Contagio

di Postula Sblindo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'uomo col cilindro ***
Capitolo 2: *** Compagnia ***



Capitolo 1
*** L'uomo col cilindro ***


«Che ore saranno secondo te? Le cinque o le sei? In queste mezze stagioni non si capisce mai...» disse un uomo seduto ad un tavolino mentre guardava fuori dalla finestra la desolazione di quella città. Portò la tazzina che teneva in mano alla sua bocca e bevve un sorso di thé mentre un mugolio rispondeva alla sua domanda.
«Oggi hai deciso di rispondermi? -disse girandosi verso l'interno della caffetteria abbandonata- solitamente eri più taciturno» 
Finì il contenuto della tazzina e si alzò dalla sedia dirigendosi verso una figura stesa nell'ombra all'interno dell'edificio mentre il sole che sorgeva iniziava ad illuminare tutto il locale dalla vetrata.
«Hai fame non è vero?» chiese ironicamente a quella creatura con cui aveva parlato per giorni, da quando si era insediato in quel luogo una settimana prima, però più l'uomo si avvicinava a quell'essere tenuto fermo per terra dai tavolini del bar, probabilmente opera di chi si era rifugiato lì prima di lui per tenerlo fermo mentre avveniva la trasformazione, e più quello iniziava  a dimenarsi e ad emettere rumori sempre più forti.
«Shh! Shh! -disse lentamente l'uomo portandosi anche un dito alla bocca per enfatizzare il tutto- Sai che non voglio ucciderti, sei stato un ottimo compagno in questi pochi giorni...» prese una pausa dandogli le spalle «Però così mi costringi! Se continui i tuoi amici verranno a prendermi... E io non ho tanta voglia di diventare uno di voi!» continuò guardando in faccia quello che le persone avevano sempre chiamato zombie o non-morto o errante, che comunque avevano sempre saputo essere pura finzione ma che era divenuto realtà da un anno.
Il "mostro" continuò imperterrito a gemere, così l'uomo si vide costretto ad avvicinarsi al bancone e a prendere un martello che aveva posato lì appena arrivato.
«Mi dispiace amico, eri un ottimo ascoltatore...» proferì avvicinandosi all'unica parte in grado di muoversi di quella creatura, ovvero la testa, e chinandosi su di essa aggiunse: «È giunto il tempo che vada, eh?»; dopo queste parole sferrò un colpo sul cranio di quell'essere, che per tutto il tempo aveva continuato a gemere e che finalmente aveva smesso di emettere rumori.
Nel più totale silenzio si avvicinò nuovamente al bancone, andò vicino alla cassa e prese il suo cilindro, unico oggetto, oltre alla sua revolver, al quale teneva, se lo mise in testa e si diresse sul retro della caffetteria dove c'era la dispensa «Prendo in prestito un paio di cose e poi posso andare, sono rimasto qui già abbastanza e quello zombie ha fatto fin troppo rumore... Non vorrai mica che i tuoi compagni non andassero a dormire e mi debba aspettare un viaggio pericoloso, giusto?» chiese dimenticandosi che aveva appena ucciso il suo interlocutore.
«Forse sto diventando pazzo a stare da solo...» sospirò mettendosi le mani in tasca e continuando a chiedersi che ore fossero poiché non aveva più un orologio da molto tempo.
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«Papà, quando arriviamo?» piagnucolava un bambino lungo una strada di campagna deserta in mezzo a della vegetazione non più curata da quando l'epidemia era esplosa «Ci vorrà ancora un po', figliolo...» sospirò stanco il padre come risposta, sfilandosi il cappello e asciugandosi il sudore dalla fronte, nonostante avessero abbandonato il loro rifugio molto presto, stessero camminando da qualche ora e l'autunno era quasi vicino, il sole picchiava forte sulle teste dei componenti di quel gruppo.
«John!» urlò un uomo di mezz'età grosso quanto un armadio «Non riesci a far star zitto tuo figlio Timmy?!» «Dave!» lo sgridò la moglie, della stessa età dell'uomo.
«Cosa c'è Clare?!» rispose infuriato Dave «siamo partiti tardi per causa sua, è da quando abbiamo iniziato a camminare che si lamenta...»
«Per la carità, Dave! È un bambino!» lo interruppe la moglie di John, nonché madre di Timothy, soprannominato da tutti Timmy.
«Dai cara, non fare così...» disse John cercando di ristabilire l'equilibrio del gruppo.
«No! Cavolo! È tuo figlio! È un bambino, l'unico bambino del gruppo... Cercate di capirlo!» cercava la madre di difendere il piccolo.
«Smettetela di urlare! Potreste richiamare quei mostri! Non siamo partiti presto per questo?» disse piangendo Timothy e correndo tra le lacrime ad abbracciare le gambe della madre.
«Spero tu sia contento Dave...» lanciò una frecciatina la madre.
«Timmy ha ragione! Adesso basta! Poi ne ho le palle piene dei vostri litigi!» sbraitò una ragazza, una giovane ragazza che però sapeva il fatto suo su certe cose.
«Ehm Zoey, tu non hai le palle... Sei una femmina...» commentò il figlio di Dave e Clare «Grazie per avermelo ricordato, Capitan Ovvio Phil...» rispose alzando gli occhi al cielo Zoey e camminando verso il centro del gruppo per allontanarsi da quell'uomo.
«Ecco... Tuo figlio va bene, anche se dice 'ste cagate, perché è un medico mentre mio figlio che è un povero bambino no?» riprese la bionda moglie di John guardando l'ormai bianco Dave con i suoi occhi azzurri pieni d'ira.
«Greace, il punto è un altro!» si difese l'uomo
«Allora dicci, qual è?» chiese John per dare man forte alla moglie mentre si avvicinava a lei e stringeva a sé il piccolo Timothy.
«Il punto è...» cercò di spiegare Dave «Il punto è che dovete stare zitti!» lo interruppe Zoey.
«Ehi! Non dire più così a mio padre!» urlò contro di lei Philip, avvicinandosi anche per essere più minaccioso, ma la ragazza impugnò subito la sua pistola e gliela puntò alla testa.
«Zitti tutti! Ho sentito un rumore provenire da quella parte -disse greace indicando una strada perpendicolare a quella che stavano percorrendo- sembra che stia arrivando qualcuno fischiettando...»
Clare aguzzò la vista in quella direzione, nonostante la sua età aveva ancora un ottimo occhio e commentò con voce sorpresa «ma sta fumando?!»
«Se stiamo zitti possiamo tendere un'imboscata a chiunque ci sia lì e scoprire se conosce un posto sicuro...» continuò Zoey ritirando la pistola. Nello stesso istante Phil riprendeva a respirare normalmente.
«Punta ancora la pistola contro mio figlio e giuro che...» disse Dave prendendo la ragazza per un pezzo della sua felpa, ma venne bloccato da John, che con il suo sguardo semi-nascosto dalla visiera del suo cappello da baseball e i suoi folti baffi neri risultava ancora più minaccioso. L'uomo allora si limitò a ringhiare lasciando la presa.
«So che siamo stanchi, ma senza contare Timmy, siamo sei adulti armati. Possiamo fronteggiare chi sta arrivando, però dobbiamo sfruttare un effetto sorpresa e nasconderci nella boscaglia» pianificava la ragazza dai lunghi capelli neri.
Il gruppo seguì la sua idea e si sparpagliò in mezzo ai cespugli, aspettando l'arrivo di chi avevano sentito prima.
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Dopo qualche minuto arrivò un uomo, solo, con in testa un cilindro e in bocca un sigaro, non uno di quelli grossi ma uno di quelli che assomigliava di più ad una sigaretta, l'unica differenza stava nel gusto che era più forte.
Arrivato all'incrocio, dove il gruppo si era nascosto, si fermò «E adesso dove vado? Continuo diritto o giro a sinistra? Perché nel paesino dove sono rimasto per una settimana non c'era neanche una cartina?! Qui bisogna prendere una decisione seria!» si mise una mano in tasca e tiro fuori una monetina «Allora... Testa: diritto, Croce: svolto».
Lanciò in aria lo strumento della scelta e lo lasciò cadere a terra perché si rese conto che aveva sei  armi da fuoco puntate su di lui. Diede un rapido sguardo alla moneta che segnava testa e poi guardò il gruppo composto da uomini e donne molto intenzionati a porre fine alla sua vita.
«Ehm... Salve? Potreste abbassare le armi? Non mi piacciono molto» disse sorridendo candidamente con il suo sigaro tra le labbra e chiudendo i suoi occhi blu come il mare mentre l'odore e il fumo si spargevano per quella strada.

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Capitolo 2
*** Compagnia ***


«Ehm... Salve? Potreste abbassare le armi? Non mi piacciono molto» disse sorridendo candidamente con il suo sigaro tra le labbra e chiudendo i suoi occhi blu come il mare mentre l'odore e il fumo si spargevano per quella strada.
Ripiombò il silenzio. Dave, che aveva impugnato la sua fedele doppietta, prendendo bene la mira sulla testa di quell'uomo biondo gli chiese: «Cos'hai con te?». L'uomo si tolse lo zaino dalle spalle, lo posò a terra e iniziò ad elencarne il contenuto «qualche scatola di The in bustina, qualche pacchetto dei miei sigari preferiti, un po' di cibo in scatola, un mazzo di carte...» «Armi, Dave intendeva le armi» disse Zoey con il tono molto seccato. L'uomo la guardò ed esclamò, facendo il finto tonto, «Ah... Le armi che ho con me? -era un pessimo attore, o così volva far credere- ho solo un revolver per di più scarico»
«Mostralo!» disse Clare, protetta dietro quel bestione del marito. L'uomo con il cilindro allargò leggermente il giubbotto di pelle che aveva per proteggersi dal leggero freddo autunnale di quelle zone con la mano sinistra e mise lentamente la mano destra dentro la tasca. Intanto Zoey teneva sempre sott'occhio i suoi movimenti con la sua pistola, Dave puntava alla testa con la doppietta, invece John, nonostante lo mirasse con la sua Glock, sospirava e chiudeva gli occhi, non voleva uccidere una persona ancora viva e non contagiata.
Dopo qualche secondo l'uomo col cilindro estrasse la revolver dalla tasca, la teneva per il manico con due dita, la prese con entrambe le mani e aprì il caricatore a tamburo, la girò e iniziò a scuoterla «Visto? Vuoto...» «Posala.» ordinò John. Il biondo misterioso allora si piegò sulle gambe e posò l'arma a terra.
«Cosa ci fa un uomo solo, armato con una pistola scarica, in tutto questo macello?» fece notare Philip «Allora non sei così stupido come sembri» commentò Zoey, ma non venne degnata di attenzione. «A tutto c'è una spiegazione -iniziò a parlare l'uomo con il cilindro- però la mia storia è abbastanza lunga da raccontare, potrei raccontarvela mentre siamo in cammino, tanto andiamo dalla stessa parte anche perché... Ahahah! Beh, non credo vogliate fare la strada che ho fatto io, ormai sarà piena di infetti, un mio "amico" ha fatto casino...». Dopo quelle parole l'attenzione di tutti i presenti si alzò nuovamente e divenne paura per il solo fatto di poter essere colti alla sprovvista. Dave, John e Philip, tre delle quattro persone armate del gruppo si girarono a controllare in mezzo alla boscaglia, restando comunque nelle loro posizioni; intanto Timothy si era stretto ancora di più a sua madre ed ella cercava di proteggerlo con tutto il suo corpo, invece Zoey aveva perso il sangue freddo che era riuscita a mantenere per tutto il tempo «Avevi detto di essere solo!» urlò contro l'uomo che tranquillamente aveva ripreso a fumare il suo sigaro e che, riprendendoselo con la mano destra come aveva fatto prima rispose «Infatti è così» dopodiché riprese a fumare.
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Zoey si avvicinò al biondo che fumava tranquillo e gli tirò uno schiaffo facendogli cadere il sigaro dalla bocca «Non siamo in vena di scherzi!» urlò puntandogli contro la pistola. «Ok, posso spiegare... Ma manteniamo la calma e non facciamo mosse azzardate, non vorremo mica traumatizzare quel povero bambino» disse l'uomo misterioso alzando le mani insegno di resa e indicando con la testa Timothy. La ragazza allora prese un grosso respiro e abbassò l'arma «A che gioco stai giocando? Chi è il tuo amico? Dov'è adesso?» chiese in un modo a metà tra l'arrabbiato e il furioso «Allora... Il mio amico era un infetto... Ma come li chiamate voi? Infetti? Zombie? Mostri? Non-Morti? -chiese molto interessato senza ricevere alcuna risposta se non occhiate assassine di pura rabbia- comunque, questo infetto si trovava dentro ad un baretto, mi ha tenuto compagnia per il tempo che sono rimasto in quella città; quando me ne sono andato, qualche ora fa, avevo deciso di porre fine alle sue sofferenze, solo che ha preferito urlare e mi sono ritrovato a scappare e a sparare alla cieca, per questo non ho più munizioni».
Tutti guardavano quell'uomo con il cilindro però non dissero niente, la sua storia reggeva, aveva un senso nonostante la stranezza dell'avere come amico uno zombie, per questo Dave era diffidente in quell'uomo che era un potenziale pericolo, John lo aveva preso per pazzo mentre Zoey voleva saperne di più.
«In ogni caso -riprese a parlare- io non vi consiglierei di prendere la strada che stavo percorrendo io, quindi l'unica strada che vi rimane da percorrere è quella che stavo per prendere io, perciò dovremmo fare gruppo...» «Perché mai dovremmo farlo?» lo interruppe Dave con un tono abbastanza scocciato «Perché vi voglio aiutare... E qui rispondo alla terza domanda, ovvero quale sia il mio gioco. Io voglio curare tutte queste persone».
Tutti lo guardarono come se veramente fosse impazzito tutto d'un tratto, è già prima non avevano una bella impressione di quell'uomo biondo a causa del suo cilindro.
«Perché? Esiste una cura?» chiese ironicamente Philip «Certo che esiste -rispose- devo solo trovare un posto particolare e poi il gioco è fatto, per questo ho bisogno della vostra "compagnia"» «E fino adesso cosa hai fatto?!» lo schernì Clare «ho cercato quel posto nei primi luoghi che mi sono venuti in mente legati ad una certa persona che credo abbia a che fare con tutto ciò» rispose con lo sguardo basso, stava nascondendo un sacco di cose, ma lo riteneva giusto per il bene di quelle persone.
«Allora? Posso essere dei vostri?» il gruppo si guardò, non sapevano se fidarsi o meno di quel losco individuo, ma non aveva ancora fatto niente di male a nessuno e si era sempre comportato da persona gentile.
«Va bene...» proferì Zoey posando la sua pistola nel fodero che aveva legato al suo fianco destro.
«Grazie mille! -disse correndo incontro alla ragazza castana stringendole la mano- Adesso che siamo un gruppo posso dirlo: mi devi un sigaro» commentò in fine sorridendo e chiudendo i suoi occhi blu come il mare.
 
SPAZIO DELL'AUTORE
Ringrazio tutti coloro che si sono fermati a leggere il primo capitolo di questa storia e a recensirlo, e anche quelli che faranno la stessa cosa per questo. Vi invito a lasciare le vostre impressioni, i vostri consigli, suggerimenti, domande, insulti e quant'altro... Vi ringrazio infinitamente.

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