Non esiste vita senza morte

di milla4
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I capitolo ***
Capitolo 2: *** II capitolo ***
Capitolo 3: *** III capitolo ***
Capitolo 4: *** IV capitolo ***
Capitolo 5: *** V capitolo ***
Capitolo 6: *** VI capitolo ***
Capitolo 7: *** VII capitolo ***



Capitolo 1
*** I capitolo ***


 
Cinquantacinque… cinquantasei…
Un piede davanti all'altro; Violet  era sin tropo concentrata in quello che era diventato uno dei tanti passatempi  per sfuggire all'eternità..
 
Dieci anni…
 
-Ehi, ragazzina… vedo che ti diverti!-
Violet  si premette la mano sul petto per simulare uno spavento, smentito dalla sua espressione annoiata.
-Patrick mi hai fatto proprio morire di paura- rispose lei, sbadigliando.
-Oh, mi scuso mia regina: la prossima volta mi impegnerò di più- disse lui con una patetica riverenza, degna di un film in costume.
 
Amici… no, seriamente, si può essere amico di un imponente  e bellissimo trentenne, morto, gay, che circa dieci anni prima aveva tentato di rapire tuo fratello  e con un ex fidanzato geloso a carico ?
Evidentemente sì, visto il tempo che trascorrevano insieme.
La faceva sentire meno sola dopo… dopo tutto.
 
-Non ti annoi mai di contare quanti passi sia lunga la casa?-
-Non vedo altri modi proficui di passare il tempo infinito che abbiamo, a meno che tu non conosca un modo per tornare vivi senza il bisogno di riesumare i nostri cadaveri ormai putrefatti...- un sorriso sornione le apparve in viso.
 
Patrick non rispose; si avvicinò rapidamente verso di lei, prendendola di peso sulla spalla e, incurante delle sue obiezioni colorite e delle minacce esplicite,  camminò verso il cortile della casa dove gettò  la ragazza nella piscina costruita dagli ultimi proprietari , ora loro coinquilini.
Violet riemerse sputando acqua: -Ma sei pazzo? È gelida, stupido-
-Tu mi hai chiesto cos’altro potessi fare… eccoti accontentata-  disse sorridendo il biondo per poi svanire all’improvviso.
 
Oh, quanto lo odiava quando faceva così, eppure sapeva che teneva a lei.
 
L’aveva vista piangere quando i suoi genitori avevano raggiunto la pace. Fu improvviso, stavano parlando e loro improvvisamene scomparvero.
Punto.
Li cercò in ogni stanza, in ogni anfratto ma nulla.
 
Solo dopo Nora le disse che forse avevano raggiunto la pace, i primi e unici finora, e che quindi erano passati oltre. Nessuno sapeva cosa ci fosse in quell'oltre, perché pace e quella casa erano due concetti assurdi persino da essere pensati contemporaneamente.
 
Patrick la consolò perché le faceva pena, o forse perché voleva  allontanarsi da quel parassita ingombrante che era Chad.
Ora si potevano considerare amici, almeno Violet credeva fosse così.
 
La ragazza uscì dalla piscina issandosi sui bordi: fortunatamente non doveva preoccuparsi di cambiarsi: poteva farlo anche solo pensando agli abiti. E così fece.
 
Uno sguardo, fisso…
 
-Tate, smettila. Lasciami in pace-
Lo sguardo si nascose, ma non scomparve.
 
Violet sospirò portandosi le mani sul petto: era così difficile sapere che lui era la con lei ogni maledetta volta, ad osservarla, impedendole di dimenticarlo una volta per tutte.
 
Non aveva mentito, lo amava ancora, ma quello che aveva fatto alla sua famiglia era ancora imperdonabile.
Rientrò in casa giusto in tempo per vedere Moira ed Hayden attaccarsi come due orsi i gabbia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: Buonassera sono milla4 e niente, avevo questa ideuzza in mente che vorrwi proporvi. Nella mia testa girava da un po', ma non avevo il coraggio di pubblicarla forse perché è un fandom su cui non ho mai scritto e non so... mi sentivo n imbrazzo. Ma essendomi convinta, se vorrete farmi sapere cosa ne pensate (anche pomodori marci vanno bene) siete le benvenute. Ah, aggiornerò una volta al mese (sempre se a qualuno interessi sapere quest'informzione ^.^')  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** II capitolo ***


-Sei un essere spregevole-
-Chi è che ha parlato? Il Ciclope?-
 
Si fronteggiavano, Moira cercava di avvicinarsi ad Hayden allungando le mani verso di lei, come a voler prendere qualcosa dalla ragazza che, invece, aveva imparato molto bene ad apparire e scomparire.
Violet si buttò in mezzo cercando di dividerle, ma finì inesorabilmente per essere spinta a terra come un sacco di patate; Patrick, allora decise di intervenire.
-Cosa diavolo sta succedendo?-
La voce di Moira era acuta per via della rabbia:- Quella ragazza, mi ha rubato la foto di mia madre!-
Hayden sbuffò- Non l’ho rubata, si ruba qualcosa che si vuole… io ho solo preso in prestito una stupida foto di una vecchiaccia morta-.
 
Successe tutto molto in fretta: l’anziana donna si materializzò accanto alla ragazza per poi tirarle i capelli con tutta la sua forza; Hayden urlando, afferrò alla cieca qualche ciuffo di Moira e tirò con forza.
 
Per Violet la scena sembrò uno di quei quadri surreali che sua madre adorava: due chiome di capelli rosso di varia intensità mischiate tra loro, non si riusciva a vedere l’inizio di una e la fine dell’altra, mentre le due donne continuavo a inveire una contro l’altra… o meglio, Hayden inveiva, Moira anche se infuriata manteneva quel contegno che la contraddistingueva.
Non sapeva cosa fare,  la situazione era abbastanza grottesca, ma anche essenzialmente triste: avrebbero dovuto passare l’eternità insieme e quei continui litigi rendevano le cose molto difficili.
 
Nel mezzo, Patrick cercava di separale senza successo da ormai cinque minuti, quando i suoi occhi visualizzarono l’ultima persona che avrebbe voluto vedere: Chad era seduto sulla poltrona del soggiorno a gustarsi la scena sorridendo.
-Chad! Dammi una mano- rantolò il biondo, mentre una mano lo colpiva in pieno volto.
-Oh no, no… vedo che te la stai cavando benissimo anche da solo. Non conoscevo questo tuo lato così… cavaliere-.
 Sempre quell’odioso sorriso strafottente, quello che di lui all’inizio lo aveva attratto, ora rendeva Patrick solo stanco ed esausto.
 
Lo vedeva in quella casa tutti i giorni, tutte le ore; lo perseguitava come una punizione per averlo lasciato.
Chad sapeva punire molto bene.
-Muoviti pezzo di merda- era al limite, le due donne lo stavano graffiando, spingendo, ma nulla.
 
 
 
 
Pochi metri più in là,una mano comparve davanti al viso di Violet, la quale sorrise: Beau.
-Grazie mille Beau, dopo giochiam…- alzandosi con troppo foga, andò a sbattere contro la persona che l’aveva aiutata, che  però non era Beau, uno dei suoi pochi amici nella casa, ma Travis , l’”amico speciale” di Hayden, uno dei pochi che sembrava sopportarla e che riuscisse a calmarla, o almeno tentava.
 
Violet  si ritrovò con il volto vicino al petto di lui, cosa che la imbarazzava non poco.
-Tutto bene?- le chiese con gentilezza abbassando la testa per guaradrle il viso; Violet annuì senza riuscire a muoversi.
Non le piaceva in "quel senso", troppo superficiale, viscido  per i suoi gusti; certo però non le capitava spesso di ritrovarsi appiccicata ad un ragazzo, specialmente da quando era morta.
Quella nota di altruismo, poi, l’aveva confusa.
-Bene, ci penso io.- Il vecchio Travis era tornato: si doveva mettere in mostra, era più forte di lui.
 
IL ragazzo prese Hayden per i fianchi, cercando di divincolarla dalla morsa della cameriera; Patrick, capito cosa l’atro volesse fare, fece lo stesso con Moira.
Poi, tendendole strette, tirarono.
Rosso, rosso ovunque… ciocche rosse, fili di vita spezzati dai propri corpi: era quello il prezzo per aver causato disagi da almeno dieci anni.
 
-Come hai potuto, stronzo!- Hayden imprecò contro Travis, che non la lasciò andare nemmeno quando la ragazza lo perforò con una gomitata nello stomaco.
Patrick ,invece, non riuscì a resistere tanto a lungo: Moira si era ammutolita di colpo, come una bambina imbronciata.
Il suo volto era vecchio, segnato da ruche profondissime, ma il suo animo era ancora quello di una ventenne. Una bambina, quasi.
-Me l’ha strappata…- piagnucolò l’anziana ventenne.
 
Violet le fu subito vicino per consolarla, ma quella scomparve.
Voleva stare da sola a leccarsi le proprie ferite, come fece la sua rivale, la quale trascinò Travis su per le scale.
Sesso.
Era l’unico parola che Hayden conoscesse per sfogarsi... la camera da letto degli Harmon era diventata il loro rifugio, da quando i proprietari della stanza erano magicamente scomparsi.
 
 
-Tutto bene?-
-Siete pazza voi donne- Patrick era a terra, dolorante per i tagli e le continue spinte ricevute durante la rissa.
-Ehi, dovresti sentirti fortunato che non sia tu ciò per cui litigano, allora sì che avresti visto delle pazze furiose.- Violet  si chinò per stare alla stessa altezza del biondo.
-Pfff, e meno male che sono gay: sarei stato la vostra rovina, donzelle-
 
Mentre Violet era intenta a fare una vistosa linguaccia, qualcuno si avvicinò.
 
-Non ti accontenti mai vero? Sei stato la mia rovina e non ti è bastato. Ora vorresti anche delle donzelle da fuorviare…  come se ne avessi già avuti tanti in vita.-
-Chad- Patrick pronunciò il nome con fare perentorio, inutilmente.
-Da quando poi ti vedo insieme a Biancaneve, sei cambiato in meglio, oserei dire. Chissà che lezioni ti ha dato per diventare così gentile, compressivo e cavolate varie- a quella insinuazione così lasciva, se ne andò prima che il suo vecchio compagno potesse dargli un pugno sul naso.
 
-Fottuto Mr. American Pie- esplose Violet: quell’essere aveva infangato in pochi attimi uno degli ultimi legami  che le rimanevano.
-Non dire così... a lui piacerebbe essere fottuto- sospirò platealmente Patrick.
 
-Credi che sia questa la tua Pace? Rinnamorarti di Chad, intendo.-
Violet buttò lì quella domanda, senza un motivo apparente. Era una cosa a cui stava pensando da quando i suoi se n’erano andati; lei non sapeva quale fosse stata la loro Pace, il motivo,  ma non poteva esimersi da chiedersi quale fosse la sua e se in essa fosse compreso un certo biondino riccioluto che non riusciva a dimenticare.
 
-Naaa,  la parola pace e Chad sono un ossimoro troppo grande. Sto provando a cambiare e questo non lo sopporta. In vita gliene ho fatte tante, credimi; ma non ha potuto farci niente. Tu mi hai aiutato a diventare ciò che vorrei essere.-
-E cosa vorresti essere, sentiamo?- Rispose curiosa lei.
 

Note:
Ciao! Scusate il ritardo, ma ho avuto troppe cose da fare e niente... mi sono dimenticata di pubblicare. ^.^'
Dunque, il capitolo è solo di passaggio, ma mi serivva per introdurre il resto (che ovviamente non vi dirò).
In realtà non mi fa impazzire, è scirtto con i piedi e forse non è ben sviluppato, ma per ora devo tenrmi questo. Che dire? Se avete consigli, lanci di pomodori, lanci in generale, sono qui. (in pratica: recensite, recensite, recensite!!)

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Capitolo 3
*** III capitolo ***


 
 
Note: Sì, questa volta sono all'inizio perché devo veramente chiedere perdono. Sono una pessima, pessima programmatrice di tempo, credevo che seppur sommersa da impegni ( una tesi massacrante) sarei riuscita amantenere un ritmo di pubblicazione decente e invece il nulla.
Ringrazio chiunque si sia fermato a leggere, recensire (purtroppo non molti, ma non demordo!) e chiunque abbia messo la storia tra le ricordate, seguite e preferite: gongolo tantissimo!
Ah, prima che mi dimentichi: non credo di riuscire a pubblicare ogni 20 del mese ma sicuramente almeno una volta al mese (salvo cose urgenti nella vita reale) aggiornerò... certo se qualcuno decisse, per sbaglio, di darmii una propria opinione magari saprò indirizzarmi meglio in futuro :D!
 









Tic
Tic
Tic
Il vecchio e logoro orologio era scheggiato in più punti;  la lancetta dei secondi era stata spazzata via da colui che doveva accuratamente misurare: il tempo.
 Lo odiava, era un pezzo di cuoio e ferro profondamente inutile e pesante e proprio per questo non lo avrebbe mai cambiato.
Non avrebbe mai rinunciato a quell’unico sentimento che poteva provare e che, negli anni si stava anch’esso affievolendo.

Alzò gli occhi, era perfetta.
 
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-No non credo: Lisa è morta sul serio, questa volta sul serio-

-Uhm… dici? Potrebbe essere solo una mossa diversiva per nascondere a  Colin il fatto che sua moglie se la sia spassata con metà della sua famiglia mentre ha ucciso o fatto uccidere l’altra metà: quel Colin non è molto svegl… oh merda!- una nuvola vaporosa e bianca si era posata sulla sua maglietta nera; la ciambella incriminata era riversa sul lenzuolo che copriva il divano ormai sepolto dalla polvere.
Patrick cercò invano di togliersi la nevicata bianca da dosso ma inutilmente, sbufffò: il cibo o, meglio  il gusto era una delle poche cose che veramente lo  facevano sentire ancora vivo.

-Wow, che eleganza- Violet rise seduta sulla sua poltrona preferita... sua finché non veniva occupata Chad Warwick.

Teneva in mano un cupcake glassato cosparso di piccoli fiorellini viola, non che le piacesse molto, non amava le cose troppo stucchevoli  ma essendo un fantasma le occasioni per andare al supermarket erano notevolmente abbassate e così si doveva accontentare di ciò che le veniva passato da Constance, come anche per il pagamento dell’elettricità e dell’acqua.

Violet tossì per richiamare l’attenzione: - Allora…-

-Allora no. Lo sai, ne abbiamo già parlato: quella “cosa”  non deve essere chiesta-

-Ma sei tu che avevi tirato fuori l’argomento!-

-Ho detto basta- Patrick si alzò di scatto, spaventando quasi Violet e scomparendo subito dopo, lasciandola sola.



 
Sola… si era sentita sempre così,  sin da quando era nata, credeva di aver trovato in Tate qualcuno che la capisse, che l’amasse, ma poi lui  aveva ferito la sua famiglia e si erano persi.
Ora, su quella poltrona ricoperta di glassa argentata e polvere riusciva percepire la distanza che la separava da quello che ad ora era il suo unico amico: l’età e soprattutto, la prima vita.
Non sapevano nulla l’una dell’altro ed anche  se passavano la maggior parte dl tempo insieme, mai avevano cercato di approfondire di più quello che già sapevano. Il passato era passato.

-Ehi tutto bene?- una mano le si posò sulla spalla; Violet sussultò: stava piangendo senza accorgersene e non le capitava da tanto, forse troppo tempo.

Si girò di scatto, Travis era dietro di lei fissandola con innocente curiosità.

La bruna si scostò:- Sì… sì tutto bene grazie, devo andare-
-Sai se vuoi parlare, o solo sfogarti, ecco.. io sono un ottimo candidato per una bel vaffanculo. Un vaffanculo non si nega a nessuno.-
Violet si asciugò gli occhi con la manica della felpa rossa che portava e sorrise, o meglio tentò di fare, perché aveva ancora il cuore turbato per pensare di sorridere veramente.

-Grazie, ora devo andare sul serio… David, il coso piangente, ha bisogno di essere cambiato- e così si smaterializzò, lasciando Travis con un ghigno soddisfatto, dietro di sé. Perché ne aveva conosciute di donne, lui, e sapeva bene quando le aveva in qualche modo colpite. Violet era stata colpita e, preso affondata.

 
-Su, su andiamo piccolo, ti ho dato il latte ti ho cambiato ora fai la nanna-
Panico, panico totale; normalmente, da quando sua madre se n’era andata, era Moira occuparsi di David l’unico neonato fantasma della casa, ma da quando c’era stata la lite, l’anziana rossa era misteriosamente scomparsa ed era strano: anche quando non si rendevano visibili ogni abitante della casa sentiva gli altri, come un fiamma nel buio, sentivano la presenza degli altri. DI Moira invece non c’era l’ombra, Violet non riusciva nemmeno a sentire la sua energia.

-Oh merda!- tentando di farlo addormentare Violet aveva impacchetto il piccolo in una coperta riuscendo però soltanto a perdere la  presa.

-Attenta, ragazzina….  Lo vuoi uccidere una seconda volta?- Patrick era sbucato dietro di lei improvvisamente, prendendo al volo il piccolo che, data la brusca manovra aveva incominciato a piangere ancora più forte.

-Oh santo cielo! Che razza dii polmoni ha?- Patrick lo appoggiò sulla sua spalla, picchiettando con due dita sulla schiena del neonato senza riuscire a calmarlo.
 -Non si ferma, Moira non c’è e lui non la smette- Violet era in cortocircuito, agitava le braccia senza uno scopo preciso.
-Bravissima, hai spiegato perfettamente l’ovvia situazione… complimenti!- Chad comparve tra i due facendoli saltare, i loro sensi erano troppo impegnati per accorgersi di lui.
-Ora datemelo prima che spacchi le vetrine in stile vittoriano di questa orrenda casa: valgono una fortuna- Chad protese le mani.
-Cosa? Tu sei pazzo non ti darei nulla in mano- esclamò stupito e  ormai allo stremo, Patrick.
Chad sorrise sornione per la battuta che gli veniva appena servita, ma non disse nulla solo, poggiò una mano sulla schiena del pargolo e cominciò a picchiettare energicamente; improvvisamente David si fermò ed emise un sonoro rutto, seguito da del rigurgito proprio sulla maglietta dello zio Patrick.

-Bleah-

- Vedi Pat? Ti conosce da appena pochi secondi e gli provochi disgusto. Ora, se volete darmi il bambino,  cercherò di farlo addormentare in un tempo ragionevole…-

-Violet, io direi di fidarci… è già un fantasma, non può succedergli di peggio- Patrick guardò la sua amica aspettando una risposta, mentre il rigurgito puzzolente del fratello di lei stava trapassando il sottile tessuto della maglietta.
La ragazza li guardò entrambi uno dopo l’altro non riuscendo a decidere cosa fare: non voleva dare l’unico componente della sua famiglia in mano all’uomo che voleva rapirlo e poi ucciderlo, ma a conti fatti, la sua balia era misteriosamente scomparsa e lei era cosciente che, se a breve  David non avesse smesso di piangere, ci sarebbe stata una sommossa in quella casa.
 
-Va bene, ma se solo ti azzardi a torcergli un capello o a cercare di portartelo via io giuro che…-
-Tesoro, è tutto tuo… non ci tengo a cambiare disgustosi pannolini,  o stare in mezzo a pappette e roba varia-  esclamò Chad con aria stizzita.
-E tu hai rischiato di uccidere la mia famiglia per un cosa che ti fa schifo? Violet era stranita dalla mancanza di umanità di quell’uomo.
-Beh, tutti possono cambiare idea o no?... allora, lo posso prendere?- Chad protese ancora una volta le braccia verso Patrick che ad un accenno positivo, seppure velato da un’evidente arrabbiatura, della sorella gli consegnò l’essere nella coperta.
Poche e semplici mosse, contornate da un’efficace ninna nanna bastarono a Chad per far addormentare il pargolo che subito dopo verrà messo nel suo lettino.
-Ora posso andare a vedere la mia soap senza sentire l’ugola d’oro  rompermi i timpani- Chad se ne andò, senza nemmeno il tempo di ricevere un grazie che, seppur a malincuore, Violet era pronta a offrigli.
-E io quello lo amavo- Patrick scosse a testa sconsolato
 -Tutti commettiamo degli errori- rispose conciliante Violet, passandogli una mano sulla schiena.
 


Passarono ore su ore, senza che accadesse nulla; Violet e Patrick si davano il cambio a guardare il piccolo che fortunatamente aveva dormito tutto il pomeriggio quasi senza interruzioni quando, improvvisamente tutti gli abitanti della casa si palesarono loro davanti gli occhi.

In senso di protezione, la ragazza porto il  fratellino in un’altra stanza.

Nora fu l’ultima ad arrivare e si rivolse con uno sguardo pieno di costernazione verso Violet: -Cara, non volevo causarti problemi con il piccolo quindi ho deciso di indire l riunione proprio qui, nelle stanze da letto.-
-Ti ringrazio molto, ma non dovevi…- non sapeva cosa dire, quelle riunioni erano state introdotte da poco per volere di Nora che, rivolgendosi all’ampio pubblico visibilmente scocciato cominciò –Bene, visto che ci siamo più o meno tutti vorrei parlarvi di una cosa che mi sta molto a cuore e che credo riguardi tutti noi: Moira, la cara Moira, ha raggiunto la sua pace proprio stamattina-   Sorrise, come un  bambino davanti ad un negozio di camerelle.

-Pat, non capsico…-  mentre la bionda era andata avanti in inutili convenevoli, Violet aveva appreso solo che Moira, la sua Moira se n’era andata senza neanche salutarla.

Mormorii sempre più accesi, la casa era tornata in vita un’altra volta.
Ognuno aveva i suoi motivi per non essere in pace:  c’era chi come Maria, Gladys ed Hayden  trovava  ingiusto che solo Moira se ne fosse potuta andare; chi, come la bella Elizabeth, era se non felice almeno rasserenato che almeno qualcuno in quella casa avesse potuto godere di un po’ di pace, sperando intimante che prima o poi toccasse proprio a lui,  e chi, come  i gemelli, amavano far baccano.
Violet era incredula.

- È…è impossibile, stai dicendo solo cavolate. Moira non può essersene andata, i suoi resti sono ancora sotto al patio di mio padre e lei stessa mi disse che non poteva riposare in pace finché essi non venivano trovati e poi… e poi lo aveva promessa a mia made che si sarebbe occuparla di David!- urlava ormai.
-Cara-  Nora alzò una mano elegantemente per zittirla –so che è dura per te da accettare, dopo quello che è successo ai tuoi genitori Moira ti è sempre rimasta accanto, ma adesso è in pace… sii felice per lei e sappi che questa grande famiglia- allargò le braccia come a volere racchiudere tutti i presenti in un abbraccio ti sarà accanto sempre e comunque-

  No. Non era così…  quasi tutti gli abitanti della casa la guardavano come se la vedessero per la prima volta ed in fondo era così: anche se condividevano forzatamente un minuscolo spazio, paragonato alla vastità del mondo, la famiglia Harmond si era sempre mantenuta a distanza dagli altri abitanti della casa, tranne poche eccezioni.

Violet la guardò e senza nessun motivo apparente cominciò a piangere prima di smaterializzarsi: c’era un unico posto dove sarebbe potuta andare.







 

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Capitolo 4
*** IV capitolo ***


La palla venne lanciata verso di lei da una mano deforme: Bou le sorrideva invitandola a giocare con lui, era l’unica cosa che lo faceva sentire meno triste e solo e nella sua ingenuità credeva che per tutti valesse allo stesso modo.
La sua giovane amica si era rifugiata già da qualche giorno chiudendosi in un silenzio abissale, fatto di dolore per una nuova solitudine
Era lì ferma, sul vecchio letto di lui, accartocciata su se stessa, appena vista la palla, la prese e la ritirò al suo amico.
 
La soffitta era il suo rifugio privato, certo, con dei fantasmi la privacy data da una porta era nulla, ma in realtà nessuno degli altri aveva un valido motivo per salire fin lassù da Bou, l’uomo-bambino deforme; Violet gli voleva bene come ad un fratello minore, erano entrambi orfani e seza possibilità di fuga.
Hugo Langdon, seppur anche lui fantasma della casa, non lo considerava ora come non si era occupato di lui in vita.
 
Violet si alzò in piedi andando verso la piccola finestra della stanza, camminare la rilassava. Lo sguardo cadde sul patio costruito da suo padre ed un senso di vuoto misto ad amarezza la fece rabbrividire: era l’unico cosa tangibile che le rimaneva della sua famiglia ma al contempo era un testimone perpetuo delle bugie, dei tradimenti, dell’odio che da sempre l’avevano soffocata.
Era stata usata per coprire il corpo dell’ex amante incinta, quello era l’impedimento per cui Moira non poteva essersene andata ed era ancora lì, in piedi, accanto alla piscina in rovina.
Era tutto come sempre, una dimora in rovina senza nessun’acquirente che potesse diventarne proprietario e forse loro coinquilino; qualcosa però la colpì: una testa bionda dall’elaborata acconciatura stantia stava parlando con un uomo… vivo.
Nora Montgomery era appiattita contro il muro esterno della casa, nella parte più ritirata e nascosta,  Violet riusciva a vederla solo di sbieco, ma dai suoi gesti come il poggiarsi la mano sul petto o l’arricciarsi una ciocca di capelli intorno al dito mostravano il suo lato seduttore e affascinato dall’ interlocutore, un uomo anonimo sulla quarantina, il cui cappello da baseball ne impediva di vederne i  lineamenti.
 
Ma come cavolo l’ha conosciuto, rinchiusa qui dentro?-
 
-Uh… et-  Bao la stava chiamando
 
-Che?-
 
- …otto- indicando la porta: no, non avrebbe sopportato un’altra riunione come quella della settimana prima, da quel giorno non aveva voluto vedere nessuno né Patrick, né… beh, nessuno visto che il biondo era il suo unico amico o comunque l’unico che la sopportasse all’interno della casa.
Si era occupata di suo fratello da sola, ogni tanto lo aveva lasciato alle cure di Chad, ma solo per poco tempo e sempre sotto la sua stretta sorveglianza.
 
-No, Bau non ne ho voglia… scendi pure se ti va, io credo che rimarrò ancora un po’ qui…- si rigirò per osservare la nuova scoperta, ma ormai di quella strana coppia non era rimasta che l’ombra di uno dei due, quello che ancora ne possedeva ancora una.
-...iolet- il tono non ammetteva repliche, sapeva essere testardo il ragazzo, proprio come… no, non doveva pensare a lui.
-Uff, ok vengo-
 
 
 
 
-Carissimi, siamo qui per gioire di un’altra anima giunta nel posto che tutti noi bramiamo e che raggiungeremo quando sarà arrivato il nostro tempo: Elizabeth, la Dalia nera è andata in Pace-.
 
Silenzio nessuno parlava, nemmeno i gemelli urlavano come al loro solito.
-Perché lei?- Mary parlò con voce strozzata per l’emozione.
-Io…io lo meritavo più di lei, io e Gladys lo meritiamo più di lei, non è giusto- la donna cominciò ad agitarsi, i capelli bagnati da quella ultima volta facevano cadere umide gocce sul parquet della sala da pranzo sparpagliandosi con omogeneità.
 
Nora la raggiunse con la classe che la contraddistingueva per consolarla.
 
Perché ha cambiato abito?
 
Tutto si svolse in fretta, erano state poche le “volate in cielo” ma abbastanza per fare di tutta quella stupida faccenda, una routine.
 
-Ehi straniera, ancora arrabbiata col mondo?- Patrick le venne vicino con passo incerto, aveva paura della Violet isterica, non molto facile da domare.
-Pat, conosci un uomo alto sulla quarantina?-. Violet lo interruppe con una domanda diretta che lo spiazzò. - Uhm… ragazzina non ti pare esagerato? So che ti senti sola e che in campo sentimentale è un disastro, ma ehi! Un uomo così grande non credo faccia al caso tuo-
-Cos?- la ragazza scosse la testa -No no, intendevo conosci un uomo sulla quarantina che gira da queste parti?-
 
Improvvisamente il tono della conversazione cambiò, Patrick non rispose anzi abbassò lo sguardo: cosa le aveva nascosto?
 
L’uomo sospirò- Ok, vieni con me-
 
 
 
NOTE: Non so cosa dire, non c'è nulla che io possa dire se non mi dispiace. Avevo promesso un capitolo al mese e non ce l'ho fatta, so cosa significa aspettare un capitolo che non arriva e, ache se questa mia storia non ha un grandissimo seguito, non è giustificabile un ritardo così clamoroso. In tutta sincerità però non mi sento di darmi tutta la colpa perché purtroppo la vita mi si è accanita contro ... troppo. Due persone a me sin troppo care se ne sono andate e purtropo scrivere una storia come questa, in cui si parla bene o male di morte, era troppo per me.
Quindi... che dire? Saràò sicuramente più regolare negli aggiornamenti ma non so se una volta al mese sia fattibile.

Ringrazio chi mi segue, chi mi ha aspettata e chi mi scoprirà.

milla4

 
 

 

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Capitolo 5
*** V capitolo ***


 
 
-The?-  la mano orrendamente ustionata avvolgeva con delicatezza una teiera di porcellana color giallo canarino.
-Ehm… sì, grazie-. Lorraine Harvey le sorrideva con una tale gentilezza che Violet non poté  rifiutare; la tazza bollente le intiepidì le mani perennemente fredde da quando era passata dal mondo dei vivi a quello dei morti.

Era strana quella situazione, non si era mai frequentata con gli altri abitanti della casa men che meno con Lorraine e le sue bambine, sedute accanto alla madre e a Maria e Gladys… non sapeva nemmeno fossero amiche.
-Latte?-  
-No no gr…-



 
Non dire nulla,  continua la frase senza far capire cosa sta succedendo


 
-…azie-. Ma che diavolo…?
Un foglietto bianco le era stato messo sotto  la tazza. Alzò velocemente lo sguardo e vide un gruppo di persone che la fissava, occhi sgranati, in attesa di una sua reazione, di una sua mossa.
-Vorrei dello zucchero, se fosse possibile- troppo gentile per essere da lei ma era il massimo che potesse fare per essere abbastanza “normale”.
Subito la mano di Maria si rimise a scrivere –Certo cara, quante zollette?- alla domanda seguì un altro pezzo di carta.


 
Patrick ha detto che hai visto qualcosa


 
Violet scosse la testa alzando le mani  per dire “riguardo cosa?’ –Tre grazie-
Maria riprese rapidamente il foglio e ricominciò a scrivere con più energia:



L’uomo fuori la finestra
Parla più velocemente, più realistica
Sai come funziona?



 
 
Un altro foglio le fu rimesso davanti.
No, non sapeva nulla di nulla e francamente la cosa cominciava ad apparirle ridicola. L’unica cosa che era riuscita a capire era che ad una frase corrispondeva un foglio quindi se voleva capirci qualcosa di più doveva parlare. E tanto.
Fece diniego con la testa.
-Sai, stavo pensando di ridipingere le pareti… sono passati anni dall’ultima volta e la casa è vuota da così a lungo-



 
 Non si deve sapere di noi,  gli appuntamenti sono scelti giornalmente



Questa volta insieme al biglietto le passò un'altra matita.
 
 
-Uhm… ecco, non lo so… non amo molto occuparmi di tinte, non sono proprio un tipo creativo-


Che sta succedendo?



 
Si sforzò di scrivere nel modo piùchiar che la sua agitazione le permettesse, anche così  le sue parole sembravano piccoli serpenti raggomitolati su loro stessi.

-Ma come? Tate mi ha detto che sei un tipo molto creativo-

Tate…? Tate fa parte del club del "The, biscotti e biglietti?" Che diavolo ci faceva lì inmezzo e come potevano fidarsi di lui?

La donna si fermò improvvisamente, come se si fosse morsa la lingua.
No, la verità era che non doveva parlare di lui, mai. Glielo avevano promesso e la fiducia era ciò che faceva andare avanti le cose, che permetteva a quelle anime inquiete di andare d’accordo per cercare di sopravvivere insieme.
Mari, Gladys, Patrick, Elizabeth, Hayden... persino i gemelli: tante storie diverse, tanti passati uniti per non scomparire.  Della casa solo loro si erano resi conto che qualcosa stava cambiando e troppo in fretta.
Ormai però il danno era fatto e riconobbe dallo sguardo della giovane ragazza seduta di fronte a lei tutta la curiosità che quelle parole si erano portate dietro.

-Riguardo la casa, potresti chiedere della tinta a Costance la prossima volta che passa di qui? Sai, nessuno di noi ha un rapporto con lei, tranne te -



Tate non c'è se ci sei tu. Pat sta con Nora. Dobbiamo parlare.
 

iv>-Certo, la dovrei vedere questo Sabato per le provviste mensili... le dirò di portarci delle tinte di vari colori-
 

Nora? CHE STA SUCCEDENDO?


 
Sottolineò tutto molte volte poi lanciò con irruenza il pezzo di carta, ma cosa volevano quelle persone da lei? E in cosa c’entrava Nora?
Non potevano andare avanti così, con fogli e una conversazione scadente che anche Paris Hilton avrebbe saputo recitare meglio… e poi per cosa? Non sapeva nemmeno il perché di tutta quella segretezza?
-Perfetto ti ringrazio molto e...-
-Mio fratello deve mangiare e devo dare il cambio a Chad, mi dovete scusare-

Violet si alzò di scatto, doveva andare da Beau, doveva andare a riflettere…  Patrick le aveva taciuto troppe cose e non ci stava capendo nulla.
Voleva silenzio e... una palla.
Maria le passò l’ennesimo biglietto dove vi era solo una parola: Halloween, il suo primo e unico appuntamento con Tate.
Alzò gli occhi: lo doveva rivedere; sapeva che la spiava in silenzio, senza mai palesarsi, ma lo poteva sentire ancorato alla sua pelle ogni santo giorno e aveva bisogno di parlargli, perché per quanto lo odiasse sapeva che in un qualche modo contorto lui sarebbe stato leale con lei. 
Violet annuì, prese un ultimo sorso dalla sua tazza di the ormai fredda, afferrò la matita e scrisse due semplice frasi: era stanca di quello stupido gioco.
 

 
Con Tate. Alla spiaggia, h 19.30


Poi, non aspettando nessuna risposta,se ne andò.
 
 
 
 
♦♦♦♦
 


-Ti prego non sapevo come dirtelo.- Patrick era seduto sul vecchio divano mentre la ragazza, buttata sulla poltrona,  era intenta a divorare l’ultimo romanzo che le era stato portato: La vita è un inferno.
Il libro perfetto per un’adolescente morta suicida! Doveva complimentarsi con Costance la prossima volta che si sarebbe viste… no, non lo avrebbe fatto. Il loro rapporto era fatto da occhiate furtive e dei Ciao e Grazie sussurrati; ancora poteva ricordarsi il tono di stizza alla sua richiesta di tinte per la casa. L’unica cosa che avevano in comune era Tate e lo avevano perso entrambe, o meglio una l’aveva perso, l’altra lo aveva voluto fuori dalla sua vita.
Eppure questo bastava perché quel ragazzo aveva rovinato loro la vita, cambiandola per sempre.

-Tranquillo Pat, è tutto ok.-
No, non lo era.
Le aveva mentito per mesi, sapeva qualcosa riguardo i suoi genitori e non le aveva detto nulla.
Ora lei avrebbe taciuto, almeno fino alla giornata di libera uscita.
-No, non è vero.- constatò il biondo.
I biondi ricci gli incorniciavano il volto perlaceo, ora rivolto verso il panorama fuori la finestra…
Merda, Tate era anche lì, in quello stupido libro e tra non molto lo avrebbe rivisto. Avevano accettato la sua richiesta e da quel giorno lui era scomparso per davvero, non sentiva più la sua presenza su di sé eòa cosa la tubava più di quanto volesse.
-No, non è vero.- confermò lei, guardandolo negli occhi.



Note: Buon ann, lettori Efpiani! Come avete passato le vacanze? Bene? Avete fattos corta di cibo per  prossimi quarantanni?
Io devo ammettere di sì che il mio girovta ormai chiede pietà.
Ma passiamo anoi, il capitolo in realtà è nato come passaggio, per introdurre la "vera" storia
, quindi non troverete molto se non degli accenni accennati alla storia.
Ringrazio moltissimo chi ha recensito, chi ha msso le storie tra le ricordate/preferite/seguit e chiunque abbia soltanto buttat un'occhiata (certo, se vorrete recensire, io non sarò contraria :) )
Alla prossima, che spero possa essere a breve!

 

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Capitolo 6
*** VI capitolo ***


Un piede buttato fuori dal piumone verde bottiglia, una mano sullo stomaco e l’altra che giocherellava con un piccolo pezzo di carta ormai ridotto ad un ammasso informe.
 
Violet teneva gli occhi incollati al soffitto: perché l’avevano coinvolta? Perché Patrick l’aveva coinvolta in tutto quello… schifo?
Non aveva mai amato la sua condizione, e da quando la sua famiglia era scomparsa tutto era diventato ancora più difficile.
Ma aveva imparato a conviverci e perché no, a farselo piacere… Chad IL BABYSITTER, Patrick lo zio fico a cui confidarsi, Moira era Moira mentre gli altri erano comparse che però le rendevano la vita più piena.
 
E ora riusciva a vedere solo sospetto ovunque
.
Era diventato tutto così sporco, così lurido; a ogni sorriso era associato un  pugno nello stomaco, a ogni bisbiglio un tradimento e lei era lì ferma, in quella che un tempo era stata la sua stanza senza sapere dove andare. Non aveva un posto sicuro, nemmeno Bau lo era più e con Patrick era diventato tutto così strano da quando aveva scoperto quel gruppo segreto che le aveva tenuto nascosto da non sapeva quanto tempo.
L’unica sua certezza era quell’ “ok” scritto con una penna blu, sbavato in più parti dal ragazzo che fino  a pochi giorni prima avrebbe desiderato non vedere mai più e che ora invece cercava come l’aria.
Era tutto così fottutamente sbagliato e complicato che quasi rimpiangeva tutto il macello prima della sua morte.
Almeno all’epoca aveva una famiglia e la possibilità di via per rifarsi una vita
 
Sospirò.
 
Uscire sì… quella sera sarebbe uscita da quella casa per l’ora d’aria, la libera uscita che veniva concessa ai fantasmi ad ogni Halloween.
Si alzò di scatto mettendosi quel pezzo di carta in tasca: erano le 19 di sera e tra nemmeno di due ore avrebbe capito qualcosa in più… anche se non riusciva a immaginare in quale modo avrebbero smarcato Nora e i suoi, perché sicuramente aveva qualche aiuto in casa ed era per questo che avevano  fatto trapelare il luogo dell’incontro e l’orario sbagliato per depistarli un po’.
 
 
 
 
 
 
 
 
Toc toc
 Bene, un fantasma educato.
-Umpf… avanti- urlò Violet cercando di nascondere ogni indizio di quella serata Top secret, anche se consisteva in un innocuo “ok”.
-Tutto bene?-.
 Una testa bionda  sbucò dalla porta, Patrick l’osservava da lontano, cercando di capire se lei fosse in vena di parlare o se l’avrebbe incenerito alla minima parola.
Fortunatamente per lui, nella ragazza la confusione prevaleva su qualsiasi sentimento positivo o negativo che fosse.
-Ah ah… così stasera si va a far baldoria, mi porterai a qualche gay bar per ballare sui tavoli al ritmo di canzoni degli Scissor Sisters?- il suo tono voleva risultare velatamente sarcastico, ma nelle orecchie di lui, che ormai la conosceva fin troppo bene, vi erano delle sfumature di agitazione, nervosismo e, soprattutto, paura.
 
-Già, ma non farti sentire da Chad oppure farà di tutto per rovinarmi la serata. Comunque non ti preoccupare, sorellina, non avremo estranei in casa… se non vorrai.-
Tossicchiò sperando che lei avesse capito che il succo della sua frase fosse
Siamo sempre io e te contro il mondo, se non vuoi far parte di questa alleanza nella casa, non ti preoccupare.
 
Lei lo guardò e gli sorrise, o almeno gli sembrò un sorriso quella smorfia sul viso della sua giovane amica; Violet gli si avvicinò poggiandogli goffamente una mano sul braccio.
Sì, aveva capito.
 
 
 
Ebbene,  quella era la sua prima sera fuori, gli altri l’avrebbero aspettata in spiaggia in uno dei tanti falò che i dodicenni appiccavano per dimostrare una loro presunta virilità non visibile con barbe e peluria varia, cercando di conquistare loro coetanee troppo occupate a guardare il sedicenne bagnino per capire i loro vani segnali.
 
Lei sarebbe andata con Patrick in giro per locali per infine raggiungere gli altri verso mezzanotte: avrebbe visto il unico alleato in quella casa flirtare e sfogare un anno di clausura, anche se per questa volta avrebbe dovuto contenersi e stare nell’orario previsto. Chad, se avesse saputo qualcosa, ne avrebbe goduto immensamente di vedergli sprecare “la notte”
 
La giornata passò nel completo anonimato: tutto era andato come la solito, la soap opera, il piccolo da controllare… i barattoli di vernice da sistemare e la noia perenne.
Nessuno sguardo d’intesa, nessun imbarazzo nello scontrarsi in quell’enorme casa che in quel pomeriggio di fine ottobre sembrava ristrettasi all’inverosimile, niente di niente.
 
 
 
-Pronta? Come ti senti?-
Aveva previsto di dover uscire quella sera,Violet, ma mai di dover indossare un vestito; aveva previsto di dove scappare, combattere, picchiare, ma di essere intrappolata in un pezzo di stoffa traslucida, no, non le sarebbe mai venuto in mente.
Eppure  aveva ragione, se voleva risultare credibile doveva vestirsi come una normale diciassettenne che se la sarebbe spassata in discoteca.
 
-Esposta.-
Cercava di tirare giù il vestito che le arrivava poco più su delle ginocchia, ma così facendo inevitabilmente lo scollo scendeva a livelli imbarazzanti e di certo le scarpe con il tacco non aiutava.
 
Maledetta televisione del cavolo! Aveva visto quel completo  in un reality di bassa lega su dei tizi abbronzati e quel vestito le era parso adeguato alla serata… ma non aveva minimamente considerato di chiedersi se fosse stato adeguato a lei.
 
-Su, hai diciassette anni e hai delle gambe stupende e…  - si sporse per vedere dietro di lei- un sedere niente male-
 
-Grazie mille,  Casanova, ma avere complimenti da un maschione gay non aiuta molto quella misera autostima che m rimane-
Patrick alzò le sopracciglia con aria sorpresa e fintamente offesa –Ehi, sono gay mica cieco…-
 
Violet sorrise, le era mancata quella confidenza così spontanea: da quando aveva scoperto quel mondo di sotterfugi si era sentita mancare l’aria.
 
Patrick alzò il braccio scricchiolante nel giacchetto sportivo in pelle che lo fasciava completamente.
 
-Pronta?-
Le mise il braccio sotto al suo – Pronta-
 
 
Un dolore acuto al piede destro, mani che spingono da ogni parte e una puzza di sudore mista ad alcool; Violet era sempre più convinta di odiare profondamente ogni aspetto dell’istituzione Discoteca dalla musica, all’intrattenimento, dai bagni immondi alle persone che frequentavano quel luogo… se non fosse stato per la sua missione avrebbe già mollato il suo compare al ragazzo con cui stava flirtando ormai da una buona mezz’ora e sarebbe tornata a casa a leggere il suo libro.
 
-Schiao bella- un uomo sulla trentina, evidentemente buon cliente del bar, la stava praticamente addosso, sistemandole abusivamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio; Violet cercò con lo sguardo il suo accompagnatore, ma non lo trovò -Ehm, ciao-
-Come ti shiami?-
-V… Vana-  si era ripresa giusto in tempo prima di dire chi lei fosse.
-Vana? E che razza di nome è?- si avvicinò di un passo
-Il mio, se vuoi ti faccio vedere un documento: ho lasciato la borsa all’ingresso, vado a recuperarla e torno- due mani le bloccarono i fianchi, era pronta a reagire in qualsiasi modo quando sentì la pressione svanire all’improvviso, poi un rumore di ossa contro ossa e un’imprecazione.
 
-Andiamo, è ora- Violet si girò e vide il trentenne ubriaco steso a terra con una mano sporca di sangue sul naso ed il suo salvatore, Cavalier Patrick, con la mano ancora stretta a pugno. Evidentemente la stava tenendo d’occhio anche mentre era impegnato in altri discorsi più intimi, un uomo multitasking.
 
-Sì, sì, bene perfetto- voleva solo uscire da quel girone infernale quindi si diresse verso l’uscita ma la mano del suo amico la tirò, facendola girare. Le indicava un luogo alla loro sinistra, sembrava un porta incendio. O l’uscita secondaria.
 
Vioet annuì e lo seguì.
Corsero per piccole stradine secondarie, quella serata era come se fossero umani solo un po’ più morti e immortali
 
Mentre correva dicendo le peggiore ingiurie che conoscesse contro quell’oggetto di tortura chiamato scarpa con il tacco, la ragazza non poteva non gettare un pensiero su ciò che sarebbe accaduto da li a poco, lo avrebbe rivisto… Lui, non aveva la minima idea di cosa gli avrebbe detto.
 
Voleva capire se quello strano legame che li legava ancorati l’una all’altra esistesse ancora e perché ancora lo sentiva bruciargli dentro anche dopo quello che le aveva fatto a che dopo averle così tanto male dicendole che l’amava.
Correva e non poteva pensare a quell’unica sera sulla spiaggia, quell’unica sera in cui aveva avuto un assaggio di amore e del male che lui aveva fatto.
Li avrebbe rivisti? Sarebbero stati ancora lì ad aspettarlo per farlo confessare, cercare un motivo, una scusa per averli uccisi.
Non avevano capito che Tate non aveva mai avuto risposte.
 
 
Raggiunsero l’insenatura poco dopo l’ora prevista, se fosse stata ancora umana sarebbe collassata per quella corsa perdifiato… la fortuna di essere già morti!
 
 
-Ce ne avete messo di tempo-   li fissavano con evidente irritazione, il tempo a loro disposizione era limitato, Halloween sarebbe passato presto ed ogni secondo era fondamentale se non volevano aspettare un altro anno.
 
-Si, è vero ma ora siamo qui… lui dov’è?- 
 
Martha sorrise, più un ghigno più che altro, alzò la mano indicando un punto dietro la castana.
 
-Ciao.- una voce maschile, titubante le giunse all’orecchio facendola rabbrividire involontariamente.
 
 
 
 
Note:
Buondì, rieccomi qui,  potete cominciare a lanciare i pomodori.
Scrivere questo capitolo è stato un vero e proprio parto: scritto e riscritto finché l'ispirazione non ha deciso di lasciarmi alla deriva.
Prima doveva essere più lungo, poi più corto e alla fine è uscito questo (che non mi soddisfa appieno,  pieno di ripetizioni scilabo ma non potevo aspettare ancora).
È un capitolo di passaggio, un buon mago non svela i sui trucchi subito.

Bene, ringrazio ancora chi sta seguendo e chi sta recensendo... alla prossima!

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Capitolo 7
*** VII capitolo ***


 
 

Due massicci gabbiani stavano spolpando allegramente un piccione che aveva avuto la sola colpa di essere piccolo e grigio, un topo volante senza cervello.
Il becco affilato, sporco di sangue, strappava efficientemente la polpa dallo sterno dell’animale; a ogni boccone la carne finiva e la voracità aumentava per cercare di accaparrarsi l’ultimo boccone.
 
Violet li osservava disgustata ma era anche affascinata da quegli occhi privi di anima, di coscienza; non sapeva nemmeno lei il perché ma preferiva osservare quello strano banchetto al ragazzo che le era di fronte. Erano passati circa cinque minuti da quando Tate era sbucato fuori come un coniglio da un cilindro e li ancora non era riuscita a guardarlo.
Qualcuno tossicchiò per richiamare l’attenzione o per cercare di smuovere la cosa.
-Lo sa che non potrà parlare finché non sarai tu a chiederglielo- la voce di Patrick le arrivò come un sussurrò da un mondo lontano.
-Credo che sia ora di parlare-  Travis  aveva dato il via alle danze con un sono freddo e distaccato; era quello che Violet conosceva di solito eppure così diverso da quello he usava con lei. Altra confusione.
 
Forza, cazzo Violet, guardalo. Sii la tua ceretta, strappati questa cosa da dosso.
 
Se gli occhi erano fissi il cervello di Violet andava avanti, sempre avanti, cercando di spingerla. Si era detta che non sarebbe più stata una bambolina da comandare, o una fottuta principessa che si fa fregare dal suo principe. Lei era una dea, una potente e bellissima dea, certamente non si sarebbe lasciata spaventare da un ragazzo… stupendo… e… dolce… e figo…
 
Merda!
 
Qualcosa la urtò facendole perdere il contatto con il banchetto oramai agli sgoccioli
- Sì… sì… cominciamo che questa cosa alla Bond mi sta impicciando il cervello-
 
-Finalmente!  Tra poco saranno le tre di notte e non credo che suo marito riuscirà a trattenerla a lungo-      sospirò Hayden, la gomma aveva preso a vorticarle furiosamente tra i denti. La sua scusa per quella sera era un appuntamento serale con un uomo conosciuto via Internet mentre il suo Lorraine aveva deciso  di coinvolgere Nora nella riqualificazione dell’abitazione, a cui la prima padrona di casa sembrava tenere particolarmente.
 
 Hanno coinvolto anche quel pazzo alcolizzato? Bene, benissimo… ci mancava nella nostra allegra combriccola!

Un altro colpo di tosse, poi Gladys espirò e incominciò le danze: -Credo ci convenga andare direttamente al succo della questione: molti di noi, come avrete visto, sono scomparsi e benché la Bionda voglia ingannarci con la storiella del  “Passare oltre” noi- indicò con un cerchi metà delle persone lì presenti –abbiamo scoperto che qualcosa di male è invece è accaduto. – negli occhi della grassa infermiera c’era l’odio che le era rimasto dal suo orrendo omicidio ma anche rabbia per la sua probabile seconda e futura morte.
-Io e le altre… volevo dire le ragazze e Lorraine, abbiamo scoperto dagli articoli di giornale che Constance porta a Violet di altre case che venivano considerate infestate che sono state o distrutte o vendute dopo che cacciatori di fantasmi le hanno riabilitate.-
Una risata spontanea interruppe la tensione che si era creata.
 
 
Hayden era diventata paonazza per il ridere convulso, le mani erano sulla pancia, il corpo piegato in due –T-tutto questo casino per qualche casa del mistero venduta e per degli schizzati fissati con l’occulto. Settimane di preparazione, di segreti, per pettegolezzi da parrucchiera. Continuava a ridere senza sosta fino ad arrivare quasi allo spasmo: era morta ma lo stress della situazione l'aveva comunque colpita anche se non lo avrebbe mai ammesso ad anima né viva né morta.
Tutti tacquero, nessuno osò parlare, Violet cercò con lo sguardo un aiuto perché era stanca di tutta quella confusione, stanca di silenzio e bigliettini. Voleva, anzi pretendeva, qualcosa di chiaro perché la sua famiglia era sparita e lei voleva sapere il perché.
Cercò degli occhi da consultare e trovo quelli dell’unica persona che aveva voluto evitare. Tate era di fronte a lei, accanto a Gladys, probabilmente si era spostato in un attimo di confusione; stranamente non aveva più pensato a lui, a quello che provava per quel ragazzo dai biondi capelli ed ora se lo trovava davanti, a rispondere alla sua pazza richiesta d’aiuto. Lo guardò fisso negli occhi cercando di fargli capire che poteva parlare, che avrebbe avuto il suo consenso.
 
Tate recepì il messaggio.
-Hayden, stai zitta! Otto case in cui sono successe cose orribile, otto case in cui sono state stuprate donne, uccisi dei bambini. Saint Allen, Texas: una madre ha ucciso la figlia e il suo secondo  marito perché convinta che la tradissero, ci sono testimonianze di alcuni ragazzi che hanno visto una ragazza vivere in quella casa da sola per decenni, senza mai crescere. Non poteva uscire di casa e a volte appariva con una ferita sulla testa, proprio dove la madre l’aveva colpita con un batticarne.
Brooklyn, New York: la leggenda di un uomo scuoiato vivo che uccide le persone che si avventurano nella sua casa, due anni fa è stato scoperto  il cadavere di un uomo senza pelle morto degli anni cinquanta.
 E questi sono solo due casi, ce ne sono altri sei con situazioni simili in tutti gli Stati. Qualcosa o qualcuno sta risucchiando gli spiriti delle case ed ora sta succedendo anche a noi.-
 
Aveva urlato per tutto il tempo, verso la fine la voce aveva cominciato a vacillare ma lei aveva chiesto il suo aiuto e non poteva deluderla.
-Ah… ogni casa è stata costruita su un terreno pieno d petrolio, o di importanza storica o altre cazzate simili. Sul terreno della nostra credo vogliano costruirci un palazzo per abitazioni per ricconi, almeno così mi ha detto Costance: è matta come un cavallo ma è molto brava a carpire informazioni.- disse quelle ultime frasi con calma, alzando le spalle.
La risata era smessa, la regolarità era stata ripristinata.
 
-Ed è per questo che psicopatico, noi siamo con te.-










 


 

Note: Non ho scuse questa volta se non la Suprema: mancanza di ispirazione. Come avete visto, se qualcuno è rimasto e vi capirei se vi fosse scocciati di aspettare un'autrice ho pubblicato altre cose nel frattempo quindi non reggerebbe nemmeno la scusa del  tempo, solo che il capitolo non usciva fuori, il resto della storia è c'è, ma questi capitoli centrali non hanno ancora una vita in me. Sto cominciando già da ora a scrivere il capitolo seguente ma non faccio promesse, la log avrà una fine perché ho materiale su cui lavorare ma ho un blocco su questa storia abnorme.
Mi dispice molto e ribadisco che capisco se ve ne siete andati per altri lidi.

Sxusate ancora

milla4

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