Boh, mi ha mandato Beatrice...

di mirandas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inferno, Canto I ***
Capitolo 2: *** Inferno, Canto II ***
Capitolo 3: *** Inferno, Canto III ***
Capitolo 4: *** Inferno, Canto IV ***
Capitolo 5: *** Inferno, Canto V ***
Capitolo 6: *** Inferno, Canto VI ***
Capitolo 7: *** Inferno Canto VII ***
Capitolo 8: *** Inferno, Canto VIII ***
Capitolo 9: *** Inferno, Canto IX ***
Capitolo 10: *** Inferno, Canto X ***
Capitolo 11: *** Inferno, Canto XI ***
Capitolo 12: *** Inferno, Canto XII ***
Capitolo 13: *** Inferno, Canto XIII ***
Capitolo 14: *** Inferno, Canto XIV ***
Capitolo 15: *** Inferno, Canto XV ***
Capitolo 16: *** Inferno, Canto XVI ***
Capitolo 17: *** Inferno, Canto XVII ***
Capitolo 18: *** Inferno, Canto XVIII ***
Capitolo 19: *** Inferno, Canto XIX ***
Capitolo 20: *** Inferno, Canto XX ***
Capitolo 21: *** Inferno, Canto XXI ***
Capitolo 22: *** Inferno, Canto XXII ***
Capitolo 23: *** Inferno, Canto XXIII ***
Capitolo 24: *** Inferno, Canto XXIV ***
Capitolo 25: *** Inferno, Canto XXV ***
Capitolo 26: *** Inferno, Canto XXVI ***
Capitolo 27: *** Inferno, Canto XXVII ***
Capitolo 28: *** Inferno, Canto XXVIII ***
Capitolo 29: *** Inferno, Canto XXIX ***
Capitolo 30: *** Inferno, Canto XXX ***
Capitolo 31: *** Inferno, Canto XXXI ***
Capitolo 32: *** Inferno, Canto XXXII ***
Capitolo 33: *** Inferno, Canto XXXIII ***
Capitolo 34: *** Inferno, Canto XXXIV ***
Capitolo 35: *** Purgatorio, Canto I ***
Capitolo 36: *** Purgatorio, Canto II ***
Capitolo 37: *** Purgatorio, Canto III ***
Capitolo 38: *** Purgatorio, Canto IV ***
Capitolo 39: *** Purgatorio, Canto V ***
Capitolo 40: *** Purgatorio, Canto VI ***
Capitolo 41: *** Purgatorio, Canto VII ***
Capitolo 42: *** Purgatorio, Canto VIII ***
Capitolo 43: *** Purgatorio, Canto IX ***
Capitolo 44: *** Purgatorio, Canto X ***
Capitolo 45: *** Purgatorio, Canto XI ***
Capitolo 46: *** Purgatorio, Canto XII ***
Capitolo 47: *** Purgatorio, Canto XIII ***
Capitolo 48: *** Purgatorio, Canto XIV ***
Capitolo 49: *** Purgatorio, Canto XV ***
Capitolo 50: *** Purgatorio, Canto XVI ***
Capitolo 51: *** Purgatorio, Canto XVII ***
Capitolo 52: *** Purgatorio, Canto XVIII ***
Capitolo 53: *** Purgatorio, Canto XIX ***
Capitolo 54: *** Purgatorio, Canto XX ***



Capitolo 1
*** Inferno, Canto I ***


Quest'opera è frutto di una collaborazione fra me e altre due persone che non vogliono essere citate per ovvi motivi...(non pensate male)
Questa è la prima fanfiction che scrivo, spero che vi piaccia. Buona lettura!

Inferno
 
Canto I
 
Dante

 
Era una sera del mio trentacinquesimo anno di vita. Mi ero recato per una passeggiata in mezzo al bosco quand’ecco che, per colpa della solita sfiga che mi perseguita, mi persi nella parte più buia della foresta, e tutto perché non avevo seguito bene la via giusta! Era una strada così difficile da percorrere! Avevo camminato per tutto il giorno e, calata la sera, la stanchezza cominciava a farsi sentire. Inoltre il bosco mi metteva un’ansia addosso che temevo che ogni mio respiro fosse l’ultimo che avrei esalato. Ma, sia ben chiaro, perdermi lì non ebbe risvolti solamente negativi, ottenni invece un dono inaspettato...Ma non mi sembra giusto partire dalla fine, perciò racconterò passo per passo tutte le cose che ho visto. E, a titolo informativo, non avevo mangiato pesante quella sera e non era stato tutto un sogno! Anche se ammetto che ero un pochino addormentato o ubriaco, dal momento che non ricordo minimamente come riuscii a finire in quel bosco buio e tenebroso quando fino ad un momento prima ero sulla via principale per tornare a casa. Ricordo solamente di essere riuscito, dopo molto tempo, ad uscire da quella maledetta foresta e di aver intravisto la via che avevo smarrito lungo il cammino, illuminata dal riverbero del sole, sapete, un po’ come per dire “Sì, Dante, devi andare da quella parte”. La paura che mi aveva attanagliato fino a quel momento mi abbandonò e, visto che uscire da quel bosco mi aveva dato parecchie grane, dovevo per forza girarmi per dare un’ultima occhiata al nemico appena sconfitto! Approfittai della pausa di sbeffeggiamento del bosco inanimato anche per riposare, per poi riprendere il cammino, facendo in modo di avere il piede su cui mi poggiavo più in basso dell’altro perché, ebbene sì, stavo percorrendo una salita! Ma dire semplicemente che stavo salendo lungo un pendio mi pareva troppo banale per un poeta del mio livello. *Ehm* comunque, non feci a tempo che a fare qualche passo che subito mi ritrovai la strada sbarrata da una lince dal pelo ricoperto di macchie e così veloce da indurmi a tornare sui miei passi. E che cavolo! Avevo appena finito di esultare per essere uscito da quel maledetto labirinto sotto forma di bosco che già mi toccava tornare indietro! Per farla breve, era l’alba di una mattina di primavera, e do per scontato che non ve ne freghi niente di che costellazione si vedeva in cielo e che era la stessa che era in congiunzione col sole quando Dio aveva messo in moto il mondo…Ah, aspettate, l’ho detto lo stesso. Ops. Tornando al nostro racconto, avevo ancora la vana speranza che quella dannata belva si levasse di torno, ma ancora una volta restai deluso. Infatti stavolta vennero a sbarrarmi la strada un leone dall’aria molto affamata ed una lupa magra, che condivideva lo stesso desiderio del leone: mangiarmi per riempirsi la pancia. La vista di quest’ultima in particolare mi provocò così tanta paura che subito abbandonai l’idea di raggiungere la vetta del colle. Mi sentivo come se, dopo aver vinto milioni a giocare a dadi e a poker (anche se non ho idea di cosa sia), stessi perdendo tutto ciò che avevo guadagnato; quelle due bestiacce mi stavano rimandando dentro il bosco da cui ero uscito con così tanta fatica! Ero ormai al limite della buia foresta quando mi apparve una figura che distinsi a fatica a causa dell’oscurità. Ma non appena lo intravidi qualcosa mi spinse a gridare: “Abbi pietà di me! Non mi importa se sei un morto oppure un uomo vero e proprio!”
E questo, manco ci conoscessimo da anni, mi rispose presentandosi, elencando vita, morte e miracoli della sua esistenza: “Guarda, io sono morto, ma se ti può far sentire meglio una volta ero vivo ed i miei genitori erano mantovani, quindi stai attento con le battute sulla Lombardia perché non le prendo niente bene. Io nacqui quando Giulio Cesare bazzicava ancora in giro, ma non ebbe il piacere di apprezzarmi e prima che tu lo chieda, intendevo in senso letterario. Vissi al tempo del grande Ottaviano Augusto, quando ancora esistevano solo dei pagani e del cristianesimo non si era mai sentito parlare. Magari ci fosse stato allora! Sai quanti sacrifici in meno? Sai quanti agnelli ci sarebbero finiti nella pancia?! Comunque, in caso non avessi ancora indovinato chi sono, sappi che fui un poeta e che scrissi l’Eneide, quel libro che piace tanto ai ragazzi di oggi e per cui ancora mi maledicono. Parlando di cose serie, perché stai tornando indietro in quel bosco spaventoso? Perché non vai anzi verso quel bel colle, tutto illuminato dal sole, nonostante sia notte?”
Il mio cuore perse un battito quando realizzai chi fosse costui: “Sei forse tu Virgilio? Quell’uomo che possiede ed espande eloquenza manco fosse un fiume?” Per poco non sbattei il naso a terra tanto l’abbassai in segno di rispetto dinnanzi al mio idolo, prima di rispondere alla domanda che mi aveva posto in precedenza: “Oh, non posso credere che tu sia qui! Mio idolo, mio eroe! Ho riletto e riletto la tua opera almeno cento volte e non mi è venuta la nausea! Tu sei il mio maestro ed il mio autore preferito in assoluto! Ho imparato da te lo stile tragico che tanto mi lodano oggi. Ma guarda quella belva che mi ha costretto ad arretrare fin qui e salvami da essa, mio maestro! Solo a guardarla potrei morire di paura…” E già mi stava scendendo una lacrimuccia dalla guancia.
A quanto pare Virgilio si commosse a quello spettacolo, perché mi disse: “E’ necessario che tu prenda un’altra via se vuoi scappare da questo bosco. Perché questa belva è così feroce che se ti vede un’altra volta ti ammazza. Ed è così avara che quando ti avrà mangiato avrà ancora più fame e probabilmente tenterà di mangiare me. Purtroppo, l’unico modo per ucciderla è aspettare che arrivi il veltro e non chiedermi che cosa sia il veltro, lo dice Dio, quindi accontentati di sapere che esiste un modo per toglierla di torno. Sappi solo che si nutrirà di amore, eccetera eccetera, tutte le cose belle che di solito si dicono riguardo a Dio, ah, inoltre sarà anche di umili origini. Salverà l’Italia, ma tu sai quante persone sono morte per l’Italia? Vuoi l’elenco? Allora, ci sono Camilla, Eurialo, Turno, Niso…non devo continuare, vero? Il veltro caccerà la lupa all’Inferno, da dove Lucifero l’aveva fatta uscire per tormentare gli uomini. Per cui, se vuoi, puoi venire con me, però sappi che allora ti becchi un biglietto per inferno e purgatorio e sì, vedrai tante persone tristi, doloranti, infelici, eccetera eccetera. Però se vuoi, come extra nel viaggio, c’è anche una sosta in paradiso. Lì però non ti ci posso portare io, ma dovrai affidarti a Beatrice, sì quella che ti piace tanto. Eh oh, io mica ci posso stare lassù nel cielo insieme agli angioletti a cantare con l’arpa in braccio per tutto il giorno. Te l’ho detto, ai miei tempi il cristianesimo non c’era e quindi nessuno sapeva dell’esistenza di Dio, guarda un po’ che fregatura, essere destinati al limbo per non aver saputo dell’esistenza di Dio. Ma dimmi te!”
Aspettai che terminasse la sequela di lamentele che mi stava propinando. Quando fui certo che ebbe finito, parlai: “Oh, grande poeta, ti prego, accompagnami dove hai detto e salvami da questa belva feroce che io mi sto letteralmente pisciando addosso dalla paura! Non voglio essere mangiato! Ho solo trentacinque anni! Ti prego, portami via da qui!” Detto questo, Virgilio mi fece cenno di seguirlo ed io lo feci, colmo di fiducia.

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Capitolo 2
*** Inferno, Canto II ***


Prima di tutto vorrei chiarire alcune cose:
1) aggiornerò la fic settimanalmente, così se durante la settimana non riuscirò a scrivere più di un capitolo non rimarrò potrò postarne lo stesso uno perchè mi sono già messa avanti.
2) per chi ne ha voglia, è altamente consigliabile leggere questa parodia della Divina Commedia con il testo originale davanti, per farsi ancora più risate. Ma questo vale solo per chi ne ha voglia, state tranquilli, non voglio costringervi a rileggervi la vera
opera.
Ecco, con questo ho detto tutto, ancora una volta vi auguro buona lettura ;)

Canto II
 
Dante
 
Il giorno volgeva ormai al termine (di nuovo) e tutti gli animaletti della foresta stavano andando a dormire (Bambi e Tamburino compresi), mentre io mi preparavo al lungo viaggio che mi aspettava in compagnia del mio maestro, che avrei raccontato non appena fossi tornato a casa, grazie alla mia memoria infallibile. Oh memoria mia, non venirmi meno quando avrò bisogno di te!
Mi rivolsi a Virgilio: “Oh Virgilio, ma siam sicuri che posso farlo questo viaggio? No, perché non ho mica il passaporto, sai, per l’oltretomba. Tu scrivesti nella tua opera che Enea andò nell’Aldilà ancora vivo e col proprio corpo. Perché Enea era raccomandato da Dio, in quanto padre di Roma, dove tutt’ora poggia le sante chiappe il papa carissimo Bonifacio VIII. E lì ascoltò la profezia di suo padre Anchise che gli avrebbe fatto vincere la guerra con i latini. Ci è andato anche san Paolo per rinforzare la sua fede. Ma io perché ci dovrei andare? Io non mi chiamo Enea e nemmeno Paolo, chi mi raccomanda? Non sono degno!!!!!!! Non è che faccio dei casini andando giù? Tu che sicuramente hai capito quello che ho detto, puoi spiegarlo anche a me, per favore?”
E come una donna con il ciclo, che è parecchio lunatica, così mi comportai io e cambiai idea sull’intraprendere quel viaggio che pareva impossibile.
“Spero di aver capito male il tuo discorso perché io non ti facevo così vigliacco! Sei come un piccolo animaletto della foresta che si spaventa per un nonnulla. Se proprio non riesci a calmarti ti dirò perché venni da te e ciò che provai quando posai per la prima volta il mio sguardo su di te.”
Arrossii leggermente a queste parole molto equivoche. Ma no, Virgilio non pensava di me in quel modo. Figuriamoci!
Il poeta latino andò avanti nel suo racconto: “Mi trovavo tranquillo seduto nel limbo, quando mi chiamò una sbrisolona così bella (Nota: dolce tipico mantovano, qua usato come complimento per dire che Beatrice è una bella gnocca) che non potevo dire di no alla richiesta che mi fece in seguito. Aveva due fanali al posto degli occhi e cominciò a scandirmi le parole come se fossi scemo:- Oh cortese mantovano, già che sei in piedi, puoi andare a pigliare quel povero sfigato che mi correva dietro quando ero ancora in vita, che si è incasinato a tal punto da prendersi una strizza micidiale ed ora sta tornando nella foresta? E temo che, scemo com’è, si sia perso tra due stecchi, infatti io ero al salone di bellezza del Paradiso e non sono potuta accorrere prima in suo soccorso. Ora vai e portalo qui, non mi importa come lo convincerai, se con le parole o coi fatti. Ah, se non lo avessi capito, io sono Beatrice. Ora che ci siamo chiariti, posso tornarmene su in cielo, tranquillo, metterò una buona parola con quello che sta ai piani alti, forse, se me lo ricorderò. – Allora finalmente si zittì e mi lasciò parlare:- Oh sbris…signora altissima, purissima e levissima, non che mi dispiaccia andare da Dante, ma come mai ti sei presa il disturbo di venire a romp…a trovarmi quaggiù?- E lei mi rispose:- Dal momento che farti gli affari tuoi su questioni intime ti riesce difficile, ti dirò in breve che io sono superiore a tutti voi perché, cè, siccome io sono importante, cè tipo, il Boss lassù mi considera, quindi voi plebèèèèèèèèi non mi potete nuocere, cè, io all’inferno mi ci faccio le lampade! Cè, anche la Madonna, che è un’altra che sta ai piani alti, ma che tu non conosci (e sei fortunato perché è una che si lagna, eh!), si preoccupa per Dante a tal punto che ha infranto le leggi divine!! Dicevo che la Madonna chiamò Lucia e...- e…” La mia guida si bloccò tutto d’un tratto. “Beh, Beatrice mi ha detto, che Lucia le ha detto che la Madonna le ha detto di dirle mentre era con Rachele…sì, insomma, mi manda Beatrice! Dunque: che hai?! Perché?! Perché cavolo ti fermi, perché dopo che queste tre benedette donne ti hanno raccomandato ed io sono salito apposta per te, dubiti ancora di essere degno?!”
La strigliata di Virgilio mi fece recuperare il coraggio perduto nella foresta oscura. “Oh, Beatrice! Visto che tieni così tanto a me, io compirò questo lungo viaggio! Ora andiamo, mia guida, mio maestro!” Così gli dissi e lo seguii per il sentiero difficile e selvaggio (di nuovo!) lungo il quale si era già incamminato.

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Capitolo 3
*** Inferno, Canto III ***


Canto III
 
Dante
 
“Chi entra di sua spontanea volontà è un masochista, perché attraverso me si va tra gli sfigati. Mi ha creato Dio, non ve lo aspettavate, eh? Ho menzionato che sono eterno e bla bla bla. Lasciate ogni speranza o voi che entrate”. Queste erano le incoraggianti parole scritte sulla sommità della porta: “Maestro mio...ho troppa paura per capire.” Dissi, rivolgendomi a Virgilio.
Lui mi rispose come se dovesse spiegare un argomento molto semplice ad un bambino molto stupido: “Non avresti fatto prima a dire che non avevi capito nulla anziché arrancare scuse? E non fare quella faccia! No! Dante, ti avverto, niente faccina da piccolo aquilotto bastonato…” La mia guida sospirò frustrata, stavamo insieme da poche ore ma già non poteva resistere alle mie suppliche. Perciò continuò con un tono più pacato: “Non devi avere paura di entrare, Dante, ci sono io qua con te. Questo è il luogo di cui ti avevo parlato…Se non lo avessi ancora capito, siamo giunti alle porte dell’inferno”.
A quel punto cominciai a tremare da capo a piedi, ma prima che potessi anche solo pensare ad un piano di fuga, Virgilio mi prese per mano con un sorriso così dolce che mi parve di sentire il mio cuore sciogliersi. Ero così intento ad osservarlo che la paura mi abbandonò temporaneamente e, preso com’ero dal mio nuovo passatempo, guardare la mia guida, non mi accorsi che il poeta latino mi aveva nel frattempo trascinato oltre la porta minacciosa che separava il mondo umano da quello spirituale. Mi riscossi al primo cenno di pianti, lamenti e sospiri che impregnavano l’aria di un tale dolore così straziante che non riuscii a frenarmi dal piangere silenziosamente. Udivo lamenti, urla e bestemmie in ogni lingua esistente al mondo che si disperdevano nell’aria buia con un fragore paragonabile a quello della sabbia quando il vento soffia vorticosamente.
Tanto ero preso da questo orribile spettacolo che quasi non mi accorsi del movimento furtivo delle dita di Virgilio. La mia guida alzò una mano per asciugarmi la lacrima che stava solcando silenziosamente la mia guancia, mentre con l’altra mi strinse la mano che ancora teneva. Ma come il poeta si accorse che il mio sguardo seguiva i suoi gesti, subito si bloccò e lasciò la presa. Era stato tutto frutto della mia immaginazione? Oppure Virgilio nascondeva un cuore gentile dietro quella facciata da uomo burbero? Quelle azioni non fecero altro che alimentari i dubbi che mi stavano affollando la testa, quindi decisi di accantonare per il momento la questione e di proseguire con la domanda che più mi premeva: “Maestro, che cosa sono queste grida? E chi sono quei poveretti che urlano come dei disperati?”.
Il poeta latino mi rispose annoiato: “Adesso devo farti la telecronaca di tutto quello che succede? Vuoi sapere che c’è? Siamo all’inferno, caro Dante, e più precisamente nel girone degli ignavi.”
“Ignavi?”, non potei trattenermi dal domandare.
“Hai presente quando ti chiedono se ti piacciono di più gli uomini o le donne” e qui mi chiesi se l’esempio potesse non essere del tutto casuale “e tu, non sapendo scegliere, decidi di non scegliere nessuno? È esattamente la stessa cosa. Qui si trovano uomini ed angeli che non hanno saputo scegliere tra due opzioni.”
“Maestro, non sono sicuro che questo sia un esempio corretto…”
“Insomma! Mi hai fatto una domanda ed io ti ho gentilmente risposto, sebbene non fossi costretto a farlo.”
“Perdonami, maestro! Giuro che non ti darò più fastidio.” Promisi prostrandomi a terra desolato di averlo infastidito.
Virgilio sospirò e borbottò un “lasciamo perdere”.
Dopo qualche minuto di silenzio imbarazzante, la mia guida mi guardò di sottecchi. “Su, avanti, sputa il rospo.”
Gli regalai un sorriso a trentadue denti: “Puoi dirmi che tipo di tortura stanno subendo?”
“In breve, questi disgraziati devono rincorrere un’insegna bianca senza mai fermarsi e mentre corrono vengono ridotti a sanguinacci da mosconi, vespe e vermi. Divertente, eh? Ma non guardarli, noi siamo superiori.”
Ignorando il suo commento quasi per dispetto, volsi di nuovo lo sguardo dove prima e trovai una schiera di persone tanto numerosa che credetti a stento ai miei occhi. Tra loro mi parve di riconoscere qualcuno, anche se non ero certo se fosse Celestino V o Ponzio Pilato, sapete, visto che si somigliano così tanto! Ma tanto mi stavano sulle palle entrambi, quindi che ci fosse o l’uno o l’altro non mi faceva alcuna differenza.
Vicino alla riva del fiume stava altra gente. “E quelli chi sono e cosa vogliono fare?” domandai, tirando per la manica la mia guida.
“Santissimo padre! Pensavo che avessi promesso di non scocciarmi più!” rispose più che seccato il mio maestro.
Temendo di averlo infastidito troppo, mantenni il silenzio finché non giungemmo alla riva. Durante il tragitto, Virgilio si era limitato a lanciarmi qualche occhiataccia, come a sfidarmi a rompergli nuovamente le scatole. Ma proprio quando stavo per chiedergli scusa, arrivò verso di noi un vecchio dalla lunga barba bianca e, prima che lo chiediate, no, non era Gandalf. Il vecchio stava remando su una barca di legno e gridava: “Su, forza! Tutti in fila! E non fate quelle facce disperate! Vi sto portando solamente all’inferno, mica vi ho ammazzati io! E tu! Sì, tu, tizio vivo! Tu non puoi passareeeeee!!” No, ve l’ho detto: non era Gandalf “Allontanati da questi qui.” Virgilio posò prontamente una mano sul mio braccio per impedirmi di eseguire l’ordine, anche se non ne avevo la minima intenzione. Il vecchio allora sbuffò e continuò ad urlarmi contro: “Non puoi passare di qui! Il purgatorio è di là! Devi aspettare che quel sacco di piume-nocchiero ti venga a prendere.”
La mia guida, che aveva perso la sua pazienza già da un pezzo, gli urlò di rimando: “E non rompere le palle, Caronte! Dio ha detto che possiamo, quindi stai zitto e lasciaci passare.”
A quella notizia, il vecchio smise di urlare, borbottando maledizioni tra i denti.
Invece le anime dei defunti si raggrupparono sulla riva, lanciando bestemmie ed insulti a parenti, genitori, Dio e chi più ne ha più ne metta e poi scoppiarono in un pianto disperato.
Caronte, per nulla colpito da quello spettacolo, fece cenno a tutti di salire, minacciando di dare una remata sulla testa a chiunque si attardasse. Allora le anime si affrettarono come piccoli uccellini e caddero uno sull’altro come un cumulo di foglie secche…forse non era proprio così.
Quindi la barca partì e nel mentre un altro gruppo di persone sostituiva quello appena andato via.
La dolce voce di Virgilio mi riscosse: “Dante, solo le anime malvage vengono prese sulla barca di Caronte e se lui non ti ha voluto qui spero che tu abbia capito il perché.” Concluse dando una stretta al braccio su cui ancora posava la sua mano, per poi lasciarmi andare.
Ma non feci a tempo a ribattere, la terra cominciò a tremare così forte che il ricordo mi fa tremare tutt’oggi. Dalla terra si sprigionò un vento, che fece balenare una luce rossa. Solo a darci un’occhiata, essa mi fece svenire e cadere come un sacco di patate, tra le braccia di Virgilio…

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Capitolo 4
*** Inferno, Canto IV ***


Canto IV
 
Virgilio
 
Riuscii ad afferrarlo appena in tempo prima che cadesse a terra. Rimasi sorpreso da quanto poco pesasse. Avevo avuto modo di osservarlo durante le nostre camminate e non mi sembrava così magrolino, anzi, sotto la sobria veste color rosso autopompa si intravedeva qualche muscolo…proprio un bel bussolano il fiorentino… (Nota: il bussolano è un altro dolce tipico mantovano).
Me lo caricai in spalla come un sacco di patate senza tanti complimenti e mi diressi verso quel vecchio bisbetico di Caronte.
E questo a me: “No, no. Ho detto che lui non può salire! Non ci penso neanche a portarmelo dietro, sai cosa potrebbe farmi Dio per questo?”
“E non rompere, Caronte. Tanto lo sanno tutti che ti sei beccato il lavoro più barboso!”
“Cos’hai da dire sulla mia barba?!”
Imprecai sottovoce: “Nulla, la tua barba non ha nulla che non va.” Sapevo che la barba era il suo punto debole e speravo che facendogli dei complimenti su di essa, ci avrebbe caricati sulla sua barca mezza scassata. “Anzi, non ho mai visto una barba così lucente e candida in vita e in morte mia. Mi pare anche che oggi faccia più swish del solito!”
Al vecchio babbione bastò questo complimento per essere acquietato. “Va’, per stavolta vi faccio salire, ma non chiedetemelo più. Forza, carica quel peso vivo sulla barca e vedete di non dare noia alle altre anime.”
Una volta saliti, ebbi il presentimento che avrei fatto meglio a non chiamare in causa la sua barba e presto ne ebbi la conferma: “Sai, tutte le mattine la pettino per almeno venti minuti e poi la piastro, perché altrimenti l’umidità dell’Acheronte me la increspa. Poi siete stati sfortunati, se foste capitati di sabato avreste potuto ammirare le mie treccine da vichingo…” e continuò così per tutto il viaggio. Mentre parlava provai l’ardente desiderio di morire di nuovo e, visto che qualsiasi altra cosa sarebbe stata più interessante di starlo ad ascoltare, il mio sguardo ricadde sulla maceria umana al mio fianco. In particolare mi saltò all’occhio il suo naso aquilino, che si ergeva fiero e aspro come un promontorio (azz…fa concorrenza alle scogliere di Dover!) al centro del suo viso. Scesi poi ad osservare quelle labbra sottili che spesso si stringevano in un’unica linea quando rifletteva profondamente e si perdeva nei meandri della sua testa. Gli occhi chiusi gli conferivano un’aria rilassata, così tranquillo tra le braccia di Morfeo pareva ringiovanito di almeno una decina d’anni. L’espressione sofferente presente sul suo volto fino a poco fa era quasi svanita ed ora che potevo guardarlo senza essere interrotto dalle sue solite stupide, stressanti domande, dovevo ammettere che non era niente male. A volte, mentre parlavo con lui, percepivo una calda stretta al petto di cui non riuscivo a spiegarmi l’origine. Mai nel corso della mia vita avevo provato una sensazione del genere. Chissà cos’era…
Una remata sulle chiappe mi riportò alla realtà.
“Su, scendete. Siamo arrivati.” Disse il nocchiero.
“Grazie per il passaggio.” Replicai. Dovetti stringere i denti per non insultarlo.
Mi allontanai prima che potesse aggiungere qualsiasi nuova emozionante informazione sulla sua barba e depositai Dante vicino alla riva del fiume.
A questo punto, mentre aspettavo che il fiorentino si risvegliasse, realizzai che non avevo mai visto i suoi capelli, perennemente nascosti sotto l’infula ed il cappuccio rosso. Preso dalla curiosità, mi chinai per scostare di poco il copricapo…e ciò che vidi mi fece impallidire, ma prima che potessi anche solo elaborare nella mia testa l’immagine, un tuono particolarmente forte mi fece trasalire e con me anche Dante.
 
Dante
 
Un forte tuono mi risvegliò bruscamente dal mio sonno. Mi sembrava di essere tornato ai tempi dell’adolescenza: quando cercavo di restare a letto il più a lungo possibile. E forse mi scappò anche un: “Ancora cinque minuti, mamma…”.
Mi alzai in piedi e mi guardai intorno, mi sentivo come se fossi appena tornato da un festino e in effetti avevo sognato di partecipare ad un toga party con Virgilio…ma lasciamo perdere queste idee balzane. Finalmente capii che mi trovavo sulla sponda opposta dell’Acheronte, chissà come ci ero arrivato…sicuramente il mio maestro aveva trovato una geniale soluzione. E a proposito di Virgilio, perché era così pallido e si tormentava le mani con aria colpevole?
“Ci siamo tosto lasciati alle spalle l’antinferno, ora ci muoveremo verso l’inferno vero e proprio. Lascia che ti apra il cammino, e vienimi dietro.”
Ma le parole troppo formali del mio maestro non mi ingannarono: “Maestro, che cos’hai? Hai forse paura di scendere negli inferni, tu che di solito mi sei di conforto?”
La mia guida parve riprendersi perché mi rispose a tono: “Paura? Io? Ma che dici? Non sono mica pallido per paura! Sono pallido per…ehm…per…pietà! Sì, pietà per…per le anime! Ma adesso smettila di fissarmi e andiamo!”
Ancora non del tutto convinto, lo seguii nel primo cerchio infernale. Qui sentii altri lamenti e sospiri di uomini, donne e bambini, non provocati però da punizioni fisiche.
Il mio sospetto per il comportamento di Virgilio crebbe quando mi chiese: “Beh? Ora non vuoi chiedermi chi sono questi? Guarda che di questi poveretti faccio parte anch’io. Noi non siamo stati battezzati o perché siamo morti troppo giovani o perché non esisteva il cristianesimo ai nostri tempi. L’unica nostra colpa è non aver conosciuto Dio; la nostra punizione è non poterlo vedere.”
Il dolore che esprimevano quelle parole mi riempì di compassione e di tristezza per il mio maestro e per gli altri che come lui non potevano provare né dolore né gioia per un peccato che non avevano commesso: “Ma da qui…si può uscire, no?” domandai, colto da un’improvvisa ondata di fede.
E lui: “Sì, ma solo i preferiti di Gesù, fra cui c’è anche Rachele, in caso te lo stessi chiedendo.”
Mentre stavamo parlando riuscivamo anche a camminare (che bravi!). Non procedevamo da molto quando tra la folla distinsi quelle che dovevano essere le anime di persone illustri.
“Maestro, chi sono quelli tutti luccicosi?”
E Virgilio: “Prima che tu possa anche solo accennare ad Edward Cullen, sappi che sono quelli raccomandati.”
Nel frattempo una voce sovrastò quella del mio maestro: “Ma guarda un po’ chi ci degna del suo ritorno! Onorate l’altissimo, purissimo e levissimo poeta!”
Ed ecco che verso di noi vennero quattro spiriti quieti. Il mio adorato maestro (adorato? Chi ha detto adorato? Volevo dire stimato!) disse: “Li vedi questi tre cretini che seguono Omero, che è cieco? Sono Orazio, Ovidio e Lucano. Siccome siamo colleghi sono venuti a salutarmi.”
Omero venne avanti, inciampando due o tre volte perché, come ho già detto, il poveretto era cieco.
Subito i cinque poeti si misero a parlare dei tempi andati come le comari di un paesino. E no, non sono acido perché ero geloso di Virgilio! Mi sentivo solo un po’ trascurato. Ma quando si accorsero di avermi lasciato in disparte me, che modestissimamente sono un modestissimo eccellentissimo, eccelso, grandioso ed insuperabile poeta, mi accolsero nel loro club dei poeti ganzi e la mia guida sorrise di ciò.
Così cominciammo a discutere di cose di cui forse, magari, può darsi, se ne avrò voglia, parlerò in separata sede, avanzammo fino alla mezza sfera di luce. Lì intraprendemmo una piccola avventura, nella quale dovemmo oltrepassare un fossato e passare per sette porte, fino ad arrivare in un prato di erba fresca (Pollon!!!). Ci spostammo in un luogo elevato ed illuminato dal sole da dove osservammo le anime di persone autorevoli. Vedemmo Elettra, Ettore, Enea, Cesare…bastano questi vero?
Il club appena formato si dovette sciogliere perché io e Virgilio dovevamo proseguire il nostro viaggio. La mia guida si diresse verso un luogo buio e tenebroso (come se questa fosse una novità!).  
“Mia illustre guida, mio sapientissimo maestro, aspettami prima di addentrarti in un luogo sì buio!”
“O Dante, e lasciami fare pipì in pace!”.

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Capitolo 5
*** Inferno, Canto V ***


Canto V
 
Dante

Scusate il disagio, ho dovuto ripostare il capitolo perchè non era ancora stato corretto ^ ^'. Ora dovrebbe essere sistemato. Ancora una volta, buona lettura!
 
Dopo una serie interminabile di scarpinate al buio, eravamo finalmente arrivati al secondo cerchio dell’Inferno. Ancora una volta sembravo essere riuscito ad irritare la mia guida senza volerlo. Durante il tragitto, infatti, ero caduto ed inciampato così tante volte che, a metà percorso, Virgilio si era fermato di botto, mi aveva afferrato la mano ed avevamo proseguito così fino alla fine, mano nella mano, tanto vicini da poter sentire l’uno il respiro dell’altro, nonostante non potessimo vederci a causa del buio. O forse Viriglio riusciva a vedermi perfettamente e mi stava prendendo in giro? In effetti, lui non era inciampato nemmeno una volta, eppure la sua tunica era molto più ingombrante dei miei vestiti! Ed i suoi sandali di cuoio non dovevano essere il massimo della comodità su quella strada accidentata. Insomma, mi sentivo lievemente preso in giro. Temevo che fosse tutto uno stratagemma del mio poeta preferito per farmi fare la figura dell’inetto. Ma come potevo dubitare di lui quando la sua mano stringeva la mia con decisione ed allo stesso tempo con dolcezza…?
Ehm, tornando a noi…Dunque, eravamo finalmente giunti al secondo cerchio dell’Inferno e subito trovammo ad accoglierci una scena a dir poco sorprendente: Minosse (sì, quello di Creta), vestito in completo gessato, con una cravatta rosa confetto, stava seduto su un alto scranno di legno. Davanti a questo scranno si ergeva una fila lunga quanto quella per il banco del pesce all’ipercoop. Stavo giusto per chiedere una qualche spiegazione alla mia guida, ma questa mi zittì con un gesto brusco della mano non impegnata; l’altra stringeva ancora la mia. Così osservai la scena in silenzio.
L’anima in testa alla fila si fece avanti tremando da capo a piedi e cominciò a parlare con voce ancor più tremante del corpo: “Salve, io-io…s-s-s-s-sono Filippo e sono qui p-p-perché…sono qui p-p-perché…ho mangiato l’ultimo biscotto che avevamo in casa…”
Un coro di sospiri indignati si levò dalla fila dietro di lui.
“L’ultimo biscotto?!”
“Ha mangiato l’ultimo biscotto?!”
“Non hai pensato ai tuoi bambini?!”
“Ingordo!”
Minosse sbatté violentemente un martello di legno sul suo scranno. “Silenzio!” ringhiò.
La massa di persone si zittì e chi si era mosso tornò al proprio posto senza fiatare.
Ed ecco che dal posteriore di Minosse si mosse qualcosa di sottile. Erano tre code! Queste si avvolsero intorno al povero malcapitato. “Ho ascoltato la tua confessione. Sei un dannato goloso! Pertanto, finirai nel terzo cerchio.”
Proprio in quel momento, sotto ai piedi di Filippo si aprì una sorta di botola che lo risucchiò, facendolo sparire completamente. Minosse ritrasse le sue code in tempo prima che esse fossero assorbite dalla stessa forza sovrannaturale che aveva portato via il dannato.
“Il prossimo!” ringhiò di nuovo. Il suo sguardò vagò pericolosamente lungo la fila di anime, per poi fermarsi su Virgilio e me. “Fermi tutti!” esclamò allora Minosse. “Tu!” disse indicandomi “Non pensare nemmeno per un secondo che ti lascerò passare di qui! Come fai ad essere così stupido da lasciarti ingannare in questo modo da una semplice anima?” Ovviamente si stava riferendo alla mia guida, della quale non avrei mai dubitato, nemmeno per un secondo (tralasciando l’episodio precedente).
Virgilio si portò la mano libera al volto con fare insofferente. Era incredibile che non avesse ancora mollato la mia mano, ora che ci riflettevo. “La vuoi smettere di urlare?!” Sibilò tra i denti. “Abbiamo fatto un bel pezzo di strada per arrivare fin qui e mi manca solo che tu ti metta a sbraitare come un ossesso! L’ho già detto al tuo amico Babbo Natale deperito, Dio ha voluto qui Dante, quindi smettila di aggredirci e torna ai tuoi doveri!...O forse dovrei segnalare al Capo che crei impedimenti sul posto di lavoro?”
Incredibilmente, Minosse si zittì. Con un ringhio sommesso, tornò a posare il suo sguardo sulle anime tremanti ai suoi piedi senza degnarci di ulteriore attenzione, ma traspariva dai suoi occhi il senso di frustrazione per l’ orgoglio ferito. Potemmo tuttavia proseguire in santa pace senza ulteriori fastidi. Com’era forte e autoritario il mio poeta! Ma dove mi stava conducendo? Cominciava ad alzarsi un forte vento ed io non ero coperto abbastanza per quel clima. Virgilio avrebbe anche potuto avvertirmi di vestirmi più pesante per quel viaggio…Eppure, quel vento non era naturale, perché lì, in mezzo a quel vortice, c’erano delle anime. Erano i lussuriosi, coloro che in vita si erano lasciati trascinare dalla potenza dei loro sentimenti. Di certo, Dio aveva un gran senso dell’umorismo nel scegliere le pene. Alcune delle anime in mezzo al vortice erano tanto lamentose da impietosirmi ed incuriosirmi contemporaneamente. “Mio maestro, chi sono quelle anime in mezzo al vortice?”
“Allora, come ho già detto a Minosse, mi sta venendo un’emicrania mostruosa, perciò ti farò un giro di presentazioni veloce. Alla tua destra, la bella sbrisolona con le tette al vento è l’imperatrice Simiramide. Alla sua sinistra puoi vedere l’altissima, purissima e levissima Cleopatra, aveva un kink per i serpenti sai? Mai giocare con il veleno, diceva sempre mia madre. Dunque, poi chi abbiamo? Ah, sì! Elena la tro…ehm, Elena di Troia e poco più in là Achille. E poi c’è…” continuò così per una decina di minuti. Ma non lo stavo più ascoltando. La mia mente era presa da un forte sentimento di pietà che mai avevo provato prima di allora e ad un certo punto mi sentii letteralmente sul punto di svenire.
Virgilio, forse accortosi del mio stato, rinforzò la stretta sulla mia mano. “Ehi, va tutto bene?” mi chiese sorpreso, mettendomi una mano dietro la schiena, come per sorreggermi.
“Sì, sì. Solo un leggero giramento di testa. Se non ti dispiace vorrei parlare con quei due che sembrano volare leggeri in mezzo al vento.”
“Tu chiamali e vedrai che verranno.” Rispose il mio maestro con un tono dolce, e allo stesso tempo malinconico.
Seguii il consiglio. I due si fecero strada, spintonando le altre anime e togliendo di mezzo Didone che li stava intralciando.
Proprio quando stavano per raggiungerci, la mia guida lasciò bruscamente la mia mano ed incrociò le braccia. Ma non ebbi tempo per chiedere spiegazioni su quello strano comportamento, le due anime si erano avvicinate. Ad aprire bocca per primo fu la donna: “Salve, mio giovane poeta. Sono lieta che tu sia venuto qui per farci visita. Io sono Francesca e questo è Paolo. Siamo qui a causa dell’amore che non avremmo dovuto provare in vita l’uno per l’altro. Vedi, io ero la moglie di suo fratello Gianciotto, che quando ha scoperti come passavamo i fine settimana ci ha uccisi…”
Con quale voce soave parlava! E finalmente qualcuno che sapeva riassumere i fatti accaduti in poche righe! Il suo racconto, seppur breve, aveva colpito la mia anima e di nuovo sentii girare il mondo intorno a me.
Virgilio parve accorgersene perché mi mise una mano sulla spalla in un gesto premuroso: “A che cosa stai pensando?” mi domandò, quasi sussurrando con quella sua voce suadente.
“Pensavo al dolore che hanno patito queste povere anime a causa del loro amore.” Gli rivelai. Una lacrima dispettosa decise di scendere senza il mio permesso lungo la mia guancia. Non mi curai di asciugarla, volevo continuare a parlare con Francesca: “Oh, Francesca, il tuo racconto mi riempie il cuore di una tristezza infinita! Ma dimmi, come ti sei accorta di essere innamorata di Paolo?” Mentre lo dicevo, osservai Virgilio con un movimento impercettibile dell’occhio. Il poeta, a sua volta, stava osservando me, con uno sguardo serio e penetrante. Avrei tanto voluto sapere a cosa stava pensando la mia guida, ma ora come ora mi premeva di più sapere la risposta di Francesca. Perché avevo bisogno di sapere, perché da quando Virgilio mi aveva salvato da quella selva oscura avevo cominciato a sentire un calore ingombrante al centro del petto (e non solo…) e non sapevo spiegarmene il motivo. Così avevo bisogno di rassicurazioni, di sentirmi dire che in realtà tutto ciò che provavo era amicizia e che nel mio cuore era sempre Beatrice ad essere la più importante, lei, l’ unica regina delle torte mantovane, la Sbrisolona suprema!
“Ciò che mi chiedi mi arreca un grande dolore. Ricordare le gioie passate è così triste per un cuore spezzato, per una vita strappata troppo presto alle gioie dell' Amore! Ma se proprio hai così tanto bisogno di sapere ti accontenterò. Accadde tutto all’improvviso. Stavamo leggendo l’episodio di Lancillotto, tormentato dall’amore per Ginevra e durante il racconto ci guardammo più volte con complicità. Ma quando arrivammo alla scena del bacio fu la fine. Paolo prese coraggio e mi baciò tremante ed io lo ricambiai e da quel piccolo gesto mi accorsi che avrei amato quest’uomo per sempre. Perché a volte sono proprio questi a cambiarti la vita.”
E mentre Francesca raccontava, Paolo piangeva, nascondendo il volto fra le mani. Fu troppo per me, le emozioni mi sommersero e svenni, cadendo a terra come un sacco di patate per la seconda volta nella stessa giornata. Ed ancora una volta, al posto della nuda roccia, ad accogliermi furono le braccia forti di Virgilio.

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Capitolo 6
*** Inferno, Canto VI ***


Scusate tanto per il ritardo! Questo fine settimana sono stata a Pisa da mia sorella ed ho potuto aggiornare la storia solo ora. Per farmi perdonare, questo capitolo sarà più lungo del solito (in realtà non è un caso che sia venuto così lungo, m fate finta che l'abbia fatto per voi xD). Bene, buona lettura e buone feste a tutti!

Canto VI
 
Virgilio
 
Eh no! Di nuovo no! Ma allora lo faceva apposta! Dannato fiorentino ed i suoi svenimenti…Ora avrei dovuto trascinarlo fino al prossimo cerchio perché di sicuro il poltrone non si sarebbe svegliato prima di allora…Com’erano convenienti questi “svenimenti”.
“Ma sta bene?” domandò Francesca premurosamente. “Sembrava essere in forma fino a qualche secondo fa…forse una bella bistecca alla fiorentina…”
“Sì, sì, succede sempre, non preoccuparti.” Spiegai sbrigativo. Feci per sollevare Dante ed issarmelo sulle spalle quando Francesca parlò di nuovo: “Deve essere difficile avere un ragazzo come lui.” Disse con tono comprensivo, il suo sguardo si posò brevemente su Paolo, che stava ancora piangendo, per farmi intendere chi era chiaramente l’uomo della coppia.
“Noinonstiamoinsieme!” mi affrettai a replicare, forse un po’ troppo frettolosamente.
Ma il sorriso divertito di Francesca mi fece capire che la giovane non era stata per niente convinta dalla mia risposta. “Ceeeeerto. Nemmeno Paolo ed io siamo una coppia. In fondo, siamo cognati.” Disse, facendomi l’occhiolino.
Quella donna stava veramente cominciando ad irritarmi. “Non E’ Così!” protestai con più decisione.
Francesca smise all’istante di sorridere. “Quindi il tuo è un amore non corrisposto.” Quanto avrei voluto voltarmi ed andarmene invece che stare lì a sorbirmi la sua espressione di pietà!
“Io non lo amo.” Dissi il più fermamente possibile. Era così, non lo amavo. Punto. L’avevo appena conosciuto…va bene, forse mi piaceva, ma solo un pochino, eh!
Il sorriso spuntò nuovamente sul viso angelico di Francesca: “Vedo che finalmente hai smesso di negare i tuoi sentimenti.”
“Senti sbrisolona, io non lo amo, mi sento solo un po’ strano in sua presenza. Forse è per il naso; quella sua protuberanza mi mette in imbarazzo, ecco tutto.” Sperando di averla soddisfatta con questa spiegazione, feci per andarmene, ma la donna non demorse. “E’ così che giustifichi il calore che senti al centro del tuo petto ogni volta che siete vicini?”
Quest’affermazione mi gelò. “Come…Cosa…Perché?!” E pensare che il peso morto sulle mie spalle mi chiamava maestro della letteratura.
“Oh, andiamo! Si nota benissimo da come lo guardi, come se avessi paura che sparisca da un momento all’altro.”
Sbuffai spazientito. “Beh, anche tu avresti paura che sparisse visto quante volte è riuscito a cadere da fermo sulla via che porta da un cerchio infernale ad un altro.”
Francesca sorrise trionfante. “Allora lo ammetti.”
Giuro, se non l’avesse piantata immediatamente l’avrei uccisa…un’altra volta. “Che cosa?”
“Che ti importa di lui!” Fu il suo turno di sbuffare. “Senti, facciamo così. Tu ora vai al prossimo cerchio e se mentre cammini ti senti a disagio nel trasportare Dante, allora vuol dire che provi qualcosa per lui.”
“E’ ovvio che mi senta a disagio! Dico, ma lo sai quanto pesa?!” Balle, ecco cosa le avevo appena rifilato. Dante non pesava così tanto, avevo già avuto modo di constatarlo.
La donna scoppiò a ridere. “Mio caro Virgilio, sono così contenta che voi due siate venuti a trovarci. Ora, però, è tempo che io e Paolo torniamo a scontare la nostra pena.” Si voltò verso il cognato. “Su, Paolo, saluta Virgilio.” Glielo disse con lo stesso tono che si potrebbe usare per ordinare ad un cane di eseguire un comando. Ero già pronto a scommettere che Paolo l’avrebbe mandata a quel paese, invece fui sconvolto quando l’uomo si limitò ad agitare la mano verso di me in segno di saluto. Dopodiché, i due amanti si presero di nuovo per mano e tornarono nel vortice d’aria.
Ancora a bocca aperta per la scena a cui avevo appena assistito, mi assicurai che Dante fosse ben saldo sulle mie spalle e ripresi il cammino, diretto verso il cerchio dei golosi. Ma dopo pochi passi già ero fin troppo consapevole del dolce peso del mio…ehm del fiorentino, dal soffio leggero del suo respiro tranquillo sul mio collo, dal suo delicato nasino teneramente conficcato nella mia spalla…Basta! Basta! Basta! Dovevo trovare qualcos’altro a cui pensare.
Presi a ripetere la prima parole che mi venne in mente. “Dugonghi, dugonghi, dugonghi, dugonghi…”
Ed ecco che, dopo ore estenuanti di cammino, riuscii ad arrivare alla meta, senza mai fermarmi. Come ad annunciare il mio arrivo, una forte pioggia iniziò a battere sul terreno e sopra le nostre teste. Cercare un riparo sarebbe stato del tutto inutile, l’eterna, incessante pioggia era parte integrante della pena dei dannati di quel girone, quindi era impossibile che ci fossero dei luoghi in cui rifugiarsi. Posai delicatamente Dante a terra, continuando ad osservarlo per un buon quarto d’ora buono (Al diavolo la polmonite, scusate la finezza della battuta!). Il mio sguardo finì proprio sulle sue labbra sottili, ora semiaperte durante il sonno. Maledetta Francesca e le sue idee strampalate. Ora sì che mi sentivo a disagio! Decisi che se Dante mi avesse nuovamente chiesto di parlare con un dannato, l’ avrei trascinato via senza troppi complimenti.
“Elefanti rosa, elefanti rosa, elefanti rosa…” Stavo quasi riuscendo a distrarmi quando l’occhio mi cadde sull’infula e, sfortuna delle sfortune, il ricordo di ciò che avevo visto tornò più vivido che mai. Cercai di scacciarlo con ostinazione, non volevo pensare proprio a quello…Mi ritrovai di fronte a due opzioni: guardare le sue labbra o guardare l’infula. Scelta difficile, ma alla fine andai per la prima. Mi ritrovai sempre più catturato da quei due sottili cuscinetti di pelle. Distogliere lo sguardo mi era ormai quasi impossibile. Quasi senza accorgermene mi stavo avvicinando sempre col viso verso quelle labbra. Ancora poco ed avrei potuto sfiorarle con le mie…
Fortunatamente, prima che potessi commettere qualche gesto di cui mi sarei amaramente pentito in seguito, un forte ringhio mi fece sussultare e, allo stesso tempo, risvegliò Dante di botto.
 
Dante
 
Mi risvegliai di soprassalto per l’ennesima volta nello stesso giorno. Il mio maestro, di fianco a me, mi guardava con occhi sbarrati e sembrava essere stato sconvolto da quel terribile suono, che mi aveva svegliato, almeno quanto me. Non capii subito dove mi trovavo, perché una fitta pioggia nera come la pece mi sferzava il viso, offuscandomi la vista e confondendo il paesaggio in una fitta nebbia. Intuii che Virgilio mi aveva portato con sé nel sesto girone mentre ancora mi trovavo in stato di incoscienza e le mie gote si tinsero di rosso al pensiero di come la mia guida mi avesse trasportato. Mi aveva forse preso dolcemente fra le braccia? O forse mi aveva trascinato per un piede per tutto il tragitto? Sentii ripetersi lo stesso terrificante suono. Alzai lo sguardo oltre le spalle di Virgilio, e vidi un enorme mastino nero, una belva con tre teste, di cui prima avevo sentito parlare solo nelle leggende e nei miti antichi: Cerbero, il cane infernale. La belva stava dilaniando le anime immerse nella melma putrida e vischiosa, chi fino alla cintola, chi fino quasi ad affogarci dentro, lacerando i dannati con le zanne acuminate, facendoli urlare come cani (scusate il gioco di parole) sotto la pioggia battente, che li colpiva su ogni parte del corpo come una grandinata di pietre. Gli sventurati tentavano invano di riparare almeno in parte il loro corpo dal flagello incessante, rivoltandosi nella fanghiglia e contorcendosi come vermi, ma l’ acquazzone continuava a colpirli senza tregua, freddo, duro e impietoso.
Quando Cerbero ci scorse spalancò le bocche piene di zanne e gocciolanti di saliva in un triplice ringhio dal suono basso e cavernoso, che sembrava racchiudere in sé il suono delle più cavernose profondità dell' Inferno e che mi gelò il sangue nelle vene.
Virgilio sembrò riscuotersi all’istante. “Dimmi, Dante, hai mai giocato a palle di neve?” mi chiese fissando la bestia dritta negli occhi torbidi e giallastri.
Lo guardai confuso. “Maestro, non  mi sembra il momento di…”
Ma prima che potessi terminare la frase, la mia guida aveva appallottolato una massa informe di fango e l’aveva lanciata addosso al cane gigante, centrandolo in una delle bocche spalancate.
“Forza, Dante! Aiutami a lanciare altre palle di fango!” mi esortò il maestro.
Mai in tutta la mia vita mi sarei immaginato di giocare a palle di fango con l’uomo che consideravo mio maestro di stile, e all’inferno per giunta. Eppure eccomi lì, a lanciarle una dopo l’altra dentro le bocche di quel mostro.
Come per magia, la bestia parve quietarsi, soddisfatta del limaccioso pasto. Quando fummo certi che Cerbero non ci avrebbe seguiti, Virgilio prese a camminare su una strada lastricata di anime, a cui il mio maestro passava attraverso.
“Maestro ma…come mai stiamo attraversando letteralmente questi poveracci?” domandai stupito.
“Perché sono anime.” Fu la secca risposta di Virgilio.
“Ma allora perché io posso toccare te e tu puoi toccare me e puoi passare attraverso di loro e…?”
Viriglio si bloccò di colpo. “Non. Lo. So.”
Feci per continuare ma fui interrotto da una delle anime che si alzò per venirci incontro o, per essere più precisi, per venire incontro a me.
“Dante! Pasticcino mio, non mi riconosci?”
“Ehm…ci conosciamo? Mi spiace ma al momento non mi sembra di riconoscerti. Però se vuoi puoi raccontarmi tutta la tua vita e dirmi perché ti trovi qui, tanto non ho niente da fare al momento. Giusto, maestro?”
Virgilio mi guardò come se volesse riportarmi indietro e tirarmi in bocca a Cerbero avvolto in una palla di fango. “Giuro che se svieni di nuovo ti lascio qui.” Disse solo, prima di lasciar continuare l’anima.
“Sono di Firenze e voi mi avete dato il nomignolo Ciacco perché in vita ero un golosastro. Per questo motivo vengo punito da questa pioggia incessante. Solo perché ho mangiato qualche dolcetto di troppo! Come se fossi stato l’unico ad aver peccato di gola! Guarda quante anime ci sono in questo girone!” E si zittì.
Di nuovo quelle mie lacrime traditrici stavano provando ad uscire. “Guarda Ciacco, anche se devo ammettere che ti vedo smagrito dall’ultima volta, ti chiedo scusa. Vedi? Mi sta anche spuntando una lacrimuccia! Ma, visto che sei morto e quindi sai sicuramente tutto quello che succederà in futuro, puoi dirmi se i miei concittadini si scanneranno come maiali, quale fazione di guelfi vincerà e, soprattutto, perché si combattono?”
“Dunque, come a scacchi, i Bianchi muovono per primi e quindi riusciranno a scacciare i Neri e saremo 1 a 0 per i Bianchi. Poi però i Neri si riorganizzeranno, il coach manderà in panchina il numero 10 per far entrare il 9, che è un numero più perfetto, ma tu questo lo sai bene, giusto? Dunque, arriviamo all’1 pari e poi i Neri segneranno un altro goal e vinceranno la partita 2 a 1. Ma sai che a calcio ladrano sempre tutti. Sai com’è, superbia, invidia, avarizia a gogò…”
Ma non mi sarei accontentato di così poco. Volevo scoprire di più. “Voglio che tu mi dica di più. Dimmi dove sono Farinata, Tegghiaio, Iacopo Rusticucci, Arrigo e Mosca! Voglio sapere se sono in paradiso o all’inferno.”
E Ciacco mi rispose: “Certo che ti sei scelto proprio un bel gruppo di amici, sono tutti all’inferno! Se andrai più in basso li troverai. Ora ti prego solo di ricordarmi ai vivi quando tornerai a casa. Con questo ho concluso e non ti risponderò più.” Detto questo, si riposizionò insieme alle altre anime, per terra, il corpo piegato, spezzato dal dolore, gli occhi bassi, colmi di rimorso e di rimpianto, il volto chino a baciare il fango.
In quel momento Virgilio parlò. “Quello lì non si risveglierà nemmeno col suono della tromba degli angeli. Scommetto che quando arriverà il giorno del giudizio sarà troppo pigro perfino per alzarsi e riprendersi il uso corpo.” Lo sbeffeggiò.
Così mi prese per mano e continuammo il nostro cammino lentamente, parlando del più e del meno. “Dimmi, maestro, quando arriverà il giorno del giudizio e le anime riacquisteranno i loro corpi, queste pene aumenteranno, diminuiranno o saranno uguali a quelle di ora?”
“Quelli che sono sfigati adesso continueranno ad esserlo ed i privilegiati staranno in panciolle su una qualche branda divina a cantare ed ubriacarsi. Lo sai come funziona.” Rispose con amarezza.
Dopo questa preziosa lezione di vita del mio maestro, riprendemmo a parlare di problemi banali. La confidenza con la quale entrambi ci rivolgevamo all’altro aveva dell’incredibile. Non mi ero mai trovato così a mio agio nel discorrere con qualcuno. Né con i miei amici poeti, i quali erano sempre pronti a contraddirmi, né tanto meno con Beatrice, con cui avevo scambiato solo qualche sguardo intenso. E così, quasi senza accorgermene, arrivammo al cerchio successivo, mano nella mano, dove trovammo ad attenderci Pluto, il cane di Topolino!

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Capitolo 7
*** Inferno Canto VII ***


Ed eccoci al canto VII! Non vedevo l'ora di aggiornare la storia! Questo capitolo l'ho scritto quasi una settimana fa ma devo necessariamente aggiornare settimanalmente o rischierei di rimanere indietro coi capitolo quando non ho abbastanza tempo per scriverli D:. Cooooomunque, capitolo interessante e divertente (sono morta dalle risate mentre lo scrivevo xD). Ora vi lascio al capitolo, ancora una volta, buona lettura!

Canto VII
 
Dante
 
“La vaca ad to madar!” (Nota dell’autrice: ho scoperto che è un insulto in mantovano per dire: “tua madre è una vacca” o qualcosa del genere) cominciò Pluto abbaiando rivolto verso di me.
Virgilio, per nulla impressionato da quella lingua oscura, mi rassicurò dicendomi: “Stai tranquillo, can che abbaia non morde.” Poi, abbandonando la sua facciata di calma apparente, si rivolse alla bestia, urlando nello stesso linguaggio demoniaco: “Taci cane rognoso! Almeno la sua madar non è una cagna! Siamo qui con permesso speciale dal Boss. E vedi di non rompere perché, come Michele ha fatto il culo a Lucifero, può farlo benissimo anche a te.” Così la belva andò a cuccia mugolando.
“Uff, quant’ era che non sentivo parlare in Mantovano stretto!” Mormorò Virgilio con un sorrisetto divertito.
Sempre così coraggioso il mio maestro! Proseguimmo quindi verso la via maestra, nei meandri del quarto cerchio dell’Inferno. L’aria era satura del dolore e della sofferenza delle anime che stavano…giocando a bocce?! O era una sorta di rugby alternativo? Insomma, dovevano far rotolare queste palle gigantesche e poi scontrarsi…non sembravano esserci vere proprie regole. Qualcuno ogni tanto gridava: “Tieni quella palla! Non la mollare!” ed altri, che immagino facessero parte della squadra avversaria, urlavano di rimando: “Lascia la palla! Lasciala! Perché la stai stringendo così tanto?! Lasciala ho detto!”
Turbato da quel gioco senza senso, mi rivolsi a Virgilio in cerca di una spiegazione: “Maestro mio, che diavolo sono a fare questi?! E perché alcuni di loro sembrano preti? Lo sanno tutti che i preti non giocano a…qualunque gioco sia questo!”
Virgilio mi osservò, gli angoli della bocca leggermente piegati all’insù. Beh, almeno lui si stava divertendo. “Vedi quel semicerchio laggiù? Indica il limite del campo. Ognuno di questi dannati ha sperperato il proprio denaro o non lo ha speso affatto. Quei pelati che, come hai detto, sembrano preti, come potrai immaginare, fanno parte dell’ultimo gruppo. Tu, meglio di chiunque altro, dovresti sapere quanto sono venali gli uomini di Chiesa.”
Ovviamente sapevo perfettamente a chi si stava riferendo Virgilio. Il mio maestro aveva sempre la risposta pronta, solo che stavolta qualcosa non mi quadrava... “Ma se ciò che hai detto è vero, allora perché non riesco a riconoscere nessuno?”
“Sai com’è, il denaro rende le persone dei veri e propri mostri. Pensa che quando arriverà il giorno del giudizio, gli avari risorgeranno col pugno chiuso ed i prodighi coi capelli tagliati. Lo spendere in modo sfrenato e l’essere venali li ha condotti qui all’Inferno. Per tutta la vita il loro pensiero costante è stato quello del denaro, scambiato da persona a persona per mera fortuna; ora guarda come li ha ridotti. Se anche adesso vedessero una moneta d’oro, dubito che se ne interesserebbero, presi come sono a giocare.” Disse con disprezzo.
“Fortuna? Che cos’è questa fortuna di cui stai parlando?”
Virgilio alzò gli occhi al cielo per l’esasperazione: “Oh santa Madre sbrisolona! Ma al giorno d’oggi vi insegnano qualcosa? D’accordo, te lo spiegherò io, tu cerca di seguirmi. Anzi, ti farò un disegnino!” Stavo per chiedere al mio maestro dove accidenti avrebbe trovato la carta e l’inchiostro per fare ciò quando tirò fuori dal nulla (i miei occhi non avevano osato seguire la sua mano mentre cercava sotto la toga….ok, solo una sbirciatina, comunque non avevo visto niente) tutto l’occorrente per disegnare. “Dunque, facciamo finta che questo omino gigante sia Dio, queste strisce sono le intelligenze motrici, sotto ad ogni striscia verticale ce n’è una orizzontale, che rappresenta il cielo in cui ognuna di esse deve spargere la propria luce. Adesso, hai ben chiaro questo schema?” Annuii. “Bene.” Rispose la mia guida. Poi, inaspettatamente, accartocciò il foglio e lo lanciò a Pluto. “Dimenticalo. Sappi solo che c’è un angelo che si diverte a trasferire il denaro da un posto all’altro a seconda di come gli gira.” Ormai avevo imparato ad associare la rabbia di Virgilio al dialetto. Infatti, più il mio poeta si infiammava e più parlava in gergo. “Adesso smettiamola di chiacchierare come due signorinelle e rimettiamoci in cammino. È meglio se ci sbrighiamo, non possiamo restare a lungo all’Inferno.”
Proseguimmo così la nostra marcia ed attraversammo un fiume dalle acque nere che scoprii essere lo Stige. In esso le anime dei defunti si percuotevano vicendevolmente con ogni parte del corpo lottando ferocemente immersi nelle acque scure.
Virgilio allora mi disse: “Vedi, Dante, queste sono le anime di chi si è lasciato guidare dall’ira e pensa che sotto l’acqua ce ne sono molte di più. Immersi in questo fango, i peccatori dicono: - Siamo incazzati col mondo. Lasciateci in pace. – Ma questi non riescono a pronunciare le parole chiaramente perché sommersi dal fango.”
Fui percosso da un forte tremito al pensiero di milioni di anime sommerse sotto una massa di fango nero. Ma, ancora una volta, il mio maestro era lì per me. Virgilio mi lanciò un’occhiata preoccupata per poi prendermi teneramente la mano. Così premurosa e gentile la mi guida! Così saggia e forte e bella e…Un momento! Bella? Volevo dire belligerante! Sì, era un latinismo per…per rendere onore a Virgilio, grandissimo poeta latino. Volevo dire, appunto, che è sempre pronto a combattere per i propri ideali. Per questo ho detto bella…Bella, bellorum, bellis, bella…insomma, avete capito, no? Ha combattuto molte guerre per far pubblicare le sue opere…guerre contro gli editori…nell’Eneide parla di guerra…Comunque, non ho detto bello! Assolutamente, non intendevo dire bello!
Come se mi avesse letto nel pensiero, Virgilio si voltò di nuovo verso di me. “Sei sicuro che vada tutto bene?”
Cercai di non restare imbambolato a guardarlo. “S-sì, tutto a posto.”
Lui aggrottò le fini sopracciglia bionde. “Non mi sembra. Ti ho detto che devi avvertirmi se ti senti svenire un’altra volta.” Mi rimproverò.
“Non sono così debole.” Protestai, sapendo bene che la mia guida aveva perfettamente ragione.
“Non intendevo dire…” sospirò esasperato. “Senti, è normale che tu ti senta male nel guardare le anime dei morti che soffrono e patiscono pene orribili, è una reazione umana. Voglio solo che tu mi dica quando ti senti mancare, perché non ho alcuna intenzione di riportarti a cavalluccio da un girone ad un altro, chiaro?”
“Ho già detto che sto be…Mi hai portato a cavalluccio?!” fu l’unica cosa che riuscii a replicare.
Virgilio arrossì all’istante dalla testa ai piedi. Le sue labbra rosee e fresche come quelle di una fanciulla si chiusero in una linea sottile per l’indignazione. “Se tu non fossi svenuto proprio nel bel mezzo di un tifone probabilmente ti avrei trascinato per un piede.”
Ecco, questa era la reazione che mi sarei aspettato dal mio maestro. Allora perché nel mio cuore avvertii una traccia di delusione? Perché, quando fino a poco prima desideravo negare sentimenti che mi parevano sbagliati, adesso non riuscivo a farlo? Probabilmente Virgilio riuscì a scorgere una traccia della mia frustrazione, perché l’istante dopo mi riprese la mano e mi parlò con la sua voce suadente, fissando i suoi occhi nei miei: “Quello che veramente volevo dire è che io sono qui. Per te. E non importa se mi ha mandato Beatrice, o Santa Lucia, o la Madonna, o chi ti pare;  io cercherò in tutti i modi di proteggerti e guidarti, a qualsiasi costo. Però tu dovrai fare la tua parte ed avvertirmi quando ti senti debole. Hai capito? Nessuno ha detto che sarebbe stato semplice.”
In quel momento credetti che il mio cuore stesse per fermarsi. Quella era in assoluto la prima volta che qualcuno prometteva di rimanere al mio fianco.
“Ho…ho capito.” Risposi, la voce pesante per la commozione.
La mia guida parve capire che al momento ero troppo emozionato per potermi esprimere con più di due parole alla volta. Continuammo a camminare in silenzio, una marcia silenziosa verso le profondità dell’Inferno. Fu solo quando Virgilio si fermò di botto davanti ad un’alta torre che seppi di essere arrivato al quinto cerchio: quello degli iracondi e degli accidiosi.

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Capitolo 8
*** Inferno, Canto VIII ***


Ed eccoci arrivati finalmente al capitolo otto! Io vi avverto ragazzi, questo capitolo è la morte xD Buona lettura e scusatemi per essere una persona malvagia ;)

Canto VIII
 
Dante
 
Continuando da dove ci eravamo interrotti, vi devo raccontare di quando Virgilio mi ha…un momento! Ma non eravamo arrivati lì! Aspettate che controllo... lo sapevo che l' edizione tascabile della mia Commedia - certo che esiste, che cosa credevate?- mi sarebbe tornata utile prima o poi. Scusate tanto, ero avanti di ben 23 canti! Torniamo a poco prima dalla fine del settimo canto…
Molto prima che giungessimo ai piedi della torre, il nostro sguardo fu catturato da uno scintillio proveniente dalla sommità della costruzione, causato dall’accensione di due fiammelle e di un’altra che rispondeva al segnale da così lontano che riuscimmo a scorgerla a stento.
Mi rivolsi alla mia enciclopedia ambulante, che sapeva sempre tutto: “Maestro! Maestro! Che cosa significano quelle fiamme? E l’altro fuoco? E chi l’ha acceso? Quanto manca per arrivare? Non è che possiamo fermarci? Siamo arrivati? Eh? eh? siamo arrivati?...”
Virgilio mi afferrò per le spalle e mi scrollò bruscamente. “Ma si può sapere che cosa hai mangiato a colazione?! Prima sei spaventato a morte, poi ti metti a fare domande su domande a me e a perfetti sconosciuti – peraltro impiccioni -, poi sei di nuovo terrorizzato, poi svieni e appena ti svegli ricominci a fare domande! Spero per te che non sia un ciclo perché altrimenti giuro che ti mollo qui!”
Abbassai gli occhi, dispiaciuto di aver provocato una simile reazione al mio maestro. Un’improvvisa botta di coraggio, però, mi fece domandare: “Allora quello che mi hai detto prima era una bugia?” sfoderando un paio di occhioni da cucciolo che forse, dico forse, ebbero un certo effetto sulla mia guida.  (Nota dell’autrice: per sapere di cosa sta parlando Dante, andate a vedere la fine canto VII)
Virgilio ammutolì, spiazzato. Aprì la bocca…poi la richiuse…fece per riaprirla…alla fine sospirò, sconfitto. “Sii paziente e la tua risposta arriverà attraverso la palude…sempre che questa maledetta nebbia decida di togliersi dalle balle una volta per tutte.” Rispose il mio maestro con voce più calma, lo sguardo perso in direzione della torre scura.
Manco a farlo apposta, subito dalla palude spuntò un’anima alla guida di una barca a motore che mi venne incontro gridando: “Sei arrivato al capolinea, Dante!”
Virgilio mi parò davanti: “Flegiàs, Flegiàs, caro Flegiàs, e smettila un po’ di gridare! Ma è possibile che lo debba dire a tutti?! Tanto guarda, attraversata la palude non ci puoi fare un baffo.”
Flegiàs trattenne a stento la sua ira a quella notizia, ma ci lasciò comunque salire sulla sua barca. Virgilio salì per primo, per assicurarsi che il nocchiero non ci avrebbe fatto scherzi, poi mi tese la mano per aiutarmi a prendere posto a mia volta. La barca partì, sollevava molti schizzi d’acqua e l’aggiunta di due persone a bordo di certo non aiutava. Mentre percorrevamo la palude alla massima velocità, grazie al piccolo motore, un’anima coperta di fango si aggrappò al nostro mezzo, stile palude del Signore degli Anelli, e disse: “Ma sei cretino o cosa?! Perché diavolo sei qui se non sei ancora morto?!”
A quel punto cominciai a sentir montare l’irritazione, possibile che tutti mi prendessero per scemo quando io nemmeno ci volevo andare laggiù? Mi ero davvero stancato di sentirmi dire “ma guarda che non sei ancora morto”! No, ma davvero? E grazie tante, non me n’ero accorto. Mi avevano davvero stancato, così mi sfogai tutto d’un fiato con quell’ennesimo seccatore: “Non sono cazzi tuoi e comunque non sono qui per rimanere in questa squallida palude con gente ancora più squallida. E, a proposito di squallidume, tu chi saresti?”
Lui mi rispose: “Ma quindi sei pure cieco oltre che stupido? Dì un po’, quante seghe ti sei fatto pensando al tuo amico qui presente per non vedere che sono uno che sta scontando la sua pena?!”
Il volto mi si colorò di un rosso ancora più scuro della veste che indossavo. Notai lo sguardo confuso (non era “interessato”, me lo stavo solo immaginando) di Virgilio e mi affrettai a replicare: “Allora restatene qui con la tua pena ed il tuo dolore, anima squallida, che tanto ti ho riconosciuto, sebbene tu sia ricoperto di lerciume!” Allora l’anima allungò entrambe le mani verso la barca, ma il mio maestro si alzò in tempo e lo scacciò via con un calcio secco sulla faccia, dicendo: “Torna nel fango con gli altri cani! E la prossima volta che insulti qualcuno, assicurati che sia da solo!” Poi si voltò verso di me, tirando un sonoro sospiro e, recuperando la calma, mi gettò le braccia al collo, il suo viso si avvicinò pericolosamente al mio. In quel momento pensai “ecco, ora mi bacerà sulla guancia, come gesto d’amicizia, per farmi vedere che non se l’è presa” e non seppi riconoscere le emozioni che stavo provando tanto erano confuse. Le sue labbra erano sempre più vicine alla mia guancia, ancora poco e l’avrebbero sfiorata. Eppure, all’ultimo secondo, Virgilio cambiò traiettoria. Preso alla sprovvista, rimasi fermo immobile mentre quelle labbra sottili baciavano solo la metà delle mie.
“Se non esistessi bisognerebbe inventarti, Dante! Gli hai risposto proprio a tono, sono fiero di te. Quell’idiota era un arrogante ed un prepotente in vita e lo è  rimasto anche nella morte. Qui marciscono tutte le anime che, come lui, si credono superiori alle altre. Ben gli sta!” Mi disse con nonchalance, come se ciò che aveva appena fatto non significasse nulla per lui, quando invece per me cambiava tutto. Perché mi era piaciuto! C’era ancora una piccola pudica vocina in fondo, molto in fondo, alla mia testa che mi ricordava quanto ciò che provavo fosse solo vergognoso. Non l’ascoltavo, ecco tutto, ormai tutto quanto, il mio viaggio, Beatrice, l'Inferno contavano meno di niente.  Perché mai, come in quel momento, avevo desiderato di non essere rimasto fermo e di avere anzi incontrato e ricambiato il bacio di Virgilio. Ma ciò che più mi premeva al momento era sapere perché l’aveva fatto. Perché mi aveva baciato? Era stato un gesto volontario o solo un piccolo incidente? E se aveva agito con cognizione di causa, cosa provava davvero per me Virgilio? Davvero poteva ricambiare quanto io sentivo? O stavo solo costruendo castelli in aria? Mi umettai velocemente le labbra con la lingua per assaporare fino in fondo il sapore di Virgilio. Incredibile a dirsi, ma il mio poeta sapeva di alloro anche in bocca! Dopo aver appurato questo fatto molto interessante, decisi di farmi coraggio e di chiedere al mio maestro spiegazioni per il suo gesto. “Ehm…maestro…?”
Il sorriso di Virgilio avrebbe accecato il Sole, era assolutamente naturale, solo mi accorsi che evitava appena il mio sguardo. “Dimmi, Dante.”
“Quel…bacio. Ehm…cosa…perché…? Bocca…” E meno male che mi definivo un poeta!
La mia guida si lasciò scappare una risatina. “Oh, quello? È un saluto tipico romano. Si usa...sai com' è...per congratularsi o roba del genere. Sai, di solito ci si baciava tutti sulle labbra, ma per non inquietarti troppo ho deciso di andare solo su metà…perché? Cosa pensavi che fosse?” mi chiese con una punta di malizia.
Se possibile, arrossii ancor più di prima. “Io? Ehm, nulla, nulla, ero solo curioso, tutto qui. Non mi avevano mai dato un bacio proprio ehm, lì. Solo questo. Non sapevo che fosse una tradizione romana.”
Fu il turno del mio maestro di guardare altrove. “Sì…è una tradizione poco…conosciuta…Sai com’è, con la Chiesa e tutto, vedere due uomini baciarsi sulle labbra sembrava troppo disdicevole così l’hanno…censurato…sì, hanno censurato il bacio fra uomini.”
“Oh. Capisco.”
Calò su di noi un silenzio imbarazzante. Per fortuna riuscii a riprendermi abbastanza in fretta. Richiamai la sua attenzione tossicchiando. “Dimmi, maestro, posso vedere l’anima di prima venire sommersa dall’acqua sudicia della palude prima di uscire da questo cerchio?”
Virgilio si rilassò visibilmente al cambio di argomento e sembrò decidere di poter rialzare gli occhi a livello dei miei. “Certo. Direi che te lo sei meritato.”
Poco dopo assistemmo allo strazio compiuto dalle altre anime presenti nella palude che gridavano: “Addosso a Filippo Argenti!” e lo spirito del mio concittadino si aggredì da solo. Feci per distogliere lo sguardo e proseguire il viaggio in silenzio per rimuginare sulla mia stupidità, quando udii delle grida agghiaccianti che mi fecero sbarrare gli occhi.
Virgilio mi lanciò uno sguardo rassicurante: “Ormai siamo quasi arrivati alla città di Dite, con i suoi abitanti che soffrono mille pene, con il grande esercito di diavoli!”
Ed io: “Maestro, riesco già a scorgere i tetti delle sue moschee, rossi come il fuoco.”
“I tetti sono rossi perché sono avvolti dalle fiamme, non sono rossi come il fuoco! Vedi? Sempre ad usare similitudini e poi non riesci a parlare bene.” Mi prese in giro la mia guida.
Finalmente giungemmo nei fossati che circondavano la città, le mura sembravano fatte di ferro. Arrivammo ad un certo punto in cui il nostro nocchiero ci scaricò, gridandoci: “Forza, scendete! L’ingresso è per di qua.”
“Ma che hanno tutti da urlare?” borbottò Virgilio mentre mi aiutava a scendere dal mezzo.
Giunti sotto alle porte della città, vidi lì appesi mille diavoli (e come facevano a starcene così tanti non lo so nemmeno io) che mi dissero, stizziti: “E te chi sei che viaggi nel regno dei morti quando sei ancora vivo?”
Noo! Di nuovo? Se mai arriverò alla fine di questo viaggio una cosa di certo l’avrò imparata: i dannati mancano totalmente di fantasia. Virgilio ancora una volta mi salvò, facendo cenno ai diavoli di voler parlare da solo con loro. Questi parvero calmarsi e risposero: “Vieni da solo e lascia il tuo compagno, così temerario da venire qui ancora da vivo, lì da solo in un angolino. Che se ne ritorni da solo a casa, perché tu rimarrai qui con noi!” sghignazzarono malevoli.
A quelle parole, cari lettori, temetti che non sarei mai più riuscito a tornare a casa ma che, soprattutto, non avrei mai più rivisto il mio maestro.
“Per favore, mia cara guida, non mi lasciare qui da solo! Avevi promesso che ci saresti sempre stato per me, non puoi abbandonarmi qui! Se non possiamo andare oltre, torniamo indietro insieme.” Lo supplicai.
Lui mi guardò teneramente. “Non temere, Dio ci ha concesso di fare questo viaggio. Inoltre, se anche non potessimo proseguire, sai bene che non ti lascerei mai da solo qui all’Inferno. Perciò resta qui ed attendi il mio ritorno con fiducia.” Le sue parole, così dolci e soavi, mi riscaldarono il cuore. Così Virgilio se ne andò, lasciandomi lì per davvero. Mentre lo aspettavo, dentro di me si combatterono ansia e speranza. Continuavo ad osservare nervosamente la schiena del mio maestro mentre parlava sottovoce con i diavoli, gesticolando e discutendo concitatamente. Non riuscii a sentire ciò che si stavano dicendo, ma rimasi sorpreso quando questi ultimi chiusero le porte della città in faccia al mio signore. La mia guida tornò verso di me con passi lenti e pesanti, gli occhi rivolti a terra e le sopracciglia piegate all’ingiù. “Ma dimmi te chi mi impedisce di entrare in quella stupida città!” borbottò fra sé, abbastanza forte perché lo sentissi. Poi alzò lo sguardo e si rivolse a me: “Non perderti d’animo. Gliela farò vedere io a quelle bestiacce. Sono sempre stati arroganti, adottarono questa tattica anche alla porta che hai visto all’entrata dell’Inferno, che è senza serratura.” Sfoderò un sorrisetto furbo. Alzò la voce: “Ma è proprio attraverso quella porta che giungeranno a breve i nostri rinforzi!” La sua voce si alzò ulteriormente in un urlo di trionfo: “Arriva la cavalleria!”








NdA: vi consiglio di andarvi a leggere il testo originale di questo capitolo perchè il bacio non me lo sono inventata io! Io sono rimasta molto sorpresa quando ho letto questo canto nel mio libro. All'inizio pensavo addirittura di aver letto male! Pensavo:"Ma no, non c'è scritto 'basciommi il volto' ci sarà scritto 'biscia nel volto' o una cosa così" xD

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Capitolo 9
*** Inferno, Canto IX ***


Chiedo scusa per il terribile ritardo con l'aggiornamento. Date la colpa ai professori che cominciano l'ultimo giro di interrogazioni alla fine del quadrimestre -.- . Coooomunque, per farmi perdonare, il capitolo è un po' più lungo (almeno credo, non sono stata a controllare ma a me sembrava lungo mentre lo scrivevo xD) ed aggiornerò il decimo canto sabato o domenica, sperando di farcela! Grazie a tutti per le belle recensioni che ho ricevuto in questa settimana di "niente" e continuate a seguirci, mi raccomando! Buona lettura :)


Canto IX
 
Virgilio
 
Nonostante le parole incoraggianti di poco prima, a mano a mano che i minuti passavano, la mia euforia si stava spegnendo. Dei nostri rinforzi non c’era alcuna traccia e l’unica cosa che mi rimaneva da fare era ripensare agli eventi precedenti. Il bacio. Il nostro primo bacio. Cosa diavolo mi era saltato in testa di compiere un gesto simile?! Avevo messo a rischio il nostro rapporto di amicizia solo per la mia sciocca curiosità! Tutto per colpa sua! Sì, era colpa sua. Maledetto lui e le sue labbra morbide, maledetto lui ed il suo naso aquilino da rapace intellettuale e maledetto lui e la sua pucciosità! Quelle dannatissime labbra erano state il vero problema. Per troppe volte le avevo potute osservare a sua insaputa, notare la loro morbidezza, il loro roseo colore, il profumo del suo alito…Come faceva  un uomo a sapere di menta!? Al pensiero sperai di non essermi fumato troppe foglie d’alloro durante la gioventù. Ecco, lo sapevo che non dovevo dare retta a Seneca e Agrippa! Forse sapevo troppo di arrosto? Ma a Dante piaceva l’arrosto? O preferiva il pesce? O era vegetariano? In quel caso l’aveva sicuramente gradito.
Perso in questi pensieri utili e costruttivi, osai finalmente alzare lo sguardo verso Dante (perché, lo ammetto, l’avevo abbassato). Il bel bussolano era tanto pallido da sembrare un funghetto allucinogeno, con quella sua tunica rossa. Nel notare il suo pallore, il mio imbarazzo scomparve lasciando posto alla preoccupazione per il mio protetto.
Perso com’ero nei miei pensieri, non avevo considerato che il povero fiorentino era ancora sconvolto (ma da cosa?! Dai diavoli o…dal bacio?).
“Fatti forza, Dante, dobbiamo vincere questa sfida! A meno che…nah, la cavalleria avrà sicuramente incontrato traffico sulla statale. Ma che palle però! Il Boss poteva anche prestargli la Ferrari per stavolta!” Al contrario delle mie previsioni, invece che ridere per le sciocchezze insensate che avevo appena detto, lo vidi sbiancare ancora di più. “Dante? Va tutto bene?” Quando non mi rispose, decisi di prenderlo per le spalle per sorreggerlo, in caso volesse tirarmi un altro brutto scherzo e svenire proprio all’entrata di quella maledetta città. Mi pentii immediatamente del mio gesto altruista quando lo vidi arrossire di botto e mordersi quei due morbidi cuscinetti. (No, no, no, no, no. Virgilio. Calmati. Calma. Respira. Uno. Due. Tre. Ce la puoi fare. Quello di prima è stato solo un gesto avventato, non significa niente, né per te né per lui e...perché mi sento improvvisamente deluso?!).
Nel frattempo Dante parve riprendersi abbastanza per arretrare di un poco e segnalare che stava bene. “Scusami, maestro. Ero sovrappensiero e…sono un po’ preoccupato. Per caso qualcuno è mai sceso fin qui, compiendo il nostro stesso percorso? Cioè, voglio dire…tu ti ricordi la strada, vero?! Non è che i nostri rinforzi si sono persi, giusto?!”
Accidenti, e adesso come facevo a spiegargli che solitamente qui fricchettoni degli angeli non si abbassavano a scendere fino all’Inferno o che non ero esattamente certo di starlo conducendo nella strada giusta, visto che Dio non era solito fornire mappe o gps?! Decisi di tranquillizzarlo, confidando nel senso dell’orientamento del nostro salvatore divino. “Raramente qualcuno compie il mio stesso cammino, sebbene io sia già stato qui una volta quando quella brutta zoccola di Eritone che è riuscita a controllarmi a distanza per portarle un peccatore del cerchio di Giuda. All’epoca ero morto da poco, quindi provai un’immensa paura nel momento in cui giunsi nel luogo più basso e tenebroso dell’Inferno, ma stai pur certo che non mi scorderò mai la strada che percorsi allora. Perciò, tranquillizzati, Dante, siamo sulla strada giusta. Siamo rimasti bloccati solo perché quei maledetti diavoli non ci fanno entrare nella città, ma presto arriveranno i rinforzi e riusciremo a continuare, anche se dovessimo combattere…o meglio, noi scapperemo nella speranza di non essere uccisi, almeno nel tuo caso, visto che io sono già morto…” Ben presto, però, notai che la sua attenzione non era più rivolta verso di me. “Ehm, Dante, mi stai ascoltando?” Provai a schioccargli le dita davanti per riscuoterlo, senza successo. “Insomma! Io sono qui a rassicurarti e tu non mi stai nemmeno a sentire! Dante, giuro che se non mi rispondi entro cinque secondi…!” Il fiorentino, con mia grande sorpresa, si limitò ad alzare il braccio e ad indicarmi con volto terreo, gli occhi spalancati e lo sguardo vacuo, un punto in alto, alle mie spalle. “Ah-ah, divertente, guarda che non ci casco. È il trucco più vecchio del mondo, Mecenate me lo faceva sempre…” Ma quando udii grida acute e stridenti, purtroppo a me familiari, mi resi conto che Dante non mi stava affatto prendendo in giro. E quando lentamente mi voltai, sperando fino all’ultimo istante di avere torto per la prima volta nella mia vita, rimasi agghiacciato nel vedere che ancora una volta avevo tratto le giuste conclusioni: eravamo nella merda.
 
Dante
 
Ero rimasto ad ascoltare il mio maestro mentre cercava inutilmente di rassicurarmi, ma ben presto avevo capito che questa volta nemmeno lui era certo di cosa ci saremmo dovuti aspettare. Smisi di ascoltarlo quando nominò Eritone. Per uno strano motivo, mi dava fastidio sentirlo pronunciare il nome di una donna. Soprattutto ora che mi aveva baciato. Già, per quanto ancora avrei dovuto attendere prima di dimenticarmi di quel gesto? Insomma, era chiaro che al mio maestro non interessavo in quel senso. Mi stavo facendo troppi disegnini mentali ed avrei dovuto smettere prima di diventare patetico. E poi, dopotutto, a me piaceva Beatrice…no? Allora le notti insonni, i sospiri di  adolescente e il desiderio di uomo adulto, le strette allo stomaco - come quando esageravo con la farinata - provate di fronte alla sua figura luminosa ed eterea non contavano più nulla per me? Quante volte allora avevo fantasticato, immaginando di poter essere un singolo raggio di sole per poter baciare quei capelli biondi, o un soffio di brezza leggera per accarezzarle il volto! E, curioso, mi chiedevo che effetto mi avrebbe fatto. Eppure adesso era così strano pensare in quel modo all' oggetto delle mie fantasie di ragazzetto; mai, pensando a lei, mi ero sentito così caldo, così arso neanche avessi avuto un fuoco acceso nel petto come in quel momento; ma forse ciò era dovuto al fatto che l’avevo vista una volta a nove anni ed una volta a diciotto? Nah…Ma nei meandri della mia mente una risposta cominciava già a formarsi. Fortunatamente, o sfortunatamente, non riuscii a proseguire oltre nel mio ragionamento. Intravidi diverse figure nella torre che avevamo visto appena giunti alla città di Dite. I miei occhi si spalancarono di colpo quando realizzai che cosa fossero quelle creature e all’improvviso ricominciai ad udire il mio maestro. Mi accorsi che mi stava chiamando a gran voce, preoccupato per la mia immobilità. All’ennesimo richiamo alzai leggermente il braccio per indicargli le tre figure che stavano volando verso di noi, incapace di proferir parola, sconvolto dalla paura, perché, da bravo classicista, avevo una mezza idea di che cosa fossero. Esse avevano un corpo seducente di donna ma i loro capelli erano serpenti sibilanti e minacciosi, ed erano ampiamente imbrattate di sangue, in parte fresco e lucido sulla loro pelle, in parte secco, cupo e incrostato sulle membra.
Quando finalmente si voltò, lo sentii imprecare a bassa voce. “Per tutte le sbrisolone del mondo! Sono le Erinni! Bene, facciamo le presentazioni. Dalla tua sinistra: Megera, Tisifone ed Aletto.” Detto questo tacque.
Le Furie nel frattempo si stavano dilaniando il petto con le unghie (molto stile Tarzan) e cacciavano grida acute come di aquile ferite. Quasi senza accorgermene, mi strinsi al mio poeta e rimasi sorpreso quando Viriglio mi circondò con le sue braccia asciutte e mi strinse al suo petto. Proprio mentre stavo per replicare imbarazzato che forse non mi serviva aiuto, le tre Erinni parlarono, indicandomi: “Ben presto Medusa arriverà e ti tramuterà in pietra, sciocca anima viva!”
“Volta la testa, Dante, e tieni gli occhi chiusi.” Mi sussurrò all’orecchio il mio maestro. “Se Medusa si mostrasse e tu la guardarsi, quella ti tramuterebbe in pietra in un attimo e non potresti mai più tornare sulla terra.” Ma prima che potessi eseguire i suoi ordini, mi voltò lui stesso, con il viso contro al suo petto tenendomi stretta la testa con una mano, con l' altra mi cingeva le spalle, di modo che non vedessi altro che le pieghe confuse della sua tunica. Chiusi gli occhi e inspirai profondamente. Il forte odore di alloro del mio maestro mi riempì le narici.
A questo punto, potei capire ciò che accadde solo grazie all’udito. Entrambe le sponde della palude presero a tremare, colte dalla violenza di un forte vento che, a quanto pare, combinò un bel lupanare (Nota dell’autrice: bordello romano).
Virgilio, allora, mi scoprì gli occhi e mi lasciò andare: “Ora girati ed osserva con i tuoi occhi di aqu…ehm di falco sulla superficie della palude, là dove la nebbia è più fitta.”
A quel punto fui spettatore di  uno spettacolo a dir poco strabiliante. Le anime dei dannati vicino alla palude presero a saltellare come ranocchie per fuggire ad una figura che camminava in mezzo allo Stige con i piedi asciutti (e prima che me lo chiediate: no, non era Gesù!). Il tizio sventolava una mano davanti al suo naso, con una smorfia superschifata, come se fosse nauseato dall’aria che gli stava intorno e pareva esausto solo per quello.
Le sue fattezze delicate e le battute che Virgilio ogni volta mi raccontava, mi fecero capire che quella figura era un angelo. Ed a proposito del mio maestro, non appena mi girai per chiedergli spiegazioni, mi afferrò per le spalle e mi fece inginocchiare insieme a lui a terra. L’angelo ci guardò con un’aria di sufficienza e passò oltre, dirigendosi verso la porta che ci aveva dato tanti problemi ed aprendola con una piccola verga.
“Ridicole bestie puzzolenti e cornute. Ma come vi permettete di disobbedire al capo?! Non vorrete finire tutti come Cerbero a mangiare fango?” disse con una voce stucchevole. Mi sarei aspettato di meglio da un angelo del signore, magari una voce suadente come quella del mio maestro…(basta!!! Dante, calmati e smettila di pensare al tuo maestro!). Poi l’angelo si voltò e ci superò, di nuovo senza rivolgerci alcuno sguardo, aveva sul volto un’espressione seria e sovrappensiero. I diavoli indispettiti gli facevano boccacce e versi da dietro. Lui si voltò improvvisamente, fissandoli con sguardo truce. “Guardate che vi vedo!”. I diavoli scapparono a gambe levate e scomparvero dalla mostra vista.
Visto che ormai non potevamo sperare che ci cagasse, ci muovemmo verso la città e vi entrammo senza alcuna opposizione. Non appena fummo dentro, cominciai a volgere lo sguardo intorno a me, preso totalmente dalla curiosità più pura. Ma ero circondato solo da dolori, tormenti, tombe e fuochi. Di certo non l’avrei mai scelta come meta turistica.
“Maestro, che anime sono quelle che stanno sospirando?” sussurrai.
“Questi qui?” Fui un po’ sorpreso nel constatare che la mia guida non aveva risposto nel solito modo scocciato delle volte precedenti, c’era una nota diversa nella sua voce, era solenne sì, ma c’era altro. Forse era dolcezza? E se fosse cambiato qualcosa? (No, no e no! Accidenti, devi smetterla con queste fantasie…) “Sono gli eretici ed alcuni sono tutti insieme dentro un’unica tomba. Pensa che certe tombe sono arroventate. Vorresti una coscia di eretico per cena, stasera?” provò a scherzare. Ma vedendo che non reggevo lo scherzo, si limitò a sbuffare e a trascinarmi verso destra.

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Capitolo 10
*** Inferno, Canto X ***


Canto X
 
Dante
 
Il mio maestro mi aveva portato in un vicolo buio della città e, se non fosse stato per le fiamme dell’Inferno, sarebbe sembrato anche intimo (Dante, devi smetterla di pensare a queste cose!). Non avevo ancora proferito parola da quando ci eravamo addentrati all’interno delle mura e per tutto il tempo mi ero limitato a seguirlo come un bravo cagnolino.
Ma il mio rarissimo silenzio durò per poco. Avevo notato delle tombe, aperte. “Oh, grandissimo, eccellentissimo, illustrissimo, altissimo, purissimo e levissimo maestro mio adorato…”
Purtroppo la mia guida aveva già capito le mie intenzioni. “Va bene, dillo.” Mi interruppe con un sospiro rassegnato.
“Posso vedere le anime dentro le tombe? Tanto i coperchi sono aperti e non ci sono diavoli a sorvegliarli. Posso? Daiiiiiiiiii. Ti preeeeeeeeego! Posso? Posso?! Posso?!?!?!” dissi, strattonandogli la manica della veste dopo ogni parola.
Il mio maestro strattonò via la veste con espressione scocciata, poi mi afferrò la mano con forza, prendendomi subito dopo l’altra con la mano ancora libera. “Dante, smettila di rompere le palle! Tanto le tombe verranno chiuse solo nel giorno del giudizio quando le anime del…” ma poi vide i miei occhi da cucciolo di aquilotto abbandonato e si fermò di colpo. Sospirò rassegnato. “Va bene, vuoi andare a vedere le tombe? E andiamo a vedere le tombe…ti costava tanto chiedermelo subito?”
“Mia carissima guida, se non ti dico subito ciò che desidero è soltanto perché temo che tu ti arrabbi con me. E poi lo sai che io ci rimango male perché ti voglio tanto bene e non ti voglio fare infuriare…” aggiunsi con una vocina il più tenera possibile.
Virgilio mi osservò in silenzio per un istante, come se avesse trovato un significato nascosto nelle mie parole. Alla fine si limitò ad accompagnarmi fino alle tombe senza emetter verbo.
“Ah-ah! Sapevo di aver riconosciuto l’accento! Si sente lontano un girone che sei fiorentino. Di’ un po’, non la vorresti una coca-cola con la cannuccia corta? Niente di personale eh, figurati, però quelli mi stanno sulle scatole a prescindere, soprattutto voi guelfi.” Questa voce mi spaventò così tanto che mi avvinghiai di nuovo alla mia guida, abbandonando ogni ritegno.
“Ma che fai, Dante?! Hai rotto le palle fino adesso che volevi vedere le anime e ora hai paura? Bah. Capiscilo, il povero Farinata” esclamò Virgilio, poi aggiunse, dandomi un colpetto con il gomito “Non vedi che ha il suo alzabandiera mattutino?” 
Calò un silenzio imbarazzante, durante il quale il mio maestro si rese conto di ciò che aveva appena detto e il suo viso assunse una gamma di colori che andava dal rosa maialino al vinaccia e Farinata non era in condizioni migliori. Quest’ultimo cercò comunque di togliersi d’imbarazzo, coprendosi dalla cintola in giù col coperchio della bara. Cosa che – oltre a risultare del tutto inutile – fece anche un casino infernale.
Io avevo già distolto lo sguardo da un pezzo per fissarlo nei suoi occhi. Farinata, nonostante l’ingombro provocato dal coperchio, si ergeva fiero col petto e la fronte, mostrando il suo disprezzo per l’Inferno e la sua virile compostezza. Ero quasi tentato di rinunciare all’impresa ma le mani forti della mia guida mi spinsero verso quell’anima, quasi facendomi cadere a terra. Girai la testa per guardarlo con una smorfia di insicurezza. Dovevo proprio andarci da solo?
Virgilio mi rivolse un ghigno divertito: “Che c’è? Stavi morendo dalla voglia di andarci…scusa il gioco di parole. Se vuoi parlarci ci andrai da solo questa volta, ok? O questo o se proprio non vuoi lo ignoriamo e continuiamo il nostro percorso. Però ti avverto che non ci si fa bella figura.  Quindi vai pure, e vedi di non dir cazzate.”
“Ehi Maestro, come mai sei così malizioso? Cos’hai mangiato a colazione, eh?”
Mi morsi la lingua. Era la mia guida, il mio illustre poeta, dovevo essere rispettoso nei suoi confronti. “Perdonami.” Mi scusai umilmente, abbassando gli occhi. Virgilio mi guardò divertito. Sembrava essersi almeno temporaneamente ripreso dallo stress delle ultime ore. “Fa nulla.” Sorrise con lo sguardo di chi la sa lunga. “Avanti, vai.” Incrociò le braccia e rimase a fissarmi a distanza mentre mi voltavo verso lo sborone.
Avevo capito che nelle parole del mio maestro si nascondeva una sfida. Desiderava vedere fino a che punto sarei stato disposto a spingermi pur di parlare con  le altre anime. Voleva testare il mio coraggio, la mia tempra morale! Ed io non l’avrei certo deluso. Mi sarei dimostrato il compagno di viaggio perfetto! Così mi incamminai con aria decisa e, quando stavo per raggiungere finalmente Farinata, mi sovvenne che forse, ma proprio forse eh, non ero mica sicuro…anzi, ora che ci pensavo meglio, sicuramente il mio maestro non aveva voglia di accompagnarmi.
Cercai di nascondere la mia delusione quando giunsi ai piedi della tomba di Farinata. Questo mi guardò con un’aria di superbia difficile da non notare e mi domandò: “Chi furono i tuoi antenati? Erano fighi come i miei? Non penso proprio, ma dimmelo lo stesso.”
Io, che non vedevo l’ora di dimostrargli che anche i miei antenati erano stati fighi, gli rivelai vita, morte e miracoli di tutti i parenti, prozie e cugini di secondo grado compresi tutto. Al termine del racconto, lui sollevò le sopracciglia in su, leggermente impressionato ma attento a non darlo troppo a vedere. “I tuoi antenati furono fieri avversari miei e dei miei avi, però alla fine ho vinto io e li ho scacciati per due volte, tiè.”
La serietà che era stata presente fino a quel momento si era completamente volatilizzata dopo queste parole. Cominciammo così a discorrere come bambini di cinque anni. “Ma i miei alla fine sono tornati tutte e due le volte invece i tuoi no! Ha!”
“Gnè gnè gnè.”
Gli risposi con una linguaccia.
Lui con una smorfia.
“Autopompa fiorentina!”
“Zitto tu! Torta di ceci!”
“Nasone!”
“Cosa avresti da dire sul mio naso? Sei solo invidioso perché ce l’ ho più grosso!” Farinata arrossì. Sentii una risata soffocata alle mie spalle.
Ad interrompere la nostra “disputa” intervenne un’anima, inginocchiata nel sepolcro di fianco a quello di Farinata, si riusciva ad intravederne solo il mento. L’anima guardò intorno a me, come cercando avidamente qualcuno, che però non era presente, poi mi parlò piangendo: “Dante, ragazzo, se vai attraverso l’Inferno per i tuoi meriti intellettuali, dov’è mio figlio? E perché non è con te? Se non ricordo male eravate, come si suol dire, culo e camicia, insomma amici molto intimi.”
Oh Dio, era il papà di Guido! Ma perché tutti credevano che fossimo una coppia?! Cercando di ridarmi un contegno, risposi imbarazzato: “Salve Signor Cavalcanti-babbo. Ecco, vede, non mi trovo qui per mia volontà e nemmeno da solo.” Mi interruppi per indicargli Virgilio, che mi guardava con aria divertita e mi salutò con la mano, riuscendo ad imbarazzarmi ancora di più. “Vede quel tizio lì seduto con la toga? Lui è la mia guida e mi condurrà da Beatrice, a cui forse Guido rifiutò di essere condotto. Beh, poi questa cosa ha anche significati reconditi, potremmo intendere che lui ha rifiutato la teologia. Sbaglio o era Epicureo?”
Improvvisamente si levò in piedi e gridò: “Come sarebbe a dire “era”?! Vuoi dire che lui non è più in vita? E che l’hai tradito con un romano?”
Prima che potessi rispondere adeguatamente sentii Virgilio che urlava di rimando: “Mantovano, prego!”
Ma il padre, vedendo che indugiavo a rispondere, ricadde a peso morto nel suo sepolcro e non si mosse più. Farinata non mutò espressione e riprese la disputa da dove eravamo stati interrotti, però con voce più calma. “Se i miei antenati non sono riusciti a tornare in patria, ciò mi preoccupa più del mio soggiorno all’Inferno.” Pausa ad effetto. Riprese a parlare con il sorrisetto di superiorità tipico del bambino che si è appena vendicato crudelmente di un torto subito dal compagno. “Ma anche tu subirai presto lo stesso destino, Dante, molto presto. Però guarda, se mi levi questo dubbio che ho da un po’ di tempo ti lascio andare; dimmi: perché i fiorentini sono così stronzi con i miei famigliari?”
Ed eccoci di nuovo punto e a capo. “Guarda che la colpa è vostra! Se non aveste fatto quella strage a Montaperti, forse non avremmo dovuto prendere decisioni così drastiche.”
Lui scosse il capo, testardo più di un mulo. “Non sono stato solo io a combattere! Non è giusto! Non l’avrei mai fatto senza un buon motivo con gli altri e poi sono stato l’unico coglione a rimanere indietro per difendere Firenze quando tutti volevano distruggerla!”
Visto che ormai sapevo che la conversazione non sarebbe mai giunta ad una conclusione, decisi di fare buon viso a cattivo gioco, ricordandomi che le anime potevano predire il futuro, così tentai di arruffianarmelo un po’: “Spero vivamente che la tua stirpe possa avere pace.” Lo pregai, ma scorsi il dubbio nel suo sguardo, quindi mi arresi a rivelargli il mio desiderio. “So che tu puoi vedere il futuro ma che per guardare al presente segui regole diverse.” Cominciai, tenendomi sul vago.
E lui, con l’orgoglio per quella sua dote che aveva preso per un attimo il posto del rancore nei miei confronti, mi rispose: “A dir la verità, è un po’ come se fossimo presbiti. Riusciamo a vedere solo le cose lontane nel tempo e per avere notizie del presente dobbiamo chiedere alle anime appena arrivate. Quindi puoi immaginare che quando arriverà il giorno del giudizio non potremmo più predire niente perché il mondo finirà.”
Soddisfatta la mia curiosità, ma spinto dal rimorso per non aver spiegato bene la sorte del figlio a Cavalcante, il padre di Guido, gli dissi: “Ascoltami bene, ora dirai a Cavalcante che prima non intendevo dire che suo figlio era morto. È solo che, a forza di parlar per metafore ed allegorie mi capita di confondermi quando si tratta di colloquiare normalmente! Guido è ancora vivo e vegeto, di questo può stare sicuro e digli anche che non l’ho tradito perché noi siamo sempre stati solo amici, d’accordo?” Insistetti su quel “solo amici”. Non so perché, ma mi avrebbe dato fastidio se Virgilio avesse pensato ad una mia precedente relazione con Guido. Perché i genitori devono trarre conclusioni così in fretta!? “Prima non ho risposto subito solo perché mi ha preso di sorpresa con le sue accuse! Tutto qui.” Conclusi.
“Dante!!! Ti muovi!?” L’urlo di Virgilio mi mise fretta.
“Dai, Farinata, dimmi velocemente chi c’è qui con te.” Lo pregai. “Presto, prima che Virgilio mi lasci qui!”
Farinata, spinto da malignità, mi disse, il più lentamente possibile. “Qua con me ci sono Federico II, te lo ricordi chi è? Federico II di Svevia, quello lì…l’ imperatore…che non è Federico I, ma il secondo, viene dopo in ordine cronologico. E poi c’è il Cardinale Ottaviano degli Ubaldini. Non so se hai capito bene il cognome, ti faccio lo spelling: U B A L D I N I. E…”
Non fece a tempo a continuare perché Virgilio mi afferrò per il braccio e mi trascinò via. “Grazie per la chiacchierata Farinata, ma abbiamo molto da fare. Tornatene pure a dormire nel tuo letto di pietra. E la prossima volta vedi di non mostrare la tua felicità con ogni componente del tuo corpo quando qualcuno ti viene a fare una visita.” Disse il mio maestro, lanciando un’occhiata al coperchio di pietra che ancora copriva le parti intime di Farinata.
L’anima gli lanciò un’occhiataccia ma si sdraiò ubbidientemente nel suo sepolcro.
Soddisfatto, Virgilio lasciò andare il mio braccio e mi condusse per un’altra via.
Ma le parole di Farinata continuarono a turbarmi per un bel po’ di tempo, tant’è che il mio mastro si bloccò di colpo, facendomi sbattere il naso contro la sua schiena. Indietreggiai, massaggiandomi l’appendice dolorante, notando solo allora lo sguardo preoccupato della mia guida. “Dante, mi sembrava che avessimo già avuto questo discorso. Che cosa ti turba? Sai che a me puoi dirlo.”
Colto alla sprovvista dalle gentili parole del mio maestro, gli rivelai della piccola profezia che mi aveva fatto Farinata, sul fatto che presto anche io non sarei mai più tornato a Firenze.
Virgilio mi osservò in silenzio fino al termine del racconto, poi disse: “Adesso ascoltami bene, Dante. Purtroppo le profezie dei morti sono sempre vere ma, ciò non vuol dire che questo non ti porterà beneficio. Magari scoprirai di non tenere più a Firenze come una volta e troverai un altro luogo che ti piacerà, dove potrai stare con persone di tuo gradimento, magari a cui tieni. Non sempre i cambiamenti avvengono in peggio; anche tra le nubi oscure delle inimicizie, delle lotte intestine e degli scontri tra fratelli potrebbe esserci uno spiraglio di luce. Firenze non ti caccerà per sempre, e poi potrebbe anche essere un’ occasione per viaggiare un po’. Hai mai pensato, che so io, alla Lunigiana? I Malaspina sono abbastanza simpatici. Ma ora fai attenzione a ciò che sto per dirti” Alzò l’indice. “Quando Beatrice ti prenderà in custodia, saprai da lei che cosa ti riserva il destino.”
Detto questo calò un religioso silenzio in mezzo a noi. Il discorso del mio maestro mi aveva commosso, fino a quando non aveva nominato Beatrice. Perché doveva esserci sempre di mezzo la biondona luminosa a 4000 watt? Perché mi dava fastidio pensare di dovermene andare con lei e di abbandonare Virgilio? Non era forse quello che avevo sempre desiderato, poter stare con lei, che era la nona della lista di fiorentine gnocche che avevo stilato con Guido? In fondo, non sapevo già dall’inizio che il mio maestro non poteva guidarmi in Paradiso? Accantonai il pensiero prima che mi conducesse in luoghi della mia mente che non desideravo ancora esplorare.
Il mio maestro nel frattempo si era mosso verso sinistra senza di me ed io mi affrettai a seguirlo. Lasciammo il muro della città e ci dirigemmo verso la parte centrale del cerchio, fino ad arrivare in una valle che mandava un odore di bruciato talmente forte da prendermi alla gola.
Mi tappai il naso con due dita, disgustato dall’odore. “Maestro, ma che cos’è questo odore?”
Virgilio mi rispose con un sorriso lugubre. “Spero ti piacciano ben cotti.”

Disegno fatto dalla mia collega I. (bellissimo :D)
http://it.tinypic.com/r/14xpi01/5
Questo invece è un disegno fatto da LovelyAndy   e mi ha fatto veramente scompisciare dalle risate perchè io mi immaginavo la scena esattamente così xD
https://m.facebook.com/448336835267444/photos/a.449867365114391.1073741836.448336835267444/470701609697633/?type=1&source=46
 

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Capitolo 11
*** Inferno, Canto XI ***


Ed eccoci finalmente arrivati al canto XI! Sapete, questo è stato forse uno dei canti più noiosi che io abbia mai letto...e si è trasformato in questo! xD Veramente, andatevi a leggere il canto originale e rimarrete sconvolti. Però è anche colpa di Dante che mi offre certe frasi equivoche su un piatto d'argento! ._. (ovviamente è stata solo UNA frase a far scattare il tutto, il resto è colpa della mia mente malata ed anche di quella delle mie colleghe). Questo capitolo l'abbiamo finito di correggere mercoledì e non vedevo l'ora di postarlo ma ho portato pazienza ed ho pensato che magari avrei potuto mettermi avanti con il XII...ovviamente mi sono beccata la febbre (e ce l'ho anche in questo momento) xD. Bene, ho finito con le comunicazioni, buona  lettura e godetevi la sagra dei doppi sensi!


Canto XI
 
Virgilio
 
Che puzza tremenda aleggiava nell’aria! Io ed il mio compagno di viaggio faticavamo anche solo a respirare, figurarsi a parlare. Ironia della sorte, proprio quando Dante finalmente se ne stava zitto, dovevamo morire di asfissia. Certo, questa era la mia punizione divina per come l’avevo preso in giro prima, per averlo lasciato solo, nonostante alla fine l’avessi anche consolato! Ovvio! Mi ero dovuto sorbire i suoi battibecchi con Farinata che, per quanto divertenti, avevano retrocesso la sua intelligenza a quella di un’ameba ed inoltre ero venuto a conoscenza di quel Guido…Non che non avessi già sentito parlare, essendo un’anima del mondo dei morti era naturale che fossi a conoscenza di personaggi che in futuro avrebbero abitato il mondo dei vivi.
Ma continuo a ripetere che, sebbene sapessi che Dante e Guido erano come culo e camicia e che non c’era assolutamente nulla di romantico nella loro relazione, non potei fare a meno di provare una punta di gelosia.
Maledetto quel fiorentino! Da quando l’avevo incontrato non avevo fatto altro che pensare a lui e a tormentarmi in sua presenza. Era ora di finirla, per diana! Dovevo cercare di pensare ad altro, di concentrarmi su pensieri felici….La puzza di bruciato mi fece proprio venire in mente una memoria antica, di quella volta che provai ad insegnare ad Orazio a cucinare la carne alla brace. L’odore della carne bruciata delle anime era lo stesso del maialino all’alloro che avevamo provato ad arrostire quel giorno. Quanto si era infuriato Mecenate quella volta! Eh sì, avevamo usato la sua griglia senza permesso ed alla fine ci aveva costretto a pulirla a pasto finito, sempre se quello si potesse definire un pasto…Ricordavo ancora l’espressione Rufo quando aveva provato a dare un morso ad un boccone meno carbonizzato degli altri! Che spasso era stato! Come eravamo giovani allora! Mi tornavano una dietro l’ altra le memorie dei giorni trascorsi nella mia Andes, e poi a Roma, a Napoli, con i miei amici, con  i miei colleghi. Ma la vita è breve, e nel mio caso lo fu anche troppo. I ricordi gioiosi venivano lentamente sostituiti dalla malinconia, contornata tuttavia da una strana dolcezza.
Ecco, erano di memorie come queste che avevo bisogno per distogliere il mio pensiero dal bel bussolano, che aveva cominciato a tossire alle mie spalle…maledizione! Mi ero distratto troppo!
Individuai un punto abbastanza protetto dal tanfo che proveniva dal baratro sotto di noi e ci rifugiammo dietro la tomba di papa Anastasio (no, non era un papa russo e non aveva un consigliere di nome Rasputin, tanto per intenderci).
Quando mi fui assicurato di essere abbastanza riparato dall’odore nauseabondo di carne umana bruciata, mi rivolsi al fiorentino, che sembrava sul punto di mostrarmi cosa aveva mangiato per pranzo: “Dobbiamo rimanere qui per un po’, Dante, perché io non ce la faccio a proseguire con questa puzza! E a guardarti bene nemmeno tu.” Avrei aggiunto che lo strano odore di bistecca alla fiorentina pareva venire proprio dal suddetto Toscano in rosso, ma risolsi che sarebbe stato sgarbato, quindi me ne stetti semplicemente zitto.
Il mio protetto, nel frattempo, parve essersi ripreso abbastanza per replicare: “Allora potremmo dedicarci a qualche attività interessante e costruttiva per non sprecare il tempo a far niente. Sai, con Guido ci si divertiva spesso magari nella caccia col falcone, sai, lui era bravissimo: il suo falco era sempre in ottime condizioni.” A queste parole sperai di non essere stato l’unico ad aver colto l’equivoco, ma a giudicare dall’aria serafica del fiorentino la risposta era sì. “Magari qualcosa che ci distragga e ci tenga impegnati allo stesso tempo.” Propose con aria innocentissima e casta come quella di una verginella. Ecco, lo sapevo, il pensiero di Dante accostato a quello di una casta, pura, candida verginella aveva contribuito a peggiorare la situazione nel sotto-tunica. Per non parlare della gelosia (sì, perché questo era alla fine) che mi aveva preso sentendolo parlare dei giochetti per ammazzare il tempo.
Come se non bastasse, il mio viso assunse quasi lo stesso colore della sua veste a causa dei pensieri che mi erano venuti in mente per colpa della sua frase pregna di doppi sensi. “Avrei giusto giusto in mente qualcosa di adatto e soprattutto alla mano.” Risposi, ghignando.
Lo sguardo confuso che il fiorentino mi rivolse fu il colpo di grazia per me e fui costretto a girarmi per non lasciar vedere il mio viso a Dante mentre immaginavo di strappargli la veste di dosso e di dare inizio ad un’attività che avrebbe sfiancato entrambi.
“Maestro? Ho detto qualcosa di male?”
“No, no. Ho solo bisogno di riprendermi. Sono stanco e questo odore non aiuta.”
E nemmeno te aiuti, maledetto toscanaccio affascinante! Aggiunsi dentro di me.
“Ma…maestro, ti vedo frustrato.” Insistette preoccupato.
Abbassai lo sguardo per notare il leggero rigonfiamento all’altezza della mia vita. “Sì, frustrato…Neanche immagini quanto io sia frustrato in questo momento…” risposi a denti stretti. Oh, andiamo! Era proprio il colmo che mi fosse venuta un’erezione pensando a Dante mentre sotto di noi si arrostivano erot...ehm eretici volevo dire erEtici! La mia mente malata aveva colpito ancora.
La mano che si posò delicatamente sulla mia spalla mi fece trasalire a tal punto che l’afferrai di scatto, voltandomi per trovare il volto perplesso di Dante. Con una la mano libera mi sistemai in fretta la toga in modo da non far notare al fiorentino il mio “piccolo” problema nei paesi bassi.
“M-maestro, posso darti una mano?” domandò il bel bussolano con voce tremante, ignaro ancora una volta di quanto le sue parole potessero essere male interpretate.
Oh, per Giove! Una mano…Di’, Dante, lo stai forse facendo apposta?
Beh, una mano mi avrebbe proprio fatto comodo in quel momento, ma usai tutta la mia forza d volontà per non rispondere in malo modo al mio protetto.
Una goccia di sudore gelido mi scese lungo la schiena. Rabbrividii leggermente, ma Dante sembrò non accorgersene.
Non era il momento di lasciarsi distrarre da filmini mentali di vario genere; ero io l’ autorità tra noi due, e il mio compito era di essere per Dante una guida e un sostegno, non dovevo mostrarmi a lui in questo stato. Doveva percorrere un cammino difficile, e non potevo permettermi di peggiorargli la situazione con i miei problemi, i miei dubbi.
I miei desideri.
Non è più così, e lo sai.  Ringhiò una voce dentro di me. Non riuscirai a nasconderti ancora per molto.
Misi a tacere quella voce.
Inspirai profondamente per ritrovare la calma e il sangue freddo che mi rendevano così sicuro ai suoi occhi. Lasciai lentamente andare, anche se malvolentieri, la sua mano e lo invitai a sedersi poco distante da me. “Dimmi, figliolo,” sperai che il nomignolo mi aiutasse a calmarmi e a non pensare a lui come a qualcosa di diverso da un discepolo. “ti andrebbe di ascoltare come è strutturato l’Inferno?”
Lo sguardo impacciato di Dante si illuminò di colpo. “Oh, sì!!! Sì! Sì! Sì! Grazie maestro!” Con un gesto fulmineo tirò fuori da sotto il cappuccio un blocco per gli appunti e una penna d’ oca.
Ancora una volta avevo colpito nel segno. Fortunatamente la sua curiosità era riuscito a distrarlo dalla preoccupazione che provava per me in quel momento. Così cominciai a raccontare mentre il mio allievo scribacchiava. “Dunque, per farla breve, l’Inferno è come un enorme imbuto, composto da nove cerchi, quindi, se hai studiato anche un po’ di matematica oltre che a letteratura, saprai sicuramente che qua sotto ce ne sono tre e che noi al momento siamo al sesto. E adesso passiamo alla parte divertente. Il primo cerchio sotto di noi è pieno di violenti e visto che a Dio piace tanto il numero tre, indovina quanti tipi di violenti ci sono?”
“Ehm…tre?”
“Esatto! Ora, tornando a noi, nel primo girone del settimo cerchio ci sono gli assassini…”
Il fiorentino alzò la mano.
Sospirai, già pronto alla discussione. “Sì?”
“Non ci sono gli omicidi ed i predoni nel primo girone?” domandò, di nuovo con quella sua aria da innocente saputello.
“Dante, sto cercando di renderti tutto più semplice dicendo assassini, ma se preferisci alziamo il livello di difficoltà.” Tossicchiai per darmi un contegno. “Puote omo avere in sé man violenta e ne’ suoi beni; e però nel secondo giron convien che sanza pro si penta qualunque priva sé del vostro mondo, biscazza e fonde la sua facultade, e piange là dov’esser de’ giocondo…”
Dante smise di prendere appunti e alzò di nuovo la mano con aria sconvolta e stavolta ghignai soddisfatto. “Sì?”
“Ma…maestro, non si capisce niente così! Ti prego, dimmelo in modo più semplice, prometto che non ti interromperò più.”
Stavo giusto per dirgli che doveva ancora imparare la sua lezione quando sfoderò i suoi maledettissimi occhioni da aquilotto abbandonato. Giuro, uno di questi giorni gli avrei strappato l’infula dal capo per mostrare al mondo cosa si celava sotto di essa. “D’accordo! Smetti di fare quella faccia e vedi di non interrompermi più, siamo d’accordo?”
Il fiorentino annuì docilmente.
“Allora, nel secondo girone ci sono i suicidi e tutti quei cretini che perdono tutti i loro risparmi giocando d’azzardo. Ed ora che mi ci fai pensare, più tardi potremmo fare una partita di strip poker. Ti avverto che sono molto bravo!”
“Che cos’è lo strip poker, maestro?”
Un gioco a cui adesso giocherei molto volentieri con te, Dante.
“Un’invenzione che cambierà per sempre la storia del mondo. Ma non posso dirti altro. Passiamo al terzo girone. Lì ci stanno gli usurai, maledetti, sempre a fregarmi con i loro dannati tassi di interesse!, i bestemmiatori ed i sodomiti…”
“Sodomiti?” chiese confuso.
“Gli omosessuali! I gay! Mai sentito parlare di uomini che fanno sesso con altri uomini?” lo presi in giro. Mi bloccai quando notai il pallore del suo viso. “Dante?”
“…Amare un altro uomo è peccato così grave?”
Per un attimo non seppi che cosa rispondergli. Di cosa si preoccupava Dante? Lui aveva la sua Beatrice, a meno che…
“Sei preoccupato per te e per Guido Cavalcanti?” gli domandai, il buon umore all’improvviso svanito.
Lui mi fissò sconvolto. “Ma che?! Ma no! Quante volte devo ripetere al mondo che non stiamo insieme!?”
Dentro di me provai il bisogno di respirare di sollievo, ma mi trattenni. “Scusa, è difficile resistere alla tentazione di prenderti in giro.” Gli feci l’occhiolino per tranquillizzarlo ma come risultato ottenni solo quello di farlo arrossire ancora di più. Tentai disperatamente di rimediare:  “Comunque non ti devi preoccupare, in quel girone ci sono solo le anime di persone che vanno a letto con persone del loro stesso sesso. Se tu provassi vero amore per un altro uomo dubito che Dio ti punirebbe.”
“Oh. Comunque…figurati maestro…dicevo così per dire…ecco…non che mi interessi più di tanto…”
Lo osservai ancora per un po’, infine mi decisi a riprendere parola. “Passiamo ora al successivo, contenente le malebolge. In esso risiedono i fraudolenti, i ladri, gli ipocriti, i simoniaci, i maghi, i ruffiani, i falsari, insomma, tanta bella gente. Infine nell’ultimo cerchio ci sono i traditori, feccia della peggior specie. Loro sono controllati da Lucifero e fidati se ti dico che non augurerei questa sorte nemmeno al mio peggior nemico…Ok, forse al peggiore sì…”
Ma ecco che, ancora una volta, il mio protetto aveva alzato la mano. “Dimmi.” Lo incitai seccamente.
“Maestro, è tutto chiarissimo fin qui, però…perché i peccatori che abbiamo visto finora, eccetto i non battezzati come te, non sono qui dentro ad arrostire con le altre anime? E com’è possibile che Dio abbia questa mente contorta?”
“Insomma, Dante! Ma possibile che non ti accontenti mai di una risposta semplice? Ma almeno mi hai ascoltato oppure stai pensando ad altro?” Dissi, ripensando alla sua preoccupazione sui sodomiti. Beh, non so tu, ma io sì. Pensai. Lo fermai con una mano prima che ricominciasse a parlare. “Vedi? Hai studiato troppo e ti sei scordato le cose più importanti. Non ti sei letto un libro dell’altezza di un fermaporte qualche anno fa? Come si chiamava? L’Etica di Aristotele? Sì, era quello. Ecco, lì Aristotele dice chiaramente che Dio sopporta di meno i generi di persone che ti ho elencato adesso, rispetto a quelli che abbiamo già visto. Insomma, ho capito che vuoi fare giustizia nel mondo ma così mi sembra esagerato…” Per l’ennesima volta fui interrotto, ma stavolta fu a causa di un Dante che si precipitò tra le mie braccia per abbracciarmi. “Oh, mio adorato maestro! Mio Sole! Tu non sai quanto mi soddisfi quando risolvi i miei dubbi! Però, ehm, ecco, non è che potresti ripetermi cosa dice Aristotele riguardo agli usurai?”
E come avrei potuto dirgli di no mentre mi stringeva le braccia al collo così affettuosamente? Intanto il mio problema, se prima si stava risolvendo, adesso si era aggravato. Dante ti prego non stringermi così. Lasciami andare, lasciami andare, lasciami andare….
Lo staccai da me con quanta più dolcezza possibile. Finsi di grattarmi il naso per nascondere il mio imbarazzo. Mi diedi un’ altra sistemata alla tunica, pensando a come si dovesse essere sentito Farinata poco prima.
“Se ti ricordi, Aristotele dice che l’uomo segue la natura e l’arte, l’usuraio non fa nessuna di queste cose, se ne frega di tutto e di tutti e pensa solo ai suoi soldi.” Mi scrollai gentilmente di dosso il fiorentino e lo aiutai a rialzarsi. “Adesso seguimi, è tempo di andare.” Dissi, mentre guardavo il cielo; la vista di Dante o qualsiasi cosa me l’avesse ricordato non avrebbero certo aiutato.
Dante seguì il mio sguardo. “Eh, sì, hai proprio ragione, maestro. La costellazione dei Pesci si è levata sull’orizzonte e l’Orsa maggiore sta sopra il Ponente, e…”
Gli tappai la bocca con una mano. “Bene, se hai capito che sono le tre del mattino andiamocene.” Lo presi per mano e lo trascinai in fretta lungo la giusta via, sperando che il nostro viaggio sarebbe proseguito tranquillamente. Ma, ovviamente, mi sbagliavo.

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Capitolo 12
*** Inferno, Canto XII ***


Ed eccoci finalmente al canto XII. Lo so, avrei dovuto aggiornare ieri ma ho avuto qualche complicazione. Comunque ormai lo sapete, se non è sabato è domenica ;). Volevo avvertirvi che la mia collega I. ha fatto dei bellissimi disegni su questa FF e che ho già inserito il link di uno di questi nel canto X. Vi giuro, ci ho provato mille volte ma non riesco ad inserire l'immagine sotto alla storia! :(, quindi sono costretta a mettere il link per indirizzarvi alla pagina. Anche per questo canto c'è un bellissimo disegno di I. che vi invito ad andare a vedere perchè lei è bravissima a disegnare! :D. Buona lettura!



Canto XII
 
Dante
 
Il luogo nel quale saremmo dovuti scendere era tanto ripido e scosceso che chiunque se la sarebbe fatta sotto. La via che ci avrebbe portati a valle era stretta, percorribile unicamente in fila indiana e, come se non bastasse, proprio all’inizio della discesa, era disteso un essere mostruoso: su un corpo umano massiccio , muscoloso e pelosissimo era innestato un enorme collo taurino, che terminava con un muso feroce, sovrastato da un paio di superbe corna, del genere che qualunque cacciatore avrebbe voluto come trofeo sopra il proprio caminetto; era il Minotauro, figlio di una grande vacc…ehm, volevo dire, di una donna cretina…ehm, cretese! Che – forse spinta dal desiderio di provare qualcosa di nuovo, forse presa da sentimento animalista – si finse mucca…Accidenti! Il mio maestro mi stava condizionando con il suo linguaggio scurrile. Comunque, tornando a noi, il figlio di Pasifae (ma che nome è Pasifae, poi?!), non appena posò lo sguardo su di noi, cominciò a mordersi…?! Caspita! Che fame doveva avere per addentarsi in quel modo il braccio taurino. Ma, notando che teneva lo sguardo astioso fisso su di noi mentre compiva tale gesto, compresi che quello non era affatto un buon segno.
Il mio caro maestro mi si avvicinò di soppiatto e mi sussurro all’orecchio: “Ora lo distraggo. Non appena è abbastanza infuriato con me, tu corri verso il passaggio più veloce che puoi.” E, senza darmi il tempo di annuire, si rivolse al Minotauro: “Ehiiiiiiii! Taury! Teseo, hai presente? Il tuo amico Matador,  mi ha chiesto di salutarti! Sai, a lui piacciono tanto quelli della tua specie. Infatti si è anche montato tua sorella Arianna! Ma tanto a te non importa, vero? Visto che lei ti ha tradito per poter scappare con quel bellimbusto.”
Lo sguardo del Minotauro si fece ancor più feroce. Gli si dilatarono le pupille e della bava bianca gli colava dalla bocca, ora non più colma del suo braccio, per simboleggiare la sua furia. I suoi passi barcollanti erano colmi di ira, faticava a controllarsi e ci parve che saltellasse tanto era instabile sulle sue zampe. Udivamo distintamente il suo fiato uscire sbuffando dalle narici dilatate.
“Porca vacca!” esclamò Virgilio, non riuscendo a trattenersi del tutto dal continuare lo scherzo. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il Minotauro partì all’attacco, dirigendosi dritto verso di noi.
Il mio maestro si voltò verso di me e mi gridò: “Adesso! Corri!” Mi spinse rudemente verso la scarpata.
Cominciò una vera e propria fuga in discesa, attraverso massi instabili che si muovevano sotto il mio peso. Più volte rischiai di cadere e di rotolare fino a terra, ma fortunatamente la mia guida era sempre lì per me, pronta a sorreggermi in caso di bisogno.
Mi voltai. Fortunatamente, il Minotauro aveva rinunciato ben presto ad inseguici, tornando ad azzannarsi il braccio con voracità, senza un motivo apparente. Quando fui certo che il mostro non avrebbe più tentato di ucciderci, riuscii a calmarmi abbastanza dal perdermi nei miei pensieri. E come ogni volta che la mia testa decideva di scollegarsi dal resto del corpo, la mia mente vagò ripensando al mio maestro. Mi chiesi il perché dello strano comportamento che aveva assunto all’incirca un’oretta prima (Nota dell’Autrice: Dante si sta riferendo agli eventi del canto XI. E’ consigliato leggere prima quel canto, altrimenti non si riesce a capire di cosa stia parlando). Virgilio mi era parso così strano! Aveva cercato in tutti i modi di evitare il mio sguardo e quando lo avevo abbracciato di slancio per ringraziarlo delle spiegazioni ricevute, si era irrigidito. E poi quel suo sistemarsi continuamente la tunica con fare imbarazzato...Ma forse era una reazione istintiva di chi era abituato a viaggiare nei meandri dell’Inferno. In un luogo tale, dove regnava il gelo in mezzo alle fiamme, pieno di dolore e sofferenza, spietato e selvaggio, anche il suo cuore doveva essersi un poco indurito. Ma, in fondo, il mio maestro si era dimostrato pronto a qualsiasi evenienza…eppure Virgilio non mi sembrava il tipo da portarsi dietro una daga e soprattutto di nasconderla in un punto così strano della tunica, proprio poco sopra la vita, insomma, se non ci stava attento poteva anche essere pericoloso…. E poi che forma strana aveva quell’arma! Non che l’avessi toccata, ma quando lo avevo abbracciato questa era rimasta premuta contro la mia coscia per tutto il tempo e…beh…non ero un vero esperto di daghe ma quella doveva essere stata particolarmente affilata! Ma che senso aveva girare armati per l'Inferno? Non sarebbe stata certo una daga ad avere la meglio sugli esseri infernali che regnavano in quel luogo! Ma forse non era destinata a creature sovrannaturali…boh, il mio maestro era sempre più misterioso...
Non riuscivo inoltre a comprendere l’espressione tra il sorpreso, l'imbarazzato e l'indignato del mio maestro quando gli avevo parlato del bellissimo falcone di Guido. Forse alla mia guida non piacevano gli uccelli…mah!
Perso in questi pensieri, quasi non mi accorsi della mano che il mio maestro aveva posato sulla mia spalla. Quasi.
“Dante? Sei ancora con me?”
“Certo, maestro.” Risposi leggermente frastornato.
La mia guida mi osservò attentamente. “Scommetto che stavi pensando a questa frana, custodita dal Minotauro.” Affermò con assoluta certezza il mio maestro ed io non volevo di certo deluderlo.
“Hai assolutamente ragione. Stavo proprio pensando a questo.” Cercai di fingere un tono sorpreso e notai con soddisfazione che Virgilio era cascato nella mia recita.
“Ah-ah! Lo sapevo.” Esclamò. “Sai, l’ultima volta che sono stato qui questa parete rocciosa non era franata.”
“Davvero? E cosa è accaduto per farla crollare a questo modo?” chiesi, la curiosità aveva ancora una volta preso il sopravvento. Ogni volta che la mia guida si riferiva ad episodi del suo passato non potevo non mostrare interesse. Virgilio era sempre stato il mio idolo fin da giovane e scoprire i fatti avvenuti all’Inferno, che per ovvie ragioni non potevano essere trovati sui libri, era a dir poco entusiasmante! Mi sarebbe piaciuto anche sapere qualcosa in più della sua vita. L' alone di mistero che lo circondava mi riempiva di curiosità e lo rendeva ancora più affascinante ai miei occhi.
“Per farla breve, è nato Gesù. Sai, a quel figliolo è sempre piaciuto farsi notare sin da neonato. Ma ora basta parlare di questi eventi passati. Guarda laggiù, quel fiume di sangue. In esso bollono i violenti contro il prossimo.”
Puntai lo sguardo nella direzione indicatami dal mio maestro. Là, sulla riva del fiume, correvano alcuni cavalieri armati di arco e frecce. Ad un' occhiata più attenta, mi accorsi che quelli non erano uomini a cavallo, ma veri e propri uomini-cavallo, ossia centauri. Questi, vedendoci arrivare, si fermarono e tre di essi si staccarono dal gruppo, puntandoci l’arco contro, le frecce già incoccate e dirette verso le nostre teste.
Noi ci gelammo immediatamente sul posto mentre un centauro del trio ci gridava: “Mani in alto, culo in basso e ditemi la pena che dovete scontare.”
“Non era proprio così.” Borbottò a bassa voce Virgilio prima di rivolgersi direttamente al centauro. Mi si parò davanti, come per farmi scudo con il proprio corpo. “Noi risponderemo soltanto a Chirone. Sei sempre stato troppo impulsivo, giovane puledro.” Disse con una vena di spavalderia che a stento nascondeva la sua reale apprensione. Notai che il centauro stringeva la presa sul suo arco e per un attimo temetti che volesse colpire la mia guida per l’epiteto. Ma Virgilio rimase impassibile di fronte ad un possibile pericolo e mi toccò la spalla, rivolgendosi solo a me. “Quello stallone laggiù si chiama Nesso e morì a causa di Deianira, tanto per cambiare, un altro che è morto per una donna. Ma Nesso riuscì a vendicarsi anche da morto! Prima di spirare, ingannò Deianira, facendole uccidere Eracle per gelosia. Il centauro nel mezzo è il grande Chirone, che allevò Achille e l’altro è Folo, un vero cavallo da combattimento. Questi cavalli selvaggi girano intorno al fiume e fanno tiro al bersaglio con le anime che provano ad uscire da lì.”
Ci accingemmo ad avvicinarci ai tre centauri ma Chirone, con la cocca della freccia si sistemò la barba per scoprirsi la bocca. Che gran classe! “Ma, compagni, non vi siete accorti che quello con il vestito rosso autopompa, che segue Virgilio sbavando e scodinzolando come un cagnolino, è ancora vivo?!”
Adesso, giuro che se anche questi mi danno del cretino perché sono ancora vivo e mi trovo all’Inferno gli faccio leggere Tesoretto del mio maestro Brunetto!
Ma, ancora una volta, il mio maestro mi trasse in salvo. “Sì, bravi, è ancora vivo, mi dispiace ma siete i quindicesimi a dirlo, perciò niente premio di consolazione. Questo non è un viaggio di piacere, siamo qui per conto del Boss. Infatti, dovete sapere, che Beatrice mi ha detto, che Lucia le ha detto, che la Madonna le ha detto…” E già provavo pena per i poveri centauri costretti a sorbirsi quella storia interminabile. Fortunatamente il mio maestro tagliò corto. “Insomma, non siamo ladri, e visto che il Capo ci ha lasciato il pass per i vip, voglio che ci affidi uno dei tuoi perché possa portare in groppa Dante, visto che noi, ahimè, non possiamo volare per guadare il fiume.”
Chironte allora si rivolse a Nesso, una certa malizia e un tocco di derisione nella voce profonda: “Oggi tocca a te fare da cavallino.
Quest’ultimo parve sul punto di protestare, ma Chironte gli rivolse uno sguardo omicida. “Niente obiezioni, mio Miny Pony.”
Il centauro sbuffò e ci fece cenno di seguirlo. Virgilio, non potendone fare a meno, commentò: “Coraggio, Spirit! Non fare quel muso lungo!”
Intanto Nesso, ormai rassegnato al suo destino, si limitò a lanciarci un’occhiataccia e ci guidò in silenzio lungo la sponda del fiume bollente. In quell’ammasso di sangue vidi gente immersa fino agli occhi. Nesso ci disse, con aria professionale: “Alla vostra destra potete ammirare Alessandro e Dionisio, quello di Sicilia. Quel cumulo di capelli neri è Azzolino mentre quello biondone è Obizzo d’Este, il quale, come se non bastasse il nome orrendo, fu ucciso dal figliastro.”
Allora mi volsi verso Virgilio. “Beh, direi che ha preso seriamente il suo ruolo di guida.”
“Si, ma non può competere con me...” Rispose scherzosamente.
Continuammo ad avanzare fino a raggiungere un gruppo di persone ai quali il sangue raggiungeva la gola. Nesso ci indicò solo uno tra loro. “Quello lì è Guido di Monfort che uccise per vendetta, in una chiesa per giunta, il nipote Enrico III.”
Proseguimmo e a mano a mano che avanzavamo il livello del fiume scendeva. Tra le anime che riuscivano ad emergere dal fiume ribollente con tutto il busto riconobbi alcuni volti. Infine ci fermammo davanti ad uno punto in cui il sangue raggiungeva i piedi dei dannati.
Stavolta Nesso si rivolse solo a me. “Vedi, Nasone, di qua il livello del fiume si abbassa ma dall’altra parte si alza e lì si trovano i tiranni. Da questa parte Dio punisce Attila, Pirro e Sesto e ai due Rinieri che commisero tanta violenza.”
Detto ciò, piegò le ginocchia per permettere a me e a Virgilio di salire in groppa.
Guardai imbarazzato il mio maestro. "Ehm...maestro...chi va davanti?"
Virgilio si voltò di scatto verso di me, rosso in viso. Per un attimo mi parve che volesse fulminarmi,  ma non potei accertarmene perché girò la testa immediatamente. Si era di nuovo aggiustato la tunica con quel gesto nervoso.
"Stupido ingenuo...io...sono un' anima, non avrei bisogno di cavalcare un centauro....ma..beh, ecco, per evitare che tu cada.....TU DAVANTI, IO DIETRO."
Che stupido! Avevo completamente dimenticato la condizione ultraterrena della mia guida e mi ero pienamente meritato i suoi rimproveri. Ma mi sentivo ugualmente umiliato e ferito. Stupido..perchè non tieni mai chiusa quella bocca?
Notai un sorrisetto sarcastico sulle labbra del centauro, ma fu questione di un attimo. Gli montai sulla schiena, seguito da Virgilio.
E così posizionati attraversammo il fiume.



Ecco il link per il disegno di I.
http://it.tinypic.com/view.php?pic=554g7d&s=8#.Uu6ZSbTpyRM

Ecco altri due bellissimi disegni di I. Il primo a colori:
http://it.tinypic.com/view.php?pic=igkswj&s=8#.U2zNDFeTKsY Ed il secondo in bianco e nero:
http://it.tinypic.com/view.php?pic=30jmdf5&s=8#.U2zNfleTKsY

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Capitolo 13
*** Inferno, Canto XIII ***


Ed eccomi (eccoci, in realtà ;) ) tornata con un nuovo capitolo! Stavolta è un po' più lungo del solito, ma a voi non dispiace, vero? :)
Ancora una volta vi invito ad andare a guardare i bellissimi disegni di I. nel canto X e nel canto XII, presto ne aggiungerò altri, devo solo decidere i canti. Buona lettura!

Canto XIII
 
Virgilio
 
Perché capitano tutte a me? Mi domandai esasperato. E il bello era che questa volta me l’ero cercata da solo. A causa del mio stupidissimo orgoglio di poeta e maestro, avevo ordinato a Dante di sedersi sopra a Nesso, davanti a me. Ovviamente, spinto dall’indignazione per la domanda del mio protetto, gli avevo risposto senza riflettere. Insomma, IO ero il maestro, IO ero il più anziano e soprattutto, IO ero la guida ed il suo protettore! Come potevo essere io a stare davanti, nella posizione della fanciulla indifesa? Quando mai il cavaliere lasciava sedere dietro la povera principessa, col rischio di farla cadere? Certo, se ci fossimo mossi in vespa sarebbe stato diverso, ma avevamo un cavallo, anzi, un centauro. Punto. E poi il pensiero di avere Dante dietro, appiccicato alla mia schiena, con il suo alito caldo sul mio collo, mi metteva in imbarazzo. Avevo già provato quella sensazione portandolo sulla schiena quando era svenuto, e non volevo ripeterla con lui sveglio. Avrebbe potuto accorgersi del mio disagio. E anche Nesso avrebbe potuto accorgersene.
E fu proprio per questa serie di riflessioni che mi ritrovai in questa posizione. Perché, ebbene sì, il mio problema sotto-tunica non era ancora scomparso e il fatto di essere premuto al didietro del bel bussolano dal naso aquilino non aiutava per niente. E come se non bastasse, Nesso, nonostante i miei sotterfugi, aveva capito tutto con un’occhiata e non la smetteva di ridacchiare fra sé, lanciandomi ogni tanto occhiatine allusive e scrollandosi via via per farmi sbattere contro la schiena di Dante. Perciò fu per un caso fortuito se per la sorpresa non franai giù dalla groppa del centauro quando Dante mi chiese: “Maestro, ti spiacerebbe spostare la tua daga? Mi dà noia al sedere.”
Beh, dire che mi pietrificai è un decisamente riduttivo. “La-la mia cosa?” balbettai, nel vano tentativo di darmi un contegno.
“La tua daga! Quella che tieni nascosta sotto la tunica.” Rispose Dante con convinzione.
Prima che potessi elaborare l’informazione, però, Nesso scoppiò a ridere fragorosamente, in un nitrito poderoso e canzonatorio. “Non ci credo! Una daga! Questa la devo raccontare a Chirone quando torno!”
“Tu provaci e ti trasformo in una pressatina equina, Rarity! (Nota dell’autrice: per chi non lo sapesse, Rarity è il nome di uno dei my little pony…Come faccio a saperlo? Mistero!)” Lo minacciai. Ci mancava solo che adesso un gruppo di pony troppo cresciuti si mettessero a prendermi in giro!
“Ma…che ho detto di male?” Domandò innocentemente Dante. Oh signore! Dante, come faceva ad essere tanto puro e ingenuo quando da ragazzo si faceva un milione di seghe, mentali e non, su Beatrice? Almeno, così mi era stato detto, magari mi sbagliavo  ed ignorai volutamente la sensazione che mi salì in petto al pensiero che forse il mio protetto non era così eterosessuale come credeva.
Ancora una volta, quel maledetto uomo-cavallo rispose prima di me. “A quanto pare il tuo maestro ha un piccolo problema nel sotto-tunica.”
Non resistetti: “Vorrai dire grande problema. Di certo lo è, paragonato al tuo, puledrino, e sono sicuro che Deianira mi darebbe ragione!”
“Bada a come parli! Potrei mollarvi in mezzo al fiume senza pensarci due volte!” Stavolta era il suo turno di minacciarmi.
“Tu provaci e poi vedremo che cosa dirà il Boss, specie di somaro dai pollici opponibili.” Mi limitai a replicare. Citare il principale inquilino dell' "attico" faceva sempre effetto lì ai piani bassi.
A quello, il nostro mezzo di trasporto si zittì.
Meno male, almeno questa sono riuscito a scamparla.
“Maestro, ma allora la sposti o no la daga? Scusa se insisto, ma me la sento proprio lì...non è il massimo, sai…”
Come non detto.
“Suvvia, Dante! Non fare la signorina e sopporta da vero uomo un leggero fastidio al deretano! Secondo te Enea si lamentava ogni due secondi di avere un sasso in un sandalo?” Sperai che il riferimento letterario lo distraesse. E così fu.
“Hai assolutamente ragione, maestro! Sopporterò il fastidio fino alla fine della traversata. Del resto, come posso pensare di essere degno di attraversare l'Inferno se non riesco a sopportare un così piccolo problema?” Devo ammettere che al sentire piccolo problema ebbi un attimo di risentimento. “Ti chiedo perdono per averti importunato con le mie sciocchezze.”
“Ben detto! Vedi che cominci ad imparare? In fondo sei un tipo sveglio, Dante”.  Cercai di essere un po' meno rude con lui. Poveretto, non era mica colpa sua! O meglio, lo era, ma a sua insaputa.
Oppure lo fai apposta per provocarmi? In tal caso ti salto addosso senza pensarci due volte...
Ooh, ma falla finita, stupido. Smettila di ammazzarti di seghe mentali, serve solo a peggiorare la situazione!
 Cercai di distogliere la mente da questi pensieri malsani.
Inutile descrivere il sollievo che provai quando giungemmo all’altra sponda del Flegetonte.
Nesso si congedò con poche parole, dopo averci insultato pesantemente per avergli fatto muovere il suo peloso culo equino. Fui il solo a notare con disappunto dal suo sguardo che in realtà si era divertito, il tutto a mio danno, ovviamente.
Non attesi che raggiungesse l’altra sponda. Non appena rimise piede, anzi, zoccolo nel sangue, presi Dante per mano e lo trascinai in un bosco. A guidarmi non era nessun sentiero, bensì il mio sesto senso di anima dell’Inferno. Il bosco sembrava uscito da una di quelle fiabe  spaventose in cui c’è sempre una strega cattiva che abita in una foresta incantata e dall’aspetto poco invitante. Le fronde erano scure, i così rami nodosi e contorti che Cecina e Corneto al confronto sembrano parchi giochi per bambini.
In questa foresta dall’aspetto per nulla incoraggiante, avevano dimora le Arpie che, come tutti di certo sapranno, sono presenti anche nel mio libro, l’Eneide. Queste creature hanno ali larghe, collo e volto di donna, piedi con artigli e il grande ventre ricoperto di penne; emettono, appollaiate come orribili avvoltoi sugli alberi e rauche strida. Insomma, proprio il genere di uccellino che ti piacerebbe tenere in casa appollaiato su un trespolo. E sì, ammeto di essermi ispirato un tantino alle mie amiche mantovane durante quel periodo del mese.
Notando che Dante avanzava incautamente, lo fermai. “Prima che tu ti addentri con sconsideratezza in questo bosco, sappi che ti trovi nel secondo girone e che ci resterai finché non raggiungeremo un orribile deserto di sabbia infuocata. Ti sei portato la crema solare? No? Vabbè, tanto con l’infula non ti dovresti scottare la testa, anche se il tuo naso è parecchio a rischio.” All’accenno dell’infula, Dante impallidì terrorizzato ed io subito cambiai discorso perché sapevo che cosa si nascondeva lì sotto e non volevo certo farglielo tornare in mente. “Ehm, dunque, osserva bene i dintorni perché vedrai cose spettacolari!”
Proprio in quel momento ebbe inizio un concerto di lamenti degno di Tchaikovsky. Ma, come già sapevo, non si vedevano le persone dalle quali provenivano. Io, che già ero a conoscenza del trucco, rimasi ad osservare divertito Dante mentre cercava da tutte le parti la fonte di quei suoni, per poi fissare lo sguardo sulla sterpaglia spoglia e spinosa che invadeva l'allegro boschetto. Probabilmente credendo che qualcuno si nascondesse lì dietro.
Allora, un po’ malignamente, per ripagarlo della figuraccia che mi aveva fatto fare con Nesso, gli dissi: “Prova a spezzare un ramo da quella pianta.” Non aggiunsi altro, pregustandomi il momento in cui avrebbe ascoltato il mio consiglio.
Il fiorentino tese la mano in avanti e staccò un ramoscello da un grande arbusto spinoso. Il tronco gridò così forte che Dante quasi svenne per la paura. Lo vidi trasalire fortemente e sbiancare di colpo.
Diamine, se sviene mi tocca riportarlo in braccio! Che  stupido che sono stato!
Fortunatamente, Dante non svenne. Rimase a fissare l’arbusto con occhio e bocca spalancati, mentre l’oggetto a prima vista inanimato ora parlava. “Perché mi spezzi!? Maledetto teppista!” Un rivolo di sangue scuro scendeva dal punto in cui il mio protetto aveva spezzato il ramo. “Perché mi strazi? Non hai pietà per una povera piantina? Scommetto che quando tua madre ti chiedeva di annaffiare le piante tu te ne fregavi! Vero? È così?! Ah e magari sei anche vegetariano, no? Tanto chi se ne importa delle piante! Sappi che tutti gli alberi, gli arbusti ed altri vegetali qua presenti sono tutte anime di uomini. Perciò va a giocare al piccolo falciatore da un’altra parte!”
L’unica risposta di Dante fu quella di far cadere il ramoscello che aveva tenuto in mano per tutto il tempo. In quel momento decisi che avevo fatto abbastanza lo stronzo e quindi mi decisi ad intervenire, prendendo per mano il mio protetto, stringendola appena per rassicurarlo.
“Perdonalo, cespuglio, sono stato io a dirgli di farlo. In effetti, pensavo che si ricordasse di un episodio simile che ho narrato nell’Eneide ma, evidentemente, non l’ha letta abbastanza attentamente.” Mentii. Non mi andava di dirgli che l’avevo fatto unicamente per vendicarmi di Dante per avermi messo in imbarazzo, oltretutto involontariamente. D’altra parte, ero il migliore fra i poeti, non il migliore fra gli uomini. “Quindi non prendertela con lui perché è anche un po’ colpa mia. Ma perché non gli racconti chi fosti in vita? Così potrà raccontare di te una volta tornato sulla terra!” Proposi e no, non provai affatto dolore al pensiero che presto Dante se ne sarebbe andato per sempre dalla mia vita.
Ne sei sicuro?
Il tronco, fortunatamente, fu facile da abbindolare. “Oh, sì! Non vedevo l’ora di raccontare a qualcuno tutta la mia interessantissima vita! E non posso certo rifiutare visto che me l’hai offerto!” Ecco, mi ero fregato da solo. “Il mio nome è Pier delle Vigne ed ero l’uomo di massima fiducia di Federico II. Ma tutti a corte erano così invidiosi di me e della mia posizione che cominciarono a far girare voci sul mio conto. Dicevano che andavo a letto con l’imperatore e che solo grazie a ciò avevo raggiunto la mia posizione. Il mio adorato sovrano era si irritò a tal punto che io, spaventato, persi la ragione e mi suicidai. Ma io vi giuro che non ho mai desiderato condividere il letto del mio bellissimo signore. Perciò, ti prego, nasone teppista, di riferire ciò che ti ho rivelato una volta che tornerai nel mondo dei vivi.”
Notando che Dante, ancora sconvolto per l’accaduto, se ne stava zitto, gli strinsi la mano più forte, per farlo voltare nella mia direzione. “Ehi, se vuoi chiedergli qualcos’altro fa’ pure.” Lo invitai con dolcezza. Era strano vederlo così quieto e dovevo ammettere che cominciavo a pentirmi per il mio piccolo scherzetto. L’avrò forse traumatizzato?
“In questo momento sono troppo sconvolto per pensare a qualche domanda. Perché non ci parli tu, maestro? Sono sicuro che sai cosa mi piacerebbe sapere.” Mi offrì con un piccolo sorriso.
Con un sospiro mi rivolsi all’arbusto: “Puoi dirci in che modo la tua anima è legata a quella pianta e se qualcuno mai si libera da quel legame?”
Il sorriso di Dante si allargò: avevo fatto centro.
“D’accordo, ve lo racconterò in breve. Le anime dei suicidi vengono mandate nel settimo cerchio da Minosse. Esse cadono in questa selva a casaccio e poi germogliano lì dove sono cadute ed infine cominciano a crescere come piante selvatiche. Le Arpie mangiano le nostre foglie per nutristi e, beh, che dire? Non è veramente il massimo del trattamento. È come se ti strappassero le dita o il naso e nel tuo caso, vandalo, sarebbe veramente doloroso. In sostanza, visto che ci siamo tolti il corpo da soli, saremo gli unici sfigati che nel giorno del giudizio non potranno riaverlo e dovremo appenderlo qui, nel nostro tronco.”
“Quindi siete destinati a fare da appendiabiti ai vostri stessi corpi! E poi dicono che il Boss non ha senso dell’umorismo.” Scherzai. Ma, con mia grande sorpresa, Pier delle Vigne non replicò. Al suo posto sentimmo un rumore provenire dai cespugli lì vicino e ci girammo di scatto, credendo che da un momento all’altro ne sarebbe spuntato fuori un cinghiale. Invece fummo sorpresi di vedere due uomini nudi, col corpo ricoperto di graffi, che venivano verso di noi, fuggendo da chissà cosa.
Uno di questi pareva incoraggiarsi da solo. “Vieni, morte! Prova a prendermi!”
L’altro, che aveva un’andatura più arrancante, gridò: “E smettila Lano! Risparmia *anf* il fiato o qua finisce che *anf* rimani di nuovo ucciso come *anf* ti è successo nel Toppo. Sai, *anf* quando non sei stato abbastanza veloce e…basta, non ce la faccio più!” Così puntò un cespugli e vi si nascose dentro.
Dietro di loro correva una muta di cagne nere, così feroci che sembrava fossero rimaste senza cibo per una settimana. Gli animali, meno stupidi delle due anime, a quanto pare, azzannarono quello che si era nascosto, lo fecero a pezzi e poi si portarono via le sue membra come se fossero stati ossi.
Decisi che era giunto il momento di andarsene. Avevamo visto scenette truculente a sufficienza per tutti e due. Trascinai Dante, tenendolo sempre per mano e lo condussi verso il cespuglio in sui l’anima aveva cercato di ripararsi. L’arbusto stava piangendo a dirotto e nel punti in cui le cagne l’avevano azzannato usciva copioso del sangue. “Oh, Iacopo di Sant’Andrea, perché cavolo ti sei nascosto dentro di me?! Lo sapevi che quelle bestie ti avrebbero trovato lo stesso! Che colpa ho io della tua vita malvagia?”
Vedendo che Dante era ancora in stato catatonico, mi impegnai ad essere un buon maestro e chiesi al cespuglio: “Di’, chi fosti tu in vita?”
Ed egli a noi: “Se volete che vi risponda prima dovrete raccogliere i rami che quei cani mi hanno strappato!”
“Senti un po’, stuzzicadenti, non ho alcuna intenzione di…” Ma fui costretto a bloccarmi quando Dante mi guardò con uno sguardo implorante.
Maledetto lui ed i suoi maledettissimi occhioni da aquilotto!
Mi affrettai a raccogliere i rami e a depositarli ai piedi del cespuglio. Ma poi che cosa se ne faceva di quei resti? Mica poteva riattaccarseli!
Il fiorentino stavolta, sembrava sul punto di chiedermi qualcosa, ma invece che aprire bocca abbassò lo sguardo e lo posò sulla sua mano, momentaneamente vuota visto che mi ero chinato a raccogliere i rami. Intuii i suoi pensieri e, senza esitazione, gli ripresi la mano. Cercai in tutti i modi di ignorare il suo sguardo riconoscente e mi concentrai sul cespuglio di fronte a noi.
“Dunque, dovete sapere che io fui di Firenze e…ehm…che altro dire…mi impiccai in casa…?”
“Aspetta un momento.” Lo interruppi. La mia irritazione stava raggiungendo soglie mai viste. “Quindi tu mi stai dicendo che mi hai fatto raccogliere quegli inutili ramoscelli spezzati solo per dirci questo?! Che ti sei impiccato in casa e che sei un fiorentino?!”
Il cespuglio parve a disagio e, Dio, quanto sembrava stupido pensare una frase del genere! Beh, in fondo che male c'era se quel disgraziato aveva cercato un po' di quella considerazione che non avrebbe mai più avuto? Mi sentii un po' una merda, ma in ogni caso non potevamo farci rallentare eccessivamente da inutili interruzioni.
Siamo in missione per conto di Dio.
Mi voltai verso Dante. “Soddisfatto?” gli chiesi, cercando di moderare la mia scocciatura.
Il bel bussolano annuì con un sorriso a trentadue denti ed il mio cuore decise di fare una capriola proprio in quell’istante. Fu allora che mi decisi a portare il fiorentino via da lì perché, altrimenti, non sarei più stato in grado di rispondere della mie azioni.

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Capitolo 14
*** Inferno, Canto XIV ***


Scusate se il canto è palloso, compenseremo con il prossimo...quello dei sodomiti!!!!! :D:D:D:D:D:D
Vorrei ringraziare
ThanatoseHypnos per le splendide recensioni che ci scrive per ogni capitolo. Lo apprezziamo veramente tanto :)
Buona lettura!

Canto XIV
 
Dante
 
Mamma mia, che paura quella selva maledetta! Persone che diventano piante, bonsai che sanguinano! Elementi degni della trama di un film horror per vegani…Ma per fortuna con me c’era il mio maestro!...Che mi aveva tirato proprio un brutto scherzo…Ma non l’aveva fatto apposta!...Beh, probabilmente sì…Però solo per spiegarmi più velocemente da dove provenissero i gemiti che stavamo udendo…O forse solo per prendersi gioco di me…
Oh, maestro mio, perché era così difficile leggerti dentro, perché non riuscivo a scrutare a fondo dentro di te come avrei voluto?! Un istante eri irritato col mondo intero, quello dopo con me e poi diventavi tutto gentile e premuroso e ti preoccupavi per me, per le anime, facevi domande al posto mio, ti umiliavi persino a raccogliere rami pur di non farmi sporcare le mie delicate dita da poeta! Più volte mi ero ripetuto che questa tua gentilezza nei miei confronti non significasse nulla, ma ultimamente era sempre più difficile crederlo. O la mia mente, la mia mente! Che mi giocasse un brutto scherzo? Forse tutte queste attenzioni non significavano nulla, del resto Virgilio, si sa, per carattere è timido e riservato, la mia compagnia poteva risultargli fastidiosa o, che so io…forse aveva le sue cose, chi sa.
Ancora una volta, però, mi convinsi ad attendere e a limitarmi ad osservare la mia guida, sperando di comprendere una buona volta cosa nascondevano i suoi gesti, i suoi atteggiamenti così insoliti.
Ma almeno una cosa l’avevo imparata: mai offendere la daga del mio maestro! Chissà perché ci teneva così tanto… Magari si trattava di qualcosa dal grande valore affettivo, un cimelio di famiglia o simili…Ma no, decisi che non avrei più toccato l’ argomento.
E con questo pensiero ben impresso in mente, mi accinsi a seguire la mia guida verso il confine che divideva il secondo cerchio dal terzo.
Dopo aver proseguito in silenzio per un tempo indefinito, mano nella mano, giungemmo in un’arida pianura, dove non cresceva nemmeno una piantina, a differenza della selva dei suicidi. Ma forse questo era un bene. Per il momento non avrei voluto vedere neppure uno stelo d’ erba cipollina. In effetti, ero rimasto abbastanza traumatizzato dopo aver fatto sanguinare il povero Pier.
Il bosco da cui eravamo appena usciti circondava la pianura, proprio come il fossato del fiume che avevamo attraversato in groppa a Nesso circondava la selva. La distesa pianeggiante era ricoperta da arida polvere e null’altro. Sopra di essa folte schiere di dannati nudi piangevano in modo straziante. Il fatto strano era che sembrava che questi, pur trovandosi tutti nello stesso girone, scontassero il loro castigo in maniere differenti: alcuni erano stesi supini a terra, altri erano seduti tutti rannicchiati e altri ancora percorrevano senza riposo lo spazio, andavano e venivano senza sosta.
La schiera più folta era quella che camminava girando in tondo, mentre la meno folta era quella stesa al tormento della pioggia, ma era anche quella che si lamentava di più. Perché…oh, mi ero scordato di dire della pioggia? Diciamo che ne stava cadendo una infernale, in tutti i sensi. Infatti larghe falde di fuoco cadevano a terra con la stessa lentezza dei fiocchi di neve in montagna, in assenza di vento. Ah, quanto mi era mancato usare similitudini! Ma perché non continuare ad usarle?
Come le fiamme che Alessandro Magno aveva visto cadere intatte a terra sopra il suo esercito nelle regioni dell’India: così scendevano quelle fiamme eterne; perciò la sabbia si infuocava, come l’esca sotto l’acciarino, per raddoppiare il dolore…I dannati agitavano le loro mani senza tregua per scacciare il fuoco, come…
“Dante!” L’urlo del mio maestro mi riscosse in un attimo.
“Sì, maestro?” domandai sull’attenti, già chiedendomi cosa avessi fatto di sbagliato stavolta.
L’espressione irritata della mia guida era tornata all’attacco. “Per quanto apprezzi la tua poesia…”
“…Davvero maestro?! Oh, grazie!...”
“…Smetti di usare tutte quelle similitudini e soprattutto di recitarle a voce alta!”
Al suo scoppio d’ira mi zittii praticamente all’istante. Poi ripresi. “Ma…ma le similitudini sono…”
La mia guida mi interruppe di nuovo. “Troppe! Sono troppe! Non puoi costruire un discorso basato solo sulle similitudini! E’ come se io per descrivere il tuo vestito dicessi: - La sua veste era rossa come un’autopompa, la quale viaggiava veloce in strada come un ghepardo pronto ad azzannare la preda, il quale aveva il manto macchiato come un caffè dopo il pranzo della domenica – …”
Le mie gote, già rosse per l’imbarazzo e la vergogna, divennero ancora più scure per l’indignazione, come…No! Basta similitudini!
“Non mi ero accorto di averle pronunciate ad alta voce.” Rivelai al mio maestro, la testa bassa ad osservare con enorme interesse i miei piedi. Che bei piedini…compensano il naso…
Virgilio sospirò e mi riprese la mano che non mi ero accorto avesse lasciato andare. “Senti, siamo persone adulte e mature e possiamo giungere ad un compromesso che non svantaggi nessuno dei due. Tu diminuisci il numero di similitudini, tenendole nella tua testa, ed io non mi arrabbio con te. Siamo d’accordo?”
Ci pensai su un attimo. “Un momento, ma, maestro, tu a che cosa rinunci?”
“Io? Ad arrabbiarmi con te! Pensi che non mi diverta a punzecchiarti? Che lo faccia solo per irritazione?” mi chiese con un sorriso suadente.
Non ero del tutto convinto ma alla fine accettai. Notai che la mano libera della mia guida era rimasta nascosta dietro la sua schiena per tutto il tempo, ma non ci diedi troppo peso.
Fu allora, quando la situazione si fu calmata, che mi accorsi di un particolare ambiguo. “Maestro, tu che sei il mio eroe e che sei sempre riuscito a cavarci dalle situazioni più pericolose, eccetto quando i diavoli ci hanno sbarrato la strada prima di entrare nella città di Dite…” Virgilio, che stava gustando i miei complimenti, fu sul punto di interrompermi non appena nominai l’episodio in cui non era riuscito a dimostrarsi all’altezza della situazione, sebbene avesse deluso solo se stesso, non certo me. Ma prima che mi fermasse, continuai imperterrito a parlare. “Dimmi, ti prego, mio altissimo maestro, chi è quel gigante che sembra steso sulla sabbia sprezzante e torvo, che accetta tranquillamente il fuoco come se si stesse facendo una lampada?” Ah, maledizione, una similitudine! Mi aspettavo una critica, invece vidi un lato della morbida bocca…Non ripensare al bacio!...del mio maestro alzarsi di poco. Evidentemente la mia battuta di spirito gli era piaciuta.
Nel frattempo, non appena si era accorto che io domandavo notizie su di lui al mio maestro, il gigante gridò: “Io sono tale e quale a com’ero da vivo. E sappiate che anche se Giove mettesse tutti al lavoro per fabbricarsi la saetta più saettosa di tutto l’Olimpo per colpirmi, non riuscirebbe a ricevere una vendetta soddisfacente. Io odio tutti gli dei greci ed odio anche i greci e pure i latini già che ci siamo! E i fiorentini non fanno eccezione! Se poi sono guelfi le cose peggiorano pure. Ma tu, nasone, non sai nemmeno da che parte stai, in tutti i sensi. Beh? Cosa avete da guardare? Vi ho distratti dai vostri amoreggiamenti? Perdonate, signorinelle, tornate pure a farvi i vostri porci comodi, a giudicare dalla daga ”- sottolineò la parola “daga”- “del romano dovrei avere interrotto qualcosa…porco Giove, voi la relazione tra maestro e allievo la intendete proprio alla greca, eh? Che poi anche voi romani… Sbaglio o eri tu quello che scriveva le fan fiction su quei due, com’è che si chiamano? Achille e Paride?”
“Patroclo! Achille e Patroclo. Poi no, quella è roba di Omero, i miei, a titolo informativo, sono Eurialo e Niso.” Protestò il mio maestro.
Il gigante continuò imperturbabile. “Quel cane di Zeus sicuramente approva! E scommetto che anche il tuo allievo gode come un matto!”
Mentre il gigante parlava, mi ero rivolto esterrefatto verso di lui. Sicché, quando terminò la sua sequela di ingiurie contro Giove e contro di noi, mi voltai nuovamente verso il mio maestro, attonito, perché non sapevo proprio cosa dire. Quello che vidi mi lasciò sconvolto. La faccia di Virgilio era livida dalla rabbia. Non l’avevo mai visto così furioso. Forse l’unica volta era stata proprio quando i diavoli ci avevano negato l’accesso alle porte di Dite. Eppure nemmeno allora avevo provato così tanto timore nello stargli vicino come adesso, sebbene quella rabbia non fosse rivolta verso di me. Arretrai di un passo.
“Come ti permetti di insultare gli dei, Capaneo?! E i latini e i greci! Noi siamo i migliori a scrivere poesie e gli dei sono sempre stati i nostri personaggi preferiti! E poi non siamo tutti gay! Siamo soltanto molto amichevoli l’uno con l’altro e abbiamo modi particolari per dimostrarlo! Sul serio, brutto idiota, la tua ottusa superbia è già di per se una punizione! Povero te, non vorrei essere nei tuoi panni, disgraziato deficiente! E cosa avresti da ridire sulla mia daga? Tutta invidia, stazza a parte, gigante, io consiglio una capatina dal fabbro, sai com’è, sono certo che la tua, di daga, abbia bisogno di una tempratina!” Ascoltai perplesso la sua ultima affermazione. Ma cosa c’era nell’ inferno, un concorso a chi aveva l’ arma più bella?
Detto ciò, l’ira del mio maestro scomparve com’era venuta ed egli si rivolse a me in tono eccessivamente cordiale. In realtà riuscivo ancora a scorgere la rabbia dietro alle parole gentili che seguirono. Parlava a denti stretti, le labbra tese.  “Benvenuto nel girone dei violenti contro Dio, alias bestemmiatori. Quel piccolo grande troglodita laggiù fu uno dei sette re che assediarono Tebe e, da gran furbo qual è, si mise ad insultare Giove dopo la sua vittoria. E indovina un po’? Giove lo fulminò. La giustizia divina è veramente la migliore. Ora basta parlare e seguimi. Mi raccomando, cammina sempre vicino alla foresta dei suicidi e cerca di non mettere i piedi sulla sabbia rovente, altrimenti le tue calzature andranno a fuoco in men che non si dica.”
Non mi diede nemmeno il tempo per rispondere. Mi trascinò via, quasi stritolando la mia mano nella sua. Le parole di Capaneo dovevano averlo veramente offeso nel profondo. E ancora la daga. Cosa aveva quella daga che non andava?
Mi lasciai condurre in silenzio fino all’esterno della selva, dove scorreva un rigagnolo le cui acque, tanto per cambiare, erano color rosso sangue. Ma perché non poteva esserci un maledetto fiume azzurro? Con l’acqua limpida e magari senza anime inzuppate dentro come biscotti. Ovviamente non era possibile sperare in una cosa simile all’Inferno.
Il corso d’acqua si divideva in due e scendeva per la sabbia, come dalla sorgente del Bulicame…ok, basta similitudini inutili. Promesso!
Il suo fondale ed entrambe le pendici e gli argini laterali erano di pietra e proprio lì si nascondeva il nostro passaggio.
“Guarda, Dante!” disse Virgilio, invitandomi a riportare lo sguardo sul fiume che mi incuteva timore. “Fra tutte le cose che ti ho mostrato da quando siamo entrati all’Inferno, non hai mai visto qualcosa di così eccezionale come quel fiume che riesce a spegnere la pioggia di fiamme!” E lo disse non come una domanda, ma come un’assoluta certezza.
“Ma, maestro, abbiamo visto tante cose! Per esempio le Arpie, i cespugli parlanti, gli eretici arrosto, i lussuriosi volanti, eccetera e, ecco, quel fiume non mi sembra nulla di speciale. Puzza pure. E non mi sembra così strano che il fuoco si spenga cadendoci dentro” Gli risposi, desideroso che si spiegasse. Sperai che, facendogli qualche domanda alla quale sapesse rispondere il suo umore migliorasse. E così fu.
Infatti, Virgilio adorava mostrarmi la vastità della sua conoscenza e semplificarmela affinché comprendessi in tempi veloci, un po’ alla Piero Angela…Argh, similitudini, similitudini ovunque, accidenti a me! “Hai presente Creta?” cominciò. Io annuii, così proseguì. “Bene. In quell’isola sorge una montagna, l’Ida, che ora è abbandonata come una cosa vecchia…”
“Era una similitudine quella, maestro?”
“Chiudi il becco o mi fermo qui!” Quasi mi aggredì.
“Ma avevi detto che non ti saresti più arrabbiato con me quando si parlava di similitudini!” obiettai.
Virgilio alzò le sopracciglia bionde. “Ho incrociato le dita.” Rispose con una semplicità disarmante. Come se avesse programmato tutto fin dall'inizio…Ecco perché aveva tenuto una mano nascosta dietro la schiena!
“Allora continuerò a fare similitudini.” Replicai e aggiunsi “Come se niente fosse. Sì, esatto, era una similitudine”, deciso a non farmi mettere i piedi in testa questa volta. Per nulla al mondo avrei ceduto alle proteste del mio maestro, nemmeno per…
“Non vuoi veramente sapere cosa stavo per dire?” disse in modo allettante il mio maestro. Cominciò a punzecchiarmi il braccio con un dito. “Veramente non vuoi sentire la fine della spiegazione?”
Accidenti! Perché sapeva sempre come raggirarmi?! Conoscenza o dignità: qual era più importante in questo momento?
“Va bene, vai avanti con la spiegazione.” Borbottai. La mia sete di conoscenza aveva vinto di nuovo, maledizione!
Il sorriso splendente del mio maestro fece morire il mio risentimento. Quanto era bell…belligerante quando sorrideva! Sì…belligerante! Un sorriso…ehm…simile a quello del bellicoso dio Ares uscito vittorioso da uno scontro! Merda, un’ altra similitudine.
“Stavamo parlando dell’Ida, giusto?” ricominciò Virgilio. Annuii. “Come sicuramente saprai, Rea, la mamma di Giove, scelse l’Ida per nascondere suo figlio da Crono, l’ amorevole paparino. Così, quando il divino pargolo piangeva, il monte faceva rumori per coprirlo. Quanto sarebbe conveniente per le mamme di oggi! Comunque, per farla breve, dentro l’Ida c’è la statua di un vecchio fatto – e no, non un cocainomane – d’oro, d’argento, di bronzo, di ferro e di terracotta, un bel patchwork di materiali, ma ora non ti sto a dire dov’è d’oro e dov’è di bronzo perché ci vorrebbero tre terzine per raccontartelo. Dunque, la statua ha alcune fessure, eccetto nella parte d’oro; da esse sgorgano lacrime che, raccolte, perforano la terra fino ad arrivare in questa valle. Esse formano l’Acheronte, lo Stige e il Flegetonte, poi cadono giù per questo stretto canale per poi arrivare infine al Cocito, del quale non parlo perché non lo vedremo per un bel po’.”
Aggrottai le sopracciglia confuso. “Maestro, ma se dici che il fiumicello scaturisce dal nostro mondo, perché lo vediamo solo in questo margine?”
“Sveglia! Noi siamo in un cerchio e finora dove abbiamo sempre svoltato? A sinistra! Perciò non ti sorprendere se ci appaiono cose mai viste prima.”
Ma la mia curiosità non era ancora soddisfatta. “E il Flegetonte e il Lete, maestro? Dove si formano? Hai detto che il primo si forma da questa pioggia di lacrime, ma il secondo non l’hai nemmeno nominato.”
Virgilio sospirò. La sua voglia di spiegarmi argomenti complicati si stava esaurendo. “Dante, per quanto mi faccia piacere rispondere alle tue domande, mi pare di averti dato un’idea abbastanza precisa del Flegetonte con la risposta precedente perché, se noti, anche quest’acqua è rossa, quindi questo è il Flegetonte! Per quanto riguarda il Lete, lo vedrai in Purgatorio. Sempre che ci arriviamo.” Rabbrividii. Virgilio se ne accorse, rise e mi diede una pacca sulla spalla. “Stavo solo scherzando!” Poi tornò serio. “ Ti porterò fuori di qui. Costi quel che costi.” Diede un’occhiata al cielo. “E’ ora di andare. Seguimi e vedi di non inciampare oppure le anime dell’Inferno mangeranno arrosto di aquila a pranzo.”
Ignorai la battuta con chiari riferimenti alla grandezza del mio naso ed accettai la mano che la mia guida mi offrì. “Almeno sono anche acuto come un’aquila.” Replicai, prima di lasciarmi condurre via.
Virgilio alzò un sopracciglio, sollevò gli occhi, come se stesse ricordando qualcosa, e scoppiò a ridere fragorosamente, lasciandomi in preda a dubbi atroci come…Va bene, no, ‘sta volta basta davvero con le similitudini.

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Capitolo 15
*** Inferno, Canto XV ***


Ed eccoci giunti al capitolo tanto atteso...il canto dei sodomiti!!!! :D Vi avverto fin da subito che questo canto non è venuto come ci aspettavamo...semplicemente perchè nel testo non siamo riuscite a trovare nemmeno un doppiosenso! D: Siamo rimaste molto deluse ma ci siamo sapute arrangiare ed è venuto fuori questo capitolo che troverete più lungo del solito ed in cui verranno spiegate alcune cose poco chiare (ad esempio perchè Dante è così innocente quando si parla di daghe quando all'inizio si faceva molti disegnini mentali su Virgilio....).
Vorrei ringraziare ancora una volta
ThanatoseHypnos per aver chiesto di inserire la nostra fanfiction fra le storie scelte :) A breve cominceremo una revisione dei canti per togliere eventuali (e probabili) errori di battuta, di distrazione, ecc...
Bene, ho terminato con le comunicazioni, non mi resta che augurarvi una buona lettura!


Canto XV
 
Virgilio
 
Finalmente…
Finalmente il mio problema sotto-tunica era finito!
La conversazione con Capaneo aveva decisamente scaricato le mie batterie. Oh, quanto era difficile durare così tanto! E il fatto di essere morto da giovane non aveva certo contribuito…
Dovevo riuscire a controllarmi meglio, a trovare qualcosa che mi distraesse da Dante, qualunque cosa!
“Maestro, in che girone siamo?”
Eh, parli del diavolo…
“Eh, beh, siamo nel girone dei…”
Oh Santamadresbrisolona!
Tossicchiai, cercando di riacquistare quel poco di controllo che mi era rimasto. “Lo vedrai, Dante. Lo vedrai…”
Il mio protetto rimase a fissarmi ammutolito, ma subito si riscosse e si apprestò a seguirmi, temendo che lo avrei lasciato indietro. Che stupido, come se giunti a questo punto, quando non riuscivo a smettere di pensare a lui nemmeno per un secondo, potessi farlo…
Continuammo a camminare lungo gli argini del Flegetonte, sotto una pioggia di fuoco. A proteggerci dal calore delle fiamme ci pensava il vapore che si creava al contatto delle fiamme con l’acqua e gli argini del fiume.
“Questi argini sono alti come quelli di Wissant e di…”
“Dante.”
“…”
“Bravo.”
Mi guardai indietro e lanciai un’occhiata alla selva dei suicidi, eravamo ormai tanto lontani che non riuscivo più a scorgerla.
Nel momento in cui mi girai di nuovo verso la nostra meta, scorsi una schiera di anime che venivano avanti fissandoci con gli occhi socchiusi…
“…come se cercassero di infilare un filo nella cruna dell’ago in una notte di luna nuova!” concluse Dante…un momento, concluse? Guardai il fiorentino con aria interrogativa.
Questi mi rivolse un sorrisetto furbo. “Ma come, maestro, non ti eri accorto che stavi parlando a voce alta?”
“Ah, ora ti metti a citarmi?” domandai, non sapendo se sentirmi offeso o lusingato.
Dante rise: “Forse. Ma allora, chi sono quelli? Mi sento un po’ troppo osservato…”
“NUOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO! DANTEEEEEEEEEEEEE!!!”
Dante sobbalzò impaurito. “Ma cos…?!”
All’improvviso, qualcosa di molto simile ad una valanga lo travolse e lo gettò a terra.
Osservai perplesso il groviglio di macerie umane e notai che la valanga era in realtà un uomo basso, robusto e bruciacchiato. Ma prima che potessi cercare di districarli udii Dante squittire: “Maestroooooooo!”
Ma non era rivolto a me.
Era rivolto verso l’ometto e lo guardava con aria estasiata. I due si rialzarono aiutandosi a vicenda. Sorrisero e si abbracciarono con calore. Al distacco l’ometto acchiappò con due dita la guancia di Dante e, stritolandogliela con vigore, esclamò: “Ma guarda te come sei cresciuto! Mi ricordo quando eri ancora un giovane pischello, sempre chino sui libri!”
Il fiorentino mi guardò con aria disperata, cercando aiuto per liberarsi dalla stretta mortale dell’ometto.  
Non sapevo come reagire. Ero piuttosto spiazzato e del resto l’uomo non sembrava pericoloso. La naturalezza con cui Dante era saltato al collo del tizio lasciava intendere che ci fosse una certa affinità tra i due. Mi limitai ad alzare il sopracciglio e a guardare Dante con aria interrogativa.
Nel frattempo il mio protetto era riuscito a liberarsi da colui che aveva chiamato maestro e mettendogli con affetto una mano sulla spalla, si rivolse a me dicendo: “Cara guida, posso presentarti il mio amato maestro Brunetto Latini?”
Ah.
Amato” maestro?  
Sbaglio o ero io il suo amato maestro? Insomma, chi poteva sperare di competere con me, uno tra i più famosi poeti della storia? L’autore delle Bucoliche, delle Georgiche e dell’Eneide?
Chi aveva portato Dante all’Inferno per volere della bionda sbrisolona? IO. Chi lo aveva guidato attraverso ogni girone? IO. Chi gli aveva promesso di rimanere sempre con lui? IO. Chi provava qualcosa per lui?...ehm…ehmehm…. Aaah, dopo tutto ciò che era successo non potevo certo negare di provare l’ardente desiderio di gettarlo per terra e saltargli addosso sul momento. Guardai da lontano le anime del girone. Almeno loro lo avevano fatto, maledizione!
Mi riscossi sentendo una mano che mi tirava un lembo della tunica. “Maestro! Maestro! Può restare anche lui? Ti preeeeeeeeeeeeeeeeego!”
Ah, adesso sono di nuovo io il “maestro”?
Sospirai. “Sì, certo che può. Sarà un piacere averlo con noi.” Pensai un potrei vomitare che però tenni per me.
“Oh! Grazie maestro!” Dante mi abbracciò di slancio.  Gli posai delicatamente una mano sulla schiena. Scesi fino al fianco e poi la ritirai, scacciando l’ impulso di andare oltre. Mi staccai notando infastidito lo sguardo che mi aveva lanciato Brunetto Latini.
 
 
Dante
 
Brunetto camminava al mio fianco. Che bella sorpresa rivedere il mio precettore! Discorrevamo di tante cose; voleva sapere tutto della mia vita e dei miei studi. Virgilio camminava qualche passo avanti a  noi, le spalle incurvate, la testa bassa. Sembrava perso in pensieri tutti suoi.
“Allora, Dante, chi è quel bel pischello?”
Virgilio si voltò di scatto. “Signor Pischello, prego.”  Si addolcì un poco. “Il mio nome è Publio Virgilio Marone.”
Brunetto si arrestò. “Ah! E bravo il nostro Dante!” disse, assestandomi una poderosa pacca sul sedere, facendomi arrossire.
Virgilio ci guardò con aria interrogativa. Anche lui si era leggermente colorito in volto e fissava Brunetto. Accidenti, che figura mi aveva fatto fare di fronte a Virgilio! Chissà cosa avrebbe pensato di me.
“Allora, da quant’è che state insihmfmhh!” Riuscii appena in tempo a tappargli la bocca.
“Beh, abbiamo cominciato a viaggiare insieme da quando ci siamo incontrati sulla porta dell’Inferno ieri mattina. Lui è la mia guida, mi aspettava all’ entrata. Lo ha mandato Beatrice.”
“Sì, però lui è molto meglio della tettona bionda!”
“Maestro!” protestai infastidito, intimandogli di abbassare la voce.
Brunetto mi guardò con un’aria di comprensione paterna. “Oh, ora capisco tutto.” Mormorò, passando lo sguardo da me a Virgilio, il quale camminava distante da noi per permetterci di avere un po’ di privacy. Anche se con il tono di voce del mio precettore parlare di privacy era un tantino troppo pretenzioso.
“Che cosa hai “capito”, maestro?” sussurrai.
Brunetto mi sorrise dolcemente. “Lui non sa di piacerti.”
A quelle parole arrossii così tanto che il mio maestro si preoccupò per la mia salute fisica e mentale. “Io…ecco…non…non è così…Insomma…lui è il mio idolo…non potrei mai…Beatrice…” balbettai disperato cercando di aggrapparmi al nome della donna che avevo amato o creduto di amare – non lo sapevo più neanche io – nella speranza che mi togliesse d’imbarazzo, ma ottenni scarsi risultati.
Fortunatamente il mio precettore era lì per me. Mi passò gentilmente una mano sulla schiena per calmarmi e mi aiutò a ritrovare il respiro e la voce dandomi piccoli incoraggiamenti. “Calma, calma. Così, respira: inspira ed espira. Bravo. Va tutto bene, Dante.” Quando si accertò che fossi nuovamente in condizioni di parlare, ruppe il dolce silenzio in cui avevo trovato una momentanea pace. “Allora, Dante, vuoi spiegarmi qual è il problema? Insomma, non hai visto quant’è figo Virgilio?! È l’idolo di tutti i poeti. Diamine, è stato anche il mio! Da giovane ero pieno di suoi poster miniati in camera! Hai praticamente il sogno della tua vita davanti agli occhi e non vuoi fare niente per cogliere l’occasione al volo? Così mi deludi Dante, il minimo è saltargli addosso!”
“Ma, maestro, lui non si dedicherebbe mai all’amore carnale! Lui è un grandissimo poeta e… poi io non so mica se…” tentai di spiegargli, ma venni interrotto bruscamente.
“No, ma dico, hai notato come ti guarda? E poi cosa c’entra l’essere un poeta? Pensi forse che non senta pure lui certi…desideri? Ma insomma, anche lui è umano! E piantiamola una buona volta con questo amore platonico! L’amore spirituale, la nobiltà dell' animo, e le chiappe non si toccano perché la carnalità non va bene e bla bla bla,…CHE – PALLE!”  Mi si fermò davanti, mi afferrò saldamente per le spalle e, guardandomi fisso negli occhi aggiunse: “Non vergognarti della carnalità. MAI. E’ parte del tuo essere umano e tanto basta. Rimanere un’ eterna verginella spaurita non ti renderà più puro, o più bello agli occhi di Dio , né una persona migliore.” Lanciò un’ occhiata a Virgilio. “E lui ora questo lo ha capito, fidati, te lo dice uno che se ne intende.”
Fu allora che ebbi una rivelazione. “Ma…allora la sua…daga… Oddio, mi si è anche seduto dietro! Mammina mia…mi si è…seduto…Gesù…la …la daga…ma certo, un pugnale, proprio lì...non era possibile…che …che stupido…” balbettai, incapace di fermarmi.
Brunetto aggrottò le sopracciglia e mi guardò in cerca di spiegazioni. “Daga? Di quale daga stai parlando, Dante?” Guardò Virgilio, poi me, poi di nuovo lui. Improvvisamente parve realizzare ciò che intendevo e scoppiò a ridere fragorosamente. “Non ci credo! Vuoi dire che Virgilio ha avuto…Hahahahahaha!…e che tu hai pensato che fosse…Huhahahahahahaha!!…! Questa è in assoluto una delle storie più divertenti che io abbia mai sentito!” Continuò a ridere, andando quasi in iperventilazione. Virgilio si girò addirittura a guardarci con un’aria tra il sospettoso e il preoccupato. Gli feci cenno con un gesto che andava tutto bene. Si voltò di nuovo e continuò per la sua strada, con un’ espressione quasi scocciata, o delusa. Non appena si rigirò, mi rivolsi al mio precettore. “Maestro, basta!” sibilai, viola in viso.
Brunetto fece finta di asciugarsi una lacrima da un occhio e mi rivolse un sorriso di scuse. “Perdonami, Dante, era da molto tempo che non ridevo così tanto…anzi, ad essere più precisi, era da tanto che non ridevo affatto. Ma, sai, non ti facevo così ingenuo. Sembri proprio una suorina!”
Distolsi velocemente lo sguardo da lui e misi su un broncio degno di un bambino di cinque anni. “Non è colpa mia! Semplicemente non pensavo che fosse tipo da pensare a certe cose…questo non significa che io non ci abbia pensato ma…Virgilio mi confonde, maestro. È sempre così contradditorio in ogni sua azione. Un momento gli importa di me e quello dopo mi tratta male. E poi quando mi ha baciato ha detto che era un tipico saluto romano…”
Brunetto si fermò di colpo e mi guardò con aria sconvolta. “Vi siete baciati?!?” Lanciò un urletto emozionato degno della migliore fan girl.
“Ehm…più o meno…non proprio…insomma, ha baciato solo metà della mia bocca, quindi teoricamente non vale come bacio e…Possiamo tornare a parlare di questioni importanti?” domandai disperato infine.
“Per esempio?”
“Per esempio potresti dirmi quale girone è questo, tanto per cominciare…” proposi, ricominciando a camminare. “Com’ è possibile che tu sia finito all’ Inferno?” Sapere che una delle persone a me più care si trovava in un luogo simile mi faceva veramente male. Solo ora mi ero reso conto di dove in effetti ci trovavamo.
“Virgilio non te l’ha detto? Non mi sorprende. Forse temeva che ti saresti finalmente accorto della sua daga.” Rispose ridacchiando. Alla mia smorfia di impazienza cercò di tornare all’apparenza serio. “Beh, ragazzo mio, siamo nel girone dei sodomiti.” Mi strizzò l’occhio. “Se vuoi posso mettere una buona parolina anche per te.”
Lo guardai confuso. “Ma, maestro, quindi è questo il tuo più grande peccato?” Ripensai alla manata sul sedere di poco prima. Non mi ero mai accorto di questo particolare. Beh, pensavo che fosse solamente una persona molto affettuosa con i suoi amici, non mi ero mai reso conto della verità.
Lui ricambiò il mio sguardo. “Perché, quale pensavi che fosse?”
Cercai di non lasciar cadere lo sguardo sulla sua pancia. Non dire che è grasso, non dire che è grasso, non dire che è grasso…
“Ehm…l’avarizia…” risposi incerto.
“Cosa?! E perché mai?”
“Quando volevo uscire con Guido e gli altri non mi davi mai nemmeno uno spicciolo!”
“Perché non volevo che li spendessi giocando!” ribatté. Ma dopo pochi secondi sorrise. “Mi erano mancate queste piccole liti.” Ammise.
Mi venne spontaneo ricambiare il sorriso. “Anche a me.”
“Ora però torniamo a parlare di cose serie.”
“Sono d’accordo!”
“Quand’è che ti darai da fare con Virgilio?”
Per poco non inciampai. “Maestro!”
“Oh, andiamo! Ora che hai aperto gli occhi e che hai scoperto che pure lui prova qualcosa per te…”
“Un momento!” Stavolta fu il mio turno di interromperlo. “Va bene, abbiamo appurato che è umano e suscettibile agli stimoli della carne. Ma come fai a sapere che prova qualcosa proprio per me?”
Brunetto parve volermi dare una scrollata, ma invece inspirò profondamente e lasciò trascorrere dieci secondi. “Ma secondo te l’erezione gli è venuta pensando alle Arpie?!”
Fu allora che ebbi la seconda rivelazione della giornata. Per un attimo temetti che tutto il sangue del mio corpo si fosse coagulato nella testa, da tanto me la sentivo bollente. “Quindi…”
“Già.”
“Oh…”
“Già.”
“Quindi il bacio…”
“Aspetta, non correre troppo, figliolo.” Mi disse, circondandomi le spalle con un braccio. “E’ vero che Virgilio probabilmente prova qualcosa per te, ma per ora è meglio non fare supposizioni affrettate. Devi sapere che in amore occorre pianificare ogni dettaglio come se fosse una battaglia. Com’è che si dice? ‘In amore e in guerra tutto è lecito’. Anche eventuali giochetti strani…”
“Quindi che cosa faccio adesso?” domandai con voce piccola.
“Beh, io arriverei subito al dunque, ma tu devi dare tempo a Virgilio di trovare il coraggio per rivelare i suoi sentimenti, visto che sono sicuro che tu non avrai mai le palle di prendere l’iniziativa. Senza offesa, ma ti conosco fin troppo bene.”
Abbassai lo sguardo, mortificato. Ma subito mi ripresi. Non dovevo farmi scoraggiare dalle parole del mio precettore! Aveva detto di avere un piano in mente ed io avrei fatto di tutto per seguirlo e per conquistare la mia guida! “E nel frattempo che cosa posso fare?”
Brunetto mi guardò soddisfatto nel constatare che non mi ero lasciato abbattere. “Beh, nell’ attesa…ci sono tanti modi per ingannare il tempo quando si è da soli…”
“Maestro…”
“Ok, ok. Non devi più mostrarti così sottomesso in sua presenza. Ricordati, soprattutto quando si parla di relazioni la completa sottomissione ti porta poi al masoch…”
“Ok, ok, ho capito, vai avanti, ti prego.” Ancora più spaventoso del discorso in sé era il modo in cui lo diceva: era perfettamente a suo agio e a conoscenza dell’argomento, sembrava un documentario.
Continuò imperterrito: “Devi fargli vedere il tuo carattere, fai vedere che anche tu hai le palle! Anzi, fagliele proprio vedere in senso letterale!
“Ma no! Maestro, piano!”
“Se poi lui ti risponde in malo modo, tu non accettare i suoi scherzi: ribatti, come so che sei in grado di fare. Ovviamente, se i suoi rimproveri sono fondati, dovrai accettarli. Il punto è però, Dante, che non devi lasciarti mettere i piedi in testa. E’ fondamentale in una relazione il rispetto reciproco. Sii te stesso. Sii curioso, timido, ma anche arguto e scaltro, mio giovane aquilotto!”
“Ehi!” protestai.
 Brunetto ridacchiò. “Vedi? È proprio questo che intendevo. Puoi limitarti a protestare con un ‘Ehi!’, come hai appena fatto, o puoi spingerti oltre. Ricordati chi sei, Dante.”
“Perché stai citando ‘Il re leone’, maestro?”
“E tu perché continui a pensare alle tette di Beatrice quando hai un figone assurdo come Virgilio che ti accompagna?”
“Cosa?!” esclamai inorridito. “Io non penso a lei in quel modo! Il mio amore per lei è puramente platonico.”
“Tu sai di aver appena ammesso che pensi a Virgilio in quel modo, vero? E poi non fare lo stupido, pensi che non mi sia mai accorto della bavetta che ti scendeva dalla bocca quando la vedevi passare o pensavi a lei. Ah, bei tempi, quando eri ancora un ragazzetto brufoloso…”
Mi portai le mani alla testa. “Va bene, mi arrendo! Ok, ci ho pensato, lo ammetto! Soddisfatto?”
Brunetto ghignò. “Prima dobbiamo fare un discorsetto da padre a figlio.”
Se possibile, i miei occhi si spalancarono ancora di più. “Non intenderai IL discorso, vero? Ormai sono abbastanza grande da sapere come vanno le cose durante la fornicazione…”
Sesso, Dante, si dice fare sesso! Vorrei sapere dove hai imparato a parlare così all’antica! Comunque, non era questo il discorso che volevo farti.” Rispose ridacchiando.
“Oh…Allora cosa…?”
Brunetto si fermò, mi mise per la seconda volta le mani sulle spalle e mi guardò dritto negli occhi. Il tempo dei giochi era alla fine. “Dante, voglio che mi prometti che non ti lascerai travolgere dalle emozioni e che continuerai il tuo viaggio qualunque cosa accada.”
Lo fissai spaventato. “Cosa? Perché? Cosa succederà?”
“Tu sai che Virgilio non potrà accompagnarti in Paradiso. Promettimi che continuerai nel tuo percorso e che raggiungerai la gloria per la quale sei giunto sino a qui. Sai bene che se io fossi stato ancora in vita ti avrei aiutato volentieri. Tu sei sempre stato una delle poche persone oneste che io abbia mai conosciuto in mezzo ai quei corrotti fiorentini. Con quale coraggio osano definirsi nostri compaesani!? Loro sono come bestie affamate che si mangiano fra di loro. E vorrebbero mangiare anche te, lo so, sia Guelfi bianchi che neri. Beh, a dire il vero sono sicuro che anche Virgilio vorrebbe mangiarti, ma questo è un’ altro discorso. Ma tu dovrai continuare nel tuo percorso affinché il tuo desiderio venga esaudito.”
Il suo discorso così serio mi aveva rattristato a tal punto che sentivo già le prime lacrime farsi strada sul mio viso. “Se mi fosse possibile esprimere un desiderio, vorrei che fossi ancora vivo, mio caro maestro. Sei stato come un padre per me e mi hai insegnato tutto ciò che so sulla poesia. Prometto che scriverò un racconto su questa mia esperienza e che vi citerò. Non dimenticherò nulla del mio viaggio. Spero solo che Beatrice chiarisca tutti i miei dubbi sul futuro mio e di Firenze.”
“Ancora quella tettona bionda! E basta!” tentò di sdrammatizzare Brunetto, ma intravidi lo stesso una lacrima traditrice che gli scendeva sulla guancia. “E smettila di pensare a me. Concentrati piuttosto su quel bel pezzo di cencio (Nota dell’autrice: ebbene sì, il cencio è anche il nome di un dolce tipico fiorentino!) davanti a te! Voglio solo che tu sia felice. Io ormai sono qui, quel che è fatto è fatto, e non sono pentito di come ho vissuto.”
Continuammo a camminare in silenzio, Virgilio alla stessa distanza di quando avevamo cominciato. Tanto per passare il tempo, domandai al mio precettore chi fossero gli uomini intrappolati con lui nel girone dei sodomiti. “Giovane pischello, puoi ben immaginare che la stragrande maggioranza delle anime qui sia di chierici. Sai com’è, loro hanno il voto di castità ed una marea di sciocchezze varie. Ah, ma non ci sono solo preti! Ci sono anche famosi letterari. Per esempio Francesco d’Accorso. Invece sai chi altri c’è? Pensa un po’, Andrea de’ Mozzi! Sì, esatto, è dovuto interferire quel simpaticone del tuo amico Bonifacio VIII per farlo spostare da Firenze a Venezia. Pensa te! Guarda, parlerei molto volentieri con te ma non posso superare questo punto. Ti raccomando le mie opere e ti prego di ricordarti di me quando sarai vecchio!”
Lo abbracciai per quella che sapevo sarebbe stata l’ultima volta. “Non potrei mai dimenticarti. Sei stato come un padre per me.” Gli confessai per l’ennesima volta quel giorno.
“Non essere triste, Dante. Ogni volta che leggerai il mio Tesoretto, ti ricorderai di me.”
Non è che stava solo cercando un modo per farmelo leggere?
“Addio, maestro.”
“Addio, figliolo.”
Scambiati i nostri ultimi saluti, lo vidi correre verso dove eravamo giunti. Si voltò un’ ultima volta indietro, sorridendomi prima di scomparire per sempre. Una lacrima solitaria mi accompagnò mentre lo guardavo per l’ultima volta. All’improvviso mi accorsi che una mano era scivolata nella mia, cercando di farmi coraggio. Non so quanto restammo lì, in silenzio , a tenerci per mano. So solo che dopo un po’ mi ritrovai fra le braccia di Virgilio, a piangere nella sua tunica, sperando di non riempirla di moccico e lacrime, perché sarebbe stato difficile lavare via il tutto. Beh, magari sarei riuscito a fargliela togliere con la scusa che era bagnata. Vieni Virgilio, che ti asciugo io…
Per tutto il tempo Virgilio mi accarezzò la schiena e mi rassicurò, dicendomi che la pena del mio precettore non era tra le peggiori e che ricordandolo sarebbe stato sempre vivo nel mio cuore…ok, forse non lo disse proprio con queste esatte parole, ma il significato era quello!
Anche dopo essermi calmato rimasi un poco con la testa abbandonata sul suo petto, umido del mio pianto, assaporando il suo odore, il suo calore, mentre le mie ultime lacrime si asciugavano sulle guance. Avrei desiderato di rimanere così per sempre, ma Viriglio mi riprese la mano e mi chiese dolcemente: “Andiamo?”
Annuii, sperando che il mio dolore sarebbe diminuito col tempo. Non potei fare a meno di ripensare alla discussione avuta con Brunetto. “Non lasciarti travolgere dalle tue emozioni.”
Mi aveva avvertito, riferendosi a Virgilio. Ma probabilmente, pensai, si riferiva anche al nostro addio. Decisi che avrei seguito il suo consiglio e che l’avrei reso fiero di me.

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Capitolo 16
*** Inferno, Canto XVI ***


Ed eccoci tornate con un nuovo canto! Scusate per il ritardo ma l'ho finito giusto sabato e stavo aspettando sia I. che D. lo correggessero. Purtroppo solo I. è riuscita a guardarlo, casomai D. riuscisse a corregerlo lo modifico, altrimenti lo lascio così. Troverete il capitolo un po' più corto rispetto al solito ma non preoccupatevi, fa ridere lo stesso ;) Buona lettura!

Canto XVI
 
Dante
 
Udivamo lo scroscio lontano delle cascate del Flegetonte che precipitava nel cerchio sottostante. Virgilio non aveva lasciato la mia mano per tutto il tragitto ed ora che ero consapevole dei miei sentimenti ed in parte anche dei suoi, non riuscivo a sopprimere il sorriso da ebete che avevo stampato sul viso. La mia guida, che aveva associato il mio sorriso, anzi, ghigno inquietante, allo shock di aver salutato per sempre Brunetto, era stato oltremodo gentile e, tentando di distrarmi, aveva parlato senza fermarsi un attimo, raccontandomi aneddoti divertenti sulla sua vita. In quel momento mi stava raccontando di quando aveva usato i trucchi di sua madre per scrivere una poesia, perché aveva finito l’inchiostro.
Ma proprio quando il mio maestro stava per arrivare alla parte migliore, tre anime si staccarono dalla schiera che stava procedendo dalla pioggia di fuoco, correndo verso di noi e gridando: “Ehi, tu! Sì, tu con l’abito color autopompa! Lo so che sei delle nostre parti, riconosco la moda!”
Stavo per rispondere in malo modo ai tre scocciatori per il commento sulla mia veste pregiata, ma non appena il mio sguardo si soffermò sui loro corpi, le parole mi morirono in gola. Le tre anime erano ricoperte da ustioni su tutto il corpo, sia recenti sia vecchie, il loro viso era una maschera di croste e vesciche, puzzavano di rosticciana carbonizzata.
Virgilio mi lasciò la mano quasi di scatto, forse accorgendosi solo in quell’istante di quanto a lungo l’avesse stretta. Infastidito dagli schiamazzi di quei tre, si voltò verso di me con aria scocciata e mi disse: “Possibile che ovunque andiamo c’è sempre qualcuno che vuole parlare con te?! Ma che cos’hai, un magnete sotto all’infula?!” sbraitò.
Il sorriso che fino a quel momento era stato sul mio viso scomparve. Calma, calma, calma! Lui non sa cosa c’è qua sotto, non lo può sapere! L’ha solo detto per scherzare, era solo una battuta, nulla di più…eppure vorrei tanto che ci fosse un magnete al posto di…no, no, no, no! Dante, non ci pensare. Smetti. Di. Pensare. Ed ora perché mi sta guardando così? No, aspetta, lui sta cercando di NON guardarmi! Oh, no! Lui sa…Ma no, è impossibile, mi sto immaginando tutto. Ecco, mi sta guardando di nuovo. Meno male, era solo la mia immaginazione. Se solo sapesse…non oso immaginare la sua reazione…
“Inferno chiama Dante. Ripeto: Inferno chiama Dante. Tutto a posto nella tua testolina da poeta inghirlandata d’alloro?” mi richiamò Virgilio. Non mi ero accorto di essere stato in silenzio tanto a lungo. Mi riscossi e gli sorrisi timidamente, come per chiedere perdono per il mio comportamento.
“Perdonami, maestro, ero perso nei miei pensieri.”
“Sì, l’avevo notato.” Lanciò uno sguardo oltre la sua spalla per osservare le tre anime che ancora mi chiamavano a gran voce. “Penso che sia meglio se tu parli con loro. Ti suggerirei di correre da quei tre, ma siccome non penso che gradiresti una doccia calda ora come ora, propongo di fermarci e di aspettarli comodamente al riparo.”
Detto fatto, subito le tre anime ci circondarono e cominciarono a girarci attorno come avvoltoi (sì, era una similitudine, ok?! Ed ora ne faccio un’altra!), i loro occhi sempre fissi su di me, come se fossi stato la loro carogna puzzolente in decomposizione.
Poi, uno di loro si parlò: “Se il fatto che siamo abbrustoliti come biscotti dimenticati in forno non ti impietosisce, sono sicuro che sapendo quanto siamo stati importanti in vita ti farà rivelare il tuo nome. Vedi questo qui tutto nudo e spellato? È Guido Guerra! E siccome il nome è una garanzia, da vivo compì grandi imprese sul campo di battaglia. L’amico è un cavaliere mica da ridere! Quest’altro è Tegghiaio Aldobrandi; era un grand’uomo, ma purtroppo quasi nessuno lo ascoltò in vita come invece sarebbe stato opportuno. Io sono Iacopo Rusticucci e beh…diciamo che mia moglie è molto…pericolosa.”
Se fossi stato immune al fuoco sarei corso subito da loro e credo che Virgilio l’avrebbe tollerato…credo…Ma visto che mi sarei sicuramente ridotto ad una braciola, mi astenni dall’andare ad abbracciarli. Invece mi rivolsi a loro: “Non preoccupatevi per il vostro aspetto da creme catalane flambé e perdonatemi se non vi ho riconosciuti subito! Sono onorato di incontrarvi, sebbene questo non sia il luogo migliore per discorrere lietamente…Ah, io sono Dante Alighieri ed avete ragione, sono fiorentino pure io, casomai non si fosse sentito dal lieve accento toscaneggiante. Ho scritto molto sulle vostre imprese, sulle vostre gesta, sulle vostre vite, insomma su tutti i cazzi vostri…non posso credere di avervi incontrati qui!! Ehm…scusate. Comunque, sto andando con la mia guida nel Paradiso, ma per farlo è necessario che io scenda fino al centro della terra.”
Le tre anime parvero compiaciute dal mio discorso. “Spero che tu viva a lungo.” Mi rispose Iacopo. “Così magari potrai continuare a scrivere di noi…Se lo farai, sta pur certo che la tua fama risplenderà anche dopo la tua morte! Però, potresti dirci come vanno le cose a Firenze? Qualche pettegolezzo magari. Cosa dicono le gattare in Piazza della Signoria?” Abbassò la voce in modo da non farsi sentire dai compagni. “Sai, Guglielmo è da poco con noi e non fa altro che stressarci su Firenze qui, Firenze là!”
“Ah! Firenze è una città piena di gente orgogliosa e amante di eccessi. Tutti non fanno altro che seguire l’ultima ‘moda’. Adesso i ricchi fanno la manicure persino ai loro porci!” Gridai, infuriato con la mia città per com’era diventata.
I tre dannati si guardarono con aria disgustata, Iacopo scosse la testa con fare contrariato. “Mah, i pischelli di oggi non fanno altro che pensare a loro stessi. Ai miei tempi…”
“Meno male che Dante è diverso, un bravo giovanotto, con la testa ben piantata sulle spalle, studioso...di’, giovanotto, ce l’ hai la fidanzatina?” Chiese Tegghiaio, regalandomi una strizzatina energica sulla guancia già indolenzita dalla presa di Brunetto Latini.
Lo guardai in silenzio. Cosa dovevo rispondergli? Probabilmente l’altro si accorse del mio imbarazzo perché soggiunse “Beh, anche fidanzatino va bene…”
Fortunatamente mi tolsero tutti e tre dall’ imbarazzo riprendendo a parlare senza attendere la mia risposta. “Beato te che sei così giovane e sveglio, caro Dante, bel pischello di mamma!” Esclamarono in coro. Adesso sembravano più un gruppo di comari che un trio di anime dannate. “In bocca al papa, pischello, e ricordati di diffondere la nostra memoria quando tornerai fra i vivi!” mi salutarono infine.
Subito sciolsero il cerchio nel quale ci avevano intrappolati e, in meno di un “corpodiunasbrisolona” borbottato dal mio maestro, essi sparirono. Riprendemmo il cammino senza attendere oltre. La mia guida mi condusse sempre più vicino alle cascate finché raggiungemmo un luogo in cui lo scroscio dell’acqua era così forte che quasi non riuscivo a sentire i miei pensieri. In quel momento mi sovvenne un’idea malvagia per pareggiare, almeno in parte, i conti con Virgilio. “Sai, maestro, il Flegetonte scende dalla roccia come quel fiume che per primo, dal Monviso verso oriente, ha un suo corso autonomo e che, scendendo sul versante sinistro dell’Appennino, si chiama nell’alto corso Acquacheta, prima di scendere a valle nel suo corso inferiore, e a Forlì è privo del nome primitivo, rimbomba presso San Benedetto dell’Alpe in quanto forma un’unica cascata dove dovrebbe essere accolto da infinite cascatelle.” Dissi, come se stessi tenendo una normale conversazione. Che liberazione poter fare qualche similitudine!
Virgilio, ovviamente, non sentì nulla, le mie parole erano interamente coperte dal casino infernale – scusate la battuta- dell’acqua che cadeva. “Cos’hai detto, Dante?! NON RIESCO A SENTIRTI!”
“Niente, maestro.”
“COSA?!”
“NIENTE!”
Virgilio mi urlò qualcos’altro, ma non riuscii ad afferrare tutte le parole. “COME DICI MAESTRO?”
“HO DETTO DI SLEGARTI LA CORDA CHE PORTI ALLA VITA! MI SERVE! LA CORDA!!!”
Aspetta, aspetta, aspetta COSA?! Virgilio + corda…No, Dante, non pensarci. Dicevi di non riuscire a sentire i tuoi pensieri, quindi ora ignorali! Lalalalalala, non sento niente. E non sto assolutamente immaginando Virgilio…
Feci un salto quando la mia guida mi prese bruscamente la corda dalle mani. Mi fissò dritto negli occhi.
Trasalii.
Virgilio si limitò ad alzare un sopracciglio e tornò a concentrarsi sul burrone. Gettò verso destra un’estremità della fune, lasciandola cadere nel baratro a una certa distanza dalla sponda.
“Chissà cosa avrà in mente il mio maestro. Quando si comporta in modo così strano mi preoccupa.” Mormorai fra me e me. Ma subito me ne pentii. Virgilio mi lanciò un’occhiataccia, facendomi capire che aveva sentito tutto. Come avevo potuto dimenticare le lezioni principali del pettegolezzo?!
Lezione numero uno: quando stai parlando di qualcuno, non fissarlo.
Lezione numero due: quando stai parlando di qualcuno, assicurati che sia a debita distanza da te.
Lezione numero tre: quando stai parlando di qualcuno, assicurati che questo qualcuno non sia in grado di leggere nel tuo pensiero.
Diamine, non avevo rispettato nemmeno una delle tre lezioni! Virgilio, grazie alla sua grande saggezza, a volte sembrava veramente in grado di leggermi nel pensiero! Meno male che non sempre ci riusciva, altrimenti…
Virgilio si limitò a rivolgermi un sorrisetto diabolico. “Presto capirai, Dante. Presto tutto ti sarà chiaro e vedrai apparire ciò che sto aspettando.”
Proprio in quell’istante, (giuro su Beatrice che non sto mentendo) vidi una figura mostruosa e impressionante risalire per quell’aria densa e oscura, come se fosse stato un marinaio che cercava di risalire in barca. Volsi lo sguardo verso il mio maestro e notai il suo sorrisetto compiaciuto.
“Chiudi la bocca, Dante, o rischi di ingoiare dell’acqua.” Mi prese in giro. E, maledetto me, non riuscii a far altro che eseguire il comando, da tanto ero sconvolto.
Il mio maestro era una perenne fonte di sorprese e sembrava che facesse di tutto pur di lasciarmi letteralmente a bocca aperta o per spaventarmi. Ma, mi decisi, presto le cose sarebbero cambiate e sarebbe stato il mio turno di sorprenderlo!

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Capitolo 17
*** Inferno, Canto XVII ***


Ciao a tutti! Scusate tantissimo per il ritardo ma la scorsa settimana è stata così rilassante che...beh, la pigrizia si è impossessata del mio corpo quindi...insomma, non avevo tanta voglia di scrivere xD Avrei voluto postare il canto in mezzo alla settimana ma questa settimana, al contrario della precedente, è stata un vero inferno (scusate il gioco di parole xD) per tutte e tre. Comunque, eccoci tornate in carreggiata, pronte con un nuovo capitolo! Oggi vorrei provare a scrivere il18 per poi postarlo domani ma non voglio darvi false speranze, quindi fate come se non avessi detto niente. ;)
Non so se qualcuno di voi lo ha già visto ma nel canto 10 ho aggiunto, oltre al disegno di I., il disegno di
LovelyAndy   che mi ha fatto sganasciare dalle risate. Andate a guardarlo, ve lo consiglio ;)
Bene, ho finito con gli annunci. Buona lettura e alla prossima!

Canto XVII
 
Dante
 
“Signore e signori ecco a voi la bestia dalla coda aguzza, che possiede la grazia di una balena in calore! Colui che profuma come un cane che ha appena fatto il bagno nell’acqua delle latrine!” Così mi parlò il mio maestro, svolgendo alla perfezione il suo ruolo di guida e, maledetto lui!, sbattendomi in faccia metafore e similitudini. Dopo avermi lanciato un altro sorrisetto soddisfatto, Virgilio fece cenno alla creatura di accostarsi all’orlo del girone, vicino alle estremità degli argini di pietra sui quali avevamo appena camminato.
E quella ripugnante bestia si avvicinò e tirò fuori dall’acqua la testa e il busto, lasciandovi però immersa la coda.
Ciò che vidi mi lasciò letteralmente senza parole: il suo volto era pulito, schietto, affabile, piacevole direi: quello di un uomo onesto, insomma, ed attorno a lui aleggiava una sorta di aura benefica; il resto del tronco era di serpente. Aveva due zampacce pelose fino alle ascelle mentre il dorso, il petto e i fianchi erano un arcobaleno di colori. Il che mi diede da pensare sull’orientamento sessuale di questa creatura. Ma non ci detti troppo peso, perché sinceramente non era del SUO orientamento che mi preoccupavo.
Insomma, basta un po’ pensare a certe cose mentre sei a lavorare, Dante! E poi in fondo lo sai che Virgilio è gay, devi fidarti di Brunetto ed aspettare che faccia la prima mossa.
Ma dentro di me, una vocina piccola piccola si fece sentire. E se Brunetto si fosse sbagliato?
No no no, shhhh, non ci pensare. Brunetto ha occhio per queste cose. Se non se ne accorge lui! E poi tu sei Dante Alighieri! Virgilio non può resistere al tuo fascino da poeta verginello! Poi lo sanno tutti che quelli che sembrano disinteressati all’ amore terreno fanno più colpo. Insomma, deve averle lette almeno un paio di pagine della Vita Nova! Era come se dentro di me coesistessero due Dante: quello dalla scarsa autostima e quello che invece si credeva quasi una divinità per le sue abilità da poeta.
Ritornai bruscamente al presente quando mi accorsi che la creatura, con il busto mezzo dentro e mezzo fuori dall’acqua, aveva sollevato la lunga coda da scorpione, che aveva tenuto fino a quel momento nascosta e che la stava agitando in aria come un cagnolone scodinzolante.
Quello che uscì dalle mie labbra non si poteva proprio definire un urlo virile…Scorsi con la coda dell’occhio il mio maestro, piegato in due dal ridere per la mia reazione. Il mio viso in quel momento si intonava perfettamente alla mia veste. Le escogita proprio tutte pur di mettermi in imbarazzo, il bel mantovano!
Viriglio finse di asciugarsi una lacrima dall’occhio destro per farmi intendere quanto lo scherzo l’aveva divertito. Davanti al broncio che avevo messo su, il mio maestro non poté fare a meno di sorridere. Ma, a differenza del ghigno di poco prima, questo era un dolce sorriso di scuse. “Vieni, Dante.”
Strabuzzai gli occhi. Dimmi che ho capito male. “D-dove, maestro?”
“Da quella bestia laggiù, ovviamente!” esclamò.
“…”
“Andiamo, Dante, non fare la femminuccia!”
“Io non sono una femminuccia!” strillai con voce acuta.
Il mio maestro alzò le sopracciglia bionde.
Tossicchiai per riguadagnare quel poco di dignità che mi era rimasta. Cercai di rendere la mia voce più profonda possibile. “Non ho paura.” Sì, certo, come no, io non ho paura e Virgilio è etero.
Il ghigno di Virgilio riapparve fulmineamente. Mi prese per mano e mi trascinò verso la creatura. “Bene, visto che non hai paura allora non ti dispiace andare avanti per primo, vero?”
Mi spinse in avanti e mi invitò a procedere. Guardai verso il mostro, poi verso il mio maestro.
“Ok, lo ammetto, ho paura.” Borbottai.
Virgilio sospirò, come se fosse deluso dalla mia mancata reazione di rabbia. Mi porse la mano. “Vieni.”
Gli sorrisi, stavolta seguendolo senza protestare. Discendemmo dal lato destro, facendo una decina di passi verso l’estremità del cerchio, in modo da evitare di morire carbonizzati a causa della pioggia di fuoco. Quando giungemmo alla creatura, vidi una schiera di anime seduta vicino al burrone. Guardai con occhi spalancati il mio maestro, che non riusciva più a trattenere un gran sorriso soddisfatto. “Ma…queste anime…come facevi a sapere…”
“Piaciuta la sorpresa? Forza, smettila di guardarmi così e vai a parlare con loro, so che muori dalla voglia di farlo…scusa il gioco di parole. Però sii breve! Non voglio doverti trascinare via a forza quando sarà ora di andare. Nel frattempo io parlerò con la bestia, sperando di riuscire a rimediarci un passaggio.”
Abbracciai velocemente il mio maestro e, prima che potesse rispondere al mio gesto, corsi fino alle anime che mi stavano aspettando, fermandomi sull’orlo estremo del girone per non venire colpito dal fuoco. Non li sentivo gridare, ma potevo scorgere nei loro occhi il riflesso della sofferenza. Con una mano si difendevano dal fuoco, con l’altra dalla sabbia rovente. Si dimenavano come cani molestati da mosche, pulci, tafani e chi più ne ha più ne metta.
Feci scorrere lo sguardo sui loro volti, temendo di riconoscere altri miei amici in essi; per fortuna non accadde. Tuttavia mi accorsi che ognuna delle anime portava al collo una borsa di un determinato colore e disegno.
Confuso e  non riuscendo a distinguere i disegni da lontano, mi avvicinai e, guardando con attenzione una borsa in particolare, intravvidi sopra di essa un leone azzurro in campo giallo. Ne adocchiai un’altra; questa era di colore rosso e mostrava un’oca bianca come il burro.
Sarà uno di quei giochi moderni che piacciono tanto ai bambini? “Indovina chi” versione animale? Eppure questi disegni mi ricordano qualcosa…Ma certo! Che stupido! Sono stemmi di famiglie di usurai! Realizzai.
In quel momento venne avanti un dannato che portava una borsa bianca il cui disegno rappresentava una scrofa gravida di colore azzurro. “Che cosa ci fai qui, vivente? Ma guarda te se mi doveva capitare un altro fiorentino! Allora? Che fai lì impalato? Ci prendi in giro? Gironzoli qua attorno per mostrarci che tu puoi tornare nel mondo terreno mente noi dobbiamo stare qui a farci abbrustolire? Ma va’ a buttarti nell’Arno! Smamma prima che arrivi Vitaliano. Lui è il mio braccio sinistro! Sì, sinistro, non destro! Perché? Perché noi padovani siamo alternativi! Pensa te cosa mi tocca: stare in mezzo a questi fiorentini che continuano a riempirmi le orecchie di stupide ciance su un cavaliere in arrivo! Ma a che mi importa di questo cavaliere?! E poi uno che ha per insegna tre caproni non può certo essere un uomo per bene. Poi se è fiorentino non ci posso nemmeno sperare!” E così, prima che potessi replicare, mi fece la linguaccia, quasi fosse stato un bue che si lecca il naso.
La sua insegna gli si addice...stupido porco. Pensai acidamente, prima di voltarmi e tornare da Virgilio.
 
Virgilio
 
Dopo aver lasciato il sacco di patate fiorentino in compagnia di quelle anime, mi diressi verso la creatura mastodontica che avevo richiamato grazie ai miei superpoteri di poeta figo…
Un po’ mi dispiaceva per Dante perché sapevo sin dal principio che quei dannati erano difficili da coinvolgere in una conversazione e che si sarebbero approfittati della sua timidezza per insultarlo. Mi sentivo soprattutto in colpa perché avevo spacciato l’incontro per una sorta di sorpresa di cui gli avevo parlato, invece era solo un piano per averlo fuori dai piedi mentre conducevo le trattative con Gerione.
Poco male. Pensai. Per una volta sono riuscito ad accontentare tutti e due.
Arrivato al capolinea, avanzai fino ad arrivare allo stesso livello della testa umana della creatura. Ora sarebbe arrivato il difficile: avrei dovuto convincere Gerione a darci un passaggio sulla sua groppa. Non temevo la bestia che avevo di fronte ma non potei fare a meno di rabbrividire quando pensai a cosa sarebbe potuto succedere se le avessi fatto girare i cosiddetti di traverso.
Scossi la testa, mi schiarii la gola e cominciai le contrattazioni. “Buongiorno, Gerione. Come ti va?”
Con mio grande stupore, il mostro sorrise dolcemente, come se non fosse abituato a tanta cortesia e, pensandoci bene, probabilmente era così.
“Ehm, riesci a capirmi, vero?”
La creatura annuì con lentezza esasperante, ma almeno avevamo un modo per comunicare.
“Senti, non è che potresti dare un passaggio a me e al mio amico laggiù? Quello tutto tenero col vestitino rosso.” Gli indicai Dante, sperando che l’aria da aquilotto smarrito del fiorentino riuscisse ad intenerire il mostro.
Gerione osservò il fiorentino con scarso interesse e tornò a rivolgere la sua attenzione su di me.
“Dunque, sei d’accordo a darci un passaggio?”
La creatura inclinò la testa da un lato, non del tutto convinta.
“Due cammelli per tua groppa.” Scherzai, imitando un accento arabo.
Gerione parve illuminarsi. No, ma veramente?!!? Io stavo solo scherzando! Ed ora che faccio?
“Allora ti vanno bene due cammelli?” domandai con esitazione.
Il gigante parve pensarci su un attimo per poi scuotere la testa.
“Due cammelli e una mucca?”
La bestia si leccò le labbra ma nulla di più.
Maledetto cliente difficile!
“Due cammelli, una mucca ed un’arpia. Questa è l’ultima offerta signore, occasione irripetibile!” Sebbene in realtà non sapevo nemmeno come avrei fatto a recapitargli quegli animali. Ma forse il Boss avrebbe provveduto anche a quello...
Il gigante annuì vigorosamente. Pensai con un certo ribrezzo che probabilmente le arpie gli piacevano…beh, de gustibus…“Bene…ehm…Gerry…posso chiamarti Gerry?”
Un altro cenno affermativo con la testa.
“Forza, fammi salire, Gerry.”
Gerione uscì quasi completamente fuori dall’acqua in modo tale che riuscissi a raggiungere il suo dorso. Con un agile salto da atleta, ringraziando il cielo che Dante non fosse lì a guardarmi quando la toga quasi mi scivolò dalle spalle, salii in groppa alla bestia.
“Sei un po’ scivoloso, Gerry.”
La creatura mugugnò.
“Ehi, senza offesa!” Gli tirai una vigorosa pacca sulla schiena. “In compenso le tue squame sono fantastiche. Forse dovrei scrivere un’opera su di te…”
Rimasi sconvolto quando avvertii delle vibrazioni sotto di me. Quel coso mi stava facendo le FUSA!
“Ehm, Gerry, è meglio se smetti con le fusa…come dire? Le vibrazioni in certi posti potrebbero crearmi problemi… davvero, non è il caso…”
Meno male che Dante non era lì ad ascoltarmi.
“E a quali posti ti riferisci più precisamente, maestro?” domandò il fiorentino con voce maliziosa…un momento!
“Dante?! Che cosa ci fai già qui?!” domandai sorpreso e oltremodo imbarazzato.
Il ghigno del mio protetto scivolò via e venne rimpiazzato da un broncio che non era assolutamente adorabile. No signore.
“Quelle anime non facevano altro che tormentarmi e senza di te a coprirmi le spalle non mi divertivo perciò…” interruppe il discorso.
Ok, mi correggo, era maledettamente adorabile. Contegno, Virgilio, contegno. Devi fare la parte della guida saggia, distaccata e senza paura. Fallo per Dante. E per te…
“Capisco. Vedo che hai superato in parte le tue paure visto che sei riuscito ad arrivare sin qui senza fartela addosso. Ora dovrai esserlo ancora di più. D’ora in avanti dovremo usare più di una volta mezzi come questi, perciò non farti impressionare. Sali davanti a me, io starò in mezzo per proteggerti dalla coda.”
Notai il modo in cui la carnagione chiara del fiorentino divenne ancora più pallida nell’ascoltare le mie parole. Ma, purtroppo, non potevo fare niente per lui, questa volta. L’unico mezzo per arrivare nel girone successivo era solo ed esclusivamente quello. Dante, dopo aver compreso tutto ciò, sospirò rassegnatamente e, con le guance in fiamme per la paura e la vergogna, si sistemò davanti a me. Il fiorentino mi lanciò un’occhiata quasi supplicante, come per dire: “Abbracciami”, ma non disse nulla.
Oh, al diavolo l’integrità della mia immagine! Dante mi fa troppa pena in questo momento.
Senza preavviso, circondai il busto del mio protetto con le braccia e me lo premetti al petto. La posizione diede il via ad una serie di immagini nella mia testa che in altre occasioni mi avrebbero fatto pentire del mio gesto. Questa volta, invece, decisi di ignorarle per il bene del fiorentino. Dugonghi, pensa-ai-dugonghi. Non era proprio il momento di pensare ad altre cose.
Magari più tardi…se avremo un attimo di riposo… Repressi a fatica l’ istinto feroce di baciargli il collo candido, a pochi centimetri dalle mie labbra. Avrei potuto pentirmene amaramente.
“Ok, Gerry, possiamo andare. Mi raccomando, giri larghi e discesa lenta, non vogliamo che Dante vomiti sulle tue belle squame colorate, vero?”
Il gigante emise un verso disgustato e cominciò a muoversi. Sentii Dante irrigidirsi davanti a me e mi ritrovai a stringerlo forte per rassicurarlo. “Shhhh, va tutto bene, Dante. Sono qui” Gli sussurrai all’orecchio per tranquillizzarlo. Forse sussurrai in modo troppo languido, forse mi sfuggì nel tono della voce qualcosa di allusivo, perché lo sentii irrigidirsi ulteriormente sotto la mia stretta. Per un veloce, imbarazzante momento mi ricordai dell’incidente della daga, ma mi affrettai a scacciare quel pensiero inopportuno. Mi dissi che era solo la vertigine della discesa.
“M-m-m-aestro s-s-siamo nel vuoto!” balbettò.
Gerione nel frattempo stava discendendo il fiume, facendo in modo che l’aria ci soffiasse in viso.
“Non ti preoccupare, basta non guardare giù e vedrai che avrai l’impressione di viaggiare in barca. E’…umh, tipo montagne russe a rallentatore. Quando togli la velocità non c’è niente di cui aver paura!” No, ok, forse non era proprio così.
Detto fatto, il fiorentino sbirciò di sotto e quasi se la fece addosso. Strinse le gambe in modo quasi doloroso per la povera creatura che ci stava gentilmente trasportando. “E che cavolo! Ti dico di non guardare giù e tu cosa fai? Guardi giù! Insomma, Dante, devo provare con la psicologia inversa per fare in modo che tu mi obbedisca?!” domandai spazientito.
Il mio protetto non fiatò. Capii di averlo offeso. Allora, in gesto di scuse, spostai una mano sulla sua schiena per accarezzarla, sperando di tranquillizzarlo, mentre l’altra strisciava un po’ di più a circondare il suo stomaco. Posai il mento sulla sua spalla, la bocca quasi a contatto diretto con l’orecchio. “Non devi avere paura. Ci sono io qua con te. Non lascerò che nulla ti faccia del male.”
Percepii il debole tremolio che attraversò il corpo del fiorentino, ma ero sicuro che non fosse più solo la paura a farlo tremare. Sentii il suo respiro farsi impercettibilmente affannoso, il mio quasi mi si mozzò in gola. E se…? E se non gli piacesse più Beatrice? Pensai speranzoso.
Decisi quindi di farmi coraggio e di chiarire le cose fra noi, una volta per tutte, pregando di non essermi immaginato nulla. “Dante…” cominciai, ma venni interrotto bruscamente da un’improvvisa frenata. Il mio protetto ed io cademmo sgraziatamente dal dorso di Gerione, atterrando su una roccia tagliata a picco.
Prima che potessi maledire la creatura con parole poco gentili, però, questa era già sparita, senza nemmeno richiedere la sua ricompensa.
Meglio così, stavo per fare una stupidata. E poi dove me li trovavo due cammelli?
Stavo per ordinare a Dante di rialzarsi, ma il fiorentino mi sorprese ancora una volta e mi aiutò a sollevarmi in piedi. Una volta aiutato, il bel bussolano non mi lasciò la mano come invece avevo previsto che avrebbe fatto. Ecco, lo sapevo... Lo guardai interrogativamente ed  il fiorentino parlò, fissandomi serio. “Cosa volevi dirmi, maestro?”
Oh merda…





Ehehehehehehehehehe. Sono una persona malvagia :3

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Capitolo 18
*** Inferno, Canto XVIII ***


Ed eccoci tornate alla carica col capitolo che tanto aspettavate! Ammettetelo, quanto ci avete odiato per la fine del canto XVII? xD
Anche questa volta siamo state malvagie e non ce ne pentiamo. :D Buona lettura!

Canto XVIII

Dante

“Allora, maestro?” Ripetei con il cuore che batteva a mille. Era forse arrivato il momento tanto atteso? Le mie preghiere erano state finalmente ascoltate e Virgilio si era deciso a fare il primo passo? Il mio maestro aveva solo pronunciato il mio nome, ma l’aveva detto con un tono così serio e deciso che non potevo non sperare…
Incrociai le dita
Tipregotipregotipregotiprego!
“Dante…” disse di nuovo Virgilio.
“Sì maestro?” domandai con aria sognante.
“Volevo dirti che io non ho mai…”
“Sììììì?” La mia voce era salita di un’ottava senza che me ne accorgessi e probabilmente gli occhi mi si erano dilatati in modo esagerato.
“Ehm” lo vidi esitare per un momento, aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse subito. Boccheggiò come un pesce per qualche secondo Si umettò le labbra. Poi si illuminò improvvisamente: “…imparato a mettermi la toga da solo!”
“…”
Se solo le occhiatacce potessero uccidere!
Per la prima volta da quando avevo cominciato questo assurdo viaggio, desiderai ardentemente di strangolare la mia guida. Perché mi aveva dato false speranze?! Perché mi ero illuso che potesse finalmente essersi deciso a compiere quel passo fondamentale? Ancora una volta quella minuscola vocina tornò a parlarmi.
Brunetto si è sbagliato, a Virgilio non piaci. Ha-ah!
Brava vocina interiore, mi prendi anche per il culo adesso?
Ma stranamente, questa volta, l’irritazione prese il sopravvento e la zittì.
Messi a tacere i miei dubbi, decisi di inspirare profondamente e di provare a rilassarmi, ignorando lo sguardo scrutatore della mia guida. Quando ritenni di essere riuscito a calmarmi il necessario, il mio cervello riprese finalmente a lavorare a dovere.
Se Gerione non ci avesse interrotti, forse Virgilio me lo avrebbe detto. Sono sicuro che fosse qualcosa di importante e non la cavolata che mi ha appena rifilato. Anche se il fatto che non riesca a mettersi una toga da solo lo rende inaspettatamente adorabile e no no no, Dante ripigliati! Non è adorabile, è ri-di-co-lo! Ooh… sembro una donna con il ciclo…certo che…Virgilio, te la metto io la toga se vuoi…
Venni ridestato dai miei pensieri da un colpo alla testa: il mio maestro stava bussando con insistenza. “Ehilàààà? C’è qualcuno in casa?”
Ritiro tutto: non è adorabile, non è ridicolo, è detestabile.
Eppure lo adori. Non puoi negarlo, provi qualcosa di più profondo di una semplice cotta.
Scacciai quel pensiero dalla mente. Non era il momento di perdersi in simili riflessioni.
Mi decisi. Ero davvero stanco di fare la parte della ragazzina, di morirgli dietro e attaccarmi a ogni suo gesto anche minimamente gentile, ogni parola di preoccupazione nei miei confronti, ammazzandomi di seghe mentali.
“Maestro! Smettila di fare il bambino e parlami apertamente, con me puoi farlo, siamo compagni di viaggi, deve esserci fiducia tra di noi! Cosa volevi dirmi prima?”
Virgilio spalancò gli occhi, probabilmente non aspettandosi tanta determinazione da parte mia. Notai che si mordeva ripetutamente il labbro inferiore, simbolo della sua angoscia. Dio! Quanto avrei voluto baciarlo di nuovo!
Per una volta era bello essere quello in controllo fra i due ma, ahimè, la mia rivalsa durò ben poco. Subito il mio maestro riprese controllo di sé e sfoderò uno dei suoi soliti sorrisi giocosi.
“Non penso che te lo dirò.”
Rimasi basito. Ma come, ora si mette anche a giocare? Di’, hai deciso di esasperarmi!?
“Dai maestro dimmelo!”
La mia guida parve pensarci su. “Mmmmmh, va bene te lo dico.” Quasi non potei credere alle mie orecchie. “A patto che tu ti tolga l’infula.”
Per un attimo pensai di aver capito male. Lo guardai di nuovo, in cerca di un qualsiasi segno che mi dicesse che in realtà avevo capito male, che non avesse davvero detto “infula”. Mi si strinse lo stomaco. Distolsi lo sguardo. Virgilio continuò semplicemente a guardarmi e a sorridere, ma, dopo qualche secondo, il mio maestro si accorse del mio sguardo di terrore ed il suo sorriso sparì, lasciando spazio ad un’espressione preoccupata.
“Dante?”
“…”
“E dai! Ti ho solo chiesto di toglierti l’infula!” allungò una mano verso la mia testa “Cosa ci sarà mai di così terribile lì sot…”
“Noooooooooooooo!” urlai, cominciando a correre verso un punto indefinito mentre con le mani cercavo di incollare l’infula alla testa, ignorando i richiami del mio maestro.
Lui non lo deve vedere! Nessuno può!
Non mi accorsi che, nella mia corsa disperata per sfuggire alle domande di Virgilio, ero arrivato in un ampio spazio affollato, delimitato lungo tutta la circonferenza da una parete di roccia grigia ferrosa. Proprio nel centro di quella distesa popolata da anime si apriva un pozzo molto largo e profondo. La parte compresa fra il pozzo e la base della parete rocciosa era circolare e aveva la superficie tagliata da dieci fossati. Dalla base della parete si dipartivano ponti di roccia che intersecavano gli argini e i fossati fino al pozzo centrale, nel quale confluivano.
“Queste sono le Malebolge.” M’informò una voce cupa alle mie spalle, facendomi trasalire.
Mi voltai con il cuore in gola per trovarmi l’espressione contrariata di Virgilio davanti.
“Senti, mi dispiace di aver insistito tanto sull’infula e ti prometto che d’ora in avanti cercherò di non parlarne più così spesso, considerato quanto l’argomento ti angoscia e ti mette a disagio.” Leggermente rassicurato dal discorso del mio maestro, esalai il respiro che avevo inconsciamente trattenuto fino ad allora. “Però tu devi promettermi che non scapperai mai più a quel modo! È pericoloso, dannazione! Le anime dell’Inferno non sono pacifiche come quelle del Paradiso e del Purgatorio, lo vuoi capire? Solo perché fino ad ora abbiamo incontrato per la maggior parte anime dalle buone maniere questo non significa che il resto di loro non sia pericoloso.”
“Ma…” provai a ribattere.
“Niente ‘ma’! So cosa stai per dire: - Ma se sono così pericolose allora perché mi ci lasci parlare? – Perché con me sei al sicuro, brutto zuccone! Se ti succedesse qualcosa…” Virgilio si interruppe, non sapendo come continuare.
Decisi che per ora avevamo avuto abbastanza litigi e che quindi non l’avrei spinto oltre. Così non gli chiesi cosa stesse per dire perché il suo silenzio valse più di mille parole. Teneva a me e questo, per il momento, mi bastava. Gli porsi un sorriso di comprensione, che venne ricambiato con uno di gratitudine, e ricominciammo a camminare come se nulla fosse.
Così volsi il capo verso destra e mi ritrovai davanti all’ennesimo doloroso spettacolo: le anime della prima bolgia erano nude e stavano venendo fustigate da strani diavoli; dalla prima metà della bolgia all’argine destro camminavano verso di noi, dall’altra parte nella nostra stessa direzione, ma con un’andatura più veloce.
I fustigatori, ora che li guardavo meglio, erano demoni cornuti e facevano schioccare le loro grandi fruste sulle chiappe rigate di sangue dei dannati e dalle facce che stavano facendo le anime, dedussi che non ne potevano più.
Mentre avanzavo, i miei occhi incontrarono quelli di un peccatore e subito dissi: “Ehi aspetta! Quello lì mi ricorda qualcuno.” Perciò mi fermai per osservarlo meglio. La mia guida acconsentì senza alcuna opposizione, seguendomi mentre mi avvicinavo alla suddetta anima. Ma quella cercò in tutti i modi di evitare il mio sguardo. A poco gli servì, tuttavia, quello stratagemma perché ciò non faceva altro che acuire la mia curiosità. “Ehi tu! Sì, dico a te che stai guardando a terra! Sbaglio o sei Venedico Caccianemico? Ma che ci fai qui?”
L’anima rialzò gli occhi con rassegnazione. “Accidenti, ma hai mai sentito parlare di delicatezza? Vabbè, ti risponderò lo stesso solo perché mi ricordi il mondo dei vivi e perché mi piace il tuo naso. Vedi, io sono qui perché praticamente ho fatto prostituire mia sorella alle voglie del marchese Obizzo d’Este…e non mi guardare così! E poi non sono mica l’unico bolognese qua. Anzi, in questo luogo ce ne sono di più di quando ero in vita tra il Savena e il Reno. Pensa che se dico “sipa” tutti mi capiscono! (Nota dell’autrice: “sipa” vuol dire “sia, sì” in dialetto bolognese).”
Mentre parlava in questo modo, un diavolo fece schioccare la sua frusta sulla schiena martoriata dell’ uomo. “Ma va’ via, brutto ruffiano! Qua non ci sono donne disponibili, per quanto tu e il tuo amico non date l’idea di essere molto interessati….” Mi lanciò un’occhiata. “Per quanto mi riguarda io un giretto con l’aquilotto me lo farei.” Sghignazzò.
Viriglio mi affiancò quasi immediatamente e mi trascinò via da lì per mano, prima che avessi la possibilità di reagire. Giungemmo in un punto in cui un ponte di pietra si protendeva dalla parete di rocce. Ci salimmo sopra e svoltammo a destra, su per la roccia scheggiata, allontanandoci da quelle sponde. Arrivati dove lo scoglio formava un arco sotto di se per consentire il passaggio ai dannati frustati, Virgilio disse: “Guarda se riconosci qualcun altro, Dante.”
Allora osservai la schiera che veniva verso di noi dall’altro lato. “Ehi! Guarda quel gigante laggiù! Sembra che non provi dolore nonostante tutte le frustate che sta ricevendo sulle chiappe!” Virgilio esalò una specie di grugnito contrariato, “Ammirevole, davvero. Tipico aspetto regale di palo su per il culo.” Ok, o il mio maestro era ancora arrabbiato con me oppure il commento del demone gli aveva fatto perdere le staffe più di quel che pensassi. “Quello è Giasone, sai quello che ha rubato il vello d’oro a Colchide. È qui perché ingannò Isifile. Le hai mai lette le Metamorfosi di Ovidio?” Annuii compiaciuto. La mia conoscenza dei classici era a dir poco smisurata, modestamente. “Allora posso risparmiarmi la storia su Isifile che aveva ingannato le altre donne riuscendo a far salvare suo padre quando tutti gli uomini erano stati uccisi. Comunque il succo è: Giasone fece proprio una botta e via e pensa te che culo! Una sola notte assieme e riuscì ad ingravidarla, per poi abbandonarla. Ma il disgraziato si fermò forse a Isifile? No! Fece così anche con Medea! Ma dimmi te se certi uomini sono degni di essere chiamati tali. Come avrai capito, nella prima bolgia ci sono anime che ingannano le persone in questo modo e spero che ti basti sapere solo questo.”
Nel frattempo eravamo giunti ad uno stretto passaggio che si intersecava con il secondo argine e faceva di questo un sostegno a un altro ponte.
Di lì riuscivamo ad udire gli sbuffi e i lamenti dei dannati della seconda bolgia che si picchiavano da soli…forse la seconda bolgia accoglieva i masochisti? Mah.
Le pareti erano incrostate da una muffa che provocava irritazione agli occhi e al naso. Per fortuna non mi trovavo laggiù, altrimenti il mio povero nasino si sarebbe arrossato fino all’inverosimile.
Camminammo ancora, fino a raggiungere il fondo e di lì vidi che la gente era nella merda…letteralmente: le anime erano immerse nello sterco! Mentre contemplavo con disgusto crescente quella specie di latrina umana, notai uno dei dannati, con il capo completamente ricoperto di letame, che si rivolse a me: “Ehi, belloccio! Perché mi stai mangiando con gli occhi?” mi domandò in tono provocatorio.
Ma perché tutti cercavano di abbordarmi?!
Sarà il fascino da poeta coronato di alloro?
Lanciai un’occhiatina di sfuggita a Virgilio per vedere la sua reazione e notai che la sua fronte era aggrottata a tal punto da sembrare la pelle grinzosa di una tartaruga.
Decisi di ignorarlo, per il momento, e di chiarire il malinteso con l’anima. “Senti, ti stavo guardando solo perché mi sembrava di averti già visto con i capelli asciutti.”
“Oh! È per caso una nuova frase da rimorchio questa? Facciamo stasera sotto il mio mucchio di merda?”
“No! Ora che ci penso, io ti conosco davvero! Tu sei Alessio Interminelli da Lucca. È per questo che ti stavo guardando più degli altri.”
Il dannato fece una faccia disgustata. “Quindi sei anche uno stalker!”
Quanto avrei voluto fargli mangiare lo sterco che aveva sui capelli! “Senti, sto facendo un sondaggio a scopo di marketing tra i dannati. Puoi dirmi perché sei qui e a quanto ammonta la tua bolletta del gas?” chiesi in tono sarcastico “Giuro che dopo ti lascerò in pace.”
Lui cominciò a battersi il capo ed in quel momento temetti seriamente per la sua sanità mentale. Invece, Alessio si decise a rispondermi seriamente. “Sono qui, nella merda, perché in vita sono stato un leccaculo. Così ora mi tocca leccare veramente quello che è nel culo delle persone. Che schifo! Dio ha veramente un gran senso dell’umorismo.” Ripensai con disgusto alla cioccolata calda che avevo bevuto qualche giorno prima.
La mia guida ricatturò la mia attenzione stringendomi il braccio con troppa forza. Era forse arrabbiato con me? Ma no! Virgilio non era il tipo da ingelosirsi per certi malintes…Ahia il braccio!
“Guarda là Dante. Vedi quella meretrice? Quella figlia di una brava sbrisolona? È Taide, la prostituta adulatrice. Perciò, se proprio vuoi farti un giro con un’anima, ti suggerisco di andare da lei, almeno Taide lo fa di mestiere.”
Ok, dopo quest’ultima frase ero più che certo di una cosa: Virgilio era geloso, saremmo finiti con l’insultarci a vicenda per un tempo troppo lungo e io non ne avevo proprio nessuna voglia.
Era arrivato il momento di chiarire la situazione.


Ecco un'altra fanart da parte di LovelyAndy  :D
https://m.facebook.com/448336835267444/photos/a.449867365114391.1073741836.448336835267444/483483718419422/?type=1&source=46
Ragazzi, sarà che sono scema io, ma a mettere il link della fanart in questo capitolo ci ho messo dieci minuti xD
Seconda fanart di LovelyAndy per questo canto :D :
https://fbcdn-photos-b-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn2/t1.0-0/10314689_495601477207646_356460431748125009_n.jpg

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Capitolo 19
*** Inferno, Canto XIX ***


Eeeeeeeed eccoci tornate con un nuovo canto! Questa volta l'abbiamo finito moooolto prima del previsto e non vedevo l'ora di postarlo! Purtroppo abbiamo dovuto cambiare alcune scene del canto vero in cui Vigilio prendeva in braccio Dante perchè era RIDICOLO. Scusate ma col fatto che abbiamo fatto Dante un po' più grintoso non mi sembrava il caso di sminuirlo a quel modo -.-
Buona lettura ed alla prossima settimana!


Canto XIX
 
Dante
 
Ok, Dante, forza e coraggio e ricordati che Roma non è stata costruita in un giorno!...Ma che cosa c’entra?! Vabbè, lasciamo stare.
Era arrivato il momento di farsi coraggio e di affrontare direttamente il mio maestro. Non gli avrei rivelato i miei sentimenti, non per il momento, sapevo di non essere ancora in grado di farlo, ma avrei finalmente chiarito un paio di cosette fra di noi.
“Andiamo Dante, dobbiamo recarci nella terza bolgia, e non abbiamo tempo da perdere in sciocchezze.” Disse in tono sbrigativo Virgilio voltandomi le spalle.
Ah! Ma cosa sono, il suo cane?
Non l’avrebbe passata liscia anche questa volta.
Tu non mi conosci Virgilio, tu non mi conosci affatto. “No.”
Virgilio si bloccò di scatto, come se fosse stato appena fulminato si girò lentamente verso di me. “Cosa vuol dire ‘no’?” Il suo sguardo lasciava a intendere quanto il mio rifiuto fosse servito solamente  a far aumentare la sua irritazione.
Deglutii rumorosamente ma cercai di mantenere un certo contegno per non farmi intimidire, altrimenti non sarei riuscito a dire tutto ciò che avrei voluto.
Guardalo negli occhi.
“Ascolta maestro, penso che dovremmo parlare.”
“Te l’ho già detto: solo se ti togli l’infula…”
Repressi a malapena un brivido ma non mi demoralizzai. “Non è di quello che dobbiamo parlare, maestro.”
“E allora di cosa diavolo…”
“Della tua GELOSIA!” urlai spazientito.
La mia guida spalancò gli occhi. “Geloso? IO? E di chi?”
E se mi fossi sbagliato?
“Non fare il finto tonto con me, Virgilio!”
Virgilio ebbe un moto di sorpresa. Forse perché l’avevo chiamato direttamente per nome, forse perché l’avevo urlato o forse entrambe le cose.
Ops.
Tossicchiai e tentai di ricompormi. Non era il caso di perdere la calma a quel modo se potevo evitarlo ed in quel momento almeno uno di noi due doveva fare la persona matura. “Quello che voglio dire è che mi hanno infastidito le tue accuse ingiustificate. Insomma, è vero che le anime mi stavano facendo avances, ma io non ero interessato! E poi a me non piacciono nemmeno così tanto le don…” mi congelai prima di finire la frase.
Ma ormai il danno era fatto.
Virgilio mi fissava come paralizzato. Tutta la rabbia che mi aveva riversato contro fino a pochi istanti prima sembrava svanita dal suo volto per lasciare posto a…
Stupore? Sconcerto? Intravidi una scintilla lontana nel suo sguardo…Soddisfazione?
“Ho sentito bene?” mormorò, rivolto quasi più a se stesso che a me.
Io non risposi, sinceramente non sapevo che cosa fare. Confermare, negare? Non sapendo decidere, me ne stetti zitto.
“E Beatrice? Non eri perdutamente innamorato di lei?” mi domandò sospettoso.
Sospirai profondamente. Come spiegare i miei sentimenti a Virgilio senza scoprirmi troppo?
“Beh, diciamo che viaggiando qui con te, nell’Inferno, ho capito quanto il mio amore per Beatrice non sia vero. Non è stato solo un viaggio fisico ma anche un viaggio dentro me stesso. E mi sono reso conto di cose che prima non capivo. Ora so. Amo Beatrice beh, soltanto in modo platonico, ecco. Brunetto mi ha aiutato a capirlo.” E non sai quante altre cose mi ha aiutato a capire… “E poi, andiamo, l’avrò vista sì e no due volte! Non posso innamorarmi realmente di una persona solo dopo una volta che l’ho vista! La devo conoscere più a fondo!”
Virgilio parve rifletterci su prima di annuire comprensivo con aria grave. Esalai un sospiro di sollievo; il peggio era passato.
“E per quanto riguarda il fatto che non ti piacciano le donne?”
O forse no.
Maledii mentalmente il mio maestro e la sua memoria che in tante occasioni ci era stata utile. “Beh, quelle sono scelte di vita, no?” replicai e no, non stavo mettendo il broncio, ok?!
Bravo, che bella risposta, quasi quasi mi faccio un applauso da solo.
Il sorriso che il mio maestro mi rivolse avrebbe fatto invidia al dio Apollo.
“Forza, vieni.” Mi disse, rimettendosi in cammino.
Eh?
 “Ma come? Tutto qua? Non dici niente?!”
“Cosa dovrei dire? – Oddio che schifo, Dante, non voglio più fare questo viaggio con te! - ? Ma andiamo! E poi non è proprio una sorpresa…in effetti un po’ si capiva.”
Rimasi a fissarlo a bocca aperta. Ceeeeeeeerto. E la mia veste è di un bellissimo giallo canarino…Se era così ovvio perché non mi ha mai detto nulla allora?! Perché mi lascia sempre in attesa come una nonnina dal salumiere, cos’è, devo prendere il numerino per una risposta completa? Quanto vorrei che tutto fosse più…semplice.
“Ehi, un momento! Cosa intendi con ‘si capiva’?!”
Lui si mise a ridere e continuò per la sua strada. Ed ovviamente non potevo far altro che seguirlo.
Ci trovavamo nella terza bolgia, su quella parte del ponte roccioso che cade perpendicolarmente nel mezzo della fossa. Lungo le pareti e sul fondo della bolgia vidi che dei piccoli fori tondi e tutti del medesimo diametro bucavano la pietra grigia. Quei fori mi ricordavano vagamente quelli nel mio battistero di San Giovanni. Mi ricordo ancora come se fosse ieri quando un ragazzo stava per affogare in uno dei fonti battesimali. Si salvò solo grazie al mio pronto intervento, altrimenti sarebbe stato spacciato.
“Ma davvero? Ha rischiato di affogare? In una fonte battesimale!?” Non mi ero accorto di aver parlato ad alta voce ma ero contento che i miei ricordi provocassero una reazione tanto ilare al mio maestro.
Sogghignai un poco. “Mah, sai i battisteri, sono un po’ pieni di gente strana”.
Poi, strizzando gli occhi per scorgere meglio i fori, mi accorsi che dall’imboccatura di ciascuno di essi sporgevano i piedi e le gambe di un peccatore fino alla coscia, e il resto del corpo era nascosto all’ interno. I loro piedi erano arsi dalle fiamme, gambe si dibattevano convulsamente in preda al dolore.
“Ehm, maestro, chi è quel dannato che sembra un tonno tirato su all’amo? E che è bruciato da una fiamma più rossa delle altre?”
Ah, cavolo! Speriamo che non si accorga della similitudine…
Ma evidentemente l’improvviso buon umore del mio maestro lo aveva reso anche più tollerante. “Quello? Che ne dici se andiamo ad incontrarlo insieme? Vieni, passiamo per il pendio meno ripido. Non vorrei ti stancassi troppo! Il viaggio è ancora lungo e ci conviene risparmiare le energie.”
Arrossii di botto per la sua inaspettata gentilezza. “C-come vuoi tu, maestro. Tu sei la guida, sai che io seguo il tuo volere e so che tu decidi per il meglio e conosci anche i pensieri che non esprimo.” Il più delle volte… “Così sia, passiamo da lì”conclusi.
Virgilio mi lanciò un’occhiata soddisfatta. Proseguimmo fino ad arrivare al quarto argine; voltammo e discendemmo verso sinistra là giù nel fondo stretto da percorrere e sforacchiato come un colapasta. Il mio maestro non mi lasciò la mano che non mi ero accorto stesse stringendo finché non mi portò vicino al foro del dannato a cui mi ero interessato.
“Ehi tu! Sì, dico a te che te ne stai capovolto, piantato come un palo! Non è che puoi parlare con me?”
La sua risposta mi sorprese non poco.“Bonifacio? Ma come, sei già qui anche tu a fare il totem? “
Rimasi di sasso. Bonifacio!? Tra tutti i nomi perché proprio quello…
Una rapida goccia di sudore giù per il collo. Il dannato continuava a parlare.
“Non ti aspettavo fino a…beh, qualche anno. Ti sei già stancato di corrompere la Chiesa con le tue stramaledette ricchezze?”
Come aveva potuto scambiarmi per Bonifacio VIII?!? Non riuscivo a reagire tanto era il mio shock.
Per fortuna, ancora una volta il mio maestro era lì per me. “Forza, Dante, non restare lì imbambolato! Devi dirgli che non sei tu Bonifacio!” mi esortò.
Dopo un attimo di smarrimento, risposi esattamente come mi era stato suggerito.
Lo spirito, agitò i piedi per il disappunto. “E allora che cavolo vuoi?! Non vedi che sono un tantino occupato al momento? Se ti interessa così tanto sapere chi io sia, sappi che io fui papa Niccolò III , della famiglia degli Orsini. E prima che tu faccia battute di qualunque tipo: no, non ci chiamiamo così perché somigliamo a piccoli orsi! Tornando a noi. Feci cose squallide per accumulare grandi tesori, per accrescere il prestigio dei miei congiunti. Simonìa.” Sibilò. “Con i soldi guadagnati mi sono comprato un posto in prima fila quaggiù a fare da lampione. Uno scambio equo, non ti pare? “ Grugnì sarcastico “ Sotto di me sono stati trascinati giù, verso il fondo, gli altri pontefici miei simili, coloro che mi hanno preceduto, appiattiti adesso nelle fessure della roccia. Anche io farò la loro stessa fine quando arriverà Bonifacio, se per caso te lo stessi chiedendo. Ma, sfiga vuole, il tempo che io avrò trascorso a fare arrostire i miei piedi sarà più lungo di quello di Bonifacio perché, come al solito, arriverà un papa peggiore di lui. Non mi credi? E invece è vero! Questo papa verrà da occidente e sarà un nuovo Giasone, come si legge nei Maccabei: questo vuol dire che in Francia saranno mooooooolto condiscendenti con lui.”
Preso dalla rabbia nata dalle sue parole, la mia bocca si staccò dal cervello e cominciò a parlare senza controllo. “Certo che siete proprio dei ganzi voi papi! Dio non ha mica comprato san Pietro! Gli ha solo chiesto di seguirlo! E nemmeno Pietro o gli altri pretesero denaro da Mattia quando dovette sostituire Giuda! Perciò stai pure lì ad arrostire, bello mio e tieniti stretto il denaro che hai accumulato in vita! E se non fosse per il fatto che ho rispetto per la religione e per gli anziani a quest’ora te ne avrei dette quanto a un cane! Persino san Giovanni parla di voi papi corrotti! Il vostro Dio è d’oro e d’argento, qual è la differenza tra voi e i pagani che tanto condannate?!” Mi voltai immediatamente verso Virgilio. “Scusa maestro, non era mia intenzione offenderti.”
La mia guida scosse la testa e mi fece cenno di continuare. Avevo l’impressione che se avesse potuto, Virgilio si sarebbe seduto comodamente per godersi lo spettacolo con un pacco di popcorn.
“E al povero Costantino non ci pensi, Niccolò? Il poveretto si è convertito, ha donato Roma alla Chiesa...” sentii Virgilio tossicchiare in modo eccessivamente artificioso, ma non vi diedi gran peso, “...e voi papi che cosa avete fatto? Ne avete approfittato per arricchirvi!”
E mentre gli dicevo tutte queste cose, l’anima scalciava, forse in preda all’ira o al rimorso.
Penso proprio che a Virgilio fosse piaciuto il mio discorso, infatti mi ascoltò fino alla fine con volto compiaciuto e orgoglioso. Quindi mi strinse in un forte abbraccio e mi tenne così per qualche istante. Poi mi lasciò andare, mi prese la mano e risalì per la strada da cui era disceso. Per tutto il tempo mi tenne abbracciato in quel modo e non sapevo per quale miracolo la mia faccia non fosse esplosa per l’imbarazzo. Sciolse le dita dalle mie solo quando fummo sulla sommità del ponte che segna il passaggio dal quarto al quinto argine. Da lì si poteva intravvedere la prossima bolgia e la strada ripida e accidentata che ci avrebbe condotto lì. Ma niente in quel momento poteva mettermi paura perché l’abbraccio del mio maestro mi aveva come ridestato da un sonno profondo e mi sentivi più in forma che mai!
“Dante?”
“Sì, maestro?”
“La Donazione di Costantino è un falso.”
“Ah”.

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Capitolo 20
*** Inferno, Canto XX ***


Ehilà! Eccoci tornate con un nuovo capitolo! Siamo finalmente giunti al ventesimo, ormai manca poco alla fine dell'Inferno :D
Questo canto era veramente, ma veramente noioso, infatti all'inizio pensavo che fosse venuto uno schifo. Poi l'ho lasciato in mano ad I. e a D. e...beh, lo vedrete xD Sappiate dunque che dovrete ringraziare loro per la maggior parte delle batutte carine perchè purtroppo a questo giro non mi è venuta abbastanza ispirazione per farne D:

Auguro a tutti una buona lettura (e abbiate pazienza con questi due poveri disperati -.-).

Canto XX
 
Virgilio
 
 
Non sapevo se ridere o mettermi a piangere. Come avevo fatto a non accorgermene prima? Insomma, quello cieco era Omero, non io! E’ vero che Dante a volte si comportava un po’ da femminuccia, però via, pensavo fosse l’età; si sa che i ragazzi hanno un po’ sempre queste crisi di orientamento sessuale…Poi con tutto quel suo parlare della bionda sbrisolona…Beh, diciamocelo, all’inizio del viaggio non faceva altro che dire “Beatrice di qua” e “Beatrice di là” e “Ma quindi ti ha mandato Beatrice?” o “Quando incontreremo Beatrice?”…Ok, forse non l’aveva detto ma vedevo che lo pensava! Anche se, in realtà, ripensandoci ora, il viaggio era stato più un “Maestro, posso parlare con quell’anima?”, “Maestro, chi è quello?” o “Sì, maestro!”, “Hai ragione tu, maestro!”, “Come sei intelligente, maestro!” e durante il nostro ultimo battibecco  “No.”
Sul serio, il bel bussolano mi aveva stupito. Per una volta non si era lasciato mettere i piedi in testa nemmeno da me e stranamente, nonostante fossi arrabbiato con lui, assieme all’irritazione, avevo sentito anche una lieve punta di orgoglio.
Ma che arrabbiato! Tu eri GELOSO. Perfino Dante se n’è accorto!
No, no, no. Sciocca vocina inopportuna. Smettila! E’ impossibile. Geloso? Io? Ma figuriamoci!
Eppure…Va bene, forse avevo avuto una reazione un po’ esagerata, ma vedere il MIO fiorentino venir corteggiato da più anime aveva risvegliato la parte più possessiva del mio essere. Mi sentivo come Tarzan e sapevo che la prossima volta che un’anima avesse provato a rimorchiare Dante, probabilmente avrei avuto una tipica reazione da uomo scimmia ed avrei urlato: “Dante MIO!”
O forse avrei potuto lanciare dello sterco…in quel caso avrei fatto meglio a tornare nella bolgia precedente per farne una bella scorta…
Oh, giusto, le bolge. Dovevo smetterla di perdermi nei miei pensieri. Che poi non erano nemmeno pensieri, era un pensiero, uno, unico e snervante: l’unica cosa sulla quale ragionavo era Dante e fino ad ora non ero arrivato da nessuna parte. Insomma, sì, il fiorentino era gay. Yuppy aye! Auguri e felicitazioni! Unicorni e dugonghi arcobaleno per tutti! Ma questo non voleva dire che era interessato proprio a ME. Avevo come la sensazione che più che provare attrazione verso di me, lui provasse un grandissimo rispetto. Non che non ne fossi lusingato, ma desideravo qualcosa di più di semplice rispetto.
O magari mi sto facendo un sacco di pippe mentali ed in realtà Dante prova qualcosa per me, ma è troppo timido per dichiararmelo e sta aspettando che io faccia la prima mossa…Nah! Ma figurati!
Ahhhh! L’avevo fatto di nuovo! Stupido Virgilio, stupido! Concentrati sulle bolge. Ricordi? Il Boss ti ha incaricato di guidare Dante, non di portartelo a letto!
Sì, dovevo solo concentrarmi su qualcos’altro. Per esempio il paesaggio!
Terreno freddo, umido, bagnato dalle lacrime delle schiere di anime silenti che avanzavano in lenta e funerea processione, lamenti, grida, pianto: pianto che scendeva a pioggia dai volti dei dannati, come per irrorare quella polvere sterile, dalla quale mai nulla sarebbe cresciuto….…Nah, decisamente nulla di interessante. Sempre le solite cose. Che palle. Tranne per il fatto che quei dannati avevano le teste girate al contrario, ma quella per me non era una vera e propria sorpresa visto che ero un esperto della struttura dell’Inferno e del Purgatorio.
Tornando a noi, le anime sembravano un branco di gamberi impazziti e sarei scoppiato a ridere se non avessi notato il luccichio negli occhi di Dante.
Oh, no! Ci risiamo! Ti prego non piangere, ti prego non piangere, ti prego non piangere, ti prego non piangere…
Lo vidi appoggiarsi a uno degli spuntoni rocciosi dello scoglio pietroso su cui ci trovavamo. Sperai intensamente che si sarebbe asciugato gli occhi e che non si sarebbe lasciato commuovere. E invece…3…2…1…Ma guarda te! Riesce a far scendere più acqua della Fontana di Trevi!
Non ce la feci più a quel punto e mi sentii costretto a prendere parola. “O Dante! Ma dopo tutto quello che hai visto qua dentro, ancora piangi nel vedere la sofferenza delle altre anime? Guarda che quelli lì il Boss li ha puniti giustamente, mica fa le cose a metà lui! Ricordati che non possiamo giudicare il lavoro divino. Guarda un po’ chi c’è laggiù. Lo riconosci? Si chiama Anfiarao ed è quel tizio a cui si aprì la terra sotto i piedi di fronte ai tebani. Hai in mente quando fai una figura di merda e vorresti sprofondare un kilometro sotto terra? Beh, l’ effetto più o meni fu quello. Sparì come per magia. E guarda caso questa bolgia è proprio quella degli indovini. Lo sai perché ha la testa girata così? Perché ha voluto vedere troppo avanti e adesso guarda e cammina all’indietro. Non finirò mai di ripeterlo, il Boss ha un senso dell' umorismo superlativo!”
Lo vidi impallidire. “Ma, maestro…”
“Aspetta prima di dare aria alla bocca. Guarda là, vedi Tiresia? È uno dei più antichi transessuali. Si trasformò da uomo a donna per punizione divina, poi però tornò come prima. Meno male, era una donna un po’ baffuta se vuoi sapere la mia opinione sai, un po’ come quelle del circo. E tutto perché per puro sadismo separò due serpenti mentre si stavano accoppiando. Inutile dire che si erano incavolate come delle serpi…scusa il gioco di parole. Invece quello lì è Aronte, quello con la schiena dietro il ventre di Tiresia. Fu un famoso indovino etrusco; faceva l’eremita sui monti di Luni, tra le pietre candide delle Alpi Apuane, in una grotta con vista spettacolare sui monti e sul mare. Quella che invece si sta coprendo il seno con i capelli sciolti, ma che sulla parte del corpo che non vedi è pelosa come uno yak, è Manto. Ella peregrinò per molte terre e poi si fermò dove nacqui io. Adesso però abbi ancora un attimo di pazienza perché oggi ho voglia di raccontarti qualche storiella.”
“Maestro…”
“Dunque, per farla molto spicciola, dopo che Tiresia morì, Manto girò a lungo per il mondo. Ora, lasciando perdere tutti i riferimenti geografici che sono sicuro ti piacerebbero molto ma che non ho né il tempo né la voglia di fare, passiamo subito al sodo. Hai presente Peschiera? Lì vicino c’è un lago, da cui scorre il fiume Mincio, fino a Governolo, dove sfocia il Po. Dopo un breve corso, il fiume trova un avvallamento dove si allarga fino a creare una palude. Ecco, passando di qui, quella verginella crudele, notò che non c’era un’anima viva in quel territorio, quindi si fermò lì con i suoi servi per esercitare la magia. Visse lì e una volta morta vi lasciò il suo cadavere a putrefare tra i vermi e…sì beh, schifezze del genere. Poi gli abitanti che erano disseminati lì intorno giunsero in quel luogo, ben difeso grazie alla palude da cui era circondato. E questi geni cosa fecero? Ovviamente ci costruirono sopra una città! E, in onore di Manto, la chiamarono Mantova. Sai, una volta era un città molto abitata ma poi quel cretino di Casalodi si fece convincere da Pinamonte ad esiliare molte famiglie nobili. Ovviamente il furbo fu ripagato con la stessa moneta da Pianmonte. Mi raccomando, Dante. Questa che ti ho raccontato è la vera versione della nascita di Mantova. Se dovessi sentirne altre sappi che sono state cambiate e scopiazzate dall’originale. Lo so che il diritto del copyright è scaduto da un pezzo ma le altre versioni fanno sembrare Mantova la città della magia!”
Presi fiato.
Cavolo, era da tempo che non parlavo così tanto.
“Maestro?”
“Sì, Dante? Qualche domanda?” Ah, com’era faticoso tenere conferenze…
Il fiorentino pareva imbarazzato. Ma come poteva non esserlo dopo aver pianto così, come un mocciosetto?
“Ehm, volevo dirti che prima non stavo piangendo. E’ che mi è entrato qualcosa nell’occhio.”
“…”
“Ma ho apprezzato il tuo sforzo di distrarmi per risollevarmi il morale!”
Lo guardai malissimo. “E non potevi dirmelo prima?! Ti rendi conto di quanto tempo abbiamo perso?!”
“Lo so, maestro, mi dispiace. Ehm, però non è che mi potresti dire se vedi qualche anima interessante con cui parlare? Credimi, mi è piaciuta moltissimo la tua versione delle origini di Mantova e non voglio assolutamente offenderti ma…ci pensi a quante anime ganze possiamo conoscere?!”
Accidenti, era proprio carino quando si lasciava prendere dalla curiosità. Sospirai pesantemente, per dargli l’idea che fossi scocciato, sebbene in realtà fossi semplicemente rassegnato.
Tanto lo sapevo che sarebbe andata a finire così.
“Quello con la barba bruna è l’augure Euripilio che indicò con Calcante, durante la guerra di Troia, il momento propizio per salpare dall’Aulide. C’è anche…”
“Nell’Eneide!” esclamò entusiasta Dante. “Lo so, maestro. Te l’ho detto che l’ho letta tantissime volte! La so quasi tutta a memoria, la tengo sotto il cuscino, ne ho sempre dietro una copia, ci ho scritto sopra tantissime fanfic…ehmehmehm…”
Mentirei spudoratamente se dicessi che non mi intenerii di fronte a quella scena. Era sempre così bello ascoltare un fan che discuteva con te delle tue opere.
Ripresi da dove mi ero interrotto. “Quell’altro magrolino è Michele Scotto, un grande mago. E prima che tu possa pensare a qualche battuta: no, non brucia, ti lascio immaginare cosa possa aver passato da ragazzino con un nome così. Laggiù invece c’è Guido Bonatti e strizzando un po’ gli occhi, saltellando un po’ sul piede destro e cantando l’Epitaffio di Sicilo in chiave rap dovresti riuscire a scorgere Asdente, che si pente di non essere rimasto a fare il calzolaio. Beh, al posto suo mi sarei pentito anch’io. Ed eccoci giunti al pezzo forte delle presentazioni! Vedi quelle sciagurate? Quelle sono indovine della peggior specie, quelle che sono solite preparare pozioni d’amore. Ma ti rendi conto che c’è gente che compra quella roba!? Ridicolo! Ora però basta parlare. Sono più o meno le sei del mattino. Ieri notte c’era la luna piena eppure non ti ha aiutato granché mentre eri nella selva oscura. Perché non prendi in considerazione l’idea dei sassolini? Ho sentito che aiutano…” lo presi amichevolmente in giro nella speranza di innescare una qualche reazione. Accidenti, stavo cadendo davvero in basso; era uno di quei momenti in cui provi di tutto per fare conversazione e finisci per fare la figura del cretino. Beh, mi annoiavo, va bene?
No, tu non vuoi fare conversazione; tu vuoi fare qualcos’altro, ammettilo…Ahh! Ora basta, taci vocina irritante!
Dante mise su un broncio degno di un bambino di due anni. “Grazie per aver messo il dito nella piaga, maestro.”
“Oh, andiamo! Lo so che mi adori.” Gli feci l’occhiolino e proseguii, ignaro del modo in cui il fiorentino si era paralizzato alle mie parole.
 
Ecco un altro disegno fatto da LovelyAndy :)

https://m.facebook.com/448336835267444/photos/a.449867365114391.1073741836.448336835267444/487102284724232/?type=1&source=46

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Capitolo 21
*** Inferno, Canto XXI ***


Ciao a tutti! Scusate se la scorsa settimana abbiamo saltato la pubblicazione ma eravamo impegnate tutte e tre in un evento sportivo (ed io ero piena di verifiche -.-), ma per farci perdonare vi stiamo preparando una sorpesa... :D Non vi dirò nulla di più perchè altrimentinon sarebbe una sorpresa ù.ù
Finalmente D. è tornata! Ora sto aggiungendo le sue correzioni ai canti 21-22-23 :) Buona lettura a tutti!
Ah, dimenticavo, in fondo alla pagina trovate il link per il bellissimo disegno fatto da I. e in fondo allo scorso capitolo quello per la fanart di LovelyAndy.
 
Canto XXI
 
Dante
 
Sì, Virgilio. Ti adoro.
Perché? Perché Virgilio doveva dire certe cose con tanta nonchalance?! Una sua battuta innocente (Nota dell’autrice: Dante si sta riferendo all’ultima frase che ha detto Virgilio nello scorso capitolo: “Oh, andiamo! Lo so che mi adori.” Seguita, tra l’altro, da un occhiolino) era bastata a far assumere al mio viso il colore della mia veste!
Il  maestro mi stava minando l'autocontrollo, senza nemmeno farlo apposta!
O sì?
Sul momento sembrava tutto così intenzionale, tutto a senso unico, ma poi finiva la magia e lui tornava a comportarsi come se fosse stato tutto uno scherzo tra amici.
A volte, arrivavo addirittura a credere che esistesse una congiura contro di me; era una continua provocazione, un costante, sadico stimolo esercitato sui miei impulsi più profondi, su quella parte di me che avevo cercato disperatamente di sopprimere, quella bestia ancestrale, insita dalla notte dei tempi nell'animo umano, latente e tuttavia vigile, che ora tornava a ruggire con forza…
…la lonza…
Ed essa aveva ringhiato, aveva lottato, quando Virgilio mi aveva  stretto al suo petto; quando con un mezzo-bacio aveva posato le sue labbra sulle mie (Nota dell’autrice: Dante si riferisce all’ottavo capitolo. Ehi, quante note in questo canto! :D); quando ancora mi aveva difeso dai centauri, dai diavoli, da una moltitudine di mostri, bestie, anime, larve di quello che furono in vita, che non vedevano l’ora di dirmi: “Ma tu sei vivo! Allora sei proprio scemo per essere venuto qui di tua spontanea volontà”. Ma allo stesso tempo, questi esseri che non facevano altro che insultarmi o attentare alla mia vita, sembravano quasi provare un gusto perverso nell'avvicinare me e Virgilio, sia fisicamente sia per quanto riguarda la sfera sentimentale, senza però lasciarci mai toccare. In più occasioni, durante questo viaggio, mi ero domandato se esistesse una sorta di gioco segreto fra queste creature, che consisteva nel mettere assieme me ed il mio maestro. Subito dopo, però, mi rendevo conto dell’assurdità delle mie congetture e me ne dimenticavo.
Ma andiamo! Figuriamoci se adesso tutte le anime dell’Inferno ci shippano!
Mi sentivo di nuovo ragazzino, quando io e Guido ci divertivamo a scrivere fanfiction, usando degli pseudonimi (anche se AquilottoGuelfo65 era facilmente riconoscibile), prima di diventare famosi. Fortunatamente Brunetto non le aveva mai trovate in camera mia, altrimenti si sarebbe fatto un sacco di risate. Più di quelle che si era fatto quando aveva scoperto della mia scommessa con Guido e aveva visto cosa nascondevo sotto l’infula…
Brr…meglio non pensarci.
Il mio povero insegnante era morto poco dopo, ma almeno se n’era andato con il sorriso sulle labbra.
Se Virgilio dovesse mai scoprire cosa nascondo qua sotto…No no no no, meglio non pensarci. Dai, devo concentrarmi sul mio viaggio. Altro giro, altra bolgia!
“Dante! Ma ti muovi?” Accidenti! Perso di nuovo tra mille pensieri, non mi ero accorto di quanto il mio maestro fosse andato avanti rispetto a me.
“Arrivo! Aspettami!!”
Lo raggiunsi in fretta e furia, alzandomi la veste come una Cenerentola in corsa verso la zucca  a mezzanotte meno un minuto. Il mezzo sorriso di Virgilio mi lasciò intendere quanto fosse ridicola la scena; ero piuttosto imbarazzato, ma poco mi importava. Non era il caso di rimanere indietro, né di far innervosire la mia guida. Mi avrebbe fatto troppo male.
Cominciammo a parlare del più e del meno. Virgilio appariva piuttosto tranquillo e propenso a raccontarmi di altre sue esperienze giovanili, tra cui la volta in cui per sbaglio aveva sorpreso Orazio e Mecenate intenti a letteralmente risucchiarsi la faccia a vicenda dopo una visita di Augusto.
“E pensa che li ho fatti conoscere io, hehe”
 Il mio maestro raccontò l’evento con tanta enfasi e dovizia di particolari, che solo il pensiero mi fece arrossire, di nuovo.
Ti sarebbe piaciuto essere al loro posto, magari con Virgilio, eh?
Taci. Non pensare a Virgilio, non pensare a Virgilio…
E così, tra un discorso e l’altro, arrivammo, dal ponte della quarta, a quello della quinta bolgia. Eravamo sul punto più alto del ponte, quando ci fermammo per osservare il fossato che questa bolgia ci presentava e lo trovai alquanto buio. Aguzzando gli occhi, notai che laggiù ribolliva della pece densa, che ricopriva entrambe le ripe. In mezzo a quel nero mantello, riuscivo a distinguere solo le bolle d' aria che affioravano lentamente alla superficie e scoppiavano con un cupo "blob". Mentre scrutavo attentamente il fondo della bolgia, la mia guida mi tirò a sé, quasi facendomi cadere, sussurrandomi: “Psst, guarda!”
Allora mi voltai impaurito, perché il tono di Virgilio non poteva presagire nulla di buono. I miei dubbi vennero subito confermati: dietro di noi stava correndo un essere dal volto bestiale, feroce; nero come la notte, le ali aperte, come vele spiegate al vento di bufera, agile, veloce, pericoloso. Ma la cosa che più mi fece rabbrividire era il carico che portava sulla spalla ossuta: un peccatore tenuto fermo con gli artigli per il tendine del piede.
Dal ponte su cui ci trovavamo, si rivolse ai suoi compagni poco distanti: “Ehi, ragazzi! Guardate un po’ chi ho qui! È uno dei magistrati di Lucca! Inzuppatelo come una fetta biscottata, che io torno di nuovo in quella città così ben fornita di peccatori. Sembra la sagra del politico corrotto! A parte Bonturo, che è un bravo ragazzo, sono tutti così corrotti che basta pagarli e ti vendono pure l'anima." Detto ciò, buttò l’anima nella pece in stile dado da brodo e tornò a correre per il ponte roccioso.
Il dannato si tuffò nella melma scura e tornò in superficie avvolto dalla sostanza densa, vischiosa e bollente, spalancando la bocca in un grido disumano, il torace che si contraeva e dilatava spasmodicamente nella ricerca dell'aria fetida dell'Inferno. Ma i demoni, nascosti sotto il ponte, gridarono: “Ma cosa sei?! Un tuffatore olimpico? Guarda che qui non sei a giocare nel canale dietro casa! La festa è finita, giù la testa, se non vuoi essere pestato a dovere!"
Lo afferrarono con numerosi uncini acuminati, di quelli che si usano per appendere i quarti di manzo dal macellaio. “Vediamo quanto riesci a trattenere il fiato.” E lo reimmersero a forza nella pece.
Virgilio allora mi affiancò. “Nasconditi dietro quella roccia e non farti vedere per nessun motivo.” Mi sussurrò.
Lo guardai allarmato. “Maestro, che vuoi fare?” Chiesi, temendo che stesse per commettere qualche sciocchezza.
Lui mi sorrise fieramente. “Non preoccuparti per me, Dante, so come gestire queste situazioni. Già un’altra volta mi sono trovato in mezzo ad una rissa fra demoni e non mi è andata male.” Cercò di tranquillizzarmi. Ma il solo pensiero che qualcuno potesse ferire il MIO maestro mi raggelò il sangue.
“Maestro, aspetta…” Ma lui se n’era già andato. Dopo oltrepassò l’estremità del ponte e, come giunse sull’argine che separa la quinta bolgia dalla sesta, indossò una maschera di impassibilità.
Non appena lo scorsero, i diavoli uscirono da sotto il ponticello con violenza ed aggressività e rivolsero contro di lui i ferri uncinati che avevano in mano, scoprendo i denti come cani rabbiosi. A quel punto temetti veramente che per Virgilio sarebbe finita una volta per tutte, ma la mia guida non si lasciò intimidire. “Fermi tutti! Prima che facciate qualche sciocchezza, che venga avanti uno di voi ad ascoltarmi e solo allora deciderete se e come usare quegli uncini.” Concluse con un ghigno spavaldo.
Tutti gridarono: “Vai tu, Malacoda!” Tra due ali di diavoli se ne fece avanti uno più grosso, più cattivo, più nero se possibile, mentre gli altri si immobilizzarono.
Si avvicinò a Virgilio, faccia a faccia, così vicini da potersi quasi sfiorare il naso. Malacoda lo sovrastava di tutta la testa. Arrogante e minaccioso, gli sfiatò in viso tutto il suo disprezzo. “Quindi? Sputa il rospo o fatti uncinare. Non ho tutto il giorno.”
“Pensi forse che io sia arrivato illeso sino a qui per mera fortuna?” nonostante il tentativo d’intimidazione, l’audacia di Virgilio non si era neppure scalfita “Sappi che ho la benedizione del Boss. Lasciaci passare, perché altrimenti qualcuno del Piano di Sopra verrà fin qui a dartele di santa ragione. Non hai di fronte a te l'ultimo arrivato. Fattelo raccontare dai tuoi allegri compari della città di Dite.” Lo minacciò. In quel momento ammirai il coraggio del mio maestro, che non si lasciava mettere i piedi in testa nemmeno dalle creature più nere dell' Inferno.
Malacoda, nel sentirgli pronunciare quelle parole, lasciò addirittura cadere l’uncino. “Non feritelo.” Disse lentamente, sputando ogni sillaba con sommo disgusto.
Virgilio, con un sorriso soddisfatto, si girò verso di me. “Visto? Che ti avevo detto? Tutto tranquillo! Ora puoi uscire, non temere!”
Allora mi mossi verso di lui, il più rapidamente possibile, mentre i diavoli avanzarono tutti, chiudendoci la strada. Quasi mi bloccai, temendo che non rispettassero la parola data, sicché, inconsciamente, mi spalmai con tutto il corpo sulla mia guida, senza mai distogliere lo sguardo da loro. In altri momenti quella posizione mi avrebbe imbarazzato e mi sarei distolto senza pensarci due volte, ma in quel caso non potevo fare a meno di restare appiccicato a Virgilio, avendo bisogno del suo coraggio. Da solo non avrei potuto farcela.
I diavoli, alla fine, abbassarono gli uncini e borbottarono fra loro. “Vuoi che lo tocchi sulla schiena?” chiese qualcuno. “Sì! Dagli un coppino bello forte!” rispose un altro.
Ma il demonio che aveva parlato con il mio maestro si voltò prontamente. “Fermati, Scarmiglione! Ma sei scemo?! Guarda che poi Quellodisopra ci ammazza veramente!” Poi si rivolse a noi. “Non potete passare su questo ponte perché quello che attraversa la sesta bolgia è crollato del tutto. Ma se proprio volete proseguire, potete incamminarvi su per questa roccia; vicino c’è un altro ponte attraversabile. Sono passati ben 1266 anni da quando la strada fu interrotta. Il figlio di Quellodisopra ama sempre farsi sentire, anche quando muore. Invierò in quella direzione alcuni dei miei a controllare che qualche dannato non abbia voglia di fare il furbo; andate con loro, non vi faranno del male… spero.”
Deglutii rumorosamente. Al ché il mio maestro mi prese la mano e me la strinse per rassicurarmi, ignorando l’occhiata divertita del diavolo. Quest’ultimo si volse verso i compagni. “ Alichino, Calcabrina, Cagnazzo, Libicocco, Draghignazzo, Ciriatto, Graffiacane, Farfarello, Rubicante, at-tenti!" Sputacchiò.
"E Barbariccia, che ha il nome più da pirata, sia il capo della spedizione. Perlustrate tutte le pozze di pece e accompagnate questi due piccioncini incolumi fino all’altro ponte. Toglietemeli da davanti, per Diana! Potrei vomitare”
Non facendocela più, a quel punto aprii bocca. “Maestro, ma non possiamo andare senza scorta? Se tu conosci la strada a me va bene stare solo con te. Non vedi che tutto questo” ed indicai i diavoli con i denti digrignati, che ci fissavano con odio, “è tutto una ‘trappola’? Secondo me ci faranno a pezzi alla prima occasione.”
Il mio maestro non si lasciò impressionare dalle mie parole. “Non avere paura, Dante! Lasciali pure digrignare i denti, ti assicuro che fanno così con tutti, non solo con noi due. D' altronde non giochiamo in casa, tutto è contro di noi, lo vedi. Dobbiamo saper sfruttare le situazioni.”
I diavoli si voltarono verso l’argine sinistro, ma prima di partire, ciascuno di loro, rivoltosi al capo in segno di intesa e lanciandoci un’occhiatina divertita, strinse la lingua fra i denti, facendo una pernacchia e Malacoda mollò un peto. I demoni si misero a ridere sguaiatamente alle nostre facce schifate.
Mi strinsi il naso fra due dita. “Anche questo lo fanno sempre?” domandai seccato, con voce nasale.
Trovai Virgilio nella mia stessa posizione. “Non. Una. Parola. Di più.”


Ecco il link per il disegno di I.:
https://fbcdn-sphotos-h-a.akamaihd.net/hphotos-ak-prn2/v/t34.0-12/10268179_1415759392021853_1853748219_n.jpg?oh=581c2537c04bbc41f036cf21633958ee&oe=5353FE95&__gda__=1398010618_e0c50335f69ee8082cb79065b902976d

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Capitolo 22
*** Inferno, Canto XXII ***


Sorpresa!!!!! Come augurio di buona Pasqua, ecco un canto nuovo tuttto per voi! :) D. è finalmente tornata e sto aggiungendo le sue correzioni ai canti 21-22-23 :D
P.S. Il canto è brutto perchè la scena si svolge principalmente fra i demoni e il dannato xD Scusateci ma ci è capitato questo come canto/sorpresa. Tra l'altro ieri avevo fatto un casino a mettere il canto nuovo perchè per sbaglio avevo messo questo. Fortunatamente me ne sono subito accorta e l'ho sostituito immediatamente xD
Bene, buona Pasqua e buona lettura a tutti!
Canto XXII
 
Dante
 
Nella mia vita di poeta, di combattente, di esule, avevo assistito a tanti eventi e, fra questi, ovviamente, rientravano anche le guerre. Ho visto la fanteria marciare in formazione, cavalieri caricare il nemico, disporsi in parata, scappare sbandati al gran galoppo per salvare la pelle, morire schiacciati sotto la loro cavalcatura ferita a morte dall' asta di qualche picchiere; ho visto soldati a cavallo nei dintorni di Arezzo, ho assistito alle loro scorribande, ai tornei, alle giostre corredate di trombe, trombette e quant’altro. Ma mai, in tutti i miei trentacinque anni di vita, mi era capitato di vedere fanti, cavalieri o navi muoversi al segnale di…di una SCOREGGIA!
Ma da quando in qua quello è un segnale?! Quello che il mio maestro ed io pensavamo essere un insulto nei nostri confronti era in realtà il loro “strumento di marcia”, come lo aveva definito Barbariccia, il capo della nostra spedizione.
E per l’amor del Cielo non voglio immaginare come diano il segnale di attaccare battaglia…
Non avranno mica scambiato "Pedites" con "peditum", spero! (Nota dell’autrice: il primo è fanteria, il secondo scoreggia)
Virgilio ed io ci trovavamo d’accordo sulla schifosità di quel gesto, chiunque potrebbe comprendere quanto l’azione ci avesse fatto ribrezzo. Noi eravamo poeti, per l’amor di Dio! Gente fine, di una certa classe, raffinati...non eravamo abituati a simili gesti volgari.
Anche se in effetti Guido russa come un trombone e fa le gare di rutti...
La sola idea di dovere stare in compagnia di un demonio mi metteva ribrezzo e paura, perciò chiunque può immaginarsi come mi sentivo seguendo non uno ma una masnada di ben dieci diavoli! Ma, beh, come dice il proverbio: “In chiesa con i santi, in taverna con i furfanti” ed essendo noi all’Inferno non potevamo che essere accompagnati da diavoli. Scrollai le spalle, tirai un sospiro (anche se me ne pentii quasi subito) e tenni dietro al gruppo.
Accettato con rassegnazione il mio destino, mi sforzai, per tutto il viaggio, di concentrare la mia attenzione sulla pece, per imprimere nella mente ogni aspetto della bolgia e delle anime che dentro vi bruciavano.
I peccatori parevano delfini per come arcuavano la schiena, cercando di alleviare il dolore della pena, e le ranocchie quando emergevano solo con la testa e subito la rituffavano nella pece non appena vedevano avvicinarsi Barbariccia.
Sfortunatamente, una delle anime non fu abbastanza veloce da rituffarsi nella scura melma bollente e Graffiacane, che era il più vicino al momento, lo afferrò con l’uncino per i capelli e lo tirò su, come un pesce preso all' amo, che si dimena in un ultimo disperato tentativo di riguadagnare la libertà, e tuttavia non ha scampo. L’episodio raccapricciante mi turbò profondamente ed il mio maestro, accorgendosene, congiunse nuovamente le nostre mani in una solida stretta, trasmettendomi serenità. Lo ringraziai con lo sguardo, sebbene ci lasciammo subito dopo. Non volevamo mostrare alcun segno di “debolezza” mentre eravamo in compagni di quei diavoli, temendo che ne avrebbero approfittato.
Riportai la mia attenzione sui demoni, di cui conoscevo già i nomi a memoria perché, ammettiamolo, non sarebbe stato carino chiamarli “demone1”, “demone2” e così via.
Quei maledetti stavano gridando tutti assieme, facendomi venire un’emicrania.
“Forza, Rubicante! Scorticalo!” Erano le loro incitazioni.
Cercando una distrazione per dare più tempo al dannato, lo sguardo mi si posò su Virgilio e nella mia mente si formò un piano. Mi rivolsi a lui con ostentata indifferenza: “Maestro, che ne diresti di andare a fare due chiacchiere con quello sciagurato, tanto per sapere  chi era in vita?”
Virgilio mi guardò, sorpreso, inizialmente, dalla mia noncuranza per la sorte di quell’anima ma, un rapido scambio di occhiate gli fu sufficiente per capire quali erano le mie intenzioni e si accostò senza protestare (incredibilmente!) al dannato. “Ehi, aspettate, prima che lo scuoiate voglio sapere chi è.” Disse con autorevolezza il maestro ai diavoli.
L’anima gli lanciò un’occhiataccia. “Al momento sarei un po’ occupato se non te ne fossi accorto. Comunque, se proprio lo vuoi sapere, il mio nome è Ciampolo e sono del regno di Navarra. Mio padre era uno scialacquatore, si mangiò tutti i risparmi della famiglia, e, come se non bastasse, si suicidò, lasciando me e mia madre da soli e senza il becco di un quattrino. Può sembrare il classico inizio della solita storia strappalacrime, ma mia madre era di tutt’altra pasta. Dopo la morte di mio padre, mi mise al servizio di un signore. In seguito diventai cortigiano di re Tebaldo e alla sua corte mi misi a fare il barattiere, cosa di cui ora mi pento molto, visto che proprio per questo adesso mi trovo nella merd...ops, nella pece,  fino al collo.”
Ciriatto, uno dei demoni, una specie di piranha troppo cresciuto, annoiato dal racconto, decise di far sentire al povero Ciampolo che effetto faceva ricevere un morso da lui. Il dannato lanciò un urlo di dolore ma, prima che Ciriatto potesse finire il lavoro, Barbariccia lo fermò, stringendo le braccia attorno a Ciampolo. Lanciai uno sguardo di compatimento a quest’ultimo, quella povera anima era capitato veramente in mezzo ad un gruppo di gatte arrabbiate.
Barbariccia si rivolse al mio maestro. “Se vuoi fargli altre domande, fallo adesso, prima che qualcun altro lo faccia a pezzi.”
Virgilio allora andò avanti con il suo interrogatorio. “Dimmi, francese, conosci qualche italiano fra i peccatori che sono qua con te?”
“Poco fa stavo giusto parlando con un sardo, se mi lasciaste tornare da lui potrei anche rispondere alle altre domande, senza bisogno di essere minacciato da artigli e uncini!”
Ma Libicocco era di tutt’altro parere. “Abbiamo pazientato anche troppo.” Disse, afferrandogli il braccio con l’uncino, strappandogli un brandello di carne. Draghignazzo, allora, pensò bene di dargli un calcio negli zebedei. La povera anima gridò, la voce prima mascolina ora alzata di almeno due ottave. I demoni risero e avrebbero continuato la loro tortura ma, ad uno sguardo minaccioso di Barbariccia, si fermarono.
Arr…Cosa vi avevo detto?”
“Scusa, capo.” Dissero in coro tutti e dieci.
Quando la situazione si fu calmata, Virgilio tornò a fare domande al barattiere. “Stavi dicendo di un sardo. Sai dirmi anche il nome?” Il tono stranamente pacato del mio maestro mi lasciò intendere che stavolta anche lui non poteva fare a meno di simpatizzare per quest’anima.
L'anima piagnucolò, stringendosi i gioielli doloranti con ambo le mani, respirando a fatica: “E’ frate Gomita, quello di Gallura. Lui è proprio un tipo furbo. In cambio di denaro lasciò liberi i nemici del suo signore. Ed ovviamente andando con i furbi si impara a furbare…ok, non era proprio così. Voglio solo dire che a frequentarlo è un altro furbo, tale messer Michele Zante di Logudoro, un altro sardo. Porca miseria! Si sono proprio trovati quei due, manco fossero due beghine… Non ne posso più di sentirli parlare della Sardegna! E...ma quel diavolo” ed indicò Farfarello. “che sta digrignando i denti... Non è che vuole uncinarmi, vero?”
Ma ancora una volta, Barbariccia prese in mano la situazione. “Fatti in là, uccellaccio!” minacciò il demone.
Ciampolo riprese a parlare, tremando di paura. “Se volete vedere o ascoltare toscani o lombardi, li farò venire, ma finchè i demoni rimangono qui i miei coinquilini saranno troppo spaventati per venire quassù. Li chiamerò fischiando, che è di consueto il nostro richiamo per esporci fuori dalla pece quando tutto è tranquillo.”
Cagnazzo, a queste parole, sollevò il muso scrollando la testa, e disse: “Lurido verme! Tu ci vuoi ingannare per tornare nella pece!”
Ciampolo, che di inganni se ne intendeva eccome, continuò con il suo piano. Virgilio ed io, che sospettavamo ci fosse sotto qualcosa, non proferimmo parola per avvertire i demoni e, silenziosamente, facevamo il tifo per il dannato.  “Guarda, demone, che in realtà per voi sto commettendo una vigliaccata, perché sono i miei compagni che sto ingannando, portandoli qui, dove ci siete voi ad attenderli.”
Alichino, allora, al contrario degli altri demoni, accettò il patto. “Va bene, faremo come dici tu, ma sappi che se tenti di buttarti nella pece io ti inseguirò volando e ti riacchiapperò subito. E dopo non rispondo di quello che potrebbe succederti.”
I diavoli, convinti dal discorso di Alichino, seguirono alla lettera il piano di Ciampolo e si tirarono indietro, primo fra tutti fu proprio Cagnazzo. Il Navarrese colse il momento opportuno e si liberò da Barbariccia. L’anima cominciò a correre a perdifiato mentre Alichino la inseguiva, inferocito per essere caduto nell’inganno.
“Ora ti prendo, ora ti prendo!!!” urlò il diavolo.
Ma la paura aveva messo le ali ai piedi a Ciampolo, che si tuffò e finì dentro la pece. Il diavolo drizzò il petto, correggendo la direzione del suo volo per evitare di seguirlo nella melma.
Calcabrina era adirato con Alichino per essere caduto nel tranello e per tutto il tempo aveva sperato che il dannato si salvasse per avere un pretesto per picchiare il compagno. Così, non appena Ciampolo si tuffò nella pece, Calcabrina si avventò contro Alichino con gli artigli. Ma quest’ultimo fu abbastanza pronto di riflessi da artigliarlo allo stesso modo e, avvinghiati, entrambi caddero nella pozza bollente.
Il calore li separò subito, ma erano così avvolti dalla pece che non riuscirono a levarsi in volo.
Barbariccia si passò una mano sul viso, esasperato dalla figuraccia dei suoi compagni. Fece volare quattro suoi diavoli sull’altro argine con tutti gli uncini, a dare una mano agli invischiati.
Mentre i demoni aiutavano i loro compagni, noi ci allontanammo furtivamente, dirigendoci verso la bolgia successiva.

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Capitolo 23
*** Inferno, Canto XXIII ***


Eh eh eh. Pensavate che le sorprese fossero finite con ieri, vero? E invece no! Questa è la parte finale della vostra sorpresa pasquale! :D Questo canto, a differenza del precedente, è molto carino e diciamo che in assenza di D., I. si è lasciata un po' andatre con il pathos xD Le ho ricordato che stiamo scrivendo una PARODIA, quindi non esagererà troppo nei prossimi canti, però, secondo me, è bello che siano anche questi momenti di tensione in una storia! Ah, D. è tornata ieri e non ha tolto le scene di PATHOS, tranquilli xD (scusate l'improvviso sbalzo emotivo di Dante, come mi ha fatto notare una lettrice, la prossima volta ci accorderemo meglio fra noi xD). Come ho già scritto negli altri canti, sto aggiungendo le correzioni di D. ai canti 21-22-23 (non riesco ancora a credere di averne scritti tre di fila O.O)
Non so se qualcuno se n'è accorto ma ieri ho aggiunto due disegni di I. nel canto XII. Vi consiglio di andarli a vedere perchè sono fatti molto bene ed uno è a colori :)
Buona lettura a tutti e, mi raccomando, ringraziate I. per le descrizioni e il pathos! xD
Canto XXIII
 
Dante
 
“Leggero come una farfalla, Dante.” Disse Virgilio.
Ci spostavamo furtivamente come una coppia di frati minori dopo aver saltato l’ora di preghiera mattutina: procedevamo uno dietro l’altro, da soli, sperando che i demoni non ci raggiungessero. E a proposito di questi, l’episodio che era appena accaduto mi fece tornare in mente la favola di Esopo della rana e del topo, che mia madre era solita raccontarmi prima di andare a dormire. Per farla breve, la storia parla di una rana che si offre di dare un passaggio ad un topo per traghettare uno stagno. A metà percorso, però, la rana lega la coda del topo alla sua zampa e cerca di affogarlo. Ma ecco arrivare dal cielo un falco che, avendo visto il topo, si tuffa per afferrarlo e finisce col prendere anche la rana perché ha legato la coda del roditore alla sua zampa. Morale della favola: se fai del male rimani fregato.
Ripensandoci, non potevo fare a meno di paragonare il dannato alla rana, i demoni ai topi e la pece al falco.
La scena che immaginai era così buffa che quasi scoppiai a ridere ma, allo stesso tempo, mi riportò alla mente i dieci diavoli che ci eravamo lasciati alle spalle e mi gelai sul posto quando realizzai un cosa:
Ciampolo è riuscito ad ingannare i demoni perché noi gli abbiamo fatto guadagnare tempo ponendogli una domanda dopo l’altra. E se i diavoli adesso si volessero vendicare su di noi?!? Ci faranno a pezzi! Siamo finiti! Spacciati! Morti! Cioè… io sono morto, Virgilio ha già dato.
Mi si drizzarono tutti i peli per la paura. Il respiro mi si fece corto. Potevo già sentire i ferri acuminati penetrare nella mia carne, centimetro per centimetro, e strapparla, sbranarla, dilaniarla…lembo dopo lembo, ogni brandello di pelle, ogni tendine, ogni muscolo; avvertivo il dolore, l’ odore del sangue.
Boccheggiai in cerca di aria.
Impotenza.
Assoluta impotenza.
Non potevo muovermi, pensare, fuggire.
Puro terrore.
Ma il colpo di grazia fu il pensiero, improvviso e disarmante,  di dover essere costretto a guardare quei demoni mentre torturavano alla stessa maniera il mio adorato maestro.
Ritrovai a fatica la parola: “Maestro! Dobbiamo nasconderci da qualche parte prima che quei diavoli ci facciano a pezzi! Li sento, so che sono alle nostre spalle! Stanno per raggiungerci!” Mi afferrai la testa tra le mani. “Siamo perduti! Ed è tutta colpa mia, maestro!”.
Virgilio mi prese per le spalle, cominciò a massaggiarmele, cercando di calmarmi. “Va tutto bene, Dante, va tutto bene, calmati. Ho sentito la tua paura, non ho bisogno delle parole per capire i tuoi sentimenti. Non hai nulla da temere, ricordati che sopra tutto questo c’è il volere di qualcosa più grande di noi, più grande dei diavoli, più grande delle forze più oscure dell’Inferno. Stringi i denti, Dante. Resisti. Usciremo da qui. Vedi quell’argine sulla destra? Sembra poco ripido, perciò propongo di scendere da lì per sfuggire a quelle creature. Sei d’accordo?”
Non aveva nemmeno finito di illustrarmi il suo piano che vidi sopraggiungere i dieci demoni con le ali spiegate e ghigni feroci e diabolici sul volto. Tutte le mie speranze che non fossero arrabbiati per l’incidente con Ciampolo erano ormai evaporate. Volevano farci a pezzi!
Fu un attimo.
Virgilio mi abbracciò stretto a sé e si buttò dall’argine di pietra, lasciandosi scivolare lungo la parete scoscesa che chiudeva uno dei lati dell’altra bolgia.
Stretto fra le braccia del mio maestro, la testa incassata tra le spalle e i denti stretti, scorsi con la coda dell’occhio il terreno sassoso e irregolare scorrere celermente sotto di noi con forti scossoni e per un attimo temetti che ci saremmo spiaccicati al suolo. Ma in fondo non sarebbe stato così terribile, perché era Virgilio a stringermi, non un demone, né uno qualsiasi dei diavoli; ero lì, la testa contro il suo petto, potevo sentire…
Non sento nulla.
Raggiungemmo improvvisamente il suolo con un tonfo sordo e non ci fu tempo per altri pensieri. Mi morsi la lingua nell’ impatto. Rotolammo per qualche metro sulla roccia prima di fermarci. Ansimando, ci alzammo in piedi e sollevammo lo sguardo. I diavoli, nello stesso momento, avevano raggiunto la cima dell’argine sopra di noi; ma non c’era più motivo di temere: eravamo arrivati nella sesta bolgia, dove quelle creature non potevano più raggiungerci, grazie alle leggi dettate del Boss!
L’adrenalina che mi scorreva in corpo fece finalmente sentire il suo effetto: le gambe cominciarono a tremarmi e sarei caduto se il mio maestro non mi avesse afferrato per tempo. Mi lasciai andare per un attimo e restai appoggiato al petto di Virgilio.
Ancora nulla. Non mi ero ingannato dunque…
Certo che non senti nulla, stupido! E’ morto.
Morto…
…Morto…
Una lacrima solitaria rotolò giù per la mia guancia, ma Virgilio parve non accorgersene.
“Dante? Sei ancora vivo?” mi chiese con aria divertita.
“Penfo di fì, maestro.” Risposi sputacchiando sangue. Mi fermai in tempo prima di chiedere “e tu?”. Sarebbe stato parecchio imbarazzante. Una fitta dolorosa mi attraversò il petto, riportando a galla i miei pensieri di poco prima. Scossi la testa tentando di scacciarli. Guardai Virgilio. Era coperto di graffi e lividi sulle braccia nude e sugli stinchi; aveva un taglio aperto sul sopracciglio destro, ma non sanguinava.
“Sei ferito, maestro.” Osservai.
“Non è nulla Dante. Ormai poco importa per me. L’importante è che TU stia bene.”
Decisamente, lo faceva apposta.
Non risposi e distolsi lo sguardo. Sospirai pesantemente, come una fanciulla in preda a gravosi pensieri d’amore. E in effetti la mia situazione non era di molto differente. Aspettavo un confronto con la mia guida sui nostri sentimenti. In realtà erano passati a malapena due giorni dall’inizio del viaggio, ma poco importava. Il regno dell’oltretomba non è un luogo come tutti gli altri. La mia percezione del tempo risultava pesantemente alterata, avrei potuto affermare con assoluta certezza di essere là dentro da tempo immemorabile. Confusione era ogni ricordo, ogni memoria di quelle che erano state le mie vite precedenti.
Sono stato guerriero. Sono stato poeta. In un’altra vita. Ora sono pellegrino; un pellegrino dell’Ade. Per quanto ne so lo sono sempre stato. Sono nato nelle tenebre, fanciullo cieco, avanzo a tentoni tra le fauci dell’Orco.
E sono amante, un amante infelice, un amante perduto. Il mio amore si fonde con la morte; a colui che amo il cuore non batte più. La Tenebra lo avvinghia, la Terra lo chiama, il Limbo lo tiene legato a sé, pronto a richiamarlo quando giungerà l’ora.
No.
Non è questa l’ora, Dante.
Affronterai la questione sul momento. Non è tempo di abbattersi. Lo noterebbe.
Mentre ero perso in queste elucubrazioni, notai un gruppo di anime con l’abito dipinto, che procedeva in cerchio molto lentamente, in lacrime e stanchi. Portavano cappe con cappucci abbassati davanti agli occhi, fatti della stessa foggia tamarra che si usava nel monastero di Cluny. All’esterno erano dorate, così tanto da sciogliere gli occhi; dentro però erano tutte di piombo e così pesanti che al confronto quelle che usava Federico II, secondo una leggenda guelfa cui io credevo fermamente, sembravano essere fatte di paglia.
Noi ci voltammo a sinistra, assieme a loro, osservando la cupa processione che si dispiegava davanti ai nostri occhi. Non era di certo difficile stare al passo con loro, vista la lentezza dei loro movimenti, dovuta alla pesantezza delle cappe.
Percorso un centinaio di metri, siccome mi stavo annoiando a morte e volevo evitare che i miei pensieri mi raggiungessero di nuovo, decisi di dedicarmi al mio passatempo preferito. “Maeeeeeeeeeestro? Perché non vai a vedere se fra quelle anime ce n’è qualcuna interessante?” domandai, con il mio migliore sorriso da aquilotto curioso.
Virgilio sollevò un sopracciglio. “E perché dovrei farlo IO?”
“Perché io sono il tuo protetto e non puoi rischiare che io rimanga ucciso! Pensa se una di quelle anime fosse molesta e volesse farmi del male!”
Il maestro stava per replicare ma una voce dal gruppo di anime lo interruppe. “Ehi voi due! Aspettate! Io sono un tipo interessante! Sono sicuro che vuoi parlare con me!”
Allora Virgilio si volse verso di me con aria scocciata. “Va bene, visto che con Ciampolo non hai avuto il tempo di fare molte domande, per stavolta ti lascerò parlare con quest’anima. Cammina con lei e vedi di non perdere altro tempo prezioso.”
Dunque mi fermai e mi accorsi di due dannati che stavano letteralmente morendo dalla voglia di stare con me, ma il peso delle cappe li rallentava. Viriglio cominciò a battere un piede per terra, preso dall’esasperazione.
Quando finalmente le due anime giunsero fino a noi, mi osservarono a lungo, senza pronunciare parola, tant’è che cominciai a sentirmi in imbarazzo. Guardai la mia guida in cerca di aiuto, ma questi girò la testa dall’altra parte, ancora offeso per l’inutile perdita di tempo. A quel punto i due dannati si guardarono tra loro e iniziarono a confabulare. “Ehi, questo qua sembra vivo. Guarda, respira! Ma allora…”
Stavolta non riuscii a trattenermi. “Sì! Sono vivo e no! Non sono stupido! Sono qui- per volere- di Dio!”
Virgilio scoppiò a ridere sguaiatamente, si teneva la pancia con entrambe le braccia. Il mio volto era rubicondo per la rabbia. Possibile che, ovunque andassi, la gente mi prendesse per scemo?!
Le due anime alzarono le mani in segno di resa. “Ehi, calma toscano! Non si vede tutti i giorni un uomo vivo e vegeto passare di qua. Dicci chi sei, te ne preghiamo. Sembri una persona estremamente interessante.” Conclusero in tono mellifluo e untuoso.
“Io vengo da Firenze e sono vivo.” Mi limitai a rispondere con tono vagamente altezzoso, incoraggiato dalla apparente sottomissione dei peccatori.  “Ora ditemi chi siete VOI e a quale pensa siete sottoposti.”
“Benvenuto nel girone degli ipocriti, signore fiorentino. La nostra pena la scontiamo sotto queste cappe dorate, di piombo tanto pesante da farci piangere. In vita fummo frati gaudenti e bolognesi; io mi chiamo Catalano, come la crema, e quest’altro è Loderingo e fummo inviati a Firenze come pacieri. Purtroppo fallimmo e le conseguenze di questo nostro fallimento si vedono ancora oggi, come tu ben sai.”
“O frati…” cominciai, ma non dissi altro perché in quel momento mi accorsi di un peccatore, crocifisso a terra con tre pali.
Quando questo mi vide, si agitò come un’anguilla, muovendo la barba con lunghi sospiri. Frate Catalano, quando si accorse di tutto, si accostò al mio orecchio e sussurrò, in tono da cospiratore: “Quel peccatore è il sommo sacerdote Caifa e consigliò i Fairsei di mettere a morte Gesù, con il pretesto di fare del bene al popolo. E poi dicono che NOI siamo ipocriti! Lui giace là, nudo come mamma l’ha fatto, posto di traverso nella strada ed insieme a lui, in questa bolgia, sono tormentati tutti gli altri membri del sinedrio che hanno condannato il figlio di QuellodiSopra, compreso il suocero di Caifa, Anna. E prima che tu me lo chieda, sì, è un nome da donna ma è un uomo.”
Lanciai un’occhiata a Virgilio, per vedere cosa ne pensava, ma questi fissava confuso Caifa.
Magari non se lo ricordava dall’ultima volta che è stato qui. Meditai. In effetti non c’ era ancora.
La mia guida distolse subito l’attenzione dal dannato e si rivolse alle altre due anime. “Non è che potreste indicarci un passaggio sulla destra per andare nella bolgia successiva, senza dover passare a sinistra? Sapete, quei tipi tutti neri laggiù non aspettano altro che farci a pezzi, quindi preferiremmo evitarli.”
“Guarda, se svolti a destra, poi a sinistra e poi giri intorno a te stesso tre volte, saltellando su un piede con un occhio chiuso, vedrai un ponte roccioso che parte dal gran cerchio esterno e scavalca tutte le orribili bolge, ma, ahimè, in questa bolgia è spezzato e non la scavalca. Però potreste salire su per le rovine del ponte, che stanno sul pendio e sono ammucchiate sul fondo.”
Virgilio aggrottò la fronte e restò a testa bassa per qualche secondo, come per riflettere intensamente. “Allora Malacoda ci ha mentito!”
Al che frate Catalano si mise a ridere alle nostre facce. “Sapete, un tempo, a Bologna, mi raccontarono i vizi del diavolo e fra questi c’era proprio quello di mentire. Non serve essere certo degli studiosi per sapere una sciocchezza simile! Vi siete fatti ingannare proprio per bene, eh?”
La mia guida si scurì di botto in volto. Temetti addirittura che stesse per colpire l’anima, ma alla fine si voltò e se ne andò con cipiglio irato ed io mi affrettai a seguirlo, lasciando dietro di me due anime che stavano ridendo alla faccia nostra.

….
Aspetta! Cosa vuol dire “Non ho bisogno delle parole per capire i tuoi sentimenti!?”

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Capitolo 24
*** Inferno, Canto XXIV ***


S.:Ed eccoci tornate con un nuovo capitolo! Questa volta l'abbiamo scritto tutte assieme e tutto in un giorno quindi non sappiamo come sia venuto xD
D.: le parti demenziali sono mie (S. si lamenta e dice che sono anche le sue).
I.: (non dice niente perchè è in bagno xD).
Buona lettura a tutti!

Canto XXIV
 
Virgilio
 
“Non ho bisogno delle parole per capire i tuoi sentimenti”!?
Ma è vero, in fondo?
No, la cosa per me più importante non riesco a capirla.
Posso scorgere i moti del tuo animo, i tuoi sentimenti, ma ciò che meglio nascondi, ciò che più bramo sapere, quello non lo vedo, non riesco a leggerlo nei tuoi occhi.
Gettai uno sguardo a Dante. Egli mi guardava a sua volta, vagamente preoccupato. Doveva aver notato il mio disappunto per l’inconveniente del ponte e il mio turbamento per gli ultimi pensieri.
Mi affrettai a cambiare espressione, rassicurando Dante, che sembrò distendersi.
Ci aspettava una traversata difficile e il mio protetto non sembrava nelle condizioni adatte per compierla. Nella scorsa bolgia qualcosa era cambiato. Il suo solito atteggiamento da aquilotto curioso era diventato più cupo, quasi come se fosse stato preso da pensieri ingombranti. Cosa era accaduto al fiorentino mentre non stavo guardando?
Mi dispiaceva vederlo così giù di morale, decisi allora che, per il momento, avrei dimenticato i miei problemi e avrei cercato di distrarlo.
Gli mollai una sonora pacca sul sedere, resistendo alla tentazione di lasciare lì la mano. In compenso mi godei l’espressione scioccata di Dante. “Forza pelandrone! Aggrappati a quella roccia e poi su quella là in alto.” E gli indicai il masso successivo. “Però fa’ attenzione, sono molto instabili, perciò prima assicurati che riescano a sorreggerti.”
“Ma, maestro, poi mi si vede tutto sotto la veste!” protestò lui.
“Oh, ma smettila! Mica ti guardo lì sotto!” sbottai.
Cooooome no….
La mia doveva essere una battuta scherzosa, ma Dante si richiuse su se stesso come un riccio. Aveva assunto un atteggiamento difensivo tipico degli animali e non ne capivo il motivo. Per una volta fui preso dai sensi di colpa.
E se alla fine si fosse stancato dei miei giochi? E se avessi esagerato? E se avessi sbagliato tutto e Dante si fosse stancato di me?
Mi riproposi di chiarire la questione in un secondo momento. “Va bene, Dante.” Sospirai. “Togliti la veste, così risolviamo il problema.”
Il fiorentino arrossì ma, ubbidiente, si sfilò la veste catarifrangente, rimanendo con una tunica corta nera, braghe e calzebrache. Si aggiustò la veste sfilata intorno alle spalle e, con le mani libere, riprese in silenzio la scalata.
Osservai dal basso il corpo asciutto del fiorentino, ora non più coperto da quel mantellone fosforescente.
Decisamente meglio così. Ma di cosa diamine si vergognava? Come se la gente del suo tempo non se ne andasse in giro con le braghe di fuori!
Quando finalmente arrivammo in cima, notai che il fiato del bel bussolano si era accorciato parecchio e, non appena mi girai per osservare il panorama infernale, quel pigrone ne approfittò per sedersi!
“Dante, muovi il culo! Non diventerai mai famoso se continuerai a dormire! Cosa credi, che il Boss lassù ci sia arrivato facendo la maglia? Guarda che se non concludi il viaggio e non diventi famoso poi tutti si scorderanno di te! Vuoi che ti ricordino solo come ‘l’autopompa col nasone’?!
Dante, risentito, si alzò in piedi di scatto, e , guardandomi dritto negli occhi, disse: “Andiamo, maestro. Non sono stanco, e sono più forte di quanto tu non creda. Posso arrivare in cima.”
Prendemmo la strada su verso il ponte di pietra, ripido e roccioso. Mano a mano che avanzavamo la scalata era sempre più difficoltosa. Sentivo Dante sbuffare e ansimare poco più avanti, e tuttavia cercava di non farsi sentire, per non mostrarsi debole ai miei occhi, gettandomi ogni tanto un’ occhiata.
“Tutto bene, Dante?”
“Sì, maes…”
Fu interrotto dal levarsi di una voce dall’altra bolgia.
Ci fermammo per ascoltare meglio e capire da dove provenisse di preciso, ma le parole erano incomprensibili, e il suono non sembrava originarsi da una fonte immobile, ma da un essere in movimento.
Eravamo ormai sulla sommità del ponte, Dante teneva lo sguardo fisso in basso, ma l’oscurità era troppo densa per i suoi occhi.
“Maestro, passiamo il ponte e riscendiamo dall’ altra parte. Da qui riesco a sentire ma non a capire, né a vedere.”
Annuii in silenzio e passai oltre. Dante mi seguì lungo il ponte e insieme discendemmo l’estremità opposta, dove si ricongiungeva con l’ottavo argine. Dopodiché ci apparve la bolgia in tutto il suo squallore. Vidi l’espressione del fiorentino cambiare rapidamente: da sollievo a sorpresa e da sorpresa a terrore puro. Incuriosito dalla reazione del mio protetto, lo spinsi delicatamente da parte e guardai ciò che aveva provocato tanto turbamento: un groviglio di serpenti dall’aspetto mostruoso.
“M-m-m-maestro…questi serpenti mi fanno p-p-paura…sono peggio delle chelidri, dei iaculi, delle faree, dei cencri e delle anfisbene e…”
Dante continuò a blaterare per un po’, elencando nomi incomprensibili. Il povero fiorentino era infine partito per la tangente!
Cominciai a dargli delle patte sulla testa per rassicurarlo. “Sì, sì, Dante, hai ragione tu. Non ti preoccupare, va tuuuuuutto bene.” Dissi, con il tono di un genitore che asseconda il proprio bambino.
Ho ragione io?! No che non va tutto bene allora! Ti ho appena elencato le specie di bestie più velenose che conosca!!”
“Sì, sì.”
“Ma…!”
“Zitto.”
Dante ubbidì e tornammo ad osservare insieme la bolgia: in mezzo a quella crudele e pessima quantità di serpi correvano anime nude e terrorizzate che cercavano un posto per nascondersi.
“Se solo quei dannati avessero la Pietra dell’Invisibilità…! Allora riuscirebbero a scampare a quei rettili!” esclamò infervorato il fiorentino.
Mi sbattei una mano sul viso. “Sono la Pietra Filosofale e il Mantello dell’Invisibilità, coglione!”
Tornando a noi…i dannati avevano le mani legate dietro la schiena, strette nelle spire dei serpenti, che si avvolgevano attorno ai loro polsi, per poi strisciare con lentezza mortale sul davanti e cingere loro anche i fianchi. E questi Laocoonti dell’oltretomba tentavano invano di sciogliersi dalla stretta soffocante dei rettili, ma nulla poteva allentare l’abbraccio mortale.
Solo soffi e sibili, sospiri strozzati, nell’aria pesante della settima bolgia.
D’un tratto, una serpe, uscita dalla parte opposta dell’ argine, inarcò il collo, spalancò le fauci e si scagliò sul dannato, affondando i denti nell’incavo del collo nudo, scoperto e vulnerabile.. Incredibilmente, l’anima pigliò fuoco, e, come si accese, ardendo come una torcia, subito si ridusse in un mucchietto di cenere scura sulla terra nera.
Ma come l’araba fenice, che rinasce fiera a nuova vita dalle sue ceneri, così l’anima si ricompose dai suoi resti carbonizzati per rinascere, non a nuova vita, ma a nuova  sofferenza.
E il peccatore, levatosi da terra, si guardava intorno instupidito, sconvolto, terrorizzato dalla sofferenza patita, e con sospiro si dispose di nuovo al volere della giustizia divina, in un ciclo infinito di punizione eterna.
Fui io stavolta ad accostarmi all’anima prostrata e, inginocchiatomi al suo fianco, gli chiesi chi egli fosse. Alzato lo sguardo, mi rispose, la voce strozzata e sibilante come quella dei serpenti che lo attorniavano avidi. “Precipitai in questa gola nera, poco tempo fa, dalla Toscana. Sono stato un gran bastardo, e ho vissuto da bestia, quale sono. Il mio nome è Vanni  Fucci, Bestia per gli amici più intimi. E, da animale quale sono, non potevo essere altro che pistoiese.” Tacque. Si alzò per fuggire dalle mie domande e dai serpenti pronti a lanciarsi su di lui.
“Fermati! Voglio sapere di più.” Esclamò Dante.
Ci lanciammo insieme sull’ anima, per trattenerla. La tenni stretta per le braccia mentre Dante la interrogava.
“Io ti conosco. Sei noto come uomo violento, e le tue mani sono sporche di sangue. Qual è la colpa che ti ha trascinato quaggiù?”
L’uomo lo fissò negli occhi per un istante, per poi arrossire di vergogna rabbiosa e abbassare lo sguardo. “Provo più dolore nell’essere sorpreso da te qui, in questo luogo infame, di quanto ne abbia provato nel morire, ma non posso rifiutare di risponderti: ti trovi nella bolgia dei ladri, ed io ho commesso un furto sacrilego: rubai gli arredi sacri in una sacrestia e un innocente fu incolpato al posto mio. Ascolta però la mia profezia, adesso. Sicuramente non te ne hanno ancora fatte! Pistoia si spopola di guelfi neri ormai, Firenze cambia gente e forme di governo. Per volere di Marte si andrà a battaglia sul campo Piceno, presso Pistoia e ogni guelfo bianco ne trarrà dolore. Toh, stronzo!”

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Capitolo 25
*** Inferno, Canto XXV ***


Ciao a tutti e scusate per il ritardo, il periodo post vacanze di Pasqua è stato traumatico -.-" . Cooooomunque, siamo tornate alla carica con un nuovo canto che vi incasinerà il cervello e non in senso buono, ahimè. Le descrizioni delle metamorfosi presenti in questo canto erano così intrcate che ho dovuto copiarle dalla parafrasi del mio libro -.- La nota che ho lasciato fra parentesi è volontaria (per fare un dispetto ad I. xD). Se avete domande, consigli o critiche, scriveteci pure, non ci offendiamo...oddio, magari sì, non prometto nulla xD. Buona lettura a tutti!
 
Canto XXV
 
Dante
 
Ma…ma che antipatico! Ma che cosa gli ho fatto, adesso, per meritarmi una simile maledizione!? È mai possibile che quando non mi danno del cretino per essere qui mi debbano lanciare maledizioni o predizioni funeste? E guarda quanto ci sta godendo il pistoiese!
Incrociai lo sguardo del mio maestro, cercando un qualche sostegno, fosse anche un semplice sguardo di comprensione, ma questi scosse la testa e mi fece cenno di stare in silenzio: a quanto pare lo spettacolo non era ancora finito.
Infatti, l’anima, non sazia, mostrò il dito medio al soffitto. “Tiè Dio!” urlò.
Rimasi esterrefatto. Non solo aveva insultato ME, illustrissimo poeta laureato, aveva anche osato bestemmiare contro Dio!
Sono le anime come te che meritano, più di tutte, di stare qui.
Per una volta, l’Inferno stesso la pensava a modo mio. Le serpi attorno a noi, che fino a quel momento erano rimaste docili, sonnacchiose, come assopite, si risvegliarono di colpo.
Uno scatto improvviso.
Una al collo, l' altra alle braccia.
Legato e imbavagliato come un salame, il pistoiese era incapace di reagire ulteriormente. Solo un fischio acuto gli usciva dalla gola costretta nelle spire del rettile. Mi guardava con odio e rancore, misti ad una profonda disperazione.
Ahi Pistoia! Perché non si decideva una buona volta a sparire dalla faccia della Terra?! I suoi concittadini erano i peggiori che avessi mai incontrato! Così blasfemi e superbi! Nemmeno quell’idiota di Capaneo era riuscito a farmi arrabbiare così tanto! (Nota dell’autrice: per chi non si ricorda chi è Capaneo, andate a rivedere il canto XIV)
Mentre inveivo mentalmente contro Pistoia, Vanni se ne approfittò per fuggire a gambe levate, o almeno, levate quanto lo permettevano le serpi ancora avvinghiate ai suoi arti. Stavo proprio per lamentarmi del fatto con il mio maestro, che ancora non aveva avuto occasione di aprir bocca, quando sentii un rumore di zoccoli sulla roccia. Spostando lo sguardo vidi, senza neanche stupirmi più di tanto perché ormai avevo visto veramente di tutto, sopraggiungere un centauro. Ma mano a mano che la creatura si avvicinava, notavo che era coperta di serpi, sulla sua groppa, più della Maremma. Dietro la nuca, con gli artigli conficcati nelle sue spalle, stava un piccolo drago con le ali aperte, che ogni tanto starnutiva una fiammella dalle fauci. Ecco, forse devo ammettere che a questo punto un po’ di strizza mi era venuta.
“Dov’è quell’empio!?” Urlò il centauro, imponente e terribile.
A quel punto, il mio maestro ruppe il silenzio: “Dante, costui spesso si lordò le mani di sangue sul colle Aventino, e rubò dalla mandria di Ercole quattro buoi e quattro giovenche. E' per questo che ora si trova qui, nella bolgia dei ladri, a differenza dei suoi fratelli, che abbiamo già incontrato sulla riva del Flegetonte, a guardia degli assassini. Ercole, incazzato nero, lo ammazzò a clavate. E continuò a randellarlo anche quando ormai era morto stecchito.”
“Accidenti, maestro!” era inutile, potevo autoconvincermi del contrario quanto volevo, ma ogni volta che avevo paura Virgilio riusciva a rassicurarmi anche solo parlando di gente che spappola crani altrui. “Quante cose sai! Ma dimmi, come si chiama questo centauro?” Mi ero infatti sorpreso quando Viriglio non aveva cominciato la sua spiegazione dandomi il nome della creatura. Che ci fosse qualcosa sotto?
La mia guida stava cercando di trattenere un ghigno. “Va bene, te lo dico. Ma niente battute. Ti assicuro che quel drago che ha sulle spalle sputa fuoco veramente, e l'ultima cosa che tu vuoi vedere è un centauro imbestialito.”
“Promesso.” Giurai solennemente. In fondo, quale nome poteva avere per fare così ridere?
Sicuramente sarà un gioco di parole complicato, in cui ci saranno chiari riferimenti alla mitologia latina e greca. Il mio maestro non ride di certo per una stupidaggine qualsiasi...
“Si chiama…Caco.”

“…non mi fa ridere, maestro.”
Virgilio mi guardò come se gli avessi appena detto che l’Eneide faceva schifo.
“Come no?! Ma andiamo! Pensa a tutti i giochi di parole che ci puoi fare sopra! ‘Caco duro’, ‘Caco qui?’ poi chissà a firmare le lettere… ‘Con amore, Caco’… beh, ripensandoci, ora capisco perché è rimasto single.” Mi affrettai a tappargli la bocca. Involontariamente aveva alzato esponenzialmente la voce, fino ad essere udibile persino per il centauro, che si era voltato con un’espressione omicida negli occhi iniettati di sangue.
Non riuscii a trattenermi: “Hai fatto una grandissima cacata.” sussurrai.
Non sentendo più pronunciare il suo nome, Caco continuò a parlottare fra sé, fino a passare oltre.
Tirai un sospiro di sollievo e scostai la mano da dove l’avevo lasciata premuta. Sentivo ancora sul palmo il contatto delle sue labbra …
Ah no! Stop! Torna indietro, Dante, concentrati. Non è della bava di Virgilio che ti devi occupare ora.
Stavo per rimproverare il mio maestro, ma venni nuovamente interrotto dall’arrivo di tre anime, delle quali ci accorgemmo solo quando gridarono: “Chi siete voi?”
“Ne parliamo dopo.” Avvertii il mio maestro, il quale aveva ripreso a ridacchiare.
Riportando la nostra (mia) attenzione alle anime, mi accorsi di non conoscerle.
Uno di loro chiese ai compagni. “Dov’è Cianfa?”
Il nome sembrava tipico fiorentino, quindi mi posi l' indice sulle labbra per fare segno alla mia guida di tacere e di ascoltare.
Mei cari diciassette virgola cinque lettori, se adesso non riuscite a credere a ciò che sto per raccontarvi, non stupitevene troppo, perché anche io, tuttora, a stento ci credo. Mentre tenevo lo sguardo fisso su di loro, ecco che un serpente con sei piedi (non sto scherzando, cari lettori, aveva sei piedi!) si lanciò davanti ad un dannato e si avvinghiò a lui. Coi piedi di mezzo gli si attaccò al ventre e con quelli anteriori gli afferrò le braccia. Pareva una mossa di karate complicata.
Poi gli addentò una guancia e l’altra; stese i piedi posteriori sulle cosce e mise in mezzo a esse la coda e la tese di nuovo dietro su per le reni. Nemmeno l’edera si abbarbicava tanto a un albero come quell’orribile bestia avvinse le sue membra e quelle del dannato.
Poi si compenetrarono, come se fossero stati di calda cera, e mescolarono il loro colore, né l’uno né l’altro appariva più quello di prima. Avete presente quando si mescolano il bianco e il nero e ne esce fuori il grigio, che non è né bianco né nero? La stessa cosa.
Le altre due anime gridarono: “Oh, Agnello, come ti trasformi! Non sei ancora due ma neppure più uno.”
In effetti sembrava come se la fusione di Dragon Ball fosse andata a finire male.
Le due teste della creatura erano divenute già una sola, quando ci apparvero due sembianze fuse in un solo volto, in cui si erano persi gli aspetti originari dei due esseri. Dai quattro arti si formarono le due braccia; le cosce con le gambe e il ventre e il tronco diventarono membra che non furono mai viste. Il loro aspetto originario si era cancellato; l’immagine deformata sembrava l’uno e l’altro essere e nessuno in particolare; e così se ne andò con lento passo.
Subito dopo un’altra serpe, stavolta nera e più piccola, ma ancora più veloce, si diresse verso i ventri delle altre due anime e colpì uno dei due all’ombelico; che poi cadde giù, disteso dinanzi a lui.
Colui che era stato trafitto lo guardò, ma non disse nulla; anzi, coi piedi immobilizzati sbadigliava, quasi fosse in preda alla febbre o al sonno. I due si guardarono ed entrambi stavano emettendo fumo denso: l’uno dalla ferita, l’altro dalla la bocca, e il fumo si mescolava.
Taccia Lucano, che narrava delle sorti di Sabello e di Nasidio, e che taccia anche Ovidio riguardo a Cadmo e ad Aretusa. Nessuno di questi autori, tanto famosi per le loro metamorfosi, ne aveva mai descritta una incrociata! Ed ora tenetevi forti, cari lettori, perché sarò io il primo a farlo!
Le due trasformazioni si corrisposero l’una all’altra : il serpente biforcò la coda e il dannato ferito saldò insieme i due piedi. Le gambe si unirono tra loro in un' unica coda, mentre la coda biforcuta del serpente si modellava progressivamente trasformandosi in un paio di gambe ( Nota di I.: in fondo al maaaaaar...in fondo al maaaaaaaaaaar....). La sua pelle diveniva molle, mentre quell’altra dura.
Vidi le braccia dell’uomo ritirarsi dentro le ascelle con un sonoro "pop", e i due piedi del rettile, che erano corti, allungarsi quanto quelle s’accorciavano. Poi i piedi posteriori, attorcigliati insieme, diventarono il membro virile che l’uomo nasconde, e quell’infelice aveva visto il suo povero ginigillo dividersi in due e trasformarsi nel paio di piedi che il rettile aveva perduto . Mentre il fumo ricopriva l’uno e l’altro di un nuovo colore, e faceva crescere il pelo sull’uno e lo toglieva dall’altro, l’uno si alzò e l’altro cadde a terra, senza distogliere per questo gli occhi malvagi, sotto i quali ciascuno cambiava volto.
Quello che era in piedi, ritirò il muso verso le tempie, e dalla materia sovrabbondante che lì si radunò si formarono le orecchie sulle guance che ne erano prive; ciò che di quell’eccesso di materia non si ritrasse e rimase, formò il naso sulla faccia e ingrossò le labbra quanto fu necessario. Quello che giaceva a terra, rese il muso aguzzo e ritrasse le orecchie dentro la testa come fa la lumaca con le sue corna; e la lingua, che prima era unta e adatta a parlare, si divise, mentre la lingua biforcuta si unì nell’altro; e il fumo cessò.
L’anima che si era trasformata in un animale, sibilando, fuggì dalla bolgia e l’altra, parlando, sputò dietro di lui. Poi gli voltò le spalle che si erano formate da poco e si rivolse all’altro dannato. “Voglio che Buoso corra carponi per questo sentiero, come ho fatto io.”
Fu così che vidi i dannati della settima bolgia mutare e scambiarsi l’identità. Se non avete capito nulla di quello che ho scritto, date la colpa alla straordinarietà dell’accaduto, per favore, e non a me che ne sono stato un semplice spettatore basito. O al massimo, datela a Brunetto; io gliel’avevo detto che non la volevo la sua coca cola con la cannuccia corta colorata alle due di notte! Accidenti a lui e ai suoi riti d’iniziazione ‘Perché ormai sei un uomo Dante’ sì, certo, grazie mille, Brunetto…
Ma, badate bene, non ero ancora così scioccato da non riconoscere Puccio Sciancato, l’unica anima a non essersi trasformata, e Francesco Cavalcanti.


Ecco a voi un'altra fanart da parte di LovelyAndy! :D
https://m.facebook.com/448336835267444/photos/pb.448336835267444.-2207520000.1399401244./495232763911184/?type=1&source=54

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Capitolo 26
*** Inferno, Canto XXVI ***


Ooook, io non so davvero come scusarmi per il mio enorme ritardo ma la scuola chiamava e tutti i professori hanno deciso di metterci verifiche ed interrogazioni, una di seguito all'altra, proprio in questo periodo. Probabilmente in molti avranno pensato che io (noi) mi sia finalmente stancata di scrivere questa storia...ebbene, questa volta siete in errori, cari miei u.u, perchè mi sto divertendo troppo a scriverla xD. A mia discolpa posso dire che, a parer mio, questo canto sia più divertente del solito e penso che sia venuto anche più lungo. Ora che sta per finire la scuola dovrei avere meno problemi ad aggiornare per tempo, comunque, in caso ci dovessero essere altri ritardi, non temete: non ho intenzione di abbandore questa FF! :D
Buona lettura a tutti!


Canto XXVI
 
Dante
 
Ma in che città di merda vivo?! Ora, cari lettori, vorrete scusarmi per le mie aspre parole, ma capirete che avendo trovato non uno, ma ben CINQUE NOBILI fiorentini nella bolgia dei ladri mi vergognassi un tantino della mia città natale.
Effettivamente un paio di fulmini così, ogni tanto, dall' alto non sarebbero poi così male...Zot! ,E un ladro di meno...Zot!, un corrotto che scompare....Io amavo la mia città, quasi veneravo la culla di tali e tanti artisti e letterati...ma come potevo continuare a vantarmi di provenire da quella meravigliosa città quando davanti a me c’erano le prove del suo decadimento, i resti imputriditi della sua rovina?
“Andiamocene da qui.” Mormorai. Il mio tono deluso non passò inosservato al mio maestro.
Virgilio si limitò a guardarmi e a sospirare, come se ormai fosse abituato ai miei sbalzi d’umore degni di una donna al settimo mese di gravidanza. O forse, considerata la nostra differenza d’età, mi considerava un adolescente problematico. Beh, ora come ora, la possibilità che potesse essere così mi aiutò solo a deprimermi ancora di più.
Seguii silenziosamente la mia guida su per la scala naturale che prima ci aveva fatto sudare come due maiali nel forno. Virgilio mi aiutò addirittura a salire, fatto che solitamente mi avrebbe portato ad arrossire come una verginella la sua prima notte di nozze…ed ora che lo notavo, a quanto pare lo sconforto mi induceva a produrre più similitudini del normale. E che similitudini...
Se Virgilio mi potesse sentire penso che mi picchierebbe, anzi, ne sono sicuro. Non potei evitare di sorridere nell’immaginarmi l’espressione esasperata e furiosa del mio maestro mentre si sorbiva le mie chiacchiere. Fu grazie a quella breve distrazione che quasi non mi accorsi di essere arrivato in cima grazie alle mie sole forze.
Giunti in cima, Virgilio mi si parò rapidamente davanti a braccia aperte, impedendomi di osservare il paesaggio che ci si parava di fronte.
“Maestro…” dissi, lasciando trapelare una nota d’impazienza. Mi dava un certo piacere vedere Virgilio protettivo nei miei confronti, ma mi infastidiva l' idea che potesse ritenermi debole (anche se sapevo che già lo pensava e, beh, non aveva tutti i torti, ma diciamocelo, è facile fare lo spavaldo quando sei già morto).
Tentai di fare l' indifferente: “...Sì, ecco, maestro, la tua toga è davvvero niente male, ma vorrei vedere anche quello che c'è dietro...”. Mi resi conto solo dopo del doppio senso battendomi una mano sulla fronte mentre mi davo dell’idiota; fortunatamente Virgilio era troppo preso dalle sue preoccupazioni per coglierlo.
“Ricordati le nostre svariate promesse strappalacrime, Dante. Se pensi di stare per svenire, avvertimi almeno un minuto prima.” Mi ricordò Virgilio, spostandosi lentamente dalla mia visuale.
“Ma, maestro! Come faccio ad avvertirti un min…Oh mio Dio!” esclamai, la voce colma di terrore.
Virgilio si posizionò all’istante dietro di me, con le braccia tese, pronto a prendermi in caso decidessi di fargli qualche scherzetto.
“Allora, mi devo preparare all’impatto o pensi di riuscire a reggerti in piedi?” Mi domandò col suo solito tono seccato e anche se gli stavo dando la schiena sono abbastanza sicuro che stesse alzando gli occhi al cielo.
Deglutii sonoramente ma, fortunatamente per noi, le mie gambe decisero di reggere. “C-ce la fo.” Arghhhhh! Perché il mio dialetto decideva proprio ora di mostrarsi?!
Le labbra della mia guida tremarono impercettibilmente, sapevo che stava trattenendo a stento le risate .
Decisi di ignorarlo per il mio bene e focalizzai la mia attenzione sul paesaggio che mi aveva sconvolto tanto. La cupa semioscurità dell'Inferno era rischiarata da una distesa di fiamme tremolanti, ogni singola fiamma che si muoveva come dotata di volontà propria, un esercito ardente di fuochi fatui, spiriti luminosi dell' Abisso, così vividi nel loro chiarore, così impalpabili allo stesso tempo: astri dannati, così abbaglianti da accecarmi. Ad uno sguardo più attento, mi accorsi che ognuna di esse racchiudeva in sé un'ombra. Mi sporsi così tanto dal ponte che, se non avessi afferrato un masso sporgente, sarei caduto giù come un sacco di patate.
Nel frattempo, non mi accorsi che Virgilio si era mosso ed ora si trovava di fianco a me. Quando parlò, ringraziai mentalmente almeno mille volte il fatto di essere stato aggrappato a qualcosa, altrimenti sì che sarei caduto per la sorpresa.
“Sai, Dante, dentro ogni fiammella c’è un peccatore.” Mi disse gravemente.
“Oh! Grazie maestro! Senza di te non ci sarei mai arrivato!” risposi sarcasticamente.
La mia guida mi lanciò un’occhiataccia. “Bene, se vuoi fare il difficile e continuare a deprimerti, fai pure. Rovinati questo viaggio, smetti di fare domande. Guarda, a me fai solo un favore.”
La parte più brutta del rimprovero era che il mio mentore non aveva urlato. La sua voce era rimasta calma e fredda, come se non gli importasse veramente nulla di me, quando sapevo benissimo che era vero il contrario… No?
Abbassai la testa, dispiaciuto di essermi dimostrato così infantile. “Però non mi sono arrabbiato senza motivo.” Brontolai. Altro che trentacinquenne, ero regredito a cinque anni! “E comunque non mi sembra che questo sia proprio un viaggio di piacere. Siamo nell' Inferno, maestro!”
Virgilio sospirò per la seconda volta in dieci minuti. Ero veramente riuscito a superare me stesso.
“Anche se hai un buon motivo, non vedo il punto di deprimersi, non è proprio il caso, data la situazione in cui ci troviamo . E questo viaggio, per quanto possa essere infernale ed estremamente difficile e pericoloso, si è comunque rivelato interessante e avventuroso per molti aspetti, non credi? E se dopo questo discorso che ti ho propinato non hai proprio voglia di tirarti su, beh, immagino che tu non voglia sapere chi si trova dentro a quella fiamma doppia, giusto?” mi chiese, concludendo con un sorrisetto.
Non mi piace quel sorriso. Vuol dire che sa di avermi in pugno.
Oh, piantala Dante, tu adori quel sorriso! E per quanto riguarda il pugno, immagino che non ti dispiacerebbe che lui stringesse nel suo pugno il tuo…
BASTA!!!!!! Non adesso, vocina pervertita!
Ti rendi conto che stai dando del pervertito a te stesso?

E poi io intendevo il tuo NASO...
Sì, va bene, certo, certo....
Ci fu un colpo di tosse che riuscì a riportarmi alla realtà.
“Ehm, dimmi pure, maestro. Chi c’è lì dentro?”
“Prometti di non strillare come una ragazzina?”
“Oh, andiamo! Strillerei come una ragazzina solo se ci fosse Ulisse lì dentro ma tanto non c’è…”
Il viso del mio maestro si fece pallido. Spalancò progressivamente gli occhi con la faccia di chi pensa no, ditemi che non è vero.
In un primo momento non capii, poi…
“Maestro. C’è. Ulisse. Lì .Dentro?” domandai, scandendo ogni parola.
“Ulisse e Diomede.” Precisò Virgilio, prima di portarsi velocemente le mani alle orecchie e cominciare un conto alla rovescia sottovoce, tre..due...uno…
ATTENZIONE! ATTENZIONE! Modalità fangirl attivata!
Tutta la delusione, la stanchezza, la rabbia e la tristezza accumulate finora scomparvero e vennero rilasciate nel mio squittio (molto mascolino). Penso che se ci fossero stati pipistrelli nelle vicinanze, avrebbero perso l’udito.
Cominciai a saltellare sul ponte come una ragazzina iperattiva. “Non ci credooooo!! Sono uno dei miei OTP preferiti dopo Achille e Patroclo!!! E sono finiti insieme all’Inferno! Ah! Alla faccia di quella megera di Penelope! Lo sapevo che il vero amore avrebbe trionfato alla fine!!!! Ohhhhh! Ti prego maestro, ti prego, dobbiamo andarci a parlare! Ti preeeeeeeeeeeeeeeegooooooooooooooooooooo!”
“Va bene, va bene! Basta che tu la smetta di saltellare in giro!”
Mi bloccai all’istante, avrei fatto di tutto pur d’incontrare i miei miti(…in tutti i sensi!)
Terzo sospiro di Virgilio. “Prima di tutto, sappi che ti trovi nella bolgia dei consiglieri fraudolenti. Come tu ben sai, Ulisse e Diomede sono stati complici di molteplici inganni…”
“Oh, sì sì! Il cavallo di Troia, lo smascheramento di Achille, il furto di…” Un’occhiataccia del mio maestro mi bloccò all’istante. “Scusa.” Mormorai.
Quarto sospiro…Ero nei guai. “Senti, andremo a parlare con loro a condizione che tu tenga la bocca chiusa. Tanto lo so già cosa vuoi chiedergli e comunque non parlerebbero mai con te perché non sei greco. I greci sono piuttosto snob e se parli in fiorentino stretto non si sforzano nemmeno di ascoltarti.” Ridacchiò. “Ci siamo capiti?”
“Sì, maestro.” Risposi borbottando.
Virgilio annuì soddisfatto, ultimo gesto degno di nota che fece prima che la fiamma arrivasse da noi. Solo allora la mia guida aprì bocca. “Uliiiisseeee? Diomeeedeee? Ciao! Sono Virgilio, probabilmente avrete sentito parlare di me e del mio poema: l’Eneide. Ora, so che è una richiesta alquanto bizzarra per voi, ma non è che potreste raccontarmi come siete finiti qui? Avrei in mente di scrivere una nuova versione dell’Odissea, sapete, visto che nessuno l’ha ancora fatto!”
Ma perché il mio maestro doveva fare sempre il sarcastico?! E se Ulisse si fosse offeso?!
Fortunatamente non fu quello il caso. “Sì, sì, vuoi l’autografo anche te?” provenne una voce dalla punta più alta della fiamma.
“No, Ulisse, ti ha chiesto di raccontargli come sei morto!” ribatté un’altra voce, probabilmente quella di Diomede. “Scusalo, è diventato un po’ sordo con gli anni. Credo che gli sia finita un po’ troppa acqua di mare nelle orecchie... ahi!
“Guarda che ti sento, Diomede.”
“Ma dai? Lo so che riesci a sentire ME. Non è il caso di tirare certe gomitate. E nel caso non te ne fossi accorto siamo dentro la stessa fiamma da migliaia di anni, a venti centimetri di distanza. E dire che ti hanno sempre esaltato per la tua intelligenza. Il povero Omero ci ha perso gli occhi a narrare le nostre vicende, vuoi rendere i suoi sforzi vani?” La voce di Diomede era rimasta calma per tutto il tempo, il che non faceva che rendere il battibecco più divertente.
“Oh, andiamo! Non ero pronto! Ehi tu, era Virgulto, vero?”
“Virgilio!”
“Sì ecco, Virginia! Ora ti racconterò di quando sono morto. Vedi, mi ero appena allontanato dalla maga Circe, sai, ero a fare i miei porci comodi…mentre Penelope si faceva i suoi Proci...”
“Ulisse. No.”
“E dai! Era carina! Due battute al prezzo di una!”
Diomede sospirò. “Non sopportavo le tue battute mentre eravamo in vita e di certo non le sopporto ora.”
Inutile dire che, dopo questo commento, il mio livello di fangirling era salito alle stelle. Virgilio mi guardava divertito ma non commentò.
Ulisse tossicchiò per riportare l’attenzione su di sé. “Dicevo, dopo un anno che ero stato fra le grinfie di quella strega…”
“Grinfie? Se non sbaglio eri tu che non ne volevi sapere di andartene” gli ricordò il guerriero.
“Diomede! Cos’è? Sei geloso per caso? Smettila di interrompermi! Vedo che le brutte abitudini sono dure a morire.
“Ulisse, veramente, basta. Stai diventando noioso e ripetitivo.”
“La mia voglia di viaggiare non aveva fine…” continuò Ulisse imperterrito.
“Mi stai ignorando, Ulisse?”
“…nemmeno il pensiero di mia moglie, di mio figlio, né tanto meno quello della mia isoletta sassosa o del mio decrepito cucciolo ultracinquantenne mi spinsero a rimanere. Così partii nuovamente per il mare, assieme ai miei fidati compagni…”
“Hai idea di quanti aggettivi possessivi hai usato in questa frase? Guarda che è indice di egocentrismo, questo.”
Ulisse continuò ad ignorarlo. “Vidi i lidi del Mediterraneo, la Spagna, il Marocco e la Sardegna. Eravamo uomini valorosi…”
“Eravate un branco di vecchi…”
“Infine giungemmo alle Colonne d' Ercole, limite estremo della conoscenza umana. - Oh, fratelli! – dissi ai miei compagni…” Ulisse si fermò.
Virgilio ed io tendemmo la testa in avanti per cercare di capire cosa era accaduto.
“Dissi: - Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza! -”
“Ulisse, capisco che avevi pronunciato il discorso con foga, ma ridurlo a tre versi solo perché non te lo ricordi mi sembra un po’ riduttivo.”
“Dopo il mio glorioso discorso, i miei compagni decisero di seguirmi fino alla fine. Passate le Colonne ci apparve, dopo giorni di navigazione, una montagna indistinta. Noi ci rallegrammo, ma presto cominciammo a urlare. Fummo investiti da un turbine di vento, si aprì un vortice da sotto lo scafo che risucchiò la nave, facendola girare vorticosamente, e poi le onde si richiusero sulle nostre teste, facendoci affogare tutti quanti.”
“Quello che il mio amico vuole dire è che il Boss l'ha punito tirando lo sciacquone.”
A questo punto sentii un rumore che poteva essere solo un coppino che centrava in pieno Diomede. “Sssh! Sta’ zitto, Diomede!”
“Ah, però ora mi ascolti eh… Stai usando di nuovo il mio nome per mascherare insulti al Boss, vero?” lo punzecchiò Diomede, massaggiandosi la testa.

Ed ecco un altro bellissimo disegno da parte di LovelyAndy :D
https://www.facebook.com/448336835267444/photos/pb.448336835267444.-2207520000.1403347682./511678438933283/?type=3&theater

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Capitolo 27
*** Inferno, Canto XXVII ***


Cari lettori, la scuola è ufficialmente finita per tutte e tre, quindi d'ora in avanti aggiornerò in modo irregolare (questa è una buona notizia xD). Eccoci qua con un nuovo canto...ancora non ci credo di essere già al 27! Manca ancora poco e presto finiremo l'Inferno! In caso non tutti lo sapessero, abbiamo in mente di riscrivere tutto il Purgatorio e 19 canti del Paradiso (non vi libererete di noi così facilmente! u.u). Buona lettura a tutti! :D

Canto XXVII
 
Virgilio
 
“Diomede, ora mi fai sembrare un poco di buono!” protestò Ulisse.
“Casomai non lo avessi notato ci troviamo all'Inferno. Almeno ufficialmente sei un poco di buono. Beh, che ci vuoi fare? Lo sanno tutti che per te ogni momento andava bene per far festa.” Ribatté Diomede.
Ed ecco che ricominciano. Pensai, irritato. Sembravano una coppia di sposini ormai ultrasettantenni.
Forse Dante non ha tutti i torti...
“Accidenti, Dante, se non ci fossi anche io nella top ten dei tuoi miti, comincerei a pensare che non sai proprio sceglierteli: sono tutti pazzi!” scherzai, sperando che il mio fiorentino preferito non si offendesse o, peggio, si abbattesse. Complice l'aria malsana dell' Inferno, si era dimostrato piuttosto suscettibile ed insicuro. L' Oltretomba è un luogo che ti chiama lentamente a sé, ti attende pazientemente, ti trascina, passo dopo passo...dovevo fare attenzione al suo stato d'animo.
E così, preparato ad affrontare un Dante immusonito, mi voltai verso di lui e…lo trovai con uno sguardo sognante, rivolto alla doppia fiamma.
“Awwwwwwwww! Maestro, non sono perfetti insieme, quei due?”
A quanto pare ho sottovalutato il potere della modalità fangirl.
“Dante, penso che sia ora di andare…”
“No!!! Ancora cinque minuti, maestro! Per favooooreeeee!” Si lagnò come un bambino.
Stai calmo, Virgilio. Inspira ed espira. Così, bravo. Ancora una volta: inspira ed espira.
Sorrisi lentamente.
Era giunto il momento di giocare sporco.
Mi avvicinai piano alla schiena del fiorentino. Con un movimento volutamente lento circondai il fianco di Dante con il mio braccio tirandolo a me e sfiorai con le labbra il suo orecchio. “Non ti sembra che siano stanchi di parlare? Sono comunque anime dannate e sofferenti...Avranno bisogno di riposo e sono sicuro che si saranno stufate di raccontare la loro morte.” Sussurrai suadentemente.
Notai con una punta di compiacimento il tremito e il respiro pesante del fiorentino.
Sicuramente non è dovuto al freddo...sembra di essere in un altoforno.
A rovinare il momento, però, ci pensò Diomede. “Ma prendetevi una fiamma!”
“Vedo che voi due avete già provveduto.” Ribattei tagliente.
Questo riuscì a zittirlo. Bene, non sia mai che io sia battuto da un semplice personaggio secondario.
“Ora potete anche andare. Vi ringrazio per averci dedicato il vostro tempo.” Continuai.
“Sì, beh, ce ne stavamo giusto andando. Vero, Ulisse?”
“Cosa? È ora del pisolino?”
Sentii il rumore di un altro coppino. Questa volta doveva essere da parte di Diomede. “Ho detto che dobbiamo andare. Muovi quelle chiappe ossute prima che ti si friggano in mezzo al fuoco.”
“Va bene, va bene! Non c’è bisogno di essere così insistenti! Allora fammi sapere per quel libro, Virgola.”
“E’ Virgilio!!!!!!” Urlai. Mentre la fiamma si allontanava, distinsi chiaramente la voce di Diomede.
“E’ sempre divertente prendere in giro i novellini con il trucco della sordità, vero Ulisse?”
“Ci puoi scommettere! Non mi sono mai divertito così tanto a storpiare i nomi!”
Quindi…quindi…mi hanno preso in giro per tutto il tempo?!?!?
In effetti, cosa potevo aspettarmi da un duo di famosi consiglieri fraudolenti?
Solo allora mi ricordai di avere ancora Dante stretto a me. Percepivo il calore e la sua schiena umida di sudore contro il mio addome. Sentivo il suo torace espandersi e contrarsi ritmicamente alla ricerca di aria. Aveva ormai raggiunto una gradazione di rosso più scura di quella della sua veste. Mi affrettai a rilasciarlo, cercando, invano, una scusa adeguata. Non potevo certo dirgli che non mi era passato nemmeno per l’anticamera del cervello di lasciarlo andare solo perché mi sentivo a mio agio con lui, in quella posizione. “Ehm, ecco, vedi Dante…”
Oh, padre di tutte le sbrisolone! Anche le mie guance si stanno arrossando! Non dovrei essere io ad avere queste reazioni! Io sono l’UOMO della relazione, la figua virile e…un momento, ma di quale relazione sto parlando? Fra me e Dante non c’è niente!
Sì, sì, lo sappiamo tutti che non vedi l’ora di trovare un masso abbastanza grande per sbatter…
Per sbatterci contro la mia testa, razza di vocina pervertita!
Ehi, non ti scaldare!
Ma perché devo avere una voce pervertita dentro di me?!
Guarda che non sei un caso speciale. Dentro ogni essere pensante esiste una vocetta pervertita che dà sfogo ai suoi pensieri più sporchi.

Non hai nulla da dire dopo questa rivelazione?
Penso che non riuscirò a guardare mai più in faccia qualcuno.
Per mia fortuna, il mio dialogo interiore con la vocina pervertita e quello esteriore con Dante, furono interrotti da un suono indistinto, proveniente da una fiamma che si era avvicinata a noi mentre eravamo distratti.
All’inizio parve solo una serie di suoni senza senso, ma in seguito riuscimmo a distinguere delle parole. “A t’salud lombard!...”
“Eh?!” domandammo in coro il mio protetto ed io.
Io perché mi dava fastidio quando la gente parlava in dialetto e Dante perché probabilmente non conosceva bene il dialetto emiliano-romagnolo.
“Ho capito, parlo normalmente. Volevo chiederti, lombardo, se ti va di parlare con me. Vorrei sapere se i miei compatrioti sono in pace o in guerra. Ah, se te lo stessi chiedendo, io vengo dalla regione del Montefeltro.”
Siccome non avevo per niente voglia di parlare con un’altra anima, presi Dante per il fianco e, usando di nuovo le mie tecniche seduttive (e anche perché avevo il desiderio di continuare a toccarlo, ma questo non lo avrei mai ammesso), gli parlai all’orecchio. “Parlaci tu con questo che è italiano.”
Il fiorentino si limitò ad annuire e cominciò a parlare.
 
Dante
 
Ripresi lentamente fiato cercando di ridare una parvenza di ordine alle mie idee confuse e alle mie emozioni stravolte. Nel giro di un’ ora non solo avevo incontrato uno dei miei numerosi OTP, ma più e più volte il mio maestro era entrato a stabilire fisicamente con me un contatto estremamente intimo. Mi concentrai sul battito irregolare e martellante del mio cuore: avrei giurato di ardere anch’io come le anime dannate di fronte a me. Improvvisamente Virgilio pareva aver cambiato atteggiamento nei miei confronti…Era forse il primo segnale che stava cedendo? Che presto mi avrebbe rivelato i suoi sentimenti? E tuttavia continuavo a temere che fosse soltanto un’ impulso passeggero, che stesse solamente giocando sadicamente con le mie emozioni.
Calmati, calmati. Non è il tipo, lo sai bene. La cosa non può essere del tutto casuale.
La forte paura che mi aveva attanagliato finora, si affievolì, lasciando spazio ad una dolce speranza. Sentii il mio cuore battere in maniera più regolare. Ma ora non potevo perdermi nei miei pensieri, nei miei sentimenti, nelle mie speranze; la mia missione doveva venire prima di tutto, e un’anima attendeva di parlare con me.
“Salve, Guido. Devo dire che la Romagna è un luogo in cui le guerre imperversano molto spesso, però, se ti può consolare, in questo momento non ce n’è nessuna in atto. La situazione nelle altre città è…”
Il mio maestro mi  interruppe bruscamente. “Suvvia, sono sicuro che il nostro amico non sia minimamente interessato a tutte le città che stavi per elencare. Vediamo di saltare dritti al punto. Comincia col dirci chi sei e perché dovremmo perdere il nostro tempo con te.”
“Maestro!” protestai.
“No, ha ragione! Ebbene, visto che sono abbastanza sicuro che nessuno possa tornare in vita dal regno dei morti e che sicuramente nessuno è così idiota da venire qua giù mentre è ancora in vita…”
Ci risiamo, eh?!
“…vi risponderò senza temere alcuna infamia.”
Feci per aprire bocca e dirgli che effettivamente qualcuno di abbastanza stupido c’era, ma una gomitata di Virgilio mi tolse il fiato, impedendomi di proferir parola.
“In principio fui un guerriero ma poi mi feci prete perché nella pubblicità dicevano che avrebbero cancellato ogni mio peccato…mai fidarsi degli slogan dei preti. Ebbene, forse sarei anche riuscito a salvarmi l’anima se non fosse stato per l’odiosissimo Bonifacio VIII! Che quella carogna sia maledetta per sempre!”
Ma non è possibile, è dappertutto come il prezzemolo! Pensai schifato. Di gente rovinata da quel maledetto se ne trovava in giro a mazzi!
“Io non fui un grande guerriero né per il coraggio né per la forza ma per l’astuzia! Sapete, sono il classico tipo mingherlino che ha bisogno del cervello per difendersi, in mancanza di muscoli. Dopo aver riscontrato la mia buona dose di successi in battaglia, mi ritirai e mi feci frate. Ma ovviamente a Bonifacio non andava bene! Perché quel prete del cavolo voleva a tutti i costi fare la guerra a Laterano. Non contro i musulmani, non a Giovanni d’Acri, non contro gli ebrei. No! Il piccolo Bonny8 voleva fare la guerra contro i cristiani e nessuno ha pensato di dirgli che quella fosse una cattiva idea. E, ovviamente, chi se ne frega se il povero Guido si è fatto prete! Tanto lui era un guerriero abile, cosa potrebbe essere cambiato con il digiuno, le preghiere e tutto il resto? A parte il fatto che dimagrii di ben dieci chili e che persi quasi tutti i pochi muscoli che avevo, mentre mi trovavo assieme ai frati, sai com’è, pare che la dieta vegan sia in voga tra il basso clero. E così mi fece chiamare per chiedermi consigli strategici. Io rimasi zitto, ovviamente. Le sue parole mi sembravano quelle di un ubriaco. E allora sapete cosa fece Bonifacio? Mi minacciò! Mi disse che per il momento ero assolto dai miei peccati, ma sarebbe bastata una sua parola per chiudere a doppia mandata i cancelli di lassù e spalancarmi davanti la voragine dell' inferno. Sempre a vantarsi dei suoi rapporti con il Boss...sono rimasto fregato. Capite bene che a quel punto dovetti accettare e gli consigliai di promettere molto e di mantenere poco perché, come tutti sanno, questa è la strada per il successo, in politica. Non appena morii, san Francesco venne a prendermi con tutto il suo esercito di animaletti della foresta, ma uno dei diavoli lo fermò dicendo: - Do la caccia a questo tipo da un pezzo, quindi mi spetta di diritto. Fatti indietro o giuro che arrostisco quel rapace che ti porti sulla spalla. – Francesco osservò prima il suo uccellino, poi me, poi di nuovo il suo uccellino ed alla fine fece la scelta che mi condannò a questo inferno. E la cosa che mi roda di più è che quel Santo abbia preferito il suo Santo uccello a me! Accidenti a lui!”
Detto ciò, la fiamma si allontanò con gemiti di dolore. Il mio maestro ed io ci guardammo una volta poi, di comune accordo, proseguimmo su per il ponte, in silenzio, fino a quello successivo, per arrivare alla nona bolgia, quella dei seminatori di discordie…Come se finora non ne avessimo avute abbastanza.

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Capitolo 28
*** Inferno, Canto XXVIII ***


Ta-da! Nuovo canto! Vi ho stupiti? Dite la verità, non ve lo aspettavate xD. Canto nuovo, vita nuova....Ok, non ho molto da dire, eccetto che abbiamo avuto qualche complicazione nello scrivere questo canto...spero solo che sia tutto chiaro...(Lo so, non ha senso quello che sto dicendo) In caso abbiate domande, chiedete pure nelle recensioni o tramite messaggio privato, come preferite.
Buona lettura!

Canto XXVIII
 
Dante
 
Ohmamminasantissima! HopauratorniamoindietrohotantapauraVirgilioproteggimi!!!!
Tossicchiai, cercando di non lasciar trapelare l’enorme paura e disgusto che stavo provando in quel momento di fronte al truce spettacolo parato dinnanzi ai miei occhi: membra sanguinolente, corpi feriti, smembrati, aperti a mostrare le interiora, come passati dentro ad un tritacarne…il mattatoio delle ombre dell' Ade.
Respinsi un conato.
Credo di star per vomitare.
Distolsi rapidamente lo sguardo da quello che sembrava il set di un film horror di basso livello "Ehm, maestro, credo che abbiamo sbagliato strada. Meglio tornare sui nostri passi. Chissà, magari Guido ci può indicare una via miglio…!”
Virgilio non mi diede il tempo di finire perché mi trascinò per una manica lungo il sentiero. Subito puntai i piedi in terra, cercando di opporre resistenza, ma il mio maestro era troppo forte. Infastidito dai miei tentativi per impedirgli di proseguire, mi strattonò con troppa violenza.
Gli caddi rovinosamente addosso.
Una volta uscito da qui, ammesso e non concesso che ciò accada, tra traumi e contusioni, questo viaggio mi costerà un patrimonio in cure mediche...
Durante l’impatto avevo chiuso gli occhi ed ancora non li avevo aperti, forse per timore di scorgere ira in quelli della mia guida. Eravamo finiti in una posizione molto…indiscreta.
Non so come ma il mio maestro era riuscito a cadere di schiena, assorbendo tutto il dolore della caduta, mentre io ero finito lungo disteso su di lui. Potevo sentire il fiato caldo di Virgilio sull’infula.
OhmioDio!OhmioDio! Che cosa faccio adesso?!?!
Beh, già che ci sei potresti approfittartene....
Ancora tu! Vuoi levarti dalle palle una buona volta!?
Pfui....un giorno mi ringrazierai...
Forse...ma non è questo il giorno!!
Il mio cuore stava battendo furiosamente ed ero praticamente spalmato sul petto di Virgilio: ero certo se ne fosse accorto anche lui.
Fu in quell’attimo di disperazione che le lunghe dita del mio maestro mi cinsero i fianchi. Dire che mi si bloccò il respiro era palesemente un eufemismo.
Cosa avrà intenzione di fare?
“Dante.” Mi chiamò lentamente. La voce più roca del normale. Un sussurro...un soffio...un alito caldo vicino al mio orecchio. Mi costrinsi ad aprire gli occhi e a puntare lo sguardo nel suo. Avevo alzato la testa, I nostri nasi potevano quasi toccarsi.
Beh, non che ci voglia tanto, con il becco che ti ritrovi...
Taci! Non ora!!

Un istante di silenzio. “So che mi vuoi...molto... bene... ma addirittura saltarmi addosso a questo modo...suvvia, cerca di contenerti! Se facevi così anche con Beatrice adesso capisco perchè non te l'ha mai...beh, hehe...” Scherzò maliziosamente, la voce di nuovo normale, o quasi. Percepii una nota di imbarazzo celata dietro all'ostentata spavalda noncuranza.
“Ah-ah, molto diverten…Un momento, cos’hai detto?!” Lui aveva appena ammesso di sapere! Quindi io mi ero dannato fino a quel momento mentre lui se la rideva alle mie spalle?!?!
“Oh, andiamo Dante! Era solo uno scherzo. So che tu non vedi altro che Beatrice.” Ribatté acidamente, agitandosi sotto di me.
Feci per rispondere ma, mentre il mio maestro stava cercando una posizione più comoda ed io mi stavo sistemando a cavalcioni su di lui, avvertii chiaramente la sensazione di qualcosa di duro che premeva contro il mio sedere.
Tentando di ignorare la vampata di calore salitami rapidamente alle guance, provai a controbattere. “Maestro, sai, dovresti proprio farla controllare questa daga. Si fa sentire nei momenti meno consoni.” Replicai, vendicativo, calcando esageratamente la parola “daga” e lanciando a Virgilio uno sguardo che diceva “io so”.
Fu il turno di Virgilio di arrossire e che bella vista, soprattutto se guardata dalla posizione in cui ero: non più spalmato su di lui ma sedutovi sopra, con la schiena dritta, le braccia conserte, guardandolo dall’alto.
E' in tuo potere....vai ora, vai ora, vai ora!
Taci.
Guarda che anche lui non aspetta altro!
Taci.
E' tuo...ti basta solo...
Ma non ti avevo gentilmente chiesto di levarti dalle palle?
Gne...
“Quindi tu…tu sapevi…e mi hai preso in giro per tutto il tempo!” esclamò Virgilio, l’espressione tradita e imbarazzata al tempo stesso.
“No! Non l’avevo realizzato all’inizio! Poi però ho parlato con Brunetto e lui me l’ha fatto capire…credimi se ti dico che è stato molto più imbarazzante per me che per te!”
“Che altro ti ha detto?” domandò il poeta. La sua voce era un sussurro, sembrava quasi spaventato.
Ecco, quella era la mia grande occasione. Avrei potuto farmi avanti, dirgli la verità, dirgli che sapevo dei suoi sentimenti e che ricambiavo. Per una volta sarei stato io il coraggioso fra i due! E invece… “Niente, non mi ha detto altro. Abbiamo solo parlato dei vecchi tempi.” Mi trovai a rispondere.
Virgilio mi scrutò per qualche istante, poi sospirò di sollievo.
O forse era frustrazione?
“Ok, penso sia ora di scendere.”
Dopo un attimo di smarrimento, mi ricordai della mia posizione e mi affrettai a sollevarmi, tendendogli una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi. Il mio maestro accettò con un mezzo sorriso, ma non disse nulla.
“Dunque, direi di cominciare il nostro giro turistico…” Gli strattonai una manica. Virgilio mi guardò confuso. “Che c’è?”
“Manina?” gli chiesi sorridendo scherzoso, tendendogli una mano.
Il mio maestro sbuffò divertito, ma mi prese la mano senza fare storie.
Un contatto anche un solo minimo con la mia guida mi aiutava a tranquillizzarmi (mentre un contatto più intimo…). Perciò ora, più sicuro di prima, violentando il mio istinto che mi urlava "non guardare!", osservai con attenzione lo stato delle anime che si trovava in questa bolgia. Vidi un peccatore squarciato dal mento fino al luogo in cui si scorreggia (perché non sta bene dire culo, non è abbastanza poetico!). Tra le gambe gli pendevano le interiora e si vedeva tutto: budella, cuore, polmoni, eccetera.
“Santa Madre Sbrisolona! Sembra di essere ad una zombie walk!” esclamò il mio maestro.
“Una che?!”
“Niente, cose del futuro, non puoi capire.”
Rifiutando di offendermi per il modo in cui mi aveva silenziato, mi concentrai nuovamente sull’anima di prima, che mi fissò a sua volta e senza preavviso si squarciò il petto con le mani nude, aprendolo in due come un cocomero a mostrarmi tutto quello che c'era dentro.
Un altro conato.
Ora vomito, ne sono certo.
“Guarda, sono Maometto e mi sto aprendo in due come se nulla fosse! Che figata, eh? Pensa che più avanti c’è Alì tagliato dal mento fino all’attaccatura dei capelli! In questa bolgia tutti sono mutilati come noi, perché in vita siamo stati seminatori di discordie. Devi sapere che qua dietro c’è un diavolo che adora ‘acconciarci’, per così dire. Si definisce il nostro 'coiffeur', dicendo che gli incidenti possono capitare durante il taglio. Pensa che ci costringe a farci tagliare da lui ogni volta che abbiamo fatto il giro della bolgia, perché le nostre ferite si rimarginano troppo velocemente! Ganzo, no? Il sogno di ogni tredicenne autolesionista egocentrica incompresa. Scommetto che ne vorresti uno anche tu! Ma ora basta parlare di me, piuttosto dimmi chi sei tu, musone. Sei forse in fila anche tu dal barbiere?”
Prima che potessi rispondere, il mio maestro lo fece per me: “Questo qua è vivo, gente, e a me, che sono morto, tocca portarlo in giro per l’Inferno.”
“Maestro!” protestai sibilando. Di solito era lui quello che mi bloccava per tempo prima di rivelare a tutti che ero vivo, ma ora sembrava volesse prendersi la sua piccola vendetta per la storia della “daga”.
Almeno un centinaio di anime si fermarono nell’udire la risposta del mio maestro.
Silenzio imbarazzante. Come quando sei in mezzo alla confusione e spari una stronzata. E nello stesso momento tutti si zittiscono.
Eccoci, 3, 2, 1…
E invece, contrariamente alle mie aspettative, Maometto, con un piede a mezz’aria, si limitò a farmi un discorso strano. “Dì a fra Dolcino di rifornirsi di provviste, altrimenti il vescovo di Novara avrà una vittoria facile.” Detto questo, poggiò il piede e si allontanò.
“Tu ci hai capito qualcosa?” sussurrai a Virgilio.
“Neanche un po’. Ma è sempre meglio che sentirsi dare dello scemo, non credi?”
“Non hai tutti i torti.”
Un altro peccatore parlò. Questo aveva la gola forata e il naso troncato fin sotto le ciglia, e non aveva più che un solo orecchio: “Ehi, vivente! Io sono Pier da Medicina e vengo da Marcabò. Quando tornerai nel mondo terreno potresti far sapere a Guido e ad Angiolello che saranno buttati in mare dentro un sacco, legato con una grossa pietra, presso Cattolica, a causa di un traditore tiranno e crudele?”
“Ma cos’è?! La mafia?!” esclamò Virgilio. L’anima però continuò imperterrita. “Questo traditore è chiamato Malatestino e governa a Rimini, città che un mio amico qui si è pentito di aver visto. Egli li farà venire ad un colloquio con lui e poi li getterà in mare.”
“Se vuoi che io porti le tue notizie, dimmi chi è questo amico di cui parli che si è pentito di visitare Rimini.”
Allora portò la mano alla mascella del suo compagno e, con mio grande disgusto, gliel’aprì, mostrando la sua lingua mozzata. “E’ questo qui, ma non è molto loquace. Sai, è un vero e proprio voltagabbana.”
Ma…ma era Curione! Quel tribuno della plebe che passò dalla parte di Pompeiano a quella di Cesare per corruzione.
Stavo ancora pensando a Curione quando un quarto dannato alzò in aria i moncherini e gridò: “Se ti ricordi di Curione allora ti ricorderai anche di me, Mosca dei Lamberti! Ti ricordi la mia famosa citazione? ‘Una cosa quando è fatta è fatta’. Questa frase fu la rovina dei toscani.” Affermò, compiaciuto.
“Se ti ricordi bene portò anche alla rovina della tua famiglia.” Ribattei, senza battere ciglio.
Mosca mi guardò male prima di andarsene afflitto. Dante 1 Mosca 0.
Ma ecco che spostai ancora lo sguardo verso la massa di anime e vidi una cosa che mi fece gelare il sangue nelle vene. Strinsi convulsamente la mano di Virgilio, che, prima distratto, ora guardò nella mia stessa direzione ed anche lui rimase senza parole. Entrambi vedemmo un busto senza testa procedere insieme agli altri dannati. Stringeva per i capelli il capo mozzo, lordo di sangue rappreso, tenendolo sospeso dinnanzi a sé come per rischiarare la bolgia con una macabra lanterna.
“E’ la brutta copia del cavaliere senza testa.” Mi sussurrò Virgilio, cercando di fare un po’ di spirito…che ancora una volta non capii.
“Che?”
“Lascia perdere.”
“Altra roba del futuro?”
“Già.”
Fu in quel momento che il suo capo parlò. Nello stesso istante, la mia mano corse a coprire la bocca di Virgilio mentre quella del mio maestro coprì la mia, senza esserci messi d’accordo. Se non avessimo agito d’istinto, penso che entrambi ci saremmo messi a strillare come due ragazzine spaurite. “Ohimè!” La testa parlava ed era uno spettacolo veramente inquietante. Quando il dannato giunse ai piedi del ponte, alzò ancora di più la testa per farci sentire meglio le sue parole. “Dimmi, vivente, hai mai visto una pena più grande di questa?” Anche il fatto che il proprietario continuasse a farla dondolare come l’incenso in chiesa non aiutava il mio stomaco “Suppongo di no…Comunque, io sono Bertrand de Born, colui che mise un padre contro il proprio figlio. Visto che sono stato così stupido da separare due persone tanto legate, il mio cervello è staccato dal mio midollo spinale! Vedi come si applica bene la legge del contrappasso su di me?”
Terzo conato.
E quello fu veramente il colmo per me: mi accasciai al suolo e vomitai pure l' anima, tanto per rimanere in tema.

E per questo canto, non uno, ma ben DUE disegnini, sempre da parte di LovelyAndy (sono fantastici!!)
1) https://www.facebook.com/448336835267444/photos/pb.448336835267444.-2207520000.1403347682./511670068934120/?type=3&theater
2) https://www.facebook.com/448336835267444/photos/pb.448336835267444.-2207520000.1403347682./511669938934133/?type=3&theater

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Capitolo 29
*** Inferno, Canto XXIX ***


Eccoci tornate con un nuovo canto! Da adesso bisogna cominciare a fare il conto alla rovescia perchè abbiamo quasi finito l'Inferno!!! :D
Vorrei ringraziare per le bellissime recensioni che abbiamo ricevuto fino ad ora e spero che continueranno (sempre che la storia non diventi uno schifo xD).
Buona lettura a tutti e...   -5 canti!!! :D


Canto XXIX
 
Virgilio
 
“Su, Dante, butta tutto fuori, da bravo.” Lo incoraggiai mentre gli accarezzavo la schiena per calmarlo.
Alla fine di questo maledetto viaggio chiederò la pensione. Sono troppo vecchio per…QUESTO.
Questo” cosa, Virgilio?
Ancora tu?! Mi vuoi dire quale doppio senso ci hai trovato adesso, nella frase che ho appena detto?!?
Ehi, calma, volevo solo dire che…
NO! TU, ora, stai a sentire ME! Sto cercando di evitare che Dante vomiti addosso a se stesso o a me, quindi vedi di non distrarmi con pensieri poco adatti alla situazione, chiaro?!
va bene.
Sospirai di sollievo. Finalmente un po’ di benedetto silenzio!
Lanciai un'occhiata al fiorentino e notai con piacere che, dopo essersi rivoltato lo stomaco come un calzino, non aveva più nulla da rigurgitare. Il poveretto questa volta non aveva retto; e chi poteva biasimarlo? Il Boss riusciva a venirsene fuori con punizioni stomachevoli degne dell’Enigmista quando era di cattivo umore. Fortunatamente, questa era una delle peggiori dell’Inferno, quindi Dante non avrebbe più corso rischio di farmi vedere cosa aveva mangiato la sera prima.
Davvero, che schifo.
Non avendo salviettine profumate a disposizione, decisi di sacrificare un lembo della mia tunica  per asciugargli la fronte tremante e imperlata di sudore. Mentre con una mano gliel’asciugavo, con l’altra ancora gli accarezzavo la schiena, nel tentativo finale di rilassarlo.
Se solo avessi avuto a disposizione un po’ d’acqua avrei anche potuto pulirgli la bocca, ma quando mai all’Inferno fila tutto liscio?
“Stai bene, Dante?” gli domandai gentilmente?
Ma che domanda idiota! È ovvio che non sta bene!
“Ora sto meglio. Grazie, maestro.” Rispose con voce flebile. Era bianco come un cencio.
“Hai qualcosa con cui pulirti la bocca?” Speravo di non dovermi strappare un altro pezzo di tunica e soprattutto di non dover essere io a togliergli quel vomito dalla faccia. Insomma, va bene che ero un maestro premuroso, ma non ero mica sua madre, per Diana!
Via, dillo che non ti dispiacerebbe strappare quella tunica davanti a Dan…
Silenzio tu!

“Dovrei avere un fazzoletto in tasca, non preoccuparti, maestro.”
Siano ringraziati tutti i santi del cielo!...Eccetto Francesco. È stato troppo una merda con Guido da Montefeltro.
Il fiorentino decise in quel momento di rialzarsi in piedi sulle gambe malferme, ora di nuovo presentabile. Vedendolo lì fermo a guardarsi intorno, ora che non era più debole ed accucciato a terra, intento a riversare la sua cena sul terreno, mi montò leggermente l’irritazione.
“Allora, hai finito di guardarti intorno o vuoi restare ad ammirare qualche altro dannato, così magari puoi vomitare di nuovo? Non abbiamo tempo da perdere! Abbiamo ancora tanta strada da percorrere ed il Boss mi ha dato una scadenza da rispettare! Nelle altre bolge non eri così lento, che ti succede?”
Dante mi guardò con i suoi occhioni da aquilotto abbandonato. “Ma-ma maestro, io ce l’ho una motivazione per essermi soffermato! E poi perché sei così irritato? Sei ancora arrabbiato per la storia della da…” Ma il fiorentino, percependo la mia occhiataccia, non terminò la frase.
Già, devo ancora pensare a come fargliela pagare per quello. Per colpa sua non potrò mai più sentire pronunciare la parola “daga”.

Niente da dire?
No.
Ti sei offesa?
Sì.
Perfetto, ora devo anche sorbirmi il tuo di broncio, oltre a quello di Dante.
Sbuffando peggio di un bufalo, mi accinsi a camminare verso la bolgia successiva. Il bussolano intanto mi veniva dietro come un cagnolino in cerca di attenzioni, ancora tentando di spiegarsi. “Vedi, prima mi stavo guardando intorno perché dentro quella fossa credo che ci sia un’anima della mia famiglia.”
Poveretto, in effetti ora capivo perché lo spettacolo lo aveva impressionato tanto.
Seeeeeee, come minimo sarà il suo biscugino, che magari ha incontrato solo due volte in tutta la sua vita.
Ma non eri offesa tu?

Ma, nonostante l’irritazione, capivo che vedere all’Inferno un proprio parente poteva essere scioccante. Perciò, cercando di essere il più sensibile possibile, gli posai una mano sulla spalla, in un gesto di conforto. “Su, Dante, non pensarci più.”
“Ma il povero Geri…”
Fermi tutti.
“Geri? Vuoi dire Geri del Bello? Quello che prima, mentre tu eri intento a fissare Bertrand de Born, non faceva altro che puntarti il dito contro e mandarti a quel paese? E a te dispiace per uno così?”
“Maestro, la situazione è complicata. Devi sapere che la sua morte violenta non è ancora stata vendicata da nessuno della casa Alighieri e per questo non mi ha voluto rivolgere la parola.”
A quel punto mi balenò nella mente l’immagine di Dante, con indosso una scintillante armatura da cavaliere e un mantello svolazzante, mentre brandiva una spada, pronto a vendicarsi della morte del suo parente. Il suo sguardo da aquila fiera, il suo naso…
Pffffffffffffffff. Ok, stop, altrimenti gli rido in faccia.
Le labbra di Dante formarono una linea sottile. “Maestro, la cosa forse ti diverte?”
Mi voltai, proseguendo fino ad arrivare al bordo dell’ultimo cerchio delle Malebolge. “No, certo che no, Dante.”
“Ehi! Aspettami!” mi gridò il fiorentino, correndomi dietro, così veloce che, quando mi fermai di botto, mi andò a sbattere contro. Fortunatamente, questa volta non caddi a terra.
“Ah! Credo di essermi rotto il naso!”
“Non può che migliorare, credimi.”
“Cosa vorresti dire?”
“Niente. Oh, guarda, tante anime che soffrono! Che evento raro!” Mi affrettai a cambiare discorso.
Il mio protetto mi lanciò un’occhiataccia. “Maestro, stai facendo il sarcastico?”
“Chi? Io? No, no. Cosa te lo fa credere?” Chiesi, divertendomi sempre più.
Ma, come si suol dire: un bel gioco dura poco.
Infatti, non appena arrivammo a destinazione, udimmo delle urla così strazianti da indurci a tapparci le orecchie.
Discendemmo sull’argine del ponte, ancora da sinistra, per poter scorgere meglio i dannati e, con nostra grande sorpresa, notammo che molti di loro avevano la pelle gialla.
“Ma…ma…ma sono…” balbettò Dante.
Uno di loro si girò a guardarci e nel farlo ci mostrò i suoi occhi semiaperti. “Sono CINESI!!” esclamò il mio protetto. “Maestro, ma in quale bolgia siamo finiti?”
Ah, ecco il perché di tutto ciò! Realizzai. “Siamo nella bolgia dei falsari!” Risposi, soddisfatto di essere venuto a capo del mistero.
Mi voltai verso Dante ancora con il sorriso sulle labbra, per trovare, di nuovo, il suo viso contorto in una smorfia di disappunto. “Che c’è?!” sbottai.
“Maestro, non si fanno questi scherzi, sono offensivi. Non è che tutti i cinesi vendono merce falsa.”
“Cosa? Ma quali scherzi? Guarda che sono serio, siamo veramente nella bolgia dei falsari.”
Ma il fiorentino non mi ascoltava.
Questo è quello che mi merito per averlo preso in giro troppo spesso.
Sospirai pesantemente. “Senti, seguimi e va’ a parlare con una delle anime. Se non credi a me spero che almeno crederai a loro.”
Dante ancora non mi guardava, ma almeno si apprestò a seguirmi. Mentre ci avvicinavamo ai dannati, un odore orrido ci bloccò le vie respiratorie: sembrava di essere in un ospedale gremito di malati di malaria. E non era finita lì. Infatti le anime se ne stavano ammucchiate una sopra l’altra, aggiungendo al terribile puzzo la pietà che ispiravano. C’era chi si appoggiava sul ventre e chi sopra le spalle di un altro, addirittura qualcuno si trascinava carponi per il sentiero. Procedevamo lentamente senza parlare, il nostro litigio era storia vecchia, eravamo troppo impressionati dallo spettacolo deprimente che ci si parava di fronte: dannati colpiti da ogni genere di malattia esistente al mondo.
Allungando lo sguardo, scorgemmo due anime che si tenevano una all’altra, coperte di croste dalla testa ai piedi. Entrambi si stavano freneticamente grattando il corpo proprio dove le croste lo ricoprivano.
“Ehi tu, grattugia ambulante. Sì, dico a te! C’è qualche italiano qua dentro?” chiesi.
“Noi due siamo italiani. Ma chi è che lo vuole sapere?” Domandò sospettoso una delle due grattugie ambulanti.
“Io sono la guida di questo vivo e lo devo portare in giù, di girone in girone. Quando siamo arrivati qui, gli ho detto in quale bolgia ci troviamo e non mi ha creduto! Potreste pensarci voi a illuminarlo?”
I due dannati erano così scioccati che mollarono la presa che avevano sull’altro. Nel frattempo, mi accostai  a Dante e posai letteralmente la bocca al suo orecchio. “Dì loro ciò che tu vuoi.” E godetti nel sentirlo tremare da capo a piedi.
Ah-ah! La voce sexy funziona sempre. Pensai esultante.
Serve una mano?
E tu cosa vuoi? Ti avevo detto di smetterla di scocciarmi.
Ma…
Va’ via!
Ma… Era forse possibile provare pietà per la propria voce pervertita?
Se mi dovesse servire una vocina pervertita, sarai la prima che chiamerò. A quanto pare sì.
Evviva!

“Ehm, dunque, ehm…” Uh, l’avevo veramente agitato. Deglutì un paio di volte per poi riprendersi. “Possa il vostro ricordo non svanire nel mondo terreno e che possa durare molti anni.”
Leccaculo.
Ti serve…?
No!!
Ok…
“Potete dirmi chi siete e di quale città? Tranquilli, non dovete avere vergogna del vostro stato miserabile.”
Mi portai il palmo della mano alla fronte. “Bel modo di mettere il dito nella piaga.” Gli mormorai.
Dante girò la testa offeso e mi ignorò.
Prima che potessi dirgliene quattro, uno delle anime rispose. “Io sono Griffolino d’Arezzo e fui messo al rogo da Alberto da Siena. Ma non mi trovo qui per la colpa per la quale mi fece uccidere. Vedi, eravamo alla locanda a bere. Entrambi eravamo un po’ brilli e tra un bicchiere e l’altro mi scappò detto che sapevo volare. Alberto, tutto entusiasta, insistette perché gli mostrassi la mia tecnica ed io acconsentii, credendo che la mattina dopo se ne sarebbe dimenticato. E invece i fatti non andarono così. Non solo se ne ricordò, ma, quando non ci riuscii, mi fece mettere al rogo dal vescovo, che lo considerava un po' come un figlio. Ma Minosse mi mandò qui nella decima bolgia a causa dell’alchimia che praticai in vita.”
Lanciai un’occhiatina a Dante e, vedendo la sua faccia arrossarsi dalla rabbia, mi preparai all’esplosione. 3…2…1…
“Ma è possibile che esista qualcuno più vanitoso di voi senesi?! Uno penserebbe che siano i francesi ad esserlo e invece no! Voi riuscite a batterli!”
Ma a quel punto intervenne l’altro lebbroso con tono sarcastico. “Sai, dovresti escludere Stricca, che era mooooolto ‘moderato’ con le spese e Niccolò, che scoprì l’uso costoso dei chiodi di garofano; e non scordarti della brigata che scialacquò la vigna di Caccia d’Asciano, di cui diede prova di oculato senno l’Abbagliato. In caso volessi sapere chi ti sta dando corda nel condannare i senesi, volgi lo sguardo verso di me. Mi riconosci? Sono Capocchio, falsai i metalli per mezzo dell’alchimia e se ti ho riconosciuto, ti ricorderai bene che ero molto abile ad imitare la natura.”
Fissai ancora una volta il volto di Dante e, dopo averlo fatto, seppi per certo che se qualcuno non fosse intervenuto al più presto, i due si sarebbero picchiati pesantemente. Ed io non avevo dietro i popcorn!
 
Ehi! Sul serio? Un intero capitolo senza avere bisogno di me?! Dannati voi…
 

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Capitolo 30
*** Inferno, Canto XXX ***


Ciao a tutti! Eccoci (finalmente) con un nuovo canto solo per voi! Cari lettori, ho solo una cosa da dirvi: non odiatemi xD
Conto alla rovescia: -4 canti
Buona lettura a tutti! :D

Canto XXX
 
Dante
 
Ora basta! Non ce la faccio più a trattenermi! Giuro che adesso gli spacco la faccia!
Capocchio aveva osato prendersi gioco di me e non aveva fatto altro che alimentare la mia rabbia verso i falsari senesi. Ed aveva ancora la faccia tosta di sghignazzare! Ah! Presto si sarebbe pentito delle sue parole! Gli avrei fatto vedere io…
“Maestro, dammi l’Eneide.” Gli ordinai, senza girarmi a guardarlo.
La mia guida mi guardò confusa. “Ma non ce l’ho qui con m…”
“Va bene! Allora...gliela reciterò a memoria!”
Vidi il viso di Capocchio impallidire. Ah-ah! Adesso sì che si ragionava. Nessuno si prende gioco di Dante e se ne va indenne.
“Suvvia, possiamo parlarne…” tentò di ragionare lui, ma ormai ero furibondo.
Tossicchiai per darmi importanza e cominciai a recitare. “Eneide, Liber VIII…”
“Oh no! La parte della guerra è quella più noiosa.” Mormorò Virgilio a denti stretti.
E meno male che l’ha scritta lui. Pensai divertito. “…Ut belli signum Laurenti Turnus ab arce extulit et rauco strepuerunt cornua cantu, utque acris concussit equos utque impulit arma, extemplo turbati animi, simul omne tumultu coniurat trepido Latium saevitquae iuventus effera…” cominciai, scandendo bene gli esametri.
“Anche in metrica, noooooooooooooo! Basta! Mi dispiace! Pietà! Ti prego, smettila!” implorò Capocchio.
“Ammetti di aver avuto torto? Ammetti che ero IO ad avere ragione?” gli chiesi con un sorrisino diabolico in volto, degno del migliore Inquisitore spagnolo.
“Beh…”
Vedendolo esitare continuai. “Ductores primi Messapus et…”
“Va bene! Va bene! Hai vinto! TU avevi ragione ed IO avevo torto. Contento?”
“Sì.” Sibilai con un sorriso soddisfatto.
Capocchio fuggì il più lontano possibile da me lanciandomi un' ultima occhiata colma di odio.
Sospirai soddisfatto. “Giustizia è fatta.” Mi voltai verso Virgilio e lo trovai intento a fissarmi con una nuova luce negli occhi. Aveva perduto qualsiasi atteggiamento di scherno o di rimprovero, ma non sapevo dire che sguardo fosse quello che adesso puntava su di me. Semplicemente era...diverso, curioso forse, come se mi stesse valutando in maniera differente da come aveva fatto fino a quel momento.
“Ho qualcosa sul viso, maestro?” domandai, un po' imbarazzato, probabilmente con un’aria troppo saccente per i suoi gusti.
Virgilio parve riscuotersi. “A parte il tuo enorme naso? No, assolutamente nulla.”
Ok, oggi è l’ultimo giorno che prende in giro il mio bellissimo nasino.
“Sai cosa dicono del naso, maestro caro?” domandai, spostando lentamente il mio sguardo dal suo viso verso il basso.
Virgilio seguì come incantato il mio sguardo e, quando si rese conto a cosa alludevo parve riscuotersi; rialzò immediatamente gli occhi con un sorrisetto. “Non era dei piedi che lo dicevano?” ribatté.
Al che, arrossii di botto. Non era colpa mia se ero nato con dei piedini da fata!
“Stai attento, Dante.” Continuò lentamente, imperterrito. “Stai giocando ad un gioco pericoloso.” La sua espressione si fece più invitante, come se mi stesse sfidando a continuare a flirtare…si stava divertendo, era evidente...un momento…FLIRTARE?!?! Noi due stavamo flirtando?! Come?! Cosa?!? No, dovevo essermi sbagliato...
Ma allora lui ci sta provando con ME! Allora...forse...!
Sì! Sì! Sì! Vai così, Dante, Sei grande! Ed ora che l’hai realizzato, lascia che sia io a fare il resto…
E cosa avresti intenzione di fare? Domandai sospettoso.
Che domande! Ovviamente gli salterò addosso!
Noooooooo! Non ti azzardare!
Ma…!
A cuccia!
Ma…!
Sit!
But…
Vocina…

"Dante? Tutto bene lì dentro?"
Oh, no! Ero stato a parlare troppo a lungo con la mia vocina ed ora il mio maestro mi stava guardando come se fossi impazzito! Avevo rovinato tutto!
“Vocina inopportuna!” No, oh cielo… l’ho detto ad alta voce. ” Ehm… Sì sì, mai stato meglio…”
Ok, ora come lo affronto il discorso? Insomma, visto che la cosa sembra funzionare, forse potrei riuscire a trovare il coraggio per dichiararmi.
Virgilio parve sollevato e forse non aveva nemmeno notato la mia gaffe della Vocina. “Oh, meno male! Temevo di averti preso troppo in giro con quel discorso sui piedi.”
Oh-oh.
“C-c-come? Prendermi in giro? Vuoi dire che tu…” Oh no, avevo veramente male interpretato così tanto le sue intenzioni?
“Cosa? Pensavi che fossi serio? Ma no sciocco! Non mi permetterei mai di offendere per davvero le tue parti intime! In fondo, a me non interessano le tue...umh..."misure"...” Tentò di tranquillizzarmi il mio maestro, ottenendo l’effetto opposto.
Vuol dire che non stava flirtando con me? Che non mi stava stuzzicando apposta? Quindi a lui non gli importa veramente niente di me…
Ero sull' orlo dell' esasperazione. Non riuscivo a capirlo.
La mia guida mi si avvicinò preoccupata. “Ehi, che cos’hai adesso?”
Aprii bocca per rispondergli in malo modo, ma, in quel momento, fummo interrotti dall’arrivo di due anime pallide e nude che correvano, mordicchiando altri dannati. Una di queste raggiunse Capocchio e lo addentò alla nuca, trascinandolo via senza mai lasciare la presa, come un cane rabbioso con la sua preda.
Griffolino, l’aretino rimasto, con cui avevo parlato in precedenza, prese a tremare. “Q-q-quello c-c-he è a-appena p-p-passato è G-Gianni Schicchi. F-fa così con tutti e non risparmia m-m-mai nessuno.”
Lo guardai con compassione. “Spero vivamente che il suo compagno non ti azzanni mai. Non posso più fermarmi molto, devo continuare il mio cammino, ma, prima di andare, ti va di dirmi chi era costui in vita?” Pregai fortemente che mi assecondasse, fregandomene beatamente del fatto che fosse in preda al panico, in modo da allontanare il più possibile il mio imminente chiarimento con Virgilio. Ora come ora non ero pronto per affrontarlo di nuovo.
Fortunatamente, Griffolino continuò a parlare. “Quella è l’anima di Mirra. Mai sentito parlare di complesso di Edipo? Ah, giusto, Freud non esiste ancora! Talvolta poter vedere passato, presente e futuro genera un po' di confusione!” Tossicchiai, facendogli cenno di continuare. “Giusto, vorrai sapere cos’è il complesso di Elettra. Praticamente, hai presente quando un padre e sua figlia copulano? Quello. Sì, lo so, disgustoso. Dunque, Mirra, per andare a letto con il padre, tramutò le sue sembianze. Un po' come fece compare laggiù, che si finse Buoso Donati per accaparrarsi la cavalla migliore in eredità.”
Quando i due dannati furono passati, rivolsi lo sguardo agli altri, evitando di posarlo su Virgilio. Vidi un’anima che sembrava quasi un liuto con le gambe tanto il ventre era gonfio per l’idropisia. Fu proprio lui a rivolgermi la parola per primo. “Oh, voi che siete qui senza alcun tormento, io sono maestro Adamo. Guardate qua come sono ridotto! In vita godetti in abbondanza di tutto quello che desiderai e ora vorrei solo una goccia d’acqua. Una singola goccia! Ancora ripenso ai torrenti del Casentino e la loro immagine mi inaridisce più del male per cui io dimagrisco nel volto. Ma la mia punizione non è senza giustizia. Vedete, proprio presso quei freschi ruscelli , vi è il castello di Romena, dove io falsificai la lega dei fiorini d’oro. Ma non fu solo colpa mia, sia chiaro! Fui istigato dai conti Guidi. Ah! Se solo potessi mettere le mani su uno di loro! Voci di corridoio mi dicono che ce n’è uno in questa bolgia, ma tanto che ci posso fare? Non riesco nemmeno a muovermi!”
Decisi di interrompere quel grottesco palloncino prima che potesse cominciare ad autocommiserarsi di nuovo. “Senti, mi puoi dire chi sono quei due tizi febbricitanti alla tua destra che emettono vapore come una stufa?”
“Guarda, io li ho trovati qui e da allora non si sono più mossi, e penso non si muoveranno mai.” Mi rispose con scarso interesse. “Una è la moglie di Putifarre, la donna che accusò Giuseppe di averle arrecato violenza. L’altro è il bugiardo Sinone, il greco che ingannò i troiani per far loro accettare il Cavallo di Troia. Ragazzi, senti il tanfo di bruciato che emanano questi due!”
Sinone, non gradendo il modo in cui era stato presentato, tirò senza preavviso un pugno a mastro Adamo. Quest’ultimo rispose con un gancio al viso. “Almeno io riesco a muovere il braccio, idiota!”
“Ah, davvero? Eppure mi sembrava che mentre andavi al rogo quelle braccia non riuscissi ad usarle. Al contrario di quando coniavi!”
Ugh, questa era cattiva. Pensai, osservando lo scontro di botte e risposte interessato.
“Sarà anche vero, ma non mi sembra che tu abbia fatto lo stesso quando i troiani ti chiesero di dir loro la verità a proposito del Cavallo!”
“E allora tu? Tu hai falsificato la moneta! Sai quanti bambini non mangeranno per colpa tua?”
“Il Cavallo, Sinone! Il Cavallo! Ricordati del Cavallo! Quello che ha condannato una città intera! Pensa agli infanti che tu hai ucciso! Il mondo intero conosce la tua colpa, Sinone! Ti sarà tormento per l' eternità!”
“E a te sarà di tormento la sete, con la tua lingua e la tua pancia marce.”
“Io avrò anche una sete mostruosa, ma tu hai una febbre terribile e un mal di testa da paura e sono convinto che anche tu non vedresti l’ora di tuffarti in un po' di acqua fresca!"
Io ero così intento a seguire il loro battibecco che mi scordai completamente del maestro alle mie spalle. Perciò, quando Virgilio mi artigliò una spalla, quasi mi venne un infarto.
“Maestro!” obiettai, ma subito mi zittii sotto il suo sguardo deluso.
“Se resti ancora per un minuto a guardarli litigare, giuro che litigo io con te.”
Alle sue parole, provai una sincera vergogna e il forte desiderio di scusarmi, provocare in lui certe reazioni mi faceva star peggio di quanto dessi a vedere, ma non riuscii a pronunciare parola. D’altronde, ero ancora deluso per la discussione di poco prima.
Virgilio, vedendomi così frustrato, decise di intervenire. “Suvvia, non c’è bisogno di vergognarsi così tanto! Basta che tu mi dica che ti dispiace e che mi prometti che non assisterai mai più ad altre risse. Sai che non è educato farsi gli affari degli altri più del necessario. Lo sai in che luogo siamo; queste anime soffrono, e tu non immagini quanto. Per quanto possano aver peccato, io personalmente augurerei a pochi tutte queste sofferenze. E' già tanto che ti permettano di ascoltare le loro storie, meglio non abusare della loro gentilezza, giusto? Il ricordo è per loro fonte di ulteriore dolore. Lasciamoli stare adesso, andiamo via.”
Quanto adoravo quando la mia guida non si prendeva gioco di me e mi faceva discorsi seri! Quanto mi era mancato il lato letterario di Virgilio! In questi momenti riconoscevo nel suo lato più profondo la saggia guida, l' uomo che avevo sempre adorato.
Ed è così che, preso dal un nuovo impeto di amore, di passione verso il mio poeta preferito, riuscii a radunare il coraggio per fare una sola, difficile, domanda.
“Ti prometto tutto quello che vuoi maestro, ma prima, potresti rispondere sinceramente ad una mia domanda?”
Virgilio parve sorpreso per un attimo, ma subito riacquistò la sua aria sicura. “Certo, chiedi pure.”
Ok, Dante, respira. Ce la puoi fare. Uno, due, ...due e mezzo...aah,...tre!
“ChecosaPROVIveramenteperme?” Domandai in fretta e furia, forse sperando che Virgilio non avesse capito nulla e che quindi ignorasse la domanda. Ovviamente, nulla andava mai secondo i miei piani. Quando alzai lo sguardo e incrociai quello del mio maestro, capii che era arrivato il momento della verità.

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Capitolo 31
*** Inferno, Canto XXXI ***


Ciao a tutti ragazzi! Eccoci giunti al capitolo 31 di questa storia. Prima di augurarvi una buona lettura, ho alcune comunicazioni da fare.
1) Se qualcuno di voi è sardo o conosce il dialetto, non è che potrebbe correggere la frase che abbiamo inserito? (Frase, sono due parole xD)
2) La reazione di Dante verrà spiegata nel prossimo canto che sarà con il suo punto di vista.
3) La pubblicazione del prossimo capitolo sarà in ritardo di due settimane perchè domani parto per la Scozia e tornerò il 31 luglio. Scusatemi tanto ragazzi ma non ce l'abbiamo fatta a preparare altri due canti :(
Ok, le comunicazioni sono concluse, vi auguro una buona lettura (scusate se il canto è corto).


Canto XXXI
 
Virgilio
 
Ohcazzoohcazzoohcazzoohcazzoohcazzooooh!!!E adesso che cosa faccio!?
Io, Publius Virgilius Maro, poeta latino di magna eloquentia, autore dei sommi poemi, che in un mio lampo di genialità vanno in ordine crescente di epicità (Cosa volete? L’Eneide è un poema epico, in tutti i sensi!), per la prima volta nella mia vita…
Ma stai zitto, che ti sei bloccato più volte tu nelle ultime due ore di Windows Vista in un giorno!
…non sapevo che cosa fare.
Come avrei risposto alla domanda di Dante? Se avessi nuovamente tentato di cambiare argomento prendendomi gioco di lui, con buone probabilità il fiorentino non mi avrebbe mai più rivolto la parola.
Non posso continuare a giocare con lui in eterno...
Le mie possibilità di conquistare il suo cuore sarebbero scese a zero.
...l' eternità non ci è concessa.
D’altra parte, ero veramente pronto a rivelargli ciò che provavo per lui?
Quello che temevo era un rifiuto da parte sua…e preferivo mantenermi in questo limbo, specchio interiore della mia dimora eterna, e crogiolarmi nella dolce sofferenza degli amanti infelici, piuttosto che affrontare la realtà e cercare una risposta ai miei dubbi, per paura che questa fosse negativa.
MA SEI SCEMO!? Come puoi pensare ancora che Dante non provi niente per te? Che ti possa rifiutare, soprattutto dopo averti chiesto lui stesso che cosa provi veramente?
ZITTA! Tu non capisci niente! Sei solo una vocina pervertita che non pensa ad altro che al sesso!
Almeno sono più sveglia di te!
Stupida! Tu sei ME!
Non voglio essere associata ad una persona così ritardata!
Mi hai appena dato del ritardato?!
Sì! Perché è impossibile che tu ancora non ti sia accorto della scia di bava che Dante ti lascia dietro!
Realizzai con sorpresa che aveva ragione. Perché mi ostinavo a negare l'evidenza? I suoi sguardi celati, i suoi fremiti ad ogni contatto con il mio corpo, la paura di deludermi...potevano significare una cosa sola. Alla fine, dopo le centinaia di pippe mentali che mi ero fatto, i miei dubbi erano stati risolti proprio dalla mia impertinente vocina e non trovavo in me nessun argomento che potesse contestarla.
Guardai Dante, che ancora mi fissava speranzoso, e mi resi conto che il momento era giunto.
Grazie, vocina, per avermi aperto gli occhi.
Inspirai, liberando la mente da ogni pensiero.
“Dante.” Dissi con pathos, fissando il mio sguardo nel suo, senza esitare, senza temere, non più.
Percepii un brivido scuotere leggermente il bel bussolano. Il tono studiato aveva avuto un certo effetto.
“Sì…?” domandò speranzoso.
“Devi sapere che io…”
“Sì??”
“Che io ti…”
VUVUUUUUUUUUUUUUUUUUUUU!!!!
Il suono improvviso di un corno squarciò prepotentemente quell’aria, quel silenzio che volevano fare da sfondo alla mia dichiarazione, facendomi perdere in un unico istante tutto il coraggio guadagnato con tanto sforzo, nonché l’attenzione del fiorentino, che si era voltato di scatto nella direzione da cui proveniva il suono.
Maledetto corno!!! Che poi non è nemmeno un corno! È una maledetta vuvuzela da stadio!!!
L’atteso momento era stato rovinato e tutto per colpa di un suono!
E adesso che faccio? Dante vorrà sicuramente una risposta ed io non me la sento più di dargliela…
Ma il mio protetto era pieno di sorprese. “Ehm, maestro, che città è questa?” chiese, indicando una torre: fonte del suono della molesta vuvuzela.
Cosa? Non mi fa pressioni? Tutto qui?
Per nascondere l’imbarazzo e l’incredulità, reagii in modo forse troppo acido. “Ma scusa, è evidente! Guarda meglio!” Poi, rendendomi conto di aver esagerato, addolcii il mio tono. “Quelle in realtà non sono torri, ma giganti, che stanno, dall’ombelico in giù, attorno alla parete del pozzo in cui ci troviamo.”
Vidi Dante strizzare gli occhi nel tentativo di mettere a fuoco  mentre si avvicinava all’orlo del pozzo e subito dopo impallidire.
Se ora sviene anche, questo girone vince il titolo di girone più brutto in cui sia mai stato.
Seguii il suo sguardo fino al gigante che aveva visto. La sua faccia somigliava ad una pigna; braccia e gambe erano proporzionate a essa.
“Burriccu Rafiele!” esclamò rivolto a noi in una lingua oscura.
“Se non sai come sfogarti, continua a suonare la tua vuvuzela e smettila di urlarci dietro in sardo!” gridai irato.
Poi mi voltai verso Dante. “Quel mastodontico idiota è Nembròt, capo della stirpe di Cam e primo re di Babilonia, nonché compositore dei più famosi cori da stadio ed esperto suonatore di Vuvuzela. Fu il principale responsabile della costruzione della Torre di Babele, cui seguirono la mescolanza e la confusione delle lingue. Infatti parla una lingua che solo lui capisce e non comprende quella umana.”
Senza dirci altro, proseguimmo per il percorso più lungo, a sinistra, fino a raggiungere un gigante con il braccio sinistro legato davanti e il destro dietro.
“Vedi, Dante, questa è la punizione per aver sfidato Giove! Il suo nome è Fialte, e con Oto sfidò gli dei, impilando due monti per raggiungere il cielo, quando i giganti vollero oltraggiare gli olimpi. Ebbe inizio così la guerra di Flegra, e queste braccia che sollevarono montagne ora sono immobili per l'eternità.” Dissi, sperando di sembrare più disinvolto di quanto non fossi. Mi era difficile riuscire a concentrarmi sul mio ruolo di guida dopo la mia confessione mancata.
“Maestro, possiamo andare a vedere Briareo?” mi chiese tentando di simulare curiosità, ma mancava del solito entusiasmo.
“Prima andiamo a vedere Anteo, che è sciolto dalle catene e sa parlare, e che ci farà da ascensore. Dopo potrai vedere Briareo, che tanto è uguale, solo più incazzato.”
Proprio in quel momento, Fialte si mosse, provocando un terremoto. Noi, spaventati, corremmo in avanti e giungemmo da Anteo.
“Oh, tu, altissimo, levissimo e purissimo -si fa per dire- gigante, che hai compiuto tantissime gesta degne di nota, così grandi che non son degne di essere nominate- e infatti non le nominerò- ... se non ti fa troppo schifo, potresti, per favore, calarci giù? Non farci andare da Tizio e Caio, per favore. Se ci cali giù, Dante porterà la tua fama nel mondo!”
Il gigante subito stese le mani e mi prese. Inutile dire quanto me la feci addosso quando mi vidi quei cosi enormi stringersi intorno a me. Ma non potevo mostrare la mia paura, rischiando di condizionare Dante, altrimenti non saremmo più scesi da lì. “Vieni, Dante, avvicinati, così ti prendo.”
Il fiorentino si avvicinò esitante ma alla fine si lasciò mettere le mie braccia attorno alla vita. Lo sentii irrigidirsi non appena lo strinsi a me per aiutarlo a salire.
A quel punto il gigante ci fece scendere.
Sentii il mio protetto tremare per tutta la discesa, il poveretto era terrorizzato dal gigante e probabilmente dall’altezza che ci separava dal suolo. Arrivati al suolo, ci accorgemmo di essere arrivati in un luogo orribile.

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Capitolo 32
*** Inferno, Canto XXXII ***


Ebbene sì. Dopo tre settimane eccoci di nuovo qui!!! :D Scusate la settimana di ritardo ma il viaggio di ritorno mi ha sfiancata e in questi ultimi giorni abbiamo avuto tutte e tre da fare. MA quello che conta è che ora siamo qui, con un nuovo capitolo solo per voi. :)
Spero che vi piaccia e che non ve la prendiate troppo con noi o con Dante e Virgilio. Quei due sono senza speranza -.-
Mancano solo due canti alla fine dell'Inferno, ancora non riesco a crederci...
So cosa state pensando:"Mancano solo due canti alla fine dell'Inferno e quei due non si sono ancora messi insieme!!!" Lo so, è frustrante, ma abbiate fede! (e considerate che in realtà sono passati solo DUE giorni...il senso del tempo di Dante fa un po' schifo...)
Buona lettura a tutti!

Canto XXXII

Dante

Probabilmente, a questo punto della storia, molti lettori si staranno chiedendo perché, dopo aver finalmente rivolto a Virgilio la fatidica domanda, non lo avessi spinto a continuare. La risposta è molto semplice: ero stanco. Sì, esattamente, stanco, scoraggiato, sfinito, deluso. Ormai non mi importava nemmeno di perseguire l’argomento con Virgilio. Ogni volta che ci provavo, venivamo interrotti da qualcuno o da qualcosa o, ancora peggio, il mio maestro si faceva gioco di me, probabilmente per nascondere l’imbarazzo o perché, semplicemente, non voleva darmi una risposta. Perciò potrete capire, miei carissimi lettori, che, arrivati al punto in cui Virgilio si era finalmente deciso ad accontentarmi e di rivelarmi cosa veramente provasse per me, sentire l’irritantissimo suono di un’inopportuna vuvuzela mi aveva fatto esasperare. Esasperazione: la parola che descriveva alla perfezione il mio stato d’animo.
Ero esasperato e, come tale, avevo deciso di interpretare queste interruzioni come un segno del destino: il Boss non era d’accordo e cercava di ostacolare ogni possibile avvicinamento tra me e Virgilio.
E come biasimarlo? Dopotutto aveva creato un girone apposta per quelli come me, che preferivano il volto (seeeh…vabbè) duro di un uomo alle morbide curve femminili.
Ma Dante, come puoi arrenderti così!? Con tutto lo sforzo che ti è costato chiederglielo!
Sospirai pesantemente. Vocina, io ti ringrazio per tutto il supporto che mi hai dato ma…non ce la faccio più. Ormai ho perso tutta la speranza. Riesco a riconoscere una causa persa.
Ma non è una causa persa! A Virgilio…
non importa nulla di me!
Sei ridicolo, Dante! Solo perché casualmente siete stati interrotti più e più volte non significa certo che il Boss…
Io non credo nella casualità, ricordi? Io credo nel destino, che è determinato lassù, dai piani alti! E se Lui vuole che io porti a termine questo viaggio senza che tra me e Virgilio accada qualcosa, allora così sarà! Caso chiuso.
Te ne pentirai, Dante.
Mi stai forse minacciando?
No, ti sto solo avvertendo. Non sprecare così questa possibilità, te lo chiedo per favore.
non lo so…
Solo un’altra volta, Dante. Provaci solo un’altra volta. Non serve che tu lo faccia subito, datti tempo, ma non perdere la speranza.
d’accordo.
Grazie…anche perché non faresti un dispetto solo a te stesso, ma anche a me e alla tua….ehehe… “verga magica”!
Ok, ho sentito abbastanza per oggi. Ci sentiamo, vocina!
Ma dimmi te! Io stavo solo scherzando…forse…
Alzai gli occhi al cielo; la mia vocina non si smentiva mai. Anche se non potevo fare a meno di ringraziarla mentalmente per avermi tirato su di morale. Ancora non sapevo se avrei seguito il suo consiglio, ma almeno per il momento avevo riacquisito un po’ del mio spirito.
Fu così che, meno scoraggiato di prima, mi accorsi di essere arrivato in fondo alla discesa.
Ah! Se possedessi un linguaggio poetico degno del mio maestro, forse riuscirei a descrivere il luogo orrendo in cui ci trovavamo. Ma, essendone sprovveduto, cercherò di fare del mio meglio per illustrare a voi gentili lettori, il nono cerchio dell’Inferno.
A nessuno importa nulla del nono cerchio, lo vuoi capire!? I lettori sono qui per le vostre ver…
Oh ma insomma! Il fatto che ti abbia ringraziata non ti da il diritto di commentare ogni cosa che dico!
Beh, come se già non lo facessi…
Argh…! Fa’ silenzio e lasciami continuare, per carità.

“Attento alle teste, Dante”
“Eh?” Abbassai confuso lo sguardo e notai che stavamo camminando su un lago ghiacciato, che pareva avere la stessa consistenza del vetro. E lì, incastrate nella sua superficie fino alla testa, stavano le anime di questo cerchio. Ogni dannato congelato batteva i denti e teneva il capo rivolto verso il basso. Dopo essermi guardato intorno, mi accorsi di due anime ai miei piedi, così strettamente avvinghiate l’una all’altra che i loro capelli sembravano formare un’unica massa.
Spinto dalla curiosità, mi avvicinai per parlarci. “Ditemi, voi che siete così uniti…” Le anime mi lanciarono un’occhiataccia, che ignorai “ …chi siete stati in vita?”
I due dannati, sollevarono a fatica lo sguardo verso di me, piegando il collo all’indietro nel tentativo doloroso di guardarmi negli occhi. Sentii chiaramente le loro vertebre scricchiolare orribilmente nello sforzo. Le lacrime che si erano raccolte nei loro occhi chini all’abisso scivolarono allora lentamente lungo le guance coperte di brina, solidificandosi subito in ghiaccio. Schegge taglienti di gelo trovarono il loro posto in quegli occhi già velati dal pianto.
Le anime, agitando le teste in preda al dolore, cozzarono l’una contro l’altra come due cervi maschi nel periodo dell’accoppiamento.
Un altro dannato lì nelle vicinanze, che aveva perso le orecchie a causa del gelo, mi rivolse la parola in modo scocciato. “Ehi, tu! Sì, dico a te! Vuoi un affresco per caso?”
Lo guardai confuso. “Cosa?”
“No, dico, ho capito che sono bello, ma dovresti smetterla di guardarmi in quel modo, altrimenti potrei pensare che tu ci stia provando.”
“Innanzitutto io non stavo guardando te; come seconda cosa, non penso proprio che fissare qualcuno sia il modo giusto per fare delle avances; infine, non sei il mio tipo.” Replicai indignato.
“Tsè, come fai lo schizzinoso. Solo perché mi mancano le orecchie non significa che mi manchi anche qualcos’altro…”
Diventai rosso come un pomodoro. Cercai aiuto con lo sguardo, incrociando quello del mio maestro che, irritato, mi si parò davanti. Era in quei momenti che Virgilio mi faceva sentire tanto donna-angelo, delicata e buona a nulla, suscitando in me imbarazzo e anche rabbia verso me stesso. Perché non riuscivo mai a difendermi da solo?!
Sono inutile. Piagnucolai.
Riportai la mia attenzione sulla mia guida e seguii il suo dialogo con l’anima che mi aveva importunato. “E dai! Volevo solo scherzare con il tuo amico! Non c’è bisogno di arrabbiarsi tanto!”
“Adesso ascoltami bene, gruviera…”
“Ah, adesso ci mettiamo a insultare gli invalidi! Molto onorevole da parte tua!”
“Taci. Non siamo qui per te. Siamo in missione sotto incarico ufficiale per conto del Boss, dunque vedi di non farmi girare i cosiddetti a elica, che poi prendo il volo. Smettila di prenderti gioco del mio amico e rispondi alle sue domande. Prima cominciate e prima finite.”
“D’accordo…tanto non è che ho molto da fare qui.”
Virgilio mi sorrise, facendomi un cenno con la testa per incoraggiarmi a parlare.
“Grazie, maestro.” Mormorai senza guardarlo, focalizzando di nuovo il mio sguardo sul dannato. “Allora, intanto perché non mi dici chi erano quei due?”
L’anima sbuffò ma mi rispose. “Quei due sono i figli di Alberto degli Alberti, ovvero Napoleone e Alessandro Alberti. Tra tutti, sono quelli che più meritano di trovarsi nella Caina.”
“Caina?” domandai confuso.
“’Caina attende chi a vita ci spense’…non ricordi cosa ci ha detto Francesca?” Intervenne Virgilio.
“Ehm…no”
“Ah, è vero. Eri svenuto…”
Di bene in meglio, pensai. Ricordavo i postumi di quel mancamento…Che vergogna, santo Cielo!
“Benvenuto sul fondo, nel lago di Cocito, il centro della Terra, il luogo più freddo” continuò l’altro” E’ questa la Caina, il luogo di punizione eterna per i traditori dei congiunti e loro due sono qui perché si sono uccisi fra loro. E prima che tu me lo chieda, io sono Camicione de’ Pazzi e sto aspettando il mio caro amico Carlino.”
Avevo ancora altre domande da fare, ma l’anima si rifiutò di aprire di nuovo bocca.
Proseguimmo il cammino lungo le acque ghiacciate, procedendo verso il centro del pozzo.
Il freddo sembrava intensificarsi ogni momento di più; cercai di riscaldarmi sfregando le mani sulle braccia, ma a nulla valsero i miei sforzi.
“M-m-m-maestro, f-f-f-f-f-fa m-m-molto f-f-f-f-f-freddo.” Dissi, tentando di avviare una conversazione tranquilla con la mia guida. Non voleva che pensasse che lo stessi ignorando dopo tutto quello che era successo poco prima…
“Lo so Dante.” Mi rispose, non influenzato minimamente dal freddo. Era forse la tempra da poeta a renderlo così resistente? O forse semplicemente il fatto che lui non era più…
“Ma devi sapere” continuò serio “che fin dall’antichità esiste un modo molto semplice per scaldarsi….”
Oh-mio-Dio-Oh mio DioOhmioDio! Non intenderà mica…!?
“E c-c-c-come, m-m-maestro?” Non so se balbettassi per il freddo in quel momento o per la paura di ciò che avrebbe risposto la guida.
“Correndo, ovviamente! Forza, Dante, seguimi!” E corse via, incurante se lo stessi seguendo o meno.
Per un paio di secondi rimasi a fissarlo a bocca spalancata, mentre si allontanava.
Non ci credo, l’ha fatto di nuovo! Mi ha preso in giro di nuovo! Pensai allibito.
Ehi, lui non ha mai fatto accenni a cose sporche…e poi sono io la pervertita fra noi due, vero, Dante?
gni.
“Forza, Dante! Non ti si sarà mica congelato il sedere!” mi urlò il maestro, facendo sghignazzare alcune delle anime nel ghiaccio.
Beh, un modo per scongelarlo ci sarebbe….
Sì, sei decisamente tu la pervertita.
Le mie labbra formarono una linea sottile per l’irritazione. “Arrivo.” Sbottai, cominciando a correre a fatica cercando di non scivolare sulla lastra di ghiaccio. Ma ecco che, sbadato com’ero, quando stavo per raggiungere Virgilio, sbattei il piede contro la testa di un dannato ed inciampai. Non caddi a terra solo grazie al rapido  intervento del mio maestro, che mi afferrò in tempo per le braccia e mi aiutò a rimettermi in piedi.
Nonarrossirenonarrossirenonarrossirenonarrossire.
“Grazie.” Ripetei per la seconda volta in quel girone.
“Di niente. Ora però sbrighiamoci.”
“Ehi!!!! Dove state scappando, vandali?!?! Ma guarda te, nemmeno nella battaglia di Montaperti ci furono simili colpi bassi.”
A quella frase drizzai subito le orecchie. “Maestro, aspettami qui. Devo assolutamente chiedergli una cosa. Non ti fermerò più, promesso”
Virgilio mi squadrò preoccupato ma decise di lasciarmi fare.
Subito mi voltai verso il dannato. “Chi sei tu?”
“Chi sono io? Chi sei TU! Prima mi calpesti la faccia e poi te ne vai tranquillamente?! Ma da dove vieni? A casa tua si calpesta la gente così, per sport? Ragazzi, attenzione che c’è uno che gira per l’Antenora a tirare pedate in faccia! Ma no, tranquillo eh! Credi di poter fare quello che ti pare solo perché io sono qui incastrato e tu…”
“Guarda, io sono vivo, quindi se vuoi essere ricordato potresti dirmi il tuo nome ed io poi potrei riferirlo ad altri…”
“NO! Io desidero proprio il contrario. Levati di torno e non ficcare più la tua proboscide in faccende che non ti riguardano! Non sei abbastanza leccaculo da poter cavare informazioni da me.”
Proboscide?
PROBOSCIDE??
IL MIO NASINO?!?!
Lo afferrai per i capelli , vicino alla collottola. “Leccaculo un cavolo! Con quel ghiacciolo di deretano che ti ritrovi. Dimmi il tuo nome o ti scotenno!” lo minacciai.
“Ah! Scotennami pure, da me non saprai niente!”
Gli strappai con violenza la ciocca di capelli che avevo in mano. Il dannato latrò come un cane e, non potendo soffocare il rumore con le mani, gli echi delle grida si rincorsero lungo le pareti del pozzo, restituendoci il lamento moltiplicato, ancora più cupo, ancora più agghiacciante.
Fu allora che un altro gridò. “Bocca, ma che hai?! Non ti basta fare un concerto con i tuoi denti, ora ti devi anche mettere a latrare?!”
Lasciai ricadere l’anima con disprezzo. “Ormai so chi sei, Bocca degli Abati, sporco traditore. Porterò precise notizie della tua infamia.”
Quello sputò vicino al mio piede. “Vattene e racconta ciò che vuoi. Ma non tacere di quello che ha parlato ora, Buoso da Duera. E non dimenticarti nemmeno di Tesauro dei Beccheria, a cui i fiorentini tagliarono la gola, né di Gianni de’ Soldanieri, insieme a Gano di Maganza e Tebaldello, che aprì le porte di Faenza mentre la gente dormiva. Va’, e ricorda di tutti costoro a chi te lo chiederà!” ringhiò.
Mi allontanai, sempre più disgustato da quell’abominio di essere umano.
“Antenora. Traditori politici” Borbottò Virgilio lapidario. “Non farlo più per favore. Non è il caso di fare a botte con i dannati, per quanto tu possa aver ragione.”
Annuii cupamente e lo seguii.
Frenai di colpo, congelato improvvisamente, e non dal freddo del Cocito.
Davanti a me due anime si contorcevano, avvinghiate l’una all’altra. Uno dei due stava addosso all’altro, e, stringendogli il capo con entrambe le mani, gli mangiava la testa come una belva affamata, strappando brani di carne alla sua vittima con ferocia inaudita.
Dimentico della promessa fatta alla mia guida, mi avvicinai ai dannati che avevano catturato la mia attenzione. “ Tu, che mostri un tale odio per quest’uomo, dimmi ti prego chi sei e cosa ti ha fatto per punirlo in questo modo. Raccontami la vostra storia, e io racconterò di lui e della sua colpa quando tornerò tra i vivi, dovesse seccarmisi la lingua, te lo prometto.
Il peccatore sollevò allora la bocca grondante sangue e, pulendosela sui capelli dell’altro, cominciò a raccontare la sua storia.

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Capitolo 33
*** Inferno, Canto XXXIII ***


Ragazzi, siamo al penultimo canto...io non ci credo! Non mi sembra possibile! Forse è perchè so che dopo l'Inferno ci saranno da fare ancora il Purgatorio e il Paradiso...Comunque, questo capitolo è stato un vero e proprio parto, perchè non mi aspettavo che fosse così LUNGO! Lo so cosa state per dire:"Ma non è poi così lungo" Esatto! Perchè ho dovuto accorciare un casino di roba e anche perchè, essendo composto per la maggior parte da dialoghi, non sono potuta andare a capo così spesso...Scusate lo sfogo ma ci voleva.
Vi auguro una buona lettura. Spero che il canto sia di vostro gradimento anche se non ci sono sviluppi fra Dante e Virgilio (tenete le dita incrociate per loro) e, ricordatevi: -1!


Canto XXXIII
 
Dante
 
“INSENSIBILE!!!” gridò l’anima, dopo essersi pulita la saliva sul capo dell’altro, assordando me e il mio maestro.
“Ehm…” provai a prendere parola, ma il dannato non ne voleva sapere.
“MA TI SEMBRA IL CASO DI FARE DOMANDE DEL GENERE AD UN DANNATO DI QUESTO CERCHIO?!?!? MA TI SEMBRA CHE SIA QUI A MANGIARE SPAGHETTI!?”
“Ma veramente io…”
“SEI COSÌ CURIOSO DI FICCARE LA TUA PROBOSCIDE NEI FATTI ALTRUI CHE NON TI CURI DEL NOSTRO DOLORE!”
Ora mi sto alterando! Non ci credo…Di tutti i problemi che uno può pensare di avere all’Inferno, quello delle prese in giro dovute al proprio naso non è certo il primo che viene in mente!
“Senti…” cominciai, ma l’anima non aveva ancora finito.
“E va bene.” Disse, calmandosi. “Se sei così curioso, fiorentino di merda…”
“Ehi!!”
“Non so chi tu sia e sinceramente non me ne può fregar di meno, ma visto che sei così curioso e nella speranza che serva a farti togliere dalle scatole, ti racconterò di me e di questo bastardo.” Concluse, assaggiando un’ultima volta la testa vicino alla sua.
Scambiai un’occhiata con la mia guida; questa scosse la testa, per dirmi che non valeva la pena di contestare gli insulti del dannato e che mi sarei dovuto accontentare di ascoltare la sua storia, in silenzio.
“Io fui in vita il conte Ugolino. Questo verme sotto di me è l’arcivescovo Ruggieri e adesso ti spiegherò perché continuo a morderlo. A proposito…” Ugolino diede un altro morso all’arcivescovo, stavolta strinse i denti così forte da far uscire del sangue.
Dovetti distogliere lo sguardo da quello spettacolo raccapricciante. Virgilio, probabilmente preso da un’ondata di pietà nei miei confronti, mi girò completamente verso di lui ed appoggiò la mia testa alla sua spalla, tenendovi una mano sopra, accarezzandomi l’infula per tranquillizzarmi.
In quel momento, nemmeno il pensiero che quel pezzetto di stoffa potesse scivolare via fu una distrazione abbastanza grande da togliermi dalla mente quell’immagine abominevole.
“Via libera.” Sussurrò Virgilio al mio orecchio.
Mi voltai nuovamente ed osservai la scena di fronte ai miei occhi: Ruggieri teneva il capo chino, gemendo, mentre Ugolino sorrideva inquietante, un rivolo di sangue gli correva per tutto il mento, fino ad accarezzare lentamente il collo pulsante. I suoi occhi quelli di un folle, i suoi gesti inumani, l’unico suo scopo nell’Ade, l’unica cosa che per lui contava era la vendetta.
Vendetta per cosa? Ancora non sapevo.
“Tu pensi che io sia pazzo, vero? Pensi che sia un mostro. Anzitutto non è a te che spetta giudicare, ma se proprio vuoi, forse prima dovresti sapere che Ruggieri era un uomo di cui io mi fidavo ciecamente e che per colpa sua fui imprigionato ed ucciso.” Prima che potessi protestare, prese di nuovo parola. “Ah-ah, non ho ancora finito. Lascia che ti racconti la crudeltà della mia prigionia.” S’interruppe per leccarsi via il sangue dal mento. “Venni rinchiuso nella torre  della Muda con i miei figli per mesi e mesi. L’unica fonte di luce era una finestrella, dalla quale riuscivo a vedere la luna…la luna…mia unica compagna nelle notti insonni…ed è grazie a essa che riuscii a tenere il conto dei giorni in cui fui rinchiuso lì. Dopo qualche mese, una notte, feci un terribile sogno, che mi rivelò il futuro, anche se ancora non potevo saperlo. Nel sogno, Ruggieri era il capo di una battuta di caccia al lupo su per il monte San Giuliano. Aveva mandato avanti le famiglie dei Gualandi, dei Sismondi e dei Lanfranchi con cagne magre, feroci, pronte ad inseguire la preda. Dopo un breve inseguimento, il lupo e i lupacchiotti, stremati, si arrendevano e offrivano i fianchi ai denti aguzzi delle cagne. Come avrai capito, il lupo ero io, le cagne magre erano il popolo e i lupacchiotti …i miei figli” Si fermò. Per un attimo il suo sguardo sembrò vagare nel vuoto. “Già, i miei figli.” Mormorò, dimentico della nostra presenza.
Tutto a un tratto parve riprendersi e continuò il racconto come se non si fosse mai interrotto. “Mi svegliai poco prima del mattino perché sentii piangere nel sonno i miei figli. I miei poveri cuccioli guaivano, chiedendo del pane.” Stavolta la sua pausa fu volontaria. Mi guardò negli occhi, catturandomi con lo sguardo. Sentii la mia anima presa, immobilizzata, incatenata dagli occhi del lupo padre. “Se non provi dolore adesso, al pensiero di ciò che allora presagivo, di ciò che mi pesava allora nel petto, sei davvero senza cuore. E se non piangerai per ciò che sto per raccontarti, vorrà dire che nei tuoi occhi non c’è posto per le lacrime.”
Inutile dire che avevo un bruttissimo presentimento. Virgilio mi mise una mano sulla spalla, per darmi conforto. Sicuramente sapeva già cosa mi avrebbe raccontato Ugolino e stava cercando di prepararmi.
“Come stavo dicendo, i miei figli erano ormai svegli e si stava avvicinando l’ora in cui di solito ci portavano il cibo. Ma in quel momento, sentii inchiodare la porta d’ingresso. Il nostro fato era segnato ma decisi ugualmente di voler dare un’ultima speranza alle mie creature, per quel poco che potevo, tentando di rassicurarli con uno sguardo, nient’altro che uno sguardo. Andava tutto bene, presto saremmo usciti….presto. Ma ahimè, avevano già capito il nostro destino.”
E lo avevo capito anch’io. Negli occhi di Ugolino, fissi nei miei, riecheggiava il silenzio di quello sguardo, lanciato come un’inutile scialuppa ai suoi bambini tanto tempo prima. 
“Non piansi, dovevo mostrare coraggio per loro e per me, invece loro piangevano, oh se piangevano! Il mio Anselmuccio mi disse:- Papà, che cos’hai? Ti senti bene? Hai uno sguardo strano. – Io non piansi e non risposi fino al giorno dopo. Non appena il sole rischiarò il viso dei miei quattro figli, notai come il loro aspetto sciupato rispecchiasse il mio. Per la disperazione, mi morsi entrambe le mani e loro, i miei poveri figli, pensando che lo stessi facendo per fame, mi si avvicinarono e dissero: - Papà, per favore, non farti del male! Se hai fame mangia la nostra carne. Tu ci hai dato la vita e tu puoi togliercela. – Mi calmai immediatamente per il loro bene. Non volevo assolutamente ricorrere ad una così truce soluzione. Per altri due giorni stemmo in silenzio e pregai giorno e notte che la terra si aprisse per inghiottirci anziché continuare a farci soffrire. Ma al quarto giorno, Gaddo mi si gettò ai piedi, gridando: - Padre, perché non mi aiuti?! – E subito dopo morì. Così seguirono gli altri tre, a uno a uno, fra il quinto e il sesto giorno. Disperato, mi misi a brancolare sui loro corpi, chiamandoli per due giorni. Ma ormai erano già morti…i miei bambini…Provai un dolore così acuto che pensai che niente potesse farlo svanire. Ma mi sbagliavo, perché dopo venne la fame…e più del dolore poté il digiuno.” A questo punto Ugolino si fermò di nuovo per azzannare violentemente il teschio di Ruggieri, ingoiando tra i singhiozzi lacrime e sangue. Stavolta non ebbi nemmeno la forza di distogliere lo sguardo. Sentivo come un gigantesco vuoto dentro di me. 
Senza accorgermene, avevo cominciato a piangere.
Ah, Pisa, maledetta Pisa! Quanto vorrei che tutti i tuoi abitanti annegassero! È vero, il conte Ugolino ha ceduto alcuni tuoi castelli ai lucchesi, ma non avresti mai dovuto infliggere un tale supplizio ai suoi figli! Cosa c’entravano loro con la tua vendetta, maledetta città?! Così giovani e ancora senza peccato!
Ugolino ormai aveva perso il senno e non si curava più di noi, continuava a mordere imperterrito Ruggieri, cercando di procurargli un dolore acuto quanto il suo.
Sentii la mano del mio maestro stringermi la spalla con più forza. “Andiamo.” Sussurrò gentilmente. Io annuii, tenendo la testa bassa.
“Non piangere troppo, Dante. In questo luogo anche le lacrime ti feriranno a causa del gelo.”
Annuii, ancora sconvolto, e lo seguii. Subito, mi accorsi di una corrente d’aria. “Maestro, come fa ad esserci vento quaggiù? Non c’è nessuna evaporazione!”
Virgilio ridacchiò. “Ah, le conoscenze del vostro tempo sono sempre così spassose! Non c’è bisogno che la Terra venga riscaldata dal Sole perché ci sia vento.”
“Come?!” domandai incredulo.
“No, no, mi dispiace ma non posso farti nessuno spoiler.”
“Nessuno che?”
“Lascia perdere, gergo del futuro. Comunque, presto avrai la tua risposta sul perché ci sia vento qui.”
A quel punto fummo interrotti da uno dei dannati imprigionato nella crosta ghiacciata. “Ehi voi! Sfigati che vi trovate qui! Perché non mi togliete le croste di ghiaccio dal viso? Ho bisogno del mio pianto terapeutico per sopravvivere, ma ho la faccia piena di ghiaccio e non riesco a versare altre lacrime.”
Trovando il modo con cui si era rivolto a noi molto scortese, gli risposi: “Se vuoi che ti aiutiamo, prima devi dirmi chi sei e come ti sei trovato qui. E poi magari anche la parolina magica…”
“E come posso fidarmi di te?!”
“Se non manterrò la mia promessa, giuro di scendere nel Cocito!”
L’anima, convinta, cominciò il suo racconto. “Io sono frate Alberigo. Sai, quello che invitò i parenti a pranzo e che li uccise mentre stavano mangiando la frutta.” Disse in breve.
“Oh!” esclamai stupito. “Ma come, sei già morto?!”
“Beh sai, la mia pena è grave e chi commette un tradimento come il mio, di solito viene portato subito via da un demonio, che dopo prende il suo posto nel suo corpo finché non sarà finita la sua vita. Poi l’anima precipita in questo pozzo e trascorre nel Cocito l’eternità. Ti ricordi Branca Doria? È qui anche lui.”
“Ma che stai dicendo? Branca Doria è ancora vivo!” protestai. “Non è che mi stai dicendo balle?”
“Guarda, ti assicuro che Michele Zanche non era ancora arrivato nella bolgia dei Malebranche che l’anima di Branca Doria aveva già lasciato il suo corpo a un demonio. Ora però rispetta la tua promessa e aprimi gli occhi... per favore.”
E io non lo feci. Lo ignorai completamente e continuai a camminare, seguito dal mio maestro. E no, non ebbi il minimo senso di colpa. Perché comportarmi da villano con lui fu un atto di cortesia.
“Questi genovesi, pieni di vizi ed estranei ad ogni buona abitudine. Dovrebbero essere estirpati dal mondo.” Mormorai sottovoce, ma abbastanza affinché Virgilio potesse comprendermi. La mia guida ridacchiò, felice che mi fossi finalmente ripreso dopo il racconto del conte Ugolino.

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Capitolo 34
*** Inferno, Canto XXXIV ***


Signori e signore, vi presento l'ultimo canto dell'Inferno!
Le note saranno a fine capitolo ;)

Canto XXXIV
 
Virgilio
 
Una sagoma nera nelle ombre dell’Ade.
Un  sentimento d’ansia crescente, lo stomaco chiuso, un brivido nelle membra.
Odore di zolfo, Vento di morte.
Odore di inferno.
Il gelo.
Sapevo esattamente cosa ci aspettava, ma ugualmente non ero pronto.
A proposito di ansia…
Il mio sguardo si spostò dalla distesa di anime piantate nel ghiaccio a Dante. Il fiorentino mi seguiva fedelmente, come al solito. Aveva la fronte aggrottata, probabilmente perso in una delle sue riflessioni. Quell’aria così concentrata gli donava un’aria adorabile…ehm, intendevo dire adatta alla situazione, sì.
Ceeeeerto. Ecco che la mia vocina tornava alla carica.
Zitta vocina.
Antipatico.
È l’ultimo avvertimento.
Invece che stare qui a minacciarmi, io mi preoccuperei più per il fiorentino.
E perché mai?
Ma come? Sai bene che Lucifero è brutto da far schifo: non hai pensato che Dante possa svenire di nuovo?
Mi fermai di botto. Santamadresbrisolona!
Dante per poco non sbatté il naso contro la mia schiena. “Maestro, va tutto bene?” mi domandò il mio protetto premurosamente.
Come procedere adesso? Addolcirgli la pillola o dirgli chiaro e tondo che stava per incontrare il Re dell’Inferno?
Lo presi per le spalle e rallentai il passo di proposito. “Seeenti, Dante. Tu hai sentito parlare di Lucifero, vero?”
“Beh…sai com’è…sono cristiano....”
“Era per rompere il ghiaccio…”
“Maestro…era pessima”
“Va beh, va beh…e sai anche com’è fatto?”
Notando che la sagoma mostruosa si faceva sempre più chiara, mi voltai, dandole le spalle e comprendo la vista a Dante.
Questi parve realizzare qualcosa. “Ah! Ho capito sai, maestro.” Disse.
Alzai un sopracciglio. “Che cosa hai capito, esattamente?”
“Hai paura che io svenga, ho indovinato? Pensi che non riuscirò a reggere la visione. Sappi, maestro mio, che grazie a questo viaggio mi sono fortificato lo stomaco e nulla ormai può farmi paura!”
Seee, lo vedremo subito, caro Dante.
Lo presi per le spalle. Io davo la schiena a Lucifero e coprivo la vista al fiorentino e allo stesso tempo lo proteggevo dalle forti raffiche di vento.
“Sei sicuro di farcela?” domandai per l’ennesima volta.
“Sìììì! Sono sicuro!”
Va bene, è ora di tentare la fortuna.
“Allora è tutto tuo.” Subito dopo mi tolsi e mi misi prontamente dietro di lui, pronto ad afferrarlo in caso avesse avuto un mancamento.
“Ed ecco a te, il più malvagio, il più stronzo e il più brutto di tutto l’Inferno: Lucifero!” Tentai di scherzare, nonostante sapessi che ci sarebbe voluto ben più di due battutine per sdrammatizzare su… quello.
Dante non si mosse, non rise, non emise alcun suono. Era pietrificato.
“Dante? Sei ancora con me? Stai per svenire?” domandai preoccupato.
“Mgnjbfsi.”
“Eh?”
“Sojnndj.”
“Cosa?”
“Ho tanta paura.”
Sospirai, stringendogli una spalla. “Lo so.”
In effetti quello che avevamo davanti non ispirava certo fiducia. Il sovrano degli inferi era esageratamente grosso. Emergeva dal ghiaccio dalla vita in su e già era smisurato. Un suo braccio era grande parecchie volte un gigante, innestato su una spalla mastodontica. Il torace si contraeva spasmodicamente cercando avidamente i miasmi dell’ Oltretomba. Fiato di Inferno dalle sue tre bocche, una per ognuna delle tre facce che portava sulla testa- una nera, una rossa, una gialla. E in ogni bocca, un dannato.
“Ecco, vedi quell’anima nella bocca davanti? Quella sul viso rosso? Quello è Giuda Iscariota. Non riesci a vedere la testa perché è nella bocca di Lucifero, però dovresti riuscire a vedere le gambe. Guarda, è quello che si dimena come un verme!” Stavo cercando di distrarlo dall’orrenda visione perché più tempo passava e più il fiorentino non riusciva a reggersi sulle gambe. Era pallido come una mozzarella. “Ti assicuro che se continui a fissarlo poi ti ci abitui! Intanto che ne dici se continuiamo col giro delle anime, tanto a te interessano, no? Il dannato che pende dalla faccia nera sai chi è? È Bruto, l’assassino di Cesare! E pensa che nell’altra testa, in quella gialla, c’è Cassio! Non ti consiglio di parlarci, anche perché penso che non riusciresti a farti dire molto a parte Ahhhhhhrgh o Uhhhhhhhhrgh.”
Questa volta riuscii a strappargli una risatina nervosa. Lo presi come un buon segno.
“Però possiamo parlare con Lucifero!”
Subito il suo sorriso svanì. Tremò violentemente.
Accidenti, pensavo che ormai gli fosse passata la paura!
Dante cominciò a scuotere la testa. Era così veloce che per un attimo pensai che si sarebbe staccata. “No no no no no no no no, per favore, maestro, andiamocene! ANDIAMO VIA!”
Sospirando, lo presi per mano e lo trascinai verso il mostro.
“Via, non fare il bambino.”
“NOOOOOOOOOOOOOO, non voglio!!!”
“Dai, non è assolutamente come pensi.”
“Non è vero! È Lucifero! E’ Satana! Non voglio! NO! Il prete mi ha detto che non devo dare confidenza a Lucifero!”
Alzai gli occhi al cielo. Del resto era comprensibile. “Non giudicare mai un libro da una copertina, Dante.”
“Ti supplico, maestro, andiamocene.”
Ma ormai eravamo arrivati al traguardo e Lucifero ci aveva visti. Il mostro gigantesco abbassò la testa fino a noi, continuando nel frattempo a masticare i dannati con tutte e tre le facce.
Poi, la faccia centrale sputò Giuda per terra e lo tenne fermo con una mano.
“Bene, bene, bene. Cosa abbiamo qui?” Ci osservò con un ghigno inquietante. “Un dannato del limbo in compagnia di un vivente…Avete avuto molto coraggio per venire qui, al mio cospetto e immagino che tanto coraggio vada ricompensato.” Parlava con una voce suadente, che si adattava ben poco alle sue sembianze bestiali.
Dante ricominciò a scuotere la testa, impaurito da cosa poteva comportare una ricompensa da parte di Lucifero.
“Tieniti pronto.” Gli sussurrai.
“Come ricompensa…” iniziò, mettendo una mano dietro la schiena per prendere qualcosa.
Eccoci. Pensai scoraggiato.
“Vi farò vedere il mio album di foto!” concluse, stavolta con un sorriso deliziato al posto del ghigno e una voce parecchio più acuta.
“Come?” chiese Dante sbigottito.
“Sì, prego, vieni a vedere, giovincello. Guarda, queste sono di prima che tradissi il Boss. Quando ancora ero il sex-symbol del Paradiso. Ah, bei tempi, bei tempi…”
Qua non finisce più…Ora si metterà a mostrarci le trilioni di foto che ha accumulato negli anni…
“Ok, Dante, ne guardiamo una decina per cortesia e poi ce la squagliamo, chiaro? Ehi, Dante?” mormorai a bassa voce.
Lo chiamai di nuovo, ma l’attenzione del fiorentino non era più su di me. Fissava con aria rapita le immagini dell’angelo che un tempo era stato Lucifero e…perdindirindina! Non era niente male da giovane!
Non per niente era l’angelo più bello…il portatore di luce…
Accidenti! Che bussolano niente male! Ci credo che Dante non riesca a staccargli gli occhi di dosso. Nemmeno io…
Argh..no, concentrati Virgilio, concentrati. Ora è meglio andare, avanti! Risvegliati, Virgilio!
Mi riscossi con un grande sforzo di volontà.
Lo tirai per la mano, ma il mio protetto proprio non ne voleva sapere. Era completamente catturato dal fascino del re delle ombre.
“Dante, forza.”
Nulla.
“Ooops, mi sta scivolando la tunica…Dante, mi dai una mano a sistemarla?”
Niente di niente.
“Coraggio, Dante! Non abbiamo tempo da perdere! Non vuoi vedere anche il Purgatorio e il Paradiso? C’è Beatrice!”
Il fiorentino aveva addirittura la bava alla bocca.
E un leggero rigonfiamento ai piani bassi.
Cosa posso dire per farlo smuovere?
Una cosa ci sarebbe…Mi sussurrò suadentemente la mia vocina.
Non intenderai…?
È ora di dichiararti, Virgilio. Dante ha avuto coraggio e ti ha seguito fin qui. Ora è il tuo turno.
Ma…ma…
Niente ma! Hai solo quest’occasione. Nel Purgatorio non avrai il tempo e nel Paradiso…
Così sia.
Ricorda che io sono con te.
“D-d…” balbettai. Presi un respiro profondo e riprovai. “Dante…devo dirti una cosa…” dissi in tono serio.
Questa volta catturai l’attenzione del fiorentino. “Che cosa, maestro?” mi chiese, piuttosto scocciato. Gli occhi, a differenza delle altre volte, non erano carichi di aspettativa. Erano diffidenti.
Deglutii sonoramente.
Ecco, ero arrivati al momento decisivo e non trovavo il coraggio di proseguire. Ma potevo veramente accontentarmi di stare insieme a lui nel Purgatorio per poi abbandonarlo nel Paradiso? Potevo davvero farlo? Ne valeva la pena…?
Oh, al diavolo! Omnia vincit amor, et nos cedamus amori! mormorai, prima di prenderlo per il colletto della veste e unire le nostre labbra per la prima volta.
Fu stravolgente. Era come se tutto d’un tratto il mondo avesse avuto un senso. Mi sentivo completo e a casa. Assaporai con dolcezza le labbra di Dante, commosso. Mi lasciai invadere dalle sensazioni; premetti con più forza le mie labbra contro le sue, stringendolo a me, per non lasciarlo più andare.
Ci separammo entrambi col fiatone e le gote rosse. Il fiorentino mi guardava con aria sconvolta.
Avrò fatto una cazzata? Mi chiesi, perdendo per un attimo la mia confidenza.
Ma quale confidenza?! Borbottò la mia vocina nella mia testa.
“Quindi…” cominciò Dante. “Questo vuol dire che…” Non riuscì a concludere la frase.
“Sì, stiamo insieme, vuoi?. Tu mi piaci, io ti piaccio. Altro bacio?” Tagliai corto.
Il fiorentino sorrise e annuì. Poi, prima che potessimo riavvicinarci, si accorse di Lucifero, che ci fissava con aria soddisfatta e divertita.
“Ehm, magari il prossimo ce lo diamo in privato…” disse imbarazzato.
“No, no, continuate pure.” Ci esortò Lucifero. “Avevo una scommessa con il Paradiso e il Purgatorio ed ho appena vinto grazie a voi!”
“Una scommessa?” ripetemmo contemporaneamente, stupiti.
“Che genere di scommessa, se posso sapere?” domandai, curioso che i piani alti e bassi si preoccupassero di noi.
“Io ho detto che vi sareste baciati nell’Inferno. Catone, che presto incontrerete, aveva detto che non avreste concluso niente, mentre il Boss aveva detto che vi sareste dati un bacio d’addio alla fine del Purgatorio, ma a Lui piace fare il melodrammatico, si sa.”
Rimanemmo a fissarlo a bocca aperta.
Se scopro che anche i miei compagni del Limbo hanno scommesso su di noi, giuro che farò passare loro le pene dell’Inferno…in senso letterale!
“Bene, è stato un piacere, ma noi adesso dovremmo scendere dal tuo corpo per arrivare nel Purgatorio.” Fui breve. No volevo perdere altro tempo prezioso.
“Prego, prego, salite pure. Ah, e salutatemi Catone!” Ci invitò, avvicinandosi sempre più con l’ala.
“Dante, seguimi. Pensi di farcela? La scalata è molto difficile.”
Il fiorentino annuì
Mi aggrappai ai peli sul fianco di Lucifero. Cominciò una discesa graduale verso il basso, scalando letteralmente il corpo di Lucifero. Arrivati ad un certo punto, mi fermai.
“Siamo al centro della terra. Ora dobbiamo capovolgerci, si sale.”
Aiutai Dante a mettersi sottosopra per continuare il percorso. Andavamo nella stessa direzione, ma adesso anziché scendere salivamo. Verso l’ alto, verso la salvezza, verso la luce.
E finalmente, quando ormai il mio corpo non reggeva più, uscimmo.
Mi gettai sulla sabbia, esausto.
Il vento fresco sulla pelle, il cielo, la luce della luna.
Inspirai con forza, mi riempii i polmoni di quell’aria fresca che credevo non avrei mai più respirato.
Alzai lo sguardo per rivedere il sorriso delle stelle, dopo mille e trecento anni. Cominciai a piangere. Dante, stremato, accanto a me allungò timidamente una mano per asciugarmi una lacrima. Chiusi gli occhi a quel contatto, vivendo con tutto me stesso quell’attimo, quel momento tutto per noi…
Senza aprire gli occhi lo strinsi a me, sul mio petto “ Abbiamo lasciato in sospeso qualcosa” sussurrai.

N.d.A
Ebbene sì, ce l'abbiamo fatta!!!! Dante e Virgilio finalmente si sono messi insieme! :D Applausi alla coppietta, prego.
Siamo arrivati alla fine dell'Inferno ma non alla fine del nostro viaggio insieme. ;) Dalla prossima settimana inizieremo a lavorare al Purgatorio. Preparatevi perchè è più noioso dell'Inferno. Spero vivamente di non perdere lettori, ma sono comunque soddisfatta che molti di voi siano arrivati alla fine dell'Inferno :)
E, a proposito di lettori, sento di dover ringraziare chi ha commentato la nostra storia, quindi vorrei ringraziare: ThanatoseHypnos, Afaneia, LovelyAndy, Conn, elys_96, dracosapple, The_HeadCrusher, _Girella_, Ciuffettina ed andygaga.     Vi ringrazio per aver recensito e per aver dato le vostre opinioni sulla nostra storia (ovviamente i ringraziament sono anche da parte di I. e D.)

Qua ci sono i nostri disegni mentre cercavamo di capire come era messo Lucifero xD
Questo è di I.
http://i59.tinypic.com/e5gzlc.jpg
Questo invece è di tutte e tre mentre stavamo svarionando. D. ha cercato di camuffare il "grande uccello", riuscite a vederlo? xD I. ha anche scritto la citazione che, da brave maliziose quali siamo, ci ha fatto pensare male.
http://i60.tinypic.com/2eq4944.jpg
 

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Capitolo 35
*** Purgatorio, Canto I ***


Vi abbiamo fatti aspettare un mese, ma ora siamo tornate! :D Per il ritardo dovete incolpare me perchè mi sono ammalata ben due volte a settembre e non ho avuto la forza mentale di scrivere -.-''
Dunque, eccoci al primo capitolo del Purgatorio. Vorrei darvi un piccolo avvertimento prima che cominciate a leggere il nuovo canto. Ora che Dante e Virgilio sono una "coppia" è ovvio che si comporteranno più da fidanzatini MA non lo faranno in ogni singolo canto. Vorrei ricordarvi che questa è prima di tutto una parodia, quindi, a chi non piacciono le relazioni fra due uomini, può stare tranquillo e continuare a leggere la storia, saltando i pezzi in cui i nostri poeti preferiti saranno più intimi ;). Chi invece non vedeva l'ora che questi due si mettessero insieme saranno soddisfatti xD
Ok, ho terminato con gli annunci. Buona lettura!

Canto I
 
Dante
 
Dopo trentaquattro canti, eravamo infine giunti al Purgatorio, sani e salvi e…fidanzati?

Ero confuso, frastornato dalla quantità di eventi delle ultime ore...improvvisamente, il tempo sembrava essere passato troppo in fretta. Tra l’incontro con Lucifero, il suo album ricordi e la dichiarazione di Virgilio, beh, ce n’erano di informazioni da elaborare!

Ed avrei proseguito molto volentieri la narrazione, se non avessi avuto la lingua del mio maestro intrecciata alla mia, coinvolta in un’impetuosa danza d’amore. In più, l’aria serena e il mare illuminato dagli astri morenti, azzurro intenso come gli occhi della mia guida, non facevano che rendere il momento più romantico. Venere, benigno, illuminava il cielo proprio sopra di noi, incoraggiandoci a continuare il nostro corteggiamento.

Ci stringevamo sulla sabbia, il respiro corto e affannoso, per l'emozione e per la forza con cui ci stringevamo, quasi soffocandoci a vicenda. Separai per un attimo le mie labbra dalle sue, per poter riprendere aria, sempre più accaldato. Approfittai del momento per alzare lo sguardo al manto notturno e notai quattro stelle mai viste prima. Fu solo una fugace visione, perché il mio maestro mi afferrò il viso con entrambe le mani e diede inizio al secondo round di pomiciate.

"Ehm ehm..."

Solo allora mi accorsi della presenza di un vecchio di fianco a noi. Per la sorpresa morsi la lingua a Virgilio e mi staccai bruscamente da lui, rosso dalla vergogna. Mi sentivo come un ragazzetto che fosse stato appena beccato dai genitori a fare sesso con la propria ragazza o, in questo caso, col proprio ragazzo in camera, in un letto a mezza piazza, tra peluche di gattini e cuscini a fiori.

Aveva una lunga barba brizzolata, dello stesso colore dei suoi capelli, che portava raccolti in due treccine. Le quattro stelle lo stavano illuminando tanto da formargli un' aureola candida intorno al capo, in perfetto stile San Pietro.

Il vecchio ci guardò con severità : “Dico, ma vi sembra il caso di pomiciare davanti alle porte del Purgatorio?! Ma vi sembra un luogo di appuntamenti? Un boschetto in cui infrattarsi? Qui si la-vo-ra! Ma che squallore! Tornatevene nel girone dei sodomiti e non fatevi più vedere! E che non vi venga in mente di incidere nomi e cuoricini sulle porte, chiaro?! Come sono cambiati i tempi da quando ero giovane! Una volta il Boss non avrebbe mai permesso una simile infrazione delle regole!! Eh, no! A quei tempi era molto più severo, ma è sempre stato ossessionato dallo stare al passo coi tempi ed ora non punisce nemmeno più gli omosessuali, ma dimmi te! E poi si può sapere chi siete e da dove venite!? Sembrate due naufraghi straccioni!”

Senza preavviso, Virgilio mi afferrò la testa e mi fece inchinare a forza davanti al vecchio.

“Oh, grande saggio, ascolta, ti prego, le mie parole! Non siamo venuti qui per nostra volontà, per nostra superbia! Sono stato trascinato dal Limbo sino a qui da una donna celeste… più un’arpia a parer mio, che mi volle come guida per il mio amico Dante...è ancora vivo ed il Boss ha richiesto la sua presenza in Paradiso e c’è mancato veramente poco che ci lasciasse le penne! Se non lo avessi salvato nel bosco, a quest’ora sarebbe cibo per le tre fiere. Beatrice mi ha mandato a salvargli le chiappe e non potevamo che passare di qui per arrivare in Paradiso. Sai anche tu che l’autostrada non l’hanno ancora risistemata dall’ultima baraonda causata dai diavoli, così abbiamo dovuto affrontare il giro turistico dell’Inferno e gli ho presentato un bel po’ di dannati, così ora penso sia giusto mostrargli le anime del Purgatorio, che sono sotto la tua custodia. Compia dunque l’intero cammino fino all'attico, tanto per farsi un'idea di cosa lo aspetta dopo morto! Ora che ti ho spiegato per filo e per segno perché siamo qui, potresti aiutarci? Sempre che non ti scocci troppo, eh. Sai, Dante è un grande amante della libertà, come tu dovresti ben sapere…Catone, tu che sei morto per Utica. E prima che tu possa obiettare che stiamo infrangendo leggi divine, sappi che non è vero, perché, come ti ho già spiegato, Dante è VIVO ed io non appartengo a nessun girone ma al Limbo. A proposito, laggiù c’è anche Marzia, se vuoi quando torno le porto i tuoi saluti, che ne dici? Per favore, aiutaci…fallo per lei. Le dirò solo belle cose sul tuo conto: che dimostri ancora vent’anni e non una parola su quelle due treccine, prometto. Affare fatto?”

Accidenti, quanto aveva parlato il mio maestro! Come faceva a non fargli male la lingua dopo tutto quel discorso- e non solo - era un mistero. La mia ammirazione per lui era solo cresciuta dopo questo meraviglioso intervento. Eh, sì, Virgilio era proprio il migliore!

“CHE COSA?!” Tuonò il vecchio.

…Ok, forse a volte esagerava un pochino con le sue frasi a effetto.

“VOI DUE SIETE DANTE E VIRGILIO?” Continuò ad urlare.

Noi due ci guardammo a disagio. “Ehm…sì?”

“VOLETE DIRE CHE HO PERSO LA SCOMMESSA CON DIO E LUCIFERO?!?!?”

Mi schiaffeggiai mentalmente. Ma certo! Lucifero ce ne aveva accennato! E noi eravamo stati così stupidi da farci beccare da Catone in persona.

“Per favore, dimenticati della scommessa ed aiutaci. Se non vuoi farlo per noi, fallo almeno per Marzia!” Quasi lo supplicò Virgilio.

Catone lo guardò con disprezzo. “Ho amato Marzia in vita, ma ora lei è nel Limbo e non è più parte della mia esistenza ultraterrena. Tuttavia…vi aiuterò lo stesso, MA solo perché vi ha convocati il Boss…e voglio un risarcimento per avermi fatto perdere la scommessa.”

“CHE COS…!” Tappai velocemente la bocca di Virgilio con una mano.

“Certo, va benissimo, qualunque cosa per te, o sommo Catone.” Risposi velocemente.

L’anziano mi guardò con soddisfazione. “Come risarcimento voglio dare una sbirciata sotto la tua infula.”

Mi gelai.

Cosa? COSA? COSA?!?!?!?!?!?

“Mi sembra un’ottima idea.” Si trovò d’accordo il mio maestro.

Lo fissai allibito e notai che mi guardava con aria divertita.

Quel maledetto! Vuole approfittare della situazione per poter guardare sotto! Ma io non permetterò mai a nessuno di farlo! Non finché avrò vita!!

Afferrai con forza le due estremità dell’infula, me la calai ancora di più sul viso e, spinto dal panico, corsi come un forsennato, gridando: “Ah! Non mi prenderete mai!!!”

I due latini si guardarono con complicità, per poi scoppiare a ridere. Smisi immediatamente di correre per accusare Virgilio con lo sguardo.

Catone, nel frattempo, si stava asciugando una finta lacrima. “Sei ancora uno spasso come mi ricordavo, Virgilio!” disse, dandogli una possente pacca sulla schiena.

La mia guida per poco non cascò in terra. “Sì, lo so, ti sono mancato. Senza di me la tua vita non è più come un tempo, eh?”

Spostai confusamente lo sguardo da uno all’altro senza capire. “Voi due vi conoscete?”

“Certo!” mi rispose Virgilio, appoggiandosi alla spalla dell’altro. “Vedi, prima di essere elevato da semplice anima a guardiano del Purgatorio, Catone viveva con me nel Limbo. La messinscena di prima serviva solo a ricordare i bei vecchi tempi. Insomma, mi conosci Dante, non leccherei mai i piedi di qualcuno così spudoratamente!”

Mi venne in mente qualche occasione in cui l’aveva fatto, ma me ne stetti zitto per il bene di Virgilio. Non volevo certo renderlo ridicolo davanti ad un amico di vecchia data…cosa che lui aveva fatto a me senza problemi, nonostante Catone non fosse nemmeno un mio conoscente.

Farei bene a vendicarmi. Ma non ora…No, aspetterò il momento giusto! La vendetta è un pasto che va servito freddo, dopotutto.

“Starei ore a chiacchierare qui con te, amico mio, ma purtroppo ho una tabella di marcia da rispettare e devo portare Dante fino agli estremi del Purgatorio, sano e salvo possibilmente.” Disse, facendomi l’occhiolino.

Lo ignorai, arrabbiato per la figuraccia di poco prima, ma lui non ci dette troppo peso.

“Capisco. Ora ti dirò quello che devi fare. Dunque, visto che il tuo fidanzatino ha un po’ di superbia sulla faccia, oltre a del gran lerciume di inferno - c'è uno smog pazzesco - devi purificarlo cingendolo con un giunco e lavandogli il viso. Quell’isoletta laggiù produce proprio i giunchi che ti servono. Non appena avrete finito, seguite il sole, che vi mostrerà la via più agevole per salire il monte. Questo è tutto. Scusatemi ma adesso devo andare, ho un appuntamento importante. Virgilio, è stato un piacere rivederti; Dante, tienilo d’occhio per me, mi raccomando!” Detto questo svanì, senza lasciare traccia.

Subito approfittai del momento di smarrimento generale per fiondarmi tra le braccia del mio maestro. Lui mi sorrise teneramente e mi strinse a sé senza esitare.

“Mi dispiace per l’interruzione e per lo scherzo.” Mormorò con la bocca sopra l’infula.

Sbuffai. “Non fa niente.” Pensai di rinunciare al mio piano di vendetta, ma poi lui dovette darmi un pizzicotto sul sedere, facendomi arrossire come un peperone.

“Maestro!” protestai, svincolandomi dalla sua presa.

“E no! Il mio nome è Virgilio! Quando siamo da soli voglio che mi chiami così.”

Storsi il naso con una smorfia. “Vedremo.”

“Come sarebbe a dire?”

“Se ne ho voglia ti chiamerò così.”

Virgilio fece per protestare ma io lo zittii. “Altrimenti giuro solennemente che non ti farò mai guardare sotto l’infula!” mi scappò detto. Quasi subito mi pentii delle mie parole ma davanti al suo sguardo speranzoso, come potevo rimangiarmi ciò che avevo appena detto?

“Davvero lo faresti?” domandò lui, quasi con le lacrime agli occhi per la commozione.

Distolsi lo sguardo imbarazzato. “Non appena me la sentirò.” Borbottai.

Virgilio mi diede un dolce e veloce bacio sulle labbra, poi mi prese per mano. “Seguimi, dobbiamo tornare indietro e fare quanto ci ha detto Catone.”

Arrivati alla spiaggetta indicataci, la mia guida trovò dell’erbetta su cui si era depositata della rugiada. Capendo cosa voleva fare, gli porsi le guance, ancora bagnate dalle lacrime che mi avevano seguito per tutto l’Inferno. Il mio maestro raccolse la rugiada con due mani e me la versò addosso. Mi sentii purificato e nuovamente in forze. Il mio colore naturale sulle guance era tornato dopo essere stato coperto tanto a lungo con il fumo dell’Inferno. In seguito proseguimmo lungo la spiaggia e, quando Virgilio trovò il giunco, me lo cinse attorno ai fianchi con delicatezza. Stavo per fare una battutina, quando i miei occhi si spalancarono per la meraviglia: il giunco era ricresciuto immediatamente, tale e quale a quello che Virgilio aveva strappato!

Chissà a quanti altri miracoli avrei fatto da spettatore nel Purgatorio! Sperai con tutto il cuore che, questa volta, si sarebbe trattato di miracoli positivi e non crudeli come quelli a cui erano sottoposte le anime dell’Inferno.

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Capitolo 36
*** Purgatorio, Canto II ***


Salve a tutti, sono una scrittrice che non rispetta le consegne T_T Perdono T____________T Cercherò di non farvi aspettare più così tanto ma temo che i tempi di attesa potranno variare dall'una alle due settimane. Purtroppo ho l'esame di stato quest'anno e sono un po' impegnata, lo stesso vale per I. . D. invece non ha nulla da fare (:P) ma non può correggere il canto se non lo scrivo xD. Ok, basta con le scuse e passiamo al canto! Spero che il Purgatorio non vi deluda, cercheremo di renderlo interessante come l'Inferno.
Buona lettura!
 
Canto II
 
Virgilio
 
L’alba si sta avvicinando nelle Isole del Purgatorio...le mie Isole Beate. Le guance di Dante, prima bianche e rosse, assumono un’allegra tonalità d’arancio sotto la carezza incerta del sole nascente. Una visione buffa e dolce al tempo stesso, aggettivi che solitamente nessuno assocerebbe a un poeta trentenne dal naso aquilino ma, beh, io sono di parte visto che stavamo ufficialmente insieme…

Mi sento come un adolescente alla sua prima cotta. Sono al settimo cerch...ehm...cielo e non riesco a trovare un solo difetto al mio Dantuccio…

I soprannomi osceni però no, Viriglio!

Zitta, vocina!

Come scusa? Zitta a me non lo dici, caro! Chi ti ha aiutato a sbrogliarti da quella situazione? IO. Chi ti ha fatto trovare le palle per dichiararti? IO. Quindi dovresti ringraziarmi in ginocchio e pregarmi di continuare a darti consigli!

Uffa! E va bene…grazie.

Come scusa? Credo di non aver sentito bene…

Non lo ripeterò un’altra volta.

Sai sempre come rovinare il mio divertimento, Virgy.

Non chiamarmi “Virgy”!

Come vuoi…Virgy.

Sospirai pesantemente, risparmiandomi la fatica di rispondere. Dopotutto, la mia vocina ed io eravamo la stessa persona, non aveva senso prendersela con lei.

In quel momento ci trovavamo vicino al mare e l’alba stava creando un magnifico gioco di luci sulla superficie delle acque salate. Proprio mentre eravamo imbambolati a fissare quello spettacolo, stringendoci teneramente, vedemmo all’improvviso spuntare una luce abbagliante ad altissima velocità dall’orizzonte marino.

Dante spalancò gli occhi per la sorpresa e volse la testa verso di me per domandarmi spiegazioni, ma la luce tornò immediatamente, più abbagliante di prima. Nella figura voltante si potevano distinguere delle chiazze di luce più estese ai lati. Ovviamente io già sapevo che cosa fosse quella strana creatura, ma me ne stetti in silenzio per godermi la reazione del fiorentino. Anche se adesso stavamo insieme non voleva dire che mi dovessi privare di questi piccoli divertimenti.

Quando riuscii a distinguere chiaramente il fratello figo di Caronte, feci inchinare bruscamente Dante, calcandogli la mano sulla testa e spingendolo in basso. “Inginocchiati, presto!” gli intimai sottovoce.

“Questo è un diavolo di angelo del Signore.”

“Non sembri molto rassicurato dal fatto che sia un angelo, maestro.” Osservò prontamente il mio protetto.

“Tu ora non preoccuparti inutilmente e stai inginocchiato. E non toccargli le ali. Non farlo per nessuna ragione al mondo.”

“…perché?”

Sbuffai, frustrato. Perché per una volta non si limitava a starsene zitto e buono?

Perché altrimenti non sarebbe il tuo fiorentino curioso. Mi rispose la vocina.

“Mettiamola così: tu come reagiresti se ti toccassi il sedere senza un buon motivo?”

Dante arrossì dalla fronte in giù. “Non penso ci sia un buon motivo per farlo!”

“Lo vedremo, lo vedremo. Ora rispondi alla domanda, però.”

“…sarei ...imbarazzato?”

“E basta?” lo provocai.

Quanto adoravo mettere in difficoltà il fiorentino! “E arrabbiato. Probabilmente ti darei un calcio nei gioielli di famiglia! Contento?”

"Beh, se mi ci dessi un calcio mica tanto...comunque, questa è la reazione che avresti da un angelo se gli toccassi le ali.”

Per un attimo temetti che gli occhi del mio protetto gli sarebbero usciti dalle orbite. “Ma…ma…ma vuoi dire che le ali per loro sono come il sedere per noi?! chechifo!”

Mi portai le mani al volto. Quanta pazienza ci voleva con Dante! “Senti, intendo solo dire che per loro è una zona molto delicata e intima e che non gli piace essere toccati lì. Hai capito? E poi scusa, hai davvero intenzione di toccargli quelle maledette ali? Non hai cinque anni, tieni le mani a posto e basta, no?”

“Va bene, ho capito….non c’era bisogno di scaldarsi tanto…” borbottò offeso.

Non riuscii a trattenere una risata al suo comportamento infantile. A volte era difficile associare il grande poeta di successo che era Dante con quel bambino petulante.

“Ma se proprio non riesci a tenerle a posto…” gli sussurrai, così, per il gusto di farlo arrossire ancora di più e divertirmi un po’. Inutile dire che ci riuscii.

Nel frattempo, l’angelo si era avvicinato a noi a tal punto che la sua sola vista ci divenne insopportabile, come quando il compagno di classe simpatico ti riflette in faccia il sole con uno specchietto. Scese dalla barca che aveva portato fino a riva, anche se definirla barca era riduttivo. Quello era uno yacht di lusso provvisto di piscina.

Ed ora come lo spiego al fiorentino che cos’è uno yacht?

L’angelo stava a poppa, al timone, con indosso un cappello degno di capitan Findus. La schiena era ritta in un atteggiamento fiero.  Sullo lo yacht erano sedute svariate anime, alcune stavano prendendo il sole su delle sdraio, altre erano all’interno e salutavano dai finestrini.

Tutti insieme, però, stavano cantando “My heart will go on”. Molte coppie di anime stavano addirittura recitando la scena del film sulle ringhiere dello yacht (le gomitate per prendere il posto sulla prua offrivano uno spettacolo piuttosto comico). Era un peccato che Dante non potesse capire nulla di tutto questo, visto che veniva dal 1200 e non aveva l’abilità di vedere nel futuro come noi anime. Il fiorentino era ancora inchinato a terra e osservava la scena a bocca spalancata.  Veramente, quando fosse tornato nel mondo terreno avrebbe fatto molta difficoltà a riadattarsi alla vita di tutti i giorni.

Perché presto dovrà tornare e mi lascerà da solo…

Fui riportato alla realtà dal fischio del clacson della barca e dall’urlo che seguì dell’angelo nocchiero.

“Ok, forza gente, tutti a terra!” Fece un veloce segno della croce su di loro e suonò di nuovo il clacson.

Le anime si affrettarono ad eseguire l’ordine e si gettarono sulla spiaggia. Il conducente dello yacht non ci degnò neppure di uno sguardo; se ne andò così velocemente come era venuto.

La folla di anime sulla spiaggia si guardava intorno con aria smarrita, senza avere una chiara idea di cosa dovessero fare.

Un’anima di chiara origine cinese si avvicinò a noi per chiederci indicazioni. “Scusate, sapele dov’è via pel il monte?”

“Senti amico, noi non siamo pratici del luogo, siamo turisti come voi e siamo arrivati qui per una strada ben più difficoltosa della vostra.” Gli risposi malamente. Dire che mi era scocciato vedere arrivare quelle anime su uno yacht di lusso era un eufemismo bello e buono! Perché a noi toccava sempre la strada più dura?

Mi ricordai in quel momento del povero Dante, ancora inginocchiato a terra, e lo aiutai a rialzarsi. Un volta in piedi, le altre anime si accorsero che il mio protetto era ancora vivo e per lo stupore diventarono pallide. Rimasero a fissarlo a bocca aperta. Solo una di esse non si fece scrupoli e si lanciò in avanti, abbracciando il MIO Dante.

Con mio grande stupore e rabbia, il fiorentino ricambiò la stretta con trasporto. Devo ammettere che provai una fitta di gelosia. Quando l’anima provò a districarsi dall’abbraccio, Dante lo seguì per guardarlo bene in viso, ma l’altro lo fece desistere in fretta.

L’anima parve comprendere la confusione sul volto di Dante con un solo sguardo perché gli sorrise. “Dante, amico mio! Quanto sono felice di rivederti! L’affetto che provavo per te non è per niente diminuito da quando ci siamo separati nel mondo terreno. Ma dimmi, che ci fai tu qui?!”

Digrignai i denti. Ma chi cavolo era questo?

“Casella, amico mio, sono qui in missione per conto di Dio. E indovina chi è la mia guida? Nientepopòdimenoche Virgilio! Il Marone in persona!!!” Esclamò con vocina stridula da fangirl. “Ma spiegami una cosa: tu perché sei arrivato qui solo ora? È già da un po’ che sei venuto a mancare!”

“Vedo che sei sempre curioso come una zitella, vecchio mio! Per quanto riguarda la tua domanda…ti dico solo che è stato un vero inferno riuscire ad arrivare qui! Non hai idea delle code che ho dovuto fare e dei biglietti che ho dovuto pagare! E poi capitan Findus è molto selettivo, prende solo chi vuole dicendo che ‘l’ha detto Dio e quindi deve essere fatto così’! Bah!”

Aaaah, LUI ha passato l' inferno....pfui

Dante lo guardò con aria confusa. “Capitan Findus?” mi sussurrò.

“Roba del futuro.” Gli mormorai all’orecchio.

Il fiorentino mi rispose con un sorriso grato.

L’anima però l’aveva sentito e si affrettò a spiegare. “Sì, lo chiamiamo così per spregio perché ci ha fatto aspettare un mucchio di tempo prima di trasportarci su questo lato della spiaggia. Ora sta tornando indietro a prendere le altre anime che deve portare al Purgatorio.”

Pregai che i due avessero finito di parlare, così da poterci muovere e cominciare a scalare il monte, invece Dante doveva ancora spettegolare col suo amichetto Cancello.. Passaggio a Livello o come si chiama…

Qualcuno è gelosoooooo.

Zitta. Dico sul serio.

ok…

“Ehi, Casella, ti ricordi quella canzone che mi cantavi sempre quando ero nervoso prima di un esame? Non è che potresti cantarmela per un’ultima volta?”

L’anima, allora, cominciò a cantare “Amor che ne la mente mi ragiona” con voce soave. Rimasi stupefatto dalle sue abilità canore e mentre ascoltavo il brano capii di essere stato uno sciocco ad essere geloso di lui.

Le anime lì riunite parevano in estasi e lo stesso valeva anche per Dante e per me. Ma quel momento di idillio venne interrotto dalla voce brusca del mio vecchio amico brontolone, a.k.a. Catone.

“Alloraaaaa? Lo muovete quel culo? Lo sapevo che sostituire la barca con lo yacht avrebbe portato a questo! Ma no! I giovani angeli vogliono le ultime novità e non rispettano le tradizioni! Puah! E voi cosa fate ancora lì? Forza! Su! Bei miei tempi, bei miei tempi....eh, l'ho sempre detto che il mos maiorum va rispettato, ma nooooo, bisogna innovarsi e bla bla bla...”

Detto fatto, tutte le persone lì riunite, compresi noi due, si diressero verso il pendio.

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Capitolo 37
*** Purgatorio, Canto III ***


Salve bella gente! Spero che l'alluvione non vi abbia dato troppi problemi, come è successo da noi! Ma nonostante la pioggia e i fulmini, ci siamo comunque date da fare e siamo riuscite a scrivere il canto nuovo!!
Il nostro caro Virgilio sta avendo problemi con l'orientamento, ma non preoccupatevi, Dante è lì con lui u.u
Buona lettura a tutti!

Canto III
 
Dante
 
Dopo il rimprovero di Catone, tutte le anime lì presenti presero a correre verso la montagna come se non ci fosse stato un domani. Correvano separatamente, intralciandosi a vicenda e a volte scontrandosi l’uno con l’altro. A differenza loro, io non le seguii subito ma mi strinsi forte al mio amato maestro, cercando di rubare un ultimo istante di intimità con lui. Non sarei mai andato da nessuna parte senza di lui!

Ricordati cosa ti ha detto Brunetto, Dante. Virgilio non potrà accompagnarti in Paradiso…

Shhh!! Non ci voglio pensare, vocina. Non ora...ancora cinque minuti!

Dante…

No!

Udii un sospiro. Quanto dovevo essere pazzo per poter sentire la mia vocina pervertita sospirare nella mia mente?

Come stavo dicendo, non sarei mai e poi mai andato da nessuna parte senza il mio adorato Virgilio, non solo perché lo amavo ma anche perché avevo un senso dell’orientamento da fare schifo e, beh, l’idea di scalare una montagna da solo non mi attirava per niente. L’ultima volta beh…sapete com’è andata.

Alzai lo sguardo verso Virgilio. Sembrava essere tormentato dalla sua coscienza. Ero sul punto di chiedergli se si sentisse in colpa per la figuraccia che mi aveva fatto fare davanti a Catone, ma mi trattenni, preferendo la corsa al confronto. Quando il mio maestro rallentò, volsi lo sguardo verso la nostra destinazione: il monte più alto del mondo: il Purgatorio. Il sole rosso fiammeggiava dietro di noi e i suoi raggi si infrangevano contro di me, creando un’ombra. Mi aspettai di vedere quella della mia guida vicino, ma quando ciò non accadde sentii una fitta al cuore. Venni colto improvvisamente dalla paura di essere stato abbandonato. Temevo, irrazionalmente, che fosse giunto il momento del mio maestro di separarsi da me, che Dio avesse cambiato idea e che mi avrebbe assegnato una nuova guida anzitempo.

Virgilio, per fortuna, si accorse del mio stato d’animo e mi strinse la mano con forza, costringendomi a guardarlo. “Ehi, sono qui. Non ti lascerò da solo.” Mi disse con inconsueta premura. Vedendo che ancora dubitavo di lui, prese un respiro profondo e si preparò a farmi uno dei suoi discorsi convincenti. “Guarda che non vado da nessuna parte! Se ben ricordi, il mio corpo è rimasto a Brindisi, quindi è per questo che non ho un’ombra. Sai com’è, sono un’anima.”

Una seconda fitta, forse più forte della prima. Viriglio senza volerlo mi aveva ricordato che non appartenevamo allo stesso mondo.

Scossi la testa, scacciai le mie ombre, e pensai invece a come fosse possibile un contatto fisico con un essere privo di corpo.

Lo guardai confuso. “Ehm…non ho capito tanto bene.”

Il mio maestro si portò una mano alla fronte, esasperato. “Senti, non so proprio come spiegartelo in modo semplice. Dio ha voluto che le anime potessero sentire i tormenti fisici e che io potessi toccarti, ok?” Si fermò un attimo. Entrambi arrossimmo alla frase che aveva appena detto. “Non intendevo in quel modo!” Specificò.

Ah-ah! Per una volta era lui ad essere imbarazzato! La vendetta è dolce…

Virgilio mi lanciò un’occhiataccia. L’avevo detto ad alta voce?

“Sì, Dante.”

Ops. “Continua pure, maestro.” Dissi, cercando di non ridere.

La mia guida scosse il capo contrariata. “Basta, io ci rinuncio! È impossibile per un vivente comprendere con la sola ragione umana le motivazioni che stanno dietro all’immensità dell'opera divina!”
“…a me sembra tanto una paraculata…”

“Cosa? È vero! Se il Boss avesse voluto crearci con la conoscenza infusa, Maria non avrebbe dovuto partorire Gesù. Invece non è stato così. Molti filosofi si sono posti domande sul volere divino e guarda cosa ne hanno tirato fuori! Vedi Platone ed Aristotele…quante seghe mentali si sono...”

Mi coprii le orecchie con entrambe le mani. “Lalalalalalala! Non ti sento!”

Fu il turno del mio maestro di mostrare un’espressione confusa. “Dante? Che stai facendo?”

“Non voglio che smonti i miei miti! Non Aristotele e Platone, per favore.”

“Ma io non…”

“No!”

Virgilio sbuffò. “Va bene, va bene.” E poi tacque, chinando la fronte. Pareva turbato da qualcosa. Ma cosa? Forse un bacetto l’avrebbe fatto sentire meglio?

Lui non lo so, ma tu sicuramente sì....hehe...

...concordo

Nel frattempo eravamo arrivati ai piedi del monte, dove la roccia era così ripida che le mie povere gambette smilze da poeta si sarebbero sforzate troppo per arrivare in cima.

Sono un letterato, un uomo di cultura io...mica un escursionista!

Cominciavo a pensare che, in realtà, tutto questo viaggio nel mondo dei morti servisse per farmi tornare in forma. Forse Dio si era accorto che gli anni di studio senza ginnastica mi si erano leggermente
accumulati sul girovita…Lo sapevo che non avrei dovuto seguire l’esempio di Brunetto! Mi ripromisi di non bere più vino ippocratico prima di andare a letto.

Tornando alla montagna. Essa era così ripida che, al confronto, la roccia più impervia della Liguria sarebbe sembrata una passeggiata fra i campi.

“Ma esiste un modo di salire per chi non ha le ali? Un ascensore era troppo comodo?” borbottò la mia guida.

Per tirarlo su di morale, finsi di trovare la sua battuta molto divertente. Scoppiai a ridere in modo esagerato. “Ahahah! Bella questa! Come sei divertente, maestro!” Risultando, ovviamente, più ridicolo che mai (e già, vi sarete accorti, ho avuto momenti piuttosto bassi durante questo viaggio).

Ringraziai mentalmente il cielo che gli sguardi non potessero uccidere perché quello che mi mandò il mio maestro mi avrebbe steso sul colpo. “Non era una battuta.” Disse a denti stretti.

Lasciai la mia guida a riflettere sul percorso da farsi – che al momento era decisamente la scelta più saggia – e fissai il mio sguardo sulla cima della montagna fingendo di guardare qualcosa di
particolarmente interessante. All’improvviso mi accorsi di una massa di anime sulla sinistra. Si stavano  avvicinando a noi così lentamente che sembravano ferme.

“Ehi, maestro! Perché non chiediamo indicazioni a quelle anime?” proposi.

Virgilio s’inalberò più di prima. “No! Non chiederemo informazioni a quella massa di morti viventi! So io dove andare.”

“Ma…”

“No!”

“Andiamo! Mi dici sempre che non c’è tempo da perdere! Cosa ci costa andare a chiedere informazioni?” Fu allora che me ne resi conto. “Tu ti vergogni perché per una volta non sai cosa fare!”

Per tutto risposta, il mio maestro mise su il broncio. “E’ la prima volta che succede. Io dovrei essere il simbolo della ragione, per Diana!”

“Ma sei anche umano, maestro. È normale sbagliare.” Cercai di calmarlo.

Virgilio si attorcigliò un lembo di tunica tra le dita “Però…ecco…non volevo deluderti…”

Lo fissai sbigottito. A quel punto decisi di farmi avanti e di fregarmene del nostro pubblico che si avvicinava con estrema lentezza. Gli presi il viso fra le mani e lo guardai negli occhi. “Tu non mi hai mai
deluso e mai lo farai.” Non appena finii di pronunciare quelle parole, mi spinsi in avanti e lo baciai. Fu un bacio dolce e casto. Volevo trasmettergli il mio amore e la mia fiducia e a quanto pare ci riuscii perché, quando ci staccammo, Virgilio aveva ritrovato il sorriso.

“Grazie.” Mi disse dolcemente. “E ora andiamo a chiedere informazioni!”

Lo seguii fino alla schiera di anime, che ancora procedeva a rilento e si fermò solo quando raggiunse i massi della parete di pietra. Rimasero fermi e compatti, come a porsi una domanda: salire o non
salire?

Virgilio tossicchiò, portando, momentaneamente, la loro attenzione su di lui. “Salve, ci siamo persi…potreste indicarci la via per scalare la montagna dove è meno ripida? Non possiamo perdere troppo tempo perché siamo in missione.”

“Per conto di Dio.” Aggiunsi con aria autorevole, l’indice puntato verso l’alto. La loro attenzione si spostò su di me e fu allora che si accorsero che ai miei piedi si era creata un’ombra a causa dei raggi solari. Come un gruppo di pecorelle, si ammassarono e indietreggiarono contemporaneamente, stupidi da quel fenomeno.

Il mio maestro prese subito in mano la situazione. “Sì, è ancora vivo e non preoccupatevi, non sta cercando di scalare la montagna senza il permesso del Boss. Come ho detto prima, siamo in missione per
Suo volere.”

Le anime si guardarono dubbiose, ma alla fine ci diedero le indicazioni richieste. “Tornate indietro e poi procedete nella nostra stessa direzione.”

A quel punto una di loro si fece avanti e si rivolse a me. “Chiunque tu sia, guardami e dimmi se ti ricordi di avermi mai visto nella vita terrena.”

Allora eseguii il suo ordine. Era un bell’uomo dai capelli biondi  e dall’aspetto nobile. Tuttavia, a rovinare quella perfezione, c’era una ferita che gli divideva un sopracciglio.

L’osservai ancora per un po’ ma non lo riconobbi. “Scusa ma non ti ho mai visto.”

“Ora guarda.” Mi disse, mostrandomi una ferita aperta sul petto e…mamma mia che muscoli!

Virgilio, alla vista della mia bava alla bocca, mi tirò una gomitata per farmi concentrare. “Scusa ma ancora non ti riconosco.”

Allora mi sorrise e si presentò. “Il mio nome è Manfredi e sono il nipote dell’imperatrice Costanza d’Altavilla. Non è che quando tornerai sulla terra mi faresti il favore di andare a trovare mia figlia? Anche lei si chiama Costanza ed è la madre dei re di Sicilia e di Aragona. Vorrei che le dicessi la verità sul mio conto. Vedi, io ero stato scomunicato ma dopo che venni colpito a morte -vedi le ferite?- mi affidai a Dio che mi perdonò, nonostante i miei peccati. Il vescovo di Cosenza, sotto stimolo di papa Clemente IV (che non lo vuol dire ma è il solito Nordico che ce l’ha con noi del Sud) non tenne conto di ciò e fece disseppellire il mio corpo da Napoli e lo portò fuori dai confini della città. Ora il mio corpo giace lì, sul fiume Liri, dove il vescovo lo fece trasportare con le candele spente. Ma vedi, la scomunica della Chiesa non impedisce di salvarsi finché c’è speranza! Anche se l’attesa non è delle migliori. Devo aspettare qua, nell’Antipurgatorio, che passi trenta volte il tempo del periodo che ho trascorso come scomunicato. Io non sono mai stato bravo in matematica, ma so che c’è un modo per accorciare questo tempo, cioè con le preghiere. Quindi se gentilmente potessi dire a mia figlia che sono qui, e sto bene, magari lei potrebbe pregare per me. E allora salirei prima.”

Gli assicurai che l’avrei fatto, ricevendo in cambio un altro sorriso. Sì, il Purgatorio era decisamente meglio dell’Inferno.

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Capitolo 38
*** Purgatorio, Canto IV ***


Ehilà! Buone notizie, questo canto è chilometrico. Per una volta la lunga attesa ha dato i suoi frutti u.u
Non ho altro da aggiungere ;)
Buona lettura a tutti!

Canto IV

Virgilio

Durante la mia vita terrena avevo sempre sentito i miei amici lamentarsi delle loro mogli e di quanto a lungo amassero chiacchierare di argomenti superflui. Ogni volta che sentivo questi racconti pensavo che stessero semplicemente esagerando e pensavo che, se mai mi fossi sposato, per me non sarebbe stato così; e talvolta li invidiavo un poco, perché avevano in fondo trovato una compagna per la vita. Io invece, timido e solitario, non sapevo bene come comportarmi con le donne, ed ero finito per rimanere celibe; per quello stesso motivo, il simpaticissimo soprannome “virginello” aveva cominciato a prendere piede. Ora che invece stavo insieme a Dante cominciavo a capire come si erano sentiti i miei amici, costretti a dover restare in compagnia delle mogli senza poter protestare, dovendosi sorbire i loro squittii. Non che ormai non fossi abituato alla curiosità di Dante, che spesso portava a lunghi colloqui con ogni anima che incontravamo, ma, ecco, dopo TRE STRAMALEDETTISSIME ORE , VENTI MINUTI E DICIASSETTE SECONDI ne avevo le scatole piene di stare lì ad ascoltarli parlare del più e del meno!!!! Per non parlare del fatto di come stessimo procedendo a passo lento! Anche il più grasso dei bradipi sarebbe riuscito a muoversi più velocemente!

Virgilio, devi calmarti…

E come? COME?! È da più di un’ora che parlano di un tizio che abitava non so dove e che ha fatto chissà che cosa! Giuro che se non la smettono di parlare tra un minuto scappo via…Sì, lontano da qui, dove finalmente potrò trovare del silenzio.

Stranamente, la mia vocina pervertita, che ormai aveva assunto il ruolo di mia sporca coscienza, non commentò ulteriormente. Immaginai che, essendo sostanzialmente me, pure lei trovasse difficoltà a sopportare queste inutili chiacchiere ancora a lungo.

Almeno per una volta sembriamo trovarci d’accordo su qualcosa.

La mia vocina non fece in tempo a commentare oltre perché finalmente (sì! Finalmente!) quei due avevano finito di parlare.

“Eccoci qua. Siamo arrivati.” Disse il bambolone biondo. “Una piacevole passeggiata, non trovi?” aggiunse, rivolto a Dante, con quella sua disgustosa voce affabile e seducente.

Ceeerto. Veramente splendida, se non contiamo il fatto che per tre ore hai provato a rimorchiare il MIO uomo. Solo perché hai un bel faccino e un fisico scolpito pensi di potermi portare via Dante? Puah!

Lui preferisce un uomo di cultura ad un rozzo barbaro!


Di un po' Virgy, non sarai mica geloso?!

Io? Geloso? Ahahah! Spiritoso!  Ma come ti vengono in mente certe cose? E non azzardarti a chiamarmi Virgy!!!

Preferisci Virginello? Andiamo! Solo perché la sua attenzione non è rivolta su di te per un po’ non significa che…

ZITTO!!!

Sai che ti dico? Hai vinto. Non ti parlerò più.

sul serio?

Sì. Aspetterò che tu venga da me, a pregarmi in ginocchio di tornare e allora ti renderai conto che la tua vocetta pervertita è la tua unica alleata!

se lo dici tu…

È inutile che fai finta di niente, Virgilio, tanto vincerò io questa sfida!

Vaaaaaa bene.

...

Vocetta?



Wow, se n’è davvero andata…Sono LIBERO!!! Niente più pensieri perversi!!! Niente sensi di colpa! Muahahahhaah!

Quando mi riscossi dai miei pensieri, mi accorsi che tutti erano fermi e stavano fissando me.

Oh merda.

“Ehm…sì, anche secondo me.” Dissi completamente a caso. Speravo che nessuno si sarebbe accorto che non avevo sentito niente di quello che avevano detto.

Notai lo sguardo di Dante. Si era certamente accorto della mia evidente distrazione. Lo pregai con gli occhi di far finta di niente e di salutare i suoi nuovi amici. Lo sguardo del fiorentino si fece malizioso e…

Aspetta…non dirmi che si vuole vendicare per lo scherzo con Catone!

Te l’avevo detto che si sarebbe vendicato…

tu non dovevi tacere per sempre?



Certo, stai zitta quando ti fa comodo!

“ ’Sì’ cosa, maestro?” domandò il mio protetto, sorridendomi malignamente.

Mi sistemai con noncuranza la veste, prendendo tempo per formulare una risposta adeguata. “Volevo dire che sono pienamente d’accordo con te.”

Dal sorrisino di Dante seppi che pensava di avermi in pugno. Povero principiante.

“Ma io non ho detto nulla, maestro.” Come diavolo riusciva a infondere tanto sarcasmo in una parola che, solitamente, era usata per indicare rispetto?

Alzai il sopracciglio con aria saccente e vidi l’espressione del fiorentino farsi incerta. “Certo, però stavi pensando che questo sentiero è più stretto dell’apertura che il villano chiude con un mucchietto di
pruni quando l’uva comincia a maturare. Dico bene o dico giusto?"

Gli occhi sbarrati del mio protetto mi regalarono una soddisfazione immensa.

Così impari a flirtare con un altro in MIA presenza.

Dante divenne rosso come un pomodoro e dalla sua faccia sembrava che stesse considerando l’idea di nascondersi nell’infula.

Manfredi, dal canto suo, se n’era stato zitto per tutto il tempo, spostando lo sguardo da me a Dante, come se stesse seguendo una partita di ping pong, senza capirci chiaramente un accidente.

Tornatene a casa, pivello.

“Beh” s’intromise. “Allora io vi saluto. Dante, è stato un piacere. Virgilio…”

“Anche per me…” è stato un vero strazio. Mi affrettai a replicare

Non appena la schiera di anime ci lasciò soli, il mio protetto incrociò le braccia al petto e mi guardò con fare indispettito.

“Cosa c'è?” domandai, fingendomi sorpreso, sperando che se la bevesse.

Il suo piede cominciò a battere per terra. No, decisamente non mi aveva creduto.

“ ’Cosa’? ‘Cosa’?! E’ mai possibile che tu debba sempre essere geloso?!” esclamò.

Feci per rispondere, ma lui mi zittì. “Era una domanda retorica. E non provare a negare! Abbiamo già avuto questa discussione prima di…metterci insieme e non vorrei ripeterla. È vero, Manfredi è
affascinante ma a me non piace lui, a me piaci tu! Io ti amo, Virgilio, non vuoi fidarti di me?...Un rapporto si basa anche sulla fiducia reciproca e bla bla bla...stiamo insieme da nemmeno un giorno...bla
bla...”

Mi sentii un po’ in colpa. Non era stato corretto da parte mia dubitare a quel modo di Dante e fargli fare un’altra figuraccia davanti a un’anima del Purgatorio. Dovevo darmi una regolata e forse avrei avuto bisogno della mia vocina.

Sìììììììììììììììììì! Finalmente l’ha ammesso!!!

Non ti ho ancora chiamata! Vade retro! Pussa via!

Fa lo stesso, quella per me era un richiesta d’aiuto!

Senti, non farmi cambiare idea, altrimenti…

“…e se non ti dai un regolata giuro che… che non faremo mai sesso!” Concluse Dante avvampando.

“COSA?!” COSA?! Urlammo all’unisono la mia vocina ed io, avendo registrato solo l’ultima parte del discorso.

Il mio protetto non aggiunse altro, incamminandosi verso lo stretto sentiero.

Tregua?

Tregua.

Mi affrettai a rincorrerlo e a mettermi davanti a lui per bloccargli il passaggio. “Vabenevabenenvabene, scusami!” esclamai allargando le braccia "Non c’era bisogno di arrivare a tanto, stavo per scusarmi!
Prometto che in futuro cercherò di controllarmi, soddisfatto?”

Il fiorentino mi osservò con aria sadica per qualche secondo, prima di addolcirsi e avvicinarsi al mio viso per darmi un bacio mozzafiato. La mia daga stava giusto iniziando ad interessarsi, ma prima che potessi registrare l’accaduto appieno, Dante si scostò, mi guardò di nuovo con aria di superiorità e poi annuì, compiaciuto.

“Pienamente.” E s’incamminò.

Rimasi immobile per qualche secondo, giusto il tempo per sentirlo dire: “Dolce vendetta” e subito lo trattenni per il braccio. “Questa è guerra.” Annunciai con un sorriso diabolico, facendogli scivolare una mano sul fianco.

Lui rispose al sorriso, tentato di lasciarsi andare alle mie carezze, ma non disse niente. Dopo un breve scambio di sguardi, decidemmo che era tempo di smetterla di procrastinare e, per il momento, decidemmo di fare una tregua.

Accidenti, avrei dovuto fare il diplomatico, oggi ho stipulato una tregua con due persone, in pochi minuti.

meno male che il caro Ottaviano era sano di mente.

Sai di aver appena offeso te stessa, vero?

Si chiama autoironia!

Ceeeeerto.

Decisi che era arrivato il momento di concentrarsi sulla scalata, anche perché il sentiero era così stretto e ripido che occorreva aiutarsi con mani e piedi per non cadere accidentalmente. Sperai che Dante non inciampasse. Nonostante la nostra ormai collaudata esperienza da free climbers, distratto com’era, avrebbe potuto cadere all’indietro e spalmarsi a terra in men che non si dica. Ma anche stare davanti era pericoloso, anzi, forse lo era ancora di più. A me spettava il compito di guidarlo, facendogli vedere dove mettere i piedi per non toccare rocce instabili.

Quando finalmente raggiungemmo l’orlo superiore del fianco della montagna, Dante riaprì bocca. “E adesso quale via prendiamo? Sei sicuro che sia la strada giusta?” domandò dubbioso. Il fatto che cominciasse a dubitare della mia guida mi preoccupava, ma davo la colpa alla situazione in cui ci eravamo ritrovati sulla spiaggia.

“Non preoccuparti, questa volta so dove andare e tra poco dovremmo incontrare altre anime che sapranno indirizzarci verso il sentiero successivo.”

Notai lo sguardo del fiorentino occhieggiare la cima. Il poveretto stava tentando di vedere fino a dove arrivava ma, da dove eravamo noi, era impossibile scorgerla da tanto era alta.

Riprendemmo il cammino, in religioso silenzio, quando ecco che, dopo poco tempo, Dante parlò di nuovo. “Maeeeeestrooo. Siamo arrivati? Quanto manca? Io non ce la faccio piùùùùù! Vai troppo veloce! Mi scappa la pipì!”

Contai fino a dieci prima di rispondere, temendo che mi sarebbe venuto l’impulso di strangolarlo altrimenti. “Se prima non avessimo perso tempo a parlare con quelle anime, forse ora non saremmo costretti a procedere con quest’andatura!” sbottai.

E Dante…mi mise il broncio.

Sospirai. “Almeno arriva fino a là.” Dissi, indicandogli un balzo poco più in su che girava attorno alla montagna.

Notai con piacere che le mie parole riuscirono a spronarlo abbastanza da raggiungere quel punto a carponi. Una volta arrivati lì, entrambi ci sedemmo, rivolti verso est, osservando la strada percorsa fino a
quel momento. Fu allora che Dante, alzando lo sguardo, si accorse che i raggi del sole ci stavano colpendo da sinistra.

Anticipando la sua domanda, mi affrettai a rispondere. “Ascolta, immagina che ci sia una stessa linea dell’orizzonte, ok? Bene, Gerusalemme e il Purgatorio sono agli antipodi ed hanno questa stesso orizzonte. Per cui il corso del sole per chi sta al Purgatorio procede da destra a sinistra, verso nord, mentre per chi sta a Gerusalemme compie il percorso opposto. Questo accade perché siamo in un altro emisfero.”

Dante mi guardò confuso. “’Emisfero’? Ma, maestro, la Terra è piatta, lo sanno tutti!” mi rise in faccia.

Stavo per correggerlo aspramente, ma il mio cervello mi stava mandando un segnale rosso lampeggiante che diceva: spoiler!

“Già, come ho potuto dimenticarmelo.” Replicai sarcasticamente, a denti stretti. “Comunque, ora hai capito?”

“Certo maestro! Praticamente Gerusalemme e il Purgatorio hanno la stessa distanza dall’Equatore celeste. Ora però, se non ti dispiace, potresti dirmi quanto manca ancora all’arrivo?”

Lo guardai male, ma, visto che me l’aveva chiesto cortesemente, decisi di rispondergli a modo. “Vedi, questa montagna è molto particolare. Quando la salita comincia, è molto faticosa, andando avanti invece diventa sempre più agevole. Perciò adesso proverai sempre meno fatica, per questo ti consiglio di aspettare a riposarti fino alla fine del sentiero.”

“Sì, però non hai risposto alla…”

Fummo interrotti da una voce nelle vicinanze. “Forse avrai bisogno di sederti prima di allora!”

Entrambi ci girammo di scatto verso sinistra e vedemmo un masso di cui non ci eravamo accorti.

Lo interrogai con lo sguardo per sapere se si sentiva di andare a curiosare in giro e non rimasi deluso dalla sua risposta. Ci recammo là e vi trovammo delle anime che stavano sedute all’ombra della roccia con fare negligente. Uno di loro, in particolare, era seduto  con le ginocchia abbracciate e la testa fra di esse.

Dante, da bambino qual era, me lo indicò subito. “Guarda maestro, quanto è pigro quello lì! Cos’è, tua sorella si chiamava Pigrizia?”

“Dante… la mamma non ti ha mai detto che indicare le persone è maleducazione, eh?” mormorai a denti stretti.

Allora quello spirito alzò il viso verso di noi e, rivolto a Dante, disse: “Allora, visto che sei così bravo, perché non sali tu fino in cima? Se non sbaglio le aquile dovrebbero cavarsela bene a queste altezze!”

Non riuscii a trattenermi e scoppiai a ridere. “Questa sì che era buona!”

Lo sguardo de fiorentino prometteva morte, ma continuai imperterrito a ridere sguaiatamente. Fu allora che vidi tracce di rimembranza nell’espressione del mio protetto e mi fermai. Lo osservai mentre si avvicinava all’anima, ancora col fiato corto.

“Allora, hai capito perché il sole sorge a occidente qua da noi?” gli domandò l’anima ironica.

Il viso di Dante, allora, si aprì in un sorriso sincero. “Belacqua, sei finito in Purgatorio, amico mio! Ma dimmi, che ci fai qua seduto? Stai aspettando una guida oppure hai ripreso le vecchie abitudini? Com’è che dicevi? ‘sedendo et quiescendo anima efficitur sapiens (sedendo e riposando l'anima diventa saggia)’?”

Il penitente scrollò le spalle. “Mah, certe abitudini non si perdono mai. E poi dimmi, che cosa mi gioverebbe arrivare in cima? Tanto l’angelo guardiano non mi farebbe entrare. Prima che possa accadere, dovrò aspettare che siano passati tanti anni quanti ne ho vissuti in vita. La mia pigrizia mi ha portato a pentirmi troppo tardi e quindi ora sono qui e dovrò aspettare molto prima di poter arrivare alle Cornici del Purgatorio. A meno che qualcuno nelle grazie di Dio non preghi per me, ma dubito che questo accadrà molto presto.”

Temendo che la conversazione si protraesse troppo a lungo, spronai il fiorentino a salutare il suo amico. “Dante, dobbiamo muoverci a salire, è già mezzogiorno!”

Il mio protetto si voltò indietro una sola volta, per poi seguirmi verso la vetta del monte.


P.S. Il fatto che i suoi amici soprannominassero Virgilio "virginello" non me lo sono inventato xD. Per saperne di più leggete qui ---> http://cronologia.leonardo.it/storia/aavcr49c.htm

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Capitolo 39
*** Purgatorio, Canto V ***


Saaaaalve. Siamo in terribile ritardo ma vi prego di perdonarci. Le vacanze ci hanno travolto e tra pranzi e cene di Natale, Vigilia, 26 dicembre, Capodanno e quant'altro non siamo riuscite a concentrarci e a trovare uno spazio per metterci al lavoro. In più non siamo riuscite a sentirci molto spesso durante le vacanze. Ah, inoltre non mi funziona più Word da quando ho provato a fare l'aggiornamento -.- . Per fortuna esiste LibreOffice!
Comunque, spero che abbiate passato delle belle vacanze di Natale e che siate pronti a ricominciare la scuola (io, sinceramente non lo sono T_T). Auguri di Natale e di un buon Anno nuovo in ritardo!
Buona lettura ;)


Canto V

Dante

Stavo per seguire il mio maestro verso la vetta del monte quando, d'un tratto, una delle anime lì presenti mi indicò col dito.

Maleducato. Feci a tempo a pensare, prima che l'uomo che mi aveva indicato cominciasse a gridare.

“Guardate! Il fiorentino ha un'ombra!”

Ed in quel momento si scatenò l'infer...ehm hem... il caos.

“COSAAAAAA?!?!?!?!”

“Ma...ma questo...questo vuol dire che è vivo!!!!!!!!”

Oh no! Adesso cominceranno con la solita solfa! “Perché sei venuto qui se sei vivo?” “Ma sei scemo? Stattene anzi lassù!”. Non sentirla più per tutto il resto del viaggio pareva troppo bello…

Ma ecco che al salvataggio accorse il mio prode poeta.

“Ehi! Ma che fai ancora lì?” mi chiamò. Vedendo che non mi muovevo, impedito dalla folla di anime che mi circondava come una bestia rara in esposizione, Virgilio tornò indietro, mi afferrò per un braccio e mi trascinò via. Ok, non un vero e proprio salvataggio in stile cavalleresco, però di grande efficacia. “Insomma, sei sempre a perdere tempo! Così rallenti la tabella di marcia!”

“Non è stata colpa mia, maestro! Le anime hanno visto la mia ombra e hanno cominciato con i soliti discorsi sul fatto che sono vivo e loro no...” obiettai.

“Ma che ti frega di quello che dicono? Non ti ricordi più i miei insegnamenti? 'Non ti curar di loro...'”

“'...ma guarda e passa.'” completai diligentemente. Come avrei mai potuto dimenticare una delle prime frasi d'effetto che il mio maestro mi abbia detto?

Virgilio annuì, orgoglioso di me. “Esattamente. Devi comportarti come una torre immobile: nemmeno il vento deve poter muovere la tua cima. Ricordati che se ti lasci distrarre da cose di poco conto poi rischi di allontanarti dal tuo obiettivo.”

Quelle parole mi fecero riflettere. Il mio unico scopo, all'inizio del viaggio, era quello di arrivare a Dio. Ma adesso? Virgilio ed io eravamo ora uno parte dell'altro, era come se ormai tutto quello che avevo sempre cercato l’avessi trovato adesso, qui, a metà strada, e non avevo bisogno di altro. Ero pronto a percorrere l'eternità al suo fianco e non riuscivo a concepire l'idea che prima o poi ci saremmo dovuti separare...per sempre.

Questi cupi pensieri mi provocarono una dolorosa fitta al cuore. Perché mi ero dovuto innamorare proprio di un defunto? Tra l'altro il mio maestro soggiornava nel limbo, l' unico luogo a cui io non avrei mai potuto accedere poiché ero nato dopo l’arrivo di Cristo ed avevo ricevuto il battesimo.

Non c'era dunque alcuna speranza per noi?

La prospettiva di incontrare Dio si faceva meno allettante di cerchio in cerchio. Come avrei potuto presentare la mia faccia al Divino, adesso?

E' inutile pensarci adesso. Disse saggiamente la mia vocina. Avresti dovuto dare retta a Brunetto e prendere provvedimenti prima di imbarcarti in una relazione impossibile.

Proprio tu me lo vieni a dire, vocina?! Sia tu che Brunetto non avete fatto altro che incoraggiarmi!

Non pensavamo che sarebbero entrati in gioco i sentimenti! Entrambi credevamo che si sarebbe trattata di una botta e via! E invece...invece Virgilio si è rivelato meraviglioso, così affascinante, così determinato...un uomo veramente eccezionale, per non parlare dei suoi occhi... e...anche io non voglio separarmi da lui!!!!!!

Vocina...non sei di aiuto. Per nulla.

MA! Non ha senso pensarci adesso, Dante. Sai che tutto ciò è inevitabile e che in alcun modo potrai cambiarlo, perciò, l'unica cosa che ti rimane da fare è goderti più momenti possibili con lui, fino al giorno in cui le vostre strade si separeranno definitivamente.

Ma...

“Dante!!!!!!” Urlò Virgilio.

Sobbalzai, sorpreso di sentirlo alzare tanto la voce. “Maestro! Mi hai fatto venire un colpo!”

Per tutta risposta il mantovano aggrottò le sottili sopracciglia bionde. “Ah, IO ti ho fatto venire un colpo? E' da ore che tento di chiamarti e tu invece che rispondermi stai a fissarti i piedi! Stavo cominciando a preoccuparmi. Ora, se hai finito con i tuoi filmati mentali, vedi di muovere quel tuo bel culetto sodo e rotondo.”

Che cosa potevo rispondere se non: “Vengo”? Lo dissi sussurrando, rosso come il più maturo dei pomodori.

Almeno il commento sul sedere avrebbe potuto risparmiarselo però! Brontolai dentro di me.

Ma non ebbi tempo di riflettere su questi pensieri perché, in quel momento, lungo la costa del monte, trasversalmente alla nostra posizione, poco più in alto di noi, stavano arrivando delle anime che cantavano “Miserere” a versetti alternati.

Quando si accorsero, per l'ennesima volta, che i raggi del sole non mi passavano attraverso, durante uno dei pezzi più alti del brano, il loro canto si trasformò in un'esclamazione di sorpresa. Uno dei coristi si lasciò scappare un “ohhhh!” così acuto da trapanarmi i timpani.

Due di loro, evidentemente scelti sul momento dagli altri come messaggeri, ci corsero incontro. Quando vidi che stavano per arrivare tirai la manica del mio maestro. “Ti prego, andiamocene! Tanto so già come va a finire!” Lo implorai.

Virgilio, quel bastardo, si mise a ridere. “Questa sì che è una scena che non vedo tutti i giorni! TU che rifiuti di parlare con delle anime? Col cavolo che ce ne andiamo! Dove sono i popcorn?”

“Ma non eravamo in ritardo?” Provai a farlo ragionare.

Virgilio fece finta di osservare il sole per determinare l'orario. “Nahhh, dieci minuti ce li abbiamo.”

Non feci a tempo a protestare perché le anime erano già qui e subito chiesero al mio maestro: “E' vero quanto abbiamo visto da lontano?”

Supplicai Virgilio con lo sguardo di dir loro una bugia, ma questi non volle sentire ragioni. “Sì, sì, tutto vero. È fatto di carne vera, rivestito di vera pelle, e anche il naso è originale. Una cosa veramente da non perdere! e se chiamate subito, i primi cinque fortunati riceveranno in omaggio anche l'esclusiva tunica autopompa! Cosa aspettate? Prenotate immediatamente! Anzi, sapete che vi dico? Perché non lo andate a dire anche ai vostri amici? Portate qui anche loro!”

Le due anime si guardarono estasiate e, più veloce della luce, andarono dai loro compagni per poi tornare da noi.

Se solo gli sguardi avessero potuto uccidere, Virgilio sarebbe morto (di nuovo). E il fatto che invece di sembrare dispiaciuto continuasse a guardarmi sorridendo a sessanta denti, sapendo bene di aver fatto qualcosa di male, non lo aiutava certo a farsi perdonare.

“Suvvia, Dante, non sarà così male, te lo prometto.”

“Ma così non perderemo troppo tempo?” Tentai ancora una volta di metterlo sotto pressione per costringerlo ad abbandonare la sua idea.

Lui mi scrutò attentamente, poi sorrise. Sembrava essere giunto ad una conclusione soddisfacente. “Hai ragione.”

Esultai internamente.

“E' per questo che risponderai alle loro domande mentre ci accompagneranno per la nostra strada!”

Virgilio...io...ti...ammazzo!!!!!

Tecnicamente è già...

LO SO!

Quel maledetto sapeva che io ero un poltrone di natura! Non sapeva che parlare mentre si fa esercizio fisico provoca più fatica? Già mi vedevo arrancare in salita con il fiato corto...Mi mancano solo la croce sulla spalla e il perizoma…

Beh, la croce non lo so, ma il perizoma credo che a Virgilio non dispiacereb…

TACI O CROCIFIGGO TE, VOCINA. CHIARO?!

Sospirando mi preparai all'ennesima umiliazione...che non arrivò.

“Oh, anima benedetta che fai questo viaggio con il tuo corpo terreno, rallenta un po' il passo e dimmi se riconosci fra noi qualcuno di cui puoi portare notizia quando tornerai nel tuo mondo. Deh, perché non ti fermi? Ascoltami un attimo. Noi siamo stati tutti uccisi violentemente e fino all'ultimo fummo peccatori, però, al momento della morte, la Grazia divina ci fece ravvedere e pentire dei nostri peccati. Così perdonammo i nostri nemici e ci riappacificammo con Dio, che ora ci tormenta col desiderio di vederlo.”

Commosso dal suo racconto (e per il fatto che non mi avesse posto domande maleducate, come al solito) mi fermai e li osservai attentamente tutti quanti. Alla fine scossi la testa. “Mi dispiace ma non riesco a riconoscere nessuno. Ma se posso fare qualcosa per voi basta che me lo diciate ed io lo farò in nome della pace che cerco da un regno dell'oltretomba all'altro, al seguito della mia guida.”

Uno di loro prese coraggio e si fece avanti. “Non c'è bisogno di alcun giuramento, ti crediamo e sappiamo che farai il possibile per mantenere la tua promessa. Perciò, ti prego, io, Jacopo del Cassero, se mai ti capiterà di passare per Marca Anconetana, potresti chiedere nel paese di Fano che preghino per me, cosicché io possa espiare i miei peccati? Io sono nato lì ma mi uccisero a Padova, dove credevo di essere al sicuro. A uccidermi furono i mandati del conte d'Este, che provava un odio profondo per me. Se solo fossi fuggito a Oriago quando i sicari mi raggiunsero, sarei sopravvissuto! Invece scappai verso la palude e lì inciampai in una canna, in mezzo al fango. Fu lì che mi sferrarono il colpo di grazia. Ricordo ancora la pozza di sangue che si formò sotto di me, prima di perdere i sensi.”

Non sapendo cosa dire, e con lo stomaco leggeremente in subbuglio, rimasi in silenzio, agghiacciato dal suo racconto.

Un altro prese parola. “Deh, spero che il tuo desiderio di raggiungere Dio si realizzi, specialmente se mi aiuterai ad esaudire il mio! Io sono Buonconte di Montefeltro. La mia vedova, Giovanna, e i miei altri familiari se ne infischiano della mia sorte, per questo sono in mezzo a queste anime, a testa bassa.”

“Ora ti riconosco! Eri nella battaglia a Campalidino, comandavi i ghibellini! Ti ho beccato, brutto...ehmvolevodire mi dispiace per la tua sventura! Ma dimmi, so che il tuo corpo non fu mai ritrovato. Cosa accadde?” domandai, curioso.

“Beh, sai la zona del Casentino? Lì scorre un fiume che si chiama Archiano. Io ero ferito alla gola e riuscii ad arrivare, fuggendo, nel punto in cui l'Archiano affluisce nell'Arno. Lì, ahimè, persi i sensi e morii con il nome di Maria sulle labbra. Ora, potresti non credere a quello che sto per dirti, ma ti giuro che è tutto vero e, mi raccomando, riferiscilo anche tra i viventi. Non appena morii, un angelo di Dio mi prese l'anima, ma un demone, anch'egli venuto per reclamare la mia anima, protestò e gli disse: - Ehi! Guarda che lui è mio! Cos'è, ora tutti quelli che piangono meritano il perdono? Vi piace vincere facile? Non è mica giusto, sai? Così ci rubate tutto il lavoro! Poi cosa diciamo a Lucifero, eh? - E l'angelo rispose a tono: - Smamma, cornuto, ho ben altro da fare. Lo sai com'è il detto! 'Chi prima arriva meglio alloggia!' - E il demone: - Ah, si? Bene, se è così che la metti...mi vendicherò sul suo corpo! -. Fu così che il demone evocò, durante la notte, una tempesta che si riversò nei fossi e che poi confluì nell'Arno. Le acque dell'Archiano sospinsero il mio corpo nell'Arno e sciolsero il segno della croce che avevo fatto con le mie braccia quando mi ero pentito. Le acque mi spinsero sul fondo e poi mi ricoprì e mi avvolse con i suoi detriti.”

Ancora una volta non sapevo che cosa dire. Questo racconto era ben più drammatico del primo.

Ma ecco che un'altra anima prese parola per parlare. “Deh, quando sarai tornato nel mondo dei vivi, dopo che ti sarai riposato, ricordati di me, Pia. Nacqui a Siena e morii in Maremma. Quel becco di mio marito lo sa bene, visto che mi ha uccisa lui...”

Ecco, proprio quando pensavo che non potesse andare peggio di così...

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Capitolo 40
*** Purgatorio, Canto VI ***


Tadà! Ecco nuovo canto pronto solo per voi! E prima della fine di gennaio! Come siamo state brave xD (ovviamente sono sarcastica, so che vi stiamo facendo aspettare molto tempo fra un canto e l'altro ma, prutroppo, non c'è molto che possiamo fare al riguardo -.-').
Per fortuna il canto è venuto piuttosto lungo, quindi speriamo di aver ripoagato queste 2/3 settimane di attesa ;)

Buona lettura a tutti!



Canto VI

Dante

Avete presente quando qualcuno vince alla lotteria o al casinò? In quell'esatto momento in cui il responsabile del luogo dichiara che voi siete i vincitori e gli altri sono i perdenti? E poi quando a quel punto tutta la gente intorno a voi vi circonda e fa finta di conoscervi e l'unico modo per scacciarli è quello di offrire da bere a questo e a quello o promettergli che vi ricorderete di lui e solo dopo che avete fatto tutto ciò vi liberate a poco a poco della folla? Ecco, questo è esattamente ciò che mi stava accadendo adesso.

Le anime deprimenti con cui ci eravamo fermati a parlare non volevano saperne di andarsene, nella paura che mi sarei scordato di mantenere le mie promesse. E come potevo dargli torto? In fondo, chi vorrebbe vivere in un luogo scialbo e neutro come il Purgatorio per la durata della propria vita mortale?

Gli aretini Benincasa da Laterina, morto e causa di Ghino di Tacco, e Guccio Tarlati, annegato mentre inseguiva i suoi nemici, erano attaccati al mio abito.

Federico Novello e il pisano Gano degli Scornigiani mi stavano supplicando con le mani protese.

Il conte Orso degli Alberti e Pier da la Broccia, il primo ucciso dal cugino e il secondo impiccato a causa di un intrigo di corte, continuavano a blaterarmi nelle orecchie, stordendomi.

Non appena riuscii a riemergere rimbambito e come ubriaco da tutte quelle anime, promettendo che non avrei dimenticato di parlare di loro a parenti, amici, cugini e figli della balia della prozia, mi riavvicinai a Virgilio. Il poeta latino era stato per tutto il tempo accostato ad una roccia, intento a godersi la scena. “Dimmi, luce dei miei occhi, mia dolce metà...” cominciai con tono sarcastico “non avevi forse scritto in un passo della tua opera che le preghiere non possono alterare la volontà divina?”

Virgilio strabuzzò gli occhi. Evidentemente, quando gli avevo detto che conoscevo le sue opere a memoria non mi aveva creduto. Peggio per lui.

“Ehm...sì, mi pare di sì.” rispose cautamente.

“Allora dimmi, mio altissimo, purissimo e levissimo maestro: queste anime si stanno sbracciando per niente oppure ti sei SBAGLIATO?” Accentuai l'ultima parola apposta.

È vero, alla fine le anime con cui avevo parlato per qualche ora si erano rivelate gentili e amichevoli, questo però non perdonava il fatto che Virgilio mi avesse fatto passare da scemo per più di una volta. Era arrivata l'ora della riscossa (e stavolta speravo di riuscire finalmente a metterlo alle strette)!

Di’ un po’, Dante, sei sicuro che sia per una “vendetta” che vuoi metterlo alle strette?

Ancora tu?! Quello che faccio io con Virgilio non sono affari tuoi.

Tecnicamente…

Silenzio!

Ma lui, con un sorrisetto divertito, sventò immediatamente il mio piano. “O forse, caro Dante, sei tu che non sai LEGGERE TRA LE RIGHE. Questo mi fa venire in mente un episodio riguardante una certa daga molto puntuta, ma per ora ti risparmierò QUESTO imbarazzo. Per quanto riguarda il mio passo, sappi che queste anime non ti stanno pregando invano. Innanzitutto non è che le preghiere annullino immediatamente il decreto divino, lo accorciano di poco, molto poco. E poi nell'Eneide non potevo permettere che il peccato venisse lavato via con una preghierina, dopotutto sono nato in un'epoca PAGANA. Sai, Dante, tu hai questo difettuccio di non considerare il contesto storico di noi autori, ignorando anche la nostra religione. Non tutti sono tolleranti come me, quindi ti consiglierei di fare più attenzione la prossima volta che accusi qualcuno di aver sbagliato. Soprattutto Cicerone. Non provare mai a dare torto a Cicerone, non usciresti mai vivo da una discussione con lui! E nemmeno con Socrate, anzi, se lo vedi girati dall'altra parte e fai finta di non conoscerlo, scappa via più veloce che puoi, fingi di avere l' ebola...non lasciarlo avvicinare per nessuna ragione al mondo! A meno che tu non abbia con te della cicuta, in tal caso, invitalo a bere”.

A quel monito, deglutii sonoramente.

Vedendomi turbato, Virgilio mi strinse la spalla con fare rassicurante (nonostante mi avesse appena abbassato l'autostima di almeno trenta centimetri). “Dai, ora non ti deprimere! Sei comunque un bravissimo poeta! Con la P maiuscola! Qualche piccola stronz....ehmehm...licenza poetica ci sta, dà più colore all'opera! Non stare a scervellarti per questi dubbi, a meno che la tua prossima guida non te lo dica.”

Lo guardai confuso. Prossima guida? Oh. Già, il mio maestro non mi avrebbe accompagnato in Paradiso...

Non ci voglio pensare. Ho bisogno di distrarmi.

“Hai presente di chi parlo, no?” continuò Virgilio imperterrito. “Beatrice.” Pronunciò la lettera “B” con un'acidità che rasentava il livello limone acerbo. Uh, la mia guida era gelosa. Questo sì che era un bel pensiero con cui distrarsi.

“Certo che lo so, maestro! Allora? Cosa fai lì impalato? Muoviamoci! La mia donna mi sta aspettando!” lo rimproverai per finta, aspettandomi una risposta degna di Virgilio. Invece non accadde nulla, fino a quando non avvertii due mani forti stringermi le spalle e voltarmi. Mi ritrovai con il viso del poeta a pochi centimetri dal mio.

“Ah, la tua donna, eh? Quindi noi cosa saremmo?”

ATENZIONE! ATTENZIONE! VIRGILIO STA FACENDO IL MASCHIO ALFA! PERICOLO DI SVENIMENTO IMMEDIATO! l'esposizione prolungata a Virgiliomaschioalfa può avere effetti indesiderati anche gravi, leggere attentamente il foglio illustrativo, non somministrare sotto i trentacin...

ZITTA VOCINA!

Per un momento temetti che la mia guida avesse creduto alla mia sciocca recita, ma quando fissai lo sguardo nei suoi occhi cristallini vi vidi riflessa una luce di malizia.

Quindi vuoi giocare, eh, Virgilio?

“Ovviamente non siamo semplicemente maestro e allievo, guida e protetto.”

Beh, sul “semplicemente maestro e allievo” un certo Parmenide avrebbe da ridire…

Vocina, non fare la finta colta per favore.

Il mantovano annuì con un cenno soddisfatto.

“Noi siamo amici!” dissi con calore.

“Ah. Amici.” Virgilio parve assaporare la parola per un lungo momento. “E dimmi, gli amici si baciano?”

“Certo! In alcuni paesi ci si saluta fra amici baciandosi!” continuai, senza specificare “sulla guancia”. Quando il suo viso si adombrò trattenni a stento le risate.

Ah-ah! E ora chi sta vincendo?

“Quindi tu di solito fai questo con i tuoi amici?”

Questo cos...!” E in quell'attimo in cui aprii la bocca per chiedere chiarimenti, il mantovano ne approfittò per baciarmi con impeto e, cavolo, per non aver mai baciato nessuno aveva decisamente una tecnica eccezionale! Sentii la sua lingua infilarmisi in bocca. E, oh, ora capivo perché era bravo anche in oratoria, aveva la lingua sciolta....Quasi mi sciolsi ai suoi piedi al termine del bacio. Fortunatamente ci pensò lui a sorreggermi.

“Quindi?” mi chiese quasi con urgenza.

“Mh?”

“Fai questo coi tuoi amici?”

“Nh.” risposi di nuovo a monosillabi.

Il poeta dovette essere soddisfatto scoppiò in una fragorosa risata. “Come farei senza di te, Dante?”

“Non faresti, sono insostituibile.”

“Vedo che hai ritrovato la lingua.”

“Non grazie a te. E anche tu l'hai trovata direi.”

“Oh, ammettilo che ti è piaciuto!”

“Tu ammetti di essere geloso di Beatrice.”

“IONONSONOGELOSODIQUELLA...!”

Fu il mio turno di ridere. “Ok, ok, ho capito.”

Virgilio si rilassò, appoggiando il mento sulla mia testa. “Bene.”

“Geloso.” sussurrai, con un sorrisetto sulle labbra, mordicchiandogli il collo.

“Marceremo finché ci sarà la luce del sole.” Annunciò a quel punto, perentorio.

“E dai!” protestai immediatamente. Questa non poteva farmela! “Dobbiamo per forza arrivare sulla cima della montagna entro oggi?”

“Non è per quello. È che qualcuno ci sta fissando e mi sta inquietando, quindi voglio andarmene il più presto possibile.” mi sussurrò nell'orecchio.

“Cosa?!” esclamai, districandomi dalla sua presa. Mi guardai intorno, impaurito che fosse qualche demone o un'anima che ancora voleva attaccarsi alla mia veste per chiedere il mio aiuto.

“Ah! Ci sei cascato!”

Stavo per rispondergli a tono, indignato da quello sciocco scherzetto, invece mi bloccai sul posto. “Ehm, maestro...c'è veramente qualcuno che ci sta fissando.”

Anche lui si fermò. “Cosa?”

Alzai il braccio per indicargli il nostro terzo incomodo, intento a fissarci come un leone in attesa.

Ma il mio maestro si rilassò immediatamente. “Mi hai fatto venire un colpo! Non preoccuparti, lui non è pericoloso. Ci indicherà la via più breve per salire.”

“Davvero?!” esclamai entusiasta. Lo seguii senza attendere risposta, ma Virgilio mi bloccò con il braccio.

“Vado solo io, è meglio. Questo qua è lombardo, so come gestirlo.” sussurrò in modo cospiratorio.

“D'accordo.” sussurrai di rimando.

Virgilio si avvicinò per chiedere informazioni. L'anima non rispose e invece ci chiese della nostra provenienza. Stavo per rispondere ma il mio maestro fu più veloce e si affrettò a dire: “Mantova...”. In quell'attimo molte cose accaddero: l'anima balzò in piedi e si gettò fra le braccia di Virgilio e nello stesso momento la mia guida lo ricambiava, ridendo. Non avevo nemmeno la forza per essere geloso da quanto ero sconvolto.

“Un mantovano! Finalmente! Che bello! Anche io sono di Mantova! Mi chiamo Sordello, caro concittadino!”

Ma pensa un po'. L'Italia è così corrotta e disgregata, eppure quest'anima, quando ha scoperto che Virgilio era suo concittadino, si è gettata fra le sue braccia senza pensarci un attimo, qui in Purgatorio, quando nel mondo dei vivi chi è dello stesso Comune non si può vedere senza farsi la guerra. Che bordello! Non c'è un angolo dell'Italia in cui ci sia la pace. Tutto il lavoro che Giustiniano ha sprecato per creare delle leggi è andato in fumo; la Chiesa interferisce con i poteri dell'imperatore e l'imperatore, quell'inutile mangiacrauti di Alberto d'Asburgo, se ne frega completamente. Quell'idiota ha permesso che la terra più bella e nobile dell'Impero venisse ignorata ed ora Montecchi, Cappelletti, Monaldi e Filippeschi, tutti si fanno la guerra! Dovresti vedere come Roma piange in assenza di un Cesare e questa è solo colpa tua! Perché non vieni a vedere quanto si amano le popolazioni italiane? Ma no! Troppa fatica, vero? Nemmeno la pietà riesce a smuoverti, eh? Oppure è la vergogna di vedere quello che hai fatto? Ah, Gesù, ci hai per caso abbandonati? Hai lasciato l'Italia fuori dalla tua giustizia divina? Oppure ci stai preparando a un destino migliore? L'Italia ormai è una città esclusivamente politica e anche i contadini che si aggregano a un partito vengono esaltati come salvatori della patria. Firenze, cara città natia, culla mia, pensavi che non ti avrei citato stavolta, eh? Perché i tuoi cittadini sono giusti, seeeeeee, ceeeeeeertoooo. Non sono come gli altri che si fanno scrupoli prima di mettere in atto la giustizia, noooo. I tuoi cittadini fanno prima: rifiutano gli uffici pubblici per dedicarsi alla politica! Ma hai ragione a essere fiera di questi individui! Dopotutto, tu sei saggia e in pace, anche la storia lo dimostra. Atene e Sparta, che furono le prime a provvedere a legislazioni organizzate, diedero una piccola dimostrazione di ordinata convivenza rispetto a te, che, al contrario, prendi provvedimenti ingegnosi e allo stesso tempo fragili! Puah! Le tue deliberazioni vengono emesse a ottobre e poi a novembre non valgono più, ma dimmi te! Hai cambiato un sacco di volte moneta, leggi, cariche pubbliche e modi di vita, insomma, tutto quanto! Firenze, mia amata odiata città, sei solo una vecchia zitellaccia malata che per alleviare il proprio dolore si rigira nel letto, cambiando posizione per lenire le sue sofferenze. Ma in questo modo non riuscirai mai a diventare una città dignitosa come, forse, lo eri un tempo...

...Quindi il riassunto di questo tuo monologo interiore è che Firenze e l'Italia ti fanno schifo. Sei proprio una Drama Queen...

...Vocina...stai zitta...

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Capitolo 41
*** Purgatorio, Canto VII ***


Chiedo veniaaaaaaaaaa! Scusate tantissimo per il ritardo, dovuto a:
- simulazione della terza prova
- vari problemini tecnici da parte mia e di D. (anche detti: maledetti computer/rete internet che all'ultimo secondo ti abbandonano e non funzionano più)
- forti raffiche di vento che mi hanno tolto la corrente tutto ieri -.-
Ok, con questo penso di potermi essere guadagnata un minimo di perdono xD. Ehi, guardate il lato positivo: il canto è un po' più lungo del solito! :D
...Buona lettura!



Canto VII

Virgilio

Qualcosa non andava. Il fiorentino era rimasto a fissare il vuoto per almeno dieci minuti e non dava segni di ripresa. Preoccupato, gli sventolai una mano davanti per un paio di volte. “Ehi? Dante? Ci seeeeei? Purgatorio chiama Dante, passo...Geova, abbiamo un problema...Ah già, lui non può capirla...”

Non sapendo che altro fare, mi convinsi a chiedere aiuto a Sordello, visto che si era mostrato straordinariamente disponibile.

E poi, si sa, i mantovani hanno una marcia un più!

Ben detto, Virgilio!

Almeno su questo andiamo d'accordo, vocina.

Eh vedrai, sono mantovana quanto te! Cioè… io sono te…

Tuttavia, prima che potessi rivolgermi al mio concittadino, questi parlò di nuovo. “Ma tu...chi sei?”

Vedete, essere concittadini può portare svantaggi e vantaggi in egual misura. Gli svantaggi avvengono quando si è ancora in vita e si abita nella stessa città. Lì a nessuno importa niente dell'altro, a meno che non si abbiano amici molto stretti e non avversari politici (e a meno che il vicino non butti la propria immondizia nella tua differenziata). Anche in quel caso, devi tenerti pronto a possibili tradimenti, congiure e quant'altro. Se invece ci si trova in un luogo ostile o non familiare, come ad esempio uno stato straniero o, nel nostro caso, in Purgatorio, allora i concittadini tendono a dimenticare la diffidenza e diventano tutti amiconi, anche se non si sono mai visti prima, per formare un'utile alleanza. E' nel pericolo che l'essere umano, prima indifferente e diffidente, tende a stringersi al suo simile, per salvarsi la pelle.

La stessa cosa era appena accaduta fra me e Sordello, che mi aveva abbracciato con calore, senza nemmeno sapere chi fossi. Questo, però, non mi avrebbe fermato dal chiedergli aiuto per risvegliare il mio fiorentino dalla sua trance.

“Che maleducato che sono!” esclamai, fintamente meravigliato dalla mia “sgarbatezza”. “Permettimi di presentarmi.” Tossicchiai per approfondire la voce e renderla più altisonante. “Io sono colui che visse su questa terra prima della venuta di Cristo, sotto il principato di Cesare Ottaviano Augusto, secondo il cui ordine venne data sepoltura ai miei resti. Io sono Publio Virgilio Marone, altissimo, purissimo e levissimo poeta, autore delle Bucoliche, delle Georgiche e dell'Eneide! Per nessuna colpa mi fu negato l'accesso al Paradiso, se non per il fatto di non aver avuto fede.”

Calò il silenzio. Mi chiesi, per un attimo, se questa volta non avessi esagerato.

Nahh, vai tranquillo, Virgy.

Ancora con quel soprannome, vocina?! E poi che ne sai, tu?

Davvero, VIRGY? Ancora mi sottovaluti, nonostante tu sia ben consapevole del fatto che io sia te stesso?

Mettiamo le cose in chiaro: tu sei la parte PERVERTITA di me stesso.

Ehi! Questa è discriminazione bella e buona! Solo perché tu ragioni con la testa ed io con il pi...

NON TI AZZARDARE A FINIRE QUELLA FRASE!

Va bene! Va bene! Non ti scaldare, altrimenti farai venire un colpo al nostro nuovo amico! E, a proposito di lui, prevedo un momento fangirl tra 3...2...1...

E, proprio in quel momento, qualcosa si avvinghiò alle mie gambe. “OhmioddiotuseiVirgilioioavevotutteletueopereprimadimorireeadessopotreimoriredinuovosoloperavertiincontrato!!!!!!!!”

“Ehm, sì, ok, sono lusingato che ti piacciano così tanto le mie opere, ora però potresti lasciarmi andare?” dissi, cercando di scrollarmelo di dosso. Sordello, che si era inginocchiato ai miei piedi e mi stava abbracciando le gambe in una morsa stritolante, non dava cenno di volermi lasciare andare. In quella posizione, con la testa a livello del mio pube, potevamo sembrare equivoci, e Giove solo sapeva cosa avrebbe pensato Dante se ci avesse visti in quel modo; anche se questo, per ora, non costituiva un problema, visto che il poeta fiorentino era ancora in stato di catalessi...

Qualcuno tossicchiò alle mie spalle.

MERDA!

Girai la testa a rallentatore, come se fossi stato il protagonista di film dell'orrore degli anni ottanta. E, in effetti, l'espressione furiosa che adombrava il volto di Dante era paragonabile a quella di Jack Torrance nel film “Shining”. Gli mancava solo l' accetta in mano.

"wiiiiiiirgy?...sono il lupo cattivo!"

Brrr....scossi la testa per scacciare l'immagine inquietante.

Ma io, da egregio poeta qual ero, non potevo farmi intimorire dal mio protetto. Che figura avrei fatto di fronte al mio fan? Quindi, con estrema nonchalance, mostrai un sorriso, fingendo di non accorgermi delle sue occhiatacce e di essere invece contentissimo del suo ritorno dal mondo dei sogni. Cosa che poi non era del tutto falsa...

“Oh, Dante! Finalmente ti sei risvegliato! Sai, Sordello si stava talmente annoiando qua solo con me che mi ha implorato in ginocchio di chiamarti per chiacchierare con lui.”

Al contrario di quanto mi aspettavo, Dante non ci cascò. Anzi, parve irritarsi, se possibile, ancora di più ed alzò un sopracciglio, squadrandoci da capo a piedi.

“Ah si? Perché a me non sembra per niente annoiato. E tu ancora di meno.”

Stavo per rispondergli a tono, ma Sordello fu più veloce. Scattò in piedi e cominciò ad agitare le braccia, preoccupato. “Nonono, illustrissimo poeta! Non mi stavo affatto annoiando, ti chiedo umilmente perdono se ti ho arrecato qualche offesa! Io ti stimo tantissimo perché tu hai portato la nostra lingua a livelli superiori, mio ispiratore, mia musa, mio eroe!” ‘Mia musa’, ho capito ‘Verginello’, ma così si esagera un poco eh “ Solo, è stata grande la mia sorpresa nel vederti qui, di fronte alla mia umile persona...e...ecco...prima di procedere con le domande, avrei una richiesta...”

Dante ed io ci guardammo, entrambi sospettosi.

Sordello mise una mano nella sua veste e...ne tirò fuori la versione integrale dell'Eneide!

“Non è che potresti firmarmelo?” domandò con un mormorio imbarazzato.

A quella piccola richiesta non riuscii a trattenermi dal sorridere. Sfoggiai il mio più bel sorriso affascinante da superdivo, godendomi quel piccolo momento di celebrità. “Ma cer...” ma ancora una volta venni interrotto, stavolta da Dante.

“Oh mio Diooooooo!!! Quella è la primissima versione integrale dell'Eneide!!”

Sordello, a quel punto, degnò Dante della sua attenzione per la prima volta da quando ci eravamo incontrati. “Anche tu sei un fan di Virgilio?! Che coincidenza! E quale onore dev'essere viaggiare con lui! Beato te, non sai quanto ti invidio!”

“Oh, sì! È assolutamente...!”

Tossicchiai energicamente prima che Dante potesse dire qualcosa di compromettente. Entrambi riportarono velocemente la loro attenzione su di me. Bene.

“Sordello, ti firmerò il libro molto volentieri. Ora, però, passiamo a questioni più importanti. Se non sbaglio avevi alcune domande.” lo incalzai. Questo era il modo migliore per tenere distratto Dante e allo stesso tempo ingraziarmi il mio concittadino, al quale si illuminarono gli occhi.

“Ecco, se non sono troppo indiscreto, vorrei sapere se vieni dall'Inferno e, se sì, da quale cerchio.”

Annuii, per assicurargli che non mi stava recando alcun fastidio con la sua domanda. “Ebbene, io provengo dal primo cerchio in assoluto, il Limbo. È un luogo per tutti coloro che, come me, non hanno avuto il privilegio di conoscere Dio prima della loro morte, poiché alla mia epoca eravamo ancora tutti politeisti e Gesù non era ancora in giro. Ovviamente, lì con me ci sono anche i bambini che non sono stati battezzati prima della loro morte, poiché, anche loro, non hanno nessuna colpa per non aver amato Dio. Come puoi dunque ben dedurre, là non ci sono pene da scontare per peccati che non abbiamo commesso per nostra volontà; in pratica ce ne stiamo tutto il giorno a chiacchierare, passeggiare e ricordare i bei tempi andati come delle nonnette. Io sono qui in qualità di accompagnatore e guida di Dante Alighieri, poeta famoso nella sua epoca come io lo ero nella mia e di altrettanta bravura. Ora, se non ti dispiace, non è che potresti indicarci una scorciatoia per arrivare alle porte del Purgatorio?”

“Oh, non c'è alcun bisogno di darvi indicazioni! Permettetemi dunque di farvi da guida fin dove potrò! Ma, ecco, viaggiare di notte è abbastanza scomodo, quindi che ne dite di rimanere per stasera come miei ospiti e di riprendere il viaggio domani mattina? Ci sono molte altre anime qua appartate e sono sicuro che farebbe loro molto piacere parlare con voi!”

Dante ed io ci scambiammo uno sguardo, perplessi. “E perché, di grazia, non si può salire di notte?” domandai, incuriosito. “Per caso c'è qualcuno di guardia che impedisce il passaggio? Oppure è semplicemente impossibile?”

Sordello, allora, si abbassò e tracciò una linea per terra. “Vedi questa linea? Di notte non puoi varcarla in alcun modo. Molte anime ci hanno provato ma hanno rischiato di vagare senza meta lungo il monte o di tornare in basso.”

“Wow.” mormorai. A causa della peculiare caratteristica di noi anime, ovvero quella di poter prevedere il futuro, molto spesso la nostra non-vita poteva risultare noiosa e molto povera di sorprese. Scartare dei regali di compleanno sarebbe stato veramente poco entusiasmante. Perciò, ogni volta che mi capitava di ritrovarmi di fronte a qualcosa di sconosciuto, non potevo fare a meno di incuriosirmi come un bambino a Natale. Tuttavia, dovevo pur sempre mantenere la mia aria autorevole di guida e poeta, quindi cercai di non dare a vedere la mia meraviglia e passai subito ai fatti: “A questo punto non ci rimane molta altra scelta, allora. Per stasera, saremo tuoi ospiti.”

“Sììììììììììììì!” esultò Sordello, saltellando sul posto. Quando si accorse della mia occhiata, si ricompose immediatamente. “Volevo dire...sarà un onore avervi come ospiti nella mia umile dimora.”

Sentii Dante ridacchiare dietro di me, la rabbia di prima completamente dimenticata. Forse simpatizzava troppo con Sordello per poterlo odiare. Si sa, fra fan ci si capisce e questi due erano i miei fan numero uno.

Sbaglio o, per quanto riguarda Dante, hai un concetto di “fan” un tantino distorto?

Tu fa’ silenzio o tu lascio qui.

Gne.

“Quindi, dove hai intenzione di portarci?” domandai, impaziente.

Sordello indicò il monte e mi accorsi, così, che era incavato in modo da formare un'ampia valletta. “Andremo là, quell'avvallamento.” Disse sbrigativo.

Percorremmo un sentiero obliquo, una sorta di dosso, che ci condusse al fianco del monte, più o meno a metà valletta e...wow. Non trovavo altro termine per poter descrivere la bellezza e i colori dei fiori di quel luogo. Se fossi stato Dante, probabilmente mi sarei soffermato nel nominare colore per colore e paragonarlo ad una gemma preziosa ma, non essendo il mio fiorentino (per vostra fortuna), non lo feci. Sedute sull'erba e sui fiori, alcune anime cantavano il “Salve, Regina”. Prima non ci saremmo potuti accorgere di loro perché erano nascosti dalla valletta.

Dante, emozionato, stava già per dirigersi verso di loro, ma Sordello lo fermò gentilmente. “E' meglio che non vi presenti a loro prima del tramonto. Ma lasciate che ve li mostri da lontano. Quello che siede più in alto e che fa finta di muovere le labbra perché sa di cantare a schifo è l'imperatore Rodolfo I d'Asburgo, che avrebbe potuto risolvere i problemi dell'Italia ma che non lo fece. Quello a fianco a lui che sta cercando di confortarlo è Ottocaro II, reggente in Boemia; fu fin da bambino migliore di suo figlio Venceslao, che ora si nutre di ozio e di lussuria. Quello col nasino alla francese che sta parlando con Enrico di Navarra è Filippo III re di Francia, quest'ultimo morì da codardo: fuggendo e disonorato. Guardate come si sta battendo il petto! E invece Enrico di Navarra come sospira e come appoggia la guancia alla mano! Questi due sono, rispettivamente, padre e suocero di Filippo il Bello ed è proprio perché conoscono la sua vita piena di vizi che hanno quelle espressioni addolorate. Il più robusto di questa schiera, che sta accordando la sua voce a quella del nasone Carlo I d'Angiò, è Pietro III d'Aragona, uomo ricco di ogni virtù! Ah, se solo Alfonso III d'Aragona fosse rimasto re dopo di lui! Bla bla bla... È raro che la virtù umana si tramandi di padre in figlio, bla bla.. ma così vuole Dio, perché ci si ricordi che essa viene da lui... Arrigo III d'Inghilterra, un altro che fa l' asociale.. bla bla bla... Infine, ultimo ma non ultimo, ecco a voi il marchese Guglielmo VII di Monferrato, causa della guerra contro Alessandria, che ancora provoca danni al Monferrato e al Canavese!” Finite le presentazioni, tutto entusiasta, si voltò verso di me. “Allora, come sono andato?” mi chiese speranzoso.

Non lo risparmiai. “Troppo. Prolisso.” Come previsto, Sordello abbassò la testa, deluso.

Dante mi pestò il piede violentemente. Ok, forse non era ancora arrabbiato, ma non mi sarei lasciato convincere dal mio protetto ad essere più gentile.

Il piede del fiorentino cambiò bersaglio e, dal centro del mio piede, si spostò direttamente sul mignolo, pronto a farne una poltiglia visto che, sapete, io indossavo solo dei sandali!

“Però sei stato molto accurato nella descrizione!” aggiunsi in fretta.

Il sorriso tornò sia su Sordello che su Dante e in quel momento mi resi conto che avere due fan non era sempre piacevole, soprattutto se potevano fermare un'alleanza contro il sottoscritto!

Stavolta sei proprio nei guai, caro Virgy.

Puoi dirlo forte, vocina...

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Capitolo 42
*** Purgatorio, Canto VIII ***


Canto nuovo, gente! :D
Buona lettura a tutti! (scusate per la breve introduzione ma ho un sonno tremendo -.-)


Canto VIII

Dante

Quanto. Mi. Sto. Divertendoooooo!!!!

Se non avessi rischiato di farmi scuoiare vivo da Virgilio, sarei scoppiato a ridere senza ritegno alcuno di fronte a quella faccia indignata. Perché? Perché finalmente avevo un alleato! Sì, anche se continuavo ad essere un poco geloso, Sordello si era rivelato un "rivale" innocuo e un prezioso alleato, col quale avevo un sacco di tratti in comune e, tra questi, il malsano divertimento nello stuzzicare Virgilio nei peggiori modi possibili. A ogni suo commento pungente o battuta sarcastica, noi rispondevamo a tono, entrambi a conoscenza dei punti deboli del poeta mantovano. E, che dire, in due era tutto molto più semplice! La mia guida non riusciva ad usare appieno la sua eloquentia con due persone che lo contraddicevano contemporaneamente. Divertimento garantito. Ora, non che l'avessimo tartassato più del dovuto ma...diciamo che avevo ancora un conto in sospeso con lui da quando mi aveva fatto fare la figura dello scemo con Catone e con le anime che ci avevano in seguito accompagnato fino al monte. E sapete una cosa? È proprio vero che la vendetta è un piatto che va servito freddo! Muahahahahahahahah!

Ehm, Dante?

Sì, vocina?

Mi stai facendo paura.

Bene, perchè sono in modalità evilDante.

EvilDante...perchè la cosa mi inquieta, e probabilmente non nel modo voluto?

Ehi!

Scherzavo, scherzavo. Bene, ora che ti sei vendicato di Virgilio, che ne diresti di andare avanti con la narrazione?

A cosa si deve questa improvvisa solerzia?

Ma come?! Perché più avanti ci sarà sicuramente qualche scena di ses...

Gahhhhhhh! Zitto!!!! Pervertita che non sei altro!!!

Ehi, guarda che io sono te...

*Ehm ehm*, dunque, stavamo dicendo? Ah, sì!

Quando ebbi punzecchiato a sufficienza di Virgilio, era già il tramonto. Una delle anime, allora, si alzò in piedi e, con un cenno della mano, mi chiese di avvicinarmi per ascoltarla. Questa congiunse i palmi delle mani e li sollevò verso il cielo, volgendo gli occhi a oriente, con uno sguardo estatico e appagato come se avesse appena pranzato dalla nonna. Ben presto, le altre anime la imitarono e, insieme, intonarono il canto “Te lucis ante” con tanta devozione e dolcezza che mi commossi.

Ed ora, cari lettori, prestate bene attenzione a ciò che dico, perché il velo tra verità e allegoria sta per diventare molto sottile...

Ma quanto sei poetico! Disse la mia vocina sarcasticamente.

Beh, sai, è il mio lavoro!

Touché.

D'un tratto, le anime tacquero per guardare il cielo in religioso silenzio, come se stessero aspettando che accadesse qualcosa di irripetibile. Ed ecco che vidi due angeli scendere proprio dal punto che stavano tutti fissando; entrambi avevano in mano una spada fiammeggiante, troncata nella punta. Le loro vesti erano verdi e dello stesso colore erano le ali. Gli angeli si posizionarono esattamente agli estremi della valletta, lasciandoci in mezzo di proposito. Se mi concentravo, riuscivo a scorgere il biondo dei loro capelli, ma, ahimè, questo compito all'apparenza semplice mi riusciva con difficoltà poiché i loro volti erano tanto splendidi da catturare i miei occhi.

Sordello mi diede una gomitata per risvegliarmi dallo stupore che mi aveva preso. “Sai, entrambi provengono dall'Empireo. Loro sono gli angeli a guardia della valle.”

Lo guardai con sguardo confuso. “Perché mai questa valle ha bisogno della protezione di due angeli?”

Sordello tremò leggermente. “A causa...del serpente.”

Senza accorgermene, deglutii sonoramente. “Se...serpente?”

L'altro annuì.

Colto dal panico, mi girai a destra e a sinistra, davanti e dietro per capire da quale parte sarebbe venuto, così da non farmi prendere di sorpresa ed evitare la morte d'infarto a trentatré anni. Mi volsi con sguardo tremante verso Virgilio. Lui alzò le sopracciglia, come per dirmi: “Arrangiati”, ma io conoscevo i suoi punti deboli, perciò mi concentrai e dilatai gli occhi, usando la mia espressione da piccolo aquilotto. Strisciai lentamente vicino a lui, accarezzandogli il braccio. Notai l'espressione di Virgilio vacillare e, alla fine, risultai vincitore. Quindi gli presi la mano e gliela strinsi, cercando di trarne il massimo conforto.

In quel momento, Sordello si girò. “Venite, andiamo a parlare con le anime della valletta, sono sicuro che farà loro molto piacere!” Se notò le nostre mani congiunte non disse niente, ma lo vidi rivolgere a Virgilio un sorrisetto e, poco dopo, mi fece l'occhiolino. Cominciavo veramente ad adorare quell'uomo!

Mentre scendevamo per raggiungere le ombre dei defunti, mi accorsi che un'anima continuava a fissarmi.

Ho un brufolo sul naso?

Avvicinandomi, fui sempre più certo di averlo già visto da qualche parte...ma...ma era il nobile giudice Nino Visconti!

“Nino!” lo salutai. “Che piacere vedere che non sei fra i dannati!”

Lui rise gagliardamente. “Ah! Non sai quanto piacere fa a me!...eh eh, pensavi di esserti liberato di me, vero?"

Ci abbracciammo con calore e poi mi domandò: “Da quanto tempo sei arrivato qui? Che ne pensi del servizio trasporto? Ottimo nocchiero quell'angelo, vero? Ma com'è che che a trentacinque anni sei già trapassato?

“Oh, no!” cercai di non farmi notare mentre mi portavo una mano sotto la tunica, al cavallo delle brache “Non sono morto, amico mio! Vedi, sono nel bel mezzo di un viaggio spirituale con il mio corpo terreno e sto attraversando tutti e tre i regni dei morti. Sono arrivato qui stamattina, dall'Inferno.” gli risposi, chiarendo il malinteso.

Di fronte alle mie parole, sia Nino che Sordello si ritrassero, piacevolmente stupite. Ah, già, mi ero dimenticato di raccontare tutto a Sordello, preso dall'entusiasmo di aver trovato un nuovo amico.

Mentre Sordello si volse verso Virgilio per discutere di qualcosa, Nino richiamò l'attenzione di un'anima lì vicino. “Ehi, Corrado! Vieni a vedere cosa concede oggi la grazia divina!” Poi si rivolse nuovamente a me. “Per dindirindina, Dante, questa proprio non me l'aspettavo! Senti, ho un favore da chiederti, sono sicuro che non te l'ha ancora chiesto nessuno...non è che quando tornerai nel mondo terreno troveresti il tempo di passare da mia figlia Giovanna e di chiederle di pregare per me? Sai, non credo che sua madre pensi piú molto a me da quando si è risposata...purtroppo temo che se ne pentirà presto...Eh, ma sai come sono le donne! La loro passione dura finché vengono appagate fisicamente, ma quando non vedono più il "fringuello" fanno presto dimenticare! Sono sicuro che sulla sua tomba metterà solo lo stemma di quella vipera di milanese che ha sposato. Un milanese, ti rendi conto?! Bah. Il gallo del ducato di Gallura ci di sarebbe stato molto meglio, altro che serpenti e cassoeula.” Mentre parlava, la sua espressione passò da gioiosa a sdegnosa. Prese a lamentarsi della moglie e di come l'avesse tradito. Un po' annoiato da quelle lamentele, volsi gli occhi al cielo, molto più interessato alle stelle che vi brillavano.

Una mano si appoggiò sulla mia spalla. “Cosa guardi?” mi domandò Virgilio, facendomi prendere un colpo. Non l'avevo proprio sentito arrivare!

Gli indicai ciò che aveva catturato il mio sguardo. “Vedi quelle tre stelle? Quelle che sono così splendenti da illuminare tutto il polo di qua?”

“Polo di qua? Ah, vuoi dire l'emisfero antartico?”

Lo guardai male. “Maestro, ne abbiamo già parlato: la Terra è PIATTA!”

Era una mia impressione o sulla sua fronte una vena aveva appena pulsato con violenza?

“Pardon, errore mio.” disse con strano autocontrollo. Tossicchiò e si riprese. “Quelle tre stelle che stai osservando sono salite al posto delle quattro di stamattina che invece sono sparite dietro l'orizzonteeeeee...” Virgilio venne bruscamente interrotto da Sordello, che lo trasse a sé, tirandolo per un lembo della tunica. “Guarda là! È arrivato il nostro nemico!” esclamò terrorizzato, mentre glielo indicava con un dito.

In quel punto c'era un serpente enorme...forse era lo stesso che aveva dato il frutto proibito a Eva...? Quella malvagia bestia era lunga e sinuosa, come una biscia; avanzava tra l'erba e i fiori, volgendo la testa di tanto in tanto e talvolta leccandosi il dorso. Ero così preso da quella visione spaventosa che non mi accorsi degli angeli finché non furono nelle vicinanze del serpente. Quest'ultimo, sentendo fendere l'aria dalle loro ali, fuggì, mentre gli angeli tornarono ai loro posti di guardia.

Per tutto questo tempo l'anima che era stata chiamata in precedenza da Nino e che ora si trovava al suo fianco non aveva smesso nemmeno per un secondo di guardarmi. “Possa il tuo viaggio giungere a un lieto fine” mi augurò. “Se per caso hai notizie della Val di Magra o dei suoi dintorni, ti pregherei di riferirmele, poiché in quei luoghi io fui potente. Il mio nome è Corrado Malaspina, non il capostipite della casata ma il suo discendente. Il mio unico peccato fu quello di amare troppo la mia casata e di volerla rendere più potente, distogliendomi dalla cura dell'anima; ma, per fortuna, qua questa colpa viene purificata.”

“Oh!” esclamai sorpreso. “Non ho mai abitato dalle vostre parti ma la generosità della vostra famiglia è conosciuta in tutta Europa! La fama della vostra casata è tanto grande che anche chi non ha mai vissuto nelle vostre terre la conosce e vi posso giurare che ancora adesso la vostra stirpe continua a fregiarsi dell'onore della generosità e del valore militare. La vostra casata è talmente privilegiata dall'onore cavalleresco e dalla natura che è la sola a camminare diritta in un mondo dove tutti si volgono al male.”

Corrado parve compiaciuto della mia risposta e, con un cenno del capo, mi parlò per l'utlima volta. “Ora riprendi il tuo viaggio; in meno di sette anni la tua cortese opinione sulla mia famiglia sarà confermata con prove più concrete dei discorsi altrui...a meno che il giudizio divino non si arresti.”

Lo guardai in silenzio, senza capire. Sette anni più tardi avrei compreso, ma questo è un altro episodio della mia vita, di cui non parlerò qui.


 

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Capitolo 43
*** Purgatorio, Canto IX ***


Salve gente! No, non siamo morte, non vi preoccupate. Siamo solo terribilmente lente ad aggiornare ^.^'
A questo giro D. non ha potuto correggere il canto nuovo perché per ora è senza computer. Non appena ne rientrerà in possesso aggiungeremo anche le sue correzioni.
P.S. Ho tolto l'ultima frase del canto precedente perchè ho scoperto che Dante e Virgilio non se n'erano andati subito dalla valle (l'ho scoperto leggendo il canto successivo -.-).
Buona lettura! :)


Canto IX

Dante
 

Rimanemmo a chiacchierare con i nostri amici appena incontrati per molto tempo. Discutemmo di svariati argomenti, dai discorsi più intellettualoidi da letterati fighi alle più stupide notizie di gossip. Era da tanto che non avevo l'occasione di parlare tranquillamente con qualcuno, senza interrogarlo sulla sua sorte, sulla mia, su quella di Firenze, dell'Italia, del cugino, del bisnipote etc. Anche gli affettuosi bisticci che avevo regolarmente con Virgilio non potevano compensare il piacere di conversare con i propri amici. Mi mancava avere qualcuno con cui confidarmi. Ben presto, la sera cedette il passo alla notte e d'un tratto mi sentii vecchio. Perchè io, Dante Alighieri, aitante trentacinquenne nel mezzo del cammin di sua vita, avevo sonno alle nove di sera! Cercai di combattere la stanchezza a tutti costi, sapendo che nel momento in cui mi fossi addormentato, Virgilio avrebbe dato il via a una serie di pettegolezzi e storielle divertenti e soprattutto imbarazzanti sul mio conto senza che io potessi reagire.

Devo rimanere sveglio a tutti i costi! Eppure è così difficile...mi sento le palpebre sempre più...pesanti...

Doooooormi...dooooooormi...

Vocina...smettila...

Doooooormi...magari Virgilio ci farà qualche coccola...

Vocina!!!!!!!!

Ora non mi sarei mai addormentato per l'imbarazzo! Fu allora che Virgilio scelse di sussurrarmi qualcosa all'orecchio: “Vuoi appoggiarti a me e riposare gli occhi?”

Sentento il suo respiro caldo sull'orecchio non riuscii a trattenere un brivido, ma lui non si scostò, anzi, si fece più vicino e posò una mano sulla mia spalla, in un gesto apparentemente amichevole. In realtà cominciò ad accarezzarla delicatamente, senza farsi notare dagli altri.

“Hai freddo?” domandò. Potevo sentire il suo sorriso premuto contro il mio orecchio.

“S-sì.” risposi a fatica.

“Forse allora dovrei scalarti un po'...”

“N-n-no, grazie. Sai che ti dico? Ho proprio un sonno! Penso che mi stenderò qua sull'erba e mi farò un pisolino!” dissi ad alta voce, ottenendo l'attenzione dei nostri amici.

“Ah, vai già a riposarti, Dante?” mi chiese Sordello, un po' deluso.

Nino sghignazzò. “E' dura avere trentacinque anni e avere la forza fisica di un ottantenne, eh Dante?In effetti portarsi in giro quel nasone dev'essere sfiancante...”

Corrado, però, lo rimproverò. “Suvvia, è ovvio che sia stanco, dopotutto si trova in un mondo ultraterreno dentro al suo corpo mortale!”

“Tranquillizzati, Corrado. Lo stavo solo prendendo in giro da suo buon amico.” si giustificò Nino, strizzandomi l'occhio.

Scossi la testa, divertito. Certe persone non cambiavano mai, nemmeno da morte.

“Ma sei sicuro di volerti stendere qua fuori sull'erba?” mi domandò premurosamente Sordello.

“Non preoccuparti, mio giovane discepolo.” si intromise Virgilio “Per questa volta concederò a Dante il grande onore di usarmi come cuscino.”

E di molestarmi mentre dormo?! No, grazie!

Sì, grazie!

TU dormi e stai zitta

“Non preoccuparti, maestro, per questa volta dormirò sull'erba. In fondo è così soffice e morbida e tu invece sei così spigoloso...”

“Ha parlato l'aquila!”

“Che hai detto, 'verginello'?!?!”

Sordello e Nino ci separarono frettolosamente, temendo che arrivassimo alle mani.

“Ricordatevi, i veri poeti non ricorrono mai alla violenza!” cercò di calmarci Sordello, mentre tratteneva Virgilio.

“E' vero!” aggiunse Nino. “Ricordate? 'Ne ferisce più la penna che la spada'!”

“Peccato che al momento non abbia penne da lanciargli!” esclamò Virgilio, cercando di divincolarsi.

A quel punto Corrado balzò in piedi. “Ora basta! In punizione, tutti e due! Dante, tu vieni a dormire qua vicino a me, voi tre continuate a discutere.”

Riluttanti, ci affrettammo ad obbedire ai suoi ordini. Virgilio ed io ci lanciammo un'ultima occhiata carica di rimpianto per non aver approfittato di quella situazione per rilassarsi insieme mista a irritazione perchè ancora una volta eravamo finiti a bisticciare su qualcosa di inutile.

Sommerso da questi opprimenti sentimenti, mi coricai di fianco a Corrado e, cullato dal canto del mare, mi addormentai.

Ebbi un sonno stranamente tranquillo, considerati gli eventi a cui avevo preso parte negli ultimi giorni e tutte le creature fantastiche che avevo visto e conosicuto. Tuttavia, verso l'alba, sognai di un'aquila dalle ali dorate che librava in cielo con maestosità. Il leggiadro animale poi si abbassò e cominciò a planare verso il basso. Quel luogo mi sembrava il monte Ida, dove Giove aveva portato il giovane Ganimede sotto forma di aquila.

Ooook, forse tutte quelle volte in cui mi hanno ripetuto “aquila” mi hanno finalmente fatto effetto. Devo smetterla di offendermi quando Virgilio mi dice certe cattiverie, eppure lo so che le dice senza pensare...la maggior parte delle volte...

Continuai a guardarmi intorno dentro al sogno, domandandomi perchè mai un'aquila tanto regale si trovasse lì.

Forse è qua che caccia di solito.

Non feci a tempo a formulare un altro pensiero che subito il rapace calò in picchiata verso di me e mi afferrò fra gli artigli, portandomi con sé nel cielo. In preda al terrore, tentai di liberarmi dalla sua presa, ma niente funzionò. Il volatile mi stava portando verso la sfera del fuoco, in mezzo al calore, sempre più insopportabile, sempre più ardente, soffocante, insostenibile...!

Mi risvegliai di botto, ansimando. Subito avvertii qualcosa di fresco toccarmi la fronte sudata. Era la mano di Virgilio. Non appena mi fui calmato, notai che non eravamo più nella valletta mi vicino al mare, inoltre eravamo solo noi due ed io ero sdraiato al suo fianco, con la testa poggiata sul suo grembo. Il mio maestro mi scostò con delicatezza i capelli sudati dalla fronte e mi posò un bacio leggero sulle labbra. “Shhh, va tutto bene, Dante.”

“M-m-aestro. Cosa...?”

Con la mano libera prese le mie tremanti e se le portò alle labbra, spargendovi dolci baci rassicuranti. “Non avere paura. Abbiamo finalmente raggiunto l'entrata del Purgatorio. È là, scavata nella roccia, vedi?”

Seguii il suo indice e notai la parete spaccata che cingeva la zona.

Virgilio, soddisfatto di avermi distratto dal mio incubo, proseguì, sapendo bene che presto avrei iniziato a fare domande. “Mentre dormivi, una donna è venuta, dicendo di essere santa Lucia. Non puoi immaginare la mia sorpresa quando questa giovinetta di quarantacinque chili scarsi ti ha sollevato come un fuscello, naso compreso. Quando mi sono ripreso vi ho seguiti. Poi ti ha lasciato qui e mi ha indicato l'entrata del monte...beh, dire 'indicato' sarebbe riduttivo. Diciamo che me l'hanno mostrata i suoi occhi. Comunque, non appena se n'è andata tu ti sei svegliato. Sai, Sordello e gli altri erano dispiaciuti di non poterti salutare come si deve, perciò mi hanno chiesto di riferirti che per loro è stato un piacere conoscerti e che ti augurano tutta la fortuna possibile nel tuo viaggio.”

Alle sue parole mi sentii rinvigorito e i dubbi che tormentavano la mia mente svanirono così com'erano venuti. Vedendomi rassicurato, Virgilio si alzò, per poi porgermi la mano per aiutarmi a rimettermi in piedi.

“Ok, pronto per un po' di trekking?”

“Nooooo! Oh, andiamo maestro, mi sono appena svegliato!”

“Niente lamentele! La funivia qui è fuori uso e direi che per oggi ti sei riposato a sufficienza. Non c'è niente di meglio di una bella camminata per svegliarsi.”

“Ma...!”

“No!”

“...uffi...”

Ci appropinquammo dunque verso l'ingresso, e, guardandola da vicino, mi accorsi che nella breccia in mezzo al monte era posizionata una porta. Per accedervi più agevolmente, c'erano tre gradini di colori diversi. Aguzzando la vista, notai un portiere seduto sul gradino più alto. Il suo volto era talmente luminoso che mi era impossibile guardarlo: era un angelo.Teneva in mano una spada sfoderata, che rifletteva i raggi del sole, impedendomi di vederla bene.

“Alotlà! State fermi dove siete e rispondete alle mie domande. Cosa volete? Chi vi ha condotto qui? Chi siete? Documenti? Codice fiscale? Quanto fa due alla terza? È nato prima l'uovo o la gallina?Fate attenzione, salire queste scale potrebbe arrecarvi danno.”

Mentre io cercavo di calcolare il cubo di due, Virgilio non perse tempo in chiacchiere e gli rispose seriamente. “Santa Lucia ci ha indicato la porta per proseguire nel nostro viaggio.”

Il volto dell'angelo, se possibile, si illuminò ancora di più. “Ah! Dunque siete voi! Allora avete il pass VIP! Bene, se santa Lucia vi ha condotti qui, allora avete il permesso di passare.”

Ci avvicinammo. Il primo gradino era di marmo bianco e lucente. Preso dalla curiosità provai a specchiarmici e, in effetti, fu come guardare il mio riflesso su uno specchio. Il seconod era scuro, formato da una pietra ruvida che presentava una spaccatura nella lunghezza e nella larghezza. Il terzo, invece, sembrava di porfido ed era rosso come il sangue che sgorga da una vena. L'angelo stava propiro sopra quest'ultimo e sedeva sulla soglia, simile a un diamante. La mia guida mi prese per mano, aiutandomi a salire i gradini. “Chiedi umilmente all'angelo di aprire la pora.” mi sussurrò.

“Eh?!? Perchè IO?” protestai.

“Fallo e basta!” sibilò.

Memore dei miei insegnamenti di Chiesa, mi prostrai ai piedi dell'angelo e mi battei il petto tre volte, chiedendo misericordia e chiedendogli di aprire quella stramaledetta porta.

L'angelo portò la spada sopra il mio capo e per un attimo, nonostante la mia immensa fede in Dio, temetti che mi avrebbe ucciso lì all'istante. Invece mi disse: "Fermo lì che devo farti il timbrino prima di farti entrare" e mi tracciò sette P sulla fronte dicendomi: “Una volta che avrai superato questa porta fai in modo di lavarti queste piaghe.”

Poi, dalla sua veste collor cenere, estrasse due chiavi: una era d'oro, l'altra d'argento. Aprì la porta alle sue spalle prima con la bianca e poi con la gialla. “Sapete, se una delle chiavi non funziona, la porta non si apre. Quella d'oro è molto preziosa ma quella d'argento richiede molto ingegno per usarla ed è quella che permette al penitente di entrare. Queste due chiavi mi furono date da san Pietro, il quale mi disse di sbagliare nell'aprire piuttosto che nel tenere chiusa la porta, affinché i penitenti mostrino una sincera contrizione.” Poi spinse l'uscio e continuò: “Entrate, ma vi do un avvertimento: se uno di voi guarderà indietro anche una sola volta, sarà costretto a tornare fuori.” Come per conferire più pathos a quanto l'angelo aveva appena detto, gli spigoli della porta girarono attorno ai cardini ed emise uno stridore che mi fece quasi sanguinare le orecchie. Nemmeno la rupe Tarpea fu così dura da aprire alla rimozione di Metello!

Giunti finalmente all'interno, mi permisi di respirare di sollievo. Ma, mentre mi rilassavo, udii per caso le parole di “Te Deum laudamus”. Quello, però, non era un semplice canto: era come stare in chiesa, quando l'organo copre metà delle parole e l'altra metà invece si sente chiara e distinta.

Dietro di noi, la porta si richiuse con un tonfo.

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Capitolo 44
*** Purgatorio, Canto X ***


Hello! Eccoci qua con un nuovo canto, arrivato per miracolo perchè, con la maturità alle porte, non so dove abbiamo trovato il tempo di sfornarlo xD Ovviamente, il prossimo canto non arriverà prima della seconda settimana di luglio o, almeno, quando finiremo gli orali. Ok, queste erano tutte le comunicazioni che dovevo fare, buona lettura a tutti!


Canto X

Virgilio
 

La porta del Purgatorio si richiuse dietro di noi con un tonfo sordo. Sembrava l'inizio di un film horror, di quelli dove il protagonista è inseguito da qualche losca creatura sovrannaturale, ma per nessun motivo al mondo mi sarei girato, altrimenti avrei fallito nel mio compito di guida, visto che in quel caso non ci sarebbe stato concesso il passaggio. Quindi camminammo per un po' e, una volta distanti dalla porta, mi permisi di rilassarmi e il pensiero mi tornò alle P che l'angelo aveva impresso sulla fronte del mio fiorentino.

Non devo ridere. Non devo ridere. Non devo ridere. Nondevoriderenondevoridere.

Voltandomi lentamente verso Dante, rividi la coroncina di P che l'angelo gli aveva scarabocchiato, impresse marcatamente sulla fronte. Sembravano quasi i disegnini che i ragazzi dispettosi in gita fanno sui loro compagni addormentati. A quel punto non riuscii più a trattenermi.

“Pfffft! Ahahahhahah! Oh, Dante! Se prima eri carino quanto un piccolo aquilotto ora sei favoloso! Devo dire che quei timbrini ti donano molto! Risaltano la forma del tuo naso! Ahahahahahaha!”

Dante mi lanciò un'occhiataccia, aggrottando la fronte, ma così tutte le P si avvicinarono tra loro, sembrando un mazzo di fiori.

Di nuovo, non riuscii a fermarmi: “Ahahahaahahah! No, ti prego, non riesco a guardarti! Ahahahaha!”

Il mio povero Dante divenne immediatamente rosso come la sua veste, non capii se per l'imbarazzo, per la rabbia o se per entrambe. Afferrò l'infula con entrambe le mani e se la calò ancora di più sulla testa, cercando disperatamente di nascondere i segni lasciati dall'angelo, invano.

Poveretto, forse non sarei dovuto andarci così pesante con le prese in giro...forse...

Sei diabolico, Virgy...ma forse a Dante piace anche questo tuo lato...sadico...

SMET-TI-LA.

Va bene, va bene...sto zitto.

Notai che Dante non aveva ancora risposto alle mie battute ma che si era limitato ad incassare il colpo. Mi chiesi se non avessi toccato un tasto dolente, poi mi tornò in mente.

Sono un idiota!!! Sicuramente avrà pensato che se ho riso così per alcune P allora non mi tratterrò nemmeno per ciò che tiene nascosto sotto l'infula! Ma perché non ho riflettuto prima di ridergli in faccia?!?!? Adesso non mi mostrerà mai volontariamente ciò che nasconde!!

Avevo decisamente vinto il premio "idiota dell'anno" , quello "tatto del cavatore" e probabilmente quello per il peggior compagno di viaggio da aversi.

E adesso come faccio a scusarmi? Gli sembrerà strano se lo faccio, potrebbe insospettirsi e capire che so già cosa nasconde sotto l'infula e allora potrebbe non perdonarmi e potrebbe odiarmi e poi lasciarmi e...e...e...non voglio...Non voglio lasciarlo...

...non voglio lasciarlo.

I miei pensieri avevano preso una piega tragica. Fino ad ora avevo cercato di evitare di rimuginare sulla nostra futura separazione ma mi rendevo conto che ormai mancava poco tempo ed ero quasi giunto alla fine del mio compito. Dopo, avrei dovuto farmi da parte, perché così doveva essere.

Due giorni...non posso crederci che manchino solo due giorni...

“Maestro?”

La tono incerto di Dante mi riscosse da quei lugubri pensieri. Possibile che gli fosse passata l'arrabbiatura?

Lo guardai. Il suo risentimento era mutato in preoccupazione e ora mi fissava con crescente apprensione. Più a lungo tacevo e più la sua fronte si aggrottava...mettendo in risalto quelle maledette P. Senza volerlo, un angolo della mia bocca si alzò, a tradimento, formando un mezzo sorriso. Il che mi riportò al problema principale: dovevo scusarmi con Dante.

“Dante...” cominciai, espressione più apologetica possibile.

“Maestro...” disse lui allo stesso tempo.

Ci guardammo e ci sorridemmo. Eravamo proprio senza speranza.

“Scusa, dimmi pure.” lo esortai.

“No, no, prego, prima tu.”

“No, davvero insisto.”

“Ed io ti sto dicendo che non è un problema.”

“Insomma, non voglio essere maleducato.”

“Macché, prima i più anziani, giusto?”

“Veramente non era 'prime le donne e i bambini'?...aspetta...mi hai dato del vecchio?”

Ci fissammo di nuovo, stavolta però con ostilità.

Poiché sapevo che nessuno dei due avrebbe continuato la conversazione arrivati a questo punto, decisi di prendere in mano la situazione, comportandomi, per una volta, da bravo maestro maturo e saggio.

“Ascolta, Dante, mi...mi disp...mi pento per averti preso in giro. So che lo faccio sempre, ma so anche di aver esagerato. Quindi...insomma...ecco...scusami.” Ok, lo ammetto, forse avevo detto “scusami” un po' troppo piano, ma cosa ci potevo fare? Non era da me scusarmi per aver urtato la sensibilità di qualcuno!

Infatti, come avevo predetto, Dante indietreggiò, spaventato. “Chi sei tu e cosa ne hai fatto del MIO Virgilio?!” esclamò.

Stavo per ribattere seccamente, quando mi accorsi di un particolare. “Ehi, aspetta un secondo. Mi hai chiamato 'Virgilio'!!!” Stavolta fui io ad esclamare.

Se possibile, il suo viso si imporporò ancora di più. “No! Hai capito male!”

Lentamente, un sorriso si fece strada sul mio volto. “Invece penso proprio di aver capito bene.”

Dante boccheggiò, cercando un modo per trarsi d'impaccio. Alla fine, a corto di soluzioni, riprese a camminare verso il sentiero in salita che avremmo dovuto percorrere.

“Dante?! Aspettami! Sono io la guida!” Lo rincorsi, facendo attenzione a non cadere, essendo il sentiero particolarmente impervio e a zig-zag. Lo afferrai per il braccio e lo feci fermare. “Sul serio, fammi stare davanti, questo sentiero è pericoloso e non vorrei che ti facessi male.”

Per tutta risposta, Dante mi osservò, come se la risposta a tutte le sue domande si fossero trovate sul mio viso:“Maestro, oggi sei stranamente gentile.” disse solo.

Sbuffai. “Diciamo che al momento non sono in vena di discussioni e...prima dicevo sul serio. Mi dispiace...A proposito, cosa volermi dirmi?”

Il fiorentino distolse lo sguardo. “Ecco, stavo per dirti che mi dispiaceva per essermi offeso a quel modo. Ma visto che ti sei scusato suppongo che non sia più necessario.” disse, con le labbra che gli tremavano. Stava trattenendo una risata...maledetto. Mi aveva giocato proprio per bene.

Sarà stata l'irritazione oppure il fatto che per una volta non sapevo proprio come controbattere. Insomma, l'insieme di questi fattori mi spinse a baciarlo velocemente e, subito dopo, a stringergli forte il naso.

“Ahia! Ma che fai?!?! Cosa ti ha fatto il mio povero nasino?!?!?” si lamentò.

Bene, avevo finalmente ripreso il controllo. “Muoviamoci.” dissi solo, ignorando le sue proteste.

Fu così che riprendemmo il cammino. La camminata fu lenta e tortuosa, così tanto che quando arrivammo a destinazione, erano già le dieci del mattino. Giunti in un luogo aperto, sostammo in una pianura deserta. Ci guardammo intorno, incerti su come proseguire. Lo sguardo del mio protetto vagò lungo la prima Cornice del Purgatorio, deserta e larga circa tre volte un corpo umano. A un certo punto vidi Dante posare lo sguardo sulla parete del monte, sulla parte più bassa e più inclinata. Essa aveva bassorilievi di marmo bianco, intagliato con grande maestria. Uno di essi rappresentava l'arcangelo Gabriele che va sulla Terra a portare l'annunciazione della nascita di Gesù. La scultura era tanto realistica da sembrare fare ciao con la manina. Di fianco a lui era rappresentata anche Maria, sottomessa al volere divino. Ma questa non era l'unica scena raffigurata e volevo che il mio protetto godesse appieno della bellezza qui riunita.

“Non fissarti solo su quest'immagine, Dante.”

Subito seguì il mio consiglio e si avvicinò alla scena che gli avevo indicato: un carro stava portando l'Arca Sacra a Gerusalemme, preceduto dagli ebrei, disposti in sette schiere e, ancora, le immagini erano talmente realistiche che potevamo quasi vedere le ruote del carro muoversi, sentivamo nelle nostre orecchie il canto che le figure scolpite dovevano intonare, nelle nostre narici l'odore dell'incenso. Davanti all'arca stava re David, che danzava con la veste alzata. Per chiunque lo guardasse, sembrava tutto meno che un re, conciato in quel modo, invece, agli occhi di Dio, egli era più di un re, poiché danzava in suo onore. Il Boss sapeva sempre mettere alla prova chi riteneva degno. A osservare la scena con uno sguardo crucciato, dalla finestra di un palazzo, c'era la moglie di David, Micol. Chissà a cosa stava pensando quella megera...

Ancora, ci spostammo per osservare un'altra storia incisa nel marmo. Stavolta a essere raffigurato era l'imperatore Traiano, a cavallo, mentre una vedova gli si avvicinava in lacrime. Lo spazio attorno a lui era gremito di cavalieri che alzavamo le insegne imperiali a forma di aquile d'oro, che sembravano muoversi al vento. Tra la vedova e Traiano era in corso un dialogo. Le immagini trasferivano nell'osservatore il dolore della madre accorata, che chiedeva giustizia per il figlio ucciso all'imperatore in partenza per la guerra.

Il Boss si era davvero dato da fare con queste sculture, che parevano parlare nonostante fossero immobili.

Magari ho sbagliato tutto e la vedova stava chiedendo all'imperatore se voleva una sveltina prima di andare in guerra...

Virgilio! E pensare che stavolta hai fatto tutto da solo! Sono scandalizzato dalla tua perversione!

Ehi, ma sei proprio tu a parlare!?

Shh, non voglio avere a che fare con una persona così perversa.

Ma che...!

Addio.

...Questa è una ripicca per tutte le volte che ti ho zittita, vero?

...sì...

D'ora in poi ti chiamerò vocina permalosa.

Ricordati che sono te stesso.

...accidenti.

Decisi che eravamo rimasti sin troppo a lungo a fissare la roccia, perciò presi Dante per il braccio e lo trascinai via dalle sculture che stava osservando imbambolato.

“Aspetta! Non ho ancora finito!” protestò.

“Non abbiamo tempo!” Ci fermammo e mi avvicinai. “Si stanno avvicinando a noi delle anime a cui dovremo chiedere indicazioni per arrivare alla Cornice successiva.” gli sussurrai.

“Anime!?” esclamò e subito gli tappai la bocca con una mano.

“Shhh!”

“Perchè stiamo sussurrando?” mi chiese quando lo liberai.

Già, perchè stiamo sussurrando?

“Eh...beh, per non distrarre le anime, ovviamente. Devono scontare una pena molto dura, quindi è meglio non fare troppo rumore. Ah, guarda, sono laggiù.”

Dante volse lo sguardo dove gli avevo indicato. “Ma...sei sicuro che siano quelle? Non mi sembrano umane.”

“Non ti sembrano umane perchè sono tutte curvate verso il basso, anche io prima ho avuto difficoltà a intravederli, però se strizzi un po' di più gli occhi dovresti riuscire a scorgerli, sotto i massi che trasportano sulla schiena.

Entrambi rivolgemmo nuovamente lo sguardo verso quelle anime. Passarono alcuni secondi ma Dante non si muoveva. Gli gettai un'occhiata preoccupata ma il fiorentino era perso nel suo mondo. Chissà a cosa stava pensando. Probabilmente una qualche invettiva contro i cristiani superbi o qualcosa del genere. Conoscevo fin troppo bene il mio aquilotto.

Fu allora che le anime cominciarono a cantare.

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Capitolo 45
*** Purgatorio, Canto XI ***


Eeeeed eccoci tornate con un nuovo canto! Finalmente l'esame è finito per tutte e possiamo tornare a dedicarci alla nostra storia preferita! :D L'attesa tra un capitolo e l'altro dovrebbe di nuovo ridursi a una/due settimane (se non compaiono improvvisi impegni).
Buona lettura!


Canto XI

Dante

 

...Oh, cristiani superbi, non vi accorgete che noi siamo bruchi nati per formare una farfalla angelica, libera di volare verso la giustizia di Dio?

Cavolo, Dante, quest'ultima metafora era proprio d'effetto. Dovresti scriverla! Si complimentò la mia vocina.

Modestamente, sono solo un umile poeta dotato di grande inventiva, immenso ingegno, infinita memoria e...

Attento, Dante, o potresti dover soggiornare qui quando morirai...

Che?! Adesso è un crimine riconoscere i propri meriti?!

Su, Dante, calmati! Se aggrotti ancora un po' la fronte le P sembreranno di nuovo un bouquet!

Ehi!

Ma proprio mentre il nostro battibecco stava per degenerare, un canto risuonò nell'aria. Mi sembrava familiare e allo stesso tempo sconosciuto.

“...O Padre nostro, che sei nei cieli, non limitato da essi, ma per l'amore più grande che...”

“Ma questa è la parafrasi del Padre Nostro!” esclamai sorpreso.

Alla mia esclamazione, alcune anime smisero di cantare e si girarono a guardarmi.

“Ehm...scusat...” Ma non riuscii a concludere le mie scuse perché Virgilio mi tappò la bocca repentinamente. “Shh! Non interromperli!” mi intimò sottovoce, per annuire verso di loro con un cenno del capo.

Le anime ripresero a cantare come se nulla fosse accaduto.

“...che tu hai verso le prime cose create, sia lodato il tuo nome e la tua potenza da ogni creatura...”

Nel frattempo la mia guida mi liberò e mi prese il viso tra le mani.

O Signore! Cosa vuole fare davanti a tutta questa gente?!?!?!?!

“...come è giusto rendere grazie alla tua dolce sapienza. Venga a noi la pace del tuo regno, perché non possiamo ottenerla con le sole nostre forze, se non ci viene data, anche se ci impegniamo in ogni modo. Come i tuoi angeli sacrificano a te...”

Il viso di Virgilio si stava avvicinando pericolosamente al mio. Quali erano le sue intenzioni?

“...la loro volontà, cantando osanna, così facciano gli uomini della loro. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, senza il quale, per questo desolato deserto indietreggia di più colui che si affatica per avanzare. E come noi perdoniamo a ciascuno il male che abbiamo sofferto, anche tu perdonaci misericordioso, senza tener conto dei pochi meriti. Non mettere alla prova con i demoni la nostra virtù...”

“Dante.” sussurrò la mia guida.

“S-sì?” Nooooo! Che balbettio da ragazzina innamorata!

Il suo viso si avvicinò ancora di più.

Pensa ad altro, Dante. Pensa alla verruca che Brunetto ha sulla schiena! Mi suggerì la mia vocina.

Che schifo! Sono sicuro che Virgilio non abbia verruche sulla schiena. Scommetto che ha una schiena bella liscia e muscolosa e...cavolo.

“...che si abbatte facilmente, ma liberaci da lui che la stimola in tal modo. Quest'ultima preghiera, caro signore, non la eleviamo per noi, poiché non ne abbiamo più bisogno, ma per coloro che abbiamo lasciato tra i vivi.”

Fu allora che Virgilio mi morse il naso.

Credo che l'urlo che lanciai si udì fino in Paradiso. “Ma che fai!?!?! Il mio povero nasino! Te l'ho detto mille volte che è delicato! Sei il peggior fid...compagno di viaggio che si possa avere!” Fortunatamente riuscii a correggermi in tempo prima di compromettere la nostra relazione. Dopo essermi ripreso dallo sfogo, mi accorsi che le anime avevano smesso di cantare e che Virgilio mi stava guardando con aria soddisfatta.

“Tu...” mormorai con astio.

La mia guida alzò le mani in segno di resa, ma il suo sorrisetto rimaneva. “Volevo solo farti uno scherzo! Non pensavo che avresti urlato come ragazzina.”

“Come prego?” chiesi. La mia espressione dovette essere particolarmente convincente perché Virgilio si zittì di colpo.

Gli diedi le spalle ed osservai le anime che ora procedevano in silenzio, sotto il peso di grossi macigni per purgarsi dai mali del mondo.

Se queste anime sono sempre pronte a pregare per i vivi, allora anche i vivi dovrebbero fare lo stesso per aiutarli a purificarsi e a salire in Paradiso più velocemente. Riflettei.

Virgilio mi fece sobbalzare, posandomi una mano sulla spalla. Odiavo quando mi guardava con quei suoi occhi azzurro cielo, così limpidi e sinceri, capaci di far battere il mio cuore all'impazzata, perché quando accadeva non riuscivo a non perdonarlo.

“Possiate liberarvi al più presto dei vostri peccati per salire in Paradiso.” augurò tanto per cambiare alle anime. “Potreste mostrarci la via per la scala che ci porterà alla prossima Cornice? Sapete, il mio amico è una vera e propria polenta a salire, ma non solo per pigrizia, è anche a causa del peso del nas…del corpo che si porta dietro.”

Ora lo picchio...

Una voce in mezzo alla fola ci rispose. “Whoooo che figo, un vivente! Non ne vedo uno da quando…beh, da quando ero ancora vivo. Accidenti a questo masso che non mi fa alzare la testa! Seguiteci lungo la parete del monte e troverete il passaggio che cercate. Va beh dai, vi faccio strada! Sei italiano? Anch’io, sai, e nacqui da un nobile toscano: Guglielmo Aldobrandesco, non so se lo conoscete di nome. A causa dell'antica nobiltà della mia casata e delle nobili imprese cavalleresche dei miei avi, divenni tanto arrogante da disprezzare ogni uomo e questa divenne poi la causa della mia morte, come i senesi e gli abitanti di Campagnatico ben sanno. Io sono Omberto e la superbia ha danneggiato sia me che tutta la mia famiglia e qui in Purgatorio dovrò scontare la mia giusta pena per quanto tempo piacerà a Dio, dato che non lo feci in vita.”

Per ascoltare meglio l'anima mi chinai di fianco a lei ma, così facendo, un'altra, contorcendosi sotto il peso del macigno, mi vide in volto e mi riconobbe, chiamandomi, tenendo a fatica gli occhi verso di me, che procedevo con loro tutto chino. Quando mi guardò fui come illuminato e a mia volta lo riconobbi.

“Oh! Ma tu sei Oderisi da Gubbio, il famoso miniatore!”

“Ah, no! Quella è storia passata, fratello. Ora le mie miniature sono diventate fuori moda. Dovresti vedere quelle di Franco Bolognese. Ti dirò, in vita non avrei mai riconosciuto le sue abilità superiori alle mie, ma qui si sconta la pena della superbia, dopotutto. La gloria che l'uomo può ottenere con le proprie capacità è veramente effimera ed è destinata a durare poco se non è seguita da un'età di decadenza. Pensa a Cimabue, per esempio: credeva di essere superiore a ogni pittore ed ora è Giotto ad avere il primato e ad oscurare la sua fama. Allo stesso modo Guido Guinizzelli è stato superato da Guido Cavalcanti nella poesia e forse è già nato chi li supererà entrambi.” A questo punto si interruppe per farmi l'occhiolino ed io gli sorrisi di rimando, lieto che riconoscesse le mie abilità. “Sai, la gloria terrena alla fin fine è soltanto un alito di vento che ora soffia ora da una parte e ora da un'altra e cambia nome perché cambia direzione. Credi di avere una fama maggiore se muori da vecchio, invece di essere morto da bambino, prima che siano trascorsi mille anni? È un tempo brevissimo rispetto all'eternità, più breve di un batter di ciglia rispetto al movimento del Cielo delle Stelle Fisse! Un tempo, in Toscana, il nome di questo qua che mi sta davanti era famoso ed ora a malapena se ne bisbiglia a Siena. Per trovare una similitudine d'effetto, direi che la fama degli uomini è come il colore verde dell'erba, che va e viene ed è cancellato dallo stesso sole che l'ha fatta nascere dalla terra.”

“Hai assolutamente ragione, caro amico. Le tue parole mi hanno infuso umiltà e hanno abbassato la mia grande superbia. Ma quello di cui parlavi poco fa chi è?”

“Visto? Nemmeno tu lo riconosci! È Provenzano Salvani ed ebbe la presunzione di poter avere tutta Siena in sui potere. Da quando è morto si trova qui, scontando la nostra stessa pena.”

Lo guardai confuso. “Ma scusa, se chi si pente in punto di morte deve attendere nell'Antipurgatorio tanto tempo quanto visse, a meno che qualcuno preghi per lui, come mai Provenzano si trova già qui?”

“Vedi, quando era al massimo della sua gloria e potenza, abbandonò ogni vergogna e andò a elemosinare in piazza del Campo a Siena, umiliandosi di fronte ai suoi cittadini, per riscattare un suo amico, prigioniero di Carlo I d'Angiò. Su quest'argomento non dirò altro. Ti sembrerò poco chiaro, ma presto il comportamento dei tuoi concittadini ti farà comprendere l'umiliazione che provò Provenzano. Fu questo gesto che gli permise di non soggiornare nell'antipurgatorio.”

Detto questo, Oderisi chinò la testa sotto il peso che portava e non aggiunse altro.


 

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Capitolo 46
*** Purgatorio, Canto XII ***


Come promesso, stavolta non ci abbiamo messo un mese ad aggiornare! :D
Buona lettura a tutti!


Canto XII

Dante


 

Dopo il silenzio di Oderisi, continuai a passeggiare con lui, chinato nella stessa posizione, sperando, invano, di indurlo a parlarmi ancora. Ma ben presto mi accorsi che il mio era un inutile supplizio e quando Virgilio mi chiamò, dicendomi che era ora di andare, lo seguii ben volentieri. Salutai i penitenti e mi raddrizzai. Nel farlo, però, la mia schiena mi ricordò gentilmente che ormai avevo i miei trentacinque anni suonati. Perciò non fui sorpreso quando sentii scricchiolare tutte le trentatré vertebre della mia colonna. Uno dei miei gridolini virili fece subito comprendere a Virgilio che qualcosa non andava.

“Dante ma hai schiacciato una bottiglia?”

“Era la mia schiena...” risposi, un po' scocciato. Non mi sembrava il momento di scherzare.

Virgilio mi guardò con fare dubbioso. “Ti fa così male? Non pensavo che avessi l'atleticità di una vecchietta artritica!”

“Maestro, per favore, non riesco a raddrizzarmi del tutto!” piagnucolai disperato.

Virgilio mi squadrò, valutando la situazione. Alla fine parve giungere a una decisione. “Dante, so cosa fare. Ti farò un massaggio!”

Fu il mio turno di squadrarlo. Di tutte le idee che potevano venirgli in mente QUESTA era la soluzione più efficacie per lui?! “Sei sicuro di sapere quello che stai facendo?” gli domandai intimorito. Non volevo ritrovarmi con la schiena più a pezzi di così.

“Ma sì! Cosa vuoi che sia? Vedrai che ti rimetterò in sesto come nuovo! Adesso siediti e lascia fare tutto a me. Così, senza sforzarti troppo.”

Mi spinse a sedermi in basso, con la schiena quasi completamente eretta, e si posizionò dietro di me. Lentamente cominciò a premere i pollici in movimenti circolari, cercando di sciogliere un nodo alla volta. Partì dalle spalle e scese, in maniera tanto delicata da stupirmi. Più mi massaggiava e più la tensione nella mia schiena si allentava, inducendomi in uno stato di torpore. La delicatezza delle sue dita che scorrevano sul collo, tra le scapole, sui fianchi, mi producevano una serie di piccoli brividi lungo tutta la schiena. Mi accorsi che i suoi massaggi stavano provocando uno spiacevole/piacevole effetto collaterale.

No no no no no no no no. Non posso eccitarmi per un semplice massaggio!!!!!

Dante, sei proprio un pervertito.

Senti chi parla!

Ehi! Non sono io quello che si sta eccitando per dei massaggi alla schiena!

Non sono i massaggi a eccitarmi! È il fatto che sia Virgilio a farmeli! Ti prego, aiutami! Che vergogna…Non voglio che si ripeta un'altra scena come quella della 'daga'...

Ok, lascia fare me! Pensa a qualcosa di schifoso.

Qualcosa di schifoso? Per esempio?

Beh, non lo so. Per esempio non ti farebbe schifo se Virgilio non si cambiasse le mutande per una settimana?

Virgilio è troppo perfetto per essere puzzolente! Scommetto che le sue mutande profumano di viole e fiorellini di campo…

Ok, ok. Cambiamo strategia. Pensa a QUELLA COSA che hai sotto l’infula…

ODDIO NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!

Missione compiuta.

Ora non riesco a togliermi l'immagine dalla testa!!

Per fortuna ci pensò Virgilio a riportarmi alla realtà e a distogliermi dai brutti pensieri. “Dante, rilassati! Sei più teso di una corda di violino!” E accentuò la pressione delle dita sulle spalle.

“Scusa.”

Il mio maestro lavorò in silenzio per un tempo indefinito, mentre cercava di farmi rilassare. Concluso il massaggio, mi aiutò ad alzarmi e dichiarò il suo lavoro un successo, assestandomi una forte pacca sul sedere.

“Maestro!!!!!” Protestai, rosso come un pomodorino secco piccante. Fu allora che mi accorsi di sentirmi mille volte più leggero. Provai a saltare una, due, tre volte e i risultati furono sorprendenti. “Wow! Il tuo massaggio ha funzionato, maestro!”

La mia guida girò la testa dall'altra parte, offesa. “Tsé, uomo di poca fede. Bel ringraziamento dopo tutto il lavoro che ho fat...!” Lo interruppi con un bacio profondo e riconoscente.

“E' abbastanza come ringraziamento?” gli chiesi, malizioso.

“Mmm, non ho sentito molto bene, forse potresti continuare a ringraziarmi più tardi in privato...Ora però muoviti. Abbiamo un viaggio da continuare!” disse, proseguendo per la sua strada.

Ma che...? Sta male? Non era per niente da lui ignorare un invito del genere! Il Virgilio che conoscevo se ne sarebbe approfittato sul momento e tanti saluti!

Forse è solo stanco. In effetti non ha nemmeno brontolato più di tanto quando mi sono fermato a parlare con le anime di questa cornice. Ma sì, sarà quello!

Mi affrettai a seguirlo per accostarmi a lui. “Ti consiglio di guardare a terra, Dante.” mi disse quando lo raggiunsi.

Invece che fare domande come mio solito, mi limitai ad obbedirgli e a guardare in basso e rimasi sorpreso. Il pavimento della strada che stavamo percorrendo era ricoperto interamente da sculture, simili a quelle presenti sui coperchi di certe tombe poste nei pavimenti delle chiese, istoriate con immagini del defunto, scene di vita, episodi mitici. Queste che io vedevo, però, era di gran lunga più belle, probabilmente perché erano opera del Signore.

Da un lato era rappresentata la caduta di Lucifero dal cielo; dall'altra il gigante Briareo giaceva a terra, trafitto dal dardo di Giove. Vedevo Apollo, Minerva e Marte, ancora armati dopo la sconfitta dei giganti, attorno al padre Giove. C'era poi il gigante Nembront ai piedi della sua opera, la torre di Babele, che osservava i popoli di Sennaàr. E Niobe, in mezzo ai cadaveri dei suoi quattordici figli; Saul, nell’atto di suicidarsi con la sua spada a Gilboa.; Aracne mezza trasformata in ragno, sulla tela tessuta da lei. E poi ancora Roboamo, Erifile, ed Almeone, il re assiro Sennacherib ucciso dai figli nel tempio, la regina Tamiri che immerge la testa del re persiano Ciro in un otre di sangue, gli Assiri mentre fuggono dagli Ebrei, Troia in fiamme. La raffinatezza del lavoro eseguito sulla pietra, perfetto in tutte le sue sfumature, dava vita ai protagonisti dei bassorilievi nel loro gesto, eterno come il loro creatore. Era come guardare quegli episodi dal vivo.

Solo chi è veramente umile ottiene il privilegio di poter osservare queste sculture. Ma, ahimè, tutti gli uomini sono superbi e, non vedendo il cammino malvagio che percorrono, finiscono per non vedere le meraviglie donateci da Dio.

Senza che me ne accorgessi, passò più tempo del previsto mentre aggiravamo la montagna e fu solo quando Virgilio mi parlò di nuovo che me ne resi conto: “Ora alza la testa, Dante. Laggiù c'è un angelo che sta venendo verso di noi. Cerca di tirare fuori la tua faccia più ossequiosa, così non dobbiamo pagare il ticket per passare alla cornice successiva. E cerca di farlo bene, non avremo un'altra occasione! Vedrai che ti sarà utile in futuro…”

Abituato al suo modo di fare, non mi sentii troppo preso dal panico ai suoi avvertimenti. E poi ero sicuro che non bisognasse pagare niente per salire alla cornice superiore. Insomma, eravamo nell'aldilà, non al mercato!

L'angelo si avvicinò, vestito di bianco e il volto splendente di luce. Ma subito notai che non era il suo volto a splendere, bensì una collana d'oro massiccio da pappone di dimensioni smisurate che gli pendeva dal collo e che stava riflettendo i raggi del sole.

Ok, forse gli angeli sono un po' venali, dopotutto. O magari a questo in particolare piacciono gli oggetti sbrilluccicanti.

Colto dal dubbio, mi sforzai di mostrare l'espressione più deferente possibile. L'angelo dovette essere soddisfatto perché subito allargò braccia e ali, come per darci il benvenuto e sorrise mostrando un lucidissimo dente d’oro.

“Prego, da questa parte. Occhio ai gradini, mi raccomando! Siete fortunati, sapete? Di solito non faccio passare nessuno gratuitamente, soprattutto se si tratta di esseri umani. Ma voi mi sembrate simpatici! In fondo, c'è sempre una prima volta per tutto, no?”

Proseguimmo a denti stretti, cercando di non rispondere alle sue provocazioni. Ci condusse ai gradini e qui mi sbatté un'ala in faccia, riempiendomi la bocca di penne. “Ehi!” protestai.

“Oops.” disse solo, con un sorrisetto soddisfatto. Poi ci diede delle istruzioni. “Non preoccupatevi per la salita, non dovreste avere problemi.”

Così proseguimmo il nostro viaggio. Mentre ci avvicinammo verso la scala, udimmo delle voci cantare “Beati pauperes spiritu!” così soavemente che nessuna lingua umana potrebbe descrivere. Questi passaggi erano veramente diversi da quelli infernali! Mentre qui eravamo accolti da soavi canti, all'Inferno ci attendevano solo le grida dei peccatori. Durante la salita mi parve di essere ancora più leggero di prima e avevo la sensazione che questa volta non avesse a che fare con il massaggio di Virgilio.

“Maestro?”

“Dimmi.”

“Come mai mi sento così leggero? E non dire che sono stati i tuoi massaggi!”

La mia guida ridacchiò. “D'accordo, niente scherzi.”

Vedendo che non aggiungeva altro lo esortai a continuare. “Quindi?”

“Sai quando prima l'angelo ti ha dato un'alata in faccia?”

“Sì?”

“In realtà non l'ha fatto solo per prendersi gioco di te, ma anche per toglierti una delle P che hai in fronte. Quando tutte le P saranno cancellate allora sarai più leggero di una piuma, letteralmente!”

Sorpreso di non essermene accorto prima, mi toccai la fronte, percorrendo il contorno di ciascuna P e mi accorsi che Virgilio aveva ragione: ne mancava una! Entusiasta come un bambino, sorrisi radioso al mio maestro e, per una volta, lui ricambiò in silenzio, sorridendomi di rimando con affetto.

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Capitolo 47
*** Purgatorio, Canto XIII ***


Salve a tutti! Vi annuncio che finalmente D. è tornata a correggere i canti! :D Abbiamo pensato di festeggiare la cosa con un bel POV di Virgilio...in realtà non è vero, avevo programmato di mettere il POV di Virgilio in questo canto taaaaanto tempo fa, ma fa nulla. Fingiamo che sia per festeggiare il ritorno di D. xD
Buona lettura a tutti!


Canto XIII

Virgilio


 

Questo maledetto fiorentino mi farà morire per la seconda volta un giorno o l'altro. Pensai, sull'orlo della disperazione. Vi starete chiedendo perché fossi così disperato. Ebbene, il comportamento di Dante mi stava uccidendo, metaforicamente parlando, ovviamente. Mescolava momenti di flirt spudorato ad attimi di estrema dolcezza, quasi diabetica, sfoderando un sorriso così dolce che non mi era possibile non rispondergli a mia volta. Non ero mai stato un grande Casanova, e l’inferno non è propriamente un luogo di incontri amorosi; l’amore e la tenerezza che Dante suscitava in me erano una sensazione nuova e strana, e tutto ciò mi faceva sentire un perfetto idiota con un sorriso da babbeo stampato sulla faccia.

Insomma, strano a dirsi, ma stavolta ero stato io a soccombere al fascino di Dante quando, di solito, la specialità del sottoscritto era proprio metterlo in imbarazzo. Ecco perché l’audace “ringraziamento” del fiorentino mi aveva colto un poco di sorpresa e sul momento non ero riuscito a pensare ad una risposta adeguata …e invece quanto avrei voluto farmi “ringraziare” a dovere! Avvertii un leggero rimestio nel sotto-tunica.

Ma la prossima volta non sarà così! Nossignore! Non sia mai che Virgilio, il grande poeta, rimanga senza parole! Mi ripromisi.

Staremo a vedere...

Taci.

Mentre ero perso nelle mie considerazioni, avevamo raggiunto la sommità della scala e la seconda cornice. Ci eravamo fermati nella speranza di poter chiedere indicazioni, ma in giro non c'era un'anima, in tutti i sensi. Alla fine, resomi conto che non sarebbe arrivato nessuno, sospirai.

“Se stiamo qua ancora un po' ad aspettare che arrivi qualcuno temo che si farà notte.” borbottai tra me e me.

Sconsolato, alzai lo sguardo alla mia destra, verso il sole. “Almeno tu potresti darci una mano! Non dovresti essere la guida dell'uomo?” Nessuna risposta ovviamente. E il sole, imperterrito, continuava a battere impietoso sulle nostre teste, quasi a prendersi gioco di noi.

Ero scoraggiato e grondavo sudore. Con qualcuno dovevo pur prendermela!

Nessuna risposta ovviamente. Mi voltai verso Dante e gli feci cenno di rimetterci in marcia. “Andiamo. A questo punto ci conviene avanzare finché possiamo.”

Il fiorentino annuì senza proferir parola. Evidentemente cominciava ad avvertire la stanchezza che la purificazione aveva, per il momento, dissipato. Sotto la lunga tunica, l’infula e la pellegrina, doveva patire il caldo ben più di me.

Percorremmo ancora un miglio prima di cominciare a sentire delle voci.

Non hanno vino.” ripetevano in latino. “Non hanno vinooooo…Vinoooooh!” Tutto ciò era abbastanza inquietante. Come se non bastasse, Dante mi si era improvvisamente attaccato al braccio e non c'era verso di scollarmelo di dosso.

“Dante! Fa caldo!”

“Ma io ho paura! Sento le voci! Non è normale sentire voci, maestro!”

Esasperato, mi battei il palmo in fronte e sospirai. Poi gli presi la testa con entrambe le mani e gliela alzai. “Guarda in alto, stupido.”

Fu allora che il fiorentino si accorse di non essere ammattito e che le voci che udiva provenivano da spiriti volanti. Questi spiriti volavano sopra di noi e pronunciavano sempre frasi sull'amore. In quel momento ne passò un altro, che diceva: “Io sono Oreste.” per poi allontanarsi.

“Oh! Ecco da dove venivano! Ma allora che cosa dicono queste 'voci', maestro?” domandò il mio protetto.

Mentre stavo per rispondergli, ecco che un altro spirito passò. “Amate chi vi ha fatto del male.”

Aspettai che passasse per riavere la piena attenzione del fiorentino. “Vedi, questa è la cornice che punisce gli invidiosi, perciò quelli che abbiamo udito erano inviti ad amare il prossimo. Quando usciremo dalla cornice sentiremo esempi opposti, quindi di invidia punita. Ora abbassa di nuovo lo sguardo e guarda davanti a te. Se strizzi un po' gli occhi riuscirai a scorgere delle anime sedute.”

Allora Dante strizzò gli occhi e le vide, mimetizzate con la pietra. Il fiorentino parve rallegrarsi e, senza pensare, mi prese per mano e mi trascinò là davanti a loro. Eravamo abbastanza vicini da poter ascoltare le loro voci che invocavano Gesù, la Madonna e tutti i santi in colonna. Era uno spettacolo abbastanza pietoso, tanto che fui quasi sul punto di commuovermi. Ma, ancora una volta, il mio compagno di viaggio mi precedette: si lasciò trasportare dalle emozioni e scoppiò a piangere.

“Dante?! Cos'hai?” domandai allarmato.

“Scusa, maestro. È che...sembra doloroso.” disse. Subito dopo tirò su col naso piuttosto rumorosamente.

E, beh, come dargli torto? I penitenti erano ricoperti da un panno ruvido e pungente e ognuno sorreggeva l'altro con la spalla, mentre tutti si appoggiavano alla parete e un fil di ferro teneva cuciti i loro occhi.

Dante taceva, ma io sapevo cosa passava per quella testolina (che poi tanto “ina” non era). Gli pizzicai un fianco e per ripicca lui mi schiaffeggiò via la mano. “Maestro! Ma ti sembra il caso?!”

Senza scompormi lo guardai con espressione seria e gli dissi. “Smettila di stare qui ad indugiare come una donnicciola e parla con loro.”

Il viso di Dante si illuminò e fece per allontanarsi, ma lo fermai prima che potesse avvicinarsi troppo.

“E sii conciso. Non abbiamo tutto il giorno.”

“Va bene! Va bene! Dai, lasciami andare!” mi implorò, tentando nel frattempo di liberarsi.

“Un attimo solo ancora.” sussurrai. Dante dovette notare il cambio del mio timbro di voce perché d'un tratto smise di divincolarsi.

“Maestro...qualunque cosa tu stia per fare sono sicuro che possiamo posticiparla a quando non saremo circondati di anime.” La sua espressione era talmente preoccupata e imbarazzata che mi veniva da ridere. Chissà cosa pensava che volessi fargli!

Beh, penso che dovremmo dargli un motivo per essere preoccupato. Tu cosa dici, vocina?

Direi che per una volta sono pienamente d'accordo con te, Virgilio.

Lo tirai rapidamente a me con forza.

La schiena di Dante era ora appoggiata al mio petto. Con molta delicatezza feci scorrere la mia mano sul suo collo e da lì cominciai una lenta discesa verso il basso scendendo con le dita lungo il suo addome. Quando arrivai in prossimità dell’ “area 51”, il respiro del fiorentino era completamente fuori controllo.

E' l'ora della vendetta!

“Sai che ti dico, Dante? Hai ragione! Possiamo benissimo rimandare a più tardi.” Spalancai le braccia e lo lasciai andare di botto; per poco non perse l'equilibrio, ma per fortuna riuscì a ritrovarlo in tempo e si raddrizzò, rigido. Quando si girò a guardarmi temetti per la mia vita.

“Dopo faremo i conti.” mi disse. E se non fosse stato per il suo viso arrossato e il fiato corto, di certo sarei andato a nascondermi nel buco più profondo dell’Inferno. Nonostante tutto, deglutii pesantemente dalla paura.

Ok, forse non dovevo farlo arrabbiare a quel modo. Ma in fondo ne era valsa la pena, giusto? Notai il leggero rialzamento della sua veste in “quel” punto. Sì, ne è proprio valsa la pena.

Avendo deciso che per il momento non avremmo discusso della mia condotta, ci avvicinammo entrambi alle anime che, per fortuna, non avevano potuto vedere niente del nostro breve scambio di effusioni.

Dante tossicchiò per ridarsi un contegno. “Oh spiriti invidiosi, vi auguro di lavare presto ogni macchia della vostra coscienza! Ditemi, fra voi c'è per caso qualche anima italiana? Sono sicuro che le piacerebbe parlare con un suo compatriota.”

“Per la cronaca, noi siamo tutti cittadini della città di Dio.” specificò una delle anime.

“Sì, ehm, io intendevo dire...”

A quel punto, in qualità di fidanzato, mi sentii in obbligo di intervenire. Nessuno poteva maltrattare Dante in mia presenza! (eccetto me, ovviamente).

“Insomma, sapete benissimo cosa voleva dire. C'è o non c'è qua un'anima che in vita ha vissuto in Italia?”

Per tutta risposta, le anime si zittirono. Dante mi guardò, accusandomi con lo sguardo di averli offesi. Tuttavia, tra esse, una donna alzò il mento e capii che quella era l'anima che cercavamo. La indicai al fiorentino e il suo viso si illuminò di nuovo.

“A-ha! Hai risposto alla mia chiamata, brava! Hai vinto un’esclusiva intervista con me! puoi dirmi il tuo luogo di nascita o il tuo nome se non ti dispiace?”

“Io sono di origine senese e sebbene mi chiamassi Sapia, non lo fui affatto. Sono sempre stata invidiosa degli altri e mi compiacevo delle disgrazie altrui. Fui talmente folle e masochista da desiderare la sconfitta dei miei concittadini nella battaglia presso il Colle di Val d'Elsa, che poi avvenne. Fu allora che, dopo aver festeggiato con un bicchierino di troppo, urlai a Dio che non lo temevo più. Ma sul finire della mia vita me ne pentii e se non fosse per Pier Pettinaio, che si ricordò di me nelle sue preghiere, probabilmente sarei ancora nell'Antipurgatorio. Ma tu chi sei?” domandò, allungando una mano per tastare la faccia di Dante. Perché ti importa della nostra condizione e…respiri? E...tu… hai gli occhi liberi? È possibile?”

Dante sospirò sconsolato. “Di sicuro anche a me saranno cuciti gli occhi qui, però per poco tempo. Ciò di cui ho veramente paura è la punizione riservata ai superbi.”

“Quindi tu non sei ancora morto. E dimmi, chi ti ha condotto quassù, visto che hai in mente di tornare sulla Terra?”

Il fiorentino si girò a guardarmi, ancora imbronciato. “Quel maleducato che prima ha risposto male alle altre anime qui presenti.” Feci per protestare, indignato, ma lui non me ne diede occasione. “E sì, hai ragione, sono ancora vivo. Perciò se vuoi che ti saluti amici e pareti dimmi pure!”

“Oh, che cosa insolita: un vivente nel regno dei morti! Dio deve amarti veramente molto. Perciò che ne dici di aiutarmi tu con le preghiere, qualche volta? L'unico favore che ti chiedo, se mai passerai per la Toscana, è quello di recarti dai miei concittadini per restaurare la mia fama. Te lo chiedo in nome di ciò che tu più desideri.”

Sarà stata un'allucinazione o forse il caldo, ma, per un brevissimo istante, mi parve che Dante avesse spostato gli occhi su di me. Quando però lo guardai per ricambiare la sua occhiata, lo sguardo dello fiorentino era di nuovo fisso su Sapia. Ciò di cui fui invece assolutamente certo fu lo strano calore che si diffuse nella mia anima...

...eeehm

Sì, vocina, hai capito insomma, a livello del petto.

Ah...l'amore.

Non osai contraddirla.

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Capitolo 48
*** Purgatorio, Canto XIV ***


Buona lettura a tutti! (Scusate ma non sapevo cos'altro scrivere) xD


Canto XIV

Dante


 

Signore, fa' che Virgilio non si sia accorto della mia occhiata! Pregai fra me e me. Si può morire di imbarazzo? Perché nel caso credo di star per fare quella fine.

Suvvia, Dante, non c'è alcun bisogno di disperarsi! L'amore è una bella cosa! Tentò di rassicurarmi la mia vocina.

Se prima non ero rosso, adesso lo ero di sicuro. A-a-a-a-a-a-a-amore?!?!

Ehm...sì? Non era abbastanza ovvio?

Ma che?!?! No che non lo era! Nessuno di noi due ha mai detto all'altro...quelle due parole.

Era possibile sentire la propria vocina pervertita sbuffare? Dante...sei uno dei più grandi poeti del tuo tempo, se non il più grande; hai scritto un'infinità di poesie d'amore e non riesci nemmeno a dire...no, scusa, nemmeno a PENSARE quelle due semplici parole?!?!?! Avanti…non fare il ragazzino alla sua prima cotta!

Non aveva tutti i torti. Ma come poter pensare a due parole così belle per un amore destinato a fine certa e di sicuro non lieta? E il fatidico momento era sempre più vicino. In certi istanti avrei voluto smettere di salire. Pensavo che sarebbe stato bello fermarsi lì per sempre con Virgilio e abbandonare anzitempo la vita terrena per rimanere con lui. Ma in fondo sapevo che non era quello il mio destino.

Era meglio lasciar perdere per il momento e per fortuna ebbi altro tempo per pensarci, perché una voce mi riscosse.

“Ehi, toc-toc, c'è ancora qualcuno lì?” domandò una delle anime, stavolta un uomo. Dovevo essere rimasto in silenzio per parecchio tempo se anche le anime si erano preoccupate per me. Ma perché Virgilio non mi aveva riscosso dai miei pensieri?

Mi voltai a guardarlo e la visione che mi si presentò mi lasciò esterrefatto. Virgilio era...era...arrossito! Oh no! Allora mi ha visto!

E mi sarei disperato ancora a lungo se l'uomo che aveva parlato non avesse di nuovo aperto bocca.

“Ehi, Rinieri, ma chi è questo ciarlatano? Non solo ci importuna facendo domande a destra e a manca, ma ora non si degna nemmeno di ascoltarci! Tra l'altro è un vivente. Un vivente! Cos'è, è venuto a deriderci perché lui può vedere e noi no?”

“Non saprei, caro Guido. Sono i giovani, lo sai. Devono sempre dimostrarsi migliori di chi li ha preceduti. Ma sai, non credo che sia venuto fin qui solo per importunarci, credo che la faccenda sia abbastanza seria. Insomma, ha persino una guida scelta apposta dal Signore. Vorrà pur dire qualcosa! Perché non gli domandi tu chi sia e che cosa vuole, visto che sei più vicino? Mi raccomando, sii gentile, altrimenti non avremo mai le nostre risposte.”

“Sì, sì, non serve che tu me lo dica. Non sono così scorbutico come credi!”

Così le due anime stavano sparlando di me, eh...Mi avvicinai e quasi saltai in braccio a Virgilio per lo spavento: i due uomini, sentendomi avvicinare, avevano sollevato le teste di scatto per parlarmi.

“Finalmente ci degni della tua presenza! Era ora! Cos'è, ti interessano solo le storie di Sapia?” sbottò quello che doveva essere Guido.

“Guido...”

“Va bene, ho capito.” Tossicchiò per ridarsi un contegno e parlò nuovamente, stavolta con voce più delicata. “Dicci, o vivente, in nome dell'amore, chi sei e da dove vieni! La tua visita ci ha destato meraviglia in corpo perché raramente questa Grazia è stata concessa ad altri da Dio!...Allora? Sono stato abbastanza lecchino? Avanti, ragazzo! Sputa il rospo!”

“Ok, ho capito!” sbottai. “Dunque, hai presente quel fiume che scorre in mezzo alla Toscana e che nasce dal monte Falterona? Quello più lungo di cento miglia? Ecco, io vengo da un luogo posto nelle vicinanze di questo fiume. Per quanto riguarda la mia identità...sarebbe inutile parlarvene perché non sono ancora famoso.”

“Se ho capito bene con tutti i tuoi giri di parole, stai parlando dell'Arno, giusto?” domandò Guido, confuso.

“Perché non ha detto subito il nome, allora?” borbottò Rinieri.

“Bah, questi intellettualoidi... Scommetto da come parla che è un poeta. Loro si divertono a confonderti le idee. Ma, d'altronde, non posso certo biasimarlo. L'Arno, dopotutto, scorre in brutti posti. Lì tutti evitano la virtù come la peste e invece che umani sembrano bestie, a causa di tutto il male a cui sono abituati. L'Arno scorre prima tra sudici porci, detti anche casentinesi, per intenderci, gente più degna di ghiande che di cibo umano. Poi, andando in giù, incontra i cani, gli aretini, che non sanno altro che ringhiare. Il fiume prosegue verso il mare e la valle, piena di mali e qui i cani si trasformano in lupi, i fiorentini. In seguito discende e incontra quelle volpi dei pisani. Ah, ma di certo non smetterò di parlare solo perché qualcuno mi sta ascoltando qui! No no. Se sei furbo, vivente, ascolterai attentamente la mia profezia. E ascolta anche tu, Rinieri, perché questo riguarda tuo nipote.”

“O Dio, cosa ha fatto adesso Fulcieri? Non ho visto nulla di nuovo ultimamente.” disse Rinieri. Aveva un'aria preoccupata.

“Ho visto che diventerà un cacciatore di lupi fiorentini e che li riempirà di terrore sulle rive dell'Arno. Ne venderà la carne quando saranno ancora vivi, per poi ucciderli come una belva, senza né onore né pietà. Uscirà Firenze tutto sporco di sangue e la lascerà in un tale stato che ci vorranno mille anni perché si ripopoli.”

Trovai tutto questo leggermente trash e trrrrruce.

Notai che mentre Guido descriveva la sua profezia, il viso di Rinieri non faceva altro che rabbuiarsi.

Il loro comportamento mi rese curioso di conoscere anche i loro cognomi, così, con tatto, domandai cortesemente che si presentassero. Pensavo che il mio tono dimesso sarebbe stato sufficiente a rabbonire Guido, invece l'anima andò su tutte le furie. “Ma senti che ipocrita! Prima tu rifiuti di presentarti e ora vuoi che lo facciamo noi? Ma va' al diavolo!”

Ci sono già stato, caro il mio Guido…

“Guido...” cercò di rabbonirlo Rinieri, dopo essersi ripreso.

“Ma l'hai sentito?!”

“Sì e se vuoi il mio parere mi è sembrato che ce lo stesse chiedendo con gentilezza. Quindi tu dovresti rispondere nello stesso modo.”

Guido parve rifletterci su. “D'accordo, allora mi rifiuto cortesemente di adempiere alla tua gentilissima richiesta. E ora smamma, sciò.”

“Ma...!” provai a protestare.

“No.”

“Almeno lasciami par...!”

“Nada.”

“Ehi!”

“Bambini!” esclamò a quel punto Virgilio, che fino a quel momento era rimasto a osservare il nostro battibecco con espressione divertita. Mi sentii rassicurato dalla sua presenza e, a quanto pare, anche Guido si era finalmente calmato.

“Scusatelo, aveva bisogno di sfogarsi.” ci spiegò Rinieri.

“Nah, non preoccuparti. Anche io ho spesso a che fare con un bambino e so come ci si sente.” lo tranquillizzò Virgilio. Feci per annuire quando mi resi conto che stava parlando di me.

“Ehi!” obiettai risentito.

“Visto?”

“Ehm, veramente non posso...” rispose imbarazzato Rinieri.

Il mio maestro chiuse gli occhi e si portò la mano al viso, rendendosi conto di aver fatto una vera e propria figuraccia. “Oh...già.”

Calò un silenzio imbarazzante sul nostro gruppetto che, inaspettatamente, venne rotto da Guido.

“Oh, al diavolo! Ho capito, mi presenterò e sarà meglio che voi tutti mi stiate ad ascoltare.” Sentendo che nessuno lo interrompeva, continuò. “Io sono Guido del Duca. Ero talmente invidioso che mi bastava vedere qualcuno più felice di me per diventare livido. Ed ora eccomi qui.” Sospirò, preso da un improvviso sconforto. “Chissà quale piacere trovano gli uomini nei beni materiali…nel cercare con foga la felicità in ciò che è solo un’immagine fuggevole, nell’inseguire i piaceri di un minuto senza vedere ciò che veramente conta… Ma ora non ha più importanza chiederselo.” Tacque per un istante, poi, come se si fosse ricordato all'improvviso di avere un pubblico per il suo monologo, riprese. “Questo di fianco a me è Rinieri, gloria e vanto della casata da Calboli della Romagna, di cui nessuno dopo di lui purtroppo ha ereditato i pregi. Ormai la Romagna è nido di serpi velenose, radicate ormai da troppo tempo per essere debellate. Ah, che spreco! Dove sono finti uomini valorosi come Lizio e Arrigo Minardi, Piero dei Traversari o Guido di Carpegna? Bah! I romagnoli sono diventati dei degenerati. A Bologna non esiste più un Fabbro dei Lambertazzi, né un Bernardino di Fosco a Faenza. Che c'è?! Tacete? Guardate che sono un uomo sensibile io, è normale che pianga per uomini come Guido da Prata, Ugolino di Azzo, Federico dei Tignosi e le casate dei Traversari e degli Anastagi! Se solo Bertinoro potesse sparire dalla faccia della terra! Ora che non ci sono più cavalieri, anche quella città è diventata malvagia. E potrei tediarvi ancora a lungo con i nomi della gente malvagia che ora abita la Romagna ma ormai mi è passata la voglia di parlare. Vattene, toscano. Lasciami a piangere, non ho più la forza di parlare. Questa conversazione mi ha angosciato.” Detto questo tacque e pianse, in silenzio. Rinieri ci fece cenno col capo ad andare e poi posò la testa sulla spalla del compagno, per rassicurarlo.

Colpito da quella dimostrazione di affetto tanto pura, rimasi imbambolato. Allora Virgilio, accortosi del mio stato, mi prese delicatamente la mano e mi portò via.

Ormai eravamo soli da un po' e nessuno aveva ancora aperto bocca. La cosa non mi dispiaceva, sinceramente. Era bello poter camminare mano nella mano, da soli, godendo della reciproca compagnia.

Ma ovviamente niente andava mai come previsto.

Chiunque mi troverà mi uccideràààà.”

Se Virgilio non mi avesse tenuto per mano credo che mi sarei alzato da terra di tre metri. Ovviamente la mia guida si mise a ridere senza ritegno. “Avresti dovuto vedere la tua faccia quando lo spirito è passato sopra di noi!” disse fra una risata e l'altra.

“Non mi sembra carino ridere di...” Ma ecco che un altro spirito passò sopra le nostre teste, se possibile, ancora più rumoroso del precedente. “Io sono Aglauro che fu tramutata in pietraaaaa.”

Con un balzo mi attaccai al collo di Virgilio, terrorizzato. “Maestrooooo! Ho paura!”

La mia guida parve divertita dal mio comportamento infantile. Cominciò ad accarezzarmi la schiena, cercando di tranquillizzarmi. “Su, su, ora è passato.” Ma a nulla valsero i suoi sforzi. Non volevo allontanarmi ancora ed essere colto di sorpresa da quelle voci.

Accorgendosi che stava ottenendo ben pochi risultati, Virgilio decise di ricorrere alla tattica più efficacie: mi spiegò la natura degli spiriti di cui avevo paura. “Sai, queste voci che sentiamo sono i richiami che dovrebbero frenare l'uomo. Invece l'uomo si lascia tentare dal demonio e questi freni diventano inutili. Il cielo ruota intorno a voi viventi e voi, invece che essere attratti dai beni che vi offre, vi ostinate a guardare in terra, alla ricerca dei beni materiali, per questo poi Dio vi punisce.”

Mentre il mio maestro spiegava, sentivo la tensione retrocedere. Ma ancora non avevo voglia di separarmi da lui, perciò finsi di continuare ad ascoltare e chiusi gli occhi, godendomi questo intimo abbraccio.

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Capitolo 49
*** Purgatorio, Canto XV ***


Scusate l'enorme ritardo ma questo mese sono stato moooolto impegnata e lo sarò fino all'8 settembre. Spero che il canto vi piaccia e che il POV di Virgilio vi regali un sorriso dopo tutta questa attesa.
Buona lettura!


Canto XV

Virgilio


 

Erano all'incirca le sei del pomeriggio e Dante ed io ci stavamo godendo una piacevole passeggiata, mano nella mano. Ora che finalmente eravamo da soli e senza montagne da scalare o voci che ci perseguitavano, si era stabilita tra noi una sorta di tregua silenziosa: non ci saremmo stuzzicati a vicenda e avremmo solo pensato a godere l’uno della vicinanza dell’altro per quel poco tempo che ci era concesso di trascorrere insieme in intimità. Diciamo, però, che questo patto non mi vietava di portare le cose a un livello più...alto. Come potevo non approfittare di questa perfetta occasione per fare qualcosa di più? Nella mia testa avevo già formulato un piano eccezionale: alla luce del tramonto avrei baciato passionalmente Dante fino a fargli perdere tutto il fiato che aveva in corpo e poi...

Pervertito.

Senti chi parla!

Beh, io sono te, quindi a regola...

D'accordo, ho già capito che questa sarà una battaglia persa. E poi che male c'è nel volere di più?

Ammettilo, è da quando hai capito di essere molto importante per lui che muori dalla voglia di saltargli addosso.

...Non posso negarlo.

Ma sai, forse dovresti lasciare al nostro Dante del tempo per metabolizzare il tutto…

Un momento, da quando è il “nostro Dante”? E perché oggi non ti limiti a fare commenti pervertiti?

Pfttt. Ma per favore! Io sono te e tu sei me, è ovvio che anche io tenga a Dante. E poi...io e la vocina pervertita del fiorentino abbiamo stipulato un'alleanza mentre voi eravate troppo impegnati a fare gli stupidi per accorgervene.

Ma com'è possibile?!?! Tu sei dentro la mia testa e la vocina di Dante è dentro la sua! Aspetta... anche lui ha una vocina...! Ma quindi...oh santo cielo.

Nulla è impossibile grazie alla forza della pervers...ehm, volevo dire dell'amore!

Incredulo, scossi la testa e tornai in me. Stavo lasciando un po' troppo spazio alla voce nella mia testa... Diedi una leggere stretta alla mano callosa di Dante, i segni della sua passione per la poesia in rilievo sul palmo, identici ai miei. Era incredibile come quella pelle dura non mi desse alcun fastidio. Piuttosto ne ero orgoglioso perché sapevo quanto quest'uomo fosse talentuoso e provavo piacere nel condividere con lui questo mio amore per la parola scritta.

Al mio gesto improvviso, Dante si voltò a guardarmi, aspettando che aprissi bocca. quando non lo feci, si limitò a sorridermi e a ricambiare la stretta. Il silenzio che era calato fra di noi era molto lontano dall'essere imbarazzante. Piuttosto, percepivo l'aria pregna del nostro affetto. Ognuno di noi era perso nei propri pensieri, ma andava bene così. A noi bastava solo la reciproca compagnia per essere soddisfatti.

Ma sì, in fondo che male c'è nel godersi una semplice passeggiata, mano nella mano, con la persona che ami?

Ah-ah! Quindi lo ammetti!

Sì, sì, lo ammetto. Hai vinto. Soddisfatta?

Ci puoi giurare.

Purtroppo però, nulla dura mai per sempre. All'improvviso, l'intensità dei raggi luminosi aumentò a dismisura e arrivò quasi ad accecarci. Per pararci gli occhi ci lasciammo le mani, a malincuore.

“Maestro! Cos'è questa luce accecante?!” esclamò sorpreso Dante.

“E' un angelo. È normale che tu sia ancora abbagliato dalla loro luce perché il rituale di purificazione non è ancora completo, ma vedrai che presto potrai guardarli dritti negli occhi.” gli spiegai per calmarlo. “Ora avviciniamoci.”

Lo trascinai per un braccio al cospetto di niente popò di meno che l'angelo della misericordia. Giunti al suo cospetto, l'uccellaccio malefico non aveva pensato di diminuire i raggi e quindi ci ritrovammo ben presto accecati.

“Spegniti!” quasi lo implorai. “Non si vede niente!”

“Va bene, va bene, non c'è bisogno di essere tanto ostili.” L'angelo schioccò le dita e...si spense. Quanto meno questo messaggero divino non sembrava superbo o in vena di scherzi come gli altri. “Prego, da questa parte.” disse, indicandoci una via, in salita come tutte quelle che già avevamo percorso, ma di certo molto più lieve.

“Oh, no! Ancora scalate!” sentii Dante lamentarsi.

Non riuscii a trattenere un sorriso. “Non ti abbattere, questa strada che stiamo per percorrere, al confronto di quelle che abbiamo attraversato fino ad ora, è una pianura.”

“Bene, allora io vi lascio.” ci salutò l'angelo, per poi volare via. Praticamente lo avevano mandato per far vedere che nel Purgatorio anche le insegne luminose hanno stile.

Cominciammo la salita e dietro di noi sentimmo intonare “Beati misericordes!” e “Godi tu che vinci!”

Mentre camminavamo, Dante cominciò il suo gioco preferito, quello delle “20 domande”, che di solito, per lui, erano almeno una cinquantina.

“Maestro?”

“Sì?”

“Ti ricordi Guido del Duca? L'anima che abbiamo incontrato poco fa?”

“Mmh mmh.”

“Cosa intendeva dire con la sua predica sui beni materiali, la cui possessione esclude la condivisione?”

“Vedi, Dante, Guido conosce fin troppo bene le conseguenze del suo peccato, l'invidia. Perciò non ti meravigliare se cerca di avvertirci affinché non commettiamo gli stessi errori. L'invidia spinge gli uomini a desiderare i beni degli altri, ma più sono a possederli e meno se ne gode. Invece, voi viventi rivolgeste lo sguardo al cielo, verso i beni spirituali, varrebbe il contrario. Perché, nell'Empireo, più sono i possessori di un bene, tanto maggiore ne è il godimento.”

Lo vidi riflettere profondamente su quanto avevo detto e pensai che la discussione sarebbe finita lì, invece Dante era già pronto con un'altra domanda. “Ora sono ancora più confuso, maestro. Com'è possibile che un bene, posseduto da più persone, renda queste più ricche che se fosse posseduto da pochi?”

Sospirando, mi apprestai a spiegare con parole più semplici quanto stavo per dire. A volte era proprio duro a capire il mio fiorentino. “Tu stai pensando a beni terreni e non a beni spirituali. Vedi, più il Boss trova carità in un'anima e più concede se stesso. Quindi, se ci sono moooooolte anime nell'Empireo, lui spargerà molto più amore. Ci siamo? E di conseguenza le anime riflettono questo amore e tutti sono più felici e contenti. Comunque, capirai tutto una volta che vedrai Beatrice.

Sono sicuro che sarà ben contenta di appagare questo… e ogni tuo altro desiderio” aggiunsi con una punta di stizza. “...Ora preoccupati solo che gli angeli ti cancellino le altre 5 P o sarai ridicolo quando la incontrerai.” Perfetto. Ancora una volta il mio lato geloso si era fatto vedere e tutto per colpa di quella baga...brava donna di Beatrice. Che razza di guida ero se non potevo nemmeno controllare i miei sentimenti? Eppure l’idea di lasciare il mio Dante nelle grinfie laccate di quella tronfiolona mi faceva venire l’orticaria.

Feci per proseguire, ma Dante mi fermò per un braccio.

“Maestro, aspetta! A me non serve Beatrice, tu mi appag...” Si fermò. Mi voltai, confuso e preoccupato. Notai che il suo sguardo vagava nel vuoto, come colto da una visione. Aspettai qualche secondo. Cominciai a temere che fosse veramente successo qualcosa di grave, quando cominciò a risvegliarsi. Lo scossi. “Dante? Dante! Sei sveglio? Ma che ti è preso?”

Finalmente il fiorentino parve essere tornato in sé. “Maestro! Se sapessi cosa ho appena visto! Ho visto Gesù, Pisistrato e Santo Stefano e...!”

“E Dio, la Madonna e tutti gli angeli in colonna…ma che stai dicendo?”

“Ma no, maestro, li ho visti davvero! Sono lì e…e…sono…”

“Calmati! Ora capisco. Queste visioni che hai avuto erano esempi di mansuetudine che dovrebbero distoglierti dall'ira. Ora muoviti, però. Con tutto il tempo che sei rimasto lì a fissare l'aria come una baccalà non abbiamo fatto altro che perdere tempo.” lo esortai. Cercai di sembrare convincente, nonostante dieci minuti in più che passavamo assieme fossero per me tutto ma non tempo perso.

Dante mi osservò, confuso dai miei modi bruschi. “Maestro...sei arrabbiato?”

Non gli risposi. Per un attimo, passata la preoccupazione per il suo stato catatonico, avevo sperato che avrebbe concluso la frase che aveva cominciato prima di cadere vittima delle visioni. Sapevo di non potergliene fare una colpa, ma non potevo fare a meno di provare un po' di delusione.

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Capitolo 50
*** Purgatorio, Canto XVI ***


Buona lettura! (scusate la brevità ma devo scappare!)


Canto XVI

Dante

Avrei potuto descrivere il paesaggio che mi circondava con parole poetiche, similitudini e metafore, paragonando il buio che mi attorniava a quello infernale o a quello di una notte senza luna, continuando poi con una descrizione del velo che ci avvolgeva. Ma in verità, nel fumo fluttuante attorno a noi di poetico non c’era proprio nulla: paragonabile alla peggior giornata di nebbia della Pianura Padana. Ero inciampato almeno tre volte e per poco non ero precipitato addosso alla mia guida. Al che, Virgilio aveva perso la pazienza, mi aveva preso la mano e aveva ringhiato: “Fai attenzione e non separarti da me per nessun motivo.”

E così stavamo camminando da quelle che sembravano ore, in completo silenzio, tenendoci per mano ma allo stesso tempo ignorandoci. Virgilio, cupo, silenzioso, rimuginava fissando il terreno, alzando di tanto in tanto lo sguardo come per cercare la strada in quel mare di nebbia.

Non capisco perché debba essere sempre così scorbutico! Non l'ho fatto a posta a cadergli addosso!...Forse però dovrei chiedergli scusa per avergli pestato il piede...

O, FORSE, non è arrabbiato per quello ma per un altro motivo. Aggiunse la mia vocina.

E quale potrebbe essere? Non mi sembra di aver fatto qualcosa di male! Protestai.

Spesso capita di ferire le persone senza nemmeno accorgersene… Ripensa bene agli ultimi avvenimenti, Dante.

Lo feci, ma davvero non riuscivo a capire a cosa si riferisse la mia vocina.

Pensa a cosa gli stavi dicendo prima che le visioni cominciassero.

Dunque, se non sbaglio stavamo parlando di...Beatrice! Ma certo! Lo stavo rassicurando sul fatto che io ho bisogno solo di lui e...

E non hai finito perché ti sei emozionato a causa delle visioni.

...Beh, ma, andiamo! Virgilio dovrebbe sapere che a me, ormai, importa più di lui che di Beatrice!

Ne sei veramente così sicuro? Gliel'hai mai detto esplicitamente?

...No...pensavo che non ce ne fosse alcun bisogno...Oh, NO! Vocinacosafaccioadesso?!?!?! Cosa faccio se ora lui pensa che in realtà a me non importa nulla di lui? E se decide di lasciar perdere tutto?!

Dante, calmati! Ricorda: tu sei un intellettuale! E gli intellettuali cosa non fanno?

Non fanno sesso?

No… anche. Poi?


Non perdono la calma?

Esattamente. Non perdono la calma ma pensano a una soluzione. Ora, come possiamo risolvere questa situazione?

Parlando?

Bravo, Dante! Ti meriti un biscottino!

Sì!!!!...Ehi! Non sono un cane!

Oops...

Grazie vocina! Questa volta sei stata di grande aiuto!

Come sarebbe a dire “questa volta”?!

Presi un respiro profondo. “Maestro?”

Fui ignorato.

Va bene, allora passerò alle maniere forti.

Vai, Dante! Io faccio il tifo per te!!

Altro respiro profondo. “V...Vi...Virgilio?”

La mia guida si fermò sul posto all'istante. Pareva essersi tramutato in pietra da quanto si era irrigidito.

“Virgilio.” ripetei, stavolta con più forza. “Mi dispiace che siamo stati interrotti, prima.”

Le mie scuse sembrarono non sortire alcun effetto.“Perché? Cosa mi avresti detto se non fossimo stati interrotti?” domandò con voce neutra.

Grazie per rendermi sempre tutto più difficile...

“Ecco...ti avrei detto che non ho alcun bisogno di Beatrice perché tu...” Ah, ora ho capito il suo piano!

“Perché io?” domandò, sempre dandomi la schiena, ma potevo sentire il sorriso nella sua voce.

Oh, al diavolo! “Perché tu mi appaghi più di quanto Beatrice potrà mai fare, va bene!?”

Prima che Virgilio potesse girarsi per aggiungere qualcosa di ancora più imbarazzante, udimmo delle voci spettrali tra la nebbia ed io sobbalzai in modo molto poco signorile. Quando cominciai a distinguere le parole capii che queste voci stavano intonando l'“Agnus Dei”.

“Oh, erano di nuovo spiriti...” commentai con voce ancora tremante per lo spavento.

Virgilio scoppiò a ridere. “Hai ragione, di nuovo spiriti, ma stavolta espiano il peccato dell'ira.”

“E tu chi sei?!” esclamò una voce sconosciuta. Ci guardammo intorno ma non vedemmo nessuno.

“Ce l'ha con te o con me?” chiesi sussurrando.

“Sto parlando con te, te che puzzi di vivo. Voglio sapere chi sei!” disse di nuovo la voce.

Guardai Virgilio, non sapendo come comportarmi.

“Rispondigli e chiedigli se stiamo andando nella direzione giusta per salire.”

Annuii e puntai lo sguardo nel punto in cui credevo che si trovasse l'anima che stava parlando con me. “Oh, anima che ti purifichi, seguimi e udirai cose straordinarie! Venghino signori, venghino!” cominciai, sperando di non irritarlo. L'esperienza con Guido e Rinieri mi era bastata, grazie tante.

“Ti seguirò fin quando mi sarà consentito e anche se non mi vedi a causa della nebbia tu continua a parlare, riuscirò a sentirti in ogni caso.”

Incoraggiato dalle sue maniere cortesi, cominciai a raccontare. “Vedi, in realtà io vivo per davvero e sono giunto qui attraverso un lungo viaggio infernale...in tutti i sensi. E visto che Dio mi ha concesso un pass esclusivo per il giro turistico guidato “all inclusive” dell'Aldilà, mi faresti il favore di rivelarmi il tuo nome e dirmi se sono sulla strada giusta per il passaggio alla quarta cornice?”

L'anima rispose immediatamente, senza esitazione. “Mi chiamo Marco Lombardo e in vita fui un uomo di mondo e di virtù” un giorno avrei smesso di chiedermi se tra le anime dell’aldilà fosse cosa normale farti tutto l’albero genealogico quando chiedi loro che ore sono “queste ultime oggi dimenticate. Per salire il monte sei già sulla buona strada, tra poco dovresti raggiungere la scala che ti porterà alla cornice successiva.”

Feci per ringraziarlo, ma il penitente non aveva ancora finito. “Avrei una richiesta.”

“Ma certo, qualunque cosa.” risposi, impedendo a Virgilio di fermarmi. Il mio maestro mi guardò con rimprovero. Potevo quasi sentire i suoi pensieri. “Ecco, ora chissà quanto ci vorrà prima di scollarci di dosso questo tipo! Dovevamo rimetterci in marcia almeno quattro minuti e trentacinque secondi fa!”

“...e quindi se tu potessi pregare per me quando arriverai in Paradiso mi faresti un grandissimo favore.”

Oh, no! Ero così intento a fare il verso a Virgilio che ho solo ascoltato la parte finale del discorso!

Presto, Dante, distrailo con una delle tue mille domande! Mi esortò la mia vocina.

Ottima idea!

“Giuro che farò quanto mi chiedi, tuttavia vorrei che prima tu mi risolvessi questo dubbio enorme. Ecco, siete sempre tutti a parlare dei bei vecchi tempi, della decadenza delle virtù, della corruzione dei costumi…ma non capisco se la colpa è del cielo o degli uomini: chi sia il vero responsabile della caduta dell’uomo?”

Per tutta risposta, l'anima sospirò con disappunto. Forse la mia domanda lo turbava?

“Fratello, il mondo è cieco e tu non sei da meno. Voi viventi siete tutti uguali! Attribuite la colpa di tutto al cielo, come se ogni microscopico avvenimento terrestre fosse colpa delle stelle. 'Mia moglie mi cornifica. È tutta colpa del cielo!', 'Non riesco più a trovare la vestaglia da notte che mia madre aveva cucito appositamente per me. È sicuramente colpa degli astri, sono stati loro a nasconderla!', 'Le api stanno scomparendo! Perché il cielo ha voluto tutto ciò?!'...Forse l'ultima potrebbe avere a che fare con la volontà divina...ma ora non ha importanza, non stiamo parlando di quello! Il punto è che per ogni piccola sventura, voi viventi date la colpa al cielo, ma se così fosse non ci sarebbe libero arbitrio e di conseguenza non sarebbe giusto avere la beatitudine per il bene compiuto o la dannazione per il male commesso. Il cielo dà inizio alle azioni umane, non tutte, ma anche se fosse, il Signore vi ha dato la facoltà di poter distinguere fra bene e male e il libero arbitrio che, alimentato con una buona dose di volontà, può vincere qualsiasi predisposizione del cielo. Perciò se gli uomini si allontanano dalla retta via, la colpa è solo della loro cattiva condotta. L'anima, una volta creata, è come un'ingenua fanciulla e, mossa dalla bontà di Dio, si indirizza verso ciò che le dà più piacere. Ma se l'anima non viene guidata adeguatamente, trova piacere in beni di poco conto. Per questo motivo esistono le leggi, ma chi dovrebbe applicarle è il primo a dare il cattivo esempio. E così il papa confonde il potere spirituale con quello terreno, e i fedeli, come tante pecore, gli danno retta. E cosa c’entrano le stelle in tutto ciò? I due grandi poteri ora si annullano a vicenda perché sia imperatore che papa pretendono di possedere entrambi e questa unione è decisamente negativa, poiché nessuno dei due teme l'altro. In Lombardia, una volta regnavano, un tempo, valore e cortesia, prima che Federico II fosse contrastato dalla Chiesa e dai Comuni. Solo tre uomini possono ancora essere considerati valorosi: Corrado da Palazzo, il valente Gherardo e Guido da Castello. Si può concludere che la Chiesa cade nel peccato, volendo ad ogni costo entrambi i poteri.”

E poi sono io quello loquace.

“Hai assolutamente ragione, Marco. Ora capisco perché i sacerdoti ebrei sono stati esclusi dall'ereditare qualsiasi bene temporale. Maaaaaa senti, già che ci siamo, chi è quel Gherardo di cui parlavi poco prima?” Ormai l'avevo lasciato parlare per un quarto d'ora buono, tanto valeva sfruttare al massimo il breve tempo a nostra disposizione. Dietro di me potevo percepire lo sbuffo emesso da Virgilio solleticarmi il collo.

“Ma sei serio? Con l’accento toscano che ti ritrovi devi essere sicuramente delle sue parti, non puoi non conoscerlo!”

“Ehi! Il mio accento non è così forte!”

“Home no, amiho mio. He tu lo vuoi l’ippocrasso* hon la hannuccia horta horta?”

“Smettila!” Stavo per tirarmi su le maniche per mostrargli la vera potenza di un poeta fiorentino, quando mi resi conto che non avevo la più pallida idea di dove si stesse nascondendo.

Avvertii una risata alla mia destra. All'inizio credetti che Virgilio si fosse spostato, invece proveniva dall'anima. “Perdonami, non volevo offenderti, è che mi sembra strano che tu non conosca Gherardo. Sai, sinceramente non saprei con altro nome indicarlo. Forse può aiutarti sapere che ha una figlia di nome Gaia. Ah, temo che il tempo a nostra disposizione sia giunto al termine. È stato rigenerante parlare con te, toscano.”

Stavo giusto per chiedere spiegazioni, ma ancora una volta l'anima mi precedette. “Vedi quella luce che filtra attraversa il fumo? Lì vicino c'è un angelo e ho bisogno di allontanarmi prima che gli compaia davanti, altrimenti sarò nei guai. Che Dio vi accompagni!”

I passi dell’anima che si allontanava risuonarono leggeri nella nebbia.

Deluso, sospirai drammaticamente. “Avrei voluto che restasse ancora un po'.” mugugnai.

Virgilio mi guardò con un'espressione sorpresa sul viso. “Oh? E come mai? Non mi sembrava che ti stesse così simpatico.”

“Sì, però non ho ancora scoperto chi sia questo Gherardo!” sbottai, imbronciandomi.

Virgilio mi osservò ancora per qualche secondo e alla fine scoppiò a ridere.


 


 


 

*Ippocrasso: vino medievale.

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Capitolo 51
*** Purgatorio, Canto XVII ***


Ricordate quando ho detto "Ora che ho finito la maturità avrò più tempo per scrivere!" Ahahahahahahahahaha. Che ingenua che sono stata! Ahahahahaha. Ehm...comunque, il fatto è che sono in università fuori sede e nel mio appartamento non c'è ancora internet, perciò potrò inviare i canti a I. e a D. solo quando torno a casa e poi credo che lascerò a loro due il compito di postarlo. Il tutto potrebbe richiedere dalle due settimane o a un mese. Perciò abbiate pazienza fino a quando non avrò di nuovo internet (Non chiedetemi di fare tutto col cellulare perchè non sono capace e il mio cellulare si blocca sempre e potrei avere un esaurimento nervoso e...ok, basta). Ok, questo è tutto. Scusate per la supercazzola e buona lettura! :D


Canto XVII

Dante
 

Nonostante la nostra visuale fosse estremamente ridotta, riuscivamo a intravedere gli ultimi raggi rossi del tramonto, e il sole morente ci fece da guida attraverso la spessa cortina fumosa.

Appena usciti dalla nebbia grigiastra, il mondo intorno a me cominciò a ondulareeeeeeeeee.

Che sta succedendo?!

Dante, insomma! Ci eravamo ripromessi di non bere mai più dopo quella scommessa con Guido!

Shhhhhhhhhhhhh! Non nominare...LA SCOMMESSA! Sai bene che è causa di quella che sono costretto a portare l'infula ogni santo giorno!

E la colpa di chi è? Eh? Chi è che quella sera ci ha dato dentro con l'ippocrassol? Eh?

Scusa un momento ma tu SEI ME! Sei colpevole quanto lo sono io! Arghhhhh! Basta! Tra la mia testa che sta girando come una trottola e tu che continui a rompere non riesco veramente a...

Ma ecco che tutto era improvvisamente tornato come prima...eccetto per il fatto che davanti a me si trovava adesso Progne, la prinicpessa di Atene trasformata in usignolo dagli dei.

Ma che...? Sbattei gli occhi, ma la visione scomparve in un battito di ciglia. Mi voltai alla mia destra, aspettandomi di trovare il mio maestro, invece non c'era nessuno. Sbattei di nuovo le palpebre ed ecco che mi apparve la crocefissione di Aman, ministro del re persiano Assuero.

Cosa sta succedendo?

Altro battito. La visione era svanita come una bolla d'acqua.

Battito. Stavolta davanti a me si trovava Lavinia, figlia del re Latino, che piange la madre, impiccatasi perché credeva di dover dare la figlia in sposa a Enea.

Il mio cuore batteva forte, eccitato e confuso dal rapido susseguirsi di immagini di pena e sofferenza, di cui non capivo l’origine, né il significato.

D'un tratto una forte luce bianca mi accecò. Mi guardai freneticamente intorno, cercando di orientarmi, quand'ecco che una voce sconosciuta disse: “Attento al gradino!”

E fu così che mi ritrovai con il naso dolorante per l’epico volo di faccia…

E ti credo… saranno venti chili solo di naso…


Un giorno avrò la mia vendetta su di te, Vocina.

…e con il desiderio di conoscere chi avesse parlato per dirgliene quattro. (Insomma, se avverti qualcuno almeno fallo per tempo!).

Prima che potessi pronunciarmi in modo abbastanza colorito, la stessa luce mi abbagliò di nuovo, ancora più forte, ancora più bianca. Non capivo più nulla. Preso dall'ansia cominciai a dibattermi e a gridare: “Maestro! Maestro! Dove sei?”

Fu allora che mi accorsi di una mano che per tutto il tempo, senza che me ne rendessi conto, aveva stretto la mia.

“Finalmente, razza di imbecille! È da ore che ti chiamo e tu non fai altro che stare lì a fissare o il vuoto o la luce o a sfracellarti contro gradini! Il tuo naso è così pesante che non sono riuscito a reggerti. A proposito, come va? Il naso, intendo.”

“Ma maestro! Non è stata colpa mia! Stavo avendo delle visioni! E ora che mi ci fai pensare, male, malissimo! Il mio povero nasinoooooo!!!!!”

“ ‘Non è colpa mia, stavo avendo le visioni’ diciamoci la verità… stavi solo facendoti dei trip mentali allucinanti, vero Dante?”

Il nostro battibecco venne interrotto da un colpo di tosse.

E così in paradiso le luci tossiscono?

Mi resi conto subito dopo che si trattava delle meravigliose ali spiegate di un angelo luminoso come una stella. Di colpo la mia inquietudine sparì, lasciando il posto ad un senso di tranquillità e di pace-

Virgilio mi diede una gomitata per tenermi a bada e mi presentò al signor Pan-di-stelle: “Dante, questo che vedi...anzi, che non vedi, è l'angelo della pace. È da un po' che ci sta invitando a salire, ma tu eri in preda alle tue convulsioni mistiche e non te ne sei accorto! Comunque, ora ricomponiti e seguimi, prima che il sole scompaia del tutto.” concluse Virgilio con un'aria di mistero.

Gli lanciai un'occhiata confusa. “Perché prima che il sole scompaia del tutto?”

Virgilio si voltò velocemente verso di me e sollevò una parte della tonaca per coprirsi parte del viso. “Perché altrimenti...moriremo tutti! E nel mio caso, io morirò di nuovo!”

“Cosa?! Davvero?!?!?”

“Sì, saremo destinati a passare il resto dell'eternità con Lucifero!”

“No!”

“A guardare le foto della sua infanzia!”

“Noooooo!”

“E ad ascoltare le sue storie di quando era un giovane virgulto!”

“...maestro, ma sei serio?”

“No, ti stavo solo prendendo in giro. In realtà se non arriviamo in cima prima di sera, ci toccherà aspettare qua fino a domani mattina.” Detto questo mi guardò, ghignò, si girò, mi lanciò un'occhiata da sopra la spalla e cominciò a correre a perdifiato su per le scale.

“Per la barba di Aristotele! Ma ti pare il caso di fare certi scherzi?! Se ti prendo...!” gli urlai dietro mentre lo rincorrevo. La voce dell'angelo, tuttavia, mi raggiunse mentre diceva: “Beati i pacifici, che sono privi dell'ira malvagia!”

“Pacifici un corno! Se ti prendo, Virgilio, giuro che ti farò passare la voglia di prendermi in giro!”

“Mostra più rispetto verso i tuoi superiori, Dante!” mi urlò di rimando la mia guida.

Non riuscii a replicare poiché il fiatone mi mozzava il respiro. Questo viaggio si stava rivelando molto più efficace di qualsiasi dieta avessi mai fatto. Arrivai in cima alla scala e mi accasciai pesantemente addosso a Virgilio, probabilmente assiduo praticante di jogging per i sentieri del Limbo, che si era fermato ad aspettarmi. Non avevo più forza nelle gambe. Attesi di riprendere fiato e poi mi rivolsi al mio maestro. “Va bene...ah...per stavolta...hai...hai vinto tu. Ora puoi dirmi...quale peccato...si espia in questa cornice?”

Come da programma, Virgilio non perse tempo e cominciò la sua spiegazione. “Qui si espia l'accidia. Ora, vuoi la spiegazione lunga o ti basta questo?”

“Devi...anche...chiedermelo?” gli chiesi col fiatone, accompagnato da un sorriso.

In tutta risposta, lui sollevò le sopracciglia, per poi sospirare. “Tu sai bene che né il creatore, né alcuna creatura sono mai stati privi di amore. E sai anche che si divide in amore “naturale”, cioè istintivo, e amore “d'animo”, ovvero che coinvolge la volontà. Il primo non può mai sbagliare, ma l'altro sì e per tre modi: perché lo spinge ad odiare il prossimo, o perché si rivolge con troppa passione ai beni terreni, oppure perché al contrario li ricerca con poco interesse: quest'ultimo si riferisce all'accidia. Ora, finché il tipo di amore originato da libera scelta è rivolto verso Dio ed è moderato per quanto riguarda i beni terreni, esso non causa nessun piacere peccaminoso; tuttavia, quando tende al male, l'uomo opera contro Dio. Da qui puoi capire come in voi viventi, l'amore sia causa di ogni azione umana. Per farla breve...e non guardarmi così! Ho già perso fin troppo tempo! Dunque, per farla breve, i primi tre peccati, quindi, superbia, invidia e ira, si scontano nelle prime tre cornici del purgatorio che abbiamo già visitato, invece l'accidia nella quarta cornice, quella in cui ci troviamo adesso. Gli altri tre peccati nelle prossime tre cornici. Tutto chiaro? Bene, andiamo.” Tagliò corto.

“Ehi! Aspetta! E me la tagli così? Maestro!” provai a farlo continuare.

Virgilio allora si voltò verso di me e mi squadrò con sguardo serio. “Dante, ricordati che noi siamo in missione per conto di Dio!”

Lo guardai, non capendo.

La mia guida sospirò, sconfitta. “Oh, lascia perdere! Certe citazioni non puoi proprio capirle!”

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Capitolo 52
*** Purgatorio, Canto XVIII ***


HO DI NUOVO INTERNEEEEEEEET. E per festeggiare, ecco un bel canto nuovo solo per voi!
Buona lettura a tutti! :D


Canto XVIII

Dante


 

Virgilio aveva appena concluso la sua spiegazione sulla teoria dell'amore, ma il mio candido cuore di poeta era ancora assetato di sapere e conoscenza. Sarei stato capace di chiedere di più per una buona mezz’ora, tuttavia rimasi in silenzio, poiché temevo di infastidirlo con le numerose domande che mi assillavano. Il mio maestro, però, accorgendosi della mia insolita quiete, continuò ad osservarmi con sospetto a mano a mano che ci avvicinavamo alla meta e quando fu certo della ragione del mio silenzio, sospirò pesantemente.

“Forza, parla.” disse bruscamente.

Preso alla sprovvista, l'unico suono intellegibile che fui in grado di emettere fu un: “Uh?”

Il sopracciglio sinistro della mia guida si inarcò pericolosamente in alto. “Non muori dalla voglia di chiedermi altro?”

“Ma tu non volevi nemmeno continuare fino a un secondo fa!” protestai, mettendo su il broncio.

Il mantovano alzò le braccia in segno di resa. “D'accordo, hai ragione, prima ho voluto tagliare corto, ma non mi sembra un buon motivo per imbronciarsi! Non hai due anni!”

“Ehi! Facile dirlo quando sei nato nel 70 a.C. E smettila di aggiungere insulti ogni volta che provi a scusarti!”

“Non lo faccio apposta. Deve essere una dote naturale, un po' come il tuo naso.”

“O come la tua sensibilità.” aggiunsi sotto voce.

“Guarda che ti ho sentito.”

“Oh.”

Rimanemmo a fissarci per un tempo indeterminato. Notai che Virgilio stava cercando in tutti i modi di non ridere e così pure io mi ritrovai a dover trattenere il sorriso.

“Sai che stai per perdere questa battaglia, vero maestro?” lo provocai.

“Ah! Guarda che ho studiato anche lo stoicismo, perciò sarò fedele a quella filosofia e rimarrò stoicamente serio.”

“Maestro, questa era veramente pessima...”

“Taci! Come può un fiorentino del 1300 capire l'umorismo di un poeta nato nel I secolo avanti Cristo?!”

“No, no, sono sicuro che anche ai tuoi colleghi questa non sarebbe piaciuta per niente.” risposi. Virgilio mise su un broncio che nulla aveva da invidiare al mio di poco fa. E a quel punto, guardando la sua espressione corrucciata, non riuscii più a trattenere le risate. “Va bene, mi dichiaro sconfitto!” annunciai, prevenendo ogni forma di rivalsa da parte di Virgilio.

“Almeno lasciami la soddisfazione di sbatterti in faccia la tua sconfitta!” protestò, infatti.

Questo era uno dei pochi casi in cui mi sentivo il maturo fra i due. Anche con milleduecento anni di meno. Ma anche in quel caso, per me era piacevole scherzare in modo infantile con Virgilio. Era incredibile quanto stessi bene con lui, sia quando andavamo d'amore d'accordo, sia quando “litigavamo”. Ormai non riuscivo più ad immaginare la mia vita senza di lui, e questo mi terrorizzava.

Fortunatamente, prima che potessi prendere il largo in quel mare burrascoso di pensieri pericolosi, Virgilio parlò ed ebbe la mia completa attenzione. “Bene, per scusarmi a modo, ti permetterò di pormi POCHE domande sull'argomento di cui stavamo parlando...che era?”

Mi sbattei il palmo della mano sulla fronte. Tipico di Virgilio. “Lascia stare, maestro. Ho capito tutto ciò che mi hai detto sulle divisioni del Purgatorio, ora però vorrei approfondire il discorso sull'amore.”

Beh, perché non chiedere una dimostrazione pratica?

Ogni cosa a suo tempo, vocina.

“Ah, giusto! Ora ricordo! L'amore. Argomento molto complesso e che richiede la massima attenzione per essere compreso, quindi a me gli occhi, le orecchie e…nah, il naso te lo puoi tenere, troppo ingombrante. Dunque, come ben sai, l'animo umano nasce con una predisposizione ad amare e perciò si tende naturalmente verso ciò che gli piace. Questo amore può essere naturale o istintivo e perciò positivo; invece, a essere negativo, può essere l'oggetto verso cui si tende l'anima oppure il modo di attuare questo amore. Tutto chiaro?”

“Eeeeeeeehm. Ecco, chiarissimo come sempre, però un dubbio: se l'oggetto verso cui proviamo amore è qualcosa di esterno a noi, allora non è colpa dell'uomo se egli segue la strada giusta o sbagliata.”

Virgilio sospirò, ma non come al solito. Non sembrava arrabbiato con me perché ero duro di comprendonio. Parve avercela con se stesso per la sua incapacità di spiegarmi quello che voleva dire. Non era la prima volta che lo vedevo limitato da qualcosa, ma ora provavo una sorta di angoscia che non voleva saperne di lasciarmi in pace.

“Senti, Dante. Io posso spigarti solo quanto la ragione umana è in grado di comprendere. Per questioni oltre questo limite dovrai chiedere a Beatrice, che rappresenta la fede. Sappi solo che nonostante il tuo ragionamento paia giusto, in realtà è sbagliato, perché non hai considerato il libero arbitrio. È grazie ad esso che gli uomini sono in grado di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato e di compiere le loro scelte di conseguenza. Mettiamola così, la tua anima è naturalmente attratta verso i pasticcini, ma grazie al libero arbitrio non muori di colesterolo. Qualche altra domanda?” chiese infine, stravolto, come giunto a una terribile conclusione.

Mi imposi di non assillarlo più per un po'. Ancora dovevo capire che cosa l'aveva sconvolto a tal punto, ma non glielo avrei di certo chiesto adesso.

Alzai gli occhi al cielo, letteralmente: la luna offuscava con la sua luce ardente alcune stelle. Era mezzanotte passata e la stanchezza stava cominciando a farsi sentire. Ora che Virgilio aveva risposto alla maggior parte delle mie domande, mi sentivo appagato, come al termine di un buon pasto e, proprio allo stesso modo, stavo cominciando a sentire la stanchezza. Avrei potuto chiudere gli occhi e addormentarmi lì, seduta stante. Ma questa sonnolenza mi fu bruscamente tolta quando scorsi una schiera di anime correre verso di noi.

Strabuzzai gli occhi, pensando di aver visto male, invece avevo avuto ragione: in lontananza, una folla di accidiosi stava accorrendo nella nostra direzione. Scene che non si vedevano dalla morte di Mufasa. Non feci nemmeno a tempo a gridare “Aiuto!” che subito questi ci furono addosso. Due di loro, più avanti degli altri, gridavano: “Maria corse in fretta alla montagna; e Cesare, per soggiogare la città di Ilerda, attaccò dapprima Marsiglia, poi corse in Spagna. Come fosse antani.”

Eh?

“Presto, presto! Non dobbiamo perdere tempo per scarso amore! Dobbiamo fare in modo che Dio ci veda operare, così ci farà salire di grado! La volete o no la promozione?!”

In tutto questo caos, le anime continuavano ad addossarsi a noi, rendendoci impossibile respirare. Per fortuna, ancora una volta, Virgilio intervenne in mio soccorso. “Ehi, voi! Se avete così tanta voglia di lavorare, perché non ci indicate la strada più veloce per passare alla cornice successiva? Vi avverto, ho un vivente e non ho paura di usarlo!” Esclamò l'ultima frase mostrandomi alla folla come un'arma micidiale.

Dalla massa di anime salì un coro di “Ohhhhhh!”. E poi un'anima si levò fra le altre. “Seguiteci e vi mostreremo la via! Scusate ma dobbiamo tenerci in allenamento, quindi non possiamo mai fermarci. Se guardate in basso, noterete che non siamo fermi ma che in realtà stiamo correndo sul posto. Ah, scusate ancora! Sono un vero maleducato e non mi sono presentato!”

“Non ce n'è biso...” stava per dire Virgilio, osservando i miei occhi brillanti di contentezza con preoccupazione.

Ma prima che potesse concludere la frase gli parlai sopra, quasi urlando. “Prego, presentati pure! Parlare renderà più piacevole il tragitto che dobbiamo percorrere”. Sono quasi certo che in quel momento Virgilio volesse uccidermi per davvero una volta per tutte.

E allora l'anima, con un sorriso smagliante, parlò. “Io fui abate della basilica di San Zeno, a Verona. Sotto l'impero di Federico Barbarossa. Ah! Bei tempi quelli! Pensate che oggi, Alberto della Scala, ha posto lì come suo abate, in modo decisamente poco legale, il suo figlio illegittimo. E, diciamo fra noi, tanto i morti non parlano, se mi consentite la battuta, che questo figliolo non è nato con tutti i venerdì.”

Avrei voluto chiedergli di più a riguardo, ma l'anima era già corsa avanti ed il mio portentoso fiato da poeta pantofolaio non mi permise di raggiungerlo.

Virgilio dovette aver notato la mia espressione di disappunto, perché all'improvviso mi afferrò il cranio e me lo girò verso destra. “Ecco, se proprio vuoi fare la comare e sentire altri pettegolezzi, lì ci sono due anime che stanno biasimando l'accidia.”

Questi penitenti, che erano rimasti dietro di noi, dicevano: “Il popolo per cui si aprì il Mar Rosso morì prima che la Palestina vedesse i suoi eredi. E quel popolo che non sopportò la fatica del viaggio con Anchise fino in Italia, si condannò a una vita senza gloria.”

Poi anche queste ci superarono. Tutte queste informazioni in un sol colpo mi indussero a ragionare e a rimuginare su quanto detto. Ma più pensavo e più sentivo la stanchezza nuovamente in agguato. Cercai di mantenere gli occhi aperti, ma niente mi tratteneva, ormai. Quindi, con molta lentezza, chiusi gli occhi e trasformai i miei pensieri in sogni, incurante di tutto e delle conseguenze.

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Capitolo 53
*** Purgatorio, Canto XIX ***


Sì, lo so, sono passati secoli dall'ultima volta che ho aggiornato, ma sappiate che ho scritto questo canto con un braccio solo (l'altro è rotto) e nella stessa settimana in cui avevo due esami u.u.
Spero di riuscire a scrivere un altro canto prima di gennaio, in caso contrario Buon Natale a tutti!!


Canto XIX

Dante

 

Virgilio ed io stavamo passeggiando in mezzo a un bosco. Chiacchieravamo del più e del meno, argomenti leggeri come la letteratura latina e greca; il mio maestro sembrava meno scorbutico del solito e teneva la mia mano nella sua, accarezzandola dolcemente di tanto in tanto. Improvvisamente mi ritrovai disteso nell'erba, Virgilio sopra di me che mi sussurrava con voce roca all'orecchio: “Spogliati”. Il mio respiro cominciava a farsi affannoso, sentivo il sudore corrermi giù per la schiena…E proprio in quel momento il mio maestro era sparito nel nulla: puff!

Mi rialzai da terra confuso e piuttosto accaldato (e insoddisfatto!). Fu allora che mi accorsi che al posto di Virgilio era comparsa una donna. Per un attimo temetti che fosse Beatrice e che avesse visto tutta la scena. La osservai con più attenzione e notai i piedi zoppi, gli occhi storti, le mani rattrappite e il colorito smorto.

“C-c-c-ciao D-d-d-dan-n-n-nte”.

Ah, e balbettava. Definitivamente quella non era Beatrice.

Continuai a guardarla inebetito, non capacitandomi di come la mia mente avesse potuto partorire una tale immagine. Ma più la fissavo e meno la donna balbettava e allo stesso tempo il suo corpo si raddrizzava e riacquistava colore. La trasformazione, tuttavia, era appena cominciata, perché subito la donna prese a cantare con una così dolce voce che difficilmente, anche volendo, avrei potuto distogliere lo sguardo da lei.

Cantava:

“Ciao sono Lucia,

sono una sirena

Può sembrare strano

Ma è una storia vera

Porto i marinai giù,

in fondo al mare blu.

Ho ammaliato Ulisse

Sì, con il mio canto.

Vieni anche tu, Dante

Giocheremo insieme.

Potrai conoscere

tutto ciò che vorrai...”.

 

Non aveva ancora finito di cantare che Beatrice, più santa e luminosa che mai, apparve in mio soccorso.

Beatrice mi guardò scuotendo la testa e urlò: “Virgilio, Virgilio! Ma chi è questa sciacquetta che sta cercando di portare via il nostro Dante?”

Ed ecco che il mio maestro (…aspetta, nostro?! Ma allora… quindi lei sa… e Virgilio… ah insomma non importa, ci penso dopo) tornò in scena, severo e implacabile come un angelo vendicatore, portandosi di fianco alla sirena e strappandole i vestiti, mostrandomi il seno prosperoso e la sua...ehm...il suo organo genitale femminile.

Distolsi lo sguardo con forte imbarazzo.

“Guardala, Dante” mi ordinò Virgilio. “Affronta la realtà: a te non piace QUESTO” continuò, indicando l'organo riproduttivo.

Stavo per rispondergli ma l'odore nauseabondo che proveniva proprio da quel punto della sirena mi svegliò.

Ma non esiste il bidet quassù?

Riaprii gli occhi di scatto con la voce nervosa del mio maestro che mi chiamava.

“Dante! Dante!! Oh! Finalmente la bella addormentata si è svegliata! È da tre ore che ti chiamo! Ora alzati e muovi quelle belle chiappe tonde e sode. Abbiamo una Cornice da superare.”

Mi alzai dolorante, ignorando il commento di Virgilio sul mio deretano.

E ammettilo che ti fa piacere! Soprattutto dopo il sogno caliente che hai appena fatto...

Ignorai anche la mia vocina e proseguii verso occidente. Seguivo la mia guida a testa bassa, come un cane fedele segue il padrone.

Vorresti dirci qualcosa, Dante?

Smettila di trasformare ogni metafora in una cosa sconcia!

Io non ho detto niente di sconcio, sei stato tu a pensarlo per primo...

Certo! Perché tu fai “Vocina” di nome e “PERVERTITA” di cognome!

...voglio dire, ognuno di noi ha dei kink che non vorrebbe condividere, però non c'è nulla di male...E poi dai, le tue metafore si prestano ai doppi sensi!

LA LA LA NON TI SEEEEENTOOOOOOO.

Dunque, ero ricurvo su me stesso a riflettere sul sogno di poco prima e seguivo Virgilio come un pellegrino segue la propria guida, quando sentii una voce urlare dall'alto: “Venghino signori, venghino! Il passaggio è da questa parte! Avanti signori, altro giro, altra corsa!”. Seguii la direzione della voce e individuai un angelo dalle ali candide come quelle di un cigno. Aspettai che parlasse di nuovo per udire le sue prossime parole di saggezza e... “Beati coloro che piangono...perché saranno consolati!”.

...Ma che...

...banalità...

Per una volta mi trovo d'accordo con te, vocina.

Come sarebbe a dire “per una volta”? Questa non è e non sarà la prima né l'ultima volta in cui ti trovi d'accordo con la sottoscritta, chiaro?

Sì, sì. Come dici tu.

Continuammo a camminare, ma non riuscivo a smettere di pensare al sogno che avevo fatto. Tenevo la testa bassa, gli occhi perennemente sul terreno, nella speranza di trovare il significato di quella visione in un ciottolo.

Guarda che non c'è nessun significato nascosto da trovare, sei semplicemente un trentenne frustrato che non ha ancora mai fatto sesso. Un piccolo nerd della latinità.

Vocina!!! Smettila! Ti ricordo che se io sono uno sfigato, TU lo sei quanto me!!

Qual è il problema? Virgilio non può sentirmi.

E se invece la sua vocina potesse farlo?

E che male ci sarebbe?

Che male ci sarebbe”?!?! E se Virgilio lo venisse a sapere?? Non smetterebbe di prendermi in giro fino alla fine del secolo!!!

E ovviamente, parlando del diavolo...

“Dante, ti vedo pensieroso da quando ti sei svegliato. Come mai cammini a testa bassa? Guarda che le anime non perdono fiorini”.

“Non è niente, maestro” risposi evasivo.

Lui mi squadrò severamente. “Dante...”

Sospirai. Era inutile far finta di niente, in fondo entrambi sapevamo quanto fossi pessimo come attore.

“Ho fatto un...sogno, prima”

Il mio maestro annuì, incoraggiandomi a continuare.

“E...insomma...”

Il sorriso incoraggiante di Virgilio si trasformò in una smorfia divertita. “Cosa? Non mi dire che stavi facendo un sogno erotico! Non pensavo che gli intellettualoidi come te facessero sogni hard…”

Decisi che avrei tralasciato la prima parte. “No! Non era sconcio! Era solo un po' strano. Insomma, c'era questa donna balbuziente e storpia che poi diventava bellissima e...”. Non potevo assolutamente raccontargli il finale o sarebbe scoppiato a ridere!

“E?” mi esortò a proseguire.

“E...cantava. Diceva di essere una sirena e...e voleva che andassi con lei...poi però una donna dalle sembianze divine è occorsa in mio aiuto e ti ha chiamato a gran voce. Tu hai strappato i vestiti alla sirena e poi...poi c'era questa puzza di pesce insopportabile e alla fine mi sono svegliato”.

Virgilio mi osservò con attenzione. Avevo tentato di rendere il sogno meno spinto e allo stesso momento credibile, ma forse le mie scarse abilità oratorie non avevano convinto la mia guida.

“A quanto pare hai avuto un sogno simbolico. La donna-sirena rappresenta la cupidigia, peccato che viene punito in queste tre Cornici che ora attraverseremo”.

Uh, ci è cascato.

“O forse hai mangiato pesante ieri sera. E chi lo sa? Ora che ho risolto i tuoi dubbi, affretta il passo”.

Mi chiesi quali altri significati Virgilio avrebbe attribuito al mio sogno se glielo avessi raccontato per intero.

Probabilmente avrebbe raggiunto le mie stesse conclusioni.

Oppure ti avrebbe preso per le spalle e avrebbe continuato dal punto da cui vi eravate interrotti nel tuo sogno.

Inutile dire che il mio viso assunse le tonalità del sole al tramonto. Deciso a non ascoltare ulteriormente la mia vocina, mi affrettai a salire la scala che conduceva alla V Cornice del Purgatorio.

Non appena mi trovai nella nuova cornice venni accolto da uno spettacolo a dir poco pietoso: tutte le anime erano prostrate a terra e piangevano lamentosamente.

“Non riesco a sollevarmi da terra” qualcuno mormorava.

E in mezzo a quella disperazione, la mia guida parlò. “Qualcuno qui ci sa dare indicazioni per arrivare alla prossima Cornice?”

“Maestro!” lo rimproverai. “Un po' di tatto!”. Non potevo credere che non gli importasse nulla della sorte di quelle anime.

Virgilio inarcò le sopracciglia. Stava per rispondermi a tono, ma qualcuno lo precedette. “Procedete a destra e arriverete più velocemente a destinazione”.

Mi voltai verso l'anima che aveva appena parlato per ringraziarla. Quando la guardai, mi accorsi che voleva aggiungere altro. Scambiai un'occhiata con Virgilio, cercando di trasmettergli quanto fosse importante per me parlare con quella persona (ergo, gli feci gli occhi da piccolo aquilotto). Il mio maestro durò cinque secondi e poi si dichiarò sconfitto: “Oh, per Giove! Va bene, vai!”

“Yuppi!!!” esclama con un salto. Allo sguardo indemoniato di Virgilio subito mi ricomposi e mi avvicinai in fretta all'anima che ci aveva dato le indicazioni. Tuttavia, vedendo quell'uomo piangere, prono, con la testa sul terreno, non sapevo proprio come rivolgergli la parola. “Ehm...salve. Sto conducendo un sondaggio per il vicinato e mi servirebbero il suo nominativo e il motivo della sua...pena. In cambio può vincere una preghiera gratis nel regno dei vivi e...e biscotti!”

Alla parola “biscotti”, l'anima scoppiò in un pianto disperato. “Non mi parlare di cibo, per favore! È da una vita che non mi mangio un po' di pesto!” Aspettai che si ricomponesse. “Va bene, ti dirò tutto. In vita fui papa Adriano V, ma prima di allora vissi a Lavagna, in Liguria. Fui papa per poco più di un mese ma in quel tempo sperimentai quanto quella carica fosse gravosa. Mi convertii in ritardo, ma non appena lo feci mi resi conto che i beni terreni non valevano niente rispetto a quelli celesti! E quindi la mia punizione adesso è stare qui, legato a terra dalla giustizia divina, fino a quando il Signore non avrà perdonato il mio peccato di avarizia”.

Colto dalla commozione mi inginocchiai a terra, anche per facilitare il dialogo fra me e il penitente. Ma non appena accennai a chinarmi, Adriano mi fermò. “Perché ti inginocchi al mio cospetto?”

“Beh, mia madre mi ha sempre insegnato di portare rispetto verso gli anziani e mi dispiace vederla distesa a terra mentre io me ne sto in piedi. E poi lei è il papa!” E peggio di Bonifacio, mi creda, non può essere, ma questo non lo dissi.

“Alzati in piedi, fratello! Qui siamo tutti figli di Dio, perciò non mi devi mostrare alcun riguardo particolare. Ora lasciami, per favore, altrimenti rischio di distrarmi mentre sto scontando la mia pena. Un'ultima cosa. Nel regno dei vivi ho una nipote, il suo nome è Alagia. È una donna piena di virtù e mi è rimasta solo lei al mondo. Vorrei che tu le chiedessi di pregare per me”.

“Lo farò”, promisi.

Con un ultimo sguardo ad Adriano, mi accinsi a seguire Virgilio verso la nostra prossima meta.


 


 

Vieni al mare tra le onde ci troverai
Canta ancora e come noi sirene sarai…

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Capitolo 54
*** Purgatorio, Canto XX ***


Ma guarda un po', è forse un aggiornamento questo? E sì, sembra proprio di sì. Chissà se c'è ancora qualcuno interessato a questa storiella...
Ormai lo ripeto a ogni canto, ma spero che mi scuserete anche stavolta per l'enorme ritardo. I motivi sono stati principalmente:
1) mancanza di ispirazione
2) studio
3) mancato coordinamento con I. e D. . Non vedendoci più così spesso è difficile sapere quali impegni ha chi e quindi trovare il periodo giusto per inviar loro i canti.
Cooooomunque, non ho abbandonato la storia e non programmo di farlo. Sinceramente non so quando riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo perchè tra poco ricomincerà il periodo esami. Forse riuscirò a scriverne un altro per la fine di aprile, in caso contrario la data potrebbe spostarsi a fine giugno, è ancora tutto da vedere. Ma vedetelo come un lato positivo! Più tempo passa da un capitolo all'altro e più sarete felici quando leggerete il canto nuovo! (Ok, siete autorizzati a picchiarmi xD)
Buona lettura a tutti!


Canto XX

Dante

Era stato difficile lasciare Adriano senza aver potuto estrapolare tutte le informazioni che mi interessavano, ma a volte bisogna imparare a gettare la spugna. Mi allontanai a malincuore e seguii la mia guida lungo la parete rocciosa della Cornice. Le anime penitenti erano talmente vicine all'orlo esterno della parete che eravamo costretti a tenerci appiccicati alla roccia.

Maledetta avarizia! Guarda quante anime hai corrotto nel corso dei secoli! Quand'è che il cielo si deciderà a scacciarti?

Ehm...Dante, non vorrei interrompere un tuo possibile monologo, sai quanto li adoro, ma credo che tu debba concentrarti su questa malsicura, inaffidabile e pericolosa parete di roccia se non vuoi cadere e romperti qualcosa.

Vocina, non c'è alcun motivo di preoccuparsi, ho imparato dai miei errori, e poi riesco a fare più di una cosa contemporaneaAAAAAAAH...

Non feci a tempo a concludere la frase nella mia testa. Il sasso su cui avevo posato il piede si rivelò instabile, il mio piede slittò in avanti mentre il mio corpo eseguiva il movimento opposto. Mi chiesi cosa sarebbe successo se avessi sbattuto la testa e fossi morto nel Purgatorio. Forse sarei partito da dove già ero…non sarebbe stato male saltarsi qualche cornice. Fortunatamente questo pensiero non divenne realtà. Virgilio aveva assistito alla scena sin dall'inizio e non appena mi aveva visto sbilanciarmi si era portato in avanti, afferrandomi rapidamente per il cappuccio. Sentii tirare un poco con esso anche l’infula, ma per fortuna questa rimase al suo posto.

Quando riaprii gli occhi mi ritrovai a un palmo di naso dal viso preoccupato (e furibondo) di Virgilio. Feci per ringraziarlo di cuore, ma quando provai ad emettere un solo suono la mia guida mi fulminò con lo sguardo.

“Razza di deficiente! Ma dove avevi la testa?! Te lo dico io, dove!” disse, prima che potessi interromperlo “Ce l'avevi a due centimetri dalla roccia! Quando imparerai a non camminare con la testa fra le nuvole?! E se...”

Avrei voluto fermarlo e dirgli che stava facendo una scenata per nulla, ma in mezzo alla sua rabbia scorsi una vena profonda di preoccupazione e allora non mi azzardai a commentare.

“...riesci a capire come mi sentirei se tu...”

Aveva ragione, come al solito mi ero perso fra i miei pensieri e non avevo prestato attenzione ai miei dintorni. Virgilio aveva fatto bene a rimproverarmi. Avere a che fare con me deve essere come portare un bambino di tre anni al parco giochi, a volte mi chiedo perché Virgilio perda tempo con me, se non perché glielo ha chiesto Beatrice. Accidenti, accidenti, accidenti…

“...ed è per questo motivo che voglio che tu d'ora in avanti abbia più cura di te. Hai capito, Dante?” Virgilio mi lanciò uno sguardo carico di aspettative, come se avesse appena terminato una lunghissima dichiarazione d'amore che a lungo mi aveva nascosto. Dopo pochi secondi, gli occhi della mia guida si assottigliarono mentre iniziava a realizzare cos'era successo.

Crick...crick...

Vocina, non mi sembra il caso...

Non è colpa mia se hai la capacità di concentrazione di un pesce rosso e se ti sei perso la bellissima dichiarazione d'amore di Virgilio.

COSAAAAA?! Tu hai sentito tutto?!?!

Certo! Io, a differenza tua, lo stavo ascoltando col cuore in gola. Certo che il mantovano ci sa proprio fare con le parole! Credo di essermi innamorato di nuovo di lui.

Vocina! Riassumimi immediatamente quello che ha detto Virgilio!

Ehm...non credo sia il caso...

Vocina!

Dante!

Nello stesso momento in cui la mia vocina aveva esclamato il mio nome cercando di avvertirmi di un possibile pericolo, sentii un ringhio vicino al mio orecchio. “Dante...”

Se fosse stato possibile credo che mi sarei congelato sul posto. “M-m-maestro” squittii.

Virgilio mi squadrò con disapprovazione e poi fece un gesto che aumentò a livelli impressionanti il mio senso di colpa: sospirò, sconfitto, e la disapprovazione lasciò il posto alla delusione. “Non hai ascoltato una sola parola di quello che ti ho detto, vero?” mi chiese con un tono che non riuscii a decifrare, forse per l'agitazione o forse per il senso di colpa.

Chinai il capo, colpevole e dissi con voce piccola: “Mi dispiace, maestro...stavo riflettendo sul tuo rimprovero e mi sono perso fra i miei pensieri.” Alzai leggermente la testa e provai ad incontrare gli occhi della mia guida, ma questa si era girata, dandomi le spalle, e aveva ripreso a camminare.

“Maestro” provai a chiamarlo. Niente.

“Maestro!”

“Virgilio.” La guida si fermò. Incoraggiato dalla sua reazione, provai ad avvicinarmi per poi posargli una mano sulla spalla. “Mi dispiace, sul serio.”

La mia guida afferrò inaspettatamente la mia mano. La strinse forte, quasi stritolandola, e poi la lasciò andare dopo pochi secondi.

“Virgilio?” lo chiamai preoccupato.

“Ne parliamo dopo.” mi rispose. La sua voce era tesa e insolitamente roca. Per un attimo pensai che stesse piangendo, ma subito scartai quell'ipotesi. Non era la prima volta che mi comportavo da incosciente e la mia guida non aveva mai avuto quella reazione: il motivo che l'aveva spinto ad agire a quel modo doveva essere legato a qualcos'altro. E, forse, sapevo esattamente di cosa si trattava. Era un argomento che prima o poi avremmo dovuto affrontare, ma che nessuno di noi due era mai stato capace di introdurre. Mi chiesi se, stavolta, sarei dovuto essere io a fare il primo passo. Tuttavia, non era quello il momento migliore per parlarne, così decisi di assecondare la richiesta del mio maestro.

Riprendemmo a camminare, stavolta con passi più lenti e corti, ascoltando distrattamente i lamenti delle anime che ci circondavano. Non passò troppo tempo però che un richiamo in particolare attirò la mia attenzione. Uno spirito invocò il nome della Vergine con così tanto dolore che pareva sul punto di partorire. Ormai distratto dal suo pianto continuai ad ascoltare.

“Dolce Maria! Tu eri così povera che dovesti alloggiare in una stalla, dove desti alla luce Gesù Bambino.”

Pensai che fosse finita lì, invece l'anima continuò. “O buon Fabrizio, preferisti la virtù e la povertà al vizio e la ricchezza.”

Commosso da questi esempi di generosità, mi avvicinai per ascoltare con più attenzione e per porre qualche domanda, proprio mentre lo spirito si stava dilungando in una lode a san Nicola.

“Oh, anima tanto saggia da ricordare tali esempi di virtù, ti prego, rivelami la tua identità e perché solo tu ricordi queste azioni meritevoli. Se mi dirai tutto ciò, prometto che quando tornerò nel mondo dei vivi chiederò a qualcuno di pregare per te.”

L'anima mi guardò incantata. “Non ti risponderò per avere la ricompensa che mi hai promesso, bensì perché tua anima risplende di così tanta Grazia divina che il mio cuore non può sopportare di non esaudire le tue richieste.”

Oh, no! Non un altro spirito che ci prova con me, ti prego! Lanciai un'occhiatina preoccupata a Virgilio ma sorprendentemente la mia guida se ne stava dietro di me, silenziosa. Il suo silenzio era decisamente preoccupante.

Beh… devi ammettere, Dante, che hai una strana idea di avance in ogni caso.

Riportai la mia attenzione sullo spirito che avevo interpellato e lo pregai di proseguire con un cenno del capo. L'anima ricambiò con un sorriso smagliante. “In vita fui il capostipite di coloro che tanto hanno arrecato danno alle terre dei cristiani, io sono Ugo Capeto. I miei figli, Filippo e Luigi, ora governano la Francia. Mio padre era un semplice macellaio di Parigi, ma all'estinzione della dinastia precedente il comando passò a me e da me a mio figlio.” Stavo per ringraziarlo e chiedere a Virgilio se fosse il caso di andare quando lo spirito parve animarsi di una nuova energia e continuò la sua narrazione con un nuovo ritmo, quasi come se stesse raccontando una fiaba per bambini. “Tutto cominciò ad andare a rotoli con l'annessione della Provenza. Era un giorno come tanti altri: il sole splendeva, gli uccellini cantavano e il sangue scorreva a fiumi...”

Ma il pensiero del mio maestro mi assillava troppo. Indietreggiai silenziosamente fino a raggiungere la mia guida e gli tirai delicatamente una manica della sua veste. “Maestro, dobbiamo andarcene!” gli sussurrai, cercando una scusa per parlargli e verificare la sua reazione.

Virgilio parve risvegliarsi da un sonno molto lungo. Mi guardò stordito. “...cosa...?”

“...ma Filippo il Bello e Carlo I non potevano permettere che queste barbarie continuassero, quindi...”

Virgilio alzò gli occhi al cielo ed emise un lamento. Sì, ora era decisamente sveglio. “Daaaante. Quante volte devo dirti di scegliere accuratamente le anime con cui parlare?!”

“Ma che ne sapevo che si sarebbe lanciato nel racconto de 'Le mirabolanti avventure della dinastia capetingia'?!” sbottai.

Nel frattempo Ugo sembrava essere andato addirittura oltre. “...ma Carlo non ne ha voluto sapere e si è lasciato coinvolgere dai d'Este. Ovviamente sto parlando di Carlo II, eh, non il primo. E dopo di lui Filippo dovette proprio fare quel torto a Bonifacio VIII...”

Aaaaaaaaaargh…quell’uomo…quel figlio di una buona…

Mi portai d’istinto le mani alla testa

“No, per favore, andiamocene. Il nome di quell'uomo mi dà l’emicrania.”

“Sicuro? Non vuoi rimanere ad ascoltare nemmeno i fantastici esempi di carità cristiana?” mi chiese Virgilio, un po' sorpreso e allo stesso tempo reticente. A differenza del solito non sembrava essere preoccupato dalla quantità di tempo che avevamo perso e che stavamo ancora perdendo.

“...Acan rubò il bottino di Gerico, ma fu duramente punito da Giosuè...”

Repressi uno sbadiglio “Sicurissimo, andiamo.” Vedendo che Virgilio non accennava a muoversi fui quasi tentato di spostarlo con la forza. Stavo veramente cominciando a preoccuparmi. Altre volte avrebbe colto quest'occasione al volo.

Evidentemente il mio maestro era ancora scosso...Ero stato uno sciocco e un insensibile a pensare che Virgilio non sarebbe stato scosso così tanto dalla nostra imminente separazione. Perché era ovvio che era quello a tormentarlo. Il fatto non era che ancora dubitassi dei suoi sentimenti per me, ormai avevo ben chiaro in testa che entrambi ci amavamo reciprocamente. No, il fatto era che non mi sarei mai aspettato di vederlo così...devastato al solo pensiero di separarsi da me. Certo, anche io non riuscivo a farmene una ragione, ma dentro di me avevo contato troppo sul fatto che la mia guida aveva sempre una soluzione per tutto, e vederlo tanto sconvolto e debole mi lasciava completamente spiazzato, sentivo cadere ogni mia sicurezza e solo adesso comprendevo veramente quanto mi ero appoggiato a lui, quanto egli fosse per me la sola ancora di salvezza nella nostra strana avventura. Mi ero aggrappato a lui con tutte le mie forze, ma ora che il mio sostegno veniva meno mi sentivo crollare con lui.

Una mano strinse la mia e capii che Virgilio sapeva che io sapevo. Non avevo detto nulla, ma era bastato un solo momento a entrambi perché i nostri pensieri fossero in qualche modo sincronizzati. Come può essere giusto che tutto questo debba per forza finire? Lui era venuto con un compito e stava per portarlo a termine. E nessuno dei due poteva farci niente. Non c'era altra scelta che parlarne insieme e accettare l'inevitabile, vivendo fino alla fine ogni attimo che ci era concesso di vivere insieme. E al diavolo tutte le dinastie di Francia fino al prossimo millennio.

“Andiamocene.” dissi, e stavolta Virgilio mi ascoltò e mi seguì, la sua mano stretta ancora nella mia. Ma proprio allora la montagna iniziò a tremare così forte che persi l'equilibrio per la seconda volta. Fortunatamente, ancora una volta il mio maestro era lì per prendermi. Ci stringemmo contro il fianco della montagna, l'uno nelle braccia dell'altro, aspettando che i tremori terminassero. I nostri petti si toccavano e la mia testa era incastrata sotto il mento della mia guida, le sue braccia erano strette attorno a me in un abbraccio protettivo. D'un tratto da ogni parte del monte si alzò un grido tanto terrificante da farmi raggelare il sangue. Inconsciamente cominciai a tremare assieme alla montagna, completamente terrorizzato.

Virgilio, notando la mia angoscia, abbassò la testa fino a premere la bocca al mio orecchio. “Non temere. Io questo ti prometto: fintanto che potrò essere la tua guida non permetterò che nulla di male ti accada.”

Subito dopo la sua dichiarazione, le anime attorno a noi presero a intonare a una sola voce “Gloria in excelsis Deo”. Rassicurato dalla sua promessa e da quel canto soave, mi rilassai e chiusi gli occhi, abbandonandomi alla splendida sensazione di essere protetto dall'uomo che amavo. Poi il mondo smise di tremare e il grido scemò fino a scomparire. Lentamente e a malincuore ci separammo e senza dirci una parola riprendemmo il cammino.

Avrei voluto domandare a Virgilio la natura di quel fenomeno, curioso (e spaventato) più che mai, ma non osavo rompere il dolce silenzio che ci avvolgeva e, sinceramente, ora che finalmente avevamo risolto le nostre divergenze (anche se solo in parte) desideravo godermi questa a lungo desiderata pace, nonostante sapessi che sarebbe durata ben poco.

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