Once Upon a Time

di Vega_95
(/viewuser.php?uid=142871)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ...A Dream ***
Capitolo 2: *** ...The Prince of Darkness ***
Capitolo 3: *** ...A Bad Man ***
Capitolo 4: *** ...A New Feeling ***
Capitolo 5: *** ...A Beautiful Dream ***
Capitolo 6: *** ...Our Bond ***
Capitolo 7: *** ...The Prince's Duty ***
Capitolo 8: *** ...The Inkeeper' Son ***
Capitolo 9: *** ...The Prince's Lover ***
Capitolo 10: *** ...Father and Son ***
Capitolo 11: *** ...Our Night ***
Capitolo 12: *** ...My Partner, My Other Me ***
Capitolo 13: *** ...Dark Days ***
Capitolo 14: *** ...A Question ***
Capitolo 15: *** ...The Pharaoh ***
Capitolo 16: *** ...The King of Thieves ***
Capitolo 17: *** ...Blood in My Mind ***
Capitolo 18: *** ...A Brother ***
Capitolo 19: *** ...The Dragon of Destruction ***
Capitolo 20: *** And it Will Be Forever! ***



Capitolo 1
*** ...A Dream ***


Salve a tutti!
Ricominciamo con un po' di puzzle, anche se in questo senso si definisce blind... (boh per me non c'è differenza...)
Comunque! Se avete letto Bonds Beyond Space&Time potete considerarvi avvantaggiati dal momento che considero questa storia un sequel/prequel (quando arriverà il momento capirete ;) ) se non l'avete fatto, vi consiglio da andare a darci un'occhiata.

bene, basta così, vi lascio al capitolo!


 

ONCE UPON A TIME....

...A DREAM
C’era una volta un regno molto grande e molto vecchio.
 
Non era molto ricco, ma la gente aveva da mangiare sulle loro tavole ogni giorno, erano tutti molto felici del loro sovrano a cui volevano molto bene. Un uomo mite e valoroso, pronto a sacrificare se stesso per  il suo popolo.
Aveva solo un figlio, un giovane principe ribelle a cui non piacevano le regole. Adorava i giochi, fuggire dal palazzo in cerca di un degno avversario tra i cittadini, ma, come tutti sapevano, nessuno era in grado di tener testa al figlio del faraone chiamato da tutti il Principe delle Tenebre.  L’aura che emanava il giovane Atem, era delle più oscure, non perché egli fosse cattivo, ma perché nei suoi occhi, da molto tempo ormai, vi era solo perdizione e buio, un vuoto che non riusciva a colmare.
I giochi a cui sottoponeva i suoi sfidanti erano spesso pericolosi se non mortali, anche se, per fortuna, nessuno era mai morto per un suo gioco.
Decine, se non centinaia di persone circondavano il giovane, eppure lui si sentiva sempre solo, incapace di esternare i suoi sentimenti e ogni sorta di emozione. L’unica persona con cui sembrava dolce e affabile era il suo maestro di arti magiche, forse perché erano cresciuti insieme e gli era rimasto accanto nei momenti più difficili, ma negli ultimi mesi aveva iniziato a prendere le distanze anche da lui suscitando ancora più preoccupazione da parte di suo padre che proprio non sapeva che fare e come gestire un figlio tanto ribelle. 
 
Forse, però, le cose stavano per cambiare…
 
Come al solito, quel giorno a palazzo, c’era gran fermento. Il principe era scomparso di nuovo e le guardie furono ancora una volta mandate in giro per la città alla sua ricerca.
Mentre loro correvano da una parte all’altra senza una meta, qualcun altro ce  l’aveva eccome. Un ragazzino che camminava spedito stringendo forte il cesto della spesa, teneva lo sguardo basso facendo bene attenzione a non urtare nessuno. Non c’era una parte di lui scoperta, avvolto da strati di stoffa da capo a piedi, aveva lasciato scoperti solo gli occhi di un brillante viola che gridavano una voglia di vivere comune ai ragazzini della sua età con l’aggiunta di una nota di tristezza.
Doveva tornare a casa e in fretta, ma quando passò in mezzo al mercato del bestiame, gli schiamazzi della gente che si era raccolta in un punto, non riuscirono a placare la curiosità che lo spinse a dimenticare la premura invitandolo ad avvicinarsi.
 
Un ragazzo pressappoco della sua età si stava cimentando in una partita di senet contro un uomo abbastanza anziano, famoso per essere imbattibile a quel gioco. In città era uno dei 5 migliori giocatori, eppure dopo solo 3 mosse dall’arrivo del ragazzino, perse.
 
«è il terzo che batte» commentò un uomo osservando il giovanotto esultare per la vittoria e cercando un nuovo sfidante.
«è furbo, ha tratto l’avversario in una trappola con una falsa offensiva. Sarebbe bastato un po’ di coraggio e un lancio fortuito per batterlo» disse lui più a se stesso che agli altri, ma fu sentito chiaramente dall’uomo accanto come dal giovane campione.
«giochi con me? » sembrava la richiesta di un bambino a cui lui non seppe dire di no. Posò la cesta e si sedette davanti alla scacchiera che il ragazzino sgombrò dividendo le pedine bianche da quelle blu.
«ti lascio la prima mossa» sghignazzò
«sei un po’ presuntuoso» gli rispose a tono il ragazzino mascherato prendendo i 4 bastoncini bicolore in mano.
Li lanciò e uscì un 6 e a quel numero collocò la prima pedina. Il ragazzino dovette complimentarsi e assistere alla seconda mossa, uscì di nuovo un 6 che lo costrinse ad un terzo lancio in cui ottenne finalmente un due che gli permise di muoversi in avanti di due caselle.
 
«non male! » esordì il giovane campione prendendo i bastoncini, li dovette lanciare due volte prima di veder apparire un 2 che lo portò a mettere la sua pedina blu sulla 2’ casella e poi un 3 per spostarsi in avanti.
 
La partita era a un punto cruciale, tutti erano con il fiato sospeso. I due ragazzini scrutavano la scacchiera pronti alla loro mossa, i lanci erano fortuiti, ma le mosse ben calcolate e in quel momento lo sfidante del campione doveva decidere se dichiarare battaglia alla pedina avversaria o aggirarla costringendosi a un secondo e incognito lancio.
 
«guarda che tocca a te» lo esortò irritandolo anche parecchio.
«smettila di mettermi fretta» lo zittì facendo bene attenzione a non incrociare il suo sguardo.
 
Il lancio gli aveva regalato un 6, ma la sua pedina era bloccata alla casella di Horus, gli serviva un 2 per spostarla nella casa di Ra e poi nell’aldilà con le altre 3.
Lanciò e stava per spostare la sua attenzione sulla 5’ pedina quando udì il raglio di un cammello che lo fece voltare, era arrivato il mercante di cammelli, era già tardi. Si era perso nel gioco e stava tardando.
 
«io devo andare! » posò la pedina che teneva in mano e riprese la cesta correndo via
«aspetta! » obiettò il ragazzino che scattò in piedi a sua volta «non puoi lasciare la partita a questo punto! »
 
Cominciò a seguirlo, mentre tutti gli altri si misero a fissare la scacchiera domandandosi quale mossa avrebbe mai potuto seguire a quel punto.
 
Inseguì quel misterioso ragazzo che camminava svelto cercando di seminarlo, ma non ci riuscì, anzi gli prese il cesto dalle mani offrendosi di portarglielo.
 
«quanto sei insistente» si lamentò vedendo un sorrisetto beffardo stamparsi su quel viso così infantile, ciocche bionde lo contornavano illuminando ancora di più quegli occhi così grandi e lucenti. Aveva qualcosa di familiare, forse nei lineamenti o in quegli strani capelli rossicci che schizzavano da una parte all’altra.
Di colpo ,poi, si nascose sotto al cappuccio della sua cappa e chinò il capo nascondendosi dietro di lui. Non capì, almeno finché un paio di soldati non li fermarono.
 
«voi due, avete visto passare un ragazzino? » domandarono
«qui ci sono molti ragazzini» restò sul vago lanciando uno sguardo alle sue spalle
«ha i capelli rossi» aggiunse il secondo soldato per dare informazioni più precise. Avrebbero detto volentieri che cercavano il principe ereditario, ma non era il caso di far sapere che si erano persi il figlio del faraone e poi un egiziano con i capelli rossi non passava di certo inosservato.
«no, niente capelli rossi» rispose  scuotendo la testa. Stavano per chiedere anche al ragazzino alle sue spalle che si nascose ancora di più dietro di lui
«scusateci, mia sorella ed io siamo in ritardo» disse sorpassandoli e allontanandosi.
 
Giunsero nel retro della locanda in cui era diretto e qui prese dalle mani del ragazzino la spesa spingendolo indietro
«perché ti cercavano? »
Non aveva voglia di spiegarsi, si scoprì il viso e incrociò le braccia sul petto «non hanno niente di meglio da fare» bofonchiò
«io non posso parlare con gli sconosciuti. Dovrei andare via»
«ma… la nostra partita? » protestò ancora.
Non aveva la voglia e nemmeno il tempo per star dietro a quei capricci, si era quasi divertito a prendere in giro quei soldati, dovette ammetterlo, ma la sua compagnia lo infastidiva e intimoriva .
Probabilmente si trattava di uno dei tanti nomadi che vagavano per le strade in cerca di cibo e magari qualcosa da rubare, di certo non l’avrebbe invitato a entrare, ma aveva bisogno di sbarazzarsi di lui prima che qualcuno lo vedesse, gli mise una mela in mano e sparì  lasciandolo abbastanza spiazzato.
 
«sei in ritardo» lo sgridò un uomo di mezz’età  dalla mascella pronunciata e il fisico muscoloso, ma non troppo massiccio
«lo so, mi dispiace padre»
«eravamo preoccupati per te Yugi» gli fece presente alzandosi dal tavolo a cui era seduto per prendergli la cesta dalle mani.
 
Sembrava troppo calmo per essere arrabbiato con lui e Yugi scoprì il motivo solo più tardi, quando sua sorella gli raccontò della discussione che aveva avuto con un mercante, un tipo losco che le aveva fatto venire i brividi, infatti, non appena si riprese, il locandiere pensò di dare una bella strigliata al figlio che, per l’ennesima volta, si era attardato in giro anziché rientrare il prima possibile. La cosa più grave fu che si era fatto notare, tutti in piazza l’avevano visto cimentarsi in quel gioco con un completo estraneo che poi l’aveva anche accompagnata a casa.
Yugi si prese la sgridata a testa china, sapeva bene che suo padre era solo preoccupato per lui, temeva che la sua diversità gli provocasse parecchi problemi.
***
Yugi era il figlio di un locandiere, aveva tredici anni ed era il più piccolo di casa. Era cresciuto assieme a cinque sorelle, tutte più grandi di lui, sua madre morì quando era neonato, per cui non la conobbe mai.
Fin dalla più tenera età, venne abituato a nascondere il suo aspetto a chiunque non fosse della famiglia.
Il casolare in cui vivevano era adibito anche a locanda, almeno così veniva chiamata da tutti in città ‘la Locanda’, ma da quando le ragazze erano cresciute, per motivi economici e altri, era diventata più un bordello in cui le cinque sorelle avevano il compito di soddisfare le esigenze di tutti i clienti, qualunque essi fossero.
***
Per colpa di quell’insolito incontro, Yugi venne messo in punizione e non gli fu permesso di uscire, per cui si preoccupò delle faccende di casa.
Le coperte delle camere dovevano prendere aria e dopo tutte le varie faccende in cucina e di pulizia le andò a stendere fuori. Non gli pesavano i suoi compiti, anzi era contento di poter aiutare visto che la sua ‘diversità’ rendeva restio il padre a concedergli di aiutare le sorelle nel servire la clientela e lo portava a segregarsi nel retro e nella cucina.
Non che lui potesse servire proprio completamente chi si sedeva ai loro tavoli. A dire il vero Yugi non aveva ancora la più pallida idea di quello che facessero le sorelle nelle camere con certi uomini che gli facevano venire la pelle d’oca solo a guardarli.
Ogni volta che veniva fuori l’argomento suo padre sembrava piuttosto titubante e le ragazze pure, infatti si rifiutavano ogni volta di parlarne .
«li compiacciamo» dicevano solamente al fratellino, ma lui ancora non poteva capire, semplicemente scrollava le spalle passando a parlare d’altro. Ancora non sapeva la vita tremenda a cui erano costrette le sue sorelle, ma ben presto ne avrebbe dovuto prendere coscienza.
 
Il giovane Atem si aggirava per il cortile dietro alla locanda, le guardie di palazzo lo cercavano di nuovo, mentre lui aveva voglia di rivedere quel misterioso ragazzino che era riuscito a tenergli testa fino all’ultimo al suo gioco preferito.
Si nascose dietro una coperta già stesa per osservarlo, rispetto al giorno prima indossava molti meno strati di stoffa, ma con il cappuccio in testa,  anche volendo non avrebbe potuto vederlo in volto.
La sua idea era di saltare fuori e attirare la sua attenzione, ma si sentiva un po’ impacciato e non voleva essere cacciato di nuovo come il giorno precedente.
Presa una coperta tra le mani, cominciò a muovere i fianchi come facevano le sue sorelle durante le esibizioni per i clienti, muovendosi sinuoso  anche se un po’ rigido. Da bambino imitava spesso le ragazze, sempre con pessimi risultati, tutte le volte si sentiva dare del pezzo di legno e in effetti avevano ragione. Sembrava una di quelle marionette con i fili.
 
«sei un po’ rigido, lo sai? » Atem uscì allo scoperto spaventandolo a morte. Si coprì il volto con la coperta allontanandosi di corsa.
«attento! » gli intimò Atem, ma fu tardi, Yugi inciampò nel cesto vuoto del bucato e cadde rovinosamente a terra.
Fu una bella botta, ma la prima cosa che fece appena ripreso fu stringersi la coperta addosso
«perché sei tornato? » gli domandò un po’ scocciato.
«ma stai bene? » si preoccupò allungandogli una mano. Era la prima volta che lo guardava negli occhi e restò pietrificato, chiari e lucenti come l’acqua del Nilo alle ultime ore del giorno, quando Ra si specchia in esso colorandolo di rosa e di viola.
 
Anche Yugi ebbe un sussulto quando alzò lo sguardo su di lui, i suoi occhi brillavano e davano luce a quel viso infantile e così sorridente. Senza nemmeno pensarci, allungò una mano bendata e prese la sua facendosi aiutare a rialzarsi. Ci mise un po’ a riprendersi da quelle sorpresa e quando accadde  si allontanò da lui voltandogli le spalle.
 
«c-come mai s-sei qui?» mormorò stringendosi la coperta addosso, cercando di far passare quella vampata di calore che l’aveva travolto e che gli aveva colorato le guance di porpora.
«tu ieri mi hai chiuso la porta in faccia» si lamentò il principe tenendosi le braccia ai fianchi.
«sì beh… scusa se sono stato brusco, ma mio padre non vuole che dia confidenza agli estranei» disse il figlio del locandiere.
«ma noi abbiamo giocato insieme… non siamo estranei» obbiettò Atem girandogli intorno per guardarlo in faccia, ma Yugi fu abbastanza svelto da voltarsi di nuovo affondando il viso nella coperta.
«ho da fare! » esclamò.
Saltò il cesto e fuggì in casa lasciando il principino lì da solo e un po’ deluso.
 
Il cuore gli stava esplodendo nel petto, d’un tratto il fiato gli era diventato corto, forse perché quando aveva incrociato lo sguardo con quel ragazzino aveva smesso di respirare. Quegli occhi erano bellissimi e il suo viso. Gli aveva teso la mano, a lui, attraverso le bende aveva avvertito il calore della sua pelle, un calore che non aveva mai provato. Un contatto con un estraneo che non gli era mai stato permesso di avere e poi gli aveva sorriso.
 
«Yugi, tutto a posto? » gli domandò suo padre. Il viso era scoperto e l’uomo poté vedere il rossore e quell’espressione sconvolta sul volto del figlio.
«io credo di sì…non lo so…» borbottò stringendosi le braccia allo stomaco: «io… io mi sento strano»
«ne…ne vuoi parlare? »
Non immaginava minimamente quello che era appena accaduto, e Yugi nemmeno glielo riferì.
Gli occhi del suo giovane sfidante al senet, quello che l’aveva fatto mettere in punizione, però gli restarono bene impressi nella mente, per tutto il giorno, la notte e anche il mattino seguente, quando, di ritorno dalla spesa, lo ritrovò lì davanti a casa ad aspettarlo.
 
«ah eccoti finalmente! Cominciavo a preoccuparmi» gli sorrise andandogli incontro per aiutarlo.
«perché continui a seguirmi? »
«io non ti seguo, ti aspetto» lo corresse accompagnandolo per quei pochi metri che mancavano ad arrivare alla porta.
«è lo stesso. Io… io non posso parlare con te» mugugnò affondando il viso nel velo con cui si nascondeva fino a coprire anche gli occhi, ma cercando contemporaneamente, una via di fuga da quella situazione.
«ti chiami Yugi, vero? »
Quella frase lo freddò sul posto togliendogli completamente ogni via di fuga, come conosceva il suo nome?
«ho sentito tuo padre che ti chiamava così, era tuo padre, vero? »
«ti metti a origliare? »borbottò il ragazzino voltando lo sguardo, un po’ indispettito da quell’atteggiamento.
«no, è solo che… sei fuggito, credevo stessi male e ho provato a seguirti… è stato un caso, ma ti giuro! Non ho sentito altro» si giustificò il principe che, d’un tratto, si sentì al pari di quei criminali che conducevano al cospetto del padre per essere giudicati.
«va bene, va bene. ti credo» lo calmò Yugi sentendosi a sua volta in colpa per averlo accusato di aver origliato: «sì, mi chiamo Yugi. Almeno a casa mi chiamano così »
«è un nome strano» notò il principe. Di certo non era un nome egiziano.
«significa gioco, però non so in quale lingua…» spiegò, un po’ confuso lui stesso: «tu invece chi sei? »
«ma come, tu non sai…» si stupì Atem.
Tutti in città lo conoscevano, insomma era l’erede al trono, il figlio del grande faraone Aknamkanon, come non riconoscerlo con quei bizzarri capelli che si rifiutava di coprire o tagliare, come sarebbe stata buona norma per un egiziano.
Yugi non lo conosceva e questo gli fece provare una sensazione totalmente nuova che gli annodò lo stomaco e fece apparire un caldo sorriso sulle sue labbra. Adesso il problema era rivelargli il suo nome, impossibile non sapere il nome del figlio del faraone.
«allora? » insistette Yugi
«mi chiamo Atem» dovette farlo, ma non vide alcuno stupore in quegli occhi così grandi
«come il principe» disse, ma nient’altro al riguardo: «piacere di conoscerti»
 
Yugi non si sarebbe mai più immaginato che quello era davvero il principe ereditario e ad Atem andò bene così, era la prima volta che stava con qualcuno che non lo trattava come una bambola di terracotta, ma come una persona normale.
Entrò in casa chiedendogli di aspettarlo fuori. Rischiava già abbastanza, senza che la sua famiglia vedesse un estraneo girare. Posò la spesa e uscì con una cesta di lenzuola che una delle sorelle aveva lavato.
 
«io dovrei lavorare…» mormorò con un certo imbarazzo, ci aveva preso gusto a chiacchierare con lui e mandarlo via gli dispiacque.
«ti aiuto» si offrì all’istante.
 
Nemmeno Atem voleva andarsene e aiutarlo gli sembrò una buona scusa per continuare la loro conversazione.
All’inizio fu un disastro e rischiò di sporcare le lenzuola appena lavate, poi capì come fare e allora fu davvero d’aiuto a Yugi che gli regalò anche un sorriso. Aveva la bocca coperta, ma lui lo capì dai suoi occhi che per un momento brillarono. Gli scappò persino una risata quando il principe ruzzolò a terra inciampando lui nella cesta quella volta. Fu un suono cristallino, dolce e delicato che espresse tutto il suo divertimento, ma con dolcezza.
 
«tutto ok? » gli domandò osservandolo rialzarsi da solo, senza dargli il tempo di aiutarlo.
«certo! » esclamò il giovane erede.
 
Avevano finito le faccende e decisero di distrarsi un po’ passeggiando lungo un sentiero  fino a raggiungere la sponda del fiume.
«non ero mai arrivato fin qui» ammise Yugi guardandosi intorno: «mio padre non vuole che mi allontani troppo da solo»
«scusa se te lo dico, ma tuo padre, non è un po’ troppo apprensivo? » domandò Atem visto che Yugi non poteva parlare con estranei, tardare dalla spesa, allontanarsi da casa, mostrare il volto in pubblico e chissà quante altre cose.
«si preoccupa per me» spiegò sedendosi sulla riva, erano nascosti da un canneto, ma riuscirono a scorgere dei pescatori che avevano appena gettato le reti: «sono il più piccolo in casa»
«hai dei fratelli? »
«cinque sorelle»
«cinque?! » sbottò il principe «sei l’unico maschio? »
«c’è mio padre» rispose serenamente scrollando le spalle, aveva capito che lo stupore di Atem stava nel fatto di avere tante donne in giro per casa, ma per lui non c’era nulla di strano, insomma non conosceva altro e gli andava bene, anzi la loro compagnia gli faceva anche piacere.
«ma tu vivi qui? » fu la domanda di Yugi. All’inizio l’aveva preso per un nomade, ma si muoveva troppo bene in città per esserlo.
«sì…sì sono di qui» preferì restare sul vago
«dove? » s’incuriosì
«ma sai, un po’ qui, un po’ là» s’inventò. Yugi non l’aveva riconosciuto e lo trattava come nessuno si era mai permesso di fare, non voleva che scoprisse la verità o le cose sarebbero potute cambiare.
Non immaginava che sentirgli dire quelle cose avrebbe riempito il cuoricino di Yugi di tristezza, non aveva un posto in cui vivere e stava per proporgli di stare alla loro locanda in cambio di un po’ di lavoro, quando Atem pose a lui una domanda
«come mai ti nascondi in questo modo? Hai delle brutte ferite di cui ti vergogni? » gli domandò osservando le bende a mani e piedi: «sai non dovresti, qualsiasi cosa sia successa ne sei uscito vivo, dovrebbero essere un trofeo»
«non…non sono cicatrici, ma sto bene così»
«non è che sei un pericoloso criminale e quindi devi nasconderti? » ipotizzò un po’ preoccupato Atem, ma a quell’ipotesi Yugi sbuffò trovandola estremamente stupida e ridicola.
«tu ascolta troppi racconti degli anziani» lo prese in giro.
 
Gli piaceva chiacchierare con quel ragazzino, ma non gli piacque quando cominciò a farsi insistente cercando di fargli togliere il cappuccio. Aveva paura, se Atem avesse scoperto la verità per lui  e per la sua famiglia sarebbero stati guai seri.
 
«devo andare» disse scattando in piedi nel momento in cui Atem cercò di brancargli il cappuccio: «comunque…» aggiunse fermandosi un momento «se hai bisogno di qualsiasi cosa, non esitare a venire alla locanda, ti aiuterò come posso»
«anche tu» gli rispose con un sorriso Atem.
 
Yugi corse via, ma si arrestò nel momento in cui svanì dalla vista di Atem. Aveva rischiato, alla fine non sapeva nulla di quel ragazzino e per un momento aveva quasi ceduto alla sua richiesta.
Scoprirsi… no, era impensabile, si permetteva di muoversi a volto scoperto solo nei pressi della locanda e solo dopo aver avuto la certezza di non essere visto. Si fissò la mano bendata stritolandosi la tunica. Odiava la sua condizione, lo faceva stare male. La diversità lo escludeva dal mondo.
Meglio tornare a casa e non pensarci.
 
«sei stato di nuovo con quel ragazzo» lo beccò subito la più piccola delle sue cinque sorelle. Neferura. Per tutti Nef. Magrolina anche se abbondante di seno, dal caschetto castano e gli occhi chiari, una giovane dal carattere forte e deciso.
Yugi s’irrigidì. Una sua parola e sarebbe finito di nuovo in punizione. Odiava non poter uscire e andare al mercato per stare un po’ a contatto con la gente.
 
«non so di che parli» tentò di divagare, ma Nef sapeva bene cos’aveva visto.
«vi ho visti, sai? Ma stai tranquillo, non dirò nulla a nostro padre» lo rassicurò
«grazie»
«non ho mai trovato giusto questo isolamento a cui ti costringe» sospirò la ragazza andando ad aiutare il fratello a liberarsi da quella moltitudine di strati di stoffa e bende permettendo così, finalmente, alla sua pelle di respirare. Era bianca come il latte, candida, luminosa e morbida.
Era magro e abbastanza bassino, i fianchi sottili e il viso delicato, femminile ai tratti. Un ragazzino davvero grazioso che non sarebbe passato inosservato, la sua pelle era insolita, ma anche i suoi capelli non scherzavano, una frangetta bionda contornava il viso tondo differenziandosi da una massa scura che schizzava da una parte all’altra sfumando da un nero a un rosso cremisi, per poi ricadergli sulle spalle e tra cui si trovava qualche treccina di tanto in tanto. Una massa di nodi che Yugi curava poco o niente e che le sue sorelle si divertivano a intrecciare di tanto in tanto.
 
«è un tipo strano, avrei detto che veniva dal palazzo, invece mi ha detto di non avere un posto fisso in cui vivere» le raccontò raccogliendo le bende e  arrotolandole.
«conoscendoti l’avrai invitato a stare qui»
«ci ho provato, ma poi… glielo dirò la prossima volta»
«sai che nostro padre non sarebbe d’accordo» gli ricordò
«beh, potrebbe aiutarmi in cucina e in cambio noi lo ospitiamo»
«non lo so Yugi…»
«è tutta la vita che desidero trovare un amico vero e forse con lui io…» mormorò osservando il cielo sperando che Ra esaudisse il suo desiderio.
 
Il problema restava, ma in quel momento Tuya, la sorella maggiore, li interruppe.
«oh certo, noi ci spacchiamo la schiena e voi qui a chiacchierare! » li sgridò ,ma bastò un sorrisetto del piccolo di casa per scioglierla e calmarla
«scusa Tuya»
«ok, va bene, siete perdonati, ma adesso al lavoro che i clienti stanno già arrivando. Yugi copriti» gli chiese posandogli il mantello sulla testa.
 
Atem tornò a palazzo passando, come al solito, dall’ingresso riservato ai mercanti muovendosi di soppiatto per risparmiarsi l’ennesimo rimprovero.
 
«oh eccoti finalmente! » esclamò Mana balzando fuori da un vaso e prendendo in contropiede il principe che per lo spavento ruzzolò a terra.
«ma sei matta? » sbottò osservando l’amichetta mostrargli la lingua
«il maestro Mahad è molto arrabbiato con te, hai saltato di nuovo le lezioni» lo informò atteggiandosi a studentessa modello.
«avevo di meglio da fare» si giustificò rialzandosi e pulendosi dalla terra.
«oh certo, in città a fare del male a qualche malcapitato» sbuffò la ragazzina che conosceva fin troppo bene il principe, ma quella volta non era stato così e lui la corresse.
«oggi nessuna sfida. Ho conosciuto un ragazzo» la informò tenendo il naso all’insù, fiero della notizia:« sai l’altro giorno abbiamo giocato insieme e l’avevo quasi battuto, ma lui è scappato »
«oh certo e tu lo torchi da allora» intuì la ragazzina scrutandolo con aria furbetta
«non si lasciano le cose a metà » protestò
«ok, OK, ma ti conviene far combaciare i vostri incontri furtivi con i tuoi impegni prima che ti mettano il seguito alle calcagna. Sai, i maestri non sono molto contenti di perdere tempo»
«disse quella che di nasconde nei vasi» le rinfacciò.
Lo faceva anche lui, specialmente quando arrivava l’ora delle lezioni di combattimento e spada. Impugnare armi non lo divertiva nemmeno un po’.
 
«parlami del tuo nuovo amico» ridacchiò Mana, davvero curiosa di scoprire chi fosse il giovane che aveva regalato quel bellissimo sorriso che da un paio di giorni si vedeva sul viso del principe.
«ma…non siamo ancora amici, abbiamo parlato poco, so solo che si chiama Yugi» si fece titubante Atem andando a sedersi sulla staccionata del recinto dei cavalli e lei lo seguì.
«beh non è facile aprirsi con te sapendo che sei il principe» lo giustificò la ragazzina.
«è questo il punto, lui non lo sa, non mi ha riconosciuto! Capisci Mana, per una volta qualcuno che mi tratta come una persona normale! » le fece capire con quello sguardo da sognatore, di chi ha finalmente realizzato il suo desiderio.
«io ti tratto come una persona normale! » protestò la giovane apprendista
«sì, ma con te è diverso, ti conosco da una vita…» cercò di farle capire malamente. Intanto Mana era una ragazzina e anche se a volte si comportava come un maschiaccio non avrebbe mai potuto fare con lei cose che lui vedeva più tipiche dei maschi e poi erano amici d’infanzia, la loro confidenza si era accresciuta con gli anni. Comunque ogni tanto si accorgeva che pure lei si tratteneva dal dargli troppa confidenza, intanto non smetteva di chiamarlo ‘Principe’ solo raramente si permetteva di usare il suo vero nome.
«prima o poi lo scoprirà »
«si ma… nel frattempo saremo diventati amici e quindi…» fantasticò il principino.
 
Fu una gioia per gli occhi, quel sorriso così sincero e spensierato che Mana non gli vedeva da tempo immemore.
 
«voglio conoscerlo questo mago che ti ha ridato il sorriso» disse, ma Atem era troppo impegnato a fantasticare per darle retta.
 
Yugi. Non pensava ad altro, solo al ragazzino che gli aveva tenuto testa e con cui aveva una partita aperta che però non volle concludere, sentiva che terminare quella partita avrebbe significato dirgli addio e Atem non l’avrebbe mai permesso.
Voleva scoprire il suo vero volto e che ciò sarebbe accaduto solo conquistando la sua fiducia, diventando suo amico.
Forse il suo desiderio più recondito stava per essere esaudito, presto avrebbe trovato un vero amico, il suo migliore amico.

 


 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** ...The Prince of Darkness ***


Buona domenica a tutti!
Arriva il 2' capitolo, Yugi e Atem si sono conosciuti, ma ora questa amicizia fa coltivata, loro devono crescere e scoprirsi :)
Spero che vi piaccia quanto il primo capitolo ^^
Buona lettura!!

ONCE UPON A TIME....

...THE PRINCE OF DARKNESS


 
 

Sulla riva del fiume, in quel punto nascosto dal canneto, Yugi e Atem ridevano e scherzavano sfogliando alcuni papiri portati dal principe.
 
«ancora non ci  credo che sai leggere» si stupì il piccolo locandiere osservando tutti quei disegni a lui incomprensibili.
«se è per questo so anche scrivere» aggiunse il principe.
 
Aveva dimenticato che tra il popolo certe cose non erano d’uso comune, ma riuscì comunque a usare una buona scusa per nascondergli la sua vera identità.
 
«coraggio, continua» lo esortò indicandogli un altro simbolo: «vedi? Questo significa acqua» disse indicandogli una linea ondulata. Si era messo in testa di volergli insegnare a leggere e sembrava che il suo studente fosse abbastanza intelligente e dotato da riuscirci, ci lavoravano da più di un mese e Yugi cominciava a conoscere il significato di quasi tutti i simboli.
 
«ma è una storia di pescatori? Prima i pesci, poi le barche e ora l’acqua. Scommetto che qui dice uomo» intuì indicandogli il simbolo successivo.
«esatto! Hai intuito! » sorrise il principe chiudendo il papiro: «si è fatto tardi, dovrei rientrare» disse.
 
Il patto con Mana era stato che lui avrebbe marinato meno lezioni e lei non avrebbe detto nulla delle sue fughe e del suo amichetto.
 
«mmh, io dovrei mettermi a preparare la cena» si ricordò invece Yugi
«ci vediamo domani allora, solita ora» gli diede appuntamento Atem.
 
Erano mesi ormai che i due si frequentavano di nascosto. Da Yugi l’unica a sapere di loro era Nef che se ne stava ben zitta dal rivelare la verità alla sua famiglia. Da Atem, invece tutto il palazzo sapeva che il principe era diventato amico del ragazzino della mela, così chiamato da tutti, però nessuno a parte Mana sapeva quando e dove si vedessero. Le sue punizioni per le fughe da palazzo dal quel giorno si alleggerirono, vedere come quel misterioso ragazzino incappucciato riusciva a donare il sorriso al loro principe, era un grandissimo dono.
Una volta provò a portare l’amica con sé a conoscere il ragazzino, ma non andò bene, tra loro non ci fu quella scintilla che c’era stata tra Yugi e Atem. Nessuno sguardo d’intesa, solo curiosità e timore.
 
Quella mattina Yugi aspettò a lungo Atem, ma lui non venne. Doveva aver avuto qualche problema, avrebbe scoperto tutto il giorno seguente.
 
«non se ne dimenticherebbe mai ! » lo giustificò Yugi rispondendo a quella palletta di pelo marrone che apparve dal nulla tra le sue braccia e che continuò a emettere versi incomprensibili a chiunque tranne che a lui.
«non è sospetto. Solo un po’ strano, sei geloso ecco.  Atem è una brava persona e se non è venuto, sarà perché ha avuto un altro impegno» spiegò al mostriciattolo che si alzò in volo andando a prendergli la cesta
«hai ragione, meglio andare a fare la spesa».
 
Raggiunse la piazza del mercato avvicinandosi spedito al carretto di una vecchia signora che vendeva ortaggi che gli sorrise subito appena lo vide.
«eccoti qui piccolo. Tieni, ho tenuto da parte queste cipolle e la lattuga»
«grazie! » si sorprese il ragazzino osservandoli entusiasta: «potrei farci la zuppa di cipolle» ragionò ad alta voce cercando l’approvazione della vecchina.
«e dimmi, a casa come va?» si interessò lei
«tutto bene . Abbiamo sempre molti clienti »sorrise  Yugi mettendo la spesa nella cesta e porgendole due filoni di pane.
«grazie. caro»
Come al solito, non volle attardarsi, la gente della piazza, nonostante lo conoscesse da anni, aveva la brutta abitudine di guardare sotto al suo cappuccio in cerca del suo vero volto. Erano curiosi.
 
Alla fine fece di nuovo tardi, almeno quella volta non fu colpa sua, insomma, c’era parecchia gente accalcata lungo le vie quel giorno, doveva essere giunto in città qualche mercante di merci esotiche.
 
Poi sentì due uomini parlare di qualcosa che attirò la sua attenzione
 
«ehi, hai sentito? Pare che il principe Atem sia tornato ai giochi della sanzione» disse uno.
«ma dai! Erano mesi che non si vedeva più in città, credevo avesse smesso» replicò l’altro.
 
Yugi aveva sentito molte storie sul principe, sulla sua pessima abitudine di sottoporre la gente a pericolosissimi giochi, di solito si trattava di ladruncoli. Non l’aveva mai visto e la curiosità lo attanagliò. Non avrebbe attirato l’attenzione, si sarebbe limitato a osservare.
 
Trovare il luogo in cui si stava svolgendo il gioco non fu particolarmente difficile, gli schiamazzi e la folla furono abbastanza per indirizzarlo, solo che lì non trovò alcun principe, bensì Atem, lo stesso che aveva mancato il loro appuntamento. Puntava un bastone alla gola del poveruomo costretto al suo gioco, ormai giunto al termine.
 
«le porte delle tenebre si stanno aprendo, ecco il gioco della sanzione! » gridò pronto a infliggere la punizione a quello che lui considerava un criminale e che implorava pietà mentre il bastone si schiacciava contro la sua gola per volere del ragazzino.
 
«Atem! » esclamò per lo stupore Yugi.
 
Un gelido silenzio si propagò tra la gente. Lo stesso principe s’immobilizzò, Yugi l’aveva visto, aveva assistito a tutto.
 
«Yugi io…» mormorò . Si dimenticò completamente del malcapitato che aveva tra le mani e che fuggì non appena libero, la sua priorità era diventata Yugi a cui si avvicinò.
 
«i soldati! » urlò un uomo.
 
Non fece in tempo a fuggire, in un momento tre guardie di palazzo lo raggiunsero e uno si inginocchiò d’innanzi a lui.
 
«mio principe, ti abbiamo cercato a lungo. Ti prego torna a palazzo con noi»
 
Era fatta. Era finito tutto. Aveva scoperto il suo segreto, da lì nulla sarebbe più stato lo stesso.
 
«s-sei il principe…» pigolò Yugi a cui, per lo stupore, cadde il cesto con la spesa
 
«Yugi, aspetta» cercò di raggiungerlo, ma il soldato inginocchiato di fronte a lui lo trattenne. Gli era stato ordinato di riportare il principe a palazzo a qualunque costo e l’avrebbe fatto. Il ragazzino incappucciato, invece, indietreggiò, scosse la testa, deglutì. Cercò di trattenere quelle lacrime che sentiva salire fino alle sue palpebre.
Non resistette. Fuggì via, lontano da quello che aveva cominciato a considerare suo amico, ma che in realtà era il principe, il Principe delle Tenebre, quello di cui aveva sentito parlare molte volte. Era uno dei discorsi che si fermava ad ascolta più di frequente. Il principe e i suoi giochi della sanzione.
Si era preso gioco di lui e Yugi, ingenuo, gli aveva creduto. Suo padre aveva ragione, non doveva fidarsi delle persone fuori dalla sua famiglia, il mondo fuori era pericoloso e, visto quello che stava facendo a quell’infelice, anche Atem.
 
 
«Yugi! »
Lo voleva seguire, spiegargli, ma quell’uomo che lo tratteneva glielo stava impedendo
 
«lasciatemi! Ve lo ordino! Lasciatemi andare! » strillò. Stava dando un orribile spettacolo, ma non gli interessò, contava solo Yugi.
«sono desolato mio signore, ma tuo zio mi ha ordinato di riportati a palazzo a qualsiasi costo» gli riferì l’uomo che si stava prendendo i calci e i pugni del ragazzino, ma solo una morsicata al braccio del poveretto riuscì a dargli la libertà e la possibilità di inseguire Yugi.
Dove trovarlo se non in quello che era diventato il loro posto, ancora correva quando inciampò nella veste cadendo rovinosamente a terra.
 
«Yugi»
 
Lo raggiunse, cercò di aiutarlo, ma il ragazzino non si lasciò toccare, anzi lo scacciò balzando indietro, tremava.
 
«non toccarmi »
«Yugi… mi dispiace… io te l’avrei detto…» provò a giustificarsi.
«tu sei il principe… il...il Principe delle Tenebre…» mormorò prendendo sempre più le distanze da lui.
 
Sentirsi definire in quel modo turbò non poco il nobile ragazzino. Anche Yugi lo considerava così cattivo? Vedeva in lui lo stesso essere malefico che vedevano gli altri?
 
«io…Yugi aspetta… io non sono…» provò ad accorciare quella distanza, ma inutilmente.
«quell’uomo… tu stavi»
«no! cioè… io lo stavo punendo, era stato cattivo e…» quella fu la sua giustificazione, ma apparve davvero poco convincente. Era la verità, ma la sua reputazione lo precedeva.
«tu fai del male alle persone…»
«non a te. Per favore non scappare»
 
Aveva paura, una paura folle di ciò che aveva scoperto essere Atem. Non riusciva più a vederlo come suo amico, di lui vedeva solo oscurità e paura. Possibile che un nome potesse trasformare una persona in quel modo?
 
«non ti avvicinare»
«sono sempre io. Yugi, mi dispiace di averti mentito, ma…non aver paura»
 
Sollevò lo sguardo su di lui, diceva la verità, quegli occhi erano sinceri, li vedeva, anche se i suoi erano appannati dalle lacrime.
Atem gli tese la mano, come quel giorno e Yugi stava per prenderla, ma poi lo vide. Lo sguardo di quel ragazzino nella piazza, oscuro e terrificante. Non resistette. Si tirò indietro.
 
«no…»
«Yugi,  ti prego! Tutto quello che abbiamo passato! I giochi, noi…» provò ancora a convincerlo cercando i suoi occhi sotto al cappuccio. Nemmeno immaginava quante lacrime avevano già versato per lo spavento e la delusione di aver scoperto la verità. Desiderava solo fargli capire che nonostante quello che si diceva, lui era quello con cui aveva giocato quel giorno, lo stesso con cui aveva passato i pomeriggi da allora.
 
«non voglio» piagnucolò il ragazzino: «vai via, lasciami stare. Io… io non…non voglio più giocare con te»
 
Fuggì via. Lo abbandonò lì e tornò a casa, spaventato e deluso, tornò a casa in lacrime. Spalancò la porta di casa attirando l’attenzione di tutti, ma non si fermò, non diede spiegazioni, si fiondò in camera sua gettandosi sul letto. Non capiva cosa l’aveva ferito di più, se la bugia di Atem o l’aver visto il Principe delle Tenebre in azione. Fino a quel mattino, aveva pensato di potersi fidare di lui, ma si era sbagliato.
 
«ehi» lentamente Tuya entrò nella stanza del fratellino avvicinandosi a lui, scoprendo la sua testolina scura e arruffata che accarezzò: «tesoro, che è successo? »
«aveva ragione» singhiozzò il ragazzino: «papà, aveva ragione. Non… non ci si può fidare di nessuno»
Era sconvolto, chissà cosa gli era accaduto in città per averlo spaventato tanto, per averlo fatto rientrare a casa in quello stato, non seppe che dirgli se non prenderlo tra le braccia e lasciarlo sfogare.
«sei a casa piccolo, va tutto bene. Qui nessuno ti farà del male» volle consolarlo, ma non servì a molto.
 
Di sotto, le altre quattro sorelle e il padre, erano molto preoccupati, fissavano il soffitto sperando di vedere Tuya e Yugi scendere, di poter capire cos’era successo e aiutare il piccolo di casa.
 
Atem, sconvolto dal disastro che aveva combinato, tornò in piazza, camminando molto lentamente, dove i soldati lo cercavano ancora. Si consegnò a loro senza alzare lo sguardo.
«torniamo a casa» mormorò coprendosi la testa con il cappuccio del mantello.
«sì, mio principe» annuì uno di loro.
 
Camminarono in silenzio, uno davanti e due dietro e Atem al centro, protetto e nascosto, mentre le lacrime uscivano dal suo controllo rigandogli il viso che nascose tirando ancora più giù quel cappuccio.
Inciampò, non guardava la strada e una delle guardie lo dovette sorreggere tenendolo per un braccio.
Aveva appena perso il suo primo amico. Si sentiva vuoto, il mondo gli era caduto addosso, si sentiva schiacciato.
Anche quando rientrò a palazzo, andò dritto in camera sua, non salutò la piccola Mana, ignorò i richiami del suo maestro di arti magiche.
Avvolto in una coperta, si rannicchiò sul letto. Piangeva ancora, in silenzio.
 
«ho fatto una cavolata» pigolò tra i singhiozzi: « avevo trovato un amico e ho rovinato tutto…»
 
Dopo più di un’ora, Tuya tornò di sotto, dove tutta la famiglia la attendeva.
«si è addormentato» disse loro: «sembrava sconvolto»
«ma cosa gli è successo? » si preoccupò Tyi, la terza in scala di età tra le sorelle.
«non lo so, non sono riuscita a capirlo» sospirò la maggiore dirigendosi in cucina. Avevano da lavorare e anche se erano tutte molto preoccupate per il loro fratellino, dovettero pensare anche ai clienti.
Si divisero i compiti tra cucina e sala.
«più tardi salgo a vedere come sta» disse il padre dando un ultimo sguardo alle scale.
 
Quella sera fu poco propizia, le ragazze erano troppo distratte e non riuscirono a servire i clienti come al solito.
 
Era molto tardi, molti dei clienti se n’erano già andati quando Nef salì da Yugi, sveglio e avvolto tra le coperte. Aveva smesso di piangere, ma qualche singhiozzo ancora gli scappava.
 
«Yugi»
«vattene via» mugugnò tirandosi la coperta fin sopra la testa.
«hai litigato con il tuo amico, non è vero? » intuì la ragazza andando a sedersi accanto a lui posando una mano sulla sua spalla
«no, ma lui…» singhiozzò
«cos’è successo? Eravate così uniti…» provò a capire.
«mi ha mentito fin dall’inizio! Lui è il principe e non me l’ha mai detto! » sbottò voltandosi verso di lei di scatto: «mi ha detto un sacco di bugie! »
«il… il principe? Yugi, hai stretto amicizia con il Principe delle Tenebre? » si spaventò Nef.
«non è delle Tenebre…  Atem è una brava persona… almeno così credevo…» mormorò. Non gli piacque sentirglielo dire, ma poi il ricordo della situazione in cui l’aveva trovato quella mattina tornò a spaventarlo, stava facendo del male a quel poveretto. Probabilmente erano quelle le tenebre a cui si riferivano tutti. «non lo voglio rivedere mai più! »
«non è per la bugia che piangi, vero? » intuì la ragazza. Omettergli la sua vera identità non era un motivo sufficiente a far vacillare tanto il suo fratellino sempre buono e comprensivo con tutti.
«lui… è pericoloso. Fa male alle persone»
 
A Nef dispiacque sentirglielo dire: «ma a te non ha mai fatto del male» provò a giustificarlo. Non aveva mai visto il suo fratellino così felice come lo era stato in quei mesi, non voleva che ricadesse in quel baratro di monotonia e apatia in cui era cresciuto, la cosa più bella di Yugi era il suo sorriso, specialmente quando era sincero e in quei mesi lo era stato. Dolce e luminoso, gli brillavano gli occhi quando le raccontava del suo amico.
«no ma…è pericoloso. Lui è il Principe delle Tenebre e io… io non voglio più vederlo!» si decise Yugi.
 
«Principe! Principe ! » lo chiamava insistentemente Mana battendo i pugni contro la porta che Atem aveva chiuso a chiave: «aprimi dai, sono io! »
Niente, dall’altra parte non proveniva un fiato. Atem si era arrotolato tra le coperte stritolandole tra le dita, azzannandosi le labbra per non singhiozzare.
 
Un boato e poi un lamento. Vide Mana ruzzolare sul suo terrazzo entrando poi nella sua stanza
«ma dimmi te che mi tocca fare…» si lamentò la ragazzina avvicinandosi al letto del principe che si girò dall’altra parte asciugandosi gli occhietti.
«lasciami in pace» borbottò.
«eh no, eh! Qui siamo tutti preoccupati per te! Si può sapere che ti è preso? » gli domandò balzandogli sul letto, così velocemente da non dargli il tempo di tenersi la coperta che strattonò via.
«ehi! » si lamentò lui.
«ma hai pianto» si preoccupò  all’istante quando gli vide gli occhi arrossati e il khol sbavato fino alle guance.
«ma che dici? Lo sai che non piango mai» mugugnò strofinandosi ancora gli occhi.
«cos’è successo? » tentò di farsi spiegare.
 
Ormai lo conosceva bene, non avrebbe detto niente a nessuno, si sarebbe tenuto tutto dentro finché non fosse esploso. Avrebbe continuato a sfogarsi sulla gente in città senza risolvere nulla.
 
«parlami, principe! »
«Yugi mi odia! » sbottò contro di lei, senza una ragione: «ha scoperto chi sono e ora non mi vuole più vedere! »
«ma non è possibile! Eravate così uniti…» scattò in piedi lei: «tu… voi… eravate diventati inseparabili, come può…»
«ha scoperto che sono il principe e adesso ha paura di me» le spiegò a denti stretti trattenendo le lacrime.
«secondo me dovreste solo parlare e chiarirvi, sono sicura che non è così»
«ma ha detto di non volermi rivedere mai più…» singhiozzò.
 
Non riuscì più a trattenersi, le mani sugli occhi le celarono metà del suo volto mentre piangeva.
Aveva bisogno di conforto, almeno questo pensò in un primo momento mentre allungava una mano per toccargli la spalla, ma poi si ritrasse, aveva bisogno di stare da solo probabilmente.
«cerca di calmarti e poi… poi parla con Yugi,  voi siete amici e gli amici non si abbandonano» fu l’ultima cosa che gli disse posandogli la coperta sulle spalle, prima di andarsene.
 
Qualche giorno più tardi, Atem provò a presentarsi alla locanda, ma al posto di Yugi gli aprì Nef che, con grande rispetto, gli spiegò che il suo fratellino non si sentiva bene e che doveva riposare. Era chiaro che era una bugia per fargli capire che Yugi non voleva essere disturbato, non lo voleva vedere. L’unica cosa che poté fare, fu lasciargli le sue scuse.
 
Per settimane, nessuno dei due vide l’altro. Yugi cercò di fare ritorno alla sua vecchia vita, tra la locanda e il mercato, sforzandosi di dimenticare quel ragazzino con cui si era divertito così tanto sulle rive del Nilo, con i loro giochi e le pergamene, ma che gli aveva anche mentito. Si conoscevano da quasi un anno e lui era stato sul punto di svelargli il suo segreto , ma poi quella scoperta…
Il suo cuoricino, così puro, era andato in pezzi. Spaventato e rammaricato da quella brutta scoperta.
 
Atem andò spesso alla riva, in quello che era diventato il loro posto e un giorno lo vide persino, ma non ebbe il coraggio di parlargli, si limitò a osservarlo da lontano.
L’oscurità tornò a bruciare nei suoi occhi e il Principe delle Tenebre tornò, più carico che mai, a terrorizzare i furfanti.
L’idea di aver perso il suo primo amico l’aveva distrutto e sfogò quel malessere su chi gli capitava a tiro.
Molte volte arrivò alla locanda voce di ciò che era accaduto in piazza, di ciò che aveva fatto il principe. Sentì dire che un giorno ruppe il braccio ad un uomo che aveva rubato una pagnotta da un banco, un’altra volta, invece, rischiò di far perdere un dito a un ladro che aveva cercato di derubare una povera vecchina.
Tutte voci che spaventarono Yugi, quello di cui parlavano non poteva essere Atem, sì insomma, l’aveva visto tentare di fare del male a un uomo, ma il ragazzo che aveva frequentato in quei mesi era stato così gentile e simpatico che non gli sembrò vero.
 
Un giorno, poi, mentre si trovava in piazza, udì delle voci riguardanti il principe, si diceva che stesse disputando un gioco mortale con un ladro di bestiame.
Era stanco di sentire di poveri malcapitati torturati da quel ragazzino meschino e bugiardo, doveva mettere fine a tutto quello. Lasciò perdere la spesa e si diresse al mercato del bestiame, là dove si stava disputando il gioco. Doveva sbrigarsi, fare in fretta prima che fosse troppo tardi.
Fece bene a preoccuparsi, quando arrivò, lo trovò intento a sfidare un poveraccio finito alla sua mercé.
Sotto ai loro piedi stavano due botti, in mezzo a loro due carrucole univano un cappio di corda che legava un secchio e l’altra estremità stretta alle loro gole.
Una sorta di bilancia dove ai  lati opposti erano appesi i due giocatori, ma se quello del principe gli poggiava delicatamente sulle spalle, e il secchio appeso alla corda vicino a lui era quasi vuoto, quello del povero sventurato che aveva dovuto giocare con lui, lo stava quasi strozzando e il suo secchio era pieno di sassi.
 
Con un brutto lancio, il poveretto mancò per l’ennesima volta il cestello di Atem che, al contrario, lanciò di nuovo la pietra facendo centro.
 
«ancora poco e la vittoria sarà mia, che dici? » ridacchiò il ragazzino: «le porte delle tenebre si stanno aprendo. Sei pronto al gioco della sanzione? »
 
Quell’uomo stava per finire impiccato. Atem lanciò, ma una piccola palla di pelo marrone, che nessuno vide, deviò la pietra facendo pensare a un lancio sbagliato.
Yugi s’intromise in quel gioco mortale, si arrampicò sul palo e tagliò la corda. Entrambi i giocatori finirono rovinosamente a terra.
 
«guastafeste! » si lamentò il principe osservando il coetaneo incappucciato «stavo vincendo! »
Era così assorto dal gioco, che nemmeno si rese conto che quello era Yugi, che finalmente poteva rivederlo e quando lo realizzò, sentì solo il suo grido.
 
«sei un’idiota! »
 
Un silenzio agghiacciante dilagò per la piazza, aveva appena insultato pesantemente il figlio del faraone, aveva osato mancargli di rispetto di fronte a tutti e le conseguenze per una tale sfacciataggine sarebbero state davvero gravi, ma, diversamente dalle aspettative, Atem non reagì, osservò semplicemente quella figura coperta dalla testa ai piedi di cui non si vedeva un filo di pelle, ma solo due grandi occhi luminosi e del colore delle ametiste illuminate dalla prima luce del giorno.
 
Non credeva che il principino fosse ancora tanto immaturo da non sapersi dare un limite, non era lo stesso Atem che lo aspettava sulla riva del fiume per insegnargli a leggere.
Si voltò e se ne andò, aveva già dato abbastanza spettacolo.
 
Corse via cercando un luogo in cui godersi un po’ di tranquillità, quello che chiamava ancora ‘ il loro posto ’, là sulla riva del fiume.
Si accucciò accanto al canneto sfiorando  la terra umida bagnata dal magnifico Nilo, l’acqua cristallina rispecchiò il suo volto nascosto dal pesante cappuccio e da quel velo, ormai faticava persino a riconoscersi quando non lo indossava. Un attimo dopo alla sua immagine si aggiunse quella di Atem che ancora ansimava per la folle corsa.
 
«non hai il diritto di giocare con la vita delle persone! » lo rimproverò ancora «si può giocare senza fare del male a nessuno! »
«era un ladro! Io lo stavo solo punendo! » protestò ancora il nobile ragazzino che davvero non capiva tanto accanimento, ma avvertì tutto il suo astio attraverso quello sguardo. Era il loro primo incontro dopo tanto tempo e non fu certo dei migliori.
«quello che ho visto si chiama egoismo puro e semplice! Ti stavi divertendo a discapito di quel poveretto! »
«mi dispiace… io… io non me ne sono reso conto» era la prima volta che lo sentiva parlare con un tono tanto mortificato «forse hai ragione… ti prometto che non lo farò più! » esclamò prendendo le sue mani avvolte dalle bende e stringendole forte, aveva avvertito una forte ostilità, ma voleva provare a recuperare quell’amicizia che si stava creando tra loro, avrebbe fatto qualsiasi cosa poter stare insieme a lui.
 
«davvero lo prometti? Non farai più giochi della sanzione? » volle accertarsi sperando davvero nella sincerità di quelle parole.
 
«è una promessa! » asserì di nuovo il principe stringendo la mano con fermezza.
Quando lo sentì dire quelle parole un sorriso si dipinse sulle sue labbra nascoste dal velo.
Forse non era tutto perduto, la loro amicizia non era persa per sempre. Lo guardò negli occhi e lo vide sincero. Sentì il calore delle sue mani in quel tocco, proprio come quando lo incontrò quel giorno alla locanda. Tutto sommato quello che aveva conosciuto era sempre stato Atem e anche sapere la verità non lo cambiò. Atem era Atem, qualunque fosse stato il suo titolo o il posto da cui proveniva.
 
«dovrai mangiare cento serpenti se la infrangerai» aggiunse Yugi osservando con ilarità l’espressione spaventata di Atem all’udire quella condizione, ma la accettò con la stessa allegria.
 
Era un passo avanti, ma Yugi non resistette oltre, la ferita nel suo cuore era ancora aperta e preferì allontanarsi, senza contare che si stava facendo tardi e doveva tornare a casa.
Lo salutò, ma Atem non gli permise di andarsene, voleva chiarirsi una volta per tutte.
 
«aspetta! »
 
Non demorse e allungò una mano. Un solo strattone e il cappuccio della tunica scivolò sulla schiena liberando una folta chioma di capelli corvini che sfumavano in un color cremisi eccessivamente brillante.
L’aveva fatto, aveva svelato il suo aspetto e, voltandosi per lo spavento, persino il velo cadde svelando anche quel visino angelico. Ciuffi biondi coprirono quello sguardo d’ametista, li vide svolazzare e nascondere la vista al volto sbalordito del principe.
 
«la tua pelle… »
 
Con le mani ancora avvolte dalle bende, nascose quella carnagione diafana che per tutto quel tempo era rimasta nascosta e che quel dannato ragazzino era riuscito a scoprire. Il terrore pervase quel corpicino che d’un tratto fu scosso da fremiti e singhiozzi. Aveva scoperto il suo segreto, aveva svelato il suo vero aspetto e da quel momento non sarebbero più potuti essere amici. La diversità tra loro era troppa e lo sguardo di Atem fu inequivocabile. Occhi strabuzzati per la sorpresa a cui si precluse completamente scoppiando in un pianto ininterrotto.
 
C’era una cosa che ancora non aveva capito di Atem, lui non guardava ciò che c’era all’esterno delle persone, ma quello che avevano nel cuore e in Yugi aveva trovato un amico prezioso, che importanza poteva mai avere il colore della sua pelle, anzi, rispecchiava esattamente la sua anima candida.
Voleva che Yugi lo capisse e che smettesse di temere se stesso.
Allungò una mano verso di lui scostando le sue che coprivano il suo visino ricoperto di lacrime.
 
«è bellissima» sorrise sfiorando e asciugando quella guancia arrossata dal pianto soffocato che non voleva smettere. Non aveva nulla per cui disperarsi, non era successo niente.
«cosa? » mormorò con incredulità osservandolo sciogliere le bende dalle sue dita, gettandole  via e lasciando che il Nilo le portasse lontano.
«la tua pelle è bella, è liscia e morbida. Non devi nasconderla» gli spiegò con grande gentilezza.
 
Quel sorriso raggiunse e s’insediò nel suo cuoricino costruendovi una comoda dimora da cui non se ne sarebbe più andato, colorando quelle guance candide di un rosso così accesso da poter fare pendant con le punte dei suoi capelli.
Probabilmente fu quella l’unica cosa che turbò lievemente il principe, il fatto che entrambi avessero quelle buffe capigliature. Le somiglianze tra loro erano tante quante le differenze e ciò lo intrigò ancora di più.
 
«ma…dici sul serio? » pigolò ancora il piccolo tentando ancora di nascondersi.
«certo che dico sul serio sciocchino» ridacchiò scostandogli di nuovo le mani dal viso: «smettila di nasconderti, non hai nulla di cui vergognarti»
«sono diverso…»
«e chi non lo è» ribatté: « se fossimo tutti uguali, che gusto ci sarebbe? » rise
Forse l’aveva convinto, perché Yugi si liberò della cappa mostrandosi finalmente per ciò che era: un grazioso ragazzino dalla pelle chiara e luminosa.
Avevano entrambi molto per cui scusarsi e il primo fu Atem che, finalmente, spiegò a Yugi il motivo del suo comportamento e della sua bugia. Era comprensibile, proprio come lo fu con Yugi quando gli spiegò dell’apprensione che suo padre aveva sempre avuto per lui.
Avevano ancora molto di cui parlare e chiarirsi, ma nel frattempo Yugi era già giunto a casa, con la cappa sotto braccio e nient’altro, a parte la tunica a mezza manica lunga fino a mezza coscia, a coprirlo.
Aveva chiesto ad Atem di accompagnarlo, avrebbe parlato da solo con suo padre, ma per ogni evenienza, lo voleva vicino.
E così fu. Entrò in casa e non passò inosservato. A Nut, la gemella di Tyi, cadde una ciotola in terra. Aveva gli occhi di tutta la famiglia puntati addosso.
 
«Yugi… che…che ti è successo? » si spaventò il padre.
«nulla padre. Ho solo preso una decisione» annunciò lanciando a terra la cappa: «non voglio più nascondere ciò che sono»
«ma forse tu non capisci. Figliolo, la tua pelle, la tua diversità sono un pericolo per te» tentò ancora di spiegargli inginocchiandosi davanti a lui: «Yugi, la gente là fuori è spietata, non esiteranno a farti del male»
«ma io… io non voglio più vergognarmi di come sono…» retrocesse il ragazzino, tornando a intimorirsi per le parole del locandiere.
«non è questione di vergogna, Yugi» si fece avanti Tuya: «è per proteggerti, sai cosa fanno agli albini e se dovessero pensare che tu sia come loro…»
«non accadrà»
Una nuova voce s’intromise nel loro discorso, la voce del principino che entrò in casa affiancando il suo amico.
Tutti, eccetto Yugi, s’inchinarono d’innanzi al figlio del sommo faraone.
 
«Yugi, porta rispetto al principe» sibilò suo padre, ma quelle formalità per loro che erano amici, potevano anche risparmiarsele
 
«ho detto io a Yugi che non c’è motivo per cui debba nascondersi» spiegò al padre dell’amico.
«con tutto il rispetto mio signore, ma la diversità di Yugi potrebbe metterlo in pericolo» cercò di spiegarsi.
«tutti hanno visto Yugi in mia compagnia, sanno tutti che è mio amico, nessuno oserà mai fargli del male» spiegò posando una mano sulla spalla del ragazzino pietrificatosi nel momento in cui gli sentì dire ‘mio amico’. L’aveva definito suo amico.
«noi siamo amici…»
«certo che lo siamo! Noi siamo migliori amici e gli amici non si abbandonano » esclamò Atem strizzandogli l’occhio, ricordando perfettamente le parole di Mana: « ora devo andare o stavolta il mio maestro me la farà pagare seriamente» scherzò avviandosi alla porta: «ciao Yugi, ci vediamo domani! »
 
Si sentì svenire. Lui, il figlio di un locandiere, con quella carnagione così strana, sempre stato chiuso e schivo, era diventato il migliore amico del principe e tutto grazie a un gioco mai concluso.
Cercò lo sguardo di Nef che gli sorrise, il suo fratellino aveva trovato un amico molto prezioso che finalmente gli aveva insegnato quello che loro non avevano mai fatto: il rispetto per se stesso, accettarsi per ciò che era.
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** ...A Bad Man ***


Siamo già al terzo capitolo! Wow le cose si evolvono in fretta ^_^
Che dire, qui abbiamo due amiconi che sono sempre più pappa e ciccia <3
Beene. Chi ha letto Bond Beyond Space&Time troverà familiarità con questo  capitolo e anche un seguito a un piccolo fatto narrato là. Per gli altri sarà tutta una sorpresa ;)
Buona lettura!
ONCE UPON A TIME...

...A BAD MAN

 
Correva, annaspava, ansimava, ma doveva farlo, doveva fuggire lontano. Correre a perdifiato e svincolarsi tra le strade della città, nel caos di Tebe. Non poteva piangere, avrebbe arrestato quella folle corsa, ma il terrore era tangibile sul volto del piccolo Yugi.
 
Da quando Atem l’aveva convinto a non nascondersi più, era già passato parecchio tempo, nonostante un primo stupore, la gente cominciò ad accettare il figlio del locandiere per quello che era, specialmente perché, era amico del principe. Se il giovane erede non vedeva nulla di strano in lui, perché avrebbero dovuto farlo loro, almeno la maggior parte, quelli che conoscevano Yugi fin dalla prima infanzia.
La diversità del ragazzino, però, non passò inosservata nemmeno a un uomo dall’animo malvagio che più e più volte si era presentato alla locanda, temuto dalle sue sorelle e persino dal padre.
 
Quel giorno, Yugi stava aspettando Atem sulla riva del fiume, quando una voce gli fece saltare il cuore in gola.
 
«finalmente ti ho trovato»
 
Aveva già sentito quella voce e parecchie volte, sempre intenta a usare parole di disprezzo verso suo padre. Si voltò di scatto alzandosi in piedi.  Un uomo possente, dalla pelle nera e la barba ancora più scura, gli occhi piccolo e luminosi si ergeva a pochi passi da lui.
Ebbe paura, indietreggiò.
 
«non fuggire ragazzo. Tu ora mi appartieni» gli intimò.
«cosa? » si stupì. Non capì assolutamente cosa voleva dire, ma ci pensò quell’essere orribile e spaventoso a chiarirgli le idee.
Yugi sapeva già dei problemi economici che affliggevano la famiglia e l’attività, ma non immaginava che fossero così gravi. Il creditore si era stancato di attendere ed era andato a riscuote, ma le cose non andavano bene. Il locandiere non aveva beni con cui risarcire l’uomo che, a saldo, gli chiese una delle figlie.
Una proposta indecente per il locandiere che si rifiutò categoricamente, nessuno dei suoi sei figli era una merce scambiabile.
L’uomo si infuriò, esigeva di essere risarcito, mise a soqquadro la locanda finché non si ricordò di una merce ben più preziosa di una prostituta qualsiasi. Yugi. Il ragazzino dalla pelle d’avorio e gli occhi d’ametista. Una merce molto rara con cui avrebbe guadagnato parecchio.
 
«mio…mio padre non lo farebbe mai! » reagì Yugi. Capì subito che suo padre non avrebbe mai accettato ad un simile ricatto, quell’uomo l’aveva costretto ad accettare con la forza, era evidente.
Lui, però, non  l’avrebbe fatto, sarebbe fuggito.
 
«n-no… io non ti appartengo…» mormorò indietreggiando.
«sei una merce rara e preziosa. Non sai quanto guadagnerò con te» ghignò osservando quel corpicino così puro per cui certa gente avrebbe volentieri pagato.
«non…non mi avrai»
Lanciò il copricapo a terra e cominciò a correre, dove non sapeva, ma fuggì arrivando nel centro città.
 
Avrebbe potuto chiedere aiuto, però sapeva che in quelle condizioni non ne avrebbe ricevuto, l’avevano accettato, ma qualcuno non riuscivano ancora a riconoscerlo, altri invece erano diffidenti, temevano quella pelle orribile ricevuta in dono dagli dei per chissà quale crimine compiuto dai suoi antenati. Comunque non avrebbe mai coinvolto persone innocenti in un pericolo simile. L’unica soluzione era fuggire, correre e correre ancora.
Non aveva mai corso tanto e dovette rendere merito alla paura se ancora poteva reggersi in piedi e balzare da un angolo all’altro della strada evitando carri, carretti, bancarelle e tutte le persone che affollavano la via del mercato.
 
Sicuramente lui si sarebbe accorto della sua assenza, avrebbe notato il suo ritardo e anche il copricapo abbandonato in riva al fiume  e sarebbe corso a vedere cos’era successo.
No, assolutamente no, era il principe ereditario, non poteva coinvolgerlo. Sapeva bene quanto Atem fosse impulsivo e altruista, sarebbe stato rischioso, non poteva trascinarlo in una faccenda tanto pericolosa. Avrebbe dovuto cavarsela con le sue sole forze.
Giunse a un punto di arrivo che, in realtà , gli venne imposto. A pochi metri dalla sua salvezza, dalla sua casa, si ritrovò a ruzzolare a terra.
Con un forte strattone lo scaraventò a terra e Yugi si ritrovò a strisciare a terra graffiandosi braccia e gambe.
L’uomo che tutti chiamavano il Mercante della Mesopotamia, si ergeva in tutta la sua massiccia figura con quella luce inquietante negli occhi di chi ha in mente cose tremende.
Non era sua intenzione attirare l’attenzione della gente, ma la caduta gli tirò fuori un forte urlo che spinse tutti a voltarsi. Aveva ragione, nessuno si sarebbe mai messo contro quel mostro, nemmeno quando tirò fuori la frusta e la sbatté a terra lasciando che le pietre legate agli estremi segnassero la terra.
Il suo nuovo padrone trovò necessario punire quel gesto di ribellione, quell’inutile fuga, Yugi doveva imparare che dall’inferno non si scappa.
 
Ancora con l’adrenalina in corpo, riuscì ad evitare quella prima frustata.
Mirava al suo viso, era naturale, ciò che gli interessava era la sua pelle bianca, una rarità che gli avrebbe fruttato moltissime ricchezze. Ci andò davvero vicino, ma al secondo colpo avrebbe fatto sicuramente centro. Infatti, da quella posizione non avrebbe potuto evitare il colpo che gli avrebbe sfregiato il viso e rischiato di provocare anche conseguenze peggiori.
 
Terrorizzato e inerme, Yugi chiuse gli occhi. Il colpo non arrivò mai, vide un’ombra calare su di sé, il rumore della frusta attutito da qualcosa che si era frapposto tra loro e un gemito.
Spalancò gli occhi, non poteva crederci, lui era lì, Atem si era messo in mezzo. Aveva afferrato la frusta con le mani, ma una pietra gli era comunque arrivata in fronte ferendolo.
La folla fu presto sostituita da un gruppo di soldati guidati dal sacerdote della Chiave del  Millennio, Mahad.
Il principe non parve minimamene scosso dalla ferita che sanguinava rigandogli il viso, anzi sorrise compiaciuto lasciandosi incendiare gli occhi da quel bagliore scarlatto che li rendeva così inquietanti.
 
«bene. E ora giochiamo».
 
Quel ghigno fece retrocedere il mercante spaventandolo forse più di quanto avesse fatto lui con la sua vittima.
 
La fronte del principe sanguinava, lo schiocco di frusta l’aveva ferito, ma questo non gli aveva tolto il sorriso. Yugi era ancora a terra, sorpreso e spaventato dall’arrivo di Atem e dalla sua reazione, tremava come una foglia.
 
«principe, stai bene? » si fece avanti Mahad che, però, non si azzardò ad affiancarlo, lo conosceva abbastanza bene da sapere cosa stava tramando e che non avrebbe potuto fermarlo.
«Mahad, porta Yugi a palazzo e fallo curare» ordinò tenendo lo sguardo fisso sul Mercante della Mesopotamia.
 
Il sacerdote si chinò su di lui aiutandolo a rimettersi in piedi, ma non accennò a muoversi oltre, era preoccupato per Atem e lo sguardo dell’uomo che si ergeva davanti a lui gli lasciava una grande inquietudine nel cuore.
 
«principe, ho comprato il ragazzo dal padre» si giustificò l’uomo circondato dai soldati e timoroso di essere arrestato senza poter nemmeno tentare la fuga.
«diciamo che l’hai raggirato» lo corresse: «ma non fa niente. L’avrai» asserì sconcertando i presenti che stavano seguendo la scena. Solo il sacerdote restò impassibile, perché sapeva, che ad un’affermazione del genere avrebbe seguito un ‘ma’.
«se riuscirai a battermi» precisò infatti: «è ora di giocare»
 
Il gioco era davvero molto semplice, Atem prese i bastoncini di un senet a cui stavano giocando due anziani promettendo di restituirli il prima possibile. Li avrebbero lanciati e in base al risultato si sarebbero potuti muovere di un numero di passi uguale, potevano andare dove volevano, ma avrebbero potuto prendere solo oggetti che stavano al loro fianco, avrebbero potuto usarli come meglio volevano, il ragazzino era il traguardo, chi lo raggiungeva avrebbe vinto.
Il gioco ebbe inizio e Atem fece 6 passi indietro allontanandosi dal Mercante che, invece ne fece 4 nella sua direzione, come a volerlo raggiungere.
 
Passarono un paio di lanci prima che Atem potesse avvicinarsi abbastanza a un soldato per avere la possibilità di prendergli la spada. Da quando l’avversario aveva intuito le sue intenzioni, aveva iniziato a muoversi verso il laboratorio di un fabbro che esponeva gli utensili creati tra cui c’erano delle falci.
 
Il gioco era a un punto morto, ere da già un po’ di tempo che i giocatori giravano in tondo con le armi in mano. Con tre passi Atem gli si avvicinò lanciando un fendente che il Mercante respinse con la falce, un lancio lo aiutò ad allontanarsi di cinque passi indietro.
In realtà voleva avvicinarsi a Yugi  e prenderselo, ma l’avversario non glielo permetteva e arrivò a rovesciare un’impalcatura per fermarlo.
Il gioco era durato davvero troppo a lungo, Atem sembrava si muovesse a caso colpendo ciò che gli capitava a tiro, mentre il Mercante si allontanava da lui tentando di avvicinarsi al sacerdote .
Secondo le regole imposte dal principe, avrebbe potuto fare ciò che più voleva senza ritorsioni. Ci riuscì, spinse via Mahad e strattonò la sua preda, ma nel farlo mosse un passo in più del consentito, anzi ne mosse parecchi, una volta preso lo tirò davanti a sé.
 
«ho vinto»
«direi di no» ghignò Atem che aveva notato perfettamente i passi in più.
 
Al suo fianco c’era una corda che prese tra le mani, lanciò la spada contro un’impalcatura e questa cedette crollando. Il Mercante la evitò e la sua vittima rotolò di nuovo a terra.
 
«le porte delle tenebre si aprono» ghignò il principe mentre la corda lo sollevava da terra e una trave calò dondolandosi in avanti, colpì l’uomo in pieno e lo strattonò via.
 
«e ora ti aspetta… il gioco della sanzione! »
 
La gente lì presente conosceva fin troppo bene quel gioco, il principe sarà anche stato un ragazzino gentile e solare, ma quando si trattava di giochi, quando si trattava di punire persone malvage, non c’era scampo. Sadico, spaventoso. Questo diventava in quelle occasioni e lo sapevano tutti, ma solo una persona non l’aveva ancora accettato, quella che lo conosceva da meno tempo di tutti e che ebbe il coraggio di andare contro ai suoi capricci
 
«Atem fermo! »
 
L’urlo strozzato di Yugi fu portato via dal vento, la risata del principe riecheggiò nella piazza, non si fermò come aveva fatto l’ultima volta e proseguì quel salto verso il cielo mentre, con uno strattone, il mercante, fu scaraventato via.
Cadde in un mucchio di letame.
Quelle erano le tenebre a cui si riferiva Atem e quello fu il motivo per cui non diede retta all’ amico. Non gli fece male, non infranse nessuna promessa.
 
«arrestatelo» ordinò ai soldati mentre tornava da Mahad: «torniamo a casa. Yugi ha bisogno di cure» aggiunse guardando l’amico in piedi accanto a lui, con le ginocchia sbucciate.
«e anche tu mio principe» aggiunse Mahad, evidentemente più preoccupato del taglio sulla fronte del principe che del ragazzino spaventata.
 
Le voci di ciò che era accaduto in città, fecero presto il giro del palazzo, tutti seppero quanto era accaduto, ancora prima che il principe facesse ritorno.
Giustamente si divisero, la ferita di Atem andava medicata scrupolosamente, sembrava un taglietto, ma non smetteva di sanguinare, mentre quelle di Yugi erano semplici abrasioni.
 
Quando il faraone seppe dell’accaduto, il suo primo impulso fu di correre dal figlio, ma quando lo raggiunse nella sua stanza, Atem aveva già perso conoscenza da qualche minuto. Non era la ferita in sé, quanto la botta e ciò che era accaduto in seguito a indebolirlo. Con i sali rinvenne in pochissimo, ma lo pregarono comunque di stare a letto per riprendersi.
Pensava solo a Yugi, a quanto potesse essere spaventato, al fatto che fosse ferito e che l’aveva lasciato solo in un posto completamente nuovo, ma non lo lasciarono muoversi dal letto.
 
Yugi si ritrovò in una stanza immensa ad aspettare qualcosa che non sapeva, Atem magari. Gli avevano pulito le ferite e cosparse con un unguento cicatrizzante che in poco tempo gli fece passare il dolore.
Anche lui era in pensiero per il principe, si era fatto male per salvarlo. Doveva parlargli, chiarirsi con lui e spiegargli cos’era realmente accaduto.
Deciso, scattò in piedi pronto a uscire. Sapeva che il palazzo era immenso e che si sarebbe perso prima di trovarlo, ma volle comunque provarci, se non che, il faraone arrivò proprio in quel momento.
Un momento di sfasamento in cui restò immobile a osservare il sovrano accompagnato da un uomo pressappoco della sua età vestito di una lunga tunica bianca e il capo coperto da un cappuccio. Una volta resosi conto di chi aveva davanti, si gettò a terra prostrandosi d’innanzi al divino.
 
«tu sei il figlio del locandiere» il suo tono fu piatto, ma quella era evidentemente una domanda a cui, Yugi, tenendo la testa bassa, rispose: «sì, mio signore»
«è con te che mio figlio ha giocato»
«è come dici tu, faraone» disse ancora.
«ed è sempre con te che ha passato il suo tempo quando sgattaiolava da palazzo»
«sì, è vero»
«ho saputo che è stato per salvare te che mio figlio, il principe, si è ferito questo pomeriggio» aggiunse incrociando le mani dietro la schiena.
«è così… perdonami mio faraone! » esclamò alzando la testa d’istinto, implorando il suo perdono per il pericolo in cui aveva coinvolto Atem.
«ragazzo, è da tempo che desideravo incontrarti» gli confessò con un tono molto serio.
Yugi chinò di nuovo il capo chiudendo gli occhi a forza: « da quando ti conosce, mio figlio è cambiato»
D’un tratto il suo tono cambiò e Yugi lo capì specialmente quando il sovrano gli posò una mano sulla spalla invitandolo ad alzarsi.
 
«non scusarti ragazzo. Hai la mia gratitudine, mi hai restituito mio figlio» disse.
 
Dopo quelle parole si congedò. Per un momento Yugi avvertì una grandissima pace interiore, ma nel momento in cui il suo sguardo s’incrociò con quello del fratello del sovrano, un’ondata gelida lo pervase facendogli accapponare la pelle. Se il faraone era stato buono e magnanimo, lo sguardo di quello che avrebbe scoperto essere suo fratello fu tutto il contrario, ci vide disprezzo in esso.
Nonostante quello, trovò il coraggio di farsi avanti.
 
«mio faraone! » lo chiamò con voce incerta e tremante: « ti chiedo perdono, ma… potrei vedere At…il principe. Io… io vorrei chiedergli perdono e ringraziarlo per avermi salvato» fu la sua richiesta a cui rispose immediatamente il nobile sacerdote, con rabbia e arroganza.
«il principe è stato ferito gravemente! Necessita di riposo e tranquillità! »
Subito il faraone gli chiese di tacere, non era il caso di spaventare il ragazzo e con quell’aria bonaria di poco prima annuì accettando la sua richiesta.
 
«più tardi ti farò accompagnare da lui»
 
Con un inchino, Yugi salutò e ringraziò il sovrano.
Rimasto solo, crollò a terra. La tensione accumulata in quei pochi minuti l’aveva stremato. Un incontro così ravvicinato con il faraone fu davvero troppo.
Ferito gravemente. Allora quello di Atem non era stato un semplice graffio. L’ansia lo attanagliò, il volto di quell’uomo ripugnante, quei denti scuri, rotti, le cicatrici che sfregiavano quel viso mostruoso, gli occhi piccoli e luminosi.
Le immagini si susseguirono nella sua mente, finché qualcuno non entrò nella stanza aiutandolo a fermarle.
Non conosceva quella persona e il terrore s’impossessò di nuovo di lui spingendolo a rannicchiarsi sul letto, il più lontano possibile. Era un servo mandato a prenderlo per accompagnarlo dal principe.
 
«calmati per favore» disse Mahad entrando subito dopo il poveruomo che davvero non seppe che dire di fronte ad una simile reazione.
«tu…tu sei…»
«il mio nome è Mahad, sono il Sacerdote protettore delle Sacre tombe dei nostri sovrani» si presentò, ma l’unica cosa che interessava a Yugi era che Atem lo conosceva e che si poteva fidare di lui.
«s-sei… il maestro di Atem… cioè del principe? » volle accertarsi e quando Mahad annuì il piccolo si sentì subito più tranquillo e accettò di scendere dal letto inchinandosi davanti a lui.
«puoi stare tranquillo, qui nessuno ti farà del male» lo tranquillizzò.
 
Considerato lo spavento che si era preso, la sua diffidenza verso il mondo gli fu perfettamente comprensibile.
 
«se vuoi seguirmi, il faraone mi ha chiesto di accompagnarti dal principe Atem» gli disse.
 
Subito una scintilla comparve negli occhi del ragazzino, seguita da un sorriso che si ripiegò subito all’incontrario. Se prima la gioia di vedere un volto amico lo entusiasmò, il ricordo delle parole dell’anziano sacerdote lo riportarono alla triste e cruda realtà in cui il suo migliore amico era stato gravemente ferito a causa sua.
 
«come sta? Ho saputo che la ferita era grave…» pigolò tenendo lo sguardo basso.
«non era poi così grave, ha perso conoscenza, ma più per la stanchezza e la tensione. Non ha perso poi così tanto sangue» lo tranquillizzò: «non smette di chiedere di te, da quando si è svegliato» sorrise infine invitandolo a seguirlo.
 
La strada fu abbastanza contorta, se avesse dovuto ripercorrerla indietro da solo, Yugi si sarebbe sicuramente perso. Dopo scale e corridoi, finalmente giunsero alla camera da letto del principino.
Mahad non entrò, lasciò che fosse uno dei servitori del nobile ragazzino ad annunciargli l’arrivo di Yugi, dopo di che entrò.
 
«lasciateci soli» ordinò Atem a tutti coloro che erano rimasti al suo fianco per curarlo e assisterlo.
 
Vedere quelle bende attorno alla fronte del principe e quell’aria stanca e sbattuta spaventò moltissimo il piccolo locandiere che non resistette più. Aveva trattenuto quelle lacrime per molte ore, ma non riuscì a tenerle oltre. Gettatosi a terra, scoppiò a piangere.
 
«mi dispiace! Atem io non volevo! » urlò e singhiozzò spaventando davvero tanto il principe. Non capì una tale reazione.
«è colpa mia! » proseguì Yugi in preda a un pianto fuori controllo che intenerì così tanto Atem da abbracciarlo forte sperando, così, di calmarlo.
«Yugi, sciocchino, non è stata colpa tua, ma di quell’uomo cattivo. Tu non hai fatto nulla di male» cercò di spiegargli.
«ma è stato per salvare me che ti sei fatto molto male» singhiozzò ancora stringendosi, per istinto, forte a lui.
«sei il mio migliore amico, quando non ti ho visto al fiume mi sono preoccupato e sono venuto a cercarti e poi non è così grave, è solo un graffietto» ridacchiò scostandolo dalla sua spalla per mostrargli il suo sorriso: « tu sei messo peggio» disse indicando le varie abrasioni che si era procurato cadendo.
 
Convinto l’amichetto ad alzarsi, entrambi andarono ad accomodarsi sull’enorme letto di Atem fattosi, d’un tratto, più serio. C’era una cosa molto importante di cui doveva parlargli.
 
«quell’uomo non proverà mai più a farti del male, è stato arrestato» lo volle innanzitutto rassicurare: «ti ho spinto io ad essere te stesso, perché sono convinto che sia giusto. Non devi nasconderti, come non dovrebbe farlo nessuno»  disse tenendogli la mano, sfiorando quella pelle così chiara, insolita, ma che trovava comunque molto bella:« davanti a tuo padre ho promesso che ti avrei protetto e per poco oggi non ti perdevo» mormorò, ecco che stava arrivando al punto: «io vorrei mantenere la mia promessa, ma sarebbe più facile se tu fossi al mio fianco… ecco io vorrei chiederti se ti va di venire a vivere qui a palazzo»
 
Per Yugi fu davvero insolita e inaspettata come domanda.
 
«potrai godere di tutti gli agi che vorrai e… e potremo giocare tutti i giorni insieme! » cercò di convincerlo.
«e la mia famiglia? »
«potrai vederli quando vorrai, anzi potrebbero venire anche loro a stare qui! »
«non potrebbero mai lasciare la locanda. È cambiata molto negli ultimi anni, ma mi hanno sempre raccontato che quello era il sogno della mia mamma. Mettere su un’attività come una locanda in cui la gente potesse bere, ridere e mangiare. Purtroppo non è ancora come lei la voleva, ma se molliamo adesso non la sarà mai, invece se…»
«capisco» lo interruppe Atem
«abbiamo parecchi debiti, ma se lavoreremo sodo riusciremo ad estinguerli tutti e far  diventare quel posto ciò che sognava la mamma»
«in realtà i vostri debiti sono già estinti» lo informò con un certo imbarazzo: «io ho… ho chiesto a Mahad di provvedere…»
 
Aveva saputo che il motivo principale per cui quell’uomo cattivo voleva Yugi, era come risarcimento ai debiti contratti dal padre e in pochissimo tempo erano riusciti a risalire a tutti i debiti contratti per mandare avanti l’attività.
«non avresti dovuto farlo» sembrò essersi arrabbiato Yugi : « ma ti ringrazio» aggiunse tirando via la mano da quelle di Atem: «io… io accetto la tua proposta» si convinse alla fine.
 
La gioia che apparve negli occhi del principe fu indescrivibile e colpì al cuore, come una freccia il suo bersaglio, il cuore della piccola Mana arrampicatasi nuovamente sul suo balcone. Voleva sapere come stava, ma sentendosi dire che il principe era impegnato, si inventò un altro modo per incontrarlo e così assistette a quelle ultime parole, vide quel sorriso dipingersi sul viso del ragazzino, mentre Yugi accettava la sua proposta. Anche se trovò assurdo e disdicevole il fatto che Atem volesse fargli avere trattamenti e privilegi da reale senza motivo.
L’idea di lasciare la sua casa e la sua famiglia l’aveva reso riluttante, ma dopo aver saputo quello che il suo amico aveva fatto per lui, cambiò idea.
«sarà fantastico! » esclamò alzandosi in piedi sul letto: « noi potremo giocare insieme tutti i giorni, tu potrai proseguire i tuoi studi per imparare a leggere! Hnm, saremo come fratelli! »
«Hnm? »
Che modo strano di chiamarlo, un po’ ambiguo forse.
«sì beh… ne abbiamo passate così tante che ormai possiamo definirci compagni, no? Tu sei il mio compagno di giochi» si spiegò meglio il principe, trovando quel soprannome perfetto per il suo amico. Anche Yugi lo accettò, effettivamente ne avevano passate tante insieme e andando a vivere a palazzo, le avventure sarebbero state sicuramente maggiori.
 
Il figlio del locandiere venne accettato da tutti a palazzo, era un ragazzino a modo e amabile che, nonostante la diffidenza iniziale, conquistò tutti. Viste le sue doti culinarie, gli fu assegnata la cucina, ma ogni tanto aiutava anche nelle pulizie del palazzo, specialmente delle stanze del sovrano e del principe.
 
La ferita di Atem non ci mise molto a guarire, ma gli lasciò un segno indelebile. Una cicatrice che aveva assunto la forma di una stella a quattro punte proprio all’attaccatura dei capelli, nel centro della fronte.
Da quel giorno, il principe si abituò a portare più spesso la tiara d’oro perché nascondesse un segno che avrebbe ricordato costantemente a Yugi, ciò che lui definiva il suo peccato, la sua colpa. Una ferita provocata dalla sua diversità e dalla sua debolezza.
Atem odiava quello sguardo triste e malinconico che appariva sul dolce viso del suo amico quando si posava su quella ferita e fu quello il motivo per cui cominciò a coprirla e nasconderla sempre, in ogni occasione. Fosse stato per lui l’avrebbe mostrata con fierezza, era il prezzo che aveva pagato per proteggere qualcuno a cui teneva molto, un trofeo quasi, ma per Yugi, decise di non farlo.
 
Vivendo insieme la loro amicizia crebbe, sempre insieme, uniti.
Nessuno aveva mai sentito ridere tanto il principe e fu davvero gratificante, per tutti coloro che gli volevano bene.
 
 

 
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

commento finale...
eh che dire? Sti due corrono, eh?
In realtà si conoscono già da più di un anno... ehm... diciamo che crescono in fretta ^^
A voi la parola, ci vediamo domenica prossima!
Ah, tanto per farmi i fatti vostri, come vi è andato il ritorno a scuola? chi è sotto esami vorrebbe suicidarsi  come la sottoscritta?? XD

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** ...A New Feeling ***


Chiedo perdono per uqesto ritardo vergognoso!
Spero che di riscattarmi con questo capitolo u.u

Buona lettura!
ONCE UPON A TIME....

....A NEW FEELING

 
Gli altri avevano già terminato le loro faccende portando via le lenzuola del faraone che stava venendo vestito nell’altra stanza.
Yugi, invece, aveva ancora delle faccende da sbrigare, doveva pulire il pavimento e la stanza del re era immensa ed essendo il nuovo arrivato, a lui toccò il compito più difficile.
In quei mesi aveva scoperto che vivere a palazzo non era poi così male, gli piaceva l’idea di poter vedere Atem tutti i giorni e non di nascosto, ogni tanto gli mancavano le sue sorelle, ma aveva il permesso di poter far loro visita quando più desiderava, certo senza trascurare i suoi impegni. Atem avrebbe preferito averlo al proprio fianco in ogni momento per condividere tutto con lui, ma il principe era un sognatore, ancora non vedeva la realtà delle cose come facevano gli adulti e come aveva imparato a fare Yugi. Il suo amichetto non poteva seguirlo ovunque come un cagnolino e non era nemmeno un nobile, se voleva vivere a palazzo, l’avrebbe fatto come servitore, al pari di tutto il personale.
 
Era rimasto solo e doveva fare in fretta, perché Aknamkanon sarebbe arrivato a breve e lui doveva sparire.
 
Aveva finito, era stato faticoso, ma aveva pulito tutto e si apprestava ad andarsene, quando udì i comici versi di Kuriboh dietro di lui. Giocava per la stanza saltando dalle tende, al letto, al muro, come una palletta di pelo impazzita.
 
«forza, dobbiamo andare, abbiamo molto lavoro da fare» rise il ragazzino cercando di recuperarlo.
C’era quasi riuscito quando il mostriciattolo fu attratto da qualcosa di luccicante posto sul comodino, un pendente a forma di piramide che Yugi aveva sempre visto al collo del suo sovrano.
Il mostriciattolo pensò bene di prenderlo tra le zampine osservandolo incuriosito, ma subito Yugi scattò rimproverandolo severamente.
 
«ma cosa fai?» lo sgridò: «Kuriboh come ti permetti? Rimettilo a posto! È del faraone» disse piano per non farsi sentire. Nessuno vedeva Kuriboh e a casa gli avevano insegnato a tenere segreto quel suo amichetto invisibile o come dicevano loro, immaginario.
In quel palazzo lo consideravano tutti un ragazzino buono e generoso, ma un po’ strano, non voleva fomentare altre voci, come ad esempio che parlasse da solo. Era già additato come albino, quando in realtà non lo era, non voleva farsi chiamare anche pazzo.
 
La bestiola, però, non gli diede retta e quando Yugi cercò di riprendere il pendente, gli sfuggì facendolo cadere rovinosamente sul mobile provocando un gran baccano.
 
«Yugi che stai combinando?!» gli gridarono alcuni servi dall’altra stanza.
«ehm… Nulla, sono solo caduto» rispose. Lo faceva spesso e fu una buona scusa, ma doveva rimettere a posto la piramide prima del ritorno del faraone.
 
Vide Kuriboh prendere la porta e uscire ancora con il puzzle tra le mani. Era un guaio, lo doveva acchiappare assolutamente prima che fosse visto.
 
«torna indietro! Non è il momento di giocare! » lo sgridò.
 
Si stava allontanando parecchio dalle stanze del sovrano e avrebbe dovuto trovare una scusa convincente per quel furto.
Atem probabilmente avrebbe creduto all’esistenza di Kuriboh, ma non c’era, era partito già da due giorni per Karnak e non sarebbe tornato prima di una settimana.
Yugi era solo e, per quanto rispetto portasse ai sacerdoti, Mahad specialmente, non si sentiva così a suo agio da spiegargli che una creatura, che solo lui poteva vedere, aveva rubato il gioiello del sovrano.
 
Corse a perdifiato finché non incrociò il cammino del maestro Shada, davanti al quale s’inchinò, attese di sparire dalla sua vista e poi riprese quella folle corsa in cerca di Kuriboh.
 
«giuro che te la faccio pagare Kuriboh» borbottò a denti stretti.
Vista la direzione presa, Yugi si fermò e si tolse un sandalo.
«Kuriboh!» gridò attirando l’attenzione della bestiola che si voltò beccandosi la calzatura in faccia.
Beh, almeno Yugi poteva vantare una buona mira.
Stordita, la bestiola barcollò lasciando andare il pendente che volò a terra ruzzolando giù dalle scale che scendevano nel terzo cortile interno.
 
«no!»
 
L’ultimo colpo mandò in pezzi la piramide.
Fu un tuffo al cuore per il piccolo che vedeva già la sua testa rotolare sul pavimento della sala del trono.
 
Tutti e sette i designati dagli oggetti, avvertirono quella rottura e se già il faraone e i servi erano nel panico per la scomparsa del pendente, quella sensazione ci mandò l’intero palazzo: tutti cercavano l’oggetto rubato frugando in ogni dove.
 
Passarono le ore e della piramide nessuna traccia.
Mahad stava cercando anche Yugi, sparito pure lui da parecchio. Si fidava dell’amico del principe, ma quella sparizione era sospetta; Aknadin gli aveva messo la pulce nell’orecchio, ma quando lo trovò rannicchiato in un angolino del cortile delle palme, si sentì veramente stupido ad aver dubitato di lui.
 
«Yugi ti stavo cercando. Abbiamo bisogno del tuo aiuto» disse avvicinandosi.
 
Lo vide irrigidirsi e non accennò a girarsi, stava nascondendo qualcosa che doveva avere a che fare con il tremore che lo stava pervadendo. Sentì un singhiozzo, stava piangendo.
 
«Yugi, che è successo?! » si spaventò.
 
Atem gli aveva chiesto di prendersi cura del suo amico, vederlo piangere preoccupò molto il sacerdote. Il piccolo si voltò per un momento mostrando il suo viso sconvolto e disperato, rosso per il pianto e con due moccoloni che scivolavano dal nasino.
Ancora un passo e il sacerdote comprese. Vide tra le mani di Yugi il puzzle del faraone. Era in pezzi, o meglio, mancavano pochi pezzi che, nonostante la presenza di Mahad, l’amico del principe, rimise a posto.
 
«maestro, mi dispiace! È stato un incidente, lo giuro! Non volevo! » singhiozzò inserendo la punta inferiore della piramide. Mancava solo l’occhio al centro, ma Mahad glielo tolse di mano incredulo.
«stai dicendo che hai rimontato il puzzle da solo…»
«è stato un incidente! È caduto e si è rotto… Ho cercato di rimediare. Non volevo! Ti prego maestro, non uccidermi! » singhiozzò ancora, inginocchiato ai suoi piedi.
«Yugi… hai rimontato il puzzle tutto da solo? » ripeté Mahad osservando l’oggetto incompleto solo di un pezzo che il ragazzino gli restituì all’istante
«s-sì…» mormorò incerto: «è sbagliato? »
«no…» rispose il sacerdote.
 
Non sapeva come fargli capire che aveva fatto una cosa a dir poco incredibile, insomma, montare un oggetto simile in così poco tempo, da solo e semplicemente conoscendone vagamente la forma finale.
Fino a quel momento solo il faraone e suo figlio erano stati in grado di mettere insieme quei pezzi e solo perché erano entrambi destinati a usare il pendendo. Aknamkanon per primo e poi Atem a cui sarebbe passato di conseguenza.
Stava per aggiungere qualcosa quando vide una ciuffo marroncino spuntare da dietro la schiena di Yugi. Sembrava più una palla di pelo scura che lo osservava mortificato e impaurito, molto più di Yugi.
 
«ma cosa…» non trattenne lo stupore: «un Ka! » subito afferrò il braccio del ragazzino allontanandolo da quell’essere sconosciuto, poi, però, notò che Yugi teneva lo sguardo fisso su Kuriboh e non sembrava minimamente spaventato dalla bestiola, anzi, gli si avvicinò prendendolo in braccio.
«maestro, tu lo vedi? »
«certo che lo vedo, quello che mi stupisce è come tu possa vederlo»
 
C’era qualcosa di strano, ma Yugi tirò comunque un respiro di sollievo, l’idea di non essere pazzo lo fece sentire molto meglio.
«allora non è la mia immaginazione»
«chi ti ha detto questa cosa? »
«mia sorella. Quando ero piccolo diceva che Kuriboh era solo il mio amico immaginario» gli spiegò osservando la palletta di pelo tra le sue braccia.
«no, direi che non è immaginario. Comunque suppongo che tu non sappia cosa sia un Ka»
 
Ovvio che no, Yugi non aveva mai studiato nulla del genere, eppure l’aveva evocato, anzi lo faceva fin dall’infanzia, per quello che aveva capito.
 
«Kuriboh è dispettoso, gli piace giocare» spiegò il ragazzino, mentre l’animaletto cercava di comunicare con il mago, staccandosi dalle braccia di Yugi.
 
«dice che gli dispiace, che non voleva fare niente di male. Solo uno scherzo» tradusse, ma poi si fece serio e timoroso: «maestro, sarò punito? »
«no…no» mormorò Mahad ancora stupefatto: «però richiamalo» gli chiese, non era il caso che un Ka girasse per il palazzo.
Negli occhi di Yugi apparve un immenso punto interrogativo: «ma… io non so come si fa. Kuriboh va e viene come vuole»
«mi stai dicendo che non l’hai evocato? »
Era tutto troppo assurdo: Yugi aveva le doti di un evocatore, eppure quel Ka non era sotto il suo controllo.
 
Mana aveva sentito parlare  della scomparsa del puzzle, ma quando andò a cercare il suo maestro, questi la congedò subito tranquillizzandola del ritrovamento dell’oggetto.
La curiosità della ragazzina, però, non si placò e la portò a seguire il ragazzo di nascosto.
Lo vide incontrarsi con il faraone in privato restituendogli anche l’oggetto incompleto, spiegandogli che era stato un Ka libero a prenderlo, ma la cosa sorprendente fu scoprire che il mostriciattolo era legato a Yugi e, ancora di più, fu per il faraone sapere che quel ragazzino aveva rimesso insieme i pezzi , da solo, in pochissimo tempo.
 
Il sacerdote doveva essersi accorto di Mana, perché si allontanò ulteriormente impedendole di udire altre parole.
Decisa a saperne di più, andò a cercare Yugi. Fu davvero difficile, ma alla fine lo trovò. Si era nascosto nella stanza dei giochi di Atem, raggomitolato dietro una tenda che singhiozzava.
 
«Yugi! Ma che ti è successo? »
«il… il faraone vuole uccidermi» gemette in preda a quel pianto disperato: «ho rotto il suo pendente… è stato un incidente, ma Mahad mi ha trovato prima che potessi rimediare! » strillò contorcendo il suo bel visino in smorfie di terrore.
Mana gli sorrise dolcemente asciugandogli le lacrime: «quanto sei scemo. Nessuno ti farà niente. Yugi, sai quante volte Atem ha mandato in pezzi quel puzzle e poi l’ha ricostruito? Si dice che solo pochi siano in grado di farlo, evidentemente tu sei uno dei predestinati» gli raccontò : «non farne una tragedia»
«ma il maestro sembrava arrabbiato e poi ha visto Kuriboh»
«chi? » si sorprese la ragazzina
«lui lo ha chiamato Ka, ma… non… non lo so…è il primo che riesce a vederlo…»
«tu sai evocare un Ka?! » sbottò Mana afferrandolo per le  spalle: «Yugi, ti prego insegnalo anche a me! Voglio evocarne uno anche io! Così potrò finalmente battere Atem! » ghignò la ragazzina con il fuoco che ardeva nei suoi occhi, già si vedeva trionfare sul principe in quella gara immaginaria che si era inventata nella sua testa.
«ma io… io non so come si fa. Kuriboh è mio amico» spiegò un po’ confuso.
 
«finalmente ti ho trovato! » li interruppe Mahad.
Il cuore di Yugi gli balzò di nuovo in gola. Grosse lacrime tornarono a bagnargli il viso, ma le nascose prostrandosi a terra.
«maestro, mi dispiace! » gridò
«Yugi, stai calmo, non è successo niente» tentò di calmarlo: «ho parlato con il faraone» disse con un sorriso caldo e rassicurante: «ed è d’accordo con me perché tu segua le mie lezioni con il Principe e Mana. Certo, dovrai studiare molto per raggiungere il loro livello, ma considerando il poco tempo con cui hai imparato a leggere e scrivere, non dovresti avere problemi»
 
Per Yugi fu quasi più scioccante di quanto accaduto con il pendente: lui, un servetto qualunque, avrebbe studiato cose che appartenevano alle persone altolocate come Mana, Mahad e gli altri sacerdoti.
Ancora doveva riprendersi quando Mana gli balzò al collo.
«Yugi è fantastico! Studieremo insieme! »
«quindi posso tenere la mia testa? » fu l’assurda e ingenua domanda di Yugi e che fece scoppiare a ridere il sacerdote.
 
I giorni trascorsero e il suo apprendista si adattò molto facilmente a quelle lezioni così interessanti e divertenti per lui.
Quel pomeriggio i due allievi si stavano esercitando nell’evocazione di un Ka, Yugi pareva molto concentrato, solo che al posto di uno spirito, di fronte a lui, a distrarlo, apparve il piccolo Kuriboh.
 
«accidenti Kuriboh! Devo concentrarmi, non ho tempo di giocare! » si lamentò facendo sentire un po’ in colpa la bestiola.
«concentratevi! » li rimproverò Mahad.
 
Non si accorsero che il principe, tornato da poco, si era fermato a osservarli. Nascosto e con uno sguardo truce che puntò sul ragazzino che rideva. Un pensiero gli passò per la mente e gli fece digrignare i denti.
Si fermò un momento di troppo e Yugi lo vide, il suo viso s’illuminò ancora di più e si sbracciò per salutarlo, peccato che non ricevette la stessa risposta da Atem che, quando si accorse di essere stato visto, se ne andò, ma non prima di lanciargli una gelida occhiata che lasciò spiazzato il ragazzino.
 
«Atem, aspetta! » esclamò provando a seguirlo
«Yugi! » lo riprese Mahad. Avevano una lezione in corso e doveva concentrarsi di più, ma dopo aver visto quell’espressione sul viso di Atem, non ci riuscì. Quel pomeriggio non concluse assolutamente nulla.
 
Aveva delle faccene da sbrigare, doveva aiutare a portare le lenzuola nelle camere e casualmente prese proprio quelle destinate alla camera del principe, sapeva che l’avrebbe trovato lì. Se ne stava appoggiato al parapetto del suo terrazzo.
Aveva ancora quell’espressione truce sul volto e davvero, Yugi non seppe come attirare la sua attenzione se non con : «ti ho portato queste» disse andando a mettere la biancheria in un cassetto. Era una banale scusa che non scompose di un millimetro il principe, non lo guardò, non gli parlò. Yugi non si mosse, restò lì fermo e attese.
«sei tornato» aggiunse solo, sperando di avere la sua attenzione.
Passarono diversi minuti prima che il principe gli rivolgesse la parola: «non hai nulla da fare? »
«io… beh sì, ma…»
«allora vai a fare il tuo lavoro» gli rispose acido come mai lo era stato con lui: «in fondo è per questo che sei qui»
«ti è successo qualcosa? »
 
Lo stava trattando male, non capiva, non aveva fatto niente. Aveva saputo dell’incidente con il puzzle e se l’era presa? Non gli andava che prendesse parte alle lezioni di Mahad?
 
«mi è successo qualcosa» ripeté scoppiando a ridere. Lo guardò, lo squadrò da testa a piedi. Quell’aria così pura e ingenua gli fece davvero ribollire il sangue, quanto era subdolo quel ragazzino.
Credeva di conoscerlo, ma non si era reso conto di chi fosse veramente Yugi fino a quando, durante il suo viaggio a Karnak, non assistette ad una trattativa sulla vendita degli schiavi e un inquietante pensiero gli balenò per la mente.
 
«Atem, lo sai che con me puoi parlare» si fece avanti Yugi, ignaro di quello che frullava nella testa del principe che si voltò di scatto, furioso con lui.
«magari dovresti chiamarmi principe o altezza! » sbottò spaventando Yugi. Non gli aveva mai permesso di chiamarlo in quel modo, perché d’un tratto  gli stava chiedendo quel genere di rispetto?
«ok… se vuoi che…»
«no! E’ così che tu ti sei comportato! » urlò dirigendosi verso di lui.
 
Era furioso e ridusse la loro distanza a falcate, mentre Yugi indietreggiava. Lo stava spaventando, cosa poteva essergli accaduto di tanto sconvolgente da farlo girare in quel modo verso di lui.
 
«sai, credevo davvero che tu avessi preso la decisione di restare perché volevi stare con me»
«sì, è così… perché…»
«davvero? È così oppure ti sei sentito in obbligo? » gli soffio sul viso fissandolo negli occhi. Uno sguardo troppo pensate che Yugi non riuscì a sostenere costringendolo a chinare il capo.
«allora è vero… io volevo solo aiutarti e tu… tu ti sei praticamente venduto come uno schiavo qualunque… tu non stai qui per tua volontà, tu ti senti comprato. Per cui ora dimmi, che differenza vedi tra me e quel mostro che voleva frustarti in piazza, eh? » sbottò costringendolo a indietreggiare ancora e ancora, finché un mobile lo fermò. Era pieno di oggettini che all’urto caddero, lo aggirò proseguendo quella lenta fuga, mentre Atem avanzava minaccioso.
«io… io non…»
«tu non cosa?! Non è forse vero che eri riluttante all’idea di venire a vivere qui? Non è vero che hai accettato solo dopo aver saputo quello che avevo fatto? » gli ricordò:« ti sei venduto a me! »
 
Indietreggiò fino a inciampare nel bordo del letto, cadde seduto sul materasso, sconvolto e spaventato più di prima. Provò ad alzarsi, ma il principe lo spinse indietro impedendogli di muoversi.
 
«io non volevo ferirti…» pigolò Yugi sforzandosi di guardarlo negli occhi
«ma l’hai fatto… noi eravamo amici e tu…»
«noi siamo amici» lo corresse
«no, non se ti comporti così…»
«forse all’inizio era così… io mi sentivo in debito con te, ma poi… poi mi sono trovato bene! Vederti tutti i giorni…» riuscì finalmente a spiegarsi: «mi sono divertito, ho imparato tante cose…»
 
Atem si allontanò, tornò sul terrazzo, doveva calmarsi, farsene una ragione, ma non ci riuscì. Yugi l’aveva fatto sentire un mostro, si era venduto come una prostituta, un servo qualunque, ma lui era molto di più. Era suo amico, il suo migliore amico e non solo, era quel qualcosa che lo tormentava giorno e notte, che gli faceva vedere il suo viso ovunque, ogni cosa gli ricordava Yugi. Non vedeva l’ora di svegliarsi la mattina per vederlo.
 
«voglio che tu vada via. Che faccia ritorno dalla tua famiglia» mormorò. Sapeva che se ne sarebbe pentito, ma l’idea di tenerlo lì contro la sua volontà lo stava facendo impazzire.
Yugi vacillò, non poteva dire sul serio.
 
«ma…»
«niente ma! Non ti voglio qui sapendo di averti costretto! » esclamò
«no. Non me ne andrò»  s’impuntò
Atem si voltò sconcertato: «ma come ti permetti? »
«io qui ci lavoro e per ordine del faraone assisto alle lezioni del maestro Mahad» insistette: «non so se te l’hanno detto, ma vedo e controllo i Ka proprio come fai tu» mise in chiaro sforzandosi di restare serio e composto, sicuro di sé, più di prima.
« ma io qui non ti voglio più! io sono il principe e tu farai quello che dico io! » non voleva dirlo seriamente, era arrabbiato e voleva restituirgli quella libertà che Yugi si era tolto e poi voleva stargli lontano per farsi passare la rabbia.
«hai ragione» si fece altrettanto serio il ragazzino: «tu mi volevi qui perché ti seguissi come un cagnolino, non volevi vivere con un tuo amico. Io non sono il tuo animaletto, meglio che me ne torni a casa mia, forse le mie sorelle non sapranno leggere, ma sono molto meno stupide di certa gente, qui! »
 
Non attese una risposta, prese la porta e se ne andò.
 
«stupido sarai tu! » urlò il principe, ma Yugi ormai se n’era andato e lo lasciò fare, in fondo era quello che gli aveva chiesto. Si era comportato da stupido, aveva ascoltato le ragioni di Yugi e aveva capito. Probabilmente anche lui avrebbe dovuto chiedergli se era d’accordo a farsi aiutare invece di agire in quel modo, dicendogli la verità proprio nel momento di quella decisione. D’un tratto si sentì l’unico responsabile di quell’obbligo in cui si era ritrovato Yugi. Risarcendo i debiti del padre e dicendoglielo, praticamente l’aveva comprato.
 
Qualcosa che si vede, ma che non è mai stata vista.
 
D’un tratto quella frase apparve nella sua mente facendogli comprendere una cosa molto importante.
 
Smise di pensare, non poteva credere di averlo respinto in quel modo.
Prese la porta, non poteva essere andato lontano.
Aveva già sceso la lunga scalinata che portava al cortile e da lì all’uscita dei piccoli mercanti.
 
«Hnm! » urlò. Tutti sentirono il principe urlare e tutti si voltarono, ma a lui interessarono solo gli occhi di Yugi che restarono fissi sul pavimento. Solo un istante e poi tornò a camminare e scendere.
«aspetta! Fermati! Hnm non te ne andare! » scese di fretta la scalinata per raggiungerlo. Si era fermato e finalmente si voltò.
Aveva pianto, il khol era tutto sbavato e ancora qualche singhiozzo sfuggiva al suo controllo.
«mi…mi dispiace. Scusami » tentò di farsi perdonare quel principe così egoista ed egocentrico da non essere stato capace di vedere il vero motivo per cui Yugi, alla fine, aveva scelto di restare con lui.
«credi che così tutto passerà? Chiedendo semplicemente scusa? »
«no, hai ragione, io… io sono stato un idiota, uno stupido, egoista, egocentrico, viziato, impulsivo, infantile e… e …» mormorò, dopo essersi fustigato da solo con le parole, tutto d’un fiato riuscendo anche a strappare un sorriso divertito a Yugi, ma non solo a lui. Tutti quelli che l’avevano sentito sorrisero, anche se cercarono di non farsi notare.
«ridicolo, aggiungerei» lo prese in giro il ragazzino: «è stata anche colpa mia, ma ti prometto che non capiterà più. Tu sei più di un amico per me, sei quasi un fratello. Se ho deciso di restare è proprio perché ormai ti considero parte della mia famiglia e della mia vita»
«Hnm»
«non voglio andare via. Voglio restare qui, con te»
«non farlo. Resta»
 
Di cose da dire ce n’erano tante, ma le riservarono per dopo. Troppe orecchie indiscrete li circondavano e le loro questioni non doveva diventare argomento di pettegolezzi.
 
«e poi non ti ho ancora fatto sfigurare di fronte al maestro Mahad evocando un Ka » lo punzecchiò il ragazzino. Sapeva che avrebbe reagito e si preparò già a fuggire.
Corsero giù per le scale, fuori nel cortile evitando le persone che lavoravano, a differenza loro. Ridendo e schiamazzando finché Yugi, per non calpestare un gatto, si arrestò . Atem non fece in tempo a fare altrettanto ed entrambi travolsero il povero micetto, inciamparono rotolando giù da quella lieve discesa per poi cadere rovinosamente nello stagno.
 
Quando riemersero, il principe aveva una rana appollaiata sulla testa e Yugi una foglia di ninfea sul naso. Erano così vicini, Yugi a cavalcioni di Atem a pochi passi dal suo naso. L’acqua fresca non bloccò quell’improvvisa vampata di calore che li travolse e che accelerò i battiti dei loro cuori, mentre gli occhi si scrutavano in cerca dell’anima l’uno dell’altro.
 
Fu il gracchiare del ranocchio a farli rinvenire e tornare alla realtà, cosci di quanto fossero ridicoli.
Risero a lungo, anche uscendo dall’acqua e quando tornarono in camera a togliersi i vestiti bagnati.
Ancora ridevano mentre cenavano comodamente sul letto del principe.
Avevano litigato e poi si erano riconciliati unendosi ancora di più, meglio di così non poteva andare.
 
Parlarono e giocarono fino a notte fonda, quando, Yugi per primo, crollò addormentato. Non lo volle svegliare, aveva un’aria così serena. Gli tolse i sandali e lo spogliò mettendolo sotto le coperte, poi fece altrettanto.
All’inizio si mise dall’altro capo del letto e cominciò a osservarlo, dormiva come un ghiro e poi si voltò mostrandogli il suo viso un attimo prima che una ciocca di capelli lo coprisse. Sorrise e gliela scostò dolcemente mettendola dietro l’orecchio.
 
Qualcosa che si vede, ma che non è mai stata vista.
 
Era una frase che suo padre diceva spesso, ma che non aveva mai capito. Non fino a quel momento. Osservare il suo piccolo amico, accarezzato, gli fece comprendere il vero significato di quelle parole. Un sentimento, un’emozione. Un tesoro prezioso per pochi.
 
Uno strano desiderio gli passò per la mente, all’inizio si oppose, si morse il labbro e provò a resistere, finché una parte di lui non lo convinse che non c’era niente di male nell’avvicinarsi, accarezzargli i capelli biondi, abbracciarlo e schioccargli un tenero bacio sulla guancia. Così, fronte contro fronte, si addormentò anche lui. Felice di avere Hnm accanto a sé e sicuro che non se ne sarebbe andato.

 






ook... la temperatura si alza...
Chissà quando arriverà il primo bacio, di chi sarà l'iniziativa e se l'altro sarà subito consenziente ehehe
Piccola parentesi, credevo fosse chiaro, ma mi state facendo capire che non mi sono spiegata bene nel capitolo precedente. Nell'epoca moderna,come sappiamo, Atem chiama Yugi Aibo che significa partner, compagno... Come volete. Hnm significa Aibo in egiziano antico.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** ...A Beautiful Dream ***



Saalve!
Wow siete diventati tantissimi! che bello! shon così felice!! :3
Honotato che più o meno tutti avete avuto lo stesso dubbio sul significato della parola Hnm... viene ribadito ancora in questo capitolo, ma per essere ancora più chiari, spiego il significato di questa parola HNM=AIBO=COMPAGNO . in egiziano antico Aibo/partner si traduce Hnm e la fonte è... beh qualsiasi articolo che parli dell'omosessualità nell'antico egitto fa riferimento a un ritrovamento in cui viene fuori anche questa parola :)
Sperando di essere stata più chiara, vi lascio a questo capitolo... come dire... più piccante del solito u.u

Buona lettura!
ONCE UPON A TIME....

...A BEAUTIFUL DREAM

 
Atem rideva, pregustando la bravata che stava pianificando, mentre correva nei corridoi del palazzo.
Arrivò in cucina dove il suo amico stava lavorando come ogni giorno.
 
«oh, buongiorno principe» lo salutò un’ancella con cui si scontrò e che stava portando un cesto di frutta da cui Atem prese una mela, ricambiando il saluto.
 
Tutti quelli che incrociarono il suo sguardo lo salutarono rispettosamente e lui fece altrettanto con un caldo sorriso, finché non incontrò il suo amichetto intento a sbattere le uova.
 
«ehi, ciao! Cosa fai? »
«quello che non fai tu, lavoro» rispose senza fermarsi. Se c’era una cosa che non gli piaceva, era essere interrotto mentre sbrigava le sue faccende.
«ah… e ne hai per molto? » cercò di capire Atem osservando la rapidità con cui muoveva la mano e l’abilità che ci metteva. Non doveva sorprendersi, Yugi era cresciuto nella cucina della locanda, era normale che fosse capace.
«dipende dall’ora in cui vuoi mangiare. Questa roba è per te» disse posando la ciotola e versandovi dentro delle verdure.
«allora molla tutto. Fai due panini e andiamo» rise, spensierato come sempre, il principe: «ho la mattina libera e non mi va di restare qui»
 
Con la fatica che Yugi aveva fatto per preparare tutti quei manicaretti lasciarli lì gli sembrò davvero uno spreco. Altro che panini, impacchettò tutto e lo mise in una sacca, dopo di che Atem lo trascinò via con sé raggiungendo le scuderie.
 
«che… che ci facciamo qui? » domandò Yugi con un certo timore osservando tutti quei cavalli nitrire e muoversi nei loro box.
«secondo te? Prendiamo Amon e andiamo» lo trovò ovvio il principe che si avviava in fondo alle stalle in cerca del suo fidato stallone, in realtà ancora un puledro, un arabo puro sangue dal manto bianco e candido come il latte, dalla lunga criniera adornata da trecce, perle e fili d’oro e gli occhi scuri e grandi.
 
Con una tenera carezza e un caldo buongiorno, il principe salutò il suo amato cavallo che gli rispose con un affettuoso buffetto. A Yugi venne naturale sorridere, certe volte immaginava di comportarsi in un modo molto simile con Atem, sentiva l’istinto di stargli più vicino, ma poi, come in quel momento, l’imbarazzo s’impadroniva di lui facendogli sembrare un innocuo gesto d’affetto, qualcosa di estremamente sbagliato per cui dover chiedere perdono agli dei.
 
«allora? » era già da un po’ che Atem lo chiamava, già in groppa al purosangue bianco e pronto a partire. Yugi si era imbambolato e sembrava non sentire: «ti muovi? »
 
Subito il ragazzino si mosse per salire, porse la sacca ad Atem che chiese ad uno stalliere di aiutarlo e, proprio come un bambino, Yugi fu sollevato e messo in groppa ad Amon che non si mosse di un centimetro.
 
Partì al galoppo e le guardie ebbero appena il tempo di aprirgli le porte.
«vai piano! » esclamò Yugi stringendosi forte a lui, non aveva il coraggio di guardare, teneva gli occhi chiusi e la fronte contro la schiena dell’altro ragazzino che, invece, rideva e gridava dando leggeri colpetti all’arabo per spingerlo ad andare ancora più veloce.
«rilassati»
«e tu rallenta! » protestò ancora costringendo davvero Atem a diminuire la velocità, anzi si fermò voltando lo sguardo verso l’amico
«mi spieghi cosa ti hanno fatto i cavalli per  averne così tanta paura? »
«non ho paura dei cavalli! » protestò: «è che sono animali nobili e orgogliosi e li rispetto, tutto qui » disse puntando il naso all’insù con aria saccente, ma si vedeva che era solo un modo per dire che erano il suo peggior nemico.
«e allora rilassati! Sei rigido come una pezzo di legno»  sbuffò il principe rimettendosi in marcia, ma lasciando che il piccolo si avvinghiasse a lui. Gli piaceva sentire il fiato caldo di Yugi su di lui, gli procurava una sensazione piacevole. Forse un po’ troppo.
Cercò di distrarsi concentrandosi sulla strada che stavano percorrendo.
 
Quel giorno Atem si era ritrovato la mattina libera e così aveva deciso di concedersi una gita con il suo amico, sarebbero rientrati nel pomeriggio per la lezione con Karim.
 
«mi dici dove stiamo andando? » domandò Yugi, una volta abituatosi a quell’andamento e ai sussulti del cavallo, allentando anche un po’ la stretta attorno alla vita del principe che poté, finalmente, tornare a respirare.
«ho scoperto un posto fantastico! » disse semplicemente Atem mentre uscivano dalla città dirigendosi verso una sponda non molto frequentata del Nilo, da lì deviò spostandosi di nuovo verso l’interno raggiungendo un’antica costruzione sepolta dal verde. Era raro trovare una vegetazione tanto rigogliosa in una terra tanto arida. Agli occhi del piccolo Yugi si aprì un mondo: c’erano piante che non aveva mai visto e quell’erbetta sotto ai piedi fu davvero una sensazione meravigliosa, tanto che non resistette alla tentazione di togliersi le scarpe.
Vederlo così contento fece sorridere il principe, nell’ultimo periodo avevano avuto poche occasioni per passare del tempo insieme, si vedevano, sì insomma, Yugi dormiva in una delle stanze adiacenti alla sua e la mattina lo buttava giù dal letto, ma non avevano avuto molto tempo per giocare o passare un intero pomeriggio a divertirsi.
 
«ho trovato questo posto durante il mio ritorno da Karnak, ma non mi hanno permesso di fermarmi» gli spiegò avvicinandosi alle rovine e scostando un rampicante scoprendo la gamba di una statua di cui, alzando la testa, poterono scorgere un volto sfregiato dal tempo e dalle tempeste di sabbia.
 
«probabilmente era un tempio» disse Yugi guardandosi intorno e notando altre statue di Dei sparse lungo il perimetro della costruzione a cui mancava una copertura e diversi pezzi di parete.
«più probabile un palazzo. Somiglia molto al palazzo di mia madre»
 
Yugi notò una luce di malinconia in quegli occhi, non parlava mai di sua madre, nessuno a palazzo la nominava mai, per il piccolo locandiere era come un fantasma impresso negli occhi della gente, ma innominabile.
 
«è la prima volta che parli di lei» gli fece notare.
«è morta quando ero un bambino, ricordo poco di lei» ammise  sfiorando la gamba della statua: « era una donna molto amata da tutti»
 
Non era un argomento di cui gli andava di parlare, non in quell’unica mattinata di divertimento che si voleva concedere, per questo scacciò quei brutti pensieri e quella malinconia, voltandosi verso l’amichetto sfoggiando un sorriso smagliante.
 
«allora? Mangiamo? »
«mmh… ok» rispose Yugi, un po’ turbato da quel cambio d’umore, ma forse era meglio così, Atem aveva bisogno di distrarsi, la situazione al fronte non era delle migliori, il palazzo e la città si stavano svuotando di guerrieri andati a combattere per difendere e proteggere l’Egitto e ogni volta che Yugi vedeva un gruppo di uomini partire, ringraziava gli Dei perché Atem fosse ancora troppo giovane per partecipare alle campagne militari e li pregava perché la guerra terminasse presto.
 
Stesa una coperta, ci si buttarono sopra pronti a gustarsi il delizioso pranzetto preparato dal ragazzino, pane, prosciutto, formaggi, polpette di carne, una frittata.
 
«mmh! Hnm, se tu fossi una donna ti sposerei all’istante! » esclamò dopo il primo boccone di carne.
«perché? Solo le donne possono cucinare? » se la prese subito tirandogli via il piatto dalle mani.
«ma no… volevo dire che… sì, insomma… » si era andato a infilare in un bell’impiccio, la sua voleva essere una semplice battuta, ma Yugi pareva essersela presa, non sapeva come fare per spiegarsi e aveva fame: «e dai! Ridammelo! »
«cosa volevi dire? »
«ma nulla! Era solo un modo di dire» si giustificò il principe lanciandosi all’attacco, ma Yugi aveva già posato il piatto, per cui si ritrovò l’amico addosso senza motivo e che con un solo spintone lo scaraventò a terra ricadendogli addosso  arrivando a sfiorargli la fronte, riuscendo a non dargli una testata.
Si ritrovarono a fissarsi negli occhi solo per un momento e in quel lasso di tempo i sorrisi svanirono dalle loro labbra. Non un fiato, non un pensiero, solo sguardi che terminarono quando uno dei due, riuscì a rendersi conto dell’imbarazzante posizione in cui si trovavano e scostò lo sguardo. Non era la prima volta che si ritrovavano in una situazione del genere e ogni volta che capitava l’imbarazzo cresceva un po’ di più.
Si rialzarono restando ancora un momento in silenzio, Atem era scosso da quell’incontro così ravvicinato che gli aveva fatto saltare il cuore in gola senza un motivo ben preciso, o che lui almeno ancora non capiva.  Yugi invece era ancora un po’ arrabbiato per quella frase ‘ se fossi una donna’.  Sì, forse era proprio quello che nell’ultimo periodo gli aveva dato più da pensare, la consapevolezza che Atem fosse l’erede al trono, il futuro faraone e che presto avrebbe dovuto prendere moglie, non avrebbe avuto più tempo per stare con lui, le loro strade si sarebbero dovute dividere e questo a lui non piaceva, non riusciva a immaginarsi da solo, senza Atem, come non immaginava Atem in compagnia di una donna, con cui avrebbe giocato, riso e fatto tutte quelle cose che facevano le coppie. La compagnia di Mana non lo turbava, ma solo perché sapeva che loro erano amici e nulla di più,  era evidente.
 
Quel momento passò e tutto tornò alla normalità, pronti a rimettersi a mangiare, dovettero interrompersi di nuovo quando uno strano rumore li spinse a voltarsi verso le rovine dove un cespuglio tremò. Un attimo dopo un ghepardo balzò allo scoperto spalancando le sue fauci contro i ragazzi che scattarono indietro e Atem portò, d’istinto, Yugi dietro di sé prima di portare la mano al fianco in cerca della sua spada.
 
«o-oh…»
«cosa?  »
«la spada…non ce l’ho» mormorò indietreggiando lentamente in cerca di Amon.
«cosa?! Come hai fatto a dimenticartela? » sbottò il ragazzino senza riuscire a distogliere lo sguardo dall’animale che si avvicinava di più a ogni loro passo indietro.
«non credevo che mi sarebbe servita» si giustificò continuando a indietreggiare molto lentamente, finché non incontrò le briglie di Amon che si stava già agitando per la presenza del felino.
«che facciamo? »mormorò Yugi aggrappato al braccio del principe.
 
Atem osservò la coperta e sperò che l’odore del cibo attirasse l’animale distraendolo il tempo necessario a permettere loro di fuggire, ma così non fu, quello che aveva davanti era un pranzetto molto più succulento di qualche polpetta di carne. Serviva un diversivo, o del fuoco, certo gli animali temono il fuoco, ma come procurarselo senza essere sbranati ?
 
«Yugi, al mio segnale salta in groppa ad Amon e fuggi, hai capito? »
«e tu? »
«serve un diversivo»
 
Stava delirando, come poteva pensare  che Yugi avrebbe fatto una cosa del genere? Era sempre stato al suo fianco, in ogni momento, non l’avrebbe mai lasciato e gli fu chiaro quando il ragazzino lasciò il suo braccio afferrandogli saldamente la mano. Le parole furono superflue, per capire la risposta di Yugi, bastò il suo gesto.
 
Ancora un istante e il ghepardo si mosse per balzare su di loro e sbranarli, non c’era via di fuga. Atem si mosse per spingere via il suo Hnm, quando quella che era diventata la mascotte di palazzo, la palla di pelo marrone dagli occhioni vivaci sempre al fianco di Yugi, apparve dal nulla lanciandosi sull’animale.
Era la distrazione che stava cercando, salì in groppa al cavallo tirandosi dietro Yugi che nel frattempo restò scioccato dall’intervento di Kuriboh che, dopo una zampata, venne scaraventato via.
 
«Kuriboh! » esclamò, mentre Atem lo issava a cavallo di peso, stringendolo per la vita.
 
Non riuscirono a fuggire, il felino, sbarazzatosi subito della bestiola, tornò all’attacco, ciò, però non piacque neanche un po’ al puro sangue che s’imbizzarrì alzandosi su due zampe e nitrendo come mai aveva fatto.
 
«no! buono! Amon non farlo! » gridò Atem cercando di tenere ben salde le redini e serrando le cosce sulla sua groppa per non scivolare e non far cadere Yugi sdraiato malamente davanti a lui a pancia in giù.
Non ci fu verso, mentre il ghepardo cercava un punto cieco in cui attaccare, Amon continuò a impennarsi scalciando e nitrendo, completamente fuori dal controllo del suo padrone.
Un ultimo salto, il ghepardo decise di attaccare trovandosi ad affrontare lo zoccolo del cavallo che lo colpì in pieno muso rigettandolo a terra. Yugi fu sicuro di vedere un canino schizzare fuori da quelle fauci che bramavano la loro carne, ma non fu quella la cosa importante, quanto più che, se con quel gesto era stato sventato un pericolo, in quanto il ghepardo fuggì, dall’altro, i ragazzi furono scaraventati violentemente a terra. Atem perse la presa e sia lui che Yugi furono lanciati via dalla groppa di Amon che, una volta libero, spaventato a morte, fuggì.
 
«oh no! » fu l’ovvio spavento di Yugi quando vide lo stallone bianco ormai lontano: «accidenti e ora che facciamo? » domandò mettendosi seduto, un po’ indolenzito dalla caduta.
«che vuoi fare, torniamo a pie…ah!! »
 
Non trattenne l’urlo, nel tentativo di risollevarsi dalla caduta, il principe posò la mano a terra, ma il dolore che provò fu fulminante e dovette mordersi le labbra per non urlare ancora quando un movimento involontario lo costrinse a muovere leggermente la spalla sinistra. Gli vennero quasi le lacrime agli occhi per il dolore.
Era evidente che non era solo una botta, la spalla aveva una forma strana, insolita. L’osso era andato fuori posto
 
«Atem…» si spaventò il piccolo alla vista del suo amico che si contorceva dal dolore, ma che cercò di darsi un contegno nel momento in cui capì che lo stava turbando.
«sto bene… è solo una botta»
«non è vero, bisogna fare qualcosa! »
«sai aggiustare un braccio rotto? » gli domandò con non molta serietà cercando di pensare a qualcosa di diverso dal dolore.
«no, ma una volta è capitato anche a me» mormorò il ragazzino sedendosi vicino a lui e toccando tutto l’arto senza muoverlo, fu doloroso comunque e Atem strinse i denti: «mi ricordo che Tuya aveva fatto così» spiegò osservando attentamente la posizione del braccio e ricordando ciò fece in quell’occasione sua sorella.
«non è rotta, ma è da mettere a posto prima che peggiori»
«allora torniamo a casa» biascicò facendosi aiutare a mettersi in piedi. Yugi, però, ebbe da obbiettare, in quelle condizioni rischiava di perdere il braccio. Altro che andare a casa, lo riportò indietro facendolo sedere su alcune pietre.
«sai quello che fai? » volle accertarsi il principe, si fidava di Yugi, ma, anche se sembrava così serio e determinato, notò che gli tremavano le mani.
«s-sì… insomma, mia sorella mi ha spiegato che se l’osso va fuori posto, bisogna sistemarlo il prima possibile e… il tuo è poco fuori…» cercò di spiegarsi, ma l’agitazione e lo spavento fecero uscire quella spiegazione in modo molto confusionale e quasi infantile, rassicurò comunque Atem che, con il braccio buono, gli prese la mano e sorrise.
«mi fido di te»
 
Aveva la sua fiducia, non poteva deluderlo. Un profondo respiro, poteva farcela, aveva capito come fare. Tuya, quella volta, aveva sistemato le cose in un attimo. Sapeva che avrebbe fatto male, anzi molto male. Si tolse la cintura di cuoio, la arrotolò e la diede ad Atem da mordere, dopo di che gli chiese di tenersi saldamente al ramo accanto a lui.
 
«farà male» lo avvisò, ma lui annuì, più doloroso di quello probabilmente non sarebbe stato e dopo sarebbe passato.
Lentamente sollevò il braccio del principe che cominciò già a stringere i denti sul cuoio.
«sei pronto? » cercò di prepararlo al dolore e quando Atem annuì, Yugi tirò.
Le ossa del braccio scrocchiarono e l’urlo di dolore si propagò per tutte le rovine. Per poco non ruppe il cinturino per la forza con cui strinse, ma almeno si era sistemato.
Strappato un pezzo di mantello, Yugi glielo legò al collo così che potesse tenere l’arto ferito fermo.
«ci vorrà un po’ prima che guarisca»
«sai, dovresti fare il guaritore, te la cavi» sorrise Atem dopo aver sputato il cuoio, provava ancora dolore, ma almeno non correva più rischi.
«ma figurati! Sto bene dove sto» rise lui.
 
Non solo Atem, anche Kuriboh era rimasto ferito da quella brutta avventura, non li avrebbe aiutati quella volta, non poteva tornare a palazzo, di conseguenza nessuno sarebbe andato a cercarli prima di sera. Non era la prima volta che il principe Atem spariva da palazzo tirandosi dietro il suo amichetto saltando, così, le lezioni. Senza contare  che nessuno conosceva quel posto, di certo nessuno s’immaginava che quella curiosità che mesi addietro aveva spinto il principe a interessarsi a quelle vecchie macerie, l’avesse riportato in quella zona.
Certo, potevano incamminarsi, con tutta probabilità sarebbero giunti a casa a notte fonda, ma in lontananza videro dei nuvoloni che li fecero desistere, si sarebbero potuti ritrovare in mezzo a quella tempesta di sabbia e, senza un riparo, non avrebbero avuto molte possibilità.
 
Avevano ancora cibo e acqua che divisero per la cena e per il giorno seguente, riuscirono ad accendere un fuocherello, debole per proteggersi da quella notte fredda, ma abbastanza luminoso da tenere alla larga qualunque animale avesse provato ad avvicinarsi.
Stesi sulla coperta e avvolti nei loro mantelli, i ragazzi si misero a contemplare il cielo notturno in silenzio, cullati dai rumori della notte, cercando di addormentarsi.
 
«ehi Yugi, posso chiederti una cosa? » mormorò Atem stringendosi il braccio ferito al petto, sapeva che il piccolo era ancora sveglio e gli rispose con un mugugno, senza distogliere lo sguardo dal cielo: «tu, cioè la tua famiglia, voi venite da nord» prese la domanda molto alla larga cercando un modo per non offenderlo: «tu sei il più piccolo… tua madre…»
«vuoi sapere perché sono così diverso dalle mie sorelle ? » capì subito Yugi alzando una mano davanti al viso per osservare quell’orribile colore biancastro che aveva la sua pelle, così pallida e insignificante.
«ehm sì… cioè, tu non sei albino, questo si vede, ma…» era quello che non capiva, ma che aveva sempre temuto di chiedergli.
«loro non sono i miei veri genitori» gli confessò incrociando le braccia sul petto, non sapeva che quella rivelazione avrebbe fatto scattare in modo tanto repentino Atem, che subito provò una forte fitta al braccio.
«ma come? Credevo che…»
«mi trovarono nel deserto quando ero molto piccolo, non ricordo nulla di ciò che ero prima. La mamma era già morta quando mi trovarono, anche se mi hanno sempre voluto far credere il contrario» spiegò stritolandosi le braccia per l’ansia che quel discorso gli stava mettendo: «so che è morta quando è nata Nef. Tuya e tutte le altre mi hanno sempre fatto da mamma, mi hanno cresciuto loro»
«mi dispiace. Non dovevo chiedertelo…» si rattristò Atem voltando lo sguardo.
«non c’è nulla di male nel parlarne. L’unica cosa che non sono ancora riuscito a spiegarmi, è perché io sono così, chi erano i miei genitori e cosa ci facevo nel deserto. Sì insomma, da dove provengo. Da piccolo volevo sempre saperlo, ma ora non mi interessa più» gli raccontò voltando lo sguardo verso il principe senza riuscire a decifrare quella luce nei suoi occhi, mista tra lo stupore, l’inquietudine e mille altre emozioni.
 
Il motivo per cui Yugi non voleva sapere nulla di sé era semplice, la verità l’avrebbe allontanato da Atem e lui non voleva lasciarlo. Nonostante le loro sventure di quel giorno, era stato felice di ritrovarsi lì con lui, ma non l’avrebbe mai ammesso.
 
«ora dormiamo. Domani avremo molta strada da fare»
 
Detto questo si voltò arrotolandosi nella stoffa scura.
 
Passò qualche ora, Atem non dormiva, non ci riusciva, mille pensieri gli frullavano nella testa, la storia di Yugi, il fatto che non volesse sapere chi era, che gli bastasse quello che aveva.
Dalla morte di sua madre, Atem aveva cominciato a comportarsi male, a fare quello che voleva e disobbedire ogni volta che poteva e tutto per attirare l’attenzione e sfogare la mancanza di quella figura materna che non gli stringeva più la mano e non gli sorrideva più la mattina. Non si era mai reso conto di quanto lui e Yugi fossero davvero simili, anzi, la sofferenza del piccolo doveva essere anche maggiore, non ricordava nulla della sua vera madre e non aveva mai conosciuto quella adottiva, eppure era sempre così dolce e gentile con tutti, come poteva reagire in quel modo ad una tale mancanza?
Yugi era davvero speciale, non aveva mai incontrato nessuno così, l’aveva colpito fin dal primo momento in cui i loro sguardi si incrociarono di fronte a quella scacchiera.
Aveva preso l’abitudine di chiamarlo Hnm, compagno, così lo definiva, all’inizio compagno di giochi, avventure, scorribande, le risate e i divertimenti non mancavano mai e ciò li rendeva due compagni inseparabili, ma in quel momento, sotto a quel cielo, quell’idea sembrava non essere più sufficiente. Ogni volta che Yugi gli si avvicinava troppo, sentiva come un nodo allo stomaco che lo spingeva ad allontanarsi, ma poi si sentiva incredibilmente in colpa, non voleva assolutamente stargli lontano, anzi, cercava ogni scusa per averlo sempre al suo fianco.
 
«ehi, Hnm» lo chiamò, l’aveva sentito muoversi, era sveglio, nemmeno Yugi riusciva a dormire, ma per un altro motivo: «hai freddo? »
Certo che ne aveva, l’aria gelata che tirava quella notte non faceva dormire nessuno dei due.
«se vieni qui vicino, sentiremo meno freddo»
 
Una piccola parte della sua testolina provò imbarazzo di fronte a quella proposta, ma tutto il resto di lui si fiondò all’istante tra le braccia del principe. Poteva finalmente abbracciarlo come desiderava da tempo, senza vergognarsene, perché era stato lui a invitarlo.
Si appoggiò al suo petto lasciandosi stringere e avvolgere. Aveva ragione, non sentiva più freddo, solo il suo cuore e quello di Atem che battevano all’unisono e il respiro caldo del principe sfiorargli i capelli e attraversarli per accarezzare la sua fronte bastavano per riscaldarlo.
 
«così va meglio» sorrise il piccolo accoccolandosi.
 
Al sicuro e al calduccio, Yugi ci mise veramente poco ad addormentarsi stringendosi ancora più forte a lui e con un tenero sorriso stampato sul visino.
«buonanotte, Hnm» lo salutò Atem che non resistette dallo schioccargli un tenero bacio sulla guancia morbida, prima di mettersi a dormire anche lui. Era la seconda volta che si ritrovavano a dormire insieme e fu una cosa che gli piacque parecchio, di nuovo, si sarebbe svegliato vicino al suo Yugi, felice e sereno.
 
uQQqqqjfjfjfQuando aprì gli occhi, il sole era già alto nel cielo, ma a fargli ombra, trovò Yugi, sveglio e a carponi sopra di lui che lo osservava.
 
«buongiorno» lo salutò con voce roca il ragazzino.
 
Fu un risveglio abbastanza piacevole, che lo fece sorridere e stiracchiarsi. Il braccio non gli faceva più male e si districò dalla fasciatura per muoversi meglio e alzarsi. Yugi non si spostò e così si trovarono di nuovo naso contro naso.
Il cuore gli stava esplodendo nel petto. Perché quel ragazzino, d’un tratto, gli sembrò la persona più affascinante che avesse mai visto? Lo faceva stare bene, gli dava sicurezza e calore, un insolito calore che dalla pancia saliva su, lungo il fianco… la mano di Yugi saliva poco a poco accarezzando la sua pelle scura che si cosparse di brividi al passare di quelle dita che si misero a disegnare arabeschi su di lui.
 
«Hnm…» sibilò lasciandosi scappare un sospiro.
 
Yugi si era seduto comodamente su di lui avvicinando il viso al suo collo. Il respiro caldo sulla pelle lo fece sussultare.
 
«cosa…cosa fai…»
 
Le labbra del piccolo Yugi che gli teneva fermi i polsi a terra, si posarono sul suo petto risalendo poco a poco lungo la clavicola, il collo. Lo sentì soffermarsi passare accuratamente la lingua in quel punto, catturare un lembo della sua pelle. Pizzicava, ma allo stesso tempo gli piaceva e quando smise per salire ancora, lasciò una grossa macchia rossa fin troppo visibile.
Le loro labbra si toccarono e il principe non ci pensò neanche a tirarsi indietro, era una vera goduria. Quanto era vizioso quel piccolino, e lui? Cosa faceva, stava lì fermo a lasciarlo fare?
Si districò dalla sua presa risalendo quelle braccine bianche fino alle spalle e poi giù lungo la schiena, sui fianchi in cerca del lembo  di quello shenti in cui s’infilò per toccare la pelle bollente che quella stoffa celava.
Ancora non l’aveva toccato quando il fiato caldo del ragazzino gli solleticò la guancia e il suo nasino si posò su di essa, però era strano, era morbido e peloso, troppo grande per essere Yugi e poi emanava uno strano odore che  gli pizzicò il naso.
 
Finalmente aprì gli occhi ritrovandosi il muso di Amon a due dita dagli occhi mentre lo scuoteva per svegliarlo.
 
«guastafeste» borbottò.
Anche il cavallo sbuffò in risposta.
Voleva rimettersi a dormire, riprendere da dove si era interrotto, ma poi sentì una morbida guancia strofinarsi sul suo braccio: era Yugi, stretto a lui che ancora sonnecchiava.
Il suo sogno era stato bellissimo, ma anche la realtà fu abbastanza dolce.
Con una grande tenerezza gli scostò una ciocca dal viso accarezzandogli la guancia calda, lo osservò a lungo, così carino, innocente. Il cuore gli palpitava nel petto e senza nemmeno rendersene conto si ritrovò così vicino da sentire il suo respiro sulla pelle.  Non capiva più niente e probabilmente era colpa della tempesta ormonale che lo stava sconvolgendo.
 
Fin da bambino mi hanno sempre raccontato che un giorno avrei trovato una principessa a cui avrei donato il mio cuore e che sarebbe sempre stata al mio fianco….Pensò mentre osservava Yugi, i suoi lineamenti, le ciglia lunghe e nere e quelle labbra morbide. Dicono che quando ti innamori, non c’è niente che non faresti per quella persona, non mangi, non dormi, non vivi senza di lei. Perdi la testa e non pensi ad altro, daresti la vita per quella persona… tu mi fai provare queste cose, però…
 
Le pupille dilatate e gli occhi lucidi .
Era confuso, accaldato, tremava e il suo viso andava a fuoco, era colpa di quel ragazzino piombato nella sua vita come un fulmine a ciel sereno. Quando era con lui non capiva più niente, ma una cosa gli era chiara in quel momento, un desiderio che lo spinse ad avvicinarsi ancora di più finché le labbra di Yugi non incontrarono le sue, erano calde e gli trasmisero una sensazione meravigliosa.
Non ebbe idea di quanto durò, ma lo trovò semplicemente bellissimo.
 
«fuuu» sbuffò Amon, ignorato da troppo tempo dal ragazzo che si girò lanciandogli un’occhiataccia
«tu non hai visto niente» mise in chiaro. Come se avesse potuto parlare: «Yugi è così puro e innocente… sapere che io…» scosse la testa, tormentato da quei pensieri: «no… va bene così»
 
No che non andava bene, era tutto un fuoco e quel bacetto aveva reso tutto ancora più difficile e imbarazzante. Il cuore batteva così forte da tappargli le orecchie, voleva baciarlo ancora, ancora e ancora, ma non poteva. L’unica cosa che poteva fare era ricordare quei minuti precedenti, ma questo rese tutto ancora più imbarazzante.
Tremava e lì sotto la situazione era davvero critica.
Non voleva farlo con Yugi vicino… o forse sì. Gli era già capitato di farlo pensando al ragazzino, ma in genere era solo. Con Yugi vicino che dava vita alle sue fantasie e che si sarebbe potuto svegliare da un momento all’altro… tutto quello lo eccitava ancora di più.
Con gli occhi lucidi di emozione e le labbra strette tra i denti, lasciò scivolare la mano sotto allo shenti. Il contatto tra le due membra lo fece quasi urlare.
Come poteva quel ragazzino ridurlo in quel modo? Lui,  così dolce e fragile, quel visino d’angelo e quel corpicino minuto e così puro.
Lo osservò e ammirò, mentre con la mente vagava nelle sue fantasie e la sua mano si muoveva con frenesia.
I suoi occhi che vagavano su di lui lungo la spalla, scivolando giù per la vita dove la tunica si era raggomitolata scoprendo i fianchi sottili e le gambine bianche sfiorate dalla stoffa cobalto del mantello.
Eh sì, Yugi era la sua perdizione.
 
Passò ancora un po’ di tempo a osservarlo e poi si decise a svegliarlo, era tardi ed era meglio incamminarsi verso casa prima che il sole si facesse troppo caldo.
 
«Hnm, Hnm svegliati» lo scrollò un pochino, si lamentò, stava dormendo proprio bene. le braccia di Atem erano più comode di qualsiasi letto, ma la sua voce lo ridestò offrendogli la splendida visione di un principe illuminato dal dio sole Ra.
«buongiorno dormiglione» ridacchiò asciugandogli la bavetta all’angolo della bocca con il pollice.
«è già mattino? » domandò un po’ sorpreso.
Si sfiorò la bocca, sentiva le labbra calde e per un momento il cuore di Atem gli saltò in gola.
«che hai fatto alle labbra? » gli domandò Yugi dimenticandosi quell’insolito calore. Erano rosse e gonfie per i morsi che ci aveva dato.
«n-nulla…» mormorò con il cuore che tornava a battergli a mille al solo ricordo del motivo per cui la sua bocca era ridotta in quel modo. E Yugi ancora mostrava le sue grazie, incurante dell’effetto che stava provocando al principe. Si calmò solo quando Yugi cambiò discorso: «come sta il tuo braccio? »
«ancora attaccato» rispose: « grazie a te» sorrise alzandosi e offrendogli la mano buona per aiutarlo.
«guarda chi è tornato» rise mostrandogli il cavallo al loro fianco che si strusciava sul suo padrone. In realtà cercava la cintura perché, sapeva, che Atem ci teneva le mele per lui, ma non in quell’occasione.
«sei andato a farti un giro, eh? » scherzò il principe spettinandogli la criniera con forza. Troppa, una fitta al braccio lo bloccò.
«attento! » lo calmò Yugi correndo ad aiutarlo, non era cambiato nulla dal giorno precedente.
 «ora possiamo tornare a casa» sorrise il ragazzino che, preso coraggio, si avvicinò ad Amon porgendogli la mano.
Il principe trattenne il respiro alla vista di quella scena. L’arabo annusò il palmo offertogli prima di appoggiarci il muso che Yugi accarezzò. «forse non sei così male» ammise prendendo sempre più confidenza : «ci hai salvati e ora sei tornato a prenderci»
Probabilmente il cavallo lo capì, perché con una musata si fiondò tra le sue braccia per prendersi altre coccole che lui gli diede molto volentieri.
«volete che vi lasci soli? » rise Atem che d’un tratto si sentì il terzo in comodo.
«avevi ragione, non c’è motivo per cui aver paura» lo guardò un po’ imbarazzato. Dopo tutte le scene che aveva fatto fino a quel giorno, per poi scoprire quanto fosse inoffensivo e dolce quell’animale.
«beh allora preparati a intense lezioni di equitazione, perché sua sorella è a casa che ti aspetta»
 
Doveva essersi perso qualcosa. Sorella? Lezioni? Ma di che stava parlando con quel sorrisetto ?
 
«si chiama Antares ad è ansiosa di incontrarti. Le lezioni cominciano adesso» ridacchiò invitandolo a montare in sella del puro sangue. D’altronde lui aveva un braccio debilitato, non poteva certo tenere le redini.
Anche se con Atem in groppa, Amon fu un po’ riluttante all’idea di farsi comandare da un estraneo, ma con calma, pazienza e gentilezza, il ragazzino riuscì a farsi accettare riuscendo a tornare a palazzo sani e salvi.
 
I ragazzi si presero una bella sgridata una volta arrivati a casa, più per lo spavento che per ciò che avevano fatto. In fondo quella doveva essere la mattina libera del principe che aveva anche avuto il permesso di uscire, tutto il resto era stata una fatalità che, però, aveva unito ancora di più i due ragazzi. Entrambi avevano cominciato a vedersi in modo diverso, nessuno dei due riusciva più a vedere l’altro come un semplice amico, ma non ebbero il coraggio di ammetterlo.
 
Tutti a palazzo vedevano, sapevano e sospettavano. Giravano molte voci, ma tutti stavano bene attenti a non farle giungere alle orecchie del faraone, del principe o di Yugi che, cominciò ad essere guardato di sottecchi da certe persone dall’animo non molto nobile.
 
Senza che nessuno se ne accorgesse, nel palazzo si crearono due schieramenti. Chi sosteneva quel legame sempre più forte e chi trovava il ragazzino una minaccia e una cattiva influenza per l’erede al trono.
Pettegolezzi e questioni di poco conto che poco interessarono i sacerdoti e che nemmeno giunsero alle orecchie di Atem. Forse di Yugi, ma non volle darci peso, era stato guardato male tutta la vita, sapere che a qualche lingua lunga  piaceva mettere in giro calunnie sul suo conto, non lo toccò particolarmente.
 
‘La puttana del principe’ dicevano i più perfidi, ma al ragazzino poco importava, non aveva nulla che rispecchiasse un tale nome, come era consapevole di essere la novità, ma presto sarebbe passata. Anche se non capiva perché tanto accanimento per un’amicizia così bella come la sua con il principe.














beh che dire.... qui qualcuno si sta innamorando (e non solo uno)
Vi ringrazio per i tanti commenti e ringrazio come sempre masaya per la revisione dei capitoli 
Oggi ho fatto il conteggio dei capitoli, siccome ho deciso di terminare la storia, tassativamente il 22 aprile, vigilia del film che tutti noi attendiamo con ansia, dovrei riuscire a stare al passo, nel caso, tra marzo e aprile potrebbero arrivare due capitoli a settimana u.u
vedremo
a Domenica prossima!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** ...Our Bond ***


Vi presento il 6' capitolo di questa storia
Che dire... dopo l'avventura nel deserto yugi e atem si uniscono sempre di più, il tempo passa, atem guarisce... beh vi lascio al capitolo

 
ONCE UPON A TIME...

....OUR BOND


 
L’aveva appena saputo, era stato suo padre in persona ad annunciarglielo, ma la cosa non gli era piaciuta affatto. Di fronte al faraone chinò il capo rassegnato, ma appena fuori dalla sala del trono corse a cercare Yugi e, senza dargli una spiegazione e il tempo per terminare le sue faccende, lo trascinò con sé fuori dal palazzo. Lanciò il cavallo al galoppo verso le montagne fuori città costringendo il ragazzino ad aggrapparsi saldamente a lui.
 
Gli sentì il cuore battere all’impazzata, era chiaro  che qualcosa non andava, ma avrebbe dovuto aspettare ancora un po’ prima di sapere cosa, infatti, lasciato il cavalo, Atem lo trascinò su per una scarpata arrampicandosi e aiutandolo a salire, voleva raggiungere la cima. Da bambino si arrampicava sempre lassù per poter stare solo e fuggire dai suoi compiti. Lo scoprì il giorno in cui morì sua madre, quel giorno fuggì da palazzo e corse a perdifiato attraversando la città finché non giunse alla base di quel rilievo roccioso.
 
«Atem, è proprio necessario? » gli domandò durante l’arrampicata. Sentiva la terra franargli sotto ai piedi e la fatica debilitarlo, lui non era forte e resistente come il principe, ma in risposta lui gli afferrò un braccio aiutandolo a salire
«piano! Atem fai piano! » si lamentò mentre veniva trascinato a forza rischiando di inciampare e cadere a ogni strattone.
Il principe non gli dava retta,  alla fine arrivarono in cima.
 
La vista era mozzafiato, l’intera città si apriva sotto ai loro occhi, la vita frenetica, il mercato, la bottega del fabbro, il palazzo che troneggiava su tutte quelle piccole abitazioni.
 
«sai, certe volte mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se non fossi nato a palazzo» gli disse fissando lo sguardo sulle abitazioni in pietra sotto ai suoi occhi che brillavano di una luce insolita e malinconica «se non fossi stato il figlio del faraone… forse sarei stato più felice…»
«perché dici così? » si preoccupò Yugi, non l’aveva mai sentito parlare in quel modo e in quegli ultimi due anni non aveva mai visto quella malinconia sul suo viso che ormai era quello di un uomo, ma che conservava quei tratti infantili che lui adorava.
«doveri, responsabilità. Da quando sono bambino le persone non fanno che dirmi cosa devo e non devo fare. Cos’è concesso a un principe e cosa invece no. Nessuno mi ha mai chiesto cosa voglio veramente»
«cosa vuoi  veramente? » fu lui a porgli quella domanda, come principe aveva dei doveri, ma come persona aveva anche dei desideri e gli sembrava strano che nessuno gli avesse mai domandato quali fossero
«vivere la mia vita! Giocare, viaggiare, esplorare il mondo! Sono stanco di quella prigione dorata! Io voglio conoscere, fare esperienze, amare! Non voglio governare e fare la guerra! » gli spiegò a gran voce spalancando le braccia come a voler accogliere tutto ciò che il mondo gli riservava.
«ma qualcuno dovrà pur farlo» gli fece notare Yugi
«non voglio essere io. Non l’ho mai voluto… essere come mio padre, portare il peso di un popolo sulle mie spalle… no, io voglio essere libero! Come sei tu, come sono tutti loro! » insistette osservando la vita frenetica dei cittadini, i bambini che giocavano, le persone che sbrigavano le loro faccende.
«Atem, ognuno di noi ha un proprio compito nel mondo, nessuno di noi è davvero libero come credi. Il fabbro vorrebbe avere un giorno di riposo lontano dalla fucina, al mercante piacerebbe potersi fare una famiglia senza doverla abbandonare per viaggiare e credo che anche il sommo faraone, tuo padre, vorrebbe avere più tempo da dedicare a te, lui ti vuole molto bene. Ma non si può, tutti noi abbiamo i nostri doveri, il nostro scopo nella vita» gli spiegò. Lui non poteva sapere certe cose, ma Yugi, nato e cresciuto tra di loro sì, persino lui a volte avrebbe preferito dedicarsi completamente a se stesso, ma in quel modo i clienti della locanda non avrebbero potuto mangiare e la sua famiglia avrebbe perso molto denaro che serviva loro per vivere. Cercò di farglielo capire. Atem se ne rendeva conto, ma era comunque dell’avviso che un modo per avere entrambe le cose ci fosse, lui doveva solo trovarlo.
Parlarono a lungo finendo per sedersi a terra a fissare quel paesaggio e Ra che si spostava nel cielo azzurro.
 
«… ho promesso a Mahad che un giorno avrei cambiato le cose,  che avrei creato un mondo in cui rango e posizione sociale non esisteranno più, solo amici e pari diritti» sorrise strisciando indietro le braccia per appoggiarsi
«non sarebbe male» rise Yugi stringendosi le ginocchia al petto «dici di non voler diventare faraone, di non voler prendere il posto di tuo padre, ma tu sei come lui. Tu proteggi la tua gente e sogni per tutti un mondo migliore. È questo che fanno i bravi sovrani» sorrise voltandosi verso di lui
«già…» doveva ammettere che non aveva tutti i torti. Si lasciò cadere steso sulla terra rossa fissando il cielo e un paio di nuvole correre qua e là «senti Hnm… » mormorò tenendo le dita delle mani intrecciate tra loro sul torace attirando l’attenzione del ragazzino che si mise a carponi per ascoltare cos’aveva da dirgli :«tu… vorresti, un giorno…»
«guarda, guarda» un ghigno familiare fece scattare in piedi il principe e Yugi che fu tirato dietro di lui. Alto e grosso, il mercante delle Mesopotamia fissava i due ragazzi con aria divertita: «mi allontano per fare provviste e quando torno ci trovo il principe e la sua puttana»
«bada a come parli» ringhiò Atem sostenendo lo sguardo di quell’uomo. Era convinto che fosse ancora rinchiuso nelle prigioni del palazzo, ma evidentemente qualcuno l’aveva liberato.
«Atem, andiamo via» mormorò Yugi stringendosi al suo braccio. Era passato tanto tempo, ma ancora il volto di quell’uomo lo inquietava.
«volete andarvene, di già? Non volete fare due chiacchiere? » sghignazzò avanzando verso di loro. Atem non ci pensò due volte, sfilò il coltello dalla cintura e glielo puntò addosso
«non provare ad avvicinarti ancora! » gli intimò avanzando a sua volta con il coltello puntato
«davvero? Ragazzino credi davvero di potermi fare qualcosa con quel giocattolo? » lo sfidò senza usare il minimo rispetto per il figlio del faraone.
«ma come osi?! » sbottò Yugi sbucando da dietro al suo amico: «ti stai rivolgendo al figlio del divino faraone!  Al tuo futuro sovrano! »
«se avrete un futuro» lo corresse: «ho passato gli ultimi due anni rinchiuso per non aver fatto assolutamente nulla! Ti ho  comprato e tu mi appartieni! »
«un bastardo come te meritava anche di peggio! » ringhiò ancora Atem tenendo ben teso il braccio che stringeva la lama: «vattene e dimenticherò che ci hai minacciati»
«siete venuti qui da soli, nessuno sa dove siete. Se dovesse accadervi qualcosa, passeranno giorni prima che vi ritrovino e io sarò già lontano. Nemmeno sospetteranno di me. »volle  far loro notare avanzando ancora: «giochiamo, che ne dite? Il gatto e il topo. Io sono il gatto e voi i topi!».
«questo è troppo! » il principe gli si lanciò addosso , ma il suo fendente andò a vuoto, anzi il mercante gli braccò il braccio disarmandolo e immobilizzandolo, un movimento sbagliato e gliel’avrebbe rotto: «mossa stupida vostra altezza»
 
Una palla di pelo gli si fiondò addosso cominciando a graffiarlo in volto così da distrarlo e permettere ad Atem di liberarsi. Chiamato in soccorso Kuriboh, Yugi lo mandò ad aiutare il principe, il mercante, però, si liberò di lui con una  manata, lui lo prese al volo stringendolo tra le braccia stava bene, solo un po’ stordito. Comunque una buona distrazione che permise ad Atem di prenderlo di sorpresa avvolgendogli le braccia alla gola
«scappa! »gli gridò mentre lo teneva occupato.
Yugi tergiversò un po’, non lo voleva abbandonare, ma non ebbe scelta, Kuriboh lo tirò via. Corse dalla parte opposta, solo che qui non trovò vie di fuga, lo strapiombo era troppo ripido e se ne rese conto anche Atem quando lo raggiunse
 
«che facciamo? »
 
Un immenso disagio travolse il principe, quello era il suo posto, il suo rifugio e quel mostro l’aveva profanato mettendo in pericolo una persona a cui teneva molto. Non era cambiato nulla, ancora non era  in grado di proteggere le persone che amava. Quella sensazione di debolezza e impotenza fu dolorosa come una lama nel petto. Non gli avrebbe mai permesso di  torcere un capello al suo adorato Yugi.
 
«Kuriboh, porta via Hnm» ordinò al mostriciattolo che, confuso, si voltò verso Yugi, per nulla d’accordo.
«che credi di fare? Non ti lascio qui da solo! » protestò
«cerca di capire, Kuriboh può aiutarti a scendere da qui, sei abbastanza leggero da poterti portare, intanto io mi occupo di lui» gli spiegò
«Kuriboh fa quello che dico io e io non mi farò portare via da solo! »
«e io te lo ordino allora, Yugi, vattene! Come principe te lo ordino» gli intimò tenendo gli occhi puntati sul mercante che avanzava verso di loro, ancora stordito dalla botta presa per  colpa sua.
«prima di essere un principe sei mio amico! Non ti lascio! » urlò avvinghiandosi al suo braccio.
 
Il suo cuore cominciò a battere all’impazzata, all’inizio pensò all’adrenalina che gli scorreva in corpo per colpa di quella situazione di pericolo, poi pensò a Yugi, alla sua vicinanza. Ma capì che era altro, forse era il momento giusto, si sentiva pronto. Prese un profondo respiro assumendo quell’aria e quella posa che Yugi conosceva molto bene e che lo fece impallidire per lo spavento.
 
«posso farcela» disse.
«Atem, non farlo! » lo pregò: «è pericoloso, aspetta! »
 
Stava per evocare un ka, ma anche se ci fosse riuscito, era solo un principiante, non era sicuro che il Ka accettasse di essere controllato da lui, c’erano alte probabilità che, come era già accaduto, gli si rivoltasse contro e stavolta non ci sarebbe stato Mahad a proteggerlo.
Lo vide sollevare un braccio mentre il suo ba irraggiava energia per attirare a sé la creatura a cui si sarebbe legato per quella battaglia «potente creatura ascolta la mia chiamata e vieni ! Summoned Skull! »
«Atem fermati! »lo pregò un’ultima volta aggrappandosi a quel braccio per strattonarlo e convincerlo, ma quando si voltò notò che lo sguardo del principe era cambiato, crudele e sadico, pronto a spargere sangue con la creatura che stava giungendo in suo soccorso e che lo stava influenzando mettendo nella sua testa pensieri oscuri, non vide il minimo segno di quella luce di allegria e spensieratezza a cui era abituato, solo odio e vendetta, una voglia matta di vincere ad ogni costo. Quei sentimenti gli offuscarono la mente mostrandogli Yugi come un ostacolo di cui liberarsi e con uno strattone l’allontanò da sé scaraventandolo a terra.
Un fulmine colpì la terra e un’immensa creatura dal corpo possente, i muscoli violacei in bella vista coperti da un’armatura di ossa e la testa di teschio con enormi corna nere apparve d’innanzi ad Atem.
 
«questo non era previsto» borbottò il mercante fissando quel mostro appena apparso ringhiargli contro: «non era nei patti che mi dovessi confrontare con un mostro! Mi aveva detto che il principe non ne era in grado!» gridò fuggendo a gambe levate alla vista della creatura che nemmeno provò a inseguirlo, come invece, era desiderio di Atem. Il mercante sparì semplicemente lasciando i ragazzi e il mostro lì, sulla rupe a un passo dal baratro.
Quell’evocazione terrorizzava a morte il ragazzino, la creatura non aveva ancora risposto al principe che l’aveva evocato, non aveva eseguito il suo ordine di inseguire l’uomo, ma ancora non si era voltato, non fino a quel momento. Due grossi buchi nel cranio per i bulbi oculari illuminati di un inquietante rosso sangue si voltarono a fissare il ragazzo che tentava di restare calmo e impassibile, di non farsi sopraffare dalla paura, ma fu difficile quando lo vide spalancare le ali blu e avanzare verso di loro.
 
«cosa fai? Ti ho evocato io! Tu vivi grazie al mio ba! Fermo! Non ti avvicinare! » ordinò Atem indietreggiando a ogni passo che faceva verso di lui. Aveva una paura tremenda, si pentì amaramente di non aver dato retta a Yugi. Sarebbe stato meglio affrontare il mercante, quello avrebbe anche potuto sconfiggerlo con un po’ di astuzia, ma un ka simile era pressoché impossibile viste le sue scarse abilità di evocatore. Lo vide alzare un braccio che terminava in grossi artigli che l’avrebbero sventrato in un sol colpo se l’avessero raggiunto.
 
«fermo ti ho detto! Te lo ordino! » strillò un’ultima volta il principe, ma non servì a nulla perché l’attacco partì.
 
«Atem no! »
 
Veloce come un fulmine, Yugi si lanciò verso di lui e con uno spintone lo buttò a terra un attimo prima dell’arrivo dell’unghiata di Summoned Skull che trovò un nuovo bersaglio in cui affondare gli artigli.
Atem rotolò a terra, ma durante quella caduta ebbe modo di vedere quelle zanne nere penetrare la carne di Yugi facendo zampillare liquido rosso dal suo corpo, quel sangue che schizzò in alto e si riversò sulla sua veste candida.  L’urlo del ragazzo venne soffocato dall’immenso dolore che provò in quel momento, la spalla era completamente rossa e attraverso la carne viva Atem fu sicuro di vedere un pezzo di osso. Riverso a terra, pallido e senza fiato, Atem ancora sentiva il cuore battergli nonostante lo spavento, ma smise di farlo quando lo vide indietreggiare per il contraccolpo e il disorientamento provocato dal dolore. La terra gli franò sotto ai piedi e lui precipitò giù dal dirupo.
«Hnm! » la sua voce rimbombò fino a terra, l’eco fu udito distintamente ovunque nella zona e anche il tonfo che fece il principe nel lanciarsi per afferrarlo un attimo prima che cadesse nella scarpata.
L’aveva preso per il braccio sano, il sinistro. Yugi tremava e la sua pelle pallida era diventata ancora più bianca, stava sanguinando parecchio, aveva bisogno di cure immediate, ma prima di quello c’era un problema più incombente sulle loro teste. Il mostro evocato da Atem non se ne sarebbe stato  certo in disparte, il suo obiettivo era il principe e avendolo sotto mano non se lo sarebbe certo fatto scappare.
«Kuriboh…» mormorò con un filo di voce Yugi chiamando in aiuto il suo piccolo amico peloso che si frappose tra loro e il mostro iniziando  svolazzargli davanti come era solito fare con Yugi mugugnando qualcosa nella sua incomprensibile lingua e che riuscì a distrarlo per qualche secondo.
«Atem devi annullare l’evocazione» sussurrò Yugi in preda a vertigini tremende che gli impedivano di mettere a fuoco il ragazzo che gli stringeva la mano «devi spezzare il legame»
«non posso, non so come fare! » era nel panico, sapeva di aver fatto un grosso errore, ma non sapeva porvi rimedio
«concentrati» lo incoraggiò. Le forze lo stavano abbandonando, ma sentiva che il suo principe necessitava del suo sostegno.
Atem gli strinse ancora più forte la mano e chiuse gli occhi.
Kuriboh fu spinto via dal mostro che si apprestò a colpire il nobile ragazzo, ma d’un tratto il principe ci riuscì, spezzò quel legame costringendo Summoned Skull a svanire nel nulla.
 
«ce l’hai fatta» sorrise Yugi, ma poi non resistette più, il dolore e il sangue che cadeva a fiumi nel vuoto gli tolsero tutte le forze; perse completamente conoscenza mollando anche la presa che aveva sul braccio di Atem.
«Hnm! »si sentì trascinare giù e dovette stringere ancora più forte la mano attorno a quell’esile braccio, aveva bisogno di puntarsi con i piedi per tirarlo su, ma non ci riusciva, scivolava e non aveva appigli. Kuriboh era svanito e solo lui poteva chiamarlo.
 
«Yugi! Andiamo, non ti mollo! » i denti stretti e i muscoli delle braccia contratti in uno sforzo immane nel tentativo di tirarlo su. Era leggero certo, anzi, troppo leggero, ma in quella posizione non avrebbe sollevato nemmeno un gatto e di certo non tenendolo per mano. Strinse ancora più forte il braccio e allungò l’altro verso di lui per prendergli l’altro. Gli avrebbe fatto male, ma almeno l’avrebbe salvato. Si sporse in avanti per allungarsi e fargli passare la mano sotto alla spalla, ma la terra franò sotto di lui e benché riuscì a frenarsi con i piedi, non riuscì a mantenere la presa di Yugi che cadde. Rotolò lungo la scarpata per parecchi metri con le sue urla che coprivano ogni cosa
 
«Hnm! Hnm!!!! »
 
La gola era secca e la voce rauca, tremava come una foglia e grosse lacrime avevano cominciato a solcargli il viso sporco di terra.
 
Una folle corsa per le strade della città, il cavallo bianco del principe sfrecciava per le strade di Tebe incurante dei cittadini che si scansavano appena in tempo. Se la fuga da palazzo era stata rapida, il ritorno lo fu molto di più. La voce del ragazzo si fece udire dalle guardie molto prima che lo vedessero e gli spalancarono le porte del palazzo. L’animale si fermò nel cortile dove risuonò la voce disperata di Atem che gridava aiuto allarmando chiunque  lo sentisse.
 
«aiuto! Aiutatemi! Vi prego! Aiuto! »
 
Sceso da cavallo, stingeva tra le braccia il ragazzo, ferito e incosciente, pallido da far paura e con uno squarcio sulla spalla da cui fluivano fiumi di sangue di cui il principe era ricoperto, la sua veste, le sue mani, il viso. Lo stringeva forte e urlava vagando per il porticato in cerca di aiuto. In molti accorsero, ma solo Mahad, seguito da Isis e Seth poterono fare qualcosa.
«aiutatelo! Salvatelo! Vi prego! Sta morendo.. » strillò pregandoli di fare qualcosa che lui non era in grado di fare, salvarlo e proteggerlo. Mahad accolse all’istante la richiesta d’aiuto del principe voltandosi verso i servi accorsi
«chiamate i medici reali all’istante! » ordinò «Isis, serviranno tutte le tue erbe. Seth aiutala».
 
Portarono Yugi in una stanza abbastanza ampia per permettere a tutte le persone presenti di muoversi senza problemi e lì medici e guaritori lo circondarono visitandolo accuratamente.
 
Atem era in ansia, anzi sotto shock, si stringeva le braccia al petto stritolando la pelle e lasciandosi i segni delle unghie addosso, era pallido e i suoi occhi vitrei avevano le pupille ristrette, tremava come una foglia, consapevole di essere il responsabile di quella tragedia.
 
«principe, cos’è successo? » volle sapere Mahad: «siete stati aggrediti? »
«sì ma… è stata colpa mia… l’ho portato io lassù…» singhiozzò trattenendo le lacrime che minacciavano di bagnargli di nuovo il volto: « non sapevo che il Mercante fosse lì…»
«quel mercante?! » si spaventò Mahad: «è evaso?! »
 
La risposta fu solo un cenno, non era lui il vero colpevole di ciò che era accaduto e Atem dovette confessarlo anche all’amico che si stava ancora domandando come fosse stato possibile che quell’individuo fosse libero.
 
«non sapevo che fare, lui era troppo forte. Ho evocato un ka, doveva proteggerci, ha fatto fuggire quell’uomo, ma poi si è rivoltato contro di me… Hnm si è messo in mezzo e poi è caduto… dovevo salvarlo, lo dovevo proteggere e invece l’ho lasciato cadere, ho lasciato andare la sua mano…» lo stava assalendo di nuovo il panico, si accasciò su una sedia tenendosi la testa tra le mani: «se Kuriboh non fosse apparso, lui sarebbe morto… l’ha preso mentre cadeva, ma adesso…»
 
Mahad non seppe che dirgli, la responsabilità era davvero sua, non doveva fuggire dal palazzo e nemmeno trascinarsi dietro Yugi, tutto il resto era avvenuto di conseguenza per cui non poteva dirgli che non fosse colpa sua e che sarebbe andato tutto bene perché gli avrebbe mentito. Lui, però, era solo il suo maestro di arti magiche, non aveva il diritto e l’autorità di rimproverare il figlio del faraone per cui si limitò a tacere sperando nei medici e in Isis.
Passarono ore prima che la porta della stanza si riaprisse e, ancora con le mani e la veste imbrattate di sangue e unguenti, Isis raggiunse Mahad e il principe con un’aria abbattuta; i medici la seguirono, s’inchinarono al principe e se ne andarono senza far trasparire la minima emozione
 
«come sta? Sta bene? Si riprenderà? » la tempestò di domande seguendola come un cane in cerca dell’osso mentre la donna si avvicinava ad un’ancella con un catino d’acqua tra le mani con cui si pulì.
«non voglio mentirti principe, è grave» asserì prendendosi una pausa per fargli assimilare la notizia:« ha perso molto sangue e la caduta ha peggiorato una situazione già delicata. Abbiamo fatto il possibile, se supererà la notte, allora sarà fuori pericolo» gli riferì scandendo ogni parola e cercando di non farle assumere un tono troppo grave da spaventarlo più di quanto non fosse già: «la febbre complicherà molto le cose, ma Yugi è forte e so che lotterà con tutto se stesso per vivere. Sii fiducioso» terminò permettendosi di posargli una mano sulla spalla con tono quasi materno, tanto che per un momento Atem tergiversò ed ebbe l’istinto di buttarsi tra le sue braccia per piangere, ma non lo fece e si voltò verso la stanza in cui entrò.
L’ansia aumentò, il dolore per ciò che aveva provocato si fece ancora più grande quando vide il suo giovane amico disteso su quel letto immenso, lui al confronto era un piccolo pulcino bianco la cui pelle si confondeva con le lenzuola candide contrastate dai folti capelli scuri e le ciglia d’ebano. Sembrava sereno, ma solo perché Isis gli aveva somministrato una tisana anestetica, la spalla era fasciata con strati e strati di bende e nonostante quello, piccoli puntini di sangue sbucavano ancora passando tutto quel lino, avevano cucito le ferite, ma ora la pelle doveva cicatrizzarsi. Più Atem si avvicinava più si sentiva opprimere e immagini confuse e oscure gli si posero davanti, flash che sostituivano quell’immagine di Yugi con un deserto buio e freddo in cui dilagavano le tenebre, un vento gelido che sollevava la sabbia e sgretolava le pietre lo fece rabbrividire, un mantello rosso giaceva a terra e lui lo sollevò, lo vide, quel viso d’angelo che aveva scoperto amare, freddo e immobile legato ad un corpo che aveva smesso di vivere.
 
Quei flash lo spaventarono, li sentiva come un’orribile presagio che lo pietrificarono sul posto, non raggiunse il letto e restò a fissarlo da lontano incolpandosi in silenzio facendo crescere quel peso al cuore che lo portò a mordersi le labbra al punto da farle diventare bianche.
 
«ma che ti ho fatto…» mormorò trovando la forza di avvicinarsi, ma non abbastanza per toccarlo. Aveva come l’impressione che un solo tocco l’avrebbe fatto andare in pezzi come una bambola di terracotta . Quel mattino c’era una cosa che gli premeva chiedergli, ma erano stati interrotti e aveva perso l’occasione, ma in quel momento avrebbe rinunciato a tutto, alla sua libertà, ai suoi sogni ad ogni cosa perché Yugi potesse salvarsi.
 
Restò li immobile a fissarlo e viaggiare con la mente per un tempo indefinito, finché Mahad non lo raggiunse accostandosi e chiamandolo con un filo di voce.
 
«principe, il faraone ha chiesto di vederti» gli riferì.
 
Quando Atem scostò lo sguardo, notò la clessidra sul mobile vicino al letto, di nuovo piena. Doveva essere passata un’ora da quando era entrato e nemmeno se n’era accorto.
Con un cenno della testa seguì il sacerdote che lo accompagnò nelle stanze di suo padre che lo attendeva in piedi, al centro della stanza con suo fratello Aknadin accanto, poco più indietro. Era stato lui a riferirgli dell’accaduto assieme al sacerdote possessore dell’anello millenario
«stai bene» asserì osservando il braccio e il fianco bendati di Atem che si era procurato leggere abrasioni durante la discesa frettolosa per raggiungere Yugi.
 
«sono solo graffi… Yugi mi ha…» sta per dire ‘salvato’ , ma lo schiaffo del padre giunse prima che terminasse di parlare lasciando non solo lui, ma anche i sacerdoti perplessi e scioccati. Il faraone non aveva mai alzato le mani su suo figlio e un tale gesto li lasciò disorientati. Atem per primo non credette a quanto appena accaduto, barcollò un po’ avvicinando lentamente la mano alla guancia arrossata e calda che cominciava a pulsare facendogli male. Alzò, timoroso, lo sguardo verso il padre Aknamkanon domandogli una spiegazione con lo sguardo di un bambino indifeso e spaventato, con gli occhi spalancati e lucidi.
«cosa ti è venuto in mente? » lo rimproverò con un tono fin troppo calmo «come ti è venuto in mente di fuggire dal palazzo da solo»
«padre io…» tentò di spiegarsi, ma il tono del faraone si fece così forte e autoritario che il ragazzo si chiuse nelle spalle e chiuse gli occhi per un momento: «silenzio! Parla il faraone! »
Mahad e Aknadin tennero la testa china ognuno con il proprio pensiero di quanto era accaduto
«come puoi pensare di diventare un buon sovrano se ti comporti come un bambino? Le tue azioni hanno delle conseguenze Atem, sempre! » tuonò alzando ancora il tono che trapanò i timpani di Atem mortificato da morire: « tu hai delle responsabilità, dei doveri. Un giorno prenderai il mio posto e avrai un intero regno da proteggere, come pretendi di farlo se non sei nemmeno in grado di salvare un solo ragazzo? Come speri di guidare un popolo quando ti comporti da irresponsabile? oggi è stato un incidente che è quasi costato la vita al tuo amico, domani potrebbe essere una guerra che devasterà il nostro regno » ogni parola era una lama affilata che colpiva e faceva a pezzi sempre più piccoli il cuore del giovane principe sull’orlo del pianto. Aveva ragione, non era stato in grado di proteggerlo, non era stato abbastanza forte.
«il compito di un sovrano è quello di proteggere la propria gente e tu oggi non l’hai fatto! Hai giocato con una vita innocente, ma la vita non è un gioco! Il tempo dei giochi è finito, Atem! »
Aveva ragione, come aveva detto Yugi, tutti loro avevano un compito nel mondo e il suo era quello di proteggerlo, ma non solo lui, tutte quelle persone che avevano osservato quella mattina dall’alto della rupe, le vite di tutti loro dipendevano da lui e se non era stato in grado di salvare il suo amico, come poteva pretendere di proteggere tutti loro.
«hai messo a repentaglio la tua vita e il futuro del regno! » aggiunse Aknamkanon.
«non si ripeterà» mormorò a denti stretti il principe trattenendo quel dolore e quella voglia di sfogarsi
«no che non si ripeterà! » tuonò il faraone: «partirai immediatamente per il fronte. Preparati! Lì imparerai cosa significa avere centinaia di vite che dipendono da te e ti insegnerà a prenderti le tue responsabilità»
L’idea di partire per la guerra non gli piaceva affatto; in passato aveva ferito parecchie persone con i suoi giochi pericolosi, ma mai ucciso qualcuno. L’idea di trovarsi di fronte a un campo di battaglia non gli piaceva, di lasciare la sua casa e i suoi amici, ma comprese anche i motivi che avevano spinto suo padre a prendere quella decisione.
«sì, lo farò» rispose con un tono piatto e calmo che gli costò molta fatica, dentro di sé urlava e si dibatteva, ma una piccolissima parte del suo animo era pienamente d’accordo con il padre.
«preparati, partirai tra due giorni» terminò
«due giorni? » si stupì permettendosi di dissentire «ma Yugi…»
«quel ragazzo sarà molto più al sicuro lontano da te»
 
Sapeva che l’avrebbe ferito parecchio rendendolo consapevole di quello, ma dovette farlo, Atem doveva capire quando e come le cose andavano fatte, la sua partenza era un qualcosa che non poteva essere rimandata e lo capì anche lui. Chinò il capo in segno di resa
«sì, ho capito»
«ora torna nelle tue stanze» lo congedò avviandosi in un’altra stanza mentre  Atem si mosse per uscire, prese la maniglia tra le mani fissando il bagliore d’oro che la rivestiva, quando suo padre aggiunse un’ultima cosa: «in ogni caso, sono contento che tu stia bene»
 
« credo che anche il sommo faraone, tuo padre, vorrebbe avere più tempo da dedicare a te, lui ti vuole bene» ricordò le parole di Yugi  e un groppo alla gola lo immobilizzò.
 
L’espressione severa del faraone, voltandosi, era cambiata, un sorriso sollevato era dipinto sul suo volto all’idea che suo figlio fosse tornato a casa sano e salvo e ringraziava gli dei di aver permesso a Yugi di essere con lui e di averlo protetto. L’avrebbe sicuramente ricompensato e fatto di tutto perché potesse sopravvivere, anzi gli dei avrebbero dovuto salvarlo per aver protetto il futuro faraone.
 
«padre» la voce di Atem, non più molto ferma, ma incerta e tremante, lo fermò costringendolo a voltarsi. Come allora, quando cominciò a muovere i primi passi cercando di raggiungere le forti braccia di suo padre, di nuovo Atem cercò quel calore affondando il viso nella sua veste e lui, sorpreso lo lasciò fare posando dolcemente le mani sulle sue spalle
«sei stato imprudente e ora la vita di qualcuno che ami è in pericolo» mormorò: «ma tu devi essere forte, non devi lasciarti abbattere. Sei il principe, non puoi mostrarti debole» disse allontanandolo per guardarlo negli occhi: «un re affronta la vita a testa alta, sempre»
«hai ragione padre» mormorò tirando su con il naso e ricacciando le lacrime che avevano fatto di nuovo capolino e si preparavano a scorrere.
«ora, vai. E’ stata una lunga giornata, devi riposare e poi c’è qualcuno che ha bisogno di te».
 
Atem tornò nella sua camera dove incrociò una serva che portava via le bende insanguinate che Isis aveva appena cambiato, aveva appena coperto Yugi quando lo sentì arrivare e si voltò.
 
«ci sono novità? » le domandò con un tono timoroso
«no purtroppo, ma non preoccuparti, lo veglierò personalmente e mi assicurerò che non gli manchi nulla. Non temere mio principe, starà bene» lo rassicurò strizzando il panno che galleggiava nella bacinella d’acqua per posarglielo sulla fronte.
«no» disse subito: «lo farò io. è un mio dovere. Dimmi solo che devo fare»
 
Era determinato, non l’avrebbe fatto desistere. Certo, era esausto, ma non se ne sarebbe andato sapendolo in quelle condizioni. Quando il principe si metteva in testa una cosa, non c’era niente che l’avrebbe fatto desistere.
Isis sospirò indicandogli tutto ciò che avrebbe dovuto fare, da come cambiargli la medicazione, a come somministrargli l’infuso che avrebbe alleviato al dolore.
 
«ha la febbre» aggiunse «sale rapidamente. Non sarà molto piacevole» volle avvisarlo.
In quel poco tempo che Atem era stato lontano, urla e deliri l’avevano già travolto costringendo la sacerdotessa a fargli prendere altro calmante, ma presto l’effetto sarebbe svanito. Altre dosi l’avrebbero reso troppo debole e succube dell’infezione, per questo avrebbe voluto occuparsene lei. Non voleva che il principe assistesse a quello che lei aveva già visto. Qualcosa di oscuro si celava in un angolo recondito della mente del piccolo Yugi, qualcosa che, abbassate le sue difese, era corso a tormentarlo con incubi tremendi provando deliri, visioni e grida.
Tutto sarebbe potuto accadere, ma Atem non si tirò indietro.
«non sarà nulla paragonato a quello che gli ho fatto» disse stritolando la sottile stoffa dello shenti tra le dita: «vai a riposare. Grazie per tutto» la congedò.
Isis s’inchinò e uscì lasciandolo solo.
 
La notte fu più lunga di quanto Atem immaginasse, lo vegliò, gli cambiò la medicazione cospargendo la pelle lacerata con l’unguento preparato da Isis, puliva la ferita ogni ora, gli somministrava l’infuso e gli teneva la fronte fresca con un panno che cambiava regolarmente, ma la febbre saliva, il suo viso si arrossata e sudava. Atem mandò più volte i servi a prendere acqua fresca e panni puliti, glieli posò su tutto il corpo, ma non servì a molto.
 
«resisti, Hnm lotta» mormorò cercando il coraggio di prendergli la mano. In quel momento lui la strinse facendo sussultare il principe
 
 «Hnm! »credeva che si fosse svegliato, lo sentì parlare.
 
«andate via» sussurrò scuotendo la testa.  Atem si guardò intorno, i servi non c’erano, non capiva chi volesse allontanare e poi  teneva gli occhi chiusi, stava parlando  nel sonno,  il suo viso si contrasse in una smorfia di terrore.
«andate via» mormorò di nuovo: «lasciateci stare, non abbiamo fatto nulla…» più parlava e più si agitava, le lacrime cominciarono a rigargli il viso contratto e deformato dalla paura di quell’incubo: «ho paura! Babu! Babu dove sei?! » gemette tenendo l’unico braccio che riusciva a muovere davanti  a sé come a voler afferrare una mano:« non lasciarmi solo… dove sei? »
«Babu? Chi è? Hnm chi è Babu? » si spaventò Atem, sapeva che non avrebbe ricevuto risposta, ma sentirlo invocare il nome di un’altra persona lo turbò. Esisteva una parte di lui che ancora non conosceva e che in quel momento stava emergendo turbando entrambi. Doveva avere a che fare con il passato che Yugi non voleva scoprire, con quello che gli aveva raccontato quella notte.
«no…» si zittì un momento, poi drizzò il busto lanciando un forte urlo che fece sussultare Atem e i servi che accorsero. Dormiva ancora, ma sembrava terrorizzato, scuoteva la testa e si dimenava.
«basta! Basta! » urlava e piangeva.
 
Atem non riuscì a tenerlo fermo, rischiava di fargli male e peggiorare le cose, anche se la febbre stava già complicando tutto, non ce la faceva, da solo era impossibile, ordinò di chiamare aiuto di svegliare Isis e Mahad, i dottori, chiunque purché lo aiutassero, ma prima che mettessero piede fuori dalla stanza ci ripensò
 
 «fermi! » ordinò: «non chiamate nessuno»
 
D’un tratto le parole di suo padre gli balzarono alla mente, lui aveva dei doveri.
Quello lo riportò ancora più indietro, a eventi così lontani che credeva di aver rimossi, quando ancora poteva godere del calore di sua madre che non perdeva occasione per abbracciarlo e coccolarlo. Ogni bambino aveva degli incubi la notte e ricordò bene quando lei lo raggiungeva nella sua stanza, si metteva sotto le coperte con lui e lo stringeva forte mormorandogli qualcosa che l’aiutava a calmarsi, sentiva il suo cuore battere e quel suono lo faceva sentire al sicuro.
 
«no, non ho bisogno di nessuno, proteggerti e curarti è un mio dovere» disse bagnando di nuovo la pezza. Si sedette sul letto sollevandogli la schiena sudata e lo strinse forte, lui gridava e si dimenava e Atem lo stringeva e lo cullava mormorandogli qualche parola all’orecchio tra cui quello che avrebbe voluto chiedergli quella mattina, la verità sulla loro fuga e molte altre cose, ma fu quel tono dolce e tranquillo a calmarlo. Pian piano smise di gridare e il respiro tornò a regolarizzarsi.
Da lì la situazione sembrò migliorare, placati gli incubi, la febbre cominciò a scendere, sperava in un imminente risveglio che però non arrivava mai, le ferite stavano smettendo di sanguinare dando i primi cenni di cicatrizzazione.
 
Ra aveva sconfitto nuovamente le tenebre e si apprestava a mostrarsi vittorioso al mondo quando Aknadin si recò in quella stanza per la mera curiosità di vedere con i propri occhi ciò che un servo gli aveva riferito, ovvero che il principe si era apprestato a vegliare tutta la notte il ragazzino del bordello. Quando lo vide raggomitolato sul bordo del letto, mentre stringeva la mano di quel servetto, inorridì. Gli fu riferito che Atem si era assopito da pochi minuti dopo essere rimasto sveglio tutta la notte a vegliarlo e curarlo da solo senza l’aiuto di nessuno.
 
«è inconcepibile che un principe si comporti in questo modo» borbottò stritolando la tunica per la rabbia e il disprezzo che provava in quel momento.  E il faraone gli ha dato il suo bene placito…
«portate il principe nella sua stanza a riposare. Fate attenzione a non svegliarlo» ordinò.
 
Un paio di uomini sollevarono il ragazzo  delicatamente portandolo nella sua camera da letto lasciando Aknadin solo con Yugi che ancora dormiva.
 
Chi sei ragazzino? Come hai osato intrometterti nella nostra vita? Tu che sei nato e cresciuto per essere una nullità, come sei riuscito a raggirare il principe…. Non intralcerai i miei piani, non ti lascerò andare oltre.
 
Con quel suo sguardo minaccioso che si incupì ancora di più sotto al cappuccio bianco, il sacerdote dell’occhio del millennio infilò una mano nell’ampia manica della veste da cui estrasse una lama.
Udì un gemito che lo pietrificò, Yugi si stava muovendo e dopo alcuni secondi aprì gli occhi che a fatica si abituarono alla luce del mattino mettendogli bene a fuoco il sacerdote, era confuso, non gli si era mai avvicinato tanto, l’aveva sempre ignorato come era giusto che fosse.
 
Il fatto che fosse sveglio non cambiò nulla nel suo intento, era pronto a estrarre la lama e colpirlo.
 
«Nobile Aknadin» la voce di Mahad lo costrinse a rimettere la lama a posto, era sorpreso di trovarlo lì a un’ora così presta, ma dovette spostare subito l’attenzione sul ragazzo che ancora fissava stupito il sacerdote.
«sei sveglio» sorrise avvicinandosi a lui: «eravamo tutti molto preoccupati per te»
«come sta Atem? » il suo ultimo ricordo era di una situazione alquanto pericolosa dopo era buio totale, voleva sapere
«il principe» lo corresse infastidito Aknadin: «sta bene»
«è tutto ok» lo tranquillizzò anche il sacerdote dell’anello del millennio
 
Sollevato, Yugi provò ad alzarsi, ma il dolore alla spalla e a tutti i muscoli del corpo glielo impedirono. Mahad lo fermò, doveva essere cauto o avrebbe strappato i punti.
Si sentiva spaesato, non era nel suo letto e quello non era uno degli alloggi dei servi, era una camera troppo grande e quel letto troppo spazioso.
 
Atem venne svegliato dal delicato tocco di una mano che restò ferma sul suo volto.
Alla vista del ragazzo il principe scattò in piedi prendendogli le mani tra le sue.
 
«Hnm stai bene! » sorrise: «non sai come sono felice, ti sei svegliato, ce l’hai fatta! »
 
Yugi era immobile, non si muoveva e non reagiva ai suoi gesti d’affetto, tranne all’ultimo in cui tentò di abbracciarlo e allora lo spinse via facendolo cadere sul letto.
 
«che c’è? »
«è tutto un gioco per te, non è vero? Mi hai quasi ucciso» gli rinfacciò tenendo lo sguardo puntato su di lui, occhi gelidi e carichi di odio e risentimento.
«Hnm mi dispiace… io volevo solo proteggerti! » tentò di fargli capire.
«tu volevi solo vincere e non t’ importava delle conseguenze!» disse chinando il capo e portandosi le mani al petto: «ma ora avrò la mia rivincita! »
 
La sua aura si espanse ed evocò un Ka, immenso e potente, un gigantesco drago nero con il corpo ricoperto da sfere luminose che ringhiò contro Atem.
 
«Hnm ti prego! » gridò, ma non ci fu verso, il ragazzo voleva fargliela pagare e con un solo gesto mandò il drago all’attacco.
Il colpo lo travolse, ma non provò dolore, bensì rivide quella lugubre scena del deserto e quel corpo avvolto nel mantello.
 
Riaprì gli occhi drizzandosi sulla schiena con un sussulto, era stato solo un sogno, ma talmente realistico da terrorizzarlo.
Era vero, Yugi avrebbe avuto tutti i motivi per fargliela pagare, per vendicarsi di quello che gli aveva fatto.
Si ributtò nel letto strofinandosi il volto con le mani, più passava il tempo e più sentiva il senso di colpa travolgerlo, aveva sempre giocato con il fuoco senza mai scottarsi e quella volta qualcuno che amava si era bruciato al suo posto, una ferita simile non si cancella tanto facilmente.
 
«sei sveglio» la voce di Mahad lo ridestò da quegli orribili pensieri spingendolo ad alzarsi di nuovo: «come ti senti? »
«sto bene. Cosa ci faccio qui? Come sta Yugi? » non ricordava nemmeno di essersi addormentato, credeva ancora di essere con Yugi
«sta bene» gli sorrise: «ti sei preso cura di lui al meglio»
«meno male» sospirò rigettandosi sul letto, era inquieto e si strinse le braccia al petto: «mio padre ha ragione, se voglio che stia al sicuro, dovrò stargli lontano. Domani mattina partiremo»
«in ogni caso, se posso permettermi, non credo che questa tua decisione di stargli lontano abbia senso»
«hai visto anche tu  cos’è successo, l’ho quasi ucciso…»
«hai tentato di proteggerlo» gli ricordò, ma forse era meglio se lo vedeva con i suoi occhi: «Yugi si è svegliato» gli annunciò riuscendo a far apparire un sorriso su quel viso di bambino: « qualche ora fa. A quanto pare non ci sono lesioni interne, i medici l’hanno già visitato, sta bene e ha chiesto di te»
 
Dimenticò di colpo ogni cosa e scattò in piedi, se stava davvero bene doveva vederlo con i suoi occhi e se doveva odiarlo, l’avrebbe accettato.
Doveva dirgli della sua partenza, parlargli e chiedergli perdono.
 
Quando entrò, Yugi era solo, le tende del letto erano tirate, solo una era scostata e gli permise di vederlo. Seduto e appoggiato ai cuscini mentre guardava fuori dalla finestra, i bendaggi alla spalla erano diminuiti, evidentemente aveva smesso di sanguinare.
Quando lo sentì avvicinarsi si voltò, sorrideva, sul suo viso era stampato un dolcissimo sorriso.
 
«ciao»
 
Atem si pietrificò a pochi passi dal letto, restò fermo a osservarlo, graffi, lividi, quelle bende attorno alla testa e poi quella spalla, non riuscì a proferire parola.
 
«ti sei ferito» si preoccupò il ragazzino notando le medicazioni di Atem.
 
Per lui fu il colmo, come poteva dire una cosa del genere? Come faceva a essere così buono e ingenuo, era quasi morto per colpa sua, la sua vita era stata appesa a un filo e si preoccupava per  dei banali graffi.
Aveva resistito fino a quel momento, ma dopo quelle parole cedette, quel peso al petto che lo stava distruggendo si fece ancora più grande, le labbra cominciarono a tremargli mentre gli occhi si gonfiarono di lacrime che non riuscì più a trattenere.  Cadde a terra gettandosi sulle sue gambe a piangere e singhiozzare.
 
«Hnm mi dispiace! Mi dispiace! » urlò stritolando le coperte, incapace di trattenersi. Come poteva non odiarlo per ciò che gli aveva fatto?  Proprio non se lo spiegava.
Yugi posò dolcemente una mano sulla sua nuca intrecciando le dita tra quegli indomiti capelli, cercando le parole giuste per calmarlo.
Era contento di vederlo, di sapere che tutto sommato stava bene.
«Atem, tu hai solo cercato di proteggermi» gli ricordò: «non fare così. Io sto bene»
«no, non va bene! » singhiozzò, era ancora incapace di alzare la testa: «è stata colpa mia! Ti ho fatto del male. Se io… se io non… non fossi stato così stupido e… e debole.  Mi dispiace così tanto… io… io non sono riuscito a proteggerti»
Ancora con quel sorriso angelico, Yugi fece scivolare una mano sul suo viso convincendolo a sollevarsi e asciugandogli le lacrime con quel tocco delicato: «non è successo niente di irreparabile. Sono qui e sto bene, grazie a te. »
«ma io…»
«il Maestro Mahad mi ha raccontato cos’è successo. Tu mi hai salvato» proseguì.
«non capiterà ancora» si calmò alzandosi da terra. Tirò su con il naso e cacciò via quelle lacrime, dai suoi occhi svanì la paura e il dolore lasciando spazio solo alla determinazione: «domani partirò per il fronte, lì diverrò più forte»
«era questo che volevi dirmi ieri? » intuì.
L’idea di vederlo partire per la guerra non gli piaceva, era un luogo pericoloso e saperlo laggiù lo terrorizzava, i suoi peggiori incubi si stavano avverando, ma se lo aspettava ormai e dovette accettarlo con rammarico, lui non aveva alcuna educazione militare, avrebbe tanto voluto partire con lui, ma era consapevole di non poterlo fare, sarebbe stato solo d’intralcio.
«sii prudente» poté solo dirgli.
«sì» annuì Atem rialzandosi: «tornerò presto, più forte. Tu aspettami» lo pregò guardandolo dritto negli occhi
Gli  prese la mano destra facendogli indossare un bracciale. Un filo d’oro arrotolato in cerchio a formare il bracciale e un turchese a forma di scarabeo blu su di esso.
«ti proteggerà» disse.
 
La mattina seguente Atem partì con i soldati di rinforzo al fronte, Mahad, Seth e Karim, gli unici sacerdoti che restarono a palazzo furono Aknadin e Shada.
Le donne avevano salutato calorosamente i loro uomini, anche Mana era corsa a salutare il suo principe facendogli mille raccomandazioni e pregandolo di tornare presto a casa. Yugi restò in disparte sul terrazzo a osservarli allontanarsi, non voleva salutarlo di nuovo, non voleva ripetersi e Atem, dal canto suo, lo accettò, probabilmente quell’arrivederci gli avrebbe fatto passare la voglia di partire e proprio non poteva permetterselo.
Restò su quel terrazzo a guardarli finché non svanirono oltre l’orizzonte.
«devi riposare. Torna dentro» lo chiamò Isis
«quando torneranno? »
«non lo so, dipenderà dall’esito della guerra» gli rispose la sacerdotessa invitandolo ad allontanarsi per tornare nella sua stanza a riposare, ma lungo la strada trovò Mana nei giardini e volle raggiungerla.
 
«vedrai che il principe tornerà presto» le sorrise sedendosi accanto a lei
«sì, lo so» scrollò le spalle: «sono solo un po’ preoccupata. La guerra è una cosa orribile e Atem non è quel tipo di persona che toglie la vita agli altri…»
Aveva ragione, era uno dei motivi che faceva sentire anche il ragazzo titubante su quella decisione di partire, ma era stato un ordine del faraone e più che rammaricarsi i due non poterono fare
«dicono che sia un onore, ma sinceramente non lo credo» sospirò l’apprendista maghetta: « Atem, il mio maestro e tutti gli altri… posso solo pregare gli dei perché tornino sani e salvi»
«sono fiducioso, torneranno presto» la rassicurò «presto potrai riabbracciare il principe»
«anche tu» rise l’incantatrice voltandosi verso Yugi che restò abbastanza sorpreso: «dicono che la guerra trasformi i ragazzi in uomini»
 
Il pensiero di un Atem più forte e maturo lo fece arrossire di colpo senza saperne il motivo. Imbarazzato chinò il capo scuotendo il capo «ma cosa dici? »
«oh ma dai! Ti ha promesso che tornerà da te! » esclamò rendendo palese che li aveva spiati. Si stava divertendo a vederlo arrossire e cercare, goffamente, di nasconderlo
«io… io non so di che cosa tu stia parlando»
Mana tacque osservandolo stupefatta, davvero non capiva, non l’aveva ancora capito.
Lo sapeva l’intero palazzo ma non lui, il diretto interessato.
«Yugi, ma come, non ti sei accorto che Atem…»
 
L’arrivo di un servo le interruppe, a quanto pare Shada aveva chiesto a Mana di recarsi da lui e l’apprendista dovette allontanarsi lasciando Yugi da solo con quei dubbi che gli frullavano per la testa, ma alla fine li lasciò perdere tornando nella sua nuova stanza. Gli infusi di Isis stavano perdendo il loro effetto e le ferite tornavano a fargli male.
Diede un ultimo sguardo al cielo in cui Ra stava percorrendo la sua strada e poi il bracciale che gli aveva regalato Atem: «grande dio Ra, ti supplico, proteggilo» pregò stringendo il polso al petto.
 








sempre insieme e ora... come faranno?? li hanno separati! Ma Atem gli ha promesso di tornare presto. Yugi lo aspetterà?

ciao ciao!
al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** ...The Prince's Duty ***


Bonjour <3
Anf...Questa sessione è tremenda. Risolleviamoci con un bel capitolo carico di... ehm... di dubbi. Si perchè Yugi e Atem sono distanti e non sanno quando potranno rivedersi e nel frattempo testa e cuore volano e vorticano tra ricordi, pensieri e altre cose che li mandano in palla.

Buona Lettura!


 
ONCE UPON A TIME...

...THE PRINCE'S DUTY


 
Passarono settimane prima che la ferita di Yugi si richiudesse totalmente e tutti si presero cura di lui.
Quelle attenzioni lo mettevano a disagio, non poteva sollevare un bicchiere senza che un servo accorresse a farlo per lui.
 
Era rimasto solo. Atem, Mahad, Seth, erano partiti per il fronte, l’unica con cui si sentiva un po’ in confidenza era Mana, ma nemmeno con lei si sentiva molto a suo agio come lo sarebbe stato con gli altri.
Ogni tanto una delle sue sorelle, con il permesso di uno dei sacerdoti rimasti a palazzo, gli faceva visita e gli teneva compagnia raccontandogli le novità della città e della locanda.
 
Si annoiava, non aveva nulla da fare, per cui, ogni tanto, con l’aiuto di Kuriboh provava a esercitarsi nell’evocazione di un Ka, ma quando Isis lo scopriva, lo invitava a smettere. Doveva riposare o la ferita non si sarebbe mai rimarginata.
 
Di quella brutta avventura, ormai era rimasto solo il ricordo e una brutta cicatrice sulla spalla di Yugi, un segno che lui si preoccupò di coprire minuziosamente con trucco e abiti accollati o mantelli adeguatamente spostati a coprire quella parte. Atem probabilmente l’avrebbe convinto a mostrarla con fierezza, come un trofeo. Era sopravvissuto ad un brutto incidente, ma per Yugi significava tutt’altro.
In quel periodo di convalescenza, un pensiero si era fatto strada nella sua mente. L’incapacità di non aver potuto aiutare e proteggere Atem che, per l’ennesima volta, si era ferito per salvarlo.
Lui era al livello di un qualunque servo in confronto al principe, eppure doveva sempre essere salvato, come una fanciulla. Era stato debole, come  quando quell’uomo voleva rapirlo e Atem lo salvò, rischiò molto per lui e si ferì. Poi ancora, non si sarebbero ritrovati nel deserto in balia di una bestia feroce pronta a sbranarli  e non avrebbe messo a repentaglio la sua vita per proteggerlo se fosse stato più forte. Già, nulla di tutto quello sarebbe accaduto.
Era debole e ogni volta Atem doveva correre per tirarlo fuori dai guai e quando non c’era lui, c’era suo padre o le sue sorelle. Quante volte si era ritrovato alla mercé di un cliente ubriaco costringendo qualcuno a salvarlo.
 
Basta.
 
Nessuno sarebbe più andato in suo soccorso, non avrebbe più cercato la protezione di nessuno. Non ci sarebbe più stato nessun piccolo Yugi. Solo Yugi, il figlio del locandiere e amico del principe ereditario, un ragazzo come tanti altri, perfettamente in grado di difendersi da solo.
Fu con queste motivazioni che convinse Shada a istruirlo e insegnargli le basi dell’autodifesa e della lotta con la spada.
Mana restò abbastanza stupita quando lo scoprì, Yugi era così piccolo e fragile che quando impugnò la kopesh per la prima volta e gli cadde, risultò abbastanza comico.
Era ancora debilitato dall’incidente e, preoccupata per lui, Isis decise di assistere. Non doveva affaticarsi troppo, temeva che non tutte le ferite fossero guarite. Si era affezionata parecchio all’amichetto del principe. Lei come molti altri.
 
Per prima cosa, Shada sottopose il suo allievo a intensivi esercizi per fortificare il suo fisico, debole e debilitato dopo quella brutta avventura.
Il primo giorno fu massacrante per il piccolo, giri di corsa, flessioni, pesi, ostacoli, per poi finire con la lotta libera in cui non solo ebbe la peggio, ma dimostrò anche di non avere il minimo istinto di autodifesa.
 
Tornato nel dormitorio della servitù, si gettò sul suo letto, esausto e dolorante. Persino il mignolo gli doleva.
 
«allora? » esclamò Mana balzandogli sul letto: «com’è andata? »
«sono a pezzi» borbottò Yugi.
«eh, ma tu vuoi fare l’uomo! » lo prese in giro
«il maestro c’è andato pesante» si lamentò. Lui che non aveva mai spostato una piuma, si era sentito messo ai lavori forzati. Sapeva che una volta abituatosi, tutto sarebbe migliorato, ma nel frattempo le gambe bruciavano e le spalle erano due pezzi di legno.
«ah! La nobile Isis mi ha dato questo unguento per te» disse dandogli un vasetto.
«mi fa male ovunque, dovrei farmici il bagno» mormorò sforzandosi di alzare la testa dal cuscino.
 
Sapeva che poi l’avrebbe usato e glielo posò lì vicino.
Stava per arrendersi lasciandolo riposare, quando un’idea le fece apparire sul viso un ghignetto poco rassicurante.
 
«pensa che ti stai facendo bello per il tuo principe»
«che?! Scherzi vero? » sbottò scattando in piedi e attirando l’attenzione i tutti: «ma ti sembrano cose da dire?! »
«aah! Ce l’ho fatta a farti alzare »ridacchiò la ragazzina osservando quel visino rossissimo
«smettila di dire queste sciocchezze» borbottò Yugi rimettendosi seduto.
«comunque nulla supera il fascino di un uomo vissuto che fa ritorno dalla guerra»
 
Parlava di Atem, questo era poco ma sicuro e quell’immagine che Mana gli diede del principe lo fece arrossire parecchio, proprio come quel giorno. Un giovane forte e maturo che al suo ritorno lo prendeva tra le braccia, lo stringeva e poi…
 
«ehi furbetto, a che pensi? » lo stuzzicò la ragazzina notando quello sguardo perso.
«n-nulla…» mormorò voltando lo sguardo, con le ginocchia ben strette al petto.
«ormai Atem non è più il ragazzino che ci ha lasciati. Credimi, ho visto molte persone tornare dalla guerra, totalmente cambiate, ma spero che per lui questo non valga. Un Atem diverso sarebbe…»
 
Era turbata e non era il possibile cambiamento del principe a preoccuparla, bensì la sua sorte. Sapeva che sarebbe stato protetto, ma in posti come il fronte, tutto poteva accadere. Era lo stesso pensiero che tormentava lui. A volte, la notte si svegliava agitato e sudato, sognava Atem in guerra e lui era lì, assisteva inerme mentre lo colpivano e lo ferivano, spesso a morte. Tutti gli ripetevano quanto fosse valoroso e forte il principe, ma sapeva bene che quelle erano solo frasi fatte che si dicevano un po’ tutti per tranquillizzarsi.
 
Quella notte, però, fu diverso. Atem non stava combattendo, stava facendo ritorno all’accampamento e Yugi, lì sulla soglia della sua tenda, lo attendeva. Il valoroso principe ignorò tutti accorciando la loro distanza a passi lunghi e ben distesi.
 
«mi sei mancato» gli sibilò all’orecchio mentre lo stringeva forte. Lo spinse dentro impedendogli di proferire qualsiasi parola, catturando le sue labbra in un dolcissimo bacio che mozzò il fiato al piccolino avvinghiato a lui. Lo adagiò delicatamente sul loro giaciglio e poi si liberò di tutti gli armamenti gettandoli a terra. Senza un velo di stoffa a coprirlo, così nudo e bellissimo, si chinò su di lui.
 
«non sai da quanto ti desideravo» gli mormorò a fior di labbra mentre lasciava vagare le mani sotto ai suoi vestiti. Gli scappò un sospiro quando quei palmi caldi si intrufolarono sotto al suo gonnellino e la sua testa spariva tra le sue gambe. Un brivido lo percorse e una sensazione di calore si propagò da quel punto, per tutto il suo corpo. Non capiva più niente, non vedeva nulla, qualsiasi cosa gli stesse facendo lo stava mandando in estasi.
Il cuore gli balzò in gola per l’emozione, desiderava ardentemente un altro bacio, ancora un abbraccio, ma qualcosa lo mise a disagio.
Una strana sensazione di appagamento, ma anche umida. Un fastidio che gli annodò lo stomaco impedendogli di godersi ancora quel momento e le carezze di Atem e che lo accompagnò fino al risveglio. Si ritrovò in quella triste e fredda realtà in cui di Atem gli restava solo quel braccialetto e… Eh anche quella fastidiosa e imbarazzante sensazione di bagnato.
Gli vennero le lacrime agli occhi per l’imbarazzo e la frustrazione, quando, sollevato il lenzuolo, si accorse di cos’era successo.
Cosa gli stava succedendo? Quale male lo affliggeva per ridursi a trovare piacevoli certi sogni tanto depravati. Quanto doveva essere depravato lui che ancora pensava alle mani del principe che lo toccavano.
 
Quando uno dei servi riferì alla sacerdotessa che Yugi non si sarebbe presentato agli allenamenti con il maestro Shada per un’indisposizione, questa si spaventò e accorse nella stanza del ragazzino trovandolo avvolto sotto alle coperte.
 
«Yugi che ti succede? » si preoccupò
«n-nulla…» mormorò il ragazzino, ancora in subbuglio per quelle strane emozioni che lo stavano pervadendo
«lo sapevo che non era una buona idea sottometterti ad un tale sforzo» sospirò la donna: « chiamo subito i medici perché ti visitino di nuovo» disse scostandogli la coperta dalla testa, ma questi si drizzò pregandola di non farlo.
«io non sto così male…mi… mi dispiace… vado subito al lavoro e poi dal maestro e…» si scusò immediatamente, probabilmente era stato viziato fin troppo in quelle settimane e aveva solo voglia di poltrire, solo che si trattava di un privilegio che quelli come lui non potevano concedersi, amico del principe o meno.
«non è questo il problema» gli sorrise la donna sfiorandogli la fronte: «che ti succede? » non aveva febbre, eppure le gote erano più rosse del solito e gli occhi lucidi.
«io… io non lo so» sospirò: «mi sento strano» pigolò stringendosi le braccia sullo stomaco: «sento un fastidio qui e continuo a fare strani sogni» le confessò
«che tipo di sogni? » lo interrogò ancora.
 
Quel ragazzino era già un enigma di suo, se ancora si teneva tutto dentro, non ne sarebbero mai venuti a capo. Isis l’aveva preso particolarmente a cuore, le aveva fatto tenerezza fin dal primo giorno che aveva messo piede a palazzo e il fatto che non riuscisse a usare il suo oggetto del millennio per vederlo, la incuriosiva ancora di più.
 
Si era andato a infilare in un bell’impiccio, ‘che tipo di sogni’, Yugi si sentiva già abbastanza in colpa senza doverglielo anche andare a raccontare. Quella fu la prima e unica volta che mentì alla sacerdotessa.
 
«non lo so…. Non… non li capisco, sono strani e… e mi fanno sentire strano»
 
Quello sguardo. Isis lo conosceva bene e unito al rossore sul suo viso, poté significare solo una cosa. Sorrise dolcemente sollevandogli il viso con un tocco gentile.
 
«credo di aver capito quale male ti affligge» disse con grande tranquillità.
«e che cos’ho? Nobile Isis, è grave? » si preoccupò il ragazzino.
«soffri di mal d’amore, piccolo Yugi» disse accarezzandogli una guancia.
 
‘Mal d’amore’ quello era il tassello mancante per Yugi che finalmente ebbe un’idea più chiara sul significato di quei sogni. No, qualcosa non quadrava, suo padre gli aveva sempre detto che quelle cose un giorno le avrebbe provate per una ragazza con cui si sarebbe unito e avuto dei bambini, formato una famiglia. Yugi ancora non ci pensava a quelle cose , ma era ciò che gli avevano sempre detto. Atem non pareva proprio una ragazza. Possibile che si potesse provare una cosa del genere per un maschio? Per il principe, poi!
Altro che ‘mal d’amore’ Yugi si sentiva malato e basta. Oppure stava sbagliando tutto, magari non era amore, ma solo la preoccupazione per il suo amico al fronte.
 
«di chi si tratta? » s’incuriosì la sacerdotessa a cui era apparso un sorrisetto da ragazzina.
«ne-nessuno» biascicò il ragazzino
«non sarà Mana, ultimamente passate molto tempo insieme» si fece sospettosa
«ma no! Ma no! » cominciò subito ad agitarsi: «non c’è nessuno… forse…forse sono solo un po’ preoccupato per il principe. Non abbiamo ancora avuto sue notizie da quando è partito»
In effetti non erano ancora pervenute notizie riguardanti il principe Atem. La guerra procedeva senza alti e bassi, ma più che quello, a palazzo, non era arrivato.
 
***
Effettivamente la situazione era quasi stagna al fronte. Nessuno dei due eserciti sferrava offensive da un paio di giorni. Entrambi avevano perso molti uomini e l’esercito egiziano attendeva rifornimenti di viveri e soldati pronti ad una nuova battaglia. Non se ne veniva a capo, i ka dei sacerdoti non erano sufficienti. Forti e spaventosi, ma incapaci di difendere a pieno i confini, non da soli almeno.
 
L’acqua fumava nel catino e il principe vi era immerso fino alle orecchie. Era esausto, sia fisicamente che psicologicamente.
I capelli ancora sapevano di sangue, nonostante li avesse lavati, spazzolati cosparsi di tutti i balsami possibili, ancora emanavano quel nauseante odore di ferro che lo spinse a immergersi completamente ritrovandosi a osservare la stoffa della sua tenda, distorta dalle increspature dell’acqua.
Lo circondavano e servivano decine di persone, giorno e notte. Lo vestivano, lo massaggiavano, cercavano di farlo sentire a casa, eppure lui si sentiva costantemente solo, isolato dal mondo, abbandonato. Più volte la notte si svegliava in preda a incubi orribili.
Nell’ultimo, quella notte, Yugi era con lui sul campo di battaglia, lottava al suo fianco. Un soldato nemico cercò di affondare la sua lama nella schiena di Atem, ma Yugi si frappose.
Quell’immagine ancora lo tormentava e poté solo essere grato all’incidente che aveva debilitato il suo amico e alla sua totale ignoranza nell’arte della guerra, altrimenti si sarebbe ritrovato davvero a combattere con lui al suo fianco.
 
«principe. Principe» lo chiamò Mahad costringendolo a riemergere.
«che succede? » domandò con il fiato corto tirandosi via i capelli dal viso.
«perdona il disturbo» s’inchinò il sacerdote: «ci sono notizie da palazzo» ci tenne a informarlo.
 
Notizia migliore non avrebbe potuto dargli, sicuramente avrebbe saputo di Yugi, della sua salute, di cosa faceva. Tutto.
Uscì in fretta dall’acqua lasciandosi asciugare velocemente e legandosi un telo di cotone ai fianchi.
 
Non fu così.
 
Il sacerdote aspettava di sapere qualcosa dal principe che più andava avanti a leggere e più restava deluso. Il faraone gli faceva sapere che in città tutto procedeva per il meglio, che tutto il popolo egiziano pregava per i suoi soldati al fronte e per il valoroso principe. Sorrise nel leggere che suo padre stava bene, come lo fecero i progressi della piccola Mana.
 
«non dice nulla di Yugi» si preoccupò: «Mahad e se fosse peggiorato? E se…» si spaventò.
«non agitarti, principe» lo fermò subito: « deve esserci sicuramente una spiegazione. Hai visto anche tu il suo miglioramento repentino. Sono sicuro che sta bene»
«non ha nemmeno risposto ai miei messaggi… Mahad devo tornare a palazzo! »
«sai che non è possibile. Il sommo faraone non te lo permetterà»
 
Purtroppo aveva ragione, ma come fare a sapere di Yugi? Nelle ultime due missive ricevute non era mai accennato nulla riguardo alla salute del ragazzino e alle sue inviate a palazzo, non era mai arrivata risposta.
 
«ti prego di considerare il suo stato di salute. È probabile che non sia ancora in grado di scrivere»
«è già passato un mese…e se ce l’avesse con me? Magari quel giorno temeva di dirmi la verità perché sono il principe…. No, Yugi non lo farebbe mai» stava impazzendo, possibile che tutti i suoi messaggi per Yugi fossero stati persi dal messaggero e viceversa?
 
***
Per l’ennesima volta, il kopesh in legno di Yugi volò a terra, mentre il proprietario indietreggiava di fronte al sacerdote.
 
«ancora» lo esortò mandandolo a recuperare l’arma.
 
Non appena il ragazzino si voltò, Shada lo colpì. Perse di nuovo la presa e ruzzolò a terra.
 
«concentrati» lo sgridò
«mi dispiace, maestro» mormorò Yugi gattonando per recuperare ancora una volta il kopesh.
«non è un ‘mi dispiace’ che voglio da te! Sono dei risultati»
 
Stava davvero perdendo la pazienza, erano settimane ormai che lo allenava con armi finte e quel ragazzino pareva totalmente incapace di tenere un semplice giocattolo in mano.
 
«faccio del mio meglio» si giustificò a testa bassa.
«no, non è vero»
 
Gli serviva uno stimolo, una spinta che lo convinse ad andare contro la sua natura calma e pacifica e a tirare fuori i denti, ma a Shada non venne in mente nulla.
 
«basta così» sospirò gettando a terra la spada.
«ma posso continuare»
«no, basta. Non sei in grado di apprendere le tecniche di combattimento e io non ho tempo da perdere»
 
Detto questo se ne andò, lo lasciò solo. Deluso e abbattuto.
Non sarebbe mai finita, sarebbe rimasto per sempre un moccioso piagnone e indifeso da proteggere e salvare.
Rimasto solo, grosse lacrime cominciarono a rigargli il viso che si arrossò subito. Non riuscì a trattenersi, eppure dentro di sé si rimproverava per quella reazione tanto infantile.
 
«Yugi! »
 
Quando Isis lo vide riverso a terra che singhiozzava disperato, si spaventò. Temeva che gli fosse accaduto qualcosa
 
«n-nobile Isis…»
«che ti è successo, piccolo? »
«io… io sono debole… non riuscirò mai ad essere forte come Atem» disse disperato, sconvolto da tremendi singhiozzi
«non dire così, sono certa che presto raggiungerai i tuoi obbiettivi» cercò di rincuorarlo, ma lui scosse nervosamente la testa.
«il maestro Shada ha detto di non avere tempo da perdere con me»
 
La sacerdotessa sospirò. Shada non era la persona migliore per insegnare certe tecniche. Karim era il maestro d’armi di palazzo, il sacerdote protettore dell’esercito. Aveva addestrato molti guerrieri e tra loro anche il principe. Isis ricordava bene la fatica che fece nel fargli apprendere le tecniche. All’epoca somigliava molto a Yugi, forse un po’ meno piagnucolone.
 
«calmati, non ti fa bene agitarti» disse.
 
Il ragazzino era guarito, eppure ogni volta che lo guardava negli occhi, un brivido la pervadeva, era inquieta e quella sensazione la spingeva a tenerlo sempre sotto controllo proteggendolo da qualsiasi cosa. Sembrava così fragile, non era convinta che tutte le ferite di quell’incidente si fossero chiuse.
 
Ormai Yugi si era arreso. Avrebbe dovuto fare affidamento sulle sue doti di evocatore per salvarsi, anche se sapeva che non sarebbero state sufficienti.
Gli era stato detto di portare il pranzo a Isis, ma quando arrivò la udì parlare con Shada e altre persone che non conosceva.
 
«…è così grave? » domandò la sacerdotessa con rammarico
«sì, secondo le notizie che sono arrivate dal fronte, mia signora» le rispose quello che sarebbe potuto essere un generale»
«il faraone sta mobilitando quanti più guerrieri possibile per affiancare il principe» le spiegò Shada.
«partirete anche tu e Yugi? » gli domandò
«lo escludo. Il mio compito è affiancare il nobile Aknadin per proteggere il palazzo e Yugi…. Lascia perdere. Sarebbe solo un peso. Verrebbe ucciso all’istante, non è assolutamente in grado di sostenere una battaglia» le spiegò con grande delusione.
 
Quelle parole ferirono molto il ragazzino. In ogni caso si fece avanti attirando la loro attenzione, finse di essere appena arrivato, posò il vassoio, porse i suoi rispetti e si ritirò.
 
No, non sarebbe stato un peso. Gliel’avrebbe fatta vedere al maestro e a tutti gli altri. Il figlio del locandiere non era una palla al piede, non più.
 
Le settimane trascorsero e Shada vide a malapena il suo ex allievo in giro per il palazzo, sembrava quasi che lo evitasse. Gli era dispiaciuto essere stato così severo, ma non ebbe scelta. L’indole pacifica del giovane gli impediva di tirare fuori quell’aggressività che gli serviva.
 
Quel pomeriggio un servo riferì al maestro della Chiave del Millennio, che il piccolo Yugi lo attendeva nella sala degli allenamenti, ma non fu in grado di spiegargli il motivo, così si recò sul posto.
 
Lo trovò lì, molto serio e con una kopesh vera tra le mani.
 
«cosa vuoi fare con quella? »
 
Yugi sollevò la lama. Era determinato, sembrava lo stesse sfidando.
 
«non sei ancora pronto» lo avvisò
«s-sì che lo sono» protestò: «anche io voglio proteggere il principe e il regno»
 
Sembrava molto sicuro di sé, sapeva dal suo sguardo che non avrebbe desistito. Estrasse la sua arma dal fodero e la puntò a sua volta contro Yugi.
 
«se ti farai male, sarà colpa tua» lo avvisò.
 
C’era qualcosa di strano, non aveva assunto una posizione di difesa, anzi restava completamente scoperto, con l’arma al suo fianco.
 
«tieni alta la difesa» lo rimproverò. Non gli rispose e lui in risposta scrollò le spalle: « fa’ come ti pare»
 
L’apprendista attaccò. Un solo fendente che tracciò un mezzo arco attorno a lui e diretto al maestro, ma andò a vuoto dandogli l’occasione di colpirlo. Un punto cieco.
Il ragazzino non aspettava altro. Evitò la gomitata gettandosi a terra.
Con la punta della lama gli sfiorò la schiena.
 
«non male» si complimentò Shada, ma non era ancora finita, voltandosi, la sua lama sbatté contro quella di Yugi, incapace di sostenere una tale forza. Cadde dandogli l’opportunità di passare in vantaggio.
 
«lo sapevo, era tutto un bluff » sbuffò osservando l’aria spaventata del ragazzino preso di sorpresa. «non bisogna mai abbassare la guardia»
«lo-lo so…»
«te l’ho già detto, se non hai voglia di impegnarti, lascia stare! Io non ho tempo da perdere»
«voglio stare anch’io al fianco del principe! » reagì finalmente tirando fuori quella grinta, ma solo a parole per il momento.
«non farai un bel niente, ragazzino! » s’innervosì il sacerdote che lasciò scivolare la lama nello scollo della sua tunica e con un solo strattone gli fece a pezzi la manica: «sei davvero convinto di poter fare qualcosa? » gli rinfacciò indicando le cicatrici causate dalle unghie di quel Ka: «ti farai ammazzare, o peggio, farai uccidere qualcuno per salvarti»
 
Lo stava dicendo davvero, tutto quello che Yugi aveva pensato stava prendendo forma nelle parole del sacerdote.
Un brivido lo percorse, la sua debolezza tornò a tormentarlo. Gli occhioni viola si bagnarono di lacrime, ma la sua audacia aumentò. Brandiva ancora la kopesh e con un colpo si liberò.
Un fendente a destra, uno a sinistra, in alto, in basso. Shada parò tutti i colpi, ma la foga che Yugi ci mise lo lasciò senza fiato.
Un calcio allo stinco e il sacerdote cadde a terra, ma riservò lo stesso trattamento a Yugi quando gli si avvicinò.
Si poteva dire che fosse finita in parità e il maestro era piuttosto soddisfatto, aveva tirato fuori la grinta che gli serviva per imparare quell’arte.
 
«bravo» disse. Alzatosi, gli porse una mano aiutandolo ad mettersi in piedi
«allora adesso potrò partire anch’io per il fronte! »
«assolutamente no! » lo fermò subito il sacerdote
«voglio combattere anch’io al fianco di Atem! »
«ascoltami, hai fatto un grande miglioramento, ma non sei ancora pronto a sostenere una battaglia. Ci vanno anni di addestramento per esserne in grado» gli spiegò: « e anche se fossi nelle condizioni per farlo, il principe ha messo bene in chiaro che per nessuna ragione tu saresti dovuto partire. È un accordo che ha stretto con il sommo faraone prima di andarsene» gli spiegò.
 
Ecco la verità. Atem l’aveva di nuovo protetto a sua insaputa.
 
«dovevo immaginarlo» sospirò: «e ancora non ci sono notizie del principe…»
 
Quelle parole stupirono un po’ il sacerdote. Giungevano messaggi dal fronte quasi ogni due settimane e ogni volta uno era da Atem per il suo amico.
 
«Yugi, il principe ti scrive sempre. Ogni volta che arrivano i resoconti dal fronte» lo informò.
«ma io non ho mai ricevuto nulla»
 
Davvero il sacerdote non seppe che dirgli, se non di parlare con Aknadin. Era lui a consegnare i messaggi dal fronte al faraone.
 
Congedato dal sacerdote, Yugi corse a cercare il fratello del sommo faraone per avere spiegazioni. Gli fu riferito che si trovava nello studio. Infatti lo trovò lì, intento a esaminare alcuni documenti.
 
«maestro, posso disturbarti? » mormorò a testa china tenendosi a debita distanza
«l’hai già fatto» borbottò il sacerdote sollevando lo sguardo verso quel ragazzino che trovava così irritante e fastidioso: «che vuoi? »
«io… io vorrei domandarti se… se c’erano notizie del principe Atem dal fronte… per me»
«ma come osi?! » urlò il sacerdote alzandosi e sbattendo le mani sul tavolo: «per chi mi hai preso? Per il tuo segretario?! »
 
Spaventato, Yugi si prostrò a terra cercando di spiegarsi, chiedendogli scusa: « perdonami nobile maestro! Non volevo offenderti! È solo…»
«è solo cosa? Parla chiaro ragazzino! » ringhiò il sacerdote aggirando il tavolo e avvicinandosi.
«il maestro Shada dice che sei tu a consegnare le referenze al sommo faraone. Dice che c’è un messaggio per me…»
«non c’è niente per te» lo fermò subito: « perché mai dovresti ricevere qualcosa. Sei solo un servo»
 
Sembrava essersi calmato, la reazione di Yugi l’aveva divertito e forse quella era la volta buona per raggiungere il suo obbiettivo.
 
«credevo che il principe…» insistette, pur sapendo di stare tirando parecchio la corda.
«credo che a quest’ora il principe si sia già dimenticato di te» disse mettendosi a braccia conserte: «eri solo un giocattolo per lui, la novità. Fidati l’ho visto molte volte entusiasmarsi per una cosa e poco dopo perderne interesse. Suppongo che al suo ritorno avrà di meglio da fare. Da quello che so il principe Atem è maturato molto in questi mesi, non è più un bambino e suppongo che anche i suoi interessi e le sue priorità siano cambiate. So dal faraone che ha deciso di assumersi le proprie responsabilità come erede al trono e tra queste vi è il futuro del regno»
 
Non trattenne un ghigno di divertimento, specialmente quando notò l’espressione stupefatta del ragazzino, chiaramente ferito da quelle parole.
Yugi non poteva crederci, Atem gli aveva chiesto di aspettarlo, non poteva essersi scordato di lui. Doveva essere accaduto qualcos’altro.
 
«dovresti andartene» aggiunse il sacerdote: « ti sei ristabilito e il principe non è più a palazzo, non capisco la tua presenza qui» aggiunse divertendosi sempre di più a osservare lo sgomento in quegli occhi che gli parevano spaventosamente familiari: « non sta bene che un ragazzino della tua età, il figlio di un locandiere, si assenti da casa senza un motivo»
«non posso»
 
D’un tratto si fece stranamente gentile con lui, tanto di avvicinarsi posandogli una mano sulla spalla per farlo alzare.
 
«perché ti ha chiesto di aspettarlo? » lo anticipò il sacerdote prendendo profondi respiri per mantenere la calma.
Sapeva della promessa, com’era possibile?
Forse non era così strano, era suo zio, lo conosceva meglio di lui.
«s-sì…»
«il faraone l’aveva appena punito ordinandogli di partire. Era sconvolto. Non l’avrà detto seriamente» sospirò: «come ti ho detto non ci cono stati messaggi per te. Questo dovrebbe farti capire come stanno le cose»
 
Lo stava convincendo davvero che ad Atem non importasse niente di lui.
 
 «torna a casa tua. È lì il tuo posto. Sei il figlio del locandiere. È così che deve andare»
«ho capito» mormorò.
«ti sembrerò crudele ragazzo, ma sto dicendo solo quello che tutti gli altri tacciono. Questo non è il tuo posto» disse.
«con permesso»
 
Si congedò a testa china e uscì dallo studio. In fondo Aknadin aveva ragione dal so punto di vista.
 
In realtà il sacerdote era stato meschino e crudele e la prima cosa su cui aveva mentito era stato sulle lettere di Atem. L’ultima la stringeva ancora tra le mani. In quelle parole il principe chiedeva della sua salute, gli raccontava delle sue esperienze sfogando l’orrore della guerra e soprattutto ribadiva quanto gli mancasse; non vedeva l’ora di tornare a casa per riabbracciarlo. Aknadin, inorridito e disgustato da quelle parole eccessivamente cariche di sentimento, bruciò quel foglio, esattamente come aveva fatto con i precedenti.
 
La mattina seguente Yugi lasciò il palazzo.
Inutili i tentativi di Isis e Mana di convincerlo a restare. Non diede spiegazioni, disse solo che sarebbe tornato al luogo a cui apparteneva e non volle sentire obiezioni.
La sua famiglia lo accolse con gioia. Dopo un anno, il loro piccolo Yugi era finalmente tornato, anche se con il cuore a pezzi. Sarebbe stato difficile, ma presto sarebbe tornato tutto come prima, senza Atem. Solo con la sua famiglia.
 
***
Al fronte, finalmente, dopo tanto aspettare,  arrivò la lettera che Atem tanto aspettava, finalmente ebbe notizie di Yugi. L’entusiasmo gli permise di scordare per un po’ la brutta giornata passata sul campo di battaglia.
 
«Mahad! Mahad! » esclamò correndo nella tenda del suo maestro.
C’era una ragazza con lui, ma da quello che vide, le stava solo parlando. In ogni caso placò il suo entusiasmo attendendo di restare solo.
 
«puoi andare» disse alla giovane che s’inchinò al nobile signorino e se ne andò.
«principe, che succede? »
«è Yugi! » esclamò correndo a mostrargli la lettera: «cioè, è mio padre, ma dice che Yugi sta bene, si è ristabilito e ha fatto enormi progressi come evocatore! »
«sono contento» gli sorrise:« ora sei più tranquillo? »
 
Ovvio che lo fosse. Quel viso così solare e sorridente ne era la prova.
 
«e… principe, sono davvero desolato per…» si scusò chinando il capo. Non era vero che non erano mai arrivate notizie dal ragazzino, gliele aveva nascoste; non voleva farlo, conosceva bene il legame tra lui e Yugi, ma quelli erano stati gli ordini del faraone. In quei mesi Atem era maturato parecchio, mentalmente e fisicamente, era cresciuto e si era fatto più forte, ma mancava ancora una cosa perché il bambino che era partito da palazzo, diventasse un uomo. Per quello aveva cercato di allontanarlo da Yugi.
 
«so perché l’hai fatto. Non mi volevi distrarre. Hai agito a fin di bene, ma ti prego di non farlo più» disse Atem stringendo forte il papiro su cui erano riportate quelle poche parole sul suo amico.
«certo» annuì, ma con rammarico, il sacerdote distolse lo sguardo. Gli occhi del suo principe parlavano chiaro, ma per dovere di nascita, quella luce che faceva brillare il suo sguardo si sarebbe dovuta spegnere e il faraone aveva affidato proprio a lui quell’ingrato compito.
Uscito dalla tenda assieme ad Atem, osservò la ragazza con cui aveva parlato poco prima riferire la loro conversazione alle altre concubine. Sui loro volti apparvero le stesse emozioni che avevano colpito lei durante il colloquio con il sacerdote. Si stupirono, poi sorrisero e infine aggiunsero una risatina che lei aveva trattenuto d’innanzi a lui, rivolgendo anche delle occhiatine al nobile ragazzino dalla lunga frangia bionda.
 
C’era ancora tempo, ma avrebbe dovuto assolvere al suo compito prima di fare ritorno a Tebe.









Ecco... e mo chi glielo spiega al faraone che suo figlio è dell'altra sponda?
Tempi bui attendono il povero Atem
e Yugi? ha detto addio al suo principe! D:
in che bel casino che si sono ritrovati... poveri patati!
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** ...The Inkeeper' Son ***


Hola! bene, bene. la settimana scorsa abbiamo lasciato Yugi mentre lasciava il palazzo sperando di dimenticarsi di Atem  e un principe mezzo impanicato perchè sa poco o niente del suo amico... vediamo un po' che succede. Capitolo ricco di chicce e fatti.

Buona Lettura!
 
ONCE UPON A TIME...

... THE INKEEPER' SON

 
Quando la notizia che il principe sarebbe tornato a casa raggiunse la locanda per bocca di un soldato del palazzo reale che era andato lì per bere un po', a Yugi prese quasi un colpo. Atem stava per tornare a casa, l'avrebbe rivisto, avrebbero giocato di nuovo insieme. Tutto sarebbe tornato come era un tempo.
Alla fine non l’aveva dimenticato, anzi, aveva passato quei sei lunghi mesi a ricordare e fare tesoro di tutte le loro avventure, delle loro parole e di quei piccoli gesti che gli avevano fatto palpitare il cuore.
 
«ma si può sapere che ti prende oggi? »lo sgridò Tuya dopo l'ennesima ciotola che lasciava cadere sul pavimento.
«scusa, mi sono distratto» si giustificò ritornando con i piedi per terra e raccogliendo ciò che aveva fatto cadere.
«il principe sta tornando e Yugi è tutto su di giri! » rise Nef, la più piccola delle sue sorelle, ma comunque con già diciotto anni anche se non li dimostrava affatto, prendendo bellamente in giro il fratellino: «ho sentito anche io il soldato ieri sera» ridacchiò scostandosi una ciocca di capelli castani dal viso. Era l’unica delle cinque ad avere gli occhi azzurri, magra e dal seno generoso, si poteva dire che fosse la più bella  e non solo per la sua tenera età. In passato Yugi si era preso una piccola cotta per lei, ma poi gli era passata.  Anche se non per sangue, quella restava sua sorella e le voleva bene come tale.
«vuoi tornare a palazzo? » sbottò Nut, la quarta ragazza in scala di età lasciando le sue faccende per raggiungerli: «Yugi, vuoi lasciarci di nuovo?! »
«no! Cioè, non lo so. Non so nemmeno se è vero e se lui... » stava diventando tutto rosso e mentre gesticolava con la ciotola che aveva appena raccolto, la fece ricadere a terra facendo scappare l'ennesimo sorriso alla maggiore di tutti Tuya, alta e  dal fisico non proprio minuto come le altre, aveva le spalle larghe e i fianchi generosi, ma non era grassa e i suoi occhi color nocciola, belli e lumino, compensavano quei piccoli difetti rendendola comunque una splendida donna: «Yugi » lo chiamò raccogliendo per lui la ciotola.
«che ti succede? »
« nulla! Credo... »
«è per il principe? »
«n-no... » mormorò particolarmente nervoso.
«il nostro Yugi è innamorato» sorrise Tiy raggiungendo la famiglia assieme alla sua gemella Nut.
«del principe?! »sbottò Nef con gli occhi strabuzzati.
«magari la dea Hathor ha visto qualcosa in loro» sorrise Nut, poggiandosi al manico della scopa, sognatrice come sempre e osservando la luce negli occhi del fratellino
«Yugi» ripeté Tuya e stavolta voleva essere un rimprovero
«ma io non... Non sono innamorato di Atem! » sbuffò ritrovandosi circondato da tutte le sorelle e fissato da cinque paia d’occhi inquisitori: «Sono solo felice che ritorni! Voglio rivederlo, giocare con lui! Stare con lui! » sbottò sempre più rosso .
«Yugi, sei cotto di quel ragazzo» volle fargli notare Nef
«ascoltami, ti pregò » sospirò Tuya: «il nobile sacerdote ti ha chiesto di lasciare il palazzo perché quello che si è creato tra voi, è sbagliato. Siete due ragazzi e lui è il principe, è il figlio di un dio» cercò di fargli comprendere
«stai dicendo che dovrei troncare i rapporti con lui?! » si mise sulla difensiva il ragazzino.
«sto dicendo che il principe un giorno diventerà un faraone, un dio, dovrà prendere moglie e dare una discendenza al popolo d'Egitto. Non siete più bambini. Siete due uomini con delle responsabilità. Lui verso il popolo e tu verso la tua famiglia. Quando nostro padre è fuori di casa, l’uomo di casa sei tu»
«non voglio rinunciare a stare con lui! Io gli voglio bene! Mi è mancato tanto in questi mesi! » si sentiva un bambino capriccioso a reagire in quel modo, ma non riuscì a sostenere le sue ragioni in altro modo.
«ma lui è il principe, mentre tu sei solo il figlio di un locandiere! Davvero credi che possa funzionare? Sei un ragazzo abbastanza intelligente da capire che non... »
A quel punto il ragazzino la zitti: «io non sono il figlio di un locandiere! » gridò ritrovandosi gli occhi delle cinque ragazze puntati addosso con aria sbigottita, mentre Yugi  si strinse le braccia al petto: «io non so chi sono. Ma so di poter diventare ciò che voglio»
«basta Yugi! » lo sgridò la sorella maggiore: «questa non è una favola! È la realtà! Non sei nulla di più di uno dei tanti, come tutte noi! Capisci per una buona volta! La vita è dura, non è un gioco! Cresci e prenditi le tue responsabilità! »
 
Era stata crudele con il suo fratellino, ma se non ci pensava lei a farlo ragionare, non l'avrebbe fatto nessuno.
Yugi fissò le cinque ragazze, nei loro occhi c'era la stessa opinione di Tuya. Almeno quello volevano fargli credere.
Era solo contro cinque donne, che altro poteva fare.
 
«non avete nessun diritto di dirmi chi devo vedere! »
 
E con questo urlo fuggì dalla locanda, lasciando un’aria gelida tra quelle quattro pareti.
 
«credete che siamo state troppo severe? » si domandò Hate, più piccola solo di un anno rispetto a Tuya.
 
Aveva preferito non dire nulla fino a quel momento. Lei più di tutte considerava sbagliato quel rapporto, che definiva malsano e più volte aveva litigato con Nef che invece lo sosteneva. Per il suo bene, però, erano giunte alla conclusione che sarebbe stata meglio una piccola delusione ora che era un ragazzino che più avanti quando avrebbe dovuto sbattere la faccia contro la triste e cruda realtà.
 
«forse, ma purtroppo le cose stanno così. Provengono da due mondi troppo diversi perché le cose possano funzionare» sospirò la maggiore rimettendosi, a malincuore, al lavoro.
 
***
Ra era risorto ancora una volta, vittorioso, dal Duat e si apprestava a incominciare il suo cammino illuminando l’accampamento egiziano al fronte.
 
Nella tenda più grande, quella del principe, questi si stava vestendo terminando di indossare i suoi bracciali. La sua era stata una notte parecchio movimentata, ma non pareva per nulla entusiasta di quella prima esperienza.
Non era da molto che la ragazza aveva lasciato la tenda, quando Mahad raggiunse il suo principe, rannicchiato sulle coperte, pensieroso e anche un po’ triste.
 
«principe, tutto bene? » si preoccupò il sacerdote avvicinandosi al ragazzo che, non appena sentì la sua voce si ridestò dai suoi pensieri voltando lo sguardo. Certo poteva andare bene, come andare male, nella sua testa c’era una tale confusione, da non sapere nemmeno più il motivo per cui si trovava lì. Non ricordava nemmeno come quella giovane e bellissima donna fosse riuscita ad ammaliarlo. La sera precedente, stanco e spossato, si era ritirato subito nella sua tenda senza nemmeno cenare e fu allora che entrò lei. Cominciò a massaggiargli la schiena indolenzita e sussurrargli delle parole che lui nemmeno ascoltava e poi si era fatta troppo impertinente. Cercò di cacciarla, ma lei lo convinse che andava tutto bene e che presto si sarebbe sentito meglio. Lo convinse a raccontarle tutto quello che gli passava per la mente e lui ovviamente le raccontò di Yugi. Non si spiegò molto bene e la giovane non comprese che si trattava di un ragazzino, ma da come gliene parlò capì che provava grande affetto per quella persona e fu a lui che gli chiese di rivolgere il suo pensiero, fingere che lei fosse Yugi e a dirle tutto ciò che avrebbe fatto e detto con lui. Atem era così stanco e suscettibile che da un momento all’altro si ritrovò travolto dai suoi istinti e da quei sentimenti che aveva scoperto provare per il figlio del locandiere.
 
«perché mi hai mandato quella ragazza? »
«le battaglie, la lontananza da casa, credevo che ti avrebbe fatto bene sfogare un po’ di stress» cercò di spiegarsi, anche se non c’era solo quello. 
 
L’istruzione del principe era ormai giunta al termine, restavano solo alcune cose da affinare poco a poco e tra queste vi era il rapporto con le donne. Atem doveva cominciare a pensare al suo futuro come prossimo faraone, ma Mahad sapeva anche quanto restio fosse il ragazzo a quel genere di cose. Aveva atteso fino all’ultimo sperando che tutto avvenisse nel modo più naturale possibile. Insomma, una bella ragazza, al chiaro del fuoco, dopo una lunga giornata, avrebbe potuto benissimo fare breccia nel cuore del giovane, anzi, tempo prima aveva chiesto esplicitamente alle giovani di rivolgersi in particolar modo al giovane principe, ma niente, nessuna aveva mai attirato la sua attenzione e il sacerdote temeva anche di saperne il motivo. Ecco perché, dopo continui tentennamenti, dopo aver preso la decisione di rientrare a Tebe, quella notte chiese a una delle ragazze di presentarsi dal principe per allietare quell’ultima notte al fronte.
 
«non farlo più. Non la voglio» borbottò
«certo. Scegli quella che più ti piace, sei…»
«no, non ne voglio nessuna. Nessuna di loro» cercò di essere più chiaro Atem coprendosi il viso con le mani.
«non ti senti bene? » si preoccupò
«mi sento così sporco» mormorò  stringendosi forte le ginocchia al petto: « tutto quel sangue e non solo… è come se avessi tradito qualcuno. Fa male» ammise sfiorandosi il petto: «io… credo di sentirmi in colpa»
 
Mahad era il suo migliore amico oltre che il suo maestro, sapeva di potergli dire ogni cosa, non ebbe problemi a raccontargli i suoi dubbi e le sue ansie.
 
«cosa ti fa sentire così in colpa? »
«Yugi, mi sento in colpa verso Yugi. Per tutto il tempo io… io non ho fatto altro che pensare a lui, alla voglia che ho di rivederlo e a quanto gli voglio bene» ammise stendendo le gambe fissando le sue mani che in quegli anni avevano toccato quel piccolo così tante volte, ma mai nel modo in cui avrebbe voluto fare in quel momento. Con dolcezza, per esprimere sentimenti totalmente  diversi: «credi che ci sia qualcosa di sbagliato in me? »
«i sentimenti non sono mai sbagliati, mio principe. Tu non hai nessuna colpa, se non quella di esserti innamorato della persona sbagliata»
«perché sbagliata? Se i sentimenti non sono sbagliati, perché Yugi dovrebbe esserlo? » non capì il ragazzo cercando una risposta negli occhi del mago.
«perché Yugi è il figlio di un locandiere e tu il figlio del faraone. Provenite da due mondi troppo diversi» fu costretto a spiegargli:« perché, come ben sai, tu hai dei doveri verso il tuo popolo e tra questi vi è quello di tenere al tuo fianco una sposa che possa dare eredi sani e forti al nostro regno»
«vuoi dire che anche se sono ancora un principe, non posso stare con chi voglio perché un giorno lontano dovrò provvedere al mio popolo? »
«sì. E, se permetti, come dice il sommo faraone, dovresti fin da ora…»
«beh mi sembra una cavolata! » lo interruppe Atem scattando in piedi: « perché devo pensare a un futuro incerto, quando so di avere un presente sicuro con Yugi? »
«cosa vedi di sicuro in questo presente? » lo interrogò ancora. Voleva che ragionasse ,che capisse il punto di vista di tutti loro e prendesse coscienza delle sue responsabilità.
 
Non avrebbe mai voluto trovarsi ad affrontare quell’argomento con Atem, lui più di tutti sapeva quanto profondo fosse il legame che aveva con Yugi e invece era lì a provare a convincerlo che stare con quel ragazzino fosse sbagliato.
 
«vedo Yugi, vedo di voler stare con lui» rispose sicuro di sé.
«ma sei sicuro che lui voglia lo stesso? » gli insinuò il dubbio, ma se ne pentì quando lo vide riempire lo sguardo del giovane principe che tornò a sedersi sulla sua branda . «scusa, io non volevo…» cercò di tornare indietro, ma ormai l’aveva detto.
 
Atem aveva fatto i conti senza l’oste, o meglio il figlio dell’oste, quel ragazzino così grazioso che Atem non si era tolto più dalla testa da quando i loro sguardi si erano incrociati quel lontano giorno. E se Yugi non avesse provato lo stesso?
 
«forse hai ragione. Potrebbe essere una cosa a senso unico. Però finché non parleremo, non potrò saperlo» concluse cancellando una volta per tutte quell’aria confusa e abbattuta.
 
La decisione era presa, il loro rientro a Tebe era imminente e allora Atem avrebbe potuto rivedere Yugi e capire finalmente cosa ne sarebbe stato del suo futuro.
 
***
C’era solo un posto in cui Yugi si sarebbe potuto rifugiare, ovvero la riva del fiume, lì vicino a quel canneto dove fino a poco tempo prima, lui e Atem passavano le loro giornate a ridere, scherzare e giocare, dove imparava a leggere e scrivere.
Era arrabbiato, furioso, come si permettevano le sue sorelle di dargli delle regole su chi vedere e chi no? Perché legarlo a loro in quel modo?
 
«uffa! Accidenti!! » urlò gesticolando.
 
Quel movimento delle mani generò un’onda che ribaltò una piccola imbarcazione di pescatori.  La magia era a stretto contatto con le emozioni e in quel momento Yugi era una miccia accesa pronta a esplodere, doveva fare attenzione a ciò che faceva altrimenti avrebbe provocato qualche disastro.
Fuggì prima di essere visto spostandosi un po’ più in là, dove l’acqua era più alta e una vecchia barca era ormeggiata sulla riva, abbandonata. Vi salì sopra rannicchiandosi.
 
«non hanno nessun diritto di dirmi quello che devo e non devo fare! » si lamentò a gran voce: «la vita è mia e me la gestisco come voglio! Non ho ragione? »
 
Kurriboh era proprio lì al suo fianco che si strusciava sulla sua gamba ascoltando le sue lamentele, come al solito. Alla locanda aveva preso le sue difese, ma come al solito, nessuno poteva vederlo e quel tentativo risultò vano.
 
«io non lo so se voglio stare con Atem, so solo che mi manca e loro non hanno il diritto di dirmi queste cose! » gridò ancora stringendosi le ginocchia al petto e osservando il braccialetto che gli aveva regalato il principe poco prima di partire, il turchese di cui era fatto lo scarabeo brillava ancora come il primo giorno. Era tutto ciò che aveva di lui, era importante.
 
«certo che mi vuole bene anche lui! » esclamò di colpo voltandosi verso Kurriboh che aveva mugugnato qualcosa nella sua lingua incomprensibile e che solo Yugi era capace di capire: «mi ha dato questo e mi ha chiesto di aspettarlo! Lui mi vuole bene come gliene voglio io! Noi siamo amici e io… io… io gli devo molto» sospirò lasciandosi andare all’indietro stendendosi completamente nella barca.
 
Era proprio su quella vecchia barca che avevano tenuto la loro prima lezione, Atem si era impuntato che Yugi doveva imparare a leggere e scrivere proprio come faceva lui e così era accaduto, con molta pazienza e tanta pratica, Yugi aveva imparato in poco tempo raggiungendo quasi il livello del principe, anche se qualche suono ogni tanto lo sbagliava ancora. Con Mahad aveva imparato a usare la magia, anche se per averne un pieno controllo avrebbe dovuto studiare ancora molto e poi c’erano i giochi, tutti quelli che lui e Atem facevano, dal senet, alla palla, al Mehen e tutti quelli che si inventavano, le loro passeggiate al mercato.
Entrambi avevano aperto le porte del loro mondo all’altro. Yugi aveva scoperto la vita a corte e Atem quella del suo popolo. Poi però era tutto finito, il principe era partito e pochi mesi dopo Yugi era stato mandato via dal nobile fratello del faraone.
 
Slegata la barca, si diede una spinta e questa cominciò a navigare lungo il fiume, trasportata dalla corrente.
Quante volte lui e il principe avevano navigato quel tratto di fiume su quella barchetta ridendo e scherzando, facendo gli stupidi e quante volte si erano ribaltati finendo nell’acqua.
L’aveva accompagnato a caccia molte volte, avevano pescato e altrettante volte avevano nuotato in quella acque, tenendosi per mano. Loro erano sempre per mano, anche quando non si toccavano. C’era un forte legame tra di loro che li teneva uniti anche quando erano distanti, lo sapeva e nessuno sarebbe mai riuscito a spezzare quel filo.
 
Alzatosi in piedi sulla prua, stava per raggiungere la riva, ma prima di farlo si tuffò ritrovandosi avvolto in un mondo di pace e quiete in cui i suoi pensieri e i ricordi si riaccesero e lì, nell’acqua fresca del Nilo, rivide gli occhi del suo principe affondare nei suoi  e il suo cuore battere forte.
Riemerse quando l’aria gli mancò. Tutto si stava facendo più chiaro nella sua mente e nel suo cuore e ciò non poté che riempirlo di gioia. Nuotò fino alla riva e lì risa e schiamazzi s’impossessarono di quel piccolo che iniziò a volteggiare calciando l’acqua e schizzando attorno a sé, finché non scoprì di poter bloccare le gocce in aria e allora iniziò a saltarci in mezzo finché la testa non gli girò e cadde sulla riva.
 
Rise. Rise a lungo. Aveva capito, era tutto chiaro e anche se i suoi occhi lacrimavano, lui era felice, sentiva gioia e anche quella cosa strana che le sue sorelle chiamavano amore. Sì, doveva essere quello che gli scaldava il petto in quel modo, proprio come aveva detto Isis, ed era tutto per Atem. Non vedeva l’ora di rivederlo per dirglielo, doveva saperlo, anzi doveva essere il primo a saperlo perché riguardava anche lui.
 
«Atem torna presto, devo dirti una cosa importante» sorrise al cielo.
 
Quando anche Mana seppe del ritorno di Atem, il suo primo pensiero fu quello di correre a dirlo a Yugi, doveva saperlo prima di tutti. Ignorava il fatto che Yugi ne fosse già al corrente da alcuni giorni e che la notizia avesse acceso una fiamma nel suo cuore.
Sgattaiolata fuori dalle mura del palazzo, la giovane apprendista corse a perdifiato per le strade di Tebe, lungo la strada principale per poi girare nella via del mercato, sempre pieno di gente e poi, infine, in quel vicolo da cui poi sarebbe sbucata dietro alla locanda. Di solito a quell’ora c’erano già dei clienti, per cui preferì  entrare dal retro.
Lì, appoggiato al muro, trovò Yugi. Più pallido del suo solito, gli occhi vitrei che fissavano il nulla e le mani imbrattate di liquido rosso.
 
«Yugi…» lo chiamò con un mormorio avanzando molto lentamente. Bastò la sua voce a ridestarlo spingendolo a voltare lo sguardo mostrando la guancia livida e gonfia.
«Yugi… cos’è successo? »
 
Ancora incerto su ciò che realmente fosse accaduto, Yugi si fissò le mani rosse e le impronte che si era lasciato dietro dalla sala alla cucina.
 
«mio… mio padre…»
 
Era accaduto quel pomeriggio, lui e sua sorella Tyi erano andati a riempire i secchi d’acqua. Al loro ritorno, le urla delle altre sorelle li allarmarono.
Prima ancora che Tyi potesse capire, il ragazzo scaraventò i secchi a terra e corse a casa. Nef era rannicchiata in un angolo della cucina con i vestiti a brandelli e il viso livido e rigato di lacrime, mentre nell’altra sala le urla di Tuya lo spinsero a correre. Erano tre uomini, due che tenevano le gemelle e l’altro che aveva braccato la maggiore per la gola, questa si dimenava e scalciava, ma era davvero tutto inutile.
 
«lasciatele! » intimò loro, ma come poteva un ragazzino incutere timore a quegli uomini grandi e grossi?
 
Nel momento in cui provò a strappare una delle ragazze dalle loro mani si prese un pugno che lo fece volare su un tavolo ribaltandolo e rotolando a terra e lì, proprio lì dietro, trovò il corpo del padre pugnalato al petto.
Le intenzioni di quei malviventi erano chiare, bastava vedere cos’avevano fatto alla piccola Nef.
Se c’era una cosa che non andava toccata, era la famiglia. Nessuno doveva permettersi di mettere le mani su quelle persone che l’avevano salvato e cresciuto come uno di loro. Avevano osato uccidere l’uomo che gli aveva fatto da padre, avevano fatto del male alla sua sorellina, non avrebbero fatto lo stesso con le altre ragazze. Era compito suo proteggere la sua famiglia.
Rialzatosi, sfilò il pugnale dalla fondina sotto alla tunica e avanzò, lento, con lo sguardo basso.
 
«andatevene» mormorò.
 
Era ovvio che nessuno dei tre l’avrebbe preso seriamente e vederlo avvicinarsi fece venire loro solo un gran prurito alle mani. Quello che aveva tra le mani Tuya, la lasciò per occuparsi di quel moccioso.
Esattamente come gli aveva insegnato Shada, Yugi evitò il pugno. Quel tipo, così pieno di sé, non aveva minimamente pensato a tenere alta una difesa e fu lì che Yugi s’infilò lanciando un fendente che lo ferì al volto e subito dopo con l’impugnatura lo colpì alla testa stordendolo abbastanza da non ritenerlo un problema per i successivi minuti in cui posò uno sguardo gelido su quei due malviventi.
 
«andatevene» ripeté con un tono fin troppo calmo che gelò il sangue dei presenti.
 
Aveva atterrato con troppa facilità quell’energumeno, doveva esserci senz’altro qualcosa sotto e la loro esitazione tirò fuori la voce che il ragazzino stava trattenendo, mista a quell’energia che generò un’onda d’urto abbastanza potente da sbattere i due alla porta.
 
«fuori!! »
 
Faceva davvero troppa paura, dove la teneva quella forza quel ragazzino così mingherlino.
Quando il terzo si riprese dalla botta, si ritrovò la lama alla gola e uno Yugi dagli occhi luminosi come torce e canini affilati che spuntavano dalle labbra. Stava mutando in una creatura spaventosa, quella che aveva spinto i due complici a fuggire. Quello sguardo era senza dubbio quello di un assassino che non avrebbe esitato a tagliargli la  gola, ma si arrestò. Lo sguardo omicida svanì da quel visino restituendogli lo sguardo dolce e ingenuo che in quel momento si velò di tristezza
 
«hai ragione, non sono come lui» sospirò lasciandolo andare.
 
Per fortuna Kuriboh gli aveva impedito di macchiarsi le mani e non appena lo lasciò quel criminale fuggì.
Restarono solo loro sei e il corpo del padre. Soli, fino a quando Mana non andò da loro.
 
«come ti senti? » gli domandò Mana porgendogli una tazza di latte caldo.
 
Dopo essere stata informata di tutto, aveva accompagnato Yugi in camera sua, era sotto shock, come tutti del resto. Avevano appena perso il padre e lui aveva quasi ucciso un uomo.
Non poteva stare bene e lei lo sapeva.
 
«riposati» gli consigliò dopo aver ritratto la tazza  che posò accanto al letto. Avrebbe aiutato lei a sistemare
«dipende tutto da me» mormorò il ragazzino sollevando lo sguardo: «ora sono io il capofamiglia»
 
Perché d’un tratto quel ragazzino che aveva sempre considerato più infantile della sua età gli sembrava così maturo? Quello sguardo le fece infossare la testa nelle spalle. Era come se Yugi fosse cresciuto tutto in una volta. Si alzò dal letto sfilandosi il braccialetto di Atem dal polso e lo posò sul tavolino.
«da oggi, le cose cambieranno» annunciò.
 
Passò ancora un mese prima che il principe Atem rimettesse piede a Tebe. Tutti avevano sentito la sua mancanza a palazzo e lo accolsero con grande gioia, specialmente Mana che quando corse ad abbracciarlo si ritrovò di fronte ad un uomo, non più al ragazzino che era quando era partito, non solo il suo corpo era cambiato, ma anche lo sguardo, forte e sicuro di sé, ma che le riservò comunque una luce di dolcezza, quella che la ragazzina adorava.
 
«bentornato, Principe» sorrise entusiasta la piccola apprendista che ancora non se la sentiva di staccarsi da quell’abbraccio, le era mancato troppo per allontanarsi.
«Mana, mi stai strozzando» rise dopo un po’ Atem, gli si era avvinghiata così tanto addosso che dopo un po’ dovette dirglielo.
 
Era tornato, non se ne sarebbe più andato, avrebbero avuto moltissime altre occasioni per passare del tempo insieme, ma intanto c’era un’altra questione che gli premeva risolvere.
Si guardò intorno spalancando gli occhi come un cagnolino in cerca del suo padrone, gli mancava solo una coda da sbattere da una parte all’altra.
 
«dov’è Hmn? »le domandò non trovandolo. Come poteva non correre a salutarlo? Possibile che Mahad avesse ragione? Che  Yugi non lo ricambiasse allo stesso modo?
L’aria gioiosa di Mana s’incupì,  avrebbe preferito aspettare a dirglielo, era appena tornato e lo attendeva ancora molta euforia da parte di tutti coloro che gli volevano bene, ma il principe esigeva una risposta.
 
«ecco lui è…»
«Mana mi stai facendo spaventare.  Cos’è successo a Yugi? Sta bene? Mana, parla! » cominciò ad andare nel panico.
 
In tutti quei mesi nessuno gli aveva mai dato notizie certe su quello che accadeva a palazzo e ancora meno su Yugi. Che gli fosse accaduto qualcosa?
 
«Yugi sta bene, ma… non è qui…» cercò di spiegarsi aumentando solo il panico negli occhi del ragazzo: «poco dopo la tua partenza, il tuo nobile zio gli ha chiesto di andarsene»
 
Beh nulla di preoccupante allora, certo avrebbe rivolto le sue lamentele ad Aknadin ammonendolo, come si era permesso di cacciare dal palazzo il suo amico?
 
«mi hai quasi spaventato» tornò a sorridere.
 
Ignorava che Mana ancora non gli avesse detto tutta la verità, ma prima ancora che i due potessero proseguire la conversazione, Seth li raggiunse per informarlo che il faraone aveva chiesto di vederlo.
 
«ho un po’ di cose da fare» spiegò all’amica: «poi ti va di accompagnarmi a prendere Yugi? » mormorò.
 
Non poteva certo gridare al palazzo che sarebbe sgattaiolato fuori dalle mura. Ora aveva la fama di essere diventato un uomo maturo e responsabile, che figura ci avrebbe fatto se appena tornato si fosse fatto beccare a fuggire?
 
La locanda, come sempre, era stracolma di clienti. Yugi e le ragazze correvano da un tavolo all’altro servendo piatti succulenti e molti, molti boccali di birra.
Nef e suo fratello si occupavano della cucina e le altre servivano ai tavoli. Ogni tanto il ragazzo usciva a controllare la situazione. Da quando c'era stata la tragedia, le cose erano cambiate molto. Si respirava un'aria diversa, sembrava quasi più luminoso. Nessuna ragazza intratteneva in modo improprio i clienti e nessuno o quasi cercava di allungare le mani su di loro, chi ci provava veniva ammonito e se non serviva, cacciato. Finalmente quella era tornata ad esser una locanda, come aveva sempre desiderato la madre delle ragazze e non il bordello che erano stati costretti a far diventare per vivere.
Due nuovi clienti, due forestieri probabilmente, giunsero al locale e le gemelle li invitarono ad accomodarsi a un tavolo libero. Dovevano essere una coppia giunta da lontano viste le lunghe cappe che li coprivano e i cappucci sulle teste. Generalmente i forestieri si presentavano cosi e le ragazze tendevano a farli accomodare in tavoli appartati perché non creassero problemi con i clienti abituali.
Tyi si stava preparando per la sua esibizione e Tuya riempiva alcuni boccali di birra quando il rumore di un piatto che cadeva e un gemito fece calare un silenzio agghiacciante che trascinò Yugi fuori dalla cucina. Un ubriaco aveva urtato Hate e aveva cominciato a infastidirla cercando di ottenere un di più dalla giovane che tentò di opporsi, inutilmente. Era uno squallido spettacolo che spinse uno dei due forestieri ad alzarsi dal tavolo, ma l'altra, alla vista di Yugi che avanzava, lo fermò spingendolo a osservare.
 
«lasciala» ordinò il padrone del locale lanciando una stilettata con lo sguardo all'uomo che si strinse la giovane contro ridendo del moccioso di fronte a lui.
«lasciala» ripeté Yugi.
 
Le sue sorelle tenevano due dita sollevate osservandolo, sapevano bene cosa sarebbe accaduto alla terza richiesta e speravano di evitarlo. Non fu così. La terza richiesta arrivò e un attimo dopo il padrone sguainò il coltello ferendo il braccio dell'uomo costringendolo a lasciare la sorella che fuggì dalle altre.
 
«piccolo bastardo! » sbraitò puntandolo.
 
Yugi s'infilò nel suo punto cieco, evitò il pugno e gli sbatté il boccale di legno in testa. Fu doloroso, ma non lo stordì. Quella dimostrazione, però unità allo sguardo del ragazzo che posava un piede sulla schiena dell'ubriaco steso a terra gelò il sangue dei presenti e convinse il forestiero a sedersi.
 
«credo che alcuni di voi non abbiano ancora chiara la situazione» disse il giovane osservando tutti i clienti:« le mie sorelle non sono in vendita. Questa è una locanda, non un bordello e se avete voglia di sfogare i vostri istinti, trovatevi un altro posto! Qui non siete i benvenuti» detto questo lanciò la lama a un millimetro dal naso dell'ubriaco.
 
Il concetto era chiaro e non era la prima volta che Yugi veniva costretto a dare quella dimostrazione. Non si scherzava con il locandiere.
 
Non erano le azioni in sé a spaventare, ma il suo sguardo e quella strana ombra nera che si intravedeva alle sue spalle, ma che le sue sorelle tacevano lasciandolo ignaro di ciò che gli accadeva quando perdeva quell’aria pacata che l’aveva sempre caratterizzato.
 
La situazione si era calmata e Tyi aveva cominciato a ballare, così Yugi poté ritirarsi in cucina  e lì, solo, lontano da occhi indiscreti, prese una profonda boccata d’aria. Era davvero molto pallido, quella tensione l’aveva sfiancato. Da quando suo padre era morto, tutto il peso di quell’attività era caduto sulle sue spalle, ma tenere un profilo così alto, per lui, era stancante. Non era un tipo violento e non gli piaceva richiamare l’attenzione su di sé, ma era anche vero che non voleva più vedere nessuno mettere le mani addosso alle sue sorelle.
 
«niente male»
 
Quella voce lo colse di sorpresa, era grave, ma anche euforica e in un certo senso gli parve di conoscerla.
Eh sì, era proprio lui. Anche nascosto dalla cappa, il tipo che si era intrufolato in cucina era proprio lui: il principe ereditario Atem, appena tornato dal fronte.
Cresciuto e ancora più bello e quegli  occhi così luminosi… quante notti li aveva sognati.
Troppe emozioni in troppo poco tempo, il suo cuoricino perse un battito, la sua testa non capì più nulla. Sentì le gambe molli e per un solo istante il suo mondo si oscurò, in quello successivo si ritrovò stretto ad Atem che gli aveva appena evitato il pavimento.
 
«ohi, sono io»  pensò di tranquillizzarlo, ma era proprio quello il problema: era lui.
 
Sì, Yugi aveva bisogno di sedersi e riprendersi. Bevve d’un sorso il bicchiere d’acqua che gli prose il principe e tentò di respirare, prendere profondi respiri e calmarsi.
No, non funzionava. Come faceva a funzionare se quel principe bellissimo stava lì a fissarlo a due palmi dal suo naso?
 
«s-sei tornato» mugugnò dopo una lunga pausa
«e tu hai lasciato il palazzo! » si lamentò di colpo Atem scostandosi da lui.
«dovevo farlo»
«sì, lo so» si calmò all’istante notando l’espressione abbattuta su quel visino che piano piano riprendeva colorito: « Mana me l’ha detto. Mi dispiace per tuo padre»
«già…» mormorò voltando lo sguardo: «sono cambiate un po’ di cose»
«lo  vedo, hai trasformato questo posto. In meglio intendo» sorrise guardandosi un po’ intorno. Esteticamente era restato tutto normale, ma l’aria che si respirava era nuova e migliore
«grazie»
«senti, io sono venuto a prenderti» tagliò corto Atem: «torniamo a casa? »
 
Ecco la mazzata, come poteva dirgli che quella era la sua casa, che ora aveva delle responsabilità a cui non poteva sottrarsi?
Si alzò, era ancora debole e scosso, ma voleva allontanarsi da lui, respirare e cercare di regolarizzare il suo battito. Doveva rispondergli ,ma che dirgli?
 
«Hmn? » si preoccupò il principe
«questa… » sussurrò stritolando il piano di legno tra le dita : «questa… è casa mia»
 
L’aveva fatto, l’aveva detto. Era stato costretto a farlo, nonostante per lui ‘casa’ fosse il luogo in cui c’era Atem, non poteva confessarglielo.
 
«ma… io credevo che…» ci restò davvero male Atem.
 
Probabilmente Mahad aveva ragione, il sentimento non era reciproco, si era fatto solo dei gran castelli campati in aria.
 
«io… io ho dei doveri» si sforzò di dire il ragazzino trattenendo a stento le lacrime : «da quando ho perso mio padre io… devo proteggere le mie sorelle»
 
Per fortuna che gli voltava le spalle, altrimenti Atem avrebbe letto il suo desiderio di seguirlo a lettere cubitali sulla sua faccia.
 
«venite tutti, sono sicuro che…»
«non hai capito! » scattò Yugi tornando a indossare quella maschera da uomo duro e severo che non gli si addiceva affatto: « Atem io ho dei doveri, così come li hai tu. Ci sono persone che dipendono da noi. Io ho promesso a mio padre che mi sarei occupato della locanda e della mia famiglia, sempre. E tu…» che dire di lui, avrebbe tanto voluto averlo al fianco, ma come? Come poteva averlo accanto, lui era il futuro faraone, aveva compiti e doveri persino più importanti dei suoi.
 
Atem cominciava a capire, Mahad aveva avuto di nuovo ragione. Doveva smettere di dubitare delle sue parole. Yugi non condivideva i suoi stessi sentimenti, non moriva dalla voglia di stare con lui, abbracciarlo e magari anche baciarlo. Probabilmente, tra non molto, l’avrebbe visto infatuarsi di una delle sue sorelle o di un’altra fanciulla e formare una famiglia con lei e lui… lui avrebbe seguito il suo destino come tutti si aspettavano dal figlio del grande faraone Aknamkanon.
Fu il pensiero del padre, però, a ricordargli uno degli insegnamenti più importanti che il nobile genitore gli aveva dato: mai lasciare affari in sospeso. Yugi non lo corrispondeva, ma questo non doveva impedirgli di aprirgli il suo cuore e forse, una volta detta la verità, si sarebbe sentito meglio.
 
«Hmn, ascoltami solo un momento» cercò ancora di farsi dare retta prendendogli la mano.
 
Era difficile, non l’aveva mai fatto, ma in qualche modo doveva dirglielo. Dirgli che in tutti quei mesi non aveva fatto altro che pensarlo, che quella notte, quando era stato con quella ragazza, aveva gridato il suo nome, che ogni volta che lo vedeva il cuore gli esplodeva nel petto.
Stava per farlo, quando un gran baccano nella sala costrinse Yugi a spostarsi.
 
«scusa» mormorò
 
Aveva perso la sua occasione, non avrebbe più avuto un momento migliore per dirgli certe cose e tutto perché quella pasticciona di Mana si era messa in testa di voler aiutare le sorelle a servire ai tavoli, usando i suoi incantesimi mal riusciti che scaraventarono piatti e bicchieri a terra.
Yugi, invece, aveva capito benissimo cosa stava per dirgli il principe e fu grato a Mana per quell’interruzione, non avrebbe proprio resistito ad una dichiarazione.
 
 
Nella settimana che trascorse, Yugi non vide più nessuno del palazzo reale, né soldati, né Mana, di conseguenza non ebbe più nemmeno notizie del principe.
 
Era notte fonda, l’intera Tebe era assopita, quando uno scalpitio spinse la bestiolina pelosa a comparire nella camera di Yugi cominciando a balzare da una parte all’altra per svegliarlo. Quando ci riuscì, questi sussultò e cominciò a tossire, la stanza era piena di fumo, qualcosa stava bruciando, qualcosa che arrivava dal piano di sotto.
 
«svegliatevi! Al fuoco! » cominciò a urlare richiamando le sorelle che si precipitarono fuori dalla loro stanza.
Corsero alle scale, ma stavano già andando a fuoco.
 
«Yugi che facciamo? » piagnuolò Nef stringendogli il braccio.
 
Che fare? Nulla avrebbe potuto salvarli, erano lì, bloccati e circondati dalle fiamme. L’unica cosa da capire era se sarebbero prima soffocati o bruciati.
Si sentiva spacciato, eppure l’unica cosa a cui riuscì a pensare era il principe. La situazione era critica, stavano soffocando e sua sorella gli stava quasi staccando un braccio per la paura, ma lui non vedeva fuoco e fiamme, solo l'incredibile distanza che lo stava allontanando da Atem, non l'avrebbe visto mai più e l'ultima volta che si erano visti lui l'aveva respinto.
 
Atem… Atem mi dispiace.
 
La morte non lo spaventava, trovava molto più opprimente l’idea di dovergli dire' addio' per sempre, sarebbe morto senza dirgli la verità.
 
Oh miei dei. Pregò. Salvateci, salvate le mie sorelle e io, a te Hathor prometto che aprirò il mio cuore a colui che lo merita, proprio come tu vuoi che sia, non mentirò ancora.
 
Nulla, però, avrebbe potuto salvarli. Ormai l’incendio aveva avvolto l’intero edificio che iniziò a crollare poco a poco, sopra le teste dei sei abitanti.
Non c’era scampo, era finita. Nessuno si sarebbe mai potuto salvare da quell’inferno, loro non di certo, specialmente quando il trave sopra le loro teste cadde.
Yugi serrò gli occhi indirizzando tutti i suoi pensieri su di lui, urlando, nella sua mente il suo nome.
 
Atem!









Bam! Trave infuocato sulla testa e tutti e sei stecchiti... o si salveranno? la vedo dura, un incendio nel cuore della notte, in egitto. fossimo a Venezia direi vabbeh... ma in una terra tanto arida... tempo di procurarsi dell'acqua e troviamo sei fratellini affumicati. Come si salveranno?
E Atem? Piccino s'è beccato il suo primo picche, nemmeno in friend-zone è finito è stato proprio estraniatoXD

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** ...The Prince's Lover ***


Sì, esatto un capitolo nuovo il mercoledì( ma tranquilli domenica c'è già il prossimo ;) )
Abbiamo lasciato Yugino in un bel pasticcio, in mezzo alle fiamme... vediamo un po' se si salva 

Buona Lettura!
 
ONCE UPON A TIME...

...THE PRINCE'S LOVER

 
Era una notte tranquilla a palazzo, ancora poco e il grande dio Ra sarebbe risorto dalle tenebre rassicurando il popolo che gli era tanto devoto.
 
Il principe, sembrava  inquieto, il suo sonno era turbato. Si girava e rigirava arrotolandosi tra le lenzuola, inconsciamente, si stava prendendo le labbra a morsi e sudava, sì, sudava molto. Era in preda ad un incubo tremendo che lo portò a invocare il nome di Yugi più e più volte.
 
«No! No Yugi… fai attenzione…»
 
Le fiamme inghiottivano tutto, il caldo era insopportabile e l’aria irrespirabile, ma non era lui che soffocava, era Yugi. Si trovava lì, nel bel mezzo di un incendio, senza via di fuga, le pareti crollavano attorno a lui costringendolo a gettarsi sul pavimento rovente,  chiamava il nome del principe, il fuoco lo stava soffocando.
Aveva dovuto strapparsi la veste per coprirsi la bocca, ma non cambiò nulla. Il fumo era densissimo.
 
Atem, aiutami.
 
Gli tendeva la mano, cercava di afferrarlo e trarlo in salvo, ma non arrivava, non si rendeva conto di trovarsi in un sogno.
D’un tratto il soffitto crollò travolgendo il suo piccolo amico che gridò.
 
«Atem! Atem! »
 
Era una voce squillante e allarmata, quella che arrivava dal corridoio e che irruppe nella sua stanza balzando pesantemente sul suo letto. Fu quasi una benedizione quel risveglio cruento per il principe, che, anche con tutto se stesso, non era riuscito a svegliarsi fino a quel momento. Quando lo fece una fitta alla spalla lo pietrificò per un momento, prima di prestare attenzione a Mana.
 
«Atem, svegliati! » lo scrollò con forza
«che c’è?! »
«è Yugi! Atem dobbiamo fare qualcosa! La locanda…»
 
Non appena lo disse il principe balzò giù dal letto correndo fuori dalla sua camera trascinando Mana che gli corse dietro. Lungo il corridoio trovarono Shimon che stava inseguendo la ragazzina, nel vano tentativo di impedirle di dare la notizia ad Atem, ma ormai era tardi.
 
«principe, dove stai andando? »
«da Yugi! » lo trovò ovvio Atem correndo.
«non puoi uscire dal palazzo! » gli ricordò il consigliere, ma nessuno dei due gli stava dando retta e fu compito delle guardie sbarrargli la strada con le loro lance che si chiusero di fronte al ragazzo.
«lasciatemi passare! » ordinò
«principe, ti prego ragiona! Cosa potresti mai fare? »
«salvarlo! Shimon, com’è potuto accadere? »
«non si sa, ma ti prego, adesso calmati! »
«io devo andare! Yugi potrebbe…»
«maestro Shimon! Yugi potrebbe essere ferito e aver bisogno del suo ragazzo! » s’intromise Mana con un tono di rimprovero che scioccò l’anziano oltre a mettere in imbarazzo Atem per quel: ‘ il suo ragazzo’. Un attimo dopo estrasse lo scettro immobilizzando le guardie. Quasi sicuramente non sarebbe stata in grado di invertire l’incantesimo, ma a quello ci avrebbe pensato Mahad.
«grazie, Mana! » esclamò correndo  verso le scuderie e balzando  in groppa ad Amon.
 
Doveva sapere, vedere con i suoi occhi, trovare Yugi, ma proprio quando era in direzione delle porte, questa si aprirono senza aver ancora ricevuto un suo ordine. Si dovette arrestare quando intravide la figura di Mahad rientrare, sembrava affaticato  e abbattuto.
 
Yugi era riuscito a mettere in salvo le sorelle aiutandole a calarsi da una finestra, evitando le fiamme con l’aiuto di Kuriboh. Finalmente fu visto dalle ragazze, trasformandosi dall’amichetto immaginario del fratellino, a una creatura viva e reale che salvò loro la vita. Yugi stava per seguirle, ma quando si guardò il polso appoggiato alla cornice della finestra, si accorse di non avere il bracciale. Certo che non l’aveva, dalla morte di suo padre non l’aveva più indossato, sarebbe andato distrutto nell’incendio e quello non lo poteva permettere, tornò indietro a cercarlo, ma quando lo trovò, l’unica via di fuga era stata bloccata dal crollo di una trave. Era in trappola.
Non sapeva che fare e l’unica cosa a cui riusciva a pesare era che sarebbe morto senza dire ad Atem ciò che provava davvero, l’aveva allontanato, ma solo per il dovere nei confronti della sua famiglia.
 
«Atem…» gemette con le lacrime agli occhi: «Atem mi dispiace… io…io ti voglio bene…vorrei tanto potertelo dire»
 
Non ce la faceva più, stava soffocando, aveva provato più volte a evocare una creatura per salvarsi, ma l’agitazione e il fumo non gli permisero di concentrarsi abbastanza per farlo.
Le forze gli vennero a mancare. Riaprì gli occhi solo per un momento ritrovandosi sul pavimento rovente. Era tutto confuso, stava per perdere di nuovo conoscenza e probabilmente non si sarebbe più svegliato, quando sentì lo strattone di Kuriboh che lo incitava ad alzarsi. Doveva restare sveglio, sapeva di doverlo fare, ma non ci riusciva.
 
Fuori tutti quanti si erano dati da fare per domare le fiamme, ma ancora non si era aperta una via per poter tirare fuori il ragazzo. Anche Mahad, allertato da Isis, era accorso con alcuni soldati, ma per come stavano le cose non poteva fare nulla se non aiutare con i secchi d’acqua.
Vi fu un crollo che segnò la fine definitiva della locanda.
 
«Yugi! » strillò la più piccola delle sorelle lanciandosi verso l’edificio.
 
Con repentinità, Mahad la prese cingendole un braccio attorno alla vita e prendendosi i suoi calci e i suoi pugni in un vano tentativo di liberarsi: «lasciami! Lasciami, ho detto! Devo salvarlo! È il mio fratellino! »
«non si può fare più nulla! » urlò ancora più forte Mahad, rendendole consce della tragedia che si era appena compiuta.
 
Era addolorato, ma ciò che più lo terrorizzava, era dover dare la notizia al suo principe, sapeva già come avrebbe reagito, ma doveva essere lui a farlo. Atem non avrebbe accettato quella verità da altre bocche se non dalla sua.
 
«sta uscendo qualcuno! » urlò una voce indicando le fiamme.
 
In effetti un’ombra emerse dal fuoco e con un balzo quello che all’apparenza pareva un grosso leone, si presentò di fronte a loro. Era una chimera dalla pelliccia marroncina e la criniera nera, due teste di leone e grandi ali bianche e piumate, ferite dalle fiamme e che celavano un piccolo tesoro nascosto sulla sua groppa.
Questo si accucciò di fronte a Nef mostrandole quello che custodiva e che la fece a scoppiare in lacrime.
 
«Yugi! » sorrisero le ragazze circondando la creatura che aveva tutta l’aria di essere un Ka evocato apposta per salvargli la vita.
«non può essere…» mormorò il sacerdote osservando la creatura che permise alle ragazze di toccare il ragazzino apparentemente incolume, solo molto stordito.
«l’incendio» biascicò con un filo di voce Yugi riprendendo leggermente conoscenza: « era doloso…»
 
Già, Mahad lo sospettava. Stranamente era accaduto proprio dopo il ritorno del principe, non poteva essere una semplice coincidenza, ma per ora la priorità l’avevano Yugi e le ragazze che affidò all’istante ai soldati affinché le portassero in un luogo sicuro, mentre lui pensò al giovane che svenne completamente adagiandosi sulla groppa della chimera. Accompagnata dal sacerdote e dagli altri soldati, questa si mosse verso il palazzo impedendo a chiunque di sfiorare il suo protetto che a pochi passi dalle mura del palazzo rinvenne e scambiò poche parole con il suo maestro. Era rimasto traumatizzato da quell’esperienza, fissava il vuoto stringendo la criniera della creatura.
Mahad entrò per primo e subito fu travolto dal principe, nel panico per ciò che era accaduto a Yugi.
 
«Mahad! Yugi è…» si zittì. La voce gli si bloccò in gola quando vide il mostro che stava accompagnando il sacerdote.
«sta bene» lo tranquillizzò osservando il Ka avvicinarsi lentamente al ragazzo che nel frattempo era sceso da cavallo.
 
Il suo sguardo s’incrociò con quello della creatura e in esso vide se stesso. Fu in quel momento che comprese: il sogno, la sensazione e il dolore alla schiena che provava dal suo risveglio, nello stesso punto in cui la chimera era ferita. L’aveva evocato lui . Inconsciamente, aveva evocato un Ka affinché proteggesse la cosa più preziosa che aveva: Yugi.
L'essere si accucciò ai suoi piedi mostrandogli il giovane Yugi seduto sulla sua groppa e che si sollevò ritrovandosi faccia a faccia con Atem.
 
«Hnm! » sussultò.
 
Stava bene, era uscito incolume da quell’incendio, ma sembrava parecchio scosso, non sorrise e non proferì parola. Non accettò nemmeno l’aiuto di Atem per scendere dalla groppa della chimera che svanì un attimo dopo.
Il principe venne messo al corrente  dell’accaduto dal sacerdote, che ne approfittò anche per diramare un mandato di cattura per il piromane. Senza contare che da quel rapporto, Atem scoprì anche il motivo del mutismo di Yugi che doveva essere più che sconvolto.
Aspettò pazientemente che terminassero di medicargli i graffi e poi lo raggiunse nel primo cortile, dove gli era stato detto che lo attendeva.
Lo trovò lì, seduto, fermo a fissarsi le mani serrate sulle gambe e il braccialetto, finalmente tornato a ornare il suo polso.
 
In quell’incendio aveva appena perso le sue sorelle e la sua casa, non c’era nulla per cui essere allegri, anche se il suo ritorno, in altre circostanze, l’avrebbe fatto sorridere.
Gli si avvicinò lentamente chiamandolo.
All’udire quella voce, Yugi si alzò e mosse un paio di passi verso di lui tenendo lo sguardo basso e non appena gli fu davanti si lasciò cadere tra le sue braccia posando la testa sulla spalla di Atem stringendosi attorno a quella schiena scura. Fu un gesto improvviso che lasciò Atem un po’ sorpreso. Non poteva crederci, lo stava abbracciando davvero e con forza, le sue mani si avvinghiavano al suo dorso nudo come se non volessero più staccarsi e dopo quella prima sorpresa, a  sua volta, strinse le braccia attorno all’esile corpicino ammaccato del ragazzino avvicinandolo e sfiorandogli i capelli con la bocca.
 
«ti fanno male le ferite? » gli domandò tenendolo stretto in quell’abbraccio.
 
Yugi scosse solamente la testa in risposta strusciando il viso sulla spalla di Atem che restò in silenzio per un po’ sperando che provasse a sfogarsi, ma Yugi era muto, non parlava, non piangeva, non faceva nulla. Forse era sotto shock e ancora non se ne rendeva conto, pensò, ma doveva affrontare quel dolore in qualche modo.
 
«mi dispiace per le tue sorelle» disse infine intrecciando una mano tra quei capelli così arruffati e che ancora sapevano di affumicato.
«loro stanno bene» rispose con un sussurro, finalmente parlava e per dare buone notizie: « Mahad le ha messe al sicuro»
«meno male» sorrise, sollevato, il ragazzo stringendo ancora più forte quella mano sulla nuca di Yugi.
«nessuno deve sapere che le mie sorelle sono vive,  l’uomo che ha appiccato l’incendio potrebbe cercarle» disse allentando la presa di quell’abbraccio senza però lasciarlo: «non potremo vederci per un po’»
«ma almeno state tutti bene» gli fece vedere il lato positivo: «e chiunque abbia fatto questo a voi e alla vostra casa, lo troveremo e lo punirò» gli promise.
 
«mi dispiace» aggiunse Yugi irrigidendosi di nuovo di colpo: «per essermene andato… non volevo, ma credevo che fosse la cosa giusta»
«perché? »
«per non pensarti più» confessò tornando a stringergli le mani sulla schiena: «avevo bisogno di starti lontano, occupare la mente e dimenticarmi di te…»
«perché volevi dimenticarmi? » era estremamente calmo, troppo calmo, troppo paziente, dentro stava impazzendo, il cuore gli batteva all’impazzata e aveva una voglia matta di urlare e baciarlo, gridargli quanto tenesse a lui, ma non poteva, non ancora, prima voleva sentirlo parlare, visto che per una volta,  si stava aprendo un po’ più del solito.
«perché non facevo altro che pensarti e quando lo facevo il cuore cominciava a battermi forte e tremavo…» mormorò serrando ancora più forte le braccia attorno a lui, anche in quel momento il cuore gli stava esplodendo nel petto. Stava cercando di dire che sentiva qualcosa di forte e profondo per lui, qualcosa che lui aveva capito da tempo e ora avrebbe dovuto fargli comprendere.  Aveva letto molte storie al riguardo, leggende come la storia di Iside che ricompose il corpo del suo amante Osiride per riportarlo alla vita, le sue sorelle ne parlavano di continuo.
 
«Hmn» sorrise dolcemente Atem sollevandogli il viso con un tocco estremamente delicato.
 
I loro occhi s’incrociarono e un momento dopo le calde e morbide labbra di Atem si posarono su quelle di Yugi.
Ne rimase stupito, era dolce e intenso. Mille emozione l’attraversarono, quel contatto delicato, quella mano che gli stringeva la vita e quella che gli sfiorava il viso.
Fu solo un bacio innocente che lo lasciò alquanto spiazzato, non seppe che fare o dire, era talmente stupito che nemmeno riuscì ad arrossire. In un primo momento reagì, cercò di respingerlo, ma si rese presto conto di non volerlo fare. Desiderava da tanto sapere cosa si provasse ad essere baciato da quel meraviglioso principe e la sensazione che provò lo scombussolò completamente. Aveva solo bisogno di respirare e capire cosa stava succedendo ,ma non ne ebbe il tempo.  Atem lo baciò di nuovo e stavolta con più decisione.
La prima volta temeva di essere respinto, ma una seconda volta no. Lo costrinse a socchiudere le labbra mentre la sua lingua si insinuava con gentilezza nella sua bocca. D’istinto Yugi ebbe l’impulso di serrare i denti, ma nonostante il morso, Atem non si fermò e s’insinuò ancora sfiorando la sua lingua, dimostrandogli di non avere paura. La mano scivolò sul suo collo mentre il pollice toccava lo zigomo. I movimenti fluidi delle loro labbra l’una contro l’altra resero ancora più emozionante il loro primo bacio, il primo bacio in assoluto di Yugi  che si stringeva a lui senza sapere che fare o come muoversi realmente.
Quando lo lasciò, Atem sorrideva, si sentiva al settimo cielo, era lì tra le sue braccia e quella volta era sicuro che non se ne sarebbe andato, lui non l’avrebbe permesso.
Per Yugi , invece, era  tutto nuovo, era confuso e anche un po’ spaventato, sentiva quella sensazione di calore al petto e le mani calde di Atem che lo stringevano, lo facevano sentire protetto e al sicuro.
«tornerai a vivere qui? » gli domandò.
Yugi  rispose con un cenno del capo fissandolo negli occhi: «credo di voler restare qui con te» ammise lasciandosi stringere ancora un po’.
 
 
Era notte e l’intero palazzo dormiva, solo le guardie stavano vigili. Loro e pochi altri.
 
Atem si aggirava per il palazzo muovendosi furtivamente per non dover dare spiegazioni a nessuno. Arrivò al balcone di quella camera completamente opposta alla sua e si arrampicò lungo il muro balzando sul terrazzo.
 
«Yugi, sono io» lo chiamò scostando la tenda dalla finestra, sperando di trovarlo sveglio e infatti gli rispose subito, invitandolo a entrare.
 
Era lì rannicchiato sul letto con le coperte che coprivano le ginocchia, i capelli legati in una treccia disordinata e con un’aria molto pensierosa.
 
«immaginavo che fossi sveglio» sorrise avvicinandosi: « con tutto quello che hai passato oggi... ho pensato che ti servisse compagnia in una stanza così grande»
 
Immaginava che si sarebbe sentito spaesato in mezzo a tanto sfarzo, ma era giusto così. Yugi era diventato una persona molto importante e come tale aveva diritto ad un trattamento da re.
 
«no, va bene. È solo che non riesco a dormire» rispose stringendosi le ginocchia al petto.
«vuoi un po’ di compagnia? » gli propose di nuovo sedendosi sul suo letto e osservandolo. La risposta fu inutile visto che si era già accomodato incrociando le gambe e appoggiandosi alle braccia posate dietro la schiena
«come ti senti? »
«sto bene, almeno credo. Le mie sorelle stanno bene e io sono qui con te. Direi che le cose non vanno male» rispose provando ad essere più positivo del suo solito facendo sorridere Atem solo per un momento. Subito dopo la sua espressione s’incupì. Doveva chiedergli una cosa che lo metteva in soggezione, sentiva le guance andargli a fuoco e se non fosse stato per la pelle scura, quell’imbarazzo si sarebbe visto molto di più.
 
«senti… io… c’è una cosa che vorrei chiederti… cioè vorrei fare… con te» mormorò facendo rimbalzare lo sguardo ovunque nella stanza fuorché su di lui che lo guardava incuriosito.
«di che si tratta? »
«ecco io non so se è il caso, ma visto che ci siamo baciati e tu mi piaci… ecco…» non sapeva come dirlo, avrebbe voluto trovare il modo di farglielo capire. Sapeva che Yugi era molto ingenuo, ma sapeva anche che era cresciuto in un bordello e una domanda troppo esplicita avrebbe potuto spaventarlo.
«mi piaci anche tu» confessò con un sorrisetto dolce e imbarazzato.
«ah…eh… allora vorresti…» continuava a fissarlo senza capire cosa volesse da lui, quando la domanda era estremamente semplice, eppure non capiva. A parole, come se l’era fatto spiegare da Mahad la cosa era molto più semplice, in realtà non avrebbe nemmeno dovuto parlare, ma poi la situazione era finita in chiacchiere
«Uff! » esclamò lanciandosi verso di lui per rubargli un bacio, cercando di passare ai fatti visto che con le parole non riusciva a concludere nulla, ma lo spinse indietro troppo rapidamente e Yugi finì per sbattere la testa contro la spalliera del letto.
«ahi! Ma sei scemo? » si lamentò all’istante respingendolo e massaggiandosi la nuca.
«scusa! » si chiuse nelle spalle Atem mortificandosi per essere stato troppo avventato.
 
Si sentiva un imbranato della peggior categoria, ma d’altronde, era la prima volta che prendeva il controllo, che era lui a gestire la situazione. Era un momento molto importante, perché sarebbe stato con Yugi e voleva che tutto fosse perfetto.
 
Si era formato un bel bernoccolo sulla nuca del giovane locandiere e Atem andò a prendere un po’ d’acqua fresca con cui bagnò un panno per alleviare il gonfiore.
 
«mi dispiace» si scusò ancora lasciando che fosse Yugi a tenere la pezza dove più gli faceva male
«non importa» sorrise. In fondo quel bacio gli sarebbe anche potuto piacere: «cosa volevi chiedermi? »
«eh…nulla, lascia stare. Non è importante» scosse la testa.
 
Quell’interruzione gli aveva fatto capire di non essere ancora pronto a quel passo e Yugi ancora meno. Era cresciuto, maturato, ma negli occhi aveva ancora quella dolcezza e quell’innocenza di cui si era innamorato e che voleva godersi ancora un po’.
Lo guardava e sorrideva. Era suo. Il suo Hnm e quel bacio l’aveva reso reale e ufficiale.
 
«ti lascio dormire» disse mettendo giù i piedi dal letto, ma la vocina di Yugi lo fermò, assieme alla sua mano che lo trattenne tirando la stoffa del gonnellino.
«aspetta» pigolò con gli occhi lucidi: « dormi con me? »
 
Non glielo stava chiedendo davvero.
Atem perse un battito all’udire quelle parole. Yugi voleva dormire con lui. Loro, insieme. Nello stesso letto.
L’avevano già fatto, ma allora Atem non era ancora sicuro di quello che provava per Yugi, in quel momento, invece, loro due erano praticamente una coppia, si erano dichiarati, a modo loro.
Anche lui sembrava nervoso, stritolava la pezza bagnata in attesa di una risposta che non arrivava.
 
«v-va bene» mormorò il principe tornando vicino a lui e infilandosi sotto alle coperte.
«buonanotte Hnm» disse voltandosi verso il bordo del letto. Era teso come la corda di un’arpa, la sola idea di condividere il letto con lui lo eccitava incredibilmente, meglio non aizzare certi istinti standogli più vicino del dovuto.
 
Un po’ stupito da quella reazione, Yugi fece lo stesso dandogli la schiena, ma nessuno dei due chiuse occhio, non ci provarono nemmeno. Troppe emozioni, pensieri, ricordi li tenevano svegli.
 
«ehi, Atem» lo chiamò con un mormorio a cui lui rispose solo con un verso: «ma noi adesso…siamo una coppia? Tipo Isis e Mahad? »
«loro non sono una coppia» obbiettò Atem sforzandosi di non girarsi
«ma passano spesso la notte insieme e… e fanno quella cosa lì» affermò con un velo d’imbarazzo quasi infantile.
 
In effetti Atem aveva il sospetto che tra loro ci fosse qualcosa, ma era sempre stato attento a non dire niente. Quelle stupide regole dei sacerdoti e dei legami, costringevano quei due a nascondersi come fuggitivi ed era una cosa che al principe proprio non piaceva. Non c’era nulla di male nel provare affetto per qualcun altro, non capiva perché per certe persone bisognasse nascondere quei sentimenti. Al cuore non si comanda, o almeno, non aveva ancora trovato libri che spiegassero come fare.
 
«mmh ok, forse sono una coppia, ma non dirlo a nessuno, deve essere un segreto»  affermò infine Atem.
«e noi? » chiese di nuovo.
«anche noi, credo. Insomma, io vorrei stare sempre con te» gli confessò. Le interiora gli si stavano aggrovigliando per l’agitazione e la tensione che quelle parole gli stavano provocando. Il viso gli bruciava per il rossore. Dovevano fare quel discorso proprio in quel momento? In quella situazione?
«anche io» ammise Yugi che nel frattempo si era girato sperando di vederlo fare lo stesso: «e quindi anche noi dovremo fare quella cosa… cioè… giacere insieme»
 
Ecco, l’aveva detto. Tutta la sera che ci pensava e l’arrivo di Atem gliel’aveva fatto pensare ancora più intensamente. Non sapeva quasi nulla al riguardo, solo che per le sue sorelle era un obbligo che non le rendeva molto contente e fiere di se stesse. Eppure se c’era gente che pagava per farlo, doveva essere, in qualche modo, bello o appagante o qualsiasi cosa spingesse quegli uomini a cercare i servigi delle ragazze.
 
L’aveva detto lui. Aveva tirato fuori lui l’argomento che il principe aveva deciso di rimandare.
Sgomento, Atem drizzò la testa voltandosi verso Hnm. L’aveva detto sul serio.
Quella sera Yugi aveva deciso di stroncare la sua vita facendogli prendere un infarto dopo l’altro.
 
«solo se vuoi» mormorò, tentando di riprendersi
«io…non lo so» ammise stringendosi il lenzuolo addosso.
Quella reazione fece sorridere il principe che si calmò mettendosi a sedere comodamente e prendendogli la mano: «solo quando ti sentirai pronto»
«e come lo capirò? Tu sei pronto? Sai com’è? »lo tempestò di domande. Se il sesso era una cosa normale per tutti, allora voleva che la fosse anche per lui, voleva sapere e Atem, forse, era quello con cui si sentiva meno a disagio a parlarne. Anche se l’idea di tanta ignoranza lo faceva sentire un bambino.
In risposta Atem sorrise abbracciandolo: «dai tempo al tempo, Hnm»
 
Forse aveva ragione, che senso aveva affrettare le cose. Loro erano lì e se quello che sentivano nel petto era vero, sarebbero stati insieme fino alla morte. Quella era l’unica cosa di cui erano certi.
 
«ti voglio bene Atem» sussurrò lasciandosi sprofondare nel suo abbraccio
«anche io Hnm» rispose con lo stesso tono.
«ma è possibile? » ecco che ritirava fuori l’argomento appena accantonato: «cioè noi siamo… siamo uguali. Si può fare? È giusto? E se ci fossero delle regole che…»
 
Quante domande che vorticavano in quella testolina e probabilmente ne aveva anche le risposte, ma l’agitazione e qualsiasi altra emozione gliele facevano sembrare così lontano da sembrare sconosciute.
Gli fece una grande tenerezza.
 
«tutto è possibile quando ci si vuole bene. Non esistono regole e se ci sono, vanno ignorate. Non esiste potere, sovrano o dio in grado di comandare il cuore» disse accarezzando quel viso così dolce, dalla pelle di pesca che baciò, prima di dare attenzione a quella boccuccia così morbida.
«mi piacciono i tuoi baci» mormorò appena lo lasciò, con gli occhi lucidi per l’emozione. Un invito meraviglioso per il principe che riprese, incorniciando il suo viso con le mani, mentre quelle di Yugi si avvinghiavano al suo collo. Affamato di dolcezza, del sapore del suo principe che a un certo punto dovette fermarsi. Doveva immaginare che quella foga avrebbe reso piacevolmente felici entrambi, ma non si aspettava una reazione tanto rapida dal suo Yugi, ma quella che gli premeva sulla pancia era proprio l’eccitazione del piccolo che, appena se ne accorse, corse a coprirsi imbarazzato.
«scusa…» pigolò sotterrandosi sotto alle coperte.
Quanta tenerezza che gli faceva. Ingenuo e puro, ma così bisognoso di scoprire e conoscere.
«vieni qui» sorrise togliendogli il lenzuolo da sopra alla testa: «non è successo niente»
«sì, ma…è imbarazzante» biascicò restando raggomitolato su se stesso, ma quando Atem si chinò su di lui abbracciandolo e avvertì la stessa cosa toccargli la schiena, allora si girò osservandolo stupito.
Era eccitato già da prima e vedere la reazione di Yugi ai suoi baci aveva peggiorato tutto. Lo guardò e scrollò le spalle, cercando di sembrare il più naturale possibile per tranquillizzarlo, anche se in realtà pure lui si sentiva imbarazzato: non era ancora successo niente, ma la stoffa che lo avvolgeva stringeva già tantissimo.
«tu mi piaci».
 
La voce del ragazzino si bloccò tra la gola e il palato, non sapeva che dire e come dirlo. Lo osservò lanciare via le lenzuola posando le dita sul suo piede, chinandosi per baciarlo e salì. Lentamente lungo la caviglia, il polpaccio, il ginocchio, disseminando quella strada di baci, mentre con la mano accarezzava l’altra gamba, finché non raggiunse l’interno coscia bianco e caldo.
Yugi mandò giù una grossa boccata d’aria mentre gli sollevava il gonnellino e baciava la stoffa umidiccia del suo perizoma.
Stava succedendo proprio come nel suo sogno. Scostata anche quell’ultima copertura, Yugi si ritrovò praticamente nudo di fronte a lui. Atem aveva scoperto il suo intimo in quella situazione così imbarazzante. Un gemito gli scappò di bocca quando sentì le labbra calde del principe posarsi sul suo membro fremente e quella sensazione bollente propagarsi per tutto il suo corpo.
 
«Atem che fai…mmh…no…» si lamentò provando a respingerlo.
 
Era una sensazione totalmente nuova e non capiva se fosse piacevole o meno. In un primo momento gli afferrò i capelli sperando di allontanarlo, ma le forze gli vennero a mancare e lo lasciò. Si corresse: era piacevole, molto piacevole.
 
Atem si prese cura di lui per tutto il tempo che ne ebbe bisogno, lo coccolò e lo baciò finché non si addormentò tra le sue braccia. Felice e appagato e lui fece lo stesso, gli bastava vedere il suo piccolo amante contento per esserlo a sua volta e l’idea che da lì in poi l’avrebbe stretto tra le braccia ogni giorno e ogni notte, lo fece addormentare con il sorriso sulle labbra.
 
«buonanotte Hnm»
 

 










Oserei dire che in quella camera si sia alzata un po' la temperatura, per cui lasciamoli soli e immaginiamoci il resto u.u
A Domenica!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** ...Father and Son ***


Hi! 
Beh fuochi d'artificio, facciamo festa, si sono dichiarati... ma saranno rose e fiori a lungo? Vedremo.
Nel frattempo vi tranquillizzo dicendo che per ora non superiamo i limiti della legalità del raiting arancio e che dire del piromane... nulla perchè vuole dirlo Yugi.

Buona Lettura
 
ONCE UPON A TIME...

...FATHER AND SON

 
Le cose non potevano andare meglio, Yugi e Atem, Atem e Yugi. Nessuno avrebbe più potuto separarli, erano un tutt’uno.
Giravano per il palazzo ridendo e scherzando, riempiendo di allegria quelle mura dorate e fredde, scaldavano i cuori delle persone. Non c’era nulla di più bello dei loro visi sempre solari e sorridenti.
Spesso Atem doveva assentarsi per i suoi doveri di principe e Yugi si era deciso a darsi da fare con lo studio, aveva ancora molto da imparare per poter affiancare il principe come suo compagno, viaggi diplomatici, amministrazioni, doveva essere pronto a tutto. Ormai era come se facesse parte della famiglia reale.
Certe mattine, quando  si svegliava tra le braccia di Atem in quell’immensa stanza, credeva di trovarsi in un sogno, non riusciva ancora a capacitarsi di quanto fosse cambiata la sua vita. Si sentiva il ragazzo più fortunato del mondo e probabilmente lo era davvero.
 
Negli ultimi giorni, però, Atem gli era parso particolarmente nervoso. A lui non diceva niente per non spaventarlo, ma aveva sentito dire da diversi servitori che in quei giorni discuteva spesso con il padre che non approvava il suo modo di comportarsi sia all’interno del palazzo che fuori quando veniva mandato in missioni diplomatiche; o peggio, lo rimproverava per il poco impegno che metteva nei suoi studi quando lui, con Yugi testimone, si impegnava con tutte le sue forze per eccellere, come tutti si aspettavano.
 
Come se non bastasse in quel periodo di cose strane ne erano accadute parecchie a palazzo, come il tendone che quasi l’aveva travolto sulle scale, i vermi nella vasca da bagno, i vestiti bucati. Sembravano gli scherzi di un bambino, ma poi si ritrovò un cobra nel cesto della frutta. Se Atem non fosse stato abbastanza vigile, l’avrebbe morso. E come dimenticare lo scorpione nel letto, Atem l’aveva appena buttato di peso sulle coperte per gioco, quando notò l’animale muoversi sotto di esse. Rischiarono parecchio quella volta.
 
I primi tempi erano stati magnifici, ma poi tutto era degenerato, non tra di loro, certo, nonostante tutto riuscivano ancora a strapparsi sorrisi e risate a vicenda, ma il mondo attorno a loro si stava oscurando. Si sentivano braccati in una morsa di dispiaceri e paure e la loro intimità ne risentiva, non che avessero ancora fatto qualcosa, almeno nulla di ciò che tutti invece si aspettavano. Ancora non si sentivano pronti, Yugi specialmente, ma gli piaceva addormentarsi tra le braccia del suo principe, dopo essersi fatto coccolare un po', a volte provava a ricambiare quelle attenzioni e Atem sembrava esserne felice. Ma capitava spesso che si addormentasse tra le sue braccia e poi, nel corso della notte, si ritrovasse da solo. Dove fosse il principe non era un mistero, se non si trovava nel giardino ad allenarsi con la spada o l’arco, era nel suo studio a esaminare i testi e studiarli. A volte lo aiutava, altre invece percepiva il suo disagio e si teneva a distanza. Trovava ingiusto che il faraone lo rimproverasse per il suo disimpegno, quando, invece, Atem passava le nottate su quei testi. Tutti si aspettavano troppo da un ragazzo di appena 16 anni, con un’intera vita davanti e mille cose da fare e scoprire.
 
Un principe deve. Un principe non deve. Un principe fa. Un principe non fa.
 
Lo sentiva continuamente dire dalle bocche di chiunque e certe volte aveva una voglia incredibile di metterli a tacere, ricordare loro che stavano parlando con un ragazzo e non con un burattino. Poi però ripensava ai discorsi di sua sorella Tuya sui doveri che Atem aveva, che ogni persona aveva al mondo. E quei devi e non devi, erano quelli di Atem. Un’educazione rigida che l’avrebbe fatto diventare un grande re, anche se per Yugi, lo sarebbe stato sicuramente anche senza.
 
Come era già capitato moltissime volte, Yugi si risvegliò da solo. Si vestì e corse a cercare il suo principe per dargli il buongiorno. C’era un’aria strana per i corridoi, al suo passaggio le persone lo fissavano di sottecchi, come se fosse accaduto qualcosa che lo riguardava. Ben presto scoprì dell’ennesima discussione che c’era stata tra il principe e il faraone. Questa, però, sembrò più seria delle altre.
 
Mentre il ragazzino correva a cercarlo, Aknadin e il sommo faraone stavano parlando, cioè il sovrano stava esponendo le sue angosce al fratello riguardo a quella discussione in cui c’entrava tutto e nulla. L’aveva rimproverato per quella che lui definiva svogliatezza nel portare a termine i suoi compiti. Per quel giorno Atem avrebbe dovuto scrivere una lettera da spedire a Babilonia, un accordo politico che li aiutasse a mettere fine a quella sanguinosa guerra che si stava combattendo a oriente. Atem era rimasto sveglio per notti intere in cerca delle parole giuste, ma ciò che era venuto fuori non aveva soddisfatto il faraone. Il principe era sbottato, non aveva più retto la tensione ed erano volate parole grosse, aveva mancato di rispetto al nobile genitore, allo stesso modo in cui lui si era sentito preso in giro dai rimproveri del padre. E pensare che quella mattina, l’unico pensiero del principe era di chiedergli un pomeriggio di riposo da passare tranquillamente con Yugi, ma quella richiesta fu clamorosamente respinta dal sovrano.
La discussione non raggiunse una fine. Atem se ne andò semplicemente in cerca di un luogo in cui sfogare quella rabbia che la sua parte razionale gli aveva impedito di sfogare a parole contro suo padre.
 
«Aknadin, io non so più che fare.... »sospirò Aknamkanon, sprofondando sulla poltrona della sua stanza.
«forse dovresti solo parlargli» asserì il sacerdote.
«io parlo con lui, ma non mi ascolta. È cocciuto e orgoglioso, vuole fare tutto di testa sua. Non capisce che tutto quello che faccio è per il bene suo e del popolo»
«è giovane e vivace e quel ragazzino lo distrae molto, lo sai» volle giustificarlo, non era la prima volta che accusava Yugi senza motivo, lui non distraeva il principe, semmai lo supportava e per fortuna il faraone lo volle difendere.
«non credo proprio che sia colpa di quel ragazzo. È che lui… ha quell’indole ribelle, non vuole sentire ragioni, neanche quando ha torto. So che si impegna molto e so che passa la notte a studiare e allenarsi, ma non lo fa con il cuore. Non crede in quello che fa e quando cerco di aiutarlo… si ritrae e mi respinge… come posso avere un dialogo con mio figlio se ogni volta che mi avvicino mi allontana? »
 
Era un problema a cui Aknadin non seppe rispondergli, non aveva mai provato l’esperienza di essere genitore, di un adolescente poi. Il rapporto che aveva con Seth era molto stretto, ma il sacerdote, fin dal suo arrivo, era stato un ragazzo calmo e pacato che ascoltava e imparava dai suoi errori. Tutto il contrario del principe ereditario.
 
Yugi trovò Atem nelle stalle, uno stalliere gli riferì che aveva passato la mattina a pulire e sistemare il box di Amon, senza un motivo, impedendo a chiunque di avvicinarsi, anzi aveva proprio cacciato il personale. In quel momento invece, si stava accanendo su un trave di legno con una spada, lo colpiva con forza incastrando la lama nel legno e ritirandola a fatica.
 
«io non m’impegno?! » gridava: «non penso ad altro che a giocare? Non credo in quello che faccio? »
 
Yugi si tenne a distanza e lasciò che si sfogasse, era furioso, come non l’aveva mai visto e passò parecchio tempo, ma poi, stanco e spossato, si lasciò cadere sul pavimento di pietra.
Lo raggiunse restando in piedi davanti a lui.
 
«ti sei calmato? » gli domandò Yugi.
«no, ma non ce la faccio più» mormorò ansimando. Era un bagno di sudore, pallido con gli occhi scavati. Esausto.
«vieni, torniamo dentro» lo chiamò Yugi prendendolo per il braccio, ma Atem si tirò indietro.
«non voglio! Là dentro non ci torno»
«sei uno straccio, ti serve un bagno e riposo! » alzò il tono mettendoci più forza in quello strattone, convincendolo davvero ad alzarsi. Una volta in piedi  gli gettò le braccia al collo stringendolo forte: «ci sono io con te» gli disse piano all’orecchio.
Ormai Atem non poteva più nascondergli che le cose non andavano più così bene come voleva fargli credere, ma lui gli sarebbe restato accanto. Bastò quell’abbraccio a calmarlo. Lo sentì proprio rilassarsi e ricambiare la sua stretta.
«grazie Hnm» mormorò.
 
Non si era risolto nulla per la verità, ma almeno aveva calmato quell’animo tormentato per un po’.  Lo accompagnò in camera, erano giorni che non dormiva e Yugi provò a convincerlo a riposarsi.
 
«non voglio» si lamentò pestando i piedi come un bambino.
«e invece sì. Non stai in piedi. Forza, a letto» lo rimproverò come faceva sua sorella con lui quando era piccolo.
«Hnm, andiamo via. Ci facciamo una vacanza, che ne dici? » gli propose sedendosi tra le lenzuola, ma tirandosi dietro Yugi per rubargli un paio di baci.
«credo che sia il momento peggiore» rise lui, stando al gioco pur di convincerlo a riposarsi, non s’immaginava che l’avrebbe spinto e sovrastato.
«che… che vuoi fare? »
 
Altri baci meno gentili si posarono sulla sua bocca mentre le mani del principe tentavano freneticamente di togliergli i vestiti.
 
«A-Atem…non sei in te… fermo…»
«ti voglio» mugugnò il principe scendendo a baciargli il collo, mentre Yugi tentava invano di respingerlo.
«no… smettila… ho detto no! »
 
Con una ginocchiata nello stomaco lo allontanò, ma uno strattone di Yugi e la veste si strappò mettendo in bella vista le cicatrici che subito si affrettò a coprire. Ormai era tardi, Atem le aveva viste. Sapeva della loro esistenza, ma non le aveva mai viste. Quattro linee rosse che solcavano la sua pelle candida. Quelle, unite allo sguardo spaventato del ragazzino, gli fecero comprendere il suo sbaglio. Si ritrasse, ma non riuscì a distogliere lo sguardo da quei segni. Ricordò tutto, ogni cosa, la bestia, la sua stupidità, l’incidente. Il respiro gli si accorciò e impallidì, a nulla servì il vano tentativo di Yugi di coprire quei segni orribili.
Si ritirò. Era sconvolto, molto più di prima.
 
Gli anni passavano, ma lui restava sempre lo stesso stupido ragazzino incapace di proteggere chi amava. In quel momento dovette dare ragione a suo padre a rimproverarlo. L’aveva lasciato andare e per poco non lo perdeva in quell’incendio e tutti quegli incidenti di quei giorni. L’idea di perderlo o vederlo soffrire ancora lo faceva impazzire. Strani e assurdi pensieri vagavano per la sua mente mentre fissava Yugi tentare, goffamente, di coprire la spalla. Non l’avrebbe mai più lasciato, ma stava esagerando, aveva sbagliato, non era pronto e lui lo stava costringendo.
 
«ma  che sto facendo…»
«Atem, mi dispiace. Non dovevi vederlo…» cercò di calmarlo Yugi, ma ormai il danno era fatto.
«scusa… io non volevo»
«lo so» certo che lo sapeva e lo giustificò. Era troppo sconvolto per ragionarci: «adesso riposati » lo pregò aiutandolo a stendersi.
 
Lo vegliò finché non prese sonno e accadde in poco tempo, era esausto.
Con il cuore che ancora batteva all’impazzata per lo spavento, Yugi lasciò la camera. Gli tremavano le mani e le strinse al petto, in un vano tentativo di calmarsi.
 
Le cose proseguirono con i loro alti e bassi, Atem non si presentò più al cospetto del faraone.
I rapporti  tra padre e figlio erano molto tesi e di ciò ne risentivano tutti.
 
Qualche giorno più tardi, Yugi s’imbatté nel nobile Aknadin che salutò con riverenza .
 
«buongiorno nobile Aknadin» disse, ma non ricevette lo stesso tono cordiale dal sacerdote che, ritrovandosi solo con lui, ci tenne a mettere le cose in chiaro.
«ti avevo chiesto di stare lontano dal principe» sibilò fissandolo dritto negli occhi.
«io non capisco» si spaventò Yugi indietreggiando.
 
Perché lo aggrediva? Non aveva fatto nulla di male.
 
«non sei una buona influenza per mio nipote. È cambiato da quando ti conosce, la tua presenza non fa bene al futuro del regno! »
«ma… maestro»
 
All’inizio, quando Yugi era tornato e Atem l’aveva definito il suo compagno di fronte al faraone, questi, anche se un po’ restio in principio, aveva deciso di dare loro la sua benedizione, allora perché suo fratello non la pensava allo stesso modo? Perché non vedeva in loro ciò che aveva visto il faraone?
 
«non voglio lasciare di nuovo Atem! » piagnucolò, esattamente cose era accaduto l’ultima volta.
«sai quello che si dice di te e sai anche che questo non fa bene all’immagine del futuro sovrano. Sei tu la causa della maggior parte delle loro liti»
«questo non è vero» s’impuntò : «io non voglio nulla da lui e da voi, voglio solo stare con Atem, per sempre»
«non ti è bastato metterlo in pericolo più e più volte» gli rinfacciò scostandogli il mantello dalla spalla asserendo alle sue cicatrici: «sai cosa rischia? Hai idea di quello che potrebbe accadere se il nostro principe venisse ritenuto debole e indegno del trono? L’intero Egitto crollerebbe e tutto a causa tua»
«io lotterò al fianco del mio compagno! » tirò finalmente fuori le unghie il piccolo Yugi sollevando lo sguardo, guardandolo intensamente negli occhi. Abbastanza da farlo sussultare : «Atem è importante per me e non ho intenzione di lasciarlo mai più! Che sia il principe o il più umile dei servi, io resterò al suo fianco! »
 
Detto questo, voltò i tacchi andandosene, non gli importò del rispetto e dell’etichetta. Aknadin non aveva avuto riguardi per lui e Yugi non ne avrebbe avuti altrettanti, non più. Era l’amante del principe, aveva nuove responsabilità e la prima era salvaguardare il loro rapporto.
Il sacerdote restò spiazzato da una tale sfrontatezza, ma ancora di più dagli occhi di Yugi, sapeva da tempo di averli già visti da qualche parte e capì dove solo quando sollevò lo sguardo su di lui. Non aveva senso, se davvero era così, non sarebbe dovuto trovarsi lì, sarebbe dovuto essere morto. Eppure tutto coincideva, il ritrovamento del bambino, la sua età persino la sua memoria perduta era un chiaro segnale di chi fosse in realtà e di ciò che portava nel cuore. Capì finalmente perché gli oggetti erano incapaci di sondare la sua anima e perché il suo istinto non lo volesse assolutamente nelle vicinanze, specialmente al fianco del principe.
 
Atem non si trovava a palazzo, aveva delle faccende da sbrigare a Karnak, per fortuna di Yugi. Avevano già abbastanza problemi senza dovergli far sapere di aver discusso anche con uno dei sacerdoti.
Come si era permesso Aknadin di dirgli quelle cose? Cosa ne sapeva lui di quello che provavano? Non si era mai preoccupato del bene di suo nipote e nemmeno di conoscere Yugi, l’unica cosa a cui pensava era di allontanarlo.
Chiusosi in camera, trovò la sua biancheria posata sul letto, come aveva chiesto. Gli piaceva mettere a posto da solo le sue cose, ma in quel momento gli fece venire solo una grande rabbia  che lo spinse a scaraventare i panni a terra con un ringhio.
Dopo tutto quelle che stavano passando, le liti con il faraone, gli incidenti, si aggiungeva ancora Aknadin a incolparlo dei dissapori tra Atem e  suo padre insultandolo senza motivo.
 
Aveva bisogno di stare solo e calmarsi, ma d’un tratto uno strano e assurdo pensiero gli balenò per la mente. E se non fossero stati incidenti? Se il responsabile dell’incendio si trovasse nel palazzo e cercasse di far passare la sua morte per un incidente?
 
Spalancò le porte della stanza e corse lungo il corridoio, dall’altro lato, scese due rampe, risalita una e voltato a sinistra, avrebbe trovato le stanze di Mahad.
«maestro! » esclamò irrompendo nella stanza. Al mago per poco prese un colpo, sì insomma, era assorto nella lettura di alcuni testi e l’arrivo di Yugi lo spaventò.
«Yug…. Mio signore» si corresse scattando in piedi e inchinandosi.
«Yugi va bene» scrollò le spalle il ragazzino. Mahad era l’uomo a cui portare rispetto, non il contrario. Gli doveva moltissimo, era grazie a lui se aveva imparato a controllare il suo Ba. Avrebbero discusso di quella cosa in un secondo momento, c’era una cosa molto più urgente che Yugi voleva sapere.
«avrei bisogno di parlarti»
Ovviamente il sacerdote gli offrì subito da accomodarsi, Yugi non era un perditempo, se l’aveva cercato con così tanta urgenza un motivo doveva esserci.
«si tratta degli incidenti che stanno capitando ultimamente» cominciò, ma Mahad capì subito il punto e lo anticipò.
«non si tratta di incidenti» lo corresse.
Era proprio lì che Yugi voleva andare a parare. Non erano incidenti
«credo che abbiano a che fare con chi ha appiccato l’incendio» continuò il ragazzino facendosi, d’un tratto, molto pensieroso: «e poi… stamattina ho discusso con il nobile Aknadin»
«per quale motivo? » s’insospettì all’istante prestando estrema attenzione alle sue parole
«non vuole che io stia con Atem, dice che porto disonore all’Egitto e che sono la causa delle sue liti con il re…»
«non dargli retta» cercò di consolarlo: «sei una novità e al maestro Aknadin non piacciono molto queste cose»
«ma tu credi che… che se fossi una donna, cioè se al mio posto ci fosse una donna, Atem…» era un dubbio che lo assaliva da molto tempo, in molti gli avevano rinfacciato quella scelta ripetendogli che il regno necessitava di una donna forte al fianco del principe e non si un ragazzino in cerca di ricchezze che per qualche strana deviazione aveva confuso e sedotto il principe.
A questo punto Mahad si fece particolarmente serio spiegando a Yugi ciò che tutti coloro che volevano davvero bene ad Atem, avevano realizzato e compreso. Il vero motivo per cui l’avevano accolto a braccia aperte.
«Yugi, lo sai come veniva chiamato il principe un tempo? »
«il principe delle tenebre» rispose il ragazzino, ricordando la paura che provò il giorno in cui scoprì chi era davvero l’amico  con cui trascorreva le giornate.
«il suo sguardo era sempre così cupo, trovava godimento nel fare del male alle persone. Perdona la mia mancanza di rispetto, ma era così egoista e viziato. Il faraone e tutti noi temevano davvero per lui e per il futuro che attendeva la nostra terra» gli raccontò ricordando quegli anni bui in cui il principe teneva tutti con il fiato sospeso: «certo, con chi reputava amico sembrava una persona mite e gentile, ma vedevamo comunque l’oscurità nei suoi occhi»
«perché? »
«perché quando la regina, la sua nobile madre, morì, con lei sparì anche un pezzo del cuore del nostro principe. Era molto giovane, ma abbastanza grande per comprendere la perdita e soffrirne. La mancanza di una figura materna e l’assenza di un padre troppo impegnato, unite a un carattere come quello del nostro principe, hanno creato per lui una reputazione terrificante»
 
Yugi era davvero triste, sia lui che Atem erano cresciuti senza una madre, ma a quanto pare essere il principe non gli aveva facilitato comunque le cose, anzi aveva peggiorato tutto. Seppur bambino, Atem aveva sentito da subito il peso e la responsabilità che un giorno sarebbero gravate su di lui. Chiuse il suo cuore a chiave lasciandosi guidare dal suo lato oscuro.
 
«ma poi, un giorno…» cambiò tono il mago: «un giorno tornò a palazzo dopo l’ennesima fuga…non credetti ai miei occhi, il suo viso era luminoso, gioioso. Le tenebre si erano dissipate completamente e nel suo sguardo era tornata quella luce spentasi quando era un bambino» raccontò azzardandosi a guardare negli occhi il piccolo Yugi.
«cos’era successo? »
«aveva conosciuto te» fu l’ovvia risposta di Mahad: « ci raccontò del suo incontro, del ragazzino che era riuscito a tenergli testa a un gioco che gli aveva fatto dono di quel frutto»
«sì, beh… non sapevo che fosse il principe… volevo solo liberarmi di lui…»
«forse per te non ha avuto importanza, ma per il principe è stato un momento importante. È cambiato da quando ti ha incontrato, è cresciuto. Ha capito cosa sia la vera giustizia, la lealtà e l’amicizia»
«anche lui ha cambiato me. Mi ha insegnato ad avere fiducia in me stesso e a non vergognarmi del colore della mia pelle»
«sei una figura importante nella vita del principe, ecco perché non devi dare retta a chi dice cattiverie su di voi, chi tu sia non ha importanza, se il tuo cuore è puro. Il faraone vi ha dato la sua approvazione e benedizione, conta solo questo»
«non voglio sapere altro! » sorrise Yugi balzando in piedi, sentirsi dire quelle cose l’aveva tranquillizzato: «e io che credevo che il maestro Aknadin stesse complottando contro di noi. Che gli dei mi perdonino» rise di gusto.
 
A quell’affermazione, però, Mahad s’incupì, togliendo il sorriso al ragazzino che provò a scusarsi, non era sua intenzione mancare di rispetto ai sacerdoti.
 
«per favore, siediti» lo pregò chiudendo le mani davanti alla fronte, fissando le carte che esaminava poco prima.
«maestro, mi dispiace. Non volevo offendere nessuno…» si allarmò Yugi, ma non era quello che aveva fatto incupire tanto il sacerdote, quanto più i motivi che probabilmente l’avevano portato a sospettare di lui e fu di quelli che gli chiese di parlargli.
Yugi gli parlò degli sguardi severi che aveva sempre ricevuto, Mahad scoprì che era stato il vecchio sacerdote a mandarlo via da palazzo nel periodo in cui lui e il principe erano guerra e delle mille altre vicende in cui i due si erano ritrovati in disaccordo.
 
«sta succedendo qualcosa, non è vero? » si fece altrettanto inquieto Yugi.
 
Il sacerdote aveva assolutamente bisogno di qualcuno con cui parlarne e, visti i suoi dissapori con Aknadin, quel ragazzino gli parve la persona migliore a cui affidarsi. Lo scrutò per un momento negli occhi, erano innocenti, puri e sinceri. Sì, di lui poteva fidarsi. Lo fece, gli affidò il suo segreto e gli porse le carte che stava esaminando. Documenti e appunti riguardanti un antico e oscuro rituale.
Yugi ci capì molto poco, ma gli fu chiaro da subito che i protagonisti di quello studio erano i sette Oggetti del Millennio.
 
«credo che tu sia a conoscenza dei loro poteri e della pericolosità che potrebbero avere in mani sbagliate» disse osservando la perplessità e la preoccupazione apparsi negli occhi del ragazzino alla lettura approfondita di quegli scritti. Molte cose non le capiva, ma quando arrivò alla parte che interessava al sacerdote allontanò da sé quei papiri. ‘Sacrifici umani’. Così c’era scritto.
 
«stai dicendo che…» mormorò osservando il suo maestro che purtroppo annuì.
«a quanto pare è così che si sono generati questi oggetti» disse indicando il suo anello: «da tempo avvertivo un potere oscuro derivare dal mio anello e quindi ho condotto delle ricerche al riguardo»
«il faraone lo deve sapere assolutamente! » esclamò balzando in piedi, ma ancora una volta il sacerdote lo riportò alla calma che lui stesso faticava a mantenere.
«lo sa. Il faraone è al corrente di tutto da molto tempo, ma come ben puoi capire, lui non può più fare nulla»
«ma come ha potuto permettere che…»
«perché ne era all’oscuro. È stato il maestro Aknadin a dar vita ai setti oggetti compiendo quel rituale oscuro» spiegò: «ne ho voluto parlare con te perché so quanto tieni al principe e per l’ostilità che il maestro Aknadin ha per te. Al tuo arrivo a palazzo, lui ci chiese di sondare la tua anima per capire chi eri, ma nessuno di noi ci è riuscito. Nessuno degli oggetti in nostro possesso è in grado di vedere in te» lo volle informare.
«e questo cosa vuol dire? » si spaventò Yugi, temendo di essere davvero un pericolo per Atem e tutti gli altri.
«di norma, solo i possessori degli oggetti, sono immuni al loro potere, ma tu… non lo so. Devo ammetterlo, sei un mistero, ma so per certo che il tuo animo è nobile» gli sorrise.
 
Ci teneva che Yugi sapesse tutta la verità e che, come aveva detto e promesso più di una volta, fosse in grado di sostenere e proteggere il principe. Mahad rispettava l’anziano maestro, ma ne era anche intimorito a causa del suo passato, le ostilità contro Yugi, poi andavano tutte a suo svantaggio.
 
«non so perché ti ho voluto mettere al corrente di tutto ciò. Il maestro Aknadin è sempre stato fedele alla corona, ma ho un brutto presentimento. Vorrei solo che stessi attento»
«sì, certo e se…se posso aiutarti in qualunque modo per approfondire le tue ricerche io…» si propose, ne andava del futuro di Atem come sovrano e dell’intero regno, non si sarebbe mai tirato indietro.
«ti ringrazio»
 
Era finita lì, tutto era chiarito, ma l’idea di ciò che aveva fatto il sacerdote richiamò il ragazzino su quei fogli, i simboli, le parole. ’novantanove vittime sacrificali’ ‘l’alchimia oscura’ lesse.
Perché quelle parole gli suonavano così familiari da farlo rabbrividire?
Un acre odore ferroso pizzicò le sue narici, l’oscurità e delle voci.
 
«Yugi! »
 
Barcollò, ma restò in piedi e poi si sedette. Era impallidito di colpo, qualcosa doveva averlo turbato parecchio.
 
«che ti succede? Non stai bene? » si preoccupò subito, forse quei discorsi l’avevano impressionato troppo, in fondo Aknadin era lo zio di Atem.
«no, no sto bene» sorrise, ma non era vero. Sentiva ancora quel nauseante odore di sangue, come se ne fosse imbrattato dalla punta dei capelli a sotto i sandali e probabilmente fu quello che lo fece diventare, d’un tratto, serio e cupo: «Mahad, ora sono io che vorrei chiederti un favore»
«certo, qualunque cosa»
«voglio sapere chi sono»
 
Ci aveva pensato a lungo giungendo a quella conclusione solo in quel momento. Se voleva stare al fianco del principe e futuro faraone, doveva sistemare il suo passato, scoprire le sue origini affinché nulla mettesse in pericolo il regno.
Quell’affermazione lasciò abbastanza spiazzato il sacerdote che esitò a rispondere.
 
«so bene che tutti voi sapete di me, del fatto che mi trovarono nel deserto quando ero un bambino» aggiunse fissandolo negli occhi, non avrebbe potuto mentire e, infatti, non ci riuscì: annuì. «è per il bene di Atem»
«sì, capisco, ma non so come potrei aiutarti» disse.
«a volte faccio dei sogni ricorrenti, vedo dei volti, provo delle sensazioni. So che ero molto piccolo, ma queste cose dovranno pur significare qualcosa » si agitò al ricordo di quei sogni.
«forse… forse so cosa fare, ma avrò bisogno dell’aiuto di Isis, ti… ti fidi di lei? »
«sì, mi ha salvato la vita» sorrise: «allora abbiamo un patto» ridacchiò porgendogli la mano che il sacerdote, anche se un po’ titubante, strinse. Non era consono stringere in quel modo la mano a un principe, ma se era Yugi a chiederglielo, suggellarono il loro patto. Proteggere Atem e il futuro del regno, quello era il loro compito
 
Passarono alcune settimane, il viaggio di Atem si era prolungato, ma l’impegno che Yugi aveva preso con Mahad lo tenne impegnato, anzi in certi momenti preferì che il suo compagno fosse distante, alcuni intrugli che gli somministrava Isis per aiutarlo nella sua ricerca del passato lo debilitavano parecchio e dare spiegazioni sarebbe stato difficile.
Ancora non era tornato quando, a palazzo, giunse una notizia tanto attesa da tutti: l’esercito egiziano aveva trionfato sui mitannici. La guerra era finita e finalmente tutta la terra del Sole poté tirare un respiro di sollievo.
L’intero regno fu in festa quel giorno e a palazzo venne organizzata una cerimonia sacra per festeggiare quell’avvenimento.
 
Da quando era diventato il compagno dell’erede al trono, Yugi non aveva mai presenziato ad una cerimonia e l’idea di stare al fianco del faraone dovendo fare le veci di Atem, assente, lo mise molto a disagio.
Quella sera l’intero regno avrebbe festeggiato e il giorno seguente, con l’arrivo del re mitannico che avrebbe deposto le armi, una cerimonia sacra avrebbe sancito l’unione dei territori.
Quella mattina lui, Mahad e Isis si erano incontrati per una delle loro sedute, alla ricerca del passato di Yugi, ma come sempre, fu un fallimento.
Si stava congedando dal sacerdote quando questi gli indicò con lo sguardo qualcosa alle sue spalle che colmò il cuore del piccolo di gioia. Il suo principe era tornato.
Felice come non mai, gli corse incontro e Atem gli spalancò le braccia per accoglierlo, solo che non gli saltò al collo come invece si aspettava. La presenza di Aknadin dietro di lui lo fece desistere, come si rifiutò di baciare il suo ragazzo di fronte agli occhi dei due sacerdoti. Atem semplicemente scrollò le spalle costringendolo a prendersi uno schiocco sulla guancia. Al suo Hnm non piaceva manifestare certe effusioni in pubblico e rispettava quella riservatezza. Però Yugi ci ripensò, un momento dopo quell’esitazione Atem lo ritrovò attaccato al suo collo e gli strappò anche un lunghissimo bacio.
Ripicca. Una piccola vendetta nei confronti del vecchio sacerdote che, infastidito, alzò gli occhi al cielo dando qualche colpetto di tosse per invitarli a smettere, Yugi avrebbe continuato solo per dargli fastidio, ma Atem lo dovette allontanare.
 
«credo che partirò più spesso, se questo è il bentornato» gli sorrise asciugandogli l’angolo della bocca con il pollice.
«mi sei mancato» gli sorrise il piccolo amante, mentre ancora gli stringeva le braccia al collo.
«anche tu. Allora? È andato tutto bene? »
 
Avrebbero potuto parlare per ore, ma c’era una festa che li attendeva e Aknadin pensò di ricordarlo con un altro colpo di tosse. Dovevano prepararsi entrambi e anche in fretta. Yugi, però, era un po’ teso. A quella ricorrenza Atem e suo padre sarebbero dovuti stare molto vicini e probabilmente si sarebbero ritrovati a parlare e con i loro precedenti degli ultimi tempi, Yugi temeva il peggio.
Atem sembrava tranquillo, anzi molto più rilassato del solito, stava tramando qualcosa questo era chiaro, ma avrebbe dovuto attendere fino al pomeriggio.
 
«ci vediamo dopo, Hnm! »
 
Solo poche ore più tardi, dalla bocca del faraone, Yugi scoprì cos’era successo. Andando contro gli ordini del padre, Atem aveva allungato il suo viaggio, spostandosi da Karnak alle terre della Mesopotamia dove aveva incontrato alcuni funzionari e diplomatici. Se la lettera scritta non era servita a niente, funzionarono invece le parole del principe. L’alleanza militare che stabilirono li avrebbe sicuramente portati alla vittoria nella guerra a oriente, anzi fece anche di più. Risparmiò moltissime vite perché non appena la notizia giunse al popolo mitannico, questo si arrese. Solo l’esercito egiziano aveva conquistato diverse terre, se si fosse aggiunto anche quello della Mesopotamia, probabilmente, sarebbe stata una carneficina. Saggiamente, il re mitannico risparmiò la vita dei suoi soldati e sollevò bandiera bianca decidendo di inchinarsi al faraone Aknamkanon.
Quel successo non solo aveva portato l’Egitto alla gloria, ma riappacificato il principe e il suo genitore che fu fiero e ne cantò le lodi nel corso della serata, riconoscendo finalmente i suoi meriti.
 
Fu una festa in grande stile, nonostante il poco tempo. Cibo, vino, birra, musica e danze, non mancarono. Tutti si divertivano, acclamavano il loro sovrano, il loro principe e l’esercito per quella vittoria.
 
Finalmente gli sguardi scambiati tra padre e figlio tornarono quelli di sempre, nessun gelo, solo calore e affetto e il faraone fu ben lieto di osservare suo figlio ridere, scherzare e danzare con il suo compagno. Osservò quei sorrisi luminosi e sinceri sui loro visi e capì di aver fatto la scelta giusta accettando Yugi. Sentiva che molto presto il trono sarebbe passato a suo figlio e sapeva anche che sarebbe riuscito a reggere ad un tale peso, solo se qualcuno l’avesse aiutato a mantenere quel sorriso ben inciso nel suo cuore.
 
«è un ragazzo speciale» disse il faraone a Mahad riferendosi a Yugi.
«sì, lo è maestà»
 
Con tanta gioia ed euforia, tra canti e balli, il vino sembrava ancora più buono e dopo un po’ i primi ubriachi cominciarono a dare spettacolo alzando i toni della festa, portando risate ancora più sincere a tutti. Yugi fu uno dei pochi ad astenersi, quel gusto ancora non gli aveva conquistato il palato e con le brutte esperienze avute con i vecchi clienti della locanda, preferiva tenersene lontano. Atem sapeva apprezzare, ma non amava esagerare, preferiva restare lucido per prestare quante più attenzioni possibili al ragazzo. Si sentiva finalmente pronto al grande passo e vista la passione che ci aveva messo in quel bacio quella mattina, doveva esserlo anche lui.
Ogni cosa stava andando al proprio posto e avrebbe culminato in quella notte.








E... che dire, buona notte cuccioletti e fate i bravi (assolutamente no! provate a fare i ragazzi per bene e vi picchiamo in massa XD)
Ok, detto questo.... cavolo avete visto il nuovissimo trailer del film?? *^*  l'unica cosa che posso dire è: aww Yugi vai a riprenderti il tuo faraone! e che cavolo, riunisci sti oggetti e vai a riprenderti il tuo love!
Avete visto quando si stringe le carte al petto ?? e Quando scrolla le spalle con quel musetto così determianto?

ok basta con i deliri... quando arriva il 23 aprile accidenti... se penso che ogni capitolo è una settimana in meno che ci distanzia  dal fatidico giorno... non vedo l'ora di postare l'ultimo! u.u
Bye!


 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** ...Our Night ***


Bene bene... no in realtà non così bene XD sono rientrata da poco dal cartoomics e sono a pezzi, ho perso 2 treni, uno me l'hanno cancellato...non so come ci sono arrivata a casa viva.
Ma ora pensiamo a due cuccioletti che abbiamo lasciato nel pieno dei loro ormoni

Buona Lettura

 
ONCE UPON A TIME...

...OUR NIGHT


 
Quella mattina, Ra salutò la sua terra con il sorriso. Un nuovo giorno stava cominciando, il regno sarebbe cresciuto e tutto grazie al giovane principe, svegliato delicatamente dai luminosi raggi che filtrarono dalle tende del letto.
Risveglio più dolce non l’aveva mai avuto, i ricordi di quella notte erano ancora vivi nella sua mente. Un’infinita dolcezza e un piacere unico gli fecero aprire gli occhi con il sorriso stampato sulle labbra.
Yugi era lì, tra le sue braccia, anzi avvinghiato. Si stringeva a lui nel sonno come a temere di essere portato via. Scostò una ciocca di capelli da quel viso d’angelo bianco come la luna, quel lineamenti delicati e quelle gote rosate. Era sereno, quel sorriso fece comprendere ad Atem che per lui l’unico luogo sicuro era tra le sue braccia e quel pensiero non poté che scaldare ancora di più il cuore del principe.
 
Come non ripensare a quella notte, era molto tardi quando lui e Yugi  si allontanarono dalla festa concedendosi una romantica passeggiata sotto le stelle.
Erano molto silenziosi, ognuno con i propri pensieri che vorticavano per la mente e stanchi, Atem per il viaggio e Yugi per le ipnosi a cui si faceva sottoporre e che badò bene a tenere nascoste, non lo voleva turbare con quelle sciocchezze, non in un momento di festa e calma come era quello.
 
Camminando lungo il porticato con lo sguardo alzato al cielo, Yugi finì per scontrarsi contro la spalla di Atem che in risposta sorrise stringendogli la mano. Lo sguardo del suo amante chiedeva a gran voce un bacio, anzi mille, quegli occhi brillavano di desiderio e bramavano le sue labbra sulla sua bocca ancora e ancora. Sembrava affamato.
Come rifiutare una simile e silenziosa richiesta, se non traendo a sé il suo visino per baciarlo, spingendolo indietro fino a farlo sedere sul muretto, facendosi spazio tra le sue gambe per essergli ancora più vicino e dargli tutti i baci che non aveva potuto donargli in quelle settimane di assenza.
Non era la prima volta che si rintanavano in qualche angolino buio del palazzo per scambiarsi innocenti effusioni. Di solito finiva lì. A quel punto si ritiravano in camera, si spogliavano e si infilavano sotto le lenzuola per dormire.
Quella sera, però, nessuno dei due parve soddisfatto. Yugi cercò ancora la bocca del principe trascinandolo sul muretto, indietreggiando sull’erba, mentre l’altro procedeva a carponi, ancora con le labbra attaccate a Hnm.
 
Yugi, che gli stringeva il viso,  si ritrovò sovrastato dal principe, i suoi occhi brillavano per lui e riuscì a vedere il rossore su quelle gote scure.
 
«Yugi, ti voglio…» sibilò con voce roca e sensuale. Strozzata dal desiderio che lo stava divorando.
 
Al ragazzino si mozzò il respiro in gola. Aveva sentito bene, aveva capito bene. Diceva sul serio, ma lui si sentiva davvero pronto? Sarebbe davvero andato tutto bene?
 
Non seppe che dire, restò in silenzio mandando giù una grossa boccata d’aria mentre osservava Atem scivolare su di lui catturando la sua bocca e scendere lungo il mento, la gola scoprendo con le labbra quel meraviglioso corpicino che fremeva sotto di lui, toccandolo in ogni punto attraverso la stoffa della fine veste di lino. Cercando di scoprirlo, ci mise molta più foga di quanto non fece nelle notti precedenti e Yugi ne conosceva anche il motivo, per questo quando sentì le mani del principe insinuarsi sotto alla sua veste, si agitò
 
«cosa fai? » gemette.
 
Stava tentando di fargli capire che non voleva, ma non riuscì a muoversi né parlare. Si sentiva totalmente succube di quel ragazzo dallo sguardo felino attratto dal calore del suo corpo. La sua mente però, diceva ‘no’ e voleva seguirla.
 
«Atem…»
 
Avrebbe scalciato volentieri, ma le gambe del principe lo imprigionavano. Avvertiva fremiti e brividi percorrerlo e non sapeva se quello fosse un bene o un male, si sentiva strano, non come quando Atem lo toccava per fargli provare piacere, era una sensazione diversa. Di piacere, sì, ma anche di disagio. Era disorientato da quelle mani che lo toccavano ovunque sempre più frenetiche.
Scese ancora, lungo la gamba baciandola e afferrando il lembo della veste da sollevare, mentre con l’altra mano stava tirando giù la manica. Ne voleva ancora, ancora e ancora. Ma quando lo sentì arrivare quasi al dunque, Yugi capì che se non voleva, doveva fermarlo subito. Cercò di respingerlo, Atem, però, scambiò quelle lamentele come una supplica a tornare su da lui.
 
«fermo…» biascicò mentre il principe tentava ancora di spogliarlo.
«rilassati» mormorò a fior di pelle.
«no Atem… non hai capito…non voglio! » esclamò riuscendo a spingerlo via.
 
Probabilmente aveva corso troppo, aveva male interpretato i segnali. Lui era pronto, ma evidentemente Yugi no. gli era mancato, quello l’aveva percepito, ma solo quello.
Scosse la testa facendo apparire un sorriso pacato e comprensivo.
 
«hai ragione, scusami. Mi sono lasciato prendere la mano» disse scostandosi e scendendo dal muretto: «torniamo dentro, non voglio che ti raffreddi» disse porgendogli la mano.
«mmh… ok» mormorò Yugi accettandola. Un po’ gli dispiacque quell’interruzione, forse non voleva che si fermasse, solo che andasse più lentamente.
Atem lo precedeva, gli aveva lasciato la mano e gli apriva la strada verso i loro appartamenti, attraversando il giardino.
 
A Yugi ancora tremavano le mani, non capiva che gli stava succedendo, si fidava di lui, ogni cosa che Atem faceva finiva per essere per il suo bene, sapeva che non gli avrebbe mai torto un capello. Perché allora l’aveva respinto? Perché non voleva fare sesso con lui? perché aveva paura? Di cosa? Sapeva bene che con Atem qualsiasi cosa era meravigliosa, anche respirare era un’esperienza unica se lo faceva al suo fianco.
Ero cresciuta in un bordello e aveva paura? Beh forse poteva esserci una logica, ma l’avrebbe trovata in un altro momento, vederlo tirarsi indietro con quell’espressione abbattuta, fece scattare in lui quella molla che da tempo attendeva, proprio come gli aveva detto, ‘quando ti sentirai pronto’. Era pronto.
 
«Atem»
 
Stava camminando  quando si sentì chiamare. Yugi si era fermato e stava lì in piedi a fissarlo. Il tempo per il principe di voltarsi e la tunica di Yugi lasciò le sue spalle percorrendo le sue forme, scivolando morbida sul pavimento.
Il cuore del giovane reale perse un battito. Stava accadendo davvero. Mandò giù una grossa boccata d’aria e restò lì a fissarlo inebetito. Se si fosse guardato allo specchio si sarebbe accorto di essere completamente rosso in volto e con gli occhi strabuzzati su di lui, abbastanza da metterlo in soggezione spingendolo a coprirsi con le mani.
 
«non fissarmi così…»
 
Scosse solo un momento la testa per riprendersi. Aveva ragione, non doveva stare lì a fissarlo, ma avvicinarsi e prendergli il viso rosso e caldo tra le mani e guardare per un momento quei grandi occhi viola brillanti che gridavano il suo nome.
 
«non voglio costringerti» sussurrò
«io…credo di essere pronto» rispose Yugi sollevandosi sulle punte per lasciare un casto bacio sulle sue labbra. Un tenero sorriso s’impresse sul viso del principe che lasciò scivolare una mano sulla sua nuca sfilando il nastro che gli aveva tenuto i capelli legati in una codina per tutta la sera, liberando quella chioma ribelle. Lo strinse forte a sé insinuando la lingua oltre le sue labbra, intrecciandola con quella di Yugi, lasciando correre su e giù le mani lungo quella schiena, la solleticava spingendolo ad arcuarla, avvicinandosi ancora di più a lui. Gli mancava il fiato, ma quei baci erano come una droga di cui non riusciva a fare a meno. Gli strinse le braccia in vita sollevandolo da terra e Yugi, in risposta, gli cinse i fianchi con le gambe, stringendo le dita tra quegli indomiti capelli rossi, finché non l’adagiò delicatamente sul prato mettendosi a carponi sopra di lui. Stavolta non c’era nessuno strato di stoffa ad allontanarlo da quella pelle candida, morbida e liscia e che brillava quando illuminata dalla fioca luce della luna, a contrasto con quei  capelli scuri sparsi sulle lenzuola.
 
«ehi, va tutto bene» gli sorrise per tranquillizzarlo. Sorrideva, ma sembrava incapace di fermare quel tremore che lo stava scuotendo, il respiro gli si era spezzato in singhiozzi silenziosi e lacrime che convinsero di nuovo il principe a lasciarlo.
 
«non succede niente. Hnm, calmati »mormorò con dolcezza accarezzandogli il viso e asciugando quelle brutte lacrime
«io… io non capisco che mi succede… mi sento strano» mormorò chiudendosi in se stesso con le braccia strette allo stomaco: «io voglio, ma non… non lo so»
«è normale che tu ti senta così» disse scendendo ad abbracciarlo: «è la prima volta» lo giustificò, ma non lo convinse. Yugi si sentiva turbato e in colpa per quello stato d’animo. Che quella situazione, in principio, l’avesse eccitato era ancora ben evidente, ma ciò che mente e cuore stavano combattendo, lo stava facendo impazzire.
 
Atem voleva calmarlo e rassicurarlo e per farlo, gli venne in mente un posto molto particolare in cui nessuno li avrebbe disturbati, nonostante la festa che ancora si consumava per il palazzo.
 
«vieni con me » gli propose osservando la luna crescente e quasi piena illuminare i giardini. Forse avevano entrambi, ancora, i nervi a fior di pelle per le tensioni dei giorni passati. Non era trascorso molto dall’incendio e vedeva le sue sorelle appena. Toccava ad Atem farsi carico di lui. Del suo piccolo principe.
«dove vuoi andare?» mormorò osservando l’oscurità avvolgere le mura.
«voglio farti vedere una cosa» gli sorrise tendendogli una mano per aiutarlo ad alzarsi.
 
Stretta la mano di Atem e rivestitosi, i due s’incamminarono piano lungo i corridoi. Si udiva ancora la musica della festa, ad Atem venne quasi voglia di andare a vedere chi ancora si intratteneva, ma preferì risparmiare lo spettacolo a Yugi. Sapeva da esperienza che non sempre le scene erano gradevoli a quell’ora tarda e dopo i fiumi di alcol bevuti.
 
C’era un posto in cui desiderava portarlo da tempo, il terzo cortile, lontano da occhi indiscreti, silenzioso e tranquillo. Gli avevano raccontato che la sua povera madre adorava quel giardino e aveva chiesto che vi fosse piantato un arbusto diverso per ogni parte del mondo conosciuto, in grado di vivere nella loro terra. C’era un dietante, un albero non particolarmente alto, ma bello, molto bello e rigoglioso che, illuminato dalla luna, dava un’aria magica a quel luogo. Lo scrosciare dell’acqua della fonte, poi, rese quello scenario ancora più incantevole.
Quella notte le stelle brillavano come non mai. Anche loro festeggiavano la vittoria dell’Egitto e Thot con loro.
 
«è bellissimo» disse guardandosi intorno.
 
L’albero di tamarindi spiccava tra tutti e fu su di lui che Yugi si diresse, vi girò intorno sfiorandone e accarezzandone la corteccia.
 
«mia madre lo fece piantare quando arrivò a palazzo» disse Atem toccando anche lui la pianta: « era solo un arbusto che con il tempo e le giuste cure è diventato questo magnifico albero»
«è così grande… ti fa sentire al sicuro» ammise il ragazzino osservando le fronde sopra le loro teste.
«mio padre mi ha raccontato che mia madre mi portava spesso a giocare in questo giardino. Io non me lo ricordo, ma saperlo mi rende felice» gli raccontò osservando il suo Hnm con un dolcissimo sorriso sul viso. Non provava quella piacevole sensazione da allora e Yugi era l’unico che era riuscito a fargli sentire di nuovo quel calore nel petto. Scostò un momento lo sguardo cercando di mettere insieme le parole migliori per fargli sapere di quel pensiero, ma quando ci riuscì, Yugi era sparito. In un primo momento si spaventò, ma poi lo sentì ridere e lo vide correre tra gli alberi del boschetto, celandosi e schiamazzando per farsi trovare. Ogni tanto il suo visino sbucava da dietro un tronco invitandolo a tentare di prenderlo. Una sfida allettante a cui Atem non seppe resistere. Il premio era decisamente di suo gradimento.
Corsero, finché Atem non lo raggiunse braccandolo da dietro in un forte abbraccio.
 
«e ora che ti ho preso? » gli domandò sperando in un bel premio.
«e… non lo so. Tocca a te? » gli sorrise ingenuamente Yugi.
 
Eh no. troppo semplice, aveva vinto il gioco, gli spettava un premio, sapeva già cosa voleva e come assaggio gli rubò un bacio. Si fermò. Yugi tremava e questo lo preoccupò abbastanza.
 
«hai freddo? Stai tremando, vuoi rientrare? »
«non ho freddo» disse scostandosi un po’ da lui: «mi sento strano, un po’ agitato…» confessò: «ho l’impressione che oggi sia cambiato qualcosa»
«è così» ammise Atem, ma non gli disse cosa e a Yugi parve quasi non interessare.
«io pensavo ad una cosa… forse non ha senso» rise. Aveva tutta l’attenzione del principe che lo seguiva, mentre passeggiava tra gli alberi tenendo lo sguardo alzato al cielo: «a cosa avrei provato questa sera, restando solo con te»
 
Non aveva un’idea molto chiara di ciò che era diventato da quando aveva fatto ritorno a palazzo, ma quella sera, quando presenziò al fianco di Atem, una risposta si fece spazio nella sua mente. Tutto cambiava e si evolveva attorno a lui e ciò lo rendeva abbastanza nervoso sul suo avvenire.
 
«e… com’è? » azzardò a chiedergli il principe quando si fermarono, cercando i suoi occhi che si scostarono dal cielo per tornare sul suo bellissimo principe
«è bello» gli rispose con dolcezza, permettendogli di prenderlo tra le braccia e baciarlo ancora e ancora, con gentilezza e poi con passione. «è bellissimo» si corresse cercando a sua volta quella bocca che sapeva regalargli quella scarica di emozioni. «amo i tuoi baci e voglio essere tuo, solo tuo»
 
Cosa più bella Atem non l’avrebbe mai sentita. Un tuffo al cuore, un dolcissimo invito che lo spinse a slegargli il mantello che copriva quelle spalle nude e su cui si adagiarono.
 
Quella notte ciò i loro occhi si erano detti quel lontano giorno, di fronte a quella scacchiera del senet, divenne realtà. La felicità per i loro cuori era in ogni cosa, nelle foglie, negli alberi, nel cielo, nelle braccia di Atem che lo stringevano forte.
Quella fu una notte indimenticabile per Yugi che scoprì finalmente fino a che punto un sentimento poteva essere forte e intenso.
 
Sì,  quella trascorsa era stata la notte più bella della sua vita.
Yugi dormiva ancora e Atem restò lì fermo a osservarlo. Percorse con lo sguardo le sue linee e quelle macchiette rosse che gli aveva lasciato sul corpo.
Passarono un paio d’ore prima che anche Yugi aprisse gli occhi. La luce non lo accecò perché l’ombra del suo principe gli protesse gli occhi delicati che si richiusero una sola volta per liberarli dalla patina di sonno. Gli rivolse un dolce sorriso. Poteva dire di non aver mai avuto un risveglio tanto dolce. Si stiracchiò un po’ socchiudendo gli occhi, le palpebre ancora si appiccicavano tra loro e faticava a tenerli bene aperti, ma si sentiva comunque felice e sereno.
 
«buongiorno» lo salutò Atem scostandogli i capelli dal viso.
«ciao»
 
Più dolce di quel risveglio non ci fu, quelle piccole labbra morbide che ancora avevano il sapere dei suoi baci dalla notte precedente, tornarono ad essere coccolate dal principe.
 
«dormito bene? »
«come un principe»
«tu sei un principe Hnm» lo corresse: «il mio principe compagno»
 
Calò un gran silenzio. Quel risveglio tanto dolce divenne uno shock. Atem non stava scherzando, era molto serio, troppo serio.
 
«è da molto che ci penso, prima della mia partenza per il fronte. Io non scherzo quando dico di voler stare con te per sempre» disse
«neanche io» mormorò Yugi, un po’ turbato da quel discorso.
«ma per sempre, per noi, significherà salire al trono, insieme. Vuoi? »
 
Ormai Yugi aveva capito cosa comportava essere il figlio del faraone, anzi il futuro faraone. Quella proposta gli mozzò il respiro in gola. Drizzò la schiena per istinto. Davvero gli stava chiedendo una cosa simile? In quel momento, appena svegli, dopo che loro… gli stava chiedendo di essere il suo compagno per la vita, il compagno di un dio. Per lui Atem era molto più di ciò, certo, era l’unica persona con cui sarebbe mai voluto stare per il resto della sua vita. Quella era la sua unica certezza che fece diventare ovvia la sua risposta. Posata una mano sulla sua guancia, gli sorrise amabilmente : «io voglio stare con te per sempre e ovunque»
«sarà così» disse Atem lasciandosi andare contro quel palmo, lasciandosi coccolare un po’, adagiandosi sulle sue gambe.
Aveva dei graffi sulla schiena e Yugi sapeva di esserne il responsabile, se ne rammaricò, anche se Atem sorrise al pensiero di come se le era procurate.
 
Quando il momento giunse, quella notte, Yugi, per timore, si chiuse nelle spalle cercando di serrare le gambe, ma Atem non glielo permise, si avvicinò rassicurandolo e invitandolo a stendersi.
 
«rilassati, va tutto bene» gli disse baciandogli la fronte.
 
Non andò tutto bene, ciò che Yugi provò per quell’intrusione, lo mandò nel panico. La magia di quel momento ebbe fine quando il più piccolo cercò di dimenarsi per allontanarlo, minacciando di tirare un urlo così forte che tutte le guardie di palazzo sarebbero accorse. Prontamente, Atem gli tappò la bocca, lo pregò di calmarsi, ma non riuscì a impedirgli di piangere. Le sue unghie si erano piantate nelle sue spalle e stringevano forte. Scosse convulsamente la testa annaspando in cerca di aria. Il dolore fu così forte da sentirsi morire dentro.
 
«mi fai male» singhiozzò con la voce spezzata. Il panico era tale da rendere il tutto ancora più doloroso e difficile di quanto non fosse in realtà, scalciò e si agitò minacciando di farsi male seriamente.
«sh,sh,sh. Calmati. Va tutto bene» mormorò tirandogli indietro i capelli dalla fronte fredda coperta da goccioline di sudore. Era impallidito, quelle gote rosse erano scomparse, ma lui le baciò lo stesso, insieme al suo nasino e a quella boccuccia tremante.
«la-lasciami… va' via, mi fai male» lo pregò affondando ancora le unghie nella sua schiena. Aveva smesso di dimenarsi, era sul punto di farsi travolgere da una crisi di pianto che avrebbe rovinato tutto, trasformando quella loro prima volta in un disastro che per giorni avrebbe impedito a entrambi di guardarsi negli occhi per l’imbarazzo, ma la situazione si poteva ancora salvare
«Hnm, è tutto a posto» volle rassicurarlo ancora asciugandogli gli occhi.
«lasciami, ti prego» pigolò con la voce strozzata in gola.
«solo un momento» gli promise, si stava calmando e lo notò dalle unghie che avevano allentato la presa anche se ancora non volevano saperne di lasciarlo. L’ennesimo bacio gli accarezzò il labbro inferiore, seguito da poche parole: «ora mi muovo» disse.
 
Tutto si risolse per il meglio, o non sarebbero stati lì a ricordare e sorridersi come bambini. Dopo quello, tutto era diventato meraviglioso.
 
«scusa…» pigolò Yugi sfiorandogli i segni rossi
«sono la mia certezza, vorrei che restassero per sempre» sorrise Atem accarezzandogli il faccino, sbaciucchiandogli il nasino rotondo. Lo solleticò e una risata infantile gli scappò. Così dolce e soave da far sussultare Atem, era la tenerezza fatta persona. Il cuore gli batté all’impazzata, fu un’emozione immensa vedere quel faccio bianco con le gote rosee.
 
«ehi, hai fame? » scattò Atem, provando a distrarsi e si allungò verso il tavolo per portare a letto un cesto di frutta da cui prese un grappolo d’uva bianca. Ne assaggiò un acino per assicurarsi che non fosse acerba. Non avrebbe mai dato un frutto aspro a quel ragazzo tanto dolce, infatti il secondo chicco glielo avvicinò dolcemente alle labbra calde.
 
Il contrasto fu piacevole e Yugi lo assaporò molto lentamente mentre quel dolce gli invadeva il palato. Prese un dattero e ancora lo imboccò. Gli piaceva farlo, quei movimenti così ingenui nel mangiare quei frutti procuravano in lui una  grande eccitazione, quei movimenti lenti e delicati erano così sensuali ed erotici che avrebbe voluto fermare l’immagine ogni volta che le sue labbra si schiudevano per permettere al cibo di passare. Doveva essere lo stesso con i suoi baci, ma era sempre talmente vicino da non poterlo vedere. Si perse nelle sue fantasie  osservandolo addentare quel dattero così a fondo da finire per infilarsi in bocca anche le sue dita, lo fece apposta ovviamente, per risvegliarlo da qualunque pensiero lo stesse scuotendo e distraendo tanto. Benché scure, quelle guance divennero rosse come il fuoco e lui si tirò indietro voltandosi. Non gli sembrava il caso di farsi vedere così tanto eccitato per quel nonnulla , voleva dire ammettere di non avere un autocontrollo, ma come averlo di fronte a quel gioiello di ragazzo che giaceva nel letto accanto a lui .
 
«vieni, l’acqua è pronta» cambiò di nuovo discorso per calmarsi.
 
C’era una vestaglia in lino trasparente posata sulla cassa ai piedi del letto, la prese e la aprì facendo segno al suo Yugi di infilarsi dentro, ma appena lui scostò le coperte per alzarsi, un gemito lo irrigidì riportandolo a quella notte, nei giardini del palazzo, quando due anime e due corpi erano divenuti una cosa sola. era una fitta quella che provava e che subito fece scattare il principe che gli si accostò.
 
«che hai? »
 
Domanda stupida, sapeva perfettamente cos’aveva, lo sapeva prima di farlo e anche in quel momento, Yugi invece no, trovava quel dolore una cosa anomala che lo spaventò non poco, proprio come la notte passata quando scoppiò a piangere tra le sue braccia. Cercò di fargli capire che non c’era nulla di strano e che sarebbe passato, ma il rammarico gli restò dentro.
 
«ti fa molto male? » mormorò con discrezione, per rendersi conscio di ciò che aveva fatto, ma una volta tranquillizzato, Yugi scosse la testa rendendosi conto di aver esagerato un po’.
«non molto, in realtà. Più la schiena» ammise, ma d’altronde con tutte le contorsioni che aveva fatto quella notte, sarebbe stato strano il contrario, per lui.
 
Messosi la vestaglia, non gli fece fare un solo passo con i suoi piedi nudi su quel pavimento di pietra, lo sollevò e portò in un’altra stanza degli appartamenti del ragazzo dove un paio di ancelle li attendevano e si preoccupavano di tenere l’acqua della vasca calda al punto giusto. Congedò le ragazze e poi spogliò il suo  principe adagiandolo delicatamente nella vasca incassata nel pavimento. Il profumo di lavanda avvolgeva la stanza, l’acqua era calda al punto giusto ed estremamente piacevole, gli accarezzò dolcemente la pelle oscillando su e giù.  Atem lo seguì un momento dopo poggiandosi al bordo e stringendolo  forte a se spostandogli le treccine scure dal collo per baciarlo e posargli il mento sulla spalla.
 
«mi dispiace per questa notte » l’idea di avergli fatto male ancora lo tormentava, il suo passato era pieno di persone sofferenti a causa sua e Yugi ne faceva parte.
«non è successo nulla di male… credo di aver esagerato un po’…» ammise con imbarazzo Yugi ricordando quelle scene che aveva fatto quella notte, per qualcosa che poi si era rivelato stupendo, ma non era solo a quello che Atem si riferiva, quanto più al luogo in cui era cresciuto.
«insomma, sei cresciuto in un bordello…» si spiegò.
 
Era consapevole dell’effetto che avrebbe provocato in Yugi, ma volle azzardare comunque, anche se il suo Hnm s’incupì.
 
«non ho mai voluto sapere cosa facessero davvero le mie sorelle» mormorò stringendosi le sue mani al petto, odiava ricordare quel periodo, dentro quel locale c’era di tutto e accadeva di tutto, non era mai entrato a vedere, ma dalla cucina arrivavano suoni e rumori che gli mettevano i brividi: «volevo stare il più lontano possibile da quella gente che diceva più volte ‘sesso’ dei boccali di birra che si scolavano»
 
D’un tratto un brivido percorse la schiena del principe che ebbe l’istinto di lasciarlo andare se non che lui ancora gli stringeva le mani. Aveva preso in considerazione il posto in cui era cresciuto dando per scontata la cosa sbagliata, mentre invece avrebbe dovuto tenere conto di ciò che era veramente importante: i brutti ricordi. Il fatto che per lui quell’atto di grande affetto e simbolo dei loro sentimenti fosse associato a qualcosa di orribile e solo provare a immaginarlo lo fece rabbrividire. Era contento di averlo sottratto a quel mondo, l’idea di vederlo vivere in un ambiente simile era raccapricciante, ma non doveva dimenticare che anche se non direttamente, nella sua testa c’erano molti brutti ricordi.
 
«mi dispiace… non dovevo forzarti…» mormorò scostando la testa.
«ma che dici? » quella risata cristallina lo scosse da quella sensazione di disagio che l’aveva invaso sorprendendolo parecchio. Si era voltato verso di lui mettendosi a carponi, fissandolo intensamente negli occhi: «con te tutto è fantastico» lo sguardo di un bambino, gli occhi che brillavano ancora di più della notte precedente: « non si può paragonare quello che le mie sorelle facevano per vivere a quello che abbiamo fatto noi» sorrise dolcemente.
 
Tirate fuori le mani dall’acqua, le posò sul viso di Atem che ancora fissava quei  cristalli cercando di assimilare quelle parole nella sua testa, quando sentì quelle piccole labbra di velluto posarsi sulle sue prendendo un’iniziativa che mai si sarebbe aspettato da Yugi. Era dolce, ma anche sensuale, si appoggiò a lui e gli avvolse le braccia attorno al collo. Ci mise qualche secondo per riuscire a fare mente locale e capire ogni singola cosa che stava accadendo, era lui, erano le sue cosce che si appoggiavano a lui, il suo ventre premere contro il suo, il suo petto strusciarsi su di lui mentre quella piccola lingua cercava la sua per accarezzarla e coccolarla come lui aveva fatto per tutta la notte
 
«wow» mormorò con la voce ancora soffocata dallo stupore di quel gesto.
«ora dovremmo andare» mormorò scostandosi «la giornata è già cominciata da un po’»
«puoi stare tranquillo, ho delegato un po’ di persone per oggi e ho chiesto a mio padre di non farmi disturbare se non per emergenze» lo rassicurò tirandolo dolcemente a sé «voglio passare questa giornata solo con te. Dovremo solo presentarci alla cerimonia di consegna delle armi del re mitannico» gli spiegò con un sorriso: «di' un po’, che vuoi fare? »
 
 
Non appena la notizia giunse alle orecchie del nobile fratello del faraone, questo inorridì e corse subito da Aknamkanon, il faraone era impegnato in un’udienza e lo costrinse ad attendere, ma poi si fece accompagnare per i corridoi del palazzo conversando con lui come si fa normalmente tra fratelli, solo che Aknadin non voleva conversare, ma lamentarsi del comportamento del principe.
 
«mio faraone non puoi permetterlo! » esclamò il sacerdote bloccando il fratello di fronte ai giardini secondari del palazzo: «quel ragazzino non è degno del principe! È un ragazzo! È un popolano, il principe non può davvero averlo scelto come compagno, nominarlo poi principe, è inaudito, non esiste! »
 
Aknamkanon rise di gusto, anche loro da giovani avevano avuto numerosissime avventure e non sempre con donne del loro harem o della corte, certo non avevano mai avuto storie con altri uomini, almeno per quello che l’uno sapeva dell’altro.
 
«Aknadin, posso capire la tua preoccupazione, ma io mi fido di mio figlio e del suo giudizio. Yugi sarà anche un ragazzo e avrà anche origini umili, ma ha un animo nobile. È un evocatore come ben sai»
«è il proprietario di un bordello! »
«Aknadin! » lo riprese subito il faraone: «il principe ha deciso» lo freddò per un momento, ma poi si rilassò cercando di mostrarsi più comprensivo verso il fratello che voleva semplicemente assicurarsi del benessere e del futuro del regno « in questi anni ho avuto modo di osservarlo, Atem è cambiato molto da quando ha cominciato a frequentarlo e in meglio come hai potuto notare»
 
Purtroppo Aknadin dovette ammetterlo, prima di conoscerlo, il principe era un ragazzino pestifero che non perdeva occasione per infastidire chiunque gli capitasse a tiro, si rifiutava di studiare e mancava di rispetto a tutti, poi lentamente le cose cambiarono, certo il passare del tempo rese più responsabile il principe, ma anche l’incontro con Yugi fu utile, anzi molto.
«non ho una buona impressione di quel ragazzo» lo avvertì.
«hai visto un ka in lui? » si preoccupò il faraone.
«no. Ci ho provato, ma l’anima del ragazzo pare sigillata al mio occhio» gli riferì per l’ennesima volta.
«ho saputo che il locandiere non era il suo  vero padre. Ho fatto delle indagini e ho scoperto che il ragazzo è stato trovato da bambino che vagava nel deserto, non aveva la più pallida idea di chi fosse e non conosceva nemmeno il suo nome» gli raccontò
«Atem non mi ha mai detto nulla al riguardo… probabilmente nemmeno lui lo sa, se dici che era così piccolo, probabilmente non ne ha memoria. Io non mi preoccuperei» scrollò le spalle il faraone mettendo fine a quel discorso «Atem è il principe ereditario ed è abbastanza grande per prendere le sue scelte»
«fratello! Passino le sue umili origini e il suo passato, ma è un ragazzo! È un uomo! Che ne sarà del futuro dell’Egitto? » era l’ultima spiaggia, l’ultima possibilità di convincere il faraone, ma anche a questo il sovrano trovò rimedio
«questa mattina mio figlio è venuto da me per comunicarmi la sua decisione: mi ha chiesto di nominare quel ragazzo suo principe compagno. Puoi ben immaginare come io abbia potuto reagire» sospirò il faraone andando ad appoggiarsi al muretto che si affacciava sui giardini: « ma poi ho visto qualcosa in lui, qualcosa che non vendevo da troppo tempo. Una luce. Era gioia quelle che ho visto nei suoi occhi, Atem non aveva quel sorriso impresso sul viso da quando morì sua madre. Se quel ragazzino di nome Yugi riesce a dare a mio figlio una tale felicità, allora a me va bene. Di' pure che sono egoista e che gli dei mi perdonino se dico che per me la felicità di mio figlio viene prima di ogni cosa. Comunque, credo che regnerò ancora per un po’ e chissà, magari il futuro dell’Egitto, dopo Atem, potrebbe passare nelle mani di un suo fratello» sorrise il faraone cercando l’approvazione in Ra che quel giorno risplendeva come non mai nel cielo.
«quel ragazzo che porta il nome di Yugi, ora è un principe d’Egitto. È l’amante del principe ereditario e come tale sarà trattato. Aknadin, hai capito? » volle mettere in chiaro.
 
Conosceva abbastanza il fratello sa sapere e temere ritorsioni, come quella di cacciarlo dal palazzo come aveva già fatto.
 
«certo, maestà» s’inchinò il sacerdote che dentro rodeva.
 
Quel ragazzino stava tirando fuori il vero potenziale del nipote ed era una cosa che non aveva previsto. Se Atem aveva qualcuno da proteggere, avrebbe sicuramente cercato di accrescere il suo potere e un principe forte sarebbe diventato un sovrano potente, difficile da spodestare, come, da tempo, pianificava.
 
Passeggiavano per i giardini del palazzo, mano nella mano con il solito seguito di servitori di cui Atem si era sempre lamentato , molto presto anche Yugi avrebbe fatto lo stesso. Non gli piaceva essere fissato mentre lui e il principe si scambiavano tenere effusioni.
 
«possiamo uscire? » gli domandò a bassa voce per non essere sentito. Dovevano farlo di nascosto, come aveva sempre fatto Atem per andare a giocare con lui, ma quel giorno lo vide, per la prima volta, scuotere la testa ad una sua richiesta
«scusa, ma non si può» mormorò: «ho promesso a mio padre di non farlo. Dato che oggi mi dedico solo a te, mi dispiacerebbe dargli questo dispiacere»
 
Non aveva tutti i torti, il faraone era già stato molto magnanimo e Yugi aveva chiesto più volte di portarlo dal divino sovrano per ringraziarlo e porgli i suoi omaggi, ma Aknamkanon era un uomo molto impegnato.
 
«volevi andare a trovarle? » sussurrò ancora più piano Atem accostandosi di più a lui: «mi dispiace»
«non importa, so dal maestro Mahad che stanno bene. Le vedrò un altro giorno»
 
Ad Atem dispiacque avergli dato quella delusione, ma non poté fare molto altro, gli aveva dato la sua parola, non avrebbe mai infranto una promessa.
 
«senti… li seminiamo» provò a fargli tornare il sorriso indicando i servitori alle loro spalle.
Sguardi complici si convinsero sul da farsi e con scatto felino, partirono di corsa lungo il porticato, con il seguito che li inseguiva in un vano tentativo di non perderli di vista. Vano perché alla prima i due girarono e quando i servitori fecero altrettanto non li trovarono più.
Yugi aveva evocato il suo Silent Magician che li aveva fatti volare sul terrazzo sopra le loro teste svanendo alla vista dei loro inseguitori.
Avevano ancora tanta voglia di correre e schiamazzare come bambini e lo fecero mettendo in subbuglio l’intero palazzo. Yugi fuggiva da Atem che ogni tanto riusciva a catturarlo strattonandolo e rubandogli qualche bacio prima di invertirsi e cominciare lui a fuggire dal ragazzino che lo raggiungeva saltandogli in spalla, grazie all’aiuto dei suoi amichetti Ka come Kuriboh, Watapon e Silent Magician.
 
«questo è scorretto! » protestò il principe ritrovandosi i mostri schierati a sbarrargli la strada
«allora impara a evocare anche tu un Ka! Sarebbe anche ora» lo sgridò Yugi. se poteva evocarne uno potente quanto una chimera nel sonno per salvarlo, avrebbe potuto farlo anche da sveglio. Avrebbe sicuramente avuto un maggiore controllo su di esso.
«da domani m’impegnerò ancora di più, va bene? »
 
Era un buon compromesso e Yugi l’avrebbe aiutato molto volentieri.
 
Quel pomeriggio, durante la deposizione delle armi dei mitannici che consegnavano le loro terre al sommo faraone, il faraone decise di sfruttare il momento per innalzare lo status sociale del piccolo Yugi che divenne ufficialmente Principe Compagno del futuro faraone. Era solo una formalità, Yugi faceva già parte della famiglia reale da molto tempo.
 
La gioia dei due amanti tornò a contagiare il palazzo reale. Non solo Yugi sprizzava gioia da tutti i pori, anche Atem emanava un’aura gioiosa che non gli si era mai vista intorno, i suoi occhi brillavano e ciò non poté che rallegrare il faraone.
Atem e suo padre avevano stretto un accordo per il futuro del regno, il principe sperava tanto nell’arrivo di un fratello, ma ciò che il faraone gli aveva celato, era la sua salute che peggiorava di giorno in giorno, avvicinando sempre più il giovane principe al trono.

 
 
 
 
 
 
hola di gruppo Please: e beccati questa zio cattivo! bam! anche al faraone piace Yugi e tu che sei il fratello scartato devi stare zitto!
Come sempre grazie a voi per i fantastici commenti e masaya per revisionare i capitoli.
See you next sunday ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** ...My Partner, My Other Me ***


Oh cielo raga! Per fortuna che la festa del papà era ieri... why? Beh tra poco lo scoprirete ;)
Preparate i fazzoletti
(l'ho riletto in questo momento e mi sono venute le lacrime agli occhi)

Buona Lettura!
 
ONCE UPON A TIME...

...MY PARTNER, MY OTHER ME

 
Galoppava a grande velocità, il giorno seguente avrebbe provato dolore ovunque, ma in quel momento l’unica cosa che premeva a Yugi era trovare Atem e sapeva bene che in quello stato di disperazione c’era solo un posto in cui si sarebbe rifugiato.
 
La sera precedente lui e il principe avevano cenato in giardino ridendo e scherzando, con Atem che insisteva per imboccarlo e lui che storceva il naso, sentendosi così infantile.
Atem aveva chiesto ai servi di lasciarli soli, sapeva quanto Yugi si sentisse a disagio con estranei nei paraggi durante le loro effusioni e per la serata che aveva in mente, lo voleva calmo e concentrato su di loro.
Era stata una cena molto interessante, a base di pietanze succulente e afrodisiaci. Ginseng, pesce con peperoncino e chiodi di garofano, sedano, zafferano e per ultimo, Atem teneva da parte una strisciolina di corteccia di Yohimbine.
 
«uff… sono pieno» si lamentò Yugi già accoccolato sulle sue gambe mentre il principe gli lasciava penzolare la striscia sul naso.
Stava per mangiarlo quando Isis arrivò di corsa urlando in un modo che non le si era mai visto.
 
«principe! » gridò, ansimava, doveva aver corso per tutto il palazzo per trovarlo: «principe ti prego corri! È importante! »
 
Se c’era una persona che difficilmente si scomponeva quella era Isis e se stava urlando in quel modo, un motivo doveva esserci; dal suo sguardo gli parve anche piuttosto grave.
Diede uno sguardo a Yugi, dopo di che la raggiunse, ciò che gli riferì lo spaventò abbastanza da spingerlo a correre via senza dire una parola, con la sacerdotessa che lo seguì a ruota.
 
Yugi restò lì, ignaro di quello che stava accadendo.
Attese, passarono le ore e la sera si rinfrescò poco a poco spingendolo ad avvolgersi nel mantello cobalto. Aspettò, finché il sonno non ebbe il sopravvento.
Era notte fonda quando Seth lo svegliò pregandolo di andare in camera sua. Yugi voleva sapere cosa stava succedendo, il motivo per cui Atem era corso via, ma il sacerdote si limitò a chiedergli di nuovo di ritirarsi nelle sue stanze, lui non si sentiva di spiegargli la delicata situazione che stava vivendo il principe.
 
Venne svegliato malamente, il giorno seguente, da Aknadin che irruppe nella sua stanza parlando ad un tono esageratamente alto.
 
«dov’è il principe? »
«che…? » pigolò Yugi ancora mezzo addormentato strofinandosi gli occhi: «maestro, che succede? »
«non fare finta di nulla, dov’è il principe?! »
 
Vero, non avevano dormito insieme, non lo vedeva dalla sera precedente. Era strano.
 
«non lo so…» biascicò: «cosa succede? »
«il faraone è morto»
 
Certo che a dare le brutte notizie, Aknadin era il migliore, a Yugi prese quasi un colpo. Era quello che aveva turbato Atem al punto da spingerlo a correre via senza degnarlo di una spiegazione.
 
«il fara... no, non può essere! Atem..! »
«è il nuovo sovrano dell’Egitto» gli annunciò solennemente, ma non era quello che interessava al ragazzino, quanto più ciò che stava passando.
 
«dov’è?! Devo trovarlo! » esclamò scattando giù dal letto.
 
Arrancò i suoi vestiti, li indossò velocemente e corse fuori dalla stanza senza nemmeno prestare attenzione al sacerdote che restò immobile osservandolo e domandosi mille come e perché sulla presenza di quel ragazzino a palazzo. Ormai era il suo chiodo fisso, riuscire a capire in che modo quel bambino così piccolo fosse sopravvissuto e arrivato a palazzo.
Yugi era già sparito quando il sacerdote riemerse dai suoi oscuri pensieri.
 
 
C’era solo un posto in cui poteva trovarsi Atem e Yugi sapeva anche quale. La rupe, l’unico luogo in cui il principe avrebbe trovato pace. Esisteva un sentiero che portava alla cima e quando lo scoprì avrebbe voluto uccidere Atem per quando l’aveva costretto ad arrampicarsi sul lato più ripido, anziché raggiungere la cima, comodamente in sella al cavallo.
 
Atem, proprio come aveva previsto, si era rifugiato lassù, lontano dal mondo, in una piccola caverna non particolarmente profonda, appoggiato alla parete rocciosa.
Singhiozzava.
Il suo era un piatto soffocato che pareva non voler avere tregua.
 
«Atem…» lo chiamò con un mormorio, entrando, ma non avvicinandosi troppo.
 
Non appena lo sentì il giovane si affrettò ad asciugarsi gli occhi ricacciando indietro i singhiozzi.
 
«Hnm… che ci fai qui? »
«ti cercavo» disse avvicinandosi ancora un po' : «ho saputo e… io sono qui, non devi stare da solo»
 
Doveva resistere a non piangere, non davanti a Yugi. Suo padre gliel’aveva ripetuto più volte, un principe deve essere forte, non mostrarsi mai debole.
 
«sto bene»
«non è vero» lo smentì all’istante il ragazzino: «mi dispiace così tanto…»
«non devi. È giusto così, doveva succedere prima o poi. Ora il faraone Aknamkanon sta affrontando un nuovo cammino»
 
Gli dava le spalle, ma Yugi poteva sentire quanto soffrisse in realtà, il suo tono era basso, si tratteneva davanti a lui, ma non andava bene, così non l’avrebbe mai superato. Gli celava il viso, probabilmente le lacrime ancora non si erano arrestate.
Stava facendo uno sforzo immane per ricacciare indietro i singhiozzi che cercavano di uscire.
 
«Atem tu non…» si avvicinò ancora sfiorandogli il braccio, ma il ragazzo si tirò indietro.
«lasciami! Per favore, io non…»
«non vuoi che ti veda? » terminò per lui la frase, come immaginava avrebbe fatto: «Atem non ti fa bene stare da solo…  io…»ci provò ancora, strinse il suo braccio, ma stavolta il movimento di Atem fu più brusco.
 
«lasciami! »
 
Yugi non si prese solo una gomitata in faccia, ma lo strattone lo scaraventò contro la parete opposta.
Non appena se ne accorse, Atem si spaventò, l’aveva colpito e ferito, come aveva potuto?
 
«Hnm! Mi dispiace, scusami! »
 
Sembrava dolorante, era stata una bella botta e la gomitata gli aveva fatto sanguinare un po’ il naso, ma neanche troppo, giusto una goccia.
 
«Yugi, non volevo…»
«sto bene» lo rassicurò con uno dei suoi splendidi e luminosi sorrisi, tamponandosi con il dorso della mano il naso sanguinante: «ma tu… Atem non tenerti tutto dentro» lo pregò con quegli occhioni che stavano per mettersi a piangere al posto suo: «il faraone prima di essere tale era tuo padre! »
«e ora il faraone sono io! Io non… non posso…»
 
Forse ce l’aveva fatta, Atem stava cedendo, un singhiozzo gli bloccò le parole, seguito da una lacrima e poi un’altra, si nascose, le asciugò, ma ad esse ne sopraggiunsero altre e altre ancora. Sempre di più.
 
«lasciami solo. Non voglio che tu…»
«che ti veda piangere? Perché?»
« Le persone normali piangono io… io non posso»
«tutti piangono, principi, re e non. Piangere ti rende forte perché affronti il dolore, ti aiuta a sfogarti»
 
Più parlava e più il viso del giovane sovrano si rigava e i singhiozzi si faceva sempre più forti.
 
«fa male…»
 
Yugi sapeva bene cosa si provava nel perdere un genitore, quando suo padre morì, passò  notti e notti a piangere. Non se ne faceva una ragione e Atem neppure, da un giorno all’altro aveva perso una persona che era stata il suo punto di riferimento ritrovandosi solo, orfano. Ancora una volta il destino accomunava le loro storie, solo che Yugi poteva contare anche sulle sorelle, mentre ad Atem era rimasto solo lui.
 
«lo so» disse con quel tono dolce e fraterno tipico del ragazzino così simile e così diverso dal principe: «ma passerà e al dolore si sostituirà il ricordo. Lui sarà sempre con te» aggiunse sfiorandogli il petto. Finché avrebbe pensato a lui, suo padre avrebbe continuato a vivere, nel suo cuore. Fu molto convincente, ma Atem era troppo scosso e spaventato per capire la verità di quelle parole.
 
«non sono pronto… anche lui lo diceva, sono troppo giovane» singhiozzò coprendosi il viso arrossato e rigato di lacrime. Si sentiva più capriccioso di un bambino, ma solo perché non trovava altro modo di esprimere il dolore per quella perdita: «Yugi io non sono pronto… non ce la farò mai. Mio padre era forte, doveva insegnarmi ad essere come lui, ma…»
«tu possiedi il cuore del vero re» sorrise il ragazzino asciugandogli una guancia: «noi tutti non speriamo in te, noi crediamo in te. Sei la persona più forte e valorosa che io conosca, conosci il tuo popolo e sai di che cosa ha bisogno, hai molti amici che ti sosterranno e poi…e poi hai me» aggiunse cercando il suo sguardo arrossato e bagnato da quelle orribili lacrime che proprio non si addicevano a quel bellissimo principe, anzi faraone. Atem, anche se non ufficialmente ancora, era il nuovo  faraone.
 
«Hnm…»
«se vuoi piangere per tuo padre fallo, è giusto, gli eri affezionato e lui ti voleva bene. Ma non dubitare di te stesso! » voleva essere un rimprovero, ma quando lo abbracciò, parve più una richiesta dolce quanto lo era quel ragazzino.
 
Affondando il viso nella sua spalla, Atem si lasciò completamente andare gridando e singhiozzando come mai aveva fatto.
Fu un lungo sfogo, ma gli fece bene. Fu contento di avere Yugi vicino, di potergli confidare tutto ciò che stava provando, stava affrontando la perdita.
Esausto, alla fine Atem crollò tra le sue braccia. Lo shock e la notte insonne l’avevano stremato.
Yugi sorrise adagiandolo delicatamente sulle sue gambe e coprendolo con il mantello porpora che si era portato dietro per lui.
Era così dolce e carino quando dormiva, un bambino innocente a cui Yugi asciugò il viso bagnato e lo baciò.
 
Passarono le ore, Atem dormiva profondamente e Yugi lo osservò sorridendo delle sue innocenti smorfiette, coccolandolo quando il suo viso si contorceva in espressioni spaventate. Aveva chiesto a Kuriboh di tornare a palazzo a rassicurare tutti cercando di far capire loro che sarebbero tornati presto.
Le cose da fare certo non gli mancarono in quelle ore. Disegnare sulla terra, seguire le linee dei muscoli del suo Atem e giocare con quelle ciocche ribelli intrecciandole in piccole treccine per cui, poi, gliel’avrebbe fatta pagare, ma andava bene. Poteva dire di trovare quasi piacevoli le punizioni che gli infliggeva. Non disdegnava qualche sculacciata come punizione e certi giochini a cui lo sottoponeva… beh gli facevano seriamente pensare che Atem non avesse un vero e proprio concetto di ‘castigo’.
Arrossì, c’erano delle volte in cui si sentiva la persona più infima del mondo a pensare a certe cose, ma poi ricordava lo sguardo di Atem in quei momenti, pieno di sentimenti meravigliosi e tutto tornava al suo posto. Non era ciò che facevano a farlo stare bene, ma ciò che quegli sguardi gli facevano provare e sapeva perfettamente che nessuno al mondo sarebbe stato in grado di eguagliare un tale piacere procurato da quegli occhi regali che si posarono su di lui quel lontano giorno e che da allora non l’avevano più abbandonato.
 
Atem si svegliò quando Yugi smise di accarezzargli la testa, perché ormai stanco e chiamato nel mondo dei sogni da Bes  e una ciocca bionda gli scivolò sugli occhi solleticandolo.
Strizzò gli occhi in una comica smorfia che lo portò ad arricciare il naso facendolo assomigliare ad un micetto disturbato nell’ora della siesta. Quei capelli gli provocarono un piccolo starnuto che lo svegliò totalmente.
Resosi conto di essere appoggiato alle gambine di Yugi, si sollevò impedendo così al suo amante di addormentarsi.
Gli aveva lasciato il segno del suo orecchino sulla pelle arrossata dal peso che l’aveva oppressa per tutte quelle ore.
Era un po’ spaesato e intontito, si asciugò la strisciolina di saliva che pendeva dall’angolo della bocca, prima di voltarsi verso Yugi che gli sorrise.
 
«buongiorno»
«buonasera, vorrai dire» bofonchiò Atem voltandosi a guardare fuori dalla caverna: « quanto ho dormito? »
«un po’ » ammise Yugi ridacchiando.
«scusa» mormorò imbarazzato: « mi sento così stupido… chissà cosa penserai di me…»
«e che dovrei pensare» mormorò pulendogli meglio la bocca dalla bavetta che ancora lo sporcava: «sei il solito dormiglione e mi piace guardarti dormire»
 
Gli sorrise. Il nuovo sovrano avrebbe voluto replicare, insomma era Yugi quello che dormiva di più dei due  di solito, ma non aveva importanza. Quel ragazzino era così dolce e premuroso.
 
«come ti senti? »
«un po’ meglio» ammise: «grazie Hnm»
«non farlo. Lo dici tu, siamo compagni e i compagni si sostengono» gli sorrise posando una mano sul suo petto: «anche tu sei il mio Hnm, anzi sei una parte di me, come un altro me» disse alludendo non solo alla solo somiglianza fisica, ma anche di certi aspetti caratteriali.
Aveva ragione e Atem dovette ammetterlo ricambiando quel sorriso, avrebbe comunque voluto ringraziarlo almeno con un bacio, ma spostando il braccio si ricordò del sacchetto che aveva legato al fianco. Lo mostrò a Yugi.
 
«ma è…» si stupì il ragazzo alla vista di tanti pezzi d’oro luccicanti
«è andato in pezzi quando il cuore di mio padre ha smesso di battere» spiegò: «solo… solo che io… non sono più in grado di rimetterlo insieme» gli confessò prendendo alcuni pezzi  senza riuscire a incastrarli tra di loro: «non riesco a ricordare come si fa… non sono più in grado di…»
 
Il panico stava per assalirlo di nuovo, ma per sua fortuna Yugi era lì e con dolcezza gli accarezzò la mano distogliendo il suo sguardo da quei pezzi.
 
«sei ancora sconvolto. Calmati e non pensarci, sono sicuro che tra un po’ riuscirai a ricostruire il puzzle»
 
Come sempre Yugi aveva ragione. Fece lo sforzo di rialzarsi barcollando un po’ e poi tese la mano a Yugi.
 
«torniamo a casa? »
 
Tutte quelle ore seduto gli avevano atrofizzato che gambe che scricchiolarono quando le mosse per rialzarsi, senza contare che formicolavano tantissimo. Si fece tirare su e insieme uscirono ritrovandosi sotto ad una coperta stellata.
 
«sono tutti qui per salutare e accogliere tra di loro tuo padre» disse il ragazzino osservando gli astri brillare.
 
Atem gli stringeva forte la mano. Aveva ancora molto dolore dentro di sé, ma poco a poco si sarebbe affievolito, lo sapeva, c’era già passato.
 
Amon e Antares li attendevano lì vicino, entrambi impegnati a spiluccare quei pochi fili d’erba.
Avvolto il suo Hnm nel mantello, Atem lo issò sulla groppa del purosangue bianco; stava per salire a sua volta, quando notò una strana espressione sul suo viso.
 
«qualcosa non va? »
«no, stavo solo pensando» mormorò stringendosi nella pesante stoffa blu.
 
Faceva fresco quella sera e l’aria lo fece rabbrividire, ma non solo quella.
 
«a cosa? » Yugi aveva quello sguardo solo quando qualcosa di brutto lo preoccupava e per aver mutato in modo tanto brusco il suo sorriso, doveva essere qualcosa di molto brutto.
 
«nulla. Torniamo a casa»
«no. Dimmelo » piantò i piedi a terra il giovane sovrano.
«è solo che… sei il nuovo faraone, sei l’incarnazione di un dio e… e la nuova guida del nostro regno e…» divagava e Atem lo capì immediatamente.
«e, e, e. Arriva al punto»
«la successione, la dinastia. Tu dovrai… dovrai trovarti una moglie e io…» mormorò il piccolo Yugi mentre il suo cuore, alla consapevolezza di un tale destino, si rompeva in pezzi sempre più piccoli.
 
Aveva ragione e Atem dovette ammettere si averci pensato, ma trovandoselo poi accanto l’aveva scordato. L’accordo era che avrebbe lasciato il compito della discendenza a suo fratello, quando mai fosse nato, ma suo padre era morto e lui era il suo unico figlio. Era altrettanto vero che Atem era diventato l’astro del giorno e della notte, la legge dell’Egitto e nessuno avrebbe mai potuto allontanarlo da Yugi contro la sua volontà.
Yugi era il suo principe compagno, poteva considerarsi al pari di una Sposa Reale.
La discendenza… era un argomento a cui Atem non voleva pensare ancora, era solo un ragazzino con già grandi responsabilità, non voleva dover aggiungere anche quelle genitoriali. Non così precocemente.
 
«vieni qui» mormorò dolcemente invitandolo a scendere da cavallo.
Lo strinse forte, come non aveva mai fatto, soffocandolo quasi: «nessuno ti porterà via da me, te lo giuro. Noi staremo insieme per sempre! »
 
Quanto avrebbe voluto che fosse così, eppure a quelle parole l’inquietudine di Yugi crebbe. Per un momento l’oscurità che si creò quando chiuse gli occhi fu rischiarata da un bagliore che lo accecò, vedeva tutto sfocato, come se una patina opaca gli stesse coprendo gli occhi: erano lacrime. Eppure riconosceva bene la figura che si allontanava da lui addentrandosi nella luce e nella sua mente la parola ‘Addio’ si fece largo spaventandolo così tanto da spingerlo ad avvinghiarsi al suo Atem con aria disperata.
 
«va tutto bene» lo rassicurò.
 
Quello era il momento giusto. Un piccolo gesto per sollevargli il mento in cerca della sua bocca su cui posò un bacio che si fece, poco a poco, sempre più invasivo e impertinente e a cui Yugi rispose con decisione, serrandogli le braccia al collo, sollevato sulle punte per assaporare meglio quel momento.
 
Il ritorno a casa poteva anche attendere, loro due erano più importanti e poi era tardi, rischiavano di incappare nei banditi o di farsi male lungo la strada accidentata.
Quelle erano le scuse che si ripetevano nella loro mente mentre rientravano in quel posticino riparato e appartato sbattendo prima contro una parete e poi contro l’aria, finché non finirono a terra dove Atem si posizionò carponi su Yugi osservando i suoi occhioni brillare di desiderio pari o maggiore al suo visto che quelle manine bianche si erano già premurate si togliergli il mantello ed erano intente a spogliarlo della tunica, così come quelle del sovrano si stavano insinuando sotto la sua veste in cerca di quei punti in cui la pelle del suo piccolo amante era così sensibile.
 
«ora io sono la legge e dico che niente mi allontanerà da te, hai capito? » mormorò strappandogli ancora un bacio mentre le sue mani calde fecero scappare un grido sordo al piccolo che s’irrigidì schiacciandosi contro la sua bocca.
 
Il mattino seguente, il principe, ormai pronto a diventare faraone e il suo compagno, fecero ritorno a palazzo dove tutti li attendevano con ansia, preoccupati per la loro incolumità, ma loro stavano bene, anzi benissimo. Avevano passato una delle nottate migliori di sempre.
 
 
Erano già passati alcuni giorni da allora, le procedure per la sepoltura del sovrano procedevano e Atem si occupò dei vari rituali che accompagnavano la mummificazione del padre. Yugi, ovviamente, era al suo fianco, sapeva che avrebbe potuto cedere di nuovo e voleva essergli accanto. Ancora non era riuscito a ricomporre il puzzle e ciò riempiva l’intero palazzo di inquietudine. Atem non poteva salire al trono senza l’oggetto a testimonianza del suo potere e senza un sovrano in carica, l’Egitto sarebbe caduto.
 
Un gran baccano svegliò, quella mattina, il giovane amante del principe, ma quando si voltò in cerca di Atem, scoprì che non c’era. L’aveva lasciato solo e Yugi odiava risvegliarsi da solo. Ormai era diventato un rituale. Svegliarsi, lasciarsi abbracciare e baciare la fronte e i capelli e, molto lentamente, alzarsi assieme a lui. Non era un buongiorno se non era Atem a darglielo.
Poi il terrore che avesse avuto una ricaduta, lo travolse spingendolo a scendere in fretta dal letto arrancando la vestaglia prima di correre fuori dalla stanza.
Sentiva un gran caos provenire dagli appartamenti in fondo al corridoio, spostavano mobili, rassettavano le camere e a dirigere i lavori c’era proprio Atem.
 
«che succede? » si preoccupò Yugi raggiungendolo
«Hnm! Ti abbiamo svegliato? » domandò.
«no…è che quando non ti ho visto mi sono preoccupato. Tutto bene? »
«certo» gli sorrise Atem salutandolo con un bacino.
«che fai? »
«è una sorpresa» gli strizzò l’occhio invitandolo ad andarsene per lasciarli lavorare.
 
Quando la notizia di ciò che stava architettando Atem raggiunse le orecchie di Aknadin, questi andò su tutte le furie prendendosela con il povero servitore che gli aveva riferito il messaggio.
 
«cosa vuole fare?! » sbottò a denti serrati.
«è così… ha detto di voler fare un regalo al nobile Yugi e…» cercò di spiegare, ma non fece altro che far infuriare il vecchio sacerdote.
«nobile un corno! Quel moccioso è il demonio! Chissà cosa starà tramando» borbottò.
 
Lo ricordava, ricordava bene quegli occhi e il terrore che l’aveva travolto il giorno in cui li vide per la prima volta. Gli occhi di una bestia assetata di sangue, che ancora lo tormentavano la notte.
 
«ascolta bene ciò che sto per dirti»
 
Aveva preso una decisione. Nella sua posizione di sacerdote, c’erano cose che andavano fatte ad ogni costo per preservare il regno e lui le avrebbe fatte, proprio come allora.
 
Era pomeriggio quando un soldato raggiunse di corsa il principe e imminente faraone. S’inginocchiò davanti a lui tentando, tra gli affanni, di parlare e fargli capire la gravità della situazione.
Yugi era distante e non capì quello che l’uomo disse, ma vide l’espressione di Atem, il suo viso sbiancarsi e lo sguardo voltarsi per posarsi su di lui. Doveva essere accaduto qualcosa che lo riguardava, ma non gli disse nulla, una volta assimilata la notizia, si allontanò di corsa.
Balzato in groppa al suo cavallo, assieme a un pugno di soldati e altre persone che Yugi non riconobbe, uscì di corsa dal palazzo.
 
«Shimon! Cos’è successo? Perché Atem è corso via? » gli domandò correndo lungo i corridoi in cerca di una spiegazione che l’anziano, ingenuamente, gli diede.
«a quanto pare c’è stata un’imboscata. Durante il viaggio di ritorno le tue sorelle sono state attaccate, ma da quello che so stanno bene» spiegò, non immaginava che Yugi fosse allo scuro di tutto, anche se d’un tratto, tutti quei preparativi e quelle camere ebbero una spiegazione. La sorpresa di Atem era l’arrivo della sua famiglia a palazzo.
Il problema, però, divenne quell’attacco, per spaventare tanto Atem, non doveva essere stata proprio una cosa da nulla e il primo pensiero di Yugi andò alla sorella maggiore.
 
«Tuya! » esclamò correndo anche lui verso le scuderie. Non ci pensò un solo momento, presa Antares, si lanciò anche lui al galoppo.
 
Ancora non aveva raggiunto il gruppo quando udì le urla della sorella che lo spinsero a scendere dal cavallo ancora in corsa per raggiungerla, gettandosi al suo fianco. Respirava a fatica, lanciava urla di dolore che la lanciavano in avanti.
 
«Yugi…» mormorò Nef che assisteva la sorella dolorante e dal ventre gonfio.
«Hnm… non…. Mi dispiace» pigolò Atem che si sentiva tremendamente in colpa per l’accaduto: «avevo fatto in modo che avvenisse tutto nel massimo riserbo per proteggervi, ma…»
«dobbiamo tornare a palazzo! » esclamò Yugi.
 
Si sarebbero chiariti più tardi, ora la precedenza l’avevano Tuya e il suo bambino.
 
Si preparavano ad una lunga, anzi lunghissima nottata. Fu chiaro fin da subito che ci sarebbero state delle complicazioni. Alla ragazza si erano rotte le acque durante l’attacco, ma a ore dall’arrivo a palazzo, ancora non si sapeva nulla.
Yugi camminava avanti a indietro per il corridoio, di fronte alla stanza da cui provenivano i lamenti e le urla della sua adorata sorella che soffriva terribilmente.
 
«Hnm, stai calmo » lo pregò Atem a cui stava venendo il mal di mare a furia di vederlo passare. Capiva la sua agitazione, ma così non avrebbe risolto nulla. Non lo ascoltava, dovette bloccarlo lui stesso: «Yugi, mi senti? »
«perché non ci dicono niente? » pigolò il piccolo, nel panico più che mai
«non lo so» mormorò il faraone: «ma non ti devi preoccupare, è nelle mani dei migliori medici dell’Egitto. Andrà tutto bene» provò a tranquillizzarlo, anche se, una domanda gli sorse spontanea. «perché non mi hai mai detto che tua sorella era…»
 
Si fermò, Yugi aveva capito, ma aveva anche voltato lo sguardo.
 
«Tuya era promessa» gli raccontò: « lei aveva una relazione con l’apprendista del fabbro. Prima della morte di nostro padre, stavano organizzando tutto per andare a vivere insieme, lontano da Tebe» la ricordava, così felice e gioiosa che correva assieme a quel ragazzo. All’epoca Yugi era solo un bambino, ancora non capiva che tipo di rapporto avessero sua sorella e quel tipo sconosciuto. Certi giorni l’aveva persino odiato perché gli portava via sua sorella per ore.
Andò a sedersi con il suo sovrano che lo strinse forte mentre lui continuò il suo racconto: «dovettero posticipare tutto quando nostro padre morì  e poi…»
 
Atem sussultò, avvertì qualcosa, come un presentimento, ma non disse nulla.
 
«Tuya aveva scoperto da poco di essere incinta di lui quando  ebbe un incidente nella fucina… fu tremendo. Qualcosa fece esploder il forno, il suo corpo venne sfregiato da gravi ustioni. Tuya lo curò e lo vegliò, ma pochi giorni dopo lui morì» terminò.
 
Aveva ragione, fu tremendo, allo stesso Atem venne la pelle d’oca all’idea di ciò che accadde. Strinse ancora più forte Yugi sperando di consolarlo.
«se l’avessi saputo, forse…»
«non sarebbe cambiato nulla» sospirò Yugi : «sapeva fin dall’inizio che non ce l’avrebbe mai fatta. Nessuno medico o guaritore, avrebbe potuto fare qualcosa. È stata la volontà degli dei. Tuya ne ha pianto, ma l’ha superato per il bene del loro bambino» disse: «solo… è successo troppo presto»
 
L’ennesimo urlo della sorella lo fece saltare in piedi e retrocedere, sbattendo contro Atem, alzatosi a sua volta.
 
«non era pronta e…»
«sh sh sh… andrà tutto bene»
«certo è così» s’intromise Mahad: «in questo momento Iside, Nephti, Meskhenet e Hequet si stanno prendendo cura di tua sorella. Loro la proteggeranno» tentò di fargli coraggio, facendo riferimento alle dee che assistevano le donne in travaglio.
Yugi era talmente agitato che gli tremavano le gambe, se non fosse stato per Atem che lo abbracciava, non sarebbe riuscito a reggersi in piedi da solo.
 
Non ne aveva la forza, le gambe non la reggevano più e dopo innumerevoli sforzi, le sorelle dovettero portare la sorella a letto, il bambino sarebbe nato da quella posizione, purtroppo la madre era troppo debole per reggersi in piedi. Perdeva troppo sangue, dovevano sbrigarsi o sarebbe morta di emorragia.
Hate le stringeva la mano e le asciugava il sudore. Tuya cercava di resistere ed essere forte, come aveva sempre fatto, ma quando avvertì ciò che le stava accadendo, si lasciò andare ad urla e pianti che fecero vacillare le altre ragazze. Qualcosa non andava e non si trattava del parto anticipato o dell’incidente con i banditi o chiunque essi fossero, qualcosa in lei non andava.
 
«tiratelo fuori, vi prego! » strillò dopo l’ennesima spinta andata a vuoto e che la rigettò sul letto, più incosciente che sveglia.
«no! No! Tuya ascoltami! Devi resistere! Avanti! » tentò di incoraggiarla Nef, Yugi le avrebbe detto così, lui dava sempre forza a tutte loro, con il suo viso solare, da quando era entrato a far parte della loro famiglia, aveva sempre dato coraggio a tutte loro e la più piccola delle sorelle, per una volta, tentò di fare come lui.
«Yugi sta per diventare l’amante del faraone, il tuo bambino diventerà una persona importante! Devi essere lì per vederlo! » esclamò : «perché… perché anche tu diventerai una persona importante! »
«mi stai dando per spacciata prima del tempo, sorellina» trovò la forza di scherzare , strappando un sorriso anche alle ragazze.
 
Dopo una notte ad attendere, Yugi si assopì sulle gambe di Atem che restò sveglio a vegliarlo assieme a Kuriboh.
Ra non era sorto da molto quando uno strillo lo fece sussultare. Un suono che aspettavano tutti di sentire, seguito dalle urla gioiose delle donne presenti nella stanza.
Un tuffo al cuore per il piccolo Yugi che scattò in piedi muovendo piccoli passi verso quella porta. Lentamente essa si dischiuse vedendo uscire Nut con un neonato tra le braccia, un fagottino così piccolo da sparire nel lenzuolino in cui era avvolto.
«un maschietto sano e forte» sorrise dandolo al fratellino, incredulo, che lo prese tra le braccia. Gli occhietti chiusi e la pelle scura e raggrinzita, ma da un’espressione così dolce, le manine sotto la copertina che cercavano di farsi spazio.
«Yugi, sei uno zio» gli sorrise Atem posandogli una mano sulla spalla.
Ancora non ci credeva, quel bimbo così piccolo e innocente era il suo nipotino, il figlio della sua adorata sorella.
«e Tuya? »
 
Nut ancora sorrideva. La ragazza era svenuta, ma sembrava stare bene.
Era andato tutto per il meglio, almeno cosi parve per i primi minuti, ma poi giunse l’urlo terrorizzato di Nef che strillò proprio quel nome.
Tutto smise di esistere attorno a Yugi, sentì gambe e braccia troppo molli per reggere qualcosa e fu grazie alla prontezza di Atem se lui e il bambino non finirono a terra.
Il piccolo cominciò a strillare e agitarsi e il principe chiamò una donna lì vicino affinché lo portasse via, affidandolo alla balia.
Isis li raggiunse poco dopo quell’urlo.
L’espressione abbattuta sul suo volto anticipò ciò che avrebbe detto loro.
Anche lei stremata per la nottata, perse le forze tra le braccia di Mahad che la sostenne per un momento.
 
«Isis! »
«è tutto ok… Mio signore, Yugi…» mormorò, incapace di guardarlo negli occhi: «tua… tua sorella maggiore… lei non… non ce… non ce l’ha fatta» spiegò.
 
L’avevano già capito, ma sentirglielo dire fu il colpo di grazia per il ragazzino. Staccatosi da Atem, mosse piccoli passi verso quella stanza che gli era stata preclusa fino a quel momento.
 
«Yugi, fermati» esclamò Nut andando a prendergli il braccio: «non… non andare… aspetta. Calmati» lo pregò strattonandolo affinché tornasse indietro, ma tutto ciò che ottenne fu uno spintone dal ragazzino che la gettò a terra.
Lo shock l’aveva cambiato, fu chiaro immediatamente a tutti che quello non era il solito Yugi. Non spiccicò parola, si avvicinò alla sorella distesa sul letto. Avevano appena finito di pulirla e coprirla quando Yugi entrò raggiungendola, sedendosi sul letto al suo fianco come aveva fatto lei per tutta la vita, le prese la mano e le accarezzò il viso, ancora caldo, ma che gelava ogni istante di più.
 
«sorellona sono io, svegliati» sussurrò stringendole la mano: « Tuya, dai che è tardi,  non sei curiosa di vedere il tuo bambino? »
«Yugi…» bisbigliò Nef osservando quella scena tremenda e non solo lei, Atem, Mahad, Isis e Nut che l’avevano seguito.
«coraggio Tuya, alzati! » cominciò ad alzare la voce scuotendola : «ti devo mostrare tante cose! »
«Yugi» lo chiamò d nuovo Nef, ma non ebbe il coraggio di toccarlo, lo vide voltarsi. Lo sguardo spaesato che si posò su di lei e poi su Atem : «perché non si sveglia?»
«Hnm…»
«fate qualcosa, chiamate i dottori! Aiutatela! Mia sorella sta male, non respira! » gridò scuotendola ancora.
«Hnm, Basta! » lo tirò via Atem, non faceva bene a lui e nemmeno alle ragazze quella scenata: «mi dispiace…»
«fai qualcosa…» lo implorò con gli occhi gonfi di lacrime : «fai qualcosa! Salvala! Sei il faraone, tu puoi fare tutto! » urlò disperato strattonandolo e colpendolo, in preda ad un attacco isterico che spezzò il cuore del giovane sovrano. «ridammela! Riportami mia sorella! Riportala da me! » lo colpì e strattonò più e volte e Atem lo lasciò fare finché non si stancò e allora lo abbracciò forte.
«mi dispiace Yugi, io non posso fare nulla»
 
Non erano quelle le parole che quello Yugi sconvolto avrebbe voluto sentire e, a quell’affermazione, lo respinse rifiutando ulteriormente il suo abbraccio e fulminandolo con lo sguardo
«e allora a che servi tu?» gli disse a denti stretti.
Un colpo al cuore che fece a pezzi Atem, sapeva che quelle parole erano dettate dal dolore, ma di nuovo quella sensazione di incapacità tornò a tormentarlo, mentre il suo tesoro più prezioso si accasciava ancora sul corpo della sorella chiamandola, implorandola di riaprire gli occhi, dandole mille ragioni per vivere, ma di vita in lei, ormai, non ce n’era più alcuna.

 









Che sfiga! in quel palazzo e entri muori! 
E prima il papi e poi la sorella... già che Yugi c'ha rimesso la sanità mentale da tempo per colpa della famiglia reale... ci manca solo che si tiri dietro pure Atem... tutti in manicomio!
(esistevano i manicomi all'epoca? che ne facevano degli sbroccati? boh...)
Staremo a vedere se Yugi si riprenderà

News-->Aggiornamento: Come detto domenica, vi comunico il capitolo 13 per la data 23 marzo, cioè domani ^^
Decisione dell'ultimo minuto perchè domenica vi voglio ben concentrati sul 14 e non voglio fare le corse ad aprile. .

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** ...Dark Days ***


Capitolo extra!
Diciamo che così non corriamo ad aprile e poi vi voglio belli concentrati per il capitolo di domenica che sarà tosto e complesso. (arriviamo all'epilogo di Bond Beyond Space&Time in sostanza) sarà la svolta... ma ora dobbiamo parlare di QUESTO capitolo per cui, prima di mettervi a leggere, andate al supermercato e fate scorta di fazzoletti, taanti fazzoletti e poi mettetevi comodi ;)

Buona lettura
ONCE UPON A TIME...

...DARK DAYS

 
Fu tremendo, Yugi sembrava inconsolabile.
Atem faticò ad allontanarlo dal capezzale della sorella morta. Gridava e scalciava mentre il principe lo allontanava di peso trascinandolo via. Lasciarlo lì avrebbe solo peggiorato le cose per lui e per le quattro sorelle che cercavano di darsi forza l’una con l’altra.
 
Lo portò  di peso nella loro stanza affinché si calmasse e riposasse. Aveva smesso di gridare e agitarsi, ma ancora piangeva e quando Atem gli toccò a spalla per invitarlo a sedersi sul letto, questi si voltò di scatto aggrappandosi alla sua tunica: «ridammi mia sorella. Ridammi la mia Tuya ti prego! Riportala da me! » singhiozzò.
«mi dispiace Yugi, io… io non posso.  Non ho potere sulla vita e la morte…» mormorò a denti stretti facendolo sedere, slegandogli i sandali uno a uno: «ma lei resterà sempre con te, finché la ricorderai, lei sarà nel tuo cuore» disse.
 
Capiva perfettamente il suo sconforto, la stessa tragedia lui l’aveva vissuta poche settimane prima. Avrebbe fatto male e poi l’avrebbe superata. Almeno così si aspettava da Yugi, lui era forte.
Lo aiutò a mettersi a letto coprendolo con il fine lenzuolo e provò a dargli un bacio sulla fronte, ma a quello Yugi si scansò. Un po’ gli dispiacque, ma lo trovò comprensibile.
 
«riposati, Hnm» disse lasciandolo solo: «mi occuperò io del resto»
 
Non era stato sepolto il padre che già un altro membro della famiglia li aveva lasciati. Possibile che ogni cosa toccasse, andasse  in pezzi? Lui che portava il nome di un dio creatore, distruggeva ogni cosa. Stava per sedere sul trono d’Egitto, ma con quelle premesse, con che coraggio l’avrebbe fatto? Avrebbe distrutto il suo stesso regno.
Una pessima sensazione lo travolse, come un presagio. Vide, di nuovo, davanti a sé quella landa fredda e desolata e quel corpo avvolto in quella stoffa color porpora.
 
«principe, stai bene? »
 
Mahad lo riportò alla realtà, era diventato pallido di colpo, sembrava sul punto di svenire anche lui, ma non appena il sacerdote lo risvegliò, sembrò riprendersi.
 
«sì...sì è tutto a posto»
«dovresti riposare anche tu» gli consigliò :« penseremo noi a… ai rituali per la sepoltura della signorina»
«trattatela come una principessa, per favore. Era la sorella di Yugi e…»
Mahad s’inchinò a lui, era una cosa scontata, ma preferì rassicurarlo: «certamente»
 
Avrebbe voluto stare con Hnm, coccolarlo e tranquillizzarlo, ma aveva visto che la sua presenza non faceva altro che aumentare il dolore del ragazzino. Andò quindi in un’altra stanza.
Crollò non appena sfiorò il materasso e si risvegliò a sera inoltrata.
Aveva trascurato tutti i suoi impegni, lui come gli altri a palazzo. Quella tragedia aveva sconvolto tutti .
Avrebbe dormito volentieri ancora un po’, ma una palla di pelo marroncina  si presentò davanti a lui attirando in ogni modo la sua attenzione.
 
«Kuriboh! » esclamò drizzando la schiena: «che succede? Yugi sta male? »
 
Capì che quella della bestiola era una risposta negativa, ma volle comunque essere seguito. Doveva essere accaduto qualcosa che spinse il mostriciattolo ad accompagnare Atem di fronte alla stanza in cui si trovava Yugi.
 
«vuoi… devo entrare, vero? »
 
Nessuna risposta dal mostriciattolo che semplicemente si fece indietro mentre il principe spingeva l’uscio. Niente, non si aprì. Ci riprovò con più forza, ma non accadde nulla. Yugi si era chiuso dentro e la cosa non gli piacque affatto.
 
«Hnm! Hnm sono io! » esclamò sbattendo i pugni contro la porta: «aprimi! »
 
Niente, il silenzio più totale giunse dall’altra parte.
 
Yugi stava lì, rannicchiato sul letto, il viso che affondava nel cuscino e le ginocchia non più in grado di stare perfettamente attaccate al petto. Era stremato, non aveva nemmeno  più la forza di piangere. Stava lì, estraniato dal mondo, immerso nei suoi ricordi d’infanzia. Lui e Tuya, lui e la sua sorellona con cui adorava giocare. Stava bene con lei, le risate e le grida di gioia. Non avrebbe mai dovuto lasciare la loro casa, permettere ad altri di intromettersi nella loro vita perfetta. Cinque sorelle, lui e il loro papà. Sette, un numero sacro e perfetto, niente fidanzati, nessuna intromissione, nessun principe.
 
Non voleva vedere nessuno, questo era chiaro ad Atem, altrimenti non si sarebbe chiuso dentro, ma nel suo stato, un simile atteggiamento  non fece altro che spaventarlo. Non lo sentiva, non rispondeva.
 
Che fosse un sogno o la realtà,  ormai a Yugi non importava più, non aveva la forza di muovere un solo muscolo, non era sicuro di essere sveglio, sentiva delle voci, ma non ne distingueva le parole, nemmeno a chi appartenessero gli era chiaro e non lo voleva sapere. Probabilmente era la sua mente che si divertiva a prenderlo in giro. Desiderava stare solo e sprofondare nei ricordi, in quel mondo magico che era stata la sua infanzia, lui, piccola e innocente creatura amata e coccolata da tutti.
 
«Hnm! » gridò Atem che, arrampicatosi lungo il muro, raggiunse il suo balcone ed entrò nella stanza. Lo trovò lì, steso sul letto immobile. Fissava il vuoto e ignorò totalmente il suo goffo ingresso dalla finestra.
 
«adesso mi spieghi perché ti sei chiuso dentro» volle sgridarlo, ma non ottenne risposta, semplicemente lo ignorò e in replica il principe andò a spalancare la porta facendo entrare una donna con il vassoio della loro cena.
 
«grazie, ci penso io» disse prendendole il cibo, avvicinandosi poi a Yugi con un piatto di prelibatezze che avrebbero fatto venire l’acquolina in bocca anche al più schizzinoso e viziato dei principi.
 
«dai, fai aa.. » lo incoraggiò prendendo un boccone per darglielo.
 
Yugi non si mosse e non rispose di nuovo.
 
«senti, che tu sia triste lo posso capire, ma che ti rifiuti di mangiare e di parlarmi…. Andiamo Yugi, reagisci un po’! » esclamò il principe : « piangi e grida se vuoi, ma…non fare così. Non chiuderti in te stesso»
 
Non gli rispose di nuovo e Atem tentò ancora una volta di dargli da mangiare. Stavolta un risultato lo ottenne, anche se non fu quello sperato. Yugi si voltò dall’altra parte seppellendosi sotto al lenzuolo.
 
«lasciami in pace» borbottò cercando di tornare in quel mondo magnifico da cui l’aveva tirato fuori a forza: i suoi sogni e i suoi ricordi.
Quella risposta non piacque molto al principe che sbatté il cibo sul mobile vicino al letto e balzò in piedi
«fai come ti pare! Quando ti verrà fame, mangerai! »
 
Detto questo se ne andò sbattendo anche la porta, tornò un attimo dopo spalancandola di nuovo.
 
«e che non ti venga di nuovo in mente di chiuderti qui dentro o la faccio scardinare! »
 
Non era arrabbiato con Yugi, ma la sua incapacità di riuscire a farlo reagire lo fece infuriare con il mondo. Con passi lunghi e pesanti, tornò nella stanza in cui aveva dormito tutto il giorno e dove, ad attenderlo, trovò Nef. Era nervosa e ancora sconvolta dall’accaduto.
 
«Nef» la chiamò attirando l’attenzione della giovane che, non appena lo vide, s’irrigidì e poi s’inchinò
«mio signore»
«no… senti, Atem va bene, niente inchini. Sei la sorella di Yugi…» provò a districarsi da quelle formalità che tra i suoi coetanei odiava vedere: «che succede? Come state? » si preoccupò.
«ho perso una sorella…» rispose dando per scontato che bene non stava di certo: «sono in pena per Yugi, non l’ho mai visto comportarsi così»
«nemmeno io» le confessò : «ha solo bisogno di tempo»
«alla morte di nostro padre, Yugi trovò in sé la forza di reagire e farsi carico della famiglia, aveva qualcosa per cui lottare e reagire, pianse, ma poi si riprese. Ora… nei suoi occhi vedo solo il vuoto. Non c’è nessuna ragione di vita in essi, solo l’oblio»
 
Aveva ragione, anche lui vide quell’oscurità nelle iridi del suo Yugi, probabilmente ne fu così spaventato da dover trovare una scusa per fuggire, una come, per esempio, uno scatto di rabbia fulmineo.
Abituato com’era a vederli brillare sempre e comunque, trovarlo in quello stato gli fece a pezzi il cuore.
 
«si riprenderà. Farò di tutto perché accada» le promise posandole dolcemente le mani sulle spalle: « e dimmi, come sta il vostro nipotino? » tentò di cambiare discorso per risollevarle il morale.
«ho saputo che non voleva più staccarsi dalla balia» raccontò: « direi che sta bene. E’ forte, come lo era sua madre»
 
I giorni passarono e mai, nemmeno una volta, Yugi lasciò la stanza. I vassoi con i pasti tornavano in cucina pieni o quasi, si vedeva che certe volte il piccolo tentava di ingoiare un boccone, ma nulla, era inutile. Quello stato depressivo che l’aveva travolto era troppo forte, gli toglieva le energie, non lo faceva pensare ad altro se non al passato, nemmeno gli incubi erano abbastanza forti da farlo reagire, magari urlare, sfogare quel dolore che, evidentemente, non era riuscito a tirare fuori completamente.
Atem tentava ogni giorno di farlo smuovere, ma finiva solo per ricevere dei gran silenzi o parole orribili per scacciarlo. Sapeva che Yugi non pensava davvero a quelle cattiverie, come accusarlo di aver ucciso la sorella, con la sua irresponsabilità o rinnegare il loro primo incontro e ciò che era accaduto da allora, per cui le ferite a quelle parole furono lievi anche se gli diedero parecchio da pensare.
 
Per l’ennesima volta, il pranzo tornò indietro intatto, come era stato portato.
 
«l’ha rifiutato di nuovo? » si preoccupò Mahad, ma la risposta fu ovvia dato che il suo principe ancora teneva il vassoio pieno tra le mani  e lo sbatté sul tavolo un attimo dopo.
«dannazione! » sbottò : « che devo fare per aiutarlo a riprendersi? Questa storia va avanti da fin troppo tempo»
«purtroppo quello che colpisce il principe, è un male difficile da guarire» spiegò il sacerdote, addolorato anche lui per le condizioni di Yugi.
«che devo fare? Non mi ascolta, non mi parla… non mi guarda nemmeno. Mi accusa di quello che è successo…» mormorò stritolando i pugni.
«non lo so» disse per la prima volta in vita sua il sacerdote, spaesato quanto Atem di fronte a quella situazione : «ma sta peggiorando… ogni giorno è sempre più lontano dal nostro mondo…»
«Mahad… se dovessi perdere Yugi, io…» gli confessò.
 
Pensò ad un futuro senza Yugi, senza il ragazzino che conosceva e no, non l’accettò. Si sentì morire al pensiero. Vivere senza Yugi, regnare da solo. Sì perché non avrebbe mai accettato nessun altro accanto a lui in quel lungo regno che gli si prospettava dinnanzi
 
«io ho bisogno di lui» sospirò stringendosi le braccia al petto, scosso da un brivido di terrore.
«vedrai che si riprenderà» tentò di consolarlo.
 
«mio principe! » la voce di Seth giunse fin dal corridoio, terrorizzata, ancora ansimava per la corsa quando raggiunse la stanza in cui Atem conversava con Mahad.
«che succede? » si allarmò Atem correndogli incontro.
«devi venire, è successa una cosa… Yugi…»
 
Alla fine era accaduto, come temevano in molti, quel continuo andare e venire della mente di Yugi dalla realtà al sogno, gli fece perdere totalmente la lucidità e, in un momento di veglia, si alzò dal letto per raggiungere una cassettiera in cui erano riposti alcuni degli indumenti di Atem. Vi frugò all’interno con lo sguardo vuoto, finché non trovò un coltello dal manico intarsiato d’oro e pietre preziose e un  fodero altrettanto prezioso su cui era inciso il nome del principe. Estratta la lama, osservò per un momento il suo riflesso, dopo di che se la puntò al cuore.
Fu grazie all’arrivo di alcuni servi che una tragedia venne scongiurata. Ebbe inizio una lunga lotta. Yugi resisteva, urlava e si dimenava e solo Mana, con un incantesimo lanciato al momento giusto e ben riuscito, riuscì a togliergli l’arma dalle mani.
 
Seguito dai due sacerdoti, Atem corse a perdifiato quei corridoi finché non raggiunse la sua stanza. Mana ancora piangeva, terrorizzata a morte in un angolo e fu da lei che il sacerdote e maestro di arti magiche corse per consolarla.
Yugi invece, era stato legato ad una sedia  a sua volta fissata al letto perché non si facesse ulteriormente del male. Si agitava, ma quando vide Atem avvicinarsi si bloccò e chinò il capo.
 
«Yugi…» sussurrò avvicinandosi lentamente, osservando la lama insanguinata sul pavimento e il viso del suo piccolo sfregiato da essa. Si era ferito durante la lotta. Nulla di grave, ma fece comunque salire un conato di vomito al principe, alla sola idea di quello che sarebbe potuto accadere. Lo ricacciò giù sforzandosi di restare lucido.
«lasciateci soli» ordinò.
«ma mio principe…» si preoccupò Seth. Yugi aveva provato a uccidersi, non c’era nessuna garanzia che non ci avrebbe riprovato o peggio, provasse a togliere la vita all’imminente faraone.
«andrà tutto bene. Ora, per favore» chiese di nuovo.
Così fu, aiutata ad alzarsi, la piccola Mana, accompagnata dal maestro e da Seth, uscirono lasciando il principe e il suo amante da soli.
 
«Hnm, ho saputo quello che hai fatto» mormorò: «perché? »
 
Nessuna risposta, solo un orribile silenzio e lo sguardo del ragazzino che si posava su quelle corde legate troppo strette e che cominciavano a fargli male.
 
«se… se ti slego, ti comporterai bene? » azzardò a domandargli.
 
Yugi annuì e così il principe, raccolto il coltello da terra, tagliò le funi liberandolo, ma non si mosse da lì, non parlò, si massaggiò un momento i polsi e voltò lo sguardo verso la finestra.
 
«Yugi, perché? » ripeté: «soffri così tanto? »
 
Stavolta il ragazzino annuì.
 
«allora parlami! Sfogati! Ti prego, reagisci! » tornò a implorarlo gettandosi a terra, in ginocchio ai suoi piedi, stringendogli le mani, baciandole, di nuovo sull’orlo del pianto.
L’unica cosa che si sentì dire, però, riguardò il suo atteggiamento
 
«un re non s’inginocchia»
«questo non importa. Te ne prego, Hnm reagisci! Se non vuoi farlo per te, o per me, fallo per le tue sorelle, per quel bambino! Ha già perso sua madre, non lasciare che perda anche te! »
«lui mi ha portato via mia sorella»
 
Era la conversazione più lunga che avevano avuto nell’ultima settimana e per Atem fu davvero scioccante sentirgli dire una cosa tanto orribile.
 
«è stato un tragico incidente di cui nessuno ha colpa»
«lasciami in pace» mugugnò alzandosi per tornare a letto, ma Atem lo trattenne, quella volta non avrebbe lasciato perdere. Non se ne sarebbe stato lì a osservarlo distruggersi senza fare niente, non più.
Toccarlo lo fece rabbrividire. Il corpicino di Yugi era diventato la metà di ciò che era. Era dimagrito in maniera spaventosa, Atem sentì perfettamente l’osso del suo braccio in ogni parte. Di nuovo un brivido di terrore gli percorse la schiena. Stava più male di quanto pensasse.
 
« pensi che farti del male sia la soluzione? » mormorò tornando a stringergli quel braccio: «ascoltami ! » insistette dandogli uno strattone. Voleva che lo guardasse negli occhi, che capisse quale tremenda stupidaggine stava commettendo.
«quando ero piccolo… tutto era perfetto. Mio padre, le mie sorelle. Insieme eravamo felici. Giocavamo e poi… poi tutto è cambiato, siamo arrivati qui. Le persone di questa città sono cattive e hanno distrutto la mia famiglia… io… io voglio che tutto torni come allora» riuscì a spiegarsi.
Gli dava le spalle, tra le persone cattive aveva incluso ogni singolo abitante di Tebe, compreso Atem. Più volte in quei giorni gli aveva rinfacciato che dal loro incontro tutto era andato male, ma mai l’aveva preso tanto sul serio quanto in quel momento. Lo lasciò andare, probabilmente se ne sarebbe andato, deciso a sparire per sempre dalla sua vita, se Yugi non avesse aggiunto un ultimo pensiero.
 
«starò di nuovo con la mia mamma, il mio papà e la mia sorellona. Mi riunirò a loro e saremo felici»
 
Pensava ancora a quello, a quella follia.
Non ci vide più. Poteva rinnegarlo, odiarlo, odiare il mondo, ma non la sua vita. Non gli avrebbe mai permesso di morire. Lo afferrò con forza per le braccia e lo schiaffò al muro. C’era il fuoco nei suoi occhi, il dolore, il terrore, la tristezza, la rabbia e anche quell’oscurità che  Yugi aveva scacciato anni fa.
 
«io non te lo lascerò fare! » ringhiò tenendolo sollevato da terra, schiacciato contro quel muro freddo: « non ti permetterò in alcun modo di toglierti la vita, hai capito?! Rinnegami, odiami. Fai quello che vuoi, ma vivi! Combatti il dolore e vincilo! » urlò.
 
Fuori da quella porta, Nef e le altre sorelle, Mahad, Mana e tutti coloro che erano accorsi, spaventati dal tentativo di Yugi di togliersi la vita, lo udirono urlare e quando Seth provò a intromettersi, Karim lo fermò, era chiaro che non era il caso. Il loro sovrano stava dando il primo segno di responsabilità verso il suo popolo. Stava reagendo forse tropo violentemente a giudicare dalle urla, ma le parole che diceva erano giuste.
Atem sarebbe stato un grande faraone.
 
Yugi era rimasto pietrificato da quella reazione, tanto che il respiro gli si mozzò in gola.
 
«sei davvero così stupido da pensare che la morte sia la via migliore? È solo quella più facile e tu non sei uno che sceglie la strada più facile! Sei corso nel deserto a cercarmi, per dirmi che non dovevo stare solo e di reagire, di ricordare le cose belle che mi aveva dato mio padre e portarlo nel mio cuore…  mi stavi mentendo allora…» lo accusò strattonandolo ancora perché lo guardasse in faccia e lo fece, ma voltò lo sguardo un attimo dopo.
«no, ma… è diverso»
«in cosa è diverso ,spiegamelo. Perché non è la tua vera sorella? Perché ti ha cresciuto come una madre? Spiegami in cosa è diverso»
 
A quello non seppe rispondere, una piccolissima parte di sé gli ripeteva da giorni che doveva reagire, ma tutto il resto si rifiutava categoricamente. Avrebbe potuto opporsi, ma fondamentalmente non voleva, era così piacevole affondare nei ricordi e stare lì, lontano da quel mondo crudele che gli aveva impedito di conoscere i suoi veri genitori, la sua madre adottiva, che gli aveva fatto dono di quella carnagione, che gli aveva portato via suo padre e poi sua sorella.
 
Lo rimise a terra, allentando la stretta, ma non lo lasciò. Sentì le sue mani tremare e un singhiozzo incastrarsi nella sua gola.
 
«tu…tu hai sconfitto il principe delle tenebre… mi hai salvato e ora vuoi abbandonarmi? » mormorò trattenendo a stento quelle lacrime: «ti ho mentito. Non sopporterei il tuo odio…mi dispiace per il male che ti ho causato, ma ti prego, non mi abbandonare! Yugi, Hnm, io ho bisogno di te! » esclamò scivolando di nuovo ai suoi piedi stringendogli ancora i polsi e appoggiandosi alla sua pancia, affondando il viso nella sua tunica per nascondere le lacrime: «se dovessi morire, se… se tu davvero decidessi di intraprendere quella strada allora io… io ti seguirò. »
«non puoi, sei il faraone» mormorò Yugi che ancora non aveva preso seriamente quelle parole, ma dovette farlo quando incrociò il suo sguardo
«che divorino il mio cuore, che la mia anima si perda, ma… non vivrò in un mondo in cui tu non ci sei più»
detto questo lo lasciò: « la mia vita è sempre stata nelle tue mani e sempre lo sarà. Insieme nella vita, uniti nella morte »
 
«va bene» disse solamente, dopo un lunghissimo silenzio.
 
Non andava bene e, in preda alla disperazione, Atem scoppiò in un pianto soffocato tornando a nascondere il viso contro la pancia di Yugi macchiando la tunica di khol.
 
«Hnm, torna da me… ti prego non mi abbandonare! »
 
Quella disperazione, Yugi non ne aveva vista tanta nemmeno per la morte del faraone. Cosa stava facendo? Perché lo trattava in quel modo? Che colpa poteva mai avere Atem?
Il suo cuore sentiva di volerlo perdonare, ma la sua mente no ed essa comandava quel corpo debole, gli mostrava meravigliosi ricordi e orribili ombre del passato.
Atem piangeva, ma  smise quando a Yugi cedettero le gambe e gli cadde addosso costringendolo a rialzarsi per sostenerlo.
 
«Hnm! Che ti succede?»
 
Era pallido, ma quello l’aveva notato da giorni, sapeva già quanto fosse debole, ma quando la testa gli ciondolò in avanti posandosi sul suo petto, capì fino a che punto fosse arrivato quel male.
 
«scotti!» esclamò sostenendolo meglio per poi portarlo a letto.
 
Non fu necessaria una visita approfondita per capire che lo stress e quello stato depressivo avevano fatto salire la febbre al piccolo che non aveva la minima voglia di combattere. Cominciò a lasciarsi sopraffare da quella malattia.
Perdeva le forze giorno dopo giorno, ma in quel modo, almeno, non opponeva resistenza alle cure e al cibo che, finalmente oltrepassò la sua bocca sfiorando lo stomaco quando riusciva.
 
 
Nessun ricordo lo tormentò per i giorni a seguire, ma le parole di Atem sì. Aveva nelle mani la vita del faraone. Davvero dalla sua morte avrebbe dipeso il destino del regno?
Forse doveva trovare davvero una ragione per andare avanti, ma quale? Atem poteva essere la sua ragione? O le sue sorelle, oppure quel bambino innocente  di cui ancora non conosceva nemmeno il nome.
 
«Hnm, ti prego reagisci» insistette quel giorno Atem mentre gli passava il panno umido sul viso.
«e a che scopo» borbottò lui:« da quando ti conosco, il mio mondo è andato in pezzi»
«mi dispiace, Hnm» sussurrò il ragazzo posando la pezza nella bacinella.
 
Era da quando Yugi aveva cercato di uccidersi che aveva iniziato a prendere seriamente le sue parole. Faceva davvero male e non sapeva come farlo passare, ma in fondo se lui aveva provocato tanto dolore a Yugi, allora lo meritava.
 
«smettila di chiamarmi così. Noi non siamo compagni»
 
L’ennesima pugnalata al petto. Come poteva dire una simile cattiveria dopo tutto quello che avevano passato.
 
«non puoi dire sul serio! Hnm! » gridò afferrandolo per le spalle costringendolo a voltarsi : « rimangiati quello che hai detto! Fallo!»
«no. Lasciami in pace. Vattene» lo respinse voltando lo sguardo.
«perché…» la voce uscì strozzata in quel singhiozzo. Sentiva gli occhi asciutti, privi di lacrime, ma il cuore che andava in pezzi per tanta cattiveria.
«perché se mia sorella è morta la colpa è tua, come è colpa tua tutto ciò che è successo da allora! Da quel maledetto giorno in cui ti diedi quella stupida mela! Non era un gesto gentile, volevo solo liberarmi di te!»
 
No, in quel gesto Atem ci aveva visto gentilezza.
Per dirlo Yugi aveva trovato la forza per mettersi seduto, ma a quelle parole il dolore del principe divenne pura rabbia. L’ira lo travolse e con uno spintone, Yugi si ritrovò di nuovo steso, ma con i polsi serrati e immobilizzati da Atem che lo sovrastò.
 
«adesso smettila, hai capito?! »
 
Non gli rispose, né si oppose a quel gesto, semplicemente voltò la testa per evitare il suo sguardo.
 
«mi dispiace, va bene? Ma lasciarti andare in questo modo non ti riporterà ai tuoi momenti felici »
«mi terrà lontano da te»
«ho sempre cercato di darti il meglio, Hnm… Yugi… ti sto supplicando. Reagisci! »
«voglio solo chiudere gli occhi. Per sempre»
«non te lo lascerò fare» sibilò afferrandogli il viso, costringendolo a guardarlo.
 
Lo sguardo di un principe carico di risentimento e dolore. Sentì il cuore di Yugi sussultare e sbattergli violentemente nel petto. Non esitò e gli strappò un bacio violento e bagnato a cui non si oppose.
 
«dimentichi che tu sei mio» sibilò scendendo a bagnargli la pelle del collo con i suoi baci.
 
Ancora non opponeva resistenza, Yugi non muoveva un solo muscolo di fronte alle attenzioni indesiderate del principe che, invece, sperava  vivamente di venire respinto.
Si muoveva piano facendogli intendere ogni suo movimento prima di compierlo, ma niente. Yugi non mosse un muscolo.
Sospirò e poi lasciò scivolare la mano sotto la veste, lungo la gamba, accarezzando l’entro coscia. Non si mosse, ma ad un certo punto lo sentì irrigidirsi d’istinto. Capì che non l’avrebbe respinto, ma non era nemmeno consenziente. Era come una bambola, fermo e immobile, in attesa del suo avvenire.
Non era così infimo da toccarlo contro la sua volontà. Voleva solo spaventarlo per spingerlo a combattere, ma aveva fallito.
 
Basta. Era finita. In quel momento capì che Yugi era perduto, non avrebbe più visto i suoi occhi brillare e il viso illuminarsi per la gioia, non avrebbe più sentito le sue manine insinuarsi la mattina tra le coperte in cerca di un suo abbraccio o la sua vocina squillante ridere e chiamare il suo nome.
 
Fuggì di nuovo. Con il cuore a pezzi e il respiro mozzato in gola. Corse a perdifiato per il corridoio con la disperazione stampata in volto, in cerca di un rifugio che purtroppo non sarebbe più stato l’abbraccio di Yugi. Da lì in avanti si sarebbe dovuto accontentare di una camera troppo grande e troppo fredda, in cui avrebbe passato lunghe e tristi notti, da solo, tormentato dai ricordi di quando Yugi si avvinghiava a lui nel sonno stringendolo così forte da mozzargli il fiato o di quando sognava di correre e scalciava come un puledro imbizzarrito riempiendolo di lividi o ancora, quando lo osservava dormire e gli accarezzava la frangetta dorata promettendosi infiniti di quei risvegli.
Non avrebbe più avuto nulla del genere. Aveva perso prima sua madre, poi suo padre e infine Yugi. Cosa gli impediva ancora di ricadere nell’oscurità a cui, sembrava, il suo cuore fosse tanto soggetto?
 
Sbatté la porta alle sue spalle, ma non si gettò tra le coperte a piangere come una ragazzina.
Pianse e travolto dalla rabbia, si strappò di dosso tutti gli ornamenti, dai bracciali alle cavigliere, gli anelli, la tiara e gli orecchini. Tutto ciò che lo faceva apparire come un nobile. Non aveva nulla di nobile a parte uno stupido titolo dato per nascita. Non sapeva nemmeno rimontare quello stupido puzzle  che giaceva lì sul suo letto. Lo prese, esaminò i pezzi, ma questi non si incastravano. Nulla andava bene. Tutto stava andando a rotoli.
 
«aah! » strillò scaraventando via la scatola. Spargendo i tasselli sul pavimento.
 
In quel momento entrò Mana. L’aveva visto correre via disperato e l’aveva seguito; sapeva che il suo amico aveva bisogno di conforto, non doveva stare da solo e fece bene a seguirlo. Nel momento in cui lo vide buttare via il puzzle, lo raggiunse. Bastò la sua presenza a calmarlo.
 
«principe…»
«è finita. Non posso più fare nulla» disse accasciandosi su una sedia
«Yugi si riprenderà, ha solo bisogno di tempo» tentò di consolarlo tamponandogli l’orecchio con un fazzoletto di cotone. Strappando via l’ornamento si era ferito il lobo, ma che importanza poteva avere un po’ di sangue quando quello che credeva il suo compagno per la vita gli aveva appena fatto a pezzi il cuore?
«no…non accadrà mai… sono un incapace, mio padre aveva ragione, non sono in grado di proteggere chi amo» tornò a dirsi scuotendo nervosamente la testa
«sì invece! Io so che puoi»
«e io dovrei diventare faraone? » proseguì Atem senza nemmeno darle retta: «guardami Mana, ti sembro forse un re? » le domandò scattando di nuovo in piedi mostrandosi così com’era, con l’aria stravolta e le braccia segnate dalle numerose unghiate che si era dato per strappare via i bracciali.
«mi dispiace…» sussurrò la ragazzina: «ma… non è da quello che si vede all’esterno che si fa un re,  è da ciò che hai dentro»
«e cos’ho io? »
«un cuore immenso» gli sorrise correndo ad abbracciarlo: «sii forte e vedrai che anche Yugi si riprenderà»
 
Non era così semplice. Atem si sentiva perso e quel rifiuto da parte del suo compagno, l’aveva distrutto.
Era suo dovere salire al trono, ma un macigno immenso l’avrebbe accompagnato lungo quel cammino tortuoso, non aveva scelta.
 
Un malessere generale si propagò per tutto il palazzo, un silenzio inquietante vagava per quelle stanze.
Atem si era lasciato contagiare da quello stato depressivo che aveva travolto il suo piccolo Yugi, ma lui, a differenza sua, tentava in ogni modo di reagire, almeno finché non raggiunse il punto massimo di saturazione e allora cercò consiglio da suo zio. Lo pregò di parlare con lui, non come sacerdote e faraone, ma semplicemente come zio e nipote, anzi padre. Aveva bisogno il consiglio di un padre.
Non aveva mai avuto molta confidenza con suo zio, eppure trovò in lui l’unica persona che avrebbe mai potuto aiutarlo.
 
«sapevo che quel ragazzino ti avrebbe fatto solo del male. Lo dissi a tuo padre» sospirò il sacerdote mostrandosi buono e gentile, come non lo era mai stato con lui.
«lui mi ha salvato, ma ora… lo sto perdendo. Aknadin che devo fare? » esclamò
«mantenere la calma» lo bloccò prima di tutto riportandolo all’ordine : «e poi, se accetti il consiglio di un vecchio, ti direi di allontanarlo il più possibile, lui e la sua famiglia e accettare che non era la persona giusta»
Atem era debole, separarsi da Yugi, l’avrebbe indebolito ancora di più, ma quella fu una soluzione che il ragazzo scartò categoricamente.
«allora credo che ci sia solo una cosa che puoi fare».
 
I giorni si susseguivano senza tregua, tutti uguali, senza miglioramenti da parte del principino che passava ore e ore incosciente per via della febbre e di quel malessere.
Dopo parecchie ore Yugi riapri gli occhi. Aveva sentito un rumore e poi un fruscio, un profumo dolce e familiare lo convinse ad alzare la testa dal cuscino. Dove aveva già sentito quel profumo?
Con la debolezza che l’aveva abbandonato quasi completamente, si decise a spostarsi al bordo del letto per scostare la tenda, c’era qualcuno in quella stanza, qualcuno che non si era ancora fatto riconoscere. Era una donna a giudicare dall’ombra longilinea, ma nemmeno immaginava che, una volta guardata in volto, si sarebbe ritrovato di fronte ad una ragazza mai vista in vita sua, al polso portava un braccialetto di filo d’oro con un turchese a forma di scarabeo, aveva la pelle candida, i lineamenti del viso dolci e gentili e due grandi occhi colore dell’ametista.
 
«chi… chi sei? » mormorò incrociando il suo sguardo.
Lei sorrise tenendo gli occhi su di lui : «io sono te»
 








sigh... povero yugino è proprio triste... e anche un po' stronzetto diciamocelo, che ene può atem se sua sorella è morta?
T^T dai cucciolo non fare il cattivo e ripigliati!
^_^
A domenica! (se siete sopravvissuti a questo cap)

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** ...A Question ***


Buona Pasqua a tutti!

Eccoci arrivati all'epilogo di Bond Beyond Space&Time che vi permetterà di capire anche l acmpbio di sesso del nostro Yugi (non è un trans bella gioia XD)
Cominciamo con un riassuntino per tutti, ma specialmente per chi, per ovvi motivi, non sa cos'è accaduto prima/dopo...non so ditemi voi se Bond vi sembra più un sequel o un prequel:

Atem se n'era andato e con il tempo Yugi cominciò a vedere quell'addio come un abbandono, all'inizio odiò quel faraone, ma poi se ne fece una ragione, finì il liceo ed entrò all'università, scegliendo il ramo archeologico come suo nonno. Durante una 'gita/tirocinio' in Egitto, scoprirono una tomba, anzi La tomba di Aknamkanon in cui era deposto, invece, il corpo di Atem. Leggendo una pergamena, Yugi riportò in vita il faraone, ma questi si risvegliò senza memoria di ciò che era accaduto dopo la guerra in Egitto, per cui non riconobbe Yugi.
Tornati in giappone, Atem cercò di ambientarsi in quel nuovo mondo, sforzandosi di ricordarsi di quelle persone che dicevano di consocerlo, sentiva che Yugi gli nascondeva qualcosa, ovvero, che era stato proprio lui a ricomporre il puzzle che all'epoca gli aveva permesso di ritornare. Quando lo scoprì, scoppiò una dura lite tra i due che terminò con un grave incidente in cui Yugi, per salvare Atem, fu investito da un'auto. Quello shock fece tornare tutta la memoria ad Atem che riconobbe in Yugi il suo Aibo.
Mentre Yugi lottava per la vita, Atem venne mandato in una dimensione parallela dal Bakura malvagio, stranamente ossessionato da Yugi. Qui Atem affrontò di nuovo Aknadin sconfiggendolo, lì incontrò Gandora, la sua ' ex fidanzata'.
Yugi si riprese e lui e Atem poterono riconcigliarsi e dare finalmente inizio ad una focosa relazione. Poteva andare tutto bene e finire così, ma Yugi non era solo Yugi, ricordava la sua vita da Gandora e quando Atem lo scoprì si arrabbiò parecchio perchè per tutto quel tempo era stato convinto di averla persa. Ignorava che Yugi odiasse la sua precedente identità per via del passato oscuro ( Gandora era stata vittima di un antico rituale che l'aveva portata a uccidere molte persone).
Tutto si risolse e la coppietta visse felice e contenta...



Bene, ora che abbiamo fatto un resoconto della situazione, torniamo a Once Upon a Time

Buona lettura!!
 
ONCE UPON A TIME...

...A QUESTION

 
I giorni si susseguivano senza tregua, tutti uguali, senza miglioramenti da parte del principino che passava ore e ore incosciente per via della febbre e di quel malessere.
Dopo parecchie ore Yugi riaprì gli occhi. Aveva sentito un rumore e poi un fruscio, un profumo dolce e familiare lo convinse ad alzare la testa dal cuscino. Dove aveva già sentito quell'odore?
Con la debolezza che l’aveva abbandonato quasi completamente, si decise a spostarsi al bordo del letto per scostare la tenda: c’era qualcuno in quella stanza, qualcuno che non si era ancora fatto riconoscere. Era una donna a giudicare dall’ombra longilinea, ma nemmeno immaginava che, una volta guardata in volto, si sarebbe ritrovato di fronte ad una ragazza mai vista in vita sua, al polso portava un braccialetto di filo d’oro con un turchese a forma di scarabeo, aveva la pelle candida, i lineamenti del viso dolci e gentili e due grandi occhi colore dell’ametista.
 
«chi… chi sei? » mormorò incrociando il suo sguardo.
Lei sorrise tenendo gli occhi su di lui : «io sono te»
«che significa? »
«una domanda: giochi con me? » gli domandò tendendogli la mano.
 
Quella domanda, la sua vita venne stravolta da quella domanda. Ricordava bene la voce di Atem mentre gliela poneva, ma se allora gli aveva dato una risposta, in quel momento a quella ragazza che sembrava la sua immagine riflessa nello specchio, ne diede una completamente diversa.
 
«no. Mai più »
 
***
 
L’oscurità calò su Tebe e sul mondo e solo il sacrificio del grande faraone fu in grado di riportare la pace.
Come tutti narrano, il faraone, dopo tremila anni tornò perché colui che era stato designato a ospitare la sua anima, riuscì a ricomporre il Puzzle del Millennio, ma quel ragazzo ignorava completamente che da quel giorno tutto sarebbe cambiato e che un giorno il passato sarebbe tornato per saldare i conti in sospeso. Quel ragazzo si chiamava Yugi Muto.
 
 
Come il pendolo degli ipnotisti, dondolava il cartiglio d’argento davanti agli occhi fissando  i caratteri ieratici in bassorilievo che riportavano il suo nome.
 
«signor Muto, 15 minuti» disse una donna in tailleur dopo aver cercato con lo sguardo il giovane dai capelli rossi legati in una codina sulla nuca e la pelle bronzea che annuì.
Quando tornò a guardare il cartiglio i caratteri erano cambiati, sempre geroglifici, ma che riportavano un nome completamente diverso.
Chiuse gli occhi per un momento sfilando dalla borsa un auricolare che inserì nel cellulare.
«ti fai rivedere» disse fissando lo schermo scuro dell’apparecchio: «non molto, in fondo non devo raccontare nulla che non abbia già vissuto»
Sembrava stesse parlando al telefonino, ma in realtà questo era spento. Nessuno l’avrebbe chiamato, di questo ne era più che certo.
«ho caldo, non sono agitato. Porto una camicia spessa quanto un maglione di lana se non l’hai notato» rispose abbastanza seccato tirandosi il collo della camicia allargando leggermente la cravatta. Si sentiva soffocare tanto faceva caldo.
«non sono così egocentrico. Ho scelto un altro argomento… lo scoprirai se ne hai voglia» mormorò all’auricolare spento: «e io che ne so. Non siamo più una famiglia, vorrei ricordarti»
 
«Muto Yugi » lo chiamò la donna uscita poco prima.
Il giovane si tolse le cuffie e le ripose nella borsa assieme al cellulare avviandosi verso di lei, ma prima si soffermò a osservarsi nel riflesso di una porta. Il viso di un bambino costretto a crescere troppo in fretta, stonava con quegli occhi felini e magnetici e quella pelle scura, ma come sbiadita.
Tu ce la puoi fare, non sei Atem, sei Yugi Muto. Si disse fissandosi per un momento, prima di seguire la donna che lo condusse di fronte alla commissione d’esame che lo attendeva per l’ultimo colloquio. Era solo, nessuna delle persone a cui era stato legato era seduta in quell’aula per lui, solo studenti più giovani e ragazzi che lo conoscevano di nome e di  fama.
 
Il saluto alla commissione e poi si accomodò di fronte a tutti loro, pronto a esporre ciò che aveva preparato per lungo tempo, ma non prima che il presidente di commissione facesse un appunto.
 
«signor Muto, lei oggi ci presenterà uno studio sulla vita quotidiana del popolo di Tebe del 1000 a.C. » disse osservando la tesina del ragazzo.
«c’è qualcosa che non va? » domandò osservandolo con aria un po’ interrogativa.
«assolutamente no, ma considerando la sua scoperta, mi sarei aspettato che scegliesse come argomento della sua tesi la sua esperienza sul campo e il ritrovamento del corpo del Faraone Senza Nome»
«come ben sa quel ritrovamento è stato passato alla custodia della famiglia Ishtar che ha vietato ogni accesso e ogni contatto con esso. Il materiale raccolto due anni fa era insufficiente » spiegò con estrema calma.
«sì, posso capire. Proceda allora. Siamo tutti ansiosi di sentirla» si mise comodo l’uomo tenendo lo sguardo fisso su quel ragazzo, ormai uomo, dalla carnagione di quel bronzo sbiadito, così insolito.
 
Atem lanciò un’occhiata al suo fianco alzando leggermente l’angolo della bocca ad accennare un sorriso, dopo di che riportò lo sguardo sulla commissione dimostrandosi fiero e sicuro.
 
Uscito dall’aula, poté tirare un respiro di sollievo e sfilarsi quella fastidiosa cravatta che lo stava soffocando. Prese il cellulare e lo riaccese, come se qualcuno avesse potuto cercarlo e in effetti era così, aveva una chiamata. Un altro sospiro, poi premette il tasto di richiamata.
«pronto» rispose dall’altra parte una voce di donna non particolarmente allegra
«sono io mamm… cioè signora Muto» mormorò il ragazzo incamminandosi lungo il corridoio con la borsa in spalla.
«com’è andata? »
«bene, molto bene» provò a mostrarsi contento: «il massimo»
«hai fatto bene» disse la madre di Yugi con un tono non troppo entusiasta: «torni a casa»
Un po’ si sorprese, anche se non capì se la sua era stata un’affermazione o una domanda.
«s-sì, va bene » mormorò con voce un po’ incerta.
«dobbiamo parlare»
«come sta? »
«come vuoi che stia» rispose gelida come il ghiaccio: «chiama quando arrivi. Ciao »
 
Chiuse la chiamata lasciando il ragazzo un po’ turbato, ma nemmeno troppo. Ormai si era abituato a quel tono freddo e distaccato, se n’era fatto una ragione.
 
Giunto in fondo a quel corridoio in cui era capitato dopo essere entrato nei vecchi dormitori del campus, spinse l’uscio e la porta si aprì con uno scricchiolio mostrandogli una stanza vuota e polverosa, buia e malmessa. Restò lì sulla soglia a contemplare l’oscurità fino a quando una voce non lo ridestò.
«non ti vedevo in quest’ala dei dormitori da parecchio tempo» era uno dei ragazzi che aveva frequentato i corsi con lui, era in aula e aveva ascoltato la sua tesi d’esame: « sei stato bravo oggi. Gli hai fatto onore»
«grazie» mormorò il ragazzo intento a fissare l’oscurità: «era un debito che dovevo saldare»
«lo so, me lo ricordo. C’ero anch’io»
«lo sai che giorno è oggi? »
«sì, oggi è un anno esatto. Sappiamo tutti perché hai scelto questo giorno per laurearti» disse, ma preferì non aggiungere altro. Lo lasciò solo. Voleva fargli i complimenti dato che era sparito dall’aula subito dopo aver ricevuto l’attestazione dai docenti.
 
Atem entrò chiudendosi la porta alle spalle, l’impianto elettrico ancora funzionava, anche se la luce impiegò alcuni secondi ad accendersi illuminando quella camera abbandonata. Le lenzuola ancora arruffate, come quel giorno e la lampada da tavolo sul pavimento; aveva ancora la cicatrice sotto al piede di quando pestò un frammento della lampadina andata in pezzi.
Si sentì mancare il respiro a quel ricordo, le grida, le voci dei paramedici, la sirena, tutto quello gli provocò un peso al petto che per poco non lo schiacciò a terra, ma si riprese e avanzò di qualche passo.
Gli sembrò quasi di vederlo, su quel letto, rannicchiato coprendo qualcosa che lui conosceva troppo bene, gli sorrideva posando il viso sulle ginocchia nude. Poi svanì, come tutto il resto.
 
«e di che? Yugi Muto si è impegnato, ha studiato a lungo laureandosi dopo soli due anni. Cosa c’è di strano? » borbottò andando a sedersi sul letto accanto, con le lenzuola polverose, ma perfettamente tirate.
Sentiva la sua risata risuonare tra quelle quattro mura e quell’odore di bagnoschiuma costrinse la sua mente a viaggiare indietro di un anno
 
Era mattino, Yugi doveva andare a lezione, ma come al solito buttarlo giù dal letto fu una vera impresa. Atem si era appena alzato raccogliendo i bracciali dal comodino per indossarli, poi avrebbe raccattato i vestiti che avevano sparso per la camera la notte prima.
 
«Aibo, alzati, devi andare a lezione»
«mmh… ho sonno» si lamentò.
«non avresti tanto sonno se la notte dormissi» lo rimproverò.
«e di chi sarebbe la colpa se non dormo? » rigettò la sgridata sbucando fuori dalle coperte per andare ad avvinghiarsi al collo del suo faraone per baciare quella guancia vellutata così invitante: «buongiorno, mio re»
«siamo contenti, oggi» sorrise alludendo a quel qualcosa appoggiato alla sua schiena.
«stasera c’è una festa. Andiamo? » gli domandò usando un tono che sembrava quasi una supplica, ma sapeva di non aver bisogno di suppliche per far fare al suo faraone tutto ciò che voleva.
«è una di quelle in cui si beve? »
«può darsi»
«va bene, ma devi promettere che non berrai»  su quello era intransigente, anzi si voltò a osservarlo. Le guance erano colorate e gli occhi languidi, ma non troppo lucidi. Sembrava stare bene.
Yugi accettò il compromesso e Atem si alzò andando a cercare i suoi vestiti in quella baraonda raccogliendo jeans, boxer, maglietta scarpe e quant’altro . Li  buttò nel cesto della roba sporca andando a cercare qualcosa da mettersi nell’armadio di Aibo.
«pranziamo insieme? »
«non posso, ho un colloquio all’ora di pranzo» gli ricordò Atem che sì, alloggiava nel dormitorio con lui, ma aveva bisogno anche di soldi per vivere, non voleva farsi mantenere dalla mamma e dal nonno. Yugi poté solo annuire e rassegnarsi.
«piuttosto, come stai? » si preoccupò d’un tratto.
«io sto bene! » esclamò balzando giù dal letto, tentando di nascondere goffamente le vertigini che lo colpirono.
«non sembrava stessi bene quando vomitavi senza tregua, stanotte » gli rammentò il faraone a braccia conserte osservando quegli occhietti scavati: «sicuro che non sia il caso di farti vedere da un medico? »
«sto bene. Ho mangiato solo qualche schifezza che mi ha fatto male» si giustificò. D’altronde, la cucina del campus non era certo delle migliori, anzi.
 
Quella sera, quando arrivarono al locale, la festa era già cominciata, la musica si sentiva da chilometri di distanza. Le luci stroboscopiche stordivano, ma invitavano anche a buttarsi in mezzo alla pista assieme alla folla.
«se ti gira la testa dimmelo subito! » gli gridò nell’orecchio tirandolo con sé verso il bar dove ordinò due analcolici, giusto per dare il via alla serata. Finiti, si spostarono verso la pista da ballo unendosi agli altri ragazzi in quelle danze moderne che li costringevano a muoversi in meno di mezzo metro quadrato con colpi di bacino, spalle e braccia tese in aria. Yugi era una gioia per gli occhi, così gioioso e libero, muoveva quei fianchi da una parte all’altra girando attorno ad Atem che invece, si muoveva sul posto con fare ancora un po’ rigido, doveva sciogliersi un po’ e poi sarebbe partito anche lui. Yugi saltava da una parte all’altra come una ragazzina adolescente scatenata a un concerto rock, sbatteva la testa avanti e indietro imitando i movimenti del chitarrista sul palco. Gli schiamazzi non mancarono, tanto che dopo un po’ si accorsero entrambi di essere rimasti senza voce, ma questo non li fermò dallo  scambiarsi passionali baci di tanto in tanto, specialmente quando la ressa li spingeva l’uno contro l’altro, o quando partì il lento, per cui il più piccolo si allacciò al collo di Atem che gli cinse i fianchi senza mai lasciare il suo sguardo, cominciando a muoversi lentamente a piccoli passi di lato, sorridendosi dolcemente.
«domani mattina non ho lezione» gli mormorò nell’orecchio.
«questo significa che ci organizzeremo di conseguenza» sorrise il faraone pregustando già la notte movimentata che li attendeva.
 
Tornarono in camera che erano le 3 del mattino o più, avvinghiati l’uno all’altro, le labbra incollate e le mani che vagavano l’uno sul corpo dell’altro in cerca del lembo dei vestiti da togliere prima di gettarsi tra le lenzuola.
«è tutto a posto? » ansimò Atem cercando il suo sguardo
«non potrebbe andare meglio» annuì Yugi cercando ancora la sua bocca da baciare e assaporare spingendolo sul materasso.
 
Momenti intensi e passionali seguirono quei baci e alla fine di essi i due si ritrovarono stanchi, anzi, esausti, ma appagati.
 
«stai bene? » mormorò Atem abbassando la testa in cerca dello sguardo del suo piccolo angelo poggiato al suo petto.
«me lo chiedi tutte le volte» sorrise baciando quella pelle sudata: «ma sai ogni volta la risposta. Tutto con te è meraviglioso»
«voglio darti solo il meglio»
E se il meglio era lui, Yugi sarebbe rimasto lì per sempre.
 
Purtroppo il giovane Muto nascondeva un segreto oscuro che solo Jonouchi era riuscito a intuire ormai da tempo, ma che Yugi l’aveva pregato di tacere, specialmente ad Atem. Voleva fare le cose a modo suo, proprio come fece lei e ormai era giunto al termine di quell’avventura. C’erano state molte feste prima di allora, ma Yugi non c’era mai voluto andare. Aveva saltato spesso molte lezioni per stare con il faraone, ma quel giorno scelse di andare, la riteneva una cosa importante da appuntare e quando lasciò l’aula salutò tutti i suoi amici. Anche al locale, quella sera, si diede alla pazza gioia, ignorando di attirare fin troppo l’attenzione su di sé, aveva baciato il faraone senza ritegno e poi in quella camera, si era lasciato possedere con tutta la passione del mondo, senza freni e inibizioni.
 
Quando Atem si svegliò, quel mattino, fu per colpa di qualcosa che gli solleticava il fianco già da tempo, qualcosa che gocciolava. Yugi dormiva su di lui, doveva avergli sbavato addosso e la cosa lo fece ridere, solo che quando sollevò lo sguardo capì che quello che scivolava non era saliva, ma sangue. Un nodo alla gola gli mozzò il respiro, spostò Yugi da sé voltandolo, non si svegliò, sanguinava dal naso e dalla bocca e pareva anche respirare a fatica.
Lo stese sul letto balzando in piedi per cercare aiuto e fu in quel momento che urtò il comodino facendo cadere la lampada.
Quando i paramedici con l’ambulanza arrivarono, Yugi aveva smesso di respirare e il battito era rallentato paurosamente. Atem fu spinto indietro da uno dei dottori che aveva bisogno di spazio per visitare il ragazzo. Indietreggiò finendo per pestare i vetri della lampadina, ma se ne accorse solo molte ore dopo, in quel momento il dolore che provava era di tutt’altro tipo.
 
Quando Yugi si svegliò vagava per un corridoio grigio, sentiva la gente sussurrare. Poi sentì delle urla, una donna che piangeva disperata e inveiva contro qualcuno.
 
«è tutta colpa tua! Che hai fatto al mio bambino! Cos’hai fatto, maledetto! » strillava e poi lo vide, Atem che indietreggiava e usciva da una stanza, era pallido e sconvolto. Doveva essere accaduto qualcosa di molto grave. Spaventato, Yugi corse da lui, Atem aveva bisogno del suo Aibo, ma quando lo fece il suo sguardo cadde sul nome riportato su quella porta, il nome del paziente: ‘ Yugi Muto’.
Non era possibile, lui era lì, accanto ad Atem, ma allora perché il faraone pareva così sconvolto e perché la mamma gli aveva gridato contro ed era scoppiata a piangere al capezzale del paziente steso in quel letto che… che era Yugi. In quel letto c’era Yugi, un corpo pallido e immobile attaccato a mille macchine per farlo respirare, per aiutare il cuore a battere, per idratarlo. La mamma piangeva disperata, se l’era presa con Atem perché non lo sapeva, era totalmente allo scuro dei piani del suo bambino.
Non voleva dire a nessuno che aveva programmato la sua morte, ma ormai lo sapeva da tempo, da quando si risvegliò tra le braccia di Atem, dopo la loro prima volta. La testa gli faceva male e il naso gli sanguinò, mentre andava a lezione aveva incontrato Jonouchi che gli espose un dubbio che l’aveva assalito il giorno precedente. Gandora e Yugi, fino a quel momento, avevano seguito un destino fin troppo simile. Quello stesso giorno i due amici andarono in ospedale e lì visitarono il giovane Muto. I danni dell’incidente erano ancora visibili, un grumo di sangue era rimasto nel suo cervello, qualcosa l’aveva smosso e aveva cominciato a vagare per la sua testa causando danni che poco a poco lo avrebbero avvicinato a una morte certa. Un’emorragia cerebrale molto lenta che l’avrebbe strappato a tutti coloro che amava.
Stava morendo, proprio come lei. Come lei, però, si sarebbe scelto lui il suo scenario. Voleva vivere fino all’ultimo giorno, vivere la sua vita al massimo finché non sarebbe arrivato il momento, lo sentiva, le forze gli mancavano e le emorragie erano sempre più frequenti, ma non importava, andava bene così. Atem lo amava e sapeva di essere amato da Aibo, la mamma, il nonno, i suoi amici, aveva salutato tutti, regalando loro un dolcissimo arrivederci.
L’ultimo desiderio di Yugi era di spirare tra le sue braccia, cullato dal battito del cuore del suo faraone.
 
Qualcosa andò storto, la sua mente si distaccò totalmente dal corpo legandosi ad un oggetto di estrema importanza per lui, mentre il corpo cadde in uno stato vegetativo. Era clinicamente morto, tenuto in vita solo da macchine fredde che ricoprivano il suo corpo di tubi e siringhe, mentre lui, il suo re, fuggì.
La mamma non capiva, non poteva farlo perché l’unico a conoscere la verità era il suo migliore amico, ma Yugi gli aveva fatto promettere di mantenere il segreto, qualunque cosa fosse successa.
Aveva lasciato solo una cosa in sospeso e fu Atem a terminarla, prese il suo nome e proseguì i suoi studi arrivando a quel giorno, l’anniversario della morte del suo Aibo, si laureò. Yugi era lì, al suo fianco, lo ascoltò, sentì il dolore dietro alla sua voce, ma anche la forza che ebbe nel non arrendersi.
Non rientrava a casa da quasi 9 mesi, ma quel giorno la mamma gli chiese di farlo. Atem accettò, ma prima tornò in quella stanza dove ai suoi occhi si era consumata la tragedia.
 
«non è stata colpa tua» provò a dirgli ciò che restava vivo di Yugi, ma come al solito Atem fece finta di non sentirlo. Si erano scambiati, era diventato Yugi lo spirito intruso nel suo corpo, legati da quel cartiglio argentato. «Mo Hitori no Boku, torna a casa»
«a fare cosa? A guardarti dormire? A subire l’odio della mamma e l’indifferenza del nonno? Io non ho più una casa, Aibo! »
 
Era la prima volta che alzava la voce con lui da quel giorno, non aveva mai versato una sola lacrima, nessuno gli aveva dato una spalla su cui sfogarsi, forse era fuggito troppo in fretta. Teneva tutto ciò che provava nel cuore da un anno, ormai.
 
«hai ragione, mi dispiace» si mortificò. Quando Yugi programmò la sua morte, fu egoista, non si rese conto di ciò che avrebbero passato tutti loro, Atem specialmente, lui che era tornato per Aibo.
 
Passarono le ore e il faraone le passò tutte rannicchiato sul loro letto, come faceva Yugi quando era pensieroso, voleva provare a parlare con Atem, ma non gli venne in mente niente da dire.
Gli tornò in mente che Kira, quando Atem arrivò a Kyoto, disse loro che si sarebbe trasferito nella camera della sua ragazza perché la sua compagna aveva lasciato i corsi, in pratica lasciò alla coppia la camera tutta per loro. I corsi ormai era cominciati da un mese, nessuno avrebbe più chiesto stanze fino al secondo semestre. Avevano sei mesi di sicura privacy loro due da soli.
Quando kaiba scoprì che Atem si era trasferito a Kyoto con Yugi, andò su tutte le furie, aveva fatto di tutto perché non dovesse tornare in Egitto una volta scaduto il visto, per poterlo avere vicino e sfidare ogni volta, nella mera possibilità di batterlo, e lui si era comunque allontanato. Non riuscì a dire nulla, però, quando l’altro Yugi gli spiegò le ragioni di quel trasferimento, semplicemente scrollò le spalle e risalì sul suo jet lasciando detto che avrebbe mandato un’auto a prenderlo molto presto.
 
«ehi, secondo te c’è ancora? » provò a domandargli Yugi non appena il suo sguardo cadde sul comodino accanto al letto. Lo comprese all’istante, perché anche lui voltò lo sguardo su quel  cassetto che aprì tirando fuori il quadratino argentato che avrebbero dovuto usare alla loro prima volta. Sorrise, Yugi per poco non gli scoppiò a ridere in faccia, proprio come allora, quando comprese che in realtà Atem non aveva la più pallida idea dell’utilizzo di quel coso, Mai gli aveva detto di usarlo, che era una protezione. Sì, ma per proteggere andava usato e quello lui non l’aveva fatto assolutamente.
 
«me lo stai rinfacciando ancora? » rise.
 
Non lo vedeva ridere da un sacco di tempo, era bellissimo! I suoi occhi erano spenti ormai da mesi, ma quando le sue labbra si piegarono in quella smorfia, il suo viso pallido riprese, d’un tratto, colore e sembrò di rivedere il faraone di un tempo. Avrebbe tanto voluto dirglielo, che gli mancava il vecchio Atem, ma non ne ebbe il coraggio.
«torniamo a ca… a Domino? » gli domandò Yugi conservando il sorriso di poco prima, ma quello di Atem  si spense, mise in tasca la bustina e si alzò, prese la sua borsa e uscirono, diretti alla stazione.
 
Aveva detto alla mamma che l’avrebbe chiamata non appena arrivato, ma non lo fece, prese un taxi e si fece portare in ospedale. Non aveva bagagli con sé, non contava di restare lì molto, solo la borsa che si trascinava dietro da quella mattina.
Entrò nella stanza su cui era ancora scritto il nome ‘Yugi Muto’.
Non era cambiato nulla dall’ultima volta che l’aveva visto, solo più magro e debole. Gli occhi chiusi, quell’orribile tubo infilato in gola, aghi nelle braccia, pacemaker. Era uno spettacolo agghiacciante che gli prosciugò anche quelle poche energie che aveva tenuto da parte per quell’incontro.
Era Yugi, eppure quello spiritello legato al cartiglio non riusciva proprio a identificarsi con quel vegetale. Yugi era Yugi, lì, intrappolato nel cartiglio di Atem a metà tra lui e quella camera d’ospedale in cui gli capitava, ogni tanto, di tornare, ma senza mai ricongiungersi al suo corpo. Probabilmente una parte di lui sapeva che così facendo avrebbe permesso anche a quell’ultima briciola di vita che c’era in quell’involucro vuoto, di volare via per sempre.
Osservò Atem mentre gli prendeva la mano accennando un sorriso forzato, uno dei più brutti che gli avesse mai visto.
 
«ciao Aibo, sono io» lo salutò: «mi sei mancato»
Sembrava così sconsolato, accarezzò quei capelli biondi sulla sua fronte, così fini e fragili.
«sai, oggi ti sei laureato con il massimo dei voti. Bravo » disse schioccandogli un bacio sul dorso della mano: « ti ho portato una cosa» disse frugando nella borsa ed estraendo una scatoletta di plastica trasparente con una carta chiusa e protetta all’interno: «hai visto? L’ho trovata alla fine è Holakti, la riconosci? Aibo per favore svegliati»
Sapeva che era tutto inutile, senza contare che Yugi ero proprio lì, al suo fianco, sapeva bene che non si sarebbe svegliato.
 
«sapevo che saresti venuto»
 
Quella voce la conoscevano davvero fin troppo bene: Kaiba Seto.
 
«Kaiba» lo salutò Atem alzandosi in piedi
«sei prevedibile, sapevo che saresti venuto qui a salutarlo, faraone»
«c’è qualcosa di sbagliato? »
«speravo che venissi, voglio parlare con te»
«non ne ho voglia»
«davvero sei d’accordo con lei? Volete farlo davvero? Gettare la spugna? »
«io ormai non ho più voglia di lottare» rispose Atem parlando di se stesso, del desiderio di lottare per riprendersi la sua famiglia e la loro vecchia vita.
«davvero sei d’accordo a staccare la spina? Tu? Dopo tutto quello che avete passato, quello che mi hai detto, tu staccheresti la spina? At…»
«fare cosa? »
 
Kaiba era sbottato, ignorava che Atem non avesse ancora parlato con la mamma, che non fosse al corrente di quella decisione, lo interruppe, per poco non gli prese un infarto.
 
«Kaiba, che vogliono fare ad Aibo? »
«non lo sai? » si scioccò, capì di aver parlato troppo presto, di avergli dato una notizia che non spettava a lui dare, ma almeno poté prevenire: «tu sei quello che ha sempre lottato in nome dei sentimenti, non permettere che stacchino la spina, torna in te e lotta! »
 
Non avevano mai visto Kaiba tanto convinto di parole simili. Forse quello sarebbe stato il gesto d’amicizia più sincero che Yugi gli avrebbe mai visto dimostrare: «grazie Kaiba-kun» disse, ma solo Atem lo sentì e lui lo ignorò, non lo considerava reale, solo una parte del suo subconscio che cercava di parlargli. Ammettere che quello era il fantasma del suo Aibo, l’avrebbe ucciso.
«grazie Kaiba. Farò il possibile»
 
Detto questo se ne andò lasciandoli di nuovo soli, almeno finché Yugi non perse il contatto con lui svanendo e ritrovandosi in quel luogo freddo, ma anche caldo, vuoto, ma pieno di cose e ricordi che si ritrovava spesso a visitare. Era un bel posto, ma in quel vuoto non conosceva nessuno, o forse sì. Più in là udì gli schiamazzi di due bambini, li vide giocare su una scacchiera, concentrati in una difficilissima partita di sennet.
 
Quando riprese conoscenza, Yugi udì la voce di Atem discutere animatamente con la mamma, stavano volando parole grosse, urla e gli parve di capire che la mamma stava piangendo. Corse in cucina dove si stava consumando la discussione.
 
«…vuoi ancora prolungare le sue sofferenze? Non ti è bastato quello che hai fatto! »
«c’è ancora speranza! Ma se  tu ora… sei tu che lo uccidi! »
 
Lo schiaffo fu immediato, non doveva permettersi, almeno non per la mamma che lo riteneva l’unico responsabile del suo stato e non per via dell’incidente, ma per ciò che causò la rottura di quell’arteria così debole nella testa di Yugi. Quella loro prima volta fu il principio di tutto, della sua fine. Se solo avesse potuto parlarle, le avrebbe detto che non era colpa sua, perché quella era stata la cosa più bella che avesse mai provato, che tutto con Atem era magnifico, persino quella che credeva sarebbe stata la sua morte era stata stupenda, perché era accaduto tutto tra le sue braccia. Non aveva avuto paura.
 
Tutto svanì ancora una volta, gli era difficile mantenere il contatto con la realtà se Atem non lo tratteneva.
 
Quando tornò al mondo reale, trovò l’altro Yugi accanto al suo letto, gli stringeva la mano senza dire nulla. Sospirò e gli baciò le dita, lo spirito sussultò quando avvertì il calore delle sue labbra.
 
«Aibo, tra poco te ne andrai per sempre» parlò finalmente: « la mamma ormai ha deciso» disse toccandosi la guancia rossa per lo schiaffo che si era preso: «Aibo, mi dispiace! È tutta colpa mia! »
 
Si lasciò finalmente andare, pianse e singhiozzò come avrebbe dovuto fare quel giorno. Il suo faraone piangeva per lui, ma non era colpa sua , Yugi lo urlò, non volle sentirgli dire una tale sciocchezza. Strillò, cercò di attirare la sua attenzione, però fu inutile, piuttosto si tappò le orecchie, gli intimò di tacere, che era solo uno scherzo della sua mente, come faceva a non capire?
Continuò a piangere, incolpandosi, eppure lui non aveva fatto nulla di male, se non amarlo al meglio.
 
«una… una volta ti ho detto che la mia vita è nella tue mani» disse sforzandosi di ingoiare un singhiozzo, perché potesse sentirlo: « se salti tu, salto anch’io»
«ma che stai dicendo?! » urlò Yugi. Ricordava quel giorno, quando Atem si mise ai suoi piedi e, tra i pianti, come in quel momento, gli  disse di non voler vivere in un mondo in cui lui non c’era, o meglio lei.
«Atem! Ascoltami! Guardami! Mo Hitori no Boku! » strillò ancora. Provò a toccarlo, ma non funzionò, doveva saperlo, era  inconsistente, un fantasma o solo una proiezione cosciente della mente del faraone, come diceva lui.
Atem si alzò e Yugi provò di nuovo la meravigliosa sensazione del calore della sua bocca posarsi su quelle labbra fredde.
Era da tanto che non lo faceva.
 
«Mo Hitori no Boku…»
«Addio Aibo» lo salutò con grande tristezza: «no… arrivederci» preferì correggersi.
 
Yugi  svanì di nuovo.
Quei due bambini erano sempre più vicini, sentiva il rumore delle pedine sbattere sulla scacchiera.
Ricordava bene quel giorno e no, a distanza di anni, di fatti, eventi e dispiaceri, non avrebbe cambiato un solo minuto del loro primo incontro. Del tempo passato con lui. Ogni attimo era stato prezioso e non gli interessava più che il suo nome fosse Yugi, Gandora o Aibo, i ricordi di quei momenti erano il suo tesoro più grande e si pentì amaramente di quei giorni oscuri in cui rinnegò tutto ciò.
L’aveva finalmente capito. Passato. Presente. Futuro. Non importava chi era stato, chi era e chi sarebbe stato, Yugi avrebbe amato solo lui.
 
Probabilmente era passato un giorno, la data era cambiata, almeno credeva. Non ne era certo, da quando si trovava in quella condizione, faticava a distinguere i numeri.
Atem era sparito, non c’era più.
La mamma e il nonno, invece, stavano lì, accanto a lui, lei piangeva, gli stava dicendo ‘addio’.
Sentiva freddo, era da tempo che non provava quei brividi, lui… si sentiva vivo.
Atem doveva saperlo, essere al corrente di quella sensazione che aveva iniziato a provare. Chiuse gli occhi e in un momento il loro legame lo condusse  dal suo faraone. Non dovette cercare molto lontano, era nella stanza accanto, ma ciò che teneva in mano… no, non poté  crederci.
 
«cosa fai? Cos’è quello? Mo Hitori no Boku che vuoi fare? »
 
Una siringa piena di un liquido pericoloso e misterioso era puntata al suo braccio.
 
«insieme Aibo» sussurrò.
 
Yugi urlò, si dibatté gettandosi ai suoi piedi, implorandolo.
 
«non farlo! fermati! Basta! Atem! » strillò con tutta la voce che avevo in gola. La disperazione si stava impossessando di quel frammento di Yugi, ma  lui non l’ascoltava, non lo voleva sentire.
 
«Aiuto! Aiuto! »
 
Poteva sgolarsi, ma nessuno lo avrebbe ascoltato, era invisibile per tutti, anche per Atem a quanto sembrava.
Cominciò a sentirsi debole, gli mancava l’aria. Era stato abbandonato al suo destino. Avrebbe potuto vivere, ma non da solo, aveva bisogno del suo calore, della sua voce. Come farglielo sapere se non lo sentiva?
Quel maledetto ago era sempre più vicino al suo braccio.
 
«BASTA! »
 
Lo sentì. Jonouchi udì la voce del suo amico nel profondo del suo cuore. Stava correndo a dargli l’ultimo saluto, ma anziché entrare in quella camera, entrò in quella accanto seguendo quella sensazione che lo portò da Atem.
 
«Atem-kun, no! »
 
Ormai era tardi, l’aveva fatto, sotto gli occhi scioccati di Jonouchi.
La siringa vuota cadde a terra e l’ago si spezzò.
Senza dire nulla, si alzò e avanzò verso di lui.
 
«che hai fatto?! »
«andrà tutto bene, vedrai» mormorò Atem.
 
Sorrise e uscì lasciandolo lì, solo e sotto shock.
Si diresse nella stanza di Yugi strisciando i piedi a terra. Quando la mamma lo vide rischiò di svenire, gli occhi scavati, il viso pallido e quel rigo di sangue che gli scivolava lungo il braccio.
 
«ragazzo, che hai fatto?! » esclamò il nonno.
Era chiaro a tutti cosa avesse provocato quel buco nel gomito.
 
Atem lo ignorò avvicinandosi a Yugi. Sentì il suo tocco. Poi cadde. Le gambe smisero di reggerlo.
 
«Atem! » urlò la mamma. A parole poteva dirgli molte cose, ma restava suo figlio e quel gesto disperato, quella situazione, la fecero impazzire di dolore. Stava perdendo due figli.
 
«Aibo» sussurrò lui coccolando ancora quella manina bianca.
«un dottore! Sugoroku-san, un medico! » gridò trascinandolo in corridoio. Non l’avrebbe lasciato morire.
«Atem resisti! » gridò Yugi.
 
Non ce la faceva più, lo vedeva morire e non poteva toccarlo, farlo reagire. Parlargli.
Era troppo. Era un incubo che non voleva avere fine. Atem che moriva, Yugi che si spegneva e lei che stava lì a guardare senza fare nulla… un momento. Lei. Gandora. Era lì, lo guardava.
 
«fai qualcosa! » la implorò senza domandarsi il perché della sua presenza lì: «salvalo! »
«non posso»
«sì invece! Io lo so…tu… aiutalo! »
«non posso farlo» ripeté
«perché? »
«perché io non esisto» gli rispose aprendo le braccia: «non sono mai esistita»
 
Era una follia, Yugi ricordava perfettamente di essere stato Lei, come poteva negare la sua esistenza.
 
«non è mai esistita nessuna ragazza di nome Gandora al fianco del faraone Atem»
 
Era sempre più confuso, ma non aveva importanza, corse dal suo faraone, che, poco a poco si spegneva con lui.
 
 «io ho accettato ciò che ero» gli disse. Lo vide sorridere, probabilmente saperlo lo rese felice.
«non m’importa più chi sono stato, il nome, il mio aspetto…» disse poi a lei : « io sono te e tu sei me. Quindi salvalo! Tu puoi farlo! » la implorò gridando a squarciagola.
 
«rimetti insieme i tuoi ricordi e svegliati» gli rispose.
 
Rimettere insieme i pezzi. Un flash lo folgorò. Lui e Atem. Lui, Yugi, sulla riva del Nilo da ragazzini.
 
«hai visto? » lo interrogò : « ricorda quando sono nata» gli suggerì guardando Atem sollevarsi a forza per stendersi accanto ad Aibo, posò le labbra sulla sua guancia e Yugi ne avvertì il calore, ma era flebile. Non aveva più molto tempo e lei continuava a fare l’enigmatica.
«non vivrò in un mondo in cui tu non ci sei» ripeté.
 
 L’aveva detto Atem, lo ricordava bene perché quella frase l’aveva traumatizzato. Qualcosa scattò, il ricordo di quella ragazza che gli apparve quel giorno, dei giorni oscuri che travolsero il palazzo di Tebe tremila anni prima.
 
«tu non esisti» realizzò con sgomento.
 
Quando si voltò, Gandora non c’era più, al suo posto trovò una donna che aveva amato molto.
 
«Tuya! »
«ciao, Yugi» lo abbracciò, ma non gli trasmise quel calore che gli trasmetteva di solito, era un riflesso della sua mente. Ricordò quei giorni, sua sorella era morta e lui… provò a fare ciò che aveva fatto Atem, cercò un modo per rivederla.
Gandora… era lui, ma anche un riflesso di uno Yugi che creò per rifiutare ciò che portava dentro di sé.
Ma se Gandora non era mai esistita, allora… ogni cosa che aveva vissuto perse senso.
 
«raccontami di quando se ne andò» gli chiese quello che ormai, aveva capito, essere il suo subconscio, ora con le sembianze di Nef.
«l’ho affrontato e ho vinto»
«come? »
«non lo so, non me lo ricordo, è passato tanto tempo. Perché vuoi saperlo? »
«perché non è vero che non lo ricordi. Tu non lo sai perché non è mai accaduto»
 
Proprio in quel momento la mamma e il nonno tornarono. Atem aveva perso conoscenza, nemmeno per lui c’era più niente da fare, erano arrivati troppo tardi per salvare entrambi.
 
«è assurdo! Tutto questo è assurdo! » piagnucolò con le mani nei capelli, scuotendo la testa come in cerca di una soluzione inesistente.
«pensa! Ricorda cos’è successo! » insistette.
«ora basta! » sapere quelle cose non gli era di nessuna utilità. Doveva salvare Atem: «aiutami! Che devo fare?! »
Non riusciva più a ragionare, faceva troppo male. Lo stava perdendo e quell’altra entità continuava a confonderlo e a mettere in dubbio le sue certezze.
«possibile che non lo ricordi? Pensa a quello che hai fatto, Yugi! » esclamò Nef : « dopo aver recuperato i ricordi perduti dell’altro te»
«c’è stato il duello» le disse di nuovo: «ho vinto e lui se n’è andato»
«ma prima! Ricordati il tuo desiderio Yugi! »
 
Un desiderio? Il suo primo desiderio al puzzle fu di incontrare un amico a cui legarsi per la vita e arrivò Atem che si dimostrò molto più di quello, ma che poi sparì ...il suo secondo desiderio, invece, fu quello di incontrarlo di nuovo. E il terzo? Aveva espresso un terzo desiderio? Perché non ricordava come sconfisse Atem? Possibile che fosse tutta una menzogna?
 
«allora? » di nuovo Gandora tornò a tormentarlo.
«io… io chiesi… volevo sapere come sarebbe stata la mia vita dopo quel duello, se un giorno avrei rivisto Atem…» realizzò molto lentamente: «e lui è tornato da me… o forse no… tutto questo, è reale? » gli sorse il dubbio: «il puzzle mi ha detto che io e Atem staremo insieme»
«no, il puzzle del millennio ha risposto alla tua prima domanda. Tu andrai avanti senza Atem, ma questo la tua mente non l’ha accettato e ha fatto in modo di creare un mondo per voi, ma… è un mondo debole, tenuto in piedi solo da una mente umana. E come in ogni sogno, tutto finisce per degenerare»
«un sogno… io… sto sognando! »
 
Il fischio della macchina cardiaca. Il cuore di Yugi si era fermato e anche quello di Atem. Lì insieme, mano nella mano, come allora, ma quella scena non lo spaventò, ormai lo sapeva. Non era reale, nulla era mai stato reale. Quella donna, comparsa molti anni fa, non era altro che un riflesso del suo dolore, una vana speranza di esorcizzare tutta quella sofferenza creando una copia di sé forse più forte di ciò che Yugi era sempre stato, la cui immagine gli desse sicurezza. Erano state numerose le donne che nella sua vita si erano succedute e l’avevano abbandonato contro la loro stessa volontà, ecco perché il suo nuovo ‘Io’ prese le fattezze di una fanciulla, perché una sensazione di sicurezza e protezione potesse accompagnarlo ogni volta che la sua immagine veniva riflessa. Ma quello era solo un sogno, nella cruda realtà lui era un ragazzo la cui vita era sempre stata osteggiata da persone malvagie e nel cui futuro stava per perdere ancora una volta il suo Atem. Eppure cominciò ad accettare tutto quello.
Tornò a posare lo sguardo su quella figura e vide Gandora prendere le sembianze di tutti coloro a cui aveva voluto bene, finché non divenne Yugi. Il suo riflesso del passato, quello Yugi dolce e sorridente, con il khol negli occhi e la polvere di alabastro sparsa sul corpo.
Si scambiarono un sorriso e poi….
 
Si svegliò.
 
«Aibo, tutto bene? » Atem osservava Yugi, sdraiato sul letto della cabina, con il puzzle stretto tra le mani.
 
Aveva le lacrime agli occhi e sapeva anche il perché. Non appena realizzò di essere tornato, gli balzò al collo stringendolo forte.
 
«sei vivo! »
«beh più o meno» lo corresse. Insomma in quello stato non si poteva definire vivo, ma sì, era lì, esisteva: « Aibo, che ti succede? »
 
Yugi scosse la testa, non era il caso di dirgli di ciò che la sua mente in quelle ore aveva creato per via di un’innocente domanda che si era posto forse troppo precocemente.
Tutto quello, però, gli era servito da lezione. Era perfettamente consapevole di ciò che andava fato e di ciò che non doveva assolutamente fare : mentirgli e fuggire. Doveva essere sincero.
 
«hai già terminato? » domandò al faraone riferendosi al suo deck. Domanda scontata, anche se non gli fu chiaro il momento in cui gli aveva restituito il corpo.
«eri così assorto nei tuoi pensieri che nemmeno ci hai fatto caso» ridacchiò Atem.
«ehm…» effettivamente aveva avuto la testa letteralmente da un’altra parte. Rise nervosamente anche lui passandosi il dito sulla guancia con aria perplessa, non sapeva che dire , ma a quello rimediò lui.
 
«Hnm» lo chiamò Atem facendosi, d’un tratto, molto serio.
«dimmi, che c’è? » rispose Yugi.
 
Impallidì un attimo dopo. Come l’aveva appena chiamato? E lui? Gli aveva risposto.
 
«allora è vero…» ne rimase scioccato. Atem non poteva crederci. Aveva risposto a quel nome con estrema naturalezza.
«ma che dici…»
 
 Niente bugie. Ripeteva una vocina nella sua testa che lo costrinse a mordersi la lingua e tacere.
 
«sei Hnm, Yugi, quello Yugi. Il mio Yugi…»
 
Ancora silenzio, ma quel continuo tacere da parte del piccolo, fu più eloquente di ogni parola. Con la testa bassa e gli occhi sollevati verso di lui, gli stava dando ragione.
 
«non ci posso credere… Aibo, Hnm.. s-sei qui e…»
 
Non resistette, se prima voleva solo confessare i suoi sentimenti ad Aibo, scoprire che anche Hnm era lì, gli fece perdere il controllo. Lo baciò con una tale foga da spingerlo indietro, ributtandolo sul letto e lui lo ricambiò, aspettava da tanto quel momento. Un bacio carico di passione e desiderio,  che lo spinse a lasciarsi andare, ma non era lì che avrebbero proseguito.
Entrambi si dissociarono dalla realtà per entrare nella stanza dell’anima di Atem, non più un intricato labirinto, ma l’antica stanza del faraone. Spaziosa, calda e luminosa, piena di giochi e con un immenso letto. Atem lo sollevò e il ragazzino gli cinse i fianchi con le gambe lasciandosi portare. A differenza della volta che non c’era mai stata, però, Atem non inciampò nel tappeto, bensì buttò il suo Aibo sul morbido materasso lasciandosi trascinare giù con lui. Non sarebbe fuggito quella volta, sentiva di non dover temere nulla.
Atem, però, lo fermò lo stesso per un momento.
 
«da quanto lo sai? » ci tenne a sapere.
«dal mio duello con Bakura, quando evocai il Drago della Distruzione» spiegò Yugi ricordando come tutti quei ricordi l’avessero travolto in quel momento: «ma non ero sicuro che fossero miei, l’unica cosa che non sapevo era il tuo  nome, l’avevi cancellato anche dai miei ricordi»
«mi dispiace» gli sorrise dolcemente, avvolgendolo tra le braccia.
«poi quando siamo tornati, quella piccola coscienza che avevo nascosto nel puzzle, è tornata in me e allora ho capito» gli spiegò lasciando poi una scia di baci lungo quel collo, mentre slacciava il collarino di pelle.
 
Una notte per stare insieme, una notte per proseguire un sogno, l’ultima notte. La più intensa e focosa, passionale e movimentata, che sigillarono nella loro mente e nel loro cuore per l’eternità.
 
Speravano che la notte non finisse mai,  che il sole non sorgesse, ma erano già le cinque del mattino e la nave sarebbe attraccata da un momento all’altro. Avrebbero dovuto terminare una partita che da più di tremila anni andava conclusa.
Non volevano pensarci, Atem strinse forte Aibo, accoccolato sul suo petto per ascoltare il suo cuore battere, proprio come faceva un tempo. Era caldo, rassicurante e rilassante. Dopo l’intensa nottata che avevano avuto, un po’ di riposo fece solo bene.
 
«tutto sta per finire. Esattamente come è cominciato» disse Yugi accarezzando con il dito la pelle del suo faraone che fissò un momento le tende del letto prima di tornare a dare tutte le sue attenzioni al piccolo Aibo.
«con un gioco tutto è cominciato e con un gioco tutto finirà» sospirò ancora il ragazzino stendendosi sopra di lui, baciandogli il mento prima di mostrargli il suo dolce sorrisetto che negli anni non era mai cambiato.
«te lo ricordi ancora? » rispose con lo stesso sorriso Atem scostandogli una ciocca di capelli dal viso.
«io ricordo ogni cosa» mormorò Yugi accoccolandosi nuovamente tra le sue braccia, con la testa appoggiata sulla sua spalla.
«tutto questo… mi sembra un déjà-vu» disse il faraone facendosi inquieto e stringendolo forte.
«anche a me» dovette dargli ragione, ma poi gli venne da sorridere : «e la tua ultima notte da principe? »ridacchiò :« te la ricordi? »
«uh-uh» un ghignetto apparve sulle sue labbra vagando con le mani sotto le lenzuola: «io ricordo un piccolo vizioso che prima mi aveva fatto spaventare a morte e poi mi rapì» lo prese in giro.
«volevo farmi perdonare» si giustificò assaporando il dolce tocco di Atem : «è stato il nostro ultimo momento tranquillo»
 
Effettivamente da quella notte, di tremila anni prima, tutto cambiò.
 
Quando Yugi si risvegliò, un’insolita sensazione di pace si propagò nella sua mente, vedeva il mondo in un altro modo. Non si sentiva più frastornato. La febbre doveva essere scesa e aveva un vago ricordo di quel sogno, della ragazza apparsa di fronte a lui con il suo stesso viso e che gli aveva parlato, che gli aveva fatto ricordare tutti i momenti meravigliosi passati con quel ragazzo, partendo dal loro primo incontro di fronte a quella scacchiera,  che gli aveva mostrato quella probabile e confusa vita futura in cui avrebbe lottato, sofferto, sarebbe cresciuto, avrebbe amato. Gli diede la consapevolezza che tutto si sarebbe aggiustato e che mai, per nessuna ragione al mondo avrebbe dovuto lasciare Atem.
Lui, le sue sorelle, suo nipote… loro avevano bisogno di Yugi.
Si accorse che gli sanguinava il naso, ma lo ignorò e si pulì il viso con il lenzuolo.
Anche se debole, mise i piedi a terra. Più camminava e più ritrovava la forza in sé.
 
Era la vigilia del grande giorno.
Quella mattina si tenne la cerimonia di sepoltura a cui presero parte Atem e tutta la corte. Fu doloroso, se lo aspettava, ma aveva sempre immaginato Yugi al suo fianco, invece non c’era. L’aveva lasciato solo e dire che lui, quella mattina, era andato a parlargli, a chiedergli di accompagnarlo. Non rispose, non lo guardò nemmeno.
Quella mattina capì finalmente cosa voleva dire suo zio: ‘ Andare avanti per la tua strada’.
Voleva dire smettere di aspettare Yugi e imboccare quello che dalla nascita era stato il suo destino: diventare faraone.
 
Quel pomeriggio, di ritorno dalla cerimonia, stanco e spossato, il principe sarebbe voluto andare da Yugi, vedere come stava e stare un po’ con lui per confortarsi con la sua compagnia, ma non lo fece.
Ormai conscio che Hnm l’aveva abbandonato, si diresse nella sua nuova stanza dove i sarti di corte lo attendevano per l’ultima prova dell’abito che avrebbe indossato il giorno seguente, all’incoronazione.
 
Avevano quasi finito, solo pochi ritocchi quando la porta si aprì, le ragazze che sistemavano l’abito del principe si bloccarono nel momento in cui videro Yugi varcare quella soglia.
 
«che succede? » domandò il ragazzo, ma quando si voltò capì.
Fu un tuffo al cuore. Il suo piccolo Hnm era lì sulla porta, le gambe tremanti e lo sguardo intimorito. Era conscio di aver proferito orribili parole che Atem non meritava in alcun modo, non dopo tutto quello che aveva fatto per lui.
 
«Yugi » mormorò scendendo dalla pedana: «Hnm…»
 
Le labbra del ragazzino si piegarono in un caldo sorriso che fece balzare in gola il cuore del principe, d’un tratto quella stanza divenne un forno, si sentiva spaventosamente accaldato.
 
«sono tornato» disse Yugi avvicinandosi di qualche passo.
 
Fu sufficiente,  Atem lo strinse forte tra le braccia. Non riusciva a respirare per l’emozione ed era certo che non fosse un sogno.
 
«mi dispiace»
«non farmi mai più una cosa del genere! » gli intimò con le lacrime agli occhi l’imminente faraone.
«scusa…» mormorò di nuovo, un po’ imbarazzato da quel forte abbraccio di fronte a tutti quegli occhi.
 
Tentò anche di baciarlo, ma quando lo sentì sussultare si tirò indietro, effettivamente c’erano troppi occhi indiscreti e poi non era certo che le cose tra di loro fossero del tutto risolte.
 
«lasciateci, per favore» ordinò.
 
E mentre tutti si ritiravano inchinandosi rispettosamente, Atem tirò dentro Yugi che sembrava avere ancora molte cose da dire. Quando rimasero soli, questi chinò il capo guardandosi i piedi e stringendo forte la mano di Atem.
«mi dispiace tanto» disse di nuovo
«questo l’hai già detto» gli sorrise Atem a cui era bastato quel sorriso a fargli scordare tutto ciò che era accaduto, ma non a Yugi. Gli aveva detto troppe cattiverie, gli aveva fatto troppo male per  espiarsi con un ‘ mi dispiace’. L’aveva portato a inginocchiarsi ai suoi piedi, lui un faraone che si prostrava d’innanzi ad un locandiere qualunque.
No, Yugi non poteva lasciarsi impunito.
«io… io ti ho fatto molto male, troppo male! Atem io non merito che tu…»
 
Lo strinse di nuovo a sé e stavolta con molta più forza.
 
«piccolo stupido che non sei altro, non ha più importanza quello che è stato. Stai bene, sei qui. È tutto passato» gli spiegò.
«io non pensavo sul serio quelle cose… non so perché le ho dette. Non rinnegherei mai il nostro incontro, è stato il giorno più bello della mia vita e non è colpa tua se mia sorella…» cominciò a rimangiarsi tutto ciò che aveva detto nei giorni precedenti aumentando la velocità delle parole, impastandosi e mordendosi la lingua, ma andando comunque avanti: «…. Io voglio restare qui! Qui con te. Perdonami! Per tutto! »
 
Faceva davvero troppa tenerezza, con quel musetto arrossato e gli occhi lucidi, stringeva le mani al petto tremando per l’agitazione che, in quello stato di convalescenza non era proprio appropriato.
Atem non gli aveva mai fatto alcuna  colpa, anzi si era sempre ritenuto responsabile di quel male che l’aveva afflitto in quelle settimane, avrebbe voluto essere stato lui a chiedergli perdono per non essere stato in grado di aiutarlo, ma ne sarebbe venuta fuori una discussione infinita.
Gli prese il viso tra le mani e lo sollevò.
 
«non ti perdono, perché non hai fatto nulla di male, Hnm »
 
Doveva averlo convinto perché Yugi tornò ad abbracciarlo serrandogli le braccia in vita, così forte da mozzargli il respiro.
 
«ti voglio bene, Atem»
«anche io» gli sorrise sfiorandogli la nuca con il palmo: «andiamo? »
 
 
C’era una cosa che dovevano fare insieme, tutti e sette.
Giunti nella Valle dei Re, accompagnati dalle quattro sorelle e dal neonato che Yugi prese con sé, diedero l’ultimo saluto ai cari  scomparsi e lì battezzarono il nuovo nato con il nome di Yuya(**), in memoria di sua madre.
Stretti mano nella mano, Yugi e Atem dissero ‘Addio’ ad Aknamkanon e Tuya.
 
«da qui tutto comincia» sorrise Yugi stringendo ancora più forte la mano del suo sovrano. Che gli rispose allo stesso modo.
 
Tornarono a palazzo verso sera e,  congedate le ragazze, Atem si preparò a dare la buonanotte a Yugi.
Si era ripreso da poco e in quelle poche ore si era già strapazzato parecchio, era convalescente e doveva riposare. Non voleva forzarlo a passare la notte con lui, almeno pensò che non fosse il caso. Salutato con un bacetto sulla fronte, si congedò, solo che Yugi non gli lasciò la mano.
 
«ma dove vai? » gli domandò. Finalmente solo con lui e meno inquieto, poté dargli quel bacio che attendeva da ore.
Talmente affamato di lui, lo tirò a sé costringendolo a piegarsi in avanti e facendolo durare il più a lungo possibile.
Atem non se l’aspettava, non seppe che dire. Ogni volta quel ragazzino  all’apparenza puro e ingenuo, lo sorprendeva.
«da nessuno parte» rispose con un mormorio, ancora frastornato da quella sorpresa.
«hai lasciato una cosa in sospeso l’ultima volta, sai? »
 
All’inizio non gli fu molto chiaro a quale ultima volta si riferisse, ma poi realizzò che intendeva quella finta, quel tentativo di farlo reagire per respingerlo e difendersi in cui Atem aveva finto di volerlo avere contro la sua volontà.
Lo ricordava e il solo pensiero di Yugi che volesse vederlo proseguire da lì e andare fino in fondo, lo riportò alla bollente situazione di quel pomeriggio.
Tra baci e carezze raggiunsero la loro camera e lì, a stento il letto.
 
«mmh…aspetta» si fermò Atem, era affamato di Yugi, ma c’era qalcosa di molto importante che lo spinse a fermarsi. Alla cintura aveva legato un sacchetto. Lo portava sempre con sé nella speranza di riuscire a completare l’eredità che suo padre gli aveva lasciato. Il Puzzle del Millennio.
Yugi lo osservò, doveva farlo, anzi poteva farlo, ne era certo.
«puoi farcela» gli sorrise prendendogli la mano.
 
Così fu, un pezzo dopo l’altro, il puzzle si ricompose tra le mani del principe. da quel momento Atem poteva definirsi finalmente il faraone. L’unico e solo avente diritto al trono.
Una luce folgorante avvolse i due ragazzi, ma se su Atem ebbe un effetto di imprinting, ciò che causò in Yugi fu molto più devastante. Aprì la sua mente su qualcosa che agli esseri umani doveva essere precluso, ma gli effetti sarebbero stati ritardati. In quel momento un sorriso radioso comparve sul viso del giovane amante.
 
«sapevo che ce l’avresti fatta! » sorrise schioccandogli un passionale bacio sulle labbra.
 
Era la loro ultima notte. Da lì tutto sarebbe cambiato. Atem stava per diventare il grande Faraone, l’astro del giorno e della sera. Sovrano d’Egitto. Yugi, invece, già considerato il principino, non si sarebbe più potuto definire l’amante del principe. Dopo quella notte sarebbe diventato l’amante del Faraone, o meglio, il suo compagno e per volere dello stesso sovrano, avrebbe preso posto al suo fianco sul trono.
Nulla sarebbe più stato come prima, ecco perché decisero di godersi fino in fondo quell’ultima notte.
 
 
 
 
 
(**): Yuya era il bisnonno di Tutankhamon non faccio alcun riferimento al pomodorino che in questo momento si sta facendo il viaggio per le dimensioni.







Non oso immaginare le vostre espressioni @_@
Sbaglio? XD
Su SU che tutto si è risolto per il meglio!

Ancora Buona Pasqua a tutti! Mangiate tante uova anche per me ;D

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** ...The Pharaoh ***


Hi! scusate se oggi pubblico così tardi.
Non perdiamoci in chiacchiere e andiamo al sodo!

Buona Lettura!
ONCE UPONA TIME...

...THE PHARAOH

 
 
‘Aibo, le cose non dovevano andare così. Il giorno in cui i nostri sguardi si incrociarono e tutto ebbe inizio, non avrei mai pensato di ritrovarmi, qui a lottare contro di te. Ho affrontato il dio del male per ben due volte per poterti salvare e lo rifarei, ma se la ricompensa sarà ogni volta quella di perderti, allora preferisco sprofondare nelle tenebre. Ho paura, ma non posso fartelo vedere. Hai sempre avuto una grande forza e anche ora, leggo in te quella determinazione e quel potere che io ho sempre finto di avere. Non sono forte, non sono coraggioso. Aibo, sono il tuo riflesso, lo sono sempre stato, allora, come adesso. Un principe viziato, un faraone egoista, ma ora è cambiato tutto e per te, per tutto quello che provavo e provo per te, io combatterò al massimo e so che tu mi sconfiggerai, ti lascerò andare, ti lascerò camminare sulle tue gambe verso il tuo destino, ti proteggerò, veglierò su di te e spero che un giorno, tu possa trovare qualcuno che provi per te quello che provo io.
Questa è una storia di re ed eroi, ma non una qualunque, è la nostra. La storia della nostra vita passata, la tua vita passata. Aibo, combatti come allora, lotta con le unghie e con i denti e liberati la strada verso il tuo futuro.
Te lo ricordi  vero? Quando tutto ha avuto inizio. Ancora non lo sapevamo, eravamo fermamente convinti di essere destinati al ‘per sempre’, ma anche allora ci ritrovammo di fronte ad un destino inevitabile che ci ha separati e poi portati a rincontrarci. ‘
 
***
 
Seduto su un letto troppo morbido, su coperte fin troppo pesanti, in una stanza buia piena di cose sconosciute, ma che non lo mettevano minimamente a disagio. Era tutto insolito attorno a lui, eppure, benché quello non fosse il suo principale problema, le parole ‘la mia camera’ identificavano quel luogo. Era pensieroso e alquanto turbato, stringeva tra le mani il Puzzle del Millennio come se per lui fosse la cosa più preziosa al mondo. I vestiti che indossava erano davvero insoliti, la stoffa blu, spessa e un po’ rigida si arrotolava attorno alle sue gambe stringendole in una morsa e  coprendole completamente, mentre il petto era coperto da stoffa nera più leggera.
 
«mi dispiace» disse  tenendo lo sguardo fisso sul puzzle: «non avrei dovuto chiedertelo… quindi… dimentichiamo questa conversazione» propose al suo interlocutore che di certo non era il puzzle, ma un ragazzo praticamente uguale a lui ed evanescente; teneva le braccia conserte osservando il ragazzino e appoggiandosi a un tavolo con sopra libri e altri strani oggetti .
«c’è solo una cosa che so per certa» disse Atem : «finché tu avrai il Puzzle Millenario, io potrò esistere in questo mondo»
«basta così» mormorò Yugi chinando di nuovo il capo, ma Atem, come suo solito, proseguì per la sua strada, continuando a parlare: «ma io…»
Lui, però, non ce la faceva più, un peso gli opprimeva il petto e le parole di quel ragazzo evanescente lo stavano facendo impazzire: «smettila! » gridò scattando in piedi e sorprendendo molto Atem che ebbe un sussulto, ma si calmò all’istante non appena vide la sua espressione, quel viso così infantile, ancora più del suo e quei grandi occhi luminosi, colmi di lacrime che non vedevano l’ora di scivolare su quel faccino bianco.
In realtà il ragazzo evanescente voleva dire solo una cosa, un desiderio che gli veniva dal cuore e la disse nonostante tutto perché sapeva che avrebbe, in qualche modo, fatto sentire meglio il suo piccolo amico.
 
«io voglio restare con te per sempre» gli confessò con un dolce sorriso.
Quelle parole sorpresero molto il ragazzino che si calmò e lo osservò mentre continuava a parlargli aprendogli il suo cuore: «anche a costo di rinunciare ai miei ricordi»
«anch’io…! »confessò a sua volta avvicinandosi ancora a lui e stringendo l’oggetto: «io ti…» mormorò cercando di controllare la propria voce che minacciava di rompersi in singhiozzi «io… ti darò tutti i miei ricordi! »
Atem posò le mani sulle sue stringendole e tenendo con lui il Puzzle del Millennio che simboleggiava il loro legame, mentre i loro occhi si scrutavano e si scoprivano.
 
«sempre»
 
Nessuno dei due lo disse, ma fu una parola che risuonò in quella stanza, la cui unica luce arrivava dalla luna e penetrava attraverso l’ampia finestra sul soffitto.
 
«sempre» «sempre» «sempre»
 
Quella parola si ripeté a eco nella mente di Yugi, finché non riuscì a risvegliarsi e spalancò i suoi grandi occhi viola. La luce del mattino l’accecò costringendolo a richiuderli per un momento; si accorse subito dopo di stringere tra le mani il Puzzle. Quel sogno era stato davvero strano, non aveva mai visto un luogo del genere e non capiva nemmeno quel  ragazzino così simile a lui. Si mise seduto lasciando che i primi raggi del mattino che penetravano dalla finestra baciassero la pelle nuda e candida, macchiata in qualche punto da segni rossi che lui cominciò ad accarezzare con dolcezza. Si stirò arcuando la schiena  e, tirando la testa indietro, i capelli scivolarono lungo la schiena solleticandolo un po’. Poi ricadde a peso morto sul materasso che lo fece rimbalzare e un braccio finì in faccia al suo compagno di letto ancora assopito e disperso nel mondo dei sogni, fino a quando quella manata lo costrinse a svegliarsi di colpo mugugnando  un po’ prima di aprire gli occhi. Brillarono non appena la luce li sfiorò, ma solo per un momento perché lui li richiuse subito, abbagliato dal sole del primo mattino.
 
«buongiorno mio re» sorrise Yugi girandosi verso di lui per baciarlo dolcemente su quelle calde e morbide labbra vellutate.
«non sono ancora faraone» mormorò, ancora  mezzo assonnato mentre Yugi rotolava su di lui sedendosi comodamente sulla sua pancia e posando le mani sul suo petto osservando quel grande contrasto tra la sua carnagione bianca, leggermente abbronzata dal sole e il color oro della pelle di Atem che si mise comodo a osservare quel viso d’angelo contornato da quei ribelli capelli biondi, tutti arriffati sulla nuca, ma che nulla toglievano alla sua bellezza.
«come sei fiscale» rise il ragazzino scostandosi una treccina dalla spalla con un rapido movimento del capo per chinarsi su di lui e dargli un secondo bacio, molto più lungo. La sua lingua s’intrecciò a quella di Atem che lo tirò ancora più verso di sé raggiungendo la nuca con la mano. Lo lasciò solo per mancanza d’aria sollevando la schiena dal letto, mentre il suo piccolo amante scese tornando ad avvolgersi nel lenzuolo per ripararsi da quella fastidiosa arietta mattutina.
«come stai? » si preoccupò scoprendogli il viso dal lenzuolo
«sto bene» disse con quel dolcissimo sorriso da bambino. Si era ripreso da poco, ma sembrava già pieno di forze nonostante la nottata che avevano passato e Atem ne fu davvero contento.
«sei nervoso? » gli domandò ancora .
«un pochino» ammise con un certo imbarazzo: «sarà dura starti accanto, ora che sei faraone»
«questo è vero, ma io mi fido di te, so che non avrai problemi» lo rassicurò avvolgendogli le braccia attorno alla vita per stringerlo a sé.
 
In quel momento, però, a Yugi di quei discorsi gli interessava ben poco, quel sogno gli girava ancora per la testa, era ancora chiaro e limpido a differenza di tutti quelli che faceva di solito che dopo qualche minuto svanivano dalla sua mente. Voleva sapere chi fosse quel ragazzino e perché parlava in quel modo ad Atem, al suo Atem e perché parlavano di ricordi e memoria perduta.
 
«che c’è? » si preoccupò il principe e imminente faraone notando quell’aria seria che proprio non si addiceva a quel viso d’angelo: «Hnm»
 
Si voltò di scatto e per poco Atem non si prese un’altra manata in faccia. Era serio, quasi arrabbiato, anche se non ce n’era motivo.
 
«non mi da fastidio se dividi il letto con altre donne… con altri… altre persone» preferì correggersi: « come re, puoi fare quello che vuoi» disse stritolando il lenzuolo tra le dita, lo diceva, ma si vedeva che, invece, gli dava fastidio anche solo pensarlo con altre o altri: «però se dovesse accadere, me lo diresti, non è vero? »
 
Che domanda insolita, dopo tutto quello che avevano passato, come poteva pensare ad una cosa del genere?
Gli prese il viso tra le mani accarezzandolo a facendogli sentire tutto il calore e la dolcezza che quei palmi emanavano: «a che mi servono altre donne, quando ho tutto quello che desidero, qui, davanti a me. Il mio Yugi, il mio compagno, il mio confidente e migliore amico » sorrise schioccandogli il terzo bacio della mattina.
 
Quelle parole in genere l’avrebbero rassicurato, ma quel peso al petto non se ne andò, era inquieto, anche se provò a sorridere lo stesso, a rassicurarlo. Era il suo giorno e lui avrebbe dovuto assisterlo, doveva essere in forma smagliante o almeno sembrarlo.
 
«forza, prepariamoci! È il grande giorno! Oggi diventi faraone! » disse liberandosi delle coperte e preparandosi a scendere dal letto, ma, con il suo solito atteggiamento infantile che Yugi amava, in quei casi, Atem gli arrancò un braccio e lo trascinò di nuovo a letto facendolo cadere su di lui.
 
«stai ancora un po’ qui» mormorò avvolgendogli le braccia attorno alla vita e baciandolo delicatamente sul collo, scivolando su e giù con la lingua.
 
Come resistergli? Non poteva, non c’era mai riuscito e quella mattina non era certo diversa dalle altre, adorava da morire farsi stringere tra le sue braccia, adorava essere suo in ogni modo umanamente possibile, ma non gliel’avrebbe mai detto, non avrebbe mai ammesso che bastava una sua semplice parola per averlo totalmente ai suoi piedi, però era così.
Le mani che gli stringevano la vita si divisero e una salì a toccare il suo petto ancora martoriato di macchiette dalla notte precedente. I gemiti del ragazzo arrivarono all’istante, leggeri e quasi impercettibili, mentre si godeva quelle mani sul suo corpo e quella dolce lingua che saggiava la sua pelle. Si sentì fortunato nel dover indossare il collare di perle per la cerimonia, perché in quella frenesia Atem gli avrebbe lasciato evidenti segni rossi ovunque.
Serrò gli occhi assaporando quel momento, gli piaceva e doveva piacere molto anche al suo compagno a giudicare da quella sensazione calda che gli toccò la schiena nel momento in cui si spostò leggermente verso di lui. Lo sentì fremere, il suo respiro si appesantiva e le sue labbra erano sempre più calde.
 
 
«A…At…» la voce gli si bloccò in gola e d’un tratto non sentì più nulla, né la sua voce, né quella del suo principe e nemmeno le sue mani sul suo corpo che scivolavano tra le sue gambe.
 
Vide un volto, vide il ragazzino del sogno guardarsi intorno spaesato ritrovandosi in una delle tante stanze del palazzo buia e fredda
«Mo Hitori no Boku, adesso basta! » gridò.
Di colpo Yugi concepì che quello non era il palazzo, ma un intricato labirinto di porte e scale in cui quel ragazzino era intrappolato e non solo lui anche un uomo che somigliava incredibilmente a Shada, il sacerdote della Chiave del Millennio.
 
Quando si riprese, Atem l’aveva già lasciato e lui d’istinto, serrò le gambe per un momento prima di tornare a rilassarsi. Non voleva assolutamente pensare a quelle assurdità, non in quel momento. Voleva godersi ogni singolo istante e svuotare la mente da qualsiasi altra preoccupazione.
 
«Mo Hitori no Boku…» mormorò in preda all’estasi.
«che significa? » gli sorrise Atem baciandolo un attimo dopo, mordendogli il labbro e leccandolo dolcemente.
«non lo so» rispose Yugi alzandosi per baciarlo ancora e facendosi adagiare delicatamente sul materasso.
 
Toccarlo non era sufficiente, lo voleva saggiare, baciare, sentire ancora e ancora il sapore di quella pelle bianca baciata da Ra di cui era estremamente geloso. A Yugi piaceva vederlo arrabbiarsi ogni volta che lo vedeva esporre la propria pelle candida e delicata all’aria aperta e arrossarsi pochi minuti dopo come se il dio sole Ra scendesse dal cielo apposta per baciarlo e Atem, come un’amante geloso, l’avvolgeva nel suo mantello tenendolo ben stretto a sé, come la sua bambolina di porcellana e non era importante se fuori ci fossero 40° C o più. Era il suo tesoro più prezioso e doveva preservarlo.
 
«Atem…» gemette Yugi strusciando i piedi sulle coperte. Non ce la faceva più, l’attesa lo torturava, lui lo stava torturando. Gli occhi languidi e quell’espressione supplicante lo convinsero. Gli bastava guardarlo per impazzire e c’era voluto davvero tanto tempo e allenamento per riuscire a darsi un autocontrollo ogni volta che sfilava davanti a lui, per il palazzo, con quegli abiti così succinti e trasparenti.
Gli prese un capezzolo tra i denti costringendo Yugi a soffocare il proprio grido con una mano sulla bocca, mentre la schiena gli si inarcò in avanti tentando, invano, di respingerlo.
Gemiti soffocati da baci e mani strette tra loro erano solo una briciola dell’enorme piacere che i due amanti stavano provando, eppure quel meraviglioso momento venne rovinato di nuovo da quelle assurde visioni.
Il ragazzino quella volta, era in una stanza oscura, assieme ad un uomo spaventoso il cui volto era truccato di bianco con aloni neri attorno agli occhi. Aveva rubato il puzzle e senza che la sua vittima potesse reagire, lo mandò in pezzi davanti ai suoi occhi.
 
«il puzzle! » gridò alzando la testa di scatto.
 
Atem gli stringeva le braccia cercando la sua bocca per baciarla, ma Yugi aveva smarrito quell’ardore di pochi minuti prima, si era bloccato, pietrificato ed estraniato dalla realtà per un istante.
 
«Atem fermati» lo pregò spingendo sulle sue spalle, ma il principe era troppo preso per riuscire a dare retta alle sue parole.
«Atem! » lo chiamò ancora iniziando a dimenarsi.
 
D’un tratto si sentì in trappola e una sensazione di panico lo travolse, si sentì come braccato e il suo corpo s’irrigidì. Spostò un ginocchio e nel tentativo di liberarsi colpì il suo amante allo stomaco riuscendo ad allontanarlo. Si rotolò sul letto stringendo le braccia alla pancia per il dolore. Yugi ancora ansimava e tentava in ogni modo di tornare lucido, quella sensazione d’oppressione e quella visione del puzzle l’avevano terrorizzato a morte.
 
«ma che ti è preso? » si lamentò Atem cercando di riprendersi dalla botta.
«scusa» mormorò abbassando lo sguardo. Era così turbato che si strinse le ginocchia al petto con forza, tanto da far dimenticare ad Atem il dolore preoccupandosi per lui.
«hai avuto un incubo stanotte, ho indovinato? » si fece comprensivo il ragazzo avvicinandosi per stringerlo in un dolce abbraccio che avrebbe dovuto tranquillizzarlo «sono solo sogni, non devi farci caso. Mia madre mi diceva che è la mente che di notte si annoia e allora inventa strane storie» rise coccolandolo come se fosse un bambino:« prova a raccontarmelo»
«no, va bene così. Non era niente» scosse la testa accoccolandosi meglio tra le sue braccia: « non potrebbe andare meglio».  
Niente e nessuno potrà mai separarmi da te. Pensò stringendo forte il suo braccio.
 
Che Ra avesse vinto anche quella notte contro le tenebre era chiaro e si apprestava a lasciare il suo comodo giaciglio dietro l’orizzonte per salire lentamente e fare il suo quotidiano cammino nel cielo sempre più azzurro, ma l’imminente sovrano d’Egitto e il suo compagno erano ancora a letto, anzi Atem stava per assopirsi di nuovo e quando Yugi se ne accorse scattò in piedi.
 
«prepariamoci! Io voglio un bagno caldo! » disse infilandosi i sandali e arrancando una tunica, sua o di Atem che fosse per coprirsi. Non gli piaceva mostrarsi nudo ai servi se non quando dovevano vestirlo o fargli il bagno, anche se in realtà Atem non trovava grandi differenze tra quando era vestito e quando era nel letto con lui. Negli ultimi tempi il vestiario di Yugi si era alquanto ridotto in dimensioni, ma d’altronde aveva un corpo mozzafiato, gli sarebbe dispiaciuto vederlo coprirsi più del necessario e poi nemmeno lui era famoso per un grande assortimento di vestiti quando si muoveva per il palazzo per sbrigare le sue faccende.
 
«ti chiamo qualcuno che ti aiuti a vestirti» disse avviandosi alla porta, ma, come un bambino, Atem si rotolò nel letto mugugnando e lamentandosi fermandolo per un momento: «non puoi farlo tu? »
«domani» gli rispose.
«dici sempre ‘domani’»
« se io ti vesto, tu mi spogli e alla fine non combiniamo nulla» gli ricordò, dato che non era la prima volta che glielo chiedeva.
 
Ogni mattina il suo desiderio era quello di passare l’intera giornata avvinghiato al suo principe, ma era cosciente che nessuno dei due potesse permettersi quel lusso, quel giorno più di tutti. Li attendeva una cerimonia importante. Yugi aveva un maggiore autocontrollo rispetto ad Atem, sapeva tenere a bada i suoi istinti e usare il buon senso che ancora mancava in gran parte all’adolescente che stava per indossare la corona di faraone delle due terre.
 
« a dopo» lo salutò. Si sarebbero rivisti nella sala del trono per l’incoronazione.
 
Uscì lasciando il principe da solo.
Si raggomitolò su se stesso portandosi le mani alla testa scompigliandosi i folti capelli rossi già abbastanza arruffati: «non ho nessuna voglia di prendere il posto di mio padre» borbottò il ragazzo. Lo attendevano troppe responsabilità e temeva che da quel giorno in avanti non si sarebbe più potuto dedicare alle cose che amava, come i giochi, le corse a cavallo e il suo adorato Yugi. Suo padre era morto da poco più di due mesi, era nato il nipotino di Yugi, Tuya era morta, aveva rischiato di perdere il suo tesoro e ora stava per diventare faraone, troppe cose, la sua vita stava scorrendo troppo velocemente e poi continuava a sentire uno strano peso al petto, quella mattina non avrebbe mai voluto lasciare la mano del suo compagno, era come se avvertisse che in qualche modo, lasciandolo, l’avrebbe messo in pericolo, ma come spiegarglielo? Come fargli capire i suoi timori senza sembrare un bambino capriccioso?
Non aveva alternative, si recò nell’altra stanza dove già lo attendeva la vasca piena d’acqua calda e le ancelle pronte a prendersi cura di lui, poi l’avrebbero vestito truccato e, purtroppo, anche pettinato. Odiava con tutto se stesso quell’attrezzo infernale, quel coso fatto d’avorio intagliato che ogni volta gli portava via matasse di capelli. Mana lo rimproverava sempre dicendo che facendolo tutti i giorni non si ritroverebbe in quello stato quando diventava necessario, ma a lui piacevano così e non aveva vergogna nel mostrarsi a capo scoperto, anche se era inusuale, specialmente tra i principi e i faraoni. Strinse i denti e lasciò che quell’oggetto di tortura s’intrecciasse nella sua testa, ma d’altronde, per indossare la corona , erano troppo ingombranti, andavano raccolti e per qualche ora avrebbe dovuto rinunciare alla sua chioma a stella di cui andava tanto orgoglioso.
 
Ra aveva raggiunto il punto più alto del cielo quando l’imminente sovrano d’Egitto mise piede nella sala dove gli sarebbe stata consegnata la corona. Il mantello color porpora, tenuto fermo da un girocollo d’oro e pietre, volò dietro alle sue spalle mentre camminava lungo la sala scoprendo il petto nudo e la gonna triangolare a pieghe sovrastata da una fascia blu che si allungava davanti coprendo lo spacco del triangolo bianco. Il tutto era fissato ai fianchi da una cintura d’oro. Anelli, bracciali e orecchini adornavano il suo corpo, ma più di tutti spiccava il Puzzle appeso al suo collo. Il trucco nero che gli contornava gli occhi, faceva risaltare ancora di più quello sguardo penetrante. Avanzò deciso raggiungendo i sacerdoti della Sacra Corte che al suo arrivo s’inginocchiarono; normalmente li avrebbe salutati come vecchi amici, ma quella era una cerimonia ufficiale e i loro atteggiamenti sarebbero dovuti essere diversi, persino Yugi, al suo arrivo, si sarebbe trasformato, per alcune ore, in un ragazzo totalmente diverso dal principino solare a cui tutti erano abituati. Come lui del resto che dal solito e allegro ragazzino si era trasformato in un uomo impassibile e composto cancellando completamente quella sua aria beffarda.
 
Yugi era pronto. I capelli raccolti in due piccole trecce sfioravano le sue spalle, avvolte in fili d’oro, il nero del kajial rendeva i cristalli che aveva negli occhi ancora più luminosi, le labbra di un fine color corallo e l’abito più sontuoso che i sarti egiziani avessero mai realizzato, uno shenti aperto davanti e stretto ai fianchi da una cintura d’oro costellata da piastrine e strisce di stoffa blu che volavano a ogni suo movimento andando anche a coprire lo spacco del gonnellino bianco. Un ampio collare di perle e turchesi copriva gran parte del suo petto e fermava il mantello color cobalto sulle sue spalle. Anche per lui bracciali, cavigliere, anelli e orecchini non mancarono e al polso il braccialetto di cui gli aveva fatto dono Atem, quello con lo scarabeo di turchese. Il tocco finale fu una tiara d’oro molto simile a quella del faraone, ma più piccola e sottile e senza ali alle estremità, solo l’occhio, simbolo della dinastia e di buon auspicio per il regno.
Con il suo seguito di servitori, le sorelle, anche loro adornate come principesse e la balia che teneva tra le braccia il suo nipotino, Yugi uscì dalla sua camera incamminandosi verso la sala del trono.
 
Era già passata un’ora e del principino nessuna notizia, avevano mandato servi e soldati a cercarlo, ma di lui nessuna traccia, mormorii sospettosi e preoccupazioni avevano invaso la sala, mentre l’ansia di Atem saliva ogni momento di più. Sembrava che fossero stati inghiottiti dalle mura del palazzo.
 
«può essere che il nipote del principino sia stato poco bene e abbia preferito assisterlo» lo giustificò con riverenza Isis, sperando davvero che non si trattasse di una ricaduta del giovane, ripresosi da nemmeno un giorno. In fondo il bambino era molto piccolo, una colichetta, un capriccio o qualsiasi altra cosa avrebbero potuto benissimo far ritardare così tanto Yugi e le sorelle, anche se la totale mancanza di notizie risultava abbastanza sospetta.
 
«vado a cercarli» disse Atem muovendosi verso l’uscita.
Shimon dovette ricorrere alla sua migliore parlantina per convincerlo a desistere: «cerca di capire, li stanno cercando per l’intero palazzo. Vedrai che presto avremo loro notizie, ma nel frattempo tu dovresti procedere con la cerimonia, il popolo attende. L’incoronazione non può essere rimandata» disse.
 
Non ebbe molta scelta. Si era sempre immaginato con la corona sul capo e Yugi per mano e se già l’idea di salire al trono gli andava poco, quella di salirci da solo gli andava ancora meno, eppure fu costretto, era il suo dovere
I capelli raccolti in una fastidiosa coda svanirono totalmente sotto alla pesante corona rossa e bianca e la fronte coperta dalla fascia nera  del copricapo da cui spiccava il cobra  d’oro, ulteriore simbolo del potere del faraone. Da quel momento Atem non sarebbe più stato il principe, il figlio di Aknamkanon, quel giovane allegro e alle volte un po’ sadico che vagava per la città inseguito dai soldati che volevano riportarlo a palazzo, che passava il tempo in compagnia di Yugi anziché studiare o sfidava Seth e Mahad in duelli con le spade e con i loro Ka, di cui tra l’altro, lui non ne possedeva ancora uno vero  e proprio. Da quel giorno sarebbe diventato un dio, la luce dell’Egitto a cui tutti avrebbero dovuto ubbidire ciecamente, avrebbe dovuto guidare il suo popolo in ogni momento mettendo la sua vita privata al secondo posto.
Il  cuore gli stava esplodendo nel petto e batté ancora più forte quando prese tra le mani la frusta e il bastone pastorale che incrociò sul petto di fronte alla corte che già si era inchinata al suo cospetto.
 
«io, Atem, figlio di Aknamanon, proteggerò le terre d’Egitto, manterrò l’ordine e la giustizia e mai lascerò che le ombre invadano il nostro regno» disse con tono fermo e sicuro fissando il vuoto davanti a sé per non sentire la pressione di quegli sguardi bassi che di nascosto lo scrutavano.
 
Dopo qualche secondo di rispettoso silenzio, Shimon si alzò e chinò il capo in avanti indicandogli la strada, doveva presentarsi al popolo per cui si avviò al terrazzo che dava sulla città dove l’intero popolo di Tebe urlava e chiamava il nuovo sovrano. Atem si arrestò non appena mise piede fuori dal palazzo. Persino Ra quel giorno sembrava diverso, luminoso sì, ma con un’occhio rivolto a lui, persino quella luce tanto calda che amava lo metteva a disagio in quel momento.
 
«maestà, tutto bene? » gli domandò Shimon accostandosi di nuovo a lui.
«Shimon, dimmi, anche per mio padre fu così? Anche lui si sentì avvolto da pesanti catene invisibili che gli rendevano difficile e faticoso ogni movimento? » gli domandò a bassa voce osservando l’orizzonte
«credo di sì» mormorò il consigliere: «ma tu, come tuo padre, sarai un grande re»
«come lo sai? »
«perché come lui possiedi un cuore grande e generoso»
Doveva muoversi e presentarsi al popolo, ma in quel momento Aknadin li raggiunse presentandosi a cospetto del nuovo faraone, s’inginocchiò rialzandosi subito dopo.
« cosa succede? » domandò, sorpreso,  Atem. Di solito suo zio incaricava secondi che a loro volta affidavano il compito a terzi di rivolgergli la parola per suo conto, raramente i due avevano dialoghi diretti
«perdonami mio faraone» disse a denti stretti, ma cercando di essere i più naturale possibile: «abbiamo trovato il nobile Yugi e come Isis aveva intuito, è rimasto nelle sue stanze a curare il nipote che non si è sentito bene. Ti porge le sue scuse e ti prega di proseguire con la cerimonia» disse.
Per Atem fu un sollievo, sarebbe corso da loro al termine della cerimonia. Sicuro che andava tutto bene, si mosse in avanti e non appena il popolo lo vide si prostrò, poi Atem alzò un braccio al cielo in segno di vittoria e l’intero popolo di Tebe tornò ad esultare.
 
Yugi ansimava, il suo braccio sanguinava, ma resisteva, quasi tutte le donne del suo seguito erano morte, uccise dal loro aggressore, un sicario. Le sue sorelle, per fortuna, erano illese, salvate dalla prontezza del fratello.
Non erano usciti da molto dagli appartamenti delle ragazze quando una freccia minacciò Yugi. Ebbe la fortuna di scansarla in tempo spingendo via la balia del nipotino, certo gli ferì il braccio, ma non di più. Altre sei frecce uccisero le ancelle riunite attorno alle sorelle di Yugi che ebbero così il tempo di fuggire, la settima era diretta alla balia, al neonato che stringeva al petto più precisamente, ma con un colpo di lama, Yugi la respinse. Era stato abbastanza prudente da nascondere un pugnale tra i vestiti e non se n’era pentito. L’aggressore sbucò dall’oscurità armato di spada ingaggiando una furiosa lotta con Yugi che, nonostante l’arma piccola, leggera e a corto raggio, riuscì a tenere perfettamente testa all’assalitore che brandiva una spada.
«chi sei ? chi ti manda? » domandò con tono autoritario cercando di respingerlo. Erano vicinissimi, solo le lame li divideva e lui poteva sentire il suo fiato contro il viso, un odore nauseante di alcol lo travolse, ma non lo distrasse.
« il padre del vero faraone » ringhiò fulminandolo con lo sguardo.
«Atem è il vero faraone! » urlò allontanandolo con un calcio.
Il botta e risposta delle lame riprese, Yugi era agile e veloce, ma la sua debolezza fu il suo corpo, non possedeva la forza necessaria a un duello, anche se resisteva, c’era una forza superiore che lo spingeva a lottare, doveva salvare il figlio di sua sorella, tenere quel dolce angioletto lontano dalle grinfie di quella bestia assetata di sangue che in un momento lo scaraventò contro il muro e gli puntò la lama alla gola.
«una puttana come te non merita tutto questo» sibilò al suo orecchio
«maestà! » gemette la balia, mentre il piccolo piangeva e si dimenava.
«ma che fai ancora qui? vattene, portalo al sicuro! » gridò Yugi dimenticandosi di avere una lama pronta a sgozzarlo. Il terrore si era impossessato della povera balia che, ripresasi, si mosse per raggiungere Nef che l’attendeva, se non che il sicario si lanciò al suo inseguimento.
La distrazione permise a Yugi di colpirlo allo stomaco con un calcio che lo scaraventò a terra. La spada gli cade di mano e mentre si rialzava, con un colpo del piede il ragazzo la fece volare tra le sue mani puntandogliela contro.
«Atem, figlio di Aknamanon, è l’unico e SOLO faraone d’Egitto! » tuonò colpendolo con il dorso della lama, la sua intenzione era quella di farlo arrestare e costringerlo a confessare, finalmente avrebbe incastrato l’uomo che da anni bramava nell’ombra contro di loro.
Commise un errore, aveva perso di mano il pugnale e non pensò di allontanarlo dalla portata dell’aggressore e, in un istante di distrazione, questi lo afferrò scagliandosi su di lui. Yugi cadde a terra, ma il pugnale non lo raggiunse mai, la lama della spada si tese in avanti trovando resistenza e quando riaprì gli occhi trovò uno sguardo vitreo a pochi centimetri da lui, il viso pallido e la bocca spalancata da cui fluiva una copiosa quantità di sangue. L’aveva trafitto alla gola, la lama gli passava da parte a parte il collo facendo zampillare il sangue su di lui, un fiume rosso gli si riversò addosso colorando la veste bianca. Mandò giù una grossa boccata d’aria e spinse via quel corpo. In un momento l’intero corridoio fu invaso dal sangue di quell’uomo di cui lui stesso Yugi era impregnato.
«Yugi! » gridò Nut tornando da lui, assieme alle ragazze, per accertarsi che stesse bene. Sembrava sotto shock si reggeva al muro mentre le mani gli tremavano, ma appena le sentì avvicinarsi, tentò di darsi un contegno: «rifugiatevi nell’ala est. Nelle stanze del padre di Aknamkanon. Cercate il volto della divinità, v’indicherà il percorso, restate lì finché non vi raggiungerò» disse consegnando a Nef la spada.
 
***
 
La festa ebbe inizio, dopo tanta tensione, balli e cibo lo rilassarono fin troppo, anzi lo annoiarono, stava lì, seduto a osservare la gente divertirsi, avrebbe potuto unirsi a loro, ma non ne aveva voglia, quella sensazione d’inquietudine che lo accompagnava dal mattino, ancora non se n’era andata. Stava lì, sprofondato su quel trono che ancora non sentiva totalmente suo a osservare scribi, sacerdoti e nobili divertirsi e le danzatrici intrattenerli con i loro movimenti sinuosi.
Osservandole gli venne da ridere, ricordò quando, da ragazzini, lui e Mana , seguiti da Mahad che avrebbe dovuto tenerli d’occhio, s’intrufolarono ad una festa e restarono affascinati da quelle luci e quei colori, tanto che quella sera, nella camera di Atem, vollero riproporre quella festa esibendosi in quelle strane danze.
Rise tra sé per qualche secondo, ma poi tornò al noioso presente in cui i suoi amici si tenevano a rispettosa distanza e l’unica persona con il permesso di avvicinarsi e distrarlo, non c’era. Nemmeno il vino aveva lo stesso sapore, bevuto da solo, ne mandò giù un paio di calici giusto per tenersi la bocca bagnata.
Non vedeva l’ora di ritirarsi nella sua camera.
«mio faraone, va tutto bene? » gli domandò Mahad avvicinandosi leggermente ma sempre a debita distanza e con il capo chino.
«non ho mica la peste» borbottò il sovrano mettendosi a braccia conserte. Eccolo che riemergeva, il ragazzino capriccioso e spavaldo che amava divertirsi in compagnia dei suoi amici. Mahad avvertì un immenso senso di colpa, non aveva tutti i torti, ma quelle erano le regole a cui tutti loro erano stati abituati e non potevano infrangerle.
«cerca di capire» intervenne Shimon, forse quello che gli stava più vicino, ma anche più attaccato alle regole e con cui non avrebbe certo potuto intavolare una discussione abbastanza interessante da passare le ore: «sei il faraone, sei la nostra guida. Il nostro dio»
«sono lo stesso che ieri inseguivi per riportarmi a studiare» borbottò togliendosi la pesante corona dei due regni dalla testa per indossare il diadema alato, molto più comodo e leggero e che gli consentì di sciogliersi i capelli liberandoli da quel cordino che li opprimeva. Scrollò un po’ la testa e scattò in piedi.
«voglio vedere come sta il principino» disse riferendosi al nipotino di Yugi a cui si era deciso a dare quel titolo.
Non appena lo vide alzarsi Aknadin sussultò e Isis avvertì forti vibrazioni arrivarle dalla Collana del Millennio, chiamò all’istante Mahad che, però, non fece in tempo a intervenire. Un dardo avvelenato partì, ma in quel preciso istante il faraone si alzò dal trono e l’ago andò a vuoto.
Il responsabile fu catturato all’istante e condotto al cospetto del re che dovette tornare a occupare il suo posto
Finalmente qualcosa d’interessante. Sorrise, avrebbe potuto usare il potere del suo puzzle, un bel Mind Crush avrebbe allietato quel noioso pomeriggio, poi l’avrebbe lasciato libero infondo, anche se aveva attentato alla sua vita, doveva ringraziarlo per aver scosso quella ‘festa’.
 
 
In quelle stesse ore, un uomo dai capelli bianchi con un seguito di persone avvolte da inquietanti mantelli neri, stava saccheggiando una tomba indossando quanti più gioielli e ornamenti il suo corpo potesse portare e ciò che non poteva tenere lo infilò in un saccco. Tutto quello, però non era sufficiente, voleva ancora di più e la sua attenzione fu attirata dal sarcofago che prima privò di tutte le pietre preziose e gli inserti in oro e poi, con una spada,  scoperchiò scoprendo la mummia che racchiudeva.
 
«ma che piacere conoscerti, maestà» ghignò, la sua risata si fece sempre più alta fino a diventare un urlo che rimbombò nella tomba.
«c’è una festa a palazzo questa sera e noi siamo invitati» disse afferrando la mummia per la gola e sollevandola: «coraggio, andiamo! » disse ai suoi uomini che si occuparono di arraffare tutto e seguirlo.









Guai in arrivo!
Povero Yugi non gliene va bene una! T^T
Cavoli ragazzi me la sono presa troppo comoda, siamo in ritardissimo! DD:
Ci vediamo ASSOLUTAMENTE mercoledì!

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** ...The King of Thieves ***


Shao! ecco il capitolo extra! a conti fatti ne mancano 4..oddio raga c'ho l'ansia tra 17 giorni vedremo i nostri bambini che si ritrovano *^*
*calma, calma e reespira! Non succede nulla, a parte il film dell'anno... del decennio... AAAHHHH*

torniamo al capitolo che è meglio ^^

Buona lettura!
 
ONCE UPON A TIME...

...THE KING OF THIEVES

 
Tutte le sue aspettative andarono in fumo, la noia tornò ad assalirlo, anzi gli venne voglia di indirizzare il potere del suo puzzle su Seth che aveva, per primo, proposto di mostrare al nuovo faraone i loro poteri di sacerdoti. Come se già lui non li conoscesse. Dovette stare lì, fermo a guardarli fare sfoggio delle loro abilità senza potersene andare. Più tardi gliel’avrebbe fatta pagare a modo suo, magari con un duello con le spade o una più semplice zuffa tra ragazzi.
 
Finalmente era finita, ma il sacerdote della Barra del Millennio non ne aveva ancora abbastanza, sguainò il suo oggetto dal fodero d’oro svelando la lama che nascondeva, apprestandosi a decapitarlo come meritavano i criminali che attentavano alla vita del sovrano.
 
«lasciatelo andare» la voce del faraone risuonò nella sala arrestando Seth che si apprestava a colpirlo.
 
Avrebbe dovuto dargli una qualche punizione, anche se il suo Ka maligno era stato rimosso, non sarebbe dovuto essere liberato, ma voleva fare un dispetto al sacerdote che gli aveva impedito di distrarsi e divertirsi. Quel Ka non era così potente come credevano e farlo a pezzi non avrebbe cambiato la vita a nessuno, ma non gliel’avevano permesso, a lui, al faraone e nemmeno aveva potuto opporsi. Con molta probabilità quell’uomo non avrebbe più fatto del male a nessuno e a costo di fare un dispetto a quel sacerdote, Atem avrebbe corso il rischio. Era un suo ordine e nessuno poté opporsi, anche se Shimon tentò di convincerlo a rinchiuderlo nelle prigioni o infliggergli una qualche punizione.
 
«ho detto di lasciarlo libero! » ripeté facendo capire quanto le loro obiezioni lo irritassero, sembrava si stesse abituando al suo nuovo ruolo e loro cominciavano a capire che, come faraone, Atem non andava contraddetto, che non gli piaceva ripetere le cose due volte.
Il criminale fu liberato. Probabilmente, senza essere visto da quei sette, avrebbe ordinato ad un soldato di tenerlo d’occhio per un paio di giorni.
Sprofondò sul trono accavallando le gambe e incrociando le braccia affossandosi nelle spalle, voleva andarsene e mettere fine a quella tortura.
 
Shimon, in ogni caso volle tranquillizzare il giovane sovrano che aveva appena rischiato di morire.
«faraone, non devi inquietarti! » esclamò prendendo alla sprovvista Atem che in realtà stava pensando ad altro: «sto supervisionando personalmente la costruzione della tua sacra tomba»
«sì certo…» sospirò.
«non ti nascondo nulla, i progetti sono stati ultimati e i lavori sono già cominciati. Oh oh! » se la rise soddisfatto del suo lavoro e con molta poca modestia: «gli operai del villaggio di Deir El-Medina sono persone molto competenti. Ti garantisco un riposo di qualità quando sarai scomparso» disse andando a spiegargli attentamente ogni cosa: «il santuario è pieno di trappole, nessun ladro ti verrà a disturbare! Per i saccheggiatori, quel luogo sarà una specie di gioco alla fine del quale li aspetta una morte certa e un viaggio nelle tenebre»
 
Atem non era per nulla ansioso di passare a miglior vita, era appena salito al trono e pensare già alla sua vita ultraterrena non gli andava molto, anche se l’idea di un intricato labirinto e giochi complicati lo eccitavano parecchio, si sarebbe cimentato volentieri in quelle prove solo per far sentire gli architetti degli incompetenti costringendoli a rifare tutto, ma in quel momento aveva ancora voglia di andarsene. Shimon parlava davvero troppo, ma non voleva zittirlo e mancargli di rispetto, in fondo era l’uomo di cui si fidava di più al mondo.
«la tomba del faraone Aknamkanon, tuo padre, era una versione sperimentale. Nessun ladro potrà evitarne le trappole! »
Sembrava avesse finito, insomma era già da tre secondi che non proferiva parola e forse se ne sarebbe potuto andare, ormai erano ore che scalpitava per alzare i tacchi e raggiungere Yugi. Non lo vedeva da ben dieci ore!
Isis s’irrigidì di colpo mettendo, nuovamente, tutti in allerta.
 
«Isis, che cosa succede? » si spaventò Aknadin notando la Collana del Millennio attivarsi proiettando qualcosa nella mente della donna.
«la mia Collana presagisce un avvenire inquietante» disse mettendo tutti in allerta.
«un avvenire inquietante? » le fece eco Atem.
«sente che un’ombra malefica si avvicina al palazzo, un’entità che possiede un heka prodigioso! »
 
Avvolto in una pesante cappa, per nascondere i vestiti macchiati di sangue e passare inosservato, Yugi si aggirava furtivo per il palazzo. Dopo l’attentato, non aveva più intenzione di passarci sopra. Poteva passare su di lui, ma mettere a repentaglio la vita delle sue sorelle e del suo nipotino era qualcosa che non poteva accettare. Se tutti i dati raccolti fino a quel momento erano giusti, la lista di torti subiti era ben lunga e il suo persecutore li avrebbe pagati tutti.
Giuro che stavolta te la farò pagare… pensò vagando per i corridoi bui.
 
Nel frattempo alle porte del palazzo si presentò un uomo ricoperto d’oro che si trascinava  una mummia. Il suo volto era per metà coperto dal copricapo, ma si vedeva perfettamente il suo ghigno malefico. Pretendeva di entrare, ma i soldati lo fermarono all’istante.
 
«chi sei?  come osi penetrare nel palazzo?! » gli intimarono puntandogli contro le loro armi.
«pare che i re si adornino d’oro da capo a piedi…» ghignò mostrando loro i propri gioielli: «in questo caso anche io sono un re e non uno qualsiasi! Sono il re dei ladri! » esclamò, ma le guardie non si lasciarono incantare da quelle parole e quell’oro non era di certo stato rubato da qualche nobile.
«quest’oro proviene dalle tombe! » lo accusò.
«non ho tempo da perdere con voi! » gridò fulminandoli con i suoi occhi gelidi: «avvertite il faraone. Bakura, il re dei ladri del villaggio di Kul Elna, è venuto a fargli visita! »
 
L’intero palazzo fu messo in subbuglio dall’intrusione del ladro, la voce arrivò persino al giovane che si celava nell’oscurità tenendo occhi e orecchie bene aperte per aperti per carpire informazioni, ma non abbastanza per notare l’oscura presenza che lo brancò alle spalle puntandogli una lama alla gola.
 
«guarda, guarda. Io cercavo il faraone e ci trovo la sua puttana» sghignazzò giocando con il dorso della lama sulla delicata pelle di Yugi.
«la puttana sarà tua sorella! » ringhiò Yugi tirandogli una gomitata allo stomaco che lo fece gemere e allentare la presa abbastanza per sottrarsi a quella morsa, ma non abbastanza per fuggire. Bakura l’agguantò per il braccio e lo strattonò violentemente contro il muro facendogli sbattere la testa. La botta lo stordì e sarebbe caduto se quel ladro non l’avesse schiacciato contro di esso costringendolo a restare in piedi.
«pensavo che i re ti piacessero. Lo vedi quest’oro? Io sono un re, il re dei ladri più precisamente» ghignò.
 
Serrò la sua mano sul viso di Yugi che provò a dimenarsi per liberarsi. Era ancora stordito dalla botta, ma riuscì a mordergli la mano abbastanza forte da farlo allontanare. Gli fece male, anzi parecchio male e per vendicarsi gli mollò una sberla così forte da fargli battere, nuovamente, la testa contro il muro, quella volta perse i sensi riversandosi sul pavimento.
 
«dicono che tu sia un evocatore potente» ghignò sollevandogli una spalla con il piede: « almeno così non mi disturberai».
 
L’agitazione si stava diffondendo per tutto il palazzo, nella sala del trono, c’era fermento e aumentò quando anche l’Anello del Millennio di Mahad reagì alla presenza malefica.
 
«il mio oggetto capta una grande potenza malefica! » avvertì.
 
In quello stesso momento un soldato accorse gettandosi a terra ai piedi dei sacerdoti riferendosi al faraone
 
«mio re è terribile! » ansimò riprendendosi dalla folle corsa: «un saccheggiatore di tombe di nome Bakura è entrato nel palazzo! » gridò.
 
Lo sdegno fu grande tra la corte
 
«non è possibile…! Come ha superato le guardie?! » sbottò Aknadin
«cercatelo! » ordinò Atem scattando in piedi, ma dentro di sé, avvertì una certa euforia, quella serata si stava movimentando e magari sarebbe potuto intervenire di persona.
 
Le urla dei soldati li raggiunsero subito, grida e gemiti coperti da risate folli. Le porte della sala si spalancarono e il cadavere di un uomo crollò davanti ai loro occhi svelando la figura del ladro con il bottino in spalla, indossava una casacca color porpora aperta che scopriva il suo petto scuro  e lo shenti.
 
«eccomi finalmente davanti al trono» ghignò presentandosi a tutti con il suo ghigno di chi non teme nulla e quegli occhi gelidi: «porgo i miei omaggi al nuovo faraone! Ecco il mio dono! » disse gettando a terra tutto l’oro che aveva rubato, statuette, maschere, gioielli, armi:«sapete ho scoperto una tomba molto interessante. Apparteneva ad Aknamkanon. E già che c’ero mi sono fatto accompagnare dal tipo rinchiuso nel sarcofago»
 
Strattonò la corda avvolta nella mano tirando avanti la mummia che si era trascinato dietro per tutto il palazzo. Atem non lo sopportò, un groppo alla gola gli bloccò quell’urlo che volle disperatamente uscire, ma fu meglio così, avrebbe perso il controllo e gettato inconsciamente in uno scontro senza conoscere nulla del nemico. Prese profondi respiri stritolando i pugni.
 
«come hai osato?! » non lo trattenne, quell’urlo tuonò nella sala, ma almeno resistette dal muoversi dal suo posto. Serrò le dita contro i palmi fino a sentire male, era suo padre, l’uomo che gli aveva dato la vita, insegnato tutto quello che sapeva, che l’aveva cresciuto e gli era sempre stato accanto nei momenti difficili. Si sentì perso alla sua morte e quel ladro si faceva beffe delle sue spoglie strattonandolo da una parte all’altra.
 
«lo rivuoi faraone? » lo volle istigare Bakura tirando ancora quella corda che avvolgeva il collo del corpo: «dammi i sette oggetti e lo riavrai»
 
Lo sgomento dilagò tra la corte, i sacerdoti si misero in difesa del loro re preparandosi a dare sfogo ai loro poteri magici per catturare e punire quell’essere che aveva osato fare un tale affronto alla famiglia reale, ognuno di loro fremeva dalla voglia di vendicare il precedente e amato faraonee mostrare al giovane re che loro erano ampiamente degni dei loro ruoli.
 
«hai osato profanare la tomba del grande faraone Aknamkanon. Sarai punito per questo! » si fece avanti Shada puntandogli addosso la Chiave del Millennio, ma il ladro rispose con una risata sguaiata, si sentiva fin troppo sicuro di sé, come aveva già detto, il suo unico obbiettivo erano gli oggetti.
 
«non siete in grado di reggere il mio confronto! » li minacciò mostrando loro l’oro di cui si era appropriato senza troppi problemi facendosi beffe delle loro trappole.
«un bandito che osa sfidare i sacerdoti» lo derise Seth, non poteva credere che un tipo tanto insignificante osasse beffarsi di loro in quel modo, ma lui sicuramente gliel’avrebbe fatta pagare e quella  volta il faraone non gli avrebbe impedito di portare giustizia con le sue mani: «chiuderò il tuo cuore in un canopo e lascerò il tuo corpo agli avvoltoi» lo mise in guardia sul suo macabro destino.
Aknadin mandò giù una grossa boccata d’aria cercando di mantenere la calma e si fece avanti «solo il faraone e i sacerdoti scelti dagli oggetti sono in grado di utilizzarli» disse l’anziano: «un essere malvagio come te non può nemmeno sperare di toccarli, se lo farai morirai» lo mise in guardia.
 
Ma a Bakura non interessava, sapeva già tutto ciò che c’era da sapere su quegli oggetti e ogni rifiuto lo portava a desiderarli ancora di più. Quella storia lo eccitava da morire, non vedeva l’ora di sbarazzarsi di tutti loro e impossessarsi di quegli oggetti d’oro così potenti.
 
Il dolore che quell’affronto provocò nell’animo del giovane faraone fu immane. Non aveva ancora accettato la corona e sepolto suo padre, che un profanatore di tombe si era già presentato a minacciare il regno che lui avrebbe dovuto guidare e proteggere. Come se non bastasse, costui risultò immune al potere degli oggetti, o meglio, il suo Ka sembrava così potente che la tavoletta di pietra non fu in grado di contenerlo.
Ebbe inizio uno scontro cruento tra Bakura e il suo Ka, Diabound, un mostro dalla forma umanoide, con le fattezze di una statua calcarea, lo sguardo colmo di oscurità e il corpo che terminava in una viscida coda con una testa di serpente all’estremità, e i Ka dei sacerdoti.
Nessuno, nonostante i numerosi tentativi, riuscì a tenere testa a quel criminale.
 
Intanto la mente del faraone era assorta e concentrata sul corpo del genitore in balia di quell’essere senza scrupoli. Stanco delle umiliazioni a cui Bakura lo stava sottoponendo, Atem ignorò il pericolo e abbandonò il trono, attraversò la sala in cui si stava consumando il combattimento e raggiunse il bandito che nemmeno si era reso conto di lui. Con una sola spinta lo allontanò chinandosi a raccogliere le spoglie del padre.
Un’occhiata gelida si posò su Bakura. Gli occhi del faraone gridavano vendetta, ma prima pensò a mettere in salvo quel corpo.
 
«preparati, tra poco mi occuperò di te» fu l’unica cosa che gli disse allontanandosi con Aknamkanon tra le braccia.
 
Ancora incurante del pericolo, Atem fece ritorno al trono, lì dove Shimon lo attendeva. Più volte Bakura provò ad attentare alla sua vita, ma invano. I sacerdoti protessero il giovane re a costo della loro, di vita.
Adagiato il corpo, Atem  restò un momento a osservarlo, mentre Shimon compiangeva il defunto sovrano.
 
«faraone, stanne certo. Questo affronto verrà vendicato» disse l’anziano consigliere.
 
Certo che sarebbe stato vendicato e sarebbe stato Atem stesso a farlo, ma prima ancora di poterlo dire e farsi avanti, dovette coprirsi gli occhi. Il confronto tra Dios, il Ka di Seth e Diabound, generò un’onda luminosa accecante. Il tesoro sparso nella sala volò ovunque, anche ai piedi del giovane re e fu lì che lo vide, giaceva proprio davanti a lui. Un bracciale d’oro con un turchese a forma di scarabeo.
 
«Hnm! » esclamò correndo a raccoglierlo.
 
Come poteva essere lì? Come poteva averlo Bakura? Non sapeva nulla di Yugi da ore, possibile che… la sola idea gli gelò il sangue nelle vene.
Qualsiasi cosa l’avesse portato ad appropriarsi di quel tesoro di cui Yugi non si separava mai, Bakura l’avrebbe pagata. Per quello e per l’affronto fatto ad Aknamkanon, ma come? Era abile con le armi, ma una spada contro Diabound non poteva nulla.
 
Se solo io... pensò osservando i Ka dei sacerdoti lottare: ormai erano esausti, ancora poco e Bakura avrebbe vinto su tutto e tutti.
 
«la giustizia si fa nel nome degli dei» sentì tuonare quella voce nella sua testa e come non riconoscere quel tono così grave. Era lui. Suo padre.
Si voltò e lo guardò. Sapeva che quando il momento fosse arrivato, lui l’avrebbe capito. Era il segnale. Parole sconosciute presero forma nella sua mente.
 
Ormai i sacerdoti non ce la facevano più, erano debilitati e stravolti, i loro Ka non erano in grado di tenere testa a quella creatura mostruosa nata dall’odio e dal risentimento coltivati dal ladro nel corso della sua vita. Stava per dare loro il colpo di grazia, ma l’arrivo del faraone lo fece desistere.
 
«me ne occupo io» disse facendo segno di arretrare.
«faraone! » si stupì Aknadin. Come poteva pensarci lui, un ragazzino appena salito al trono senza nessun particolare potere. Non sapeva cosa si stava muovendo nella mente del giovane, ma presto l’avrebbe scoperto.
«finalmente ti sei deciso» sghignazzò Bakura: «non ci metterò molto a fare di te un’altra mummia»
 
Parole che Atem ignorò, era molto sicuro di sé, ma quel folle ancora non aveva terminato le sue assurde minacce: «evoca pure tutti i mostri che desideri, faraone, ma non batteria mai Diabound! »disse: «la tua fine è vicina!»
 
Diabound partì all’attacco, la testa di serpente spalancò le sue fauci, pronta a fare del ragazzo un sol boccone, ma questi non ne era preoccupato.
 
La giustizia è dalla parte degli Dei. Pensò ripetendo le parole che suo padre gli aveva sussurrato all’orecchio.
 
Non aprì bocca, ma evocò il potere del puzzle.
Nel tempio di Veju, una delle tre tavole sacre s’illuminò.
Una forza spaventose raggiunse Atem propagandosi attorno a lui, riuscendo a spaventare Bakura, del tutto impreparato ad un’evocazione così potente. Respinse Diabound.
Gli stessi sacerdoti restarono senza parole d’innanzi a un tale potere.
 
«ti presento il primo dei miei tre servitori divini» disse con tono fermo e deciso.
 
Una creatura immensa, in pietra blu, con spaventosi occhi rossi, si elevò al fianco del faraone. Obelisk Soldier, così lo chiamò presentandolo a tutti.
I sacerdoti restarono a bocca aperta, quel ragazzino divenuto re, ma ancora incapace di controllare un ka, aveva appena evocato una delle tre creature divine, era totalmente sotto il suo controllo e la potenza che emanava fu terrificante.
I nomi delle tre creature erano sempre stati sconosciuti, si mormorava che solo il faraone predestinato sarebbe riuscito a ottenere i loro nomi e con essi il loro potere. Non potevano credere che quel re sarebbe stato proprio Atem.
 
Il combattimento fu cruento, la sala del trono venne devastata, ma un ka di quel livello non poté nulla contro una creatura divina. Le sue forze si dimezzarono e preferì usare le restanti per fuggire.
Mentre i soldati si preoccupavano di inseguire il bandito, Atem ancora cercava di capire cos’era accaduto, sembrava sconvolto, la potenza di quel Ka l’aveva stremato e poi  c’era la questione del bracciale che ancora stringeva tra le mani. Non capiva com’era finito lì.
Prima di poterlo domandare, però, le urla dei soldati lo attirarono fuori sul terrazzo e lì assistette alla fuga di Bakura che sbaragliò i soldati uccidendo chiunque intralciasse il suo cammino, dileguandosi nella città in fiamme insieme ai suoi seguaci.
Lo spavento per il faraone fu grande. Non sedeva sul trono da neanche un giorno e già il suo regno era stato devastato. Quel pensiero lo distrusse, ma si sentì un po’ meglio quando seppe da Mahad che avevano trovato Yugi e che, nonostante tutto, stava bene.
 
Quando il principe riaprì gli occhi, il mal di testa lo travolse, era confuso, c’erano diverse persone attorno a lui e tutti si stavano preoccupando di passare panni umidi e oli sul suo corpo indolenzito, livido e sporco di sangue.
Appena ne fu in grado, si alzò dal letto, indossò la fine vestaglia di lino e andò a sedersi al tavolo della toeletta, specchiandosi in quella lastra metallica. Ricordava perfettamente ciò che era accaduto, voleva vedere con i suoi occhi ciò che quel miserabile gli aveva fatto. Nulla di grave, ma quando vide il naso sanguinargli, il panico minacciò di impossessarsi di lui. Doveva stare calmo, respirare e convincersi che era solo colpa della botta in testa che aveva preso. Si pulì il viso con una garza e lasciò che terminassero di curargli quel brutto taglio sulla fronte.
Non voleva sapere cos’era accaduto dopo la sua aggressione, aspettava che fosse Atem a riferirgli l’accaduto. Il palazzo era in subbuglio, l’aveva capito, probabilmente dopo essersi occupato di lui, quel bandito aveva attaccato il faraone e Yugi sperò di vederlo apparire da quella porta da un momento all’altro.
Ciò accadde proprio mentre quel pensiero terminava di formarsi nella sua mente.
 
I servitori si prostrarono di fronte alla nuova luce d’Egitto e avrebbe dovuto farlo anche Yugi, ma nel momento in cui si mosse per mostrargli i suoi omaggi, questo non glielo permise. Gli corse incontro inginocchiandosi davanti a lui, prendendogli il viso tra le mani, cercando di capire se stava bene.
 
«Hnm, come stai? Che ti ha fatto? »
«sto bene» provò a tranquillizzarlo divincolandosi dalla sua presa: « Atem, davvero, sto bene! »
 
Voleva fargli capire che non c’era motivo di agitarsi, ma poi preferì calmarsi, in fondo quello davanti a lui, seppur in ginocchio, era il suo sovrano: «volevo dire maestà… sto bene, non devi preoccuparti»
 
Atem sorrise carezzandolo, ma prima di rispondergli congedò tutta la servitù chiedendo di essere lasciati soli.
Porse la mano a una delle ragazze: «grazie, continuo io» disse facendosi consegnare la garza con cui stava medicando Yugi.
La bagnò nella ciotolina posata sul tavolo imbevendola di quel miscuglio di aloe e succo di limone affinché disinfettasse il taglio.
 
«usa ancora le formalità con me e ti punirò a dovere» lo minacciò non appena restarono soli.
 
In altre condizioni Yugi avrebbe messo alla prova quella minaccia , ma era troppo stanco e spossato per farlo. Annuì semplicemente. Stava per domandargli cos’era accaduto quella sera, ma Atem lo anticipò rivolgendo a lui quella domanda.
 
«cos’è successo oggi? »
 
Avvicinò delicatamente la garza alla ferita sperando di non fargli male, ma il primo tocco fu doloroso  e Yugi sussultò ritraendosi d’istinto. Bruciava parecchio. Poi prese coraggio e tornò a farsi curare sforzandosi di raccontagli l’essenziale di ciò che era successo realmente.
 
«sono stato aggredito»
«come ha osato quel bastardo metterti le mani addosso…» ringhiò il faraone. E ancora non aveva visto il taglio al braccio che il sicario gli aveva inflitto con la freccia, ma non era il caso che Atem sapesse di quell’incontro, era meglio fargli credere che fosse stata tutta colpa di quel bandito. Il faraone sembrava già inquieto senza dover anche pensare che qualcuno a palazzo stava progettando di uccidere il suo amante.
 
In effetti l’incontro con quel ragazzo che si proclamava Re dei Ladri, l’aveva lasciato perplesso, ne parlò con Yugi, gli raccontò di quello scontro. Quel bandito parlava di giustizia, sembrava sapere molto più di lui sugli Oggetti del Millennio e diceva di avere un conto aperto con la sua famiglia, ma Atem non sapeva nulla al riguardo e forse era proprio quell’ignoranza a lasciarlo perplesso. Lasciò perdere quei discorsi preferendo  concentrarsi sulle cure del suo Hnm a cui stava ricominciando a sanguinare il naso. Una striscia quasi nera gli solcò il labbro e ad essa se ne aggiunse un’altra.
Yugi le bloccò con una garza sollevando la testa, sperava così di bloccare quell’emorragia.
 
Ormai erano sempre più frequenti. Tutto aveva avuto inizio alla morte di Aknamkanon, dopo che Atem lo spinse contro la parete della grotta.
Ne aveva parlato con Isis e Mahad durante le loro sedute. All’inizio entrambi si mostrarono confusi quanto lui, ma poi la sacerdotessa esplose, quel sospetto che da più di un anno la stava consumando, era divenuto realtà. L’incidente alla rupe gli aveva lasciato lesioni interne che con il tempo e numerose sollecitazioni, si erano aggravate. Quella che aveva Yugi era un’emorragia cerebrale che avanzava molto lentamente, un ematoma non riassorbito che premeva contro un’arteria danneggiata e che poco a poco lo strappava alla vita. Eppure Yugi sperava in un qualche miracolo, non poteva lasciare Atem, non in un momento così delicato.
Quel sangue spaventò il faraone che scattò  subito.
 
«ti serve un medico! » urlò
«non mi serve» obbiettò, invece, Yugi. Non voleva che lo scoprisse, si sarebbe addossato una colpa che non aveva: «è stato il colpo» volle rassicurarlo: «calmati, non è niente»
 
Disse così, ma dentro gridava e si dibatteva, era terrorizzato, sentiva la vita sfuggirgli di mano giorno dopo giorno. Non se ne sarebbe andato senza lottare questo era certo. Prima doveva smascherare colui che complottava nell’ombra contro di loro, essere sicuro che Atem fosse a suo agio nel suo nuovo ruolo e poi c’era quel bandito che andava fermato. Questi erano i motivi che si era ripetuto in quei minuti, ma quello che li sorpassava tutti erano le parole che lui gli aveva detto pochi giorni prima, quella macabra promessa che gli aveva fatto: ‘Insieme nella vita, uniti nella morte’.
Sapeva che ne avrebbe avuto il coraggio pur di non dovergli dire addio e ciò non l’avrebbe mai permesso, ma come fare? Aveva provato ad allontanarlo e non era servito a nulla, Atem non l’avrebbe lasciato, ma alla sua morte avrebbe tentato di seguirlo. Possibile che dalla sua insignificante vita dipendesse il destino dell’Egitto intero?
 
Meglio non pensarci, era già stata una giornata pensante, senza dover pensare anche a quella disgrazia che lo attendeva. Si alzò prendendogli la mano, sorridente.
 
«andiamo a dormire, faraone» lo stuzzicò.
 
Per un momento divenne tutto nero e si sentì mancare, ma dissimulò alla perfezione cadendo tra le sue braccia, come se fosse stato in cerca di un abbraccio che di certo Atem non gli negò.
 
Non voglio. Pensò  con gli occhi colmi di lacrime. Vi prego… non voglio lasciarlo, non ancora.

 







mmh lo ammetto in questo capitolo mi sono lascaita trasportare dalla narrazione. voi direte: 'necessario?' io vi dico: 'purtroppo sì'
Considerando che questa storia è nata dalla colonna sonora di Doctor who sulla rigenerazione da tennat a smith, che ha ispirato l'ultimo capitolo e che tutto ruota attorno a QUEL capitolo... spero di non annoiarvi con questo rewind, anzi spero di potervi così rammentare fatti ed eventi in previsione del film ( in ogni caso i prossimi capitoli saranno certamente più interessanti di questo, anche se spero che questo vi abbia comuqneu fatto venire la lacrimuccia al cuore... povero Yugi!! T^T )

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** ...Blood in My Mind ***


Buona domenica!
Avevamo lasciato Yugi e Atem in un momento un po' delicato, subito dopo l'attacco di Bakura... chissà cosa accadrà...

Buona Lettura
 
ONCE UPON A TIME...

...BLOOD IN MY MIND



 
Il giorno seguente, la situazione in città era molto tesa, dopo l’attacco di Bakura, molte case andavano ricostruite e la gente tranquillizzata. Il faraone ordinò ai soldati di uscire in città e prestare aiuto ai cittadini.
 
Intanto, alla fonte più lontana dal  centro del palazzo, quella che nemmeno i servi usavano più, abbandonata, ma che ancora faceva sgorgare acqua fresca e pulita, Yugi sfregava con frenesia scuotendo nervosamente la testa e gemendo a ogni movimento delle mani  avvolte nella stoffa bagnata che sbattevano contro il catino. Le labbra erano bianche per i morsi che ci stava dando, tremava. Si era fatto 4 bagni, ma ancora sentiva l’odore del sangue sulla pelle, tra i capelli, quel respiro sul suo viso e quegli occhi vitrei fissarlo.
 
Dopo lo scontro con Bakura, Mahad aveva bisogno di starsene  per conto suo, sapeva che quell’ala del palazzo era praticamente abbandonata, ma quando arrivò trovò il giovane principe inginocchiato a terra che armeggiava con un catino, i suoi singhiozzi erano ben chiari e lo preoccuparono, dopo tutto, dopo l’aggressione di Bakura, sarebbe stato più che comprensivo. Gli corse incontro per vedere cosa stava facendo
 
«mio signore, stai bene? » gli domandò, ma quando si avvicinò, notò la stoffa bagnata tra le sue mani che stava lavando. La sua presenza non lo fece desistere, anzi ci mise ancora più forza nello sfregare: «ma cosa fai? Non è il caso, non è compito tuo» provò a farlo smettere, ma pareva non ascoltarlo e, anche se non avrebbe dovuto, gli afferrò le mani allontanandolo. Solo in quel momento si accorse che ciò che voleva eliminare, erano macchie di sangue.
Lasciò andare l’abito nell’acqua accasciandosi a terra
 
«cos’è successo ieri? » gli domandò inginocchiandosi davanti a lui
«Bakura, mi ha aggredito» mormorò a denti stretti
«prima» insistette Mahad.
 
Yugi esitò, anzi tacque proprio, voltò lo sguardo stringendo i pugni sulle ginocchia. Mahad, però, voleva sapere, prese la stoffa dal catino osservandolo. Era l’abito che aveva indosso il giorno procedente che da bianco si era tinto di rosso.
«ma questo… cos’è successo ieri? » ripeté la domanda che da  sorpresa, passò a farsi seria. C’era un lato di Yugi che solo lui conosceva, che era nascosto persino ad Atem. Voleva che si confidasse con lui, doveva parlargli, eppure Yugi tacque, scosse la testa freneticamente .
«Bakura… è stato Bakura…» singhiozzò allungando una mano verso la stoffa bagnata: «lasciami, devo pulirlo… Atem non lo deve vedere così…»
 
Aveva gli occhi spalancati, le pupille dilatate e le mani tremanti, gli strappò l’abito di mano cercando di rimettersi a sfregarlo, ma Mahad glielo impedì.
 
«basta, smettila»
«non vanno via…» la sua voce tremava, non riusciva a distogliere lo sguardo da quelle macchie
«te ne faranno un altro. Ora, per favore, calmati» lo volle rassicurare, sapeva che il problema non era la veste, ma quello con cui era colorata. Qualunque cosa fosse successa, l’aveva traumatizzato parecchio.
«no.. Atem l’ha visto… lui… lui se ne accorgerebbe se… se fosse diverso…» cominciò a piangere, ma gli venne anche da ridere: «lui ricorda tutto, Atem sa tutto. Ora che penserà? Lui si fidava di me e ora… il suo compagno è un assassino…  si è macchiato di sangue  e il sangue non va via…»
«cos’è successo? »
«voleva uccidermi.  Ha detto che uno come me, non dovrebbe stare qui… forse aveva ragione. Io sono un assassino, l’ho ucciso»
 
L’orribile immagine della sua lama che si conficcava nella gola di quell’uomo gli tornò in mente, il fiume di sangue che gli si riversò addosso e quell’odore nauseante di ferro e alcol. Non resistette,
l'ansia, la paura, anzi il terrore e il disgusto lo pervasero . Si piegò in due stringendosi una mano sulla bocca, un’orribile nausea gli offuscò la vista, la testa iniziò a girargli terribilmente finché non ne fu travolto. Si voltò di scatto dalla parte opposta vomitando quel nulla che aveva nello stomaco.
Mahad corse a sostenerlo subito. Era così pallido e debole che dovette farlo appoggiare contro il muretto della fonte, gli passò un lembo del mantello bagnato sul viso pallido e sudato pulendogli anche la bocca, facendogli aria con quello che aveva, senza opprimerlo troppo.
 
«cerca di calmarti. Non è successo nulla, ti sei solo difeso» tentò di fargli capire.
«Atem non deve saperlo…ha già abbastanza problemi con Bakura e il regno…» si raccomandò, ma era quasi ovvio per il sacerdote che si limitò a chinare il capo.
«credo che sia meglio rimandare la seduta di oggi» gli consigliò pulendogli quella gocciolina di sangue che gli scivolava dal naso e che lo fece sospirare, cambiando totalmente discorso: «prima o poi dovrà saperlo»
«non ora…» mormorò passandosi anche lui il dorso della mano per pulirsi: «andiamo, ora più che mai voglio sapere».
 
Quella decisione piacque poco al sacerdote, ma fu costretto ad accettare.
 
In quello stesso momento, Atem, dopo colloqui con comandanti, consiglieri e i sacerdoti, si concesse qualche minuto libero. Gli avevano riferito che il principe aveva chiesto di essere lasciato solo per quella mattina, per potersi riprendere dal brutto spavento e lo stesso faraone preferì tenersi lontano lasciandogli il suo spazio e poi aveva una questione da discutere con Mana.
 
«Mana, per quella questione, sai nulla? » domandò all’amica che saltava per il cortile, spensierata come sempre, ma a quella domanda si fece seria arrestandosi.
«non molto, purtroppo. Nulla di rilevante. L’unico centro abitato abbastanza vicino al luogo in cui fu trovato Yugi è un villaggio che si chiamava Kul Elna, ma è disabitato da almeno 15 anni» disse
«Kul Elna? » sussultò Atem, Bakura aveva nominato lo stesso luogo, ma a lui non diceva assolutamente nulla, anche se aveva notato che suo zio aveva avuto una strana reazione all’udire quel nome. Gliel’avrebbe chiesto sicuramente, ma nel frattempo gli premeva di più sapere tutto il possibile da Mana. «c’è altro? »
«no, solo che se Yugi viveva lì probabilmente la sua famiglia è morta»
« io continuo a sperare, anzi! Sono fermamente convinto che  facesse parte di una carovana di nomadi e che si sia perso» disse Atem, non era la prima volta che sosteneva quella tesi, ma anche quella volta Mana dovette contraddirlo
« ne dubito, non in quel periodo dell’anno e non a quell’età» disse.
 
Da quando Yugi aveva avuto quella crisi spaventosa, Atem si era fatto raccontare dalle sue sorelle tutti i dettagli, anche i più insignificanti sul giorno in cui lo trovarono. Hate fu quella che poté fornire più dettagli, anche se all’epoca aveva solo otto anni. Da allora, con la complicità di Mana, iniziò a indagare, ma ancora non avevano avuto indizi rilevanti.
 
Era debole e stordito, ma Yugi costrinse comunque Mahad a farsi portare da Isis, doveva vederla urgentemente.
Steso su un letto di morbidi cuscini, ancora pallido e sudato,  la sacerdotessa lo avvolse in una coperta di lana per attenuare quei brividi che lo stavano scuotendo.
 
«a quanto pare non c’è solo Bakura di cui dobbiamo preoccuparci» sospirò il sacerdote accostandosi a Yugi per porgergli dell’acqua, lentamente stava riprendendo  colorito e quell’acqua fresca l’aiutò un po’.
«era un problema che avevamo già prima» gli rispose rendendolo cosciente del suo sospetto,  non era mai arrivato a minacciarli direttamente in quel modo, aveva superato il limite e ne erano consapevoli entrambi, Isis era all’oscuro di ciò e non indagò nemmeno, il suo compito era un altro e si doveva concentrare su quello.
«Isis, voglio farlo» si alzò Yugi liberandosi dalla coperta.
«mio signore, sei sicuro? » si preoccupò ancora il sacerdote non dando ancora modo all’amico di parlare
«questa mattina ho avuto una visione, voglio sapere. Isis, per favore»
La sacerdotessa dovette intervenire venendo chiamata in causa, si inginocchiò davanti al giovane aiutandolo ad assumere una posizione comoda.
«cos’hai visto? » gli domandò nel frattempo che posizionava i cuscini dietro di lui.
«l’acqua era diventata rossa, era sangue che bolliva» mormorò stringendosi le braccia al petto per il ribrezzo che gli fece quel ricordo: «e c’erano delle mani che volevano afferrarmi…»
«Isis, fa attenzione» si raccomandò Mahad  temendo per l’incolumità della donna e la salute di Yugi deciso ad andare avanti.
 
Prima di cominciare, la sacerdotessa accese dei piccoli fuochi attorno a loro, ciotoline metalliche che emanavano una brillante luce blu.
L’odore di incenso riempiva la stanza, mischiandosi al profumo di altre spezie che bruciavano nelle ciotole.
 
«rilassati e svuota la tua mente» disse la donna: «non pensare a nulla, ascolta solo il suono della mia voce. Respira lentamente» parlava piano, con un tono piatto cadenzando le parole affinché cullassero la serenità del ragazzo ed entrassero nella sua mente: «inspira e ...espira. Senti il tuo cuore che batte»
 
Non appena vide che si era rilassato abbastanza, si voltò verso Mahad e annuì. Yugi voleva farlo e loro non poterono tirarsi indietro, aveva chiesto il loro aiuto.
 
«pensa a un luogo felice, dove ti senti a casa. Pensalo e focalizzalo. Sentiti a casa» aggiunse.
 
Un posto felice, da bambino, per lui casa era la locanda, la sua famiglia, ma poi in quel luogo erano accadute tante tragedie e per ultimo l’incendio, lì aveva vissuto con Tuya e le altre sorelle. Non riusciva più a considerarlo un luogo sicuro perché oltre quella porta trovava solo paura e ricordi dolorosi. Il palazzo, quello non l’aveva mai sentito come casa sua, troppo grande troppo spaventoso, ma se faceva bene attenzione e percorreva un lungo corridoio, dentro alla sua mente, si ritrovava di fronte ad un’immensa porta in legno intarsiata d’oro. Oltre c’era una camera, una stanza anonima senza nulla di particolare e poi lui: Atem.  Non era un luogo di cui aveva bisogno per sentirsi a casa, ma di una persona. Solo tra le sue braccia poteva dire di sentirsi protetto e al sicuro, il suo cuore batteva e le gote si coloravano. Era Atem il suo posto felice.
 
Quando Isis lo vide sorridere, capì che l’aveva trovato e andò avanti. Era la prima volta che provava quel tipo di ipnosi, dal momento che le volte scorse i loro tentativi erano falliti. C’era qualcosa che impediva al ragazzo di tornare più indietro del suo risveglio tra le braccia del locandiere, il giorno seguente al suo ritrovamento nel deserto.
 
«tieni quel posto vicino a te e vai indietro con la mente. Eri molto piccolo, così piccolo da non averne quasi memoria, ma quelle immagini sono nella tua mente. Fruga nei ricordi e rispondimi: qual è la prima cosa che ricordi? »
 
Con la mano di Atem ben stretta, Yugi tornò a ripercorrere quel lungo corridoio pieno di porte, ognuna caratterizzata da un dettaglio che lo indirizzava a qualcosa di ben preciso. Arrivò in fondo, dove era giunto tutte le altre volte,  non era la fine, ma dopo c’era l’oscurità e il buio gli faceva paura.
Aprì l’ultima illuminata ritrovando se stesso sul pavimento della locanda, molto piccolo e con una ghirlanda di fiori sulla testa, le sue sorelle, tutte bambine, danzavano attorno a lui cantando ridendo e scherzando. Lui era serio, quasi intimorito, ma quando la più grande, la ragazzina dalle lunghe trecce brune gli si avvicinò e lo prese in braccio, un dolcissimo sorriso comparve sul suo viso.
 
«c’è Tuya… lei mi abbraccia» disse ad Isis sorridendo, ma con una lacrima che solcò il suo viso.
«vai ancora più indietro»
«no… è buio… ho paura» si lamentò.
«tieni il tuo ricordo felice vicino e affronta l’oscurità» lo incitò.
 
Se Atem fosse stato vero, avrebbe provato dolore per quella stretta tanto forte.
Chiuso quel ricordo, Yugi si voltò verso l’oscurità in cui Isis lo invitava ad andare ed entrò. Le ombre cominciarono a dissiparsi e il corridoio divenne una strada, pareva a tutti gli effetti un villaggio, ma l’oscurità era ancora tanta e quando Yugi cercò di scacciarla, da essa emerse una creatura nera come la pece, con occhi rossi come il sangue e lunghe zanne con cui tentò di divorarlo.
A nulla servì la vicinanza di Atem, Yugi cominciò a gridare talmente forte che Mahad costrinse Isis a farlo tornare immediatamente.
 
Tremava ancora per lo spavento, ma si sentiva soddisfatto, aveva ricordato il posto da cui proveniva. Probabilmente quella creatura era un segnale per non ricordare, c’era qualcosa che la sua mente rifiutava e ciò lo motivò ancora di più a voler sapere, ma non quel giorno. Era stanco e un servo era appena andato a cercarlo riferendogli che il faraone lo voleva vedere.
 
 
Tre giorni più tardi, il corpo di Aknamkanon venne  inumato e Mahad si occupò personalmente della protezione della tomba, era deciso a portare a termine il suo compito. Il faraone era stato magnanimo con lui, ma Seth aveva ragione, non avrebbe avuto una seconda occasione. Era il protettore delle tombe ed era compito suo preservare il riposo dei sovrani.
Ciò che tutti a palazzo sospettavano, però, era che nelle intenzioni del sacerdote ci fosse molto di più che la sepoltura dell’ex faraone. Ma senza prove, nessuno osò interferire nella sua missione. Atem stesso temeva le vere intenzioni dell’amico, ma non se la sentì di intromettersi.
 
Era tardi, eppure il faraone e gli altri sacerdoti erano ancora in udienza, tutti molto preoccupati per Mahad di cui ancora non si avevano notizie.
 
Lo stress di quei giorni era stato snervante, Yugi era esausto, infatti si congedò da Atem prima dell’udienza con i sacerdoti. Non avrebbe retto.
Si sarebbe preparato per la notte e avrebbe atteso Atem. Aveva ordinato di essere lasciato solo, desiderava cambiarsi d’abito personalmente e stare tranquillo.
Si richiuse la porta alle spalle osservando la loro enorme stanza vuota. Il letto perfettamente rifatto, le tende che lo circondavano legate e una delle sue tuniche piegata e posata sul baule di legno intarsiato d’oro.
Quella camera sapeva trasmettergli una tale pace e senso di protezione, il letto in particolar modo.
 
Aveva mosso solo un paio di passi dalla porta quando qualcosa gli cadde sul viso, sembrava una goccia d’acqua, ma quando la raccolse con l’indice e la vide, capì che non si trattava d’acqua, era rossa. Alzò lo sguardo verso il soffitto.
Strisce rosse scivolavano dall’alto, anzi dall’intera stanza, le pareti trasudavano sangue, che si spargeva ovunque, sporcava le lenzuola bianche, il letto, il luogo più sicuro in assoluto che conosceva. Era il suo rifugio, era certo che niente e nessuno gli avrebbe mai fatto del male in quel posto perché Atem sarebbe stato lì a proteggerlo.
L’odore ferroso dilagava ovunque. Osservava i muri ed essi si ferivano e sanguinavano. Chiudeva gli occhi tentando di mantenere la calma e loro si sentivano ignorati e sanguinavano.
Quel sangue gli gocciolava addosso, gli impregnava i capelli, gli abiti, la pelle che era diventata rossa. Ogni passo risuonava nelle pozze di liquido denso. Aveva le mani rosse, anche sotto le unghie, come se le avesse conficcate nella carne viva.
Era sempre più pallido, tremava. Era incapace di proferire parola e quel sangue lo invadeva. Non resistette oltre, un urlo selvaggio si fece strada dalla sua gola. Le corde vocali tremarono per l’alto tono che l’istinto gli fece assumere. La sua bocca si spalancò e l’intero viso si deformò in una smorfia di puro terrore. Si strinse le braccia al petto stritolando la pelle sotto alle unghie, mentre quella voce gli graffiava la gola sfumando lentamente, facendosi sempre più flebile, mentre le forze per mantenerla lo abbandonavano.
Ansimante ed esausto, ma anche terrorizzato da quel sangue, si lanciò contro la porta, ma questa non si aprì, la maniglia non si mosse e per quanto tentasse di aprirla, non si mosse. Movimenti convulsi l’accompagnarono mentre batteva contro il legno, in cerca di una via di fuga.
 
«no! no! no! » strillava, ma era chiaro che da lì non sarebbe uscito, stava arrivando qualcosa e doveva fuggire: «basta! Basta! »
 
Non ce la faceva più, la sua mente non poteva sopportare tutto quello. Figure oscure cominciarono ad apparire e avvicinarsi, sembravano morti, esseri mutilati. Entravano dalla porta, provenivano dalle altre stanze dei loro appartamenti.
 
«andate via! » strillò tentando di fuggire, raggiungendo il letto. Decine di cadaveri ammassati e sanguinolenti occupavano l’intero materasso.
 
Gridava talmente forte che non poté non essere udito dai sacerdoti che si stavano ritirando nelle loro stanze.
Al loro arrivo trovarono il principe completamente disorientato, che urlava e brandiva ogni cosa per scacciare i servi che volevano solo aiutarlo, fermarlo e calmarlo, timorosi di una ricaduta in quella brutta malattia da cui si era ripreso solo da pochi giorni.
 
«che gli prende? » domandò il sacerdote più anziano. In realtà intuì cosa gli stava accadendo, ma non poteva permettere che ricordasse, doveva farsi avanti e fermarlo.
 
«Yugi! »
 
Isis lo anticipò facendosi avanti. Conosceva Yugi meglio di tutti.
Lo vide sfregarsi convulsamente le braccia lasciandosi orribili segni rossi
 
«Yugi calmati, sono io! Va tutto bene! »
 
Era davvero orribile, era come nelle visioni che gli induceva per aiutarlo, ma  in quel momento era cosciente, non sognava e quella visione lo stava distruggendo dentro. Lo afferrò per le braccia cercando di immobilizzarlo, ma lui si dimenò strattonandola contro un mobile su cui cadde rovinosamente, un vaso andò in pezzi e quel rumore mandò Yugi ancora più nel panico.
 
«andatevene! Lasciateci, vi prego non fateci del male! » strillò ancora in cerca di una via di fuga.
 
Seth dovette intervenire, corse a soccorrere la sacerdotessa e Shada andò con lui.
Per Aknadin arrivò il momento di agire, tentò di avvicinarsi.
 
«principe, calmati» disse, ma quando Yugi sollevò lo sguardo su di lui, non vide un ‘non morto’, ma un uomo giovane con vesti regali e uno sguardo sanguinario che gli suscitò ancora più timore.
 
«no, vattene! »
 
Aveva ragione, inconsciamente si ricordava di lui e quelle lacrime che gli rigarono il volto deformato dal terrore, né furono la prova. Piangeva, proprio come allora, spaventato da lui e da ciò che lo circondava.
 
Yugi tentò ancora di fuggire, vide una via di fuga, la salvezza da quell’orrore e vi si lanciò contro, ignaro che ciò che lui considerava la salvezza, era in realtà un muro. Seth se ne accorse e per fortuna lo placcò prima che si spaccasse la testa. Gli cinse un braccio attorno alla vita trattenendolo, ma quel contatto aumentò le urla di Yugi, convinto di essere stato catturato da uno di quei mostri. La gola gli bruciava tantissimo, ma non riuscì a tacere e calmarsi.
Isis era nel panico, sapeva che tutto quello era stato causato dai suoi tentativi di aiutarlo a ricordare, ma il fatto che non riuscisse a farlo tornare in sé la stava devastando, possibile che avesse sbagliato qualcosa e che una delle sue ipnosi fosse ancora attiva? Perché allora non la ascoltava? Cos’era scattato nella sua mente per farlo  possedere da tanto terrore?
 
«lasciami! No! no! non mi toccare! » urlava dimenandosi, protendendo le braccia oltre le spalle di Seth, come un bambino strappato dalle braccia della sua mamma, probabilmente fu così nel suo mondo, perché proprio quella parola cominciò a uscire dalla sua bocca: «madre! Madre! No! madre! »
 
Finalmente anche il faraone, attardatosi a conversare con Karim, avvisato da alcuni servitori, accorse. Sapeva che Yugi stava male, ma quando udì le urla e quando lo vide, il cuore gli balzò in gola per lo spavento. Fattosi largo tra i servi accalcati alla porta, il faraone irruppe e corse a strappare il suo Hnm dalla presa di Seth che si allontanò.
 
Lo scosse e lo chiamò più e più volte.
 
«Yugi! Yugi svegliati sono io! Hnm calmati! »
 
Non capiva che non serviva a nulla, nessuno poteva capire, perché ciò che si trovava nella testa di Yugi era incomprensibile a loro. Yugi vedeva solo sangue e morte e Atem non faceva eccezione. Non aveva quasi più voce ed era esausto, piangeva e si dimenava, ma con grande debolezza scuotendo molto lentamente la schiena agitando le membra. Gli occhi erano arrossati dal pianto e i segni delle unghie visibili sulla pelle.
 
«Hnm! » lo scosse ancora il faraone, ma quella volta, in un tentativo di liberarsi da quell’essere che Yugi vedeva, lo spinse a colpirlo in pieno viso con un pugno, mentre un ultimo urlo seguì a quel gesto. Il faraone barcollò  e la tiara volò via dalla sua fronte sbattendo contro il muro cadendo poi rumorosamente a terra.
«faraone! » si preoccupò Seth.
 
Era più grave di quanto Atem pensasse. Era certo che si trattasse del  misterioso passato del suo principe su cui stava indagando ed era altrettanto certo di essere l’unico in grado di farlo tornare in sé. Scuro in viso, gli afferrò saldamente le braccia e lo sbatté al muro.
 
«Basta! Basta Hnm! » tuonò a pochissima distanza dal suo viso.
 
Ci riuscì, la sua voce raggiunse le sue orecchie scavalcando le grida e la paura. Lentamente il sangue scomparve e quell’essere mostruoso che lo braccava prese le sembianze di Atem, preoccupato per lui, con il terrore negli occhi e la fronte corrucciata.
 
«Atem…»
 
Ansimava, ma il peggio sembrava essere passato e per questo Atem lo lasciò scostandosi da lui.
Il colpo che aveva ricevuto pulsava sulla sua guancia e fu la prima cosa che Yugi vide.
 
«sono stato io? » lo interrogò sfiorando lo zigomo rosso.
«non è niente» si sforzò di sorridergli.
 
In fondo un colpo simile non era davvero nulla in confronto a ciò che aveva fatto passare a loro in quei minuti. Aveva dimenticato di non portare più la tiara e ciò mostrò a Yugi la stella a quattro punte sulla sua fronte, quella che il mercante gli aveva fatto con la sua frusta. Entrambi portavano segni sul corpo che preferivano nascondere all’altro, segni della loro debolezza passata che ancora li tormentava e se Atem temeva i segni sulla spalla di Yugi, allora il giovane principe non riusciva a guardare quel segno sulla sua fronte senza ricordare quel giorno e soffrirne. Stava per ricadere in quel baratro oscuro da cui era appena uscito, ma Atem reagì repentinamente attirando il suo sguardo nei suoi occhi.
 
«no! no! Ascoltami, guardami Hnm. Respira. Calmati. Fai respiri profondi» lo invitò facendoli anche lui per farsi imitare e calmarlo: «è finita, è tutto finito» lo tranquillizzò abbracciandolo forte.
 
Ancora pallido, Yugi si lasciò stringere, il cuore ancora gli esplodeva nel petto, ma almeno non vedeva più sangue e morte, anche se gli sguardi di tutte quelle persone lo turbarono. Per fortuna bastò una sua occhiata spaventata lasciata prima di nascondersi nella veste di Atem per far capire a Seth il da farsi. Mandò via tutti e i sacerdoti li seguirono lasciando nella stanza solo il sovrano, il suo amante e Isis che si permise di restare e avvicinarsi a loro.
 
«mio signore, come ti senti? » si preoccupò
«meglio» mormorò stringendosi ad Atem, il suo posto sicuro: «mi…mi dispiace»
«non è  successo niente di grave, Hnm» lo rincuorò Atem a cui batteva ancora il cuore per lo spavento, Yugi lo sapeva e lo sentiva, ma la sua voce calma era di grande conforto.
«ti preparo una tisana che ti aiuterà a dormire» disse la donna prima di congedarsi da loro.
 
Rimasti soli, Atem portò Yugi a letto aiutandolo a sedersi, senza mai lasciargli la mano.
 
«cos’è successo? »
«non lo so, non me lo ricordo» mormorò a testa china stringendogli la mano. Era chiaro che mentisse, ma il faraone preferì attendere che la paura passasse e lasciarlo riposare ancora
«non importa, Hnm. Non è stato niente, riposati» disse accarezzandogli i capelli e baciandogli la guancia.
Per Yugi fu molto piacevole, tanto che si lasciò andare adagiandosi sulle sue gambe. Passò un po’ prima che Isis tornasse e quando lo fece porse in un infuso rosato al ragazzo che lo bevve tutto d’un sorso e poi scattò in piedi.
 
«desidero vedere il mio nipotino» disse
«non credo sia il caso» lo contraddisse Atem sfiorandogli le spalle: « e poi non credo che al bambino farà bene starti vicino con te in questo stato»
«sei debole mio principe, devi riposare» gli diede ragione Isis
«lasciatemi andare, per favore» si lamentò avanzando.
 
Pochi passi e poi crollò tra le braccia del faraone che lo sostenne avvolgendogli un braccio in vita
 
«l’hai fatto potente questo infuso» commentò, visto l’effetto repentino che aveva avuto.
«perdona l’iniziativa, ma ho pensato che un lungo riposo avrebbe giovato» rispose aiutandolo a metterlo a letto. Si sarebbe occupato Atem di cambiargli quei vestiti scomodi preparandolo per la notte.
«hai fatto bene» annuì: «è da un po’ che Yugi fa strani sogni, c’è qualcosa che non lo fa dormire tranquillo. Spero che con le tue erbe, almeno stanotte, ci riesca» disse rimboccandogli le coperte e accarezzando quei capelli ribelli: «io credo che… che abbia a che fare con il suo passato»
 
 
Isis sussultò, a quanto pareva il faraone sapeva molto più di quanto il suo compagno volesse fargli sapere. Da entrambi i segreti aumentavano di giorno in giorno e tutti allo scopo di proteggersi a vicenda. Presto avrebbero dovuto presentarsi il contro e questo Isis lo vedeva chiaramente, ma per il momento andava bene così, si congedò dal re e se ne andò tornando a preoccuparsi per Mahad che in quelle ore si stava confrontando con Bakura.
 
«Babu…» mormorò Yugi nel sonno. Non parve turbato quella volta, l’infuso doveva averlo rilassato parecchio e anche se quel nome turbava parecchio Atem, non poté che sorridere e stendersi al suo fianco stringendolo forte.
«buonanotte mio piccolo principe» gli augurò scostando una ciocca bionda per scioccare un bacio sulla sua guancia morbida.
 
 
Furono i nitriti dei cavalli a svegliare Yugi il giorno seguente. Atem non era al suo fianco e ne fu felice vista la quantità di sangue che aveva perso dal naso e che aveva tinto il cuscino di rosso.
Ripreso, si affacciò alla finestra.
Vide Atem insieme a Mana e ai sacerdoti, erano appena rientrati, la ragazzina piangeva, ma quando lui tentò di darle conforto, questa lo rifiutò e fuggì via. Yugi poté solo immaginare cos’era accaduto e la vista dei soldati che portavano al tempio di Veju una tavola di pietra, non poté fare altro che aumentare i suoi sospetti.
Non passò molto, prima che le porte della stanza si aprissero. Era Atem e lentamente lo raggiunse, ciondolava e trascinava i piedi, non era stanchezza quella sul suo volto, ma delusione, sconfitta. Sembrava incapace di alzare lo sguardo. Posò pesantemente la teta sulla sua spalla lasciandosi cadere a terra, un attimo dopo.  Yugi lo accompagnò delicatamente stringendogli la testa al petto, accarezzando i suoi capelli.
Aveva la sabbia appiccicata sulla pelle, nei capelli, i suoi abiti erano impregnati del pungente odore di Amon. Era stata una notte lunga e pesante e tutto ciò che il faraone aveva bisogno era di stare stretto tra le braccia di Hnm, inspirare profondamente il suo profumo e non sentire altro se non il suo cuore battere contro il suo orecchio.
 
«mi dispiace» mormorò Yugi: «sarà vendicato»
«lo sarà» gli rispose aggrappandosi al suo braccio. Non riusciva a piangere, ma la perdita dell’amico faceva male, molto male.
«Bakura dovrà pagare per tutto quello che ha fatto! »







Eh... qui Bakura ha svegliato il can che dormiva... ocio Baku!
Cmq.... raga Yugi non ci sta più con la testa DD: gli serve uno psichiatra, ne conoscete uno buono? XD

Colgo l'occasione per fare di nuovo gli auguri a masaya che oggi compie gli anni e ringraziarla come sempre della rilettura che fa di questi capitoli ^^
Noi ci vediamo domenica prossima (sì sono indietro ma... il prossimo capitolo è da finire!! T^T )
bye!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** ...A Brother ***


Pay attenction please! Capitolo non adatto ai deboli di cuore.
No raga, seriamente attenti al kokoro!


Buona lettura!
 
ONCE UPON A TIME...

...A BROTHER

 
La testa era pesante e la nausea… meglio non parlarne, ormai non ci faceva più neanche caso. Avvertiva il fiato corto e il freddo penetrargli nelle ossa, ma ancora non riusciva ad aprire gli occhi. Percepiva l’umidità intorno a lui, doveva esserci una sorgente lì vicino a giudicare dallo scroscio d’acqua che udiva , o forse era molto lontana e ne sentiva solo l’eco.
Si sentiva confuso, era tutto così strano e ancora le sue palpebre restavano incollate.
Yugi in un primo momento, non ebbe memoria del motivo e delle circostanze che l’avevano portato in un posto del genere, ma poi, poi lo ricordò.
 
La situazione a palazzo era ogni giorno più tesa, l’esercito pattugliava la città, non solo per proteggere i cittadini, ma anche per avere indizi su Bakura, la sua morte non era certa e senza un cadavere, le possibilità che fosse ancora vivo erano molto alte.
 
Seth aveva escogitato un piano per contrastare la possibilità di una guerra contro quel fantomatico Re dei Ladri che il sacerdote si ostinava a sottovalutare. Era tanto semplice quanto pericoloso; da giorni, ormai, piccoli criminali venivano arrestati e incarcerati e tutto per rendere i loro Ka forti e pronti alla lotta e con il Drago Bianco dalla loro parte, Seth si sentì invincibile.
 
Quella sera, quando Seth riferì al suo maestro Aknadin del Drago Bianco insito nell’anima di una donna trovata in città e che aveva portato con sé a palazzo, questi tentò in ogni modo di dissuaderlo dal suo intento di coltivare quei Ka, ma fu tutto inutile.  Seth se ne andò tutto soddisfatto dei suoi piani.
 
La disperazione travolse Aknadin, Seth rischiava di cedere all’oscurità, esattamente come era accaduto a lui molti anni prima.
 
Nello stesso momento, Bakura, protetto dalle tenebre di Diabound che lo celavano alla vista, s’infiltrò nel palazzo. Sarebbe potuto andare ovunque, ma il suo obbiettivo era il tempio di Veju, sapeva che lì avrebbe trovato la sua preda. Aknadin era solo e ogni suo tentativo di difendersi risultò vano di fronte al bandito con al collo l’Anello del Millennio rubato al defunto Mahad.
 
 
Con uno dei suoi sorrisi rassicuranti e dolcissimi, Atem rimboccò le coperte a Yugi. Aveva le guance un po’ troppo arrossate, quel pomeriggio gli era salita la febbre e il suo faraone pensò personalmente a curarsi di lui anche se non aveva nulla di grave, solo tanta stanchezza.
Ormai la temperatura era scesa, ma il principe necessitava comunque di molto riposo. Dopo quello che aveva passato, quello stress e la tensione che si respirava a palazzo non gli faceva bene. Più volte Atem aveva cercato di convincerlo a trasferirsi al palazzo di Memphis per riposare e riprendersi, ma quel principino aveva la testa più dura della pietra, non voleva lasciare il suo fianco per nessuna ragione e poi si sentiva in colpa a farlo spaventare come era accaduto quel pomeriggio.
 
«mi dispiace» mormorò, infatti, rammaricato per le ulteriori preoccupazioni che stava dando a tutti.
«sh…» lo zittì subito con dolcezza: «non succede niente, Hnm» gli sorrise schioccandogli un bacio sulla fronte: «hai passato delle brutte settimane, questi sono solo i postumi. Ancora qualche giorno e passerà tutto» cercò di tranquillizzarlo. Non sapeva e non avrebbe mai saputo che quella situazione sarebbe solo peggiorata e portato il suo amante al declino, ma per il momento Yugi preferì fargli credere che sarebbe andato tutto per il meglio.
«e Bakura? » cambiò infatti discorso.
«non sappiamo nulla da giorni, dubito che sia ancora vivo dopo lo scontro con Mahad» lo rassicurò con una carezza. In realtà anche Atem aveva i suoi segreti, era inquieto e temeva un attacco da un momento all’altro. L’intero palazzo era allertato, c’erano soldati a ogni angolo e decine di uomini disseminati per la città a protezione dei cittadini e di pattuglia.
Yugi necessitava di tranquillità e riposo, per questo non lo aggiornava mai di ciò che accadeva e gli ripeteva che andava tutto bene. Certo, non era stupido, capiva che Atem gli nascondeva le cose, ma non gli piaceva nemmeno insistere o far notare al faraone che gli stava mentendo. Accettava quelle parole per ciò che erano, sorrideva e attendeva i bisbigli delle persone dietro le porte per scoprire cosa accadeva, o le indiscrezioni delle sorelle.
«adesso dormi. Io arrivo tra poco»
«lo stai facendo di nuovo» si lamentò Yugi prendendogli la mano prima che si allontanasse.
«cosa? »
«mi tratti come un bambino» protestò facendogli, comunque, notare quell’atteggiamento eccessivamente protettivo che gli riservava in quelle occasioni.
«scusa» sorrise il faraone stampandogli un bacio che di infantile non aveva niente, sulla bocca: «è che mi preoccupo per te» si giustificò.
 
Il sonno stava per avere il sopravvento sul principino, quando un soldato bussò alla porta ed entrò senza attendere una risposta.
 
«faraone! »
 
Era un tono troppo allarmato per essere normale amministrazione, Yugi si spaventò e Atem fulminò quell’uomo con lo sguardo spingendolo a ritrarsi, consapevole di aver attirato l’ira del re su di sé.
Non disse nulla, calmò Yugi e si congedò.
Gli fu riferito che avevano trovato dei cadaveri in una taverna e che tutto faceva pensare che il colpevole fosse Bakura.
 
Un urlo si propagò per il palazzo.
 
Atem si stava riunendo ai sacerdoti quando quella voce lo raggiunse e corse ad affacciarsi al terrazzo. Fu allora che lo vide: Bakura. Fuggiva e la sua folle risata si propagava per i corridoi, le mani imbrattate di sangue. Era il sangue di Aknadin a cui sembrava aver tentato di rubare l’occhio del Millennio. Lo stesso Yugi lo vide dalla sua camera, ebbe paura, ma ne ebbe ancora di più quando, poco dopo, Atem si lanciò al suo inseguimento evocando all’istante il dio del cielo Osiris, la seconda divinità al servizio del faraone.
 
Dopo un lungo scontro in cui Bakura ferì e mise più volte in pericolo i cittadini, parve che la vittoria spettasse ad Atem ,ma poi la situazione si rovesciò, in qualche modo il dio scomparve dal cielo ferendo gravemente il faraone e fu allora che accadde, il tiro mancino di quel malvagio bandito che usò il suo Ka Diabound per spingere Atem in trappola. La terra franò sotto agli zoccoli di Amon e loro caddero, precipitarono nel vuoto.
 
Yugi, che aveva raggiunto il luogo dello scontro in quel momento, avvertì il cuore balzargli in gola per lo spavento. Karim gli bloccava la strada, ma lui si divincolò, lasciò la groppa della sua giumenta e corse a perdifiato verso quel baratro.
Lo vide aggrappato al precipizio, poteva ancora salvarlo, o forse no.
Quella sensazione di disperazione tornò ad assillarlo quando vide Bakura avvicinarsi. Si impossessò del Puzzle del Millennio mormorandogli qualcosa all’orecchio e poi… poi con un calcio distrusse anche quell’unico appiglio che gli era rimasto. Precipitò nel vuoto lasciandosi dietro un urlo roco di sconfitta e paura. La sua voce ancora trapanava i timpani di quello Yugi debole e disorientato, immerso nell’oscurità che, carico dell’adrenalina di quello spavento, spinse via Bakura gettandosi al bordo del dirupo, protendendo una mano, urlando il nome del suo re con forza.
 
«ATEEEM!! »
 
La disperazione e il terrore di perderlo lo stavano portando a calarsi in quel baratro, ma qualcosa lo agguantò per i capelli, anzi meglio dire che qualcuno lo afferrò strattonandolo via, lontano da quel precipizio gettandolo a terra. Sentì il suo peso premere sulla schiena e quella mano tirarlo di nuovo per i capelli stringendo la frangia bionda tra le dita, ma quello fu il meno, la cosa più brutta fu la lama fredda che gli puntò alla gola.
 
«ci rincontriamo» ghignò quella schifosa creatura che aveva osato far del male al suo re.
Yugi provò a divincolarsi, ma era chiaro che in quanto a forza fisica Bakura lo batteva.
«giuro che la pagherai» sibilò, mentre lui tendeva sempre di più quella gola dalla pelle così bianca e delicata affinché la lama potesse affondarci meglio. Yugi sapeva bene che in nessuno modo avrebbe potuto vendicarsi di ciò che aveva fatto ad Atem, senza contare che di lì a poco avrebbe intrapreso lo stesso cammino nel mondo dei morti, sentiva già la pelle ferirsi per via di quella lama.
 
«non credo proprio puttanella»
«smettila di chiamarmi così! »
 
Era stufo di quelle parole, non era la puttana del faraone come tutti dicevano, forse la sua posizione e il suo ruolo non erano ben visti dalla gente, ma nessuno aveva il diritto di trattarlo in quel modo. Tanto meno un lurido bandito come Bakura che aveva venduto la sua anima alle tenebre.
 
«quelli come te, sono i peggiori, lo sai? »
«non hai nessuno diritto di giudicarmi! » ringhiò.
 
Quella grinta doveva averlo stupido, perché ci tenne a guardarlo in faccia mentre la lama tentava di affondare, ma quando lo fece, quando il suo sguardo, gelido e terrificante, s’incrociò con quello dell’amante del re, la sua espressione cambiò, il coltello gli cadde di mano e l’altra lasciò la presa sui suoi capelli. 
Sembrava stupito di qualcosa che aveva visto in lui, abbastanza da alzarsi da sopra alla sua schiena per guardarlo bene in viso, cercando ancora i suoi occhi.
 
«non è possibile» mormorò senza più alcuna luce folle e omicida negli occhi.
 
Mentre lui era in preda a chissà quale pensiero, Yugi cercò la lama che gli era caduta, ma quando lanciò il fendente Bakura era già fuggito, allertato dal rumore dei cavalli di Seth e dei soldati che lo soccorsero.
 
Atem non era morto, era solo disperso e loro dovevano solo trovarlo.  Questo ripeté Yugi per tutto il tempo ai sacerdoti, insistendo anche per unirsi ai corpi di ricerca, ma Shimon gli chiese, in realtà lo costrinse, a restare a palazzo con la scusa di doverlo aiutare con le faccende di amministrazione
La verità era che Isis, senza rivelare il segreto del principe, aveva raccontato al vecchio consigliere di un avvenire oscuro che ruotava intorno a lui, un pericolo imminente che la spinse a mentire a quel modo pur di proteggere quel ragazzino che tanto le stava a cuore. Comunque era parere comune di tutti a corte, che il principe dovesse essere protetto, per ben due volte Bakura aveva cercato di ucciderlo per arrivare ad Atem, la terza sarebbe potuta essere quella buona.
 
Tutto ciò non spaventava assolutamente Yugi, era certo che Atem fosse vivo e sentiva che ovunque fosse, aveva bisogno di lui, l’avrebbe trovato ad ogni costo, per questo, la notte seguente fuggì e con Anthares si diresse nel deserto.
A quel punto i ricordi si fecero più vaghi, probabilmente il suo cavallo, per qualche motivo, s’imbizzarrì e lo disarcionò e poi… poi si risvegliò in quel luogo umido e oscuro, incapace di riaprire gli occhi.
 
«sei sveglio? » come non riconoscere quella lugubre voce vicino a lui. Gli si accostò, sentì le sue luride mani sul viso e poi, finalmente, tornò a vedere. Una benda gli stava coprendo gli occhi, oscurando il  mondo.
Dovette ammettere, però che per essere uno che bramava di ucciderlo, Bakura si era preso parecchi riguardi per lui. Il giaciglio su cui aveva dormito era fatto di stracci e paglia e una calda coperta  gli aveva tenuto caldo per tutto quel tempo. Certo senza la benda e le corde ai polsi, forse sarebbe stato un po’ meno a disagio in quel luogo freddo e tetro.
 
«che vuoi da me? » sibilò sforzandosi di sostenere il suo sguardo. Era strano, quegli occhi gelidi sembravano essersi addolciti di colpo. Gli ricordava tanto lo sguardo che gli rivolgevano le sue sorelle, ma non doveva lasciarsi incantare da quei dettagli insignificanti.
«liberami! » gli intimò agitandosi e strattonando i polsi in un vano tentativo di liberarsi.
Sembrava non ascoltarlo, la sua mente era persa in quello sguardo che scrutava ogni centimetro del viso di quel giovane e del suo corpo. Così incantato ed estasiato, allungò una mano provando a toccargli una guancia.
 
«non toccarmi! » si ritrasse, tentando, anche, di alzarsi.
Quando cadde, si ricordò di avere anche le caviglie ben legate.
«sei sbadato» rise Bakura.
 
Non era una risata sadica, era… era dolce, certo, dolce come poteva essere il ruggito di un leone, ma comunque meno aggressiva del solito, ma com’era possibile? Era Bakura, il pazzo che aveva cercato di distruggere la loro città e ucciderli tutti.
 
«che vuoi da me? T’informo che Atem è ancora vivo e quando lui…»
 
Lo interruppe, ma in un modo che lo lasciò senza fiato. Non potevo crederci, davvero quell’essere che poche ore prima gli puntava una lama alla gola, ora lo stava abbracciando con forza?
 
«sei vivo» mormorò cercando di nuovo il suo sguardo: «Gandora»
 
Il cuore di Yugi perse un battito, come l’aveva chiamato? Allora era davvero pazzo, l’aveva scambiato per un’altra persona. Eppure quel nome gli suonava così familiare, perché? Perché aveva sussultato all’udirlo?
 
Il sorriso del ladro morì quando notò lo sgomento nello sguardo del ragazzo e subentrò il terrore che lo fece impallidire.
 
«tu… tu non… non te lo ricordi…non sai chi sono…»
«certo che so  chi sei! Sei un pazzo omicida! » reagì il principe ringhiandogli contro, ma era evidente che Bakura non voleva quello da lui.
«Gandora, guardami! Possibile che tu non mi riconosca? Sono io! Sono Babu! »
 
Babu.
Atem gli aveva fatto notare più volte quel nome che ripeteva nel sonno, ma Yugi non lo ricordava mai. Anche quello, pronunciato da lui, gli suonò così familiare e quando lo ripeté Yugi ancora di più, come se l’avesse sempre detto.
 
«Babu…»
 
Una luce di speranza si accese in quegli occhi gelidi. Perché tutto stava diventando così paurosamente familiare? Perché per lui non vide altro nome se non Babu.
 
«chi sei tu? » d’un tratto non lo sapeva più, quel ragazzo, quell’uomo che aveva portato morte e distruzione nel regno, d’un tratto non gli sembrò più lui.  Socchiuse gli occhi e lo osservò con curiosità.
Cosa gli stava prendendo tutto d’un tratto?
«sì, forse hai ragione» si calmò un po’ il bandito andandosi a sedere proprio vicino a lui: «eri molto piccolo, ma dovresti ricordarti del tuo fratellone»
 
Fratello…fratello? Bakura era… suo fratello?
 
Ebbe di nuovo l’istinto di alzarsi, ma senza risultati, quello non poteva essere suo fratello, Yugi non aveva fratelli, o sì…in fondo lo trovarono nel deserto che aveva all’incirca due anni, camminava appena e non parlava, come poteva sapere qualcosa della sua vita precedente?
Per tutta la vita si era posto milioni di domande e ora lui, forse, avrebbe potuto dargli delle risposte.
 
No, non potevo fidarsi . Bakura era un criminale, aveva fatto del male al suo popolo, ad Atem.
Sì, il suo faraone era disperso chissà dove a causa di Bakura. Ma Babu…
 
«sei… sei mio fratello»
«credevo fossi morto! Dopo quella notte io…»
 
Yugi non aveva la più pallida idea di quello che stava dicendo, di che notte stava parlando? Come poteva ricordare qualcosa accaduto più di 15 anni prima?
 
«io non…»
«non ricordi proprio nulla? » sembrò restarci ancora più male, ma sembrava comunque sereno e glielo dimostrò slegandogli le caviglie. Era già qualcosa, aveva davvero bisogno di muoversi, sgranchire le gambe e una volta in piedi gli porse le mani affinché potesse slegarle, lì il suo viso si contorse in una smorfia di esitazione che Yugi dovette tranquillizzare dissimulando nel miglior modo possibile.
 
«non scappo, come faccio? Non so nemmeno dove siamo»
 
Almeno non subito, doveva studiare il luogo e attendere che Bakura abbassasse le guardia. Doveva essere prudente, chiedere l’aiuto di Kuriboh era fuori discussione, l’avrebbe visto e rovinato la sua fuga. L’astuzia era tutto.
Una volta convinto, massaggiandosi i polsi, iniziò a guardarsi intorno con aria apparentemente curiosa, ma studiando anche a fondo l’ambiente.
 
«dove siamo? »
«siamo a casa»
 
La sua casa, voleva dire, quella non era proprio casa di Yugi, lui viveva  a palazzo con Atem, lui era la sua famiglia, non quel pazzo omicida che si spacciava per un suo parente e anche se quello che diceva fosse stato vero, lui non lo ricordava e con quella motivazione lo pregò di spiegarsi meglio.
 
«è Kul Elna, il nostro villaggio, o meglio, quello che ne rimane» spiegò con un’aria abbattuta.
 
Kul Elna, aveva già letto quel nome da qualche parte, forse nelle carte che aveva esaminato tempo fa con Mahad riguardo ai vari e sospettosi traffici del maestro Aknadin. Davvero le sua origini si trovavano in quel luogo?
 
«mi chiamo Gandora? »
«già, la mamma ti chiamava Gan» provò a farlo ricordare,  non capiva che all’epoca Yugi era troppo piccolo per ricordare quelle cose? Non ricordava quello che aveva mangiato quella mattina e Bakura pretendeva che ricordasse fatti della sua primissima infanzia?
 
«Bakura, io non me lo ricordo» cercò di metterlo in chiaro ancora una volta.
«ma sai che sono Babu, altrimenti saresti già fuggito»
 
Il senso dell’umorismo non gli mancava, era poco, ma sicuro. Yugi non poteva fuggire, altrimenti l’avrebbe già fatto, ma forse questo lo sapeva, ecco perché gli girava in tondo come un avvoltoio.
 
«ho un vago ricordo di questa parole. Atem dice che la ripeto spesso mentre dormo»
 
Stava andando tutto bene, ma quelle parole furono di troppo. Colui che si definiva il fratello del principe s’incupì di colpo, probabilmente fino a quel momento aveva scordato chi era davvero Yugi: l’amante del faraone.
 
«sono sicuro che sono state le circostanze a condurti a questo punto, ma ora che ti ho trovato ti prometto che tutto cambierà. Avremo giustizia, per la nostra gente, per nostra madre e per noi» cercò di essere ottimista afferrandogli le mani: «il faraone pagherà per quello che ci ha fatto»
 
Poteva anche scordarselo di farlo suo complice. Allo stesso modo, l’espressione calma e pacata di Yugi cambiò e con uno strattone si tirò indietro: « a me Atem non ha fatto nulla di male! Anzi! Gli devo tutto! »
«è il figlio dell’uomo che ha ucciso la nostra famiglia! » iniziò ad alterarsi, tenendosi a debita distanza.
 
Una parte di lui avrebbe tanto voluto allungare le mani su Yugi, tenendosi a distanza, l’avrebbe protetto da se stesso.
 
«se speri che ti creda sei fuori strada! Ho conosciuto il faraone Aknamkanon e ti assicuro che era l’uomo più buono e generoso che abbia mai conosciuto! Non sarebbe capace di fare quello di cui lo accusi!»
«ti fidi più di estranei che di tuo fratello? »
«non sono estranei, sono la mia famiglia! Loro mi hanno dato tutto e mi hanno sempre voluto bene. Io, sono il Principe Consorte del faraone! Lo stesso Aknamkanon mi ha riconosciuto come tale! » ci tenne a ricordargli avanzando abbastanza per fissarlo dritto negli occhi e rendendo molto più forti le sue parole, forse troppo perché quella volta Bakura non esitò a schiaffeggiarlo e lo fece così forte che lo scaraventò sul pavimento di pietra gelida.
 
«io sono la tua famiglia! Quelli ti hanno fatto il lavaggio del cervello. Come puoi dare la tua fiducia a quella gente? A quel faraone! Hai venduto l’anima a quel ragazzino! »
«certo che l’ho fatto! Farei di tutto per Atem! Io lo amo! » confessò senza esitazione
 
Se Bakura aveva ancora un minimo di controllo, dopo quell’affermazione lo perse totalmente. Persino Yugi si stupì di quelle parole, non era mai riuscito ad esternare fino a quel punto ciò che provava per Atem, nemmeno credeva di esserne in grado e invece...
 
«Atem è morto! » sibilò il bandito chinandosi su di lui e afferrandogli il viso, strizzandolo tra le dita, ma non abbastanza da togliergli la parola.
«non è vero! E sono certo che starà già venendo a salvarmi da te! »
«come fai a essere così stupido? Nostra madre, la nostra gente. Sono tutti morti a causa di quella famiglia di assassini! »
«qui l’unico assassino che vedo sei tu! » tirò fuori le unghie il ragazzino che con un rapido movimento di gambe riuscì a fargli perdere l’equilibrio costringendolo a lasciare la presa e Yugi ne approfittò per fuggire. Aveva già trovato l’uscita e aveva capito di trovarsi in un villaggio, non sarebbe stato difficile fuggire e nascondersi. Da lì avrebbe escogitato un piano per farsi salvare.
Purtroppo non fu abbastanza rapido. Bakura lo braccò per la caviglia scaraventandolo a terra e strattonandolo di nuovo per i capelli affinché potesse guardarlo in faccia.
 
«come ho già detto, quelli come te sono gli uomini della peggior specie. In questo momento provo ribrezzo all’idea che tu sia mio fratello»
«vorresti forse uccidermi? »
«no, non potrei mai » ghignò stringendo la presa e trascinandolo lungo il pavimento raggiungendo poi le scale che portavano ad un vecchio altare. I lamenti del piccolo Yugi furono inutili, si strinse al suo polso cercando di fargli allentare quella presa, ma non vi fu verso. Fu libero solo quando sbatté la faccia sui gradini: «ma credo che, come fratello maggiore, ci siano un paio di cose che dovrei insegnarti»
Faceva davvero paura, molto di più di quanto non facesse prima, specialmente quando estrasse una striscia di pelle che aveva tutta l’aria di essere una frusta.
«che…che vuoi fare…»
 
Il primo colpo partì e come allora, quando il mercante provò a riservargli lo stesso trattamento, tentò di evitarlo. Quella volta Atem non sarebbe accorso a salvarlo e infatti una schioppettata gli sfregiò il viso di rimbalzo.
Non fu quel minimo dolore a gonfiargli gli occhi di lacrime ,quanto l’audacia che aveva voluto dimostrare nel voler fronteggiare un essere simile, ritrovandosi poi in balia dello stesso, incapace di difendersi, sperando di vedere il suo faraone varcare quella soglia da un momento all’altro per salvarlo come era sempre accaduto .
 
«Atem…» piagnucolò a denti stretti, pronto a ricevere una frustata che non avrebbe potuto evitare e che non arrivò.
Bakura si era fermato e lasciò cadere la frusta a terra. Doveva essersi pentito di aver provato a ferire a quel modo il suo fratellino. Forse anche lui provava rimorso per le cattive azioni.
 
Davvero troppo ottimista. Ciò che era passato per la mente di quel miserabile era addirittura peggio di qualche frustata. Senza alcun riguardo, tornò ad afferrarlo per quei capelli sempre più crespi e arruffati, accovacciandosi sulla sua schiena.
 
«sai fratellino, credo che tu non comprenda molto bene ciò che significa essere nella tua posizione» ghignò fissandolo dritto negli occhi: «tu sei mio. Mi appartieni, com’è giusto che sia e farò in modo che questo ti sia bene chiaro»
 
E se all’inizio Yugi non comprese, quando Bakura lo strattonò tirandogli via di dosso, malamente, i vestiti , tutto gli divenne più chiaro.
«Bakura che vuoi fare?! » inorridì Yugi vedendolo liberarsi della pesante casacca color porpora e tirandogli un calcio che lo buttò steso a terra con la faccia sul pavimento freddo.
«che ti prende? Cos’è quella faccia, dovresti esserci abituato, fratellino» ghignò il bandito pronto ad accanirsi su di lui nel modo più infimo che un uomo che si era definito suo fratello per tutto quel tempo, potesse fare.
 
«No! Non voglio! No! » strillò inutilmente.
 
Atem. Atem. Atem. Aiutami. Ti prego, ho bisogno di te.
 
Telepatia. Una sensazione. Qualsiasi cosa fosse, quelle parole giunsero dritte al cuore del faraone. Era vivo e con Shada e i soldati, stava raggiungendo al galoppo proprio il villaggio di Kul Elna, del tutto ignaro che Yugi si trovasse proprio lì. Una fortissima fitta al cuore lo costrinse ad arrestare la loro folle corsa.
Dopo lunghe ricerche i sacerdoti erano riusciti a trovarlo, si trovava in una grotta, era ferito, ma insistette comunque per raggiungere il villaggio abbandonato in cui era stato avvistato Bakura.
 
«qualcosa non va…» mormorò Atem stringendosi il petto. Era come se sentisse la voce di Yugi nella sua testa, piangere e invocare il suo nome. Soffriva e lui non era lì per salvarlo. Gli avevano riferito  che il principe era scappato da palazzo e che da allora non avevano più avuto sue notizie, ma pensare che si trovasse proprio tra le grinfie di Bakura non gli passò per la mente fino a quel momento, quando quel lamento gli passò il petto. Per quello ignorò il dolore e ripartì al galoppo.
 
Raggomitolato sul pavimento di pietra, Yugi cercava di tenere gli occhi chiusi, di estraniarsi da quel mondo orribile che l’aveva ferito così profondamente. Tremava e non solo di freddo. Le lacrime scivolavano da sole sul suo visino livido per le botte ricevute e il suo corpo gridava dolore in ogni punto, ma almeno al gelo di quella stanza, la casacca di Bakura vi pose rimedio, gliel’adagiò delicatamente sulle spalle coprendolo.
 
«mi spiace essere dovuto arrivare a questo piccolo mio» sibilò. Non lo toccò, sapeva che avrebbe ricevuto il risultato opposto a quello desiderato, si limitò semplicemente a lasciarlo stare sperando che prendesse sonno, cosa che non accadde. Totalmente all’oscuro delle condizioni del fratello, Bakura aveva abusato del suo corpicino debole e malandato. Anziché lasciarsi andare alla spossatezza, Yugi fu travolto da un dolore alla testa fulminante che gli provocò un forte disorientamento, una sensazione di mal di mare così forte da farlo vomitare così forte da sembrare di dover sputare lo stomaco stesso. Il sangue dal naso ormai era normale routine, ma le nausee e i mal di testa erano nuovi e potevano significare una sola cosa: la fine era vicina.
Stava ancora rimettendo la bile del suo stomaco, quando, ormai privo di forze, perse conoscenza cadendo tra le braccia di Bakura che lo adagiò delicatamente sulle coperte. Forse aveva esagerato, in fondo la colpa non era di Yugi, ma  di quel faraone che l’aveva abbindolato costringendolo a sottostare ai suoi giochetti perversi.
 
 
Giunto a Kul Elna, Atem si ritrovò di fronte a tanta distruzione e un’immensa desolazione.
Il suo arrivo fomentò gli spiriti che si aggiravano per quel luogo e per tutto il tempo, dall’arrivo di Yugi, erano riamasti in disparte.
Al suo risveglio, Yugi si ritrovò di nuovo vestito, avvolto nella cappa di Bakura. Sentiva il suo corpo dolore in ogni punto, era diverso dai risvegli che aveva con Atem. Certo, come poteva paragonare i segni di una passione sfrenata, alle azioni compiute per pura follia e cattiveria da quell’essere che gli era balzato addosso, spinto da chissà quale istinto di possessione?
Appena riprese coscienza di ciò che lo circondava, poté notare quegli innumerevoli spiriti che affollavano quel luogo freddo.
 
«sono felici di vederti» gli spiegò strattonandogli via la casacca costringendolo ad alzarsi. Ignorando il dolore che l’aveva praticamente paralizzato e che lo fece gemere: «che c’è? Non sei abituato? » lo prese in giro. Yugi lo ignorò, anche se gli lanciò una stilettata con lo sguardo.
«chi sono? » preferì cambiare discorso, sforzandosi di sembrare meno terrorizzato di quanto non fosse in realtà.
«le anime perdute di Kul Elna, le vittime del faraone» spiegò
«vittime? »
 
Dei passi sopra le loro teste, c’era qualcuno vicino a loro, udirono gli zoccoli dei cavalli e poi gli oggetti al collo del bandito, ovvero il puzzle e l’anello, si illuminarono.
 
«a quanto pare i sacerdoti sono qui» disse con soddisfazione trascinando il fratellino verso l’oscurità legandogli le mani e imbavagliandolo: «ti affido a loro»
 
I fantasmi circondarono il principe nascondendolo nelle tenebre.
 
«osserva» disse ancora notando il gruppo di soldati che scendeva a ispezionare il sotterraneo: «nutritevi di loro miei spiriti» li incitò. E infatti lo fecero, i fantasmi attaccarono i assediarono i poveri soldati sotto gli occhi atterriti di Yugi che si dimenò e gemette, incapace di gridare per via del bavaglio, ma poi tacque, quando uno di loro indicò la botola nel soffitto e pregò il suo faraone di stare lontano.
Era vivo. Atem stava bene ed era lì per salvarlo, insieme a Shada.
Non trattenne la commozione e un sorriso gli apparve naturalmente sulle labbra coperte.
Il faraone scese  ritrovandosi faccia a faccia con Bakura, purtroppo ignorava che il suo amante si trovasse lì con loro, gli spettri celavano completamente la sua presenza, ma avrebbe fatto il possibile per salvare il suo re.
 
«Bakura! Dov’è Yugi?! » tuonò il sovrano, sicuro che fosse stato lui a far sparire il ragazzo.
«Yugi? Desolato faraone, non so proprio di cosa parli » disse scoppiando poi in una folle risata.
«bastardo…» mormorò a denti stretti.
 
Di più di quello, però, a Bakura premette mostrare al faraone la tavola di pietra che si trovava alle sue spalle e in cui erano riposte le ubicazioni per i sette oggetti del millennio. Finalmente avrebbe potuto raccontargli la storia che da tempo gli premeva fargli sapere, ovvero le origini degli oggetti, ciò che, secondo lui, la famiglia reale fece per acquisire il potere degli dei. Gli oggetti vennero fabbricati con l’alchimia oscura, sacrificando tutti gli abitanti del villaggio di Kul Elna, di quel villaggio in cui si trovavano. Il villaggio che, secondo Mana, era il luogo natale del suo Hnm.
Quella rivelazione fu uno shock per il faraone, pensare che suo padre fosse stato capace di un tale abominio, pensare di aver sfruttato il potere di oggetti intrisi del sangue di innocenti…
 
E Yugi che sapeva, che aveva scoperto da Mahad l’origine di quel potere, scoprire di aver fatto parte di quella gente e peggio ancora vedere l’espressione afflitta sul volto di Atem, lo fece sentire ancora peggio. Volle piangere, ma quando Bakura incitò gli spiriti ad attaccare il faraone, il dolore si trasformò in paura che lo fece tornare ad agitarsi e dimenarsi. Lo sconforto aveva travolto Atem che non fu in grado di respingerli, lui come Shada, entrambi vennero assediati dai fantasmi di Kul Elna bramosi di vendetta.
 
«mm!!..mm!!..hh..!! » l’urlo soffocato di Yugi che lottava per sciogliere quelle corde e liberarsi degli spiriti, probabilmente anche solo sapere che lui era lì, l’avrebbe spinto a reagire.
 
Tutto stava andando per il peggio, quando un’aura violacea apparve dal nulla avvolgendo il faraone. Pochi minuti dopo, essa si distaccò da Atem apparendo nella forma di Mahad, ma non il solito sacerdote, bensì una fusione con il suo stesso Ka, il Mago dell’Illusione: Black Magician.
La sua apparizione lasciò esterrefatti tutti quanti, Atem per primo. Lo pregò di rialzarsi e reagire, ma la verità ancora lo sconvolgeva, credeva di conoscere suo padre e scoprirlo capace di tali atrocità gli impediva di trovare la forza in sé.
La verità, però, era insita in Mahad, lui sapeva ogni cosa e, proprio come aveva fatto con Yugi, gli rivelò tutto, aggiungendo anche l’enorme dispiacere che quella scoperta causò nel precedente faraone, talmente tanto da condurlo lentamente alla morte.
Aknamkanon sperava nella pace e nel benessere per il suo popolo e Atem avrebbe dovuto fare lo stesso, portare avanti gli ideali del padre e proteggere la sua gente dalle tenebre che gli uomini come Bakura avrebbero cercato di portare in superficie.
 
Convinto, lo scontro poté avere inizio. Lo stesso Bakura evocò Diabound affinché potesse sconfiggere il faraone e il suo nuovo Ka protettore. Se all’inizio Mahad ebbe la meglio, quando gli spettri si fusero a Diabound, la situazione si rovesciò, Shada venne gravemente ferito e Mahad e Atem sarebbero morti se non fosse stato per l’arrivo di Mana, del suo nuovo ka Black Magician Girl e degli altri sacerdoti che corsero a prestare soccorso al sovrano.
La presenza dei cinque, però, non migliorò le cose, certo guadagnarono del tempo, ma tempo per cosa? Karim fu il primo a  cadere colpito a morte, spirò proprio tra le braccia del suo sovrano. Sotto gli occhi fradici di lacrime del piccolo Yugi il cui cuore stava andando in pezzi di fronte a tanta impotenza, anche provare a evocare un Ka gli era impossibile, quegli spiriti non lo nascondevano solo alla vista, ma limitavano il suo Ba affinché non fosse percepito e condiviso per l’evocazione di una creatura.
Un ultimo colpo e tutti e quattro i sacerdoti rimasti, Mana, Shimon e Atem furono eliminati dal gioco, privati di tutte le loro forze, succubi dell’immenso potere di Diabound alimentato dall’odio di Bakura e degli altri spiriti.
Avevano guadagnato del tempo e forse era stato proprio quello a far comprendere una cosa molto importante al giovane faraone. Suo padre non era responsabile di quella tragedia, ma quegli spiriti erano convinti del contrario, Aknamkanon era morto e se l’unico modo per mettere fine a tutto quello salvando così il suo popolo e i suoi amici era accontentare la loro sete di vendetta, allora, Atem avrebbe dato loro ciò che desideravano. Una vita per la pace di decine di anime innocenti caricate di odio per qualcosa che qualcuno aveva fatto alle spalle del faraone, fu un patto che gli spiriti accettarono.
 
Atem!!!
 
Fu costretto a strillare in silenzio il povero Yugi protendendo in avanti il collo, sforzandosi ancora di reagire a quella prigione.
 
Quello che tutti ignoravano, era che Aknamkanon fosse lì, almeno ciò che restava della sua anima era lì per proteggere il suo adorato figlio e dare la libertà a quei fantasmi.
La vendetta dei fantasmi di Kul Elna era terminata, tutti gli spiriti che infestavano il villaggio svanirono assieme all’anima del defunto faraone sotto gli occhi sbalorditi dei presenti e il risentimento di Bakura che ancora non accettava la sconfitta. Diabound si indebolì enormemente, ma ancora più importante, la prigione di Yugi andò in pezzi e il ragazzo cadde sulla pietra fredda con un gemito.
 
Ormai Aknamkanon era scomparso quando il tonfo di Yugi si propagò per quel tempio facendo balzare il cuore in gola ad Atem.
 
«Hnm! »
«oh-oh… già mi ero scordato di te» ghignò andando a prendere il suo caro fratellino costringendolo ad alzarsi: «faraone, vorrei presentarti una persona»
«sapevo che c’entravi tu… Bakura! »ringhiò Atem, pronto a balzargli addosso da un momento all’altro pur di salvare dalle sue grinfie quello Yugi debole e stordito.
«io c’entravo? Faraone non so di che parli, tu mi hai chiesto di un certo Yugi, ma io non so chi sia. Lascia però che ti presenti questo ragazzo, si chiama Gandora ed è mio fratello» non vedeva l’ora di vedere quell’espressione di sgomento sui volti di tutti loro, ancora di più su quella del giovane re a cui si mozzò il fiato in gola. Non volle crederci, ma l’espressione abbattuta e vergognosa sul volto del suo amante diede conferma delle sue parole.
«Yugi…»
«Gandora» lo corresse afferrando il viso del suo prigioniero, schiacciando quelle guance pallide e leccandogli il collo con la sua lingua viscida. Bastò quel gesto a far tornare in sé Atem.
«non lo toccare! »
«e che diritto hai tu di dirmi cosa non devo fare di mio fratello? Faraone, lui è mio! » gridò strattonandolo e rendendo palese ad Atem che Yugi non era solo abbattuto, ma anche ferito. Il suo corpo era pallido e livido per le botte, l’abito strappato e…e quella striscia rossa che scivolava da sotto il gonnellino, lungo la coscia, insinuandosi nell’incavo del ginocchio. Quell’espressione sofferente sul suo faccino e l’umiliazione dipinta nei suoi occhi. Non lo notò solo Atem, anche Isis capì ciò che era successo al principino e il dolore che quel pensiero le procurò fu immane, ma limitò la sua reazione, non voleva che gli altri sacerdoti che ancora non l’avevano capito, se ne accorgessero per colpa sua e poi il tremore del faraone la zittì.
«no…tu non…» mormorò in preda allo shock Atem. Il solo pensiero che avesse fatto una cosa del genere, che avesse messo le mani su Yugi, che avesse violentato colui che aveva appena definito suo fratello minore… un fuoco di odio e vendetta si accese negli occhi del faraone.
 
«BAKURA!!! »
 
Quell’urlo fece tremare le pareti di pietra e caricò di potere Mahad che si lanciò all’attacco, pronto a colpire Diabound, ormai inerme. Non avrebbe avuto scampo, la morte di Bakura era stata decisa, se non che il bandito avesse ancora una freccia al suo arco: Yugi. Si stava facendo scudo con suo fratello e ciò costrinse il mago a fermarsi.
 
«fallo faraone, uccidimi e lui farà la mia fine» rise stringendo il braccio di Yugi.
«lascialo andare Bakura! È finita! » gli intimò Seth
«vorresti davvero usare tuo fratello come scudo? » gli rinfacciò Atem.
«istinto di sopravvivenza» si giustificò puntando il coltello alla gola di Yugi che d’ un tratto si riprese da quel torpore. Quando il suo sguardo s’incrociò con quello di Atem, i loro occhi si parlarono, si sorrisero, si dissero tutte quelle parole che non avevano potuto dirsi in quei giorni.
 
Ti salverò. Promise l’ultimo sguardo di Atem.
 
Voglio farlo io.  Rispose invece il principe lanciando un’occhiata con la coda dell’occhio a Bakura che non aveva ancora notato nulla.
Anche con i polsi legati, Yugi riuscì a colpirlo con una gomitata nello stomaco che lo costrinse ad arretrare lasciando cadere il coltello. Fuggire? Sì, poteva, un passo, un altro e un terzo che però lo fece rimbalzare indietro. Bakura, ancora piegato in due, l’aveva afferrato per i capelli tirandolo indietro, gettandolo a terra. Almeno il bavaglio gli scivolò permettendo alla sua voce di liberarsi.
 
«no! lasciami! »
«bel fratello che mi abbandona nel momento del bisogno! » gli rinfacciò, come se lui non lo stesse usando come scudo umano.
Ancora parlava quando Yugi diede uno sguardo a Seth un ordine che lasciò il sacerdote perplesso e titubante, ma accettò, in fondo era un ordine del suo principe.
«tu non sei mio fratello! Babu lo era, tu sei solo un mostro assassino! » strillò tirandosi avanti con tutta la forza che aveva così che i capelli potessero scivolare dalle mani di Bakura e tendersi. Seth attendeva solo quello e con un solo fendente di Dios, taglio quei fili scuri e crespi liberandolo.
Rotolò giù dai gradini lasciando Bakura scoperto.
 
«ora! » gridò Atem.
 
Mahad colpì, un attacco potentissimo e devastante che distrusse Diabound definitivamente facendo a pezzi l’anima oscura di Bakura. Yugi portò le mani alla testa, incapace di guardare, sapere che quello che un tempo definiva ‘fratello’ stava morendo, gli spezzò il cuore.
Sentì le sue urla strazianti che superarono il boato dei colpi.
Poi silenzio. Un tonfo. Allora alzò lo sguardo e vide il corpo di Bakura disteso e agonizzante.
Gli sorrise. «tu sei Gandora…» mormorò con un filo di voce poco prima di spirare.
 
Era finita. Bakura era morto. Il ritorno delle tenebre era ormai scongiurato.
 
«Hnm! » gridò il faraone quando vide il suo Yugi sollevarsi da terra e avvicinarsi a loro molto lentamente, strisciando i piedi e ciondolando.
«Yugi…» ripeté Atem quando lo ebbe vicino.
Un attimo dopo il ragazzino gli piombò tra le braccia  avvolgendogli le sue attorno alla schiena.
 
«stai bene? » sussurrò Atem ricambiando la stretta e posando una dolce carezza sulla sua testa molto meno voluminosa dell’ultima volta che vi aveva intrecciato le dita.
Yugi annuì solamente affondando il viso nella sua spalla. In fondo, tutto sommato poteva dire di stare bene, nonostante quello che aveva passato.
«è finita, Hnm» mormorò Atem stringendolo ancora di più: «è tutto finito»
«mi dispiace» mugugnò Yugi: «per quello che sono…»
«sei Yugi, il mio Hnm. Non voglio sapere altro»
«ma io…»
«no» lo interruppe: « solo il mio Hnm»
 
Sono stato  Yugi, ma ora sono solo Gandora. Pensò lasciandosi coccolare dal suo re, mentre uno dei sacerdoti, non vide chi, gli offrì il proprio mantello per coprirsi e riscaldarsi.
 
«torniamo a casa» gli propose il faraone con un dolce sorriso: « altro me» disse distogliendo un po’ l’attenzione del compagno da quella tragedia, spostandola su quei capelli che, corti, erano diventanti praticamente identici  ai suoi.








Ehm.... ecco... povero yugi... passato di cacca, fratello... pazzo è dir poco, ma per essere fini ed educate, diciamo solo 'pazzo'.
boh, se non siete troppo sotto shock, parliamo del film in arrivo... oddio!!! avete visto le scan?? c'è atem che cerca di tornare e Kisara?? kyaaaaa
Ci vediamo mercoledì con il penultimo capitolo minna! ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** ...The Dragon of Destruction ***


GOMENNASAI!!!!!!!!!!!
Ritardissimo, lo so, lo so. vi avevo promesso il capitolo per ieri e invece arriva oggi T^T

corriamo corriamo! siamo al penultimo capitolo, ormai siamo agli sgoccioli e mancano solo 2GIORNIIIII!!!


BUONA LETTURA
 
ONCE UPON A TIME...

...THE DRAGON OF DESTRUCTION

 
Ora che tutto era finito, Atem e i sacerdoti poterono tirare un respiro di sollievo, avvertirono la tensione diminuire poco a poco. Purtroppo per Yugi , la situazione era del tutto diversa, era inquieto. Lasciato l’abbraccio di Atem, voltò lo sguardo verso il corpo esanime di Bakura, avvicinandosi. Sfiorò quei ciuffi bianchi che coprivano quel volto sfregiato e sporco.
 
«Babu…» mormorò  con la voce strozzata in gola prendendolo tra le braccia, ripulendolo dal sangue che gli macchiava il viso.
 
Osservò a lungo quei lineamenti, per anni aveva sognato quel bambino di nome Babu e quando riuscì finalmente a ritrovarlo, lui era cambiato, lo stesso con cui giocava da bambino, gli aveva fatto del male, a lui come a molte altre persone.
 
«addio, Babu»
 
Lo lasciò lì a terra, avrebbero pensato i soldati a lui, gli stava bene così. Bakura non era la sua famiglia e Babu era morto da molto tempo. Atem era il suo mondo.
Finalmente uscirono da quel sotterraneo buio e tetro, tana di brutte esperienze, ma appena fuori, alla luce del sole, una volta che riuscì a mettere a fuoco tutto quello, la strada, le costruzioni, lui li riconobbe. Ricordò ciò che sarebbe dovuto essere impossibile ricordare.
La giovane che tanto gli somigliava era lì e gli tese la mano invitandolo a seguirla.
 
«Hnm, dove vai? » si preoccupò Atem osservandolo allontanarsi e dirigersi verso un’abitazione non molto distante dal sotterraneo. Lui di certo non vedeva la donna che stava accompagnando Yugi in quel percorso. Atem in quei giorni, ogni tanto, l’aveva sentito parlare da solo, ma credeva che si rivolgesse alla povera Tuya, che in qualche modo, parlarle in quel modo lo facesse sentire meglio. Vederlo comportarsi così, però, lo fece dubitare di quell’ipotesi spingendolo a seguirlo.
 
«io vivevo qui? » chiese alla ragazza che annuì.
«la mamma si occupava di noi» ricordò Yugi ignorando il faraone al suo fianco: «lei proveniva da oriente, mio padre era un soldato, la sposò e vennero a vivere qui. Io non ero ancora nato quando adottarono Babu» raccontò, a chi non era chiaro: «incontrai mio padre tre volte: il giorno della mia nascita, al mio primo compleanno e poi…»
 
I ricordi di quella notte lo travolsero. Sua madre lo svegliò con uno scrollone, buttati giù dal letto i  bambini, si precipitò fuori di casa con loro, dovevano fuggire dai soldati egiziani che avevano invaso il villaggio, la loro stessa patria. Catturavano indistintamente uomini, donne e bambini.
Tentarono la fuga, ma l’unico che ci riuscì fu Bakura, la madre di Yugi, anzi di Gandora venne uccisa e il bimbo catturato e portato dai sacerdoti. Fu allora che incontrò suo padre per la terza e ultima volta. In un vano tentativo di salvare la propria famiglia, l’uomo si era unito ai soldati incaricati di catturare e uccidere quelle persone, ma nel momento in cui cercò di portare via il suo bambino venne brutalmente ucciso.
 
«No! » gridò terrorizzato Yugi, fuggendo da tutto e da nulla, erano solo ricordi e Isis lo capì dai suoi gesti e da ciò che le fece percepire la sua collana, vibrazioni molto forti riguardanti un passato tenebroso composto da ricordi estremamente dolorosi.
 
In preda alle visioni, Yugi corse lungo la strada finendo per fare ritorno al sotterraneo.
Estraniato completamente dalla realtà, mostrò ad Atem e ai sacerdoti il luogo nel quale si era tenuto il rituale oscuro.
Il piccolo Gandora venne portato in una stanza adiacente in cui erano state rinchiuse decine di persone, con indosso la chiave della porta e un pugnale tra le mani.
 
Yugi eseguì gli stessi movimenti di allora stringendo tra le mani una lama che aveva raccolto da terra, puntandola contro Atem .
 
«ma cosa fai? » scattò immediatamente Seth.
«Hnm, che succede? » si preoccupò Atem avvicinandosi, ma Isis lo fermò.
 Yugi non era in sé, avrebbe potuto ferirlo o ucciderlo senza rendersene conto e non potevano nemmeno svegliarlo da quello stato di trans, sarebbe stato altrettanto pericoloso per il principe che, di colpo, si lanciò in avanti tagliando l’aria con un fendente, pietrificandosi un attimo dopo. Ritrasse la mano lasciando cadere la lama.
 
«Yugi! » lo chiamò di nuovo il faraone.
 
Pietrificato dal terrore, Gandora si osservò le mani imbrattate del sangue di una giovane donna ai suoi piedi. Si era spinta  contro di lui finendo contro il coltello che le recise l’arteria femorale. Quella morte fomentò l’ira dei prigionieri che aggredirono il bambino.
 
Urlò, una voce acuta e straziante si propagò per la stanza gelando il sangue nelle vene ai presenti.
Atem non resistette un momento di più, corse verso di lui.
Si pietrificò quando qualcosa scricchiolò sotto ai suoi piedi. Gli occhi si stavano abituando all’oscurità e quando un soldato accese le torce, allora tutto divenne più chiaro. Ossa. Decine di scheletri fatti a pezzi, teschi… la maggior parte erano ammassati al centro della stanza, sembrava formassero un nido.
Ripreso dallo shock, il faraone guardò Yugi, il suo urlo aveva cominciato ad affievolirsi e quando la voce gli morì in gola, la sua mente si spense e lui perse conoscenza.
 
«Hnm! »
 
Lo sostenne e si accertò che fosse solo uno svenimento,  poi lo portò fuori da quel cimitero.
 
«ha ricordato» mormorò la sacerdotessa accostandosi al suo sovrano: «questo luogo ha risvegliato una lontana memoria»
«il passato di Yugi. Allora è vero che aveva a che fare con il mistero di questo villaggio» disse Atem dando uno sguardo a Mana.
 
Yugi era svenuto, così come allora accadde a Gandora, ma in qualche modo ricordò lo stesso ciò che successe. Lui, anima candida, si era appena macchiato le mani del più atroce dei delitti: aveva tolto la vita a un’innocente. Una macchia oscura e indelebile che diede vita alla più spaventosa  delle creature: il Drago della Distruzione. E, portatore di quel nome, esso rase al suolo tutto ciò che lo circondò per salvare l’umano da cui era nato. Rubò le vite di quegli innocenti e non ne risparmiò alcuno imprimendo nella mente del piccolo quelle orribili immagini che restarono sigillate fino a quel momento.
 
«Hnm! Hnm! » Atem lo chiamò insistentemente scrollandolo più volte, finché non si risvegliò, stordito e disorientato
«Atem? »
«è passata» gli sorrise aiutandolo a sollevare la testa: « come ti senti? »
 
Non voleva sapere cos’aveva visto, ma solo portarlo via da lì. Lo aiutò ad alzarsi, ma non appena la mente del principe tornò lucida, questi scattò via, allontanandosi dal suo faraone e dagli altri sacerdoti.
 
«stai indietro! »
«Yugi! »
 
Per quale motivo lo respingeva?
 
«devi stare lontano da me, io… io sono un mostro! » ricominciò ad agitarsi indietreggiando: «sono un assassino! Io… io ho ucciso tante persone» confessò a tutti, totalmente nel panico e in lacrime, terrorizzato da se stesso, da ciò che era stato e da ciò che era ancora.
La verità. Il peccato celato dietro quell’anima candida che scioccò i sacerdoti. Quegli scheletri che avevano visto, erano state le sue vittime.
 
 Nonostante questa consapevolezza, Atem non batté ciglio, nei suoi occhi non apparve lo sgomento che invece attraversò i volti degli altri. Senza la minima esitazione, si avvicinò a quello Yugi impanicato che tentava di allontanarlo e con un movimento deciso, gli afferrò il braccio tirandolo a sé, stringendolo forte, avvolgendolo nel suo mantello e scaldandolo con il calore della sua pelle.
 
«lasciami! Tu non…» singhiozzò tentando invano di liberarsi: «io… io sono…»
«sei Yugi, sei Gandora, sei Hnm… non importa come ti chiami, tu sei tu, sei il mio principe» disse senza esitazione il faraone: «ti sei solo difeso»
 
In realtà la sua era solo una congettura, non aveva idea di cosa fosse realmente accaduto, ma all’epoca Yugi era solo un bambino, troppo piccolo per concepire il significato di omicidio ed essere cosciente di quello che stava facendo.
 
«so bene ciò che provi, l’ho passato anch’io e spesso non l’ho fatto per difendermi» gli mormorò all’orecchio rammentando quei giorni oscuri, in guerra: «non hai colpe»
 
Il pianto di Yugi non si arrestò, ma smise di resistergli lasciandosi stringere forte.
Lo lasciò sfogare, gridare e piangere, finché non ebbe più forze e allora gli asciugò gli occhi con il pollice sbavando ancora di più il khol prima di stampargli un lunghissimo bacio, coccolando quella boccuccia martoriata dai morsi e tagliata dagli schiaffi, aiutandolo a rilassarsi.
 
«andiamo, ti riporto a casa» disse Atem avvolgendogli un braccio attorno alle spalle.
Preceduti dai sacerdoti, Yugi si lasciò portare da quel gesto, ma si immobilizzarono tutti quando videro Aknadin andare loro incontro, ancora debole.
 
«maestro! » si sorprese Seth, non si aspettava che li avrebbe seguiti in quelle condizioni.
«dov’è Bakura? » domandò il vecchio.
«morto, è morto. E Karim…» spiegò Shimon con rammarico per l’amico defunto.
«faraone! » chiamò ancora il vecchio, più per dovere che per volontà, allietandosi della sua salute.
 
Aprirono un varco che permise al vecchio sacerdote di essere visto in volto dal sovrano e dal suo principe. ignorava totalmente ciò ce stava accadendo alla fragile mente del compagno del re.
La vista di quel volto mise al suo posto l’ultimo tassello mancante, forse perché la sua mente si era rifiutata fino a quel momento di ammetterlo. Forse perché era lo zio di Atem o perché non poteva credere che lui sapesse la verità fin dall’inizio.
 
«s-sei tu…» mormorò incredulo staccandosi dal faraone: «tu…»
«come dici, mio signore? » si preoccupò pronunciando quel ‘mio signore’ a denti molto stretti.
Yugi si toccò il petto: «sei stato tu. Quella notte, tu eri lì… i miei genitori, quelle persone… eri tu…»
«Hnm, ma di che parli? »  si mise in mezzo Atem, confuso e ignaro di quello che era accaduto tra loro quella lontana notte di quindici anni prima.
«lui c’era quella notte, quando il villaggio fu assaltato. Uccise i miei genitori e me» raccontò tutto d’un fiato tenendo gli occhietti increduli puntati sul sacerdote che aveva chinato il capo
«Aknadin? » lo interrogò spaesato Atem, ma non ricevette risposta.
«tuo padre è innocente, lui non sapeva nulla dei sacrifici, all’epoca. Proprio come ha detto Mahad» gli spiegò: «è stato tutto un piano di Aknadin»
«cosa vuol dire che ti ha ucciso? »
«vuol dire che in questi quindici anni ho creduto di essermi sbarazzato del figlio delle tenebre» rispose per lui il vecchio sacerdote che con il potere del suo occhio immobilizzò tutti loro.
 
Come scordare quella notte, quando entrò nella stanza e si ritrovò di fronte a quella carneficina e al drago che proteggeva il bambino sotto shock.
‘ il sangue di un innocente macchiatosi del più atroce dei delitti’ era questo l’ingrediente finale che serviva al fratello del faraone per ottenere il tanto ambito Potere degli Dei. Persa la protezione del suo ka oscuro, il figlio delle tenebre che l’alchimia aveva creato, venne dato in sacrificio per la salvezza dell’Egitto. La lama si piantò nel petto del piccolo Gandora che gemette per il dolore. Ciò che Aknadin non vide quella notte, fu la palla di pelo che si frappose tra loro permettendo che il piccolo si ferisse solo superficialmente.
Era Kuriboh, il ka apparso dal nulla che da quel giorno prese sotto la sua ala protettiva la creatura.
Terminato il rituale, i sacerdoti fuggirono abbandonando i cadaveri, ignorando che il bambino fosse ancora vivo e, aiutato dal ka, si trascinò fuori da quell’inferno. Vagò nel deserto finché non fu trovato dal locandiere.
 
«…e dopo quindici anni, quel bambino si ripresenta davanti a me, vivo ed è pure l’amante del principe ereditario»
«allora è vero! » sbottò Atem paralizzato e con Yugi che nel mentre aveva arretrato avvinghiandosi al suo braccio «tu hai ucciso quegli innocenti! Aknadin come hai potuto? E mio padre…»
«tuo padre era troppo ingenuo! » lo interruppe avanzando e impossessandosi degli oggetti mancanti.
«non hai il diritto di parlare in questo modo del faraone! » lo sgridò Yugi, furioso per ciò che aveva fatto alla sua gente, alla sua famiglia, a lui.
«tu non hai diritto di parola, mostro! » ribatté il sacerdote avvicinandosi a lui, sollevando quel faccino bianco, tanto serio quanto spaventato.
«Aknadin stai esagerando! » lo riprese il faraone, ma di lui il vecchio non aveva paura, era solo un ragazzino che giocava a fare il sovrano, senza nemmeno il puzzle al collo che gli consentiva di evocare le divinità, non era niente. Lo ignorò dirigendosi verso la tavola di pietra, non prima di aver tirato via l’anello e il puzzle dal collo di Bakura. Già, forse avrebbero dovuto recuperarli, ma le visioni di Yugi li avevano distratti. O non sarebbe servito a niente, in fondo Aknadin aveva appena preso possesso della collana e della barra dalle mani dei loro proprietari e come se niente fosse estrasse l’occhio da se stesso.
 
«Zork sta tornando! » ghignò il sacerdote riponendo al loro posto i sette oggetti nella tavola di pietra.
 
L’incantesimo immobilizzava i corpi di Atem e degli altri e nessuno poté impedire l’ascesa del dio oscuro : Zork Necrophedius.
Il mostro oscuro, dalle grandi zanne e gli occhi di sangue, comparve nel sotterraneo, annunciato da un denso fumo nero.
 
«quello è Zork…» mormorò il faraone con Yugi stretto. Era immobilizzato, eppure poté sentire il tremore della sua paura.
 
Il vecchio sacerdote non attendeva altro e lo accolse a braccia aperte.
 
«sei tu che mi hai risvegliato per fare appello al potere delle tenebre? » tuonò la creatura.
«sì» rispose semplicemente inginocchiandosi, perfettamente  consapevole di avere appena aperto le porte delle tenebre, liberando la forza del dio distruttore le cui nubi avrebbero seminato desolazione sulla terra al solo scopo di ottenere una parte di quel potere.
 
«Aknadin, non farlo! » urlò Atem, ma fu tutto inutile. Nel momento in cui accettò, Aknadin cessò di esistere lasciando al suo posto il Sacerdote delle Tenebre.
Anni e anni di risentimento raggiunsero il loro culmine, l’unico desiderio di Aknadin era di dare a suo figlio il trono che tanto meritava. Suo figlio. Seth, il più giovane dei sacerdoti era anche il figlio di Aknadin che fu costretto ad abbandonarlo quindici anni prima per proteggerlo, per evitare le ripercussioni che il rituale avrebbe potuto avere su di lui.
Atem era l’unico ostacolo tra Seth e il trono, uccisi lui e il suo demoniaco amante, tutto sarebbe stato perfetto.
Zork diede al sacerdote il potere di esaudire un tale desiderio. Con il volto sfregiato dall’oscurità, nascosto da una maschera bianca su cui spiccava l’Occhio del Millennio.
 
Fiamme cocenti si sprigionarono dai palmi di Aknadin, ma non raggiunsero mai il faraone. Un’entità, un essere possente dal volto celato dietro ad una maschera d’oro comparve in difesa del re. Assun, protettore del faraone e custode della tavola di pietra.
Il pericolo ancora non era scongiurato e solo l’intervento di Mahad riuscì a spezzare l’incanto che imprigionava tutti loro.
 
La struttura del sotterraneo cominciò a cedere, la comparsa di Zork si fece sentire e le pareti  crollarono travolgendo tutti.
 
Si sentiva debole, stanco e dolorante, faticava a muoversi e per fortuna Atem era lì che lo sosteneva, lo guardava con preoccupazione e spavento, con gli occhi lucidi e lo chiamava in un modo strano ‘Aibo’.
 
«resisti! » gli gridò
«Mo Hitori no Boku» lo chiamò inspiegabilmente.
«Aibo…l’hai fatto apposta, per colpa mia…» mormorò trattenendo le lacrime. Doveva essere accaduto qualcosa di molto grave per fargli assumere quell’aria così colpevole e addolorata che lo spinse a dire quelle cose.
«Mo Hitori no Boku, non importa quanto faccia male, ti prego non ti arrendere. Credi nella forza del nostro legame. Non sei solo, ricordatelo» volle rincuorarlo, ma così facendo, quelle lacrime che tanto si sforzava di trattenere, cominciarono a scorrere a fiumi sul viso del faraone: «i tuoi amici e i mostri che credono in te, saranno sempre al tuo fianco»
«Aibo…»
«anche se saremo separati, io sarò sempre al tuo fianco…»
 
Udì distintamente la voce di Atem urlare quella parola: ‘Aibo’, con disperazione. Ma chi era quell’ Aibo che tanto stava a cuore al suo Atem? Perché lo vedeva continuamente e così intimo con lui? Quel ragazzino cominciava a dargli sui nervi, ma più cercava di scacciarlo dalla sua mente e più lui insisteva per restarci. Fortuna che la voce di Atem tornò a pronunciare il suo di nome riuscendo a svegliarlo.
 
«Hnm! Hnm! »
 
Il crollo li aveva sotterrati, ma per fortuna oltre a perdere conoscenza per qualche minuto, nessuno aveva riportato gravi ferite. Mahad e Mana erano intervenuti in tempo evitando che i loro amici venissero schiacciati.
 
Zork e Aknadin erano scomparsi, si stavano dirigendo a Tebe, pronti a radere al suolo l’intera città.
Atem e tutti gli altri dovettero fare in fretta per raggiungere la città e mettere in salvo quante più persone possibile all’interno del palazzo. L’esercito era già pronto a contrastare il mostro.
Ogni attacco fu inutile, senza i loro oggetti i sacerdoti erano inermi e, per salvare il faraone, Shada fu il primo a cadere.
Era necessario un intervento drastico, i maghi erano troppo deboli per tenere testa al sacerdote e a Zork, per questo Mana e Isis si diressero nel deserto alla ricerca degli oggetti.
Quelle furono ore intense, lanciarono su Zork tutto ciò che possedevano pur di arrestare la sua avanzata.
Anche Yugi si schierò in prima linea evocando al massimo delle loro forze Mago Silente e Spadaccino Silente, ma furono entrambi fatti a pezzi dalla creatura di tenebra. Fu un dolore immane per il giovane principe che crolló a terra.
Per fortuna le ragazze fecero presto ritorno , l’unica speranza era riposta nel potere del faraone e nell’evocazione delle tre creature sacre. Obelisk, Osiris e Ra. Esse riportarono la luce nella terra di Kemet, ma solo per poco.
 
Ancora una volta la speranza venne soffocata dalle tenebre che gelarono i cuori palpitanti delle tre creature riducendole a gelida pietra.
 
La distruzione e le tenebre dilagavano per la terra del Sole, ma che ormai non si poteva più chiamare tale. La gente fuggiva, Zork avanzava minaccioso mietendo vittime al suo solo passaggio.
Tutto precipitava, lo sconforto e la disperazione si stavano impossessando dei soldati, molti, ormai, erano fuggiti. Solo una manciata di uomini mostravano ancora fedeltà al loro re, ferito e debole, non più in grado di lottare. Mahad era stato annientato, Zork si era sbarazzato di lui con un solo attacco provocando un dolore immane ad Atem che crollò a terra. Le tre creature sacre giacevano sulla fredda sabbia tramutate in statue di pietra, prive di ogni potere, lì a simboleggiare una sconfitta imminente.
I sacerdoti erano caduti, Shada aveva sacrificato se stesso per salvare il suo sovrano e Seth era scomparso, rapito dal Sacerdote delle Tenebre, Aknadin, suo padre.
Quanta inquietudine dilagava nel cuore del giovane faraone, così tanta disperazione. La sua gente gridava, fuggiva, lui doveva proteggerli, ma non poteva, non ne aveva la forza. Morivano e non poteva salvarli.
Faceva male, faceva troppo male, quell’impotenza lo uccideva.
Accasciato a terra, celava il volto disperato, quegli occhi persi nell’oscurità che lo stava consumando e uccidendo poco a poco. Shimon non ce l’aveva fatta, Exodia non aveva avuto possibilità contro Zork e con la sua dipartita anche l’ex sacerdote cedette. Ormai restavano solo Isis e Mana al suo fianco e il principe con lo sguardo d’ametista che corse al suo fianco nel vano tentativo di farlo riprendere.
Lo guardò, spento, sfibrato, si sentiva chiamare, ma non aveva la forza di proferire parola. Quelle ametiste gonfie di lacrime lo pregavano, ma nella sua mente non risuonava nessun suono.
La terra tremò sotto ai loro piedi scaraventandoli sull’arido e gelido terreno che cominciò a spaccarsi inghiottendo tutto ciò che era inanimato e non in grado di fuggire.
La sacerdotessa non trattenne l’urlo quando sentì la terra franarle sotto ai piedi, la sua voce ridestò il faraone che si voltò. Con una spinta, Kuriboh riuscì a trarla in salvo e Mana corse da lei, stava bene, solo scossa, per loro fortuna la piccola palla di pelo era arrivata in tempo.
Atem tornò ad alzarsi sulle sue gambe di nuovo pronto a combattere.
 
«Zork! Io lotterò per coloro che hanno perduto la vita per reclamare la venuta della luce! Io mi batterò fino all’esaurimento del mio ba! »
 
Assan era ancora al loro fianco e il ritorno in gioco del re permise allo spirito protettore di tornare a lottare nel nome del re, ma prima di ciò, c’era una questione che premeva ad Atem. Guardò al suo fianco chiamando a sé un soldato, uno dei pochi rimasti, poi guardò  Yugi.
 
«devi andartene»  disse, era certo che lui si sarebbe opposto, per questo, dopo avergli detto quelle parole si voltò verso il soldato: «portalo via, tienilo al sicuro, non accettare altro ordine se non questo che ti sto dando» fu perentorio voltandosi poi verso di lui «prendi tuo nipote e le tue sorelle e vattene. Allontanati da questa terra e non tornare»
« io non me ne vado! » ecco che arrivò l’opposizione, gli afferrò il braccio deciso a non lasciarlo «è anche la mia terra, lotterò fino alla fine al tuo fianco »
Per un momento un insolito sorriso apparve sul volto ferito del giovane re che districò il braccio dalla sua presa per avvolgerglielo in vita.
 
« so che non me lo vuoi sentire dire… ricordati solo che tu sei e sarai sempre l’unica persona che amerò»
 
Non lo lasciò rispondere e probabilmente lui nemmeno volle farlo, quel bacio che scattò subito dopo quelle parole gli tolse il respiro e per poco non sciolse in lacrime il faraone che aveva appena ritrovato la forza di combattere. Non avrebbe più saggiato il sapore di quelle labbra rosse e nemmeno più toccato quella pelle candida o visto quegli occhi d’ametista, non avrebbe più giocato con quella frangetta bionda che contornava quel viso angelico.
Preso tutto il coraggio, gli strinse forte il braccio assestandogli un colpo alla bocca dello stomaco. Un gemito e poi il giovane ricadde tra le sue braccia privo di sensi, non ebbe nemmeno il tempo di rendersene conto.
L’affidò al soldato che lo mise sul cavallo e, come ordinatogli dal suo dio e sommo faraone, partì al galoppo verso il palazzo reale.
Atem li osservò sparire tra le macerie della città. Aveva il cuore a pezzi, sapeva che non l’avrebbe visto mai più, ma sapeva anche che lontano da lui sarebbe stato al sicuro.
 
Si era ripreso da poco, quando il soldato lo costrinse a scendere da cavallo trascinandolo verso le mura del palazzo.
Le porte non erano ancora aperte quando il fedele servo con il compito di proteggerlo si arrestò. La sua testa rotolò sulla gelida terra di Tebe e un getto di sangue schizzò spargendosi in quel deserto, piovendo anche su di lui e sulla sua pelle diafana. Con un tonfo, il pesante  corpo del soldato crollò a terra. Era rimasto solo e indifeso a fronteggiare quel mostro dai capelli d’argento e gli occhi vuoti e gelidi.
 
«sei sorpreso? » ghignò Bakura osservando il suo caro fratellino impallidire alla sua vista, ma prima che il terrore s’impossessasse di lui, si gettò a terra e afferrò la spada legata alla cintola del povero soldato morto per proteggerlo. Sarebbe stato sepolto con tutti gli onori se mai fossero usciti vivi da quell’inferno.
La lama scheggiata ma ancora tagliente, s’indirizzò senza esitazione verso il bandito che lo osservava con un ghigno sinistro, nemmeno lontanamente preoccupano di venir ferito.
 
«non puoi essere vivo!» gridò.
 
«lo sono, invece» ghignò facendosi avanti e osservando la lama «è questo che hai imparato? T’insegnano questo a palazzo? » sibilò notando come riusciva a sostenere il suo sguardo glaciale nonostante il tremore che faceva fremere quel corpo così esile. Le piastrine d’oro appese alle strisce blu della parte superiore dell’abito, strette al torace da una fascia d’oro, tintinnavano a ogni suo movimento rendendo palesi e perfettamente chiari i sussulti del suo corpo, ma non per questo avrebbe ceduto.
«t’insegnano a puntare una spada contro tuo fratello? » terminò. Non poté fare a meno di notare come quello sguardo color ametista s’incendiò d’odio e quella bocca di rosa si contorse in un orribile ringhio all’udire quelle parole.
«tu non sei mio fratello! » urlò con rabbia «mio fratello è morto 15 anni fa! »
«tu credi?  »
«ho cinque sorelle, ma non più un fratello, da tempo ormai»
«oh sì le ho incontrate, ragazze molto graziose, ancora di più da morte»
 
Non si trattenne , quella risata gli risalì lungo la gola scoppiando forte e sonora mentre lo sgomento s’impadronì di Yugi facendolo vacillare. Come poteva definirsi ‘fratello’ e poi fargli quello?
 
Convinto di averlo ormai sotto controllo, si avvicinò a lui cercando di disarmarlo, ma dovette retrocedere quando avvertì il palmo andargli a fuoco e bruciare. L’aveva ferito  con un solo fendente ben assestato al palmo. Non era inerme, aveva appena risvegliato una belva che non si sarebbe trattenuta dal farlo a pezzi.
 
«bastardo!! »
Erano faccia a faccia, lui e Bakura, il malvagio bandito dai capelli bianchi e gli occhi iniettati di sangue che si stringeva il palmo che gli aveva ferito con la lama, davvero non credeva che ne avrebbe avuto il coraggio.
Lui, dal canto suo, attendeva con ansia che quel mostro gli si scagliasse addosso, non avrebbe avuto rimorsi a infilzarlo se per difendersi e vendicare tutte quelle persone cadute sotto la sua spada.
«sei davvero una puttana» sbraitò contro di lui impugnando a sua volta una kopesh.
«meglio puttana che folle come te! » esclamò lanciandosi all’attacco nello stesso momento in cui lo fece lui.
 
Le lame si scontrarono, i loro occhi s’incrociarono e i respiri andarono a incontrarsi. Poté sentire il pesante soffio di quello che da bambino definiva fratello, toccargli la pelle sfregiata e sporca del viso,  gli fece così ribrezzo che si tirò indietro allontanandolo da sé con un calcio.
Era agile, gli anni di allenamento erano serviti a trasformare il suo corpo mingherlino in quello di un’abile combattente.
Lo scontro fu cruento e se all’inizio il bandito si lasciò colpire facendolo passare in vantaggio, dopo si stancò cominciando a fare sul serio. Aveva a che fare con un uomo cresciuto nell’odio, che aveva vissuto preparandosi per quella guerra. Era l’amante del faraone, non uno dei suoi soldati, come poteva pretendere di sconfiggerlo sul serio?
Sperava solo di tenergli testa abbastanza a lungo da poter escogitare un piano, ma non fu così. Assetato di sangue, Bakura lo scaraventò a terra più e più volte, anzi più accennava a volersi rialzare più godeva nello schiacciarlo a terra.
 
 «ba…stardo» mugugnò dopo essere stato scaraventato contro un muro e aver sbattuto violentemente la schiena.
«ti rivolgi così al fratello che ti ha cercata per tutti questi anni, eh? » sbraitò braccandolo per il cespuglio nero e trascinandolo da una parte all’altra.
 
Aveva cominciato a sanguinargli il naso e spesso e volentieri la vista gli mancava.
No, non era colpa di Bakura, tutto quello, ma prima di addentrarsi nel mondo dei morti avrebbe venduto cara la pelle, doveva liberare il mondo da un essere tanto ignobile. Era suo dovere, il pegno da pagare per i suoi peccati.
 
«resisti vedo, ma sono curioso di sapere  cosa farai al cospetto di Diabound! »
 
In un solo momento il Ka di Bakura si manifestò d’innanzi ai suoi occhi.
Se prima era lui a scaraventarlo a terra, stavolta, per evitare gli attacchi di quella bestia, dovette rotolarsi di sua iniziativa evitando i colpi come in una partita di palla prigioniera, solo che ad attenderlo, se si fosse lasciato colpire, non c’era la prigione, bensì la morte e nessun tentativo di ritorno in gioco.
Era allo stremo, Bakura, Diabound, il suo corpo che non collaborava, tutto remava contro affinché perisse senza poter dare una minima speranza di salvezza all’Egitto.
 Laggiù il suo faraone lottava con le unghie e con i denti. Sentiva i boati, vedeva Zork avanzare, le luci esplodere…
Poi il suo cuore ebbe un sussulto che lo schiacciò a terra, dopo la fatica che aveva fatto per rimettersi in piedi, tornò a toccare la terra con tutto il corpo, un attimo dopo lo straziante urlo di Atem gli perforò i timpani. Il pianto che per tutto il tempo aveva trattenuto, esplose.
 
 «per quale motivo piangi? »
 
 Bakura non si scompose, sapeva che quelle lacrime erano per il faraone che lui odiava con tutta l’anima, ma volle comunque sentirglielo dire.
 
«basta…» singhiozzò stritolando i brandelli del suo abito all’altezza del petto.
«no, mai! » sibilò il bandito afferrandolo per i capelli e portando il suo viso a pochi centimetri dal suo affinché potesse guardarlo in faccia, le lacrime non si arrestarono, anzi scivolarono con ancora più foga lungo le guance pulendole dalla polvere, lasciando solchi in quelle gote candide: «se  vuoi dare la colpa a qualcuno, dalla al tuo faraone, al figlio di quello schifoso bastardo che ha distrutto la nostra vita! »
«sei pazzo» singhiozzò «loro non… loro sono innocenti…»
«ti hanno fatto il lavaggio del cervello. Ti rendi conto che se loro non si fossero messi in mezzo, tutto sarebbe stato migliore? La nostra vita…»
«senza Atem, io non sarei qui! » ringhiò in preda a un pianto convulso che non voleva fermarsi, ma gli diede comunque la forza di divincolarsi da quella presa: « mi ha salvato la vita! »
 
Bakura non lo accettò, l’odio che provava per la famiglia reale era troppo radicato.
 
«come può il mio stesso sangue tradirmi in questo modo?! » tuonò mollandogli un ceffone così forte da farlo rotolare e strisciare sulla terra gelida. Ormai non c’era un solo centimetro di pelle che non fosse coperto da ferite o lividi, ma a dolergli di più, oltre al cuore, era la testa. Arrivava, stava arrivando e niente e nessuno avrebbe potuto impedirgli di portarlo via, i suoi passi erano sempre più chiari e vicini.
 
Il pianto non si arrestò, il suo corpo era travolto da fremiti convulsi causati dai singhiozzi, ma non solo. Avvertiva la stanchezza e il dolore, ben più amplificati di ciò che sarebbe dovuto essere, la vista era totalmente annebbiata e non dalle lacrime. Posò una mano sull’orecchio e quando la osservò, vi trovò sangue, denso e caldo. Era la fine, lo sentiva. Il dio Anubis stava venendo a prenderlo, lo sapeva da tempo ormai, ma prima c’era un’ultima cosa che doveva fare. Qualcosa per cui la sua anima sarebbe stata costretta a vagare nel mondo dei vivi per l’eternità, che avrebbe macchiato il suo cuore a tal punto da essere divorato senza nemmeno bisogno della prova della piuma, ma ormai era tardi per pensare alla purezza, la sua anima era nera come la pece, la era sempre stata da quando, da bambino uccise quegli innocenti.
 
Lentamente si rialzò tenendo lo sguardo basso, pulendosi il viso affinché potesse guardare la morte con dignità.
 
«noi non condividiamo lo stesso sangue Bakura» sibilò sollevando lo sguardo. Non vi era più alcuna vita umana in quegli occhi, solo un’inquietante luce viola che costrinse il bandito a retrocedere.
 
All’epoca tutto quello era accaduto inconsciamente, in quel momento, invece, fu una sua scelta, liberare la creatura della distruzione, il drago dagli occhi di sangue, temuto in tutto il mondo conosciuto. Il Ka più spaventoso che si fosse mai visto, dagli occhi luminosi come fiaccole nella notte più buia e dai denti aguzzi e imbrattati del sangue delle sue vittime.
Il Drago che da quel giorno avrebbe preso il suo nome e seminato il terrore al solo nominarlo: Gandora.
 
Yugi chiuse gli occhi ritrovandosi in una radura, passeggiava, finché non giunse ad un laghetto, lì riflesso nell’acqua non c’era un altro ragazzo di nome Aibo, c’era lui. Yugi, Gandora, Hnm. Possibile che quel ragazzo che Atem chiamava Aibo, fosse in realtà Yugi? Uno Yugi futuro a cui Atem disse:«…per  colpa mia, tu hai sofferto molto ,Aibo»
Yugi si sentì colpito da quelle parole, gli procurarono una fitta al petto che lo spinsero a cambiare discorso: «quando torneremo in Giappone, potremo finalmente risolvere il mistero della tua memoria perduta» disse estraendo da una tasca del suo strano vestiario tre carte con sopra raffigurate le divinità egizie, somigliavano alle tavolette di pietra ,ma erano molto più piccole e leggere.
«non so esattamente cosa accadrà quando lo faremo, ma non ha importanza. Io non dimenticherò ciò che è stato, tutti i momenti che ho vissuto con te. Perché questi ricordi, sono molto preziosi per me»
«Aibo…» gli sorrise Atem.
 
Sì, quello non poteva che essere lui. solo Yugi poteva considerare i momenti passati con Atem un tesoro tanto prezioso e anche in quel momento, quando il suo Ka si manifestò in tutta la sua potenza e il suo corpo cessò di rispondere, l’unico pensiero andò a lui, al suo re. Al suo faraone. L’avrebbe rivisto ne era certo. Lo vide. Si vide inserire l’ultimo pezzo del puzzle e Atem entrare in lui, nella sua mente, nel suo cuore. Non sapeva come sarebbe accaduto, ma quella visione lo fece sorridere, non sarebbe stato un addio, ma solo un lungo arrivederci, doveva solo aspettare e poi ad attenderli ci sarebbe stata l’eternità.
 
Gandora si lasciò esplodere travolgendo tutto e tutti, non risparmiò le abitazioni vuote che li circondavano e nemmeno Bakura e Diabound. Yugi tanto meno l’evocazione del Drago gli diede il colpo di grazia e quel potere distruttivo fece a pezzi anche quell’ultimo filo di vita. Se ne andò con un sorriso bagnato di lacrime.
 
«ti aspetterò»

 
***
Debole e ferito, Mana riportò il faraone a palazzo sperando dare sollievo al suo corpo ferito trasferendo in lui una piccola parte del suo Ba.
In effetti Atem si riprese, ma alla vista del suo regno distrutto dall’avanzata di Zork, lo sconforto gli fece a pezzi il cuore.
 
«Principe…» sussurrò la maga affiancando l’amico.
«questo è il mio regno Mana, l’eredità di mio padre e dei miei avi…è distrutto, ma se mi arrendo ora, tutto il mondo sarà spacciato» disse osservando l’oscurità che dilagava e le persone morte lungo le strade. Non sentiva il bisogno di sfogare il suo dolore, provava solo una grandissima rabbia, esisteva solo un modo per sconfigger Zork e Atem lo conosceva, ma ne aveva paura. Non avrebbe più rivisto Yugi. Era un pensiero egoista, ma non riusciva a farne a meno.
«cosa si può fare? » gli domandò Mana.
 
Non seppe cosa risponderle almeno finché il puzzle non gli mostrò la tragedia appena vissuta da Seth, la morte di una giovane dai capelli bianchi che gli fece a pezzi il cuore. Il suo amico non era stato messo in salvo dal padre, bensì condotto a palazzo nel tentativo di soggiogarlo e farlo diventare un fedele servitore di Zork.
Vide il suo cuore andare in pezzi mentre stringeva tra le braccia il corpo senza vita della giovane. Il suo egoismo l’aveva accecato, se non avesse fermato quel mostro all’istante, anche Yugi avrebbe potuto seguire quel destino. Lo amava con tutta l’anima, la morte piuttosto che dover stringere il suo gelido cadavere tra le braccia. Quell’orribile presagio che anni fa l’aveva tormentato non si sarebbe avverato.
 
«ora so cosa fare» disse sollevando il capo: «Mana, vattene da qui, salva più gente che puoi e scappa»
«principe che vuoi fare? »
«la cosa giusta. Metterò fine a questa guerra» le rispose voltandosi verso di lei regalandole un dolce sorriso prima di abbracciarla forte: «addio piccola Mana»
«principe non farlo, ci sarà pure un altro modo! » gridò in lacrime la ragazza lasciandosi stringere forte.
«non c’è sispirò. Prenditi cura di te e di Yugi. Avrà bisogno di te»
 
Hnm, ti ho già dato il mio addio, ma so che in qualche modo riusciremo a ritrovarci. Un giorno i nostri sguardi torneranno a incrociarsi. Aspettami.
 
Si disse dirigendosi verso quella che era la salvezza del mondo, ma anche la sua fine
 
 
 
 
 

 
 



è proprio 'mai 'na gioia!'

 cavoli è proprio vero che i demoni peggiori risiedono proprio negli animi più candidi...
 T^T Yugi e Atem che si dicono indirettamente addio.... whaaaaa T^T lacrime

vabbeh raga, see you saturday e buon film!!
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** And it Will Be Forever! ***


Oddio! I can't believe it! è l'ultimo capitolo! ULTIMO! T^T
raga mi viene da piangere... se penso che questo è stato in assoluto il primo capito scritto agli albori, prima ancora di Bond Beyond Space&Time... il cnetro di questi 36 capitoli...
Vorrei linkarvi una theme che per tutto questo tempo mi sono cordata di consigliarvi. se siete perticolarmente coraggiosi ascoltatela a ruota mentre leggete questo capitolo... a me va in pezzi il cuore ogni volte :https://www.youtube.com/watch?time_continue=25&v=DU3hrMoxkeA

Buona lettura !
ONCE UPON A TIME

AND IT WILL BE FOREVER!

 
Solo oscurità, freddo e buio comandavano  in una terra in cui il sole e il caldo avevano regnato da sempre. Non un mormorio si udiva per le strade abbandonate di Tebe, ormai in rovina.
Un’aria gelida smuoveva la polvere creando virgole polverose che svanivano nelle tenebre di quell’eclissi.
 
Fu proprio il freddo che gli fece accapponare la pelle a fargli comprendere di essere ancora vivo, di avere ancora la forza di respirare e provare quell’immane dolore che solo i vivi possono provare.
L’evocazione del drago aveva fatto a pezzi il giovane principe, eppure egli respirava ancora, avvertiva il gelo sulla pelle, le ferite bruciare, la testa dolere accompagnandosi alla nausea e all’infinita debolezza.
Le dita tremarono e si sforzarono si muoversi sulla terra battuta, riempiendosi le unghie di sabbia. Si sforzò di aprire gli occhi e sollevare la testa, quel tanto che bastò per vedere il corpo senza vita di Bakura, giacere a pochi passi da lui. Gli occhi spalancati, ma vuoti e la pelle lacerata dall’esplosione del drago. Era morto, aveva messo fine alla vita di ciò che restava di suo fratello, ma non provò rimorso. La consapevolezza della sua morte gli diede solo un gran senso di quiete. Ciò che lo terrorizzava era sapere che Zork e Aknadin erano ancora lì e Atem era rimasto solo ad affrontarli.
 
Si rimise in piedi, barcollò, una gamba cedette ributtandolo a terra, non c’era una sola parte di lui che non fosse ferita.
'Sembro un colabrodo' Si disse con ilarità osservando il suo povero corpo martoriato, ma in realtà nemmeno sapeva cosa fosse un colabrodo, quella frase gli venne in mente senza un motivo e lo fece sorridere: «Yugi» mormorò pensando a quel ragazzo.
Doveva alzarsi e riuscire a restare in piedi, l’aiuto di Kuriboh gli avrebbe fatto comodo, ma non apparve o lui non lo vide e perciò dovette cavarsela da solo.
Mosse pochi passi per prendere equilibrio e poi si sforzò di correre. Sentiva le gambe rigide come pezzi di legno, ma doveva muoversi, sbrigarsi. La città era distrutta, i corpi dei suoi cittadini giacevano per le strade, donne, uomini, bambini. Zork non aveva avuto pietà di nessuno di loro.
Voleva piangerli, rendere onore alle loro vite, ma non poté farlo, c’erano altre persone che in quel momento avevano la precedenza per lui.
Gli mancava l’aria, era troppo debole per quell’immane sforzo fisico, eppure si muoveva e correva, certo se si fosse fermato sarebbe stramazzato al suolo.
Raggiunse il palazzo, scavalcò i soldati morti con onore per proteggere i cittadini che erano riusciti a rifugiarsi al suo interno.
 
«Yugi! » la voce di Mana lo costrinse a fermarsi. Era ferita, ma stava bene, dopo che Atem l’aveva lasciata sola, si era nascosta con pochi superstiti.
Appena lo vide corse ad abbracciarlo scoppiando a piangere: «Yugi meno male! Avevo paura… Credevo che fossi morto! »
«c’è mancato poco» mormorò ricambiando quel caloroso abbraccio.
Doveva sapere, non aveva idea di quanto fosse passato da quando era svenuto e doveva sapere, di Atem, di Seth e di Zork e Aknadin.
«non lo so… » singhiozzò Mana: «il maestro Seth era… era così strano… faceva paura e il principe…»
 
Era chiaro che Aknadin avesse plagiato il sacerdote e che Zork l’avesse trasformato in un suo fedele servitore il cui unico obiettivo era quello di uccidere il faraone, unico ostacolo alla definitiva ascesa delle tenebre sul mondo intero.
 
«Yugi, che facciamo? »
«vieni con me» disse prendendole la mano e trascinandola nell’ala est del palazzo. Ormai non vi era più nessuno, chi non era morto era fuggito eppure restava ancora qualcuno lì, il piccolo Yuya messo al sicuro dalle sue zie poco prima che venissero uccise dal malvagio Bakura e che altro non aspettava se non delle braccia familiari che lo stringessero forte, piangeva e si dimenava nella culla, strillò finché suo zio non lo prese tra le braccia.
 
«sono qui, piccolino» gli sorrise cullandolo con dolcezza, Yugi ormai era l’unico parente che gli era rimasto. Lo accarezzò e lo coccolò finché il piccolo non smise di piangere e fu allora che cominciò Yugi, non riuscì a trattenere le lacrime, lo guardò in quei grandi occhietti marroni ancora lucidi per imprimere in sé quel ricordo, l’immagine di qualcuno che gli voleva bene, un residuo di memoria di uno zio che avrebbe dato la propria vita per proteggerlo.
 
«noi saremo sempre con te, ti proteggeremo. Pregherò i nostri dei perché ti guidino. Non sarai mai solo» gli promise abbracciandolo ancora.
«Yugi…» Mana aveva capito, era un addio che le mandò il cuore in pezzi, ricominciò a piangere, non poteva credere che quel giovane apparso dal nulla nella sua vita, che aveva rapito il cuore del ragazzo a cui lei si sentiva destinata, si stava congedando per sempre dal suo adorato nipotino.
Avvolto nella sua copertina candida, Yugi glielo mise tra le braccia coprendolo a dovere e assicurandosi che fosse ben protetto.
«Mana, confido in te, fuggi, scappa da questa trappola mortale e salvalo ti prego» singhiozzò posandogli dolcemente le mani sulle spalle: «salvalo ti prego»
 
Chinò il capo per non farsi vedere così disperato, era sopravvissuto a Gandora, ma solo perché c’era un’ultima cosa che doveva fare, sentiva il filo della sua vita tendersi sempre di più, ancora poco e si sarebbe spezzato definitivamente e l’idea era tornata a terrorizzarlo, perdere Yuya, Mana e Atem… non lo sopportava più.
La tensione era tanta e il bambino la sentì tutta cominciando a lamentarsi, ma il suo zietto tornò a prestargli tutte le attenzioni carezzandogli quelle guance rosse e paffute e quel piccolo nasino a punta in mezzo a quei due grandi occhi luminosi.
«non abbiamo cominciato con il piede giusto noi. Quando sei nato ti sei portato via la vita di mia sorella, ma poi ho capito che la colpa non era tua, non era di nessuno. Sei stato una stella che mi ha riportato a galla dall’oscurità in cui stavo annegando. Sei un bambino speciale, Yuya» gli disse con la voce rotta dal pianto, non ne  aveva quasi più , la gola gli bruciava e le pulsazioni alla testa facevano sempre più male, ma ancora non aveva terminato di dirgli addio: « vorrei poterti dire che sarai amato come meriti, che sarai al sicuro, ma non voglio illuderti, questo mondo è tetro e spaventoso. Quello che posso dirti però, è che sarai molto coraggioso» continuò, incapace di lasciarlo davvero andare. Il piccolo lo fissava, stampava nella sua mente quegli occhi prezioso e quel viso angelico rigato di lacrime, probabilmente non l’avrebbe mai ricordato, ma il pensiero di quel ragazzo al suo fianco sarebbe rimasto in eterno: «avevo promesso a tua madre che ti sarei stato sempre accanto e che ti avrei protetto, ma non posso. Lui ha bisogno di me. Vedi, è un uomo che non potrebbe mai deluderci e che neanche un esercito o il Grande dio Malvagio lo potrebbero fermare. Sembra un bambino, ma è molto forte e molto saggio, lui è l’unico che può liberare questo mondo dall’oscurità e dovunque sarai Yuya, per quanto tu possa avere paura, io ti prometto che non sarai mai solo. Noi ti veglieremo» gli promise baciandogli dolcemente la fronte, il principino si lamentò, ma solo perché avvertì il dolore di Yugi nel dargli quello straziante addio: «resisti e abbi speranza, perché lui verrà presto a prenderti. È la persona più importante della mia vita e ti vuole molto bene. E’ un uomo valoroso che affronterebbe da solo mille eserciti per noi. Lui è il figlio di Aknamkanon, è il grande faraone Atem»
 
Non potevano più aspettare, il tempo stringeva. I due amici si abbracciarono salutandosi come se partissero per un viaggio. Dirsi addio sarebbe stato come ammettere che tutto sarebbe finito lì, mentre invece entrambi sapevano che ci sarebbe stato un seguito, specialmente Yugi che restò fermo qualche secondo a osservare la ragazza partire al galoppo via dal palazzo che stava cadendo a pezzi,  lontana dalla città.
 
«addio Black Magician Girl» mormorò e stava per dare l’addio definitivo anche al suo caro nipotino, quando lo vide, lo vide nel futuro al suo fianco combattere  e dimostrare tutta la grinta che si aspettava dal figlio di Tuya e corresse il suo saluto: «arrivederci»
 
Non poteva più tergiversare, aveva già visto Zork nel palazzo, là dove Atem e i sacerdoti erano soliti allenarsi, doveva sbrigarsi prima che fosse troppo tardi, ma un momento di sfasamento la gettò a terra. Non vedeva nulla se non l’oscurità più totale e la testa pesante
«non adesso» mormorò mentre lentamente la vista gli tornava permettendogli di accorgersi dello scrocio di sangue che gli scivolava dal naso costringendolo a coprirlo con la mano per bloccare l’emorragia: «non ora. Miei dei vi prego, concedetemi ancora un po’ di tempo, lasciate che salvi la luce d’Egitto» pregò facendo appello a quelle forze che ormai non aveva più per risollevarsi e riprendere la corsa. Avrebbe dovuto percorrere l’intero palazzo perché l’arena d’allenamento era alla parte opposta e per di più avrebbe dovuto girare tutto il perimetro del palazzo perché la via diretta era stata fatta crollare dal mostro delle tenebre che si faceva chiamare dio.
 
Quell’aria gelida che rendeva quelle tenebre ancora più cupe, la pesante presenza di Zork che incombeva su di loro resero Atem ancora più nervoso. Seth, il suo amico Seth era lì di fronte a lui con la Barra del Millennio tra le mani, quegli occhi spenti e assediati dalla tenebre che il dolore per la morte di Kisara e la scoperta del suo vero padre avevano fatto entrare in lui.  Rideva, sapeva di poter vincere, Atem era ferito e debole, mentre lui poteva contare sull’immenso potere di Zork.
 
«il regno sta sprofondando. Non ti resta più nulla. Sei un re vuoto» lo schernì, ma non furono quelle parole a ferire Atem quanto il fatto che avesse ragione, per quanto si fosse ostinato ad essere più forte non era riuscito a proteggere la sua gente. Aveva ancora una possibilità, sconfiggendo Zork avrebbe evitato una catastrofe altrimenti già segnata.
«faraone, è qui che ti abbatterò! » esclamò il sacerdote evocando sulla tavola di pietra alle sue spalle l’anima di Kisara, il Drago Bianco: « ti sconfiggerò e mi prenderò la prova che farà di me il nuovo re di questo mondo. Governerò incontrastato sul mondo che Zork creerà per me! » esultò  dimostrando quanto a fondo si fossero insinuate le tenebre, quanto la volontà di Aknadin si fosse insinuata in lui: «è in gioco il tuo titolo e la tua vita faraone, accetti o fuggi da codardo quale sei »
«Seth…» mormorò il re che davvero non avrebbe mai voluto quel combattimento all’ultimo sangue a cui veniva costretto, ma se ancora c’era una possibilità di riportare la luce, allora doveva accettare
«sai si dice che il simbolo di un vero re sia avere un dio come compagno. Ti proverò che gli dei sono dalla mia parte! La creatura che vive in questa tavola di pietra è il Drago Bianco! Il dio più potente di tutti! » esclamò mostrandogli la potenza di quella creatura che di colpo, attirata dal ba offerto dal sacerdote, uscì allo scoperto mostrandosi in tutta la sua luce e potenza
«Seth ora smettila! Torna in te! Dobbiamo sbarazzarci di Zork e ricostruire il nostro regno!» gridò ricordandogli  quali erano i suoi doveri come sacerdote e come effettivo figlio del fratello dell’ex sovrano. In fondo loro erano parenti, cugini. Il benessere del regno doveva stare tanto a cuore a uno quanto all’altro .
«è inutile insistere faraone» tuonò da dentro Seth la cupa voce del Sacerdote delle Tenebre:« Zork ha confluito in me tutta la sua forza oscura per permettermi di diventare il nuovo re! »
In qualche modo Atem intuì che in tutto quello c’entrava  Aknadin, forse dallo sguardo perso e folle del ragazzo di fronte a lui. l’aveva soggiogato. Ignorava che nel momento in cui Aknadin uccise Kisara, Seth lo ripagò con la stessa moneta e fu allora che l’anima oscura del sacerdote si insediò nel figlio appoggiandosi allo sconforto per la perdita della fanciulla.
 
«hai perso la ragione! »
 
Accecato dalle tenebre, Seth aveva completamente perso il contatto con la realtà e quegli occhi spenti e vacui  ne erano la prova più evidente.
 
«devo sconfiggerti per diventare il re delle tenebre! » insistette ancora.
«figlio mio , è giunto il momento di compiere il tuo destino» gli bisbigliò all’orecchio il padre alimentando il male che cresceva in lui illudendolo di fare la cosa giusta, accecandolo con false verità per usarlo contro il faraone: «ora che sei padrone del potente Drago Bianco, nulla potrà impedirti di diventare re! » lo incitò ancora «avanti figlio mio! Fai a pezzi il faraone! Annientalo! »
«faraone combatti! » lo aizzò di nuovo
«Seth non farlo! Sei manipolato»
«osserva ciò che sta per succedere! La potenza del mio dio, colui che è capace di fare vacillare il cielo! » urlò Seth mentre il Drago da lui evocato si stagliava nel cielo rischiarando le tenebre mostrando in tutta la sua potenza. Oltre agli dei egizi, Atem non aveva mai visto nessuna creatura tanto potente, se solo Seth fosse stato in sé avrebbe potuto indirizzare un simile potere su Zork e sconfiggerlo una volta per tutte, ma il Dio Malvagio si era visto bene dal lasciarsi scappare l’opportunità di fare proprio quel potere immenso.
Il drago dagli occhi blu tornò al fianco del suo maestro puntando il faraone che si dovette coprire gli occhi di fronte a quell’aura luminosa.
Non ho scelta…
Era in gioco il destino del mondo, non poteva lasciarsi andare «Mahad, io ti evoco! »
Sulla tavola di pietra alle sue spalle s’impresse l’immagine del mago che un attimo dopo appare d’innanzi al suo re per proteggerlo
«il drago bianco! »  si sorprese l’incantatore parlando telepaticamente al suo re: «credo che abbia il potenziale per misurarsi con gli dei» ammise dando ragione ai pensieri di Atem e alle parole insensate di Seth: « le tue energie sono allo stremo, non sei in grado di evocare un dio purtroppo» dovette constatare con rammarico.
«Mahad, colpisci la tavola di pietra, non il drago» gli ordinò allo stesso modo il faraone. Distrutta la tavola, il drago sarebbe svanito e forse anche il controllo che Zork aveva sul sacerdote
«Drago Bianco annientalo! » Seth non si fece attendere, partì all’attacco e un raggio luminoso uscì dalle fauci del suo fedele servitore dirigendosi verso il mago di Atem.
«concentrerò tutte le energie che mi restano in quest’attacco» . disse Mahad evitando il raggio distruttivo del drago e lanciando una mado-ha contro la tavola di pietra.
Un sorriso soddisfatto si era già dipinto sui volti di Atem e Mahad, ma il ghigno di Seth li costrinse a retrocedere.
 
«credevi davvero di poter distruggere la tavola del mio Drago? » rise fissando invece quella alle spalle del faraone: «troppo tardi »
Proprio come aveva programmato Atem, anche Seth aveva ordinato al suo Drago di fare a pezzi la tavola del mago. Mahad si era mosso in ritardo e il suo attacco svanì nel momento in cui la tavola in cui era sigillata la sua anima andò in pezzi procurando un gran dolore al faraone. Quel legame lo piegò in due dal dolore, sentì una fitta al cuore che lo lacerò e un grumo di sangue risalirgli violentemente  l’esofago schizzandogli fuori dalla bocca.
 
«Mahad! » gridò con quel filo di voce che aveva non appena si rese conto di aver perso l’amico
«hai perso il tuo servitore» rise Seth mostrando il suo fedele drago ancora al suo fianco:«questa situazione è degna di un re inutile come te! » sbraitò con l’euforia del momento e la follia che Aknadin aveva insinuato in lui: «è finita! Tu Atem, figlio di Aknamkanon raggiungerai presto tuo padre. In quest’attacco concentrerò tutto il potere delle tenebre e il mio odio per te! »
Atem, che mai aveva perso il sangue freddo, continuò a fissarlo negli occhi e si mosse in avanti di qualche passo: «Seth, riesci a sentirmi? » sperava di raggiungere la vera anima di Seth, sperava di essere sentito: «anche se io dovessi morire e questo mondo cadere sotto il dominio delle tenebre, questo non farebbe di te un re» disse con tutta schiettezza per renderlo conscio dell’inganno a cui l’aveva posto Zork :«sai bene che non ho mai desiderato succedere mio padre, ma un giorno lui mi fece comprendere una cosa. Ognuno di noi ha uno scopo nel mondo e il mio è quello di proteggere la mia gente e le persone che amo! » gridò riuscendo a toccare un tasto dolente nell’animo del sacerdote: «credevo che anche tu avessi questo compito. Entrambi abbiamo fallito. Abbiamo perso entrambi chi più amavamo, ma questo non è un buon motivo per lasciarsi andare alle tenebre! Seth, devi lottare ! Credi davvero che cedere sia la cosa giusta? Vuoi davvero essere un falso re di un mondo morto? Ti senti pronto a ricevere questa luce, Seth? Saresti capace di brillare con il rimorso che rode la tua anima? » parlava a lui come avrebbe parlato a se stesso, gli rimproverava la sua debolezza come suo padre, al tempo, aveva fatto con lui. Certo anche che la perdita di cui parlava Atem era ben diversa, non sapeva nulla di ciò che era accaduto a Yugi in quelle ultime ore, sentiva di averlo perso perché sapeva che non sarebbe uscito vivo da quella guerra.
«inutile discutere. Faraone, tu morirai! » tuonò Aknadin incrementando il potere malefico sulla mente debole del sacerdote e imponendogli di attaccare: «Drago bianco, distruggi il faraone! »
 
Né Seth, né il suo drago si mossero e la cosa sorprese tutti moltissimo. Era immobile, come di pietra, ma una pietra molto luminosa. Aknadin gli ordinò ancora di combattere e attaccare, ma fu inutile, il drago svanì nel nulla e la sua immagine si cancellò dalla pietra sotto gli occhi attoniti dei tre testimoni.
Riapparve nell’animo tormentato del sacerdote, totalmente succube delle tenebre e di quella figura oscura che si ostinava a prendere le sembianze di Aknadin per trarlo ancora in inganno. Quella luce, però, accecò  le tenebre, colpì al cuore Seth, lo avvolse con il suo calore in un dolcissimo abbraccio .
La splendida figura longilinea e luminosa di Kisara apparve davanti ai suoi occhi con quell’amabile sorriso
 
«nobile Seth» lo chiamò con un filo di voce così delicato da non sembrare nemmeno una voce umana, così calmo e appagante da spingere Seth a guardarla, la sua luce non lo accecò, ma lo invitò a guardarla meglio, quei lineamenti così delicati, quegli occhi grandi e blu come lapislazzuli, la chiamò, pronunciò il suo nome cercando di afferrarla. Sembrava vicina e anche lontana, la sua mano non la raggiunse. Udì ancora quella voce delicata: «non lasciarti influenzare dalle tenebre» lo pregò posando una mano sul suo volto. Di colpo la trovò lì di fronte a sé, quella piccola mano morbida e così calda su cui si abbandonò per qualche secondo.
Se loro erano avvolti nella luce, tutt’attorno le tenebre ancora si facevano minacciose, quell’opprimente figura li minacciava, ma bastò la loro forza d’animo, quella di Seth e del suo ka che gli sarebbe stato fedele in eterno, in qualunque vita, a mandarlo via a ridurlo in briciole.
 
«Seth! » esultò Atem
 
Gli occhi di Seth tornarono normali, vivi e luminosi. Era debole e a fatica si reggeva in piedi, ma almeno stava bene. Per il momento.
 
«Seth, la tua mente mi appartiene! » l’urlo di Zork risuonò ovunque. Un’ombra con le sembianze del Sacerdote delle Tenebre abbandonò il suo corpo materializzandosi al fianco di Zork che finalmente giunse in quel luogo, pronto a cibarsi dell’anima del re. La terra tremò e un’ondata di gelo li travolse. C’era ancora un briciolo di tenebra in Seth, come in tutti gli esseri umani del resto, ed essendo debole, non fu difficile prendere possesso ancora una volta del suo corpo, anzi l’intero Zork confluì in quell’entità che ancora somigliava al Sacerdote delle Tenebre aizzando Seth contro il suo faraone
Non poteva, non voleva perdere contro un insignificante essere umano, Seth era la persona giusta per portare a termine un tale compito. Lottò e si dimenò, tentò in ogni modo di opporsi al volere di quel mostro,era avvolto da scosse nere, tenebra che cercava di possederlo e per quanto il sacerdote tentasse di resistere, non ce la face. Il Drago Bianco era svanito e non fu in grado di evocarlo, non riuscì a raggiungere la sua luce per liberarsi ancora una volta.
Zork vinse. Il volto di Seth si fece ancora più cupo, più minaccio e spaventoso, gli occhi completamente neri e un ghigno terrificante su quel volto scuro
 
«Seth…»
«faraone preparati a morire! »
 
Nessuna esitazione. Liberò la Barra del Millennio dal fodero e si lanciò contro di lui con tutta la forza che aveva. Mirava al suo cuore.
Un colpo, un solo colpo dritto al cuore e sarebbe morto. Era indifeso, disarmato e pietrificato, non sarebbe fuggito, non ne avrebbe avuto modo, nessuna via di fuga da una morte certa.
 
La lama affondò nella carne, trovò resistenza, ma andò comunque a fondo.
Un urlo soffocato.
Le tenebre svanirono di colpo dalla mente di Seth che, per lo shock, riuscì a liberarsi rendendosi conto di ciò che aveva appena fatto.
 
 
Yugi correva, i suoi passi risuonavano nel corridoio deserto, gli ansimi , i gemiti. Le gambe gli dolevano, gli sembrava di correre sui carboni ardenti talmente bruciavano i piedi.
Ormai non respirava più se non qualche boccata con la bocca completamente asciutta e il petto che gli stava per esplodere. Era un bagno di sudore eppure aveva il corpo pervaso da brividi, il viso rigato di lacrime e una copiosa quantità di sangue che scorreva lungo il naso e le orecchie, lungo il collo e giù sulle clavicole fino a insinuarsi lungo le braccia, gocciolando a terra, lasciando scie rosse, schizzando sui muri. Ogni tanto si puliva il volto con la mano, ma non si fermava. I capelli gli volavano dietro la schiena assieme al mantello color cobalto.
Aveva perso una scarpa e presto perse anche l’altra.
 
Le urla di Seth rimbombavano fino a lui e anche quelle di Zork. Li sentiva, erano vicini, lui era vicino.
Li vide, Seth con la barra tra le mani, la lama tesa, Atem di fronte a lui incapace di muoversi e quell’essere con le sembianze di Aknadin che imponeva la sua opprimente presenza.
Una visione, il futuro che si faceva sempre più imminente. La sua mano, la mano di Yugi che si tendeva e prendeva quella del suo Mo Hitori no Boku, che la stringeva, per quanto evanescente ne sentiva il calore e anche lui avvertì quella meravigliosa sensazione.
Socchiuse gli occhi un momento e corse ancora più veloce.
 
Si era lanciato all’attacco, Seth aveva attaccato e la sua lama colpì un cuore, ma non quello del faraone.
 
Yugi corse tra loro e nemmeno dovette arrestare la sua corsa, la lama della barra lo fece per lui. Rivolto ad Atem che nemmeno si rese conto di quanto stava accadendo, si piegò in due dal male quando il pugnale gli penetrò la schiena sbucando dal suo petto e dovette ancora trattenerlo, era talmente vicino al faraone che se non l’avesse fatto la lama avrebbe trafitto anche lui. Strinse i denti e prese quella punta tra le dita arrestando la sua avanzata.
 
Persino Zork rimase scioccato da quel colpo di scena, tanto che perse il controllo di Seth che al risveglio, si ritrovò con le mani imbrattate del sangue del suo principe, cosciente di essere il colpevole di tutto. Si tirò indietro sfilando la lama da quel corpo lasciandola cadere a terra.
Il dolore fu tanto e Yugi arcuò la schiena all’indietro soffocando il suo urlo. Un passo in avanti e, ancora con le mani strette al petto, cadde tra le braccia di Atem senza proferire parola.
Sentendolo posarsi su di lui allungò le braccia avvolgendolo e adagiandolo delicatamente a terra.
 
Se Seth era sotto shock, Atem lo fu ancora di più. Così pallido e immobile tra le sue braccia, mentre fiumi di sangue fluivano da quella ferita ricoprendo il pavimento sotto di loro impregnando i suoi vestiti macchiando la sua pelle.
 
«Hnm…» gemette nel momento in cui realizzò quanto era appena accaduto.
 
Yugi era sveglia e cosciente e usò quelle poche forze per sfiorargli la guancia, per sentire ancora la sua pelle calda e vellutata. Atem la prese e la tenne stretta contro il suo volto.
 
«Atem…» mormorò con un tono così flebile di voce da risultare quasi impercettibile.
 
Al terrore stava giungendo il panico, doveva fare qualcosa, bloccare l’emorragia, premette contro la ferita, ma era inutile e lo sapevano tutti.
 
«cosa…cosa ci fai qui? »
«io non… non potevo abbandonarti…»si giustificò con un dolce sorriso, ma poi l suo viso si deformò in una smorfia: «Atem… ho freddo» gemette cercando di guardarlo nonostante la vista si annebbiasse sempre di più.
 
Fu un attimo e il faraone si privò del proprio mantello color porpora per coprirlo, avvolgerlo e scaldarlo, stringendolo ancora più forte per dargli il suo calore.
 
«andrà tutto bene… devi solo…» mormorò con un bruttissimo sorriso forzato.
 
Erano scuse, nulla sarebbe andato bene, parlava solo perché era forte, ma era pur sempre umano, un umano il cui cuore era stato fatto in due da una lama affilata.
 
«siamo stati felici. Tu ed io. il giorno in cui ci siamo incontrati» sorrise ricordando con gioia quel giorno:« Atem, abbiamo ancora una partita in sospeso» sorrise lasciando scivolare le dita su quel viso che si contraeva a ogni sua parola.
«esatto! Abbiamo ancora una partita da concludere! Resisti, non arrenderti» urlò disperato.
«la concluderemo» gli promise: «io l’ho visto. Passerà un po’ di tempo, ma staremo di nuovo insieme. Solo tu ed io» singhiozzò ricominciando a piangere: « vita mia, combatti, non arrenderti»
«non ce la faccio da solo! Yugi non morire! » urlò stingendo ancora più forte quella mano scuotendolo e pregandolo con tutto il cuore: «non morire ti prego! Ho bisogno di te… »
«il fatto è che come ti ho incontrato in questa vita, grazie ad un gioco, io ti incontrerò di nuovo» gli spiegò: «noi siamo destinati a incontrarci ancora e ancora, per l’eternità. A scoprirci e desiderarci ogni volta, legarci per la vita»
«Hnm…»
«Atem, Atem. Il tuo nome, così bello, così dolce. Sei sempre stato una parte di me, hai sempre sentito ciò che c’era in me, hai sempre letto nel mio cuore come se fossi una parte di me. Il mio prezioso Mo Hitori no Boku» sorrise: «siamo stati compagni nella vita, uniti da un legame indissolubile che presto prenderà forma» aggiunse posando lo sguardo sul puzzle appoggiato al suo ventre insanguinato.
«Hnm…» non riusciva a dire altro, si sentiva morire, il dolore al petto era lancinante e lui con quell’addio straziante non lo aiutava.
«Aibo…compagno…» lo volle correggere, voleva sentirglielo dire, sentirsi chiamare in quel modo prima che accadesse con il nuovo Yugi.
«Aibo» ripeté Atem che faticava a trattenere le lacrime.
«stringimi, ti prego» lo pregò in lacrime, cercando ancora una volta il calore che ormai faticava a sentire. Lo fece, il faraone avvolse il suo piccolo Yugi in una stretta che quasi gli tolse il respiro.
«non morire, Yugi! » si disperò: «che farò senza di te?! Hnm! » urlò cercando la sua bocca baciandola, sperando, con quel gesto di infondergli vita, ma non servì a nulla, fu solo un addio ancora più doloroso perché ad attenderlo, quando lo lasciò, vi fu un viso sorridente, sfregiato e rigato da sangue e lacrime ad attenderlo, pronto a salutarlo per sempre.
«arrivederci mio Atem… Io… ti… aspetterò…»
 
Quel dolce tocco svanì, scivolò verso terra e sbatté contro il pavimento. Fu un suono flebile, ma nelle orecchie del faraone fu un boato insopportabile. Di colpo quegli occhi d’ametista che adorava con tutta l’anima gli si preclusero per sempre sotto alle pesanti palpebre dalle ciglia nere e la testa posata alla sua spalla si riversò indietro.
 
«Hnm…» lo chiamò ancora scuotendolo, ma senza ricevere risposta, si corresse subito come fosse potuto servire: «Aibo…»
 
Lo fissò intensamente, il mantello porpora che ricopriva il suo corpo. La visione, l’aveva visto, il presagio di allora che si avverava senza riuscire a impedirlo.
 
«Yugi… » singhiozzò a denti stretti, ormai incapace di trattenersi, di trattenere qualunque emozione, le lacrime che scivolarono copiose lungo quel volto mischiandosi al sangue del ragazzo e ricadendo su di lui. Tentò di soffocare un urlo, ma non ci riuscì, faceva troppo male, così tanto da fargli mancare l’aria. Così tanto che alla fine esplose e la sua voce roca e distrutta dal dolore si propagò per tutta la terra di Tebe.
Un urlo disperato
 
«AHHHHHHH! »
 
Mana, a cavallo,
 si fermò e si voltò si scatto. l’aveva percepito. Aveva percepito la disgrazia e non riuscì a trattenere le improvvise lacrime che nemmeno si fecero annunciare.
«Yugi…»
Il bambino sentì tutto, sentì un dolce tocco sfiorargli il viso e ciò lo fece scoppiare a piangere, perché quello fu l’ultimo tocco di qualcuno che l’aveva amato, il tocco di un fantasma che gli stava dicendo addio.
 
Non respirava, annaspava, si sentiva soffocare, era paonazzo, ma non riusciva a smettere di piangere, le lacrime non volevano fermarsi, non aveva controllo su quel dolore che lo faceva urlare e singhiozzare facendo uscire versi incomprensibili. Lo stringeva, affondò il volto nel suo petto respirando il suo profumo, quel poco che ne restava.
 
«faraone…» mormorò Seth disorientato di fronte a quella disperazione, ma si corresse subito, quello non era il faraone, il dio sole Ra, era un uomo,  un ragazzo, il suo amico Atem distrutto da dolore: «Atem…» lo chiamò con un tono più alto.
Lo sentì e scostò il volto dal corpo del ragazzo.
«questa è la fine faraone Atem! Presto rivedrai il tuo amante perché lo seguirai nel mondo dei morti! Tutto si concluderà con la tua morte! » tuonò Zork che finalmente aveva smesso di sfruttare pedine assoggettate e costrette a ubbidirgli e mettendosi lui stesso in prima linea.
 
Atem adagiò delicatamente il corpo del suo angelo a terra coprendolo con il mantello e si rialzò tenendo la testa bassa, ormai non aveva più paura di farlo, non aveva davvero più nulla da perdere. Tremava stritolando la veste tra le mani così forte da ferirsi i palmi con le unghie.
 
«rialzati e guarda il tuo mondo sprofondare! Muori Atem! »  Zork era più che sicuro di aver vinto, non poteva immaginare  che proprio la sua voce, le sue parole raggiunsero l’animo tormentato del re facendo scattare quel qualcosa che gli impedì di arrendersi.
 
Atem. Atem. Atem.
Quel nome, lo odiava, lo tormentava, voci e persone che pronunciavano quel nome e ogni volta lo sentiva estremamente estraneo, non era suo, perché solo una voce l’aveva sempre pronunciato nell’unico modo in cui andava detto. Un tono dolce e amabile che usava quella parole come il nome di una persona, di un amico e non una specie di parola sacra.
Nessuno avrebbe più pronunciato quel nome in modo tanto gentile.
Strinse tra le mani il puzzle. Non aveva più forze eppure riuscì ad attivarne il potere, la luce dell’oggetto lo avvolse, quel potere divenne un tutt’uno con la sua anima imprimendo l’occhio di udjat  sulla sua fronte. Quell’aria gelida si scaldò tutto d’un tratto grazie all’aura dorata del faraone che sprigionò tutto il potere celato nel puzzle.
 
«Atem» Seth era stupefatto, lo osservava, gli occhi che brillavano, accecato dall’odio, con l’idea di non avere più nulla da perdere, quasi rossi come il sangue.
«Seth » lo chiamò con un tono calmo e piatto, la voce limpida come se nulla fosse accaduto: «questo è il tuo regno. Proteggilo »
 
Gli stava lasciando lo scettro, lo stava nominando suo successore. Il sacerdote non ebbe modo di ribattere perché non appena aprì bocca la risata rauca di Zork lo sovrastò.
«cosa credi di fare faraone?! »
«addio Zork» disse rivolto a quell’entità di tenebra.
«no, addio a te Atem! »
 
Volle disfarsi di lui personalmente, con le sue mani, che, come la lama affilata che aveva fatto a pezzi il cuore del principe, passò da parte a parte il corpo del re con una forza incredibile. La sua sola mano perforò il torace del ragazzo passando fin dall’altra parte, facendo a pezzi le sue viscere, lo dilaniò spargendo sangue denso e bollente ovunque.
 
Era finita, alla fine il dio malvagio aveva vinto, il giovane e coraggioso faraone aveva fallito miseramente, si era lasciato sconfiggere dall’emblema del male. Aveva fatto tutto il possibile per vincere e forse quella era stata la sua ricompensa. Lui era lì che lo aspettava, sorrideva e gli tendeva la mano. Era caldo, intorno a loro c’era un calore piacevole, solo luce calda che li avvolgeva dolcemente. Avrebbe voluto prendere quella mano, stringerla, sentirla e baciarla, ma non si mosse, lo osservò e basta, non era finita.
 
Un ghigno insanguinato si dipinse sul volto del re bambino che sollevò la testa, era assurdo pensare che fosse ancora vivo, ma forse era ciò che il puzzle poteva permettergli, mantenere viva la mente oltre le possibilità umane e con una mente viva, il corpo si sarebbe mosso di conseguenza. Il dio malvagio passava ancora il suo corpo e quando si accorse che Atem era ancora vivo, fu lui a spaventarsi, era solo un umano. Sollevò la testa afferrando saldamente quel braccio.
 
«Atem » tuonò, ma non fu il suo nome, bensì una formula magica, un sigillo eterno.
 
La luce del puzzle esplose e avvolse il faraone, così calda e pura da ferire il dio malvagio che cercò di liberarsi e allontanarsi, ma era come se lui e il faraone fossero divenuti una cosa sola.
Atem chiuse gli occhi pronto al suo destino.
Lui era ancora lì, nella luce che gli sorrideva, non si sarebbe mai ricongiunto a lui. lo attendeva l’eternità, ma da solo, intrappolato nell’oscurità di quel puzzle che nessun altro sarebbe più stato in grado di risolvere. Poi di colpo, trovò Yugi al suo fianco, le braccia attorno al collo e le labbra a pochi istanti dalle sue.
 
«Hnm,cosa fai? » mormorò sorpreso mentre tutto si compiva.
«io non ti voglio dimenticare…» mormorò, consapevole che, se fosse rinato, avrebbe dimenticato ogni cosa, sarebbero stati insieme, ma lui non l’avrebbe ricordato, mentre invece voleva farlo, voleva sapere chi era, cosa era e cosa era stato per lui: «insieme nella vita, uniti nella morte» mormorò unendo la sua anima a quella di Atem con un semplice e potente bacio.
«Mind Crush» un sussurro che scatenò tutto il potere del puzzle.
 
Le tenebre svanirono lasciando spazio al potere del faraone la cui anima, assieme a quella di Zork, andò in pezzi.
Il Puzzle del Millennio non resse, i pezzi che lo componevano esplosero impregnandosi delle anime dei due emblemi. Luce e ombra rinchiusi da lì all’eternità in quel gioco che nessun mortale avrebbe mai più risolto, almeno fu questo che Atem sperò nel momento in cui prese la sua decisione, in cui comprese qual era l’unica via per sconfiggere Zork.
 
Al termine di tutto, ciò che restò in quell’angolo del palazzo reale distrutto, in una città devastata, sotto il caldo sole che finalmente poteva tornare a riscaldare la terra, fu un corpo che cadde adagiandosi su quello dell’unica persona che aveva amato a tal punto da dare la propria vita.
Seth restò lì immobile a osservarli, sembravano sereni, insieme, uniti per l’eternità in un gelido abbraccio mentre i tasselli del puzzle giacevano sparsi attorno a loro.
S’inginocchiò d’innanzi a loro portando un rispettoso silenzio.
 
 
L’ultimo desiderio del faraone venne esaudito. Il faraone Seth salì al trono e ricostruì la città, regnò a lungo sotto l’ala protettiva del suo Drago bianco e fu un re saggio e giusto.
Il nome di quel giovane faraone fu scordato, ma nessuno dimenticò ciò che aveva fatto. La storia del valoroso re e del suo coraggioso principe fu raccontata e tramandata per generazioni e si sparse per tutto il mondo, fu d’ispirazione a cantastorie e scrittori, di loro si narrò in ogni modo. La storia cambiò, ma il sentimento che li univa restò sempre lo stesso. Omero, Shakespeare, Andersen e molti altri. Tutti loro narrarono di una dolce cenerentola, del coraggioso Romeo, della bella Aurora e della famelica bestia. Del valoroso Achille che vendicò l’adorato Patroclo. La leggenda di Apollo e Giacinto.
Ogni storia nascondeva un velo di verità e se riunite, se messi insieme tutti i pezzi del puzzle, allora si sarebbe potuta ricostruire la vera storia di due giovani amanti uniti per l’eternità da un filo invisibile e indistruttibile che nemmeno un dio malvagio sarebbe mai stato in grado di spezzare.
 
Ma se questa storia è cominciata con un ‘C’era una volta’ come tutte le favole, non finirà con un ‘… e vissero felici e contenti’. Perché la fine non c’è, questa è la storia infinita, la storia di due anime destinate a rincorrersi e rincontrarsi per l’eternità. A gioire, trovarsi, lasciarsi e scoprirsi ancora.
Questa è la storia del mio passato, un passato che ho scritto qui per non dimenticarlo, per non dimenticare chi sono stato e chi potrò essere
Un destino indissolubile che ci portò a incontrarci quel giorno, di fronte a quella scacchiera e che mi mise tra le mani la tua anima 3000 anni dopo.
Noi che abbiamo vissuto e siamo stati felici, noi che abbiamo lottato fianco a fianco per poi terminare quella partita che due bambini cominciarono molto tempo fa e con cui ti ho dato il riposo che tanto meritavi.
Atem ti ho aspettato per  tre millenni e se dovrà passare ancora una vita prima di poterti incontrare ancora, allora lo accetto, amerò e sarò amato, ma so che la prossima volta al mio fianco ci sarai solo tu, perché è così, sarà sempre così, sei l’altro me, il mio Mo Hitori no Boku e io sarò sempre e per sempre il tuo Aibo.
In qualunque epoca, qualunque sia il nostro aspetto, le nostre anime si cercheranno e si ritroveranno per l’eternità, per amare, combattere e amare ancora. Mio re, guardami vivere, guardami correre verso il futuro e scrivere la mia storia,  sii fiero di me e aspettami, un giorno noi saremo insieme e quel giorno io ricorderò ancora il tuo nome, ricorderò ancora il calore del tuo cuore e il sapore dei tuoi baci.
 
E forse, quel giorno non è poi così distante… ti sento, sento il tuo cuore battere in perfetta sincronia con il mio, odo i tuoi passi sempre più vicini. Sei qui, stai arrivando.
 

 
L’aria aveva smesso di essere una priorità ormai. Non poteva credere ai suoi occhi, era lì, davanti a lui, in carne e ossa.
Bello come allora, anzi di più. Il fisico forte e tonico come aveva sempre immaginato che fosse, la carnagione stranamente chiara. Lo sguardo felino e penetrante che si scaldava ogni volta che si posava su di lui, quegli occhi contornati da quelle ciglia lunghe e nere che risaltavano ancora di più sotto ai ciuffi dorati che gli accarezzavano delicatamente la fronte, quei lineamenti delicati e le labbra rosate che parevano così morbide, piegate in un tenero sorriso, che si erano appena mosse per salutarlo e gli avevano tolto il respiro.
 
Yugi si sentiva in uno stato di trans, stava perdendo tutte le forze, ma dovette reagire, dire qualcosa a quel saluto.
 
«B-Bentornato Mo Hitori…Atem» rigido come un pezzo di legno, la bocca impastata e vampate di calore che scuotevano il suo corpo lasciando uscire un saluto fin troppo formale. E il suo nome, non sapeva come chiamarlo, non era più lo spirito che divideva con lui il corpo, era una persona vera con un’identità e un nome tutto suo, che fare?
Gli tese la mano  e Atem la strinse.
Troppo formale, ma non riuscì a muoversi in altro modo.
 
Che dire? Come comportarsi?
 
Sentì tutta la tensione di Yugi attraverso la sua stretta di mano, forte e sicura, quanto titubante, sentì il fremito che lo percorse nel momento in cui si toccarono, l’umido della sua pelle che cominciava a sudare,  le pulsazioni sempre più rapide, ma andava bene, anche lui si sentiva così. Non sapeva esattamente che dire o fare, sorrideva per riflesso, lo guardava negli occhi, sempre gli stessi, grandi e dolci di quel colore così intenso, ma più maturi. Gli occhi di un ragazzo che aveva trovato la sua strada, che era cresciuto. Lo osservava, così bello, più di quanto ricordasse. Era Yugi.
 
Improvvisamente le labbra del giovane Muto smisero di sorridere e si piegarono in giù, in una smorfia quasi buffa, se non fosse stato per il rossore che colorò le sue gote  e gli occhi che lentamente si gonfiarono sempre di più, sempre più lucidi e velati.
Cercò di trattenersi, ma alla fine scoppiò, non riuscì a resistere, il suo cuore cedette facendolo esplodere in un pianto soffocato che lo spinse a buttarsi tra le sue braccia, cingendogli la vita con forza e affondando il viso nel suo petto. Fu totalmente incapace di darsi un contegno.
 
Atem poté capirlo e a sua volta lo strinse in un tenero abbraccio sfiorandogli la nuca con un palmo, accarezzando quella chioma scura.
Scosso dai singhiozzi, Yugi sembrava non riuscire a calmarsi, non parlava, ma piangeva e tremava.
 
«va tutto bene» gli soffiò all’orecchio il faraone, ma non servì a nulla.
«Aibo è  tutto ok» ripeté.
Forse la seconda volta lo convinse a calmarsi, ci provò scostandosi da lui, i singhiozzi ancora lo scuotevano e due grossi moccoloni scivolavano dal suo nasino mischiandosi alle lacrime.
 
«Aibo…»
«s-sei tornato…» si sforzò Yugi ricacciando indietro i singhiozzi.
Ricevette in risposta solo un cenno che gli scaldò il cuore facendolo tornare a sorridere, benché le lacrime non volessero saperne di fermarsi.
Lo vide farsi serio di colpo sfiorandogli una guancia per asciugare quelle brutte lacrime e prima ancora che Yugi potesse rendersene conto, Atem l’aveva tratto a sé fermando definitivamente quei singhiozzi nell’unico modo in cui avrebbe potuto farlo. Con il bacio che entrambi sognavano di scambiarsi da tempo immemore, che li tenne vicini per minuti interminabili, finché lo stesso Atem venne contagiato dall’emozione del suo compagno permettendo a poche lacrime di sfuggire al suo controllo.
Essere lì, con Yugi, finalmente insieme, riempì il suo vecchio cuore di sentimenti così forti che non resse e anche quando lasciò andare le sue labbra, non volle allontanarlo, ma lo strinse ancora più forte di prima ripetendo il suo nome, dicendogli che era tornato e che non se ne sarebbe andato mai più.
 
Era tornato a casa, dall’unica persona con cui avrebbe voluto passare il resto di quella seconda vita che gli era stata offerta e nessuno gli avrebbe portato via quell’opportunità, mai più avrebbe lasciato andare la sua mano, mai più gli avrebbe detto ‘addio’ .



 
 END



No! non sto piagendo, mi è solo entrato qualcosa nell'occhio....' sniff sniff'
è finitaaaa

Bien...
Allora parto ringraziando tutti quelli che hanno seguito questa storia, chi attivamente, chi più chi meno... tutti quelli che ci hanno buttato un occhio. ringrazio masaya che ha pazientemente corretto e betato 36 capitoli e mi ha aiutata con la stesura di alcuni.
Chissà, magari un giorno tornerò a scrivere, di certo vi do appuntamente al 6 giugno per lo Yugi day, intanto corro ad appostarmi su twitter che i jappi sembrano già in coda con i biglietti alla mano... non dico di volere tassativamente un bacio di riconciliazione, ma almeno un abbraccio e tante lacrime sì!
Forza! riunite questi oggetti e ridate a yugi il suo faraone! <3

A presto minna!
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3357546