sembrando perfettamente a loro agio; ma Jongdae li vedeva
sempre tenersi per mano. Era una cosa normale per loro. Ancora
più indietro, Jongin stava felicemente prendendo la mano di
Sehun, il quale non era affatto contento della cosa. Sembrava voler
interrompere la circolazione del sangue del ragazzo per quanto stava
stringendo, e dall'espressione sul viso di Jongin, ci stava riuscendo.
Attraversarono la strada senza problemi, e Jongdae poteva giurare di
aver sentito Junmyeon stringergli la mano un'ultima volta prima di
lasciarla andare con un sorriso. La rimise velocemente in tasca.
Minseok e Luhan si separarono con un po' più di riluttanza,
e quando Jongdae si guardò alle spalle vide Chanyeol e
Baekhyun ancora uniti, e Jongin che gridava e cercava di staccarsi
dalla presa ferrea di Sehun. Jongdae vide, per la prima volta in vita
sua, Sehun con un piccolo ghigno sul viso.
“Allora, Jongdae,” disse
all'improvviso Junmyeon, e Jongdae si voltò sorpreso. Il
più grande gli sorrise allegro. “C'eri all'ultimo
incontro del consiglio studentesco, vero?”
“Huh? Oh, sì, certo. Non mi perdo mai le
riunioni,” rispose il ragazzo, come per affermare ancora una
volta che era dedito alla propria posizione.
Junmyeon rise. “Giusto, certo. Quindi sai del festival
multiculturale che farà la scuola, no?”
Jongdae annuì. “Sei il capo organizzatore,
vero?”
“Già,” rispose lui, aggiustandosi la
sciarpa attorno al collo. “È un bel po' di lavoro,
però, organizzare tutto. Dovrei scegliere qualcuno con cui
lavorare.”
“Oh. Forse puoi chiedere a Jinri. È brava in
queste cose, ad organizzare e tutto,” gli
consigliò Jongdae, guardando una fila di vasi decorati.
Il maggiore rise. “Volevo chiedere a te, a dire il
vero.”
Jongdae si voltò a guardarlo sorpreso. “A
me?” chiese, con voce imbarazzantemente strozzata.
Tossì per mascherarla.
Junmyeon sorrise e annuì. “Sì, se ti
va.”
“Non fa parte dei miei compiti, però,”
disse Jongdae. “Io faccio annunci e cose di questo tipo.
Faccio i poster.”
“Perfetto,” disse il ragazzo, con un sorriso
smagliante. “Ho bisogno di qualcuno così. E
qualcuno che possa ascoltare le mie idee. Pensi di poter tartassare le
persone per fargli completare le esposizioni in tempo?”
Di fronte a loro, Minseok si voltò sorridendo e disse,
“Tartassare? È la specialità di
Jongdae.”
Jongdae si sentì andare nel panico. “Uh.
Sì, voglio dire, penso di sì.”
“Fantastico,” disse Junmyeon, sembrando
soddisfatto. “Penso lavoreremo bene insieme, non
trovi?”
Jongdae annuì debolmente. Qualcosa gli diceva che non
sarebbe stata una buona idea.
“Sai,” disse Minseok il giorno seguente, mentre lui
e Luhan guardavano le foto in camera sua, per decidere quali usare per
il progetto, “Non sono mai stato a casa tua.”
Luhan lo guardò da sopra la foto che avevano fatto a
Insadong, tutti in posa davanti ad una bancarella di dipinti.
“Mm,” disse vagamente.
“Non ho nemmeno mai incontrato i tuoi genitori,”
aggiunse Minseok, pensandoci all'improvviso. “Ti conosco, da
quanto, tre mesi? I miei genitori ti hanno praticamente adottato. Ma io
non ho mai conosciuto i tuoi.”
Luhan sembrò a disagio per un momento, cambiando posizione
sul pavimento. “Non stanno spesso a casa,” disse.
“E abito più lontano dalla scuola rispetto a te,
quindi ha più senso venire qui.”
“Solo quando veniamo subito dopo le lezioni. Nei fine
settimana non farebbe differenza,” gli fece notare Minseok.
“Potrei venire a casa tua a volte.”
Luhan scrollò le spalle, tenendo gli occhi sulle foto
sparpagliate intorno. “Mi piace stare qui,” disse.
“Fa... caldo.”
“Huh?” Minseok lo guardò confuso.
Luhan incrociò il suo sguardo per un secondo.
“Niente. È solo che – casa mia non
è... calda. Non c'è quasi mai nessuno. Non sa
di... casa. Mi piace qui.” Guardò ancora Minseok,
sorridendo. “E poi, qui c'è Kyungsoo. Mi piace
incontrarmi con lui.”
Se Luhan stava cercando un modo di distrarre Minseok, ci era riuscito.
“A proposito,” chiese accigliato. “Di
cosa parlate sempre tu e Kyungsoo? Vi rintanate in camera sua per ore.
Kyungsoo a malapena mi lascia entrare nella sua stanza. È
troppo paranoico che possa portare germi o qualcosa del
genere.”
Luhan sorrise ancora, questa volta un vero sorriso. “Sono
molto attento,” Disse. “Non tocco mai niente e mi
lavo sempre le mani prima di entrare.”
“Questo non risponde alla mia domanda,”
borbottò Minseok. “Hai tutti questi amici, ma non
mi dici mai di cosa parli con loro.”
Luhan rise piano. “Porto a Kyungsoo le sue foto,”
disse. “E gliene parlo.”
“Foto?” Minseok aggrottò le sopracciglia.
“Mm,” disse Luhan, annuendo. “Mi chiede
di fare delle foto per lui, e le sviluppo. Ricordi, quando mi hai
portato la prima volta? Molte delle foto che ho stampato erano per
lui.”
“Oh.” si accigliò Minseok. “E
che foto fai?”
Luhan scrollò le spalle, sorridendo mentre incollava la foto
del fiume Han sul cartellone nero. “Di tutto, davvero. Gli
alberi in autunno. L'interno della metro. Il parco vicino al mio
palazzo. Piccoli cani con i loro padroni. Seoul alla fine di novembre.
Cose che Kyungsoo non ha mai visto.”
Un peso si formò sullo stomaco di Minseok, e non seppe cosa
dire.
“Kyungsoo dice che gli piacerebbe vedere molte cose. Non
è mai stato dentro un ristorante. Non ha mai visto Seoul se
non da dentro la sua macchina, e solo quando era malato e doveva andare
in ospedale. Non è mai stato in biblioteca o in un
supermercato.” disse tristemente Luhan. “Quindi
faccio delle foto per lui. Non è la stessa cosa, ma Kyungsoo
dice che lo preferisce al cercare le immagini su internet. Gli do le
foto, e gliene parlo. Gli dico che profumo ha il supermercato, e le
cose di cui sento parlare dalla gente quando ci vado. Gli parlo dei
bambini che ho visto saltare su un tappeto di foglie, e della signora
il cui cane ha cercato di mordermi la scarpa. Kyungsoo scrive le cose
che dico sul retro della foto, e le mette tutte sul muro della propria
stanza. Dice che gli sembra quasi di esserci stato.”
Minseok fece fatica a parlare. “Lui – non sta male
come sembra. La sua malattia, dico. Probabilmente potrebbe fare molte
più cose di cui pensa.”
Luhan annuì. “Lo so,” disse piano.
Minseok mandò giù il magone che aveva in gola.
“Ha rischiato tante volte, quando era piccolo. Da bambino
è quasi morto una volta, e ci è andato molto
vicino quando era più piccolo. È diventato
paranoico. Quello che è adesso – come è
diventato – non è solo la malattia. Di sicuro ha
una grande importanza, certo, ma è sin troppo cauto ora.
È ossessionato. Non si permette di fare nulla.”
“Lo so,” sussurrò Luhan.
Minseok si portò le ginocchia al petto e le cinse con le
braccia, prendendo un gran respiro. “Il suo sistema
immunitario è migliorato. Non si ammala seriamente da tanto
tempo. Ma è convinto che se facesse qualcosa –
uscire fuori per un secondo, o abbassare la guardia – allora
si ritroverà da capo in quella situazione. E ha paura. Non
è preparato per il mondo vero. Non è mai stato in
una folla prima, e non sa come gestire troppe persone alla volta, e non
sa nemmeno come gestire troppo rumore alla volta.
Le macchine e i negozi e tutto, sono un mistero per lui. Non
sopravvivrebbe mai là fuori da solo. Ho sempre pensato che
semplicemente non volesse, ma…”
“È solo spaventato,” disse Luhan,
annuendo. “Non me l'ha mai detto, davvero, ma... si capisce.
Vuole fare le cose, così tanto, ma ha troppa paura. Mi dice
sempre che è felice semplicemente di essere vivo.”
Minseok annuì. Kyungsoo l'aveva detto anche lui, prima.
“È felice di essere vivo, perché
è stato così vicino alla morte,” disse.
“È quello che dice. Vivere, contro ogni
previsione, è una benedizione. E io gli credo. Ma
lui...”
“Non è sempre felice,” finì
per lui Luhan. “Dice di esserlo, ma non è
così. Vorrebbe fare tutto.”
“Voglio aiutarlo,” disse Minseok, tirando
leggermente su col naso. “Ma non so come. È sempre
stato Kyungsoo ad aiutarmi, ma io non so come fare lo stesso.”
Luhan si sporse all'improvviso, posando una mano sul suo ginocchio.
Sorrise gentilmente. “Ti aiuterò,”
promise. “ad aiutare Kyungsoo. Voglio aiutarlo anche
io.”
Minseok sospirò. “Non so nemmeno di cosa abbia
bisogno.”
Luhan scrollò le spalle. “La stessa cosa di cui
abbiamo bisogno tutti,” disse semplicemente.
“Supporto. Incoraggiamento. Amore. Il resto, deve farlo da
solo.”
Minseok annuì, ma allo stesso tempo si chiese se anche Luhan
avesse tutte le cose di cui aveva bisogno.
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
La
fine di novembre portò con sé una nevicata
precoce, che coprì tutto in un sottile strato di polvere
bianca. La temperatura passò dall'essere pungente all'essere
glaciale, e il tragitto per andare e per tornare da scuola divenne
quasi insopportabile. Minseok doveva vestirti ogni mattina come un
eschimese prima di uscire.
Dentro la scuola, però, le cose erano tanto frenetiche come
sempre. Anche più del solito, anzi. Baekhyun teneva Chanyeol
impegnato con i preparativi per lo spettacolo; tenendo le ultime
audizioni per i ruoli minori, componendo le musiche e così
via. Junmyeon e Jongdae avevano cominciato a incontrarsi dopo la scuola
per cominciare con i preparativi per il grande evento che stavano
organizzando insieme. Luhan, Sehun e Jongin erano come sempre impegnati
a cercare di conoscersi nonostante ci fosse un partecipante decisamente
contrario all'idea. E Minseok sedeva al centro di tutto questo cercando
di non farsi spazzare via da tutta quest'attività, di tanto
in tanto tenendo il ragazzo cinese con i piedi per terra quando Luhan
sembrava farsi trascinare da tutte le cose che stavano accadendo nella
sua vita.
E ragazzi, Luhan sembrava avere molte cose in ballo. Minseok si
considerava una persona abbastanza impegnata, con l'ultimo anno di
scuola e tutti i problemi che lo accompagnavano, in più
doveva aiutare Luhan con alcune cose, ma Luhan sembrava avere un
milione di altre cose da fare. Oltre a cercare di stare al passo in
tutte le materie e di migliorare sempre più il proprio
coreano, Luhan provava ancora ad avvicinarsi a Sehun, così
come passare del tempo con Jongin di tanto in tanto. Era spesso a casa
di Minseok, per fare i compiti o per lavorare al progetto, e stava con
Kyungsoo regolarmente. E come se non fosse abbastanza, diceva ancora di
avere delle cose da fare dopo cena, e arrivava sempre a scuola con
l'aspetto di uno che non aveva dormito affatto. Eppure era sempre
sorridente, sempre felice di essere a scuola e con i suoi amici.
Sorrideva persino quando passava a Minseok i soldi che gli doveva per
averlo aiutato con i compiti. Faceva sentire Minseok terribile, ogni
singola volta, eppure finiva sempre per prenderli senza dire una
parola. Kyungsoo gli diceva che aveva problemi con il confronto.
Kyungsoo solitamente aveva ragione.
“Sai cosa trovo strano?” disse un giorno Chanyeol a
pranzo, in una rara occasione in cui Baekhyun non lo aveva trattenuto
per leggere il copione o qualcosa del genere.
“Il fatto che non riusciresti a memorizzare le battute
nemmeno se la tua vita dipendesse da questo?” lo prese in
giro Baekhyun.
“Zitto tu,” Chanyeol gli lanciò
un'occhiataccia infantile. “Cosa trovo strano è
che Luhan sia qui in Corea da tre mesi e ancora non abbia un
cellulare.”
La testa di Minseok scattò al nome del ragazzo cinese.
Guardò Luhan, che stava ancora parlando con Sehun e Jongin,
sorridendo.
“Immagino che sia un po' strano,” disse Baekhyun,
scambiando i biscotti nel suo vassoio con il cupcake in quello di
Chanyeol. “I miei hanno troppa paura che qualcuno possa
rapirmi o qualcosa del genere per lasciarmi uscire senza
telefono.”
Minseok si accigliò. Luhan gli aveva sempre detto che non
aveva ancora comprato un cellulare, ma tre mesi erano
un po' tanti. Tenne la bocca chiusa.
“E poi,” continuò Chanyeol, mordendo uno
dei biscotti che Baekhyun aveva appena scambiato. “Ha detto
anche di non avere internet a casa, giusto? Anche questo è
strano. Come fa le ricerche per la scuola?”
Minseok si sentì in dovere di difendere Luhan.
“Le fa in biblioteca,” disse, accigliato.
“O a casa mia.”
“Non è questo il punto,”
ribatté Chanyeol, indicandolo con un secondo biscotto.
“Il punto è che la cosa è sospetta.
Diventa sempre vago quando gli chiedi qualcosa al riguardo. E poi
quando gli chiedi dove abita, non dà mai una risposta. Non
l'hai mai notato?”
Minseok non l'aveva notato, davvero. Ma era anche sempre stato
vergognosamente passivo.
“Ecco cosa penso io,” disse Chanyeol, guardando il
proprio pubblico (che consisteva solo in Baekhyun e Minseok) e facendo
una pausa per un effetto drammatico. “Penso stia nascondendo
qualcosa.” Un'altra pausa. “O.
Si sta nascondendo da qualcosa. Avete visto quei
tagli sul viso e sulle mani?”
Baekhyun e Minseok sbatterono le palpebre per un secondo, e poi il
migliore amico grugnì e disse, “Sembri un
lunatico, Yeol. Come uno di quei cospiratori che credono che gli alieni
prenderanno possesso del governo o qualcosa del genere.
Perché pensi che Luhan si stia nascondendo da
qualcosa?”
“Pensaci!” disse Chanyeol, spalancando gli occhi.
“Niente telefono. Niente connessione a internet. Segreti.
Sta rendendo molto difficile essere rintracciato,
no?”
“Io ho il suo numero,” puntualizzò
Minseok, accigliandosi. Non era sicuro di come si sentisse riguardo
alle persone che facevano supposizioni sulla vita di Luhan.
“Tu l'hai mai chiamato,
però?” chiese Chanyeol, alzando le sopracciglia.
“Uh…no,” ammise Minseok. “Mi
dice sempre che raramente è a casa, e di aspettare che sia
lui a chiamarmi.”
“Beh, non è curioso,”
disse Chanyeol, come se Minseok avesse appena confermato la sua teoria.
“Ti chiama da un numero che tu non hai mai chiamato. Potrebbe
essere il telefono di chiunque, davvero. Potrebbe essere un telefono
pubblico.”
Baekhyun alzò gli occhi al cielo.
“Okay,” disse. “Penso dovresti smetterla
di parlare. Luhan sta venendo qui, comunque. Ti prego, non
assillarlo.”
Chanyeol fece una smorfia, ma prima che Minseok potesse dire qualcosa
in difesa dell'onore di Luhan, il ragazzo in questione si sedette
accanto a lui, sorridendo come al solito. “Jongin porta Sehun
a bere una cioccolata calda oggi,” disse orgoglioso.
“Dato che io sono occupato.”
“Occupato a fare cosa?” chiese Chanyeol, abbassando
la voce con fare inquisitore.
Luhan scrollò le spalle. “Devo solo fare qualche
commissione,” disse vagamente, e Minseok si
accigliò.
“Ahh,” disse Chanyeol, annuendo, poi
mimò la parola 'commissioni' a Baekhyun
e Minseok, con un'espressione che diceva chiaramente sì,
ceeerto.
Minseok cercò di non dare peso a Chanyeol e le sue stupide
idee, ma non poteva fare a meno di pensarci.
Il 27 novembre era il compleanno di Chanyeol, e anche se Baekhyun non
se lo sarebbe mai dimenticato, Chanyeol si assicurava sempre di
ricordarglielo un milione di volte. Ogni anno, Baekhyun gli mandava un
messaggio alle 12.01 per augurargli un buon compleanno, e Chanyeol
rispondeva con un'infinità di faccine sorridenti. Era una
specie di rituale.
La seconda parte del rituale era, ovviamente, portare l'amico da
qualche parte. Solitamente Baekhyun lo portava a mangiare qualcosa di
poco consono per una cena. Quest'anno erano pancake con gelato.
“Non sono sicuro di capire,” disse Chanyeol mentre
punzecchiava la fragola in cima alla sua montagna di gelato alla pesca.
“Che senso hanno i pancake se non si riesce nemmeno a
sentirne il sapore sotto tutto questo gelato?”
“Per far sembrare meno indecente mangiare gelato a
cena?” suggerì Baekhyun, con la bocca piena di
sorbetto arcobaleno.
“In questo caso è una buona idea,”
decise Chanyeol abbuffandosi.
Baekhyun gli sorrise affettuoso. Questo era il dodicesimo anno che
festeggiava il compleanno di Chanyeol in questo modo (sarebbe stato il
tredicesimo ma ne avevano saltato uno a causa di un piccolo litigio
avvenuto in quinta elementare del quale non parlavano mai). Erano
migliori amici da oltre tredici anni; dall'asilo. Era stata una di
quelle amicizie lampo, quelle di cui leggi nei libri o che vedi nei
film. A Baekhyun piaceva. Pensava che forse avrebbero avuto anche un
lieto fine da libro.
Calciò leggermente il piede di Chanyeol da sotto il tavolo,
e senza sollevare la testa, Chanyeol ricambiò il calcio, e
Baekhyun sorrise ancora. “Quanti di questi dovrei mangiare
prima di svenire secondo te?” chiese Chanyeol, sussultando
quando si mise troppo gelato in bocca tutto in una volta.
Baekhyun canticchiò, mangiando una fetta di mango.
“Penso che vomiteresti prima di svenire,” disse.
“Tu dici?” chiese Chanyeol, accigliandosi.
“Ho uno stomaco piuttosto forte. Ricordi la volta che ho
mangiato l'intera ciotola di vermi gommosi?”
“Sì. Hai vomitato,” rispose l'amico.
“Solo dopo che ho bevuto tutta quella coca cola,”
gli ricordò Chanyeol. Baekhyun rise. “Se mangiassi
così tanti pancake e gelato da entrare in coma, cosa faresti
tu?”
“Ti chiamerei un idiota,” gli rispose Baekhyun,
alzando gli occhi al cielo.
Chanyeol si accigliò. “Hey, sono serio.
Piangeresti?”
Un'altra occhiata al cielo. “Sì, Chanyeol,
piangerei. Sei felice?”
“Sì,” disse Chanyeol.
“Aspetta, piangeresti di più se entrassi in coma
io o il tuo cane?”
“Io non ho un cane.”
“Ipoteticamente.”
“D'accordo. Tu.”
Chanyeol sorrise. “Bene. Dovevo assicurarmi di essere ancora
la persona più importante per te.”
Baekhyun grugnì. “Sei sempre la persona
più importante per me,” disse, osservando
attentamente il viso di Chanyeol. L'amico sollevò lo sguardo
dal piatto, sorrise, e riprese a mangiare.
E questo la diceva lunga sulla loro amicizia, vero? Era sempre stato
così. Chanyeol diceva qualcosa di carino, Baekhyun qualcosa
di sincero, e Chanyeol la prendeva nel modo più sbagliato
possibile, per quanto era ottuso. Ma era così che doveva
andare. Baekhyun lo sapeva.
Dopo cena – durante la quale, fortunatamente, Chanyeol non
entrò in coma, anche se probabilmente ci era andato vicino
– tornarono a casa di Baekhyun, nonostante il giorno
successivo ci fosse scuola. Lo avevano fatto migliaia di volte.
Chanyeol si portava tutto quello di cui avrebbe avuto bisogno il giorno
dopo. Si accoccolarono sotto le coperte nel letto di Baekhyun, ridendo
e dimenandosi, poi si sistemarono per guardare un film, ascoltando il
vento soffiare fuori. Baekhyun cominciò a sentire sonno a
metà film, ma non era una sorpresa. Si addormentava sempre
durante i film. E mentre la sua testa cominciava ad oscillare e gli
occhi cominciavano a chiudersi, sentì Chanyeol tirarlo
più vicino, posando la sua testa sulla propria spalla e
facendolo poggiare al proprio fianco. Baekhyun aveva sempre pensato che
il suo posto fosse quello.
Chanyeol e Baekhyun erano sempre stati così. Sempre. Ad
essere sinceri, Baekhyun pensava che forse Chanyeol avesse passato un
po' troppo tempo con la sorella da piccolo, perché lo
trattava sempre nel modo in cui le ragazze trattano le migliori amiche.
Lo teneva per mano, lo abbracciava, gli diceva che il nuovo taglio di
capelli gli stava bene. Se le ragazze potevano trattare così
le migliori amiche, perché non poteva farlo anche Chanyeol?
Non era mai stato un tipo che si atteneva agli standard sociali.
Quelle abitudini non erano scomparse mentre crescevano, e a Baekhyun
non dispiaceva. Era confortante, era normale, e non gli interessava
cosa pensassero le altre persone. Baekhyun teneva molto a Chanyeol, e
sapeva che anche per Chanyeol era lo stesso. A Baekhyun piaceva. Gli
piaceva avere qualcuno così. Cosa pensassero le altre
persone non erano affari suoi.
Ma poi, una volta in seconda media, una ragazza aveva detto scherzando,
“Voi due fareste prima a mettervi insieme.” E
Chanyeol aveva riso e non era stato niente, solo una piccola battuta,
ma da allora, Baekhyun aveva cominciato a provare certi... sentimenti.
Beh, probabilmente erano sempre stati lì, se doveva essere
onesto. Ma fu solo allora che cominciò a notarlo.
Notò come Chanyeol si prendeva cura di lui, e il modo in cui
lo guardava come se fosse la persona più importante del
mondo, e il modo in cui Chanyeol lo faceva sentire caldo e... amato.
Chanyeol faceva sentire Baekhyun amato, e Baekhyun amava Chanyeol.
Baekhyun amava Chanyeol.
Non era niente di che. Andò avanti con la sua vita
normalmente, amando Chanyeol. Dopotutto, se ci pensava, lo aveva sempre
amato. Era un po' doloroso a volte, sì, quando
Chanyeol era così ottuso, o quando guardava qualcun altro.
Ma a Baekhyun stava bene. Avrebbe continuato ad amare Chanyeol come
aveva sempre fatto. Gli piaceva come stavano le cose, come le cose
erano sempre state con lui. Pensò che sarebbe passato oltre
un giorno. Quando il momento fosse arrivato.
C'era, ovviamente, il piccolo problema della commedia, e il fatto che
lui e Chanyeol avrebbero dovuto interpretare i personaggi principali. I
quali, ovviamente, si innamoravano. Ma Baekhyun non era troppo
preoccupato. Ora che aveva trovato il principe perfetto (Chanyeol) e
l'eroina perfetta (se stesso), non avrebbe lasciato che niente sul suo
cammino lo fermasse. Era solo un bacio. Niente che non avessero mai
fatto prima.
(Okay, avevano sei anni ed era stato un incidente, ma non fa niente!
Contava lo stesso!)
Ma ci avrebbe potuto pensare un altro giorno. Ora Baekhyun aveva sonno,
era accoccolato accanto a Chanyeol, e le cose andavano bene. Le cose
andavano sempre bene quando era con Chanyeol. Ecco perché
non poteva permettersi di perderlo.
Il primo giorno di scuola di dicembre portò altri fiocchi di
neve e quel vento frigido che solitamente arrivava solo a
metà inverno. Tutta la scuola si stava lamentando
dell'insolito freddo, a parte i pochi ragazzi ottimisti che dicevano Forse
significa che la primavera arriverà prima! Non
è che fosse un freddo da record, ma nessuno era felice che
l'inverno fosse arrivato in anticipo, soprattutto quelli che andavano a
scuola a piedi. Minseok era uno di loro, e arrivava sempre con le
guance così fredde che a malapena le sentiva.
Luhan lo salutava in classe con un sorriso raggiante e con le mani
calde premute sul suo viso, rimproverandolo per non aver indossato
più strati (come se Luhan avesse potuto parlare; non aveva
nemmeno dei guanti). A volte, Minseok si chiedeva se Luhan si
comportasse in modo così solare solo per coprire le occhiaie
profonde sotto i suoi occhi.
Quel giorno a scienze, venne ricordato alla classe il progetto che
aveva scadenza il giorno seguente, senza eccezioni. Era stato un
progetto di coppia, una ricerca da esporre su un cartellone, e Minseok
e Luhan l'avevano fatta sulle malattie genetiche. Ci avevano lavorato
duramente appena era stato assegnato, ma entrambi erano stati
abbastanza occupati di recente, quindi se ne erano quasi dimenticati.
Quando fu fatto l'annuncio, Luhan e Minseok si guardarono sorpresi.
“Cosa ci manca da fare?” chiese Luhan.
Minseok si accigliò e cominciò a cercare la
propria cartellina nel banco. “Cavolo, dobbiamo ancora
stampare tutte le informazioni. Ma ho tutto nella mia pennetta.
Dobbiamo solo stamparle, incollarle al cartellone e renderlo
presentabile.”
Luhan annuì, sembrando sollevato. “Possiamo farlo
dopo la scuola, giusto? Non devo fare niente, stanotte.”
Per una volta, disse una piccola vocina nella testa
di Minseok. La ignorò. “Certo, nessun problema.
Finiremo in tempo.”
Sorse un problema, però, quando Luhan aprì il
proprio armadietto a fine giornata e si bloccò nel bel mezzo
del racconto sulla più recente conversazione tra Sehun e
Jongin. “—Oh.”
“Cosa?” chiese l'amico, guardandolo.
“Pensavo di avere il cartellone nel mio
armadietto,” disse Luhan, nervoso. “Ma l'ho
lasciato a casa.”
“Oh.” Minseok ci pensò per un secondo,
poi disse, “Beh, possiamo semplicemente farlo a casa tua,
allora.”
Luhan si morse il labbro per un secondo e disse, “No, vado a
casa e lo porto da te.”
Minseok si accigliò. La voce di Chanyeol invase
all'improvviso i suoi pensieri. Quando gli chiedi dove abita
, non ti risponde mai. Penso stia nascondendo qualcosa. No,
era pazzesco. Anche Baekhyun aveva detto che era folle. Non
avrebbe dovuto pensare cose del genere.
Ma non poteva davvero farne a meno.
“È ridicolo,” disse deciso a Luhan.
“Dovresti camminare molto di più, e si congela
là fuori. Possiamo andare a casa tua, e quando abbiamo
finito posso prendere un taxi o qualcosa del genere.”
Gli occhi di Luhan si facevano sempre più grandi e
disperati. “No, no, noi... Non ho una stampante.”
“Possiamo stampare le cose qui, prima di andare
via,” disse Minseok. “Gratis, persino.”
Luhan si morse il labbro ansioso. Aveva ancora la cicatrice di quando
se l'era spaccato. “Possiamo... posso comprare un altro
cartonato... quello che abbiamo è noioso
comunque…”
Minseok si voltò a guardare Luhan, accigliato.
“Lu,” cominciò, e il ragazzo
sollevò lo sguardo su di lui, titubante.
“Perché provi così disperatamente a
tenermi lontano da casa tua?”
Luhan rimase in silenzio per un momento, tenendo un labbro tra i denti.
“Non è…” disse nervosamente.
“So che è così, Luhan. Non mi ci lasci
mai avvicinare. Non mi hai nemmeno mai detto dove vivi.
Perché?”
Il labbro di Luhan tremò leggermente. “Io
non...non voglio che ci vai.”
“Perché no?” chiese Minseok, e
all'improvviso non era nemmeno così curioso, ma preoccupato.
Era preoccupato per Luhan. “Chanyeol comincia a farsi strane
idee. Mi fa pensare che sei un criminale o qualcosa del
genere.”
Luhan sussultò, e Minseok sentì qualcosa
smuoversi nello stomaco. “Io non —è solo
che—” sospirò. “Dobbiamo
proprio andare?”
E Minseok odiava questa cosa – odiava il modo in cui Luhan lo
stava guardando – ma annuì con decisione.
“È l'unica soluzione sensata,” disse,
cercando di convincere se stesso. “Non so perché
sia così restio a farmi venire. Voglio sapere
perché.” Voglio assicurarmi che tu stia
bene.
Luhan abbassò lo sguardo e si voltò, guardando
l'armadietto. “Vedrai,” sussurrò,
così piano che Minseok quasi non lo sentì.
Per stampare tutto quanto impiegarono molto più tempo di
quanto non si fossero aspettati, perché dovettero tagliare e
riformattare alcune cose, e dovettero anche cercare nuovamente tutte le
fonti. Anche Luhan sembrava si stesse prendendo il suo tempo, cercando
di prendersela comoda per rimandare l'inevitabile. Ma alla fine,
riposero tutto al sicuro nello zaino di Minseok e si diressero ancora
una volta agli armadietti, dove si infilarono i giubbotti. Nuovamente,
Luhan si voltò verso Minseok, “Dobbiamo davvero
andare?”
Minseok non osò guardarlo. Sapeva che Luhan aveva ancora quell'espressione.
Quella che riusciva a far fare a Minseok tutto quello gli
chiedeva. “Sì,” disse bruscamente,
tenendo gli occhi sull'armadietto mentre lo chiudeva.
Era sembrato uno stronzo, persino a se stesso, ma Minseok non era mai
stato bravo in questo tipo di cose. Preoccuparsi per qualcun altro
oltre se stesso. Fare qualcosa più per il loro bene che
perché lo volessero. Era difficile per lui. Non era bravo.
Un momento dopo, affrontarono il vento gelido, e Luhan rimase in
silenzio mentre guidava Minseok lungo il marciapiede. Non c'erano molti
pedoni a quest'ora del giorno, non con questo tempo; non c'era rumore,
ma Minseok non disse niente comunque. Non pensava che Luhan fosse
dell'umore per parlare
La strada era familiare all'inizio, erano tutte vie per le quali
Minseok era già passato prima, negozi in cui era entrato in
passato. Ma poi Luhan prese una viuzza che non aveva mai visto prima, e
Minseok lo seguì ubbidiente, guardandosi intorno. Non c'era
decisamente mai stato prima. Mentre si allontanavano dal traffico e
dall'attività frenetica dei negozi, passarono in mezzo a
palazzi residenziali, con ristoranti malandati e supermercati che
rompevano la monotonia. Continuarono a camminare, e camminare, e
Minseok si tirò su la sciarpa e vide Luhan tremare.
È molto sospetto, disse la voce di
Chanyeol nella sua testa. Niente telefono. Niente connessione
internet. Segreti.
Gli edifici che stavano oltrepassando diventavano sempre più
fatiscenti e dall'aspetto nefasto, con un numero di finestre rotte, e
l'immaginazione sin troppo attiva di Minseok gli regalò
immagini squisite di spacciatori di droga e vagabondi con coltelli.
Fortunatamente, però, Luhan svoltò in un'altra
via, in qualche modo meno spaventosa, e Minseok si rilassò
un po'.
Eppure quando Luhan si fermò davanti ad un edificio, Minseok
si ritrovò colto di sorpresa. Non è che fosse un
postaccio, ma era palesemente malmesso, anche dall'esterno. Luhan lo
guidò dentro in silenzio, e la prima reazione di Minseok fu
quella di tossire per il forte odore di fumo rancido e di qualcosa che
assomigliava a muffa. Si morse la lingua, però, e
seguì Luhan su una rampa di scale sporche e scricchiolanti.
Immaginò che l'ascensore fosse rotto, perché
nessuna persona sana di mente avrebbe fatto dieci rampe di scale se non
fosse stato costretto. Quando raggiunsero la porta di Luhan, Minseok
era ansimante e senza fiato. Luhan si fermò di fronte ad
essa e, fissando il pavimento, la indicò e disse
“Casa dolce casa,” , con voce sospettosamente roca.
Minseok non si chiese nemmeno dove avesse imparato a dire quella frase,
troppo impegnato a fissare la porta con i numeri metallici arrugginiti.
“Io—Lu—” si strozzò
Minseok, non sapendo cosa dire.
Luhan non lo lasciò finire, spingendo la porta con un colpo
di spalla ben assestato. Trattenendo il fiato, Minseok lo
seguì dentro, guardandosi intorno scioccato. L'appartamento
era piccolo, questa fu la prima cosa che notò. Non era
sporco, come sembrava essere il resto del palazzo, ma era angusto e
disordinato, con contenitori d'asporto che occupavano il piccolo
bancone, e c'era a malapena abbastanza spazio per poter camminare senza
sbattere contro degli oggetti. E non c'era nemmeno tanta roba dentro
l'appartamento, perché non c'era nemmeno un tavolo o delle
sedie. Solo un singolo divano, un piccolo tavolino da caffè
che sembrava venisse usato come tavolo da pranzo, un vecchio frigo,
qualche coperta piegata per terra. La stanza era buia – Luhan
non aveva acceso le luci quando era entrato – e ci volle un
momento perché Minseok si rendesse conto che c'era anche
freddo, come se il riscaldamento fosse rimasto spento tutto il giorno.
“Luhan, io no—” cominciò a
dire Minseok, guardandosi intorno con gli occhi spalancati.
“Fa pena, non è vero?” chiese Luhan
interrompendolo. Fece una piccola risata amara. “È
a malapena una casa.”
“Non me l'hai mai detto,” disse Minseok, cercando
disperatamente di redimersi. “Non lo sapevo.”
“Certo che non te l'ho mai detto,” disse Luhan,
abbassando le spalle e facendo cadere a terra lo zaino. “Cosa
potevo dire? Ciao, Minseok, piacere di conoscerti. Sono il ragazzo
nuovo che viene dalla Cina, riesco a malapena a parlare coreano, e ho
bisogno che mi aiuti a sopravvivere in un nuovo paese. Comunque, la mia
famiglia non può nemmeno permettersi di tenere
l'appartamento al caldo d'inverno.” Fece una pausa, e poi con
voce leggermente spezzata aggiunse, “Non avrei potuto dirtelo
all'inizio, nemmeno se avessi voluto. Non conoscevo le
parole.”
Minseok sentì l'improvviso istinto di abbracciare Luhan e
non lasciarlo andare, ma si trattenne. “È
– da quanto va avanti così?” chiese.
Luhan si grattò la testa, rifiutandosi di voltarsi a
guardarlo. “Da quando siamo arrivati,” ammise.
“Siamo arrivati con quasi nulla. Avevamo poco più
della somma per pagare questo posto.”
Minseok rimase in silenzio per un momento, guardando ancora la carta da
parati scollata e la lampada impolverata accanto al divano. Poi, con
esitazione disse, “Noi?”
Luhan si voltò, solo leggermente, ma Minseok poté
vedere l'ombra di un sorriso sulle sue labbra. “Io e i miei
genitori,” disse. “Non ho mentito su tutto,
sai.”
Minseok non rise. “Dove sono?” chiese. Non sembrava
che qualcuno fosse stato a casa per tutto il giorno.
“A lavoro,” sospirò Luhan.
“Sono sempre a lavoro.”
Minseok si morse il labbro e prese un profondo respiro. Almeno qui non
c'era puzza di muffa. “Mi dispiace,”
sussurrò. “Se l'avessi saputo, non ti avrei
fatto—”
Luhan agitò velocemente le mani, voltandosi del tutto, anche
se non incontrò il suo sguardo. “No, no, mi sarei
potuto rifiutare. Mi sarei potuto rifiutare e non ti avrei fatto
venire. Ma – voglio dire, è stancante, mantenere
dei segreti così a lungo. Immagino fosse il momento di
dirtelo, comunque.” Sorrise leggermente, ma non raggiunse i
suoi occhi.
Minseok lo guardò attentamente. “Perché
non me lo hai detto prima?” chiese.
Luhan si morse il labbro. “Volevo farlo,” disse.
“Ma era così difficile. Non sapevo nemmeno se
fossi mio amico, per molto tempo. Pensavo già di non
piacerti. Perché aggiungere carne al fuoco?” Si
morse ancora il labbro. “Ero già il ragazzo nuovo.
Perché essere anche il ragazzo povero?”
E davvero, Minseok conosceva quella sensazione.
Aveva così tante domande, però. Così
tante cose che voleva chiedere, sapere. Ma stava già
camminando su del ghiaccio sottile, probabilmente aveva già
superato il limite, quindi ne fece soltanto una.
“Lu—perché diavolo mi hai detto che mi
avresti pagato per il mio aiuto con i compiti, se puoi a malapena
permetterti di... mettere del cibo in
tavola?”
Luhan lo guardò, incontrando il suo sguardo per la prima
volta da quando avevano lasciato la scuola. Sorrise leggermente, con
occhi tristi. “Perché ero disperato,”
disse piano. “Eri l'unica cosa che avessi. I miei genitori
erano sempre via e non avevo amici e tu eri davvero tutto quello che
avevo. A un certo punto, non ti stavo nemmeno più pagando
per i compiti. Stavo pagando per il tuo tempo, perché avevo
bisogno di qualcuno. Non volevo più stare da solo.”
Minseok si sentì pericolosamente vicino alle lacrime,
sentiva la gola chiusa. “Non li volevo nemmeno,”
disse roco. “I soldi non mi interessavano nemmeno. Volevo
solo che non ti sentissi in colpa.”
Luhan gli sorrise, stavolta un po' più genuinamente.
“Beh io—”
“Riprenditeli,” disse Minseok, interrompendolo.
“Non li ho mai spesi. Puoi riaverli.”
Ma Luhan scosse la testa sinceramente. “No, tienili. Li hai
guadagnati, sono tuoi. Mi hai dovuto sopportare per tutto questo tempo,
non li rivoglio.”
“Beh, non li voglio nemmeno io,” insistette
Minseok, ma Luhan era irremovibile. “Bene. Ma non pagarmi
più. Ti prego. Mi sento una persona orribile ora,
davvero.”
“Non farlo,” disse velocemente Luhan, con gli occhi
grandi ed imploranti. “Non sentirti in colpa, non hai fatto
niente di male.”
Minseok rise amaro. “Stai scherzando? Mi sono comportato in
modo orribile con te. Ti ho fatto pagare per qualcosa che avrei dovuto
fare per generosità. È la definizione della
Persona Più Orribile Di Sempre.”
“Non ti ho mai biasimato,” insistette piano Luhan.
Minseok si coprì il viso per la vergogna. “Lo so,
ed è questa la cosa peggiore. Merito il tuo
risentimento.”
Luhan rise leggermente, e questo fece sentire Minseok un pelino meglio.
“Se hai finito di incolparti per questa cosa, avremmo un
progetto da finire,” disse piano.
Giusto. Il progetto. La ragione per cui erano venuti qui. Luhan fece
strada verso camera propria, e sembrò leggermente
imbarazzato quando fece entrare Minseok.
Come il resto dell'appartamento, la stanza era piccola. Non c'era
nemmeno un vero e proprio letto; solo un materasso, spinto contro il
muro, una grande valigia aperta sul pavimento, piena di vestiti
ordinatamente piegati, e un barattolo in vetro con delle banconote
accartocciate e delle monete accanto a dei libri di coreano. Sembrava
così triste, così temporaneo. Non sembrava che
Luhan vivesse qui da tre mesi.
Sarebbe stato così, se non per i muri. Il muro accanto alla
specie di letto era coperto di foto, e Minseok le guardò a
bocca aperta. Non erano tutte nuove, questo era ovvio; c'erano foto di
Luhan da piccolo, e foto di un uomo e una donna che Minseok
immaginò fossero i suoi genitori, e foto di Yixing e altri
ragazzi che però non riconobbe. Ma era chiaro che la maggior
parte delle foto fossero state scattate e sviluppate di recente, non
solo per il loro stato ma anche per il fatto che Minseok stesso fosse
presente in molte di esse. Non tutte, ovviamente, ma vide il proprio
viso in un buon numero di foto, mentre sorrideva o rideva, mentre
aggrottava le sopracciglia concentrato, senza guardare l'obbiettivo,
ignaro che stesse venendo immortalato. C'erano anche altre persone
nelle foto; Jongdae, Kyungsoo, gli altri loro amici. C'erano foto di
Luhan con Sehun, e di Sehun con Jongin. C'erano molte foto scattate al
compleanno di Jongdae o durante la pausa pranzo o a Insadong. Decine e
decine di foto, tutte accuratamente attaccate al muro in un glorioso
collage di ricordi.
“È imbarazzante,” stava mormorando
Luhan, afferrando qualcosa accanto alla valigia e spingendo Minseok di
nuovo verso la cucina-barra-soggiorno. “Lavoriamo
qui.”
Minseok guardò il cartellone tra le mani di Luhan e rise.
“Okay, bene,” acconsentì.
“Penso sia carino, comunque.”
Luhan fece un suono vago e sparse il materiale sul pavimento.
“Tieni il giubbotto,” disse. “Si gela
qui.”
Minseok lo guardò per un momento, poi si sedette sulle
ginocchia e iniziò a togliere le proprie cose dalla borsa.
Lavorarono in silenzio per qualche minuto, tagliando paragrafi di
informazioni e immagini stampate, poi Minseok disse all'improvviso,
“La tua giacca.”
“Huh?” chiese Luhan, sollevando la testa
“Ecco perché avevi ancora quel vecchio giubbotto
consumato. Non potevi comprarne uno nuovo.”
Luhan arrossi leggermente. “Oh. Già. Non avevo mai
avuto bisogno di una giacca pesante in Cina, quindi non ce
l'avevo.”
Minseok grugnì. “Sono così stupido.
Anche la faccenda del telefono. Ovvio che non hai un cellulare. O un
computer a casa.” Le labbra di Luhan si stirarono in un
piccolo sorriso e scrollò le spalle. “Sono
così idiota. È tutto così... davvero,
wow. Sono stato cieco.”
“Un po',” disse Luhan con una risatina.
“Pensavo l'avessi capito ormai, ad essere sinceri.”
“Beh, Chanyeol stava decisamente facendo
congetture,” disse lui. “Pensa che sei un criminale
o qualcosa del genere.”
Luhan fece un piccolo grugnito, ma il suo sorriso era tirato.
“Non a questi livelli,” rassicurò
Minseok, ma stava ovviamente nascondendo qualcos'altro.
Minseok pensò che visto che aveva costretto Luhan a
confessargli così tanto oggi, il ragazzo si meritava una
pausa da tutte le domande. Avrebbe potuto dirgli il resto a suo tempo.
Lavorarono al progetto insieme per molto tempo, tagliando, incollando e
assicurandosi che fosse tutto allineato. Fecero una pausa alle sei per
mettere insieme una merenda, cosa difficile considerando che il frigo
era quasi vuoto, così come gli armadietti. Quando Minseok
chiamò sua madre per dirle che non sarebbe tornato a casa
per cena, la donna non era sembrata troppo felice, ma per una volta
lasciò correre, dando al ragazzo un avvertimento severo.
Minseok vide anche il bagno di Luhan per la prima volta, anche se non
era niente di speciale. Piccolo, ma funzionale. Non è che
l'appartamento di Luhan fosse terribile, dopotutto.
Solo un po' malandato, un po' spoglio, e un po' troppo piccolo. A
quanto pare, era tutto quello che la famiglia di Luhan poteva
permettersi.
Quando ebbero finito fuori era buio, e Minseok già temeva il
freddo che avrebbe dovuto affrontare una volta uscito.
“Quando tornano i tuoi genitori?” chiese mentre
infilava le mani fredde in tasca. “Aspetto qui fino a che non
tornano, così non starai da solo.”
“Oh, è tutto okay,” gli
assicurò velocemente Luhan. “Sono abituato a stare
da solo.”
Minseok si accigliò. “A che ora finisce il loro
turno?” chiese.
Luhan si mosse leggermente, sorridendo a disagio. “Quale dei
tanti?”
“Che vuoi dire?”
Il ragazzo scrollò le spalle, distogliendo lo sguardo.
“Un turno finisce e un altro inizia,” disse
mestamente. “Fanno sempre turni extra a lavoro, in modo che
possa portare il pranzo a scuola. Raramente sono a casa, non so mai
quando aspettarli.”
Minseok sentì una fitta al petto. “Oh. Allora
io... rimarrò qui, immagino.”
“Cosa?” Luhan lo guardò con gli occhi
spalancati. “No, no, non devi farlo. Non vuoi passare la
notte qui. Credimi. Fa molto freddo la notte.”
Minseok scrollò le spalle, già pensando se se ne
sarebbe pentito il mattino seguente. “Ti terrò al
caldo,” disse, poi sussultò per come era suonata
quella frase. “Ci svegliamo presto e andiamo a fare colazione
fuori.”
Luhan sbatté le palpebre velocemente. “Ma tua
madre si arrabbierà,” gli fece notare.
Minseok fece un piccolo sorriso. “Allora non glielo
diremo,” sussurrò con fare cospiratorio.
“Dai, prepariamo il mio letto.”
“Minseok, dico davvero, no devi—”
“Sto già mandando un messaggio a mia
mamma!” lo interruppe Minseok, dirigendosi verso la camera di
Luhan. “Cosa dovrei dirle per non farla
insospettire?”
“Sei pazzo!” disse Luhan, ovviamente imbarazzato.
“No,” rispose Minseok, voltandosi a guardarlo.
“Per una volta, sono un buon amico.”
E questo, almeno, fece sorridere davvero Luhan.
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
Sfortunatamente,
per Minseok, decidere all'ultimo momento di passare la notte a casa
di un amico non era così semplice. Prima di poter fare
qualsiasi
cosa, dovette chiamare sua madre e convincerla a non
andare
a prenderlo o qualcosa del genere. Fu come rifare la conversazione
sulla cena, ma ancora più difficile. Alla fine,
però, ricevette il
permesso di restare, insistendo sul fatto che Luhan non voleva
passare la notte da solo, e Minseok si sentì trionfante. Non
capitava spesso che riuscisse a infrangere due regole in un giorno
solo.
Minseok
voleva davvero farlo, però, anche solo per il fatto che
Luhan, una
volta passata l'iniziale riluttanza, aveva l'aspetto di una persona a
cui era stata offerta la luna. All'inizio, il ragazzo sembrava
titubante a lasciare che Minseok facesse questo per lui, ma dopo che
l'amico insistette che voleva
farlo,
Luhan cominciò a correre in giro per casa per assicurarsi
che
l'esperienza fosse per Minseok il più sopportabile possibile.
“Non
hai vestiti in più, vero?”
gli chiese Luhan, sporgendosi oltre la porta di camera propria per
guardare Minseok, che stava mandando un messaggio a Kyungsoo per
avvisare anche lui della sua posizione. Kyungsoo si preoccupava tanto
quanto sua madre, onestamente.
“No,”
rispose Minseok, scuotendo la testa.
“Puoi
prendere alcuni dei miei,”
gli assicurò Luhan, poi aggiunse, “Dovrebbero
essere puliti. La
maggior parte.”
Minseok
rise. “Non importa,” disse, scrollando le spalle.
“Purché
siano caldi.”
Luhan
annuì velocemente, poi scomparve nuovamente nella propria
stanza. Un
momento dopo uscì con dei pantaloni del pigiama in flanella,
una
maglia e un maglione. “Ecco,” disse, nervoso.
“Sono i pantaloni
che uso di più... sono i più caldi.”
Minseok
sorrise grato, prendendoli. “Vado a cambiarmi,
allora,” disse,
alzandosi per andare in bagno e afferrando il proprio zaino. Qualche
minuto dopo uscì, con indosso i vestiti di Luhan. Le maniche
del
maglione e le gambe dei pantaloni erano un po' lunghi per lui, ma in
effetti erano abbastanza caldi, e profumavano così tanto di
Luhan
che Minseok si era sentito leggermente intontito quando si era
infilato la maglietta. Anche Luhan si era vestito, con dei pantaloni
della tuta e un altro maglione che gli davano un aspetto più
tenero
del solito, con i capelli mossi e le mani in tasca. Più
giovane, più
vulnerabile.
“Dovresti
mettere una cuffietta,”
disse Luhan, sembrando un po' imbarazzato. “Oppure ti si
congeleranno le orecchie.”
Minseok
sorrise ancora, come per rassicurare Luhan che non c'era niente di
cui vergognarsi, e annuì, andando a prendere il proprio
cappellino.
Poi disse di essere pronto per andare a dormire.
Luhan
si morse il labbro mentre guardava Minseok con un'espressione
indecifrabile. “Non sono nemmeno le 10, sai,”
disse. “Non è
così tardi.”
“Oh.”
Minseok guardò l'ora nel telefono. Luhan aveva ragione.
“Beh, sono
piuttosto stanco. E poi, hai sempre l'aspetto di uno che non dorme
mai.”
Le
sue parole sembrarono colpire Luhan, che sussultò leggermente.
“È così evidente?” chiese
piano.
“Huh?”
Minseok si accigliò. “Che non dormi abbastanza?
Non so, mi ci sono
abituato. Ma sì, sembri sempre stanco.” Si chiese
se fosse poco
carino da dire.
Luhan
sospirò. “Neanche a me dispiacerebbe andare subito
a letto,”
disse.
Minseok
annuì. “Okay. Andiamo allora. Fammi
strada!”
Luhan
entrò in camera, e Minseok lo seguì in silenzio.
C'era buio nella
stanza ora, l'unica luce proveniva da fuori, e non si riuscivano
più
a vedere le foto appese al muro. Gli dispiaceva. Si voltò
invece a
guardare la figura del letto sul pavimento.
“Io,
um,” balbettò Luhan. “Ho pensato sarebbe
meglio dividere una
coperta. Sai, per mantenere il calore e tutto. Ma se vuoi, puoi
averne una per te. In questo caso però ne avremmo una a
testa.”
Minseok
rise leggermente per il tono imbarazzato di Luhan, anche se lui
stesso si sentì avvampare, nonostante il freddo della casa.
“Possiamo condividerla, allora,” disse, cercando di
mantenere un
tono di voce normale. “Ha più senso.”
“Okay,”
disse velocemente Luhan. “Puoi entrare allora. Io vado a
lavarmi i
denti.” Sparì dietro la porta.
Minseok
esitò per un momento, poi tremò e
scivolò sotto le coperte,
affiancandosi al muro. Il cuscino sotto la sua testa era piatto e non
esattamente comodo, ma Minseok ebbe la distinta sensazione che fosse
il più buono che aveva Luhan.
Il ragazzo tornò
qualche momento dopo, raggiungendolo sotto le coperte
senza dire una parola. Regnò il silenzio per qualche
imbarazzante
minuto, ma poi Luhan sospirò debolmente e si
voltò, dando la
schiena a Minseok, il quale finalmente si poté rilassare,
sentendo
il calore irradiare dalla schiena del più piccolo.
“Fa
molto più caldo con due persone,”
mormorò Luhan all'improvviso. “È
piacevole.”
E
Minseok non sapeva come rispondere, quindi non disse niente,
sorridendo.
Nonostante
fosse presto, Minseok cominciò ad addormentarsi velocemente,
cullato
dal respiro caldo e regolare di Luhan accanto a sé, dal
profumo
confortante che sembrava permeare su ogni oggetto di Luhan che li
circondava. Si rannicchiò leggermente, portandosi la coperta
al
mento, e lasciò che gli occhi si chiudessero, seguendo
inconsciamente
il respiro dell'amico.
Era
in dormiveglia quando Luhan sussurrò all'improvviso,
“Lavoro la notte.”
Minseok
aprì gli occhi, lasciando che le parole si ripetessero nella
sua
testa, cercando di dar loro un senso. “Huh?”
“Hai
detto che sembro sempre stanco la mattina. È
perché la notte
lavoro.”
“Oh.
Non lo sapevo.” Minseok si accigliò, cercando di
capire cosa ci
fosse di sbagliato. “Io—non fa molto bene alla tua
salute.”
Luhan
rise piano. “Lo so,” disse. “Non va
affatto bene.”
La
rotellina cominciò a girare nel cervello mezzo addormentato
di
Minseok.
“Luhan, è illegale*.”
Luhan
rimase in silenzio per un lungo momento, e poi sospirò.
“Lo so,”
disse. “Ma non ho altra scelta. Ho un sacco di cose da
pagare.”
Minseok
pensò a tutte le banconote da 5,000 won nascoste sotto al
proprio
materasso e si sentì nauseato. “Perché
non lavori dopo la scuola?”
chiese.
“Perché
l'altra opzione sarebbe farmi aiutare da te la notte,”
sussurrò Luhan.
“Quante
ore lavori?”
chiese Minseok, improvvisamente non sentendosi più stanco.
Luhan
fece un suono debole. “Di solito otto,” rispose,
piano. “Di più
il fine settimana. Il mio capo mi fa prendere un giorno di pausa se
comincio ad addormentarmi sul lavoro, ma non capita spesso.”
Non
fu difficile fare i calcoli.
“Luhan, questo è
illegale*.”
“Lo
so,
Minseok,” sbuffò Luhan. “Ma è
tutto così incasinato. Non c'è
altro che possiamo fare, è tutto incasinato.”
Minseok mandò
giù il magone che aveva in gola. Voleva fare altre domande,
voleva sapere tutto,
ma
non voleva spingere ancora Luhan.
“Cosa – cosa posso fare per aiutarti?”
chiese invece.
“Mi
stai già aiutando,”
disse immediatamente Luhan, e la sua voce era sincera. “Mi
hai
aiutato per tutto questo tempo. Hai fatto così tanto per
me.”
“Non
abbastanza,” sussurrò Minseok, così
piano che non era sicuro se
Luhan avesse sentito.
Si
addormentò con centinaia di parole di scuse ancora sulle
labbra.
Nonostante
il naso gelato sopra le coperte, Minseok dormì bene quella
notte, si
svegliò solo quando il sole mattutino filtrò
attraverso la finestra. Sbatté le palpebre assonnato,
sentendosi eccessivamente
accaldato, e stava per stiracchiarsi e alzarsi quando si rese conto
perché
sentisse
così caldo. C'era qualcosa che gli premeva contro il collo,
e
qualcosa contro le sue gambe, e qualcosa sopra
il suo corpo, e
quel qualcosa era decisamente vivo e ancora più decisamente
Luhan.
Minseok
stava ancora dalla sua parte, ancora raggomitolato contro il muro, ma
ora Luhan era rivolto verso di lui
e
considerando il fatto che Minseok poteva sentire il suo respiro caldo
sul collo, probabilmente si era accoccolato contro di lui, la fronte
e le ginocchia premute contro la sua schiena e le sue gambe, e un
braccio gli cingeva i fianchi. All'inizio rimase sorpreso che il
ragazzo fosse riuscito ad avvicinarsi così tanto senza
svegliarlo,
ma poi si sorprese ancora di più per quanto fosse comoda
quella
posizione, specialmente contro il freddo del mattino. Qualche minuto
dopo, però, Minseok si rese conto che quella posizione era
anche
piuttosto intima, e che doveva disperatamente cercare di uscire da
lì
prima che Luhan si svegliasse.
Mordendosi
il labbro imbarazzato, sollevò il braccio sotto il quale
Luhan
sembrava si stesse scaldando la mano e rotolò verso il muro,
ma si
rese conto di essere troppo vicino ad esso. La mano di Luhan era
ancora posata sulla sua spalla, e Minseok si stava chiedendo cosa
avrebbe dovuto fare quando sentì il ragazzo muoversi e fare
piccoli
versi. Spaventato, Minseok si alzò a sedere, con le guance
calde e
certamente rosse. Osservò per un momento Luhan aprire gli
occhi,
ancora assonnato, e poi decise che era il momento giusto di
inventarsi qualche scusa e correre in bagno prima che Luhan vedesse
il suo stato.
Quando
tornò in camera, passandosi una mano tra i capelli, Luhan
era seduto
sul letto e si stava strofinando gli occhi in modo adorabile.
Distolse lo sguardo quando il ragazzo sollevò le braccia e
si
stiracchiò, rivelando una striscia di pelle chiara quando la
maglia
si alzò.
“Buongiorno,” mormorò Luhan, il suo
coreano ancora più
incomprensibile del normale.
“Buongiorno,”
mormorò in risposta Minseok, cercando il proprio zaino.
“Mi sono
svegliato prima che suonasse la mia sveglia. Abbiamo un po' di tempo
prima di uscire per la colazione.”
“Okay,”
disse Luhan, buttandosi a terra. “Come hai dormito? Hai avuto
freddo?”
Minseok
scosse la testa velocemente, assicurandogli di aver dormito
bene-
“Anche
io,”
disse lui, sorridendo pigramente. “Dovresti trasferirti nel
mio
letto in modo permanente.”
Minseok
si strozzò leggermente. “Um. Sto bene
così, grazie.”
Luhan
rise, alzandosi finalmente in piedi e uscendo dalla stanza.
“Valeva
la pena provare,” disse.
Poco
dopo, Minseok e Luhan si sedettero in una piccola tavola calda, e
Minseok chiese gentilmente alla cameriera se avesse potuto avere i
valori nutrizionali dei piatti sul menù. La donna gli
lanciò uno
sguardo stranito, ma andò a vedere se riusciva a trovare una
tabella. Luhan non gli fece domande, però, ed era un bene.
Rimase un
po' sorpreso, comunque, quando vide i prezzi sul menù, e
Minseok
glielo rubò velocemente dalle mani dicendo,
“Oggi offro io. Ho deciso io di venire a mangiare
fuori.”
“Non
c'era cibo in casa,”
ribatté Luhan, sembrando inquieto.
“Non
fa niente,”
disse deciso lui. “La colazione la offro io. Ordina quello
che
vuoi.”
Luhan
finì per ordinare la cosa meno costosa che si ricordava del
menù, e
Minseok aggiunse un piatto di pancake al proprio ordine di toast di
grano con marmellata. Luhan sbatté le palpebre sorpreso.
“Mangerai
tutto quello?” chiese incredulo.
Minseok
rise. “No. Lo farai tu.” Puntò un dito
accusatorio verso Luhan.
“Non mangi abbastanza. Sei troppo magro.”
Luhan
sputacchiò, e poi ribatté, “Guardati
tu! Sei—”
Minseok
lo interruppe prima che potesse andare oltre. “Devo andare in
bagno,” disse velocemente. “Torno
subito.” Se ne andò prima
che Luhan potesse protestare.
Mangiarono
la colazione in silenzio, e Minseok si assicurò che Luhan
mangiasse
tutto quello che aveva di fronte, dicendogli che avrebbe dovuto
prendere lui i pancake visto che Minseok non li poteva mangiare e non
voleva che andassero sprecati. Alla fine, Luhan si arrese, e Minseok
pagò con un sorriso soddisfatto.
Quando
arrivarono a scuola – un po' prima di quanto fosse abituato
Minseok
– il ragazzo disse a Luhan di andare avanti e si diresse agli
uffici, immaginando che sua madre probabilmente lo stava aspettando
lì. Non si sbagliava.
La
donna si stava ovviamente trattenendo quando gli passò una
busta
silenziosamente. Minseok sorrise e cinguettò un,
“Grazie mamma!” prima di voltarsi, ma ovviamente
non sarebbe
stato così facile.
Una
mano ferma si posò sulla sua spalla, e guardò sua
madre intimidito.
“Sì?”
“Hai
mangiato stamattina?”
chiese lei, entrando subito nel ruolo di infermiera-mamma
preoccupata.
Minseok
alzò gli occhi al cielo. “Sì. Dei
toast.”
Sua
madre gli toccò la fronte, come se avesse potuto avere la
febbre.
“Ti senti bene?”
“Sì,”
rispose Minseok annoiato.
“Okay.
Bene.”
lo studiò attentamente. “Come è andata
la tua notte
con
Luhan?”
Minseok
sollevò un sopracciglio per quel tono, chiedendosi
perché lo avesse
detto in quel modo, per poi rendersi conto con orrore a cosa stesse
pensando. “Cosa?! Mamma!
Abbiamo
solo dormito,
oh mio dio.”
Sua
madre sembrava tutt'altro che convinta.
Aveva ancora indosso la sua espressione da infermiera professionale,
ma unita a quella da madre protettiva. “So che sei un ragazzo
cresciuto, Minseok, e non hai bisogno che te lo ricordi io ma non so
come mi sento riguardo—”
Minseok
contenne a malapena un urlo, bypassando il rossore e diventando
direttamente un pomodoro maturo. “Mamma,
sono serio.
Ti prego non parliamone più o morirò
dall'imbarazzo. E non farne
mai
e poi mai
parola
con Luhan,
santo cielo.” Si guardò intorno velocemente per
vedere se qualcuno
avesse sentito. Fortunatamente la segretaria era scomparsa nel suo
ufficio, e sembrava fossero soli.
Sua
madre sbuffò.
“Bene, ma non pensare che non parleremo a casa.”
Minseok
si coprì il viso e grugnì. “Non
c'è niente di cui parlare.
Abbiamo finito il progetto. Abbiamo dormito. Siamo venuti a scuola.
Punto.”
“Per
favore, Minseok, non sono un'idiota. Mi hai apertamente detto
che i suoi genitori non erano in casa.”
Minseok
pensò di mettersi a piangere o qualcosa del genere.
“Mamma. No. Mi
stai rovinando la vita. Luhan non è—no. Ti prego
smettila di
parlare di questo e lasciami andare in classe.”
Con
suo immenso sollievo, la donna lo rilasciò, e si
incamminò verso il
proprio armadietto, sventolandosi furiosamente il viso. Perché.
Quando
arrivò, però, Luhan era lì che lo
aspettava, e Minseok si sentì
avvampare ancora una volta.
“Stai
bene?”
chiese Luhan, sembrando preoccupato.
Minseok
annuì senza dire una parola, abbassando la testa
sull'armadietto
mentre apriva il lucchetto.
“Cosa
ti ha portato tua madre?”
chiese l'amico, notando la busta.
Minseok
fece un suono vago. Era abituato a rispondere a domande del genere.
Rispose con una mezza verità. “Il mio pranzo e
vestiti puliti,”
disse, scuotendo leggermente la busta. “Stamattina ho dovuto
mettere quelli che avevo ieri.”
“Oh,”
disse Luhan. “Non ci avevo pensato.”
Minseok
scrollò le spalle e si tolse lo zaino per appenderlo.
“Vado a
cambiarmi, ci vediamo in classe.”
“Oh.
D'accordo. A dopo.”
Minseok
aveva ancora le guance un po' rosse quando si lavò le mani
in bagno,
vestito e pronto ad andare. Jongdae si sarebbe divertito con questa
storia, motivo per cui Minseok se la sarebbe portata con sé
nella
tomba.
Sperava
con tutto se stesso di riuscire ad affrontare Luhan dopo questo. O di
poterlo invitare a casa quando c'era sua madre. Oddio.
Stava
vivendo un incubo.
(Solo
dopo si ricordò che Luhan sapeva
–
lui sapeva che
Minseok era gay – ma non ne aveva nemmeno fatto parola, non
aveva
avuto problemi a dividere il letto con lui. Significava molto per
Minseok.)
La
cosa peggiore Del Parassita, aka Kim Jongin, era che era
così
difficile liberarsi di lui che Sehun ci aveva rinunciato. Quando si
rese conto di aver smesso di combatterlo, Sehun sentì di
voler
piangere (ma, per regola, Oh Sehun non piangeva mai). Sentiva di aver
perso. Ma era così: Sehun aveva smesso di cercare di evitare
Jongin,
aveva smesso di cercare di dirgli di lasciarlo da solo, aveva smesso
di resistere agli incessanti tentativi di Jongin di coinvolgerlo in
una conversazione. Non funzionava mai, comunque, ma non si ricordava
di aver mai preso la decisione di smettere. Con Luhan, era stato
tutto molto più volontario. Ma si era ripromesso che non
l'avrebbe
mai lasciato accadere con Jongin.
Eppure
era
accaduto,
proprio sotto il suo naso. Era vergognoso.
“Allora,
Sehun-ah!” Sehun voleva grugnire per il tono allegro e
canticchiante di Jongin. “Dove dovrei portarti
oggi?”
Sehun
cercò di sembrare il più irritato possibile
mentre si infilava il
giubbotto. Quell'espressione era una reazione naturale ormai.
“Non
hai mai cose da fare?” chiese, invece di rispondere.
“No!”
disse allegro Jongin. “Beh, ho cose da fare il
martedì e il
venerdì, ma oggi è
mercoledì!”
“Cose?”
chiese Sehun, sollevando un sopracciglio. “Che
cose?”
Jongin
pensò per un secondo, poi disse, “Prove.”
“Prove
di ballo,”
disse Sehun, e si godette l'espressione sorpresa del ragazzo.
“Luhan
mi ha detto che fai danza.”
Jongin
non sembrava turbato; solo sorpreso. “Come faceva a
saperlo?”
Sehun
scrollò le spalle vagamente. “Penso glielo abbia
detto
Baekhyun.”
Una
luce si accese negli occhi di Jongin.
“Ahh, Baekhyun-hyung. Sì, lui probabilmente lo sa.
Mia sorella
usciva con il fratello.” Guardò Sehun per un
momento. “Pensavo
non ascoltassi quello che dice Luhan.”
Il ragazzo sbatté le
palpebre scioccato, ma si riprese subito. “È
difficile
ignorarlo tutto il
tempo.”
Jongin
sorrise. “Ammettilo, ti piace la sua compagnia. Ti piace
ascoltarlo.”
“Tanto
quanto mi piace ascoltare te,”
rispose impassibile.
Il
sorriso di Jongin
si allargò. “Lo sapevo!” disse, poi fece
un occhiolino e scappò
via prima che Sehun potesse ribattere. Ugh,
quel ragazzo.
“Comunque,”
disse Jongin un momento dopo, mentre camminavano lungo il
marciapiede. Jongin gli camminava sempre un po' troppo
vicino,
quindi le loro mani si sfioravano di tanto in tanto.
“Prove di ballo. Sì. È quello che
faccio.”
“Tu
balli,”
ripeté Sehun.
“Sì,”
disse. “Danza classica, per essere precisi.”
“Eri
sorpreso che lo sapessi,”
puntualizzò Sehun. “Di solito non ne parli con le
persone.”
Jongin
scrollò le spalle vagamente. “Le persone
spettegolano già
abbastanza. Gli piace fare supposizioni. Preferisco non
dirlo.”
“Nessuno
sa niente di te,” disse Sehun, e Jongin gli lanciò
uno sguardo. “È
quello che dice Luhan. Che tutto è solo un
pettegolezzo.”
“Alle
persone piacciono le chiacchiere,”
spiegò lui per poi sorridere. “Ma tu sai qualcosa
di me!”
Sehun
sospirò esasperato. “Non per scelta,”
disse. “E se dicessi a
tutti i tuoi segreti?”
“Non
sono segreti,”
ribatté allegro Jongin. “Semplicemente non
confermo né nego alcun
pettegolezzo. Alle persone piace così, comunque. Gli piace
tirare a
indovinare.”
“Così
misterioso,”
disse Sehun, alzando gli occhi al cielo.
“No,
parlo solo con chi reputo un amico vero,” replicò
Jongin, guidando
entrambi dentro un café. “Le opinioni degli altri
non mi
interessano.”
“Quindi
io sono uno di quegli 'amici veri'?”
chiese Sehun, guardando Jongin scettico.
Il ragazzo
dovette pensarci per un momento. “Potresti
esserlo,” disse. “Se
mi lasciassi fare.”
Sehun
sbatté le palpebre. Poi disse automaticamente,
“Non voglio
farlo.”
“Come
puoi saperlo, se non provi nemmeno?”
chiese Jongin, facendo cenno a una cameriera di avvicinarsi.
“Penso
che potrei piacerti se ti lasciassi andare.”
“No,
non credo,” disse velocemente Sehun, prima che una delle
stupide
idee di Jongin potesse entrargli in testa. “Non mi piace
nessuno, e
io non piaccio a nessuno. È una cosa reciproca.”
“Non
è vero,” ribatté Jongin, per poi
fermarsi e ordinare due
cioccolate calde al caramello. Si rivoltò verso Sehun.
“Non
dispiaci alle persone. O non gli dispiaceresti, se restassi meno in
disparte.”
“Non
puoi saperlo questo,”
disse burbero Sehun, distogliendo lo sguardo dal ragazzo.
“Non mi
conosci nemmeno.”
Jongin
sospirò e posò il mento sulle mani, poggiando i
gomiti sul tavolo.
“No, non ti conosco,” disse. “Ma mi
piacerebbe.”
Sehun
si rifiutò di dire qualcosa per il resto della loro uscita.
Se diede
fastidio a Jongin, il ragazzo non lo mostrò.
La
pioggia cominciò a cadere sopra Seoul mentre erano nel
café,
lavando via il grigio che si era accumulato sul marciapiede, e le
persone che entravano e uscivano dal locale lasciavano grandi pozze
d'acqua all'ingresso. Quando Sehun e Jongin si alzarono per andare
via, Sehun scivolò e si sbilanciò in avanti, ma
delle forti braccia
gli circondarono le spalle e lo tennero dritto, facendogli sbattere
il viso contro il tessuto di un cappotto. La voce di Jongin
risuonò
da qualche parte vicino al suo orecchio.
“Preso,” disse piano. “Fai attenzione.
Non vorrei che ti
succedesse qualcosa.”
Ci
volle un momento imbarazzantemente lungo perché Sehun si
riprendesse, e ancora di più perché si rendesse
conto che stava
disperatamente stringendo il cappotto di Jongin. Lo lasciò
andare
velocemente e fece un passo indietro, provando una sensazione
stranamente calda allo stomaco.
“Come ti pare,” mormorò, spingendo la
porta e uscendo.
“Prenditi
cura di te,
Sehun!” gli urlò dietro Jongin. “Torna a
casa sano e salvo!”
E
Sehun voleva voltarsi, voleva dire a Jongin di smetterla di fingere
che gli importasse,
ma
non lo fece.
Non
lo fece.
Con
l'inizio di dicembre arrivò l'inevitabile spirito natalizio
a scuola
e nelle strade di Seoul, come un costante promemoria di tutti i dolci
che Minseok non avrebbe potuto mangiare, e anche di tutti i regali
che avrebbe dovuto comprare. Aveva sempre paura di questo lato della
festività, perché non aveva mai idea di cosa
regalare. Cosa si
potrebbe comprare ad un recluso che ha già tutto quello per
cui
potrebbe provare interesse, e ad un migliore amico il cui interesse
al momento si concentra solo sul consiglio studentesco e il
presidente di esso? Avrebbe avuto bisogno di tutto il mese per
pensare a qualcosa per entrambi.
Luhan,
poi. Minseok aveva il problema opposto
con
Luhan. Cosa avrebbe dovuto comprare a Luhan, quando c'erano
così
tante cose di cui aveva bisogno? Come poteva scegliere solo una cosa?
E soprattutto, Luhan avrebbe accettato regali da parte sua? Il
ragazzo aveva reso piuttosto chiaro, piuttosto velocemente, che la
pietà era l'ultima cosa che voleva. Ma Minseok voleva davvero
fare qualcosa per lui. A dire il vero era un po' travolgente; la
combinazione di senso di colpa, compassione e il fatto che Minseok
fosse un completo pollo resero il suo bisogno di aiutarlo
quasi
opprimente.
Quindi
fu per quello, forse, che Minseok finì per far scivolare un
paio di
guanti nel banco di Luhan prima che il ragazzo arrivasse a scuola una
mattina di dicembre. Non aveva davvero programmato di farlo. Aveva
semplicemente visto i guanti in saldo mentre si stava dirigendo a
scuola, e pensando alle mani congelate di Luhan, li aveva comprati
senza pensarci due volte. E sapeva
che
Luhan non li avrebbe mai accettati da lui, quindi pensò,
perché non
lasciarli in forma anonima? Non era difficile. E non stava nemmeno
cercando gratitudine o niente del genere. Voleva solo che Luhan
avesse un paio di guanti.
Ne
valse la pena, vedendo gli occhi di Luhan illuminarsi quando
trovò i
guanti nel suo banco. Si voltò immediatamente verso Minseok,
il
quale fece buon uso delle sue doti da attore quando Luhan gli chiese,
“Sai da dove vengono questi?”
Minseok
sbatté le palpebre, poi scrollò le spalle, forse
in modo un po'
troppo esagerato. “Erano lì quando sono
arrivato,” disse. Stava
mentendo per una buona causa, si disse.
“Oh.
Pensi che qualcuno li abbia messi per sbaglio?” chiese Luhan,
improvvisamente preoccupato.
“Uh.
Ne dubito,” rispose Minseok, non volendo che Luhan si
mettesse a
cercare il proprietario (non che ci sarebbe riuscito).
“Sembrano
nuovi.”
“Perché
sono qui allora?”
chiese il ragazzo, accigliato.
Minseok
scrollò ancora le spalle, tenendo gli occhi di fronte a
sé. “Forse te li ha dati qualcuno,”
disse, aggiungendo poi, “Hai un
sacco di ammiratori.”
Luhan
rimase in silenzio per un momento poi, ridacchiando leggermente, si
infilò i guanti. “Così
caldi,”
sussurrò piano in cinese, e Minseok trattenne a malapena il
sorriso
che minacciò di formarsi sul suo viso.
Forse
diventò una sua piccola ossessione dopo quell'episodio.
Trovare
qualcosa da lasciare sul banco di Luhan senza che il ragazzo se ne
accorgesse. Minseok si rese conto che magari stava esagerando, visto
che lui e Luhan tecnicamente non erano così
in
confidenza, ma si ripeté che molto probabilmente il ragazzo
non
avrebbe ricevuto molto dai suoi genitori, semplicemente
perché non
potevano permetterselo, quindi Minseok doveva cercare di compensare
in qualche modo. No? Ed erano sempre cose piccole, i regali che gli
lasciava (non era ricco, dopotutto. E poi non poteva fare
più di
tanto, fingendosi un ammiratore segreto).
Lasciava cose come un coupon per una bibita calda, o nuovi lacci per
le scarpe, o cuscinetti termici per le notti più fredde.
Comprò a
Luhan un piccolo dizionario tascabile Coreano-Cinese, e un nuovo
pacco di penne quando l'ultima che stava usando si scaricò.
Quasi
ogni giorno, Minseok aveva qualcosa di nuovo per lui, solo
perché
gli piaceva il modo in cui il viso di Luhan si illuminava quando
trovava qualcos'altro ad aspettarlo. A volte il ragazzo chiedeva in
giro se qualcuno sapeva chi lasciasse quelle cose sul suo banco, ma
nessuno aveva mai visto Minseok, quindi era salvo. Osservava in
disparte Luhan ridere felice per ogni nuovo regalo, per una volta
orgoglioso di se stesso.
Aveva
sviluppato anche un'altra abitudine riguardo Luhan che cercava di
tenere segreta. Dopo aver dormito lì la prima volta, Minseok
suggerì
di andare a casa di Luhan più spesso, innanzitutto
perché non voleva
che il ragazzo pensasse fosse qualcosa di cui vergognarsi.
E
poi, non c'era mai nessuno lì, quindi poteva evitare gli
sguardi
penetranti di sua madre, che lo mettevano a disagio e in imbarazzo.
Ma cosa più importante, a Minseok piaceva andare a casa di
Luhan
perché ogni volta che era lì, faceva scivolare
furtivamente qualche
moneta nel barattolo dei risparmi del ragazzo. Luhan si era
ostinatamente rifiutato di riprendersi i soldi che gli aveva dato per
il suo aiuto, ma Minseok odiava vederli sotto il materasso
più di
quanto odiasse fare qualcosa che andava contro la volontà di
Luhan,
quindi decise di ridarglieli poco a poco, quando Luhan non guardava.
500 won qui, altri 1,000 won lì. Aveva messo più
di 100,000 won a
questo punto, ed era fermamente deciso di ripagare tutto alla fine,
in un modo o nell'altro.
Si
presero qualche ora di pausa dai compiti, però, quando
Minseok
chiese a Luhan se gli andava di accompagnarlo al centro commerciale
per comprare qualche altro regalo, sia per evitare successivamente la
folla, e anche perché così Luhan avrebbe potuto
fare qualche altra
foto per il suo progetto, che avevano trascurato un po' troppo. Il
ragazzo accettò con entusiasmo, e andarono subito dopo la
scuola, il
secondo venerdì del mese. Una volta dentro, a Minseok
tornò subito
in mente la prima volta che erano usciti, quando Luhan aveva dovuto
sviluppare le foto. Sorridendo, Minseok tirò il ragazzo nel
negozio
di cappelli più vicino, facendogli indossare quelli
più
ridicoli.
Fare
shopping con Luhan era divertente, non poteva negarlo.
Avrebbe potuto farlo, una volta – negare che gli piacesse
passare
del tempo con il ragazzo – ma Minseok non era la stessa
persona che
era tre mesi fa. In questi giorni, Minseok passava più tempo
con lui
che con chiunque altro, tra la scuola e i compiti e tutto. Non erano
sempre solo loro due, ovviamente. Kyungsoo o Jongdae si univano a
loro a casa di Minseok, e a pranzo erano presenti quasi sempre altre
persone. Ma a Minseok non dispiaceva passare tutto questo tempo con
Luhan, faccia a faccia. Era... piacevole.
Era
piacevole avere Luhan
intorno. Minseok lo aveva imparato abbastanza in fretta.
Fecero
una pausa dagli acquisti per sedersi sul bordo della fontana del
centro commerciale, e Minseok diede al ragazzo una moneta da lanciare
per esprimere un desiderio. Poi lui fece lo stesso, ed era strano;
era così abituato ad esprimere desideri per se stesso che
gli sembrò
strano farlo per qualcun altro.
“Perché
vai a scuola a piedi?”
chiese Luhan un minuto dopo, gli occhi fissi sull'acqua sotto di
loro. “Potresti prendere l'autobus, no?”
Minseok
annuì. Jongdae gli aveva fatto la stessa domanda un milione
di volte
da quando la temperatura si era abbassata.
“Potrei,” disse, “ma
non è male camminare. La distanza non è troppa.
Più che altro,
però, mia madre dice che mi fa bene fare esercizio,
soprattutto da
quando ho smesso con il calcio. Non è molto, ma almeno
è
qualcosa.”
“Ahhh,”
disse Luhan, annuendo. “Hai molta forza di
volontà, allora. Fa
davvero freddo là fuori.”
Minseok
rise. “E tu, allora? Voglio dire, so che può
essere caro prendere
i mezzi tutti i giorni, ma tu usavi la bici, no?”
“Caro?”
ripeté Luhan, confuso. Minseok non vedeva quell'espressione
da
tempo; il coreano di Luhan stava davvero migliorando così
velocemente che spesso si dimenticava che aveva ancora problemi con
certe parole e frasi.
“Costoso,”
spiegò.
“Oh.
Giusto. Sì, l'autobus è costoso, ma lo
è anche aggiustare la
bici.” Luhan sorrise un po' amaramente. “Ricordi
quando sono
arrivato a scuola con tutti quei graffi?”
“Sì,
giusto. Chanyeol pensava fossi stato pestato,”
disse Minseok.
Luhan
rise. “È così. Dalla mia bici. Stavo
tornando a casa da lavoro,
era davvero tardi e avevo paura, quindi stavo andando veloce. E
poi—shoom!”
Fece
un gesto con la mano.
“Pensavo di star volando per un momento.” Rise
ancora, ma
sussultò al ricordo. “Hai visto come ero conciato
io, ma la mia
bici è messa anche peggio. Non posso più usarla.
Devo andare a
piedi ovunque, ora.”
Minseok
si accigliò. “La notte? Sembra spaventoso. Non hai
nemmeno un
cellulare, se dovesse succedere qualcosa.”
Luhan
si morse il labbro e scrollò le spalle. “Non posso
fare
altrimenti,” disse triste. “Solo camminare
veloce.”
Non
è che la cosa piacesse tanto a Minseok, ma non c'era niente
che
potesse fare lui.
“Dove lavori, comunque?” chiese invece.
“Prima
consegnavo dei pacchi dopo cena,”
disse Luhan, quasi orgoglioso. “Ma da quando la bici si
è rotta,
non posso più farlo. Ora sistemo la posta.
Dopodiché faccio... roba
noiosa. Organizzo documenti e cose così. Per un... amico di
famiglia.” Scrollò le spalle. “Niente di
interessante.” Poi
aggiunse, “Il lavoro notturno è in una parte
davvero spaventosa
della città. O almeno, è spaventosa a quell'ora.
Per questo stavo
andando così veloce in bici.”
Minseok
non riuscì a trattenere una smorfia. Non gli piaceva andare da
nessuna parte da
solo la notte. Specialmente senza un cellulare. L'immagine di Luhan
che camminava tutto solo al buio, sulla neve, nella parte peggiore
della città, fece rabbrividire Minseok.
“Non ci sono molte persone che assumerebbero un adolescente
dopo
mezzanotte,” disse. “E poi è... un amico
di famiglia.”
A
Minseok
non sembrava affatto un amico,
ma
Luhan sembrava insistente, quindi lasciò perdere.
Mormorò solo,
“Beh, dovresti lasciare quel lavoro,” ma non
così forte da farsi
sentire. Dopotutto, non poteva essere il custode di Luhan, e
non poteva di certo dirgli cosa poteva o non poteva fare, non quando
Minseok non si era mai ritrovato in una situazione lontanamente
simile a quella del ragazzo.
Eppure,
questo non lo fermò dal voler proteggere Luhan da tutto il
dolore
che il mondo gli stava infliggendo.
Scattò
una foto del profilo di Luhan contro il luccicare della fontana, e si
meravigliò per quanto fosse cambiato da quando Luhan era
entrato
nella sua vita, e di come si fosse piazzato lì, e di quanto
si
sentisse a suo agio ora avendolo lì. Al centro di tutte le
sue cose,
impossibile da ignorare. A Minseok piaceva averlo lì.
Note: *in Corea, è illegale che ragazzi tra i 15 e i 18 anni lavorino dopo le dieci di sera **è anche illegale che lavorino più di 42 ore alla settimana
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
Le
ultime settimane di scuola prima delle vacanze di Natale furono
caratterizzate da un pizzico di pazzia, tra gli insegnanti che
cercavano di finire le unità e gli studenti che non vedevano
l'ora
finire e basta. Minseok veniva facilmente travolto da cose di questo
genere, e non riusciva a capire come gli altri ragazzi riuscissero a
trovare il tempo di fare altre cose oltre studiare in questo periodo
dell'anno; Jongdae e Junmyeon, oltre che svolgere le loro mansioni
all'interno del consiglio, stavano ancora lavorando ai preparativi del
loro evento, Baekhyun e Chanyeol erano impegnati con le prove dello
spettacolo e con i costumi di scena, Luhan stava facendo turni extra a
lavoro per recuperare quelli che avrebbe perso studiando per gli ultimi
test. E Minseok che pensava che essere nella squadra di calcio fosse
stressante, nonostante si incontrassero solo una volta alla settimana
d'inverno.
Dato che tutti gli altri erano impegnati, però, Minseok
tornò alla solita soluzione per quando le cose cominciavano
a farsi un
po' troppo insostenibili; parlare con Kyungsoo.
Faceva molto più
freddo ora in balcone, ma i due si sedettero comunque lì,
schiena
contro schiena, con il muro che li divideva. Minseok non poteva
vederlo, ma era sicuro che Kyungsoo fosse infagottato sotto strati e
strati di coperte per ripararsi dal freddo, e questo lo fece sorridere.
“Allora, hyung,” cominciò Kyungsoo, con
la stessa voce allegra e piacevole di sempre. “Come stai in
questi giorni?”
“Impegnato,” rispose Minseok, sospirando.
“E come ti senti al riguardo?”
Minseok rise. “Sembri un terapista, Soo.”
“Era quello che speravo,” disse il ragazzo,
sembrando fiero. “Veloce, hyung, parlami di tutti i tuoi
problemi.”
“Non ti stanchi ma di starmi ad ascoltare?” chiese
lui. “Sono sempre problemi stupidi.”
“Nessun problema è mai stupido,”
affermò deciso Kyungsoo. “Mi piace ascoltare.
È la cosa che faccio meglio.”
“Già, a volte penso dovrei essere io ad ascoltare te,”
ribatté il maggiore.
“Lo fai. Quando ti do fantastici consigli.”
Minseok ridacchiò, ma non lasciò cadere
l'argomento. “Dico davvero, Kyungsoo. Tutto quello fai
è ascoltare i miei problemi. Che mi
dici dei tuoi?”
“Io non ho problemi,” gli assicurò
Kyungsoo.
“È impossibile. Tutti hanno dei
problemi.”
“Non io. Sono perfettamente felice.”
“Kyungsoo,” disse severo Minseok.
Il
ragazzo sospirò forte. “Possiamo non parlare di
me, hyung? Ho
abbastanza tempo per pensare a me quando sono da solo a casa tutto il
giorno. A volte mi piace sentire della vita difficile degli altri,
così
che la mia sembri un po' più piacevole.”
Minseok sentì un nodo alla gola, una stretta al petto, ma li
ignorò. “Okay. Sì. Se è
quello che vuoi.”
“Grazie,” disse piano Kyungsoo. Poi, un momento
dopo, “Allora, i problemi degli altri.”
E questo gli fece pensare a qualcosa. “Hey,
Soo…quanto sai di Luhan?”
Kyungsoo fece un suono vago. “Se mi stai facendo questa
domanda, probabilmente meno di quanto sai tu, ora.”
“Che vuoi dire?”
“Sei incredibilmente cieco, hyung. Senza offesa. Ma tutti
avevano capito che Luhan-hyung nascondeva qualcosa.”
Minseok sbuffò. “Sapevo che nascondeva qualcosa.
Solo che non sapevo cosa.”
“Persino Chanyeol se n'è accorto prima di
te,” puntualizzò Kyungsoo.
Minseok rise. “Beh, le sue intuizioni non ci andavano per
nulla vicino.”
“Penso
lo siano quasi sempre. Comunque, sapevo che c'era qualcosa sotto,
quindi gli ho fatto qualche domanda, ma non mi ha mai voluto dire
niente. Penso fosse preoccupato che poi l'avrei riferito a
te.”
Kyungsoo fece una pausa, poi aggiunse, “Penso che Luhan si
preoccupi
molto di quello che pensi.”
Minseok sbatté le palpebre, mordendosi il labbro.
“Perché?”
“Sei
stato il suo primo amico qui,” disse Kyungsoo. “La
tua opinione era
l'unica che contasse per lui, all'inizio. Penso volesse davvero
piacerti.” Un'altra pausa. “E lo vuole
ancora.”
Il viso di Minseok
stava congelando per il vento freddo, ma le guance cominciarono ad
accaldarsi. “Quindi quanto sai di lui?” chiese
ancora.
“So che la
sua famiglia sta avendo qualche problema,” disse Kyungsoo,
“e che
lavora molto, probabilmente più di quanto sia
legale.”
Minseok
annuì, anche se Kyungsoo non poteva vederlo. Non voleva
né confermare
né negare niente, per il bene di Luhan. Probabilmente non
avrebbe
dovuto spettegolare su di lui.
“So anche che qualcuno ha
lasciato sul suo banco qualche regalo ben pensato,”
continuò Kyungsoo,
e Minseok arrossì, improvvisamente grato per il muro che li
divideva.
Non disse niente, per paura che la voce potesse uscirgli strozzata.
“Ma comunque,” concluse Kyungsoo quando fu chiaro
che Minseok non avrebbe ammesso niente, “dovevamo parlare dei
tuoi problemi. Cosa farai per il resto della
settimana?”
E
questa era una conversazione confortante. Lamentarsi degli esami in
arrivo, mormorare della crudeltà del sistema scolastico,
piagnucolare
per i livelli di stress e le poche ore di sonno. E Kyungsoo era sempre
lì per lui, ad incoraggiarlo a studiare, a ricordargli di
mangiare
(come se Minseok se ne potesse dimenticare),
e così via. Era confortante, questa
familiarità. Kyungsoo lo era sempre stato. Confortante.
A volte, Minseok si chiedeva se Kyungsoo sapesse quanto fosse
importante nella sua vita.
Jongdae
non pensava di poter sopportare ancora a lungo la costante perfezione
che era Kim Junmyeon. Era davvero un problema. Come poteva essere
così
perfetto tutto il tempo? Era inumano, ed era seccante, e gli impediva
di lavorare decentemente.
Di certo non aiutava il fatto che passasse
così tanto tempo da solo con Junmyeon. Si incontravano dopo
la scuola
una volta a settimana, dato che entrambi erano molto impegnati, per
organizzare il festival multiculturale. Non si stavano ancora
concentrando sui dettagli, dato che l'evento avrebbe avuto luogo
solamente ad Aprile, ma dovevano cominciare a informare i partecipanti
delle date di scadenza ed assegnare agli altri le varie culture.
Jongdae si sentiva un po' un peso morto, dato che Junmyeon era sempre
così organizzato, attivo e produttivo, mentre Jongdae non lo
era affatto. Ma
a Junmyeon non sembrava dispiacere, si limitava a sorridere e chiedere
a Jongdae cosa pensava di questa o quella idea (erano sempre buone) e a
comprargli qualcosa da bere.
Era così gentile. Lo mandava fuori di
testa. Non era nemmeno un problema di fanboy, perché la
generosità di
Junmyeon spingeva Jongdae ad odiarlo, solo che non
poteva! Non poteva odiarlo! Era assurdo!
Anche
Junmyeon sembrava incapace di odiare qualcuno, incluso Jongdae, anche
se a volte avrebbe davvero dovuto. Tipo oggi, quando Jongdae aveva
perso la lista di tutti i loro contatti.
“È tutto okay,” disse Junmyeon,
continuando a sorridere mentre frugava nella sua cartelletta.
“Possiamo trovarli di nuovo.”
“Ma
ci vorrà una vita,” grugnì Jongdae,
nascondendo il viso tra le mani.
“Mi dispiace. È tutta colpa mia. Avevo solo cinque
cose di cui
occuparmi e sono riuscito a incasinare una di esse nel giro di una
settimana.”
“Ho detto che va tutto bene,” ripeté
Junmyeon, ridendo. “Solo un po' più di lavoro
extra, niente di irrecuperabile.”
“Solo un po' tanto di lavoro
extra,” sospirò lui. “Puoi urlarmi
contro. Me lo merito.”
“Non ti urlerò contro,” disse
piacevolmente Junmyeon. “Ti sei anche scusato.”
Jongdae alzò la testa per sollevare un sopracciglio.
“Come ci riesci?”
Junmyeon incrociò il suo sguardo, sbattendo le palpebre.
“A fare cosa?”
“A non arrabbiarti. Mai. Come fai? Minseok-hyung dice di
odiarmi praticamente ogni giorno.”
Junmyeon rise. “Non lo pensa davvero,” disse.
“È il tuo migliore amico. È quello che
fanno i migliori amici.”
“Secondo me lo pensa invece,” mormorò
Jongdae, passandosi una mano tra i capelli. “Tu dici al tuo
migliore amico che lo odi?”
Junmyeon sembrò pensarci un attimo, poi rispose,
“No,”
“Lo sapevo!” esclamò Jongdae.
“È quello che stavo cercando di dire. Non ti
arrabbi mai.”
“Non mi hai lasciato finire,” disse Junmyeon.
“Stavo dicendo, ‘No, non ho un migliore
amico.’”
Jongdae si bloccò. “Non ce l'hai?”
Junmyeon scrollò le spalle. “No, non proprio.
Voglio dire, ho un sacco di buoni amici, ma nessuno che sia il mio migliore
amico. Ce l'avevo, ma si è trasferito. Ora ho solo
amici.”
“Oh.” si accigliò Jongdae.
“Niente migliore amico? Davvero?”
“Non
nel modo in cui tu hai Minseok, o Baekhyun ha Chanyeol, o Luhan ha
Minseok, o Kyungsoo ha…” Junmyeon rise.
“Minseok è il migliore amico di
un sacco di persone.”
Jongdae si sentì improvvisamente contrariato. “Ma
io sono l'unico per lui,” disse deciso.
“Sono
sicuro sia così,” concordò Junmyeon con
un sorriso, tornando ai suoi
documenti. Sembrava sospettosamente un papà che cercava di
calmare il
figlio brontolone. “Forse dovrei fare di Minseok anche il mio
migliore
amico. Che ne pensi, Jongdae-yah?”
Jongdae rimase momentaneamente
sorpreso per il nomignolo, che gli fece provare una strana sensazione
di calore, ma disse velocemente, “No, non dovresti, non
è nemmeno un
buon migliore amico. Io sono molto meglio.”
Junmyeon rise,
sfogliando qualche pagina. “Dovremo cominciare a lavorare sul
nostro
rapporto, allora, no?” chiese. Jongdae sbatté le
palpebre. “Hey, puoi
cercare nuovamente il numero di Han Jisoo-ssi?”
Ci vollero alcuni
secondo perché Jongdae processasse le istruzioni del
maggiore. “Huh?
Oh. Sì, uh, certo.” Non era nemmeno sicuro che
cosa gli avesse chiesto.
Al diavolo Junmyeon e la sua incessante fantasticità.
Fu qualche minuto dopo che Junmyeon, dal nulla, gli chiese,
“Cosa vuoi diventare da grande, Jongdae?’
“Huh?”
il ragazzo non era famoso per la sua eloquenza. Non quando Junmyeon era
coinvolto, almeno. “Uh, non so. Ora come ora sto solo
cercando di
alzare i miei voti per poter entrare in una buona
università.”
Junmyeon annuì, studiando una pila di fogli con varie liste.
“Io vorrei diventare un avvocato.”
“Oh! Mio padre è un avvocato,”
esclamò Jongdae, forse un po' troppo eccitato.
Il maggiore lo guardò, con occhi accesi. “Ah
sì?”
Il
ragazzo annuì. “Lavora in un piccolo studio vicino
a casa. Voglio dire,
non è il miglior avvocato del mondo, ma gli piace il suo
lavoro.”
Junmyeon
aveva uno sguardo sognante negli occhi. “È il mio
sogno diventare
avvocato,” disse. “Per aiutare le persone, far
valere i loro diritti.”
Ovviamente era questo che voleva fare. Avrebbe dovuto immaginarlo.
Junmyeon
si riscosse dai suoi pensieri dopo un momento. “Comunque...
è questo
che studierò all'università. Tu davvero non sai
cosa vuoi fare?”
Jongdae
scosse la testa. “Mia madre vuole che faccia il
dottore,” disse,
alzando gli occhi al cielo. “Ma non ne sarei mai capace.
Preferirei
fare economia o qualcosa del genere.”
“Economia? Davvero?” chiese
Junmyeon, sorpreso, e Jongdae scrollò le spalle.
“Hai mai pensato di
concorrere alla carica di presidente del consiglio
studentesco?”
Jongdae
sollevò lo sguardo sul ragazzo, che lo stava osservando
pensieroso.
“Uh, non so. Mi sono candidato quest'anno perché
pensavo avrebbe fatto
buona figura sul curriculum. Non so se sarei capace di fare il
presidente del consiglio.”
Junmyeon gli sorrise allegro. “Non è
così
male come pensi,” disse. “E se sei interessato a
quel campo, questo è
un buon punto di partenza.”
Jongdae abbassò lo sguardo sui fogli che aveva in mano.
“Non credo sarei bravo quanto te,” disse piano.
Junmyeon
rise leggermente. “Ti aiuterei,” disse.
“Se dovessi vincere le
elezioni. Potrai chiedermi consiglio per qualsiasi cosa avrai
bisogno.”
Jongdae si morse la guancia. Ora che Junmyeon ne stava parlando... beh.
Non sembrava poi un'idea così malvagia.
Per il bene della sua carriera universitaria, certo.
In
generale, Kyungsoo viveva un'esistenza abbastanza tranquilla. Rimaneva
nella sua stanza, leggeva, studiava, dipingeva, cose del genere.
L'unica cosa eccitante che gli fosse mai accaduta fu ricevere per posta
qualcosa che aveva ordinato, e le occasionali gite in ospedale quando
aveva contratto una malattia o l'altra. A volte sperava in qualcosa di
eccitante nella sua vita. Qualsiasi cosa, davvero.
Qualcosa che gli facesse pompare il sangue nelle vene, che gli desse
quella scarica di adrenalina.
Cambiò leggermente idea quando ricevette una telefonata.
Era
un mercoledì pomeriggio, l'ultima settimana prima delle
vacanze, e
Kyungsoo stava felicemente leggendo il suo libro di astrofisica quando
il suo cellulare squillò accanto a lui. Controllò
il nome sullo
schermo; Luhan. Non era insolito. Luhan a volte lo chiamava per
chiacchierare quando si sentiva solo, perché sapeva che
anche lui lo
era. Sorridendo, accettò la chiamata e si portò
l'apparecchio
all'orecchio. “Pronto?”
“Kyungsoo.” Il più
piccolo si accigliò quando sentì la voce di Luhan
strozzata e disperata. “Kyungsoo, non so cosa fare,
Minseok—”
Sentendo
il nome dell'amico, Kyungsoo si morse il labbro, con la paura che gli
attanagliava lo stomaco. “Cosa? Cos'è successo,
hyung?”
Luhan prese un respiro profondo. “Non
lo so, non lo so, lui è – stavamo solo parlando e
poi lui si è bloccato
e ora non si sveglia e non so cosa fare – non ho il numero di
casa sua
– aiutami Kyungsoo, ho paura.”
Deglutendo a fatica, Kyungsoo
cominciò a pensare, per poi chiedere ulteriori informazioni.
“Calmati,
hyung, andrà tutto bene,” disse, cercando di
mantenere un tono di voce
calmo. Non avrebbe aiutato che Luhan entrasse nel panico, e se lui
stesso fosse andato nel panico le cose sarebbero solo
peggiorate. “Ho bisogno che mi parli, okay?”
“Non so cosa sta succedendo, non si
sveglia,” disse Luhan, e la sua voce gli fece
stringere il petto.
“Non piangere, hyung, ti prego non piangere. Ascoltami, devi
fare una cosa per me. Mi stai ascoltando?”
Luhan fece un suono di assenso.
“Bene. Gli hai controllato il polso? Assicurati che stia
respirando, okay?”
“Okay,” disse Luhan, con voce
tremolante. Ci furono alcuni secondi di silenzio, si sentiva solo il
respiro di Luhan, e poi sentì, “Respira.
Il cuore batte.”
Kyungsoo
rilasciò il fiato che aveva trattenuto. “Okay.
Bene. Ora, uh, quando è
stata l'ultima volta che ha mangiato? E cosa ha mangiato?”
“Kyungsoo, cosa sta succedendo?” chiese
il ragazzo, disperato.
Kyungsoo
si portò una mano ai capelli, agitato. “Puoi
chiederlo a Minseok quando
si sveglia,” disse. “Rispondi alle mie domande,
hyung.”
“O-okay. Um. Abbiamo mangiato circa un'ora fa. Ha
detto che non si sentiva tanto bene. Non ha finito il suo
panino.”
“Cosa ha bevuto?”
“Solo acqua.”
“Quando è stata l'ultima volta che è
andato in bagno?”
“Cosa? Un po' prima di mangiare, penso. Kyungsoo,
cosa faccio?”
Kyungsoo
cercò di non lasciar trapelare dalla voce quanto il suo
cuore stesse
correndo. “Hyung, devi fare una cosa per me, okay?
È molto importante.
Devi ascoltare tutto quello che ti dico e farlo, va bene?”
“Okay,” la voce di Luhan era
debole. “Dovrei chiamare l'ospedale?”
“Non c'è tempo. Chiamerò sua madre
dopo. Ascoltami, okay? Trova la sua borsa. Ora.”
“Okay,” disse Luhan, e Kyungsoo
lo sentì frugare in giro. “Trovata.”
“Bene. Apri la piccola tasca esterna. C'è una
custodia rossa all'interno; prendila.”
Ci fu qualche movimento, e poi, “Cosa
è?”
“Non
ha importanza. Aprila.” Kyungsoo si stava sporgendo
così tanto che la
scrivania gli premeva dolorosamente sullo stomaco. Non si mosse
però;
il dolore lo teneva concentrato.
“Kyungsoo, perché c'è un
ago?” chiese, con la voce che gli tremava.
Il
ragazzo chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. “Ti
prego non
fare domande ora, hyung. Ho bisogno che ti concentri. Mi puoi mettere
in vivavoce? Ti serviranno entrambe le mani.”
La linea gracchiò un po', poi Luhan chiese, “Funziona?”
“Sì. Ora tira fuori la siringa e la piccola
boccetta.”
“Okay. Fatto,” disse velocemente
Luhan.
“Bene. Stai andando alla grande, hyung. Togli il tappo dalla
boccetta, e dall'ago. Puoi farlo?”
“Sì. Fatto.”
“Ora infila l'ago attraverso l'involucro della
bottiglia.”
Luhan fece un piccolo suono. “Non ci riesco. Mi
tremano le mani, Kyungsoo, non posso farlo.”
Lo
stomaco di Kyungsoo si strinse dolorosamente, e voleva mettersi a
piangere, ma non lo fece. “Sì che puoi, hyung. Se
non lo fai,
Minseok-hyung sarà nei guai, quindi ti devi concentrare.
Infila l'ago
nella boccetta.”
Luhan tirò su col naso, ma dopo qualche momento, disse,
“Ce l'ho fatta.”
Kyungsoo
respirò ancora. “Spingi giù lo
stantuffo della siringa, così che il
liquido esca. Tutto. Poi togli l'ago e agita la boccetta.”
“Okay,” disse Luhan, la voce un
sussurro. Ci fu una pausa, poi, “Fatto.”
“Bene. Ora infila di nuovo l'ago e preleva il
liquido.”
“Kyungsoo ho paura.”
Kyungsoo
voleva dirgli che anche lui era spaventato, ma non era il momento.
“Lo
so, hyung, ma non devi averne. Fino a che mi ascolti, tutto
andrà bene.
Te lo giuro, andrà tutto bene.”
Luhan prese un profondo respiro, e poi disse, “Fatto.”
“Ora
torna alla borsa di Minseok, okay? Ci sono dei piccoli pacchetti, sono
solo batuffoli di cotone imbevuti d'alcol. Aprine uno.”
“Cosa faccio con la siringa?” chiese
Luhan.
“Se
hai bisogno di posarla, rimetti il tappino e infilala nella custodia.
Hai il pacchetto?” la testa di Kyungsoo cominciava a fargli
male.
“No. Un secondo.” Un'altra
pausa, e poi, “Kyungsoo, perché ci sono
così tanti aghi?”
“Hyung, niente domande. Prendi il cotone.”
“Ce l’ho.”
“Controlla Minseok-hyung. Sta ancora bene?”
“Tutto okay. Dorme ancora. Respira,” fu
la risposta gracchiante di Luhan.
“Bene. Sollevagli la maglietta.”
“Cosa? Perché?”
“Perché è lì che farai
l'iniezione. Attorno all'ombelico. Passa il cotone sulla pelle per
pulirla.”
“Ci sono altri segni di puntura qui.”
“Lo so. Evita le cicatrici. Hai pulito il punto?”
“Sì.”
“Okay, tieni ancora il cotone. Prendi la siringa, togli il
tappo, e premila nel punto.”
“Le mani mi tremano troppo, Kyungsoo. Non posso
farlo, gli farò male.”
Kyungsoo
premette il palmo della mano contro l'occhio e allontanò il
telefono
per prendere qualche respiro profondo. “Hyung. Ascoltami.
Questo è
l'ultimo passaggio, giuro. Tutto andrà bene, Minseok l'ha
fatto un
miliardo di volte. Devi solo fare questo per me. Per Minseok-hyung. Ha
bisogno di te.”
Ci fu un altro attimo di silenzio, e poi Luhan sospirò e
disse, “Okay. Posiziono l'ago nel punto
pulito.”
“Esatto. Una volta che è entrato, premi lo
stantuffo, fino in fondo. Togli la siringa, e pulisci di nuovo la
pelle. Puoi farlo?”
Qualche respiro e poi, “Sì. C-ce l'ho
fatta.”
Kyungsoo fece un sospiro di sollievo. “Bene. Stai andando
alla grande, hyung. Dov'è Minseok-hyung, sul
pavimento?”
“Sì. Eravamo seduti per terra quando si
è addormentato.”
“Va bene. Fallo sdraiare e giralo di lato. Eviterà
di soffocare.”
“Starà bene?”
chiese piano Luhan. “Kyungsoo?”
“Starà
benissimo, lo prometto. Si sveglierà presto. Dimmi quando si
sveglia.
Quando può, assicurati che mangi qualcosa. Non
dimenticartene.”
Luhan rimase in silenzio per un po'. “E se non si
svegliasse?”
Kyungsoo deglutì a fatica. “Lo
farà,” disse. “Promesso.”
“Non si muove, non—Seok-ah!”
Kyungsoo trattenne il fiato. “Che succede, hyung?”
“Si sta svegliando, è sveglio.
Minseok!”
Tutta
la tensione svanì dal corpo di Kyungsoo in un secondo, e si
sentì
stordito dal sollievo. “Bene. È fantastico. Chiamo
sua madre, okay?
Chiamami se hai bisogno. Dì a Minseok-hyung che lo
picchierò per avermi
spaventato così.”
Se Luhan lo aveva sentito, non ne diede segno. Kyungsoo sorrise e
chiuse la chiamata.
Quando
Minseok si risvegliò, tutto sembrava confuso e strano.
Sbatté le
palpebre, facendo una smorfia quando si accorse che era sdraiato sul
pavimento, e cercò di girarsi e mettersi a sedere.
Sentì la voce di Luhan solo un minuto dopo.
“Seok-ah! Stai bene? Dì qualcosa.”
Minseok
sbatté ancora le palpebre, e mise a fuoco il viso del
ragazzo, accanto
a lui. “Lu,” iniziò Minseok, con la gola
secca. Si schiarì la voce.
“Che è successo?” Guardò
Luhan e notò le sue guance umide.
“Perché stai
piangendo?”
Invece di rispondere, Luhan singhiozzò e gli
buttò le
braccia al collo, stringendolo e nascondendo il viso nella sua spalla.
Minseok si immobilizzò, confuso e sorpreso, poi gli diede
qualche pacca
sulla schiena guardandosi intorno. Erano ancora nel salotto del
ragazzo, con gli appunti per il test del giorno seguente attorno a
loro, ma c'erano anche altre cose nel pavimento ora. Vide una custodia
rossa familiare e una boccetta vuota. “Oh,” disse
stupidamente. “Lu,
io—”
“Ero così spaventato, Seok-ah,”
singhiozzò Luhan contro la sua
spalla. “Pensavo fossi – pensavo non ti saresti
più svegliato. Non
sapevo cosa fare. Avevo così paura.”
Minseok sentì un nodo in gola,
ma lo mandò giù. “Hey, è
tutto okay,” disse piano, continuando ad
accarezzare la schiena di Luhan. “Sto bene ora, vedi? Va
tutto bene.”
Luhan
fece un paio di respiri, poi si ritrasse e guardò il viso di
Minseok.
Posò le mani calde sulle sue guance e lo guardò
negli occhi. “Stai
bene? Ti fa male qualcosa?”
Minseok scosse leggermente la testa. “No, io— sto
bene. Un po' stordito. Davvero, Lu, sto bene.”
Luhan
non lo lasciò, sbatté le palpebre e
accarezzò le sue guance come per
asciugare delle lacrime che non erano lì. Si morse il labbro
e serrò la
mascella, cercando di trattenere un altro singhiozzo.
“Minseok, io—”
La
sua voce venne interrotta dalla suoneria di Minseok. Il maggiore fece
una smorfia, e Luhan lo lasciò andare a prendere il
telefono. Era sua
madre. “Pronto?”
Il tono di voce della donna faceva intendere che
ovviamente sapeva già tutto. Minseok si portò le
ginocchia al petto,
rispondendo pazientemente a tutte le sue domande, assicurandole che
aveva tutto sotto controllo e che l'avrebbe richiamata dopo aver
mangiato qualcosa. Sì, avrebbe chiamato l'ospedale se fosse
successo
qualcosa. Sì, avrebbe rifatto il controllo ogni ora. Sto
bene, sto
bene, sto bene. Fine chiamata.
Luhan lo stava ancora guardando
quando mise via il telefono. Minseok evitò il suo sguardo,
alzandosi in
piedi con cautela. “Devo mangiare qualcosa,” disse,
dirigendosi in
cucina. “Dammi un minuto.”
Non poteva evitare le domande di Luhan
per sempre, però, e dopo aver mangiato, essere andato in
bagno, ed aver
richiamato la madre per dirle che andava tutto bene, si sedette con un
sospiro. Luhan stava risistemando con attenzione il contenuto del kit
rosso. Incrociò lo sguardo di Minseok quando il ragazzo si
sedette sul
divano, mordicchiandosi nervosamente il labbro.
“Cos'è successo, Minseok?” gli chiese,
con uno sguardo disperato negli occhi. “Perché non
ti svegliavi? Hai qualche problema?”
Minseok prese un respiro profondo. “Io—sono
diabetico, Luhan.”
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia. “Non conosco
questa parola. Cosa vuol dire?”
Minseok
si grattò il collo e sospirò. “Il mio
corpo non produce abbastanza
insulina. E lo zucchero nel sangue impazzisce. Devo fare iniezioni di
insulina ogni giorno per tenerlo sotto controllo.”
Luhan sbatté gli occhi, e poi si accigliò ancora.
“È quello che ho appena fatto?”
Minseok
guardò la custodia rossa e scosse la testa. “No.
Ho—ho avuto una crisi.
Ho preso troppa insulina per quanto ho mangiato, e i livelli di
zucchero nel mio sangue si sono abbassati troppo. Tu mi hai fatto
un'iniezione di glucagone, che ha rialzato i livelli abbastanza da
farmi svegliare, e sono andato a mangiare per bilanciare le cose. Sto
bene ora.”
Luhan fece un respiro, sembrando ancora confuso. “Quando
scompari prima di pranzo ogni giorno…”
Minseok annuì, guardando il pavimento. “Vado in
bagno per fare un esame del sangue e prendere l'insulina. Poi posso
mangiare.”
“E sei sempre così attento…”
Minseok
fece un piccolo sorriso e si grattò la testa. “A
quello che mangio,”
disse, annuendo. “Dico sempre che mia madre è
severa, ed è vero.
Probabilmente potrei essere un po' più libero con la mia
dieta. Ma è
meglio prevenire che curare, e mia madre è davvero
severa con
quello che mangio per... alcuni motivi. Tutti i miei pasti devono
essere mangiati in tempo, devono contenere un certo numero di
carboidrati, e devo sempre fare qualche spuntino. Oggi non ho finito il
mio panino... e avrei dovuto bere un bicchiere di succo o qualcosa del
genere, ma non mi sentivo tanto bene. Probabilmente perché
il livello
di zucchero era già basso. Me ne sarei dovuto accorgere.
Sono stato
stupido.”
Luhan sembrava stesse cercando di mettere insieme tutti i
pezzi. Minseok non poteva biasimarlo. “E il calcio... hai
smesso di
giocare.”
Minseok annuì, sorpreso che Luhan avesse fatto quel
collegamento. “È stato quando me l'hanno
diagnosticato,” disse piano.
“Mi sono ammalato, ho perso molto peso, e sono finito in
ospedale. Mi
dissero che ho il diabete di tipo 1. I miei livelli di zucchero erano
completamente sballati, e l'esercizio li aveva fatti scendere ancora di
più. Dovetti lasciare la squadra. Quest'anno non mi sono
potuto unire
perché gli allenamenti mi portano via troppo tempo e lo
sforzo fisico è
troppo intenso. Anche lo stress interferisce con i livelli di zucchero
nel sangue.”
Luhan rilasciò un piccolo respiro depresso. “Non
lo sapevo,” disse piano.
Minseok sussultò, umettandosi le labbra. “Non sono
in molti a saperlo,” confessò.
Il
ragazzo lo guardò, con sguardo intenso. “Non lo sa
nemmeno Jongdae”
disse, e Minseok annuì imbarazzato.
“Perché non glielo hai detto?”
“Non
volevo dirlo per un paio di motivi,” disse, giocherellando
con una
cucitura dei jeans. “Ma soprattutto non a Jongdae. Suo
nonno... ce
l'aveva anche lui. Di tipo 2. Ci furono varie complicazioni, e alla
fine morì. Ne rimase molto turbato, aveva otto o nove anni
all'epoca.
Non volevo che... non volevo che Jongdae si preoccupasse per me.
Esagera a volte. Non voglio che pensi che la stessa cosa
capiterà a
me.” Sospirò, incontrando lo sguardo di Luhan per
un momento. “Volevo
dirglielo, ma all'inizio era tutto incasinato. Stavo cercando di
accettarlo io stesso. E poi ho continuato a rimandare, ancora e ancora,
e alla fine era troppo tardi. Come potevo dirglielo sei mesi dopo
l'accaduto?” rise amaramente. “‘Hey,
Jongdae, ho la stessa malattia che
ha ucciso tuo nonno. Oh, e ce l'ho segretamente da quasi un anno.
Scusa, ho dimenticato di dirtelo.’”
Luhan rimase in silenzio, guardandolo da dove era seduto sul pavimento,
gli occhi spalancati e indecifrabili.
Minseok
sospirò lentamente. “E poi... non volevo dirlo a
nessuno. Non volevo
che mi compatissero. Lo hai detto anche tu, no? Non volevi dire a
nessuno che non hai soldi perché non volevi essere escluso e
visto in
modo differente. Sono già diverso. Sono l'unico ragazzo gay
della
scuola. Mi basta. Perché dire a tutti che ho anche una
malattia
incurabile?”
Ci fu silenzio per qualche momento, e poi Luhan sussurrò,
“Ti ucciderà?”
Minseok
sbatté le palpebre e incontrò il suo guardo, e
sembrava così spaventato
che gli si strinse il petto. “No, no,” disse
velocemente. “Fino a che
lo terrò sotto controllo starò bene. Devo solo
stare attento. Giuro,
non morirò.”
“Lo prometti?” chiese Luhan, con la voce che gli
tremava leggermente.
Minseok annuì sincero. “Lo prometto, Lu. Non vado
da nessuna parte.”
Luhan fece un sospiro di sollievo, e Minseok non poté fare a
meno di sorridere. “Chi altri lo sa?” chiese.
“Beh,
Kyungsoo, naturalmente,” rispose, sorridendo leggermente.
Luhan lo
aveva chiamato mentre lui era al telefono con la madre; ovviamente,
Kyungsoo aveva saputo cosa fare. “Giuro che quel ragazzo sa
tutto di
me. Mi ha aiutato a superare i primi mesi, quando mi era appena stato
diagnosticato. Poi... i miei genitori, l'infermiera della scuola
– ecco
perché conosce il mio nome – e i miei insegnanti.
I miei genitori lo
avranno probabilmente detto ad altri miei parenti ormai.
Fine.”
Luhan annuì lentamente. “E ora io,”
disse.
“Sì. E ora tu.”
Rimasero
entrambi in silenzio per un po', e Luhan chiuse con cautela il kit
rosso e lo ripose nello zaino. Passò le dita sul contenuto
della tasca
esterna. “Questi sono per l'insulina?” chiese piano.
Minseok annuì. “La piccola cosa grigia serve per
misurare il sangue. Le bottigliette contengono l'insulina.”
Luhan
si morse il labbro prima di chiudere la cerniera. “Capisco
perché non
volevi dirlo a nessuno,” disse piano. “Lo capisco.
Fa schifo, essere il
ragazzo con un sacco di problemi. Le persone ti guardano in modo
diverso.” Sollevò lo sguardo su Minseok, e con
occhi imploranti
supplicò. “Ma non tenermi più nascoste
cose del genere. Ero così
spaventato, Seok-ah. Mi sono messo a piangere.”
Minseok premette le labbra in una linea sottile e annuì in
silenzio. “Mi dispiace,” sussurrò poi.
Luhan
si avvicinò a dove era seduto Minseok e si
sistemò accanto a lui. Un
momento dopo, delle braccia calde gli circondarono il corpo e Luhan lo
abbracciò ancora, tenendolo stretto. “Sono
contento che stia bene,”
disse con voce strozzata. “Non spaventarmi più in
questo modo.”
Minseok sorrise e ricambiò l'abbraccio, rassicurandolo.
“Non lo farò,” promise. “Mai
più.”
Luhan non lo lasciò andare per molto tempo, e a Minseok non
dispiacque per niente.
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Capitolo 13 *** Outtake #1 ***
“Okay,
allora quando dico Ma è un viaggio di quattro
giorni! allora tu—”
Whap!
“—arrivi dalla sinistra del palco
e—”
Whap!
“—ti metti sull'attenti e—”
Whap!
“—CHANYEOL LA VUOI FINIRE.”
Chanyeol nascose velocemente la spada in schiuma con la quale stava
colpendo la schiena di Baekhyun, come se nascondere la prova avrebbe
reso meno evidente che era stato lui. “Cosa?”
“Non fare l'innocente, Park Chanyeol. Solo perché
non stiamo lavorando su una delle tue scene non significa che devi
essere super irritante,” gli disse Baekhyun con
un'occhiataccia.
Chanyeol fece un sospiro esagerato. “Ma Baek. Mi
annoio.”
“Beh, smettila di disturbarmi,” scattò
Baekhyun.
Chanyeol sbuffò in modo drammatico. Baekhyun pensava che
aver fatto di lui il protagonista maschile avesse reso il migliore
amico una drama queen in generale. Proprio quello di cui aveva bisogno.
Prendendo la spada da dietro, Chanyeol uso la punta per punzecchiare la
guancia di Baekhyun. “Non essere arrabbiato con me,
Baekkie.”
Baekhyun alzò gli occhi al cielo. “Non sono
arrabbiato con te. Vai via.”
“Come puoi essere così cattivo con me, Baekkie?
Pensavo mi amassi.”
Baekhyun deglutì a fatica e lo guardò male.
“Se sei così annoiato, usa il tuo tempo per fare
qualcosa di utile.”
“Ovviamente non mi ami abbastanza. Amami di
più,” disse l'amico, con un broncio
infantile.
Baekhyun serrò la mascella. “Non credo sia
necessario,” affermò. “Vai a provare le
tue battute.”
Il viso di Chanyeol si illuminò, e si affrettò al
centro del palco, agitando la spada. “Non riesco a contenere
il mio cuore,” professò a gran voce, voltandosi
verso Baekhyun mentre la sua voce profonda riempiva l'auditorium.
“Byun Baekhyun, sono profondamente, irreversibilmente
innamorato di te.” Baekhyun gelò, trattenendo il
fiato. “Ogni giorno, ogni minuto, penso di non poterti amare
più di così, ma poi mi ricordo dei tuoi occhi e
delle tue labbra e del modo in cui pronunci il mio nome, e mi ritrovo
ad inciampare sui miei piedi ancora una volta.” Ci volle un
momento imbarazzantemente lungo perché Baekhyun si rendesse
conto che Chanyeol stava recitando il suo monologo, dove il
protagonista si esercitava a confessare il proprio amore, anche se con
qualche errore e qualche battuta mancata. Si pentì
all'improvviso di aver scritto qualcosa di così stupido.
“So che non puoi sentire la mia voce al momento, ma ti prego,
ascolta il mio cuore. Ti ho amato ieri, ti amo oggi, e ti
amerò in eterno.” Chanyeol fece un grande inchino
in direzione delle attrici che ridacchiavano lì vicino.
Baekhyun mandò giù il nodo che aveva in gola e
sbatté rapidamente le palpebre, mordendosi il labbro
così forte da farsi male. “Per favore non usare il
mio nome al posto del personaggio quando provi le battute,
Yeol,” disse, con voce straordinariamente stabile nonostante
il caos che aveva in testa al momento. “Finirai per
sbagliarlo al momento dello spettacolo.”
Chanyeol rise forte. “Quanto sarebbe imbarazzante? Tutta la
scuola sarebbe scandalizzata.”
Per qualche ragione, quelle parole ferirono il povero cuore debole di
Baekhyun, e improvvisamente sentì di non riuscire
più a respirare. “Okay,” disse, dando le
spalle all'amico. “Le prove sono finite per oggi. Ci vediamo
lunedì.” Afferrando il proprio copione e le altre
cose dal pavimento, scese dal palco e cominciò a dirigersi
alla porta.
Chanyeol lo raggiunse fuori dall'auditorium dopo aver messo via la
spada ed aver raccolto le proprie cose.
“Baeeeeeek,” disse, con voce lagnosa, mentre
camminava dietro di lui. “Sei arrabbiato con me?”
“No,” rispose, ma persino lui sapeva che il suo
tono non era stato molto convincente.
“Sì, invece. Non essere arrabbiato con me,
Baekhyunnie.”
Baekhyun non disse niente e continuò a camminare, diretto
alla porta principale della scuola.
“Baek, dove stai andando? Non hai nemmeno il giubbotto.
Aspettami, non essere arrabbiato. Baeeeeek.” Ci fu silenzio
per qualche lungo secondo, e Baekhyun aveva quasi pensato che l'amico
avesse smesso di seguirlo, ma poteva ancora sentire dei passi che non
erano i suoi. Alla fine una mano sulla sua spalla lo fece fermare, e la
voce di Chanyeol era bassa e seria quando disse,
“Baek.”
Baekhyun sospirò e strinse i fogli.
“Cosa?”
“Mi dispiace.” E Chanyeol sembrava così
onesto e sincero che Baekhyun non poteva rifiutare la sua tacita
richiesta di voltarsi. Si girò lentamente verso di lui,
incontrando il suo sguardo dispiaciuto. “Mi dispiace,
Baek.”
“Lo so,” sospirò Baekhyun.
“Ti prego non essere arrabbiato con me. So di risultare
davvero fastidioso quando sono annoiato. Cercherò di essere
meno irritante. Basta che me lo dici e ci proverò di
più.”
Ad essere sinceri, l'essere fastidioso di Chanyeol era il minore dei
problemi. Baekhyun lo conosceva abbastanza bene da capire come
diventava quando non aveva niente che lo tenesse occupato. Lo
sopportava da anni; questo non significava che non si infastidiva, ma
non rimaneva mai arrabbiato troppo a lungo. Ma Baekhyun era stressato,
oberato di lavoro, stanco, e Chanyeol era così ottuso e
Baekhyun lo amava. Era davvero tanto dura, a volte.
“Scusa se ti ho urlato addosso,” mormorò
Baekhyun, guardandosi i piedi. “So che lo odi.”
“Già,” disse piano l'amico.
“È tutto okay. Me lo meritavo.” Fece una
pausa, poi aggiunse, “Scusa se ho incasinato le mie
battute.”
Baekhyun si morse il labbro quando Chanyeol menzionò il sul
piccolo monologo improvvisato. Preferiva non pensarci. “Va
tutto bene. Non dirlo nemmeno.” Seriamente.
Chanyeol aprì le braccia invitante, e Baekhyun ci si
buttò dentro. Le braccia di Chanyeol erano calde e forti
attorno a lui, confortanti e familiari, e Baekhyun posò
l'orecchio contro il suo petto per ascoltare il battito ritmico del suo
cuore. Chanyeol posò il mento sulla sua testa e
mormorò, “Mi impegnerò di
più.”
“Ti impegni già tanto,”
sospirò Baekhyun contro la sua maglietta. “Ti
faccio molte pressioni senza mai dirti che stai facendo un buon
lavoro.”
“Questo perché non sto facendo
un buon lavoro,” rise Chanyeol, un po' sprezzante.
“Faccio sempre casini.”
“È solo Dicembre,” sbuffò
Baekhyun. “Lo spettacolo sarà ad Aprile. Se fossi
già perfetto, sarei estremamente impressionato.”
“Ma voglio fare un buon lavoro per te. È la tua
commedia. Non voglio rovinarla.”
Baekhyun si rifiutò di staccarsi, preoccupato che tutti quei
sentimenti problematici sarebbero esplosi se avesse guardato il viso di
Chanyeol. Gli strinse la maglietta e disse, “L'unico modo in
cui potresti rovinarla è se non partecipassi. Non sarebbe
giusto senza di te.”
Chanyeol lo strinse leggermente, facendolo sorridere. “Allora
dovremo semplicemente lavorare insieme per renderla perfetta.”
“Giusto,” rise piano. “Ma per ora,
dovresti comprarmi una cioccolata calda.”
Chanyeol lo lasciò andare alla fine, tenendolo per le spalle
e sorridendo. “Per farmi perdonare per averti colpito con la
spada?”
“Sì,” rise Baekhyun. “Solo
allora ti perdonerò.”
“Affare fatto,” disse. “Vado a prenderti
il giubbotto, aspetta qui.”
Baekhyun si appoggiò al muro accanto alla porta d'ingresso,
osservando il suo migliore amico mentre quasi inciampava su se stesso
per correre a prendere il suo giubbotto nell'auditorium ormai vuoto. A
volte, Baekhyun non riusciva a capire se il leggero dolore che sentiva
nel petto era solo un eccesso di affetto, o la vaga consapevolezza che
si stava solo preparando a provare ancora più dolore.
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Capitolo 14 *** Capitolo 13 ***
Di solito a Minseok non piaceva
parlare Della Malattia, come la chiamavano lui e Kyungsoo. L'avevano
chiamata così prima ancora di sapere cosa fosse, quando
Minseok aveva cominciato a stancarsi molto, a perdere peso e a voler
mangiare tutto il tempo sebbene avesse la nausea. Poi gli diedero la
diagnosi e scoprirono che era davvero una malattia, qualcosa con la
quale Minseok avrebbe dovuto convivere per il resto della sua vita, e
per sopportarlo avevano cominciato a trattarla come un gioco. Sapeva
che non doveva, era una faccenda seria, ma all'epoca gli veniva davvero
difficile accettarlo. Non gli piaceva parlarne – rendeva
tutto troppo reale – ma era più semplice quando la
trattava come se non fosse niente, come se fosse divertente. A volte
rideva per non piangere. Era più facile fingere quando non
la chiamava per nome. “La Malattia” era molto
più rassicurante.
Kyungsoo gli
andava dietro, fino a un certo punto, sia perché sapeva cosa
stesse passando Minseok, ma anche perché in questo modo
l'avrebbe potuta trattare come un progetto di ricerca, e dire al
ragazzo tutto quello che c'era bisogno di sapere. “Allora,
stavo leggendo qualcosa sulla Malattia,” diceva, “e
apparentemente può peggiorare il tuo sistema immunitario.
Come il mio, ma non così tanto, penso.” Non era
difficile ascoltare quando parlava in questo modo. Quando non ruotava
tutto intorno a Minseok – ruotava intorno alla Malattia.
Allo
stesso modo, chiamavano l'immunodeficienza di Kyungsoo Il Rammollito. “Non posso venire.
Colpa del Rammollito.” Ma a volte Kyungsoo confondeva se
stesso e il Rammollito. Minseok non aveva mai quel problema.
A Minseok non piaceva parlare
della Malattia, ma scoprì che non gli dispiaceva rispondere
a tutte le domande di Luhan.
“Ti
causa molti problemi?”
gli chiese mentre lo riaccompagnava a casa. Sarebbe potuto andare da
solo, ma Luhan non voleva che rimanesse solo troppo a lungo.
Minseok
scrollò le spalle, guardando i guanti che aveva indosso il
ragazzo. Gli faceva piacere che li usasse.
“Sì,” disse, “e no.”
“Come
può essere entrambe?”
“Causa
molti problemi. Ma allo stesso tempo no. Posso ancora fare la maggior
parte delle cose che voglio. Posso andare a scuola e uscire con gli
amici; un giorno potrò avere un lavoro e avere una famiglia.
Posso fare così tante cose che Jongdae non si è
nemmeno accorto che c'è qualcosa che non va. Posso fare un
sacco di cose che Kyungsoo non può fare, e che tu non puoi fare.”
Luhan
calciò una pietrolina sul marciapiede.
“È vero.”
Minseok
rabbrividì quando il vento gelido gli entrò nel
cappuccio e scese lungo la schiena. “Ma causa comunque dei
problemi. Devo stare attento al cibo e all'ora in cui mangio. Mi sembra
di doverci pensare costantemente. Non posso dimenticarmene, oppure
potrebbe accadere qualcosa – tipo oggi. E altre cose. Cose
brutte.”
“Oggi
non era brutto?”
chiese Luhan.
“Lo
è stato,”
ammise Minseok, “ma sono accadute cose peggiori.”
Luhan rimase
in silenzio per un momento, e poi disse, “Non riesco a
immagine cose peggiori.”
“E
non vorresti neanche farlo, credimi,” gli
assicurò Minseok. “Ma non è questo il
punto. Non sono nemmeno le cose brutte che rendono tutto difficile.
È l'insieme delle piccole cose. I cambi di umore e non
essere in grado di concentrarmi perché ho calcolato male i
carboidrati, e passare dall'essere stordito all'essere arrabbiato,
all'essere triste. Non sono mai sicuro se sono semplicemente arrabbiato
o se devo controllare nuovamente il livello di zucchero. E lo stress
rende tutto un milione di volte peggio. Vengo travolto con
così tanta facilità.”
Luhan rimase
in silenzio per un momento, e poi disse, “Deve essere
dura.”
“A
volte sì,”
ammise. “Altre volte no. A volte penso di essere io a
renderla dura. Kyungsoo mi dice che è la Malattia a farmi
comportare così – arrabbiato, ostile e cattivo
– ma spesso sono io, e cerco solo di dare la colpa a
qualcos'altro.”
“Non
è vero.”
“È quello che dice
Kyungsoo.”
“Dovresti
credergli. Di solito ha ragione.”
Minseok rise.
“Come lo sai tu, però?”
“Perché
ti conosco,”
rispose Luhan, camminando così vicino a lui che le loro
braccia si sfioravano. “E non sei così.”
“A
volte lo sono.”
“Ma
cerchi di non esserlo. E questo è già qualcosa.”
Minseok
scrollò le spalle, ma sorrise leggermente.
Luhan faceva
molte domande. Voleva sapere tutto. “Cosa fai quando i valori
sono troppo alti?” Minseok gli aveva parlato dei numeri sul
suo misuratore del sangue. “E se sono troppo bassi? Come puoi
saperlo, senza fare il test? Come fai a sapere cosa è
cosa?” Minseok rispose a tutto, anche se Luhan gli aveva
detto che non doveva se non voleva. Minseok voleva farlo. Non l'aveva
mai detto a nessuno; era sempre stato lui ad ascoltare gli altri che
gliene parlavano. Per una volta era lui ad avere il controllo, a
dirigere la conversazione, a dare informazioni. Gli sembrava quasi di
avere anche il controllo sulla Malattia.
Quando
arrivarono al palazzo di Minseok, si fermarono sul marciapiede di
fronte alla porta.
“Puoi rimanere per cena, se vuoi,” disse Minseok,
anche se sapeva già la risposta.
“Devo
andare a lavoro,”
disse Luhan, sospirando triste. “Non torno nemmeno a
casa.”
Minseok si
tolse lo zaino e tirò fuori il portafogli, prendendo
velocemente un paio di banconote. Le porse a Luhan, che le
guardò sorpreso. “Prendi un taxi,”
spiegò Minseok, guardandosi la punta dei piedi.
“Fa freddo. Non mi avresti dovuto accompagnare.”
“Volevo
farlo,”
protestò velocemente Luhan, cercando di rendergli i soldi.
“No,” insistette
Minseok, facendo un passo indietro. “Prendi un taxi. Mangia
qualcosa. Per favore?” Sollevò lo sguardo su
Luhan. “Hai fatto tanto per me oggi. Ti devo almeno
questo.”
Luhan
deglutì e si infilò i soldi nella tasca del
giubbotto. Rimasero in silenzio per un momento, poi all'improvviso
Luhan chiese, “Posso ascoltare il tuo battito?”
Minseok
sbatté le palpebre scioccato. “Cosa?”
Luhan
arrossì, ovviamente imbarazzato per la sua stessa domanda.
“Il tuo battito,” disse piano. “Quando
non ti svegliavi, mi sono spaventato. Ma Kyungsoo mi ha detto di
ascoltare il tuo cuore. Mi ha ricordato che eri ancora vivo. Mi ha
aiutato a sentirmi meglio.”
“Ma
perché vuoi sentirlo ora?” chiese Minseok,
sentendosi avvampare.
Luhan
scrollò le spalle. “Voglio farlo e
basta,” disse. “Scusa,
è—”
“Puoi
farlo,”
disse velocemente Minseok, interrompendolo. “Voglio dire, se
vuoi.”
Luhan gli
sorrise, e Minseok ricambiò, anche se la situazione lo stava
mettendo leggermente a disagio. Con mani tremanti aprì la
cerniera del proprio giubbotto, lasciando entrare l'aria fredda, e poi
lì apparve una testa, e delle braccia gli cinsero i fianchi
(cosa che rendeva la scena un po' meno strana, pensò
Minseok), e l'orecchio di Luhan era premuto contro il suo petto. Faceva
ridere Minseok, per qualche ragione, come una risatina nervosa che
minacciava di uscire da un momento all'altro, ma la represse. Trattenne
il fiato fino a che Luhan non indietreggiò, sembrando
imbarazzato. “Batte ancora,” disse, la voce un
sussurro.
“Buono
a sapersi,”
rispose Minseok, perché non sapeva che altro dire.
“Grazie, Seok-ah.”
Minseok
sbatté le palpebre. “Per cosa?” Semmai,
Minseok aveva migliaia di cose per cui scusarsi.
Luhan
sorrise, stringendo le labbra in una linea sottile. “Non lo
so. Per molte cose. Per stare bene.”
E allora
Minseok rise, perché non sapeva che altra reazione sarebbe
stata appropriata, e si grattò il collo dicendo, “È un
piacere.”
Il sorriso di
Luhan si fece più genuino, “Vai dentro. Tua
madre ti sta probabilmente aspettando.”
Minseok
annuì lentamente. “Ci vediamo
domani,” lo salutò.
“A
domani,”
confermò Luhan, e poi Minseok fece un cenno con la mano ed
entrò nell'edificio.
Si
addormentò quella notte chiedendosi se Luhan avesse notato
che il suo cuore stava correndo, quando aveva posato l'orecchio sul suo
petto.
Ad essere
onesti, la cosa che spaventava di più Minseok del fatto che
Luhan avesse scoperto che era diabetico, era che il ragazzo potesse
dirlo, intenzionalmente o no, a Jongdae. Perché una cosa era
ammetterlo con qualcuno conosciuto solo tre mesi e mezzo fa, un'altra
era confessare al proprio migliore amico da non si sa quanti anni di
avere una malattia incurabile della quale non gli aveva mai parlato. Se
Jongdae lo avesse mai scoperto – e Minseok non era ancora
sicuro come e se glielo avrebbe mai detto – di certo non
voleva che fosse perché Luhan se lo era lasciato sfuggire.
Quindi si sentiva un po' più che preoccupato mentre si
dirigeva a scuola il giorno seguente, preoccupato di vedere Luhan, e di
vedere Jongdae, e di vederli insieme.
Ma non
accadde niente. Era quasi scioccante, a dire il vero, come tutto fosse
esattamente uguale.
Davvero,
solo una persona lo sapeva, ma Minseok si era aspettato che avrebbe
fatto una grande differenza. E invece niente. Andò in bagno
prima di pranzo, come sempre, non condivise con nessuno il proprio
cibo, come sempre, e nessuno disse una parola, perché era
normale.
Luhan non disse una parola, perché era normale e perché conosceva la
ragione che c'era dietro. Non era cambiato niente.
Luhan non lo
trattava come una persona malata – non gli lanciava occhiate
preoccupate e non gli chiedeva del livello di zucchero nel sangue o
niente del genere – e Minseok si chiese se lo facesse
perché sapeva come ci si sentiva a non voler essere
compatiti. In ogni caso, lo fece sentire bene.
Gli ultimi
due giorni di scuola passarono in un turbinio di attività, e
Minseok si rese conto solo alla fine del venerdì che,
potenzialmente, sarebbero potute passare due settimane senza vedere per
niente Luhan. Durante le vacanze, tecnicamente, non aveva alcun obbligo
di vederlo. E sebbene questo valesse per tutti i suoi amici, Minseok
realizzò all'improvviso che sin da quando Luhan si era
presentato a scuola a Settembre, non erano mai passati più
di due giorni senza che si vedessero, ed era anche raro che accadesse,
tra le sessioni di studio e il ripasso per i vari test. Il pensiero che
potesse passare così tanto prima di rivederlo era...
piuttosto strano, davvero. Si era così abituato ad averlo sempre intorno.
Minseok stava
giusto pensando a queste cose quando sentì un leggero tocco
alla spalla che lo riscosse dai suoi pensieri.
“Huh?”
Luhan gli
sorrise timidamente, con indosso il vecchio giubbotto rosso di Minseok
e i guanti che il ragazzo gli aveva segretamente regalato (quella
mattina gli aveva lasciato una confezione di banana milk sul banco).
“Cosa farai durante le vacanze?” chiese.
Minseok
sbatté le palpebre un paio di volte prima di chiudersi il
giubbotto e dire, “Uh, non molto, a dire il vero.
Starò a casa, immagino, e passerò un po' di tempo
con Kyungsoo.”
Luhan strinse
le labbra e annuì. “Ti darebbe fastidio se ti
chiamassi?” domandò, titubante. “Voglio
dire, lavorerò tutto il giorno per la maggior parte delle
vacanze, ma oltre quello…”
Minseok
annuì ancora prima di comprendere del tutto la domanda.
“No, sì, certo,” rispose.
“Puoi chiamare quando vuoi. Sarò sempre libero a
parte a Natale e a Capodanno.”
“Cosa
farai a Capodanno?”
chiese Luhan, tenendo le spalline dello zaino.
Minseok
scrollò vagamente le spalle, ripulendo l'armadietto da
alcune lattine vuote. “Non ne sono sicuro,” disse.
“Non ne ho ancora parlato con Jongdae o nessun altro.
Probabilmente staremo a casa mia, però, perché a
mia madre non piace quando —” Fece una pausa,
sollevando lo sguardo sul ragazzo. “Beh, sai. I soliti
problemi.”
Luhan
annuì comprensivo. “Sembra divertente,”
disse, mordendosi il labbro.
“Sei
invitato, ovviamente,”
aggiunse Minseok, forse un po' troppo in fretta. “Non appena
avremo deciso cosa fare.”
Luhan
sorrise, felice. “Okay,” disse velocemente.
Minseok si
tirò il cappello sulle orecchie. “Allora, uh, cosa
fai dopo—”
“Oh!”
esclamò Luhan, interrompendolo e guardando oltre la sua
spalla. “È Jongin, devo andare a
parlargli.” Sorrise dispiaciuto. “Scusa, devo
andare. Ti chiamo, ok? Ciao Seok-ah!” Detto questo
sparì.
Minseok lo
guardò allontanarsi e non sapeva come sentirsi.
Luhan non
chiamò affatto il venerdì, né il
sabato. Non che desse fastidio a Minseok, perché non era
preoccupato o sospettoso di cosa stesse facendo senza di lui. Minseok
passò il tempo con Jongdae e parlò molto con
Kyungsoo, e di tanto in tanto controllava il telefono per vedere se ci
fossero chiamate perse. Non ce n'erano, ma gli andava bene,
perché Minseok non sarebbe stato quell'amico che ha bisogno
di sapere costantemente dove sei e cosa stai facendo. E poi, Luhan
stesso lo aveva detto – avrebbe lavorato molto quella
settimana. Minseok lo capiva.
Questo,
però, gli diede molto tempo per pensare a cosa avrebbe
potuto fare per lui per Natale. Gli aveva dato già molte
cose, con tutti i piccoli regali che aveva lasciato sul suo banco, ma
nessuno di loro era stato da parte sua, che Luhan sapesse, e poi al 90%
lo stava solo ripagando dei soldi che non avrebbe mai dovuto dargli.
Quindi Minseok voleva fare qualcosa per Luhan. Davvero.
Farsi venire
in mente qualcosa da fare per lui era più difficile di
quando non si fosse aspettato, rispetto a quanto era stato facile
dargli quei regali in forma anonima. Prima di tutto, questo sarebbe
stato da
Minseok, quindi
c'era la possibilità che si mettesse in ridicolo se a Luhan
non fosse piaciuto o qualcosa del genere. In più, non poteva
essere niente di troppo costoso o elegante, perché il
ragazzo avrebbe potuto vederlo come un gesto di compassione, e Minseok
non voleva che accadesse. Voleva che Luhan apprezzasse qualsiasi cosa
gli avesse regalato.
Mentre
ragionava su tutte queste cose, Minseok si ricordò di una
conversazione che lui e Luhan avevano avuto tempo fa, quando il ragazzo
era appena arrivato.
“Senti
nostalgia di casa?”
“Sento
cosa?”
“Ti
manca casa tua? La Cina?”
“Ahh. Sì, ho un po'
di nostalgia. Mi mancano... i miei amici, più che altro. Non
parlo con loro da quando mi sono trasferito qui. Mi manca anche il
cibo. Zhenzhu naicha. Sai cosa è? È una bibita.
Milk tea. Con... delle perle.”
Milk tea con
delle perle. Cosa diavolo era? Se era una cosa cinese, probabilmente la
vendevano a Chinatown, giusto? Improvvisamente impaziente, Minseok
corse al computer e digitò tutte le parole chiave che gli
vennero in mente, incluso il nome cinese che gli aveva detto Luhan. Bibita cinese milk tea perle
zhenzhu naicha. Google fece il resto, e dopo
pochi minuti, Minseok stampò una mappa e si
infilò il giubbotto per andare a cercare il posto.
Proprio
mentre stava per uscire, però, gli vibrò il
cellulare. Lo tirò fuori dalla tasca entusiasta, anche se
sapeva che non poteva essere Luhan – non poteva nemmeno
mandare messaggi. Rimase comunque deluso quando vide il nome di Jongdae
sul display.
Jongdumb: hey, devi fare qualcosa oggi? Mi annoio
Minseok
scrisse velocemente una risposta. A dire il vero
sto uscendo di casa. Chinatown? Puoi venire se vuoi.
E quindi,
alle tre circa di domenica pomeriggio, Minseok si ritrovò a
vagare per le strade di Chinatown insieme a Jongdae, cercando di non
lasciarsi distrarre da tutti gli odori invitanti delle bancarelle di
cibo e dando uno sguardo alla mappa di tanto in tanto per assicurarsi
di non perdersi.
“Quindi
perché stai cercando un oscuro negozio a Chinatown, di
preciso?”
Chiese l'amico, osservando una piccola bancarella che vendeva dim sum.
Minseok si
accigliò e si chiese quanto lo avrebbe preso in giro Jongdae
se avesse risposto 'Per Luhan'. Invece, disse, “Per il regalo
di Natale di Luhan. È cinese, sai.”
Anche con la
rivisitazione delle parole, l'amico rise e disse, “Oooooh, per
Luhaaaaaaan.”
“Chiudi
il becco,”
Minseok alzò gli occhi al cielo. “Hey, tu cosa
prendi a Junmyeon?”
Jongdae
grugnì in modo drammatico. “Niente,”
affermò. “Perché, come ben saprai, non
fai regali
di
Natale alle persone che ammiri.”
“Sì,
invece,”
replicò Minseok, dandogli una piccola gomitata.
“Per questo si chiamano ammiratori segreti.”
Jongdae
grugnì ancora, spingendolo. “Sei fastidioso. Credo
che il fatto che non farò il regalo a Junmyeon dimostri che
non ho alcun desiderio di conquistarlo.”
“Oppure che sei un amico di
merda che non fa i regali nemmeno alle persone gentili,”
puntualizzò Minseok, sorridendo tra sé e
sé per la frustrazione dell'amico.
“Niente affatto! Non siamo
nemmeno amici!” protestò a gran voce il
più piccolo.
“Ouch. E questo l'hai detto a
Junmyeon? Passate molto tempo insieme, voi due.”
“Solo
per delle questioni accademiche!” insistette
Jongdae, sbuffando e incrociando le braccia. “Junmyeon-hyung
non comprerà alcun regalo di Natale per me.”
“Non
ne sarei tanto sicuro,”
disse Minseok, guardandosi intorno quando si avvicinarono al punto che
aveva segnato sulla mappa. “Junmyeon è sin troppo
buono. È quel tipo di ragazzo che fa il regalo ad ogni
professore e al preside e dà un bigliettino di Natale a
tutti i propri compagni di classe. Letteralmente.”
Jongdae emise
un piccolo suono disperato, ma Minseok non gli stava più
prestando attenzione.
“Ah! Eccolo! Bubble Tea
Express,” esclamò, sorridendo. “Non
è stato troppo difficile trovarlo.”
“Allora
perché Luhan-hyung ancora non l'ha trovato?” chiese Jongdae,
sembrando ancora irritato.
“In
cinese ha un nome diverso,” disse Minseok,
mentre guardava felice l'insegna del negozio, in piedi sul marciapiede.
“E dubito abbia pensato di cercare la traduzione.”
Jongdae si
strofinò le mani fredde. “Allora...
entriamo?”
“Huh? Oh, no, non penso. Non
posso ordinare niente comunque, quindi non sarebbe divertente per
me,” disse.
Jongdae
grugnì. “Sei la persona peggiore con cui uscire.
Sarei dovuto rimanere a casa.”
Minseok si
voltò per strizzare le guance dell'amico, anche se si
sentiva davvero in colpa per essere sempre il rovina piani.
“D'accordo, ti compro qualcosa da una bancarella per
ripagarti per essere venuto con me, anche se hai deciso tu e non ti ho
costretto io.”
Jongdae si
illuminò e cinse i fianchi di Minseok con un braccio,
tirandolo via dal negozio e guidandolo verso la bancarella di dim sum.
“Sai, hyung, non sei così male
dopotutto,” fu l'ultima cosa che sentì prima di
ritrovarsi in fila per del cibo che non avrebbe potuto mangiare. Il
mondo era così ingiusto.
Il
lunedì, due giorni prima di Natale, Luhan finalmente
chiamò, e il fatto che Minseok avesse accettato la chiamata
prima ancora che il primo squillo terminasse era probabilmente molto
imbarazzante.
“Pronto?”
“Seok-ah!” lo salutò allegro
Luhan.
“Sei impegnato ora?”
Minseok non
lo era. Erano appena passate le dieci di lunedì mattina; non
aveva ancora nemmeno iniziato a pensare a cosa fare.
“No,” disse.
“Bene!
Ho bisogno di un consiglio.”
“Oh?”
“Già. Questo
è l'ultimo giorno prima di Natale in cui posso fare qualcosa
per i miei genitori. Mi hanno detto che non ho il permesso di comprare
niente, visto che io ho detto loro la stessa cosa, ma voglio comunque
fare qualcosa. Cosa dovrei fare?” chiese Luhan, e Minseok
riusciva quasi a vederlo aggrottare le sopracciglia.
“Ah, non lo so,”
rispose lui, affondando nelle coperte. Non si era ancora alzato.
“Quando voglio che mia madre mi perdoni per qualcosa di
solito lavo i piatti o qualcosa del genere.”
“Non
abbiamo piatti,” disse Luhan, ridendo. “Solo contenitori
d'asporto.”
Accoccolato a
letto con il telefono premuto contro l'orecchio, Minseok si sentiva
stranamente come la protagonista di un drama, che parlava con la
propria cotta. Si alzò a sedere velocemente. “Allora
buttali,” gli suggerì.
Ci fu
silenzio per un momento, poi Luhan disse, “Potrei farlo, vero?”
“Huh?”
“Potrei
pulire la casa. Pensi che ai miei farebbe piacere? È sempre
tutto così in disordine qui, perché nessuno ha
mai il tempo di pulire.”
Minseok fece
un suono vago. Anche se l'appartamento del ragazzo non era esattamente
una baracca, era comunque messo piuttosto male, con tutto quello sporco
accumulatosi negli anni che nessuno si era mai disturbato a scrostare.
“Potresti pulirla a fondo,” propose.
“Tipo farla brillare. Se tua madre è come la mia,
ne sarebbe contentissima.” Onestamente, alla madre di Minseok
sarebbe venuto un infarto vedendo quella casa.
“Pensi?” chiese Luhan.
“Sì,
penso che lo apprezzerebbero davvero. E farà piacere anche a
te,”
disse sincero. “La sentiresti più casa tua, non
trovi?”
Luhan rimase
in silenzio per un secondo, poi disse, “Sì, credo
di sì.”
“Posso
aiutarti,”
si ritrovò a dire Minseok senza pensarci. “Con le
pulizie, dico.”
“Davvero?” chiese Luhan, con voce sorpresa
ed esitante. “Non devi per forza…”
“Voglio
farlo,”
disse Minseok. “In fondo sarebbe davvero noioso farlo da
solo, no? Sarà più divertente in due. E poi posso
portare tutte le cose per pulire di mia madre. E oggi non devo fare
niente.”
“Sicuro
di volerlo fare?” chiese sinceramente Luhan. “Pulire non
è divertente.”
“Sarò
lì tra venti minuti,” rispose Minseok
con voce ferma, sorridendo. “E porto il pranzo,”
aggiunse, perché dubitava che Luhan avesse cibo salutare in
casa.
Poco dopo,
Minseok uscì di casa e cominciò ad attraversare
le strade di Seoul con un grande secchio riempito con ogni sorta di
prodotto per la pulizia della casa, sentendosi leggermente a disagio.
Per
distrarsi, Minseok pensò a quanto sarebbe stato eccitato
Luhan quando lo avrebbe portato al negozio del Bubble Tea. Onestamente,
Luhan diventava assurdamente entusiasta quando chiunque faceva qualsiasi cosa per lui, quindi Minseok
non vedeva l'ora di vedere come avrebbe reagito alla sorpresa. Era il
motivo principale per cui a Minseok piaceva fare i regali, e Luhan era
sempre così espressivo.
Questo venne
confermato quando Luhan si illuminò mentre faceva entrare
Minseok nell'appartamento, aiutandolo entusiasta a scaricare le sue
cose sul pavimento. Bottiglie spray, spazzole, spugne, praticamente
tutto quello che Minseok era riuscito a trovare nell'armadietto del
bagno o sotto il lavandino in cucina. Luhan non sapeva nemmeno cosa
fosse la maggior parte di quella roba, a parte quelli con un'immagine
sull'etichetta, ma questo non gli impedì di sentirsi
eccitato. Ricordò a Minseok del perché avesse
voluto farlo.
Cominciarono
togliendo tutta l'immondizia dal bancone e dal pavimento. Luhan aveva
già iniziato prima che arrivasse Minseok, e alla fine
buttarono tutto in grandi sacchi di plastica che poi portarono in
strada. Poi iniziarono le pulizie comuni: spazzare, spolverare, lavare
ogni bancone e finestra e mobile che c'era (non molti in
realtà). Fecero una pausa per pranzare, e poi Minseok
andò dal vicino di casa di Luhan per chiedergli se poteva
riempire il secchio per lavare in terra, cercando di non ridere mentre
Luhan gli sibilava torna qui, stavo scherzando, ho
l'acqua corrente! Minseok non voleva essere la
causa per la loro stratosferica bolletta dell'acqua, però, e
poi ne valeva la pena, vedendo Luhan che si copriva il viso per
l'imbarazzo.
Dopo aver
riempito il secchio, Minseok versò un po' di detersivo
nell'acqua e poi si sollevò le maniche del maglione, dicendo, “Strofineremo
tutto.”
“Tutto?” ripeté
Luhan, sembrando scoraggiato.
Minseok
sorrise. “Tutto.”
E diceva
davvero. Cominciarono da un angolo del salotto per poi spostarsi a
quello opposto, a quattro zampe, mentre strofinavano via la sporcizia
dalle mattonelle, fino a che non sentirono le spalle indolenzite e i
loro jeans non furono fradici di acqua insaponata. Luhan si occupò
del piccolo tavolino da caffè mentre Minseok sfregava i muri
con un vecchio straccio bagnato. Per la cucina ci misero più
tempo; oltre al pavimento e ai muri, c'erano anche tutti gli scaffali,
l'interno e
l'esterno
del frigo, i fornelli, i banconi, il microonde e le tapparelle. L'acqua
divenne troppo sporca, quindi Minseok andò da un altro
vicino per riempire nuovamente il secchio. Il bagno era piccolo, ma
sembrò volerci una vita, per quanto dovettero strofinare il
lavandino, la doccia e il gabinetto. Luhan pulì la camera
dei genitori mentre Minseok si occupava delle plafoniere e dei condotti
di aerazione. Quando arrivarono alla camera di Luhan, erano entrambi
esausti e indolenziti, ma Luhan sembrava così soddisfatto
dai progressi che avevano fatto che Minseok non riuscì
nemmeno a pentirsi di avergli chiesto se voleva aiuto. Spostarono tutte
le poche cose di Luhan nel salotto per fare un po' di posto, poi
cominciarono con i muri, lasciando solo quello con appese le foto.
Sospirando
stanco, Minseok si allontanò dalla parete e
lasciò cadere lo straccio dentro al secchio. Onestamente,
l'acqua era di nuovo così sporca che non sapeva se stava
pulendo o peggiorando la situazione. “Vado a riempire
ancora il secchio,” disse, stirando le braccia sopra la testa
e flettendo le dita indolenzite.
Luhan fece un
suono vago dall'altra parte della stanza, accasciandosi esausto contro
il muro. “Okay,” rispose, dopo essersi arreso dal
persuadere Minseok a non rubare l'acqua calda dei vicini.
Minseok
sollevò il secchio pesante e si avviò lentamente
verso la porta, guardando brevemente Luhan, il quale si stava spostando
la frangia ormai un po' troppo lunga dagli occhi e guardava accigliato
la stanza vuota, pulita a metà. “Hey,”
disse Minseok, incerto su cosa avrebbe detto fino a che dalle labbra
non uscì un “Ha un aspetto fantastico.”
Luhan
sollevò lo sguardo su di lui. “Trovi?”
Minseok
sorrise rassicurante. “Sì. I tuoi genitori saranno
davvero contenti.”
Luhan si
illuminò, tutti i segni della stanchezza sparirono in un
istante, e Minseok si diresse verso il bagno per scaricare l'acqua
sporca. Mentre passava davanti alla roba del ragazzo in salotto, fece
una pausa per lasciare una moneta da 500 won nel contenitore dei
risparmi. Poi continuò per la sua strada.
Questa volta
riempì il secchio solo a metà, dato che avevano
quasi finito, e poi lo riportò nella camera di Luhan. Fece
cenno al ragazzo di versare un po' di detersivo e si voltò
per prendere la spugna, ma si girò velocemente quando
sentì l'urlo di Luhan. Il ragazzo lo guardò con
gli occhi spalancati, accovacciato accanto al secchio. “Per sbaglio ne ho
versato troppo,” disse, con le labbra che gli tremavano come
se stesse cercando di non ridere.
Minseok
trattenne un sorriso e guardò il secchio, dove Luhan stava
facendo un vortice nell'acqua con la mano. Diverse bolle stavano
già cominciando a formarsi, e Minseok sentì una
risata risalirgli dal petto. “Il tuo pavimento
sarà decisamente pulito,” disse, ridacchiando alla
fine. Onestamente, a questo punto era così stanco che tutto gli sembrava divertente.
“Bene,” rise a sua volta
Luhan. Continuò a girare l'acqua con la mano, e le bolle
cominciarono a traboccare dal secchio.
“Non
c'è nemmeno più acqua da mettere sul pavimento,” rise Minseok,
guardando la crescente montagna di schiuma. “Ci sono
così tante bolle.”
“Allora
dovremo semplicemente—”
Luhan cominciò a inclinare il secchio da un lato, lasciando
che le bolle scivolassero sul pavimento, ma un momento dopo perse la
presa e all'improvviso c'erano acqua e schiuma ovunque, i pantaloni e la maglietta di
Luhan erano completamente fradici, e Luhan guardava a bocca aperta il
disastro che aveva appena creato. Poi scoppiò a ridere, e
Minseok lo seguì, con Luhan che gli lanciava manciate di
schiuma dicendogli di chiudere il becco, cosa che lo fece ridere ancora
di più, ed era tutto così ridicolo che nessuno
dei due riusciva a smettere. Luhan era seduto in mezzo ad un'enorme
pozzanghera di sapone, e aveva l'aspetto di un piccolo gattino
infradiciato, e Minseok gli si sedette accanto, senza curarsi dei
pantaloni bagnati perché era tutto troppo divertente e non
poteva a fare a meno di ridere.
“Non
ridere di me,”
riuscì a dire Luhan, asciugandosi le lacrime dalle guance
con le mani bagnate. “Sei cattivo.”
“Hai
fatto davvero un bel casino,” disse Minseok tra
una risata e l'altra.
“Zitto,” Luhan gli
lanciò altra schiuma.
“Tu
zitto,”
rise Minseok, lanciandola a sua volta.
Luhan
cercò di impilare quante più bolle poteva sulla
testa dell'amico, e Minseok lo lasciò fare, strizzando gli
occhi per evitare che il sapone gli bruciasse. “Questo
è per aver riso di me,” disse Luhan in modo
infantile, prima di accasciarsi sul pavimento bagnato e scivoloso,
sospirando. “Ora abbiamo ancora più cose da
pulire.”
Minseok
spazzò le bolle dalla propria testa alla pancia di Luhan.
“È tutto okay,” rispose.
“È stato divertente.”
“Ma
sei stanco,”
disse Luhan, facendo una smorfia. “Dovremo lavorare ancora di
più.”
“Sto
bene,”
replicò Minseok, anche se sapeva che il giorno seguente
sarebbe stato tutto dolorante. “Non mi dispiace.”
Luhan sorrise
guardando il soffitto, anche se Minseok era sicuro che non gli credesse.
“Andiamo,” disse Minseok,
mettendosi a quattro zampe. “Questa è l'ultima
cosa. Strofinare il tuo pavimento. Poi abbiamo finito e possiamo
cenare.”
Luhan si
tirò su con un grugnito e prese la propria spugnetta,
mettendosi silenziosamente a lavoro in un angolo della sua piccola
stanza. Minseok si mise dall'altro lato, spingendo l'acqua sul
pavimento con le mani, ma si ritrovò più di una
volta a guardare Luhan e a sorridere alla vista del ragazzo, tutto
concentrato nel portare a termine il proprio compito, con le labbra
sottili e gli occhi luminosi.
Finirono una
mezz'oretta più tardi, giusto in tempo perché
Minseok andasse in bagno per prendere l'insulina. Non aveva portato la
cena, ma tra gli snack che gli erano avanzati e le cose che trovarono
nel frigo e negli scaffali di Luhan, riuscirono a mettere insieme
qualcosa, anche se aveva un sapore strano.
“E
se i tuoi genitori fossero rientrati quando c'era tutta quell'acqua sul
pavimento?,”
chiese Minseok, mangiando uno spicchio di mela.
Luhan rise.
“Sarebbero svenuti.”
“Era
un'esplosione di bolle,”
ridacchiò Minseok.
Luhan sorrise
attorno al proprio cucchiaio di riso, poi sbatté
improvvisamente le palpebre. “Oh! Mi sono appena ricordato
che dovevo dirti una cosa!”
“Huh?”
Luhan sorrise
eccitato. “Ora che hai parlato di bolle, mi sono ricordato.
Indovina dove mi porta Sehun?”
“Sehun?” Il sorriso
scivolò dalle labbra di Minseok. “Ti porta da
qualche parte?”
Luhan
annuì contento, sembrando decisamente euforico.
“Già! Beh, più o meno. Ha suggerito che
ci possiamo andare insieme. Non è stato carino da parte
sua?”
“Uh, sì, immagino di
sì.” Minseok non riusciva nemmeno a immaginare che
Sehun portasse volontariamente qualcuno in qualsiasi posto. “Dove ti
porta?”
“A
prendere il zhenzhu
naicha!” esclamò Luhan, con
gli occhi luccicanti. Minseok si irrigidì immediatamente.
“A quanto pare qui viene chiamato bubble tea. Non è strano? Ne
ho parlato con Sehun, di quanto mi mancasse, e lui mi ha detto che
c'è un posto che lo vende vicino a casa sua! Non
è fantastico?”
Minseok
cercò di ritrovare la voce.
“Io—sì.
È—è fantastico.”
Sehun avrebbe
portato Luhan a prendere il bubble tea. Sehun, il ragazzo
più scontroso del mondo, stava rubando il regalo di Minseok.
Luhan non
sembrò notare la sua reazione meno che entusiasta.
“Andiamo il giorno dopo Natale, visto che mia mamma non
lavora per i prossimi due giorni e mio padre non lavora a Natale e
starò a casa con loro. Ah, sono così eccitato!
Non bevo il zhenzhu
naicha da
quasi quattro mesi.
Minseok fece
fatica a deglutire e cercò di non sembrare troppo adirato.
Non c'era motivo di arrabbiarsi. Perché si sentiva
così arrabbiato? “Sembra divertente,”
disse, con voce più cupa di quanto non avesse voluto.
Provò a sorridere, ma gli uscì più che
altro una smorfia.
Luhan lo
guardò e si accigliò. “Ti avrei
invitato a venire con noi,” disse, arricciando le labbra,
“ma dato che non pensavo che comunque tua madre te lo avrebbe
lasciato bere…”
“No, va bene,” lo
interruppe velocemente Minseok. “Non mi dà
fastidio.” Solo che era tutto il contrario.
Luhan sorrise
leggermente, sembrando imbarazzato. “Questa è la
prima volta che Sehun fa qualcosa per me,” disse, sembrando
orgoglioso. “Voglio dire, ha semplicemente suggerito di
mostrarmi dove si trova, ma sono comunque felice.”
Minseok
annuì in silenzio, fissando il resto della sua mela e
sentendosi improvvisamente nauseato. “Penso che
andrò a casa,” disse, forse un po' troppo brusco.
“Huh? Oh, okay. Sì,
sei stato qui per molto tempo. Probabilmente sei stanco.”
Luhan si alzò per cominciare a ripulire.
“Già,” disse lui,
alzandosi e raccogliendo tutte le cose per pulire della madre. Tenne lo
sguardo sulle proprie mani, mordendosi il labbro per evitare di dire
qualcosa. Non sapeva nemmeno cosa voleva dire, ma era abbastanza sicuro
che non sarebbe stato rivolto a Luhan.
Qualche
minuto dopo, si vestì e fu pronto ad andare. “Ciao,
Seok-ah,” lo salutò Luhan, sorridendo gentilmente.
“Grazie per avermi aiutato oggi. Davvero, lo
apprezzo.”
Minseok emise
un piccolo suono e guardò la porta. “Nessun
problema,” disse, con le braccia stanche che protestavano per
il peso del secchio. “Spero che piaccia ai tuoi
genitori.”
“Sono
sicuro di sì,” rispose Luhan,
illuminandosi. “Ci sentiamo presto, okay?”
“Sì,” disse Minseok.
“Io, uh, volevo chiederti se ti andava di fare qualcosa
giovedì, ma visto che devi uscire con
Sehun…”
“Oh, ma possiamo comunque
vederci! Io e Sehun andiamo di pomeriggio, possiamo fare qualcosa dopo,
se vuoi.”
“Sehun e io,” lo corresse lui.
“Huh?”
Minseok
aprì la bocca per ripetere, ma la richiuse. Stava facendo lo
stronzo. Luhan non era un madrelingua, Dio Santo. E se Minseok si stava
comportando da stronzo, significava che era tempo di andare, ora. “Niente, scusa. Ora
vado. Ti chiamo,” disse, dirigendosi alla porta.
“Se non ci sentiamo prima... Ti auguro un felice Natale con i
tuoi genitori.”
Luhan
annuì, poggiandosi allo stipite della porta mentre Minseok
usciva in corridoio. “Anche a te,” rispose,
sorridendo calorosamente. “Ciao.”
“Ciao,” mormorò
Minseok, voltandosi verso le scale.
Il tragitto
per tornare a casa fu terribile, e non solo perché i
pantaloni ancora bagnati di Minseok si stavano congelando a contatto
con l'aria fredda. Camminò il più in fretta
possibile, sentendo la delusione, la frustrazione e l'irritazione
montare nel suo petto, fino a che non raggiunse casa e non si
buttò sul letto, grugnendo contro il cuscino. Si
cambiò con dei vestiti più caldi e asciutti e
uscì in balcone, accendendo la luce prima di sedersi contro
il muro.
La porta di
Kyungsoo si aprì dopo un minuto. “Hyung?”
chiamò.
“Sì,” disse Minseok,
sollevando la cerniera fino al mento.
Probabilmente
la sua voce aveva trasmesso il suo malumore, perché l'amico
si andò a sedere dall'altra parte del divisorio e chiese, “Che c'è
che non va?”
Minseok diede
un calcio alla sedia che c'era in balcone e sbuffò.
“Non lo so nemmeno io,” rispose. “Solo
semplicemente arrabbiato.”
“Perché?” chiese con cautela
Kyungsoo. Sinceramente, era raro che Minseok si arrabbiasse. Si
irritava e infastidiva spesso, se non faceva attenzione ai livelli di
zucchero, ma raramente si arrabbiava.
“È
stupido,” mormorò Minseok, infilandosi le mani in
tasca. “Tutto è stupido.”
“Riguarda Luhan-hyung?” chiese
ancora Kyungsoo.
“No. Beh, sì.
Più che altro riguarda quello stupido di Sehun. Ugh, sono così
arrabbiato.” Diede un altro calcio alla sedia.
“Cosa
ha fatto
Sehun?” domandò calmo l'amico.
Minseok
sospirò e spiegò brevemente la situazione, di
come fosse stato così eccitato di sorprendere Luhan con il
proprio regalo di Natale, e di come Sehun fosse arrivato prima di lui,
e di come non fosse giusto. “Non so nemmeno
perché sia così agitato,” disse,
portandosi le ginocchia al petto. “Non è che Sehun
lo sapesse. Non è che non abbia il permesso di fare qualcosa
per Luhan o niente del genere. Sono amici, possono fare cose da amici.
È solo che... non voglio che faccia cose da amici con
Luhan. Luhan è il mio amico, e avrei dovuto portarlo io a prendere il bubble tea. Ma
Luhan può avere altri amici. Perché sono
così arrabbiato?”
Kyungsoo
rimase in silenzio per un lungo momento, e poi disse,
“Perché tu pensi di sentirti
così, hyung?”
Minseok
scrollò le spalle, anche se Kyungsoo non poteva vederlo, e
tremò. “Non lo so. Sono solo... geloso o qualcosa
del genere. Non lo so.”
Kyungsoo fece
un suono vago. “Geloso,” ripeté.
“E cosa ti dice questo?”
“Che
sono idiota,”
mormorò Minseok.
Il
più piccolo rise piano. “Tra le altre cose.
Perché pensi che il fatto che Luhan passi così
tanto tempo con Sehun ti renda geloso?”
E Minseok sapeva cosa stava cercando di dire
Kyungsoo. Certo che lo sapeva, non era stupido. Ma si rifiutava anche
solo di pensarci, anche solo per un secondo. “Non ho una
cotta per lui,” disse burberamente.
Kyungsoo
stette in silenzio, probabilmente cercando una buona risposta. Poi
chiese, “Ne sei sicuro?”
No, Minseok
non lo era. Ma la ragione per cui non era sicuro era perché non avrebbe considerato quell'ipotesi. Non
lo avrebbe fatto. Sarebbe stato troppo pericoloso, troppo... troppo
rischioso. Luhan era suo amico, un amico che a Minseok piaceva
e che non voleva perdere, e Minseok non avrebbe avuto una cotta per
lui, perché sarebbe solamente finita in un disastro. Non
avrebbe rovinato la propria amicizia con Luhan. E la cosa era
spaventosa, molto più spaventosa di tutte le altre cotte che
aveva avuto per ragazzi etero. Minseok non aveva mai negato quelle
cotte, non a se stesso. Sapeva più che bene di aver avuto
una cotta per alcuni compagni di squadra e per quel ragazzo che
lavorava al supermercato, e aveva riconosciuto quella piccola cotta che
aveva avuto per Kyungsoo una volta, così come quelle
sporadiche cotte della durata di circa un'ora che aveva avuto per
Jongdae in passato (e mai più). Ma questa faceva
più paura, era più rischiosa, e Minseok non
l'avrebbe fatto.
“Non
ne voglio parlare,”
disse, con voce leggermente tremante.
Kyungsoo non
parlò, e Minseok sapeva che lo stava frustrando, e si
sentì in colpa. Ma cosa avrebbe potuto fare? Pensarci stava
solo peggiorando la situazione, e anche tanto.
Alla fine,
Kyungsoo disse,
“Bene,” e la sua voce era calma e neutrale, e
Minseok sapeva che aveva capito. “Non ne parleremo.”
“Grazie,” disse piano
Minseok.
“Adesso
quindi,”
riprese all'improvviso Kyungsoo, spostandosi leggermente.
“Cosa farai per Luhan? Penso sia un buon punto da cui
cominciare.”
Minseok
sorrise delicatamente, abbracciandosi le ginocchia.
“Cominciamo da qui.”
Questo,
almeno, era sicuro.
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Capitolo 15 *** Outtake #2 ***
Kyungsoo
non aveva idea di cosa facessero le altre persone la Vigilia di
Natale, ma per lui il 24 Dicembre era sempre stato Natale Con
Minseok. O almeno, lo era stato per i passati otto anni. Se la
memoria non lo ingannava, era incominciato quando Minseok era andato
a trovarlo in ospedale una Vigilia, portando con sé un
bigliettino
fai-da-te di Buon Natale e Buona Guarigione. Quello era stato un anno
davvero duro per Kyungsoo, essendosi ammalato a Natale e tutto, e
Minseok l'aveva aiutato tanto. Per il Kyungsoo di sette anni, malato
e debole, quel biglietto aveva significato molto.
Quest'anno,
però, Kyungsoo si sentiva bene. Forse la sua recente buona
salute lo
aveva reso un po' troppo sicuro, ma decise di invitare Minseok a casa
la sera del 24 per guardare un film e passare un po' di tempo
assieme, mentre i loro genitori chiacchieravano davanti a un
bicchiere di vino a casa del maggiore.
“Scusa
se osservo tutte le tue cose,”
disse Minseok mentre studiava la camera di Kyungsoo, notando tutte le
cose che erano cambiate dall'ultima volta che ci era stato.
“Devo
assicurarmi che non abbia già quello che ti ho preso per
Natale.”
Kyungsoo si
tenne occupato trascinando il carrellino della TV più vicino
al
letto e sistemando il lettore DVD. “Basta che non tocchi
niente,”
canticchiò, e il suo tono era leggero ma il cuore gli
batteva forte,
come faceva sempre quando lasciava entrare altre persone in camera
propria. Cercava di non darlo a vedere, ma la reazione era automatica
e involontaria a questo punto.
“Non
lo farò,”
rispose Minseok con lo stesso tono, guardando le stelle dipinte sul
soffitto del più piccolo.
Kyungsoo
stava armeggiando con il lettore DVD quando Minseok disse
all'improvviso, “Hey, aspetta un secondo. Sono io
questo?”
Kyungsoo
si voltò e vide il vicino osservare le foto che aveva appeso
sul
muro dietro la scrivania. Guardò quella che stava indicando
e
rispose, “Oh. Sì.”
Minseok
si avvicinò alla foto e sbatté gli occhi
sorpreso. Mentre la
maggior parte delle foto era di panorami e vaghe immagini di
qualche folla, o dell'intero gruppo ad Insadong, questa era solo di
Minseok, che sorrideva affettuosamente ma senza guardare l'obiettivo,
con le guance arrossate dal vento e i capelli schiariti dal sole.
Luhan aveva detto a Kyungsoo di averla fatta al fiume Han, quando
Minseok lo aveva portato per il progetto. “Perché
hai questa?”
chiese.
Kyungsoo
fece un suono vago, studiando il menù principale del film
che
avrebbero visto. “Luhan-hyung ha detto che era la sua foto
preferita del giorno.” Si ricordava ancora il sorriso del
ragazzo
quando stava guardando le foto insieme a lui, parlando di ogni scatto
singolarmente.
Minseok
sputacchiò imbarazzato. “È solo la mia
faccia!” protestò.
“La
tua faccia adorabile,”
lo prese in giro Kyungsoo. “Ma davvero, hyung, non pensi che
sia
una bella foto? Non l'avrei appesa se non pensassi sia
così.”
Sollevò lo sguardo su di lui e sorrise. “Se sei in
imbarazzo solo
per questo, dovresti vedere cosa Luhan-hyung ha detto al
riguardo.”
Probabilmente avrebbe potuto ripetere parola per parola cosa aveva
scritto sul retro.
“Cosa
ha detto?”
chiese Minseok, e Kyungsoo era abbastanza certo che le sue guance si
fossero arrossate. Si sentiva un po' in colpa per aver tirato in
ballo Luhan, però, considerando che era passato solamente un
giorno
da quando avevano acconsentito a non parlare di certe
cose. E
Kyungsoo non era sicuro se Minseok fosse ancora arrabbiato per la
faccenda del bubble tea, per quanto ne avessero parlato la notte
precedente.
Ma
Minseok non sembrava irritato o frustrato, solo un po' imbarazzato,
quindi Kyungsoo si limitò a sorridere e a darsi un colpetto
al naso.
“È un segreto,” disse.
“Luhan-hyung me l'ha detto in
confidenza.”
Minseok
sbuffò agitato, ma Kyungsoo non si smosse, spostandosi
invece sul
letto e avvolgendosi in un'enorme coperta come un bozzolo. Aveva il
suo profumo, e non quello del detersivo come accadeva quando era
stata appena lavata, e questo lo faceva sentire un po' a disagio, ma
Minseok gli aveva sempre detto di stare attento a non lasciare che il
suo OCD gli sfuggisse di mano, e Kyungsoo sapeva che aveva ragione.
Quindi rimase seduto e odorò lentamente la coperta, e si
concentrò
su Minseok che alzò gli occhi al cielo irritato prima di
prendere la
propria coperta – portata da casa, perché non
poteva usare quelle
di Kyungsoo – avvolgendosi in essa e andandosi a sedere
accanto a
lui sul letto. Ad essere onesti, Minseok (né nessun altro)
si era
mai avvicinato così tanto a Kyungsoo – premuti
relativamente
vicino, con solo gli spessi strati di coperte a dividerli. Era una
sensazione strana, per Kyungsoo. Contemporaneamente confortante e
stressante. La vicinanza lo innervosiva, ma allo stesso tempo voleva
avvicinarsi di più, sentire il calore corporeo di qualcun
altro,
respirare l'odore di qualcun altro e vedere cosa si provava a sentire
la pelle di qualcuno contro la propria. Il pensiero era tanto
terrificante quanto invitante.
Kyungsoo
decise di concentrarsi sul film invece.
“Non
l'hai mai visto questo, vero hyung?”chiese,
stringendo la coperta tra le dita.
“No,”
rispose Minseok, e non c'era da sorprendersi. “Guardi molti
più
film rispetto a me.”
“Questo
parla di pinguini,”
gli disse Kyungsoo.
“È
un documentario?” lo prese in giro il maggiore.
“No,”
disse ridendo. “Ma mi piacciono anche quelli.”
“Lo
so che ti piacciono,”
rise Minseok. “Ho imparato più guardando
documentari con te che
seguendo le lezioni di biologia.”
Kyungsoo
ridacchiò. “Ti faccio bene allora,”
disse. “Ma questo non è
un documentario. Parla di—” Guardò la
copertina. “Pinguini di
Natale. O qualcosa del genere.”
Minseok
rise e scrollò le spalle. “Non importa,”
rispose. “Fallo
partire.”
“D'accordo,”
disse, e poi calò il silenzio mentre il film iniziava.
Non
rimanevano mai zitti a lungo, però. Cinque minuti
dall'inizio, e
Minseok fece un commento sulla canzone introduttiva, e Kyungsoo
imitò
il modo in cui un personaggio aveva detto qualcosa, ed entrambi
ridacchiavano per battute infantili, e per un po' Kyungsoo si
dimenticò delle sue paure. Minseok sembrava aver fatto lo
stesso,
dimenticandosi di tutti i suoi problemi per il bene proprio e anche
di Kyungsoo. Lo apprezzava davvero.
Quando
il film finì, Minseok dichiarò che era l'ora del
karaoke, e chi era
Kyungsoo per rifiutare? Facevano sempre il karaoke alla Vigilia. Non
aveva più il vero gioco per il karaoke – poteva o
meno essersene
liberato dopo essersi ammalato una volta – ma non era
difficile
trovare le canzoni su YouTube e crearsi dei microfoni sotto forma di
un telecomando e di una spazzola (Kyungsoo avrebbe dovuto
disinfettarli dopo, ma ora non aveva tempo per pensarci). Fecero a
turno o qualche volta cantavano un duetto, e Kyungsoo non aveva mai
cantato per nessuno se non Minseok, ma alla Vigilia era senza
vergogna. Nemmeno quando era l'amico a cantare e lui si metteva a
saltellare per la stanza, più che altro ridendo e cercando
di
distrarre Minseok. Seguì la scia di Oh Holy Night del
maggiore, con
la sua interpretazione straziante di una ballad natalizia, e quando
stava arrivando alla fine, Minseok lo prese in giro,
“Stai piangendo, Soo?”
Kyungsoo
aveva tirato esageratamente su col naso e finto di asciugarsi gli
occhi lucidi. “Sono commosso dalla bellezza della mia stessa
voce,”disse.
Minseok
grugnì. “È stato davvero
speciale,” rispose. “Ora, sei pronto
per il tuo regalo? Presto dovrò tornare a casa per prendere
l'insulina.”
“Sono
sempre pronto per i regali,”
replicò Kyungsoo con un sorriso, sedendosi sul letto per
aspettare.
“Certo
che lo sei,”
rise Minseok, raccogliendo la busta che aveva lasciato accanto alla
porta quando era entrato. “Ecco. Ti faccio vedere prima il
biglietto.”
Anche
se era sicuro che a questo punto fosse solo per abitudine, apprezzava
che Minseok capisse e accettasse il fatto che Kyungsoo non avrebbe
toccato niente di quello gli porgeva.
“Guarda, l'ho fatto io stesso,” disse il vicino,
mostrandogli il
davanti di un bigliettino rosso ritagliato. “Quello al centro
sei
tu.”
Kyungsoo
sbirciò la figura. “Cosa ho in mano?”
“Cuori,”
rise Minseok. “Perché tutti ti amano
così tanto.”
“Ah,”
disse il ragazzo. “Certo.”
“Vedi,
a volte ho come l'impressione che tu
pensi
che le persone si dimentichino di te quando non sei con loro. E non
è
vero. Quindi ho fatto questo biglietto promemoria di quanto tutti ti
adorino,”
disse Minseok con una risatina incerta. Lo aprì e
mostrò a Kyungsoo
cosa c'era all'interno. “Su questo lato, ci sono delle frasi
che
qualcuno ha detto su di te. È un po' strano ma, beh.
Vediamo...
questo dice ‘A
Kyungsoo
piacciono questo tipo di patatine ai gamberi, giusto? Dovrei
lasciarne un paio da dividere con lui.’
Chanyeol l'ha detto l'altro giorno a pranzo. Questo invece ‘Nessuno
ascolta meglio di Kyungsoo. È un amico davvero
importante.’ L'ha
detto Luhan. E ce ne sono altri, da parte di tutti. Anche Junmyeon
aveva qualcosa da dire.” Minseok lo guardò,
sorridendo incerto.
“Spero ti piaccia.”
All'improvviso
Kyungsoo sentì la gola troppo stretta per riuscire a
parlare, quindi
si limitò a sbattere velocemente le palpebre e annuire.
“Comunque,”
riprese il maggiore, “ecco il messaggio. Non ridere! Dice Caro
Sooseongong**. Ti ricordi quando ti chiamavo così? Quando
eravamo
ancora dei bambini e io provavo a farti sorridere. O quando cercavo
di farmi perdonare per qualcosa. Ora ha ancora più
importanza di
prima, non trovi? Mi manca chiamarti in questo modo. Comunque, volevo
solo che sapessi che per quanto tutti ti vogliano bene, io ti ho
voluto bene per primo! Suona strano. Ma hai capito che intendo, no?
Sai che ci tengo tanto a te, vero? Come tuo hyung, voglio che sappia
che sono sempre orgoglioso di te e ti supporterò sempre ad
ogni
costo, e sono sempre felice quando ti vedo felice. E, come tuo hyung,
mi dispiace ti debba sempre prendere cura di me quando dovrebbe
essere il contrario. Ti prego, prenditi cura anche di te stesso. E!
Non dimenticare che sono sempre qui se hai bisogno di me~ Buon
Natale, mio caro dongsaeng. Con affetto, Minseok.” Minseok
si schiarì la voce imbarazzato e disse, “Quindi,
questo è per te.
Scusa, alla fine è risultato un po' smielato.”
Kyungsoo
non disse nulla, deglutendo a fatica.
“Um.”
continuò il maggiore. “E scusa anche se
è troppo, tipo. Gay.”
Ridacchiò nervosamente.
“Non
essere stupido,”
riuscì a dire alla fine Kyungsoo, stringendosi di
più nella
coperta. “Lo sai che mi piace tutto quello che mi
dai.”
Minseok
sorrise e disse, “Questo era solo il biglietto! Ecco il vero
regalo.” Posando il biglietto sulla scrivania di Kyungsoo
–
cominciava a perdere il conto di tutto quello che avrebbe dovuto
disinfettare quella notte – tirò fuori qualcosa
dalla busta.
“Ta-da!”
Kyungsoo
sbatté le palpebre sorpreso. “Quello è
un—”
“DVD
per gli esercizi?”
rise Minseok. “Sì, lo è.”
“Um.”
Kyungsoo lo fissò a lungo, studiando i vestiti orribili che
indossavano le persone in copertina.
“Perché?”
Minseok
continuò a ridere, senza riuscire a smettere.
“Perché sono
preoccupato per la tua salute,” disse, ma Kyungsoo lo
guardò con
un'espressione per nulla impressionata. “Cosa? Non fai
abbastanza
movimento, sempre rinchiuso in questa piccola casa!” Il
più
piccolo sollevò un sopracciglio, e Minseok disse,
“Okay, penso
anche che sarebbe divertente vederti fare uno di questi video.
Andiamo Soo, non dirmi che non sarebbe esilarante!”
“Guarda
i loro vestiti,
hyung,” disse Kyungsoo, con un sorriso che gli tirava le
labbra.
“So di non essere un guru della moda, ma i body.
Con
gli scaldamuscoli.
Preferirei
morire.”
“Awwww,
io penso sarebbe adorabile!” protestò Minseok,
guardando la
copertina. “Guarda, dice Due
ore di divertimento ed esercizio non-stop! Non
sembra eccitante?”
Kyungsoo
grugnì. “Lo farò solo se lo fai con
me,” decise. “E dovrai
indossare gli scaldamuscoli.”
Minseok
emise un suono che era un misto tra una risata e un lamento.
“Stai
attento, potrei anche accettare,” disse.
“Purché li indossi
anche tu.”
“Hey,
io non ho nessuno su cui fare colpo,” ribatté
Kyungsoo con una
risata. “Andiamo hyung, anche a te servirebbe fare un po' di
movimento!”
Minseok
si accigliò leggermente. “Oh. Penso abbia
ragione.”
Il
più piccolo rise liberamente.
“Prima che te ne accorga, ci incontreremo settimanalmente per
fare
gli esercizi. Vestiti con i nostri piccoli body e le fascette. Oddio,
riesci a immaginarlo?”
“Sarebbe
bellissimo.”
“Hai
una strana concezione di cosa è bello,”
grugnì Kyungsoo.
“Forse,”
disse Minseok, sorridendo mentre posava il DVD. “In ogni
caso,
farai bene a usarlo! Ho usato soldi veri per comprarlo.”
“Spero
non abbia speso troppo,”
rispose Kyungsoo alzando gli occhi al cielo. “Comunque, anche
io ho
un regalo per te.”
“Urrà!”
“Ecco.”
Kyungsoo pescò un pacco rettangolare da sotto il letto e lo
passò a Minseok, guardando il biglietto che l'amico aveva
posato
sulla scrivania. Avrebbe voluto guardarlo, leggere ancora tutto
quello che c'era scritto, ma non riuscì a trovare la forza
di
toccarlo. Con un piccolo sospiro, si voltò verso il vicino.
“Un
biglietto!”
canticchiò Minseok, staccandolo dal regalo impacchettato.
“Oh, è
così carino!” Kyungsoo sorrise; lo aveva fatto lui
stesso, usando
del cartoncino e degli acquerelli, e aveva disegnato due piccoli
gatti con dei cappelli da babbo natale e con fiocchi di neve
glitterati tutto intorno. Poi Minseok lo aprì, squittendo
piano per
le figure all'interno, gli stessi due gatti che facevano gli angeli
di natale sulla neve (che Kyungsoo non aveva mai fatto prima, ma
immaginava fosse divertente). “Caro
Minseokkie-hyung,”
lesse a voce alta, e per qualche ragione Kyungsoo si sentì
timido.
“Sai
di essere il mio hyung preferito, vero?
Non puoi mai dimenticarlo. Sono sempre grato quando vieni a passare
del tempo con me, anche quando probabilmente ti divertiresti di
più
da qualche altra parte. E grazie di tenere a me, perché
anche io
tengo a te! Inoltre, non sono sicuro del perché abbia
disegnato dei
gatti sul biglietto. Forse mi piace semplicemente disegnarli. Quello
nero sono io e quello marrone sei tu, nel caso te lo stessi
chiedendo. Buon Natale, hyung! Prenditi cura di te, okay? È
importante. Se non lo fai, mi arrabbierò! Con affetto~
Kyungsoo.”
Minseok
ridacchiò e sollevò lo sguardo. “Sei
davvero adorabile, lo sai
Kyungsoo?”
Il
ragazzo rise e abbassò la testa.
“Il tuo era peggio.”
“Il
tuo sembra molto più 'da hyung' rispetto al mio. Non va bene.”
Minseok sorrise e cominciò a scartare il regalo.
“Lo appenderò al
muro, okay? E i tuoi gatti sono adorabili.” Alla fine vide il
regalo e calò il silenzio. “Oh wow.”
“Scusa,
è la sola cosa che so fare,” biascicò
Kyungsoo immediatamente,
sentendosi imbarazzato.
Minseok
prese in mano il quadro e passò delicatamente le dita sulla
tela,
con gli occhi luccicanti. “È fantastico,
Soo,” disse. “Mi
sento così inferiore.”
Kyungsoo
rise imbarazzato, sporgendosi per guardare ancora una volta il
dipinto. I suoi regali erano sempre fatti a mano, perché
così aveva
qualcosa per occupare il tempo e anche perché non aveva
molti soldi
suoi, e poi gli piaceva dipingere. Gli piaceva qualsiasi tipo di
arte, ma la pittura era la sua preferita. Il quadro tra le mani di
Minseok ritraeva due ragazzi, uno con i capelli neri e un altro con i
capelli castano chiaro, seduti schiena a schiena ai lati opposti di
un muro in metallo. Anche se i ragazzi non erano la loro copia
esatta, Minseok non ebbe difficoltà a capire chi fossero. Il
brunetto aveva le braccia sollevate in aria, sorrideva allegramente,
mentre il ragazzo con i capelli neri sedeva molto più
contegnosamente, un sorriso affettuoso sulle labbra, e le braccia
incrociate sopra le ginocchia. L'intero dipinto era illuminato dai
caldi raggi solari, e tutti i colori erano caldi e piacevoli: un
arancione caldo, un bell'azzurro, un rosa chiaro. Kyungsoo ci aveva
messo settimane a finirlo.
“Dimentica
i tuoi gatti natalizi,”
disse Minseok, con voce calma e meravigliata. “Sopra il mio
letto
ci metto questo.”
“Non
è così bello,”
mormorò Kyungsoo, sorridendo felice sentendosi piacevolmente
caldo.
“Non
prendermi in giro,
Do Kyungsoo,” disse deciso l'amico. “Ora mi sento
in colpa per
averti fatto un regalo stupido.”
“Non
farlo,”
disse velocemente Kyungsoo con un risata. “Ti ho detto che mi
piace
tutto quello che mi dai, no?”
“Ma
il tuo regalo è molto più carino del mio,”
mormorò Minseok.
“Mi
ha fatto ridere,” disse Kyungsoo. “È
molto... da
te. Mi
piace.”
Minseok
sbuffò, ma sorrise, riprendendo a guardare il dipinto.
“È davvero
bellissimo, Soo. Anche se il mio 'io' che hai disegnato è
molto più
carino del mio 'io' reale.”
“Impossibile,”
lo rimproverò scherzosamente Kyungsoo, e Minseok rise.
Fu
un minuto dopo che Minseok disse con esitazione,
“Devo davvero andare,” la sua voce era piena di
rimorso. “Si
sta facendo tardi e avrei dovuto prendere l'insulina due minuti
fa.”
Kyungsoo
cercò di non sospirare troppo tristemente.
“Okay,” rispose,
scacciando gentilmente l'amico. “Riposati. Ci vediamo
domani?”
Minseok
annuì entusiasta. “A domani. Buona Vigilia,
Kyungsoo!”
Kyungsoo
sorrise. “Buona Vigilia, hyung,”
canticchiò in risposta, mentre
il maggiore raccoglieva velocemente le proprie cose.
“Ti
voglio bene~”
cinguettò Minseok. “Ciao!”
Kyungsoo
rise mentre l'amico usciva dalla porta per tornare a casa. Quando
sentì la porta d'ingresso chiudersi, il ragazzo si sedette
in
silenzio sul letto per qualche momento, gli occhi puntati sul
bigliettino che Minseok aveva lasciato sulla sua scrivania. Dopo un
lungo, intenso minuto però, si alzò con un
sorriso e afferrò le
salviettine anti-batteriche dallo scaffale, tirandone fuori una. Era
una routine a cui era troppo abituato.
A
volte, nei suoi momenti più tranquilli e privati, Kyungsoo
sognava
un tempo in cui quelle routine non sarebbero state altro che un
ricordo.
Ma
a Kyungsoo non piaceva essere irrealista.
**수선공
(sooseongong)
si traduce grossomodo come "riparatore" o "tecnico".
Minseok sta facendo un gioco di parole con la fine del nome di
Kyungsoo, ma c'è anche un significato dietro :)
|
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Capitolo 16 *** Capitolo 14 ***
Sinceramente,
Sehun non era del tutto sicuro del perché avesse finito per
portare Luhan a prendere il bubble tea. Era piuttosto sicuro di non
aver mai acconsentito a tutto questo. Tutto ciò che
ricordava era Luhan che nominava la bibita venerdì dopo la
scuola, e Sehun aveva riconosciuto il nome cinese perché
c'era un piccolo negozio che lo vendeva vicino alla sua vecchia casa;
ci andava spesso perché a l'ahjumma—se poteva
chiamarla così, dato che era cinese— non dava
fastidio che rimanesse lì senza comprare niente quando non
voleva tornare a casa. E capitava spesso. Quindi Sehun aveva
riconosciuto il nome, e per qualche ragione lo aveva detto a Luhan. E
non aveva senso, perché di solito Sehun non rispondeva mai
agli sproloqui di Luhan su quanto gli mancasse la Cina o cose
così. Ma il ragazzo era sembrato davvero triste, mentre
parlava del suo amato zhenzhu naicha, e Sehun sapeva che Luhan si sarebbe rallegrato
sapendo di poterlo bere anche qui, quindi l'aveva... semplicemente
detto. “So dove puoi comprarlo,” aveva biascicato,
quasi contro la propria volontà. Gli occhi del maggiore si
erano illuminati di speranza ed eccitazione, e aveva fatto sentire
Sehun... caldo, in un certo senso. “C'è un posto
vicino a casa mia. Lo gestisce una signora cinese.”
E poi, tipo due minuti dopo,
aveva accettato di portare Luhan lì il giorno dopo Natale, o
forse era stato Luhan ad accettare per lui, non riusciva davvero a
ricordare. Tutto ciò che sapeva era che oggi era il 26
Dicembre, ed era seduto ad un tavolino con il ragazzo cinese,
guardandolo mentre sorseggiava felice un bubble tea alla fragola. Luhan aveva passato dieci
minuti a parlare animatamente in cinese con la proprietaria, su dove
fossero nati o qualcosa del genere, se il mandarino di Sehun non lo
ingannava, e ora il maggiore sospirava contento, guardando tutti i
caratteri cinese sul menù e sul muro e sembrando pensieroso.
“Allora,” disse Luhan,
voltandosi verso di lui. “Com'è stato il tuo
Natale, Sehun-ah?”
Sehun rimase immobile e si
rifiutò di lasciar trapelare qualsiasi emozione dal proprio
viso. “È andato bene,” rispose.
“Ho persino ricevuto un regalo.”
Luhan inclinò la
testa di lato. “È così
strano?” chiese.
“Per me sì,” disse Sehun. Solo
una delle sue precedenti madri affidatarie si era disturbata a
comprargli un regalo. Aveva imparato a non aspettarsene. “Ho
ricevuto delle scarpe nuove.”
“Oooh, che fortuna!”
esclamò Luhan, e sembrava che lo pensasse davvero. Sehun non
aveva bisogno di guardare le scarpe del ragazzo per sapere che non ne
riceveva un paio nuovo da tanto tempo. “Io ho detto ai miei
genitori di non comprarmi niente. Ma abbiamo fatto una bella cena, ed
è stato un regalo fantastico.” Si
illuminò. “È successo qualcosa di
speciale?”
Sehun fece uno scatto
involontario, ma non disse nulla. “No,” rispose.
Di solito non mentiva a Luhan.
Non gli diceva mai la completa verità, se mai gli diceva
qualcosa, ma non mentiva. Oggi fu un'eccezione. Non se la sentiva di
dire la verità.
Perché la
verità era che il giorno della Vigilia, la madre affidataria
di Sehun aveva bussato alla sua porta, dicendo piano, “Sehun?
C'è qualcuno per te alla porta.”
Il che era decisamente strano.
Sehun si era accigliato, dirigendosi alla porta, dove aveva trovato il
suo fratellastro di 7 anni, che bofonchiava qualcosa a chiunque fosse
dall'altra parte. “Il mio nome
è Taewoon! Ho sette anni! Sapevi che i gatti atterrano
sempre sulle zampe quando cadono? Ma mio padre dice che non posso
lanciare il gatto fuori dalla finestra.”
E una voce molto divertita, e
terribilmente familiare, aveva risposto, “Sì,
penso di averlo sentito una volta.”
Facendo una smorfia, Sehun
aveva spinto via il fratello (ma non troppo forte, oppure si sarebbe
messo nei guai) e si era messo davanti a Jongin, ruggendo, “Cosa ci fai
qui?”
Jongin gli sorrise felice.
“Buon Natale, Sehun!”
“Non è
Natale,” disse impassibile
lui. “Cosa fai qui, Jongin?”
“Non sapevo se avrei
avuto tempo di venire domani, quindi sono passato oggi! Ecco, ho
portato qualcosa per te.” Detto questo,
sollevò una piccola bustina rossa, riempita di carta velina
bianca. Quando Sehun si era limitato a fissarla, Jongin aveva riso
imbarazzato e l'aveva scossa, dicendo, “Prendila.”
Sehun allungò una
mano e prese la busta, ma non diede alcun segno di volerla aprire.
“Come facevi a sapere che vivo qui, comunque?”
Il sorriso di Jongin cadde per un secondo.
“Io, uh, ho chiesto in giro. A scuola, a dire il vero. L'ho
chiesto venerdì alla nostra coordinatrice di classe, le ho
detto che dovevo portarti una cosa che ti eri dimenticato.”
Cercò di guardare oltre Sehun, dentro casa. “Era
tuo fratello quello? Non ti assomiglia affatto. Nemmeno nel
comportamento.”
“Va' via, Jongin,” disse
Sehun.
Jongin diede un piccolo calcio
al terreno, timido, e guardò Sehun attraversò le
sue folte ciglia. “Puoi aprire il regalo prima? L'ho preso
apposta per te.”
Sehun sbuffò e
tirò fuori la carta dalla busta. Dentro c'era un
bigliettino, che però ignorò, e una piccola
scatolina. La aprì e guardò dentro, bloccandosi
quando vide le figure di due ballerini in ceramica dipinta a mano, un
ragazzo e una ragazza, su un piedistallo bianco. La riconobbe
subito—o meglio, riconobbe lo stile. Avevano visto svariate
statuette come questa ad Insadong, quella volta che Luhan lo aveva
trascinato in autunno. Sehun sapeva che se avesse girato una piccola
manovella alla base, i ballerini avrebbero cominciato a volteggiare e
una musichetta da carillon avrebbe cominciato a suonare.
Riportò lo sguardo
su Jongin, che lo stava guardando con occhi timidi ed impazienti. Sehun
deglutì e mantenne un tono di voce saldo quando disse, “Ecco, l'ho
aperto.”
Il sorriso di Jongin non svanì, ma
Sehun vide il modo in cui i suoi occhi si indurirono e come le sue
labbra si assottigliarono. Sentì qualcosa pesargli sullo
stomaco. “Grazie,” disse piano Jongin.
“Comunque, ora vado. Spero ti piaccia. Buon Natale,
Sehun.”
“Già,” rispose lui,
guardando Jongin voltarsi e allontanarsi.
Era tornato in camera subito
dopo, e aveva posato la statuetta sulla cassettiera, non sapendo dove
altro metterla. La fissò per qualche minuto, poi si
ricordò del bigliettino e lo tirò fuori,
aprendolo e vedendo un messaggio scritto a mano.
Caro Sehun,
Ricordi quando siamo andati ad
Insadong insieme agli altri? Probabilmente sì. Quel giorno
mi sono distratto guardando un artista di strada, e quando ti ho
ritrovato, ti ho visto guardare una di queste statuette. È
stata la prima volta che ti ho visto davvero interessato a qualcosa.
Hai sempre un aspetto serio e annoiato, quindi ero felice quando ti ho
visto interessato in qualcosa. Ho comprato questa statuetta per me,
quando ci sono tornato la settimana scorsa, ma poi ho pensato che ti
sarebbe potuta piacere. Ho scelto questa perché sono dei
ballerini di danza classica, vedi? La maggior parte delle statuette
erano danzatori tradizionali, ma questa mi piaceva di più
perché io faccio danza classica. Il ragazzo sta facendo una
“pirouette à la séconde,” che
è davvero difficile. Non riesco a farla molto bene ancora,
ma ci sto lavorando. Comunque, volevo semplicemente dartela. Speravo
che forse quando la guarderai, penserai a me quel giorno ad Insadong. Buon
Natale, Sehun!
Con amo affetto
Jongin
Sehun aveva fissato quella
lettera a lungo prima di gettarla sotto al letto, dove metteva tutta la
roba alla quale non voleva pensare. Poi aveva caricato la statuetta, ma
senza guardare mentre cominciava a muoversi.
A Luhan non disse niente di
tutto questo, però. Non ne voleva parlare. Non voleva che
Luhan gli facesse domande al riguardo. Non ci voleva nemmeno pensare. Quindi gli aveva mentito,
dicendo che non era successo niente di significante. Sperò
che Jongin non ne parlasse con lui.
Fortunatamente, Luhan non fece
altre domande, e passarono a parlare di come Minseok lo avesse aiutato
a pulire il suo appartamento e di come fossero stati contenti i suoi
genitori, e Sehun in qualche modo finì per parlare del suo
fratellastro, che era riuscito a mettere le mani nel dolce che aveva
preparato la madre prima di cena, e Luhan assaggiò il suo
bubble tea al cioccolato senza chiedere, e fece una foto per il suo
progetto, ed era... diverso.
Okay, non diverso,
perché Luhan era sempre così, così
come le loro uscite, ma Sehun si sentiva diverso. Si sentiva... caldo,
e non aveva più le spalle rigide. Non sentiva di voler
chiedere a Luhan quando se ne sarebbe potuto andare, come faceva di
solito. Oppure sì? Quando era stata l'ultima volta che aveva
detto quelle parole a Luhan da quando uscivano dopo la scuola? Non
riusciva nemmeno a ricordarlo. Ora che ci pensava, non faceva altro che
stare seduto ad ascoltare Luhan parlare, bevendo qualsiasi cosa avesse
davanti, qualche volta rispondeva alle domande che gli venivano poste,
a volte erano risposte formate da più di una frase. E altre
volte, quando Luhan rideva per qualcosa di cui stava parlando, le
labbra di Sehun si ribellavano, incurvandosi contro la sua
volontà.
E la cosa che sembrava
più diversa era che a Sehun non dispiaceva.
Non si arrabbiava nemmeno quando le sue labbra lo tradivano, o quando
si ritrovava a parlare più di quanto non avrebbe fatto
prima. A volte, se ci pensava troppo, lo infastidiva, ma non si odiava
più per questo. Ad essere onesti, questa era la cosa
più vicina alla felicità che Sehun avesse mai provato, e
anche se molto probabilmente non sarebbe durata, perché non
godersela per un po'?
Anche se se ne sarebbe pentito,
per una volta nella vita, perché non poteva essere
così vicino all'essere felice?
(No, disse quella fastidiosa voce
nella sua testa. Non durerà. Ti
porterà solo dolore e delusione. Te la stai cercando. Non
farti questo. Ma Sehun non
l'ascoltò, anche se probabilmente avrebbe dovuto.
Lasciò che la risata di Luhan coprisse quella voce, solo per
un po'.)
Un'ora dopo, Luhan chiese a
Sehun se volesse andare a casa, e Sehun disse di no. Non c'era niente a
casa per lui.
“Grazie per aver
fatto questo per me,” disse Luhan,
facendo un sorriso vincente. “È stato carino da
parte tua. Sono felice che siamo amici.”
Amici. Luhan era suo amico?
Tu non hai amici, disse la vocina irritante.
Per una volta, Sehun si chiese
se quella voce dovesse per forza avere ragione.
Minseok non era sicuro di come
sentirsi quando Luhan si presentò in ritardo al loro punto
di incontro mercoledì prima di cena, ed era ancora meno
sicuro di come sentirsi quando Luhan arrivò dicendo,
“Scusa, non volevo andarmene fino a che Sehun non fosse
tornato a casa.”
“Eri con Sehun?” chiese
accigliato. “Pensavo vi doveste vedere nel primo
pomeriggio.”
Luhan scrollò le
spalle, sorridendo. “Siamo rimasti nel posto del bubble tea
per molto tempo,” rispose.
Minseok si rifiutò
di arrabbiarsi ancora. Si era ripromesso che non sarebbe più
stato così ridicolo. “Oh. Beh, è tutto
okay. Dobbiamo solo affrettarci al ristorante, perché devo
prendere l'insulina e mangiare presto.” Wow, era bello
poterlo ammettere per una volta.
“Ristorante?” chiese
Luhan, anche se era ovvio che avrebbero mangiato, considerata l'ora.
Minseok sorrise e
cominciò a guidarlo in fondo alla strada.
“Già. Ti porto fuori a mangiare.”
“Davvero?” domandò
Luhan, aumentando il passo per non rimanere indietro.
“Perché?”
“Per Natale,” rispose lui,
sorridendo leggermente quando vide gli occhi di Luhan illuminarsi.
“È il mio regalo per te.”
“Ah, ma io non ho niente per te
ancora!” esclamò Luhan, in un misto di eccitazione
e agitazione. “Non pensavo avresti accettato un regalo da
parte mia se lo avessi comprato e non ho ancora avuto tempo di pensare
a qualcosa e—”
Minseok lo interruppe con una
risata. “È tutto okay, Lu,” disse.
“Volevo semplicemente portarti a mangiare fuori per Natale. E
hai ragione, non hai il permesso di spendere soldi per me.”
Lanciò a Luhan un'occhiataccia scherzosa.
Luhan si imbronciò.
“Ma è difficile pensare a qualcosa che non costi
niente,” si lamentò.
“Beh, hai tempo fino
a Capodanno per pensare a qualcosa,” Minseok sorrise.
“Oh, cosa farai a
Capodanno?” chiese eccitato l'amico.
“Organizzo una festa
a casa mia,” gli disse Minseok,
svoltando in un angolo e dando un colpetto alla spalla del ragazzo per
far svoltare anche lui. “Solo il nostro piccolo gruppetto. Le
stesse persone che sono venute al compleanno di Jongdae, a dire il
vero. Non volevo invitare Junmyeon, perché Jongdae mi
avrebbe probabilmente ucciso, ma Baekhyun mi ha chiesto se poteva
invitarlo e ha detto che verrà. Quindi di nuovo noi sette.
Giusto per passare un po' di tempo insieme e fare qualcosa, e se vuoi
puoi anche rimanere a dormire.” Si voltò e gli
fece un sorriso incerto.
“Sembra divertente,” disse Luhan,
illuminandosi. “Verrò di certo.”
“Bene,”
continuò Minseok, annuendo e sentendosi sollevato.
“Per un secondo ho avuto paura che mi scaricassi per
Sehun.” Oh, sembrava decisamente geloso ora.
“Scaricassi?” ripeté
Luhan.
Minseok cercò
un'altra parola. “Abbandonassi,” chiarì.
“Ah.” Luhan
sembrò improvvisamente preoccupato. “Mi chiedo
cosa farà Sehun…”
Minseok fece una piccola
smorfia.
“Ma,” sospirò
Luhan, “Non credo che verrebbe se lo invitassi. Anche se
accetta di venire con me in alcuni posti, le altre persone non gli
piacciono tanto.”
Minseok fece un suono vago.
“Seok-ah…posso
invitarlo comunque? Non penso che verrà, ma voglio
invitarlo, così che sappia che vorrei che ci fosse. Ti
andrebbe bene?” chiese Luhan, guardandolo con gli occhi
sgranati.
Il maggiore lo
guardò, poi distolse lo sguardo. Come poteva dire di no
quando Luhan lo guardava in quel modo? Non avrebbe mai potuto resistere
a quello sguardo. “Sì, certo,” disse,
guardando i negozi che costeggiavano la strada. “Fai
pure.”
Luhan gli sorrise grato.
“Grazie,” canticchiò.
“Ah,” disse Minseok,
fermandosi all'improvviso. “Ecco il posto.
Entriamo.”
Luhan riuscì a
vedere l'insegna prima di venire spinto dentro. “È
cinese!” esclamò.
Minseok sorrise per quanto
sembrasse contento. “Già. Non pensavi che ti avrei
portato in qualche vecchio, noioso ristorante coreano, vero?”
Luhan non rispose, troppo
impegnato ad osservare i dipinti tradizionali cinesi che riempivano il
ristorante. “Tai hao le!” sussurrò. Fantastico!
Minseok ridacchiò.
“Andiamo, sediamoci al tavolo e ordiniamo velocemente, devo
mangiare subito.”
Il ragazzo annuì impaziente, e
lasciarono che una cameriera li accompagnasse ad un tavolo in un
angolo, mentre Luhan chiacchierava in cinese con lei. Ricevettero i
loro menù, e Minseok cominciò a studiarlo con
attenzione. Quella mattina ne aveva portato una copia a casa, e lo
aveva controllato con Kyungsoo, per portarsi avanti. Riso bianco, niente di fritto,
evita le salse, punta ai piatti semplici. “Puoi ordinare un
piatto vegetariano e uno di carne,” disse a Luhan,
“e io farò lo stesso. E puoi portare a casa quello
che avanza.”
Luhan acconsentì
felice, ridacchiando leggermente mentre leggeva tutte le opzioni.
“Beijing kaoya,” mormorò. “Sichuan huoguo, gnam.”
Ordinarono i propri piatti, e
Minseok mosse nervosamente il ginocchio, perché avrebbe
dovuto cominciare a mangiare cinque minuti fa. Non voleva che Luhan si
sentisse in colpa o si preoccupasse, però, quindi non disse
niente, controllando discretamente il cellulare ogni trenta secondi e
vedendo i minuti passare.
Per fortuna, le prime portate
arrivarono poco dopo, e Minseok si affrettò in bagno per
prendere l'insulina. Quando tornò, Luhan lo stava aspettando
pazientemente, sembrando preoccupato ma senza dire niente. Minseok lo
apprezzò.
“Odio i ristoranti,” disse con una
piccola risata, sedendosi e guardando i piatti sul tavolo.
Cominciò a servirsi, cercando di ricordarsi che cosa gli
avesse detto Kyungsoo circa le porzioni. “Così
tante tentazioni.”
Luhan iniziò a
mettere a sua volta il cibo nel proprio piatto, ma Minseok riusciva a
sentire i suoi occhi su di sé, e si agitò
leggermente. Contò i piselli verdi al vapore nel proprio
piatto ossessivamente, poi ne aggiunse un altro.
“Stavo facendo
qualche ricerca,” disse il ragazzo
all'improvviso, prendendo un pezzo di anatra speziata.
“Huh?” chiese Minseok,
sollevando lo sguardo dal piatto.
“In biblioteca,” aggiunse Luhan,
portandosi le bacchette alla bocca. Guardò intensamente
l'amico. “Ci sono andato dopo che sei andato via
Lunedì.”
“Oh.” Minseok era
leggermente distratto dai calcoli mentali che stava facendo, contando i
carboidrati e le calorie. “Cosa stavi cercando?”
“Il diabete,” rispose lui,
e la testa di Minseok si alzò di scatto. Luhan sembrava
leggermente imbarazzato. “Ero curioso di alcune
cose.”
Minseok annuì
lentamente. Non lo biasimava per questo. “Avresti potuto
chiedere a me se avevi qualche domanda,” disse.
“Probabilmente avrei saputo risponderti. O a
Kyungsoo.”
Luhan annuì, poi
disse, “Volevo cercarlo in cinese. È
più facile per me capire.” Minseok pensava che
questa non fosse la sola ragione. “Ho imparato alcune
cose.”
“Tipo?” chiese, cercando
di misurare a occhio quanti grammi fosse un pezzo di pollo.
“Tipo che la maggior
parte delle persone con il diabete non sono così attente
alla loro dieta.”
Minseok sussultò, e
cominciò nuovamente a muovere il ginocchio inconsciamente.
“Oh.”
Luhan spostò la
salsa dalla sua anatra sopra il riso. “Il sito diceva che
molte persone possono mangiare quasi tutto quello che vogliono,
purché non esagerino.”
“Già,” mormorò
Minseok, masticando lentamente il proprio cibo.
“Ero un po' confuso,
perché tu sei sempre così rigido con la tua
dieta. Ma non devi esserlo per forza?”
“Mia mamma è
un'infermiera,” disse Minseok, mettendo in fila i propri
piselli verdi.
“Ma Jongdae una volta
ha detto che è diventata rigida con il tuo cibo solo dopo
che ti sei ammalato,”
puntualizzò Luhan, e Minseok sussultò. Maledetto
Jongdae.
“Ah…sì,
lei, um, è diventava più severa dopo l'accaduto.
Per il diabete, sai. È diventata stra-attenta.”
“Ma lo è
anche Kyungsoo,”
continuò lui, e il ginocchio di Minseok cominciò
a muoversi più veloce. “Perché anche
Kyungsoo è sempre così attento?”
Uno strano, piccolo suono
uscì dalle sue labbra, sembrava quasi un lamento.
“Perché…um…”
Luhan diede un colpo al tavolo
all'improvviso, facendogli sollevare lo sguardo. I suoi occhi erano
inquietantemente intensi. “Seok-ah,” disse piano.
“Basta inventare scuse.”
Minseok si morse il labbro e
prese un profondo respiro. “È solo
che—mi dispiace. Non mi piace parlarne. A casa cerchiamo di
parlarne il meno possibile, e anche Kyungsoo.”
“Perché?” chiese gentilmente
Luhan.
“Perché mi
riporta alla mente cose a cui non dovrei pensare,”
mormorò. “È solo che ho avuto qualche
problema dopo che mi è stato diagnosticato il diabete ed era
davvero, davvero brutta, ma ora sto bene e nessuno ne parla
così che non ci pensi e... è più
facile gestirla in questo modo. Ho solo convinto me stesso e tutti gli
altri che è per mia mamma ed è più
sicuro che le cose rimangano così. Fino a che non ci penso,
tutto andrà bene.” Cercò di fare un
sorriso rassicurante, ma era abbastanza sicuro che fosse uscito
forzato. Sbuffò e riportò l'attenzione al proprio
piatto. “I ristoranti sono terribili,”
mormorò. “Troppo cibo.”
Luhan rimase a lungo in
silenzio, e Minseok non lo biasimò. Non gli aveva detto
nulla in pratica, sempre che Luhan avesse capito metà del
suo discorso. Ma quando alla fine parlò, disse,
“Non dovevi portarmi a cena fuori.”
Oh, cacchio. Ora Luhan si
sentiva in colpa. “No, no, volevo farlo,” disse
velocemente Minseok. “Davvero, volevo farlo. È
solo difficile per me, ma volevo fare qualcosa di
carino per te. Scusa, sto rovinando tutto.”
“No, scusami tu,” ribatté
Luhan. “Ho iniziato io il discorso. Non avrei dovuto farti
tutte quelle domande.”
Minseok scosse la testa,
rifiutandosi di lasciare che si prendesse la colpa. “No.
Avevi un buon motivo per chiedere. Sono poco chiaro, non rispondo mai a
niente. Stavi solo cercando di capire le cose, e io sto solo rendendo
le cose più difficili perché ho dei problemi. Ti
prego non pensare che sia colpa tua, perché è
solo mia.” Guardò l'ora nel proprio telefono.
“E ora devo davvero mangiare oppure sarò nei guai,
quindi possiamo non parlarne più?”
Luhan deglutì
visibilmente. “Sì,” disse.
“Certo. Mangiamo.”
Dopodiché ci fu
silenzio per un minuto, e Minseok si impegnò a fare altri
calcoli mentre si riempiva la bocca. Era noioso e stancante fare tutti
quei calcoli, ma almeno lo distraevano dal pensare ad altre cose.
Quando fu sicuro di non essere più in pericolo, riprese a
parlare. “Allora,
com'è andata a Natale?” chiese, mantenendo un tono
di voce casuale.
Luhan fece una pausa di un
secondo, per poi lanciarsi in un dettagliato racconto, pregno del suo
solito entusiasmo, e Minseok lo apprezzava. Era tipico di Luhan. Era
quello di cui aveva bisogno al momento.
Il resto della loro cena fu
beatamente rilassato. A turno si raccontarono storie circa i Natali
passati e riunioni di famiglia, e Luhan tirò fuori
la macchina fotografica di Kyungsoo per farsi fare una foto con il cibo
e il ristorante alle spalle per il progetto, e Minseok gli
parlò dei piani suoi e di Jongdae per Capodanno, e Luhan era
raggiante. Luhan era sempre raggiante.
Più tardi, mentre si
incamminavano verso casa, Luhan abbracciò Minseok senza
preavviso, e il ragazzo si irrigidì per la sorpresa. Si
ritrasse prima ancora che Minseok potesse reagire. “Grazie per
oggi,” disse, improvvisamente timido. “L'ho
apprezzato davvero.”
Minseok sorrise imbarazzato.
“È stato un piacere,” disse sincero. Ad
essere onesti, nonostante quella breve conversazione che aveva
incasinato le cose, la gratitudine di Luhan compensava tutto.
“Sono felice ti sia piaciuto.”
“Tanto,” disse Luhan,
sorridendo. “È stato il regalo perfetto.”
“Bene,” concluse Minseok.
“Vai a lavoro ora?”
Il ragazzo annuì. “Prima passo a casa
per lasciare gli avanzi,” disse, sollevando la busta con i
contenitori d'asporto che aveva in mano.
“Fai attenzione,” disse Minseok.
“Ci vediamo a Capodanno.”
Luhan annuì.
“Sì. Ci vediamo.”
Detto questo, presero strade
diverse. Mentre Minseok tornava a casa, le mani in tasca,
pensò che nonostante tutto, oggi era stato un successo.
Sarebbe potuta andare meglio – era ancora un po' arrabbiato
per la storia del bubble tea – ma a Luhan era piaciuto. Era
quello l'importante, no?
Che Luhan fosse felice.
Capodanno era sempre una specie
di avventura, non importava chi ci fosse o cosa facessero. Minseok non
era mai stato il tipo di persona che amava le feste scatenate, e ora
che aveva scoperto la diagnosi non aveva nemmeno il permesso di bere
(così come Kyungsoo), ma questo non impedì che le
cose prendessero una piega pazza la sera del 31 Dicembre. I suoi
genitori sarebbero stati fuori tutta la notte, e in casa di Minseok
c'era un pieno di attività, con Baekhyun, Chanyeol e Jongdae
che mandavano giù shottini di soda, e con Luhan e Junmyeon
che avevano cominciato a costruire una fortezza di coperte utilizzando
le sedie della cucina e i mobili del salotto, mentre Kyungsoo cercava
di aiutare Minseok a sistemare la TV vicino al muro senza
però toccare niente. Tutti indossavano
già il proprio pigiama – alcuni di loro erano arrivati indossandolo – e
Chanyeol aveva portato un paio di quelle irritantissime trombette da
festa, e c'erano contenitori con schifezze ovunque. Come c'era da
aspettarsi, Sehun aveva declinato l'invito di Luhan, ma forse era
meglio così, perché non c'era molto altro spazio.
Minseok non aveva mai organizzato una festa di Capodanno
così grande prima, ma sapeva già che sarebbe
stata memorabile.
“No, non mettere ancora il
film,” disse Baekhyun a voce alta, per farsi sentire sopra il
rumore che stava facendo Chanyeol mentre recitava il suo monologo per
la commedia. “Non finirà prima di mezzanotte e
dovremo mettere in pausa per il conto alla rovescia.”
“Facciamo qualche
gioco di società!” suggerì
eccitato Jongdae.
Giocarono a Sorry! dentro alla gigantesca fortezza di
coperte per circa un'ora, fermandosi solo per sistemare il soffitto che
aveva cominciato a cedere. Durante il turno di Junmyeon, Kyungsoo
esclamò all'improvviso, “Sono le 11:58!”
Ci fu una corsa verso il
telecomando, e accesero la TV sul canale che faceva il conto alla
rovescia. Jongdae riempì i bicchieri da vino di tutti con
della Sprite (e Minseok si prese un po' d'acqua) e Chanyeol
distribuì le varie trombette. Tutti gridarono gli ultimi
secondi dell'anno—“Tre, due,
uno!”—e poi sette trombette
cominciarono a suonare all'unisono, e i bicchieri a tintinnare mentre
le bibite venivano bevute, Baekhyun e Chanyeol si abbracciarono,
Jongdae si buttò su Minseok, il quale non poté
fare a meno di ridere per tutto e niente allo stesso tempo. Cinque
minuti dopo ripresero a giocare a Sorry!
Successivamente guardarono un
film, anche se Baekhyun e Jongdae si addormentarono a metà
di esso. Baekhyun si era raggomitolato a terra con la testa sopra le
gambe di Chanyeol, il quale gli accarezzava delicatamente i capelli
mentre continuava a guardare lo schermo, e Jongdae era poggiato su
Minseok. Luhan si era allontanato un attimo per parlare con Yixing su
skype; Minseok l'aveva aiutato a sistemare tutto prima. Quando
tornò alla fortezza, il film era finito, e Junmyeon si era
addormentato contro il divano, mentre Minseok, Chanyeol e Kyungsoo
discutevano su quale film della Disney fosse migliore. Quando
l'orologio segnò le 3 del mattino, Kyungsoo si
trovò un posticino sotto al tavolino in cui passare la
notte, a distanza di sicurezza da tutti gli altri, e Chanyeol
spostò gentilmente la testa di Baekhyun dalle proprie gambe
al cuscino, posando una coperta sul suo corpo e poi sistemandosi
accanto a lui. Minseok svegliò Jongdae per farlo sdraiare
vicino a Junmyeon, il quale si svegliò e accettò
il cuscino che gli stava offrendo Luhan, per poi stiracchiarsi e
rimettersi a dormire. Minseok si
allontanò per prendere il tanto di insulina che gli serviva
per il resto della notte, e poi lui e Luhan si sistemarono nell'unico
spazio del salotto rimasto disponibile, proprio al centro della loro
fortezza, premuti l'uno contro l'altro per la mancanza di spazio.
Questa fortezza non era stata fatta per contenere sette ragazzi
addormentati (specialmente se uno di quei sette ragazzi era Chanyeol).
Minseok di solito prendeva
sonno facilmente, soprattutto dopo una giornata e una notte
così lunga, ma per qualche ragione, il sonno gli
sfuggì quella volta. Rimase sveglio sul pavimento, a fissare
il soffitto di coperte che non riusciva a vedere al buio, e
sentì il braccio di Luhan premere contro il proprio, e forse
la spalla di Jongdae contro il proprio piede. Ascoltò il
respiro di tutti, delicati ma rumorosi per il silenzio del soggiorno.
Chiuse gli occhi e cercò di addormentarsi, ma il suo
cervello rimase testardamente sveglio. Non dormire non era una cosa
buona, perché significava che presto gli sarebbe venuta fame
e non avrebbe potuto mangiare, ma non poteva farci niente. Pensando che
potesse essere colpa della poca aria che circolava là
dentro, o forse solo l'adrenalina che si rifiutava di lasciare il suo
corpo, si alzò in piedi con attenzione e andò in
cucina, versandosi un bicchiere d'acqua e sedendosi sul bancone
perché avevano usato tutte le sedie per costruire il forte.
Si sentì leggermente
meglio ora, poteva respirare e rilassarsi in completo silenzio e al
buio, mentre fissava il tavolo di cucina senza vederlo realmente e
chiedendosi che ora fosse senza però disturbarsi a
controllare. Probabilmente erano le quattro circa. Avrebbe dovuto fare
colazione tra tre ore e mezzo. Il brontolare del suo stomaco gli fece
capire che sarebbe stato difficile aspettare tanto.
Sentì i passi prima
di vedere la persona che li aveva fatti. “Stai
bene?” chiese piano Luhan, la voce poco più di un
sussurro.
“Mmm,” Minseok
annuì. “Non riuscivo a dormire.”
Luhan rise piano.
“Nemmeno io. Non mi sorprende. È stata una nottata
pazzesca. Frenetica.”
Minseok non poté
fare a meno di ridere. Si ricordava ancora il momento in cui aveva
insegnato quella parola al ragazzo, quasi quattro mesi prima.
Luhan si avvicinò a
Minseok, poi fece un cenno verso il bancone. “Posso
sedermi?”
“Certo,” rispose lui,
facendogli un po' di spazio così che potesse saltare su
accanto a lui, così vicino che le loro gambe si toccavano. A
Minseok non dispiaceva quella vicinanza.
“Non ho ancora il tuo
regalo di Natale,” disse Luhan, a
voce bassa e vergognandosi. “Hai detto che avevo fino a
Capodanno.”
Minseok ridacchiò.
Sinceramente non ci aveva nemmeno pensato, mentre Luhan pensava di aver
commesso un vero crimine. “Ti do più
tempo,” disse. “So che sei impegnato. Non
preoccuparti.”
“Te lo
darò presto,” promise Luhan.
“Appena possibile.”
Minseok si limitò ad
annuire, e rimasero seduti in silenzio per un po', ad ascoltare il
ticchettio dell'orologio. Minseok contò i secondi fino a che
Luhan non parlò ancora.
“Mi sono divertito
oggi,” disse piano, con
la voce piena di ciò che sembrava affetto.
“È stato bello, avere tutti riuniti di
nuovo.”
“Già,”
confermò lui. Non si vedevano tutti insieme da quella famosa
gita ad Insadong. Ci fu un altro silenzio e poi Minseok chiese,
“Come passavi di solito il Capodanno in Cina?”
Luhan scrollò le
spalle. “Di solito con Yixing e qualche altro nostro amico.
Oggi c'erano Zitao e Wufan lì, stavano mangiando la
torta.” Sospirò. “Mi piace davvero stare
qui, ma mi mancano.”
Per quanto a Minseok potesse
far piacere che a Luhan piacesse la Corea, nonostante le circostanze,
era sempre stato curioso di una cosa. “Perché
tu e i tuoi genitori ve ne siete andati?”
Luhan sospirò piano,
muovendosi leggermente. “Anche in Cina eravamo
poveri,” ammise. “Mio padre perse il lavoro, e
comunque non avevamo mai avuto tanti soldi. Noi... ah, qual
è la parola? Siamo stati costretti a lasciare la
casa.”
Qualcosa si strinse nel petto
di Minseok.
“‘Sfrattati,’” gli disse
automaticamente.
“Già,
quello. Quindi ci siamo dovuti trasferire,”
continuò Luhan, sembrando triste.
“Ma perché
in Corea? Hai detto che i tuoi genitori
non sapevano una parola di coreano,” evidenziò
Minseok.
Luhan rimase in silenzio per un
secondo prima di rispondere, “C'erano delle
opportunità qui.”
Minseok si accigliò,
sussultando leggermente quando Luhan si poggiò al suo
braccio. “Ma il lavoro dei tuoi
genitori…”
Luhan sbuffò.
“Le cose si sono incasinate,” disse piano.
Minseok si ricordò
di avergli sentito dire la stessa cosa la notte che aveva dormito a
casa sua. Tutto è
così incasinato.
Non fece altre domande. Sapeva
cosa si provava a non voler condividere tutti i propri problemi con
qualcun altro.
“Beh,” disse deciso.
“So che è stata difficile per te, ma io sono
contento che sia venuto qui.”
“Davvero?” chiese Luhan, e la
sua voce era così sincera e speranzosa che Minseok
sentì una stretta al cuore.
“Sì,” riuscì
a dire, nonostante la gola secca. “Lo sono davvero.”
Luhan posò la testa
sulla sua spalla allora, e i capelli scompigliati gli solleticarono il
mento, e sussurrò, “Grazie, Minseok.”
Minseok deglutì a
fatica, poi inclinò la testa per posarla su quella del
ragazzo, sentendo che potesse significare qualcosa, ma non potendo
essere sicuro di nulla a quest'ora della notte, quando tutto sembrava
un sogno. “Quando vuoi, Lu,” sussurrò in
risposta.
Non si ricordava di essere
sceso dal bancone, o di essere tornato alla fortezza di coperte, ma
diverse ore dopo si svegliò al suono della sua sveglia, che
gli diceva che era ora di andare a mangiare, e Luhan era lì,
il viso a pochi centimetri di distanza, e ci volle qualche momento
perché il suo cervello ancora mezzo assopito si ricordasse
che non era un angelo.
A volte, era così
facile sbagliarsi.
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Capitolo 17 *** Capitolo 15 ***
Minseok aveva una relazione di
amore-odio con l'inizio della scuola dopo le vacanze. Una parte di lui
se la faceva addosso, perché sapeva che ci sarebbero stati
altri esami per cui studiare e altri compiti da fare, e in generale
tanto stress e sofferenza. Ma a un'altra parte di lui piaceva quella
routine; la certezza dei pranzi programmati e delle pause per la
merenda, il sapere sempre dove essere e cosa fare. E poi a scuola
c'erano tutti i suoi amici, quindi un punto in più. E
comunque, non è che anche durante le vacanze avesse potuto
dormire fino a tardi, dato che doveva svegliarsi presto per fare
colazione. Quest'anno era un po' più impaziente di tornare a
scuola perché lì ci sarebbe stato Luhan, e non lo
vedeva da quando il ragazzo aveva lasciato casa sua a Capodanno. Si
sentiva un po' in colpa a lasciare Kyungsoo, però. Il
più piccolo aspettava sempre con impazienza l'inizio delle
vacanze perché significava che avrebbe passato meno tempo da
solo.
La mattina del primo giorno di
scuola fu probabilmente il più freddo di quell'inverno, e
Minseok pensò che il naso gli si sarebbe potuto congelare
mentre camminava verso scuola, ma era più che altro
preoccupato del fatto che Luhan non aveva una sciarpa, e di sicuro ne
aveva bisogno. Si chiese vagamente se fosse troppo tardi per continuare
a mettere regali nel banco del ragazzo.
Quando arrivò in
classe, però, Luhan era già lì
(fortunatamente non ibernato), e ancora più
sorprendentemente, c'era una piccola scatolina sul banco di Minseok.
Scivolò al proprio posto e la guardò impassibile. “Cos'è
questa?” chiese.
Luhan ridacchiò
piano. “È un regalo di Natale.”
Minseok lo guardò.
“Da parte tua?”
Luhan sorrise timidamente,
annuendo. “Perché non lo apri e vedi
cos'è?”
Senza dire una parola, Minseok
disfò il fiocco e strappò la carta da regalo
argentata, poi aprì la scatola e finalmente
guardò dentro. Lì, in mezzo a qualche foglio di
carta velina, c'era una tazza, coperta da scritte nere e scarabocchi.
La sollevò e se la rigirò lentamente tra le mani. Il
caffè fa bene all'anima,
diceva in inglese, sotto ad un
disegnino carino di una persona che teneva in mano una tazza fumante.
Era circondato da piccoli cuori neri e scarabocchi, e dall'altra parte,
c'era un breve messaggio scritto con una calligrafia familiare. Buon
Natale, Seok-ah! Ho sentito dire che
ti piace il caffè, hehe ^^ Usala spesso! ~Luhan
Minseok guardò Luhan
sorpreso. “Come facevi a sapere che mi piace il
caffè?” chiese.
Luhan sorrise timido.
“Me l'ha detto Kyungsoo,” rispose. “Mi ha
anche fatto da sponsor per il regalo. Ma è costato solo
1,000 won, giuro! E mi ha aiutato a cuocere la tazza, ma io ho fatto i
disegni e la scritta!”
Minseok sorrise per la sua
sincera spiegazione. “Il caffè era una delle poche
cose che mi piacevano e che potevo bere dopo aver ricevuto la
diagnosi,” disse. “Ma quando hai visto
Kyungsoo?”
Luhan abbassò la
testa con una risatina nervosa. “Sabato,” ammise.
“L'ho chiamato per chiedergli cosa potessi fare per te, e mi
ha invitato a casa sua.”
Minseok sputacchiò
leggermente. “Sei stato a casa di Kyungsoo e non lo
sapevo?”
“Doveva restare un
segreto,” rise Luhan.
“Non avresti dovuto saperlo.” Guardò la
tazza. “Ti piace?”
Minseok se la portò
al petto. “La userò ogni giorno,”
promise drammaticamente. Poi, più seriamente, aggiunse,
“È fantastica, Lu. Davvero, grazie.”
Luhan si illuminò
felice. “Prego,” cinguettò, per poi
voltarsi sembrando orgoglioso.
Minseok non poté
fare a meno di sorridere mentre riponeva con attenzione l'oggetto nella
scatola per poi posarla dentro al banco. “Cos'altro hai fatto
alle mie spalle?” chiese scherzando.
Luhan rise. “Cose
terribili,” disse. “Lavoro, più che
altro. Una volta mi sono incontrato con Jongin.”
“Jongin?” Minseok si
accigliò leggermente. “Voi due vi incontrate fuori
da scuola? Non sapevo foste così amici.”
“È stata la prima
volta. Non siamo così in confidenza in realtà,
sai, ma mi piacerebbe.” Sorrise, scarabocchiando sul
quaderno. “Vorrei poterlo conoscere meglio. Sembra davvero
interessante.”
“Sembri una delle sue fangirls,”
borbottò Minseok senza pensarci.
Luhan rise. “Sembro
Jongdae che parla di Junmyeon,” lo corresse. Alzò
di un tono la propria voce, lamentandosi, “È
solo ammirazione,
hyung!”
Minseok sapeva che avrebbe
dovuto ridere per quell'imitazione, ma la risata gli rimase bloccata in
gola. Invece forzò un sorriso. “Quindi stai
dicendo che hai una strana cotta adolescenziale, ma per Kim
Jongin?” chiese, e la sua voce era scherzosa, ma attese la
risposta senza fiato.
Tutto ciò che Luhan
disse, però, fu, “Ahh, chi sa
davvero cosa prova Jongdae? Quel ragazzo, anche se avesse una cotta,
non lo ammetterebbe mai.”
Minseok sentì
l'istinto di chiedere ancora a Luhan (“Ma
che mi dici di te? Ti ho fatto una domanda.”)
ma immaginò che
probabilmente non avrebbe dovuto. A dire il vero, improvvisamente non
era nemmeno più sicuro di voler sapere la risposta.
L'irritante vocina di Jongdae
si infiltrò nei suoi pensieri. “Solo
perché tu sei attratto dai ragazzi non significano che anche
gli altri lo siano.”
Ovvio. Minseok doveva smettere
di pensare che lo fossero. Gli rendeva solo tutto più
difficile.
Sehun aveva imparato tempo fa
che era più o meno impossibile evitare Kim Jongin. Erano
nella stessa classe, tanto per cominciare, il che significava che, che
gli piacesse o meno, sarebbe stato costretto a stare nella stessa
stanza con lui per la maggior parte della giornata. Poteva scappare
durante le pause, ma pranzava sempre nello stesso posto, e non ne
voleva cercare un altro solo perché Jongin aveva invaso
questo (perché Sehun si rifiutava di mostrare quel tipo di
debolezza). Persino durante le vacanze, quando pensava di potersi
prendere una pausa da Jongin, il ragazzo si era presentato a casa
sua, con i suoi infiniti
sorrisi e la sua voce allegra e i suoi continui sforzi di
contrattaccare l'irritabilità di Sehun. Non era tornato dopo
la Vigilia di Natale, ma non appena rientrarono a scuola,
continuò con la sua solita routine, cercando di fare
qualsiasi cosa stesse facendo con lui.
Di solito, Sehun riusciva
almeno a filarsela da scuola prima che Jongin (o Luhan, anche se ormai
non cercava più di evitarlo) lo raggiungesse e lo
costringesse a fare qualcosa insieme. Ci era riuscito per i primi due
giorni dopo le vacanze, ma il giovedì dopo scuola, Sehun
sentì una mano afferrargli il gomito mentre prendeva le
proprie cose dall'armadietto.
La sua reazione fu istintiva e
istantanea, girando su se stesso e sottraendo il braccio dalla presa
del suo assalitore, prima di sollevare le mani in difesa. Quando vide
che era Jongin, però, le abbassò e si
voltò nuovamente verso l'armadietto. “Cosa,”
disse impassibile.
Jongin rimase in silenzio per
un momento, ovviamente colto di sorpresa dalla sua reazione.
“Um. Scusa, non volevo spaventarti così.”
Sehun si limitò a
fare un suono vago, avvolgendosi la sciarpa al collo.
“Comunque. Hey! Mi
stavo chiedendo se ti andrebbe di andare da qualche parte con me.” Sehun riusciva a
immaginare il sorrisetto sghembo di Jongin ancora prima di vederlo.
“Non proprio,” rispose
Sehun.
“Awww, andiamo,
Sehun,” lo implorò Jongin. “Non ci
vediamo da quanto, due settimane? Dobbiamo recuperare.”
“Niente affatto,”
disse Sehun, mettendosi lo zaino in spalla e sperando di colpire Jongin
(non ci riuscì).
“Certo che dobbiamo!” ribatté
deciso il ragazzo. “Voglio sapere come sono andate le tue
vacanze. Non ti sei ammalato, vero? Mia sorella è stata male
a Natale, stava malissimo. Ma tu non ti sei ammalato vero? Ti ho detto
di prenderti cura di te stesso.”
Sehun alzò gli occhi
al cielo e chiese, “Continuerai a stare qui e a blaterare di
niente per sempre?”
“No,” negò
lui. “Ti porterò a bere qualcosa, e poi
blatererò di niente,
e tu mi racconterai delle tue vacanze.”
E forse Sehun sapeva che
sarebbe stato inutile rifiutare, o qualcosa del genere,
perché si ritrovò a voltarsi verso Jongin
sospirando,
“D'accordo.”
“Fantastico!” esclamò
il ragazzo, allungando una mano e afferrando il gomito di Sehun proprio
come aveva fatto prima. Sehun si irrigidì ancora per il
tocco improvviso, ma questa volta non si ritrasse.
“Andiamo!”
Finirono in uno di quei piccoli
café in cui erano già stati qualche volta, e
Jongin disse che gli piaceva perché non c'era quasi mai
nessuno, quindi gli sembrava più intimo. Sehun non lo disse,
ma anche a lui piaceva per lo stesso motivo. Ordinarono due cioccolate
calde alla cannella e Jongin, come al solito, posò il mento
sulla mano e sorrise. “Allora, come hai
passato il Natale?”
Sehun odiava i minuti che
doveva aspettare per ricevere la propria ordinazione. Non aveva niente
con cui tenere le mani e gli occhi occupati.
“Bene,” rispose, muovendosi leggermente sulla
sedia. “Tranquillo.”
“Luhan-ssi mi ha detto qualcosa
circa tuo fratello e il dolce di Natale,” disse Jongin.
Sehun si bloccò
leggermente, aggrottando le sopracciglia. Quando avevano parlato lui e
Luhan? E perché avevano parlato di lui? Invece di fargli
quelle domande, o rispondere a quella di Jongin, disse, “Non
è mio fratello.”
Jongin sbatté le
palpebre sorpreso. “Ah no?” chiese. “Era
lui alla porta quando sono passato da te, giusto? Pensavo fosse tuo
fratello.”
“Beh, non lo
è,” rispose secco
Sehun.
Jongin annuì.
“Non pensavo
ti assomigliasse,”
riprese, sembrando orgoglioso di averlo notato. “Chi
è allora?”
E se Jongin fosse stato Luhan,
allora Sehun avrebbe semplicemente detto la verità,
avrebbe semplicemente ammesso quello che Luhan già sapeva ma
sembrava dimenticarsi o fingere di dimenticarsi, ma questo era Jongin.
E Sehun sentiva un profondo, inspiegabile rancore nei suoi confronti,
nonostante fosse sempre così paziente e dicesse sempre cose
carine e gli offrisse da bere e gli dicesse di prendersi cura di
sé; Jongin, che era stata l'unica persona oltre alla sua
madre affidataria e a Luhan ad avergli fatto un regalo di Natale, e
l'unica altra persona che gli aveva chiesto come fossero andate le sua
vacanze, e l'unica altra persona a cui interessasse qualcosa di lui.
Luhan era un conto – non aveva avuto altri amici quando aveva
cominciato a conoscere Sehun, aveva detto di sapere cosa si provasse a
non avere amici – ma Jongin era diverso. Jongin era popolare,
Jongin non aveva bisogno
di Sehun. Quindi
perché era sempre così fantastico e gentile
mentre lui era il completo opposto? Faceva arrabbiare Sehun
semplicemente per il fatto di essere se stesso.
“Non ha importanza,”
mormorò, sentendo il desiderio di nascondersi dietro la
tazza. Perché oggi ci stavano mettendo così tanto
a portare le ordinazioni?
“Oh. Okay,” disse
Jongin, e Sehun lo odiò per non aver insistito. Odiava
Jongin per non aver cercato di farglielo dire, così come
odiava Jongin per averlo chiesto. “Allora cosa hai fatto a
Capodanno?”
Continuò
così a lungo – Jongin faceva le domande, Sehun non
rispondeva e Jongin riempiva il silenzio con storie vivaci e risatine
imbarazzate e altre domande. Cosa hai fatto con tutto quel tempo
libero? Hai letto qualche buon libro? Hai visto qualche film? Che tipo
di film ti piacciono? Hai fatto un po' di ripasso durante le vacanze?
Io no. Eri un bravo studente nella tua vecchia scuola? Le risposte di
Sehun erano sempre vaghe, non dicevano mai nulla, e non erano mai
più di qualche parola. Quando Jongin gli lanciò
un'occhiataccia scherzosa dopo l'ennesima risposta insoddisfacente,
qualcosa in Sehun scattò.
“Perché
vuoi sempre sapere cose su di me?” chiese, con un
tono un po' più brusco di quanto non avrebbe voluto.
Jongin rimase un attimo
scioccato. “Perché è questo quello che
fai con gli amici. Impari a conoscerli,” rispose, come se
fosse ovvio.
Sehun fece una smorfia.
“Noi non siamo amici.”
“Beh, è
per questo che continuo a provare,” disse Jongin, con
voce allegra ma chiaramente forzata.
“Quindi cosa vuoi che
faccia?” chiese Sehun,
stringendo la tazza fra le mani. “Che ti dica tutto su di me?
È così che le persone si fanno degli
amici?”
Jongin scrollò le
spalle, ancora sorridente. “Immagino di
sì.”
“E poi cosa succede?” continuò
Sehun. “Menti, ti fai passare per una persona completamente
diversa? Se dici la verità, se ne andranno.”
Il sorriso di Jongin si spense, e
aggrottò le sopracciglia. “Io non me ne
andrò.”
“Nemmeno quando te lo
chiedo,” grugnì Sehun, abbastanza forte che Jongin
lo sentì. Poi aggiunse, “Non ti piacerò
quando mi conoscerai.”
Jongin piegò la
testa di lato. “Mettimi alla prova.”
“Non
ti piacerò,” ripeté Sehun.
“Ti pentirai di avermelo chiesto. Non vorrai essermi amico se
te lo dirò.”
“Non penso sia
così,” disse Jongin con
voce ferma. “Penso di conoscerti abbastanza bene da sapere se
mi piacerai o meno.”
E qualcosa nel modo in cui
Jongin sembrava così sicuro,
e nel modo in cui probabilmente
aveva supposto cose su di lui che erano lontane dall'essere vere, fece
esplodere Sehun. Sembrava che tutto si riversasse dalla sua bocca in
una valanga di emozioni represse, e fu tutto incasinato e disastroso. “Tu non sai niente
di me, Kim Jongin. Pensi di
sì, ma non
è così.
Non sono così senza ragione. Non sono
così perché voglio
esserlo. Ma a chi potrebbe
piacere il ragazzino che nessuno vuole – che nessuno
ha mai voluto? Non essere amico
di Sehun. È un bambino adottato. Suo padre l'ha lasciato e
sua madre è in galera. È strambo e indossa
vestiti brutti, non si lava abbastanza e ha un difetto di pronuncia.
Nessuno vuole Sehun.” Qualcosa cominciò a bruciare
negli occhi di Sehun, e sbatté velocemente le palpebre.
“Sai per quanti anni sono stato preso di mira e bullizzato?
Sai quante volte sono stato mandato a casa con un naso sanguinante,
solo per essere sgridato da persone che non erano i miei veri genitori?
Nessuno mi vuole, Jongin, quindi smettila di
fingere che tu sia diverso.”
Jongin lo fissò,
ovviamente scioccato e senza sapere cosa dire. Sehun deglutì
a fatica, sentendosi improvvisamente esausto e scarico, e quando Jongin
si allungò per toccargli un braccio, si ritrasse e si
asciugò gli occhi. Sehun non piangeva da anni. Si era
ripromesso che non avrebbe più pianto. Odiava piangere.
“Non mi toccare,”
singhiozzò.
“Sehun…”
disse piano Jongin, con gli occhi spalancati e lucidi. “Non
lo sapevo—”
Sehun sbuffò.
“Lo so che non lo sapevi. Non te l'ho detto per un
motivo.” Distolse lo sguardo, posandolo sul muro accanto a
sé. “Puoi andartene ora, sai. Non mi importa. Ci
sono abituato.” Jongin fece un suono, come se stesse per
iniziare a parlare, ma Sehun lo interruppe. “È
più facile passare inosservato. Erano sempre le persone come
te che mi notavano, comunque. Quelli popolari, con tutta la scuola alle
spalle. Quelli con una specie di immunità sociale. Erano
sempre le persone come te, qualunque fosse la scuola che frequentavo.
Ecco perché le evito.”
Quando Sehun sollevò
lo sguardo, Jongin aveva la bocca spalancata. “Io—Io
non sono così,” insistette con
sincerità. “Sehun, non sono così. Non
farei mai, mai, una cosa del genere.
E,” aggiunse deciso, “Non me ne andrò.
Su questo ci puoi contare.”
Sehun fece una risata amara.
“Sì certo,” disse. “Non devi
mentire. So cosa succederà ora.”
“Non me ne
andrò,” ripeté
Jongin, così seriamente che Sehun quasi gli credette, per un
secondo. “Lo prometto.”
“Non fare promesse
che non puoi mantenere,” ribatté
Sehun, alzandosi e infilandosi il cappotto. “E ti prego di
lasciarmi in pace.”
Una mano afferrò il
braccio di Sehun per la terza volta quel giorno. Il ragazzo
sussultò ma si fermò, fissando il pavimento. “Non deve essere
per forza così,” disse disperato Jongin.
“Non me ne voglio andare. Dico davvero, non vado da nessuna
parte.”
Sehun sfilò il
braccio dalla presa di Jongin, senza sollevare lo sguardo.
“Questo è quello che dici ora,” rispose,
e poi oltrepassò la porta, lasciando Jongin solo nel
café.
Ci volle un'intera settimana
perché Minseok pensasse a dove avrebbe potuto portare Luhan
per un'altra escursione relativa al progetto. Luhan non sapeva molto di
Seoul, quindi gli chiedeva sempre suggerimenti su dove fare le foto, ma
era difficile farsi venire qualche idea, specialmente in inverno.
Minseok sentiva che sarebbero dovuti essere posti unicamente coreani,
visto che era su questo che si basava il progetto di Luhan, ma la
maggior parte dei luoghi turistici a Seoul erano all'aperto o bisognava
pagare per entrare. Era determinato a farsi venire qualcosa in mente
però, e quando la scuola finì quel
giovedì, era ben preparato.
“Da questa parte, da
questa parte,” gli disse mentre
saltellava sul marciapiede davanti a Luhan, il quale lo stava
riprendendo con la fotocamera di Kyungsoo. Non avrebbe potuto usarlo
per il progetto, quindi Minseok non era sicuro del perché lo
stesse facendo, ma si voltò e gli sorrise comunque, con il
respiro che si trasformava in piccole nuvolette.
“Arrivo,” rise Luhan,
raggiungendolo. “Dove stiamo andando?”
“Vedrai,” gli
assicurò Minseok, camminando all'indietro così da
poterlo guardare e sperando di non scontrarsi con nessuno.
“È qui da qualche parte, ne sono sicuro.”
“Non sai nemmeno
dov'è di certo?” chiese lui.
Minseok fece una smorfia.
“Non ci sono mai stato ad essere sinceri,” ammise.
“Ma lo vedo ogni volta che passo. Penso che sia vicino alla
bancarella di ddeokbokki dove andavo sempre.” Fece una pausa,
poi disse, “O forse vicino a quella di odeng
…”
Luhan rise. “Beh
sbrigati a trovarlo, fa davvero freddo.”
“Si congela!”
canticchiò Minseok, perché sapeva che Luhan stava
cercando di imparare nuove parole.
“Si congela!” ripeté
Luhan, copiando l'esatta intonazione e facendo ridacchiare l'amico.
“Oh!” disse Minseok un
momento dopo, voltatosi per guardare davanti a sé.
“Eccolo!”
Il negozio in cui lo aveva
portato Minseok era piccolo e caratteristico, con una luce soffusa e
una dolce musica. C'era un acquario con dei pesci rossi in un angolo, e
la tappezzeria ricopriva i muri tra gli scaffali di vasi e altra
ceramica. Invece di normali tavoli e sedie, il pavimento era ricoperta
da cuscini e piccoli tavolini in legno.
“Cos'è
questo posto?” chiese Luhan,
abbassando la voce come se spaventato di poter disturbare la quiete.
Minseok sorrise.
“È una casa da tè,” rispose.
“Tradizionalmente coreana. Sono sicuro che solo gli anziani e
gli hipsters ci vengano, ma ho pensato sarebbe potuto essere figo, no?
Come un'autentica esperienza coreana o qualcosa del genere.”
Luhan si guardò
intorno meravigliato, gli occhi spalancati, e un'anziana signora
gentile venne a chiedere loro di togliersi le scarpe e di sedersi,
indicando un menù scritto in bianco su una lavagna.
“Ordina tu,” disse Minseok,
sorridendo. In passato, aveva sempre ordinato per entrambi, dato che
Luhan non era sicuro del proprio coreano al di fuori della scuola.
“Leggimi il menù.”
“Ma le lettere sono
tutte strane,” disse Luhan,
socchiudendo gli occhi e accigliandosi.
“Prova,” lo
incoraggiò Minseok.
“Tè
allo zenzero?” lesse incerto Luhan. Minseok
annuì. “È jiang
cha?”
Minseok annuì
ancora, sorridendo. “Esatto,” disse orgoglioso.
Luhan annuì e
sorrise. “Tè
alla prugna,” disse poi.
“Non so cosa sia.”
“Un piccolo frutto
rotondo,” spiegò
Minseok. “Viola, dolce.”
“Ah!”
esclamò lui. “Lizi.”
Luhan lesse l'intero
menù – non c'erano tante cose – e fece
del suo meglio per tradurlo, e poi ordinarono una tazza ciascuno, dopo
che Minseok gli assicurò che aveva il permesso di berlo,
purché non ci mettesse troppo zucchero. Quando ricevettero i
loro tè qualche minuto più tardi, servito in
tazze pesanti e con delle tortine di riso, Luhan tirò fuori
la macchina fotografica per fare qualche foto.
“Perché
stai fotografando me?” chiese Minseok
quando vide l'obiettivo puntato su di sé, mentre sorseggiava
dalla propria tazza. “Il progetto dovrebbe essere su di
te.”
Luhan sorrise, guardando il
piccolo schermo. “Non tutti gli scatti che faccio sono per il
progetto,” rispose. “Alcuni sono per me.”
Minseok tenne la tazza vicino
alle labbra anche dopo aver preso un sorso per nascondere il rossore
che gli tingeva le guance.
Erano le uniche persone nel
negozio, ma a nessuno dei due sembrava dar fastidio, mentre bevevano il
loro tè e Luhan mangiava i dolcetti. Il tavolo che li
separava era piccolo, e qualche volta i piedi del ragazzo si
scontravano con Minseok quando si muoveva, ma nemmeno quello gli
dispiaceva.
Tra una storia stupida e
l'altra e tra varie risatine, però, Luhan posò il
mento su una mano, chiudendo l'altra attorno al manico della tazza, e
guardò Minseok con un sorriso prima di dire, “Mi sembra di
essere ad un appuntamento.”
Minseok si bloccò
immediatamente, sentendo le guance avvampare.
“Cosa?” chiese.
Luhan rise e scrollò
le spalle. “Halmeoni!” chiamò la
proprietaria del negozio, che stava innaffiando le piante lì
intorno. “Sembriamo una coppia carina?”
L'anziana donna
sollevò lo sguardo e sorrise con indulgenza.
Luhan ridacchiò, e
Minseok sentì il viso diventare sempre più rosso.
Sinceramente non sapeva davvero come rispondere. Il suo cervello doveva
essersi ammutinato, perché non riusciva a pensare ad una
sola cosa da dire, e Luhan tornò semplicemente a bere il
proprio tè come se niente fosse successo, mentre Minseok
boccheggiava come un pesce.
“Una volta io e i
miei genitori siamo andati al mare insieme alla famiglia di Yixing…” stava
dicendo lui, ma Minseok lo stava a malapena ascoltando
perché ora che ci pensava, sembrava davvero un appuntamento. La musica
leggera e le luci soffuse, l'intimità del luogo, le
chiacchiere sussurrate, il modo in cui Luhan si era arreso al fatto che
le loro gambe si scontrassero e ora teneva i piedi posati contro le sue
ginocchia. Ora che Minseok stava osservando, notò il modo in
cui Luhan gli stava sorridendo da sopra la tazza, e il modo in cui le
sue dita calde sfiorarono la mano di Minseok quando silenziosamente
prese il suo tè senza chiedere se poteva prenderne un sorso,
gli occhi socchiusi in scherzose mezze lune. E ora la parte del
cervello di Minseok che non era sotto il suo controllo stava cercando
disperatamente di capire se Luhan si comportasse o meno così
anche con le altre persone, se trattasse gli altri suoi amici nello
stesso modo in cui trattava lui, e sapeva di doversi fermare prima di
perdere la testa, ma per qualche ragione non ci riuscì. (Non aveva mai toccato
Kyungsoo – non poteva farlo – ma toccava Sehun?
Minseok non lo sapeva, di solito evitava di guardarli quando parlavano
in mensa, e fuori da scuola non li aveva mai visti interagire. Luhan
sorrideva sempre così? Sorrideva sempre per tutto,
sì, ma sorrideva in questo
modo? Minseok doveva davvero
smetterla.)
Non tutti sono attratti dai
ragazzi, si ripeté Minseok
più e più volte. C'è
differenza tra l'essere a proprio agio avendo un amico gay e l'essere
interessato a lui. Una grande differenza.
Ad essere sinceri, dopo che
Minseok aveva ammesso a Luhan di essere gay, non ne avevano
più parlato, a parte quando aveva spiegato perché
non fosse mai uscito con qualcuno al compleanno di Jongdae. Luhan non
aveva mai tirato fuori l'argomento, e di certo non lo avrebbe fatto
lui. A volte, Minseok si chiedeva persino se se ne ricordasse.
Ci pensava quando lo
abbracciava o gli toccava il braccio o gli faceva un complimento? Ci
pensava dopo, realizzando che forse non avrebbe dovuto fare tutte
quelle cose, per poi sentirsi a disagio? Era una delle cose per cui
Minseok provava più ansia, essendo un ragazzo gay con tanti
amici maschi. Sapeva di non doversi preoccupare di Jongdae o Kyungsoo,
ma era diverso con Luhan, tutto era diverso con lui. Era terrificante.
Ma Luhan non era sembrato a
disagio dopo aver fatto quella battuta (era una battuta?), e forse era
quello, più di tutto, a mandare fuori di testa Minseok.
Mentre il ragazzo continuava a raccontare la storia del mare,
sorridendo e facendo varie esclamazioni in cinese, punzecchiando la
gamba di Minseok con un piede, Minseok sentiva di voler urlare, Lo
sai che sono gay, vero? Perché ti comporti in questo modo
quando io sono gay e tu sei perfetto? Non è giusto, non va
bene, la devi smettere, mi rende le cose difficili.
Ma non disse niente, come
sempre. Infatti, spiccicò a malapena parola per il resto del
tempo che passarono alla casa da tè, e se Luhan l'aveva
notato, non disse niente al riguardo.
Più tardi, quando
lasciarono il negozio, Luhan guardò le foto scattate e
commentò alcune di esse, continuando a sorridere. “Guarda
questa,” disse, mostrando lo schermo a Minseok, che diede uno
sguardo. “Il pesce continuava a fissarmi. Sembrava
così sorpreso, come se non entrassero mai clienti o qualcosa
del genere.” Rise, e Minseok forzò una risatina
semi-normale. “Ohh, questa è carina. Guarda,
Seok-ah, sei venuto così bene qui. La luce che passava dalla
finestra ti colpiva proprio nel modo giusto, non credi?”
Non dire queste cose.
È sin troppo facile per me fraintendere.
“Che ne pensi di—oh, è
Jongin.”
La testa di Minseok scattò in
alto, e vide Jongin dall'altra parte della strada, e a quanto pare
anche lui li aveva appena notati. Sembrava un po' ansioso,
guardò il marciapiede e si morse il labbro, ma poi
sembrò prendere una decisione e li salutò prima
di attraversare velocemente la strada e chiamare Luhan.
“Hai bisogno di
qualcosa, Jongin?” chiese
Luhan quando il più piccolo si avvicinò.
Jongin guardò in
fondo alla strada, poi si voltò e annuì.
“Sì, um… posso parlarti un
attimo?”
“Certo,” rispose Luhan,
mettendosi la fotocamera al collo.
Jongin lanciò uno
sguardo a Minseok, che stava fingendo di non fissarlo. Poi si
rigirò verso Luhan. “Possiamo andare in un posto
un po' più privato?”
Il maggiore guardò
Minseok con occhi grandi. “Um. Ti va bene se
vado con lui, Seok-ah?” chiese.
Minseok non riusciva nemmeno a
capire cosa fosse quella sensazione che gli aveva invaso lo stomaco,
vuoto e pieno allo stesso tempo. “Sì,
certo,” rispose, e la sua voce suonò stranamente
cupa. “Fai come ti pare.”
Il sorriso di Luhan era allegro
e pieno di gratitudine. “Okay. Possiamo
andare, allora. Ciao, Minseok. Grazie per avermi portato alla casa da
tè, è stato carino.”
Minseok distolse lo sguardo e
scrollò le spalle. “Era per il
progetto,” disse, senza nemmeno sapere il perché.
“Lo so, ma
è stato comunque carino,”
continuò Luhan. “Ci vediamo domani,
okay?”
“Sì,” disse Minseok, e
fece un cenno di saluto mentre Luhan si allontanava con Jongin. Li
guardò camminare per un momento, e proprio prima di
voltarsi, vide Luhan toccare il gomito del più piccolo.
Beh. Questo rispondeva alle sue
domande, allora.
Sehun davvero, davvero,
non voleva vedere Jongin dopo
essere scoppiato giovedì pomeriggio. Infatti, non voleva
vederlo mai più. Ma sfortunatamente, aveva ancora scuola il
venerdì (e ci doveva andare, oppure sua madre adottiva si
sarebbe arrabbiata), e Jongin era ancora nella sua classe.
Apparentemente,
però, anche Jongin non voleva più vedere Sehun, o
aveva davvero gettato la spugna – che era quello che aveva
sempre voluto lui, no? - perché quella mattina non
andò a salutarlo, non cercò di intercettarlo
prima che scomparisse per la pausa, non si offrì di essere
suo compagno per geografia, e non apparve nemmeno sulla linea visiva di
Sehun, dato che sedeva nel banco dietro di lui. Non importava quale
fosse il motivo per cui lo stesse lasciando in pace, ma Sehun
provò un mix di emozioni, la più forte tra le
quali era il sollievo. Aveva passato l'intera serata precedente a
maledirsi per essersi fatto sfuggire così tanto, soprattutto
quando la maggior parte delle cose che aveva detto potevano essere
usate contro di lui, quindi il fatto che Jongin gli stesse lontano lo
faceva sentire un po' meglio. Davvero, era così.
Solo che il fatto che Jongin si
fosse davvero arreso gli faceva sentire anche altre cose, ed erano
molto meno piacevoli del sollievo. Gli
hai detto tu di lasciarti in pace, si ripeté
acidamente. Sapevi
che se ne sarebbe andato. Eri pronto a questo, ti è
già capitato in passato, se ne vanno sempre, Jongin non
è l'eccezione. Volevi che se ne andasse.
Ma aveva promesso che non
l'avrebbe fatto.
Quando Sehun si sedette al
solito tavolo, a pranzo, non c'era nessuno ad aspettarlo. Certo che non
c'era. Tirò fuori il proprio pranzo, fissò il
muro, bloccò il suono degli studenti che lo circondavano.
Anche se sembrava uno di loro, era spontaneamente separato. Non era
parte di loro, non lo sarebbe mai stato.
Jongin non venne a sedersi con
lui, e Sehun non si voltò per guardarlo.
Erano passati ben dieci minuti
dall'inizio della pausa pranzo quando qualcuno chiamò il suo
nome.
“Sehun-ah?”
Sehun non distolse lo sguardo
dal muro quando Luhan prese posto davanti a lui con esitazione. Non
vide il modo in cui il maggiore si stava mordendo il labbro, o come lo
stava guardando con gli occhi spalancati.
“Sehun-ah?” lo chiamò ancora
“Cosa,” rispose Sehun,
masticando lentamente. Anche
Luhan se ne andrà alla fine. È solo una questione
di tempo, davvero.
“Io—ho parlato con
Jongin, ieri,” disse piano Luhan.
Sehun si irrigidì
immediatamente, serrando la mascella sentendo la paura attanagliargli
lo stocamco. Non disse niente, non guardò il ragazzo di
fronte a sé, aspettò semplicemente che
continuasse.
“Lui... mi ha
raccontato cosa gli hai detto.”
L'indignazione scorreva nelle
vene di Sehun. Chiuse i pugni così forte che le unghie gli
scavarono i palmi delle mani. “Non aveva alcun
diritto,” disse con voce roca e strozzata. “Non
aveva alcun diritto di dirlo a te, o a nessun
altro.”
“No, Sehun,
ascolta—”
“No, stai
zitto. Lo sapevo
che sarebbe successo. Sono un
idiota, io – ovvio
che l'ha detto a tutti. Sapevo
che non avrei dovuto parlargliene, non avrei nemmeno mai dovuto
lasciare che lui
parlasse con me, succede sempre.
Ma è così
che deve andare, no?” Ancora una volta le lacrime gli scesero
lungo il viso, e questo rendeva Sehun così arrabbiato.
“Sapevo che l'avrebbe
detto ad altre persone, è quello che fanno i tipi come lui.
Non appena scoprono che genere di persona sei lo dicono a tutti, e tu
finisci per essere il più grande perdente della scuola.
Accade. Ogni. Volta.
Sono tutti uguali, no? Sapevo
che non avrei mai dovuto lasciare che si avvicinasse a me.”
Si asciugò con forza le lacrime, prese un profondo respiro e
fece per alzarsi.
“Sehun, no,”
disse Luhan, e il suo tono era
così severo e feroce che Sehun si bloccò.
“Siediti e lasciami
parlare.” Per qualche
ragione Sehun lo fece, singhiozzando leggermente. Luhan si
allungò oltre il tavolo e gli accarezzò la
guancia, solo leggermente, prima di ritrarsi. “Ascoltami, Oh
Sehun,” disse con voce decisa. “Ieri, dopo che te
ne sei andato, ho visto Jongin in strada e mi ha chiesto se potevamo
parlare. La prima cosa che ha detto è stata,
‘Sapevi di Sehun?’ e io gli ho detto che sapevo che
sei un ragazzo adottato, punto. E poi sai cosa mi ha detto? Ha detto,
‘Ti devo dire una cosa, ma non puoi raccontarla a nessuno.
Non ai tuoi genitori, non ai tuoi amici, né a nessuno. Se lo
dici a qualcuno, giuro che te ne pentirai.’ E solo
allora mi ha detto di cosa avete
parlato, e ha detto, ‘Ho bisogno del tuo aiuto,
perché non so come aiutarlo.’ E ha pianto, Sehun-ah. Ha pianto,
perché era così turbato dalla tua
situazione.”
Sehun rimase seduto a fissarlo,
a bocca aperta. “Davvero?” sussurrò
rocamente.
“Sì,” rispose Luhan.
“Vuole solo aiutarti, Sehun.”
Il ragazzo deglutì a
fatica. “Non ho bisogno del
suo aiuto,” disse.
“Ma hai bisogno di
qualcuno,” ribatté
Luhan, “e Jongin vuole essere quella persona.”
“Non ho bisogno di lui,”
gracchiò Sehun. “Non è riuscito a
mantenere un segreto nemmeno per una dannata ora.”
“L'ha detto solo a
me, perché sapeva che tutto quello che voglio è
che tu stia bene,”
continuò severamente il maggiore.
“Non sei mia madre,” disse Sehun.
“Perché ti importa?”
Luhan sospirò.
“Pensavo avessimo già superato questa storia,
Sehun. Sai che ci tengo a te.”
“Questo è
quello che dici,” abbaiò
Sehun.
“Dagli solo una
possibilità,” disse Luhan.
“Ti prego.”
Sehun tirò su col
naso, poi si voltò sulla sedia, guardando la mensa.
“Dov'è?” chiese, con la testa piena di
emozioni confuse.
Ci volle un momento
perché Luhan rispondesse, sicuramente stava pensando a cosa
volesse fare Sehun. “Seduto vicino a
Minseok.”
Il suo sguardo si
spostò al solito tavolo di Luhan, e notò
immediatamente il ragazzo, seduto accanto a Minseok. Si
irrigidì visibilmente quando incontrò il suo
sguardo. Sehun si alzò, e Jongin sussultò.
“Sehun, cosa
stai—”
Sehun non si
disturbò ad ascoltare il resto della domanda del maggiore,
dirigendosi a grandi passi verso Jongin, poi gli afferrò il
braccio e lo fece alzare. “Sehun—”
guaì il ragazzo.
“Andiamo,” ruggì
Sehun, trascinandolo verso la porta della mensa.
“Cosa—Sehun—”
disse nervosamente Jongin, ma lasciò che il ragazzo lo
tirasse fuori e in fondo al corridoio. “Sehun,
mi—”
“Sta' zitto,” lo
interruppe lui, tirandolo nel bagno più vicino. C'era
qualcuno al lavandino, ma se ne andò velocemente non appena
Sehun spinse Jongin dentro, per poi chiudere la porta con un calcio.
Jongin rimase in piedi in mezzo
al bagno e guardò Sehun con un misto di apprensione e
sincerità. “Sehun, giuro che—”
Sehun gli diede un pugno sul
naso.
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Capitolo 18 *** Capitolo 16 ***
Jongin indietreggiò
quando il pugno di Sehun entrò in contatto con il suo naso,
portandosi le mani al viso per coprirlo. “Mi sa che mi hai
rotto il naso.”
“Sei un idiota,” disse Sehun.
“Oh cavoli, penso di star
sanguinando. Mi hai colpito davvero forte. Ah, non sopporto la vista
del sangue.” Gli occhi di Jongin erano socchiusi sopra le
mani.
“Perché
hai detto tutte quelle cose a Luhan?” chiese piano
Sehun, flettendo le dita e guardando il ragazzo.
Jongin aprì un
occhio. “Quali cose?” domandò.
“Tutto.
Perché gliele hai dette?” ripeté
Sehun.
Jongin lo guardò per
un momento, poi disse, “Perché le
pensavo.” Allontanò le mani dal viso, poi
grugnì quando vide il sangue sulle dita, macchiandogli la
pelle di rosso. Chiuse gli occhi.
Sehun sbuffò e si
diresse velocemente in un cubicolo, staccando un pezzo di carta
igienica prima di tornare davanti a Jongin e spostargli le mani per
fermare la fuoriuscita di sangue. La mano libera si posò
sulla nuca del ragazzo per tenerla ferma, e Jongin aprì gli
occhi e lo fissò. “Cosa pensavi?”
continuò Sehun, gli occhi puntati sul naso sanguinante.
“Come?” chiese
stupidamente Jongin.
“Hai detto che
pensavi quelle cose. Cosa pensavi?”
ripeté lui.
Jongin deglutì
rumorosamente. “Che... che sarebbe stato nei guai se lo
avesse detto a qualcuno,” rispose piano. “E che
avevo bisogno del suo aiuto.”
“Aiuto per cosa?”
“Mi serviva il suo
aiuto per... sapere come aiutarti,”
sussurrò il ragazzo
Sehun serrò la
mascella. “Chi dice che ho bisogno del tuo aiuto? O che lo
voglio?”
“Nessuno,” gli
concesse Jongin. “Ma voglio farlo comunque.”
“Perché,”
chiese Sehun, premendo la mano
sul naso di Jongin un po' troppo forte, che continuò a
sanguinare. Jongin sussultò. “Perché, Jongin?”
“Perché ci
tengo, okay? È
così difficile da capire?” rispose Jongin,
sembrando esasperato e disperato.
“Sì, Jongin, lo è. Scusa
se trovo difficile credere che ti importi di me, quando a nessun altro
è mai importato,” sbottò Sehun.
“Beh a me
importa,”
insistette Jongin. “E
anche a Luhan-hyung. E sono sicuro che sarebbe così anche
per molte altre persone se solo glielo lasciassi fare. Quindi lasciami
fare.”
“Perché?
Così da sentirmi ancora peggio quando poi
smetterà di importarti?” chiese Sehun,
premendo nuovamente troppo forte sul naso.
“Puoi lasciare almeno
che ti spieghi o qualcosa del genere?” lo
pregò Jongin, con la voce improvvisamente debole.
Sehun rimase in silenzio per un
momento, osservando l'espressione del ragazzo – il suo viso
era molto più vicino di quanto non si fosse accorto
– poi disse, “D'accordo.”
Jongin sospirò
pesantemente. “Okay. Semplicemente – quando ti ho
visto la prima volta, all'inizio dell'anno, volevo solo conoscerti,
sai? Perché eri così attraente
e—” Jongin arrossì all'improvviso e
tossì. “E non parlavi mai con nessuno
né lasciavi che qualcuno ti si avvicinasse e volevo sapere
il perché.”
“Ero qualcosa da
capire,” disse Sehun,
cercando di non lasciarsi distrarre dal complimento inaspettato.
“No, zitto. È solo
che... mi ricordavi me stesso,” disse piano Jongin.
Sehun grugnì.
“Sì, perché tu sei esattamente
così.”
“Lo ero,” ribatté
lui e Sehun rimase in silenzio. “Quando ero più
piccolo, ero così. Alle elementari ero quel bambino con i
capelli lunghi che faceva danza classica. Pensi che non venissi preso
in giro per quello? Ho cambiato scuola alle medie, quando la mia
famiglia si è trasferita a Seoul. Non parlavo con nessuno,
perché non volevo essere preso ancora in giro. Non avevo
detto a nessuno che ballavo, e non lasciavo che nessuno mi diventasse
amico perché non volevo che lo scoprissero e lo dicessero in
giro. Quando ti ho visto all'inizio dell'anno, ho pensato fossi nella
stessa situazione.” Sehun non disse niente, e Jongin fece una
smorfia e aggiunse, “Il naso mi sta uccidendo.”
“Te lo sei meritato,” disse burberamente
Sehun. “Non è rotto.”
“Sarà
meglio,”
borbottò lui. “Comunque. Ero uno solitario fino a
che Taemin non mi ha parlato.”
“Taemin?”
“Il mio migliore
amico. È in un'altra classe. Un giorno è venuto a
parlare con me in mensa, e non mi ha lasciato in pace fino a che non ho
incominciato a rispondergli.” Jongin fece un
sorriso sghembo. “Ti suona familiare?”
“Decisamente,” mormorò
Sehun.
“Per farla breve,”
continuò lui, “molte cose sono cambiate per me
dopo. Scoprii che anche Taemin ballava, anche se non danza classica. Mi
disse che era figo, sai, che continuassi a farlo nonostante rendesse la
mia vita difficile. Mi insegna anche l'hip-hop, ed è l'unico
a cui permetto di venire a vedermi. E attraverso di lui mi sono fatto
anche degli altri amici. Amici a cui piaccio nonostante tutto.
Probabilmente ha anche aiutato il fatto che poco dopo sono entrato
nella fase della pubertà, e sono diventato molto
più attraente.” Rise imbarazzato.
“Rimasi piuttosto sorpreso quando entrai alle superiori e
all'improvviso piacevo a tutti. La cosa non mi piaceva,
perché non mi conoscevano nemmeno. Sono rimasto con i miei
vecchi amici, perché a loro piacevo per dei motivi validi. E
mi rende davvero felice, perché sono davvero fighi e...
veri? Ma comunque, già, poi ti ho visto ed ero tipo...
voglio conoscerlo. Ma ero troppo timido per avvicinarmi all'inizio. E
quando l'ho fatto, non sembrava davvero che ti piacessi.”
“Non mi piace nessuno,” disse Sehun, e per
qualche ragione sembrava come se stesse rassicurando Jongin.
“Lo so. Ma ho provato
davvero tanto a farmi piacere da te. Luhan-hyung mi diceva di
continuare a provare, però,”
confessò Jongin.
“Quell'idiota,”
borbottò Sehun, e Jongin sorrise.
“Penso di non averlo
capito fino a che non me lo hai detto tu, che i tuoi problemi non erano
gli stessi che avevo avuto io,” disse Jongin, e
Sehun serrò la mascella. “Avrei dovuto
immaginarlo, ma... beh. Posso essere un po' ottuso.” Sehun
non sorrise. Non lo fece. “Ma sapendo che hai passato
situazioni ben peggiori delle mie voglio aiutarti ancora di
più, perché a questo punto... mi piaci, sai? Non
so nemmeno perché, dato che sei parecchio burbero e un po'
meschino e—” Si interruppe quando Sehun si
accigliò, e Jongin rise leggermente. “Ma
sì, voglio dire, mi sono abituato. E ora mi sono affezionato
a te e voglio aiutarti, perché è questo che fanno
gli amici. Ma ho bisogno che me lo lasci fare. Lo farai?”
Sehun non disse nulla per molto
tempo. Rimase lì in piedi, ad incontrare lo sguardo del
ragazzo da sopra il fazzoletto sporco di sangue, e lasciando che il
silenzio li circondasse. Poi, alla fine, disse, “Non lo
so.”
Jongin si sgonfiò
visibilmente, abbassando le spalle. “Allora,”
rispose. “Allora immagino che dovrò continuare a
provare.”
E Sehun non sapeva
perché, ma per qualche ragione, sentiva che quella era
esattamente la risposta che sperava di sentire.
Lentamente,
allontanò la mano dal viso di Jongin e studiò il
danno. Il naso aveva smesso di sanguinare, almeno. Facendo un passo
indietro, gettò il fazzoletto nella pattumiera, poi prese
una salviettina dal dispenser accanto al lavandino e lo
bagnò prima di riavvicinarsi a Jongin e ripulirlo dal sangue
secco. Il ragazzo lo guardò in silenzio per un po', e Sehun
evitò il suo sguardo, osservando invece il livido che si
stava già formando sul ponte del naso.
“È quasi
il mio compleanno,” mormorò
all'improvviso Jongin, e Sehun lo guardò per un secondo,
sollevando un sopracciglio. Il ragazzo deglutì.
“Farò una festa. Con i miei amici. Tu... dovresti
venire.”
“Vuoi che venga alla
tua festa di compleanno,” ripeté
lui, mantenendo un tono di voce piatto e impassibile.
Jongin annuì
esitante all'inizio, e poi con più decisione.
“Sì. Esatto. Mi piacerebbe davvero che venissi.
Puoi portare Luhan-hyung, se vuoi.”
La sensazione di calore nel
petto di Sehun che si era piazzata sin da quando Luhan gli aveva detto
di cosa avessero parlato lui e Jongin si fece più forte.
Cercò di ignorarla. “Ci
penserò,” fu tutto quello che riuscì a
dire.
Jongin sorrise come se gli
fosse stato promesso il mondo.
“Vado a finire il mio
pranzo,” disse Sehun,
indietreggiando. “Probabilmente tu dovresti andare a mettere
un po' di pomata su quel livido, comincia a gonfiarsi.”
“Lo farò,” rispose Jongin,
sorridendo.
“Bene. Ciao.” Sehun
girò sui tacchi e si avviò alla porta.
“Aspetta, Sehun!” si
fermò. “Perché mi hai dato un
pugno?”
Sehun ci pensò per
un momento. “Perché hai spifferato i miei segreti
a Luhan,” disse, “e non mi lasciavi in
pace.” E poi, qualche secondo dopo, “E
perché se continuerai a provare anche dopo che ti ho
picchiato, significa che sei davvero serio.”
La risata di Jongin riempì la
stanza. “Lo so,” rispose, e Sehun uscì
dal bagno prima che il ragazzo potesse vedere il sorriso che gli tirava
le labbra.
Kyungsoo era sempre felice
quando Minseok lo invitava ad andare a casa sua. Non è che
non fosse sicuro della loro amicizia o niente del genere, ma... beh,
non faceva mai male essere rassicurati. Kyungsoo non era mai il primo a
proporre le loro visite, perché non voleva sembrare
appiccicoso o invadente, quindi era sempre bello quando era Minseok a
chiedergli se voleva passare a casa o qualcosa del genere. Non
è che Kyungsoo fosse impegnato, d'altronde. Aveva sempre
tempo per lui.
Quindi sì, quando
Minseok gli chiese di andare a casa sua sabato pomeriggio, Kyungsoo era
contento.
Si preparò come
faceva sempre, prendendo le sue vitamine e indossando dei vestiti
più carini, e poi percorse il breve tragitto che portava
alla porta di Minseok. Premette il campanello con la nocca coperta, poi
aspettò pazientemente che qualcuno rispondesse. Quando
nessuno lo fece, Kyungsoo si accigliò e suonò
ancora, sbirciando dallo spioncino fino a che non sentì dei
movimenti dall'altra parte, e qualche risata camuffata, e poi la porta
si aprì rivelando un Minseok sorridente. “Ciao
Kyungsoo.”
Kyungsoo sollevò
leggermente un sopracciglio. “Ciao hyung,” lo
salutò. “Come mai questa strana
musica—”
“SORPRESA!”
Kyungsoo spalancò la
bocca quando una dozzina di voci esultarono in coro, e i proprietari di
quelle voci sbucarono da creativi nascondigli nel salotto di Minseok.
“Buon compleanno, Kyungsoo!”
Il ragazzo non
riuscì a trovare la voce per un minuto. “Io—non
è ancora il mio compleanno,” disse alla fine.
Baekhyun rise mentre sbucava da
dietro la TV. “Siamo solo un giorno in anticipo,”
disse. “E poi, se lo avessimo fatto per
il tuo compleanno, l'avresti
capito.”
Kyungsoo si guardò
intorno meravigliato. Le lampade sul soffitto erano ricoperte da una
pellicola verde, che illuminava il soggiorno con una luce smeraldina, e
qualcosa riempiva la casa di uno strano odore dolciastro che Kyungsoo
non riusciva a riconoscere. Lievi suoni uscivano dalle casse
– qualcosa simile a vento e fruscii e cinguettio di uccelli
– e c'erano degli alberi di Natale non decorati in due angoli
della stanza, che era stata spogliata dal solito arredamento per fare
spazio ad una piccola piscina di sabbia, insieme a qualche manciata di
pigne. “Che diavolo hai fatto a casa tua?” chiese
incredulo a Minseok.
Il maggiore rise, guardando
Luhan e Jongdae orgogliosamente. “L'abbiamo
trasformata in un campeggio,” disse.
“Perché?” chiese
Kyungsoo.
Jongdae fece su e
giù in punta di piedi eccitato. “Perché
abbiamo sentito che non sei mai stato in campeggio prima,”
rispose. “E dato che non pensavamo ti sarebbe piaciuto andare
in una vera foresta, abbiamo pensato di portare la foresta da
te.”
Kyungsoo pensava di essere in
una specie di sogno. “Avete fatto questo per me?”
chiese piano.
Luhan annuì sincero.
“È stata un'idea di Jongdae, a dire il
vero,” disse.
“Ricordi quando al mio
compleanno hai detto di non
aver mai festeggiato il tuo prima?” chiese Jongdae.
“Beh, ti avevo promesso che ti avrei organizzato una festa, e
dato che le nostre opzioni erano limitate…”
“Luhan ci ha ricordato che
c'erano un sacco di cose che non hai mai fatto,”
continuò Minseok. “Allora abbiamo deciso di
portarti in campeggio per il tuo compleanno.”
Kyungsoo deglutì a
fatica, sbattendo velocemente le palpebre mentre cercava di parlare.
“Io—io—” Sentì una
lacrima calda scivolargli sulla guancia.
Minseok saltò in
avanti immediatamente, gli occhi spalancati e preoccupati.
“Soo! Mi dispiace, abbiamo solo pensato—”
Il ragazzo tirò su
col naso e si asciugò gli occhi con una manica. “Nessuno mi ha mai
organizzato una festa di compleanno prima,”
singhiozzò.
La stanza rimase silenziosa per
un momento, e poi Minseok sorrise e disse, “Beh, allora questa
è un'altra cosa da spuntare dalla tua lista.”
Kyungsoo gli lanciò
un sorriso tremolante. “Grazie,”
sussurrò.
“Ah!”
esclamò all'improvviso Chanyeol dal suo vecchio nascondiglio
dentro allo sgabuzzino delle scope. “Ho qualcosa per
te!”
Kyungsoo lo guardò
sbattendo le palpebre, e Chanyeol sorrise sventolando un grande
cappello color cachi. “Per il vero campeggiatore,”
disse il ragazzo.
Kyungsoo
indietreggiò leggermente. “Io—”
“L'abbiamo lavato,” si intromise
velocemente Minseok, rassicurandolo. “Mia mamma ci ha
aiutato. È pulito.”
Kyungsoo guardò il
cappello, poi Minseok, mordendosi il labbro titubante. “Tua
mamma ha aiutato?”
Minseok annuì.
“E conosci mia madre. Sa come disinfettare le cose. Ci ha
dato la sua approvazione.” Poi aggiunse, “Ci ha
dato la sua approvazione per tutto.
Letteralmente tutto, in questa
stanza. Garantita per la sicurezza di Kyungsoo.”
Il più piccolo non
poté fermare il sorriso che si aprì sul suo viso,
prendendo felice il cappello da Chanyeol con dita tremanti –
niente guanti, né maniche che gli coprivano le mani
– e se lo mise in testa. La visiera quasi gli copriva gli
occhi.
“Anche io ho qualcosa
per te,” disse felice
Baekhyun. Gli porse un paio di piccoli binocoli, e Kyungsoo
guardò ancora una volta Minseok, il quale annuì
incoraggiante. Il ragazzo li prese e se li appese al collo.
“Anche questo
è per te,” aggiunse Junmyeon,
dopo essersi spostato da dietro uno degli alberi. In mano aveva una
tuta mimetica.
Kyungsoo la prese,
infilandosela sopra la maglietta e ridendo, “È
così brutta.”
“La foresta non
è una passerella,” rise Minseok,
agitando le braccia per ricordare all'amico la loro posizione.
“Non riesco a credere
a quello che sta accadendo,” disse Kyungsoo,
guardandosi intorno con meraviglia. “Dove avete trovato tutta
questa roba? E perché c'è della sabbia in una
piscina per bambini?”
“Perché
è impossibile sterilizzare lo sporco,” rispose Jongdae,
ridendo. “E perché Luhan-hyung ci ha fatto notare
che non hai mai toccato la sabbia.”
Kyungsoo si morse il labbro e
rise ancora, ricacciando altre lacrime. “È
vero,” confessò. “Posso toccarla,
ora?”
“Certo,” disse Minseok,
facendo un gesto verso la piscina. Kyungsoo si avvicinò e
lentamente si sporse, affondando le dita nei piccoli granuli. Ne
raccolse un po' e la lasciò scorrere tra le dita,
meravigliandosi per come fosse morbida nonostante fossero solo piccoli
pezzettini di roccia. Sapeva che probabilmente era strano, che tutti
erano là in piedi in silenzio mentre lui faceva scivolare le
dita sulla sabbia per la prima volta, ma al momento non c'era niente
che volesse di più.
Quando finì di
toccarla, Kyungsoo alzò lo sguardo sulle persone che lo
stavano guardando e disse, “Allora quali altri
piani ci sono per oggi?”
“Un picnic!”
esclamò Baekhyun eccitato.
“E giochi da campeggio!” aggiunse Chanyeol.
“E un falò,” disse Minseok.
“Dentro?” chiese incredulo
Kyungsoo.
Minseok gli fece un occhiolino
con fare cospiratorio.
Alla fine, i 'giochi da
campeggio' (versione al chiuso) non erano altro che bocce e il tiro
degli anelli, ed entrambi furono leggermente disastrosi nello spazio
limitato che era il soggiorno di Minseok, ma Kyungsoo si
ritrovò comunque a divertirsi un mondo. Quando
arrivò l'ora di cena, Minseok e Luhan sistemarono una
coperta sul pavimento sulla quale si sedettero tutti, aprendo vaschette
di kimbap e panini (alcuni dei quali erano stato preparati solamente
per Kyungsoo, separati dagli altri per evitare qualsiasi tipo di
contaminazione). Quando fuori cominciò a fare buio, Minseok
spense tutte le luci della stanza e consegnò una torcia a
Kyungsoo per una partita a Strega di Mezzanotte che risultò
in una serie di nascondigli assurdi, urla isteriche e risate
irrefrenabili.
Più tardi quella
sera, Minseok e Jongdae tirarono fuori il loro 'falò',
ovvero un vassoio con candele al profumo di pino (Kyungsoo non aveva
mai odorato un pino prima – a quanto pare era questo l'odore
che c'era in tutta la casa), tutte accese per creare un mare di piccole
lucine. Chanyeol e Baekhyun portarono dei marshmallows e del cioccolato
e dei crackers integrali dalla cucina, e fecero degli s'mores con il
loro piccolo fuoco, infilzando i marshmallows con degli spiedini di
metallo per arrostirli. Minseok cambiò la musica di
sottofondo con quella dei grilli che frinivano, e Junmyeon dovette
convincere Chanyeol a non raccontare storie di fantasmi un bel po' di
volte. Mentre la serata andava avanti, Baekhyun, Chanyeol e Junmyeon
tornarono a casa, lasciando soli Kyungsoo, Minseok, Luhan e Jongdae. Le
candele erano state spente, la piscina di sabbia spinta in un angolo e
i sacchi a peli erano stati srotolati mentre Minseok sistemava una
piccola lampada che creava l'effetto di un cielo stellato sul soffitto.
Mentre Kyungsoo era sdraiato
nel suo sacco a pelo, ascoltando il lieve frinire dei grilli e
osservando le stelle sul soffitto, si chiese come avesse fatto ad
essere così fortunato quando si trattava di amici.
“Minseok-hyung?”
sussurrò piano, non sapendo se il ragazzo a fianco a lui
fosse ancora sveglio.
“Sì?” rispose Minseok
dopo un momento.
Kyungsoo si avvicinò
a lui, sospirando, “Grazie per oggi.”
“Non ho fatto tutto io,” disse lui, con una
risatina. “È stata un'idea di Jongdae.”
“Fa lo stesso,”
sussurrò Kyungsoo. “Non avrei nemmeno conosciuto
Jongdae, se non fosse stato per te. Tutto questo... significa tanto per
me, sai? Grazie.”
“Sono contento ti sia
piaciuto,” rispose piano
Minseok. “Mi rende felice vederti felice.”
Kyungsoo sorrise.
“Vorrei poter davvero andare in campeggio, un
giorno,” confessò.
Minseok si mosse accanto a lui,
e Kyungsoo sapeva che si era voltato per guardarlo. “Ti ci
porterò un giorno,” promise sincero.
“Dico davvero.”
Kyungsoo sospirò,
perdendo il sorriso per un momento. “È
più facile a dirsi che a farsi.”
“Ci lavoreremo su,” disse Minseok.
“Un giorno, ce la faremo.”
Kyungsoo voleva potergli
credere.
Dopo il loro piccolo incidente
'dell'appuntamento' alla casa del tè, Minseok aveva cercato
in ogni modo di evitare di fare cose che sarebbero potute essere mal
interpretate quando era con Luhan. Se doveva essere sincero con se
stesso, era più per il proprio bene che per la paura che
Luhan potesse fraintendere. Era particolarmente attento, calcolava
quanto fosse vicino al ragazzo cinese, pensava alle cose che diceva,
alle cose che faceva. Questo però lo rendeva anche
decisamente sensibile alle cose che Luhan
faceva quando erano insieme, e
a volte gli rendeva la vita un po' difficile, ma almeno stava provando.
In qualche modo,
però, nonostante tutte le sue precauzioni, non
realizzò in tempo quanto sarebbe stato strano conoscere i
genitori di Luhan.
Ad essere onesti, non
è che li avesse incontrati di
proposito. Solo che a volte si dimenticava
che Luhan aveva dei genitori, erano
così assenti. Il ragazzo ne parlava di tanto in tanto, ma
anche in quel caso, c'era sempre un piccolo pensiero nella testa di
Minseok che queste persone non esistevano davvero, come una specie di
favola o qualcosa del genere. Ma il giorno dopo la festa di compleanno
di Kyungsoo, Minseok era andato a casa di Luhan per lavorare a qualche
lettura insieme, e proprio quando avevano finito, la porta d'ingresso
si aprì e due adulti entrarono.
Luhan saltò in piedi
immediatamente. “Mama!”
esclamò eccitato.
“Baba!”
I due adulti – i suoi
genitori, ovviamente – lo guardarono e sorrisero, e la madre
lo tirò in un abbraccio per poi cominciare a parlare in
rapido cinese. Anche Minseok si alzò, e non appena Luhan
ebbe finito di dire qualsiasi cosa stesse dicendo ai genitori, fece un
giro intorno a lui e lo spinse in avanti. “Zhe
shi Minxi,” disse contento.
Insisteva sempre a presentare Minseok con il suo nome cinese quando
parlava con altre persone cinesi.
Minseok si inchinò
con rispetto, mormorando un, “Ni
hao…” e cercando qualcos'altro da
dire ma ritrovandosi con la mente vuota.
I genitori di Luhan gli sorrisero, poi si
voltarono verso il figlio e dissero qualcosa troppo in fretta
perché Minseok potesse afferrarlo. Alla fine,
però, dissero, “Ta
hen ke ai.” È
molto carino.
Minseok arrossì
immediatamente, ma Luhan si limitò a ridere e a circondargli
le spalle con una braccio, stringendo e concordando con loro.
Continuarono a parlare poi, e Minseok afferrò solo qualche
parola qui e là (la sua mente era decisamente limitata dalla
sensazione del braccio di Luhan che scese a cingergli i fianchi), ma
era abbastanza sicuro che stessero parlando di lui. Ne ebbe la conferma
quando Luhan rise ancora e si voltò verso di lui, il viso
troppo vicino a quello di Minseok, e mormorò, “I
miei genitori dicono che ti approvano.”
Minseok arrossì
ancora di più, senza riuscire a fare un sorriso normale, e
l'amico rise. E poi disse, “Ah! Nimen
mang ma?” Siete impegnati?
Entrambi i genitori scossero la
testa, sorridendo come se sapessero già cosa avrebbe detto
il figlio, e Minseok sapeva che Luhan sarebbe dovuto andare a lavoro
tra mezz'ora, ma aveva come la sensazione che quella sera si sarebbe
dato malato.
“Seok-ah,” disse
sincero Luhan. “È da tanto che
vorrei andare in un posto con i miei genitori.” Minseok era
già pronto a salutare educatamente. “Verresti con
noi per fare delle foto per il mio progetto?”
Minseok sbatté le
palpebre sorpreso. “Huh?”
Luhan si illuminò.
“Fa parte della mia esperienza coreana, no? Esplorare la
città con i miei genitori. Voglio metterlo nel mio
album.”
“Ma... non vorrei
intromettermi,” obiettò
Minseok, mordendosi il labbro.
“Oh, non lo farai, non
preoccuparti,” gli assicurò Luhan.
“Voglio che venga! Voglio che conosca i miei
genitori.”
Minseok si sentì
stranamente come il fidanzato imbarazzato che cerca di evitare di
passare del tempo con i futuri suoceri. Il che era un male. “Lu,”
disse, abbassando la voce. “Posso a malapena comunicare con
loro.”
“Il loro coreano sta
migliorando!” insistette Luhan.
“Vero, mamma? Vero, papà?”
Minseok li vide annuire in modo
incerto, come se non fossero sicuri di cosa avessero appena confermato.
Luhan sembrò comunque soddisfatto. “Vedi?
Comunque, voglio che venga. Ti prego?”
Il ragazzo sospirò.
Era mai riuscito a negargli qualcosa? “D'accordo,
vengo,” mormorò, e Luhan gli strinse leggermente i
fianchi, felice. Minseok sussultò e si morse il labbro.
E fu così che
finì per seguire Luhan e i suoi genitori lungo il fiume Cheonggyecheon, con la
fotocamera di Kyungsoo in mano, scattando foto alle tre figure contro
le luci della città e ascoltando le affettuose e felici
chiacchiere in cinese che si mischiavano con quelle in coreano attorno
a loro. I genitori di Luhan erano ovviamente stanchi, dopo
chissà quante ore di lavoro, e il freddo era pungente anche
attraverso gli spessi strati di vestiti, ma sembravano contenti di
poter passare del tempo con il figlio, semplicemente visitando la Corea
e lasciando che fosse lui a parlare. A Minseok piaceva guardarli, anche
se non capiva la maggior parte delle cose che si dicevano.
Dopo un po', però,
fu chiaro che non fosse stato invitato solo per fare le foto, e Luhan
si voltò e gli fece cenno di avvicinarsi. Minseok scosse
velocemente la testa, mormorando No
vai avanti, non voglio intromettermi, ma Luhan non volle sentire
ragioni. Quando Minseok non acconsentì subito ai suoi
desideri, il ragazzo alzò scherzosamente gli occhi al cielo
e camminò all'indietro fino a che non riuscì ad
afferrare il polso di Minseok, tirandolo in avanti per stare in mezzo
ai genitori. Minseok irrigidì le spalle e abbassò
la testa, sentendosi a disagio, e cercò furtivamente di
liberarsi dalla presa di Luhan. Proprio quando pensava di esserci
riuscito, le dita guantate dell'amico scivolarono ad afferrargli la
mano, con una presa abbastanza salda dalla quale Minseok non
riuscì a staccarsi, e che lo fece avvampare.
Perché doveva sempre fare cose del genere? Sembrava come se
ogni volta che vedeva Luhan, il ragazzo trovasse metodi nuovi e
originali per rendergli la vita difficile.
Il padre di Luhan fece una
domanda al figlio, il quale si voltò subito verso Minseok, “Mio padre vuole
sapere cosa pensi di fare dopo. Tipo, per
l'università.”
Minseok si sentì
vagamente distratto dalle loro mani che dondolavano tra loro.
“Io, um. Sto progettando di fare domanda a diverse
università. Per ingegneria urbana.”
Luhan annuì.
“Cos'è?”
Ci volle un po' più
del normale perché riuscisse a semplificare le parole per lui. “È, uh, costruzione e
design. In città.”
“Ahhh,” disse Luhan,
annuendo saggiamente. “Figo.” Si voltò
nuovamente verso il padre per tradurre in cinese. Quando l'uomo
rispose, Luhan sorrise e si rivolse a Minseok, “Dice che
è bello avere una carriera pianificata così
presto.”
Minseok rise, ma all'improvviso
gli sembrò di essere interrogato da qualche possibile
pretendente. Doveva davvero riportare i piedi per terra. “E
tu cosa progetti di fare?” chiese velocemente, cercando
ancora di liberarsi dalla presa di Luhan.
Il ragazzo si
accigliò, abbassando la testa un po' mentre i suoi genitori
parlavano. “Non ne sono
sicuro,” disse. “Non so se avrò
abbastanza soldi per andare all'università
quest'anno.”
“Oh.” I genitori di
Minseok avevano risparmiato per il suo fondo universitario sin da
quando era bambino. “È... è un
vero peccato. Cosa ti piacerebbe
fare, allora?”
“Se potessi
andare all'università?” Minseok
annuì. “Ah, non lo so. Ci sono così
tante opzioni. Forse andrei semplicemente in ingegneria urbana, insieme
a te.” Luhan sorrise, e Minseok era abbastanza sicuro di star
superando il suo limite di imbarazzo quella notte.
Luhan chiaramente non conosceva
nessun limite, perché qualche minuto dopo, dopo una piccola
conversazione con i genitori, il ragazzo gli disse, “Mia
mamma ti ringrazia per essere venuto a letto con me.”
Minseok si strozzò e
tossì, il viso completamente rosso mentre staccava la mano
da Luhan e se la portava alla bocca. “Cosa?!”
sputacchiò.
Luhan sembrò
più che perplesso, guardandolo con gli occhi spalancati.
“Stavamo parlando di quella volta in cui hai dormito a casa e
mi hai tenuto al caldo.”
“OH,” disse Minseok,
sventolandosi furiosamente la faccia. “Oh. Okay. Quello –
nessun problema.” Wow, forse Minseok doveva investire
più tempo nell'insegnare a Luhan i modi di dire pericolosi.
Luhan lo guardò in
modo strano. “Cosa pensavi
avessi detto?”
Okay, ora non era il momento
per la prima lezione. Il ragazzo scosse la testa, dicendo,
“Niente, niente, ho solo... sentito male.
Dimenticalo.” Si mise le mani in tasca. “Magari,
dovresti evitare di andare in giro a dirlo alla gente.”
“Perché
dovrei farlo?” chiese Luhan,
confuso, e Minseok scosse nuovamente la testa sperando che l'amico
lasciasse cadere l'argomento.
Fortunatamente lo fece,
lasciando che Minseok si riprendesse dal suo piccolo attacco di cuore.
Non lo stava nemmeno più tenendo per mano –
Minseok si assicurò che fosse impossibile – quindi
questa era un'altra cosa che non gli pesava più sul petto.
Luhan parlò ancora un po' con i genitori, qualcosa circa un
prossimo compito di chimica a quanto era riuscito a capire, e Minseok
da una parte ascoltava e dall'altra imprecava contro Luhan che gli
faceva provare cose problematiche e che in pratica esisteva solamente
per incasinare la sua, altrimenti tranquilla, vita. O almeno era quello
che sembrava.
Eppure Minseok non riusciva ad
avercela con lui, in parte perché era nella sua natura, ma
soprattutto perché gli occhi di Luhan si illuminavano quando
era così felice, e perché Luhan era sempre
affettuoso e sincero, e perché Luhan si prendeva sempre
più cura degli altri prima di se stesso. In più,
quando i denti di Luhan cominciarono a battere per il freddo,
nonostante tutto, Minseok si sfilò silenziosamente la
sciarpa dal collo per metterla intorno a quello dell'amico, e non era
sicuro se quella fosse una ragione, ma quando Luhan si voltò
a sorridergli, pensò che di sicuro lo era.
Fecero il giro e ormai erano
quasi tornati al punto di partenza, e uno o due minuti più
tardi, Luhan disse all'improvviso, “Oh! Minseok, mi
sono dimenticato di dirti una cosa.”
“Cosa?” chiese Minseok,
abbassandosi il cappello sulle orecchie.
“È il compleanno di
Jongin martedì.”
Minseok sbatté le
palpebre, poi si accigliò. “Sai quand'è
il compleanno di Jongin?” chiese, stranamente infastidito.
“Sì. Me
l'ha detto lui,” disse Luhan.
“Sai quando
è il mio
compleanno?”
domandò, nemmeno sicuro del perché.
Luhan ci pensò.
“No.” A Minseok non piacque quella risposta.
“Quand'è?”
“Il 26 Marzo,” mormorò.
“Me ne
ricorderò,” disse l'amico,
sorridendo. “Comunque, è il suo compleanno
martedì, e vado alla sua festa.”
Le sopracciglia di Minseok si
aggrottarono contra la sua volontà. “Ti ha chiesto di
andare?”
“Beh, tecnicamente
doveva essere Sehun a chiedermelo, ma Jongin mi ha chiamato per
assicurarsi che lo avesse fatto, e non era così,” disse Luhan
ridendo.
“Jongin ti ha chiamato?” chiese incredulo.
“Sì, ha il
mio numero di telefono. Mi ha chiamato stamattina. Comunque, devo far
sì che Sehun vada.”
ridacchiò lui. “Avevo quasi pensato che Sehun lo
avesse ucciso venerdì a pranzo, quando lui è
tornato in mensa e Jongin no, e non volevo dire niente, ma a quanto
pare non l'ha fatto. Sehun non vuole dirmi cosa è successo
tra loro, ma Jongin vuole davvero che vada alla sua festa, quindi
sarà andata bene, no?”
A questo punto, Minseok era
indeciso se essere molto infastidito o molto, molto
confuso. Ogni volta che cercava
di capire che relazione ci fosse tra Sehun, Luhan e Jongin, pensava a
teorie sempre più bizzarre. Luhan gli aveva sempre detto “Sono
interessato a lui,” quando gli aveva
fatto qualche domanda su Jongin (e la cosa lo irritava, quindi aveva
smesso di chiederglielo) e Jongin sembrava interessato
perlopiù a Sehun e Sehun sembrava tollerare solo Luhan, ed
era una specie di strano triangolo di... stranezza. Jongin poi passava
un bel po' di tempo a discutere di cose segrete con Luhan, il che
rendeva tutto ancora più strano? E ovviamente Luhan era
ancora intenzionato a diventare amico di Sehun (per Jongin? Forse?), e
si agitava per qualsiasi passo avanti facesse.
E poi venerdì Jongin
si era seduto con Minseok al loro tavolo (la prima volta che stavano
così vicini e la sua impressionante bellezza lo infastidiva
più di quanto non avrebbe dovuto) mentre Luhan andava a parlare
con Sehun di qualcosa, e poi Sehun si era precipitato da loro e aveva
tirato via Jongin e??? Niente aveva senso per Minseok. Quando aveva
chiesto a Luhan cosa stesse succedendo, il ragazzo gli aveva assicurato
che non lo riguardava, e questo infastidì ancora di
più Minseok perché voleva
solo una spiegazione.
Chiaramente, però,
non ne avrebbe ricevuto una.
Lasciarono cadere la questione
del compleanno poco dopo, più che altro perché
Minseok non ne voleva discutere, e si avviarono verso casa di Luhan,
dove avrebbe dovuto raccogliere le proprie cose e tornare a casa
propria. Salutò sia Luhan che i genitori prima di andare
via, e mentre Luhan e il padre si limitarono a fare un gesto con la
mano, la madre tirò Minseok in un abbraccio, cosa
estremamente inaspettata, considerando che si erano visti per la prima
volta qualche ora fa ed erano stati capaci di scambiarsi cinque parole
in croce. In qualche modo spiegava la tendenza di Luhan a toccarlo in
ogni momento. In ogni caso, gli abbracci della madre erano tanto
affettuosi quanto quelli del figlio, e non era una sensazione tanto
strana come si sarebbe immaginato.
Il tragitto in autobus fu
silenzioso e tranquillo, e la guancia di Minseok era fredda dove la
poggiava contro il finestrino, ma poteva ancora sentire il calore della
mano di Luhan intorno alla propria e questo, pensò,
probabilmente doveva dirgli qualcosa.
Tipo che forse c'era
già dentro fino al collo.
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Capitolo 19 *** Capitolo 17 ***
Sehun non aveva mai pensato al
fatto che il Jongin che vedeva regolarmente non era lo stesso Jongin
che vedevano le altre persone. Non lo aveva mai sfiorato l'idea che
Jongin potesse comportarsi in modo differente con lui rispetto ad
altri. Sehun aveva interagito con lui solo faccia a faccia o con Luhan
vicino, quindi fu una sorpresa come il ragazzo alla festa di Jongin
fosse... non fosse esattamente la stessa
persona.
Non lo notò subito.
Entrò nel luogo della festa, un piccolo ristorante nel quale
potevi accomodarti da solo al tavolo, con Luhan che lo seguiva come una
sorta di chaperone, e nel momento in cui lo vide, Jongin
saltò su dalla sedia ed esclamò, “Sei
venuto!”
Sehun fece una smorfia,
cercando di non mostrare alcuna reazione a quanto sembrasse soddisfatto
Jongin. “Luhan mi ha costretto,” disse, anche se
non era del tutto vero. Sehun sarebbe semplicemente potuto restare a
casa e non incontrare Luhan all'angolo di strada che gli aveva detto il
maggiore. Si sarebbe potuto rifiutare di andare. Eppure era qui. Non
era nemmeno sicuro del perché. Ma lui non aveva bisogno di
saperlo.
Jongin sorrise come se lo
avesse saputo, comunque. Il suo naso era ancora un po' gonfio e livido
da quando lo aveva colpito. Sehun lo aveva sentito dire in giro che
aveva sbattuto contro una porta. “Mi fa davvero piacere che
sia venuto,” disse lui, sembrando un po' timido.
“Anche tu, Luhan-hyung,” aggiunse poco dopo.
“Grazie per essere venuto.”
Luhan rise e disse,
“Piacere mio.”
“Come è
andato il tuo weekend, Sehun?”
chiese allegro Jongin, ma prima che Sehun potesse rispondere (o non
rispondere, che era quello che faceva di solito), un gomito
colpì il ragazzo, facendolo sussultare. “Oh!
Giusto. Um, Sehun, questi sono i miei amici.”
Sehun fece un passo avanti per
guardare il tavolo, dove erano già seduti quattro ragazzi.
Sehun li riconobbe immediatamente come i ragazzi con cui Jongin sedeva
sempre a pranzo, ma non disse niente.
“Questo è
Taemin,”
cominciò Jongin, indicando il ragazzo che gli aveva appena
dato la gomitata. Quindi questo era il ragazzo che a quanto pare lo
aveva cambiato così tanto, anni fa? Non sembrava nessuno di
speciale. “Questi sono Kibum-hyung, Jinki-hyung, e
Jonghyun-hyung. Minho-hyung non è riuscito a venire,
è a qualche cosa sportiva.”
“Quindi questo
è l'Oh Sehun di cui abbiamo sentito taaaanto parlare,” disse Taemin,
guardando Jongin e sorridendo.
Sehun si aspettava che Jongin
abbassasse la testa e si coprisse il viso, come faceva sempre quando si
sentiva in imbarazzo parlando con lui, ma la prima sorpresa della
serata fu quando, invece, Jongin diede un calcio all'amico e gli fece
una boccaccia, facendo ridere Taemin che rispose a sua volta con una
smorfia.
“È un piacere
conoscerti finalmente,” disse Jonghyun, ignorando i due.
“Di persona, intendo. Jongin parla così tanto di
te che è come se ti conoscessimo già.”
Ora era Sehun che voleva abbassare la testa
e coprirsi il viso. Invece lottò contro il rossore che
minacciava di colorargli le guance e disse, “Di voi non parla
mai.”
I ragazzi risero, inclusi
Jongin e Luhan, e Sehun non seppe come reagire. Stavano ridendo di lui?
Nessuno rideva mai alle cose che diceva Sehun se non per ridere di
lui.
Alla fine si sedettero, e
Jongin spinse Taemin sulla panca in modo che Sehun potesse stringersi
accanto a lui. Luhan si sedette di fronte a loro, troppo lontano. Le
gambe di Jongin e Sehun e premute insieme, dal ginocchio al fianco, e
le loro spalle continuavano a sfiorarsi, e Sehun si rese conto che non
erano mai stati così vicini per tanto tempo. Di solito,
Sehun odiava stare così vicino ad altre persone, odiava toccare
le persone, ma... beh, non
aveva altra scelta in uno spazio così ristretto, no? E
Jongin era così... caldo.
Cosa che avrebbe dovuto
metterlo ancora più a disagio, perché mancava
già l'aria nel ristorante, ma per qualche ragione non fu
così.
Venne fuori che il ristorante
era della madre di qualcuno – Sehun pensava di Taemin
– e venne loro assicurato che il conto oggi era offerto dalla
casa, e fu un sollievo per lui perché non aveva davvero
soldi. Poté vedere un nuovo lato di Jongin mentre
battibeccava con i suoi amici su cosa ordinare, lamentandosi e dando
ordini testardi tra le risate che sorprendevano sempre Sehun. Jongin
non aveva mai riso così quando era con lui. Era tutto
così diverso fino a che il ragazzo non si voltò
verso di lui, con un sorriso sincero sulle labbra, e gli chiese cosa lui
volesse mangiare. Questo era il
Jongin al quale era abituato Sehun, ma l'improvviso cambiamento lo
colse di sorpresa e riuscì a malapena a mormorare una
risposta, dicendo che non gli importava e cercando di ignorare gli
sguardi che gli amici di Jongin stavano lanciando al festeggiato. Sehun
non aveva idea di cosa quegli sguardi potessero significare, comunque.
Jongin fece così per
tutto il tempo, e Sehun non poté fare a meno di osservarlo
mentre scherzava e rideva con i suoi amici, mordendo il pollo fritto e
facendo stupide imitazioni e penosi riferimenti a qualche film. Qualche
volta tornava il solito Jongin a cui Sehun era abituato, coprendosi il
viso imbarazzato quando faceva qualcosa di eccezionalmente stupido, ma
per la maggior parte del tempo sembrava semplicemente... a suo agio.
Come se non avesse dovuto forzare niente, o nascondere niente. Si
comportava in modo diverso rispetto a quando era con Sehun, e questo lo
confondeva, lo infastidiva.
Luhan fu il primo ad andarsene,
dicendo che doveva essere da qualche parte e salutando tutti, in
particolare Sehun, in modo affettuoso. Il ragazzo voleva quasi
chiedergli di restare. Almeno Luhan era qualcosa di familiare in un
oceano di diversità. Ma se ne andò, e Sehun
rimase, e si chiese se forse fosse rimasto solo perché
sapeva quanto sarebbe sembrato deluso Jongin se non l'avesse fatto.
Poco dopo qualcuno portò una torta, e Jongin sorrise e
soffiò le candeline, chiudendo gli occhi ed esprimendo un
desiderio.
“Beh sappiamo tutti
cosa ha desiderato,” disse Kibum,
alzando gli occhi al cielo e facendo un sorrisino malizioso. Gli altri
ragazzi risero, e Sehun era abbastanza sicuro di aver visto un paio di
sguardi voltarsi verso di lui. Lo resero stranamente inquieto.
Quando arrivò il
momento dei regali, Sehun scoprì di essere l'unico ad essere
arrivato a mani vuote. Persino Luhan aveva lasciato una scatolina di
biscottini alla crema fatti in casa prima di andare via. Jongin non
disse niente sul fatto che Sehun non gli avesse regalato niente, ma
Jonghyun si sporse sul tavolo e chiese, “Cos'hai preso al
nostro Jongin-ah, Sehun?”
“Sono venuto alla sua
festa,” mormorò
Sehun, e tutti risero ancora. Sorprese Sehun tanto quanto la prima
volta.
“Solo in fatto che
Sehun si sia presentato è un regalo per Jongin,” disse
Taemin, e Jongin sorrise imbarazzato.
Sembrava che tutti gli amici di
Jongin facessero battute segrete di cui Sehun non faceva parte. Non che
Sehun si aspettasse di venire incluso. Non erano i suoi
amici.
Sehun non era mai stato incluso
in una battuta segreta.
Le persone cominciarono ad
andarsene poco a poco. Jinki se ne andò per studiare per un
compito, Kibum e Jonghyun andarono a lavorare ad un progetto, Taemin
scivolò via subito dopo con un saluto e un occhiolino che
gli costò un calcio da parte di Jongin. Lasciarono Jongin e
Sehun da soli al tavolo, e c'era un sacco di spazio ora sulla panca, ma
Jongin sedeva ancora troppo vicino a Sehun, il quale era troppo
preoccupato a pensare a questo nuovo lato del ragazzo per dirgli di
spostarsi.
“Allora…” disse
lentamente Jongin, strofinandosi i palmi sui jeans e sorridendo
allegro. Il Jongin a cui era abituato Sehun era tornato. “Che
ne pensi dei miei amici?”
E di solito Sehun non avrebbe
risposto, non era così facile farlo conversare, ma oggi
aveva davvero qualcosa da dire. “Ti comporti in
modo diverso quando sei con loro.”
“Cosa?” Jongin
sbatté le palpebre sorpreso.
Sehun tenne lo sguardo sul
tavolo davanti a loro. “Non sei lo stesso con loro rispetto a
quando sei con me. Ti comporti come un'altra persona. Allora qual
è il vero te?”
Jongin rimase in silenzio per
qualche minuto, e Sehun sollevò lo sguardo su di lui,
trovandolo pensieroso. “Um…entrambi?”
“Com'è
possibile?” chiese Sehun,
sentendosi stranamente agitato per la faccenda.
“Non lo so? Voglio
dire, non ti comporti anche tu in modo diverso quando sei con certe
persone? Tipo a casa con i tuoi genitori, o…” Jongin
si bloccò, sussultando. “No, voglio
dire—scusa—”
“No,” rispose Sehun,
ignorando l'errore di Jongin. “Non lo faccio.”
Jongin si morse il labbro,
guardando Sehun, poi continuò, “Nemmeno con
Luhan-hyung?”
Ci pensò un secondo.
“Non proprio. Semplicemente lo sopporto più della
maggior parte delle persone.”
“Anche me,” disse Jongin,
quasi orgoglioso. Poi, “Beh, non so... la maggior parte delle
persone si comporta in modo diverso a seconda di chi ha intorno. Tipo,
mi comporto in modo diverso anche quando sono solo con Taemin rispetto
a quando sono con tutti gli altri ragazzi. Di sicuro mi comporto in
modo diverso a casa e a scuola. Immagino dipenda da quanto conosci le
persone con cui stai, e da quanto ti conoscano loro?”
“Questo non ti rende
falso?” Chiese Sehun, e
gli uscì più tagliente di quanto non avesse
voluto.
Jongin si accigliò.
“No, non penso. Penso sia solo... un gesto di fiducia, o
qualcosa del genere. Puoi decidere quali persone possono vedere un
certo lato di te. Quando ti fidi completamente di qualcuno, puoi
mostrare loro anche le parti peggiori di te che non piacerebbero a
nessuno sano di mente. Ma visto che ti conoscono così bene,
a loro non importa. O qualcosa del genere.” Annuì
pensoso. “Ad esempio, quando incontri qualcuno per la prima
volta, cerchi di mostrare le parti migliori di te, in modo che possa
piacere. E poi quando incominci a conoscerlo meglio, ti senti
più a tuo agio a mostrare altri lati di te, e a seconda
della persona, le mostri parti diverse.” Guardò
Sehun con un sorriso. “Penso che tu faccia al
contrario.”
Sehun sapeva che era una
battuta, ma non rise. “Non è vero,”
disse. “Questi sono
i miei lati migliori. Da qui in
poi peggiora soltanto.”
Gli occhi di Jongin si oscurarono un poco.
“Non dire così,” ribatté
piano, sorprendentemente deciso. “Più ti conosco,
più mi piaci. Quindi non dirlo.”
Sehun non sapeva come
rispondere.
“Non voglio che pensi
che indosso una maschera quando sono con te, o con qualcun altro,” disse alla fine il
ragazzo. “Voglio dire, è più come se
stessi vedendo un lato speciale di me? Che nessun altro può
vedere. Non sono nessun altro se non me stesso. Questo è
solo l'io che esiste quando sono con te.” Jongin
ridacchiò imbarazzato. “Non so se ha senso. Ma...
non pensare che ti stia mentendo, perché non lo farei mai.
Piuttosto, lavoro ogni giorno di più per essere
più onesto.”
Sehun trovava difficile
incontrare lo sguardo di Jongin. “Beh allora
perché io mi comporto allo stesso modo con tutti?”
chiese.
Jongin rimase in silenzio per
qualche momento. “Perché…non lasci che
nessuno veda oltre il primo strato. Come ho detto, lasci che le persone
vedano qualcosa in più di te man mano che il rapporto
cresce, ma tu sei bloccato alla prima fase con tutti. Devi... aprirti
con le persone.”
“Più ti
apri con le persone, più è facile per loro ferirti,” disse Sehun, e
voleva smettere di parlarne, desiderava non aver mai cominciato questa
conversazione.
“Questo è
quello che intendevo con gesto di fiducia,” rispose piano
Jongin. “Devi fidarti delle persone.”
“Sì, beh,
scusa se trovo difficile farlo,” mormorò
Sehun, fissando il tavolo.
“Io ci sto lavorando,”
fu tutto quello che disse Jongin, e quando Sehun lo guardò,
stava sorridendo gentilmente.
Sehun deglutì e
cominciò ad infilarsi il cappotto. “Devo andare a
casa,” disse.
“Aspetta!” esclamò
Jongin, spaventando Sehun. Il ragazzo lo guardò mestamente.
“Devo chiederti una cosa.”
“Cosa?” Sehun si
infilò il cappello.
“Io…ah, è
difficile per me dirlo.” Jongin stava sorridendo imbarazzato,
grattandosi il collo. “Ho una... cosa fra poco.”
“Una cosa,” ripeté
lui impassibile.
“Già. Una
cosa di danza. Un recital di danza classica.” Jongin si morse il
labbro, guardando Sehun e abbozzando un sorriso. “Mi stavo
solo chiedendo... se ti andrebbe di venire?”
“Al tuo recital?” chiese, sollevando
le sopracciglia. “Non hai detto che permetti solo a Taemin di
vederti ballare?”
Jongin annuì timido,
passandosi una mano tra i capelli. “Sì ma, voglio
dire... mi piacerebbe se venissi.”
Questo sì che colse
Sehun di sorpresa, perché Jongin conosceva i suoi altri
amici da molto più tempo, quindi perché lui?
“Perché?” chiese.
Jongin sembrava stesse lottando
contro l'istinto di nascondersi dietro alle mani. “Solo
perché... la danza è una cosa che considero
davvero privata. E tu... hai condiviso qualcosa di provato con me.
Della tua famiglia e tutto.” Guardò Sehun,
sorridendo leggermente. “Quindi anche io volevo condividere
qualcosa con te.”
Ci volle un bel po'
perché Sehun si riprendesse. “Davvero?”
“Sì,” disse Jongin,
giocherellando con le dita e guardandolo attraverso la frangia.
“Quindi verrai?”
La sensazione martellante nelle
orecchie di Sehun gli rendeva difficile concentrarsi.
“Io—io—”
“Ti prego
dì di sì,” disse piano
Jongin. “Altrimenti mi sentirò davvero stupido per
averlo chiesto.”
Questo lato timido e insicuro
di Jongin era nuovo e sorprendente e Sehun... Sehun si chiese se questo
fosse un altro di quegli 'atti di fiducia'. Sentiva davvero che era
così. “Okay.”
“Davvero?” Jongin lo
guardò, le guance rosse e gli occhi luccicanti.
“Verrai?”
Sehun annuì
lentamente, guardandolo. “Sì. Se vuoi.”
Era passato tanto, tanto tempo dall'ultima volta che aveva fatto
qualcosa solo perché glielo aveva chiesto qualcuno. Era
strano.
Jongin si illuminò.
“Sì! Lo voglio. Mi eserciterò davvero
tanto per te, okay?”
Sehun annuì,
cercando di mantenere un'espressione neutrale. “Ora
vado,” disse.
“Okay. Grazie per essere venuto
oggi, Sehun. E per aver parlato con me e... per tutto.
Grazie.”
Se la gratitudine di Jongin non
era stata abbastanza da travolgere Sehun, di sicuro lo era stata la sua
sincerità. “Ciao,”
disse, chiudendosi il cappotto.
“Ciao. Torna sano e
salvo. Ci vediamo domani a scuola.”
E poi Sehun se ne
andò, uscendo dalla porta e andando incontro all'aria fredda
della sera, premendo una mano contro la bocca per evitare che le labbra
gli si sollevassero agli angoli. Lo facevano spesso negli ultimi tempi,
ed era tutta colpa di Jongin.
Non era sicuro di come si
sentisse al riguardo.
C'erano davvero poche cose
piacevoli dell'inverno, ma Minseok in qualche modo si era dimenticato
della Cosa Peggiore #1 dei mesi più freddi dell'anno, fino a
che Luhan non fu assente a scuola il lunedì, una settimana
dopo il compleanno di Kyungsoo e di Jongin. Minseok lo aveva visto
sabato, quando era venuto a casa sua per vedere Yixing su Skype e
portare a Kyungsoo qualche altra foto che aveva sviluppato. Ma era
stato impegnato la domenica, quindi Minseok non lo aveva sentito, e ora
era lunedì e non aveva idea di dove fosse il ragazzo. Non lo
aveva chiamato stamattina, quindi pensò che potesse
semplicemente essere in ritardo, ma mentre il giorno andava avanti il
posto accanto a lui rimaneva vuoto. Chiamò casa di Luhan ad
ogni pausa, ma non rispose nessuno. A pranzo, Minseok mise da parte
l'orgoglio e andò a chiedere a Sehun e
Jongin se lo avessero sentito,
ma nessuno dei due sapeva niente, e a questo punto non sapeva se
sentirsi preoccupato o sollevato. (Cosa? Si sarebbe sentito
offeso se Luhan avesse chiamato uno di loro,
e non lui.)
Il nodo che gli attanagliava lo
stomaco si fece sempre più stretto con il passare della
giornata, che sembrava durare più del solito, e quando
l'ultima campanella suonò, era mezzo convinto che Luhan
giacesse morto in qualche canale (le pazze teorie di Chanyeol a
pranzo di certo non avevano aiutato). Con quell'immagine in testa,
Minseok corse da scuola fino a casa di Luhan, con il petto che gli
bruciava mentre respirava l'aria fredda, ma si rifiutò di
rallentare, anche quando cominciò a sentire la testa girare.
Dovette fermarsi un attimo all'interno del palazzo di Luhan per
riprendere fiato prima di fare le dieci rampe di scale, ma alla fine
raggiunse la porta dell'appartamento ed aveva quasi paura di bussare.
Se Luhan era a casa, perché non aveva chiamato o risposto al
telefono? Mordicchiandosi il labbro ansioso, alzò il pugno e
bussò.
All'inizio dall'altra parte
della porta c'era il completo silenzio, e lo stomaco di Minseok si
strinse così tanto che pensò di poter vomitare da
un momento all'altro, ma poi sentì un lieve fruscio, e dei
deboli passi, e la porta si aprì.
“Lu,”
ansimò Minseok sollevato quando vide il ragazzo in piedi
davanti alla porta, vivo.
Il gracchiare che
uscì dalle labbra di Luhan poteva essere un tentativo di
dire il suo nome, ma non poteva esserne sicuro, perché venne
interrotto subito da una serie di colpi di tosse, e Minseok si rese
conto finalmente che il ragazzo aveva un aspetto terribile.
Era infagottato in una coperta,
per iniziare, che sarebbe stato una palese indizio se Minseok avesse
prestato attenzione. I suoi capelli erano umidi e scompigliati, come se
non si fosse mosso dal letto per tutto il giorno, i suoi occhi erano un
po' lucidi e le guance arrossate, aveva delle profonde occhiaie e
all'improvviso il panico cominciò ad artigliare Minseok da
dentro.
Malattia. Era praticamente un
tabù a casa di Minseok, ed era per questo
che odiava così
tanto l'inverno. Ogni malattia conosciuta dall'uomo cominciava a girare
ed era abbastanza da instillare il terrore in chiunque, e Minseok non
era semplicemente chiunque.
Tre pensieri gli invasero la
mente, ognuno dei quali lo tirava in una direzione diversa. Per un
lungo momento rimase là in piedi, con la bocca spalancata e
in silenzio, mentre Luhan tossiva ed emetteva suoni pietosi e rochi.
Poi il ragazzo lo guardò, portandosi una mano alla gola e
rabbrividendo, e Minseok entrò in azione, coprendosi la
bocca e chiedendo strozzato, “Oh cavoli, stai
bene Lu?”
Luhan scosse la testa,
sembrando depresso mentre Minseok faceva un passo indietro. Si diede un
colpetto alla gola e scosse ancora la testa, aprendo la bocca ma senza
che uscisse alcun suono, e oh, quindi era per questo che non
aveva chiamato né risposto al telefono.
Minseok si sentì
andare in iperventilazione, non sapendo cosa fare.
“Io—mi dispiace,” disse, deglutendo a
fatica. “Io non—non posso, non posso aiutarti.
È solo che,” prese un profondo respiro.
“il diabete mi incasina tutto il sistema immunitario quindi
non posso stare troppo vicino alle persone malate e non posso essere
contagiato e—”
Gli occhi di Luhan si
spalancarono all'improvviso, e cacciò via Minseok
velocemente, dicendogli di andare, allora. Anche con il suo permesso,
Minseok si sentì il più grande stronzo di sempre,
e disse, “Torno subito,
giuro. Devo solo... devo chiamare Kyungsoo, lui—”
Si morse il labbro. “Stai bene?”
Luhan annuì
insistentemente, anche se Minseok vedeva benissimo che non era
così, ma annuì comunque, indietreggiando e
cercando di calmare il proprio battito. Sentì la porta
chiudersi dietro di sé mentre percorreva il corridoio,
prendendo il telefono dalla tasca. Le dita gli tremavano mentre cercava
il numero di Kyungsoo tra i contatti. Doveva controllare come stava.
Aveva visto Luhan solo due giorni prima.
Il più piccolo
rispose al terzo squillo. “Pronto?”
“Soo,” disse Minseok,
mandando giù il nodo che aveva in gola. “Stai
bene?”
Kyungsoo fece una pausa,
chiaramente confuso dalla domanda improvvisa. “…Sì?”
La sua risposta non lo fece
sentire meglio. “Sei sicuro? Al
cento per cento?”
Kyungsoo rise leggermente. “Beh,
non sono sicuro di sentirmi mai al cento per cento bene...
Tu stai
bene?”
Minseok fece un respiro
profondo. Non proprio. “Sì, sto bene,”
disse comunque. “Solo che... Luhan è
malato.”
Ci fu un lungo silenzio
sull'altra linea. “Quanto
malato?” chiese alla fine Kyungsoo.
“Abbastanza,” fu tutto quello
che poté rispondere.
“Che
tipo di
malattia?”
“Non te lo dico,”.
“Hyung,”
sbuffò Kyungsoo.
“Soo, lo sai come diventi quando
pensi di poterti ammalare,” disse Minseok, quasi disperato.
“Reagisci ammalandoti davvero, senza ragione. Non te lo
dirò, perché in quel caso, se ti ammalerai,
sapremo che è vero.”
Kyungsoo sospirò,
facendo arrivare rumori statitici sulla sua linea. “Fammi
parlare con Luhan-hyung.”
“No.”
“Voglio
solo assicurarmi che stia bene.”
“Sta bene. Lo so che
gli farai delle domande, Kyungsoo. Solo... prendi tante vitamine e
tutto, okay?” Minseok di certo
lo avrebbe fatto.
Kyungsoo sospirò
ancora, più forte. “D'accordo.
Sto bene.”
“Stai bene,” ripeté
Minseok, per assicurare se stesso.
“Non
ammalarti.”
“Ci proverò.”
“Farai
meglio.”
Minseok sorrise leggermente.
“Prenditi cura di te, okay?”
“Lo
farò,” disse Kyungsoo, e la sua voce
era debole, e gli faceva venire voglia di piangere più di
quanta già non ne avesse. “Ciao,
hyung.”
“Ciao,”
sussurrò Minseok, per poi chiudere la chiamata. Facendo un
paio lunghi, profondi respiri, tornò verso la porta di Luhan
e bussò ancora.
Luhan rispose quasi
immediatamente stavolta, sembrando nervoso e titubante.
“Sei andato dal
dottore?” chiese subito
Minseok, tenendosi a un metro buono di distanza.
Luhan scosse la testa
lentamente.
“Per i soldi?” chiese, sperando
di non sembrare troppo maleducato o qualcosa del genere. Doveva
semplicemente andare via da lì il prima possibile, ma allo
stesso tempo non voleva lasciare Luhan da solo – non voleva
che rimanesse solo quando era malato, ma soprattutto non nella sua
fredda casa vuota.
Luhan esitò, poi
annuì.
Minseok sospirò,
strofinandosi il collo agitato. “Vuoi che venga mia madre?
Potrebbe aiutarti.”
Luhan scosse la testa
velocemente, facendo un cenno verso casa propria. Diede un calcio al
muro a fianco a sé sembrando imbarazzato.
Ovviamente. Non voleva che
altre persone vedessero dove viveva. Minseok sussultò e poi
disse, “Allora, uh... la chiamo, immagino. Un
secondo.” Tirò di nuovo fuori il cellulare,
lanciando uno sguardo dispiaciuto a Luhan quando il ragazzo
ricominciò a tossire.
“Hey, mamma?” disse
quando la donna accettò la chiamata. “Hai un
secondo?”
“Dove
sei?” chiese lei. “Non
dovresti già essere a casa ormai?”
“Sì, sono
da Luhan,” rispose
accigliato. “Non è venuto a scuola oggi...
è malato.”
“Se
è malato non dovresti stare a casa sua,
Minseok,” lo interruppe
subito la madre, severa. “Lo
sai questo.”
“Lo so
mamma, ma non sapevo
che fosse malato. Comunque,
voleva... uh, sapere come fare per star meglio.”
La donna sospirò,
non sapendo se preoccuparsi per il figlio o se fare il suo lavoro da
infermiera. “Beh,
quali sono i sintomi?”
Minseok guardò
Luhan, che osservava in silenzio la scena dalla porta.
“Um, tosse?” Sposto leggermente il telefono
dall'orecchio e disse, “Quali sono i tuoi sintomi,
Lu?”
Luhan si indicò la
gola e fece una smorfia.
Beh, Minseok l'aveva intuito. “Mal di gola. Ha
perso la voce.”
“Febbre,
naso che cola, starnuti?” continuò la madre.
“No per le ultime
due,” rispose immediatamente. “Lu, hai la
febbre?” Il ragazzo fece una faccia confusa, e Minseok si
portò una mano alla fronte e disse,
“Caldo?” Luhan annuì, stringendosi la
coperta intorno alle spalle. “Sì per la
febbre.”
Fecero una lista dei sintomi
– tosse secca, gola infiammata ecc ecc – e sua
madre gli disse che Luhan sarebbe dovuto andare in ospedale per fare un
esame per la faringite, ma—“Sembra
un'infezione virale.”
Minseok sussultò.
“E quindi cosa dovrebbe fare?”
“Non
c'è molto che può fare,
sfortunatamente. Bisogna semplicemente aspettare che passi. Digli di
riposarsi, di bere tanto e di prendere qualche anti-infiammatorio. E
poi vai via di lì, giovanotto. Non voglio che ti ammali.”
Minseok sospirò e
mormorò una risposta, poi chiuse la chiamata e si
voltò verso Luhan, che era poggiato allo stipite con gli
occhi chiusi. La scena gli fece stringere il petto. “Vado a
prenderti qualche medicina, okay?” disse.
Gli occhi del ragazzo si
aprirono e annuì, senza nemmeno discutere.
“Torno subito. Tu vai
a letto, okay? Bevi tanta acqua e dormi.”
Luhan annuì ancora,
e cominciò a dirigersi verso camera sua mentre Minseok
chiudeva la porta e scendeva le scale per andare alla farmacia
più vicina, dove prese qualche farmaco da banco prima di
tornare a casa del ragazzo e dargli tutto. “Prendine due
adesso, e poi una ogni sei ore,” gli disse Minseok,
perché non pensava che Luhan fosse dell'umore per leggere il
bugiardino. Il ragazzo annuì, aprendo la scatola.
“Mi dispiace davvero non poter restare, Lu.”
Luhan scosse la testa, cercando
di sorridere. Sto
bene, mimò con le labbra.
Minseok rise leggermente.
“No, non è vero,” disse, e il ragazzo
scrollò le spalle tristemente. “Riprenditi, okay?
Io... prenderò gli appunti per te, a scuola. E ti
chiamerò. Non devi parlare, ma almeno rispondi
così che sappia che sei vivo, okay?” Luhan
annuì ancora. “Che brutta situazione.”
Luhan fece una piccola
risatina, poi tossì ed emise un lamento. Minseok si
coprì la bocca con la manica e sussultò.
Se ne andò qualche
minuto dopo, scusandosi ancora e augurandogli di riprendersi presto, e
si diresse a casa, sentendo il cuore pesante.
Minseok riuscì a
malapena a fare i suoi compiti quella sera, troppo preoccupato sia per
Luhan che per Kyungsoo. Questa era davvero la peggiore situazione di
sempre. Chiamò entrambi prima di andare a dormire
– Luhan aveva risposto, ma tutto quello che fece fu tossire,
e Kyungsoo gli giurò che non si stava ammalando,
né psicosomaticamente né nella realtà
– e quando si svegliò la mattina seguente, dopo
una notte piena di orribili incubi, chiamò ancora. Luhan
ebbe la stessa risposta della prima volta, ma Kyungsoo sembrava strano
mentre Minseok gli chiedeva come si sentisse.
“Stai bene?” chiese, sentendosi
già esausto dallo stress e dai suoi livelli di zucchero
sfasati.
“Io... sì, sto
bene,” disse Kyungsoo con voce debole.
Cinque o sei ore dopo, Minseok
ricevette un messaggio dal vicino, di sole due parole. Non bene.
Minseok sentì di
poter rimettere da un momento all'altro.
Con Luhan bloccato a casa e
Kyungsoo all'ospedale, Minseok aveva troppo, sin
troppo tempo per pensare a quanto
tutto facesse schifo. Tipo, c'erano così tante cose a fare
schifo nell'attuale situazione. Stare male era già
abbastanza brutto, ma stare male e
da soli praticamente sempre, in
una casa a malapena riscaldata – i genitori di Luhan avevano
stretto i denti e comprato una piccola stufetta dopo che i tubi di un
altro inquilino erano esplosi lasciando al freddo tutto l'edificio – era anche peggio. E Minseok
non poteva nemmeno andare a fargli visita o controllare come stesse,
perché sua madre gli aveva proibito di avvicinarsi a Luhan.
E Kyungsoo. Pensare a Kyungsoo gli faceva
seriamente venir voglia di piangere (anche se forse era
perché lo stress faceva fare cose strane ai livelli di
zucchero nel suo sangue rendendolo decisamente emotivo). Kyungsoo stava
andando così bene, non si era ammalato in
così tanto tempo, era rimasto lontano dall'ospedale per
oltre un anno, finalmente aveva fatto qualche progresso. Minseok aveva mantenuto alte
le speranze per lui, aveva pensato che finalmente Kyungsoo stesse
migliorando, ma questo episodio aveva rovinato tutto. Non solo malattie
di questo genere erano davvero pericolose per Kyungsoo,
perché anche un semplice raffreddore poteva diventare
qualcosa di molto più grande, portando ad infezioni e tanti
altri tipi di problemi, ma le cose si facevano sempre più
difficili per Kyungsoo dopo essersi ammalato. Paranoia, OCD, a volte
depressione. Minseok soffriva vedendolo così – non
che potesse vederlo quando raggiungeva quella fase. Quando era
più piccolo, Kyungsoo si liberava di tutte le sue cose, per
la paura che potessero essere infette. Tutti i suoi libri, tutti i suoi
vestiti, tutto. Non faceva mai in tempo ad
accumulare tanta roba, prima che un'altra malattia lo colpisse. Ma era
passato così tanto tempo ora, e Kyungsoo aveva davvero tanta
roba in camera sua; Minseok sperava solo che avrebbe lasciato che la
disinfettassero invece di buttare via tutto.
E anche se sapeva di non aver
alcun diritto di provare pena per se stesso a questo punto, Minseok si
sentiva terribilmente solo senza Luhan a scuola, o Kyungsoo a casa, e
capì ancora una volta quanto dipendesse da loro, quanto importanti
fossero per lui.
Aveva ancora Jongdae, certo. E
Jongdae svolse con lealtà il suo ruolo di migliore amico,
notando immediatamente che Minseok era turbato e facendo tutto
ciò che aveva in potere (seppur limitato) per farlo sentire
meglio. Saltò l'incontro che avrebbe dovuto avere a pranzo e
invece lo accompagnò nell'auditorium, dove Baekhyun e
Chanyeol stavano provando la loro commedia. Questo lo aiutò
a pensare ad altro, guardando Chanyeol inciampare per il palco e
recitare a gran voce il suo monologo che non aveva mai senso
perché continuava a dimenticarsi le battute; Baekhyun
cercava di fare cinque o sei lavori contemporaneamente, dicendo alle
persone dove dovevano stare o quando entrare in scena o come dire o
fare certe cose, mentre lui stesso provava le battute. Jongdae poi
ridacchiava ogni volta che uno degli attori si riferiva al personaggio
di Baekhyun come un lui,
e Baekhyun rispondeva urlando , “Per l'amor del
cielo, sono una ragazza”
Se non altro, l'intera cosa era
estremamente divertente, e Minseok avrebbe mentito se avesse detto che
non aspettava con impazienza il risultato finale.
Jongdae gli promise che sarebbe
passato da lui mercoledì sera per fargli un po' di
compagnia, dopo il suo incontro per il progetto con Junmyeon. Questo
significava che Minseok sarebbe tornato a casa da solo, che non era
molto divertente, ma non importava troppo. A fine giornata si
infilò il giubbotto e il cappello, preparandosi al freddo
del tragitto, ma proprio quando stava prendendo lo zaino
dall'armadietto, sentì qualcuno picchiettargli la spalle e
si voltò.
Sehun era di fronte a lui,
l'espressione impassibile se non per gli angoli della bocca leggermente
tesi. Minseok lo guardò sorpreso.
“Sì?”
Il ragazzo sembrava stesse per
cambiare idea e andare via, ma poi chiese, “Dov'è
Luhan?”
Oh. Giusto. Sehun non aveva
idea di dove fosse il ragazzo. Il fatto che lo stesse davvero chiedendo
a lui, però, era abbastanza scioccante. “Sei
preoccupato per lui?” gli chiese incredulo.
Sehun sbuffò,
evitando il suo sguardo. “No. Sono solo... curioso. Di dove
sia. Non viene a disturbarmi da venerdì.”
Minseok dovette sforzarsi di
mantenere un'espressione seria. “È a casa.
Malato.”
Sehun rimase in silenzio per un
momento. “Non me l'ha detto.”
“Ha perso la voce. Non
può dirlo a nessuno,” rispose lui.
“Allora come fai tu a
saperlo?”
continuò il ragazzo, accigliato.
Minseok non poté
fare a meno di sorridere a questo punto, e pensò che fosse
abbastanza infantile sentirsi arrogante per questa cosa, ma lo fece
comunque. “Sono andato a casa sua per controllare.”
“Non mi ha mai detto
dove abita,”
borbottò Sehun, poi sembrò rendersi conto di
quanto fosse sembrato preso e chiuse la bocca.
Minseok cercò
davvero di non sembrare troppo soddisfatto. “Hmm,”
fu tutto quello che disse, trattenendosi dal sbatterglielo in faccia
ancora un po', come se la preferenza di Luhan fosse una specie di
premio che entrambi stavano cercando di vincere.
“Beh,” riprese Sehun,
tirando leggermente su con il naso. “Fa niente. Mi stavo solo
chiedendo dove fosse.” E girò sui tacchi per
andare via.
Minseok rise leggermente,
trovando divertente come Sehun avesse cercato di non dar a vedere
quanto fosse preoccupato per il bene di Luhan – o per Luhan
in generale. Lo avrebbe di certo dovuto dire al ragazzo la prossima
volta che lo avesse visto.
Poi si fermò e penso
che forse non avrebbe dovuto.
No, doveva farlo. Luhan sarebbe
stato felice di sentire che Sehun era preoccupato per lui. Minseok
doveva fare le cose che avrebbero reso felice Luhan. Giusto? Anche se
si trattava di Sehun.
Per una volta, Minseok era
leggermente felice che Kyungsoo non fosse lì per dirgli cosa
significassero i suoi sentimenti. Pensava fosse meglio non pensarci.
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Capitolo 20 *** Capitolo 18 ***
C'era un buon numero di cose di
cui Jongdae era fiero di aver raggiunto a questo punto del penultimo
anno di scuola. Era stato eletto per il consiglio degli studenti, ad
esempio, cosa piuttosto notevole. Stava anche aiutando
nell'organizzazione del festival multiculturale, sebbene fosse stata
più una cosa alla 'ho avuto questo lavoro tramite
raccomandazione di un amico'. Ma era fiero anche di altre cose. Aveva
ottenuto un punteggio di 90 nel suo ultimo compito di matematica, e
fino ad ora aveva un record di zero assenze. Erano risultati abbastanza
buoni.
Ma una delle cose
più importanti era che ora poteva passare diverse ore da
solo con Kim Junmyeon senza
voler morire dall'imbarazzo. Ci
era voluto del tempo, ma era riuscito a raggiungere un livello normale
di comfort con il presidente del consiglio, e per Jongdae, era una
specie di miracolo.
Si affrettò verso la
biblioteca della scuola subito dopo l'ultima campanella
mercoledì, ma quando arrivò Junmyeon era
già seduto ad un tavolo, tagliando piccole stelle bianche
per il loro collage. Sollevò lo sguardo quando Jongdae
entrò e sorrise allegro, salutandolo.
“Come sei arrivato
qui così in fretta?” chiese Jongdae,
mollando lo zaino su una sedia e sedendosi di fronte al maggiore.
“La campanella è appena
suonata.”
Junmyeon rise, facendo cadere
una stella sulla pila che stava incominciando. “Sai tenere un
segreto?”
Jongdae alzò un
sopracciglio.
Il maggiore si sporse in
avanti, parlando a bassa voce. “Non sono
più tornato in classe dopo aver svolto qualche commissione
per il professore. Sono venuto direttamente qui, anche se mancavano
ancora un paio di minuti prima che finisse la lezione.”
Jongdae rimase in silenzio per
un momento, e poi rise. “Wow, hyung, sei un
ribelle.”
“Lo so,” rispose lui,
sedendosi bene e sorridendo arrogante. Jongdae grugnì
sporgendosi sul tavolo per prendere qualche foglio con delle stelle
disegnate sopra, e Junmyeon rise con lui.
“Allora, Jongdae-yah,”
disse il maggiore dopo qualche minuto, iniziando una normale
conversazione come sempre. Junmyeon era sempre stato un abile
conversatore; ora, Jongdae non aveva troppi problemi a rispondergli.
“Stai ancora pensando di candidarti a presidente del
consiglio l'anno prossimo?”
Jongdae confermò,
gli occhi sulle forbici mentre faceva degli tagli precisi. Trovava
più facile parlare con Junmyeon quando non lo guardava.
“Solo se mi aiuterai,” disse, con voce leggera.
“Ti
aiuterò solo se sei serio,” ribatté
lui con una risata. “Come presidente del consiglio
studentesco in carica, devo mantenere l'integrità della
posizione.”
“Ma hyung, se facessi
come te, comincerei a saltare le lezioni,” lo prese in giro
Jongdae.
Junmyeon sputacchiò
leggermente. “Era solo una lezione!”
esclamò. “E non l'ho nemmeno saltata.
Semplicemente non l'ho finita.”
“Questo è
quello che dicono tutti all'inizio,”
canticchiò Jongdae, e il maggiore rise. A Jongdae piaceva
farlo ridere.
Rimasero in silenzio per un
lungo momento, si sentiva solo il rumore delle forbici di Jongdae, il
quale alzò lo sguardo e trovò Junmyeon che lo
guardava con un sorriso affettuoso sul viso. Il peso di quello sguardo
lo fece arrossire come una scolaretta, ed era assolutamente ridicolo. “Sto davvero
pensando di concorrere alla carica di presidente,” disse,
tornando a lavoro. C'era un motivo se evitava di guardare Junmyeon.
“Voglio dire, anche se non vinco, non fa male provare, no?
Potrebbe essere divertente. E Minseok hyung dice che mi farebbe
bene.”
“Minseok,”
ripeté Junmyeon, e Jongdae pensò che fosse strano
che quello era tutto quello che
aveva colto del suo discorso. “Sai, stavo parlando
con Minseok l'altro giorno.”
Jongdae sbatté le
palpebre, sorpreso, e sollevò ancora una volta lo sguardo, e
Junmyeon lo stava ancora guardando, sorridendo. Lo rendeva nervoso.
“Ah sì?” disse, ma la sua voce
uscì imbarazzantemente stridula, quindi si
schiarì la gola e riprovò. “Voglio
dire, ah sì?”
Il maggiore annuì, e
Jongdae notò per la prima volta che il piede di Junmyeon si
scontrava gentilmente con il suo, sotto il tavolo. Lo faceva così
spesso che ormai nemmeno se ne accorgeva più?
“Sì, alla sua festa di Capodanno. Mentre voi
giocavate a Yahtzee.”
“Oh,” disse Jongdae,
accigliandosi. Se ne ricordava, più o meno; aveva visto
Minseok e Junmyeon chiacchierare come vecchi amici in un angolo. Beh,
tecnicamente, lo erano. Erano stati in classe insieme prima. Ma Jongdae
non era proprio sicuro di come si sentisse vedendoli così
amichevoli. “Cosa ha detto?”
“Qualcosa di molto
interessante,” rispose lui,
sorridendo, e Jongdae si sentì ancora più
nervoso. “Circa una sua teoria.”
“Davvero,” disse debolmente
Jongdae. Non gli piaceva affatto la piega che stava prendendo.
Junmyeon annuì.
“L'ha chiamata la sua 'Teoria Gay-Etero.’”
“Oh no,”
sentì il sangue congelarsi nelle vene. “Non ancora
quella storia.”
“Te ne ha parlato?”
Solo un centinaio di volte,
quando cercava di convincermi che sono gay per te. “Uh, sì,
lo ha fatto.”
Junmyeon rise leggermente,
senza riprendere a tagliare le stelle. “Chiunque
è un po' gay,
ha detto.” Il suo
sguardo era intenso, e Jongdae voleva abbassare la testa e magari
nascondersi da qualche parte. “Nelle
giuste circostanze.
Cosa ne pensi?”
Oh no. Minseok era passato dal
cercare di convincere lui al cercare di impiantare le sue stupide idee
nella testa di Junmyeon. Ora Junmyeon
probabilmente pensava che
Jongdae fosse gay per lui! Probabilmente questo era un test, per vedere
se avrebbe confessato o meno!
E per l'ultima volta, Jongdae non
era gay.
Sentendo il sudore formarsi
sulla fronte, Jongdae cercò di rimanere calmo e non rendere
la situazione peggiore di quanto già non fosse. “Haha,”
disse, fingendo un sorriso e asciugandosi i palmi sui pantaloni.
“Minseok-hyung è pazzo, non dovresti stare ad
ascoltarlo. Ha un sacco di idee strambe.”
“Quindi non gli credi?” Junmyeon lo
guardò con attenzione.
“Pffffft, no,” disse velocemente.
“Voglio dire, gay è gay e etero è
etero, no? Voglio dire so che si può essere bi o che so io
ma devi essere una cosa o l'altra. Nessuno spazio grigio. Non per me.
No no.” Scosse la testa deciso. “Ti può
piacere chi vuoi ma, uh, già. Minseok-hyung è
pazzo. Ti prego non ascoltare niente di quello che dice. Mai.
Soprattutto se riguarda me.”
“Oh.” Junmyeon
distolse lo sguardo per la prima volta da quando aveva iniziato
l'argomento, prendendo nuovamente le forbici. “Pensavo
potesse avere ragione.”
Jongdae era ancora certo che
fosse un test. E se non era così, non poteva lasciare il
seme del dubbio nella mente di Junmyeon. “Nah, non
penso,” disse deciso, tagliando furiosamente una stella.
“Penso semplicemente che non voglia essere l'unico ragazzo
gay della scuola, quindi si fa venire strane idee in testa, senza alcun
fondamento dietro.”
“Oh,” disse ancora il
maggiore, la voce estremamente bassa anche per la biblioteca.
“Okay.”
Junmyeon rimase insolitamente
in silenzio per il resto dell'incontro, e non colpì
più il piede di Jongdae sotto al tavolo. Il più
piccolo si chiese se forse avrebbe dovuto formulare in un altro modo la
propria risposta.
“Sono qui per porre
fine alle tue sofferenze!” fu la prima cosa
che esclamò Jongdae non appena Minseok lo fece entrare in
casa mercoledì sera. Il maggiore rise, anche se si sentiva
una schifezza.
“Hey, Jongdae,” disse,
chiudendo la porta dietro di sé e guardando il migliore
amico prendere le proprie ciabatte dalla scarpiera. Era passato
così tanto dall'ultima volta che le aveva usate.
“Come è andato il tuo appuntamento con
Junmyeon?”
Jongdae si voltò e
gli diede un colpo alla spalla con una delle ciabatte.
“Darò fuoco a tutto ciò che
ami.”
“Allora dovrai dare
fuoco a te stesso,”
canticchiò Minseok, stringendo il viso del più
piccolo tra le mani prima di scappare via con una risata.
“Cosa, ha rotto con te?”
Jongdae continuò a
colpirlo con la ciabatta. “Sta' zitto. Cosa gli hai detto di
me?”
“Cosa?” chiese Minseok,
ridendo e cercando di difendersi. “Cosa ha detto?”
“Hai cercato di
convincerlo che sono gay, non è così.”
“Cosa?” Ci volle un
momento perché Minseok si rendesse conto di cosa stesse
parlando, e non poté fare a meno di scoppiare a ridere.
“Oh! No, giuro che non l'ho fatto. Davvero!”
insistette, alzando le mani in difesa allo sguardo accusatore
dell'amico. “Volevo solo sapere cosa pensasse della mia
teoria. Ero curioso, okay?” Fece un sorrisetto sghembo.
“Perché ti stava guardando durante la
festa.”
Jongdae gelò.
“Mi guardava?” Minseok grugnì e
annuì, poi l'amico si riscosse e lo guardò
nuovamente male. “Chi se ne frega. Mi ha chiesto qualcosa al
riguardo oggi, ed è stato parecchio strano, quindi ti prego
smettila, o altrimenti ti retrocederò davvero dal tuo grado
di migliore amico.”
“Pshh, sì
certo,” disse Minseok, sorridendo. “Cosa hai detto
quando te lo ha chiesto?”
“Gli ho detto che sei
un idiota,” rispose l'amico,
infilandosi finalmente la ciabatta e dirigendosi in salotto.
“E di non ascoltarti più. Ora, cosa
guardiamo?”
Il maggiore alzò gli
occhi al cielo per l'ostinazione di Jongdae. “Scegli
tu,” disse, decidendo di lasciar perdere per quel giorno (o
almeno per i prossimi minuti). “Scegli qualcosa di stupido,
non mi va di pensare oggi.”
Jongdae tirò fuori
una vecchia VHS dallo scaffale. “Che ne dici di Jimmy
Neutron: Ragazzo prodigio?”
“Certo,” rispose Minseok,
sorridendo. “Non si può mai sbagliare con i
classici.”
Mezz'ora dopo, erano
spaparanzati sul divano di fronte allo schermo acceso, Minseok con i
propri gambi di sedano e Jongdae con i pop-corn. Il maggiore tenne gli
occhi fissi sul film, ma si rese conto dopo un po' che non lo stava
davvero guardando, e che il suo sorriso era svanito nel momento in cui
Jongdae aveva distolto lo sguardo. Sospirando leggermente, si
accasciò sull'amico e posò la testa sulla spalla
ossuta di Jongdae.
Jongdae si mosse
immediatamente, per farlo stare più comodo.
“Hey,” disse piano, posando una guancia sulla testa
di Minseok. Anche dopo che l'amico gli aveva detto di essere gay,
Jongdae non aveva mai rifiutato il contatto fisico. “Stai
bene?”
“Non proprio,”
mormorò lui, sbattendo le palpebre. “Ho avuto una
giornata davvero di merda.”
Jongdae fece un suono di
assenso, il respiro arruffava leggermente i capelli di Minseok.
“Che mi dici delle prove dello spettacolo di Baekhyun e
Chanyeol?”
“Quello è
stato divertente,” ammise
ridacchiando. “Ma a parte quello, ha fatto davvero
schifo.”
“Ma va meglio ora che
sono qui, vero?” chiese Jongdae.
Minseok grugnì.
“Un po'.” Strinse forte il braccio dell'amico.
Jongdae rimase in silenzio per
un momento, per poi dire, “Non ti stai ammalando, vero?
Voglio dire, come l'anno scorso. Non accadrà ancora,
giusto?”
Minseok deglutì a
fatica. Raramente Jongdae parlava della sua malattia, perché
sapeva che a Minseok non piaceva parlarne, ma il maggiore sapeva che
anche se non ne parlava, Jongdae si era davvero spaventato. Sapeva che
aveva ancora paura, a volte, che sarebbe accaduto nuovamente. Minseok
non gli aveva mai detto il vero motivo della sua ospedalizzazione. E
questo lo rendeva ancora più ansioso, facendo sentire
Minseok terribile. “No,” promise. “Non
accadrà ancora.”
“Meglio che sia
così,”
borbottò Jongdae. “Faceva davvero
schifo.”
Minseok rise un po',
amaramente. “Già. Se mi dovessi ammalare,
comunque, sarebbe la stessa cosa che hanno Lu e Kyungsoo.”
Jongdae annuì.
“Come stanno?”
“Kyungsoo non vuole
dirmelo,” sospirò Minseok. “A volte mi
manda qualche messaggio, ma solo perché sa che mi preoccupo.
Non vuole parlare di come sta. Più che altro si lamenta di
quanto odi gli ospedali.”
“Immagino sia abbastanza stufo
degli ospedali ormai.”
“Già.” Minseok
ricacciò indietro le lacrime.
“Digli che
può mandarmi un messaggio ogni volta che si annoia,” gli disse Jongdae,
e l'amico annuì leggermente. “E
Luhan-hyung?”
“Non so molto nemmeno
di lui,” disse Minseok, con
voce improvvisamente strozzata. “Non sono potuto andare a
controllare.”
Jongdae staccò il
braccio dalla presa di Minseok e lo portò attorno alle sue
spalle. “Sono sicuro che stiano entrambi bene,”
rispose piano. “Kyungsoo è forte. Non ha mai
lasciato che una piccola influenza lo buttasse giù, giusto?
E se Kyungsoo può sopravvivere, può farlo anche
Luhan.”
“Lo so,” disse Minseok,
senza nemmeno più fingere di guardare il film e nascondendo
il viso nella spalla di Jongdae. “Ma mi sento così
male per loro. Luhan è a casa da solo e malato e Kyungsoo
è in ospedale
e non ho nemmeno detto
a Luhan che più o
meno è colpa sua. Ci resterà malissimo quando lo
scoprirà. Continuo a pensarci e mi fa sentire una
merda.”
“Hey, è tutto
okay,” lo confortò Jongdae, stringendogli la
spalla. “Non hai fatto niente di male, e non c'era niente che
potessi fare. Andrà tutto bene.”
Minseok annuì in
silenzio, mordendosi il labbro e cercando di trarre conforto dal tono
caldo e rassicurante dell'amico. Per quanto Jongdae potesse essere
fastidioso e costantemente sarcastico, conosceva anche l'amico
più di chiunque altro, e a volte Minseok aveva bisogno
più di parole di conforto vuote che della logica e
dell'onestà di Kyungsoo. A volte, Minseok aveva solo bisogno
del suo migliore amico.
“Saresti un buon
fidanzato,” gli disse Minseok
qualche minuto dopo, dando qualche pacca alla gamba dell'amico.
Jongdae grugnì
forte. “Ew.”
“Dico, sai, in
generale. Per chiunque.”
“Dici sempre che mi
odi,”
puntualizzò Jongdae.
Minseok rise. “Questo
è vero. Ma sono il tuo migliore amico. Saresti un buon
ragazzo per qualcuno che non sono io.”
“Non uscirei mai con
te,” disse Jongdae,
come per mettere le cose in chiaro.
“Nemmeno io uscirei
mai con te.”
“Bene.”
“Sai chi altro
sarebbe un buon fidanzato, soprattutto per te?” chiese Minseok,
con tono stuzzicante.
“Non dirlo,
altrimenti mi rimangio tutte le cose carine che ti ho detto oggi.”
Minseok ridacchiò
leggermente, attaccandosi in modo fastidioso al fianco dell'amico.
Niente lo faceva sentire meglio che rendere difficile la vita di
Jongdae. “No, davvero, conosco il ragazzo
perfetto per te.”
“Sì, beh
anche io conosco il ragazzo perfetto per te,” ribatté
Jongdae, e Minseok chiuse subito il becco. “Non lo vedo da un
paio di giorni, ma è tutto sorrisi e straniero e carino e si
fa chiamare L—”
“No,” disse velocemente
Minseok, interrompendolo. “Non dirlo.”
“Che c'è,
non vuoi assaggiare un po' della tua stessa medicina?” lo prese in giro
Jongdae.
“Solo…” Minseok
si mordicchiò una pellicina del pollice. “Non
dirlo e basta. Ti prego.”
Jongdae rimase in silenzio per
qualche momento, guardando il film, e poi disse,
“Okay.” Minseok rilasciò il respiro che
stava trattenendo. “Ma allora tu non puoi più dire
niente su Junmyeon-hyung.”
Minseok rise leggermente.
“Chi ha detto che ora stavo parlando di Junmyeon?”
“Hyung.”
“D'accordo, d'accordo,”
ridacchiò Minseok. “Penso comunque che sareste
carini insieme.”
“Sta' zitto, hyung. Guarda il
film.”
Minseok si svegliò
presto giovedì mattina sentendosi come se qualcuno gli
avesse strofinato la gola con della carta vetrata mentre
dormiva, e capì che le cose potevano davvero andare peggio
di come erano.
“Mamma,”
gracchiò, grugnendo pietosamente.
Il padre si affacciò
dalla porta. “Mamma è
stata chiamata a lavoro. Che succede?”
Minseok si lamentò e
si indicò la gola. “Sto morendo.”
“Oh cielo,”
sospirò il padre. Oh
cielo seriamente. “Vestiti,
andiamo al pronto soccorso.”
“Evviva,”
gracchiò ancora dolorosamente, sussultando quando lo sforzo
di parlare gli bruciò la gola.
Una gita al pronto soccorso non
era così semplice. Mentre il padre di Minseok chiamava a
lavoro per avvisare che avrebbe lavorato da casa, Minseok doveva
vestirsi e preparare la colazione perché, malato o meno,
doveva comunque mangiare alle 7.00. Poi il padre avrebbe chiamato a
scuola per spiegare perché Minseok sarebbe stato assente,
mentre lui avvisava Jongdae e sistemava l'insulina. Poi si misero in
macchina, dove rimasero bloccati nel traffico, quindi Minseok dovette
sia prendere l'insulina che mangiare in macchina, ed era un problema,
dato che suo padre aveva sempre avuto una fobia per gli aghi. Alla fine
arrivarono in ospedale e si sedettero nella sala d'attesa del pronto
soccorso, dove li raggiunse la madre per controllargli la gola, e per
dirgli di chiedere ai dottori di fare due esami per la laringite, per
sicurezza.
“Sapevo che non
avresti dovuto passare così tanto tempo a casa di Luhan
quando stava male,” sbuffò
la donna, sentendogli la fronte per la febbre.
“Mezza scuola
è ammalata, mamma,”
gracchiò Minseok. “Sta semplicemente
girando.”
“Saresti dovuto stare
a casa, allora,” disse lei,
accigliandosi.
“Non può
saltare la scuola senza ragione,” Ribatté
calmo il padre. Era l'unica cosa che tratteneva la madre dal
preoccuparsi a morte, a volte. “Era inevitabile. Anche
Kyungsoo si è ammalato, e non va nemmeno a scuola.”
“Lo so, lo so,”
borbottò la donna. “Devo tornare a lavoro ora. Vai
a casa e dormi quando hai finito, okay? Prenditi cura di te, io
sarò a casa appena possibile.”
“Lo so,” sospirò
Minseok, poi tossì dolorosamente. Wow, si sentiva malissimo.
E stava velocemente perdendo la voce. “Starò
bene.”
“Certo che starai bene,” disse sbrigativa
la mamma, poi gli diede un bacio sulla fronte prima di scappare via.
Il padre rimase con lui al
pronto soccorso fino a che non fu il suo turno. Fece i suoi test per la
laringite – due, dato che sua madre aveva insistito
– e ricevette i risultati in dieci minuti. Negativi, come
c'era da aspettarsi. Poi gli vennero dati degli avvertimenti e le
istruzioni per la cura, e fu libero di andare.
Sarebbe dovuto tornare subito a
casa, per riposarsi e tutto, ma anche se Minseok voleva davvero
raggomitolarsi sotto le coperte, c'era una cosa che voleva fare prima. “Papà,
posso andare a far visita a Kyungsoo?”
Ora, non avrebbe potuto far visita
a Kyungsoo. Nessuno poteva, ma
specialmente non delle persone malate. Però poteva
andare al vetro della porta
della stanza da quarantena di Kyungsoo e sbirciare dentro, bussando
fino a che il ragazzo nel letto non alzò lo sguardo confuso.
Minseok sorrise e lo salutò.
Kyungsoo ricambiò il
saluto incerto, come se non fosse stato sicuro che Minseok fosse
davvero lì e non avesse le allucinazioni. C'era una flebo
attaccata al suo braccio e indossava un pigiama; i suoi capelli era
scompigliati ed era circondato da libri. Quando Minseok non scomparve,
o qualsiasi cosa si fosse aspettato accadesse, il più
piccolo indicò prima lui e poi il pavimento, prima di
sollevare la mani domandando silenziosamente Cosa
ci fai qui?
Minseok fece un sorriso sghembo
e si indicò la gola, poi imitò un colpo di tosse.
Scrollò le spalle tristemente.
Kyungsoo sembrò
rattristarsi e si morse il labbro. Mi
dispiace, disse.
Minseok scosse la testa e si
strinse ancora nelle spalle. Succede.
Poi fece un gesto verso la fine
del corridoio, da dove era arrivato. Devo
andare. Mi manchi.
Kyungsoo sorrise triste e
sollevò e abbassò le spalle in un sospiro
silenzioso. Salutò Minseok e mimò l'atto di
dormire. Riposati.
Minseok annuì,
sbattendo velocemente le palpebre e sollevando il telefono davanti al
vetro. Scrivimi.
Kyungsoo annuì in
risposta, sollevando il proprio cellulare.
Ciao, disse Minseok, facendo un
cuore con le mani e mandandolo in direzione dell'amico. Kyungsoo rise
piano, poi cominciò a tossire. Minseok aspettò
che finisse, guardandolo mandare giù un bicchiere d'acqua, e
cercò di non fare qualcosa di stupido, tipo mettersi a
piangere. Il più piccolo lo salutò un momento
dopo, mandandogli a sua volta qualche cuore, poi Minseok
sospirò e si voltò, uscendo dall'ospedale e
sentendosi anche peggio di quando si era svegliato. Almeno Kyungsoo non
sembrava fosse ancora sul letto di morte, anche se il colore giallastro
della sua pelle e il modo in cui le sue braccia magre sbucavano dalla
maglietta l'avevano fatto sentire leggermente male. Beh, più
male di quanto non stesse già.
Essere malati faceva schifo, ed
essere Minseok faceva schifo, ma essere Minseok ed
essere malati faceva
decisamente ancora più schifo. E mentre moriva lentamente
per la febbre sul divano decise che la gola irritata era il peggio del
peggio. Mentre la maggior parte delle persone con la gola arrossata
potevano mangiare ghiaccioli e gelato tutto il giorno per alleviare il
dolore, Minseok doveva comunque mangiare del normale cibo solido per
mantenere i livelli di zucchero il più normale possibile,
cosa che era di per sé praticamente impossibile quando si
ammalava. Ingoiare era difficile, e ogni morso faceva protestare la sua
gola, e suo padre doveva continuare a svegliarlo per assicurarsi che
prendesse l'insulina, che mangiasse e che controllasse i valori,
perché potevano essere imprevedibili. Proprio quando la sua
febbre raggiunse i 38° C, i suoi livelli di zucchero nel sangue
precipitarono, rendendolo disorientato e facendogli girare la testa. A
un certo punto non riusciva nemmeno più a capire cosa lo
facesse stare più male, e cercò più
che altro di dormire nonostante i bizzarri sogni febbrili, fino a che
il padre non dovette svegliarlo di nuovo per un ulteriore controllo.
Per farla breve, Minseok aveva
avuto una giornata davvero, davvero brutta.
Dopo scuola, Jongdae si
fermò per controllare come stesse, cercando ovviamente di
non far trapelare la propria preoccupazione dall'espressione. “Pensavo avessi
detto che non ti saresti ammalato ancora,” disse, e la sua
voce era leggera, ma con un sottotono di serietà.
“No, ho detto che non mi sarei
più ammalato come l'anno
scorso,” ribatté
Minseok, con voce poco più alta di un sussurro roco. Non
avrebbe davvero dovuto parlare. “E infatti è
così. Ho solo una stupida infezione alla gola. Ora vai a
casa, prima di prenderla anche tu.”
“Non la
prenderò,” disse Jongdae, con
uno sbuffo. “Ho un sistema immunitario robusto.”
“Vediamo quanto
resisterà il tuo sistema immunitario se ti tossisco
addosso,”
gracchiò Minseok, e l'amico indietreggiò e gli
lanciò un'occhiataccia. “Davvero, comunque, sto
bene, giuro. Vai a casa. Ti mando un messaggio se dovesse peggiorare.
Lo prometto.”
Jongdae sbuffò
ancora. “D'accordo. Vado da Baekhyun e Chanyeol, loro
non sono malati. Voi siete solo
dei rammolliti.”
Minseok rise, per poi
pentirsene immediatamente, premendo le dita contro la propria gola con
un lamento. “Non prendere in giro i più
sfortunati. Vai a sventolare la tua salute da qualche altra
parte.”
Jongdae se ne andò
dopo qualche minuto, con un severo avvertimento di non ammalarsi, e
Minseok rimase nuovamente da solo, con suo padre che lavorava in
un'altra stanza e come unica compagnia il telefono e la TV, fino a che
non tornò sua madre. Quando la donna arrivò,
passò metà del suo tempo a prendersi cura di
Minseok, e l'altra a chiedersi come avrebbero fatto per il resto della
settimana.
“Né io né
tuo padre possiamo prendere tanti giorni da lavoro,” si
agitò, sedendosi sul bordo del divano accanto al figlio,
accarezzandogli i capelli mentre lui ascoltava di sfuggita.
“Ma non possiamo lasciarti a casa da solo, non quando i tuoi
valori sono così sballati. Non voglio che la nonna stia qui,
probabilmente finirebbe per ammalarsi anche lei. Tutti quelli che
potrebbero venire rischierebbero di ammalarsi,”
sospirò.
“Lascia che si
ammalino,” gracchiò Minseok. “Possiamo
soffrire insieme.”
“Non sarebbe molto
carino.” si
accigliò la madre.
“Manda Kyungsoo,
è già malato.” Minseok
sgranò improvvisamente gli occhi, e cercò di
alzarsi a sedere. “Aspetta, ci sono!”
La donna lo guardò
in modo strano. “Sai che non
possiamo farlo,” disse.
“No, voglio
dire—Luhan. È già malato,
può venire a stare con me, giusto?” Minseok
sentì una scintilla di ottimismo per la prima volta quel
giorno. “Sono un genio.”
La madre lo rispinse sul
divano, sembrando severa. “Non sarebbe
più comodo a casa sua?” chiese.
Minseok per poco non si mise a
ridere. “No, non penso proprio.” La
guardò implorante. “Ti prego, Luhan può
venire a stare con me? Per i suoi non ci sarebbero problemi se venisse
a vivere con noi per un po'. Può dormire sul divano e
guarderebbe film con me e potremmo ripagarlo per farmi da baby-sitter
con il cibo gratis.” Tirò la manica della donna
implorante.
La madre sembrò
titubante per un momento, e poi disse, “Beh, immagino sia
l'opzione migliore al momento. Se vuole venire, può farlo. Sarebbe
d'aiuto.”
Minseok sorrise e
afferrò il telefono. A dire il vero non aveva chiamato Luhan
in tutto il giorno; gli era completamente passato di mente. Trovando il
numero tra i contatti, aspettò e incrociò le dita.
Qualcuno rispose al quarto
squillo. “Lu?”
chiese Minseok, costringendo la propria voce a resistere per un altro
minuto. “Mettiti il giubbotto e chiama un taxi, vieni a stare
da me.”
Minseok non pensava che nella
sua vita fosse mai stato così grato per la malattia di
un'altra persona. Quando Luhan apparve alla sua porta, con un aspetto
assolutamente terribile, Minseok dovette trattenersi dal sorridere
troppo.
“Benvenuto,”
sussurrò roco, dando qualche pacca al divano accanto a
sé.
Il labbro inferiore di Luhan
tremò leggermente mentre entrava, rabbrividendo in un mix
che Minseok immaginava fosse dovuto alla febbre e al freddo. “Mi
dispiace,” disse, ed era la prima volta che sentiva la sua
voce in quasi una settimana – era debole, ma era qualcosa
almeno.
“Cosa?” Minseok
sbatté le palpebre confuso.
“Ti sei ammalato,”
sussurrò Luhan, indicandolo. “Ed è
colpa mia.”
“No, non è
così,” disse velocemente lui, scuotendo la testa.
Pensò che questo non fosse il momento adatto per dirgli che
probabilmente aveva contagiato anche Kyungsoo. “Si stanno
ammalando tutti. Potrei averla presa da chiunque.”
“Ma probabilmente
l'hai presa da me,” ribatté
Luhan, abbassando la testa per la vergogna.
“Non ha importanza,” insistette
Minseok. “Vieni qui, hai un aspetto orribile.”
Luhan sollevò lo
sguardo e sorrise leggermente, sfilandosi la giacca e avvicinandosi con
lo zaino in mano. Minseok immaginò che dentro ci fossero il
pigiama e cose del genere; Minseok gli aveva esplicitamente detto che
sarebbe rimasto per almeno un paio di notti. Si sedette entusiasta
accanto a lui sul divano.
“Ecco,” disse Minseok,
afferrando una coperta dal bracciolo del divano. La spiegò e
la avvolse attorno alle spalle di Luhan, praticamente abbracciandolo.
Proprio come lui, anche Luhan irradiava calore. “Come ti
senti?”
“Male,”
sussurrò il ragazzo, accasciandosi contro il suo fianco come
Minseok aveva fatto il giorno prima con Jongdae. E come Jongdae,
Minseok si mosse automaticamente in modo che Luhan fosse più
comodo. “A quanto pare un appartamento freddo non
è il posto migliore per riprendersi.”
Minseok rise piano, sollevando
lo sguardo per assicurarsi che la madre non stesse ascoltando.
“Mi dispiace che sia dovuto restare lì.”
Luhan scrollò le
spalle debolmente. “Mi sei mancato.”
Minseok cercò di
ignorare il modo in cui quelle parole gli avessero stretto il cuore.
“Mi sei mancato anche tu,” sussurrò in
risposta.
Luhan faticò a
deglutire, e Minseok sussultò. “Non prenderla nel
modo sbagliato, ma sono davvero contento che ti sia ammalato.”
Minseok rise rocamente.
“Stavo per dire la stessa cosa,”
confessò. “Beh, che fossi già
malato.”
“Ero così
solo,” disse Luhan,
avvicinando la testa a quella di Minseok. “Pensavo di star
per impazzire.”
“Sono felice che sia
qui ora,” disse sincero
Minseok. “O anche la mia settimana sarebbe stata
terribile.”
“Anche io sono felice
di essere qui.” tossì
Luhan.
“Okay, basta parlare,”
si intromise la madre di Minseok, arrivando con le braccia piene di
coperte e cuscini per il letto di Luhan. “Voi due parlerete
il meno possibile per i prossimi giorni, intesi? Scrivete appunti o
giocate ai mimi o qualcosa del genere se dovete, ma date tregua alle
vostre povere gole. La cena sarà pronta tra cinque minuti,
prendi l'insulina.”
Minseok grugnì, e
sua madre gli lanciò un'occhiataccia per zittirlo. Alzandosi
dal divano, lontano dal calore di Luhan, si trascinò in
bagno come gli era stato detto. Quando tornò,
però, Luhan era ancora lì sul divano, e accettava
con gratitudine la ciotola di zuppa calda dalla madre. Sembrava a suo
agio, lì nel salotto di Minseok, sul divano di Minseok,
avvolto nella coperta di Minseok.
Forse questa settimana non
sarebbe stata così male, dopotutto.
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Capitolo 21 *** capitolo 19 ***
In
un gesto di solidarietà, o qualcosa del genere, Luhan si
rifiutò di
fare qualsiasi cosa che Minseok non poteva fare, e allo stesso modo,
patì ogni cosa che Minseok doveva patire. Questo significava
svegliarsi ogni due ore per controllare il livelli di zucchero nel
sangue (non che Luhan controllasse davvero i propri), e bere
tè al
limone senza zucchero, e mangiare cibi solidi nonostante quanto
facesse male ad entrambi. Minseok gli aveva detto mille volte che non
era necessario, ma Luhan insisteva a volerlo fare. Insistette anche
sul prendere il letto per terra invece del divano, affermando che 1)
stava già ricevendo più di quanto non meritasse
dalla famiglia di
Minseok (cosa ridicola secondo Minseok, considerando che aveva
praticamente pregato la madre di lasciare che Luhan rimanesse con
lui), e 2) Minseok avrebbe già avuto una settimana di merda
senza
dover dormire sul pavimento.
Non
che nessuno dei due finì per dormire per terra, la prima
notte. Dopo
cena, si sistemarono sul divano, uno accanto all'altro e avvolti
nelle coperte, davanti alla TV per fare una maratona della vecchia
collezione di cartoni Disney di Minseok. Rimasero sul divano per
tutta la sera, senza muoversi se non per cambiare cartone o per
controllare la glicemia di Minseok, e succhiarono cubetti di ghiaccio
per alleviare il mal di gola. Erano partiti stando a qualche
centimetro di distanza, ma quando La Sirenetta cambiò in
Pocahontas
e poi in Red e Toby, qualcuno cominciò ad avvicinarsi
all'altro, e
Minseok era sicuro di non essere stato lui. Come che sia andata, ad
un certo punto si ritrovarono premuti vicino con una barriera di
coperte tra loro, ed era estremamente intimo. La posizione era
confortevole, però, poggiati l'uno contro l'altro davanti
alla TV,
con una ciotola di ghiaccio in grembo a Minseok, caldi e comodi e
uniti nella piccola sofferenza.
Negli spasimi di una febbre che si alzava oltre i 39°C, a
Minseok
non dispiacque nemmeno quando Luhan intrecciò la propria
caviglia
con la sua; infatti, trovò la cosa tenera. O qualcosa del
genere.
Era difficile dare un nome a certe emozioni.
Minseok
si addormentò a metà di Alla Ricerca di Nemo, e
si svegliò solo
quando la sveglia del telefono che aveva in mano suonò,
avvertendolo
che doveva fare un altro stupido controllo. La spense prima che
potesse fare il secondo squillo, tenendo gli occhi chiusi e fingendo
di non doversi alzare in un minuto. Era troppo stanco, troppo malato
e febbricitante, e troppo caldo e comodo. Forse si era anche
riaddormentato per un secondo, ma poi qualcosa – qualcuno
- si mosse contro il suo fianco
e un ciuffo di capelli gli solleticò
il mento, e Minseok si costrinse ad aprire gli occhi, vagamente
confuso. La luce bluastra della TV e il bagliore proveniente dalla
cucina gli permisero di vedere, ma non fu difficile per Minseok
riconoscere che la figura accanto a lui era di Luhan, molto
più
vicino di quando si era addormentato Minseok.
Il
ragazzo cinese era accoccolato contro di lui ora, la testa premuta
contro il suo petto e una gamba gettata sopra quella di Minseok, la
coperta stava per cadergli dalle spalle, una mano era posata
pericolosamente vicino al suo inguine, l'altra sopra il suo petto. Il
braccio di Minseok – quello che non stringeva il cellulare
–
cingeva protettivamente i fianchi di Luhan, per evitare che cadesse,
e Minseok pensò brevemente alla scena di una coppia felice
che si
coccola sul divano in un fredda notte invernale. E dato che si era
appena svegliato ed era sicuro di avere la febbre alta e il suo
cervello non lavorava al massimo delle sue capacità, Minseok
lasciò
che quell'immagine si ripetesse nella sua testa ancora un paio di
secondi.
E
poi Luhan emise un debole suono, tossendo piano nel sonno, e Minseok
si ricordò che Luhan non era qui per le coccole, che Luhan non
era
il suo ragazzo, e che Minseok avrebbe dovuto fare il controllo del
sangue non
immaginare
Luhan come proprio partner coccoloso.
Oops. Era colpa di Luhan, comunque, a pensarci bene.
Sbuffando
e mettendo da parte sentimenti ai quali era troppo malato e
addormentato per pensare al momento, Minseok scosse gentilmente Luhan
e cercò contemporaneamente di spostare la mano del ragazzo
dal
proprio interno coscia.
Luhan grugnì piano, sollevando la testa dal petto di
Minseok, ma
stringendo il pugno attorno ai pantaloni del suo pigiama, facendo
tossire il maggiore. Questo, almeno, lo fece svegliare,
perché si
allontanò ancora un po' e fece qualche suono.
“Ti
devi alzare,”
disse rocamente Minseok. Si chiese se Luhan fosse ancora abbastanza
semi-addormentato da poter fisicamente spostare la sua mano dalla
propria coscia senza che se ne accorgesse.
“Perché?”
si lamentò l'amico.
“Il
controllo,”
disse semplicemente Minseok, scuotendo la gamba per togliere quella
di Luhan. “E poi devo fare pipì.”
“Oh,”
disse penosamente Luhan. “Okay.” Alla fine, si
spostò da
Minseok, il quale poté riprendere a respirare normalmente.
Quando
tornò in salotto, la TV era stata spenta, e Luhan era
sdraiato sul
divano con la mano dentro ad una nuova ciotola di ghiaccio. Minseok
non sapeva nemmeno come avesse fatto a trovarlo. Si fermò
davanti al
divano e osservò il ragazzo, che sembrava così
piccolo e
vulnerabile nella luce soffusa, mentre guardava Minseok con i suoi
occhioni che brillavano.
“Io, um,” cominciò Minseok, senza sapere
cosa dire. “Dormi.
Probabilmente dovremmo andare a dormire ora.”
“Oh!
Giusto,” esclamò Luhan, posando la ciotola sul
tavolino e
sistemandosi sul pavimento, dove il suo letto era stato preparato
accanto al divano. Continuò a guardare Minseok dal suo
posto.
“Giusto,”
gli fece eco stupidamente lui, scivolando sul divano e voltandosi su
un fianco, fissando la TV senza guardarla davvero.
“Buonanotte.”
“Buonanotte,”
sussurrò Luhan, e tutto rimase silenzioso per un po'.
Minseok fissò
la lucina del suo vecchio videoregistratore. Non aveva più
sonno
ormai. Malato, sì, ma assonnato, no. Continuò a
pensare alla mano
di Luhan in mezzo alle proprie gambe, a pochi centimetri da un
Territorio Molto Pericoloso. Che cavolo.
All'improvviso,
Luhan sussurrò il suo nome.
“Seok-ah?”
“Hmm?”
rispose Minseok, continuando a fissare la lucina.
“Posso
dormire con te nel divano?”
Minseok
aprì la bocca, ma non uscì alcun suono. Cosa? No,
quella gli
sembrava una cattiva idea. Non sapeva nemmeno perché
sembrasse
una così cattiva idea, ma era abbastanza sicuro che avesse
qualcosa
a che fare con il fatto che i divani non sono fatti per accomodare
due ragazzi addormentati, anche se Luhan era piuttosto magro, e
Minseok piuttosto basso. Sì, sembrava una cattiva idea. Ma
come
cavolo avrebbe potuto rifiutare? No,
non mi piace quest'idea.
Suonava piuttosto meschino anche per qualcuno con un cervello poco
funzionante come Minseok al momento. Quindi invece disse
semplicemente, “Se vuoi.”
E a
quanto pare Luhan voleva – probabilmente perché lo
aveva chiesto –
dato che un momento dopo, il ragazzo lanciò il proprio
cuscino e la
propria coperta sul divano accanto a Minseok, per poi abbandonare
entrambi e condividere quello dell'amico, scivolando sotto le coperte
e mettendosi comodo sul cuscino di Minseok.
Si sdraiò con la schiena rivolta a Minseok, bilanciandosi
precariamente sul bordo del divano, e Minseok finì per avere
i suoi
capelli castani in faccia, ma non gli dava troppo fastidio. Luhan
sospirò contento.
“Questo
mi ricorda la prima volta che hai dormito a casa mia,”
sussurrò il ragazzo un momento dopo. “Il
condividere la coperta e
tutto.”
“Già,”
fu l'unica risposta che riuscì a dare Minseok.
“Casa
tua è molto più calda, però,”
Continuò Luhan. “È così
bello.”
Minseok
fece un suono di assenso, non sapendo cosa avrebbe dovuto dire.
Ci
fu un lungo silenzio dopo, non imbarazzante o niente del genere, solo
silenzio. I respiri di luhan erano un po' rauchi, così come
quelli
di Minseok, e avrebbe voluto fare un po' di tè ma non si
sarebbe
alzato ancora. E non si ricordava nemmeno quando era stata l'ultima
volta che aveva preso la medicina. Oh beh. L'avrebbe presa una volta
sveglio. Chiuse gli occhi e si concentrò sul calore
irradiato dalla
schiena di Luhan e sul profumo familiare dei suoi capelli.
Passò
ancora qualche minuto prima che Luhan sussurrasse,
“Ho un segreto.”
“Huh?”
chiese Minseok, aprendo gli occhi. Tutto ciò che vide fu il
vago
profilo della testa del ragazzo.
“Un
segreto,”
ripeté lui. “Vuoi sentirlo?”
“Certo,”
rispose Minseok, anche se forse sarebbe stato meglio dirgli di
smettere di parlare e di andare a dormire.
Luhan
fece un lento respiro. “Conto i miei soldi ogni
notte.” Una
pausa. “I soldi nel mio barattolo, a casa. Se posso, lo
faccio ogni
notte.”
“Oh.”
Minseok non era sicuro del perché fosse un segreto. Molte
persone
contavano i propri soldi, anche se magari non quotidianamente.
“So
che ci metti dei soldi,”
sussurrò Luhan, e oh. Oh.
“Sin
dalla tua prima notte a casa mia, ogni volta che vieni, c'è
un po'
più della notte precedente.”
Oops.
Luhan non avrebbe mai dovuto scoprirlo. Minseok non sapeva cosa
dire.
“All'inizio
mi infastidiva, perché pensavo provassi così
tanta pena per me da
darmi i tuoi spiccioli. Volevo dirti di smetterla, che non avevo
bisogno del tuo aiuto. Ma poi ho capito cosa stavi facendo.”
Minseok trattenne il fiato. “Ti avevo detto che non c'era
bisogno
che mi rendessi tutti i soldi che ti avevo dato per il tuo aiuto. Ma
lo hai fatto lo stesso.”
Minseok
non era sicuro di doversi scusare o meno. La voce di Luhan era
così
bassa che non riusciva a capire come si sentisse al riguardo. Voleva
toccargli la spalla, ma non ne ebbe il coraggio.
Ma
invece di una ramanzina, i successivi sussurri di Luhan furono,
“Sei così buono con me. Sei così buono
e continui a dare e dare
mentre io ti causo solo problemi.”
Minseok
sentì la gola chiudersi completamente.
“Lu,” disse con voce
strozzata. “Questo non è vero. Non dirlo
nemmeno.”
“Ma
è
vero,”
insistette il ragazzo. “Mi hai dato così tanto, e
hai fatto così
tanto per me, e tutto quello che ti ho dato in cambio è
stata una
stupida infezione alla gola. E anche dopo questo, mi hai chiesto di
venire a stare a casa tua, nella tua casa calda e accogliente, e mi
dai da mangiare e ti prendi cura di me, e tutto quello che ti chiedo
è di dividere il divano. Sono terribile.”
“Non
è vero.”
La disperazione che trapelava dalla voce di Minseok era quasi
palpabile. “Non lo sei, Lu, non dire così. Non
penso tu sia
terribile, penso sia—” Minseok si morse la lingua
prima che la
parola meraviglioso
potesse
sfuggirgli dalle labbra. Decise di prendere un'altra strada.
“Non
ho mai
pensato
di averti dato più di quanto ti meriti.”
“In
questo caso, hai davvero una strana idea di cosa io meriti.”
“Non
penso affatto,”
disse immediatamente Minseok.
Luhan
sospirò. “Ti ripagherò,”
promise. “Un giorno.”
“Non
devi farlo,”
gli assicurò lui.
“Voglio
farlo. Ne ho bisogno.”
“Non
esistono debiti tra amici,” dichiarò Minseok.
“A meno che non
sia Jongdae e mi devi dei soldi.” Luhan rise piano, e Minseok
sorrise. “Dico davvero, però. Non voglio che ti
senti in colpa,
solo perché la mia situazione sembra essere migliore della
tua.
Voglio darti delle cose, e voglio fare delle cose per te. Lavori
già
abbastanza con poco guadagno in cambio.”
Luhan
sospirò ancora. “Mi sdebiterò un
giorno,” sussurrò.
“Penso
che un semplice 'grazie' vada più che bene.”
Luhan
fece una piccola risata. “Beh, allora, grazie Kim
Minseok.”
“Prego,
Lu,” sussurrò in risposta Minseok, sorridendo.
“Ora vai a
dormire.”
E
mentre i respiri di Luhan si facevano regolari, Minseok
ripeté la
loro conversazione, pensando a quanto ogni parola fosse stata vera, e
pensò che sebbene nessuna parte di lui stesse toccando
Luhan, non si
era mai sentito così vicino a lui in tutta la sua vita.
Dopo
quel primo giorno, Luhan affrontò il compito di prendersi
cura di
Minseok con tutto il vigore che poteva avere essendo lui stesso
malato. Con entrambi i genitori del maggiore via per la maggior parte
della giornata, Luhan insistette a cucinare tutto, seguendo i pasti
programmati dalla madre di Minseok, metteva di continuo l'acqua per
il tè a bollire e riempiva ciotole di cubetti di ghiaccio,
cambiava
i canali in TV, studiava le tabelle che aveva preparato la madre di
Minseok per mantenere i valori del figlio sotto controllo. Si fece
spiegare da Minseok – su un foglio, dato che non potevano
parlare e
il maggiore aveva perso completamente la voce ormai – cosa
significassero tutti quei numeri, e cosa dovessero cercare.
Minseok
descrisse la serie di valori alla quale puntavano, il pericolo di
livelli troppo alti durante la malattia, il rischio di chetosi e
infezioni secondarie. Gli spiegò come i sintomi della febbre
fossero
molto simili a quelli di un livello troppo basso di zucchero e
perché
questo fosse un problema, e perché dovesse contare i
carboidrati e
le calorie.
“Ma
perché c'è il tuo peso qui?”
chiese Luhan, indicando l'ultima colonna.
Minseok
si era preparato a rispondere a quella domanda per i precedenti
quindici minuti. Solo
un altro valore che a mia madre piace tenere in considerazione per
assicurarsi che sia tutto normale,
scribacchiò
sul foglio. Cerchiamo
di mantenere i numeri il più constanti possibile.
Coprì
casualmente la colonna con un braccio.
Jongdae
era passato il primo giorno, portando una sgradita pila di compiti da
parte dei loro insegnanti. Rise un po' troppo gioiosamente vedendo
l'espressione tetra di Minseok. Arrivò, comunque, portando
anche
alcune notizie.
“Indovinate
chi mi ha chiesto di voi due oggi?”
Minseok
gli lanciò un'occhiata annoiata da sopra i libri –
molti dei quali
erano per Luhan, povero ragazzo – e Luhan si prese la
libertà di
chiedere, “Chi?” la sua voce stava tornando tanto
rapidamente
quanto era sparita quella di Minseok.
Jongdae
fece una pausa drammatica prima di dire finalmente, “Oh
Sehun.”
Minseok
sbatté gli occhi per la sorpresa, ma Luhan si
illuminò
visibilmente. “L'ha fatto davvero? Cosa ha detto?”
Jongdae
scrollò le spalle, poggiandosi allo stipite della porta.
“Si
chiedeva solo cosa vi fosse successo. Era più un ‘cosa
è successo a Luhan, non posso chiedere a Minseok dato che
non è
qui.’”
“Davvero?”
chiese Luhan eccitato, facendo un gran sorriso mentre Minseok si
imbronciava leggermente.
“Davvero,”
rispose Jongdae con un sorriso. “Gli ho detto che eri
piuttosto
malato, ma ora che ti vedo, hai un aspetto migliore di quanto mi
aspettassi.”
Luhan
sorrise e disse, “Ho preso qualche medicina prima.
Sarò sul
pavimento fra una o due ore, non ti preoccupare.”
Jongdae
rise, e i due parlarono ancora un po' di Sehun, e anche di Jongin
(“Si sta sedendo con Jongin a pranzo? Jongin era con lui
quando ti
ha chiesto di me? Ti sembrava preoccupato per me?”), mentre
Minseok
si poggiava al muro e guardava in silenzio, sentendosi intontito,
malato e scorbutico. Alla fine, Jongdae si rivolse a lui, chiedendo,
“Che mi dici di te, hyung? Luhan-hyung si sta prendendo cura
di te
bene?” e mettendogli una mano sulla fronte come una madre
amorevole.
Minseok
gli scacciò via la mano e gli fece una smorfia.
“Certo
che sì,”
rispose Luhan con una risata.
“Bene,
bene,”
disse allegro il più piccolo. “Potresti
trasformare questa casa in
una casa di cura. Luhan-hyung potrebbe essere la
caposala.”
“Caposala?”
ripeté Luhan, confuso.
“La
capo infermiera,”
rise Jongdae, e Minseok alzò gli occhi al cielo.
“Puoi invitare
anche Kyungsoo, quando uscirà dall'ospedale.”
Ci
fu un momento di terrore quando quelle parole gli lasciarono le
labbra, e Luhan si voltò verso Minseok con gli occhi
sgranati, senza
nessuna traccia di un sorriso.
“Ospedale?” chiese piano, come se dicendolo a bassa
voce sarebbe
potuto essere meno vero.
Minseok
si morse il labbro e guardò Jongdae, che sembrò
essersi reso conto
dell'errore commesso e ora si copriva la bocca con entrambe le mani.
Minseok si voltò nuovamente verso Luhan, il quale sembrava
devastato, e annuì lentamente.
Le
labbra del ragazzo tremarono.
“Per colpa mia?” chiese, con voce debole.
Minseok
scosse la testa, ma ci fu un momento di esitazione prima, e Luhan lo
colse.
“È
colpa mia,” sussurrò, cominciando a tremare.
Minseok
voleva poter dire qualcosa, assicurare Luhan che non
era così, ma
non poteva farlo, letteralmente. Lanciò a Jongdae
un'occhiata
ardente, e il più piccolo parlò subito.
“Non
è colpa tua,
hyung,” disse velocemente. “Non sapevi di essere
malato quando
eri con lui. Non è colpa di nessuno.”
“Sarei
dovuto essere più attento,”
piagnucolò Luhan. “Mi sarei dovuto rendere conto
che non stavo
bene. L'ho fatto ammalare.”
Minseok
gli posò una mano sulla spalla, cercando di confortarlo, ma
Luhan
gli diede le spalle. Minseok guardò implorante
Jongdae, non potendo fare nulla, ma il più piccolo si
limitò a
scrollare le spalle senza sapere cosa fare. Mordendosi il labbro, il
maggiore mise da parte la pila di compiti prendendo un foglio che
stava in cima, e senza curarsi di cosa fosse scrisse velocemente.
Kyungsoo
sta bene, si sta riprendendo. Non vorrebbe che ti sentissi in colpa.
Mise
il foglio davanti al viso di Luhan.
Il ragazzo
lo lesse con gli occhi lucidi, poi lo fece cadere. “Ma
è colpa
mia,” disse, evitando lo sguardo di entrambi.
“Probabilmente non
mi vorrà più avere vicino.”
Onestamente,
Minseok poteva dire con relativa sicurezza che Kyungsoo non avrebbe
voluto nessuno
d
loro vicino per un bel po' dopo essere tornato dall'ospedale, ma non
l'avrebbe detto. Toccò ancora una volta la spalla di Luhan e
aspettò
che il ragazzo lo guardasse, poi scosse la testa con
sincerità.
Luhan sospirò e si voltò.
“Mi
dispiace,”
sussurrò Jongdae quando Minseok si girò verso di
lui con le spalle
basse.
Il
maggiore scosse ancora la testa. Luhan l'avrebbe comunque scoperta
prima o poi, e avrebbe avuto la stessa reazione. Facendo un sorriso
rassicurante al migliore amico e salutandolo, accompagnò
Jongdae
alla porta e tornò in salotto, trovando Luhan seduto sul
divano con
le gambe contro il petto. La scena gli fece venire il magone, e si
sedette accanto a lui, abbastanza vicino da dargli conforto, ma non
da occupare il suo spazio personale. Guardò il ragazzo, che
sospirò
e tirò su col naso, prima di poggiarsi alla spalla di
Minseok.
“Te
l'ho detto,”
disse piano. “Non faccio altro che causare
problemi.”
E
Minseok non aveva la voce per dire a Luhan che si sbagliava, ma gli
cinse la spalle con un braccio e lo strinse, sperando che il
messaggio gli arrivasse comunque.
Sehun
non sapeva molto circa la danza classica. Seriamente, non sapeva
niente, aveva giusto qualche immagine mentale di ragazze con un
tutù
e scarpette di raso. Prima di scoprire che Jongin era un ballerino,
non sapeva nemmeno che i ragazzi potessero
fare
danza classica. Pensava fosse uno sport solo da ragazze o qualcosa
del genere.
Quindi
non sapeva cosa aspettarsi quando arrivò al teatro dove
Jongin gli
aveva detto si sarebbe tenuto il recital. Sehun
non sapeva fosse un occasione in cui vestirsi eleganti. Indossava
dei jeans e una maglietta. Si sentiva un idiota.
“Sehun!”
La
testa di Sehun scattò al suono del proprio nome.
Notò
immediatamente Taemin che si faceva strada tra la folla per
raggiungerlo.
“Oh. Ciao.”
“Hey,”
disse Taemin, sorridendo. “Jongin mi ha detto che saresti
venuto.
Mi ha detto di tenerti un posto.”
“Oh.
Okay.” Lo seguì lungo i tappeti rossi fino ai
posti della
sezioni centrale, abbastanza vicini al palco.
“Vuoi
un po' di noccioline sovrapprezzate?”
chiese Taemin, offrendogli una bustina.
Sehun
scosse la testa, e Taemin disse, “Oh, va bene. Accetti il
cibo solo
da Jonginnie.”
Sehun
si accigliò, ma non disse nulla. Non era vero! Accettava il
cibo
anche da Luhan, e solo perché lo costringevano!
Più o meno. Non
proprio. Ma a malapena conosceva Taemin, non era sicuro di sentirsi
abbastanza a suo agio da prendere il suo cibo.
“Jonginnie
ha una delle parti principali nel recital,” disse Taemin,
tirando
fuori un programma ripiegato e leggendolo. “Non è
lo studente più
bravo nei suoi corsi, ma a quanto pare è molto
talentuoso e impara in fretta.’
Qualsiasi
cosa significhi. Dice che questo è quello che gli ha detto
la sua
insegnante, ma non sono sicuro di credergli.” Sehun si stava
rendendo conto velocemente che oltre ad essere estremamente simile a
Jongin, condivideva con il ragazzo anche la tendenza a riempire i
suoi silenzi. “È anche uno dei pochi ballerini
maschi nella sua
classe. Quindi non avevano molta scelta.”
Sehun
controllò velocemente l'ora. Dieci minuti all'inizio dello
spettacolo. Perché era venuto così presto?
“Oh
guarda, eccolo.” Sehun sollevò velocemente lo
sguardo e vide
Taemin indicare verso il palco, dove alcuni visi sbucavano da dietro
il sipario rosso, e Jongin era tra quelli. Taemin sventolò
la mano,
attirando la sua attenzione, e Jongin gli sorrise, poi
sembrò notare
Sehun e il suo viso si illuminò in modo quasi accecante,
sollevando
una mano e salutandolo con entusiasmo. Sehun sollevò
leggermente una
mano, ricambiando il saluto, e Jongin si coprì il viso con
la tenda
del sipario in quello che sembrava un misto di frivolezza e
timidezza.
“Buon
Dio,”
borbottò Taemin accanto a lui. “Non è
mai così felice di vedere
me.”
Sehun
non gli prestò attenzione.
Il
viso di Jongin scomparve un momento dopo, insieme a quello degli
altri ballerini, e nell'auditorium calò pian piano il
silenzio, fino
a che le luci non si affievolirono. Poi, lentamente, il sipario si
aprì e un paio di riflettori illuminarono il palco, vuoto se
non per
la scenografia degli alberi illuminati da luci blu e viola. Poi una
musica lenta e dolce cominciò a suonare, e diverse ballerine
balzarono sul palco, tutte ragazze, che volteggiavano e volteggiavano
leggiadre sulle punte dei piedi per stare sotto ai riflettori.
Indossavano tutte dei body ricamati elaboratamente, e i loro visi
erano truccati con straordinari disegni e brillantini, e si muovevano
come se fossero fatte di acqua e piume, ma nessuna di loro era Jongin
quindi Sehun non era così interessato. Non era qui per
vedere il
balletto. Era qui perché Jongin gli aveva chiesto di venire.
Jongin
non apparve che nove o dieci minuti dopo, quando saltò
all'improvviso dalla sinistra. Stava al centro del palco, in posa con
le braccia tese in aria, e poi si lanciò nella propria
sequenza di
passi. Sehun lo fissò, in qualche modo preso alla sprovvista
anche
dopo aver visto diverse persone esibirsi prima di Jongin. Era vestito
con una calzamaglia e una semplice camicia nera, con le maniche
sollevate all'altezza dei gomiti, e i suoi occhi erano delineati da
eyeliner nero, sotto i capelli mossi. E Sehun non sapeva niente della
danza classica, non sapeva niente sulla tecnica e sugli intricati
passi, ma Jongin si muoveva con assoluta certezza e grazia, Jongin si
muoveva come se fosse nato per fare questo, come se si sarebbe potuto
uccidere danzando ed essere comunque perfettamente felice, eseguiva
volteggi e salti impossibili e ampie flessioni, e Jongin era…
Jongin
era la cosa più bella che Sehun avesse mai visto.
Non
appena Jongin era salito sul palco, Sehun si era dimenticato di tutti
gli altri nella sala. In un bizzarro caso di visione tubolare, Sehun
vide Jongin e solo Jongin, mentre il ballerino faceva volteggiare
diverse ballerine prima di unirsi a un gruppo di altri ragazzi e
girare velocemente per poi cadere in una spaccata che lasciò
Sehun a
bocca aperta. Poi i ragazzi si misero di schiena, curvandosi in
perfetti archi identici prima di alzarsi in piedi e percorrere tutto
il palco per sollevare in aria le ballerine. Quando Jongin scomparve
dal palco per un po', Sehun sentì di essere in trance,
fissava
impassibile i ballerini ancora sul palco senza guardarli davvero.
Anche quando Jongin non era in scena, Sehun vedeva solo le linee
lunghe e aggraziate del suo corpo, che si piegava e girava come se
non fosse fatto di ossa. Continuò a non prestare attenzione
fino a
che Jongin non tornò sotto al riflettore.
L'intera
performance andò avanti in un confuso turbinio tra il
guardare
Jongin e aspettare che Jongin riapparisse. Sehun pensava ci fosse una
specie di trama per l'intero spettacolo, ma senza una parola e senza
guardare gli altri ballerini, non poté seguirla. Nell'atto
finale,
però, Jongin dovette fare un assolo, con una musica veloce e
allegra,
le luci accecanti, la camicia nera sbottonata per mettere in mostra
più pelle color caramello di quanto Sehun non avrebbe potuto
sopportare, e finì in una serie di veloci pirouette
impeccabili e un
ampio inchino che lasciarono Sehun senza fiato. Poi il sipario
calò,
e le luci si accesero mentre il pubblico scoppiava in fragorosi
applausi. Sehun si unì meccanicamente, mentre Taemin si
alzava in
piedi e urlava e batteva le mani, il suo entusiasmo
raddoppiò quando
Jongin tornò sul palco per i saluti. Gli applausi sembrarono
continuare all'infinito, mentre i ballerini si inchinavano ancora e
ancora, sorridendo allegri, ma alla fine tornarono tutti dietro le
quinte e il pubblico cominciò a disperdersi, alcuni per
andarsene
altri per parlare. Sehun rimase seduto al suo posto in silenzio fino
a che Taemin non lo fece alzare e lo tirò in mezzo alla
folla, senza
sapere dove lo stesse trascinando fino a che una voce familiare non
li chiamò,
“Taemin-ah, Sehun!”
Sehun
si guardò intorno e vide Jongin che si avvicina il
più velocemente
possibile, i capelli fradici per il sudore e la pelle luminosa sotto
le luci del teatro. Taemin lo salutò felice, ma gli occhi di
Jongin
rimasero incollati al viso di Sehun. Il ballerino stava sorridendo
ampiamente, gli occhi socchiusi in due mezze lune mentre si passava
una mano tra i capelli disordinati, fermandosi davanti a Sehun e
guardandolo quasi con aspettativa. “Allora?” disse
un po' senza
fiato. “Com'ero?”
E
se Sehun si fosse fermato a pensare, probabilmente avrebbe potuto
rispondere con un commento sarcastico, magari sul fatto che Jongin lo
avesse costretto a venire, o magari avrebbe potuto dire qualcosa che
fosse mezzo-complimento e mezzo-insulto, ma Sehun aveva ancora la
testa frastornata dalla pura e semplice bellezza di tutto
ciò di cui
era appena stato testimone, era ancora confuso dall'inaspettata
sensazione di meraviglia e stupore, e quando aprì la bocca,
l'unica
parola che uscì fu,
“Fantastico.”
Jongin
si immobilizzò e lo guardò a bocca aperta,
ovviamente sbalordito.
In pratica rimase lì in piedi a fissare Sehun, come se si
aspettasse
che dicesse qualcos'altro, o che se lo rimangiasse, ma Sehun non lo
fece. All'improvviso pensò di aver detto troppo, solo con
quella
semplice parola; come se avesse svelato troppo della propria anima,
come se avesse rivelato troppo di quello che aveva tenuto nascosto
così a lungo. Ma non se lo rimangiò.
“Lo
pensi davvero?”
chiese Jongin, l'incredulità chiara nella sua voce.
Al
loro fianco, Taemin stava borbottando,
“Wow, non reagisci mai così quando io
ti
faccio i complimenti,” ma nessuno dei due stava ascoltando e
Sehun
si limitò ad annuire, e fu allora che Jongin gli fece il
sorriso più
bello e irresistibilmente raggiante che Sehun avesse mai visto,
facendogli sentire strane cose dentro.
Il
tempo sembrò fermarsi per un momento, come se il sorriso di
Jongin
lo avesse bloccato, ma poi qualcuno lo chiamò –
chiamò Jongin –
e il ragazzo si riscosse dalla sua trance euforica e disse,
“Devo andare a fare le foto.”
“Allora
vai,”
disse piano Sehun.
Jongin
sembrava estremamente titubante ad andare via. Guardò la
donna che
gli stava indicano il palco, poi di nuovo Sehun, mordendosi il
labbro. Alla fine, disse, “Torno subito, non andare via
ancora,”
e posò una mano sul braccio di Sehun prima di scappare via,
perdendo
tutta la grazia e la fluidità precedente.
Jongin
aveva già toccato Sehun in questo modo prima, un breve
contatto con
il suo braccio o la spalla, gli aveva tirato il gomito per
trascinarlo da qualche parte, ma mai prima d'ora un gesto
così
semplice aveva avuto quell'effetto su Sehun.
“Perdente,”
mormorò Taemin a fianco a Sehun, ma lui era troppo impegnato
a
guardare Jongin salire sul palco e inginocchiarsi di fronte al gruppo
riunito di ballerini. Guardò Jongin mettersi in posa su un
ginocchio, poi fare una spaccata che sorprese ancora Sehun, come
fa a farla?
Poi
il ballerino si alzò, facendo un gran sorriso per una foto
di gruppo
informale, passando le braccia intorno alle spalle dei suoi colleghi e
ridendo per qualcosa che aveva detto qualcuno, e Sehun sentì
una
strana ondata di qualcosa che sembrava affetto,
e
lo fece quasi vacillare per l'intensità. Quella sensazione
sarebbe
dovuta essere il chiaro segno che era ora di andare per Sehun. Ma
rimase. Jongin gli aveva chiesto di rimanere.
Quando
Jongin tornò, stava ancora sorridendo, con il trucco
drammatico che
accentuava ogni sua espressione. Sehun non poté fare a meno
di
fissarlo, persino ora.
“Hai cenato?” gli chiese, stringendo la propria
borsa sportiva e
il cappotto.
“Okay,
sì. Io... vado. Ci vediamo,” disse Taemin, alzando
gli occhi al
cielo e allontanandosi. Jongin si girò un attimo per
salutarlo, e
poi si rivolse ancora a Sehun, aspettando una risposta.
“Um,
sì,” rispose Sehun. “Sono quasi le nove.
Ho mangiato prima di
venire.”
“Oh.
Beh, ti va di mangiare qualcos'altro? Io muoio di fame.” Come
se da
copione, il suo stomaco brontolò forte, e Jongin
abbassò la testa
imbarazzato.
“Io…penso
di sì?” disse Sehun.
“Fantasticò!”
Jongin si illuminò, lasciando cadere a terra la borsa e
aprendola.
“Devo solo... mettermi un paio di pantaloni e
sistemarmi.” Si
sedette lì sul pavimento dell'auditorium, ignorando le
persone
intorno a loro, e si piegò per togliersi le scarpette nere
in tela,
chiudendo e piegando le dita dei piedi per rilassarle mentre toglieva
un paio di pantaloni di una tuta dalla borsa. Se li infilò
velocemente, poi si mise un paio di sneakers prima di alzarsi in
piedi. “Pronto!” cinguettò, infilandosi
il cappotto e
sorridendo.
Sehun
aveva pensato che forse era il costume che aveva reso Jongin
così
bello sul palco, così come dopo lo spettacolo. A quanto pare
no.
Forse era il trucco? “Quello non lo togli?” chiese,
indicandogli
il viso.
Jongin
fece una smorfia. “Nah, devo usare un detergente per il
trucco, è
tutto waterproof. Lo farò a casa.”
Sbatté le ciglia
sfacciatamente. “Ti piace? L'ho fatto io.”
“Davvero?”
chiese Sehun, ignorando la prima domanda.
“Già,”
rise Jongin. “Tutte le truccatrici erano troppo impegnate con
le
ragazze. Quindi il mio l'ho fatto da solo. Non male, vero?”
Sehun
non rispose, ma non distolse nemmeno lo sguardo.
“Comunque,”
continuò Jongin, ancora una volta timido,
“andiamo. Conosco un
posto qui vicino che vende dei galbitang davvero buoni. Ti piace il
galbitang?”
Sehun
scrollò le spalle, e Jongin lo spinse al freddo e lungo la
strada,
chiacchierando circa cose che erano successe dietro le quinte durante
lo spettacolo. “Sooyoung ha dovuto cambiare il costume
durante la
pausa ma uno dei fiocchi delle sue scarpette blu si è
staccato
quindi abbiamo dovuto cucirne un altro velocemente ma era una
tonalità di blu più scuro e tutte le ragazze
erano così
scandalizzate, come se qualcuno lo avesse potuto notare. Tu l'hai
notato?”
Non
ho notato nessuno se non te,
Sehun per poco non lo disse. Si trattenne prima che potesse
scappargli. Aveva già detto sin troppo oggi.
“No,” disse
invece.
“Come
pensavo,”
rispose presuntuoso Jongin. “Oh, siamo arrivati.”
Guidò Sehun
oltre la porta e dentro un ristorante che faceva venire l'acquolina
in bocca. Se prima non aveva fame, di sicuro ora sì.
Si
sedettero ad un piccolo tavolo in fondo, ordinarono due ciotole di
zuppa e chiacchierarono mentre aspettavano. E di solito ,
'chiacchierare' significava che Jongin riempiva i lunghi silenzi con
chiacchiere allegre e grandi risate, ma oggi Sehun si
ritrovò a
parlare, anche senza sollecito. Era strano.
“Da quanto fai danza classica?” gli chiese mentre i
loro piatti
venivano serviti. La sua domanda sembrò sorprendere Jongin
– aveva
sorpreso persino Sehun
– perché
il ragazzo sollevò lo sguardo con gli occhi spalancati,
sbattendoli
prima di rispondere.
“Da
quando ho quattro anni,”
rispose. “Fu allora che presi la mia prima lezione.”
Sehun
annuì lentamente. Quando lui
aveva
quattro anni, sua madre aveva speso tutti i soldi in alcol, e lui era
andato a scuola senza pranzo. La sua insegnante aveva chiamato a
casa. Poi i servizi sociali. Sehun non aveva più partecipato
ad
alcuna attività dopo-scuola.
Dopo
che ebbero mangiato, Jongin si offrì di accompagnare Sehun a
casa.
Lui pensava fosse ridicolo, perché non aveva bisogno di protezione,
ma Jongin insistette che voleva farlo e Sehun aveva imparato molto
prima che era impossibile convincere Jongin a non fare qualcosa che
voleva fare. Quindi si incamminarono verso casa di Sehun, l'aria
notturna fredda contro i loro visi.
“Perché
fai danza classica?”
chiese Sehun, dopo che Jongin gli raccontò della volta che
si era
lesionato un tendine ed era caduto durante un esibizione.
Jongin
sembrò pensarci su un momento, il respiro che si trasformava
in
nuvolette. “Ho cominciato perché entrambe le mie
sorelle lo
facevano,” disse. “Ma quando loro hanno smesso dopo
un paio di
anni, io ho continuato. Ero bravo, e mi piaceva essere bravo in
qualcosa. Mi piaceva stare sul palco, il fervore e l'eccitazione e
gli applausi, ma mi piaceva anche allenarmi. Mi piaceva allenarmi
così tanto che tutto faceva male, perché
significava che stavo
migliorando. Guardavo i ballerini professionisti, e volevo essere
come loro, un giorno. Non sono mai stato uno di quei ballerini che
provano tutto il giorno tutti i giorni senza alcuna pausa,
semplicemente amavo ballare. Quando ero triste o frustrato o anche
molto felice, ballare era la prima cosa che mi veniva in mente.
È
solo qualcosa di molto importante per me. Non penso sarei capace di
smettere.”
Sehun
annuì, guardandosi i piedi mentre camminavano sul
marciapiede. “È
davvero... figo,” disse, quasi con riluttanza.
“Davvero?”
chiese Jongin, sollevandosi visibilmente.
Sehun
scrollò le spalle. “Sì. Voglio dire.
Hai detto che venivi preso
in giro per questo quando eri più piccolo. È
bello che non abbia
smesso, dato che significava così tanto per te. Io
probabilmente non
ne sarei stato capace.” Non che Sehun avrebbe semplicemente
potuto
smettere
di
essere un bambino adottato.
“Quando
venivo preso in giro, andavo semplicemente in studio e mi esercitavo
di più. Mi aiutava,”
disse Jongin. “Devi semplicemente trovare il giusto sfogo,
invece
di tenere tutto dentro.”
L'aveva
detto deliberatamente, come se stesse cercando di dire qualcosa a
Sehun senza dirlo direttamente. Non era difficile capire cosa fosse.
“Sì, penso sia così,” fu
tutto quello che disse
Sehun.
Raggiunsero
casa sua pochi minuti dopo. Sehun aprì la porta ed
entrò, ma si
voltò quando Jongin lo chiamò.
Il
ragazzo era sulla soglia, con la borsa sportiva sulla spalla, e
sorrideva timidamente.
“Grazie per essere venuto oggi,” disse.
“Sono davvero contento
sia venuto. E... grazie per essere stato con me dopo, e tutto.
È
stato... davvero bello.”
“Già,”
disse Sehun guardando Jongin sorridere nervoso.
“Magari
la prossima volta posso insegnarti qualche passo,”
suggerì,
giocherellando con la spallina della borsa. “Sai, se vuoi.
Qualcosa
di semplice, come una pirouette.” Come per dimostrarlo,
sollevò un
piede da terra, girando velocemente sull'altro, ma il peso della
borsa sulla spalla lo sbilanciò, e fece il giro del suo
corpo
colpendolo allo stomaco; inciampò e agitò le
braccia per evitare di
cadere infondo alle scale. Stabilizzandosi, arrossì
visibilmente e
mormorò, “È stato davvero
imbarazzante.”
Le
labbra di Sehun si sollevarono di loro volontà.
“Ti
prego non dirlo a nessuno. Soprattutto non a Taemin.”
Jongin cercò alla cieca il primo gradino con un piede, e per
poco
non inciampò di nuovo, squittendo forte. “Cosa sto
facendo? È
meglio che vada prima che mi uccida da solo. Ciao. Voglio dire,
buonanotte. Dormi buono. Beh. Dormi bene. Non guardarmi.”
E
in qualche modo, vedere Jongin inciampare e arrossire e balbettare
imbarazzato mentre cercava di dargli la buonanotte, fece fare a Sehun
una cosa che inconsapevolmente aveva voluto fare per tutta la serata,
e forse anche di più, forse da quando aveva conosciuto Luhan
e
Jongin, le uniche due persone che gli avessero mai fatto venire
voglia di farlo.
Sehun
sorrise. E non uno di quei piccoli atti ribelli delle sue labbra che
gli sfuggivano di tanto in tanto. Sentì le sue labbra tirare
in un
sorriso quasi sconosciuto per lui, abbastanza largo da fargli
socchiudere gli occhi, e la sensazione gli riempì il petto
di bolle,
e Jongin si fermò e lo fissò per la seconda volta
quella notte. Lo
guardava a bocca aperta, e Sehun sorrise e si morse il labbro e
disse, “Buonanotte,” prima di chiudere la porta e
correre in
camera, senza sapere come gestire la situazione. Era tutto
così
nuovo per lui.
Luhan
una volta gli aveva chiesto perché non sorridesse mai. Sehun
aveva
risposto che avrebbe sorriso quando avesse avuto una ragione per
farlo. Non si era aspettato che questa ragione si presentasse. Non si
era aspettato
Jongin.
Sehun
si sdraiò sul letto dopo aver afferrato la statuetta dei
ballerini
che stava sulla cassettiera. Li guardò volteggiare sulla
loro base e
pensò che non era stato nemmeno il trucco a rendere Jongin
così
bello quella sera.
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Capitolo 22 *** Capitolo 20 ***
j
Faceva un po' paura, quanto
velocemente Minseok si fosse abituato alla presenza di Luhan accanto a
lui, 24 ore su 24. Quando si svegliava la mattina, Luhan era
lì, a volte ancora addormentato sul pavimento vicino a lui,
altre volte lo trovava seduto a sfogliare uno dei suoi libri o gli
sorrideva mentre lui si alzava pigramente dal divano. Luhan era
l'ultima cosa che vedeva prima di addormentarsi. Ogni volta che si
svegliava per controllare i valori, Luhan era proprio accanto a lui,
sveglio anche quando Minseok insisteva che tornasse a dormire. Era
lì tutto il giorno, lavorando ai compiti insieme a Minseok,
facendogli compagnia e preparandogli da mangiare. Sebbene Minseok a
volte si sentisse frustrato e irritato da Luhan, il tipo di
frustrazione che uno prova quando è a stretto contatto con
una persona per troppo tempo, (specialmente con lo stress aggiuntivo
della malattia e dei continui valori sballati), a Minseok in un certo
senso... piaceva davvero avere Luhan lì. O meglio,
ovviamente era bello non essere solo tutto il giorno e avere qualcosa
con cui distogliere i pensieri da come si sentisse, ma a Minseok...
piaceva davvero stare insieme a Luhan tutto il tempo. Essere al centro
della sua attenzione. Era... piacevole.
Anche Luhan sembrava godersi il tempo passato a casa di Minseok. Era
divertente, come fosse praticamente diventato parte della famiglia in
quel periodo. Quando arrivò il fine settimana era tanto
familiare quanto Minseok con la disposizione della casa e sapeva
esattamente dove trovare le cose in cucina. Chiacchierava animatamente
con i genitori di Minseok a cena, e riceveva tanta attenzione quanta ne
riceveva Minseok. Vedere sua madre sentire la fronte di Luhan era
diventato ormai un evento quotidiano, così come sentire suo
padre chiedergli come se la stesse cavando con il carico di compiti.
Un giorno, Minseok uscì dal bagno e vide sua madre e Luhan
seduti sul divano, chinati su qualcosa sulle loro gambe.
“Cosa state facendo?” chiese, con sua voce roca, ma
almeno era di nuovo lì.
“Oh, stavo cercando una vecchia foto nel nostro album, e
Luhan mi ha chiesto se poteva guardare anche lui,” rispose la
donna, sollevando lo sguardo per un momento prima di voltare pagina.
Minseok si sentì immediatamente insicuro. “Quanto
vecchie?” chiese, avvicinandosi velocemente.
“Questa è di quando avevi... nove o dieci anni,
penso.”
Minseok fece uno strano suono. “Non fargliele
vedere!” esclamò, con voce rotta. “Erano
i miei anni più imbarazzanti!”
“Perché?” disse Luhan con una risata,
guardandolo. “Non sono così male.”
“Sono orribili,” grugnì Minseok, senza
nemmeno guardarle. “I miei capelli erano troppo lunghi e
avevo gli occhiali più brutti di sempre ed ero
così goffo e poco fotogenico.”
Luhan ridacchiò, sbirciando le foto sulle sue gambe.
“Non sono così male,” ripeté.
“Eri adorabile! Le tue guance erano molto più
piene prima.”
Minseok sussultò, e sua madre si schiarì
leggermente la gola.
“Sembrano ravioli al vapore,” rise Luhan.
“Adorabili.”
“Non sono adorabili,” mormorò Minseok,
guardando ostinatamente il pavimento. Odiava
le sue vecchie foto.
“Sai cosa,” disse all'improvviso sua madre,
chiudendo l'album con un tonfo. “Penso di aver preso l'album
sbagliato. Magari la cercherò un altro giorno.”
Luhan sembrò sorpreso, e Minseok rimase lì in
piedi a disagio mentre sua madre scompariva per mettere via l'album.
Luhan di solito sembrava felice, insieme a lui a casa sua, ma a volte
Minseok lo vedeva mordersi il labbro e guardare il pavimento con occhi
tristi, e sapeva che stava pensando a Kyungsoo, sentendosi in colpa per
qualcosa che non avrebbe potuto evitare, ma Minseok non sapeva mai cosa
fare per farlo sentire meglio. Non era mai stato bravo in queste cose.
Questo era sempre stato compito di Kyungsoo.
Un lato negativo del fatto che Luhan fosse sempre lì era che
Luhan lo toccava sempre. Lo toccava sempre, e
mandava Minseok fuori di testa. “Ti senti meglio?”
Una mano sulla sua fronte. “Mi puoi passare
quello?” Gli toccava il ginocchio. “Guarda
questo!” Dita intorno al suo braccio. “Mi puoi
aiutare con questa domanda?” Una mano sulla sua coscia.
Toccava sempre Minseok, come se attirato da lui magneticamente. E non
è che Minseok potesse semplicemente dirgli di smetterla,
senza dargli alcuna motivazione. Smettila
di farlo, mi fai provare strane cose. Perché questo
non avrebbe sollevato sospetti.
Sabato sera, mentre i suoi genitori erano fuori, i valori di Minseok
calarono inaspettatamente e si dovette sdraiare per qualche minuto
mentre aspettava che il bicchiere di succo che aveva appena bevuto
ribilanciasse tutto, e che la nausea e le vertigini passassero. Luhan
si inginocchiò accanto al divano, con gli occhi spalancati e
spaventati, e Minseok avrebbe voluto dirgli di non preoccuparsi ma le
parole continuavano a perdersi nella strada tra il suo cervello e la
sua bocca. Proprio mentre aveva aperto la bocca per dire qualcosa,
però, Luhan mormorò, “Posso ascoltare
il battito del tuo cuore?”
Gli ci volle un lungo, lungo momento per processare le sue parole e
perché avessero un senso. E anche allora, non era proprio
sicuro di cosa intendesse Luhan, sebbene quella domanda fosse
familiare. “Cosa?”
La voce di Luhan tremò leggermente quando disse,
“Quella... quella volta che non ti svegliavi a casa mia.
Kyungsoo mi ha detto di ascoltare il tuo battito.” Minseok se
ne ricordava. “Mi stavo chiedendo se potrei farlo
ancora.”
“Sto bene, Lu,” gli assicurò Minseok,
con mente leggermente più lucida mentre lo zucchero
cominciava a scorrergli nelle vene.
“Voglio comunque farlo,” sussurrò Luhan.
E che male avrebbe fatto, giusto? Se questo avresse fatto sentire
meglio Luhan, tanto valeva lasciarglielo fare. “Voglio dire,
penso di sì,” mormorò Minseok, sentendo
il viso leggermente accaldato. “Sta battendo un po' veloce
pero', ora”
Luhan non rispose, e invece si mise in piedi e si avvicinò a
Minseok in modo da inchinarsi e poggiare l'orecchio sul suo petto.
Minseok trattenne il fiato, sentendo il cuore accelerare ancora di
più, quando Luhan rimase in posizione un po' più
del necessario, i suoi soffici capelli gli solleticavano il mento.
Finalmente si ritrasse, con un sorriso ansioso sulle labbra.
“Batte ancora,” sussurrò, proprio come
la prima volta che gli aveva chiesto di ascoltare il suo cuore.
A differenza della prima volta, però, Minseok non aveva
niente da dire in risposta. Si limitò a fissare il viso di
Luhan, stranamente senza fiato, fino a che il ragazzo non si
alzò lentamente, dicendo che andava a prendere un po' di
crackers e il suo misuratore del sangue. Minseok continuò a
guardarlo, anche dopo che scomparve in cucina, e aspettò che
il suo cuore smettesse di galoppare. Ci volle un bel po' di tempo.
Quella notte, Minseok si svegliò boccheggiante e sudato, e i
dettagli del suo sogno stavano svanendo in fretta, ma si ricordava mani
delicate sulla sua pelle, sul suo petto e che scendevano lungo le
cosce, e si ricordava labbra voraci e caldi respiri, e una calda pelle
sotto i propri palmi. E gli bastò una veloce occhiata alla
figura che dormiva sul pavimento accanto a lui per sapere chi fosse
l'altra persona nel suo sogno, e se ci pensava davvero, il suo sogno
era stato più un incubo. Ci mise molto tempo a
riaddormentarsi.
Lunedì mattina, Minseok decise che era ora che Luhan
tornasse a scuola senza di lui.
“Ma sarai solo tutto il giorno,” disse il ragazzo,
sbattendo gli occhi grandi.
“Starò bene,” gli assicurò
Minseok, così come la madre. “Mi sto riprendendo,
posso prendermi cura di me ormai.”
“E se succedesse qualcosa?” chiese Luhan.
“Non accadrà nulla,” rispose deciso
Minseok.
“Ha ragione,” confermò la madre, e
Minseok le fu grato. “Purché ci sia qualcuno che
lo controlli ogni tot ore, dovrebbe stare bene. E non dovresti
continuare a saltare la scuola, Luhan.”
Minseok annuì velocemente. “Già, Lu.
Hai perso una settimana intera, non voglio che manchi ancora per colpa
mia.”
Luhan si mosse ansioso. “Sono ancora un po'
malato…” disse, tossendo per dare enfasi.
Minseok rise, solo un poco. “Non abbastanza malato da restare
a casa con me,” disse. “Davvero, Lu, penso dovresti
tornare a scuola. Così puoi imparare tutto e tornare a casa
per ripetermi le lezioni.” Fece una pausa, poi disse,
“Voglio dire, tornare a casa mia.
Non... a casa. Questa non
è casa tua.”
Luhan ignorò il suo errore per dire, “Non sono mai
andato a scuola senza che ci fossi anche tu! E se non dovessi capire
qualcosa?”
“Ci sono un sacco di persone che avrebbero piacere di
aiutarti,” rispose calmo Minseok.
“E se qualcuno cercasse di approfittarsi di me?”
Minseok rise ancora, e sentì un bruciore alla gola.
“Dirò a Jongdae di tenerti d'occhio,”
promise, anche se ora che Luhan lo aveva detto, sembrava una bella
preoccupazione per Minseok.
Alla fine, Minseok e sua madre riuscirono a convincere Luhan ad andare,
spingendolo oltre la porta perché non facesse tardi, vestito
con l'uniforme di Minseok dato che la sua era a casa sua. I pantaloni e
le maniche erano un po' corti per lui, ma a parte quello gli stava
bene, anche se nella targhetta c'era il nome di Minseok. Un po'
più tardi, la madre andò a lavoro, e suo padre
era già uscito, quindi Minseok rimase tutto solo nella casa
silenziosa.
Si scoprì che a Minseok non piaceva
davvero stare da solo. Infatti,
dopo la prima ora, cominciava ad odiarlo. Era noioso e molto
più facile irritarsi per essere malato quando Luhan non era
lì a distrarlo. Gli dava anche molto più tempo
per pensare. E la sua mente si dirigeva troppo spesso verso cose alle
quali non avrebbe dovuto pensare.
Sua madre e suo padre lo controllavano di continuo, ma alle 10.00
ricevette una serie di messaggi da un altro mittente.
Jongdumb:
Luhan-hyung mi ha chiesto quattro volte nell'ultimo minuto di
controllare come stai.
Jongdumb: La
fa sembrare come se stessi morendo.
Jongdumb:
Sarà meglio che non stia morendo.
Minseok rise rocamente. Non
sto morendo, scrisse in risposta. Dì a Luhan che me la
sto cavando perfettamente da solo.
Jongdumb:
Non ti crede.
Minseok alzò gli occhi al cielo. Digli che è ridicolo.
Jongdumb:
Dice che è solo preoccupato per te.
Sto bene,
scrisse con un sorriso. Ma
apprezzo la preoccupazione.
Ricevette messaggi simili a pranzo e anche durante la pausa
pomeridiana. Almeno significava che Luhan pensava a lui?
Minseok aveva lo stesso problema.
Circa venti minuti dopo la fine della scuola, Jongdae e Luhan si
presentarono alla porta di Minseok, portandogli i compiti da
recuperare. Minseok grugnì, ma rispose alle domande
preoccupate di Luhan circa la propria salute e ignorò gli
sguardi vagamente confusi di Jongdae.
“Non sei nemmeno così malato,” disse
Jongdae. “Voglio dire, sei ovviamente malato, ma non stai morendo.”
E come poteva, Minseok, spiegargli che il suo era un caso speciale; che
stava nascondendo a Jongdae cosa gli stava impedendo di guarire come
gli altri? Quindi si limitò a scrollare le spalle e dire che
era peggio di quanto non sembrasse.
Entrambi i suoi visitatori se ne andarono meno di un'ora dopo,
comunque. I genitori di Luhan erano a casa, per una volta, quindi il
ragazzo avrebbe passato un po' di tempo con loro prima che tornassero a
lavoro, e Jongdae doveva studiare per un test, lasciando Minseok di
nuovo da solo. Proprio quando aveva deciso di mettersi al lavoro con i
compiti, però, qualcun altro bussò alla sua porta.
Minseok rimase un po' più che sorpreso quando la
aprì e trovò Baekhyun dall'altra parte.
“Ciao,” disse il più piccolo, sorridendo
allegro ma leggermente incerto.
“Um,” disse Minseok. “Ciao.”
“Sei impegnato?” chiese Baekhyun, infilando le mani
guantate nelle tasche del cappotto.
“Uh, no,” rispose lui, perché aveva
davvero tutto il tempo del mondo. Si guardò intorno curioso.
“C'è anche Chanyeol?”
Baekhyun scosse la testa lentamente.
“No…?”
“Oh.” Minseok non aveva mi visto Baekhyun senza
Chanyeol prima d'ora. Certo, ovviamente non stavano insieme tutto
il giorno, considerando che vivevano in
case diverse, ma... Minseok non aveva mai visto l'uno senza l'altro,
letteralmente. Mai. “Allora…”
“Posso entrare?” chiese Baekhyun, sembrando un po'
incerto. Minseok non aveva nemmeno mai visto Baekhyun insicuro.
“Sì, certo,” disse lui immediatamente.
“Entra.”
Baekhyun entrò e si tolse zaino e cappotto, poi
seguì Minseok in salotto e si buttò sul letto di
Luhan per terra. Minseok si sedette sul divano, guardandolo
stranamente. Non aveva mai passato del tempo da solo con Baekhyun
prima. Non erano così amici.
“Allora,” cominciò il più
piccolo, guardandosi intorno come se non fosse mai stato lì.
“Come va?”
“Um, non male,” rispose lui. “Voglio
dire, sono stato meglio, ma...”
Baekhyun rise leggermente. “Immagino,” disse.
“Ti senti meglio?”
“Beh, ora posso parlare,” disse Minseok.
“Quindi è già un passo
avanti.”
“Io impazzirei se perdessi la voce,” disse serio
Baekhyun, e Minseok non lo metteva in dubbio.
“Già, fa schifo.”
Baekhyun annuì lentamente, guardando ancora la stanza.
Minseok non aveva idea del perché fosse qui.
“Allora... come sta Kyungsoo?”
“Okay, penso,” rispose lui. Il vicino gli aveva
mandato un messaggio quella mattina, aggiornandolo su quanti libri
aveva letto (quattro) e quanti film aveva visto (dodici). Non aveva
fatto parola su come stesse. Kyungsoo non parlava mai di come stava;
non voleva mai credere di star migliorando, nel caso non fosse
così. “Ho parlato con sua madre oggi, ha detto che
potrebbe tornare a casa nel giro di una settimana.”
“Così tanto?” chiese Baekhyun, con le
sopracciglia inarcate. “Sta lì da quasi una
settimana ormai, vero?”
Minseok scrollò le spalle, mettendosi una coperta intorno
alle spalle. “Penso che dipenda più da quando
Kyungsoo si sentirà pronto a tornare. Non vuole mai fino a
che non è completamente guarito. È difficile per
lui.”
Baekhyun annuì. “Che peccato. Dovrei mandargli un
messaggio.”
“Sì, dovresti farlo,” disse Minseok.
“Non chiedergli come si sente, però. Parla
semplicemente con lui. Penso si senta solo.”
Baekhyun annuì ancora, fissando il vuoto per un po', in
silenzio. Minseok immaginò si stesse preparando a dire
qualcosa, quindi non lo interruppe quando Baekhyun si
picchiettò leggermente il ginocchio. Alla fine,
però, aprì la bocca e disse, “Sei gay,
giusto hyung?”
Minseok lo guardò sorpreso. Beh, non si aspettava questo.
“Uh. Sì,” rispose. Praticamente lo
sapevano tutti a scuola.
Baekhyun annuì ancora. “Lo so,” disse.
“Solo che non volevo dire, Allora,
ho sentito dire che sei gay.”
Minseok non sapeva come rispondere. Non sapeva cosa stesse cercando di
dire Baekhyun.
“Ti senti a disagio a parlarne?” chiese poi il
ragazzo, guardandolo e inclinando la testa.
“Non proprio,” rispose lui, scrollando le spalle.
“Voglio dire, non vado in giro a parlarne con chiunque, ma
non è che sono imbarazzato o niente del genere.
Perché?”
“Nessuna ragione,” disse Baekhyun, ma Minseok aveva
la sensazione che quella fosse una bugia. “Ero solo curioso.
Voglio dire,” Fece una pausa e poi continuò,
“Com'è?”
Minseok davvero, davvero
non sapeva dove Baekhyun
volesse andare a parare. Ma era una domanda abbastanza innocente,
quindi rispose, al meglio che poté. “Non lo so?
Nel senso, per quanto ne sappia non sono mai stato etero, quindi... Non
so davvero a cosa comparare l'essere gay.”
“Ma è difficile?” chiese Baekhyun,
guardandolo. “Essere gay, quando nessun altro lo
è?”
Minseok sbatté le palpebre. “Non lo so,”
disse ancora. “Voglio dire, immagino sia un po' difficile.
Perché nessuno capisce davvero e cose così. Ma ci
sono abituato.” Si stava abituando ad essere qualcosa che non
era nessun altro.
Baekhyun si avvicinò un po'. “Qualcuno ha reagito
in modo davvero drammatico quando glielo hai detto?” chiese.
Minseok ci pensò per un secondo, poi scosse la testa.
“Non proprio. Sia Kyungsoo che Jongdae l'hanno presa davvero
bene. I miei genitori erano abbastanza scioccati, ma non sono impazziti
o nulla del genere. Ho sentito che mia nonna ha riso davvero tanto
quando mia madre le ha parlato, però.” rise piano.
“Nessuno è uscito di testa, però. Per
fortuna.”
Baekhyun si morse il labbro, poi disse, “Bene.”
Minseok scrollò le spalle.
Rimasero in silenzio per qualche momento, e Baekhyun
continuò a picchiettarsi il ginocchio, per poi dire,
“Hai mai avuto una cotta per un ragazzo etero?”
Minseok si irrigidì per un momento, improvvisamente
terrorizzato all'idea che Baekhyun lo avesse scoperto e lo accusasse di
qualcosa, ma poi si riscosse perché era stupido. Come poteva
avere senso? “Sì,” confessò.
“Un paio di volte.”
“Cosa hai fatto?”
Minseok scrollò le spalle. “Ho aspettato che mi
passasse,” disse. “Più o meno quello che
fai se hai una cotta per qualcuno fuori dalla tua portata. O totalmente
irraggiungibile. Come un insegnante.” Fece una smorfia.
“Ma meno inquietante.”
Baekhyun rise gentilmente. “E ha funzionato?”
“Sì. Voglio dire, non erano mai delle vere cotte,
comunque. Sapevo sempre che non avrebbero portato a niente, quindi ho
tenuto le distanze.”
Baekhyun sospirò pesantemente, sdraiandosi sul letto di
Luhan e fissando il soffitto. “Ma ti è mai,
tipo.” Si morse il labbro. “Hai mai avuto una cotta
davvero gigantesca per un ragazzo etero? Il tipo
di cotta che ti fa correre il cuore e ti si attorcigliano le interiora
e il cervello va in tilt? Il tipo di cotta che in realtà
potrebbe essere amore?”
Minseok fissò Baekhyun a lungo, senza parole, e finse che un
certo viso non gli fosse improvvisamente venuto in mente. Invece di
rispondere, chiese, “Um, Baekhyun? C'è qualcosa
che vorresti dirmi?”
Il viso di Baekhyun si fece immediatamente rosso, e i suoi occhi non si
mossero dal soffitto. “No,” disse velocemente.
“Niente affatto. Sto solo chiedendo.”
“Uh…huh…” Minseok
continuò a fissarlo.
“Mi stavo solo chiedendo cosa faresti se avessi, tipo, una
cotta enorme che potrebbe essere amore per un ragazzo etero,”
disse Baekhyun.
“Ti stavi solo chiedendo quello?”
“Sì.”
Minseok non era una persona estremamente perspicace, ma chiunque
avrebbe capito che Baekhyun non si stava solo
chiedendo questo. Invece di impicciarsi,
però, disse, “Non ho idea di cosa farei.”
“Glielo diresti?” chiese Baekhyun, con il viso
ancora rosso e gli occhi incollati al soffitto.
“Non lo so,” rispose ancora lui.
“E se questa gigantesca cotta durasse da tanto tempo? Voglio
dire, ipoteticamente parlando, se dovesse succedere, sarebbe davvero
stancante tenerlo per te, giusto? Glielo diresti?”
“Non lo so.” Minseok non pensava nemmeno che
Baekhyun stesse ancora ascoltando.
“Sarebbe piuttosto spaventoso, no? Probabilmente rovinerebbe
il tuo rapporto con quella persona, vero?”
Gli fece davvero male dover dire, “Sì,
probabilmente sì.” Minseok ci aveva pensato
tantissimo in passato.
Baekhyun sospirò e si seppellì sotto la coperta
di Luhan. “Già,” disse. “Mi
dispiace debba passare tutto questo.”
Minseok si sentì immensamente dispiaciuto per se stesso per
un momento fino a che non si ricordò di non aver mai detto
che lui stava vivendo quella situazione.
“Cosa?”
“Niente,” mormorò Baekhyun.
“È solo che fa schifo.”
Minseok immaginò che la conversazione – di
qualsiasi cosa avessero parlato – fosse conclusa.
“Già, immagino di sì.”
Ci fu un lungo silenzio, e Minseok si mise più comodo sul
divano mentre aspettava che Baekhyun lo salutasse e se ne andasse o
qualcosa del genere, ma poi il più piccolo riprese,
“Ma se proprio non riuscissi a fartela passare?”
“Huh?”
“E se fosse davvero tanto fantastico e perfetto e tu non
riesci assolutamente a fartela passare nonostante lui sia etero e pensi
che uscirai fuori di testa se lo tieni per te ancora a lungo?”
Minseok guardò Baekhyun che rotolava agitato sul pavimento.
“Onestamente?” chiese. “Lo porterei con
me nella tomba, perché sono un gran codardo.”
“Questa è davvero una risposta del cavolo,
hyung,” grugnì Baekhyun.
Minseok rise leggermente, con un pizzico di biasimo. “Ma
onesta.” Baekhyun si imbronciò. “Questo
sono io, però. Non sto dicendo che tu devi fare
così.”
Baekhyun distolse lo sguardo. “Non stavamo parlando di
me.”
“Giusto,” disse Minseok. “Mi ero
dimenticato.”
Sospirando, Baekhyun si alzò a sedere, con i capelli
scompigliati e l'uniforme sgualcita. “Sarà meglio
che vada ora,” disse. “Devo andare a cena da
Chanyeol.”
Minseok lo guardò con attenzione mentre si alzava in piedi e
sistemava il letto di Luhan. “Okay.”
“Scusa per il disturbo.”
“Non mi hai disturbato,” gli assicurò
velocemente Minseok. “Davvero.”
Baekhyun lo guardò titubante. “Hyung?”
disse. “Ti... darebbe fastidio se ogni tanto tornassi a farti
qualche altra, uh, ipotetica domanda?”
Minseok sorrise rassicurante. “Certo che no,”
rispose. “Anche se non posso assicurarti che saprò
risponderti meglio di quanto non ho fatto oggi.”
“Va tutto bene,” disse il più piccolo.
“Voglio solo, sai, farti qualche domanda.”
“Sei il benvenuto quando vuoi,” disse Minseok.
Baekhyun sorrise leggermente. “Grazie.”
Minseok annuì e salutò Baekhyun mentre lo
accompagnava alla porta.
Domande ipotetiche. Certo.
“Noona, questo è il mio amico Sehun.
Può sedersi e guardare oggi, vero?”
Sehun saltò per la sorpresa quando un mano delicata gli
sollevò il viso, e una giovane donna gli sorrise in modo
affascinante. Sehun pensò di averla vista al recital.
“Quindi questo è il Sehun di cui continui a
parlare?” chiese, con voce scherzosa.
Jongin rise imbarazzato. “Non parlo di lui così
tanto,” disse sulla
difensiva.
“Parli di lui abbastanza,” disse la donna,
lasciando il mento di Sehun e scompigliando invece i capelli di Jongin.
“Certo che può guardare. Non sei un ballerino,
Sehun?”
“Huh?” gli occhi del ragazzo si spostarono su di
lei da un gruppo di ragazze in body che si stavano legando le
scarpette. “Oh. No.”
La donna guardò ancora Jongin, le labbra incurvate in un
sorriso malizioso. “Non mi guarda nemmeno per più
di pochi secondi.”
“Non tutti sono incantati dalla tua bellezza,
noona,” la prese in giro Jongin con un sorriso.
“A quanto pare,” disse con un sospiro la donna, ma
Sehun stava di nuovo già guardando Jongin.
Era martedì, e di solito Sehun non passava tempo con lui
dopo la scuola il martedì, perché Jongin aveva le
prove. Oggi, però, il ragazzo gli aveva chiesto se fosse
voluto andare a guardarlo, e in passato, Sehun avrebbe detto di no, ma
oggi accettò. Erano passati solo tre giorni da quando lo
aveva visto esibirsi, ma si stava già chiedendo se avrebbe
provato le stesse emozioni, se sarebbe stato ancora così
stranamente magico.
“Puoi sederti lì, Sehun,” disse Jongin,
riscuotendolo dai suoi pensieri. Indicò un punto vicino alla
porta da cui erano entrati, dove alcune persone avevano lanciato le
borse. “Fatti un po' di posto.”
Sehun annuì in silenzio, ma Jongin lo fermò prima
che potesse allontanarsi. Il suo sorriso era incerto e titubante.
“Dimmi se ti annoi, okay? Non devi restare per tutto il
tempo, lo capisco se te ne vorrai andare.”
“Okay,” rispose Sehun.
“Per i primi minuti faremo solo stretching, ma dopo diventa
più interessante, lo giuro,” disse Jongin, subito
prima di venire chiamato in posizione alla sbarra.
Sehun si tolse il cappotto e lo sistemò in un spazio che si
era creato tra le borse dei ballerini, per poi sedercisi sopra e
appoggiarsi al muro. Guardò mentre Jongin si toglieva le
sneakers e si infilava le scarpette da ballo, saltando e mettendosi
sulle punte per scaldare i muscoli delle gambe e dei piedi.
Chiacchierò con alcuni dei suoi compagni mentre si scaldava,
seguendoli quando si misero a terra e si piegarono sulle gambe
allungate per toccare le punte dei piedi, ma dopo un minuto si
voltò verso Sehun e gli lanciò un sorriso grande
e imbarazzato quando vide che lo stava guardando. Gli angoli della
bocca di Sehun si alzarono in risposta.
Era qualcosa a cui Sehun non era ancora abituato, e gli contorceva
ancora lo stomaco per l'ansia, ma in questi giorni stava imparando ad
ignorarlo.
(In un certo senso gli piaceva il modo in cui il viso di Jongin si
illuminava quando Sehun lo graziava con un sorriso.)
Mentre Jongin e gli latri ballerini continuavano con i loro esercizi di
riscaldamento e con lo stretching, Sehun ripensò al giorno
precedente. Luhan era finalmente tornato a scuola, dopo una settimana
di assenza, e a quanto pare Jongin gli aveva già detto del
recital prima che andasse a parlare con lui a pranzo, perché
il maggiore aveva un sorrisetto intenditore,
come se gli avessero rivelato
un grande segreto. Non ebbe la possibilità di dire niente,
comunque, prima che Jongin li raggiungesse – e non solo li
raggiunse, ma portò con sé anche tutti i suoi
amici, Taemin e gli altri della festa. “Ti va
bene?” aveva chiesto, incerto e speranzoso. “Non ti
dispiace, vero Sehun?”
E Sehun aveva semplicemente scrollato le spalle, e Jongin si era
illuminato, tutti si erano seduti e fine. Avevano chiacchierato e riso
tutti insieme, e Sehun aveva detto qualche parola qui e là,
più che altro quando Jongin o Luhan gli facevano qualche
domanda, ed era andata... bene. Non era stato al centro
dell'attenzione, ma non era nemmeno stato ignorato, e di solito lo
avrebbe preferito, ma per una volta non gli dispiacque davvero.
Luhan se ne era andato subito dopo scuola, dicendo che doveva andare a
controllare Minseok, ma nel pomeriggio, dopo aver fatto qualcosa con i
genitori, invitò Sehun ad andare a prendere un bubble tea, e
Sehun aveva accettato perché chi mai avrebbe rifiutato un
bubble tea? In più, non aveva visto Luhan per tutta la
settimana. E... beh, non gli era mancato, perché le persone non gli mancavano
per principio, ma... beh... non era stato triste
nel rivedere Luhan. Il maggiore
era allegro come sempre, nonostante la voce leggermente roca, e aveva
fatto a Sehun milioni di domande su cosa avesse fatto mentre lui era
stato malato, ed era stato familiare.
L'unica volta che Luhan aveva smesso di sorridere fu quando
confessò di aver fatto ammalare un amico a lui molto caro
– un amico che non era Minseok – e che non riusciva
a smettere di pensarci. Disse a Sehun che a volte non riusciva a
dormire per ore, pensando a questo, perché aveva paura di
avergli causato molti più danni di una semplice malattia.
Sehun non aveva saputo cosa dire.
La melodia che suonava dal pianoforte dall'altra parte dello studio
cambiò in un ritmo più elegante, e Sehun vide
metà dei ballerini allontanarsi dalla sbarra per sistemarsi
nella sala spaziosa, davanti allo specchio e alla loro insegnante.
Jongin catturò ancora una volta lo sguardo di Sehun e gli
sorrise interrogativo, come per dire, Tutto
okay? Sehun annuì in
risposta, e Jongin sorrise riportando l'attenzione sulla giovane donna
di prima, la quale stava dimostrano una serie di piegamenti e volteggi
(un giorno, Sehun avrebbe imparato i termini giusti). Gli studenti
copiarono i pochi passi, poi indietreggiarono al muro per lasciare che
l'altra metà dei ballerini facesse lo stesso.
A Sehun piaceva guardare Jongin ballare così. Mentre
l'esibizione di sabato era stata intensa e da togliere il fiato,
guardare le prove era molto più informale, e molto
più rilassante. Il costume di Jongin era stato rimpiazzato
da dei semplici pantaloni della tuta grigi e una maglia nera, e il suo
viso era al naturale e i capelli spettinati. I suoi movimenti erano
curati e precisi, per quanto poteva saperne Sehun, ma non era in
perfetta sincronia con quelli che lo circondavano, e questo dava al
tutto un'aria di piacevole leggerezza. Eppure, tutto ciò che
faceva Jongin sembrava così semplice, dal modo in cui
sollevava un gamba parallela al pavimento, ai rapidi giri consecutivi
che eseguiva con semplicità. Anche senza il trucco di scena
e i riflettori, Jongin aveva una certa grazia in sé, in
quello che faceva, persino nel modo in cui camminava, e Sehun non
avrebbe potuto distogliere lo sguardo nemmeno se ci avesse provato.
Jongin aveva detto a Sehun che oggi le prove sarebbero durate meno del
solito, dato che avevano appena fatto il recital e che non avevano
altre esibizioni né nuove coreografie da imparare. Andarono
comunque avanti per più di due ore, perfezionando tecniche e
ricevendo attente correzioni per difetti che Sehun non era nemmeno
sicuro esistessero. Passò dall'osservare il modo in cui il
corpo di Jongin si piegava e si muoveva, al lasciare che la sua mente
vagasse, sfrenata, di pensiero in pensiero. Jongin gli si era
avvicinato, qualche volta, solitamente con la scusa di prendere un
sorso d'acqua, e ogni volta aveva chiesto a Sehun se si stesse
annoiando, ma lui rispondeva sempre di no. Non era esattamente uno
spettacolo entusiasmante, ma forse era per questo che gli piaceva.
Vedere Jongin nel suo elemento, con nessuno da impressionare se non se
stesso. E sapere che questo era un lato di Jongin che nessun altro
aveva visto prima, se non gli altri ballerini in sala. A Sehun piaceva.
Alla fine delle prove, i ballerini eseguirono alcuni passi del recital
passato, e a Sehun piacque ancora di più. Jongin fece il suo
solo finale, e anche senza l'abbigliamento di scena, la sua esecuzione
lasciò Sehun senza fiato. Girò rapidamente sul
posto, le braccia e le gambe tenute vicino al corpo mentre la testa si
muoveva con ogni giro, e poi allargò le braccia e
alzò una gamba, il tutto mentre continuava a volteggiare,
così tante volte che Sehun
si sentiva intontito, e il suo
sorriso era così grande e luminoso che Sehun a malapena
riusciva a guardarlo, ma allo stesso tempo non poteva distogliere lo
sguardo. Finì con un inchino, e i suoi compagni e
l'insegnante applaudirono, e Sehun si unì automaticamente.
Jongin sollevò lo sguardo dal suo inchino per guardarlo, e
Sehun continuò ad applaudire, con le labbra che si
sollevarono ancora una volta, e Jongin sembrava decisamente raggiante.
Le prove finirono qualche minuto dopo, e le persone si riversarono
all'improvviso attorno a Sehun, afferrando le borse dal pavimento e
chiacchierando tra loro. Alcuni di loro lo salutarono, altri ancora
sapevano il suo nome (Jongin parlava davvero così tanto di
lui? Cosa diceva?) ma poi Jongin venne a salvarlo, guidandolo
attraverso una massa di ballerini per mettersi da una parte.
“Non ti cambi?” chiese Sehun, indicando le sue
scarpette.
Jongin scosse la testa, sorridendo leggermente. “Volevo
chiedere una cosa a Soojin-noona.”
“Ho sentito il mio nome.” La giovane insegnante
sbucò al loro fianco, il body ora coperto da un pensante
cappotto invernale e la borsa in spalla. “Stavate
spettegolando su di me?”
Jongin rise. “Certo che no, noona,” disse.
“Mi stavo solo chiedendo se io e Sehun potessimo restare
ancora un po' quando tutti se ne saranno andati.”
Questa era la prima volta che Sehun sentì dei suoi piani, ma
non obiettò quando Soojin guardò prima lui, poi
Jongin, per poi fare un occhiolino e dire, “Certo.”
Jongin rise imbarazzato, le guance arrossate (o forse erano ancora
rosse dallo sforzo), e promise di chiudere tutto quando avrebbero
finito.
Lo studiò si svuotò dopo pochi minuti, lasciando
solo Sehun e Jongin all'interno. La sala sembrava molto più
grande con solo loro due ad occuparla.
“Togliti la camicia,” disse all'improvviso Jongin.
“Cosa?” chiese Sehun, guardandolo sorpreso.
Jongin arrossì. “Scusa, mi è uscito
male. Volevo dire solo che... probabilmente è meglio se
togli la camicia dell'uniforme. Hai qualcosa sotto, vero?”
Sehun indossava sempre una canottiera sotto all'uniforme, ma non era
esattamente sicuro del perché avrebbe dovuto svestirsi.
“Per?”
Jongin sorrise timido, guardando il pavimento e piegando un piede
avanti e indietro. “Stavo solo pensando che... dato che sei
già qui, magari potrei insegnarti qualche passo. Se ti va,
ovviamente.”
Sehun ripensò a tutte le tecniche che aveva visto quel
giorno e aggrottò le sopracciglia dubbioso. “Non
penso sarò capace di fare molto…”
“Ti mostrerò solo le basi,” gli promise
Jongin. “Letteralmente, la base di tutto. Le cose che ti
insegnano al primo giorno di corso.”
E sembrava così entusiasta e sincero che Sehun non
poté fare altro che scrollare le spalle e dire,
“Okay,” cominciando poi a sbottonarsi la camicia.
Jongin distolse velocemente lo sguardo.
Alla fine Sehun si ritrovò con la canottiera, i pantaloni
dell'uniforme e le calze, e Jongin lo squadrò dalla testa ai
piedi, accigliato, per poi dire, “Non sono sicuro di quanto
bene riuscirai a muoverti con quei pantaloni.”
“Vorresti che mi tolga anche questi?” chiese Sehun,
e Jongin lo guardò sorpreso per poi ridere.
“Hai appena fatto una battuta?” gli chiese con voce
incredula.
Sehun sbatté le palpebre. “Io…non lo
so.”
Jongin scosse la testa, ancora sorridendo, e andò a prendere
un altro paio di pantaloni dalla sua borsa. Sehun si cambiò
velocemente, con l'insistenza del ragazzo, e poi fu pronto a ballare.
Non sapeva nemmeno perché avesse acconsentito, a dire il
vero. Non era un ballerino. Non aveva mai ballato in
vita sua.
Jongin non sembrava troppo preoccupato, però.
Guidò Sehun alla sbarra, mettendosi di fronte a lui, e poi
disse, “Questa è la prima posizione.”
Mosse i piedi in modo che i talloni si toccassero, con le punte rivolte
ai lati opposti, perfettamente allineati con il suo corpo.
“Prova.”
Sehun si sentiva leggermente imbarazzato mentre provava a copiare la
posizione, ma le sue gambe non giravano così tanto, e i suoi
piedi finirono per formare un angolo piuttosto che una linea dritta.
“Sembra doloroso,” disse per coprire la vergogna.
Jongin rise leggermente, ma non con tono di scherno. “Ci
vogliono anni di pratica,” gli assicurò.
“Tutti iniziano come te.”
“Certo,” borbottò Sehun.
“Tieni la schiena dritta,” disse Jongin,
sorridendo. “Questa è la seconda.”
Allargò le gambe, mantenendo i piedi paralleli. Sehun lo
copiò ancora, accigliandosi leggermente, e Jongin rise
ancora.
“Cosa?” domandò lui.
“Stai troppo scomposto,” rispose. “Tieni
le spalle indietro.”
Sehun sbuffò, ma fece come gli era stato detto.
Effettivamente, sembrava più una posizione da ballerino in
quel modo.
Successivamente gli mostrò la terza, la quarta e la quinta
posizione, e Sehun faceva sempre più pena con ognuna di
esse, faticando a sistemare i piedi in un modo anche solo vagamente
simile a quelli di Jongin, ma il ballerino gli assicurò
più e più volte che era difficile per tutti i
principianti. Poi gli mostrò un
demi-plié—un leggero piegamento delle ginocchia,
con i piedi in prima posizione—e un grand
plié—un piegamento più profondo, con i
talloni sollevati da terra. Sehun si tenne stretto alla sbarra per
evitare di cadere in avanti, ed era abbastanza sicuro di sembrare
ridicolo, ma Jongin sembrava soddisfatto, quindi continuò a
seguire le sue parole.
“Ancora una,” gli disse, allontanandosi dalla
sbarra. Sehun fece lo stesso. “Una pirouette è un
tipo di giro fatto su un piede. La conoscevi questa, vero?”
Sehun annuì. Sapeva che era un cosa del genere, almeno.
“Si parte in quarta posizione.” Jongin mise i piedi
in modo che fossero quasi paralleli, uno di poco più avanti
dell'altro. Sehun faceva schifo in quella posizione, ma
cercò comunque di copiarlo al meglio delle sue
capacità. “Demi-plié,”
continuò, piegando leggermente le ginocchia. Sehun fece lo
stesso. “Braccia in avanti.” Jongin
sollevò le braccia in un cerchio, come se stesse
abbracciando un albero invisibile. Sehun si sentiva stupido, ma lo fece
comunque. “Guardami e basta. Ti dai la spinta con la gamba di
dietro, sollevi il piede al ginocchio, fai un giro completo e poi
atterri allo stesso modo in cui sei partito.” Sehun
guardò mezzo meravigliato e mezzo confuso mentre Jongin
eseguiva una piroetta perfetta, girando sulle punte di un piede per poi
atterrare nuovamente in quarta posizione. Sorrise a Sehun quando si
fermò. “Capito?”
“No,” grugnì lui.
Jongin rise. “Prova. Non riderò.”
Sehun sospirò e sollevò le braccia. Non appena lo
fece, però, Jongin gli si avvicinò e gli
alzò leggermente i gomiti, dando la giusta forma alle
braccia. Sehun sbatté le palpebre e il ragazzo gli sorrise.
“Così,” disse piano, poi posò
una mano sulla sua schiena. Rimasero così immobili per un
momento, fino a che il ballerino non disse, “Raddrizza la
schiena,” e Sehun si rese conto che non lo stava toccando
senza motivo. Corresse la postura imbarazzato.
“Vuoi che ti tenga?” gli chiese Jongin. Quando
Sehun lo guardò stranito, spiegò, “In
un pas de deux, un ballo di coppia, ti terrei
i fianchi mentre giri in modo da non cadere. Posso farlo se
vuoi.”
Sehun pensò alle mani di Jongin sui propri fianchi, e scosse
immediatamente la testa. “No, va bene
così.”
“Okay,” rispose lui, facendo un passo indietro.
“Pronto?”
“No.”
“Demi-plié. Ora... gira!”
Trattenendo il fiato, Sehun provò a copiare il giro di
Jongin, ma il suo equilibrio non era buono sin dall'inizio e si
agitò per restare in piedi, sentendo immediatamente delle
braccia forti afferrarlo. Si voltò e vide Jongin che lo
teneva con un sorriso.
“Preso,” disse, e Sehun si sentì
improvvisamente accaldato.
“Ho fatto un casino,” mormorò,
raddrizzandosi e tirandosi via dalla presa del ballerino.
“Va tutto bene,” disse Jongin, sempre sorridendo.
“Puoi provare ancora.”
“Non penso di essere adatto alla danza classica,”
sbuffò.
“Forse no,” rispose lui, “ma stai
imparando da... meno di mezz'ora. Se fossi già perfetto,
sarei piuttosto impressionato.”
Sehun si morse il labbro. “Dovrei provare ancora?”
“Mi piacerebbe se lo facessi.”
Sehun avrebbe voluto dirgli che non faceva le cose solo
perché lui voleva che le facesse, ma se ci pensava su, per
tutto il giorno aveva fatto cose proprio perché Jongin
voleva che le facesse. Quindi tenne la bocca chiusa e si rimise in
posizione.
Dal momento in cui aveva dato la spinta, Sehun aveva sentito che era
giusto. Non era perfetta, e lo sapeva, ma qualcosa nella forza con cui
aveva spinto e nel modo in cui si era tenuto aveva funzionato,
e probabilmente sarebbe
sembrato goffo e sbilanciato a chiunque altro, ma riuscì ad
atterrare in una sembianza di eleganza, senza cadere, ed era la prima
volta in tutta la lezione in cui sentiva di aver fatto qualcosa bene.
Guardò Jongin, e il ragazzo si illuminò, come se
Sehun avesse fatto qualcosa di spettacolare, e senza pensarci, Sehun
ricambiò il sorriso, soddisfatto.
Raramente si sentiva così. Soddisfatto.
Era una sensazione quasi
estranea, si sentiva caldo e formicolante sotto la superficie della
pelle. Il sorriso di Jongin si allargò, gli occhi
luccicanti, e Sehun si godette la scena per un momento.
Ultimamente lo faceva spesso. Non era sicuro di quanta paura avrebbe
dovuto avere.
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Capitolo 23 *** Capitolo 21 ***
Kyungsoo non disse mai, mai, a
Minseok come stesse quando era in ospedale, o di quando si aspettasse
di tornare a casa. Minseok sapeva che non era per le proprie ragioni
egoistiche. Sapeva che nemmeno Kyungsoo
sapeva dare risposta a quelle
domande. Riceveva tutti gli aggiornamenti sulle sue condizioni dai suoi
genitori, perché anche se Kyungsoo avesse voluto
condividerli con lui non avrebbe potuto. Kyungsoo non chiedeva mai ai
medici se stesse bene, se avessero trovato qualcosa di nuovo, nemmeno
quale fosse la sua diagnosi. Sapeva come si sentiva
ovviamente, ma a quanto pare
Kyungsoo sapeva di non potersi affidare solo su quello quando si
trattava della sua salute. E non chiedeva mai quando sarebbe potuto
tornare a casa. Non voleva saperlo.
Non voleva mantenere le
speranze troppo alte, perché troppo spesso quando era
più piccolo, gli avevano detto una cosa, per poi informarlo
il giorno seguente che le cose erano cambiate.
Nonostante questo, a Minseok
faceva piacere sapere, anche solo per alleggerire la propria coscienza,
quindi riceveva aggiornamenti regolari dai genitori di Kyungsoo. Sapeva
che le cose sarebbero potute cambiare nel giro di un'ora o anche meno,
ma voleva sapere almeno come stavano andando le cose. Quindi sapeva che
Kyungsoo stava leggermente migliorando quando lui tornò a
scuola quel mercoledì (ancora malato e debole ma abbastanza
lucido da poter lasciare la casa), e che lo avrebbero dovuto dimettere
sabato; quando però ebbe una ricaduta il giovedì,
rimandarono la data almeno fino al martedì successivo. Aveva
sentito che Kyungsoo aveva cominciato a tossire sangue a un certo
punto, ma che per fortuna aveva smesso qualche giorno fa. Aveva sentito
che Kyungsoo, debole e fragile, era così esausto per la
ricaduta improvvisa e per il costante sforzo fisico di tossire che
aveva dormito per diciannove ore di fila (ed era per questo che non
aveva mandato messaggi a Minseok per tanto tempo, facendolo preoccupare
tantissimo). Ma sapeva anche che Kyungsoo si era ripreso rapidamente
dall'infezione secondaria, molto più in fretta di quanto non
fosse abituato, e che la data di dimissione del martedì
rimase programmata.
Questo rendeva la sua
permanenza in ospedale di esattamente due settimane, e paragonato alle
volte in cui ci era rimansto per mesi quando era più
piccolo, sembrava quasi un miracolo, e Minseok li considerò
estremamente fortunati.
Kyungsoo tornò a
casa martedì, ma se i suoi genitori non glielo avessero
detto esplicitamente, non lo avrebbe mai saputo. Kyungsoo non gli disse
nulla, nemmeno quando era già a casa, ma Minseok sapeva di
non doversi aspettare altrimenti, ma lo stomaco gli si strinse comunque
per l'ansia. Mandò un messaggio all'amico, dandogli il
bentornato a casa, ma non ricevette risposta. C'era da aspettarselo.
Non ebbe il coraggio di dire nulla a Luhan; sapeva che il ragazzo
voleva vedere Kyungsoo, e non voleva dirgli che non poteva farlo.
Oltre all'impressionante
guarigione rapida di Kyungsoo, l'unica notizia ottimista a cui Minseok
poté appigliarsi fu che Kyungsoo non chiese ai genitori di
distruggere tutte le cose della sua stanza, come era abituato a fare.
La madre di Minseok era andata nella sua stanza lunedì notte
per aiutare a disinfettare ogni minimo centimetro – come
infermiera, era l'unica persona della quale Kyungsoo si fidasse.
Quello, almeno, fece sentire Minseok leggermente meglio. Avevano
affrontato di peggio in passato. Questo potevano superarlo.
Mercoledì non
sembrò andare meglio di martedì. Dopo la scuola,
Minseok era tornato a casa e aveva gettato la propria sciarpa gialla
sopra il muro che divideva i loro balconi, un segnale, e
aspettò li fuori al freddo per ore, nonostante lui stesso si
fosse appena ripreso dalla malattia. Kyungsoo non aprì mai
la sua porta.
Quella notte, Minseok
pensò per più di un'ora prima di mandare un altro
messaggio al vicino. Mi
piacerebbe davvero parlare con te, Soo.
Ci volle un'altra ora prima che
ricevesse risposta.
Kyungsoo: Non posso, hyung.
Minseok si morse il labbro e
prese un profondo respiro. Ti
prego, Kyungsoo. Ho bisogno di te.
Kyungsoo: Per favore non rendermi tutto più difficile. Non
posso.
Minseok si ritrovò a
cacciare indietro le lacrime. Ti
prego, prenditi cura di te, fu tutto quello che
poté rispondere.
Giovedì si costrinse
ad andare a casa di Kyungsoo e bussare alla sua porta, anche se aveva
paura di peggiorare le cose. Rispose il padre, e confermò
quello che Minseok aveva già immaginato: Kyungsoo non usciva
dalla propria stanza, né per Minseok né per
nient'altro se non andare in bagno, e anche allora solo dopo essersi
assicurato che fosse stato pulito. Minseok annuì triste e
tornò a casa.
Venerdì, Minseok ne
ebbe abbastanza della reclusione di Kyungsoo, e decise che un approccio
più diretto fosse ovviamente necessario. Lo aveva fatto solo
una volta prima, quando erano considerevolmente più piccoli,
ma aveva funzionato allora, e Minseok non si sarebbe arreso fino a che
non avesse funzionato anche stavolta. Non avrebbe lasciato che
accadesse ancora.
Quindi si mise il giubbotto, la
sciarpa e il cappello, e uscì in balcone,
scavalcò goffamente il muro che li divideva e
bussò al vetro di Kyungsoo.
Le tende erano chiuse, quindi
non poteva vedere Kyungsoo o sapere se avesse sentito, ma a meno che
non fosse stato in bagno, doveva per forza averlo sentito.
“Kyungsoo,” disse, cercando di non lasciare che la
voce gli tremasse. “Kyungsoo, posso parlarti un secondo, per
favore?”
Non ci fu risposta. Minseok non
se ne aspettava una. “Kyungsoo, ho
davvero bisogno di parlarti. Ho bisogno che esci.”
Il silenzio si
prolungò, e Minseok era piuttosto sicuro di star provando
uno di quei cambi d'umore dati dal diabete, e probabilmente se ne
sarebbe dovuto preoccupare, ma al momento non gli importava, quindi
sbatté i piedi e disse, “Kyungsoo, esci in
questo momento,” cominciando poi a
gridare per la rabbia, la paura e lo stress e un milione di altre
emozioni travolgenti. Si voltò e si sedette con la schiena
poggiata alla porta, sbattendo la testa sul vetro un paio di volte
mentre cercava di darsi una calmata, prendendo dei profondi respiri e
asciugandosi gli occhi quando il dolore alla testa cominciò
a farsi sentire. Si rese conto che la stava ancora sbattendo contro la
finestra e si fermò, pensando che si sarebbe procurato una
commozione cerebrale e questo sicuramente
non avrebbe migliorato le cose.
“Kyungsoo ti
prego,” disse, con voce
debole. “Sono preoccupato per te e mi manchi e so cosa ti
stai facendo, e non deve andare per forza così, e ho bisogno
che esci. Ti prego, esci.”
Tutto rimase perfettamente
immobile e silenzioso, e Minseok sentì il bisogno di
ricominciare a sbattere la testa alla porta. Prese un profondo respiro
e si asciugò ancora le guance, immaginandosi Kyungsoo seduto
nella sua stanza, probabilmente sul letto, raggomitolato e spaventato e
solo, e cercò di ricomporsi.
“Kyungsoo,” disse ancora, con voce più
ferma. “Ne abbiamo già parlato prima, no? Non puoi
lasciare che la tua paura abbia la meglio su di te. So
che sei spaventato, e so che
sei stravolto, che senti di non poterne fare a meno, ma io so
che puoi. So che sei forte, e che non hai
mai lasciato che qualcosa del genere ti sconfiggesse prima. So che
è terrificante, che senti che sia troppo, ma ho bisogno che
pensi un secondo all'anno appena trascorso, okay? Ascoltami e basta.
Pensa a tutte le cose che hai fatto quest'anno. Ti sei fatto dei nuovi
amici, giusto? Luhan e Baekhyun e Chanyeol e Junmyeon. Sei venuto a
casa mia, hai dormito qui. Ti sei seduto sul mio divano e hai mangiato
marshmallow arrostiti al tuo compleanno, e hai toccato la sabbia. Te lo
ricordi? E hai lasciato che io e Luhan entrassimo in camera tua. E so
che ti sei ammalato, e so
che è stato
spaventoso, difficile e doloroso, ma pensa a tutte le cose che hai
fatto. E a quanto in fretta ti sei ripreso. Nonostante tutto, Kyungsoo,
sono così orgoglioso di te. Sei così forte,
più forte di quanto non potrei mai essere io, e so che
uscire dalla tua stanza e affrontare ancora il mondo sembra pericoloso
e terrificante, lo capisco, ma tu sei
più forte di così. So che lo sei. So che
è un rischio, ma Kyungsoo, a volte devi correre dei rischi
per essere felice. Voglio solo che tu sia felice.”
Prese un gran respiro e chiuse
gli occhi. “E pensa a me, Soo.
Come pensi che sopravvivrò senza di te? Sai che non farei
mai niente che penso possa farti male, vero? Sai che voglio solo il
meglio per te. E io... non so nemmeno cosa fare senza di te. E pensa a
Luhan. Sai come si sente in questo momento? È
così preoccupato per te. Mi chiede di te cento volte al
giorno. Non so mai cosa dirgli. Vorrei dirgli che supererai tutto
questo, che tornerai ad essere quello di prima, ma ho bisogno che tu mi
dica che ci proverai. Dipende tutto da te, Kyungsoo, e questo non
significa che noi non ti aiuteremo e supporteremo, ma tu devi fare il
primo passo. Luhan vuole parlare con te, vuole assicurarsi che stia
bene, si sente così
in colpa per tutto e vuole solo che le
cose migliorino. Tutti vogliamo che le cose migliorino. Rivoglio
indietro il mio Sooseongong. Quindi ti prego, ti
prego, vieni fuori.”
Detto questo, Minseok si sporse
in avanti e chiuse gli occhi, rabbrividendo per il freddo e contando
indietro da cento, aspettando, sperando. Novantotto.
Novantasette. Probabilmente sarebbe arrivato
a zero e avrebbe ricominciato. Novantacinque.
Novantaquattro. Sentiva come se il freddo gli
stesse circolando nel sangue. Novantadue.
Novantuno.
La porta si aprì.
Minseok sussultò, girandosi e sollevando lo sguardo per
vedere Kyungsoo sulla soglia, che sbirciava dai quattro o cinque
centimetri di porta aperta, vestito con il pigiama e dall'aspetto
fragile ma vivo. Minseok sbatté le
palpebre, gli occhi gonfi e rossi.
“Ho paura,”
sussurrò, con voce così sottile che quasi si
perse nel vento invernale.
“Lo so,” rispose Minseok,
alzandosi in piedi. “Ma lo supereremo.”
“Ho paura,” ripeté
Kyungsoo, con le lacrime che gli scendevano sulle guance.
“Io credo in te,”
disse lui, deglutendo a fatica. “Devi fidarti di
me.”
E lentamente, con esitazione,
Kyungsoo annuì. Era un inizio.
Kyungsoo sapeva molto sui
meccanismi di coping. Aveva letto un sacco di libri e di ricerche, e
sopratutto li aveva sperimentati in prima persona. Crescere e capire
lentamente sempre più circa la sua condizione lo aveva
portato a conoscere diversi modi di gestire tutto per evitare di essere
travolto, che ovviamente era la sua prima reazione. Aveva attraversato
diversi periodi di negazione, regredendo ad inaccettabili comportamenti
infantili, dissociandosi da tutto e praticamente chiudendo tutti fuori,
e rendendo tutto una specie di grande gioco malato. Aveva un terapista
quando era più piccolo, qualcuno che veniva a casa sua per
lavorare con lui un paio di volte a settimana, ma a un certo punto
aveva sviluppato una terribile fobia delle persone che entravano a casa
sua, e di lasciarla lui stesso, quindi la cosa si era conclusa
abbastanza in fretta.
Aveva passato un periodo di
profonda depressione per circa un anno, ed era stato davvero difficile
per lui uscirne; si richiudeva in passatempi oscuri e faceva delle
ricerche su argomenti strani per distrarsi dalla negatività
della propria vita. La distrazione era diventata la sua ultima
spiaggia, per evitare di pensare troppo a tutto. Minseok era diventato
una distrazione. Un amico certo, ma anche una distrazione. Minseok era
sempre stato suo amico, ma per la maggior parte del tempo, Kyungsoo gli
aveva tenuto nascoste tutte le sue difficoltà, per paura di
perdere l'unico amico che avesse mai avuto. Minseok lo aveva aiutato
molto, anche senza accorgersene. Era sempre stato infinitamente di
sostegno, infinitamente di supporto, e infinitamente orgoglioso di lui.
Come se Kyungsoo meritasse il suo orgoglio.
Kyungsoo aveva lavorato
duramente per meritarlo, anche solo un poco.
Ora, e in questi ultimi anni,
Kyungsoo stava molto meglio. Lo sapeva. Aveva ancora dei giorni
difficili, e dei giorni tristi, ma aveva imparato a gestirli. Aveva
alterato il proprio modo di pensare, ed era diventato molto
più ottimista, in qualche modo. Per altre cose, Minseok gli
aveva detto che doveva ancora lavorarci su. Kyungsoo sapeva di aver
sviluppato irrazionali fobie e un disturbo ossessivo compulsivo, e
sapeva che erano quelle le aree in cui aveva ancora bisogno di
lavorare, ma erano chiamate irrazionali
per un motivo. Anche se
Kyungsoo sapeva di essere troppo paranoico, e che molte delle cose di
cui aveva paura non erano nemmeno reali, a volte gli sembravano
terribilmente, insopportabilmente
reali.
Era migliorato, ma ammalarsi di
nuovo aveva cambiato molte cose.
Ammalarsi significava molte
cose per Kyungsoo, che era stato nella stessa situazione innumerevoli
volte prima. Ammalarsi significava stare davanti alla porta della
morte, con le dita che a volte sfioravano il suo campanello. Ammalarsi
significava avere paura della morte, averne così tanta paura
da non riuscire ad aprire gli occhi perché forse, se li
avesse tenuti chiusi, questo significava che non era mai stato vivo
dopotutto. Ma allo stesso tempo in cui temeva la morte, Kyungsoo
lottava contro l'istinto di accettarla, perché accettarla
come possibilità sembrava così invitante, gli
avrebbe sollevato un bel macigno dal petto; ma dopo l'accettazione
arriva il desiderio. Il desiderio di scomparire. Il desiderio di essere
libero dal dolore, libero dal terrore, libero dalla sofferenza. La
morte lo stava aspettando da molto tempo. Sin dal giorno in cui era
nato. Sarebbe stato così facile arrendersi semplicemente.
A volte, il desiderio era tanto
spaventoso quanto la paura iniziale.
E poi era migliorato. A volte,
nei suoi momenti più bui, Kyungsoo biasimava il processo di
guarigione. Era una speranza, ma a quale prezzo? Un altro paio di mesi
di paranoia e solitudine prima di ammalarsi di nuovo? E la paranoia era
sempre così forte quando stava meglio. Tutto sembrava una
minaccia. Gli sembrava come se la sua pelle bruciasse per i batteri,
come se tutto quello che toccava fosse infetto, come se niente e
nessuno fosse sicuro. Non poteva lasciare la sua stanza
perché tutto era pericoloso, persino la sua stanza era
pericolosa, raramente si muoveva dal letto, perché l'ultima
volta che l'aveva fatto si era ammalato, e guardate dove l'aveva
portato.
E poi era arrivato Minseok.
Come sempre, era arrivato Minseok, e gli aveva ricordato perché
avesse lasciato la sua stanza.
I suoi amici. Nuove esperienze. Quella luminosa e distante
possibilità di felicità, anche se effimera. Le
cose per le quali valeva la pena vivere, persino per Kyungsoo. E
Minseok era così orgoglioso. Come se Kyungsoo meritasse
quell'orgoglio.
Kyungsoo voleva meritarlo,
quindi mercoledì pomeriggio era uscito da camera sua e si
era seduto in cucina, dove Minseok lo aveva raggiunto.
“Hey Soo,” disse piano
il maggiore, sedendosi di fronte a lui e sorridendogli gentilmente.
“Come stai?”
Kyungsoo dovette fermarsi e
prendere dei profondi respiri, perché Minseok si era seduto
a pochi centimetri da lui e Kyungsoo sapeva che fino alla settimana
scorsa era malato e anche se lui
sapeva che non era
più contagioso, il suo cuore aveva cominciato a correre
perché il
suo cuore non sapeva nulla di scienza e
medicina. Minseok aspettò pazientemente, e alla fine
Kyungsoo disse, “Sto bene.”
Minseok aveva chiamato la
cucina di Kyungsoo una 'zona neutrale'. Non doveva lasciare casa sua,
ma nessuno doveva entrare nella sua stanza. Era meglio di qualsiasi
altra opzione, se non altro. Gli piaceva di più rispetto al
salotto. I divani lo rendevano nervoso; i materiali morbidi erano molto
più difficili da pulire e disinfettare rispetto a quelli
duri. “Te la senti ancora?” Gli chiese con cautela
Minseok.
Kyungsoo annuì
lentamente. Erano passate tre settimane da quando era stato ricoverato
in ospedale. Era decisamente arrivato il momento di farlo (Minseok
sarebbe stato orgoglioso di lui). “Sì. Puoi...
puoi dirgli di entrare.”
“Ne sei assolutamente
certo? Potrebbe agitarsi. Potrebbe agitare te.”
Kyungsoo annuì
ancora. Onestamente, non sapeva come avrebbe reagito. Non aveva mai
conosciuto le persone che lo avevano contagiato prima. Non sapeva come
si sarebbe sentito. “Voglio parlargli.”
“Okay,” rispose piano
Minseok, poi si alzò in piedi e andò alla porta,
aprendola per far entrare Luhan. La prima reazione automatica di
Kyungsoo fu quella di balzare in piedi e andarsene, ma si costrinse a
rimanere seduto mentre i due ragazzi tornavano al tavolo e si sedevano
di fronte a lui. Luhan lo guardò con gli occhi spalancati e
lucidi, e Kyungsoo deglutì e usò tutto
l'autocontrollo che possedeva per incontrare il suo sguardo invece che
guardare dove le mani del ragazzo stavano lasciando sudore, batteri e
germi sul suo tavolo.
“Ciao Kyungsoo,”
sussurrò Luhan.
“Ciao hyung,”
sussurrò lui in risposta, mordendosi il labbro.
“Io—tu—sembri...
stare bene.” la voce di Luhan tremava pericolosamente, e
Kyungsoo dovette sorridere per la scelta delle sue parole.
“Sto bene,” rispose.
“Più o meno.”
“Questo—mi fa davvero
piacere,” disse sinceramente Luhan. Kyungsoo non
dubitò nemmeno un secondo di quelle parole. “Sono
davvero contento, Kyungsoo, non ne hai idea.”
“Lo so, hyung,” disse
Kyungsoo. E lo sapeva davvero.
“Mi dispiace non
averti potuto mai mandare un messaggio personalmente,” si
scusò il ragazzo. “Non ho un cellulare, quindi
dovevo sempre chiedere a Minseok di dirti le cose, e mi dispiace,
volevo parlare con te ma non potevo e avevo così paura
e—”
“Lo so, hyung,” disse
ancora Kyungsoo, sorridendo leggermente. Luhan chiuse la bocca, gli
occhi grandi spalancati. “È tutto okay. Non ti do
la colpa.”
“Tu—no?”
Kyungsoo scosse la testa
lentamente. “Per nulla. Penso di averlo fatto un po', subito
dopo essermi ammalato. Ma non più. Pensavo che l'avrei
fatto, quando ti avessi visto. Ma non è
così.”
“Nemmeno un po'?”
chiese Luhan, con la gola secca. “Ma io – era colpa
mia, dovresti incolparmi.”
“No, non dovrei,”
disse Kyungsoo. “So molte cose sulle malattie, hyung. So che
le persone diventano contagiose prima che sentano loro stesse i
sintomi. Ecco perché sono sempre così paranoico.
Ma non era colpa tua. Non ti biasimo.”
Luhan lo fissò a
lungo, e poi il suo labbro cominciò a tremare e le lacrime
cominciarono a scendergli lungo le guance. “Mi dispiace
così tanto, Kyungsoo,” singhiozzò.
“Non piangere, hyung,” disse
Kyungsoo, con gli occhi che gli bruciavano, sorridendo per evitare di
crollare del tutto. “Comincerò a piangere se non
la smetti. Ti prego non piangere, non è stata colpa tua. Mi
ammalo e basta a volte, è così che va.”
Luhan tirò su col
naso e si asciugò velocemente le guance, cercando di darsi
un contegno. “Scusa,” mormorò.
E Kyungsoo rise, per la prima
volta in tre settimane. “Non scusarti
più,” disse. “Da ora in poi, basta
più scuse e... si va avanti.”
Luhan sbatté le
palpebre, asciugandosi l'ultima lacrima.
“Sì?” chiese titubante.
Kyungsoo esitò, poi
annuì deciso. “Sì. Ci
proveremo.”
Guardò Minseok, e il
ragazzo stava sorridendo e annuendo leggermente.
Kyungsoo avrebbe reso Minseok
orgoglioso, e se stesso felice, non importava quanto ci sarebbe voluto.
Le settimane passate erano
state strane per Minseok. Essere malato gli aveva fatto perdere la
cognizione del tempo, intrappolato nel suo piccolo mondo fatto di
tosse, febbre e Luhan. E poi, dopo la malattia, c'erano state due
settimane di niente se non scuola e Kyungsoo. Era rimasto terribilmente
indietro con la scuola, e dovette rimanere quasi ogni giorno dopo le
lezioni per fare test di recupero e ricevere aiuto dagli insegnanti o
dai compagni, e Luhan non poteva aiutarlo perché lavorava
letteralmente ogni ora che non passava a scuola, per recuperare tutti i
giorni che aveva perso quando era stato male. Non diceva mai nulla, ma
Minseok sapeva che a malapena dormiva, arrivava a scuola con delle
profonde occhiaie, lavorava talmente tanto che probabilmente si sarebbe
ammalato ancora. E tra tutti i test e i compiti, Minseok si preoccupava
anche per Kyungsoo, pensando a come poter migliorare la situazione,
lavorando insieme al vicino, facendo i passi necessari verso il
progresso.
Era stato così
impegnato con la sua vita e a tenere sotto controllo lo stress che non
si era nemmeno accorto che periodo dell'anno fosse. Senza che se ne
rendesse conto, Gennaio era diventato Febbraio e, entrando in cucina
dopo l'incontro con Kyungsoo, seguito da Luhan, vide il piccolo
calendario sul bancone: 12 Febbraio.
“È quasi
San Valentino,” disse sorpreso,
alzandosi in punta di piedi per prendere un bicchiere dallo scaffale
alto.
“Lo so,” disse Luhan, da
qualche parte dietro di lui. “Il mio capo – quello
di giorno, non quello di notte – mi ha dato
venerdì libero. Ha detto che dovrei uscire invece che
lavorare tutto il tempo.” rise esausto; Minseok sapeva che
tutta questa cosa di Kyungsoo lo aveva stancato tanto quanto le lunghe
ore di lavoro. Doveva comunque andare fra un paio d'ore, dopo cena.
Minseok si concentrò
nel prendere un altro bicchiere. “Un appuntamento?”
chiese, mantenendo un tono di voce leggero.
“Già,” rispose Luhan.
“Credo pensi che abbia una ragazza.” Rise ancora,
come se solo il pensiero fosse ridicolo (o come se fosse davvero
esausto e trovasse tutto divertente).
“E cosa le hai detto?” chiese Minseok,
portando i bicchieri al frigo per riempirli d'acqua. Non
guardò Luhan.
“Le ho detto che lo
avrei fatto, perché volevo un giorno libero,” rise lui.
“Ho così sonno.”
“Allora dormi,” gli disse,
concentrandosi nel liquido che si riversava nel bicchiere invece che
sull'immagine di Luhan che usciva con una delle tante ragazze che a
scuola continuavano a sorridergli. “Manca ancora poco
più di un'ora a cena. Puoi fare un sonnellino se
vuoi.”
“Mmmh,”
acconsentì, e poi all'improvviso delle braccia circondarono
i fianchi di Minseok, delle mani si chiusero sulla sua pancia, un petto
premette contro la sua schiena, e una testa si posò sulle
sue spalle. Si irrigidì subito, facendo quasi cadere il
bicchiere a terra.
“Co-cosa stai facendo?” gli chiese,
arrossendo e balbettando per poi schiarirsi la gola.
“Un sonnellino,” mormorò
Luhan, con la voce che vibrava lungo il suo corpo, facendolo arrossire
ancora di più.
“Su di me?” chiese, con
voce quasi roca.
“Esatto,” rispose lui, per
poi rimanere in silenzio per un momento. “Sei così
caldo e profumato.” Minseok tossicchiò nervoso.
“E in più ricevo un abbraccio così. Mi
piacciono gli abbracci.”
“Ho notato,” mormorò
lui, anche se era impossibile dire qualcosa senza che Luhan lo
sentisse, data la vicinanza. A Luhan piacevano davvero gli abbracci,
però. Ultimamente abbracciava tutti, soprattutto quando
aveva sonno come oggi; Sehun, quando lo vedeva in corridoio dopo le
lezioni, o Jongdae a pranzo, persino la madre
di Minseok, quando andava a
casa sua. Di tanto in tanto ne era vittima anche lui, quando non
prestava abbastanza attenzione da evitarlo. Gli abbracci non erano una
cosa buona. Gli abbracci gli facevano provare cose. (Luhan abbracciava
tutti. Non significavano niente).
Luhan sospirò,
soffiando aria calda contro la schiena di Minseok. “Volevo
abbracciare Kyungsoo,” disse piano. “Ma non potevo.
È stata dura.”
Minseok annuì.
Conosceva quella sensazione. “Ecco, vuoi un po'
d'acqua?” chiese, per distrarsi dal regolare battito
dell'amico contro la sua schiena, e dal suo profumo.
Luhan scosse la testa.
“Berrò dopo essermi svegliato,”
mormorò.
“Okay,” disse, bevendo
anche l'acqua dell'amico, perché si sentiva ancora piuttosto
accaldato (e forse avrebbe potuto usare la scusa del bagno se avesse
bevuto abbastanza).
Le dita di Luhan gli
solleticarono la pancia da sopra il maglione, e Minseok le
schiaffeggiò via imbarazzato, “Ti va di vedere un
film con me venerdì?”
Minseok sbatté le
palpebre sorpreso. “Un film? Dove?”
“Al cinema,”
sbadigliò lui. “Sono sempre voluto andare in un
cinema.”
“Non ci sei mai stato?” chiese incredulo
Minseok, quasi dimenticandosi che i fianchi di Luhan erano a pochi
centimetri dal suo fondoschiena.
“No, non ne avevamo uno nel mio
piccolo paese in Cina, e costava troppo andare in quello della
città,” mormorò l'amico.
“Volevo andare, per fare delle foto per il mio
progetto.”
Ci volle un po' prima che il
suo cervello connettesse. “Vuoi che venga con
te a San Valentino?”
“Mmph,” disse
vagamente Luhan. “È il mio giorno
libero. E sei il mio compagno per il progetto. E il mio migliore amico.”
Minseok non sapeva come
sentirsi per quei titoli, e per quelle ragioni. Lusingato? Sollevato?
Deluso? Provò tutte e tre le emozioni. “Non lo
so…” disse lentamente, perché non era
sicuro fosse una buona idea.
“Ti preeego?”
piagnucolò piano Luhan, scuotendo leggermente il corpo del
maggiore. “Non voglio andarci da solo. Voglio che vieni con
me.”
Il cervello di Minseok stava
per abbandonarlo completamente, quindi disse semplicemente,
“D'accordo.” Non era nello stato migliore per
pensare bene alla cosa e per soppesare i pro e i contro delle possibili
conseguenze. Ed era piuttosto sicuro che Luhan sarebbe comunque stato
capace di convincerlo, in un modo o nell'altro. Quindi tanto valeva
accettare subito.
Luhan emise un suono
compiaciuto e lo strinse più forte, e Minseok
arrossì, grato che l'amico non potesse vederlo.
Fu ancora più grato
per il fatto che quando la madre entrò in cucina un minuto
dopo, era riuscito a darsi un contegno. Eppure, quando vide il figlio
in piedi con un ragazzo che lo abbracciava da dietro, tutto comodo e
mezzo addormentato, sembrava piuttosto sospettosa. Minseok
cercò di comunicare la propria impotenza con lo sguardo. “Sta facendo un
sonnellino, a quanto pare,” disse.
“Lo vedo,” disse la donna,
guardandoli attentamente. Lo faceva spesso ultimamente –
Minseok era abbastanza sicuro che avesse qualcosa a che fare con tutte
le volte che li aveva beccati accoccolati insieme (o meglio, Luhan si
accoccolava su Minseok) mentre l'amico stava da loro.
Luhan annuì e disse,
“Salve mamma di Minseok. Sto rubando suo figlio.”
“Capisco…,” disse
lei, sollevando un sopracciglio. Minseok fece un'espressione sconfitta.
“Luhan, perché non vai a riposarti sul
divano?”
“Okay,” rispose il
ragazzo, ma non si mosse. “Posso portare Minseok con
me?”
La donna guardò il
figlio, che la implorò di dire no. “Um, ho bisogno che
Minseok mi aiuti con una cosa. Vai a sdraiarti per un po'.”
“Ah. Okay.” Alla fine
le braccia di Luhan caddero da attorni ai suoi fianchi, e si diresse
assonnato, con gli occhi mezzo chiusi, in salotto. Minseok fece un
sospiro di sollievo.
Vide la madre lanciargli uno
sguardo, e scosse la testa. Non ne voleva parlare. Aveva già
abbastanza problemi così; riconoscerne un altro gli avrebbe
solo causato più dolore.
Junmyeon era davvero il
più grande enigma di Jongdae. Non capiva davvero come
funzionasse quel ragazzo. Sembrava avere solamente un'emozione:
piacevole e amabile. Lo aveva visto sempre e solo in questo modo.
Jongdae di solito era un ragazzo spensierato, ma a volte si arrabbiava
e altre volte era di malumore, triste, turbato o frustrato. Junmyeon
no. Era come se fosse permanentemente programmato per essere sempre
piacevole e amabile, e tutto il resto fosse una variazione di quei
tratti.
Silenziosamente piacevole e
amabile. Cupamente piacevole e amabile. Entusiasticamente piacevole e
amabile. Distantemente piacevole e amabile.
Jongdae non lo capiva. Era
così difficile capire come il maggiore si sentisse davvero,
perché sorrideva sempre e la sua voce era sempre leggera,
gentile e allegra. Gli ricordava la sua insegnante delle materne o
l'infermiera o qualcosa del genere. Le uniche volte che non aveva
sorriso era quando parlavano di Kyungsoo (aveva chiesto a Jongdae
dell'amico spesso, mentre Kyungsoo era in ospedale) o di altri
argomenti ugualmente tristi o seri. Ma non appena l'argomento cambiava,
tornava il suo solito lato allegro.
Era quasi impossibile dire come
si sentisse Junmyeon, ma allora perché a Jongdae sembrava
che di recente si fosse allontanato e fosse diventato freddo con lui?
Continuava a sorridere, a chiacchierare e fare battute, come sempre, ma
c'era qualcosa di diverso
e Jongdae non riusciva capire
cosa, ma sin dal giorno in cui Junmyeon gli aveva chiesto della teoria
di Minseok, aveva sentito il cambiamento. Se lo sentiva nelle ossa.
Qualcosa era diverso, e non in senso buono.
Per un po', Jongdae aveva
considerato la spaventosa ipotesi che Junmyeon pensasse ancora
che fosse gay e che questo lo
mettesse a disagio. Ma Junmyeon non gli sembrava il tipo che si
preoccupa per qualcosa del genere. A meno che non pensasse che Jongdae
fosse innamorato di lui,
probabilmente per qualcosa che
gli aveva detto Minseok (quell'idiota). Ma non sembrava nemmeno a
disagio, a dire il vero. Solo un po'...
scoraggiato. O deluso da lui.
Oh merda, e se avesse detto
qualcosa con la quale Junmyeon non era stato d'accordo, ma era troppo
educato per affrontarlo? Jongdae non si ricordava
nemmeno cosa gli avesse detto durante
quella conversazione, ma si era sentito piuttosto agitato quindi era
possibile che avesse detto qualcosa di molto stupido e possibilmente
offensivo. E se ora Junmyeon stesse evitando Jongdae perché
pensava che fosse un completo idiota e non voleva essere associato a
lui?
Non andava affatto bene.
Jongdae aveva il più alto rispetto per l'opinione di
Junmyeon; per lui aveva molta importanza cosa pensasse il maggiore. Per
ragioni di... ammirazione e cose così, ovviamente.
Perché Kim Junmyeon era una persona fantastica e Jongdae
voleva che pensasse che anche lui fosse fantastico!
Ed era per questo che, durante
il loro incontro dopo le lezioni di giovedì, Jongdae
sollevò lo sguardo dal poster pubblicitario che stava
facendo e mormorò, “Che fai
domani?” (Era importante che Jongdae distruggesse ogni
traccia di ostilità con il maggiore.)
Junmyeon lo guardò
sorpreso. “Domani?
È San Valentino.”
Oh. Questo cambiava le cose.
“Oh, giusto. Heh, quasi me ne dimenticavo. Ma ancora meglio!
Perché tutti quelli che conosco fanno qualcosa domani, ne
sono sicuro. Tipo, Minseok-hyung a quanto pare va da qualche parte con
Luhan-hyung, come
amici dice lui, ma vabbè.
E Chanyeol e Baekhyun hanno le prove della commedia. Quindi
sì! Tu sei libero?”
“Um—”
Cominciò il ragazzo.
“Solo per sapere!” disse velocemente
Jongdae, sentendo il bisogno di spiegarsi prima che Junmyeon lo
fraintendesse. “Voglio dire. Non ho niente da fare. E io sono
un ragazzo, tu sei un ragazzo, dico, se entrambi non abbiamo niente da
fare potremmo semplicemente sfuggire a tutte quelle disgustose
coppiette che fanno cose disgustose e magari passare un po' di tempo
insieme, se ti va. Per divertirci, sai, se non sei impegnato.”
Junmyeon sbatté le
palpebre per un momento, chiaramente colto di sorpresa ma anche
qualcos'altro, qualcosa che, per una volta, non era piacevole e
amabile. Fissò Jongdae per un po'. Poi disse, “Scusa,
Jongdae-yah, sono impegnato domani.”
“Ah... ah
sì?” Jongdae non
l'aveva considerata una vera
possibilità.
“Già,” disse Junmyeon.
“È San Valentino. Esco con la mia
ragazza.”
La mente di Jongdae si
annebbiò per pochi secondi o minuti o ore. Non ne era
sicuro. Fissò il ragazzo fino a che il maggiore
probabilmente non si sentì a disagio, e poi alla fine disse, “Cosa?”
“Sì” rispose lui
lentamente. “Questo... questo è quello che si fa
il giorno di San Valentino. Si esce con la propria ragazza.”
“Tu... non sapevo
avessi una ragazza,” disse debolmente
Jongdae. Si sentiva frastornato e sconquassato.
Junmyeon sorrise leggermente,
un po' imbarazzato. “È una
cosa recente,” disse. “E va in un'altra scuola. Si
è dichiarata e io... beh, mi sono buttato, no?
È... è molto gentile, e carina, e sembra che le
piaccia. Sai, in quel modo. Non come certe persone.”
Jongdae ormai a malapena lo
stava ascoltando. C'era una sensazione spiacevole che lo riempiva, e il
suo cervello aveva finalmente ripreso a funzionare. Una ragazza. Certo.
Ovvio che Junmyeon aveva una ragazza. Era un ragazzo attraente,
stra-gentile, fantastico e etero. Aveva senso che avesse una
ragazza. Jongdae era... felice per lui. E glielo avrebbe
detto. Arrivò a dire 'Sono' ma poi il resto gli rimase
bloccato in gola e tossì e disse semplicemente, “Ah.”
Junmyeon annuì
lentamente. “Scusa,” disse.
Jongdae sapeva che si stava
scusando per non averglielo detto prima, o forse per non poter uscire
con lui, ma sentiva che si stava scusando anche per qualcos'altro.
Jongdae non voleva accettarlo. Ma alla fine, disse, “Oh, no,
non c'è problema, sto bene. Assolutamente bene.” E
proprio in quel momento, tirò fuori il cellulare,
“Oh, è mia mamma, devo andare. Scusa hyung, devo
tornare a casa. È un'emergenza. Ciao.” E
lasciò la biblioteca senza guardarsi indietro
perché solo pensarci gli faceva male, e non doveva davvero
andare a casa, e sua madre gli avrebbe chiesto perché fosse
tornato così presto, quindi cambiò direzione e
andò dritto a casa di Minseok.
Il suo migliore amico era
agonizzante su qualche equazione matematica o qualcosa del genere
quando entrò. Sollevò lo sguardo e lo
guardò. “Che ci fai
qui?”
“Volevo solo stare
qui per un po',” rispose Jongdae,
con voce debole. Si sdraiò sul divano dell'amico e
fissò il soffitto.
“Non dovresti essere
con Junmyeon, a pianificare l'evento o qualcosa del genere?”
Jongdae emise un piccolo suono
al nome del ragazzo. “Me ne sono dovuto andare,”
disse onestamente.
“E sei venuto qui?” gli chiese
incredulo Minseok. “Perché?”
Jongdae si voltò
verso lo schienale del divano. Lo fissò per un po'.
“Junmyeon ha una ragazza. Lo sapevi? Me l'ha appena
detto.”
Ci fu un lungo silenzio. Poi,
alla fine, Minseok chiese, “Stai
bene?”
Jongdae rise, anche se era
doloroso. “Sì, certo. Non è che... non
che mi piacesse, o niente del genere. Chi se ne
frega. Ero solo sorpreso.”
Sentì Minseok
avvicinarsi. “Hai bisogno che ti
consoli?” chiese.
Il più piccolo si
strinse nelle spalle e grugnì. “Chiudi il
becco,” disse. “Il tuo scherzo non è
più divertente.”
L'amico rimase in silenzio per
un po', prima di dire, “Sono serio,
Jongdae.”
Jongdae strinse gli occhi e non
si girò. “Beh, chiaramente
non ce n'è bisogno,” disse, ma lasciò
comunque che Minseok gli accarezzasse la schiena, che gli passasse le
dita tra i capelli e che gli portasse qualcosa da mangiare. Minseok non
fece altre domande, né insinuazioni, e Jongdae era grato per
il fatto che, almeno, il migliore amico sapeva quando doveva smetterla
di parlare.
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Capitolo 24 *** Capitolo 22 ***
Sehun
era abbastanza sicuro che San Valentino fosse la festa più
stupida
di sempre. Innanzitutto, era un completo spreco di soldi, che
costringeva le persone a comprare cioccolato sovrapprezzato e altri
regali penosi da dare alla propria metà per evitare drammi o
cose
così. In secondo luogo, a Sehun davvero non piaceva guardare
le
coppiette smielate e affettuose, e di solito queste cose venivano
tenute sotto controllo a scuola, ma il giorno di San Valentino erano
ovunque ed era impossibile evitarle anche se ci provavi. E terzo,
tutto era coperto di frivoli cuoricini rosa e piccoli Cupidi e cose
così, ed era stupido. C'erano infinite ragioni per cui Sehun
odiava
San Valentino.
Le
elencò tutte in un foglio bianco del quaderno invece che
prendere
appunti durante la lezione, perché quelle
erano
le ragioni per cui
era così eccezionalmente infastidito oggi. Quelle
ragioni, e nient'altro.
Continuava
a ripeterselo, perché ogni cinque minuti si ritrovava sul
punto di
aggiungere Perché
le
persone continuano a regalare cioccolato a Jongin alla
sua lista. E quello non poteva finire sulla sua lista.
Perché non
era una vera ragione. Perché non aveva affatto senso.
La
prima volta che vide Jongin con del cioccolato in mano, fu quando
entrò in classe quella mattina. Non vide chi glielo avesse
regalato,
ma non aveva importanza perché a Sehun non interessava,
comunque.
Jongin non disse niente, si avvicinò semplicemente al suo
banco come
sempre per dargli il buongiorno e per chiedere se avesse dormito bene
e se avesse fatto colazione. E quando l'insegnante arrivò,
Jongin
tornò al proprio banco in fondo alla classe, portando con
sé il
cioccolato.
A un
certo punto, durante la prima ora, l'insegnante disse,
“Per favore, potete evitare di consegnare cioccolato nel
mezzo
della mia lezione?” e tutti, incluso Sehun, si voltarono per
vedere
una timida ragazza ritrarre la mano dal banco di Jongin, una piccola
scatolina di dolcetti stretta fra le dita. Sehun si rivoltò
velocemente.
Jongin
ne ricevette altri durante la prima pausa, gli venne chiesto se
poteva parlare in privato con due diverse ragazze durante l'ora di
pranzo, e tornò in classe trovando altre
piccole
scatoline sul
banco. Non diceva mai nulla al riguardo, le infilava semplicemente
sotto il banco o in borsa senza dire una parola, e sorrideva allegro
ma senza mai incoraggiare davvero le ragazze che gliele davano. Non
disse mai cosa le ragazze gli dicevano quando gli chiedevano di
parlare con lui in corridoio, ma Sehun se lo immaginò quando
una
ragazza si avvicinò al suo banco durante una pausa, dove
Jongin era
seduto insieme a lui a mangiare delle patatine, e disse,
“Kim Jongin, mi piaci da tanto tempo,” per poi
arrossire, ma
rimanendo lì, con tutti gli occhi dei compagni che passavano
da lei
a Jongin.
Sehun
guardò brevemente la ragazza, senza provare assolutamente
niente
quando la
riconobbe come una delle ragazze più carine della classe,
carina e
amichevole e completamente diversa da Sehun
(non che si stesse paragonando a lei). Poi guardò Jongin,
che stava
guardando la ragazza leggermente sorpreso. E sentì qualcosa
che era
probabilmente piacere sadico e non
soddisfazione
(e
soprattutto non
sollievo)
quando Jongin disse fermamente, ma gentilmente, che era lusingato ma
non interessato.
Quelle
parole suonavano provate, come se le avesse dette spesso di recente.
Sehun non ne dubitava.
Sehun
odiava San Valentino per diversi motivi, ma di certo non
era perché
Jongin passò
più tempo a ricevere cioccolatini e dichiarazioni d'amore
che a
parlare con lui.
Jongin,
nel tempo che passò con Sehun a scuola, fece innumerevoli
tentativi
di farlo sorridere, ma a questo punto Sehun era così
irritato e di
malumore che non volle dargli quel piacere.
Dopo
l'ultima campanella della giornata, Luhan in qualche modo
riuscì a
trovare Sehun prima che potesse arrivare agli armadietti, e
cominciò
a chiacchierare allegro. In questi giorni, Luhan non portava
più
Sehun a bere bubble tea o niente, diceva sempre che doveva lavorare
dopo la scuola, ma trovava sempre il tempo per parlare con lui quando
erano a
scuola.
“Esco
con Minseok, più tardi,”
disse, mentre camminavano nei corridoi pieni di studenti.
Sehun
si bloccò e guardò il ragazzo da sopra la spalla,
un sopracciglio
alzato. “Esci con
lui?”
“Sì,
andiamo al cinema per il mio progetto e per divertirci,”
rispose Luhan, sembrando eccitato.
Sehun
continuò a guardarlo scettico, facendosi strada tra un
gruppetto di
ragazze. “Il... giorno di San Valentino?”
“Sì,”
disse lui, ovviamente confuso dall'incredulità di Sehun.
“È il
mio unico giorno libero questa settimana.”
“Ma...
è San Valentino. E
hai detto uscire.
Sai
cosa significa uscire con
qualcuno?”
gli chiese
Sehun, senza sapere perché si stesse disturbando, ma
improvvisamente
preoccupato che Luhan si stesse mettendo in qualcosa di cui poi si
sarebbe pentito.
Luhan
lo guardò in modo strano, gli occhi leggermente sgranati.
“Vuol
dire che andiamo da qualche parte... insieme... giusto?”
Sehun
alzò gli occhi al cielo, raggiungendo il proprio armadietto.
“Voglio
dire, immagino di sì, ma... è San
Valentino. Uscire
insieme, generalmente, implica un appuntamento. Io pensavo dovessi
andare ad un appuntamento con lui.”
Luhan
arrossì all'improvviso mentre Sehun inseriva la combinazione
nel
lucchetto. “Questo – questo non è quello
che intendevo. Andiamo
solo come amici.”
Sehun
grugnì leggermente, aprendo l'armadietto. “Lo sai
che Minseok è
gay, vero? Tutta la scuola lo sa. Persino io
lo
so. Esci con il tuo
amico gay a San
Valentino. Non
potresti
essere più fuorviante.”
Luhan
rimase a lungo in silenzio, e quando Sehun lo guardò,
sembrava
scosso, aveva la bocca leggermente aperta, come se volesse dire
qualcosa ma non sapendo cosa.
“Ma Minseok…lo sa che non
intendo…”
Sehun
stava per scrollare le spalle in risposta, ma poi sullo scaffale
centrale vide una piccola scatolina rosa con un post-it verde, con le
parole Per
Sehun scritte
sopra con una calligrafia che riconobbe subito grazie a tutti i
progetti
fatti in coppia. Si fermò e lo guardò, senza dire
niente, e si
sentì inspiegabilmente... caldo.
“Oh,
da parte di chi è?” chiese Luhan, sembrando tanto
sorpreso quanto
Sehun.
Sehun non
disse niente.
“Aspetta,
stai... stai arrossendo?”
“No!”
esclamò immediatamente lui, un po' più forte di
quanto non avrebbe
voluto.
“Stai
arrossendo!”
Luhan
sembrava fin troppo contento. “Oh mio Dio, è da
parte di
Jongin?”
“No!”
esclamò ancora Sehun, sentendo le guance ancora
più calde di prima.
Era una sensazione strana.
“Sì
invece!
È di Jongin, oddio,
non muoverti voglio fare una foto. Il mio Sehunnie sta arrossendo
perché ha ricevuto i cioccolatini di San Valentino da
Jongin.”
Alla
fine Sehun saltò in azione, riscuotendosi e dicendo,
“Non sto arrossendo! Smettila!” e
buttandosi su Luhan, che stava
tirando fuori la fotocamera dalla borsa. Luhan ridacchiò
allegro,
riuscendo a scattare una foto del viso ancora rosso di Sehun, mentre
il ragazzo sbuffava e minacciava di rompere la macchina fotografica
se non l'avesse cancellata.
“Non
puoi, non è mia! È di—oh,
ciao Jongin.”
Sehun
si morse la lingua per non squittire mentre si girava e sbatteva la
porta dell'armadietto, abbastanza forte da far sussultare Jongin.
Sehun si ricomposo velocemente e tirò su col naso.
“Che vuoi?”
chiese graffiante.
Jongin
lo guardò leggermente confuso, poi guardò Luhan,
che stava
ridacchiando coprendosi la bocca. “Um. Volevo solo chiederti
una
cosa.”
“Cosa?”
chiese Sehun, rendendosi conto che doveva ancora prendere lo zaino e
il cappotto dall'armadietto prima di andare a casa.
Jongin
guardò l'armadietto, e un sorriso gli tirò le
labbra. Poi si
rivolse nuovamente a Sehun e disse, “Mi stavo solo chiedendo
se
dovessi fare qualcosa oggi.”
Luhan
stava ancora ridacchiando. Sehun gli avrebbe dato un pugno.
“Hai
danza oggi,” disse asciutto.
Le
sopracciglia di Jongin si sollevarono, come se sorpreso che Sehun lo
sapesse.
“Lo so. Ma dopo
sono
libero.”
Sehun
non era mai impegnato, soprattutto il venerdì, e sapeva che
Jongin
lo sapeva, quindi non aveva scuse per evitare qualsiasi cosa il
ragazzo avrebbe proposto. Probabilmente avrebbe potuto mentire, ma...
non lo fece. “E?” disse.
“E…mi
chiedevo se ti andrebbe di passare un po' di tempo assieme
più
tardi,” rispose Jongin, guardando il suo armadietto e
sorridendo
ancora. Sehun si accigliò.
“Dove?”
chiese.
“A
casa mia!” esclamò il ragazzo, facendogli un
sorriso allegro. “Ho
chiesto a mia madre se potevi venire a cena magari, e ha detto di
sì
quindi... già. Ti va di venire a casa mia?”
Sehun
lo guardò per dieci lunghi secondi. “Vuoi che
venga... a casa
tua?”
“Sì,”
disse Jongin, nervoso ma sempre sorridente. “Voglio dire, se
vuoi.
Ho pensato che, visto che ovunque sarà pieno di coppiette e
tutto,
saresti potuto venire a casa per conoscere i miei cani e cose
così.”
Sehun si
sentì nuovamente stranamente caldo. Alla fine, disse
semplicemente,
“D'accordo, sì, certo.”
“Davvero?”
Jongin si illuminò. “Fantastico! Ti lascio il mio
indirizzo, e
puoi venire verso le 18,30, okay? Perché prima ho
danza.” Prese lo
zaino e frugò per qualche secondo, tirando fuori un pezzo di
carta e
scribacchiando il proprio indirizzo e qualche direzione prima di
passarglielo. La calligrafia era decisamente
familiare.
“Devo andare, altrimenti farò tardi alle prove, ma
ci vediamo
dopo, okay? Ciao Sehun! Ciao Luhan-hyung!” Sorrise, poi si
voltò e
si allontanò lungo il corridoio.
Sehun
lo guardò per qualche secondo, poi scosse la testa e si
girò verso
l'armadietto. “Strambo,” mormorò,
aprendo la porta e infilando
la scatolina nello zaino.
“Vuoi
due siete adorabili,”
ridacchiò Luhan. Sehun odiava San Valentino.
Un
piano sopra di lui Jongdae stava provando un simile sentimento.
Stupido San Valentino, con tutte le sue ragazzine ridacchianti e i
ragazzini timidi e le stupide coppiette e copiose quantità
di
cioccolatini che non erano per lui. Anche l'anno precedente, quando
Jongdae aveva avuto una breve storia con una ragazza
(della quale nessuno parlava mai perché non era finita
affatto
bene), aveva odiato San Valentino perché aveva dovuto
spendere dei
soldi, e non veniva nemmeno dal cuore, perché era stato obbligato
a
farlo, cosa davvero
stupida. E quest'anno lo odiava anche di più
perché era ancora di
malumore dal giorno prima e tutti sembravano così felici e
innamorati che gli veniva voglia di vomitare, e perché
Minseok
sarebbe andato da qualche parte con Luhan,
e
Baekhyun e Chanyeol
avrebbero fatto le loro cose, e Jongdae era da solo come un perdente,
ed era davvero di cattivo umore.
Quindi
ovviamente, la cosa possibilmente peggiore doveva accadere, ovvero
scontrarsi con Junmyeon a fine giornata mentre si dirigeva
all'armedietto.
Jongdae
avrebbe girato sui tacchi e sarebbe scappato immediatamente, ma
Junmyeon lo notò prima che potesse scomparire e lo
chiamò, “Oh,
Jongdae-yah!”
Jongdae
sussultò e si schiaffò in viso un sorriso
dall'aspetto genuino,
voltandosi verso il maggiore e dicendo, “Ah, hyung!
Ciao.”
Junmyeon
gli si avvicinò velocemente, e Jongdae notò
immediatamente le
scatole di cioccolatini che aveva in mano. Seriamente, ce n'erano
almeno sei, tutte diverse per colore e decorazioni. Chi aveva bisogno
di così tanto cioccolato?
“Mi fa piacere averti incontrato,” disse il
ragazzo, sembrando
così allegro da far soffrire Jongdae. Si sentiva ancora
piuttosto
sensibile per delle ragioni di cui non avrebbe parlato (né
con
Minseok, né con nessuno).
“Già,”
rispose lui debolmente, guardandosi attorno. “Um, a dire il
vero
dovrei, uh, andare—”
“Aspetta,
solo – prendi queste, okay?”
Jongdae
lo guardò sorpreso mentre il maggiore gli porgeva tutte le
scatole
di cioccolata. “Huh?”
Junmyeon
sorrise imbarazzato, e Jongdae non riuscì ad incontrare il
suo
sguardo.
“Ho ricevuto
diversi cioccolatini da persone che non sapevano che ho un ragazza. O
almeno immagino non lo sapessero. Ma mi sentirei in colpa
a renderli,
e sarebbe uno spreco gettarli via, ma non penso che alla mia
fidanzata piacerebbe che li tenessi, quindi... li prenderesti
tu?”
Jongdae
deglutì a fatica, gli occhi sulle scatole. Sarebbero stati
gli unici
cioccolatini che avrebbe ricevuto quell'anno. L'ironia.
“Uh…certo,
hyung. Se tu non puoi tenerli.”
“Grazie,
Jongdae-yah.” Il nomignolo non suonava più
così affettuoso, pensò
Jongdae mentre prendeva le scatole dalle sue braccia. Rimasero in
silenzio per qualche momento, e finalmente Jongdae sollevò
lo
sguardo su Junmyeon, che lo stava osservando silenziosamente,
sembrando piacevole e amabile e... qualcos'altro. Jongdae non si
sarebbe disturbato a pensarci troppo. Alla fine, però, il
maggiore
disse, “Immagina semplicemente che siano da parte di qualcuno
a cui
piaci tanto, okay?”
Jongdae
sbatté le palpebre, incontrò il suo sguardo per
un secondo, e poi
guardò altrove. “Sì... d'accordo.
Grazie, hyung. Divertiti al
tuo... appuntamento.” Detto questo lo salutò e
scappò via, non
volendo sentire la risposta di Junmyeon. Raggiunse il proprio
armadietto
e tenne in equilibrio le scatole in una mano mentre con l'altra
apriva il lucchetto, buttandole poi distrattamente dentro allo zaino
e tirando fuori il cellulare. Trovò velocemente il nome di
Kyungsoo
tra i contatti. Hey, saresti interessato ad un
po' di
cioccolato e un po' di compagnia?
La
sua risposta arrivò solo quando Jongdae si era messo lo
zaino in
spalla e si stava preparando a lasciare la scuola.
Kyungsoo:
Solo se non ti dispiace sederti abbastanza lontano da me e dal mio
OCD.
Jongdae
sorrise
leggermente, compassionevole. Niente affatto,
scrisse. Non se la sentiva di stare vicino a nessuno, comunque. In
più, Minseok gli aveva detto che Kyungsoo era davvero bravo
ad
ascoltare i problemi delle persone. A Jongdae serviva davvero in
questo momento.
Chanyeol,
generalmente, non riceveva cioccolato a San Valentino. Probabilmente
c'erano diverse ragioni. Era amichevole e abbastanza affascinante,
pensava, ma passava il 99% del suo tempo insieme a Baekhyun quindi
probabilmente le ragazze presumevano che non fosse interessato o
qualcosa del genere. In più non era tanto bravo a
socializzare, e le
persone potevano essere facilmente travolte dalla sua
personalità. O
almeno, questo era quello che gli aveva detto Baekhyun una volta. In
ogni caso, Chanyeol non era proprio un rubacuori.
Era,
comunque, il protagonista maschile nella commedia scolastica, e
passava un numero regolare di ore con le attrici che Baekhyun aveva
ingaggiato, le quali a volte ridacchiavano e gli sorridevano mentre
provava le battute. A Chanyeol piaceva quell'attenzione. Lo
entusiasmava quando recitava, e alcune delle ragazze erano amichevoli
e andavano a parlare con lui quando non era il suo turno, e non si
spaventavano per il suo parlare a voce troppo alta e le sue
conversazioni imbarazzanti. Quindi a Chanyeol piacevano, soprattutto
quando Baekhyun era troppo impegnato durante le prove per prestargli
attenzione, ovvero spesso.
Lo
colse comunque di sorpresa però, quando durante le prove del
14,
mentre Chanyeol stava discutendo di alcune modifiche del costume con
Baekhyun, una delle attrici gli picchiettò la spalla e gli
porse
timidamente una piccola scatolina rosa con il suo nome sopra.
“Per me?” chiese Chanyeol, sollevando le
sopracciglia.
La
ragazza annuì e ridacchiò, poi fuggì
verso un gruppetto di ragazze
che stavano da una parte. Chanyeol guardò la scatola che
aveva in
mano, poi di nuovo il gruppo di ragazze, e poi di nuovo la scatola, e
sorrise gridando,
“Grazie!”
Baekhyun
sbuffò irritato, e Chanyeol si voltò verso di
lui, ancora
sorridendo. “Chanyeol.
Potresti prestare attenzione per favore, sto parlando con te.”
“Sto
ascoltando,”
disse
l'amico, sorridendo tra sé e sé mentre apriva con
attenzione la
scatola e trovando 4 cioccolatini bianchi fatti in casa. La scosse
leggermente, sembrando felice.
Baekhyun
sbuffò ancora, colpendo il pavimento con la spada di schiuma
che
aveva in mano. “Come vuoi, lascia perdere, vado a parlare con
Minjoo delle luci.” Si voltò e si
allontanò.
Chanyeol
sollevò lo sguardo dal cioccolato e lo guardò
andare. Baekhyun era
stato di malumore per tutto il giorno, e all'inizio Chanyeol pensava
che fosse perché non aveva ricevuto niente da nessuno, ma
ora che
erano alle prove aveva capito che non era così. L'intero
corpo di
Baekhyun era teso, Chanyeol lo vedeva dal modo in cui si muoveva, e i
suoi occhi erano tanto stanchi quanto in allerta, in qualche modo.
Vedeva che si stava sforzando di rimenere concentrato su tutto. E
Chanyeol sapeva quanto Baekhyun fosse agitato e stressato. Era stato
così per la maggior parte della settimana, provando ad
occuparsi di
più cose di quante non ne potesse gestire e insistendo che
stava
bene e non aveva bisogno di aiuto. Chanyeol sapeva che Baekhyun era
arrabbiato con se stesso perché non sapeva le proprio
battute bene
come avrebbe dovuto, e che era travolto da tutte le cose che doveva
fare (con il gruppo dell'annuario oltre a tutte le mansioni della
commedia, e in più cercava di mantenere una media alta a
scuola). Ma
oggi era anche peggio, Baekhyun era sull'orlo di una crisi, e
Chanyeol non sapeva come aiutarlo senza peggiorare le cose.
(E
poi, essendo abbastanza lunatico di natura, Baekhyun risultava
accanitamente independente, odiava essere compatito. Aiutarlo con
qualsiasi cosa era un affronto al suo orgoglio.)
La
maggior parte delle prove quel giorno consistevano nel fuggire dallo
sguardo minaccioso di Baekhyun e cercare di non dargli sui nervi, con
Chanyeol che cercava di placarlo senza essere però troppo
ovvio. Le
persone lavoravano sulla scenografia mentre altri provavano le loro
scene, e Baekhyun stava controllando i pezzi musicali con il pianista
(Baekhyun avrebbe fatto anche quello lui stesso, se fosse stato
possibile), e Chanyeol lo guardò da dove stava discutendo le
direzioni del palco con l'attrice che avrebbe impersonato sua madre.
Le prove andarono avanti per diverse ore, ma quel giorno sembrarono
anche più lunghe, e quando Baekhyun sbatté gli
spartiti e fuggì
nel backstage per sbollire la rabbia o qualcosa del genere, Chanyeol
decise che era ora di mandare tutti a casa.
“Mi
dispiace, mi dispiace,”
disse prima di seguire Baekhyun. “Me ne occupo io, voi potete
andare a casa. Grazie per essere venuti, avete lavorato bene
oggi.”
Per poi scomparire a sua volta dietro le quinte.
Baekhyun
era seduto dietro una tenda, sul pavimento e con le ginocchia al
petto, sembrando molto più fragile e vulnerabile rispetto al
ragazzo
che aveva appena lasciato il palco. Chanyeol si avvicinò e
si
rannicchiò accanto a lui. “Hey,” disse
piano.
Baekhyun
tirò su col naso, evitando il suo sguardo.
“Hey,” mormorò in
risposta.
“Stai
bene?”
chiese Chanyeol,
circondandogli le spalle con un braccio. Baekhyun si poggiò
contro
di lui.
“Non
lo
so,”
disse, chiudendo gli
occhi. “Sono così stanco. Scatto con tutti e mi fa
sentire in
colpa ma non posso farne a meno.”
“Lo
so,”
lo consolò l'amico.
“Hai molto sulle spalle.”
“Mi
odiano tutti,”
mormorò
Baekhyun, sospirando. “Probabilente mi sparlano alle spalle.
Probabilmente abbandoneranno tutti la commedia perché sono
ridicolo
e una drama queen e tutto.”
“Non
ti odiano,”
gli assicurò
piano Chanyeol.
“Invece
sì. Dovrebbero. Io non sono... non sono gentile o bello o
affascinante come te. Tu piaci a tutti. Probabilmente si chiedono
anche perché passi tutto il tempo con me, quando sono sempre
terribile.”
“Non
sei terribile,”
Chanyeol
si accigliò. “Sei una persona fantastica, e se
loro non riescono a
vederlo, peggio per loro. Preferisco passare il mio tempo con te che
con qualcuno di loro, ogni giorno.”
Baekhyun
rise, stanco. “Non quando mi comporto
così,” disse, facendo un
cenno verso il palco.
“Sei
solo stressato,
Baek. Penso
che ti sia... preso troppe responsabilità
stavolta.”
Il
ragazzo rimase in silenzio per un po', e Chanyeol aveva paura che se
la sarebbe presa con lui per averlo detto, ma alla fine disse,
“Si, forse hai ragione.”
Chanyeol
era leggermente scioccato da quella risposta.
“Davvero?”
Baekhyun
sospirò. “Già. Non posso gestire tutto.
Sento di poter
morire.”
Chanyeol
gli strinse le spalle per confortarlo. “Non è un
gran problema,”
disse. “Hai fatto del tuo meglio – letteralmente
– solo che era
un po' troppo, possiamo trovare qualcun altro che prenda alcune delle
tue occupazioni, no? E ci assicureremo che facciano un lavoro tanto
buono quanto lo faresti tu. Magari possiamo trovare un altro
direttore di scena, così che tu ti possa occupare delle tue
parti
invece che di quelle di tutti gli altri. E magari potresti lasciare
che qualcun altro si occupi della scenografia, così avrai
più tempo
per concentrarti su altre cose, giusto?”
Baekhyun
sospirò. “Sì, immagino di
sì. È solo che odio... essere così
debole.”
“Non
sei debole,
Baek. Sei solo
umano.
E
hai solo 24 ore in un giorno, esattamente come il resto di
noi.”
Baekhyun
rise e scrollò le spalle.
“Hey,
sai che ti dico,” disse Chanyeol, passando le dita tra i
capelli
dell'amico e grattandogli leggermente la testa. “Ho mandato
gli
altri a casa dato che erano tutti stanchi, che ne dici se usciamo e
andiamo a mangiare da qualche parte, offro io, così ti
rilassi un
po' prima di cercare qualcuno che ti aiuti con tutto?”
Baekhyun
lasciò che la testa gli dondolasse sul collo, con la mano di
Chanyeol ancora tra i capelli. Sembrava davvero esausto.
“Offri
tu?” chiese.
L'amico
sorrise.
“Sì, offro
io.”
“Okay,”
mormorò Baekhyun. “Portami in braccio.”
Chanyeol
grugnì, ma passò un braccio sotto le ginocchia di
Baekhyun, e il
ragazzo si agitò e strillò, “Stavo
scherzando, non prendermi,
smettila!” Chanyeol rise, e Baekhyun sbuffò e si
alzò in piedi,
spolverandosi il davanti della maglietta e mormorando, “Ti ho
già
causato abbastanza problemi oggi.”
“Mai,”
disse Chanyeol, sorridendo e scompigliandogli i capelli.
“Andiamo
principessa, compriamo un po' di cibo di conforto da qualche
parte.”
Chanyeol
non si rese conto, ovviamente, che oggi non era esattamente il giorno
ideale per andare a mangiare fuori fino a che lui e Baekhyun non
entrarono nel loro ristorante preferito trovandolo pieno zeppo di
coppiette felici e decorazioni rosa e rosse. “Oh,”
disse
stupidamente. “Giusto. San Valentino.”
“Oh,
giusto,” gli fece eco Baekhyun, con le guance rosse.
Chanyeol
guardò la cameriera che accompagnava ai tavoli.
“Possiamo, um,
avere un tavolo per due?”
La
donna li guardò, sollevando un sopracciglio, poi
studiò il
ristorante.
“Abbiamo un
separé per le coppie libero.”
“Ma
noi non siamo—”
cominciò
a dire Baekhyun, ma Chanyeol lo interruppe velocemente.
“È
perfetto,” disse, trascindando l'amico dietro di
sé mentre la
cameriera li portava ai loro posti.
“Chanyeol,”
sibilò Baekhyun. “La gente penserà
che—”
“E
allora?”
rise Chanyeol.
“Questo è l'unico tavolo disponibile. E poi, non
ci sta guardando
nessuno.” Si sedettero uno di fronte all'altro, grandi cuori
di
carta penzolavano sopra le loro teste, appesi al soffito. Baekhyun
li colpì, irritato e Chanyeol rise. “Sono
il
tuo principe azzurro,
no?”
chiese, sorridendo.
“Considerala una prova per lo spettacolo.”
Baekhyun
avvampò, e Chanyeol pensò fosse adorabile.
“Non stiamo provando
però…” disse piano, guardando il tavolo
imbarazzato.
“Va
tutto bene,”
rispose
Chanyeol, facendo un occhiolino. “Puoi essere comunque il mio
appuntamento di San Valentino. Dobbiamo anche renderlo convincente,
altrimenti ci manderanno via dal separé. Forse dovremmo
tenerci per
mano.” Baekhyun tossì e sputacchiò,
Chanyeol rise. “Sto
scherzando!” esclamò. “Forse. Ma sarebbe
un buon esercizio per
quando ci dovremo innamorare nella commedia, non pensi?”
“Sì,
certo,”
disse Baekhyun,
prendendo il bicchiere d'acqua e bevendo tutto d'un fiato.
“Il
miglior appuntamento di San Valentinto che abbia mai
avuto,”
continuò Chanyeol, e poi la cameriera arrivò per
prendere le loro
ordinazioni, e Chanyeol si prese la libertà di ordinare
anche per
l'amico perché sapeva già cosa avrebbe voluto, e
sorrise quando
Baekhyun lo guardò sorpreso, e disse, “Lascia che
mi prenda cura di
te, caro.”
Baekhyun
sembrò scioccato per un momento, ma poi scoppiò a
ridere, scuotendo
la testa. “Sei terribile,” disse quando la
cameriera se ne andò.
“Cerchi di mettermi in imbarazzo.”
“Sta
funzionando?”
gli chiese
malizioso Chanyeol.
Baekhyun
non rispose, e invece gli lanciò uno sguardo in parte
affettuoso e
in parte paziente. Forse un po' imbarazzato. Chanyeol lo
considerò
un successo. (Considerava tutto un successo se significava che
Baekhyun si dimenticasse di quanto fosse stressato per un
po'.)
Chanyeol
aveva pianificato di fare molte cose perché sembrassero una
vera
coppia, sia per convincere lo staff del ristorante che erano davvero
qui per la cena di San Valentino, sia per mettere in imbarazzo
Baekhyun, ma si rese conto ben presto che... aveva
già fatto la maggior
parte delle cose a cui aveva pensato. Chiamare la cameriera quando
Baekhyun stava finendo la propria bibita, imboccare Baekhyun con il
proprio cibo, intrecciare le loro gambe sotto il tavolo (anche se
questa era più che altro perché le gambe di
Chanyeol erano troppo
lunghe per evitarlo).
Baekhyun non batté ciglio per questi gesti,
perché erano una
routine per Chanyeol, e anche per lui. Anche cose come pulire la
guancia di Baekhyun dalla salsa quando mangiava troppo distrattamente
erano così comuni che nemmeno se ne rendevano conto. Hmm.
Curioso..
Dopo che
mangiarono, Chanyeol accompagnò Baekhyun a casa, dicendo che
era suo
compito in quanto Principe Azzurro e suo Appuntamento. Baekhyun
alzò
gli occhi al cielo ma glielo lasciò fare, dicendo,
“Mi accompagni comunque sempre a casa, è di
passaggio.” Vabbè.
Era il pensiero che contava.
Si
separarono all'ingresso del palazzo di Baekhyun. Il ragazzo si
voltò
verso Chanyeol, le guance rosse per il freddo, e sorrise gentilmente.
“Grazie per oggi, Yeol. Sei sempre più gentile di
quanto non mi
meriti.”
“Non
è vero, non dirlo,” disse Chanyeol, facendo una
smorfia. “Sono
una persona giusta. Do solo quello che è meritato. Mi hai
sopportato
per tanti, tanti anni, quindi ti sto solo ripagando piano
piano.”
Baekhyun
gli sorrise e si mise le mani in tasca. “Se lo dici
tu,” disse
piano.
“Ho
sempre ragione,”
affermò
Chanyeol. “Comunque, devo tornare a casa. Ci sentiamo dopo,
Baek.
Voglio dire, amore mio.
Sei
ancora il mio
appuntamento per il resto della giornata.”
“Certo,
giusto,”
disse
Baekhyun.
Chanyeol
lo guardò per un paio di secondi, poi disse,
“Questa è la parte
dove ci diamo il bacio della buonanotte, giusto?”
Baekhyun
sbatté le palpebre. “Cosa?”
“Non
è così che va?”
sorrise lui. “Ti accompagno a casa, bacio della buonanotte,
titoli
di coda? Forse dovremmo cominciare a esercitarci per l'ultima scena
della commedia, non pensi?”
Baekhyun
non rise, non sorrise nemmeno, non fece niente. Guardò
Chanyeol in
silenzio, gli occhi sgranati ma indecifrabili, fino a che l'amico non
tossì e giunse alla conclusione che forse aveva
involontariamente
detto qualcosa di inappropriato e/o stupido. Tendeva a farlo spesso.
Di solito Bekhyun lo rimproverava, ma stavolta si limitò a
fissarlo,
quindi Chanyeol disse velocemente, “Beh, devo andare, ci
vediamo
Baek,” per poi voltarsi e andarsene, sentendosi in
qualche modo
turbato per la reazione dell'amico alla sua battuta. Aveva capito che
era una battua, vero?
Si guardò indietro
una volta mentre si allontanava sul marciapiede, e vide Baekhyun ancora
sulla porta, poggiato contro il muro e con il telefono in mano, che
mandava un messaggio a qualcuno. Le spalle abbassate lo facevano
sembrare un po' sconfitto, ma Chanyeol era troppo distante per dirlo
con sicurezza.
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Capitolo 25 *** Capitolo 23 ***
Minseok realizzò
solo quando lui e Luhan erano proprio fuori dal cinema che non era permesso portare
macchine fotografiche dentro.
“Cosa
vuol dire che non è permesso?” chiese Luhan,
sembrato scandalizzato e tenendo stretta la fotocamera di Kyungsoo.
Aveva avuto una reazione simile quando Minseok gli aveva detto che
nemmeno il cibo portato da fuori era permesso.
“Già, non puoi portare in sala una
macchina fotografica. Perché alcune persone registrano il
film e lo mettono online o cose così.” Minseok
scrollò le spalle.
Luhan
sbatté un piede a terra in modo infantile. “Ma ho
bisogno della fotocamera per fare le foto per il mio progetto! Il mio
progetto è tipo al san shi per cento la ragione per cui
sono venuto qui oggi.”
Minseok
cercò di non ridere per la sua indignazione.
“Trenta,” tradusse invece. Luhan spesso aveva
ancora problemi con il sistema numerico coreano, quindi quando non
aveva voglia di pensarci troppo li diceva in cinese. Minseok non lo
biasimava. “E lo so che era così. Ma te la
porteranno via se la trovano.”
Luhan
sbuffò, e Minseok non era sicuro se gli piacesse il
pericoloso luccichio nei suoi occhi. “D'accordo,
allora,” disse. “Immagino dovremo semplicemente
assicurarci che non la trovino.”
E fu
così che Minseok finì per aiutare Luhan a legarsi
la macchina fotografica attorno ai fianchi, e a scambiarsi i giubbotti
in mezzo al marciapiede in modo che quello più largo di
Minseok coprisse la protuberanza che si vedeva sotto la maglietta di
Luhan.
Entrarono al cinema insieme, cercando di non ridere o sembrare sospetti
mentre Luhan si poggiava alla macchina dei biglietti per evitare che la
fotocamera gli scivolasse. Cercò di fischiettare
innocentemente mentre Minseok comprava i biglietti, e il maggiore rise
e gli diede un colpetto, sussurrandogli di smetterla di farli sembrare
sospetti.
“Come
osi!”
esclamò Luhan, e trattennero le risate mentre si mettevano
in fila per entrare in sala.
“Continua
a scivolare,”
sussurrò Luhan, avvicinandosi pericolosamente
perché nessuno lo sentisse, “ma non voglio
tenerla, sarebbe troppo ovvio.”
“Non
hai fianchi,”
ridacchiò Minseok.
“Fianchi?”
“Qui.” si
picchiettò il bacino. “E il tuo sedere
è troppo piatto per tenerla su.”
“Il
mio sedere non è piatto!”
protestò Luhan, mancando completamente il punto.
“Solo che questi pantaloni non lo valorizzano.”
Minseok diede
una veloce occhiata. (Guardare il sedere non era esattamente nella sua
lista di cose che poteva fare con Luhan.) “Se lo dici
tu,” disse.
“Abbracciami
i fianchi.”
“Cosa?” tossì
Minseok.
“Per
tenerla su!”
sibilò Luhan, muovendosi come se stesse usando un hula hoop.
“Io non posso tenerla, quindi devi farlo tu.”
“Neanche per idea!”
squittì Minseok, cercando di trovare qualche scusa
ragionevole.
Ma Luhan si
fermò, sbatté le palpebre, e disse all'improvviso, “A dire il vero,
lascia perdere, non devi farlo.”
Minseok era
sorpreso (e sollevato) dall'improvviso cambio di idea. “Ah
no?”
“No,” disse il
ragazzo, con espressione stranamente impassibile. “Era una
richiesta stupida.” Sbatté le palpebre, e Minseok
lo fissò, poi Luhan sembrò riscuotersi e
ridacchiò. “Pensi che se la berrebbero se mi
tenessi la pancia come se stessi aspettando un bambino?”
Minseok
scoppiò a ridere.
Alla fine
riuscirono a superare i controllori dei biglietti senza essere beccati,
ed era un miracolo perché Luhan continuava a mordersi il
labbro per evitare di sorridere e Minseok voleva ridere ogni volta che
vedeva l'altro aggiustarsi la protuberanza sotto il suo (di Minseok)
giubbotto. Entrarono in sala, ridacchiando come dei bambini che se la
sono svignata dopo uno scherzo, ed era ragionevolmente vuota dato che
stavano guardando un film d'azione il giorno di San Valentino.
Fortunatamente, Luhan non aveva insistito a prenotare uno di quei posti
per le coppie (che Minseok pensava potesse essere una delle crudeli
cose che il ragazzo gli avrebbe involontariamente potuto fare), e si
sedettero nei posti vicino al centro, continuando a sussurrare sulla la
macchina fotografica.
Mancavano
ancora quindici minuti buoni prima che il film iniziasse, e passarono
quel tempo a chiacchierare e ridere per delle battute stupide, come non
erano riusciti a fare per settimane. E mentre Luhan si voltava verso di
lui, con un grande sorriso, Minseok ripensò a cosa gli aveva
detto Kyungsoo quando gli aveva raccontato di questa uscita.
“Non
sono un esperto in questo genere di cose,” gli aveva detto il
vicino dall'altra parte del muro, “ma penso sarebbe meglio se
glielo dicessi, hyung.”
“Dirgli
cosa?”
aveva chiesto Minseok, irragionevolmente nervoso.
“Penso
sappia a cosa mi riferisco,” fu tutto quello
che aveva detto Kyungsoo. “Potrebbe rendere le cose
più semplici. Sai, se foste entrambi sulla stessa lunghezza
d'onda. Anche se lui non – beh.”
“Non
ho idea di cosa tu stia parlando,” aveva risposto
Minseok, con le mani sudate, e Kyungsoo aveva sospirato.
Minseok aveva
detto di non sapere cosa Kyungsoo volesse che dicesse a Luhan, ma
mentre Luhan lo guardava sorridendogli e faceva finta di scattargli una
foto, colpendogli il gomito poggiato sul bracciolo, Minseok
sentì qualcosa risalirgli in gola. Forse erano le luci
soffuse del cinema, o il modo in cui gli occhi di Luhan luccicavano, o
il modo in cui ridacchiava per niente in particolare, ma qualcosa gli
stava montando dal petto, posandosi sulla sua lingua, minacciando di
uscire ancor prima che Minseok sapesse cosa fosse, stava minacciando di
consumarlo,
di
diventare insopportabile e incontenibile, e poi—
E poi Luhan
aprì la bocca e disse qualcosa per primo. “Hey,
Seok-ah?” iniziò piano, con espressione seria.
Minseok lo guardò in silenzio, il cuore gli batteva forte,
come se si aspettasse qualcosa. E poi Luhan disse, “Volevo
solo, um. Rassicurarti che questo non è... questo non
è un appuntamento. Sai?”
Minseok
sentì come se qualcuno gli avesse gettato un secchio di
acqua gelida in testa. Lo aveva sentito dire innumerevoli volte nella
sua vita, ma non immaginava che questa sensazione potesse essere
così incredibilmente spiacevole. Sentiva di non riuscire a
respirare. “Cosa?”
“Niente. Solo che,”
Luhan deglutì visibilmente. “Non volevo che
pensassi che questo fosse un appuntamento o qualcosa del genere. Non
che... pensi che lo pensassi. Ma giusto in caso ci fosse un po' di
confusione.”
Minseok non
era sicuro di come fosse riuscito ad aprire la bocca per dire,
“Io…okay.”
“È solo che non
volevo spaventarti, o farti sentire a disagio, o niente del genere. Lo
capisci, vero?”
Minseok si
sentiva tanto, tanto nauseato al momento. Pensava di poter vomitare da
un momento all'altro, lo stomaco gli si stringeva per la vergogna e
l'imbarazzo e il rimorso e quel tipo di delusione che ti colpisce come
un pugno allo stomaco. Non si sarebbe dovuto sentire deluso. Non
avrebbe dovuto, perché non si era nemmeno mai permesso di pensare che ci fosse una
possibilità. Non poteva, non doveva, non era giusto.
Aprì la bocca, pronto a scusarsi e tornare a casa
perché non pensava di poter restare lì per un
altro secondo, ma quanto sarebbe stato ovvio? Era impossibile che Luhan
fraintendesse le implicazioni di quello. Quindi, invece, in qualche modo
riuscì a dire, “No, sì, certo. Io
non... non pensavo che lo fosse, o cose così. Stiamo solo...
guardando un film. Per il progetto.”
Era la
verità, almeno, anche se dolorosa. Minseok non aveva mai pensato che questo fosse un
appuntamento. Ma questo non rendeva le parole di Luhan meno
significative. Luhan si morse il labbro, ma sorrise leggermente. “E come
amici,” aggiunse.
Minseok
voleva disperatamente che la smettesse.
“Già,” gracchiò.
“Okay. Era solo una cosa che mi
ha detto oggi Sehun. Non volevo che fraintendessi e ti sentissi a
disagio,” spiegò il ragazzo.
“No, certo.” Sehun.
Ovvio che era Sehun. Dannato Oh Sehun. “Perché
non hai portato lui?”
“Huh?”
“Non
so,”
disse Minseok, l'amarezza gli risaliva la gola come bile.
“Solo che... forse avresti dovuto portare Sehun invece che
me.”
“Oh. Deve fare qualcosa con
Jongin.” Luhan lo guardò e sorrise, come se
Minseok non stesse pregando ogni santo di poter scomparire
completamente. “Volevo venire con te, comunque. Mi piace
passare il tempo con te. Volevo passare il mio giorno libero con te,
perché mi sei mancato.” E poi, come per strofinare
il sale sulle ferite, aggiunse, “Ma non è un
appuntamento.” Come se Minseok avesse avuto bisogno del
promemoria. E poi, “Non voglio che ti senti sotto
pressione.”
Cosa?
Seriamente, cosa? Sapeva almeno di cosa stesse parlando? Era questo il
problema con Luhan. Non lo potevi mai sapere, perché la
metà delle volte Luhan ripeteva semplicemente parole che
aveva sentito in TV o nei corridoi della scuola, senza mai essere
sicuro del vero significato ma presumendo che fosse la cosa giusta da
dire, e come cavolo faceva Minseok o chiunque altro a sapere se era
davvero quello che stava cercando di dire? Minseok stava ricevendo
così tanti segnali contrastanti, Luhan gli mandava sempre segnali contrastanti, lo stava uccidendo.
Ignaro della
lotta interiore che stava avvenendo accanto, Luhan si voltò
nuovamente verso lo schermo quando le anteprime cominciarono ad essere
mostrate. Minseok continuò a guardarlo, senza sapere o
fregandosene che Luhan lo avesse notato, e osservò il modo
in cui le luci dello schermo gli illuminavano il profilo e il modo in
cui le sue labbra si incurvarono piacevolmente e i suoi occhi si
spalancavano per la curiosità e l'intensità
mentre si concentrava per dare un senso a tutto quel coreano, e il
cuore di Minseok saltò un battito e sospirò
tristemente, senza sapere cosa stesse succedendo o cosa provare. E il
cervello di Minseok faceva lo stesso.
Proprio in
quel momento, il cellulare gli vibrò in tasca, e lo prese
meccanicamente. Un messaggio da parte di Baekhyun illuminò
lo schermo. Cosa faresti, ipoteticamente, se un
ragazzo etero che ti piace e che probabilmente ami ti portasse fuori a
San Valentino e si facesse amare ancora di più?
E Minseok
lanciò uno sguardo a Luhan, le cui labbra si muovevano
ripetendo silenziosamente quello che il personaggio stava dicendo, e
poi scrisse una risposta, Vorrei
farti la stessa domanda.
E lo
colpì solo un secondo dopo, cosa avesse appena detto. Cosa
avesse appena ammesso, non solo a Baekhyun, ma a se stesso. E si era ripromesso che non
avrebbe lasciato che accadesse, se lo era promesso, ma ormai ci era già
troppo dentro, e se doveva essere onesto, ci era dentro già
da un bel po'.
Lo so, fu la
risposta semplice di Baekhyun, ed era divertente, in un modo davvero
privo di umorismo, come tutti sembrassero averlo saputo prima di lui.
(Ma non era
colpa di Minseok; loro non avevano nulla da perdere.)
Sehun rimase
fuori dall'edificio in cui Jongin gli aveva detto di andare molto
più del necessario, tremando per il freddo ma titubante ad
entrare. Spostò il peso da un piede all'altro, controllando
due – tre volte l'indirizzo scritto sul foglietto che gli
aveva dato Jongin, e si sistemò la sciarpa attorno al collo,
accigliandosi. Non era mai passato in questa parte della
città. Era troppo... ricca. Non, tipo, super-ricca o niente
del genere, ma tutti gli edifici erano nuovi e ben tenuti, e le
macchine parcheggiate era scintillanti e mai più vecchie di
tre o quattro anni, ed era tutto così... diverso dalla zona
in cui viveva la sua famiglia adottiva, dove tutto aveva un aspetto un
po' malandato e trascurato. Ed era decisamente diverso dal posto da cui era
arrivato Sehun, originariamente. La casa dove aveva passato i primi
anni della sua vita, sempre che se la ricordasse correttamente ormai.
Dimostrava
solo quanto fossero davvero diversi lui e Jongin. Quanto poco avessero
in comune. Non aveva senso per Sehun, come Jongin avesse potuto vedere
qualcosa in lui.
Alla fine
raddrizzò le spalle e si girò verso l'ingresso
dell'edificio, per poi marciare dentro, perché Oh Sehun non
era un codardo. Premette il campanello senza esitazione e ricevette
subito una risposta, la voce entusiasta di Jongin che chiedeva chi
fosse sopra l'abbaiare dei suoi cani. “Io,”
disse piattamente Sehun, e Jongin gli disse di salire.
Era chiaro
che lo stesse aspettando alla porta, perché il dito di Sehun
aveva a malapena sfiorato il campanello quando la porta si
aprì. A giudicare dalla sua reazione al citofono, Sehun si
sarebbe aspettato un saluto animato, ma Jongin sembrava
sorprendentemente controllato mentre sorrideva tutto timido con gli
occhi che passavano da Sehun al pavimento. “Hey,”
disse.
“Ciao,” rispose Sehun,
sentendosi stranamente... agitato dal comportamento del ragazzo.
“Sei
venuto,”
disse, come faceva sempre quando Sehun si faceva davvero vedere da
qualche parte in cui Jongin non l'aveva portato fisicamente.
“Già.”
“Fantastico. Um…entra. Questa,
uh…benvenuto a casa mia.” Jongin lo fece entrare,
indicandogli lo scaffale dove Sehun avrebbe potuto lasciare le scarpe,
e poi fece un gesto verso tutta la casa, sorridendo. Sehun si
guardò attorno lentamente, osservando le decorazioni moderne
e le mattonelle del pavimento pulite e immacolate. Solo il fatto che ci
fossero dei paralumi, invece che i semplici bulbi delle lampadine,
rendeva questo posto molto più accogliente di qualsiasi casa
in cui Sehun fosse mai stato.
Prima che
potesse pensare a qualcosa da dire, una testa sbucò da una
porta lì vicino. “Oooh, ciao. Tu
devi essere Sehun.”
Sehun
guardò la ragazza che lo stava studiando con un grande
sorriso sapientino – assomigliava davvero a quello di Jongin,
se ci pensava bene – e annuì.
Jongin
sospirò. “Sì, noona, questo
è Sehun. Sehun, questa è mia sorella maggiore,
Hyojung.”
“È un piacere
conoscerti finalmente,” disse Hyojung, illuminandosi, e
sembrava volesse dire qualcos'altro, ma venne interrotta da altri due
visi che apparvero da un'altra porta – la cucina,
probabilmente, perché l'uomo indossava un grembiule e aveva
in mano una spatola.
“Sehun, questi sono mia madre e
mio padre. Mamma e papà, questo è
Sehun.”
“Certo,
certo,”
disse il padre, avvicinandosi per stringergli la mano, come un uomo
d'affari. “Sehun. Abbiamo sentito parlare tanto di
te.”
Anche la
madre di Jongin gli strinse la mano, e disse, “Questa
è la prima volta che Jonginnie porta un ragazzo a
casa.”
Sehun
sbatté silenziosamente le palpebre, ma Jongin
tossì forte, protestando, “Mamma! Questo – questo non
è vero, invito sempre Taemin a casa, e anche gli altri
ragazzi!”
Tutti e tre i
membri della famiglia di Jongin lo guardarono con sguardi penetranti, ma tutto quello che dissero fu, “Certo.”
“Allora,
chi è pronto a mangiare?” chiese
all'improvviso il ragazzo, sorridendo allegro.
“Nessuno, spero,”
rispose il padre. “La cena non è ancora
pronta.”
“Oh.” Jongin si
imbronciò. “Okay, allora…oh! Puoi
conoscere i miei cani se vuoi. Li ho messi in camera mia
perché stavano facendo un casino, e non volevo che ti
spaventassi. Ti piacciono i cani, vero Sehun?”
No, a dire il
vero; più che alto perché la sua prima madre
adottiva aveva un cane davvero grande che gli ringhiava contro e aveva
cercato di mordergli la mano una volta. Ma non voleva dirlo a Jongin,
quindi si limitò a scrollare le spalle, e il ragazzo si
illuminò e lo guidò via. Da dietro,
sentì Hyojung sussurrare ai genitori, “È...
non come me lo aspettavo.”
“Non
sorride molto, vero?”
fu la risposta a malapena udibile della madre, e una sensazione
spiacevole gli invase lo stomaco.
In ogni caso,
Jongin stava sorridendo abbastanza per entrambi mentre guidava Sehun
nella propria stanza. Quando arrivò, però, si
avvicinò alla porta e poggiò entrambi i palmi su
di essa, mormorando, “Siate gentili con Sehun okay? Non
saltate.” Poi la aprì lentamente, e Sehun fece un
passo avanti per guardare dentro.
Tutti in fila
sul pavimento, c'erano tre piccoli cani, che scodinzolavano felici e
abbaiavano occasionalmente, sembrando estremamente eccitati di vedere
Jongin, come se fosse stato via per ore invece che pochi minuti. Il
più piccolo dei tre si avventò felice sul
padrone, mordendogli i pantaloni, e poi sembrò notare Sehun
e abbaiò forte prima di saltargli intorno, graffiandogli le
gambe e annusandogli i piedi.
“Jjangah!” la
rimproverò leggermente Jongin. “Ti ho detto di non saltare.”
Sehun
cercò di non scappare dal piccolo animale che gli stava
attaccando le gambe. Ai gatti ci era abituato. Mai i cani erano molto
più energici dei gatti, e nonostante la loro
taglia fosse quasi uguale, aveva comunque dei denti ed era ancora un
cane e Sehun non aveva molta esperienza con loro.
“Scusa,” disse Jongin,
abbassandosi per prendere il cagnolino in braccio, lontano da Sehun. Si
mosse e cercò disperatamente di fuggire, ma Jongin la tenne
stretta. “È ancora piccola, non l'abbiamo ancora
addestrata bene. Quelli più grandi sono buoni,
visto?”
Sehun si
morse il labbro in silenzio e guardò gli altri due cani,
ancora seduti sul pavimento. Più addestrati, ma con denti
più aguzzi? Forse? Sehun non voleva scoprirlo.
“Quello
è
Monggu, e quello è Jjanggu,” disse Jongin,
indicando prima uno e poi l'altro. “Sono carini,
vero?”
Sehun fece un
suono vago. Erano
carini,
se smetteva di pensare ai denti aguzzi per pochi secondi.
“Immagino,” rispose piano.
“Li
vuoi accarezzare?”
chiese poi. “Sono davvero amichevoli, lo giuro. Non
mordono.”
Sehun lo
guardò, poi si abbassò sul pavimento di fronte ai
cagnolini eccitati. Guardò ancora Jongin, il quale stava
tenendo Jjangah lontano, e che gli sorrise incoraggiante. Alla fine,
Sehun allunagò una mano con esitazione, ed entrambi i cani
saltarono in avanti così velocemente che Sehun emise uno
squittio e ritrasse velocemente il braccio. Pensava che Jongin avrebbe
riso di lui, ma invece si inginocchiò accanto a lui, tenendo
la cagnolina con un braccio e usando l'altra mano per prendere quella
di Sehun e muoverla lentamente verso i cani più grandi.
“Vogliono solo annusare,” disse, e tenne il polso
di Sehun mentre lo facevano, annusando il suo palmo e leccandogli le
dita. Sehun fece un piccolo sorriso.
“Visto?” disse Jongin,
lasciando andare Jjangah alla fine, la quale si unì al
processo di familiarizzazione. “Gli piaci.”
“Sarebbe
la prima volta,”
mormorò Sehun in automatico, e le dita di Jongin si
strinsero attorno al suo polso.
Entrarono
nella camera dopo, e Sehun guardò tutta la roba che c'era.
C'era... così tanta roba. Sehun non aveva mai visto tante
cose appartenere ad una sola persona in vita sua. Ma non era nemmeno
mai stato in tante stanze prima. Poster, certificati e premi allineati
sulle pareti, la maggior parte dei quali legata al mondo della danza. I
suoi scaffali erano pieni zeppi di fumetti, libri, e altri premi,
così come di alcune foto di lui con la sua famiglia e i suoi
amici. La sua borsa sportiva era poggiata sulla sedia della scrivania,
accanto alle tre cuccette dei cani, e sulla scrivania c'era un
portatile insieme ad altri accessori, e dietro c'era uno specchio. Era
la cosa attaccata
allo
specchio che catturò l'attenzione di Sehun, però. “Sono io
quello?” chiese sorpreso.
“Huh?” Jongin
seguì il suo sguardo fino alla foto attaccata alla cornice
dello specchio. “Oh,” disse, con le guance
improvvisamente rosse. “Um, sì, sei tu.”
Sehun si
avvicinò alla foto e la guardò meglio. Erano loro
due, camminavano mano nella mano, e Sehun non stava guardando
l'obiettivo, il suo sguardo era diretto verso qualcosa fuori campo, e
Jongin stava guardando lui, e... cosa? Sehun non si
ricordava che questa foto fosse mai stata scattata.
“È di
Insadong,” disse velocemente Jongin, sembrando imbarazzato.
“Ricordi, Luhan ci aveva fatto tenere per mano per
attraversare la strada? Ha fatto questa foto. L'ha sviluppata e me l'ha
data, e io l'ho... messa lì, immagino.”
Normalmente,
Sehun gli avrebbe ordinato di toglierla e distruggerla,
preferibilmente, ma oggi... non lo fece. La fissò ancora per
qualche secondo, poi si voltò, senza perdersi il modo in cui
Jongin abbassò le spalle sollevato.
Si
guardò intorno ancora un po', facendo attenzione a non
calpestare i cagnolini curiosi, e si fermò davanti a una
foto di Jongin, con i suoi genitori e la sorella, messi in posa accanto
ad una ragazza con l'abito del diploma. “Chi è
lei?” chiese, indicandola.
Jongin si
avvicinò per guardare. “Oh, è l'altra
mia sorella. Non è qui oggi, è uscita con la
ragazza.”
Le
sopracciglia di Sehun si alzarono contro la sua volontà.
“Ragazza?” chiese sorpreso.
Jongin era
proprio dietro di lui quindi Sehun sentì il modo in cui si
irrigidì immediatamente.
“Um…sì. A lei... piacciono le
ragazze.”
“Oh.” Ci fu una pausa,
e Sehun capì che Jongin stava aspettando che continuasse,
quindi disse solo, “Okay.”
Jongin
esitò ancora, e Sehun sapeva che stava cercando le parole
adatte. Poi disse, “Questo è... non hai
un'opinione su questo, o qualcosa del genere? Sul fatto che,
sì, a mia sorella piacciano le ragazze?”
Sehun
sbatté lentamente le palpebre, continuando a guardare il
muro perché Jongin era troppo vicino e se si fosse girato
sarebbero stati faccia a faccia. Aveva un'opinione su questo? Sapeva
che Minseok era gay, ovviamente, e non aveva un problema con quello. Non si era mai sentito, tipo,
disgustato o niente del genere. Non ci aveva mai pensato davvero,
onestamente. “Uh, no? Non proprio. Semplicemente... contenta
lei!” Fece una pausa, poi aggiunse, “Non ci ho mai
dovuto pensare tanto, sai, alla sessualità e tutto,
perché comunque non sono mai piaciuto a nessuno. E a me non
piace nessuno.”
Ci fu un
altro lungo silenzio, e poi Jongin disse timidamente, “Che mi dici di
me?”
Sehun
tirò su col naso. “Sei okay.”
Quando alla
fine Jongin si spostò per lasciare un po' di spazio a Sehun,
il quale si voltò per guardarlo, il ragazzo stava provando
con poco successo a nascondere un grande sorriso.
La cena fu
pronta qualche minuto dopo, e Jongin lo accompagnò in bagno
in modo che potessero lavarsi le mani, e poi si sedettero intorno al
tavolo insieme alla famiglia di Jongin. Il tavolo era abbastanza grande
da accomodare sei persone, dato che i Kim erano cinque, e Sehun si
sarebbe potuto sedere da solo a capotavola, ma invece prese il posto
accanto a Jongin, davanti alla madre e alla sorella, e Jongin sorrise.
Quando la cena venne servita, cominciò anche una casuale
conversazione, alla quale lui non partecipò, ma
ascoltò. Sehun non aveva mai fatto una cena così
prima d'ora. A casa, i suoi genitori adottivi parlavano piano, e il suo
fratellastro parlava a voce alta quando era annoiato e voleva la loro
attenzione, ma non era mai questo chiacchiericcio unito e felice.
Hyojung parlò di un qualche evento di San Valentino alla sua
università, i suoi genitori raccontarono alcuni ricordi di
eventi simili di quando erano giovani, e Jongin parlò di
scuola. Hyojung chiese al fratello quanto cioccolato avesse ricevuto quest'anno, e Jongin
arrossì e mormorò qualcosa tipo Non lo so, abbastanza. Quando gli venne chiesto se
avesse ricevuto qualche dichiarazione, scrollò le spalle e
guardò il piatto, e la sorella alzò gli occhi
cielo.
“E
tu,
Sehun?” chiese il padre di Jongin, facendolo sobbalzare. Era
stato piuttosto piacevole passare inosservato fino a quel momento.
“Hai ricevuto del cioccolato oggi?”
Sehun si
rifiutò di guardare Jongin quando disse, “Solo
uno, a fine giornata.”
“Oooh, da chi?” chiese
Hyojung.
Sehun
scrollò le spalle, punzecchiando il cibo nel suo piatto.
“Nessun nome,” disse, e quella era la
verità almeno.
“Hai
un'idea?”
chiese la madre.
Sehun
arricciò leggermente il naso. “Penso di
sì.”
Hyojung rise.
“L'hai mangiato?”
Il ragazzo
annuì lentamente. “Certo.”
“Penso
significhi che accetti l'amore di quella persona, allora,” disse il padre di
Jongin, indicandolo con le bacchette.
Sehun si
accigliò, poi disse, “E se quella persona mi
avesse dato il cioccolato come amico?”
I genitori e
la sorella di Jongin lo guardarono in silenzio, e poi la madre disse, “Immagino
significhi che hai accettato la sua amicizia, allora?”
Sehun si
accigliò un po' di più, perché quello
non era stato esattamente il suo intento. Ad ogni modo,
guardò Jongin, e lo vide fissare il proprio piatto, le
orecchie in fiamme. Non stava sorridendo, però, come avrebbe
immaginato Sehun.
Tornarono in
camera sua dopo che finirono di mangiare, insieme ai cani di Jongin, e
Jongin gli mostrò alcune foto di quando ballava da piccolo,
forse a cinque o sei anni, e anche alcune foto di lui con Taemin di
quando si erano appena conosciuti (ed entrambi avevano un aspetto tanto
imbranato quanto gli aveva raccontato Jongin), e poi fece ascoltare a
Sehun alcune delle sue canzoni preferite, Sehun seduto sul letto e
Jongin per terra accanto ai suoi cani. Muoveva la testa al ritmo della
musica, cantando alcuni versi di tanto in tanto, e poi prese Monggu per
le zampe anteriori, facendolo ballare e sorridendo divertito. Sehun lo
guardò in silenzio, passando inosservato mentre Jongin era
perso nel suo piccolo mondo, e una sensazione strana gli
scaldò il petto quando vide il sorriso sul viso di Jongin
e... Jongin
in
generale, ed era abbastanza sicuro che quella sensazione gli portasse
cattive notizie, ma mise da parte quel pensiero perché si
sentiva...bene. Gli faceva male il petto, ma in senso buono, e Sehun
decise che almeno per oggi si sarebbe potuto godere questa sensazione,
e al resto avrebbe pensato domani. Quali erano le
possibilità che accadesse qualcosa di terribile oggi? No, ci
avrebbe pensato domani o qualche altro giorno.
(Sehun non
aveva mai fatto questo scommessa con risultati positivi prima, ma ci
sarebbe passato sopra per oggi. Solo oggi, si sarebbe lasciato andare
un po'. Aveva avuto una brutta giornata fino ad adesso; solo un paio
d'ore di sensazioni piacevoli, poteva concedersi almeno questo, no?)
Jongin
cominciò a bisticciare con Jjanggu, che non voleva stare
seduto bene accanto a Monggu come avrebbe dovuto, e Sehun sorrise senza
vergogna alla scena, perché Jongin non stava guardando e non
sarebbe successo niente se avesse sorriso quando nessuno guardava.
Giusto? E il suo sorriso si fece un po' più grande quando
Jongin cercò di convincere Jjangah ad indossare un orribile
maglioncino, ma la cagnolina sembrava essere interessata solo ad
annusare i piedi di Sehun e ad abbaiare dal suo posto
accanto al letto, facendo sbuffare e lamentare il padrone.
“Hey,
perché sei interessata solo a lui? Anche io sono
interessante, sai. Hai dimenticato chi ti dà da mangiare,
chi ti porta a fare le passeggiate e chi ti dà i biscottini?
E chi ti fa dormire sul letto quando fai da brava? Sì, sono
io. Quindi dovresti amare me,” disse Jongin,
allungando un braccio verso il cane e nascondendo il maglioncino dietro
la schiena con l'altro. “Smettila di leccare Sehun!
Probabilmente non gli piaci nemmeno così tanto. Guarda, non
ti farò indossare il maglioncino, anche se ci perdi tu
perché è fantastico. Visto come sono gentile? Ora
vieni qui.” Sehun sorrise per l'espressione di pura offesa
sul viso di Jongin quando il cane continuò ad ignorarlo.
“D'accordo! Allora ti darò un biscottino e poi vedremo chi ti piacerà di
più.” Si allungò per prendere un
contenitore a forma di osso dalla scrivania e aprì il
coperchio, ma nel momento in cui sentirono i croccantini muoversi,
tutti e tre i cani si avventarono su di lui, e Jongin emise uno strano
squittio mentre cadeva all'indietro e tre lingue gli leccavano la
faccia.
L'intera
situazione era così ridicola che una risata
sfuggì dalla gola di Sehun, forte e inconfondibile, e lo
sorprese così tanto che si schiaffò una mano
davanti alla bocca. Jongin lottò per rialzarsi, abbandonando
il contenitore di biscotti sul pavimento per guardarlo con gli occhi
spalancati, ugualmente scioccato. Sehun voleva fingere che non fosse
successo niente, come se fosse stato un suono della loro immaginazione,
ma non riusciva nemmeno a smettere di sorridere ed era imbarazzante e stupido e
Jongin continuava a fissarlo. Sehun provò a
coprirsi tutto il viso con le mani, sentendo le guance avvampare, ma
quando sbirciò tra le dita un momento dopo, Jongin era in
ginocchio sul pavimento che gli si avvicinava, per poi spostargli le
mani.
“Non
farlo,”
disse, quasi senza fiato. “Voglio vedere.”
Sehun a
malapena lo sentì mentre lasciava cadere le mani
perché questo suono bizzarro gli stava risalendo in gola,
qualcosa che era un misto tra un gorgoglio e una risatina e Sehun non
avrebbe lasciato che abbandonasse le sue labbra senza lottare
perché era abbastanza sicuro di non aver mai emesso un suono del genere
prima d'ora, e di sicuro non avrebbe iniziato ora.
“Voglio
vedere,”
disse ancora Jongin, e quando Sehun lo guardò, lo stava
fissando con un sorriso felice e gli occhi lucidi, e sembrava volesse
dir qualcos'altro, qualcosa di importante, e per qualche ragione questo
rendeva Sehun nervoso. Stava provando migliaia di emozioni che non si
era mai permesso di provare nei passati dieci anni, ed era tanto
esilarante quando terrificante, e per un attimo pensò di
rimanere a sentire cosa Jongin avesse da dire, ma all'ultimo secondo si
alzò in piedi e disse qualcosa circa il bagno prima di
fuggire via. Erano abbastanza cose nuove per oggi. Abbastanza rischi.
Il cuore di Sehun gli batteva contro il petto e si sentì in
pericolo, quindi si appoggiò al lavandino e
aspettò che le sue labbra riprendessero ad obbedirgli, e che
lo stomaco smettesse di contorcersi. Era stato un giorno davvero...
problematico. Presto avrebbe dovuto gestire la cosa.
O forse
avrebbe potuto rimandare, ancora per un po'.
|
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Capitolo 26 *** Capitolo 24 ***
Come
regola, Minseok cercava di aprirsi e di essere completamente onesto
con Kyungsoo. Di solito non si apriva in generale, tendeva a tenersi
le cose per sé e a pensare tanto e con attenzione prima di
condividerle con qualcuno, e aveva la sua buona parte di segreti, ma
con Kyungsoo era diverso. Minseok sapeva di potersi fidare di
Kyungsoo. Non è che non potesse fidarsi
di Jongdae o dei suoi
genitori, solo che... Kyungsoo era diverso. Kyungsoo era un
recipiente senza fondo di informazioni, raccoglieva tutto e lo
processava senza però ripetere niente a meno che la
situazione non
lo richiedesse. Kyungsoo non giudicava mai, non metteva mai pressione
e non presumeva mai niente, era sempre incondizionatamente comprensivo
e accettava tutto. E, sebbene Minseok odiasse che fosse un fattore
che contribuiva, Kyungsoo aveva un contatto davvero limitato con
chiunque a parte lui, e quindi non poteva dire a nessuno quello che
gli veniva confessato.
Minseok
aveva scoperto presto che dire tutto a Kyungsoo era un gran beneficio
per lui, perché poteva togliersi un gran peso dalle spalle e
gli
dava anche l'occasione di analizzare le cose con il vicino, che
sembrava
sapere sempre la cosa giusta da fare. Era tanto liberatorio quanto
produttivo, ed era passato tanto tempo dall'ultima volta in cui
Minseok aveva tenuto qualcosa segreto al più piccolo.
Eppure,
gli ci volle un bel po' per trovare il coraggio di lasciare la propria
stanza e gettare la sciarpa gialla sul divisorio tra i due balconi,
sedendosi con la schiena contro il muro, coperto da vestiti caldi per
ripararsi dal freddo invernale. Era sabato, il giorno dopo San
Valentino, e di solito avrebbe detto a Kyungsoo il prima possibile
qualcosa di importante, ma questa volta... ci volle un po' per
autoconvincersi che fosse una buona idea.
Kyungsoo
ci mise un paio di minuti a raggiungerlo, sedendosi al solito posto,
e Minseok passò tutto il tempo a chiedersi se fosse troppo
tardi per
cambiare idea e fuggire via. Anche se gli piaceva essere onesto con
Kyungsoo, a volte aveva qualche problema ad essere onesto con se
stesso.
“Ciao
hyung,”
disse caldamente il vicino, e Minseok si prese un momento per
apprezzare quanto suonasse più forte la voce dell'amico,
quanto più
velocemente fosse uscito rispetto a qualche giorno fa. Niente faceva
sentire Minseok una persona migliore e più forte quanto
vedere
Kyungsoo fare progressi positivi dopo la regressione. “Come
è
andata ieri?”
Minseok
aprì la bocca per raccontare a Kyungsoo tutta la storia, ma
poi andò
nel panico e disse, “Bene. Tu sei stato con Jongdae, vero?
Come è
stato?” Aveva bisogno di un momento per ricomporsi.
Kyungsoo
fece un suono vago. “È stato piacevole,”
disse. “È venuto qui,
ci siamo seduti in salotto e mi ha fatto scegliere la scatola di
cioccolatini che preferivo e li ha scartati per me. E ha anche pulito
l'esterno così che potessi aprirla da solo. È
stato molto
premuroso.”
Minseok
sorrise orgoglioso. Jongdae poteva essere fastidioso, ma almeno
sapeva comportarsi. “Si è lamentato
molto?” chiese.
“Più
che altro ha tenuto il broncio,”
disse Kyungsoo. “Sembrava piuttosto agitato, a dire il
vero.”
Minseok
si accigliò. Non aveva avuto l'opportunità
di vedere o parlare
con Jongdae ieri, si erano giusto mandati qualche messaggio. Gli
avrebbe chiesto cosa c'era che non andava se avesse notato il
migliore amico comportarsi così. Jongdae era spesso
drammatico, ma
era raro che si turbasse così. “Ti ha detto il
perché?”
“No,
ha detto che non ne voleva parlare. Ma tutti i cioccolatini avevano
dei bigliettini sopra, ed erano ‘Da
persona-e-persona, per
Junmyeon-oppa,’ e
Jongdae ha passato tipo un'ora a stracciarli. E mi ha anche accennato
tutti i difetti di Junmyeon-hyung.”
Le
sopracciglia di Minseok si sollevarono leggermente. “Ne ha
davvero
trovato qualcuno? Non gli ho mai sentito dire una singola cosa
negativa della vita di Junmyeon.”
“Ne
ha pensate solo cinque in tutte le tre ore che è stato a
casa mia.
Ed erano tutte cose tipo troppo
gentile e
troppo
attraente.
Quindi.
Tutto qua.”
Minseok
ridacchiò leggermente, ma sentì una fitta di
compassione per il
proprio migliore amico. Qualsiasi cosa Jongdae dicesse di avere (e
quale che fosse il vero problema), era davvero forte. Minseok avrebbe
dovuto passare più tempo con lui per distrarlo
nell'immediato
futuro. Il povero ragazzo doveva stare ancora con Junmyeon faccia a
faccia per i preparativi del festival multiculturale. “Ti ha
chiesto qualche consiglio?”
“Non
proprio, ma mi ha chiesto qualche diagnosi medica,” rispose
il
ragazzo.
“Qualche
cosa?”
“È
così che le ha chiamate. Mi ha detto di sentirsi ‘malaticcio
e disgustoso’ e
cosa avrebbe dovuto fare al riguardo. Mi ha anche detto qualche altro
vago sintomo, ma probabilmente in confidenza. Si è rifiutato
di
scendere nei dettagli.”
“Quindi
cosa gli hai detto?”
chiese Minseok, tirando a indovinare su quali potessero essere questi
sintomi (includendo dolori al petto e un inspiegabile senso di
delusione).
“Gli
ho detto che non mangiare quattro scatole di cioccolatini sarebbe
stato un buon punto di partenza. E poi di individuare la radice del
problema e fare piccoli passi per risolverlo. Ad esempio, il
confronto.”
“E
ha pensato che fosse una buona idea?”
“No,
non penso. Ha solo mangiato altro cioccolato.”
“Probabilmente
starà malissimo oggi,”
disse Minseok, scuotendo la testa.
“Forse
è meglio che lo controlli più tardi.”
Minseok
era d'accordo.
“Allora,
hyung,” riprese Kyungsoo, passando da un tono colloquiale ad
uno
più diretto. “Jongdae è l'unica ragione
per cui volevi parlarmi
oggi?”
Minseok
si irrigidì e si morse il labbro.
“Io—no,” ammise, deglutendo.
“È
successo qualcosa ieri?” continuò gentilmente
Kyungsoo, sempre
intuitivo.
Minseok
giocherellò nervosamente con le dita, grato che il vicino
non
potesse vederlo. Era molto più semplice così. (Ma
comunque
difficile.) “Io—sono andato a vedere un film con
Luhan.”
“Giusto,
hai detto che i piani erano quelli,”
disse Kyungsoo, con voce delicata, come se stesse cercando di calmare
un animale spaventato. Minseok lo apprezzò.
“Già.
E semplicemente... non lo so. Dovevamo far entrare la tua fotocamera,
sai, dato che non sono permesse. Ed è stato davvero
divertente, e
Luhan continuava a ridacchiare.”
Minseok deglutì ancora. “E lui – io
– stavo provando diverse
emozioni—”
“Sì?”
“Sì.
E poi lui mi ha fatto tipo…‘Hey, Minseok, volevo
solo ricordarti
che questo non è un appuntamento. Nel caso pensavi che lo
fosse.’
E io – lui era—”
“Hyung.”
Minseok
prese un respiro profondo, cominciando a sentirsi accaldato e di
nuovo nauseato. “Perché ha dovuto dirlo,
Kyungsoo?” Il vicino
rimase in silenzio. “Non è che pensassi che lo
fosse. Quindi
perché ha dovuto dirlo? Ero così imbarazzato,
pensavo di poter
vomitare. Ed era preoccupato che io
mi
sentissi a disagio. E lui? Se tu – se senti il bisogno di ricordare
al
tuo amico gay che non siete ad un appuntamento... sento di poter
morire,
Kyungsoo.”
“Hyung—”
“Ho
detto a me stesso che non mi sarei mai vergognato di essere gay, e
tutto,
ma è così difficile. Non
capisci quanto è difficile. Non posso avere nemmeno
un'amicizia
normale. Come posso
vivere con me stesso, sapendo che i miei amici pensano che ci sia
bisogno di ricordarmi—”
“Hyung—”
Ricacciò indietro le
lacrime che gli bruciavano gli occhi. “Penso
di essere innamorato
di
lui,
Kyungsoo.”
Kyungsoo
rimase in silenzio per qualche momento, e Minseok
boccheggiò, ma poi
l'amico disse, “Lo so, hyung.”
Minseok
lasciò andare la testa all'indietro contro il muro.
“È la cosa
peggiore,” disse, con voce debole. “Non dovevo
lasciare che
accadesse.”
“Non
è una cosa che puoi decidere,”
disse piano Kyungsoo. “Sono cose che capitano, che tu lo
voglia o
no.”
Minseok
voleva gridare qualcosa tipo cosa
ne sai tu dell'amore?
Ma
non lo fece, perché sarebbe stato meschino, e
perché sapeva che
Kyungsoo aveva ragione. Non aiutava la sua situazione, però.
“Mi
odio così tanto in questo momento,” disse piano.
“Non
dire così,
hyung,” disse immediatamente l'amico, un po' duramente.
“Ti ho
detto che non volevo mai più, mai
più sentirtelo
dire.”
Minseok
si morse il labbro dolorosamente, portando indietro la testa per
guardare il cielo grigio. “Lo so,” disse.
“Ascoltami,
okay?” disse Kyungsoo, con voce decisa. “Io sono orgoglioso
di
te, per aver finalmente ammesso i tuoi sentimenti per Luhan-hyung.
Non fingere nemmeno che siano nati ieri. So che è stato
difficile
per te, ed è stato un grande passo, e sono orgoglioso che
l'abbia
fatto. Credimi, so cosa significare fare dei passi. So che mi
frustrava leggermente il fatto che non l'abbia ammesso prima, ma
capisco che non è stato semplice, e che non
diventerà
improvvisamente più semplice. Ma questa è come
tutte le altre cose.
Come essere gay e come essere diabetico. Prima, devi accettarlo, e
poi puoi pensare a come gestirlo. L'abbiamo già fatto prima.”
“Ma
questo è diverso,”
disse disperato Minseok. “Per quelle cose... per quelle cose sapevo
cosa
avrei dovuto fare. Sapevo che dovevo dirlo alle persone e sapevo cosa
fare. Questa volta... non so cosa fare. Non so qual è il
prossimo
passo.”
Kyungsoo
sospirò piano, muovendosi leggermente contro il muro.
“Beh,”
cominciò. “Sostanzialmente, devi scegliere se
dirlo a Luhan o non
dirglielo. Quello che succede dopo dipende da lui. È stato
lo stesso
anche quando hai fatto coming out, no? Potevi tenerlo segreto o
potevi dirlo a tutti, e se lo avessi fatto, come le persone avessero
reagito avrebbe influenzato il tuo passo successivo.”
Minseok
mugolò leggermente. Kyungsoo aveva ragione, ovviamente.
Quando si
era trattato di dire a Jongdae di essere gay, era stato lo stesso;
Minseok poteva dire la verità, ma se avrebbero continuato ad
essere
amici dopo, quello dipendeva solo da Jongdae. Ma Minseok non aveva
mai seriamente
pensato
che l'amico lo avrebbe odiato o qualcosa del genere dopo la
confessione.
Con
Luhan, e dirgli che lo amava,
Minseok
non aveva davvero idea di cosa aspettarsi, soprattutto non dopo
quello che Luhan gli aveva detto al cinema.
“Vuoi
che usi la logica,
hyung?” chiese gentilmente Kyungsoo.
“Sì,”
rispose debolmente lui.
“D'accordo.
Allora. La tua prima decisione è se dirglielo o meno,
giusto? Puoi pensare a diversi modi. Potresti dirglielo per
principio, semplicemente perché essere onesti e diretti
è il
miglior approccio. Potresti anche dirglielo o non dirglielo basandoti
sul fatto che pensi che le cose sarebbero più semplici per
te, ad
esempio se pensi che se lo sapesse ti sentiresti meglio, o che
smetterebbe di fare cose che ti confondono o cose così. E
infine,
potresti fare la tua decisione basandoti sul fatto che pensi o meno
che potrebbe ricambiare. In questo caso dovresti considerare, prima
di tutto, se a Luhan-hyung piacciono i ragazzi. E poi se gli piaci
tu, o
se potresti
piacergli
prima o poi. Immagino
che debba tenere in considerazione anche le influenze sociali, ad
esempio se i suoi genitori approverebbero e cose così. Dopo
aver
riflettuto su tutte queste cose, puoi decidere se dirglielo.”
Minseok
deglutì. “Queste sono tutte le mie
opzioni?”
“Non
sono sicuro. Immagino possa anche decidere basandoti sull'istinto, o
sul fatto che pensi che in qualche modo potrebbe comunque venire a
saperlo. Ma queste sono le opzioni che mi vengono in mente al
momento.”
Minseok
seppellì il viso tra le mani e cercò di non
buttarsi dal balcone o
qualcosa del genere. Sentiva di essere travolto, ed entrambi sapevano
da passate esperienze che un Minseok travolto non era un Minseok
funzionale. “Io—cosa mi suggerisci, Soo?”
Kyungsoo
fece un suono vago. “Sai che non ho esperienza in queste
cose,
hyung,” disse. “Non ho mai dovuto gestire niente
del genere. E tu
conosci Luhan molto meglio di me. Solo tu sai come si comporta quando
siete voi due soli, e cose così.”
Minseok
si stava ancora mordendo il labbro. Ma mentre ci pensava, gli venne
in mente un piccolo pezzo di conversazione della prima volta che
aveva parlato con Baekhyun, ipoteticamente, di essere innamorato di
un ragazzo etero e non sapere se dirlo o meno. Allora, aveva detto a
Baekhyun cosa avrebbe fatto lui in quella situazione. “Probabilmente
me lo porterei nella tomba, perché sono un gran codardo.”
Ecco
cosa aveva detto.
Gli
sembrava ancora giusto oggi.
“Non
glielo dirò,”
disse a Kyungsoo, abbassando la testa. “Io—non
posso farlo.
Sapendo così poco circa... circa cosa prova lui, e cosa
pensa... non
ne vale la pena. Penso che a questo punto i contro prevalgano di gran
lunga su i pro. Troppe cose potrebbero andare male, e io –
non
sarei in grado di farlo. Non nella situazione attuale.”
“Sei
sicuro?”
chiese con cautela Kyungsoo.
Minseok
sospirò. “Sì. Sono sicuro.”
“Puoi
sempre cambiare idea,”
disse l'amico. “E puoi sempre venire a parlarmene, lo sai
questo,
vero hyung?”
“Certo,”
mormorò Minseok. “Grazie, Kyungsoo. Sei il
migliore.”
“Cerco
solo di ripagarti per tutto l'aiuto che mi hai dato, sai.”
Minseok
sorrise leggermente. Come se Kyungsoo non lo avesse aiutato anni fa.
“So che vuoi che glielo dica,” disse piano.
“Scusa se ti deludo
sempre.”
Kyungsoo
non lo confermò, ma non negò neanche, disse
semplicemente, “Sono
solo qui per darti supporto, hyung. Non dichiaro di sapere cosa sia
meglio per tutti.”
Minseok
si strofinò le mani sul viso. “Non lo dirai a
nessuno, vero Soo?”
“Nemmeno
per sogno,”
lo rassicurò l'amico.
“Dovrei
semplicemente innamorarmi di te, invece,”
sospirò tristemente.
Kyungsoo
rise. “Non vorresti,” disse. “Non ne vale
la pena, per tutti i
problemi che ho.”
“Questo
non è vero,”
ribatté Minseok, accigliandosi. “Se qualcuno ha
sin troppi
problemi, quello sono io.”
Poi ci pensò, e aggiunse, “E forse
Sehun.”
“L'amico
di Luhan-hyung?”
chiese Kyungsoo. “Ho sentito
che
ha diversi problemi.”
Minseok
tirò su col naso e sospirò. “Luhan
sembra adorarlo, comunque,”
borbottò.
“Non
tanto quanto adora te,” disse il vicino, e Minseok non
riusciva a
decidere se questo lo facesse sentire meglio o no. In ogni caso,
faceva un po' male.
Luhan
adorava un sacco di persone. Chi poteva dire che Minseok non fosse
semplicemente uno dei tanti?
La settimana che seguì San
Valentino fu piuttosto strana per Minseok. Prima di tutto, rivedere
Luhan dopo la sua rivelazione al cinema e la successiva conversazione
con Kyungsoo era stato estremamente snervante. Lunedì prima
di
scuola, aveva mandato un messaggio al vicino, già mezzo
convinto di
dover restare a casa perché non pensava che sarebbe stato in
grado
di affrontare Luhan. Ma Kyungsoo gli aveva risposto con parole di
conforto, dicendogli che non sarebbe cambiato niente, che non si
sarebbe dovuto comportare in modo diverso, e che Luhan aveva detto
che non voleva che Minseok
si
sentisse a disagio, non che lui
si
sentiva così. Questo lo aiutò. E in effetti,
Luhan era sempre lo
stesso, non aveva fatto alcun commento sul fatto che Minseok si
comportasse in modo strano, e non era successo davvero niente.
Eppure,
Minseok aveva passato l'intera settimana cercando di sopprimere gli
improvvisi rossori, le ondate di imbarazzo e il travolgente desiderio
di scomparire per sempre, così come il semplice atto di pensare.
Minseok
semplicemente pensava
troppo. Pensava
a cosa aveva detto Kyungsoo, a cosa aveva detto Luhan, a quali
fossero le sue opzioni e le sue possibilità.
Passò molto tempo ad
analizzare ogni singola cosa che Luhan aveva detto o fatto, e mandava
Minseok fuori di testa, ma non poteva farne a meno.
E
di certo non aiutava il fatto che Luhan fosse così,
così
fuorviante. Un giorno, annunciava che niente lo avrebbe potuto
salvare da una morte di travolgente stress se non sentire Minseok
cantare (cosa che Minseok aveva finito per fare, timido e con il viso
rosso, mentre Luhan squittiva deliziato per tutto il tempo), e quello
successivo arrivava in classe leggermente in ritardo e assolutamente
luminoso
perché
Sehun gli aveva sorriso. Seriamente, che cavolo? Minseok passava
metà
del suo tempo sperando amaramente che a Luhan non piacessero i
ragazzi, in modo che non gli potesse piacere Sehun
(o
Jongin, se per questo, con il quale si incontrava ancora di tanto in
tanto e che gli sorrideva in corridoio o in mensa), e l'altra
metà a
sperare disperatamente che gli piacessero davvero
i
ragazzi, perché almeno Minseok avrebbe avuto una chance. Era
estremamente difficile stare al passo con i propri sentimenti.
A
quanto pare non era l'unico ad avere problemi in questi giorni,
perché Baekhyun gli mandava un messaggio almeno una o due
volte al
giorno, preoccupato per ipotetiche difficoltà dell'essere
ipoteticamente innamorato di un ragazzo etero. Minseok non era sicuro
del perché Baekhyun continuasse a fingere che le sue domande
e
speculazioni fossero puramente teeoriche, quando era più che
ovvio
che fossero molto di più, ma in effetti Minseok stesso
conosceva
il terrore di ammettere qualcosa ad alta voce. Lo conosceva molto
bene, e sapeva che anche se Baekhyun avesse ammesso qualcosa a se
stesso, non sarebbe comunque stato semplice esprimerlo a parole.
Quindi lasciava che Baekhyun continuasse con la sua piccola sciarada,
e rispondeva ai suoi messaggi con onestà, e per esperienza.
A
volte, Minseok desiderava di poter fingere che anche le proprie
risposte fossero puramente ipotetiche.
Forse
l'apice della sofferenza interiore e della confusione di Minseok
arrivò il successivo sabato mattina, all'alba, quando si
svegliò al
suono del suo nome sussurrato dalla porta. “Seok-ah.
Minseok-ah. Svegliati.”
Minseok
sbatté le palpebre e sollevò la testa, che
sembrava pesare dieci
chili, e vide Luhan sbirciare dentro la sua stanza. Gli ci volle un
lungo, silenzioso momento per processare quel singolo fatto.
“Luhan?”
mormorò, voce roca dal sonno. Seriamente, che ora era?.
“Cosa—che—”
Si arrese al tentativo di parlare, ancora troppo addormentato per
formare delle parole, figuriamoci frasi di senso compiuto.
Strizzò
gli occhi verso la figura sull'uscio della sua porta e cercò
di
capire se stesse sognando o no.
“Hey,
ciao,” disse Luhan, sorridendo dolcemente.
“Buongiorno. Um, posso
chiederti un favore?”
“Cheoraè?”
chiese Minseok intontito, troppo stanco per guardare la propria
sveglia.
“Cosa?”
domandò Luhan, e Minseok grugnì perché
era troppo presto per
pronunciare parole vere.
“Che.
Ora. È?”
ripeté, facendo del proprio meglio per pronunciare bene ogni
parola.
“Oh.
Um. Vedi, è questo il problema. Sono le sei del mattino. E
pensavo
di dover essere a lavoro ora, ma a quanto pare non inizio fino alle
otto.” Luhan disse i suoi orari in uno strano mix di cinese e
coreano, e Minseok ci mise quasi trenta secondi per capire cosa
volesse dire. Poi guardò Luhan per qualche momento, ancora
confuso.
“Allora
cosa ci fai qui?”
chiese.
“Sarei
tornato a casa mia, ma la tua è più vicina,”
rispose lui. “Andrebbe bene se restassi qui per un po', fino
a che
non dovrò davvero
andare
a lavoro? Sarebbe meglio che tornare a casa mia, per poi rifare tutta
la strada fra due ore. Fa freddo fuori.”
Minseok
pensò alle parole che stavano uscendo dalla bocca
dell'amico,
praticamente analizzandole una ad una, e poi chiese, “Come
sei
entrato qui?”
Luhan
rise imbarazzanto. “Ho aperto la porta,” disse.
“Tua madre mi
aveva dato il codice di sicurezza quando eravamo malati e vivevo qui.
Ho pensato fosse meglio entrare direttamente, piuttosto che suonare
il campanello e svegliare tutti.”
“Oh.”
Minseok si ricordò improvvisamente la richiesta di Luhan e
disse,
“Puoi restare, se vuoi.”
Luhan
si illuminò. “Grazie, Seok-ah!”
Entrò nella stanza e lasciò
cadere lo zaino sul pavimento, togliendosi anche giubbotto e
cappellino.
Minseok
mormorò qualcosa di incoerente, poi disse, “Posso
tornare a
dormire?” Non doveva svegliare che tra un'ora e mezzo. Era sabato,
per
l'amor del cielo.
“Certo!”
esclamò Luhan, con la voce un po' troppo forte per le sei
del
mattino. “Ti dispiace se mi unisco a te?”
Minseok
sbatté le palpebre. “Huh?”
“Tanto
vale che dorma ancora un po', no? Non ho altro da fare,”
rispose Luhan. Minseok lo guardò, e anche nel suo stato
mezzo
assonnato, poteva vedere le profonde occhiaie sotto gli occhi del
ragazzo, e il modo in cui teneva le spalle abbassate, esausto.
“Sì,
certo,”
disse. “Puoi prendere il—”
“Fatti
più in là.”
Minseok
si accigliò. “Cosa?”
“Vai
più in là, prendi troppo spazio. Non ci sto,”
affermò Luhan.
Ci
volle un po' perché Minseok capisse cosa intendeva.
“Oh, vuoi—oh.
Okay. Um. Certo, puoi semplicemente... stare sul mio letto,
immagino.” Qualcosa gli diceva che questa era una cattiva,
cattivissima
idea.
Ma erano le sei del mattino, ovvero l'ora in cui le cattive idee
sembravano molto più ragionevoli. Quindi si
spostò di lato per
lasciare un po' di spazio a Luhan.
“Vuoi
che mi tolga i pantaloni?”
Okay,
anche nei suoi sogni,
una
domanda del genere l'avrebbe spiazzato.
“Cosa?”
Luhan
scrollò le spalle. “Indossare i jeans a letto
è un po' scomodo.”
Minseok
fissò a lungo Luhan. Probabilmente più di quanto
fosse accettabile.
Luhan lo stava facendo di proposito. Doveva
farlo
di proposito. Com'era possibile essere così ingenui? Ma
Minseok era
troppo stanco per pensare ad una scusa o qualcosa del genere, quindi
disse semplicemente,
“No, tienili,” e si voltò verso il muro.
“Giusto.
Okay. Scusa,” disse Luhan, e Minseok strizzò gli
occhi. Questo non
era quello che voleva sentire. Un momento dopo, il materasso si
piegò
da un lato mentre Luhan saliva sul letto, e Minseok poteva sentire il
calore del suo corpo contro la propria schiena, ma non si
voltò.
“Dormi bene, Seok-ah…”
Un
piccolo sorriso tirò le labbra di Minseok, e poi
lasciò che il
proprio corpo si rilassasse, improvvisamente grato di aver indossato
il pigiama quella notte, e aspettò di riprendere sonno, con
il suono
familiare del respiro regolare di Luhan come sottofondo.
Ma
dormire con Luhan non era domire con Luhan se non c'era almeno un
po' di
contatto fisico non necessario, ovviamente, e se Minseok fosse stato
leggermente più sveglio quando aveva accettato che Luhan
dormisse
nel suo letto, se ne sarebbe reso conto e si sarebbe preparato al
fatto che mentre dormiva, sarebbe stato alla completa mercé
del
ragazzo. Ed era ancora peggio
rispetto a quando Luhan era cosciente, perché un Luhan
addormentato
non conosceva assolutamente alcun concetto di spazio personale
(mentre da cosciente si manteneva almeno nei limiti).
Quindi
non sarebbe dovuta essere una sorpresa, ma in qualche modo lo fu
comunque, quando Minseok si svegliò con molto di Luhan che
toccava
molto di lui, e con il vago pensiero che forse avrebbe dovuto
lasciare che Luhan si togliesse in jeans dopo tutto, perché
il
tessuto era piuttosto scomodo contro le sue gambe. Cosa che gli fece
rendere conto che una delle gambe del ragazzo era in
mezzo a
quelle di Minseok, dalla coscia alla caviglia, e se Luhan avesse
piegato anche solo di un minimo il ginocchio, la sua coscia avrebbe
premuto proprio contro le parti basse di Minseok. E, se un Minseok
addormentato probabilmente non gli avrebbe dato importanza, un
Minseok sveglio gliene dava tanta.
Oltre
a questo sfortunato posizionamento della gamba, una mano di Luhan era
chiusa attorno al retro della maglietta di Minseok, mentre l'altra
stava cercando di arrivare in seconda base da davanti, e seriamente,
perché
Luhan continuava a toccarlo in modo inappropriato mentre dormiva?
(Penserete che Minseok avesse imparato la lezione dopo la prima
volta, sul divano. Aveva
imparato.
Questa era colpa di Luhan!)
Proprio
in quel momento la sveglia suonò, e Minseok si
preparò al momento
in cui Luhan si sarebbe svegliato, peggiorando ancora di più
la
situazione, ma il ragazzo non si mosse. Dopo un paio di secondi,
Minseok emise un suono forte ed esasperato, probabilmente
perché era
presto, aveva la glicemia bassa, stava venendo toccato in modi
leggermente intimi dal ragazzo che gli piaceva sin troppo ma che
probabilmente era etero, doveva alzarsi per spegnere la sveglia prima
che sua madre venisse a controllare, trovandolo in una posizione
molto compromettente con un ragazzo che non sarebbe dovuto essere
lì,
e Minseok ne aveva
abbastanza.
“Lu,”
disse deciso, girando la testa. Poteva sentire il respiro del ragazzo
sul collo. “Luhan.”
Il
ragazzo dietro di lui si mosse leggermente, grugnendo, e Minseok
approfittò di quel momento di semi-coscienza per spingere
via la
gamba di Luhan. La mano sulle sue costole si mosse di un centimetro,
e Minseok trattenne il fiato mentre Luhan mormorava,
“Huh?”
E
di solito Minseok avrebbe avuto più tatto, e sarebbe stato
più
riservato, ma al momento era frustrato e leggermente incazzato con
Luhan per essere Luhan,
e
scattò,
“Smettila di toccarmi.”
Tutto
rimase immobile e in silenzio per un momento, e poi Luhan disse,
“Oh
cielo mi dispiace così tanto,” e ritrasse
immediatamente le mani,
allontandandosi in un attimo da Minseok. Questa era stata la prima
volta che Luhan aveva chiesto scusa
per
averlo toccato, ma era anche la prima volta che Minseok aveva
espresso il suo malcontento, ed era troppo presto per pensarci,
quindi Minseok si alzò e spense la sveglia. Luhan era seduto
sul
bordo del letto, sembrando contrito, e Minseok lo guardò
duramente,
fino a che non sorrise imbarazzato e disse,
“Scusa, è solo che sei così caldo e
profumato!”
E
all'improvviso Minseok doveva saperlo. Doveva sapere, proprio
ora, se
questo era il modo in cui Luhan cercava di far passare per normale
qualcosa di troppo gay per i suoi gusti, o se questo era il modo in
cui Luhan esprimeva il proprio interesse per un ragazzo
(per Minseok, specificamente), e Minseok glielo avrebbe chiesto,
aprì
persino la bocca e disse
“Tu—” e poi il suo cervello (e il suo
senso di pudore) lo
trattennero, ed entrò nel panico per un momento, per poi
dire,
“—rimani per colazione?’
Luhan
sbatté le palpebre sorpreso, poi sorrise e rispose,
“Certo! Se
offri tu.”
Minseok
era un imbarazzo persino per se stesso.
Dieci
minuti dopo Minseok e Luhan si ritrovarono al tavolo di cucina, e
ricevettero sguardi straniti dai genitori del maggiore anche dopo che
Luhan spiegò loro cosa ci facesse lì, mentre
mangiava dei toast al
grano. Quando i genitori di Minseok uscirono per andare a lavoro,
Luhan si mise a sfogliare gli appunti di biologia di Minseok senza
però leggerli davvero, e Minseok continuava a guardarlo
fregandosene
che il ragazzo potesse notarlo, fino a che Luhan non sollevò
lo
sguardo su di lui, per poi distoglierlo subito dopo. Si stava
avvicinando il momento in cui Luhan sarebbe dovuto andare a lavoro, e
un senso di disperazione stava crescendo nel petto di Minseok,
perché
era ancora sotto gli effetti degli eventi delle passate ore, e doveva
ancora sapere, ma se avesse lasciato che Luhan se
ne andasse
senza chiedergli nulla, non l'avrebbe mai fatto.
Doveva dire
qualcosa, qualsiasi cosa, ma la prospettiva era troppo spaventosa.
Ma
il bisogno di dire qualcosa era così forte che, senza
nemmeno
rendersene conto, aprì la bocca e disse,
“Hey.”
Luhan
lo guardò, sorridendo leggermente, per poi tornare agli
appunti.
“Hm?”
Minseok
entrò nel panico. Non aveva ancora pensato a cosa dire.
“Io, um.”
Si schiarì la gola nervosamente.
“Io—” Era così tentato di
dire semplicemente Lascia
perdere, mi sono dimenticato, ma
no! Era già arrivato così lontano (anche se, ad
essere onesti, non
era poi così lontano). Si agitò internamente,
cercando le parole,
per poi blaterare,
“Stavo dicendo una cosa a Jongdae l'altro giorno.”
Luhan
annuì, poi lo guardò e alzò la mano,
come se fosse in classe.
Minseok
sbatté le palpebre. “Sì?”
“Cosa
vuol dire 'l'altro giorno'? Le persone lo dicono tutto il tempo ma
non ho idea di cosa significhi. Quale altro giorno?”
chiese Luhan, con gli occhi grandi e sinceri.
Questo...
non era così che Minseok si aspettava andassero le cose. Ma
almeno
gli dava un po' più di tempo per pensare a cosa avrebbe
davvero
detto? “Significa, tipo. Un po' di tempo fa. Non ricordo il
giorno
specifico... quindi dico semplicemente 'l'altro giorno'.”
“Ahhhh,”
disse Luhan, annuendo. “È uno strano modo di
dire.”
“Io…immagino
di sì.”
“Comunque,
cosa stavi dicendo a Jongdae l'altro giorno?”
Minseok
deglutì a fatica. Forse avrebbero semplicemente dovuto
parlare dei
strani modi di dire coreani, invece. “Io…beh, sai
com'è strano
con Junmyeon e tutto. E dice sempre di non essere gay. E non
è che
non gli creda, ma... gli stavo solo parlando di una teoria che ho
io.” In tempi disperati (specialmente quando metti in dubbio
la
sessualità degli altri), torna sempre alla Teoria.
“Oh?”
esclamò Luhan, guardando l'orologio sul muro e cominciando a
raccogliere le proprie cose.
Minseok
annuì deciso, lo stomaco contratto perché Luhan
se ne sarebbe
andato presto e lui non aveva ancora raggiunto nulla.
“Sì. La
chiamo la mia Teoria Gay-Etero.”
Luhan
rise piano, chiudendo lo zaino. “Molto creativo.”
“Grazie.”
Minseok prese un profondo respiro. Se Luhan si identificava davvero
come
etero, allora la sua opinione sulla teoria di Minseok sarebbe stata
estremamente
importante.
“È solo – gli dico sempre che tutti...
tutti potrebbero
essere
gay, sai, se trovassero la persona giusta. Tipo, se a Jongdae piace
davvero
Junmyeon,
non significa per forza che sia gay. È solo che... magari
è un
po' gay,
no??”
Minseok si costrinse a guardare Luhan, trattenendo il fiato.
Luhan
non sembrò notare il nervosismo di Minseok, o
l'intensità del suo
sguardo, perché continuò a mettersi le scarpe e
il giubbotto e fece
un suono vago. “Capisco cosa intendi,” disse, che
era sempre
quello che diceva Luhan quando voleva che qualcuno sapesse che aveva
capito cosa stavano cercando di dire. Minseok non era sicuro dove lo
avesse imparato.
“…E?”
chiese Minseok, cercando di non far tremare la voce.
Luhan
si abbassò per allacciare uno stivale. “Forse la
preferenza
sessuale e l'amore sono cose diverse, e non puoi decidere di chi ti
innamori, che siano del sesso a cui solitamente vai dietro o
no.”
Minseok
rimase immobile, sbattendo le palpebre e cercando di non tenere le
speranze troppo alte. “È questo quello che
pensi?”
E
Luhan scrollò le spalle, continuando ad allacciarsi lo
stivale e
dicendo, “Non penso che l'amore sia una cosa che
può essere
controllata. Succede e basta.”
Minseok
si morse il labbro, guardando Luhan alzarsi e abbassarsi il berretto
sopra le orecchie, controllando ancora l'ora. La sua reazione
iniziale fu di esultanza, perché se questo era davvero il
pensiero
di Luhan sull'amore, questo significava che Minseok poteva davvero
avere una possibilità. Ma allo stesso tempo... e se Luhan
voleva
dire che sarebbe
potuto capitare,
ma che non stava capitando tra loro?
Per
un lungo, terrificante momento, Minseok fu pazzamente tentato di
dirlo, di dire tutto, di dire a Luhan che era innamorato di lui solo
per sapere se Luhan pensava di poter provare le stesse cose, ma le
parole gli si bloccarono in gola, e non disse niente, come al solito.
Luhan lo guardò e lo salutò allegro,
ringraziandolo per avergli
permesso di passare la mattina lì, e Minseok
annuì e lo salutò e
non disse assolutamente niente, così come non disse niente a
Kyungsoo quando si incontrarono più tardi.
Minseok
rimase in silenzio, come faceva sempre, ed ebbe difficoltà a
trovare
una linea d'azione perché Luhan era sempre così
affettuoso, sempre
adorante, e Minseok non sapeva dove fosse il confine tra amicizia e
qualcosa di più, o come quello che Luhan provava per Sehun e
Jongin
fosse diverso da quello che provava per Minseok. Non sapeva niente, e
a volte, era semplicemente troppo difficile essere innamorato di
Luhan.
Ma
Luhan aveva ragione – Minseok sapeva di per certo per
esperienza
che l'amore non poteva essere controllato. E a volte, questo
incasinava davvero le cose.
*******
Ciao a tutte :3 Volevo solo
ringraziarvi per le recensioni che avete lasciato fino ad ora, e
scusarmi per non aver ancora risposto, ma in questi giorni non sono
quasi mai a casa, e quando ci sono ho la connessione che va una
chiavica ;___; spero di riuscire e rispondere nei prossimi giorni, ma
nel caso non dovessi farcela sappiate che comunque leggo tutto e
apprezzo ogni singolo commento ♡ Alla prossima ~
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Capitolo 27 *** Capitolo 25 ***
A volte, Baekhyun trovava che
il suo problema più grande non era essere innamorato del suo
migliore amico, ma che Chanyeol era troppo perfetto. Dopotutto, non era
colpa di Baekhyun se si era innamorato di lui! Era colpa di Chanyeol
perché era troppo amabile. Baekhyun poteva gestire l'essere
innamorato di lui; si era esercitato per tanti anni, era bravo a
nasconderlo, era fattibile. Era Chanyeol che lo rendeva difficile.
Non era che
Chanyeol non avesse difetti, perché ne aveva, e a
Baekhyun non piaceva nemmeno pensare che non li avesse. Chanyeol era
troppo rumoroso, a volte troppo insensibile, troppo ottuso e troppo
irrazionale, e per metà del tempo infastidiva a morte
Baekhyun. Ma in qualche modo, tutte queste caratteristiche sembravano
rendere i momenti di assoluta perfezione di Chanyeol ancora
più insopportabili. Come poteva qualcuno che faceva
regolarmente venire voglia a Baekhyun di strangolarlo essere
così inspiegabilmente fantastico?
A volte
rendeva Baekhyun un po' acido, il modo in cui Chanyeol riusciva ad
essere così e farsi amare così tanto, e fu per
questo che, la domenica pomeriggio, si trovò ad aggrottare
le sopracciglia al diorama che lui e Chanyeol stavano mettendo insieme
per un progetto.
“Stai
bene,
Baek?” gli chiese Chanyeol, probabilmente già per
la quinta o sesta volta quel giorno. “Non hai freddo, vero?
So che senti freddo molto più facilmente di me. Posso
procurarti un maglione o qualcosa del genere.”
Baekhyun
scrollò le spalle miseramente, e Chanyeol lasciò
il tavolo della cucina per correre in camera, tornando un momento dopo
con una delle proprie felpe e aiutando Baekhyun ad indossarla. Era
enorme, perché Chanyeol era già molto
più alto di Baekhyun, e poi comprava sempre le felpe di una
misura più grande, per qualche motivo, ma Baekhyun era
abituato ad indossarle. Aveva perfezionato l'arte di arrotolare le
maniche, a questo punto.
“Così
va meglio, vero?”
disse Chanyeol, sorridendo mentre sollevava il cappuccio e stringeva i
lacci in modo che coprisse gli occhi di Baekhyun.
Il ragazzo
rise, togliendosi il cappuccio e appiattendosi i capelli. “Sì.
Grazie, Yeol.”
“Vuoi
qualcosa da bere?”
chiese Chanyeol, toccando un pezzo del loro diorama per assicurarsi che
fosse attaccato bene. “Abbiamo quasi finito tanto. Dobbiamo
solo dipingere una paio di cose, posso farlo da solo.”
“Non
devi farlo,”
disse Baekhyun, sospirando. “Hai già fatto tutto
il lavoro più difficile.”
“Voglio
farlo!”
esclamò Chanyeol. “Dipingere non è
nemmeno un lavoro. E poi, sei già abbastanza impegnato con
tutte le tue cose. Posso farlo io.” Si rialzò e
disse, “Vado a fare un po' di cioccolata calda. Stai
seduto!”
Baekhyun
sbuffò e diede un colpetto ad un filatoio del loro diorama
mentre Chanyeol spadellava in cucina. Poteva sentire l'acqua che
riempiva il pentolino, e quando sollevò lo sguardo, vide
Chanyeol prendere due tazze – una completamente bianca, e
l'altra con dei cagnolini disegnati sul bordo. Quella era la tazza
preferita di Baekhyun. Chanyeol versava sempre le sue bevande in quella
tazza, sebbene Baekhyun avesse fatto quel commento solo una o due
volte. Mentre Baekhyun guardava, Chanyeol mise la polverina di
cioccolata calda in entrambe le tazze, e poi mise un piccolo bastoncino
di caramella alla menta rossa e bianca in quella dell'amico, e un po'
di latte e sei o sette mini marshmallows. Non mise niente di speciale
nella propria tazza.
Baekhyun non
aveva mai detto a Chanyeol come gli piacesse la cioccolata calda.
Poteva solo presupporre che l'amico lo avesse visto prepararla una
volta, e avesse messo da parte quelle informazioni con lo scopo di
essere dolorosamente fantastico in futuro.
Chanyeol
tornò con le loro bevande qualche minuto dopo, e Baekhyun
sorseggiò dalla propria tazza mentre l'amico toccava diverse
parti del diorama per assicurarsi che fossero ben fissate e gli diceva
di quanti problemi gli avesse causato quel filatoio la notte precedente.
“Funziona
perfettamente ora che sei qui, però,” disse Chanyeol con
un sorriso. “Ora capisco che tutto quello che mi serviva per
aggiustare tutto era un Baekhyun. Non dovrebbe essere una sorpresa. Ho
imparato che i Baekhyun sono gli aggiusta-tutto della vita.”
Baekhyun
grugnì, sentendo un stretta particolarmente dolorosa al
cuore. “Ah sì?”
Chanyeol
annuì deciso. “Davvero e veramente.”
“Che
mi dici di quando rovinano tutto e hanno attacchi di panico
perché si sono iscritti a troppe attività
extra-scolastiche?”
“Hmm.” Chanyeol si
picchiettò il mento pensieroso. “Allora
è perché Chanyeol non sta facendo correttamente
il proprio lavoro.”
“E
quale sarebbe il lavoro di Chanyeol, esattamente?”
“Rendere
perfettamente felici i Baekhyun tutto il tempo!”
dichiarò il ragazzo. “Tutti sanno che i Baekhyun
non funzionano bene senza i propri Chanyeol, e viceversa.”
Chanyeol era
tutto ciò di cui Baekhyun aveva bisogno, e tutto
ciò che Baekhyun non poteva avere. Non nel modo in cui
voleva. “Già,” disse debolmente.
“Hey, ti va di guardare un film?
Ti lascio scegliere quale,” suggerì allegro
l'amico.
Baekhyun si
morse il labbro e per un minuto pensò egoisticamente al
proprio cuore. “A dire il vero, Yeol,
io…pensò che andrò da Minseok-hyung
oggi.”
Le
sopracciglia di Chanyeol si alzarono per la sorpresa, e Baekhyun
trattenne il fiato, aspettando una risposta. Forse, se Chanyeol avesse
voluto che restasse, questo avrebbe significato— “Oh.
Okay, penso. Non sapevo foste così amici, ma... voglio dire,
se vuoi andare, fai pure. Chi sono io per fermarti?” rise
piano.
Baekhyun
deglutì a fatica. Non si sarebbe dovuto aspettare un'altra
risposta. “Già. Ho solo... voglia di stare un po'
con Minseok-hyung oggi.”
“D'accordo.
Posso finire di dipingere questo, allora, e sarà pronto per
essere consegnato domani!”
Baekhyun
desiderava non facesse così male. “Posso stare, se
vuoi,” disse, cercando disperatamente qualcosa che lo
trattenesse dall'andare, un segno positivo, qualsiasi cosa.
Ma Chanyeol
disse semplicemente,
“Nah, vai pure! Se vuoi stare con Minseok-hyung, allora...
vai e fallo. Non è che sono il tuo solo amico!”
Baekhyun
dovette usare tutto il proprio autocontrollo per non sussultare.
“Okay. Allora... io vado. Grazie per tutto, sai, il progetto
e la cioccolata calda e tutto.”
Chanyeol
sorrise. “Tutto per il mio Baekhyun!”
Perché
doveva fare così male?
Baekhyun non
aveva davvero pianificato di andare da Minseok quel giorno, ma a questo
punto, pensava davvero di averne bisogno. Minseok era l'unica persona
che capiva. Oltre ad aver fatto in effetti coming out, Minseok non era
proprio in una situazione migliore di quella di Baekhyun, e a volte
aveva semplicemente bisogno di qualcuno tanto miserabile e perso quanto
lui.
Sperando di
non interrompere niente, Baekhyun andò dritto da casa di
Chanyeol a casa di Minseok, affrontando il freddo invece di prendere
l'autobus perché pensava che l'aria fresca lo avrebbe
aiutato a sentirsi meglio. Tutto ciò che fece fu deprimerlo
ancora di più.
Minseok
rispose alla porta, sembrando un po' più che sorpreso di
vederlo. “Oh, hey. Che succede?”
Baekhyun
scrollò tristemente le spalle. “Non lo so. Mi
sento una merda. Tu ti senti una merda?”
Minseok lo
fissò per un lungo momento, poi disse,
“Sì, più o meno. Ti va di
entrare?”
“Mi
piacerebbe.”
Baekhyun lo seguì dentro e si tolse il giubbotto, sfilandosi
le scarpe mentre diceva, “Scusa se ti disturbo tutto il
tempo.”
Minseok rise
leggermente e disse, “Non è un problema, essere
triste con qualcun altro piuttosto che essere triste da solo.”
“Sono
felice la pensi così,” sospirò
Baekhyun. Entrò in camera di Minseok seguendo il maggiore.
“Ti
va di parlarne, o metto un po' di musica?” chiese Minseok,
attaccando già l'iPod alle casse.
“Mi farebbe piacere un po' di
musica,” disse lui, e si sdraiò sul pavimento,
sollevando la gambe per poggiarle sul letto di Minseok. Il maggiore
finì di far partire la musica, e si voltò a
guardarlo, fissandolo a lungo prima di raggiungerlo senza dire una
parola. Baekhyun sorrise leggermente. Il pavimento era il miglior posto
per compatirsi, ed era sempre piacevole avere qualcuno che si compativa
volontariamente con te.
Rimasero a
lungo in silenzio, semplicemente ascoltando la musica e pensando, e
Baekhyun sentiva come se Minseok stesse aspettando che dicesse
qualcosa, ma non lo stava spingendo a parlare, e lo apprezzava.
Chiaramente, Minseok aveva molta esperienza col non essere pronto a
dire qualcosa ancora.
In effetti,
Minseok aveva davvero esperienza, ed era per questo che
aspettò in silenzio che Baekhyun fosse pronto, anche se non
fosse stato oggi, ammirava il più piccolo per essere stato
in grado di amare qualcuno così a lungo senza dire niente.
Ovviamente era molto più bravo con tutta questa cosa dei
sentimenti rispetto a Minseok.
Ma tutti
avevano i propri limiti, e Baekhyun sembrava aver raggiunto il proprio,
perché le prime parole che lasciarono la sua bocca da quando
Minseok aveva messo la musica furono, “Essere innamorati
è così difficile.”
Minseok fece
un suono vago, guardando il ragazzo accanto a sé, e disse
gentilmente,
“Non sapevo che fossi innamorato,”
perché Baekhyun non aveva mai ammesso nulla, e Minseok non
lo avrebbe forzato a fare niente.
Baekhyun lo
guardò, sorridendo grato, e poi disse, “Potrei
esserlo.”
“Vuoi
dirmi di chi si tratta?”
chiese Minseok. “O preferisci di no?” Minseok
sapeva chi era, comunque (perché non poteva essere nessun
altro), ma se Baekhyun voleva tenerlo anonimo, era una scelta sua.
Il
più piccolo sospirò. “Non l'ho mai detto
a nessuno prima.”
“Non
devi farlo. Fa molta paura. Io lo so bene.”
Baekhyun
rimase in silenzio per molto tempo, e poi disse, “Sono
innamorato di Chanyeol.”
“Sono
innamorato di Luhan.”
Baekhyun lo
guardò. “Lo sapevo.”
Minseok
sorrise. “Anche io.”
Ci fu un
breve momento di assoluto silenzio quando cambiò canzone
nell'iPod, e poi Baekhyun mugolò e chiese, “Quanto
è ovvio?”
“Non
lo è,”
gli assicurò il maggiore. “A meno che non lo
sappia già. Mi hai dato un sacco di indizi, però.
Non ti preoccupare, non è che lo sappiano tutti. Non come tutti sanno di
me.”
Baekhyun
sbuffò una piccola risatina triste. “Siamo un po'
patetici, non è così?”
“Forse.” Minseok
fissò il soffitto. “Non è una
situazione facile, comunque.”
“Non
dirlo a me,”
mormorò Baekhyun. “Più il tempo passa,
più diventa difficile.”
Minseok
grugnì. Non era quello che avrebbe voluto sentire.
“Come posso uscirne?”
Baekhyun rise
amaramente. “Se ci fosse un modo, l'avrei fatto tipo sei anni
fa.”
“Sei
una leggenda nel mondo dell'amore non corrisposto.”
Baekhyun
sospirò pesantemente. “Non pensi sia strano,
però? Che sia innamorato di Chanyeol?”
Minseok
scrollò le spalle. “Non proprio. Voglio dire, se
devo essere onesto al 100%, mi rende un po' egoisticamente felice,
perché sono stato l'unico ragazzo gay della scuola per anni.
Diventa stancante.”
“Io non sono gay,”
mormorò Baekhyun.
“Lo
so,”
gli assicurò Minseok. “Ma il fatto che ti piaccia
un altro ragazzo mi fa sentire un po' meglio per me stesso. In ogni
caso, non lo trovo strano.” Sorrise, poi disse, “Mi
piace pensare che tutti siano un po' gay.”
Baekhyun
rise. “Jongdae dice che glielo dici tutto il tempo.”
“È vero,”
rise Minseok. “E lo credo fermamente.”
“Dovrei
chiederlo a Chanyeol,”
disse un po' amaramente Baekhyun. “Vedere cosa ne
pensa.”
“Potrebbe
essere una buona idea, onestamente,” disse Minseok.
“Potrebbe aiutarti a capire come gestire le cose, se sei
stanco della posizione in cui ti trovi.”
“Sono
davvero stanco,”
si lamentò il ragazzo, e Minseok non soffriva nemmeno
lontanamente da tanto quanto Baekhyun, ma in un certo senso capiva.
Regnò
il silenzio, ancora, ma a Minseok non dispiaceva. Ascoltò la
musica che usciva dalle casse, pensando ai suoi sentimenti, all'amore e
a tutte le cose che Luhan gli aveva detto la mattina precedente.
Quando alla
fine Baekhyun riprese a parlare, fu per dire, “Non sarebbe da
pazzi se tu dicessi a Luhan che usciamo insieme e io dicessi a Chanyeol
la stessa cosa? Sarebbe pazzesco, vero? Mi chiedo cosa
farebbero.”
Minseok
grugnì. “È un'idea terribile.”
“Lo
so,”
disse Baekhyun. “Ma ci stavo solo pensando.”
Ora ci stava
pensando anche Minseok, e sì, era ancora una cattiva idea,
ma era comunque qualcosa da chiedersi. Cosa avrebbero fatto? Avrebbe risposto a un
paio di domande, no? Come avessero reagito ad una cosa del genere
avrebbe detto un bel po' su cosa provassero. (Fu un'idea allettante,
per un secondo, prima che Minseok si ricordasse quanto sarebbe potuta
finire male.)
“Hey hyung,” disse
Baekhyun un minuto dopo. “Come ti sentiresti se ci tenessimo
per mano per un po'?”
Minseok si
voltò verso di lui con un sopracciglio alzato
incredulamente. “Cominci a sembrare Luhan.”
Baekhyun
rise. “È solo che – Chanyeol si offre
sempre di tenermi la mano quando sono in un momento difficile. E ho
pensato che forse sarebbe una buona idea tenere la mano di qualcun
altro, per cambiare.” Si morse il labbro per un momento, poi
aggiunse, “A volte mi chiedo com'è tenere la mano
di qualcuno che non sia Chanyeol.”
Minseok
osservò il ragazzo per un momento, e davvero, quest'idea era
nettamente migliore rispetto alla precedente, quindi disse,
“Certo.”
Baekhyun
intrecciò le loro dita immediatamente, lasciando cadere le
mani tra di loro sul pavimento, i loro palmi premuti insieme ma non
troppo stretti. Non era intimo o niente del genere, più
confortante che altro, come se stessero prendendo forza e supporto
l'uno dall'altro. Nonostante questo, era... strano. Certo, Baekhyun e
Minseok non erano gli amici più stretti, nonostante le
simili circostanze, ma tenere la mano di Baekhyun non sembrava...
giusto.
“La
tua mano è troppo piccola,” disse piano
Baekhyun. “La mano di Chanyeol è molto
più grande. E calda. Le nostre mani stanno meglio insieme
rispetto alla mia e a quella di Chanyeol, ma non è... la
grandezza giusta.”
“Già,” disse Minseok,
perché sapeva cosa volesse dire il più piccolo.
Ma nessuno
dei due lasciò la presa, e Minseok alzò il volume
della musica, e non parlarono più, si limitarono a rimanere
sdraiati sul pavimento di Minseok, tenendosi per mano, in una domenica
pomeriggio, con la musica un po' troppo alta e autocommiserandosi,
perché questa era l'unica cosa che potessero fare. Probabilmente era strano
– probabilmente molto strano – ma a Minseok
non dispiaceva, e nemmeno a Baekhyun, quindi questo era quello che
fecero.
E avrebbero
continuato a farlo per molto tempo, se la porta di Minseok non fosse
stata aperta all'improvviso e Luhan non fosse entrato nella stanza.
Minseok dovette inclinare la testa in modo scomodo per vederlo, e lo
guardò sorpreso, perché cosa ci faceva
lì Luhan? Il ragazzo ricambiò lo sguardo, vedendo
Minseok con Baekhyun accanto, e Minseok non sapeva assolutamente cosa
dire.
“Uhhhh,” disse
stupidamente Luhan, gli occhi si spostarono sulle mani unite dei due
ragazzi.
Minseok si
rese conto all'improvviso di quanto strano potesse sembrare e
cercò immediatamente di ritrarre la mano, ma Baekhyun
strinse la presa, sorprendentemente forte e testardo. Minseok
cercò nervosamente di trovare un modo per spiegare la
situazione (senza che sembrasse sospetto). “Hey,
uh—”
“Ero
a casa di Kyungsoo,”
disse lentamente Luhan, continuando a guardare Minseok e Baekhyun con
le sopracciglia leggermente aggrottate. “E ho sentito la
musica. Ho bussato, ma non ha risposto nessuno, quindi sono
entrato.”
Minseok
deglutì, provando a mettersi a sedere nonostante Baekhyun si
rifiutasse ancora di lasciargli andare la mano. Il più
piccolo si spostò in modo che potessero rimanere attaccati,
sedendosi accanto a lui, e Luhan seguì il movimento con gli
occhi. “Già, uh, scusa,”
balbettò Minseok. “Non sapevo saresti
passato.”
“Non
sapevo che Baekhyun sarebbe stato qui,” disse Luhan.
“Non sapevo che voi due foste così...
intimi.”
Minseok
aprì la bocca per dire qualcosa (probabilmente qualcosa di
stupido), ma prima che potesse farlo, parlò Baekhyun,
“Solo ultimamente mi sono interessato ad avvicinarmi a
Minseok-hyung.” Il suo tono era deciso e sicuro, non lasciava
spazio alla conversazione.
Luhan lo
fissò per un momento, poi chiese, “Che mi dici di
Chanyeol?”
Minseok
guardò velocemente Baekhyun, giusto in tempo per vedere la
sua espressione incupirsi e il suo mento sollevarsi in un gesto di
sfida, anche se nei suoi occhi ci fu un breve lampo di paura.
“Cosa dovrei dirti di Chanyeol?”
chiese con fervore.
Luhan
abbassò immediatamente la testa, tirandosi indietro.
“Niente. Ho solo... pensato—”
“Il
rapporto che ho con Chanyeol è molto diverso da quello che ho con Minseok-hyung,”
puntualizzò Baekhyun.
“Oh,” disse piano
Luhan, e tornò a guardare Minseok, il quale distolse lo
sguardo velocemente.
Alla fine,
Baekhyun lasciò la presa ferrea che aveva sulla mano di
Minseok e si alzò in piedi. “Devo
andare,” disse. “Ciao, Minseok-hyung.” Lo
guardò e gli sorrise leggermente, gli occhi si addolcirono
per un momento mentre diceva, “Grazie per avermi ospitato
oggi.” Minseok annuì stupidamente, e Baekhyun
spostò lo sguardo su Luhan. “Ciao,
Luhan-hyung.”
“Ciao,”
ricambiò Luhan, sembrando ancora confuso e turbato, ma
comunque impassibile.
Baekhyun
uscì lanciando uno sguardo a Minseok, il quale
però non lo comprese, e lasciò il maggiore e
Luhan nella stanza, in silenzio e ovviamente a disagio. Minseok non
sapeva dove guardare e cosa dire, quindi si tenne impegnato alzandosi
da terra e abbassando la musica, e spolverandosi i pantaloni.
Luhan rimase
al suo posto sulla porta, guardando Minseok senza dire una parola, fino
a che all'improvviso non disse, “Baekhyun è
gay?”
Minseok si
irrigidì, il cuore gli batteva nervoso, e non aveva idea di
come rispondere. Cosa avrebbe voluto che dicesse Baekhyun? Alla fine
disse semplicemente, “Sai cosa ti ho detto sulle persone che
fanno un'eccezione per la persona giusta? Credo che Baekhyun sia
così.”
E Luhan
continuò a fissarlo, le dita si stringevano attorno al
giubbotto che aveva tra le braccia, e disse, “Oh.”
Minseok
deglutì e si strofinò i palmi sudati sulle cosce.
“Allora, uh, stai qui per un po'?”
Luhan ci mise
stranamente tanto a rispondere, “No, devo andare. Volevo solo
passare a vederti.”
“Oh. Okay. Fra – fra
un po' faccio merenda, se vuoi rimanere almeno per quello,”
disse Minseok, innervosito da quanto Luhan sembrasse passivo al momento.
“È tutto
okay,” rispose Luhan. “Devo davvero andare. Ci
vediamo a scuola. Ciao, Seok-ah.”
“Ciao,” disse debolmente
Minseok, e Luhan si voltò e si diresse alla porta.
Non appena se
ne fu andato, Minseok si sdraiò sul letto e
ripensò ai minuti appena passati, confuso, turbato e
incerto. Minseok era terribile a leggere le persone – il
peggiore, davvero - ma non sapeva nemmeno cosa Luhan pensasse che lui avesse
voluto
dire. Pensava che significasse che a Baekhyun piaceva Minseok, o aveva automaticamente
presupposto che si riferisse a Chanyeol?
Minseok
voleva fingere che non gli importasse cosa pensava Luhan,
perché per lui non avrebbe fatto alcuna
differenza, ma avrebbe solo mentito a se stesso.
Ci
pensò molto, per il resto della giornata. Ripensò
alla prima, cattiva idea di Baekhyun. Cosa avrebbe detto Luhan se Minseok gli
avesse detto che stava uscendo con Baekhyun. Gli sarebbe importato?
Avrebbe reagito con la stessa espressione impassibile? Si sarebbe congratulato? E
l'avrebbe fatto con sincerità?
Minseok aveva
il presentimento che Kyungsoo lo avrebbe rimproverato per averci
pensato per più di pochi minuti. Di solito, questo
significava che doveva smetterla di pensarci. Ma Minseok non era mai
stato sveglio per queste cose quanto Kyungsoo.
Sehun non
aveva un lungo trascorso di felicità. C'era stato davvero
poco spazio per la felicità nella sua vita, non quando aveva
passato i suoi primi anni in custodia del suo terrificante vicino
spacciatore di droga mentre sua madre lavorava per comprarsi una dose,
non nei suoi anni alle elementari e alle medie in cui passava da una
famiglia adottiva ad un'altra, bullizzato o rifiutato a scuola e
ignorato o usato a casa. Sehun aveva smesso di sperare nella
felicità, e aveva imparato a sopravvivere senza di essa. Era
diventato qualcosa di cui non aveva bisogno, qualcosa che avrebbe
portato solo delusione e rimorsi in futuro, qualcosa per cui non c'era
spazio nella sua vita.
Ma le cose
erano diverse ora. Il primo assaggio di Sehun di quello che sarebbe
potuto essere felicità era stato quando lui e Luhan erano
andati a prendere il bubble tea, e Luhan si era comportato come... come
un amico.
Come
se gli fosse piaciuto Sehun. Luhan si era sempre
comportato così, ma quel giorno era stato la prima volta in
cui Sehun, forse, gli aveva creduto. Ed era successo così
tanto da allora. Per la prima volta in tutta la sua vita, Sehun aveva
sentito di piacere, di essere apprezzato e ben voluto. Aveva condiviso qualcosa della
propria vita con qualcuno, e in cambio quel qualcuno aveva condiviso
qualcosa della propria. Era stato spaventoso, e ci era voluto tanto
perché Sehun si sentisse a proprio agio con l'idea, ma aveva
imparato che sorridere di tanto in tanto non faceva male a nessuno, e
aveva imparato che ridere era un'emozione incredibilmente liberatoria,
Sin dal
giorno di San Valentino, Jongin era diventato... diverso. Solo un po',
ma Sehun l'aveva notato. Guardava Sehun, lo guardava e basta, e non
diceva davvero niente ma l'espressione sul suo viso era diversa.
Cercava di far ridere Sehun con ogni mezzo, e sebbene non avesse
successo molto spesso, riusciva comunque a farlo sorridere di
frequente. Sehun non cercava più di trattenersi. Jongin era
diventato anche più intraprendente con il contatto fisico,
gettando un braccio sopra le sue spalle o guidandolo con un braccio
attorno ai fianchi. Una mattina, sorprese Sehun abbracciandolo da
dietro davanti agli armadietti, posando la testa sopra la sua spalla, e
Luhan lo aveva abbracciato qualche volta, ma questo gli era sembrato...
molto diverso. Sehun non era sicuro in che modo fosse stato diverso, ma era
così, e forse non in modo negativo. Pensava avesse qualcosa
a che fare con il modo in cui il suo cuore avesse accelerato, e di come
si fosse sentito freddo quando Jongin lo aveva lasciato andare.
Febbraio
diventò Marzo, e il tempo si fece lentamente un po' meno
terribile, e con ogni giorno che passava, Sehun sorrideva di
più, e si sentiva più leggero. Cominciava a
sentire come se la felicità non fosso proprio fuori
questione, dopotutto.
Avrebbe
dovuto sapere bene che non era così.
Come parte
del suo programma adottivo, Sehun di tanto in tanto doveva stare a
scuola dopo le lezioni per parlare con il consulente scolastico e con
il preside, e doveva essere visitato dall'infermiera per controllare
che andasse tutto bene sia a scuola che a casa. Di solito questo
avveniva di venerdì, quindi Jongin non poteva aspettarlo
perché aveva le lezioni di danza, ma questo volta era un
giovedì, perché il giorno seguente sarebbe stato
vacanza, e Jongin aveva detto a Sehun di incontrarlo subito dopo in
modo da poter fare qualcosa insieme. L'incontro andò
esattamente come tutte le altre volte, forse un po' meglio del solito
perché Sehun disse loro le cose senza essere costretto, e
uscì in meno di un'ora.
Uscì
dall'ufficio e si guardò intorno, rendendosi conto
all'improvviso che non aveva idea di dove avrebbe dovuto incontrare
Jongin. Probabilmente da qualche parte dentro la scuola, dato che c'era
troppo freddo per aspettare fuori così a lungo. Scrollando
le spalle, si diresse verso la propria classe, immaginando che il
ragazzo potesse essere lì.
Jongin non
era in classe, non era agli armadietti, e non era nemmeno ai bagni del
secondo piano. Sospirando con un piccolo sorriso che gli tirava le
labbra, Sehun si diresse verso le scale per vedere se Jongin lo stesse
aspettando da qualche parte al piano di sotto, e passò
vicino ad un paio di ragazzi che si lamentavano dei turni delle pulizie.
Sehun era
riuscito a non farsi notare da nessuno tranne Luhan e Jongin fino ad
ora, e avrebbe dovuto sapere che non sarebbe potuta durare a lungo.
Superò
il gruppetto di ragazzi rumorosi senza guardarli due volte, ma quando
raggiunse il pianerottolo tra la prima e la seconda rampa di scale, un
ragazzo con dei capelli neri e scompigliati e un'espressione irritata
sul viso gli passò davanti dandogli una spallata, e per
istinto, Sehun fece lo stesso; il ragazzo inciampò di lato.
Immediatamente, il ragazzo si fermò e si voltò
verso di lui, e una familiare sensazione di terrore fece gelare Sehun.
“Non chiedi scusa,
huh?” abbaiò il ragazzo, e Sehun
cominciò ad ansimare. Non poteva accadere di nuovo. Non
poteva ricominciare, quando Sehun aveva finalmente pensato di essere
riuscito a scamparla.
“Mi
vuoi spingere ancora?”
gli chiese, spingendo violentemente Sehun con un gomito. Era
considerevolmente più grande di lui, fisicamente, e Sehun
indietreggiò, evitando il suo sguardo mentre rimbalzava
leggermente contro il muro. “Non sei più tanto
coraggioso ora, vero? Pensi di poter spingere le persone sulle scale, e
poi scappare via prima di affrontare le conseguenze?”
Sehun non
fece niente, non reagì, non alzò la testa e non
si mosse o parlò. Tutto quello che fece fu sussultare quando
il ragazzo gli afferrò l'uniforme e lo tirò in
avanti leggermente prima di sbatterlo nuovamente contro il muro,
abbastanza forte da fargli sbattere la testa e renderlo vagamente
intontito prima che il dolore cominciasse a pulsare. Trattenne un
lamento di dolore.
“Non
ti ribelli, ragazzino? Non riesci nemmeno a difenderti, huh? Andiamo,
colpiscimi,” lo derise il ragazzo, spingendo Sehun di lato e
colpendolo leggermente sulla guancia. “Colpiscimi, vediamo
cosa possono fare quelle braccina magre.” Lo spinse ancora
contro il muro, e Sehun ansimò quando la testa gli
pulsò. Si guardò intorno disperato, tremante,
sentendosi nauseato mentre il ragazzo lo scuoteva, cercando di farlo
reagire. Riusciva a sentire vagamente i ragazzi di prima chiamare il
ragazzo che lo stava mettendo all'angolo, ma a malapena sentiva
qualcosa sopra il proprio battito. Tremava violentemente a questo
punto, l'unico movimento permesso dal suo terrore agghiacciante, e
sapeva di non dover lottare, o dire niente, ma doveva fare qualcosa
perché sentiva di poter svenire da un momento all'altro.
E proprio
mentre pensava che il panico gli avrebbe fatto fare qualcosa di cui si
sarebbe davvero pentito, con la coda dell'occhio vide un movimento alla
fine delle scale, e guardò in basso vedendo Jongin che lo
fissava.
Il ragazzo
che gli stava punzecchiando il petto smise quando notò gli
occhi spalancati di Sehun, e si voltò verso Jongin.
Grugnì forte. “Oh, hai chiamato
quella femminuccia di Kim Jongin per venire a salvarti?”
sghignazzò.
Sehun
aspettò che Jongin facesse qualcosa, qualsiasi cosa, ma il ragazzo rimase
lì, immobile, e qualcosa si strinse e morì nel
petto di Sehun. Un altro ragazzo apparve in cima alle scale,
richiamando quello che lo stava infastidendo, il quale
sbuffò e gli diede un'ultima spinta per poi andare a
raggiungere gli amici. Risero mentre si allontanavano, abbastanza forte
perché Sehun capisse che stavano ridendo di lui, e la
sensazione di vergogna e disgusto erano tanto forti quanto il dolore
che provava alla testa. Sehun non riusciva a muoversi dal suo posto
all'angolo del pianerottolo; continuò a fissare Jongin, il
quale ricambiava lo sguardo con occhi sgranati e spaventati.
Alla fine,
Sehun prese un profondo respiro, e poi scese le scale e
superò Jongin, scrollando via la mano che cercò
di afferrargli il braccio, e si diresse in fondo al corridoio.
“Sehun!” lo
chiamò Jongin, come se si fosse risvegliato dalla sua trance.
Sehun
continuò a camminare, a malapena riusciva a respirare mentre
la gola gli si chiudeva e gli occhi cominciavano a bruciargli; non si
voltò e aumentò il passo.
“Sehun, aspetta!” lo
chiamò ancora Jongin, e Sehun cominciò a correre.
Una mano si
posò sulla sua spalla, e Sehun la colpì forte,
per poi aprire per la prima volta la bocca e urlare, “Non toccarmi! Ti odio!”
“Sehun, ti prego, lasciami
– lasciami solo—” disse disperatamente il
ragazzo.
Ma Sehun non
si fermò, nemmeno per un secondo, continuò a
cercare di allontanarsi da Jongin, non era sicuro di volere che Jongin
lo seguisse. Ma ovviamente, Jongin lo fece, fermandolo e dicendo, “Mi dispiace,
Sehun, io—”
E Sehun lo
interruppe, rifiutandosi di guardarlo, e disse, “Non hai nemmeno
fatto niente! Non hai nemmeno finto che ti importasse.”
La sua voce era pericolosamente vicina al punto di rottura, e Sehun era
così arrabbiato, così umiliato, così
incredibilmente distrutto.
“Mi
dispiace, Sehun, non sapevo cosa fare, mi sono bloccato, ti prego
lasciami parlare,”
disse Jongin, e sembrava stesse per mettersi a piangere, ma a Sehun non
importava.
“Non
voglio parlare con te,”
scattò Sehun. “Non voglio parlare con nessuno.
Lasciami—”
Prima che
potesse finire, delle forti mani lo fecero voltare e lo tirarono in
avanti, e Sehun inciampò e cadde contro un robusto petto
mentre delle braccia calde lo circondavano. Sehun lottò per
districarsi, gridando contro Jongin, ma il ragazzo non lo
lasciò andare, stringendolo più forte e
nascondendo il viso nella sua spalla. “Mi
dispiace,” singhiozzò. “Mi dispiace, mi
dispiace, volevo aiutarti.”
E qualcosa in
Sehun si ruppe, e si lasciò andare, completamente e senza
riserva, collassando contro Jongin e singhiozzando forte. Il ragazzo lo
abbracciò, poggiandosi contro il muro e scivolando sul
pavimento mentre Sehun si aggrappava a lui disperatamente, incapace di
fermarsi mentre crollava del tutto. “Dico
davvero,” disse rocamente, “Mi dispiace, non vorrei
mai che ti facessi male.”
E tutto
quello che Sehun poté fare fu attaccarsi a lui, nascondere
il viso contro il petto di Jongin mentre piangeva. “Non hai il
permesso di smettere di tenere a me. Non puoi.”
Jongin lo
strinse più forte, chiudendo i pugni attorno alla sua
camicia. “Non potrei mai, mi importa sempre, mi
importerà sempre di te, lo giuro.”
Sehun pianse
fino a non avere più lacrime. Le lasciò cadere
liberamente, con i singhiozzi che gli dilaniavano il petto; pianse
tutte le lacrime che aveva trattenuto per anni, pianse per il bambino
che non aveva mai avuto un'infanzia normale e per il ragazzino che non
aveva mai saputo cosa significasse essere amati. Ci volle molto tempo
perché si calmasse, probabilmente troppo, ma Jongin lo tenne
semplicemente stretto e non disse nulla, lasciando che Sehun si sedesse
sulle sue gambe e si poggiasse contro il suo petto mentre piangeva.
Anche Sehun non disse niente, ma nella sua testa, ogni singhiozzo
inespresso era un'altra spiegazione, un altro 'nessuno ha mai voluto
aiutarmi, a nessuno è mai importato di me, nessuno mi ha mai
voluto'. E nella sua testa, immaginava Jongin che gli sussurrava,
“Io
sì,
io
si,
io
sì.”
E forse, se
l'avesse lasciata, la voce interiore di Sehun avrebbe detto, 'Nessuno mi ha mai amato,' e
la voce di Jongin nella sua testa avrebbe sussurrato, “Io
sì.”
Alla fine, i
singhiozzi di Sehun si placarono fino a diventare respiri interrotti, e
Jongin lo tenne contro il proprio petto e gli accarezzò i
capelli, confortandolo in silenzio. Con un ultimo respiro tremante,
Sehun si strofinò gli occhi, poi sollevò con
esitazione la testa per guardare Jongin. Il ragazzo incontrò
il suo sguardo senza riserva, la sua espressione era completamente
sincera e aperta, e Sehun non riusciva a respirare, e non riusciva a
distogliere lo sguardo, e quella cosa che gli era morta nel petto
tornò in vita in un istante.
“Sehun,”
sussurrò Jongin, e lo sguardo che gli lanciò era
troppo lungo, troppo intenso, significava troppo. E poi si
chinò in avanti, e Sehun era completamente immobile mentre
Jongin lentamente – terribilmente lento –
eliminò i pochi centimetri che li separavano e premette le
loro labbra insieme.
Il bacio fu
abbastanza lungo e deciso da scioccare Sehun nel profondo. Jongin si
ritrasse un momento dopo, continuando a guardarlo, e Sehun
ricambiò lo sguardo, non sapendo cosa dire mentre Jongin
sembrava diventare sempre più nervoso e insicuro.
“…Sehun?” disse Jongin,
con voce piccola e titubante.
Ci volle un
altro momento perché Sehun ritrovasse la voce. “Perché
l'hai fatto?”
Jongin
deglutì a fatica, tutto il coraggio di prima evaporato.
“Sehun, io ti piaccio?”
“Perché
l'hai fatto,
Jongin?”
Un profondo
respiro, e poi,
“Perché volevo farlo.”
“Perché?” Premette Sehun.
Jongin emise
un suono di frustrazione, e alla fine rispose,
“Perché mi piaci, e a volte è difficile
non baciare la persona che ti piace.”
“Io
ti piaccio.”
Più che una domanda, era un'affermazione incredula.
“Davvero
tanto.”
“Perché?”
Jongin rise
leggermente. “Non lo so di preciso nemmeno io. Queste cose
accadono e basta a volte. Tu mi piaci da tanto,
però.”
Sehun
deglutì, la testa gli girava. “Ti piaccio senza
motivo.”
“Mi
piaci per diversi motivi,” ribatté
Jongin.
“Hai
appena detto che non sai perché.”
Jongin si
morse il labbro, guardando Sehun con intensità, poi disse,
“Mi piaci perché sono sempre felice quando ti
vedo, e perché sono triste quando non posso. Mi piaci
perché ogni volta che ti guardo, provo quest'intensa ondata
di emozioni e affetto e il mio cuore palpita per tutte queste
sensazioni. E quando mi sorridi, vorrei davvero baciarti. Praticamente
vorrei baciarti tutto il tempo. È per questo che so che mi
piaci.”
Sehun lo
fissò, senza fiato e totalmente scioccato. Non sapeva come
rispondere. “Non sono mai piaciuto a nessuno
prima,” disse debolmente.
“Beh,
a me sì.”
Ricordò
a Sehun la conversazione immaginaria di pochi minuti fa nella sua testa. “Non so cosa
fare,” disse onestamente.
Jongin lo
guardò con occhi gentili. “Puoi fare quello che
vuoi.”
“Non
ti interessa?”
“Mi
interessa molto. Ci sono un paio di cose che spero farai, e altre che
spero vivamente non farai. Ma non ti voglio pressare,” disse deciso
Jongin.
Sehun si
sentiva frastornato. Era troppo, aveva provato sin troppe emozioni
nell'ora passata ed era stravolto e non sapeva cosa fare, o cosa
provare. “Cosa speri che faccia?” chiese,
perché voleva sapere a cosa puntasse Jongin. Sehun sapeva
più di chiunque altro che alcune persone avevano idee
diverse circa le relazioni, che fossero romantiche o no.
Jongin si
leccò le labbra nervosamente. “In tutta
onestà?”
“In
tutta onestà.”
“Speravo
ricambiassi il mio bacio,” ammise Jongin,
abbassando la testa imbarazzato. “E che mi dicessi che anche
io ti piaccio. E poi speravo che avremmo potuto avere alcuni
appuntamenti davvero smielati e che ti avrei potuto tenere per mano in
corridoio e magari baciarti qualche volta, e avrei potuto aiutarti con
tutti i tuoi problemi e tu avresti potuto ridere alle mie battute e,
sai, cose così. Ma, voglio dire, non sono troppo
esigente.” Sorrise leggermente, le guance rosse mentre
abbracciava Sehun gentilmente, così delicatamente, ma
abbastanza stretto da far sentire Sehun al sicuro. Un senso di
sicurezza non era qualcosa a cui Sehun era abituato.
Un sorriso
tirò le labbra di Sehun – qualcosa che, fino a
pochi minuti fa, non pensava sarebbe successo di nuovo così
velocemente, se mai fosse successo ancora. “Ci hai pensato
davvero tanto.”
“Già,” ammise Jongin.
Il cuore di
Sehun cominciò a battere velocemente, e qualcosa gli si
strinse nel petto, ma qualcosa di positivo. Sehun conosceva il dolore,
e questo era esattamente l'opposto. (Questa era la cura) “Devo prendere la
mia decisione ora?”
Gli occhi di Jongin si spalancarono
immediatamente, e scosse la testa. “No! No, certo che no.
Prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno. Io posso aspettare. Posso
aspettare per sempre.”
Nessuno dei
due si mosse, e Sehun guardò a lungo Jongin, lo
guardò dritto negli occhi, e vide sincerità e
onestà senza confini, e qualcos'altro, qualcosa come
affetto, qualcosa che forse Sehun avrebbe dovuto vedere tempo fa. Sehun
lo guardò, semplicemente provando, e la sua testa era troppo
confusa per gestire le cose, quindi si affidò solo
all'istinto. Sehun non aveva mai lasciato che fosse il suo cuore a
pensare per lui, perché il cuore dimenticava il dolore e il
rimorso troppo facilmente, ma in questo momento, Sehun pensava che il
suo cuore conoscesse la risposta migliore. “Okay,”
sussurrò, e si chinò molto lentamente, come
Jongin aveva fatto poco prima. Gli occhi del ragazzo si spalancarono, e
Sehun gettò al vento l'apprensione e la paranoia,
perché sentiva che questo era giusto, sentiva che era una buona idea, e lo
sentì ancora di più quando prese il viso di
Jongin tra le mani per baciarlo gentilmente. Le cose erano davvero
incasinate, e davvero confuse nella testa di Sehun, ma questo era
davvero semplice. A volte, Jongin era l'unica cosa che brillava
luminosa e chiara nella vita offuscata di Sehun.
Quando Sehun
si ritrasse un momento dopo, Jongin lo stava guardando con occhi
meravigliati, come se non riuscisse a credere che questo stava
succedendo. Sinceramente, Sehun conosceva quella sensazione. “Sai,”
disse Jongin, fermandosi per schiarirsi la voce. “Spero tu
sappia che questo significa che non ti libererai mai più di
me.”
E Sehun
sorrise, luminoso e non trattenuto (rotto, ma curato), e Jongin lo
tirò in un altro bacio. “Non mi
è mai piaciuto nessuno prima,” sussurrò
Sehun contro le sue labbra calde.
Jongin
annuì, e la sensazione travolse Sehun come un brivido di
felicità. “Penso mi piacerebbe essere il tuo
primo.”
Sehun rise,
troppo stravolto per trattenersi (o forse non ne aveva semplicemente
bisogno), e sussurrò, “Sì,
forse.”
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Capitolo 28 *** Capitolo 26 ***
“Minseok, ho bisogno che mi porti alla Namsan Tower
oggi.”
Luhan diceva
sempre così, quando era di un certo umore. Ho bisogno che faccia questo o quello.
Come un bambino esasperante di 3 anni o giù di
lì. Minseok non era sicuro dove l'avesse sentito, ma aveva
imparato che quando Luhan cominciava la conversazione con quelle
parole, con quell'intonazione, avrebbe finito per fare qualsiasi cosa
Luhan avesse bisogno che facesse, che lo volesse o
no.
“E
perché hai bisogno che lo faccia, esattamente?” chiese comunque,
poggiandosi allo stipite della porta e sollevando un sopracciglio.
Luhan si era presentato ancora una volta senza preavviso, vestito con
degli abiti caldi e con le mani sui fianchi, ma almeno oggi non aveva
semplicemente fatto irruzione in casa. Era un miglioramento.
“Perché,” rispose Luhan,
“è vacanza. O qualcosa del genere. E non inizio a
lavorare prima delle 15, il che è fantastico! Un sacco di
tempo libero!”
Onestamente,
avere così tanto tempo libero era fantastico, a questo punto.
Luhan aveva lavorato davvero troppe ore recentemente, specialmente nei
fine settimana. Che avesse ottenuto la mattina e buona parte del
pomeriggio di riposo era un piccolo miracolo, per quanto ne sapeva
Minseok.
“Ma questo cosa ha a che fare con me?” chiese.
“E con Namsan Tower?”
“Beh,
io devo
andare
a Namsan Tower, è la regola. Vivo in Corea da sei mesi e
ancora non ci sono stato! E poi ho letto che non è
così costoso se prendiamo l'autobus invece della funivia e
non andiamo in cima.”
Luhan sorrise come se fosse stato molto fiero di sé.
“E tu devi venire con me
perché prima di tutto, sei il mio aiutante per il progetto
ed è il tuo lavoro, e in secondo luogo, finalmente ho del
tempo libero! Non vuoi passare un po' di tempo con me,
Seok-ah?”
Sinceramente,
Minseok non lo sapeva nemmeno più. Con i pazzi orari di
lavoro, Minseok non aveva potuto vedere l'amico fuori da scuola sin dal
giorno in cui era entrato in camera sua, quando c'era Baekhyun. Minseok
aveva pensato che allontanarsi leggermente da Luhan gli avrebbe fatto
bene, dato che il ragazzo gli stava causando tutti quei problemi
emotivi. Ma Minseok non si era mai davvero allontanato da lui. Quando
Luhan stava lavorando, Minseok pensava a lui, preoccupandosi se stesse
mangiando abbastanza o dormendo abbastanza. E la notte, quando Minseok
cercava di sfuggire ai pensieri su Luhan dormendo, il ragazzo gli
faceva visita nei suoi sogni, ogni singola notte. (Alcuni sogni erano
imbarazzantemente sdolcinati e banali, mentre altri erano estremamente
intimi e sporchi, e quelli erano difficili da dimenticare.) Ad ogni
modo, Minseok dubitava che passare più tempo con Luhan
avrebbe risolto il problema.
Ma Minseok
era innamorato di Luhan per una ragione – per diverse ragioni
– e anche se non lo fosse stato, gli mancava semplicemente
uno dei suoi migliori amici. Innamorato o no, a Minseok piaceva
semplicemente stare con Luhan.
“Beh
e se io volessi passare la giornata di vacanza con qualcun altro?” chiese comunque,
più che altro perché Luhan reagiva sempre bene
agli scherzi, ma anche perché a volte Minseok si irritava
per non riuscire mai a dirgli di no.
“Tipo
chi?”
domandò Luhan, sembrando scandalizzato e sospettoso.
“Potresti
conoscerlo, il suo nome è Jongdae, ed è il mio
migliore amico,”
disse Minseok, con un ghigno sulle labbra.
L'espressione
di Luhan si fece più chiara, e disse, “Oh, lui. Puoi
stare con lui dopo! Devi passare del tempo con me!”
Minseok
grugnì, alzando gli occhi al cielo. “D'accordo,
d'accordo. Ti porterò alla Namsan Tower. Porto anche da
mangiare, visto come sono gentile?”
L'unica
risposta che ricevette fu un suono felice ed eccitato mentre il
cipiglio di Luhan si trasformava in un sorriso allegro.
Luhan era di
umore eccezionalmente buono mentre lui e Minseok prendevano la metro
verso la fermata dell'autobus che li avrebbe portati a Namsan, parlava
di quanto fosse felice che la neve stesse finalmente cominciando a
sciogliersi e di quanto fosse eccitato di visitare una grande
attrazione turistica. Minseok si limitò a sorridere e
ascoltare, godendosi l'infallibile entusiasmo dell'amico.
“Quante
volte sei stato alla
Namsan Tower, Seok-ah?” chiese Luhan, dando uno sguardo allo
schermo che indicava a quale stazione stessero arrivando.
“Zero, a dire il
vero,” rispose Minseok, ridacchiando per l'espressione
scioccata del ragazzo. “Non ci sono mai stato. Non sono
sicuro del perché. È più una cosa da
coppie, no? Non ho mai avuto nessuno con cui andare prima.”
“Lo
è?”
chiese Luhan, illuminandosi.
Minseok
scrollò le spalle. “Penso di
sì,” disse, e cercò di non arrossire.
Stava diventando più bravo a controllarsi, ultimamente.
Arrivarono
alla fermata dell'autobus poco dopo, e dovettero aspettare pochi minuti
prima che arrivasse il successivo. “Sei sicuro di non
voler prendere la funivia?” chiese Minseok. “Sono
più fighe dell'autobus. Posso pagare il tuo biglietto, se
vuoi andare.”
Luhan scosse
la testa sinceramente. “Io a dire il vero…non
voglio prendere la funivia,” disse, mordendosi il labbro
imbarazzato. “Non mi piace, sai, stare così in
alto.”
“Hai
paura dell'altezza?”
chiese Minseok, sorpreso.
Il ragazzo
scrollò le spalle, dando un calcio all'asfalto e chiudendo
il giubbotto.
“Solo un po',” mormorò. “Mi
rende nervoso.”
Così
adorabile, sussurrò la vocina
nella testa di Minseok. Come fa ad essere
così adorabile? A voce alta, invece, disse,
“Va tutto bene, non dobbiamo salire sulla funivia se non
vuoi,” e sorrise per l'imbarazzo di Luhan.
Il tragitto
in autobus non durò molto, e li portò dritti al
primo osservatorio prima della salita alla torre. Luhan
squittì mentre Minseok lo tirava ad osservare la
città che si estendeva sotto di loro. “Guarda che
vista!” esclamò senza fiato.
“È così grande e bella.”
Minseok
sorrise, raggiungendolo accanto al muro. “Vuoi che ti faccia
una foto?” chiese.
Con sua
sorpresa, Luhan scosse la testa. “No, voglio che ci
sia anche tu,” disse.
Minseok
deglutì. “Sì?”
“Certo!” disse Luhan, e
cominciò a guardarsi intorno per cercare qualcuno che
potesse scattare la foto. Era ancora troppo presto nell'anno
perché ci fossero tanti turisti o visitatori casuali, e
troppo presto nella mattina perché ci fossero grandi gruppi,
quindi erano praticamente soli alla fermata, ma Luhan trovò
un'anziana signora dall'aria gentile che facesse la foto, e poi
andò a mettersi in posa accanto a Minseok, portandogli un
braccio attorno al collo e tirandolo vicino. Minseok si
irrigidì per un momento, poi si rilassò e sorrise
allegramente. Non c'era bisogno di comportarsi in modo strano. Era solo
una foto.
Dopodiché,
dovettero semplicemente fare una piccola salita lungo la montagna,
attraverso una foresta di alberi ancora spogli, per raggiungere la
torre. Luhan era tanto energico come sempre, saltava e guardava
allegramente nonostante il vento freddo e la salita estenuante.
“Sbrigati, Seok-ah, è proprio
qui!” lo chiamò, agitando la fotocamera.
“È troppo
dura,” si lamentò Minseok, facendo una pausa per
strofinarsi le cosce indolenzite. “Posso aspettare
qui?”
Luhan rise
forte. “No, e ora andiamo, ci sono solo un paio di scale e
poi ci siamo.”
Per qualche
miracolo, Minseok riuscì ad arrivare senza collassare
(doveva davvero rimettersi in forma), e onestamente, non pensava
che la torre fosse così impressionante, ma Luhan
sembrava trovarla fantastica. Si fece fare un sacco di foto
da Minseok, sembrando un turista nonostante vivesse a Seoul, e sebbene non
sarebbero saliti sulla torre, c'erano comunque un sacco di cose da
vedere.
“Guarda, Seok-ah!”
esclamò Luhan da sopra una rampa di scale che portava ad un
altro piano. “È il Muro dei Love Lock!”
Minseok
sorrise mentre lo raggiungeva. “Ne vuoi mettere
uno?” chiese.
Luhan fece un
suono vago, leggendo uno dei lucchetti che era scritto in cinese.
“Magari la prossima volta,” rispose. “Non
credo sia il momento ora.”
Minseok
forzò una risata, e si castigò per aver chiesto
qualcosa di così stupido.
“Guarda
qui!”
esclamò Luhan, probabilmente per la nona volta quel giorno,
mentre correva verso qualcos'altro che aveva attirato la sua
attenzione. Sotto il berretto, la sua frangetta era madida di sudore,
sebbene si gelasse fuori. Come era riuscito a sudare con questa
temperatura? “Guarda quelle panchine!”
Minseok lo
seguì fino ad una lunga fila di panchine che, invece di
avere il sedile piatto, erano state costruite in modo che si piegassero
al centro, come se qualcuno di molto pesante ci si fosse seduto sopra e
avesse ceduto. “Panchine dell'Amore?” Minseok lesse
il cartello, grugnendo. “Seriamente?”
“Sono
per le coppie timide,”
rise Luhan, andandosi a sedere su un lato e scivolando al centro.
“Ti costringono a stare vicini.”
“È
ridicolo.”
“Vieni
a sederti con me!”
Minseok non
si sarebbe dovuto sorprendere per quella richiesta. “Sono per
le coppie, Lu,” disse, alzando gli occhi al cielo.
“Minseok, ho bisogno che venga a sederti con
me.”
Minseok
andò. Perché andava sempre?
Luhan
ridacchiò quando l'inclinazione della panchina li spinse
insieme, sollevò la macchina fotografica puntandola su di
loro. “Pronto?”
“Tutto
questo è ridicolo,” disse Minseok.
“Zitto,
ci stiamo avvicinando!”
insistette Luhan. Cinse il collo di Minseok con un braccio e lo
tirò vicino, fino a che le loro teste non si toccarono.
“Così
è molto vicino,” disse Minseok, ma
non pensava che Luhan lo avesse sentito.
“1, 2, 3, cheese!”
cinguettò il ragazzo, e premette la propria guancia contro
quella di Minseok proprio un secondo prima che la macchina scattasse.
Minseok si
schiarì la gola e si alzò non appena la
fotocamera fu abbassata. “Okay, e ora?”
Luhan
vacillò, poi si alzò a sua volta. “Um,
cibo? Probabilmente è ora di mangiare per te, no?”
Minseok
guardò l'ora nel telefono e sussultò. Avrebbe
dovuto mangiare quindici minuti fa – ecco perché
si sentiva così stordito, soprattutto dopo quella salita.
“Già, dovremmo farlo il prima
possibile,” disse. “Dove ti vuoi sedere? A parte le
Panchine dell'Amore, ovviamente.”
Il sorriso di
Luhan sembrava un po' forzato. “Certo,”
rispose. “Che ne dici delle scale?”
Non ci voleva
mai molto perché Minseok si ricordasse perché gli
piacesse così tanto passare del tempo con Luhan. Il ragazzo
passò tutta la loro pausa merenda a lanciare pezzettini del
suo muffin ai mirtilli agli uccellini e a ridere di cuore per la
propria imitazione del loro insegnante di biologia, afferrando il
braccio di Minseok per supporto mentre si asciugava le lacrime. Faceva
terribilmente freddo fuori, anche se la primavera si stava avvicinando
velocemente, ma Minseok a malapena ci pensò mentre Luhan lo
coinvolgeva in una conversazione circa le sue opinioni sulla stagione
calcistica di quell'anno. Era facile capire perché si fosse
innamorato. Non rendeva la sua situazione più semplice,
ovviamente, ma poteva consolarsi con il pensiero che fosse una cotta
ben fondata, almeno.
Luhan si
annoiò di Namsan Tower dopo un po', dopo aver osservato
tutta la città e aver sorriso e sospirato felice, e
cominciarono a ridiscendere la montagna. Minseok tenne gli occhi sui
propri piedi, per paura di poter inciampare su qualcosa sul cammino,
quindi rimase sorpreso quando Luhan fece scivolare gentilmente la mano
nella sua, come se pensasse che non se ne sarebbe accorto se non
l'avesse reso troppo ovvio.
Minseok si
voltò a guardarlo, e vide che Luhan stava fissando i propri
piedi, con espressione impassibile. “Cosa stai
facendo?” chiese stupidamente.
Luhan
continuò a camminare come se non ci fosse niente di strano.
“Ti tengo per mano,” disse semplicemente.
Beh, ovviamente.
“…Perché?”
Luhan
scrollò le spalle. “Non lo so. Perché
voglio farlo?” Tirò Minseok in avanti, lungo il
sentiero. Poi disse, “Baekhyun ti stava tenendo per
mano.”
Minseok si
irrigidì, e inciampò quando Luhan lo
tirò ancora. “Oh. Beh.” Si
schiarì la gola. “Quello era diverso.”
“Oh.” Luhan non lo
guardò, e gli lasciò andare la mano quando
raggiunsero la fermata dell'autobus.
Minseok era
abbastanza sicuro di aver detto qualcosa di sbagliato.
Dopo la loro
gita a Namsan, Minseok non vide Luhan per il resto del fine settimana,
e invece passò del tempo con Jongdae, Kyungsoo e Baekhyun. A
quanto pare, Jongdae era passato dal lamentarsi di Junmyeon a fingere
che non esistesse, rimanendo impassibile quando il suo nome veniva
pronunciato. Quando Minseok gli chiese come stessero andando i
preparativi per l'evento, disse solo, “Bene,” e
quando gli chiese se stava ancora progettando di candidarsi alla carica
di presidente del consiglio studentesco, disse con decisione,
“Sì, e lo farò senza l'aiuto di nessuno!” Cotta o non cotta,
era ovvio che questa cosa di Junmyeon gli stesse causando
più dolore di quanto non fosse pronto ad ammettere, e
Minseok desiderava fosse un po' più aperto mentalmente
riguardo la cosa.
Tra il
fervente rifiuto di Jongdae di ammettere che ci fosse qualcosa che non
andava in lui, l'incapacità persistente di Kyungsoo di
uscire di casa, e i problemi con Chanyeol di Baekhyun, Minseok si era quasi dimenticato dei propri problemi
per un po'. Quasi. Erano riposti da qualche parte, almeno.
Tornarono,
con piena potenza, quando si avvicinò al proprio armadietto
il lunedì mattina e vide Jongin trascinare un Luhan confuso
e sorpreso dentro la stanza vuota più vicina. Immediatamente
infastidito e di malumore, Minseok gettò le proprie cose
dentro l'armadietto e si andò a sedere in classe,
rifiutandosi di guardare il posto di Luhan accanto a sé. Il
ragazzo si presentò un secondo prima che suonasse la
campanella, rosso in viso e sorridente, e Minseok gli lanciò
uno sguardo probabilmente più ostile di quanto non avrebbe
voluto e gli chiese, “Che hai?”
Luhan
ridacchiò, sedendosi al proprio posto e tirando fuori i
libri. “Niente,” disse.
“Sono
serio, Lu, che ti succede?” chiese Minseok,
aggrottando le sopracciglia. “Sei arrivato quasi in
ritardo.”
“Non
è niente!”
insistette Luhan, ma il modo in cui stava sorridendo diceva il
contrario. “Sono solo felice.”
“Perché?” chiese
scorbuticamente Minseok.
Luhan fece un
sono vago, guardando l'insegnante, che stava lanciando loro occhiate
severe mentre si preparava ad iniziare la lezione. “Te lo
dico alla pausa,” sussurrò, e Minseok si voleva
strappare i capelli per la frustrazione.
Luhan
continuò a sorridere incontrollabilmente per la maggior
parte della mattinata, persino disegnando faccine sorridenti sui bordi
dei propri quaderni per esprimere quanto fosse infinitamente contento
per qualsiasi cosa fosse successa, e Minseok passò dalla
fase di devo
sapere a cercare di convincersi che non
gli importava affatto. Si calmò leggermente quando
arrivò l'intervallo, però, il suo feroce
desiderio di sapere si mutò in una forte
curiosità, più che altro perché aveva
passato buona parte della mattina a pensare ad ogni sorta di teoria
riguardo cosa gli avrebbe detto Luhan (alcune buone, altre molto
brutte).
Quando la
campanella suonò, Luhan fece alzare impazientemente Minseok
dal suo posto e lo spinse in un angolo dell'aula, usando il
chiacchiericcio dei compagni per coprire la propria voce mentre si
chinava in avanti, continuando a ridacchiare, e alla fine
sussurrò,
“Sehun
e Jongin escono insieme.”
Diverse
emozioni esplosero tutte in una volta nella testa di Minseok. La prima,
stranamente, era incredulità; un grido mentale di Seriamente?! Come cavolo ha
fatto Oh Sehun a fidanzarsi prima di me? E con Kim Jongin, adolescente
rubacuori? Ha un sacco di problemi e probabilmente non è
nemmeno gay! Quella successiva fu
confusione; perché cavolo Luhan era così
follemente contento? E dopo, un enorme miscuglio di emozioni che
Minseok non riuscì a distinguere.
“Sei
serio?”
fu tutto quello che riuscì a dire, nel suo strano stato di
shock.
“Sì!” Luhan praticamente
squittì, scuotendo leggermente Minseok nella sua eccitazione.
“Loro
– come cavolo è successo?” chiese, quasi
senza fiato.
“Sono
stato io!”
rise Luhan. “Il mio grande piano ha funzionato! Ho cercato di
far sì che accadesse per tutto l'anno!”
Diverse cose
si collegarono nel cervello di Minseok. “Aspetta, aspetta
un momento,” disse, sbattendo velocemente le palpebre.
“È per questo che eri così interessato a loro per tutto questo
tempo?”
Luhan lo
guardò stranito. “Uh, sì?
Perché pensavi che fossi così
interessato a Jongin?”
Ci volle un
momento perché Minseok riprendesse fiato. “Io—io
non lo so,” disse, ma il cuore gli batteva forte nel petto, e
sperava che Luhan non potesse sentirlo. Era stupido, perché
questo non significava
nulla
necessariamente, ma tutto quello a cui riusciva a pensare era che se
Luhan non era interessato né a Sehun né a Jongin
(almeno non in quel senso), allora forse, solo forse, sarebbe potuto
essere interessato a Minseok—o almeno aveva una buona
possibilità. Perché Luhan era sempre stato il
più attento nei confronti di Minseok e dei due ragazzi
più piccoli, e di certo non stava cercando di far mettere Minseok con nessuno, quindi forse...
forse... stava tenendo Minseok per—
No, no,
doveva fermarsi subito. Stava perdendo il controllo, era sin troppo stranamente felice per tutto al
momento per pensare razionalmente. E poi, l'ondata emotiva lo stava
stordendo e travolgendo. Aveva bisogno di parlare con qualcuno che non
fosse estremamente di parte. “Devo andare a chiedere una cosa
a Baekhyun,” disse all'improvviso.
Immediatamente,
le dita di Luhan si chiusero attorno al suo braccio.
“Cosa?” chiese, aggrottando le sopracciglia.
Minseok lo
guardò sorpreso. “Cosa?”
“Cosa
devi chiedere a Baekhyun?” domandò
Luhan.
“Io—”
Minseok non sapeva cosa pensare del modo possessivo in cui Luhan gli
stava tenendo il braccio. “Solo, uh. Roba... sulle
relazioni?”
L'espressione
di Luhan si incupì ancora di più. “Perché
devi chiederla a lui?”
Minseok era
sorpreso dal tono della sua voce. “Perché vuoi
saperlo?”
“Beh—” il viso
di Luhan si fece più gentile, e le sue dita allentarono la
presa sul suo braccio. “Io…è solo che
pensavo fossimo intimi.”
Luhan era
pieno di sorprese oggi. Il cuore di Minseok saltò un
battito. “Lo siamo,” gli assicurò
velocemente, “ma devo davvero andare a chiedere una cosa a
Baekhyun.”
“Okay,” disse piano
Luhan lasciandolo andare completamente. “Torna in fretta,
okay? E non... non farti piacere Baekhyun più di me,
d'accordo?”
Minseok
sentiva che il cuore gli sarebbe potuto uscire dal petto. Luhan era un
libro aperto quando si trattava di gelosia – glielo si
leggeva in faccia – ma Minseok non aveva idea di dove finisse
la gelosia per un amico e dove iniziasse qualcos'altro. Ma le
possibilità erano illimitate, erano lì che
aspettavano di essere esplorate, e Minseok aveva bisogno di qualcuno
che lo tenesse sotto controllo mentre lo faceva. Avrebbe anche dovuto
chiamare Kyungsoo per incontrarlo, sembrava. “Non lo
farò,” promise velocemente a Luhan, e poi si
affrettò verso la classe di Baekhyun.
Minseok era pienamente cosciente di starsi comportando
come una ragazzina adolescente più tardi quel giorno (o per
tutto il giorno, se doveva essere onesto) mentre si sedeva nel salotto
di Kyungsoo, dato che il più piccolo ancora non poteva
uscire, con il vicino e Baekhyun che sedevano di fronte a lui. Lo
sapeva, ma non gli importava mentre raccontava ogni singola cosa che
Luhan aveva detto e fatto nelle passate settimane, a cominciare dalla
sua reazione alla Teoria, e finendo con tutto quello che era successo a
scuola quel giorno. Si sentì un po' in colpa per aver
rivelato a tutti il nuovo status di coppia di Sehun e Jongin (per
quanto fosse vago), ma lo riguardava personalmente, quindi era per una
buona causa.
Quando
concluse il proprio monologo, i due ragazzi di fronte a lui lo
fissarono in silenzio per qualche momento, e poi Kyungsoo disse, “Sono
così contento per Sehun e Jongin. Luhan-hyung mi ha parlato
molto di loro.”
Minseok
sbuffò forte. “Kyungsoo,” si
lamentò. “Siamo qui per parlare di me.”
“Ma
non avevi detto che nessuno si sarebbe mai innamorato di Sehun,
perché ha troppi problemi perché ne valga la pena?” chiese Kyungsoo,
sorridendo leggermente.
Minseok ci
pensò per un momento. “Forse dovrei chiedere a
Jongin. Cosa ha fatto di giusto Sehun?”
“Probabilmente
è stato Jongin,” rispose Kyungsoo.
“E quel qualcosa di giusto è chiamato
'dichiararsi', hyung.”
Il cuore di
Minseok accelerò un poco. “Sì.
Okay, è per questo che sono qui. Dovete dirmi quali sono le
mie possibilità, così che possa decidere se
sarebbe una terribile idea o meno dirlo a Luhan.”
Sia Baekhyun
che Kyungsoo risero leggermente per la sua impazienza, e Minseok fece
loro una smorfia.
“Non prendetemi in giro,” disse. “Fino ad
ora, il più grande scoglio che mi ha impedito di dirlo a
Luhan era la sua ossessione con Sehun e Jongin, e ora questo si
è risolto, devo fare il bilancio delle cose!”
Kyungsoo
sorrise, scuotendo la testa. “Okay, okay. Dobbiamo discutere
sui possibili motivi di Luhan, o siamo qui solo per votare?”
Minseok si
passò una mano tra i capelli. “Datemi solo le
vostre sagge opinioni,” disse. “Gestirò
le varie teorie da solo, grazie.”
“D'accordo,” rispose Kyungsoo.
“Ti ho detto che avresti dovuto dirglielo, a prescindere da
quello che prova lui, sin dall'inizio. Lo penso ancora. Ma a questo
punto, penso che abbia buone probabilità.”
Minseok
sorrise. Se Kyungsoo la pensava così, allora doveva essere
vero! (Ignorò convenientemente il fatto che Kyungsoo non
sapeva assolutamente nulla di queste cose a parte quello che aveva
letto nei libri.) “Tu che dici, Baek?”
Baekhyun lo
guardò e sorrise, ma i suoi occhi castani erano un po'
tristi. “Sì, sto con Kyungsoo,” disse.
“A me sembra un segno positivo.” E non disse altro,
ma l'espressione sul suo viso diceva a Minseok che lui stava ancora
aspettando un segno positivo da Chanyeol.
“Sì?” disse senza fiato
Minseok, tutto il suo corpo vibrava di anticipazione e nervosismo ed
eccitazione.
“Sì,” rispose Baekhyun,
e Minseok emise un suono che non era decisamente umano.
“Oh cielo, non so nemmeno cosa
fare,” disse, sventolandosi il viso. “Non ho
nemmeno mai pensato
di
dichiararmi prima. E se mi rifiutasse?” Impallidì
all'improvviso, il sangue gli si gelò nelle vene. Poi, quasi
spaventato, “E se accettasse?”
Baekhyun
rise. “Allora lo baci,” disse.
“Ma
se invece non
accettasse?” chiese ancora
Minseok, decidendo che era finito dopotutto.
“Allora
dovrai rendere la tua dichiarazione così bella che dovrà accettare,” disse Kyungsoo con
un sorriso.
“E
se accetta solo perché faccio pena ma in realtà
non gli piaccio?”
chiese Minseok, sentendosi nauseato.
“Allora
dovrai fare in
modo di
piacergli,”
continuò Baekhyun, annuendo con assoluta sicurezza.
Minseok
sbatté le palpebre. “E funziona?”
Baekhyun e
Kyungsoo si guardarono, poi scrollarono le spalle.
“Forse?”
Minseok
grugnì e si coprì il viso con le mani.
“È più complicato di quanto pensassi.
Non posso farlo.”
“Non
è che glielo devi dire subito,” lo
rassicurò gentilmente Kyungsoo. “Pensaci un po',
hyung. Ma considera quello che ti abbiamo detto, okay?”
“Okay,”
mormorò Minseok tra le mani. “Grazie,
ragazzi.”
“Quando
vuoi,”
rise Baekhyun.
Minseok
cominciava seriamente a pensare che tutta questa faccenda amorosa fosse
più problematica di quanto valesse la pena.
Sehun aveva
avuto una ragazza una volta. Quando aveva quattro anni, alle materne,
quando viveva ancora con la madre (se vederla a casa ogni tanto si
poteva chiamare 'vivere con lei'). All'epoca, il piccolo e solo Sehun
era stato disperato per l'affetto di chiunque, che fosse sua madre,
un'insegnante o una piccola bambina a caso nella sua classe. Quella
piccola bambina – Sehun non si ricordava nemmeno il nome
– era stata l'unica persona a cui non importava dell'aspetto
consunto e trasandato dei suoi vestiti o dei suoi capelli non lavati o
del suo fisico ossuto. Questo era tutto quello che un Sehun di quattro
anni desiderava. Non si ricordava i dettagli, ma si ricordava che le
aveva permesso di trascinarlo da una parte all'altra e di fargli fare
tutto quello che voleva lei, come pulire il suo banco e prendersi la
colpa per lei quando finiva nei guai. Avrebbe fatto di tutto per quella
piccola bambina, solo per essere voluto. Alla fine, venne mandato in
una famiglia adottiva e non la vide mai più, il che era un
bene, perché quella relazione era stata tanto malata quanto
tutte le altre.
In breve,
Sehun aveva ben poca esperienza con le relazioni (romantiche o no), e
quella poca che aveva era negativa. Jongin aveva
descritto cosa cercava in questa relazione, o qualunque cosa fosse, ma
Sehun non era ancora sicuro di come avrebbero dovuto funzionare le
cose. In passato, Sehun aveva evitato con tutto se stesso tutto
ciò che era legato alla sfera romantica. Non aveva mai visto
film con storie d'amore, saltava le parti romantiche nei libri e nei
videogiochi, cercava persino di non guardare le coppiette felici nei
corridoi di scuola. L'amore non era qualcosa a cui era interessato, che
lo riguardasse o meno.
Ma molte cose
erano cambiate quando Jongin lo aveva baciato in corridoio, inclusa
l'opinione di Sehun sulla questione. Era stato uno shock per lui
scoprire di essere nervoso, tra tutte le cose, mentre
andava a casa di Jongin quel venerdì. Nervoso, e rosso per l'imbarazzo, e agitato ma anche
terrorizzato. Non sapeva cosa sarebbe stato diverso ora, se Jongin
sarebbe cambiato,
e
in un certo senso lo spaventava. Le cose non potevano restare uguali?
Era troppo tardi per chiederlo?
(Allo stesso
tempo, ogni volta che ripensava alla timida dichiarazione di Jongin, e
alle sue promesse sincere, Sehun sentiva di voler ridacchiare come una
scolaretta.)
Quando
raggiunse il palazzo di Jongin, il ragazzo lo stava già
aspettando fuori, e sorrise quando lo notò, un sorriso
grande che Sehun avrebbe visto da lontano, e si affrettò
verso di lui per abbracciarlo forte, come se non si fossero visti per
una settimana, invece che meno di 24 ore prima. Sehun si era aspettato
che Jongin lo baciasse, ma un abbraccio fu tutto quello che ricevette,
insieme ad un caldo,
“Hey.”
“Hey,” rispose Sehun,
e per istinto, ricambiò l'abbraccio.
Jongin emise
un suono felice, come se Sehun avesse appena fatto qualcosa di
straordinario per lui, e lo fece sorridere. “Cosa vuoi fare
oggi, Sehun-ah?”
Per Sehun, la
cui sola ed unica ragazza precedente aveva sempre preso ogni decisione,
quella domanda fu una sorpresa. “Vuoi che scelga
io?”
“Certo!” aveva detto
Jongin. “Io non ho preferenze. Voglio solo, sai. Renderti
felice.” Era arrossito e aveva riso imbarazzato.
E Sehun aveva
provato una sensazione calda al petto, e questa era praticamente stata
un'introduzione ufficiale di come sarebbe stato essere in una relazione
con Jongin.
(Erano andati
a vedere un film, e Jongin gli aveva infilato i pop-corn in bocca, e
aveva riso più per lui che per il film. Poi erano andati
alle prove di danza del ragazzo, e Jongin aveva chiesto ancora una
volta di poter restare dopo la lezione, ma questa volta, non appena
tutti se ne furono andati, Jongin aveva preso il viso di Sehun tra le
mani e lo aveva baciato, un bacio lungo e dolce, e gli aveva sussurrato
di essersi ripetuto che avrebbe chiesto prima di presupporre che fosse
okay baciarlo, ma che la tentazione era stata troppo forte. Sehun aveva
ricambiato il bacio, esitante, incerto e un po' imbarazzato, e gli
assicurò che non era necessario chiedere.)
Lunedì
fu completamente diverso, però. Da venerdì a
domenica, erano solo Jongin e Sehun, e nessun altro. A scuola, c'erano
più decisioni da prendere.
“Posso
dirlo a Luhan?”
chiese Jongin prima di entrare nell'edificio.
“Dire
cosa a Luhan?”
chiese Sehun, solo perché voleva sentirglielo dire.
“Lo
sai,”
disse lui, con le guance rosse. “Che
siamo…già.”
“Che
siamo cosa?”
Jongin si
passò una mano tra i capelli agitato. “Solo che,
sai... stiamo... insie... me?”
“È una domanda o
un'affermazione?” chiese Sehun, cercando di non sorridere per
quanto si stesse agitando Jongin.
“Un'affermazione?” squittì.
Sehun rise
leggermente, e Jongin sorrise nonostante tutto. “Allora
certo. Lo scoprirà comunque. Non puoi tenergli nascosto
nulla.”
“Fantastico!” Jongin si
illuminò felice, poi vacillò. “Oh, e
poi, um. Non so se ti vada, uh. Tipo, se non vuoi che nessun altro lo
sappia, voglio dire capirei benissimo, non dobbiamo dirlo se tu non ti
senti a tuo agio col fatto che gli altri lo
sappiano…”
Sehun
chinò la testa di lato. “Sei tu quello che
verrà visto con il perdente della scuola,” disse.
“Sei tu quello che si dovrebbe vergognare della
cosa.”
Gli occhi di
Jongin si spalancarono immediatamente. “No, non
è vero!” disse velocemente. “Non
è che sono impaziente di mantenere la mia reputazione. Non
che – non che la rovineresti. Sarei felice di farmi vedere
con te, in qualsiasi posto, a qualunque ora, e che tutti sapessero, se
questo significasse che potremmo, sai. Stare insieme...
sempre.”
Sehun non
poté non sorridere. “Okay,” disse piano.
“Okay?” Jongin
sembrava genuinamente sorpreso.
“Già,” rispose Sehun, e
allungò una mano. Jongin la fissò per un momento,
scioccato, poi guardò Sehun e fece un grande sorriso,
prendendo la sua mano con fermezza.
Le persone
cominciarono a sussurrare nel momento in cui attraversarono le porte, e
sebbene Jongin provasse a distrarlo dagli sguardi che venivano lanciati
verso di loro, Sehun li notò tutti. Forse questa non era
stata una così buona idea in fondo, tenersi per mano in
corridoio e tutto. Ma Sehun era determinato a non essere più
un codardo. A non scappare dalle cose che lo spaventavano. Non lo stava
facendo per se stesso. Lo stava facendo perché era quello
che voleva Jongin.
Quando Jongin
andò a cercare Luhan, però, lasciando Sehun da
solo in classe e alla mercé di decine di ragazze deluse che
avevano rincorso il cuore di Jongin, si sentì un po'
più nervoso. All'inizio erano solo occhiate incredule e
commenti infelici, ma alla fine una ragazza gli si avvicinò
e chiese,
“Che c'è tra te e Jongin, huh?”
Sehun
scrollò le spalle, desiderando improvvisamente di essersi
attenuto al suo iniziale piano di non farsi notare.
“Lo
stai usando perché prova pena per te?” chiese un'altra
ragazza dietro di lei.
Qualcosa
bruciava nello stomaco di Sehun, ma si calmò con il ricordo
delle labbra di Jongin sulle proprie. Non era pena.
“Già,
cosa hai fatto per convincerlo a fare questo”
“È andata al
contrario, a dire il vero,” disse una voce dalla porta, e
Sehun si voltò di scatto per vedere Jongin che camminava
verso di loro, sorridendo dolcemente ma con aria di sfida. Si
fermò dietro la sedia di Sehun e gli cinse le spalle con le
braccia, lasciando che le mani scivolassero sotto la sua giaccia e si
posassero sul suo petto. “E mi ci è voluto molto
tempo, quindi vi prego di non rovinarmelo.”
La maggior
parte delle ragazze arrossirono per la vergogna e si voltarono, ma una
di loro sbuffò e disse, “Ti piace davvero?”
Sehun
sussultò, ma Jongin rispose, “Già!
È carino, vero? Mi piace tanto. Proprio il mio
tipo.”
La ragazza
sembrava visibilmente a disagio. “Non sapevo
fossi...gay.”
“Non
sapevo fossi estremamente maleducata,” disse Jongin, con
voce chiara e allegra, e la ragazza avvampò e si
girò.
Sehun
inclinò la testa all'indietro per guardare Jongin, il quale
gli sorrise. “Non preoccuparti,” disse gentilmente.
“Ti copro le spalle.”
Sehun non
poté non ricambiare il sorriso, ancora un po' tremolante ma
anche fantasticamente felice e caldo e grato. Tutto ciò che
riguardava Jongin era un rischio, ma per una volta, Sehun pensava che
fosse un rischio che valesse la pena correre.
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Capitolo 29 *** Capitolo 27 ***
Quando Minseok aveva detto a
Kyungsoo che avrebbe gestito da solo tutte le teorie era davvero serio.
Era diventata quasi un'ossessione, se doveva essere sincero, ma era
deciso a trovare l'esatto numero di possibilità che aveva di
avere successo con la propria dichiarazione prima del grande passo (se
lo avesse fatto). Nelle due settimane che seguirono l'annunciata
relazione di Sehun e Jongin, trovò un numero di
possibilità che riguardavano la vera natura dei sentimenti
di Luhan nei suoi confronti, e ogni volta che Luhan respirava accanto a lui, pensava
ferventemente a quale sua teoria potesse supportare. Era brutto
specialmente la notte, quando rimaneva sveglio sdraiato sul letto,
ripetendo nella sua mente le conversazione e le interazioni passate,
quasi impazzendo per la mancanza di sonno. Seriamente, cominciava a
sembrare tanto esausto quanto Luhan.
Non
vuole che Baekhyun mi piaccia più di lui, si disse Minseok.
Ma
forse è perché sono il suo migliore amico, e non
vuole che me ne trovi un altro.
Ma
Jongdae è già il mio migliore amico! Non gli
dispiace Jongdae.
Forse
non vuole che abbia altri due migliori amici.
È
ridicolo.
O no?
Voleva
tenermi per mano.
Luhan
probabilmente vuole tenere tutti per mano. Ama questo genere di cose.
L'ho
mai visto tenere per mano qualcuno?
Inconcludente.
Ricordi
quanto era felice quando Sehun gli aveva sorriso?
Ma
stava cercando di sistemare Sehun con Jongin.
Comunque
strano.
Ovviamente
piaci tanto a Luhan. Vuole sempre stare con te e fa sempre roba strana
da coppiette e tutto. Ricordi quella volta alla casa del tè
quando ha detto che gli sembrava di essere ad un appuntamento?
Ma
ricordi quella volta al cinema quando ti ha ricordato che quello non era un appuntamento?
Odio Luhan.
Ma
in realtà sono innamorato di lui.
Solo
non al momento.
Non era una
sorpresa che non riuscisse mai a giungere ad una conclusione definitiva
per più di qualche minuto. Un altro segno, continuava a ripetersi. Un
altro segno che Luhan non lo avrebbe rifiutato brutalmente, e Minseok
lo avrebbe fatto. Giurava che lo avrebbe fatto.
Sarebbe stato
meglio che succedesse presto però, prima che Minseok andasse
completamente fuori di testa.
“Allora,
Baek, come sto?”
Baekhyun
distolse lo sguardo dallo specchio in cui si stava studiando per vedere
Chanyeol accanto a sé, vestito per la prima volta con gli
abiti di scena completati. Aveva provato diversi pezzi dei costumi
mentre li preparavano, comprandone alcuni e assumendo qualcuno che
facesse gli altri da zero, ma un bel po' di articoli di vestiario e di
accessori erano stati portati dalla costumista proprio alla fine delle
prove quel martedì pomeriggio, e alcune persone, come
Chanyeol e Baekhyun, stavano provando l'intero costume per la prima
volta.
“Oh, wow,”
sospirò, guardando l'amico dalla testa ai piedi.
“Sei fantastico, Yeol.” E lo era davvero. I suoi
pantaloni in pelle marrone erano attillati e gli stavano bene, la
tunica bianca ricamata era proprio il giusto mix di pratico e decorato,
la cintura con la spada che gli scendeva su un fianco lo faceva
sembrare affascinante ed eroico, e la corona sulla sua testa faceva
provare a Baekhyun sin troppe cose. Davvero, si era innamorato di
Chanyeol per la sua personalità, ma il suo aspetto era decisamente un bonus. E Chanyeol in abiti
medievali regali? Sì, grazie.
“Questi
stivali vanno molto meglio rispetto ai precedenti,” disse Chanyeol,
senza notare lo sguardo eccessivamente affascinato di Baekhyun.
“I piedi non mi fanno più male, quindi
è un miglioramento.”
“Bene,” disse debolmente
Baekhyun, cercando di non fissare troppo quelle cosce così
invitanti. “Ci sono anche un mantello e una tunica,
giusto?”
“Sì,
quelli sono per un'altra scena,” rispose Chanyeol,
ruotando le spalle per assicurarsi di avere abbastanza spazio per
brandire la spada. “Li ho provati, vanno bene.”
“Bene,
fantastico,”
continuò Baekhyun, deglutendo e riscuotendosi. “E
io, come sto?”
Prima che
Chanyeol potesse dire qualcosa, però, qualcuno lì
vicino gridò, “Come un ragazzo
che indossa abiti da donna!”
Baekhyun si
accigliò, guardando i propri vestiti. Il piano all'inizio
era stato che l'eroina indossasse vestiti leggermente maschili, dato il
carattere del personaggio, ma con un ragazzo che recitava il ruolo di una ragazza,
sarebbe stato tutto un po' troppo confuso. Quindi avevano cambiato gli
abiti di scena per renderli un po' più femminili, con una
camicia ricamata stretta in vita e una gonna corta sopra dei pratici
leggings, e Baekhyun non aveva alcun problema ad indossare vestiti da
donna, ma questa non era la prima volta che veniva preso in giro per
questo.
Chanyeol gli
posò una mano di conforto sulla spalla. “Stai
bene,” gli assicurò. “Sembrerai
più il personaggio quando sarai truccato.”
“Ne
sei sicuro?”
chiese seriamente Baekhyun.
“Al
centodieci per cento,”
rispose Chanyeol con un sorriso. “Ora andiamo, proviamo una
scena insieme.”
Provavano da
tre mesi e mezzo ormai, ed erano tutti abbastanza sicuri delle proprie
battute. Chanyeol aveva lavorato davvero sodo, e ora faceva a malapena
qualche errore, e aveva comunque imparato a coprirli. Baekhyun aveva
avuto più tempo per concentrarsi su di sé dopo
aver delegato alcuni compiti ad altre persone, e tutto sommato era
soddisfatto di come procedevano le cose. La maggior parte dei giorni,
era assolutamente certo che questa commedia sarebbe stata un grande
successo.
Andarono sul
palco per cominciare a provare l'inizio del II Atto. Chanyeol si
muoveva sul palco con la propria spada, colpendo accidentalmente le
persone, Baekhyun recitò le battute che provava da settimane
con sicurezza, e complessivamente, tutto sembrava andare bene. Ma
quando si avvicinarono alla seconda scena del secondo atto, Baekhyun
aveva un breve assolo, e proprio quando si stava buttando sul bridge,
la sua voce si spezzò terribilmente su una nota alta.
Le prove si
interruppero immediatamente mentre Baekhyun avvampava per l'imbarazzo e
alcune persone ridevano o scuotevano la testa.
“Scusate,” disse Baekhyun a nessuno in particolare.
“Scusate, scusate, è stata colpa mia.”
“Puoi
scommetterci,”
mormorò qualcuno dalla parte sinistra del palco, abbastanza
forte perché il ragazzo lo sentisse. “È
colpa tua per aver dato un ruolo femminile ad un ragazzo.”
Baekhyun
sussultò, già abbastanza sensibile all'argomento,
e sentì qualcun altro sussurrare, “Tutto questo
spettacolo sarà una barzelletta perché il
direttore si è preso la parte dell'eroina.”
“Ma
non si vergogna?”
giunse una terza voce.
Baekhyun
fissò il pavimento e si morse il labbro, l'umiliazione gli
stringeva lo stomaco, ma un secondo dopo una mano calda gli spinse la
schiena e la voce gentile di Chanyeol disse, “Andiamo,
Baek.”
Baekhyun
scosse la testa leggermente, troppo spaventato che la voce gli si
spezzasse per parlare, ma Chanyeol continuò a spingere, e
alla fine si arrese e lasciò che il migliore amico lo
guidasse dietro le quinte, dove c'erano meno persone che potessero
sentire.
“Hey,” disse il
più piccolo, accarezzandogli la spalla. “Non stare
ad ascoltarli. Sei un'eroina fantastica.”
Baekhyun
deglutì. “L'intera scuola riderà di
me,” gracchiò.
“No,
non lo faranno. Rimarranno senza parole, perché sarai
fantastico.”
Baekhyun
strinse la gonna e disse, “Mi avevi avvertito che sarebbe
successo. Mi avevi detto che era una cattiva idea.
Perché non ti ho dato retta? Sono un idiota.”
“Hey,” disse piano
Chanyeol, sollevandogli il mento per guardarlo. “Ti ho detto di non prendere la parte, ma
non perché mi sarei sentito in imbarazzo. Semplicemente non
volevo che te ne pentissi. Quindi non pentirtene, okay? Non ascoltare
quello che dice la gente.” Fece un sorriso caldo, e Baekhyun
sbatté le palpebre. “Fai quello che vuoi,
esattamente come hai sempre fatto. Sarai fantastico, lo so. E lo sai
che mi piacerai qualsiasi cosa faccia. Non mi importa se vuoi recitare
la parte dell'eroina nella tua stessa commedia. Mi piaci
comunque.”
Baekhyun
prese un profondo respiro, il cuore gli martellava nel petto, e uno
degli aiutanti di scena passò accanto a loro un momento dopo
e gridò, “Mettetevi insieme e basta!”
Baekhyun
rimase immobile, ma Chanyeol si voltò e rise, gridando in
risposta, “Magari lo faremo!”
L'aiutante
rise e andò via, e Chanyeol si rivoltò verso
l'amico e sorrise, e Baekhyun rimase lì in piedi, con il
cuore che correva, e pensò che forse questo era il suo segno positivo.
Chanyeol non
disse niente per un momento, limitandosi a sorridergli, gli occhi
affettuosi e confortanti, ma quando alla fine aprì ancora
una volta la bocca, Baekhyun biascicò, “Ti
amo.”
Chanyeol
sbatté le palpebre, sorpreso, poi rise e disse,
“Sì, anche io ti amo. È per questo che
sei il mio migliore amico.”
Baekhyun
deglutì a fatica. “No, Chanyeol. Ti amo. Per
davvero. Sono innamorato di te.”
E
all'improvviso Chanyeol non sorrideva più. “Cosa stai dicendo,
Baek?”
“Ti
amo da tanto tempo,”
continuò Baekhyun, un nodo di disperazione gli chiudeva lo
stomaco. “Ho pensato che questo fosse un buon momento per
dirtelo, ma ora comincio a pensare che non sia
così.”
Chanyeol
stava scuotendo la testa, e Baekhyun sentiva di poter crollare.
“Io non sono—Baek, non siamo—non
posso—”
“Non
deve cambiare nulla,”
disse velocemente Baekhyun, mentre le mani di Chanyeol scivolavano
dalle sue spalle e lui faceva un passo indietro. “Voglio
dire, non fa niente, no? So che non mi ami in quel senso, mi va bene.
È solo che – voglio dire, era diventato stancante
tenerlo segreto. Niente deve cambiare. Voglio dire, è come
se stessimo già insieme, no?” Forzò una
risata, ma Chanyeol sembrava sempre più a disagio,
indietreggiava, e Baekhyun stava cadendo a pezzi. “Chanyeol,
ti prego non fare così. Possiamo semplicemente fingere che
non ho mai detto niente, okay? Dimenticalo e basta. Possiamo ancora
essere amici, giusto?”
E Chanyeol
disse semplicemente,
“Io—io non lo so, Baekhyun. Non lo so.”
Le lacrime
cominciarono a scivolare lungo le guance di Baekhyun, e il suo corpo
tremò mentre singhiozzava, “Ti prego non fare
così, mi dispiace.”
Ma Chanyeol
stava ancora scuotendo la testa, sembrava ancora terrificato e agitato
e nauseato, e invece di restare e assicurarsi che l'amico stesse bene,
nello stesso modo in cui aveva fatto per i precedenti dodici anni, si
voltò e andò via.
Con un suono
che era più di un animale ferito che di un umano, Baekhyun
crollò a terra e pianse.
Il giorno
prima del compleanno di Minseok, Luhan era giunto alla conclusione che
dato che non c'era più neve sul terreno, allora era il
momento perfetto per uscire e giocare a calcio. Sinceramente, Minseok
era un po' sorpreso che avesse aspettato così tanto; Luhan
era stato eccitato per la stagione di calcio per tutto l'inverno,
chiedendo a Minseok quando era il tempo migliore per giocare in Corea.
Minseok gli aveva detto Aprile, dato che a Marzo di solito faceva
ancora freddo anche se non c'era neve, e i campi da calcio erano ancora
fangosi, ma a quanto pare il 25 Marzo era abbastanza vicino ad Aprile
da contare, secondo la mente di Luhan. In effetti, quel particolare
martedì pomeriggio era più caldo del solito, ma
mentre Minseok si faceva trascinare da Luhan verso il campo dopo la
scuola, sentendo il vento freddo soffiargli sotto la giacca pesante,
era abbastanza sicuro che se ne sarebbe pentito.
“Lu, si gela!”
esclamò Minseok, guardando scetticamente i pantaloncini del
ragazzo.
Luhan rise.
“Allora comincia a correre!” disse lui, lasciando
cadere la palla a terra per stringere i lacci delle scarpe.
“È il mio compleanno
domani!” protestò Minseok. “Non posso
ammalarmi per il mio compleanno.”
“Non
ti ammalerai,
Seok-ah,” ridacchiò l'amico. “E poi,
è troppo tardi per cambiare idea ora, siamo già
qui!”
“Non
sapevo sarebbe stato così fangoso, però,” disse Minseok,
guardando il campo. Aveva piovuto il giorno prima, e sebbene si fosse
asciugato quasi del tutto, c'erano ancora delle pozzanghere qua e
là.
“Questo
lo rende divertente!”
insistette Luhan. “Sbrigati, o farò
goal!”
Minseok
sbuffò, ma un secondo dopo Luhan scattò in mezzo
al campo, con la palla che rotolava davanti a lui, e per istinto
Minseok gli corse dietro, dimenticandosi del freddo e del fango, mentre
si concentrava nell'evitare che Luhan raggiungesse la sua porta.
Luhan
strillò quando Minseok fece il primo tentativo di rubargli
la palla, sporcandosi di fango le calze fino allo stinco, e
scivolò leggermente sull'erba bagnata.
“È pericoloso!” rise mentre ritrovava
l'equilibrio.
“Te
l'ho detto!”
esclamò Minseok, prendendo un lungo respiro.
“Fortuna
che amo le sfide!”
dichiarò Luhan, riprendendo a correre.
Scuotendo la
testa con una risata, Minseok gli andò dietro.
Ci volle solo
mezz'ora perché entrambi si ritrovassero coperti di fango,
ansimanti e sudati mentre scivolavano sull'erba e calciavano
più loro stessi che la palla. Entrambi caddero di faccia
più di una volta, ridendo a crepapelle mentre si rialzavano
da terra a vicenda, e fare punto divenne secondario rispetto al cercare
di non uccidersi. Il vento forte poi non aiutava, soffiava via la palla
quando veniva calciata in aria e alla fine era abbastanza inutile
cercare di allenarsi seriamente, ma Minseok si divertì
comunque, nonostante il brutto tempo e tutto.
Anche sudato
e coperto di fango dalla testa ai piedi, Luhan era raggiante, correva
instancabile da una parte all'altra del campo e rideva e imprecava in
cinese ogni volta che cadeva. Quando Minseok dovette fermarsi per
mangiare qualcosa, guardò Luhan con un sorriso, mentre il
ragazzo dimostrava come poteva usare il fango a suo vantaggio, per poi
inveire quando perse l'equilibrio e scivolò.
Minseok smise
si sorridere quando Luhan non si rialzò subito dopo.
“Lu?” gridò sopra il vento.
“Stai bene?”
“Sì,” gridò
in risposta Luhan, sedendosi e accigliandosi. “Mi sa che sto
sanguinando però.”
“Oh cavolo, davvero?”
Minseok si alzò in piedi, afferrando la propria borsa e
portandola con sé mentre si dirigeva verso Luhan, il quale
si stava studiando il ginocchio. In effetti, il sangue rosso si stava
mescolando con il fango marrone sulla sua pelle, e Minseok si
inginocchiò accanto a lui e aprì la propria
bottiglietta d'acqua. “Sta fermo, devo
sciacquarlo,” disse.
“Ma
il fango la sta chiudendo,” disse Luhan,
ridendo.
“Dobbiamo
vedere quanto è grave, però,” insistette
Minseok, versando l'acqua sul ginocchio. “E non penso che sia
igienico. Sai su cosa ti sei tagliato? Se era un chiodo o qualcosa del
genere, probabilmente dovrai fare l'antitetanica.”
“Ah, no,” disse
velocemente Luhan, sussultando quando l'acqua lavò via il
sangue e il fango. “Penso fosse una pietra.”
“Sei
sicuro?”
chiese lui, usando l'orlo della maglietta – che era pulita
solo perché sopra aveva la felpa – per asciugare
la pelle di Luhan. “Non è il caso che ti prenda il
tetano.”
“Sono
sicuro,”
insistette Luhan. Guardò come Minseok gli controllava il
ginocchio in silenzio.
“Beh,
non è così grave,” disse Minseok,
allontanandosi. “Solo un graffio.”
Luhan
sorrise. “Allora posso continuare a giocare?”
Minseok gli
lanciò un'occhiata. “Ti farebbe male, quindi
no,” disse. “Ecco, mangia qualcosa. Ti ho portato
dei biscotti.”
Luhan
alzò le mani sporche, e Minseok versò l'acqua su
di esse per pulirle. “Non puoi nemmeno mangiarli, i
biscotti,” disse.
“No, ma mio padre sì,
e li tiene sempre nascosti in casa. Non dirlo a mia madre,”
rispose con una risatina. “Ne ho rubato un po' solo per
te.”
Luhan
sorrise. “Grazie, Seok-ah.”
Minseok
ricambiò il sorriso, inchinandosi, e continuò a
mangiare la propria barretta ai cereali in silenzio. Non appena ebbe
finito, però, sentì qualcosa di freddo colargli
lungo il collo, e sollevò lo sguardo per vedere uno
sfacciato Luhan che faceva scivolare del fango dalla propria mano al
suo collo e sul retro della sua felpa. “Hey!”
esclamò, e Luhan scoppiò a ridere.
“Brutto-!”
Luhan gli
fece una linguaccia in modo infantile, e Minseok si allungò
per afferrarlo per il colletto, prendendo un pugno di fango e
lasciandolo cadere dentro la maglietta di Luhan. Il ragazzo
squittì e rise, lottando con lui per un momento, e Minseok
cercò di spingerlo sull'erba, ma Luhan gli
afferrò la maglietta e lo portò giù
con sé. Minseok si mosse subito per tenerlo fermo a terra,
ma l'erba era scivolosa e fu facile per Luhan invertire le posizioni,
sedendosi sulla sua pancia e fermandogli le mani con le ginocchia.
Minseok si agitò e gridò, ma tutto quello che
cercò di fare l'amico fu lavargli i capelli con il fango.
“Questa
roba non se ne andrà più via!” si
lamentò Minseok, cercando di liberare le braccia per reagire.
“Chiudi gli occhi!” fu
la sola risposta di Luhan, tenendo una manciata di fango sopra il suo
viso.
“Non
osare Luhan, io—”
nel panico, Minseok si interruppe e chiuse occhi e bocca, e un momento
dopo qualcosa di freddo e bagnato gli colò sulla faccia,
scivolando lungo il naso e fermandosi sopra le sue labbra.
Sputacchiò, scuotendo la testa, e disse, “Lu, mi
accecherai!”
Luhan rise
istericamente. “Chiudi la bocca, Seok-ah, o te lo
farò mangiare!”
Minseok emise
un suono seccato, ma fece come gli era stato detto. Delle dita fredde
sparsero il fango sopra le sue labbra, e Minseok si lamentò.
“Ammetti
la sconfitta?”
chiese Luhan, godendosi chiaramente la vittoria. “Hmm,
Seok-ah?”
Non potendo
parlare o aprire gli occhi, il ragazzo annuì.
Luhan rise
soddisfatto. “Okay, stai fermo, te lo tolgo.” Si
mosse sopra di lui, liberandogli le mani, ma dato che erano tanto
sporche quanto il resto, non gli furono di molto aiuto.
Cercò di togliersi un po' di fango dagli occhi, ma Luhan gli
spinse via le mani e le rimpiazzò con le proprie,
prendendogli il viso con una mano e usando il pollice dell'altra per
pulire via il fango. Il suo tocco era gentile, quasi riverente, e
Minseok voleva aprire gli occhi per guardarlo, ma non osò
farlo. Dell'acqua fredda gli gocciolo sugli occhi, lavando via lo
sporco, e poi pulì il resto del viso, fino alla bocca. Un
pollice attento passò lentamente sulle sue labbra, e gli
occhi di Minseok si aprirono di loro volontà per vedere
Luhan che lo guardava, lo sguardo fisso sulla sua bocca. Minseok
deglutì, e gli occhi di Luhan si spostarono ad incontrare i
suoi, e sorrise all'improvviso.
“È finita
l'acqua,” disse, sollevando la bottiglia. “Quindi
non ti posso pulire più di così.”
Minseok
rabbrividì, e non solo per il freddo. Annuì in
silenzio.
“I
tuoi capelli sono un disastro,” rise Luhan, e
sollevò una gamba in modo da potersi inginocchiare accanto a
Minseok, invece che sopra di lui. Un secondo dopo, si buttò
a terra accanto al ragazzo, con le loro spalle che si toccavano.
“Non sei arrabbiato con me, vero Seok-ah?”
Minseok
trovò difficile staccare la lingua dal palato, ancora
stordito dalla sensazione delle dita di Luhan sulle labbra.
“Nah,” riuscì a dire. “Certo
che no.”
“Bene,” disse Luhan,
“perché avrò bisogno di una lunga
doccia, e speravo mi lasciassi usare la tua.”
Minseok rise,
ancora senza fiato. “È colpa tua se siamo
così,” ribatté.
“Già,” rispose Luhan,
senza sembrare nemmeno un minimo pentito. Una mano fredda e bagnata
scivolo in quella di Minseok, il quale deglutì.
“L'ho fatto per te, sai. Tutto per te.”
E non
è che Luhan stesse dicendo qualcosa di importante o
significativo – tutto quello che aveva fatto era stato
riempire di fango i suoi capelli e i suoi vestiti – ma
qualcosa nel tono della sua voce e la sensazione del suo palmo contro
quello di Minseok, gli fecero chiedere, “Hey, che fai
domani?”
“Huh?”
“Domani.
Sei impegnato dopo la scuola?”
Luhan
annuì. “Credo di avere un turno a lavoro.
Perché?”
“Puoi
metterti in malattia?
Volevo fare qualcosa con te, dato che è il mio
compleanno.” il cuore di Minseok batteva all'impazzata.
Luhan
sembrò pensarci. “Penso di
sì,” disse. “Ma non festeggi
sabato?”
“Sì,” disse Minseok
senza fiato. “Ma pensavo potessimo fare qualcosa insieme,
solo io e te.”
La mano di
Luhan si strinse attorno alla sua. “Sì, sarebbe
carino,” rispose gentilmente.
“Perfetto,”
sussurrò Minseok, con il cuore in gola.
Ci fu un
lungo silenzio, e poi Luhan disse, “Una lunga doccia
è quello che ci vuole al momento.”
Minseok rise,
tremando violentemente. C'era davvero freddo se non ci si muoveva.
“Sì, andiamo.”
Luhan si
alzò in piedi, tirando su Minseok per la mano e abbassando
le spalle contro il vento forte. “C'è
così tanto vento!” rise. “È
come il giorno che sono arrivato in Corea. Sento come se potessi essere
spazzato via!”
Minseok
sorrise, guardando Luhan correre per prendere la palla e la propria
borsa. Era terrificato, letteralmente terrificato, all'idea di portare avanti il
suo piano. Ma quando Luhan si voltò e gli sorrise
allegramente, facendogli segno di raggiungerlo, era piuttosto sicuro di
aver preso la giusta decisione.
Erano
più o meno le due di notte del 26 Marzo quando il telefono
di Minseok cominciò a squillare. Ci volle un po'
perché il ragazzo registrasse il suono, svegliandosi
lentamente e grugnendo mentre il suono incessante continuava accanto
alla sua testa. Sbatté le palpebre, prendendo un profondo
respiro, afferrò il telefono dal comodino. Lo schermo era
accecante e luminoso al buio, gli bruciava gli occhi, ma
riuscì a leggere il nome e il numero di Luhan e sorrise
assonnato. Era proprio da Luhan chiamare qualcuno in profonda notte per
essere il primo ad augurare buon compleanno. Umettandosi le labbra,
accettò la chiamata e si portò il telefono
all'orecchio.
“Pronto?” disse rocamente.
“Minseok.” C'era
qualcosa di strano nella voce di Luhan, ma Minseok non ci
pensò troppo.
“Sì?”
“Devo
tornare in Cina per un po', okay?”
Ci volle
molto, molto tempo perché Minseok capisse cosa stava dicendo
Luhan.
“…Huh?” Si riscosse e sbatté
le palpebre nel buio della sua stanza. Stava sognando o qualcosa del
genere, vero?
“Devo
tornare in Cina,”
disse ancora Luhan, con voce tremante, e Minseok ancora non riusciva a
capire. “Loro... penso ci sia qualcosa che non vada con i
nostri documenti. Penso che ci deporteranno.”
Il cuore di
Minseok gli martellava contro il petto mentre cercava di processare
quell'informazione.
“Quando... quando tornerai?”
La voce di
Luhan era decisamente spezzata quando disse, “Non lo
so,” e Minseok si rese conto con terrificante chiarezza che
sarebbe potuto non tornare mai più. La paura gli
gelò il sangue nelle vene. “Potrei... forse non ti
potrò chiamare per un po'. Non so cosa accadrà.
Ma cercherò di scriverti una lettera o qualcosa del genere,
okay? Ti spiegherò tutto, lo prometto. Ora – devo
andare.”
A Minseok girava la testa, e
tutto quello che riuscì a dire fu,
“Okay.”
“Ciao, Seok-ah. Buon
compleanno.”
Minseok
sentiva di essere sul punto di scoppiare a piangere.
“Ciao,” disse con voce strozzata.
“Ciao,”
sussurrò ancora Luhan, e la linea cadde.
****************************
Oddio, vi prego
non uccidetemi ahahah odio dovervi lasciare così, ma ho voluto
postare un ultimo capitolo prima di partire per le vacanze domani, dove
purtroppo non avrò internet e non so quindi se e quando
riuscirò ad aggiornare ;__; La buona notizia,
però, è che non vado troppo lontano quindi se
riesco a scroccare un passaggio a qualcuno, ogni tanto potrò
tornare a casa e postare *incrocia le dita* Spero che questo capitolo
non vi abbia lasciato troppo con l'amaro in bocca ahahah A
presto ❤︎ (spero)
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Capitolo 30 *** Capitolo 28 ***
gf
Minseok aveva pianificato bene
come sarebbe andato il suo compleanno. Sarebbe andato a scuola, e i
suoi amici gli avrebbero augurato buon compleanno, e sarebbe stato come
qualsiasi altro giorno di scuola a parte il fatto che era il suo
compleanno, e questo avrebbe reso tutto migliore. E dopo la scuola, lui
e Luhan sarebbero andati a fare qualcosa di carino e più o
meno romantico, e Minseok avrebbe aspettato il momento giusto, e poi
avrebbe confessato tutto e Luhan avrebbe accettato la sua
dichiarazione, magari si sarebbe dichiarato a sua volta, e ci sarebbero
stati dei baci e sarebbero stati felici e tutto sarebbe andato bene.
Ma invece,
Minseok non dormì affatto quella notte, preoccupato da
morire, e la mattina la madre dovette praticamente costringerlo ad
alzarsi da letto per fare colazione e prendere l'insulina. Le disse che
stava male, e lei lo fece rimanere a casa, purché le
promettesse di chiamarla se fosse peggiorato. Quando gli chiese se
avesse preso un altro virus da Luhan, Minseok si mise quasi a piangere.
Era terribile.
Un'ora dopo,
Jongdae gli mandò un messaggio, chiedendogli dove fossero
tutti. A quanto pare, nemmeno Chanyeol e Baekhyun erano in classe,
così come Luhan.
Jongdumb: Ero seduto tutto solo in mensa, e il Presidente del Consiglio
Studentesco si è venuto a sedere con me, perché
'sembravo solo'. Che cavolo??
Minseok gli
assicurò che non aveva idea di dove fossero Baekhyun o
Chanyeol, e che Luhan stava risolvendo qualche problema, e che lui...
beh, lui non poteva andare a scuola oggi.
Jongdumb: Ma è il tuo compleanno! Ti ho portato un
bigliettino!
Minseok
sospirò. Mi dispiace, rispose. Le
cose sono abbastanza incasinate al momento.
Jongdumb: Hai bisogno che passi da te?
No, scrisse
velocemente Minseok.
Dammi un po' di tempo per gestire le cose.
Jongdumb: Sono qui se hai bisogno di me.
Anche se
Jongdae non avrebbe certo potuto aiutarlo nella situazione attuale,
Minseok apprezzò l'offerta.
Nel
pomeriggio, poco prima che finisse la scuola, qualcuno bussò
alla porta, e Minseok sperò stupidamente che potesse essere lui, ma invece era Baekhyun, che
probabilmente aveva saputo da Jongdae che anche lui non era andato a
scuola. Baekhyun si accucciò sul divano di Minseok e
singhiozzò e gli disse tutto, delle prove del giorno
precedente e della reazione di Chanyeol alla sua dichiarazione, e il
petto di Minseok faceva male per la compassione e il rimorso del
più piccolo. Passò un braccio attorno alle spalle
del ragazzo e finse di non sentirlo tirare su col naso, e voleva dire
qualcosa di incoraggiante o confortante, ma tutto quello a cui
riuscì a pensare fu, “Luhan è
stato deportato.”
Baekhyun si
sedette immediatamente, gli occhi sgranati. “Cosa?”
Minseok
scrollò le spalle impotente, con la gola chiusa.
“Non lo so. Se n'è dovuto andare ieri notte. Non
se lo aspettava nessuno. È tornato in Cina.”
Faceva ancora più male, dirlo a voce alta.
Per il resto
del pomeriggio, Baekhyun e Minseok rimasero seduti in salotto a
dispiacersi per se stessi e per Luhan e Chanyeol, e il compleanno di
Minseok fece davvero, davvero schifo.
Alla fine,
Minseok decise che era giusto dire a Kyungsoo cosa stesse
succedendo, perché era compito di Kyungsoo
consolarlo in questo tipo di situazioni. Cominciava a sentirsi
travolto, e solo Kyungsoo sapeva come rimettere tutto a posto. Baekhyun
andò con lui, mormorando che non se la sentiva di stare
solo, e bussarono insieme alla porta del più piccolo,
probabilmente con un aspetto terribile; Minseok ancora in pigiama alle
tre del pomeriggio e Baekhyun con gli occhi rossi e i capelli
scompigliati. Kyungsoo aprì la porta e lanciò
loro uno sguardo confuso.
“Ragazzi,
cosa ci fate qui? Non dovreste essere ancora a scuola?” I suoi occhi si
spalancarono, e fece un passo indietro. “Siete
malati?”
“No,”
sospirò Minseok. “È solo il peggior
giorno di sempre.”
Disse a
Kyungsoo tutto quello che sapeva, che onestamente non era tanto. Quando
il vicino gli chiese cosa non andasse in Baekhyun, il quale si nascose
contro la spalla di Minseok e che si lamentò quando Minseok
cercò di rimuovere il proprio braccio da dietro la sua
schiena, disse soltanto, “Ha qualche serio
problema di cuore spezzato.”
Kyungsoo non
sembrava nemmeno lontanamente tanto devastato dalla notizia di Minseok
quanto lui, ma immaginò che fosse perché Kyungsoo
sapeva che lo avrebbe solamente fatto sentire peggio. Il più
piccolo rimase in silenzio per un po', poi disse, molto lentamente,
“Non so cosa dirti, hyung.”
“Dimmi
che tornerà,”
disse Minseok, mordendosi il labbro e cercando di mantenere il respiro
regolare. “Devono lasciarlo tornare, giusto?”
Kyungsoo non
fece nulla per un lungo momento, poi distolse lo sguardo e scosse la
testa. “Non penso,” disse piano. “Dopo
una cosa del genere... Non penso che lo lasceranno tornare in Corea per
il resto della sua vita.”
“Non
sappiamo nemmeno cosa c'è che non vada,” insistette
Minseok, quasi implorante. “Potrà tornare,
vero?”
Kyungsoo
scrollò semplicemente le spalle e disse, “Non lo
so, hyung.”
A volte,
Kyungsoo era troppo bravo a dire la dura verità.
Quando
Minseok era stato male, il tempo era passato in modo veloce e confuso,
dove giorno e notte sembravano scontrarsi l'uno con l'altro. Era
così anche ora, solo che Minseok aveva Luhan, prima, mentre
adesso non ce l'aveva più. Senza Luhan, il tempo passava
più lentamente, fino a che Minseok non sentì di
volersi strappare i capelli per la frustrazione.
Tornò
a scuola il secondo giorno, e dovette affrontare il banco vuoto di
Luhan accanto al proprio, così come le domande che facevano
tutti circa dove fosse andato il ragazzo cinese (inclusi Sehun, Jongin
e gli insegnanti di Minseok e praticamente tutti quelli che avevano
notato la sua assenza, e che a quanto pare si aspettavano che Minseok
conoscesse la risposta). Disse alla maggior parte delle persone che non
sapeva dove fosse, e disse a Sehun e Jongin e ai suoi amici quello che
aveva detto a Kyungsoo – che Luhan era tornato in Cina, a
tempo indeterminato. Tutti erano rimasti scioccati, ma persino nel suo
stato semi-cosciente, Minseok rimase sorpreso per quanto Sehun
sembrasse turbato dalla cosa.
Jongdae prese
il braccio di Minseok e sussurrò, “Stai
bene?”
Minseok rise,
breve e amaro, e disse, “Tanto bene quanto te quando Junmyeon
si è trovato una ragazza.”
Jongdae si
irrigidì, poi accarezzò gentilmente la schiena
dell'amico. “Mi dispiace.”
Minseok si
voltò, desiderando che tutti smettessero di parlarne.
Quel giorno,
quando Minseok tornò da scuola, esausto oltre ogni limite,
trovò una lettera indirizzata a lui, scritta con un
familiare hangul infantile. Squarciò la busta
così velocemente che quasi strappò anche il suo
contenuto. Le mani gli tremavano mentre apriva il foglio.
Caro
Minseok,
Sono
sulla strada per l'aeroporto al momento. Mi ero dimenticato quanto
fosse lungo il tragitto! Imbucherò questa lettera
all'aeroporto, prima di andarcene, così che ti
arriverà presto. Voglio davvero che sappia cosa sta
succedendo il prima possibile. Anche io sono confuso, lo sono davvero,
ma non voglio che ci siano più segreti. Non potevo dirtelo
prima – giuro che non potevo – ma ora ho bisogno
che tu sappia. Non ha più senso tenerlo nascosto, comunque.
Immagino
tutto abbia avuto inizio in Cina. Eravamo già poveri, te
l'ho detto questo, vero? Mio padre è uno specialista,
è ben istruito, ma non riusciva a trovare un lavoro per le
sue abilità, non dove vivevamo. Aveva un lavoretto in
città, ma non pagava molto. Mia mamma faceva quello che
poteva per supportarci. Ma poi mio padre perse il lavoro, e non
riuscì a trovarne un altro in tempo, e venimmo sfrattati da
casa nostra. Avevamo davvero pochissimo tempo per trovare un altro
posto in cui stare. È stato davvero spaventoso. Mio padre
fece qualche ricerca, e si trovò un lavoro in Corea. Un
lavoro che avrebbe pagato bene, un lavoro per cui aveva le qualifiche.
Era davvero una buona opportunità. Ma avevamo bisogno di
alcuni documenti per poter lavorare in Corea. E ne avevamo bisogno
velocemente. Eravamo... davvero disperati.
Trovammo
qualcuno che poteva aiutarci con i documenti, in fretta. Sapevamo,
mentre lo facevamo, che era sospetto. Ma non avevamo altra scelta. Ci
costò tutto quello che avevamo, ma arrivammo in Corea, e
pensammo che saremmo stati bene. Mio padre avrebbe potuto cominciare a
lavorare, e avremmo potuto ripagare il nostro debito. Ma non
andò così. Quando arrivammo in Corea, scoprimmo
velocemente che tutto quello che avevamo era solo un enorme debito, e
una documentazione incompleta. Mio padre non poté avere quel
lavoro, non avremmo potuto ricevere il resto dei documenti fino a che
non avessimo saldato il debito (questo è quello che avevano
detto), e avevamo a malapena abbastanza denaro per tirare avanti.
Quindi facemmo quel che potevamo. I miei genitori trovarono dei lavori
dove poterono, solo per riuscire ad affittare quel piccolo appartamento
e per mettere un po' di cibo in tavola, e io lavoravo più
che potevo per aiutarli. Durante il giorno, avevo un lavoro normale. La
notte, lavoravo per un 'amico' delle persone che ci avrebbero dovuto
dare la documentazione. Non pagava molto, e gli orari erano terribili,
ma era qualcosa, e il lavoro che facevo toglieva direttamente i soldi
dal nostro debito, quindi feci quello che dovevo fare.
Quindi
per tutto questo tempo, abbiamo vissuto in Corea illegalmente, senza
una giusta documentazione, il che significava che non potevamo avere
dei lavori decenti o un'assicurazione sanitaria o niente del genere.
Pensavamo che, se qualcuno lo avesse scoperto, avremmo semplicemente
potuto dire, “Sentite! Abbiamo
quasi fatto, staremo qui solo fino a che i nostri documenti non saranno
a posto!” Ma quando qualcuno lo scoprì davvero, a quanto pare
scoprì anche che i nostri documenti – quelli che
avevamo – erano falsi. Ci hanno permesso di fare una
telefonata a testa prima di essere deportati. Mio padre ha chiamato
l'ufficio immigrazioni. Il nome e il numero che ci avevano dato non
esistevano. Fu allora che capimmo di essere in trappola. Mia madre ha
chiamato la famiglia di Yixing, per assicurarsi che potessimo stare da
loro non appena saremmo arrivati in Cina, solo per un po'. Io ho
chiamato te.
Quindi
questa è la mia storia. Mi dispiace davvero non avertelo mai
detto, Seok-ah. Era tutto... così confuso. Così
incasinato. E immagino volessi semplicemente fingere... se non l'avessi
detto a nessuno, allora magari avrei potuto fingere che non era vero. E
non è davvero qualcosa che vorresti raccontare a qualcuno.
Che sei un immigrato clandestino.
Presto
dovrò andare, quindi voglio dirti giusto un paio di cose. Mi
dispiace per averti fatto preoccupare. Andrà tutto bene, te
lo prometto. Staremo con la famiglia di Yixing, almeno per un po'. Ti
chiamerò non appena avremo risolto qualche cosa, okay? Prenditi cura di te,
Seok-ah. Scusa se ti ho rovinato il compleanno. Mi mancherai.
Con
amore,
Luhan
PS.
sai dov'è la chiave di riserva del nostro appartamento,
vero? Potresti andare e prendere alcune delle nostre cose? L'affitto
è fra una settimana – ti prego metti da parte
alcune delle nostre cose prima di allora. Significherebbe tanto!
PPS.
Ti darò il numero di Yixing, in caso di emergenza, okay? Le
chiamate internazionali sono costose, quindi non chiamare a meno che
non sia molto importante!
Minseok prese
un profondo, tremolante respiro e passò un pollice sulle
parole Con
amore sopra
il nome di Luhan. Era una cosa stupida su cui soffermarsi, considerando
tutto quello che aveva appena letto, ma Minseok era un persona stupida.
Sapeva
che
c'erano cose che Luhan non gli aveva detto, certo che lo sapeva, ma
perché non aveva mai chiesto? Non sarebbe stato in grado di
aiutare, certo, ma avrebbe potuto fare qualcosa. Perché non l'aveva
capito? C'erano stati così tanti indizi. Il fatto che la
famiglia di Luhan continuasse ad avere quasi niente, nonostante
lavorassero tanto quanto era umanamente possibile. Il fatto che Luhan
si rifiutasse di dirgli qualcosa circa il suo lavoro notturno a parte
che lavorava per un 'amico' di famiglia. Il suo rifiuto di andare dal
dottore, nonostante avesse dovuto avere la tessera sanitaria. Ora aveva
tutto molto più senso, e Minseok era così stupido.
Il cervello
di Minseok gli diceva di darsi un contegno, di portare la lettera a
Kyungsoo così che il più piccolo potesse dirgli
cosa sarebbe accaduto, ma Minseok sentiva troppo dolore anche solo per
considerare l'idea di fare qualsiasi cosa se non trascinarsi in camera
e crollare sul letto. Rilesse la lettera un bel po' di volte, sebbene
gli facesse ancora più male, e cercò di
concentrarsi sulla parte in cui Luhan gli diceva che sarebbe andato
tutto bene, ma non riusciva a crederci, e dubitava che anche Luhan ci
credesse davvero. Sapeva che non avevano soldi, non avevano un lavoro,
non avevano un posto in cui andare se non la casa del suo amico
generoso (e Minseok sapeva che anche la famiglia di Yixing non era
esattamente benestante).
Erano passati
solo due giorni dall'ultima volta che aveva visto Luhan, e
già gli mancava da impazzire. C'erano state altre volte in
cui erano stati separati prima, ma questa volta, Minseok non aveva idea
di quando sarebbe riuscito a rivederlo. Non sapeva nemmeno se lo
avrebbe mai
rivisto.
Gli faceva
male il cuore. Non era nemmeno riuscito a dire a Luhan che lo amava.
Minseok non
aveva idea di quanto tempo fosse passato quando sentì
qualcuno bussare, e poi la porta si aprì. (Luhan entrava sempre
così, sussurrò il cervello
di Minseok, come se Luhan fosse morto o qualcosa del genere.)
“C'è qualcuno?” chiamò una
voce che Minseok riconobbe subito come quella di Jongdae.
“Hey,”
gracchiò Minseok, senza fare cenno di volersi alzare a
sedere sul letto.
Jongdae
entrò nella stanza, indossava dei vestiti normali
– doveva essere passato a casa a cambiarsi – e
aveva qualcosa in mano. “Sono venuto a controllare come
stai,” disse gentilmente.
Minseok
tirò su col naso. “Sto bene,” disse, ma
non sembrava convincente nemmeno a se stesso.
“Lo
so,”
disse comunque Jongdae, sedendosi sul bordo del suo letto e
accarezzandogli la schiena confortante. “Qualche
notizia?”
Minseok
annuì debolmente, porgendo la lettera all'amico.
“Luhan mi ha mandato questa.”
Jongdae
rimase in silenzio per un po', studiando il foglio. Poi disse
semplicemente, “Wow. Questo è – non ne
avevo idea. Spero stia bene.”
Minseok
scrollò le spalle e nascose il viso nel cuscino.
“Hey,” disse piano
Jongdae. “Tu
starai
bene? È mio compito assicurarmi che stia bene, sai.
È mio dovere come migliore amico. Hai bisogno che faccia
qualcosa?”
Minseok
sospirò, scuotendo la testa. Non è che Jongdae
potesse fare qualcosa per aiutare, comunque. Nessuno poteva.
“Mi sento una merda,” mormorò.
“Sono solo preoccupato, e – vorrei soltanto
– vorrei che fosse qui.”
“Lo
so,”
disse gentilmente Jongdae. “Hey, guarda, ti ho portato una
cosa.”
Minseok
rotolò per vedere cosa avesse in mano l'amico. Era una
scatola di cioccolatini assortiti, probabilmente ancora dal giorno di San Valentino, e
grugnì. “Jongdae, lo sai che non posso
mangiarli.”
“Hey,” disse
severamente Jongdae. “Solo perché tua madre
è una maniaca della salute non significa che debba esserlo anche tu. Sei depresso, e il
cioccolato è il miglior rimedio. Non lo dirò a
nessuno.”
Minseok si
passò una mano sul viso, frustrato. Tutto questo era troppo.
Era troppo e Minseok non poteva gestirlo e voleva semplicemente
smettere di pensare, per cinque secondi. Voleva smettere di pensare a
come sarebbe stato aggiustare la propria vita senza Luhan, e
preoccuparsi se sarebbe stato bene, oltre che a preoccuparsi se Minseok stesso stesse bene. Voleva essere un
adolescente normale, per una volta, e mangiare i propri problemi e non
interessarsi a niente se non a quanto fosse triste. Voleva soffrire
come soffrivano le persone normali, e vivere come vivevano le persone
normali, e solo. Voleva semplicemente smettere di avere tutti questi
problemi tutto il tempo. Era chiedere troppo?
“D'accordo,” disse, l'amarezza
e il risentimento crebbero nel suo stomaco prima di collassare in
qualcosa di molto più semplice, e molto più
terrificante se ci pensava un secondo. Ma Minseok aveva smesso di
pensare. “Lasciali.”
“Questo
è il mio ragazzo,” rise Jongdae,
scompigliandogli i capelli prima di alzarsi. “Comunque,
hyung, vado a dare questa lettera a Kyungsoo. Prenditi cura di te,
ok?”
Minseok
deglutì e annuì. Nel momento in cui Jongdae se ne
andò, però, aprì la scatola e si
infilò due cioccolatini in bocca, per poi gettare la scatola
sotto il letto. Il sapore di cioccolato sulla lingua era
stucchevolmente dolce, quasi sconosciuto a questo punto, e sapeva di
peccato e ribellione e rimorso e liberazione, tutto allo stesso tempo.
Nessuno
doveva sapere.
Sin da quando
era bambino, Sehun aveva imparato i vantaggi di saper nascondere le
proprie emozioni. Rifiutarsi di mostrare un sentimento era equivalente
a rifiutarsi di mostrare una debolezza, perché lasciare che
un'emozione ti controllasse era una debolezza. Paura, rabbia,
delusione, dolore, persino felicità – erano tutte
debolezze, e il piccolo Sehun conosceva le conseguenze del mostrarle.
Le persone che le conoscevano potevano ferirti con molta più
facilità, e molto più in profondità.
Rimanendo impassibile e imperturbabile nonostante le circostanze, Sehun
era riuscito a proteggersi.
Ma Jongin
aveva tirato fuori diverse cose dal passato di Sehun, dal
più piccolo dei sorrisi ad un completo scioglimento, e forse
Sehun aveva anche imparato i vantaggi di lasciarsi andare, di tanto in
tanto. Non significava che l'avrebbe fatto senza lottare,
però.
“Sehun…” la
voce di Jongin era debole ed esitante, come se non fosse sicuro di
dover continuare. “Stai bene?”
Sehun non
avrebbe mentito, quindi non disse nulla, fissando il muro accanto a
sé invece del ragazzo che aveva davanti. Erano nella sala
prove, anche se Jongin non aveva lezione oggi; Sehun aveva detto che
gli sarebbe piaciuto andare in un posto silenzioso, e questo era il
miglior posto che Jongin conoscesse. C'erano solo loro due, ma Jongin
era in piedi da un lato, mentre Sehun era seduto in un angolo, con le
ginocchia tirate al petto, e si rifiutava di guardarlo.
“Sehun, che c'è che
non va?” chiese il ragazzo, sembrando così triste
e preoccupato, e Sehun non riusciva a guardarlo, non sapeva cosa fare,
non sapeva come gestire queste situazioni. “È per
Luhan-hyung?”
Sebbene Sehun
non volesse mostrare niente, non riuscì a contenere il
piccolo suono che sfuggì dalle sue labbra, e c'era troppo
silenzio nella sala perché Jongin non lo sentisse.
“Hey,” disse
gentilmente, avvicinandosi a Sehun e accovacciandosi accanto a lui.
Sehun si ostinò a fissare il muro.
“Andrà tutto bene. Lui starà bene. Non
sappiamo nemmeno perché è stato deportato,
giusto? Potrebbe tornare presto.”
Sehun voleva
spingere via Jongin, dirgli di smetterla di mentire, dirgli che Luhan sarebbe potuto
essere bandito dal Paese per sempre, ma invece strinse i denti e tenne
la bocca chiusa.
“Sehun, ti prego,”
disse Jongin, sembrando leggermente disperato mentre posava una mano
sul ginocchio del ragazzo. “Ti prego, parla con me. Se non
dici mai niente, come posso aiutarti?”
Sehun spinse
via la mano, e sapeva che c'era qualcosa di seriamente sbagliato in lui
quando volle immediatamente che Jongin provasse ancora, come un gioco
malato di Toccami Non Toccarmi. Jongin non lo fece, però,
indietreggiò leggermente, e Sehun ruggì e
sbatté la testa al muro abbastanza forte da farlo
sussultare, perché voleva sempre che Jongin sapesse quello
che Sehun voleva e che facesse sempre quello di cui aveva bisogno, ma
non sapeva come dirglielo. La metà delle volte, nemmeno Sehun sapeva che cavolo voleva.
Prese un
profondo respiro e disse, con esitazione, “È solo
che – non se ne sarebbe dovuto andare.”
“Chi? Luhan?” chiese
Jongin.
Sehun
deglutì e annuì.
“Non
se ne voleva
andare, Sehun,” disse piano
Jongin. “Non se ne sarebbe andato se non fosse stato
costretto, lo sai questo.”
“Lo
so,” sputò
Sehun, e non era arrabbiato con Jongin, era arrabbiato con se stesso, ma Jongin questo non lo sapeva
e si allontanò da lui, sembrando ferito. Sehun si odiava.
“Ma ho solo due persone, Jongin,” disse, prendendo
un respiro e sentendosi terribilmente vicino ad un altro crollo.
“Ho solo te e Luhan. Ed entrambi avete promesso che non ve ne
sareste andati e ora Luhan non c'è più e io
– non so – non me l'ha nemmeno detto.”
“Ha fatto quel che poteva,
Sehun,” gli disse velocemente Jongin, e Sehun lo sapeva questo, ma non cambiava nulla.
“Ha detto a Minseok quello che poteva dirgli, e Minseok lo ha
detto a te. Non voleva andarsene.”
“Ma
lo ha fatto, Jongin,” disse
Sehun. “Anche se non voleva, lo ha fatto, e come faccio a sapere che
anche tu non te ne andrai?” Si morse immediatamente la
lingua, sentendosi nauseato. Aveva detto troppo.
Ci fu un
lungo, pesante silenzio, e Sehun deglutì a fatica,
aspettando. Ma Jongin non disse niente, e invece si alzò e
si allontanò, e Sehun si sentì tremare
leggermente. Jongin prese quattro o cinque passi di distanza e
fissò il soffitto passandosi una mano tra i capelli
sembrando perso, poi si voltò e offrì una mano a
Sehun.
“Alzati.”
Sehun
sbatté le palpebre, ancora tremante.
“Cosa?”
Jongin fece
qualche passo verso di lui. “Alzati.”
Con
esitazione, Sehun prese la mano offerta dal ragazzo, il quale lo
aiutò ad alzarsi e lo guidò al centro della
stanza. Con le mani sulle spalle, Jongin lo fece voltare verso uno dei
muri coperto di specchi e lo rispinse giù. Confuso e
titubante, Sehun si sedette, gli occhi sulla figura di Jongin nello
specchio mentre si sedeva direttamente dietro di lui, il petto contro
la sua schiena.
“Così va bene?” chiese Jongin. Sehun
annuì lentamente, e Jongin fece scivolare le braccia attorno
ai suoi fianchi. “Così?” Sehun
annuì ancora. Jongin posò il mento sulla spalla
di Sehun. “Così?”
“Sì,”
sussurrò Sehun. Jongin non sorrise, invece rimase seduto
lì, avvinghiato attorno a lui a fissare le loro figure nello
specchio.
“Non
posso prometterti che non mi accadrà qualcosa come
è accaduto a Luhan,” disse alla fine
Jongin, e Sehun trattenne il fiato. “Sarebbe una promessa
stupida da fare, perché a volte non puoi controllare queste
cose.”
“Lo
so,”
disse piano Sehun.
Jongin rimase
in silenzio per un momento, e poi girò la testa per premere
un bacio sul collo del ragazzo, e Sehun era imbarazzato per come le sue
guance arrossirono. “Lo sai che ci tengo a te,
vero?”
Sehun
esitò, deglutendo prima di mormorare,
“Sì.”
Jongin
sorrise allo specchio. “Bene. E sai che anche Luhan-hyung
tiene a te, vero?”
Sehun si
fermò un attimo a pensare a tutte le volte che Luhan lo
aveva raggiunto al suo tavolo, alle volte in cui gli aveva parlato
nonostante lui non volesse parlare, a quando lo aveva presentato ad
altre persone, a quando gli aveva sorriso, lo aveva abbracciato.
“Sì.”
“Bene,
perché è così. Ora chiudi gli occhi.”
“Cosa?”
“Chiudi gli occhi,”
ripeté Jongin, guardandolo severamente dallo specchio.
Mordendosi il
labbro, Sehun fece quello che gli era stato detto. “E ora?”
Jongin fece
un suono vago e lo strinse ancora più forte.
“Riesci ancora a sentire che tengo a te”
Sehun
aggrottò le sopracciglia confuso, ma non aprì gli
occhi. “…Sì?”
“E
quando torno a casa e non puoi sentirmi o toccarmi? Potrai ancora
percepirlo?”
“Io—sì,
penso di sì.”
“E
se andassi in Cina? Crederesti ancora che abbia tenuto a te se dovessi
andare in Cina?”
chiese piano Jongin.
Sehun prese
un profondo respiro e si lasciò andare contro il petto caldo
di Jongin. “Non lo so.”
Altri baci
contro il suo collo e lungo suo profilo. “La risposta esatta
è sì,” gli disse gentilmente Jongin.
“Perché sarebbe così, terrei a te tanto
quanto qui e ora. Proprio come Luhan.”
Sehun
sospirò e piegò la testa per esporre di
più il collo, perché non sapeva come dire a
Jongin che gli piaceva quando lo baciava lì. Il ragazzo
sembrò capire, comunque, allo stesso modo in cui
sembrò capire quando Sehun disse, “È
solo che – non so perché sia così
difficile per me.”
Jongin
annuì contro la sua pelle. “Nemmeno io,”
confessò. “Ma ci stiamo lavorando.”
“Sì?” chiese Sehun, con
voce piccola.
“Sì,”
sussurrò Jongin. “Lentamente.”
“Baekhyun, possiamo andare a
casa per favore?”
“No.” Baekhyun si
accigliò e si alzò in piedi. “Non
abbiamo finito nemmeno l'Atto I ancora.”
“Forse
perché nessuno dei nostri protagonisti sa le battute,” disse il direttore
di scena, alzando gli occhi al cielo. “Andiamo, Baek, siamo
qui da ore, tutti cominciano ad andare fuori di testa. Forse dovremmo
semplicemente tornare lunedì, quando voi due avrete avuto
tempo di riguardare meglio le battute.”
Baekhyun
trattenne il fiato e si premette le mani sugli occhi. Gli bruciavano
ferocemente sotto le palpebre. “Finiamo – finiamo
solo il primo atto e poi possiamo andare a casa,” disse.
“Riuscirai
a mettere insieme un costume in tempo per lo spettacolo?” chiese
scetticamente il pianista. “Ci sono voluti mesi per creare
quello di Chanyeol—”
“Non—” lo
interruppe velocemente Baekhyun, prendendo un profondo respiro.
“Non... parlarne. Mi inventerò qualcosa.
Riproviamo questa scena.”
Jung Eunji
gli lanciò un'occhiata stanca dal centro del palco.
“Sei sicuro che sia una buona idea?” chiese.
“Perché non trovi semplicemente un nuovo
protagonista maschile, e tu tieni il tuo ruolo? Almeno
così qualcosa sarebbe decente.”
Baekhyun
rifiutò immediatamente la proposta, facendo una smorfia.
“No. Non - non voglio nemmeno essere l'eroina. Possiamo solo
– possiamo solo finire di provare per oggi? Vi
prego?”
Ci fu un
mormorio scontento di assenso, e tutti tornarono lentamente ai propri
posti. Baekhyun prese il copione e lo fissò, fingendo di non
sentire quando qualcuno mormorò, “Byun Baekhyun,
ridotto ad implorare senza Chanyeol intorno.”
Il suono del
suo nome gli faceva ancora venire voglia di vomitare.
Erano passati
quattro giorni dalla dichiarazione di Baekhyun. Quattro terribili
giorni spaccacuore da quando Chanyeol era uscito dall'auditorium
lasciandolo solo. Il primo giorno, Baekhyun era rimasto a casa, troppo
distrutto per andare a scuola, ma il secondo giorno era tornato,
spaventato ma anche un pizzico speranzoso.
Non avrebbe
dovuto esserlo. La prima cosa che notò fu un bigliettino nel
suo armadietto, coperto dalla calligrafia familiare di Chanyeol. Il
cuore di Baekhyun si era gonfiato, in quel modo pericoloso proprio
prima che qualcosa potesse riempirlo o distruggerlo. Stupidamente
– Baekhyun era così stupido – aveva
sperato che il biglietto iniziasse con un “Mi dispiace” e si concludesse con un
“Ti
amo anche io.”
In effetti,
era iniziato con delle scuse, ma la sua fantasia finì
lì.
Baekhyun,
Mi
dispiace davvero, davvero tanto per quello che sta succedendo al
momento. So che probabilmente non vorrai sentirlo, ma è
così, e voglio che lo sappia. Sono solo... sono
così... dispiaciuto. Non so cos'altro dire. Per prima cosa,
immagino, mi dispiace per averti lasciato in quel modo. Sapevo di non
doverlo fare, anche mentre lo stavo facendo. Ma non sapevo davvero cosa
fare. Ero così confuso e perso e spaventato e sono stato un
codardo, sono scappato invece di gestire la cosa, e mi dispiace.
Non
ho mai saputo, giuro sulla mia vita, non ho mai immaginato che provassi
quelle cose, nemmeno per un secondo. Forse sono uno stupido per non
averlo saputo, non lo so, ma ero così scioccato. Lo sono
ancora.
Prima
di tutto, voglio che sappia che non ti odio. Non sono disgustato e non
penso tu faccia schifo e davvero non ti odio, non potrei mai e mai lo
farò. È solo che... non posso. Non posso,
Baekhyun. Lo capisci, vero? Sei il mio migliore amico, lo sei stato per
più di quanto io ricordi, e mi conosci più di
chiunque altro. Quindi capisci perché non posso, vero? E non
posso semplicemente dimenticare, o fingere che non cambi nulla. Vorrei
che non cambiasse nulla, ma non è così, e potrei
essere un bravo attore, ma recitare non è credere, o sentire.
Non
so nemmeno più cosa sto dicendo. Sono solo dispiaciuto per
così tante cose. Mi dispiace per non averlo notato, per
averti reso le cose difficili, per averlo reso strano per te, per non
essere in grado di gestirlo. Ho solo... bisogno di un po' di spazio. Ho
bisogno di capire un po' di cose. E voglio che tu sappia che questo non
significa che non tenga più a te, okay? Perché ci
tengo, questo non è cambiato. Penso che la colpa sia mia
qui, e mi dispiace davvero, davvero tanto.
-Chanyeol
Baekhyun
aveva pianto ancora, la prima volta che aveva letto la lettera. Era
arrivato tardi in classe, perché era stato impegnato a
nascondersi in bagno e a strofinarsi gli occhi per farli smettere di
lacrimare. La seconda volta che l'aveva letta, aveva usato una penna
rossa per cerchiare tutte le volte che Chanyeol aveva detto scusa. Sette volte. Baekhyun non
riusciva a decidere se fossero troppe o troppo poche.
Le lezioni
erano state un incubo. Chanyeol si era seduto davanti invece che al
solito posto accanto a Baekhyun, dicendo all'insegnante che gli si
erano rotti gli occhiali e aveva perso le lenti a contatto e non
riusciva a vedere (era già successo prima, ma Baekhyun
dubitava che questa fosse una coincidenza). Non era andato a parlare con
Baekhyun durante la pausa, non si era fatto vedere al loro triste
tavolo solitario a pranzo – sapeva almeno che Luhan se n'era
andato? Jongdae gli aveva chiesto se avessero litigato, e Baekhyun
aveva risposto semplicemente, “Qualcosa del
genere.” E dopo la scuola, quando Baekhyun aveva fatto
l'appello per le prove dello spettacolo, Chanyeol non si era
presentato. Avevano fatto ciò che potevano senza di lui, e
Baekhyun aveva accettato di parlare con il loro principe assente. Non
lo aveva contattato.
Chanyeol non
si presentò neanche alle prove del venerdì.
Sabato, Baekhyun aveva chiamato Jung Eunji del coro per chiederle se
avesse voluto prendere il ruolo dell'eroina, così che lui
potesse riempire il vuoto che Chanyeol aveva lasciato nel cast. Non
voleva essere l'eroina se Chanyeol non era il protagonista, comunque.
Imparare
un'intera parte nuova – un'enorme parte nuova –
avrebbe portato via a Baekhyun un sacco di tempo per poterla recitare
perfettamente dopo un mese. Ma a Baekhyun non dispiaceva. Avrebbe fatto
di tutto per tenersi occupato, davvero. Avrebbe fatto di tutto pur di
non pensare a Chanyeol, che era stato un presenza quasi costante nella
sua vita per i precedenti tredici anni, solo per andarsene
completamente per una stupida cosa che aveva detto Baekhyun. Penso che la colpa sia mia qui, aveva scritto Chanyeol.
Ma era stato
Baekhyun ad innamorarsi di lui. Stupido, stupido Baekhyun.
Jongdae
conosceva Minseok meglio di chiunque altro al mondo. Conosceva tutte le
sue piccole strane abitudini, tutte le sue stranezze, i suoi difetti e
i suoi punti di forza. Sapeva cosa piaceva a Minseok, e le cose che
fingeva gli piacessero ma che in realtà odiava. Conosceva Minseok.
Quindi sapeva
quando c'era qualcosa che non andava nel migliore amico.
All'inizio,
quando Minseok era rimasto a casa il giorno del suo compleanno, Jongdae aveva pensato che fosse
davvero malato. Ma poi si era scoperto che era solo l'effetto di tutta
la situazione di Luhan, che era spaventosa e dolorosa per tutti, ma
specialmente per Minseok. Jongdae sapeva che Minseok non reagiva bene
ai cambiamenti. Non gli piaceva quando le cose si incasinavano, ed era
per questo che all'inizio era stato così restio all'arrivo
di Luhan. (Divertente, come fosse andata a finire.) E Jongdae non era
stupido. Sapeva che Minseok era più che leggermente
affezionato a Luhan. Quindi capì perché avesse
avuto un impatto così grande sul migliore amico, quando
Luhan se ne fu dovuto andare, forse per sempre. Lo capiva.
Ma dopo un
paio di giorni in cui vedette di più Minseok, Jongdae
cominciò a pensare che quello non fosse l'unico problema. Minseok si stava
semplicemente... comportando in modo strano. Faceva cose che non aveva mai
fatto. Tipo spazzare via il pranzo di Jongdae, chiedendogli se poteva
mangiare alcuni dei suoi snack. Scambiava le sue mele e le barrette ai
cereali con biscotti e altri cibi poco salutari. Jongdae glielo
lasciava fare, perché sapeva che non aveva quel tipo di cose
a casa e forse sarebbe stato un bene per Minseok lasciarsi un po'
andare, ma dopo un po' cominciò a farlo preoccupare.
Cominciò anche a non seguire più la sua routine.
A pranzo arrivava sempre in mensa prima di Jongdae, il che significava
che non andava in bagno, e questo non era un grande problema o niente
del genere, ma era comunque strano. E poi mandava giù
litri d'acqua, come se la sua vita dipendesse da quello. Rendeva
Jongdae un po' nervoso, perché Minseok non si comportava
normalmente ed era difficile non notarlo.
Non si
preoccupò seriamente fino a sabato, però, quando
Minseok cancellò la propria festa di compleanno –
non che fosse una grande cosa comunque – e invece chiese a
Jongdae di aiutarlo a pulire la casa di Luhan. Non appena
arrivò a casa di Minseok, notò quanto sembrasse
stanco e letargico l'amico, anche se si comportava come se stesse
perfettamente bene davanti alla madre. Subito dopo essere usciti,
però, le sue spalle si abbassarono e il suo sguardo si
spense immediatamente.
“Ti
senti bene?”
chiese con cautela Jongdae. “Sembri un po'... sotto
tono.”
Minseok
scosse la testa stancamente. “Sto bene,” rispose.
“Solo stanco.”
“Sembri
un po' malaticcio,”
Jongdae misurò le parole.
Minseok si
accigliò. “Potrei starmi ammalando un
pochino,” disse. “Non dirlo a Kyungsoo, uscirebbe
di testa.”
Jongdae
allungò una mano per sentirgli la fronte, e Minseok si
scansò al contatto, poi sbatté le palpebre e fece
una smorfia. Sorpreso, Jongdae gli sentì ancora la fronte, e
Minseok gli lasciò fare, ma non sembrava avesse la febbre.
Decise di lasciar perdere.
Jongdae non
era mai stato a casa di Luhan prima – non aveva mai avuto un
motivo per farlo – ma dopo la lettera del ragazzo, si
aspettava che fosse un po' malmessa. Non rimase deluso. Sentiva che
avrebbe avuto una reazione più grande, però, se
il loro arrivo non fosse stato interrotto da Minseok che insisteva di
dover fare la pipì, spingendolo via per dirigersi nel bagno
di Luhan. E anche quello non sarebbe stato strano, se Minseok non
avesse fatto la stessa identica cosa prima di uscire da casa sua. Forse
se avesse smesso di bere così tanta acqua—
Non c'era
tanto da mettere da parte nell'appartamento di Luhan. Era ovvio che se
ne fossero andati di fretta, afferrando poche cose ciascuno prima di
essere costretti a uscire. Minseok nominò alcune cose che
aveva notato mancassero – il barattolo dei risparmi di Luhan,
il suo zaino, qualche libro e alcuni dei suoi vestiti. I suoi vestiti
invernali erano ancora lì, però, il suo giubbotto
rosso e i guanti, e Minseok li raccolse e li fissò a lungo
prima di infilarli in una grande busta nera della spazzatura che
avrebbe riportato a casa.
Non sapevano
davvero cosa prendere e cosa lasciare, quindi passarono la maggior
parte del tempo ad aprire cassetti e guardare dentro gli armadi per poi
allontanarsi senza toccare niente. Jongdae passò molto tempo
a recupare libri cinesi dalla camera dei genitori di Luhan, poi
tornò in camera del ragazzo trovando Minseok seduto sul
pavimento, staccando con attenzione le foto dal muro e guardandole per
poi metterle sulla pila accanto a sé. Jongdae rimase
sull'uscio e guardò in silenzio per un momento mentre il
migliore amico staccava una foto di sé e Luhan con i visi
piuttosto vicini, guancia a guancia, seduti su una panchina da qualche
parte.
Minseok la fissò per venti secondi buoni, poi
sospirò all'improvviso e si buttò sul materasso
di Luhan, coprendosi il viso e grugnendo piano. Jongdae se ne
andò velocemente, pensando di lasciare un po' di spazio
all'amico.
Nelle due ore
che Minseok e Jongdae usarono per raccogliere tutto ciò che
potevano dal piccolo appartamento, il maggiore andò in bagno
tre volte, e fu allora che il cervello di Jongdae registrò
qualcosa.
“Hyung,” disse mentre trasportavano le loro buste
verso la fermata della metro più vicina. “Non ti
stai ammalando come l'anno scorso, vero?”
La testa di
Minseok scattò su e lo guardò con occhi ardenti. “No,” disse con decisione.
“Non è così. Sto bene.”
Jongdae lo
guardò a lungo, poi disse semplicemente, “Se lo
dici tu.”
Minseok era
un ragazzo grande. Poteva prendersi cura di se stesso. Vero?
**********
Nuovo capitolo! Come previsto
sono riuscita a trovare un passaggio, quindi rimarrò a casa
per uno o due giorni... prevedo già ore e ore passate al pc
per recuperare il tempo perduto senza internet ahahah Il capitolo
successivo verrà postato questo fine settimana, spero ;___;
Alla prossima ♡
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Capitolo 31 *** Capitolo 29 ***
La scuola era una problema per
Minseok in questi giorni. Sembrava che ogni giorno diventasse
più difficile concentrarsi e interessarsi. Sapeva che avrebbe dovuto, perché aveva
già fatto domanda a diverse università e doveva
mantenere una media alta per essere accettato, ma ogni giorno che
passava, diventava un po' più indifferente, un po' meno
interessato a tutto ciò che non riguardasse il benessere di
Luhan. Per la maggior parte della sua vita, Minseok era stato la
più grande preoccupazione di tutti – dei sui
genitori, di Kyungsoo – e si era abituato a questo, lo aveva
interiorizzato, ma ora all'improvviso Minseok non voleva più
preoccuparsi per se stesso, quindi utilizzò tutto il suo
tempo e gli sforzi che prima avrebbe usato per pensare a sé,
per pensare a Luhan invece. Non aveva senso, perché non
c'era nulla che potesse fare circa la situazione dell'amico, non poteva
nemmeno parlare
con
Luhan, ma Minseok aveva abbandonato la razionalità.
Sarebbe potuto essere spaventoso, se Minseok avesse avuto la forza di
interessarsi per più di cinque secondi.
Aveva anche Baekhyun di cui preoccuparsi. Il più piccolo
andava spesso da lui quando si sentiva travolto, facendo capire a
Minseok, senza dirlo, che senza Chanyeol non aveva nessun altro da cui
andare, che nessun altro avrebbe capito. A Minseok piaceva passare del
tempo con Baekhyun, perché Baekhyun era troppo impegnato con
i propri problemi per preoccuparsi per Minseok. Baekhyun non lo
guardava allarmato, non gli chiedeva se si sentisse bene, non se
Minseok faceva un buon lavoro a nasconderlo. Passava una gran
quantità di tempo a ripassare le battute da solo, chiedendo
a Minseok di aiutarlo quando poteva, e Minseok andava spesso alle prove
dello spettacolo ora, per supportarlo e aiutarlo dove poteva. Era
meglio che essere da qualsiasi altra parte, comunque. Lo teneva lontano
da persone che gli avrebbero fatto delle domande.
Il 2 Aprile, una settimana dopo l'inaspettata partenza di Luhan,
Minseok rimase dopo le lezioni per altre prove della commedia, sotto
richiesta di Baekhyun. Il più piccolo sembrava esausto,
quasi quanto Minseok, ma cercò di sorridere mentre diceva a
Eunji che aveva fatto un buon lavoro con le sue battute e mentre
combatteva con l'ingombrante spada di Chanyeol. Minseok ammirava la sua
forza, sebbene il sorriso non raggiungesse mai i suoi occhi.
Quando
raggiunsero la scena in cui Baekhyun doveva cantare una canzone pensata
precedentemente per Chanyeol, però, il ragazzo
crollò visibilmente, la sua voce si spezzò a
metà del secondo verso, e non appena finì disse
agli altri attori che aveva bisogno di una pausa. Minseok si
alzò immediatamente, seguendo il ragazzo dietro le quinte e
alle scale che portavano fuori in corridoio. La porta era aperta, ma
stavolta non c'era nessuno nei corridoi, e rimasero seduto fianco a
fianco sugli scalini, e Minseok circondò le spalle esili di
Baekhyun con un braccio.
Il più piccolo prese un profondo respiro. “Sto
bene,” disse, ma la sua voce tremolante lo tradì.
“Ho solo paura che non saremo pronti in tempo.”
“Non devi mentire con me, sai,” disse piano
Minseok, lasciando che il più piccolo si appoggiasse a lui.
“È solo che è così
difficile,” rispose Baekhyun, perdendo il fiato per un
secondo prima di riprendersi. “Perché ho lavorato
così duramente a questo spettacolo e voglio che sia bello
perché significa tanto per me, ma tutto mi ricorda lui e ho
creato questo personaggio per lui e io non posso farlo bene,
nemmeno se imparassi le battute e le direzioni di scena, e vorrei solo
che tutto tornasse come era prima.”
“Ma anche prima era difficile,” gli disse
gentilmente Minseok. “Ricordi?”
Baekhyun tirò leggermente su col naso. “Vorrei che
tornasse tutto come era prima, tranne la parte in cui ero innamorato di
lui.”
“Ero?”
Baekhyun si morse il labbro. “Sono,” ammise.
“La parte in cui sono innamorato di lui.”
“Già,” disse con un sospiro Minseok,
accarezzando la spalla del più piccolo. Anche a lui non
sarebbe dispiaciuto poter tornare indietro nel tempo. “Sei
pronto a rientrare?”
“Penso di sì.” Baekhyun si
alzò, pronto a scendere le scale per tornare sul palco.
“Grazie, hyung. Sei... sei un rimpiazzo di Chanyeol
abbastanza buono.” Sorrise leggermente, ma il suo labbro
tremò, e Minseok aprì le braccia invitante, e
Baekhyun ci si tuffò dentro per nascondere il viso nella sua
spalla. La forza dell'abbraccio lo fece vacillare leggermente, e dopo
un attimo di silenzio, Baekhyun mormorò, “Non sei
soffice come al solito. Hai perso peso?”
Il commento era casuale, fatto per distrarlo dal fatto che Baekhyun
stava per mettersi a piangere sull'uniforme del maggiore, ma ottenne
una reazione forte da parte di Minseok – un terrificante mix
di paura e ansia e irritazione e trionfo. Spaventava Minseok,
più di un po', ma la scacciò via velocemente.
“Ah sì?” disse casualmente, e
spostò un po' del suo peso su Baekhyun perché si
sentiva leggermente instabile sui suoi piedi.
Un attimo di movimento distrasse Minseok dai propri pensieri, e
sollevò lo sguardo vedendo un'inaspettata figura in piedi in
corridoio, che li guardava con gli occhi spalancati. Chanyeol sembrava
tanto sorpreso quanto Minseok ad essere stati beccati, e li
guardò solo per un attimo prima di girare sui tacchi e
tornare da dove era venuto. Minseok si era irrigidito, e Baekhyun
sembrò notarlo, perché si mosse tra le sue
braccia e chiese, “Cosa?”
“Niente,” disse velocemente Minseok, distogliendo
lo sguardo dalla figura del più piccolo che si allontanava,
e tenendogli le spalle in modo che non si voltasse. “Andiamo,
torniamo dentro.”
Baekhyun sospirò e accettò, e Minseok gli
posò una mano sulla schiena per guidarlo sul palco. Baekhyun
riprese le prove, ma Minseok non riuscì a non pensare
all'espressione di Chanyeol quando li aveva visti. Era sembrato
così scioccato, all'inizio, come se non si fosse aspettato
di vederli lì (cosa ci faceva Chanyeol lì?), ma poi era
anche sembrato... tradito, in un certo senso. Agitato. Confuso. Minseok
non riusciva a capirlo.
Cinque minuti dopo, Minseok uscì dall'auditorium per
riempire la bottiglietta d'acqua e andare in bagno, e in qualche modo,
non fu sorpreso quando Chanyeol sbucò da dietro l'angolo per
affrontarlo. Rimase decisamente sorpreso, però, quando
Chanyeol lo intrappolò contro gli armadietti e
piantò una mano decisa accanto alla sua testa, usando il
vantaggio della propria altezza per guardarlo dall'alto in basso con
sguardo accusatore mentre ruggiva, “Cosa stavi facendo con
Baekhyun?”
Per Minseok, che aveva solo visto Chanyeol ridere, sorridere e fare
brutte battute, lo sguardo nei suoi occhi era decisamente
intimidatorio, e indietreggiò per un momento, spostandosi da
un piede all'altro per poi guardare Chanyeol e dire, senza nemmeno
pensarci, “E a te cosa interessa?”
Il proprio coraggio lo sorprese, e sembrò sorprendere anche
Chanyeol, solo per un momento, prima che il suo cipiglio tornasse e
dicesse, “Ti vedo sempre con lui. Perché?”
Minseok non si arrabbiava spesso, non seriamente, ma era sul filo del
rasoio in questi giorni, e aveva passato diverso tempo con un Baekhyun
davvero instabile ultimamente, ed era colpa di Chanyeol, e Minseok non era contento. “Senti,
Chanyeol,” sputò, la testa gli girava leggermente.
“Non so se la tua memoria riesce ad andare così
indietro, ma questa è colpa tua. Nemmeno in parte. Tutta. È colpa tua per
essere stato tutto quello che voleva Baekhyun, senza essere stato in
grado di fermarti. È colpa tua per avergli spezzato il
cuore, e per averlo lasciato con il nulla assoluto. Perché
sono sempre con lui? Oh, non lo so. Forse sto solo facendo del mio
meglio per raccogliere i pezzi del suo cuore infranto,
perché tu eri troppo spaventato e codardo per fermarti e
aiutarlo a farlo. Tu non hai il diritto di dire niente. Non hai nemmeno il diritto di guardarlo, perché hai rovinato
il suo spettacolo e tutto il suo duro lavoro e lui nemmeno ti odia, anche se dovrebbe farlo
perché non meriti Baekhyun, nemmeno per un
secondo.”
Chanyeol sembrò colpito, gli occhi sgranati mentre arretrava
leggermente. “Ma io—”
balbettò. “Lui è il
mio—”
“No, Chanyeol, lui è il tuo niente. Non è un tuo
possedimento. Pensi di poter fare quello che vuoi, usarlo per quello
che ti serve, per poi gettarlo via quando le cose si complicano? Pensi
che sia giusto? Hai avuto la tua chance, e hai rovinato tutto.
Gravemente. Quindi non chiamare Baekhyun il tuo niente.” Minseok spinse
debolmente il petto di Chanyeol, sentendo di dover far provare al
più alto qualche tipo di dolore ma senza riuscire a trovare
la forza.
Chanyeol non si mosse, ogni minaccia svanita dal suo viso mentre
guardava Minseok con gli occhi spalancati. “Ero
solo—sono solo—” Deglutì.
“Spaventato.”
Minseok prese un profondo respiro. “Lo so,” disse,
ed era vero. “Lo capisco, Chanyeol. Ma questo non rende
giusto quello che hai fatto.”
“Non sapevo cosa fare,” continuò
Chanyeol, con la voce più debole che Minseok gli avesse mai
sentito usare.
“Beh, vedi di pensarci bene,” mormorò
Minseok, stringendo con forza la propria bottiglietta.
“Volevo solo—” Chanyeol si morse la
lingua, interrompendosi.
“Volevi solo che le cose fossero qualcos'altro rispetto a
ciò che sono,” finì per lui Minseok.
“Ma non funzionano così le cose, quindi comincia a
reagire alla situazione, e cerca di non essere uno stronzo
già che ci sei, perché Baekhyun vale tanto quanto
te.” Sbatté le palpebre, sentendosi estremamente
stordito per un secondo, poi disse, “Penso che
vomiterò.”
“Cosa?” Chanyeol lo fissò.
“Devo vomitare.” Quasi inciampando sui propri
piedi, Minseok spinse via Chanyeol e si affrettò verso il
bagno.
Qualche minuto dopo, la voce esitante di Chanyeol lo raggiunse da
dietro la porta. “Stai bene?”
Minseok deglutì a fatica, sentendo il sapore di bile sulla
lingua mentre si sedeva sulla tavoletta, chiedendosi se sarebbe
riuscito ad arrivare al proprio armadietto senza vomitare ancora.
“Sto bene,” disse debolmente.
“È tutto sotto controllo.”
“Cosa?”
“Niente. Sto bene. Puoi andare.” Minseok prese un
profondo respiro. Aveva solo fatto male i calcoli. Aveva tutto sotto
controllo. Non c'era niente che non andasse.
Davvero.
La vita era piuttosto calma per Kyungsoo ultimamente. Praticamente
piatta, davvero. Cercava di tenersi impegnato, con niente con cui
distrarsi se non qualche sentore di preoccupazione per alcuni dei suoi
amici. Luhan era in Cina, Baekhyun aveva il cuore spezzato, Chanyeol
era completamente scomparso, e Minseok era sia preoccupato per Luhan
che sempre introvabile. Nessuno andava a fare visita a Kyungsoo, quindi
era abbastanza solo, ma immaginò che fossero tutti
impegnati, o avessero le loro ragioni per non passare. Kyungsoo aveva
iniziato a lavorare ai ferri nel frattempo, per tenere la mente lontana
dalle cose, ed era ridicolo, intrecciare sciarpe e cappelli proprio
mentre le temperature si alzavano, ma se ne fregò.
A volte, Kyungsoo si chiedeva se le persone – in particolare
Minseok – lo stessero evitando di proposito, ma poi si diceva
che era assurdo. Cosa aveva fatto di sbagliato Kyungsoo? Niente. Erano
solo impegnati. Non lo avrebbero evitato di proposito.
(Ma si sarebbero dimenticati di lui? No, anche questo era assurdo.
Doveva smetterla di pensare a queste cose.)
Sabato, per la prima volta in quasi una settimana, Kyungsoo ricevette
una visita. Non era chi si era aspettato di vedere, però.
“Oh, ciao Jongdae.”
“Hey, ciao Soo.” Jongdae sembrava a disagio, come
se non fosse sicuro di dover essere lì, o ci avesse
ripensato all'ultimo momento. Rese Kyungsoo leggermente agitato.
“Hai... bisogno di qualcosa?” gli chiese Kyungsoo,
accigliato.
Jongdae fece una piccola smorfia. “Hai visto Minseok-hyung di
recente?” chiese all'improvviso.
“Huh? Uh, no, non proprio. Ha detto di sentirsi un po'
giù, quindi non pensava fosse un bene venire a farmi
visita.” Kyungsoo cercò di fare un sorriso
convincente. Era una ragione logica.
Jongdae si accigliò ancora di più.
“È quello che ha detto anche a me,”
disse.
“Non... non gli credi?” chiese cautamente Kyungsoo.
Jongdae si grattò il collo agitato. “Non lo so.
È solo che... Minseok-hyung non ti mente mai,
vero?”
Kyungsoo sorrise leggermente. “Cerca di non farlo.”
“Quindi te lo direbbe se ci fosse qualcosa che non va,
giusto?”
Il sorriso cadde dalle labbra di Kyungsoo in un istante. “Che
vuoi dire?”
Jongdae si morse il labbro per un secondo, poi disse, “Si sta
comportando in modo strano ultimamente. Comincio seriamente a
preoccuparmi. Continua a dire di stare bene e che è solo
preoccupato per Luhan e tutto, ma non penso sia
così.”
“Come è che si comporta in modo strano?”
Insistette Kyungsoo. “Cosa sta facendo?”
“Non lo so,” rispose Jongdae, sospirando frustrato.
“Mangia molto cibo. E beve molta acqua.”
La paura attanagliò Kyungsoo come un pugno di ferro. No. No
no no. Non poteva accadere ancora. “Sta bene a parte
questo?” chiese debolmente.
“Per niente,” negò il ragazzo, e
Kyungsoo si sentì male. “Sembra stare molto
più male di quanto non voglia mostrare. Ha continui sbalzi
d'umore e sembra non riuscire mai a prestare attenzione a lungo quando
qualcuno dice qualcosa e ti risponde male se glielo fai notare.
Sembra... assomiglia tanto a come era quella volta, sai, e comincio ad
avere paura.”
Kyungsoo poté sentire il sangue abbandonargli il viso, e
anche lui era spaventato, era improvvisamente terrificato, ma allo
stesso tempo era arrabbiato. Era arrabbiato per non averlo
notato, per non aver fatto lo sforzo di controllare Minseok quando
l'amico non era proprio stabile al momento, per aver lasciato che le
cose arrivassero a questo punto e per non aver notato che forse era per
questo
che
il vicino non gli aveva fatto visita. Era arrabbiato con Minseok per
aver messo ancora tutti in questa situazione. “Vai a casa,
Jongdae,” disse, guardando dritto davanti a sé.
“Cosa?” Jongdae lo guardò stranito.
“Cosa?”
“Devo solo – devo risolvere una cosa.”
“Sai cosa c'è che non va?” chiese
Jongdae, quasi implorante.
“Io—ti prego, va' a casa.”
“Kyungsoo, se sai che succede devi dirmelo. È il
mio migliore amico, andiamo,” insistette il ragazzo, alzando
leggermente la voce.
“Jongdae, non ora. Devi andare a casa e lasciarmi
fare, e dopo potrai parlare con Minseok e farti dire tutto. Okay? Ti prego.”
Jongdae sembrò sorpreso dalla fermezza nella voce di
Kyungsoo, e i suoi occhi ebbero un guizzo pericoloso, ma poi
sospirò e si passò una mano tra i capelli prima
di dire, “D'accordo. Vado.”
“Grazie,” disse Kyungsoo, e a malapena lo vide
andarsene perché riusciva a pensare solo ad una cosa. Non
appena il ragazzo se ne fu andato, Kyungsoo marciò dritto
fuori dalla porta chiudendosela alle spalle – lasciando per
la prima volta casa da quando era tornato dall'ospedale, anche se non
ci pensò nemmeno – e ignorò il
campanello, decidendo invece di sbattere i pugni contro la porta di
Minseok. Si aprì un momento dopo, e Minseok lo
guardò sorpreso.
“Kyungsoo,” disse, gli occhi sgranati.
“Cosa—”
“Hyung.” Kyungsoo strinse i denti. “Cosa stai facendo?”
Minseok lo guardò a bocca aperta per un secondo, e Kyungsoo
odiò quanto spaventato sembrasse.
“Io—sono malato, dovresti—”
“Oh, io lo so che sei malato,”
sputò Kyungsoo. “Ma tu?”
Minseok deglutì e fece un passo indietro, e sembrava stesse
per chiudere la porta, quindi Kyungsoo si fece avanti per bloccarla.
Guardò il vicino dalla testa ai piedi, e faceva male vedere tutti gli indizi che si
era perso nella settimana passata. Quanto fosse magro e pallido il viso
di Minseok, e come indossasse vestiti larghi e spessi nonostante ci
fosse caldo in casa, e come il suo aspetto fosse stanco, instabile e
fragile. Faceva male, e turbava Kyungsoo, e lo faceva arrabbiare,
perché pensava che l'avessero superata.
“Sto bene, Kyungsoo, ho solo—”
“No, hyung, non stai bene,” disse Kyungsoo, facendo
un altro passo avanti e facendo arretrare l'amico. “Non osare dire di stare bene. Ci siamo
già passati prima, lo sai che non stai bene.”
“Non sono—” disse disperato Minseok,
tremando leggermente. “Non è così, non
sono—”
“Non mentirmi, Kim Minseok,” Kyungsoo era furioso.
“Sono così. Arrabbiato con
te. Non
riesco a credere
quanto
egoista tu sia in questo momento.” Minseok lo
fissò e scosse la testa, ma Kyungsoo si rifiutò
di lasciarlo parlare. “Non provare a negarlo, hyung. Sei così egoista, e così stupido, e come osi lasciare che Jongdae si
preoccupi per te? Sai quanto si è
spaventato l'ultima volta. Pensi che sia giusto? Pensi di essere
l'unica persona a cui stai facendo del male adesso? Come osi metterti
in pericolo, quando sei – quando sei l'unica persona che io ho.”
Singhiozzò leggermente, e poteva sentire le lacrime
bruciargli gli occhi e il petto gli faceva male, ma si
rifiutò di piangere. “Come puoi fare questo quando
non ho nessun altro? Cosa dovrei fare senza di te, huh? E pensi
– pensi di essere l'unico a preoccuparsi per Luhan? Cosa
credi che penserebbe lui? Minseok, mi stai ascoltando?
Non puoi farlo ancora, non puoi, non te lo
permetterò.”
Gli occhi di Minseok erano rossi e lucidi a questo punto, ma se li
asciugò furiosamente, distogliendo lo sguardo da Kyungsoo, e
disse, “Sto bene.”
Kyungsoo voleva prenderlo a schiaffi, o scuoterlo o qualcosa del genere.
“Non stai BENE, hyung! Non riesci a vederlo?”
Minseok continuava ad asciugarsi gli occhi, senza guardarlo, e a
indietreggiare, passo dopo passo. Scosse la testa ostinatamente.
“Preoccupati per qualcuno che lo merita, Kyungsoo,”
disse, con voce roca. “Preoccupati per Luhan.”
E fu quella la cosa che fece scivolare le lacrime lungo le guance di
Kyungsoo, perché Minseok non aveva idea, Minseok non capiva
cosa stesse facendo, non capiva mai. “Hyung, Luhan
è in Cina,” disse, e per qualche ragione sembrava
implorante. “È semplicemente in Cina, non si sta uccidendo.”
Minseok si morse il labbro e si diresse in camera, scuotendo la testa.
“Non lo sto facendo, sto bene,” disse, inciampando
sui propri piedi prima di arrivare alla porta. “Lasciami in
pace.” Poi scomparve dentro la stanza.
Kyungsoo si accovacciò a terra e si mise le mani tra i
capelli, chiudendo gli occhi mentre le lacrime gli cadevano dal mento
al pavimento. Tutto faceva male e la testa gli pulsava per la pressione
e le emozioni travolgenti, e non poteva farlo, non poteva lasciare che
accadesse, doveva fare qualcosa. Doveva far capire a Minseok.
Non sapeva quanto tempo ci volle, ma riuscì a tornare in
camera propria più tardi, tremando e prendendo dei lunghi
respiri, e gli ci vollero solo altri pochi minuti per vedere il foglio
di carta attaccato alla sua lavagna, con un numero scritto sopra.
Deglutì e afferrò il telefono.
Questa contava come emergenza.
Minseok rimase seduto nel balcone di camera sua per molto tempo, le
ginocchia poggiate sulla sua piccola sedia pieghevole, a guardare le
macchine che passavano sulla strada. Staccava i pelucchi attaccati al
proprio maglione, e non pensò a nulla, perché la
testa gli pulsava e stava avendo qualche problema a concentrarsi su
qualsiasi cosa oltre che Non sto male, Non sto male, Non
sto male.
L'immagine di Kyungsoo che gli urlava contro, di Kyungsoo che stava
chiaramente raggiungendo il punto di rottura, gli balenò in
testa, e si sentì nauseato per il senso di colpa e la paura
e la fervente negazione. Non sto male.
Non sapeva nemmeno come si sentiva circa tutto questo. Si sentiva
semplicemente terribile, in ogni significato della parola. Tutto
sembrava terribile, e Minseok non sapeva nemmeno cosa fare.
Tornò dentro solo quando nuvole grige oscurarono il cielo e
cominciò a piovergli sopra, e i suoi capelli si bagnarono
troppo per essere confortanti. Considerò brevemente di
restare lì, e lasciare che l'acqua gli si riversasse
addosso, che magari lo affogasse, o almeno che lo lavasse via, ma poi
cominciò a tremare e Minseok non riusciva nemmeno a punirsi
in modo appropriato.
“È
solo in Cina, non si sta uccidendo!”
Non
lo sto facendo.
Minseok si asciugò con la manica il naso che colava ed
entrò nella stanza, sfilandosi il maglione bagnato e
lasciandolo cadere a terra mentre lui si stendeva sul letto e allungava
un braccio sotto di esso per prendere una scatolina di cioccolatini. La
fissò per qualche momento, e la sua mano si
sollevò d'istinto sul proprio stomaco. Si morse il labbro,
guardando con incertezza il cioccolatino incartato, e poi rimise il
coperchio, proprio quando il telefono cominciò a squillare
con insistenza. Minseok lo guardò sorpreso, poi lo prese per
controllare lo schermo. Il numero era sconosciuto, e aveva quasi
rifiutato la chiamata, ma alla fine accettò e si
portò l'apparecchio all'orecchio.
“Pronto?”
“Seok-ah.”
Minseok si sedette immediatamente, gli occhi sgranati, e
sentì il fiato mancargli. “Luhan?”
La voce sull'altra linea fece un suono di assenso, e la
qualità del suono non era eccezionale ed era solo una voce,
solo una piccola voce lontana, ma il cuore di Minseok
sussultò come non faceva da oltre una settimana.
“Lu, oddio. Come stai? Stai bene? Tu – non hai mai
chiamato, e stavo incominciando a preoccuparmi, pensavo che
forse—”
“Mi
ha chiamato Kyungsoo.”
Minseok chiuse la bocca. Gli ci volle un momento per processare quelle
parole, e quando lo fece, deglutì a fatica. “Lui
– l'ha fatto?”
Ci fu un momento in cui tutto quello che si sentiva dall'altra parte
era un debole respiro, e poi Luhan disse, “Minseok, cosa stai
facendo?”
Immediatamente, la gola di Minseok si chiuse di nuovo, e la testa gli
pulsava e gli occhi gli bruciavano, e premette il telefono all'orecchio
desiderando di poter semplicemente sentire il suono della voce di
Luhan, e di non doversi preoccupare di quello che avrebbe detto o di
nient'altro. “Io non—non lo so,”
singhiozzò.
“Kyungsoo
mi ha detto alcune cose.”
Minseok stava andando in iperventilazione, era come se i suoi polmoni
non si espandessero abbastanza e non riuscisse a riempirli con
abbastanza ossigeno e continuava a fare dei piccoli respiri veloci che
sembravano piccoli singhiozzi. “Che tipo di cose?”
“Cose
che avrei preferito mi dicessi tu stesso,” disse Luhan, e la sua voce era
così triste, così delusa, e Minseok per un
momento desiderò spegnere il telefono. Ma questo avrebbe
significato non poter parlare con Luhan, e questo avrebbe fatto ancora
più male.
“Cosa ti ha detto?” Non voleva sentirlo e sapeva
che doveva
sentirlo
allo stesso tempo.
Riuscì a sentire Luhan prendere un profondo respiro. “Mi ha detto che ti
stai facendo del male, e mi ha detto di chiederti di spiegarmi.
Perché. Perché è accaduto la prima
volta.”
Minseok voleva piangere. Non voleva dirlo, non voleva nemmeno pensarci, ma sapeva che doveva farlo. Ma
questo non lo rendeva meno doloroso.
“Una
volta mi hai detto di aver avuto qualche problema dopo la diagnosi,” disse Luhan con cautela. “Che è
stato davvero brutto.”
Era stato Kyungsoo a dirgli che questo era quello che era accaduto la
prima volta, o aveva fatto quel collegamento da solo?
“Già,” sussurrò Minseok,
chiudendo gli occhi.
“Cosa
è successo, Minseok?”
Si morse il labbro così forte da sentire il sangue sulla
lingua. “Il – il problema è cominciato
molto prima,” disse, e la sua voce era tremante e sembrava
terrificata, persino a se stesso, ma forse non era una cosa negativa.
“Quando?”
Minseok ci mise un lungo momento per prendere il coraggio dire,
“Ero un bambino grassoccio.”
“Lo
so, ho visto le foto.”
Minseok sussultò. “L'ho odiato. Per tutta la mia
vita. Ma ero così... di costituzione. Avevo una dieta
normale e tutto, ed ero grasso. Mia madre non mi ha mai fatto mettere a
dieta, diceva che non era salutare per un bambino in crescita o che so
io. Ero insicuro, però, non lo so. Ero solo... odiavo chi
ero.” Prese un altro lungo respiro. “Proprio prima
che mi venisse diagnosticato il diabete, persi molto peso. Dimagrii
spaventosamente tanto, perché la mia glicemia era altissima.
Influenzò tantissimo il mio peso, ma era solo uno dei
sintomi. Dovevo andare spesso al bagno, bevevo come un matto, avevo
sempre fame, e perdevo molto peso. Non lo facevo di proposito. Ma
immagino che... che mi piacesse. Essere magro. Mi piaceva non essere
più ciccione.”
Deglutì a fatica, si abbracciò le ginocchia e
chiuse gli occhi, facendo una pausa per ascoltare il respiro regolare
di Luhan. Avrebbe voluto che il ragazzo fosse lì con lui.
“Quando ho cominciato a controllare la mia insulina e tutto,
però, l'ho ripreso. All'inizio non mi dispiaceva,
perché ero praticamente scheletrico. Ma continuavo a
riprendere peso, perché è un comune effetto
collaterale della terapia con l'insulina. E poi, non giocavo nemmeno
più a calcio, e dovevo mangiare molto. E le persone
continuavano a fare commenti. Oh, stai riprendendo peso!
Tutto quello che hai perso! Lo dicevano in maniera
positiva, perché la perdita di peso era stata spaventosa, ma
mi fece solo pensare che stessi ingrassando. Mi spaventò
tanto quanto la velocità con cui l'avevo perso. Volevo
perderlo di nuovo, ma non c'era molto che potessi fare al riguardo. Non
potevo mangiare meno, e non potevo fare più esercizio. Ma
poi mi ricordai come avevo perso tutto quel peso quando mi ero ammalato
all'inizio, perché i miei livelli di zucchero nel sangue
erano stati altissimi. Quindi smisi di prendere tutta
quell'insulina.”
“Minseok—”
disse
Luhan, sembrando spaventato. Minseok emise un debole suono di lamento,
e cercò di darsi un contegno.
“Pensavo di essere intelligente,”
confessò tremando. “Mentivo a mia madre sulle
cifre, fingevo che andasse tutto bene. Era molto pericoloso,
però. Non controllavo la mia glicemia, e c'erano molte cose
che potevano andare male. Non ci pensavo, però. Stavo
perdendo peso. Ero ossessionato con il contare le calorie e tutto.
È davvero facile per le persone con il diabete diventare
ossessionati con cose di questo genere, dato che il cibo e tutto sono
così importanti. Ma mi ammalai di nuovo, dopo un po'. Cercai
di nasconderlo, ma ovviamente alla fine le persone lo notarono. I miei
genitori si arrabbiarono molto, ovviamente, ma anche Kyungsoo. Non
l'avevo mai visto così arrabbiato in vita mia; pianse per
ore, a malapena respirava per quanto
singhiozzò. Fu – immagino che fosse la scossa di
cui avevo bisogno.”
Ci fu un lungo silenzio, e poi Luhan chiese, “E poi cosa
è successo?”
Minseok si strofinò il collo e si sforzò di
prendere profondi respiri, anche se il petto gli faceva male.
“Immagino che... molte cose siano cambiate. Mia madre e
Kyungsoo divennero molto protettivi. Kyungsoo mi controllava un paio di
volte al giorno – mi controlla ancora dopo la scuola. Mia
madre divenne molto rigida circa quello che mangiavo. Dovemmo fare
molti compromessi, e fu difficile. Dovevo mangiare una certa
quantità di cose, ma dovevo stare attento, molto attento,
perché eravamo spaventati che se avessi ripreso peso, ci
sarei caduto un'altra volta. Ero molto sensibile all'argomento. Mia
mamma divenne una sorta di specialista del regime, e io mi convinsi che
fosse solo perché mi voleva in salute. Il peso divenne una
cosa di cui nessuno parlava mai. Non volevamo nemmeno pensarci. Tutto
ruotava attorno alla salute, invece; cibo salutare, quantità
salutare di esercizio, e controllo della glicemia. Se avessi seguito le
regole, il peso non sarebbe stato un problema. Sia perdere che prendere
peso sarebbe stato pericoloso a quel punto, quindi divenne importante
mantenere lo stesso peso il più possibile. Kyungsoo mi fece
ogni sorta di tabella, ed erano davvero drastiche, ma mi tenevano la
mente lontana da... altre cose.”
“Non
l'ho mai saputo…” disse Luhan, con voce piccola e
spaventata. Minseok odiava quanto sembrasse spaventato. Era per questo
che non lo diceva mai a nessuno.
“Lo so,” rispose. “Ancora oggi evitiamo
di parlarne più che possiamo. Te l'ho detto, no? Parlarne mi
fa pensare a cose brutte, quindi non pensarci è l'opzione
più sicura per noi. Sono migliorato molto da allora, certo.
Non sono più così sensibile. A volte faccio un
così buon lavoro a non pensarci che quasi me ne dimentico.
Faccio cose che non avrei mai fatto in passato, come assaggiare cibi
non proprio salutari. Purché ne discuta con mia madre.
Riusciamo ad infilarlo nel regime. Questo è sicuro. In un
certo senso, il diabete è una buona scusa – tutto
può ruotare attorno al diabete, e non attorno al peso. Sono
migliorato davvero.”
“Ma
ora stai peggiorando.”
Minseok mandò giù il magone che aveva in gola. Se
n'era quasi dimenticato. “Già. Ma non è
la stessa cosa. Ultimamente, ho semplicemente... non mi importa
più. È stupido. Sono così stupido. Ho
smesso di controllare i miei valori e ho vagamente basato tutto solo su
come mi sentivo, non mi importava se le cose andavano fuori controllo.
Più la mia glicemia diventava incostante, più il
mio umore cambiava, e smetteva di importarmi ancora di più.
E mi arrabbiavo ogni volta che a qualcun altro cominciava ad importare,
perché io non volevo. E poi ho
ricominciato a prendere peso per tutte le schifezze che stavo
mangiando, e la mia reazione è stata estrema, e ho lasciato
che accadessero cose che solitamente non avrei lasciato che
accadessero. Ho convinto me stesso che non ci fosse niente che non
andava. Non so nemmeno più quale dei miei problemi
è causato da cosa ormai, e la cosa è davvero andata fuori controllo e non
– non so come rimettere le cose a posto. Non so come
rimettere me a posto.” Prese un profondo respiro, sentendo di
poter ricominciare ad annaspare da un momento all'altro.
“Sono così stanco di fingere che sto bene, che
posso essere forte abbastanza. Voglio solo poter smettere di pensare
che abbia importanza, come tutti. Non voglio più dovermi
preoccupare di nulla.” La sua voce si era fatta sempre
più piccola con ogni parola, e alla fine della frase si
ritrovò a piangere, le sue guance erano di nuovo bagnate, e
sapeva di sembrare e suonare ridicolo, raggomitolato sul suo letto a
tirare su col naso e dire quelle cose, ma allo stesso tempo, sentiva di
non essere ridicolo affatto.
“Minseok,
io – non so cosa fare,” disse Luhan, sembrando tanto
spaventato quanto Minseok. “Cosa dovrei fare?”
“Non lo so,” mormorò pietosamente
Minseok. “Non so nemmeno cosa dovrei fare io.”
“Vorrei
essere lì,” disse Luhan. “Vorrei potermi
prendere cura di te.”
Le labbra di Minseok si tirarono in un piccolo sorriso, nonostante il
cuore gli facesse male. “Anche io vorrei che fossi
qui.”
“Ma
non posso esserci,” riprese il ragazzo, e faceva
ancora più male. “E so che non vuoi
che ti importi, Seok-ah, ma devi farlo. Lo
sai, vero? Non puoi lasciare che siano gli altri a farlo per te. So che
è più facile fingere che non ci sia niente che
non vada, ma non puoi cambiare chi sei. Devi... affrontare la
realtà, lo sai?”
Minseok sussultò. Solo qualche giorno fa aveva detto con
rabbia a Chanyeol di smetterla di fuggire dalla verità e di
reagire alla situazione, e solo ora colpì Minseok che lui
per tutto questo tempo aveva fatto la stessa identica cosa.
“Lo so,” sussurrò.
“Ma
non devi neanche farlo da solo. Kyungsoo vuole aiutarti, i tuoi
genitori vogliono aiutarti, e sono sicuro che lo voglia anche Jongdae.
Devi essere responsabile, ma non devi esserlo da solo. È
importante parlare con le persone quando diventa difficile, sai. Ci
sono un sacco di persone che vorrebbero ascoltare.”
“Lo so.” Ed era così – Minseok
lo
sapeva – ma questo non lo rendeva
facile. Era difficile, essere sempre quello debole.
“Non
è niente di cui vergognarsi, Seok-ah,” continuò Luhan, come se potesse leggere
la mente dell'amico. “Hai un enorme peso
sulle spalle. E lo capiscono tutti.”
“Ce l'hai anche tu,” mormorò Minseok.
“Ce l'ha anche Kyungsoo.”
“Io
ho i miei genitori, e ho Yixing e ho te. E anche Kyungsoo conta su di
te, lo sai questo. Conta su di te più di ogni altra cosa,
anche se non lo dice mai a voce alta. Tutti gestiscono le cose in modo
diverso. Stiamo tutti lavorando sulle nostre cose. Anche tu devi
lavorare sulle tue.”
Minseok deglutì a fatica. “Lo
farò,” disse.
“Quindi
cosa pensi di fare?” chiese Luhan, sembrando deciso
e controllato, ma Minseok poté sentire il tremolio nella sua
voce.
Minseok spazzò via polvere invisibile dalla sua coperta.
“Andrò all'ospedale,” mormorò.
“È
così grave?” chiese Luhan, sembrando
immediatamente preoccupato.
“No,” gli assicurò Minseok.
“Ma probabilmente sono disidratato e di sicuro ho bisogno di
un controllo medico. Non è inconsueto, onestamente.
È successo altre volte in passato, per sbaglio.”
“Okay,”
disse
Luhan, più per rassicurare se stesso. “E dopo?”
“Io... ascolterò Kyungsoo. E mia madre. E i
dottori.”
“Che
mi dici di te?”
Le labbra di Minseok si sollevarono ancora. “Dipende da
quello che dico,” rispose. “Non è sempre
una buona idea ascoltare quello che dico. Guarda dove sono
ora.”
“Ma
non puoi sempre
aspettarti
che gli altri ti controllino. A volte devi prenderti tu cura di te
stesso. Gli altri possono aiutarti, ma ti devi anche aiutare da solo.”
Minseok sospirò. “Lo so.”
“Non
osare smettere di prenderti cura di te stesso Kim Minseok,” lo avvertì Luhan, e
il suo tono era leggero ma Minseok sapeva che era serio. “Altrimenti non ti
chiamerò più e Kyungsoo non ti parlerà
più e sarà colpa tua. Hai capito?”
Minseok annuì, poi si rese conto che Luhan non poteva
vederlo e disse, “Sì.”
“Bene.
Perché dico sul serio. So che è difficile e che
fa paura ma devi davvero, davvero prenderti cura di te. Se Kyungsoo mi
dovesse chiamare ancora per dirmi che non lo stai facendo,
dovrò arrivare dalla Cina per colpirti.”
Minseok rise piano. “Non credo che sarei contrario a
quest'idea,” disse piano.
Luhan rimase in silenzio per un lungo momento, e poi disse, “Mi manchi.”
Minseok si morse il labbro. “Mi manchi anche tu.”
“Ora
devo andare, okay?”
“Aspetta!” Minseok si sedette di scatto.
“Questa è la prima volta che mi chiami e l'unica
cosa di cui abbiamo parlato è quanto io sia incasinato.
Volevo parlare con te.”
Luhan rise leggermente. “Non era
così che immaginavo sarebbe andata la nostra prima chiamata,” ammise.
“Mi dispiace.”
“No,
no, non scusarti. È solo che – devo andare
davvero. Questa chiamata mi costerà un sacco sai, e non sono
proprio ricco.”
“Un altro minuto?” implorò Minseok.
Luhan rise deliziato, e Minseok sentì una sensazione calda
allo stomaco. “Un altro minuto.
Faccio partire il timer!”
Minseok emise un piccolo suono impanicato. Sessanta secondi per dire
tutto quello che voleva dire a Luhan? Da dove cominciare?
“Ah, okay, um. Come stai?”
Luhan prese tempo, e Minseok voleva quasi dirgli di parlare
più in fretta. “Sto bene. In un
certo senso è piacevole essere di nuovo in Cina. Non mi devo
preoccupare di dire sempre la cosa sbagliata. Posso rivedere i miei
vecchi amici. Ma è stato tutto molto... frenetico. E
stressante. Non proprio divertente.”
“Cosa pensi di fare? Sono preoccupato per
te…”
“Non
preoccuparti per me!” esclamò
allegramente, ma non lo aiutò. “Siamo solo... non
siamo ancora sicuri. Perché non sappiamo quanto
durerà questa situazione.”
Minseok deglutì. “Tornerai, vero?”
chiese, con voce debole.
“Ah,
Seok-ah…” Luhan sembrò
distintamente nervoso. “Non lo so. Non lo so
davvero.”
Minseok prese un profondo respiro. “Devi tornare se puoi,
okay?”
“Lo
farò. Lo prometto.”
Minseok si morse il labbro. “Quanto tempo mi manca?”
“Huh?”
“Al mio minuto.”
Luhan rise. “Venti
secondi.”
Minseok deglutì ancora, e le parole Ti amo danzarono sulla sua lingua, ma
le mandò giù. Non ora. Non era il momento.
“Parlami.”
“Cosa?”
“Voglio... voglio solo sentire la tua voce.
Parlami.”
Luhan fece un suono vago, e Minseok sarebbe voluto rimanere a parlare
con lui per ore. “Continuo a pensare
che mi piacerebbe portarti in Cina un giorno,” disse, e il cuore di Minseok
perse un battito. “Fa caldo qui in
questi giorni. Davvero caldo. Voglio farti conoscere i miei amici,
voglio farti assaggiare il cibo cinese. Vorrei fossi qui con me.” Fece una pausa. “Otto secondi!”
“Chiama ancora presto,” disse velocemente Minseok.
“Ci
proverò. Mi manchi! Ciao, Minseok! Prenditi cura di te!”
Minseok ebbe a malapena il tempo di dire, “Ciao,”
che la linea cadde. Fissò sconsolatamente il telefono, poi
vacillò quando un'ondata di nausea lo colpì. Oh,
giusto.
Gli ci volle un lungo minuto per decidere cosa fare prima. Poi, con
mani leggermente tremanti, si alzò dal letto e
uscì di casa, andando da Kyungsoo. Bussò piano,
poi entrò.
Kyungsoo era seduto in cucina, con la schiena rivolta verso di lui, e
non si girò quando Minseok entrò nella stanza. Il
maggiore prese un profondo respiro. “Hey, Soo,”
disse gentilmente, e il ragazzo rimase immobile.
“Io—sono... mi dispiace davvero, Kyungsoo. Non so
cos'altro dire. Mi dispiace così tanto.”
Kyungsoo tirò leggermente su col naso. “Avevi
promesso che non l'avresti più fatto.”
“Lo so,” disse piano Minseok, fissando il
pavimento. “Mi dispiace.”
“L'avevi promesso.”
“Mi dispiace. Vuoi... vuoi che me ne vada?” chiese
piano.
Kyungsoo scosse la testa immediatamente, asciugandosi gli occhi con la
manica. “Vieni qui.”
Minseok si fece avanti, ogni passo era leggermente esitante, e si mise
proprio dietro Kyungsoo, facendogli capire che era lì.
Kyungsoo si alzò, si voltò, e guardò
Minseok per la prima volta. I suoi occhi erano rossi e gonfi, e si
morse violentemente il labbro, e gli faceva male vederlo
così, sapere che era colpa sua. Ma poi Kyungsoo
sollevò le braccia, aperte in una preghiera silenziosa, e
Minseok sbatté le palpebre sorpreso.
“Soo—” disse, scioccato.
“Ho bisogno di un abbraccio, hyung,”
mugolò Kyungsoo, con gli occhi lucidi. “Per una
volta nella vita. Un abbraccio. Ti prego.”
D'istinto, Minseok si lanciò in avanti, chiudendo le braccia
attorno all'amico per la prima volta in tutta la sua vita. Il
più piccolo tremò contro di lui, ma lo strinse
forte, premendo il viso contro la spalla di Minseok, e Minseok sapeva
che questo abbraccio significa molto di più per Kyungsoo.
Questo era qualcosa di grande.
“Non puoi farti questo,” mormorò contro
la maglietta di Minseok, senza fiato. “Sei la cosa
più importante al mondo per me. Devi pensare anche a
me.”
Minseok deglutì a fatica, sentendo Kyungsoo stringere i
pugni, e il suo cuore battere velocemente contro il proprio petto.
“Mi dispiace,” mormorò, chiudendo gli
occhi.
“Non lasciarmi andare,” sussurrò
Kyungsoo, e Minseok sentiva che non parlava solo dell'abbraccio.
Come che fosse, la promessa di Minseok fu, “Non lo
farò.”
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Capitolo 32 *** Capitolo 30 ***
Passare la notte in ospedale
non era esattamente qualcosa che Minseok voleva fare – aveva passato
più che abbastanza tempo in ospedale l'anno precedente,
grazie tante – ma riuscì decisamente a sentirne i
benefici dopo circa dodici ore. Era andato non appena sua madre fu
tornata da lavoro, e fece promettere a Kyungsoo di non dirle quanto
esattamente fosse grave il problema a meno che le cose non andassero
davvero fuori controllo. La donna era già abbastanza
autoritaria di suo, e darle altre ragioni per esserlo avrebbe solo
peggiorato la situazione di Minseok. Invece, le disse semplicemente che
non si sentiva bene, forse aveva preso qualche virus, e che la sua
glicemia si era alzata pericolosamente. Era andato all'ospedale anche
per meno in passato.
Per fortuna, la sua diagnosi non era grave. Era disidratato, mostrava i
sintomi dello chetoacidosi—una concentrazione pericolosa di
chetoni tossici nel suo sangue dovuta ad una prolungata glicemia
alta—e aveva perso peso, ma il vero problema era stato quando
Minseok aveva cominciato a vomitare mercoledì. Aveva gestito
tutto da solo, probabilmente poco saggiamente, ma doveva comunque
passare del tempo prima che si rimettesse completamente. Fisicamente,
una notte di flebo per reidratarlo e riportare la glicemia a livelli
normali sarebbe bastata, e poi un'altra settimana di attenti controlli
lo avrebbe rimesso in sesto. Ma mentalmente... beh, c'era del lavoro da
fare.
Minseok era una persona che si faceva travolgere facilmente dalle
situazioni, lo era sempre stato, e l'avergli diagnosticato il diabete
aveva solamente amplificato la cosa. Situazioni come quella in cui si
trovava al momento gli sembravano sempre insormontabili, ed era per
questo che tendeva a chiudersi ed ignorarle invece di affrontarle, cosa
che ovviamente le rendeva ancora più gravi.
Questo era quello che gli diceva sempre Kyungsoo. A Minseok sembrava
semplicemente di annegare, tutto il tempo, mentre fingeva di saper
nuotare.
Quando sua madre se ne andò quella notte dicendogli di
dormire, Minseok chiamò il dottore per parlare in privato.
Era lo stesso dottore che aveva lavorato con lui sin dalla diagnosi, e
Minseok apprezzava questa cosa. Nervoso e con esitazione,
cercò di spiegare all'uomo come si sentisse, questa
terribile sensazione di annegamento, e disse, “Posso nuotare
per un po', sa? Ma diventa... diventa stancante tenersi a galla
così a lungo. Perché non c'è una riva.
Sono in mezzo all'oceano, e rimango a galla e non c'è modo
di riposarsi. E non so come fare a resistere per sempre. Come potete
aspettarvi che stia sopra il pelo dell'acqua per tutta la mia
vita?” Le parole gli uscirono dalla bocca in un miscuglio
confuso, e ce n'erano altre, voleva dire di più, sul dover
affrontare acque agitate e onde altissime e sull'avere amici che si
trovavano su delle zattere che non capivano cosa significasse non
averne una, ma invece si interruppe e fissò il liquido che
gli scorreva nelle vene, con la testa che gli pulsava.
Il suo dottore lo guardò a lungo, pensieroso, e poi disse,
“Sai, Minseok, anche se pensi di star affogando da solo, ci
sono anche altre persone che annegano. Devi solo imparare a chiedere se
ti puoi appoggiare a loro per un po' mentre riprendi fiato.”
Minseok lo guardò e abbozzò un sorriso.
“E se dovessero stufarsi di tenermi su?”
“Allora dovresti cercarti amici diversi. Ma so per certo che
hai due genitori davvero presenti, e ho parlato anche con il tuo vicino
in passato.”
Minseok rise leggermente, poi si adombrò. “Ma
se... se io non volessi che sappiano che non so nuotare?”
Il dottore sospirò piano. “Non è niente
di cui vergognarsi, Minseok.”
“Lo so,” rispose lui con voce strozzata.
“È quello che ha detto il mio amico.”
“Ragazzo intelligente,” disse l'uomo con un
sorriso. “Ha completamente ragione.”
Minseok si morse il labbro e pensò a Jongdae, che non sapeva
niente, che probabilmente era preoccupato da morire, che probabilmente
sarebbe andato andrebbe fuori di testa ora se avesse saputo. Non era
solo la vergogna che lo tratteneva dal dirlo al migliore amico.
“Un passo necessario per risolvere i problemi e ammettere che
ce li hai, Minseok, e ammetterlo agli altri è una parte
importante.”
Minseok non sapeva nemmeno se stesse parlando del diabete o della sua
incapacità a gestirlo, o forse di entrambi. Come che fosse,
sapeva che aveva ragione. “Io... ci
proverò.”
“È tutto quello che chiedo,” disse il
dottore, sorridendo incoraggiante mentre si alzava. “Ora
riposati e rimettiti, okay? Vado a chiamare l'infermiera della tua
scuola, così che ti possa tenere d'occhio per la prossima
settimana. Vai a farle visita se dovessi avere qualche problema, un
paio di volte alla settimana giusto per precauzione. E non esitare a
parlarne con i tuoi genitori e amici, okay? O con me, ovviamente. Siamo
tutti qui per... aiutarti a stare a galla.”
Minseok sorrise. “Grazie,” disse piano.
Lasciò l'ospedale domenica mattina presto, e si
fermò a casa di Kyungsoo subito dopo colazione per mettere
insieme un piano. Per la prossima settimana o giù di
lì, lo avrebbe dovuto seguire religiosamente, fino
all'ultima caloria, per il bene sia del suo stato mentale che di quello
fisico. Kyungsoo gli parlò di ogni pasto, ogni controllo
della glicemia, ogni verifica del peso, rendendo tutto il
più preciso e diretto possibile. Al momento, quello di cui
aveva davvero bisogno Minseok era sapere che poteva gestirlo.
“Devi evitare lo stress esterno il più possibile,
okay?” lo avvertì Kyungsoo, guardando i fogli
coperti dalla sua calligrafia precisa. Sembrava esattamente il dottore
di Minseok. “Questo sarà più che
sufficiente. Parla con i tuoi insegnanti se ne hai bisogno, abbandona
tutto quello che non è assolutamente necessario tu faccia.
Non voglio che abbia attacchi di panico per la scuola, renderebbe tutto
mille volte peggio.”
Minseok si morse il labbro. “Ma i miei voti... stanno
già calando…”
“La tua salute è più importante che
entrare nella migliore università in Corea,
hyung,” disse seriamente Kyungsoo. “Evita lo
stress. Promettimelo.”
Certo, Minseok promise.
Ma Minseok non poteva controllare nessuno oltre se stesso, e anche
quello era messo in discussione. Tornò a casa propria verso
le dieci del mattino, per prepararsi la prima merenda del giorno, e
passò il resto della mattinata cercando di riprendere in
mano alcuni compiti che aveva rimandato troppo a lungo. La sveglia del
telefono suonò intorno a mezzogiorno meno un quarto, e si
alzò per controllare la glicemia e prendere una dose di
insulina, più alta rispetto al solito per bilanciare i
livelli ancora sfasati. Canticchiando una canzone che usciva dalle
casse del suo iPod, entrò in cucina per tirare fuori del
cibo, per poi rendersi conto che non sapeva nemmeno cosa ci fosse oggi
sul menù. Sbuffando, passò un altro minuto o due
a controllare negli armadietti, cercando di ricordare, poi
tornò in camera per guardare il suo programma.
Dovette frugare tra tutti i fogli sparsi nella stanza per trovarlo,
accigliandosi quando iniziò a sentire l'insulina fare
effetto troppo in fretta. Avrebbe dovuto mangiare tra i cinque e i
dieci minuti dopo averla presa, altrimenti la glicemia sarebbe scesa a
piombo. Ne erano già passati più di cinque, e
ancora non aveva nemmeno trovato il foglio, figuriamoci preparare il
cibo e mangiarlo. Quando finalmente lo trovò sotto il libro
di matematica, stava cominciando a sentire l'indicativa
irritabilità e le vertigini. Minseok grugnì.
Ne aveva già abbastanza
di
questa glicemia pazza.
Proprio quando si stava alzando per tornare in cucina, però,
qualcuno bussò violentemente alla porta, e Minseok
alzò gli occhi al cielo e andò a vedere chi fosse.
“Jongdae?” chiese sorpreso, aprendo la porta per
vedere il migliore amico, che sembrava piuttosto agitato.
“Hyung,” disse duramente Jongdae, entrando e
facendo indietreggiare l'amico. “Cosa diavolo ti sta succedendo?”
Minseok lo guardò a bocca aperta per un momento.
“Io—cosa?”
Jongdae si passò le dita tra i capelli agitato, mandandoli
in tutte le direzioni. “Ti prego dimmi solo cosa sta succedendo.
Ieri, dopo che sono stato da te, sono passato da Kyungsoo per dirgli
che mi sembravi malato, e lui mi ha detto di andare a casa. Cosa sa che io non so?
Perché gli dici cose che a me non dici? Pensavo di essere il
tuo migliore amico!”
Minseok si fece sempre più piccolo mano a mano che la voce
di Jongdae si alzava. No, non poteva accadere adesso. Aveva passato dei
giorni follemente difficili, aveva già ammesso un numero di
cose spaventose, e non voleva dover affrontare anche questo, adesso.
Era troppo per lui, aveva bisogno di tempo per riprendersi. Kyungsoo
gli aveva detto di evitare lo stress, e questo stava già
cominciando a sopraffare Minseok. “Io—non
c'è niente che non vada, Jongdae, stava
solo—”
“Cazzate!” scattò Jongdae, e
Minseok fece un altro passo indietro per la sorpresa. “Non
– non mentirmi, okay? È
già chiaro che mi tieni nascosto qualcosa, non devi anche
mentirmi.” Prese un profondo respiro arrabbiato.
“Ieri sera, ho provato a chiamarti, e il tuo telefono era
spento. Ho provato a chiamare Kyungsoo, e mi ha detto che eri all'ospedale. L'ospedale, hyung, questo è
l'esatto opposto di non c'è niente che
non vada.
E la parte peggiore è che me lo ha dovuto dire Kyungsoo. Non me l'hai nemmeno detto
tu!”
Minseok stava tremando ora, una combinazione di glicemia bassa e il
fatto che non si fosse ancora ripreso dalle settimane passate e di una
terribile, paralizzante paura, e riuscì a malapena
a respirare per dire, “Ti prego Jongdae, devo solo andare a
mangiare qualcosa—”
Jongdae si mise ostinatamente tra Minseok e la cucina. “Non
inventare scuse, hyung,” disse cupamente. “Ho
parlato con Chanyeol oggi. Ha detto che mercoledì hai vomitato. Persino Chanyeol sa più di me. Dimmi
solo cos'hai che non va! Sto impazzendo, senza sapere che
c'è! Perché non me lo vuoi dire?”
“Jongdae non posso—non posso—”
continuò Minseok, prendendo piccoli respiri profondi.
“Dimmi.
Che c'è. Che non va.” Jongdae diede una piccola
spinta a Minseok, per la frustrazione, e non lo fece smuovere di un
millimetro, ma fu abbastanza da farlo crollare.
“Sono diabetico, Jongdae!”
Il più piccolo si irrigidì immediatamente, gli
occhi sgranati. “Cosa?”
Minseok fece un altro respiro profondo, era prossimo alle lacrime, e un
anno di segreti si riversò come una valanga dalle sue
labbra. “Sono diabetico cazzo, e non te
l'ho detto perché saresti andato fuori di testa e ho un
potenziale disturbo alimentare e non mi prendo cura di me stesso al
punto da dover passare la notte in ospedale ed è
già abbastanza dura senza che tu mi urli addosso, okay? E
devo mangiare qualcosa adesso prima di svenire quindi fatti da parte
per favore, d'accordo, so che sono il peggiore amico al mondo e mi
dispiace ma mi odio già abbastanza senza che ci sia tu a
ricordarmelo.”
Jongdae rimase immobile, a fissarlo, e Minseok gli passò
davanti per andare in cucina, con il menù del giorno stretto
in pugno. Prese il cibo dagli scaffali e dal frigo e sbatté
le ante, sapendo benissimo di essere così di malumore solo
perché doveva mangiare, ma sapendo anche di non poter
gestire tutto questo al momento. Si infilò il cibo in bocca
mentre fissava i numeri sul suo foglio.
Sembrò volerci una vita prima che Jongdae entrasse in
cucina, il viso bianco e impassibile, e dicesse, “Stai
mentendo.”
Il cuore di Minseok fece un tonfo, ed evitò lo sguardo del
migliore amico. Lentamente, con esitazione, scosse la testa.
“Dimmi che stai mentendo, hyung.”
Minseok non disse niente.
“Devi star mentendo,” continuò Jongdae,
e la sua voce si spezzò leggermente.
“Perché non mi avresti tenuto nascosto qualcosa
del genere. Io sono – sono il tuo migliore amico. Non puoi
– non puoi—”
“Mi dispiace, Jongdae,” sussurrò Minseok
guardando la propria ciotola.
“Non puoi essere diabetico,” disse Jongdae, con
voce roca. “Mio nonno era diabetico. Lui era – lui
– e tu non sei—”
Minseok deglutì, chiudendo gli occhi. “Aveva un
diverso tipo di diabete,” disse piano. “Il mio
è un po' più estremo.”
Non avrebbe dovuto dirlo così, non avrebbe dovuto, ma lo
fece, e Jongdae emise un suono stridulo, come un urlo strozzato.
“Tu—tu—lo sanno tutti tranne
me?”
“No!” esclamò velocemente Minseok.
“Oltre ai miei genitori, solo Kyungsoo e Luhan.”
“Luhan?”
chiese
Jongdae, la voce alta in un misto di incredulità e panico
crescente. “L'hai detto a Luhan, ma non l'hai detto a me, il tuo migliore
amico?”
“Jongdae, io—”
“Da quando ce l'hai?”
Minseok mandò giù a fatica quello che aveva in
bocca. Non aveva ancora finito di mangiare. “Io—un
anno. Quella volta che mi sono ammalato…?”
“Un anno?” strillò
Jongdae, chiaramente distrutto tanto quanto Minseok. “Lo sai
da un anno
e
non me lo hai mai detto?”
“Mi dispiace, Jongdae, mi dispiace davvero
ma avevo paura che saresti andato fuori di testa, come stai facendo, e io – non sapevo
cosa fare, ero spaventato, io—”
“Mi avevi promesso che non stavi morendo, hyung,”
lo interruppe Jongdae, e sembrava così fragile,
così devastato, e Minseok voleva alzarsi e abbracciarlo, ma
non riusciva a muoversi.
“Non è così,”
sospirò. “Giuro che non sto morendo, Jongdae, e
sapevo che l'avresti presa così ed è per questo
che non te l'ho detto, non volevo che ti preoccupassi per me.”
Jongdae sbuffò forte e lo guardò, con sguardo
duro. “Beh ovviamente è qualcosa di cui
preoccuparsi, hyung! Le persone muoiono per cose come questa! L'ho
visto accadere! E io non – non posso – non posso
sopportare di vederlo ancora. Non posso sopportare di vedere che accada
a te.”
L'unica lacrima che scivolò sulla guancia di Jongdae fu
abbastanza da far finalmente alzare Minseok dalla sedia, che si
affrettò ad andare ad abbracciare l'amico, il quale
crollò contro di lui per nascondere il viso nella sua
spalla. Minseok non era abbastanza forte da reggere entrambi, non nello
stato attuale, ma si appoggiò al muro della cucina e strinse
il migliore amico, che tremava contro di lui con singhiozzi silenziosi.
“Non mi accadrà niente,”
sussurrò confortante Minseok. “Non vado da nessuna
parte. Lo prometto.”
“Sei andato all'ospedale,” singhiozzò
Jongdae.
Minseok sussultò. “Già, quello
è stato – ho avuta qualche
difficoltà.”
“Perché non me l'hai detto?”
“Io ho—” sospirò, accarezzando
la schiena di Jongdae. “Ho avuto dei giorni davvero duri,
immagino. Non l'ho detto a nessuno, sai, fino a ieri.”
“Ti avrei potuto aiutare,” tirò su col
naso. “Se me l'avessi detto.”
Minseok pensò a quello che avevano detto Luhan, e il suo
dottore, e Kyungsoo. E sapeva che avevano ragione. Lo aveva sempre
saputo. Ma ora, Jongdae era qui, pronto ad aiutarlo, e tutto quello che
doveva fare Minseok era fidarsi di lui e lasciare che lo tenesse a
galla quando le acque si agitavano troppo. “Immagino di avere
molto da spiegarti,” sussurrò contro i capelli
dell'amico. “Ma puoi almeno lasciarmi finire di mangiare
prima?”
Jongdae ridacchiò contro la sua spalla. “Immagino
di poterlo fare.”
Il 9 Aprile cadde di mercoledì, esattamente due settimane
dopo la partenza di Luhan in Cina, e sebbene Minseok avesse una
tonnellata di compiti e di pagine di studio da recuperare, non
sembrò riuscire a trovare abbastanza cose con cui occupare
il tempo fino alle otto di sera. Era rimasto sulle spine praticamente
tutto il giorno, durante le lezioni e le prove dello spettacolo di
Baekhyun e mentre cercava di prepararsi per il compito di chimica che
avrebbe avuto il giorno seguente. Quando si sedette davanti al computer
quella sera, si sentiva pronto ad esplodere. Si mise subito a cliccare
ovunque, fissando con il fiato sospeso il proprio schermo nero.
Senti la voce prima di riuscire a vedere il viso. “Heeeeey?
Oh, non funziona. Yixing—” Ci fu un chiacchiericcio
in cinese, e poi qualche risatina. “Riesco a vedere la tua faccia, Minseok,
saluta!”
Minseok sentì di aver dimenticato come si respirava.
“H…hey.”
E poi un'immagine si materializzò sullo schermo, sgranata e
rallentata, ma era lì. Luhan gli sorrise da 600 miglia di
distanza, e Minseok ricambiò con un sorriso così
grande che gli faceva male il viso.
“Wow, è bello rivedere il tuo viso,”
disse Luhan, e sembrava tanto senza fiato quanto Minseok. Erano passate
solo due settimane, solo quattordici giorni, dall'ultima volta che si
erano visti, ma era sembrata una vita.
“Già,” rispose Minseok.
Rimasero entrambi in silenzio, ed era strano, perché Minseok
sentiva di avere un sacco di cose da dire ma sembrava non ricordarne
nemmeno una ora che vedeva il viso sorridente di Luhan dal vivo
– anche se attraverso uno schermo. Anche Luhan sembrava
essere perfettamente contento di restare seduto lì a
sorridere, sollevando i gomiti sulla scrivania davanti a sé
e posando il mento sulle mani, il petto che si gonfiava con un sospiro
felice. Minseok avrebbe voluto attraversare lo schermo e toccare il
viso di Luhan e passare le dita tra i suoi capelli e forse –
magari – togliergli il fiato con un bacio. Ma era qui, in
Corea, e Luhan era lì, in Cina, e anche se non fosse stato
così, non avrebbe mai avuto il coraggio di fare nessuna di
quelle cose, comunque. Eppure, gli piaceva fantasticare di tanto in
tanto.
Minseok poteva quasi sentire il proprio amore uscire da ogni poro, solo
guardando Luhan, ed era contento che la qualità video fosse
bassa, perché pensava che altrimenti il ragazzo sarebbe
riuscito a vederlo.
All'improvviso, una debole voce disse qualcosa in cinese in sottofondo,
e Luhan si spostò dallo schermò per colpire
qualcosa fuori dalla sua visuale, dicendo qualcosa che probabilmente
conteneva uno e due insulti. Poi ci fu qualche risata, e un'altra testa
apparve davanti allo schermo, sorridendo a Minseok. “Ni hao!”
“Um…ciao ancora, Yixing,” disse Minseok,
ridendo imbarazzato. Sentiva che qualsiasi cosa Yixing avesse detto a
Luhan fosse stata a sue spese. Non chiese una traduzione.
Luhan sventolò le mani davanti a Yixing, scacciandolo via
mentre si lamentava in cinese. Ma tutto ciò che fece l'amico
fu buttarsi sulla sedia accanto a Luhan, mettendosi comodo. Luhan
sbuffò. “Yixing dice che vuole vedere anche
lui,” disse, alzando gli occhi al cielo.
“Oh,” disse Minseok, ridendo un po'.
“Perché?”
Luhan scrollò le spalle. “È
strano,” rispose. “Ma non può capire
niente tanto, quindi ignoralo. Promette di non essere
fastidioso.”
Yixing annuì, come se avesse capito cosa stessero dicendo.
Luhan si voltò verso di lui e gli disse qualcosa con voce
stucchevolmente dolce, e Yixing rise di cuore.
“Cosa hai detto?” chiese Minseok, avendo afferrato
solo una parola o due. Yixing e Luhan parlavano troppo velocemente per
lui, e avevano qualche accento a cui Minseok non era abituato. Il
cinese di Luhan era molto più accentato quando parlava con
il migliore amico.
Luhan grugnì. “Gli ho detto che lo stavamo
insultando in coreano.”
“Oh, in questo caso, digli che concordo con tutto quello che
dici,” disse Minseok, e Luhan ridacchiò.
“Allora,” riprese il ragazzo, riportando il mento
sulla mano e sorridendo. “Come stai, Seok-ah?”
Minseok fece un suono vago, copiando la posizione dell'amico.
Notò per la prima volta che la maglietta che stava
indossando Luhan era sbracciata, mettendo in mostra le spalle pallide e
le clavicole, i suoi capelli continuavano a scompigliarsi, come se ci
fosse vento o un ventilatore. Si era dimenticato che faceva molto
più caldo dove stava Luhan, e non sapeva se ringraziare o
meno per l'esistenza di quella maglietta. (Ad ogni modo, fece uno
screenshot dell'immagine.) “Sto... meglio. Decisamente
meglio.”
Il sorriso di Luhan si fece più grande. “Bene. Mi
fa piacere. Hai ascoltato Kyungsoo e i dottori, come ti ho detto di
fare?”
“Sì,” rispose Minseok con una risatina.
Era piacevole riderci su, anche un poco, considerando quanto fosse
difficile a volte. “La mia glicemia è tornata
normale, quindi è un bene, e non mi sento più
malato. E – ho preso un po' di peso.” Si
fermò, deglutendo a fatica.
“Bene!” esclamò velocemente Luhan,
illuminandosi. “Questo mi rende felice. Niente mi rende
più felice di un Minseok in salute.”
Minseok rise un po' insicuro. “Devi avere davvero poche gioie
nella vita, allora.”
Luhan scrollò le spalle, ancora sorridente. “Sei
semplicemente molto in alto nella mia lista,” disse, e
Minseok sperò che la qualità del video fosse
abbastanza bassa da nascondere il rossore delle sue guance.
“Kyungsoo e Jongdae mi aiutano molto,” disse,
schiarendosi la gola. “Loro – o meglio, Jongdae era
piuttosto turbato all'inizio. Voglio dire, sapevo che era arrabbiato
con me per non averglielo detto, e per aver finto di stare bene, e...
tutto. Aveva ogni diritto di essere arrabbiato. Ma alla fine, penso che
abbia vinto la sua preoccupazione. Sta ancora uscendo dalla fase della
paranoia, ma fa del suo meglio per aiutarmi. Parla molto con Kyungsoo,
si assicura di essere allo stesso livello di tutti gli altri. Non vuole
più essere lasciato fuori, immagino. Cerco di non pensare a
tutte le cose che si dicono dietro le mie spalle.” Rise
imbarazzato. “E ovviamente Kyungsoo è il mio
regolare salvavita. Ormai è un esperto in questo. A
prendersi cura di me, e tutto.”
“Anche tu ti prendi cura di lui, lo sai,” gli
ricordò gentilmente Luhan, come se avesse potuto vedere il
senso di colpa sul suo viso. “Quando mi ha chiamato sabato...
beh. Sai quanto sei importante per lui.”
Minseok sospirò e si passò una mano sul viso.
“Lo so…” disse piano.
“Beh, sono davvero felice di sentire che stia
meglio,” disse Luhan, “soprattutto grazie al loro
aiuto. Mi sento così inutile, relegato qui, a non fare
niente.”
“Non è colpa tua, stupido” rispose piano
Minseok. “E poi, hai già fatto più che
abbastanza, e comunque, penso di essere più felice a non
averti intorno ora che sono così... incasinato.”
“Sei più felice senza di me?” chiese
indignato Luhan. “Stai dicendo che non ti manco, Kim
Minseok?”
“Non intendevo dire quello!” disse Minseok, ridendo
mentre agitava le mani. “Solo – lascia perdere. Mi
manchi. Davvero.” Così tanto da far male, davvero.
Luhan sorrise compiaciuto. “Bene.”
“E tu?”
“Oh, io sto bene…” rispose Luhan,
sbattendo gli occhi innocentemente.
“Luhan,” si
lamentò Minseok, ora imbarazzato.
L'amico rise. “Sto scherzando, sto scherzando. Certo che mi
manchi.”
Minseok sorrise, nonostante la stretta al cuore.
“Sarà meglio,” mormorò.
“Ma comunque, come stai?”
Luhan fece un suono vago, e Minseok cercò con tutto se
stesso di non notare il modo in cui avesse mosso la mano per prendere
distrattamente quella di Yixing, intrecciando le loro dita come se
fosse la cosa più naturale al mondo. “Sto
bene,” rispose. “Voglio dire... le cose potrebbero
andare peggio.”
“Stai andando a scuola?” chiese lui.
Luhan scosse la testa. “Ho trovato un lavoro. Un lavoro vero.
Lavoro a tempo pieno, sistemo degli scaffali la notte.” Rise
leggermente, privo di umorismo, “È molto meglio
rispetto al mio vecchio lavoro notturno, almeno. Non devo stare sveglio
durante il giorno, ad esempio. E, sai, è legale.
Pressoché.”
“Pressoché?” ripeté Minseok,
accigliato.
Luhan si agitò leggermente. “Beh, tecnicamente
sono troppo giovane per essere un impiegato a tempo pieno, quindi vengo
pagato…” Fece una pausa, cercando la parola.
“Segretamente?”
Minseok grugnì. Persino in Cina, Luhan doveva essere pagato
sottobanco.
“Quindi non ho uno stipendio completo,”
spiegò Luhan, facendo spallucce come se non fosse un gran
problema. “Ma qualcosa. Tutti i soldi vanno in cibo e cose
così. Non possiamo vivere sempre di
carità.”
Passandosi una mano tra i capelli frustrato, Minseok chiese,
“E i tuoi genitori?”
“Anche loro hanno trovato dei lavori,” rispose.
“Non sono buoni, ma, beh, è meglio di niente. Per
ora.”
“E dopo?” indagò Minseok.
Luhan scrollò ancora le spalle. “Immagino che...
si vedrà.”
Non era molto incoraggiante.
“Ma sto bene!” disse velocemente Luhan, in un
debole tentativo di risollevargli il morale. “Posso dormire
durante il giorno, che è strano ma piacevole. Sai, dormire.
Mi sono svegliato poco fa.” Sorrise allegro. “E
posso vedere i miei amici prima di andare a lavoro. E poi, dormendo di
giorno posso usare il letto di Yixing! Se dormissi di notte, dovrei
stare sul pavimento. Quindi così e meglio, penso.”
Tipico di Luhan cercare un modo di essere ottimista nell'avere un
lavoro notturno penoso e sottopagato.
“Davvero, Minseok, non preoccuparti per me,”
insistette Luhan. “Preoccupati per te, d'accordo? Io posso
cavarmela.”
Minseok sospirò pesantemente. “Sono solo... vorrei
che fossi qui,” disse piano, così piano che il suo
microfono quasi non lo registrò.
Le labbra di Luhan si curvarono in un sorriso gentile. “Anche
io,” disse. “O che tu fossi qui. Sarebbe solo...
carino, sai, essere dovunque sia tu.”
Carino
era
dire poco. Eppure, le sue parole mandarono tanti brividi al sistema di
Minseok quanto dolore. Il desiderio di Luhan era semplicemente
agrodolce.
Parlarono ancora un po', combattendo con la scarsa connessione ad
internet e i brevi periodi di silenzio imbarazzante tra le storie sugli
amici di Luhan e gli avvenimenti a scuola in Corea. Minseok
raccontò a Luhan dei progressi della commedia di Baekhyun,
cercando di non tradire la fiducia del più piccolo ed
evitando di scendere nei dettagli, e Luhan raccontò a
Minseok della sua disperazione nello scoprire che la sua vecchia
bancarella preferita di dim sum aveva chiuso. Nel frattempo, Minseok
fingeva di non notare come Luhan giocherellasse con le dita di una mano
di Yixing, mentre l'altro ragazzo usava la mano libera per
scarabocchiare qualcosa su un pezzo di carta. Dopo circa venti minuti,
Yixing alzò il foglio, e Minseok vide uno schizzo della
propria faccia, con un'espressione in parte felice, in parte triste e
assorta. Era una rappresentazione accurata, doveva ammetterlo.
L'unica reazione di Luhan al disegno fu un broncio ed un'unica frase in
cinese, che poi tradusse in coreano. “Non è
abbastanza carino.”
Minseok rise timidamente, e Luhan punzecchiò l'amico con la
mano libera, chiedendo qualcosa imbronciato, e Yixing obbedì
immediatamente, aggiungendo qualcosa allo schizzo con abili tratti di
matita e cancellando qualcos'altro. Lo mostrò a Luhan, che
rise deliziato, e poi alla telecamera. “Gli ho detto di
disegnare anche me,” disse, e Minseok vide che lo schermo nel
disegno era stato allargato per far spazio ad un altro viso, proprio
accanto al primo, sorridente e con i pugni alzati, con delle piccole
corna di cervo che gli sbucavano dalla testa. Anche il primo viso era
stato leggermente modificato, e ora sembrava molto più
sorridente.
Prima che Minseok potesse commentare, il suo telefono vibrò
e lo tirò fuori per vedere il nome di Kyungsoo illuminare lo
schermo. “Oh, Soo vuole sapere se può venire anche
lui a parlare con te.”
“Certo!” esclamò entusiasta Luhan,
illuminandosi. “Digli di venire.”
E anche mentre Minseok lo faceva, non poteva fare a meno di pensare di
non aver avuto abbastanza tempo da solo con l'amico.
Kyungsoo avrebbe mentito se avesse detto che non gli mancava Luhan.
Infatti, il maggiore gli mancava davvero tanto. Gli mancava il suo
incessante ottimismo e il suo calore e il suo entusiasmo, e gli
mancavano le foto che gli portava sempre, e le storie che gli
raccontava. Non era tanto distrutto dall'improvvisa partenza di Luhan
quanto Minseok, ma si ritrovò spesso a pensare al ragazzo
cinese, ed era rimasto tanto deluso quanto tutti che il loro primo
contatto da quando Luhan era tornato in Cina fosse stato per affrontare
un problema piuttosto serio.
Ed era anche preoccupato, e non vedeva l'ora di parlare ancora con
Luhan. Per davvero stavolta.
Uscì in corridoio e si diresse a casa di Minseok per poi
suonare il campanello. Nel momento in cui lo fece, ansimò e
ritrasse il dito come se si fosse scottato. L'aveva toccato. Aveva
toccato il campanello con il dito. Mai, in tutti i suoi sedici anni di
vita, Kyungsoo aveva toccato un pulsante fuori da camera sua con le
dita nude. Per un momento entrò nel panico, guardandosi
intorno freneticamente mentre scuoteva la mano come se questo avesse
potuto mandare via i batteri e i germi. Considerò brevemente
di tornare dritto a casa, ma poi Minseok aprì la porta, e
Kyungsoo squittì, “Cosa faccio?”
Minseok lo fissò, gli occhi sgranati. “Cosa? Che
è successo?”
Kyungsoo emise un suono strozzato. “L'ho toccato l'ho toccato
l'hotoccatol'hotoccatol'hotoccato cosa faccio?”
“Cosa hai toccato?” chiese Minseok, e Kyungsoo
quasi non lo sentì sopra le proprie urla interiori.
“Il
campanello,”
rispose Kyungsoo, indicandolo come se lo avesse personalmente offeso.
Fortunatamente, Minseok non rise di lui, e invece lo fece entrare
velocemente e lo guidò al lavandino con una mano gentile
sulla schiena. Kyungsoo lo sentì, sentì la sua
mano contro il tessuto della maglietta, ma nemmeno ci pensò
mentre si versava il sapone antibatterico sulla mano.
Qualche minuto dopo, si ritrovò seduto davanti al computer
di Minseok. “Uh, ciao hyung,” disse imbarazzato.
“Ho avuto un piccolo attacco di panico.”
Luhan gli sorrise dolcemente. C'era un ragazzo seduto accanto a lui, un
ragazzo con dei capelli neri che Kyungsoo non aveva mai visto prima, ma
aveva la testa abbassata, impegnato a disegnare su un pezzo di carta,
quindi Kyungsoo non gli prestò attenzione.
“È tutto okay,” cinguettò
Luhan. “Purché stia bene ora!”
Il dito di Kyungsoo bruciava ancora un po' da quando l'aveva lavato con
acqua quasi bollente, ma il suo cuore aveva ripreso a battere
normalmente, quindi disse, “Sì, sto
bene.”
“Bene! Ho sentito che ti stai prendendo buona cura del mio
Minseok,” disse allegro Luhan, e Kyungsoo sorrise per il
vezzeggiativo, e si voltò per vedere se Minseok stava
arrossendo. Senza alcun dubbio era avvampato.
“Già,” promise Kyungsoo, facendo una
croce sul cuore. “Stiamo facendo molti progressi, vero
Minseok-hyung?”
Minseok fece un suono vago. “Possiamo non parlare di
me?” pregò. “Ultimamente ne parlo
già abbastanza.”
Kyungsoo rise e lasciò cadere l'argomento, per adesso
almeno, e si rivolse a Luhan, che gli stava chiedendo se gli andava
bene che avesse accidentalmente portato con sé in Cina la
sua macchina fotografica. Mentre Luhan gli prometteva che avrebbe fatto
bellissime foto della Cina per lui, però, il ragazzo accanto
al maggiore sollevò all'improvviso lo sguardo, e Kyungsoo si
ritrovò a guardare un viso sincero e degli occhi allegri. I
capelli neri gli caddero sulla fronte quando inclinò la
testa di lato, e Kyungsoo sbatté le palpebre e lo
fissò.
“E ti piacerebbe una foto del lago vicino al mio paese? Soo?
Ci sei?”
Kyungsoo riportò lo sguardo su Luhan, anche se con la coda
dell'occhio poteva ancora vedere gli occhi curiosi del ragazzo dai
capelli neri. “Scusa, sì. Mi piacerebbe.”
“È un bel lago, anche se un po' sporco. A volte
andiamo lì a nuotare, anche se non penso dovremmo farlo
perché potrebbe esserci qualcosa nell'acqua, ma lo facciamo
lo stesso quando fa molto caldo. E a volte—” Luhan
si interruppe all'improvviso, voltandosi verso il ragazzo accanto a
lui, che gli stava tirando la maglietta con insistenza, gli occhi
ancora fissi sullo schermo. “Hm?”
Il ragazzo disse qualcosa in cinese – Kyungsoo studiava molte
cose, ma il cinese non era una di esse – e Luhan rise.
“Kyungsoo,” rispose lui.
“Cosa?” Kyungsoo si accigliò leggermente.
Luhan sorrise. “Yixing mi stava chiedendo chi fosse il
ragazzo carino.”
Kyungsoo potrebbe essere arrossito. “Io?”
squittì, indicandosi. Accanto a lui, Minseok rise piano.
Luhan annuì, sorridendo, e Yixing gli sorrise dolcemente e
lo salutò. Stupidamente, Kyungsoo ricambiò il
saluto.
“Allora, um,” disse Kyungsoo, distogliendo lo
sguardo da Yixing. “Stavi dicendo qualcosa prima?”
“Oh, giusto. Stavo solo parlando del lago…a dire
il vero ci andremo domani, se non piove! Per
andare—” Si interruppe ancora quando Yixing
continuò a tirargli la maglietta. Una delle bretelle gli
scivolò lungo il braccio, e Luhan la lasciò
lì invece di rimetterla a posto mentre si voltava a guardare
l'amico.
Yixing fece una piccola richiesta, e sia Luhan che Minseok risero,
sebbene Minseok sembrasse decisamente distratto. “Cosa ha
detto?” chiese Kyungsoo, accigliandosi confuso mentre si
voltava verso il vicino, che a quanto pare per una volta aveva capito.
“Yixing mi ha detto di dirti che sei carino,
Kyungsoo,” tradusse Luhan.
“Davvero?” Ora Kyungsoo stava decisamente arrossendo.
Luhan annuì, mordendosi il labbro per trattenere un sorriso.
“Penso nessuno vi abbia mai presentato formalmente. Kyungsoo,
questo è il mio migliore amico Yixing. Yixing, zhe
shi…Jiangxiu.”
Kyungsoo voleva chiedergli se quello era il suo nome cinese o qualcosa
del genere, ma prima che potesse farlo, Yixing chiese qualcosa a Luhan,
il quale disse lentamente, “Kyung. Soo.”
Yixing ripeté il suo nome con attenzione, con un forte
accento, e poi gli fece un sorriso smagliante. Kyungsoo non era mai
arrossito tanto in vita sua. Era imbarazzante e non era sicuro gli
piacesse.
Kyungsoo, Luhan e Minseok continuarono a parlare per un po', della Cina
e cose così, ma Yixing li interrompeva di frequente per
chiedere a Luhan di tradurgli qualcosa, cosa che il miglior amico
faceva con piacere, gli occhi allegri. “Yixing dice che gli
piacerebbe che visitassi la Cina un giorno, Kyungsoo,” disse
una volta.
“Oh,” rispose Kyungsoo, sbattendo le palpebre e
abbassando le spalle timidamente. “Beh, digli che non credo
succederà mai…”
Luhan diede una breve spiegazione in cinese ad Yixing, e mentre lo
faceva, Minseok si voltò a guardare Kyungsoo con sguardo
malizioso. Kyungsoo scosse rapidamente la testa e si rifiutò
di dire qualcosa, il viso in fiamme. Riportando gli occhi sullo
schermo, Kyungsoo vide l'espressione di Yixing cadere visibilmente, e
poi il ragazzo disse qualcosa a Luhan, che tradusse velocemente.
“Yixing dice che dovrà venire lui da te,
allora,” disse, e Kyungsoo rise leggermente per coprire
quanto fossero diventate rosse le sue guance.
Pochi minuti dopo, Yixing mostrò un nuovo disegno,
sorridendo orgoglioso, e Kyungsoo riuscì ad individuare un
viso tondo con degli occhi grandi, un sorriso timido e guance colorate
con la matita. Yixing lo indicò e disse attentamente,
“Kyungsoo.”
Kyungsoo disse che doveva andare in bagno, ma in realtà
tutto quello che fece fu uscire in corridoio e rimanere lì
fino a che le sue guance non ripresero un colorito normale.
Quando tornò, Minseok gli diede il cambio, e Kyungsoo
approfittò di quel momento per schiarirsi la gola e chiedere
a Luhan, con molta esitazione, se Yixing fosse gay.
“Non lo so,” cinguettò Luhan.
“Lascia che glielo chieda.”
“Cosa, no—!” esclamò
velocemente Kyungsoo, spalancando gli occhi, ma Luhan stava
già traducendo la domanda. Yixing rise immediatamente, e
Kyungsoo considerò l'idea di lasciare ancora la stanza, fino
a che Luhan non tradusse la sua risposta.
“Yixing dice, ‘Potrei esserlo.’”
Il più piccolo tossì forte e sperò che
Minseok tornasse in fretta.
Poco dopo, Kyungsoo lasciò che Minseok e Luhan si
salutassero in privato, e lanciò un ultimo sguardo a Yixing
prima di andare. Il ragazzo cinese gli sorrise e fece un cenno di
saluto, e Kyungsoo ricambiò velocemente prima di voltarsi.
Il passato romantico di Kyungsoo consisteva nell'unico bacio sulle
labbra del vicino impanicato, e non aveva in programma di allungarlo
presto. Non che fosse possibile, comunque.
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Capitolo 33 *** Capitolo 31 ***
Sehun, come regola, non si
eccitava per il proprio compleanno. Non l'aveva mai fatto, davvero. Era
cresciuto senza che nessuno se ne ricordasse mai, a parte qualche
maestra delle elementari, e non si era mai aspettato niente. La prima
volta che una sua madre adottiva gli aveva chiesto quando fosse il suo
compleanno, Sehun era stato quasi scioccato, non sapendo
perché le interessasse. Ma era arrivata troppo tardi
– il suo compleanno era già passato da oltre un
mese – e non era successo niente. L'anno successivo
però, ricevette un nuovo paio di calze e altre cose, e del
cibo extra a cena, e quella era stata la prima volta che Sehun avesse
festeggiato il proprio compleanno.
Da allora, aveva ricevuto un altro regalo di compleanno, e si
considerava piuttosto fortunato.
E quindi, anche quando la metà di Aprile si stava
avvicinando portando con sé il compleanno di Sehun, lui non
disse niente. A malapena osò pensarci, perché se
si fosse aspettato qualcosa sarebbe solamente rimasto ancora
più deluso.
Il 10 Aprile, però, due giorni prima il
non-proprio-grande-giorno, Sehun stava uscendo di casa per andare a
scuola quando la madre adottiva chiamò il suo nome
all'improvviso. Si fermò e si voltò, aspettando,
e la donna apparve sull'uscio, con qualcosa in mano.
“Me ne ero quasi dimenticata,” disse, sorridendo
leggermente. “Ieri è arrivato questo per
te.”
“Per me?” Sehun si accigliò. Non aveva
mai ricevuto niente per posta prima.
“Sin dalla Cina, sembrerebbe,” disse la madre
adottiva, annuendo e porgendoglielo.
Quasi troppo spaventato per guardarlo, per paura di rimanere
terribilmente deluso, Sehun prese il pacchetto e guardò il
davanti. C'erano il suo nome e un indirizzo, scritto in hangul
stentato, e nell'angolo c'era l'indirizzo del mittente scritto tutto in
cinese. Sehun trattenne il fiato e lo aprì.
All'interno c'era un singolo foglio, coperto di inchiostro blu e
piccoli disegnini.
Sehunnie!
Buon
compleannoooo!!!!!!! In realtà
non ho idea di quando ti arriverà questa lettera, ma spero
non troppo presto o troppo tardi. Pensavi me ne sarei dimenticato,
vero? Beh, invece no! Persino in Cina, questo hyung pensa a te ^^ Sono
triste che mi perderò il tuo compleanno. Volevo darti un
regalo, ma sembra che non potrò farlo. Dì a
Minseok di darti un abbraccio di compleanno da parte mia, okay? kekeke
Probabilmente non lo farai. Sono sicuro che Jongin te ne
darà tanti, comunque. Immagina solo che uno di quelli sia da
parte mia!
Hmmmm
hmmmm cosa dovrei dire? Sono passati solo pochi giorni da quando ti ho
visto! Ma quando leggerai questa lettera, sarà passato
più tempo, quindi sono sicuro che sentirò la tua
mancanza keke. Sei un dongsaeng davvero importante per me, lo sai vero?
Penso tanto a te, se stai bene e se Jongin ti rende felice e si prende
cura di te. Non pensare che le cose siano cambiate solo
perché sono in Cina! So che lo stai pensando, quindi
smettila! Ora che sono così lontano, posso dire quello che
voglio senza che tu possa farci niente, ke. Quindi ecco quello che
penso di te, Oh Sehun:
Sprechi
troppo tempo ed energia a fingere di essere qualcosa che non sei. Sei
una persona davvero buona, anche se cerchi di nasconderlo. Fingi che
non ti importi di nessuno, ma io lo vedo che non è
così. Tieni a me, e tieni a Jongin, e questo significa molto
per me. E mi rende pieno di gioia vederti sorridere di più,
e lasciarti andare alla felicità, e lasciare che le persone
tengano a te. Capisco che il tuo passato sia stato davvero difficile,
Sehun, e ti ammiro per la tua forza. È vero, non hai sempre
gestito le cose nel migliore dei modi, ma nemmeno nel peggiore. Riesco
a vedere quanto tu sia estremamente coraggioso e forte e di buon cuore.
Continua così, Sehun, e continua a crescere come stai
facendo. Questo hyung è così fiero di te, lo sai
vero?
Oh
Sehun, il mio piccolo fratellino, che ora è un anno
più grande! Spero che quest'anno sarà ancora
migliore del precedente. Ti prego prenditi cura di te mentre sono via,
e lascia che anche Jongin si prenda cura di te. Studia bene, cresci
tanto e sorridi di più :D E lascia che le persone ti amino!
Il prossimo anno, dovrai lavorare tanto su questo. Sul lasciare che le
persone ti amino.
Spero
di poterti parlare presto, al telefono o attraverso una video chiamata.
Non sentire troppo la mia mancanza~ e non dimenticare che ci
tengo a te, ti voglio bene, e non ti libererai di me così
facilmente! Buon compleanno, Sehunnie~!
Con
amore, il tuo hyung preferito,
Luhan
^^
Quando Sehun raggiunse la fine della lettera – dopo essersi
fermato a rileggere diverse parti per assicurarsi di aver visto bene
– c'era qualcosa di caldo che gli bruciava gli occhi e che
assomigliava pericolosamente a lacrime, e sarebbe arrivato tardi a
scuola. Schiarendosi la gola, rimise la lettera nella busta e corse
fuori, sapendo che Jongin probabilmente lo stava già
aspettando alla solita intersezione dove si incontravano per andare
insieme. Anche Jongin sarebbe arrivato in ritardo se non fosse andato
senza di lui, ma in qualche modo, Sehun sapeva che sarebbe stato
comunque lì.
In effetti, Jongin lo stava aspettando esattamente dove sapeva sarebbe
stato, e anche quando Sehun lo oltrepassò dicendo
“È tardi!”, Jongin gli prese il braccio
e la velocità di Sehun li fece girare entrambi.
“Hey tu,” disse allegramente Jongin, nascondendo il
viso nella spalla del ragazzo. “Cosa ti ha
trattenuto?”
Sehun esitò, la gola secca, e Jongin approfittò
dell'opportunità per premere un veloce bacio sulla sua
guancia. Il gesto lo fece sentire ancora più stranamente...
emotivo. “Luhan mi ha mandato una lettera,” disse
alla fine, con voce leggermente roca.
“Davvero?” chiese Jongin, lasciando andare Sehun e
facendo scivolare la mano lungo il suo braccio per prendere la sua,
tirandolo in avanti. “Aveva altre novità, oltre
quelle che ha mandato a Minseok?”
Sehun scosse la testa, correndo leggermente. “Per il mio
compleanno,” rispose.
Jongin si fermò, così all'improvviso che Sehun
gli passò davanti, per poi girarsi a guardarlo sorpreso. Gli
occhi di Jongin erano spalancati. “Oh, cavolo, è
fra un paio di giorni, vero!”
Sehun si agitò, riprendendo a correre. “Um,
già.”
“Mi ero completamente dimenticato che giorno
fosse!” esclamò Jongin, sembrando leggermente nel
panico. “Dico, oggi! È il 10, vero?”
Sehun annuì.
“Cavolo, cavolo, il tuo compleanno è tra due
giorni.” Lo stomaco di Sehun fece un tonfo piacevole. Jongin
gli aveva chiesto quando era il suo compleanno mesi fa. “Hai qualche
programma?”
“No,” rispose lui, ansimando in un misto di
aspettativa e sforzo, dopo aver preso a correre più forte
per paura di mancare la prima campanella.
“Bene, bene. Lascia così. Oh cielo, mi ha preso
completamente alla sprovvista, avrei potuto giurare che fosse ancora inizio
Aprile.” anche Jongin stava ansimando, ma Sehun era
abbastanza sicuro non fosse per la fatica.
Raggiunsero l'ingresso della scuola un minuto dopo, e prima che
potessero entrare, Jongin tirò Sehun verso di sé
per premere un bacio sulle sue labbra. Sapeva che a Sehun non piacevano
le manifestazioni eccessive di affetto in pubblico, quindi approfittava
sempre dei loro momenti fuori dalle mura scolastiche. Poi, con un
ultimo sorriso affettuoso, corsero dentro, arrivando in classe giusto
in tempo.
Sehun non lo avrebbe mai ammesso, ma passò la maggior parte
della giornata ad allisciare la lettera di Luhan sotto il banco e a
cerchiare specifiche parole. Ti ammiro. Sono orgoglioso.
Tengo a te. Ti voglio bene. Nessuno prima d'ora gli aveva
mai detto che gli voleva bene. Nessuno.
Sehun si chiese se Luhan lo sapesse. Si chiese se sapesse quanto gli si
stringesse il cuore per quel sentimento.
A pranzo quel giorno, prima ancora che Sehun potesse riprendersi da
quella lettera, Minseok gli si avvicinò con un sorriso
cordiale. Sembrava molto più allegro rispetto alle settimane
passate, più in salute e più vivo. Sehun non fece
alcun commento, però. “Hey, Sehun.”
“Hey,” rispose. Lui e Minseok non erano amici. Le
uniche parole che si erano mai scambiati erano state su dove si
trovasse Luhan.
Prevedibilmente, le prime parole del maggiore furono, “Ho
parlato con Luhan ieri.” Minseok inclinò la testa
di lato. “Su Skype. Mi ha chiesto di te.”
Sehun deglutì. “Ah sì?”
Minseok annuì, continuando a sorridere. A dire il vero era
diventato molto più amichevole con Sehun in generale,
ultimamente. “Mi ha chiesto come stessi e cose
così. E anche se hai ricevuto la sua lettera.”
Sehun si morse il labbro per nascondere quello sentiva essere un
sorriso. “L'ho ricevuta solo oggi.”
“Oh, perfetto! Era preoccupato che non ti arrivasse prima di
sabato.” Rise leggermente Minseok. “Comunque, ti
vuole parlare quel giorno.”
“Sabato?” chiese Sehun, e Minseok annuì.
“Su Skype? Perché io non ho—”
Minseok agitò le mani velocemente. “Puoi venire a
casa mia, tanto vale parlarci tutti se possiamo. Ecco, ti do il mio
indirizzo—”
“Ma Sehun,” si intromise Jongin, tirandogli la
manica con insistenza. “Io avevo qualche programma per
sabato.”
Sehun ghignò leggermente, e Minseok disse, “Puoi
averlo per tutto il giorno prima di allora, sarà solo la
sera. Condividilo un po'.”
“Ma lo volevo io,” rispose in modo
petulante. Le guance di Sehun si scaldarono.
Minseok rise semplicemente. “Allora dovrai vedertela con
Luhan per lui,” disse, passando il proprio indirizzo su un
foglietto di carta. “Ecco, ricontrollo l'ora e ti faccio
sapere domani. Ci vediamo?”
“Sì,” disse Sehun senza fiato.
Quando Minseok se ne fu andato, Sehun sentì le dita di
Jongin intrecciarsi con le proprie, stringendo leggermente.
“E avevi paura che si dimenticasse di te,” disse
piano, guadagnandosi un sorriso da parte di Sehun.
Il 12 Aprile arrivò con una sorta di maltempo freddo e
grigio, che prometteva pioggia, e che sembrava chiaramente dire,
“Non voglio che passi una bella giornata.” Sehun si
sedette sul letto e guardò fuori dalla finestra, grugnendo.
Ovviamente, tra tutti i giorni, proprio oggi.
Jongin gli aveva detto di incontrarlo alla stazione della metro alle
11, e per le 10 la pioggia aveva cominciato a cadere fitta e
ininterrotta. Sehun frugò nell'armadio accanto alla porta
alla ricerca di un ombrello, sospirando.
Quando raggiunse l'altro ragazzo, seduto sulle scale dell'uscita 4, la
pioggia non aveva dato segno di voler smettere di cadere, e i capelli
di Jongin erano fradici. Mentre Sehun si avvicinava, alzò lo
sguardo dallo zaino sulle proprie gambe e sorrise imbarazzato.
“Non ho controllato le previsioni del tempo.”
Sehun rise leggermente, scuotendo la testa. “Passeremo la
giornata fuori?”
Jongin annuì, sospirando mentre si alzava. “Questi
erano i piani…” posò lo zaino e
aprì le braccia. “Vieni qui.”
Sehun si morse il labbro ansioso, guardando le altre persone che
girovagavano per la stazione. Alla fine, si fece avanti tra le sue
braccia, ricevendo un abbraccio affettuoso.
“Buon compleanno, Hun,” gli sussurrò
all'orecchio Jongin, ed era la prima volta che lo chiamava in un altro
modo rispetto al solito, vecchio 'Sehun'. Lo fece sorridere contro la
sua spalla. “Scusa per averlo già quasi
rovinato.”
“Non l'hai rovinato,” mormorò Sehun.
Anzi, Jongin aveva già reso questo compleanno cento volte
migliore rispetto a quelli passati.
Con un'ultima stretta, Jongin si ritrasse, sorridendo leggermente.
“Quanto odieresti andare al parco con questo tempo,
comunque?”
Sehun trattenne un sorriso. “Dipende da cosa faremo
lì?”
“Ho preparato il pranzo,” disse orgoglioso Jongin,
indicando lo zaino. “Avremmo dovuto fare un picnic. Ma poi,
beh... ha cominciato a piovere.”
Sehun fece un suono pensieroso. “Beh, se andiamo in quel
parco con la nave pirata,” cominciò. “Ho
sentito dire che c'è una bella cambusa sotto
coperta.”
“Davvero?” rise Jongin. “Non è
il parco in cui avevo pensato di portarti, ma possiamo
farcela.”
Ci volle un po' per arrivare lì; dovettero prendere la metro
nella direzione opposta e poi si ripararono sotto l'ombrello di Sehun
mentre si affrettavano sul marciapiede quasi vuoto, ma quando
arrivarono, la pioggia era diminuita notevolmente. Non c'era comunque
nessuno al parco oltre loro, e questo andava più che bene a
Sehun.
Il tavolo e le panchine sotto la prua della nave – o almeno,
Sehun pensava fosse la prua – erano, a tutti gli effetti, per
bambini. E nemmeno bambini grandi. Sehun e Jongin dovettero incastrare
le gambe sotto al tavolo, strette e intrecciate insieme, e l'acqua
gocciolava sopra le loro teste nonostante il riparo abbastanza solido.
Ad ogni modo, Jongin sembrava assolutamente deliziato mentre sistemava
diversi contenitori sul piccolo ripiano che li divideva, dicendo a
Sehun cosa ci fosse in ognuno di essi e quali avesse fatto lui stesso,
e Sehun non poté non sorridere per il suo entusiasmo.
Il pranzo era semplice ma piacevole e soddisfacente, e Sehun se lo
godette. Alla fine, c'era un cupcake per lui, con una singola candelina
al centro che Jongin accese con un fiammifero. “Esprimi un
desiderio,” disse, tirando fuori una Polaroid rosa acceso
dallo zaino. Sehun la fissò.
“Cosa è quella?”
Jongin sorrise mestamente. “L'ho rubata a mia sorella. Ora
esprimi un desiderio, prima che la cera della candela coli sul tuo
cupcake di compleanno!”
Sehun sbuffò, scuotendo la testa divertito, poi chiuse gli
occhi ed espresse il desiderio prima di soffiare la candelina. Un
rivolo di fumo gli solleticò il naso, e la macchina
fotografica di Jongin scattò.
“Cos'hai desiderato?” chiese subito dopo Jongin,
scuotendo la foto mentre aspettava che si sviluppasse.
Sehun schioccò la lingua, sollevando le sopracciglia
scherzosamente. “È un segreto.”
“Includeva un bacio sotto la pioggia, perché posso
far sì che si avveri.”
Il tono serio di Jongin strappò una risata a Sehun, la
fotocamera scattò ancora. Jongin guardò le due
foto e sorrise, mormorando, “Bellissimo.” Sehun
avvampò.
Poco dopo, Jongin annunciò che aveva pianificato di fare una
passeggiata nel parco dopo pranzo, ma dato che stava ancora piovendo,
avrebbero fatto un sonnellino invece.
“E se non volessi dormire?” chiese Sehun, guardando
Jongin stendere la coperta del picnic sul cippato bagnato accanto al
loro tavolo.
“Allora io dormo e tu puoi guardarmi,” rispose
Jongin, facendo un occhiolino sfacciato. “Oppure, sai,
potremmo fare qualcos'altro quaggiù.”
Sehun grugnì per nascondere quanto rosse fossero le sue
guance. “D'accordo, faremo un pisolino,” disse, e
Jongin picchiettò la coperta accanto a sé,
felice. Sehun si sedette e si lasciò portare giù
da Jongin, usando il braccio del ragazzo come cuscino.
“È ora del pisolino,”
sussurrò lui, la voce bassa ma vicina all'orecchio di Sehun.
Sehun fissò il soffitto, ma poteva sentire gli occhi di
Jongin su di sé. “È ora del pisolino di
compleanno.” Sehun sorrise leggermente, e Jongin si
avvicinò fino che non sentì il suo fiato sul
collo. “Hey, Sehun.”
La voce del ragazzo era più profonda, ora, più
seria. “Hm?”
“È passato più di un mese da quando mi
sono dichiarato. Lo sapevi?”
Sehun deglutì a fatica. “Così
tanto?” chiese piano, lasciando che gli occhi si chiudessero
mentre i respiri regolari di Jongin gli solleticavano la pelle.
“Già. Un mese e... sei giorni. Sta andando
piuttosto bene fino ad ora, non pensi?” Nel suo tono c'era
esitazione, come se non fosse sicuro di voler sentire la sua risposta.
“Sì. Già, lo penso anche io,”
rispose piano Sehun.
Una fredda goccia cadde direttamente sulla guancia di Sehun, e un
pollice gentile la asciugò. “Bene,”
sussurrò Jongin. “Hey, ti ricordi quando... quando
hai detto, quel giorno, che non ti era mai piaciuto nessuno
prima?”
Sehun strinse i pugni attorno all'orlo della felpa e tenne gli occhi
chiusi. “Sì.”
“Beh, um. È passato un mese da allora. Nessuna
pressione, o niente del genere, ma mi stavo chiedendo se... se la
situazione sia... cambiata?”
Sehun prese un profondo respiro e trattenne il fiato. Jongin sembrava
così nervoso, così speranzoso, e Sehun non aveva
mai osato pensarci, mai nella sua vita. Non sapeva nemmeno cosa si provasse quando ti piaceva qualcuno.
“Tu cosa pensi?” chiese piano.
Jongin rimase a lungo in silenzio, e Sehun era terrorizzato,
assolutamente terrorizzato, di aver detto qualcosa di terribilmente
sbagliato. Poi Jongin si mosse, il suo respiro forte contro l'orecchio
di Sehun, e disse, “Non lo so. So che mi comporto come se
sapessi esattamente quello che sto facendo, Sehun, ma per la
verità faccio tutto come mi viene. Non so niente. Non
c'è bisogno che dica qualcosa, non ti costringerò
a farlo, ma spero solo che... un giorno... ti piacerò tanto
quanto tu piaci a me.”
Il respiro di Sehun gli si bloccò in gola e si morse
violentemente il labbro. “Io non... ho paura di fare...
promesse.” O in generale di parlare, se doveva essere
sincero, ma ci stava lavorando. Ma le promesse erano qualcosa di
completamente diverso. Le promesse erano bugie, se Sehun non avesse
potuto mantenerle.
Jongin non si prese gioco di lui, non gli disse che dirgli che gli
piaceva non era una promessa (perché Sehun sapeva che non lo
era – ma allo stesso tempo, lo era). Disse solo,
“Lo so.”
“Mi dispiace,” sussurrò Sehun.
“Non esserlo,” insistette Jongin. “Te
l'ho già detto, no? Posso aspettare. Posso aspettare per
sempre.” Si voltò, premette un bacio sulla guancia
di Sehun. “Il che mi ricorda che ho un regalo per
te.”
Sehun si sedette immediatamente, guardandolo sorpreso.
“Davvero?”
Jongin lo guardò stranito, voltandosi a prendere lo zaino
dal tavolo. “Sì, certo. Voglio dire, non
è nulla, davvero, ma... dovevo prenderti qualcosa. Perché sei
così scioccato?”
Sehun deglutì. “Non è un avvenimento
normale per me,” ammise piano.
“Oh.” Jongin si morse il labbro dispiaciuto.
“Beh, um. Scusa se il mio regalo fa così schifo,
allora.”
Sehun scosse velocemente la testa. “Non mi aspettavo nulla, quindi... semplicemente il
fatto di ricevere qualcosa è fantastico.”
Sorridendo un po' timido, Jongin gli porse un regalo piatto e
rettangolare. “Tieni, allora,” disse piano.
Sehun lo prese con mani attente. Strappò la carta
lentamente, assicurandosi di non rovinare niente, e scoprì
un piccolo libricino dalla copertina rigida, rilegato con finta pelle
nera. Sbattendo le palpebre per la sorpresa, Sehun lo aprì e
vide che tutte le pagine erano vuote tranne una.
Caro Sehun,
Prima
di tutto, buon compleanno! Se qualche mese fa mi avessi
detto che avrei passato il tuo compleanno con te, come ho programmato,
ti avrei chiamato pazzo, haha. Sono così fortunato ad avere
questa opportunità, onestamente. Sono stato molto felice,
queste cinque settimane passate. Spero davvero che anche tu sia stato
felice <3 So che è davvero difficile per te dire cose
come questa ad alta voce, o dire qualcosa in generale, ed è
per questo che ti ho preso questo quaderno, immagino.
Ne
abbiamo parlato prima, vero? Di quanto tu non sia bravo a comunicare
con le persone. Capisco perché sei così, e lo
accetto, ma sono anche una persona che si affida molto alla
comunicazione, quindi questo causa dei problemi a volte. Comunque, non
ti costringerò a dire cose che non vuoi dire. Non lo farei
mai. Ma stavo solo pensando che forse, per cominciare, avresti potuto
scrivere i tuoi pensieri. Non mi importa cosa scrivi qui sopra. Non
devi mostrarlo a me, o a nessun altro, se non vuoi. Ma penso sarebbe
una buona idea scrivere qui sopra ogni giorno, almeno un po', giusto
per esercitarti. Ho letto alcune ricerche sull'uso della scrittura come
terapia. Non sto dicendo che hai bisogno di andare in terapia, Hun, ma penso sarebbe carino
che ti togliessi qualche peso dal petto di tanto in tanto, non credi
anche tu? Impara a scaricarti, prima, e trasforma i tuoi pensieri in
parole. Poi, se vorrai, potrai cominciare a condividerli con altre
persone.
Sai
che voglio solo che tu sia felice, vero Sehun? Voglio che tu sia
felice, e voglio che noi siamo felici, insieme. Continuiamo a lavorare
insieme per essere felici, okay? E non dimenticare che tengo molto a
te, e che mi piaci così tanto che a volte fa letteralmente
male. E questo non cambierà nel giro di poco tempo.
Con
amore, amore, amoreamoreamore,
Jongin
Sehun mandò giù il magone che aveva in gola
mentre finiva di leggere la lettera di Jongin. Perché aveva
dovuto scrivere tutte questa cose, rendendo Sehun così
emotivo? Non era giusto, gli auguri di compleanno non avrebbero dovuto
far piangere nessuno. Schiarendosi la gola, sollevò lo
sguardo su Jongin, che lo stava guardando incerto. Senza dire una
parola, Sehun allungò un braccio, chiudendo il pugno attorno
al maglione di Jongin.
“Cosa?” chiese Jongin, sgranando gli occhi.
Sehun non rispose, scuotendo leggermente la testa lo tirò
gentilmente in avanti.
“Cosa?” chiese ancora, ma si mosse ubbidientemente.
“Tu—”
Sehun lo interruppe con un bacio deciso, lasciando cadere il libro per
posare una mano sulla guancia di Jongin. Il ragazzo emise un piccolo
suono stupefatto, e Sehun non ne rimase sorpreso – sin da
quel primo giorno in corridoio, Sehun non aveva mai iniziato alcun contatto, specialmente non un
bacio. Ma Jongin reagì velocemente, posando una mano sui
fianchi e l'altra sulla spalla di Sehun mentre si chinava in avanti e
ricambiava il bacio, lento e dolce.
“Questo significa che ti piace, allora?” chiese
Jongin mentre si ritraeva, sembrando meravigliato, con lo sguardo
assorto.
Sehun sorrise semplicemente e lo tirò in un altro bacio.
Sehun passò l'intero pomeriggio con Jongin, facendo quel
pisolino alla fine, facendo una passeggiata quando smise di piovere,
prendendo un gelato in una piccola gelateria per strada. Jongin lo
tenne costantemente per mano, lo baciò quando nessuno
guardava (“Bacio di Compleanno,” diceva sempre con
un sorriso), e cercò di farlo ridere più che
poteva. Sehun non si trattenne mai, e per un po' si
dimenticò di essere un ragazzino adottato con fin troppi
problemi. Jongin lo aiutò a dimenticare.
Per cena, però, Sehun tornò a casa. Glielo aveva
chiesto la madre adottiva, e Jongin aveva richiesto la sua presenza
solo fino ad allora (anche se disse che avrebbe festeggiato con piacere
il suo compleanno con lui per sempre). Sehun immaginava che il suo
assistente sociale gli avrebbe fatto visita o qualcosa del genere, ma
invece quando arrivò a casa trovò solo i tre
membri della famiglia seduti attorno al tavolo (quattro, se contava il
gatto che faceva le fusa sulle gambe di Taewoon), e la cena tra loro,
stranamente stravagante rispetto ai soliti piatti, con diversi contorni
e manzo bollito da servire insieme al riso. Sehun sbatté le
palpebre sorpreso.
“Buon compleanno, Sehun-ah,” disse la donna,
sorridendo dolcemente. “Ti va di sederti? C'è una
torta in cucina, se ti va un po' di dolce. È fatta in casa,
ma... spero ti piaccia.”
Sehun non riusciva a trovare la voce. Deglutì piano.
“Ti abbiamo anche preso un regalo. È piccolo, ma
volevamo fare qualcosa per te,” disse il padre adottivo, un
uomo di poche parole. Sia lui che la moglie sembravano nervosi, come se
avessero avuto paura che Sehun avrebbe potuto odiare tutto quello,
avrebbe potuto odiare loro per averci provato. Qualche
mese fa, forse l'avrebbe fatto.
“Anche io ti ho fatto qualcosa!” esclamò
eccitato Taewoon. “Per il tuo compleanno!”
Sehun deglutì ancora. Poi, con voce roca, disse,
“Grazie.”
La sua famiglia sorrise allegramente, e Sehun si sedette a mangiare.
Sehun non era mai stato a casa di Minseok prima – o a casa di
Luhan, ora che ci pensava – ma aveva la sensazione che
sarebbe stata bella, come quella di Jongin. Luhan una volta aveva detto
che la madre del maggiore era un'infermiera, che era un lavoro ben
pagato, e suo padre faceva un lavoro d'ufficio per quanto ne sapeva
Sehun. Raggiunse il palazzo seguendo le indicazione che gli aveva dato
Minseok, e trovò Jongin che lo aspettava lì
davanti, ma Sehun non si guardò nemmeno intorno, troppo
impaziente di entrare e vedere Luhan. Minseok aveva promesso che Luhan
sarebbe già stato ad aspettarlo. Mentre prendevano
l'ascensore, Jongin gli fece qualche domanda sulla cena, ma Sehun era
troppo distratto per rispondere in modo decente. Pregò
mentalmente che l'ascensore andasse più veloce.
Sentì la voce di Luhan nel momento in cui entrò
nell'appartamento. Stava parlando in cinese – dicendo a
qualcuno di smetterla di disturbare i suoi amici, se il suo cinese non
lo tradiva – ma Sehun avrebbe riconosciuto quella voce
ovunque, anche se erano passate più di tre settimane
dall'ultima volta che l'aveva sentita. Guardò Minseok, che
l'aveva fatto entrare, con gli occhi sgranati. Il maggiore sorrise e
indicò una porta aperta, e Jongin lo spinse leggermente in
avanti. Inciampando, Sehun entrò, giusto in tempo per vedere
Luhan che colpiva un ragazzo dai capelli neri accanto a lui, ridendo.
Quasi incantato, Sehun si fece avanti, avvicinandosi ad un ragazzo che
non aveva mai visto prima, e Luhan smise immediatamente di ridere.
“Sehun-ah!” esclamò, illuminandosi.
Sehun sentì una stretta al petto, quella piacevole
sensazione a cui solo recentemente si era abituato.
“Hyung!”
Luhan si fermò e lo guardò a bocca aperta, e ci
volle un momento perché Sehun si rendesse conto del
perché. Quando lo fece, anche lui ansimò. Gli
occhi di Luhan si fecero lucidi, e sbatté velocemente le
palpebre come per trattenere le lacrime. “Scusa,
scusa,” disse, cominciando a sorridere. “Ero solo
sorpreso. Sorpreso e felice.”
Sehun si morse il labbro e si godette il suono della voce del maggiore,
si godette la sua presenza confortante, e si rese conto di quanto gli
fosse mancato tutto questo.
“Buon compleanno, Sehun-ah,” disse emozionato Luhan.
“Grazie, hyung,” disse piano Sehun, e
quell'appellativo non era familiare sulla sua lingua, ma in qualche
modo era un sollievo dirlo. Sentì Jongin al suo fianco e
intrecciò le loro dita, stringendo leggermente.
“Vi lascio soli,” disse gentilmente Jongin, e Sehun
riuscì a percepire il suo sorriso. Un leggero bacio sulla
sua tempia e poi se ne andò, come tutti gli altri nella
stanza, che Luhan salutò per poi tradurre i saluti
dell'amico.
“Mi ha fatto piacere rivederti, Jonginnie! Dobbiamo parlare
più tardi, prima che vada a lavoro! Ciao Kyungsoo, Yixing
dice ciao e che puoi chiamarlo quando vuoi! Ciao Baekhyunnie, ciao
Seok-ah! Mi mancate!” E poi, silenzio, evidenziato dal grande
sorriso di Luhan, luminoso anche attraverso lo schermo. “Hey,
Sehunnie. Mi sei mancato.”
Sehun prese un profondo respiro. Era ora di essere onesti.
“Mi sei mancato anche tu.” Luhan
aspettò. “Hyung.”
Il maggiore sembrò nuovamente sul punto di scoppiare in
lacrime. “Sono così fiero di te,” disse,
e sì, anche Sehun era piuttosto orgoglioso di sé.
Più tardi quella notte, a letto, dopo essere stato
riaccompagnato a casa da Jongin e aver ricevuto il suo ultimo bacio di
compleanno e un sussurrato, “Sei stato fantastico
oggi,” Sehun avrebbe aperto la prima pagina bianca del suo
nuovo quaderno e avrebbe scritto “Non ho mai chiamato
nessuno hyung prima.” Poi, sotto, con
dita tremanti ed esitanti, “Penso che potrei
essere innamorato di Kim Jongin.” Avrebbe
immediatamente cancellato quella seconda frase, ancora e ancora, fino a
che non sarebbe stato impossibile leggerla.
Aveva ancora molta strada da fare.
Seguendo i veloci saluti di Luhan dopo l'arrivo di Sehun (che era stato
il motivo principale per l'incontro di oggi, quindi era scusato), le
persone che prima occupavano la stanza di Minseok si spostarono in
salotto, sistemandosi sui divani. Kyungsoo se la cavava meglio con dei
piccoli gruppi, ma era ancora diffidente delle persone che non aveva
mai incontrato prima, quindi Minseok gli lasciò la poltrona.
Minseok si strinse tra Jongdae e Baekhyun sul divano, e Jongin si
sedette su una sedia della cucina, sembrando leggermente perso senza il
suo ragazzo intorno.
“Cavoli, comincia davvero a mancarmi Luhan,”
Jongdae sospirò pesantemente.
Minseok si morse il labbro per la fitta di dolore al petto quando
sentì una risata familiare e allegra provenire dalla propria
stanza. Non era geloso di Sehun – davvero – ma in
un certo senso lo era. Non era nemmeno sicuro del perché, esattamente. Perché
non era più preoccupato che Luhan avesse qualche interesse
amoroso nei confronti del ragazzo. Vedere Sehun con Jongin tutto il
tempo lo aveva aiutato. Non era sicuro se fosse perché Sehun
stava monopolizzando tutta l'attenzione di Luhan (che in effetti era
una cosa piuttosto infantile di cui essere gelosi), o perché
Luhan sembrava sempre così estremamente entusiasta nel
parlare con Sehun o nel sentire novità di Sehun o nel
parlare di
Sehun,
o forse era per quella piccola, irritante sensazione che Luhan sentisse
più la mancanza di Sehun piuttosto che di Minseok. Era
ridicolo, perché sapeva il tipo di relazione che c'era
tra Luhan e il più piccolo (a grandi linee, almeno), e
quanto Luhan ci tenesse e si preoccupasse per lui, ma forse era questo
il problema. Egoisticamente, Minseok voleva che Luhan si preoccupasse
così tanto anche per lui.
Luhan chiedeva regolarmente aggiornamenti sulla salute di Minseok
(meglio, sempre meglio, anche se i progressi erano dolorosamente lenti
a volte) e solo Dio sapeva cosa dicesse a Kyungsoo e Jongdae alle sue
spalle, ma quella piccola vocina nella sua testa si chiedeva se avrebbe
fatto tutte quelle domande se non si fosse sentito costretto.
Forse Minseok era semplicemente rancoroso perché mentre
Sehun aveva ricevuto una lettera, dei nomignoli e dei sorrisi per il
suo compleanno, tutto ciò che aveva ricevuto Minseok era
stata una chiamata di venti secondi in cui Luhan gli diceva che stava
partendo.
Si riscosse dai propri pensieri quando Jongdae grugnì forte
al suo fianco e disse, “Non riesco a credere che il festival
multiculturale inizi lunedì. Ci stiamo preparando da mesi e non siamo ancora pronti. Non riesco a credere
che si aspettassero che due persone potessero gestire il
tutto.”
“Mancano solo due giorni. Sarete pronti in tempo?”
chiese Kyungsoo, sembrando preoccupato.
Jongdae scrollò le spalle cupamente. “Siamo quasi
pronti, rimangono solo un paio di piccole cose da fare. Penso che ci
vorrà tutta la notte per finire in tempo.”
Minseok fece schioccare la lingua con aria di rimprovero.
“Non sareste a questo punto se non avessi evitato Junmyeon
per tutto questo tempo, sai. Hai avuto un sacco di tempo nelle scorse
settimane.”
Jongdae abbassò lo sguardo e curvò le spalle.
“Sono stato impegnato con altre cose,”
borbottò, e Minseok sapeva che era una bugia.
Sospirò e gli diede qualche pacca sulla gamba per
confortarlo. Solo Jongdae riusciva a complicarsi tanto le cose.
“Beh grazie a te,” disse Baekhyun, guardando
Jongdae, “Dovrò fare le ultime prove dei costumi
domani invece che prima dello spettacolo perché il tuo
stupido festival occuperà tutto l'auditorium fino al giorno
della prima.” Fece un smorfia.
“E tu sei pronto per quello?” chiese Kyungsoo.
Baekhyun sospirò e scosse la testa. “Nemmeno
lontanamente. C'è così tanto da fare, non ci
voglio nemmeno pensare. Devo ancora cambiare la chiave delle mie
canzoni. E mettere insieme un nuovo costume per me.”
Minseok provò un'ondata di compassione e frustrazione
perché Baekhyun doveva passare tutto questo, tutto da solo.
Jongdae, però, sempre fuori dal giro, si sporse oltre
Minseok per guardare Baekhyun e chiese, “Quanto è
grave questo litigio con Chanyeol, comunque? Voi due non litigate mai così a
lungo.”
Baekhyun deglutì visibilmente e fece spallucce, abbassando
gli occhi e rimanendo il silenzio.
“Chanyeol non sembra nemmeno arrabbiato,”
continuò Jongdae, e Minseok voleva schiacciargli un piede
perché non sapeva mai quando era ora di smetterla di
parlare, e perché non diceva mai le cose giuste.
“Sembra solo triste e confuso.”
Minseok soffrì sentendo questo, perché era
così diverso dal solito atteggiamento di Chanyeol, ma
soffrì ancora di più nel vedere Baekhyun
sospirare e scrollare ancora le spalle. Perché tutti
dovevano essere così depressi, mentre poteva ancora sentire
Luhan ridere attraverso le casse del computer?
“Comunque, uh,” disse velocemente Minseok,
impaziente di cambiare argomento. “Kyungsoo! Non hai mai
conosciuto Jongin prima, vero?”
Kyungsoo sollevò lo sguardo sorpreso, così come
Jongin quando sentì il proprio nome. “Uh, no non
mi pare,” disse piano Kyungsoo.
“Eri al telefono durante la gita a Insadong,
giusto?” chiese esitante Jongin, sorridendo quando Kyungsoo
lo guardò, sembrando sorpreso che se ne ricordasse.
“Sì, è così,”
rispose lui. “Sono Kyungsoo, il vicino di
Minseok-hyung.” Minseok sentiva di essere un po'
più che solo “Il vicino di Kyungsoo.”
Jongin sorrise gentilmente. “Io sono Jongin,” disse
allegramente. “È bello incontrarti di
persona.”
“Ho sentito molto su di te,” disse Kyungsoo, sempre
un po' perso quando si trattava di condividere qualcosa con qualcuno
appena incontrato. “Luhan mi ha parlato molto di te e
Sehun.”
Jongin rise leggermente. “Cose belle, spero,” disse
nervoso.
“Cose molto belle,” gli assicurò lui.
“Bene,” rispose Jongin, visibilmente sollevato.
“Allora, uh, perché non vieni a scuola con noi,
Kyungsoo-ssi? Non ti ho mai visto lì…”
Minseok aprì la bocca immediatamente, pronto a recitare la
solita solfa per il comportamento dell'amico e per la sua generale
assenza, ma Kyungsoo lo batté sul tempo. “Ah,
ecco,” cominciò con un piccolo sorriso.
“Ho problemi piuttosto gravi di paranoia e OCD.”
Minseok si voltò a guardare il vicino, scioccato. Questa era
la prima volta, in tutti gli anni in cui Minseok aveva conosciuto il
più piccolo, che Kyungsoo ammetteva ad alta voce che i suoi
problemi erano tanto psicologici quanto fisici. Sì, Kyungsoo
aveva un disturbo di immunodeficienza, ma questa non era l'unica cosa
che lo tratteneva dal vivere una vita normale, e Minseok cercava di
dirglielo da anni.
Kyungsoo parlava sempre di fare piccoli passi, ma questo era un passo
enorme per lui.
“Oh,” disse Jongin, sembrando sorpreso.
“Dovrei—c'è qualcosa che dovrei fare,
allora...? O non fare—”
Kyungsoo sorrise semplicemente. “No, vai bene
così,” disse allegro, e Minseok lo stava ancora
fissando, sentiva ancora ondate di orgoglio per la precedente
dichiarazione del ragazzo. “Semplicemente non tocco, uh,
niente. E, sai, non esco di casa.”
Jongin annuì lentamente, simpateticamente. “Deve
essere dura,” mormorò. “Non esci mai di
casa?”
Kyungsoo scosse la testa, e Minseok si stava già chiedendo
se fosse il caso di cambiare nuovamente argomento, ma poi il ragazzo
disse, “Ma ci stiamo lavorando.”
Ancora, Minseok si ritrovò a bocca aperta. “Lo
stiamo facendo?” chiese.
Kyungsoo lo guardò e sorrise, esitante ma coraggioso.
“Sì.”
E questo era tutto quello che Minseok avesse mai chiesto, davvero.
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Capitolo 34 *** Capitolo 32 ***
“Baekhyun, non so se ho perso
peso o se il tessuto si è allargato, ma penso che questa
gonna sia troppo grande per me ora.”
“Questi sono i soli stivali che sono riuscito a trovarti...
sono di una misura più piccola ma li devi indossare solo per
qualche ora al giorno, giusto?”
“Mi hai mai dato il nuovo spartito per la tua seconda
canzone? Ho solo la versione vecchia, e non riesco a trovare la nuova
da nessuna parte.”
“Eunji continua a dimenticarsi le parole del suo monologo
nell'Atto II, dovremmo semplicemente tagliarne una parte?”
Baekhyun grugnì e si strofinò le tempie,
ignorando le lamentele di tutti e le richieste di aiuto nel disperato
tentativo di evitare un piccolo crollo mentale. Essere il protagonista e il direttore dello spettacolo
non era in alcun modo semplice, ma il fatto che avessero dovuto cercare
nuovi attori per i personaggi principali in così poco tempo
– uno dei quali era lui stesso – aveva gettato tutti nel caos, e
Baekhyun si era ritrovato tutto sulle spalle, che ora stava crollando
per la pressione. Non c'era niente di pronto, tutti erano nel panico, e
Baekhyun non era nemmeno sicuro di sapere tutte le sue nuove battute.
Poteva recitare le vecchie battute senza problemi, ma provò
all'improvviso un nuovo apprezzamento per come Chanyeol avesse imparato
e recitato bene la sua parte. Ma in fondo, Baekhyun aveva cucito questo ruolo per Chanyeol.
“Potete semplicemente... stare tutti in silenzio mentre cerco
di trovare una soluzione?” supplicò Baekhyun.
La maggior parte del cast si zittì immediatamente,
riconoscendo un imminente attacco di panico quando ne vedevano uno, ma
il suo direttore di scena-barra-assistente si fece avanti e disse,
“Okay, ma poi dovremo trovare un modo per rendere la tua
spada abbastanza leggera da essere sfoderata con facilità, e
riprendere la seconda canzone dell'eroina per capire chi deve stare
dove, e vedere se possiamo rendere la corona di Eunji un po '
più piccola perché a quanto pare tu hai una testa
gigante.”
Un suono che non era propriamente umano sfuggì dalle labbra
di Baekhyun. “È troppo tardi per disdire
tutto?” mugolò.
“Beh, abbiamo già venduto una tonnellata di
biglietti, e ci abbiamo lavorato per cinque mesi, quindi direi che no,
non possiamo disdire,” disse un aiutante di scena,
impassibile.
Baekhyun sospirò pesantemente. Non è che volesse davvero cancellare lo spettacolo.
Voleva solo... essere pronto. Voleva risolvere le cose prima. Voleva
risolvere la propria vita, prima. Ma non era possibile,
perché questa era la loro ultima possibilità di
provare sul palco dell'auditorium prima di esibirsi tra poco
più di una settimana. Passandosi una mano tra i capelli
già scompigliati, disse, “Bene, allora potreste
almeno farmi fare le cose una alla volta? Penso di poter letteralmente
morire se continuate ad elencarmi le cose da fare.” Avrebbe
davvero voluto che Minseok fosse lì per confortarlo, per
farlo sfogare, ma il maggiore era da Junmyeon oggi, per aiutare lui e
Jongdae a finire le ultime cose per il festival che sarebbe iniziato
domani.
Baekhyun aveva finalmente smesso di disturbarsi a pensare a qualcun
altro.
Si prese qualche minuto per ascoltare le lamentele degli attori e per
trovare delle soluzioni per quelle che avevano davvero delle soluzioni, ed era sul
punto di crollare definitivamente quando Eunji lo colpì
leggermente e disse, “Baekhyun. Guarda chi c'è
qui.”
“Huh?” chiese lui, strofinandosi il viso
stancamente. L'attrice fece un cenno verso la porta, e Baekhyun
sollevò lo sguardo e si immobilizzò.
Là, davanti alla porta dell'auditorium, c'era Chanyeol, con
le mani chiuse di fronte a sé e gli occhi bassi, sembrando
dolorosamente titubante e incerto mentre stringeva una pila di fogli. I
suoi capelli erano scompigliati, l'uniforme sgualcita, le sopracciglia
aggrottate verso il pavimento, e Baekhyun non lo aveva guardato
seriamente in settimane.
Deglutì a fatica, con la gola secca, combattuto tra una
nuova ondata di dolore e rimorso alla vista del migliore amico, e il
più stupido e inutile istinto di correre immediatamente
verso di lui. Alla fine, aprì la bocca, umettandosi le
labbra, e disse, “Che ci fai qui?” La voce gli
uscì sorprendentemente stabile, ed era leggermente fiero di
questo.
Chanyeol lo guardò, poi distolse nuovamente lo sguardo,
mordendosi il labbro. “Io... sono qui per le prove. Sai... se
mi vuoi ancora.”
Immediatamente, tutti cominciarono a mormorare attorno a Baekhyun,
sospirando per il sollievo. Accanto a lui, Eunji disse “Oh,
grazie a Dio.” Baekhyun, comunque, era senza parole, e
fissò semplicemente Chanyeol dall'altra parte della stanza.
“Lascerai che partecipi allo spettacolo, vero
Baekhyun?” chiese con aspettativa il direttore di scena.
“Voglio dire, andarsene è stato un gesto da
stronzi, ma abbiamo davvero bisogno di lui.”
Baekhyun non rispose, non reagì nemmeno.
Chanyeol lo guardò nervosamente, con i capelli che gli
cadevano sugli occhi. “Baek?” disse piano.
Baekhyun strinse i denti, ritrovando la voce. “Dobbiamo
parlare.”
“Lo so…” rispose Chanyeol, guardando
nuovamente il pavimento.
“Ora. Andiamo.” Girando sui tacchi, Baekhyun si
diresse verso lo stanzino degli oggetti di scena, e un momento dopo,
Chanyeol apparve sulla soglia, sembrando nervoso. “Chiudi la
porta.”
Deglutendo sonoramente, Chanyeol fece un passo avanti e si chiuse la
porta alle spalle. Si girò verso Baekhyun ma non
sollevò gli occhi.
Baekhyun incrociò le braccia e lo fissò, con
sguardo duro, cercando di non sputargli in faccia tutte le cose che
voleva dirgli. “Perché sei tornato,
Chanyeol?” chiese freddamente.
Il ragazzo sollevò lo sguardo per un momento, senza mai
guardare Baekhyun per più di qualche secondo. Il maggiore
notò che in mano aveva il copione della commedia, sgualcito
e coperto da appunti e indicazioni di scena.
“Io…non potevo abbandonare lo spettacolo, Baek.
Non quando... non quando ci abbiamo lavorato così tanto. Non
quanto tu ci hai lavorato così duramente. Non potevo
rovinartelo.”
Baekhyun mandò giù i propri sentimenti.
“Non ti lascerei tornare se non avessimo bisogno di
te.”
“Lo so. Mi dispiace,” disse lui piano.
“Ti dispiace per cosa, Chanyeol?” lo
sfidò Baekhyun, con la rabbia che gli risaliva in gola come
bile.
Chanyeol lo guardò con gli occhi castani tristi.
“Mi dispiace davvero, Baek.”
“Questo non risponde alla mia domanda,”
sputò Baekhyun. “Tu—sono così
incazzato con te per così tante cose, Chanyeol. Ti odio
per—per essere tornato tanto quanto ti odio per essertene
andato. Te ne sei andato, Chanyeol, non hai nemmeno detto
niente e te ne sei semplicemente andato e io ho dovuto gestire tutto e
non avevo mai, mai, dovuto gestire tutto da solo perché tu
ci sei sempre stato ma ora no, ora tu eri il problema e io ti odio così
tanto, sei un bastardo Park Chanyeol, all'inizio ero solo triste ma ora
sono arrabbiato,
sono
così
arrabbiato,
io—” Si bloccò per singhiozzare
leggermente.
E prima che potesse continuare, Chanyeol si allungò verso di
lui, e Baekhyun indietreggiò leggermente ma Chanyeol
avanzò ancora e afferrò il suo braccio per
tirarlo avanti in un abbraccio. Baekhyun oppose resistenza, lottando
contro la presa di Chanyeol, ma lui era molto più grande e
molto più forte, ed era così caldo, familiare e
profumava così tanto di Chanyeol, e a Baekhyun era mancato così tanto. “Mi dispiace, mi
dispiace, mi dispiace,” ripeté Chanyeol contro i
suoi capelli, tenendolo stretto.
“Non ti perdono,” singhiozzò Baekhyun,
ma smise di resistere quando le lacrime si formarono nei suoi occhi e
si lasciò andare sconfitto contro il petto solido di
Chanyeol.
“Lo so,” sussurrò lui.
“Non ti perdono.”
“Mi dispiace davvero, Baek. Mi dispiace così tanto.”
“Sei terribile,” disse Baekhyun, strizzando gli
occhi.
“Lo so. Ma sei il mio migliore amico, Baekhyun. Non potevo
abbandonarti. Io—mi sei mancato. Tanto.” Chanyeol
deglutì e continuò. “Sono venuto
– sono venuto a vederti provare, qualche volta.
Perché mi mancavi. Minseok-hyung mi ha beccato una
volta.” Baekhyun non lo sapeva. “Mi ha rimproverato
severamente.” Fece una piccola risatina nervosa.
“Ma io non ero... non ero pronto... ancora. Ma penso di
esserlo adesso.”
Baekhyun tirò su col naso, il cuore gli faceva male, e si
ritrasse, rifiutandosi di incontrare lo sguardo di Chanyeol.
“Ti lascio partecipare allo spettacolo, ma solo
perché abbiamo bisogno di te. Non ti ho perdonato per niente.”
“Lo so,” rispose umilmente Chanyeol, abbassando le
braccia e guardando ancora a terra.
“Dobbiamo andare alle prove costumi ora, ma non abbiamo
finito, Park Chanyeol. Io non – non so cosa tu voglia, ma se
vuoi davvero che continuiamo ad essere amici, tu – hai molte
cose da spiegarmi. E molto da recuperare. E anche allora, potrei non
perdonarti.”
“Lo so.”
Baekhyun si rifiutò di arrendersi alle spalle basse
di Chanyeol e ai suoi occhioni tristi. Si rifiutò. “Ora andremo a
provare, e tu farai del tuo meglio, ma questo non cambia nulla.”
“Lo so,” sussurrò Chanyeol.
Eppure, mentre Chanyeol sorrideva dispiaciuto al resto del cast e
parlava animatamente con Eunji circa il proprio ruolo e sventolava la
spada, vestito con i suoi abiti medievali e recitando il proprio
monologo, Baekhyun sapeva che le cose erano già cambiate. Non erano tornate
come erano prima – probabilmente quello non sarebbe mai
successo – ma erano decisamente diverse. Baekhyun non era mai
stato bravo a provare rancore contro Chanyeol così a lungo,
ed era solo…
Chanyeol gli era mancato così tanto.
Le prove andarono bene, molto meglio di quanto nessuno avesse sperato.
Baekhyun aveva esitato a riprendere il proprio ruolo, con Chanyeol che
interpretava di nuovo il protagonista maschile, ma Eunji si era
praticamente rifiutata di rimanere come eroina, augurandogli buona
fortuna mentre usciva dall'auditorium con un sospiro sollevato. Quindi
Baekhyun indossò ancora una volta il vecchio costume,
riprendendo la parte della protagonista femminile, affrontando Chanyeol
senza paura mentre ricominciarono dal punto esatto in cui si erano
fermati due settimane e mezzo prima.
Baekhyun riusciva a vedere l'esitazione negli occhi di Chanyeol mentre
interagivano sul palco, le sue mani era titubanti quando doveva
toccarlo, i suoi sorrisi tanto incerti quanto quelli di Baekhyun erano
forzati. Ma non vacillò mai nella sua recitazione, non fece
mai errori mentre eseguivano l'intera commedia dall'inizio alla fine, e
Baekhyun non poté non apprezzare tutto l'impegno che ci
stava ovviamente mettendo.
Lo
sto facendo per te, gli occhi di Chanyeol
dicevano questo mentre Baekhyun lo guardava recitare il suo piccolo
soliloquio.
Baekhyun strinse i denti e incrociò le braccia, costringendo
il proprio cuore a smettere di correre così veloce per la
speranza. Baekhyun si rifiutava di essere ancora speranzoso.
Eppure il suo cuore accelerò ancora nell'ultima scena
dell'ultimo atto, quando Chanyeol percorse a grandi passi il palco e lo
fece avvicinare cingendogli i fianchi, la sua mano grande
così calda e terribilmente familiare sul fianco di Baekhyun,
il quale lo guardò con gli occhi sgranati e le labbra
leggermente socchiuse mentre Chanyeol recitava la sua battuta
sdolcinata, e il respiro si bloccò nella gola di Baekhyun
perché era così vicino. E poi Chanyeol si
chinò, e Baekhyun lo vide deglutire nervosamente –
e poi si ritrasse, voltandosi verso il centro del palco.
“Com'era?” chiese, con voce stranamente alta.
Il loro piccolo pubblico di assistenti e attori applaudì
entusiasta, sovrastando il pulsare del cuore di Baekhyun mentre si
ripeteva mentalmente Non sei deluso, non ti
aspettavi nient'altro, non sei così stupido, ovvio che non
ti darà il bacio se non deve.
Quella era l'ultima scena dello spettacolo, il gran finale, ma Chanyeol
volle riprovare ancora il suo assolo, quindi Baekhyun lo
lasciò da solo sul palco e osservò dal pavimento
dell'auditorium mentre il loro principe muoveva la spada e cantava
versi che Baekhyun aveva scritto mesi e mesi prima, quando era stato
ispirato nel scrivere la commedia, con in mente Chanyeol come
protagonista maschile.
Colpì Baekhyun piuttosto all'improvviso, l'ondata di
emozioni che lo travolse guardando Chanyeol esibirsi così
perfettamente. Era esattamente come lo aveva visualizzato in origine.
Proprio tutto.
Ed
era semplicemente... così incredibilmente sollevato, e
contento, perché il suo spettacolo non era rovinato, era fantastico, e Chanyeol era tornato e anche
se Baekhyun più o meno lo odiava ancora, gli era anche
mancato più di quanto non si sarebbe mai immaginato.
La fine della canzone richiedeva che Baekhyun arrivasse sul palco e
vedesse il principe, e lo fece, unendosi a Chanyeol negli ultimi versi
della canzone mentre si avvicinavano lentamente. La loro ultima nota
armonizzata risuonò nell'aria, e Chanyeol sorrise
largamente, tirando d'impulso Baekhyun in un abbraccio. Il ragazzo
cadde contro il suo petto, sorpreso, e gli ci volle un momento per
lasciarsi andare, godendosi il suo calore, e automaticamente
sollevò le braccia per ricambiare l'abbraccio. Non ci
pensò nemmeno, per i primi secondi, semplicemente respirando
il profumo di Chanyeol e ascoltando il battito del suo cuore,
perché sembrava così giusto. Ma anche così,
niente poteva cancellare l'agonia delle due settimane e mezzo scorse, e
Baekhyun si ritrasse nello stesso momento in cui Chanyeol lo
lasciò andare. Si fissarono, il silenzio pesante e
opprimente tra loro, e poi Chanyeol disse, “Devo
andare.”
Baekhyun deglutì e annuì, e il suo cuore emise un
piccolo e inaudibile oh. Perché anche se
Chanyeol era tornato, anche se Chanyeol non lo odiava, Baekhyun si
ricordava ancora il modo in cui il migliore amico aveva reagito alla
sua dichiarazione inaspettata e, chiaramente, niente era cambiato.
“Ma siamo... tra noi è tutto okay, vero
Baek?” chiese piano Chanyeol.
Baekhyun strinse i pugni, trattenne il respiro, e si voltò.
Non voleva rispondere.
“Oh,” disse piano Chanyeol dietro di lui.
“Io—non importa. Vado.”
Baekhyun non si mosse fino a che non sentì i passi di
Chanyeol allontanarsi.
Okay
non
era la parola che Baekhyun avrebbe usato attualmente per descrivere la
sua vita personale. Avevano ancora un bel po' di strada da fare prima
che tutto potesse essere okay.
Minseok probabilmente si era addormentato da una o due ore quando il
suo telefono vibrò sul comodino. Non lo metteva
più in silenzioso – non dalla telefonata in piena
notte di Luhan prima che ripartisse per la Cina.
Gli ci volle comunque un bel po' per svegliarsi abbastanza per
rispondere, grugnendo leggermente. Per poco non si fece cadere il
cellulare in faccia mentre lo sollevava per guardare il numero.
Internazionale. Rispose subito.
“Pronto?” gracchiò, schiarendosi la gola
e poi sbadigliando.
“Hey, Minseok-ah,” disse una voce debole.
“Scusa se ti ho svegliato.”
Minseok non riuscì a trattenere il sorriso quando
sentì la voce di Luhan, nonostante fosse confuso e
assonnato. “È tutto okay,”
mormorò. “Che succede?”
Ci fu una lunga pausa, e poi Luhan disse, “Volevo solo
mostrarti una cosa, tutto qui.”
“Alle…” Minseok allontanò il
telefono dall'orecchio per guardare lo schermo. “Quasi
all'una di notte?”
Luhan rise piano. “Già. Non lo so. Puoi tornare a
dormire se vuoi. Non so perché ho chiamato.”
“No, va bene,” rispose Minseok, sedendosi.
“Vuoi che accenda il computer?”
“Non devi per forza,” disse ancora Luhan, ma
Minseok capiva che voleva che lo facesse. “Ma sì,
um, le chiamate internazionali sono davvero costose.”
Minseok rise. “Un secondo.” Si trascinò
fuori dal letto, le gambe pesanti per il sonno, e accese la lucina.
“Sarò online fra un minuto. Ci sentiamo fra un
po'?”
“Okay,” sussurrò Luhan, e la linea cadde.
Minseok si stiracchiò assonnato e spinse il pulsante di
accensione del computer, abbassando le casse per non svegliare tutta la
casa. Si sistemò sulla sedia mentre il computer caricava,
riappisolandosi leggermente fino a che non sentì il suono di
avvio. Sbattendo le palpebre per la luminosità dello
schermo, fece l'accesso a Skype digitando distrattamente sulla
tastiera, e trovò il nome di Yixing tra i suoi contatti.
Forse Luhan avrebbe dovuto crearsi un account personale.
La chiamata ci impiegò solo un secondo ad essere accettata,
e poi un'immagine scura apparve sullo schermo, un Luhan dai capelli
scompigliati e con indosso una canotta nera. Doveva davvero smettere di
indossare quelle cose in presenza di Minseok. “A malapena
riesco a vederti,” borbottò piano Luhan.
Minseok rise, socchiudendo gli occhi. “Non posso accendere la
luce grande, mi accecherei.”
“D'accordo,” sbuffò il ragazzo.
“Cosa volevi mostrarmi?” chiese Minseok, combattuto
tra il voler continuare a parlare con Luhan per sempre e voler tornare
a letto a dormire.
Luhan fece una pausa di un secondo, poi disse, “Ho scritto
una canzone per te…”
Minseok alzò le sopracciglia, sorpreso. “Cosa?
Davvero?”
“Già…” rispose Luhan con un
sorriso timido, allungandosi fuori dalla visuale per prendere una
chitarra che si posizionò in grembo. “Non
è niente di speciale, ma. Non lo so.”
“Non sapevo sapessi scrivere canzoni,” disse
Minseok, leggermente accigliato.
“Infatti,” disse il ragazzo, strimpellando piano.
“Solo questa volta.”
“Non sapevo nemmeno che sapessi suonare la
chitarra.”
Il sorriso di Luhan si allargò leggermente.
“Yixing mi ha insegnato un po'. Posso farti sentire
ora?”
“Sì, certo,” disse Minseok, sorridendo
assonnato.
Luhan fu improvvisamente di nuovo timido, abbassò la testa e
strimpellò qualche corda della chitarra.
“È tutta in cinese,” disse mestamente, e
poi prese un profondo respiro e cominciò a cantare con
esitazione mentre Minseok si metteva comodo e ascoltava.
La voce di Luhan era delicata e dolce, niente di eccezionale ma Minseok
l'avrebbe potuta ascoltare per tutto il giorno. Per il resto della sua
vita. Rimase seduto ed ascoltò in silenzio Luhan cantare, e
Minseok non era mai riuscito a decifrare il cinese cantato,
perché mancava dei toni e della grammatica del parlato, ed
era ancora più disorientato a quest'ora della notte, quando
il suo cervello non lavorava propriamente. Quindi invece si godette
semplicemente il tono della voce di Luhan, e il suo sorriso gentile e
le sue occhiate timide allo schermo, e il modo in cui la sua lingua
nativa lasciava la sua bocca in un modo completamente diverso rispetto
al coreano, e Minseok desiderò non per la prima volta di
poter attraversare lo schermo e toccarlo. Voleva accarezzare quelle
braccia nude, e passare i pollici sulle sue guance, e assaggiare quella
bocca delicata, e oh, Minseok si stava lasciando trasportare ancora una
volta.
Quando Luhan finì, con la voce che si affievolì
nella semi oscurità, abbassò la testa e
guardò Minseok attraverso le ciglia folte, sembrando timido.
“Ecco qua,” disse con un piccolo sorriso.
Minseok fece un sorrisetto sghembo, costringendosi a tenere gli occhi
aperti. “Cosa dice il testo?”
Luhan ricambiò il sorriso. “Non ha
importanza.”
Minseok sbatté ancora le palpebre, la mente offuscata dalla
stanchezza. “Mi è piaciuta.”
“Davvero?”
“Sì,” disse con sicurezza Minseok.
“È davvero bella, Lu. Quando l'hai
scritta?”
“Mi annoio a lavoro,” rispose Luhan con una
risatina debole. “Ma ci stavo pensando già da un
po' ormai.”
Qualcosa assillava la mente di Minseok. Dovette fermarsi un secondo per
capire cosa fosse. “Aspetta, che ci fai a casa? Non dovresti
essere a lavoro?”
Luhan sorrise mortificato. “Mi hanno mandato a casa
malato.”
Le sue parole accesero un campanello di allarme nella mente offuscata
di Minseok. “Cosa?”
“È successo ieri. Sto bene,” gli
assicurò Luhan.
“Sei di nuovo malato?” chiese Minseok, frustrato e
preoccupato.
Luhan rise. “È solo una cosa allo stomaco. Ho
rimesso a lavoro e mi hanno mandato a casa. Mi hanno detto di tornare
quando mi sarei sentito meglio. Tornerò domani.”
“Cavolo, Lu…” Minseok si
passò una mano tra i capelli, preoccupato.
“Il mio orologio biologico è così
sfasato che continuo a dormire di giorno e svegliarmi la notte,
comunque,” rise leggermente Luhan. “Ma immagino sia
una bene. Sarà più facile tornare.” Gli
sorrise con così tanto affetto che Minseok trovò
difficile deglutire. “Sto bene. Probabilmente ce l'avranno
tutti presto.”
“Questo non è rassicurante,”
mormorò lui.
Luhan rise ancora. “Non preoccuparti per me.”
“Mi preoccupo sempre per te…” disse
Minseok, sentendo le guance accaldarsi.
“Beh, non farlo. È tutto okay. Sto... sto
buono.”
Minseok sospirò piano. “Sto bene.”
“Huh?”
Minseok sorrise. “Niente. Cantami ancora quella
canzone.”
“Solo una volta,” disse Luhan, ricambiando il
sorriso.
“Canta per farmi addormentare,” gli chiese.
“Okay,” acconsentì prontamente Luhan.
“Vai a letto.”
Minseok andò, lanciando un ultimo sorriso al ragazzo prima
di spegnere la lucina e mettersi sotto le coperte. “Sono
pronto,” lo avvisò.
Luhan ridacchiò dallo schermo. “Okay,”
disse, e ricominciò a cantare, con voce lenta e confortante.
Minseok sospirò contento contro il cuscino. Quando Luhan
raggiunse la fine della canzone, riprese dall'inizio e Minseok sorrise
mentre cedeva al sonno, pensando che così, solo per pochi
minuti, avrebbe potuto fingere che Luhan fosse lì con lui.
Da un'altra parte di Seoul, Minseok non era l'unico che si stava
addormentando. L'unica differenza era che Jongdae non avrebbe dovuto dormire. Sospirando frustrato,
si strofinò gli occhi e cercò di concentrarsi sui
brillantini che stava versando sulla colla fresca.
“Che ora è?” chiese Junmyeon dal suo
posto sul pavimento del proprio soggiorno, a pochi metri da lui. In
mano aveva un paio di forbici, ma non le muoveva da un po'.
“Nemmeno le due,” rispose Jongdae, dando uno
sguardo all'orologio. “Il che è un bene,
perché ci manca un bel po' per finire.”
“Ti prego uccidimi e basta,” grugnì il
maggiore, e Jongdae sorrise leggermente, scuotendo il contenitore con i
brillantini. “Non dormo da tipo... quarantatré
ore.”
Jongdae si voltò a fissarlo con gli occhi spalancati.
“Dici sul serio?”
Junmyeon sorrise assonnato. “Penso di essermi addormentato
durante la lezione di storia per una mezz'oretta?”
“Come fai – come fai ad essere ancora vivo? E perché non dormi
da così tanto?” chiese incredulo Jongdae,
squittendo quando per sbaglio rovesciò un po' di brillantini
sul pavimento. Non se ne sarebbe andato per molto, molto tempo. Tolse
l'eccesso con un pezzo di carta che trovò per terra.
“Bevande energetiche e pura forza di
volontà,” gli disse Junmyeon. “E sono
rimasto alzato tutta la notte anche ieri, per preparare le diapositive
per qualcuno che a quanto pare si era 'dimenticato' che l'evento
sarebbe iniziato domani.”
“Oh, cavolo, mi dispiace. Me l'avresti potuto dire, sai, ti
avrei aiutato,” disse Jongdae, sentendosi in colpa.
“Non ti ho visto spesso in giro ultimamente,”
mormorò il maggiore, riprendendo finalmente a tagliare con
le forbici. “Non volevo disturbarti.”
Jongdae sussultò, abbassando la testa per la vergogna.
“Mi dispiace,” disse piano.
“Va tutto bene,” disse Junmyeon, scuotendo la
testa. “Solo che domani potrebbe esserci bisogno che mi tenga
letteralmente in piedi al festival.”
Jongdae annuì, guardando la loro lista di Cose da Fare.
Erano lì, accampati nel salotto e nella cucina di Junmyeon,
dalle due di quel pomeriggio, con Minseok che li aveva raggiunti per
dare una mano fino alle nove circa. Da allora erano rimasti solo loro
due, a combattere il sonno con bevande alla caffeina e pause
occasionali per alzarsi e fare un po' di movimento o mangiare qualcosa.
Era la prima volta che Jongdae passava del tempo con Junmyeon in due
mesi, ed era... strano. Prima erano così a loro agio, ma ora
c'era ovviamente della tensione, e Jongdae a malapena riusciva a
guardarlo senza provare un certo dolore, e tutto era così
stupido. Jongdae odiava quanto tutto fosse stupido..
Sospirando, contò le cose che dovevano ancora essere
cancellate dalla lista. “Hyung, puoi—puoi dormire
un po', se vuoi. Posso occuparmi da solo di un paio di queste
cose.”
“Davvero?” chiese il maggiore, guardandolo sorpreso.
“Certo,” annuì Jongdae. “Non
saranno belle come se le avessi fatte tu, ma... posso provarci. Dormi,
prima di collassare.”
Joonmyun sorrise vagamente. “Grazie, Jongdae-yah,”
disse piano, e il nomignolo sembrava quasi sconosciuto ormai. Si
sistemò su un divano lì vicino, spingendo per
terra un po' di materiale. “Svegliami quando non ce la fai
più, okay?”
“Nessun problema,” mormorò lui.
Guardò i brillantini che stava ancora cercando di staccare
dal tappeto. “È il minimo che possa
fare.”
Junmyeon fece un piccolo suono, e quando Jongdae gli lanciò
un'occhiata, i suoi occhi erano chiusi e stava respirando
profondamente. Si rivoltò, immaginando che si fosse
già addormentato, e sussultò quando una voce
gentile disse, “Mi stavi evitando.”
Jongdae deglutì, la gola secca, ma quando sollevò
lo sguardo, gli occhi di Jongdae erano ancora chiusi.
“Jongdae-yah, perché non mi parli più?
Pensavo fossimo amici,” mormorò il maggiore, con
voce assopita.
“Scusa,” sussurrò Jongdae, nemmeno
sicuro che Junmyeon fosse abbastanza sveglio da sentirlo.
“Sono passati due mesi. Mi odi?”
continuò, con voce triste. Jongdae non aveva mai visto il
ragazzo così vulnerabile, gli faceva male vederlo
così.
“No,” rispose, deglutendo a fatica. “Mi
piaci, hyung.”
Junmyeon aggrottò la fronte, gli occhi ancora chiusi.
“Sta' zitto,” disse, quasi rudemente, girandosi
immediatamente verso lo schienale del divano.
Jongdae lo fissò, gli occhi sgranati, perché
Junmyeon non era mai stato, mai, nient'altro che piacevole e
dolce con lui, sorrisi amichevoli e parole gentili, e questo suo nuovo
lato era assolutamente scioccante. “Hyung?” disse
piano, un po' spaventato.
Ma Junmyeon non rispose, rimase in assoluto silenzio, e alla fine
Jongdae tornò a lavoro, guardando di tanto in tanto il
maggiore sul divano mentre cercava disperatamente di finire tutto in
tempo. Non voleva davvero doverlo svegliare.
Junmyeon si svegliò da solo intorno alle cinque del mattino,
riuscendo in qualche modo ad essere allegro e solare dopo sole tre ore
e mezzo di sonno. Jongdae avrebbe potuto giurare che non era umano,
guardando il presidente del consiglio studentesco entrare in cucina per
preparare dei pancake con le gocce di cioccolato per colazione e
rimproverandolo scherzosamente per aver cercato di usurpare l'intero
festival. Non fece alcun commento sulla loro piccola conversazione di
quella notte.
Jongdae era riuscito a finire quasi tutto quello che c'era da fare, e
Junmyeon lo aiutò a completare le ultime poche cose, stando
vicino a lui al tavolo mentre coloravano le lettere dei cartelloni.
“Hai fatto un buon lavoro,” mormorò, con
gli occhi fissi sul pennarello. “E grazie per avermi lasciato
dormire un po'.”
“Non è niente,” rispose Jongdae,
leggermente nervoso per la sensazione della spalla del ragazzo contro
la propria. Era passato così tanto da quando erano stati
così vicini.
“Lo apprezzo davvero,” disse comunque Junmyeon, e
quando Jongdae lo guardò, il maggiore stava sorridendo
affettuosamente. Jongdae non riuscì a guardarlo a lungo.
Un'ora prima che uscissero per andare a scuola, Junmyeon disse
all'improvviso, “Hai ancora intenzione di concorrere come
presidente del consiglio? Le elezioni saranno a breve.”
Jongdae per poco non saltò per la sorpresa. Non ne parlavano
da mesi. “Uh…sì, a dire il
vero,” rispose. “Ti ho già detto che mi
piacerebbe. Le elezioni non sono che tra un mese
però.”
Junmyeon annuì lentamente. “Beh, posso sempre
aiutarti, se ne avessi bisogno,” disse piano.
“Se... vuoi.”
Jongdae deglutì a fatica. “Grazie,
hyung,” rispose. Aveva la sensazione che non avrebbe chiesto
alcun aiuto.
“Forse sto solo sperando che offrendomi di aiutarti, allora
mi lascerai fare a tuo padre milioni di domande sul diventare
avvocato,” disse il maggiore, sorridendo gentilmente.
“Vorrei ancora parlare con lui qualche volta.”
“Oh, giusto,” Jongdae sbatté le
palpebre. “Me ne ero dimenticato.”
“Studierò legge l'anno prossimo,” gli
disse Junmyeon. “Ma vorrei comunque sentire un po' cos'ha da
dire un vero avvocato. Sai, per avere un vantaggio.”
“Certo,” annuì ancora Jongdae.
“Io... gliene parlerò. In questi giorni
è piuttosto impegnato, ma... cercherò di
inventarmi qualcosa.”
“Grazie, Jongdae-yah,” disse piano Junmyeon, e il
cuore di Jongdae sospirò esausto.
In qualche modo, magicamente – ma anche, come c'era da
aspettarsi – il festival multiculturale andò
liscio come l'olio. A pranzo e ogni giorno dopo scuola, Jongdae
rimaneva lì in piedi meravigliato mentre tutto il loro duro
lavoro veniva ripagato. Jongdae e Junmyeon non avevano un vero e
proprio ruolo nel festival in sé, a parte assicurarsi che
niente fosse fuori posto e improvvisato, ma dovevano comunque essere
presenti durante tutto l'evento, e a Jongdae non dispiaceva affatto.
Era piacevole, vedere il risultato finale delle loro sofferenze e
vedere quanto tutto fosse perfetto.
“Siamo stati bravi, huh?”
Si voltò per vedere Junmyeon che gli si affiancava mentre
guardava l'auditorium, ora pieno di espositori e schermi, il terzo
giorno. Sorrise, cercando di non notare come il maggiore avesse posato
una mano gentile sulla sua schiena.
“Già,” rispose. “Proprio
così.”
“Volevo solo dirti, Jongdae—grazie per avermi
aiutato con tutto questo. Avrei potuto scegliere chiunque per essere
mio compagno in questo evento, ma sono felice di aver scelto te. Lo
ammetto, l'ho fatto più che altro per motivi egoistici, ma
sono contento di averlo fatto. Hai fatto un lavoro
fantastico.”
Jongdae si morse il labbro per il complimento. “Grazie,
hyung. Scusa se... se sono stato un compagno schifoso alla
fine.”
Junmyeon scosse la testa, senza mai perdere il sorriso. “Sei
tornato alla fine,” disse. “Acqua
passata.”
Jongdae rise piano. “Sono onorato di aver lavorato con
qualcuno come te,” disse. “Io – mi ha
fatto davvero piacere passare del tempo con te.”
“Davvero?” chiese il maggiore, guardandolo con uno
sguardo che Jongdae non riuscì a decifrare.
“Perché anche a me ha fatto davvero piacere
passare del tempo con te.”
Jongdae deglutì nervosamente, sentendo di aver detto
più di quanto non avrebbe dovuto dire. Sentì, in
modo molto acuto, il palmo della mano di Junmyeon ancora sulla propria
schiena. Il cuore gli batteva forte, e si costrinse a distogliere lo
sguardo. “Come sta – come sta la tua ragazza,
hyung?”
Junmyeon rimase perfettamente immobile e in silenzio per un momento, e
Jongdae avrebbe voluto sbattere la testa contro il muro più
vicino. “Lei – lei sta bene. Abbiamo festeggiato
l'anniversario dei due mesi qualche tempo fa.”
Jongdae annuì, sentendo lo stomaco attorcigliarsi.
Perché aveva tirato fuori l'argomento? Perché
doveva sempre dire così tante cose stupide?
“Bene,” sussurrò. “Sono
contento che tu sia – felice.”
“Io…lo sono,” rispose Junmyeon, annuendo.
Il cuore di Jongdae palpitò. Era un bugiardo tremendo.
“Devo andare in bagno,” disse velocemente, facendo
un passo indietro dal maggiore, la cui mano cadde. “Torno fra
un po'.”
Junmyeon lo guardò andare, e Jongdae si chiese
perché diavolo qualcosa di così stupido dovesse
fare così male.
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Capitolo 35 *** Capitolo 33 ***
Minseok si stava abbottonando
la camicia dell'uniforme quella mattina quando il campanello
suonò e la voce di Kyungsoo lo chiamò,
“Hyung! Vieni ad aprire qualcosa per me!”
Minseok rise gentilmente, chiudendo gli ultimi bottoni e cercando la
cravatta. “Un secondo, arrivo!”
“È una lettera di Luhan!”
Gridò ancora Kyungsoo, e Minseok si immaginava
già il sorrisetto dell'amico quando la porta si
aprì un attimo dopo.
“Sarà meglio che non l'abbia detto solo per farmi
uscire,” disse, socchiudendo gli occhi sospettosamente.
Kyungsoo rise, porgendogli la busta spessa. “No, lo
è davvero. Non sono così cattivo. Sono le foto che avevo
chiesto, penso. Aprimela! E poi leggimela, per favore e
grazie.”
“Certo, ma dobbiamo fare in fretta. Devo andare a scuola,
sai,” rispose Minseok, prendendo la busta e infilando
un'unghia sotto la linguetta.
Kyungsoo agitò le mani. “Non è
importante.”
Aprendo la busta, Minseok prese una pila di foto e un foglio piegato.
“Non potevi aprirla da solo?” chiese, guardando il
vicino attraverso la frangetta. “L'hai portata sin
qui.”
Kyungsoo si leccò nervosamente le labbra.
“Già, e mi ci sono voluti venti minuti solo per
convincermi a prenderla in mano. Non è aprirla il problema,
è toccare quello che c'è dentro.”
Cominciò a piegare le dita compulsivamente, e Minseok
capì che stava ancora una volta pensando troppo, tipo a
quanti germi potessero esserci nella busta e ora sulle sue mani.
Minseok non perse tempo.
“Va bene, posso leggerti la lettera,” disse,
aprendola velocemente.
“E anche il retro delle foto,” aggiunse Kyungsoo,
vedendo le spiegazioni scritte su ogni scatto.
“Magari un paio,” concesse Minseok, combattuto tra
il voler arrivare a scuola in tempo e voler leggere ogni singola parola
scritta da Luhan. “Okay, ecco qua. Caro Kyungsoo (e gli altri, haha).
Finalmente ho sviluppato le foto! Alcune sono ancora della Corea, mi
sono assicurato di scrivere dove ognuna di esse è stata
scattata. So che te le avrei potute mandare per email, ma ho pensato
che così sarebbe stato più personale, e
più divertente! E poi, in questo modo, posso scrivere su
ognuna di esse. Spero ti piacciano. Mi sono davvero divertito a fare
foto della Cina per te! Vedrai il mondo più dei tuoi amici,
keke. Comunque, non scriverò troppo, dato che possiamo
parlare su Skype. Sappi solo che penso a te, qui in Cina! Anche Yixing
parla tanto di te. Vuole sapere se hai mai provato i jiaozi. Sono un
tipo di ravioli cinesi che a Yixing piacciono tanto, ne mangiamo tanti
intorno al periodo del Capodanno Cinese. Sappi anche che mi ha chiesto
se ti piacciono le magliette a righe. Gli ho detto di sì.
Spero non ti dispiaccia, ke.” Minseok sollevò lo
sguardo e vide Kyungsoo abbassare la testa imbarazzato, con le guance
rosse. “Comunque,
spero stia bene, e che ti stia prendendo cura di te, e prenditi anche
cura di Minseok per me!” Ora fu Minseok ad arrossire.
“Questa
parte è per Minseok, già che ci sono. Caro
Minseok. Ciao! A dire il vero non ho molto da dirti. Semplicemente non
volevo che ti ingelosissi, ke. Spero di non mancarti
trooooppo! (Ma devi sentire almeno un po' la mia mancanza.) Continua a
migliorare, Seok-ah, okay? Mi rende così felice quando
Kyungsoo e Jongdae mi dicono che stai sempre meglio, quindi continua a
migliorare per me, d'accordo? Ci sentiamo presto~” Minseok si morse il labbro e
passò il pollice sopra le parole scritte per lui su quel
foglio, sentendo una dolorosa stretta al petto.
“Le foto, hyung,” gli ricordò Kyungsoo
gentilmente, muovendosi impaziente.
“Mi ha scritto una canzone, Soo,” disse
pietosamente Minseok.
“Lo so, me l'hai detto tipo diciotto volte. Per favore puoi
leggermi un paio di foto prima di andare a scuola?”
“Mi ha scritto una canzone. Perché deve essere
così perfetto?”
Kyungsoo gli fece un sorriso dolce. “Perché
altrimenti non saresti innamorato di lui. Ora sbrigati, prima di
andartene.”
Minseok sospirò pesantemente, ripiegando il foglio e
posandolo per poi riprendere la pila di foto. Quella in cima era un
lago scintillante al tramonto, il cielo scuro sbiadiva in arancione e
magenta sui bordi, l'acqua era illuminata dai colori, e una figura alta
si stava lanciando dal pontile, le gambe lunghe in aria mentre si
incurvava, immobile, sopra l'acqua. Minseok la girò verso
Kyungsoo, che la guardò da vicino, curioso. “10 Aprile. Questo è
il lago vicino al nostro paese di cui ti ho parlato! È
bello, vero? Quello è il mio amico Yifan che si tuffa in
acqua. Siamo andati tutti quella sera, prima che io andassi a lavoro e
dopo che loro furono tornati da scuola. Il tramonto era bellissimo
quella sera. Non sei mai andato a nuotare, vero Kyungsoo? È
davvero una sensazione rinfrescante. Ti senti leggero in acqua,
perché galleggi. Non c'è davvero niente che ti
tiene su. È liberatorio. L'acqua di questo lago puzza,
però, haha. Di inquinamento e di pesce. È troppo
sporca per vedere se ci sono pesci intorno a te. Ma a volte penso di
sentirli mentre mi mordicchiano i piedi. Non fa male però!
Se dovessi mai portarti a nuotare, non sarebbe in questo lago,
kekeke…” Minseok sollevò lo
sguardo e vide gli occhi di Kyungsoo sgranati per la meraviglia.
“Sembra davvero di fluttuare, hyung?” chiese piano.
Minseok deglutì piano. “Sì, un
po'.”
“Wow…”
A volte era difficile per Minseok vedere Kyungsoo così
stupito per qualcosa che gli altri davano per scontato.
La foto successiva ritraeva Luhan e uno dei suoi amici, con i
capelli e la pelle scuri paragonati al molto più
pallido Luhan, entrambi e petto nudo mentre sedevano sul pontile, il
lago come sfondo dietro di loro; avevano i capelli bagnati e
scompigliati, gli occhiali da sole poggiati sul naso mentre sorridevano
fianco a fianco. Minseok non avrebbe mai ammesso quanto fosse arrossito
vedendo Luhan senza maglietta, con tutta la pelle in vista e i muscoli
e wow, Minseok aveva pensato che le
canottiere fossero il peggio. Girò la foto velocemente per
farla vedere a Kyungsoo. “10
Aprile.
Questo è il mio amico Zitao, ha la tua stessa
età! Dopo aver nuotato, ci siamo semplicemente seduti sul
pontile per asciugarci. Era tardi, ma faceva ancora caldo. Il calore fa
puzzare il lago durante il giorno, ma il venticello è
piacevole la sera. C'erano molti insetti. Il lago è
abbastanza lontano dal paese quindi c'è silenzio qui, e
tutto quello che riesci a sentire è il verso degli insetti e
le onde del lago e le rane e gli uccelli e tutto. Più
ascolti, più il rumore diventa forte. Il pontile
è vecchio e cade a pezzi. Mi è entrata una
scheggia nella mano. Ho dovuto chiedere ad Yixing di toglierla, kekeke.
Stai attento alle schegge, Kyungsoo!”
La terza foto era solo di Yixing, che sorrideva allegro, la fossetta
sulla guancia, mentre sollevava due dita in segno di pace da dove era
seduto sul letto. “4 Aprile. Yixing ha richiesto che
ti mandassi questa foto, kekeke. Ha detto che pensava fosse una bella
foto. Gli ho detto che sembrava avesse dodici anni e mi ha fatto il
broncio. Ha detto che dovresti guardarlo come un uomo.” Minseok guardò
ancora Kyungsoo, completamente rosso in viso, che agitava la mano per
dirgli di cambiare foto. “Aspetta! Dice anche, Yixing mi ha detto inoltre di
chiederti di mandargli una tua foto.”
“Prossima foto, prossima foto,” disse agitato
Kyungsoo, e Minseok rise.
“Okay, okay.” Minseok cambiò foto, e
sbatté le palpebre sorpreso quando vide il proprio viso.
Beh, non proprio. Nella foto, era seduto sull'erba, coperto di fango
dalla testa ai piedi, sorrideva gentilmente mentre si chinava per
allacciarsi le scarpette da calcio, e la palla accanto a lui. Facendo
un profondo respiro, Minseok la girò e lesse. “25 Marzo. Questo è stato il
mio ultimo giorno in Corea. Ricordi, io e Minseok eravamo andati a
giocare ancora a calcio? È stato molto diverso rispetto a
quando avevamo giovato a Ottobre. Anche il campo sembra diverso, vero?
Aveva piovuto, quindi era tutto fangoso. E freddo. E scivoloso.
È davvero difficile correre in mezzo al fango, riesci a
malapena a stare in equilibrio per poco più di qualche
passo. Siamo caduti molte volte. Io continuavo ad imprecare, e Minseok
continuava a ridere di me, kekeke. Ci siamo sporcati così
tanto, e tutto odorava di pioggia e sporco, erba e sudore. Verso la
fine, abbiamo fatto una lotta nel fango. (Ho vinto io. Minseok
probabilmente non te l'ha mai detto.) Mi ricordo tutto così
bene di quel giorno. Il fango era dello stesso colore dei capelli di
Minseok. Era freddo contro la sua pelle calda. Non si è
arrabbiato con me quando gliel'ho cosparso sul viso. Faceva davvero
freddo e c'era vento, e non c'era il sole, ma mi sentivo comunque
caldo. Spesso vorrei tornare indietro a quel giorno.” Minseok deglutì a
fatica, il petto gli faceva male, e Kyungsoo gli posò una
mano sulla spalla. Minseok sollevò lo sguardo, e la mano
dell'amico tremava leggermente ma il suo sorriso era sicuro e
confortante. Riuscì a ricambiare con un sorriso tremante.
La quinta foto era dell'aeroporto in Cina, quasi deserto nel bel mezzo
della notte, i corridoi bui e i posti vuoti. “26 Marzo. Il mio primo assaggio della
mia madrepatria in sette mesi. C'era così silenzio, e noi
eravamo così stanchi e ancora così scioccati,
quasi non sembrava reale. Ma gli aeroporti non sono sempre spaventosi.
La maggior parte delle volte, sono davvero emozionanti. Una nuova
avventura. Nuove cose da vedere. Tutti dentro sono sempre ansiosi di
andare, di partire, di visitare posti nuovi. Non mi piacciono gli
aerei, perché vanno così in alto e mi rendono
nervoso, ma so che devo buttarmi per affrontare una nuova avventura.
Devi affrontare le tue paure prima di andare avanti con la tua vita,
devi vedere cose nuove e fare esperienza di cose nuove. Fa paura, ma
è eccitante, perché ci sono cose che ti aspettano
dall'altra parte. Persino durante il mio viaggio lontano dalla Corea,
ero un po' emozionato. Sapevo che il fatto che ci stessero rispedendo
in Cina non fosse positivo, ma mi aspettavano un sacco di cose.
Rivedere i miei amici, parlare in cinese, essere di nuovo
nella mia città natale. Questo lo ha reso meno spaventoso.
Guardare con aspettativa cose positive. Una nuova avventura. Per me,
più della paura, aeroporto significa questo.”
Quando Minseok guardò ancora Kyungsoo, il ragazzo stava
assottigliando le labbra, i pugni chiusi intorno all'orlo della sua
maglietta, e fissava le foto sparpagliate sul tavolo per lui.
“Hyung,” disse piano, con voce debole.
“Pensi che un giorno potrei andare fuori?”
Minseok esitò prima di aprire la bocca. “I medici
hanno detto che puoi, purché stia attento.”
Kyungsoo lo guardò con gli occhi spalancati e terrorizzati.
“No, hyung. Pensi che potrei?”
E Minseok sapeva che non stava chiedendo se avesse il permesso. Voleva sapere se lui, Do
Kyungsoo, sarebbe stato in grado di uscire un giorno, di sua spontanea
volontà. “Penso che potresti, Soo,”
disse piano. “Penso che potresti fare tutto, se solo lo
volessi.”
Kyungsoo deglutì e annuì, ma non disse niente.
Minseok guardò l'orologio e quasi sobbalzò.
“Cacchio, devo andare! Ci vediamo dopo, okay? Prenditi cura
di te, Soo, ti riporterò le foto dopo la scuola d'accordo?
Ciao!” Afferrò lo zaino dalla maniglia della
porta, si mise in fretta le scarpe e si infilò la giaccia
dell'uniforme per poi correre fuori dalla porta.
Questi giorni, per Baekhyun, ogni giorno era uguale. Svegliati, spegni
la sveglia, controlla il telefono. Un messaggio da Chanyeol. Non
leggerlo. Cancella.
Alzati,
fai le tue cose, vai a scuola. Cammina veloce, prima che possa
incontrarlo per andare insieme. Arriva a scuola. Prendi i libri.
“Hey, Baek.” Non guardare. Non rispondere. Non siamo amici.
“Buongiorno, Baekhyun.”
“Buongiorno, hyung. Hai parlato con Luhan-hyung di
recente?”
Minseok lo guardò, e poi i suoi occhi si spostarono a fianco
a lui, vedendo l'alto ragazzo sconsolato là vicino.
“Ha mandato qualche foto stamattina. Le stavo guardando con
Kyungsoo.”
“Oh, bello. Mi piacerebbe vederle qualche volta.”
La campanella suonò, giusto in tempo. “Beh, devo
andare.”
Arriva in classe e siediti in fondo. Lui si siederà accanto
a te, ma tu non lo guarderai. Non parlerà, perché
sa che non risponderai. Stai seduto, prendi gli appunti, cerca di
imparare qualcosa. Vai via durante la pausa. Trova Minseok. Torna.
Risciacquare e ripetere.
A pranzo, vai dritto in mensa. Non aspettarlo. Siediti accanto a
Minseok, comincia una conversazione, sorridi, fai sì che
raggiunga i tuoi occhi. Stai bene. Ce l'hai fatta senza di lui per
settimane.
“Hey, Baek, possiamo p—”
“Cos'hai oggi a pranzo, hyung?” lo interruppe
velocemente Baekhyun, un po' troppo a voce alta. Non dovette guardare
per sapere che Chanyeol si stava facendo piccolo piccolo per il suo
rifiuto.
Minseok lo guardò, e Baekhyun tornò al proprio
cibo. “Baekhyun.”
Incurvando le spalle per il tono di rimprovero nella voce del maggiore,
Baekhyun si avvicinò a lui, premendosi vicino, implorante, e
Minseok si mosse per farlo stare più comodo.
Ma il ragazzo non aveva finito. “Baek, ti posso parlare un
secondo?”
Lo stomaco di Baekhyun fece un tonfo. “Certo, hyung, fai
pure.”
“In privato,” disse severamente Minseok, e Baekhyun
sospirò.
Non fecero in tempo ad arrivare in corridoio che Minseok si
voltò e disse, “Non puoi dare un
possibilità a Chanyeol, Baek?”
Sul viso di Baekhyun passarono un miscuglio di emozioni diverse.
“Non si è nemmeno scusato per nulla,
hyung.”
“Forse perché non gli hai dato nemmeno il tempo di
dire più di tre parole da quando è tornato!
Perché non lasci che parli con te?”
“Non so se posso,” disse Baekhyun. “Non
so cosa fare. Non so cosa Chanyeol prova o cosa pensa e non so se voglio scoprirlo.
Non... non penso di essere ancora pronto ad affrontare un altro
rifiuto.” Non era pronto ad esporre ancora una volta il
proprio cuore, quando non era nemmeno ancora guarito del tutto.
Minseok sospirò. “Dovresti parlarne con
lui,” disse. “Lui vuole farlo, e dovresti anche tu.
Altrimenti non lo saprai mai.”
“Lo so,” rispose piano.
“Non pensi che abbiate già sofferto abbastanza
entrambi?” chiese gentilmente Minseok.
Baekhyun non era sicuro.
Tornarono indietro un momento dopo, e Baekhyun sentì il peso
della rassegnazione. Ci fu un attimo di silenzio, e poi una voce
esitante lo chiamò, “Baek?”
Per la prima volta da quando Chanyeol si era riunito al gruppo,
Baekhyun sollevò lo sguardo su di lui. Gli occhi del ragazzo
si illuminarono immediatamente, speranzosi. Sembrava stanco.
“Cosa,” disse Baekhyun, quasi strozzandosi con
quella parola.
“Possiamo – posso parlarti? Per favore?”
chiese Chanyeol, e i suoi occhi erano così luccicanti,
così imploranti.
“D'accordo,” disse Baekhyun, e Chanyeol gli fece un
piccolo sorriso.
Minseok gli diede una pacca incoraggiante sulla schiena mentre si
allontanavano.
“Baek,” disse impaziente Chanyeol non appena furono
soli in un'aula vuota. “Hey. Ciao. Wow, sono così
contento che stia davvero parlando con me, mi sono dimenticato cosa
dovevo dire.”
Baekhyun incrociò le braccia al petto e cercò di
non farsi scuotere dal sincero entusiasmo di Chanyeol.
“Allora. Um. Senti. Io—non ti biasimo se mi
odi.” Fece una pausa, aspettò, come se stesse
sperando che Baekhyun negasse. Ma rimase in silenzio. “Ma.
Vorrei solo che non mi odiassi per le ragioni sbagliate, sai?”
Baekhyun deglutì. “Per quali motivi dovrei
odiarti, allora?” chiese, con tono leggermente tagliente.
Voleva che Chanyeol lo ammettesse. Voleva che Chanyeol sapesse cosa
aveva fatto di sbagliato.
Chanyeol si morse il labbro, aprendo e chiudendo i pugni.
“Per – solo per essermene andato. È
stato davvero terribile da parte mia. Lo so. Eri turbato, e io non sono
nemmeno rimasto per provare a spiegare o a confortarti e questo
dovrebbe essere compito mio, ma io – sono andato fuori di
testa, e me ne sono andato e non sono tornato ed è stato
orribile. Non ti biasimo se mi odi per essermene andato.”
Baekhyun annuì una volta, solo leggermente. “E mi
dispiace per aver abbandonato lo spettacolo. Ci hai lavorato davvero,
davvero duramente e io avevo preso un impegno per poi abbandonarlo, e
anche questo è stato terribile. Merito di essere odiato
anche per questo.” Un altro cenno con la testa, breve e senza
sentimento. Chanyeol fissò il pavimento, spostando il peso
da un piede all'altro. “E puoi odiarmi perché sono
geloso di tutto il tempo che tu e Minseok-hyung passate assieme.
È ingiusto. Tu puoi – ti può piacere
chi vuoi. Chiunque vuoi.”
Baekhyun deglutì, gli occhi e la gola gli bruciavano.
“Non mi piace Minseok-hyung.”
Chanyeol lo guardò velocemente. “Ah no?”
“Non—non in quel modo. Non sono gay, Chanyeol.
Io—solo—te. Solo te.” Baekhyun
girò la testa, incapace di incontrare lo sguardo di
Chanyeol. Si sentiva così stupido, così
incasinato, e così fragile e lo odiava.
“Io—io—non mi darebbe fastidio se lo
fossi, sai. Non mi darebbe fastidio se fossi gay, Baekhyun, lo
giuro.” la voce di Chanyeol uscì di fretta,
sincera e dolorosa per le orecchie del maggiore. “Era questo
che volevo dirti. Quel giorno non me ne sono andato perché
sono, tipo, un enorme stronzo omofobo. Giuro, non è per
quello. Voglio dire, non è che abbia un problema con il
fatto che Minseok-hyung sia gay, o con il fatto che Jongin e Sehun
stiano insieme, giusto? Non ho alcun problema con quello. Mi sarebbe
andato completamente bene se mi avessi detto di essere gay.”
“E quindi?” chiese Baekhyun, incontrando lo sguardo
di Chanyeol e trattenendo il cipiglio. Era sollevato, ovviamente, che
Chanyeol non fosse disgustato dal fatto che gli piacesse un altro
ragazzo, ma questo non risolveva niente. “Ti sta bene che a
dei ragazzi piacciano altri ragazzi, purché a loro non
piaccia tu?”
“No, Baek, non è questo che intendevo,”
rispose Chanyeol, alzando le mani implorante.
“Beh, come ti sentiresti se all'improvviso Minseok-hyung ti
dicesse di avere una cotta per te?” chiese Baekhyun.
Chanyeol si accigliò leggermente. “Non lo so. Un
po' strano. Ma non – non necessariamente perché
è un ragazzo. Solo perché è, sai, un
amico abbastanza vicino. E non provo lo stesso e già,
sarebbe imbarazzante e non saprei cosa fare. Ma con te,
Baek—sei il mio migliore amico. Sei il mio migliore amico da tredici anni. È
diverso.” Si passò una mano tra i capelli,
facendoli stare in piedi. “Senti, Baek. Lo capisco che ho
rovinato tutto. Tanto, ma davvero tanto. E mi dispiace di non
– non sentirmi in quel modo nei tuoi confronti. Ma non voglio
continuare così, con te che continui a fingere che non
esisto, ed io che continuo a venirti dietro, sperando che le cose
possano essere solo... come erano un tempo. So che queste scorse
settimane sono state l'inferno per te, Baek, ma non sono state semplici
nemmeno per me. Ero turbato, e confuso, e spaventato, e mi mancavi
così tanto. Sei il mio migliore amico. Il mio unico migliore
amico. Mi mancavi, Baek. Non possiamo tornare come eravamo
prima?”
Baekhyun strinse i denti e i pugni, sentendosi sul punto di piangere ma
non volendolo fare di fronte a Chanyeol. “Come possiamo
semplicemente dimenticare tutto quello che è successo in
queste tre settimane, Chanyeol?” disse, strozzato.
“Come possiamo semplicemente tornare a come eravamo, dopo
questo?”
“Hai detto che era quello volevi!”
esclamò Chanyeol, tirandosi i capelli agitato.
“Hai detto che avremmo semplicemente dovuto dimenticare
quello che avevi detto!”
“Quello era prima, Chanyeol. Quello era prima che
te ne andassi
e
che io passassi settimane a cercare di andare avanti.
Come possiamo semplicemente dimenticare il presente e tornare ad essere
amici?” chiese Baekhyun, con voce leggermente rotta.
“Non lo so, Baek,” rispose disperato Chanyeol.
“Ma io davvero – non voglio perderti. Di nuovo. Ho
già fatto molti sbagli. Non voglio perdere il mio migliore
amico.”
Baekhyun deglutì piano, strofinandosi gli occhi per evitare
che le lacrime cadessero. “Nemmeno io,”
sussurrò, nauseato dal desiderio e dal dolore e dal
terribile vuoto che aveva dentro.
Anche dopo tutto, tutto il dolore e le lacrime e le settimane di
sofferenza, Baekhyun non voleva perdere Chanyeol. Forse era solo
masochista.
Chanyeol si allungò per un secondo, come se avesse voluto
tirare Baekhyun in un abbraccio, per poi ritrarsi velocemente.
“Farò del mio meglio,” promise piano.
“Lo giuro, farò del mio meglio per non rendere le
cose strane, e per farmi perdonare, e per essere migliore. Giuro che lo
farò.”
“Non farlo,” disse Baekhyun, strofinandosi gli
occhi. “Non voglio che lo faccia.” Chanyeol era
già così perfetto, aveva già sempre
fatto così tanto per Baekhyun. L'ultima cosa di cui aveva
bisogno era innamorarsi di lui ancora di più, persino dopo
il torto che gli aveva fatto.
“Lo farò,” insistette lui, e Baekhyun
sospirò pesantemente.
“D'accordo,” disse, sconfitto.
“Sì?” chiese piano Chanyeol.
“Sì,” sussurrò Baekhyun.
Chanyeol fece un largo sorriso. “Grazie, Baek.”
Poi, dopo una lunga pausa, “Ma... davvero non ti piace
Minseok-hyung in quel senso, vero? Perché passi un bel po'
di tempo con lui…”
Baekhyun si accigliò. “Questo perché
è l'unica persona che capisca davvero, Chanyeol. Con chi
altri avrei dovuto parlare? Con te?”
Chanyeol sussultò, sfregandosi il collo. “Volevo
solo essere sicuro,” disse piano, imbarazzato.
“Beh, non è così. E comunque sarebbe
una scelta migliore di te, probabilmente,”
borbottò Baekhyun, e Chanyeol si morse il labbro,
distogliendo lo sguardo.
“Scusa,” disse piano.
“Figurati,” disse rapidamente, riscuotendosi.
“Siamo di nuovo amici ora, giusto?”
Chanyeol annuì impaziente, speranzoso.
“Bene. Allora... basta. Solo che, Yeol—”
Fece una pausa, prendendo un profondo respiro. “Non puoi
– le cose non possono essere esattamente come erano prima. Lo
sai questo, vero? Le cose erano... non erano facili per me, prima. Le
cose facevano davvero schifo per me, prima. Non puoi essere
esattamente come sei sempre stato.” Si morse la lingua, non
sapendo come andare avanti, come dire non puoi toccarmi come facevi
prima, abbracciarmi come facevi prima, farmi innamorare di te come
facevi prima.
Chanyeol annuì semplicemente, gli occhi sgranati.
“Non lo sarò,” promise.
“Sarò migliore, Baekhyun. Sarò il
migliore miglior amico al mondo.”
Baekhyun chiuse gli occhi e sospirò. Non voleva un migliore
amico migliore. Ne voleva uno di cui non era innamorato. (Ne
voleva uno che fosse innamorato di lui. Ma non lo avrebbe ammesso,
nemmeno nella sua testa.)
“Quindi siamo a posto?” chiese Chanyeol, mordendosi
il labbro speranzoso.
Baekhyun esitò, poi annuì.
“Sì. A posto.” Era mai riuscito a negare
qualcosa a Chanyeol?
Il ragazzo sorrise. “Fantastico,” disse, sembrando
senza fiato. Fece una pausa, poi allungò una mano, e
Baekhyun la prese. Chanyeol la strinse, scuotendola leggermente, e lo
tirò un passo più vicino. Baekhyun odiava quanto
amasse sentire il calore della mano di Chanyeol di nuovo attorno alla
propria.
Tornarono in mensa un minuto dopo, fianco a fianco, e si sedettero.
Chanyeol prese la sedia accanto alla sua ora e avvicinò il
proprio vassoio. Lo spinse immediatamente verso Baekhyun, offrendogli
quello che era rimasto delle sue patatine. Il cuore di Baekhyun
correva, ma non poté trattenere il sorriso che gli si
aprì sul viso mentre ne prendeva una, ringraziandolo piano.
Minseok guardò entrambi con l'ombra di un cipiglio.
“Bene?” chiese incerto il maggiore.
“Fantastico!” esclamò Chanyeol, cingendo
le spalle di Baekhyun con un lungo braccio familiare.
Baekhyun lanciò semplicemente a Minseok un piccolo sorriso
leggermente triste, incapace di rispondere.
Era qualcosa tipo un'ora prima che la sveglia di Minseok suonasse il 20
Aprile quando il suo telefono cominciò a squillare sul suo
comodino. Si svegliò abbastanza in fretta, sorridendo mentre
lo prendeva, perché sapeva già chi sarebbe stato.
“Pronto?”
“KIM
MINSEOK,” arrivò la voce di
Luhan, sin troppo forte ed entusiasta per le 6 di mattina.
Minseok sorrise assonnato. “Hey Lu. Buon
Compleanno.”
“NON
DIRMI ‘HEY LU’ .
TU—IO—” Luhan si interruppe facendo un
lungo sospiro.
“Hai ricevuto il tuo regalo?” chiese divertito
Minseok, chiudendo gli occhi mentre si premeva il telefono all'orecchio.
“Sono
così – tu sei – come osi mandarmi delle
scarpette da calcio per il mio compleanno, ti odio,” disse Luhan, lamentandosi, e
Minseok sorrise largamente.
“Ti piacciono?”
“Mi
stanno perfettamente,” mugolò Luhan.
“Come
facevi a sapere la mia misura?”
“Ho chiesto a Yixing,” ammise lui, ridendo. Era
stata una email tradotta in cinese con un duro lavoro, ma ne era valsa
la pena, anche solo per questa reazione.
“Quell'idiota.
Ha anche messo la scatola davanti alla porta in modo che la trovassi
non appena fossi tornato da lavoro, non è vero?” chiese Luhan, e Minseok sorrise
per il broncio che riusciva a sentire attraverso la sua voce.
“Gliel'ho chiesto io,” rispose. “Allora
ti piacciono le scarpe?”
“Penso
di potermi mettere a piangere,” disse Luhan, e da come parlava,
non stava mentendo. “Volevo delle scarpe
da calcio da tipo. Tutta la vita.”
“Lo so,” disse gentilmente Minseok, sorridendo.
“Sono contento ti piacciano.”
“Sei
la mia somma persona preferita in tutto il mondo,” dichiarò Luhan. “Sei letteralmente
perfetto.”
Minseok sorrise, arrossendo mentre il suo cuore accelerava, e disse,
“Hai letto la lettera, vero?”
“Sì
sì, so che hanno contribuito tutti al regalo, ma sappiamo
entrambi chi sia il vero responsabile. E ora mi sento davvero terribile
per non aver fatto assolutamente nulla per il tuo compleanno. Anzi, non
ho fatto altro che renderlo orribile.”
Minseok si accigliò. Quella era la verità,
ma—“Non è stata colpa tua, Lu. Ti hanno
rimandato in Cina.”
“Non
cambia nulla. Anche se non fosse stato così, non sarei stato
in grado di regalarti qualcosa di fantastico. Sono un cattivo amico.”
“No non lo sei,” disse piano Minseok,
accoccolandosi di lato e strofinando stanco il viso contro il cuscino.
“Avresti reso il mio compleanno fantastico.” Semplicemente stando qui.
Lasciando che mi dichiarassi. Accettandomi.
“Magari,” sbuffò Luhan. “Comunque, Seok-ah, devo andare, ma ci
sentiamo più tardi, sì? Stasera. Skype. Vedi di
esserci.”
Minseok rise. “Sì. Ci sarò. Stai
andando a letto?”
“Già.
Più tardi io, Xing e Yifan e Taozi mangeremo la torta!
Sarà divertente.”
“Sembra di sì.”
“Sì. Vorrei che potessi esserci
anche tu, però.”
Minseok si morse il labbro, con il cuore che palpitava.
“Già.”
“Okay,
ora vado, per sbaglio ho svegliato Yixing. Ciao, Seok-ah!”
“Ciao, Lu. Buon Compleanno.”
“Ciao~” La chiamata si
disconnesse con un click, e Minseok sospirò posando il
telefono sul comodino. Luhan era amorevole, Luhan era fantastico, ma non gli rendeva mai semplice
affrontare il fatto che fosse così lontano.
Era una domenica, quindi Minseok aveva poco con cui tenersi occupato
fino alla chiamata su Skype programmata da lui e Luhan (e tutti gli
altri). Jongdae era impegnato a disfare tutte le cose del festival
multiculturale, che si era concluso il giorno prima, e Baekhyun e
Chanyeol erano a delle prove informali dello spettacolo a casa di
Baekhyun, a ripetere tutte le loro battute prima dello spettacolo del
giorno seguente. I due avevano pian piano ricominciato a sentirsi a
proprio agio tra loro, con ogni giorno che passava, sorridevano di
più e parlavano con più semplicità e
non esitavano più prima di toccarsi casualmente, ma Minseok
riusciva a vedere che Baekhyun soffriva ancora, a volte. Eppure,
Chanyeol era così sincero e impaziente nell'essere un amico
migliore che Minseok non ce la faceva a dire al più piccolo
di essere un po' meno sconsiderato.
Minseok finì per passare la giornata con Kyungsoo, usando il
50% del tempo per fare i compiti, il 20% a chiacchierare con il vicino,
e il restante 30% a lamentarsi per quanto Luhan fosse troppo perfetto e
troppo attraente e troppo stupendo. Sapeva che era irritante, ma almeno
distraeva Kyungsoo dall'andare nel panico mentre lasciava che Minseok
posasse la testa sulle sue gambe e gli passava nervosamente le dita tra
i capelli (Minseok non ebbe il cuore di dirgli che quella era una cosa
piuttosto strana da fare tra amici).
“Non mi sento bene, hyung,” si lamentò
Kyungsoo nel tardo pomeriggio.
Minseok gli sorrise incoraggiante. “Stai andando alla grande,
Soo. Sono davvero fiero di te.”
“Penso di aver bisogno di andare a fare una
doccia,” disse Kyungsoo, con mani tremanti.
Minseok si sedette immediatamente. “Vai a farla,
allora,” disse gentilmente. “Ma non usare niente di
troppo forte, okay? Sai che non ti fa bene.”
Kyungsoo annuì ferventemente e si alzò per
correre verso la porta, e Minseok sospirò leggermente.
Almeno stavano facendo progressi.
Finalmente, quella sera, otto persone si strinsero nella piccola camera
di Minseok – insieme a Minseok e ai suoi amici, si erano
aggiunti ai festeggiamenti anche Jongin e Sehun, e persino
Junmyeon—e aspettarono col fiato trattenuto che la chiamata
venisse accettata. Passò un momento, e poi un'immagine
sgranata e distorta apparve. “Minseok! Tutti! Ciao!”
“Buon compleanno!” dissero tutti in coro, e Luhan
rise felice.
“Grazie! Wow, ci siete davvero tutti. Ciao Junmyeon!
È passato tanto dall'ultima volta che abbiamo parlato. Anche
tu, Chanyeol-ah!”
Junmyeon sorrise amabilmente, salutandolo, e Chanyeol
abbassò la testa dalla vergogna per la sua lunga assenza,
premendosi di più contro Baekhyun nello spazio limitato
della stanza di Minseok.
“Dajia
hao!” cinguettò una voce
sconosciuta mentre un ragazzo con i capelli scuri che non era Yixing
sbucava davanti alla telecamera.
Luhan gli fece una smorfia, spingendolo di nuovo via. “Questo
è il mio amico Zitao,” disse Luhan. “Ma
lui non è importante, perché non è il
suo compleanno.”
“Non è lui quello che ti ha baciato?”
chiese Baekhyun, e Minseok sbatté le palpebre.
Luhan fece una pausa, confuso, poi scoppiò a ridere.
“Oh! Ve l'ho raccontato alla festa di Jongdae. Sì,
è lui. Mi ha baciato anche oggi, per il mio
compleanno.”
Il gruppo di ragazzi rise intorno a Minseok, e lui fece del suo meglio
per unirsi a loro nonostante la gelosia che gli attanagliava lo stomaco.
Yixing lo raggiunse davanti allo schermo un momento dopo, porgendogli
una fetta di torta con della glassa bianca sopra, e salutò
allegramente Kyungsoo (si era assicurato di rivolgersi proprio a lui,
pronunciando il suo nome coreano con un forte accento), il quale
arrossì e ricambiò il saluto. Sullo sfondo, Yifan
e Zitao erano seduti sul letto di Yixing, mentre mangiavano la torta e
chiacchieravano in cinese, suonando occasionalmente una trombetta.
Dieci minuti dopo l'inizio della conversazione di gruppo, Yixing
tirò fuori dal nulla un cappellino da festa e lo
posizionò sulla testa di Luhan, il quale si
accigliò ma non fece niente per fermarlo. Minseok pensava
fosse adorabile.
Tutti ebbero la possibilità di parlare, incluso Sehun, il
quale stava sorridendo molto più di quanto Minseok non gli
avesse mai visto fare, e rideva. Minseok si godette la video
chiamata, gli piaceva ascoltare mentre parlavano tutti l'uno
sull'altro, richiedendo l'attenzione di Luhan, e vide Kyungsoo
sorridere timidamente e salutare Yixing di tanto in tanto, il quale si
illuminava e ricambiava il gesto entusiasta. Gli faceva piacere vedere
Luhan riunirsi con molti amici che non aveva visto da tanto tempo, e
conoscere alcuni amici di Luhan per la prima volta. Ma nel profondo,
Minseok avrebbe voluto passare più tempo solo con Luhan.
E poi, proprio quando tutti stavano cominciando a salutare dopo la
lunga conversazione, Luhan disse, “Oh, Minseok! Hai Skype sul
tuo telefono?”
“Huh? No, ma potrei,” rispose lui, accigliandosi.
“Yixing non ha un telefono bello come il tuo, tipo con il
touchscreen e tutto – com'è che si chiama? - ma
Yifan sì! Ha detto che posso prenderlo in prestito la notte.
E in questo modo potrei chiamarti, giusto? Gratuitamente?”
Minseok sbatté le palpebre sorpreso. “Non so se il
tuo internet sia abbastanza buono per una video chiamata, ma con una
chiamata vocale probabilmente dovrebbe funzionare.”
“Già, è quello che ha detto Yifan! Oggi
non lavoro fino a tardi, tipo fino a dopo mezzanotte, quindi posso
chiamarti dopo?”
Le guance di Minseok si arrossarono un poco al pensiero che Luhan volesse chiamarlo più tardi.
Solo lui. “Sì. Sì, sarebbe
bello.”
Luhan si illuminò. “Fantastico. Ci sentiamo dopo
allora.”
“Okay.”
“Ciao a tutti!” E la chiamata si disconnesse.
Immediatamente, un fianco gli colpì la spalla, e
sollevò lo sguardo vedendo Jongdae che gli sorrideva
malizioso. Minseok arrossì subito e lo spinse via. Non
l'aveva mai detto davvero a Jongdae, non direttamente, che Luhan gli
piaceva più che come amico, ma aveva l'impressione che
l'amico lo sapesse da molto prima che Minseok lo ammettesse anche solo
a se stesso.
Gli ospiti cominciarono ad andarsene poco a poco, o da soli o in
coppia, fino a che non rimase solo Kyungsoo, che sorrideva a Minseok
con fare cospiratorio.
“Smettila,” si lamentò Minseok.
“Mi stai facendo pensare a cose strane. Probabilmente vuole
– che ne so – parlarmi di qualche ragazza carina
che lavora con lui o qualcosa del genere.”
Kyungsoo grugnì. “Quante ragazze carine potrebbero
fare il turno di notte durante l'anno scolastico?”
“Chiudi il becco!” esclamò Minseok,
accigliandosi. “Potrebbe accadere!”
“Ne dubito!” canticchiò Kyungsoo.
“Comunque, ora vado allora. Divertiti al tuo appuntamento
– voglio dire telefonata privata, hyung!”
Minseok mugolò e lo cacciò via velocemente,
gridando, “Almeno io non ridacchio e non arrossisco davanti a
lui attraverso la webcam ogni giorno!”
Ridacchiò e arrossì un bel po' quella notte,
però, mentre scaricava l'app di Skype sul telefono, si
metteva il pigiama e gattonava sotto le coperte, tenendo il telefono
vicino alla testa mentre aspettava la chiamata. Si era anche quasi
addormentato, ma poi l'apparecchio cominciò a vibrare sul
suo cuscino, e rispose velocemente portandoselo all'orecchio.
“Pronto?”
“Ha
funzionato!” esultò Luhan. “Hey
Seok-ah.”
Minseok rise, accoccolandosi sotto le coperte e rimettendo il telefono
sul cuscino, accanto alla propria testa. “Hey Lu.”
“Sei
a letto?” chiese il ragazzo.
Minseok fece un suono affermativo. “Sono sveglio per
te,” disse, scherzosamente acido.
Luhan rise piano. “Non ti va di stare
con me?”
“Certo che mi va,” mormorò lui,
chiudendo gli occhi mentre ascoltava il suono della voce di Luhan.
“Hai passato un bel compleanno?”
“Sì,” mormorò Luhan. “Ho potuto passare
del tempo con tutti i miei amici. Seriamente tutti.”
Minseok rise. “Sono contento ti sia divertito. Quando
inaugurerai le scarpette da calcio?”
“Il
prima possibile. Probabilmente domani prima
del lavoro. Trascinerò Yixing a giocare con me.”
Minseok sospirò. “Sono geloso,” ammise.
“Yixing
non è un grande fan del calcio. Preferirei che giocassi tu
con me.”
“Anche io,” disse piano Minseok.
Parlarono per un po', sottovoce e al buio, di qualsiasi cosa venisse
loro in mente, e Minseok aveva sonno ma allo stesso tempo non voleva
dormire, avrebbe voluto parlare con Luhan per sempre. Voleva solo stare
con Luhan. Per sempre. Luhan gli piaceva troppo.
“Vorrei
potessi essere qui in Cina,” gli disse piano Luhan, come
già tante altre volte prima. “Ci sono
così tante cose che voglio mostrarti. E voglio che tu sia...
qui.”
“Sono a scuola,” disse Minseok, con una stretta al
cuore. “E mia madre non me lo lascerebbe mai fare, comunque.
Viaggiare con il diabete è una scocciatura.”
“Lo
so. Ma voglio comunque che venga,” sospirò Luhan.
A Minseok piaceva così tanto Luhan.
“E
se saltassi semplicemente sul primo aereo per la Cina? Penso sarebbe
una buona idea.”
A Minseok Luhan piaceva troppo.
“Questa sarebbe un'idea terribile. Non entrerei mai
all'università.”
Perché doveva piacergli così tanto?
“Mi
manchi davvero tanto.”
Minseok sentì il cuore in gola.
“Io—anche tu mi manchi, Lu.”
“Hey,
c'è questo bambino che vive in fondo alla strada, ha tipo 7
anni, ti assomiglia tanto, lo voglio sempre chiamare Minseok,
è davvero carino, e—”
“Ti amo.”
Le parole uscirono dalla bocca di Minseok prima che potesse rimandarle
giù, prima che potesse rifletterci e rendersi conto che non
era il momento giusto, non era giusto, non era appropriato.
Deglutì, con il cuore che galoppava.
“…Cosa?”
Minseok deglutì ancora, gli occhi spalancati nel buio della
stanza, e disse, “Ti amo.”
“Io—Minseok-ah—”
“Ti amo,” sussurrò Minseok, chiudendo la
chiamata, completamente paralizzato. Il telefono squillò il
momento successivo, e Minseok lo girò e tolse la batteria
con dita tremanti, poi si sdraiò sul letto e
fissò il soffitto senza vedere niente, con il cuore che gli
batteva contro il petto, e finalmente realizzò quanto
gravemente avesse incasinato tutto.
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Capitolo 36 *** Capitolo 34 ***
Minseok non sapeva se si fosse
addormentato dopo la sua inaspettata dichiarazione d'amore. Tutto
quello che riusciva a ricordare dopo aver tolto la batteria del
telefono era di aver fissato il soffitto nell'oscurità, e
davvero, era difficile trovare le differenze tra quello e dormire. Si
ricordava di essere scattato al suono della sveglia, però,
quindi ad un certo punto doveva essere caduto almeno in uno stato di
semi coscienza.
Con un gran sospiro e strofinandosi gli occhi, si alzò in
piedi, sentendosi uno zombie, completamente intorpidito e senza vita, e
si diresse in cucina.
Sua madre era lì, si preparava per andare a lavoro. Gli
lanciò uno sguardo, accigliandosi. “Ti senti bene,
tesoro?”
Minseok fece un suono vago. “Non ho dormito bene,”
mormorò, senza incontrare i suoi occhi.
“Fai molta attenzione alla glicemia, allora,” gli
ricordò la madre, e lui annuì, sedendosi al
tavolo.
La donna se ne andò un minuto dopo, mentre Minseok masticava
tristemente un toast al burro, e mentre usciva la sentì
dire, “Oh, ciao Kyungsoo. Minseok si è appena
svegliato.”
Per qualche ragione, il nome del suo vicino fece fare un tonfo al suo
stomaco. “Okay, volevo solo fargli qualche
domanda,” disse Kyungsoo dal corridoio, e Minseok stava
seriamente prendendo in considerazione l'idea di nascondersi in bagno
finché non se ne fosse andato.
Prima che potesse fuggire, però, la madre di Minseok
sparì in fondo al corridoio, e Kyungsoo avanzò
con uno scopo preciso in mente, chiudendo la porta con un calcio. Si
piazzò di fronte al tavolo, e Minseok non lo stava
guardando, ma poté comunque sentire gli occhi del vicino
bruciare sulla sua pelle. “Hyung. Ti dispiacerebbe spiegarmi
perché Luhan mi ha chiamato alle 6 del mattino, chiedendomi
di parlare con te?”
Minseok mugolò, scuotendo violentemente la testa.
“No.”
“Hyung. Cosa hai fatto?”
La sua testa continuò a muoversi, come se non avesse il
controllo di essa. “Non posso farlo. Non posso. Non posso
parlare con lui adesso.”
Kyungsoo prese un profondo respiro. “È successo
qualcosa ieri notte?”
Minseok immaginò che fosse ovvio, ma annuì
comunque leggermente. “Penso di sì.”
“Pensi
di
sì?”
“È successo decisamente qualcosa.”
Una pausa, e poi, “Mi dirai che cosa?”
“No, non penso,” squittì Minseok, il
viso rosso per l'umiliazione e la vergogna.
Kyungsoo sospirò, facendo qualche passo avanti.
“Beh, lui vuole davvero parlare con te. 'Disperatamente' a detta sua.”
Minseok si morse il labbro, poi prese un altro morso di toast per
guadagnare più tempo, anche se si sentiva nauseato.
“Cosa gli hai detto?” chiese, quasi con paura.
“Gli ho detto che stavi dormendo, e che ti avrei detto di
richiamarlo. Lo farai?” chiese Kyungsoo severamente.
Il ginocchio di Minseok andava su e giù nervosamente.
“Io... non lo so.”
“Lo eviterai per sempre, allora?” chiese il
più piccolo, sembrando davvero deluso da lui.
Minseok scrollò le spalle, facendosi piccolo piccolo. Non
era ancora riuscito a guardarlo. “Forse,”
mugugnò.
“Oh, hyung,” disse Kyungsoo, come una mamma
chioccia esausta, e Minseok posò la testa sul tavolo.
“Sei così drammatico, lo sai questo?”
“No, sai cosa sono? Sono davvero bravo a rovinare le
cose,” disse Minseok, parlando con il tavolo.
“Quando muoio, e potrebbe accadere molto presto, sulla mia
lapide ci sarà scritto 'Kim Minseok: Il Ragazzo Che Ha
Rovinato Tutto.”
Kyungsoo rise poco divertito. “Questo è
esattamente quello di cui stavo parlando. Perché non gli
parli e basta?”
“Non posso,” sussurrò Minseok.
“Non posso, Kyungsoo. Puoi dirgli semplicemente questo? Se ti
chiede di parlare con me, digli che non posso. Tutto qua.”
“Dovrei dirgli che hai bisogno di più
tempo?”
Minseok si lamentò. “No. Se ti chiede
perché, dì solo 'Minseok dice che non
può' e poi riattacca. Okay?”
Kyungsoo fece una pausa, poi disse, “Gli dirò che
hai bisogno di più tempo.”
Minseok sentiva di potersi mettere a piangere.
“Kyungsoo?” Si voltò a guardare il
vicino per la prima volta, sussultando per il suo sguardo severo.
“Kyungsoo, se dovessi morire o sparire per sempre,
dì a Luhan che mi dispiace, d'accordo?”
“…glielo dirò,” rispose
Kyungsoo, con occhi più gentili. “Ma penso sarebbe
meglio se glielo dicessi tu stesso, sai.”
“Non penso proprio,” sussurrò lui.
“Sei fortunato che Luhan non possa mettere piede in questo
paese. Sembrava pronto a strangolarti.”
Minseok mugolò ancora. Questo non era ciò che voleva
sentire al momento. Proprio per niente.
“Torno a casa. Tu vai a scuola. Ma spero sappia che evitare
il problema non lo risolverà,” disse Kyungsoo,
sbattendo il piede a terra.
“Sì. Lo so,” disse piano Minseok,
riportando lo sguardo sul toast.
“Bene. E prenditi cura di te, okay? Ti terrò sotto
stretto controllo.”
“Lo farò,” sussurrò.
“Okay. Ciao, hyung.”
Minseok non si sentì affatto meglio mentre Kyungsoo lasciava
la stanza. Come poteva? Aveva davvero, davvero rovinato le cose stavolta. Come
aveva potuto dichiararsi in quel modo, fuori dal nulla, al telefono, quando Luhan era bloccato in
Cina e Minseok in Corea? Come aveva potuto dichiararsi in quel modo,
quando Baekhyun aveva fatto la stessa identica cosa poche settimane
prima, e stava ancora soffrendo per le conseguenze? Non aveva nemmeno
detto che gli piaceva Luhan. Gli aveva detto, chiaro
e tondo, di amarlo.
Perché
l'aveva detto? E Minseok... Minseok non avrebbe potuto sopportare un
rifiuto ora. Non poteva. Non era nemmeno sicuro di poter sopportare di
essere accettato
al
momento, con Luhan così, così lontano,
preoccupato ad occuparsi di altre cose, e Minseok gli stava solo
causando più problemi, ed era una persona orribile. Non
avrebbe mai dovuto dire niente.
Ma non poteva tornare indietro ora.
Era orribile, estremamente e spiacevolmente ironico, il modo in cui
Minseok avesse pensato semplicemente Wow, sono contento che Luhan
non abbia anche il numero di Jongdae, quando arrivò
all'armadietto e il suo migliore amico marciò verso di lui,
dicendo, “Hyung, cosa hai fatto al povero
Luhan-hyung?”
“Cosa?” squittì Minseok, sperando che
Jongdae stesse parlando di un'altra cosa terribile che avesse
fatto.
“Mi ha chiamato stamattina, davvero molto presto, e mi ha
detto di dirti di rispondere al telefono, penso abbia usato anche
qualche parolaccia, ma erano in cinese.” Jongdae
incrociò le braccia, sembrando davvero poco impressionato.
Minseok grugnì forte, attirando su di sé
l'attenzione di alcuni curiosi. “Come fa ad avere il tuo numero?”
Jongdae si accigliò. “Gliel'ho dato io,”
disse. “Non è importante. Ciò che
è importante è che mi stai nascondendo qualcosa,
di nuovo”
“Jongdae,
ascolta, puoi smetterla? Ho passato una nottata e una mattina
terribile. Ti posso già garantire che passerò una
giornata terribile e probabilmente una settimana terribile e
possibilmente il resto della mia vita. Lasciami preservare almeno un
briciolo della mia dignità, anche solo per un paio d'ore? Ti
prego?” si lamentò Minseok, sperando che la
campanella suonasse presto.
Jongdae continuò a guardarlo male, ma alla fine
sbuffò e disse, “D'accordo. Hai fino a
pranzo.”
Minseok mugolò.
“E non causare a Chanyeol o Baekhyun alcuno stress non
necessario. Stanno già andando fuori di testa per lo
spettacolo di stasera.”
Oh, cavolo, Minseok non aveva nemmeno pensato che oggi ci fosse la
prima. “Sì. Giusto. Okay,”
mormorò, sospirando.
“Bene. E non pensare di potertela cavare senza dirmi niente,
hyung.” Jongdae lo guardò deciso.
“Abbi un po' di pietà,” si
lamentò Minseok. “Sei cattivo con me. Sto
soffrendo.”
“Sono stato svegliato alle 6 del mattino da un ragazzo cinese
molto persistente e molto arrabbiato. Ho avuto un piccolo attacco di
cuore, pensando che il governo cinese gli stesse di nuovo respirando
sul collo o qualcosa del genere. Non ho la forza di avere
pietà.”
Fortunatamente, Minseok venne finalmente salvato dalla campanella, e
Jongdae se ne andò quasi riluttante, lanciando a Minseok un
ultimo sguardo severo prima di dirigersi in classe. Sapeva
perché Jongdae si stesse comportando così,
davvero – aveva tenuto l'amico all'oscuro di tante cose
cruciali, e questo lo aveva scosso molto più di quanto non
desse a vedere – ma di certo questo non rendeva le cose
più facili.
Il resto della giornata fu, in effetti, tanto terribile quanto aveva
predetto Minseok. Come succedeva sempre quando era stressato,
passò tutte le lezioni sentendo di poter vomitare e
addormentarsi da un momento all'altro. Dovette mangiare alla pausa, ma
quello lo rese ancora più nauseato, e continuò a
pensare che prima o poi avrebbe dovuto dirlo a tutti e tutto era davvero tanto
terribile.
Arrivò il pranzo, e Minseok si gettò sul proprio
cibo, accigliandosi mentre fissava i broccoli mentre Chanyeol e
Baekhyun discutevano sull'esatta intonazione di questa o quella
battuta e sul preciso arco nel sfoderare la spada.
Una volta, però, sollevò lo sguardo e vide
Chanyeol ridere e scompigliare in modo affettuoso i capelli dell'amico,
il quale abbassò la testa e fece un sorriso che non
raggiunse gli occhi, e Minseok voleva piangere, perché non
voleva essere anche lui quel ragazzo. Baekhyun e Chanyeol
erano praticamente l'esempio perfetto, a questo punto, e Baekhyun era
felice?
“Stai bene, hyung?” chiese all'improvviso il
più piccolo, guardandolo, e Minseok emise uno strano suono
disperato.
“No,” si lamentò, alzandosi per uscire
dalla sala. Non voleva che altre persone gli facessero domande,
e che ci fossero altre persone intorno a lui quando
avesse cominciato ad esplodere.
Jongdae si alzò immediatamente per seguirlo, urlando,
“Hyung, torna qui e mangia il tuo pranzo!”
“No!” esclamò Minseok, solo per essere
contrario, anche se non aveva pensato davvero di non mangiare.
“Hyung, torna immediatamente qui e finisci di
mangiare,” lo rimproverò Jongdae, e Minseok
continuò a camminare fino a che non raggiunse il corridoio
vuoto, dove si sedette contro gli armadietti e sospirò. Un
momento dopo, Jongdae si sedette accanto a lui, posandogli una mano
sulla spalla. “Stai bene?”
“No,” gracchiò Minseok, strofinando la
fronte contro il ginocchio. Ormai sembrava essere l'unica parola che
conoscesse.
Un momento dopo, un braccio gli cinse le spalle, e Minseok
sospirò e si posò sul migliore amico, grato,
almeno, per il suo calore e il suo profumo familiare, e per il fatto
che tenne la bocca chiusa per quasi trenta secondi. “Mi dirai
cosa è successo, hyung?”
Minseok si avvicinò di più, mordendosi il labbro.
“Io non ti chiedo mai di Junmyeon,” rispose piano.
“Non più.”
Jongdae fece una pausa, come se stesse considerando la cosa, e alla
fine disse, “D'accordo. Vuoi stare semplicemente seduto qui e
tirare su col naso con me, allora?”
“Sì,” disse Minseok, premendo quanto
più fisicamente possibile, quasi sedendosi in grembo a
Jongdae. L'amico gli passò le dita tra i capelli,
confortante.
“Solo un paio di minuti, e poi devi tornare a finire di
mangiare,” rispose piano Jongdae. “Altrimenti
dovrò picchiarti. E quando Luhan-hyung tornerà,
dovrà picchiarti anche lui.”
Minseok tirò su col naso piano. “Non dirlo come se
sapessi che tornerà.”
Jongdae fece una pausa, poi disse, “Okay, se.”
“Non mi stai aiutando,” si lamentò
Minseok.
Jongdae rimase in silenzio per un po', accarezzando gentilmente la
testa di Minseok, fino a che non disse, “Hyung, ti piace
Luhan? In quel modo?”
“Jongdae, dobbiamo davvero parlare di questo?
Ora?” chiese Minseok. “Non sai già la
risposta, comunque?”
“Voglio che sia tu a dirmelo,” disse.
Minseok tirò ancora su col naso.
“Sì.”
“Lo ami?”
Minseok deglutì a fatica.
“Sì,” sussurrò.
“Okay.” Jongdae lo strinse forte.
“È tutto okay, lo sai, vero?”
“Forse,” sospirò piano lui, lasciando
poi che Jongdae lo consolasse sul pavimento, fino a che non dovette
davvero tornare a mangiare. Era stato piacevole finché era
durato, almeno.
Solitamente, Chanyeol non era il tipo di persona socialmente nervosa.
Riusciva a parlare senza problemi con gli sconosciuti, poteva suonare
la chitarra di fronte ad un locale pieno di persone, poteva
sfacciatamente togliere i metaforici pantaloni agli insegnanti
più intimidatori (anche se non aveva sempre successo). Aveva
fatto discorsi davanti al corpo studentesco durante competizioni di
dibattito, e gli piaceva fare presentazioni. Se qualcuno avesse
guardato Chanyeol e avesse detto 'Sembra un tipo con una grave ansia da
palcoscenico' la maggior parte delle persone gli avrebbe riso in faccia.
Eppure ecco Chanyeol, che andava avanti e indietro nel backstage,
completamente vestito e truccato, mentre ascoltava l'auditorium
riempirsi, e sudava profusamente e si chiedeva se avesse potuto
rimandare ancora per un po'. Non era nemmeno il pubblico che lo rendeva
nervoso per lo spettacolo, ma solo... la pressione. Da quando era tornato avevano
fatto solo una vera e propria prova completa, con costumi e tutto, su
questo palco. E se si fosse dimenticato qualcosa? E se si fosse
dimenticato dove doveva stare? E se si fosse dimenticato a chi passare
gli oggetti di scena tra un atto e l'altro? E se – e se si
fosse dimenticato le battute, improvvisando, e avesse rovinato tutto?
Chanyeol non aveva paura di rendersi ridicolo. Chanyeol si rendeva
ridicolo regolarmente, di fronte a tutti i tipi di persone. No,
Chanyeol aveva paura di rovinare lo spettacolo, perché
questo era lo spettacolo di Baekhyun, era qualcosa su cui Baekhyun
aveva messo anima e corpo per mesi, questo spettacolo era la vita di Baekhyun. Chanyeol non voleva rovinarlo.
Non voleva deludere Baekhyun.
Lo aveva già deluso così tanto ultimamente.
“Non posso farlo,” mormorò Chanyeol,
continuando ad andare avanti e indietro. Le persone lo circondavano da
ogni lato, sbirciando da dietro il sipario e parlando rapidamente di
decisioni dell'ultimo minuto, ma Chanyeol non guardava nessuno.
“Non posso farlo. Non posso.” Si mise le mani tra i
capelli, tirando nervosamente, rovinando l'acconciatura che gli avevano
fatto le assistenti poco prima. “Cosa sto facendo?”
“Cosa stai facendo?” chiese
all'improvviso una voce, e Chanyeol si voltò e vide Baekhyun
lì in piedi, che lo guardava in un misto di preoccupazione e
dispiacere. “Ti stai rovinando i capelli.”
“Sto—” Chanyeol si strozzò con
l'aria. “Penso potrei avere un leggero attacco di
panico.”
Tutto ciò di negativo che poteva esserci nello sguardo di
Baekhyun si dissolse, rimpiazzato da compassione e comprensione.
“Starai bene?”
“Um. Non sono sicuro?” deglutì Chanyeol.
Baekhyun si accigliò preoccupato, facendo un passo verso di
lui. “Potrai—sarai in grado di recitare nello
spettacolo?” chiese.
Immediatamente, Chanyeol annuì ferventemente.
“Sì! Certo! Io – posso decisamente
farlo. Di sicuro.”
Baekhyun non sembrava molto convinto. “Ne sei sicuro? Stai
grondando di sudore, Yeol.”
“È solo – ho solo molto caldo. Ah
ah.” Si allargò il colletto della camicia.
“Sto bene. Posso recitare.” Deglutì
forte, poi disse, “Sono solo... un po' nervoso.”
Baekhyun si morse il labbro, più rosa del solito per il
trucco di scena, poi guardò l'orologio più
vicino. “Dai, vieni qui.” Allungò un
braccio, chiudendo le dita attorno al polso di Chanyeol, e lo
tirò di lato, dove era meno frenetico e caotico. Chanyeol
dovette stargli vicino e abbassare leggermente la testa per sentire
quando l'amico cominciò a parlare, a voce bassa.
“Senti, Chanyeol, non sono completamente certo per cosa tu
sia nervoso, perché tu non sei mai nervoso, ma – non
esserlo e basta, okay? Tu – sarai fantastico. Assolutamente
fantastico. Se devi preoccuparti di qualcosa, preoccupato per me, che rovini tutto o qualcosa del
genere. Tu. Tu eri la scelta perfetta per questo ruolo, l'ho detto
quando ti ho dato la parte e lo dico ancora. Puoi andare lì
e improvvisare tutto e sarebbe comunque perfetto.”
Chanyeol strinse i denti, guardando il migliore amico, e
piegò le dita, il polso ancora stretto nella sua mano.
Baekhyun lo fissò – dritto negli occhi, senza
distogliere lo sguardo – con espressione aperta e onesta.
“Tra cinque minuti andremo là fuori, e ci
esibiremo esattamente
come
abbiamo provato nei cinque mesi passati, e anche se commetterai errori,
andremo avanti e ci rideremo su dietro le quinte e tutto
andrà bene. Tu sarai fantastico, io probabilmente
sarò decente. E tutto andrà per il meglio. Lo
giuro.”
Chanyeol deglutì e annuì. Aveva sempre avuto
problemi a prestare attenzione a quello che diceva Baekhyun quando
entrava in questo mood, quando il suo sguardo diventava così
intenso e i suoi occhi così grandi e accesi e luminosi. E
non aiutava il fatto che ora Baekhyun fosse tutto imbellettato per lo
spettacolo, con linee di eyeliner drammatiche e le labbra rosa e i
capelli scompigliati ad arte che gli ricadevano sulla fronte. Prese
Chanyeol leggermente in contropiede. Lo fece fissare un po' troppo.
“D'accordo,” disse Baekhyun, lasciandogli andare il
polso. A Chanyeol mancava quel calore. “Ora, ho qualcosa da,
ah, chiederti.”
“Cosa?” chiese stupidamente Chanyeol.
“Io—è solo che... ci ho pensato. E,
Yeol, noi – non dobbiamo fare il bacio, sai. Non è
davvero un problema. Voglio dire, so che dovrebbe essere il gran finale
e tutto, ma non dobbiamo farlo, davvero. Possiamo fare finta. Non
sarà difficile.”
Chanyeol sbatté le palpebre, sorpreso, e finse che le sue
guance non si fossero arrossate alla parola Bacio. “No!”
esclamò velocemente, quasi in automatico. “No,
posso farlo!” Non voleva rovinare lo spettacolo a Baekhyun.
Non lo avrebbe rovinato, solo per un piccolo bacio ed un grande errore.
“Giuro, Baek, posso farlo!”
Le sopracciglia di Baekhyun si aggrottarono immediatamente.
“No, Chanyeol, io—”
“Farò un buon lavoro!” insistette lui.
“È solo un bacio, giusto? Voglio dire, ripeteremo
lo spettacolo più di una volta, ma va bene! Posso
farlo!”
“Chanyeol, no,” disse Baekhyun,
con voce improvvisamente alta e irritata. “Non capisci, io
non voglio
fare
il bacio.”
Chanyeol rimase leggermente a bocca aperta. “Tu –
non vuoi farlo?”
“No!”
esclamò
Baekhyun. “Tu sei così – così
stupido.”
“Ma pensavo che—” Le parole che ti piacessi gli morirono in gola quando
qualcuno li chiamò, dicendo che avevano tre minuti prima che
il sipario si alzasse.
“Non.
Voglio,” sibilò Baekhyun,
voltandosi. “Okay, andiamo! In posizione, tutti!”
Chanyeol barcollò stupidamente al proprio posto, non ancora
sul palco ma sull'ala sinistra. Baekhyun si mise in posizione,
poggiandosi ad un albero finto, e mentre aspettava che le luci
calassero e che il sipario si alzasse, Chanyeol guardò il
suo migliore amico scambiare qualche parola con un altro attore e
ridere piano, gli occhi incurvati in mezze lune per un secondo prima di
ricomporsi, e Chanyeol non riusciva a smettere di fissarlo.
Baekhyun non voleva fare il bacio?
E poi, così semplicemente, se ne dimenticò del
tutto perché in quel momento, le luci si spensero, e una
lunga nota alta riecheggiò nell'auditorium, e Chanyeol smise
brevemente di respirare. Le luci si riaccesero, un riflettore puntato
su Baekhyun, il quale sorrise largamente mentre cominciava a cantare,
chiaro e allegro, e si faceva avanti verso il pubblico, e Chanyeol
rimase stupidamente colpito per un secondo, per quanto fosse bello.
Ma poi, pensò Chanyeol, Baekhyun era sempre bello. Baekhyun
era sempre stato bello, si da quando erano bambini, e Chanyeol lo aveva
sempre ammirato così tanto. Erano amici da così
tanti anni che, sinceramente, Chanyeol non riusciva a ricordare come
fosse successo, ma c'era stato un momento in cui si era chiesto come
potesse piacere a Baekhyun, quando Baekhyun era così
fantastico e Chanyeol solo... Chanyeol. Baekhyun era sempre stato sin
troppo buono per Chanyeol, che era fastidioso e insensibile e troppo
strano e così tante altre cose, e Chanyeol aveva sempre
provato davvero duramente a meritarsi l'amicizia dell'amico. Baekhyun,
che andava d'accordo con tutti, che era intelligente e talentuoso e
amichevole e fantastico, che avrebbe potuto scegliere chiunque come
migliore amico, e che aveva scelto Chanyeol. Chanyeol aveva lavorato tanto
per meritare il titolo di Migliore Amico di Baekhyun.
Falliva costantemente.
Ma ci aveva pensato così tanto nelle scorse settimane. A
tutto. Baekhyun – Baekhyun lo amava. Baekhyun aveva detto di amarlo.
Amava Chanyeol. Come se Chanyeol, stupido e pieno di difetti, meritasse
il suo amore. Non meritava nemmeno la tolleranza di Baekhyun. Ma ci stava
provando, davvero tanto.
E poi... Baekhyun gli era mancato così tanto, in quelle due
settimane e mezzo in cui non si erano parlati. Baekhyun gli era mancato
così
tanto. Si
era sentito solo, ovviamente, con nessun altro con cui parlare oltre
Jongdae, che a volte aveva provato pena per lui, ma più di
tutto gli era mancato l'amico. Il suo migliore amico. All'inizio, in un
certo senso aveva dato la colpa a Baekhyun, per essersi dichiarato in
quel modo, rendendolo confuso e spaventato, ma con il passare del
tempo, Chanyeol aveva smesso di chiedersi di chi fosse la colpa.
Perché Chanyeol avrebbe voluto semplicemente che le cose
tornassero come erano sempre state, che tornassero ad essere amici,
perché aveva bisogno di Baekhyun, ma mai prima d'ora
se l'era meritato così poco. Non solo Chanyeol era stato uno
stronzo, non solo aveva abbandonato Baekhyun nel momento in cui aveva
più bisogno di lui, rovinando tutto, ma non era nemmeno
stato in grado di dare a Baekhyun la cosa che voleva di più.
Come aveva potuto tornare da Baekhyun implorando il suo perdono, quando
non sarebbe mai potuto essere quello che Baekhyun voleva che fosse?
Ma Baekhyun non voleva fare il bacio.
Perché non voleva fare il bacio?
“Chanyeol, tra un minuto tocca a te,” disse
qualcuno, e Chanyeol si riscosse e guardò la scena familiare
di fronte a sé, mentre il suo grande ingresso si avvicinava.
Strinse forte la spada.
La dichiarazione di Baekhyun era stata un grande shock per Chanyeol.
Non si sarebbe mai, mai aspettato, nei loro tredici
anni di amicizia, che Baekhyun potesse sentirsi in quel modo. E non era
che provasse... disgusto, o niente del genere. Era stato
semplicemente sorpreso. E così spaventato. Perché
Baekhyun era il suo migliore amico, il suo unico migliore amico, e questo
avrebbe cambiato le cose? Non voleva che cambiasse niente. Non voleva
che le cose fossero strane. Perché Baekhyun aveva dovuto
rendere le cose strane, quando erano sempre state perfette?
Alla sua scena, Chanyeol avanzò sul palco, muovendo
selvaggiamente la spada, cercando di non colpire accidentalmente
qualcuno. Poteva sentire se stesso recitare le battute, poteva sentire
se stesso reagire agli atri attori e attrici sul palco, ma la sua mente
era lì solo in parte. “Bella fanciulla!”
esclamò, e Baekhyun si voltò a guardarlo, e
sorrise, e Chanyeol si sentì avvampare. Ma poi Baekhyun
corse via dal palco, e Chanyeol rimase solo a recitare il suo primo
monologo, fronteggiando il pubblico, le parole radicate nella sua mente
bruciavano sulla sua lingua, e prima che potesse rendersene conto,
completò la scena e seguì Baekhyun dietro le
quinte, sorpreso da quanto facilmente le battute avessero lasciato la
sua bocca.
“Fantastico, Yeol!” esclamò Baekhyun,
avvicinandosi a lui e illuminandosi. “Sei stato bravissimo.
Assolutamente bravissimo.”
“Grazie,” sospirò Chanyeol, e rimase
perfettamente immobile quando Baekhyun gli abbracciò
brevemente i fianchi.
“Sapevo che ce l'avresti fatta,” disse, sorridendo
prima di voltarsi nuovamente verso il placo. “D'accordo,
tocca di nuovo a me!” E si avviò, a testa alta,
per recitare la scena successiva. Chanyeol lo guardò andare
con gli occhi spalancati, e il cuore che batteva forte per l'adrenalina
e sentimenti confusi.
Ma Chanyeol non aveva tempo per pensare a questi sentimenti. Non ne
aveva. C'era troppo da fare; correre dietro le quinte, cercare gli
oggetti di scena, cambiare i costumi, riapplicare il trucco, riprendere
fiato prima di scappare via da qualche altra parte. Eppure, la sua
mente non smise di correre per il resto dello spettacolo, che fosse sul
palco o no, e nessuno di quei pensieri aveva qualcosa a che fare con
principi stupidi ed eroine bellissime (o forse solo in senso
metaforico).
Alla fine dell'Atto I, proprio prima dell'intervallo, Chanyeol
salì sul palco per cantare il suo unico assolo, serio e alto
e per la prima volta da quando il sipario si era alzato, mise tutto se
stesso per non sbagliare. Chanyeol non era affatto un cantante, anche
se Baekhyun gli diceva che aveva davvero una bella voce, e non aveva
nemmeno un talento innato come Baekhyun. Dovette concentrarsi e
sforzarsi per raggiungere ogni nota e ricordarsi ogni parola. E ci
provò, davvero tanto.
Alla fine della canzone, Baekhyun lo raggiunse sul palco, come da
copione, e cantò insieme a lui l'ultimo verso, armonizzando
senza problemi. Poi il sipario calò, e Chanyeol si
voltò verso l'amico, ansimando. “Come –
com'ero?” chiese senza fiato, incollato sul posto mentre gli
assistenti di scena cominciavano a spostare la scenografia dietro di
loro.
Baekhyun gli sorrise, gli occhi luminosi e le guance rosse, e disse,
“Sei fantastico.”
Tutto ad un tratto, Chanyeol si ritrovò senza parole, preso
alla sprovvista da quanto carino fosse Baekhyun, mentre gli sorrideva
in quel modo, lo guardava in quel modo, e allo stesso
tempo preso in contropiede perché sapeva cosa significava quello
sguardo, ora. Sapeva perché Baekhyun lo
guardasse in quel modo. (Lo sapeva? Baekhyun era ancora –
giusto? Ma il bacio…)
In ogni caso, quando Chanyeol aprì la bocca, quello che
uscì fu un automatico e sentito, “Tu sei fantastico.”
Baekhyun si immobilizzò, gli occhi sgranati, e Chanyeol
sussultò. Aveva di nuovo detto qualcosa di stupido?
Perché doveva sempre rovinare tutto?
“Io—voglio dire. No, no, voglio dire, non volevo
dire niente.” Chanyeol voleva tirarsi i capelli.
“Voglio dire, lo penso davvero. Tu sei fantastico. Posso
dirlo.”
Baekhyun non disse niente, ma le sue sopracciglia si aggrottarono
leggermente, e strinse i denti, e Chanyeol conosceva quell'espressione.
Dolore, delusione, frustrazione. Non sapeva come fare niente. Tutto
ciò che voleva era poter fare liberamente dei complimenti a
Baekhyun. Baekhyun era fantastico. Doveva saperlo.
Doveva sapere che Chanyeol lo sapeva.
“Io... mi dispiace,” sussurrò Chanyeol,
abbassando la testa.
Baekhyun sospirò, forte e chiaro anche sopra tutto il rumore
degli assistenti e degli attori attorno a loro. “No, no, va
bene. Solo... andiamo a prepararci. Scusa.”
Prima che Chanyeol potesse assicurargli che niente di tutto questo era
colpa di Baekhyun, ma sua, l'amico si fece trascinare
via da una truccatrice, e Chanyeol andò a mettersi un'altra
camicia. Prima che se ne accorgesse, l'intervallo era finito, e
tornò sul palco, la mente piena di parole che avrebbe dovuto
dire, e di un discorso completamente diverso che avrebbe voluto fare al
ragazzo di fronte a lui.
Sarebbe stata una bugia bella e buona dire che Chanyeol non avesse
pensato di baciare Baekhyun prima. Con la Scena Del Bacio che si avvicinava rapidamente
– mancavano solo poche scene, solo poche scene brevi
– Chanyeol ci aveva pensato quasi costantemente. Anche prima
che Baekhyun si dichiarasse, Chanyeol ci aveva pensato molto. Troppo,
forse. Come sarebbe stato? Chanyeol non aveva mi baciato nessuno prima,
davvero. Anzi, se contava quella volta in cui l'amico lo aveva
accidentalmente baciato quando erano bambini, allora Baekhyun era il
suo unico
bacio.
Ma non se lo ricordava. Non proprio. Non si ricordava come fosse stato.
Probabilmente bello. Ultimamente Chanyeol aveva fissato spesso la bocca
di Baekhyun. I suoi sorrisi, e i suoi bronci, le smorfie, e il modo in
cui si mordeva il labbro inferiore quando era preoccupato. Aveva delle
labbra davvero rosa. E sembravano morbide. E probabilmente calde. Come
sarebbe stato baciare Baekhyun? Baciare un ragazzo sarebbe stato
orribilmente sbagliato? Baciare Baekhyun sarebbe stato sbagliato?
Baekhyun non voleva nemmeno farlo il bacio. Eppure la scena si stava
avvicinando, con ogni momento che passava, e Chanyeol non riusciva a
pensare ad altro, le parole uscivano dalle sue labbra con l'autopilota.
Il bacio. Il Bacio. Il—
“—bacio.” Aspetta, cosa? Chanyeol rimase
di sasso, sapendo non appena la parola uscì dalla sua bocca
che non era quella giusta. Che cosa stava dicendo? Che scena era?
Fissò Baekhyun, che ricambiò lo sguardo con occhi
leggermente sgranati e sorpresi, e lo implorò
silenziosamente di dirgli cosa fare.
E poi l'espressione scioccata di Baekhyun si dissolse, e rise
leggermente. “Buon Dio, mio caro Principe!” disse.
“Non pensi di star andando un po' troppo veloce? A malapena
ci conosciamo.”
Chanyeol chiuse la bocca, deglutendo, poi la riaprì. Il
pubblico rise affabilmente, e Chanyeol dovette lottare per rimanere nel
personaggio, sorridendo un poco mentre diceva, “Certo, certo.
Tutto per te. Ciò che intendo
è—” e continuò con le proprie
battute, e le spalle di Baekhyun si rilassarono.
Ovviamente Baekhyun lo avrebbe salvato. Quante volte Baekhyun era
intervenuto, durante la loro amicizia, per salvargli il sedere?
Baekhyun impavido, Baekhyun leale, Baekhyun fantastico, senza cui
Chanyeol non poteva vivere. Chanyeol non sarebbe sopravvissuto se
Baekhyun lo avesse odiato, se Baekhyun lo avesse evitato per il resto
delle loro vite. Forse Chanyeol era egoista, ma aveva bisogno di
Baekhyun, che il suo migliore amico lo amasse o meno.
Baekhyun lo amava. Baekhyun aveva detto di amarlo, e Chanyeol. Chanyeol
aveva sempre amato Baekhyun, anche se non allo stesso modo.
E se invece sì? Se fosse stato in quel modo? Onestamente,
più Chanyeol ci pensava – più pensava a
quanto ammirasse Baekhyun, a quanto lo volesse vicino tutto il tempo, a
quanto avesse bisogno di lui e non poteva sopportare il pensiero di
perderlo, più pensava a baciarlo nello spettacolo, baciarlo fuori dallo spettacolo, a baciarlo
solo perché voleva farlo – e se l'avesse davvero
amato? E se... e se Chanyeol fosse semplicemente stato troppo stupido
per capirlo?
E se lui non
l'avesse
amato?
(E se Baekhyun non lo avesse amato più?)
Chanyeol lanciò uno sguardo all'amico dall'altra parte del
palco, che gli sorrideva con le guance rosa e gli occhi luccicanti, e
si rese conto che questa era l'ultima scena. La scena. Chanyeol deglutì,
avanzò. Baekhyun si avvicinò, e i piedi di
Chanyeol si mossero di testa loro, portandolo al centro del palco,
verso il migliore amico. La sua mano si allungò, posandosi
sul fianco di Baekhyun, tirandolo vicino. Baekhyun lo fissò,
col respiro corto, e aspettò. Gli occhi di Chanyeol si
fermarono sulle sue labbra. Aveva pensato così tanto a
baciarlo. Aveva pensato così tanto a Baekhyun.
E se lo avesse amato?
Con un incompreso e ribelle pensiero di “beh, c'è
solo un modo per scoprirlo,” Chanyeol si sentì
recitare la sua battuta, e poi si chinò in avanti, e gli
occhi di Baekhyun si stavano spalancando, e Chanyeol non poteva
più vederli perché premette con decisione le loro
labbra insieme.
Ci fu un coro di urla e incitazioni, e sopra di loro, Chanyeol
sentì vagamente il debole suono che Baekhyun fece prima che
lui premesse ancora di più e muovesse incerto le labbra, e
sentì il migliore amico stringergli le maniche rimanendo
però in posizione, barcollando leggermente sui piedi.
Chanyeol tenne gli occhi chiusi e si limitò a sentire – quanto fossero davvero morbide
le labbra di Baekhyun, quanto fossero calde e umide, e... piacevoli.
Era bello.
Il pubblico esplose improvvisamente in un applauso e, sorpreso,
Chanyeol si rese conto che il sipario era calato. In quel momento,
Baekhyun si ritrasse, districandosi dal suo abbraccio, e lo
fissò con occhi grandi e sconvolti. Chanyeol
deglutì a fatica, aspettando che l'amico dicesse qualcosa,
ma non lo fece. Continuò a fissarlo, e Chanyeol
ricambiò lo sguardo, e poi il sipario si alzò di
nuovo, e si inchinarono al pubblico che continuò ad
applaudire. I ringraziamenti passarono offuscati, mentre Chanyeol
cercava di guardare Baekhyun, cercava di spiegarsi, cercava di capire
come Baekhyun
si
sentisse, ma non ci riuscì. Alla fine, il sipario
calò ancora, e Chanyeol andò a cercare il
migliore amico.
“Baek!”
“Hey, Chanyeol,” disse un altro attore con un
sorriso. “Bel lavoro, amico. Non hai lasciato che quel bacio
ti intimidisse affatto.”
“Già, non pensavo l'avresti fatto,”
disse il loro pianista.
Chanyeol rise nervosamente, gli occhi studiavano ancora il cast attorno
a loro.
“Hey, Lover Boy—”
“Baek!” Chanyeol lo vide alla fine, il viso rosso e
le mani che tremavano. “Baekhyun!”
Non riuscì a beccarlo fino a un momento dopo, quando lo
costrinse a seguirlo in un angolo silenzioso e lo fece voltare, con il
cuore che gli batteva forte. “Senti, Baek,
io—”
“Tu cosa, Chanyeol?” scattò Baekhyun, e
Chanyeol sentì il sangue gelarsi nelle vene. “Sei
un idiota? Perché sì, lo sei.”
“Mi dispiace,” mugolò Chanyeol,
lasciando andare il suo braccio. “Sono
solo—”
“Sei uno stronzo,” disse Baekhyun, e
Chanyeol si spaventò per quanto stesse tremando.
“Io—ugh.” Gli occhi gli luccicavano
pericolosamente.
“Baek—”
Ma prima che Chanyeol potesse dire qualcosa, Baekhyun scappò
via, ancora vestito con il costume, sulle scale e poi in corridoio.
Chanyeol lo guardò andare, tirandosi i capelli, ignorando le
persone che si congratulavano con lui e gli facevano complimenti mentre
provava a pensare cosa fare. Non poteva nemmeno pensare ai propri sentimenti confusi al
momento, non quando Baekhyun era chiaramente così arrabbiato
con lui. Di nuovo. Perché Chanyeol non riusciva a fare nulla
di giusto?
Con un sospiro disperato, Chanyeol scese le scale dopo Baekhyun, non
sapendo nemmeno cosa avrebbe fatto, e si guardò intorno.
Trovò il migliore amico un momento dopo, in piedi in
corridoio, e c'era una mano sulla sua spalla. La mano di Minseok.
Minseok stava parlando con lui, la preoccupazione chiara sul suo viso,
e mentre Chanyeol guardava, Baekhyun scoppiò a piangere,
coprendosi il viso con le mani mentre le spalle gli tremavano.
Chanyeol si sentì male.
Come se i sentimenti confusi di Chanyeol non fossero abbastanza, ora si
sentiva in colpa e terrorizzato che Baekhyun
potesse davvero, sinceramente odiarlo. E Chanyeol lo meritava
assolutamente.
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Capitolo 37 *** Capitolo 35 ***
Sehun non aveva mai pensato che
sarebbe stato il tipo di ragazzo che esce con qualcuno e che lo tiene
per mano. Ma in effetti, non aveva nemmeno mai pensato che sarebbe
stato il tipo di persona che ha una relazione, punto. Jongin aveva
tirato fuori un bel po' di cose inaspettate da Sehun onestamente.
“Hai
visto quel bacio?”
chiese Jongin, inciampando contro Sehun per la terza volta da quando
aveva deciso di camminare proprio dietro di lui, con le braccia strette
intorno ai suoi fianchi. Sehun non aveva il cuore di dirgli di
camminare in un altro modo. “Ci stavano davvero dando
dentro.”
“Al
pubblico di sicuro è piaciuto,” disse Sehun,
annuendo. Sentì Jongin posare un bacio contro la sua nuca,
coperto dall'ombra quando entrarono nel vicolo che portava al suo
palazzo. La notte era fresca, e apprezzò il calore delle
braccia di Jongin. “Non penso se lo stessero aspettando, dato
che sia Chanyeol che Baekhyun sono ragazzi. Ma la reazione è
stata buona.”
“Senza scherzi. Pensi che le persone sarebbero entusiaste se noi ci baciassimo nei corridoi?”
Sehun
grugnì leggermente, sorridendo. “Probabilmente
no.”
“Potremmo
provare per vedere,”
suggerì Jongin, strofinando il naso contro l'attaccatura dei
capelli e mordicchiandolo leggermente.
Sehun
grugnì ancora. “No,” disse.
“Guastafeste,”
sussurrò il ragazzo contro il suo collo, e Sehun rise per
coprire l'imbarazzo.
“Vai
a casa,”
rispose gentilmente. “Non hai nient'altro da fare che darmi
fastidio?”
Jongin
grugnì. “Solo un compito di cinese,” si
lamentò. “Faccio davvero schifo in cinese, Sehun.
Non voglio farlo.”
Sehun
annuì e giocherellò con le dita di Jongin chiuse
sulla sua pancia. “Potrei aiutarti,” disse piano.
“Se vuoi.”
Jongin rimase
in silenzio per un momento, inciampando ancora, e poi disse,
“Davvero?”
“Certo,” rispose Sehun
scrollando le spalle. “Il mio cinese è piuttosto
buono.”
Non poteva
vedere Jongin, ma immaginò il sorriso che si aprì
sul suo viso.
“Ti stai davvero offrendo di aiutarmi?”
“Sì,” disse, annuendo
lentamente e chiedendosi quando avessero smesso di muoversi.
“Beh
mamma mia,
Oh Sehun,” disse Jongin, facendolo voltare e chinandosi per
baciarlo dolcemente. “Mi piacerebbe.”
Sehun rise
leggermente. “La fai sembrare come se ti avessi appena
chiesto di accompagnarmi al ballo o qualcosa del genere,”
disse, abbassando la testa imbarazzato.
“È un appuntamento
per i compiti,” disse Jongin. “Conta.”
Baciò ancora Sehun.
Il ragazzo
sorrise e gli spinse le spalle. “Dai, mi farai
tornare a casa tardi.”
“Sono
solo le 10!”
esclamò Jongin.
“Ho
detto a mia madre che sarei tornato per le 10,” insistette
Sehun. “Quindi smettila di distrarmi.”
Jongin
sorrise impertinente, ma permise a Sehun di riprendere a camminare
verso l'appartamento, prendendolo per mano e camminando accanto a lui.
Sehun non si
rese conto fino a che non raggiunsero la porta che Jongin non aveva mai
visto dove abitava. Tutte le sue vecchie case erano state sciatte, e
questa non era diversa, ma non se n'era mai vergognato prima
– o almeno, non da quando era bambino.
Ma Jongin non
fece alcun commento, si voltò verso Sehun e sorridendo disse, “Immagino che qui
sia dove ci separiamo.”
“Già,” disse Sehun, ma il
suo saluto rimase bloccato in gola. “Vai dritto a
casa?”
Jongin
annuì. “Potrei fermarmi a prendere qualche odeng
per strada,” rispose.
“Solo
geloso,”
disse, strofinando la punta del piede a terra. Si chiese se fosse ovvio
che stava prendendo tempo. I buonanotte erano sempre così
smielati.
“Grazie
per essere venuto con me stanotte, Hun,” disse Jongin
con un sorriso. “È stato bello.”
“Grazie
per aver pagato per me,”
mormorò Sehun, guardando il terreno.
“È stato un
piacere,” rispose allegro Jongin.
“Vorrei—”
Venne
interrotto all'improvviso quando la porta si aprì e la madre
adottiva di Sehun si affacciò. “Sehun! Hai una
chiamata. A dire il vero, ha già chiamato prima, e gli ho
detto che saresti tornato alla 10. Sei in ritardo.” Stava
sorridendo mentre lo diceva, porgendogli il telefono. Era una buona
cosa che abitassero al primo piano, o altrimenti non ci sarebbe stata
ricezione lì.
“Chi
è?”
chiese Sehun, più che altro a se stesso, mentre prendeva il
telefono.
“È
internazionale,” disse la donna. “Chi
è?” Guardò Jongin, sorridendo.
“Nessuno!” disse
velocemente Sehun, e chiuse la porta il più rapidamente
possibile senza sembrare scortese, spingendo Jongin verso il muro e
lontano dalla finestra. Avvicinandosi a lui, si portò il
telefono all'orecchio, e cercò di ignorare Jongin che gli
soffiava sul collo. “P-pronto?” disse, colpendo
Jongin.
“Ciao Sehunnie!” disse una voce familiare. “È passato
un po', vero?”
“Solo
un giorno,”
disse Sehun, trattenendo un sorriso al suono della voce di Luhan.
“Hmph, d'accordo. Sei, ahem, molto impegnato al momento?”
Sehun quasi
non lo sentì, preoccupato a colpire ancora il ragazzo, che
stava posando dei baci sul suo collo. “No.”
Jongin,
abbastanza vicino da sentire entrambi i lati della conversazione, disse
immediatamente, “Oh, siamo estremamente impegnati al momento, hyung,”
con voce profonda e sensuale. Sehun lo spinse, guardandolo male con le
guance rosse.
Luhan rise. “Ciao Jonginnie.”
“Ciao hyung,” disse
Jongin, con voce ancora imbarazzantemente maliziosa.
Luhan rise
ancora, poi divenne improvvisamente serio. “Comunque, uno di voi
ha visto Minseok oggi?”
“Uh, l'ho visto a scuola e allo
spettacolo,” rispose Sehun, accigliato.
“Lui
– è andato ad uno spettacolo!? Come osa uscire e
divertirsi, quando mi sta causando tutti questi problemi,” disse Luhan, sembrando irritato.
Sehun era
confuso dalle parole di Luhan, ma sorrise leggermente. “Era
lo spettacolo di Baekhyun,” spiegò.
“Penso
che lui e Baekhyun si siano avvicinati davvero tanto in questi giorni,” aggiunse Jongin.
Luhan emise
un suono allarmato e contrariato. “Quanto vicini?”
“Um. Abbastanza?”
disse Jongin.
Luhan
sbuffò frustrato, mandando suoni statici sul telefono. “Beh digli che
dovrebbe passare meno tempo a parlare con Baekhyun, e più
tempo a rispondere
al telefono.”
“Perché?” chiese Sehun.
“Che è successo?”
Luhan
esitò. “Um. Solo. Delle cose. E ora non
risponde al telefono! Ma ho davvero bisogno di parlargli!”
“Allora
cosa dovrei fare?”
chiese Sehun. “Non lo assillerò per te. Sembra il
tipo di ragazzo che è carino fino a che non lo infastidisci
e allora ti dà un pugno in faccia.”
Luhan rise
leggermente. “Già,
immagino sia così. Non lo so. Dammi solo qualche consiglio,
allora!”
Sehun
sbatté le palpebre sorpreso. Lui? Doveva dargli un
consiglio? Nessuno gli aveva mai chiesto consigli prima. Lo fece
sentire... un po' caldo, e importante.
“Sii
persistente,”
disse saggiamente Jongin accanto a lui. “La persistenza
è la chiave. Vero, Sehun?” Sehun sorrise
leggermente. “E la pazienza, sai. Persistenza e pazienza. I
fiori non nascono in un giorno. Devi continuare ad
innaffiarli.”
“Spero
che questa non sia una metafora per qualcos'altro,” disse Luhan, e Jongin rise
forte. Sehun avvampò.
“Sehun sta
arrossendo!” esclamò immediatamente Jongin.
“Sta arrossendo, hyung. L'ho fatto arrossire.”
“Io l'ho fatto arrossire,” ribatté
Luhan, sembrando compiaciuto, e Sehun abbassò la testa per
nascondere le guance rosse, che continuavano a bruciare, e la sua
bocca, che continuava a sorridere.
“Sehun, Sehun, ho ancora bisogno
di un tuo consiglio. È successo qualcosa e ora Minseok mi
sta evitando e non so cosa fare. È arrabbiato con
me?”
“Non
lo so,
hyung,” rispose Sehun.
“Non
so cosa fare. Perché devo essere in Cina?” si lamentò Luhan.
“Magari dovresti semplicemente
lasciar perdere,” suggerì Sehun.
“Perché è chiaramente una testa di
cazzo.”
“Sehun!” urlò Luhan.
“Beh
è vero! Se è successo qualcosa e ha semplicemente
iniziato ad ignorarti, allora probabilmente è
perché è una testa di cazzo. Mollalo
finché sei in tempo,” lo
avvisò Sehun.
Luhan
mugolò. “Ma…”
“Mi
hai chiesto un consiglio e te l'ho dato!” esclamò
lui.
“Jongin, non stai facendo un
buon lavoro nel rendere Sehun più carino con me. Penso debba
innaffiare i suoi fiori di più.”
“Hyung,” protestò Sehun.
Jongin si limitò a ridere. “Sto riattaccando,
hyung.”
“D'accordo!
Devo chiamare altre persone, tanto. Buonanotte, Sehunnie. Buonanotte,
Jonginnie. Continua ad innaffiare quel fiore.”
“Buonanotte, hyung.” Sehun
riattaccò, alzando gli occhi al cielo.
Jongin rise
deliziato, e Sehun dovette resistere all'istinto di sorridere.
La porta si
aprì ancora accanto a loro, e Sehun si allontanò
velocemente da Jongin, imbarazzato. “Dovresti entrare
se hai finito, fa freddo qui fuori,” disse la madre.
“Sì,
un secondo,”
rispose Sehun. La donna scomparve velocemente dietro la porta, ancora
sorridendo.
“Devo
andare a casa comunque,”
disse piano Jongin, sorridendo gentilmente. “Buonanotte,
Sehun.”
“Buonanotte,” mormorò
Sehun, con le guance ancora accaldate, e sollevò la testa
mentre Jongin posava un bacio sulle sue labbra. Poi se ne
andò, salutandolo mentre si allontanava in fondo alla
strada, e Sehun entrò in casa.
“Chi
era quello?”
chiese la madre adottiva, nel momento in cui entrò.
“Jongin,” disse Sehun,
guardando il pavimento.
“Ahhh. Sembra gentile. Dovrebbe
venire qui qualche volta.”
Sehun
annuì vagamente e si affrettò nella propria
stanza, schiacciandosi la frangetta sulla fronte. Onestamente, non
sapeva se avrebbe sopportato l'imbarazzo di portare Jongin a casa.
Forse un giorno... se Jongin avesse voluto.
In un altro
appartamento a Seoul, Jongdae era appena arrivato a casa, aveva appena
messo piede in casa quando il telefono squillò. “Rispondo
io!” gridò a chiunque fosse lì vicino,
togliendosi le scarpe ed entrando in cucina per prendere il telefono.
“Pronto?”
“Ciao Jongdae,” giunse la voce piuttosto
sconfortata di Luhan.
“Oh, ciao hyung. Scusa, sono
appena arrivato. Hai chiamato prima?”
“Già,
ma nessuno ha risposto. Eri allo spettacolo anche tu?” chiese il ragazzo, con voce
decisamente triste.
“Uh, sì, ero
lì. Come lo sapevi?” chiese sorpreso Jongdae.
“Ho
appena parlato al telefono con Sehun,” sospirò lui. “Come è
andata?”
“Davvero
bene. Tipo, super bene. Sono rimasto davvero impressionato. Chanyeol ha
anche baciato Baekhyun alla fine,” gli rispose
Jongdae. Aveva davvero pensato che non l'avrebbero fatto, considerando
quanto fosse stata al limite la loro relazione negli ultimi tempi.
“L'ha
fatto davvero?” chiese lui. “Seriamente?”
“Già.
Ma Baek sembrava piuttosto sorpreso, quindi non sono sicuro fosse
pianificato. Sembrava piuttosto agitato subito dopo. Minseok-hyung
è andato a parlare con lui dopo lo spettacolo.”
Al suono del
nome di Minseok, Luhan emise un piccolo suono, e Jongdae si
ricordò perché avesse chiamato. “Ci hai- Ci hai
parlato? Con Minseok?”
Ripensando
alla sua conversazione con il migliore amico prima, Jongdae decise che
probabilmente avrebbe dovuto fare molta attenzione alle parole. “Io—l'ho
fatto, sì.”
“Cosa
ha detto?” chiese Luhan, sembrando
spaventato.
Se Jongdae ci
pensava, tutto quello che Minseok aveva davvero fatto era stato confessare di
essere innamorato di Luhan. “Io—non
credo di potertelo dire, hyung. Scusa.”
“Significa che è grave?” chiese disperato Luhan. “Mi odia?
È molto arrabbiato?”
“Non
penso... no. No, arrabbiato non è la parola giusta. O
almeno... non è arrabbiato con te.” Piuttosto, Minseok
sembrava arrabbiato con se stesso.
“Cosa
ha detto, Jongdae?” lo implorò Luhan.
Jongdae
sospirò. “Non molto, in realtà. Non mi
ha nemmeno detto cosa c'è che non va. Ma era decisamente
agitato, se questo... ti aiuta.” Seriamente, come faceva
Jongdae a sapere cosa Luhan volesse sentire?
Ma Luhan si
lamentò tristemente. “Gli hai detto di
rispondere al telefono?” chiese.
“Penso
fosse implicito.
Non ne voleva parlare, però. E poi ero più
impegnato a cercare di fargli mangiare il pranzo.”
Luhan emise
un suono spaventato. “Non sta mangiando?”
“Voleva
solo essere testardo a pranzo,” rispose
velocemente Jongdae, rassicurandolo. “Tutti lo stanno tenendo
d'occhio, non ti preoccupare. Sta bene.”
Luhan
rilasciò una lungo sospiro triste. “Cosa dovrei fare, Jongdae? Sei il suo migliore
amico. Dimmi cosa fare.”
“Non
conosco nemmeno la situazione, hyung…”
disse Jongdae, accigliato.
“Considerando che ho davvero
bisogno di parlare con lui, ma sono bloccato in Cina, cosa dovrei fare?”
Jongdae si
pizzicò il naso e prese un profondo respiro.
“Onestamente, hyung, credo dovresti semplicemente essere
più convincente con lui. Minseok è estremamente
testardo. Se potessi, ti direi di venire dritto qui e buttare
giù la sua porta. È così
grave.”
“Ma non posso,” si lamentò Luhan.
“Ed
è per questo che ho bisogno che risponda al telefono.”
“Lo
assillerò se vuoi che lo faccia, ma non posso fare molto
oltre questo,”
disse Jongdae scrollando le spalle. “Scusa, hyung.”
“È tutto okay…” rispose Luhan, sembrando
però tutt'altro che okay. “Ma spero che sappia quanto mi
stiano costando queste chiamate internazionali. Dovrò farmi
ripagare.”
“Ci
penseremo noi, hyung, non ti preoccupare,” disse piano
Jongdae. “Come sta tua madre, comunque? È tornata
a lavoro?”
“No…sta ancora male,
non può tornare. Non l'hai detto a Minseok, vero?”
chiese
preoccupato.
“No, non l'ho fatto. Dille di
guarire presto, okay?”
“Lo farò.
È solo una cosa allo stomaco, ma ha lavorato così
tanto che le ci vuole di più per rimettersi. Ha solo bisogno
di riposare.”
“Capita,” lo
rassicurò Jongdae. “Sono sicuro che
andrà tutto bene.”
“Lo spero…” sospirò Luhan.
“Le
cose... non stanno andando molto bene, al momento.”
“Lo
so.”
“Non dirlo a Minseok
però, okay? Non voglio che si
preoccupi.”
“Non
lo farò,”
gli promise Jongdae. Minseok non aveva bisogno di altre cose di cui
preoccuparsi.
“Comunque, devo chiamare
Kyungsoo prima di andare a lavoro. Ciao, Jongdae.”
“Ciao, hyung. Stammi bene.”
Luhan fece un
suono vago di assenso prima di riattaccare, e poi Jongdae mise
giù il telefono, facendo schioccare la lingua. Stava
imparando davvero velocemente che essere il tramite, senza sapere nulla
della situazione, non era affatto divertente.
“Kyungsoo, niente sta
migliorando e tutto sta solo peggiorando.”
Kyungsoo
sospirò profondamente. Aveva paura. “Beh se hai
provato a chiamare Minseok a casa, non era lì. È
andato allo spettacolo di Baekhyun.” Kyungsoo era stato
l'unico a non essere presente, sembrava – Jongdae aveva
filmato tutto per lui.
“Lo so. Penso che potrebbe aver
bloccato il mio numero, comunque. È cattivo con me,
Kyungsoo, non so cosa fare.”
Kyungsoo
riusciva a sentire Yixing chiacchierare dietro Luhan, e resistette
all'istinto di chiedergli cosa stesse dicendo. “Onestamente,
hyung, non so cosa dirti,” disse stancamente.
“Minseok non è mai stato bravo a gestire le
situazioni stressanti. Lo conosci. Le evita. È
così che va avanti.”
“Quindi cosa dovrei fare?” mugolò Luhan. “Gli hai parlato?”
“Sì,
ma tutto quello che mi ha detto è stato letteralmente Non posso, Kyungsoo,
dì a Luhan che non posso. Tutto qui.” Sorrise
leggermente. “È davvero drammatico.”
“Mi sta facendo uscire fuori di
testa,” disse frustrato Luhan.
“Mi
sto davvero arrabbiando con lui.”
“Penso
abbia solo bisogno di più tempo, hyung,” disse
gentilmente Kyungsoo. “Per riprendersi da... qualsiasi cosa
abbia bisogno di riprendersi. Forse dovresti lasciarlo solo per un po'
prima di riprovare.”
Luhan
grugnì forte. “Tutti mi danno consigli diversi!” si lamentò.
“Come
posso sapere cosa fare se tutti mi danno consigli diversi?”
Kyungsoo
poté sentire il proprio nome essere pronunciato in
sottofondo, in un coreano davvero accentato, e continuava a distrarlo.
“Non posso aiutarti con questo, hyung.”
“Jongdae ha detto che sembrava
agitato quando ha parlato con lui. A te è sembrato
agitato?” Poi disse qualcosa in cinese,
presumibilmente non per lui, seguito da, “Scusa, Yixing continua a
infastidirmi. Dice che vuole parlare con te, ma io sto parlando con te.”
Kyungsoo era
imbarazzato del rossore che gli colorì le guance.
“Va bene,” disse velocemente. “Lui, um.
Sì, sembrava decisamente agitato.”
“Beh allora dovrebbe rispondere
al telefono!” esclamò Luhan, e
Kyungsoo sospirò.
“Beh, la sola cosa che mi ha
detto è che non poteva, quindi... mi dispiace,”
disse. Si mise improvvisamente a sedere. “Oh, quasi
dimenticavo. L'unica altra cosa che mi ha detto è stata
– a dire il vero, non mi ha specificatamente detto di
dirtelo, ma nel caso ti aiuti, beh. Ha detto che gli dispiace.
Quindi... già.”
Luhan rimase
in silenzio per un momento e poi disse, “Aspetta, gli dispiace per cosa?
Non mi aiuta affatto. Peggiora soltanto le cose!”
Tutto
ciò che poté fare Kyungsoo fu scrollare le spalle. “Questo
è tutto quello che mi ha detto. Non so nemmeno cosa sta
succedendo, hyung, quindi è tutto quello che posso dirti.
Gli dispiace.”
“Beh dì a Minseok che
ho detto—” E Luhan si gettò in
un discorso in cinese che sembrava piuttosto arrabbiato, e che
strappò una risata a Yixing. “Yixing mi dà
ragione.”
“Um…non penso
sarò in grado di ripeterlo,” disse Kyungsoo,
sorridendo.
“Meglio, perché era
cattivo,” disse tristemente Luhan.
“Oggi
è davvero una brutta giornata.”
“Anche
per Minseok, se può fare differenza,” offrì
Kyungsoo.
Luhan
sospirò pesantemente, poi disse, “Yixing vuole parlare con te.
Devo andare a lavoro.”
“Cosa?” disse Kyungsoo,
entrando improvvisamente nel panico mentre Luhan lo salutava e passava
il telefono.
“Ciao!” disse all'improvviso una nuova
voce, nel peggiore coreano accentato che avesse mai sentito.
Kyungsoo
arrossì. “Uh…ciao,” disse.
“Non sapevo parlassi coreano.”
Ci fu una
pausa, e poi Yixing disse qualcosa in cinese, e Luhan gridò, “Dice che non sa cosa stai
dicendo, ma che imparerà!”
“Oh,” disse Kyungsoo,
sventolandosi il viso imbarazzato. Un paio di parole in cinese che
aveva appena imparato gli danzarono sulla lingua, ma le
mandò giù velocemente, troppo timido e insicuro
per dire qualcosa.
Più
cinese, e una traduzione gridata. “Dice che il coreano
è difficile, ma vuole imparare per parlare con te! E poi,
parla di più così può sentire la tua
voce!”
Kyungsoo rise
a disagio, e Yixing emise un suono di adorazione. “Non so...
non so cosa dire,” disse.
Ci fu una
lunga pausa, e poi Yixing disse, “Ciao, Kyungsoo!”
“Ciao,” rispose Kyungsoo,
sorridendo timido, e la linea cadde. Dovette ridere leggermente per la
ridicolaggine della situazione, anche mentre arrossiva. Onestamente,
non sapeva che senso avesse essere così... amichevole con
Yixing, ma... gli piaceva. Era piacevole, anche se passava troppo tempo
ad arrossire e sentirsi imbarazzato. Era diversa, l'attenzione e tutto,
ma gli piaceva comunque. E Minseok gli diceva sempre di provare cose
diverse.
Kyungsoo non
poté fare a meno di sentirsi costretto a provare davvero per
questa cosa.
Baekhyun
aveva sempre voluto che Chanyeol lo baciasse. Era stato uno di quei
suoi segreti, una di quelle sue fantasie vergognose per anni ormai. Ci
aveva pensato, lo aveva sognato, si era chiesto come sarebbe stato, si
era chiesto che tipo di baciatore sarebbe stato Chanyeol. Aveva provato
a mantenere basse le sue fantasie, però, dato che Chanyeol
era il suo migliore amico e tutto. Non voleva che le cose diventassero
strane. A volte si faceva trasportare, pensando a Chanyeol che lo
baciava, desiderando
che
lo baciasse (che avesse voluto baciarlo), ma tutto sommato,
Baekhyun non aveva lasciato che la situazione gli sfuggisse di mano.
Sapeva qual era il suo posto.
Ma ora …Chanyeol lo aveva baciato. Chanyeol lo aveva
baciato. Sulle labbra. Di fronte a centinaia di persone. Ed era stato
fantastico, e stupendo, era stato un sogno divenuto realtà,
se non per il fatto che per Chanyeol non aveva significato nulla. Nel
momento in cui le labbra di Chanyeol avevano toccato le sue, Baekhyun
si era dimenticato di tutto il resto, godendosi il calore della sua
bocca, il modo in cui sembrava perfetta contro la propria, e poi si era
ritratto e la realtà aveva colpito Baekhyun come un muro di
mattoni.
Era rimasto
così scioccato. Aveva detto a Chanyeol di non eseguire il
bacio, ma lui lo aveva fatto lo stesso. E poi lo aveva colpito
– l'imbarazzo, la vergogna, la furia. Chanyeol lo aveva
baciato, anche se Baekhyun gli aveva detto di non farlo, e Baekhyun lo
amava così tanto, ma Chanyeol non ricambiava.
Era riuscito
a trattenersi fino a che Minseok non era andato a chiedergli se stesse
bene. E poi era scoppiato in lacrime, così sopraffatto e
arrabbiato e agitato, singhiozzando contro la spalla del maggiore
perché era stato così bello
e
è
così stupido e perché non
può amarmi? Minseok lo aveva portato a
casa, una volta che si era calmato, e Baekhyun aveva passato l'intera
notte a prepararsi per quello che sarebbe successo. Avevano ancora un
sacco di esibizioni da fare, un sacco di baci da fingere, e Baekhyun
doveva ancora passare del tempo con Chanyeol, ogni giorno, fino a che
non fosse finito. Non sapeva come avrebbe potuto fare.
E ora era il
giorno seguente, e Baekhyun non stava facendo un buon lavoro. A
malapena riusciva a stare nella stessa stanza con Chanyeol, figuriamoci
interpretare la parte del suo amante durante le loro prove veloci a
pranzo. Come poteva, quando Chanyeol continuava a guardarlo, ma non si avvicinava, e
rimaneva sempre a qualche metro di distanza, semplicemente guardandolo? Chanyeol recitò la
propria parte a dovere durante le prove, ma Baekhyun non riusciva
nemmeno a incontrare il suo sguardo, gli fissava sempre la spalla
quando doveva stargli davanti, deglutendo a fatica e recitando le
battute.
Non aiutava
il fatto che le persone continuassero a ridacchiare e sussurrare tra
loro, e dicessero a Baekhyun che lo spettacolo era andato alla grande,
e che – e questa era la parte peggiore – il bacio
aveva superato le loro aspettative, e che era il punto forte di tutta
la commedia.
Baekhyun
stava cominciando a pensare che lui e Chanyeol si sarebbero dovuti
baciare ancora, per davvero, ogni volta che si fossero esibiti, e non
era sicuro di poterci riuscire senza perdere la testa.
Chanyeol
cominciava a diventare familiare con la sensazione di odio per se
stesso. Si era odiato spesso nelle settimane passate. Si era odiato
quando aveva lasciato Baekhyun da solo dopo la confessione, si era
odiato quando aveva visto Baekhyun appoggiarsi a Minseok per avere la
forza, si era odiato quando Baekhyun era stato così
titubante ad essere nuovamente amici. Ma Chanyeol non era sicuro di
essersi mai odiato tanto quanto si odiava adesso.
Solo ieri era
stato convinto che non sarebbe mai potuto sopravvivere se Baekhyun lo
avesse odiato, e come l'idiota che era, Chanyeol glielo aveva reso
davvero facile. Aveva solo – Chanyeol non aveva pensato. E lo
aveva semplicemente baciato, perché lo aveva voluto fare,
perché aveva bisogno di sapere cosa significassero questi
sentimenti che provava, ma Baekhyun chiaramente non voleva essere
baciato. Baekhyun probabilmente non lo amava nemmeno più (non era una sorpresa
– cosa c'era da amare in fondo?). E ora... era Chanyeol ad
amare Baekhyun. Quanto era incasinata la situazione?
Ma questo non
era nemmeno il problema più grande. Il problema
più grande era che Chanyeol stava rovinando la vita di
Baekhyun, e non sapeva come aggiustare le cose. Aveva rovinato la vita
amorosa del migliore amico, aveva rovinato la loro amicizia, e Baekhyun
era chiaramente triste, e ora non riusciva nemmeno a concentrarsi sulla
commedia.
Chanyeol voleva almeno che Baekhyun avesse il piacere di mettere su un
grande spettacolo, che avesse la soddisfazione di sapere che tutto il
suo duro lavoro non era stato per nulla, e Chanyeol stava facendo del
suo meglio per far sì che accadesse, ma ora Baekhyun non
riusciva a concentrarsi, non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi,
sembrava così a disagio e triste, ed era colpa di Chanyeol.
Chanyeol aveva la colpa di tutto.
Ed era
così stupido, era così stupido eppure
così da Chanyeol, quanto si arrabbiò quando alla
fine della giornata scolastica, Baekhyun non riuscì a
guardarlo negli occhi e invece guardò Minseok.
“Baekhyun,” disse,
avvicinandosi al migliore amico (erano ancora amici?).
Baekhyun lo
guardò sorpreso, e poi distolse velocemente lo sguardo,
puntandolo sul muro dietro di lui. “Cosa?”
Chanyeol
dovette prendere un profondo respiro, assicurarsi che non stesse
facendo niente di stupido, prima di dire, “Penso che forse
dovremmo provare ancora, sai. Solo noi due. Per essere sicuri di essere
pronti.”
Il viso del
ragazzo rimase impassibile. “Perché
pensi questo?”
“Perché,”
cominciò con attenzione Chanyeol, “Ho la
sensazione che ci siano alcune pieghe da stirare. Non pensi?”
Il pomo di Baekhyun si mosse quando
deglutì, e poi i suoi occhi si spostarono, non su Chanyeol,
ma su Minseok accanto a lui. A Chanyeol non piacque.
Minseok
scrollò semplicemente le spalle, sembrando inerme, e
Baekhyun sospirò e disse, “Sì. Sicuro.
D'accordo.”
E fu
così che finirono sul palco dell'auditorium vuoto, a
ripassare le battute, ancora vestiti con le uniformi scolastiche,
sembrando non un principe e un'eroina ma Chanyeol e Baekhyun, due
ragazzi che, ad un certo punto, si erano amati o si amavano.
Ma Baekhyun
continuava a rifiutarsi di guardarlo. Stava mandando Chanyeol fuori di
testa, il modo in cui distoglieva lo sguardo, fissando l'aria alla sua
sinistra, forzando sorrisi alla spalla di Chanyeol. Continuava a
sbagliare le parole, esitava prima di toccarlo, vacillava con ogni
passo in avanti.
“Baek,” disse alla
fine Chanyeol, con voce implorante. “Tu – dobbiamo
concentrarci. Io – mi dispiace.” Baekhyun si
irrigidì, il suo sguardo si indurì. Chanyeol
sussultò, ma continuò. “Davvero. Mi
dispiace. Ma devi farlo, okay, altrimenti te ne pentirai.”
Baekhyun
fissò l'albero alla destra di Chanyeol. “Non dirmi
cosa fare, Park Chanyeol,” disse, con voce provata.
“Baek, mi puoi
guardare?” chiese Chanyeol, con il cuore che batteva.
“Guardami. Guarda solo me. Voglio che guardi solo
me.”
La scossa nel
respiro di Baekhyun era inequivocabile. “Non
dirlo.”
Chanyeol
lottò per mantenere la voce stabile, ma fallì.
“Guarda solo me, perché io guardo solo
te.”
Baekhyun si
voltò allora, con gli occhi infiammati. “Chanyeol,
sta'
zitto. Non
so cosa ti aspetti da me, o cosa vuoi da me, ma puoi per favore
chiudere il becco e lasciarmi in pace? Sei davvero il peggiore. Sto
cercando con tutto me stesso di concentrarmi qui, e tu mi guardi, mi parli e
mi baci
maledizione,
e dici cose stupide come guardo solo te e onestamente, qual
è il tuo fottuto problema?” Chanyeol
tremò quando le lacrime caddero dagli occhi di Baekhyun.
“Ti diverti a giocare con me? Perché sembra
davvero che—” E non poté finire,
perché prima ancora che Chanyeol si rendesse conto di cosa
stava facendo, si chinò e lo baciò ancora.
Durò
solo un secondo, prima che Chanyeol si ritraesse e Baekhyun saltasse
indietro, gli occhi grandi spalancati. E poi, dopo un momento di
silenzio gelido, scattò, “Ma che cazzo, Chanyeol?! Perché
lo hai fatto?”
Chanyeol
deglutì, aprì la bocca, e per la prima volta
nella sua vita, disse la verità.
“Perché,” disse con un nodo in gola.
“Volevo farlo.”
Baekhyun lo
fissò con gli occhi spalancati.
“Perché
non voglio che guardi nessun altro che non sia io. Perché
voglio che tu sia felice, con me. Perché sei
fantastico e bellissimo e non posso vivere senza di te e penso
– penso che potrei essere innamorato di te.”
Gli occhi di Baekhyun si riempirono di
lacrime, e quando sbatté le palpebre, una gli
scivolò sulla guancia. “Mi stai prendendo in giro,
Park Chanyeol?” disse, con voce strozzata. “Mi stai
prendendo
in giro? Non
voglio il tuo – il tuo stupido amore per pena.”
“Non
è – non è così. Baekhyun, io—”
“Come
puoi amare—”
la voce di Baekhyun si ruppe sull'ultima parola. “Come puoi
dire di amarmi quando mi hai ferito così tanto? Ti ho amato
per così tanti anni, Chanyeol, perché stai
facendo questo ora?”
Chanyeol
deglutì a fatica, e resistette all'istinto di asciugare le
lacrime dalle guance di Baekhyun. “Perché sono un
idiota.”
“Puoi
scommetterci che sei un idiota,”
singhiozzò Baekhyun. “Come posso crederti? Dopo tutto questo, come posso
credere che tu davvero, all'improvviso, sia innamorato di
me?” Altre lacrime caddero, e le sue spalle cominciarono a
tremare, e Chanyeol fece un passo avanti per tirarlo più
vicino, con il cuore che correva, e gli tenne la testa contro la
propria spalla. “Smettila, vai via, ti odio,” disse
Baekhyun, dimenandosi.
“No, Baek, ascoltami. Lasciami
solo – lasciami parlare.” Baekhyun rimase in
silenzio, accasciandosi contro di lui. “Lasciami solo
spiegare. Io – sono stato così stupido. Lo so. Ma
non è - l'amore non è semplicemente qualcosa che
arriva all'improvviso, okay? Non so niente sull'amore, Baek, ma io
– penso che per me sia stato un processo lungo e prolisso che
mi ha portato dall'amarti... ad amarti. Ad essere innamorato di te. Ti
ho sempre amato, sai, ma non ero innamorato di te... non mi ero accorto
di esserlo perché sono un grande idiota. E so che non mi
credi – cavoli a malapena ci credo io – ma sono davvero serio
ora.”
Fece una
pausa, aspettò, ma Baekhyun rimase immobile e in silenzio,
quindi Chanyeol continuò, svuotandosi completamente. “Stare senza di
te... anche solo per due settimane... è stato terribile,
Baekhyun. È stato come. Come se mancasse un parte della mia
anima. E per tutta la mia vita – beh, da quando ti ho
incontrato – mi sono sempre sentito come se meritassi la tua attenzione. Sai come ci si sente? Penso che
tu sia fantastico, Baek. E ho provato così tanto a meritare
il tuo tempo. Non pensavo nemmeno di valerne la pena, quindi come
potevo comprendere
qualcosa
come l'amore? Che tu fossi innamorato di me, o che io lo fossi di te.
Non avevo nemmeno mai pensato di poter riuscire a farmi piacere da te.”
“Sei
così stupido,” Baekhyun
singhiozzò contro la sua spalla, la voce camuffata, e
Chanyeol lo abbracciò.
“E
c'è – mi ci è voluto così
tanto, e ti ha causato così tanto dolore, e sono
così stupido, so di esserlo, ma io – voglio
aggiustare le cose, Baek. A un certo punto, ho realizzato che non mi
sarebbe dispiaciuto... passare il resto della mia vita con te, sai? Ho
realizzato che forse c'era qualcosa in più oltre
all'ammirazione. E so di essere egoista, ma voglio che mi ami ancora.” Chanyeol
abbassò la testa per posare la fronte contro i capelli di
Baekhyun, con il cuore che gli batteva forte nel petto.
Ci volle un
po' perché Baekhyun dicesse qualcosa, il silenzio regnava
nell'auditorium vuoto, i suoi respiri erano lenti e tremanti. E poi,
alla fine, disse,
“Non ho mai smesso.” Il cuore di Chanyeol perse un
battito. “Non so perché, dato che sei –
sei stato terribile.”
“Lo
so,”
sospirò Chanyeol.
“Non
è facile disinnamorarsi.”
Chanyeol
rise. “Non è facile nemmeno innamorarsi.”
Baekhyun si
ritrasse alla fine, guardando Chanyeol con gli occhi spalancati,
speranzosi e spaventati e incerti. “Tu – davvero?
Mi ami?”
Chanyeol
deglutì, guardandolo, e riuscì a fare un piccolo
sorriso. “Sarei pazzo a non farlo.”
“Il
tipo di amore dove ti bacio e a te non dà fastidio?” chiese Baekhyun.
“Penso
che sarei un terribile... fidanzato, se semplicemente non mi desse fastidio,” rispose Chanyeol.
Baekhyun lo
fissò. “Fidanzato,” ripeté
piano, come se spaventato di dirlo ad alta voce.
Chanyeol si
rigirò la parola in testa. Era... strano. Decisamente
strano. Ma non sbagliato. “Già.”
E poi,
semplicemente così, Baekhyun lo baciò –
con esitazione all'inizio, come per assicurarsi che Chanyeol non
avrebbe cambiato idea, e Chanyeol sospirò contro le sue
labbra, perché erano così belle, così
morbide e calde e perfette, così giuste. Eppure quel bacio era anche
così incerto, così spaventato, e Chanyeol era
terrorizzato di superare il limite, non voleva fare pressioni su
Baekhyun, ma voleva davvero che il ragazzo sapesse che era sicuro al
cento per cento di questo, che voleva questo. Era strano, Chanyeol
non avrebbe negato che era strano baciare il proprio migliore amico, il
proprio migliore amico maschio, ma c'erano delle sensazioni che
gli risalivano il petto, sensazioni piacevoli, e lo voleva. Lentamente,
così lentamente, cercò di comunicarlo a Baekhyun,
con ogni tocco, premendo più vicino, abbassando la testa per
rendergli più facile approfondire il bacio, con
più sicurezza. E Baekhyun lo fece, alla fine. Le loro labbra
di separarono e unirono ancora, e la mano di Baekhyun si
posò sulla nuca di Chanyeol, tirandolo, tenendolo fermo
mentre inclinava la testa, premendo le loro bocche insieme.
Chanyeol era
travolto dalla sensazione, vacillava leggermente mentre Baekhyun lo
baciava in un modo in cui Chanyeol non aveva mai pensato di voler
essere baciato. Ricambiò ubbidiente, cercando di dare
esattamente quanto stava ricevendo, e per poco con inciampò
sui propri piedi mentre Baekhyun cadeva all'indietro contro un albero
dipinto. Ritrovarono l'equilibrio, ridendo gentilmente l'uno contro le
labbra dell'altro, e Chanyeol lo baciò ancora, e avrebbe
voluto che i polmoni smettessero di bruciargli perché non
voleva fermarsi. Quando Baekhyun cercò di ritrarsi, Chanyeol
non poté fare a meno di seguirlo per dargli altri due baci,
già dipendente dalla sensazione della bocca di Baekhyun
contro la propria, e poi indietreggiò per guardarlo. Il viso
di Baekhyun si aprì in un sorriso, accecante per la sua
intensità, le labbra rosse e umide e bellissime. Chanyeol
non poté fare a meno di ricambiare il sorriso.
Nessuno dei
due disse nulla fino a che Chanyeol non ruppe il piacevole silenzio per
dire, “Quindi questo conta come prove per lo spettacolo
o…?”
Baekhyun
rise, allegro e senza freni, e Chanyeol non si era mai sentito tanto
felice in vita sua. Pensò che forse aveva qualcosa a che
fare con il fatto che non aveva mai visto nemmeno Baekhyun
così felice.
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Capitolo 38 *** Capitolo 36 ***
Kim Jongdae non era una persona
gelosa. Quando suo fratello videochiamava dal Giappone e chiedeva
immediatamente di parlare da solo con i suoi genitori, Jongdae capiva
che aveva bisogno di consigli e di essere consolato, e che avrebbe
potuto parlare con lui dopo, e gli andava bene. Quando Minseok aveva
cominciato a passare più tempo con Luhan, Jongdae aveva
capito che Luhan aveva bisogno di un amico in questo paese nuovo, e che
Minseok lo considerava ancora il suo migliore amico e avrebbe fatto
qualsiasi cosa per lui, e gli andava bene. Quando Chanyeol e Baekhyun
si mettevano in coppia per lavorare a un progetto lasciando Jongdae a
trovarsi un compagno, Jongdae capiva che lavoravano meglio insieme, e
che non era niente di personale, e gli andava bene.
Eppure quando
Jongdae si imbatté in Junmyeon in corridoio dopo le lezioni
e cominciarono a parlare della prima dello spettacolo di Chanyeol e
Baekhyun, solo per essere interrotti dalla suoneria del telefono del
maggiore e un mormorato, “Oh, è
la mia ragazza,” a Jongdae non andava bene.
“Oh, hyung,” disse
forte Jongdae, riattirando l'attenzione del ragazzo. Sentì
un terribile senso di soddisfazione quando Junmyeon sollevò
gli occhi dal telefono per guardarlo. “Stavo parlando con mio
padre ieri. Di tutta la cosa dell'avvocato, e di come avresti voluto
fargli qualche domanda.”
Gli occhi di
Junmyeon si illuminarono immediatamente. “Oh, davvero? Cosa
ha detto?” Fece cadere le mani al proprio fianco, il telefono
dimenticato.
“Ha detto che è
impegnato in questi giorni, ma gli piacerebbe chiacchierare con te
qualche volta. Posso chiamarlo ora, e vedere se è
occupato.”
Junmyeon
sorrise, un po' timidamente. “Sarebbe davvero
fantastico, Jongdae.”
La chiamata
durò un minuto, e per qualche miracolo, il padre disse, “Sai cosa,
può fermarsi questo pomeriggio, se vuole! Potrei
ritagliargli un po' di tempo, prima di stasera.”
Jongdae non
poté trattenere il sorriso quando riferì la
notizia a Junmyeon, il quale si illuminò. “È
fantastico! Quindi posso venire, tipo, ora?”
“Sì,
certo,”
rispose Jongdae, annuendo. Guardò il telefono di Junmyeon.
La spia delle notifiche stava lampeggiando, ma non l'aveva nemmeno
notata.
Si misero in
marcia qualche minuto dopo, fianco a fianco lungo la strada, respirando
l'aria fresca (per quanto potesse essere fresca l'aria di Seoul) e
chiacchierando amabilmente di qualsiasi cosa venisse loro in mente.
Junmyeon gli chiese ancora della cosa del presidente del consiglio
studentesco, e Jongdae confermò ancora una volta che si
sarebbe candidato alla posizione, e che stava già pensando
al suo discorso per la campagna e a come sarebbero stati i manifesti.
Junmyeon gli diede qualche pacca orgogliosa sul braccio. Jongdae non si
sentiva così soddisfatto di se stesso da anni.
Raggiunsero
casa di Jongdae, e Jongdae lo fece entrare rapidamente, togliendosi le
scarpe e chiamando il padre. A volte passava molto tempo in ufficio, ma
ultimamente stava gestendo numerosi casi da casa. Un momento dopo,
bussò alla porta dell'ufficio del padre e sbirciò
dentro.
“Papà? Ho portato il mio amico a farti
visita.”
L'uomo
sollevò lo sguardo dallo schermo del computer e sorrise. “Oh! Certo.
Entrate, sedetevi.”
Jongdae si
voltò e fece cenno di entrare al maggiore, che
oltrepassò la porta e si inchinò più
volte di quanto non fosse necessario. “Buon pomeriggio,
signore,” disse, sembrando nervoso. “Sono Kim
Junmyeon.”
Il padre di
Jongdae rise.
“Non c'è bisogno di essere così
formale,” disse, indicando le sedie che correvano lungo il
muro. “Kim Junmyeon, hmm? Jongdae ci ha parlato di
te.”
Jongdae
tossì imbarazzato, il viso avvampò leggermente, e
finse di non vedere lo sguardo che gli lanciò Junmyeon.
Si sedettero,
e il padre sorrise da dietro la scrivania. “Allora, ti
piacerebbe diventare avvocato, huh?”
Junmyeon
annuì vigorosamente, sembrando più entusiasta di
quanto Jongdae non lo avesse mai visto. Era affascinante. “Già!
È quello che ho sempre voluto per tutta la mia vita
praticamente.”
“Un'eccellente
scelta di carriera. Estremamente necessaria,” disse l'uomo,
annuendo. “Molti studi difficili, però.”
“Oh, lo so,” rispose
Junmyeon. “Ma penso di potercela fare.”
“Può
farcela,”
disse Jongdae, senza nemmeno pensarci. “Se c'è
qualcuno che può farlo, questo è
Junmyeon.”
Il ragazzo si
voltò a sorridergli, e il padre sembrava divertito dai due. “Così ho
sentito,” commentò. “Ora, cosa volevi
sapere del processo per diventare avvocato?”
Junmyeon
voleva sapere tutto. Chiese delle
università, degli esami, del trovare un lavoro, che tipo di
lavori si potevano fare, che tipo di lavoro faceva il padre di Jongdae, i tipi di casi che aveva avuto
in passato, soprattutto i primissimi e i più recenti. Chiese
del salario e lavorare in proprio rispetto a lavorare per uno studio, e
onestamente, a Jongdae non poteva fregare di meno di questa
conversazione, sapeva già tutto quello che c'era da sapere
sulla carriera del padre, eppure non riuscì a lasciare la
stanza, gli occhi fissi sullo sguardo acceso e il sorriso entusiasta di
Junmyeon.
Non aveva
idea di quanto tempo fosse passato prima che il padre dicesse, “D'accordo ragazzi,
per quanto mi abbia fatto piacere questa chiacchierata, devo davvero
concludere un paio di cose prima dell'incontro di stasera. Se mi potete
scusare…”
“Certo!” rispose
velocemente Junmyeon, alzandosi in piedi e inchinandosi di nuovo, ma
meno esageratamente stavolta. “Grazie mille per aver
accettato di parlare con me oggi, Signor Kim.”
“È stato un
piacere!” disse il padre di Jongdae con un sorriso.
“Mi piacerebbe continuare il discorso qualche volta, magari
il prossimo anno quando comincerai gli studi. Anche se non sono sicuro
se mi farà sentire di nuovo giovane o più
vecchio,” aggiunse con una risata. “In ogni caso,
mi porta tanti ricordi.”
Junmyeon
sorrise e abbassò ancora la testa, poi salutò
allegramente e lasciò la stanza, con Jongdae dietro.
Rimasero lì in corridoio, entrambi chiaramente non sapevano
cosa fare.
“Allora, uh,” disse Jongdae.
“Ti va di, uh, rimanere un po' qui?”
Junmyeon
sorrise, ancora deliziato dall'ora appena passata. “Certo, sarebbe
carino.”
Andarono in
camera di Jongdae, proprio in fondo al corridoio, e Jongdae si sedette
sul letto mentre indicava la sedia a Junmyeon, guardandosi intorno
silenziosamente per assicurarsi che non fosse troppo in disordine o
imbarazzante. Fortunatamente, non era nessuna delle due, non troppo
almeno.
“Allora...” cominciò
Jongdae, giocherellando con la manica della camicia. Gli sarebbe
davvero piaciuto togliersi l'uniforme, ma non lo avrebbe fatto con
Junmyeon nella stessa stanza. Il che era strano, dato che erano
entrambi ragazzi, ma...non lo fece e basta.
“Cavolo,
sono così contento di essere riuscito a parlare con tuo
padre oggi,”
disse il maggiore, illuminandosi ancora e ruotando leggermente a destra
e sinistra sulla sedia. “Ero un po' preoccupato per la mia
carriera, sai, solo perché so che c'è molto
studio da fare, ma mi sento meglio sapendo che persone normali l'hanno
fatto e hanno avuto successo.” Rise leggermente amareggiato.
“Già,” disse Jongdae,
sorridendo.
“Ed
è stato davvero gentile a rispondere a tutte le mie stupide
domande. Tuo padre è davvero fantastico.”
“Immagino di sì. Hey,
hai mai scoperto di chi fosse il poster che è caduto durante
il festival e ha colpito la signorina Song sul viso?” chiese
Jongdae. Era stata la parte più eccitante di tutto l'evento.
“Sì,
era di quella
Seungyeon, lo ha confessato il giorno dopo,” sorrise
Junmyeon. Una pausa, e poi, “Non sarebbe fantastico se un
giorno potessi usare tuo padre come referenza per la borsa di studio e
tutto? Voglio dire, certamente mi dovrà conoscere di
più ma sarebbe perfetto.”
Jongdae
lottò per trattenere un cipiglio.
“Già,” disse vagamente. Parliamo di qualcos'altro, sussurrò una voce
nella testa di Jongdae, che però si rifiutò di
ascoltare. Parliamo di me. Parliamo di
noi. Siamo amici, vero? Ti piaccio, non solo perché sono il
figlio di una potenziale referenza futura, vero?
“Scusa,
sono solo molto eccitato per questa cosa,” disse Junmyeon,
ridendo imbarazzato. “È stato gentile da parte tua
fare questo per me, sai. Grazie ancora.”
Jongdae
scrollò le spalle, abbassando la testa timido.
“Non è niente.”
“No, sono serio. Sono davvero
felice che tu abbia.... fatto questo per me.”
Jongdae
sollevò gli occhi per incontrare quelli di Junmyeon,
all'improvviso stupidamente speranzoso. Il suo stomaco
brontolò, e si rese conto che non aveva fatto la solita
merenda del dopo scuola. “Hey, uh,
c'è una piccola bancarella di mandu non
lontano—”
La vibrazione
di un telefono lo interruppe per la seconda volta quel giorno, e gli
occhi di Junmyeon si spalancarono. “Merda!”
esclamò, tirando fuori il telefono dalla tasca.
“Non ho mai risposto!”
Jongdae si
sentì stranamente compiaciuto per un momento, fino a che
Junmyeon non si alzò rapidamente. “Oh, te ne
vai?” chiese con voce debole.
“Già,
scusa, devo davvero andare. Dovrei incontrarla tra dieci minuti per cena.” Si
guardò intorno brevemente prima di ricordarsi che le sue
cose erano all'ingresso.
“Oh. Stavo pensando che magari
saremmo potuti andare a mangiare qualcosa…” disse
Jongdae, odiando come fosse sembrato penoso, disperato.
“Scusa, Jongdae-yah,”
disse Junmyeon, e si fermò a guardarlo leggermente negli
occhi. “Ma lei è la mia ragazza, e
tu—” Si fermò, interrompendosi, e
cercò di sorridere. “Scusa.”
Jongdae non
rispose, non riusciva a pensare a qualcosa che non sembrasse acido o
implorante. Qualcosa di nauseante e caldo gli invase lo stomaco, gli
fece stringere il cuore.
“Vado,” disse con
leggerezza Junmyeon, nel tentativo di sembrare allegro, e
uscì dalla porta, socchiudendosela alle spalle, come se
stesse cercando di creare una barriera tra sé e Jongdae.
Jongdae
deglutì a fatica, rimanendo immobile fino a che non
sentì la porta d'ingresso chiudersi. Poi, con le mani che si
muovevano di loro spontanea volontà, prese il cuscino dalla
testa del letto e lo lanciò contro la porta, chiudendola del
tutto. “Sì, beh fottiti, Kim Junmyeon,”
abbaiò, buttandosi sul letto e voltandosi verso il muro.
Jongdae non
era mai stato una persona gelosa prima.
Se c'era una
cosa positiva di tutta la terribile, orribile situazione che era la
vita di Minseok al momento, era che riuscì davvero a finire
tutti i suoi compiti in tempo. In un atto di disperazione per trovare
qualcosa con cui distrarsi da tutte le cose relative alla sua
dichiarazione andata terribilmente male, aveva cominciato a tornare
direttamente a casa dopo la scuola e lavorare immediatamente sui suoi
progetti e compiti ed equazioni di matematica, e a studiare per i test
che non sarebbero stati prima della settimana successiva. Era ridicolo,
Minseok lo sapeva che era ridicolo, perché fra poco sarebbe
stato così
produttivo
da non avere più niente da fare e si sarebbe dovuto cercare
qualcos'altro
(forse avrebbe potuto riorganizzare i libri di cucina della madre in
ordine alfabetico?), ma lo fece comunque perché non voleva
davvero pensare ad altre cose al momento. Non voleva pensare a Luhan, o
a tutti i numeri bloccati sul suo cellulare, o a quanto avesse pianto
Baekhyun la notte precedente dopo che Chanyeol lo aveva baciato.
Minseok non voleva essere quel ragazzo che piange ogni notte
perché la persona di cui era innamorato lo aveva rifiutato.
Quindi stava
semplicemente evitando di essere rifiutato.
E stava
andando anche piuttosto bene, se poteva dirlo da solo. Probabilmente
non avrebbe mai più potuto parlare con Luhan, e quindi?
Questo lo avrebbe reso quasi tanto miserabile quanto il pensiero stesso
di essere rifiutato, e quindi? Almeno in questo modo, Minseok poteva
evitare stupide scuse, e conversazioni imbarazzanti e l'eventuale
allontanamento che alla fine sarebbe giunto. Lui e Luhan non erano come
Baekhyun e Chanyeol. Non erano migliori amici di una vita. Non vivevano
nemmeno nello stesso paese, al momento. Non sarebbero stati in grado di
'rimanere amici'. Minseok non voleva nemmeno che 'rimanessero
amici'. Non sapeva nemmeno cosa volesse. Voleva non essere innamorato
di Luhan. Perché doveva essere innamorato di Luhan?
Grugnendo,
Minseok si accasciò in avanti piantando la fronte sui suoi
libri di matematica. Questo era esattamente quello a cui non doveva pensare. Ma era
difficile, ovviamente, quando più di ogni altra cosa,
Minseok sentiva da impazzire la mancanza di Luhan. Pensava che fosse
dannatamente ingiusto.
Era sdraiato
là da qualche minuto, o forse da un'ora, quando
sentì qualcuno bussare violentemente alla porta d'ingresso.
Sollevando la testa dal tavolo di cucina, Minseok considerò
brevemente di fingere di non essere a casa, perché adesso
non aveva davvero l'energia per fare niente, ma poi la voce di Kyungsoo
attraversò il muro, forte e decisa. “Hyung! So che sei
a casa.”
Minseok
sussultò, alzandosi lentamente. “Che
c'è?” chiese con esitazione. L'ultima volta che
Kyungsoo aveva fatto irruzione in casa sua, era stato per urlargli che
era un idiota. “C'è qualcosa che non va?”
“Sì,
c'è qualcosa che non va,” rispose Kyungsoo,
“perché pensi che busserei alla tua
porta?”
Immediatamente,
il corpo di Minseok venne invaso dal panico, e si affrettò
verso l'ingresso. “Stai bene?” chiese, con gli
occhi spalancati mentre apriva la porta. “Sei
mala—”
“Vieni
con me,”
disse Kyungsoo subito, interrompendolo e afferrandogli il polso.
Minseok
inciampò dietro di lui mentre veniva trascinato in fondo al
corridoio, con la mente che correva. Cosa stava succedendo?
Perché Kyungsoo lo stava toccando? Cosa poteva esserci di
così grave che Kyungsoo rischiava il contatto pelle-a-pelle?
Stava morendo? Il cuore di Minseok batteva
all'impazzata, ma non riusciva a trovare la voce.
Kyungsoo lo
tirò alla fine del corridoio e oltre la porta, dentro casa
sua, e dritto nella sua stanza. “Tu starai qui,”
disse deciso, “e parlerai con lui, e non mi importa se la
cosa ti ucciderà
perché
al momento stai uccidendo lui.”
“Cosa?” chiese Minseok,
con il petto che si stringeva per un altro tipo di terrore.
L'unica
risposta che ricevette Minseok fu una spinta sorprendentemente forte, e
il rumore di una porta che si chiudeva dietro di lui. “Non toccare troppe
cose, e non piangere su qualcosa difficile da disinfettare!”
“Soo!”
esclamò Minseok, con il fiato corto mentre si voltava verso
la porta. “Soo, aspetta, non posso—”
La voce di
Kyungsoo era attutita dalla porta e disse, “Puoi, hyung, e lo farai, perché sei l'unico
che sappia cosa sta succedendo e cosa fare per confortarlo quando
piange mentre tutto quello che posso dire io è,
‘Beh, sì, Minseok-hyung è un
codardo.’”
“Cosa?” chiese ancora
Minseok, con tutto il corpo che tremava. “Perché
sta piangendo?”
“Non
lo so, perché non glielo chiedi tu?” rispose Kyungsoo,
sembrando più irritato di quanto Minseok non lo avesse
sentito da tempo.
“Ma
io—”
“Seok-ah?”
Minseok si
irrigidì al debole, esitante suono del suo nome. Il respiro
gli si bloccò in gola e il cuore gli batté contro
il petto come un ariete. Per poco – poco – non scappò sul
balcone, ma poi il suo corpo si voltò, di propria
volontà, lentamente e con esitazione, per guardare il
computer sulla scrivania di Kyungsoo. Non era di fronte a lui, ma
perpendicolare alla porta e rivolto verso il letto, ma Minseok
riuscì a vedere un viso sullo schermo, un viso che conosceva
estremamente bene e che gli era mancato così stupidamente
tanto per i passati giorni, e non riusciva a vedere i dettagli da
quest'angolazione, ma gli occhi di Luhan erano sospettosamente rossi e
gonfi mentre sollevava una mano per strofinarli.
“Minseok?” disse
Luhan, con voce un po' tremante, e Minseok fece un passo involontario
verso di lui, poi si bloccò e si accucciò a
terra, prendendo un grande respiro. No, no, non poteva farlo, era
esattamente per questo che non poteva farlo.
Ma Luhan
stava piangendo – Minseok riusciva a sentirlo tirare su col
naso e riprendere fiato ora – non sapeva perché.
“Luhan…”
L'improvviso
ansimo da parte di Luhan fu udibile. “Minseok, oddio,
non mi aspettavo che venissi, ora, sono – non riesco a
credere che sia qui e sto piangendo ed è un disastro,
io—”
“Lu, che succede?”
chiese Minseok, ed era ancora accucciato a terra, ancora fuori dalla
visuale di Luhan, sbirciava ancora il suo viso sconvolto mentre il
ragazzo continuava ad asciugarsi le guance.
“Perché stai piangendo?”
Luhan rise
allora, un po' isterico, e Minseok sentì il terrore
crescergli nello stomaco. “Beh, considerando che non dormo da
due giorni e ho quasi perso il mio lavoro e il mio migliore amico si
è dichiarato il giorno del mio compleanno per poi cercare di
cancellarmi completamente dalla sua vita e ho speso tutti i miei soldi
cercando di contattarlo comunque e la mia vita è un casino,
immagino possa dire che ci sono un bel po' di cose che non vanno al
momento.” tirò su col naso rumorosamente e si
passò la manica sugli occhi umidi. “E non so
nemmeno perché sto piangendo ora ma non riesco a smettere ed
è così STUPIDO,” disse aspramente.
Minseok
trattenne un lamento, il cuore gli si stringeva pericolosamente.
“Mi dispiace,” disse, sedendosi e tirandosi i
capelli. “Mi dispiace, io non – ho rovinato tutto,
e mi dispiace, sono così stupido, non so perché
l'ho detto, in quel momento poi, e non avrei dovuto dirlo proprio, sono
così idiota, ed era tardi e non riuscivo a pensare bene e
l'ho detto
e
basta, e non so perché, ma non sapevo cosa fare e sono
così stupido e mi dispiace, davvero tanto.”
Ci fu una
lunga pausa, e poi Luhan disse, “Dove sei, vieni
qui stupido. Idiota.”
Minseok
davvero, davvero,
non
voleva farlo, ma il tono di Luhan non lasciava spazio a discussioni,
persino dall'altra parte di uno schermo, quindi Minseok si
alzò lentamente e con gambe tremanti entrò nella
visuale, sistemandosi sulla sedia di Kyungsoo e abbassando la testa per
non guardare lo schermo.
“Minseok. Guardami.”
singhiozzò Luhan, ma la sua voce era così
imponente che Minseok lo fece comunque, incontrando i suoi occhi pieni
di emozione, con lo stomaco attorcigliato. “Guardami, e dimmi
almeno se dicevi davvero. Sai quanto è stata dura senza
nemmeno sapere se fossi serio? Come mi sarei dovuto sentire?
Non mi parlavi nemmeno, idiota.” I suoi occhi cominciarono a
lacrimare ancora. “E questo è l'unico insulto che
conosco e non è abbastanza forte.”
Minseok
deglutì a fatica, guardandolo. Pensò a Baekhyun,
sapeva esattamente quanto faceva male rovinare un'amicizia con dei
sentimenti. Pensò a Jongdae, e quanto fosse sembrato
devastato, il giorno che aveva scoperto che Junmyeon aveva una ragazza.
Aprì
la bocca.
“Ero serio,” singhiozzò.
“Dicevo davvero. La verità è che ti
amo, ti ho amato per tanto tempo, anche se non volevo, e ho cercato con
tutto me stesso di negarlo. E volevo – volevo dirtelo, il
giorno del mio compleanno. Avevo pianificato di dirtelo. Ma poi te ne
sei andato ed è – è stato
così pazzesco, tutta questa faccenda era così
stupida, voglio dire, pensavo che, anche se tu non avessi ricambiato,
lo avremmo potuto superare in qualche modo. Magari, se non mi avessi
odiato, un giorno ti sarei potuto piacere. Ma ora tu sei lì
e io sono qui e sono così stupido per avertelo detto,
perché non voglio nemmeno conoscere la tua risposta. Non
voglio saperlo. Ti prego, non dirmelo, perché se non dovessi
provare lo stesso farebbe troppo male, ma nell'eventualità
che invece non
sia
così farebbe comunque male perché tu sei
ancora lì e io sono ancora qui. Ti prego non dirmelo e
basta. Va tutto già abbastanza male così. Ti
prego, dimenticalo, e lascia che le cose tornino come erano. Ti prego
non farmelo fare. Non posso farlo.”
Nel silenzio
che seguì lo sfogo di Minseok, Luhan lo fissò con
gli occhi spalancati, e Minseok sentì il bruciante desiderio
di spegnere il computer e scomparire ancora. Prima che potesse farlo,
però, Luhan aprì la bocca e disse, “Cosa? No, devo
decisamente dirtelo.”
“No, ti prego no,”
disse Minseok, scuotendo vigorosamente la testa. “Non dire
niente. Ti prego, Luhan.”
“Minseok, ho bisogno di dirtelo,” disse
Luhan, aggrappandosi al bordo della scrivania.
“No, no, davvero, non
devi,” ripeté Minseok, spingendo indietro la sedia
e coprendosi le orecchie disperatamente. “Penso di dover
semplicemente andare, questa è stata una cattiva idea,
io—”
Luhan
imprecò forte in cinese, così forte che Minseok
riuscì a sentirlo anche con le orecchie tappate. “Kim Minseok non OSARE andartene
prima che ti possa dire che ti amo anche io!”
Minseok si
pietrificò, gli occhi spalancati mentre le mani cadevano al
suo fianco. “Cosa?”
Luhan
sembrava combattuto tra il voler rompere qualcosa e il voler ridere
istericamente. “Sei un completo idiota. Ti amo da secoli cavolo, e
sono—” E si gettò nel cinese, sembrando
in parte frustrato e in parte sollevato, e Minseok a malapena riusciva
a sentirlo, sopra il battito del proprio cuore.
Gli ci volle
un momento per trovare la voce. “Da – da
quando?” si strozzò.
Luhan rise,
così allegro e felice che, in quel momento, Minseok avrebbe
prenotato il primo volo per la Cina solo per baciarlo. “Non
è stata un cosa improvvisa,” disse, sorridendo.
“Onestamente, non sono nemmeno sicuro se mi piacessi
all'inizio. Ero semplicemente così disperato di trovare un
amico, quando ero appena arrivato, ed ero così grato che mi
tollerassi, che non riuscivo davvero a capire se mi piacessi o meno. Ma
poi ho imparato a conoscerti di più, quanto gentile tu sia
una volta che ti avvicini a qualcuno, e quanto ti prenda cura dei tuoi
amici, e quanto ti piaccia il calcio, e mi sei piaciuto sempre di
più con ogni giorno che passava. Come amico, dico. Ma poi
continuavi a piacermi, ancore e ancora, e ancora, e poi un giorno ero
tipo…wow, lo amo.” Rise ancora, coprendosi il
viso, e disse, “Ah, è così
imbarazzante.”
Minseok ebbe
la sensazione di essere a bocca aperta, con le guance in fiamme.
“Tu – dici sul serio? Mi ami davvero?”
“Ovviamente,” rispose Luhan,
alzando gli occhi al cielo.
“No, non è ovvio!”
esclamò Minseok. “Non è affatto
ovvio!”
“Ti
prego, Minseok, prima che me ne
andassi ho passato ogni minuto possibile a guardarti con le stelle
negli occhi,” rise Luhan.
“No, no tu—”
Minseok sputacchiò, arrossendo. “Mi hai mandato
così tanti segnali contrastanti. Sei stato assolutamente
terribile. Non pensi che abbia passato ogni ora a cercare di decidere
se ti piacessi o meno?”
“Non
è vero!”
protestò Luhan. “Tu—”
“Sì
invece! Ti
ricordi – ricordi al cinema? Il giorno di San
Valentino?” Minseok si raddrizzò all'improvviso,
stringendo i pugni, con l'indignazione che gli montava nel petto. “Questo non
è un appuntamento, Minseok! Non farti strane
idee! Che
cavolo, Lu?”
“No, okay, se dobbiamo parlare
di segnali contrastati, che mi dici di te,” disse Luhan, con
gli occhi sgranati. “Ho fatto così tanti sforzi
per cercare di capire se forse ti piacessi come più
di un amico. Ma ti comportavi come se fossi terrorizzato da me. Ogni volta che ti toccavo, ti
ritraevi così velocemente che per poco non cadevi. Ti
comportavi come se l'ultima cosa che volessi fosse
piacermi! Cercavo con tutto me stesso di rendere la cosa invitante per
te. Tipo, guarda
Minseok, se stessi con me, ti coccolerei sul divano. Mi prenderei cura di te
quando sei malato. Ti terrei per mano. Ma sembravi così a
disagio con l'idea che sentivo di starti facendo troppa pressione,
quindi ho provato a rassicurarti che essere solo amici mi sarebbe andato bene lo
stesso! Stupido.”
Minseok lo
guardò a bocca aperta. Aveva passato così tanto
tempo a preoccuparsi di non mettere Luhan a disagio che non aveva mai
nemmeno pensato a che tipo di messaggio potessero inviare le proprie
azioni. “Io—sono solo timido!”
esclamò. “Sono timido e paranoico e sono gay e non sapevo nemmeno se ti
piacessero i ragazzi!”
“Sinceramente, Minseok, chi cavolo
toccherebbe un ragazzo così tanto come ho fatto io se quel
ragazzo non gli piacesse?” sbuffò Luhan.
“Tu!”
protestò Minseok. “Tu tocchi tutti! Tocchi Yixing
tutto il tempo!”
Luhan rise.
“Questo perché è il mio migliore
amico.”
“Beh
lo sono anche io, a quanto pare,” disse Minseok,
avvampando. “Quindi non osare darmi la colpa per non sapere
se ti piacessero i ragazzi o meno. Neanche tu mi hai mai dato un segnale
chiaro.”
“Beh
non mi piacciono i ragazzi, nello specifico. Ma sono
abbastanza aperto a farmi piacere chiunque. E mi piaci tu, ecco,” disse Luhan.
Minseok stava
ancora cercando di processare quel dettaglio. “Ne sei
sicuro?” chiese intontito.
“Sicurissimo,” disse Luhan con un
sorriso.
“Beh,” rispose Minseok,
prendendo fiato. “Che schifo.”
Il sorriso
cadde immediatamente dal viso di Luhan. “Che vuoi
dire?”
Minseok
deglutì, incontrando lo sguardo ansioso del ragazzo.
“Beh, io ti piaccio—”
“Ti
amo,”
lo corresse con sincerità Luhan, facendo saltare un battito
al suo povero cuore.
“Mi
ami,”
continuò lui. “E io... amo te.” Wow, era
strano da dire. Ma allo stesso tempo così bello.
“Ma tu sei ancora in Cina, e io sono ancora in Corea, e
questo... fa davvero schifo.”
“Oh.” Luhan
abbassò le spalle. “Già.”
“Non
sappiamo nemmeno se tornerai mai,” disse pietosamente
Minseok. “E io devo stare qui. Kyungsoo ha bisogno che stia
qui. Mia mamma ha bisogno che stia qui. E sai che non gestisco bene i
cambiamenti.”
Luhan
sospirò. “Io—non so cosa dire,
Minseok.”
“È per questo che non
volevo sapere,” sussurrò. “Sono felice
– sono tanto, ridicolmente felice
– che tu... provi le stesse cose,
ma allo stesso tempo fa male. Tanto. È ancora dura.
Perché sei così lontano.”
Luhan lo
fissò in silenzio per un momento, e poi allungò
una mano, presumibilmente per toccare lo schermo. “Ma ti amo
lo stesso,” disse piano.
Il cuore di Minseok palpitava. Voleva
essere allegro, voleva semplicemente stare seduto lì e
ridacchiare e dire, 'Sta davvero accadendo?' ancora e ancora, ma non
poteva, perché faceva male. “Già,” disse,
perché non riusciva a dire queste cose con tanta
semplicità come Luhan. “Anche io.”
“Posso
semplicemente spedirmi in Corea per posta?” chiese Luhan.
“Pensi potrebbe funzionare? Perché lo
farei.”
Minseok rise
gentilmente, e voleva baciare Luhan così tanto, o anche solo
toccarlo,
e
gli faceva male fisicamente non poterlo fare, né ora
né in futuro. “Non penso, Lu.”
“Già,” Luhan
sospirò tristemente, con la mano ancora sollevata.
“Comunque, sono ancora arrabbiato con te per essere stato
così stupido.”
Minseok rise,
anche se i suoi occhi cominciavano a bruciare per le lacrime.
“Anche io sono arrabbiato con me,” disse.
“Lo sono spesso. Ma anche tu sei stato stupido.”
“Sì,” rispose Luhan,
scrollando le spalle. “Immagino sia
così.”
“Questa
cosa dell'amore è davvero difficile,”
sussurrò Minseok.
Luhan
posò il mento sulle mani, i gomiti sulla scrivania.
“Stupidamente difficile. Sapevo che avrei semplicemente
dovuto seguire l'esempio di Jongin.”
“Beh,
io stavo cercando di non seguire quello di Baekhyun,” ammise Minseok.
“Cosa
ha fatto Baekhyun?”
chiese Luhan, e oops, Minseok non avrebbe dovuto dirlo in giro.
“E parlando di Baekhyun, questa è un'altra cosa
stupida che hai fatto! Tenere per mano Baekhyun e passare
così tanto tempo con lui e non con me.”
Proprio in
quel momento, il telefono di Minseok squillò nella sua
tasca, e lo tirò fuori trovando un messaggio dello stesso
Baekhyun, con una foto allegata. GRANDI NOTIZIE, CHIAMAMI APPENA
PUOI,
diceva il messaggio, e l'immagine era del ragazzo che sorrideva
largamente, con un Chanyeol davvero compiaciuto che posava un bacio
sulla sua guancia, sospettosamente vicino alle labbra. Minseok rise,
scioccato ma non proprio sorpreso dall'evoluzione degli eventi.
“Beh, non ti devi preoccupare di quello,” disse,
girando il telefono per mostrarlo a Luhan. “Sta con qualcun
altro.”
Luhan
sbirciò da vicino lo schermo, poi rise deliziato.
“Lo sapevo! Mi chiedevo perché si stesse
avvicinando così tanto a te, quando era così
ovviamente innamorato di Chanyeol.”
Minseok
sorrise mestamente. “Ero il suo sistema di supporto, a dire
il vero,” ammise.
“Beh
non sono sicuro perché questo implicasse tenergli la mano,” ribatté
Luhan, sembrando offeso.
“È stata una sua
idea,” rispose Minseok scrollando le spalle. “E
poi, anche lui stava supportando me. Eravamo entrambi innamorati dei
nostri migliori amici.”
Luhan sorrise
all'improvviso, anche se i suoi occhi erano ancora un po' tristi.
“Ti ho scritto una canzone,” disse. “Ti
ho scritto una canzone d'amore. Non riesco a credere che non
sapessi di piacermi.”
Minseok
sputacchiò. “Come avrei dovuto sapere che era una
canzone d'amore? Era in cinese.”
“Dovresti
studiare di più,” disse Luhan,
scuotendo la testa con finta delusione.
“Immagino sia
così,” rispose Minseok, sorridendo. Era
così felice. Era così felice, e scioccato, e
stupito e stravolto e un centinaio di altre cose, e avrebbe voluto che
una di esse non fosse amarezza. Perché avevano aspettato
così tanto per fare questo? Avrebbe fatto più o
meno male se lo avessero saputo prima che Luhan fosse mandato via?
Rimasero in
silenzio per pochi momenti, si guardavano, godendosi l'istante. Poi
Minseok vide le occhiaie sotto gli occhi del ragazzo, e
mormorò,
“Dovresti dormire. Perché non stai
dormendo?”
Luhan
ridacchiò leggermente. “Non riuscivo a dormire.
Ero troppo triste. Non rispondevi al telefono.”
Minseok
abbassò la testa, colpevole.
“Scusa…”
“È tutto
okay,” disse lui, sorridendo tristemente. “Sto
parlando con te adesso.”
“Dovresti
andare a letto,”
disse Minseok, le sopracciglia aggrottate per la preoccupazione.
“Già,” disse Luhan. Ma
nessuno dei due si mosse, e caddero nuovamente nel silenzio. Poi, alla
fine, Luhan disse, “Mi manchi.”
Minseok
trattenne il fiato. “Mi manchi anche tu,” disse.
“Da impazzire.”
“Vorrei
essere con te.”
“Anche
io.”
“Non
voglio andare a letto.”
“Hai
bisogno di dormire,
Lu.”
“Lo
so. Ma non voglio.”
Minseok
sospirò. “Ora esco,” disse, sorridendo
leggermente per addolcire la cosa. “Dormi un po'. Chiamami
domani.”
“Okay. Mi mancherai,”
disse Luhan, facendo un piccolo sorriso.
“Anche
tu. Ciao,
Lu.”
“Ciao, Seok-ah. Ti amo.”
Minseok
sentì una stretta al cuore, il cursore sopra il pulsante termina chiamata. “Ti amo anche
io,” mormorò prima di cliccare, chiedendosi
perché doveva fare tanto male e allo stesso tempo mandargli
un brivido lungo la schiena.
Diversi
minuti più tardi, dopo aver preso profondi respiri e provato
a processare tutte le informazioni che gli erano state riversate
addosso nei passati minuti, uscì dalla camera di Kyungsoo,
trovando l'amico in cucina mentre mangiava delle carote. “Hey,
Soo,” disse, abbassando la testa imbarazzato. “Non
hai sentito niente, vero?”
Kyungsoo
scosse la testa. “Ho pensato voleste un po' di privacy. Avete
risolto tutto, allora?”
Minseok
scrollò le spalle, forzando un sorriso. “Per
quanto potesse essere risolto.”
“Sei...
felice o triste?”
chiese il ragazzo, sembrando incerto.
“Un
po' entrambi,”
ammise Minseok. “Quanto obietteresti ad un abbraccio al
momento?”
Kyungsoo
sembrò pensarci su. “Penso di poterlo
fare.”
“Bene.” Minseok gli si
avvicinò, e Kyungsoo si alzò per circondare il
corpo dell'amico con le braccia, premendo il viso nell'incavo della sua
spalla. “Grazie per avermi costretto a farlo,”
disse.
Kyungsoo rise
gentilmente. “Era il minimo che potessi fare, per
entrambi.” Fece una pausa, poi disse, “Mi dirai
cosa è successo ora?”
“Fra
un po',”
rispose lui, stringendolo. “Per ora, lasciami abbracciarti
ancora un po'. Sei fantastico, lo sai questo vero?”
“Faccio
del mio meglio,”
ridacchiò Kyungsoo, lasciando che Minseok lo abbracciasse
tanto quanto ne avesse bisogno.
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Capitolo 39 *** Capitolo 37 ***
Kyungsoo non era rimasto
sorpreso di sentire che Minseok aveva rivelato la verità sui
propri sentimenti il giorno del compleanno di Luhan. Onestamente, in un
certo senso lo aveva sospettato quando il giorno seguente aveva
ricevuta la chiamata isterica di Luhan, e aveva parlato ad un
egualmente isterico Minseok subito dopo. Era decisamente stata una
delle sue più grandi teorie su che cavolo stesse succedendo.
Ma non era saltato alle conclusioni, nel caso fosse stato
qualcos'altro. Ad ogni modo, non era rimasto scioccato quando dopo la
video chiamata con Luhan, Minseok gli aveva chiarito tutto –
la sua confessione accidentale, la conseguente incertezza opprimente, e
poi la verità che alla fine era venuta a galla e la
dichiarazione di Luhan. Nemmeno questo aveva sorpreso Kyungsoo. Non era
mai stato sicuro dei sentimenti del ragazzo, non aveva mai passato
abbastanza tempo con lui per saperlo con certezza, ma di certo non era stato uno
shock.
Non era
sicuro di aspettare con impazienza quello che sarebbe successo dopo la
dichiarazione, però. Nei libri e nei film, quando i
protagonisti confessavano il loro amore, questo significava che tutto
sarebbe andato per il meglio e avrebbero vissuto felici e contenti. Ma
invece di ridere e sorridere e arrossire, quello che fece Minseok
mentre diceva tutto circa la sua nuova storia d'amore a Kyungsoo fu
ridere, sorridere, arrossire e piangere. Sedeva al tavolo della cucina
di Kyungsoo e si copriva il viso imbarazzato mentre ridacchiava come
una scolaretta, e poi all'improvviso si asciugò le lacrime,
e le sue spalle cominciarono a tremare, e disse, “Non so nemmeno
quando potrò rivederlo. E se fosse mai?”
Il che era un po' drammatico, considerando tutto,
perché anche se Luhan non fosse mai tornato in Corea, non
è che venisse loro impedito legalmente di vedersi. Ma nella
situazione attuale – con Luhan bloccato in Cina, e Minseok
legato alla Corea – Kyungsoo poteva capire il dolore
dell'incertezza. Era meno un e se fosse mai? e più un e se fosse troppo lontano? Minseok non lo disse in modo
diretto, ma Kyungsoo sapeva che stava pensando e se decidesse che non ne vale
la pena?
Minseok era
sempre stato propenso all'incertezza, e questo non sarebbe cambiato
all'improvviso.
Superarono
bene il primo giorno, con Minseok che tornò a casa propria
per gestire da solo la cosa e riprendersi, con la consapevolezza che
Luhan lo avrebbe richiamato il giorno successivo quando Minseok fosse
tornato da scuola. E anche se sapeva che Minseok e Luhan avrebbero
avuto bisogno di un po' di tempo solo per loro, Kyungsoo non
poté trattenersi dal chiedere, con esitazione, se Yixing
forse sarebbe stato lì.
Minseok lo
guardò sollevando le sopracciglia, e Kyungsoo
agitò le mani e disse, “Solo per sapere, okay? Non
ho così tanti amici, sai!”
Fortunatamente,
Minseok lasciò perdere le battute e disse che avrebbe
chiesto a Luhan.
Kyungsoo
andò a casa di Minseok subito dopo che il vicino
tornò da scuola il giorno successivo, sapendo che Luhan
avrebbe chiamato solo dopo cena e che Minseok sarebbe uscito fuori di
testa se fosse rimasto solo fino ad allora.
“Sto
bene,”
disse Minseok senza alzare lo sguardo non appena Kyungsoo
entrò nella sua stanza, accompagnato dalla madre.
L'incessante 'tap tap' della sua penna contro i compiti di matematica e
il rimbalzare del suo ginocchio dicevano il contrario, però.
“Sto proprio bene.”
“Sono
sicuro sia così,” rispose
accondiscendente Kyungsoo, sorridendo un poco. Minseok diventava
così irrequieto solo quando era davvero agitato –
cosa che, se doveva ammetterlo, non era rara. “Sei impaziente
di parlargli?”
Minseok
grugnì forte, accasciandosi sui fogli e dicendo,
“Sono nervoso. Perché sono nervoso? È
solo Luhan. Gli ho parlato un trilione di volte prima. Ha vissuto con
me per una settimana.”
Kyungsoo rise
gentilmente, avvicinandosi. “Lo sai perché sei
nervoso. Le cose sono cambiate. Il cambiamento è spaventoso,
anche se positivo.”
Minseok emise
un altro suono sofferente dalla scrivania. “E se avesse
cambiato idea, Kyungsoo?”
Questo lo
fece ridere apertamente. “Ti prego, hyung.
Se avesse dovuto cambiare idea sul fatto che gli piacessi, lo avrebbe
fatto tempo fa.”
Minseok
sospirò forte, voltandosi finalmente a guardarlo. Quando lo
fece, però, si bloccò, socchiudendo gli occhi.
“Cosa?” chiese Kyungsoo,
accigliandosi per come lo stava osservando.
“Cosa
stai indossando?”
Kyungsoo
guardò il proprio outfit piuttosto ordinario.
“Vestiti…?”
“Non
avevo mai visto quella maglietta prima. Ha delle... strisce.”
Kyungsoo
arrossì improvvisamente, tirando l'orlo.
“Quindi?” disse. “Ho il permesso di
indossare strisce.”
Un sorriso si
stava aprendo sul viso di Minseok. “Yixing ha detto
che gli piacciono le magliette a strisce, non è
vero?”
“L'ha
fatto?”
mormorò Kyungsoo, cercando senza successo di sembrare
innocentemente sorpreso. “Hm.”
“Che
coincidenza che l'abbia detto e, meno di una settimana dopo, ti sia
improvvisamente procurato una maglietta a strisce,”
commentò il vicino, sollevando la testa, con gli occhi
allegri.
Kyungsoo
combatté furiosamente contro il rossore, accigliandosi.
“Chiudi il becco, hyung! Come se tu non ti sistemerai i capelli
meticolosamente prima della chiamata di Luhan.”
Minseok non
lo negò nemmeno. “Già ma io sono innamorato. La tua scusa qual
è?”
Kyungsoo
mugugnò in modo infantile. “Zitto,”
borbottò. “Sei cattivo con me.”
Minseok
ridacchiò, ma non premette oltre. Kyungsoo
immaginò di aver stuzzicato il vicino sulla sua cotta
abbastanza da meritare almeno un po' della stessa medicina.
Non che...
Kyungsoo avesse una cotta per Yixing. Semplicemente... gli piaceva
quella maglietta. Già.
Kyungsoo
mantenne Minseok occupato fino a cena, aiutandolo a studiare per un
test e poi rimanendo a mangiare con la famiglia, usando orgogliosamente
lo stesso cucchiaio che usavano tutti per servirsi il cibo nel piatto
(e poi andando velocemente a lavarsi le mani, ma dettagli!). Poco dopo
essere tornati in camera di Minseok, però, una notifica
apparve sul computer del ragazzo, il quale cominciò a
sistemarsi freneticamente i capelli, ignorando la risata di Kyungsoo, e
disse, “Soo, vai in soggiorno o qualcosa del genere,
solo—”
“E
come dovrei spiegarlo a tua madre?” chiese lui,
ridendo. “Starò seduto qui. Fingi che non ci sia,
sii sdolcinato quanto vuoi, non ascolterò.” E si
sistemò sul letto, mettendosi comodo.
Minseok
grugnì, ma poi ricevette la chiamata e accettò
subito, trattenendo il fiato.
Kyungsoo non
prestò davvero attenzione. Fece anche del suo meglio per non
sentire nessuna delle loro parole, distraendosi con un gioco sul
telefono. Ma questo non gli impedì di sentire come parlavano tra loro, il timbro
delle loro voci, la timidezza delle loro risate. Cercò di
evitare di sentire le parole, immaginando di dover lasciar loro almeno
un po' di privacy, ma questo non gli impedì di sentire la
tristezza nella voce di Minseok, il desiderio in quella di Luhan, le
pause che sembravano significative, in qualche modo, nei loro silenzi.
E occasionalmente Kyungsoo catturava qualche parola qui e
là, inavvertitamente. “Ti ho sognato,”
disse Luhan. “Puoi cantarmi ancora la canzone che hai scritto
per me?” chiese Minseok. (Luhan lo fece – era
carina, ma tutta in cinese.) “Mi manchi,”
ripeterono entrambi, ancora e ancora; sospiri leggeri, tristi
confessioni, commenti malinconici. Il cuore di Kyungsoo soffriva per
entrambi. Non riusciva nemmeno a immaginare come loro potessero sentirsi.
Ma poi una
nuova voce lo chiamò,
“Kyungsoo?” e improvvisamente non pensò
più al proprio vicino. Si alzò immediatamente sul
letto.
“Eeeeeed
ecco
Yixing.” sorrise mestamente Luhan, mormorando qualcosa in
cinese. “Kyungsoo è là?”
Minseok rise
leggermente. “Sì, è proprio
qui,” rispose lui, indicando dietro di sé.
Luhan
arrossì immediatamente. “Sei stato lì
per tutto il tempo?”
Kyungsoo
rise, camminando verso la sedia accanto a quella di Minseok.
“Non preoccuparti, hyung, non stavo ascoltando.” I
suoi occhi si spostarono sullo schermo in cerca di Yixing, ma non ce
n'era traccia. “Bella canzone, comunque.”
“Kyungsoo!” si lamentò Luhan,
facendolo ridere.
“Kyungsoo!”
esclamò una voce diversa, e finalmente Yixing comparve sullo
schermo, sorridendo allegramente, con i capelli scuri che gli cadevano
sugli occhi. “Ni hao ma?”
“Chiede
come stai,”
tradusse Luhan, alzando gli occhi al cielo.
Kyungsoo si
morse il labbro per trattenere un sorriso. “Lo so,”
disse piano. “Sto bene.” Sapeva le parole in cinese
– le conosceva, aveva fatto pratica – ma
all'improvviso era troppo timido per dirle a voce alta.
Ma Yixing
sorrise e ripeté le parole, in coreano, dopo di lui, e Luhan
alzò ancora gli occhi al cielo e disse, “Si sta
esercitando.”
Kyungsoo non
era nel pieno controllo del rossore che gli colorò le
guance, o del sorriso che alla fine si aprì sul suo viso.
“Ni
hao ma?” era quasi un sussurro.
Yixing rise
deliziato. “Bene,” rispose con attenzione. Poi
indicò Kyungsoo, e dopo la propria maglietta. “Ni de chenyi,” disse. “Mi
piace.”
Kyungsoo
guardò la propria camicia a righe bianche e nere, rise,
arrossì, abbassò la testa.
“Grazie,” mormorò. Era ridicolo.
Sapeva che
era ridicolo. Kyungsoo non aveva cotte. Era un diciassettenne
paranoico, affetto da OCD e da un disturbo di immunodeficienza, che non
aveva mai messo piede fuori di casa se non per andare all'ospedale.
Leggeva libri sulle persone che si innamoravano, guardava film,
guardava persino persone reali innamorarsi davanti ai propri occhi, ma
Kyungsoo non si innamorava. Era assurdo. Assolutamente assurdo.
Eppure eccolo
qui, tutto palpitazioni e stupide risatine, con le guance accaldate
mentre si muoveva agitato sulla sedia accanto ad un Minseok davvero
divertito, il quale continuava a lanciare occhiate maliziose a Luhan.
Non poteva farne a meno. Le persone gli avevano sempre dato tante
attenzioni in passato, i suoi genitori e i dottori e Minseok, persino i
genitori del vicino e i suoi amici, ma mai questo tipo di attenzioni. E
difficilmente aveva senso, perché tutto ciò che
faceva Yixing era chiedergli come stesse, e Minseok lo faceva un
milione di volte, ogni volta che si vedevano, ma era comunque...
diverso. Kyungsoo si sentiva diverso.
Era
esilarante e, allo stesso tempo, terrificante. (Forse era così
che si sentiva Minseok, un po'.)
Loro quattro
parlarono per un po', tutti insieme. Kyungsoo e Yixing comunicavano con
frasi semplici e interrotte in entrambe le lingue, con gesti e con le
utili traduzioni degli amici, e Minseok e Luhan sorridevano e alzavano
gli occhi al cielo e chiacchieravano tra loro quando gli altri due
restavano in silenzio. Ora che era il loro turno, però,
sembravano entrambi abbastanza felici di guardarsi e basta, sorridere,
e scambiarsi occhiate significative una volta ogni tanto. Kyungsoo
pensava fosse adorabile, anche se doloroso da guardare.
Conclusero la
conversazione quando cominciò a farsi tardi, e Minseok si
ricordò che doveva ancora finire i compiti di matematica.
Yixing salutò e si allontanò dal computer,
lanciandogli un ultimo sorriso, e anche Kyungsoo si spostò,
lasciando Minseok e Luhan da soli. Era appena rientrato in camera dopo
essersi lavato le mani per salutare quando sentì un altro
sussurrato 'Mi manchi' e un egualmente debole, intimo 'Ti amo'.
Uscì prima di poter sentire la risposta di Minseok.
Quando
tornò un momento dopo, la chiamata era stata disconnessa, ma
Minseok era ancora un po' rosso, e i suoi occhi ancora un po' lucidi. “Stai
bene?” Chiese gentilmente Kyungsoo.
“Sì,” sospirò
lui, prendendo i compiti. “Solo un po' incerto su come dovrei
sentirmi al momento.”
“Lo
so,”
disse Kyungsoo, e anche se si sarebbe dovuto lavare nuovamente le mani,
passò le dita tra i capelli del vicino per confortarlo fino
a che le sue spalle non si rilassarono. “Ci vediamo domani,
okay hyung?”
“Okay. Ciao, Soo.
Grazie.”
Kyungsoo non
dovette chiedergli per cosa lo stesse ringraziando. Lui e il suo vicino
avevano sempre avuto un rapporto do ut des, e questa volta, era il
turno di Kyungsoo di dare, anche se tutto quello che poteva offrire era
una pacca sulla spalla.
Baekhyun
aveva sempre voluto che Chanyeol lo baciasse.
Si era
innamorato del migliore amico tanto, tanto tempo fa, e ovviamente come
ogni altro ragazzo con un cotta, aveva voluto che Chanyeol lo baciasse.
Aveva provato a toglierselo dalla testa, per la maggior parte del
tempo, ma questo non gli aveva impedito di volerlo. Era solo che
Baekhyun pensava che le labbra di Chanyeol sarebbero state perfette
contro le proprie, calde e soffici e fantastiche, e Baekhyun lo amava
così tanto. Il bacio non era stato il motivo per il quale
aveva dato a Chanyeol e se stesso il ruolo di protagonisti nella
commedia, ma di certo ne era stato impaziente, anche se non avrebbe
significato nulla. E di certo non aveva mai pensato che Chanyeol lo
avrebbe baciato sentendolo veramente.
Continuò
a trovarlo davvero incredibile, anche dopo la confessione di Chanyeol.
Era
giovedì ora, due giorni dopo la dichiarazione, e la quarta
esibizione dello spettacolo, e Baekhyun era ancora in uno stato di semi
trance. Poteva avere qualcosa a che fare con quanto fosse esausto per
tutte le performance, ma continuava ad avere momenti in cui pensava di
star sognando, o che Chanyeol lo stesse solo prendendo in giro, o
qualcosa del genere. Perché come poteva essere che qualcosa
che aveva sempre sognato, ma etichettato come completamente
irraggiungibile, fosse improvvisamente diventato realtà?
E non
è che fosse tutto rose e fiori dopo la dichiarazione di
Chanyeol.
Nonostante la volontà dell'amico di baciarlo e di essere
baciato, era stato comunque un cambiamento improvviso per lui, ed era
stato considerevolmente più controllato dopo, quando si
trattava di... roba da fidanzati. Aveva senso, certo. Per quanto ne
sapesse Baekhyun, Chanyeol non aveva passato notte dopo notte ad
immaginarsi come sarebbe stato frequentarlo, come aveva fatto lui.
Baekhyun si era abituato ad amare Chanyeol in modo romantico, alla
fine. Chanyeol aveva fatto un salto nel buio, e Baekhyun comprendeva lo
shock di fare una cosa del genere. Quindi stava dando a Chanyeol un po'
di spazio. Non affrettava le cose. Sperava che quando Chanyeol si fosse
abituato, l'idea gli sarebbe piaciuta tanto quanto a Baekhyun.
Sperava che
Chanyeol non avrebbe cambiato idea, o peggio, che non l'avesse mai
pensato davvero.
Era difficile
trovare un equilibrio, per Baekhyun, tra lasciare un po' d'aria a
Chanyeol e cercare di calmare le proprie insicurezze. Onestamente, se
fosse stato per lui, avrebbe praticamente baciato Chanyeol tutto il
tempo. Ovviamente, questo non era possibile, ma sarebbe stato bello
fare qualcosa.
Sin
dalla dichiarazione, però, c'erano stati ben pochi baci, a
parte la scena alla fine di ogni spettacolo. Il che era piacevole,
ovviamente, perché stava baciando Chanyeol, ma non era
esattamente reale.
Oltre quello,
Baekhyun poteva contare sulle dita di una mano quanti baci avesse
ricevuto dal suo nuovo fidanzato. Ed erano sempre leggeri,
effimeri, nervosi, non sempre direttamente sulle labbra,
perché Baekhyun non voleva spingere Chanyeol e Chanyeol
probabilmente non aveva idea di quello che stava facendo. Ma tra gli
spettacoli ogni notte e cercare di seguire la scuola e i compiti e la
famiglia, non avevano avuto molto tempo per parlare di niente. Soprattutto non del numero di
baci che si aspettavano l'uno dall'altro.
“Baek?”
Baekhyun si
fermò, si voltò per vedere Chanyeol che sbirciava
da dietro la tenda di un camerino. Si stavano preparando per lo
spettacolo del giorno, indossando i costumi per il primo atto, e
Baekhyun non si era reso conto che Chanyeol era dentro già
da un bel po' ormai. “Huh?”
“Potresti
venire qui un attimo?”
chiese titubante il ragazzo.
Baekhyun si
guardò intorno per assicurarsi che nessun altro lo
chiamasse, poi scivolò dentro il camerino. “Hey,
che succe—” Si interruppe quando sollevò
lo sguardo e vide quanto Chanyeol fosse vicino a lui, solo a pochi
centimetri nello spazio limitato del cubicolo.
“Um,” disse. Chanyeol lo stava guardando,
indossando solo i pantaloni in pelle e una canottiera, gli occhi
spalancati e le labbra leggermente schiuse. Baekhyun
deglutì. “Sì?”
riuscì a dire.
Invece di
rispondere, Chanyeol si chinò e lo baciò, deciso
ma esitante. Qualcosa di caldo e stupendo riempì il corpo di
Baekhyun, dalla punta dei piedi alla testa che gli girava, come se
qualcuno stesse versando un liquido caldo dentro le sue ossa, e
ricambiò in un istante, impaziente.
Ma Chanyeol
si ritrasse un momento dopo, sembrando scioccato. “Scusa,”
disse senza fiato.
“Per
cosa ti stai scusando?”
chiese piano Baekhyun, rendendosi conto per la prima volta di aver
chiuso il pugno attorno alla maglia dell'amico.
“Non
lo so,”
rispose lui, senza spostare lo sguardo, e Baekhyun si
sollevò per premere insieme le loro labbra, spingendo
gentilmente Chanyeol contro il muro per baciarlo ancora, e ancora.
“Non
ti ho chiamato per questo,” ansimò
Chanyeol quando Baekhyun indietreggiò per prendere aria.
“La maglietta si è incastrata nella
cerniera.”
Baekhyun
rise. “Ovviamente.”
“Ma
eri così bello, e non avevi il trucco per una volta, e non
lo so, un bacio per la buona fortuna, io—”
“Chiudi
il becco,
Yeol,” disse Baekhyun, zittendolo con un bacio.
Riuscì
ad uscire da lì un minuto dopo, con la maglietta di Chanyeol
libera ed entrambi i loro visi arrossati e con uno stupido sorriso. Se
qualcuno lo notò, nessuno disse niente, e nonostante fosse
assolutamente esausto, Baekhyun si esibì nel loro quarto
spettacolo con un forte spirito, baciando Chanyeol con un po'
più di zelo nell'ultima scena. Si inchinò agli
applausi, sorridendo, tenendo stretta la mano di Chanyeol mentre si
inchinavano insieme.
Sprizzava
ancora adrenalina dopo che il sipario calò per l'ultima
volta, mentre si struccava e chiacchierava animatamente con la ragazza
che interpretava una cameriera. Non riusciva a togliersi il sorriso
dalle labbra mentre strofinava via il rossetto, pensava ancora a quel
bacio. Davvero un bel bacio. Pensava già a quello di domani.
“Hey, Baekhyun?”
Baekhyun si
voltò e vide Chanyeol da una parte, con i soliti vestiti
addosso. “Hey,” disse, cercando di non squadrare
palesemente il ragazzo.
“Sei,
uh, impegnato stanotte?”
chiese lui, tirandosi la manica della felpa.
Baekhyun
finse di pensarci, arricciando le labbra, ma la sua mente stava
semplicemente cercando ogni ragione per cui Chanyeol avrebbe potuto
chiederlo, sia buona che cattiva. “Non penso,”
rispose alla fine. “Perché?”
Chanyeol
scrollò le spalle, guardando le altre persone nella stanza.
“Volevo solo sapere se ti andava di stare un po' con me o
qualcosa del genere.”
Baekhyun
forse aveva annuito troppo velocemente. “Certo!
Sì, facciamo... qualcosa.” Onestamente, non erano
stati in grado di passare semplicemente del tempo insieme da secoli, non con l'assenza di Chanyeol
e poi con Baekhyun che lo evitava e l'inizio dello spettacolo. Come
sarebbe stato? Le cose erano così... diverse, adesso.
“Okay,” disse
Chanyeol, aprendosi in un sorriso. “Già. Non
appena hai finito qui.”
Baekhyun non
si era mai preparato ad andare via così in fretta. Non
sapeva nemmeno perché si sentisse così agitato.
Era solo Chanyeol. Solo il suo migliore amico, con in quale era stato
milioni di volte prima.
Solo Chanyeol, che era anche il suo
ragazzo ora.
Era buio
fuori quando Baekhyun e Chanyeol uscirono sul marciapiede, le strade
illuminate dai lampioni e dalle vetrine dei negozi, ma faceva
abbastanza caldo da non far tremare Baekhyun. Nonostante questo,
premette comunque contro il fianco di Chanyeol, godendosi il modo in
cui il più alto sembrava emanare calore. “Dove
andiamo?” chiese leggermente.
Chanyeol
scrollò le spalle, il braccio contro cui era poggiato
Baekhyun si mosse indietro, si sollevò, e poi
tornò al suo fianco. “A fare uno
spuntino.”
“Mi
piacciono gli spuntini,”
disse Baekhyun con un sorriso, respirando il profumo familiare della
giacca di Chanyeol.
“Lo
so,”
disse il più alto continuando a fare strada.
Finirono per
prendere spiedini di odeng e della carne in diverse bancarelle lungo la
strada, e Chanyeol pagò per tutto senza dire una parola, e
non era una cosa insolita, ma lo fece comunque sorridere. Continuarono
semplicemente a camminare, vagando in un parco che era praticamente
vuoto a quell'ora della sera. Baekhyun finì di mangiare, e
subito dopo Chanyeol gli porse il proprio spiedino, senza dire nulla ma
scuotendolo fino a che Baekhyun non prese un pezzo di pollo con i denti
e gli sorrise. Chanyeol ricambiò il sorriso, brevemente,
prima di distogliere lo sguardo, timido.
“Sei
stato bravo oggi,”
disse piano, un po' a scatti. “Nello spettacolo.”
Baekhyun si
illuminò. “Grazie, Yeol,” rispose.
“Anche tu. Nessun errore.”
“Ho
fatto cadere la spada e ci sono inciampato sopra…”
mormorò Chanyeol.
Baekhyun
rise. “Pensavo volessi farlo. Era molto dal
personaggio.”
“Più
che altro molto da Chanyeol,”
sbuffò lui.
“Mi
è piaciuto.
È stato adorabile,” gli assicurò
Baekhyun, sorridendo. “Proprio come te.”
Chanyeol non
disse nulla in risposta, buttando lo spiedino finito in una pattumiera
mentre camminavano, ma un momento dopo Baekhyun sentì la
mano di Chanyeol sfiorare la propria, esitante, supplicante, e gli ci
volle un momento perché capisse cosa stava cercando di fare.
Trattenendo il fiato, Baekhyun allungò il braccio e gli
prese la mano, intrecciando debolmente le loro dita. Fu Chanyeol a
stringere la presa. Il cuore di Baekhyun perse un battito, ma nessuno
dei due disse niente.
E poi
Chanyeol si fermò, le loro mani unite trattennero Baekhyun
tirandolo indietro, e abbassò la testa per premere
leggermente le labbra sulla guancia di Baekhyun.
Baekhyun si
voltò, sbatté le palpebre, e cercò di
non arrossire. “Yeol?” disse. “Che
fai?”
Chanyeol
evitò il suo sguardo, agitandosi, e disse, “Sto
provando a fare una cosa.”
“Cosa?” chiese con cautela
Baekhyun.
“Sai.
Tipo. Un appuntamento,”
rispose Chanyeol, stringendo la presa sulla mano di Baekhyun.
Il ragazzo si
irrigidì, trattenne il fiato, osò sperare. “Un
appuntamento?”
“Già.” Chanyeol ancora
non incontrava il suo sguardo.
“E?
Che ne pensi?”
chiese Baekhyun, sentendosi leggermente senza fiato.
La mano di
Chanyeol si strinse ancora attorno alla sua, nervosamente. “È. Um.
Un po' strano.”
Il cuore di
Baekhyun fece un tonfo nello stomaco, la delusione dilagò
fredda nelle sue vene.
“O-oh. Beh. Non dobbiamo—”
Cominciò
a ritrarre la mano, ma Chanyeol la strinse forte. “No, voglio dire.
Tipo. Strano, perché sei il mio migliore amico. E i migliori
amici... non vanno ad un appuntamento.”
Baekhyun
cominciava a sentirsi male. “No, lo capisco,
è—”
“Ma
anche piacevole?”
Baekhyun
smise di cercare di ritrarsi, e il suo cuore perse un altro battito.
“Piacevole?”
“Sì.
È come passare del tempo insieme, il che è
fantastico, ma anche... altre cose. Strano, ma piacevole, penso.
Semplicemente non sono molto bravo in queste cose,” disse Chanyeol,
facendo oscillare le mani tra di loro.
“Bravo
in quali cose?”
chiese piano Baekhyun.
“Non
lo so. Solo, cose... romantiche. Non so come essere... romantico. Non
ho mai... prima... Sei il mio primo, sai?” Baekhyun
avvampò. “E sei anche il mio migliore amico,
quindi non so se sono imbarazzato per questo, o perché non
ho mai avuto una ragazza... o un ragazzo... non lo so. Non so mai cosa
fare.” Sembrava imbarazzato e timido, e fece male a Baekhyun,
perché Chanyeol era onestamente così dolce, e
così sincero, in tutto quello che faceva.
Gli strinse
la mano.
“Stai facendo un lavoro grandioso,”
sussurrò.
“Sì?” Chanyeol lo
guardò con occhi grandi e speranzosi, illuminati dai
lampioni.
“Assolutamente. Nessuna
sorpresa, considerando che mi hai fatto innamorare di te senza nemmeno
provarci,” disse Baekhyun, offrendogli un sorriso.
Chanyeol
arrossì leggermente. “Ad essere sinceri, ci stavo provando... solo non per
questo. Ho provato davvero tanto, per farmi piacere da te.”
“Penso
ci abbia provato troppo,” rise Baekhyun, con
il cuore leggero.
“Immagino di
sì,” disse timido Chanyeol.
“Continua
semplicemente a fare quello che hai sempre fatto,” gli disse
gentilmente Baekhyun. “Sei stato un ragazzo perfetto per
tutto il tempo.”
“Meno
la parte romantica,”
grugnì pietosamente Chanyeol. “Questa è
la parte difficile.”
Baekhyun rise
ancora. “Beh questo è un inizio,” disse,
facendo ondeggiare le loro mani. “E poi ci sono le lettere
d'amore. Le poesie. I fiori. Sai, queste cose.”
Chanyeol
impallidì. “Davvero?”
“No, sto scherzando,”
rispose, sorridendo e dandogli un colpetto alla spalla.
“Qualche bacio dovrebbe bastare.”
Chanyeol
arrossì. “Non so mai quando...baciarti,”
confessò.
Baekhyun lo
guardò e sorrise, sentendo affetto riempirgli il petto.
“Ora potrebbe andare bene.”
“Sì?” chiese Chanyeol,
mordendosi il labbro.
Baekhyun
annuì, e Chanyeol si abbassò nello stesso momento
in cui lui si sollevò per incontrarlo a metà
strada. Il bacio fu breve e dolce, ma fece comunque rabbrividire
Baekhyun, così tanto che quando Chanyeol si ritrasse,
Baekhyun lo afferrò e sussurrò, “Un
altro.” Le loro labbra si incontrarono ancora, un po'
più a lungo. “Un altro. Un altro.”
Chanyeol gli posò una mano sulla nuca, e Baekhyun strinse le
dita attorno alla giacca del ragazzo. “Ancora uno.”
Chanyeol si
ritrasse dal loro ultimo bacio con un piccolo sospiro. “Come
andava?” chiese con un sussurro.
Baekhyun gli
sorrise tranquillo. “Molto bene,” disse.
“Ci prenderai la mano.”
Sarebbe
potuto servire un po' perché Chanyeol si abituasse a tutta
questa cosa, ma Baekhyun era disposto a dargli tutto il tempo di cui
aveva bisogno. Aveva aspettato così tanto, dopotutto, no?
Sehun non
aveva più giornate brutte così spesso. Non come
prima. Certo, aveva giornate stressanti, grige e cupe, ma non
raggiungeva più il punto in cui si chiudeva in se stesso nel
disperato tentativo di bloccare fuori il resto del mondo,
perché prima che potesse farlo, Jongin lo riportava fuori,
lo faceva sorridere e parlare, anche se non parlavano di quello che
stava infastidendo Sehun.
Ma Sehun non
sapeva cosa fare quando era Jongin ad infastidirlo.
Era
cominciato nel momento in cui aveva visto il ragazzo quella mattina.
Jongin di solito lo salutava con un sorriso, un abbraccio, magari un
breve bacio. Ma oggi Jongin non stava sorridendo, e la sua voce era
piatta quando disse,
“Hey, Sehun.” Gli porse la mano perché
Sehun potesse prenderla, ma lì finì. E Sehun
sapeva che poteva non essere niente, sapeva che poteva essere qualsiasi cosa, ma questo non gli
impedì di pensare che fosse colpa sua. Cosa aveva fatto
stavolta?
Sehun aveva
una lunga storia come causa dell'infelicità degli altri.
Camminarono
verso scuola in silenzio, e Sehun voleva chiedere a Jongin se stesse
bene, ma aveva paura della risposta, o peggio, di non riceverne una.
Quindi non disse niente. Arrivarono a scuola, si avviarono agli
armadietti, e Sehun si sentì sollevato quando Jongin non
lasciò andare la sua mano fino a che non arrivarono
lì. Scrollò via lo zaino, lo appese,
tirò fuori i libri, e quando si voltò, Jongin era
poggiato contro l'armadietto accanto al suo, che aspettava in silenzio.
I suoi occhi erano vuoti, stanchi, un po' tristi. “Jongin?”
riuscì a dire Sehun.
“Huh?” Jongin si
voltò verso di lui, facendogli un piccolo sorriso.
“Oh, scusa. Sono solo stanco.”
Sono
solo stanco. La scusa più famosa
nei libri. “Okay,” rispose Sehun, cercando di
ricambiare il sorriso. Se Jongin aveva notato che non era genuino, non
disse niente.
Arrivato
mezzogiorno, Sehun era di umore peggiore persino di Jongin. A malapena
si parlarono, tra le lezioni e tutto, e Jongin venne rimproverato per
aver posato la testa sul banco durante la lezione, e Sehun
sentì come se le parole severe dell'insegnante fossero
dirette a lui invece.
Più
tardi, durante l'ora di studio mentre l'insegnante non era in classe,
Jongin posò nuovamente la testa, e Sehun lo
osservò con attenzione, senza sapere se avesse dovuto
parlargli o meno. Non è che nessun altro stesse sussurrando.
Dietro di
lui, due ragazze stavano chiacchierando tra loro, e le loro parole
catturarono subito la sua attenzione. “Guarda
Jongin,” disse piano una di loro. “È
tutto il giorno che sembra esausto.”
“Beh
non sono sorpresa, con un ragazzo come il suo,” rispose l'altra, e
Sehun sentì un'ondata di nausea.
“Penso
si senta in colpa,”
disse la prima ragazza. “Ecco perché se lo tiene
intorno, sai? Si è immischiato in tutto questo, e ora non
può uscirne perché Sehun è
così…” Non finì la frase, ma
Sehun poteva farlo da solo. Penoso. Disperato. Dipendente.
“Non
credo nemmeno che a Jongin piaccia così tanto,”
continuò la seconda ragazza, e Sehun cercò di
smettere di ascoltare, ma non poteva. “Semplicemente non
può liberarsi di lui.”
Sehun
abbassò le spalle, fissò il proprio banco, e
spostò le mani per coprirsi le orecchie. Non voleva
ascoltare. Non voleva pensarci. Perché la cosa orribile era
che ci avrebbe creduto. Non voleva crederci, ma lo avrebbe fatto,
se avesse cominciato a pensarci. Sehun era sempre stato bravo a
convincere se stesso delle cose alle quali non voleva credere.
Ma mentre il
giorno andava avanti, anche mentre Jongin lentamente si rallegrava e
diventava più loquace durante le pause, Sehun
continuò a pensare alle cose che avevano detto quelle ragazze. Non penso nemmeno che Sehun gli
piaccia così tanto. Ma Jongin aveva detto che era
così. Lo aveva fatto. Diceva davvero, giusto? Jongin non
avrebbe detto qualcosa che non pensava seriamente, vero? Si è immischiato in
tutto questo, e ora non può uscirne. E se a Jongin fosse piaciuto,
quando lo aveva detto, ma ora non era più così? E
se Jongin provasse davvero solo pena per lui? E se Jongin lo avesse
lasciato presto, troppo stanco di Sehun e dei suoi continui problemi?
Non era forse questa la linea generale della sua vita? Un padre che non
voleva occuparsi del figlio. Una madre a cui importava più
di bere che di prendersi cura di lui. Ogni famiglia adottiva, una dopo
l'altra, non sopportava i suoi continui problemi a scuola, la sua
incapacità di funzionare senza farsi odiare dagli altri.
Aveva davvero pensato di potercela fare stavolta. Forse si era
sbagliato.
“Stai
bene,
Sehun?” chiese Jongin quel pomeriggio, mentre si preparavano
a tornare a casa davanti agli armadietti. “Sei piuttosto
silenzioso.”
Sehun non lo
guardò. “Anche tu sei stato silenzioso
oggi,” mormorò.
“Già,
ho avuto una nottataccia,” rispose Jongin,
grattandosi la testa. “Tu stai bene?”
“Bene,” disse
frettolosamente Sehun. Chiuse l'armadietto con un po' più di
forza del necessario, sentendosi frustrato con se stesso, con Jongin,
con tutto. Si sentiva ancora nauseato.
“Sei
sicuro?”
Jongin allungò un braccio, le dita sfiorarono la mano di
Sehun, una palese richiesta di permesso. Sehun tirò via la
mano, mettendosela in tasca. “Sehun?”
“Lascia
perdere,
Jongin,” disse scorbuticamente Sehun, avviandosi alla porta.
“Sehun,” disse Jongin, e sembrava...
irritato. Sembrava irritato, e Sehun non poteva nemmeno biasimarlo,
perché Sehun era una persona irritante. Poi, con
più gentilezza, “Ti va di dirmi cosa
c'è che non va?”
“Non c'è niente che
non vada,” rispose Sehun, continuando a camminare senza
sollevare lo sguardo.
“Sei
sicuro? Sei arrabbiato con me? Non voglio che ce l'abbia con me, quindi
dimmelo semplicemente e risolveremo il problema,” affermò
Jongin, deciso e inesorabile.
“No,” scattò
Sehun, non sapendo più se fosse triste o stanco o solo
completamente stupido.
“Allora
perché non lasci che ti tenga per mano?” Jongin
provò ancora, e ancora una volta Sehun si ritrasse, uscendo
dall'edificio e dirigendosi in fondo alla strada. “Non posso
leggerti nella mente, Sehun. Perché non me lo
dici?”
“Ho
detto lascia
perdere, Jongin,” disse
duramente Sehun, con una stretta allo stomaco.
“Non
voglio lasciar perdere. Lascio sempre perdere. Ma niente si risolve
così,”
disse Jongin, e non sembrava arrabbiato, ma testardo, quasi arrogante,
e diede sui nervi a Sehun.
“Non
puoi semplicemente lasciarmi in pace?” chiese, deglutendo
e guardando il marciapiede davanti a sé.
“No,” rispose Jongin.
“Perché
no?”
domandò Sehun.
“Perché
no!”
esclamò Jongin, decisamente esasperato ora.
“È importante che mi dica delle cose a
volte!”
“Non
voglio
farlo,” disse.
“Allora
dimmi almeno perché non vuoi dirmelo.”
“Non
voglio e basta!”
Sehun stava cominciando ad alzare la voce, quando l'unica cosa che
voleva fare era smettere di parlare.
“Beh
allora dovresti farlo comunque, perché ti farebbe bene!” insistette Jongin.
Sehun non
aveva più il controllo delle cose che uscivano dalla sua
bocca. “Cosa ne sai di cosa mi fa bene?”
abbaiò, voltandosi verso di lui. Cosa ne sapevano tutti di
cosa gli faceva bene? Luhan gli aveva detto che farsi degli amici gli
avrebbe fatto bene, e guardate dove era ora.
“Perché
fa bene a tutti!”
esclamò Jongin, guardandolo dritto in faccia, rivolti uno
contro l'altro sul marciapiede. “Dimmelo e basta,
Sehun!”
“No!”
continuò Sehun, gli occhi cominciavano a bruciargli. Si
voltò ancora una volta. “Lasciami in
pace!”
“Cosa
vuoi
da
me?”
chiese Jongin, disperato, frustrato.
“Voglio
che te ne vada,” disse Sehun, anche se sapeva,
nel profondo, che voleva che Jongin rimanesse.
“Hai
almeno usato il quaderno che ti ho regalato per il compleanno?” lo
accusò lui.
“Era
un'idea stupida!”
“D'accordo,
allora ridammelo!”
Prima che Sehun potesse accorgersene, Jongin si lanciò in
avanti, afferrando il suo zaino. D'istinto, Sehun lo spinse via,
guardandolo inciampare all'indietro, per poi prendere lo zaino.
“Non
è nemmeno qui!” disse, lanciandolo
a Jongin con rabbia, sentendo di poter crollare da un momento all'altro.
Con un
movimento, Jongin afferrò la borsa, la girò e la
rilanciò indietro, colpendo Sehun alla pancia e facendogli
fare un passo indietro. Non fece tanto male, ma Sehun
barcollò, qualcosa dentro di lui urlò. Una voce
disperata gli diceva che Jongin non aveva voluto, Jongin non gli
avrebbe mai fatto del male, Jongin non era come loro, ma il panico e la rabbia
e il dolore la sovrastarono in un istante.
“Vattene
via!”
gridò,
abbastanza forte da attirare l'attenzione di una donna sull'uscio di
una porta.
“D'accordo!” gridò a
sua volta Jongin, con espressione cupa e le mani che gli tremavano.
“Sei
proprio come loro,
Kim Jongin!” esclamò Sehun, e non sembrava nemmeno
più lui la persona che parlava. “Come tutti gli
altri.”
“È questo quello che
pensi?” chiese Jongin, e all'improvviso sembra ferito,
impossibilmente ferito, e tradito. “Dici un sacco di cazzate,
Sehun.”
“Lasciami
in pace e basta,”
disse Sehun, evitando il suo sguardo.
“È questo quello che
vuoi?” chiese.
Sehun non lo
sapeva nemmeno più. “Sì!”
gridò il mostro nel suo petto.
“E
quindi? Per tutto questo tempo ho solo sprecato il mio tempo?” chiese arrabbiato
Jongin.
“Sì!” esclamò
Sehun, perché era chiaro che nonostante ciò che
pensasse Jongin, Sehun non era riparabile.
“Beh,
bel modo di illudere le persone, Sehun,”
sputò Jongin, e i suoi occhi erano umidi adesso, li
asciugò bruscamente con un braccio.
L'intero
colpo di Sehun sembrava andare a fuoco. “Non mi sei nemmeno
mai piaciuto!” gridò.
Jongin si
asciugò ancora gli occhi, ma altre lacrime scivolarono sulle
sue guance. “Sì beh, a me piacevi!”
esclamò, e girò sui tacchi per andarsene,
attraversando la strada senza guardare ed evitando per un pelo di
essere investito da un motociclista.
Sehun si
permise di guardarlo solo per pochi minuti prima di distogliere lo
sguardo, la vista offuscata, per poi correre verso casa.
|
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Capitolo 40 *** Capitolo 38 ***
Sehun non smise di correre fino
a che non raggiunse casa, il petto gli faceva male mentre spalancava la
porta e andava dritto in camera. Gettando via lo zaino, si
guardò attorno, trovò il quaderno che gli aveva
dato Jongin sul comodino, e lo afferrò per lanciarlo nel
cestino. Girò sui tacchi notando la statuetta dei ballerini
di Natale e la strinse tra le dita, lanciando anche quella in direzione
del cestino. Sentì un crack, ma non se ne curò,
improvvisamente esausto mentre si gettava sul letto, a faccia in
giù. Avrebbe voluto gridare, ma non uscì alcun
suono, quindi rilasciò un lungo respiro interrotto, sentendo
che tutto crollava attorno a lui, dentro di lui.
E poi in un
secondo, il calore che gli scorreva nelle vene si raffreddò,
e il fuoco nel suo stomaco si trasformò in un ghiacciato
pugno di dolore, e si rese conto che c'erano delle lacrime che gli
bagnavano il cuscino. Prendendo un respiro, ripeté l'intera
giornata nella sua testa, cercando disperatamente di aggrapparsi alla
rabbia, perché la rabbia era qualcosa che poteva sopportare.
Il dolore no.
Jongin che
gli nascondeva qualcosa. Jongin che gli urlava contro. Jongin che gli
lanciava cose addosso. Jongin che lo forzava a fare cose che non voleva
fare – non poteva fare. Voleva essere arrabbiato
con Jongin.
Eppure
più ci pensava, peggio si sentiva. La sola rabbia che
riusciva a provare era per quello stupido di Jongin, che... che pensava
sempre a Sehun prima di se stesso. Jongin, che era sempre stato
completamente onesto con lui, che non gli aveva mai nascosto nulla,
solo per ricevere in cambio il trattamento esattamente opposto. Sehun
gli aveva mentito così tanto, gli aveva tenuto nascoste
così tante cose. Soprattutto oggi. Sehun era sempre stato
ingiusto con lui. Non c'era da meravigliarsi che Jongin si fosse
comportato come aveva fatto. Sehun era stato terribile con lui.
Tutto
ciò che aveva fatto Jongin era stato mettercela tutta con
Sehun, nonostante la sua ostinatezza a non cambiare. E nonostante tutto
quello che gli aveva detto Sehun, Jongin gli piaceva veramente. Non era
soltanto un bisogno quello che provava – qualcosa di cui
Sehun aveva lentamente cominciato a rendersi conto. Ma Sehun voleva stare con lui.
La porta
della sua camera si aprì, e Sehun non si mosse quando la
madre adottiva disse piano, “Sehun? Stai
bene?”
Sehun fece
una pausa, deglutì, e scosse la testa contro il cuscino.
La porta si
aprì di più, e la donna entrò,
sedendosi con cautela su bordo del suo letto. Una mano gentile,
esitante, si posò sulla sua schiena, dandogli un po' di forza. “Brutta
giornata?” chiese delicatamente.
Tirando su
col naso, Sehun si alzò a sedere lentamente, raggiungendola
sul bordo del letto e strofinandosi gli occhi con una mano
annuì.
“Succede
a tutti,”
disse. “Ti va di parlarne?”
Il petto di
Sehun tremò quando prese un respiro, e scosse la testa, ma
quando la mano della madre adottiva si posò ancora sulla sua
schiena, Sehun
si appoggiò a lei, lasciando che la testa cadesse sulla sua
spalla, esausto. Forse Jongin non era stato l'unico a provare per tutto
questo tempo. E la donna non era familiare, ma era affettuosa, e
disponibile, e Sehun ne aveva bisogno. “Ho rovinato
qualcosa,” disse, con voce roca.
La madre si
fermò, e allungò un piede per toccare un pezzo
rotto di porcellana sul pavimento. Era la sua statuetta dei ballerini,
separata dalla base.
“Allora forse dovresti provare a ripararla,” disse.
Sehun
tirò ancora su col naso, chiudendo i pugni sulle gambe.
“Non so come riparare le cose,” disse.
“So solo romperle.”
“Forse
dovresti provare comunque,” disse la donna,
“se per te è importante. Per alcune cose vale la
pena provare, sai?”
Sehun rimase
a lungo in silenzio, pensandoci su. Sehun aveva rovinato molte cose
nella sua vita, di proposito e no, e molte volte se ne era pentito.
Quando era stata l'ultima volta che aveva cercato di rimettere insieme
i pezzi?
“Devo
andare a prendere
Taewoon da scuola,” disse gentilmente la madre. “Tu
fai quello che devi, okay?” la sua mano gli
accarezzò la schiena per confortarlo mentre si alzava.
“Okay,” rispose piano
Sehun, fissando la statuetta rotta.
Diversi
minuti dopo, Sehun era seduto al tavolo di cucina con un tubetto di
colla, mentre riattaccava meticolosamente il ballerino alla base in
porcellana, vicino alla sua partner. Soffiò leggermente sul
punto di rottura, asciugando la colla, e poi pigiò il
pulsante e guardò i ballerini ruotare ancora. C'era una
sbecco nel tutù della ballerina, ma per il resto era
difficile dire che qualcosa era mai accaduto.
Venti minuti
dopo, si ritrovò davanti alla porta di Jongin, il cuore gli
batteva forte mentre suonava il campanello. Fu il padre a rispondere. “Oh, ciao Sehun.
È passato un po' da quando ti ho visto.”
Sehun
deglutì. “Jongin è qui?”
chiese.
“No, non è ancora
tornato. Pensavo fosse con te,” disse l'uomo, accigliandosi.
“Ha chiamato e ha detto che sarebbe tornato più
tardi, se vuoi aspettare.”
Il cuore di
Sehun accelerò, l'ansia gli attanagliò lo stomaco. “No, va bene. Vado
a cercarlo,” disse.
Una volta,
Jongin gli aveva detto che era importante trovare un punto di sfogo
quando si era agitati, piuttosto che interiorizzare tutto. Era sempre
stato più intelligente di Sehun.
Lo studio di
danza non era così lontano da casa di Jongin, e Sehun
arrivò in meno di cinque minuti, i piedi sbattevano sul
marciapiede mentre correva. Aveva paura che se non lo avesse trovato in
fretta, avrebbe perso il coraggio, e non avrebbe mai riaggiustato le
cose – o non ci avrebbe mai provato. E per una volta, Sehun
voleva provare.
Trovò
Jongin nella stessa sala prove in cui erano stati il giorno dopo la
deportazione di Luhan. Sehun guardò attraverso la
finestrella della porta mentre il ragazzo eseguiva piroetta dopo
piroetta, ancora e ancora, fino a che persino a Sehun girava la testa, e poi cadde a
terra, ansimante, con il sudore che gli bagnava la canottiera bianca e
i capelli. Gattonò fino alla borsa, poggiandosi su di essa e
tirando fuori una bottiglia d'acqua per prenderne un grande sorso.
Sehun prese
un profondo respiro, si preparò, e spinse la porta, cercando
di non lasciare che le sue gambe tremanti lo fermassero.
Jongin non
sollevò lo sguardo quando Sehun entrò nella
stanza. Non sollevò lo sguardo quando Sehun fece qualche
passo esitante per sedersi accanto a lui, lasciando un po' di spazio
tra di loro. Non sollevò lo sguardo nemmeno quando Sehun gli
porse la statuetta dei ballerini; la prese in silenzio e la
fissò.
“Per
sbaglio l'ho rotta,”
disse Sehun, con voce instabile. “Sembra che lo faccia
spesso.” Jongin non parlò. “Ma ho
provato a rimetterla insieme.” Poi gli porse qualcos'altro,
il quaderno nero, e Jongin prese anche quello, fissando la copertina.
“Aprilo,” Sussurrò Sehun.
Jongin lo
fece, sfogliando oltre la prima pagina dove aveva scritto la lettera
per il compleanno di Sehun, e trovò pagine e pagine di
scrittura distratta, inchiostro nero contro il bianco del foglio, verso
dopo verso di confessioni silenziose.
Non
ho mai chiamato nessuno hyung prima, era il primo, scritto
all'inizio della seconda pagina.
Spesso
ho degli incubi, ma non li ricordo mai quando mi sveglio.
Il
dito che mi sono rotto alle elementari mi fa ancora male. Sarei dovuto
andare all'ospedale, ma avevo troppa paura.
A
volte sento le persone urlare e sento che sia colpa mia anche se non
sono per niente coinvolto.
Voglio
parlare con Luhan.
Sono
un peso per Jongin.
E alla fine
di ogni pagina, solo, Kim Jongin.
Aveva scritto
circa sette pagine dal suo compleanno, sette pagine di segreti che
Sehun non aveva mai detto a nessuno. E lì nell'ultima
pagina, nella calligrafia più ordinata di Sehun, Mi piace davvero Kim Jongin.
Sono innamorato di Kim Jongin.
Non l'aveva
cancellato stavolta.
Jongin
guardò quell'ultima pagina in silenzio, le dita si muovevano
lentamente sull'inchiostro nero. Sehun poteva sentire ogni suo respiro.
“Mi
dispiace,”
disse, le parole gli uscirono dalle labbra. “Mi dispiace. Io
– non so cosa ci sia di sbagliato in me. Vorrei spiegarmi, ma
non c'è una scusante per il modo in cui sono. Sono solo
molto incasinato, e ho molti problemi, e non ho idea di come tu abbia
fatto a sopportarmi per tutto questo tempo. Non ho fatto niente per te.
Hai provato così tanto, e io non ho provato affatto, e mi
dispiace di essere così. Non te lo meriti. Tu –
sei stato fantastico. Sei la persona più fantastica che
conosca. E per qualche ragione hai sprecato questo con me.”
Jongin non si
era ancora mosso, né aveva detto qualcosa, gli occhi ancora
fissi sulla pagina del quaderno. Sehun prese un altro respiro profondo,
e continuò. “Ma non sono... non sono qui per farmi
compatire o niente del genere. Voglio solo... ringraziarti. Per aver
provato così tanto. E voglio scusarmi per averti mentito, e
non essermi mai fidato di te, o non aver creduto in te, o per non
essere... mai stato buono con te. Buono per te. Sei stato così
paziente, e mi hai dato così tanto, e in cambio io non ti ho
mai dato niente. Quindi. Anche se mi odi, voglio darti questo, ora.
Voglio dirti la verità, proprio ora. Ti ho mentito. Ti ho
detto che non mi sei mai piaciuto, ma non è così.
Mi piaci. Mi piaci tanto. E mi dispiace che abbia scelto una persona
davvero cattiva da farti piacere.”
Il pollice di
Jongin si mosse ancora sulle parole della pagina. Poi, alla fine,
aprì la bocca. “Ho a malapena
chiuso occhio la notte scorsa,” disse, sorprendendo Sehun.
“Ho fatto delle prove davvero brutte ieri. Continuavo a
sbagliare, ed ero stressato, e l'insegnante di danza mi ha
rimproverato. E poi sono tornato a casa e ho urlato addosso a mia
sorella per qualcosa di davvero stupido, e mio padre ha urlato contro
di me per averla fatta piangere. Non sono riuscito a dormire dopo. Ho
dormito forse due o tre ore. Quando ho sonno divento piuttosto
silenzioso, ed ero ancora un po' di cattivo umore da ieri. Non te l'ho
detto, perché hai già abbastanza cose di cui
preoccuparti, ho pensato. Non volevo farti preoccupare per me. Ma l'ho
fatto comunque.”
“Pensavo
ti fossi stancato di me,”
sussurrò Sehun.
“Incolpi
sempre te stesso,”
disse Jongin, sospirando leggermente.
“Di
solito è colpa mia.”
“No, Sehun, non lo
è,” disse gentilmente Jongin. “Dovrai
capirlo prima o poi. Ci sono molte cose per le quali ti biasimi che non
dipendono da te.” Sehun non disse niente, deglutì
a fatica. “Mi dispiace per aver urlato oggi. Questo
è stato colpa mia. Ti stavo spingendo a fare
qualcosa, e non sono stato comprensivo. Cerco davvero di capire come ti
senti, e tutto, ma a volte sbaglio, o non provo abbastanza. Mi
dispiace. ”
“È stata anche colpa
mia,” disse Sehun. “Sono stato testardo e meschino,
e mi sono arrabbiato senza motivo. E non avrei dovuto credere alle cose
che hanno detto gli altri. E non avrei dovuto mentire.”
Jongin
deglutì. “Ho davvero pensato che non ti fossi mai
piaciuto.”
“Certo
che mi piacevi,”
disse piano Sehun. “Mi sei sempre piaciuto. Ero solo troppo
spaventato e stupido per ammetterlo.”
Jongin
allungò una mano, e Sehun la incontrò a
metà strada, intrecciando le loro dita. La mano di Jongin
era calda, familiare, confortante. “Volevo davvero
piacerti,” disse.
“Mi
piaci,”
rispose, ed era così bello dirlo, finalmente.
“Grazie
per essere venuto a cercarmi,” disse Jongin,
stringendogli la mano. “Ho davvero pensato...
perché come mi sono comportato oggi…”
“Mi
sono comportato in modo decisamente peggiore,” disse Sehun.
“E sei sempre stato tu quello che veniva a cercarmi. Penso
fosse ora che la cosa cambiasse.”
Alla fine,
Jongin sollevò lo sguardo, lo guardò con occhi
lucidi mentre sorrideva. “Grazie,”
sussurrò.
Sehun gli
tirò la mano, tirando Jongin più vicino. Non
appena poté, si chinò per premere un bacio casto
sulle sue labbra – per scusarsi e per perdonarlo, tutto in un
bacio. Jongin ricambiò, provando lo stesso.
“Fai
un sonnellino,”
disse gentilmente Sehun, tirando Jongin per fargli posare la testa in
grembo. “Sei stanco. Ne hai bisogno.”
Jongin si
sdraiò senza opporre resistenza, ma si voltò per
guardarlo, sorridendo. “Grazie.”
Sehun gli
accarezzò i capelli scuri, e disse, “Te lo
meriti.”
“Mi
ha scritto una canzone, Kyungsoo. Quanto smielato
può essere?”
“Hyung, possiamo tornare
indietro?”
“Ancora
un po',
Soo. È solo che... non so perché gli piaccia.
Perché gli piaccio? Non lo sa che ho molti più
problemi di quanto non ne valga la pena?”
“Hyung, voglio davvero tornare
indietro.”
“Forse
si è dimenticato di come sono davvero da quando è
in Cina. Forse si è dimenticato che ho cambi d'umore e
problemi di salute fisica e mentale e—”
“Davvero
non voglio andare avanti, hyung. E poi, smettila di
buttarti giù. Ovviamente Luhan si ricorda, perché
me lo chiede ogni volta che parla con me. In più, gli
piacevi già prima che se ne andasse, quindi chiudi il becco.
Onestamente, questo è tutto quelli di cui
parlate—di voi. Luhan e Minseok. Luhan ama
Minseok. Minseok ama Luhan.”
Minseok si
voltò verso di lui con un sorriso imbarazzato. “Lo
sai che lo sto facendo per un motivo, Soo.”
Kyungsoo
sbuffò, riaggiustandosi la mascherina che gli copriva il
naso e la bocca. Tantissime persone le
indossano, non ti preoccupare, aveva detto Minseok. Tutto il
suo corpo tremò leggermente. “Perché
sei ossessionato?” disse.
“No, perché
più ti irriti per le mie sfuriate amorose, meno penserai a
dove sei. Guarda, siamo a metà strada dalla porta! La parte
peggiore è finita.”
Kyungsoo
guardò, e cominciò nuovamente a tremare,
chiudendo gli occhi. “Penso di dover tornare su
ora.”
“Ancora un po' e basta, Soo, lo
giuro. Non vuoi uscire fuori?”
Kyungsoo lo
voleva. Lo
voleva davvero. Ed aveva persino pensato di
essere pronto a farlo. Ma poi erano entrati in ascensore, con il
pavimento sporco e le luci cupe, e aveva cominciato a sentire un
formicolio sulla pelle. E ora erano all'ingresso, e le persone gli
passavano accanto, gli lanciavano sguardi straniti mentre tremava e
pregava Minseok di tornare su, e tutto era rumoroso e strano e
sconosciuto e lo spaventava.
Ma c'era
Minseok accanto a lui, parlava a voce bassa, sicura e familiare, gli
parlava di cose familiari, gli ricordava perché fosse
lì. Sarebbe andato fuori. Solo per un po', gli aveva
promesso Minseok. Solo piccoli passi.
Non
vuoi mettere piede fuori?
Kyungsoo
sapeva molte cose su fuori, ma non le aveva mai conosciute
di prima persona.
La folata di
vento dalla porta aperta spaventò Kyungsoo. Non è
che non fosse mai stato fuori prima, aveva passato un bel po' di tempo
nel suo balcone, ma la brezza lo sorprese comunque, nello stato
ipersensibile in cui si ritrovava. “Andiamo,”
disse Minseok, guidandolo con una mano gentile appena poggiata sulla
sua schiena.
Kyungsoo
annuì deciso, tenendo le braccia attaccate al corpo, le
maniche tirate sopra le mani. Avrebbe voluto avere dei guanti. Avrebbe
voluto avere una tuta che gli coprisse tutto il corpo. Sarebbe voluto
tornare nella propria camera.
Minseok si
fermò proprio davanti alla porta, voltandosi a guardarlo.
“Respira profondamente, Soo,” disse.
“Conta fino a dieci. Qualunque cosa tu stia immaginando ora,
non esiste, ricordi?”
Kyungsoo
voleva protestare, voleva dire che non stava immaginando niente, ma
anche quando aprì la bocca, la sua mente era invasa da
immagini di batteri che strisciavano su ogni superficie per arrivare
alla sua pelle, cercando un modo di entrare nel suo corpo, e sapeva che
non era così che funzionava, ma non gli impedì di
immaginarlo. Annuì, chiuse gli occhi, e contò
fino a dieci. Pensò a cose confortanti. Cose pulite. La sua
camicia lavata. La sua mascherina sterilizzata. Era al sicuro.
“Pronto?” chiese Minseok
quando aprì gli occhi.
Kyungsoo
deglutì, ancora e ancora, e poi disse,
“Sì.”
“Bene.
Andiamo. Vuoi che ti racconti una storia?”
Kyungsoo
prese un altro respiro e fece un passo avanti, oltre la porta che
Minseok stava tenendo aperta per lui.
“Sì.”
“D'accordo.
Ecco una storia cinese che mi ha raccontato una volta Luhan…”
Kyungsoo
ascoltò solo in parte, concentrandosi nel vedere dove stesse
mettendo i piedi, dove stesse andando. Il loro palazzo era in una
piccola via, non una grande strada, quindi non c'era molto da vedere
mentre camminavano, non c'erano nemmeno troppe persone, ma Kyungsoo
tenne gli occhi aperti, osservando. Il cemento sotto le sue suole era
sporco, i muri degli edifici su entrambi i lati erano meno che puliti,
e l'aria era pesante per lo smog, i gas di scarico delle macchine e
altre esalazioni che sentiva gli macchiavano i polmoni mentre
respirava, anche attraverso la mascherina. Ma almeno c'era abbastanza
silenzio, qui in questa via.
Questo
durò solo per un altro minuto, quando Minseok smise di
parlare e salirono entrambi sul marciapiede che costeggiava la strada
principale. Kyungsoo si ritrasse istintivamente. C'erano macchine che
sfrecciavano, uomini che discutevano davanti a ristoranti, donne che
contrattavano sul prezzo delle verdure alle bancarelle vicine, bambini
che ridevano e correvano intorno ai loro genitori, piccioni che
tubavano da sopra le insegne dei negozi, c'era rumore ovunque. Era travolgente, tutto il
rumore e l'attività e gli odori e le scene e—
“Hey, va tutto bene,”
lo rassicurò Minseok, con voce bassa e confortante.
“Guarda, Kyungsoo, questo è l'esterno.
È piuttosto frenetico, vero? È abbastanza
affollato al momento, sono tutti tornati da lavoro, non ci avevo
pensato…”
Kyungsoo
tremò e cercò di non vacillare sui piedi.
“Possiamo sederci?” chiese.
“Certo, Soo,” rispose
immediatamente Minseok, guidandolo in avanti, oltre la sicurezza della
loro via. Kyungsoo tremò incontrollabilmente.
“Ecco, ci possiamo sedere su questa panchina. Qui
è dove le persone aspettano l'autobus, ma possiamo
semplicemente fingere di star aspettando il prossimo.” Si
fermò accanto alla panchina, togliendosi il giubbotto e
stendendolo sulla superficie del legno. Anche Kyungsoo indossava un
giubbotto, perché c'era ancora un po' di freddo, e Minseok
ora aveva solo una maglietta, ma non disse niente e gli fece
semplicemente cenno di sedersi. Trattenendo il fiato, Kyungsoo lo fece.
“Perché
non provi a chiudere gli occhi?” suggerì
Minseok. “E ascolta solo per un po'. Un passo alla volta,
giusto?”
Kyungsoo
annuì, serrò la mascella e strinse gli occhi. In
un certo senso, questo lo rese ancora più nervoso, non
essere in grado di vedere mentre la automobili rumorose sfrecciavano in
un soffio di vento, e le voci si facevano più alte e poi
più basse attorno a lui, ma poteva anche sentire Minseok
accanto a sé, che continuava a guardare per lui, e si fidava
di Minseok. Tenne gli occhi chiusi, ascoltò e basta. I
clacson delle macchine, il suono dei semafori, i venditori che
urlavano, le persone che conversavano attorno a lui. Affollato,
così affollato, troppo affollato. Il cuore di Kyungsoo
batteva al ritmo della città che lo circondava.
Ma alla fine
si calmò, i suoni si attutirono in una sorta di rumore
bianco, forte ma meno stridente. Prese lenti respiri controllati.
Assaporò i gas di scarico. Aprì gli occhi.
Vedere fu
tanto inquietante quanto prima. Cominciò a tremare ancora,
gli occhi si spostarono su tutte le cose che passavano lungo la sua
linea visiva, si ritrasse quando un autobus si fermò davanti
a loro per far salire i passeggeri. Il rombo del motore lo
terrorizzava, e sollevò le mani per coprirsi le orecchie,
bloccandolo. Minseok glielo lasciò fare.
“Ora
guarda e basta,”
disse, avvicinandosi in modo che Kyungsoo potesse sentirlo.
“Guarda, e non ascoltare. Respiri profondi,
Kyungsoo.”
Kyungsoo
inspirò lentamente, tenendo le mani sopra le orecchie, gli
occhi passavano da un punto all'altro. L'autobus ripartì. Le
auto continuarono a scorrere di fronte a lui. Le persone continuarono a
camminare lungo il marciapiede. Gli uccellini continuarono a spiccare
il volo e atterrare. Era caotico, ma c'era una sorta di ritmo, e
Kyungsoo cominciò a sentirlo mentre osservava. Poteva ancora
sentire i suoni attutiti, ma erano sovrastati dal battito del suo
cuore, dal suo respiro tremante. Canticchiò un po' per
bloccarlo ancora di più, e Minseok non fece commenti.
Alla fine,
liberò le orecchie, e i suoni lo inondarono di nuovo, in un
istante. Prese dei respiri profondi, cercando di placare il panico che
cominciò a riaffiorare, provando a rallentare il battito del
cuore. Il suo respirò continuò ad essere
affannato, ma per il momento stava bene, controllava tutto, cercava di
dare un senso a tutto quel caos travolgente.
“Penso
possiamo tornare indietro ora, Kyungsoo,” disse
gentilmente Minseok, alzandosi.
Kyungsoo
annuì frettolosamente, alzandosi con le gambe tremanti,
costringendo le ginocchia a non cedere. Strinse l'orlo della camicia,
solo per avere qualcosa a cui tenersi.
“Rientriamo
velocemente, okay? Whoa, attento—” Minseok
allungò un braccio, e Kyungsoo si voltò
rapidamente e vide qualcuno che correva vicino, troppo vicino a lui, e
fece un passo indietro per evitare di venire travolto, ma le gambe
colpirono la panchina e cadde, sedendosi sul legno consunto e poggiando
una mano sul bordo. La spostò immediatamente, con la
sensazione di essersi scottato, e si rialzò mordendosi la
lingua abbastanza forte da farla sanguinare. “Stai
bene?” chiese ansioso Minseok, gli occhi spalancati.
Kyungsoo
annuì in silenzio, sforzandosi di non cedere al panico. Non
poteva parlare, non poteva nemmeno aprire la bocca, poteva sentire il
sapore di sangue sulla lingua e la pelle gli formicolava. Aveva
davvero, davvero
bisogno
di tornare dentro ora.
Tornarono
velocemente nella loro via, sfuggendo alla frenesia e al viavai della
strada principale, e Minseok si voltò e gli sorrise. “Sei stato davvero
bravo oggi, Kyungsoo. Fantastico. Sono così orgoglioso di
te.”
Kyungsoo si
costrinse a sorridere e annuì per il complimento. Anche lui
era orgoglioso di se stesso, ma allo stesso tempo si sentiva nel panico
e malato e spaventato e travolto e voleva farsi una doccia per
strofinarsi la pelle e prendere tutte le sue vitamine anche se le aveva
già prese quella mattina e—
“Stai
bene,
Soo?”
Kyungsoo
rallentò il respiro e cercò di rilassarsi. Stava
tremando così tanto che probabilmente Minseok lo aveva
visto. “È tutto okay,” rispose, con voce
falsamente calma. “Sto bene.”
“Ti
sta sanguinando la lingua,” disse Minseok,
aggrottando le sopracciglia.
“Me
la sono morsa quando sono caduto. Sto bene,” disse deciso
Kyungsoo.
Sarebbe stato
bene, perché voleva che Minseok fosse orgoglioso di lui.
Voleva meritarsi l'orgoglio di Minseok.
“Vado
a farmi una doccia,”
disse nel momento in cui rientrò in casa, le mani tremanti
mentre le teneva lontane dal proprio corpo. “Mi
laverò le mani, mi toglierò i vestiti e poi
farò la doccia, okay?”
“Okay,” disse piano
Minseok. “Solo non—”
“Usare niente di troppo forte,
lo so, hyung. Non lo faccio più ormai.” Kyungsoo
deglutì a fatica.
“Bene.” Minseok sorrise
incoraggiante. “Vai pure. Luhan chiamerà fra poco,
vuoi unirti a noi? Probabilmente ci sarà anche
Yixing.”
Kyungsoo
annuì in automatico, spostandosi verso il lavandino
più vicino.
“D'accordo.
Ti mando un messaggio più tardi allora, okay?”
Un altro
cenno di assenso, la concentrazione di Kyungsoo era più che
altro sulla quantità di sapone che si stava versando sulla
mano.
“Okay. A dopo, Soo.”
“A
dopo,”
lo salutò Kyungsoo. La porta si chiuse dietro il vicino
quando se ne andò. Poi, piano, tra sé e
sé ripeté, “Non ti ammalerai, Do
Kyungsoo. Sarai una persona normale. Una persona normale che va fuori e
ha un rapporto normale con le persone.” Annuì, e
continuò a strofinarsi le mani.
Minseok non
si innervosiva più prima di chiamare Luhan. Lo era le prime
volte dopo la confessione di Luhan, solo perché non era
stato sicuro di cosa aspettarsi e di come gestire tutta questa... cosa.
Qualsiasi cosa fosse. Ma era passata più di una settimana da
allora, e aveva persino detto a Jongdae di lui e Luhan (solo per
scoprire che Luhan glielo aveva già raccontato –
quanto parlavano quei due, comunque?!). Ad ogni modo, dirlo al migliore
amico in qualche modo aveva solidificato l'idea nella mente di Minseok,
l'aveva resa più reale.
Quella
settimana non aveva, però, reso la cosa meno dolorosa.
Sì, Minseok era felice, e sì, era estatico del
fatto di poter guardare Luhan in faccia e dirgli che lo amava (quando
trovava il coraggio – Luhan era molto più bravo di
lui), ma faceva ancora male che in faccia significasse ad uno schermo. Faceva male non poter tenere la
mano di Luhan, o baciarlo, come avrebbe così disperatamente
voluto fare. Faceva male sognare di fare cose come quelle, stare con
Luhan e poterlo sentire senza interruzioni della connessione e poter
vedere il suo corpo intero e non solo le sue spalle e il suo viso e
poterlo toccare. Faceva così male
doversi sempre svegliare.
E faceva male
anche che Minseok poteva sempre vedere le profonde borse sotto gli
occhi di Luhan, nonostante il ragazzo cercasse di nasconderlo. Poteva
vedere quanto fosse stanco, riusciva a sentire quanto fosse roca la sua
voce a causa della tosse che aveva sviluppato nei giorni precedenti. E
sapeva che stavano succedendo delle cose nella vita di Luhan delle
quali non parlava con Minseok. Cose di cui non voleva parlargli,
perché Minseok si sarebbe preoccupato. E Minseok in effetti si stava preoccupando. Solo che
non sapeva di cosa preoccuparsi, di preciso.
“Ciao,
ti amo,”
disse un Luhan assonnato non appena la chiamata si connesse quella sera.
Minseok
avvampò, nascondendo le guance dietro le mani.
“Oddio, Lu, sei così tremendamente
sdolcinato.”
Luhan rise
felice, spostandosi la frangia dagli occhi. Sembrava si fosse appena
alzato dal letto. “È solo che non voglio che te ne
dimentichi.”
“Non
lo farò,”
mormorò Minseok imbarazzato, ma il suo cuore
palpitò compiaciuto. Poi Luhan si appoggiò allo
schienale della sedia, più lontano dallo schermo, e Minseok
poté vedere delle spalle e un petto nudo. Arrossì
ancora di più. “Um. Perché non indossi
una maglietta?”
“Hm?” Luhan
abbassò lo sguardo, come se si fosse dimenticato.
“Oh. Stavo dormendo. E durante il giorno fa così
caldo in camera di Yixing. Di solito dormo nudo.”
Beh. Questo presentò a Minseok
molte immagini mentali che non avrebbe dovuto avere. “Beh, ti metterai dei vestiti?”
“Perché,
non ti piace?”
chiese Luhan, sorridendo malizioso. Si allontanò ancora,
dando a Minseok una visuale migliore del suo petto nudo.
Minseok
sputacchiò. “No, stavo solo – voglio
dire, è – mi distrae!”
protestò.
Luhan
ridacchiò, stiracchiandosi in quella che Minseok pensava
fosse una combinazione di sonno ed esibizionismo intenzionale.
Bastardo. “D'accordo, d'accordo,” disse.
“Vado a cercare una maglietta.”
Si
alzò troppo velocemente perché Minseok potesse
coprirsi gli occhi, ma fortunatamente indossava almeno dei pantaloncini. (Minseok, comunque,
riuscì a vedere un sentiero di peli scuri che andava
dall'ombelico all'orlo dei boxers, e deglutì a fatica.) Un
momento dopo si infilò una felpa che Minseok era abbastanza
sicuro fosse di Yixing (non che fosse geloso), e poi si risedette,
posando il mento sulle mani. “Meglio?”
“Sì,” Minseok
tirò su col naso. “Allora. Qualcosa di
nuovo?”
Luhan fece un
suono vagamente assonnato. Le borse sotto ai suoi occhi erano
più marcate del solito oggi. “Lavoro lavoro
lavoro,” rispose. “Come al solito.”
Minseok aveva
la sensazione che stesse lavorando più del solito. Ma non disse
niente, perché immaginò che Luhan non ne volesse
parlare. “Stai dormendo abbastanza?” chiese invece,
accigliandosi per la preoccupazione.
“Lo
faccio mai?”
ribatté Luhan sorridendo sarcasticamente. “Ma sto
bene. Davvero, Seok-ah.” Però tossì
leggermente alla fine, e Minseok scosse la testa e sospirò.
“Ti
senti meglio, almeno?”
chiese, facendo un cenno alla gola.
“Un
po',”
rispose Luhan scrollando le spalle. “Non è niente,
Seok-ah, solo un po' malato.”
“Sei
sempre solo un po' malato,” mormorò
Minseok imbronciato. “Dovresti prenderti più cura
di te stesso.”
“Lo
farò quando potrò,” gli promise Luhan,
poi cambiò argomento. “Che hai fatto
oggi?”
Minseok si
illuminò. “Beh, sono andato a scuola,”
cominciò. “E proprio ora, poco fa, io e Kyungsoo
siamo andati fuori!”
Le
sopracciglia di Luhan si sollevarono. “Kyungsoo?
Fuori?”
Minseok
annuì vigorosamente, sentendo nuovamente l'orgoglio
riempirgli il petto. “Già! Siamo andati in fondo
alla strada, e ci siamo seduti alla fermata dell'autobus per qualche
minuto. È stato davvero bravo!”
“Non
si è nemmeno spaventato?” chiese Luhan.
“Beh,
sì,”
ammise Minseok. “Siamo dovuti tornare dopo un po'. Ma
è stato bravo per essere la prima volta! Sono davvero
felice.”
Luhan
sorrise. “Yixing sarà felice di
sentirlo.”
Minseok rise.
“Possiamo chiamarli entrambi dopo.” Poi, in fretta,
“Ma per ora parliamo, io e te.”
Luhan
annuì, posando ancora il mento sulle mani e sorridendo
affettuosamente. “Già,” disse piano.
Quindi
parlarono. Luhan raccontò a Minseok dei suoi colleghi, del
suo capo, dei suoi amici, della sua città, e in risposta,
Minseok gli parlò della scuola, dei professori di cui Luhan
si lamentava, del test che aveva fatto quel giorno, e di Baekhyun e
Chanyeol che all'ora di pranzo avevano fatto i piccioncini. (Non
entrò nel dettaglio, non gli disse che si erano tenuti per
mano sotto al tavolo quando pensavano che nessuno stesse guardando, o
di come si toccassero e tendessero a poggiarsi l'uno all'altro,
perché Minseok non poteva farlo con Luhan, e non voleva che
la gelosia o l'amarezza prendessero il sopravvento. Era felice per
Chanyeol e Baekhyun. Lo era.)
Minseok disse
a Kyungsoo di raggiungerli solo quando apparve Yixing, sbucando sullo
schermo e dicendo, “Kyungsoo?” Onestamente, lui e
Luhan probabilmente avrebbero potuto continuare a cianciare fino a che
Luhan non fosse dovuto andare a lavoro, quindi probabilmente era stato
un bene che Yixing li avesse interrotti, prima che si facessero
trasportare.
Kyungsoo
arrivò circa cinque minuti dopo, i pugni coperti dalle
maniche della maglietta. Si sedette accanto a Minseok con cautela e,
automaticamente, Minseok disse, “Mani.”
Kyungsoo
scosse via le maniche e mostro i palmi a Minseok. Sembravano
stranamente rosa, e Minseok guardò con attenzione il vicino,
cercando di decifrare la sua espressione, prima di dire,
“L'altro lato.”
Kyungsoo
sospirò e girò le mani, mostrando le nocche
arrossate e screpolate.
“Soo…”
cominciò Minseok, preoccupato ma anche severo.
“Ho
solo strofinato troppo forte,” gli disse il
ragazzo, abbassando la testa con vergogna. “Non ho usato
nulla.”
Minseok
rilasciò un piccolo sospiro di sollievo. “Stai
bene?”
Kyungsoo
esitò, poi annuì.
“Sì.”
“Bene.
Ora saluta
Yixing, se la sta praticamente facendo addosso per l'eccitazione di
vederti.”
A Minseok piaceva il modo in cui
il viso di Kyungsoo si illuminava quando parlava con Yixing. Non ero lo
stesso rispetto a quando parlava con lui o qualcun altro. I suoi occhi
erano più accesi del solito, il suo sorriso più
timido – sembrava più vivo di qualsiasi altro momento. E
se c'era una cosa di cui Kyungsoo aveva bisogno, era l'incentivo a vivere di più.
Oggi,
però, Kyungsoo era in qualche modo più riservato
del solito, la sua voce leggermente provata, il suo sorriso forzato. “Sono uscito
oggi,” disse Kyungsoo a Yixing, e sembrava fiero di se
stesso, e questo rese Minseok felice, ma sembrava anche un po'
spaventato.
Luhan
tradusse per l'amico, il quale si illuminò.
“Davvero?” disse in coreano, con un forte accento.
“Fantastico!”
Kyungsoo
ridacchiò leggermente. “C'è davvero
tanto rumore,” disse. “E molto traffico. Ero
nervoso.”
Gli occhi di
Yixing si spalancarono quando Luhan tradusse ancora, e poi disse
qualcosa in cinese, che Minseok tradusse per il vicino. “Dice che sei molto
coraggioso.”
“Bu shi,” ribatté Kyungsoo,
abbassando la testa. Non lo sono. “Avevo davvero paura.”
“Puoi
avere paura ed essere comunque coraggioso,” fu la risposta di
Yixing, gli occhi grandi e sinceri.
“Avevo
davvero paura,”
ripeté Kyungsoo, e Minseok poté vedere il leggero
tremolio delle sue braccia. “Qualcuno mi è quasi
venuto addosso, e ho avuto un piccolo crollo. Non mi ha nemmeno
toccato. Ma ho poggiato la mano sulla panchina. E riesco ancora a
sentirlo. L'ho sfregata più forte che potevo. Ma non mi
sembra ancora pulita.”
“Hey, è tutto
okay,” disse velocemente Minseok, anche se in sottofondo
sentì Yixing chiedere a Luhan cosa non andasse e se Kyungsoo
stesse bene. “Era la tua prima volta. Migliorerai.”
“Il
mondo sembra troppo grande, e troppo pericoloso. Io sono troppo
piccolo, e troppo fragile,” disse Kyungsoo,
tremando.
“No, no, va bene,”
continuò Minseok, sentendo una stretta al cuore.
“Sei stato davvero bravo oggi, Soo. Da qui in poi migliorerai
soltanto. Starai bene, lo prometto.”
“Ha terribilmente paura di
ammalarsi,” Minseok riusciva a sentire
Luhan che spiegava in cinese dall'altra parte. “Perché ha paura che
non migliorerà.” Minseok sapeva che Yixing
sapeva dell'immunodeficienza di Kyungsoo, ma chiaramente non conosceva
gli effetti psicologici di questa condizione.
“Cosa
sta dicendo?”
chiese Kyungsoo, facendo un cenno verso lo schermo. Sembrava
imbarazzato, e rassegnato, e turbato.
“Gli
sta solo parlando un po' della tua condizione,” gli
assicurò Minseok, col desiderio di poter posare una mano di
conforto sulla spalla di Kyungsoo. “E perché oggi
è stata così dura per te.”
Il corpo del
ragazzo tremò leggermente, e si morse il labbro. “Perché
sono un casino,” disse.
“Yixing dice che sei fantastico,
Kyungsoo,” li interruppe all'improvviso Luhan, e si voltarono
per vedere Yixing che lo guardava con occhi sinceri. “Dice
che ti ammira davvero, e che anche lui lavorerà tanto per
diventare una persona migliore.”
Kyungsoo
sbatté le palpebre una, due volte e poi disse, “Ha
detto questo?”
Luhan
annuì. “Dice che sei davvero coraggioso per aver
affrontato le tue paure, e che sa che non ti ammalerai,
perché il tuo spirito è troppo forte.”
Minseok
sorrise, e Kyungsoo prese un profondo respiro.
“Grazie,” disse piano.
Yixing
sorrise gentilmente. “Fighting!” disse, alzando un
pugno d'incoraggiamento.
Kyungsoo
sorrise in risposta, e sussurrò,
“Fighting.”
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Capitolo 41 *** Capitolo 39 ***
A volte, Jongdae faceva
semplicemente un passo indietro e pensava al fatto che il suo gruppo di
amici era diventato molto gay molto velocemente. Sembrava quasi
un'epidemia che si espandeva per la scuola. Prima, diversi anni fa,
Minseok aveva detto a Jongdae di essere gay. Okay, d'accordo, un
ragazzo gay a scuola, ed era il suo migliore amico. Andava bene.
Poi Sehun e Jongin si erano messi insieme – ma Jongdae aveva
già sentito dire che Jongin era bisessuale. Era comunque
stato strano, perché Sehun sembrava la persona
più fredda e disinteressata del mondo –
disinteressato sia dei ragazzi e delle ragazze – ma
Jongdae aveva visto dalle retrovie come Sehun avesse cominciato ad
accettare sempre di più le avances di Jongin, e onestamente
sembravano una bella coppia. Jongdae non conosceva bene nessuno dei due, sembravano
felici insieme, e Luhan era sempre stato estasiato per quanto fossero
adorabili insieme, e complessivamente aumentava il livello di
omosessualità nella vicinanza generale di Jongdae.
Ed era rimasto tutto così per un bel po' di tempo. Ma poi,
all'improvviso, Baekhyun e Chanyeol. Tra tutte le cose, proprio Baekhyun e Chanyeol. Migliori amici da sempre, che
di recente erano entrati in conflitto e si erano ignorati per un po', e
poi erano tornati amici, e poi si erano messi insieme. Jongdae non se lo aspettava. Per niente.
Insomma, erano sempre stati molto uniti, attaccati e affettuosi, ma
Jongdae non aveva mai pensato ci fosse nulla di strano. Non che... essere gay fosse
strano. Il suo migliore amico era gay. Ma Baekhyun e Chanyeol non erano gay. Vero? Jongdae era
abbastanza sicuro che non lo fossero, perché glielo
avrebbero detto altrimenti. Nessuno dei due aveva mai espresso interesse in un altro
ragazzo. Anzi, non avevano mai espresso interesse in nessuno, se non
tra loro..
Il che era... comprensibile in un certo senso, considerando che a
quanto pare stavano insieme ora. Quindi forse erano sempre stati gay? O bisessuali,
o qualcosa del genere? Perché le persone non diventano improvvisamente gay per qualcuno. Giusto?
E poi, in quello stesso giorno, Jongdae aveva parlato con un Luhan
estremamente entusiasta, che gli aveva orgogliosamente detto che lui e
Minseok erano, per citarlo, “Ufficialmente mutualmente
innamorati e tutto.” E questo era fantastico, certo. Jongdae
voleva che Minseok fosse felice, e Luhan meno stressato per il fatto
che l'amico lo stesse ignorando, e tutto il resto. Era contento che
avessero smesso di fare gli idioti e ammesso la verità (non
che Jongdae avesse saputo, per certo, come si sentisse Luhan prima).
Ma ovviamente, con Minseok felicemente innamorato del suo ragazzo
cinese, e Baekhyun e Chanyeol felicemente innamorati tra loro, e Sehun e Jongin che facevano
felicemente quello che facevano e che occasionalmente venivano a
sedersi con loro in mensa, questo ora significava che Jongdae era
praticamente circondato da persone gay. Onestamente, come era successo?
Era stata colpa di Minseok, che era uscito allo scoperto nella loro
scuola? Era in una missione per ottenere solidarietà?
Persino Kyungsoo, che viveva nella propria stanza e non aveva contatti
con quasi nessuno,
aveva
una sorta di cotta per un ragazzo. Kyungsoo! Era assurdo. Jongdae era
l'ultimo etero rimasto.
Non che Minseok non ci avesse provato. Jongdae semplicemente. Non era
gay. Non
lo era.
E anche se lo fosse stato, Junmyeon non lo era. Aveva una ragazza.
In ogni caso, l'unico sollievo che ebbe Jongdae fu il fatto che la
dolce metà di Minseok non era nel paese. Il che significava
che poteva avere il migliore amico tutto per sé, quando ne
aveva bisogno. Certo, Minseok era sempre occupato la sera, quando Luhan
lo chiamava, e anche Jongdae era occupato intorno a quell'ora, ma dopo
scuola e nei fine settimana era solitamente libero, e anche se stavano
insieme solo per fare i compiti era piacevole. A Jongdae era mancato
Minseok negli ultimi tempi. Gli era mancato il proprio migliore amico.
Le cose si erano un po' incasinate con Minseok che si era ammalato e
poi il festival multiculturale e dopo Minseok che evitava Luhan e tutto
il resto, ma ora erano tornati più o meno alla
normalità, e potevano semplicemente... stare insieme.
E questo significava anche che Jongdae poteva osservare Minseok
più da vicino. Semplicemente... come stava, e come stava
gestendo le cose. Era più in salute, questo era ovvio.
Mangiava tutto quello che doveva mangiare, teneva sotto controllo i
valori come doveva fare, era onesto su come si sentiva. Ora parlava
molto più apertamente con Jongdae delle cose relative al
diabete, si scusava per i cambi di umore e si lamentava di come la sua
glicemia occasionalmente si alzasse quando parlava con Luhan
(“Dannati
ormoni,” diceva sempre). Jongdae era
felice di questo.
Ma da così vicino Jongdae poteva vedere anche come Minseok
si sentiva per tutta la situazione di Luhan. Non che il migliore amico
si lamentasse troppo, davvero. Non con Jongdae. Ma lui lo vedeva lo
stesso. L'espressione triste nei suoi occhi ogni volta che si faceva il
nome di Luhan. Il modo rassegnato in cui abbassava le spalle quando si
menzionava la distanza tra loro. Ovviamente, Minseok amava alla follia Luhan, ma era anche chiaro che
questo non rendeva affatto più semplice essere in una
relazione con lui. Anzi, a volte Jongdae aveva la sensazione che lo
rendesse ancora più difficile.
Nel frattempo, mentre tutti attorno a lui erano gay e tutto, Jongdae
era impegnato a prepararsi per le imminenti elezioni del presidente del
consiglio studentesco. Stava progettando e appendendo i poster,
scrivendo i discorsi, preparava la campagna, e a volte,
occasionalmente, Junmyeon lo avvicinava per parlarne, e Jongdae lo
faceva, perché faceva sempre comodo avere notizie
dall'interno. Non parlava con Junmyeon perché erano amici.
Parlava con Junmyeon per strategia. Così come Jongdae era
una strategia per Junmyeon.
Era molto, molto impegnato, e dovette re-imparare e parlare con
Junmyeon, ma lo considerò come un esercizio per il futuro,
quando sarebbe stato ancora più impegnato, e avrebbe dovuto
parlare di più con lui. Si stava preparando al futuro.
Proprio come Junmyeon.
Se c'era una cosa che Minseok aveva imparato nelle settimane seguenti
alla confessione di Luhan, era che il tempo non rendeva le cose
più semplici. Pensava davvero sarebbe stato così,
e invece no. Affatto. Certo, si abituò di più
all'idea, e riuscirono a trovare una specie di programma, e in un certo
senso accettò il loro destino, ma allo stesso tempo, mentre
le settimane passavano, e le temperature si facevano sempre
più calde, Minseok sembrava innamorarsi ancora di più di Luhan, e diventava ancora più depresso per il fatto che
mentre tutti avevano trovato il loro lieto fine, lui ancora non aveva
baciato il proprio ragazzo.
Per quanto sembrassero romantiche nei film le relazioni a distanza,
nonostante tutta quella merda di 'l'assenza rende il cuore
più forte', era comunque ridicolmente difficile,
scoprì Minseok. Comunicare era difficile. Le loro giornate
erano così terribilmente diverse, e a volte proprio non
riuscivano a far combaciare i programmi, oppure la connessione a
internet era scarsa e a malapena riuscivano a vedersi e sentirsi, o
ancora finivano le storie da raccontarsi e si limitavano a fissarsi,
sprecando i minuti in cui potevano stare da soli. Non potevano uscire
insieme, o comprarsi regali stupidi, o accucciarsi sul divano e
addormentarsi in quella posizione. Non potevano fare nessuna delle cose
che Minseok aveva sognato di fare, notte dopo notte. Tutto
ciò che potevano fare era guardarsi, e parlare, e bramare.
E di certo, di
certo non
aiutava il fatto che mentre il mese andava avanti, tutti sembravano
diventare più impegnati. Anche Minseok era impegnato, ovvio,
con la scuola e ad aiutare Jongdae con la sua campagna e a spingere
Kyungsoo ad uscire dalla sua stanza giorno dopo giorno. E Luhan
sembrava sempre esausto e distratto, senza dare mai un motivo
specifico, interrompeva sempre prima le loro sessioni di skype la sera.
Jongdae era impegnato, con la campagna e chissà che altro.
Persino Kyungsoo
sembrava
essere più impegnato del solito, anche se forse era
semplicemente Minseok che proiettava il proprio stress sul vicino.
Più Minseok cercava qualcosa che lo distraesse dagli aspetti
più deprimenti della sua vita, meno le persone avevano tempo
per tenerlo occupato.
Ma forse la cosa peggiore di tutta la situazione era che Minseok sapeva
che le cose non andavano bene per Luhan, là in Cina, eppure
sembrava che più passava il tempo, più Luhan
diventava silenzioso. Cambiava argomento, o forzava una risata e faceva
una battuta, ed era ovvio che Luhan non dicesse tutto a Minseok. Non manteneva
segreti – non avevano più segreti, ne era certo
– ma era sempre vago, girava attorno al problema.
“Mio padre ha qualche altra responsabilità la
sera,” diceva, sorridendo in modo distante.
“È piuttosto impegnato.”
“Impegnato con cosa?” chiese Minseok, accigliandosi.
“Solo... cose.” Luhan vide l'espressione di Minseok
e rise. “Niente di illegale, lo giuro.”
Anche Minseok rise, ma onestamente sospirò di sollievo
dentro. Con il passato della famiglia di Luhan, non si poteva mai
essere sicuri di nulla.
“Parlami del lavoro?” gli chiedeva spesso Minseok,
sia perché gli piaceva sentire dei colleghi di Luhan e
tutto, ma anche perché era una delle cose di cui parlava
apertamente.
“Nel giorno di paga…” cominciava Luhan,
e Minseok sapeva che veniva ancora pagato.
“Il mio capo la settimana scorsa mi ha
detto…” diceva, e Minseok sapeva che aveva ancora un lavoro.
Minseok si preoccupava di continuo, ed erano le piccole cose che lo
rassicuravano che Luhan non fosse in immediato pericolo. Voleva solo
sapere che Luhan stava bene, ed era difficile saperlo quando il ragazzo
non parlava di così tante cose.
E questa non era l'unica cosa di cui si preoccupava Minseok,
ovviamente. Quasi ogni volta che parlavano, Minseok era tentato di
chiedere, e a volte gli chiedeva, “Ti piaccio
ancora?” La notte tardi, con la guancia premuta contro la
scrivania perché non era sicuro di poter guardare Luhan in
viso, le palpebre pesanti, il petto dolorante, la voce debole.
“Sei sicuro che ti piaccia ancora? Sono passati, quanti, due
mesi?”
“Indovina,” disse Luhan.
“Cosa?”
“Indovina qual è la mia risposta,”
spiegò Luhan, con voce giocosa.
Minseok sbuffò, le guance accaldate.
“Sì?”
“Sbagliato,” cinguettò Luhan.
“Cosa?” la testa di Minseok scattò su
immediatamente, gli occhi spalancati.
Luhan gli sorrise, inclinando la testa. “Ho detto sbagliato. Non hai indovinato. Prova
ancora.”
“Cosa vuoi dire che ho sbagliato?” chiese Minseok, metà
indignato e metà terrorizzato, perché era chiaro
che Luhan lo stesse prendendo in giro, ma ancora non era sicuro di
poter sopportare di aver sbagliato.
“Non mi piaci,”
canticchiò Luhan. “Io ti amoooooo.”
“Luhan,” si
lamentò, coprendosi le guance imbarazzato.
“È la stessa cosa!”
“Non è la stessa cosa! Piacere, amare, sono due
parole diverse, due cose diverse. Mi piacciono molte persone. Mi piace
Yixing. Mi lascia vivere nella sua stanza.” Fece una pausa,
poi aggiunse, “E dormire nel suo letto. E mi presta i suoi
vestiti. A dire il vero, Yixing mi piace proprio tanto.”
Minseok grugnì. “Yixing è un fidanzato
decisamente migliore di me.”
Luhan esitò, poi disse, “Primo, credo che questa
sia la prima volta che usi la parola fidanzato con me, e ti amo. Secondo, il
fatto che tu sia così lontano non è colpa di
nessuno dei due. E tre, se fossi voluto stare con Yixing, lo avrei
fatto tanto tempo fa. Ma non l'ho fatto,
perché…?” Alzò un
sopracciglio, aspettando.
“Luhan…” disse Minseok, arrossendo.
“La risposta è ‘Ti amo’” continuò Luhan, e
persino un mese dopo, rese Minseok formicolante e gli fece provare
belle sensazioni. “Ti amo, ti amo, ti amo. Ancora, ora,
sempre, anche se fossi dall'altro capo del mondo.” Fece una
pausa, sorrise dolce, poi disse, “E tu?”
E persino un mese dopo, Minseok aveva problemi a dar voce alle sue
emozioni, troppo timido e insicuro della maggior parte dei suoi
pensieri. Luhan doveva ancora tirarglieli fuori. Abbassò le
spalle, trattenne un sorriso timido, ed evitò il suo sguardo
mentre debolmente diceva, “Ancora innamorato di te.”
“Come? Cosa hai detto? Non ti ho sentito!”
esclamò Luhan, e Minseok rise.
“Ti
amo,”
disse,
forte e chiaro, e Luhan sorrise compiaciuto, risistemandosi sulla sedia.
“Bene,” disse.
Una pausa, un sorriso, e poi, dato che Minseok non riusciva mai a non
rovinare il momento, disse piano, “Allora quando
torni?”
Il silenzio di risposta di Luhan e il modo in cui distolse lo sguardo
dissero a Minseok tutto quello che aveva bisogno di sapere.
Nei giorni seguenti, Luhan divenne ancora più silenzioso,
più chiuso, più evasivo. E Minseok aveva paura.
Minseok aveva paura, perché lui e Luhan aveva già
passato così tanto insieme, avevano condiviso
così tanto, quindi il fatto che Luhan gli stesse tenendo
nascosto qualcosa, ora, era spaventoso. Perché dopo tutto
quello che aveva sopportato in passato, se Luhan non voleva dirgli
qualcosa ora, significava che doveva essere peggio di quello che
Minseok avesse mai condiviso con Luhan, o che Luhan avesse condiviso
con lui. E questo doveva significare che era molto grave.
Minseok aveva troppa paura di chiedere.
“Com'è andata la tua giornata?” chiese
il primo giorno di Giugno, poggiandosi ad una mano.
Luhan sorrise tristemente, copiando la sua posizione.
“Indaffarata, molto indaffarata,” disse.
“Sono rimasto sveglio... fino a tardi? Quindi non ho dormito
molto.”
Si vedeva. Luhan sembrava non aver dormito affatto, le sue occhiaie
erano scure contro la luce dello schermo, il suo accento più
marcato del solito, le sua parole impacciate. Il suo coreano peggiorava
quando era stanco. “E a lavoro?”
Scrollò le spalle in modo vago. “Il solito. Il
capo è stato piuttosto gentile con me, almeno. Mi ha
lasciato fare qualche foto, e non pensavo l'avrebbe fatto,
haha.”
“Perché hai fatto foto a lavoro?” chiese
Minseok, accigliandosi.
Luhan fece ancora spallucce. “Faccio foto ad ogni parte della
mia vita. Sistemare gli scaffali nel turno di mezzanotte è
una di quelle.”
Non era giusto che lo fosse. “Manderai altre foto
presto?”
Luhan confermò. “Prima o poi,” rispose.
“Ne ho un bel po'.”
Minseok rise, un po' amaramente. “Tutto quello che fai
è lavorare e dormire e parlare con me. A cosa puoi aver
fatto delle foto?”
“Magari sono semplicemente foto di me, in diverse posizioni
provocanti,” disse Luhan, sorridendo pigramente.
Minseok si strozzò leggermente, tossendo per l'immediata
immagine mentale. “Onestamente, Lu, dove hai imparato queste
parole?”
Luhan rise. “Le cerco specificatamente per frasi di questo
tipo,” disse, e Minseok non lo mise in dubbio.
“Dovresti vedere i miei fogli di esercizio.”
“Sei ridicolo e terribile,” gli disse, scuotendo la
testa con affetto. Gli piaceva sentire Luhan ridere. Lo faceva sentire
come se forse tutto andava bene.
“Ci provo,” rispose Luhan, con un largo sorriso.
“Ma voglio un pagamento in cambio di quelle foto, giusto per
fartelo sapere.”
“Chiudi il becco, prima che mia madre ti senta e pensi che
sei serio,” disse, il viso rosso. Non aveva detto ai genitori, in modo diretto,
di lui e Luhan, ma senza dubbio ormai lo avevano capito. Si parlavano
quasi ogni giorno. Un po' troppo per essere solo amici.
“E se fossi serio?” chiese Luhan,
muovendo le sopracciglia.
“Zitto! La incoraggerai a pensare cose strane su di noi,
più di quanto non faccia già.”
“Ah sì?” chiese Luhan, sollevandosi.
“Davvero?”
Minseok annuì, arrossendo al ricordo.
“Già da tempo. Tipo, sin da prima che capissi che
mi piacevi. Ricordi quando sono venuto a casa tua la prima volta?
Pensava fossimo andati a letto insieme.”
Luhan sbatté le palpebre, poi disse, “Ma lo
abbiamo fatto.”
Minseok agitò le mani, scuotendo la testa freneticamente.
“No, no, non significa quello che pensi voglia
dire.”
“È un'altra cosa che dovrei cercare?”
chiese Luhan, un sorrisino malizioso gli incurvò le labbra.
“Luhan,”
Minseok
sospirò insofferente.
“Te la sei cercata, Minseok!” rise il ragazzo.
“Ti imbarazzi troppo facilmente, ed è
adorabile.”
Minseok borbottò, abbassando la testa per nascondere una
sorriso. Luhan sembrava felice. Minseok sperava fosse davvero felice,
che non stesse semplicemente fingendo.
Dopo un po', però, qualcuno bussò alla porta di
Luhan, il quale si accigliò. “Oh, devo andare ora,
Seok-ah.”
“Ci sentiamo domani?” chiese Minseok, cercando di
non sembrare troppo triste.
Luhan si fermò, esitò, poi disse,
“Sì. Ci sentiamo domani.”
“Stessa ora?”
“Stessa ora. Io – devo dirti una cosa domani,
okay?”
Minseok sbatté le palpebre, dentro aveva un miscuglio di
ansia e curiosità. “Oh. Okay.”
“Allora ci vediamo,” disse Luhan.
“Okay. Ciao, Lu.” Minseok deglutì.
“Ciao, Minseok. Ti amo.”
Un piccolo sospiro, le spalle abbassate, e un debole, “Ti amo
anche io.”
Lo schermo si spense.
Minseok, nel corso di tutta la durata della loro amicizia, aveva
imparato che Jongdae aveva un impeccabile brutto tempismo. Aveva anche
la tendenza a dimenticarsi le cose quando era di buon umore. E questo
generalmente portava a risultati negativi.
Il migliore amico era nel mezzo di fingere di volare via per il vento
mentre tornavano a casa da scuola, vantandosi di come avesse
praticamente distrutto il suo più grande rivale della
campagna elettorale nell'incontro di quel giorno, quando all'improvviso
disse, “Oh, hyung! Indovina che giorno è
oggi?”
“Cosa,” rispose piatto Minseok, alzando gli occhi
al cielo mentre il più piccolo agitava le braccia.
“Jongdeok-hyung torna dal Giappone oggi. Vieni a prenderlo
all'aeroporto, vero?”
“Oggi?” chiese Minseok, sbattendo le palpebre
sorpreso.
“Già! Te l'ho detto, tipo, già un mese
fa. Ma certo, tu non ti ricordi mai niente di quello che ti
dico.” Jongdae si imbronciò esageratamente.
“Ma verrai con noi, vero? Non voglio andare solo con i miei
genitori, mi farebbero troppe domande sui miei progetti di vita e
tutto. E poi, a Jongdeok-hyung manchi. Non ti vede da secoli.”
Onestamente, anche a Minseok mancava il fratello maggiore di Jongdae.
Aveva solo due anni più di lui, e quando erano
più piccoli avevano passato molto tempo assieme, si univa ai
loro 'pigiama party' e li accompagnava al cinema quando erano troppo
piccoli per andare da soli. Era passato un po' dall'ultima volta che
aveva parlato con il maggiore, ora che era sempre fuori per la scuola,
o più recentemente, in Giappone. “A che
ora?” chiese, accigliandosi. “Alle 7 mi devo
sentire con Luhan su Skype.”
“Hyuuuuung,”
Jongdae
si lamentò in modo infantile. “Parli con Luhan
ogni giorno. Puoi perdere una chiamata per venire con me all'aeroporto
per prendere mio fratello. Gli ho detto che ci saresti stato.”
“Ma Luhan ha detto che mi doveva dire una cosa
oggi,” protestò Minseok.
“Possiamo fermarci a casa tua per mandargli un messaggio
dicendo che potresti fare tardi. Il suo volo dovrebbe arrivare intorno
alle 18, quindi a meno che non ci siano ritardi, non dovresti avere
problemi. Ora andiamo, chiamo mio padre e gli dico di venirci a
prendere a casa tua.” Jongdae cominciò ad
affrettarsi davanti a lui, agitando nuovamente le braccia.
“Perché non mi dai mai un buon preavviso quando mi
trascini in cose del genere?” si lamentò Minseok,
la voce attutita dal vento. Jongdae rise. “Sei il
peggiore!”
Ma un'ora dopo si ritrovò nel van dei genitori di Jongdae, a
lamentarsi leggermente mentre l'amico ciarlava spensierato.
“Non fare quella faccia, altrimenti hyung penserà
che non sei felice di vederlo,” lo avvertì
Jongdae. Minseok si imbronciò ancora di più, e i
genitori di Jongdae sorrisero divertiti dai sedili anteriori.
Raggiunsero l'aeroporto un'ora dopo, e i genitori dell'amico andarono a
controllare che non ci fossero ritardi sul volo o niente del genere.
Jongdae e Minseok si sistemarono sui divanetti vicino all'area degli
arrivi, tirando fuori i compiti per passare il tempo.
Non che Jongdae li stesse facendo davvero.
“Allora,” cominciò, picchiettando con la
penna il libro di scienze. “Come sta Luhan-hyung?”
Minseok si accigliò, tenendo gli occhi sul libro di inglese.
“Bene, penso?”
“Pensi?”
“Già, non lo so,” Minseok
sospirò con una stretta al petto. “È
solo... molto impegnato tutto il tempo. E sembra davvero stanco. E ha
una nuova malattia minore al giorno, sembra.”
“Sì, è piuttosto sovraccarico di
lavoro,” disse Jongdae, sembrando compatirlo. “Ma
pensi vada bene?”
“Onestamente, non lo so nemmeno più,”
ammise Minseok, abbassando le spalle. “È sempre
così silenzioso per quanto riguarda i suoi problemi. Pensavo
avessimo smesso di fingere di non aver problemi, ma a quanto pare no.
Non lo so. Potrebbe non essere nulla. Probabilmente sto pensando
troppo.”
“Probabilmente è semplicemente complicato, hyung.
Magari non vuole che rimanga immischiato in tutto questo. Non mi
preoccuperei troppo,” lo consolò Jongdae, e
Minseok scrollò le spalle cercando di leggere la pagina che
stava guardando da dieci minuti.
Il volo sarebbe dovuto arrivare alle 18, ma l'ora giunse e
passò, i minuti ticchettavano e si fece quasi e mezza.
Minseok dovette comprare da mangiare al ristorante più
vicino e costoso dell'aeroporto e prendere l'insulina in bagno, e non gli fece piacere.
“Jongdae, farò tardi per la mia chiamata
Skype,” grugnì mentre gettava via l'involucro del
panino.
“Oh zitto, lo hai avvisato che sarebbe potuto succedere. Non
inizia a lavorare solo a mezzanotte? Hai un sacco di tempo per parlare
con lui.” Jongdae tenne gli occhi fissi sull'uscita degli
arrivi, ovviamente eccitato.
“Volare è un modo stupido di viaggiare,”
borbottò Minseok. “Fanno sempre tardi quando hai
fretta. Ora so perché Luhan odia così tanto gli
aerei.”
“Non penso sia questo il motivo,” rise Jongdae.
“Arriva?” sbuffò lui.
“Sarà qui presto,” disse l'amico,
dandogli una pacca sul ginocchio.
“Mi sta venendo l'ansia, e la mia glicemia salirà
alle stelle e poi morirò, è questo quello che
vuoi?” chiese Minseok, imbronciandosi. Jongdae gli
lanciò un'occhiata di rimprovero, e il maggiore
abbassò la testa e si scusò tristemente.
“Scusa. Non dicevo davvero.”
“Sarà meglio per te,” sbuffò
Jongdae. “Solo perché finalmente mi hai detto che
sei diabetico non significa che puoi usarlo contro di me.”
“Non lo farò più, giuro,”
disse Minseok con una mano sul cuore. “Seriamente
però, la mia glicemia salirà e io diventerò irritabile.”
Jongdae si alzò quando le persone cominciarono ad uscire dal
gate più vicino a loro, mettendosi in punta di piedi per
guardare sopra le loro teste. “Beh penso sia
fortunato,” disse, cominciando a sorridere.
“Perché penso sia qui.”
“Finalmente,”
rispose
Minseok, chiudendo il libro e mettendolo nello zaino. “Lo
vedi?”
“Sì, lo vedo,” disse Jongdae, mentre
agitava un braccio con un largo sorriso sul viso. “Guarda,
hyung.”
Minseok si alzò e guardò il gruppo di persone che
passava, cercando un viso familiare. “Dove, non lo vedo.
È con i tuoi genitori?”
Jongdae non rispose, ma non ce n'era bisogno, perché un
secondo dopo una voce allegra e familiare lo chiamò,
“Seok-ah!”
Minseok gelò.
“Seok-ah!” il viso di Luhan apparve in mezzo alla
folla, e Minseok pensò di star sognando. Stava per forza sognando.
Ma un momento dopo Luhan corse verso di lui, abbandonando il carrello
con le valigie mentre evitava le persone, e Minseok non si mosse fino a
che un solido corpo non sbatté contro il proprio, facendolo
quasi cadere mentre delle braccia lo cingevano e un viso si nascondeva
contro la sua spalla. “Ce l'ho fatta,”
sussurrò Luhan, quasi incredulo.
“Cosa,” gracchiò Minseok, con la mente
che turbinava. “Cosa ci fai qui?”
Luhan lo strinse forte. “Sta' zitto e abbracciami,
stupido.”
E finalmente Minseok lo fece, sollevò le braccia per un
secondo prima di chiuderle attorno al corpo di Luhan, caldo e familiare
e reale.
Luhan
era davvero qui. Con gli occhi che gli bruciavano, Minseok premette il
viso contro la spalla del ragazzo e per un secondo sentì e basta, sentì Luhan
contro di sé, mentre quasi gli toglieva il fiato per quanto
forte lo stava abbracciando. “Sono così
confuso,” mormorò contro la sua maglietta.
Luhan rise, e la sua voce sembrava tanto strozzata quanto quella di
Minseok. “È una lunga, lunga storia,”
rispose, ritraendosi alla fine. Minseok non voleva lasciarlo andare,
voleva stringere Luhan per l'eternità. Voleva baciarlo fino
a renderlo senza fiato, ma erano in mezzo ad un aeroporto, e le persone
li stavano fissando, e Luhan si stava districando dalla sua presa, gli
occhi ancora fissi in quelli di Minseok, un po' umidi ma felici.
“Jongdae-yah,” disse, voltandosi verso il ragazzo,
e aprendo le braccia. Jongdae scivolo tra di loro, ridendo, e lo
abbracciò forte, e a questo punto i genitori di Jongdae li
raggiunsero e Luhan abbracciò anche loro. Il che era... un
po' strano, pensò Minseok, ma in fondo Luhan aveva sempre
avuto un debole per gli abbracci.
I genitori di Luhan erano poco dietro di loro, sembrando stanchi ma
felici, e Minseok abbassò la testa in un timido saluto.
Dopotutto, quelli erano... potenziali suoceri, o qualcosa del genere.
“Sono ancora davvero confuso,” disse debolmente
Minseok mentre Luhan tornava al suo fianco, guardandolo con un sorriso.
“Cosa sta succedendo? Perché – come
siete qui?”
“Te lo spiegheremo dopo,” disse la madre di
Jongdae, spingendo il carrello delle valigie verso di loro.
“Per ora, penso che Luhan e i suoi genitori vogliano andare a
casa. Immagino ne abbiano abbastanza degli aeroporti per un
po'.”
Minseok seguì tutti ancora intontito, guardando in una
silenziosa confusione Jongdae che parlava con i genitori di Luhan come
se li conoscesse, in un coreano lento e semplice. Anche Luhan era
piuttosto silenzioso, guardava tutto – specialmente Minseok
– con occhi luccicanti.
Caricarono velocemente i bagagli nel cofano del van, e Luhan, Minseok e
Jongdae scivolarono nei sedili posteriori. Si misero la cintura, e nel
momento in cui si sistemò, Minseok sentì una mano
calda e familiare scivolare nella propria, stringendola forte. Si
voltò verso Luhan, che gli sorrise beatamente. Minseok era
troppo travolto da tutto per trovare le parole.
“Non riesco a credere che abbia davvero pensato che fosse
Jongdeok-hyung a tornare oggi,” Jongdae stava ridendo
dall'altra parte di Luhan. “Il semestre finisce solo il mese
prossimo.”
Minseok non rispose, strinse semplicemente la mano di Luhan e sorrise.
Avrebbe ucciso l'amico, un giorno, per avergli mentito, ma
pensò che l'omicidio poteva aspettare.
Luhan si addormentò sulla spalla di Minseok nel tragitto
verso casa, chiaramente troppo esausto per tenere gli occhi aperti un
minuto di più. Minseok avrebbe voluto fargli un milione di
domande, ciascuna delle quali gli ronzava in testa caoticamente, ma lo
lasciò dormire, tenendogli la mano e accarezzandogli la
pelle calda con il pollice, accontentandosi del fatto che Luhan fosse qui, con lui, così felice
da poter esplodere.
Minseok era allo stesso tempo scioccato e per niente sorpreso di
trovare casa propria totalmente piena di persone quando arrivarono
lì, una dozzina di persone esultarono quando Luhan e i suoi
genitori entrarono. Il ragazzo cinese, ancora assonnato, rise di cuore,
abbracciando chiunque nella stanza. C'era Sehun, che sembrava
più felice di quanto Minseok non lo avesse mai visto, e
c'erano Jongin, Chanyeol e Baekhyun, e Kyungsoo e i suoi genitori, e
Junmyeon e i suoi genitori, e Luhan
abbracciò ogni singola persona, incluso Kyungsoo, che
ricambiò il gesto con occhi orgogliosi e lucidi.
Chiaramente, ogni persona a Seoul a parte lui lo aveva saputo, e
Minseok non era sicuro se sentirsi impressionato o indignato.
“Non volevamo dirtelo,” rise Jongdae quando Minseok
sbuffò incredulo. “Niente era definitivo fino a
che non sono usciti dalla dogana all'aeroporto. Avresti voluto che ti
dessimo una falsa speranza?”
Onestamente, Minseok non ne era sicuro. “Qualcuno ora
può per favore spiegarmi cosa sta succedendo?” si
lamentò invece, lanciando un'occhiata ai genitori di
Junmyeon in un angolo. Seriamente, cosa ci facevano loro qui?
“È stato Jongdae,” disse Luhan,
illuminandosi da dove stava studiando Sehun dalla testa ai piedi, come
per controllare che non ci fossero danni o niente del genere.
“Non proprio io,”
ribatté Jongdae, abbassando la testa. “E lo sai
che non sono una persona modesta, hyung.”
Minseok grugnì. “Allora chi è
stato?”
“Okay, d'accordo, te lo spiegheremo mentre consegno a tutti
dei souvenir,” disse Luhan, portando la valigia al centro
della stanza e aprendola.
“Hai comprato a tutti dei souvenir?” chiese incredulo Minseok.
“Non eri in vacanza, Lu.”
“Dovevo farlo!” esclamò Luhan con una
risata, scavando tra vestiti arrotolati per tirare fuori una piccola
scatola. “Questo è per Sehun!” La porse
al più piccolo, il quale la aprì in silenzio e
trovò un piccolo amuleto in oro con un carattere cinese
inciso sopra. “Dovrebbe rappresentare Protezione,”
disse, sorridendo. “Significa che mi prenderò cura
di te, a qualunque costo.” Sehun sorrise e lo
ringraziò piano, per poi indietreggiare e mostrarlo a Jongin.
“Allora, ecco la storia,” cominciò
Jongdae mentre Luhan tirava fuori un altro regalo, porgendolo alla
madre del ragazzo. “Circa due mesi fa Luhan ti ha inviato una
lettera. Ricordi?”
Minseok annuì vagamente, confuso. “Sì,
per spiegarmi perché fosse stato deportato.”
“Esattamente. Quel giorno, l'ho portata via con me, e ti ho
detto che l'avrei data a Kyungsoo. Ma mia madre mi ha chiamato, e sono
andato dritto a casa, dimenticandomi di dargliela. L'ho portata a casa,
e ho spiegato la situazione ai miei a cena. Ho mostrato la lettera a
mio padre.”
“E io ho detto a Jongdae, Se mai volessero tornare in
Corea, dovranno trovarsi un avvocato,” disse il padre del ragazzo,
sorridendo calorosamente. “Jongdae mi ha ricordato che, nella
loro situazione attuale, non se ne sarebbero mai potuti permettere uno.
E poi mi ha guardato con quell'espressione. Sai quale.”
Guardò Minseok, come per marcare il punto. “E ha
detto, Conosco
un avvocato davvero bravo, a dire il vero. Quel marmocchio.”
Jongdae rise. “Papà è sempre stato
debole per i casi dei meno fortunati.”
Il cuore di Minseok si riempì di gratitudine per il migliore
amico. Luhan guardò il signor Kim con le stelle negli occhi.
“Ho preso il caso gratuitamente. L'abbiamo trasformato in una
cosa di famiglia, sai?” Il padre di Jongdae guardò
la moglie e il figlio con un sorriso affettuoso. “Abbiamo
chiamato i genitori di Luhan per avere informazioni sui falsi agenti
dell'immigrazione, li abbiamo rintracciati attraverso il vecchio capo
di Luhan, che era legato a loro. Grandi incontri via Skype con tutti
noi sei la sera.”
Minseok spalancò gli occhi. “Quindi è per questo che sapevi sempre
così tanto sulla vita di Luhan!”
accusò, indicando Jongdae.
Il migliore amico ridacchiò. “È stato
difficile non farmi scoprire. Ma non potevo parlarne. Luhan me lo aveva
proibito.”
Minseok guardò male Luhan, il quale sorrise timido,
scrollando le spalle.
“Avevamo abbastanza prove da denunciare chiunque fosse
coinvolto nella contraffazione della cittadinanza. Ma dovevamo ancora
convincere il governo che Luhan e la sua famiglia non erano stati al
corrente, mentre procedevano, che fosse illegale. La barriera di
comunicazione ci ha decisamente dato una mano, così come la
testimonianza di altre persone vittime dello stesso imbroglio.
Così abbiamo potuto riavere i soldi che aveva usato per
pagare quei documenti fraudolenti, ma abbiamo anche dovuto convincere
l'immigrazione a riammetterli nel Paese.”
“Questo è stato difficile,” si intromise
Jongdae. “Abbiamo dovuto trovare così tante
referenze.”
“Il capo di mio padre,” disse Luhan, contando sulle
dita. “I capi dei miei genitori. I miei insegnanti, il nostro
padrone di casa, i vicini, il presidente della compagnia in cui mio
padre avrebbe
dovuto lavorare,
se solo avesse avuto la cittadinanza. Abbiamo dovuto provare di essere
stati buoni cittadini durante la nostra permanenza qui, pagando i
debiti in tempo e tutto. E dimostrare che saremmo stati cittadini
ancora migliori, se ci avessero permesso di entrare.”
“Ho scoperto del caso quando ho fatto visita al padre di
Jongdae per parlare di legge,” disse Junmyeon. “A
quel punto, tutto ciò di cui avevano bisogno era qualcuno
che si offrisse di fare da sponsor alla famiglia per i loro primi
cinque anni qui, nel caso non fossero in grado di mantenersi da soli.
Sono tornato a casa e ne ho parlato con mio padre, e ha detto che lo
avrebbe fatto, se il padre di Luhan avesse garantito di trovare un
lavoro.” Beh, questo spiegava perché fossero
lì, almeno, e perché Luhan li avesse abbracciato
così forte.
“E avrebbe potuto farlo, ricevendo la
cittadinanza,” continuò Luhan. “Era un
circolo vizioso. Cittadinanza significava lavoro che significava
sponsor che significava cittadinanza. C'è voluto un po' per
capirlo.”
“Fino a poco tempo fa, era tutto piuttosto...
teorico?” disse il padre di Jongdae. “In pratica
avevamo tutto quello di cui avevamo bisogno, ma non era sicuro che
potessero arrivare qui ed essere ammessi nel paese. Anche se sembrava
che avessimo tutti i semafori verdi, qualcosa sarebbe potuto andare
storto. Gli ufficiali dell'immigrazione non sono sempre ragionevoli. Se
sospettano qualcosa, possono rigirare tutto e rispedirti a casa, e
inserire il tuo nome nella lista nera. La domanda era se valesse o meno
la pena rischiare questo.”
“E allora abbiamo deciso di... farlo e basta,”
disse Luhan, finendo di distribuire i regali. “Non avremmo
mai avuto un'occasione migliore, e se non lo avessimo fatto presto, mio
padre non avrebbe più avuto un'opportunità di
lavoro qui. E le cose si stavano facendo davvero difficili in Cina,
eravamo un peso piuttosto grande per la famiglia di Yixing, cercavano
di supportare noi quando a malapena potevano mantenere se stessi,
quindi abbiamo semplicemente comprato i biglietti dell'aereo. Nessuno
di noi ha dormito quella notte, cercando di assicurarci che avessimo
tutto quello che ci serviva e sperando di non essere rimandati
indietro.”
“Eravamo abbastanza sicuri che sarebbe andato tutto
bene,” disse il padre di Jongdae. “Anche se penso
che Jongdae fosse un po' troppo sicuro,” aggiunse,
guardando il figlio.
“Avevo un buon presentimento!” protestò
il ragazzo. “E avevo ragione!”
“Avevamo quasi deciso di non portarti con noi, Minseok. Ma
Jongdae ci ha convinto,” disse la madre dell'amico,
sorridendo affettuosa.
“Non sopportavo l'idea di perdermi la faccia di Minseok-hyung
quando l'avrebbe visto,” disse Jongdae, sorridendo.
“Ed è stato così facile fargli pensare
che stessimo andando a prendere qualcun altro.”
“Sei il peggiore,” disse Minseok, ma non c'era
veleno nella sua voce. Onestamente, la sua mente stava turbinando
ancora, cercando di raccogliere tutte le nuove informazioni. Tutto
all'improvviso acquistava un senso – come Luhan fosse stato
più silenzioso e impegnato del solito, il fatto che Jongdae
fosse sempre più occupato ogni sera, come parlasse
così tanto con Junmyeon e tutto. Anche il fatto che la madre
lo avesse lasciato andare all'aeroporto per l'ora di cena, senza niente
più di un promemoria di prendere l'insulina per tempo.
Minseok era
davvero
facile da giostrare.
“Siamo stati trattenuti alla dogana per un po',”
ammise Luhan. “Il nostro volo è arrivato alle 17,
ed è per questo che siete venuti così
presto.” Minseok era davvero stupido. “E il signor
Kim è venuto a prenderci lì, per presentare tutte
le referenze e i documenti. Abbiamo dovuto chiamare un bel po' di
persone, come il padre di Junmyeon e il nuovo capo di mio padre. E poi,
alla
fine, ci
hanno lasciato passare. Ero così eccitato, per poco non
piangevo.”
“Non riesco a credere che tutto questo sia avvenuto alle mie
spalle,” disse Minseok intontito.
Luhan gli sorrise affettuoso, poi disse all'improvviso, “Oh!
Ho un regalo anche per Minseok. Ma voglio darglielo in
privato.”
Minseok sbatté le palpebre sorpreso, guardando Luhan frugare
nella valigia ormai quasi vuota e tirare fuori una scatolina.
“Okay?” rispose. “Non avresti
dovuto.”
“No, invece sì,” ribatté
Luhan con un sorriso, alzandosi e afferrando il ragazzo per il polso.
“Torniamo subito,” cinguettò,
trascinando Minseok nella sua stanza, e chiudendo gentilmente la porta
con un calcio.
Minseok si voltò verso Luhan curiosamente, osservando la
scatolina nella sua mano. “Allora cosa mi
hai—”
Prima che potesse finire la domanda, le dita attorno al suo polso si
strinsero e lo tirarono in avanti, e all'improvviso Luhan lo stava
baciando. Luhan lo stava baciando. Lo shock pervase il corpo di
Minseok – era come se, prima di ora, non si fosse mai davvero reso conto di piacere a Luhan
tanto quanto Luhan piaceva a lui, di piacere a Luhan in quel senso. Le
soffici labbra di Luhan contro le proprie erano quasi troppo, mandavano
scariche di piacere ed eccitazione lungo tutto il corpo di Minseok, ma
era ancora troppo sorpreso per muovere un muscolo.
Luhan si ritrasse troppo velocemente, lasciando solo pochi centimetri
tra loro, e osservò il viso di Minseok con una punta di
apprensione. “…Andava bene?” chiese
piano, preoccupato.
Minseok sbatté ancora le palpebre, poi annuì
senza una parola.
Luhan sembrava meno che convinto. “Sei sicuro?”
E Luhan stava chiaramente ricevendo un'idea molto sbagliata, quindi Minseok si
sporse, chiudendo le dita attorno alla maglietta del ragazzo, e lo
tirò in avanti, premendo le loro labbra insieme con
decisione, senza lasciare spazio all'incertezza. Luhan rispose
immediatamente e con impazienza, prendendo il viso di Minseok tra le
mani mentre lo baciava con un fervore che Minseok non si era aspettato,
facendolo indietreggiare fino a sbattere contro il muro, ed emettere un
suono sorpreso contro le labbra di Luhan. Luhan rise piano in risposta
prima di baciarlo ancora, avvicinandosi a lui in modo che i loro petti
si toccassero. Stravolto, Minseok strinse forte la maglietta del
ragazzo e cercò di assorbire la sensazione delle labbra di
Luhan contro le proprie, Luhan lo stava baciando. Aveva sognato questa situazione
per così tanto, ma non si era mai davvero permesso di credere che sarebbe
mai successo. Non fino ad ora.
La bocca di Luhan era soffice e insistente e fantastica contro quella
di Minseok, ed era un bacio piuttosto casto, solo labbra su labbra e
mani gentili, ma era abbastanza da lasciarlo senza fiato.
Si ritrasse solo quando si rese conto che avevano ancora degli ospiti
– molti ospiti – dall'altra parte della porta, e
Luhan ridacchiò e inseguì le sue labbra, rubando
baci che Minseok non respinse fino a che non si convinse che la madre
sarebbe venuta a bussare alla sua porta presto. “Lu, Lu,
smettila, dobbiamo uscire.”
“Mi sei mancato,” sussurrò Luhan contro
la sua bocca. “Ti amo.”
Il cuore di Minseok si sciolse in un istante. “Ti amo anche
io,” sospirò in risposta, baciandolo dolcemente.
Sarebbero potuti uscire tra qualche secondo. Per ora, Minseok voleva
solo crogiolarsi nel fatto che Luhan fosse qui. E Minseok non lo avrebbe mai
lasciato andare.
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Capitolo 42 *** Capitolo 40 ***
Il resto della festa di
bentornato passò un po' offuscata. C'era cibo, cortesia
delle varie madri, ed era un bene perché Luhan e i suoi
genitori non mangiavano da quando avevano preso l'aereo, ma Minseok non
poteva mangiare niente di tutto quello, purtroppo. La sua glicemia era
già abbastanza sfasata, per tutta quell'eccitazione. (Era
piuttosto sicuro che quel bacio l'avesse fatta alzare più di
quanto non pensava fosse possibile). Si ricordava di aver abbracciato
Jongdae per un bel po', ringraziandolo per aver fatto così
tanto pur di far tornare Luhan nel paese.
“Cosa, pensi lo abbia fatto per te?” disse Jongdae
giocoso. “Niente affatto. Luhan-hyung è anche un
mio amico, sai. Sto considerando di rimpiazzarti con lui.”
Ma ricambiò comunque il suo abbraccio, accettando in
silenzio la sua gratitudine, anche se mal riposta.
Lo shock e l'incredulità non lo abbandonarono per lungo
tempo, e Minseok spostava costantemente lo sguardo su Luhan man mano
che la serata andava avanti, a volte si allungava per toccarlo, solo
per assicurarsi che Luhan fosse lì, che fosse reale e che fosse lì. Luhan andava eccitato dal
salotto alla cucina, parlava animatamente con le persone, ma finiva
sempre accanto a Minseok, gli afferrava la mano e sorrideva luminoso.
La stanchezza di Luhan cominciò a farsi sentire intorno alle
22 però, il suo corpo cominciò ad accasciarsi, le
palpebre cominciarono a calare. I suoi genitori erano andati a casa
prima di lui, ma Luhan si rifiutava di andare giù senza
lottare, forzando sorrisi e cercando di stare al passo con le
conversazioni nonostante non chiudesse occhio da quasi due giorni.
L'adrenalina era l'unica cosa che lo teneva sveglio,
immaginò Minseok.
“Devi andare a casa,” disse gentilmente, sorridendo
affettuosamente per i palesi tentativi di Luhan di stare in piedi.
“Dormi.”
“Non voglio,” borbottò in modo infantile
lui. “Voglio stare con te.”
Minseok sentì una stretta al cuore, e prese nuovamente la
mano di Luhan tra le proprie. “So come ti senti,”
mormorò.
“Vuoi venire a casa mia?” gli chiese il ragazzo
pietosamente. “Puoi dormire da me, Seok-ah?”
Minseok considerò l'idea, poi disse, “Aspetta,
chiedo a mia mamma.”
Luhan si alzò con lui, ma rimase lì quando il
maggiore andò a cercare la madre in cucina, dove la donna
stava lavando qualche piatto. “Hey, mamma? Posso passare la
notte da Luhan?” Si agitò leggermente, incrociando
le dita.
La madre si voltò a guardarlo con attenzione.
“È questo... che vuoi fare?”
Minseok la guardò confuso.
“Uh…sì? Per questo l'ho
chiesto.”
“È la sua prima notte qui, Minseok,”
disse lei.
“Mi ha invitato lui,” rispose Minseok,
accigliandosi. “Ovviamente gli va bene. E poi, è
così stanco che si addormenterà non appena
arriveremo. Dormirò e basta, e poi mi alzerò e
andrò a scuola come sempre.”
La madre lo osservò scettica. “Dormirai... e
basta,” ripeté.
Minseok la guardò per un lungo momento, e poi
avvampò quando si rese conto di cose stesse insinuando.
“Oh mio Dio, mamma!” Quasi gridò.
“Non dormirò con lui!”
In quel momento, Luhan si affacciò da dietro la porta,
sorridendo innocentemente, e chiese, “Ah no?”
Minseok si voltò con gli occhi sgranati. “Non
fingere di non sapere cosa significhi, tu!”
esclamò con veemenza, indicandolo con fare accusatorio, e
Luhan rise assonnato. “Sei tu che volevi che venissi a letto
con te!” Aspetta. “Voglio dire! Non era questo che
volevo dire! Tu – noi non—”
Luhan entrò in cucina, prendendolo per il polso e
trascinandolo verso la porta. “Prometto di controllarlo e di
assicurarmi che mangi tutto, Signora Kim! Non deve preoccuparsi di
niente!” Detto questo, Luhan afferrò lo zaino di
Minseok dal gancio accanto alla porta, dandogli a malapena il tempo di
infilarsi le scarpe prima di affrettarsi fuori, salutando e
ringraziando da sopra la spalla. Minseok sputacchiò nel
tragitto, cercando di ricordarsi se avesse abbastanza insulina nello
zaino per quella notte e la mattina seguente. Fortunatamente, non aveva
avuto bisogno di usare quella della sua scorta di emergenza per molto
tempo.
Minseok non si accorse che erano nella linea della metro sbagliata fino
a che non si sedettero, accigliandosi confuso. “Uh, Lu? Casa
tua è sulla linea blu.”
Luhan ridacchiò. “Non più.”
“Che vuoi dire?” chiese Minseok, perplesso.
“Ne abbiamo una nuova. Un appartamento diverso. Era parte del
contratto per tornare qui, o qualcosa del genere. Grazie al nuovo
lavoro di mio padre, penso.” Luhan sbadigliò
assonnato. “Non l'ho mai visto prima, ma scommetto che
è carino.”
Minseok sperava solo che Luhan fosse abbastanza sveglio da ricordarsi
come arrivarci.
Poco dopo, però, si ritrovarono a camminare lungo una via
silenziosa e illuminata dai lampioni, leggendo i numeri dei palazzi.
“Eccolo qua,” disse alla fine Luhan, indicando un
edificio alto. Minseok lo guardò – aveva un
aspetto decisamente migliore rispetto a quello vecchio, almeno, anche
se non era nuovo. “Siamo al numero... aspetta, fammi
controllare. Sì, 306.” Si allungò per
prendere nuovamente la mano di Minseok, e lo guidò su tre
rampe di scale, inciampando una volta ogni tanto. Minseok lo teneva su
con un sorriso, trascinandolo fino a che non raggiunsero la porta
giusta e Luhan premette goffamente il codice sulla tastierina,
illuminandosi visibilmente quando si aprì davvero. Poi
entrarono, mano nella mano.
Il nuovo appartamento di Luhan era piccolo, vuoto, buio... e un netto
miglioramento rispetto al vecchio. Lo ammirarono insieme per un
secondo, e poi Luhan sussurrò, “Andiamo, camera
mia è in fondo al corridoio, penso.” Trovarono il
bagno prima, e poi un armadio, ma alla fine aprirono la porta di una
piccola camera, vuota se non per la valigia di Luhan, un armadio, e un
letto ben ordinato. “Guarda, Seok-ah,”
sussurrò Luhan. “Un letto tutto mio.”
Minseok si rese conto con sorpresa che questo era più di
quanto Luhan non avesse avuto per molto tempo, e strinse forte la mano
del ragazzo. “Dai, dormiamo un po'.”
“Già. Vai a prendere la tua insulina.”
Minseok sorrise per quanto Luhan pensasse ancora a lui, anche in un
momento come questo.
Tornò dopo pochi minuti, e all'improvviso si rese conto che
non aveva nulla con sé oltre alle cose per la scuola e i
vestiti che aveva indosso. “Uh, Lu? Non ho portato un
pigiama.”
Luhan sorrise vagamente, scrollando le spalle. “I miei sono
da qualche parte in fondo alla valigia,” disse, indicando il
bagaglio. “Possiamo entrambi dormire senza.”
Minseok arrossì imbarazzato, ma Luhan stava già
tirando fuori delle soffici magliette per entrambi, per poi cominciare
a sbottonare la camicia di Minseok al suo posto quando non si mosse
anche dopo aver preso l'indumento. Minseok gli schiaffò via
le mani, imbarazzato. “Posso farlo io!”
esclamò, voltandosi per infilarsi la maglietta che gli era
stata prestata. Quando si rigirò, Luhan era in piedi con
solo una maglietta grande e i suoi boxers, e gli sorrideva un po'
timido.
“Pronto?”
Minseok deglutì e annuì, lottando con il bottone
dei pantaloni.
Luhan ridacchiò, poi si voltò per scivolare sotto
le coperte, e Minseok sfruttò l'occasione per togliersi
pantaloni e calze e spegnere la luce prima che Luhan potesse guardarlo
bene. Il ragazzo rise, chiamandolo piano, “Vieni qui,
Seok-ah.”
“Arrivo,” mormorò Minseok, camminando
lentamente verso il letto e sdraiandosi sotto le coperte, sforzandosi
di non sussultare quando sentì il proprio braccio sfiorare
quello di Luhan. Dopotutto, Luhan era il suo ragazzo. Tutto questo era perfettamente
accettabile. Solo che... non era proprio abituato a tutta questa storia
del toccarsi, non ancora.
Questo non sembrava essere un problema per Luhan però, -
come se lo fosse mai stato – mentre posava una mano attorno
al busto del ragazzo per avvicinarlo a sé, facendolo
rotolare per averlo di fronte nella semi-oscurità. La luce
del panorama di Seoul filtrava attraverso la finestra, e Minseok
riusciva a distinguere nell'ombra i tratti sereni di Luhan, che gli
sorrideva gentilmente, a pochi centimetri di distanza. Luhan, che al
momento stava intrecciando le loro gambe quasi nude, una sensazione
sorprendentemente intima per quanto fosse innocente. C'era
semplicemente troppa pelle che toccava altra pelle. Minseok sentiva
quasi di aver bisogno di un attimo di fiato.
“Hey,” sussurrò piano Luhan, quasi un
sospiro. Sorrise e sollevò una mano sulla guancia di
Minseok, tracciandola con un dito, e Minseok trattenne il respiro, il
cuore batteva abbastanza forte da riempire la stanza.
“Hey,” sussurrò in risposta lui, un
sorriso timido gli tirava le labbra. La mano era posata delicatamente
sopra un fianco di Luhan – quando era successo? (Sembrava...
paurosamente naturale.)
“Sverrò tra tipo, trenta secondi,” gli
disse piano Luhan, ancora sorridente. “Ma prima, voglio solo
dire che... sono così felice di essere qui, con te, di
nuovo.”
Minseok deglutì a fatica, con un stretta al petto che gli
impediva di parlare.
“Mi sei mancato davvero così tanto,”
sospirò Luhan, quasi incredulo. “Così
tanto.”
“Mi sei mancato anche tu,” riuscì a
tirar fuori Minseok, con lo stomaco che gli si attorcigliava nel
migliore dei modi.
Gli occhi di Luhan si chiusero, probabilmente contro la sua
volontà, e poi si chinò per posare le proprie
labbra su quelle di Minseok, in modo casto, dolce, un po' decentrato.
Minseok ricambiò, chiudendo gli occhi a sua volta mentre il
cuore minacciava di uscirgli dal petto. Onestamente, poteva... avrebbe
potuto baciare Luhan all'infinito. Ci aveva pensato per così
tanto tempo, e ora finalmente poteva farlo. Ma Luhan era stanco, e
aveva bisogno di dormire, quindi Minseok si ritrasse – dopo
un secondo e bellissimo terzo bacio che sinceramente non avrebbe potuto
rifiutare - e sussurrò, “Dormi.”
Luhan sorrise assonnato, senza nemmeno aprire gli occhi. “Ti
amo,” mormorò.
Minseok strinse la presa attorno ai fianchi del ragazzo, con la gola
secca. “Ti amo anche io. Buonanotte.”
Luhan tornò a scuola due giorni dopo, indossando un grande
sorriso e con la speranza di riuscire a salvare almeno uno o due
crediti, in modo da poter seguire un corso un po' più
leggero il seguente anno (dato che lo avrebbe dovuto ripetere,
inevitabilmente) e lavorare part-time – legalmente- allo
stesso tempo. A quel punto, tutti gli insegnati erano venuti a sapere
della sua situazione, molti dei quali erano stati contattati come
referenza nel loro caso, e alcuni di loro avevano avuto
pietà per Luhan, assegnandogli progetti alternativi per
recuperare i due mesi in cui erano stato via. Per la maggior parte
delle materie, però, non c'era possibilità che
passasse. Luhan lavorava ai progetti di recupero durante quelle ore.
Una delle poche materie cui gli era stata data la
possibilità di venire promosso era Coreano, ad una
condizione – che avesse finito e consegnato il suo progetto
fotografico.
“Seriamente non me lo lascerai vedere fino a che non
sarà finito?” Chiese Minseok, sdraiato a pancia in
giù sul letto di Luhan mentre fissava la testa del ragazzo
che lavorava al progetto sul pavimento.
“No!” cinguettò Luhan, sfogliando una
pila di fotografie. “È un segreto.”
Minseok sbuffò, picchiettando con una matita sul libro di
scienze, lasciando piccoli segni di grafite sulla pagina. Riusciva a
sentire Sehun e Jongin discutere su quanto zucchero aggiungere alla
caraffa di limonata in cucina – Luhan li invitava ogni volta
che poteva, dicendo che era il suo lavoro 'essere un buon hyung dopo
essere stato via così a lungo.’ “Pensavo
non avessimo più segreti,” si imbronciò.
Luhan ridacchiò. “Eccetto questo.”
“Ma ti dovrei aiutare!” protestò
Minseok. “Era parte dell'accordo, all'inizio
dell'anno!”
“Hmmmm,” mormorò pensierosamente Luhan,
e Minseok pensò quasi di averla avuta vinta, fino a che non
disse, “beh, mi puoi aiutare dicendomi come si scrive favolosamente.”
Minseok grugnì, ma recitò la parola lettera per
lettera comunque. “Non penso fosse questo quello che
intendeva,” disse, fingendo di leggere i propri appunti per
un po'.
Luhan rimase in silenzio per qualche momento, poi esclamò,
“Oh! Ci sono!”
“Cosa?”
“Puoi aiutarmi facendomi divertire,” rispose Luhan,
voltandosi per sorridergli.
“Luhaaaaan,”
Minseok
sospirò.
“Sono serio,” disse il ragazzo, la risata che gli
risaliva la gola però diceva il contrario. “Non
sono una persona artistica, fare i collage mi annoia e mi mette di
malumore. Intrattienimi. Puoi essere il mio fattore distraente
ufficiale.”
Minseok grugnì. “Non lo sono
già?”
Luhan inclinò la testa. “Immagino di
sì,” rispose. “Ma non ci provi
abbastanza.”
Minseok si allungò per spingergli la testa, scuotendo la
propria. “So già dove andrà finire
tutto questo, e non ci casco.” La sensazione dei capelli di
Luhan – di Luhan - sotto alle proprie dita era
ancora sorprendente a volte. Il fatto che potesse davvero allungare una
mano e toccarlo.
“Fai i tuoi compiti, ne hai una tonnellata.”
Luhan si girò con facilità e afferrò
il polso della mano che gli stava spingendo la testa, e prima che
potesse accorgersene, Minseok venne tirato giù dal letto e
sopra Luhan, strillando e poi ridendo quando il più piccolo
si lamentò a gran voce per la gomitata allo stomaco. Un
momento dopo, Luhan ridacchiò in mezzo ad un bacio, le dita
intrecciate tra i capelli di Minseok, il quale sospirò
felice. Entrambi si dimenticarono momentaneamente di tutto il lavoro
che avevano da fare.
“Non penso dovremmo entrare là dentro,”
la voce soffocata di Sehun arrivò dall'altra parte della
porta. “Sembra stiano facendo qualcosa di
disgustoso.”
Alla madre adottiva di Sehun di solito non importava dove Sehun andasse
e quando, purché tornasse a casa prima delle 10 quando c'era
scuola e si tenesse fuori dai guai. Era più di quanto le sue
vecchie famiglie avessero fatto – la maggior parte di esse
andava da un estremo all'altro, o non gli importava affatto di dove
fosse, o volevano sapere dove fosse ad ogni ora e gli dava regole molto
rigide. Poteva dire di essere grato per questa situazione.
Rimase comunque sorpreso quando la madre lo fermò mentre
stava per uscire dopo cena una sera. “Dove stai
andando?” chiese, sorridendo gentilmente.
“Mi vedo con Jongin,” rispose semplicemente Sehun,
appiattendosi la frangetta sulla fronte.
La donna fece un suono vago. “Mi piacerebbe conoscere questo
Jongin qualche volta,” disse.
“Ufficialmente.”
Sehun si accigliò contro la propria volontà,
automaticamente sospettoso. “Perché?”
“Perché,” cominciò la donna
con un sorriso. “Sono curiosa di questo misterioso ragazzo
che ha sciolto il cuore di mio figlio.”
Sehun si irrigidì, fissandola. Qualche mese fa, avrebbe
trovato questa frase sbagliata per diversi motivi. Prima di tutto, che
qualcuno avesse sciolto il suo cuore. E cosa più
importante, la parola 'figlio'. Perché Sehun era solo una
ragazzo adottato. Un caso di pietà, o una fonte di guadagno.
Qualche mese fa, sarebbe sbottato contro la donna che fingeva di essere
la sua vera madre, ma... molte cose erano cambiate da allora. Lui era
cambiato. Quindi invece di farlo notare alla madre, disse
semplicemente, “Gli chiederò se gli va di venire a
casa qualche volta, allora.”
La donna sorrise calorosamente.
Jongin, ovviamente, disse a Sehun che avrebbe amato incontrare la sua famiglia
adottiva. Anzi, sembrava piuttosto estasiato anche solo per la richiesta. Sehun, d'altra parte, era
stranamente nervoso. È solo che... Jongin non era mai stato
a casa di Sehun prima, nonostante l'avesse vista esternamente un paio
di volte, alla Vigilia di Natale quando gli aveva portato il regalo e
qualche volta quando lo aveva riaccompagnato a casa. Ma non aveva mai
visto l'interno
prima,
né aveva mai conosciuto formalmente i membri della sua
famiglia adottiva, avevano giusto scambiato qualche parola sull'uscio
della porta. Sembrava una cosa stupidamente grande invitare Jongin a
casa per cena. Spaventosa e snervante.
Ma Jongin sembrava così felice di essere stato invitato che
Sehun non riuscì a ritrarre l'offerta.
“Jongin, davvero non devi portare un
regalo,” Sehun sospirò esasperato mentre si
avviavano da casa di Jongin, essendosi fermati lì dopo le
prove di danza.
“Sì che devo!” insistette Jongin con un
sorriso, sollevando il piccolo cestino regalo pieno di frutta e
cioccolatini. “È buona educazione!”
“Io non ho portato niente quando sono venuto a casa tua,” grugnì
Sehun.
“Ahh, non mi aspettavo che lo facessi,” gli
assicurò Jongin, anche se Sehun pensò che forse sarebbe stato educato farlo. Nessuno gli
aveva mai insegnato le regole della buona etichetta. “E poi,
non stavamo nemmeno insieme allora.”
Sehun arrossì leggermente, abbassando la testa.
“Immagino sia così,” borbottò.
“Non è nemmeno un cestino grande,”
continuò Jongin, “quindi non sentirti a disagio o
niente del genere.”
Sehun rise burberamente, pensando già a quanto sarebbero
sembrati fuori luogo quegli eleganti cioccolatini nel suo appartamento
consunto. Un'altra ragione per cui non voleva portare Jongin
là dentro.
Prima che potesse accorgersene, però, arrivarono, e Sehun
fece strada oltre la porta con esitazione, togliendosi le scarpe.
“Siamo qui,” disse piano.
La madre adottiva apparve immediatamente dalla cucina, il fratellino
uscì dalla cameretta un momento dopo.
“Ciao,” disse la donna, sorridendo accogliente.
“Tu devi essere Jongin.”
Jongin sorrise accanto a Sehun, facendo un profondo inchino.
“È un piacere incontrarla,” disse, e
sembrava davvero così. “Sehun mi ha parlato tanto
di lei.” Le porse il cestino regalo, e Sehun
arrossì ancora. “Ecco, ho portato questo per
voi.”
Il sorriso della madre si allargò, chiaramente incantata.
“Beh, grazie Jongin,” disse, avvicinandosi per
prenderlo. “È stato carino da parte tua.”
“Io sono Taewoon!” esclamò forte il
fratellino adottivo di Sehun, il quale grugnì piano.
“Ho sette anni!”
“Me lo ricordo!” esclamò Jongin,
sorridendogli. “Mi fa piacere incontrarti di
nuovo.” Sehun si ricordava vagamente che i due avevano
parlato per qualche momento alla Vigilia prima che fosse potuto
intervenire.
E poi, forte e chiaro, Taewoon chiese, “È il tuo
ragazzo, Sehun?”
All'improvviso, tutti gli occhi furono su di lui, inclusi quelli di Jongin, e Sehun
avvampò. Avrebbe voluto che Jongin dicesse qualcosa, ti prego, ma rimase in silenzio insieme
agli altri, quindi Sehun deglutì a fatica e annuì
a scatti.
La mano di Jongin si chiuse immediatamente intorno alla sua, il suo
sorriso accecante, e anche la madre adottiva sorrise contenta, non
sembrando affatto sorpresa. “Okay!”
cinguettò Taewoon.
Un gran sospiro di sollievo lasciò i polmoni di Sehun,
lasciandolo un po' stordito.
Il padre adottivo di Sehun tornò dal lavoro qualche momento
più tardi, e ripeterono ancora una volta le presentazioni,
con Taewoon che disse orgogliosamente al padre, “Questo
è il ragazzo di Sehun!” Così come la
moglie, l'uomo non sembrò sorpreso dalla notizia, anche se
non sembrava proprio gioire per la cosa. Pochi minuti dopo,
però, si ritrovarono tutti seduti attorno al tavolo, e
sebbene la cena fosse semplice e niente di straordinario, Jongin
mangiò con entusiasmo, così solare e affascinante
mentre chiacchierava con la famiglia di Sehun che ben presto anche il
padre iniziò a ridere insieme agli altri.
Non sollevò mai lo sguardo sulla lampadina nuda sul
soffitto, o sulla carta da parati che si stava staccando accanto alla
finestra.
Fuggirono in camera di Sehun subito dopo aver finito di mangiare, con
Jongin che si sdraiò sul suo letto e Sehun che si sedette
accanto a lui, con le guance ancora rosse, forse per sempre. Jongin
allungò una mano e afferrò quella che Sehun aveva
posato su una coscia per portarsela al viso e posare la calde labbra
sul palmo. “Allora,” disse piano, guardando Sehun e
baciandogli il polso. “Il tuo ragazzo, huh?”
Sehun avvampò ancora, evitando il suo sguardo. Se n'era
quasi dimenticato. “Beh, ha sette anni,”
commentò, schiarendosi la gola. “Non comprende
termini che vadano oltre amico, fidanzato e marito.”
Jongin continuò a baciarlo lungo il braccio, tirandolo
lentamente più vicino. “Quindi non sono il tuo
ragazzo?”
Sehun scrollò le spalle, senza guardarlo. “Non ne
abbiamo mai parlato. Voglio dire, non dobbiamo usare parole come
quelle. Se non ti va.” Si morse la lingua.
Jongin lo stava ancora guardando; Sehun riusciva a sentire il suo
sguardo. “A te piacerebbe?”
Sehun scrollò ancora le spalle, il cuore batteva debolmente.
Jongin gli morse gentilmente la pelle. “Non fare il vago con
me, Oh Sehun,” disse, con tono gentile.
Sehun si rifiutava di guardarlo, ma alla fine, dopo un profondo respiro
rispose piano, “Non mi dispiacerebbe.”
“Bene,” disse Jongin, e Sehun si voltò e
lo vide sorridere prima di essere tirato giù, un bacio
posato sulle sue labbra. “Piacerebbe anche a me.”
Sehun sorrise contro le sua labbra, riempito da un calore piacevole, e
Jongin gli passò una mano tra i capelli, sollevandogli il
mento per approfondire il bacio, quando uno squittio proveniente dalla
porta li distrasse.
Sehun saltò su e vide Taewoon sull'uscio, che sbirciava
attraverso le dita con cui si copriva il viso.
Diventando di mille colori fino alla punta dei capelli, Sehun si mise
in piedi e disse, “Vattene!” prima di sbattere la
porta. Taewoon però si mise immediatamente a singhiozzare
dall'altra parte, e Sehun sibilò sottovoce prima di riaprire
la porta. “Hey,” disse piano, inginocchiandosi
davanti al bambino. “Scusa, non volevo spaventarti. Ero solo
sorpreso di vederti lì. Dovresti bussare prima.”
“Mi dispiace,” piagnucolò Taewoon.
“Hey, è tutto okay,” rispose Sehun, in
quello che sperava fosse un tono rassicurante. Asciugò le
lacrime dalle guance tonde di Taewoon. “Non volevo, lo
giuro.”
“Okay,” mormorò Taewoon, strofinando il
viso contro il palmo di Sehun.
“Solo non, uh… non dirlo a tua madre,
okay?” Incluso il fatto che ci hai
visto baciarci sul mio letto.
Taewoon tirò sul col naso, guardandolo, e l'unica cosa che
disse fu, “È anche tua mamma, sai.”
Il cuore di Sehun perse un battito, per poi palpitare leggermente, ma
non in modo doloroso. “Io—sì, lo
so,” disse piano.
Taewoon se ne andò un momento dopo, e Sehun chiuse la porta
piano prima di buttarsi sul letto con un grugnito.
Jongin ridacchiò, passandogli una mano tra i capelli.
“Sei adorabile con i bambini,” disse piano.
“Dico, davvero adorabile.”
“Quanto ti stai pentendo di essere venuto qui?”
chiese Sehun, sospirando.
Jongin si scostò la frangia, poi si voltò a
guardarlo, con quel sorriso affettuoso che Sehun conosceva
così bene. “Per niente,” rispose.
“Sono davvero felice.”
Sehun ricambiò il sorriso, gonfiando il petto.
“Sono soltanto davvero felice, Sehun,” disse piano
Jongin. “Che tu mi abbia…lasciato
entrare.”
“Anche io,” sussurrò il ragazzo, ed ebbe
la sensazione che non stessero più parlando della casa.
“Tieni gli occhi chiusi, Seok-ah, deve essere una
sorpresa.”
“Ho sentito a quale fermata siamo scesi, Lu, non ci sono
molti posti in cui potremmo andare.”
“Minseooooook. Stai rovinando tutto.”
“Dovremmo studiare, sai.”
“Si chiama fare una pausa. Hey, non sbirciare.”
Minseok sospirò e cercò di evitare che le sue
labbra si aprissero in un sorriso. Avrebbero davvero dovuto studiare,
ma Luhan era arrivato per tirarlo fuori dalla sua stanza, insistendo
che chiudesse gli occhi non appena ebbero raggiunto la stazione della
metro. E come avrebbe potuto dire no, quando Luhan era così
entusiasta per quella sua piccola 'sorpresa'?
Non che fosse una sorpresa, considerando che Minseok aveva passato
praticamente ogni minuto libero del suo tempo sul campo da calcio prima
di scoprire di essere diabetico. Conosceva la strada da casa sua come
il palmo della sua mano.
Tenne comunque gli occhi chiusi, lasciando che Luhan lo guidasse per
mano, ascoltandolo parlare. “Ah, ci siamo!”
Minseok sorrise, sollevando il viso verso il sole che splendeva sopra
di loro senza aprire gli occhi. “Oh? E dove siamo?”
chiese, tenendo il gioco.
Luhan prese entrambe le mani di Minseok tra le proprie, facendolo
avvicinare a sé, e si schiarì la gola.
“Tempo fa,” disse, “Ho portato un ragazzo
carino a guardare un film per San Valentino.”
Minseok rise.
“Zitto. Ho portato un ragazzo carino al cinema, e
stupidamente ho detto, ‘Questo non è un
appuntamento!’ Anche se avrei voluto che lo fosse. E questo
ha causato un bel po' di problemi tra noi.” Luhan sorrise
tristemente. “Ma comunque. Oggi, vorrei solo chiarire che
questo è
un
appuntamento. Un vero appuntamento.”
Minseok strinse le mani di Luhan e sorrise affettuoso. “Posso
aprire gli occhi ora?”
“Sì.”
Minseok lo fece, sorridendo mentre si guardava intorno.
“Ahhh, quindi giochiamo a calcio oggi?”
“Lo sapevi già,” disse Luhan
imbronciandosi.
“Hai preso le mie scarpette da calcio dalla
scarpiera,” rispose lui con un sorriso, scuotendo leggermente
la mano del ragazzo. “Ora andiamo, giochiamo.”
Luhan indossò velocemente le scarpette che Minseok gli aveva
mandato per il compleanno e gliele mostrò con orgoglio,
vantandosi amichevolmente mentre Minseok si riscaldava.
“Nessuno può battermi quando indosso queste
scarpe! Potrai anche essere il mio ragazzo, ma ti
distruggerò!” Minseok si limitò a
grugnire in risposta, e finse di non guardare le braccia di Luhan
mentre faceva stretching.
Nonostante le precedenti parole di Luhan, il ragazzo finì
per non essere tanto spietato quanto aveva detto – anzi, era
quasi imbarazzantemente educato sul campo. Minseok correva veloce e
faceva del suo meglio, ma veniva spesso distratto da bordi di pelle e
muscoli che si flettevano. Luhan, invece, non stava affatto facendo del suo meglio,
lasciava che delle palle facili entrassero in rete, e permetteva a
Minseok di rubargli la palla senza troppi sforzi.
“Luhaaaaan,”
Minseok
si lamentò, affannato. “Mi stai facendo
vincere.”
Luhan rise timidamente. “Non è quello che fanno i
fidanzati?”
Minseok gli diede un calcetto guardandolo male. “Questo mi fa
sembrare il ragazzo cattivo, che fa del suo meglio da solo. Smettila. O
ti do un calcio in faccia.”
Luhan rise sorpreso. “Questo è un
abuso!” protestò.
“Smettila di lasciarmi vincere, e non lo
farò!” esclamò Minseok, sorridendo.
“Stavo solo cercando di essere carino,”
sbuffò Luhan, ma si stava già preparando.
“Meno carinerie, più sforzo,” disse
Minseok, riprendendo a correre.
“D'accordo!” gridò in risposta Luhan,
rincorrendolo.
Fedele alla parola data, Luhan si sforzò decisamente di
più, e con la terribile resistenza di Minseok, presto si
ritrovò quasi a danzare attorno a lui, dribblando la palla
tra i suoi piedi. A Minseok non importava, rideva per i tentativi del
ragazzo di dimostrare quanto fosse bravo quando ci provava davvero.
Troppo presto, però, Minseok si sentì esausto e
intontito, e sapendo che era dato dall'ipoglicemia grugnì
frustrato. Come rovinare il divertimento. Smise di correre e
posò le mani sulle ginocchia, cercando di capire a che
livello le vertigini fossero causate dall'aver corso troppo, e un
momento dopo, Luhan si scontrò con lui, mandando entrambi a
terra. Minseok stava per rimproverarlo quando Luhan cominciò
a ridere, ed era così contagioso che Minseok non
poté fare a meno di unirsi a lui, sentendo il petto del
ragazzo sollevarsi e abbassarsi contro di lui, i loro cuori
tamburellavano.
“Scusa, Seok-ah,” canticchiò Luhan, e si
spostò per bloccargli i fianchi, scostando affettuosamente i
capelli di Minseok prima di avvicinarsi e posare un bacio sulle sue
labbra, calde e morbide.
Il respiro di Minseok si bloccò in gola mentre le mani si
muovevano automaticamente ai fianchi della maglia di Luhan,
formicolanti per il desiderio di premere i palmi sulla calda striscia
di pelle sotto l'orlo. Luhan gli prese il mento e lo baciò
ancora, più a fondo, e Minseok ricambiò
entusiasta, rabbrividendo quando una lingua calda scivolò
lungo il suo labbro inferiore prima di scomparire. Poi Luhan
scostò le labbra da quelle di Minseok, spostandosi invece
sotto il mento, premendo baci umidi sulla pelle sudata, scendendo lungo
il collo mentre Minseok annaspava e la sua schiena si inarcava
inconsciamente. Non avevano mai fatto questo prima, e il piacere scuoteva il
corpo di Minseok, facendolo reagire in modi fantastici e terribili allo
stesso tempo.
Quando la bocca di Luhan trovò la sua clavicola, con la mano
che abbassava il colletto della maglietta, Minseok sentì la
mente pericolosamente offuscata, la sua vista si annebbiava.
“Lu, fermo, fermo,” si affannò,
spingendolo via controvoglia. “Stai facendo fare cose strane
alla mia glicemia, penso che sverrò.”
Luhan si ritrasse immediatamente, imprecando sottovoce e spostandosi da
sopra di lui. Aveva il viso rosso, le labbra umide e gonfie, e Minseok
si sentì un idiota. “Alta o bassa?”
chiese con sincerità Luhan.
“Bassa,” grugnì Minseok, sentendosi
scosso e disorientato e imbarazzato. Quanto poco sexy poteva essere Penso che sverrò?
Luhan si allontanò, e un minuto dopo tornò,
aiutando Minseok ad alzarsi a sedere e portandogli una lattina di succo
alle labbra. Cominciò a sentirsi meglio nel momento in cui
lo zuccherò iniziò a circolare nel sangue, ma si
sentiva ancora stupido, allo stesso tempo grato per le mani confortanti
e la voce rassicurante di Luhan e imbarazzato per il fatto che ne
avesse bisogno.
“Mi dispiace,” grugnì, sdraiandosi
sull'erba e chiudendo gli occhi, sentendo il sole battere sul suo viso
sudato. “È stato stupido.”
Luhan grugnì leggermente sopra di lui. “Sfortuna,
più che altro.”
Minseok sospirò e si coprì il viso con le
braccia, lo stomaco sottosopra. “Perché mi
ami,” mormorò. “Perché hai
fatto tutto questo per stare con una persona con così tanti
problemi.”
Regnò il silenzio per un momento, e poi Luhan disse,
“Non l'ho fatto. Ci sono tante ragioni per cui ho fatto tutto
questo.” Afferrò le braccia di Minseok,
spostandole dal suo viso per piegarsi su di lui, a testa in
giù e sorridente. “Ma nessuna di esse era per
sentirti buttarti giù in questo modo. Sto con te
perché ti amo, quindi chiudi il becco.”
Passò gentilmente un pollice sulla guancia di Minseok.
“Pensi che io non abbia problemi? Pensi che non mi chieda
perché stai ancora con me nonostante faccia ancora errori in
coreano, nonostante debba ripetere l'ultimo anno e nonostante sia stato
deportato? Ma confido nel fatto che tu stia con me perché mi
ami davvero, nonostante tutto. Spero tu faccia lo stesso con
me.”
Minseok si mordicchiò il labbro e lo guardò.
“È così, lo sai,”
sussurrò. “Ti amo.”
Il viso di Luhan si aprì in un sorriso, e diede uno
schiaffetto al braccio di Minseok. “Lo so che mi ami,
stupido. Ora andiamo, torniamo a casa se ti senti meglio. Dovremmo davvero studiare.”
La mano di Minseok si chiuse sulla maglietta di Luhan per evitare che
si alzasse prima che si accorgesse di cosa stesse facendo.
“Aspetta,” disse, poi arrossì quando si
rese conto di cosa stava per dire.
“Cosa?”
“Non abbiamo... finito…”
mormorò, tirando giù Luhan gentilmente.
Luhan rise allegro. “Certo, come ho fatto a
dimenticarmene,” disse, per poi avvicinarsi e catturare le
labbra di Minseok con le proprie.
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Capitolo 43 *** Capitolo 41 ***
Jongdae vinse le elezioni.
Ovviamente vinse le elezioni. Sapeva che le avrebbe vinte,
perché era un ragazzo che piaceva a tutti, che parlava bene
in pubblico e che aveva ricevuto suggerimenti dal migliore. Aveva una
campagna solida, e sapeva che avrebbe ottenuto molti voti. Eppure,
quando il suo nome venne fatto durante l'assemblea, lo shock gli
pervase il corpo, e per poco non si dimenticò di alzarsi e
dirigersi sul palco. Fece un inchino profondo, ringraziò il
preside e gli insegnanti e il corpo studentesco che aveva votato per
lui, e accettò il certificato da Junmyeon – il
vecchio presidente del consiglio, che passava il testimone a quello
nuovo. Junmyeon sorrise calorosamente, in modo genuino, e gli diede una
pacca sulla spalla, e Jongdae sorrise immediatamente in risposta,
sopraffatto dagli applausi e tutto.
E poi, all'improvviso, tutto fu finito e si ritrovò a vagare
intorno senza uno scopo, uno studente come gli altri. Il suo lavoro non
sarebbe iniziato fino all'anno successivo, anche se aveva il titolo
ora, e la giornata era finita, e passò dal ricevere applausi
e congratulazioni ad essere il solito vecchio Jongdae, in piedi in
corridoio, da solo.
Dovette restare fino a tardi per avere qualche delucidazione sulle sue
future mansioni e tutto, quindi i corridoi erano vuoti mentre si
dirigeva all'armadietto per raccogliere le proprie cose. Minseok lo
aveva intercettato dopo l'assemblea per dirgli di andare da lui quando
avrebbe finito, quindi era lì che si sarebbe diretto una
volta uscito da lì.
Stava per arrivare all'ingresso quando una voce familiare lo
chiamò, “Jongdae-yah!” La sua
eccitazione lasciò il suo corpo in un secondo, e si
voltò lentamente, cercando di mantenere il sorriso sul viso.
“Oh, Junmyeon-hyung!” disse, cercando di sembrare almeno sincero. “Hai
bisogno di qualcosa?”
“No, no,” rispose il ragazzo, sorridendo mentre si
avvicinava e gli dava una pacca sulla spalla. “Volevo solo
congratularmi ancora, sai, in privato. Per aver vinto le elezioni.
Sapevo che ce l'avresti fatta, davvero.”
Jongdae abbassò la testa, sperando che passasse come
timidezza e non che stesse cercando di evitare il suo sguardo. Era
stupido, forse, che si sentisse ancora rancoroso e ferito dopo tutto
quel tempo. Ma era così. “Grazie,
hyung,” disse. Odiava il fatto che Junmyeon fosse ancora
gentile, quando Jongdae a malapena sopportava di parlare con lui.
Voleva essere arrabbiato con Junmyeon, ma il maggiore glielo rendeva
così difficile.
“Ero così orgogliosi di te,” disse
Junmyeon, illuminandosi, ed eccolo di nuovo. Così perfetto.
Così piacevole. “Sono stato terribilmente di parte
in queste elezioni.”
Jongdae si morse la lingua e desiderò che per una volta
Junmyeon potesse fare lo stronzo, per ricordargli perché lo
odiasse così tanto. Jongdae voleva odiarlo. Quindi disse,
“Come sta la tua ragazza, hyung?”
Alzò lo sguardo e vide Junmyeon guardarlo sorpreso, per poi
grattarsi la testa timidamente. “Ah,” disse a
disagio. “Abbiamo rotto.”
Jongdae lo fissò. “Voi—ah
sì?”
“Già,” rispose lui con una piccola
risata. “Non... non stava funzionando e basta. Mi sono reso
conto che non mi piaceva davvero... così tanto. Non era
giusto nei suoi confronti, o nei miei, sai?”
“Oh, che... peccato,” disse Jongdae, ma non provava
alcuna pietà. Anzi, all'improvviso si sentiva davvero,
ridicolmente felice. Dovette concentrarsi per evitare che un sorriso
gli si aprisse sul viso, ed era davvero terribile. Junmyeon non aveva
una ragazza. Non gli era nemmeno piaciuta la sua ragazza quando erano
stati insieme. Non aveva alcun senso, ma Jongdae era così stupidamente
felice. La
sua voce uscì leggermente affannata quando chiese,
“Allora chi ti piace?” E tutto ad
un tratto si rese conto, con sorprendente chiarezza, che ogni battito
del suo cuore era un'altra ripetizione di dì me, dì
me, dì me. Lo travolse completamente. Ma
allo stesso tempo... non l'aveva provato per tutto questo tempo?
Ma Junmyeon si limitò a sorridere tristemente e disse,
“Nessuno, immagino.”
Jongdae deglutì a fatica, e le parole gli stavano risalendo
la gola, danzavano sulla sua lingua, ma nemmeno lui sapeva quali
fossero mentre apriva la bocca per pronunciarle.
Prima che potesse emettere alcun suono, però, Junmyeon
disse, “Comunque, devo andare a finire un paio di cose. Ci
vediamo in giro!” E si allontanò con un cenno di
saluto e un sorriso.
“Hyung!” lo chiamò Jongdae, con il cuore
che batteva all'impazzata.
Junmyeon si voltò, gli occhi sgranati.
“Cosa?”
Il nodo che aveva in gola era difficile da mandar giù.
“Posso... è ancora valida l'offerta? Posso
chiederti consigli sulla carica di presidente del consiglio
studentesco?”
Le labbra di Junmyeon si tesero in un sorriso caloroso.
“Certamente, Jongdae-yah.”
Il cuore di Jongdae palpitò stupidamente al nomignolo
familiare mentre sorrideva in risposta, salutando Junmyeon quando si
voltò ancora.
Okay, quindi forse Minseok aveva sempre avuto ragione. Forse tutti sono un po' gay. Magari Jongdae,
forse, era un po' tanto gay. Forse tutto quello che ci
voleva era la persona giusta.
Jongdae sperava solamente che la cosa valesse anche per Junmyeon.
Minseok aveva programmato di dare una festa per Jongdae sia che avesse
vinto le elezione sia che avesse perso, onestamente. Pianificava tutto
da mesi, riorganizzando la propria agenda e invitando i loro amici. Se
Jongdae avesse perso, sarebbe stata una festa da 'hey è
tutto okay, quella carica fa schifo comunque', e se avesse vinto,
sarebbe stata una festa di congratulazioni. Fortunatamente
andò a finire bene, quindi Minseok gli aveva chiesto di
andare da lui con tono allegro, e aveva chiamato tutti per ricordar
loro che avevano promesso di essere lì.
E intendeva davvero tutti i loro amici. Persino Sehun e
Jongin sarebbero venuti, sotto richiesta di Luhan. Anche Baekhyun e
Chanyeol erano tornati a casa con Minseok, e Kyungsoo si
incontrò con loro davanti alla porta, vestito e pronto ad
andare. Organizzarono la festa sul tetto del palazzo, dove il sole
splendeva, una fresca brezza soffiava e, cosa più importante
di tutte, c'era abbastanza spazio per accogliere otto chiassosi ragazzi
(con il vantaggio di essere un posto isolato e abbastanza vicino a casa
in modo che Kyungsoo non si sentisse troppo intimidito). Sistemarono le
sedie e i palloncini e un tavolo ripiegabile da picnic, bloccando la
tovaglia con lattine di soda, e Minseok andò a prendere
Jongdae fuori dall'ascensore.
“Hyung,” disse Jongdae quando Minseok
entrò nel cubicolo una volta che le porte si furono aperte,
senza nemmeno notare che sarebbe dovuto essere lui ad uscire.
“Ho delle notizie davvero importanti, ma devi promettere di
non ridere di me.”
Minseok lo studiò con attenzione. Doveva essere importante,
se Jongdae non aveva nemmeno notato che avevano superato il loro piano.
“Okay…?”
“Penso di essere innamorato di Junmyeon-hyung.”
Minseok grugnì forte, un solo sbuffo prima di coprirsi la
bocca con la mano. Jongdae lo guardò male, e Minseok si
costrinse a ricomporsi, ma stava ancora ridacchiando quando disse,
“Oh davvero? Pensi questo?”
“Hai detto che non avresti riso! Sono serio, hyung! Si
è lasciato con la ragazza.”
“Per te?” chiese Minseok, inarcando un
sopracciglio. Sinceramente, non era rimasto sorpreso dalla confessione
di Jongdae (anche se si era aspettato che ci volesse un po' di
più prima che se ne rendesse conto), ma questa rottura era
una novità.
Jongdae si mosse a disagio. “Beh... no. Ha solo detto che non
le piaceva poi tanto.”
“Perché... gli piaci tu?” Minseok non
riusciva a capire perché l'amico sembrasse così
felice in quel momento.
“Beh lui non l'ha detto... pensi che potrebbe?”
chiese Jongdae, sembrando stupidamente speranzoso.
“Non lo so, Jongdae! Mi ci sono voluti nove mesi e diverse
dichiarazioni molto chiare per rendermi conto di piacere a
Luhan!” esclamò Minseok, scuotendo la testa.
“Quindi ora andrai dietro a Junmyeon? Dovrei invitarlo a
casa?”
All'improvviso, gli occhi di Jongdae si spalancarono per la paura.
“Oh, no. No no no. Io non... non so come avere una cotta per
un ragazzo. Come fai a capire se gli piacciono i ragazzi? Come flirti
con loro? E poi ha appena rotto con la ragazza, non è
appropriato provarci subito con lui, o no? E poi, ho paura. Ecco, l'ho
detto. A quanto pare sono improvvisamente gay e innamorato di Kim
Junmyeon, il quale parla con me più che altro
perché mio padre è un avvocato e
perché ora sono il presidente del consiglio studentesco e ho
paura.”
Minseok sorrise sarcasticamente, dando qualche pacca sulla spalla
dell'amico. “Beh ho qualcosa per distrarti un po',”
disse, facendo un cenno verso la porta alla quale si stavano ora
avvicinando. Dubitava che Jongdae si fosse anche solo reso conto che
avevano lasciato l'ascensore.
“Ah sì? Che succede?”
Come da copione, la porta che conduceva al tetto si aprì di
scatto, e un coro di voci gridò,
“Sorpresa!”
Jongdae rimase a bocca aperta. “Ma che –
è il mio compleanno?”
Minseok rise, dandogli un colpo. “Idiota, da quando il tuo
compleanno è a metà giugno? Stiamo festeggiando
la tua vittoria nella campagna, ovviamente.”
“Oh. Oh, giusto, quella! Viva me!” Jongdae fece un
gran sorriso, e Minseok immaginò fossero salvi dall'ansia
sulla sua sessualità per il momento.
Ad essere sinceri, la festa non era un grande evento. Non c'erano tante
cose che si potevano fare sul tetto del palazzo di Minseok. Ma era
piacevole essere riuniti tutti insieme, e c'erano cibo, giochi di
società e spazio per sedersi e parlare di altre cose che non
fossero gli imminenti esami. A Jongdae piaceva essere al centro
dell'attenzione, non importava quale fosse l'occasione, quindi si stava
davvero divertendo, ed era bello da vedere.
Finirono per giocare a Non Ho Mai, in memoria dei vecchi tempi.
Spiegarono in breve le regole a Jongin e Sehun, che la volta precedente
non erano stati presenti, e poi iniziarono, con delle affermazioni che
diventavano sempre più assurde mano a mano che il gioco
procedeva. Alla fine, cominciarono ad elencare cose che avevano fatto, per vedere chi invece
non le aveva fatte.
“Mi sono ubriacato,” disse Jongdae.
Nessuno abbassò un dito. “L'hai fatto
davvero?” chiese scettico Minseok.
“No,” confessò il ragazzo, prendendo un
sorso dalla sua lattina di succo di mela. “Ma volevo vedere
se qualcuno avrebbe confessato. Sono stato piuttosto brillo alla scorsa
festa di Natale, però. Non sapevo ci fosse dell'alcol nel
punch.”
“Che tipo di Natale passa la tua famiglia?” chiese
Baekhyun, ridendo. Minseok fingeva di non vedere la sua mano sotto la
maglia di Chanyeol, anche se era semplicemente posata sul suo fianco.
“Selvaggio,” rispose Jongdae, muovendo le
sopracciglia. “Davvero però, è stato
mio zio. Apprezza un po' troppo il rum.”
“È un pirata?” chiese Chanyeol, e per
qualche ragione tutti risero.
“Ho ucciso qualcosa,” disse Jongin, e tutti gli
lanciarono sguardi che variavano dall'incredulo all'allarmato.
“Era un pesce!” spiegò velocemente.
“Stavo pescando con mio padre!” Poi, a bassa voce,
“Ho pianto solo un po'.” Sehun sorrise accanto a
lui.
Luhan abbassò un dito. “Ho accidentalmente ucciso
il mio pesce rosso quando ero un bambino,”
confessò. “È stato tragico, e non
scenderò nei dettagli.”
“In questo caso,” si aggiunse Chanyeol, abbassando
un dito timidamente.
“Immagino che gli insetti non contino,” disse Sehun.
“Ho ucciso diverse piante,” disse solennemente
Kyungsoo, e Minseok ridacchiò.
“Ho baciato un ragazzo,” disse Minseok, solo per
ridere per il fatto che Jongdae fu l'unico a non abbassare il dito. Il
più piccolo gli fece una linguaccia in modo infantile.
“Jongdae ci sta lavorando.”
“Hyung!” protestò l'amico, arrossendo, e
oh, questa era una cosa nuova. Minseok si stava proprio divertendo.
“Ho baciato un ragazzo nelle ultime 24 ore,” chiarì
Minseok, guardando Kyungsoo risollevare un dito, sembrando imbarazzato.
“Puoi baciare Jongdae, Soo, così non sarai
più lasciato fuori.”
Jongdae squittì, e Kyungsoo disse pacatamente,
“È disgustoso, hyung.”
“Scusa tanto!” esclamò Jongdae.
“Ti piacerebbe potermi baciare.”
“Ew,” ribatté Kyungsoo, facendo una
smorfia. “Non sei il mio tipo.”
“Ma Minseok lo è?” chiese Luhan,
sollevando un sopracciglio sospettoso. “Lo hai
baciato.”
“Quello è successo tipo cinque anni fa! E non era
perché mi piacesse!” si difese Kyungsoo.
“Aiutami, hyung,” disse, guardando Minseok.
Minseok rise. “Hey, tu hai baciato me, non ho parte in tutto questo.
E poi, non mi importa se sono il tuo tipo.” Sorrise.
“Sarebbe come un incesto, hyung,” disse
Kyungsoo, rabbrividendo, e Minseok ridacchiò.
“Sappiamo tutti qual è il tipo di Kyungsoo,
comunque,” si intromise Jongdae. “Sapete, capelli
neri, occhi assonnati, parla cinese—”
Kyungsoo urlò e schiaffò una mano sulla bocca del
ragazzo, mortificato, e Minseok a malapena notò la reazione
del vicino per il troppo orgoglio che provò quando Kyungsoo
toccò il viso di Jongdae, senza correre poi
al lavandino più vicino per lavarsi le mani. Un momento dopo
tirò fuori una boccetta di antibatterico per le mani, ma lo
fece con calma, senza urgenza. Minseok sprizzava felicità.
“Parlando di Yixing,” riprese Luhan, ignorando le
guance rosse di Kyungsoo. “Continua a ricordarmi di
ricordarti che puoi chiamarlo quando vuoi, o lasciargli un messaggio, o
mandargli qualche foto, o quello che vuoi. Lo hai fatto,
vero?”
“Sì, hyung,” mormorò
Kyungsoo, abbassando la testa imbarazzato. “Parlo con lui
ogni giorno, cosa vuole di più?”
“Vuole che parli con lui tutto il giorno,” rise
Luhan. “E poi vuole migliorare il proprio coreano. Sai, nel
caso dovesse mai venire qui.”
Kyungsoo sbatté le palpebre. “È davvero
una possibilità fattibile?”
“Non so cosa significhi 'fattibile', ma ne ha sicuramente
parlato,” disse Luhan, sorridendo. “Gli piacerebbe
venire a trovarti. Voglio dire trovarmi. Ha.”
Kyungsoo nascose immediatamente il viso.
“Smettila,” disse Minseok ridendo e dando una
leggera gomitata a Luhan. “Lo farai esplodere.”
“Mi sento personalmente attaccato,”
mormorò Kyungsoo.
“Forse dovremmo cambiare gioco,” suggerì
Baekhyun. “Chanyeol mi ha fatto perdere il conto di quante
dita avessi ancora su.”
“Giochiamo a Trova Le Differenze,” disse Jongdae, e
sollevò una mano per contare sulle dita. “Uno: a
Minseok-hyung sono cresciute le palle e alla fine ha davvero chiesto di
uscire ad un ragazzo.”
Minseok gli fece una linguaccia. “Due: Kyungsoo è
uscito di casa.”
Kyungsoo si illuminò. “Tre: Luhan-hyung
è un cittadino legale.”
“Quattro,” continuò Luhan,
“Sehun si è fatto qualche amico, e un fidanzato.”
“Cinque,” disse Sehun, “Non sono
l'unico.”
Baekhyun rise. “Sei: mi sono finalmente dichiarato al ragazzo
mi è piaciuto per anni.”
“Sette,” si aggiunse Chanyeol, “Ho colto
un'occasione.”
“Otto,” disse Jongin, “Ho lasciato che
qualcun altro oltre Taemin venisse a vedermi ballare.”
“Nove,” concluse Jongdae con un sorriso triste,
“Ho finalmente ammesso a me stesso qualcosa che non avrei mai
pensato di ammettere.”
Minseok gli arruffò i capelli. “Sono stati dieci
mesi difficili,” disse, improvvisamente un po' nostalgico.
“Un pazzo anno scolastico, penso siamo tutti
d'accordo.”
“Ma decisamente buono,” cinguettò Luhan.
“Certo, questo è sicuro,”
mormorò Minseok, strofinando il ginocchio di Luhan.
Decisamente duro, per tutti loro. Certamente pazzo, in una dozzina di
modi diversi. Ma buono.
“Ad un anno ancora migliore,” disse Jongdae,
sollevando la sua lattina di succo per brindare.
“Cin Cin!” esclamò Minseok, sorridendo e
alzando il proprio bicchiere d'acqua. Il resto del gruppo li
seguì, e dopo risero tutti, ma il cuore di Minseok era
gonfio di felicità, e speranza per il futuro.
Il progetto finale di coreano di Luhan aveva scadenza due settimane
prima degli esami, e si rifiutò di lasciare che Minseok lo
vedesse fino a quel giorno, abbracciando stretto il proprio album
mentre camminavano nei corridoi per andare a consegnarlo. “Lo
vedrai quando farò la mia presentazione,”
insistette.
“Comincio a pensare che hai un bel po' di cose imbarazzanti
su di me là dentro,” rise Minseok, ma gli
lasciò fare, visto che aveva ragione in teoria. Lo avrebbe
visto tra qualche ora.
Quando il momento arrivò, Luhan si posizionò
davanti a tutta la classe con sicurezza, inserendo la pennina USB nel
proiettore per mostrare le foto. Aveva l'album con il collage di fronte
a sé, con tutte le descrizioni
scritte con una calligrafia ordinata
sotto ogni foto. Minseok era seduto al proprio posto e osservava
affettuosamente mentre il ragazzo si schiariva lo gola e raddrizzava la
schiena, preparandosi a pronunciare il proprio discorso.
La prima immagine apparve sullo schermo, e Minseok sospirò
piano. Era la prima foto che aveva fatto a Luhan, all'aeroporto, con la
folla che si muoveva attorno a lui. “Il vento era forte
il giorno che sono volato qui,” Lesse Luhan dalla pagina. “Mi sentivo come se mi stesse
soffiando verso la Corea. Qui è dove il mio viaggio ha
inizio. Nell'aria.” Sollevò lo sguardo
sui compagni, sorridendo. “Mi aspettavo un viaggio,
all'epoca. È questo quello che ti aspetti, quando ti
trasferisci all'improvviso in un nuovo paese. Ma non mi aspettavo
certamente quello che ho ottenuto.”
Apparve una seconda immagine: erano tutti riuniti dietro Jongdae ed
esultavano mentre lui spegneva le candeline sulla sua torta di
compleanno. C'era Minseok, sullo sfondo, e Luhan proprio accanto a lui,
il quale sembrava felicissimo di far parte di qualcosa. “Più che
il luogo,” disse, “sono le persone in Corea che
cominciano a farmi sentire a Seoul come a casa.” Sollevò nuovamente
lo sguardo. “All'inizio, la mia famiglia ebbe diversi
problemi ad ambientarsi in Corea. Non conoscevamo la lingua, e tutto
era molto più difficile di quanto non ci fossimo aspettati.
Ma una delle cose più difficili per me era non avere amici.
I miei genitori di solito erano sempre impegnati a lavorare, quindi
spesso rimanevo da solo. La Corea non mi è sembrata casa
fino a che questo non è cambiato.”
Guardò Minseok e sorrise, e Minseok ricambiò
illuminandosi.
Sembrava quasi un po' intimo, guardare la storia di Luhan – la loro storia – apparire
sullo schermo di fronte a sé, un'immagine alla volta.
Minseok riconobbe quasi ogni foto, e lui stesso era presente in molte
di esse, o citato nelle descrizioni, anche se non direttamente. Vide i
mesi farsi più freddi, mentre le loro foto di Halloween
passavano, vide loro due giocare a calcio per la prima volta, e poi
Insadong, con Luhan nel giubbotto rosso di Minseok. Vide Sehun apparire
sempre più spesso nelle foto di Luhan, e poi Jongin. C'erano
loro due nel ristorante cinese dopo Natale, solo poche settimane dopo
che Minseok aveva detto a Luhan di essere diabetico. L'anno nuovo, la
casa del tè, il compleanno di Jongin e quello di Kyungsoo.
Loro due imbacuccati sul divano di Minseok quando erano stati male (“Anche nella
malattia, i miei amici mi hanno supportato. Per come stavano le cose,
non c'era nessun altro posto in cui avrei preferito essere”). Il loro appuntamento al cinema
per San Valentino (“Molte cose
sarebbero potute cambiare per me quel giorno, ma non ho mai saputo le
giuste parole da dire”). Sehun e Jongin, che si tenevano
per mano nei corridoi per la prima volta. Luhan alla torre di Namsan,
che osservava la città che si estendeva sotto di lui (“Ho detto che non
sapevo che la torre di Namsan era una nota meta romantica. Potrei aver
mentito. Nessuno ha mai detto che non sono soggetto ad una futile
gelosia”).
E poi, ancora, loro che giocavano a calcio, questa volta coperti di
fango dalla testa ai piedi. “Il vento soffiava
ancora, il giorno che sono stato rispedito in Cina. In passato sarei
voluto tornare un bel po' di volte, quando le cose erano difficili e
non sentivo di appartenere alla Corea. Ma penso di poter dire che non
potesse esserci momento in cui sarei stato più triste di
andarmene.” Successivamente, la foto
dell'aeroporto cinese vuoto, quella notte. “Questa è
stata certamente una parte inaspettata del mio viaggio. Avevamo paura,
e non eravamo certi cosa ne sarebbe stato del nostro futuro. A quel
tempo, ti volevo davvero con me, per dirmi che tutto si sarebbe risolto.”
Poi apparve lo screenshot di una video chiamata Skype, con Minseok che
sorrideva pigramente, e un Luhan assonnato che posava nello schermo
più piccolo all'angolo. “All'improvviso
divenne più difficile stare lontano dalla Corea che viverci.
Mi stavo perdendo delle cose mentre ero via, non potevo essere
lì quando i miei amici avevano bisogno di me. Mi hai
insegnato una parola una volta, quando ero ancora nuovo qui. Nostalgia.
Non avrei mai pensato che quella parola potesse essere più
adeguata riferita alla Corea piuttosto che alla Cina.”
C'erano alcune foto della Cina, delle nuotate al lago e delle cene al
night market e della festa di compleanno di Luhan. Ma Minseok era
comunque sempre presente, citato in alcune descrizioni, nascosto nella
varietà di foto fatte con la webcam, ed era lui oppure
sembrava sempre più cotto ad ogni foto che passava?
Cominciava a sentirsi imbarazzato. Luhan non lo disse mai apertamente,
che avevano una storia, ma a lui sembrava piuttosto ovvio.
Ed ecco il giorno della dichiarazione di Luhan, entrambi sorridevano
stancamente, amaramente; una nuova speranza e la rassegnazione in un
unico sorriso. Non c'era una descrizione per quella foto, ma Luhan gli
lanciò un sorriso, e Minseok rise, abbassando il viso per
nascondere le guance rosse.
E poi, alla fine, un'ultima foto dell'aeroporto, affollato e frenetico,
e proprio lì al centro, Luhan con le braccia strette intorno
al corpo di Minseok, come se non avesse più voluto lasciarlo
andare. “Il vento soffiava davvero forte il giorno in cui
sono tornato in Corea. E mi sono reso conto che non aveva importanza
dove mi portasse, perché in qualunque posto tu vada,
è sempre una nuova avventura. A volte è
spaventoso, e a volte penserete che il vento sia contro di voi, altre
volte ancora dovrete persino lottare contro una burrasca per ottenere
quello che volete. Ma c'è un proverbio cinese che conosco,
che è diventato molto importante per me in quest'ultimo
anno. Dice, ‘Lascio che il vento soffi, purché
alla fine mi riporti a casa.’ Questo è esattamente
quello che è successo a me.”
Minseok non si rese conto che aveva iniziato a piangere fino a che non
sbatté le palpebre e sentì gli occhi bruciare.
Applaudì insieme al resto della classe, e Luhan si
illuminò, inchinandosi leggermente prima di restituire il
collage alla professoressa e sedersi al proprio posto. Minseok
unì le loro mani sotto il banco e strinse, e fu Luhan a
rifiutarsi di lasciarlo andare.
“Non hai voluto mostrarmi quella cosa perché
sapevi che mi sarei imbarazzato?” chiese piano, guardando
dritto davanti a sé e sorridendo.
Luhan rise. “No, volevo che fosse una sorpresa. Ma mi fa
piacere che ti sia imbarazzato.”
E più tardi, quando la lezione finì, Minseok si
voltò verso Luhan e chiese, “Esiste davvero un
proverbio cinese come quello? Sul vento?”
Luhan rise ancora, a gran voce. “No,” rispose,
senza vergogna. “Ma esiste una canzone con quelle
parole.”
“Davvero? Quale canzone?”
Luhan sorrise e cominciò a canticchiare un motivetto, subito
familiare per Minseok, il quale si era addormentato ascoltandolo
più di una volta, senza mai sapere cosa avessero significato
quelle parole. Luhan cantò due versi, sembrando fiero di
sé. “Lascio che il vento soffi, purché
mi riporti a casa. Lascio che il vento soffi, purché mi
riporti da te.”
Minseok lo spinse, arrossendo leggermente. “Sei
ridicolo,” sbuffò. “La persona
più sdolcinata che conosca.”
“Mi ami,” cinguettò Luhan, e Minseok si
limitò a grugnire, perché sì, lo amava
davvero.
Minseok si ricordò che anche lui aveva un progetto da
finire, la sua parte individuale, solo la notte prima della scadenza.
Lo scrisse in un'ora, sputando sul foglio una marea di cazzate con
parole colorite su delle figure letterarie, sulla scoperta e su degli
obiettivi, ma alla fine, aggiunse qualcosa che gli era rimasto impresso
da un bel po'.
“All'inizio dell'anno scolastico,” disse, quando lo
rilesse il giorno seguente per assicurarsi che avesse davvero senso,
“Avevo una visione piuttosto chiara di come sarebbero andate
le cose. C'era un sentiero dritto dal punto A al punto B, e lo avrei
seguito. Ma la vita non funziona così, e di certo non
funzionò così per me. Sin dall'inizio, il mio
sentiero dritto è stato deviato, intercettato e ricostruito,
con diversi scarabocchi e svolte sul percorso, segreti che non ho
saputo mantenere, promesse che ho spezzato, persone che ho incontrato,
ostacoli che sono stato costretto ad affrontare. La vita non ha linee
dritte, l'ho scoperto troppo tardi. Ha problemi di salute e OCD, leggi
di immigrazione e diversi livelli di negazione. Ha cambiamenti di umore
e scarse connessioni internet, litigi futili e incomprensioni. Ma ha
anche amici meravigliosi, timide confessioni, visite a sorpresa
all'aeroporto, decisioni coraggiose, canzoni d'amore nel bel mezzo
della notte. E questo, io penso, è quello che si definisce
scoperta.”
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Mi dispiace annunciarvi che
con quest'ultimo capitolo si conclude questa meravigliosa storia che ho
avuto il piacere di tradurre per voi. Ma non temete! So che molti di
voi speravano in un qualche risvolto positivo per la SuChen e
ovviamente l'autrice non ci avrebbe mai lasciato con l'amaro in bocca
ahahah Infatti ha scritto diversi spin-off /drabble con i diversi
pairing presenti in questa storia, tra cui ovviamente suchen e laysoo.
Purtroppo per me è riniziata l'università, quindi
tra lezioni, studio e tutto non so quanto tempo avrò per
tradurre, ma vi prometto che non appena avrò un attimo
libero mi metterò al lavoro. Vi avviso già che
tra queste drabble ce ne sono alcune rated R che però io non
tradurrò (non ho problemi a leggere certe cose, ANZI, ma
scriverle è tutta un'altra cosa AHAHAH), nel caso vogliate
leggere non esitate a farmelo sapere e vi farò avere il link
:3
Bene, per ora vi lascio qui, spero che questa fanfiction vi sia
piaciuta tanto quanto è piaciuta a me. A presto~
P.s.
Per tirarvi un po' su di morale vi dico che lo spin-off della suchen
è lungo ben 20 pagine di Word (mentre ogni capitolo di
questa ff era mediamente 9-10 pagine) e che sono già a
metà dell'opera. Yay!
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Capitolo 44 *** SuChen Extra ***
Jongdae si
considerava un amico eccellente. Era attento ai
dettagli, faceva bei
regali, non si dimenticava mai un compleanno, ed era anche pronto a
perdonare
facilmente (sentiti preso in causa tu, Kim Minseok e il tuo segreto di
un
anno).
Era andato alla cerimonia del diploma solo per Minseok, ovviamente.
Perché era
un buon amico. Perché voleva supportare ed esultare per il
miglior amico.
Ma questo non gli impedì di fissare Kim Junmyeon per tutto
il tempo in cui
stava pronunciando il proprio discorso di commiato, sorridendo vincente
al
pubblico.
“Sei così evidente,”
ridacchiò al suo fianco Luhan.
“Chiudi il becco, hyung, ti ho visto mandare bacini a Minseok
tipo quattro
minuti fa,” sibilò Jongdae, cercando di non
arrossire.
“È il mio ragazzo, ho il permesso di essere
imbarazzante,” rise Luhan. “Tu sei
solo inquietante.”
“Non è vero!” ribatté Jongdae
con fervore. Ma un secondo dopo, si ritrovò
nuovamente a fissarlo.
Non aveva più parlato con Junmyeon dal giorno delle
elezioni. Erano stati tutti
travolti dagli esami e dai progetti di fine corso, e Jongdae aveva a
malapena
avuto il tempo di vedere qualcuno, men che meno un
ragazzo che tecnicamente
non aveva alcun motivo di vedere. Ora che lo vedeva,
però, poteva sentire
le proprie guance scaldarsi e i palmi sudare. Questa era probabilmente
l'ultima
occasione che avrebbe avuto per parlare con Junmyeon. Dopo il diploma
ognuno
avrebbe passato le vacanze estive per conto proprio, e poi Junmyeon
sarebbe
andato all'università e Jongdae sarebbe rimasto indietro, e
oltre ad una
inconsistente promessa di dargli qualche consiglio per la carica di
presidente
del consiglio studentesco, non avevano nessun motivo per parlare tra
loro.
Va tutto bene, sussurrò
il
cervello di Jongdae. Se riesci a passare tutta l'estate senza
sentire il
bisogno di parlare con lui significa che ovviamente non ti piace poi
così tanto
e non dovrai affrontare l'essere un po' gay o niente del genere.
Il suo cuore palpitava nel petto, la sua pelle era fredda e
appiccicosa, e
Jongdae si sentiva nauseato.
La cerimonia del diploma fu lunga e laboriosa. Se non fosse stato per
Minseok,
sinceramente, Jongdae non ce l'avrebbe fatta a sorbirsela tutta. Invece
fu
obbligato ad ascoltare discorsi noiosi e liste di nomi che non
conosceva o di
cui non gli importava affatto, e non vedeva l'ora che finisse, solo
perché
pensava sarebbe stato piacevole tornare a casa e buttarsi sul letto e
smettere
di pensare se davvero, sinceramente, avesse o meno
un'enorme cotta per
Kim Junmyeon. La sua vita sarebbe davvero stata molto più
semplice se non
l'avesse avuta. Jongdae non sapeva come avere cotte per i ragazzi. Non
sapeva
come flirtare con loro o come capire se ricambiassero.
Perché non poteva essere
etero al 100%?
Quando il nome di Minseok venne pronunciato, Jongdae si alzò
ubbidientemente
dal proprio posto e si avvicinò per scattare qualche foto
mentre l'amico
attraversava il palco, stringeva la mano al preside, e riceveva il
proprio
diploma. Jongdae esultò e batté le mani insieme
agli altri, facendo qualche
altra foto con la fidata macchina fotografica di Kyungsoo, e
andò incontro a
Minseok dall'altra parte del palco per abbracciarlo velocemente e
ridacchiare
dicendo Wow, hyung, alla fine ce l'hai
fatta davvero a diplomarti. Era sul punto di tornare al
proprio posto quando
l'annunciatore disse, “Kim
Junmyeon.”
Si immobilizzò sul posto, voltandosi per vedere il maggiore
attraversare il
palco, sorridere, prendere il diploma. Jongdae lo fissò, e
per un millesimo di
secondo, i loro sguardi si incontrarono. Riscuotendosi, Jongdae gli
lanciò un
sorriso e sollevò la macchina fotografica per scattare una
foto veloce, e poi
si affrettò a posto.
Non gli piaceva il sorrisetto idiota sul viso di Luhan quando si
risedette.
Alla fine, un millennio dopo, la cerimonia si concluse, e tutti i
diplomati
cominciarono a disperdersi per cercare i propri familiari e amici.
Jongdae
vide Luhan tirare Minseok in un bacio prima di voltarsi e camminare
dalla parte
opposta, sollevando la fotocamera per guardare le foto che aveva
scattato.
“La mia è venuta bene?”
Jongdae sollevò la testa di scatto. “Oh,
hyung!” esclamò, troppo forte, con il
cuore che batteva. Junmyeon sorrise. “Uh, voglio dire,
sì, è uscita bene.”
“Bene, bene. Non sono molto fotogenico.” rise
piacevolmente Junmyeon.
Jongdae sentì la pelle d'oca su tutto il corpo, lo stomaco
sottosopra. Davvero,
sarebbe stato molto più facile capire se avesse o meno
un'enorme cotta per
Junmyeon se i sintomi che provava quando era nelle sue vicinanze non
fossero
così simili al terrore.
“Beh,
sei uscito benissimo nella mia foto,” disse, cercando di
mantenere un tono di
voce stabile e che non suonasse spaventato. “Congratulazioni,
comunque. Per,
uh. Il diploma.”
Junmyeon sorrise. “Grazie,” disse. Si
appoggiò al muro accanto a loro,
sembrando informale e piacevole. “Allora, quali sono i tuoi
progetti per
l'estate, Jongdae-yah?”
“Oh, niente di che,” ammise lui, deglutendo a
fatica. Il sorriso di
Junmyeon gli faceva uno strano effetto. “Minseok e Luhan
probabilmente saranno
impegnati a fare... qualsiasi cosa facciano insieme, e anche Baekhyun e
Chanyeol, quindi. Sono solo.”
“Ahhh, roba divertente,” rise Junmyeon.
“Io lavorerò tutta l'estate, e forse
studierò per l'università.”
“Dove lavori?” chiese Jongdae, e non certo
perché lo avrebbe spiato. Era solo
curioso.
“In una piccola gelateria vicino al fiume Han,”
rispose Junmyeon, sorridendo.
“Mia madre conosce il proprietario, quindi ho ottenuto un
lavoretto. Sarà super
noioso, mi hanno dato tutti i turni morti.”
“Oh, bello,” rise Jongdae, asciugandosi i palmi sui
pantaloni. “Ti dispiace se
vengo a trovarti?”
Le sopracciglia di Junmyeon si inarcarono.
“Uh—”
“Per chiedere consigli sull'incarico!” aggiunse
velocemente Jongdae, col cuore
che palpitava. “Hai detto che me ne avresti dato alcuni,
quindi, uh.”
Junmyeon rise piano, addolcendo l'espressione.
“Sì, certo. Probabilmente starò
seduto per la maggior parte del tempo. Non c'è
problema.”
“Okay,” sospirò Jongdae.
“Dae!” lo chiamò da dietro Minseok.
“Andiamo, torniamo a casa per la torta!”
Jongdae si guardò alle spalle, poi di nuovo Junmyeon.
“Immagino di dover—”
“Sì, ci vediamo,” disse Junmyeon,
sorridendo e salutandolo.
“Ci vediamo,” disse Jongdae, lasciando che Minseok
lo trascinasse via.
“Ti abbiamo salvato prima che ti rendessi
ridicolo,” lo informò Minseok qualche
minuto dopo, quando Jongdae si calmò leggermente e smise di
tremare. “Perché
sembrava stessi facendo quello.”
Jongdae si limitò a grugnire e provare pietà per
se stesso.
Una settimana dopo, Jongdae non aveva ancora fatto... nulla. Passava la
maggior
parte del suo tempo a casa, facendo commissioni per sua madre, giocando
coi
videogiochi o guardando Netflix, occasionalmente usciva con Minseok,
Baekhyun o
Chanyeol, a volte andava da Kyungsoo. Passava anche la maggior parte
del proprio
tempo ad autoconvincersi che non aveva bisogno di andare da Junmyeon,
perché
non gli piaceva così tanto, e non lo
avrebbe disturbato andandogli
dietro per questa o quella ragione. È appena
uscito da una relazione, si
disse il lunedì. Ovviamente gli piacciono le
ragazze, si disse il
martedì. Fa troppa paura; non posso farcela, continuò coraggiosamente il
mercoledì.
E così via.
Eppure ogni volta che pensava a Junmyeon o qualcuno pronunciava il suo
nome, Jongdae sentiva di sudare e arrossire, e aveva già
passato fin troppo
tempo a fingere che non significasse niente. Arrivò alla
conclusione che fosse
tempo di affrontare la situazione in un modo o nell'altro.
Sentendosi un po' spaventato, un po' incerto, e molto spaesato, Jongdae
decise
di andare dal Maestro dell'amore non corrisposto.
“Oh, ciao Jongdae,” disse la madre di Minseok
quando aprì la porta, sorridendo.
“Minseok ti stava aspettando?”
“Uh, no,” ammise Jongdae. “È
qui?” Immaginò di poter andare da Kyungsoo se non
fosse stato in casa.
“Sì, lui e Luhan sono nella sua stanza. Entra, ma,
lo sai, procedi con
cautela.” Sorrise ammiccante. “Non li sento parlare
da un po'.”
Jongdae si tolse le scarpe e si avvicinò alla porta di
Minseok, bussando con
esitazione. Non ricevette risposta, quindi socchiuse la porta e
sbirciò dentro.
Fu sollevato nello scoprire che non si stavano
baciando (o peggio), ma
che invece erano nel bel mezzo di un sonnellino, le gambe intrecciate
sulla
coperta di Minseok, i visi vicini ma fortunatamente non attaccati.
Luhan aveva
una coscia fermamente bloccata tra quelle di Minseok, e la gamba del
maggiore
era sistemata sul fianco di Luhan.
“Sveglia sveglia~” disse, entrando e scuotendo
gentilmente la spalla di
Minseok, l'amico si mosse e mormorò qualcosa di
indecifrabile. “Andiamo, hyung,
hai un ospite. Perché dormi nel bel mezzo della
giornata?”
Minseok aggrottò
le sopracciglia e
sbuffò come un cagnolino. “Che vuoi,
Jongdae?” grugnì.
“Ho bisogno di un consiglio da ragazzo,” ammise
imbarazzato Jongdae,
scuotendolo con un po' più
di forza.
Luhan cominciò a svegliarsi accanto a lui. “O,
sai, un consiglio da gay. O
qualcosa del genere. Svegliati e basta!”
“Sono sveglio, sono sveglio,” mormorò
Minseok, sbattendo le palpebre e ruotandosi
leggermente per guardarlo.
“Che ne dici di sonnecchiare con noi?” chiese
Luhan, sbadigliando. “Dimenticati
dei ragazzi e dormi.”
A dire il vero, Jongdae avrebbe dato un rene per poter fare esattamente
quello.
“Magari staremo un po' stretti, ma sembri aver bisogno di un
po' di coccole,”
confermò Minseok.
Jongdae sospirò pesantemente, poi salì sul letto
e si buttò sopra di loro.
Minseok e Luhan risero, ma si separarono per lasciar spazio a Jongdae
tra loro,
il quale si girò sulla schiena per guardare il soffitto.
“Tutto questo è così gay,”
disse Jongdae, sbuffando. “Non osate iniziare a
baciarvi sopra la mia testa o niente del genere.”
Luhan rise forte, e Minseok superò Jongdae per seppellire la
mano nei capelli
del proprio ragazzo, ma oltre quello non fecero nient'altro.
“Allora di cosa
hai bisogno?” chiese assonnato Minseok.
Jongdae scrollò le spalle, lasciando che il calore degli
amici si riversasse su
di lui lentamente, un po' opprimente ma confortante. “Non lo
so nemmeno io,”
mormorò. “Sono solo molto insicuro su certe
cose.”
“Dimmi cosa ti angoscia,” disse Minseok,
sbadigliando e gettando una gamba
sulla sua. “Hyung ti farà sentire
meglio.”
Jongdae borbottò senza dire niente per un momento,
agitandosi e incrociando le
braccia in modo infantile, e poi disse, “Quando hai capito di
essere gay?”
“Io?” Minseok ci pensò.
“Avevo... non lo so... dodici anni? Tredici? Giù
di lì.
E tu e tutti gli altri ragazzi avevate sempre delle cotte per delle
ragazze
e cose così mentre io, sai, non ero interessato. Alle
ragazze. Ma a quel tempo
pensavo di provare qualcosa per un ragazzo della mia classe.”
“Che ragazzo?” Si intromise Luhan, assonnato.
“Che aspetto aveva? Mi batterò
con lui.”
Minseok rise. “Ti farò vedere il mio annuario
delle elementari dopo,” disse,
poi riportò la propria attenzione su Jongdae.
“Comunque, sono andato nel panico
per un po', ne ho parlato con Kyungsoo, e alla fine siamo arrivati a
quella
conclusione.”
“Quando Kyungsoo ti ha baciato?” chiese Jongdae.
“Speravo non tirassi fuori l'argomento,” disse
asciutto Minseok.
“Mi batterò anche con lui,” disse Luhan,
la voce camuffata dalla spalla di
Jongdae.
“Questa è la mia storia,” concluse
Minseok. “Piuttosto normale. Un giovanotto
che ha una crisi di sessualità e scopre che le ragazze non
fanno per lui. E
lentamente lo accetta.”
“Non hai mai avuto dubbi, però?” chiese
Jongdae, accigliandosi. “Non hai mai
pensato che forse non eri gay?”
“Certo che sì,” disse Minseok,
scrollando le spalle. “Quando cercavo di
autoconvincermi di non esserlo. Ma dopo un po' fu piuttosto chiaro.
Ragazzi? Batticuore.
Ragazze? No batticuore. Piuttosto gay.”
Jongdae rise, sentendosi un po' dispiaciuto per se stesso.
Perché non poteva
essere così semplice per lui? Non era giusto. (Anche se lo
era stato, pensò,
fino a Kim Junmyeon.)
“Vorrei solo sapere come capire se a un ragazzo piaci
più che come un amico,”
disse mestamente. “O se sia anche solo disposto a prenderlo
in considerazione.”
Sia Minseok che Luhan risero, anche se non in modo derisorio.
“Già, non
guardare noi,” disse Luhan.
“Non ne siamo stati capaci nemmeno noi,”
confermò Minseok. Beh, quello era
vero. “Alla fine, però, dovrai semplicemente
fartelo dire in modo diretto.”
Jongdae grugnì, scalciando leggermente come un bambino
capriccioso. “Ma non lo
so se a me piace al 100%,”
borbottò.
“Lo capirai,” gli assicurò Minseok,
dandogli qualche patta confortante sul
petto. “Comincia pensando a come batte il tuo cuore quando ti
sorride e alla
fine arriverai a pensare a quanto tu voglia vederlo senza vestiti
addosso.”
“Hyung, che schifo,”
si lamentò Jongdae,
cercando di dargli una gomitata. Il miglior amico rise.
“È quello che hai fatto tu?” chiese
Luhan, tirandosi su per guardare Minseok
con un sorrisetto malizioso e un sopracciglio inarcato.
Jongdae non voleva saperlo, davvero non voleva, ma Minseok mosse le
sopracciglia e rise, e Luhan scoppiò a ridere e ricadde sul
letto,
oltrepassando Jongdae per far scivolare la mano dietro il collo di
Minseok.
“Voi due fate schifo,” si lamentò
Jongdae. “Mi dovreste aiutare.”
“Ha cominciato lui!” esclamò Luhan.
“Ti aiuto, ti aiuto,” disse Minseok. “Su
cos'altro ti serve un consiglio?”
“Non lo so,” mormorò Jongdae.
“È solo che non so come provarci con un ragazzo
forse-etero.”
Minseok rise. “Beh, i miei metodi non hanno
funzionato,” disse, e Luhan fece un
suono di assenso. “Sta' zitto, Lu, nemmeno i tuoi hanno
funzionato. E tu ci
stavi provando con un ragazzo apertamente gay.”
“Ma vi siete messi insieme alla fine,”
puntualizzò Jongdae.
“Vero. Ma sono stati dei tremendi, quanti, sette mesi?
Otto?” Minseok fece una
smorfia. “I metodi di Baekhyun per approcciare un ragazzo
etero sono durati
anni, ed è stato anche peggio di me.”
Jongdae sospirò forte.
“Dovresti parlare con Jongin,” suggerì
Luhan. “Ha conquistato un ragazzo
forse-etero. E Sehun aveva anche altri problemi. E la loro relazione
sembra
procedere piuttosto bene.”
“Ancora vero.” annuì Minseok.
“Jongin sembra aver fatto tutto bene. Parla con
lui, non con due idioti come noi.”
“Ma a malapena lo conosco,” ribatté
Jongdae, imbronciandosi. “Non potete
chiedere voi per me?”
“No,” risposero immediatamente Luhan e Minseok.
“Ma posso darti il suo numero,” gli propose Luhan,
e Jongdae si limitò a
sbuffare e accoccolarsi di più contro Minseok.
Un minuto dopo Luhan disse, “Possiamo scambiarci di posto? La
bocca di Minseok
sembra così morbida e umida,” e Jongdae decise che
era ora di andar via.
Casa di Chanyeol non era poi così lontana da quella di
Minseok, quindi senza
pensarci due volte, gli mandò un messaggio chiedendogli se
fosse a casa.
Chanyeol era, dopotutto, un ex ragazzo etero, come lui.
Chanyeol: sì! Anche Baek è qui, ma fra
un po' va via
Jongdae tirò un sospiro di sollievo. Luhan e Minseok lo
avevano quasi soffocato
con il loro schifoso essere fidanzati.
Si presentò a casa dei Park dieci minuti dopo, proprio
quando Baekhyun stava
uscendo. “Ciao Yeollie!” disse allegramente il
ragazzo mentre si infilava le scarpe,
lanciando un sorriso a Jongdae. “Ci vediamo dopo.”
“Ci vediamo, Baek,” rispose Chanyeol, appoggiandosi
al muro dietro di lui.
Baekhyun si voltò e posò un veloce bacio casto
sulle sue labbra, tirandolo giù
per il collo, poi fece un cenno di saluto e oltrepassò la
porta. Chanyeol
continuò a sorridere guardandolo.
“Ciao, sono ancora qui,” disse Jongdae, alzando gli
occhi al cielo.
“Lo so!” esclamò immediatamente
Chanyeol. “Hey, Dae. Che succede?”
Jongdae scrollò le spalle cupamente. “Vuoi giocare
a Smash Bros o qualcosa del
genere?”
Chanyeol sbatté le palpebre, poi disse, “Certo.
Perché no.”
Si sistemarono in camera di Chanyeol, controller tra le mani, e
mangiarono
patatine cercando di battersi l'un l'altro. Parlarono poco, solo dei
loro piani
per l'estate e cose così, ma niente di più. Era
rilassante, in un certo senso.
Non c'era pressione. Nessuna tensione. Solo una semplice conversazione
e stupidi
videogiochi.
Alla fine, però, Jongdae sospirò e disse,
“Hey, Yeol?”
“Hmm?” Chanyeol premeva i pulsanti violentemente.
“Lo so che questo probabilmente farà tornare a
galla brutti ricordi, ma... come
si supera il fatto di essere possibilmente-gay?”
Chanyeol abbaiò una risata, colorandosi leggermente sopra il
colletto e tenendo
gli occhi fissi sullo schermo. “Beh, mi ci è
voluto un po' per capirlo, non
credi?”
“Beh, sì, ma l'hai capito alla fine. Voglio dire,
non è che ti senti ancora a
disagio all'idea, vero?”
“No, no,” gli assicurò Chanyeol. Lo
guardò non appena il loro round si
concluse. “Ecco una dritta: smettila di pensare alla parola
gay, e comincia a
pensare alla parola cotta. Una normale cotta. Lui ti piace. Fine della
storia.”
Jongdae s'imbronciò in modo infantile. Era d'aiuto,
immaginò. “Ma non so come
essere innamorato di un ragazzo,” disse tristemente.
Chanyeol ridacchiò. “Ho avuto lo stesso problema.
Ma ecco quello che devi fare
– fallo sorridere. Rendilo felice. Tienilo per mano. Sei
felice quando lo vedi.
Apprezzi la sua esistenza. Fai delle cose per lui. Lo... ami e basta.
Perché è
lui.” Fece una pausa. “E poi, quando dice che puoi,
cerchi di entrare nelle sue
mutande.”
“CHANYEOL.”
Il ragazzo scoppiò a ridere rumorosamente. “Sto
scherzando, sto scherzando.
Però davvero.”
“Tutti i miei amici sono inappropriati e immaturi,”
mormorò Jongdae, colpendo
leggermente Chanyeol con la punta del controller.
“Siamo un branco di adolescenti che cercano di dare consigli
in amore, cosa ti
aspetti?” Chanyeol sorrise sfacciato.
“Lascia perdere, ho finito di parlare con te,”
sbuffò Jongdae. “Scelti il tuo
giocatore, ti distruggerò questa volta.”
“Certo certo,” lo schernì Chanyeol,
piegando i propri pollici.
Jongdae alla fine si arrese e andò a parlare con Jongin in
seguito ad un sogno
incriminante del quale avrebbe preferito non parlare. Mandò
un messaggio al
numero che gli aveva dato Luhan, chiedendo a Jongin se fosse libero, e
ricevette un allegro, Certo, hyung! Sehunnie è
qui, ma non stiamo facendo
niente ^^ in risposta.
“Ma tutti qui passano ogni momento possibile con il proprio
compagno?” mormorò
Jongdae mentre si dirigeva verso la casa.
Un minuto dopo si ritrovò ad immaginare come sarebbe stato
passare così tanto
tempo con Junmyeon, e pose velocemente un freno a quel filo di pensiero.
Quando Jongdae arrivò a casa di Jongin, si
ritrovò ancora una volta incapace di
ammettere subito il motivo della sua visita. Parlò
nervosamente del più e del
meno, ammirò Sehun quando il più piccolo gli
disse che aveva passato il
pomeriggio precedente a fare shopping con la madre adottiva e a giocare
con il
fratellino al parco, rise quando la sorella di Jongin fece capolino
dalla porta
per chiedere al fratello se avesse portato un altro ragazzo
a casa. Lo
stesso Jongin sembrava molto rilassato, a suo agio in sua presenza,
cosa che
aiutò. Forse era questo che mancava a Jongdae…
“Allora, hyung,” disse all'improvviso Jongin, e
Jongdae sussultò, guardandolo
con occhi colpevoli. Jongin sorrise. “Questa è una
visita casuale, o…?”
Jongdae avvampò. “Oh, um…”
“Se ti aiuta,” continuò il ragazzo,
“Luhan mi ha già detto che stavi avendo problemi
da ragazzo.”
Questo fece arrossire Jongdae ancora di più, il viso
accaldato per l'imbarazzo.
“Quel cretino,” disse amaramente.
“Se vuoi farmi domande o qualcosa del genere, puoi
farlo,” disse allegramente
Jongin. “Non è che sia un esperto o niente del
genere, ho avuto un solo ragazzo, ma
sono molto aperto.”
Jongdae borbottò per qualche altro secondo, guardando Sehun,
il quale era seduto
sul letto accanto a Jongin e ascoltava in silenzio. Alla fine, disse
solo,
“Come fai a conquistare un ragazzo forse-etero?”
Jongin rise. “Hmmm, bella domanda.” Anche lui
guardò Sehun, sembrando
pensieroso. Sehun ricambiò il suo sguardo. “Ancora
una volta, non sono un
esperto, ma ti suggerirei... di spianarti la strada.”
“E come?” grugnì Jongdae. Sembrava un
bel po' di lavoro. Non gli piaceva.
Jongin scrollò le spalle. “Avvicinati a lui sempre
di più – in senso figurato,
dico, non spaventarlo – fino a che non attirerai la sua
attenzione su di te.
Continua a tentare fino a che non capisci che potresti piacergli. Sii
paziente.”
Sehun osservò il proprio ragazzo. “È
questo che hai fatto con me?”
Jongin rise. “Sì.”
“Stavi valutando se fossi attratto da te?” Sehun
sollevò le sopracciglia.
“Beh, ci stavo provando.”
“E cosa hai deciso?”
“Mmh, sei stato insidioso,” ammise Jongin,
storcendo il naso. “Non eri attratto
da nulla. Non ti piaceva nessuno.”
“Questo è vero.”
“Quindi riuscivo a vedere che con me era diverso.”
Jongin sembrava immensamente
fiero di quel fatto.
“Allora ti sei semplicemente buttato?”
Jongin ridacchiò imbarazzato. “Già.
È stato un incidente. Non aveva programmato
di baciarti quella volta.”
“Qual era il tuo piano?” chiese Sehun, con la testa
inclinata di lato.
“Prima di tutto capire se fossi attratto da me, poi
baciarti. Mi sono un
po' confuso.”
Sehun rise. “Sei fortunato che abbia funzionato.”
Qui, Jongdae si intromise. “Cosa ha
funzionato?”
Sehun lo guardò sorpreso, come se si fosse dimenticato della
sua presenza
Scrollò le spalle. “Non lo so. Non mi era mai
piaciuto nessuno prima. Ma mi
piaceva Jongin. Il fatto che fosse un ragazzo non era davvero
rilevante. Mi
piaceva semplicemente perché era lui. Mi ha chiesto se
volessi baciarlo, e
volevo, quindi l'ho baciato.”
Jongdae fece una smorfia. “Questo è schifosamente
adorabile.”
Jongin rise. A volte Jongdae pensava che ridesse abbastanza per se
stesso e Sehun.
“Quindi il mio suggerimento sarebbe di far sì di
piacere al tuo ragazzo, non
per o a discapito del tuo sesso, ma perché siete anime
gemelle o roba così.
Continua ad avvicinarti a lui, e se comincia ad allontanarsi, allora
non gli
piaci, che sia come persona o come ragazzo.”
Jongdae grugnì. “Sembra terrificante.”
“Le cotte lo sono di solito,” disse Jongin con un
cenno sapiente della testa.
Jongdae sospirò. “Beh, grazie per la dritta. Ora
vado, penso. Così voi due
potrete pomiciare o quello che volete.”
“Non stavamo facendo quello!” obiettò
immediatamente Jongin.
“Ma avremmo potuto farlo,” aggiunse asciutto Sehun.
Jongin lo fissò.
“Già, io vado,” disse Jongdae, e li
salutò prima che qualcos'altro di strano
potesse accadere. Aveva ottenuto quello per cui era venuto, comunque.
Più o
meno.
Lasciò che i consigli combinati dei suoi amici venissero
assimilati per qualche
giorno, pensandoci svogliatamente solo quando la sua mente tornava sul
territorio di Potrei essere gay. Ovvero spesso, ad
essere sinceri. Non
aveva molto da fare.
Si agitò un bel po', forse sognò ad occhi aperti
qualche volta, provò davvero
tanto a decidere quali fossero i suoi sentimenti e cosa
dovesse fare con
essi. Non è che avesse qualcosa contro l'essere
gay, ovviamente, ma
sarebbe stato d'aiuto anche solo sapere. Sarebbe
anche stato fantastico se
tutta questa situazione non avesse riguardato Kim Junmyeon dato che si
era
appena lasciato con la ragazza.
Alla fine, il suo essere giù di morale gli sfuggì
di mano, perché sua madre
entrò in soggiorno trovandolo buttato sul divano nel mezzo
del pomeriggio e gli
chiese, “D'accordo, Jongdae, che succede? È da una
settimana che continui a
sospirare ormai. Confessa.”
Jongdae sospirò ancora, solo per dare un effetto drammatico.
Immaginò che
questo fosse il momento giusto per raccontare alla madre della propria
vita
incasinata. Di solito non le teneva nascosto molto.
“Mamma,” disse mestamente,
“cosa diresti se ti dicessi che sto cercando di conquistare
un ragazzo?”
La donna lo guardò per qualche secondo, sguardo
indecifrabile come sempre. Poi
disse, “È quel presidente del consiglio
studentesco?”
Jongdae non era nemmeno sorpreso che lo sapesse. Tutti sembravano
saperlo. Comunque, chiese “Cosa mi ha tradito?”
La madre rise. “Beh, è il ragazzo di cui parli di
più oltre Minseok, e non
pensavo stessi andando dietro a lui.”
Jongdae fece una smorfia. “Ew, no, ha un ragazzo e
poi no. No.”
“Non lo pensavo, tesoro.” La madre sorrise
indulgente. “Il ragazzo del
consiglio studentesco era la scelta più ovvia. Allora, dimmi
di più dei tuoi
piani.”
“Vieni a confortarmi prima,” si lamentò
Jongdae.
La madre di sedette sul bordo del divano e passò le dita tra
i capelli del
ragazzo. “Stai avendo una crisi di sessualità,
tesoro?”
Jongdae scrollò le spalle, posando la testa sul suo grembo.
“Non proprio. Non
lo so. È solo che non so se voglio che
mi piaccia. È complicato. E
sembra troppo difficile.”
“Povero piccolo,” lo coccolò la madre.
“È arrivato il momento di fare l'uomo e
chiedere di uscire al tuo primo ragazzo?”
“Ma non so se gli piaccio!” esclamò
Jongdae. “O se gli piacciono i ragazzi!”
“Beh, cosa farai allora?”
“Non lo so,” grugnì Jongdae.
“So dove lavora, quindi…”
“Perfetto,” disse la donna. “Vai a
trovarlo. Un passo al giorno, okay?”
Jongdae mormorò qualcosa di insensato contro la sua gamba.
“D'accordo.”
“Bravo ragazzo. Fammi sapere come va a finire, okay? E se non
farai niente e
continuerai ad abbatterti tutto il giorno, sarò costretta a
chiamare sua madre
o qualcosa del genere.”
“Mamma!”
“Ti sto avvertendo,” fu tutto quello che disse
mentre si alzava, facendogli un
piccolo sorriso un po' malvagio e un po' affettuoso.
Quando Jongdeok tornò a casa dal lavoro, la madre disse
immediatamente,
“Jongdae conquisterà un ragazzo.”
Il fratello rise forte e chiese, “Quello del consiglio
studentesco?”
Jongdae fece una smorfia.
A cena invece lo disse al marito, il quale non indovinò
subito il ragazzo, e
almeno quello fu di conforto, ma quando venne a sapere che il ragazzo
in
questione era in realtà Kim Junmyeon, fece un cenno di
assenso verso Jongdae e
disse, “Buona scelta, figliolo.”
Jongdae scomparve sbuffando (in modo imbarazzato) in camera propria
alla prima
occasione per riflettere ancora un po'.
Ad essere sinceri, più Jongdae aspettava ad andare a trovare
Junmyeon a lavoro, più difficile sarebbe stato andare
davvero. Andava a finire
sempre così, eppure non imparava mai. Un giorno, si sarebbe
dovuto rendere
conto che se voleva fare qualcosa, doveva semplicemente buttarsi senza
pensarci
due volte. Un giorno.
Dopo diversi altri giorni che Jongdae passò a lamentarsi,
sospirare e
agonizzare su ogni conversazione e interazione che si ricordava di aver
fatto
con Junmyeon e analizzare quali fossero state le proprie reazioni,
Minseok si
coalizzò con la madre dell'amico e lo ricattarono
perché 'alzasse il sedere' e
facesse qualcosa.
"Fidati di me, Jongdae," disse Minseok mentre spingeva Jongdae fuori
dalla porta. Come osava entrare in casa sua e
strattonarlo così.
"Se sei così tormentato dalla cosa, è giusto
andarci a fondo. Ci stai
pensando ininterrottamente da settimane. Provi sicuramente qualcosa,
quindi
vai a capire di cosa si tratta, e se lui prova lo stesso."
Jongdae emise un suono deprimente, ma sembrava non avesse altra scelta,
quindi
si sistemò i capelli e si lisciò la maglietta
imprecando contro Minseok, che non
gli aveva nemmeno lasciato il tempo di cambiarsi, mentre si dirigeva
alla
fermata dell'autobus. Forse avrebbe potuto far venire i sensi di colpa
a
Minseok per farsi ripagare la corsa in autobus se fosse andata
abbastanza male.
Sin troppo presto, arrivò alla gelateria vicino al fiume Han
di cui gli aveva
parlato Junmyeon, un negozio piccolino con due tavoli piccolini accanto
al
bancone. Jongdae riusciva a vedere Junmyeon dietro di esso, piegato a
fianco al
registratore di cassa con un libro tra le mani, e prese un profondo
respiro per
calmare i nervi e far smettere al proprio cuore di palpitare. Questa
era
solo... una visita amichevole. Per... sinceramente, non lo sapeva
nemmeno lui.
Non aveva nemmeno un piano. E questa era
ovviamente un'idea terribile,
perché Jongdae aveva passato la maggior parte del tempo con
Junmyeon a
balbettare e a cercare di non arrossire. Sarebbe stato anche peggio
ora. Si
sarebbe reso completamente ridicolo.
Prima che potesse girare sui tacchi e correre a casa con la scusa che
Junmyeon non
era là, il maggiore sollevò lo sguardo e lo vide
attraverso la vetrina. Per un
momento, sembrò scioccato, poi nervoso, e alla fine sorrise
e lo salutò.
Sbattendo le palpebre, Jongdae riuscì a ricambiare il
sorriso e si costrinse ad
entrare. La campanella sopra la porta tintinnò, e Jongdae
prese un respiro
profondo.
"Ciao," disse, cercando con tutto se stesso di sembrare disinvolto.
"Che fai?"
"Uh," rispose Junmyeon, inclinando leggermente la testa ma
continuando a sorridere. "Lavoro?"
"Oh, haha. Certo."
"Che ci fai qui?" chiese piacevolmente il maggiore. Era così
bravo a
farlo. Rendeva Jongdae invidioso.
"Oh, volevo solo, um. Venire a trovarti." Deglutì,
preoccupandosi di
sembrare troppo ovvio, e aggiunse velocemente, "E prendere un gelato!
Ne
avevo una voglia matta e non avevo niente da fare quindi... e mi avevi
detto
che lavoravi qui... comunque."
Junmyeon rise piano. "Cosa ti piacerebbe?" chiese affabilmente,
poggiando il libro e spostandosi verso le vaschette di gelato esposte.
"I
coni piccoli sono piuttosto economici."
"Prenderò quello," disse Jongdae. "All'uva."
Guardò
Junmyeon, poi blaterò, "Ne vuoi uno anche tu?"
"Huh?" il maggiore sollevò lo sguardo da dove stava
prendendo un cono
con un fazzoletto. Fece una pausa, poi chiese, "Stai offrendo... di
comprarne uno anche per me?"
Jongdae avvampò, pentendosi di aver aperto bocca.
Perché era sempre così
stupido attorno a questo ragazzo? Perché non poteva
comportarsi in modo
naturale almeno per una volta? "Uh, sì?"
Il sorriso permanente di Junmyeon vacillò per mezzo secondo,
e Jongdae si
immobilizzò, ma poi sorrise ancora, sembrando un po' timido.
Cos'era quella?
Attrazione? chiese quella vocina irritante nella sua testa.
Poi,
velocemente, No. Stupido. Era solo
sorpreso. E ora è contento perché gli stai
comprando qualcosa. "Probabilmente
non dovrei mangiare sul lavoro," rispose. "Ma se insisti..."
Jongdae forzò una piccola risata. "Insisto."
"Allora dovresti sapere che mi piace il cioccolato caramellato."
"Ah." Molto più maturo dell'uva. Sei un
bambino, Kim Jongdae?
"Anche uno di quello, allora."
Sorridendo, Junmyeon preparò i due coni, e li porse entrambi
a Jongdae da sopra
il bancone. Jongdae restituì quello al cioccolato
caramellato al maggiore, il
quale lo sbatté gentilmente contro l'altro, come se stessero
brindando.
"Grazie," disse, incontrando lo sguardo di Jongdae con gratitudine
prima di procedere con il pagamento.
Un minuto dopo si sedettero insieme ad uno dei piccoli tavolini,
mangiando i
loro gelati, e Jongdae si rifiutò di guardare la lingua di
Junmyeon che sbucava
per leccare il cioccolato che si stava sciogliendo.
"Allora," cominciò alla fine Junmyeon, e Jongdae
sussultò. La
mancanza di conversazione, sebbene imbarazzante, era stata in fondo
piacevole.
"Cosa hai fatto da quando ti ho visto alla cerimonia?"
"Oh, non molto davvero," ammise Jongdae, abbassando le spalle. Ho
pensato tanto a te, disse
la
vocina irritante. E nemmeno in uno di quei modi sdolcinati.
O almeno, non del tutto.
"Stai uscendo con Minseok?"
Jongdae scrollò le spalle. "Ogni tanto, quando non cerca di
portarsi a
letto il suo ragazzo."
Junmyeon rise, un suono ricco e caloroso. "Purché continui
ad essere un
buon amico."
"È a posto. Mi ha fatto—" Jongdae si
bloccò, tossicchiando.
"Ti ha fatto?"
"Uh. Mi ha fatto vedere un stupido film insieme a lui e Luhan-hyung. Ho
fatto il reggi moccolo." Jongdae rise nervosamente.
Junmyeon lo osservò per un momento. "Stai bene,
Jongdae-yah?" Oh no.
"Sembri un po' strano."
"Io—" rise ancora, solo per prendere tempo. "No, sto bene.
Scusa."
"Sei sicuro? Perché sembri un po'... spaventato da me."
Jongdae spalancò gli occhi. "Cosa? No, non
è— Certo che no, hyung."
Junmyeon scrollò le spalle, ma sembrò rilassarsi
all'insistenza di Jongdae,
tornando a sorridere. "Scusa, ora sono io quello
strano."
La situazione stava peggiorando più di quanto Jongdae non si
sarebbe aspettato. Il maggiore aveva reagito in modo strano quando gli
aveva offerto di comprargli un
gelato, la loro conversazione era forzata e stentata, e se Jongdae
stava
cercando di conquistare Junmyeon, stava facendo un pessimo lavoro.
Jongin gli
aveva suggerito di avvicinarsi a lui, ma prima di fare quello, Minseok
gli
aveva suggerito di capire se gli piaceva davvero Junmyeon. Facile da
dire. Comincia
pensando a quanto veloce ti batte il cuore quando ti sorride.
"Jongdae? Ci sei~ Se non lo mangi, lo leccherò dalle tue
mani."
Jongdae si riscosse, sollevando lo sguardo su Junmyeon, il quale
sorrise e
indicò il suo gelato che si stava sciogliendo. Lo
pulì velocemente con la
lingua e qualche fazzoletto, ascoltando il proprio cuore battere mentre
Junmyeon rideva. Beh. Forse aveva davvero una vera cotta.
(Ma non avrebbe cominciato a pensare a Junmyeon senza in vestiti
addosso per
molto tempo ancora, assicurò a se stesso.)
"È stato terribile, grazie," disse Jongdae mentre entrava in
camera
di Minseok. Per una volta non era con Luhan, anche se aveva il
cellulare tra le
mani. "E poi, potrebbe esserci stato un breve momento in cui forse
avrei
voluto baciarlo. È grave?"
Minseok sorrise. "Fantastico."
Jongdae
finì per
andare a trovare Junmyeon tre volte quella settimana, e sapeva che era
eccessivo e probabilmente sospetto ma Minseok continuava a ricordargli
che
aveva già sprecato buona parte dell'estate rimanendo seduto
a non fare niente e
Jongdae continuava ad avere strani bisogni di parlare con Junmyeon per
'fare
meglio della volta precedente'. Da quanto fosse stato pessimo il suo
primo
incontro con il maggiore, non appena era tornato a casa, aveva
cominciato a
pensare a come fare meglio la volta successiva. Cosa avrebbe potuto
fare per
riscattarsi. Il che richiedeva una volta successiva.
Quindi andò. Entrò nel negozio e fece un cenno di
saluto, mordendosi la guancia
per evitare di balbettare e mostrare quanto fosse nervoso, e
salutò Junmyeon
come un vecchio amico. “Esplosione alla Banana,”
disse, indicando il gelato
giallo e marrone. “Ne vuoi uno?”
Junmyeon sembrò sorpreso dalla sua ricomparsa e dalla sua
schiettezza, ma disse
semplicemente, “Oh, certo. Se offri tu.”
“Scegli quello che vuoi, allora,” disse Jongdae con
un sorriso per il quale si
era esercitato davanti allo specchio più di quanto non
avrebbe voluto
ammettere. Disinvolto e rilassato. Forse un pizzico provocante, ma solo
se ci
avesse fatto caso.
“D'accordo. Grazie, Jongdae-yah,” disse Junmyeon,
prendendo una pallina dalla
vaschetta di gelato al gusto noce pecan.
Si sedettero ancora insieme, come l'ultima volta, e parlarono
pigramente di un
film che era appena uscito ma che nessuno dei due aveva visto (Jongdae
non
riusciva a trovare il coraggio di chiedere a Junmyeon di andare a
vederlo con
lui – non ancora) e dell'imminente trasferimento di Junmyeon
all'università.
Mancavano ancora cinque settimane, ma sembrava insofferentemente vicino
a
Jongdae, che ancora non aveva fatto alcun progresso.
Anzi, sembrava stesse facendo marcia indietro, quando
cercava di
conquistare in modo sottile Junmyeon con un sorriso affascinante e una
pacca
amichevole sul braccio, e tutto quello che faceva Junmyeon era
guardarlo per un
momento, con il sorriso che vacillava, prima di ridere velocemente.
Quella era la seconda volta nel giro di pochi giorni che il sorriso
sempre
presente del maggiore svaniva di fronte a Jongdae, e questo lo
tormentava.
Jongin gli aveva detto di avvicinarsi a lui, ma era difficile farlo
quando
Junmyeon si comportava in modo così strano. Non
gli piaceva quando
Jongdae cercava di essere amichevole con lui? Aveva qualche sospetto
sui suoi
veri motivi, oppure non gli piaceva Jongdae e basta? Jongdae era troppo
imbarazzante senza rendersene conto? O forse Jongdae era semplicemente
ridicolo
e pensava troppo alle cose.
Il loro terzo incontro fu più o meno uguale, se non peggio.
La conversazione
era più sciolta, ma Junmyeon gli lanciava strane occhiate
quando si presentava,
e quando Jongdae gli sorrideva sussultava prima di ricambiare il
sorriso. “Non
ho molto da fare,” gli disse Jongdae, come scusa per il fatto
che continuasse a
tornare. “Tutti i miei amici sono impegnati a pomiciare con i
rispettivi
ragazzi. Mi rimani solo tu.”
Junmyeon ridacchiò, leccando il proprio cono al gusto
cookies and cream, ed
esitò per il più breve dei momenti prima di dire,
“Beh, sei il benvenuto a
venire quando vuoi, ovviamente. Come vedi, sei il mio cliente
più importante.”
Jongdae si illuminò orgoglioso, incoraggiato dal tono
caloroso del ragazzo.
Sembrava affettuoso. Forse stava funzionando.
“Ma non devi continuare a comprarmi il gelato,
Jongdae,” aggiunse il ragazzo,
gli angoli della bocca incurvati verso il basso. “Non sei il
mio— voglio
dire...”
E il cuore di Jongdae fece un tonfo ancora una volta. Forse non stava
funzionando come aveva sperato. “No, mi fa piacere,
hyung,” insistette,
trattenendo un sospiro.
Durante la sua quarta visita alla gelateria, d'istinto, Jongdae decise
di
portare i suoi tentativi di conquista/flirt/qualsiasi cosa stesse
facendo ad un
altro livello e chiese, “Quando finisce il tuo
turno?”
“Huh?” Junmyeon lo guardò sorpreso
mentre finiva di preparare il suo cono alla
nocciola. “Alle cinque…”
“Fai qualcosa dopo?” chiese Jongdae, e il cuore gli
batteva all'impazzata.
Osservò il viso di Junmyeon con occhi di falco.
Il sorriso del maggiore vacillò per mezzo secondo, e questo
bastò a far perdere
a Jongdae ogni briciolo di coraggio. Anche quando Junmyeon rispose
cortesemente, “No, non proprio,” Jongdae non
riuscì a trovare il fegato per
proseguire col suo piano e chiedergli di andare a vedere quel film con
lui.
“Già, nemmeno io,” rise nervosamente,
tremando leggermente. “Comunque devo
andare, mia madre vuole che vada a... fare qualcosa. Ciao
hyung.”
E se ne andò, evitando lo sguardo di Junmyeon, come il
codardo che era. La
prossima volta avrebbe fatto meglio.
Solo che, davvero, non lo fece. Non fece meglio. Non
peggiorò nemmeno, ma per
quanto volesse seguire il consiglio di Minseok, o di chiunque altro,
sgattaiolava sempre
via all'ultimo secondo. Faceva davvero schifo in tutta questa cosa del
flirtare. Non era mai stato bravo, in realtà, ma era anche
peggio quando si
trattava di ragazzi, o di Junmyeon in modo
specifico. Non era sicuro.
Non era coraggioso. Era spaventato e codardo e onestamente un completo
cagasotto (così lo aveva chiamato Minseok, e Jongdae non
aveva negato).
E ogni volta che succedeva, ogni volta che Jongdae si interrompeva
velocemente,
ritraeva le proprie parole o rideva dei propri penosi tentativi di
'avvicinarsi' a lui, Junmyeon faceva quell'espressione. Jongdae non era
bravo a
leggere i volti delle persone, ma pensava che quella sembrasse...
confusa, più
che altro, e preoccupata, ma forse anche delusa, e forse turbata, e
irritataz
Jongdae stava rovinando tutto, lo sapeva, ma Junmyeon continuava a
sorridere e
dirgli di tornare presto, per stare ancora con lui, e questo era un
buon segno,
giusto?
Minseok e Luhan e la famiglia di Jongdae lo guardavano sempre in modo
indifferente quando li aggiornava, e cercava di convincere loro (e se
stesso)
che le cose erano ancora riparabili.
A questo punto, Jongdae non era sicuro se i suoi frequenti istinti di
baciare
Junmyeon fuori dal nulla fossero un segno positivo o negativo.
Non accadde niente di produttivo o che valesse la pena raccontare,
però, fino
ad uno specifico incidente che non aveva niente a che fare con Jongdae
a dire
la verità.
Era intorno alla fine della seconda settimana, e Jongdae stava
mangiando il
proprio cono mango e pesca e cercando di trovare il coraggio per
chiedere seriamente
a Junmyeon di passare un po' di tempo insieme dopo il suo
turno, quando un
ragazzo che sembrava avere qualche anno più di lui
entrò nella gelateria. Di
solito non arrivavano molte persone quando c'era Jongdae,
perché a Junmyeon
erano stati dati davvero i turni morti, ma non pensava che
l'apparizione del
ragazzo valesse il sorriso sin troppo amichevole che gli fece Junmyeon.
“Hey
ciao, come posso aiutarti?”
Il ragazzo si fermò, lo guardò, e poi
squadrò lentamente Junmyeon dalla testa
ai piedi. Jongdae si immobilizzò e guardò il
maggiore, gli occhi spalancati, e
per poco non gli si fermò il cuore quando Junmyeon
inarcò le sopracciglia in
modo quasi di sfida in risposta allo sguardo di apprezzamento del
cliente. Il
ragazzo sorrise. “Hey,” disse, voce profonda e
liscia. “Prendo quello che hai
preso tu.”
Il cuore di Jongdae batteva forte, e si aspettava che Junmyeon
arrossisse e si
arrabbiasse, o mettesse in chiaro di non essere interessato a... beh,
qualsiasi
cosa quel ragazzo inquietante avesse in mente. Ma invece, Junmyeon si
limitò a
guardare il cono che aveva in mano e disse, “Cioccolato alla
menta,”
aggiungendo un piccolo sorriso alla fine.
Il respiro di Jongdae si bloccò in gola. Cosa stava
succedendo qui? Stava
guardando troppo a fondo la cosa in modo completamente
inappropriato?
“Prenderò quello allora,” disse il
ragazzo. Junmyeon si spostò verso la vetrina
con i gusti, posando con attenzione il proprio cono per preparare
quello del
cliente, chiedendogli che tipo di cono volesse e quanto grande. Glielo
passò,
poi tornò al registratore di cassa, immettendo la vendita.
“3000 won,” disse Junmyeon, prendendo il biglietto
da 5000 won dalla mano del
ragazzo e dandogli il resto. “Passa una buona
giornata.”
Il sorriso del ragazzo si allargò. “Posso sapere
il tuo nome prima?”
Junmyeon sollevò ancora una volta le sopracciglia.
“Junmyeon.”
“Piacere di conoscerti, Junmyeon,” disse il
ragazzo. Afferrò improvvisamente un
fazzoletto e ci scrisse sopra qualcosa con una penna trovata
lì vicino. “Ecco
il mio numero. Chiamami qualche volta, okay?”
Lanciò una breve occhiata a
Jongdae. “A meno che…”
Jongdae poteva giurare che tutti là dentro riuscissero a
sentire quanto forte
il suo cuore stesse battendo in un misto di shock, panico e confusione,
e
peggiorò notevolmente quando, invece di rifiutare, Junmyeon
annuì leggermente
prendendo il fazzoletto dalle mani del ragazzo. Il suo piccolo sorriso
era
amichevole, come sempre, e Jongdae non aveva idea se fosse genuino o
meno.
Il ragazzo sorrise e salutò, voltandosi per andarsene.
“Ci vediamo,” disse
prima di scomparire oltre la porta.
Jongdae per poco non ansimò per riprendere fiato quando la
porta si chiuse dietro
di lui. Guardò Junmyeon con gli occhi sgranati, il quale
stava osservando il
fazzoletto con un'espressione indecifrabile, riprendendo il proprio
cono.
“Uh,” mormorò Jongdae.
“Sai,” disse il
più casualmente
possibile Junmyeon, “anche se non è una cosa che
mi attrae molto, ti fa
risparmiare davvero un sacco di tempo quando sono così
diretti.”
Jongdae sentì di poter svenire da un momento all'altro.
“C-cosa?” chiese
incredulo, con voce un po' affannata.
Junmyeon lo guardò, il sorriso si spense leggermente.
“I ragazzi, a quanto
pare, sono molto più difficili da capire delle
ragazze.”
Jongdae deglutì forte. Il gelato gli stava colando sulla
mano. Aveva la vista
un po' appannata. Non respirava bene. “A
te…” fece una pausa, prese coraggio
per quello che stava per dire, per quella che sarebbe stata la risposta
di
Junmyeon. “piacciono i
ragazzi?”
Junmyeon gli lanciò un sorriso vagamente timido dal bancone.
Sarebbe stato
adorabile, se Jongdae non fosse stato sul punto di implodere.
“Sono serio!” insistette Jongdae quasi squittendo.
“Ti farebbe strano se dicessi di sì?”
chiese Junmyeon, con le guance rosse.
“Hyung!” esclamò Jongdae, il cuore gli
rimbalzava contro le costole.
“Praticamente il 100% dei miei amici è ad un certo
stadio dell'essere gay!”
Deglutì a fatica, cercando di darsi un contegno.
“È solo che – non hai mai –
non ti ho mai visto esprimere interesse per un ragazzo?”
Junmyeon si grattò la testa con la mano che non teneva il
gelato, sembrando
imbarazzato. “Beh, voglio dire, non sono completamente
interessato ai
ragazzi.”
“E questo che significa?” chiese Jongdae, cercando
disperatamente di non
sembrare sul punto di impazzire.
Il maggiore rise piano. “Sai, in termini di chi mi piace...
immagino se la
giochino sia le ragazze che i ragazzi, ad essere onesti.”
“Vuoi dire, tipo, bisessuale?” Jongdae a malapena
riuscì a tirare fuori quelle
parole. “Jongin è bisessuale.”
“Sì, credo di averlo sentito dire,”
mormorò Junmyeon. “Penso di esserlo,
sì.”
Jongdae aveva ancora una volta dimenticato come si respira. Prese una
profonda
boccata d'ossigeno. “Non ho davvero mai notato che fossi
interessato ad un
ragazzo,” disse, cercando di non usare un tono d'accusa. A
questo punto era
persino sorpreso di riuscire ancora a parlare. Forse la
realtà di questa conversazione
lo avrebbe colpito più tardi.
Junmyeon rise, e Jongdae pensò sembrasse una risata amara.
Non incontrava il
suo sguardo. “Sai, è divertente, perché
se un ragazzo dà a un ragazzo e a una
ragazza lo stesso tipo di attenzione, il ragazzo pensa che sei
semplicemente
amichevole, mentre la ragazza sa che ci stai provando con lei. Alla
fine le
ragazze sono molto più intuitive dei ragazzi a cui vado
dietro.”
Ed ecco di nuovo il cuore di Jongdae che se ne va per i fatti propri,
facendolo sudare freddo. “Sei andato dietro a dei
ragazzi?” Si sentì chiedere.
Oddio, risultava troppo ovvio? Era invadente?
Ma Junmyeon scrollò semplicemente le spalle. “Di
solito non lo faccio, a causa
dei giudizio degli altri e tutto. Ero presidente del consiglio
studentesco, e
anche a casa ricevo un sacco di pressioni, non mi sembrava ne valesse
la pena,
anche se fossi stato interessato ad una ragazza. Ma ho sempre pensato,
sai, che
se il ragazzo giusto fosse arrivato, se non fosse valsa la pena... Ma
non ha
funzionato.”
Ci volle un momento perché Jongdae riuscisse a far uscire le
parole. “Perché
no?”
Junmyeon lanciò un sorriso tirato nella sua direzione.
“Beh, io pensavo
di piacergli, forse, possibilmente, ma alla fine è venuto
fuori che era del
tutto etero.”
E Jongdae sapeva che non avrebbe dovuto, Jongdae sapeva che non aveva alcun
diritto, ma stupidamente la piccola voce nella sua testa
sussurrò, Parla
di me? Potrei essere io?
Ma ovviamente era terrificato anche solo di chiedere.
“Io, uh.” Jongdae cercò qualcosa da
dire, qualsiasi cosa. Junmyeon
sembrava davvero a disagio, ancora dietro il bancone con il gelato in
mano che
si scioglieva. “Che...
peccato.”
Junmyeon
fece una
piccola risata, in un modo tagliente che Jongdae gli aveva raramente,
se non
mai, sentito usare. “Comunque,” disse, rendendo
chiaro che non aveva intenzione
di continuare quella conversazione. “Questo è
tutto. A quanto pare i ragazzi
sono davvero idioti, e andarci dietro è troppo
frustrante.”
Non dirlo a me, voleva dire
Jongdae. Invece tirò
fuori un misero, “Già.”
“Almeno
le ragazze
sanno quando stai flirtando con loro,” disse Junmyeon,
guardandolo e
sorridendogli. Il suo sguardo era ancora un po’ duro, ma
sembrava infinitamente
più amichevole.
Jongdae tossì. “Quindi non
chiamerai come-si-chiama?” chiese,
facendo un cenno al fazzoletto con il numero del ragazzo.
“Huh? Oh, nah.” Il maggiore fece una
risatina imbarazzata. “Non
è il mio
tipo.”
Sfacciatamente, Jongdae cominciò a cercare di ricordare
quale fosse il suo
aspetto per paragonarlo a se stesso. Alto, voce profonda, sicuro di
sé, non
brutto. Jongdae di sicuro non era niente delle prime tre cose. Era una cosa buona? “Quale
è
il tuo tipo?”
Desiderò
subito
rimangiarsi quella domanda, ma Junmyeon scrollò le spalle. “Non
lo so. Non
lui.” Rise, gettando il tovagliolo nel cestino lì
vicino. “Comunque, di cosa
stavamo parlando prima di tutto questo?”
Jongdae
si sforzò
di ricordare mentre ancora pensava a quello che era appena successo. “Uh...di
telefoni?”
“Giusto! Il mio è
vecchio.
La fotocamera è terribile e si blocca come non
mai.”
Jongdae annuì vagamente, con la testa che ancora gli girava.
Ne avrebbe dovuto
discutere con Minseok. Senza rivelare troppo della
sessualità di Junmyeon,
ovviamente. Probabilmente
non sarebbe stato carino.
“Amico. Jongdae. Datti una mossa.”
“Tutto
ciò che ti
ho detto è che un ragazzo è entrato e lui ha
preso il suo numero.”
“Esattamente! È
fantastico. Chiedigli se vuole uscire con te. E se dice di no,
sparisci per sempre dalla sua vita.”
“La fai sembrare molto più semplice di quanto non
sia in realtà, hyung. E
meno
patetico.”
“Fallo
e basta, ti
prego, prima che diventi pazzo guardando voi due.”
“Jongin mi ha detto che dovrei provare a vedere se potrebbe
essere attratto da
me…”
“Beh allora fallo. Per
amore del cielo,
Jongdae.”
“Sta’
zitto, hyung,
ti ci è voluto quasi il quintuplo del tempo per dichiararti
a Luhan.”
“Già, ed è stato uno schifo. Sii
più uomo, Dae.”
“Non mi fido per niente dei tuoi consigli.”
“Sei tu quello che è venuto da me!”
Jongdae ci provò. Davvero. Dopo la confessione di Junmyeon,
si sentiva molto
più sicuro quando si trattava di flirtare, allungava di
più le mani e lanciava
qua e là complimenti e occhiolini dei quali si pentiva poco
dopo. Rubava i coni
gelato di Junmyeon per assaggiarli e offriva in cambio il proprio,
scherzava
sul fatto che quei loro incontri fossero appuntamenti,
suggerì che gli sarebbe mancato Junmyeon quando
sarebbe andato
all’università in autunno. Disse a Junmyeon che il
nuovo taglio di capelli gli
stava bene e gli chiese se avesse comprato una nuova acqua di colonia,
perché
aveva un profumo buonissimo.
Non era particolarmente bravo, ad essere onesti. Si sentiva a disagio e
rideva
un po’ troppo e a volte si impappinava con le parole. Non era
sicuro se fosse
per questo o per qualche altra ragione che Junmyeon sembrava sempre
preso un
po’ in contropiede dal comportamento di Jongdae, un
po’ incerto su come
reagire, le sue sopracciglia si incurvavano leggermente. Significava
che
Jongdae non gli piaceva? O semplicemente che
Jongdae… non era proprio portato per questo?
“Quindi quel ragazzo a cui andavi dietro,” chiese
alla fine della terza
settimana, cercando di sembrare indifferente. Il
viso del maggiore rimase cautamente
neutrale. “Com’era? Solo
perché sono
curioso di quale sia il tuo ‘tipo.’”
Junmyeon rise
imbarazzato. “Oh, era… non saprei. Mi piaceva
davvero. Eravamo piuttosto amici.
Ma
era etero, e
anche un po’ cattivo con me, quindi. Vabbè.”
Questo non era per niente d’aiuto. Junmyeon era
piuttosto amico di tutti. Sarebbe potuto essere un ragazzo
qualsiasi del consiglio studentesco. O della sua classe. Sarebbe potuto
essere
Minseok, per quanto ne sapesse (se non fosse stato per il fatto
dell’eterossessualità). “Ahhh,”
rispose vagamente Jongdae, deglutendo.
“Ad essere sinceri,” continuò Junymeon
con una risatina, “dopo ho frequentato
una ragazza per provare a, sai, farmi piacere ancore le ragazze. Quella
relazione
non ha funzionato alla perfezione, ma ho fatto un tentativo
audace.” Si passò
una mano tra i capelli, sorridendo mestamente. “Comunque,
basta parlare di me.”
Jongdae gli offrì un sorriso che sperava fosse comprensivo e
confortante, ma
più che altro stava cercando di capire se quel ragazzo
potesse essere lui. E se
fosse stato lui? Erano stati uniti, più o meno. E Jongdae
era etero. Era stato
etero. E poi Junmyeon aveva frequentato quella ragazza, senza successo.
E se
quel ragazzo fosse stato lui?
Ne parlò con Minseok quella notte, quando sorprendentemente
l’amico aveva
cancellato i propri programmi con Luhan per stare solamente con lui, e
l'amico
lo scosse per le spalle. “Chiedigli di uscire!”
quasi gridò. “Fallo e basta,
idiota, o non lo saprai mai! L’estate è quasi
finita!”
Jongdae lo sapeva. Sapeva di dover fare qualcosa. Presto.
Ma perché doveva essere così spaventoso?
Alla fine della quarta settimana, Jongdae fece il punto della
situazione. Era seduto
al tavolino vicino al bancone, mangiava il suo gelato al gusto torta di
compleanno mentre guardava Junmyeon servire una giovane donna e sua
figlia con
un sorriso, e pensò alla propria posizione
all’inizio di tutta questa… storia.
Minseok gli aveva detto di capire se Junmyeon gli piaceva abbastanza da
andargli dietro. La risposta a questo, decise Jongdae, era un sonoro sì. Non lo avrebbe
più negato. Probabilmente
i palmi sudati, il battito impazzito del suo cuore e i giramenti di
testa erano
ancora dovuti al terrore, ma era abbastanza sicuro che fossero per lo
più
causati da genuini sentimenti. Sentiva il desiderio di baciare Junmyeon
troppo
spesso. Il desiderio di stare con lui praticamente tutto il tempo.
Pensava che
Junmyeon fosse fantastico. Era imbarazzante, davvero.
Chanyeol gli aveva detto di smettere di pensare alla cosa come una
cotta per un
ragazzo, e cominciare invece a vederla come una semplice, vecchia
cotta. Jongdae
pensava di star facendo un buon lavoro ormai. Non aveva dimenticato che
Junmyeon era un ragazzo, ovviamente, ma adesso si era arreso al fatto
che
probabilmente era selettivamente gay o qualcosa del genere. Gay nelle
giuste
circostanze. Quello che era. Non ne era più infastidito.
(Ancora non pensava ad
entrargli nelle mutande però. Non sempre. Non che
l’idea fosse… particolarmente
malvagia.)
Era il consiglio di Jongin che Jongdae non riusciva a seguire. Avrebbe
dovuto
capire se Junmyeon ricambiasse i suoi sentimenti, ma era molto
più difficile di
quanto non sembrasse. Nonostante, alla fine, avesse scoperto che
Junmyeon era
aperto all’idea di frequentare un ragazzo,
ancora non sapeva se a Junmyeon piacesse lui,
come più di un amico. Era infinitamente gentile
con Jongdae,
non si era mai lamentato quando lo aveva disturbato più
volte alla settimana,
sorrideva sempre e intratteneva allegre conversazioni con lui. Ma non
aveva mai
reagito molto bene quando Jongdae aveva tentato di avvicinarsi
a lui. Non lo aveva mai direttamente rifiutato, ma non
era nemmeno particolarmente ricettivo. Non aveva mai flirtato con lui.
Non era
mai arrossito né niente del genere. Ma come avrebbe dovuto
fare Jongdae a
capire cosa significava? Come avrebbe dovuto fare a sapere se il
ragazzo di cui
aveva parlato Junmyeon era lui o meno?
“Yoohoo~ Jongdae?”
La testa di Jongdae scattò su e guardò Junmyeon,
il quale stava ridendo e
agitava la mano per attirare la sua attenzione. “Scusa,
cosa?”
“Ti sei incantato,” ridacchiò Junmyeon.
“A cosa stavi pensando così
intensamente?”
Jongdae deglutì forte. “A te~”
canticchiò, aggiungendo un sorriso sfacciato per
far sembrare che stava scherzando, o forse no.
Il sorriso scivolò dal viso di Junmyeon, e aprì
la bocca per dire qualcosa, ma
la campanella sopra la porta suonò ancora prima che potesse
farlo.
Il ragazzo di due settimane prima, quello che aveva dato il numero a
Junmyeon,
entrò. “Hey,” disse, sorridendo quando
divenne ovvio che anche Junmyeon lo
aveva riconosciuto. “Junmyeon, giusto?”
Jongdae non si sforzò nemmeno di non fissarlo con gli occhi
socchiusi. Junmyeon
fece un sorriso. “Già, ciao ancora.”
“Posso avere lo stesso gelato dell’altra volta?
Cioccolato alla menta?”
“Certo.” Junmyeon si spostò.
“Anche se io non mangio mai la stessa cosa due
volte di fila.”
“No?”
(Jongdae sentì uno stupido brivido di orgoglio per il fatto
che neanche lui lo
faceva.)
Junmyeon porse al ragazzo il cono e si diresse alla cassa. Il ragazzo
lo guardò
attentamente. “Non hai mai chiamato.”
Junmyeon annuì. “Già, credo di non
averlo fatto.”
“Come mai?”
Il registratore di cassa si aprì. Junmyeon
sollevò lo sguardo su di lui. “Non
ne ho mai avuto occasione, immagino.”
“Beh, l’offerta è ancora
valida!” Il ragazzo accettò il cambio, facendolo
cadere nel barattolo della mancia. “Hai ancora il mio
numero?”
“Sì,” mentì spudoratamente
lui.
“Bene. Ci vediamo.” Il ragazzo fece un occhiolino
prima di andarsene. Jongdae continuò
a guardarlo male.
“Non lo chiamerai, vero?” chiese, anche se sapeva
già la risposta.
“Nah,” rispose il maggiore senza guardarlo, mentre
faceva il giro per sedersi. Sorrideva
ancora, ma sembrava un po’ forzato.
“Oh, bene,” disse Jongdae, le parole lasciarono la
sua bocca prima che potesse
fermarle. “Potrei ingelosirmi.”
Junmyeon si girò a guardarlo bruscamente. Il cuore di
Jongdae scalpitava, e
rubò il suo cono mezzo mangiato per dare una leccata
sfacciata.
E alla fine, Junmyeon scoppiò. Spinse indietro la sedia
leggermente, le gambe
che graffiarono il pavimento, e Jongdae lo guardò con gli
occhi spalancati
mentre diceva, “Wow, potresti smetterla?”
Jongdae ansimò. “C-cosa?”
“Ti ho anche detto di
essere
bisessuale, ti ho detto che faccio
schifo a leggere le persone, ti ho detto
di aver avuto l’idea sbagliata prima, cazzo!”
Jongdae non aveva mai sentito Junmyeon così arrabbiato
prima, non lo aveva mai
visto così agitato e con gli occhi così ardenti.
“Io—”
Ma Junmyeon non lo lasciò parlare. Allargò le
narici mentre cominciava la sua
sfuriata. “Sono qui, cerco di fare il bravo hyung, cerco di
salvare un’amicizia
che ho quasi rovinato con i miei sentimenti, e tu continui a fare cose
stupide
come questa e incasini di nuovo
tutto. Voglio dire sì. Mi piacevi. Sì,
più o meno mi piaci ancora cazzo. Ma volevo
fare la persona matura. È etero? Figo! Potete ancora essere
amici, Junmyeon. Potete
ancora passare del tempo insieme e puoi dargli qualche consiglio
fraterno. Puoi
sopportare un cuore spezzato. Non è colpa sua se
è etero. Ma sai cosa, è colpa
tua
se sei così crudele, facendomi credere che ci stai
provando con me quando
in realtà non è così. Quindi per
favore smettila.”
Jongdae spalancò la bocca. Rimase seduto lì a
bocca aperta, cercando
disperatamente di assorbire quello che Junmyeon aveva appena detto.
Lui… cosa? Cosa
era appena successo? “Io—” Si interruppe,
ma Junmyeon sospirò forte e lo lasciò
continuare. La voce di Jongdae si abbassò fino ad un
sussurro spaventato e
incerto. “Io ci sto provando
con te.”
La rabbia scomparve in un istante dal viso di Junmyeon, e fu lui
stavolta a
rimanere a bocca aperta. “Cosa?”
Jongdae scrollò le spalle. “Mi piaci?
Tanto?”
Ora Junmyeon sembrava tanto scioccato e confuso quanto si sentiva
Jongdae. Il che
era piacevole, in un certo senso. “Tu… cosa? E da
quando?”
Jongdae rise nervosamente, un po’ delirante, giocherellando
con il cono che
aveva in mano. “Questa è
una domanda
difficile. Il processo di accettazione è durato un bel
po’. Minseok ha cercato
di convincermi dall’inizio dell’anno scolastico,
però.” Sbatté le palpebre, poi
chiese, “Da quando io piaccio
a te?”
Junmyeon sembrava sul punto di perdere i sensi, e Jongdae poteva
capirlo. “Da…
tanto tempo. Ho iniziato ad avere una cotta per te da… dalla
tua festa di
compleanno, probabilmente. Secoli fa.”
“Oh mio Dio.” Jongdae avvampò.
“Perché non hai… perché non
hai detto niente,
o—”
“L’ho fatto!” anche il viso del maggiore
era rosso, con un misto di quello che
sembrava imbarazzo e irritazione. “Tu— ti ho
chiesto se pensassi che si possa
essere un po’ gay, sai, e tu hai detto no. E
poi mi hai evitato! Bastardo!”
Questa era la prima volta che Jongdae sentiva Junmyeon parlare
così. Era un po’
eccitante, sotto tutte le altre sensazioni che sentiva risalirgli il
petto. “Ero
nella fase di fervente negazione!” protestò.
“E ti ho evitato solo dopo che tu
mi hai detto di avere una ragazza!”
“Ho trovato una ragazza perché a te non piacevano
i ragazzi! Pensavo mi odiassi!”
Jongdae voleva ridere, ma anche piangere e strapparsi i capelli per la
frustrazione. “Ero così arrabbiato,”
disse senza fiato, un sorriso che
probabilmente risultava inappropriato cominciò ad aprirsi
sul suo viso. “Hai
trovato una ragazza e io ero così arrabbiato, anche se
dicevo che non mi
piacevi.”
Junmyeon sembrava incredibilmente imbarazzato. “Questa
è tutta colpa tua, Kim
Jongdae,” disse. “Sai quanto è stato
difficile per me? Colpa tua.”
“Lo so,” disse velocemente Jongdae. “Lo
so che è colpa mia. Dovresti essere
arrabbiato con me.”
“Io sono arrabbiato con
te.” Sbuffò forte
Junmyeon. “Non riesco a crederci – mi ci
è voluto così tanto per farmela
passare, e volevo ancora essere tuo amico. Cosa stupida, ma lo volevo
comunque.
E non mi aspettavo niente da te.
Volevo
solo che fossimo amici platonici. Ed eri cattivo con me, e poi super
confusionario e sei venuto qui ed eri tutto…ugh. Ero
così deluso all’inizio, deluso da te
per
avermi fatto credere che ti piacessi per poi rifiutarmi, ed evitarmi, ma finalmente mi era passata.
Per
lo più. E poi sei tornato e hai reso le cose ancora
più confuse! Stavi intenzionalmente
flirtando con me per tutto questo tempo?”
Jongdae si fece piccolo piccolo. Okay, la situazione sembrava
più brutta messa
in questi termini. “Sì?”
Junmyeon lo guardò male, il completo opposto rispetto al suo
solito sorriso
caldo e piacevole. “Non posso nemmeno essere completamente
arrabbiato con te,
perché mi piaci troppo. Sai quanto è
esasperante?”
Una piccola scintilla di speranza fiorì nel cuore di
Jongdae. “Scusa,” sussurrò.
Junmyeon aggrottò le sopracciglia. Era stranamente
affascinante. Jongdae voleva
baciarlo. “Credo te ne debba andare.”
“Cosa?” Jongdae sbatté le palpebre.
“Perché?”
“Perché al momento sono troppo irritato per essere
entusiasta della notizia.”
“O-oh. Okay.” Jongdae si alzò
lentamente. Aveva ancora il gelato di Junmyeon,
ma decise di tenerlo.
Il maggiore incrociò le braccia. “Torna quando
finisce il mo turno.”
“Okay.” Jongdae non riuscì a trattenere
il sorriso che apparve sul suo viso. “Ci
vediamo dopo, allora.”
Per la prima volta, Junmyeon ricambiò il sorriso, anche se
solo per un secondo.
“Sì. Ci vediamo.”
Jongdae tornò alla gelateria alle 17 in punto.
Sbirciò dentro, con il cuore che
batteva all’impazzata, e vide Junmyeon sollevare lo sguardo
su di lui mentre si
sfilava il grembiule e parlava con la donna che probabilmente possedeva
il
negozio. Gli fece un piccolo sorriso attraverso il vetro, e il petto di
Jongdae
si gonfiò.
Uscì un momento dopo, senza guardarlo in faccia.
“Allora,” disse.
“Sei ancora arrabbiato con me?” chiese Jongdae,
giocherellando con l’orlo della
camicia.
Junmyeon rise piano. “Un po’,” disse.
“Ma più che altro felice.”
“Sì?”
“Sì.” Junmyeon lo guardò,
sorridendogli. “Eccitato.”
“Anche io,” sussurrò Jongdae, sentendosi
come una scolaretta con una cotta. Si schiarì
la gola. “Vuoi… fare qualcosa?”
Junmyeon si infilò le mani in tasca e scrollò le
spalle, ancora sorridente. “Mi
stai chiedendo di uscire, Kim Jongdae?”
“U-um.” Jongdae deglutì forte.
“Sì?”
“Bene. Allora certo.”
Percorsero la breve distanza fino al fiume Han, fianco a fianco e in
silenzio,
senza guardarsi se non per occhiate timide ed imbarazzate. Trovarono un
posticino sull’erba e si sedettero, a pochi centrimetri
l’uno dall’altro. Jongdae
voleva prendere la mano del maggiore, ma si rese presto conto che era
troppo
nervoso per farlo, e poi le sue mani stavano sudando.
“Allora,” disse, guardando ancora Junmyeon.
“Io, uh…” si interruppe, incerto su
cosa dire, sperando che il maggiore prendesse le redini.
“Hm,” fu la sola risposta di Junmyeon, e
ricalò il silenzio.
Jongdae lo guardò implorante, senza poi distogliere lo
sguardo. Il momento era
quasi surreale, ora che ci pensava. Era ad un appuntamento,
più o meno, con Kim
Junmyeon. Al fiume Han. E sembrava così bello senza nemmeno
sforzarsi, con il
vento che gli scompigliava i capelli e un sorriso che gli incurvava le
labbra
mentre guardava l’acqua. E Jongdae aveva voluto tutto questo
per così tanto
tempo. E Junmyeon gli piaceva sin troppo.
“Um,” disse Jongdae, perché nessuno
diceva niente e cominciava ad essere
strano. Junmyeon lo guardò, con quel suo piccolo sorriso
adorabile. Quindi Jongdae
si allungò e lo baciò.
Fu molto leggero, e molto breve. Non aveva nemmeno voluto farlo
davvero. Si era
semplicemente avvicinato e lo aveva baciato, perché era
troppo nervoso e non
sapeva cosa fare, e poi si era ritratto.
Junmyeon lo fissò per un secondo carico di tensione, e poi
la sua mano fu
attorno al collo di Jongdae e lo tirò a sé per
premere le loro labbra insieme. Il
più piccolo emise un suono di sorpresa, ma Junmyeon si
limitò ad inclinare la
testa leggermente e a premere ancora, labbra calde ed insistenti, e le
mani di
Jongdae si agitarono ai propri fianchi prima di posarli su quelli del
maggiore.
I suoi occhi si chiusero in automatico, e ricambiò non
appena si rese conto di
quello che stava accadendo. Junmyeon lo stava baciando.
E non era lieve e dolce, come quello di Jongdae. Questo bacio
era lungo e profondo, percorreva tutto il suo corpo, accendeva ogni suo
nervo
mentre Junmyeon mordicchiava gentilmente il suo labbro inferiore.
Junmyeon baciava cento volte con più aggressività
di quanto Jongdae non si
sarebbe immaginato. Junmyeon era delicato e dolce e mite, ma baciava
come se
avesse a malapena controllo di se stesso, spingendo indietro Jongdae
per la
potenza. Non che a Jongdae dispiacesse, certo, ansimante con i pugni
chiusi attorno
alla maglietta del maggiore. Non c’era lingua, ma i respiri
di Junmyeon erano
caldi contro la sua bocca e le mani sul suo collo e sul suo mento, e il
suo
corpo era tiepido e solido sopra di lui, e Jongdae era positivamente
intontito
da tutte quelle sensazioni.
“Scusa,” Junmyeon ansimò quando si
ritrasse, tanto senza fiato quanto Jongdae.
“Mi dispiace tanto, era—”
Jongdae rise, solare e irragionevolmente contento.
“È così che ti comporti ad
un primo appuntamento?”
Junmyeon rise in risposta. “No,” gli
assicurò, indietreggiando leggermente, ma
non del tutto, non abbastanza da lasciare spazio a Jongdae per
rialzarsi. “Ma
scusami se sono così impaziente, dopo aver aspettato
così a lungo, dopo averlo
voluto così a lungo, figlio di—”
Jongdae si sollevò e posò un casto bacio sulle
sue labbra, interrompendolo. “Perdonato,”
disse frettolosamente.
Junmyeon rimase in silenzio, poi si alzò, lasciando che
Jongdae si raddrizzasse
accanto a sé. In qualche modo, la sua mano si
ritrovò intrecciata a quella del
più piccolo, e nessuno dei due lasciò la presa.
“Tutti saranno così fieri di me,” disse
all’improvviso Jongdae, non appena gli
venne in mente. Sorrise. “Ho conquistato il mio primo ragazzo
con successo.”
Junmyeon gli lanciò un’occhiataccia scherzosa.
“Primo di quanti?”
Jongdae rise. “Spero solo uno. È stato anche
più difficile di quanto non mi
aspettassi.”
“Visto? Te l’ho detto.” Junmyeon sorrise,
stringendo la presa attorno alla mano
di Jongdae. Ci fu silenzio per qualche momento, e poi disse,
“Posso baciarti
ancora?”
Jongdae arrossì. “Stiamo insieme ora?”
“Uh, sì? Penso di sì?”
Junmyeon sbatté le palpebre confuso.
Jongdae si illuminò. “Allora non devi
chiedermelo.”
************************************************
/Sbuca fuori dal nulla dopo 3
mesi/ Vi chiedo infinitamente scusa per questa lunghissima attesa ;___;
La verità è che avevo già tradotto il
75% di questo capitolo tempo fa, ma per un motivo o per un altro
(semplicemente quei pochi momenti liberi che avevo li ho usati per
soddisfare la mia dipendenza da serie TV lol) non l'ho mai finito x3
Finalmente ieri mi ci sono messa e mi sono resa conto che
effettivamente mancavano solo pochi paragrafi ahah
Quindi ecco qua l'extra della Suchen che vi avevo promesso, prima o poi
posterò anche quello della Laysoo ma, nonostante sia
considerevolmente più corto rispetto a questo, non
aspettatevi di vederlo entro breve perché sono in piena
sessione d'esami ;__; ahah
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, a presto ~
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