Una sposa in Texas

di EvelynJaneWolfman
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Avviso importante! ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


No! Non poteva farlo, non dopo quello che aveva scoperto...

Christina lanciò uno sguardo di panico al bouquet di rose ed iris che se ne stava appoggiato sulla toeletta, aspettando che lei lo stringesse tra le mani e percoresse la navata con un sorriso felice sulle labbra. Ma nessuna di quelle cose sarebbe mai accaduta, non poteva stringere il braccio di suo padre né percorrere quella navata come se nulla fosse, come se non sapesse...

Si avvicinò alla toeletta, prese il bouquet con rabbia e lo gettò per terra, calpestandolo con tutta la furia che teneva dentro dalla sera precedente. Pensò all'uomo che l'attendeva all'altare; Gus, il suo ragazzo dai tempi del liceo. Erano stati eletti come la coppia più bella dell'ultimo anno ed aveva sempre pensato di passare con lui tutta la vita, ora era felice di aver aperto gli occhi prima che fosse troppo tardi, anche se faceva molto male.

Gus era solo un bastardo traditore e lei una stupida ragazzina che aveva sempre vissuto sulle nuvole, credendo di avere una vita perfetta ed un ragazzo perfetto. Quanto si era sbagliata, quanto si era illusa!
La sera prima, le sue amiche erano venute a rapirla dall'appartamento che i due dividevano da tre anni, rammentandole che una sposa non poteva correre il rischio che il suo futuro marito la vedesse prima delle nozze. Era stata così felice di seguirle, perché quello dimostrava che mancava davvero poco all'incoronazione del suo più grande sogno, solo dodici ore ed avrebbe sposato l'uomo che aveva sempre considerato quello della sua vita.

Le amiche l'avevano viziata e coccolata con pedicure, manicure e maschere facciali, ma alla fine non ce l'aveva fatta a stare lontano da lui e, mentre tutte dormivano, era sgattaiolata fuori per tornare a casa e fargli una piccola sorpresa. Peccato che la sorpresa gliel'avesse fatta lui. Aveva parcheggiato un po' più lontano dal loro palazzo, per evitare che lui potesse vedere la sua macchina dalla finestra e giocarsi così l'effetto sorpresa, aveva percorso il marciapiede con trepidazione e tante aspettative, forse troppe. E poi li aveva visti; Gus e Victoria, la loro vicina di casa, avvinghiati l'uno all'altra proprio davanti all'ingresso del condominio, incuranti di chi avrebbe potuto vederli. In quel momento, aveva sentito il suo cuore frantumarsi in mille pezzi, mentre la vista si appannava a causa delle lacrime. Era scappata di corsa, senza farsi notare ed era tornata a casa di Roxanne, la sua migliore amica, senza che nessuno notasse la sua prolungata assenza.

Aveva passato l'intera notte a piangere, ripetendosi come un mantra quanto fosse stata stupida ed ingenua. Ora capiva il motivo dei frequenti ritardi del suo, ormai per lei, ex fidanzato. Ogni volta che aveva chiesto spiegazioni, lui le propinava la classica scusa degli straordinari a lavoro e lei ci aveva sempre creduto ciecamente. Molto ciecamente.

Quella mattina aveva fatto finta di nulla, ma non era riuscita a stamparsi sul viso un sorriso finto, dando la colpa all'emozione e sedando ogni domanda delle amiche e della madre. In un primo momento, aveva pensato di piantare quel bastardo di Gus all'altare, poi ci aveva ripensato ed aveva capito che anche solo la sua presenza le causava una nausea insopportabile. Quindi, l'unica soluzione era scappare ed anche il più velocemente possibile, sua madre avrebbe presto chiesto la sua presenza e lei doveva sparire prima di allora.

Si tolse il velo dal capo con un gesto stizzito, rovinandosi l'acconciatura che quella mattina l'aveva tenuta incollata sulla sedia per tre ore, s'infilò le scarpe da ginnastica che aveva nascosto nella sua borsa prima di dirigersi in chiesa e lanciò uno sguardo alla finestra della stanza. Per fortuna si trovava a piano terra, quindi non avrebbe dovuto fare nessuna acrobazia come saltare su un albero o cose del genere. Afferrò la borsa e lanciò un ultimo sguardo all'enorme specchio che avevano messo a disposizione per lei, la figura che vi era riflessa indossava un ampio vestito bianco da principessa, con un corpetto dallo scollo a cuore e mille ricami impreziositi da piccoli diamanti. L'abito che aveva sempre desiderato, insomma, o almeno così aveva sempre creduto, perché la sola vista di quel vestito ormai le causava un moto di disgusto. Si era sempre immaginata felice, innamorata e sorridente per il suo matrimonio, ma adesso il suo viso non trasmetteva nessun'emozione positiva per quell'importante giornata, bensì un profondo dolore. La realtà non era minimamente paragonabile ai sogni di un'ingenua bambina, lo aveva imparato sulla sua pelle.

Distolse lo sguardo dallo specchio e si avvicinò alla finestra, l'aprì ed iniziò a capire quale fosse il modo migliore per scendere e superare quei quaranta centimetri che la dividevano dal suolo erboso senza slogarsi nulla. Avvicinò una sedia sotto alla finestra e ci salì sopra, alzandosi le gonne dell'abito ed allungando il piede sinistro, lasciandolo a penzoloni fuori. Si diede coraggio ed appoggiò le mani sul davanzale e, goffamente, vi si sedette sopra, portando anche l'altra gamba fuori. Strinse la borsa che aveva sulla spalla e si diede una piccola spinta, atterrando illesa sull'erba, sospirò di sollievo e lanciò uno sguardo di addio alla finestra alle sue spalle, mandando delle scuse silenziose ai suoi genitori.

Erano stati così felici quella mattina, le avevano fatto i loro migliori auguri ed avevano speso la maggior parte dei loro risparmi affinché avesse il matrimonio dei suoi sogni, ora li stava sicuramente deludendo ma non poteva convolare a nozze con un bastardo come Gus. Quel pensiero spazzò via ogni briciola di senso di colpa e corse verso il vialetto acciottolato della chiesa, dove aveva parcheggiato la sua auto. Si guardò intorno, per essere sicura che nessuno la notasse mentre cercava di darsela a gambe, e salì velocemente in auto, mise in moto e sparì altrettanto velocemente da quel luogo sacro.

Sospirò sollevata solo quando la chiesa non fu più visibile dallo specchietto retrovisore. Ormai aveva deciso e nulla le avrebbe fatto cambiare idea, nemmeno le mille scuse che il suo ex avrebbe trovato alla scena a cui aveva assistito la notte precedente. Le sembrava già di sentirgli raccontare stronzate del tipo “è stata lei a saltarmi addosso, io non volevo”, patetico.
In quel momento non aveva voglia né di affrontare lui né nessun altro, doveva fuggire lontano ma dove? Non conosceva nessuno che abitasse fuori città a cui potesse chiedere ospitalità, i suoi unici amici abitavano nella sua stessa cittadina e di sicuro non l'avrebbero nascosta, almeno non a lungo, spingendola ad affrontare Gus prima che fosse psicologicamente pronta.

Strinse con forza il volante, evitando alle lacrime anche solo di appannarle la vista, non avrebbe più pianto per un bastardo del genere. Non meritava nemmeno una delle sue preziose lacrime.

In quel preciso istante, la voglia di scappare in un luogo sconosciuto, dove avrebbe potuto ricominciare, si fece troppo forte da ignorare. Lei aveva sempre adorato la campagna, a differenza delle sue amiche e di Gus, ma non si era mai concessa una gita in montagna o cose del genere, preferendo sempre accontentare il bastardo che la notte prima delle nozze aveva infilato la sua lingua nella bocca di un'altra donna. E forse anche altro...

Be', era arrivato il momento di pensare un po' a se stessa, e non c'era nulla di più salutare dell'aria di campagna per guarire il suo animo ferito.

Aprì il cruscotto della sua auto e prese la cartina della nazione che aveva comprato l'anno prima in un autogrill, dopo essere stata a Miami con Gus...

Smettila di pensarci!, si ammonì.

Accostò sul ciglio della strada ed aprì la cartina, ritrovandosi un po' limitata nei movimenti a causa del poco spazio presente nell'abitacolo. Fissò quasi incantata i diversi colori che rappresentavano i cinquanta stati americani, uno di loro sarebbe stato il suo nuovo inizio, ma quale?

Il primo nome che mi capiterà sotto agli occhi sarà la mia meta, decise infine.

Chiuse gli occhi e li riaprì qualche secondo dopo, il primo nome che lesse fu “Texas” e per la prima volta in dodici ore, sorrise.

Sì, il Texas era perfetto, verde, accogliente e lontano. Molto lontano. Gettò con poca grazia la cartina sul sedile accanto e ripartì in direzione dell'areoporto, avrebbe speso i soldi che aveva messo da parte per il viaggio di nozze per comprarsi il biglietto e non ne avrebbe rimpianto un solo spicciolo.

Avrebbe dovuto abbandonare la sua auto all'aeroporto, però, sperando di ritrovarla ancora lì al suo ritorno, cosa che le sembrava impossibile. Ma nemmeno quello le importava al momento, voleva solo ricominciare lontano, in un posto nuovo, con gente nuova e vivere situazioni nuove. E quando sarebbe tornata, avrebbe messo al suo posto quel bastardo di Gus, mostrando ad amici e parenti chi fosse davvero.


-ANGOLINO DI EVELYN-

Sera ragazze/i!

Questo è il prologo della nuova storia che sto scrivendo, spero vi sia piaciuto. Come avrete ben capito, io sono fissata coi ranch u.u ed anche molto.

Il prossimo capitolo lo pubblicherò il 30 aprile. Lo so, non è proprio prestissimo, ma sto cercando di concludere il secondo e quindi mi prenderò un po' di tempo. Ma tranquille, per quel giorno pubblicherò, solo una connessione assente e la fine del mondo potrebbero impedirmelo!

Ora me la svigno perché ho troppe cose da fare, aiuto! ;^;

A presto,

Evelyn!♡

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Le occhiate perplesse delle persone che affollavano l'areoporto e di quelle in fila insieme a lei per l'imbarco, la mettavano decisamente in imbarazzo. Certo, non si vedeva tutti i giorni una donna vestita di bianco in attesa di prendere l'aereo, ne era consapevole, ed in quel momento si sentì come Julia Roberts in Se scappi ti sposo, peccato che per lei non ci fosse nessun Richard Gere dietro l'angolo pronto a risollevarle il cuore ed il corpo, soprattutto quello...

Sbuffò all'ennesimo sguardo insistente della vecchina che si trovava davanti a lei, sin da quando si era messa in fila non le aveva tolto gli occhi di dosso nemmeno per un secondo e restare calma stava diventando sempre più impossibile, avrebbe tanto voluto urlarle un “cosa diamine ha da guardare? Non ha mai visto una povera cornuta che scappa dal toro bastardo prima di passarci tutta la vita insieme?”, ma facendo appello a tutto il suo buonsenso e all'educazione esemplare che i suoi genitori le avevano impartito, riuscì ad ingoiarsi tutto.

Ancora non riusciva a credere di essere scappata dal proprio matrimonio come una pazza, ma non era del tutto colpa sua! Se Gus non avesse esplorato la bocca di un'altra con la sua lingua da Indiana Jones, tutto quello non sarebbe mai successo. Ormai era inutile rimuginarci sopra, il danno era fatto e lei si ritrovava cornuta, sola ed in fila per un volo che l'avrebbe portata in Texas con indosso solo un vestito da sposa, la sua vita non poteva procedere meglio...

Quello che più le dispiaceva era aver fatto spendere soldi inutili ai suoi genitori per il ristorante, gli inviti, le decorazioni e l'abito, soprattutto quello. Lanciò un'occhiata di fuoco al vestito bianco che indossava, quando l'aveva visto in vetrina, due mesi prima, le era parso l'abito più bello che avesse mai visto, quello che aveva sempre desiderato da bambina e sua madre non aveva esitato un solo istante per accontentarla, spendendo un bel po' di soldi.

Ed ora, il solo vederselo addosso le causava un'irritazione senza pari, forse era il pensiero di averlo indossato per Gus che glielo faceva odiare e si ritrovò a maledire quell'uomo ancora una volta nell'arco di quaranta minuti, grazie a lui odiava il vestito che le era costato una fortuna.

Finalmente la fila avanzò, permettendo alla vecchina che le stava di fronte di sparire lungo il corridoio che avrebbe portato tutti i passeggeri sull'aereo e lei lontano da quel posto. Avanzò verso la ragazza in divisa che le sorrideva in imbarazzo mentre cercava di non soffermarsi troppo sul suo vestito da sposa, e le porse il biglietto, ricevendo anche lei il permesso di attraversare quel corridoio che rappresentava un nuovo inizio.

Pochi minuti dopo, si trovava sull'aereo, seduta accanto ad una donna piuttosto in carne che si manteneva ai braccioli del sedile e respirava affannata con lo sguardo terrorizzato. Ed i motori non si erano ancora accesi... era l'unica che non le aveva rivolto uno sguardo perplesso o divertito, forse perché era più occupata ad andare in iperventilazione.

Cercò di ignorare il panico della sua compagna di viaggio, che stava contagiando anche lei, e si concentrò sulla pista che si vedeva dal piccolo oblò posto alla sua sinistra. Le sembrava tutto così irreale, così impossibile. Proprio lei, Christina Coleman, stava scappando dalla sua famiglia, dai suoi amici e da tutto quello che le era familiare, per volare in Texas, dove non conosceva nessuno e nessuno la conosceva.

Perché tutto quello era capitato proprio a lei? Perché Gus aveva cercato conforto nelle braccia di un'altra? Non era abbastanza carina? Simpatica? Divertente?

Forse il suo ex era semplicemente un bastardo, e quello che era capitato a lei quel giorno sarebbe potuto accadere anche ad un'altra ragazza che si fosse ritrovata fidanzata con lui al posto suo. Quel pensiero non riuscì proprio a risollevarla, aveva speso gli anni dell'adolescenza per lui, era sempre stata pronta ad accontentarlo in tutto, gli aveva sempre dato tutto. E lui come la ripagava? Tradendola il giorno prima delle nozze.

Abbassò lo sguardo verso il solitario che ancora adornava il suo anulare, un bellissimo zaffiro che ormai non le causava felicità come faceva appena il giorno prima, ma che le rammentava quanto fosse stato stronzo il suo promesso sposo.
Ricordava ancora la sera di sei mesi prima in cui gliel'aveva dato, erano andati a cena in uno dei ristoranti più belli di Manhattan per festeggiare il loro settimo anniversario. Lui aveva ordinato per lei i piatti più costosi del menù, anche quelli che non le piacevano, e non aveva fatto altro che ripeterle quanto fosse bella e luminosa quella sera. Era rimasta contenta di tutta quell'attenzione e premura da parte sua e non aveva sospettato nulla per tutta la serata. Alla fine, durante il dessert, lui si era inginocchiato davanti a lei mentre tutti i commensali della sala si voltavano curiosi verso di loro, mostrandole quel bellissimo anello e ponendole la fatidica domanda. Inutile chiedere cos'avesse risposto, era ovvio.

Si era sentita la ragazza più felice e fortunata del mondo, aveva creduto che nessun'altra avesse un fidanzato più perfetto del suo, mentre ora avrebbe tanto voluto una macchina del tempo per tornare indietro e fargli ingoiare quel maledetto anello.
Se lo sfilò con disgusto dal dito e lo porse alla donna accanto a lei, che ancora cercava di rilassarsi con degli esercizi di respirazione.

<< Ecco, tenga.>> Le disse, mettendole sotto il naso il gioiello ed interrompendo il suo inutile esercizio.

La donna smise di respirare come un montone eccitato e sgranò gli occhi palesemente incredula, mentre la fissava cauta, cercando di capire se quello forse uno scherzo o meno. << Ma ne è sicura?>> Le chiese con voce incerta

<< Certo, ne sono sicurissima. Non sopporto più la vista di quest'anello, figuriamoci indossarlo.>> Già stufa di tutta quella reticenza verso un gioiello che costava più del suo intero anno di stipendio, prese una delle mani che la donna aveva ancorate ai braccioli e vi depositò l'anello.

<< Ehm... grazie.>> Mormorò la poverina, fissando con sguardo già innamorato, lo zaffiro che una perfetta sconosciuta le aveva appena ceduto.

Christina si limitò ad un cenno del capo e tornò a fissare l'areoporto, sentendosi stranamente più libera senza quel peso al dito. Gus era sempre stato così, era eccessivo e gli piaceva mettersi in mostra, se ne rendeva conto solo ora. Era ricco e gli piaceva che la gente lo notasse, che invidiassero tutto ciò che possedeva. Forse, anche lei era stata solo un oggettino da mostra, più un cagnolino fedele che una fidanzata, già se lo immaginava a vantarsi di come la sua ragazza gli morisse dietro e di quanto fosse stupida da non accorgersi del tradimento che avveniva proprio sotto il suo naso.

Afferrò il bracciolo del sedile con furia omicida, prima di arrivare in Texas lei e la sua compagna di viaggio avrebbero distrutto le loro sedute, ne era convinta. Aveva voglia di rompere qualcosa, di urlare, di far del male ma si trattenne. L'unico a cui voleva seriamente danneggiare il viso era Gus... sì, come voleva procurargli un bell'occhio nero. L'immagine del viso perfetto del suo ex intaccato da un vistoso livido nero all'occhio, la fece sentire decisamente meglio.

La voce forte del comandante che avvertiva tutti passeggeri dagli altoparlanti di allacciarsi le cinture di sicurezza per il decollo, la fece sobbalzare.

Ci siamo, si disse, mentre si allacciava la cintura di sicurezza. Stava davvero per andare via, ma non ci avrebbe creduto fino a quando l'aereo non avesse lasciato il suolo di quel paese. Stranamente, sentiva una certa fretta impossessarsi di lei, voleva entrare nella cabina di pilotaggio e spronare il comandante affinché decollasse il prima possibile, senza lasciarle il tempo di pentirsi della sua idea.

Aveva il terrore che il coraggio le venisse meno proprio all'ultimo minuto, cosa che sapeva improbabile ma non impossibile. Abbandonò il capo contro il poggiatesta del sedile e chiuse gli occhi, ripetendosi continuamente che non poteva perdonare Gus o scendere da quell'aereo. Non poteva tornare alla sua vita piena di menzogne e tradimenti. E se qualcuno dei suoi amici avesse sempre saputo della tresca di Gus con la loro procace vicina? Sapeva quanto le sue amiche adorassero il suo ex fidanzato, e lui non avrebbe dovuto faticare poi molto per convincerle a mantenere il segreto, inventando una delle sue solite stronzate o semplicemente sorridendo.

Il rumore dei motori che si accendevano riuscì a calmarla, non sarebbe mai scesa né tornata a casa con la coda tra le gambe.

Passare del tempo all'aria aperta, immersa nella natura, l'avrebbe sicuramente aiutata a far chiarezza nella sua mente e nel suo cuore, perché una parte profonda di lei le suggeriva di tornare a casa e chiedere spiegazioni, incapace di credere che Gus avesse fatto una cosa del genere proprio a lei. Ovviamente, avrebbe presto ucciso quella parte stupida che credeva ancora in un amore che forse non era mai esistito.

Eppure, doveva immaginarselo, ai tempi del liceo lei non era di certo la ragazza più popolare della scuola. Preferiva rimanere chiusa in biblioteca a studiare o leggere tomi sulla guerra di seccessione, ignorando i problemi che affliggevano tutte le adolescenti della sua età all'epoca. Non le erano mai interessati i ragazzi, non particolarmente almeno, e di certo non si sarebbe aspettata che il ragazzo più popolare della scuola cercasse il suo aiuto per recuperare un'insufficienza in biologia.

Era iniziata proprio così la loro storia, s'incontravano tutti i venerdì in biblioteca per ripassare la materia tanto odiata da Gus ed in meno di una settimana si era ritrovata con un ragazzo ed un invito al ballo di fine anno. Da allora non si era più allontanata da lui, aveva sempre accettato ogni sua scelta senza mai protestare o fare scenate. Esisteva ragazza più stupida e patetica di lei? Come aveva potuto permettere a quell'idiota di prendere il controllo totale della sua vita? Lei, che si era sempre creduta un donna forte e caparbia, ora si rendeva conto di essere sempre stata una pedina nelle mani lunghe e traditrici di Gus.

Probabilmente, l'aveva sempre tradita negli ultimi sette anni, ma ancora non riusciva a capire perché fosse rimasto insieme a lei. Se non l'amava, perché le aveva chiesto di sposarlo? Perché non aveva rotto con lei subito dopo il diploma? Tante domande e nessuna risposta.

L'arrivo dell'hostess che avvertiva i passeggeri di spegnere qualsiasi oggetto tecnologico prima del decollo, le offrì un'ottima distrazione da tutti quei dubbi e quelle domande che fino a dodici ore prima non si sarebbe mai posta.

Vide la donna accanto a sé prendere il cellulare dalla tasca, con la mano impreziosita dall'anello che le aveva regalato, e spegnerlo. Lei il cellulare l'aveva nella borsa che ora se ne stava rinchiusa nel piccolo scomparto sopra alla sua testa, ma per fortuna l'aveva spento la sera precedente e non l'aveva più riacceso. E forse non l'avrebbe fatto per un bel po' di tempo. Già si immaginava la marea di chiamate perse e messaggi che vi avrebbe trovato una volta accesso, ed era per questo che non aveva il coraggio di riaccenderlo. Be', per fortuna ora era sull'aereo e per dieci ore non avrebbe dovuto preoccuparsene. Poteva preoccuparsi però, della marea di invitati, la maggior parte amici e colleghi di Gus, che la stavano cercando come un branco di cani segugi, mentre i suoi genitori e suo fratello se ne stavano in pensiero.

Doveva telefonare alla sua famiglia una volta scesa dall'aereo, almeno a loro doveva una spiegazione. Ovviamente non gli avrebbe di certo detto a telefono ciò che Gus le aveva fatto o dove si trovava, suo fratello sarebbe di sicuro corso a spaccare la faccia a quel bastardo, mettendoselo contro e per il momento non poteva permettere che una cosa del genere accadesse.

Michael, il suo adorato fratello maggiore, aveva sempre odiato il suo ex e più volte aveva cercato di metterla in guardia su di lui, ma da brava idiota abbagliata dall'amore qual era stata, l'aveva sempre ignorato.

Brava Christina, diciamo che un po' te la sei cercata. Se non sbattevi in faccia alla realtà, probabilmente non avresti mai aperto gli occhi. D'accordo con la voce della sua coscienza, da una parte non poté fare a meno di ammettere che per quanto doloroso, almeno lo aveva scoperto prima che fosse troppo tardi.

Finalmente l'aereo decollò, facendole emettere un sospiro di sollievo, mentre la donna accanto a sé squittiva terrorizzata.
Ora poteva davvero lasciarsi tutto alle spalle, almeno per un po', e dedicarsi solamente a se stessa. Doveva diventare più forte, non avrebbe più permesso a nessun uomo di scegliere per lei o renderla un cagnolino obbediente, come aveva fatto Gus.

Chiuse gli occhi, lasciando che la stanchezza e la tristezza prendessero il sopravvento su di lei.


<< Ehi! Signorina? Si svegli, siamo arrivati.>>

Aprì gli occhi, disturbata da una mano poggiata sulla sua spalla che la scuoteva non proprio delicatamente e dall'irritante vocina stridula che le stava molestando il timpano. Si mise seduta composta, stiracchiandosi e mettendo a fuoco ciò che la circondava. All'inizio non capì dove si trovasse, poi tutto le ritornò alla mente come una bomba e si lasciò ricadere contro il sedile dell'aereo a peso morto.

Allora era tutto vero? Non aveva sognato nulla di ciò che era accaduto, lei era veramente scappata dal suo matrimonio, aveva davvero preso l'areo per un luogo che distava migliaia di chilometri da casa con addosso solo il vestito da sposa.

<< Mi scusi, signorina, dovrebbe scendere.>> Di nuovo quella vocina irritante che l'aveva strappata dal sonno... si voltò verso la sua destra, ritrovandosi davanti un'hostess bionda dal sorriso cordiale, che la fissava a disagio. Diede un'occhiata a tutti i posti a sedere e notò di essere ormai sola su quella lattina volante.

Cosa? Aveva davvero dormito per tutta la durata del volo? Erano più di dieci ore! Come aveva fatto?

Tossì a disagio e si slacciò la cintura di sicurezza, alzandosi con sommo sollievo della ragazza in divisa.

<< Da quanto tempo siamo atterrati?>> Chiese all'hostess, preoccupandosi della risposta che avrebbe potuto ricevere.

Doveva essere stata davvero molto stanca e spossata per aver dormito tutte quelle ore filate senza accorgersi di essere arrivata a destinazione. Ed un po' le sembrava ovvio e normale, non le capitava spesso di scoprire, alla vigilia delle proprie nozze, che il suo ragazzo era un completo bastardo.

<< Da soli cinque minuti, signorina.>> La rassicurò la ragazza.

Sospirò di sollievo e si affrettò a recuperare la borsa e scendere velocemente da quell'aereo. Appena mise piede sul suolo texano, una leggera brezza le scompigliò i capelli e ne approfittò per ammirare il cielo scuro di quel paese mai visitato prima.

Era strano come anche il cielo le apparisse diverso, sapeva che era sempre lo stesso, ma in qualche modo era come se lo vedesse per la prima volta.

Sorrise emozionata, sentendo una forte eccitazione spazzare via tutta la tristezza e l'amarezza del giorno. Non vedeva l'ora di inoltrarsi nelle piccole cittadine del luogo, non voleva visitare le principali città ma i piccoli paesini intimi e accoglienti che aveva sempre e solo visto in tv.
Si affrettò ad entrare in aereoporto per il controllo, non voleva perdere un solo secondo in più. Anche se aveva dormito per tutte quelle ore, si sentiva ancora stanca quindi voleva cercare in fretta un taxi che la portasse al più vicino autonoleggio della zona, ammesso che c'è ne fosse uno, per poi farsi indicare la contea più piccola ed intima e raggiungerla guidando. Quindi doveva rimanere lucida.

Entrò in fretta dentro l'illuminato ed enorme edificio, ignorando per l'ennesima volta le occhiate perplesse di tutte le persone che la notavano, o meglio; che notavano il modo in cui era vestita. Si sottopose a tutti i controlli, sotto lo sguardo attento di ogni singolo essere umano che affollava quel posto, ed alla fine uscì di corsa, riprendendosi la sua borsa.

Si guardò intorno, in cerca di un taxi libero e per la sua gioia ne trovò uno parcheggiato proprio accanto a lei. Il conducente stava leggendo un giornale, ignorando completamente tutto ciò che si svolgeva sotto al suo naso, praticamente era proprio quello che cercava. Entrò velocemente dentro l'abitacolo, facendo sobbalzare l'uomo sulla cinquantina con uno strano basco in testa.

Il conducente si voltò verso di lei, fissando con curiosità la sua mise, ma distogliendo subito lo sguardo come se non gli interessasse capire come mai una donna vestita da sposa fosse appena salita sul suo taxi.

<< Dove desidera andare?>> Le chiese con la voce roca ed annoiata. Christina si sentì decisamente sollevata, quell'uomo non l'avrebbe spiata ogni secondo dallo specchietto retrovisore e di sicuro non le avrebbe posto domande inopportune a cui non aveva voglia di rispondere al momento.

<< Al più vicino auto noleggio, per favore.>> Lo vide annuire e partire quasi immediatamente.

Con la coda dell'occhio notò una giovane donna che la puntava e poi bisbigliava qualcosa nell'orecchio del ragazzo che le stava vicino. Sbuffò infastidita ed incrociò le braccia al petto, chiedendosi per quale arcano motivo le persone non si facessero mai gli affari loro. Già si immaginava quante persone avessero provato pietà di lei vedendola, o quante altre invece avevano riso alle sue spalle. Forse, se si fosse vista con gli occhi di una di quelle persone, avrebbe provato pena anche lei.

Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi, per la prima volta dopo tutte quelle ore, ma le ricacciò indietro. Quello non era né il momento né il posto adatto per sfogarsi, una volta trovato un piccolo motel in cui alloggiare, avrebbe dato sfogo a tutta la sua tristezza.

Cercò il cellulare nella sua borsa e lo strinse con forza nella mano, indecisa se accenderlo o meno. Alla fine, si disse che era meglio affrontare subito i suoi genitori e poi avrebbe di nuovo potuto ignorare tutto e tutti, concentrandosi solo sulla sua piccola “vacanza”.

Accese il cellulare, vedendo investita quasi subito dalla marea di messaggi e chiamate perse che aveva ignorato per tutte quelle ore. C'erano quaranta chiamate perse da Gus, venti di suo fratello, cinquanta di sua madre e una quindicina da parte di Roxanne. Per non parlare dei messaggi...

Ne lesse qualcuno di Gus, troppo curiosa di vedere cosa il bastardo le avesse scritto.

“Dove cazzo sei?”, diceva uno dei primi, mentre rimase allibita dall'ultimo che le aveva mandato. “Ti pentirai della brutta figura che mi hai fatto fare, Christina. Ti conviene ritornare subito a casa, chiedermi scusa davanti a tutti e pregare che io sia ancora disposto a sposarti.”

Cosa?! Che lui fosse ancora disposto a sposarla? Quello era davvero il colmo, lui era il bastardo pezzo di merda, ma lei si prendeva la colpa di tutto. In fondo era scappata senza dire nulla e di sicuro la gente stava consolando il povero ragazzo a cui aveva spezzato il cuore, ma nessuno si stava chiedendo come mai fosse scappata. Gus era troppo bravo a monopolizzare la situazione, ad attirare tutta l'attenzione su di sé e recitare la parte della vittima.

Prima che potesse cedere alla tentazione di rispondergli per le rime, selezionò il numero di sua madre tra le chiamate recenti e si portò il cellulare all'orecchio.

Sua madre rispose subito, come se avesse sempre tenuto il proprio cellulare tra le mani, aspettando una sua telefonata.

<< Christina? Tesoro, sei tu?>> La voce preoccupata e rotta dal pianto della madre la fece sentire un mostro e si lasciò sfuggire una lacrima che subito pulì via con rabbia.

<< Sì, mamma sono io.>> Sentì la donna sospirare sollevata, forse aveva creduto fosse stata rapita, ma era un po' improbabile rapire un persona in chiesa, che aveva un abito da sposa addosso per di più, senza passare inosservato.

<< Grazie al cielo, ma dov'eri finita? Ti abbiamo cercata dappertutto, tutti si sono dati da fare perlustrando ogni angolo della città ed ogni posto in cui ti piace andare. Abbiamo temuto il peggio, Gus era così preoccupato...>> A quella frase la sua rabbia ritornò più forte di prima e non permise alla madre di continuare.

<< Sono sicura che a Gus non importi proprio nulla della ma scomparsa, gli interessa solo la brutta figura che ha fatto a causa mia. Comunque io sto bene, ho bisogno di prendermi una pausa da tutto, mi dispiace avervi fatto preoccupare e vi chiedo per favore di non provare più a rintracciarmi, almeno per il momento. Vi chiamerò io e, per favore, non dire nulla a quel bastardo di Gus.>>

<< Bastardo? Cos'è success...>> Riagganciò in fretta, mandando delle mute scuse alla madre e spegnendo di nuovo il cellulare, gettandolo con poca grazia nella borsa.

<< Signorina?>> Alzò lo sguardo alla voce dell'autista e lo trovò a fissarla in modo strano. << Siamo arrivati.>>

Aggrottò incredula le sopracciglia e lanciò uno sguardo fuori dal finestrino. Erano davvero arrivati, poteva chiaramente vedere la grande insegna luminosa dell'autonoleggio che faceva bella mostra di sé sopra una piccola costruzione rossa dalla grandi vetrate.

Ringraziò il tassista ed una volta pagato, scese velocemente dal taxi, rischiando quasi di cadere a causa di quello stupido abito che non vedeva l'ora di far sparire.

Tremò alla fresca brezza che le accarezzò le braccia e le spalle nude, incamminandosi tra le centinaia di auto in esposizione, ce n'erano alcune davvero belle ma che di sicuro non si sarebbe potuta permettere con l'esiguo budget di cui disponeva.

Si fermò di fronte all'appariscente costruzione rossa e si schiarì la voce. << C'è qualcuno?>> Sentì chiaramente la sua voce rimbombare tutt'intorno, creando un'inquientante eco che le fece accapponare la pelle.

Se non fosse stata così disperata, probabilmente avrebbe abbandonato quel posto, ma le serviva assolutamente un auto e non poteva lasciarsi influenzare dalla paura.

<< Eccomi!>> Urlò qualcuno, si guardò intorno ma non vide nessuno, che fosse tutta opera del suo cervello? << Eccomi, mi scusi.>> Un ometto basso e grassottello, costretto dentro ad un completo elegante di almeno due taglie inferiori, uscì di corsa dall'edificio mentre ancora si alzava la zip. Ormai a Christina era ovvio il motivo dell'assenza di quell'uomo.

<< Mi scusi, ero occupato.>> Il proprietario dell'autonoleggio le si avvicinò respirando affannatamente, mentre si asciugava il sudore dalla fronte con un fazzoletto di stoffa. Per un secondo le ricordò la donna seduta accanto a lei sull'aereo, quella a cui aveva regalato l'anello.

<< Non si preoccupi.>> Lo rassicurò tentando un sorriso.

<< È qui per una macchina, ho indovinato?>> Le chiese l'uomo, molleggiando sui talloni mentre faceva vagare il suo sguardo sul vestito bianco.

Che tipo sagace... commentò ironica tra sé, annuendo all'uomo. << Qualcosa di non molto costoso, ma che vada bene per le strade di campagna.>>

L'uomo assunse un'espressione pensierosa, poi fece scoccare il pollice e l'indice, sorridendole come se avesse appena avuto un'idea geniale. << Ho proprio quello che fa per lei! Mi segua.>>

Non proprio convinta e rassicurata, seguì quell'uomo fino al retro della struttura, ritrovandosi macchine un po' ammaccate o arrugginite, ben diversi dai bolidi che erano esposti davanti.

L'uomo si fermò vicino ad un pick up rosso, l'auto meno messa male tra tutte quelle che vedeva.

<< Questo pick up me l'hanno portato giusto ieri, ha qualche annetto ma funziona ancora bene ed è perfetto per camminarci in campagna.>> Non sembrava convinto nemmeno lui, ma non aveva poi molta scelta e doveva accontentarsi.

<< Siamo sicuri che parta?>> Si avvicinò anche lei all'abitacolo, sbirciandovi dentro e notando con sorpresa che gli interni in pelle erano ancora in ottime condizioni.

<< Certo che parte!>> Sbuffò offeso l'ometto. << Se vuole glielo dimostro.>>

<< No, mi fido di lei.>> Lo vide rilassarsi e ritornare il pazzo strano e calmo di prima. << Quanto mi costerebbe?>> Nascose la paura di quella domanda dietro ad un'enorme finto sorriso.

<< Quaranta dollari al giorni.>>

Be', non erano di certo pochi, ma nemmeno tanti. Di sicuro le auto luccicanti che aveva visto prima costavano molto di più.

<< Okay, la prendo per l'intero mese.>> Già stava piangendo la perdita di tutti quei soldi, ma avrebbe speso sicuramente di più facendosi scarrozzare in giro dai taxi, ammesso che c'è ne fossero...

<< Bene! E visto che mi è simpatica, le farò anche uno sconto.>> L'uomo si avviò dentro l'edificio rosso, facendole segno di seguirlo, cosa che lei stavolta fece con immenso piacere. La prospettiva di uno sconto la fece sentire più euforica, risparmiare anche solo un dollaro per lei era importante, doveva stare molto attenta a non spendere anche la parte che aveva versato Gus per il viaggio di nozze, che era quasi il triplo della sua.

Firmò i documenti che l'ommetto le mise davanti, pagò con un sorriso fiero sulle labbra e prese con gioia le chiavi del pick up. Appena entrò nell'abitacolo, venne investita da un forte odore di erba e muffa, non certo una cosa gradevole ma almeno aveva un mezzo di trasporto con cui spostarsi. Prima di andarsene chiese al venditore quale fosse la contea più piccola che si trovava nelle vicinanze, scrivendo poi le sue indicazioni su un taccuino per evitare di dimenticarle e perdersi. Salutò l'uomo e s'incamminò verso l'autostrada.

In quel momento, mentre guidava su quella strada mai vista prima, verso un paesino mai visitato in vita sua, si disse che forse le cose si sarebbero davvero sistemate. Era lì solo da qualche ora, eppure le sembrava già di sentire l'effetto benefico che quel luogo aveva su di lei, forse era la consapevolezza di poter essere se stessa in un luogo dove nessuno la conosceva, dove avrebbe potuto farsi accettare per ciò che era veramente e non per la fidanzata robot di Gus Miller.

Sì, lì non doveva essere perfetta, avrebbe potuto mangiare un hamburger con le mani, esattamente come facevano i comuni mortali. Poteva lasciarsi scappare un ruttino, senza scandalizzare nessuno, poteva uscire fuori a prendere il giornale con le sue pantofoline a coniglio, senza temere lo sguardo terrificato e derisorio di quella stronza di Victoria.

Lei era libera, poteva fare ciò che voleva, mangiare ciò che voleva, vestirsi come voleva e dire quello che pensava. Quella era una prospettiva davvero bella, prima di allora non si era mai resa conto di aver chiuso la vera sé in un angolo remoto del suo essere per evitare di imbarazzare Gus... quindi lui l'aveva sempre trovata imbarazzante e non se n'era mai accorta. Doveva ammetterlo, era stato davvero bravo a soggiogarla, a plasmarla in una perfetta bambolina efficiente ed ubbidiente.

Per fortuna, ora si era svegliata e non avrebbe più permesso a quel bastardo di controllarla, da adesso aveva di nuovo il controllo della sua vita. Le sembrava di essersi svegliata da un lungo coma e ricominciare in un luogo sconosciuto era la cosa migliore per ritornare in pace col suo vero “io”.

Il suono del motore che iniziava a singhiozzare la strappò dai suoi pensieri ed iniziò a preoccuparsi, che diamine aveva quel catorcio?
Non le aveva dato problemi in quell'ultima mezz'ora, perché ora emetteva quel suono raccapricciante?

Tentò di accelerare, ma il pick up continuò a rallentare mentre il rumore pian piano scemava, poi l'abitacolo si fermò del tutto.

<< No!>> Esclamò disperata, colpendo con un pugno il volante e tentando di riaccendere quell'inutile catorcio. << Ti prego, riparti...>> Tentò ancora di far ripartire il pick up, ma fu del tutto inutile.

Si appoggiò con la fronte al volante, mentre sospirava rassegnata. Era bloccata in mezzo al nulla, era uscita dall'autostrada diversi chilometri prima e di sicuro non era una buona idea incamminarsi con quel buio in cerca di aiuto.

Si slacciò la cintura di sicurezza con stizza e prese il cellulare dalla sua borsa, riaccendendolo per chiamare aiuto. Era ovvio che qualcosa dovesse andare storto, non poteva davvero essere così bello!

Lanciò uno sguardo sullo schermo del cellulare ed imprecò appena vide che non c'era campo. Si trovava in una strada di campagna che non aveva nemmeno i lampioni, seriamente aveva creduto di trovare linea in quel posto desolato?

Scese dall'auto e si avviò verso il cofano, aprendolo e facendosi luce con il cellulare. Lei non ci capiva nulla di motori, però magari il problema sarebbe stato qualcosa di visibile e facilmente risolvibile.

Ovviamente, anche quella sua speranza andò a farsi benedire, a parte il motore piuttosto evidente, non conosceva le altri parti che componevano quel catorcio, quindi le era impossibile capire il problema, figuriamoci risolverlo. Sbatté con forza il cofano e si abbandonò contro il pick up, cercando di non cadere nel panico.

Forse l'unico modo per uscire da quella situazione era davvero camminare fino all'uscita dell'autostrada, ma quel posto era circondato da boschi e lei aveva visto troppi episodi di Bones e tutte le stagioni di Law and Order SVU per non preoccuparsi.

All'improvviso, il bagliore dei fari di un'auto l'accecarono, costringendola a coprirsi gli occhi con un mano. Sentì il suono di un auto che si fermava proprio di fronte al suo pick up ed iniziò a preoccuparsi. E se la persona che si era appena fermata fosse stato un maniaco sessuale? Un folle pazzo pronto ad ammazzarla? Lei non conosceva nemmeno una mossa di auto difesa in caso le cose si fossero messe male, perché non aveva preso lezioni su quella invece della cucina?

Deglutì spaventata, mentre sentiva che la portiera di quell'auto sconosciuta veniva aperta e sbattuta con forza.

Ti prego signore, non farmi morire prima di aver rimesso apposto la mia vita.


-ANGOLO DI EVELYN-

Buongiorno!

Come avevo promesso, anche se in ritardo, ecco il primo capitolo di questa nuova storia. Spero vi sia piaciuto e che vi abbia chiarito un po' le idee su Gus e sul suo comportamento con la nostra protagonista. Non è bello per nessuna donna essere tradita, figuriamoci rendersi conto che è stata addirittura manipolata senza che se ne accorgesse. Ovviamente, è stata l'ammirazione ed i sentimenti che lei provava per lui a permettere che questo accadesse, ma ora Christina sembra pronta a voltare pagina, sarà così?

E chi sarà questo sconosciuto (o sconosiuta) che si è fermato? Be', credo che questa sia la domanda più stupida.

Spero che sia riuscita a farvi un po' ridere, oltre che a provare una furia omidica verso Gus, ahahaha.

Grazie per aver letto!

Alla prossima,

Evelyn! ♡

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


*Una donna in abito da sposa è ferma in mezzo alla strada, al buoio e senza sposo... *

La prima reazione di Roy a quella scena fu di sgomento, seguita subito dopo dall'incredulità e dalla negazione. Era impossibile che una donna vestita di bianco si trovasse in quel posto a quell'ora così tarda.

Quando era uscito per la sua solita ispezione notturna, si era aspettato di vedere qualche vitellino riuscito a scappare dal ranch o un lupo, ma di certo non quello.

Diminuì la velcità del proprio veicolo e vide la sconosciuta portarsi una mano al viso per proteggersi dall'abbagliante luce dei fari del suo pick up, mentre lui decideva se era il caso di fermarsi o ripartire immediatamente. Non avrebbe mai potuto lasciare una donna tutta sola in quel posto, anche se era un luogo tranquillo, le sarebbe potuto accadere qualcosa di male e di sicuro nessuno meritava una cosa del genere. E poi, c'erano i lupi in giro da un po' ed anche se raramente attaccavano un'essere umano, quella sarebbe potuta essere la rara eccezione.

Fermò il suo pick up a pochi centimetri da quello della povera donna, aprì la portiera e scese lentamente senza spegnere il motore. La sfortunata sconosciuta aveva ancora la mano a coprirle il volto e Roy poté solo ammirare i suoi lunghi e lucenti capelli castani raccolti ai lati delle tempie in una semplice ma sofisticata acconciatura che ora sembrava cedere.

<< Signora, serve aiuto?>> Cercò di formulare la domanda con tutta la gentilezza e la sicurezza possibile, nel timore di spaventarla più di quanto già non fosse, a giudicare dalle spalle che tremavano leggermente. E di sicuro non era a causa del freddo, visto che il leggero venticello che tirava non era così pungente.

<< E... lei è un maniaco?>> La sentì chiedere, per borbottare subito dopo tra sé un << complimenti Chris, come se un maniaco se ne andasse in giro sbandierando le sue manie al mondo. Ovvio che ti direbbe di no!>>

Non poté far a meno di sorridere a quel piccolo battibecco tra la ragazza e la sua coscienza. Era un tipo davvero bizzarro e di sicuro non di quelle parti, il vestito che aveva indosso era troppo elegante e curato nei dettagli e nessuno di quella zona lo avrebbe mai acquistato o se lo sarebbe potuto permettere.

<< No, suppongo che se fossi un maniaco non glielo direi, quindi se le dicessi che lo sono riuscirei a rassicurarla?>> Si avvicinò al cofano anteriore del pick up rosso che doveva appartenere per forza alla sconosciuta, chiedendosi dove una ragazza di città avesse preso quel catorcio.

<< Be', forse sì e forse no, ma sono così disperata che credo accetterò il suo aiuto.>> La risposta della ragazza riportò di nuovo la sua attenzione su di lei ed alzò lo sguardo proprio nello stesso istante in cui lei voltò il capo verso di lui, togliendosi la mano dal visto e facendolo scontrare contro due spettacolari occhi grigi, un nasino piccolo e dritto e labbra carnose che stavano perdendo il rossetto color ciliegia che solo qualche ora prima le aveva rese più appariscenti.

No, decisamente non era di quel posto, occhi così non ne aveva mai visti e nessuno nella sua cittadina li possedeva. Anche se il suo sguardo tradiva dolore e stanchezza. E furono proprio quelle emozioni a riportarlo alla realtà, ricordandogli il vero motivo per cui si era fermato.

<< Sarò felice di aiutarla, signora.>> Vide la ragazza storcere le labbra disgustata e si chiese se avesse detto o fatto qualcosa di male.

<< Ti prego, chiamami Christina. Non sono la signora di nessuno... per fortuna.>> Ridacchiò con cupa ironia, rendendogli chiaro, almeno in parte, il motivo della sua reazione.

Quindi, se quella poveretta se ne andava in giro per le campagne sperdute di quel posto, con un vestito da sposa indosso e con un'avversione verso l'appellativo “signora”, doveva per caso immaginare che fosse scappata dal suo matrimonio? Di sicuro sarebbe stata una cosa insolita e mai vista prima, almeno non da lui.

<< Certo, mi scusi... Christina. >> Pronunciò lentamente quel nome, facendolo scivolare sulla lingua ed imprimere nella memoria. La vide sorridere soddisfatta e puntargli il cofano del pick up con l'indice.

<< Il catorcio è andato e purtroppo io di motori non ci capisco nulla.>> Disse, sospirando rassegnata mentre si portava una mano alle labbra per reprimere uno sbadiglio.

Roy lanciò uno sguardo al cofano un po' ammaccato e, successivamente, alla donna, non era il momento più opportuno per controllare un motore, vista l'ora, e non poteva nemmeno lasciare Christina lì con quel problema.

<< È troppo tardi per mettersi a trafficare con il motore di questo catorcio, non so dove fosse diretta ma posso ospitarla nel mio ranch per stanotte e controllarlo domattina insieme ai miei uomini. Se vuole.>> Non che la poverina avesse molta scelta, dopotutto. La vide mordersi il labbro inferiore, indecisa se accettare l'ospitalità di un completo sconosciuto o rimanere lì ad aspettare un miracolo che non sarebbe mai arrivato.

Roy avrebbe voluto tanto rassicurarla, dicendole che lì tutti lo conoscevano e quindi assicurato che con lui era in buone mani, ma Christina non era di quella zona e di sicuro non avrebbe dato retta ai suoi amici.

<< Okay, accetto il suo aiuto e la ringrazio.>> Si arrese infine e lui dovette reprimere la sensazione di vittoria che si espanse nel suo stomaco, come se avesse sperato sin dal primo istante che lei accettasse il suo invito. Be', era probabile; lui non avrebbe mai lasciato qualcuno sul ciglio della strada a quell'ora, stava solo dando una mano ad una povera straniera. Tutto qui.

<< Bene, vedrà che domani tutto si sistemerà.>> Cercò di consolarla, ritornando vicino al suo pick up e facendole segno di salire.

<< Certo, come no. A me importa solo che si aggiusti il motore, per ora questo basta e avanza.>> Il tono cinico e sarcastico con cui gli rispose, gli fece provare un improvviso senso di protezione verso quella ragazza. Qualsiasi cosa fosse accaduta quel giorno, doveva averla ferita molto e se le sue supposizioni si fossero rivelate esatte, aveva tutti i buoni motivi per essere cinica e disillusa.

Salì di nuovo sul pick up, imitato dalla ragazza, che lo raggiunse subito dopo aver recuperato una borsa dal catorcio, sedendosi poi sul sedile accanto al guidatore.

Lanciò uno sguardo alla mora seduta accanto a lui, trovandola a fissare il buio della notte con aria apparentemente assorta. Lo sguardo era diventato malinconico e distante, come se fosse persa in un ricordo lontano -o forse recente- e doloroso.

Riportò la sua attenzione verso la strada e fece ripartire il pick up in direzione del ranch, quello non era il momento adatto per essere curiosi, aveva una ragazza da salvare.


Christina continuava a pensare e ripetersi tutti i buoni motivi per cui non avrebbe dovuto accettare il passaggio di un perfetto sconosciuto.

Primo motivo: quell'uomo avrebbe potuto essere un serial killer o uno stupratore, sempre seriale;
Secondo motivo: stava infrangendo la prima raccomandazione che sua madre le aveva insegnato da piccola.

Ecco, questi erano tutti i buoni motivi.

Be', erano davvero pochi... se n'era aspettata molti di più. Sicuramente, che quest'uomo fosse un malato o meno, rimanere ferma in mezzo al nulla per tutta la notte sarebbe stato altrettanto pericoloso. Quindi, in ogni caso, era comunque nella cacca fino al collo.

E poi, quell'uomo non le sembrava un malintenzionato, anche se non si era ancora presentato ed intorno a lui aleggiava un'aria misteriosa.

Ovvio, Christina, non lo conosci..., le ricordò la voce della coscienza. Una voce piuttosto irritante.

Distolse lo sguardo dal paesaggio scuro e indecifrabile che si scorgeva dal finestrino e lo puntò verso l'uomo che le stava accanto.

Lo sconosciuto, presunto salvatore, aveva gli occhi fissi sulla strada e sembrava molto concentrato. Nonostante la semioscurità, riuscì a notare che il suo naso, una volta dritto, aveva una piccola gobba al centro. Avrebbe tanto voluto scrutarlo meglio, magari sotto la luce del sole, sapere di che colore fossero i suoi capelli o i suoi occhi, ma forse era meglio che rimanesse solo una figura misteriosa per lei. Un'ombra venuta in suo soccorso.

Pregava fosse così.

L'indomani sarebbe ripartita di nuovo e quella brutta esperienza se la sarebbe lasciata alle spalle, almeno se tutto andava bene...

Tornò a fissare il paesaggio reso lugubre a causa della notte, tentando di riconoscere varie figure e farsi un'idea del posto. Ma l'unica cosa che sapeva individuare erano gli alberi.

Sospirò stanca e si rilassò contro il sedile dell'abitacolo, crogiolandosi nel leggero tepore che avvertiva, nonostante non ci fosse il riscaldamento accesso.

Era davvero surreale quanto fosse cambiata la sua vita in ventiquattro ore, sapeva che non doveva più pensarci ma non riusciva a farlo. Le sembrava di star spiando la vita di un'altra persona e non la sua; eppure, la ragazza che viaggiava su quel pick up, accanto ad un perfetto sconosciuto e verso una meta che non conosceva, era proprio lei.

In quel momento, provava emozioni contrastanti, da una parte l'eccitazione di essere in posto nuovo e di vivere situazioni nuove, dall'altra c'era la paura dell'ignoto, del non sapere cosa le avrebbe riservato la vita da quel momento in poi.

Era troppo sperare che fosse qualcosa di bello? Forse per lei sì, ma da stupida sognatrice qual era, non poté fare a meno di credere che qualcosa sarebbe sicuramente cambiata in meglio. Che la vita le stava riservando qualcosa di grandioso, ora che si era lasciata Gus e le sue bugie alle spalle.

Quindi pregava che le fosse concessa una piccola tregua dalla sfortuna, e se l'uomo misterioso che guidava silenzioso accanto a lei non fosse stato un pazzo assassino o uno psicopatico, aveva buone probabilità di un risvolto positivo.

Dopo diversi minuti di tensione, timore e silenzio, il pick up svoltò in una piccola stradina alla sua destra e dopo poco poté scorgere vari edifici di diverse dimensioni, dei recinti e dall'odore sgradevole che aleggiava nell'aria capì di essere arrivata al ranch dell'uomo. Be', almeno su questo non aveva mentito.

Lo sconosciuto parcheggiò accanto ad una grande casa, illuminata solamente da una una lampadina situata sopra la porta d'ingresso, dove alcune falene vi volavano intorno. Indecisa se scendere o meno, si ripeté ancora una volta che non aveva scelta ed ormai era già lì, tanto valeva approfittare.

Sempre che non sia lui ad approfittare di te!, continuò maligna quella fastidiosa vocina.

Stanca e arrabbiata dalle sue stesse paranoie, si mosse per aprire la portiera quando questa venne aperta all'improvviso dallo sconosciuto, facendola spaventare a morte. Non si era resa conto che il tizio avesse fatto il giro dell'abitacolo per venirle ad aprire la portiera, colpa anche dell'oscurità che non permetteva di vedere granché. Ma di solito non dovevano esserci lampioni o cose così in posti del genere?

<< Ti ho spaventata?>> Lo sentì chiedere mortificato, evidentemente aveva sentito il suo singulto terrorizzato, e non poté fare a meno di ammorbidirsi a quel tono così dispiaciuto, ma si riprese in fretta. Meglio non lasciarsi abbindolare, doveva ricordarsi di Gus e di quanto fosse stato stronzo e bugiardo. Gli uomini non erano inaffidabili.

<< No, mi hai solo colta alla sprovvista.>> Scese dall'auto, rifiutando la mano che lui le aveva porto per aiutarla e si avviò verso la casa illuminata, ignorando la vocina che la stava rimproverando per il poco tatto e l'educazione dimostrata.

Solo perché le aveva aperto la portiera non significava che fosse un tipo innocuo, anche gli psicopatici fingono di essere chi non sono per guadagnarsi la fiducia delle proprie vittime.

Salì le scale del portico lentamente ed attese lo sconosciuto accanto alla porta d'ingresso. Il suo sguardo venne catturato da alcuni vasi di fiori posti accanto alle mura esterne dell'abitazione ed intorno al portico, i poveri esseri vegetali che si trovavano all'interno erano completamente rinsecchiti e non poté fare a meno di provare pena per loro. Quell'uomo non riusciva a trovare qualche minuto per annaffiare quei poveri fiori? Anche se ormai era troppo tardi, non si sarebbero mai ripresi visto che erano morti. Quel pensiero le fece salire le lacrime agli occhi e si maledì per quel momento di debolezza, per fortuna riuscì a nascondere il suo turbamento prima che lo sconosciuto la raggiungesse.

L'uomo salì velocemente i gradini e le sorrise timidamente mentre prendeva le chiavi dalla tasca ed apriva la porta. Sotto la luce del portico, scoprì che i capelli dello sconosciuto erano di un biondo scuro mentre gli occhi di un caldo castano, la pelle sembrava abbronzata ma non poteva dirlo con certezza visto la poca illuminazione che forniva la lampadina sopra le loro teste. Non era affascinante come Gus, ma era ugualmente un bell'uomo e questo non poté negarlo, aveva un'aria selvaggia e misteriosa. Si costrinse a spostare lo sguardo sull'ingresso, ricordandosi per l'ennesima volta che non poteva lasciarsi incantare da quel tipo.

Lo sconosciuto aprì la porta d'ingresso e le fece segno di entrare per prima, un altro gesto da gentiluomo, sembrava troppo educato per essere reale.

<< Scusa il disordine, purtroppo non ho molto tempo per poter mettere a posto ciò che lascio in giro.>> Si scusò lui, appena si chiuse la porta alle spalle, ridacchiando nervoso mentre si portava una mano alla nuca.

Christina fece vagare lo sguardo per la stanza e notò con sorpresa che il salotto era molto grande; le pareti erano ricoperte da assi in legno scuro ed alla sua destra faceva bella mostra di sé un grande divano che doveva aver visto giorni migliori, visto che la stoffa verde menta era tutta sbiadita, scucita ed usurata.

Di fronte si trovava un tavolino basso ricolmo di giornali, due tazze e vari fazzolettini. Mentre accanto alla parete opposta, si trovava la televisione, affiancata da un bel camino ed in mezzo alla stanza si trovava un'enorme tavolo in mogano, l'unico mobile in perfette condizioni.

Il cowboy non aveva mentito dicendole di essere disordinato, c'erano oggetti lasciati alla rinfusa un po' ovunque.

Lo sentì schiarirsi la voce prima di riaprire bocca. << Sarai stanca, se vuoi ti mostro la tua stanza, così potrai cambiarti e riposare. Domani vedremo cosa fare con il tuo pick up.>>

La prospettiva di dormire su un letto morbido e comodo, la fece quasi gemere di piacere ed annuì energicamente, incapace di parlare.

Lui rise divertito e le fece segno di seguirla, mentre lasciava quella stanza e saliva le scale che portavano ai piani superiori. Non ebbe molto tempo per ammirare la casa, lui non accese nessuna luce e non riuscì a memorizzare nemmeno il tragitto fatto da lui per accompagnarla nella “sua” stanza... e questo era senz'altro inquietante. Inoltre, era talmente stanca e sconfortata, che non avrebbe prestato attenzione comunque.

<< Ecco, questa è la tua stanza, almeno per sta notte.>> L'uomo le aprì la porta e la sospinse delicatamente dentro la stanza buia. Il terrore s'impossessò di lei e strinse consulvamente una mano intorno ai manici della borsa che aveva sulla spalle, per cercare appiglio a qualunque cosa le fosse familiare. In questo caso, un oggetto che usava tutti i giorni.
La paura svanì non appena lui accese la luce e poté vedere ciò che la circondava, poteva sembrare una cosa stupida, ma in quel modo sentiva di avere più difese attorno a sé; ad esempio, accanto a lei c'era una sedia accostata ad una scrivania in mogano, se lo sconosciuto avesse avuto cattive intenzioni, avrebbe potuto tirargliela dietro e scappare.

Per sicurezza, si avvicino alla possibile arma e strinse i palmi sullo schienale in legno.

<< La porta accanto al letto da al bagno privato di questa stanza, così se vuoi puoi farti una doccia.>> Proferì all'improvviso lui, spezzando il silenzio teso sceso nella stanza.

Annuì senza riuscire ad incontrare il suo sguardo.
<< Grazie.>>

<< Bene. Ti porto alcuni vestiti per cambiarti.>> Detto questo, sparì chiudendosi la porta alle spalle e solo allora lei riprese a respirare, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo.

Si avvicinò al grande letto matrimoniale, che occupava gran parte della stanza, e vi si lasciò cadere sopra.

Santo cielo, in cosa si era cacciata? Avrebbe fatto meglio a chiamare la famiglia e dire loro dove si trovava, sarebbe stata decisamente la cosa migliore da fare. Ma non riusciva a farlo e non capiva il perché, non c'entrava solo la reazione di suo fratello se avesse scoperto il motivo della sua fuga.
Per lei, trovarsi in quel luogo, nella casa di uno sconosciuto, era mille volte meglio che ritrovarsi al cospetto della sua famiglia e di Gus. Quante domande le avrebbero fatto se fosse tornata indietro, tutti si sarebbero mostrati indignati per ciò che aveva osato fare: mollare Gus Miller all'altare. L'uomo che tutte volevano e che lei aveva avuto, proprio lei che non era degna di restare accanto a lui. Quante volte si era sentita ripetere quelle parole? Troppe. E in tutti quegli anni si era data da fare per dimostrare che lei era alla sua altezza, era riuscita ad entrare a Yale con una borsa di studio e si era laureata con il massimo dei voti, mentre lui ci era entrato grazie ai soldi del padre.

Ma nulla di tutto ciò era mai servito, per alcune persone le apparenze sono tutto. Un uomo ricco e bello, deve per forza avere accanto a sé una donna altrettanto ricca e bella, non importa se tra di loro ci sia o meno l'amore. Tutto ciò che conta, è che apparentemente siano una coppia piacevole alla vista, che sappia intrattenere e che serva a precisi scopi. Gus per quale scopo si sarebbe dovuto servire di lei, se non aveva nulla che poteva interessargli? Al contrario, era lei che avrebbe potuto servirsi di lui.
Era ovvio che tutti credessero che l'uomo fosse follemente innamorato di lei, era talmente patetica che solo l'abbaglio dell'amore, quello più cieco e sconosciuto, avrebbe potuto gettare un Miller ai suoi piedi.

Ma li, in quel posto dov'era capitata per uno strano volere del caso, poteva essere semplicemente Christina. Non doveva dimostrare niente a nessuno, se non il lato più puro e sincero di lei, pregando che questo bastasse a farla accettare per il poco tempo che vi avrebbe trascorso.

La porta della camera venne aperta all'improvviso e lei sobbalzò dallo spavento, aggrappandosi alle coperte come un gattino impaurito.

L'uomo sconosciuto le sorrise titubante e le porse alcuni vestiti. << Sono da uomo, ma credo che dovrebbero starti abbastanza bene. Lì indossavo all'età di quindici anni, quindi non sono il massimo ma per stasera dovrebbe andare. In bagno troverai tutto ciò che ti serve, in caso decidessi di farti una doccia. Se ci sono problemi, chiamami, intesi?>>

Lei annuì, prendendo gli abiti che le stava ancora porgendo, e lo vide cercare di sorriderle rassicurante mentre usciva dalla camera. Prima di chiudersi la porta alle spalle però, si voltò di nuovo a fissarla. << Ah, io mi chiamo Roy.>> Poi se ne andò.

Roy... un nome davvero strano.

Strinse gli abiti che Roy le aveva gentilmente prestato tra le mani, indecisa se concedersi o meno una doccia. Era davvero stanca e l'acqua calda avrebbe lavato via un po' della tensione che sentiva nel corpo.

Ma sì!, pensò, mi merito un po' di relax.

Prima di avviarsi in bagno però, chiuse la porta a chiave e prese la sedia accanto alla scrivania per bloccarla. Non si poteva mai sapere...

Sospirando, si diresse in bagno e quando accesse la luce della piccola stanza, trattenne una risata stupefatta ed involontaria. Papere... un centinaio di papere, dipinte sulle piastrelle blu che occupavano tutte le pareti del bagno, la stavano fissando con i loro enormi occhi neri ed un sorrisino inquietante.

<< Okay, questo è decisamente strano.>> Chiuse anche la porta del bagno a chiave, si avvicinò alla piccola doccia ed aprì il getto dell'acqua calda, si spogliò in fretta e vi si gettò sotto.

Si lavò con altrettanta fretta per la paura nascosta che Roy potesse entrare all'improvviso in bagno, sfondando la porta, e si rivelasse il maniaco sessuale che lei aveva temuto fosse all'inizio. Quindi non si rilassò un granché.
Prese gli abiti, una maglietta bianca un po' larga e dei pantaloni di una tuta, e li indossò in fretta.

Uscì dal bagno lentamente, con i capelli ancora un po' umidi, e si guardò intorno con circospezione, sospirando sollevata quando vide la sedia ancora accanto alla porta. S'infilò sotto le coperte, coprendosi fino al mento senza spegnere la luce perché, se avesse spento quella maledetta luce, non avrebbe chiuso occhio.

Roy si era comportato bene fino a quel momento, ma non riusciva a fidarsi al cento per cento di lui ed era ovvio, essendo uno sconosciuto. Anche se era lei la sconosciuta lì, in quella cittadina, in quella casa e in quel letto. Lanciò uno sguardo alla sveglia posta sul comodino accanto a lei, era già notte fonda ed il cowboy doveva per forza essere già andato a letto, visto che si svegliavano presto. Almeno così aveva appreso nei telefilm.

Sentì la stanchezza invaderla, il jet leg -e tutto ciò che era successo prima di partire-, si faceva sentire e lentamente cadde in un sonno profondo e privo di sogni.


-ANGOLINO DI EVELYN-

Lo so, alcuni di voi vorranno uccidermi, sia per il ritardo che per questo capitolo schifoso. Ed avete assolutamente ragione, ma da brava idiota quale sono, avevo pensato di riuscire a terminare almeno il capitolo 3 – in modo da portarmi un po' avanti -. Ma ovviamente, questo non è stato possibile.

Comunque, finalmente è entrato in scena il nostro Roy, so che non si è ancora fatto conoscere bene ma cosa ne pensate di lui? Io lo adoro, non solo perché è un mio personaggio, ma anche perché è esattamente l'uomo che vorrei! Ah, i sogni...

Bene, dopo questa serie di vaneggiamenti, vi chiedo scusa per gli eventuali errori riscontrati durante la lettura e per il ritardo nel farvelo leggere. Perdonatemi!
Per fortuna ormai questa storia è avviata, quindi a parte un'apocalisse, nulla mi fermerà dallo scrivere ancora.

Grazie a chi ha atteso fino ad ora, ve ne sono immensamente grata.

Alla prossima,

Evelyn! ♡

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Capitolo 4
*** Avviso importante! ***


Mi dispiace tanto dare questo avviso a tutti quelli che hanno aspettato tutto questo tempo per leggere il terzo capitolo, ma devo farlo per forza sia per me che per la storia stessa. Ho appurato di non riuscire a scrivere un capitolo in meno di un mese e sinceramente non voglio tornare ai tempi di Sposa per contratto, in cui pubblicavo una volta al mese ed il capitolo non soddisfava nessuno, me per prima. Visto che la storia ha quasi 20 capitoli (almeno così spero io), non mi va di farvi aspettare tutti quei mesi per finire il libro con dei capitoli che fanno pena prima a me. Preferisco fermare la storia, farvi attendere qualche mese mentre la finisco e poi ripostarla come Dio comanda e come voglio io. Spero che mi capirete e che aspetterete, chi non lo farà… be', lo ringrazio per aver letto fino ad ora e mi scuso se in qualche modo l'ho deluso. Ma sinceramente, non voglio deludere nemmeno me stessa e se continuassi in questo modo lo farei e vi darei una storia frivola, ben diversa da quella profonda che ho in testa. Questo sito mi ha dato l'opportunità di conoscere gente meravigliosa, di leggere commenti che mi invogliavano a scrivere e che mi spronavano a fare del mio meglio, ma quella scintilla ormai si è spenta perché pubblicare su siti social o simili porta con sé anche tanto stress. Stress causato dall'aggiornamento in ritardo, dal non voler deludere le aspettative e tanto altro che pian piano ti fanno smettere di divertire mentre scrivi e te lo fanno sentire quasi… un obbligo. Ed io, credetemi, non voglio che la scrittura (che amo tanto) diventi per me un obbligo.
Perciò, vi chiedo ancora una volta di perdonarmi, se potete, e di aspettare non me ma la storia. Da quel momento in poi farò in modo di darvi solo storie già pronte, perché io non desidero altro che farvi sognare con ciò che scrivo, ma come posso farlo se sto smettendo di sognare prima io?

Voglio dirvi però che il sostegno che avete avuto verso di me in questi mesi, mi ha aiutato a restare in piedi ancora un po', ma ora non ce la faccio più: ho bisogno di una pausa. Vi prego di capirmi, io per prima mi odio per questa scelta perché sono una che di solito non vuole mollare, ma qui si parla di una storia a cui tengo, come tutte le altre, e non voglio rovinarla né a me né a voi.

Tornerò, promesso, datemi solo 2-3 mesi di tempo per riprendermi, ho tanti impegni e sto anche correggendo A Natale ti sposo per l'ebook, quindi immaginate come mi senta soffocare. Per non parlare dei problemi familiari insorti negli ultimi giorni, è stata la mazzata finale.

Ringrazierò tutti, chi capirà e chi no, perché io terminerò la storia e non vi farò attendere 20 mesi per capitoli schifosi. Meglio 3 per una storia come si deve, che due anni per una orrenda, no?

Grazie ancora di tutto,

Vostra Evelyn ♡

P.s. risponderò alle recensioni del capitolo due solo quando posterò il capitolo tre, so che ci vorrà un po' ma visto che fino ad ora ho sempre risposto il giorno prima di pubblicare, mi sembra corretto continuare a fare così. Scusatemi ancora! Risponderò presto però alle recessioni lasciate all'ultimo capitolo di A Natale ti sposo.

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