It's been no bed of roses

di Lily_of_the_Valley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Yesterday moments I remember ***
Capitolo 2: *** I'm having such a good time ***
Capitolo 3: *** Each night I cry and still believe the lies ***
Capitolo 4: *** Look into my eyes and you'll see I'm the only one ***
Capitolo 5: *** My heart's jittering, just you and I ***
Capitolo 6: *** We give you rock a la carte ***



Capitolo 1
*** Yesterday moments I remember ***


Yesterday moments I remember

 

Mindy ringraziò entusiasta i suoi genitori ed uscì di casa con il suo nuovo regalo: un fantastico diario verde che i suoi le avevano regalato dopo pranzo.

Era il quindici giugno del 1981, giorno del sedicesimo compleanno della ragazza. Sua madre e suo padre si erano tanto chiesti quale regalo avrebbe preferito la giovane, finché a Jeff, suo padre, non gli venne in mente della passione per la scrittura della figlia; fu così che acquistò quel bellissimo diario dalla copertina verde smeraldo, il colore preferito di Mindy.

Una volta uscita di casa, si avviò verso il parco di St. James, il suo preferito di Londra. Lì, si rilassava sedendosi sotto uno degli innumerevoli e fitti alberi per leggere o, come accadeva la maggior parte delle volte, per scrivere storie, e spesso poesie, che nascevano puramente dalla sua mente.

Era un pomeriggio abbastanza afoso, clima abbastanza anomalo per la capitale britannica; nel cielo non vi era nemmeno una nuvola e il sole lanciava splendenti raggi di sole che si riflettevano sulle vetrine dei negozi che circondavano la ormai sedicenne per la strada.

Mindy amava passeggiare per la città ad osservare l'incalcolabile numero di persone che camminavano frettolosamente nella metropoli, le vetrine delle botique o più semplicemente guardare le auto di quell'epoca sfrecciare a pochi passi dal marciapiede.

Finalmente, dopo buoni minuti di camminata, la ragazza arrivò a destinazione.

Varcò la soglia del parco, scelse un posto più interno e si accovacciò sotto un albero. Dopodiché aprì per la prima volta il diario.

La prima cosa che fece fu annusare l'odore della carta, che non assomigliava a quello dei soliti quaderni che utilizzava lei, bensì dei libri appena stampati.

Era un’aroma che a lei piaceva da impazzire.

Sfilò una piccola penna rossa che portava sempre con sé nel taschino dei suoi jeans e, torturandosi una ciocca di capelli biondi, cominciò a scrivere:


Caro diario,

è alquanto strano parlare ad un oggetto inanimato, ma tu in qualche modo rappresenterai la mia vita da adesso, per cui è bene che io ti tratti come una persona.

Anche alcune mie compagne di scuola hanno un diario più o meno segreto, ma non fanno altro che scriverci a mio parere cose inutili e io non voglio fare la stessa cosa.

Probabilmente loro hanno una vita pressoché monotona e noiosa, e a parte scrivere giudizi negativi sulle persone che le circondano, non sanno che farsene dei diari.

Scusami tanto, non mi sono nemmeno presentata.

Il mio nome è Melinda - sarebbe meglio dire Mindy, ormai chiunque mi chiama così - Taylor.

Un cognome così comune e solito in questo Paese.

Eppure, se ci pensi, molte persone famose si chiamano proprio così

Vuoi un esempio? Che ne dici di Roger Taylor?

"Il batterista dei Queen", penserai.

Beh, in effetti c'è un legame di parentela che accomuna me e lui, visto che la persona in questione è il fratello minore di mio padre.

Probabilmente dirai: "Sarai contenta". E infatti lo sono.

Sai però qual è il problema, caro diario? Che lui e la mia famiglia non si parlano da ben quattordici anni.

Non so precisamente cosa sia accaduto, perché in famiglia è vietato tirare fuori questo argomento, le due uniche cose che so per certo sono che mio padre e lui hanno litigato per fatti che non mi sono mai stati rivelati, e che Roger non mi vede da quando avevo solo due anni d'età.

Un vero dramma da  Coronation Street, in pratica.

Ma preferirei non pensarci tanto. L’unica cosa che desidero ardentemente è di rivedere quel parente, a cui sono molto legata nonostante non lo veda da ben quattordici anni.

Ora però desidererei descrivermi un poco.

Dunque, il nome te l'ho detto, il mio dramma familiare anche, passiamo agli aspetti fisici.

Sono alta poco più di un metro e sessantacinque, ho i capelli biondo chiaro e gli occhi azzurri.

Frequento la "Holloway Secondary School" di Londra e vivo in questa bellissima città. Sono però originaria di Truro, un paesino della Cornovaglia.

Desidero diventare scrittrice, o comunque lavorare nel campo della scrittura.

E’ una passione che ho sempre avuto, già da piccola amavo tantissimo leggere le fiabe classiche, dove tutto aveva un lieto fine, e dove le principesse si sposavano con principi meravigliosi.

Ho anche un'altra passione grande quasi quanto quella citata prima: la musica.

Al momento i miei mi pagano un'insegnante di pianoforte davvero severa. Basti pensare che se abbasso per un secondo il polso sulla tastiera mi bacchetta le mani e, beh, ti risparmio il dolore che provo.

Non mi dispiace suonare musica classica, anche perché mia nonna paterna mi ha avvicinato alla musica grazie proprio a questo genere, tuttavia mi piacerebbe imparare a suonare anche la batteria.

Non so come spiegartelo, ma ogni volta che ascolto un brano di musica leggera, mi focalizzo sempre sul ritmo.

Il ritmo, il cuore pulsante di tutto.

La mia band preferita? I Queen, naturalmente.

Non conosco tutte le loro canzoni, visto che mio padre mi vieta di ascoltarli da quando ha scoperto che Roger suona proprio in quel gruppo, ma quelle poche a mia conoscenza sono fantastiche: cito la straordinaria "Bohemian Rhapsody" o "Save Me".

Ho due fratelli minori, George di dodici anni e Nicholas di otto. Nostra madre, Paige, fa la pasticcera – spero infatti in un'ottima torta di compleanno oggi – e mio padre Jeff ha tirato su un’impresa di bibite analcoliche.

Tutti insieme viviamo in una splendia a Mayfair.

Ora che ti ho descritto un po' la mia vita e i suoi principali protagonisti, non vedo l’ora di trascrivere qui la mia vita.

Quelli che scriverò saranno i giorni della mia vita. Tutto ciò che mi accadrà da oggi in poi lo riporterò qui in queste pagine.

Chissà che poi la vita non abbia in serbo per me qualcosa di meraviglioso.

Ora, invece, credo che mi riposerò un po' sotto questo melo.

La giornata di oggi è incantevole, voglio godermela al meglio.

 

Mindy chiuse il diario, lo  adagiò sull'erba accanto a lei e ripose la penna nel taschino. Rimase seduta, tenendo la testa contro l'albero, e chiuse gli occhi.

Un altro compleanno senza di lui, pensò.

La storia su come avesse scoperto i Queen risale al lontano '76, quando nei negozi di dischi il singolo di "Somebody to love" veniva richiesto da tanti giovani amanti del quartetto.

Mindy la beccava frequentemente in radio e le piaceva da morire, così decise di approfondire il repertorio della band.

Conobbe più o meno tutti i singoli pubblicati fino a quel momento, riuscendo ad apprendere anche i nomi dei membri, oltre alla scritta "No sintetizzatori": il frontman e cantante Freddie Mercury, il chitarrista Brian May, il bassista John Deacon e il batterista Roger Taylor.

Taylor? Come me! pensò lei.

All'inizio, tutto quello che Mindy fece fu riderci sopra. Sapeva che il suo cognome era uno dei più comuni nel Regno Unito.

Accadde però che un giorno sentì i suoi genitori parlare di un parente di nome "Roger".

Discutevano su quanto fosse stato codardo a non far ricevere più sue notizie.

Mindy per alcuni giorni cercò in tutti i modi di non pensare a ciò che aveva sentito dai suoi genitori.

Ma più cercava di dimenticare, più la tormentava il fatto che non avesse mai conosciuto un suo parente.

Fu così che, una mattina, si diresse verso suo padre, intento a fare zapping con il telecomando del televisore.

“Papà, per caso conosci un certo Roger Taylor?”.

E tutto quello che lei si aspettava sentire era: “ma certo, è un nostro caro parente. Sai cosa c’è di nuovo? Potremmo invitarlo a cena, un giorno”.

Ma, sfortunatamente, la risposta di Jeff fu ben diversa: “si dà il caso che Roger Taylor è tuo zio, nonché mio fratello. Ed è bene che tu sappia che è un gran vigliacco traditore, che ha preferito fare la vita da rockstar libero e indipendente piuttosto che badare alla sua famiglia”.

Mindy era spaventata, oltre che confusa.

“Ma… Voglio dire, io non l’ho mai visto. Potrebbe almeno provare a conoscere sua nipote” balbettò la giovane.

“Ti ha conosciuto, infatti. E ha abbandonato tutti noi quando tu avevi solo poco più che due anni” suo padre si alzò, guardando rimproverante la figlia “non voglio più sentir nominare il suo nome a casa mia, sia chiaro”.

Mindy, sempre più impaurita, annuì.

Quella fu la prima e ultima volta che scoprì qualcosa riguardo il batterista.

E fu da proprio quel momento che le parole “Roger Taylor” divennero un vero tabù a casa sua.

Nel ricordare quei momenti, anche se sfocati essendo passati molti anni, una lacrima cominciò a scendere su una guancia della giovane bionda.

Erano passati ben sei anni.

Sei anni in cui non riusciva a capacitarsi sul perché Roger e Jeff avessero litigato.

Sei anni in cui non riusciva a pensare che al batterista.

Sei anni in cui, tutto ciò che desiderava veramente era conoscere quel suo parente.

Si asciugò la lacrima col palmo della mano e, avvilita, si stese completamente sull'erba del prato.

No, non poteva finire così. Lei sarebbe riuscita ad incontrare suo zio, prima o poi.

Se lo promise.

Con la coda dell'occhio, vide qualcuno avvicinarsi a lei.

“Buon compleanno, Mindì!”   

Era Leonardo, il migliore amico di Mindy dal buffo accento francese.

“Leo, quante volte ti devo ricordare che io mi chiamo Mindy. Ripeti con me, M-I-N-D-Y!”il suo compagno di classe rise di gusto.

“Ma non è certo colpa mia se sono francese”.

Leonardo, Leo solo ed esclusivamente per Mindy, era un ragazzino riccio e moro, di statura un po' bassa. Non era bravissimo a scuola, ma era molto legato a lei.

Si sedette sull'erba e diede all'amica un pacchetto dalla carta marrone. “Tieni, questo è per te”.

Mindy accettò il regalo e lo scartò. “Jane Eyre! Era da tanto che lo volevo. Grazie, Leo!” saltò letteralmente nelle braccia del francese.

Rimasero un'oretta a parlare insieme. “E stasera festeggerai con la tua famiglia?” la bionda annuì.

“Sì, i miei ha organizzato una festa con i miei zii e nonni materni, mia zia Clare e mia nonna e mio nonno paterno. Inviteranno tutti, in pratica” l'allegria di Mindy poco a poco si spense. “a parte lui” concluse.

“Non essere triste. Vedrai che riuscirai a incontrarlo un giorno, mon amie.” Leonardo cercò di tirare su il morale dell'amica, ma senza risultati.

Fattesi ormai le cinque, i due decisero di separarsi per tornare a casa.

Mindy, quando rincasò, ritrovò tutti i suoi parenti.

Passò tutto il tempo con sua nonna Winifred e sua zia Clare a parlare insieme, le quali si erano prese la responsabilità di preparare il buffet della festa.

“Stai diventando vecchia, mia cara” continuava a dire Clare alla sua nipote.

“Zia, siamo quasi coetanee, se invecchio io invecchi anche tu” ribattè Mindy, mentre sua nonna se la rideva di gusto.

Winifred Taylor era divorziata da vari anni da Michael, andato a vivere in Scozia e che si ripresentava solo durante le ricorrenze più importanti della famiglia.

Non era molto diversa da Roger fisicamente, a parte qualche chilo di troppo acquisito nel corso degli anni.

Aveva sempre un buffo sorriso sul viso.

Anche lei non vedeva da diversi anni il suo secondogenito.

Era difficile vivere senza di lui, ma dimostrava sempre tanto coraggio, sostenendo i suoi nipoti e in particolare Mindy.

E anche Clare Taylor cercava in tutti i modi di andare avanti, anche quando ripensava al fatto che era solo una ragazzina quando suo fratello se ne andò da casa.

Mindy era felice di festeggiare con la sua famiglia, ma aveva comunque un vuoto dato dalla mancanza di uno dei componenti della famiglia Taylor.

La torta che aveva preparato sua madre Paige arrivò e, quando fu il momento di spegnere le candeline, Mindy espresse un solo desiderio, incontrare Roger.

Stupida superstizione, pensò lei, sorridendo, mentre tutti le applaudivano e la riempivano di auguri.

E se accadesse veramente? Magari anche solo una volta, a me basterebbe per tutta la vita.

 



Bonsoir, mes amis.

Mi presento, sono un’aspirante scrittrice amante del gruppo Queen.

E’ la prima storia che scrivo, quindi perdonate se in futuro ci saranno eventuali errori.

So cosa state pensando: "Ma che si è fumata questa??"

E' una storia un po' insolita, questa, addirittura al momento della pubblicazione non riuscivo a indicare nemmeno i generi.

Una cosa è certa: ho deciso di comporre qualcosa di diverso dal solito.

Qui non c’è nessuna normale ragazza che si innamora di uno dei membri della nostra band preferita, inoltre è un’idea che non è venuta a me, ma grazie ad un sogno che feci l’estate scorsa. Ebbene, questo sogno mi ha colpito talmente tanto che, piano piano, romanzandolo e costruendoci una trama, sto cominciando a mettere per iscritto.

Ed ora…

Tengo a segnalare che parte (gran parte, aggiungerei) dei fatti che andrò a raccontare non sono mai accaduti nella realtà. E dico parte perché presto vi renderete conto che quel minuscolo pezzettino restante è successo realmente. Così come i personaggi. Roger Taylor e sua sorella Clare fortunatamente esistono, così come i Queen (grazie a Dio, direi). Altri personaggi invece sono solo frutto della mia fantasia.
Spero di ricevere qualche giudizio da questa sezione che, seppur un po' morta, è bellissima.

 

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Capitolo 2
*** I'm having such a good time ***


I'm having such a good time
 

 

Il comodino affiancato al letto di Mindy cominciò a tremare.

Mindy allungò il braccio tremolante verso l'oggetto malefico e lo spense, anche se era consapevole che da lì a poco si sarebbe dovuta alzare.

Doveva mettere la sveglia anche in estate, purtroppo.

Nonostante la scuola fosse ormai finita, ogni mattina, era costretta ad alzarsi comunque non dopo le otto di mattina, siccome avrebbe dovuto aiutare sua madre in pasticceria, poiché una dipendente era andata in maternità.

Vorrei essere anche io incinta, a questo punto, si diceva sempre la biondina.

Gli ultimi tre mesi erano stati stressanti per lei proprio a causa della mancanza dell’impiegata in dolce attesa.

Dopo una manciata di minuti, si alzò finalmente dal letto e andò a spalancare le tende della sua stanza.

Anche quel sabato il sole splendeva su tutta Londra.

Strano. Ma non durerà per molto, pensò la ormai sedicenne, conoscendo ovviamente alla perfezione il clima atlantico della metropoli.

Uscì dalla sua stanza, intravedendo i suoi due fratelli che si divertivano a rincorrersi per il corridoio della casa, poi si diresse in bagno.

Dopo essere uscita bella profumata e pronta, ritornò in camera sua.

Guardò i regali che aveva ricevuto il giorno prima, tutti ordinati sulla scrivania: il diario verde dei suoi genitori, il libro di Jane Eyre, il vestito arancione, la scatola di penne colorate, l’astuccio dove poterle contenere, e infine l’LP della "Sonata al chiar di Luna" di Beethoven.

Beethoven non era i Queen, ma non le dispiaceva.

Sistemò tutti i regali, compreso il vinile, e aprì nuovamente il suo diario:

16 Giugno 1981

Caro diario,

Ieri ti ho lasciato un po' in disparte, così ho deciso di raccontarti tutto ciò che è successo ieri sera.

Sono tornata a casa, dopo essermi fatta una bella chiacchierata con il mio compagno di classe Leonardo.

Leonardo accentato sull'ultima "o", altrimenti comincia a fare uno di quei discorsi linguistici interminabili.

Il francese non è il mio forte. Scusa, Leo.

Dicevo, non appena sono rincasata, ho trovato tutti i miei parenti: i miei nonni materni Carl e Suzanne, i miei zii Matthew e Betty e la loro figlia diciottenne Tris, mia zia Clare, mio nonno Michael e mia nonna Winifred.

Chiesi di mia nonna? Oh! Solo Dio sa quanto le sono legata!

È praticamente uguale a me e Roger: occhi grandi azzurri e capelli biondi.

E beh, non voglio di mancare di rispetto a quelle persone che hanno le nonne rompiscatole e scocciatrici, ma la mia è semplicemente perfetta.

Gentile, premurosa nei miei confronti…

Tornando a ieri, ho ricevuto tanti fantastici regali: il libro di Jane Eyre, regalo di Leo, una scatola di penne di tutti i colori, regalo dei miei zii materni e di Tris, un astuccio a forma di tubo rossa da parte dei miei nonni materni - sicuramente si sono accordati -, un elegante vestito color arancione di mia zia Clare e "La Sonata al chiar di Luna" di Beethoven, da parte di mia nonna.

Mi piace molto Beethoven. È stata mia nonna a farmi scoprire questa sonata visto che anche lei suona il piano in una maniera eccellente.

Comunque, anche oggi devo accompagnare mia madre alla sua pasticceria, dopodiché credo che mi andrò a fare un bel giro al mio negozio di dischi preferito, quello di Mr. Curtis.

Ti prometto però che oggi scriverò ancora qualcosa.

Sii paziente.

 

Mindy chiuse il diario ed uscì dalla sua stanza per andare a mettere qualcosa sotto i denti prima di uscire.

Scese frettolosamente le scale che separavano le camere da letto dalla cucina, il salotto e la camera da pranzo.

Ai fornelli della cucina vi era impegnata una signora alta, dai capelli corvini e sui quarantacinque. “Buongiorno, Anne!” Mindy salutò la governante della casa, cominciando a frugare nella credenza alla ricerca di qualcosa.

“Buongiorno, Mindy.” ricambiò la governante. “Dormito bene?”

“Come al solito. Sai per caso se mamma ha preparato qualcosa?”

“C'è ancora qualche avanzo della torta di ieri. È nella tortiera sul frigo.”

Mindy prese un fettone di torta e fece per sedersi sul tavolo, ma Genoveffa la interruppe. “La tovaglietta, mia cara.”

La sedicenne sbuffò come una bambina di cinque anni, prese un rettangolo di stoffa e finalmente si sedette.

“Ieri Nicholas ha sporcato tutta la casa. Ho trovato pezzi di torta persino sotto il divano.”

“Un giorno di questi picchio entrambi.”rispose Mindy, a bocca piena.

“Ti metteresti veramente nei guai per me?”

“In realtà voglio solo togliermi il vizio di farlo. Sarebbe una soddisfazione immensa poter schiaffeggiare i loro sederi” disse sarcastica, guardandosi il pezzo di torta in mano.

“Invece di scherzare, ricordati di sparecchiare, quando hai finito”.

La ragazza si mise sull’attenti:“Signorsì!”

Dopo pochi secondi, Mindy finì la torta e, come d'ordine, sparecchiò.

Sua madre raggiunse le due in cucina.

“Buongiorno, signora!”la governante salutò cordialmente la padrona di casa.

Paige era una donna sui trentacinque, molto alta. Nonostante fosse nel pieno della sua giovinezza - era rimasta incinta di Mindy a soli diciannove anni - aveva un carattere schivo, addirittura acido, talvolta.

“Buongiorno, Anne. Ricordati che devi lavare i pavimenti di tutte le camere e lucidare le finestre. Ah, e c'è anche la biancheria da stendere.”

Anne cercava in tutti i modi di non guardare male Paige, rispondendo solo: “Sarà fatto!”

Paige le sorrise e si rivolse alla figlia. “Mindy, Andiamo. È già tardi.”disse ed uscì dalla cucina.

Mindy si rivolse poi alla governante. “Dammi tempo e faccio fuori anche lei”, disse, mostrando un pugno.

La governante ridacchiò e Mindy, dopo averla salutata, uscì di casa insieme a sua madre.

Madre e figlia salirono in macchina e si avviarono alla pasticceria che avevano a qualche isolato da Harrods, a Knightsbridge.

“Dopo posso uscire?”chiese discreta Mindy.

“Posso sapere dove vai? Sei sempre in giro a fare i comodi tuoi” rispose con tono acido la donna.

“A farmi semplicemente un giro. Credo che andrò un po' in qualche negozio di vestiti a dare un'occhiata” mentì.

“Fai bene. È mai possibile che hai sedici anni e ti vesti come un maschiaccio?”.

Non ci fu risposta. Mindy amava indossare quelle maglie da marinaio.

Inoltre, fu proprio la leggendaria Coco Chanel a introdurre quel capo negli armadi femminili, quindi non potevano non definirsi tali.

“Devi prima sistemarmi i sacchi di farina in magazzino, poi sei libera”.

Mindy ascoltò distrattamente. La sua mente era già nel negozio di dischi, pronta ad ascoltare i capolavori di quella rock band meravigliosa.

Per una mezzoretta rimase al negozio ad aspettare che i fornitori alimentari portassero dieci sacchi da cinque chili ciascuno, e, dopo aver fatto un po' di palestra con il percorso retro-magazzino, fu finalmente libera.

Corse subito al negozio di Mr. Curtis, non molto distante dalla pasticceria.

Una volta arrivata, entrò e andò subito al bancone.

“Buongiorno, Mrs. Curtis!”

Melvin Curtis era un uomo sulla sessantina con la mania del golf e dei cantanti della Popular Music americana degli anni quaranta, rimasto vedovo della moglie, e con due figlie.

Mindy amava la filosofia che l’uomo aveva nei confronti della musica: “L’importante non è il genere musicale che si preferisce, ma che ognuno sia libero di ascoltare quello che vuole”.

Teoria molto diversa da quella di suo padre Jeff, che considerava la musica come qualcosa di puramente inutile.

Il proprietario del negozio alzò lo sguardo dal giornale dello sport e incontrò quello della bionda. “Oh, ciao, Mindy. Ieri non sei venuta, o mi sbaglio?”, chiese l’uomo.

“No, purtroppo. Ieri era il mio compleanno e sono stata impegnata”.

“Auguri, allora! Quanto hai compiuto?”

“Sedici”, rispose Mindy, che da buon maleducata qual era fece già per avviarsi verso la sezione di musica leggera del negozio, finché il proprietario non la fermò.

“Mindy, Aspetta!”

La ragazza si fermò di colpo e ritornò indietro.

“Ti piacciono i Queen, vero?” chiese Mr. Curtis.

Ridacchiarono entrambi, perché sapevano che quella band era l'ossessione della ragazza.

“Vieni con me sul retro, devo mostrarti una cosa”.

Melvin si avviò verso uno stanzino dietro il registratore di cassa e fece segno a Mindy di seguirlo.

La porta li condusse in un megastanzone. Il negozio era già grande di suo, ma quel magazzino lo faceva divenire ancor più gigantesco del dovuto.

Vi'erano un vecchio giradischi in legno, dei manifesti cartonati, una poltroncina di pelle rovinata e un tavolo, sul quale Mindy intravide un gigantesco poster.

Si avvicinò incuriosita al tavolo

Quando mise bene a fuoco, si accorse che vi era raffigurata la sua band preferita.

Da sinistra, Roger, Freddie, Brian e John.

La foto era semplicemente perfetta: i quattro erano stati ritratti in modo spettacolare.

Ed era magnifico anche il titolo, “Queen Greatest Hits”, scritto con un carattere tipografico regale e sofisticato, bello da morire.

“Domani mi arriveranno trenta di questi, volevo che tu sapessi che posso tranquillamente mettertene da parte uno” spiegò Curtis.

Una raccolta? Semplicemente qualcosa di fantastico! pensò Mindy.

Di colpo le venne in mente che non avrebbe potuto comprarlo.

Avrebbe potuto chiedere a suo padre anche cento sterline, ma non gli avrebbe mai permesso di comperare i dischi dei Queen.

“Non posso comprarlo. I miei non mi daranno mai i soldi, non considerano la musica qualcosa di affascinante come lo penso io”mentì Mindy, anche se in un certo senso era vero.

Mr. Curtis rimase un po' pensiero.

Era molto affezionato alla ragazza e gli faceva pena il fatto che nonostante fosse molto legata a lui e al negozio non poteva comprare nulla.

Ci pensò un po', poi finalmente disse: “Tolgo una copia dalla vendita. Te la lascio in magazzino così la potrai ascoltare quando vuoi”.

Mindy lo guardò sbigottita. “Ma lei non può…”

“E' il minimo che possa fare per te.” posò la mano sulla spalla della bionda che, con gli occhi un po' lucidi, mormorò un "grazie".

I due tornarono nel locale. Mr Curtis si ripresentò dietro il bancone, mentre Mindy andò nella sezione rock a cercare la "Q".

Dopo aver trovato quello che stava cercando, tirò fuori i primi singoli che gli capitarono davanti gli occhi: "Don't Stop Me Now" e"Killer Queen".

Aspettò che una cabina si liberasse ed entrò lei con i singoli.

Ascoltò prima il più recente.

Tonight I'm gonna have myself

a real good time

I feel alive

And the world it's turning

Inside out, yeah

I'm flooting around in ecstasy

So, don't stop me now

Era uno dei suoi brani preferiti, gli dava una tale esplosione di energia anche se sapeva benissimo che era un inno esplicito alla sfrenatezza sessuale, ma la amava.

Dovette ascoltarselo un'altra volta prima di passare a "Killer Queen".

She keeps her Moet et Chandon

In her pretty cabinet

"Let them eat cake", she says

Just like Marie Antoinette

A built in remedy for Krushchev and Kennedy

And anytime an invitation

You can't decline

 

Quella canzone era così sofisticata e maliziosa.

Le faceva venire in mente un cupcake.

Che dolce buono che era, quello.

DOLCE?

Era tardi, sarebbe già dovuta tornare in pasticceria mezz’ora prima.

Misi i dischi a posto, salutò Curtis e si piombò immediatamente fuori dal negozio.

Cercò di arrivare alla pasticceria il prima possibile.

Arrivò ed entrò come una matta, starnazzando un “Eccomi!”, facendo sobbalzare sua madre intenta a servire un cliente.


Eccomi di nuovo!

Che dire, è l’ennesimo capitolo un po’ palloso, questo qui.

Ma i Queen sono ovunque e comunque, quindi non sono mancati nemmeno stavolta.

Diciamocelo, però: quanto cavolo sono stati fortunati i ragazzi e le ragazze che hanno avuto la fortuna di attendere l’uscita di un disco della loro band preferita? *_*

Beh, io ho voluto riprendere un po’ questo argomento, e voilà: eccovi a voi il primo Greatest Hits dei Queen, appena uscito!
Mi sono informata, la sua data di pubblicazione risale a novembre di quell’anno, ma è una ff quindi ho potuto ‘modellare’ un po’ il passato.

Io non ho altro da aggiungere, al momento vi saluto. Vado a prepararmi qualche cupcake mentre ascolto Killer Queen…

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Capitolo 3
*** Each night I cry and still believe the lies ***


Each night I cry and still believe the lies

Per non far brutta figura, Paige non la rimproverò davanti il cliente, ma le fece segno di andare in cucina.

Salutò Johanne e Darren, due giovani che assistevano Paige nel negozio. “Ciao! Che fate?”i due alzarono entrambi la testa, uno dalla pasta, l'altro dalla farcitura di una torta.

“Ciao, Mindy!”risposero in coro.

Mindy aprì il frigo e tirò fuori un panino che si era già portata, mangiandoselo in silenzio.

Le piaceva molto la pasticceria della madre, nonostante non fosse grandissima.

Amava prestare attenzione alle preparazioni degli alimenti.

Andava molto fiera del lavoro di sua madre, nonostante quest’ultima avesse un carattere troppo severo nei suoi confronti.

Ma probabilmente, se la ragazza non avesse avuto la passione per la scrittura, avrebbe seguito le orme di sua madre.

Dopo aver pranzato, diede una mano agli altri, alternandosi con l'andare alla cassa e pensare ai dolci piccoli.

 

Giunse ormai sera, anche se il sole non voleva saperne di tramontare, e alle sette, orario di chiusura, Mindy e Paige tornarono a casa per la cena.

Quando entrarono,le due vennero aperte da Jeff. “Bentornate!”, disse spensieratamente. “Io, Nick e George abbiamo preparato la cena, tacchino con crema di marsala.”

L'unico piatto che sa cucinare senza bruciare niente, pensò Mindy, ridendo senza essere vista. Se non altro, la sa fare bene.

Tutti si sedettero alla tavola già imbandita, e cominciarono a gustare il tacchino.

Tutti parlavano del più del meno, Mindy a parte, che aveva lasciato la testa al negozio di dischi.

Non riusciva a pensare ad altro, fuorché a quel poster che aveva visto poco prima.

Per lei quei quattro erano semplicemente bellissimi.

La foto in cui erano stati immortalati era semplicemente magnifica.

Tutti con un’espressione alquanto seria, ripresi su uno sfondo nero.

Le ricordava molto la copertina di un altro album della band che aveva visto molte volte in negozio: Queen II era probabilmente il titolo.

Molta gente non gradisce le raccolte: le trovano banali, come se il gruppo in questione venga ricordato solo per i lori successi più clamorosi.

Ma per Mindy le canzoni più famose erano speciali per lei: fu grazie a loro che la giovane scoprì la band.

Non riusciva a credere che erano passati così tanti anni da quella volta in cui si imbatté in quella stupenda ‘Somebody to Love’, e da lì non avrebbe più smesso di essere ossessionata da quella band.

Quel quartetto era stata l’unica ancora di salvezza della biondina nei tempi bui: l’aveva accompagnata nei suoi ultimi sei anni di vita.

Ogni volta che pensava a quei quattro, e al loro batterista, non si sentiva sola.

E tutte le volte in cui veniva presa in giro dai suoi compagni di classe venivano dimenticati proprio grazie al pensiero di quel gruppo.

“Mindy, potresti cortesemente parlare con noi?”.

Paige fece ritornare Mindy dal mondo dei sogni.

“Non so che dire. Se non ho nulla da raccontarvi perché dovrei per forza parlare con voi?”, rispose la ragazza, di rimando.

“Beh, potresti dirci se ti è successo qualcosa che ti ha colpito. Tua madre mi ha detto che hai fatto una bella passeggiata stamattina” disse Jeff.

Jeffrey Taylor da sempre aveva il timore che sua figlia lo considerasse un poco di buono, proprio a causa di quello che successe con suo fratello.

Aveva un carattere sicuramente meno irascibile di sua moglie, tuttavia non sopportava quando qualcuno tirava fuori l’argomento “Roger”.

Si sentiva profondamente in colpa per tutto quello che era capitato.

“Non ho visto nulla di particolare che vi possa colpire”.

“Almeno prova a dirci se hai visto qualcosa che ti piace o che ha catturato la tua attenzione. Un vestito, un libro…” ritentò suo padre.

“D’accordo. Sapete che faranno una raccolta?” disse la bionda, infilando in bocca una forchettata di tacchino.

“Chi, tesoro?”.

“ Ma che domande… I Queen! Già so che faranno il boom di vendite!”

Jeff scaraventò le posate che aveva in mano nel piatto, facendo sobbalzare i due fratelli. “Ti ho già ripetuto che non voglio sentir parlare di tutto quello che sia collegato con mio fratello”.

“Hai detto che potevo parlare di quello che volevo!” si alzò la figlia, alzando il tono della voce.

La stessa scena Jeff l’aveva già vista quattordici anni prima.

“Ora basta!”urlò suo padre, che per poco non faceva sgretolare i bicchieri in mille pezzi.

Ci fu poi qualche secondo di silenzio. “Fila in camera tua! Hai mangiato e parlato abbastanza questa sera!”

Mindy non se lo fece dire due volte. Si alzò e con la testa abbassata si diresse in camera sua.

Anche Jeff si alzò, dirigendosi nel suo studio.

Dopo essere arrivata in camera sua, la giovane si chiuse a chiave nella sua stanza, non avendo per nulla voglia di dormire.

Stava per scoppiare in lacrime, ma decise di non farlo. Non ne valeva assolutamente la pena.

L’unica cosa che poteva fare era dirigersi nell’unico posto in cui si sentiva a suo agio, cioè la soffitta di casa.

Così, quando la famiglia si addormentò, verso le undici di sera, Mindy cominciò l'operazione.

Non appena l'ultima luce della casa si spense, la ragazza si affacciò dalla porta della sua stanza, gettò un'occhiata verso quella della madre e del padre e si avventurò verso la soffitta con il suo diario in mano, camminando in punta di piedi.

Le scale di legno che l'avrebbero condotta alla sua destinazione cigolavano sotto il peso dei suoi leggeri passi. Giunta in cima, afferrò la maniglia, l'abbassò e richiuse dietro di sé rapidamente la porta.

Prese una candela da uno degli scatoloni sparsi in tutto lo stanzone e un fiammifero che si era portata in precedenza.

Finalmente ci fu luce.

Mindy si avviò nel punto più lontano dalla porta. Si era costruita una sottospecie di riparo accavallando più scatoloni, che nascondeva un giradischi vecchio di una ventina di anni.

Che ci crediate o no, sopra vi erano incise le lettere "R.T."

Ebbene sì. Non aveva la più pallida idea di come ci fosse finito lì quel giradischi, né tantomeno come ci fossero state incise sopra quelle iniziali, tuttavia era l'unica traccia di passato che aveva di suo zio, e nonostante il passare degli anni, funzionava ancora meravigliosamente.

Frugò in un altro scatolone e ci tirò fuori il disco di A Night at the Opera.

L'aveva comprato al negozio di Mr. Curtis circa un anno prima, con i vari guadagni che aveva ricevuto dalle sue prozie, senza chiedere un soldo ai suoi per il timore che fossero venuti a conoscenza dell’acquisto programmato.

Era il 1980, e i Queen avevano già prodotto ben otto dischi, tuttavia, poiché Bohemian Rhapsody era la sua canzone preferita, la ragazza decise di comprarne l'album di provenienza.

Mindy, prima di tirare fuori il disco, sfiorò la copertina.

Tutto era assolutamente perfetto: il logo disegnato da Mercury, il carattere della scritta "Queen", persino il retro della copertina.

Tranquillamente, visto che la soffitta non toccava nessuna camera da letto, pose il disco sul piatto e ci mise su la puntina.

Death on two legs cominciava a diffondere le sue note di pianoforte iniziali.

Era meravigliosamente cattiva, e a Mindy piaceva da matti.

Kill Joy, bad Guy

Big talking, small fry

 

Dedicated to… in questo caso, sicuramente a Jeff.

Anche Lazing on a Saturday Afternoon meritò grande attenzione.

Quel motivetto allegro riuscì a sfiatare la rabbia che ribolliva nella giovane.

Ma quando arrivò la terza traccia, Mindy si sentì più contenta che mai,  quando la voce graffiante come un rasoio di Roger Meddows Taylor intonò I'm in love with my Car.

When I'm holding you wheel

All I hear is you gear

 

I'm in love with my car

Gotta feel for my automobile

 

Che voce che ha, pensò.

Mentre si ascoltava tutto l'album, decise di scrivere sul suo diario:

 

Eccomi nuovamente, come promesso.

Ho due notizie da darti, una buona e una cattiva, come si suol dire.

La buona è che i Queen domani pubblicheranno una raccolta dei loro più grandi successi.

Non è meraviglioso? Un disco dove si può avere un assaggio di quanto quella band sia formidabile.

La cattiva notizia? Beh, che non potrò comprarla. Poco fa, infatti, ho fatto una brutta litigata con mio padre, il quale non mi darà mai i soldi per acquistare un prodotto di quel gruppo.

Almeno posso consolarmi con "A night at the Opera", l'unico che ho dei Queen.

Anche questo è stato frutto di una lunga attesa.

Fortunatamente nessuno sa della sua esistenza, quindi finché rimane qui in soffitta, potrò ascoltarlo quante volte voglio.

Credo che dovrò aspettare un paio d'anni o di più per il "Greatest Hits", ma col successo che sta ottenendo la band probabilmente allora sarà uscita un'altra raccolta.

Tutto ciò che sta accadendo è puramente utopista.

Come ben sai, ho sedici anni, ma vengo trattata come una ragazzina di dieci.

Mi viene proibito tutto ciò che riguarda un componente della mia famiglia.

L'unica cosa che ho di Roger è questo suo giradischi che ora sta riproducendo "A Night At the Opera".

Ci sono incise sopra due letterine dorate, una R e una T.

Sono sicura al cento per cento che sia suo. A papà non è mai piaciuta la musica, e nonna mi ha raccontato che una volta regalò a Roger un giradischi tutto per sé.

Ad ogni modo, dovresti provare ad ascoltare anche tu i Queen, sono una band favolosa, te ne innamorerai al primo ascolto.

Ora ti lascio. Gli occhi cominciano a bruciarmi dalla stanchezza, e non mi dispiacerebbe addormentarmi con le uniche quattro persone che sono riuscite veramente a tirarmi su nei periodi bui.

 

Mindy chiuse il suo diario, mentre eccheggiava la parte iniziale di piano di "Love of my Life".

Frugò in uno scatolone lì accanto e da lì ne tirò fuori una foto incorniciata, in cui veniva rappresentata tutta la famiglia Taylor.

Si stese a terra e la osservò.

Michael e Winifred vivevano ancora insieme.

Una piccola bambina tra gli otto e i nove anni, sua zia Claire, era tra le braccia di suo padre, e poi c’erano due ragazzini abbracciati. Uno più grande di qualche anno dell'altro, dai capelli a spazzola castani, mentre l'altro era biondo, coi capelli a caschetto.

I due fratelli sorridevano felici.

Una lacrima cadde da un occhio di Mindy, e inumidì la sua gota destra.

Continuava a cacciare lacrimoni caldi, tenendo in mano la foto.

Sì, lo ammise: le sarebbe piaciuto un mondo vedere di nuovo quei due fratelli che si tenevano stretti a vicenda, ridendo spensieratamente.

Ma più ci pensava, più le certezze sparivano.

E quella sera si addormentò così, con la foto stretta in mano e la sofferenza nel cuore.


Jeff rimase a lungo nel suo studio, a cercare di accettare il fatto che sua figlia frequentava i negozi di dischi per suo fratello.

Ma in cuor suo sapeva che poteva fare ben poco.

Non poteva perfino vietarle di entrare  in un negozio di dischi come se fosse un Night club.

Ed è così che i suoi ricordi amari della sua ultima litigata con Roger affiorivano nella sua mente.

 

Un altro giorno di intenso lavoro era finito.

Non aveva ancora avviato quella che sarebbe diventata presto la sua ditta di bibite analcoliche, ma la sua attività di consulente commerciale si rivelava abbastanza proficua per un uomo di appena venticinque anni.

Come al solito, tornò a casa con la soddisfazione di aver assistito il proprio committente in maniera eccellente.

Ora aveva solo voglia di vedere la sua famiglia, e in particolare la sua adorata bambinetta bionda di soli due anni.

Non appena varcò la soglia di casa, un ottimo profumino di roast beef gli penetrò nelle narici.

“Mamma, ti sei superata anche questa volta”, sorrise a Winifred, che ricambiò amorevolmente.

Sentì poi delle dolci risate provenire dal salotto.

Cominciò così ad avviarsi nella stanza: Roger era seduto sul divano e aveva in braccio una tenerissima creaturina dagli occhioni azzurri e contornata di capelli biondi, canticchiando alla stessa My Generation.

“Sembra che le piacciano gli Who”, esclamò il futuro batterista dei Queen, sorridendo a Jeff e alla piccola Mindy, lasciando un bacio sulla testolina a quest’ultima.

Jeff non era contento di vedere la bambina tra le braccia del fratello: da quando venne a conoscenza di ciò che era accaduto al biondo, da sempre lo considerava inaffidabile.

Il padre prese dalle braccia di Roger la bimba, portandola in cucina per farla sedere su una sedia di legno alta, simile ad un seggiolone.

Winifred radunò poi la famiglia e, tutti insieme, cominciarono a gustare la cena.

Dopo alcuni istanti di silenzio, la madre dei tre fratelli si schiarì la voce: “Roger, forse è il caso che tu racconti a Jeff quello che hai detto a me prima”.

La donna guardò il suo secondogenito, il quale cominciò a parlare: “be’, ecco… Vorrei trasferirmi a Londra per intraprendere gli studi del college lì”.

Jeff smise di masticare, alzando lo sguardo verso il fratello.

Da quando il padre aveva lasciato la famiglia, la figura predominante era toccata a lui.

“Non se ne parla. E’ già difficile riuscire per tutti noi a vivere qui, non voglio immaginare come faremmo a mantenerti se andassi a vivere in quella città così costosa”.

“Mi troverò un lavoro”, ribatté il biondo.

“Peccato che come ti muovi combini guai. Hai voglia di raccontare a mamma quello che è successo qualche tempo fa?”, lo provocò Jeff.

“Cosa è successo, tesoro?”, chiese Winifred a Roger.

“Niente, dei guai con la scuola, ma è successo mesi fa. Jeff, ti prego. E’ molto importante per me. Vorrei tanto intraprendere il corso di biologia…”

“Biologia? Come se a te importasse tanto” Jeff cominciò ad alzare la voce, “l’unica cosa che ti frega di tutto ciò che ti è attorno è solo suonare quell’ammasso di rottame. E poi, dimmi una cosa, ti sentiresti veramente soddisfatto, se riuscissi a riscuotere veramente successo, di vivere in un mondo fatto solo di puttane e droghe?”

“La musica non è questo, Jeff. E’ passione e amore. Arte. Tu non riuscirai mai a comprenderlo, ma quella sarà la mia vita. Che ti piaccia o no” Roger, infuriato, si alzò.

“E allora vattene” rispose secco il fratello.

Winifred, Claire e Paige lo fissarono, sorprese e allo stesso tempo impaurite.

“Vattene, ho detto” proseguì Jeff, “non sosterrò mai uno che vuole trascorrere il resto della sua vita senza combinare niente e senza sapere cosa sia la fatica, quindi ti invito a lasciare questa casa al più presto”.

Non c’era un briciolo di pentimento nella sua voce, come se lo soddisfasse il fatto che probabilmente, conoscendo la fermezza di suo fratello, non lo avrebbe più rivisto.

E così fu, infatti.

Roger si congedò dalla sala da pranzo, avviandosi in camera sua.

Sua madre lo implorava di fermarsi e riflettere, ma non c’era niente da fare.

Riempì una valigia di qualche indumento e lasciò la casa.

Sarebbe tornato solo la notte successiva, per prendere il suo set di batteria e caricarlo sul furgoncino di Michael Dudley, suo amico e membro della sua stessa band, i Reaction.

Tutti i tentativi di Winifred e Clare per trovarlo nella minuscola cittadina di Truro fallirono.

Roger era finito in chissà quale parte dell’Inghilterra (molto probabilmente Londra) per dedicarsi ad una nuova vita.

Avrebbe frequentato il college, poi l’università dentistica, ma ciò che aveva veramente fissato come obiettivo era solo uno: divenire un batterista professionista.

E be’, sì. La storia la conosciamo: prima Smile, poi Queen, e nessuno avrebbe più fermato quel ragazzo di provincia.

 

Fu solo nel '74, quando Jeff aveva deciso di avviare la sua azienda, che il resto la famiglia si spostò definitivamente lì a Londra.

 

Jeff quella sera lo ammise: avrebbe voluto tanto tornare indietro per fare in modo che tutto ciò non fosse mai accaduto.

Ma, come già detto, non poteva fare più niente.


Good evening to everybody!!!

Eccomi ritornata con un nuovo capitolo abbastanza pesante. Prometto che sarà l’ultimo, dal prossimo ci sarà una new entry, e vi piacerà. Non svelo altro.

Sono di poche parole questa sera, quindi vi auguro il meglio,

A presto, amici queenici

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Capitolo 4
*** Look into my eyes and you'll see I'm the only one ***


Look into my eyes and you'll see I'm the only one

Mindy si risvegliò nel cuore della notte, non ricordando nemmeno di essersi addormentata.

Risistemò il disco ed uscì dalla soffitta, correndo immediatamente nella sua stanza.

Vide sul suo orologio fisso sul muro. Erano le tre e mezza.

Aprì la finestra di camera sua e vi si affacciò, guardando il cielo, sfortunatamente privo di stelle.

Il colore nero del cielo era quello che la giovane più apprezzava di quello splendore notturno.

Amava la notte: misteriosa, intrigante e silenziosa.

Sarebbe stata capace di stare sveglia notti intere solo per farsi ispirare dai colori scuri della volta celeste per scrivere racconti.

Chissà se anche lui starà vedendo le stelle.

Beh, poco probabile. Avrà sicuramente qualcosa di più interessante da fare.

Lei da sempre aveva considerato il cielo come una frontiera, un confine che divide la serenità e le meraviglie del cosmo dal mondo, da tutte le sofferenze.

In quel momento le sarebbe piaciuto oltrepassare quel confine per lasciarsi alle spalle tutti i dolori.

La ragazza corse verso la sua scrivania, accese la lampada e  prese l’unica cosa che si trovava davanti a lei su cui poteva scrivere: il suo diario verde.

 

Cammino su una strada.

È sera e la luna splende nel cielo, sembrando sproporzionata, talmente tanto che ai miei piedi si intravede la mia ombra.

Di fronte a me vedo una specie di confine marcato di bianco.

Poi, ad un certo punto, un’ auto mi si accosta accanto.

L'uomo che sta guidando mi guarda, sorridente.

All'inizio lo ignoro, preoccupata, ma lui continua a fissarmi.

"Coraggio, la strada non è molto lunga. Ci sei quasi."mormora."Io sono con te."

Lo guardo titubante e confusa.

"Ci divertiremo, saremo felici, ma devi camminare ancora un po'. Vedi quel confine laggiù? È una frontiera che ci divide. Una volta superata saremo liberi e felici.

Mi sorride di nuovo, poi parte a tutta velocità, scomparendo dopo una manciata di secondi.

 

Mindy lasciò cadere la penna sul tavolo.

Era troppo stanca per rileggere ciò che aveva scritto, così si stese sul letto e dormì fino alle sei e mezza di mattina.

 

Quando si fu risvegliata, andò direttamente a fare colazione.

Nella cucina c’erano i suoi genitori, intenti a consumare la colazione.

Mindy, ancora molto adirata per ciò che era successo la sera prima, li ignorò, prendendo dei pasticcini da una biscottiera sul cucinotto. Fece per andare in salotto, ma Jeff la fermò. “Mindy!”

Quest'ultima sbuffò, prima di girarsi verso suo padre. “Credo di aver esagerato ieri sera.”

Mindy lo guardò incredula.

“Sì, in fondo questa storia ti riguarda”, proseguì suo padre, “Perdonami,se ieri ho reagito così, ma fa male sentirne parlare. Stamattina io e tua madre abbiamo preso la decisione che oggi la aiuterai in pasticceria solo di pomeriggio. La mattina sei libera, se vuoi puoi anche incontrarti con Leonardo”.

La biondina sgranò gli occhi:“Non state scherzando, vero?”

“No, è così. A patto che rispetti comunque gli orari e che ora mangi i biscotti qui con noi.”

Mindy, troppo estasiata, obbedì.

 

Mentre poi usciva di casa senza essere accompagnata da sua madre, si ricordò che Mr Curtis le aveva lasciato una copia del "Greatest Hits".

Così corse più velocemente che poteva verso il negozio, anche se il tratto di strada era non poco lungo lungo.

Ma le importava ben poco se era affaticata.

Insomma, stava per ascoltarsi una raccolta del suo gruppo preferito, senza dimenticare ciò che era appena successo con i suoi genitori.

Appena Mindy entrò nel negozio, non potè non notare il sovraffollamento che c’era quella mattina.

Si avvicinò al bancone, intravedendo già una copia del nuovo vinile nelle mani di un ragazzo.

Cominciò allora ad agitarsi un po'.

E se Mr. Curtis avesse già venduto tutte le copie?

Fortunatamente, il proprietario del negozio la notò.

“Eccoti qui, Mindy! Aspetta un momento. Finisco qui con il cliente e vengo in tuo aiuto.”

Quando terminò di servire l'acquirente, diede segno a Mindy di seguirlo nel magazzino dell'esercizio.

Avvicinandosi al tavolo, era possibile notare una copia del "Greatest Hits". L'uomo la prese e la diede ad una Mindy molto entusiasta.

“Ecco la copia. Ti conviene lasciarla qui. Laggiù c'è un vecchio giradischi, ma funziona ancora a meraviglia. Ora, se non ti spiace, torna di là. Se hai problemi, non esitare a chiedermi qualcosa.”

Mr. Curtis si dileguò dalla giovane, che si avvicinò al giradischi.

Titubante, mise il vinile sul piatto, e lo fece partire.

Seguendo la tracklist sulla copertina, partì Bohemian Rhapsody.

Mindy trovò una poltroncina in pelle malridotta non molto distante dal punto in cui proveniva la musica.

Potete immaginarvi quanto era entusiasta mano a mano che il disco procedeva.

Passava infatti per Another One Bites the Dust, proseguendo per "Killer Queen, crescendo con Bottomed Girls e Bicycle Race.

Erano il turno anche  di Somebody to Love, We will Rock You, per poi terminare con la spumeggiante We Are the Champions.

Concluse le parole "We are the champions of the world", Mindy si alzò dalla poltroncina e andò a risistemare il disco, posizionandolo sul tavolo dove l'aveva trovato.

Rimase lì impalata, sorridente, a fissare la copertina del disco.

Quella band era semplicemente mitica.

Avrebbe tanto voluto incontrare quei quattro geni musicali solo per dire quanto fossero magnifici.

Per lei era sicuramente la migliore band che il mondo avesse mai avuto l’occasione di accogliere.

Uscì poi dal magazzino e chiese ad un ragazzo passante l'orario. Erano le undici in punto.

Era ancora presto, aveva tutto il tempo di farsi un altro giro per il negozio, così, si avviò verso la solita sezione.

Poco distante, però, c'era un chiassoso raggruppamento di ragazzi.

Mindy, incuriosita, si avvicinò al gruppo.

Al centro, c'era un uomo da cui si intravedeva una lucente chioma bionda.

Mindy scrutò meglio la figura.

I suoi immancabili occhiali da sole e la sua giacca di pelle. Il viso era rilassato, e la sua espressione avrebbe potuto far cascare tutte le ragazze dell’Universo ai suoi piedi.

Non vi erano dubbi.

Era lui: Roger Meddows Taylor in persona!

Solo vari secondi più tardi, dopo essersi ripetuta alcuni non è possibile o no, non può essere lui, Mindy si decise ad avvicinarsi alla figura circondata di suoi probabili fan.

Il cuore non le era mai battuto così tanto. Le stava letteralmente scoppiando nel petto.

Se qualcuno avesse fatto caso a lei, probabilmente avrebbe visto più una mozzarella che una ragazza di sedici anni.

Ma a lei non importava in quel momento cosa pensassero gli altri, tutto ciò che doveva fare era riuscire a parlargli.

Aspettava quel momento da anni, e non ne poteva più di continuare a crescere con il dolore nel cuore, per quanto volesse bene ai suoi genitori.

Non era importante cosa avrebbe detto al batterista, o come avrebbe agito lui, doveva avvicinarsi.

Cominciò a farsi spazio tra la folla, che non ne voleva sapere di spostarsi.

I ragazzi erano troppo eccitati per fare caso a lei, così, dopo alcuni spintoni, ricevendo anche un bel calcio, la giovane si accasciò completamente a terra.

E, dopo aver ricevuto varie pestate, la biondina perse completamente i sensi.

Il batterista rilasciò autografi a tutti, ma quando notò che si era formato un altro gruppo di persone attorno alla ragazza priva di sensi, sentì il dovere di accorrerle in aiuto.

Mr Curtis fu il primo a preoccuparsi di lei e notò tutte le ferite sulle braccia e sul viso di Mindy.

Fu così che Roger ebbe la conferma che la bionda si trovava   al suolo per causa sua. E fu per questo che si propose di accompagnarla in ospedale.

Freddie non vorrebbe mai che qualcuno si facesse male a causa della musica, pensò.


Buio totale, fu quello che vide Mindy per ben due ore.

Eh, sì. Si era persa tutte le grida di aiuto del batterista, l'arrivo dell'autoambulanza e la sistemazione in una stanza del pronto soccorso.

Dopo due ore, finalmente si decise ad aprire i suoi occhioni azzurri.

Dal grande finestrone in cui si trovava, proveniva la luce del sole più grande che Londra avesse mai visto.

Che sogno, si disse, credendo che avesse veramente sognato e che tutto quello non fosse accaduto.

Dopo aver ascoltato il suo aspettato Greatest Hits, aveva visto Roger nel negozio di Mr. Curtis, ma non aveva fatto in tempo a parlargli che era caduta a terra.

Fu questo quello che pensò Mindy non appena si stropicciò gli occhi.

Ma dopo si guardò le braccia che presentavano molti lividi viola, e capì che qualcuno l’aveva veramente pestata.

Alzò la testa in cerca di spiegazioni, e il suo sguardo cadde su di lui, Roger Meddows Taylor, vestito dai piedi fino al collo di nero, seduto su una sedia non molto distante dal suo letto.

Non appena il batterista dei Queen vide che la ragazza mugolò qualcosa, i suoi occhi si illuminarono e si precipitò immediatamente fuori la porta della stanza dell'ospedale, andando ad avvertire uno degli infermieri, per avvisare che quella che lui credeva essere solo una ‘normalissima fan’ si era appena svegliata.

Quel batterista si sentiva terribilmente in colpa. In tutta la sua vita non avrebbe mai pensato che qualche suo ammiratore si fosse ferito a causa sua, nonostante episodi del genere accadessero nel mondo del Rock N Roll.

Non era stato costretto a venire in ospedale con la ragazza, ma qualcosa dentro di lui lo spinse a farlo, e non sapeva nemmeno cosa.

Così aveva passato le ultime due ore dentro quell’ospedale, senza che nessuno sapesse che fine avesse fatto.

Aveva i suoi impegni; insomma, era una celebrità, ma in quel momento tutto ciò che gli importava era come si sentisse la giovane.

Oh, diamine. E ora che gli dico? Di certo mi crederà una sua fan, pensò invece Mindy.

Un'infermiera corpulenta, seguita da Roger, entrò nella sua stanza.

Si avvicinò alla giovane con una sottospecie di cartellina in mano. “Ah, eccoti risvegliata, principessa. Ho bisogno di un tuo riconoscimento, i tuoi saranno preoccupati per te. Ti dispiace darmi il nome, la tua data di nascita, e i nomi dei tuoi genitori, anche?”

La bocca di Mindy si paralizzò. Avrebbe dovuto dire il suo nome davanti a Roger.

“Signorina? Avanti, non abbia paura.”

Mindy, tremante come una foglia in autunno, chiuse gli occhi, fece un respiro profondo, e li riaprì.

“Mi chiamo Melinda Taylor e i miei genitori sono Jeffrey e Paige Taylor”.

Roger la guardò con gli occhi spalancati, come se qualcuno gli avesse appena detto che casa sua stesse andando in fiamme.

Non è possibile, si disse.

Mindy proseguì: “Sono nata il quindici giugno 1965 a Truro, Cornovaglia, ma vivo a Mayfair qui a Londra”.

Roger era sul punto di darsi un pizzicotto per testare che tutto stesse accadendo veramente.

A pochi metri da lui, c’era sua nipote, quella bimba che tanti anni prima rideva ogni volta che lui la prendeva in braccio e la posava sulle sue gambe.

Dopo quattordici lunghi anni, il destino aveva deciso che i due si sarebbero dovuti incontrare di nuovo.

Dopo che Mindy ebbe dato anche il numero di telefono, l'infermiera, soddisfatta, uscì dalla stanza dell'ospedale.

Per una manciata di secondi, Mindy, ancora sotto shock, rimase a fissare il letto.

Poi i due Taylor si guardarono; nessuno disse una parola, avevano entrambi le labbra serrate.

Poi il batterista si fece coraggio. “Così, tu sei la figlia di mio fratello Jeff?”, mormorò.

Mindy annuì, seria.

Roger si avvicinò alle sponde del letto, mentre lei si sistemava in una posizione più comoda. “Tu mi conosci, vero?”

Sei il membro della mia band preferita e sono stata sei anni ad aspettare di incontrarti, certo che so chi sei, pensò Mindy, che però, con il cuore in gola, rispose solamente:“Sì, è così.”

Per quanto provasse a controllarsi, la sua voce assomigliava a quella di un robot.

Roger la scrutò meglio: gli occhioni azzurri, la chioma, ormai cresciuta, biondissima. Non era cambiata molto, se non per l’età. “Dire che sei cresciuta è dir poco”, le  disse, sorridendole,  “Sai che non ti vedo da che avevi due anni?” ridacchiò.

Sei rimasta la splendida bambina con gli occhi azzurri che conoscevo, pensò il batterista.

“Io invece ti ho sempre visto sopra i vinili. Devo dirti la verità, sei ancora meglio dal vivo”.

Risero entrambi.

Roger notò il tremolio della voce di sua nipote.

“Hai paura di me?” le chiese, avvicinandosi ancor di più alla ragazza.

“No, è solo che è strano vedere dal vivo una persona che hai visto sempre sopra un disco, non credi?” i due scoppiarono nuovamente in una fragorosa risata.

“In effetti è così. Ho provato la tua stessa sensazione la prima volta che andai a vedere Keith Moon in concerto” spiegò il batterista.

Rimasero in silenzio, eppure, anche se non lo sapevano, pensarono all'identica cosa: in tutti questi anni avevano perso tempo, anche Roger, che, nonostante sia stato indaffarato coi vari impegni della band e con la sua compagna Dominique, gli mancava quella piccola biondina un po' paffutella che si divertiva non appena lui lei intonava Jailhouse Rock, quando all'epoca non era niente di più che un giovane ragazzo di diciotto anni.

“Mi sa che è meglio che tu vada.”disse dopo Mindy. “Mi verranno a prendere da un momento all'altro”.

Roger non ebbe bisogno di ulteriori informazioni. Capì tutto al volo e annuì. Poi disse: “Domani ho la giornata libera. Che ne dici se andiamo a prendere un drin… Ehm…”

Mindy già liberò una risata.

Non è abituato a chiacchierare con le ragazzine, povero, disse tra sé.

“Volevo dire un gelato. Molto meglio un gelato.”, anche il batterista non trattenne una risata.

“Okay, dove ci incontriamo?”

“Hai detto che abiti a Mayfair. Sai dov'è Berkeley Berk? Appena giri per Stratton Street c'è un bar…”

“Oh, sì! Ho capito qual è. Ci passo davanti tutte le mattine per andare a scuola”.  

“Benissimo, allora ci vediamo domani. Non preoccuparti, parlo io con l'infermiera”, le fece l'occhiolino, prima di prendere la sua giacca nera di indossarsela “E' stato un piacere rivederti, Mindy.”

Il batterista poi si avvicinò a lei.

La giovane allungò la mano verso l’uomo, invece il biondo le lasciò un bacio sulla fronte, facendola arrossire.

“Il piacere è stato mio, ehm...”

Improvvisamente divenne rossa. Era imbarazzante chiamare ‘zio’ un uomo così giovane.

Tuttavia, il batterista la lesse nel pensiero: “puoi chiamarmi Roger, oppure Rog va bene lo stesso. Sai, ho…”

“Trentatre anni, lo so.” i due scoppiarono di nuovo a ridere, poi lei disse: “Vai tranquillo, ci vediamo domani.”

Lo salutò agitando la mano, e lui fece altrettanto.


Quando Mindy tornò a casa, non riusciva ancora a capacitarsi di quel che le era appena successo.

Fortunatamente, l'infermiera, grazie a Roger, non fece sospettar nulla ai suoi genitori che, stranamente, rimasero preoccupati, ma senza accanirsi sulla figlia.

Mindy aveva il disperato bisogno di calmarsi.

E solo un oggetto poteva aiutarla.

17 Giugno 1981

Caro diario,

so che probabilmente se ora ti raccontassi quello che è successo, così all'improvviso, nessuno, anche il più idiota di questo mondo, ci crederebbe.

Così voglio farti una domanda: tu credi nel fato?

Io sono dell'idea che il destino è uno scherzo della vita. Mi spiego meglio: noi esseri viventi affermiamo che se accade qualcosa in modo puramente casuale, è inevitabile sfuggire alla fatalità.

E io perciò penso che il fato sia anche una prelibatezza che ci riserva la vita, perché non sai mai cosa ti può preservare.

Oggi,infatti, ho incontrato Roger al negozio di musica.

Sfortunatamente, alcuni idioti che erano attornati a lui mi hanno fatto cadere per terra, pestandomi così tanto da farmi svenire.

Ma Roger è stato capace di preoccuparsi per me, e così ha chiamato il pronto soccorso e, una volta arrivati lì, mi ha assistito finchè non sono venuti i miei genitori.

Sì, che fatalità.

E domani ci rincontreremo in una caffetteria poco lontano da qui.

Ah, e poi ci sono i miei genitori.

Ultimamente non so cosa stia prendendo a mio padre, ma rispetto a ieri è molto più sereno con me.

Infatti, quando è venuto insieme a mamma a prendermi, sì, ovviamente è stato in ansia e tutto il resto, ma non mi ha per niente sgridato.

Beh, che dire, oggi è stato veramente una giornata alquanto anomala, con "un fantastico incidente".

Sono le otto di sera, vado a cenare e dopo mi metterò a dormire.

Dopo quello che è successo, è inevitabile che non sia stanca.


EHILAA!
Finalmente siamo giunti ad un capitolo abbastanza importante e non tanto noioso.

Mi considero una personcina abbastanza modesta, ma lo ammetto: ho creato un Meddows dolcioso niente male.

Ora sono proprio curiosa di sapere cosa si diranno i due nel prossimo capitolo (mi faccio le recensioni da sola, sono pazza… Oppure sto detestando il fatto che questa sezione sembra deserta)

Che dire, vi auguro il meglio. Alla prossima!!!






 

 

 

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Capitolo 5
*** My heart's jittering, just you and I ***


                                                                My heart's jittering, just you and I
 

Dopo aver chiuso il diario, Mindy corse a mettersi sotto le coperte.

Eppure per i primi dieci minuti non faceva altro che ripensare a come era trascorso quel giorno, a quanto fosse stato irrealistico vedere Roger dal vivo, a quanto fosse stato magnifico quell’incidente.

Tuttavia, passati quei dieci minuti, la stanchezza prevalse sull’eccitazione, così Mindy si addormentò.


Dominique sentì la porta di casa aprirsi, per poi richiudersi subito dopo.

Distrasse la sua attenzione dal televisore, intento a trasmettere una di quelle soap che a lei piaceva tanto, si alzò dal divano e si diresse verso l’ingresso di casa.

“Alla buon ora. Non ho voglia di chiederti che fine hai fatto, tanto non crederò mai a quello che dirai”, gli disse, abbastanza adirata, anche se per niente sorpresa che Roger avesse rincasato così tardi per l’ennesima volta.

Poi però lo scrutò meglio: aveva il viso abbastanza sconvolto, ma allo stesso tempo felice.

Lo conosceva e sapeva che quel batterista sorrideva in quel modo solamente quando era con lei, eppure si accorse che in quel momento lei non c’entrava.

“Rog, mi spieghi che è successo?”, aggiunse, a braccia conserte.

Lui alzò gli occhi verso di lei.

La guardò e pensò che era bellissima anche quando era arrabbiata.

“Dom, so che non crederai mai a quello che sto per dirti, ma giuro che non sto scherzando nemmeno un po’”, cominciò lui, andandole sempre più vicino.

“Ti crederò, qualunque cosa sia. Hai una faccia molto scombussolata” la donna rise.

“L’ho incontrata, finalmente”, disse lui.

“Chi, tesoro?”

“Mindy”.

Dominique guardò incredula il suo ragazzo, cominciando a tempestarlo di domande sull’accaduto di quel giorno.

“Quando ha detto il suo nome in ospedale, sono rimasto sbalordito, addirittura mi è sembrato uno scherzo. Poi ho visto i suoi occhioni azzurri, che in tutti questi anni non sono cambiati di una virgola. Era lei”.

“Il destino non voleva dividervi. Ne è passato di tempo, ma ora vi siete rivisti. È meraviglioso, Roger”.

Estremamente felice, lui abbracciò la sua amata.

“Non hai idea di quanto sia felice, Dom. Ho sempre sentito di avere un legame forte con quella bimba bionda”.

“Non è più una bambina, Roger. Ha…” si interruppe, non conoscendo l’età della ragazza.

“Sedici meravigliosi anni. È rimasta bellissima, posso garantirtelo. Come suo zio”.

I due scoppiarono a ridere, rimanendo abbracciati.

“E ora quando vi rivedrete?” chiese lei.

“Domani mattina. Non vedo l’ora di poter parlare con lei di nuovo. Mi piacerebbe sapere anche cosa stanno combinando mamma e Clare”.

“Sento che questa notte non chiuderai occhio, mio caro” ridacchiò Dominique.

“Eh, già. Tu mi conosci troppo bene”, disse lui, fissando per qualche attimo la sua amata e baciandola dolcemente.


La mattina seguente, Mindy si risvegliò come sempre a causa del rumore assordante della sveglia.

Ma non appena aprì gli occhi, la ragazza di colpo ricordò l’appuntamento, e fu così che si alzò dal letto in un battito di ciglia, correndo subito a prepararsi.

        I suoi genitori decisero di non farla lavorare in pasticceria per far sì  che si riposasse un po’ a casa, ignari del fatto che la loro figlia sarebbe     comunque uscita.

        La biondina tremava dall’eccitazione, ma fortunatamente i suoi non notarono che in lei c’era qualcosa che non andava, essendo troppo presi dalle ansie lavorative.

Alle otto, dopo che i suoi genitori fossero usciti e senza avvertire i suoi fratelli, Mindy decise di lasciare casa per avviarsi al luogo di incontro.

Mentre camminava, cominciò a sentirsi le gambe sempre più tremolanti, come se le mancassero le ossa, inoltre si sentiva svenire di nuovo.

Oltre che ad essere elettrizzata perché stava per incontrare un parente che non vedeva da anni, stava anche per vedere nuovamente un membro del suo gruppo preferito.

Alcune volte, in passato, si chiedeva molte volte cosa le sarebbe piaciuto domandargli, se avesse avesse avuto la possibilità di incontrarlo, ma in quel momento tutte quelle domande che voleva porgli non le ricordava più.

Dopo alcuni minuti di camminata, intanto, la giovane arrivò di fronte la caffetteria affollata.

Rimase per un po’ a fissare il pavimento, con il cuore che le batteva sempre di più ogni minuto che passava. Quando poi risollevò il capo per cercarlo, finalmente lo vide.

Roger Taylor era lì che le veniva incontro, occupato a nascondere la sua ansia sotto il solito paio di occhiali da sole neri, mangiucchiandosi nervosamente le dita.

Ciò che Dominique aveva previsto si era avverato: quel batterista non aveva per niente dormito.

Rare volte gli capitava di essere in agitazione per qualcosa, e quando succedeva non riusciva a chiudere occhio. Era un difetto che aveva sin da bambino.

Continuava a camminare, finché davanti a lui vide sua nipote intenta ad aspettarla.

Le sorrise e le venne incontro a passo sempre più svelto.

"Ciao!"la salutò allegramente, non appena furono uno di fronte l'altro.

La ragazza rispose, e i due accennarono un abbraccio, per poi sorridersi a vicenda senza fiatare.

Fu poi Roger a dire qualcosa. “Che dici, entriamo?”

Mindy annuì, e si avviarono nel bar.

Era abbastanza pieno lì dentro, nonostante fosse abbastanza presto.

Ma entrambi riuscirono a prendere posto ad un tavolo sotto una grande finestra che affacciava alla strada.

“Non vengo da molto”, disse Mindy, mentre si sedeva, “di solito entro qui alcune volte dopo la scuola, che grazie a Dio è finita da un mesetto”.

Il biondo ridacchiò. “Ti capisco. Non c'è niente di meglio di quando finisce la scuola. Io invece frequento abbastanza questo bar.”

Bastò così poco per sciogliersi. Almeno si erano già detti qualcosa.

Poco dopo, li raggiunse un cameriere.

“Buongiorno”.

“Salve”, rispose Roger, “Vorremmo ordinare due coppe gelato”

“Benissimo, i gusti?”

“Per me nocciola e panna.”, annunciò la ragazza.

“Lo stesso” disse a sua volta Roger.

Il cameriere, soddisfatto delle ordinazioni, si allontanò così dai due.

Passarono poi alcuni minuti di silenzio, poiché entrambi non sapevano che dire.

“Dunque, come ti trovi qui a Londra?” chiese finalmente il batterista.

Una domanda semplice, giusto per avviare la conversazione, pensò.

Mindy gli sorrise. “Be’, ci abito da undici anni, quindi bene. È una città mozzafiato, un mondo a sé, come amo chiamarla io.” disse, tranquilla.

“Così, tu e i tuoi genitori vi siete trasferiti qui undici anni fa?” la ragazza annuì. “E Jeff, cosa fa?”.

“Mio padre è  diventato ha messo su un’azienda di bibite analcoliche. Trovo il suo lavoro abbastanza noioso e stupido, in un certo senso. Se non altro, guadagna bene”, rise, per poi proseguire, “Mia madre invece continua a fare la pasticcera, non so se ricordi, e ora ha aperto un piccolo negozio di dolci a Knightsbridge.”

“E tu? Hai avuto dei fratelli?”

“Sì, ho due fratelli, chiaramente minori, Nick e George. Nonna abita qualche isolato più lontano da noi, Clare invece, finito il college, si è trasferita a Hammersmith. Non si è ancora sposata”.

“E' fidanzata?”, chiese insistente Roger.

“Sì, ma è una storia tira e molla, un vero casino”, rispose Mindy, ridendo.

Anche Roger ridacchiò, come se non si fosse aspettato altro. “La mia Clare!” si fermò per qualche istante, poi i suoi occhi incrociarono di nuovo quelli della nipote. “Non mi hai detto nulla di te, però.”

La bionda si tormentò un ciuffo dei suoi capelli biondi sempre spettinati. “Cosa devo dire?” chiese timidamente.

“Oh, avanti. Parlami di te. Sul tuo conto so solo che sei diventata sempre più bella ogni anno che è passato.”

Mindy arrossì, continuando a toccarsi nervosamente la chioma.  

“Beh, sai come mi chiamo, ho sedici anni e  sono nata il quindici giugno 1965 a Truro, ma vivo a Londra e ho appena terminato lo stage 4 della Secondary School. Sono abbastanza timida, anche se opportunamente educata, testarda ma anche comprensiva. Da sempre, il mio sogno nel cassetto è stato quello di incontrare Roger Meddows Taylor, batterista dei Queen. Deve essere una persona straordinaria, e a detta di mia nonna, mi ha sempre voluto bene. Sfortunatamente i miei genitori, in particolare mio padre, suo fratello, non la pensano come me, perché ha litigato con lui quando io ero molto piccola”, dovette abbassare la testa, prima che qualcuno potesse notare la lucidità dei suoi occhi, “ma indipendentemente da questo, sono felice. Perché proprio ieri l'ho incontrato dopo quattordici anni. E quando ho tempo libero, i miei hobby preferiti sono scrivere e leggere.”

“Scrivere?”, chiese sorpreso Roger, interrompendo il lungo discorso della nipote.

“Esatto. Principalmente piccole storielle buttate su una carta senza scopi ben precisi, come fossero vomitate. Ma amo alla follia anche la musica e suono il piano. I Queen sono la mia band preferita, reputo la loro musica la migliore. E nulla. Questa è la mia vita”.

“Ora credo che tu voglia sapere qualcosa su di me”.

“Può essere”.

Risero entrambi, “d’accordo”.

Dopo che il cameriere ebbe consegnato le due coppe gelato, fu Roger che cominciò a parlare. “Sono Roger Taylor, ho trentatre anni e sono nato il ventisei luglio 1949 a King’s Lynn, nel Nordfolk. Sono un batterista di professione, e umilmente tengo a segnalare che faccio parte del celebre gruppo musicale dei Queen. Ho lasciato la mia famiglia all'età di diciotto anni per cominciare una nuova vita nella famosissima città di Londra, una delle patrie mondiali della musica leggera. Ovviamente, mi mancano tutti i miei parenti, ma uno in particolare, o meglio, una: la primogenita di mio fratello, che ho lasciato quando lei aveva solo due anni. Ma ora, dopo quattordici fottuti anni, l'ho incontrata di nuovo, e le prometto che non mi dividerò mai più da lei”

Guardò sua nipote negli occhi, mentre lei per poco non si affogava con il gelato, che era sospeso nella gola a sciogliersi.

“Anche se dovesse succedere la cosa più devastante del mondo?” mormorò la bionda.

“Sì. E le prometto anche che domani la porterò ad assistere ad una delle prove del nuovo tour dei Queen.”

Mindy sgranò gli occhi. “Non è possibile!”

“E invece sì.”, disse Roger, e si mise in bocca la sua prima cucchiaiata di gelato.

Mindy non stava affatto sognando. Avrebbe avuto la possibilità di assistere i Queen al completo nel provare le loro fantastiche canzoni. “Grazie, Roger.”disse, con un fil di voce.

E lui, per tutta risposta, le sorrise,

“Non voglio essere indiscreta, ma tu sei per caso sposato?” chiese Mindy.

“No, convivo con la mia fidanzata di nome Dominique Beyrand. Avrai l'opportunità di conoscere anche lei”, spiegò il batterista.

“Perfetto, non vedo l'ora. Deve essere dolce e carina come te, vero?”

“Be’, se ci tieni proprio a saperlo, è la ragazza più dolce che abbia mai incontrato, insieme a te, ovviamente. E’ una persona con un cuore d’oro. La conosco dal ‘76 e da qualche anno viviamo insieme”, aggiunse il batterista, rigirando il cucchiaino nella coppa, sognante.

La nipote fece lo stesso, sorridendo e pensando a quanto fosse adorabile dopo che ebbe parlato della sua fidanzata.

“Non posso crederci, incontrerò veramente i Queen? Mi sembra impensabile!”, esordì all’improvviso Mindy, non riuscendo a trattenere la sua gioia.

Roger le sorrise. “Allora ti piacciamo veramente! Hai una canzone preferita?”

Lei scosse la testa. “Non è possibile trovarne una. Non posso nemmeno comprare i vostri dischi, mio padre me lo vieta.”

Roger la guardò sbalordito. “Davvero?” lei annuì.

“Ma passano le vostre canzoni alla radio, spesso e volentieri. Play the Game, ad esempio, è meravigliosa. Ma lo sono tutte, in fondo”.

“Non è possibile che il tuo unico modo per ascoltarci sia la radio”, disse Roger, ancora spiazzato.

Mindy cominciò a giocherellare con il cucchiaio del gelato, mostrando un lato un po' deluso di sé stessa. “Non è la fine del mondo. Non proprio ora che ho incontrato te”, tornò a sorridere, “e poi la radio è meravigliosa. Mi hanno detto che era il tuo grande amore qualche anno fa, insieme al rullante”.

Roger sorrise, poi le prese un braccio che la ragazza aveva disteso sul tavolo in precedenza. “Mindy, promettiamo di non dividerci mai più, siamo intesi? Abbiamo passato troppo tempo senza vederci, e mi sembra un miracolo quello che è accaduto ieri.”

Le parole del batterista erano sincere. Non avrebbe mai più voluto dividersi da lei.

La bionda sorrise. “Okay, Roger.”

 

Passò circa un'oretta.

I due non facevano che parlare che la carriera dei Queen andava a meraviglia, e Mindy, mezza inesperta, stava imparando un mucchio di cose sulla band.

Ebbero il tempo di ordinare anche un tè freddo.

Ma dopo un po’ arrivò il momento di dividersi.

Roger pagò il conto di entrambi, poi uscirono dal bar.

“Ora dove vai?” chiese il batterista.

“Non lo so, credo che me ne andrò nel mio negozio di dischi di fiducia. Lì è come la mia seconda casa.”spiegò la bionda.

“Vuoi che ti accompagni?” chiese lui.

“No, non c'è bisogno. Tanto è qui vicino.” mentì lei. Il negozio era parecchio lontano, ma si era portata dietro i soldi per il bus.

“Senti, per quanto riguardano le prove, ci vediamo domani, allora”.

Mindy annuì, eccitata.

“Ecco, questo è il luogo delle prove”, porse alla nipote un bigliettino cartonato da visita, su cui era scritto ‘Shaw Theatre’, un teatro che si trovava nei pressi di King’s Cross.

       “Noi siamo mattinieri, iniziamo alle dieci e mezza”, proseguì.

“Quest’orario non mi spaventa affatto. Se conoscessi bene mia madre sapresti alla perfezione che sono costretta a svegliarmi alle sei di mattina anche in estate”disse Mindy, facendo scoppiare a ridere Roger.

Povera. Bene, allora ci vediamo domani”.

andò vicino alla nipote, e le baciò entrambe le guance.

Poi, i due se ne andarono nelle due direzioni opposte.

E anche quell'incontro si era concluso bene.

Quella bellissima promessa che Roger aveva fatto a Mindy era stata molto dolce.

In effetti tutto ciò era vero, non erano destinati ad rimanere divisi.

Ma si sa com'è la vita, toglie e dà.

È questo quello che pensava Mindy, mentre era sul bus che la conduceva al negozio di Mr. Curtis.

Mr. Curtis! Era a conoscenza di ciò che era accaduto il giorno prima?

Ebbene sì, visto che la prima cosa che fece quando vide la ragazza entrare fu uscire dal bancone e andargli incontro.

“Mindy, ma cosa è successo ieri?”.

Lei rimase un po' stupita per l’accanimento . Ma, dopotutto, era a conoscenza di quanto stesse al cuore all'uomo. “Niente, un piccolo incidente. Ma ora sto bene” lo rassicurò.

“Meglio così, mi hai fatto prende un bello spavento. Sei venuta di nuovo per il ‘Greatest Hits’?”.

Mindy  in realtà era venuta solo per distrarsi un po’, ma non fece in tempo a fiatare che l’uomo la spinse verso il magazzino. “Puoi rimanerci tutto il tempo, io torno alla cassa. A dopo!”

Non appena la giovane entro, udì varie note che conosceva abbastanza bene, quelle di Bicycle Race.

E poi vide una ragazza dai capelli biondo scuro coperti da un vistoso berretto rosso, seduta sulla poltrona malconcia e intenta a canticchiare.

Qualche metro più in là, c'era un grosso Pastore Tedesco con un collare rosso e un guinzaglio la ragazza teneva.

Mindy si chiuse la porta alle spalle, ma, anche se fece abbastanza silenzio, la ragazza seduta si agitò. “Nonno?”, disse.

Mindy rimase confusa quando notò che la ragazza, pur richiamando qualcuno, non guardò la porta.

Si schiarì la voce. “No. Ecco, io sono un'amica di Mr. Curtis. E sono qui per… Non so se ti ha parlato del Greatest Hits.”

La sconosciuta sorrise, rimanendo a guardare un punto fisso davanti a lei. Poi si alzò, scuotendo un po' il guinzaglio del cane che aveva accanto a lei, e andò verso Mindy, guidata dall’animale.

“Tu sei la famosa Mindy, non è così? Mio nonno mi ha parlato tanto di te. Io sono Elizabeth. Eliza per gli amici.” allungò la mano verso la bionda.

Mindy, poiché Elizabeth non la guardava negli occhi, capì che era una non vedente. Non sapendo che fare, strinse la mano alla giovane. “Sì, sono io. Tu saresti, per caso, la nipote di Mr. Curtis?”, chiese un po' timorosa.

Elizabeth le lasciò la mano. “Sì, esatto. Mi ha detto che ti piacciono i Queen, è così?”, chiese, eccitata.

Mindy annuì, ma poi ricordò che Elizabeth non poteva vederla, così disse: “Sì, mi piacciono molto. Visto che ci sta tenendo compagnia You're my Best friend, qualcosa mi dice che piacciono anche a te.”

Elizabeth sorrise ancor di più, saltellando.

“Li adoro, in realtà! Stavo proprio ascoltando il nuovo album, il "Greatest Hits". Ti va di, non lo so, ascoltarlo insieme?

“Oh, perché no?”

“Puoi sederti sulla poltrona, io posso mettermi sul tavolo.”Elizabeth la invitò verso la poltrona, che, anche se non vedendola, sapeva dov'era.

“No, non scomodarti, meglio se facciamo il contrario.”disse Mindy.

“Sei sicura? Per me non ci sono problemi.”, rispose l’altra, tenendo sempre stretto il guinzaglio del suo cagnone.

“No, sono stata seduta tutto questo tempo seduta nel bus.”

Elizabeth non si fece ripetere nulla due volte, e si sedette sulla poltrona, mentre Mindy si accomodò del tavolo di legno scricchiolante.

Aspettarono che You're My Best Friend finisse, prima di parlarsi di nuovo.

“Mindy, tu hai sedici anni, non è così?”, chiese la ragazza, mentre l’interessata annuì, “Io ne ho diciassette, sono un po' più grande di te”, sorrise.

Seguì la bellissima Don't Stop me Now.

“Questa è una delle mie canzoni preferite”,disse Mindy.

“Davvero? Anche la mia, anche se i contenuti sono un po', come dire, osè”, le due ridacchiarono, “Ma rimane comunque fantastica. Mr. Fahrenheit ci sa proprio fare”.

Sentì poi il guinzaglio muoversi senza suo preavviso. Il cane stava tentando di avvicinarsi al tavolo. “Ehi, vacci piano! Mindy, hai paura dei cani?”

“No, per niente.”

“Sembra che voglia annusarti, posso lasciarlo libero?”, chiese cortesemente Elizabeth.

“Sì, non preoccuparti.”, la rassicurò Mindy.

Il cane, una volta libero, si avvicinò alle gambe penzolanti di Mindy, e cominciò ad annusarle. Lei cominciò ad accarezzargli la testa, sorridendo teneramente. “Come si chiama?” chiese poi.

“Fred”, rispose Eliza.

“Non potevi dargli nome migliore”, le disse Mindy, indicando il cantante dei Queen sulla copertina del vinile.

Elizabeth chiuse gli occhi, godendosi il più possibile le armonie vocali. Poi lasciò andare un sospiro.

“Sai, lui è il mio membro preferito”, cominciò a dire,  “Ha quella voce che ti cattura all'istante: così potente, melodica e fuori dal comune. E poi mia madre mi ha detto anche che è molto bello.” le due ridacchiarono.

“Beh, effettivamente è così”aggiunse Mindy.

“Tu non hai un membro preferito?”, chiese poi Elizabeth.

“Io?”.

Mindy decise di giocare un po' sui fatti. In fondo Eliza non sapeva che lei faceva di cognome Taylor. “Credo Roger.”

“Roger? Il batterista? A detta sempre di mia madre, anche lui è molto carino”.

“Sì. E poi suona la batteria in un modo perfetto”.

“Non togliamo nulla agli altri due, eh? Anche Brian e John meritano complimenti.”.

“Beh, Brian me lo immagino sempre come il più perfezionista e calcolatorio del gruppo…”

“Scrive pezzi molto potenti” la interruppe Eliza.

“Invece John è dolcissimo nella sua You're My Best Friend.”

“Forse anche troppo” rispose l’altra, con un cenno di disgusto

“Nah. Sei troppo abituata ai testi di Mr. Fahrenheit”.

Le due continuarono a sghignazzare, finché qualcuno non le raggiunse.

“Oh, Mindy. Perdonami, non sapevo che ci fosse qui anche Elizabeth”disse Mr. Curtis.

“Nonno, non serve a nulla. Io e lei abbiamo già fatto conoscenza. Lei è una fan dei Queen, di conseguenza è mia amica”.

        “Giusto, i Queen! Be’, sono contento che Mindy abbia trovato qualcuno con cui parlare della sua passione. Eliza non fa altro che parlare della band giorno e notte” spiegò Mr. Curtis.

“Anche io sono felice. Elizabeth è molto simpatica” disse la biondina.
“Anche tu lo sei, Mindy” le sorrise l’altra.

“Eliza, tua madre ti vuole, è ora che torni a casa” disse a malincuore il nonno.

Lui amava tanto Elizabeth, e sapeva che la musica era la cosa che più la rallegrava, per questo la portava spesso nel suo negozio.

Quest'ultima sbuffò, avvicinandosi al giradischi.

“Oh, no. Faccio io”, disse premurosa Mindy, precedendola e togliendo il disco dal piatto, riponendolo nella custodia.

“Guarda che sapevo farlo.”la rimproverò Eliza.

Mindy rimase un po' mortificata, finché Eliza non sorrise. “Non fa niente, tra l'altro questo disco per metà è anche tuo”.

“Cosa?”

“Ma certo. Te l'ho già detto che puoi ascoltarlo quando vuoi”aggiunse suo nonno, accarezzando la testa del cane.

Mindy sorrise.

“E che ne dici se domani vieni a casa mia, così ce ne ascoltiamo un altro? Ovviamente dei Queen” propose Elizabeth.

Mindy si ricordò poi dell'appuntamento che aveva con i Queen in carne ed ossa.

“Domani purtroppo ho un impegno. Ti va bene se rimandiamo a dopodomani?”

“Okay. Domani alle tre ci incontriamo qui fuori e andiamo a casa mia, d'accordo?”.

“Va bene”.

Elizabeth si avvicinò alla sua nuova amica, le pose una mano sulla guancia e gliela baciò.

“A dopodomani, allora. Mindy”.

        La bionda uscì prima di loro dal magazzino, per poi piombarsi fuori        dal negozio.    

Che giornata!, pensò, sorridendo.

A un certo punto, un ragazzo le si piazzò davanti.

“Sapevo che eri qui! Il mio istinto nuovamente non ha fatto una piaga”,disse Leonardo, entusiasta di aver trovato l'amica.

“Si dice ‘piega’, Leo” lo corresse Mindy.

“Vedo che ora ti senti meglio. Tua nonna mi ha raccontato tutto”.

“Mia nonna? Si può sapere quando l'hai vista?”chiese sbalordita la bionda.

“Qualche ora fa, mentre faceva la spesa nel Waitrose sotto casa tua”.

“Sei strano, pari uno stalker”.

“Ero preoccupato. Ora mi dici per filo e per segno chi ti ha fatto male, come e perché”.

“Se te lo dicessi, non ci crederesti mai, perciò è inutile che ti dica tutto”.

Lui rise. “Sì, cosa è successo? Hai incontrato tuo zio?” disse, ironizzando.

Mindy lo guardò in silenzio, poi gli sorrise.

Fu allora che Leonardo capì che l’amica stesse scherzando ben poco. “No, Mindy. Non farmi brutti scherzi, non mi piacciono”.

“Sai benissimo che odio fare scherzi del genere, Leo”.

Il francese si portò le mani alla bocca, gridando: “O mio Dio! Quando è successo?”

“E' lui che mi ha salvata dall'incidente”,confessò lei.

“Che fortuna che hai avuto”.

“Mi raccomando, acqua in bocca con tutti i miei parenti. Nessuno sa nulla”.

“Solo se tu ora mi dici tutto ciò che ti è accaduto in questi ultimi tre giorni”.

È così che i due passarono quel poco che rimaneva della mattinata, a parlare di quel magico evento che Mindy non poteva più tenere solo per sé.

Sapeva che poteva fidarsi di Leo.

 

Verso tarda sera, Mindy non potè che terminare la giornata che con l’ennesima pagina di diario:

 

17 Giugno 1981

Caro diario,

L'appuntamento con Roger si è concluso più che bene.

Da quel che ho potuto capire, ognuno di noi ha rivelato quel che sentiva per l'altro.

No, caro diario, non è una cosa romantica, secondo me è una cosa molto bella ascoltare parole di fiducia da una persona che non vedevi da molto.

Mi ha anche invitato ad assistere alle prove che la band farà domani e ovviamente non sto più nella pelle.

Ti rendi conto che onore immenso assistere alle prove di una delle band più famose del pianeta?

Ma non è finita qui.

Dopo sono andata al negozio di Mr. Curtis per rilassarmi un po' dall'ansia dell’ incontro e ho conosciuto sua nipote.

Che ci crederai o no, anche lei è una grande appassionata dei Quattro.

È una ragazza molto carina e simpatica, ma è cieca.

Non potrò mai comprendere ciò che prova lei nel non vedere ciò che le circonda, ma posso immaginare che la sua vita non è semplice.

Però ha un pastore tedesco di nome Fred, in onore del cantante della sua band preferita.

Credo che diventeremo sempre più delle ottime amiche.



Buon salve!
Mi scuso per l'assenza, ma ultimamente non ho molto tempo per mettermi al pc.
Ad ogni modo, anche questo capitolo mi soddisfa.
Non so cos'altro dire XD
Perciò, a presto!






 

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Capitolo 6
*** We give you rock a la carte ***


We give you Rock à la carte

Anche quella notte Mindy aveva avuto difficoltà nel prendere sonno.

Perché, sì, rivedere Roger era stata un’emozione unica, ma figuriamoci cosa sarebbe stato incontrare tutti i componenti della propria band preferita in una sola mattinata!

Ma alla fine, Mindy fu sopraffatta nuovamente dal sonno.

Come la mattina precedente, si preparò in un batter d'occhio, fece colazione e, dopo essere finalmente riuscita a trovare una buona scusa, uscì da casa.

Fu costretta a scendere di casa verso le nove per arrivare in orario all’appuntamento.

Mindy, mentre scendeva le scale per arrivare ai treni della metropolitana,cominciò a sentirsi le gambe tremare spaventosamente come il giorno prima.

Scese alla fermata di King’s Cross della metropolitana e si mise su Euston Rd.

Chissà cosa avrebbe detto ad ognuno di loro.

Sapeva che probabilmente sarebbe riuscita solamente a balbettare poche parole circa loro bravura.

In quel momento, nella testa di Mindy vi erano solo pensieri meravigliosi, finché non si rese conto che era quasi arrivata.

Diede un'occhiata all'orologio che aveva al polso: le dieci e dieci, era addirittura in orario.

Ancora una volta sentì le coronarie del cuore spappolarsi, anche se a sua insaputa non era ancora successo nulla.

Infatti, mentre camminava al lato opposto della strada rispetto al teatro, che si trovava ormai a pochi metri da lei, rimase a guardare una macchina bianca appena accostatasi poco più lontano dall’ingresso dell’enorme edificio.

Da lì scese un uomo dai capelli castani e abbastanza corti.

Mindy rimase pietrificata quando si rese conto che quello era niente di meno che l'autore del celebre brano "Another One Bites the Dust".

Non riusciva a muoversi, e nel frattempo il bassista era entrato nell’edificio.

Le veniva da stropicciarsi gli occhi per controllare che non si fosse solo immaginata di vedere John Deacon, ma era troppo occupata a cercare di non svenire.

Probabilmente avrebbe passato di nuovo un giorno all’ospedale.

Insomma, ammettetelo anche voi: come reagireste se aveste anche voi tutti e quattro i membri dei Queen davanti?

Mindy si tranquillizzò un po’ quando vide che dall'entrata del teatro uscì un uomo biondo, con gli occhiali neri e con una sigaretta quasi completamente consumata tra le labbra.

Mindy si decise ad attraversare la strada, intimidita, e ricevette un sorriso e un cenno di mano non appena si fece vedere da Roger.

Non appena gli fu quasi completamente di fronte, il batterista la salutò. "Benvenuta, Mindy."
Buttò la sigaretta a terra e stampò un bacio sulla fronte della nipote.

Mindy adorava ricevere baci come quelli dalla gente, ma in quel momento ammise che era troppo presa a pensare al resto dei componenti del gruppo.

Roger, per una volta, pensava a tutt’altro rispetto a quello che aveva in testa la giovane.

Ancora non si era capacitato di tutto quello che gli stava accadendo attorno.

Finalmente sua nipote avrebbe potuto assistere ad una delle sue esibizioni con la batteria ed il resto della band. Sapeva già che in cuor suo avrebbe dato il massimo di fronte a lei.

Gli pareva un sogno: aveva sempre desiderato una cosa del genere.

"Pronta a conoscere i Queen al completo?" disse entusiasta alla nipote, tenendola abbracciata.

Mindy fece un cenno con la testa, anche se in quel momento non era affatto pronta.

Si sentì ancora più morire quando Roger cominciò a condurla verso l'interno del teatro.

Cominciarono ad avventurarsi all’interno del luogo, seguendo una freccia che indicava Backstage.

Ai loro lati vi erano una moltitudine di entrate per l’auditorium e alcuni chioschi per le bevande.

Quel luogo non la calmava affatto, ma di certo non poteva dare di matto in quel momento. Sarebbe apparsa troppo ridicola sia davanti il batterista che davanti anche gli altri membri del gruppo.

Tuttavia, Roger in qualche modo riuscì a notare che la sedicenne non si sentiva per nulla a suo agio.

La scrutò meglio, cercando gli occhioni blu della giovane, tanto simili ai suoi, se non identici. “Ehi, Mindy! Tutto bene?”

La bionda gli rivolse nuovamente un sorriso sforzato.

Roger provò grande comprensione in quel momento.

Strinse Mindy ancor di più a sé, poi disse: “Ti capisco, non è roba da tutti i giorni incontrare la tua band preferita. Ma non hai nulla di cui preoccuparti, fidati. Siamo solo quattro idioti estremamente vanitosi e fieri di noi stessi”.

“In un certo senso fate bene ad essere fieri. Le vostre canzoni sono perfette”.

“E’ sempre bello ricevere i complimenti da ragazze carine come te” rispose il batterista.

Mindy riuscì a distrarsi per un momento, ridendo.

La risata di Mindy, seppur con un timbro di agitazione, estasiava le orecchie di Roger.

Lui sapeva che in quel momento la ragazza avrebbe rischiato un infarto, ma non vedeva l’ora di farle conoscere gli altri membri della band. Era qualcosa di molto contraddittorio, ma era molto orgoglioso di essere riuscito a portare quella piccola peste bionda alle prove di quella band che gli aveva cambiato la vita.

Ricordò quando, in un pomeriggio invernale, si mise la bambina sulle gambe e insieme si misero ad ascoltare la radio. Improvvisamente la piccola cominciò a battere le mani a ritmo di musica e a ridere.

Ebbe come il presentimento che a quella creaturina dagli occhi celesti piacesse il rock, e a distanza di quattordici anni, non era cambiata molto.

Il labirinto del teatro giunse finalmente al termine quando i due approdarono di fronte ad una porta di legno chiaro che conduceva al retro del palco.

Roger rivolse nuovamente a Mindy un sorriso di incoraggiamento, poi, sempre tenendola stretta a lui, aprì la porta ed entrò.

Diversi uomini stavano arrotolando dei cavi chilometrici, altri invece controllavano alcuni impianti.

Poi Mindy udì un suono, qualcosa di simile ad una vibrazione di chitarra elettrica, e poi una voce: “Ho qualche problema col jack!”

Mindy cercava di capire in tutti i modi l’emittente di quella voce, poi notò un uomo dai capelli molto folti e ricci con in mano una chitarra elettrica molto diversa dalle solite Gibson e Stratocaster.

Non ci volle molto per capire che quell’uomo era Brian Harold May in persona.

Il cuore di Mindy aveva ricominciato a battere all’impazzata come prima.

E come fare altrimenti, visto che l’autore del celebre inno We Will Rock You era proprio a pochi centimetri da lei?

“Ehi, Bri! Ancora problemi con il ‘caminetto’?” chiese Roger, avvicinandosi al chitarrista.

Quello finalmente si girò verso il suo amico e collega.

“Rog, era ora!” disse, prima che il suo sguardo cadesse sulla bionda capelluta che era timidamente accucciata sotto il braccio del batterista. “Ciao! Tu devi essere la nipote di Roger, non è così?”

Mindy timorosamente avanzò verso il chitarrista per tendergli la mano, mentre lui, fiero di far la conoscenza della “bambina bionda” di cui Roger tanto gli aveva parlato, aveva già dimenticato tutti i problemi con la sua amata Red Special.

Il biondo gli aveva parlato incessantemente di lei, sin dai tempi degli Smile.

“Sono lieto di fare la tua conoscenza! Roger ha detto che ti piacciamo abbastanza. Sono contento, lo sai?” disse Brian per tranquillizzare un po’ Mindy.

“Anche io sono lieta di conoscere uno dei chitarristi più...più geniali che esistano sulla faccia della Terra” balbettò Mindy al chitarrista.

“Che onore sentire cose del genere, grazie!” rispose Brian, mentre sorrideva alla bionda.

“Mindy, sapevi che Brian utilizzava una chitarra costruita da suo padre?” intervenne Roger.

Mindy scosse la testa.

“Sì, è così” Brian si tolse la chitarra per mostrarla alla ragazza. “Si chiama Red Special, le ho dato questo nome per il suo colore rosso fiammante, non noti?”

Mindy era estasiata da quel bizzarro ma favoloso modello di chitarra. “Adesso capisco perchè il suono della chitarra mi è parso sempre un po’...diverso”disse.

Brian sorrise. “In effetti è così”.

Roger si distrasse per un secondo dai due quando notò un altro suo fido compagno. “Ehi, John! Siamo qui!”.

Mindy cominciò a riagitarsi, dimenticando tutto quello che le stava dicendo Brian a proposito della Fireplace.

Vide il bassista avvicinarsi al gruppetto.

Quando fu ormai arrivato a loro, Roger presentò nuovamente sua nipote: “John, lei è Mindy. Mindy, suppongo che tu conosca già il nostro amato bassista”.

Avere il bassista dei Queen di fronte la strada era già abbastanza surreale, trovarselo a qualche decina di centimetri di distanza era qualcosa di ancora più emozionante.

John sorrideva tranquillo alla ragazza, mentre lei era rossa fuoco.

Roger buttava un occhio su uno e sull’altro e decise di farla finita con quel silenzio inutile. “Mindy, se vuoi puoi salutarlo. Proprio lui non morderà mai” disse ridacchiando.

Mindy diede una stretta di mano al bassista, bisbigliando imbarazzata il proprio nome.

“Io sono come sicuramente avrai capito John, ma qui vengo chiamato anche ‘Deaky’, non chiedermi perché” rispose il bassista.

“Giocando una volta a Scarabeo è saltato fuori questo nome, e a noi piaceva” precisò Brian.

Mindy amava lo Scarabeo, era uno dei suoi giochi preferiti con cui amava passare il tempo con sua nonna.

“Sì, è un gioco che amiamo parecchio” disse Roger.

Un secondo dopo sentì un vocalizzo.

E Mindy ovviamente riconobbe quella voce inconfondibile e melodiosa.

Le toccò rischiiare ancora un altro infarto, anche se sperava in cuor suo fosse l’ultimo.

Vide un uomo dai capelli neri corti e dai baffi a dir poco folti avvicinarsi a loro.

“Ehy, tesori! Vi stavo cercando!” disse il cantante dei Queen, finché non vide una figura minuta, rossa in viso, con degli occhi azzurri luminosi e dei capelli biondi color grano e portati abbastanza spettinati che gli ricordavano quelli del suo amico Roger qualche anno prima.

Continuò ad avvicinarsi al gruppo, continuando a studiare la ragazza.

“Così tu sei la nipote di Roger?” chiese il nuovo arrivato.

Mindy annuì, imbarazzata all’idea di star parlando con Freddie Mercury ma anche divertita per l’entrata in scena.

“Credo che tu mi conosca abbastanza bene, tesoro” aggiunse il cantante.

“Fred, non cominciare con questi ‘tesoro’ e roba varia, intesi?” brontolò John.

“Mindy, meglio se ti ci abitui, Freddie ha la smania di dare nomignoli assurdi alle persone” aggiunse Roger.

Mindy rise, tornando poi subito seria quando vide che il cantante la stava guardando negli occhi, quasi come se fosse commosso.

Il cantante era il migliore amico del batterista e sapeva benissimo quanto quest’ultimo tenesse all’ormai sedicenne.

Quando gliene parlava all’inizio, era un po’ scosso.

Anche lui soffrì molto la mancanza della famiglia quando andò a studiare alla scuola di St. Peter di Mumbai, ma il modo in cui il batterista parlava di sua nipote era qualcosa che andava aldilà dell’affetto familiare.

Roger considerava quella bambina sua figlia, date le somiglianze.

Inoltre, il biondo teneva preziosamente custoditi i suoi ricordi di adolescenza relativi alla nipote.

“Ad ogni modo, io sono Freddie, se non si fosse capito” tutti scoppiarono a ridere.

“Piacere di fare la tua conoscenza, Freddie. Io sono Mindy”.

Freddie strinse la mano alla giovane e, rivolgendosi a lei, aggiunse: “Considerati molto onorata, mia cara. Ora assisterai alle prove della band numero uno”.

Mindy gli sorrise.

Indipendentemente dai rapporti di parentela che aveva con il batterista, amava follemente la band per la sua musica.

Non era mai riuscita a capacitarsi di come quattro esseri umani fossero in grado di comporre delle opere d’arte, ed ora se li trovava di fronte a lei, pronti a prendere in mano il proprio strumento e fare scintille.

“Non hai spiccicato tante da che sei arrivata qui” il cantante rise.

“E’ una persona di poche parole, a questo c’eravamo arrivati tutti” disse Brian.

Mindy riacquisì la forza e, facendosi coraggio, finalmente aprì la bocca: “Beh, non è semplice formare un periodo quando si hanno davanti le persone che si ha sempre voluto incontrare, sapete?”.

Gli altri rimasero un po’ imbambolati da come quella fanciulla avesse appena detto quelle parole, in un tono abbastanza poderoso.

Roger le venne di nuovo vicino. “Hai ragione” le mormorò, abbracciandola, “anche io mi sarei comportato così se avessi avuto l’onore di parlare con John Bonham”.

Anche Freddie si avvicinò alla biondina, arruffandole i capelli già sbarazzini. “Ora però preparati ad uno show degno di questo nome”

“L’accompagno a sedersi” avvisò Roger, mentre gli altri si erano già dileguati a testare per l’ultima volta gli strumenti prima di cominciare a suonarli.

Roger e Mindy scesero dal palco, e il batterista la fece sedere su una delle poltroncine della prima fila.

“Ti intratterremo per bene, mia cara” disse Roger, facendole un occhiolino e ritornando sul palco.

Mindy cacciò un forte respiro caldo.

Stava accadendo veramente, non stava sognando.

Sì, ok, non era un concerto vero e proprio - cioè quello che pensava lei, visto che, in realtà, quei quattro geni del male si erano accordati per provare tutte le canzoni di fila come se sotto di loro ci fosse una marea di gente, come sempre nei loro spettacoli - ma stava per vedere i Queen suonare i loro magnifici brani.

Le vennero in mente i primi versi di quel capolavoro che è Bohemian Rhapsody… Is this the real life? Is this just fantasy?

No, Mindy, nulla di tutto ciò è fantasia. Sta accadendo veramente.

Sorrise, guardandosi i piedi, dopodiché, più felice che mai, tornò a riguardare il palco.

Roger stava dando il tempo con le bacchette.

In men che non si dica partirono varie schitarrate di chitarra che ricordavano la versione veloce di una delle più famose canzoni della band: “We will rock you”.

John e Roger seguivano Brian, che si dava alla pazza gioia con la sua amata “Red Special”, mentre Freddie, prima improvvisò, facendosi aiutare dalla sua ineguagliabile mezz’asta, alcune delle sue mosse “da intrattenimento” per il quale era celebre, poi cominciò a intonare le parole della canzone.

La musica era potentissima, e conquistava l’auditorium del teatro quasi completamente vuoto, mentre fasci di luce coloravano il palco, dando all’atmosfera qualcosa di ancora più spettacolare.

Mindy, come Freddie, muoveva gambe e piedi rapidamente, come se fosse un tic nervoso, entrambi completamente posseduti dalla musica.

Dopo una fine altrettanto mozzafiato di “we will rock you” una manciata di secondi e partì la sfrenata “let me entertain you”.

Mindy non la conosceva, non aveva mai ascoltato completamente l’album “Jazz” e ovviamente ne conosceva solo i singoli.

Tuttavia era in estasi: muoveva la testa e batteva le mani come se conoscesse il brano da sempre, completamente posseduta dalla musica.

Quando anche quella canzone fu terminata, tutti i musicisti guardarono Mindy, che applaudiva, completamente rapita.

Freddie le mimò un bacio con le labbra, cosa che fece alquanto imbarazzare la biondina, poi si diresse verso il pianoforte e cominciò a improvvisare sui tasti.

Diede in seguito uno sguardo ai suoi colleghi, come per comunicar loro qualcosa usando il solo contatto visivo, dopodiché cominciò a suonare le prime note della sua Play the Game.

Mindy quella la conosceva benissimo, e la reputava una ballad stupenda. Fu per questo che cantò ogni sillaba insieme a Freddie.

Seguì poi la meravigliosa Somebody To Love.

Mindy provò un’emozione fortissima quando sentì il cantante cominciare a intonare le prime armonie, accarezzando i tasti bianchi e neri.

Il suo cuore batteva all’impazzata quando il moro prendeva le note alte.

Mindy reputava da sempre la voce di Freddie Mercury la migliore, dalla prima volta che ascoltò Somebody to Love, il suo primo grande amore.

Il resto della band seguì poi il suo cantante, creando armonie a dir poco stupefacenti: i cori di risposta, i suoni che producevano i vari strumenti… Tutto era perfetto.

Freddie non mancò di incitare Mindy a partecipare, e lei si dimostrò subito cooperativa, alzandosi in piedi e battendo nuovamente le mani, i quali palmi erano rossissimi, ma a lei non importava. Si sentiva come se stesse sognando, con la differenza che era tutto vero e nessuno l’avrebbe svegliata, questa volta.

Seguì poi la maliziosa Killer Queen, un’altra che Mindy amava tanto.

Fu però la canzone successiva a farla scattare dalla sedia.

Pochi secondi dopo tutta la band era assorta a suonare “I’m in Love with My Car” di Roger Taylor.

La voce di quest’ultimo si aggiunse al resto degli strumenti.

Graffiante e alta. A Mindy piaceva da morire.

La ragazza era incantata nel vedere suo zio fare tutte quelle “acrobazie” sui tamburi.

Roger fece un’ottima esibizione, e al termine della canzone, alzò il pollice verso la bionda, la quale non faceva altro che pensare a quanto le sarebbe piaciuto suonare quello strumento in quel modo.

Il batterista, che aveva studiato per bene la nipote mentre eseguiva il brano, sapeva esattamente come si sentiva.

Mindy lo guardava allo stesso modo in cui il biondo ammirava il magnifico Keith Moon tanti anni prima.

“Roger ci sa fare, Mindy. Non è così?” le chiese Freddie, parlando al microfono.

La biondina, sorridente, annuì, rivolgendo lo sguardo al batterista che sistemava un piatto.

Non è che ci sa fare. E’ tremendamente bravo, pensò la giovane, completamente fiera.

Il “concerto” proseguì.

Molti fan dei Queen pensano che “Get Down, Make Love” sia uno dei pezzi più stuzzicanti dei Queen, ma per Mindy non risultò per niente scandalizzante.

Mentre vedeva la band che la eseguiva, godeva ogni suono che produceva lo strumento, e naturalmente la voce, di ciascun membro.

Non l’avrebbe mai detto agli altri, ma quella divenne una delle sue canzoni preferite.

Sfortunatamente, Brian, mentre eseguiva le sue improvvisazioni di chitarra a metà brano, se ne accorse.

Aveva la bionda proprio davanti, e riuscì a leggere benissimo i suoi occhi pieni di goduria.

Ma quel chitarrista aveva un animo troppo buono, non avrebbe rivelato niente a nessuno.

E poi, a chi importava? Era rock n roll, un dolce modo di scappare dalla realtà.

In quel momento gli venne in mente ciò che Roger gli aveva raccontato il giorno precedente.

“I suoi genitori le proibiscono di ascoltarci”.

Si è fatto l’ennesima tracannata di alcol, disse tra sé il chitarrista.

Ma se fosse stato vero, probabilmente sarebbe stata una delle cose peggiori su questo pianeta: nessuno può vietare di ascoltare musica, indipendentemente da qualsiasi motivo.

Sentiva che quella ragazza era speciale. Forte e coraggiosa.

Lo ammise, non aveva mai provato tanta simpatia per il batterista, ma questa volta lo avrebbe aiutato a riappacificarsi con la sua famiglia.

“Brian, tesoro, quanto tempo ci vuole per arrivare ad un fottuto piano?” chiese un Freddie abbastanza spazientito, riportando alla realtà il chitarrista.

Tecnici, Mindy, John e Roger scoppiarono a ridere

Il riccioluto lasciò la Red Special e corse al pianoforte per suonare la splendida Save Me.

Il concerto andò avanti.

Susseguirono canzoni meravigliose, e Mindy ovviamente si trovava in un mondo diverso.

La band aveva centrato l’obiettivo: aveva allontanato la loro fan dalla realtà e e l’aveva distratta.

Il gruppo terminò con quel capolavoro di “We Are The Champions”, dopodiché invitarono Mindy a salire sul palco.

“Come siamo andati, gioia?”, chiese Freddie, passandosi una mano tra i capelli sudaticci.

Mindy aveva appena provato così tante emozioni che in quel momento a stento riusciva a stare in piedi.

Le guance erano rosse, i capelli ancora più fuori posto del normale, ma sul suo volto compariva un sorriso gigantesco.

Dopo alcuni attimi di silenzio, la biondina urlò: “siete stati fottutamente divini!”.

Mindy Taylor, dal carattere tanto timido e riservato, sembrava che avesse avuto la sua prima sbornia.

“Era esattamente quello che volevamo sentirci dire, mia cara” disse il cantante.

“Abbiamo fatto il nostro dovere alla perfezione” esordì John.

Tutti osservavano rincuorati la biondina, la quale riprese conoscenza e arrossì, consapevole di come aveva reagito qualche attimo prima.

“Credo di non avere mai provato così tante emozioni in solo un’ora e mezza” spiegò, guardando terra.

“Sai qual è la cosa meravigliosa?”, le chiese Roger, “che potrai venire qui ogni qual volta che vuoi”.

“Sarai la nostra mascotte ogni volta che proveremo” aggiunse Brian.

“Tanto puoi permetterti di venire qui, visto che siamo in estate” disse Freddie.

Mindy si mise le mani nei capelli, sorridendo ad occhi chiusi.

“Questa sarà la migliore estate della mia vita” pensò a voce alta.

Freddie le mise una mano sulla spalla, poi l’abbracciò.

I tre cominciarono a guardarsi divertiti.

“Che gli è preso?” chiese sottovoce il bassista.

“Non chiedercelo, Deaky. Sembra un po’ fuori di sé” rispose ridacchiando Brian.

“Invece di sparlarmi dietro, perché non venite qui e abbracciate la biondina insieme a me?”.

Mindy, stupita, guardò prima il cantante, poi il resto del gruppo, che non tardò a stringerla in un abbraccio collettivo.




 

Salve!

So benissimo di aver ritardato tantissimo, ma sono tanto incasinata ultimamente.

Ad ogni modo, eccomi qui.

Ok, ammetto che per scrivere questo capitolo mi sono ispirata molto al live Rock Montreal, il concerto più divino che abbiano mai fatto, secondo me.

Mi sono divertita molto a scrivere ogni passaggio di canzone. Spero di averlo descritto bene anche secondo voi.

Cercherò di non ritardare più l’aggiornamento, sempre se gli impegni me lo permetteranno.

See you soon, darlings!


 

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