Compression webbing

di argle_fraster
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono proprietà Square-Enix, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro: nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

COMPRESSION WEBBING
scritta da katmillia/argle fraster, tradotta da Alessia Heartilly
Capitolo Uno

Quando Squall aprì gli occhi, fu salutato da un'ondata di dolore alle tempie e da un sapore acido in bocca.

Non era facile dimenticare il tipo di sensazione che lasciava la Compressione Temporale, e lui lo riconobbe immediatamente, fino al formicolio delle mani. All'inizio fu confuso - pensava di essere tornato al Faro a parlare con la Madre con i tentacoli della magia di Artemisia persistenti sulla pelle - e gli ci volle un po' per rendersi conto che le luci che stava fissando non erano le candele fissate ai muri di pietra dell'orfanotrofio. Era steso sulla schiena su un terreno decisamente scomodo, a guardare un cielo scuro con una grondaia che pendeva direttamente davanti ai suoi occhi.

Si raddrizzò a sedere di scatto, cercando di capire dov'erano andare le ombre, dato che l'ultima cosa che ricordava era che lo stavano circondando, e cercando di capire dov'erano scomparsi i suoi amici. Lui aveva la mano su -

Rinoa.

Lo stomaco gli si strinse forte e si guardò intorno selvaggiamente alla ricerca di un segnale, un qualsiasi segnale, che non era solo in quella strana vallata, accoccolata nel mezzo tra un edificio che sembrava una casa e un muro di pietra che si levava alto al cielo. Non c'era nulla intorno a lui, nemmeno il soffio del vento.

Era solo.

Si tirò su, barcollando per il panico, accorgendosi abbastanza improvvisamente che stava ancora stringendo il gunblade tra le dita.

"Rinoa?" chiamò. I muri gli spinsero contro la sua voce. "Rinoa?"

Non ci fu risposta, e iniziò a camminare, muovendosi lentamente fuori dal vialetto in cui si era svegliato verso la grossa piazza che si allargava davanti a lui. Tutt'intorno c'erano case, dove poteva vedere luci filtrare dalle finestre, e scale che portavano a diversi livelli di sentieri. Era del tutto estraneo per lui, e aveva visto quasi tutto il suo mondo, viaggiando tra le onde dell'oceano con il Garden di Balamb. Non gli piacevano le cose sconosciute, specialmente non quando gli mancavano tutte le persone che conosceva.

Stava iniziando a spaventarsi.

L'ultima cosa che ricordava era di essere inginocchiato a terra, con la schiena premuta contro la recinzione esterna del Garden di Balamb, con una mano sulla spalla di Rinoa. C'erano urla intorno a lui, e poi uno strano scoppio, e poi non aveva sentito più nulla. Sapeva che la distorsione era la Compressione Temporale, questo lo ricordava da prima, ma non sapeva perché era stato tirato in essa o a quale scopo fosse servita.

Aveva pensato che avessero chiuso con quella cosa.

Camminò lungo il bordo esterno della piazza fino a fare il giro del perimetro, e non avendo trovato traccia dei suoi amici salì una delle scale. Il respiro gli si stava affrettando, nonostante i suoi tentativi di mantenerlo regolare, e il battito del cuore aumentava ad ogni passo. Il petto gli si strinse dolorosamente.

Non c'era nessuno nemmeno al secondo piano.

Affrettò il passo, pensando che forse i suoi amici erano semplicemente stati incapaci di trovarlo, nascosto tra le ombre, ed erano andati avanti, e forse, se avesse raggiunto il punto in cui si trovavano, li avrebbe trovati. Forse si sarebbe spiegato tutto. Affrettò il passo fino a correre, alla cieca, svoltando angoli ed edifici, trovando solo vie vuote dopo vie vuote.

Era ancora solo.

Qualcosa si mosse alla sua sinistra, tra le ombre, e lui si fermò improvvisamente, a malapena in grado di prendere fiato. C'erano due orbite luccicanti nel buio d'inchiostro, ed erano familiari - troppo familiari. Erano una delle ultime cose che aveva visto prima di essere strappato a tutti gli altri. La creatura d'ombra fece un passo esitante fuori dal buio, come se analizzasse la situazione.

Squall non poté più respirare.

Quando il mostro alzò una mano verso di lui, con gli artigli che si chiudevano in quello che sembrava un pugno, i suoi pensieri nuotarono fino a quando non riuscì più a capire niente. Pensò forse di aver gridato alla creatura, e fece volteggiare il suo gunblade con poco entusiasmo, e poi cadde all'indietro, sul pavimento di pietre sotto ai suoi piedi.

Ci fu una baruffa, e poi un grido gorgheggiante, e poi la creatura d'ombra emise un gridolino pietoso prima di svanire nel terreno, come una spugna che si riempie d'acqua. Squall vide solo rosso e gli sembrò d'avere i polmoni in fiamme, e il suo mondo cadde completamente nel buio.

*~*~*~*~*

Quando aprì gli occhi, la volta successiva, il dolore alla testa si era in qualche modo attenuato, e scoprì di giacere su qualcosa di molto più comodo delle pietre. Indagini ulteriori rivelarono che si trattava di un letto, e si raddrizzò a sedere con un grugnito. I muscoli delle braccia erano indolenziti, come se si fosse spinto troppo oltre nell'allenarsi.

"Sei sveglio!" disse una strana voce alla sua destra, e lui guardò per scoprire che apparteneva a un'anatra con la maglia rossa in piedi accanto al suo letto. Sbatté le palpebre, confuso, e spostò lo sguardo per trovarne un'altra, identica alla prima, tranne che per la maglietta verde.

"Cosa-?" cercò di dire, ma l'anatra in verde alzò una mano pennuta.

"Probabilmente ha fame" disse l'anatra in verde.

"Probabilmente hai ragione" concordò l'anatra in rosso con un cenno del capo.

"Una sfortuna terribile atterrare nel Terzo Distretto" disse un'altra anatra, che apparve all'improvviso al suo fianco tra le altre due, vestita di blu.

"È una buona cosa che fossimo là a far consegne" disse l'anatra in verde.

"Ce ne sono stati molti di più ultimamente, vero?" rifletté l'anatra in rosso.

"A questo ritmo, non avremo abbastanza spazio per tutti loro" disse l'anatra in blu. "Cosa pensi che dovremmo fare?"

"Non c'è niente che possiamo fare" lo schernì l'anatra in rosso; sembrava arrabbiata.

"Non è il nostro lavoro" concordò l'anatra in verde.

Squall iniziò a sentirsi girare di nuovo la testa, e il respiro accelerò ancora, e tossì con un crepitio che sembrò orrendo persino a lui. Tutte e tre le anatre si girarono per fissarlo ancora, e poi, come se fosse un segnale, si misero all'opera.

"Cibo, abbiamo dimenticato di dargli cibo!" esclamò l'anatra in rosso, fiondandosi in un corridoio e sparendo alla vista. L'anatra in blu si avvicinò al letto e mise una mano sul braccio di Squall, con le piume che gli facevano solletico alla pelle.

"Probabilmente starai bene se smetterai di iperventilare così!" lo ammonì. "Rallenta!"

Squall cercò di ubbidire e inalò tanta aria quanta i suoi polmoni potevano contenere. Funzionò, in un certo senso, e quando terminò di ansimare, riuscì a respirare di nuovo normalmente, e il rosso era scomparso dai bordi del suo campo visivo. Si sentiva le mani appiccicaticce e fredde, e le strinse ed aprì svariate volte per tornare a sentirsi le dita.

L'anatra in rosso tornò, portando una scodella di zuppa fumante dall'odore sorprendentemente buono, ma il solo guardarla fece rivoltare lo stomaco di Squall, e fece cenno di non portargliela.

"Dove... dove sono?" chiese, tossendo leggermente.

"A Traverse Town" annunciò l'anatra in verde dalla posizione che aveva scelto, in fondo al letto. Quando notò lo sguardo vacuo di Squall, scosse la testa e continuò. "È dove finiscono tutti quelli che si perdono."

"Si perdono?" chiese Squall.

"Nei corridoi dell'oscurità" aggiunse l'anatra in blu.

"Io - no, devo tornare dai miei amici" insistette Squall, raggelando quando sentì la parola 'corridoi'. La Compressione Temporale era stata una cosa orribile proprio di quel genere, tunnel tra tempi e spazi che non riconosceva. Se c'era stato un problema, allora qualcosa era andato storto, e non sarebbe dovuto finire a... dovunque si trovasse.

Tutte e tre le anatre sembrarono improvvisamente serie, con le piume che si afflosciavano.

"Non puoi" disse quella in blu.

"No, i miei amici sono in pericolo, devo tornare" disse Squall con forza, muovendosi fino a sedersi sul bordo del letto, con gli stivali che colpivano forte il pavimento in legno.

"Forse sono venuti qui anche loro" suggerì l'anatra in rosso, illuminandosi.

Rinoa...

"Forse no" disse di proposito l'anatra in verde, e le spalle di quella in rosso si curvarono.

"Voi non capite" disse Squall. Stava iniziando a sentirsi girare la testa di nuovo. "C'era un incantesimo, un incantesimo magico che mi ha mandato qui -"

Come un'unica persona, i tre si raddrizzarono di nuovo.

"Magia!" esclamò l'anatra in verde. "Beh, se era magia, deve andare a parlare con Merlino!"

*~*~*~*~*

Squall si trovò di nuovo solo in strada, con le istruzioni su come arrivare alla casa che stava cercando, stringendo il gunblade come se fosse l'unico legame al mondo che conosceva. Non capiva nulla di tutto quello, e non sapeva dov'era, nonostante la spiegazione, e tutto quello che sapeva era che da qualche parte là fuori i suoi amici erano in pericolo, intrappolati dalle creature d'ombra.

Il ricordo lo fermò. Le creature sembravano il collegamento tra i due posti, di questo era sicuro, perché non c'era modo che la loro improvvisa comparsa fuori dal Garden potesse non essere legata al suo brusco arrivo in quello strano mondo oscuro. Se avesse potuto scoprire di più su quelle creature d'ombra, allora forse avrebbe potuto trovare il modo di tornare da Rinoa e dagli altri.

Non ci volle molto per raggiungere la porta che, secondo le anatre, lo avrebbe portato da Merlino - chiunque fosse, e picchiò forte tre volte contro il legno, come gli era stato detto. Ci fu un fruscio dall'altro lato, a malapena udibile, e poi un sussurro che non poté decifrare.

La porta si aprì appena, gettando una lunga linea di luce sul pavimento di sassi, e un occhio scuro si sporse nell'apertura.

"Posso aiutarti?" disse una voce leggera e alta.

"Io - io devo vedere Merlino" tossì Squall, e la porta si aprì di più, rivelando una ragazza con gli occhi luminosi e i capelli neri. Gli ricordava così tanto Selphie che per un momento non riuscì a respirare o deglutire, ma poi la somiglianza svanì, scintillando nel nulla. "Mi chiamo Squall. Per favore."

"Ok" disse lei lentamente, sembrando cauta. "Perché?"

Squall deglutì forte di nuovo, cercando invano di spostare il groppo doloroso che aveva in gola.

"Devo sapere della Compressione Temporale."

*~*~*~*~*

Per molto tempo, insieme più lungo e più breve di quanto potesse descrivere, Rinoa non sentì proprio nulla. Poteva sentire cose, però - frammenti di conversazioni che esistevano oltre lei, dietro un velo, e poteva vedere figure senza viso che fluttuavano lì intorno. Nulla la toccava, e pensava che nulla potesse farlo. Non riusciva a sentire niente, tranne la mancanza di peso e la sensazione di fluttuare all'infinito.

Sentì qualcuno che piangeva, una donna, e sembrava più vicino delle altre cose, ma andava e veniva come onde, come la marea contro la sabbia, e a volte non riusciva a sentirlo affatto, e altre volte era proprio accanto a lei.

Vide posti e tempi. A volte erano chiari e luminosi, altre volte erano ombrosi e tetri. Vide cascate e terre fluttuanti, bufere di neve e magia. Vide dune rotolanti piene di lucciole sfavillanti di luce, che canticchiavano leggermente. Vide magma sciolto e corridoi crivellati che portavano a una stanza piena di tomi coperti di polvere. Non vide i suoi amici, e non sapeva se poteva vederli.

Dopo un po', le immagini furono rimpiazzate solo da frammenti di colore, come se si stessero lentamente sciogliendo fuori dal suo campo visivo, e poi erano completamente scomparsi, e sentiva solo il fruscio del vuoto e il pianto gentile che si aggrappava al vento.

Si rese conto di potersi muovere, anche se non muoveva il suo corpo. Poteva fluttuare nel nulla in parti separate, come se la sua anima volasse da sola. Si chiese se Edea era mai stata in grado di farlo.

Si chiese se poteva andare a casa.

Forse tutto il tempo del mondo era passato, e forse nessun tempo al mondo l'aveva fatto, ma dopo tutto, dopo le immagini e i suoni e le sensazioni, Rinoa si svegliò.

*~*~*~*~*

"La Compressione Temporale?" ripeté il mago dalla barba bianca, accarezzando i capelli ingrigiti con le dita nodose. Camminava nella stanza, muovendosi a zig zag intorno alle librerie e ai calderoni sparsi sul pavimenti, inframezzati da bottiglie sigillate con tappi di piombo e pezzi sparsi di pergamene in rovina. "Non penso che una cosa simile sia possibile."

"Lo è" insistette Squall, seduto diritto contro la sedia di legno su cui stava appollaiato. "Io l'ho già vissuta una volta."

"Ragazzo mio, se una cosa simile fosse disponibile per me, non pensi che ormai l'avrei già sfruttata?" chiese il mago, e Squall piegò le spalle in avanti.

"Mi ha portato qui" borbottò, anche se sembrava inutile. C'era una disperazione schiacciante che gli cresceva nel petto, come una bolla, bloccandogli l'aria e le sensazioni. Non poteva pensare di non vedere mai più gli altri, e Rinoa, perché soffocava tutto il resto e gettava la sua mente in una nebbia vaga.

Il mago smise di camminare e si voltò a guardarlo, e sembrò sul punto di parlare, quando ci fu un bussare esitante alla porta. Entrambi gli uomini si voltarono a guardare mentre entrava una ragazza, vestita di un semplice abito rosa, i capelli castani legati in una treccia morbida.

"Dovrebbe mangiare qualcosa" disse, sollevando un vassoio che conteneva un assortimento di piatti e scodelle. "Ho portato del cibo."

"Grazie, Aeris" disse Merlino, in tono stanco. Si grattò la fronte esausto; lei posò il vassoio sulla scrivania accanto alla porta da cui era entrata, e guardò Squall sorridendogli una volta, tristemente, prima di andarsene di nuovo. Ci fu silenzio una volta che i passi di Aeris furono svaniti.

"Non puoi aiutarmi" disse infine Squall, interrompendo il silenzio. Merlino lo guardò duramente.

"Non so se qualcuno può farlo" rispose. "Questa magia di cui parli - è grossa. Potrebbe alterare interi mondi allo stesso momento. Quel tipo di cosa non è qualcosa con cui si voglia scherzare."

"Ma - lei l'ha fatto" tossì Squall. Alzò una mano per scostarsi i capelli dal viso. "Mi ha spostato qui. Stavamo combattendo, e le ombre stavano vincendo, e-"

Il viso di Merlino era impallidito, e Squall si fermò, sentendosi stringere lo stomaco per l'apprensione.

"Che c'è?" chiese, a voce bassa.

"Ombre" ripeté Merlino. Il vecchio si lasciò cadere su una delle sedie e si strofinò ancora una volta la radice del naso. "Gli Heartless. Mi dispiace."

"Dispiace di cosa?" chiese Squall, anche se era abbastanza sicuro di non voler sapere la risposta.

"Se gli Heartless erano lì, lei doveva saperlo" disse Merlino, per lo più a se stesso. "Deve aver usato la magia come ultima risorsa."

"Non capisco" disse Squall. La sua voce si stava alzando, quasi sull'orlo del panico, e lui non poteva controllarla per tenerla bassa. "Ultima risorsa?"

Merlino lo guardò, e il suo sguardo era pieno di una miriade di emozioni - pietà, compassione, empatia, persino rimpianto, e lampeggiarono tutte sul suo viso rugoso in veloce successione.

"Ti ha messo qui per salvarti" disse dolcemente il vecchio. "Ti ha salvato la vita."

*~*~*~*~*

Quando aprì gli occhi, poteva vedere solo bianco. Il mondo intorno a lei era vuotato di ogni colore, come se i dintorni fossero stati completamente decolorati, e non c'era niente. Poteva sentire qualcosa di solido sotto il suo corpo, e riuscì a spingersi in piedi da questa solidità con le mani, ma non riusciva a vederlo, perché era tale e quale al resto del mondo.

Era tutto vuoto.

Devo trovare Squall.

Scoprì, quando si mosse, che muoveva ancora il suo corpo, e non era più intrappolata nella dimensione scissa in cui aveva dormito. Non c'era alcun mondo intorno a lei, ma lei era reale, e si strofinò le braccia solo per assicurarsene. Il tessuto si spiegazzò contro le sue dita, e poté sentirlo impigliarsi una volta nell'unghia. Almeno esisteva.

Iniziò a camminare, sperando che da qualche parte avrebbe trovato qualcosa di più sostanzioso. Sembrava che non ci fosse alcun inizio o alcuna fine al nulla luminoso in cui si trovò incastonata. Non c'era brezza o vento, e nessun suono a parte i suoi passi. Era sola.

Sollevò una mano a stringere inconsciamente l'anello che pendeva dalla sua catenina. Il metallo era freddo contro la pelle, e lo strinse forte, così che i contorni dell'incisione si imprimessero nel suo palmo.

Devo tornare indietro.

Ebbe un pensiero improvviso di fiori e campi verdi, e di onde che si infrangevano sulla spiaggia, e di sentieri di pietra - sì. Era dove avevano promesso di incontrarsi. Aveva funzionato una volta, aveva funzionato con la prima Compressione, non c'era alcuna ragione per cui non dovesse funzionare adesso.

Ma per quanto ci provasse, non poteva far cadere il bianco intorno a lei.

Iniziò a entrare nel panico, tremando così forte che la catenina le si muoveva contro il collo, e si voltò in un cerchio, controllando tutti gli angoli. Non c'era nessuno, e niente, e non aveva mai pensato che essere così sola potesse essere così terrificante.

Soffocò un singhiozzo, e si allungò con le sue capacità, e spinse.

La resistenza che incontrò era inaspettata - era come se una coperta le fosse caduta sulla testa, coprendo il suo occhio mentale. C'era una corrente solida intorno a lei, sotto di lei, che si muoveva attraverso il bianco, e lei tirò forte, trascinandola nell'esistenza.

Il colore esplose intorno a lei. Non era luminoso o vivido, era smorto e grigio, ma era colore, ed era qualcosa.

Era pietra.

Fiorì in un pavimento e mura, completando il quadrato per creare una stanza intorno a lei. Era freddo e insensibile, ma c'era, ed era reale, e cadde sulle mani e le ginocchia a piangere di sollievo, e rimase lì, per terra, fino a quando non ebbe più lacrime, e l'anello stretto nella sua mano l'aveva fatta sanguinare.

*~*~*~*~*

Il vento le soffiava i capelli in faccia, ma a lei non sembrava interessare, e rise soltanto, come faceva sempre quando stava in piedi vicino alla ringhiera a quel modo, spingendosi via i capelli dagli occhi. Lo guardò al di sopra della spalla e rise ancora.

"Non ti piace qui?" chiese, stuzzicante, allungandosi a prendergli la mano e stringere le dita intorno alle sue. "È come la libertà."

Lui non disse niente, ma era d'accordo, perché il balcone del Garden sapeva davvero di libertà, e il vento che gli soffiava contro il viso era fresco e gradito. Lui le permise di attirarlo vicino fino a quando fu anche lui contro la ringhiera, la mano libera che si posava sul metallo liscio.

"Potrei stare qui per sempre" disse lei felice, chiudendo gli occhi.

"Puoi farlo" sbottò lui, prima di sapere cosa stava dicendo. Lei aprì un occhio per guardarlo pigramente, come se si aspettasse che lui avesse il broncio, e poi, quando notò la sua espressione, che doveva essere quella di un Chocobo colpito dai fari di una macchina, li aprì entrambi per guardarlo.

"Lo intendi davvero?" chiese con la voce bassa.

"Io - sì" rispose lui inciampando nelle parole, e poi lei sorrise e il sole si rifletteva sulle sue labbra ed era bellissima lì, vicino a lui, e-

*~*~*~*~*

Si svegliò sentendosi come se qualcuno gli avesse riempito la bocca di cotone.

Aveva gli occhi gonfi e doloranti, come se avesse pianto, solo che non ricordava di aver pianto, e non ricordava nemmeno altro della notte. Tutto era una confusione che gli faceva venire la nausea. Chiuse ancora gli occhi, stringendoli forte, cercando di bloccare i frammenti di conversazione che gli tornavano in mente.

"Gli Heartless hanno distrutto il tuo mondo."

Quel pensiero era troppo, e si raddrizzò, lottando contro la stretta al petto. Rendeva difficile respirare, e doloroso, e fece svariati respiri tremanti prima che le mani smettessero di tremare violentemente contro le coperte su cui giaceva.

Ci furono passi fuori dalla sua porta, e poi la maniglia vibrò leggermente, come se qualcuno ci avesse messo sopra la mano e poi si fosse fermato. Ci fu un momento di silenzio, e poi sussurri indistinti, e poi qualcuno bussò piano.

"Squall?" disse una voce timida. Quando non rispose, la porta si aprì lentamente, e Aeris infilò la testa nella stanza, con l'aspetto di una persona che in qualche modo si sentiva in colpa.

"Mi dispiace" disse automaticamente non appena incontrò il suo sguardo. "Ma Merlino voleva che ti venissi a prendere. Dice che potrebbe conoscere qualcuno che può aiutarti."

Le parole insieme lo scossero e lo rafforzarono, e spinse via il resto delle coperte, mettendosi la giacca sulle spalle dopo averla presa da terra, accanto a letto.

"Sono pronto" disse.

*~*~*~*~*

Aveva sangue secco sul palmo della mano, incrostato intorno ai solchi nella pelle che rispecchiavano quelli dell'anello, e lei lo grattò via furiosamente con l'altra mano fino a quando fu del tutto scomparso. La sua pelle era rosa e ruvida, e pulsava, ma a lei non interessava davvero il dolore, perché la teneva con i piedi per terra.

Continuava a farla sentire viva.

La stanza intorno a lei era di roccia spessa, e non era cambiata da quando si era addormentata; si spostò vero il muro più lontano e posò le mani sulle pietre. Erano fresche e solide e inflessibili. Le spinse leggermente, ma non si spostarono.

Non sapeva dove si trovava. Non sapeva come potesse non esserci niente e poi una stanza, o come potesse sentirsi ancora vagamente come se stesse fluttuando e ondeggiando in una corrente. Non si sentiva a posto, e non sapeva come sistemare la cosa.

Si lasciò sfuggire un grido strozzato e picchiò forte i pugni contro il muro, raggiungendolo inconsciamente con i suoi poteri. Ci fu un lampo di luce, e poi nulla, e all'improvviso le mani non toccavano più roccia, ma qualcosa di freddo e liscio. Aprì gli occhi e boccheggiò.

C'era una finestra, lì.

Ci fu un momento teso in cui non respirò affatto. Poteva cambiare i dintorni senza nemmeno accorgersi di star facendo qualcosa. Poteva cambiare le cose. Poteva modificare la stanza di pietra e forse persino il resto del bianco.

Sentì qualcosa di freddo sul polso, ma quando abbassò lo sguardo non riuscì a vedere niente. Allungò una mano verso l'altra, e le dita si fermarono a un centimetro dalla pelle, colpendo qualcosa di liscio. Qualcosa di duro.

Il respiro le si mozzò in gola, e si circondò il polso. Faceva tutto il giro della mano, come un braccialetto, e c'era una borchia sotto, che andava verso il pavimento. Era legato a un'altra, e un'altra, e con un grido si allontanò dalla finestra.

Erano catene.

Era prigioniera.

Non poteva vederle, ma sapeva che c'erano, e poteva sentirle contro la pelle ogni volta che si muoveva. Erano dure e rigide, e le tirò più forte che poteva, senza avere successo. Provò ancora e ancora, tirandole con tutta la sua forza, singhiozzando mentre strattonava e si agitava, eppure non riuscì a liberare le mani.

Gridò e gridò fino a farsi arrochire la voce, e poi si rannicchiò in posizione fetale sul pavimento, tremando e vomitando, e poteva sentire l'altra donna che piangeva ancora, come se fosse fuori dalla finestra appena formata e dai freddi muri di pietra, e piansero insieme, con le voci che fluttuavano nel vento. E quando svanì di nuovo nel nulla, pensò a Squall e alle sue mani nelle proprie, e poi, ancora più lontano, vide cascate.

*~*~*~*~*

Seguì Merlino attraverso le vie oscure, con il gunblade pronto, su richiesta del mago. Videro solo due creature d'ombra - "Heartless", li aveva chiamati Merlino - e queste si allontanarono immediatamente nel vederlo, sparendo nel buio.

"C'è un uomo" iniziò Merlino, controllando al di sopra della spalla come se percepisse qualcosa dietro l'angolo dell'edificio. "È qui da molto tempo, più di me. È molto... strano, ma potrebbe sapere qualcosa."

"È un'impresa disperata?" chiese Squall accigliandosi.

"Stare qui troppo a lungo può fare delle cose alle persone" spiegò il mago. C'era un luccichio nei suoi occhi che a Squall non piacque particolarmente. "Il tempo - fluisce in modo diverso, qui, devi averlo sentito. È qui che convergono tutte le strade. È come se... beh, come se fosse un posto per rifugiati, ecco."

"Rifugiati?" Squall sbatté le palpebre.

"Vengono da ogni dove" disse Merlino con un cenno del capo, e poi indicò una curva, e i due svoltarono l'angolo. Furono coperti brevemente da ombre d'inchiostro, ma nulla si mosse contro di loro. "Quando gli Heartless hanno iniziato a distruggere i mondi, la gente a iniziato a comparire qui. Il ritmo è in aumento."

"Non capisco" disse Squall, per la seconda volta da quando aveva incontrato il mago.

"No" sospirò Merlino "probabilmente non capisci. Ma presto sì."

Si fermò davanti a un vecchio edificio che Squall, al primo sguardo, aveva classificato come una semplice baracca abbandonata. Picchiò contro il legno, e per un bel po' non ci fu alcun suono all'interno della struttura. Squall si sentì lo stomaco cedere, e poi ci fu un cigolio, e la porta si spalancò.

"Merlino" disse il vecchio dall'altro lato, con il viso seminascosto dal suo mantello marrone. "Avanti."

"Questo è Squall" disse Merlino annuendo, e Squall lo seguì all'interno, con le dita ancora strette intorno all'impugnatura del gunblade. "Squall, questa è la persona che dicevo potrebbe aiutarti. Si chiama Gasper."

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 2
*** II ***


COMPRESSION WEBBING
scritta da katmillia/argle fraster, tradotta da Alessia Heartilly
Capitolo Due

"Prego, sedetevi" disse Gasper, indicando svariate sedie rovinate nella piccola stanza. Le mura avevano un odore leggermente muschiato, ma la casa era pulita, e aveva un'aura di... differenza. Sembrava vagamente un mondo diverso, come un altro tempo e un altro spazio, e Squall si spaventò scoprendo che Gasper dava la stessa sensazione. Era sconcertante, e si sedette senza parlare. Merlino lo seguì a sua volta, accarezzandosi la barba con fare pensieroso.

"Mi è stato detto che tu potresti sapere qualcosa sulla Compressione Temporale" disse infine Squall, quando sembrò che lo strano vecchio uomo stesse aspettando che lui iniziasse la conversazione. "È - è il modo in cui sono arrivato qui."

"La Compressione Temporale?" rifletté Gasper, lanciando un'occhiata significativa a Merlino, che la ignorò. "Non sono in molti a comparire qui per quello."

"Questo posto" chiese Squall accigliandosi "che cos'è esattamente?"

Gasper rimase in silenzio per un momento, sospirando e inalando profondamente come per calmarsi.

"Quando sono arrivato qui, non c'era niente" iniziò il vecchio. "Questo posto era semplicemente un'area di raccoglimento che esisteva al di fuori dei normali reami del tempo, che fungeva da guida per chi si era perso nel tempo. All'inizio non arrivava molta gente, solo le anime che occasionalmente si perdevano nei corridoi. Poi-"

"Gli Heartless" disse Merlino con un sospiro, e Gasper annuì.

"Quando hanno iniziato a divorare i mondi, sempre più gente ha iniziato a spuntar fuori qui" disse. "È facile perdersi nei corridoi del buio quando i mondi svaniscono dall'esistenza."

"Svaniscono-?" iniziò Squall, e poi tossì, incapace di continuare.

"È quello che fanno gli Heartless" aggiunse Merlino. "Consumano i mondi."

"Ma gli altri... Rinoa... loro-" farfugliò Squall, e Gasper lo fissò con uno sguardo intenso.

"È stata lei a usare la Compressione Temporale, no?" chiese l'uomo con il mantello, e Squall annuì, con il nodo nella gola che gli impediva di formare qualsiasi altra parola. Gasper sembrò pensieroso per un momento, e poi torvo. "Ci sono solo due persone che conosco che hanno usato con successo la Compressione Temporale. Il primo se l'è fatta ritorcere contro ed è stato mandato nel suo passato, e l'altra..."

Si fermò, e strizzò gli occhi come se provasse dolore.

"Cosa?" chiese Squall, la voce roca e ruvida. Non voleva conoscere la risposta, non voleva sentire la risposta, eppure, essendo arrivato fin lì, non poteva tirarsi indietro. Sapeva che non c'era modo di tornare indietro dopo quella rivelazione. Il solo pensiero lo terrorizzava.

Gasper si voltò verso di lui, con un aspetto vecchio e stanco, con le rughe profonde nei contorni del viso, gli occhi di uno strano verde dell'altro mondo.

"Ci sono... posti che esistono fuori dal tempo, e cose che esistono oltre tutti i veli mortali. Lei è lì."

*~*~*~*~*

Pensava che fosse passato molto tempo, quando si svegliò.

Si sentiva il corpo come pieno di sabbia, pesante e irremovibile, e lottò per raddrizzarsi. L'anello si era spostato, sempre appeso alla catenina, tra il collo e la spalla, e la pelle era dolorante e ruvida. Barcollò una volta, e poi riuscì a stare in piedi.

Lasciò andare un singhiozzo di sollievo quando vide che la camera di pietra e la finestra c'erano ancora entrambe, ed erano ancora intatte. Anche una gabbia era meglio dell'orrendo nulla che aveva incontrato all'inizio.

Si allungò, sperando di trovare qualcos'altro, più resistenza, più cose da creare nella realtà che stava affrontando, e lasciò andare i poteri con un grido brusco quando si accorse che c'era una barriera che la tratteneva all'interno.

Non poteva più toccare il tempo.

Si allungò di nuovo, selvaggiamente, disperatamente, perché se non poteva toccare il tempo, allora non poteva sfuggire al vuoto in cui era caduta. Poteva sentirlo, oltre una porta, ma non poteva raggiungerlo.

Era perso per lei.

"Squall" tossì, cadendo in ginocchio e piangendo di nuovo. Non poteva immaginare di essere bloccata irrimediabilmente in quella stanza, legata con catene invisibili e impotente. Senza la Compressione Temporale, non poteva tornare al suo mondo o dai suoi amici. Senza la Compressione Temporale, Squall era scomparso. Si permise di singhiozzare solo per qualche minuto, prima di fermarsi e strofinarsi vigorosamente gli occhi con i pugni. Piangere era inutile, e rendeva solo vaghi i suoi pensieri, e lei doveva pensare con chiarezza.

Aveva in fondo alla bocca un sapore di fragole e rame.

Ellione.

Se avesse potuto raggiungere Ellione, avrebbe potuto riaprire la Compressione Temporale attraverso i poteri dell'altra donna. Ma Ellione era perduta, scomparsa, dove c'erano gli altri, negati a Rinoa.

Strinse involontariamente la mano intorno all'anello, di nuovo, e il metallo le si conficcò nella pelle abbastanza forte da farle salire le lacrime agli occhi. Si sedette, spingendosi contro il muro di pietra, che era freddo e liscio, e si avvolse le braccia intorno alle ginocchia, tirandosi le gambe al petto.

Chiuse forte gli occhi, si allungò, e gridò.

*~*~*~*~*

Lo studio di Gasper era pieno di polvere e libri che sembravano non aperti da anni, e una scrivania piena di pergamene e calamai, e poi fogli che contenevano cose che Squall non riuscì a definire: progetti su uno, schizzi su un altro di un uovo rotondo con nastri fluttuanti, e veloci colpi di pennello scritti in una lingua che non sembrava affatto familiare. Lasciò che gli occhi vagassero su tutto, lo comprendessero, costringendolo a pensare ai dettagli, perché non poteva sopportare di pensare ai fatti.

Non poteva comprendere che erano tutti semplicemente scomparsi.

Sopra la scrivania c'era un'unica cornice per fotografie, con un disegno elaborato inciso nelle curve morbide del legno. C'erano due persone nella fotografia, anche se Squall era abbastanza certo che nessuno dei due fosse Gasper - una era una donna, seduta con le mani in grembo, i capelli elegantemente sistemati oltre le spalle lungo lo schienale della sedia, e l'altra persona, il maschio, aveva lineamenti troppo duri per essere il vecchio, anche da giovane. Gli occhi erano troppo duri, e il mento troppo a punta.

Squall sentì dei passi dietro di sé, ma non si voltò.

"Perché mi ha mandato qui?" chiese piano, fissando la fotografia nella cornice. "Perché qui?"

"Non penso che l'abbia fatto di proposito" disse Gasper. La voce era bassa e sembrava tirata, e lui dava l'idea di essere esausto e stanco, e vecchio oltre i suoi anni.

"Se sono finito qui, però, deve voler dire..." Squall lasciò cadere la domanda, che rimase sospesa nell'aria.

"Che è stata interrotta" terminò il vecchio. Ci fu una pausa, e Squall non poté impedire alla mano di tremare. "Credo che l'interruzione abbia mandato un'increspatura nell'incantesimo."

"Il che significa?" chiese Squall.

"È stata come una mano di gomma" spiegò Gasper, facendo scorrere le dita sui fogli che contenevano il progetto e lo schizzo dell'uovo. "L'ho già visto in passato. Ti ha catapultato qui perché non avevi altro posto in cui andare. Per lei non lo so. Probabilmente l'ha spedita oltre, nel vuoto."

"Gli altri?" disse Squall, sentendosi piccolo. Gasper scosse la testa tristemente.

"Se erano rimasti nel mondo, dubito che siano sopravvissuti."

Un silenzio pesante discese su entrambi, e la scena della scrivania negli occhi di Squall iniziò a confondersi con le lacrime. Distolse lo sguardo, lottando furiosamente contro l'emozione. Non avrebbe pianto lì.

"Le cose di cui hai parlato, le cose oltre il velo mortale - che cosa volevi dire?" chiese Squall quando sentì di poter controllare ancora una volta il tremore della sua voce.

"Gli Heartless non sono le uniche creature a consumare i mondi" disse semplicemente Gasper, anche se i suoi occhi erano scuri e in ombra, e Squall ebbe improvvisamente paura di chiedere ancora. Aspettò fino a quando il vecchio sembrò di nuovo calmo prima di interrompere il silenzio nello studio.

"Questi Heartless... possono essere fermati?" chiese piano.

"Non lo so" rispose il vecchio. Squall rimuginò sulla risposta prima di voltarsi e fare per andarsene.

"Aspetta" disse Gasper, e si allungò per prendere qualcosa dalla scrivania che era rimasto nascosto sotto una grossa pila di carte spiegazzate. Era un medaglione, fatto di metallo scintillante, con un globo rotondo in alto e una spada che lo attraversava nel mezzo. Il vecchio lo guardò solo una volta prima di porgerlo a Squall. "Prendi."

Squall ubbidì lentamente, lasciandosi cadere il medaglione nel palmo. Il gioiello era pesante e solido contro la pelle.

"Che cos'è?" chiese, facendo scorrere le dita sulla superficie liscia.

"Una volta era il marchio dell'Eroe" gli disse il vecchio, e quando Squall alzò lo sguardo c'era qualcosa di scintillante nei suoi occhi. "Forse scoprirai che significa ancora qualcosa, dopo tutto."

"È troppo tardi?" chiese Squall, con la voce che gli si spezzò. "Per Rinoa?"

"Non lo so" disse di nuovo Gasper.

*~*~*~*~*

Quella notte, seduto alla piccola scrivania nella stanza che Merlino gli aveva offerto, a casa sua, Squall sedeva a fissare il medaglione contro una superficie di legno, con il gunblade stretto fermamente in mano.

Poi, alla luce di una candela tremolante, lavorò fino all'alba per incidere una testa di leone nella liscia superficie circolare in alto.

*~*~*~*~*

Quando il Garden di Balamb viaggiava verso est sulle onde dell'oceano, il sole del mattino entrava dalla finestra di Squall, svegliandolo lentamente. Gli piaceva, anche non lo avrebbe ammesso prontamente, tornare sveglio con il calore dei raggi del sole sul viso. Gli piace il modo in cui tremolavano dolcemente sui capelli di Rinoa, facendoli brillare di toni di blu.

Si svegliò prima di lei, e rimase con la testa accanto a quella di lei, così che i suoi capelli gli solleticassero le guance, e rimase lì finché lei si svegliò, mormorando e sospirando, aprendo a malapena gli occhi per guardarlo.

"Buongiorno" sussurrò lei sorridendo.

"Buongiorno" rispose lui. Lei si voltò per guardarlo in viso, la faccia vicino alla sua, le mani che si muovevano sulle sue per poter intrecciare le dita. La sua pelle era liscia e calda, e si sporse in avanti per baciarlo dolcemente, delicatamente. Lei sapeva sempre di vento fresco e bacche mature e sale dell'oceano.

"Hai i segni del cuscino sulla guancia" disse lei ridendo, alzando la mano per far passare le punte delle dita su-

*~*~*~*~*

C'era uno strano rumore, un ululato, in distanza, come un incrocio tra un gridolino e un suono acuto. Era decisamente non umano, e le mandò dei brividi lungo la schiena, e cercò di rannicchiarsi di più contro il muro. Il pianto della donna era tornato, e Rinoa si chiese vagamente se le due cose erano legate, perché entrambe sembravano più vicine di quanto lo fossero state prima.

I muscoli gridavano per la posizione che aveva, e allungò le gambe con cautela. Il dolore le ricordò, almeno, che era reale, e che a qualche livello esisteva ancora.

Non sapeva quale fosse quel livello.

Si alzò tremante ed evitò il muro con la finestra, perché sapeva che sia la donna che la creatura urlante erano in quella direzione, e non voleva incrociarle. Invece si voltò verso il muro sul retro. Quando lo fece, il respiro le si mozzo in gola.

C'era una porta là.

Non c'era mai stata una porta prima, e non osò avvicinarsi per almeno dieci minuti. Dopo che fu passato del tempo senza che nulla entrasse dal portale, né si fosse mosso o avesse cambiato forma, si sentì abbastanza sicura da allungare le dita e posarle sulla maniglia. Era di ottone, e rovinata, come se fosse stata molto usata, e non la scioccò quando la toccò.

Fece girare la maniglia, e aprì cautamente la porta.

Non c'era nulla tranne il bianco che si allungava davanti a lei. Sentì il petto stringersi dolorosamente, e deglutì forte, e poi mise esitante un piede oltre la soglia per vedere se il nulla aveva lo stesso terreno su cui ricordava di essersi svegliata.

Non appena il piede toccò la barriera, il colore fiorì come prima, formando un corridoio che si espandeva a circa un metro da lei. Era fatto della stessa pietra della camera, e nulla più, e lo fissò scioccata prima di poter registrare qualunque altra cosa.

Strinse le mani a pugno lungo i fianchi e iniziò a camminare.

Ogni passo stimolava nuove pietre a ribollire d'esistenza, e quando arrivò in fondo al corridoio, scintillava di essenza nella sua interezza, dietro di lei. Si voltò, guardando le finestre sul lato destro. Il soffitto era fatto di contrafforti ad arco, gli stessi -

Gli stessi archi della festa di promozione SeeD al Garden.

Non sapeva cosa significasse. Non sapeva nemmeno come fosse possibile. Ma c'era un'altra porta davanti a lei, e sapeva che avrebbe guadagnato poco indugiando su strane coincidenze nella sua strana realtà.

Quindi aprì la seconda porta e la attraversò.

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 3
*** III ***


COMPRESSION WEBBING
scritta da katmillia/argle fraster, tradotta da Alessia Heartilly
Capitolo Tre

Dopo alcuni giorni, Squall iniziò a sentirsi più a suo agio a casa di Merlino, e fu in grado di dormire senza avere il suo gunblade sistemato tra il materasso e le molle, anche se teneva sempre intorno al collo il medaglione che gli aveva dato Gasper.

La ninja bruna lo trovò una mattina, mentre saltellava con un'energia quasi irritante.

"Merlino vuole sapere se ti piacerebbe venire a caccia con noi, oggi" disse.

"A caccia?" chiese Squall, incuriosito.

"Gli Heartless" chiarì Youffie, sorridendo e allungando una mano davanti a sé. "Li hai visti da queste parti, tendono ad aggirarsi nel Terzo Distretto. È il nostro lavoro liberarci di loro."

"Io -" iniziò Squall, e poi si fermò, guardandosi le mani. Le creature d'ombra erano responsabili della distruzione del suo mondo e della perdita di Rinoa, ed erano, nonostante tutti i loro difetti, il legame tra lui e ciò che era successo. Annuì una volta e si alzò lentamente, con le dita che si avvolgevano con facilità intorno all'impugnatura del gunblade. "Va bene."

"Bene!" esclamò la ragazza, lasciando la stanza con svariati passi saltellanti. Squall attese fino a quando tornò con l'uomo scontroso con i capelli biondi e la sigaretta tra le labbra, e poi lei uscì dalla porta principale con gli shuriken in mano, con l'aspetto, per tutto il tempo, di una bambina che entra in un negozio di dolci, con gli occhi luminosi spalancati e alla ricerca.

Trovare le creature non fu difficile, e Squall scoprì che tagliarle con il gunblade, anche se sapeva che si sarebbero riformate altrove, e anche se sapeva che tutto quello che faceva era rimandare l'inevitabile, era bello. Era normale. Era come allenarsi sudando nel Centro Addestramento sotto le impietose luci al neon, come vagare nei campi di Esthar con l'arma in mano. Era come il suo passato e il suo futuro tutti mescolati in un'unica cosa.

Gli piaceva.

Gli dava uno scopo.

I tre tornarono tardi, quel giorno, esausti e sfiniti, e mangiarono la cena in silenzio, e poi Squall uscì di nuovo, da solo, con il gunblade sulla spalla.

Se combattere con le creature gli dava uno scopo, lo avrebbe fatto il più possibile.

*~*~*~*~*

Rinoa si trovò su un balcone, che dava sull'oscurità vorticosa. Non c'era nulla oltre alla ringhiera a parte il vuoto, e lei aveva paura di avvicinarsi, in caso ci fosse una voragine in cui cadere. Ma l'ombra increspata oltre il balcone somigliava all'acqua sotto al Garden di Balamb, e il balcone aveva proprio la forma di quello che lei preferiva nell'edificio mobile.

Ancora non sapeva cosa significasse.

La porta ad arco e i muri di pietra sembravano abbastanza solidi, e si mosse lungo la loro estensione con le dita che sfioravano le superfici lisce, solo per essere sicura. Sembrava che, mentre lei si muoveva, la struttura intorno a lei si costruisse, e iniziava a somigliare a una villa crollata.

A un castello.

Lasciò cadere le mani lungo i fianchi. Non c'era vento sul balcone, niente brezza a soffiarle tra i capelli, ma sembrava proprio lo stesso dei suoi ricordi del Garden. Oltre la ringhiera, poteva sentire la donna piangere ancora, più vicina stavolta, più chiara e precisa. Voleva raggiungerla, ma sapeva di non poterla toccare. C'era di nuovo un velo, che la bloccava, che tratteneva i suoi poteri.

Si voltò e tornò all'interno del corridoio.

Muoversi nel castello fu una cosa lenta, perché aspettava dopo ogni passo che la pietra e la calcina si materializzassero. Non sapeva se, correndo, sarebbe emersa retroattivamente, e non voleva spingersi ad affondare nel nulla bianco. Faceva ogni movimento con lentezza e sicurezza, passo dopo passo, permettendo ai dintorni di fiorire intorno a lei. Era più sicuro così, e più semplice, e le permetteva di esaminare ogni nuovo metro quadro della struttura.

C'erano svariati corridoi in più che si sviluppavano sotto i suoi piedi, e poi una scala a chiocciola. Guardò in basso le scale, o almeno quello che erano diventate, dal ballatoio in cima. C'era un altro corridoio che andava a sinistra, e un altro a destra, e poi giù dalle scale, il che le dava tre possibilità. Non sapeva quale scegliere per prima.

Non sapeva nemmeno se aveva importanza.

Si guardò sopra la spalla, e poi di nuovo giù, le scale. Poteva completare il realizzarsi del livello superiore prima di avventurarsi di sotto, giusto nel caso che, una volta scesa al livello più basso, non potesse più tornare. In un certo senso, le dava più controllo sulla realtà in cui si trovava. Alzò un piede, e poi rifletté di nuovo, e poi fece due passi indietro, così da essere nel centro del corridoio.

Sentendosi leggermente più forte, si strinse i pugni lungo i fianchi, e andò a sinistra.

*~*~*~*~*

Sognò Rinoa quella notte.

La vide ballare nel suo vestito bianco, sulla pista al Garden di Balamb, con le braccia aperte. Aveva ali - bianche ali luminose che si allungavano in entrambe le direzioni e si curvavano leggermente quando si muoveva. Lei girò e girò e girò fino a quando lui non riuscì a vedere più i suoi lineamenti, solo una confusione di colori, e poi lei era scomparsa, e così anche la pista del Garden, rimpiazzata da fiori.

Riconobbe il campo fiorito all'orfanotrofio. La scena era la stessa di quando si era perso nella prima Compressione Temporale, con i petali che volteggiavano in aria, e la luce del sole che pioveva già sull'erba ondeggiante. Lei era lì, con il suo abito azzurro, le mani strette davanti a sé. Gli servì un minuto per rendersi conto che lei stringeva l'anello.

La chiamò, e lei si voltò, e all'improvviso le sue ali non erano più bianche ma rosse, rosso sangue, così scure che erano quasi nere, e lui assaporò spezie amare e birra calda mischiata alla paura di rame. Ebbe un brivido lungo la schiena, che lo fece tremare involontariamente, e poi sentì ridere, una risata stridula e delirante, ed era così familiare, così ovvia, solo che non riusciva a capire cosa fosse, e poi tutto era scomparso.

Si svegliò lottando per respirare, fradicio di sudore freddo.

Non gli importava che ora della notte fosse. Si buttò addosso la giacca e andò a cercare Aeris.

*~*~*~*~*

Si svegliò con un dolore atroce alla testa, e sollevò una mano per posarsi le dita sulla tempia pulsante. Ricordava di aver combattuto nel Centro Addestramento, con l'arma che affondava nella carne di svariati Grat, e poi c'era stato un ruggito e un tremore del terreno, e poi tutto era diventato buio. Grugnì una volta quando sentì la rigidità e il dolore in braccia e gambe, e poi aprì con cautela un occhio.

Era nella stanza bianca in fondo alla sezione medica, sotto lenzuola beige. Uno sguardo all'angolo della stanza le rivelò Squall mezzo seduto e mezzo coricato sulla sedia, la testa contro il muro, gli occhi chiusi. Sorrise, incapace di trattenersi.

I suoi movimenti dovevano averlo svegliato, perché borbottò qualcosa e alzò la testa con fare assonnato, sbattendo le palpebre svariate volte prima di guardarla.

"Hey" disse dolcemente lei, tirandosi su a sedere. Le braccia urlarono, ma sedersi era bello, e le schiarì un po' la testa. Squall si raddrizzò, grattandosi la nuca.

"Come stai?" le chiese, e lei scrollò le spalle.

"Sono stata meglio" sospirò lei, poi fece un cenno verso la sedia su cui era seduto lui. "Sei stato lì tutta la notte?"

"Già fatto prima" mormorò, sembrando timido e imbarazzato, e lei sorrise ancora, ripensando alle storie che gli altri raccontavano su quando lei era rimasta priva di sensi per settimane.

"Già" rispose, e lui si chinò su di lei, allungando la mano per prendere la sua tra-

*~*~*~*~*

"Un sogno?" chiese Aeris, sbattendo le palpebre per la sorpresa.

"Non era solo un sogno" disse Squall, appoggiandosi allo stipite della porta. "So che non lo era. Era... qualcos'altro. Visioni o una cosa così."

La ragazza si accigliò.

"Non lo so, forse erano rimasugli nella tua memoria, o forse..." Le linee sulla sua fronte corrugata non scomparvero, ma lo spinse dentro la stanza e chiuse la porta dietro di lui. Si avvicinò lentamente alla sua scrivania, con l'aspetto di una persona che riflette attentamente. "Forse la Compressione Temporale c'entra qualcosa."

Si fermò improvvisamente e si voltò a guardarlo.

"Perché sei venuto da me?" chiese, e Squall abbassò lo sguardo sulla mattonella di legno sotto ai suoi piedi, sentendosi stupido.

"Gli altri hanno detto qualcosa su di te e una forza vitale o un flusso o una cosa simile" borbottò. "Pensavo - pensavo che potresti sapere cose come queste."

Lei non rispose, ma non sembrò nemmeno particolarmente scocciata, e Squall lo prese come un buon segno. Iniziò a camminare di nuovo, picchiettandosi inconsciamente il dito sul mento a ritmo regolare e costante. Lui la guardò muoversi per svariati minuti fino a quando lei si voltò di nuovo a guardarlo.

"Ci potrebbe essere una connessione tra voi," disse lei infine.

"Una connessione?" ripeté Squall, e lei annuì, con la treccia che ondeggiava dietro di lei.

"Se è stata interrotta a metà di un incantesimo su di te, allora forse il ponte magico tra di voi non è stato del tutto spezzato" spiegò, e si mosse verso di lui, posandogli le mani su ciascun lato della testa. "È possibile che l'interruzione abbia semplicemente indebolito il legame, e tu sia ancora intrappolato nella sua energia. Potrebbe spiegare i sogni, almeno."

"Ho sentito qualcosa durante il sogno" ammise Squall. "Come un sensazione. Un fremito."

"Potrebbe essere un residuo" rifletté Aeris chiudendo gli occhi. Sembrava che si stesse concentrando, ma non disse altro, e ci fu un momento di calma prima che Squall continuasse.

"E se fosse un avvertimento?" chiese lui, ignorando il groppo in gola. Un occhio smeraldo si aprì, guardandolo duramente.

"C'è probabilmente poco che tu possa fare, anche se lo è" disse lei, la voce dolce. Sembrava che si scusasse, e Squall non lo voleva particolarmente. "Non posso ricreare l'incantesimo, e non c'è modo di ricollegare la connessione interrotta. Non so dov'è adesso."

Nel vedere l'espressione di Squall, i suoi lineamenti di addolcirono in un'espressione di empatia e preoccupazione.

"So che è difficile" disse, lasciando cadere le mani. "Solo che non so se posso fare qualcosa."

Impaurito dalla stretta al petto, lui si alzò e fece per andarsene, desiderando tornare ai confini del sonno, così che il peso schiacciante della sua perdita gli venisse tolto dalle spalle.

"Aspetta" lo chiamò lei quando fu vicino alla porta della camera da letto, e lui si voltò a guardarla. "Ci potrebbe essere un modo di usarlo."

"Usarlo?" chiese lui.

"Se è un avvertimento" disse lei avvicinandosi, le mani incrociate davanti a sé. "Potresti usarlo. Usare la sensazione. Se siete ancora legati tramite l'incantesimo, ci saranno degli effetti che persistono. Puoi coltivarlo per farlo agire come un avvertimento o una specie di segnale. Forse per avvisarti della presenza degli Heartless?"

"Pensi che funzionerà?" chiese lui, avendo paura di sperare.

"Gli Heartless sono il legame, vero?" disse lei, riecheggiando i precedenti pensieri di lui, con gli occhi luccicanti nella luce fioca della candela. "Dovresti usarlo."

*~*~*~*~*

Sapeva che il castello era inerente ai suoi ricordi - gli archi del salone da ballo del Garden, il balcone fuori dalle aule - ma non si aspettava, né aveva voluto, che ne venissero usati altri. Sembrava di cattivo gusto e crudele e disperato, ma lei era lì comunque, in piedi sul bordo dello studio di suo padre, illuminato da candelieri luccicanti, con i muri pieni di dipinti con cornici di oro. Le mani le rimasero premute sulla bocca, con il respiro irregolare e zoppicante, fino a quando trovò la volontà di muovere le gambe e viaggiare nella stanza.

Era proprio come lo ricordava, l'ultima volta che c'era stata, quando suo padre fumava la pipa e lei aveva un libro sotto il braccio. C'erano due livelli, con una scala ricurva nel centro, e poi un'area aperta sotto il punto in cui si trovava la scrivania di suo padre. Passò accanto a una delle ringhiere, e poté sentire l'odore dolce del tabacco da pipa. Il ricordo la soffocò, confondendo la scena, e dovette fermarsi a ricomporsi prima di poter continuare.

Si avvicinò lentamente al muro più lontano del livello più alto, e si rese conto che le tele all'interno delle cornici dorate erano nere e vuote.

Confusa, e leggermente innervosita, andò dalla prima e toccò la cornice. Era dura e solida e liscia, e lasciò scorrere le mani sull'esterno, confermando che era davvero reale.

Quando toccò la tela, poté sentire la parola echeggiarle in mente.

Ignus.

Fuoco.

Fece un passo indietro, sull'orlo del panico. Senza alcun avvertimenti, i ricordi e le immagini la travolsero, avvolgendola. Ifrid era stato il primo GF che aveva mai avuto in Junction, e poteva ancora sentire il potere elementale che le bruciava nelle vene, raccogliendosi sulle punte delle dita.

Ifrid.

Le immagini sulla tela fiorirono dal centro, riempiendo il nero con sfumature di arancio e oro, espandendosi proprio come faceva il castello di pietra intorno a lei, e dopo un momento fissava un dipinto vero invece che una cornice vuota. Raggelata, si avvolse le braccia intorno al corpo, fissando le pennellate vorticose di pittura.

Dopo un po', divenne evidente che non sarebbe cambiato altro sulla superficie ruvida della tela, e si spostò lentamente alla successiva, che era uguale alla prima e piena solo di nero. Esitò, perché aveva quasi paura di vedere cosa avrebbe portato la prossima, e poi sfiorò la superficie con la punta delle dita.

Inandantia.

Inondazione.

Leviathan.

Si ritrasse, guardando il colore allargarsi sulla tela, e poi si mosse alla successiva, ripetendo il procedimento.

Inaudax.

Codardia.

Zone.

Non poteva distogliere gli occhi dal dipinto, anche se non dipingeva il viso di Zone. Invece, stava dipingendo una vaga scena astratta nel vagone dei Gufi del Bosco. C'erano confusioni di colori accanto alla porta - Watts, e confusioni di colore vicino alla scala sul fondo - lei, oh Dio, il blu era lei...

Soffocò un singhiozzo e si gettò indietro, picchiando forte la schiena contro la ringhiera, che le mandò fitte di dolore lungo la spina dorsale. Tutti i dipinti avrebbero contenuto i suoi ricordi, i suoi pensieri?

Il suo passato?

Si guardò intorno nella stanza, allora, le scale e i dipinti neri allineati sul muro anche del livello più basso, e pensò che fosse dolorosamente ironico che le cose che la rendevano chi era, che la rendevano sbagliata per lui, sarebbero finite e a decorare i muri della copia del suo studio.

E sapeva, nel profondo, che non aveva altra scelta se non continuare.

Così lo fece.

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 4
*** IV ***


COMPRESSION WEBBING
scritta da katmillia/argle fraster, tradotta da Alessia Heartilly
Capitolo Quattro

"Ha ragione" disse Merlino accarezzandosi la barba. "I rimasugli di un incantesimo persistono ancora intorno a te."

"Possiamo tracciarli?" chiese Squall. "Possono portarci da Rinoa?"

"No" disse Merlino, con un'espressione di scusa quando il viso di Squall si rabbuiò. "Sono stati recisi, e adesso sono semplicemente intorno a te. Ma possiamo usarli, Aeris ha ragione."

"Per cosa posso usarli?" domandò, deglutendo forte.

"Avvertimenti" spiegò Aeris da dietro di lui, incoraggiandolo. "Sentimenti."

"La magia può cogliere cose" annuì Merlino, pensieroso. Camminò per la stanza svariate volte, con i piedi che strascicavano contro il pavimento di legno, e poi si fermò davanti a una delle grosse librerie vicino al muro in fondo. Posò la mano sui dorsi dei tomi, e borbottò piano tra sé, fino a quando si abbassò e ne estrasse uno, facendo scorrere le pagine logore. "L'energia persistente può cogliere emozioni, come rabbia o furia. Usare una cosa del genere può aiutare a identificare i nemici prima che tu sappia che ci sono."

"Gli Heartless?" chiese Squall, sbattendo sorpreso le palpebre. "Hanno emozioni?"

"Hanno aggressività" disse dolcemente Aeris.

"Potrebbe - potrebbe cogliere altre sensazioni?" chiese Squall, abbassando la testa per fissarsi le mani, che si aprivano e chiudevano mentre le teneva in grembo. Ci fu un momento di silenzio, e poi Aeris si allungò e gli mise dolcemente una mano sul braccio. Le sue dita erano calde e morbide. Si chiese come fosse possibile che lei potesse irradiare tanta pace.

"Non penso che lei sia qui" disse lei, con la voce molto bassa. "Le probabilità che lei spunti qui, attraverso i corridoi... non sono alte."

"Ma, sì" disse Merlino, accigliandosi, rispondendo alla domanda. "Potrebbe cogliere anche altre sensazioni."

Squall ricordò il formicolio che gli aveva percorso la schiena per il sogno su Rinoa, e cercò di immaginarlo ancora. Il sapore di rame sul fondo della bocca era il suo legame con lei.

Si permise di affondare il viso nelle mani, e nessuno nella stanza si mosse per svariati minuti, fino a quando la porta si spalancò e Youffie saltò dentro, tutta energia e allegria e shuriken stretti rigidamente tra le dita.

"È ora della caccia!" annunciò, e Squall non era mai stato più contento di prendere il suo gunblade e seguirla fuori dalla porta, e mentre gli Heartless gridavano e si accartocciavano intorno alla sua spada, sentì una feroce ondata di orgoglio.

*~*~*~*~*

Rinoa fissò l'immagine finale che adornava le mura dello studio. Era più grande delle altre, e nera come la notte, con la cornice che sembrava vecchia e rovinata, con frammenti di pittura dorata che venivano via. Non la toccò per molto tempo. Tremava ancora per gli altri dipinti che erano sbocciati all'esistenza davanti a lei - ricordi, e pensieri, e - Squall.

Soffocando un singhiozzo frustrato, si allungò e fece scorrere leggermente il dito sulla tela.

Non c'erano parole ad accompagnare quel dipinto; invece l'immagine svanì semplicemente alla vita dalle ombre buie. C'era un muro che sembrava fatto di pietra, e un sentiero di sassolini, e poi c'erano fiori e erba che ondeggiava e -

Non poté trattenere il secondo singhiozzo che le lacerò il petto, e si mise entrambe le mani sulla bocca. Era il campo fiorito. Era il campo fiorito.

Doveva incontrare Squall, lì.

Il dipinto si confuse davanti a lei, ma poteva ancora vedere il corpo rannicchiato tra i fiori, e somigliava proprio a Squall quando l'aveva trovato dopo la prima Compressione Temporale, quando aveva pensato che lui fosse perso e che non lo avrebbe mai trovato, e non capì se la persona stava semplicemente dormendo, o peggio.

Fece svariati passi indietro e quasi inciampò in un buco tra le assi del pavimento. Lo studio sembrò spostarsi all'improvviso, come intrappolandola con i suoi ricordi, pensieri che non avevano altro scopo di darle dolore adesso, e cercò freneticamente un'uscita, con le lacrime che le volavano via dalle guance nei movimenti. C'era qualcosa di stranamente stretto nel suo petto, come qualcosa che avrebbe dovuto ricordare, qualcosa di familiare, ma non sapeva cosa fosse, e si stava mescolando alle sue grida.

Trovò la porta alla sua destra, e gettò solo un'ultima occhiata piena di lacrime al grosso dipinto prima di uscire a tutta velocità, e sentì la donna piangere dietro di lei, singhiozzi da spezzare il cuore che echeggiavano nella stanza.

Vide solo fugacemente le parole che si erano incastonate sotto il fondo della cornice, e l'immagine si fece stranamente scura, come se i colori le fossero stati tolti.

Vividarium et Intervigilium et Viator.

Nel giardino riposa un messaggero.

I singhiozzi della donna rimasero nella stanza mentre lei scappava.

*~*~*~*~*

"Penso che la tua magia possa essere un come po' come l'aura" gli disse Aeris qualche giorno dopo a colazione, mentre lui fissava la sua tazza ancora piena di caffè. Lui alzò lo sguardo su di lei, confuso.

"Cosa?" chiese. Lei prese la sedia accanto a lui e si sedette, posando il mento su una mano.

"Ho fatto qualche ricerca" disse con il suo piccolo e morbido sorriso. "I rimasugli magici degli incantesimi possono spesso manifestarsi come aura. Qualsiasi cosa può crearne una sulle persone - emozioni, cambiamenti, energia mistica, qualsiasi cosa. E forse la tua funziona così. Ti permette di vedere cose perché è mescolata alla tua essenza."

Lui scosse la testa per mostrare che ancora non capiva, e lei si mise le mani lungo i fianchi, sembrando pensierosa per un minuto.

"Le auree sono colori" disse infine. "Tutti hanno un colore che rappresenta loro e il modo in cui pensano e agiscono."

"Puoi vederle?" le chiese.

"A volte" rispose lei scrollando le spalle. "Quando lavoro con la magia."

Lui la guardò, e lei sorrise ancora.

"Tu sei tutto dorato" gli disse, rispondendo alla sua domanda silenziosa. "Tutto luce."

"Il buio è male?" chiese.

"Non sempre" disse lei, e lui tornò a guardare il suo caffè. "Alcune persone con il buio possono essere anche luce."

Non era sicuro di voler sapere perché sembrasse così vero.

*~*~*~*~*

Si trovò in piedi in un corridoio molto scuro, con il ritmo regolare di uno sgocciolio d'acqua proveniente da un punto alla sua destra. Per molto tempo tenne una mano saldamente contro il muro, perché la teneva in equilibrio e con i piedi per terra, e non sapeva cosa stesse aspettando nelle ombre che si allungavano davanti a lei.

Quando non sentì niente a parte il rumore delle gocce, fece un tremante passo avanti, e si avventurò nell'ignoto.

Non era largo quanto si era aspettata, e arrivò a un muro entro pochi minuti. Era scivoloso, come se fosse coperto di gelatina e fango, e c'erano protuberanze, fatte di pietra come il resto del castello.

Lo seguì fino a quando arrivò molto vicina all'acqua gocciolante, e poi, abbastanza improvvisamente, il muro si interruppe e lei fu quasi spinta avanti. C'era un'apertura, una porta, e lei toccò con le mani davanti e intorno a lei prima di attraversarla.

Si aspettava un'altra stanza.

Quello che trovò fu l'ennesimo muro a pochi passi dalla porta. Mantenne le dita su di esso e si mosse intorno, in un quadrato, seguendo gli angoli e i muri adiacenti, fino a quando tornò alla porta da cui era entrata. Mentre si muoveva leggermente a sinistra, solo per assicurarsi che fosse la stessa cosa dall'altro lato, colpì con il piede contro qualcosa di metallo, e fece un gran rumore sul pavimento di pietra.

Era metallo. Sembravano catene.

Era in una cella.

Perché c'era una cella?

Si voltò e corse, perché non voleva sapere perché ci fosse una stanza del genere, e non voleva affrontare cosa significasse. Superò le porte che portavano allo studio ed entrò in una grande stanza da ricevimenti aperta. C'erano scale, e un candeliere, e lei le sorpassò tutte, terrorizzata e tremante, con una sensazione di bruciore agli occhi.

C'era una grossa porta a due battenti alla fine del corridoio, e sembravano porte esterne. Sembravano una via d'uscita.

Le spinse da parte più forte che poteva e le superò di corsa, solo per sentire uno strattone ai polsi che la tirò, fermandola, e la mandò a ruzzolare all'indietro sui gradini di pietra sotto di lei. Guardò all'interno, e poté sentire le catene ai polsi, e le tirò con tutta la sua forza.

C'era circa una dozzina di gradini di pietra, e poi c'erano solo colori che vorticavano. I colori canticchiarono e si mossero e superarono il suo campo visivo, come se fossero vivi, come piccole lucciole che luccicavano come un arcobaleno. Lei le fissò, una mano ancora intorno alla catena invisibile, e poi guardò oltre, oltre i vortici e le onde e le increspature.

Sotto di loro, molto, molto sotto di loro, c'erano fiori.

Era il campo fiorito. Era il suo campo fiorito.

Lei tirò e tirò, ma le catene non si spostarono, e il suo giardino la stava aspettando, Squall la stava aspettando, proprio sotto i gradini, solo che lei non poteva raggiungerli. Cadde all'indietro sulla pietra con un grido rauco, mordendosi il labbro così forte da farlo sanguinare, e non pianse. Non fece proprio nulla. Rimase stesa lì e basta, con la testa contro il gradino in alto, desiderando che il suo respiro affaticato e doloroso finisse semplicemente.

Per molto tempo, non vide nulla.

*~*~*~*~*

"La madre di Zell vive qui, giusto?" chiese lei, avvolgendo le dita intorno alle sue. La brezza era calda e piacevole e giocava con i capelli di lui, spingendogli delle ciocche davanti al viso. Una donna sorrise mentre superavano i muri di pietra bianca.

"Indietro, vicino al negozio" rispose lui attirandola più vicina.

"Penso che sia bello qui" disse lei. Quando lui la guardò, sembrava lontana e sognante. "Sarebbe bello vivere in una città pacifica come questa, accanto al mare."

Si voltò verso di lui, con gli occhi improvvisamente luminosi e grandi.

"Ti piace l'oceano?" gli chiese.

"Non ci ho mai pensato davvero" ammise lui, e per qualche motivo lei lo trovò divertente, scoppiando in una risata scintillante. Prima di smettere, gli mise un braccio intorno alla vita, chiudendo le dita intorno al tessuto della giacca.

"Oh, Squall" sospirò, con la risata che svaniva. "Tu proprio non-

*~*~*~*~*

Sognò ancora Rinoa quella notte. Gli stava sorridendo dolcemente, come se sapesse qualcosa che lui non sapeva, come se fosse in pace, e poi, mentre lui cercava di trovare le parole da dire e non riusciva a far andare nulla oltre la gola, lei si allungò verso di lui e lasciò scorrere le dita sulla sua guancia. E poi sorrise ancora, e le sue ali divennero scure, e la scena divenne in ombra, e si svegliò alla luce della luna che pioveva sulle lenzuola.

Saltò su seduto, respirando a fatica, e gli ci vollero svariati minuti per calmare il cuore in corsa. Non sapeva cosa significasse il sogno. Non sapeva se avesse qualcosa a che fare con i rimasugli magici che volteggiavano ancora intorno a lui.

Ma ricordava cosa gli aveva detto Gasper. Rinoa lo aveva mandato via per farlo stare al sicuro. Lo aveva protetto.

Voleva che lui stesse bene.

Le mani gli tremavano quando raccolse la giacca da terra, dove l'aveva gettata tra il bordo del materasso e le gambe della scrivania di legno contro il muro. Lasciò che le dita accarezzassero la pelle e scorressero sul colletto di pelo, e poi si alzò dal letto e si sedette alla scrivania.

Era coperta di pezzi rovinati di carta sparsi qua e là, e una penna ad inchiostro, e prese uno dei fogli che sembravano più lisci e iniziò a disegnare. Aveva solo la sua memoria su cui basarsi, ma conosceva le forme a memoria, conosceva le curve e i bordi morbidi. Il suo disegno era tremolante a dir poco, ma non pensava che importasse.

Lo lasciò con la sua giacca fuori dalla porta di Aeris con una latta di pittura che aveva trovato nel garage dell'aeronave, e di cui sperava che Cid non notasse la mancanza.

*~*~*~*~*

La mattina successiva, la giacca era appena fuori dalla sua porta, e c'erano due ali rosse dipinte sulla schiena.

*****
Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 5
*** V ***


COMPRESSION WEBBING
scritta da katmillia/argle fraster, tradotta da Alessia Heartilly
Capitolo Cinque

Corse.

Scappò dagli scalini, e dall'immagine dei fiori di Edea che fluttuavano al di sotto della sua portata, e non voleva sapere niente della cella, o dei dipinti nello studio, o del grosso candeliere di vetro appeso nella sala per ricevimenti. Non poteva pensare alle manette che la incatenavano alla prigione, né al pianto della donna appena oltre il velo, e non poteva pensare, non poteva immaginare perché tutto andasse perfettamente a posto intorno a lei.

E quindi corse, perché era l'unica cosa che poteva fare, fino a quando raggiunse quello che sembrava un giardino esterno, con una fontana nel mezzo. Ci corse dentro, non interessandosi dei piccoli rumori di bolle che arrivavano, né del profumo dolce che indugiava lì anche se non c'erano fiori in vista. La attraversò correndo, oltre la fontana, e si curò poco dell'acqua sui sassi.

Avrebbe dovuto notarla, perché scivolò, e prima di saperlo il terreno si affrettava a incontrarla, e una delle dita afferrò la catenina intorno al collo, rompendola con un rumore ben percettibile di metallo che incontra la roccia, e poi era a faccia in giù nella pozzanghera, bagnata, a sputare.

Tossì l'acqua fredda e la sputò, con i capelli umidi davanti agli occhi, che le si incollavano al viso. Alzò una mano per prendere la catenina - e scoprì che era scomparsa.

"No" sussurrò, alzandosi bruscamente a sedere, inginocchiandosi nelle pozzanghere, tastando nell'acqua con le mani nel disperato tentativo di trovare l'anello che riposava contro il suo collo. Quando non riuscì a trovarlo, si girò, con il cuore che batteva selvaggiamente e il respiro veloce e irregolare, e poté sentire le lacrime che le pizzicavano di nuovo gli occhi. "No!"

Non era nella pozzanghera davanti a lei, né in quella vicino a lei. Trovò pezzi rotti della catenina che galleggiavano, e grossi pezzi annidati nelle pietre sottostanti, ma non l'anello. Iniziò ad agitare più velocemente le mani nelle pozzanghere, sperando di sentire qualcosa, sperando di incontrare con il dito il metallo familiare.

"No!" singhiozzò di nuovo, con le urla che le esplodevano dalla gola. "No, no!"

Si era voltata del tutto, e non c'era.

"Squall" tossì, boccheggiando. "Squall, no, Griever!"

Non riusciva più a vedere per le lacrime che le offuscavano la vista, e picchiò forte i pugni contro le pietre, spruzzandosi d'acqua le braccia e il viso. Gridò, e urlò, e pianse, colpendo il terreno ancora e ancora fino ad avere le mani rosse e doloranti. Rabbrividì e tremò e inizio a spingere con la sua magia, il più lontano possibile, spingendo contro i muri di pietra intorno a lei. Non le interessò quando il terreno sotto di lei iniziò a scuotersi, o quando le rocce dei muri si schiacciarono rabbiosamente l'una contro l'altra, continuò solo a spingere e spingere, e poi, bruscamente, tirò.

Ci fu uno strano 'pop' davanti a lei, e poi la sensazione di un respiro caldo sulla nuca, e poi, crescendo d'intensità, un ringhio.

Smise di muoversi, terrorizzata, sentendo il sapore del sangue in fondo alla bocca, con le mani ferme a mezzo movimento sulle pietre. Per un lungo momento, non osò alzare lo sguardo, e riuscì solo a tremare di orrore assoluto.

C'era un mostro vicino a lei.

Spostò velocemente gli occhi a sinistra, dove non c'erano artigli o piedi sul terreno, ma solo un'ombra. Stava fluttuando.

Quando non fu istantaneamente scioccata o pugnalata o resa immobile, alzò lentamente la testa, con i capelli sciolti ancora incollati alle guance e alla fronte, e la creatura scivolò nel suo campo visivo.

Sembrava - sembrava un leone.

*~*~*~*~*

Andò di nuovo a trovare Gasper, dopo un po', dopo che sentì di avere la sua angoscia e il suo dolore sotto controllo. Il vecchio non sembrò sorpreso di vederlo, e aprì la porta per lasciarlo entrare.

"Indossi il medaglione" disse l'uomo, indicando con la testa il petto di Squall, dove il medaglione brillava alla luce della candela. Non fece parola delle modifiche, e Squall immaginò che approvasse. Si sedette su uno dei divani, affondando profondamente nei cuscini.

"Penso-" iniziò, e poi scosse la testa. "Mi rendo conto adesso che lei - è..."

Gasper sollevò un sopracciglio, ma non disse nulla, e Squall dovette fare un respiro profondo per continuare.

"È scomparsa" terminò infine, e le parole sembrarono un rantolo, come un pugno nello stomaco. Dirle le faceva sembrare reali, le rendeva davvero reali, e non si era reso conto di che shock sarebbe stato. "Non è qui."

"No" concordò Gasper, con un'espressione triste. "Ma sarà sempre con te."

"E non - non c'è modo che appaia?" disse Squall, anche se la frase si trasformò in una domanda quando la voce si alzò, e si sentì un bambino piccolo, che sperava di avere la risposta che voleva. Ma il vecchio dall'altra parte scosse solo la testa, con il mantello marrone raccolto intorno alle braccia, e Squall lasciò che le spalle gli si curvassero di nuovo in avanti.

"Lei è oltre il tempo, adesso" gli disse delicatamente Gasper.

"Può vedermi?" chiese Squall.

"È improbabile che lei tenga dei legami con te, dopo la Compressione Temporale" sospirò il vecchio, spostando leggermente il peso. "C'è troppo tra voi, adesso. Troppi posti e troppi tempi. Ma non so se può o non può vedere questo posto. È possibile che possa vedere sia tutto che niente."

Squall si morse il labbro inferiore così forte da sentire il sapore metallico del sangue sulla lingua.

"E - voleva che io fossi al sicuro" disse.

"Sì" affermò Gasper. I suoi occhi scintillavano di qualcosa che Squall non riuscì a descrivere, luccicavano nella luce tremolante della candela. "Sì."

Ci fu un silenzio prolungato, e Squall si perse nei suoi pensieri, si perse nei suoi ricordi, guardandosi le mani che aveva posato sulle gambe. Dopo un po', Gasper si spostò ancora e si schiarì la gola con fare assente, e poi, quando Squall alzò gli occhi per incontrare quelli del vecchio, scrollò leggermente le spalle.

"Il tempo è una faccenda spinosa" spiegò, guardando lontano. "A volte puoi cambiarlo, e cambia solo una cosa. A volte, puoi cambiarlo e cambia tutto. I tempi e i mondi sono interconnessi. Alcune cose che esistono in uno non esistono nell'altro."

"Non capisco" disse Squall.

"No" sospirò Gasper. "Nemmeno io."

*~*~*~*~*

Per un lunghissimo minuto, Rinoa non respirò.

La creatura somigliava a un leone, dipinto di nero, con artigli e denti e orecchie dritte in piedi, e poi ali da pipistrello sulle spalle, che lo mantenevano in volo appena al di sopra del terreno. Lei fissò la creatura, e la creatura fissò lei, e poté sentire il suo respiro affannoso.

Poi i polmoni iniziarono a bruciarle, e inspirò avidamente l'aria, rumorosamente, aspettandosi che il mostro le piombasse addosso e attaccasse.

Ma non successe nulla.

Emise un mezzo singhiozzo di terrore e nervosismo, e poi, guardando il proprio riflesso che la guardava dall'acqua della pozzanghera, capì qualcosa, e alzò di nuovo la testa.

"Griever?" sussurrò.

*~*~*~*~*

Squall passò molto tempo a vagare per le strade quella notte, cercando gli Heartless, quasi desiderando che uscissero dalle ombre, così avrebbe potuto voltarsi colpendoli con il gunblade. E poi la notte successiva, e la notte dopo, e presto divenne un'abitudine, perché preferiva essere fuori a muoversi che a dormire. I sogni gli portavano solo ricordi che non voleva vedere.

Youffie rideva e lo chiamava il protettore della città. Cid grugniva e basta e commentava che era una buona cosa che non fosse pigro, perché doveva guadagnarsi la pagnotta. Aeris non diceva niente, ma gli sorrideva, e lui sapeva che lei capiva.

E a lui non interessava, perché gli dava uno scopo.

Sapeva che a lei sarebbe piaciuto che lui avesse uno scopo del genere.

Gli aveva insegnato ad aiutare le persone.

*~*~*~*~*

Quando Rinoa sognava, vedeva cose.

A volte poteva individuare che cos'erano - un supermercato affollato, o una tempesta contro una spiaggia. Altre volte erano solo colori e frammenti, come quando era arrivata. Dopo un po', iniziò a vedere che anche la donna che piangeva sognava, sognava le stesse cose e cose diverse, e poteva entrare e uscire dai pensieri degli altri.

Le cascate e le campane - erano dell'altra donna. Rinoa non sapeva cosa significassero, ma l'immagine era forte. Vedeva altre cose a volte, lampi di cose. Un bambino, un gatto, una ragazza con la treccia - ma erano cose veloci, e spesso troppo frettolose per vederle davvero.

Rinoa si chiese se anche l'altra donna potesse vedere i suoi pensieri.

Vagava attraverso i sogni come se stesse fluttuando. Guardava scene che le passavano accanto, una dopo l'altra, e a volte poteva cogliere un frammento di qualcuno che pensava di conoscere, ma non lo era mai.

Sollevò una mano, aspettandosi di svegliarsi e trovarsi a fissare la calcina e le pietre del soffitto del castello, solo che non lo fece, si mosse. La sua se stessa del pensiero poteva muoversi nei tempi e nei posti che stava vedendo.

Per molto tempo ebbe le vertigini per quella sensazione, anche se non poteva toccare niente una volta che ci era entrata. Poteva solo vedere e sentire ma non interagire, e si annoiò in fretta, e andò avanti. Voleva toccare le cose. Voleva tornare indietro e aggiustare le cose.

Non sapeva come ci era arrivata, ma si rese conto di poter in realtà fluttuare dentro le persone.

Si svegliò immediatamente, con il cuore che batteva selvaggiamente, e poi non riuscì a tornare a dormire. Era possibile che potesse tornare indietro. Poteva tornare indietro e poteva aggiustare le cose.

Non poteva più usare la Compressione Temporale, ma conosceva qualcuno che poteva farlo.

Forse - forse poteva tornare indietro e trovare Ellione.

E allora forse avrebbe potuto salvarli tutti.

*~*~*~*~*

"Ti aspetterò."

"Dove?"

"Qui... ti aspetterò qui."

"Ti aspetterò..."

*~*~*~*~*

Squall rimase fuori una notte, dopo che i sogni lo avevano tormentato con i pensieri di Rinoa e degli altri, e si sedette in cima a uno dei più alti edifici del primo distretto, fino a quando giù ci fu ancora del movimento, e la gente iniziò a fare le cose quotidiane. Si sentiva gli occhi sabbiosi e lenti, e le membra sembravano piene di sabbia, ma era meglio che sognare di lei.

Il gunblade gli dava una sensazione bella e regolare contro il palmo, ed era la cosa più semplice con cui poteva connettersi. Era il suo punto di contatto tra la sua vita vecchia e quella nuova. Era l'estensione del suo essere che gli permetteva di fare quello che sapeva Rinoa avrebbe voluto da lui - sopravvivere.

Era bravo a sopravvivere.

Quando infine tornò alla casa di Merlino, scegliendo la strada tra le vie in ombra che, sapeva, sarebbero stati i posti migliori per lo spuntare degli Heartless, gli altri erano tutti svegli, seduti in salotto come se lo stessero aspettando.

"Sei tornato" disse Aeris con un sorriso dolce quando entrò, sembrando sollevata. "Eravamo preoccupati."

"Stupido stare fuori tutta notte" sbuffò Cid dal computer. Youffie saltellò verso di lui, con le braccia dietro la schiena.

"Squall!" esclamò felice, e lui scosse la testa.

"Squall Leonhart è morto" disse, e sembrava la cosa giusta. Squall era scomparso, scomparso con Rinoa e Seifer e Quistis e gli altri. Squall era ricordi e pensieri e SeeD e streghe. Questo non era Squall, perché questo era Heartless e canali e corridoi di buio. Squall non aveva alcun posto lì, perché Squall era scomparso. Era con Rinoa, dove avrebbe dovuto essere.

Youffie lo guardò con grandi occhi che non vedevano.

"Cosa?" chiese, chiaramente confusa, e lui le passò accanto, con il gunblade ancora comodamente appoggiato sulla spalla.

"Mi chiamo Leon" disse.

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Nota della traduttrice: ogni recensione e commento, anche in messaggio privato, sarà tradotto e inviato all'autrice, e ogni eventuale risposta verrà poi riportata qui. Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 6
*** VI ***


COMPRESSION WEBBING
scritta da katmillia/argle fraster, tradotta da Alessia Heartilly
Capitolo Sei

Puoi farlo, si disse Rinoa, fissando la distesa di vuoto oltre le finestre grandi della camera principale. Puoi farlo. Puoi trovarla.

Si chiese cosa sarebbe successo se fosse tornata indietro. Era preoccupata di non riuscire a trovarlo, ma poteva sentire il sapore delle altre streghe, come poteva sentire il sapore di Ellione. Sapevano di potere e magia e acqua-fuoco-acqua-terra tutti mescolati in uno, come un fiume, come un torrente nel loro sangue. Poteva ancorarsi a loro, perché lei era la stessa cosa. Poteva ancorarsi e trovarle.

Se trovava loro, poteva trovare Ellione. Non c'erano molte streghe, e lei doveva solo trovare il momento giusto.

Ma le tremavano le braccia, e sbatteva i denti, ed era già stata lì, in piedi, per tre notti, cercando di raccogliere il coraggio per allungarsi nei tempi che riusciva a sentire appena oltre la sua portata. Dopo il terzo tentativo fallito, era scesa al giardino per trovare Griever, e lui l'aveva semplicemente fissata come aveva sempre fatto, come se ci fosse qualcosa che lui sapeva che lei non riusciva a capire.

Quindi era di nuovo accanto alle finestre, cercando di raccogliere quella poca forza che le era rimasta. Doveva farlo. Doveva farlo per salvare gli altri.

Doveva farlo per salvare Squall.

Si chiese pigramente quando i capelli le erano cresciuti così tanto. Erano sempre stati così lunghi? Di sicuro non le erano mai arrivati oltre la schiena a quel modo. Aveva perso peso. I vestiti erano larghi e cascanti.

Quanto tempo era passato? Ne aveva completamente perso la cognizione da quando era arrivata. L'unico tempo che conosceva adesso era quello che stava cercando di trovare. Quello con gli altri ed Edea e Cid ed Ellione. Quello con Squall.

Deglutì forte. Possedere la gente - non le piaceva chiamarlo così, stava solo prendendo in prestito - non era facile. Avevano pensieri e desideri e reazioni, e doveva combatterli, ed era difficile. Era stancante.

Concentrati, Rinoa, pensò, e poi allargò le braccia. Concentrati.

Chiuse gli occhi.

Squall.

E saltò.

*~*~*~*~*

Il Colosseo Olimpo era caldo e umido e la sabbia si infilava in troppi posti per pensarci, ma l'idea di combattere in categorie per stabilire un vincitore era allettante, e non ci era voluto molto per convincere Youffie a prendere in prestito la gummi ship di Cid per portarli lì. A Leon piaceva, e l'atmosfera era stranamente calmante nonostante il caos, e se potevano aiutare il possessore del keyblade, si sentiva obbligato a farlo.

"Penso che dovremmo iscriverci lì" disse Youffie indicando una creatura mezza uomo e mezza capra che si aggirava vicino alla grosse colonne che segnavano l'ingresso.

"Va bene" disse pigramente Leon, permettendole di guidarlo. Di solito lei aveva comunque un buon senso migliore del suo. "Assicurati che siamo nella categoria di Sora."

"Non gli faremo male, vero?" chiese lei preoccupata.

"Dobbiamo metterlo alla prova" rispose fermamente lui. "Ne avrà bisogno."

Lei annuì udendo la risposta, e si spostò in direzione del satiro, con Leon che la seguiva più lento. Il suo gunblade era pesante - le modifiche speciali lo avevano reso più potente contro gli Heartless, ma un po' più difficile da maneggiare - e si stava ancora adattando al peso in più.

C'era una folla di persone davanti a lui, spettatori a quanto pareva, e fu costretto a farsi strada da loro, cercando di tenere d'occhio Youffie per evitare di perderla. Qualcuno gli andò a sbattere contro il fianco, e barcollò leggermente, e poi poté sentire il sapore del rame in fondo alla bocca.

Lui si bloccò.

Quando il formicolio familiare gli percorse la schiena, si voltò del tutto, cercando di scoprire da dove veniva. La folla si era dispersa, e poteva identificare la figura che si era scontrata con lui. Era un uomo, un uomo biondo, con un'ala che gli usciva dalla spalla, e si allontanava senza guardarsi indietro, verso l'entrata del Colosseo. Il suo mantello rosso ondeggiava dietro di lui come un torrente di sangue.

Leon non riuscì a muoversi.

Quell'uomo sembrava -

Guardò una volta le colonne, dove Youffie discuteva animatamente con l'uomo capra, saltellando, e poi nella direzione in cui era andato l'uomo.

Gli era sembrato Rinoa.

Senza ripensarci, girò sui tacchi e lo seguì.

Moments lost and time remains

I am so proud of what we were

No pain remains, no feeling

Eternity awaits

Grant me wings that I might fly

My restless soul is longing

No pain remains, no feeling

Eternity awaits

-Beloved, VNV Nation

*~* FINE *~*

*****
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