Amarsi in modo cosmico

di Nejisfan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'amico di sempre ***
Capitolo 2: *** La febbre dei deliri di debolezza ***
Capitolo 3: *** Mai visti così. ***
Capitolo 4: *** Non come gli altri ***
Capitolo 5: *** Una cosa bella a parte ***
Capitolo 6: *** La complessità delle nuvole scure ***
Capitolo 7: *** Debolezze ***
Capitolo 8: *** Mi manchi? ***
Capitolo 9: *** Grazie ***
Capitolo 10: *** Quattro parole ***
Capitolo 11: *** Voltare pagina ***
Capitolo 12: *** Malissimo ***
Capitolo 13: *** Vino rosso ***
Capitolo 14: *** L'inutile vaso delle cose non dette ***
Capitolo 15: *** Fatti al contrario. ***
Capitolo 16: *** Gli incantesimi sconvolgono la vita ***
Capitolo 17: *** Un lieve sentore di emozioni contrastanti ***
Capitolo 18: *** Noi siamo un Luna Park ***
Capitolo 19: *** Non tornare ***
Capitolo 20: *** Una promessa e un broncio ***
Capitolo 21: *** Il giorno e la notte. ***
Capitolo 22: *** Il fusorario di Dio ***
Capitolo 23: *** Puzzle. ***
Capitolo 24: *** I lunghi sermoni di prima ***
Capitolo 25: *** Sincerità brutale ***
Capitolo 26: *** Miracoli inconsci ***
Capitolo 27: *** Solosolosolo Amiciamiciamici ***
Capitolo 28: *** Segnali evidenti non compresi ***
Capitolo 29: *** Poesia d'estate (e d'inverno). ***
Capitolo 30: *** Ora e sempre, Resistenza. ***



Capitolo 1
*** L'amico di sempre ***


Amarsi in modo cosmico.


Premesse iniziali (Rapide, veloci, indolori):
Questa è una raccolta di one-shot.
Le frasi che mi hanno ispirato sono tutte parte di canzoni di Daniele Silvestri, e saranno citate alla fine di ogni storia.
La raccolta è AU, i personaggi hanno quasi sempre sui ventitré anni (altimenti, la cosa è specificata).
Sono i personaggi di Naruto, ma sono tutti vivi e in salute (sì, soprattutto Neji).
I capitoli saranno trenta.
Le coppie sono sempre le stesse sette che si alternano, lo scoprirete.
Il titolo della raccolta è sempre una citazione "silvestriana" presa da "Ma che discorsi" ("se pensi che sia logico/scoprire in mezzo al traffico/ di amarsi in modo cosmico")
 


Dedico l'intera raccolta a Eleanor 89,
perché una sua fic di quattro anni fa ha fatto sì che mi ricordassi quanto amo questi personaggi.
Ringrazio col cuore chiunque su questo sito mi ha voluto bene, siete stati la mia seconda famiglia quando avevo tredici anni e una passione Naruto,
e anche quando ne avevo diciotto/diciannove e scrivevo solo originali.
Grazie per le emozioni: sarà pure un mondo virtuale, ma quelle sono vere


.



Capitolo primo.
Titolo: L'amico di Sempre.
Introduzione: Un avvenimento dalle diverse interpretazioni, guance imbarazzate non sempre prevedibili, la necessità di fuggire e il bisogno di avere qualcuno vicino.
I tempi per capire, qualche mail, amici confusi e amiche sorridenti.
KibaHina- "Quando chiami io corro da te che nemmeno Mennea".
/////


L'amico di sempre.
 
"Quando chiami io corro da te, che nemmeno Mennea"

Luglio.
Hinata ha uno sguardo pieno di speranze, i capelli spettinati in modo piacevole e un vestitino bianco che le sta benissimo.
Kiba, seduto al suo fianco, finge di non notarla, tutta quella bellezza, e finge di essere davvero concentrato su un film che non gli sta neanche piacendo.
Shino, come sempre nelle loro serate cinema, dorme stravaccato sul tappeto, un russare leggero e ritmico si aggiunge ai suoni prodotti dal film, dai commenti di Kiba, che non sta zitto neanche due ore mentre lo guarda, e dalle risatine sommesse della ragazza mora, quella che da un anno ad un altro è diventata di una bellezza sfavillante, quella che è sempre stata l'amica perfetta e basta, però adesso...
"Vuoi una birra?".
Kiba interrompe i suoi pensieri fastidiosi borbottando una frase jolly, una di quelle che funzionano sempre, con tutti- solo che lei non è tutti, e lei non beve- e si sente scemo mezzo secondo dopo.
Kiba Inuzuka è arrogante e esteticamente attraente, non ha mai avuto alcun problema con nessuna ragazza, solo che... con lei... tutto è complesso, difficile, più bello.
Con lei, tirando le somme, non c'è niente ad eccezione di una splendida amicizia che non può rovinare solo perché le sono cresciute le tette.
Si rimprovera e svaluta da solo, il ragazzo, convinto che ciò che improvvisamente lo attrae della sua amica di sempre siano le tette- che, certo, gli piacciono- e che non ci sia niente di più profondo.
"Sì".
La risposta di Hinata arriva dopo un tempo che sembra infinito, e non è la risposta che l'altro si aspettava.
La ragazza sorride, le guance imporporate deliziosamente, mentre l'amico di sempre le porge una lattina di birra e torna a sedersi al suo fianco, in mano anche lui ha la stessa bibita.
Mentre Kiba prende il primo sorso, Hinata si attacca alla lattina.
È buffa e bellissima, Hinata, che a ventitré anni non sa bere una birra, che la finisce in tempi da record e non riesce a nascondere l'espressione disgustata che si fa spazio sul suo volto.
" Ieri ho visto Naruto" sussurra d'improvviso, una sicurezza nella voce che nessuno le ha mai sentito. 
Kiba si volta a guardarla, fissa i suoi occhi in quelli chiarissimi e stupefacenti della ragazza, si sente scosso e pensa di avere qualche problema.
"E non ho provato niente. Non... sono più innamorata di lui, ecco. Sono libera da quel sentimento complicato" ride la Hyuga, e i suoi capelli si muovono a tempo con la sua risata scomposta.
Di sentimenti complicati, vorrebbe gridare Kiba, ce ne sono anche adesso e qui.
Solo che Kiba non dice niente, ma sorride felice, non riesce a contenersi, al pensiero che Naruto non sia più nel cuore di Hinata.
"Che bello! Evviva!" grida, e poi la abbraccia.
La ha abbracciata tantissime volte, ma non ha mai fatto caso a come i suoi capelli profumino, a come la sua pelle sia morbida, a come il suo collo sia perfetto e invitante.
Lo annusa, affonda il naso nel  profumo della pelle nivea del collo della sua amica, perché per un secondo spegne il cervello.
Hinata, stranita, aspetta che Kiba torni a guardarla, e quando succede lui è improvvisamente conscio di ciò che ha appena fatto.
"Mi dispiace, scusa, è che...non lo so, scusa e..." Kiba si arrampica sugli specchi buttando là parole a caso, ma non finisce la frase, perché Hinata si avvicina e lo bacia.
Sconvolto, con gli occhi sbarrati, Kiba risponde con entusiasmo.
Un sacco di entusiasmo.
Troppo entusiasmo.
Poi fa due più due.
L'ha fatta ubriacare... e così se ne sta approfittando.
Il pensiero arriva d'improvviso, ma è fortissimo.
Si stacca, la guarda, l'alcol le deve fare molto effetto perché ha gli occhi luccicanti di emozione.
"Scusa, Hinata" mormora, prima di farle una carezza.
E poi esce dalla casa di Shino, lasciandola lì, a piangere a ritmo di un russare sommesso.
-


Settembre.
Hinata ha un trolley rosso di dimensioni piuttosto ridotte, considerando che sta partendo per un anno.
Lo trascina dietro di se' mentre cammina con tranquillità fino al gate e prima di mettersi in fila si gira a salutare i suoi amici.
Sa che ci sono, hanno camminato in silenzio dietro di lei dall'ingresso dell'aeroporto, si sono alzati presto per salutarla e hanno pure atteso che fosse pronta a voltarsi.
Si gira, ha gli occhi pieni di lacrime.
Ino la abbraccia forte, di slancio, Sakura le fa un sacco di auguri e in bocca al lupo, Naruto le dà un bacio sulla guancia che solo un anno prima la avrebbe fatta sciogliere, Tenten le scompiglia i capelli con affetto.
Shino riesce ad essere abbastanza dolce, mentre la stringe, e dopo quest'ultimo abbraccio Hinata guarda Kiba: non hanno più parlato dell'avvenimento di luglio, qualcosa di sospeso è rimasto tra loro.
Si sente stupida, perché lui l'ha respinta e ora non riesce neanche più a guardarla negli occhi.
Un po'- un po' tanto- sta partendo anche per quello.
"Ciao, Kiba" sussurra, poggiandogli una mano su una spalla.
Lui la guarda, ma è spento, lontano, pensieroso.
"Ciao, Hinata" sussurra a sua volta, per poi salutarla con due baci sulle guance.
Meritava un saluto migliore, lo sanno entrambi.
E mentre Kiba fugge via di corsa da quel maledetto aeroporto, Hinata pensa che è bello avere la scusa della commozione, quando si piange per dolore.
-


Novembre.
Kiba Inuzuka è una lagna.
Naruto lo pensa perché un tempo aveva un amico casinista, uno che non si tirava mai indietro, e adesso guardarlo stravaccato su un divano con quell'espressione stufa perennemente stampata in faccia gli fa prudere le mani.
Ino non pensa che sia una lagna, pensa che sia cresciuto, e che prima o poi evidentemente succede a tutti.
Deve solo capire che gli manca Hinata, o forse l'ha già capito ma deve ammetterlo.
Shino pensa che Kiba sia proprio strano, non capisce questo improvviso malumore, ma qualcosa sospetta.
Sakura pensa che gli uomini sono proprio scemi, e hanno tempi decisamente diversi dalle donne.
Sarà anche vero che le donne si fanno aspettare perché fanno tardi a prepararsi, ma gli uomini si fanno aspettare perché fanno tardi a comprendere i propri sentimenti.
Kiba stesso sa di stare facendo la lagna, comunque, e non vuole turbare i suoi amici, solo che è un periodo che è giù e non ha voglia di fare niente.
Vorrebbe solo vedere Hinata, solo riuscire a chiederle scusa per come ha cercato di approfittarsi di lei, dirle che non è quello che tutti pensano che sia, ovvero uno che pensa solo al sesso.
Non sapeva di averne così bisogno, ma senza di lei tutto è ancora più incasinato di prima.
Nasconde la faccia sotto un cuscino sbuffando.
"Insomma, se in discoteca con me non ci vieni, allora chi ci porto?" grida Naruto, esasperato, triste perché ha perso un compagno di bevute e di stronzate.
"Portaci me" tira fuori Sakura, d'improvviso, e poi si morde la lingua: cosa ha appena detto?
Naruto la guarda in un modo che scuote, non grida ma lo fa con gli occhi, ed è così felice che non si sa come faccia a rispondere soltanto "Ok" in modo composto e non a prenderla di peso e baciarla lì.
Ecco, pensa Kiba, io voglio essere felice così.
Lo pensa giusto un attimo, è uno di quei pensieri stronzi che ti si piantano sottilmente nel cervello.
-


Dicembre.
C'è una mail nella sua casella postale, Kiba clicca per aprirla, ed è una mail di Hinata.
Parla dell'Inghilterra, di come sta imparando l'Inglese, delle stranezze della famiglia che la ospita, della bellezza di Londra.
Kiba la legge tutta, poi la rilegge, e poi ancora.
Per concludere lo scritto, Hinata ha scritto "mi manchi".
L'Inuzuka appoggia una guancia alla superficie della sua scrivania.
Probabilmente le manca il suo amico di sempre, ma un sorriso nasce spontaneo tra le sue labbra lo stesso.
-


Kiba risponde, butta tutto sullo scherzo, non accenna alla sua tristezza, scrive una paginata di roba insensata, scrive anche "mi manchi anche tu" e invia.
Trenta secondi dopo ha un sacco di rimorsi, vorrebbe tornare indietro e non risponderle, o farlo in modo migliore, ha paura che  lei prenda troppo sul serio quel "mi manchi anche tu"- cioè, ha paura che lo prenda per come è davvero.
Con un sacco di pensieri, va a trovare Shino, che lo accoglie con un'espressione strana.
"Sei uscito di casa!" si stupisce, e sulla sua faccia c'è una specie di sorriso.
Kiba lo guarda: è il suo migliore amico, la persona più importante della sua infanzia, quello che lo ha aiutato a matematica quando tutti desistevano, quello con cui ha condiviso la prima sigaretta (che per Shino è stata anche l'ultima), quello che lo ha accompagnato a tutte le feste del mondo senza che gli interessassero, quello lì.
Quello che non merita di non sapere.
"Sono incasinato perso, Shino" sbuffa, grattandosi la testa "credo di essermi preso una cotta per Hinata".
Shino spalanca gli occhi, mettere insieme tutte queste informazioni di fila è complicato, soprattutto perché sono informazioni assurde: Kiba è uscito, è arrossito, gli ha parlato dei suoi sentimenti, ha una cotta, la cotta è per Hinata.
"Oh, wow" risponde Shino.
Non sa che altro dire, e allora lo abbraccia.
"Lei non credo mi voglia" aggiunge Kiba, tra le braccia del suo amico.
Shino è affettuoso, non abbracciava mai nessuno ma i suoi amici gli hanno insegnato a farlo.
Kiba, stupito dal gesto, alza gli occhi lucidi al cielo, e pensa che è bello avere la scusa del dolore, quando si piange per commozione.
-


La corrispondenza tra Kiba e Hinata va avanti tranquilla, nessuno dei due si sbilancia, ma entrambi scrivono molto.
Una mail del venti di dicembre attira particolarmente l'attenzione dell'Inuzuka, ed è perché Hinata scrive, alla fine di tutto: "Sai, tra poco è natale e dopo è il mio compleanno, e vorrei che qualcuno di voi fosse qui con me perché sono giorni speciali ma se sono sola diventano normali".
Kiba spalanca gli occhi- gli capita spesso, ultimamente- e pensa che a lei manchino semplicemente i suoi amici.
Però a lui manca lei, e quindi 'fanculo, apre il computer e prenota un biglietto per Londra.
-

Ino apre la porta e si stupisce di trovare Kiba Inuzuka che la osserva sorridente: si è vestito, probabilmente lavato, ed ha un'aria serena, che per i suoi ultimi mesi è abbastanza strano.
"Ciao..." sbuffa, guardandolo in tralice per cercare di capire cosa voglia da lei.
" Secondo te se vado a trovare Hinata è ok? Vuoi venire anche tu? Devo invitare altra gente?" domanda il ragazzo, pieno di quell'entusiasmo stupido che è sempre stato parte di lui, ed è stupido ma fantastico e pieno di sentimenti finalmente compresi.
Ino scoppia a ridere, è una risata liberatoria che risuona.
" Sì, è ok. No, non voglio venire. E, no, non portare nessuno. Dille che nessuno poteva." risponde a tutto con calma e durezza, però sorride ancora.
"Ino, pensi che io abbia una chance?" domanda Kiba, e non gli è mai parso tanto insicuro.
"Inuzuka, ha bisogno di te, quindi corri. Corri!" grida la bionda, prima di sbattere la porta davanti alla faccia dell'amico.
Amico che, a questo punto, corre davvero.
-

Valigia fatta, biglietto prenotato, amici avvisati, genitori confortati: tutto pronto.
Il ventitré dicembre, Kiba Inuzuka trascina una valigia scura fino a un gate noto e poi prende un aereo che gli mette agitazione.
Al momento del decollo, guarda le nuvole, e pensa che non credeva che si sarebbe mai incasinato tanto, e che Hinata non dovrà mai più bere quando c'è lui, dato che bere neanche le piace.
L'adrenalina è in circolo.
Lei ha bisogno? lui corre.
Lui ha bisogno di correre- ha bisogno di lei, non lo vuole ancora ammettere ma è così.
-


Hinata risponde al primo squillo, ha la voce triste di chi progetta un Natale in solitudine.
"Sono all'aeroporto" dice Kiba, e basta.
Tre parole.
Bastano perché sia lei a correre.
E così Kiba la abbraccia di slancio appena la vede arrivare, pensa che è bellissima e che non si vergogna di pensarlo, le sorride, la guarda, e poi sa di dover dire delle cose, però la prima a parlare è lei.
" A luglio mi hai respinto" dice, solo, ed è difficile dirlo a voce alta.
" A luglio ti ho...cosa? Hai pensato questo?" Kiba la guarda annuire e scoppia a ridere, ride forte e tutti si voltano a guardarlo.
"Mi prendi in giro?" domanda la ragazza, ha gli occhi già lucidi.
"Hinata, come puoi pensare che io ti respinga? Tu sei...sei tu e io non ti respingerei mai!" grida l'Inuzuka prendendola per le spalle.
"E allora...?" la domanda muore in gola alla Hyuga.
"E allora, avevi bevuto. Tu non bevi mai e...io ti ho fatta bere. Ma giuro che non era calcolato e che non è vero tutto quello che dicono su di me e che..." Kiba è imbarazzato, rosso, pieno di parole non dette, gesticolante e scoordinato.
Kiba è Kiba, ed è stupido perché pensa cose assurde, cose che nessuno sano di mente penserebbe.
Kiba è Kiba ed ha un sacco di difetti, ma questo Hinata già lo sapeva.
Lo guarda e all'improvviso sorride.
Lui alza le spalle in un ultimo gesto di imbarazzo, prende fiato, poi la tira a se' e la bacia con tutta la passione che ha.
Hinata si abbandona tra le sue braccia, piange di emozione ma non ha bisogno di scusanti.
Kiba molla la valigia ma non molla la Hyuga, la stringe di più mentre lei allaccia le gambe intorno alla vita di lui.
Trattenersi fa male a tutti, anche a Hinata Hyuga, figuriamoci a Kiba Inuzuka...
"Buon Natale" sussurra il ragazzo, staccandosi per un attimo.
"Avevo bisogno di questo" si stacca la ragazza, ha le guance rosse ed è di una bellezza piena d'amore che toglie il fiato.
"Non sono ubriaca, se vuoi saperlo" aggiunge poi, e l'altro ride, ride e poi la bacia ancora.
 
"Ho bisogno di te anche se non lo sai.
Hai bisogno di me pure tu e adesso capirai,
che il bisogno che c'é non si placherà mai..."


Commenti a posteriori:

Devo dire un sacco di cose e ovviamente ora che mi trovo a scriverle non me ne ricordo neanche una.
Intanto: il bisogno di te.

Poi... poipoipoi... 
Non seguo Naruto da tempo, ho avuto un rifiuto dopo la morte di Neji e ho continuato a leggerlo per poco, poi ho completamente smesso; più o meno so cosa è accaduto, e non ne sono felice, ma alla fine mi interessa poco.
Non seguo Naruto da tempo, non scrivo su Efp da tempo, non scrivo su Efp su Naruto da tempo (ma tipo due anni, roba del genere), però sono qui.
Sono qui perché una bella fic mi ha risvegliata e mi ha ricordato che sono affezionata a questi personaggi, e che avevo bisogno di chiudere un capitolo con loro.
Questa raccolta, l'ennesima, è il mio capitolo conclusivo.
Vi assicuro che la terminerò: è quasi finita, e i capitoli sono trenta, quindi la terminerò.
Credo di aggiornare ogni quattro/sette giorni, in generale, poi non posso essere troppo lungimirante, ma mi sforzerò di mantenere la media, circa.
Le coppie le scoprirete piano piano, al settimo capitolo le avrete conosciute tutte: se di qui passa qualcuno che mi conosceva quando scrivevo su Naruto (improbabile), alcune sono prevedibili, altre (due soprattutto) meno.
Spero che vi arrivi tutta l'emozione che ci ho messo, in questa raccolta, perché è stata ed è catartica per me, e mi auguro tanto che si percepisca.
Mi dispiace se mi sono dilungata troppo: magari, fatemi sapere cosa ne pensate voi di questo mio ritorno alle origini, e di questa prima one shot.
Vi voglio bene, a prescindere, perché avete letto fino a qua.


Frà

 

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Capitolo 2
*** La febbre dei deliri di debolezza ***


Amarsi in modo  cosmico.


Capitolo secondo.
Titolo: La febbre dei deliri di debolezza.
Introduzione: La voglia di cambiare modalità di amare, qualche frase ad effetto, una febbre alta che fa miracoli, un amico che c'è quasi sempre, un amore che non se ne va mai (neanche quando non si dice niente a voce alta) e un mare sullo sfondo.
SasuSaku-"Ascoltandoti riesco a immaginare  sabbia e sandali".

/////

2: La febbre dei deliri di debolezza.
Ascoltandoti...
riesco a immaginare  sabbia e sandali

 

Sasuke Uchiha siede composto anche sulle panchine su cui tutti si stravaccano, tiene le gambe attaccate come un moderno dandy inglese, gli occhi socchiusi sotto occhiali da sole scuri.
Sakura lo osserva come lo osserva sempre, sospira e poi pensa che ormai è grande per sospirare al passaggio di qualcuno e per osservare le persone senza farsi notare, poi sbuffa e decide che andrà lì e parlerà di qualcosa.
La giovane si siede timorosa sulla parte finale della panchina, ha la schiena rigida e, tra lei e Sasuke, non si sa chi stia più scomodo- sono buffi, a guardarli dall'esterno.
" Mi sono stufata di spiarti" dice la ragazza, facendo schioccare la lingua sul palato, e poi continua a parlare sforzandosi di non guardarlo mai.
Sa che non è uno che interrompe, magari lo facesse, è già tanto se  saltuariamente parla.
" Sì, perché io ti spio. Faccio esattamente questo: sto da qualche parte a guardarti, a sperare che tu mi dica qualcosa o anche solo mi sorrida e...mi sento scema, Sasuke, tanto scema". 
Gli occhi dell'Haruno si riempiono di lacrime, questo non era previsto, non vuole fargli pena- anche se non cambierà nulla.
"Ti ricordi quel giorno al mare?" il monologo della ragazza continua, le lacrime scendono fredde dagli occhi verdi gonfi di sentimenti infranti.
"Naruto, Kiba e Rock Lee hanno passato la giornata a cercare di farmi divertire, di farmi parlare, ma io non ci riuscivo. Sono brava a fingere e a sommergere tutti di parole, di solito, ma quel giorno lì non ce la facevo, perché guardavo solo te e avevo bisogno soltanto di una tua parola. Me ne sarebbe bastata una, Sasuke, una". Sakura chiude gli occhi e si passa una mano tra i capelli, le lacrime imperversano impetuose e non accennano a diminuire.
Sasuke si volta, dagli occhiali da sole non si capisce cosa stia guardando, ma in realtà la fissa.
Se lo ricorda, quel giorno al mare, se lo ricorda molto bene.
Ogni volta che lei gli parla ripensa a quella sabbia, a quel mare, a lei, perché quel giorno non sentirla parlare mai, non saperla felice, lo ha distrutto.
Sasuke Uchiha è un ragazzo complesso che non crede di essere capace di provare sentimenti, e quello che prova per Sakura ha sempre creduto fosse solo un desiderio di saperla serena- l'ipocrisia delle definizioni.
L'Haruno si alza dalla panchina, ha fatto una figura patetica e continuare a singhiozzare accanto a un ragazzo impassibile non la aiuterebbe.
Si alza, vuole correre via, ma una mano la ferma, poggiandosi sul suo braccio.
"Avevi un costume blu" la voce di Sasuke è bella e penetrante, non era sicura di ricordarsela bene.
" Un paio di pantaloncini rossi sopra, un fermaglio tra i capelli che il vento si ostinava a scompigliare e un paio di sandali di legno scuro. Te ne stavi seduta sul tuo asciugamano in silenzio, lanciando con le mani la sabbia sui tuoi sandali".
Le lacrime di sono fermate, si è fermato tutto: Sakura resta immobile, inghiotte un boccone incredulo e si volta.
"Come...?" domanda, e anche mettere insieme una parola è complesso in quel momento.
Sasuke si toglie gli occhiali, la fissa intensamente e alza le spalle.
"Ti guardo" dice, semplicemente.
E poi, come nella migliore tradizione Uchiha, fugge via.



Fuggire gli è sempre riuscito bene, fin da bambino, ma dopo poca strada l'Uchiha è costretto a fermarsi, scosso da una serie di brividi preoccupanti, visto il caldo che ha attorno.
Si siede a terra, la sua testa gira in modo spropositato.
Non gli ci vuole molto a capire che ha la febbre, ma non riesce neanche a dirlo a voce alta.
Naruto passa di lì fischiettando, non si sa come faccia ma nei momenti di bisogno quello appare sempre.
"Sasuke!" grida, quando lo vede, e corre a soccorrerlo.
Gli poggia una mano sulla fronte e scotta così tanto che la toglie immediatamente.
"Anche gli Uchiha cedono, eh?" mormora, sorridendo lievemente, poi lo tira su e lo sorregge fino a che non giungono a casa Uzumaki.
"Casa mia era più vicina, e poi non c'è nessuno. Non è un problema".
Dopo che l'amico ha preso possesso del suo letto, Naruto controlla la sua temperatura corporea: 39,8 di febbre. 
"Se fai una cosa la devi fare sempre grande, eh?" borbotta, scuotendo la testa.
l'Uchiha è di un colore che ricorda molto i cadaveri e per lo più dorme; a un certo punto, però, apre gli occhi di scatto e dice: "Puoi chiamarmi Sakura?".




Sakura arriva di corsa, poi non se ne va più.
Resta nella stanza di Naruto per tre giorni, per tre giorni cambia le pezzuole sulla fronte dell'Uchiha, porta thè caldi e minestrine, osserva e annota quanto sale o scende la febbre.
Il quarto giorno la temperatura è ferma a 37,3: una febbre leggera, una in cui si ragiona.
Sasuke, infatti, il quarto giorno apre gli occhi e la osserva.
"Ciao..." mormora, e la febbre deve averlo distrutto se è diventato educato.
"Buongiorno!" lei gli sorride anche se si meriterebbe solo una serie di schiaffi, dato che dice le cose e poi fugge, dato che non riesce a chiedere aiuto neanche se cade a terra con quaranta di febbre.
Naruto li sente parlare e arriva di corsa, ha uno sguardo soddisfatto quando vede come si guardano, si avvicina al suo amico e, con tono normale, dichiara: "come stai, moribondo? Oggi non deliri più?".
Subito dopo averlo detto, fugge via.
Sakura si morde l'interno del labbro: non voleva parlargliene.
Sasuke la guarda in modo interrogativo, e lei è costretta a parlare.
"Ok, te lo dico. La febbre ti ha confuso, credo, e deliravi...succede, quando è molto alta e..." la ragazza fissa in alto, verso il soffitto, poi tossisce.
" Sakura, cosa ho detto?" scandisce il giovane disteso nel letto, improvvisamente preoccupato.
"Continuavi a parlare dei miei sandali tra la sabbia, e poi mi chiamavi continuamente, urlavi il mio nome mentre dormivi".
Ho mostrato una debolezza che non credevo di avere? si domanda Sasuke, e poi inclina la testa pensieroso.
"Come fai a sapere tutto ciò che ho detto?" domanda poi, come se la cosa fosse rilevante.
Sakura sorride.
"Ho dormito sulla sedia. Non mi sono mai mossa da qui, finchè stavi male".



Quando Sasuke esce dalla casa di Naruto, il biondo lo saluta affettuosamente ricevendo in cambio solo il solito freddo "grazie", ma nel suo amico c'è qualcosa di impercettibilmente diverso, qualcosa che solo lui può notare.
Sakura varca l'uscita insieme a Sasuke, Naruto le sussurra "eravate molto belli insieme, e io sono felice così" e lei pensa che è un pazzo visionario, perché tra lei e l'Uchiha purtroppo non c'è niente, però pensa anche che gli vuole bene.
Per arrivare a casa sua, Sakura deve passare da quella di Sasuke, ma nel tragitto nessuno fiata.
Ottimo, senza febbre sono tornati al gelido silenzio.
Arrivati alla residenza degli Uchiha, per la prima volta il malato appena guarito si volta a guardare l'amica e, serio come è sempre, le domanda: "puoi aspettarmi qui un attimo, per favore?".
Sakura non può fare altro che annuire, lui è l'unico al mondo che riesce a toglierle l'uso della parola.
Non sa proprio cosa aspettarsi, e dieci minuti dopo vede riapparire il ragazzo che da sempre insegue su una macchina rossa.
Sasuke abbassa il finestrino, allo sguardo interrogativo di lei risponde con un calmissimo e forse fuori luogo "Sali".
Sakura, sbigottita, sale.
"Posso sapere dove stiamo andando?" borbotta, indispettita, dopo essersi allacciata la cintura.
Sasuke sorride- sorride!- e la guarda in un modo che le fa letteralmente venire i brividi.
"Al mare".
 
Ascoltandoti, riesco a immaginare sabbia e sandali, dentro, in ogni frase...

/////
Consueti deliri (in assenza di febbre):

Ovviamente, Sabbia e Sandali.

Buongiorno, gente, e buon fine settimana.
La SasuSaku è una coppia che non mi è mai piaciuta, non lo nascondo, ma il mio distacco dal mondo di Naruto mi ha anche un po' allontanata dagli odi e le diatribe, e mi sono ritrovata neanche so perché a scrivere un po' di SasuSaku.
Mi dispiace per chi le detesta, sarete più contenti quando pubblicherò il prossimo capitolo, ve lo prometto.
Vi ringrazio per le due recensioni, i due che preferiscono e l'uno che segue, vi sembrerà poco ma per me è tantissimo, soprattutto perché si tratta di un ritorno dopo tempo, di storie che ho scritto col cuore, e di una cosa che non sto pubblicizzando minimamente.
Sappiate che, davvero, apprezzo tutto: non mi è sfuggito neanche il numero di lettori, e vi voglio bene realmente.
Adesso basta, smetto di dire cose sdolcinate, che nella vita non ne dico mai.
Ccciao, alla prossima.
(4/7 giorni, as usual).

Frà.

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Capitolo 3
*** Mai visti così. ***


Amarsi in modo cosmico.


Capitolo terzo.
Titolo: Mai visti così.
Introduzione: Dubbi improvvisi di giovani che crescono, sguardi lontani a causa di pensieri problematici, la rabbia contro alle preoccupazioni in uno scontro carico di amore e di dolore.
NaruSaku-"Se potessi avere...mille euro al mese, senza esagerare sarei certo di trovare tutta la felicità".


/////


3: Mai visti così.
"Se potessi avere
Mille euro al mese..."


Gli occhi di Naruto sono gli occhi tristi di chi pensa troppo, ed è strano, considerando che si tratta di lui, la persona più impulsiva dal mondo.
A Sakura non sfugge mai niente, è una che fa attenzione a tutto, lo fa anche se non ne avrebbe bisogno perché ha un fidanzato che esterna tutti i suoi pensieri, di solito perfino troppo.
Nel momento in cui il silenzio si estende in casa loro, però, il segnale di disagio è facilmente captabile.
Quando Sakura si mette a fissare il suo ragazzo e inizia a chiedersi a cosa stia mai pensando, lui resta assorto in chissà che cosa, immobile e distante.
Lo sente lontano, ed è strano, non è abituata.
Non si è neanche accorto che è rientrata, non ha smesso di fissare il muro con gli occhi spenti neanche per un secondo.
La ragazza non ha mai dovuto fronteggiare una tristezza così sostenuta e densa, in Naruto, neanche quando lui le parlava della morte dei suoi genitori: mai, mai, mai. Reagisce subito e benissimo, l'Uzumaki, è sempre pronto a tutto e sempre combattivo.
E allora oggi che succede?
L'Haruno si siede al fianco del biondo e gli prende una mano, è l'unica cosa che le viene in mente di fare.
Al solo sentire il contatto, il ragazzo sembra ridestarsi da quella specie di trance piena di pensieri che l'aveva coinvolto fino a poco prima.
"Scusa, stavo solo...pensando" borbotta, passandosi una mano tra i capelli chiari.
" Lo so, ma a cosa?".
La voce di Sakura ricorda il miele nel latte caldo alle orecchie di Naruto: è sempre stato così. 
Il ragazzo prende fiato, sembra che stia per confessare un omicidio da quanto è timoroso, ma poi parla.
"Pensavo di andare a lavorare, Sakura. Insomma, un lavoretto tranquillo, uno in cui adesso mi pagherebbero poco e poi però potrei arrivare ad avere uno stipendio di quasi mille euro al mese, uno stipendio con cui contribuire...Insomma, tu studi come infermiera e il tuo futuro è certo, i tuoi ci pagano questa casa e anche Iruka fa quello che può ma io...Io sono di troppo. Sono un anno indietro, ho bisogno ancora di due anni, e poi non è affatto certo che troverò un lavoro e tu...".
Non l'ha mai sentito esitare così tanto, la ragazza, mai nella vita.
Mai visto così teso, così tremante, così insicuro, neanche.
Il pensiero che sia ridotto così per il motivo appena enunciato le spezza il cuore letteralmente.
"Non dire stronzate" sbotta, subito, con veemenza, allontanando la sua mano dal calore corporeo dell'altro.
"Tu non sei così, Naruto. Non sei uno che fa il conto degli stipendi, non sei uno che dubita di farcela non... no!" Sakura, si alza, grida, è rossa in faccia e ha gli occhi pieni di ira- neanche lei nessuno l'ha mai vista così.
"Tu sei quello che crede sempre di farcela e che alla fine ce la fa. Non importa quanto ci metti, non importa niente, la tua forza di volontà non è seconda a nessuna cosa, e tu diventerai il sindaco della nostra cittadina, è sempre stato il tuo sogno e lo realizzerai! Non posso pensare neanche per un secondo a te che fai un lavoro qualsiasi giusto per... portare i soldi a casa, mi vengono i brividi".
La giovane Haruno chiude gli occhi, sa di avere esagerato, di aver gridato troppo; che le è preso?
Naruto la guarda con gli occhi sbarrati, poi lei torna a sedersi, riprende fiato.
"Scusami" sussurra "Ma credo in te più che in chiunque altro e devi crederci anche tu. Stai tranquillo, se per caso poi le cose non andranno come devono troveremo una soluzione insieme, io e te".
L'Uzumaki continua a guardarla e basta, ha uno sguardo indecifrabile e qualche pensiero che ancora evidentemente lo disturba.
"Ma se non riesco a farti avere la vita di cui tu hai bisogno?" dice piano, con gli occhi che puntano verso il pavimento.
Lo schiaffo che gli arriva in piena faccia produce un rumore sordo.
" Ti vuoi mettere in testa che non ho bisogno di altro?" chiude gli occhi Sakura, ancora paonazza per la rabbia.
"Di altro che non sia...?" torna a guardarla Naruto, e lei alza gli occhi al cielo.
"Tu" scandisce "di altro che non sia tu".
Lo dice gridando, le labbra conserte e il volto piegato in una smorfia plasmata dalle troppe emozioni negative, ma lo dice.
Gli occhi chiari dell'Uzumaki sono una finestra aperta sul mare, l'ha sempre pensato, e lo pensa anche mentre è piena di rabbia e di dolore per colpa sua.
Lo pensa perché lui le si avvicina e lei li può vedere meglio.
Continua a pensarlo quando la bacia, e tutta la rabbia sembra fuggire via, lontana.
"Scusami" sussurra, mentre sposta i capelli di quel colore così insolito dietro le orecchie della ragazza.
"Non farmi più incazzare così" risponde lei, ma sorride, perché la vicinanza è bastata a farle tornare il buon umore.
Naruto la abbraccia, e i cattivi pensieri se ne vanno, volano lontani insieme con la rabbia della sua amata.
Perché, sì, lui la ama, anche se ancora non riesce a dirglielo, e lei prova lo stesso; se lo sono detti preoccupandosi e gridando, pensando l'uno al futuro dell'altra e viceversa.
Sakura abbraccia Naruto e tutto ciò che non funziona torna a funzionare.
Non l'ha detto per consolarlo; è vero, che non le serve altro. 
 
"Se potessi avere mille euro al mese
senza esagerare
sarei certo di trovare tutta la felicità..."



/////
Delirando dopo le shot:

1000 euro al mese
(che è una canzone ironica ripresa da "1000 lire al mese" di Gilberto Mazzi, datata 1939).

Allora, amici (siete amici a prescindere perché avete la pazienza di seguire i miei deliri), il NaruSaku è da sempre una delle mie coppie preferite: ho scoperto che non mi dispiace scrivere di Sasuke e Sakura, ma ciò non toglie che questi due restino una delle coppie con cui sono cresciuta a livello ideale.
Li vedo così, in una situazione AU: a gridarsi contro, a prendersi a schiaffi nei momenti in cui si dubita, a amarsi sempre tanto, perfino troppo.
Questa è una fic atipica, per me, perché ambientata tutta in una sola stanza, ma spero non vi annoi.
(Sì, il sindaco è una trasposizione Au del diventare Hokage, ahahah, scusate la blasfemia).

Ringrazio chi mi segue e chi commenta (forse un po' di più).
Vi voglio bene e lo sapete.
Un abbraccio e alla prossima.
Frà.
(Al prossimo capitolo!)

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Capitolo 4
*** Non come gli altri ***


Amarsi in modo cosmico.


Capitolo quarto.
Titolo:  Non come gli altri.
Introduzione: Sguardi diversi e storie tristi e silenziose che si incrociano fuori da una discoteca, persone distanti ma fin troppo simili, debolezze a lungo nascoste che si sgretolano di improvviso, un gesto inconsueto, qualche lacrima e un paio di sorrisi- SasuHina- "perché ogni volta che tu sospirando mi stringi di più , sgretolando le cose che so..."


/////
4: Non come gli altri.
perché ogni volta che tu 
sospirando mi stringi di più , sgretolando le cose che so...

 

Hinata non è la ragazza che noti per prima, in mezzo a una pista da ballo.
Noti prima Ino, con i suoi capelli appariscenti e le gambe scoperte, poi Sakura, che balla dondolandosi in modo sensuale, e poi Tenten, con la risata sguaiata e l'agilità che si ritrova.
Hinata non è la ragazza che noti per prima, forse neanche per seconda o per terza, perché Hinata se ne sta in disparte, seduta su un divanetto, i jeans stretti e la maglietta nera che mette sempre, l'aria corrucciata, gli occhi timorosi.
Sembra sia sempre lì lì per alzarsi e andare con le sue amiche in mezzo al caos, ma poi ci ripensa.
Probabilmente pensa di essere troppo diversa da tutte loro, di non essere adatta.



Sasuke è uno che noti subito, ovunque si trovi, ma una discoteca non è il luogo in cui preferisce andare, e si vede.
Se ne sta immobile accanto alla porta, la sigaretta in bocca sotto a un divieto di fumo molto evidente, l'espressione piena di disinteresse.
Non deve lasciarsi più convincere da Naruto ad andare in posti in cui non vuole mettere piede, pensa, mentre soffia il fumo fuori dalla bocca con non chalances.
Sasuke se ne sta immobile accanto alla porta, non fa niente, eppure tutte lo hanno notato- e gli dà terribilmente fastidio.
Un passo, ed è fuori dal locale.



Hinata, desolata, decide di uscire a fare due passi, di smetterla di torturarsi guardando le sue amiche essere loro stesse mentre lei non ha neanche il coraggio di alzarsi e muoversi a tempo di musica.
Cammina decisa, recupera il giaccone invernale che ha lasciato nel guardaroba ed esce, senza pensarci, impulsivamente, anche se sa che fuori non ci sarà nessuno ad attenderla ad eccezione di un freddo gelido che entra nelle ossa.
Si siede sugli scalini di una casa situata a due passi dalla discoteca- sfigati, gli abitanti- e si fissa i piedi, sbuffando sonoramente e stringendosi nei suoi abiti invernali.
"Non ti piace, ballare, eh?".
La voce scura e improvvisa la attraversa come una lama, la ragazza, stupita, si volta a guardare chi è che ha parlato e se davvero sta parlando con lei.
Sasuke Uchiha è in piedi, in maniche corte, e la sta fissando.
"Non...no" cerca, senza risultato, di sorridere, di mostrarsi sicura, di fargli capire che va tutto bene, che non c'è alcun problema, che può andarsene e lasciarla lì da sola.
Il ragazzo la osserva, negli occhi ha una nota di interesse divertito: non è una da scoparsi nel cesso di un locale, Hinata, è una da amare con una forza tale da mettere paura, è una da guardare crescere senza per forza farle perdere tutta l'innocenza che ha, è una che, in pratica, con lui non c'entra proprio niente.
"Sei diversa da tutte le altre, tu, ma non è detto che sia un difetto. Ricordatelo" mormora inaspettatamente l'Uchiha, le labbra serrate e la sua consueta espressione, quella che cozza terribilmente con ciò che ha appena detto.
Dopo aver mormorato una specie di complimento- per lui è una cosa molto strana- si incammina nella direzione opposta alla discoteca.
La giovane Hyuga lo guarda sparire dietro l'angolo, arrossisce tutto insieme, nasconde la faccia tra le mani, e poi realizza che l'altro se ne è andato in maniche corte e a piedi- era in macchina con Naruto, li ha visti arrivare.
Si alza, timorosa,  e si incammina nella sua direzione.




"Sasuke!" la voce di Hinata è armoniosa, è un peccato che non parli molto.
Sasuke si volta a guardarla, affannata dopo una corsa, in mezzo a una strada buia di campagna in cui lui cercava di chiarirsi le idee.
"Ti ammalerai, Sasuke, non fare cose stupide" borbotta la ragazza, quando riesce a raggiungerlo.
L'Uchiha la guarda e basta, senza dire niente, e poi sorride.
Sorride.
Un sorriso vero.
Guardando davanti a se', prende a parlare.
"Sai, i miei genitori sono morti e mio fratello se ne è andato, ogni tanto ho bisogno di pensare, e questo è un bel posto" dice, e la Hyuga fissa il suo sguardo dove lo sta fissando lui.
Alla fine della strada in cui sono, c'è un punto talmente in salita da cui si può guardare tutto: si ha la sensazione di avere di fronte insieme tutto il brutto e il bello del mondo, di potersi lasciare cadere giù o di ammirare il panorama in un gioco sottile di scelte complesse.
Lo capisce come non lo capirebbe nessuno, Hinata, e inizia a piangere.
Il suo è un pianto lento, sussurrato, che non vuole disturbare.
"Mio padre vuole una figlia diversa, vuole che mi comporti in un certo modo e che faccia certe cose, le mie amiche sembrano volermi incoraggiare a essere come loro e io...io non so chi sono, non so se servo a qualcuno, a qualcosa" dice, piano, tra i singhiozzi.
Il momento è davvero strano, perché Hinata non ha mai detto niente di simile a nessuno e mai avrebbe pensato di dirlo a Sasuke, ma il panorama e il suo sguardo denso e sicuro ma al contempo fragile le hanno permesso di parlare.
L'altro la guarda, ha voglia di fare una cosa, poi pensa che non è il caso, che non è da lui.
La guarda ancora.
E poi... 'fanculo cosa è da lui e cosa no, si avvicina e la abbraccia. Forte.
In quell'abbraccio si perde tutto, dimentica ogni cosa che credeva di sapere su se stesso, ogni sicurezza e ogni muro che si è costruito in tanti anni.
"Grazie" sussurra la Hyuga, che ha il coraggio di essere fragile, un coraggio che non è da tutti- non è da lui.
La ragazza lo abbraccia ancora, lo stringe sempre di più, e continua a piangere e a sussurrare "grazie, Sasuke, e scusami e... grazie" mentre l'altro pensa che non credeva che niente lo avrebbe fatto vacillare.
Quando si staccano sembra che l'abbraccio sia durato un'eternità.
"Tu non sei proprio come gli altri" mormora, quando la guarda, dopo.
Hinata arrossisce, perché lei ha il coraggio anche di arrossire.
"Neanche tu" risponde, e ha ragione.
In solo mezz'ora ha fatto crollare le certezze di una vita intera.
Tutto questo è troppo, pensa Sasuke, mentre tornano indietro in silenzio, mentre rientrano nella discoteca, mentre per un secondo se ne stanno accanto, immobili, vicino alla porta.
Hinata sa che se ne andrà, che si è aperto anche troppo, e lo accetta: le ha già fatto un gran dono.
In effetti, l'Uchiha chiama Naruto a gran voce e gli urla contro perché è l'ora di andarsene.
Prima di uscire però la guarda e sorride.
E, al di là di tutto, questo le basta.





/////
Classico mix di scuse e deliri post-capitolo:

Il colore del mondo.


Parto col dirvi che vi chiedo scusa perché dall'ultimo capitolo è passato più tempo di quanto vi ho promesso inizialmente, ma ho una motivazione valida: mi era scaduto internet.
Con questo non posso dirvi che non succederà mai più, io sono una che arriva ovunque in ritardo e con le scadenze ha qualche problema, però mi sto sforzando di essere piuttosto puntuale almeno in questo frangente, quindi cercate di perdonarmi, ahah.

Poooi...la SasuHina è una coppia complessa perché è complicato non essere OOC: io ci ho provato, ma scrivere una fic fluff con protagonisti questi due è dannatamente difficile restando sempre nei parametri dei loro caratteri.
Questo è il motivo per cui finisce come finisce; non sarebbe stato credibile, a mio avviso, che Sasuke Uchiha non tornasse sui suoi passi dopo uno slancio affettuoso come un abbraccio del genere.
L'abbraccio ve lo giustifico con un momento particolare, un paesaggio suggestivo e degli occhi belli che ti guardano con comprensione.
Tutto qua.
Spero che la dolcezza non sia stata eccessiva, che abbiate voglia di leggere anche i prossimi capitoli, che commenterete.
Vi ringrazio tanto per le tre recensioni e per chi ha cliccato sul tasto "preferisci" o "segui" o "ricorda".
Continuo a volervi bene a prescindere.

(Dico una cosa che non dovrei dire: la prossima è una delle fic a cui tengo di più. Semplicemente perché è sulla coppia a cui tengo di più, e chi mi conosce o ha uno spirito di osservazione elevato sa qual è, mentre chi non lo sa si tiene la suspence, che forse è meglio).

Abbraccioni (?)
Frà.

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Capitolo 5
*** Una cosa bella a parte ***


 
Amarsi  in modo  cosmico.
 
 
Capitolo quinto.
Titolo:  Una cosa bella a parte.
Introduzione: Un ragazzo complicatissimo e una ragazza stufa, rabbia e cuore che batte troppo forte, un'amica che si intromette e parole gridate, un vaffanculo che ha un sacco di ragioni di esistere, il bisogno di essere se stessi sempre e la difficoltà di mostrarsi coerenti, di nascondere le paure. Poi, un gesto improvviso. E poi due, e poi tre... 
"Alza anche l'altro sopracciglio, poi li riabbassa entrambi; Quanti pensieri infiniti stanno in un battito di ciglia e in un movimento dei muscoli della faccia? quanti battiti del cuore? quante bugie da raccontarsi?"
-NejiTen-"L'amore non esiste [...]esistiamo io e te" 
 
 
 
"L'amore non esiste, esistiamo io e te"
 
 
 
5: Una cosa bella a parte.
 
Nell'automobile c'è un odore denso di pelle, sudore, profumo e sigaretta: gli odori dei due ragazzi seduti all'interno dell'abitacolo si mischiano con maestria, un insieme di odori distanti ma anche molto simili.
 Con un buon olfatto, si capta anche la paura.
Paura di Tenten, che fissa Neji Hyuga immobile al volante, che gli guarda il collo dritto e perfetto, la pelle nivea, le mani sicure e bianche; paura che lui sia troppo, paura che le scoppi il cuore, come sempre quando c'è lui.
Paura di Neji, che si nasconde dietro a una sicurezza ostentata, che non sposta mai lo sguardo dalla strada, che non dice una parola.
Insomma, Tenten che fa Tenten e Neji che fa Neji. Niente di nuovo sotto al sole.
La ragazza fissa lo sguardo fuori dal finestrino e resta sorpresa perché nessuno dei loro amici è lì con loro, eppure sono partiti con quattro macchine ed erano tutti dietro... si morde nervosa il labbro inferiore, poi si volta in direzione dell'amico al volante.
"Credo che ci siamo persi, Neji" mormora, mortificata: ovviamente, è colpa sua, è lei che ha dato le indicazioni fino a quel momento, ma si è limitata a seguire ciò che le ha detto Ino: alla fine, stanno andando nella casa di montagna della Yamanaka, sentire lei in teoria era la cosa migliore da fare.
L'automobile rossa e lucida si ferma nel parcheggio di un autogrill dopo pochi metri, Tenten apre la portiera pesante e scende, in mano ha il cellulare per chiamare la sua amica e nelle gambe la voglia di camminare un po' per smorzare le tensioni.
All'altro capo del telefono, Ino è una campana squillante e ritmica, una voce troppo alta e sempre troppo allegra. 
Ino fa Ino, chiarmanente.
"Tesoro, le mie indicazioni erano appositamente errate. Era per farvi stare un po' soli, visto che non vi date una mossa senza aiuti esterni. Divertitevi" grida, prima di riattaccare.
 
 
 
Neji scende dalla macchina dopo undici minuti e quaranta, li ha contati perché a lui non sfugge niente.
Il freddo di gennaio lo scuote leggermente, si stringe nel giubbotto mentre cammina piano, alla ricerca di Tenten.
La trova poco dopo, seduta a uno dei tavoli esterni all'autogrill, ha una faccia impassibile che ha già visto su qualcun altro. Probabilmente su di se'.
"Ino ha detto che voleva farci sbagliare. Voleva che stessimo da soli, non ha capito  che non cambia niente" dichiara, fredda come gennaio, la castana.
Tenten che fa Neji è una cosa strana, inconcepibile.
Non è mai stata una ragazza fredda, ha spesso desiderato di esserlo almeno un po' ma non c'è mai riuscita, ha creduto nei suoi sentimenti e nell'amore per tutta la vita.
Solo che adesso, a ventitrè anni, si è improvvisamente svegliata, rendendosi conto che correre dietro a qualcuno a questa età è ridicolo, folle, fuori luogo.
Ha corso dietro a Neji Hyuga- quello bellissimo, misterioso, inconcepibile- per tutta la vita, è riuscita a diventare sua amica ma niente di più, è immobile da anni, da anni rivede nei sorrisi di tutti gli altri il suo (e lui non sorride mai, ha sorriso davvero solo tre volte, e lei se le ricorda bene tutte. Stupida), nei ragazzi che ha avuto ha cercato sempre lui, in tutto ciò che ha fatto ha avuto come pensiero fisso quel ragazzo algido che ora la fissa con un sopracciglio alzato scetticamente.
Non può essere amore, si dice Tenten, evitando di guardarlo, questa è una cotta, perché per amare qualcuno bisogna conoscerlo meglio e lui non si fa conoscere neanche per sbaglio.
Questo non è amore, è volere l'unica cosa che non si può avere.
Neji, immobile in una delle  sue espressioni più cretine, la guarda e basta, e pensa a troppe cose a cui non vorrebbe pensare: il fatto che Ino si comporti così significa che Tenten è interessata a lui? che ha deciso che le piacerebbe incasinarsi la vita con uno complicato come lui? ha sempre cercato di non farle capire che la trova bella da morire proprio per evitare tutto questo.
Alza anche l'altro sopracciglio, poi li riabbassa entrambi; Quanti pensieri infiniti stanno in un battito di ciglia e in un movimento dei muscoli della faccia? quanti battiti del cuore? quante bugie da raccontarsi?
Lo Hyuga si siede.
"Quand'è che la puoi richiamare per farti dire la strada vera?" domanda sicuro, immobile.
Neji che fa Neji.
 
 
 
Tenten si alza di scatto dal tavolo, una molla caricata a mille, e lo fa perché stargli vicino la uccide, e perché non riesce a fare l'indifferente per più di mezzo secondo.
"Non sono innamorata di te, se per caso ti è venuto in mente" dice, fissando gli occhi bruni nella glacialità venata di interesse da nascondere che sono gli occhi particolari e bellissimi di Neji Hyuga- che, accidenti a lui, di bellissimo ha tutto.
Qualcosa di lui ogni tanto lo comprende, la ragazza, che ha captato il lampo di preoccupazione che lo ha attraversato e subito si è preoccupata di confortarlo, di farlo stare tranquillo.
Di lui, prima che di se stessa.
Tenten che fa Tenten.
Neji spalanca la bocca, è un' espressione che dura un attimo, un momento di imperfezione nella sua faccia, un "non mi aspettavo che dicessi questo" che la incoraggia a contiunare- è pur sempre un'emozione, la sorpresa, e lui sembra non provare mai niente.
"Ho solo una stupida cotta, ok?" continua allora, decisa a guardare se almeno una minima reazione c'è.
"Una cotta adolescenziale che a quest'età non dovrebbe esistere. Ino lo sa, e si comporta da scema, ma non cambia niente se restiamo soli, perché a te io non interesso, a te non interessa niente. Vaffanculo, Neji".
Non era prevista la rabbia, non erano previste neanche tutte le parole, non era previsto granchè, tutto questo esporsi fa paura, ma doveva succedere prima o poi.
Neji si alza e la fissa, non dice niente, è solo immobile come sempre, solo ghiaccio, nessuna reazione.
"Mi passerà, ok? Non ti preoccupare" torna a tranquillizzarlo Tenten, in un gioco di rabbia e amore, di bisogno di saperlo sereno anche poco dopo averlo mandato a 'fanculo.
"Mi passerà" ripete, più a se stessa che a lui, anche se se lo è ripetuta tante volte ma non è mai successo.
Neji fa un passo. Uno solo.
Poi la bacia.
 
 
 
Farle casino in testa è il talento migliore di Neji Hyuga, nonostante sia bravo in moltissime cose.
Si è decisa a smettere di pensare solo a lui, quand'ecco che lui la bacia, non dice niente e la bacia, e le sue labbra sono la morbidezza ruvida che le è mancata da sempre.
Sono ciò che ha sempre voluto.
Solo che poi...poi che succederà?
Quando si stacca, Neji ha negli occhi un lampo di gioia che a Tenten non sfugge.
"Neanche io sono innamorato di te, Tenten, tranquilla" sussurra, piano, ed è uno stronzo, perché sa che quando lei l'ha detto non lo pensava e invece lui lo pensa.
"Non credo di esssere in grado di amare nessuno, mai" mette in chiaro subito dopo, e si incammina verso l'automobile.
In mezzo al nulla autostradale, Tenten si poggia una mano gelida su una guancia rossa, piena di vita e di imbarazzo.
"Puoi richiamare Ino?" grida Neji, poco più avanti.
E lei, incapace di mettere in fila i pensieri e gli avvenimenti, richiama Ino.
 
 
 
Quando arrivano al rifugio in montagna, un'ora dopo tutti gli altri, nessuno tra i loro amici fa battute imbarazzanti o dice cose stupide- probabilmente sono stati minacciati da una nota voce squillante-.
Tenten corre da Ino e scuote la testa.
"Apprezzo il pensiero, Ino, ma non lo fare più" sussurra, apparentemente triste.
La bionda la guarda e sbuffa un "uffa, pensavo funzionasse" da bambina imbronciata che fa tenerezza.
"Ma non è successo proprio niente?" chiede poi, indagando sospettosa.
Tenten lancia un mezzo sorriso "Sì, è successo che sono incasinata persa più di prima".
 
 
 
Choji cuoce le salsicce sulla brace e mette da parte quelle per lui, più o meno lo stesso quantitativo che riserva agli altri undici presenti, Shikamaru gioca a Shoji contro Shino, Naruto e Kiba cantano a gran voce mentre Sakura e Ino sghignazzano tra loro.
Tenten si guarda intorno: i suoi amici sono stabili, le danno sicurezza, non cambiano idea, non fanno gesti incomprensibili a caso.
Gesti incomprensibili e bellissimi.
Rock Lee le saltella intorno raccontandola un sacco di cose sui suoi allenamenti sportivi con il personal trainer che lo ha iniziato alla palestra e alla corsa, Gai, ma lei non lo ascolta davvero, perché fissa ancora Neji sbigottita.
Era lei che doveva scuotere lui, non il contrario, ma tanto è sempre così.
Tenten sorpresa e incasinata, Neji freddo e impossibile da capire.
Tenten che fa Tenten, Neji che fa Neji.
A un certo punto lo Hyuga alza gli occhi dal suo piatto, però, e gli sguardi si incrociano.
Occhi belli che si guardano.
Occhi nocciola rassicuranti, legno sicuro che ti porta a casa, dolcezza estrema nelle iridi decise, occhi d'amore e di sentimenti compresi, contro occhi glaciali venati di troppe paure non dichiarate.
Insomma, i loro occhi, che poi sono sempre gli stessi, solo che non si sono mai guardati così.
Tenten si ripete che non deve essere impulsiva.
Conta fino a dieci, solo che non serve a niente, sussurra uno "scusa" a Rock Lee che le parlava con entusiasmo, lo interrompe e va da lui.
 
 
 
"Tu mi stai sul cazzo" borbotta Tenten a Neji, sicura e forte almeno all'apparenza.
"Non puoi baciarmi e basta, senza dire niente. E lo so che credi di non essere in grado di amare, ma tutti lo credono, anche io, e poi non lo so se l'amore esiste, però...".
Aggiunge, e ha voglia di dirgli tante altre cose e di tirargli anche uno schiaffo.
Neji sorride, è il suo quarto sorriso vero ed è tutto per lei, davvero per lei.
L'unica cosa che vorrebbe dirle è che quando parla così tanto tutto insieme è particolarmente bella.
"Non credo esista" mormora, invece, e la incatena con gli occhi, con il sorriso- che gli dona un sacco-.
"Se non mi baci ti ammazzo" sussurra Tenten, col cuore che martella.
E Neji scoppia a ridere, la afferra e la bacia.
La risata scuote tutti, gli amici di sempre si voltano sconvolti a osservare il miracolo di Neji Hyuga che ride e mostra un po' di sentimenti.
Ino lancia un grido che spacca i timpani di tutti, quando vede il bacio, e minaccia chiunque cerchi di avvicinarsi perché "sono scemi e instabili, se non sono soli e con la giusta atmosfera ci sta che fingano di pentirsi".
 
 
 
Le braccia di Neji sono un appoggio solido, la sorreggono e se non ci fossero lei cadrebbe, dato che le gambe sono diventate gelatina, e che il cuore probabilmente le sta per scoppiare- aveva ragione, lui è troppo.
Troppo stronzo, troppo distante, troppo difficile, troppo complicato, troppo bello, troppo tutto.
"Io e te, comunque, siamo sempre stati una cosa strana" dice il ragazzo, poco dopo aver smesso di baciarla, quando ancora non l'ha lasciata, e se ne stanno abbracciati a mezzo centimetro di distanza.
"Una cosa a parte" aggiunge, e poi sembra stia per sollevare un macigno tanta è la fatica che gli costa dirlo, ma puntualizza "una cosa bella".
Tenten sorride e lo bacia lei, non gliene frega niente degli altri che li guardano, gli interessa solo lui che mostra un po' di sentimenti, ed è felice di aver aspettato, perché ne valeva la pena.
Perché ha sempre pensato che l'amore non esiste, e Neji ha sempre pensato di non essere in grado di amare, però sono lì e si stringono e si guardano e si sorridono.
L'amore non esiste, ma loro sono una cosa a parte.
Una cosa bella a parte.
 
 
"L'amore non esiste, esistiamo io e te"
 
 
 
 


/////
Di fretta, aggiungo:
 
 
 

In primis: ascoltate la canzone.
Più o meno tutti la conoscono già, ma se c'è qualcuno che non l'ha mai sentita la ascolti, perché merita- è di Silvestri ma anche di Fabi e di Gazzè, che hanno fatto un disco di recente, lo aggiungo per chi non lo sa.
In secondis (?): spero che via sia piaciuta la fic.
Muoio, quando scrivo le NejiTen, perché sono una persona complicata che si fa venire i blocchi quando a una coppia ci tiene tanto, e loro sono la mia coppia del cuore, Neji è il mio personaggio del cuore e quindi sì, è stato più difficile scrivere di loro ma anche più bello, e spero che abbiate apprezzato.
Spero anche che qualcuno commenti, mentirei se non dicessi ciò, quindi vi prego: siate generosi e lasciatemi un'opinione, anche due righe di "mi è piaciuta/non mi è piaciuta perché...".
Sulla prossima non dico niente, è.é.
Vi voglio bene comunque, ahah (e scusate la fretta).
 
Frà.

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Capitolo 6
*** La complessità delle nuvole scure ***



Amarsi in modo cosmico.


Capitolo sesto.
Titolo:  La complessità delle nuvole scure.
Introduzione: Un futuro difficile, qualche nuvola scura, una nebbia densa, la voglia di partire e la forza per restare, emozioni che vorremmo abbandonare su un prato, piedi nudi sulle foglie, una corsa per calmarsi, qualche pausa lunga, un sentimento che prima o poi si fa sentire.
Dalla fic: Shikamaru la guarda, con la sua energia e la sua gioia, il suo stupido crederci sempre.
La sua amica è un miracolo, una bomba che non esplode mai del tutto.
Vive tutto davvero, Ino, fino infondo, mentre lui ha sempre e solo ricercato la comodità, la facilità, ha sempre rifiutato le emozioni.
Solo che ora non ce la fa.

ShikaIno- "tu riesci ancora a non vedere solo il lato brutto, io invece ho smesso devo andare, grazie di tutto"




6: La complessità delle nuvole scure.
"Tu riesci ancora a non vedere solo il lato brutto,
io invece ho smesso, devo andare.
Grazie di tutto".




Una nebbia densa e fredda costringe Konoha, la città in cui c'è sempre s il sole, da un paio di mesi.
C'è un vento gelido che si infila nelle ossa come la lama di un coltello, ci sono nuvole scure pronte alla pioggia, c'è un cielo grigio senza emozioni. Piatto.
Shikamaru ha uno zaino di pelle consumata che è pieno di libri e ha dentro solo qualche vestito- non li ha mai saputi fare i bagagli-.
Se ne sta immobile a guardare le nuvole che ha sempre adorato, a vederle gonfiate di nero, arcigne e informi.
Non ci vede niente, nelle sue nuvole, ormai.
Ino cammina a piedi scalzi sulle foglie, lo fa sempre quando si vuole rilassare, indossa un abitino corto ed è di una bellezza spudorata perché naturale, eppure terribilmente ricercata.
Sono in questa situazione da due ore, Shikamaru e Ino, da quando si sono urlati addosso.
"Parto" le ha detto lui, appena raggiunto il prato in cui si vedono bene le nuvole, "Parto perché qui non c'è più niente, Ino. Non lo vedi?" ha aggiunto, sicuro.




Asuma era morto un martedì di ottobre, un giorno dalla pioggia fitta fitta, forte, il tipo di pioggia che ti sconvolge per la violenza che ha, quel genere di tempo atmosferico che ti fa perdere il controllo della tua auto.
Kurenai, da sola e incinta, era tornata da sua madre, in un paese a un'ora di distanza.
Jiraya era morto un giovedì di dicembre, poco prima di Natale, il tempo era calmo e immobile, quasi da neve, fermo e fintamente pacato come una stanza di un ospedale in cui si ferma un cuore.
Tsunade era fuggita via come Kurenai, e poco dopo molti altri se ne erano andati: Naruto, che voleva imparare l'inglese per fare il politico, Sakura, che senza Tsunade non voleva più fare il medico a Konoha, Neji, Hinata, perfino Choji.
Ormai, Konoha non offre più un futuro  a nessuno, è una landa deserta piena di vento ghiaccio e persone ferme sul posto.




Ino ha gridato, quando Shikamaru ha detto "parto", ha gridato forte, si è sfogata.
"Non puoi andartene!" ha urlato a lungo queste tre parole, sicura, scuotendo la testa bionda a ritmo di un'indignazione piena di paura.
"Che cosa ho per restare, eh? cosa sarà della mia vita?" ha risposto allora il ragazzo, deciso e risoluto anche di fronte a un terremoto di emozioni.
"Tu sei tu, Shika, sei quello che resiste, quello che riesce. Sei un genio all'università e fai matematica, lavori in un giornale ogni tanto dove quando avrai un laurea ti assumeranno, tutto ciò che decidi di fare funziona, quindi se decidi di mollare perché pensi di essere un fallito lo diventi" ha aggiunto a questo punto la ragazza, poi si è tolta le scarpe e ha iniziato a camminare a piedi nudi, a cercare di calmarsi.




Due ore.
Shikamaru è stato due ore a osservarla camminare nervosamente, due ore a sentirsi abbagliato e incredulo, indeciso.
"Come fai tu?" le chiede poi, dopo tutto questo tempo, e lei si volta, gli occhi scintillanti di determinazione come sempre.
"A fare che?" risponde, sbuffando, senza cercare il contatto visivo.
"A credere sempre in tutto. A non accorgerti che tutto va a rotoli. A avere sempre tutta questa energia, tutta questa voglia di vivere, di studiare comunque medicina, di...".
Shikamaru si siede, lancia lo zaino lontano da se'.
"Non mi arrendo, Shika, perché credo che se qualcuno resiste prima o poi tutto tornerà come prima. Credo che Choji tornerà, credo che anche gli altri lo faranno. Lo spero, ma vivo e credo anche senza di loro. Tu però no, tu non puoi...tu...no".
Ino è invasa da un rossore non previsto, non da lei.
Shikamaru la guarda, con la sua energia e la sua gioia, il suo stupido crederci sempre.
La sua amica è un miracolo, una bomba che non esplode mai del tutto.
Vive tutto davvero, Ino, fino infondo, mentre lui ha sempre e solo ricercato la comodità, la facilità, ha sempre rifiutato le emozioni.
Solo che ora non ce la fa.
Proprio non ci riesce, ora, a rinunciare a tutte quelle emozioni personificate in un metro e settantacinque di ragazza bionda e bellissima che corre a piedi nudi quando decide di calmarsi, che grida e che crede sempre in tutto, che gioisce e non si arrende, vede sempre il buono in chiunque, in qualsiasi cosa.
"'Fanculo" sbotta il Nara, e si stende a terra, fissa gli occhi scuri verso le nuvole colorate allo stesso modo e pensa che forse sono belle anche così, anche malinconiche.
"'Fanculo, seccatura, non posso lasciarti qui e andarmene" aggiunge, e il sorriso della Yamanaka brilla come uno starlight in piena notte, come un giubbotto fosforescente o forse solo come il sorriso di Ino, che è un sorriso speciale, una graduazione di colore a se'.
Lei si ferma,  si stende accanto a lui e non dice niente.




Passa un'altra mezzora di silenzio- gestire tutti questi sentimenti è dannatamente difficile- poi Ino abbraccia il Nara distendendosi su di lui di slancio.
E allora lui la bacia.
E lei non aspettava altro.
Perché se qualcuno ci crede, prima o poi le cose tornano a funzionare.
Ino crede nel mondo; Shikamaru crede in Ino.






/////
Duuuunque:


Precario è il mondo.


Buooongiorno!
Ho perso un po' il conto di quand'è che ho pubblicato l'ultima, mi scuso se sono in ritardo, sono così distratta e complicata che neanche so di esserlo con esattezza.
Per quanto riguarda questa fic, amo Shikamaru e Ino, alla follia, e chi mi conosce lo sa.
Sono affezionata a questa coppia anche perché quando scrivevo su Naruto mi ha permesso di conoscere davvero EFP, e persone splendide che in quel periodo sono realmente state la mia seconda famiglia.
L'argomento è simile a quello della NaruSaku, ma con le sue differenze, e personaggi completamente diversi.
Il cambio temporale è voluto: l'ultima scena è al presente, il resto sono ricordi, prima abbastanza vicini alla scena finale, poi lontani e generici.
Sono stanchissima e quindi spero di essermi spiegata.
Vi ringrazio per le tre recensioni, e per gli otto che seguono/preferiscono/ricordano.
Alla prossima, e grazie ancora.


Frà.



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Capitolo 7
*** Debolezze ***


Amarsi in modo cosmico.


Capitolo settimo.
Titolo:  Debolezze.
Introduzione: Un incidente difficile, occhi che si incontrano e non si lasciano, il bianco di un volto pieno di paura, un drum e un marciapiede.
Una vita complessa che, in una doccia fredda di comprensione improvvisa, decide di esplodere in una giustizia di sentimenti che vengono appagati. SasuNaru-
Dalla fic: Nel frattempo, la paura non rende il volto di Sasuke meno bello e il suo amico di sempre lo osserva ancora: perché è lì? perché non se ne va? Tra le emozioni che scuotono l'Uzumaki c'è anche la rabbia.
"Voglio fumare. Mi accompagni?" mormora, dopo un guardarsi durato tanto e la fuga delle loro fidanzate.
L'Uchiha non si sbilancia mai, non dice "ti accompagnerei ovunque", e non dice neanche "certo", però annuisce.

SasuNaru- "ognuno pensava che l'altro ridesse, e invece piangevano che pareva piovesse".

 
7: Debolezze.

 

Ognuno pensava che l'altro ridesse 
e invece piangevano che pareva piovesse. 



 
 
 
Il bianco asettico di una stanza ospedaliera dà fastidio a chiunque, viene da chiudere gli occhi non appena si presenta.
Il bianco sconvolto di un volto impaurito, invece, a volte può scuotere, altre disturbare.
Sakura se ne va a passo spedito un secondo prima di mettersi ad urlare, Hinata la segue con gli occhi pieni di lacrime.
Naruto sta bene, se ne vanno tranquille da quel punto di vista ma distrutte emotivamente.
Come si fa, dopo che una persona ha rischiato la vita, a essere giù per colpa di una manciata di sentimenti infranti? Come si fa a fuggire da un luogo con la coda tra le gambe solo perché Naruto e Sasuke si guardano da un'ora senza neanche sbattere le ciglia, vittime di un incantesimo che hanno sempre celato al mondo?
Hinata e Sakura si abbracciano forte, al limite dello stritolamento, mentre pensano che non hanno mai voluto vedere una cosa fin troppo palese.
Nel frattempo, la paura non rende il volto di Sasuke meno bello e il suo amico di sempre lo osserva ancora: perché è lì? perché non se ne va? Tra le emozioni che scuotono l'Uzumaki c'è anche la rabbia.
"Voglio fumare. Mi accompagni?" mormora, dopo un guardarsi durato tanto e la fuga delle loro fidanzate.
L'Uchiha non si sbilancia mai, non dice "ti accompagnerei ovunque", e non dice neanche "certo", però annuisce.




"Pensavo che tu e Hinata foste felici".
Tono gutturale, voce scura, occhi socchiusi: Sasuke fissa un ragazzo biondo che fuori da un ospedale fuma un drum, le dita lunghe attorno alla sigaretta dall'aria artigianale.
"Lo siamo, infatti".
Naruto guarda da un'altra parte- lo ha già guardato troppo, quello stronzo del suo amico.
"Infatti hai avuto un incidente perchè la tua macchina si è schiantata" accenna , seppur placidamente, un minimo di rabbia l'Uchiha.
"è stato un incidente, io non ho ingoiato una scatola di medicinali interi" risponde acido l'altro, e il moro scuote la testa.
"Andavi a duecento all'ora, Uzumaki. Reagisci come me, solo che non pensavo che anche tu avessi problemi".
Un anno prima, una furia bionda vestita di arancione aveva varcato la soglia di casa Uchiha e buttato giù la porta del bagno perché aveva un brutto presentimento; disteso sulle piastrelle blu, Sasuke stava per morire, in mano un flacone vuoto un tempo pieno di pillole, davanti a se' il suo salvatore di sempre.
"Già, perché io non li ho, eh, i problemi, vero? Stronzo, perché non mi hai mai chiesto se anche io...?".
L'argomento è di difficile trattazione, complesso e arduo da elaborare, soprattutto se per tutta una vita hai cercato di dimenticarlo.
"Pensavo di essere solo io" sussurra l'altro, immobile.
Naruto si siede a terra, su un marciapiede, e scuote la testa.
"Sto per incasinare la mia vita" dice piano, mentre l'altro d'improvviso ride- Perché ride? è una situazione tragica, poi lui non ride mai...però è bello, sempre, ma ora forse di più.
"Incasinare? Più di così? Più dei nostri incidenti?" dice, continuando a sghignazzare, probabilmente per la tensione.
Anche al ragazzo biondo viene da ridere, e allora decide di farlo, e ride, ride forte, fuori da un ospedale, di fronte al dolore di una vita intera.
"Anche io pensavo che tu e Sakura foste felici" aggiunge, e sa che sono sempre stati due scemi- specie Sasuke, ma infondo anche lui.
"A dodici anni, quando ci siamo baciati per sbaglio...io non ho proprio sbagliato" ammette poi, e neanche sa perché lo dica.
"Non dire stronzate, Baka, a dodici anni quando ci siamo baciati per sbaglio sono io che non ho proprio sbagliato".
Naruto si alza e fa un passo, gli occhi tornano a catturare quelli del ragazzo che ha di fronte.
Sono fragili, stupidi e insensati.
Hanno passato una vita intera a instaurare un muro tra loro, un muro che nascondesse i loro veri sentimenti, convinti che fosse meglio per l'altro.
Solo che di fronte a una debolezza così estrema, di fronte a una paura così assurda, un risveglio c'è stato, una doccia fredda di "così non può continuare" e di "mi prenderà per pazzo ma glielo devo dire".




Per cui eccoli lì, i due ragazzi che buttano giù un muro.
Eccoli lì, fuori da un ospedale, a ridere di cose tristi, ad abbracciarsi all'improvviso, a diventare un punto lontano che è scuro e chiaro che si incrociano.
Anche se i ragazzi in questione sono sconclusionati, anche se sono confusi e stronzi, qualsiasi sia la questione, due debolezze fanno sempre una forza.
A dodici anni il bacio per sbaglio non era stato proprio uno sbaglio.
A ventitrè non c'è nessun errore.
 




/////
Ciao a tutti^^
Vi chiedo perdono per il mio ritardo, ma ho una giustificazione valida: mi si è rotto il computer. Ma proprio rotto. 
Capite il dolore, vero?
Comunque, non temete, avevo salvato tutto, e quindi quando posso avere un altro computer posso aggiornare.
Detto ciò:
Insieme  (io l'ho conosciuta di recente, ma trovo che sia bellissima).
Tengo molto a questa fic, tratta argomenti difficili con leggerezza ma io spero che non vi sia sembrata superficiale.
(E mi scuso con i non- amanti dello yaoi).
Le coppie, ormai, sono tutte: NaruSaku, ShikaIno, KibaHina, NejiTen, SasuNaru, SasuSaku, SasuHina.
Dalla prossima volta, una di queste ci sarà di nuovo (non c'è un ordine, quindi potete tirare a caso).
Ringrazio quelli che mi seguono, e soprattutto chi commmenta.
In questa raccolta c'è molto di me,e quindi a prescindere vi voglio bene, ecco tutto.
Dopo che ho detto ciò non sparite, vi prego, ahah, e fatemi sapere che cosa ne pensate.
Un abbraccio.
Frà


 

 

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Capitolo 8
*** Mi manchi? ***


Capitolo ottavo.
Titolo:  Mi manchi?
Introduzione: Una partenza, un fidanzamento errato, qualche bicchiere di troppo, un amico che capisce, palle da tirare fuori e un campanello improvviso che crea una bolla di atmosfera. Le mancanze si smettono di sentire col tempo?
Dalla fic: 
Ino è più bella che mai, ha i capelli spettinati ed è visibilmente agitata- strano, lei non ha paura mai di niente.
Una maglietta viola su un paio di pantaloni neri, un sorriso accennato che si ricordava perfettamente.
Perché nessuno dice niente? Perché non riescono ad abbracciarsi e a salutarsi come gli amici normali che non si vedono da tempo?
Perché non sono amici, tutto qua.

ShikaIno- "Ma quanto tempo è/che non ti manco un po'"


 



8: Mi manchi?
 
Ma quanto tempo è
che non ti manco un po'...

 


Dopo un po' si smette di sentire mancanze.
Ne è sempre stata convinta, Ino, ed è per questo che ha deciso di andarsene, di fare una valigia (ok, forse due o tre) e di partire, di non voler vedere più Shikamaru- lo stupido, pigro, maschilista, neanche tanto bello Shikamaru- sempre in giro con Temari, quella stessa Temari che ha sempre avuto senz'altro più coraggio di lei.
Il fatto è che la mancanza non ha mai smesso di sentirla, mai, neanche per un istante, neppure quando a Tokyo ha intrapreso una sottospecie di relazione con un bel ragazzo conosciuto in un locale.
Ci sono voluti due anni perché si arrendesse al fatto che non sarebbe riuscita a dimenticare Shikamaru ne' quell'assurdo sentimento che ha sempre provato per lui e che deve decidersi a esternare.
Perché per dimenticarsi di lui, probabilmente, non le basterebbe una vita intera.



 

Lo whisky brucia nello stomaco e annulla i dubbi almeno per un istante, il bicchiere trasparente tra le mani brilla per la luce riflessa.
"Stai di nuovo bevendo?".
Choji ha un tono di voce esasperato e sicuramente, se solo si degnasse di alzare lo sguardo dal pavimento, Shikamaru scoprirebbe che ha anche un'espressione piuttosto contrariata.
"Non rompere, Cho" sbadiglia, fintamente annoiato, poggiando il bicchiere vuoto sul bancone rosso lucido del bar più squallido di Khonoa.
" Qual è il problema, Shikamaru? Tu e Temari litigate?" domanda, dolce, l'Akimichi, e l'altro non può fare a meno di guardarlo negli occhi e dedicargli tutta l'attenzione che si merita, perché è la persona più gentile e altruista del mondo ed è il suo migliore amico da sempre, forse l'individuo più importante della sua vita.
"Io e Temari non litighiamo" risponde, mostrando una tranquillità che dentro non sente affatto.
-"Non parliamo neanche più, io e Temari, figuriamoci se litighiamo"-, dovrebbe aggiungere.
"E allora qual è il punto?" sussurra l'amico di sempre, quello scordinato con le cose ma delicatissimo con i sentimenti, capace di capire sempre tutto e tutti.
Shikamaru lo guarda, respira profondamente, conta fino a dieci.
E poi lo dice.
"Mi manca Ino".
Boom.





Temari chiude una valigia rosa fragola- insolita, visto che si tratta di lei- e si guarda attorno per l'ultima volta: ha vissuto ciò che voleva vivere, è stato bello, ma sa quando una storia finisce, sa quando anticipare un discorso troppo lungo e una serie infinita di lacrime, sa cosa vuol dire dormire su un divano da troppo tempo.
Le unghie smaltate di verde, gli occhi dello stesso colore, il passo deciso; Temari chiude la porta dietro di se' e non si volta a guardare, non ci ripensa.
Al centro del tavolo nel soggiorno, ha lasciato un biglietto.

"Questa relazione ha smesso di essere mia e tua, è diventata tua e dei tuoi pensieri, io non c'entro più niente. Cerco di non portarti troppo rancore e me ne vado quando ancora riesco a pensare a te come a una bella cosa che mi è successa. Ciao.
P.s: tira fuori le palle".






Shikamaru ha gli occhi lucidi, quando legge il biglietto di Temari, ma è dispiaciuto soprattutto perché non è riuscito a parlarle, a spiegarle, a farle capire che il problema era solo suo, che era tutta una questione di altre mancanze, di ragazze bionde che se ne vanno a Tokyo a studiare e portano via con se' una parte di te.
Con Temari non ha tirato fuori le palle, ha lasciato fare tutto a lei che si è dimostrata molto più matura di quanto lui sia mai stato.
Con Ino deve prendere il coraggio a quattro mani.





Quando il campanello suona Shikamaru va con calma ad aprire, maledicendo il postino che lo costringe sempre a vestirsi subito dopo la doccia.
Il campanello suona ancora- postino ostinato- e allora accelera un minimo il passo.
La porta che si apre non fa rumore, ed è come se si fermasse tutto.
La strada è tranquilla, immobile, illuminata dalla luce di un cielo limpido e azzurro, pieno però anche di nuvole bianche e gonfie.
La mascella cade verso il basso mentre la bocca si spalanca, il silenzio d'atmosfera è incredibile, è come se una bolla isolasse quel momento.
Ino è più bella che mai, ha i capelli spettinati ed è visibilmente agitata- strano, lei non ha paura mai di niente.
Una maglietta viola su un paio di pantaloni neri, un sorriso accennato che si ricordava perfettamente.
Perché nessuno dice niente? Perché non riescono ad abbracciarsi e a salutarsi come gli amici normali che non si vedono da tempo?
Perché non sono amici, tutto qua.
Un minimo di vento scuote la scena, Shikamaru si schiarisce la voce e spera di essere in grado di parlare, Ino si ferma i capelli con una mano e poi annuisce all'improvviso.
"Devo dirti una cosa" dicono entrambi, in coro, e la situazione è così imbarazzante che gli viene da ridere.
Choji li guarda da lontano e sorride: i loro tempi sono sempre stati particolari.


 


Dopo un po' si smette di sentire una mancanza, dice il buon senso.
Di solito succede, ma non sempre è così; a volte si tratta di amore, e quando c'è l'amore in mezzo non c'è buon senso che tenga.





///////
Buongiorno!
Allora:
Dipendenza (canzone bellissima al di là della frasetta che ha ispirato me, in questo caso).
Vi confesso che il partire ed il restare ruota sempre molto attorno ai miei personaggi, ma soprattutto a Shikamaru ed Ino.
Non saprei neanche perché,ci ho pensato dopo aver notato che era il tema centrale di tutte o quasi le fic che parlano di loro.
Probabilmente ce i vedo bene, a prendere e andarsene pur di non accettare un sentimento, soprattutto Ino.
Sono personaggi forti in modo diverso: Shikamaru non è estroverso come Ino ma è comunque un carattere deciso, seppur quando è con lei lascia un po' per strada i suoi pronostici (tipo vivere una vita tranquilla).
Vabhè, spero che il tema non vi stufi e che non abbiate voglia di picchiarmi, o di farmi fuggire, giusto per restare in tema.
Il mio computer sta ancora male ma come vedete ho trovato una soluzione per aggiornare, quindi non temete!
Ringrazio tutti quelli che mi seguono, che leggono, che apprezzano (o anche no).
Mando un bacio a chi recensisce, perché faccio le preferenze e provo più affetto nei confronti di chi perde mezzo minuto in più a scrivermi due parole di incoraggiamento (ma anche no).
Boh- oggi sono prolissa.
Non è tra le mie preferite, questa fic, quindi se volete insultarmi forse questa è la volta giusta, non me la prendo troppo, do il via alle danze.
Oggi non sono solo prolissa, sono proprio strana, non so se vi capita mai.
Vabhè, basta così.
Ciaociaociaociaociao, ci sentiamo quando aggiorno (tra pochi giorni, spero^^).

Frà.


 




 

 

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Capitolo 9
*** Grazie ***


Capitolo nono.
Titolo:  Grazie
Introduzione: Padri padroni soffocanti e scelte prese, opposizioni sbagliate che diventano giuste, una ragazza triste e un amore difficile ma anche molto semplice, una scelta di coraggio da fare.
Dal testo:  "Avete rotto il cazzo con questo destino, voi Hyuga!" urla a squarciagola il giovane in giardino, e poi prende ancora fiato.
"Se è solo una questione di destino allora giochiamocela a carte!" aggiunge poi.
L'altro sogghigna.
"Hai firmato la tua condanna, Inuzuka. Entra pure".

KibaHina- "E non ci sono meriti, non c'è una gerarchia, ma solo il cieco meccanismo di una...lotteria!"

 

 

9: Grazie.

E non ci sono meriti, non c'è una gerarchia
Ma solo il cieco meccanismo di una... lotteria!


Che Hiashi Hyuga sia un padre soffocante ed autoritario si capisce solo a guardarlo, anche da lontano.
Il modo in cui tiene la schiena, gli abiti eleganti, i capelli tirati, la voce sempre ferma, su qualsiasi cosa dica.
Non torna indietro, non sbaglia, non tratta.
Hinata è la sua prima figlia, la cosa più cara che ha, la ragazza da tutelare con lo sguardo vigile di padre attento, fin troppo attento.
Hinata Hyuga si deve sposare con un ragazzo di alto rango, uno che sia nobile e puro, perfetto, per portare avanti la loro discendenza.
Anche nel 2015, in un mondo moderno in cui praticamente chiunque ha libertà di scelta, gli Hyuga vogliono restare fermi nella loro nobiltà, nelle loro tradizioni.
Hinata è cresciuta abbastanza libera; suo padre l'ha osservata da lontano, non c'è stato bisogno di intervenire, dato che ha avuto solo una gigantesca cotta per Naruto Uzumaki, ragazzo affatto pericoloso che ha sempre rivolto le sue attenzioni più profonde ad altre persone.
Hinata è cresciuta calma e tranquilla, esattamente come deve accadere, ma adesso... adesso c'è un problema.
Kiba Inizuka è arrivato come una tempesta, una cosa imprevista e incalcolata, una cosa che ha sconvolto l'organizzazione svizzera della famiglia.
Guardarlo mentre fissa la porta di ingresso immobile aspettando che lui apra è una cosa patetica che gli fa solo storcere il naso.
Ha trovato Hinata- la sua figlia maggiore, sempre composta e perfetta- a baciarsi con foga un coglione di un rango inferiore come quello, ha buttato fuori lui e visto correre via lei, che si è raggomitolata da qualche parte a piangere disperata.
Apre la finestra; fuori è freddo ma non si è scoraggiato neanche un po', il coglione.
"Senti, Inuzuka, sei l'errore di un pomeriggio. Può capitare anche ai migliori, vattene" dichiara, fermo sulle sue posizioni.
"Non è vero! Io sono innamorato!" grida Kiba, rosso per la rabbia e per la disperazione, voglioso di spaccare tutti i vetri della grande villa che ha di fronte.
"Senti, è destino che lei non scelga te, ok?" alza i toni anche Hiashi, gli occhi ridotte a fessure che gridano odio.
"Avete rotto il cazzo con questo destino, voi Hyuga!" urla a squarciagola il giovane in giardino, e poi prende ancora fiato.
"Se è solo una questione di destino allora giochiamocela a carte!" aggiunge poi.
L'altro sogghigna.
"Hai firmato la tua condanna, Inuzuka. Entra pure".


Nonostante l'abilità ventennale dello Hyuga, Kiba è sul punto di vincere, quando Hinata appare.
Ha un aspetto terribile, i capelli arruffati e gli occhi lucidi- si vede che ha pianto molto, e tutt'ora trema.
Come gli è venuto in mente di giocare a carte? come si è messo sullo stesso piano di un padre padrone dispotico e folle? lei non può stare lì ad aspettare chi vince il controllo sulla sua vita, lei non è un oggetto!
Sta per vincere, Kiba, quando getta le carte a terra e le calpesta.
"'Fanculo, Hinata non è un oggetto e non voglio vincere così.Lei è uno stronzo ma io no" sbotta, poi, e corre ad abbracciarla.
Hinata annuisce e si fa forza nell'abbraccio, si stacca e fissa suo padre.
"Non lo so chi sposerò, papà, ma devi lasciarmi libera. Io ti voglio bene ma tu... non puoi proprio decidere per me" sussurra, e trova una forza che non ha mai avuto prima.
Il motivo non ci vuole molto a capirlo.
Kiba.
Kiba che non capisce niente ma poi all'ultimo la guarda e cambia idea, Kiba che è talmente sbagliato che diventa giusto, Kiba.
Hiashi si gira verso la finestra, sospira e trema un po': sperava che la ribellione non sarebbe mai avvenuta.
"Tu hai del coraggio" sussurra, indicando l'Inuzuka "E tu... resti mia figlia" aggiunge poi, guardando gli occhi umidi della sua primogenita.
"Datemi tempo per accettarlo; cercherò di farlo" conclude poi, e se ne va.
Hinata guarda la scena con un'espressione incredula: Forse è poco ed è solo un piccolo passo, però è anche incredibilmente grande, e se è accaduto è solo grazie a un ragazzo che la guarda in un modo speciale.
"Grazie" dice solo la Hyuga, e l'altro sorride.
"Si abituerà, ho intenzione di restare qui con te per molto tempo" aggiunge l'Inuzuka, e la ragazza ride di cuore.
La risata risuona per la villa intera e, in camera sua, Hiashi pensa che era tanto che non sentiva una musica simile.




/////
Subito: Monetine.
Poi vi chiedo scusa per i miei ritardi, ma ho e mi sa che avrò per un po' un disagio col computer abbastanza problematico.
Spero non sia questo ad avervi fatto allontanare.
Qui si parla di Kiba e Hinata e di una situazione metaforica e paradossale su un "giocarsela a carte".
Spero che vi sia piaciuta, che mi facciate sapere qualcosa.
Vi mando un bacio.


Frà.


 

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Capitolo 10
*** Quattro parole ***


Capitolo decimo.
Titolo:  Quattro Parole
Introduzione: Delle confidenze particolari, una serata iniziata bene e finita malissimo, problematiche varie da risolvere, un amico che sa fare i discorsi, un sotterrare l'orgoglio per maturità, vino bianco da bere in disparte.
Dal testo:"Ecco" pensa Sasuke, d'un tratto, "Lei è una da vino bianco mentre tutti gli altri bevono cocktails, è una che sta in disparte e ti fissa con quegli occhi verdi che annullano tutto il resto".
Lo pensa un secondo, poi scuote la testa- si sta rimbecillendo.
SasuSaku- "senza vedere mai oltre quel poco che hai, accontentandoti sempre di quel poco che sai"


 

Quattro parole


"Senza vedere mail oltre quel poco che hai

accontentandoti sempre di quel poco che sai"

 


 

3 febbraio, pomeriggio.


Naruto non ha mai avuto un grande spirito di osservazione, ma ha sempre guardato con attenzione i suoi amici, non viene ingannato da un'espressione che è simile a mille altre ma non perfettamente uguale.
Sasuke lo guarda ed è freddo e immobile come sempre, ma non perfettamente.
Casa Uchiha è ordinatissima allo stesso modo di ogni giorno, ma c'è qualcosa, tra gli occhi scuri del ragazzo e le pareti di casa sua, che non torna, che è diverso, non allineato.
Un cuscino storto, sfuggito alla follia organizzativa, una ruga d'apprensione sottile che nessuno tranne lui noterebbe ma se ne sta tremolante sulla fronte nivea dell'amico.
"Dimmi cosa è successo".
Sono quattro le parole che Naruto usa, sa che l'altro non è uno da discorsi lunghi, ma vuole che gli parli, che si sfoghi, perché, per quanto cerchi di negarlo, è umano anche lui e anche lui ha bisogno di confidarsi, di parlare.
"Non è successo niente".
Sono quattro le parole che Sasuke usa, e mente.
Naruto alza le sopracciglia albine e mastica una gomma in modo evidente e leggermente volgare.
"Uchiha, parla!" grida- sapeva che non sarebbe stato facile.
Sasuke si lascia cadere sul suo divano, sbuffa e scuote la testa.
"Che cazzo hai tu, la palla di vetro?" aggiunge, portandosi indietro i capelli.




 

2 febbraio, sera.


Sasuke si guarda attorno esasperato: la rimpatriata tra i vecchi amici del liceo è una cosa tristissima, quando sono passati cinque anni e nessuno li ha mai più rivisti, quelli.
Sbuffa nervoso, lo fa spesso, e poi si chiede perché sia lì: Naruto gli aveva detto che ci sarebbe andato e poi all'ultimo momento ha declinato l'offerta per andare a vedere una partita di un qualche sport.
Per quanto il suo amico sia decisamente insopportabile, se ci fosse stato lui probabilmente avrebbe avuto qualcosa da fare, da dire, da pensare, e invece così è la vuotezza assoluta.
Sakura ha un vestito a fiori ed è seduta lontano da tutti gli altri, al bancone del bar, dove sorseggia un bicchiere di vino bianco.
I loro sguardi si incrociano in un attimo di casualità, non l'aveva ancora vista, non si erano neanche salutati.
"Ecco" pensa Sasuke, d'un tratto, "Lei è una da vino bianco mentre tutti gli altri bevono cocktails, è una che sta in disparte e ti fissa con quegli occhi verdi che annullano tutto il resto".
Lo pensa un secondo, poi scuote la testa- si sta rimbecillendo.
Fissa il suo sguardo altrove, ma poco dopo torna a osservarla e vede che se ne sta per andare.
Butta giù tutto d'un fiato il vino rosso che ha nel bicchiere- perché lui è decisamente da vino rosso- e corre a fermarla.
 




 

3 febbraio, pomeriggio.


Naruto è colpito, colpito davvero. Sasuke gli sta raccontando qualcosa, e lo sta facendo realmente, e poi mostra dei sentimenti.
Non che gli abbia raccontato granché, ancora, ma gli ha detto di aver notato Sakura che beveva vino bianco in disparte e a lui è bastato questo per sorridere.
L'Uchiha non avrebbe notato una in disparte bella e malinconica, fino a poco tempo prima, avrebbe fatto caso solo a una al centro della pista con il suo cocktail variopinto per soddisfare una voglia fisica.
Notare una Sakura che se ne sta per andare a testa bassa, notare gli occhi verdi velati di tristezza, vuol dire non voler soddisfare solo una voglia fisica.
Sasuke forse non l'ha ancora capito, ma lui sì.
E sorride.


 

2 febbraio, sera.

Sakura si volta visibilmente stupita, trovarsi a fissare Sasuke Uchiha che le appoggia una mano sul gomito per non farla andare via da un locale in cui non stavano neanche parlando è una cosa piuttosto strana.
"Sasuke?" mormora, inarcando le sopracciglia, cercando di capirci qualcosa.
"Non te ne andare".
Quattro parole, solo quattro, ma quelle che l'Haruno aspettava da una vita.
Lo fissa, il verde si allarga di sorpresa, scuote la testa sconvolta.
"Perché?" prova a chiedere, ma infondo sa che non se ne andrà, si sente stupida ma la parte più vera di lei sa che non riuscirà mai ad andarsene e lasciarlo lì, dopo che gli ha chiesto di non farlo.
"Ti prego" risponde solo Sasuke, e neanche lui lo sa che cosa sta facendo, sta dicendo, sta pensando.
C'è un caos di movimenti inconsulti nella sua mente, quando la afferra e la bacia.
Sakura trema e si lascia andare.



 

3 febbraio, pomeriggio.

L'espressione speranzosa di Naruto fa venire male allo stomaco.
"E poi? E poi?" chiede, saltellando sul divano e fissando il suo amico- Dio, è rimasto fermo a quattordici anni.
"E poi che, Uzumaki, e poi che? Devo farti un disegnino?".
Sasuke è improvvisamente di nuovo cinico, di nuovo il classico Sasuke, quello che tutti credono di conoscere.
"Ce ne siamo andati dalla festa, è venuta qua, abbiamo fatto sesso. Contento?" aggiunge, lapidario, prima di alzarsi dal divano.
"E poi?" Naruto è un disco rotto, evidentemente.
"E poi cheee?" grida l'altro, pieno d'ira tutto d'un tratto.
"Perché Sakura non è qui? Perché non sorridi? Perché all'improvviso ti incazzi? E poi vuol dire: che cazzo è successo dopo il sesso?".



 

3 febbraio ormai, piena notte.

I capelli di Sakura sono sparsi sul suo cuscino, lei è bellissima mentre dorme serena, il volto riposato, la pelle bianca e morbida.
Da quant'è che voleva che ciò che è successo succedesse? si chiede Sasuke, fissandola.
Sakura è una da vino bianco, una diversa da tutte le altre, ne ha viste tante di ragazze nel suo letto, ma nessuna gli ha dato queste sensazioni.
Sbuffa, era qualche ora che non lo faceva, mentre pensa che potrebbe diventare una cosa seria, troppo seria.
Non vuole cambiare la sua vita, rinunciare alle cose che ha e che fa per condividerle con qualcun altro, non vuole neanche che qualcuno sia costretto a vivere la tristezza solitaria fatta di sbuffi che vive lui, però.
La sua vita è quella, non cambierà mai, e nessuno può stargli accanto.
Soprattutto non Sakura.
Prima o poi Sakura troverà qualcuno che la amerà e le farà vivere una vita degna.
"Sakura" sussurra, e lei sorride quando sente la sua voce.
"Te ne devi andare".
Quattro parole, un macigno.



 

3 febbraio, pomeriggio.

Altro che ruga di apprensione lieve sulla fronte di Sasuke, adesso la vena che pulsa su quella del suo amico biondo sarebbe evidente a chiunque.
"Sasuke Uchiha!" grida, mentre l'altro si volta a guardare il muro.
"Non puoi pensare di non meritarti niente, stupido, e non puoi trattare così una ragazza che ti ama da una vita, porca troia!" urla, ed è scurrile e arrabbiato, un uragano che corre e spacca tutto, ma ha ragione.
Chiunque, dall'esterno, gli darebbe ragione.
"Tu non conosci davvero le mie motivazioni, Uzumaki" risponde immobile l'altro, sempre senza guardarlo.
"Cos'è, non posso arrivarci? Credi che non possa capire come ci si sente a crescere da soli? Smetti di vedere le cose solo dal tuo punto di vista, stronzo!".
Naruto sbatte la porta e se ne va, una furia rabbiosa e scomposta, uno in grado di mostrare davvero le emozioni.
Sasuke si siede a terra e come sempre sbuffa; se non si costringesse ad essere "se stesso" in ogni momento della giornata, probabilmente piangerebbe.




3 febbraio, sera.

Un bussare scattoso costringe Sakura ad aprire la porta, Naruto è di fronte a lei, evidentemente nervoso, incapace di stare fermo un secondo, si muove perfino sul posto.
"Ciao Nacchan" gli sorride: è struccata e ha da poco smesso di piangere, non deve avere un bell'aspetto, ma aveva bisogno di un amico da abbracciare e Naruto capta sempre tutto, non si sa esattamente come.
Lo abbraccia di slancio e lui a sua volta ricambia l'abbraccio.
Come è forte, la sua amica, che per tanto ha aspettato un gesto del ragazzo più complicato del mondo, che ogni tanto trema ma per la maggior parte del tempo mostra una forza quasi disumana, che gli vuole bene come lui lo vuole a lei- da amici veri, ce n'è voluto di tempo ma l'ha capito.
La porta si chiude dietro di loro.
"Non mi chiedi se è successo qualcosa? Tu ti accorgi di tutto, di solito" domanda la ragazza, e l'altro scuote la testa.
"Lo so già" dichiara, e lei si ferma, si immobilizza proprio.
"Sasuke è uno stronzo" aggiunge, poi, e sono quattro parole forti e veritiere.
"Sasuke è uno stronzo" ripete lei, perché sono le quattro parole che vuole gridare da tutto il giorno.
Naruto sospira, prende fiato a lungo, e poi la guarda.
"Credo che dovresti andare da lui" mormora, e l'altra sgrana gli occhi.
"Che cosa dici? Ti è chiaro che mi ha cacciata dal suo letto alle tre di notte o no?" risponde, già alterata, la giovane.
l'Uzumaki si mette a camminare avanti e indietro.
"Mi è chiaro, Sakura. Ma lui ti ha notata perché sei bella nella tua tristezza, ti ha portata a casa sua perché prova qualcosa per te, ti ha amata davvero stanotte, e ti ha cacciata perché è stronzo ma soprattutto perché è un coglione confuso che non sa come reagire ai sentimenti, che credeva di non poterne mai provare".
I discorsetti di Naruto sono sempre incredibili, fa lo scemo ma è il più intelligente di tutti, Sakura l'ha sempre saputo.
"Non posso mettere da parte l'orgoglio ancora una volta, Naruto" sussurra, piano, la ragazza, con le gambe che già tremano.
"Perché devo fare sempre tutto io?" aggiunge, ancora più instabile.
Naruto le fa una carezza e torna ad abbracciarla.
"Perché sei decisamente più matura e intelligente di lui".




4 febbraio, mattina.

Sasuke apre la porta e sbarra gli occhi, Sakura trema ancora al di là della soglia.
"La prossima volta che mi cacci ti giuro che me ne vado davvero e non torno più" sussurra, e non dice altro.
"Sono uno stronzo, scusa" risponde l'Uchiha, fissando gli occhi scuri nel prato che sono quelli della ragazza.
Quattro parole, sempre quattro, ma questa volta quelle giuste.



///////
Mi interessa
Due paroline rapide: scusate il consueto ritardo, chiedo scusa anche a chi non ama la coppia e spero che apprezziate.
Ringrazio chi c'è e mi segue, vi mando un abbraccio forte.
Scusate anche per la sinteticità di oggi, ma ho mal di pancia (ahah).
Frà

 

 

 

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Capitolo 11
*** Voltare pagina ***


Capitolo undicesimo.
Titolo:  Voltare pagina.
Introduzione: Due amici importanti e molto stretti, una ragazza che fa un po' di confusione, una scelta fatta troppo tempo prima, un matrimonio che incasina tutto, sentimenti che scrosciano come la pioggia e occhi umidi.
Dal testo: Non ha mai riflettuto su ciò che davvero lei significa per lui e solo perdendola così, in un secondo, l'ha capito.
Lui non l'ha mai voltata,quella pagina.
Lui rilegge lo stesso libro da cinque anni.

 NejiTen (e LeeTen)- "A cosa serve la scienza, a che serve il sapere, se la donna che voglio non la posso nemmeno volere".

 

Voltare Pagina



A cosa serve la scienza,

a che serve il sapere

se la donna che voglio

non la posso nemmeno volere
 


Rock Lee si aggiusta la cravatta di fronte a uno specchio, è un momento speciale e la cravatta che nessuno gli ha mai visto indossare prima lo testimonia."Come sto?" domanda, nervoso.
Neji, seduto su una sedia rigida bianca, lo osserva: non è male, molto meglio del solito, si è impegnato parecchio, c'è solo il problema di sempre...
"A parte i capelli, bene" risponde, immobile, mentre l'altro sorride.
Si volta all'improvviso, Rock Lee, e lo abbraccia forte.
Neji è rigido negli abbracci, ma all'amico non è mai importato.
"Rovini lo smoking così" sbuffa lo Hyuga, stritolato dalle braccia del migliore amico che ha.
"Grazie di esserci, Neji" continua a sorridere Rock Lee.
Lo Hyuga annuisce, ma vorrebbe piangere.
 



Neji è cresciuto senza famiglia, con uno zio che non si è mai interessato troppo a lui, con un mondo di sentimenti inespressi dentro, con una maschera rigida di freddezza stantia difficile da togliere.
Neji è cresciuto solo, e Rock Lee è stato l'unico in grado di vedere oltre a quella rigidità, quella compostezza, quell'eleganza smisurata.
Tenten è arrivata solo dopo, a mettere scompiglio nel loro gruppo, e Rock Lee è arrossito appena l'ha vista.
Lo Hyuga capisce perché gli sia piaciuta subito: Tenten è sempre stata la ragazza della porta accanto all'apparenza ma un uragano di follia e felicità dentro, Tenten li ha resi migliori, più rilassati.
Rock Lee gli ha confessato di essersi preso una cotta quando avevano sedici anni e da allora ci ha sempre provato incessantemente, senza arrendersi mai.
A diciannove anni, su una spiaggia deserta, mentre il terzo membro del loro gruppo dormiva, Tenten aveva baciato Neji.
Neji aveva baciato Tenten.
Poi però le aveva detto che non poteva ferire Rock Lee- tutti, ma non lui.
Lei aveva capito, aveva un po' pianto fingendo l'allegria e poi aveva voltato pagina, scoprendo quanto è bello essere cercata e corteggiata, finendo con l'innamorarsi proprio del ragazzo dalle sopracciglia spesse, quello buffo con il cuore grande.
Tenten aveva voltato pagina.
Neji forse no.



Il gran giorno è arrivato, sembrava lontanissimo ma invece è arrivato, sono tutti presenti.
Ino ha un abito troppo corto che Shikamaru non sembra gradire, Sakura è vestita di rosso e Kiba sembra non avere troppo chiaro il concetto di eleganza.
Ci sono proprio tutti, compreso Neji, seduto davanti, tra i testimoni dello sposo.
Vorrebbe andarsene, quando Tenten entra, vorrebbe davvero fuggire via, perché lei è bellissima, da togliere il fiato, e lui è troppo riflessivo, se fosse impulsivo correrebbe a baciarla in mezzo alla chiesa dove si sta sposando con un altro.
Resta immobile, Neji Hyuga, ma ha un terremoto dentro.
Prima di arrivare da Rock Lee, Tenten lo guarda.
Non è una sua impressione, lo guarda proprio, scrutandolo dentro come sa fare solo lei.
Una lacrima minuscola e invisibile le sfugge dall'occhio sinistro.
Una lacrima invisibile che Neji vede.




Il "Sì" di Tenten è un attimo di smarrimento, ma se lo aspettava.
Se Tenten fa una cosa è perché la vuole fare, se sposa Rock Lee è perché lo ama, non fa le cose a caso come lui.
Gli sposi si baciano e tutti gridano e applaudono felici, mentre Neji sa che una piccola parte di se' è fuggita lontana.
Al ricevimento vuole un momento per parlare con Tenten, un istante solo, un secondo per dirle addio.
Non ha mai riflettuto su ciò che davvero lei significa per lui e solo perdendola così, in un secondo, l'ha capito.
Lui non l'ha mai voltata, quella pagina.
Lui rilegge lo stesso libro da cinque anni.



 


 

Tenten, da lontano, gli fa cenno di seguirla fuori, e lui lo fa.
Si ritrovano loro due, sotto a una pioggia scrosciante, fuori dal matrimonio di lei, inizialmente in silenzio.
Una situazione assurda.
"Tenten".
Neji non l'ha mai guardata così, ha aspettato per anni che lo facesse e non è mai successo.
"Ti cercavo con lo sguardo perché volevo dirti addio" aggiunge, poco dopo, e la pioggia gli bagna i capelli e offusca la vista, ma non importa.
Nessuna sposa se ne sta a farsi bagnare in mezzo a un giardino nel giorno più bello della sua vita- in teoria- ma Tenten lo fa, e capisce anche la frase di Neji, non gli dice "addio in che senso? ci vedremo lo stesso", comprende cosa lui intende davvero e l'ha sempre fatto, le riesce naturale.
"Ti ho amato tanto, più di ogni altra cosa al mondo" mormora piano, e lo guarda come l'ha sempre guardato- solo che lui non se ne è mai accorto.
"Solo che ora amo più lui" aggiunge alla fine, e lo Hyuga annuisce- già lo sapeva.
Anche se quel "più" stona, anche se il fatto che manchi da mezz'ora dalla sua cerimonia è piuttosto strano, anche se lo guarda come lo guarda, Neji sa che ha perso il suo treno tanto tempo prima.
Lei ama Rock Lee, lui gli vuole un bene infinito.
Loro si meritano a vicenda.
Ne è davvero convinto, però la bacia.
Tenten chiude gli occhi, mentre si lascia baciare.
Lo sanno entrambi che cos'è quello: il bacio d'addio.




Prima di tornare alla sua cerimonia, Tenten corre nella sua macchina a cambiarsi d'abito: il vestito si è inzuppato troppo, e poi immaginava di cambiarsi per il ricevimento, prima o poi.
Si infila rapidamente un abitino azzurro, esce dalla macchina e rientra nel luogo in cui tutti la aspettano, giustificando neanche troppo bene l'ora che ha passato fuori con un "mi sono cambiata".
Neji lascia che la pioggia continui a scorrergli addosso, mentre si siede a terra.
I suoi sentimenti esplodono tutti insieme in un pianto disperato.
Piange a lungo, cerca di calmarsi, pensa a Rock Lee e a tutto ciò che ha significato per la sua vita, prende fiato e torna dentro.




Rock Lee tiene banco, racconta una storiella stupida delle sue, quando Neji torna dentro la sala, completamente bagnato e visibilmente scosso.
Allo sguardo interrogativo del primo, il secondo risponde con un abbraccio.
Un abbraccio forte, sentito, quel tipo di abbraccio che lo Hyuga non è mai riuscito a regalare a nessuno.
"Ti voglio bene, amico" dice piano il ragazzo bagnato, mentre l'amico in questione cerca di non commuoversi troppo.
Neji non è uno che mostra i suoi sentimenti, ma prima o poi vengono fuori.
Tenten li guarda da lontano con gli occhi umidi e pensa che sono bellissimi.







////////////////////
Ovviamente,
Tutta colpa di Freud
Devo confessarvi candidamente che amo questa canzone alla follia per motivi personali, che amo il NejiTen alla follia e questo si sa, che adoro Rock Lee.
Quindi, sì, sono affezionata a questa fic come a poche altre.
Ho sempre un rapporto un po' diverso con gli scritti NejiTen, più complesso e più bello.
Scrivere di loro è, in qualche modo, scrivere di me, ma non preoccupatevi: nessuno si sta sposando mentre faccio la testimone, ahah. 
Spero che vi piacerà, essendoci così legata per me è più complesso affrontare l'assenza di recensioni quindi spero sinceramente che non accadrà.
Vi ringrazio in anticipo se siete arrivati fin qua, e soprattutto se commentate anche con cinque parole.
Un abbraccio.
Frà

 

 

 

 

 


 

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Capitolo 12
*** Malissimo ***


Capitolo dodicesimo.
Titolo:  Malissimo
Introduzione: Un dolore grande difficile da condividere, un dramma pesante che smuove tutto, un urlo di disperazione e un abbraccio infinito di amore e di dolore. 
Dal testo: Perché lui era il giovane sempre speranzoso, quello che mai si sarebbe dato per vinto, che avrebbe continuato a sorridere a qualsiasi costo, ma ora è un'altra persona.
Una persona che non reagisce più, una che pensa che reagire non serva a niente.
"Tu come stai?".
Quando Sakura perde le speranze, ecco che Naruto la sorprende, pensando per un secondo a lei, tornando anche solo un attimo a essere quello che mette sempre gli altri davanti a se'.
"Malissimo".

NaruSaku- "a domandarti come stai si corre sempre un certo rischio, il rischio che risponderai, e questo certamente sai non è previsto".
Avvertimenti: tristezza spalmabile sul pane. 

 

Malissimo
 

 

A domandarti come stai si corre sempre un certo rischio,
Il rischio che risponderai
e questo certamente sai non è previsto.


 

Negli occhi di Naruto c'è un calma piatta da mare liscio, senza increspature.
Sakura lo guarda osservare il mondo da una finestra, immobile e insicuro come non è mai stato.
Ha paura che ricambi lo sguardo, paura di essere investita da tutta quella rabbia, da tutto quel dolore, da tutto quello.
"Come stai?".
Lo domanda con un filo di voce, la paura le annebbia la vista: sa che non le risponderà "bene" solo per farla felice, sa già che l'Uzumaki non perde mai la sua proverbiale sincerità.
Naruto si volta a guardarla, la tristezza dei suoi occhi belli la investe nel profondo.
"Malissimo".
Sakura se la aspettava, la risposta, ma non si aspettava l'instabilità delle sue gambe, la sua voglia di piangere e gridare.
Sasuke portava a casa Naruto- lo portava da lei- quando quel furgone non aveva rispettato lo stop.
Sasuke ora era in un letto d'ospedale immobile: coma profondo.
Naruto, invece, ne era uscito abbastanza illeso, almeno fisicamente.
"Lo sai che non è colpa tua, vero?".
l'Haruno riesce ad alzarsi e neanche sa come, poi raggiunge l'amico e si siede accanto a lui, prendendo una sedia e mettendosi a guardare il sole fuori dalla finestra.
"Non cambia un cazzo, Sakura".
La risposta del ragazzo biondo è una coltellata in pieno petto sferrata con un coltello a punta.
Perché lui era il giovane sempre speranzoso, quello che mai si sarebbe dato per vinto, che avrebbe continuato a sorridere a qualsiasi costo, ma ora è un'altra persona.
Una persona che non reagisce più, una che pensa che reagire non serva a niente.
"Tu come stai?".
Quando Sakura perde le speranze, ecco che Naruto la sorprende, pensando per un secondo a lei, tornando anche solo un attimo a essere quello che mette sempre gli altri davanti a se'.
"Malissimo".
Sakura lo dice e scoppia a piangere: uno dei suoi amici è in ospedale e probabilmente morirà, l'altro è morto dentro, a lei non resta niente.
Si alza e a fatica fa qualche passo, per posizionarsi davanti a Naruto e guardarlo negli occhi di nuovo.
"Per favore, non lasciarmi fuori dal tuo dolore. Non te ne andare anche tu" dice, cercando di non piangere più.
Naruto la guarda e scuote la testa: perché si vuole addolorare maggiormente? Perché non riesce a lasciarlo soffrire da solo?
"Sto malissimo, Sakura, malissimo davvero, non ti conviene starmi accanto ora" mormora piano, ma lei non lo ascolta e si piega sulle ginocchia poggiando le mani sulle sue gambe.
"Anche io sto male, non può essere peggio di così" risponde, annuendo convinta.
L'Uzumaki chiude gli occhi, poi li riapre e sono lucidi di lacrime difficili da tirare fuori.
"Perché tutti quelli intorno a me devono sempre morire?".
Naruto esterna il suo pensiero più intimo e poi inizia a urlare.
I suoi genitori, il suo maestro Jiraya, adesso il suo amico: tutti.
L'urlo scuote tutto, rimescola la polvere e le emozioni, è un urlo che dura un'infinità di tempo, un urlo isterico di sfogo violento.
Sakura guarda il suo amico tirare fuori il dolore che per una vita intera ha nascosto, si alza e corre ad abbracciarlo.
Nell'abbraccio, Naruto continua a divincolarsi per un po', poi sembra calmarsi leggermente e la abbraccia a sua volta.
Non si capisce neanche chi tra loro stia piangendo di più.
"Ti amo".
l'Haruno soffia queste parole sul collo dell'altro, e non lo fa per pena, lo fa perché è vero, perché il suo dolore la distrugge e perché ha bisogno che non se ne vada, perché lo ama da sempre ma non lo hai capito prima.
"Non morire, Sakura, ti prego" risponde l'altro, e la bacia con una forza che mischia l'amore al dolore in un unico sentimento sconclusionato.
La ragazza si aggrappa forte all'amico di sempre e lui, a sua volta, la stringe con un'intensità fuori dal normale.
"Come stai?".
Quando il bacio finisce, l'abbraccio non cessa, il bisogno di stringersi resta comunque.
"Sempre male, e tu?".
"Sempre male".
"In due però forse è meglio".
"Ti amo anche io".




//
In primis, Sornione (che è Silvestri ma è anche Fabi, per giustizia sociale lo scrivo anche qui nel caso non apriste il link)
Salve^^
Sono in piena sessione d'esame e molto in crisi, sono incasinatissima e fuori fase, ma oggi ho deciso di pubblicare per distrarmi un atimo.
Spero che non sia eccessivo il dramma, questa è una raccolta mista in cui ogni tanto ci sono anche fic tristi (ma prima o poi avremo una NaruSaku felice, giuro!).
Ringrazio chiunque mi segua, chi mi aspetta e chi commenta.
Siete fantastici e non so se me lo merito.
Vi mando un abbraccio sincero e torno ai miei studi.
Frà

 

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Capitolo 13
*** Vino rosso ***


Amarsi in modo cosmico.


Capitolo tredicesimo.
Titolo:  Vino rosso
Introduzione: Un malessere comune, un bel po' di vino, due motivazioni diverse per lo stesso sguardo arrabbiato, un incantesimo che nessuno si aspettava, un finale dolce come il vino rosso.
Dalla fic: Le loro storie sono distanti, lontane anni luce, diverse da ogni angolazione.
Eppure non si direbbe, guardandoli mentre condividono una bottiglia di vino chiesta al cameriere, guardandoli mentre trasformano la rabbia in un momento di calma.

SasuHina-"e rabbia per proseguire, e vino e vino"


 
13: Vino rosso.

 
e rabbia 
per proseguire 
e vino e vino 


 
Naruto e Sakura sono radiosi, al centro del locale, e ballano guardandosi negli occhi.
Non sono neanche particolarmente affettuosi ma si guardano in un modo che basta a spiegare come stanno le cose.
Basta a far venire da vomitare a Sasuke.
"Rosso".
Il cameriere riempie un bicchiere seguendo un ordine chiaro e deciso, il ragazzo che ha di fronte sembra solo volersi immergere in una sbronza colossale.
"Anche io".
Una vocina timorosa, un tono chiaro e imprevisto, giunge all'improvviso, e una ragazza minuta dalla frangia scomposta prende posto accanto all'altro.
Hinata si siede lì perché non vuole più vedere l'amarsi di Naruto e di Sakura, che è evidente anche solo a guardarli accanto.
"Fastidio, eh?".
Sasuke ha un tono ironico e stronzo, mentre sorseggia il suo vino, le sopracciglia aggrottate tradiscono un fastidio anche dalla sua parte.
"Un po'... e tu?" risponde Hinata, guardandolo, e buttando giù un sorso di vino- il sapore è forte, non sa se le piace.
L'altro non risponde, finisce il vino e fa un cenno al cameriere per averne ancora.
"Insomma, a me piace Naruto ma t-tu...tu che problema hai? S-se volevi Sakura bastava che glielo facessi capire qualche anno fa" mormora la Hyuga, e guarda l'Uchiha che la osserva stupito, sulla faccia un'espressione decisamente sorpresa.
In tutta risposta, un riso amaro si dipinge sul volto del ragazzo.
"Domanda interessante, Hyuga. Non è Sakura il problema" risponde, serio, e Hinata alza gli occhi al cielo.
"Naruto? il problema è...Naruto?" domanda, sbigottita, e l'altro scoppia a ridere- sarà il vino.
"No, è solo che...".
Sasuke ci prova, a spiegarsi, ma non ci riesce, non crede di farcela.
la ragazza seduta accanto a lui finisce il vino- che forse ora le piace- e aspetta che parli.
"Invidio la felicità. Io non sono in grado di essere così" finalmente dice qualcosa, l'Uchiha, e non si aspettava davvero di fare una confidenza del genere a Hinata.
La giovane in questione gli sorride, si vede che è sincero.
"Dovresti mettere da parte tutto ciò che credi di sapere su di te, e mettere via anche la rabbia del tuo passato, poi vedrai che sarai felice" dichiara, e non è mai stata così sciolta a parlare con qualcuno.
"Sei saggia, tu, eh?" constata l'altro, mentre annuisce.
"Credo sia il vino".




Sasuke Uchiha è un ragazzo complesso che si nega la felicità da sempre, crede di non poterla avere.
Hinata Hyuga è una ragazza dolce che si innamora troppo intensamente e poi finisce per restare delusa.
Le loro storie sono distanti, lontane anni luce, diverse da ogni angolazione.
Eppure non si direbbe, guardandoli mentre condividono una bottiglia di vino chiesta al cameriere, guardandoli mentre trasformano la rabbia in un momento di calma.
Sasuke, poi, parla, all'improvviso si mette a parlare, e non lo fa mai, e anche Hinata non balbetta e non trema,  lo farà quando ci ripenserà ma sul momento si limita a rispondere a tono.
Se ne stanno lì, a quel bancone, perché l'immagine di Naruto e Sakura li disturba per motivi diversi, solo che a un certo punto Naruto e Sakura se ne vanno e nessuno dei due se ne accorge.




"Scusatemi, il locale sta per chiudere".
Il cameriere sorride mentre i due tirano fuori i soldi per pagare il vino- Sasuke non finge di offrirlo ad Hinata, le fa pagare la sua parte, perché Sasuke è Sasuke e alla fine sono una cosa complessa scoppiata una sera, ma qualunque cosa sia è riconducibile all'amicizia.
La Hyuga si volta e solo quando stanno per essere buttati fuori dal luogo in cui sono si accorge che non c'è più nessuno nel locale- di quale magia oscura è stata vittima?
Usciti dalla porta rossa, i due si mettono a camminare a caso, in silenzio.
"Serata strana, eh?".
Sasuke la guarda con serietà, la sua non è una battuta, è una constatazione.
"Un po'. Almeno la rabbia se n'è andata" articola Hinata, e lo guarda sedersi sul gradino di una casa qualsiasi, poco prima di fare lo stesso.
"Questo è per te" sussurra il ragazzo, porgendole una bottiglia di vino "Perché ti fa bene scioglierti, diventi saggia".
La Hyuga sorride e arrossisce, prende il vino mentre l'altro si alza in piedi.
"Ciao, Hinata" dice, prima di mettersi a camminare verso casa sua.
"Se te ne vai così e mi lasci qui da solo sei uno stronzo" sussurra piano la ragazza, rossa per l'imbarazzo e perché credeva che la avrebbe almeno accompagnata a casa.
"Lo sai che lo sono" grida di rimando l'Uchiha, senza voltarsi.
"No, oggi ho capito che non lo sei".
La risposta è inaspettata, sicura, ferma.
Sasuke finalmente si volta.
Quando Hinata gli corre incontro, non sa che reazione avrà, ma è il suo corpo a reagire prima che la mente elabori qualcosa.
Mentre si baciano, il vino sfugge dalle mani instabili della Hyuga, ma nessuno dei due se ne accorge.
La rabbia finisce a terra insieme al rosso del vino.






///
Salve a tutti!
Intanto, cercate "Uno-duè", la canzone di Daniele Silvestri da cui è tratta la frase ispiratrice di questa fic, non vi posto il video perché non ho trovato video ufficiali.


Poi...
Scusatemi.
Davvero tanto.
Potrei giustificarmi, sto dando degli esami importanti e sono impegnata, ma ho avuto soprattutto il momento di crisi che arriva sempre, prima o poi, quando pubblico roba.
Vi ringrazio se avete la pazienza di seguirmi e aspettarmi, capirmi e incoraggiarmi.
Vi mando un abbraccio forte, e prometto che questa raccolta la porterò a termine.
A presto.



Frà.



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Capitolo 14
*** L'inutile vaso delle cose non dette ***


Amarsi in modo cosmico.


Capitolo quattordicesimo.
Titolo:  L'inutile vaso delle cose non dette.
Introduzione:Una ragazza che instaura qualche dubbio, un sacco di riflessioni sul passato, paure presenti e passate, punti di vista che in pochi riescono a capire, ringraziamenti che arrivano tardi, porte che si chiudono alle spalle ma che nessuno nota.
Dalla fic: Possibile che sia bastata una frase buttata lì a caso da una ragazza sbronza per metterlo così in crisi? Possibile che bastasse una goccia così stupida, per far traboccare il suo inutile vaso delle cose non dette?
Naruto si è sempre messo a guardare le cose dal suo punto di vista, sempre, anche quando il senso comune suggeriva altro.

SasuNaru-"Gino ha i miei stessi punti di vista e per adesso mi basta".

 

14: L'inutile vaso delle cose non dette.

 
"Gino ha i miei stessi punti di vista e 
per adesso
mi basta"

 

Ino ha una risata fastidiosa, da ubriaca.
Una di quelle risate che fanno voltare tutti, ma lei in qualche modo l'attenzione la attira sempre.
"Io l'ho capito, sai, perché mi hai sempre snobbata" grida, fissando un apatico Sasuke che la guarda di rimando come si guardano i pazzi.
"Ho capito anche perché snobbi pure Sakura" aggiunge, poco dopo, sempre con lo stesso tono di voce.
Shikamaru e Choji arrivano a trascinarla via, uno la prende per un braccio e uno per l'altro, con gli occhi si scusano con l'Uchiha.
La illuminante deduzione di Ino, però, Sasuke la sente lo stesso.
"Perché tu sei gay. O forse non lo sei, però ami Naruto, e lui ricambia".




La riflessione  nasce spontanea: ogni volta che fa una delle sue stronzate,  Naruto lo difende a spada tratta, lo va a prendere, lo riporta a casa.
Naruto è cresciuto in un orfanotrofio, Sasuke ha perso i genitori a sei anni; le loro vite, a livello di dolore emotivo, sono simili, eppure non si è mai spiegato come sia sempre e solo stato lui ad aver bisogno dell'altro.
A sedici anni Sasuke era fuggito da Khonoa con uno zaino con dentro poco e niente. 
 Naruto sapeva dove sarebbe andato e si era fatto portare in macchina dal suo tutore, Iruka, fino alla casa in montagna in cui l'Uchiha aveva passato le vacanze dei pochi anni felici della sua infanzia.
A diciotto anni Sasuke era caduto svenuto in mezzo a una pista da ballo, nessuno aveva mai capito se la pasticca che aveva in corpo l'aveva presa consapevolmente o no, ma al risveglio all'ospedale c'era Naruto e parlava di cose stupide per farlo distrarre.
A ventun anni Sasuke- sempre lui, sì- aveva deciso di mollare l'università, prima che Naruto gli facesse capire che ormai mancava poco alla fine, che ce la poteva fare, che credeva in lui.
Già.
Ogni volta che fa una delle sue stronzate, Naruto lo difende a spada tratta, lo va a prendere, lo riporta a casa.
E lui un grazie sincero non glielo ha mai riservato.
Forse perché non ama ringraziare, in generale.
O forse perché Ino ha ragione, e se dicesse "grazie" ha paura che uscirebbe anche quel "ti amo" che cova nella sua mente da chissà quanto.




Con le cuffie nelle orecchie, Sasuke cammina su un marciapiede affollato ma i suoi occhi non sono attenti a nessuno dei passanti, è concentrato su altri pensieri.
Possibile che sia bastata una frase buttata lì a caso da una ragazza sbronza per metterlo così in crisi? Possibile che bastasse una goccia così stupida, per far traboccare il suo inutile vaso delle cose non dette?
Naruto si è sempre messo a guardare le cose dal suo punto di vista, sempre, anche quando il senso comune suggeriva altro.
A diciotto anni, in particolare, tutti sostenevano che si volesse suicidare, che fosse problematico, che avesse bisogno di discorsi sull'importanza della vita.
Quella pasticca l'aveva presa volontariamente, non l'aveva mai ammesso neanche a se' stesso prima di questo momento, ma non voleva suicidarsi, voleva solo spegnere il cervello per un secondo.
Naruto era stato l'unico, l'unico, capace di guardare dentro ai suoi occhi e di vederci il dolore e la voglia di dimenticarselo per un attimo, l'unico che si era messo a parlare di altre cose e poi lo aveva abbracciato forte anche se pensava che l'avrebbe scacciato- figurati se Sasuke Uchiha abbraccia qualcuno.
E invece sì. Lui l'aveva abbracciato a sua volta, poi l'aveva addirittura baciato.




Dato quel bacio, a diciotto anni, l'Uchiha era fuggito via, lontano, e non nessuno ne aveva più parlato: a Sasuke e a Naruto le ragazze erano sempre piaciute, loro non erano gay, però erano loro, loro due, gli unici in grado di comprendersi.
Dopo il discorso stupido di una ragazza ubriaca dalla voce squillante, qualche anno dopo, Sasuke ha le cuffie nelle orecchie e lo sguardo perso nel vuoto.
Quando smette di pensare, si guarda attorno e scopre di essere di fronte a quella che da un anno è la casa di Naruto.
I suoi piedi, esattamente come tutto il resto, sanno benissimo cosa vogliono.




Naruto apre la porta al primo squillo stridulo del campanello, poi osserva curioso l'amico all'ingresso.
"Come stai, Sasuke?  Non ci vediamo da un po', vero? Vuoi uscire stasera? Qui vicino mi hanno detto che c'è un posto in cui il ramen costa poco".
Naruto è una macchinetta che sforna parole in continuazione, è così da sempre; logorroico e instabile come nessun altro, eppure fondamentale e sempre presente.
"Stai zitto".
Sasuke interrompe il flusso di parole dell'altro, che un minimo si acciglia, prima che l'Uchiha lo baci.
Rispondere a tono a un bacio del genere è facile e naturale, per quanto si siano sforzati tutta una vita di pensare che non fosse così.
Quando si staccano, Naruto ha le guance rosse- e lui non si imbarazza mai.
"Mi sa che non ti avevo mai ringraziato per gli ultimi vent'anni di amicizia" dice l'Uchiha, poco dopo la fine del bacio.
La porta si chiude dietro di loro per un colpo di vento, loro sono fuori e fa freddo, l'Uzumaki è anche senza giubbotto, ma non sembrano neanche notarli, tutti quei fattori spaziali e atmosferici.
"Non è mai stata amicizia".




Choji guarda Ino e scoppia a ridere, Shikamaru scuote la testa e borbotta frasi sconnesse.
"Ino-chan, dovresti smetterla di fingerti ubriaca per dire agli altri le cose che pensi davvero" continua a ridacchiare l'Akimichi, mentre l'amica alza le spalle.
"Ma cosa dici, Cho? Senza di me qui nessuno si accorgerebbe di cose palesi, dammi retta!"




///
Gino e l'Alfetta.

Ciao gente!
Ormai non mi scuso più per i miei ritardi, altrimenti divento pure ripetitiva, oltre che ritardataria.
Naruto e Sasuke, nella mia mente, sono tormentati, che volete farci, le mie fic su di loro hanno punti in comune tangibili, ma spero che non vi dia fastidio.
Ringrazio chi mi segue con costanza e chi saltuariamente, chi commenta e mi fa sorridere e chi sorride mentre legge.
Oggi sono di fretta, ma meritereste qualche parola in più.
Vi mando un abbraccio sperando che sia abbastanza.
Alla prossima.

Frà.

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Capitolo 15
*** Fatti al contrario. ***


Amarsi in modo cosmico.


Capitolo quindicesimo.
Titolo:
 Fatti al contrario.
Introduzione: Una coppia consolidata che non è una coppia facile, un lui troppo silenzio e troppo poco assenso, una lei che reagisce all'improvviso e cambia espressione in mezzo secondo, una lite infinita che probabilmente resterà tale
Dalla fic: "Non ho ancora trovato una cosa su cui siamo d'accordo! Siamo l'uno il contrario dell'altra, ti sembra normale?" aggiunge, parlando da sola come sempre, o almeno come la maggior parte del tempo.
"Non lo sapevi quando è iniziata la nostra storia?".
Sasuke è acido più che mai, quando dice cose del genere.
"Questo che c'entra?".

SasuSaku-"Sei soltanto il mio contrario ma questo già lo sai".




15: Fatti al contrario.
"Sei soltando il mio contrario
ma questo
già lo sai"

Ogni volta che litigano sembra che in casa sia scoppiata una bomba.
A guardarli da fuori, un occhio estraneo potrebbe pensare che sia successo qualcosa di grave, non una classica lite di coppia di quelle che prima o poi capitano a tutti.
Sakura se ne sta seduta su una sedia in cucina, con gli occhi fissa il frigorifero chiuso, incantata.
Sasuke è nella stessa posizione, ma in sala da pranzo, lo sguardo basso rivolto ai suoi piedi.
"Con te è tutto faticoso. Tutto!" annuncia Sakura, da una stanza all'altra, perché non ne può più del silenzio.
Vivere con un ragazzo che sta sempre zitto è complicatissimo, anche perché quasi mai il silenzio di Sasuke segue la regola del silenzio-assenso, di solito è un silenzio stizzito di chi la pensa sempre in modo opposto a te.
"Non ho ancora trovato una cosa su cui siamo d'accordo! Siamo l'uno il contrario dell'altra, ti sembra normale?" aggiunge, parlando da sola come sempre, o almeno come la maggior parte del tempo.
"Non lo sapevi quando è iniziata la nostra storia?".
Sasuke è acido più che mai, quando dice cose del genere.
"Questo che c'entra?".
L'Haruno varca la soglia del salotto e si mette a fissarlo con le mani sui fianchi, arrabbiata ogni momento di più.
"Se ti fossi fidanzata con Naruto sareste stati bene insieme, entrambi felici per ogni cazzata" continua con l'acidità l'Uchiha, mentre la sua ragazza- sempre che non se ne vada lasciandolo- assottiglia gli occhi riducendoli a una fessura.
"Perché sei sempre così stronzo?" mormora poi, sfinita.
"Io sono realista, sei tu che, come quel coglione di Uzumaki, pensi di vivere nel mondo delle fiabe".
Sasuke si alza e glielo dice proprio in faccia, ciò che pensa.
Sakura non ce la fa più, non riesce assolutamente a resistere, mentre riflette sul fatto che nessun'altra scelta sarebbe stata più complessa di quella che ha fatto, del ragazzo che ha voluto e ha aspettato, che ha desiderato con tutte le sue forze.
Del ragazzo che ama, comunque e sempre, anche a volte tira fuori il lato più violento di lei.
Tipo adesso.
Splat.





Lo schiaffo fa più rumore che altro, ferisce sempre più nell'orgoglio che a livello fisico.
Sasuke non se lo aspettava proprio- come le è venuto in mente?
Sakura lo tira e si sfoga, poi guarda la reazione del suo ragazzo- sempre che non se ne vada lasciandola- e d'improvviso scoppia a ridere.
Ride, ride forte e d'un tratto, ride con le lacrime che scendono dagli occhi, tenendosi la pancia perché le fanno male gli addominali.
"Si può sapere perché ora stai ridendo?".
Sasuke si gratta la testa- è confuso, non ci capisce niente.
"La tua faccia era...ahahahahahahah, tu proprio quello schiaffo non te l'aspettavi!" continua a ridere la ragazza, mentre l'Uchiha resta fermo nel suo non capire la situazione.
"Vedi, Sasuke, se mi fossi messa con Naruto non mi sarei divertita così. Lui lo schiaffo se lo sarebbe aspettato, si sarebbe scansato, non avrebbe avuto la tua faccia stupita".
l'Haruno riesce ad articolare una frase intera dopo cinque minuti di risata, ed è complesso.
"Non riuscirò mai a capirti" alza le spalle il ragazzo, che conserva ancora una parte di quell'espressione di sopresa e stupore misto a confusione che ha provocato tanta ilarità.
"Neanche io, siamo fatti al contrario".





"Sasuke?".
Sakura si siede accanto al suo ragazzo- per il momento, lo è ancora- e lui senza pensarci troppo le mette in automatico un braccio intorno alle spalle.
"Mh?".
"Tu te lo ricordi il motivo iniziale della lite di oggi?".
"...No, e tu".
"No!".
"Tanto, Sakura, litigheremo ancora domani..."




///
L'avversario.
(Fabi-Silvestri-Gazzè)

Buonasera!
Ormai non vi chiedo più scusa perché sono monotona.
Spero che gradirete questa fic e che non vi siate stufati di questa raccolta.
Prima o poi aggiorno sempre, non disperate.
Vi mando un abbraccio.


Frà

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Capitolo 16
*** Gli incantesimi sconvolgono la vita ***


Amarsi in modo cosmico.


Capitolo sedicesimo.
Titolo:  Gli incantesimi sconvolgono la vita.
Introduzione: Un party di beneficenza in cui si balla, un ragazzo famoso che fa la sua comparsa, un paio di paparazzi, uno sguardo che dura decisamente troppo, una confidenza in bagno, una coppia su cui nessuno avrebbe scommesso.
Dalla fic: Dopo il sesso pensava che lui la avrebbe mollata per prendersi un nuovo giocattolo, ma non era successo, anzi.
Tutti tendono a sopravvalutarla, la stronzaggine di Sasuke Uchiha.
"Mi tratta benissimo, Tennie. Sembra... i-irreale".

SasuHina-"Io che volevo e che volevo conquistare il mondo, della mia vita precedente nemmeno mi rammento".


 
16: Gli incantesimi stravolgono la vita.
 
"Io che volevo e che volevo conquistare il mondo
Della mia vita precedente nemmeno mi rammento"





 

Il party di beneficenza è un insieme scomposto di persone vestite in modo elegante che sussurrano, un mormorio continuo dal sapore di gossip.
Tutti, a Khonoa, si chiedono se per quest'evento si farà vivo Sasuke Uchiha, chiunque crede che non succederà, che non sia possibile.
Quando il ragazzo in questione varca la soglia, i mormorii cessano all'improvviso e lui alza gli occhi al cielo: tutta questa attenzione concentrata su di se' lo snerva.




Sasuke Uchiha attira lo sguardo di tutti perché in due anni è riuscito a diventare un uomo di successo.
Aveva scommesso tutti i soldi che aveva producendo un film destinato al fallimento e, mentre chiunque gli dava del pazzo, il film aveva sopreso e coinvolto tutti.
Con il doppio dei soldi, si era improvvisato agente di cause disperate che poi diventavano sempre artisti famosi, manager che dava consigli saggi, organizzatore di eventi puntualmente frequentatissimi, tutto fare multitasking costantemente di successo.
In due anni l'Uchiha era diventato uno degli uomini di punta dello spettacolo a livello mondiale e, quando tutti gli chiedevano perché non smettesse di fare scommesse azzardate e non si godesse il quantitativo improbabile di soldi guadagnati, lui diceva che un altro al posto suo si sarebbe accontentato, ma lui no, lui sarebbe sempre andato avanti.
Sembrava che volesse conquistare il mondo, questo ragazzino serio di venticinque anni che a ventitrè invece di andare in discoteca aveva scommesso su un film.
Sembrava che niente al mondo lo avrebbe fermato.
Però poi, proprio a metà dei suoi venticinque  anni, Sasuke Uchiha era scomparso dalla scena mondiale.
Riappariva ora, dopo un anno intero, a un evento di beneficenza fatto nel suo paese originario, bello e serio come sempre, ma forse lievemente diverso.




I pochi giornalisti presenti nella sala saltano dalla gioia: nessuno si aspettava che si sarebbe davvero fatto vivo.
Solo se qualcuno tirasse fuori una pistola, probabilmente, gli sguardi si sposterebbero dalla star del posto.
Sasuke sa che deve essere impassibile come sempre, che non può tradirsi, deve passare una serata a fissarsi le scarpe per non far capire a nessuno a che cosa sta pensando.
Sa bene come si deve comportare, ma ad un tratto pare scordarselo, perché i suoi occhi vengono attirati dall'entrata del locale.





Hinata si guarda attorno sconvolta: perché tutti la guardano? ha un pezzo di carta igienica attaccato alle scarpe? Il vestito che le sue amiche l'hanno convinta a comprare è troppo appariscente? che problema c'è? Non è abituata a tanta gente che la fissa, arrossisce fino a diventare bordot e incrocia gli occhi di Sasuke giusto un attimo, prima che Tenten la trascini in bagno per un braccio.





"Da quant'è che va avanti?".
Tenten ha uno sguardo curioso e indagatore, vorrebbe sembrare nervosa perché non ha ricevuto alcuna confidenza dall'amica ma gli occhi brillano di empatia, perché Hinata si merita della felicità e lei l'ha intravista, in quella sala.
"Cosa?".
"Hinata, ti prego! Tutti hanno visto come ti guardava, io ho visto pure come tu guardavi lui, c'era una specie di incantesimo nell'aria".
La castana si guarda allo specchio mentre aspetta che la Hyuga risponda.
"Un anno".
La risposta è sussurrata pianissimo, ma l'altra la sente e si mette a saltare sul posto.
"Oddio! che bello! ma... come va? ti tratta bene?" domanda dopo qualche salto, fermandosi a riflettere mezzo secondo.
Hinata sa perché glielo chiede: lui è quello stronzo, lo è da sempre e lo sarà sempre, almeno per l'opinione pubblica.
Con lei è stato freddo all'inizio, un po' in disparte, ma stronzo mai.
Tra loro si è instaurata un'alchimia di quelle quasi magiche, Tenten ha ragione quando parla di incantesimi, perché sono due persone che non parlano molto che insieme riescono a dimostrarsi sentimenti.
Tutto è iniziato per caso, una sera in cui si sono presi una birra insieme, è continuato per qualche giorno e poi arrivato al sesso, sesso passionale che Hinata non aveva mai davvero conosciuto, non così almeno.
Dopo il sesso pensava che lui la avrebbe mollata per prendersi un nuovo giocattolo, ma non era successo, anzi.
Tutti tendono a sopravvalutarla, la stronzaggine di Sasuke Uchiha.
"Mi tratta benissimo, Tennie. Sembra... i-irreale".
Hinata annuisce, l'amica la abbraccia forte e sorride.
"Ci voleva la sua capacità di azzardare, per scommettere su voi due".





Hinata studia per diventare maestra: è sempre stato quello, il suo sogno, niente a che vedere con il mondo dello spettacolo o con la conquista di tutti.
Quando esce dal bagno in cui Tenten l'ha costretta mezz'ora, lo sguardo potente di un certo ragazzo la imprigiona in mezzo minuto.
C'è una canzone in sottofondo, tutti ballano, lei gli si avvicina e lui le poggia le mani sui fianchi, poi iniziano a muoversi a tempo.
Nessuno dei due ha ancora detto una parola, in realtà non ce n'è bisogno.
Però poi le foto che tutti  scattano loro in continuazione fanno venire in mente a Hinata che non gli ha ancora chiesto una cosa.
"L'hai mollata per me, la tua vita di prima?" sussurra, sempre timida ma senza balbettare- lui la rende sicura.
Sasuke Uchiha piega la testa mentre pensa, la guarda a lungo e poi le risponde.
"Sono felice della mia vita di prima, ora però voglio altro. Non l'ho fatto per te, ma per me. Tu mi hai fatto venire voglia di viverne una tranquilla" risponde, con la calma e la sincerità che lo contraddistinguono sempre.
"Io non ti ho chiesto di smettere".
"Lo so, sono io che ho deciso di farlo".
Sasuke e Hinata ballano tranquilli in mezzo a una sala in cui chi ha una macchina fotografica la usa per immortalarli, si guardano e sembrano vittime dell'incantesimo decantato da Tenten poco prima.
Se non fossero entrambi schivi per natura, sarebbe il momento del bacio.





"Hinata?".
"Sì?".
"Scusa se ti ho fissata mentre entravi e se ne sono accorti tutti".








///
Spigolo tondo.
(Fabi-Silvestri-Gazzè)

Buondì, e buone vacanze (nel mio caso sono parzialmente arrivate, evvia!).
Questa fic è molto molto molto AU, e Sasuke a mio parere è anche un po' OOC, ma è stato divertente scriverla. 
Grazie a tutti voi che mi seguite e mi aspettate.
Grazie di tutto, e alla prossima (cercherò di accelerare gli aggiornamenti).

Un bacio.

Frà

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Capitolo 17
*** Un lieve sentore di emozioni contrastanti ***


Amarsi  in modo cosmico.


Capitolo diciassettesimo.
Titolo:  Un lieve sentore di emozioni contrastanti.
Introduzione: Una partenza e un saluto che manca all'appello, un ritorno improvviso e un po' troppi shots, una ragazza da portare in braccio e un letto da condividere in momenti di debolezza alternati, un discorso profondo in un bagno, un po' di vomito meritato.
Dalla fic: Poi la abbraccia, non sa proprio perché lo fa, e lei si aggrappa a lui con una forza fuori dal comune.
"Ti porto a casa, Tenten" mormora, una volta concluso l'abbraccio che zittisce per un secondo la castana.

 NejiTen-"Lo so che non ti piacciono le situazioni in bilico, le cose che succedono, e succedono, lo so"


 
17: Un lieve sentore di emozioni contrastanti.
 
"Lo so che non ti piacciono
le situazioni in bilico
le cose che succedono
e succedono lo so..."

Quando Neji entra nel ristorante, Tenten ordina dieci shot.
Il cameriere la fissa sbigottito, prima di consegnarglieli, poi lei li beve di seguito, uno dietro all'altro.
Rock Lee si alza dalla sua postazione per arrivare alla parte opposta del tavolo da quindici in cui sono seduti e raggiungere la sua migliore amica.
"Tennie! Neji è qui!" grida, contento. 
"Oggi è tornato dall'Erasmus!" aggiunge, continuando ad esaltarsi.
"L'ho visto".
Tenten è ferma e immobile, gelida quanto le è possibile.
"E perché non vai da lui?".
"Tra poco ci vado, ok?".
L'ultima frase la ragazza la grida in faccia all'amico piena di rabbia, e Rock Lee non c'entra niente, si è solo preso un po' del risentimento che la giovane prova per qualcun altro. Qualcuno che parte per un anno e neanche la saluta, qualcuno che se ne va e la fa incazzare, ma che non si è dimenticata neanche in un anno intero.





"Ciao, Neji che se ne va e neanche saluta!".
Ok, ha bevuto troppo, questo non è decisamente il modo migliore per iniziare una conversazione.
Neji Hyuga osserva una ragazza che a malapena si regge in piedi e scuote la testa nervoso.
"Quanto hai bevuto?" domanda soltanto.
"Quanto mi pare, sei venuto a controllarmi adesso?".
L'alcol accentua la rabbia di Tenten, che se non avesse bevuto la quantità spropositata di alcolici che ha bevuto probabilmente non sarebbe stata in grado di urlargli contro niente di tutto questo.
L'alcol scombina le emozioni di una giovane che nessuno ha mai visto piangere proprio nel momento in cui scoppia, una fontana di rabbia e dolore sottoforma di lacrime fredde.
"Fottiti, stronzo!" grida allo Hyuga, che la afferra per le spalle nel disperato tentativo di calmarla.
Poi la abbraccia, non sa proprio perché lo fa, e lei si aggrappa a lui con una forza fuori dal comune.
"Ti porto a casa, Tenten" mormora, una volta concluso l'abbraccio che zittisce per un secondo la castana.
Lei lo guarda interrogativo, lui la prende in braccio e varca la soglia del ristorante.
Tutti i loro amici seduti al tavolo si voltano a guardarli uscire: Neji sarà anche disinteressato, ma dopo un anno non ha rivolto uno sguardo a nessun altro.





"Puoi mettermi giù?".
Tenten grida come una pazza, Neji finge di non sentirla e la trascina di peso- letteralmente- fino alla residenza Hyuga.
"Mi sa che è meglio se i tuoi non ti vedono in questo stato" borbotta, poi apre la porta di casa sua.
Solo una volta arrivato alla sua stanza lo Hyuga permette alla ragazza di poggiare i piedi a terra, e lei si siede sul letto dell'altro.
"Dormi un po', ti farà bene, io vado sul divano" sbuffa il ragazzo, guardandola con attenzione.
"Mi prometti che domani parliamo?" domanda l'altra.
Neji annuisce, apre la porta della sua stanza e si prepara a uscire.
"Puoi restare qua? ti prego".
Le emozioni contrastanti di Tenten sono proprio complicate, lo Hyuga la guarda e non sa cosa fare.
"Ok".





Tenten si sveglia nel mezzo della notte e ha lo stomaco sotto sopra; è sempre stata debole di stomaco ma si ostina a bere troppo.
Le serve un po' di tempo prima di capire di stare dormendo accanto a Neji, di essersi raggomitolata sotto al suo braccio.
Neji.
Neji che parte senza dirglielo, che non mostra mai un sentimento che sia uno, che si ripresenta dopo un anno e sembra innervosirsi perché ha bevuto.
Neji e le mille contraddizioni di Neji, Neji e il viso bellissimo che si ritrova, e il corpo caldo e le braccia forti.
Neji, e il nome che si ripete in testa continuamente da sempre.
Neji Neji Neji.
Che apre un attimo gli occhi, la guarda e sbuffa.
"Come stai?" le chiede, mentre lei  si domanda come abbia fatto a sentire che si è svegliata.
"Bene" mente, perché le viene un po' da vomitare, ma non vuole dirlo.
La ragazza cerca di allontanarsi dalla posizione imbarazzante in cui è e dal ragazzo che le provoca troppe emozioni ma l'altro se ne accorge e inaspettatamente la attira a se'.
"Io non dormo mai bene, con te qui invece sono calmo" dice piano, e Tenten ha gli occhi lucidi- maledetto post-sbronza.
Si stringe più a lui e chiude gli occhi.
"Non me ne vado".





Quando Neji riapre gli occhi sono le dieci di mattina, è stupito da quanto è riuscito a dormire, si volta a cercare Tenten ma non c'è.
Sbigottito, si alza e si cambia, poi si incammina verso il bagno- dove può essere andata?
Continua a domandarselo finchè non apre la porta del bagno e la trova lì, seduta a terra, a vomitare nel water.
"Non è che stessi poi tanto bene" riesce a dire la ragazza, mentre l'altro scuote la testa.
Lo Hyuga chiude la porta del bagno e ci si appoggia contro, poi inizia a parlare.
Non si aspettava certo di farlo mentre lei vomitava, ma ogni cosa ha i suoi risvolti inaspettati.
"Parlo adesso, Tenten, almeno non mi interrompi" dice, inizialmente, e lei, ancora abbracciata al water ma per il momento non più in mezzo a una crisi di vomito, respira forte e si volta a guardarlo.
"Non ti ho salutata perché non volevo farlo. Avevo paura che succedesse qualcosa che ti impedisse di stare tranquilla per un anno".
Tenten lo guarda e basta, poi schiocca la lingua sul palato.
"Sono comunque stata in bilico ad aspettarti, Neji" dichiara, perché è stanca, sta vomitando e non riesce anche a mentire, proprio non ce la fa.
Lo Hyuga annuisce, da lontano.
"Forse non avresti dovuto".
"Sicuramente non avrei dovuto. Nessuno mi riduce così, solo tu".
Tenten è pallida e sfibrata, si alza a malapena perché le tremano le gambe, tira lo sciaquone e prende un respiro profondo.
"Forse dovremmo smetterla di avere paura, che dici? Tu hai paura che le cose succedano, io che non accada niente, in due siamo paralizzati dalle fobie"  dice, avvicinandosi all'uscita del bagno, e Neji si sposta per farla passare.
"Grazie del letto e del bagno, scusa per il vomito. Me ne vado" aggiunge la ragazza, improvvisamente triste.
E se ne va.





Neji resta immobile di fronte allo specchio e pensa che lei ha ragione, ha sempre ragione ma questa volta di più, pensa anche che lui non è uno che corre dietro alle ragazze ma a lei lo deve, e poi per lei vale la pena davvero.
Per cui smette di pensare- ed è raro, visto che si tratta di lui- e si mette a correre.
Esce da casa sua e trova Tenten seduta a gambe incrociate in mezzo al suo giardino.
"Non te ne sei andata?" si stupisce appena la vede.
"Sono così scema e così persa, Neji, che mi chiedevo quanto ci avresti messo".
La ragazza si alza in piedi ma resta ferma, lo Hyuga continua a correre e la raggiunge, poi la bacia.
Quando si stacca, Tenten lo guarda e scoppia a ridere.
"Sarebbe tutto terribilmente romantico se non fosse che dieci minuti fa ho vomitato" articola mentre ride, e la risata è liberatoria, è riso e pianto insieme.
Neji sorride ed è bello come è sempre stato, la abbraccia ed è rigido ma neanche tanto.
"Me lo merito, un lieve sentore di vomito" dichiara.
Tenten sorride come un'ebete, perché proprio non ce la fa a fargli scontare l'anno in cui l'ha atteso immobile e il non-saluto, ma pensa che abbia ragione.
Se lo merita decisamente, un lieve sentore di vomito.
"Un lieve sentore? Ma da dove esci tu, da un libro ambientato nel 1800?".







///
Ma che discorsi.

Non so cosa dire per il ritardo, davvero, ma ormai avete capito che sono incostante.
Presto o tardi ho deciso che questa raccolta la finirò, quindi non preoccupatevi.
Se esiste ancora qualcuno che attende i miei aggiornamenti, scusami e grazie, soprattutto grazie.
Le note non sono il mio forte, ma vi mando un abbraccio stritolante solo perchè avete letto fino a qua.
Fr
à

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Capitolo 18
*** Noi siamo un Luna Park ***


Amarsi in modo cosmico.


Capitolo diciottesimo.
Titolo:  Noi siamo un luna park.
Introduzione: Altalene e montagne russe, lamenti e lamenti e lamenti, un amico che solitamente ascolta e consiglia, e lamenti e lamenti e lamenti. Uno sbotto finale, che nessuno si aspettava, e un paio di belle notizie
Dalla fic: "Vi voglio bene, siete i miei amici di sempre, e quindi non vi ho mai detto le cose come stanno, ma adesso lo faccio, proprio perché vi voglio bene e siete i miei amici di sempre. Voi due siete intelligenti entrambi, lo siete molto, ma quando non si parla dell'altro. Quando parlate della vostra coppia diventate scemi, e scemi è dire poco".
-ShikaIno-"perché sei tu che quando arrivi sorridi e a me mi gira benissimo, e sempre tu che se decidi ti giri e mi pugnali in un attimo"

 
18: Noi siamo un Luna Park.
 
perché sei tu che quando arrivi sorridi 
e a me mi gira benissimo 
e sempre tu che se decidi ti giri 
e mi pugnali in un attimo.



 


Choji ha la disperazione negli occhi, mentre Shikamaru gli parla.
Se ne stanno seduti nel posto preferito del Nara, il parco da cui si vedono bene le nuvole, nonostante il cielo minacci drammaticamente pioggia.
Shikamaru, quando sono soli, diventa logorroico tutto insieme, parla e parla e parla senza alcuna interruzione, e si lamenta soltanto, è una lagna.
Quando lui e Ino si sono messi insieme, Choji ha insistito molto affinché succedesse, li ha supportati e sopportati, ha fatto capire a entrambi quanto l'altro ci tenesse, ha gioito quando li ha visti felici.
Solo che doverli- in questo caso doverlo- sopportare e supportare ancora lo mette in crisi.
Choji è un ottimo amico, ma non ce la fa più.
"Sai" sta dicendo Shikamaru, disteso a terra sull'erba "con Ino mi sembra di essere su un'altalena: un attimo è in alto, quello dopo in basso. C'è un secondo in cui è vicina alle nuvole, in cui lei è felicissima, stiamo bene insieme, facciamo sesso eccetera eccetera, poi il momento dopo lei si incazza, e io non capisco mai perché, però so che quando si incazza poi mi scoccio e me ne vado, e penso che ci lasceremo. Alla fine di solito non ci lasciamo, facciamo pace e va tutto bene, poi di nuovo male, poi sempre bene...Lo capisci quanto può essere snervante?".
"Sì" vorrebbe rispondere Choji "Credimi, so cosa vuol dire snervante".
"Insomma, Ino è Ino ed è...dai, lo sai, però è così faticoso stare con lei che a volte mi chiedo se davvero lei voglia stare con me, forse si comporta in modo così volubile perché in realtà vuole che io la lasci".
Shikamaru parla ancora, quando Choji si alza in piedi.
"Sta per piovere, Shika" dice, guardandolo, e poi se ne va.
Non se ne è mai andato senza dargli un consiglio, che succede?





Il posto preferito di Ino è il negozio di fiori della sua famiglia quando non c'è nessuno.
Un giorno dopo lo sfogo di Shikamaru, Choji si trova nella stessa situazione, perché è leggermente diversa ma è la stessa, e lui lo sa bene.
"Cho, la vita tra me e Shikkan è un casino" inizia il consueto lamento la Yamanaka, mentre regola i gambi di alcuni tulipani.
"Lui è incasinato. Insomma, non mi capisce mai, non comprende cosa voglio dire davvero, e poi sostiene di essere pigro e di voler vivere sereno ma non mi lascia passare niente, ogni volta che dico qualcosa che secondo lui non sprizza gioia da tutti i pori si mette a fare battute sarcastiche del cazzo, e io non le sopporto, le sue battute. Interpreta tutto male e manda continuamente tutto a puttane, a volte io sono nervosa per altri motivi, lui crede che ce l'abbia con lui e inizia a fare le sue scene di rabbia silenziosa. A quel punto mi innervosisco ancora di più, è normale no?".
Choji si siede sull'unica sedia presente nel negozio mentre Ino ancora parla: è inutile dire che, se quando si sfoga Shikamaru diventa logorroico, Ino diventa proprio una macchinetta, una di quelle che sembrano essere sul punto di incepparsi da un momento all'altro.
"Che poi, lo sai, quando va bene tra noi va talmente bene che mi dimentico tutto, ma quando va male lui mi guarda così male che io credo sempre che stia per dirmi che non è più possibile stare insieme, che non era così la vita che voleva. Poi facciamo pace ed è sempre incredibile, però è come  stare continuamente sulle montagne russe, prima o poi uno potrebbe vomitare, o no?".
"Già" pensa Choji "prima o poi uno potrebbe vomitare, o stancarsi".
Dopo averlo pensato si alza e se ne va.
Ino continua a sparare parole a raffica, poi si accorge dell'assenza dell'amico e si guarda intorno sconvolta, prima di capire che se ne è realmente andato.
Dove è andato senza prima darle un consiglio?





Choji si siede di fronte ai suoi amici di sempre, entrambi hanno uno sguardo piuttosto incuriosito, anche se mantengono un'aria arrabbiata l'uno con l'altra.
"Vi ho chiamati qui perché devo dirvi delle cose" proclama Choji, e poi fa cenno al cameriere di portargli del ramen.
"Saranno dieci anni che vi do i consigli, se state insieme da due è quasi soltanto mio il merito, oppure mia la colpa, non lo so. Volevo dirvi che sono stufo. Anzi, mi sono rotto il cazzo. Vi voglio bene, siete i miei amici di sempre, e quindi non vi ho mai detto le cose come stanno, ma adesso lo faccio, proprio perché vi voglio bene e siete i miei amici di sempre. Voi due siete intelligenti entrambi, lo siete molto, ma quando non si parla dell'altro. Quando parlate della vostra coppia diventate scemi, e scemi è dire poco. Siete lunatici entrambi, giusto? la cosa vi dà fastidio dell'altro? Beh, smettetela di comportarvi voi nello stesso modo! E soprattutto, smettetela di pensare che l'altro vi voglia mollare, porca troia! Siete così scemi tutti e due perché vi amate, e io non ne posso più di sentire i vostri monologhi a ogni litigio, basta. Mettetevi l'anima in pace: la vita è dura, voi siete complicati, io non ho più consigli da darvi".
Shikamaru che fa il logorroico e Ino che fa la macchinetta ormai sono un'abitudine, ma Choji che sbotta parole su parole piene di rabbia e parolacce, è decisamente una news.
L'Akimichi si alza dal tavolo con in mano il suo piatto e sta per cambiare tavolo, ma poi si ferma un attimo.
"Parlatevi e smettetela di fare i coglioni, ok? Consultatemi solo quando tutto sarà a posto".





Ino conta mentalmente fino a cinque e poi scoppia a ridere di gusto, Shikamaru la guarda e la segue poco dopo.
"Siamo riusciti a far sbottare Choji Akimichi, l'uomo più calmo del mondo" constata Ino, fissando negl occhi quella persona complicata e folle che è il suo ragazzo.
"Era un'impresa non da poco, batti il cinque!" risponde a tono Shikamaru, prima di ricevere il cinque richiesto.
Se la sono già scordata, la rabbia di prima.
Sono un parco giochi, Ino e Shikamaru, che sia un'altalena o una montagna russa, sono un parco giochi.
Un posto in cui tutto cambia da un momento all'altro, in cui ogni istante succede qualcosa di incalcolabile e imprevisto, in cui gli umori sono ballerini e le risposte taglienti.
In cui si litiga tanto, ma ci si ama di più- perché su questo, come su tutto il resto, Choji ha ragione.
Ino si sporge verso Shikamaru, gli sorride, e lui la bacia.
"Siamo snervanti, Ino. Tu sei seccante, ma con te temo di esserlo anche io" borbotta il Nara.
"Per fortuna abbiamo un amico saggio che raramente sbotta" risponde la bionda, prima che il ragazzo catturi di nuovo le sue labbra.





Choji li guarda da tre tavoli di distanza e non può fare a meno di sorridere.
"Sei stato bravo, hai ragione".
Una ragazza dai bei lineamenti con i capelli raccolti lo guarda soridendo: è Ayame, la figlia del padrone del locale, è molto carina e sta parlando con lui.
"Sono troppo complicati, mi ero stufato" gli sorride di rimando, cercando di non mostrarsi troppo sorpreso dal fatto che lei gli si stia rivolgendo la parola.
"Se ogni tanto ti va di fare una conversazione più semplice, chiamami" sorride la giovane, porgendogli un bigliettino con il suo numero.
Choji sorride e annuisce, poi la guarda tornare al bancone.
Pensa che prima o poi le cose belle capitano a tutti, poi pensa anche che, se avesse fortuna, potrebbe ammorbare Ino e Shikamaru con i racconti delle loro liti e pretendere in cambio ottimi consigli.
Una risata, alla fine, scappa anche a "Choji che sbotta".


///
A me ricordi il Mare.

Poche parole dopo una fic da un sorriso e via.
Spero abbiate apprezzato Shikkan e Ino logorroici e Choji che dopo un po' finisce la pazienza.
Grazie a chi ancora mi supporta
(specialmente a Soly Dea)

Un abbraccio.

Frà.

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Capitolo 19
*** Non tornare ***


AMARSI IN MODO COSMICO

 
Cap. 19: Non tornare.
[KibaHina]
 
Non è raccomandabile
Fare ritorno al luogo originario di partenza.
[Daniele Silvestri-La Paranza]


 
 
Hinata credeva che non ci sarebbe più tornata, a Konoha.
La vita a volte ti prende drammaticamente a calci e poi se la ride alle tue spalle.
Da cinque anni viveva a Tokyo, era diventata l'assistente veterinaria di una donna che faceva quel lavoro da quarant'anni, era brava e appassionata.
Hinata credeva che non si sarebbe mai più spostata ma poi Aiko, la sopra citata veterinaria, l'aveva convocata nel suo ufficio per dirle che andava in pensione e avrebbe venduto lo studio per permettere ai suoi figli di frequentare scuole private.
Lo sguardo della ragazza che aveva di fronte, ormai adulta perché quasi trentenne, aveva messo davvero in crisi Aiko, che poco dopo averle comunicato la brutta notizia aveva chiamato un suo collega che sapeva essere in cerca di un'assistente che un giorno potesse prendere il suo posto.
Hinata era dolce ma aveva maturato, in quei cinque anni, anche un pragmatismo difficile da trovare, era bravissima e non meritava di restare senza lavoro.
Kizuya aveva accettato di assumerla, si fidava di Aiko come i ciechi si fidano del proprio cane perché, esattamente come un quadrupede, non gli aveva mai fatto sbagliare un passo con una delle sue direttive.
Quando aveva riattaccato, la Hyuga attendeva ancora una risposta e la donna di fronte a lei le aveva sorriso fiduciosa, poi aveva detto che non sarebbe rimasta disoccupata.
L'avevano assunta in un paesino vicino, bello e tranquillo.
Prima ancora che lo pronunciasse, Hinata aveva già capito, e aveva chiuso gli occhi.
Konoha.
Merda.



L'odio che la Hyuga riserva a Konoha non è dovuto tanto alle qualità della cittadina, quanto al fatto che sia molto piccola e che, per forza di cose, si tenda ad incontrare sempre tutti.
"Hina, finché vuoi puoi stare a casa mia. Io non ci sono quasi mai, neanche lo so perché pago l'affitto".
Tenten è dolce, mentre si preoccupa per la sua amica appena tornata, l'altra le sorride colpita dalla generosità.
"Le cose con Neji vanno alla grande, eh?" risponde di rimando Hinata, che a suo cugino ha sempre voluto bene.
Mentre la castana annuisce, la Hyuga accetta la sua offerta: il problema non è tanto suo padre (anche se avrebbe un'inifinità di motivi per avercela con lui), non vuole stare a casa perché la sua casa è di fronte a quella di qualcun altro.
Tenten l'ha capito, anche se finge l'indifferenza.
Hinata le è molto grata.





Passano due settimane in tranquillità, quindici giorni in cui Hinata riesce a invitare suo padre e sua sorella in quella che è diventata la sua dimora, rivede le sue amiche e qualcuno dei suoi amici.
Passano due settimane calme, poi la ragazza va a fare la spesa.
E un lunedì che sembrava tranquillo, davanti al reparto frutta e con in mano due mandarini, lo vede.
Kiba Inuzuka.
Lo stronzo Kiba Inuzuka.
L'immaturo Kiba Inuzuka.
L'amore della sua vita Kiba Inuzuka.
Lui alza lo sguardo per caso e sbianca: rivederla è strano e assurdo anche per lui, il cuore inizia a martellargli nel petto così forte che Kiba ha paura che gli schizzi fuori.
Ha la barba troppo incolta, i capelli sporchi e gli occhi di chi a trenta anni ancora non ha smesso di fumarsi uno spinello a sera.
Gli cadono i mandarini di mano, è maldestro da sempre, ma non stacca lo sguardo neanche per un secondo, perché ha paura di non trovarla più lì.
Hinata vorrebbe odiarlo, dovrebbe odiarlo, ma anche dopo cinque anni non è cambiato l'effetto che le fa.
Per questo non doveva tornarci, a Konoha.
Perché non aveva smesso di amarlo neanche quando chiunque l'avrebbe fatto.






Non potrebbe evitarlo ancora a lungo, quindi la Hyuga decide che è il momento di confrontarcisi, di dirgli cose che non sono vere ma che lui si deve sentir dire-  qualcosa tipo: "sono andata avanti, Kiba. Ciao".
Gli si avvicina, ai suoi piedi c'è una pozza arancione, deve aver pestato un mandarino.
"Sei molto bella" dice lui, quando se la ritrova davanti, e che lo pensa davvero lo si capisce guardandolo.
"Grazie. Tu sei peggiorato" mormora Hinata, osservando più da vicino la trascuratezza dell'ormai trentenne.
L'Inuzuka la guarda ed è distrutto.
"Mi perdonerai mai?" sussurra, flebile.
"Perché hai fatto sesso con un'altra nel nostro letto dopo avermi sposata?".
Negli ultimi anni è cresciuta parecchio, Hinata, e non balbetta più, è capace di dire ciò che realmente pensa.
"Se fosse solo quello il punto purtroppo ti avrei già perdonato" sussurra, abbassando gli occhi.
"E qual è il punto?".
"Il punto è che non cresci mai, Kiba. Tu fai le cose impulsivamente, chiedi di sposarti dopo due anni di fidanzamento e sembri convinto, poi ti viene voglia di sesso facile e rimorchi in un locale, poi torni ad essere innamorato di tua moglie, poi lei ti caccia e tu stai male. In tutto ciò, bevi come una spugna e fumi troppo. L'ho sempre saputo, che eri così, ma io sono cresciuta...tu no".
Non pensava assolutamente che gli avrebbe fatto un discorso del genere, non si riteneva proprio in grado di articolare tutta quella massa indistinta di pensieri fastidiosi, ma invece ce l'ha fatta- si applaudirebbe da sola, se fosse concesso senza sembrare una pazza in mezzo ad un supermercato.
Kiba abbassa la testa e smette di guardarla, il suo sguardo già le manca e sente che sta soffrendo, ma non vuole fare niente.
"Ok" mormora il giovane, prima di voltarsi e andarsene.
Dopo tre passi si gira e la trova ancora lì, ferma nello stesso punto.
"Forse per crescere mi servivi tu. Solo che a te non servivo io" dichiara, flebile.
Poi se ne va davvero.






Non doveva tornarci a Konoha.
Hinata se lo ripete fino alla morte, una volta tornata nella casa di Tenten.
Avrebbe bisogno di piangere  ma ha voglia di non farlo, vuole essere forte ma forse non lo è.
Il lavoro sta andando bene, Kizuya l'ha accolta a braccia aperte e curare gli animali le regala gioia e fermezza, calma nei pensieri che normalmente non c'è.
Però il resto...il resto è davvero un caos.
Il campanello suona, lei si affaccia alla finestra cercando di sorridere a chiunque ci sia dall'altra parte.
Solo che sorridere è difficile.
Kiba la guarda e basta, resta fermo sotto la sua finestra, vestito male e trascurato, con in mano una birra come sempre.
"Hai ragione, non cresco. Sono un buno a nulla" dice dopo cinque minuti di silenzio, e Hinata scuote la testa.
"Smettila di dire stronzate, Inuzuka. Tu devi crescere perché devi capire che sei bravo in tutto. Se ti cerchi un lavoro ti assumono, qualunque lavoro sia, solo che devi volerlo".
Kiba chiude gli occhi, si accascia a terra e vomita.
Hinata chiude gli occhi, conta fino a cinque, e poi corre da lui.





Non pensava che si sarebbe mai trovata seduta a terra ad accarezzare i capelli dell'uomo che più l'ha ferita nella vita, ma le cose succedono e a volte sono assurde, lei è diventata forte e matura mentre quello che per legge è ancora suo marito è un trentenne instabile con una specie di sindrome di Peter-Pan.
Gli accarezza i capelli mentre vomita, lui si libera lo stomaco perché ha bevuto troppo, subito dopo essere uscito dal supermercato- rivederla l'ha distrutto ancora di più.
"Io ci credo in te, Kiba" gli sussurra, piano.
Forse sta perdendo la dignità ma lo vede bisognoso di affetto, lo vede con tutti i suoi problemi, tremante e pieno di insicurezze; lo vede davvero e capisce che, tra i due, lei è l'unica che può mettere da parte l'orgoglio per una manciata di minuti.
L'Inuzuka alza lo sguardo e riesce a mettersi a sedere, gli gira la testa e si sente fragile ma sta già meglio.
"Sono patetico, Hinata" sbuffa, guardandola.
Lei è bellissima anche se lui le ha appena macchiato di vomito una camicia bianca.
Ecco, lui si sente come quella macchia lì: una cosa inutile su una bella camicia, una cosa da togliere con olio di gomito.
Deve andarsene dalla vita della Hyuga, lei non ha bisogno di lui.
Deve trovarsi un lavoro qualsiasi e smetterla di deprimersi, tirarsi su e cercare di non finire più le sue serate vomitando.
"Cercherò di crescere un po'" dice, mentre le prende la mano.
Hinata annuisce seria, non è poco che abbia maturato una decisione del genere.
Lo guarda ed è sconvolto e debole e tremante come era lei quando si sono conosciuti, lo guarda ed è ancora, nonostante tutto, l'amore della sua vita.
"Ti amo" gli dice, senza pensarci troppo.
Kiba la abbraccia di slancio- dove la trova la forza?- e tutti i suoi sentimenti premono sulla cassa toracica.
"Ti amo anche io" risponde, appena si stacca.
Poi si alza, le fa una carezza e se ne va.
Ha bisogno di crescere ancora, lontano da lei, e l'hanno capito entrambi.
Hinata spera solo che abbia compreso anche che, quando tornerà, lei lo accoglierà.
Perché non può proprio evitarlo.
Non doveva tornarci, a Konoha, ma probabilmente avrebbe continuato ad amarlo irrazionalmente anche a Tokyo.


 



/////
Che ho dei problemi con Efp è chiaro, che sono incasinata persa penso pure.
Vi chiedo scusa per la mia incostanza, scusa per come mi blocco stupidamente ogni volta.
Credo che entro breve la mia avventura su questo sito terminerà, ma ho pensato che sarebbe bello riuscire a terminare chiudendo questa raccolta, che d'altra parte è già scritta.
Magari sarò più stringata con le note post storia (o non ci saranno affatto), ma cerco di concluderla.
Sono shot a cui sono legata, quindi spero davvero di farcela.
Vi mando un bacio e un abbbraccio, e giuro che alle recensioni continuerò a rispondere.


 
 

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Capitolo 20
*** Una promessa e un broncio ***


Amarsi in modo cosmico.


20: Una promessa e un broncio.
[NaruSaku]


“io so' uno che, comunque vada
le promesse le mantiene”
[Testardo- Daniele Silvestri]


Naruto ha sei anni e le guanciotte rosse, i capelli spettinati e una ciotola di ramen davanti.
Sakura ha sei anni e mezzo- la differenza di mezzo conta, a quell'età- l'espressione imbronciata, un ciuffo rosa che sfugge alla crocchia ordinata fattale dalla mamma.
"Che c'è, Sakura-chan?" mastica il cibo a bocca aperta il bambino, mentre la guarda.
"Sasuke non gioca mai con me" si imbroncia sempre di più la giovanissima Haruno, perché a sei anni (anche se sono sei e mezzo) non si è ancora iniziato a rispondere "niente".
"Cosa posso fare?".
Naruto la guarda con gli occhioni spalancati, si sta chiedendo come fare a mandare via quel maledetto broncio.
"Non lo so, Naruto-Kun. L'unica cosa che vorrei è un pony".
Sakura è una bambina che ha i desideri che hanno le bambine, quelli irrealizzabili e folli.
"Allora ti prometto che prima o poi avrai un pony!".
Naruto è così serio mentre dice una cosa così assurda e difficile da eseguire, che a Sakura viene da ridere.
In qualche modo, il broncio se ne va.


Diciassette anni dopo, Naruto e Sakura non sono più il broncio e il sorriso che si sforza per farlo andare via, sono due sorrisi bianchi e luminosi.
Perché Naruto è stato testardo e ci ha creduto sempre, sempre sempre, anche quando sembrava impossibile farlo.
Perché Naruto non ha mai smesso di amarla, e a un certo punto la luce che da sempre vedeva l'aveva colta anche Sakura, e a un certo punto aveva smesso di imbronciarsi per le cose non fatte da Sasuke ed aveva iniziato a sorridere per quelle che Naruto faceva.
Diciassette anni dopo, Naruto e Sakura sono belli insieme.
Lo erano anche prima, solo che ora lo sanno entrambi.


Il verde del prato del ranch riflette la luminosità del sole, è una bella giornata estiva calda e Naruto Uzumaki ha un cappello di paglia tra i capelli, mentre parla con un uomo alto e muscoloso.
"Quale vuole?".
L'uomo ha una gomma da masticare in bocca che rischia di essere sputata a terra mentre fa la domanda.
Il ragazzo biondo si gratta il mento nel momento in cui si mette a osservare con attenzione i Pony.
Sono bellissimi tutti, tutti adatti alla casa in campagna con stalla che i genitori di Sakura si sono comprati.
Si guarda intorno, li scruta meglio: i cavalli sono tutti vicini, tutti simili, tranne uno.
Uno che, completamente nero, se ne sta lontano da tutti gli altri, isolato e diverso dai Pony più nei pressi della ringhiera, più esibizionisti.
Ovviamente, vuole quello.


Il Pony è una femmina, lo spiega il masticatore di gomme del ranch poco prima di salutarlo e di accordarsi su quando tornerà a prenderla.
Naruto se ne va con il sorriso, quello ce l'ha sempre ma forse ora ancora di più.
Lui le promesse, prima o poi, le mantiene sempre.


Quando i genitori di Sakura la chiamano per dirle una cosa, lei, che è al lavoro, prende la macchina e si mette a guidare in modo folle, preoccupatissima.
Che cosa sarà successo? Perché tanta fretta?
Sfidando il codice stradale, prova a telefonare a Naruto, ma non le risponde, e la cosa la agita ancora di più.
"Che ansia" borbotta, tra se' e se', mentre parcheggia in fretta e furia nel campo di proprietà degli Haruno.
Scende senza neanche chiudere lo sportello e inizia a correre come una pazza, i capelli sparsi nell'aria, gli occhi venati di preoccupazione.
Poi li vede.
Se ne stanno lì, vivi e vegeti, ad aspettarla.
Sua madre, suo padre e il suo ragazzo, quegli stupidi che l'hanno agitata inutilmente.
Vorrebbe insultarli, ma aguzza la vista.
Sono sua madre, suo padre, il suo ragazzo e un pony che corre nel prato.
Sakura ha un'ottima memoria e se la ricorda subito, la promessa che le è stata fatta quando aveva sei anni.
"Tu sei pazzo" grida, prima di saltare in braccio a Naruto e ridere.
E poi ridere, ridere, ridere, con gli occhi luminosi e la voglia di non staccarsi più.
Niente più broncio, effettivamente.


"Promessa" diventa il Pony degli Haruno, corre nella loro proprietà, dorme nella stalla e sostiene anche Sakura quando si impunta di cavalcare.
Ogni volta che la guarda, Sakura si sforza di non piangere.
Lo sapeva anche prima che Naruto l'amava, ma ricordarsi di una promessa proclamata da bambino quando di anni ne hai molti di più ed adoperarsi con tanta perizia per mantenerla anche se è una cosa decisamente difficile da fare è una dimostrazione tangibile dell'amore che la circonda.
Il broncio non torna più e Sakura fa giurare a Naruto di non prometterle mai più niente, di non finire tutto il suo patrimonio per lei.
Naruto sorride e le promette di non prometterle più alcuna cosa.
Anche questa promessa, ovviamente, la mantiene.

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Capitolo 21
*** Il giorno e la notte. ***


Amarsi in modo cosmico.


21: Il giorno e la notte.
 

ci piace mangiare, dormire [...] sorridere e fare l'amore.
Lo vedi, son tante le cose in comune,
che a fare un elenco ci vogliono almeno tre ore.

[D.Silvestri, “le cose in comune”]



Guardandoli dall'esterno, Naruto e Sasuke non possono essere più diversi di così.
Uno biondo e l'altro moro, uno logorroico e l'altro taciturno, uno esuberante e l'altro misterioso, uno caotico e l'altro organizzato, uno il giorno e l'altro la notte.
Non è proprio comprensibile, sempre dall'esterno, come due persone tanto diverse abbiano finito per volersi bene, per diventare amici e poi leggermente più che amici.
Guardandosi dall'interno, Naruto crede che lui e Sasuke, alla fin fine, qualcosa in comune ce l'abbiano e, quando gli chiedono come sia possibile questa loro amicizia, lui risponde che non è imporante essere simili, per essere amici, ma che comunque in comune hanno il mangiare, il dormire,  il sorridere e il fare l'amore.




-Mangiare:
(A entrambi piacciono le salsicce).
Naruto addenta il suo panino alla salsiccia con soddisfazione mentre Sasuke, all'altro lato del tavolo, mangia del pesce lesso con alcune verdurine.
Il locale è abbastanza pieno e lui è l'unico che non ha scelto un panino, si deve sempre distinguere.
"Perché non hai preso ciò che c'è di più buono?".
 Naruto lo mastica con gioia, il suo panino, mentre guarda l'altro usare la forchetta e il coltello.
"Perché non mi piace quella roba".
L'Uchica storce il naso, mentre osserva il cibo in questione.
"Non fare lo schizzinoso a caso, assaggia la mia salsiccia, dai!".
L'Uzumaki grida sempre quando parla, solo che a volte non si rende bene conto delle cose che dice.
Sasuke rischia di strozzarsi con il pesce.
"Non dire queste cose a voce alta, baka!" sbotta, mentre l'altro non capisce.
Non li ha mai afferrati, i doppi sensi, Naruto.
"Perché non devo dirti a voce alta di assaggiare la mia salsiccia?" continua a gridare, imperterrito.
"Smettila, Uzumaki!".
"Se la cosa ti fa fastidio lo faccio ancora di più. Assaggia la mia salsiccia!".
Alza addirittura la voce, il biondo, tutti si voltano a osservarlo ridendo, e allora Sasuke afferra il panino e gli dà un morso.
Morde, mentre si vendica, leccandosi le labbra subito dopo.
Allora Naruto, all'improvviso, comprende, e diventa rosso tutto insieme.
"Mi piace, la tua salsiccia".
Sasuke ha il buon senso di dirle a voce bassa, le cose.
L'altro resta a bocca spalancata in silenzio per dieci minuti.
Se non altro, ha trovato il modo per zittirlo.





Dormire:
(Entrambi dormono la domenica, più o meno).
Sasuke apre sempre gli occhi alle sette esatte, non importa che giorno sia.
"Mmmmh".
Naruto mugola una litania insensata, mentre cerca di riuscire a vedere qualcosa oltre le cispe.
"Che ci fai sveglio?" aggiunge poi, in qualche modo.
"Mi sveglio sempre a quest'ora".
L'Uchiha è placido, sincero, dice cose che per lui sono ovvie.
"Ma è domenica".
L'Uzumaki sbuffa, mentre si gira a pancia in sotto.
"Io non dormo mai più di tanto, Naruto. Non rompere, è così".
Sasuke è assolutista perché conosce perfettamente le sue abitudini, ha le sue certezze e sa che non possono essere scombinate da un folle biondo con orari diversi.
"Vieni qua e non rompere tu".
Sasuke e Naruto si insultano sempre, è routine, quindi il fatto che l'Uchiha gli dia del coglione non disturba più di tanto l'altro, è soprattutto contento quando il moro segue le sue direttive e, seppur lamentandosi, entra nel letto.
Se ne sta due ore a fissare il soffitto sveglio, Sasuke, ma la domenica successiva dorme fino alle otto, quella dopo fino alle nove.
Le abitudini si imparano anche dagli altri.




Sorridere:
(Ogni tanto, sorridono entrambi).
"Se ogni tanto sorridessi anche in giro conquisteresti tutti gli uomini e le donne del Giappone!".
Sakura esordisce con questa frase, mentre varca la soglia della casa dei suoi amici, e Sasuke la guarda in silenzio.
"No, davvero, eh" continua, poi si alza per prendere una mela e inizia a morderla "hai un sorriso realmente notevole. Insomma, che Naruto abbia bei denti lo sanno tutti, ma tu no, tu non sorridi mai, è un peccato" conclude, continuando a mangiare la mela rossa.
Ultimamente è dimagrita molto, Sakura, come una che deve accettare una cosa difficile, ma sembra finalmente aver fatto pace con tutto quanto, è serena.
"Lui fa il bel tenebroso, non lo sai?".
Naruto si chiude la porta rimasta aperta alle spalle, mentre entra in casa smettendo per un attimo la sua attività di giardinaggio, e scompiglia affettuosamente i capelli dell'Haruno.
"Non gli dire anche questo, già è abbastanza montato di suo" dichiara, ridacchiando tra se' e se'.
"E poi il sorriso è la mia tattica di conquista, ti prego! Forse è l'unica cosa in cui lo batto" aggiunge, e la sua amica dai capelli rosa scoppia a ridere.
L'Uchiha scuote la testa e cambia stanza, mentre gli altri due continuano a sghignazzare.
"Non mi chiedi quando l'ho visto sorridere?" domanda Sakura all'Uzumaki una volta rimasti soli.
"Quando l'hai visto sorridere?" fa la richiesta che deve il ragazzo biondo.
"Sorride sempre, quando guarda te. Gli viene spontaneo, non riesce a controllarsi. E anche tu lo fai, con lui".
L'Haruno getta il torsolo di mela nel cestino, schiocca un bacio sulla guancia di quello che è da sempre il suo migliore amico ed esce da quella casa.
Naruto sorride.
Sasuke, che ha sentito tutto a pochi metri di distanza, anche.




Fare l'amore:
(non c'è bisogno di un sotto testo).
La prima volta è successo da ubriachi, di ritorno da una festa.
La seconda erano brilli.
Dalla terza in poi, l'alcol ha perso importanza.
Accettare di desiderare il tuo migliore amico è difficile, è togliersi dalla testa tutte le bugie che ti sei detto da solo nella vita, e per loro è stato così.
Si liberano, mentre si amano, di tutte quelle vecchie maschere consunte di persone che volevano dimostrare di essere.
Si liberano, mentre si amano e gridano, mentre sudano su un letto o su un pavimento o dove capita.
Si riscoprono selvaggi allo stato primordiale, mentre abbandonano la razionalità e le dicono addio per qualche ora.
Si donano l'uno all'altro, a rotazione, perché l'amore è anche questo, e perché è bellissimo abbandonarsi, una volta ogni tanto, e sapere che l'altro c'è.
Sono il giorno e la notte, Sasuke e Naruto, ma insieme diventano una sera limpida.
Una sera limpida che non ha bisogno di essere nascosta da degli stupidi lampioni.
Se si spengono i lampioni si vedono le stelle.



////
NDA(Rapidissime):
Chiedo scusa per tutto il tempo che ci metto.
Buone feste e auguri a tutti!
Un abbraccio a chi ancora mi segue. Grazie.
Frà


 

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Capitolo 22
*** Il fusorario di Dio ***


Amarsi in modo cosmico.




22: Il fusorario di Dio.
[SasuSaku, tragicità]
 
“E che sarà di me, di te, di noi, delle cose già fatte
e di quelle da fare poi.”

[D. Silvestri- In un’ora soltanto]

 




 
"Sasuke! Non credevo che stessi bene, è una bellissima notizia! Il dottore ha detto che ti riprenderai del tutto, lo sai?".
"Sì...come sta Sakura?".
"Di questo ne parliamo dopo, adesso sono solo contento che tu sia qua!".
"Naruto, dove è Sakura?".
"Non è da tutti riprendersi completamente dopo una botta del genere, sai?".
"Cosa cazzo è successo a Sakura?"
"...La stanno operando. La situazione è critica".

 




Fino a un certo punto della sua vita, una catastrofe non avrebbe minimamente scosso Sasuke Uchiha, giovane impavido perché senza niente da difendere, complesso perché cresciuto da solo.
A volte, di notte, il ragazzino quattordicenne che era pregava con tutte le sue forze che succedesse qualcosa di brutto che facesse finire la sua vita- pensieri normali di un quattordicenne, no?
Se un terremoto avesse distrutto la sua casa con lui dentro, probabilmente sarebbe stato quasi felice, forse sul momento avrebbe mostrato un po' di quella paura che alla fine lo rende umano anche se la nasconde, ma poi sarebbe stato felice.
Di star male. Di morire. Di veder tutto crollare. Di vedere tutto il niente che aveva finire. Se sei già morto dentro, come puoi dispiacerti se la morte vera e propria arriva?
Poi era scattato qualcosa, nella sua testa.
Una voglia di vivere, di reagire, di resistere, tirata fuori da ragazzina piena di difetti come qualsiasi ragazzina, ma con un pregio grande come il mondo: l'ostinazione.
Sakura aveva aspettato che lui la capisse, che la volesse, che la amasse, e lo aveva amato in silenzio e facendo rumore in ogni istante perché ci credeva ed era pronta a tutto.
Aveva sopportato occhiate torbide e frasi saccenti, una freddezza avvolta nel mistero, una voglia di buttarsi di sotto dal tetto.
Non aveva voltato le spalle all'amore complicato e folle che le attanagliava le budella, aveva solo aspettato e sperato che prima o poi le cose cambiassero.
Ed erano cambiate.
Le cose succedono pian piano, ma il momento clou in cui Sasuke Uchiha aveva capito di poter provare qualcosa per la ragazza ostinata e bellissima che da sempre gli gravitava attorno era stato quando, dopo l'ennesima dimostrazione di freddezza statica, lei gli aveva gridato in faccia: "non me ne vado finché non mi chiedi espressamente di andarmene!".
Aveva capito in un secondo che non glielo avrebbe mai chiesto perché non avrebbe mai voluto che lei se ne andasse.





Quando le cose cambiano, si diventa sia felici che tristi, o almeno a Sasuke è accaduto questo.
La tristezza lo ha avvolto mentre pensava al suo passato, a tutto il tempo sprecato a credere di non poter provare niente.
La felicità, nel capire che il presente sarebbe stato diverso.
Felicità: che parola strana, che suono nuovo, non l'aveva mai pensata così a lungo.
Capelli rosa persi nella sua spazzola, piedi freddi contro i suoi polpacci, flaconi di shampoo nella doccia, tracce di rossetto sulla sua camicia migliore: felicità.
Sakura che resta: felicità.
Lui che, in qualche modo, rompe il ghiaccio: felicità.





E poi il terremoto.
Quello che hai atteso per una vita intera, quello che arriva quando non ne hai più bisogno.
Lo strano fusorario di Dio.
Una notte d'estate apparentemente serena Konoha trema.
Sono le 3 di notte, Sasuke e Sakura dormono vicini, lei ha la testa sul petto del suo ragazzo, quando la loro casa crolla.
E da lì in poi, buio.
E paura.






Sasuke è fragile, instabile, miracolato.
L'hanno operato a entrambe le gambe ma non ha mai rischiato la vita,
poi l'operazione è andata bene quindi anche le sue gambe fortunatamente sono a posto, al di là dell'ingessatura momentanea.
E non è giusto.
Non è giusto che lui, quello che voleva morire, sia salvo, se Sakura non si salva.
Lo vede negli occhi di Naruto e lo capta dal tono della sua voce, che la cosa è ancora più grave di quanto dica.
"Portami da lei, ti prego" sussurra, e Naruto non può non annuire, e aiutarlo a salire sulla sedia a rotelle.
Il corridoio di un ospedale, quello di fronte a una sala operatoria, è un luogo in cui la disperazione si mischia all'angoscia e si rende tangibile.
L'operazione non è finita, tutti attendono un responso con terrore.
Sasuke Uchiha, il ragazzo senza sentimenti, trema più di tutti.
"Non ti ho detto di andartene, Sakura" sussurra, in modo impercettibile.
"Non me ne vado di qui finché non torni".






Senza Sakura, adesso, Sasuke non crede di poter essere qualcosa.
Senza di lei è un mucchietto di paura silenziosa, nulla di più.
Polvere da spazzare via.

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Capitolo 23
*** Puzzle. ***


23: Puzzle.
[NejiTen]
“E invece sto sdraiato,
senza fiato,
 sfatto come il letto su cui prima m'hai lasciato”
[D. Silvestri-Salirò]



Quando Tenten rientra in casa chiude la porta con forza e poi sale le scale che conducono alla stanza da letto abbastanza di fretta.
Quando arriva e lo trova ancora lì, sbuffa.
Sperava che la situazione fosse migliorata, e invece niente.
Neji Hyuga, da tre giorni, vive in condizioni pietose e passa il tempo steso su un letto disfatto a lamentarsi e a commiserarsi.
Non sembra neanche se stesso, se lo dicesse a qualcuno nessuno le crederebbe.
Getta a terra la borsa con rabbia, lo guarda ancora una volta e poi si siede sul letto, su quel maledetto letto.
"Affrontiamo la situazione, adesso" articola, e ha una voglia matta di prenderlo a schiaffi finché non si riprende.
Neji ha i capelli sparsi sul cuscino, la testa appoggiata a questo, le gambe dritte e i vestiti sgualciti.
"No" dice, soltanto, evitando di guardare la ragazza che, al momento, sta cercando con tutte le sue forze di non scoppiare.
"Neji, porca troia, hai avuto una vita di merda, i tuoi genitori sono morti, tuo zio è uno stronzo a cui non frega niente che non riguardi il suo studio legale del cazzo, tutto ti è sempre andato da schifo però tu non hai mai fatto una piega, mai, e ora ti riduci così per un fottuto esame andato male?".
Il torpiloquio di Tenten serve a farle sfogare almeno un po' di rabbia, oltre che ad attirare maggiormente l'attenzione dello Hyuga.
"Non hai capito, Tenten" sbuffa, sembra che parlare sia una cosa faticosa per lui.
"Non è un fottuto esame, è tutta la mia vita! Lo so che fa tutto schifo, l'unica cosa che funziona è sempre stata l'università, il mio futuro lavoro da mio zio. Questo fottuto esame l'ho rifatto tre volte. Forse non sono capace di fare l'avvocato, la mia vita non ha più senso".
Neji, finalmente, parla, ma Tenten non ha affatto voglia di consolarlo.
"Vaffanculo" grida, prima di andarsene.
Non ci vuole molto a capire che nessuna ragazza apprezzerebbe un "l'unica cosa che funziona è sempre stata l'univesità".
E, rimasto solo nel suo momento di massimo egocentrismo, Neji Hyuga riesce a mettere insieme i pezzi delle cose che ha appena detto.




Neji chiude gli occhi, prima di alzarsi dal letto, prende fiato e poi lo fa.
Tenten, in cucina, sbatte le fruste nel tentativo di cucinare un dolce ma sembra solo aggredire un paio di uova innocenti.
"Scusa".
Sicuramente non se lo aspettava, uno scusa, non l'aveva mai sentito uscire dalla bocca di quello sciagurato che si è scelta come fidanzato.
"Non sono abituato a pensare agli altri e credo che tu dovresti lasciarmi" aggiunge il ragazzo dalla chioma fluente, immobile.
Tenten molla la ciotola in cui sta sbattendo le uova su un mobile qualunque, il primo che trova, poi smette di dargli le spalle.
"Dopo tutta la fatica che ho fatto" mormora, con ancora le sopracciglia aggrottate, "credi che ti lascerò?".
Neji la guarda a lungo, prima di dire la cosa che avrebbe dovuto dire molto tempo prima.
"Non credo che ce l'avrei mai fatta, da solo. Io ti dò per scontato, a volte, ma è perché sei l'unica sicurezza che ho" aggiunge, piano e immobile, dopo tre giorni di incazzatura per una cosa stupida, dopo un'evento inutile che l'ha sconvolto, dopo un minuto- uno!- di paura di perdere la sua ragazza che l'ha fatto alzare.
I capelli castani di Tenten svolazzano, mentre scuote la testa per lo stupore.
Non gli chiedeva una dichiarazione: non avrebbe mai osato tanto.
"Sarai un avvocato coi contro cazzi e, se rifai il letto e ti fai anche una doccia per riprenderti, vedrai che da domani ti metti a studiare e all'esame prenderai trenta. Se poi inizi a dubitare della tua carriera futura, ne parliamo. Io non me ne vado, Neji, basta che ti ricordi che ci sono" risponde, e l'altro fa un passo avanti per abbracciarla.
E poi lo dice.
E lei non credeva che l'avrebbe mai fatto.
"Grazie, ti amo".




Il trenta e lode, dopo l'unica incertezza nella vita di un giovane, è un tassello che si mette a posto da solo, che trova il suo spazio in una vita stabile nonostante i molteplici fattori "schifo" di cui è fatta.
Serve a Neji a capire che una crisi ci può stare, che è umano stare male, ma che non può pensare sempre e solo a se stesso.
Il "Ti amo", dopo due anni di fatiche da fidanzati e altrettanti di sudore perso su una conquista che sembrava impossibile, è il tassello che completa anche la vita di Tenten.
Prima o poi i Puzzle si completano, i sentimenti trovano il loro spazio, le labbra si schiudono da sole alle ricerca di un bacio.
Prima o poi le crisi arrivano, prima o poi si superano anche.







 

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Capitolo 24
*** I lunghi sermoni di prima ***


Amarsi in modo cosmico.
 
"il quarto bruciava d'odio
per la vergogna di restare
fuori dal podio"

[D.Silvestri- “La classifica”]
24: I lunghi sermoni di prima.
[NaruSasu, o SasuNaru, in questo caso è uguale]

 
 



Quando ha bisogno di pensare, Naruto si siede sulle gradinate del campo di atletica e osserva i corridori.
A lui non è mai piaciuto correre, gli è sempre sembrato troppo simile allo scappare, e lui è da tutta la vita uno che resta, che resiste nonostante tutto, che ama alla follia anche il paesino in cui è cresciuto orfano e povero mentre tutti lo snobbavano.
Vedere gli altri correre, però, lo tranquillizza, lo fa sentire sereno.
Le gambe che sfrecciano, gli applausi della gente, le grida degli allenatori: tutto lo fa sentire in un'altra dimensione, una in cui gli piace stare, una in cui tutto è chiaro e semplice.
Quando tra gli atleti c'è Sasuke, però, la tranquillità va a farsi un giretto da qualche parte, il cuore accelera i suoi battiti, la gamba destra non smette di tremare instancabilmente.
Si agita sempre, se si tratta dell'Uchiha, e non lo ammette, finge di essere tranquillo comunque, mentre tra i blocchi ci sono noti capelli blu scuri che si vedono chiaramente da lontano, mentre sono le sue gambe snelle a cercare di superare le altre.
Naruto si aggrappa alla ringhiera che separa le gradinate dal campo vero e proprio in modo da osservarlo meglio, il suo amico che corre.
Se si scollega dall'ansia e dalla gara, riesce a vederlo per un attimo nella sua bellezza travolgente, nel modo splendido in cui lotta con l'aria.
Sorride, mentre pensa che non dirà mai a nessuno ciò che realmente gli frulla per la testa, e poi si passa una mano tra i capelli.
Quando si ricollega al mondo esterno smettendola di riflettere sulla bellezza, la prima cosa che nota è lo sguardo arrabbiato di Sasuke.
Lo sguardo arrabbiato del quarto classificato.





Uno stormo di "oh, mi dispiace" e di "ehi, vedrai che la prossima volta andrà meglio" si leva a suon di musica di fronte a Sasuke Uchiha che, ancora triste per il quarto posto, ignora tutti i suoi amici che si trasformano nel tifoso-medio dopo ogni gara.
Naruto è l'unico che tace, ma aspetta che tutti gli altri se ne vadano dal locale in cui avrebbero (in teoria) dovuto festeggiare per parlare.
"Birra?".
La prende sempre alla lontana, l'Uzumaki, ma questa volta ha perfettamente ragione: una birra ci vuole proprio.
Dopo averla ordinata, il ragazzo biondo sorride.
"Hanno ragione, con i loro luoghi comuni. Andrà meglio la prossima volta" dice, e le birre arrivano al tavolo dove si sono momentaneamente seduti.
"Tutto qua?".
Sasuke è scettico, alza un sopracciglio e inclina la testa mentre si chiede dove sono finiti i sermoni infiniti di Naruto Uzumaki.
"Beh, sì. Al quinto è andata peggio, no?".
Il giovane che di solito si prodiga in discorsi lunghissimi, questa volta pare aver finito le idee, e l'altro scuote la testa mentre gli viene- almeno un minimo- da sorridere.
"Sai cosa pensa la maggior parte del pubblico, quando ti vede correre?".
Naruto prende un grande sorso di birra, mentre il suo presunto amico attende una risposta.
"Che sei un figo pazzesco. E lo pensano anche se arrivi quarto".
Sasuke dilata le pupille per la sorpresa, il rapporto complesso che esiste tra lui e l'Uzumaki diventa ogni giorno più difficile da catalogare.
O forse invece è semplicissimo.
Scoppia a ridere come non fa mai, prima di alzarsi e baciarlo proprio lì, in mezzo a un locale.
"E io che ho sprecato tutto quel tempo con i miei discorsoni!" si rammarica il giovane biondo, quando si staccano.
"Bastava dirti che sei figo per farti cedere, sei decisamente più vanitoso tu di Ino" sogghigna, prima che l'altro lo fermi e lo baci ancora.
Sasuke resta arrabbiato perché è arrivato quarto, eh, solo che sul momento un pochino si distrae...





Alla gara successiva, Naruto ha il cuore in gola mentre l'Uchiha tocca il traguardo tre millesimi di secondo prima dell'avversario più forte, e corre ad abbracciarlo come corrono ad abbracciarlo tutti.
Al solito locale dove questa volta il festeggiamento è giusto e meritato, i luoghi comuni dei loro amici adesso sono tutti un "finalmente" e un "vedi, se ci credi ce la fai".
Sasuke mostra una specie di sorriso a tutti, mentre gli fanno i complimenti, poi si avvicina al suo più grande fan e gli sussurra all'orecchio un: "questa volta cosa hai da dirmi?" che fa gelare il sangue a Naruto, dove gelare il sangue è una metafora che sott'intende ben altro.
L'Uchiha, poi, si siede all'altro capo del tavolo e, davanti a tutti i loro amici, per mettere alla prova il campione di turno, l'Uzumaki si alza e lo raggiunge.
"Figo resti figo" ha il coraggio di dirlo a voce alta, mentre l'altro sbianca leggermente.
Il resto glielo sussurra all'orecchio, per fortuna.
"Col quarto posto hai avuto un bacio, cosa credi che avrai col primo?"
Quando tutti si chiedono cosa stia succedendo, o forse non se lo chiedono affatto, Sasuke annuisce serio mentre dice: "Scusate, amici, potete continuare a festeggiare la mia vittoria senza di me?".
Tra lo sbigottimento altrui, fa cenno a Naruto di seguirlo, ed escono insieme dal locale.
Il primo posto gli dà diritto a un premio che vuole.
L'amico non sembra affatto scontento di farglielo avere.
Anche questa volta, i discorsi non servono.

 

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Capitolo 25
*** Sincerità brutale ***


Amarsi in modo cosmico.


25: Sincerità Brutale
[NaruSaku]

 
"perciò scusate se non tengo il giusto atteggiamento,
scusatemi se rido e perdonatemi se piango
[...]
qualsiasi sentimento me lo trovo scritto addosso...
"
[D. Silvesti-“Manifesto”]



 

Uscendo dall'ospedale, dal faticoso tirocinio giornaliero, Sakura trova Naruto ad attenderla, ha l'espressione amareggiata che lo accompagna fedelmente da una settimana, gli occhi tristi e insolitamente bui.
"Perché sei qui?" sbuffa, guardandolo.
Sette giorni prima l'ha lasciato, gli ha detto che gli vuole bene ma che non crede di ricambiare tutto l'amore che lui prova per lei.
E allora perché si umilia, Naruto, perché la attende fuori dall'ospedale come quando stavano insieme? perché si fa del male?
"Perché mi piace vederti, Sakura. Non sono uno stalker, ma tu sei bella".
Naruto è uno che ti spiazza con la sua brutale sincerità, che non è brutale perché cattiva, lo è perché esprime a voce alta cose che nessuno si sognerebbe di rivelare.
I sentimenti non se li tiene mai per se', è uno che regala tutto agli altri, e quindi anche quelli li condivide col mondo.
"Ma così soffri di più".
Sakura è piuttosto razionale, anche se è sempre stata emotiva, e gli vuole bene, si sente terribilmente male quando lo vede distrutto.
"Soffro lo stesso, e non riesco a tenermi dentro le cose, lo sai. Come sai che ti amo".
L'Haruno non ce la fa più, a sentire quelle due parole.
Non può più pensare a quanto l'altro stia soffrendo per colpa sua, per i suoi stupidi, deboli e inutili sentimenti.
"Se mi ami davvero" sussurra "smetti di dirmelo".





Sakura se ne va e lo lascia lì, inebetito, confuso in modo incredibile.
Perché dovrebbe tacere un sentimento che prova? tenendolo dentro non sparisce, e lui non è Sasuke, lui è uno che le cose le dice, anche se sono scomode e fanno male.
Sta soffrendo perché ama Sakura, ma anche se la ama non può nasconderle la verità, non può cambiare il suo carattere.
Mentre si domanda cosa fare, mentre cammina in crisi avanti e indietro per la strada, chiedendosi se dopo essere stato mollato debba pure cambiare comportamento, una velocissima ragazza dai capelli rosa torna indietro sui suoi passi.
"Scusa" mormora, fermandolo con una mano sulla spalla.
"Puoi dirmele, le cose che pensi. Non saresti tu, altrimenti" dichiara, sorridendo malinconica.
L'altro la guarda e ha voglia di baciarla, ma non lo fa.
"Ti amo ancora" ripete Naruto, e Sakura annuisce.
"Io ti voglio bene, te ne voglio tanto" continua a sforzarsi di sorridere la rosa, e l'altro la abbraccia.






Dopo altri sette giorni, Sakura esce dall'ospedale stravolta e Naruto è ancora lì.
Gli occhi sono ancora tristi, la sincerità è sempre la stessa.
Chiedere all'Uzumaki di non essere più chiaro nel dire le cose che prova è come chiedergli di rinunciare a una bella parte di se'.
In un attimo di dolore egoistico, l'Haruno ha provato a dimenticarsi chi aveva di fronte.
Adesso non sfugge di fronte a quegli occhi tristi che un po' la uccidono e un po' la fortificano.
"Sto un po' meglio, anche se resti bellissima".
Naruto sorride e quando succede tutto torna miracolosamente al suo posto.
"Grazie, Nacchan. Davvero, grazie" risponde la ragazza, e gli schiocca un bacio sulla guancia.
"La maggior parte della gente sfugge dal dolore. Tu te lo vivi tutto, sempre, fino infondo. Tu non hai paura delle cose che provi, e io ti ammiro".
Sakura sorride anche se sta per commuoversi, Naruto continua a pensare che è bellissima ma per una volta tace.






Sfuggire dai sentimenti è facile, naturale.
Ma non per tutti.
C'è chi ha sempre il coraggio di mettersi in gioco, di viverli tutti fino infondo.
Non importa quale sia il prezzo da pagare, neanche se è abbracciare la ragazza che ami ancora una volta, mentre lei si asciuga gli occhi sulla tua spalla, e sapere che la cosa finirà lì.

 

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Capitolo 26
*** Miracoli inconsci ***


Amarsi   in modo  cosmico.


26: Miracoli inconsci.
[SasuHina]

 
"Ma tu dormi ancora un po'
non svegliarti ancora no,
ho paura di sfiorarti e rovinare tutto...
No, tu dormi ancora un po' ,
ancora non so
guardarti anch'io nel modo giusto"
[D.Silvestri-“Occhi da Orientale”]


 
 

Quando Sasuke entra nella sua stanza, il suo letto è occupato.
Il comodissimo e perfetto letto in cui voleva lanciarsi immediatamente, è occupato.
Naruto ha questo vizio di dare per scontato che ogni volta che esce non torni a casa a dormire solo perché qualche volta è successo, e puntualmente ospita persone a cena e poi offre loro la possibilità di dormire nel letto vuoto- o così presume- del suo coinquilino.
Naruto è un idiota, ma lo sapeva quando ha accettato di condividere la casa con lui.
Nel letto dell'Uchiha, adesso, c'è un fagotto di lenzuola intricate sotto alle quali dorme placidamente Hinata Hyuga, compagna di corso dell'idiota biondo.
Probabilmente hanno studiato insieme, lei e l'Uzumaki, e poi lui non voleva che lei credesse che volesse scoparsela (e forse non voleva neanche farlo, è sempre stato cotto di un'altra) e le aveva offerto di dormire nel letto di Sasuke.
Solo che lui è tornato, alle cinque di mattina ma è tornato.
Solo che lui è tornato, alle cinque di mattina, e ha sonno.

 



Dovrebbe cacciarla, sarebbe giusto farlo, o forse dovrebbe andare a buttare giù l'Uzumaki dal suo letto per farlo dormire sul tappeto come punizione, ma non fa niente di tutto ciò.
Neanche sa perché lo stia facendo, ma si limita a spostare il lenzuolo per osservare la ragazza addormentata, e a sedersi ai piedi del letto.
Hinata Hyuga dorme con l'espressione serena e beata che chiunque dovrebbe avere quando dorme, anche mentre sogna lascia trasparire tutta l'innocenza che la avvolge normalmente, ha le guance leggermente rosse comunque, la bocca schiusa, la pelle bianca di porcellana.
Non sa perché, ma Sasuke si ritrova a pensare che è bellissima, e che guardarla è splendido.
Non vuole che si svegli, che si muova e che inizi a parlare, perché si scuserebbe per essere nel suo letto, perché fuggirebbe lontano, perché tornerebbe a imbarazzarsi quando incrocia lo sguardo di Naruto- idiota per la terza volta, perché uno che potrebbe scoparsi una così e non lo fa non può essere definito in altro modo-.
Si accende una sigaretta, l'Uchiha, mentre osserva i capelli scuri della ragazza a contrasto con il suo cuscino bianco, la sua pelle bellissima e le ciglia lunghe.
Naruto è un coglione, ma forse lui è contento che Hinata sia lì, e soprattutto è felice che dorma e che non debba darle spiegazioni, che possa guardarla e basta, senza arrovellarsi troppo sul perché lo stia facendo.
Che poi, alla fine, la guarda perché è bella.
 Non è che ci voglia molto a capirlo.

 



Hinata apre gli occhi piano, all'improvviso, perché un rumore la sveglia dal sonno che l'ha coinvolta.
Dopo qualche secondo riesce a mettere a fuoco Sasuke Uchiha che la scruta, seduto sul bordo del letto.
"Eh?" articola, sussurrando, e poi tossisce.
"Scusa, mi sono tolto le scarpe e ho fatto rumore" risponde il giovane, guardandola in modo strano.
Alla ragazza servono almeno due minuti per mettere insieme le informazioni.
"Oddio, sono nel tuo letto, scusa!" si agita, alzandosi all'improvviso, e l'Uchiha nota il pigiama verde di pile che grida dolcezza, esattamente come tutto il resto.
"Non era male, guardarti" dichiara, mentre la ragazza non capisce cosa stia dicendo.
"Se vuoi me ne vado, scusa ancora" continua ad affannarsi Hinata, mentre maledice mentalmente Naruto, ma l'altro scuote la testa.
"No, non andartene. Sono le sei, dormi ancora un po'. Se non te la prendi, però, ho sonno anche io" risponde il giovane dai capelli scuri, e l'altra scuote la testa e gli fa spazio- il letto è grande.
Mentre si distende, Sasuke spera di respirare un po' di dolcezza e di innocenza.
Mancano, nella sua vita.

 



Alle nove e quaranta Naruto apre la porta della stanza dell'amico per svegliare Hinata: hanno un esame il giorno dopo, devono studiare.
Quando varca la soglia non riesce a credere ai propri occhi.
Sasuke è tornato, dorme nel suo letto, e Hinata è accanto a lui, le loro spalle si toccano, le loro braccia si sfiorano.
Si tratta di Sasuke Uchiha, ed è tantissimo.
Probabilmente lo insulteranno entrambi appena si alzeranno, quei due, ma Naruto Uzumaki sa di aver inconsciamente compiuto un miracolo.
Non la sveglia, Hinata, perché non vuole rovinare l'atmosfera.
E tanto lei prende sempre trenta, chi se ne frega dell'esame...




 

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Capitolo 27
*** Solosolosolo Amiciamiciamici ***


Amarsi in modo cosmico.


27: Solosolosolo Amiciamiciamici.
[ShikaIno]


 
"Mi sono accorto che sto bene
solo quando sto con te,
ma so che questo non conviene,
non conviene..."
[D.Silvestri-“Sempre di domenica”]
 




Il Pub in cui si trovano è il loro pub, il locale in cui da sempre vanno a confidarsi.
Addirittura il tavolo è lo stesso ogni volta, e loro più o meno sono gli stessi.
Sempre Ino, logorroica bellissima e seccante, e sempre Shikamaru, pigro lamentoso e forse leggermente affascinante, sempre loro due.
Si trovano spesso in quel posto e a volte non parlano di molto, passano la maggior parte del tempo a rivolgersi insulti e poi scoppiano a ridere improvvisamente.
Sono proprio strani, Shikamaru e Ino.
Strani nel senso di amici che si vogliono molto bene e che sono felici insieme come tutti gli amici, solo che a volte la mano del Nara si posa per sbaglio sul ginocchio della Yamanaka, e lei non gli fa mai cenno di toglierla di lì, e lui non la sposta: non sale, eh, ma non se ne va neanche.
La mano sul ginocchio è tipica delle amicizie, no?
A guardarli, è facile credere che stiano insieme: si respira una complicità, tra i loro sguardi e le loro parole, che è quasi impossibile ignorare.
Ma sono solo amici.
Solosolosolo amici.
Solo amiciamiciamici.
 



Ino ha un'espressione preoccupata, mentre si siede, e al suo amico di sempre non sfuggono mai, le sue espressioni.
Non è uno che chiede "perché sei preoccupata?", Shikamaru, è uno che aspetta che le cose gli vengano raccontate, e sa che Ino lo farà, perché la conosce meglio di chiunque altro e lei non si tiene mai niente per se', figuriamoci una cosa che la agita.
Infatti non ci vuole molto, un sorso di birra basta per prendersi la pausa necessaria per decidersi a parlare.
"Sai molla l'università" inizia Ino, ed è strano che la cosa che dice inizi così, perché lei non parla mai al suo amico del suo ragazzo Sai- chissà perchè, poi.
Shikamaru annuisce, aspetta.
"Vuole dedicarsi solo alla pittura. Frequenterà un corso" continua la bionda, e poi si morde un labbro in un attimo di nervosismo.
"Il corso è a Osaka. I suoi genitori gli comprano una casa, mi ha chiesto se vado con lui".
La banalità della notizia iniziale nascondeva una bomba micidiale, di quelle che esplodono all'improvviso e creano il caos.
Perfino Shikamaru- il pigro e statico Shikamaru- ha un sussulto.
"Posso finire medicina là, l'università non è un problema" continua a parlare la Yamanaka, poi l'amico apre bocca per dire la sua.
"Ci vai?" chiede soltanto, come sempre non spreca parole.
Ino lo guarda, è confusa e irritabile, non sa cosa vuole che succeda e non sa neanche cosa le passi per la testa.
"Sì".
"Buona fortuna allora".
Shikamaru esce dal pub in fretta e furia, sbatte la porta e fa rumore.
 



Perché se l'è presa tanto?
Difficile dirlo, ancora di più ammettere una serie di cose complicate dal punto di vista emotivo.
Ino è da sempre fondamentale per la sua vita e questo è ovvio.
A sei anni gli ha insegnato a non dire a tutti che il suo hobby era guardare le nuvole per non passare per scemo, a dieci a dire le bugie in modo credibile, a tredici a vestirsi in modo adeguato, a quindici a baciare con la lingua.
Già.
Un sorriso nasce spontaneo sul volto del Nara, mentre ripensa all'intrepida ragazzina dai lunghissimi capelli oro che lo aveva afferrato e baciato per poi staccarsi ridendo e dicendo: "hai visto, Shikkan? è semplice! Smettila di scervellarti tanto".
Da diciotto anni in poi, il rapporto è cresciuto e maturato.
Ino è Ino, ed è caotica e seccante, è una delle poche persone al mondo capaci di farlo incazzare davvero, è egocentrica e vanitosa, ha tantissimi difetti, ma è la sua migliore amica, l'unica a cui chiederebbe un consiglio (ad eccezione di Choji).
L'unica a cui non può rinunciare.
Non starebbe bene, senza di lei, è uno dei pensieri più stupidi che la sua mente abbia mai formulato ma è anche uno dei più sinceri.
In qualche modo deve riuscire a fermarla.
 



Sai beve il suo caffè nero in modo composto, conserva in se' quel tipo di eleganza ottocentesca che difficilmente si trova in giro.
"Sapevo già che sei innamorato di lei" dichiara, senza scomporsi- quando mai lo fa?
"Non ho detto che sono innamorato di lei, ho detto solo che è mia amica e le voglio bene e ho bisogno che stia qui".
Shikamaru gesticola scoordinato, mentre parla di fronte a un giovane vecchio dentro.
"Il che, tradotto in un linguaggio comprensibile, vuol dire che la ami".
"Ti dico di no! Si tratta solo di amicizia! Hai degli amici, tu? Sai cosa vuol dire?".
Alza un po' la voce, il Nara, perché l'eleganza ricercata gli sa di fasullo, lo fa sentire nervosissimo.
"Se un mio amico se ne va per amore, io sono contento per lui, non penso a me stesso" risponde Sai, prima di alzarsi in modo lento e perfetto, senza sgualcire la giacca o spostare un capello.
"Sei sicuro che lei voglia partire?".
La domanda di Shikamaru arriva alle orecchie dell'altro quando ormai è alla porta, ma la sente.
"Io sì, e tu?".
 



Fare una valigia per un anno o forse una vita intera è terribilmente complicato, ma non è quello il punto.
Ino si lancia sul letto a pancia in sotto, mentre ripensa a Shikamaru.
Perché c'è rimasta male della sua reazione? cosa voleva che facesse? Sono amici, d'altronde, e lui si è risentito perché se ne va ma le ha augurato buona fortuna come un amico qualsiasi.
Ma lei?
Il problema non è il Nara che sbatte le porte, il problema è lei.
Lei che forse sperava che lui la volesse fermare, lei che, quando Sai le ha parlato di partire, ha pensato per prima cosa a: "come faccio a lasciare qui da solo Shikamaru?".
La Prima cosa.
Prima dell'università, dell'amore, della città, dei suoi genitori, di Sai, addirittura di se' stessa.
La Prima cosa.
E forse non è tanto normale.
 



Le nuvole sono belle perché sono imprevedibili, ma ci sono quasi sempre.
A Shikamaru piace trovarle, detesta le giornate di piatta serenità in cui non c'è niente da guardare.
A lui piacciono le cose che restano ferme dove sono, che non partono per Osaka da un giorno all'altro.
Che non ti smuovono un caos di pensieri e di emozioni, che non ti fanno tremare di paura mentre pensi di poterle perdere.
Shikamaru si odia da solo, mentre giunge alla conclusione di provare qualcosa per Ino, e sa che è terribile, perché lei è folle, ma lui sta bene solo quando c'è lei, e qualcosa vorrà pur dire...
Il Nara è l'uomo più pigro del mondo ma, quando perfino una nuvola lo fa pensare a lei, decide di sfidare il suo peggior difetto e andare a fermarla.
 



Sai parte proprio in quel momento, ha due bagagli in macchina e un paio di occhiali da sole, guida solo e in silenzio, si allontana da una ragazza malinconica e melodrammatica che piange disperata.
Gli ha detto che non vuole partire, Ino, che la sua vita è qua.
Sai non ha mai capito molto di lei, ma questa volta ha solo chiesto: "si tratta di Shikamaru?" e lei non è riuscita a mentirgli.
Si tratta sempre di Shikamaru, da lungo tempo ormai, solo che non l'ha mai voluto ammettere.
Ino piange ancora nel parcheggio vicino a casa sua, quando vede il suo amico del cuore arrivare, il passo placido di sempre ma forse lievemente più svelto.
Ha voglia di schiaffeggiarlo con violenza perché le ha scombinato la vita.
"Sto bene solo se ci sei tu. Non andare via".
Lo dice di corsa, il ragazzo, come per togliersi il pensiero- via il dente, via il dolore?
Chissà quanto gli sono costate, queste due frasette: una fatica pazzesca, probabilmente.
Non è uno che dice cose del genere, Shikamaru.
Non è neanche uno che si innamora, però, ma ha gli occhi che brillano, e gli occhi non mentono mai.
Ino vorrebbe schiaffeggiarlo, come sempre, ma come sempre va a finire che lo abbraccia.
"Sai se n'è andato ma io no, Shikkan" mormora tra le sue braccia "tu hai bisogno di qualcuno che ti secchi, no?" aggiunge, cercando di ristabilire l'ironia di base che c'è solitamente tra loro.
L'ironia che nasconde i sentimenti.
Shikamaru la stringe, pensa che ha un buon profumo, pensa che si sta per incasinare sul serio, ma se ne frega.
E così, nel mezzo a una tempesta di sentimenti, nel mezzo a un abbraccio che dura un'infinità, lo dice.
Dice: "credo di essere sempre stato innamorato di te" e Ino si chiede quanto abbia bevuto, per dire una cosa tanto romantica.
La paura di perdere una persona ti fa fare miracoli.
La Yamanaka lo stringe più forte, i loro corpi si sono sempre incastrati a meraviglia.
"Anche io sto bene solo quando ci sei tu" sussurra, piano "E ti amo" aggiunge poi, ed è un'ardua impresa anche per lei, ma l'abbraccio le dà forza.
E poi: "Resti una seccatura, eh".
"Lo so. E tu un pigro che si lamenta troppo!".
"Lo so".

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Capitolo 28
*** Segnali evidenti non compresi ***


Amarsi in modo cosmico.



28: Segnali evidenti non compresi.
[KibaHina]
 
“Chissà se qualcuno l'ha colto quell'attimo in cui
le impazziva il cuore”
[FabiSilvestriGazzè- “Il Dio delle piccole cose”]


 
 

Hinata sa con esattezza quand'è che ha iniziato a provare il sentimento che prova; lo sa perché l'ha realizzato in un istante e ha avuto bisogno di allontanarsi dai suoi amici per qualche minuto perché doveva metabolizzare la cosa.
Kiba l'aveva afferrata mentre dormiva sulla spiaggia e l'aveva gettata in mare, quell'agosto: era lo stupido gesto di ogni agosto, quello che tutti i ragazzi realizzavano a danno di tutte le povere donzelle addormentate.
Eppure quello scherzo stupido era stato diverso perché Hinata, ancora assonnata, si era aggrappata lamentosa alle spalle del suo amico e si era svegliata d'improvviso, al contatto col calore della sua pelle.
Kiba le aveva sorriso sadico, prima di buttarla nella gelida acqua salata con tanto di asciugamano, e lei aveva pensato che aveva un sorriso bellissimo, poi era uscita dall'acqua ed era corsa via, lontana da tutti.
Mentre Kiba Inuzuka faceva il deficiente, insomma, Hinata Hyuga aveva capito di amarlo, chissà da quanto, e da quel momento tutto era cambiato.


 



Ogni volta che si trovano vicini, Hinata arrossisce, e, essendo molto amici, la cosa è piuttosto evidente.
Il cuore le galoppa nel petto, sembra impazzire, quando lui si rivolge a lei, e la ragazza si ritrova sempre a pensare che è una stupida che a ventitrè anni si innamora ancora a senso unico, persa totalmente, esattamente come a quattordici.
Per quanto la cosa la imbarazzi, vuole che Kiba capisca cosa prova, che ci faccia i conti, che la renda felicissima o depressa, ma almeno consapevole di che cosa gli frulla per la testa.
Impazzisce anche il suo cuore, ogni tanto?
Lo aspetta tutte le mattine prima di andare all'università e quando arriva si illumina e arrossisce, gli passa i suoi appunti quando è disattento, ride a tutte le battute che fa, anche a quelle che non fanno ridere neppure Naruto, per il suo compleanno gli ha preparato una torta fatta con tutti i suoi ingredienti preferiti, gli sorride sempre e lo abbraccia spesso, seppur rossa in faccia e col cuore che scoppia.
Più di così non può fare, la Hyuga, ma l'Inuzuka non dà cenno di aver compreso proprio niente.
In compenso, hanno capito tutto tutti gli altri.


 



"Da quanto è che ti piace Kiba?".
Hinata va a trovare Ino per aiutarla con un test di inglese, ma appena entra in casa sua l'amica sta pensando a tutt'altro.
Non si affanna per dirle che non è vero perché non ama, e sopratutto non sa, mentire.
"Qualche mese" confessa, fissandosi i piedi.
qualche mese tipo nove mesi, ma è meglio non dirlo...
"Si vede molto, vero?" chiede poi, e la bionda scoppia a ridere.
"Tesoro, sei sempre stata molto espressiva, ciò che provi ce l'hai scritto in faccia" le sorride, mentre afferra una boccetta di smalto perché non le va proprio di fare inglese.
"E allora perché lui non lo capisce?".
Hinata ha uno sguardo implorante, mentre pone questo domanda a Ino, e l'altra la guarda con dolcezza.
"Perché è un uomo. Sono stupidi. Non captano i segnali più scontati" borbotta, come risposta, ed è un luogo comune, però spesso è terribilmente vero.
"Tu come hai fatto con Shikamaru?".
Quando sente ciò che la Hyuga le chiede, la padrona di casa smette di fissarla e si guarda intorno.
"Non lo vuoi sapere, Hina-chan, fidati" mormora, e poi si morde la lingua.
"Dai, dimmelo, ti prego!".
"Mi sono sbronzata e gli sono saltata addosso" butta fuori tutto insieme Ino, a una velocità para normale.
La mora scuote la testa, mentre si getta sul letto dell'amica.
"Non te lo consiglio, come metodo, ma non esistono segnali evidenti per gli uomini. Se non ci provi in modo fisico, devi dir loro le cose in faccia".


 



Hinata si tortura le pellicine intorno al pollice, quando Kiba esce di casa.
La mattinata sarebbe una qualsiasi, ma lei ha deciso che è venuto il momento di parlargli, solo che il cuore le impazzisce sempre più, non crede di farcela.
"F-fermiamoci un attimo" dichiara, insicura, e l'Inuzuka smette di camminare verso l'università e la guarda interrogativo.
"K-kiba".
Hinata prende fiato, conta fino a dieci.
"Tu non ti sei accorto che io...insomma, io...ti aspetto, ti sorrido sempre, mi imbarazzo, s-sono sempre disponibile per te, mi ricordo tutto ciò che ti riguarda...." riesce a dire, ed è molto arduo.
"Se mi sono accorto che sei l'amica migliore del mondo? Certo!" Kiba sorride felice, le schiocca un bacio sulla fronte e poi riprende il suo cammino.
La Hyuga pensa che c'è qualcosa che non va in lei, prima di seguirlo e cambiare argomento.
 





"Non ha capito neanche dopo il discorso di Hinata?".
Tenten morde un cupcake al limone, mentre parla, e Sakura beve un caffè lungo e ascolta.
Entrambe hanno gli occhi puntati su Ino, che si ingozza di patatine fritte perché sta per avere il ciclo e in quei casi la cosa è concessa.
"No, Tennie, no! Ti rendi conto? Ora, magari Hinata non è stata chiarissima, ma a quanto mi ha riferito la cosa era più che comprensibile. Lui è scemo e non ha compreso niente, però. Ora Hinata è triste perché pensa di non essere in grado di parlargli e non ce la farà mai a dire di più, e questo è un problema!".
Quando Ino inizia a parlare, fermarla è difficile.
Sakura poggia la tazzina vuota sul tavolo della mensa universitaria in cui sono sedute, guarda le sue amiche e sospira.
"Vi prego, non ditemi che volete parlarci voi!" esclama, coprendosi gli occhi con una mano.
Tenten lancia uno sguardo di intesa a Ino e l'altra ricambia, poi scoppiano a ridere.
"Non voi, Sakura. Noi!" grida la Yamanaka, mentre batte un cinque alla castana seduta di fronte a lei.
 



Quando esce di palestra, Kiba si trova di fronte Ino, Tenten e Sakura che lo fissano e si guarda intorno per essere sicuro che aspettino lui.
"Siete venute a guardarmi mentre mi alleno perché sono un figo pazzesco?" domanda, con la sua consueta ironia.
"Non dire stronzate e seguici".
Ino si è calata un po' troppo nella parte del gerarca nazista, e si mette a camminare fino ad arrivare alla sua macchina, parcheggiata a due metri da lì.
"Volete fare un'orgia in macchina?" chiede l'Inuzuka, sogghignando, e Tenten lo gela con uno sguardo- deve averlo imparato da Neji.
"Sali in macchina e basta, ok?" mormora, con tono da ragazza del ghetto dei film americani.
Mentre le due pazze si siedono davanti, Sakura si trova accanto all'Inuzuka.
"Non contraddirle e non fare più domande, altrimenti restiamo qui altre due ore, si divertono a fare queste scenette, che vuoi farci" sussurra all'orecchio del ragazzo, e lui accenna un sorriso.
"Hinata ha una cotta per te, coglione" grida Ino, una volta chiuse tutte le portiere.
"Ha cercato di dirtelo, ma tu non hai capito!" urla anche Tenten, ed è stato inutile chiudersi in macchina, probabilmente tutti i passanti le hanno sentite.
"Lei è molto timida e tu sei molto tonto, quindi se non intervenivamo noi le cose restavano così" continua ad agitarsi la Yamanaka.
"Ascoltami bene: adesso scendi, corri da lei, e le dici che la ami. Perché la ami, vero?" assottiglia gli occhi rendendoli una fessura l'altra invasata- la tecnica dello sguardo che inquieta, sempre copiata da Neji.
Kiba è indeciso se scoppiare a ridere o mettersi a fare tutte le domande che ha in testa- che poi sono "davvero? davvero? davvero? è innamorata? di me? davvero?"- ma finisce per annuire e scendere dalla macchina, poi fare quello che gli ha ordinato Tenten.
Cioè correre da lei.


 



Hinata è ad annaffiare le piante del suo giardino, quando Kiba Inuzuka arriva di corsa.
Il cuore della giovane riprende a martellare impazzito, mentre cerca di calmarsi e di ripetersi che se corre così deve essersi accorto che gli mancano degli appunti, non esistono altri motivi per cui si possa trovare lì.
Solo che Kiba non parla, ed è strano, perché di solito non sta un secondo zitto, parla anche per lei.
Non apre bocca, riprende fiato osservandola come se la vedesse per la prima volta.
E non parla neanche Hinata, perché non sa che dire, però lascia a terra l'annaffiatoio e si mette a ricambiare lo sguardo, imbarazzata come non mai, aspettando che dica qualcosa, che si riprenda da quello stato di trance.
Kiba non parla perché non sa cosa dire, sta cercando di elaborare un discorso, di dirle che lui è da sempre che ha una cotta per lei ma non credeva mai che una come lei lo avrebbe ricambiato, dato che lei è studiosa ed elegante mentre lui casinista e poco serio.
Si affanna per trovare un discorso e va a finire che passano cinque minuti in silenzio, perché la ragazza è abituata ad avere pazienza e non interrompe la situazione, attende e basta.
Lo attende da tanto, cinque minuti che cambiano?
Galoppano i cuori di entrambi, quando l'Inuzuka decide di arrendersi al fatto che non è in grado di dirle granchè.
"Sono tonto, scusa" mormora soltanto questo, poi però la afferra per le spalle magre e la bacia.
Non importava che si scervellasse tanto: con quel bacio dice tutto ciò che voleva dire a parole.


 



"Pensate che Hinata non capirà che qualcuno l'ha fatto ragionare?".
Sakura, seduta ancora sul sedile dietro della macchina di Ino, prova a riportare le sue amiche alla realtà.
"I Supereroi restano sempre segreti, Sakura" si indigna Ino, scuotendo la testa.
"Non dire cazzate, Ino" sembra riprendersi un attimo Tenten, ma è tutta un'illusione.
"Non siamo Supereroi, siamo Superoine!".

 



 

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Capitolo 29
*** Poesia d'estate (e d'inverno). ***


Amarsi  in modo cosmico.
A L.
Ai miei lettori sporadici.
A me stessa.
 

29: Poesia d'estate (e d'inverno).
[NejiTen]
 
Qualcuno che fermo all'incrocio pensò: "aspettiamo che arrivi l'estate".
[D.Silvestri-“L’autostrada”]

 



Aprile.
 


La madre di Tenten muore un giorno qualsiasi, alla fine di una lunga malattia.
Non è una scomparsa improvvisa, è una morte che tutti si aspettavano, Tenten compresa.
Solo che una cosa è saperle, le cose, e una è viverle.
Credeva di reagire in modo migliore, ma il vuoto cosmico si allarga nel petto della giovane, mentre un prete a caso parla di sua madre senza averla mai conosciuta, nel momento in cui tutti le fanno le condoglianze, perché non ha mai avuto un padre e l'unica a cui farle è lei, e lei neanche risponde.
Ha solo voglia di fuggire lontano, di lasciare quel posto, quella chiesa, quei veli scuri e tutto quel rumore.
E infatti corre via.
A metà del funerale di sua madre, Tenten scappa, e nelle gambe ha la disperazione che non riesce a piangere dagli occhi.
Nessuno ha il coraggio di fermarla, la faccia tosta di dirle che va tutto bene.
La lasciano andare, e lei se ne va.
 




Dopo un'ora, di Tenten non c'è traccia.
Tutti pensavano che sarebbe andata a piangere da qualche parte, a casa o al parco, ma non c'è.
Una preoccupazione inizia a serpeggiare, parole non dette che sono comunque chiare.
Ino e Sakura agitano tutti, finita la funzione tornano di fronte alla chiesa perché nel caso l'amica decida di ripresentarsi lì deve trovare qualcuno.
Quando Rock Lee e Naruto stanno per organizzare un pulmino che vada a cercarla, Neji alza una mano come faceva alle superiori e aspetta che tutti abbiano gli occhi puntati su di lui per parlare.
"Vado io, ok? Penso di trovarla. Lasciatemi andare da solo" dice soltanto, e nessuno osa controbattere.
Lo sanno tutti, che lei ha bisogno di lui più che di chiunque altro.
E tutti, in silenzio, sperano che Neji Hyuga non fallisca.

 
 



Neji Hyuga non fallisce.
Sa sempre dove trovarla, c'è da tutta la vita una strana connessione tra loro due.
Tenten se ne sta seduta a un incrocio: è il suo posto preferito, il suo luogo per pensare.
Da anticonformista qual è, la ragazza ha sempre sostenuto che gli incroci non vengano abbastanza apprezzati, ma che invece abbiano una loro poesia.
Il suo incrocio è uno snodo in cui una stradina di campagna incontra una strada a tre corsie che porta alla città.
Sostiene che ci sia della poesia, Tenten, nell'incontro tra due realtà così diverse, tra una strada sassosa e un asfalto lucido, tra l'erba incolta a lato della stradina in salita e le macchine che le passano accanto incuranti, tra il panorama moderno della strada e quello antico delle colline dolci che si intravedono se ci si siede nel punto in cui l'incrocio diventa strada di campagna poco trafficata.
Siede lì, la ragazza che trova la poesia in tutto, a gambe incrociate in mezzo a una strada, a fissare il panorama con gli occhi lucidi.
E Neji... Neji la capisce, perché sa cosa si prova a vedere il proprio mondo sgretolarsi in un secondo, a non riuscire ad esternare le emozioni, ad aver voglia di stare da soli, ma forse con qualcuno accanto che tace.
Si accomoda accanto a lei, nella stessa identica posizione, e lei neanche si volta, perché lo sa che è lui, si sente da come si muove, dalla delicata eleganza che possiede il giovane, dal fruscio di capelli lunghi scomposti da una brezza leggera, dai passi lenti e misurati che compie dalla macchina che abbandona a lato della strada grande fino al luogo in cui si trova lei.
"Non importa che tu stia qua, davvero. Ti prometto che non mi suicido, Neji, ma non ti preoccupare. Vattene" sussurra, e l'altro non si muove.
Tipico di Tenten, pensare a lui in questo momento, alle sue preoccupazioni.
Stupida e bellissima Tenten.
"Quando ho scoperto che mio padre non è morto di malattia ma si è suicidato sono stato un giorno intero disteso immobile sull'erba dei giardini comunali. Tu eri lì accanto, Tenten, e la tua presenza è stata utile. Non me ne vado, puoi dire quello che vuoi".
Neji non la guarda, mentre le parla, ma dice le cose giuste, quelle che lei ha bisogno di sentirsi dire, perché gli ha chiesto di andarsene ma in realtà non sa se ce la fa senza di lui.
"Ok".
Il silenzio dura mezz'ora circa, lo Hyuga cinge le spalle dell'altra con un braccio e l'immobilità di entrambi rende la scena surreale.
Di macchine, lì, non ne passano molte, ma il rumore di quelle sulla strada principale è il sottofondo perfetto per un dolore da tirare fuori.
Dopo trenta minuti di glacialità, Tenten si sente abbastanza a casa per scoppiare a piangere.
Piange, piange, piange, trema e urla, tira fuori tutto ciò che nasconde dentro da un giorno intero, finisce la voce e le lacrime, fa fatica fisicamente per i troppi sussulti, si dispera.
Neji non si smuove, si limita a stringerla quando ne ha bisogno, ad accarezzarle i capelli mentre trema, a guardarla soffrire.
Il dolore folle di Tenten esplode come una miccia, e dura un'ora intera, sessanta minuti di pura fragilità, poi la ragazza appoggia la testa sulla spalla dell'amico e chiude gli occhi, finalmente riprende fiato.
"Alla mamma piaceva l'estate" mormora, mentre il ragazzo seduto accanto a lei la ascolta e basta.
"E il mare. Non vedeva l'ora che l'estate arrivasse, non voleva fare altro che sguazzare nelle acque dell'oceano ma le andava bene anche la piscina, o uno stagno qualsiasi. A me non è mai piaciuto aspettare niente, non ho mai avuto voglia di pensare al futuro, ho sempre e solo voluto godermi ogni istante, però ora mi è venuto in mente il mare. Ora aspetto l'estate, magari starò meglio".
Parla tanto, dice cose che non hanno neanche molto senso, ma parla, Tenten, ed è bellissimo, perché Neji riflette su se stesso: lui non ha parlato così presto, dopo il momento di dolore puro, e decisamente non così tanto, non ha tirato fuori tutti questi sentimenti.
L'ha sempre saputo, che lei è migliore di lui, non è una gran novità.
"La aspetto con te, l'estate" dichiara, perché lei ha bisogno di sentirlo e lui di dirlo, perché lei se lo merita e lui qualcosa per lei lo prova da tanto, ma non l'ha mai capito.
Tenten lo guarda per la prima volta, ha gli occhi rossi e gonfi e le labbra screpolate.
"Grazie, Neji" sussurra, prima di chiudere gli occhi di nuovo.
E, mezza abbracciata allo Hyuga, si addormenta sfinita.


 
 



Neji non si muove per un'altra ora: è abituato alla staticità, convivere con se stesso è difficile più che con chiunque altro.
Quando un' auto frena a pochi metri da loro due, maledicendoli, il ragazzo si alza con in braccio Tenten ancora addormentata, la carica nella sua vettura e la riporta a casa.

 
 



Sono passate tre ore da quando è partito, e nel momento in cui torna di fronte alla chiesa, lo Hyuga trova tantissime persone ad attenderlo.
La giovane castana è ancora dormiente tra le sue braccia e tutti tirano un sospiro di sollievo quando li vedono.
La folla si apre per farli passare e condurli a casa di Tenten.
"Non la lasci sola, vero?" gli chiede Sakura, fermandolo con aria ansiosa e preoccupata.
"Non chiedergli niente, Neji sa cosa si prova, e poi la ama, con lei non sbaglia mai" irrompe nella conversazione Rock Lee, che ha gli occhi seri e concentrati e dimostra una maturità estrema nei gesti e nelle parole.
Lo Hyuga si volta a guardarlo giusto un secondo, e l'altro gli sorride timidamente.
"Sì, l'ho sempre saputo. Sì, è una cosa bellissima. Sì, sei in grado di prenderti cura di lei. No, non merita uno migliore. Sì, dovresti andare ora" snocciola, mentre l'amico scuote la testa.
Annuisce, prima di voltare l'angolo.
E riflette sul fatto che Rock Lee ha spesso ragione.
Tipo ora.

 
 



A Tenten sembra di aver dormito tantissimo, quando apre gli occhi.
Sono le tre e quaranta, e lei è nella sua stanza.
La sua camera, in casa sua.
Casa sua e di sua mamma; casa loro.
I ricordi si affollano, gli occhi si riempiono di lacrime, il respiro si spezza, il corpo trema.
Non sa se ce la fa.
In quel momento, proprio in quello, lo vede.
Neji dorme sul tappeto, accanto a lei ma senza invadere il suo spazio, ha l'aria di essere molto stanco ed è bello da morire mentre si accorge che lei è sveglia perché ha il sonno leggero e capta ogni minimo movimento anche durante la notte.
Apre gli occhi e la vede tremare, si alza e le si avvicina.
"Non sei da sola, Tenten".
Le dice solo questo: non c'è molto altro da dire.
Lei chiude gli occhi, si concentra sul suo respiro, si calma leggermente, poi si alza e lo abbraccia.
Forte.
Tanto forte.
Perché senza di lui, ora, crollerebbe molto di più, perché non parla e non la incita a reagire, perché sa cosa si prova e non dà niente per scontato, perché è capace di esserci in silenzio, perché non è stato in grado di dimostrare i sentimenti che prova ma nel momento del bisogno le ha fatto capire che a lei è affezionato- e non importa se la ama o no, perché lei ama lui a prescindere, lo ama da morire, l'ha sempre amato ma ora forse lo ama di più.
Se lo ripete tanto nella mente, per allontanare il pensiero di sua madre qualche secondo.
Poi lo dice a voce alta.
"Ti amo".
E Neji lo sa che è fragile e instabile e in un momento critico, e insomma ha un sacco di scusanti per ciò che ha appena detto, ma la stringe comunque, e poi la bacia lo stesso.
Poco dopo, Tenten riesce a dormire di nuovo, e sembra essere serena almeno qualche ora.

 



Agosto.


le onde si infrangono a riva, la schiuma bianca bagna i piedi con leggiadria fredda, il cielo è nuvoloso e minaccia tempesta.
A Tenten non importa niente, mentre si tuffa in mare, perché il mare le piace e piaceva a sua madre e ne aveva bisogno.
Si tuffa ed è freddo e tutto quanto, però è felice, si sente a posto, si sente con sua mamma, sa che sarebbe fiera di come riesce a sorridere.
Un lutto non si supera mai del tutto, ma piano piano si impara a conviverci: lei ha imparato a superare la fase del dolore totale, quella dell'annullamento, quella della negazione, ed è arrivata ad accettare la cosa.
La mancanza è grande, si fa ancora sentire, e comunque spesso si sveglia di notte con un peso che sembra bloccarle la respirazione, stringerle la gola fino a farla soffocare, ma riesce quasi sempre a calmarsi da sola, e se non ce la fa ha chi la aiuta.
Il ragazzo dal sonno leggero, quello che ama da una vita, quello che sa dove trovarla, che ha saputo sopportare il dolore urlato in faccia, così diverso da quello interno che ti mangia dentro che ha sempre provato lui...
Neji.
Che ha aspettato l'estate con lei, che l'ha portata al mare, che la guarda e guarda il cielo con aria critica e poi sembra scordarsi per un secondo che lui è Neji Hyuga, quello che le cose incerte non le fa mai, perché si butta e la raggiunge.
Quello che ha i capelli più belli del mondo, gli occhi più belli del mondo, il tutto più bello del mondo.
Quello che è elegante e perfetto ma pieno di rimpianti da superare dentro, quello che le è stato accanto come nessuno è riuscito a starle accanto.
Quello che è stato in grado di tirarle fuori un sorriso vero, una dichiarazione d'amore, un sacco di risate di cuore.
Sarebbe piaciuto molto a sua madre...
Neji raggiunge Tenten con un paio di bracciate agili, perché nuota benissimo- quando mai non fa qualcosa benissimo?
Lei gli si aggrappa, ha imparato quanto è bello farsi trasportare da lui, fidarsi a pieno, e lui ha imparato quanto è semplice non far cadere chi cerca in te l'equilibrio.
"Grazie per aver aspettato l'estate con me. Per il mare. Per il sonno leggero che hai. Per l'incrocio. Perché senza di te tutto sarebbe stato difficile. Mia mamma direbbe che sei pure figo, quindi grazie anche per quello" sorride la giovane, e il ragazzo la guarda come fa sempre: soffermandosi su ogni minimo dettaglio.
La guarda, è bellissima come sempre e più di sempre, ha la luce negli occhi e la capacità di parlare dei suoi sentimenti.
Deve dirle qualcosa.
"Grazie a te" sussurra, e l'altra pensa che le basta questo, ma lui continua "Per il mio momento di dolore in cui c'eri. Per tutti gli anni in cui hai aspettato che mi aprissi. Per le cose che dici. Per come le dici. Perché anche...anche senza di te sarebbe stato difficile. E sei...bellissima, Tenten. E non ti interessa che io te lo dica. Quindi grazie".
Un parto sarebbe stato meno doloroso.
Ci voleva il mare, la pioggia che inizia a cadere, un costume succinto e una dichiarazione da film ricevuta, per farlo parlare.
Ci voleva lei.
Che lo guarda e lo bacia nell'acqua, sotto la pioggia, e non le interessa se prenderà la febbre.
Lei che è bella e meravigliosa proprio per questo.
Perché le cose le prova: che siano dolore o amore, lei le prova, le vive a pieno.
E Neji ha bisogno di questo.
Perché si è stufato di scegliere sempre la strada più facile e triste: basta strade dritte a tre corsie, vuoi mettere la poesia di una stradina di campagna in salita, con l'erba incolta ai lati?
"Ti amo anche io".
Tenten è sicura che, dietro a una dichiarazione così chiara, ci sia la mano argentea di sua madre.
Lo bacia di nuovo, e poi ancora, e poi ancora.
E non importa se piove, può venire anche un temporale, può succedere di tutto: lei non ha intenzione di staccarsi.
 
 
 
"mi piace sentirmi capace di dirti ti amo, aspettiamola insieme l'estate".
 
 





////
In questa fic c’è tutta me stessa.
Non per gli eventi in se’, ma per il sentimento e il momento in cui l’ho scritta.
Saluto Efp con una cosa più allegra, il prossimo capitolo, ma io con i miei commenti mi fermo qui.
Perché qui è dove lascio il mio cuore.
Grazie.
Grazie a Neji e Tenten per essere stati la mia ispirazione di una vita.
Grazie a quel pazzo di Kishimoto, che ho odiato tanto ma che li ha creati.
Grazie a Daniele Silvestri per questa canzone, che credo sia la canzone della mia vita.
Ma soprattutto
grazie a voi.
Grazie a chi sorride e a chi invece no, grazie a chi ha letto fino a qui.
Vi ho voluto, vi voglio e vi vorrò bene sempre, miei lettori più o meno sporadici.
Un abbraccio forte.

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Capitolo 30
*** Ora e sempre, Resistenza. ***


Amarsi in modo cosmico.

30: Ora e sempre,
Resistenza.

[ShikaIno]


 
E andremo in strada,
con tutti gli striscioni
A fare come sempre la figura
dei fregnoni
[D.Silvestri- “A bocca chiusa”]

 


Ino cammina davanti a tutti, ha in mano un megafono arancione e negli occhi la determinazione di sempre.
"Ora e sempre resistenza!" è il grido di battaglia di molte manifestazioni, anche di questa.
Gli studenti universitari vogliono più diritti, chiedono a un governo che si ricorda di loro solo quando si parla di tasse da pagare di cambiare la propria prospettiva, di scommettere sulla ricerca, di rendere lo studio più accessibile a chiunque.
Le solite pretese, le solite speranze che quando sei giovane hai e poi da vecchio rimpiangi, scuotendo la testa e pensando che non accadrà mai niente, che c'è ben poco da augurarsi.
Ino grida con tutte le sue forze, guida un corteo di duecento persone, tutti la seguono.
Ha da sempre le doti tipiche del leader carismatico, sa smuovere folle e far gridare gli altri, sa essere sempre al centro dell'attenzione ma non se ne approfitta troppo: pensa all'università, al benessere comune, prima di pensare a se stessa.
Shikamaru è accanto a lei, a guidare l'apparente rivolta di un pomeriggio.
Dove c'è Ino, c'è Shikamaru, e viceversa: è un patto non scritto che vige da quando si sono conosciuti.
Shikamaru è strategia, è calma, è pigrizia che a volte viene sconfitta.
Shikamaru idea gli slogan, sceglie i giorni per manifestare, va a chiedere i permessi necessari per farlo, commissiona i volantini, scrive le motivazioni degli studenti: poi ci pensa Ino, a far sapere tutto a tutti.
Dove c'è Shikamaru, c'è Ino, e viceversa: è un patto non scritto terribilmente utile, perché la compensazione tra i due è evidente.
E così Ino grida, il passo svelto e l'entusiasmo nei gesti, e Shikamaru sta in silenzio, la camminata svogliata ma un minimo di luce anche nei suoi occhi.
Davanti a duecento persone, Ino e Shikamaru conducono una rivolta che probabilmente non porterà a niente, ma che crea un momento speciale, un istante staccato dalla vita normale.
Ino si volta a guardarlo giusto un secondo, per essere sicura che sia ancora lì.
E Shikamaru, sì, è ancora lì, cioè esattamente dove deve essere: al suo fianco.
 
 


Quando la manifestazione finisce, i duecento dell'inizio sono diventati meno di cento, e comunque se ne vanno tutti in fretta e furia, preoccupati dall'arrivare in ritardo da qualche parte, da dover prendere un autobus, da dover chiamare il fidanzato, da cose diverse che fanno sì che fuggano tutti.
Fuggono sempre tutti: nessuno ci crede davvero, al di là del momento di condivisione massima, quello in cui gridare uno slogan comune ti fa sentire speciale.
"Questo è il motivo per cui facciamo solo figure di merda".
Ino è in mezzo a una piazza vuota, si siede sfibrata sullo striscione che è rimasto a terra, si toglie le scarpe e prende a massaggiarsi il piede destro indolenzito da due ore di cammino.
Ino ci crede davvero e, come chi fa le cose intensamente, ci resta male ogni volta, quando capisce che non è così per tutti.
"Già".
Shikamaru non si spreca mai più di tanto, a parole, è così perché è questo il suo carattere, fuma una sigaretta in silenzio, in piedi, e la guarda.
"Forse dovrei smetterla, Shikkan".
Ino incrocia le braccia sul petto, poi cambia posizione e si mette a dare sollievo anche al piede sinistro: è incapace di stare ferma per più di mezzo secondo.
"Che seccatura sei, Ino. Lo dici sempre e poi non lo fai, quindi non ho intenzione di convincerti".
Il Nara schiaccia il mozzicone della sua sigaretta con la suola della sua scarpa, mormora le sue classiche parole, continua a fissare la ragazza.
"Sia mai che ti sforzi troppo, tu, eh?".
La Yamanaka si rimette gli stivaletti e poi fissa gli occhi cerulei in quelli scuri dell'altro.
"Sono l'unico che resta sempre" si giustifica il moro, e l'altra sorride, perché è vero, e lo sa benissimo.
Anche ora sono soli in una piazza, un'ora dopo la fine di una manifestazione, a guardarsi e borbottare frasi sconnesse e deprimersi e riprendersi, come sempre.
"Va a finire che devo pure ringraziarti" si alza in piedi la bionda, e l'altro le si avvicina.
"Non importa" dichiara, a due centimetri dalla sua faccia, e lei sbuffa e poi prende l'iniziativa e lo bacia.
"Mi spieghi perché aspetti sempre che l'iniziativa la prenda io?" si lamenta poi, senza allontanarsi.
Shikamaru borbotta piano un "che seccatura sei", poi torna sulle sue labbra.
Cinque secondi dopo, neanche si sa come, sono distesi sullo striscione di Ino, e non si sono ancora staccati.
"Pensavo che i tuoi ideali femministi volessero che l'iniziativa la prendessi tu" si alza il Nara, quando si accorge di essere disteso in mezzo a una piazza pubblica.
Ino ha anche gli occhi che sorridono, mentre lo guarda.
"Guarda che anche se parli di altro me ne sono accorta, del risveglio del tuo amico in basso eh!" dice, e poi scoppia a ridere.
L'altro chiude gli occhi e la maledice- poteva scegliersene una più tranquilla?
"Fottiti".
"Fallo tu".
 
 


Alla manifestazione successiva, nonostante i dubbi di ogni volta, Ino Yamanaka continua a guidare la spedizione.
Se smettesse di crederci perfino lei, le cose peggiorerebbero decisamente, perché qualcuno che ci crede fino infondo serve a tutti.
Soprattutto a Shikamaru.
Ma guai a dirlo a voce alta...



////
Questo è il mio saluto ad EFP.
Potrebbe essere un saluto definitivo, o momentaneo, non lo so.
Sulla mia pagina troverete tutte le dovute spiegazioni.
Grazie a chi ha letto, commentato e apprezzato questi miei folli trenta capitoli.
Grazie a chi mi ha incoraggiata sempre.
Non credevo che sarei riuscita a concludere questa raccolta, ma invece è successo, ed è soprattutto grazie a voi.
Vi mando un abbraccio stritolante, più forte che mai.



La mia storia su EFP è molto legata a Shikamaru e Ino,
quindi mi sembrava giusto chiudere così.

Mosca bianca una volta, mosca bianca per sempre <3.


 

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