Sea in the Eyes||Percabeth di SofyGinny02 (/viewuser.php?uid=909254)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'annuncio ***
Capitolo 2: *** I pretendenti ***
Capitolo 1 *** L'annuncio ***
Capitolo 1: L’annuncio
Annabeth si era appena svegliata. Un raggio di sole che filtrava dalle finestre aveva disturbato il suo sonno, e ora illuminava i suoi occhi grigi.
La Principessa fissava le tende del letto a baldacchino, del caldo colore dell’estate: il rosso. Non sapeva cosa fare, era troppo presto per scendere in Sala da Pranzo a fare colazione. Si alzò e decise di prepararsi. Aprì l’armadio di legno di quercia, cercando il vestito che rispecchiava al meglio il suo umore.
Ne scelse uno lilla, segno del suo buonumore, lo indossò e si pettinò i capelli, raccogliendoli in uno chignon. Una volta pronta Annabeth prese dallo scaffale della libreria, un libro che aveva letto centinaia di volte e che ormai sapeva a memoria. Nonostante questo, la Principessa non si stancava mai di leggerlo, era sempre piacevole per lei. Quel libro parlava di mitologia, cosa che aveva affascinato Annabeth sin da bambina. Si mise accanto alla finestra, era il suo posto preferito per leggere. C’era molta luce naturale, e Annabeth amava guardare il panorama che le si presentava davanti. Quel giorno, la Principessa notò uno strano movimento in giardino. Era molto più affollato del solito, e i domestici correvano di qua e di là, come per controllare che tutto fosse perfetto. Perfetto per cosa? Annabeth non ebbe molto tempo per pensarci, perchè la sua balia bussò alla porta.
“Principessa, siete sveglia? Sbrigatevi a vestirvi, il Re e la Regina vi attendono in Sala da Pranzo!” disse Iris, dall’altra parte della porta.
“Sono pronta Iris, arrivo.” disse la Principessa, riponendo a malavoglia il libro nello scaffale e aprendo la porta. “Per quale motivo i miei genitori mi
vogliono vedere?” chiese, una volta uscita.
Iris sospirò. “Principessa... Credo che sia meglio che vi riferiscano tutto loro...”
“D’accordo...” acconsentì Annabeth, che non sapeva se essere più curiosa o preoccupata.
Raramente il Re e la Regina le comunicavano qualcosa di persona.Aveva la strana sensazione che qualsiasi cosa le volessero dire avesse a che fare
con il movimento che c’era in giardino, e che la notizia non le sarebbe piaciuta. Scese le scale lentamente, facendo scorrere la mano sul muro,
per niente desiderosa di sapere cosa i suoi genitori erano così ansiosi di dirle.
Arrivò in Sala da Pranzo, dove trovò Frederick e Atena già seduti intorno al tavolo. Annabeth fece un finto sorriso e prese posto di fronte a sua madre.
“Buongiorno.”
“Buongiorno cara, dormito bene?” chiese la Regina.
“Si madre. Ho saputo che voi e mio padre desiderate comunicarmi qualcosa. Ha forse a che fare con tutto il movimento che c’è nel
castello?” chiese Annabeth, andando dritta al punto. Non voleva inutili giri di parole.
Atena e Frederick si scambiarono un rapido sguardo, misto tra il preoccupato e l’ansioso. La Principessa cominciava ad agitarsi: cosa le dovevano dire di così importante? Osservò la madre, a cui assomigliava molto, non solo per gli occhi e per il colore dei capelli, ma anche per il carattere.
Entrambe erano determinate, intelligenti, a volte impulsive, ed era proprio questo che le rendeva speciali. Una Regina e una Principessa non
avrebbero dovuto comportarsi come loro, ma ad Annabeth e ad Atena non importava. Dal padre, Annabeth aveva preso la calma disarmante che
sfoderava in certe occasioni, e l’amore per le armi. Nonostante fosse una donna, lei era molto attratta dai combattimenti e dalle armi, in paricolare
dai pugnali. Le piacevano un sacco.
“Tesoro... Sei grande ormai, hai quasi diciotto anni ed io e tua madre pensiamo che tu sia pronta per governare. Naturalmente, non puoi governare da sola.
Tu devi...” disse il Re, interrompendosi per un secondo.
La Principessa era completamente sbiancata. No, non poteva voler dire quello...
“Tu devi sposarti.” concluse Frederick.
Annabeth delgutì. Il suo mondo era appena crollato. Invano aveva sperato che i suoi genitori aspettassero i suoi tempi, che attendessero l’arrivo
dell’uomo giusto per lei. Ma non era successo. E la Principessa non aveva altra scelta, se non accettare.
“D’accordo.” disse, lasciando basiti il Re e la Regina. “Voglio dire... Non mi aspettavo di dovermi sposare così presto, ma sapevo che prima
o poi sarebbe accaduto.”
“Oh, che sollievo! E io che pensavo che l’avresti presa male.” sorrise Atena. “Sono fiera di te, tesoro mio!”
La Principessa sorrise, lieta di quel complimento. Poi pose la domanda che più la preoccupava. “Chi sarà il mio sposo?”
“Sceglierai tu.” rispose Frederick. “Tra i figli degli undici conti del regno. Saranno qui a breve, fra un’ora al massimo.”
Annabeth sgranò gli occhi, incredula. I suoi genitori avevano già organizzato tutto e l’avevano avvertita all’ultimo minuto. Fu tentata di
rimangiarsi tutto, ma non lo fece. Era troppo tardi. Annuì solamente.
“Se mi volete scusare...” disse la Principessa, alzandosi. “Mi ritiro per prepararmi.”
Pochi minuti dopo, Annabeth bussava furiosamente alla porta della stanza delle sue migliori amiche: Piper, Hazel e Calipso. Non erano Principesse,
ma figlie di alcuni amici del Re e della Regina. In seguito alla scomparsa dei loro genitori a causa della guerra avvenuta parecchi anni prima,
le tre ragazze erano venute ad abitare a palazzo. Non erano sorelle, ma si comportavano come se lo fossero e Annabeth aveva legato subito con loro.
Erano diventate inseparabili e si volevano un mondo di bene.
La porta si spalancò, mostrando una Piper in camicia da notte e con i capelli tutti in disordine. La Principessa si precipitò dentro e si sedette
sul letto dell’amica. Hazel e Calipso si erano appena svegliate, e osservarono la loro amica confuse.
“Annabeth, che succede?” chiese Piper preoccupata, sedendosi accanto alla Principessa.
“Mi sposo.” sussurrò.
A quelle parole le sue amiche corsero ad abbracciarla. Annabeth si godette quel caldo abbraccio e percepì tutto l’amore che le sue
amiche volevano trasmetterle.
“Con chi?” chiese Calipso.
“Devo... Devo scegliere. Tra undici o dodici ragazzi, non ho capito bene.” rispose Annabeth. “Arrivano fra un’ora.” aggiunse.
“Come fra un’ora?” strillò Hazel. “E il Re e la Regina ti hanno avvertito solo oggi?”
La Principessa annuì tristemente.
“Oh tesoro” sospirò Piper, stringendo l’amica ancora di più. “Speriamo che qualcuno ti rubi il cuore.”
“Ne dubito.” sussurrò Annabeth.
“Dai, ti aiutiamo a prepararti.” disse Calipso, e tutte e quattro scomparvero in bagno.
Un’ora dopo, Annabeth era pronta per accogliere i pretendenti. Le sue amiche l’avevano truccata e pettinata, sciogliendole lo chignon.
Il vestito però non lo avevano cambiato. La Principessa era agitatissima e sarebbe volentieri scappata per non tornare mai più. Le Tremavano le mani
e temeva di svenire quando avrebbe avuto davanti il primo pretendente. Mentre camminava verso la Sala del Trono vide undici carrozze fermarsi
davanti al portone del castello. Annabeth distolse lo sguardo: non voleva vdere gli undici conti prima del tempo. Era sicura che avrebbe avuto un
attacco di panico.
“Si va in scena.” mormorò, mentre entrava nella Sala del Trono, pronta per affrontare il suo destino. |
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Capitolo 2 *** I pretendenti ***
Annabeth fece il suo ingresso nella Sala del Trono. Avanzò sicura verso sua madre e suo padre, e prese posto
nel trono più piccolo, alla sinistra di Frederick. Piper, Hazel e Calipso rimasero in piedi accanto all’amica, e le sorridevano
incoraggianti. Ma nessuno di quei sorrisi avrebbe potuto colmare il vuoto che Annabeth sentiva dentro. Non poteva
sopportare l’idea di non avere libertà di scelta, il sorriso che aveva sul volto era la più falsa delle maschere. A dire
la verità poteva scegliere, ma tra un numero ristretto di persone, che probabilmente non le sarebbero piaciute perchè
troppo arroganti e sicure di sè. Si sentiva in gabbia. E non aveva via d’uscita.
La Principessa sussultò quando il portone principale venne aperto.
“Jason Grace, dalla prima contea del regno!” esclamò una delle guardie, mentre un ragazzo bello da togliere il fiato entrava.
Jason era abbastanza alto, aveva i capelli biondi e due occhi azzurri come il cielo. Annabeth sentì Piper lasciarsi scappare
un sospiro sognante. Dovendosi presentare al cospetto del Re, il ragazzo aveva indossato il tradizionale abito dei cavalieri,
con un mantello sul quale era disegnato il simbolo della sua contea, in questo caso una folgore. In vita aveva una cintura,
a cui teneva legata una spada. Jason fece un inchino e si mise in piedi ad un lato della sala. La Principessa sorrise, per poi
concentrarsi sul secondo pretendente, non senza aver sentito Piper mormorare: “È davvero bello... Sembra anche molto
educato e cortese... Se solo non fosse tra i pretendenti di Annabeth...”
“Luke Castellan, dalla seconda contea del regno!” annunciò una guardia, mentre una ragazzso, anche egli biondo, entrava.
Come Jason, anche Luke aveva gli occhi chiari. Sorrideva spavaldo, e Annabeth notò subito la cicatrice sulla guancia.
La Principessa non potè fare a meno di chiedersi come se la fosse procurata. Luke si inchinò, ma non si posizionò subito
accanto a Jason, prima si avvicinò ad Annabeth e le baciò la mano.
“Non avete idea di quanto sia lieto di fare la vostra conoscenza, Principessa.” sussurrò, in modo che solo la diretta interessata
lo sentisse.
Sfortunatamente per lui, anche le amiche di Annabeth lo sentirono, e Hazel arricciò il naso.
“Non mi piace, è troppo sicuro di sè.” commentò.
La Principessa non replicò. Luke sembrava molto sicuro di sè, è vero, ma non significava che fosse una cattiva
persona. La guardia annunciò il terzo pretendente.
“Leo Valdez, dalla terza contea del regno!”
Si udì un grido soffocato. Tutti si voltarono verso Calipso, che teneva la testa bassa e le mani posate sul ventre.
Annabeth guardò confusa l’amica. Che cosa le stava succedendo? Perchè aveva reagito così? Ma da Calipso
non ottenne alcuna risposta. La ragazza continuò a tenere lo sguardo basso per tutta la presentazione dei pretendenti,
eccetto qualche volta, per lanciare occhiate a Leo. La Principessa pensò che quello non era ne il momento ne il luogo
per chiedere a Calipso cosa stava succendendo, quindi tornò a concetrarsi sui figli dei conti. Leo aveva i capelli castani
e scompigliati e sorrideva ironico. Annabeth capì subito che era una persona che non prendeva le cose troppo seriamente,
caratteristic decisamente negativa per un aspirante Re. Anche Leo si inchinò, per poi affiancare Luke.
“Frank Zhang, dalla quarta contea del regno!”
Il ragazzo che entrò fu decisamente il più impacciato che Annabeth avesse mai conosciuto. Era evidentemente a disagio e in
imbarazzo, inoltre inciampò ben tre volte prima di raggiungere la Principessa ed inchinarsi, scatenando le risatine di alcuni dei presenti.
“Nico Di Angelo, dalla quinta contea del regno!”
Se Frank era il ragazzo più goffo in assoluto, Nico era ciò che più si avvicinava ad un cadavere. Era spaventosamente pallido,
e aveva delle occhiaie ben marcate, come se non avesse dormito per giorni. I capelli corvini e i suoi occhi scuri rendevano la sua
pelle ancora più trasparente. La Principessa non potè che provare preoccupazione per quel ragazzo, chiedendosi come mai fosse
così debole.
“Will Solace, dalla sesta contea del regno!”
Will era esatteamente l’opposto di Nico. Biondo, abbronzato, aveva l’aria di chi si era appena fatto una bella vacanza ed era stato
tutto il giorno a prendee il sole. Anche lui si inchinò, per poi andare accanto a Nico.
I pretendenti che seguirono non destarono particolare interesse in Annabeth. Ethan Nakamura, Mitchell Garnier, Castore e
Polluce Smith e Micheal Kahale erano proprio come la Principessa li aveva immaginati, ordinari, egocentrici e arroganti. Tranne
Castore e Polluce, loro sembravano migliori risetto agli altri.
“Percy Jackson, dall’undicesima contea del regno!”
Ma nessun Percy Jackson si presentò.
Annabeth era stanca, aveva voglia di fregarsene dell’ultimo pretendente, che nemmeno si degnava di presentarsi, e andare
nella sua stanza, per buttarsi sul letto e piangere, sfogare tutta la sua rabbia. Perchè Annabeth era arrabbiata, e molto. Non aveva
avuto nessun colpo di fulmine, cosa in cui aveva sperato tantissimo, ne riusciva ad identificare il migliore tra di loro. La Principessa
stava per alzarsi e congedare tutti, quando si sentirono dei passi affrettati e Percy Jackson fece la sua comparsa.
Aveva i capelli neri, scompigliati a causa della corsa. Si fermò per prendere fiato, poi si avvicinò alla Principessa. Annabeth gli lanciò
un’occhiata truce, che svanì non appena i suoi occhi incontrarono quelli del ragazzo. Erano verdi, verdi come il mare. Sembrava
che qualcuno avesse preso l’acqua marina e l’avesse versata dentro gli occhi di Percy. Quel ragazzo aveva il mare negli occhi.
Percy si inchinò, e si diresse verso Micheal Kahale, senza una scusa, senza una gustificazione. Non importava quanto fosse bello
(e lo era molto, cosa che Annabeth fu difficile ad ammettere), le aveva mancato di rispetto. La Principessa decise che Percy Jackson
NON sarebbe mai stato suo marito. Più avanti avrebbe cambiato idea, ma andiamo in ordine.
Finita la presentazione, Annabeth si ritirò nelle sue stanze insieme alle sue amiche. Voleva sentire il loro parere, che per lei era
molto importante.
“Messer Jackson ha un bel caratterino.” osservò Piper, una volta che furono tutte e quattro in camera.
“Un carattere irrispettoso, vorrai dire.” la corresse Annabeth, ancora offesa per il comportamento del ragazzo.
“Secondo me voleva solo farsi notare.” disse Hazel.
“E ci sta anche riuscendo, dal momento che parliamo di lui!” esclamò la Principessa. “Cambiamo argomento, parliamo di...
Messer Grace.”
“È molto carino, e sembra cortese.” disse Piper.
“E messer Zhang come vi sembra?” domandò Hazel.
“Messer Zhang è... Molto goffo, si, davvero molto goffo.”
Le amiche risero, per poi parlare di Luke Castellan.
“Secondo me è un po’ troppo pieno di sè.” disse Piper, imitandolo.
“Concordo.” approvò Hazel, annunendo energicamente.
“Messer Valdez.” disse Annabeth. “Di lui cosa pensate?”
Poi la Principessa si rese conto che Calipso se ne stava in disparte e che non aveva proferito parola.
“Calipso, tutto bene?” domandò Annabeth preoccupata.
“Io... Non mi sento molto bene. Devo andare.” rispose Calipso, uscendo di corsa dalla stanza, lasciando le
amiche perplesse e molto preoccupate.
Calipso correva per i corridoi, alla disperata ricerca di un posto dove poter stare da sola. Non ce l’aveva fatta, non era riuscita a
stare con Annabeth e le altre, non poteva sopportare di nuovo quello che aveva sopportato durante la presentazione dei pretendenti.
Il suo pensiero corse inevitabilmente a lui, e la ragazza si chiese dov’era, cosa faceva, se stava pensando a lei, o se gli interessava
solamente diventare re. Improvvisamente si sentì afferrare per un braccio e venne trascinata in una stanza buia. Poi qualcuno accese la luce, e Calipso
si trovò davanti l’ultima persona che voleva vedere in quel momento: Leo.
“Come va, Raggio di Sole? Felice di vedermi?” chiese il ragazzo sorridendo, e avvicinandosi a Calipso, che lo allontanò con una spinta.
“Ehi, va tutto bene?” le domandò questa volta preoccupato, prendendole il mento tra due dita e costringendola a guardarlo.
“No, non va bene per niente!” esclamò la ragazza, cercando di trattenere le lacrime. “Quando avevi intenzione di dirmi che saresti
venuto qui per sposare la Principessa, nonchè una delle mie migliori amiche?”
“Scusami Raggio di Sole, l’ho saputo all’ultimo momento e non sapevo come contattarti.” rispose Leo, abbasando lo sguardo.
“Ma non crederai davvero che la Principessa sceglierà me?”
“Questo non lo puoi sapere.” sibilò Calipso.
Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime che non volevano sapere di tornare indietro, mentre pensava a tutti i momenti
passati con Leo, il loro primo bacio, le loro passeggiate romantiche, le visite a sorpresa, l’ultima notte prima che lei partisse per
tornare a palazzo... E tutti i loro progetti, i loro sogni, tutto era svanito.
“E se ti scegliesse? Cosa potremmo mai fare? Certamente non posso dirle di starti alla larga!” urlò Calipso, che non sapeva
più se era triste o arrabbiata. “Hai rovinato tutto!”
La ragazza corse via, lasciando solo Leo, che si maledisse per aver pensato che, anche solo per una volta, le cose sarebbero
andate per il verso giusto. |
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