Single da contratto || Calum Hood.

di OcchidiNiall
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First chapter ***
Capitolo 2: *** Pronto? ***
Capitolo 3: *** ...Carl. ***
Capitolo 4: *** Vaffanculo! ***
Capitolo 5: *** E se fossi un maniaco? ***
Capitolo 6: *** Capitolo di passaggio. ***



Capitolo 1
*** First chapter ***


Single da contratto || Calum Hood




 
1.




Vivere in una famiglia come la mia non era mai stato così difficile. Avevo sempre pensato che le cose, man mano che si cresceva, sarebbero state diverse, quasi migliori. Eppure adesso mi ritrovavo in un aereoporto con in mano le mie due valigie di cui una colma di speranza. Mia madre, ancora una volta, si era dimenticata di venire a prendermi. Sbottai e mi incamminai, guardandomi attorno. Volevo cercare di evitare di fare altre figure di merda visto che in aereo mi ero addormentata sopra uno sconosciuto. Sfortunatamente però, il signore proveniva dalla Cina, quindi quando io avevo cercato invano di spiegargli che non l'avevo fatto con intenzione, lui mi aveva liquidata sborbottando in cinese. Che gentaglia.
Presi il mio cellulare dalla tasca posteriore dei miei pantaloni e chiamai la mia sbadata mamma che, conoscendola, in quel momento era in bagno con una striscia depilatoria sotto il naso e i bigodini nei capelli.
«Si può sapere dove sei?» le chiesi infuriata, non appena aprì la chiamata.
«Co-come dov... oh mio dio, oh mio dio.»
Già.
«Okay, non muoverti. Sto arrivando!»
esclamò, chiudendo la chiamata senza neanche aspettare una mia risposta. D'altronde sarebbe stato un insulto, perciò meglio così.
Avvisai anche i miei due migliori amici, Harry e Katrine, che finalmente ero arrivata a Sydney e aspettai mia madre, sperando che non ci mettesse così tanto tempo da farsi notte.






Non appena mi vide venni subito inondata da mille domande, come ad esempio "come stai?", "ma sei dimagrita?", "com'era l'Italia?" e via dicendo. Notai come mia madre fosse felice di vedermi e, d'altrocanto, non potei che abbracciarla, poiché in fondo mi era mancata molto anche lei. Aprii lo sportello e salii in macchina, cominciando a guardare il panorama che non avevo mai dimenticato. Le strade di Sydney, i parchi strapieni di alberi e bambini sorridenti... tutto ciò di cui avevo bisogno, ora più che mai. Dopo due mesi passati fuori era una cosa normale che la tua città natale ti mancasse tanto da non voler rimanere a casa per tutto il giorno. Mi mancava persino Selene, la mia sorellina di quattordici anni. Non appena fummo arrivati a casa, mi guardai attorno, la mia dimora non era cambiata di una virgola. Certo, forse mia madre aveva aggiunto qua e là qualche fiore ma tutto sommato era come me la ricordavo. Appena aprii la porta del bagno per poggiare la roba sporca, un uomo di più o meno quarant'anni mi si parò di fronte, mettendosi fra la visuale del bagno.
«Oh merda... e tu chi saresti, ora?» domandai, forse non proprio in modo gentile. D'altronde però era una cosa abbastanza scontata. C'era quest'uomo qui che era praticamente nudo, con indosso un'accappatoio verde bottiglia che mi fissava con un sorrisetto imbarazzato e con una mano allacciata alla cintura dell'accappatoio.
Continuava a fissarmi inebetito, fin quando non intervenne mia madre che ci presentò «tesoro, Jade, lui è... il mio compagno, Ron.»
Bel modo di presentarsi, comunque.
«Ciao Ron.» risposi senz'alcuna emozione, scuotendo il capo con un sorrisetto e recandomi poi nella mia stanza. Aprii le valigie, togliendo i vestiti e posizionandoli sul letto, uno per uno. Presi poi il cellulare e composi il numero di Harry, che abitava praticamente di fronte casa mia. Quando eravamo piccoli ci piaceva telefonarci nel bel mezzo della notte per raccontarci storie dell'orrore o (all'età più o meno di quattordici anni) consolarci a vicenda per le cotte d'amore che ci eravamo entrambi presi. La cosa bella del nostro rapporto era che, pur conoscendoci da molto, non avevamo mai oltrepassato la soglia dell'amicizia. Eravamo sempre rimasti Harry e Jade, due ragazzini che amavano divertirsi e stare insieme.
Il telefono, comunque, fece due squilli e poi una voce metallica rispose «ah ma allora sei tornata sul serio!»
Ridacchiai, affacciandomi alla finestra «passo a casa tua.»
Lo vidi sorridere, «ti aspetto.»
Di corsa mi recai a casa del riccio, salutando frettolosamente sua mamma Anne e sua sorella Gemma, le quali erano sempre state molto dolci con me, specie perché a parer loro, mi ci vedevano davvero bene con il loro figlioletto. Harry al contrario, non appena mi vide, mi corse incontro, abbracciandomi e nascondendo il viso nell'incavo del mio collo. Eravamo entrambi molto felici di questa ricongiunta, lo si notava dai nostri sorrisi a trentadue denti. Harry non era cambiato di una virgola, era sempre rimasto bello, con quegli occhi color verde smeraldo, con quel sorriso sempre armonioso e confortante che ti bastava fissare per ritrovare la tranquillità. La sua capigliatura però, era cambiata, ora portava un codino per legare quei meravigliosi ricci che gli scendevano sul collo, rendendo a chiunque lo conoscesse una visione celestiale di lui. Harry molto spesso veniva additato come quel classico ragazzo stronzo, quel classico ragazzetto che faceva innamorare di sé tutte le ochette, solo che... purtroppo non lo si conosceva veramente. Lui era capace di darti il mondo anche solo ricevendo in cambio un tuo sorriso. Era davvero una persona speciale e, ahimé, era il mio migliore amico.
«Allora, com'è andato il viaggio, Jade?» domandò, sorridendomi e tagliando delle foglie vecchie e giallognole.
«Mmmh... abbastanza bene, grazie. L'Italia è davvero fantastica, Firenze poi... ah, che ti sei perso!» esclamai, sedendomi a peso morto sull'altalena che affacciava sulla finestra della mia camera.
Presi il binocolo di Harry e, «ma quella non è mia sorella?!»
«Come al solito sta prendendo in prestito qualcosa, eh?»
Annuii, sbottando.
Harry sospirò, attirando la mia attenzione.
«Che è successo?»
«Nulla è che... c'è una pianta molto rara, che è carnivora e... mi piacerebbe davvero molto averla, solo che... non è in vendita.» poi aggiunse, «si trova in una serra, quella vicino il London Pub.»
Ci pensai un po' su, in realtà, se proprio dovevo essere sincera, non avevo portato neanche un regalino per Harry, così decisi di fare una cosa abbastanza azzardata: «beh, non ne vedo il problema.»
Lui aggrottò le sopracciglia, guardandomi interdetto «ehi, il problema c'è... non possiamo intrufolarci in una serra, insomma... è pericoloso. E poi è privata.»
«Harry, non ti ho portato nessun regalo dall'Italia, permettimi di rimediare. So che la desideri più di ogni altra cosa.»
Fece finta di pensarci e acconsentì, sorridendomi e mostrandomi le sue splendide fossette marcate.
«Oggi pomeriggio avrai quella dannata pianta. Parola mia.»






 

Buongiorno!
Per tutte coloro che mi conoscono, eccomi qui con un'altra storia sui 5 Seconds of Summer, yeeey.
Allooora, comincio col dire che è solo il prologo e che, spero, vi sia piaciuto.
Non date nulla per scontato perché, come ben sapete, io sorprendo.
Per chi, invece, ancora non mi conosce, mi presento:
Mi chiamo Chiara e amo scrivere. Beh, poi valgono le stesse regole scritte sopra.
Ovviamente vi invito a lasciare una vostra opinione e... nulla, vi auguro una buona domenica!


Baci, Chiara xxx

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Capitolo 2
*** Pronto? ***




2.
 

Sapevo perfettamente che, prendere quella pianta, non sarebbe stato semplice, specie perché nella serra ci sarebbero potuti essere i proprietari. Appena arrivai dinanzi al grande palazzo, un buon odore invase le mie narici, forse erano le famose rose di cui mi parlava sempre Harry. Non ero una ragazza amante dei fiori, anzi, non mi piacevano proprio per niente, solo che... per Harry Styles avrei fatto questo ed altro. M'intrufolai velocemente e chiusi la porta alle mie spalle, nascondendomi dietro degli enormi alberi di palma. Presi, poi, il mio cellulare e chiamai il riccio, aspettando rispondesse in modo altrettanto fulmineo.
«Pronto?»
Sia ringraziato il cielo.
«Harry, mandami una foto della pianta.»
blaterai a bassa voce, sperando che nessuno passasse di lì.
«Cosa hai detto?» mi sentii chiedere, con voce stridula.
«Harry, non fare il cazzone, mandami una foto della pianta!» alzai di un tono la voce, giusto per farmi sentire da quell'idiota di un semi-riccio.
«No, davvero, Jade, non ti capisco. Chi ti ha rotto l'anca?»
Mi sbattei una mano sulla fronte e chiusi la chiamata, scrivendogli velocemente un messaggio con scritto ciò che desideravo. In fretta mi rispose, facendomi lasciare un sospiro di sollievo.
«Ok, un momento.» rispose.




 
Calum's pov

 

Io e gli altri tre eravamo in procinto di girare una pubblicità per un prodotto usato per delle piante. Essendo, Luke, un grande amante della flora, ci aveva praticamente costretti a fare questa... cosa.
«Spero di non pentirmene.» continuò il ragazzo dai capelli colorati, Michael, «anche se è già troppo tardi.»
Ridacchiai e mi guardai attorno, «ragazzi, vado a fare un giro... voglio vedere che piante ci sono.»
Gli altri tre annuirono e anche il nostro manager che, fortunatamente, aveva deciso di farci prendere una piccola pausa per riposarci. Erano quasi due ore che cercavamo di finire questo nostro incarico, solo che purtroppo, Michael e Ashton continuavano a ridere senz'alcun motivo. Eppure sembravano così normali... forse man mano che crescevano anziché diventare più maturi e responsabili a loro avveniva l'esatto opposto. Man mano che avanzavo nella serra, aumentavano anche le piante. D'un tratto, però, vidi una figura balzare da una parte all'altra e subito pensai che si trattasse di una fan. Insomma, alcune volte erano davvero insistenti, non riuscivano a lasciarci neanche un momento in pace.
«Ehi tu.» pronunciai immediato, tant'è che quella ragazza si fermò, brontolando un «merda.»
«Facciamola finita, no? Dai, hai una penna? Così ti faccio l'autografo e... magari te ne vai, perché, seriamente, potrebbero arrabbiarsi quei tizi lì.»
La ragazza sembrò non capire, infatti, aggrottò anche le sopracciglia «scusami?» continuò «io non ti conosco e... tantomeno voglio un'autografo da uno sconosciuto.»
Ok, evidentemente stava facendo la parte della ragazza indifferente e distaccata. No, bella, non ci casco.
«Perché sei venuta qui, allora?» domandai, con uno strano sorrisetto in viso.
Si chinò a terra e raccolse una pianta parecchio strana, forse se ci fosse stato qui Luke sarebbe stato in grado di riconoscere la specie «per una pianta, ma... ti prego, non dire nulla. Presumo, insomma, che tu sia della sicurezza, no?»
Rimasi interdetto, senza parole, incapace di dire o fare qualcosa. Continuavo a fissarla inebetito, come se da un momento all'altro mi dicesse: "ehi idiota, so chi sei"
«Ehm... okay, allora... vado. Ciao.» disse, prendendo la sua pianta e andando via con essa.
Fissavo quella ragazza andar via, sorridendo e sghignazzando per quell'incontro abbastanza strano. Pensavo fosse davvero una nostra fan ed, invece, quando mi aveva visto, era stata completamente indifferente. Ero davvero colpito.
Alla fine, tutte le persone che incontravo mi chiedevano un'autografo o, ancora, una foto con loro, mentre oggi era stato qualcosa di diverso. Guardai le mie converse nere e mi accorsi dell'oggetto che era in terra, lo presi e notai che era un cellulare bianco.
Mi guardai attorno e lo misi in tasca; avrei guardato dopo a chi appartenesse.




 
Jade's pov


Arrivata a casa di Harry, presi la pianta e gliela posizionai sul marmetto del suo piccolo terrazzo (che poi si trovava sul tetto), e aspettai che rientrasse e la vedesse. Feci un giro tra le rose del semi riccio e notai che ne aveva aggiunte delle altre. Vicino la pianta carnivora c'erano delle rose blu, poi, andando avanti dei tulipani gialli e via dicendo. Davvero non sapevo come faceva ad amarle così tanto. Harry era sempre stato un ragazzo amante delle cose dolci e profumate, anche se la mia idea era davvero un'altra. Insomma, le ciambelle erano dolci e profumate, i fiori non si potevano di certo mangiare. Scoppiai in una risata e decisi di smetterla, anche perché il mio ragionamento non aveva né capo e né coda. Presi di nuovo il binocolo di Harry e guardai in camera, dove notai, per l'ennesima volta, mia sorella rubare delle mie magliette davvero carine. Perciò, cominciai a toccarmi le tasche per trovare il mio cellulare cosicché da chiamarla e gridarle di smetterla poiché non ero un'idiota e la vedevo, anzi la osservavo. Il panico si fece sempre più spazio dentro di me, toccavo dappertutto ma del telefono non ce ne era traccia. Misi le mani nei capelli, cercando di strapparmeli anche se, pensandoci, non avrei risolto molto visto che sarei diventata un mostro e per di più pelato. Gridai, quindi, un "Harry, dimmi che hai tu il mio cellulare!" ma, il ragazzo, non appena uscì dal bagno, mi fissò e scosse il capo, non capendo assolutamente nulla di ciò che stava succedendo.
«Harry, credo di aver perso il cellulare.» dissi, allarmante.
Come al suo solito, sospirò e si mise a sedere, respirando ed ispirando «fai dello yoga con me, Jade. Vedrai che ti calmerai presto.»
«No, Harry, no!» continuai «non ho bisogno di fare dello stupido yoga! Devo trovare il mio cellulare.»
Fissandomi ancora mezzo spaesato, mi porse il Iphone e aspettò che lo prendessi.
«Ok, Harry, forse non ci siamo capiti... non voglio il tuo, voglio il mio!»
Scosse il capo e ridacchiò, «componi il tuo numero, forse l'hai lasciato qui da qualche parte.»
Buona idea.
Digitai le cifre e aspettai che lo squillo si liberasse nell'aria, solo che, più squillava e peggio andava. L'avevo perso, ormai.
Solo quando stavo per chiudere la chiamata, una voce maschile mi rispose: «pronto?»



 



Buoooon pomeriggioooo!

Come state? Spero tutto bene.
Ah, finalmente oggi è finito il primo quadrimestre e finalmente, posso rilassarmi un po'.
A dire il vero, ho apprezzato molto le vostre recensioni, vi ringrazio di cuore!

Ora scappo, fatemi sapere cosa ne pensate.


Baci, C.

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Capitolo 3
*** ...Carl. ***



3.
 

«C'è qualcuno?» mi sentii ripetere, solo che, per quanto fossi lucida, non riuscivo a capire di chi fosse quella voce maschile. Forse Niall, l'amico di Harry? O Louis? Scossi il capo e mi diedi una mossa nel rispondere.
«Chi sei?» domandai, senza un minimo di educazione. Avevo il tono della voce molto duro e nervoso, perciò era comprensibile capire il mio stato d'animo.
Dall'altra parte del cellulare sentii ridacchiare, «ehm... veramente tu hai chiamato, vorrei sapere IO chi sei TU.»
Oltre che stronzo era anche scemo.
Sbuffai e, «vorrei ricordarti che sei in possesso del mio cellulare.»
«Beh, io che ne posso sapere?»
continuò abbastanza ironico «come posso essere sicuro che il cellulare sia tuo e non di un'altra persona?»
Guardai Harry che, d'altronde, stava ascoltando tutta la chiamata e, con un gesto fulmineo, mi mimò di rilassarmi e rimanere calma perché, secondo lui, la calma e la serenità erano la virtù di ogni persona. Solo che, per quanto volessi dargli ascolto, in quel momento ero tutto fuorché calma e rilassata.
«Senti tu.» cominciai, ritornando al tono con cui tutto ciò era cominciato «è evidente che il cellulare sia mio. E sai perché? Perché sullo sfondo ci siamo io, un ragazzo riccio e una ragazza bionda, perciò, dimmi dove e quando e riportami il telefono.»
Ci fu un secondo di silenzio e poi lo sentii di nuovo, «d'accordo, mi hai convinto. Ci vediamo, allora, al London Pub, verso le sette, va bene?»
Sospirai e annuii, consapevole che non potesse vedermi «Vada per le sette.»






Mi guardavo attorno, sperando che qualche ragazzo mi si avvicinasse e mi chiedesse se fossi io la ragazza con cui aveva parlato qualche oretta fa. Più passava il tempo e più la mia idea di riavere il mio bel cellulare tra le mani svaniva. Sospirai e decisi di andare dentro il pub per sedermi e ordinare qualcosa. A dire la verità non gli avevo neanche chiesto di che colore avesse i capelli, se era un ragazzino o meno... non mi ero per nulla informata sul suo aspetto fisico, perciò, per quanto ne potevo sapere, il ragazzo misterioso poteva essere chiunque. Ordinai, quindi, un panino e aspettai il mio amico.
Il tempo passava lentamente e io, oltre ad irritarmi per il colossale ritardo di quel tizio, non riuscivo a far altro che fissare il mio orologio da polso (attenzione, indossato per la prima volta). Dopo aver finito il mio buonissimo panino, decisi di uscire di nuovo e dare un'ultima occhiata in giro. Se non fosse arrivato entro le nove, allora, me ne sarei andata sul serio e avrei seppellito la cover del mio Iphone in giardino, con scritto: "Qui giace la mia cover del mio splendido cellulare che, purtroppo, non ho ricevuto più indietro."
Sbottai, buttai la carta che avevo in mano e, da lontano, vidi un ragazzo incappucciato e con gli occhiali da sole. Si avvicinò in modo così veloce che, inizialmente, pensavo fosse un ladro scappato da chissà quale pattuglia e pronto per rapinarmi.
«Non ti darò la mia borsa!» esclamai, dandogli un calcio vicino l'addome e cercando di scappare.
Lui, però, riuscì a prendermi per il polso, bloccandomi.
«Non gridare. Sono... io.»
«Oh beh,» mi girai insospettita «questo dovrebbe calmarmi?»
Lui ridacchiò, «sono il ragazzo del cellulare, mi sono incappucciato perché... fa freddo.»
Scherzava?
«Allora, come prima cosa, ti ringrazio per avermi riportato il telefono. Seconda cosa, non meno importante, ovvio, ma... non so se ti sei accorto che ci sono più di trenta gradi qui fuori.»
Annuì, «fa nulla. Io, comunque, mi chiamo Ca...» si bloccò, lasciando a mezz'aria la sua mano destra «...Carl.»
«Io mi chiamo Jade, ma davvero, Carl, mi fai impressione.» dissi d'un botto, senza rendermi conto.
Lo sentii ridere e annuì, «hai ragione. Ma... adesso dovrei andare, quindi...»
Lo stavo trattenendo involontariamente.
«Oh... g-giusto. Anche io, sai... ho un mucchio di cose da fare e... beh. Ci vediamo, ciao... Carl.»
Alzò la mano e andò via, camminando a passo molto veloce.




 


Calum's pov


«Dove sei stato, Cal?» mi domandò Michael, lanciandomi il basso rosso.
«Ho riportato il cellulare a quella ragazza di cui vi avevo parlato.»
Annuì e sorrise, «riprendiamo le prove?»





Se quella ragazza avesse saputo chi era il ragazzo che le era di fronte, sicuramente non mi sarei liberato così facilmente. A passo svelto tornai a casa, salutando poi il mio gatto che era lì con me.
«Ehi Tom, hai fame?» gli chiesi, ricevendo, come risposta, un miagolìo ben prolungato. Presi, quindi, dalla dispensa il cibo e glielo servii su un piccolo piatto.
Quel gatto era il mio amico silenzioso. Mi piaceva dargli questo nomignolo, poiché, ogni qualvolta che ero giù di morale o triste per dei concerti o altro, mi bastava raccontargli ciò che mi turbava per sentirmi meglio. Certo, non negavo che, di solito, mi sentivo uno stupido a parlare da solo, considerando che, quando lo facevo, Tom era sempre occupato a giocherellare con dei gomitoli rossi, solo che... tutto quel silenzio, a volte, mi faceva davvero bene. Sentire le mie frasi, e il suo "miao" dopo aver finito di raccontare... beh, non aveva prezzo. Forse, se tutto ciò dovrei raccontarlo a qualcuno, di sicuro mi scambierebbe per un piccolo psicopatico. Sorrisi e, involontariamente, cominciai a raccontargli la mia giornata.
«Sai, Tom... oggi ho riportato il cellulare ad una ragazza, solo che... il problema, in sé per sé, non è lei... ma... il fatto che io mi sia finto un'altra persona.»
«miao...»
Che la seduta cominci.




 


ANGOLO AUTRICE:

Mi vergogno per essere mancata per così tanto tempo... davvero mi dispiace, solo che ho avuto (e ho) un casino di impegni che non mi permettono di aggiornare regolarmente.
Ora, però, sono qui con questo nuovo capitolo pronto per essere letto e commentato!
Perciò, mie care lettrici, scrivetemi qui sotto cosa ne pensate!


C xx.


ps. Per chi mi seguiva su facebook, con l'account "Thé Larry Al Limone", volevo informarvi che mi è stato tolto.



ACCOUNT DOVE POTETE TROVARMI:

Instagram/Snapchat: privato(chiedetemi in posta)
Twitter: @tostapayne_


 

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Capitolo 4
*** Vaffanculo! ***


4.



 
Jade's pov



Finalmente avevo il mio bel cellulare tra le mani, non potevo ancora crederci! Aprii tutte le app per controllare che tutto fosse in ordine e, in effetti, così era. Sospirai e mi godetti il cielo che, pian piano, stava diventando buio. Chiamai poi Harry, per raccontargli di Carl e del suo immenso ritardo, insomma, dovevo pur passare un po' di tempo, non avevo voglia di tornare a casa, specie perché la mia città mi era mancata tantissimo.
«L'importante, comunque, è che tu abbia riavuto il tuo telefono.» disse il mezzo riccio, con quel suo tono di voce caldo e rassicurante.
Abbozzai un sorrisetto e annuii, consapevole che non potesse vedermi: «Potremmo vederci... intendo ora, io tu e Becky, mi manca passare un po' di tempo insieme.»
«Non ho voglia di uscire, però, se volete, potete passare a casa mia, un bel film con pizza, che ne pensi?»

Accettai, quindi, la proposta e chiusi il cellulare: dovevo chiamare Becky.






Inutile dire che la biondina aveva accettato, perciò, adesso eravamo tutti e tre spaparanzati sul divano di casa Styles, in attesa della pizza. Io e Becky avevamo optato per un film con Zac Efron, anche se Harry si era lamentato per ben tre volte.
«Haz, siamo due contro uno, devi arrenderti!» gli gridò in viso la bionda, con un sorrisetto messo su apposta.
Scosse il capo e abbassò lo sguardo verso le sue converse «fanculo ad entrambe, la prossima volta lo scelgo io il film.»
«Allora, Jade, com'è andato il viaggio? Tutto okay?» domandò Bec, richiamando la mia attenzione.
Annuii senza farci troppo caso, «sì... tutto in ordine.»
«C'è qualcosa che devi dirci, Jade?» riprese parola il riccio, inarcando un sopracciglio.
«No, nulla. E' che... quel tipo... Carl... era davvero... strano, ecco, sì.» continuai «insomma, chi indossa una felpa nera con trenta gradi?! E' un pazzo!»
Harry scoppiò in una risata mentre Becky mi fissò stranita, quasi come se da un momento all'altro avesse dovuto dirmi qualcosa.
«Mmmh... sarà.» si limitò a pronunciare, facendo spallucce. Prima che potessi alzarmi per aprire il pizza-man, sentii un: «c'è altro sotto, secondo me.» sussurrò Harry alla bionda, facendola annuire.






 
Calum's pov



«Che palle, siamo venuti qui e neanche possiamo girare liberi come avrei voluto!» esclamai pieno d'ira, incapace di pensare che saremmo rimasti chiusi dentro un albergo solo perchè delle ragazzine avrebbero potuto ostacolarci.
«Esistono i travestimenti, cazzo!» ricominciai di nuovo, facendo spaventare Luke che, intanto, stava giocando alla play.
«Cal, devi calmarti... sapevamo che fare i cantanti non sarebbe stato semplice. Siamo in ballo e dobbiamo giocare, smettila.» mi riprese Ashton, mettendomi una mano in spalla e sorridendomi con quel suo fare tranquillo.
Scossi il capo e lo mandai al diavolo, alzandomi dal divano e prendendo la mia felpa nera.
«Dove vai?» mi chiese.
«A fare un giro.» aggiunsi, «se Paul mi cerca ditegli che... che... deve andarsene al diavolo!»
«Certo... sicuramente gli diremo così. Ciao Cal.» mi salutò Mike, ridendo per la mia frase senza alcun senso.
Vadano al diavolo anche loro.
Se non volevano infrangere le regole, beh, allora avrebbe voluto dire che l'avrei fatto io, considerando che non avevo voglia di rimanere chiuso in una stanza per tutta la mia permanenza. Prima di uscire m'incappucciai di nuovo, indossai gli occhiali da sole e presi uno skateboard che era lì.
«Ehi amico!» mi fermò un ragazzo, «anche se sei ricco e famoso non vuol dire che tu debba prendere la mia roba senza permesso.»
Sospirai e annuii, «ti do cento dollari, ci stai?»
«Duecento ed è tuo.» sorrise sornione.
Annuii e sganciai la grana, allontanandomi da quel postaccio.







«Perfetto, ora piove anche.» dissi, guardando il cielo grigio mischiato al blu notte.
Sbottai, «che serata di merda. Vaffanculo.»
Presi una sigaretta dallo zaino e la misi tra le labbra, cercando, in qualche modo, l'accendino che speravo di avere. Dopo aver tastato tutte le tasche, ricordai perfettamente dov'era: sul comodino accanto al letto nella stanza.
Maledii ancora il tutto e ruppi la sigaretta, innervosendomi ulteriolmente.
«Fanculo!»





 

Jade's pov


«Allora ci vediamo domani, okay?» chiesi per conferma ai miei due migliori amici.
Loro annuirono, sorridendomi «Jade, sicura di non voler un passaggio? Piove!»
«Bec, tranquilla. La pioggia mi piace, e poi abito proprio qui vicino, ci vediamo domani.»
Aprii, quindi, l'ombrello e mi iniziai ad incamminare, tutto quel rumore di quella pioggia mi faceva sentire bene, tranquilla, quasi come se non esistesse alcun problema. Lo scrosciare dell'acqua mi rendeva rilassata, felice. Mi fermai d'un botto davanti ad una pozzanghera, per fissare le gocce cadere incessantemente.
Era tutto incantevole, avrei voluto che il tempo si fermasse e non scorresse più, anche se quello avrebbe significato rimanere lì per sempre, da sola. Fissai, perciò, il mio riflesso nella pozzanghera e abbozzai un sorriso involontario, ripensando a quel Carl. Non sapevo il motivo di tanto interesse nei confronti di uno sconosciuto, ma mi piaceva il modo in cui si era presentato. Non era una persona alquanto normale e, forse, era proprio questo ciò che mi incuriosiva. M'incamminai di nuovo, notando, al di là della strada, una figura accovacciata, seduta in terra, su un marciapiede.
Ovviamente non mi sarei fermata, per quanto mi riguardava avrebbe potuto essere chiunque, per fino un maniaco o un barbone ed io, non volevo avere nulla a che fare con quegli individui.
«Che vita di merda.» lo sentii blaterare, sbottando parolacce.
Da una parte avrei voluto fermarmi e fissarlo, quella felpa, quei pantaloni... aveva un nonsoché di familiare... ma dovevo rimanerne alla larga. Non volevo guai.
«Potessi tornare indietro non lo farei, fanculo.»
Questa volta, però, anche la sua voce aveva avuto qualcosa di conosciuto. Sapevo di chi si trattava, ora. E sì, mi sarei fermata per dargli una mano. Anche perchè alla fine, lui aveva aiutato me quel pomeriggio.
«E così, ci rincontriamo...» mi lasciai sfuggire, una volta essermi avvicinata abbastanza alla sua figura.















 
 
ME NE RENDO CONTO.


CHIEDO PERDONO.


MI DISPIACE.


NON SO NEANCHE IO PER QUANTO TEMPO SONO SPARITA.


Solo che... non lo so, non avevo più voglia di far nulla, di scrivere, niente di niente... che schifo, eh? Era tipo un blocco dello scrittore che, spero, si sia sbloccato! (:
Sono tornata con un nuovo capitolo e, come al solito, spero vi piaccia!
Ehm... diciamo che non succedono molte cose, anzi, più che altro è un capitolo di passaggio.
Avete capito chi ha incontrato alla fine Jade, sì?
Alla fine si capisce ben bene! AHAHAHAH.


Ora scappo, un bacio.


C.





Piesse: fatemi sapere cosa ne pensate qui sotto! Sì, nelle recensioni!

 

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Capitolo 5
*** E se fossi un maniaco? ***


5.


 

«Ciao.» disse, fissandomi subito dopo aver percepito che fossi io, la ragazza del cellulare.
«Come mai tutto solo, sotto la pioggia?» continuai, immischiandomi in cose che, a dir la verità, non mi riguardavano poi molto «non mi sembri il tipo...»
Lui alzò di nuovo il capo, inarcando un sopracciglio «Ah, perchè, ora bisogna essere i tipi per rimanere soli sotto la pioggia?»
Aspettai un attimo prima di rispondere: in realtà, avevo fatto proprio la figura della sciocca. Insomma, Carl aveva ragione. Posai, quindi, il mio ombrello sul suo capo e aspettai che mi dicesse per lo meno un "ti ringrazio".
Lo fissai ancora, in attesa di un qualche accenno di gratitudine, solo che... non arrivò.
«Cos'hai da guardare?» mi chiese, abbastanza divertito.
«Beh? Non mi ringrazi neanche?» risposi a mia volta con una domanda, abbastanza perplessa e stizzita.
Lui sghignazzò, «non te l'ho chiesto di certo io.»
Che bastardo.






Dopo essere tornata a casa e averlo lasciato lì, come un salame, mi resi conto di che persona fossi io in realtà. Insomma, lui mi aveva comunque riportato il cellulare, dovevo ringraziarlo in qualche modo. Forse Carl, non aveva a disposizione una casa, una famiglia o... un amico che l'ospitasse. Perciò tornai indietro, stupita del mio stesso comportamento. Camminai per un paio di isolati e finalmente lo raggiunsi, notando che era con una sigaretta in mano spenta. Alzai un sopracciglio e, «guarda che non si accenderà da sola, quella sigaretta.»
Abbozzò un sorriso, «lo so.»
«Senti, io... io stavo tornando a casa e... mi chiedevo, insomma, sì, se... ti andrebbe di venire a casa mia, mi dispiace lasciarti solo.»
«Non hai paura di me?» aggiunse, «insomma, per quanto ne sai, potrei essere benissimamente un maniaco, un ladro, un...»
Lo fermai. «Se non vuoi venire basta dirlo, volevo solo ricambiare il favore, andiamo, se tu fossi stato un ladro non mi avresti riportato il cellulare.»
«Touché.»






Mentre tornavamo a casa, cominciò a raccontarmi qualcosa di lui, a partire dal fatto che era un australiano doc e che amava la sua città d'origine. Mi raccontò anche che aveva degli amici qui, che però, non riuscivano a capirlo e con cui aveva litigato pesantemente quest'oggi.
«Premetto che non so perché voi abbiate litigato, ma... forse dovreste parlarne.»
Scosse il capo, «loro sono convinti di aver ragione e, seppur mio malgrado, in parte ne hanno...»
Annuii. Non avevo alcuna intenzione di continuare il discorso, specie perché non volevo pensasse che io fossi una ficcanaso.
«Beh, siamo arrivati, questa è la mia dimora.»
Sorrise, guardandomi «mmmh, capisco.»






Una volta spente le luci e fatto accomodare sul divano, in salotto, riuscii finalmente a realizzare un po' tutta la mia giornata. E se Carl avesse ragione? Insomma, era pur vero che volevo ricambiare il favore, ma se fosse stato davvero un ladro? O se avesse stuprato mia madre?
Zitta cogliona e vai a dormire. Se fosse stato un ladro o un maniaco di certo non te lo avrebbe detto, cercando di metterti in allerta.
Beh... non posso dar torto alla mia coscienza.
Decisi, quindi, di darle ascolto e di chiudere le palpebre per dormire. Ne avevo bisogno dopo il mio lungo viaggio.






La mattina seguente, fortunatamente, in casa c'eravamo solo io e il moro. Mi alzai presto e decisi di andare in salotto per dargli un'occhiata, tanto per assicurarmi che non avesse accidentalmente preso qualcosa di nostra proprietà. Sì, ormai ero fissata.
Mi diressi nella stanza a passo felpato, molto cauta e molto silenziosa, non volevo di certo passare per una pazza che amava fissare le persone mentre dormivano. No?
Eh beh, gli oggetti erano tutti al loro posto, fortunatamente mi ero sbagliata. Sospirai e mi girai per tornare indietro, quando, sbadatamente, feci cadere per terra un vaso color nocciola che mia madre amava troppo, quasi aveva un'ossessione per quella... cosa.
«Merda.» sussurrai, chiudendo gli occhi in modo assolutamente naturale.
«Buongiorno anche a te, Jade.» continuò «controllavi che non avessi preso nulla, non è così?» rise, aggrottando le sopracciglia e causando anche il mio rossore in viso. Dovevo ammetterlo: la sua risata era coinvolgente.
«No, veramente... sì, volevo svegliarti, sai... volevo proporti di andare a fare colazione fuori, sì.» mi grattai il naso.
Cavolo! Quella era una cosa che facevo sempre quando mentivo, era una cosa che succedeva in modo assolutamente naturale, non riuscivo quasi a controllarlo.
«D'accordo. Mi vesto e scendiamo, ti ringrazio.»
Sorrisi e lo lasciai fare, tornandomene in camera




 


CHIEDO VENIA.

Lo so, vorreste solo picchiarmi.
Solo che... (blablablabla, sempre le stesse cose) non ho avuto tempo e sono stata... beh, ho avuto un blocco. Sì.
Non avevo più voglia di scrivere, più niente... però, credo e spero, che sia passato ed infatti, anche se corto, sono qui con un altro capitolo, il quinto!
Non preoccupatevi, il prossimo sarà più lungo, prometto.
Ho deciso di postarlo ugualmente poiché altrimenti sarebbe passato troppo tempo e non volevo farvi aspettare... insomma, è pur sempre da Aprile che non aggiorno!


Detto ciò, vi aspetto nelle recensioni.
Grazie a chi continuerà a seguire la storia.


Un bacio,
C.

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Capitolo 6
*** Capitolo di passaggio. ***


 

6.

 

Dopo essermi vestita, io e Carl scendemmo di casa per fare colazione fuori. Il posto dov'era situata la mia casa era davvero strategico, per il semplice motivo che da quel luogo si poteva raggiungere facilmente il centro. Carl camminava a passo svelto, spedito, come se già sapesse dove andare, e sinceramente facevo un po' fatica a stargli dietro. Dopo poco arrivammo in un bar davvero molto carino, semplice ed elegante. Mi guardai attorno e notai quanto fossero alti i prezzi lì. Spontaneamente aprii la bocca, come se non potessi arrivare a capire che i prezzi erano in modo direttamente proporzionale al posto in cui ci trovavamo. Prima di accomodarci e chiedere un tavolo, toccai la spalla del moro, ancora avvolto da quella strana felpa nera: «io non ti conosco, è vero, ma... io non posso permettermi questo café, quindi usciamo e cerchiamone un altro. Insomma, sono appena tornata dall'Italia e ho speso tutto ciò che avevo per quella vacanza!» dissi abbastanza decisa sul da farsi, non volevo fare nessuna brutta figura.
«Prego?» domandò gentilmente un cameriere, avvicinandosi a Carl.

Cominciai per parlare, ma il moro mi zittì stringendo la sua presa sulle mie spalle, rispondendo assolutamente in modo contrario a ciò che gli avevo spiegato poco prima.
«Un tavolo, grazie.»
L'uomo annuì e ci indicò il penultimo tavolino, quello proprio vicino la finestra, l'ultimo ad essere rimasto libero. Ci porse gentilmente i piccoli menù e attese vicino il bancone.

«Ma sei scemo o cosa?» domandai quasi retorica, cosciente del fatto che mi avrebbe risposta in modo alquanto strafottente.
«Senti,» cominciò, posizionandosi meglio sul divanetto, «è il minimo che posso fare per ringraziarti per la nottata a casa tua e per esserti fidata di me anche se non ci conosciamo affatto. Quindi, offro io.»
D'un tratto avvampai. Sentivo il viso prendere calore da un momento all'altro e il peggio era che non riuscivo a spiegarmelo. Perché, quindi, arrossire senza alcun motivo? In fondo si stava soltanto comportando in modo veramente gentile.
«E' che...» sospirai, non sapendo realmente cosa dirgli: non me lo aspettavo.
Inconsapevolmente mi guardai attorno, addocchiando ogni minimo particolare del café a cui, prima, non avevo assolutamente dato peso. Ogni cosa in quel locale era stata pensata in modo geniale, come la scelta del lampadario grande e maestoso, il quale illuminava tutta la sala, o la scelta e l'accortezza del bancone, dov'erano mostrati tutti i dolci e le meravigliose cheesecake che preparavano ogni mattina. Certo, era pur giusto che un certo locale doveva avere per forza un certo tipo di clientela. Solo che... non me lo aspettavo da parte di Carl.
«Tranquilla, ok?» sorrise, rassicurandomi immediatamente.
Riuscì a togliermi quel disagio che provavo poco prima, permettendomi di ricominciare a parlare ed essere la solita me, la solita Jade.
«Bella l'Italia, eh?» chiese, porgendo il foglietto al cameriere con le nostre ordinazioni.
«Beh... in realtà, sì. Non so se tu ci sia mai stato ma è meravigliosa. Purtroppo ho potuto visitare soltanto il nord, ma conto di tornarci quanto prima, mi piacerebbe visitarla tutta.»
Sembrò ascoltarmi veramente in modo attento, sorridendo di tanto in tanto e annuendo a ciò che dicevo, «ci sono stato, ho visitato Milano per... lavoro, sì. Ed è veramente stupenda.»
Annuii, fissando il cameriere portarci ciò che avevamo richiesto: cheesecake al cioccolato per entrambi e due caffé neri.

 

 

 

Dopo aver finito la nostra colazione e dopo che Carl avesse pagato, ci salutammo, senza, però, scambiarci i nostri numeri di telefono. In realtà ero convinta che sarebbe successo tutto il contrario, ma avevo capito che con quel ragazzo l'importante era avere i piedi per terra, perché non potevi mai sapere cosa gli passava per la testa. Lo lasciai andare così, con un sorriso in volto e una mano a mezz'aria mentre salutava, con quegli skinny jeans neri e gli anfibi del medesimo colore. Non avevo alcuna voglia di fare la parte della ragazza appiccicosa, anzi, era stata una cosa abbastanza gradevole per i miei gusti, era uno... scambio di favori, tutto qua. Mentre passeggiavo per le strade, controllai se qualche negozio avesse appeso fuori, in vetrina, qualche annuncio di lavoro. Il viaggio in Italia lo feci come regalo personale per il diploma ricevuto, perciò adesso avevo bisogno di un lavoro e dei soldi per mantenere tutte le mie voglie, a cominciare da quella meravigliosa borsa Michael Kors che avevo appena visto in vetrina.
Che strazio.

 

Calum's pov

 

Appena tornai nella stanza del nostro albergo, Ashton mi inondò di domande sul dove essere stato tutta la notte, se stessi bene, se fossi ubriaco e cose del genere. Alle volte sapeva essere veramente troppo apprensivo e appiccicoso. Lo guardai fissarmi, come se volesse capire, attraverso i miei occhi scuri, il mio stato d'animo e se fossi ancora arrabbiato con loro. Si notava perfettamente come fosse preoccupato della mia reazione, per questo non accennava a parlarmi, né a toccarmi.
«Volevo delle risposte a quelle domande, sai?» chiese, sbuffando e dirigendosi verso il mini frigo che era in camera.
«Sono stato bene, ti ringrazio. Dove sono Mike e Luke?»
«A fare colazione, io non avevo molta fame. Sai come sono quei due, se non toccano cibo per più di un'ora diventano intrattabili.» sorrise involontariamente, lasciando spazio a quelle piccole fossette che avrei riconosciuto tra mille.
Sospirai e ricambiai il sorriso, abbracciandolo e scostandomi subito dopo: «non sono affatto arrabbiato, sto bene. Volevo soltanto evadere, rimanere chiuso sempre qui dentro non mi fa bene. Credimi. Non vedo l'ora di finire questa campagna pubblicitaria, fare questo concerto e andare in Canada, per completare l'ultima tappa del tour.»
Ashton sembrò capire, annuendo «abbiamo bisogno proprio di un mese di vacanza, eh?»
Sorrisi.





 

LO SO.
NON SO NEANCHE IO PER QUANTO TEMPO NON AGGIORNO QUESTA STORIA E CHIEDO PERDONO.
Solo che per un po' di tempo ho perso la voglia di scrivere e penso di averla ritrovata grazie ad un nuovo progetto che ho cominciato con una mia amica... perciò, eccomi di nuovo qui. Premetto che non so se per questa storia ci saranno ancora ragazze a commentarla e a recensirla, ma io ci provo comunque per vedere come va.
Dunque, se volete scoprire di cosa tratta questo nostro progetto, vi consiglio di leggere la nostra nuova storia, intitolata: TELL ME ABOUT LOVE.
Qui sotto c'è il link:

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3685927


Bacioni grandi, vi aspetto.

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