Raised by the Gallavich

di HollyMaster
(/viewuser.php?uid=194435)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** His first fucking word was Ian ***
Capitolo 2: *** Nobody punch a fucking Milkovich ***
Capitolo 3: *** I'm potty trained, motherfuckers ***
Capitolo 4: *** Nights are made for fucking sleep ***
Capitolo 5: *** Milkovichs fucking need Gallagher ***
Capitolo 6: *** Fuck the police ***
Capitolo 7: *** Being a badass ***
Capitolo 8: *** A Milkovich is ashamed ***
Capitolo 9: *** Fucking scared ***
Capitolo 10: *** Naked girl in the Milkovich house ***
Capitolo 11: *** A fucking giant ***
Capitolo 12: *** Someone pierced his tounge ***
Capitolo 13: *** Fucking first times ***
Capitolo 14: *** Breakfast of champs ***
Capitolo 15: *** Sick as fuck ***



Capitolo 1
*** His first fucking word was Ian ***





His first fucking word was "Ian"

 

Mickey corrugò le sopracciglia cercando di serrare le palpebre, per impedire ai raggi di sole di svegliarlo completamente.
Poco dopo qualcuno bussò alla sua porta. Mickey non rispose, forse avrebbero pensato che dormisse ancora. I pugni contro la porta, però, si fecero solo più forti e rumorosi.
-Arrivo, arrivo. Fanculo!- Urlò il ragazzo mentre si massaggiava il viso con una mano, nel tentativo di svegliarsi.
-Come vuoi tue uova?- Chiese la voce dal forte accento russo dall'altra parte della porta.
-Come cazzo ti pare!- Rispose lui mettendosi a sedere sul letto. Si passò una mano tra i capelli spettinandoli ancora di più, per poi allungarla verso la bottiglia di birra che aveva appoggiato sul comodino la sera prima. La portò alle labbra e ne sorseggiò il contenuto. Non c'era niente di meglio di prima mattina. A parte un pompino di Ian. Cazzo, gli era venuto duro solo a pensarci. Si alzò tentando di pensare ad altro. Posò nuovamente la bottiglia sul comodino, al fianco del posacenere che conteneva fin troppi mozziconi di sigaretta. Si massaggiò una spalla con la mano per poi sfiorare il tatuaggio che gli ricopriva il petto.
"Ian Galagher"
La stupidata più seria che avesse mai fatto. Il suo tatutaggio era perfettamente come l'uomo che amava. Non perfetto ma indelebile.
Come Ian.
La sua reclusione in prigione era stata dura per tutti. Era riuscito a farsi dare la libertà vigilata. Il giudice aveva acconsentito a concedergliela dopo che l'avvocato aveva tirato in ballo il piccolo Yevgeny e il fatto che Svetlana fosse disoccupata. E tutto ciò faceva di Mickey l'unico familiare in grado di lavorare e garantire uno stipedio con cui pagare le tasse.
Mentre lui era dentro la russa era riuscita, insieme a Kevin, a riaprire il Rub n'Tug, anche se adesso voleva essere trattata da socia, alla pari. Si era sparsa la voce che le ragazze di Sasha fossero portatrici di chissà quali malattie genetiche e incurabili dato che provenivano da Chernobyl, voci che Carl aveva giurato di non aver messo in giro.
Mickey indossò una canotta abbandonata sul fondo del letto per poi uscire dalla camera.
Tutti erano già in piedi da diverso tempo, e non c'era da stupirsi.
-Buongiorno dormiglione. E' la vecchiaia che ti fa dormire così tanto?- Lo salutò Ian, intento a imboccare Yev, che non appena lo vide spuntare in cucina rise sonoramente.
Per tutta risposta Mickey alzò il dito medio in direzione del rosso mentre si avvicinava al piccolo e gli scoccava un dolce bacio sui pochi capelli che spuntavano sulla sua testa.
-Adesso sì che sono geloso.- Si finse offeso Ian continuando a puntare il piccolo cucchiaio di plastica contro la bocca di Yev.
Mickey raggiunse il bancone della cucina per afferrare la caffettiera e riempirsi una tazza di quel liquido amaro.
-Oggi apro io.- Gli diede il buongiorno Svetlana mentre toglieva una teglia piena di uova dal forno.
-Tu non uscire da casa o marchingegno infernale suona e sbirri portano via te.- Aggiunse mentre Ian allungava il collo per controllare cosa la russa avesse appena preparato. Lui adorava quel piatto e lei si sentiva apprezzata tutte le volte che vedeva il suo viso illuminarsi ad una sua pietanza.
Mickey annuì abbassando lo sguardo sulla cavigliera che adornava la sua gamba. Ancora per qualche giorno non avrebbe potuto abbandonare casa Milkovich, dopodichè, solo quando il tribunale gli avrebbe dato l'okay, avrebbe potuto trovare un lavoro, più o meno legale. Doveva stare attento adesso che era in libertà vigilata se non voleva tornare dentro e ritrovarsi ad essere la puttanella di qualche armadio ambulante. E non lo voleva, cazzo.
Voleva Ian. E alla fine nemmeno il bambino e Svetlana erano male.
-Da quando ti importa di me esattamente?- Chiese il moro alla moglie con il solito tono ironico.
-Da quando aiuti con piccolo Yevgeny.- Rispose lei afferrandolo per la canottiera e tirandolo verso di lei per stampargli un dolce bacio sulla guancia.
-A dopo piccolino.- Aggiunse dando una carezza al figlio per poi posare gli occhi sul rosso e fargli un occhiolino complice, salutandolo: -Carotino.-
Mickey si buttò su una sedia con poca grazia e la tazza fermamente attaccata alla mano. Aveva bisogno di quel caffè o tough guy avrebbe cominciato seriamente a chiamarlo nonno.
Il tonfo con cui Svetlana chiuse la porta alle sue spalle fece sussultare Yev e sorridere Ian che tentava di imitare il rumore di un elicottero con la bocca.
-E' questo che ti hanno insegnato nel fottuto esercito?- Domandò ironico Mickey.
Ian, che sembrava non averlo sentito, si portò una mano alla nuca. -Le medicine, cazzo!- Urlò prima di alzarsi velocemente per correre in quella che era diventata la Loro camera da letto e raggiungere il comodino dove teneva il litio e tutte le altre pillole che gli strizzacervelli gli avevano prescritto.
Yev sgranò gli occhi sorpreso dalla furia con cui il rosso si era alzato. Aprì la bocca e inalò una grande quantità d'aria, riempiendosi i piccoli polmoni prima di gridare con tutta la preoccupazione che aveva in corpo: -IAAAAAN!-
Mickey lo guardò incredulo alzandosi rapidamente dal tavolo, ma non prima di averci sonoramente sbattuto una mano sopra.
-Cazzo! Non ci credo, la sua prima fottuta parola è Ian!- Urlò indicando l'altro che era appena rientrato in cucina con un felicissimo sorriso sulle labbra.
-Fanculo.- Aggiunse subito dopo Mickey alzando il dito medio a Ian che continuava a fissare gioioso il piccolo che lo ricambiava con un sorriso sdentato che era spuntato sul suo volto non appena lo aveva visto varcare la soglia.
-Sono il suo papà preferito, vero Yev?- Affermò Ian avvicinandosi al bambino per pizzicargli leggermente una guancia paffuta.
Yevgeny continuava a emettere quella sua risata cristallina e acuta mentre Mickey aveva piazzato sul suo volto un broncio apatico.
-Io mi faccio il culo per voi e mi ripagate così?- Disse il moro mentre con l'indice puntualizzava le sue parole.
-Beh, Yev, dobbiamo ammetterlo, il suo culetto ce lo da.- Lo provocò Ian avvicinandosi a Mickey con uno sguardo malizioso negli occhi che ancora brillavano di felicità.
Mickey sorrise. Quello era tutto ciò che avrebbe perso finendo in prigione e non poteva permetterselo. Proprio mentre stava per poggiare le labbra su quelle dell'altro un nuovo grido di Yev li fece bloccare: -Cuetto. Cuetto. Cuuueeettooo.- Continuò a ripetere con ingenua ilarità.
-Questa la spieghi tu a Svetlana.- Si limitò a precisare Mickey prima di lasciarsi andare ad una risata liberatoria.




L'angolino di Holly
Salve :)
Diciamo prima di tutto che avevo bisogno di creare un futuro per questa famiglia, anche se il canon non esaudirà ma i miei poveri desideri, e quindi ecco qua questa raccolta.
Le storie non saranno in ordine cronologico, quindi potrebbe essercene una in cui Yev è un adolescente seguita da una in cui è nuovamente un neonato. Nonostante questo le storie potranno essere ordinate secondo la cronologia in un secondo tempo. E' possibile che in una storia dove Yev è più grande si faccia riferimento, per esempio, a questa One Shot. Quindi esiste un filone cronologico generale e ci salterò in qua e in là. Spero si sia capito qualcosa xD

Queste Shot iniziano da dopo la 6x01 (dimentichiamocela quella puntata che è meglio), in un universo alternativo, in cui Mickey è andato in prigione per tentato omicidio (Sammi la uccido io tra un pò), ma adesso gli è stata concessa la libertà vigilata. Una volta tornato a casa anche le cose con Ian si sono sistemate anche perchè lui sta prendendo le medicine, questo non significa che non avrà più attacchi o crisi ma saranno più brevi e meno violente. E non potevo tenere fuori da tutta questa storia Svetlana, perchè quella donna mi fa morir dal ridere, e quindi è stata proprio lei a riaprire il Rub n'Tug.
Se avete idee su situazioni che potrebbero succedere o che vi piacerebbe vedere in questa famiglia disfunzionale, promptate pure :)
Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere.
Grazie a tutti per aver letto ♥ 
HollyMaster

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Nobody punch a fucking Milkovich ***





Nobody punch a fucking Milkovich

 

Mickey era steso in malo modo sul divano. Una sigaretta tra le labbra, una bottiglia di birra in una mano e il telecomando con cui continuava a fare zapping nell'altra.
Il fottuto vuoto per la testa come non gli capitava da tempo.
Ian era probabilmente sotto la doccia dopo l'ennesima sessione di sesso che avevano avuto poco prima. Aveva borbottato qualcosa sul farsi trovare pulito quando Yev sarebbe tornato da scuola. Ma a Mickey non importava, amava sentire ancora sulla sua pelle il sudore di sè e dell'altro mescolati insieme.
Il moro poggiò la bottiglia di birra sul tavolino davanti a sè per poi afferrare la sigaretta tra l'indice e il medio e allontanarla dalle labbra.
Proprio in quel momento la porta di casa Milkovich si aprì e uno stranamente timido Yevgeny entrò fissando il pavimento.
Mickey lo guardò stranito. All'inizio pensò si fosse offeso perchè nessuno si era presentato a prenderlo da scuola. Ian lo aveva suggerito ma Mickey era riuscito a convincerlo che rimanere a casa con lui sarebbe stato molto più eccitante e divertente presentandosi con quella camicia hawaiana che era l'unico a credere fosse fottutamente sexy. Il rosso non appena lo aveva visto, infatti, era scoppiato in una risata cristallina che, però, non gli aveva impedito di abbassarsi i pantaloni in un tempo quasi da record.
Mickey seguì con lo sguardo il figlio che mogio si dirigeva in bagno senza mai alzare lo sguardo dal pavimento.
-C'è quel pazzoide di Ian in bagno!- Esclamò il moro per avvisare il figlio che si fermò davanti alla porta del bagno per esalare un profondo sospiro.
Yevgeny si voltò e si diresse dal padre facendosi finalmente guardare da lui.
Il suo azzurrissimo occhio destro era visibilmente contornato da un gonfio livido viola. Il sopracciglio era ancora sporco di sangue e una striscia rappresa raggiungeva lo zigomo arrossato.
Mickey notò che anche l'altro occhio era arrossato e gonfio, il ragazzino aveva sicuramente pianto.
-Prima elementare, prima rissa. Vuoi superare il tuo vecchio?- Chiese sorridendo cercando di tirare su il morale al figlio. Essere preso a pungi non era mai una bella esperienza, ma piangere non era la soluzione giusta, non nel South Side, non se eri un Milkovich.
Yevgeny avrebbe dovuto imparare a darle più forte degli altri. Come aveva fatto lui.
-Quale rissa?!- Urlò uno spaventato Ian aprendo la porta del bagno e avviciandosi ai due con un asciugamano legato in vita.
Mickey roteò gli occhi muovendosi maldestramente sul divano pre poi prendere una boccata dalla sua sigaretta come faceva tutte le volte che era nervoso. Non poteva farsi venire un'erezione in quel fottuto momento. Non con il figlio davanti.
Ian lo guardò sorridendo malizioso, avendo capito cosa stesse succedendo nei suoi pantaloni. Lo sguardo del rosso tornò su Yev e assunse un tono di rimprovero.
-Allora quale rissa?- Chiese nuovamente poggiando le mani sui fianchi, assumendo una posa che gli metteva in evidenza i pettorali scolpiti che Mickey cercava di non fissare, concentrando lo sguardo sul mozzicone di sigaretta che stava spegnando nel posacenere.
-Non era una rissa, hanno picchiato solo me.- Fu l'imbarazzata risposta del bambino che ritornò a fissare le punte dei suoi piedi.
-Cazzo, non ti sei difeso?- Chiese istintivamente Mickey alzando improvvisamente gli occhi da quel posacenere del cazzo.
-L'ho fatto!- Replicò prontamente il bambino mostrando al padre il dorso della mano. Le nocche erano aperte in almeno tre punti, dove il sangue, ormai rappreso aveva formato una crosta ancora morbida e rugosa.
Mickey alzò le sopracciglia alla vista del disastro che era quella mano. Ricordava il dolore che raggiungeva il polso e scendeva lungo il braccio. Il freddo dell'aria invernale che entrava nelle piaghe della pelle e le croste di sangue che si aprivano in continuazione allargandosi e unendo le ferite tra loro. Il moro abbassò lo sguardo sulle proprie nocche sorridendo debolmente. Fra le parole tatuate in nero e le cicatrici che non sarebbero mai scomparse stava un taglio che si era procurato giusto il giorno prima dando un cazzotto ad un ragazzo che non voleva pagare la sua fottuta erba.
Il bambino si accorse della ferita di Mickey e sorrise a sua volta allungando la mano disastrata verso quella del padre per sfiorare le cicatrici bianche con le dita.
-Perchè ti hanno picchiato?- Chiese Ian interrompendo i due e sedendosi al fianco del compagno.
Yev alzò lo sguardo dalla mano del padre per poi incollarlo negli occhi verdi di Ian. Le sue guance si colorarono di un rosso vivido che i due ragazzi non poterono ignorare. -C'è una bambina che viene a scuola con me. Lei è molto bella. Ha i capelli lunghi e biondi e gli occhi azzurri, ma più azzurri dei miei.- Cominciò Yevgeny arrossendo ancora di più e abbassando lo sguardo.
-Keith e i suoi amici di quarta la prendevano in giro oggi, in cortile. Le avevano rubato il libro che stava leggendo e le dicevano che era troppo piccola per leggere, ma lei è davvero tanto intelligente e sa leggere anche se la maestra non ce l'ha ancora insegnato bene.- Aggiunse tenendo lo sguardo fisso sulle mani con cui giocherellava imbarazzato.
-E io ho tirato un pungo a Keith e gli ho detto che non era colpa di Lilith se lui, in quarta, non aveva ancora imparato a leggere. E allora mi hanno picchiato...- Finì il racconto Yev con un sospiro e le guance ormai dello stesso colore delle mani che non aveva ancora smesso di sfregare. Si vergognava di essere un Milkovich e non aver tenuto testa a quel ragazzino, sapeva che suo padre non ne sarebbe stato fiero. Lui lo avrebbe steso con un solo colpo. Mentre Ian non sarebbe stato orgoglioso del fatto che aveva tirato un pungo ad un altro bambino.
-Non sei il primo Milkovich che entra in una rissa per una persona che gli piace.- Ian sorrise sghembo a Mickey.
-Ma è il primo che le prende.- Fu la risposta immediata del moro alla quale Yev sospirò sconsolato. Aveva sperato di avere almeno il suo appoggio, per averci provato perlomeno.
-Mi dipiace ma sei in punizione.- Disse infine il rosso, alzandosi dal divano per andare a vestirsi.
-Per cosa? Aver difeso una bambina? Cazzo, Ian, dovremmo regalargli una cena da Mc Donalds.- Esclamò Mickey mentre guardava l'altro allontanarsi.
Yev gli sorrise. Allora qualcosa di giusto lo aveva fatto.
-No, punizione. Non si devono picchiare gli altri.- Fu la risposta secca e decisa di Ian.
Il bambino sembrava quasi non averlo sentito. Continuava a sorridere al padre gonfiando il petto, fiero di essere finalmente riuscito a trovare qualcuno che aveva preso come un atto eroico, più o meno, il fatto che volesse salvare Lilith e il suo prezioso libro.
-Mi daresti qualche consiglio?- Fu la domanda che uscì dalle labbra di Yev rivolto a Mickey, senza che il suo sorriso si fosse ancora spento.
-Cazzo, sì!-
Ian entrando in cucina, scosse la testa con un sorriso sulle labbra. Appoggiò la schiena al frigorifero e li guardò confabulare. Infondo sapeva che Yev avrebbe dovuto imparare a difendersi, abitavano nel South Side dopotutto. Ed era sicuro che da un maestro come Mickey avrebbe imparato perfettamente.
-Allora la prima cosa da fare è colpirlo con un gancio destro, all'altezza della mascella...- Mickey, mentre mimava le mosse che stava spiegando, imitato dal figlio, alzò leggermente lo sguardo per vedere il rosso che li fissava con un sorriso.
-... quello lo farà cadere e allora avrai tutto il tempo per cominciare con i calci...- Aggiunse mentre Ian, dalla cucina, gli faceva l'occhiolino complice.




L'angolino di Holly
Salve :)

Da dove è cicciata fuori questa One-Shot? Principalmente l'ho scritta perchè Yev è un Milkovich dopotutto e Mickey non vedeva l'ora di insegnargli qualcosa che non sia farla nel gabinetto dei grandi (eh si, spoiler per una futura OS). Ovviamente Yev non parla un italiano proprio corretto, è pieno di ripetizioni e di termini semplici, ma è un bambino di prima elementare e quindi mi sembrava giusto così.
Questa OS non mi convince tantissimo, ma potrebbe essere semplicemente perchè dopo tutti i complimenti che mi avete fatto la volta scorsa, ho un pò paura di deludervi.
Se avete idee su situazioni che potrebbero succedere o che vi piacerebbe vedere in questa famiglia disfunzionale, promptate pure :)
Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere.
Grazie a tutti per aver letto ♥ 
HollyMaster

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** I'm potty trained, motherfuckers ***



 

I'm potty trained, motherfuckers 
 

Mickey odiava essere l'unico fottuto adulto in casa Milkovich la sera.
Odiava ritrovarsi in casa da solo con suo figlio. Soprattutto se doveva passarci tutta la notte.

Ma Ian era al locale a scuotere quel suo fottuto culo perfetto e Svetlana aveva chiesto la serata libera per uscire con chissà quale delle sue troiette lesbiche.
Sapeva che non si sarebbe addormentato senza la sua stupidissima favola della buonanotte e che avrebbe dovuto sedersi al fianco della sua culla, nel buio, carezzandogli dolcemente i capelli biondi, perchè era così che aveva preso l'abitudine di addormentarsi il piccolo Yev con gli altri adulti della casa. Così diverso da come era cresciuto Mickey. Già era tanto se lui lo trovava un fottuto letto libero in cui dormire.
Erano tutte delle gran cazzate. Si sarebbe addormentato anche senza tutte quelle stronzate.
Ma Ian ci teneva, diceva che sarebbe cresciuto meglio.
Mickey non ci credeva molto, ma aveva già subito per una settimana la punizione dell'assenza da sesso perchè mentre l'altro era fuori aveva dato del gelato a Yev per farlo smettere di frignare quando, evidentemente, non avrebbe dovuto. Ed era stata fottutamente dura non farsi scopare da Ian. L'aveva quasi supplicato alla fine. Non poteva caderci di nuovo.
-Ho il pigiama!- Gridò il bambino spuntando dal corridoio con le mani sui fianchi, mostrando il marchio di Superman stampato sulla sua maglietta con orgoglio.
Quel pigiama era una delle tante cose che la famiglia Milkovich era riuscita a comprare grazie a tutti i soldi che Mickey si era guadagnato uccidendo perfetti sconosciuti in prigione.
Quel pigiama era sporco di sangue, ma a nessuno del South Side sarebbe mai importato. Tanto meno a un bambino che ogni volta che lo indossava sorrideva fiero, credendosi un supereroe.
-Ottimo lavoro, ragazzino...-
-Mi scappa la cacca.- Lo avvisò un Yevgeny improvvisamente rosso in viso.
-Tranquillo hai il pannol...- Cominciò Mickey, ricordandosi, nel bel mezzo della frase che no, Yev non aveva nessun pannolino. Un'altra idea di quei due pazzi che vivevano con lui. Abituarlo ad usare il gabinetto ricordandoglielo ogni oretta circa. Ma Mickey non era abituato a ricordare a nessuno di dover andare al cesso. Molto spesso era lui il primo ad usare i comodi cespugli che spuntavano nella strada dall'Alibi a casa come bagni naturali, per ricordare a tutti i cani del South Side che quel territorio era suo.
-Cazzo! Corri!- Urlò al figlio stendendo un braccio nella direzione della porta del bagno.
-Devi venire anche tu!- Lo informò Yev mentre, con una faccia sempre più rossa, aveva cominciato a saltellare sul posto.
-Cos...?- Cominciò il moro guardando il figlio fare quello strano balletto. -Okay, okay. Muoviti o cagherai sul fottuto pavimento.- Aggiunse in un sospiro quando vide la vena del collo del bambino gonfiarsi come mai prima d'ora.
Non appena raggiunsero il bagno il bambino si abbassò i pantaloni del pigiama per mostrare le mutandine che raffiguravano quattro tartarughe mascherate che si dividevano un'enorme pizza.
-Sono le tartarughe ninja!- Lo informò il bambino notando lo sguardo interrogativo di Mickey che lo fissava con le sopracciglia corrugate. -Sono tutto vestito con i supereroi, così mi proteggono.- Continuò a spiegare il bambino mentre si sedeva sul gabinetto freddo di porcellana.
-Sì, perchè avere delle tartarughe sulle mutande sicuramente terrà lontano i pedofili.- Borbottò Mickey tra sè e sè mentre con un sospiro di rassegnazione si sedeva sul bordo della vasca in attesa che Yevgeny gli desse il permesso di andarsene.
-Chi sono i pedofili?- Chiese interessato il piccolo scalciando i piedini.
-Lascia stare.- Sospirò il moro massaggiandosi il volto con la mano. -Posso andare adesso? Fai con calma.- Mickey tentò di alzarsi dalla fredda ceramica dove si era sistemato.
-NO!- Lo fermò prontamente il figlio con un urlo acuto. -Tu devi stare qui!- Lo informò velocemente.
-Per quale fottuto motivo? Si può sapere?- Sbuffò Mickey prendendo nuovamente posto sul bordo della vasca che, per qualche attimo, aveva sperato di poter abbandonare.
-Nel gabinetto, giù giù in fondo, abita un mostro che se viene fuori ti morde le chiappe.- Spiegò il bambino con aria sapiente e saggia.
-Questa chi te l'ha raccontata?-
-So che sai che è vero. Le ho viste le cicatrici sulle tue!- Affermò il bambino soddisfatto del suo senso d'osservazione, annuendo impercettibilmente con il capo e alzando le sopracciglia bionde proprio come faceva il padre.
-Quelle sono di pallottola...- Sospirò Mickey pesantemente ricordando che l'unico motivo perchè aveva quei fottuti segni sul culo era perchè aveva deciso che il modo migliore per conquistare Ian era rubare un cazzo di orologio a pendolo nella ex abitazione di quello che se lo scopava. E il suo cervello, evidentemente controllato dall'adrenalina che gli aveva trasmesso il bacio appena dato al rosso, il loro primo bacio, aveva pensato che fosse una buona idea.
Sì, una buona idea del cazzo!
Era finito sul tavolo della cucina dei Gallagher con le chiappe al vento e le mani del vecchio viagroide ad armeggiare col suo culo.
-Devo proprio odorarmi tutta la puzza?- Domandò Mickey con un'espressione che sembrava implorare l'uscita da quel bagno che ormai, il moro ne era sicuro, poteva essere usato come arma batteriologica di distruzione di massa.
-Sì! Il mostro ama la puzza e più ce n'è più è facile che arrivi.- Continuò a spiegare il bambino per poi chiudere gli occhi e aggrottare le sopracciglia per cercare maggiore concentrazione.
-Non possono salvarti letteralmente il culo tutti i supereroi che hai addosso?- Sbuffò Mickey. Se doveva spendere tutti quei soldi in vestiti che riportassero il simbolo di qualche uomo dalla forza straordinaria o di rettili con bandane colorate e ingordi di pizza, che almeno servissero a qualcosa.
-Tu sei il mio supereroe preferito.- Disse semplicemente il bambino con gli occhi incatenati in quelli del padre, che condividevano lo stesso colore azzurro del cielo. -Fatta tutta!- Lo informò infine.
Mickey non sentiva più nulla.
Nè la puzza infernale che intasava il bagno di casa Milkovich, nè le urla di vittoria del bambino. Il suo mondo era stato assorbito dalle parole che il figlio aveva pronunciato.
Non si era mai sentito così prima d'ora.
Nemmeno con Ian.
Per la prima volta nella sua vita, qualcuno aveva pensato a lui come qualcuno che salvava delle vite, qualcuno che si impegnava perchè il prossimo potesse essere felice, e non vendendogli della droga.
Mickey sentì gli occhi pizzicare e inumidirsi ma diede la colpa al forte odore che proveniva dal gabinetto. Si umettò le labbra e sorrise al figlio che ancora seduto sul suo trono di porcellana esultava urlando al mondo la sua gioia: -Non sono più un cagasotto! So fare la cacca nel water dei grandi!-





L'angolino di Holly
Salve :)

Perchè ho pensato che Mickey avesse bisogno di sentirsi importante per qualcuno. E soprattutto perchè non sa cosa significa essere padri, perchè, siamo sinceri, non ne ha mai avuto uno. Quindi mi dispiace se non sono comparsi ne Ian ne Svetlana, ma come capirete molto presto, Mickey è uno dei miei personaggi preferiti della serie e pensavo avesse bisogno di un momento padre/figlio. In più penso di aver approfondito il loro rapporto e sciolto un pò il cuore di Mickey nei confronti di Yev.
Tranquilli per la prossima OS torneranno tutti in grande stile!
Per quanto riguarda le mutande di Yev, sì, sono un poco velato riferimento al film delle tartarughe ninja dove, appunto c'è Noel (e per quest'idea diamo la colpa a Isidora e del suo profilo instagram).
E poi sì, ho deciso di seguire la serie e quindi avremo un Yev biondo, come se fosse figlio di Noel invece che di Mickey. L'idea di avere un Yev moro, come il padre, mi piaceva da morire, ma dato che sarà molto simile al Milkovich che amiamo ho pensato di differenziarlo almeno in questo.
Se avete idee su situazioni che potrebbero succedere o che vi piacerebbe vedere in questa famiglia disfunzionale, promptate pure :)
Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere.
Grazie a tutti per aver letto ♥ 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Nights are made for fucking sleep ***





Night are made for fucking sleep


Ian era appena entrato nella silenziosissima casa Milkovich. Anche quella sera aveva fatto qualche ora di straordinario e si era trattenuto al locale fino le tre del mattino, in modo da avere qualche mancia in più. Mickey non ne sarebbe stato felice, ma almeno non aveva partecipato a nessun video porno, aveva solo ballato un pò di più scuotendo il sedere nelle direzioni giuste. 
Appoggiò i soldi ancora stropicciati sul tavolo della cucina e cominciò a contarli. 84 dollari di mance, Mickey avrebbe rotto poco il cazzo quando glieli avrebbe sventolati davanti al naso.
Il rosso aprì silenziosamente la porta della camera da letto che condivideva con Mickey e si fermò ad osservarlo per qualche secondo. Era rilassato e dormiva beatamente abbracciando il cuscino, come se fosse un tesoro da custodire. Ian si svestì lanciando i suoi indumenti sull'unica sedia presente nella stanza e si stese al fianco dell'altro. 
Chiuse gli occhi aspettando che il buio lo facesse cadere in un sonno profondo. 
Niente da fare. 
-Sei sveglio?- Sussurrò avvicinando le labbra all'orecchio di Mickey che in tutta risposta grugnì.
-Uh?-
-Sei sveglio?- Chiese nuovamente Ian alzando leggermente il tono di voce. Vederlo lì, di fianco a lui, steso nel letto, lo faceva eccitare. Soprattutto se per tutta la sera lo aveva strusciato su sconosciuti per portare dei soldi a casa. Adesso anche lui voleva una ricompensa.
-Adesso sì.- Rispose l'altro senza aprire gli occhi.
-Ho fatto felici gli altri fino ad adesso, non pensi che qualcuno dovrebbe fare felice me?- Domandò il rosso con la voce più zuccherata che potesse trovare fra le sue corde.
-Ian, sono stanchissimo. Yev si è addormentato tipo un'ora fa e io domani devo aiutare quel coglione di Iggy con una consegna di coca.- Borbottò Mickey.
Per tutta risposta Ian cominciò ad accarezzare la schiena del moro che boffonchiò qualcosa di scontroso. Le dita affusolate del ragazzo si insinuarono allora nei boxer dell'altro che improvvisamente smise di parlottare.
Proprio mentre tutto si stava facendo sempre più interessante il pianto di Yevgeny ruppe l'aria. 
Mickey sbuffò nel buio, sapeva che era il suo turno, ma le mani di Ian non lo avevano ancora svegliato del tutto.
-Mickey è tuo turno. Alza tuo cazzo di culo o io spacco la testa di pel di carota con...- Urlò Svetlana dalla sua stanza cercando di sovrastare gli strilli del figlio.
-Sì, cazzo! Lo so!- Gridò lui in risposta passandosi una mano sul volto cercando di svegliarsi, senza grandi risultati.
-Vado io.- Sospirò Ian dopo aver sorriso ai tentativi mal riusciti dell'altro.
Ritirò le mani che non avevano ancora lasciato i boxer di Mickey e si alzò dal letto massaggiandosi le braccia per il freddo. Raccolse una delle felpe del moro dal pavimento e la infilò.
-Preparati intanto, almeno per una sveltina.- Aggiunse rivolto all'altro prima di uscire dalla porta.
Barcollò per il corridoio e raggiunse la cameretta di Yev dove il piccolo, in piedi, attaccato alle sbarre della sua culla, urlava disperato.
-Ehi campione! Qual'è il problema?- Chiese Ian avvicinandosi. Non appena il bambino lo vide smise di piangere e tirò su col naso.
-Il buio è butto.- Disse il piccolo aggrottando le sopracciglia, come se fosse veramente arrabbiato con qualcuno. Ian gli passò le dita sulle guance asciugandogli le lacrime. -Mi fa paua.- Aggiunse cercando di dare una spiegazione al rosso.
-E io cosa dovrei fare? Vuoi che lo prenda a pungi?- Domandò un Ian sorridente stringendo i pungi e alzandoli pronto a combattere. 
Yev scosse la testa: -Io voglio venie nel lettone con te e papà.- Esclamò irremovibile.
Il ragazzo sospirò. Sapeva che quando il piccolo si metteva in testa qualcosa dissuaderlo era praticamente impossibile. 
"Tutto suo padre!" Pensò Ian mentre prendeva in braccio il bambino che sorrideva tutto felice e lo portava nella loro camera.
-Eccoci qua!- Disse prima di aprire la porta per avvisare Mickey, temendo che avrebbe potuto traumatizzare il piccolo se, nel frattempo, si fosse portato avanti con i lavori.
Il moro invece si era rimesso a dormire. Ian scosse la testa sospirando con un sorriso. 
-Pronto?- Mormorò a Yev prima di lanciarlo sul letto. Il piccolo rise sguaiatamente quando cadde di peso sul padre che per tutta risposta aprì gli occhi stordito grattandoli poi col palmo della mano.
-Yev dorme con noi.- Lo informò Ian togliendosi la felpa per ributtarla esattamente dove l'aveva trovata e infilarsi sotto le coperte con gli altri due.
Mickey boffonchiò qualcosa di incomprensibile mentre il figlio si posizionava tra lui e il rosso.
-Basta che non pisci nel letto.- Aggiunse poi in un tono finalmente capibile dall'orecchio umano.
-Ma io sono gande papà.- Fu la risposta pronta di Yev mentre si gonfiava il petto convinto.
-E perchè dormi qui, allora?-
Il piccolo guardò per qualche secondo i suoi papà, prima uno e poi l'altro. -Anche Ian è gande e domme con te.- Disse poi risoluto.
-Ecco bravo, diglielo tu di rimetterselo nei pantaloni e dormire per una fottuta volta.- Mickey si rigirò nel letto dando la schiena ai due e richiuse gli occhi per lasciarsi andare al sonno.
Alle parole del padre Yev si girò verso Ian e aggrottò le sopracciglia: -Papà ha ragione! Rimettio nei pantaloni, non si fa la pipì ne'letto.- Lo rimproverò il piccolo mentre Mickey sorrideva nel buio pensando che si sarebbe addormentato nel letto con i due uomini che amava di più al mondo.




L'angolino di Holly
Salve :)
Grazie per tutte le recensioni, e a tutti quelli che hanno inserito la storia nelle seguite/ricordate/preferite, vi adoro! 
♥ 
Anche in questa OS ho cercato di mantenere la fluffosità di Yev, aggiungendoci un pò di comicità, ma senza far sembrare Mickey troppo dolce, da diabete. Non so perchè ma si continua con il tema del Bagno&Co con Yev, che ovviamente parla un italiano sgrammaticato perchè è ancora piccolo e puffoso.
Ian è nel suo momento "sì" e Mickey,
he can't keep up with him. Non so perchè nelle mie OS viene sempre fuori come la persona più stanca dell'universo... Sarà che amo le scene in cui si sveglia mandando a fanculo il mondo (abituatevici a quelle, compariranno spesso!). 
Se avete idee su situazioni che potrebbero succedere o che vi piacerebbe vedere in questa famiglia disfunzionale, promptate pure :)
Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere.
Grazie a tutti per aver letto ♥ 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Milkovichs fucking need Gallagher ***





Milkovichs fucking need Gallagher


 
Era strano. 
Mickey cercava di convincersi in continuazione che fosse Ian che avesse bisogno di lui; per le medicine, per il bipolarismo, per le crisi, per continuare a vivere come una persona normale. E Ian pensava la stessa cosa.
Ma quello che aveva più bisogno dell'altro era Mickey. Aveva bisogno di aggrapparsi agli occhi verdi di Ian, di trovarci il suo appoggio, il suo consenso. Aveva bisogno di averlo vicino. Anche solo il fatto che fosse nella stessa stanza con lui cambiava ogni cosa. Il suo corpo lo cercava, così come il suo sguardo. 
E tutto andava fottutamente bene, finchè Ian era lì con lui. Quando sapeva che sarebbe tornato in casa Milkovich blaterando di qualcosa di estremamente bizzarro che era successo dai Gallagher o di qualche nuova persona conosciuta per strada. Quando sapeva che si sarebbe svegliato con lui che gli cingeva i fianchi e che avrebbe potuto sentire il suo respiro, caldo e rilassato, sulla spalla. Quando lo aiutava a capire cosa avrebbe dovuto fare con Yevgeny e gli ricordava, semplicemente rivolgendo a quel bambino quello sguardo pieno d'amore, che non era colpa sua se era nato dai uno dei ricordi più fottutamente spaventosi e tormentati di Mickey.
Quando c'era Ian tutto era perfetto.
Ma Ian se ne era andato da qualche giorno e la serenità in casa Milkovich era andata a farsi fottere. 
Yevgeny non aveva mai visto suo padre così prima d'ora. Passava da una stanza all'altra incapace di stare fermo, una sigaretta sempre accesa tra le dita e il cellulare costantemente in mano nella speranza che Ian lo chiamasse o già appoggiato all'orecchio che ascoltava il suono vuoto nell'attesa di una risposta che non sarebbe arrivata. 
Sua madre diceva che se lo sarebbero dovuti aspettare, che "Pel di Carota" era così, che lo aveva già fatto in passato. Yev non aveva capito bene, ma c'entravano le medicine che prendeva tutte le mattine per il bipoqualcosa.
-Papà Ian tornerà a casa, vero mamma?- Chiese Yev rivolto alla madre seduto sul divano con un sospiro. Ormai non si faceva vedere da due giorni e le occhiaie di suo padre erano sempre più scure e pesanti, in netto contrasto con la sua pelle chiara.
-Lui ama tu e tuo padre. Lui ha impazzito, ma torna sempre.- Gli rispose lei cercando di sorridergli.
Yev voleva che Ian tornasse, gli mancava, non solo perchè lo accompagnava a scuola la mattina mentre suo padre era ancora addormentato nel letto, o perchè era un ottimo costruttore di fortini fatti di cuscini e lenzuola, ma perchè sapeva e vedeva quanto ne avesse bisogno la sua famiglia. E non solo Mickey, ma anche Svetlana, che per quanto potesse cercare di fare l'indifferente era palesemente toccata dalla scomparsa del rossino. Casa Milkovich aveva bisogno di Ian semplicemente per funzionare.
Aveva pianto, nascosto nell'armadio della sua stanza per non farsi sentire da nessuno, pensando che forse avrebbe dovuto arrendersi ad una vita senza Ian. Aveva fatto scendere le lacrime fino a che non gli avevano completamente annebbiato la vista, cercando di trattenere le urla di dolore che sentiva rimbombargli nel petto. Non aveva mai pensato che qualcuno della sua famiglia avesse potuto abbandonarlo. Si passò il palmo della mano sugli occhi, e liberandoli dalle lacrime salate decise che non sarebbe stato quello il caso. Ian sarebbe tornato. 
Per suo padre. Per lui. Perchè erano la sua famiglia.
Il bambino uscì dall'armadio con gli occhi arrossati e si sedette sul divano, dove suo padre continuava a camminare avanti e indietro col telefono poggiato all'orecchio. 
-Cazzo, continua a non rispondere!- Si lamentò Mickey dalla cucina. Yev non aveva contato quante volte sua padre avesse già provato a chiamarlo. Non sapeva arrivare a numeri così alti.
-Deve tornare a casa quel figlio di puttana! Deve prendere le sue cazzo di medicine! Anzi, dobbiamo andare a cambiargliele, evidentemente non vanno più bene, guarda che cazzo combina!- Aveva cominciato di nuovo a parlare a rafica, lo faceva quando era agitato.
-Starà molto male senza?- Chiese ingenuamente Yev guardandolo allungarsi verso un pacchetto di sigarette già quasi finito che poggiava sul tavolino al fianco del posacenere pieno di mozziconi usati.
-Cazzo, sì!- Fu la sua risposta secca di Mickey mentre cercava l'accendino nelle tasche della tuta che aveva indosso già da due giorni.
-Mickey!- Urlò Svetlana comparendo sulla porta della sua stanza rivolgendogli uno sguardo truce. -Ian torna presto. Dopo tutto bene.- Disse poi rivolta a Yev con un mezzo sorriso.
-Ah si?! E se pensando di essere un fottuto pennuto si butta giù dal tetto di qualche cazzo di casa?!- Urlò Mickey agitando le braccia nell'aria. Yev sgranò gli occhi sconcertato. Era davvero possibile che Ian facesse una cosa del genere? Poteva davvero... morire? Questo voleva dire che non sarebbe tornato mai più.
Il bambino sentì le lacrime pizzicargli gli occhi chiari. Questa volta non era sicuro che sarebbe riuscito a frenarle per sfogarsi nell'armadio, da bravo Milkovich.
-Basta! Tu metti paura a Yevgeny.- Lo rimproverò Svetlana avvicinandosi al figlio per accoglierlo in un abbraccio rassicurante.
Mickey sospirò rumorosamente buttando fuori dalle narici del fumo e posò gli occhi su quelli identici del figlio che lo fissavano da sopra le braccia della madre che lo stringeva a se. Quell'azzurro lo colpì allo stomaco, non solo avevano lo stesso colore di quelli che vedeva riflessi nello specchio ogni mattina, ma erano lucidi di lacrime che non sarebbero riusciti a trattenere a lungo, esattamente come i suoi.
Fu in quell'esatto momento che capì che erano una famiglia.
-Ehi campione, scusami, io...- Cominciò Mickey sospirando mentre Yev scioglieva l'abbraccio con la madre per poterlo guardare meglio.
-Tu hai paura che papà stia male.- Finì la frase per lui. Suo padre annuì espirando dell'altro fumo dalle narici mentre socchiudeva gli occhi stanchi e lucidi.
-Perchè?- Chiuse ingenuamente abbassando lo sguardo sul tavolino.
-Deve prendere le sue medicine o va fuori di testa.-
-Ma dopo mangiato o gli viene una brutta diarrea!- Ricordò il bambino cercando di farlo sorridere. Quando alzò la testa per controllare se fosse riuscito nel suo intento notò che l'angolo delle labbra del padre si era leggermente piegato verso l'alto in quello che sembrava un piccolo sorriso. -Hai fottutamente ragione Yev.-
-Ci vuole bene. Io lo so che torna.- Esclamò il bambino annuendo. Era quello in cui aveva deciso di credere, ma Mickey non era così ingenuo, non bastava credere in una cosa perchè questa succedesse.
Svetlana pose lo sguardo torvo nuovamente su Mickey come ad intimarlo di non dire nulla, di lasciare il bambino con le sue speranze e la sua spensieratezza prima di scomparire nella sua camera. Yev aspettò che il padre si sedesse al suo fianco, sul divano, e finse di addormentarsi poggiando la testa sul braccio del genitore volendo lasciargli del tempo da solo, senza abbandonare fisicamente il suo fianco, perchè aveva bisogno di sapere che, qualunque cosa sarebbe successa, aveva qualcuno che non lo avrebbe lasciato solo. Poteva sentire il respiro agitato di Mickey e, a volte, i suoi muscoli tremare dalla rabbia che provava nel non riuscire a trattenere i singhiozzi e le lacrime che lasciava correre libere credendolo assopito.
Coccolato da quella triste nenia probabilmente finì per addormentarsi veramente perchè quando riaprì gli occhi fu solo grazie allo scricchiolio del portone di casa che veniva aperto.
-Non te ne andrai anche tu, vero?- Chiese il bambino stropicciandosi un occhio, rivolto al padre moro che aveva già un piede sul portico.
-No, vado all'Alibi, almeno me lo tolgo dalla fottuta testa per un pò.- Era stata la semplice risposta del genitore.

 
***

Erano già tre notti che Mickey raggiungeva l'Alibi e tornava solo quando Kev lo riportava in casa trasportandolo a peso morto su una spalla. Lo buttava sul divano dove si addormentava quasi subito e la mattina dopo si alzava puzzando di alcool e sudore e con tutte le intenzioni di occuparsi della sua famiglia e cercare Ian, ma quando arrivava la sera, e l'intero giorno era passato senza che si vedesse nemmeno l'ombra del rossino, nulla impediva a Mickey di tornare nel bar a sfasciarsi di whisky cercando di dimenticare.
Anche quella sera Yev lo aspettava sveglio. 
Aveva aspettato che sua madre si addormentasse e lo credesse nel suo letto a russare per poi andare a sedersi sul divano che entro qualche ora sarebbe stato occupato dal padre e leggersi qualche fumetto rubato alle edicole nell'attesa. 
Quando Yev sentì un rumore metallico provenire dalla porta si sorprese nel pensare che suo padre fosse tornato a casa sulle sue gambe e stesse cercando di utilizzare le chiavi per entrare. Il bambino si mise in piedi e si avvicinò al portone d'ingresso per poi aprirlo. Dall'altra parte un uomo stava cercando di inserire le chiavi nel buco della serratura fallendo miseramente a causa del buio della notte. Yev lo osservò ricambiato da due occhi che splendevano verdi e luminosi nell'oscurità.
Era Ian. 
-Non dovresti aprire senza chiedere chi è a quest'ora della notte.- Lo rimproverò per poi sorridergli malinconico. Non lo vedeva da troppo tempo, gli era mancato.
-Sei tornato.- Mormorò Yev incredulo.
-Scusami per quello che ho fatto.- Cominciò Ian piegandosi sulle ginocchia abbassandosi all'altezza del bambino per poterlo guardare meglio. Erano passati solo pochi giorni da quando era sparito senza far più sapere niente a nessuno ma sembrava che quel poco tempo avesse trasformato Yevgeny. Sembrava più alto, i capelli biondi e spettinati si erano allungati e anche i tratti sembravano più maturi e adulti.
-Sei tornato!- Esultò con la sua risata cristallina il bambino buttandosi tra le braccia dell'altro facendogli quasi perdere l'equilibrio. Ian lo accolse in un abbraccio stretto. -Sì e non voglio più andare via.- Gli sussurrò in un orecchio mentre gli passava una mano tra i capelli chiari.
Sciolto l'abbraccio si spostarono sul divano. Ian doveva ammettere che gli era mancato anche solo l'odore di quella casa.
-Mickey?- Chiese guardandosi attorno. -Dimmi che non è in giro a farsi di qualcosa o a ubriacarsi fino a vomitare.- Gli occhi, che aspettavano una conferme delle sue paure, puntati in quelli di Yev.
-No, è all'Alibi, ha un qualche affare da finire.- Mentì il piccolo Milkovich. Se aveva imparato a mentire lo doveva a suo padre, aveva capito fin da piccolo che quella era una dote che gli sarebbe rivelata utile nel South Side. -Lui ti ama, lo sai? E anche io ti voglio bene.- Gli disse il bambino arrossendo leggermente. Pensava semplicemente che avrebbe dovuto saperlo.
-Sì, lo so. Amo entrambi anche io.- Rispose Ian spettinando i capelli biondi di Yev seduto al suo fianco.
-E allora perchè te ne sei andato via?-
-E' difficile da spiegare...- E lo era. Ian non riusciva a spiegarlo nemmeno a se stesso, figurarsi ad un bambino che aveva cominciato la scuola da qualche mese. Una parte di lui voleva, però, che Yev capisse che non era ciò che voleva, o almeno non ciò che il lato razionale di lui voleva.
-E' il bipoqualcosa, vero?- Chiese il bambino stupendo il rosso. 
-Sono io.- Ammise infine in un sospiro. La malattia faceva parte di lui, non era un'altra persona, doveva solo imparare a gestire meglio tutto quello che aveva attorno. -Non mi capisco nemmeno da solo molto spesso. Ogni tanto mi sembra che questa famiglia funzioni talmente tanto bene che mi sento quasi un peso, quello di cui tutti si devono preoccupare, quello instabile...- Scosse la testa facendo in modo che un ciuffo di capelli ribelli uscisse dalla capigliatura piena di gel. -La maggior parte del tempo nemmeno io so cosa penso o il perchè.-
-Devi prendere le tue medicine.- Esclamò annuendo il bambino nella sua ingenuità. Yev si alzò dal divano e corse a prendere il tubo arancione per porlo all'altro. Ian gli rivolse un sorriso riconoscente. Non sarebbe bastato del litio per sistemare tutto il casino che aveva fatto, ma era grato di sapere che il bambino sarebbe stato lì per aiutarlo. 
Yev si allontanò per correre in cucina e tornare da lui con un pacco di cracker che gli porse con un sorriso gentile. -Devi mangiare prima o ti verrà una brutta diarrea!- Lo infomò ripetendo le parole che aveva sentito pronunciare dal padre. -E domani andiamo a cambiarle, queste non vanno molto bene.- Aggiunse ricordando il discorso di Mickey di qualche mattina precedente. 
Ian annuì e ingoiò le sue medicine per poi aprire il pacchetto di cracker e cominciare a sgranocchiarne uno. Yev contò le pillole e decise di imprimersi nella mente quel numero; se l'altro le avrebbe dimenticate gliele avrebbe ricordate lui! 
-Mi dispiace Yev, che tu sia dovuto crescere così in fretta. So cosa vuol dire, anche mia madre era bipolare, l'ho preso da lei. Fortuna, eh?- Disse ironico il rossino mentre con un gesto offriva il suo spuntino al bambino che si limitò a scossare la testa. Era Ian ad aver bisogno di mangiare in quel momento.
-Non tanto. Io ho preso gli occhi azzurri di papà e tu la malattia della tua mamma, è un pò ingiusto.-
-Un pò...- Concordò Ian in un sospiro.
-Ma questi occhi azzurri non ti lasceranno più. D'ora in poi ci sarò io a ricordati che ci vuoi bene e che sei super importante!- Esclamò Yevgeny alzando lo sguardo per incontrare quello verde dell'altro che sorrideva riconoscente.
-Anche io ricordo a te.- Fece una voce dal forte accento russo. Svetlana se ne stava in piedi, in camicia da notte, nel piccolo corridoio che portava nelle camere da letto. Vedendola Yev si preoccupò immediatamente che si sarebbe arrabbiata nel vederlo fuori dal letto, ma lei non sembrò quasi accorgersene troppo presa dalla vista del ragazzo.
Ian si alzò di scatto per abbracciarla. Anche lei gli era mancata.
-Sei mancato a tutti Pel di Carota.- Disse sincera una volta sciolto l'abbraccio.
-Ho deciso! Se quel coglione non vuole tornare andiamo noi a cercarlo, cazzo!- Mickey era comparso sulla porta d'ingresso borbottando ad alta voce per poi bloccarsi, come congelato alla vista del rossino.
Yev sorrise, alla fine era davvero tornato a casa sulle sue gambe.
-Mickey...- Sussurrò Ian guardandolo immobile.
-Gallagher...- Fu il mormorio impercettibile che uscì dalle labbra del moro. -'Fanculo.- Aggiunse sorridendo facendosi avanti verso di lui. 
Poggiò la mano sulla guancia di Ian avvicinando il suo viso al proprio. Toccò la sua altra guancia con la punta del naso e fece in modo che i loro visi si accarezzassero per poi lasciare cadere la testa nel collo di Ian e inalare il suo profumo, quell'odore che gli era terribilmente mancato.
Le braccia strette attorno alle sue spalle, i palmi aperti sulla sua schiena e gli occhi azzurri socchiusi per non lasciare andare le lacrime che supplicavano di essere liberate, in un abbraccio bisognoso.
Ian si piegò, abbassandosi, per nascondere gli occhi nella spalla del moro e poggiò le mani sui suoi fianchi per fare in modo che i loro corpi aderissero l'uno all'altro.
Mickey lasciò che una mano vagasse tra i capelli di Ian districandosi tra quella chioma rossa per poi stringerlo ancora più a sè, con urgenza, costringendolo ad abbassarsi ancora di qualche millimetro.
-Hai preso le fottute medicine?- Ian annuì silenziosamente. Volevano entrambi semplicemente sentirsi appartenere l'uno all'altro. 
Le parole non sarebbero servite. 
Fu Mickey a sciogliere l'abbraccio, aveva bisogno di mettere in chiaro qualche punto, lasciando però una mano appoggiata alla sua spalla.
-Domani le andiamo a cambiare...-
-Sì, lo so, il piccolo Milkovich mi ha già avvisato.- Lo informò indicando con il capo il bambino che gonfiava il petto fiero delle sue azioni.
Mickey abbassò lo sguardo sul figlio e gli fece un occhiolino complice mentre Yev sorrideva felice.
-E chiamiamo quello strizzacervelli, ci devi tornare da quel coglione.- Aggiunse poggiando nuovamente la mano sulla guancia di Ian. Quel ragazzo gli era mancato più dell'aria stessa, ora non lo avrebbe lasciato più andare.
-Scuola domani. Tutti in letto adesso.- S'intromise Svetlana tornando a prendere il ruolo dell'adulto responsabile della casa.
Yev si infilò nel letto dopo aver dato la buonanotte a tutta la sua strana famiglia e finse di addormentarsi, per la seconda volta quella sera, ma aveva altri piani e doveva assolutamente portarli a termine. Quando fu sicuro che sua madre dormisse si sedette alla sua scrivania e cominciò a trafficare con colori, colla, e fogli di tutte le grandezze. Quando fu soddisfatto del risultato raggiunse la stanza dei suoi papà per posizionare i suoi lavori, entrando solo dopo essersi assicurato che i due avessero smesso di ridere e mormorare tra loro come due piccioncini.

 
***

Quella mattina Ian si svegliò nel letto che condivideva con Mickey, in quella che ormai considerava anche casa sua. L'altro dormiva al suo fianco abbracciato al cuscino. Ian si tirò su appoggiando la schiena al muro per osservarlo meglio. Ricordava distintamente le parole di Carl di diversi anni prima e non poteva che dargli ragione; l'esemplare di Mickey addormentato era la cosa più dolce che avesse mai visto, ma certo non glielo avrebbe mai detto. 
Lentamente gli occhi di Ian lasciarono il corpo di Mickey che, praticamente del tutto esposto, aveva offerto al rossino un ottimo intrattenimento, e li lasciò vagare per la stanza. Fu solo in quel momento che si rese conto che era tappezzata di disegni che ritraevano lui, Mickey e Yev. Ma non mancavano quelli che raffiguravano Lip, Svet, Mandy, Carl, Liam, Debs, Fiona, Kev, V, e perfino Iggy. La sua grande famiglia allargata, non mancava assolutamente nessuno.
Sul comodino erano adagiate le pillole di litio e di olanzapina. Al fianco una tazza bianca, piena d'acqua, sulla quale era stata dipinta, in un blu acceso, una grande scritta: "I Milkovich hanno bisogno di te!"
Il cuore di Ian perse un battito e i suoi occhi divennero lucidi mentre si guardava attorno ancora incredulo.
-Non ti metterai a piangere adesso, checca.- Mickey sbuffò tenendo gli occhi chiusi.
-Non sto piangendo.- Mentì Ian tirando su con il naso e asciugandosi gli occhi con dita. -Ehi, ma tu non stavi dormendo?- Domandò constatando che avesse ancora gli occhi chiusi.
-L'ho sentito stanotte appendere tutta questa roba.- Spiegò quello per poi sbadigliare rumorosamente. -Quel bambino ti adora.- Aggiunse aprendo gli occhi e puntando quel suo sguardo azzurro sul rossino. -Quindi non farlo mai più, andartene via così.- Concluse prima di stropicciarsi gli occhi con il palmo della mano.
-Scusa, io...-
-Non devi chiedere scusa, cazzo. So che è così che sei fatto, che sei tu, anche con questa cazzo di malattia. E che non posso cambiarti o metterti a posto o che cazzo so io.- Lo interruppe lui. -Posso capirlo, o almeno provarci. Ma lui? Lui ha fottutamente bisogno di te.- Terminò prima di avvicinarsi a lui pronto a un bacio del buongiorno.
-Perchè sono parte della sua famiglia.- Disse l'altro in un mormorio, più tra sè e sè che per essere realmente ascoltato.
-Sì, testa vuota del cazzo.- Confermò Mickey passandogli una mano tra i capelli per spettinargliegli in modo infantile. -Sei parte della mia famiglia, della sua. Sei importante per noi, così come sei.- Aggiunse guardandolo dritto negli occhi. 
Yev entrò nella stanza con un sorriso sulle labbra, guardandosi intorno, felice del suo lavoro. Tra le mani reggeva un vassoio pieno di biscotti che sua madre, ora in piedi appoggiata allo stipite della porta della camera, aveva aiutato a preparare quella mattina.
-Ehi, ma hai dormito stanotte?- Chiese leggermente preoccupato Ian mentre il bambino gli si avvicinava.
-Non tanto.- Ammise Yev posando il vassoio sul letto per poi arrampicarsi sul materasso e infilarsi tra i due. -Ma ho fatto i biscotti al cioccolato. Ian non può prendere le medicine senza aver mangiato o...-
-Gli verrà una brutta diarrea!- Dissero tutti in coro per poi scoppiare a ridere.
Ian sorrise. 
Stava bene. Non era felice ed eccitato, non era triste e depresso. 
Stava solo bene.
I Milkovich non funzionavano senza di lui ma lui non funzionava senza i Milkovich.





L'angolino di Holly
Salve :)

Eccoci alla OS su una delle prime grandi crisi di Ian. Allora prima di tutto mi scuso se la malattia non viene fuori al 100% accurata. Mi sono documentata il più possibile ma non so quanto effettivamente sono riuscita a mettere in pratica ciò che ho imparato nella trama. Quindi scusatemi se c'è qualcosa sulla sua malattia che non quadra, userò la carta della licenza poetica xD
Ho cercato anche di inserire il momento in cui Mickey comincia a interessarsi davvero a Yev e non solo perchè è costretto da Svetlana ma perchè capisce che tiene veramente a lui.

Yev ovviamente è molto ingenuo nei riguardi della malattia, essendo un bambino, è la prima volta che ne "vede" gli effetti ma è intenzionato a fare tutto ciò che può per tenere Ian in famiglia, dove appartiene. E questo non solo perchè vuole bene al rossino, ma anche perchè assiste alla reazione del padre. Mickey senza Ian sprofonda, un pò come Ian senza Mickey. Lo fanno in due modi diversi, comportandosi in modi diversi, reagendo in modi diversi ma il risultato è lo stesso. Hanno bisogno l'uno dell'altro e Yev ha bisogno di entrambi. Ecco, il succo di questa fanfiction era questo. Spero sia arrivato qualcosina :)
Se avete idee su situazioni che potrebbero succedere o che vi piacerebbe vedere in questa famiglia disfunzionale, promptate pure :)
Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere.
Grazie a tutti per aver letto ♥ 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Fuck the police ***




 
Fuck the police 

 
Mickey era sicuro che presto Ian si sarebbe accorto di aver dimenticato le chiavi in casa e sarebbe rientrato correndo per poi tornare dalla sua pazza famiglia e fare da babysitter al più piccolo dei Gallagher.
Così si era rassegnato ad aspettarlo, spaparanzato sul divano davanti a qualche documentario che passava alla televisione, senza essere troppo concentrato a ciò che succedeva sullo schermo. 
Il Rub'n'Tug era stato chiuso nuovamente qualche anno prima e questa volta nessuno si era ancora preso la briga di tentare di riaprirlo. Svetlana aiutava Kevin all'Alibi; stava chiusa in quel buco quasi tutto il giorno e gran parte della notte, ora che Yev era grande abbastanza da badare a se stesso. A volte Mickey si chiedeva se ci fosse qualcosa tra sua moglie e il peggior pappone del South Side, ma con una scrollata di spalle si faceva scivolare tutte quelle cazzate da dosso. 
Non erano affari suoi. 
E poi tutta quell'assenza della russa, lasciava tantissimo tempo a lui e Ian, e tantissime stanze vuote per casa in cui scopare. Yev li aveva beccati più volte di quante loro lo avessero trovato con una ragazza. Al solo pensiero Mickey sorrise. Magari Ian poteva fermarsi qualche minuto in più e prendere il suo cazzo in bocca oltre alle chiavi di casa.
Dei violenti colpi contro la porta lo destarono dai suoi pensieri. 
-Lo sapevo che saresti tornato in fretta...- Cominciò raggiungendo l'ingresso per fare entrare il rossino.
-Io non ci sono! Io non ci sono!- Furono le uniche parole che udì mentre una figura indefinita, ma dai capelli particolarmente biondi, entrava in casa con una velocità fulminea e, con la stessa rapidità, correva nella stanza che era stata di Iggy chiudendosi la porta alle spalle.
-Yev! Ma che cazzo...?- Mickey richiuse il portone di casa Milkovich ma non fece tempo a compiere un passo verso la camera nella quale il figlio si era rintanato che degli altri colpi, altrettanto feroci, picchiarono la povera porta.
Mickey si affrettò ad aprire il portone di casa, sicuro che se avessero continuato così sarebbe presto uscito dai cardini e sarebbe toccato a lui rimetterlo a posto. 
Col cazzo!
Davanti a lui, in piedi sul portico, stavano due poliziotti in uniforme, le braccia di entrambi incrociate sul petto.
-Salve Signor Milkovich.- Lo salutò gentilmente il più magro dei due, spogliandosi del cappello in segno di rispetto. Doveva essere un novellino del cazzo. -Cercavamo suo figlio, Yevgeny Milkovich.- Cazzo, pronunciava il nome di suo figlio molto meglio di lui. 
Mickey pose lo sguardo sullo sbirro grasso e subito lo riconobbe. -Toby.- Fece il moro tentando di ricordare quante volte fosse scappato da quella palla di lardo dopo aver commesso qualche furto. Troppe da essere ricordate.
-Novellino.- Aggiunse verso quello magro.
-E' in casa?- Borbottò scorbuticamente Toby. La voce che ricordava uno stridere di metallo e le sopracciglia folte aggrottate in un cipiglio scontroso.
-No, non al momento.- Mentì abilmente Mickey. -Perchè?- Aggiunse poi fissando i due immobili davanti al suo portone.
-Ha rubato in una gioielleria, ha ancora la refurtiva con lui.- Spiegò gentilmente il novellino. Avrebbe dovuto imparare che nel South Side si otteneva ben poco in quel modo. 
-Telecamere di sicurezza?- Chiese Mickey alzando un sopracciglio indagatore. 
-E' un negozio del North Side, non sono abituati ai furti lì. Lo abbiamo visto con i nostri occhi.- Lo informò Toby continuando con il suo borbottio. Sia lui che Mickey sapevano bene che se non c'erano filmati che mostravano Yev sul luogo nel preciso momento del furto, non potevano accusarlo. E se ci fossero state delle prove avrebbero trovato il modo per bruciarle in perfetto stile Milkovich.
-Sicuri che non abbiate bisogno di una visita dall'oculista?- Li punzecchio il moro alleviato dalle notizie appena ricevute.
-Lo abbiamo rincorso fino qui.- Affermò cortesemente il novellino. Toby sospirò e Mickey sorrise leggermente. Avrebbe dovuto addestrarlo molto meglio quel ragazzino o lo avrebbero spezzato nel giro di qualche giorno.
-Toby, quante volte ti ho detto di smetterla di ingozzarti di ciambelle, vedi cosa succede poi? Non riesci a rincorrere dei ladruncoli.- Lo canzonò Mickey. Adorava prendere per il culo i poliziotti, sicuramente era nella lista dei "10 passatempi preferiti di Mickey Milkovich", tra "Farsi scopare da Ian" e "Far uscire le rotule a qualcuno". 
-Mickey ricordati che sei ancora in libertà vigilata.- Borbottò burbero Toby.
-Era una velata minaccia quella?- Domandò Mickey facendo saettare le sopracciglia verso l'alto. -O ti devo ricordare perchè ero in gattabuia?- Aggiunse subito dopo tenendo lo sguardo di sfida sul poliziotto.
Toby intensificò il suo folto cipiglio boscoso. -Sì, questa era una fottuta minaccia.-Annuì Mickey rispondendo alla sua muta domanda.
-Possiamo entrare in casa e controllare che non sia qui come dice lei, Signor Milkovich.- Prima o poi qualcuno gli avrebbe spezzato le braccia a quel novellino, Mickey se lo sentiva.
-Non vi fidate di un onesto cittadino di Chicago?- Chiese portandosi una mano aperta sul petto fingendosi sconcertato.
-Mickey, facci entrare...- Toby tentò l'ultima carta, quella dell'autorità.
-Senza mandato non potete invadere la mia privacy, o sbaglio?- Un altro punto per i Milkovich. Se non fosse stato per la lunghissima lista di reati che tingeva la loro fedina penale, sarebbero stati dei grandissimi e stimati avvocati.
-Arrivederci Signor Milkovich.- Lo salutò con gentilezza il poliziotto più magro alzando il cappello dal capo in segno di rispetto. 
-Tanto ci rivedremo presto, o tu o la tua progenie infernale finirete in prigione prima o poi.- Aggiunse il collega mentre già scendeva le scale del porticato. Era rimasto una testa di cazzo esattamente come se lo ricordava Mickey.
-Vedi di non mangiare il tuo nuovo collega prima di allora.- Gli urlò dietro il moro prima di chiudersi con forza la porta alle spalle -Che si fotta!- Aggiunse in un borbottio facendo il dito medio al portone.
-Se ne sono andati?- Chiese il figlio facendo spuntare la testa dalla porta per controllare che non ci fosse nessun pericolo in giro.
Mickey lo raggiunse. Si fermò sull'ingresso e gli rivolse uno sguardo di rimprovero: -Una gioielleria? Davvero?- Allargò i palmi delle mani e li rivolse verso l'alto. -Cazzo, pensavo fossi un pò più intelligente!- Aggiunse alzando il tono di voce.
-Sono stato intelligente! Niente telecamere di sorveglianza, non hanno niente.- Disse frettolosamente Yev, ancora seduto sul letto portandosi cuscino sulle gambe.
-Adesso però stai attento. Rivendi la roba dalla Serpe, lui non farà troppe domande.- Si sarebbero dimenticati di tutto e, con un pò di fortuna, avrebbero anche guadagnato qualcosina.
-Non voglio rivenderla.- Rivelò il ragazzino in un sussurro fissandosi le punte dei piedi, come faceva tutte le volte che era agitato.
-A che cazzo ti serve, scusa?-
-Un regalo.- Si limitò a dire senza alzare lo sguardo. Voleva essere sincero soprattutto con suo padre ma tutte le volte che i suoi occhi si specchiavano in quelli identici del genitore qualcosa lo bloccava dal parlare.
-Ti abbiamo dato quaranta dollari per quelle due che ti scopi.- Gli ricordò Mickey facendo un passo avanti nella stanza. -Possibile poi che ci voglia un regalo di Natale per loro...- Aggiunse poi, più tra sè e sè che al figlio. 
-Ho preso dei peluche per loro, sono carini, gli piaceranno.- Disse disinteressato con una scrollata di spalle. 
-Solo per fartela dare ancora qualche volta?- 
A quella domanda Yev alzò un sopracciglio imitando il padre con un sorriso sghembo sulle labbra. -Ehi, quanti ragazzi di 17 anni possono dire di poter farsi una bella scopata a tre quando vogliono? Devo tenermele strette!- Esclamò sorridendo per poi tornare con lo sguardo basso sul cuscino adagiato sulle sue gambe.
Mickey si passò il pollice sul labbro inferiore pensando che infondo il figlio non aveva tutti i torti.
-Quindi per chi è questa cosa che hai rubato?- Cercò di farlo parlare. Se non lo guardava negli occhi c'era di certo qualcosa che non andava. Lo aveva fatto la prima volta che lo avevano picchiato e la prima volta che voleva portare una ragazza a casa. C'era fottutamente qualcosa sotto.
-E' una collana.- Spiegò il ragazzino passandosi una mano tatuata per i capelli biondi e spettinati. -Ed è per...- Aggiunse bloccandosi poco dopo.
-Cazzo, no, non dirmi che è per lei!- Mickey aveva già capito tutto.
-Sì, okay, è per Lilith!- Si lasciò scappare infine Yev per poi sospirare pesantemente. Sapeva che aveva combinato un casino. Si trovava nella merda e continuava a spargerne su tutto e tutti attorno a lui.
-Yev che cazzo combini? Ti stai scopando due ragazze a cui regali dei cazzo di peluche e vai a metterti nei casini con la polizia per una tua amica?!- Mickey era visibilmente alterato. Anzi no, era proprio incazzato. 
Aveva sempre saputo che prima o poi la polizia avrebbe bussato alla sua porta per Yevgeny, solo sperava che non fosse stato per rubare un fottutissimo regalo per una ragazza.
-Quasi nei casini...- Lo corresse il ragazzino. -Lo sai che ci tengo a lei.- Sospirò alzando leggermente lo sguardo.
-So che te la vorresti fare.-
-E' più di questo...- Ammise Yev in un mormorio quasi impercettibile.
Il padre sospirò rumorosamente e si sedette sul bordo del letto al fianco del figlio. -Cazzo, sei fottutamente andato per lei dalla prima elementare!- Mickey, a suo malgrado, lo capiva. Sapeva esattamente cosa fosse l'amore, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Rubare per Ian? Lui era andato ben oltre, aveva quasi ucciso un uomo perchè lo stava guardando! 
-Pensi accetterà un regalo rubato?- 
-Pensi che le dirò che è rubato?- Domandò retoricamente Yev buttando il cuscino lontano sul letto.
-Le mentirai?- Gli chiese Mickey alzando un sopracciglio. -E cosa dirai quando la polizia comincerà a romperti le palle? Lei non vuole che tu ti metta nei casini, lo sai.- 
-Ci penserò.- Disse semplicemente Yev scrollando le spalle. -Ma almeno avrà quello che vuole per Natale. Suo padre spenderà tutto nella droga.- La famiglia di Lilith era un vero schifo e lui avrebbe fatto di tutto per renderla felice, per farla sentire a casa, in famiglia. Per farle sapere che c'era qualcuno che teneva a lei, che ci teneva davvero.
-Okay. Stai fottutamente attento però da adesso in poi.- Lo ammonì Mickey con un sospiro. Non poteva rimproverarlo, lo capiva.
Yev annuì con un sorriso di ringraziamento: -Promesso.- 
-La prossima volta compra la collana a Lilith e ruba i fottuti peluche.- Gli consigliò prima di alzarsi dal letto facendo leva con le mani sulle ginocchia per tornare a dedicarsi al suo documentario.
Proprio in quel momento altri colpi minacciarono il portone di casa. 
-E' Ian, ha lasciato le chiavi in casa.- Lo informò Mickey uscendo alla porta della stanza. -Cerca di non metterti più nei casini per quella ragazzina.- Aggiunse poi facendo un mezzo passo indietro.
-Papà...- Lo fermò Yev con una mano in tasca mentre controllava che la refurtiva fosse ancora al suo posto. -Non dirlo a Ian.- Lo supplicò sollevando il suo sguardo per farlo incontrare con il suo. -Lui è come Lilith, si arrabbierebbe, direbbe che devo pensare al mio futuro e...-
-Perchè noi Milkovich ci innamoriamo sempre di gente per bene, uh?- Lo interruppe Mickey con un sorriso prima di uscire dalla stanza e raggiungere il portone di casa.
Ian gli sorrise imbarazzato.
-Cercavi queste?- Chiese il moro alzando un braccio per mostrare all'altro le chiavi che pendevano dal suo dito.
Ian afferrò le chiavi facendogli una smorfia. -Sai potrei avere un pò di tempo prima di tornare da Liam.- Comiciò il rossino entrando e allungando le mani verso il sedere di Mickey. Doveva ammettere che gli era mancato.
-Yev è in casa... ha combinato qualcosa a scuola.- Lo informò il moro. -E' già in punizione!- Aggiunse ad alta voce in modo che anche il figlio lo sentisse. Si dimenticava sempre di punirlo quando combinava qualche cazzata.
Il ruolo del genitore non aveva mai fatto per lui!
-Allora rimarrà nella sua stanza.- Sussurrò Ian maliziosamente, avvicinandosi all'orecchio di Mickey per cominciare a depositare piccoli e umidi baci sul suo collo mentre lo spogliava della felpa e chiudeva il portone di casa con un piede.
-Mi piace come pensi, tough guy.-




L'angolino di Holly
Salve :)

E niente, Yev è innamorato perso di questa Lilith, la rivedremo in altre OS, ma ovviamente i due sono solamente amici e quindi il "piccolo" di casa Milkovich si da alla pazza gioia con altre ragazze perchè se ha preso qualcosa da Ian è il suo "kicks asses everyday" che Mickey ama tanto. E se ve lo chiedevate: sì, Lilith è la stessa di "Nobody punch a fucking Milkovich".
Lo so che forse l'idea di un Yev ladruncolo e poco incline alla legge non piacerà a molti, ma come ho già detto, è un Milkovich, nato nel South Side, e anche se ha una famiglia che lo adora non sarebbe potuto finire in altro modo. E poi rende il personaggio molto più interessante.
In più ho lasciato qua e là indizi su altre OS (che si ambienteranno nel futuro o nel passato) che avevo in mente di scrivere, dei piccoli spoiler per chi riesce a coglierli ;)
Se avete idee su situazioni che potrebbero succedere o che vi piacerebbe vedere in questa famiglia disfunzionale, promptate pure :)
Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere.
Grazie a tutti per aver letto ♥ 



 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Being a badass ***



 

Being a badass
 

Un rumore metallico contro il portone di casa aveva svegliato Ian e Mickey in piena notte. Per un attimo si guardarono negli occhi a vicenda.
Verde contro azzurro.
Non erano allarmati, ma di certo sorpresi. Yev era al suo primissimo turno di notte al supermarket che aveva deciso che stare aperto 24 ore su 24 avrebbe alzato di molto gli introiti, e Svetlana era in giro a passare la notte da qualche sua amichetta. Aveva accennato a qualche nome di catena di fast food, e ormai tutti in casa avevano imparato che quando lo faceva era meglio limitare le domande.

Il moro si stropicciò gli occhi con il dorso della mano prima di poggiare i piedi sul pavimento freddo.
-Chi è quel coglione che pensa che tentare di derubare casa Milkovich sia una buona idea?!- Chiese ironicamente Mickey afferrando una pistola dal primo cassetto del comodino e caricando il colpo in canna, pronto ad ogni eventualità.
-Te l'ho mai detto che sei sexy con una pistola carica in mano?- Disse Ian dopo averlo guardato alzarsi e raggiungere la porta della loro camera. Amava quando rivedeva nella nuova versione di Mickey, quella leggermente più casalinga e aperta a parlare delle proprie emozioni, uno sprizzo di quella vecchia; come quando alzava il dito medio in direzione di qualche persona per la strada, senza un vero e proprio motivo. O in quel preciso istante, con un rugger tra le dita, pronto a difenderlo.
-Pensavo ti piacessi di più con il tuo cazzo in tiro in mano.- Mickey gli sorrise malizioso. Come facevano sempre a finire a parlare di sesso? Anche quando c'era un possibile ladro in casa?
Ian scosse il capo con un sorriso e si alzò a sua volta passandosi una mano tra i capelli rossi seguendo l'altro nel corridoio. Appena varcata la soglia lo trovò fermo, in piedi, davanti a lui Svetalana e Yev li guardavano.
Non sembravano felici. Nessuno dei due.
-TU!- Urlò la donna furibonda puntando un dito contro Mickey per poi cominciare a farneticare in russo.
-Nessuno capisce un cazzo di quello che stai dicendo!- Il moro cercò di sovrastare la sua voce.
-Yevgeny!- Esclamò allora la donna puntando il suo sguardo ghiacciato sul figlio.
-Cosa?- Chiese lui allarmato. Quando usava il suo nome completo era giusto agitarsi.
-Tu fai vedere!-
-Okay, okay.- Sospirò il ragazzino. Sotto gli occhi grigi della madre alzò le mani stringendole in due stretti pugni per poi stendere in avanti le braccia, mostrando le nocche ai due ragazzi.
Fu subito chiaro per quale motivo Svetlana sembrasse un bufalo inferocito: le dita di Yev erano tatuate. Ogni nocca presentava un diverso simbolo andando a formare la frase "U're shit".
-Yev, quando...?- Chiese Ian spaesato. -Perchè?- Non aveva mai pensato che il ragazzino volesse farsi un tatuaggio.
-Perchè è fighissimo, no?- Esclamò lui alzando le sopracciglia esattamente come faceva suo padre, gli occhi chiari brillavano di entusiasmo.
-NO!- Urlò sua madre in preda alla furia.
-E' tua colpa!- Continuò puntando l'indice contro Mickey che sospirando si passò l'indice sul labbro inferiore per poi togliere il colpo in canna alla sua pistola e posarla sul ripiano della cucina. -Tu hai tatuaggi su dita, lui fa tatuaggi su dita!- Spiegò continuando a gesticolare.
-Io penso siano fighi.- Si limitò a dire Mickey con una scrollata di spalle. E lo pensava, cazzo. Forse avrebbe scelto un'altra frase, imitando uno dei poster che avevano decorato camera sua quando era un adolescente, ma non poteva dire che non fossero fatti bene. Sicuramente migliori di quello che, ancora ogni tanto, gli faceva provare delle forti fitte al petto, per colpa delle infezioni.
-Cosa?- Ian era sbalordito da ciò che aveva appena detto il moro.
-America è nazione di persone matte!- Esclamò Svetlana portandosi le mani con il palmo aperto sulle tempie ricominciando a parlottare a bassa voce in russo.
-Anche io li ho fatti circa alla sua età. Sono tatuaggi, state tutti tranquilli, non ha mica ucciso qualcuno.- Sospirò Mickey massaggiandosi la testa. Stavano facendo un gran casino per una cazzata da adolescenti. -Non l'hai fatto, vero?- Aggiunse poi sottovoce rivolto al figlio.
-No! Che razza di persona pensi che sia tuo figlio?- Yev aggrottò le sopracciglia in un'espressione interrogativa abbassando le mani tatuate per guardare meglio negli occhi il padre.
-Figlio che tatua dita come suo idiota di padre.- Svetlana era tornata a usare la lingua che gli altri riuscivano a capire, ovviamente solo per far comprendere al marito l'insulto a lui rivolto.
Mickey la fulminò con lo sguardo. -A me sta bene così. Ora il padre idiota vorrebbe tornare a dormire.-
-Vedi, a papà piacciono.- Yev scrollò le spalle contento.
-Non a me.- Esclamò Ian che era rimasto in silenzio fino a quel momento.
-Cosa?- Chiesero all'unisono il padre e il figlio dagli occhi azzurri.
-Ehi, anche io ho dei tatuaggi!- Gli ricordò Mickey mostrando le sue dita che riportavano in lettere, ormai sbiadite dal tempo, la frase "Fuck U-Up".
-Sì, e non puoi negare che siano stupidi.-
-Uno è letteralmente il tuo nome.- Mickey si poggiò agitato una mano al petto. Quel tatuaggio gli riportava alla mente i ricordi della fottuta galera, quando il rossino aveva deciso che aveva chiuso con lui. Fortunatamente aveva cambiato idea.
-Non proprio. E' il nome di un certo "Ian Galagher"- Si finse indignato Ian incrociando le mani davanti al petto, mentre Svetlana si sedeva sul divano ancora visibilmente infuriata e Yev sorrideva divertito al loro stupido battibecco.
-Me la farai pesare per molto?- Sospirò Mickey passandosi una mano tra i capelli neri.
-Sempre.-
Mickey alzò il dito medio mostrandolo all'altro e annuendo leggermente mentre Ian gli sorrideva compiaciuto.
-Tu sei in punizione! Io deciso!- Esclamò improvvisamente Svetlana puntando il dito verso il figlio per poi alzarsi dal divano e raggiungere il bancone della cucina dove si trovava un pacchetto mezzo vuoto di sigarette.
-Ma...- Tentò di giustificarsi il ragazzino.
-E io sono d'accordo.- Annuì Ian. -Anzi, anche tu lo sei.- Aggiunse guardando Mickey per poi raggiungere Svetlana che gli tendeva una sigaretta.
-Cosa? Io? Cosa c'entro io se il ragazzino si fa un tatuaggio.- Protestò il moro facendo saettare le sopracciglia sulla fronte.
-Dovrò fartela pagare prima o poi per quel tatuaggio.- Rise Ian dalla cucina dove stava prendendo un accendino dalle mani di Svetlana.
Mickey sospirò rumorosamente buttandosi sul divano.
-Scusa...- Mormorò il figlio occupando il posto al suo fianco.
-Nah, tranquillo. Nemmeno lui può resistere più di tanto.- Gesticolò il moro allungandosi verso una bottiglia di birra che se ne stava abbandonata sul tavolino. Sapeva quale sarebbe stata la sua punizione: niente sesso finchè Ian non decideva altrimenti. -Dovresti preoccuparti di più per la tua di punizione. A Ian tornerà voglia di sbattermi di nuovo in qualche giorno.- Aggiunse portandosi la bottiglia alle labbra.
-Possiamo non parlarne...- Implorò il ragazzino ancora traumatizzato da quando li aveva beccati insieme.

***

Ian era infuriato.
Yev non l'aveva mai visto così.
Teneva i pugni stretti sul volante, lo sguardo fisso sulla strada e stringeva i denti mettendo in rilievo la mascella squadrata.
-Sarai in guai grossi quando tuo padre tornerà a casa!- Esclamò infuriato aprendo la porta di casa Milkovich.
-Fila in camera tua per adesso!- Aggiunse indicando con il braccio teso la sua stanza. Yev, ubbidiente, abbassò lo sguardo sulle punte dei suoi piedi e si chiuse in camera sua, grattandosi la testa pensieroso. Non pensava di aver fatto qualcosa di così tanto sbagliato.
Ian dal canto suo non poteva credere a quello che era appena successo. La polizia lo aveva chiamato dicendogli che avevano in custodia il piccolo Milkovich. Yev aveva tentato di rubare una macchina, ma una vecchietta si era subita accorta del ragazzino appena adolescente che, con una spranga di metallo tra le mani tatuate, trafficava vicino al finestrino dell'auto. E così aveva chiamato le autorità. Fortunatamente non c'era stato modo di rintracciare il proprietario della macchina e quindi non sarebbe scattata nessuna denuncia per Yev.
Ian non capiva perchè lo avesse fatto. Ricordava quando era Lip a rubare auto, ma lo aveva fatto per racimolare qualche dollaro aiutando Steve; al ragazzino non servivano soldi, non navigavano certo nell'oro, ma avendo tutti un lavoro potevano permettersi qualche lusso in più.
Cazzo, perfino Yev lavorava!
Mickey varcò la soglia di casa qualche minuto dopo, brontolando, come suo solito. Non appena vide il viso di Ian un sorriso si aprì sulle sue labbra e gli si avvicinò per stampargli un dolce bacio sulle labbra.
-Yev ha cercato di rubare una macchina oggi. E' stato beccato dalla polizia.- Lo informò immediatamente il rossino respirando ancora sulle sue labbra.
-Denuncia?- Chiese in un sussurro Mickey senza allontanarsi.
-No, per fortuna.- A quella risposta il moro si ributtò sulle labbra dell'altro con un sorriso.
Yev si affacciò sulla porta con la testa bionda, avendo sentito la voce del padre dalla sua camera, e li avvertì della sua presenza con un sonoro -Bleah!-.
Ian si allontanò dal moro e lanciò uno sguardo ancora infuriato al ragazzino. Quella sarebbe stata una punizione che non avrebbe dimenticato presto.
-Grande! Vieni qua, dai un cinque al tuo vecchio!- Mickey alzò la mano con il palmo aperto e un sorriso sulle labbra mentre Yev lo fissava disorientato. -Hai fatto come ti ho insegnato?- Aggiunse il moro lasciando ferma la mano, aspettando il cinque dal figlio. Le labbra del ragazzino si piegarono in un sorriso mentre si avvicinava al padre alzando il braccio, pronto a dargli quel cinque.
-Mickey!- Urlò un Ian esasperato sovrastando il rumore delle mani degli altri due.
-Cosa?- Fu l'innocente domanda del moro.
-Yev dovrebbe essere in punizione per quello che ha fatto!- Spiegò il rossino gesticolando.
-Ah...- Mickey si grattò la testa confuso. -Scusa, mio padre mi metteva in punizione quando mi dimenticavo i fottuti prezzi della coca, quando rubavo delle macchine di solito mi aspettava un lecca-lecca.-
-E io che pensavo che Frank fosse un cattivo padre...- Sospirò Ian mentre Yev rivolgeva uno sguardo sofferente ai suoi papà. Aveva appena tentato di rubare una macchina, per quale stupido motivo lo aveva fatto quando loro due gli davano tutto ciò di cui aveva bisogno?
-Già...- Sentenziò Mickey in un mormorio rumoroso.
-Allora siete entrambi in punizione!- Esclamò Ian, come colpito da un'illuminazione.
-Cosa? Questa cosa di mettere in punizione entrambi deve finire!- Si lamentò il moro sbuffando e lanciando le braccia in aria, come per mandare a fare in culo l'intero mondo.
Ian posò i suoi occhi verdi su Mickey e alzò le sopracciglia imitandolo.
-Okay, okay... Ho capito.- Acconsentì il più basso buttandosi a sedere in malo modo sul divano -Tu, ragazzino, vedi di cominciare a fare quel cazzo che vuole Ian o qua ci rimetto sempre io!- Aggiunse puntando l'indice verso Yev che annuì sorridendo in risposta.
Ian sorrise vittorioso guardando i suoi due ragazzi dagli occhi azzurri.




 

L'angolino di Holly
Salve :)
Dunque, molte fanart ritraggono Yev con la scritta MISCHIEF sulle nocche delle mani, ma per essere un pò più originale e per imitare il padre, che ha una "frase", ho pensato a questo.
Inoltre ho cercato di inserire tutti i genitori di Yev anche questa volta, so che tendo a esagerare con Mickey... eheh.
Ho unito due OS in pratica, ma gli argomenti erano simili e la seconda mi sembrava troppo corta per essere pubblicata da sola, quindi why not?
Grazie per i vari prompt che mi avete suggerito, ci sto già pensando su... Se avete idee su situazioni che potrebbero succedere o che vi piacerebbe vedere in questa famiglia disfunzionale, promptate pure :)
Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere.

Grazie a tutti per aver letto ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** A Milkovich is ashamed ***


 

A Milkovich is ashamed



Quel giorno il grande supermercato in città stava vendendo in saldo tutti gli articoli di cancelleria che aveva ancora in magazzino dall'anno precedente. Così la famiglia Milkovich aveva deciso che sarebbe stata un'ottima idea andare a comprare il primo zainetto di Yev che avrebbe iniziato la scuola elementare dopo pochi mesi. In realtà era stato Ian a proporre l'uscita e, a parte un'eccitatissimo Yevgeny, nessuno era molto entusiasta all'idea. Svetlana aveva scrollato le spalle indifferente e Mickey lo aveva mandato a quel paese, eppure quella mattina si era fatto trovare pronto a partire con loro.
Il moro, indossato il suo broncio e con le braccia incrociate davanti al petto, seguiva il rossino che teneva per mano il bambino biondo mentre ascoltava Svetlana borbottare dietro di lui in russo.
-Io voglio quello di Capitan America!- Urlò il bambino cominciando a saltellare eccitato indicando lo zaino blu e rosso che raffigurava il simbolo del famoso supereroe. -E' così forte e corraggioso!- Aggiunse, gli occhi azzurri illuminati per la felicità.
-Che cazzo stai dicendo?- Yev sbattè qualche volta le palpebre per poi guardare il padre senza capire. -Iron Man è dieci volte meglio di quell'esperimento scientifico del cazzo.- Aggiunse Mickey gesticolando.
-Mickey...- Sussurrò Ian cercando di calmare il compagno. 
-Cosa?- Chiese quello allargando le braccia non capendo la reazione di Ian. -Capitan America è un vecchietto patriottico.- Spiegò agli altri mentre le sue braccia si muovevano nell'aria. -Attacca con uno scudo! Che cazzo di problemi ha con le pistole?- Chiese infine continuando ad inveire contro il personaggio inventato sotto gli occhi degli altri Milkovich.
-Vedova Nera usa pistole.- Forse era la prima volta che Mickey e la moglie trovavano una qualche intesa. -E lei russa.- Aggiunse Svetlana annuendo e indicando lo zaino dell'eroina che si trovava al fianco di quello blu.
-Quella non ha alcun potere. E' solo addestrata bene.- La informò Mickey tornando ad allacciare le braccia davanti al petto. -E il fatto che sia russa peggiora solo la situazione.- Aggiunse poi scuotendo il capo. Non avrebbe comprato a suo figlio lo zaino di una russa, anche se era fottutamente arrapante con quei capelli rossi. Quelli di Ian erano più sexy però.
-Anche Iron Man non ha nessun potere, papà, ha solo un'armatura.- Lo destò dai suoi pensieri Yev.
-Ecco, sentitelo!- Le sopracciglia di Mickey saettarono verso l'altro. -Parla come quel patriottico del cazzo.- Esclamò per poi sospirare rumorosamente.
-Puoi dire quello che vuoi ma è un gran figo.- Disse Ian guardando la raffigurazione del supereroe stampata sullo zainetto blu e rosso che aveva addocchiato il bambino. Lo sguardo del moro fu sul rossino in un baleno. -Ian non ti sarai convertito ai palestrati biondi?- Chiese Mickey, improvvisamente più calmo, mordendosi il labbro.
-Geloso?- Gli sorrise divertito l'altro.
-Di quel coglione talmente americano da essere nato il 4 di luglio?! No!- Mickey scrollò le spalle cercando di spostare lo sguardo che, disubbidendo alla sua volontà, tornava su Ian.
-Io volevo il suo zaino perchè è buono e aiuta i suoi amici.- Si intromise Yev.
-Cosa pensi tu di questo?- Gli chiese dolcemente sua madre mostrandogli uno zainetto giallo che stava poco più avanti, nella stessa corsia.
-Ne sai parecchio di lui.- Constatò Ian infilandosi la mano, finalmente libera da quella del bambino, nella tasca dei pantaloni.
-Leggevo i fumetti.- Si limitò a dire l'altro.
-Leggevi?- Questa volta furono le sopracciglia del rosso ad alzarsi incredule sulla sua fronte.
-Sì, sono andato a scuola anche io, sai, per un pò.-
-Leggevi?- Chiese nuovamente Ian non contento della risposta del compagno.
-Era l'unico giornale a parte Playboy che girava in casa mia.- Si giustificò Mickey.
-Mmmh...- Riflettè Ian mentre seguivano, a pochi passi di distanza, Svetlana e Yev che si guardavano intorno alla ricerca dello zaino perfetto. -Dimmi che non ti masturbavi sui fumetti della Marvel.- Sussurrò un Ian divertito nelle orecchie del moro che divenne rosso per l'imbarazzo.
E anche se l'avesse fatto? Che cazzo gliene fregava a lui?
-Papà, guarda quello!- Lo interruppe Yev saltellando sul posto mentre indicava uno zaino arancione. -Quello mi piace!- Annuì fiero della sua decisione. -Anche quello!- Aggiunse voltandosi dalla parte opposta.
C'era decisamente troppa scelta.
-Puoi sceglierne solo uno, ragazzino.- Gli ricordò Mickey, felice che l'interruzione di Yev avesse fermato le supposizioni di Ian, più vere di quello che lui stesso volesse ammettere.
-Non pensate che questo sia il migliore?- Propose il rossino mostrando uno zainetto sul quale era stato stampato il tipico motivo militare. -Tra i due litiganti il terzo gode, no?- Aggiunse con un alzata di spalle cercando la conferma nello sguardo di Yev che però era già perso verso uno zaino blu che spiccava tra gli altri. -Io voglio quello!- Gridò finalmente felice di aver trovato quello che cercava.
-Stitch?- Chiese Mickey indicando lo zaino che fissava il figlio per poi prenderlo tra le mani per soppesarlo.
-Non dirmi che conosci questo per lo stesso motivo per cui conosci Capitan America...- Lo provocò Ian con un sorriso malizioso sulle labbra.
-No!- Si affrettò a rispondere il Milkovich, ancora visibilmente imbarazzato per l'affermazione che il rosso aveva sostenuto poco prima. -Guardavo i cartoni con Yev quando era piccolo.- Spiegò poi.
-Li guardiamo ancora.- Lo corresse Yev prendendogli lo zaino dalle mani per poterlo vedere meglio. Era proprio quello che voleva.
-No, tu li guardi ora.- Disse Mickey soffermandosi sulla parola "tu".
-E tu li guardi con me.- Gli sorrise innocente il figlio mentre le guance del moro diventavano rosse per la seconda volta quel giorno.






L'angolino di Holly
Salve :)

So che questa OS è molto corta rispetto al solito, ma spero possa piacervi comunque. 
Discussioni comuni in casa Milkovich, ognuno vuole avere ragione, anche sulle piccole cose, e io li amo alla follia per questo. In più trovo sempre un motivo per ridicolizzare Mickey, perchè... reasons xD
Grazie per i vari prompt che mi avete suggerito, ci sto già pensando su... Se avete idee su situazioni che potrebbero succedere o che vi piacerebbe vedere in questa famiglia disfunzionale, promptate pure :)
Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere. 
Grazie a tutti per aver letto ♥

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Fucking scared ***





Fucking scared



-Fottiti, Ian!- L'urlo di Mickey squarciò il silenzio che regnava quella sera in casa Milkovich svegliando di soprassalto il piccolo Yev, che per poco non cadde dal suo letto. Per qualche secondo creddette di aver sentito un semplice rumore e averlo scambiato per la voce del padre. Il bambino rimase in silenzio e tese l'orecchio pronto a carpire qualunque suono.
-Cazzo, mi dispiace, okay?- Ian teneva la voce più bassa. -Non...- Qualche minuto di silenzio. Yev poteva sentire solamente i propri respiri che si facevano sempre più veloci e affannosi.
-E' sempre così. Sono un coglione, ecco cosa!- Suo padre urlava ancora. Lo immaginava mentre muoveva le braccia nell'aria o si accendeva una sigaretta nel vano tentativo di calmarsi. Quando si trattava di Ian quelle non bastavano mai. Lui era solo un bambino, ma lo sapeva. -Continuo a fidarmi di una testa di cazzo come te!- Un altro grido di Mickey. Il bambino cominciò a tremare per quella che sembrava in tutto e per tutto paura, cercando con tutto se stesso di trattenere le lacrime. Si alzò dal suo letto e con passi felpati e silenziosi si diresse verso la stanza della madre mentre gli altri due continuavano ad urlare dalla cucina.
Svetlana gli sorrise dolcemente quando lo vide spuntare sulla soglia di camera sua. -Ehi, calmati.- Gli sussurrò vedendo lo sguardo spaventato del figlio e alzando il lenzuolo che la copriva facendogli segno di stendersi al suo fianco. Yev con una piccola corsa raggiunse il letto e ci si arrapicò sopra, andando a rannicchiarsi al fianco della madre. La sua schiena contro l'addome di lei che lo coprì con la coperta in modo materno.
-Non litigano mai così.- Riuscì a dire il piccolo stringendo forte tra le mani il lenzuolo bianco realizzando improvvisamente perchè aveva paura. Temeva che quella litigata avrebbe separato i suoi papà.
-Loro fatto peggio in passato.- Lo rassicurò Svetlana mentre cominciava ad accarezzargli un fianco cercando lentamente di calmarlo.
-Io non ti ho mai tradito, non dire cazzate adesso Gallagher!- La voce di Mickey era rabbiosa ma talmente alta da risultare comprensibile anche attraverso i muri e le porte chiuse.
-Ricominciamo con il cognome?- Lo scricchiolio delle molle del divano seguì la voce di Ian. Probabilmente il rosso ci aveva lanciato sopra il borsone dove teneva le divise colorate e sgargianti che indossava al locale, quelle con cui Yev si divertiva a travestirsi di tanto in tanto. -Vogliamo ricordarci di Angie?- Yev controllò la sveglia digitale sopra il comodino della madre. I grandi numeri in rosso dicevano che erano appena le tre di notte. Ian era di certo appena tornato e, come al solito, Mickey lo aveva aspettato con ansia seduto sul divano ed era finito per addormentarsi.
-Tu ti scopavi il vecchio!-
-Solo perchè tu non volevi ammettere che provavi qualcosa per me.-
Yevgeny strinse ancora più forte il lenzuolo nei pugni guardando le nocche delle sue mani diventare bianche. -Non mi piace che facciano così.-
-Prova dormire.- Gli mormorò dolcemente sua madre nell'orecchio cercando di cantichiargli qualche ninna-nanna che lo rilassasse e non gli facesse sentire i due che urlavano nella stanza affianco.
-Vedi dei succhiotti sul mio collo?- La voce di Mickey era troppo alta per essere superata da quella della nenia di Svetlana. -Io li vedo solo sul tuo!- Yevgeny strinse gli occhi cercando, in quel modo, di richiamare il sonno o almeno di concentrarsi sulle luci colorate che vedeva abitare le sue palpebre.
-Okay, un cliente ha esagerato questa volta. Roger lo ha buttato fuori.- La voce di Ian pareva calma al contrario di quella dell'altro, ma il bambino riusciva a riconoscere tutte le volte che la voce del rossino tentennava cercando poi di riacquistare il tono pacato che cercava di ostentare.
-Sia ringraziato il fottuto Roger allora. Non potevi fermarlo tu?-
-Sono un fottuto disastro, okay?-
Yev aprì gli occhi azzurri nel buio della stanza. Chiuderli non aveva impedito alle voce dei due di raggiungerlo. -Ho paura, mamma.- Mormorò, quella verità spiazzava anche lui. Mickey e Ian avevano già discusso in passato, ma mai in quel modo, mai aveva ascoltato... -E se Ian va a vivere in un'altra casa?- Chiese dando voce ai suoi pensieri.
Sua madre gli sorrise dolcemente scossando la testa senza smettere di accarezzarlo. -Quello non succede. E poi tu sempre avere me e tuo padre.-
-Ma papà senza Ian è triste, e io voglio che siamo tutti felici.- Prima che Ian uscisse di casa, quella sera, avevano cenato tutti insieme, anche zio Iggy e zia Mandy si erano fermati per uno dei famosi piatti di sua madre, e avevano riso e scherzato. Erano stati felici. E ora, Mickey e Ian non lo erano più. Come poteva essere?
-Smettila di trovare scuse del cazzo!- Urlò Mickey, scagliando probabilmente qualcosa contro il muro, a giudicare dal forte rumore che era rimbombato nella casa.
-Io ci tengo a te, non sono scuse!- Gridò di rimando l'altro sovrastando il rimbombo di quello che sembrava essere la loro lampada del salotto che andava in frantumi.
-Io ti amo.- Questa volta la voce di Ian era ferma, sicura.
Casa Milkovich piombò in un silenzio totale.
Yev stava trattenendo il respiro e anche la carezze della madre si erano improvvisamente interrotte. Il bambino era sicuro di non aver mai udito una tale assenza di suoni, nemmeno di notte, quando tutti dormivano. Ogni tanto qualche vecchio mobile di legno scricchiolava, le macchine correvano sull'asfalto e la ventola del frigorifero sbuffava, ma in quel momento sembrava quasi che il mondo si fosse fermato ad ascoltare le parole di Ian. Quelle parole che per la prima volta rivolgeva a Mickey.
-Dici che papà ha ucciso Ian?- Chiese Yev preoccupato, girando il volto verso la madre per incastonare il suo sguardo in quello di lei.
Fu la voce di un Mickey incredulo a rispondere al bambino. -Davvero?- Il moro non era mai sembrato così insicuro.
-Certo, cretino.- Ian sorrideva, lo sentiva nella sua voce, così sollevata, allegra. Anche il piccolo Milkovich, nel letto della madre, mentre questa lo coccolava amorevolmente, sorrise sentendosi uno stupido ad aver anche solo pensato che quei due avessero potuto separarsi.
-Che ne dici di cambiare lavoro?- Suggerì Mickey. Anche lui stava sorridendo.
-Me li lascerai tu i succhiotti al posto dei clienti?- Yev non sapeva cosa fossero i succhiotti, ma avrebbe di certo chiesto la mattina dopo, a colazione, perchè sapeva che avrebbe ancora avuto i suoi due papà e la sua mamma lì con lui, dove dovevano essere.
-Posso anche iniziare subito...- Disse Mickey sottovoce, ma non abbastanza perchè le orecchie di Yev  non captassero quelle parole, prima che il bambino si addormentasse come un sasso al fianco della madre.





L'angolino di Holly
Salve :)

Allora, Yev sente litigare i Gallavich per la prima volta e, anche se noi siamo abituati e sappiamo sempre come finiscono (qualcunque cosa dica Ian a Caleb...), per la prima volta il bambino si scopre a temere per la loro separazione. E la nostra Svetlana lo consola.
Mi dispiace di aver pubblicato così in ritardo rispetto al solito, ma ho ricominciato l'università e gli unici giorni liberi sono nel fine settimana -__-" Quindi da adesso in poi pubblicherò nei weekend, sperando di riuscirci...
Se nella prossima OS ci fossero poco i Gallavich finirei rincorsa con torce e forconi? xD

Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere.
Grazie a tutti per aver letto ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Naked girl in the Milkovich house ***




 

Naked girl in the Milkovich house

 

Quando, il giovedì, arrivava l'ora di cena, dalla cucina di casa Milkovich si diffondeva un aroma squisito. Tutto merito di Ian che nella sua serata libera aveva preso l'abitudine di cucinare per l'intera famiglia. Si armava di ciotole, coltelli e vari mixer, indossava la parannanza sul petto nudo, cosa che portava Mickey a sedersi al tavolo e osservarlo durante tutta la preparazione, e iniziava a darsi da fare con i pochi ingredienti che trovava nel frigorifero.
Era diventata praticamente una tradizione. Tutta la famiglia aspettava quella serata. Chi per invitare amici e vantarsi del cibo, chi per riposarsi dal lavoro che, altrimenti, gli toccava tutte le sere e chi per sbavare sul corpo di Ian.

In più tutti erano incuriositi dal fattore sorpresa. Nessuno, Ian compreso, sapeva cosa sarebbe effettivamente finito nel piatto. Quella sera, dall'odore, sembrava essere toccato a delle polpette immerse nel sugo.
Ian se ne stava davanti ai fornelli, rimescolando la salsa rossa con un cucchiaio di legno. Mickey lo osservava già da un'ora e sentiva che stava per esplodere.
-Posso assaggiarla?- Chiese distrattamente mentre si alzava dalla sedia che era stata il suo punto d'osservazione e si avvicinava all'altro che con un sorriso gentile gli stava porgendo il cucchiaio pieno di sugo. Mickey assaporò la salsa, lasciandosi imboccare dal rossino, per poi umettarsi le labbra e avvicinarsi a quelle di Ian, baciandolo lentamente. Le sue mani che correndo dietro al collo dell'altro, muovendosi tra quei fottuti capelli rossi che amava, lo avvicinavano a se, approfondendo quel bacio. Le dita di Ian che avevano totalmente dimenticato il lavoro che stavano svolgendo poco prima e sfioravano le sue braccia. Potevano sentire le loro erezioni crescere nei loro pantaloni, l'uno contro il corpo dell'altro.
-Ho avvertito ragazzi. Loro arrivano.- La voce di Svetlana li fece scostare. Per Mickey era ancora difficile lasciarsi andare a delle dimostrazioni di affetto così intime in pubblico, anche se non aveva nessun problema quando qualcuno li scopriva durante il sesso. Ian non aveva ancora capito quale fosse la grande differenza, ma il fatto che l'altro non fosse corso nuovamente a sedersi e che fosse rimasto al suo fianco, con una mano che lo sfiorava, gli faceva capire che teneva a lui più di quanto fosse disposto ad ammettere anche a se stesso.
Svetlana scosse la testa entrando in cucina e prese posto al tavolo. Mickey pose nuovamente lo sguardo su Ian che gli sorrise facendogli l'occhiolino; avrebbero continuato dopo cena.
Yevgeny entrò in cucina passandosi le dita tatuate tra la chioma bionda, seguito da una ragazza con i lunghi capelli castani e ricci. La maglietta di lui era indossata al contrario, l'etichetta che si mostrava fiera sul suo petto e le estremità della cintura non allacciata che penzolavano dai pantaloni. Lo sguardo dei tre adulti cadde immediatamente sulla ragazza. Indossava una vecchia camicia nera di Mickey, che era finita nell'armadio del figlio qualche anno prima. Le arrivava appena alle cosce nude ed era abbottonata solamente a metà, lasciando che a decidere se il seno fosse coperto o meno fosse il caso.
-Ti dispiace metterti dei fottuti vestiti addosso?- Quasi urlò Mickey facendo passare lo sguardo sbigottito dal figlio alla ragazza e viceversa.
-Pensavo che i tuoi fossero gay.- La ragazza si rivolse a Yev, quasi fingendo che nella stanza non fossero presenti i diretti interessati.
-Sì, infatti. Non vedi che quasi scopavano sul bancone?- Il biondino indicò con un rapido movimento della mano i due che, ancora davanti ai fornelli, non si erano allontanati l'uno dall'altro e la vicinanza si faceva vedere, dato che la loro mezza erezione non se ne era ancora andata.
-Dovremmo farlo anche noi...- Sussurrò la ragazza. Sul volto di Svetlana comparse un sorriso quando la vide alzarsi sulle punte dei piedi per stampare un bacio sulle labbra di Yev, facendo alzare il bordo della camicia, rivelando gran parte del suo sedere. Non aveva nemmeno le mutande addosso.
Mickey sospirò pesantemente alzando le sopracciglia incredulo e Ian gli poggiò una mano sulla spalla tentando di calmarlo. -Puoi andarti a vestire?- Tentò sperando che, per qualche strano motivo, avrebbe dato ascolto a lui.
-Mi piace sentirmi libera.- Fu la risposta della ragazza che con alzata di spalle rischiò quasi di mostrare a tutti le sue grazie.
-E a noi piace mangiare con un certo decoro, anche se siamo del South Side.- Esclamò Ian di rimando.
-Okay, okay.- La ragazza scrollò le spalle e si allontanò dalla cucina per rifugiarsi nella camera di Yev mentre una Svetlana sorridente la seguiva con lo sguardo.
-Dove cazzo te la sei trovata una così?- Mickey allargò le braccia avvicinandosi finalmente al tavolo.
-Ehi! Calmo con le parole!- Esclamò in risposta Yev mentre si sedeva al fianco della madre in attesa del ritorno della ragazza. -Viene a scuola con me.- Continuò poi.
-Ci viene nuda? Si sente più libera anche lì magari. E' così che l'hai conosciuta?- Mickey non sapeva se essere più sconvolto dalla ragazza che aveva appena conosciuto o dallo sguardo sognatore che vedeva negli occhi grigi e lucenti della moglie.
-Smettila!- Urlò Yev difendendo la ragazza.
-Cosa?- Chiese ironicamente Mickey guardandosi intorno. -Non rompere così le palle per una che ti scopi!- Aggiunse poggiando le mani sullo schienale della sedia per scostarla da sotto il tavolo.
-A me lei piace!-
-Che cosa ti piace? Che sia scema o che te la dia quando vuoi?- Ian sospirò all'esclamazione di Mcikey. Capiva che avrebbe voluto di meglio per il figlio, ma ricordava di una versione molto simile di Mandy che si aggirava per casa Gallagher quando usciva con Lip, sicuramente però non ne avrebbe fatto parola con il compagno. Non se voleva entrambe le braccia intere.
-Non è così!- Esclamò il figlio alzandosi improvvisamente dalla sedia pronto a fronteggiare il padre, che superava in altezza di diversi centimetri.
-Ah no?- Accolse la sfida Mickey con uno sguardo provocatorio. -Perchè sembra.- Aggiunse alzando un sopracciglio mentre la ragazza, con un paio di jeans e la camicia abbottonata decentemente entrava nella stanza, accolta da un broncio nascente sul volto di Svetlana.
-Ma poi che vuoi tu? Con Ian cosa fate se non scopare tutto il giorno, eh?-
Ian si portò una mano tra i capelli rossi sospirando pesantemente. Yev non avrebbe dovuto toccare quell'argomento e lo sapeva. Lo faceva ogni volta che voleva fare incazzare il padre.
-Non parlare di Ian adesso...- E ci riusciva tutte le volte.
-Mickey, sono qui, so difendermi.- Intervenne il rossino cercando di calmare la situazione. -Lascia stare, dai.- Sapeva che poteva trasformarsi in una brutta litigata, era già successo in passato.
-Lascia stare un cazzo!- Esclamò Mickey stringendo i pugni. -Quella è una puttana e tu la paragoni a Ian?!- Continuò indicando prima il compagno davanti ai fornelli e poi la ragazza che si era nascosta dietro Yev e che li fissava con uno sguardo impaurito.
-Perchè nessuno riesce a capire che so prendere delle decisioni da solo!- Gridò Yev prima di uscire dalla cucina seguito dalla ragazza. Il rumore del portone di casa che sbatteva rimbombò per l'abitazione mentre il petto di Mickey si alzava e abbassava velocemente, ancora nervoso. Ian sospirò nuovamente mentre Svetlana con una scrollata di spalle si alzava per riempirsi il piatto di polpette.

 

***


Mickey non riusciva a dormire e sapeva che Ian, steso al suo fianco, era ancora sveglio. Nella sua mente balenò il ricordo della promessa che il rossino gli aveva fatto prima di cena con quell'occhiolino.
Era arrivato il momento di riscuotere.
Il moro si girò verso l'altro e cominciò a baciargli il collo, scendendo lentamente verso il petto, fino a far scomparire la sua testa sotto il lenzuolo leggero.

-Mickey, no. Non sei dell'umore giusto.- Rispore il rossino anche se non sembrava lamentarsi del trattamento.
-E che cazzo! Lo saprò io di che umore sono.- Esclamò in un brontolio la voce di Mickey da sotto la coperta. -Sono dell'umore "ho voglia di scopare", okay?- Aggiunse prima di ricominciare a scendere lentamente sugli addominali e decidicarsi a lasciare umidi baci anche lì.
-No, sei arrabbiato perchè è la prima volta che Yev se ne va così.- Rispose Ian che cercava di mantenere un certo contegno nella voce, anche se era abbastanza sicuro di stare facendo un pessimo lavoro.
-Tu come mai sei così calmo?- Chiese Mickey spuntando da sotto il lenzuolo per guardare l'altro negli occhi.
-Ho cinque fratelli, non è la prima volta che succede.- Spiegò Ian piegando le braccia e infilando le mani sotto la nuca. -Tranquillo, tornerà.- Aggiunse un sorriso per cercare di rassicurarlo.
-Lo so che tornerà, solo...- Cominciò il moro lasciando la frase in sospeso. Sospirò pesantemente. -Non capisco che cazzo ho detto che lo fatto incazzare. Quel ragazzino non lo capisco proprio.-
-E' uguale a te, identico.- Lo informò Ian sogghignando. Possibile che non se ne fosse accorto?
-Non è vero!- Urlò Mickey facendo scattare le sopracciglia sulla fronte.
-Tu cosa faresti se qualcuno avesse parlato in quel modo di me?- Tentò di farlo ragionare l'altro. Mickey si morse il labbro inferiore sovrappensiero.
-Gli avrei spezzato le gambe!- Disse infine. -E' già successo in realtà...- Mormorò buttandosi di schiena sul suo lato del letto, abbandonando definitivamente il corpo di Ian per dedicarsi a fissare il soffito bianco della camera.
-Cosa?- Ian sgranò gli occhi sorpreso.
-No, niente, vai avanti.- Mickey scosse la mano velocemente facendogli segno di lasciare correre. Non avrebbe spifferato quella storia, non in quel fottuto momento.
-E se fosse stato tuo padre?- Continuò allora Ian, anche se ancora un pò sbalordito. Mickey rimase in silenzio a fissare il soffito. Cosa aveva fatto tutte le volte che Terry aveva cercato di distruggere la sua vita con Ian? Certo, era arrivato a picchiarlo a sangue ma lui non si era fermato alle parole, lui non aveva semplicemente insultato Ian. Gli aveva puntato una fottuta pistola contro e avrebbe premuto il grilletto. -Probabilmente niente.-
-Esatto.- Approvò Ian, felice che l'altro avesse seguito il suo ragionamento e fosse arrivato allo stesso risultato.
-Magari potrei diventrare uno psicologo.- Propose girando il volto verso Mcikey per poterlo guardare negli occhi. Quello sorrise scossando la testa.
-Magari potresti succhiarmi il cazzo.-
-Magari sì.- Gli sorrise a sua volta Ian prima di scomparire sotto il lenzuolo.

 

***


Yevgeny era tornato in casa Milkovich la mattina seguente. Non aveva dato molte spiegazioni e non gli erano state chieste. Mickey lo aveva chiamato in cucina dove farina, zucchero e tutti gli ingredienti che gli sarebbero stati utili erano già pronti sul tavolo. Lo aveva convinto ad aiutarlo dicendogli che avrebbero preparato dei biscotti di scuse della famiglia per la ragazza del giorno prima. Yev lo aveva guardato dubbioso alzando le sopracciglia bionde, segno che ormai tutti avevano preso come riconoscimento del fatto che fosse effettivamente figlio di Mickey, valeva quasi di più del test del DNA.
-Okay, scusa. Non avrei dovuto parlare male della tipa.- Ammise il moro mentre il figlio pesava a caso gli ingredienti. Nessuno sapeva come, ma ogni volta che i Milkovich si impegnavano a cucinare biscotti riuscivano a cuocerne di deliziosi, senza seguire alcuna ricetta.

-Questo è Mickey Milkovich che si sta scusando?- Yev interruppe il suo lavoro per guardare il padre. -Chiamate le televisioni nazionali e i giornali del mondo! Mickey Milkovich si sta scusando!-
-Smetti di fare il coglione.- Mickey diede una leggera spallata al figlio.
-Tranquillo. Alla fine avevi ragione tu, non è molto di più che una che mi faccio ogni tanto.- Yev tornò a pesare gli ingredienti e a lasciarli cadere in una grande ciotola colorata.
-Sa del lavoro da Sasha?- Chiese Mickey mentre scioglieva il burro in un pentolino sbruciacchiato sul fornello.
-Sì, le va bene che faccia da bodyguard là.- Sasha aveva riaperto i battenti dopo la chiusura del Rub'n'Tug. Per qualche motivo Svetlana era rimasta in contatto con lei ed ecco che aveva chiesto al ragazzino di lavorare per lei. Aveva bisogno di qualcuno che proteggesse le ragazze e facesse pagare i clienti, soprattutto i più "distratti". -Forse perchè non sa che ogni tanto mi fanno qualche servizietto...- Aggiunse in un sospiro.
-Yev!- Esclamò Mickey puntando lo sguardo più autorevole che era riuscito a trovare nel suo repertorio sul figlio.
-Cosa?- Yev allargò le braccia con i palmi rivolti verso l'alto. -Anche mamma lavorava là. Non ci sono santi in questa casa.- Mickey non poteva controbattere. Cazzo, lui era stato un pappone, un pusher e nemmeno lui riusciva a ricordare tutte le truffe che aveva messo in atto.
-Prima o poi lo verrà a sapere.- Si limitò a dire tornando al suo burro che ormai si era sciolto completamente.
-Non è di lei che mi interessa. Se lo scopre troverò un'altra.- Disse il ragazzino passando a pesare lo zucchero. -E' Lilith il problema.-
-La biondina?- Chiese Mickey allungandosi verso le presine appese al muro.
Yevgeny annuì sospirando nuovamente. -Ieri le ho raccontato questa cosa del lavoro e del pompini gratuiti e si è incazzata. Dice che non è giusto che tradisca la fiducia di una ragazza così, e che potrei prendermi delle malattie...- Sbuffò passandosi una mano tra i capelli, abbassado gli occhi azzurri sulle punte delle scarpe, proprio come quando era piccolo. -Non mi parla più. E' per questo che ieri ero arrabbiato e ti ho risposto da coglione.- Si giustificò continuando a guardare in basso. Mickey lo guardò per qualche secondo, le presine colorate ancora tra le mani, il burro che ormai bolliva sul fuoco e la pentolina che si bruciava più di quanto non lo fosse già. Il moro lo capiva. Aveva qualcosa con questa ragazza per cui non importava cosa il mondo pensasse di lui, ma lei doveva considerarlo come una buona persona, una di cui si poteva fidare tutte le volte che avesse avuto bisogno, perchè lui ci sarebbe stato per lei, ma principalmente perchè era Yev ad avere bisogno di lei. Un pò come lui e il rossino.
Forse Ian aveva ragione, forse erano davvero più uguali di quanto pensasse. Mickey sorrise al pensiero che quel rossino avesse sempre la risposta esatta e per una volta pensò che potesse averla anche lui per il figlio.
-Allora i biscotti portali a lei.-


 

 

L'angolino di Holly
Salve :)
Okay, questo giro mi sono fatta prendere la mano... Questa OS è la più lunga che io abbia mai scritto, quindi potete perdonarmi per il ritardo (?)

Ho lasciato i Gallavich, tante scene fluffose, riponete i forconi per un'altra OS xD
Ho cercato di dare qualche caratterizzazione in più a Yev e anche di approfondire la sua relazione con i genitori e con Lilith (che prima o poi comparirà fisicamente), ditemi se ci sono riuscita.
Spero vi sia piaciuta e sappiate che sto già pensando ai prompt che mi avete mandato, tutti fantastici *-* Come voi d'altronde che continuate a seguire queste pazzie che scrivo e che sono nate per tirare su il mio morale da Gallavich disperata, a recensirle con delle parole splendide che mi emozionano sempre. Sono già arrivata a scrivere la decima e mi sembra quasi impossibile che stia continuando a pubblicarne una a settimana, sembrerà una cavolata ma è un grande traguardo per me e lo devo molto a voi, perchè non vedo l'ora di fangirlare con voi e sapere cosa pensate di quello che scrivo, bello o brutto che sia.
Grazie ♥ 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** A fucking giant ***





 A fucking giant 


 

Yevgeny si passò le dita tatuate tra i capelli biondi sistemandoli dietro le orecchie. Puntò gli occhi azzurri su quelli che si riflettevano nello specchio e sorrise a quella figura. Molti avrebbero detto che era una persona vanesia, ma semplicemente a volte amava guardarsi allo specchio, era incuriosito da come riuscisse a riconoscere in se stesso i suoi genitori. Si stupiva tutte le volte nel riconoscere i tratti duri e aguzzi, caratterizzati dalle alte ossa delle guance, che aveva ereditato dalla madre. Gli occhi di quell'azzurro brillante, quasi vivo, che non aveva mai trovato in nessun'altro che non fosse suo padre. Per non parlare poi della mobilità delle sue sopracciglia che, se era necessario giudicare qualcuno, erano sempre pronte a scattare sulla sua fronte ampia, così come quelle di Mickey. La pelle pallida, quasi bianca, che, dalla famiglia che si ritrovava non avrebbe potuto non beccarsi. I capelli biondi, sottili e lisci, derivavano, a detta di Svetlana, da suo nonno che, sempre stando alla russa, sembrava un principe azzurro, uno di quelli che salvava le principesse dalle alte torri abbandonate. Anche se del signore aveva ben poco, data la fine che aveva fatto fare alla figlia, vendendola ad un pappone per trecento dollari.
Quello che non aveva mai capito era come facesse ad essere così fottutamente alto.

All'inizio lo odiava.

Lo stipite della porta della cameretta di Yev era un insieme di segni neri e blu che indicavano la sua altezza.
Aveva iniziato quando aveva solo due anni. Era stata una sfida con suo padre; lo chiama sempre "nano" e lui aveva deciso di dimostrargli che non lo era, che era un bambino grande e così avevano deciso di marcare, tutti i mesi, una nuova linea sul legno bianco, all'altezza della nuca di Yev.
Il bambino aveva insistito perchè anche il padre segnasse la sua che, però, non cambiava mai. Al contrario le tacche di Yevgeny che continuavano a salire, sempre più in alto, fino a che, per raggiungere quella di Mickey, sarebbero mancati solo pochi centimetri. Yev aveva quattordici anni e ogni volta che arrivava il giorno previsto per essere misurato vedeva suo padre indossare un broncio offeso e segnare lo stipite della porta sempre più vicino alla linea contrassegnata con il nome "Mickey". Aveva capito che qualcosa in quell'operazione lo disturbava e così aveva deciso di smettere. Aveva usato una scusa; ormai era un adolescente, era troppo grande per farsi misurare ancora con delle stupide tacchette, come i bambini. Questo aveva detto.

La verità era che quel piccolo momento con il padre gli mancava.

Aveva avuto paura di non essere chi aveva sempre pensato di essere.

Con il tempo aveva capito perchè suo padre odiava quel momento, perchè non sopportava lo stipite della porta, talmente tanto da aver proposto, più volte, di dipingerlo di bianco coprendo tutti i segni e le tacche. Mickey era convinto che quella fosse la prova che dimostrava che Yev non era figlio suo. Non importava quanto Ian cercasse di farlo ragionare, di farlo concentrare sugli occhi azzurri del bambino, sulla carnagione pallida, sulle sopracciglia ballerine o addirittura sulle dimensioni del suo uccello che, a sentir parlare il rossino, ricordavano quelle di Mickey. Yev, che non si era mai vergognato a girare nudo per casa, aveva cominciato ad assicurarsi di essere sempre coperto, ma soprattutto aveva iniziato a sospettare che i dubbi del moro fossero reali.
Si era crogiolato nella disperazione pensando che, se Mickey non era suo padre, allora lui non era un Milkovich, e se non lo era non sapeva chi fosse veramente. Tutta la sua realtà aveva iniziato a traballare, instabile, pericolante.
Ian se ne era accorto. Avevano parlato e Yev aveva scoperto che nonno Frank non era il vero padre del rossino e questo significava che tutti i suoi zii Gallagher, non erano i suoi veri zii. Ma Ian gli aveva anche spiegato che quando lo aveva scoperto nulla era cambiato. Lip era rimasto il fratello a cui riusciva a dire ogni cosa, Fiona era ancora la sorella che lo proteggeva, Carl era sempre quello che gli chiedeva qualunque tipo di domanda senza mezzi termini, Debbie era rimasta quella che teneva alla famiglia, anche se non lo voleva dare a vedere, e Liam era ancora il suo piccolo fratellino coccoloso. E nonostante fosse un ubriacone egoista, Frank era sempre suo padre. Yev aveva sorriso a Ian e lo aveva abbracciato forte, era alto come lui.
Il ragazzino aveva deciso che l'unico modo per mettere a tacere i suoi sospetti interiori era chiedere alla madre. -Ho deciso di fare un test di paternità, sai per vedere se sono davvero figlio di Mickey.- Aveva lanciato quell'affermazione davanti a Svetlana, sapendo che se avrebbe chiesto direttamente lei non avrebbe mai risposto. La russa aveva sospirato ruotando gli occhi senza togliere l'attenzione dal giornale che stava leggendo. Yev aveva sorriso, non importava quanto fosse alto, quella era la prova che Mickey era suo padre.

Poi aveva cominciato a piacergli.

-YEV!- L'urlo di Mickey, appena uscito di casa per una commissione, si era sentito perfettamente anche all'interno dove il figlio e Ian stavano ancora finendo la colazione.
-A rapporto!- Aveva esclamato il biondino alzandosi di scatto dalla sedia non appena Mickey era comparso in cucina, per poi portarsi la mano tesa sulla fronte, mimando il saluto militare e facendo sorridere Ian che li guardava dalla cucina.
-Ridi poco, soldato Ryan.- Mickey riprese Ian che, continuando a sorridere, scosse la testa sorseggiando il the che aveva tra le mani. -Hai usato la cazzo di macchina ieri sera?- Chiese mentre le sopracciglia gli scattavano sulla fronte, furiose.
-Sì, ma non ho combinato niente.- Cominciò cautamente Yev. Sapeva che il padre teneva molto alla sua auto e aveva da poco conquistato il diritto di poterla utilizzare, ma doveva rispettare delle condizioni, anche se la maggior parte gli erano state date da Ian. -Mi sono fermato a tutti i semafori rossi, ho fatto attraversare tutte le vecchiette sulle strisce e ho pulito la macchina, non troverai un preservativo usato neanche se lo cerchi.- Elencò il ragazzino contando i punti sulle dita.
-E il fottuto sedile?- Mickey si morse il labbro inferiore mentre le sue sopracciglia non sembravano avere alcuna intenzione di scendere.
-Sono sicuro di aver pulito anche quello.-
-No!- Esclamò il padre seguito da un sospiro rumoroso. -Non l'hai messo dove era prima. L'hai allontanato dal volante e non lo hai messo nella sua fottuta posizione iniziale.- Spiegò poi gesticolando.
Yev lo guardò negli occhi senza dire una parola. Il silenzio totale era calato in casa Milkovich. Il ragazzino sapeva che avrebbe dovuto farlo, ma si divertiva troppo a vedere il padre incazzasi in quel modo perchè non riusciva a raggiungere i pedali nella sua macchina.

-Cazzo, sarà la ventesima volta che te lo dico.- Sbottò nuovamente Mickey abbassando finalmente le sopracciglia scure. -Fottuto gigante.- Aggiunse avvicinandosi al portone di casa pronto ad uscire nuovamente.
-Brontolo...- Mormorò Yev ma abbastanza forte perchè anche Mickey lo sentisse. Lui si fermò sulla soglia per qualche secondo prima di scuotere la testa, alzare il dito medio nella sua direzione e allontanarsi. Il ragazzino era sicuro che stesse sorridendo, così come Ian, alle sue spalle.

Davvero, davvero tanto.

Non ricordava cosa fosse successo esattamente. Forse era solo un gesto di rito perchè era il suo compleanno o forse stava cercando di consolarlo come gli aveva più volte suggerito Ian. Fatto sta che Mickey si era avvicinato a Yev allargando leggermente le braccia, pronto per accoglierlo in una stretta amorevole.
Non lo facevano spesso.
In casa Milkovich il modo per dimostrare affetto era mandarsi a quel paese a vicenda, magari con un sorriso sulle labbra. Gli abbracci erano stati importati dal Gallagher, era lui che aveva cominciato ad abbracciare tutti e a convincerli che, ogni tanto, gli avrebbe fatto bene scambiarsene uno.
Mickey aveva fasciato il suo corpo con le braccia, stringendolo a se in uno stretto abbraccio. Il ragazzino lo superava di diversi centimetri; il volto di Mickey arrivava all'altezza del petto del figlio dove aveva poggiato la guancia. Yev, ricambiando l'abbraccio, aveva legato le braccia attorno al padre. Poi, senza un motivo preciso lo aveva alzato da terra, facendo in modo che la spalla di Mickey raggiungesse la sua fronte.
Il moro aveva cominciato a divincolarsi urlando di metterlo subito a terra e gesticolando nell'aria. Il ragazzino era scoppiato a ridere mentre si abbassava, in modo che i piedi del padre toccassero nuovamente il pavimento. Mickey lo aveva guardato ridere corrugando le sopracciglia e mostrandogli il dito medio se ne era andato borbottando.

Più di quanto avrebbe dovuto.

Tutti gli adulti della famiglia Milkovich se ne stavano seduti sul divano guardando un qualche programma davvero poco interessante dove gente si urlava contro per non-si-sa-bene-quale-motivo.
Yev entrò nel salotto senza maglietta, tenendo i pantaloni che indossava per le due estremità della cerniera ancora aperta. Si guardò attorno confuso per poi riportare lo sguardo sui jeans.
-Beh, QUESTI sicuramente non sono miei!- Enfatizzò posando lo sguardo sulle sue caviglie, completamente scoperte. Quei pantaloni gli arrivavano a malapena a metà dei polpacci. Erano palesemente di Mickey.
Alzò lo sguardo per incontrare quello di suo padre che lo guardava con le sopracciglia alzate, sconcertato. Svetlana e Ian cercarono di mantenere le risate il più possibile portandosi una mano sulla bocca e guardando il soffitto bianco in cerca di distrazione, ma infine scoppiarono entrambi cominciando a sogghignare senza sosta. Mickey dedicò uno sguardo irritato ad Ian che rispose con una scrollata di spalle. Sapeva che al compagno non piaceva essere preso in giro per la sua statura ma era impossibile non ridere a quella recita di Yevgeny.
-Ridammi i miei pantaloni.- Sbuffò il moro alzandosi in piedi e avvicinandosi al figlio.
-Ecco, c'è scritto il nome nell'etichetta.- Disse il ragazzino, trattenendo le risate, mentre si sfilava i pantaloni e li girava per controllare il cartellino bianco fingendo di trovarci veramente qualcosa che non fosse la taglia e il processo di lavaggio. -Grumpovich*. Sì, sono i tuoi.- Sentenziò porgendoli al padre che dopo aver sospirato, glieli strappò di mano per rintanarsi in camera sua e fingersi offeso, mentre un sorriso gli si allargava sulle labbra.

E alla fine lo aveva accettato come parte di se stesso e della sua famiglia.

Yev si guardò allo specchio ancora una volta. Gli occhi azzurri del padre che si riflettevano nei suoi. I tratti del viso appuntiti e taglienti della madre, che gli davano un'aria quasi nobile, i capelli biondi del nonno che non avrebbe mai incontrato, le dita tatuate che seguivano la grande tradizione Milkovich. E le gambe lunghe e dritte che lo facevano sembrare quasi un gigante, quelle le aveva sicuramente prese da Ian.




*Grumpovich --> Ho letto da qualche parte di qualcuno che lo chiama così. Viene da Grumpy, il Brontolo italiano, e Milkovich. Ho pensato che Brontovich non facesse lo stesso effetto, sembra più un dinosauro. Sto divagando.



L'angolino di Holly
Salve :)
Lo so, lo so. Mi sono concentrata nuovamente mooooolto su Mickey, ma questa volta ho una buona ragione. Oggi è il compleanno di Noel! *-*
E quindi ho deciso di dedicare l'intera OS alla sua nanosità così pucciosa. In più, mi sento di aver inserito Ian, insomma Yev trova quasi una scusa per renderlo suo padre biologico.
Ho usato una "tecnica" diversa. Spero mi sia riuscita decentemente.
Ultimamente sto facendo fatica a trovare l'ispirazione per scrivere queste OS, anzi no, non è vero. L'ispirazione c'è, ho davvero tantissime idee, ne spuntano nuove tutti i giorni, e in più ci siete voi e i vostri bellissimi prompt (ve l'ho già detto che vi adoro?), il problema è che più si va avanti e più la speranza crolla. Ho letto che Noel girerà una pilot per una nuova serie dove sarebbe uno dei protagonisti, e questo significa che, se la prima puntata andrà bene, probabilmente farà molta molta fatica a tornare in Shameless. E in più c'è Ian che continua a farmi venire voglia di picchiarlo perchè ne parla male in continuazione (per tutti voi che lo volete più spesso nelle OS, ditegli che non aiuta in questo modo, anzi). Quindi tutte le volte che, per un motivo o per un altro, un altro pezzo di speranza se ne va, riuscire a scrivere queste storie felici mi risulta difficile...
Ma continuerò a farlo più che posso, perchè amo ricevere le vostre recensioni dove sclerate con me, mi fate sentire un pò meno sola in questa depressione Gallavich. La userò come terapia.
Detto questo, che potevo anche evitare, vi saluto e alla prossima.
Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere.
Grazie a tutti per aver letto ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Someone pierced his tounge ***


 

Someone pierced his tongue




-E' un'idea del cazzo!- Esclamò Mickey allontanando la sigaretta dalla bocca.
-Le ragazze lo amano.- Tentò di giustificarsi il ragazzino biondo. -Non è così diverso da un tatuaggio, e per quello non mi hai detto di no.-
-Non potevo. I tatuaggi sono una fottuta tradizione Milkovich, ne hai mai visto uno senza?!- Chiese ironicamente, inumidendosi le labbra nervoso.
Perchè era sicuro che ci avrebbe rimesso lui anche quella volta, come tutte le volte che Yev aveva provato a chiedere il permesso per fare qualcosa? C'era un motivo se lui era il primo al quale il ragazzino si rivolgeva. -E dato che ne ho anche io so cosa comportano.- Questa volta si sarebbe comportato da padre responsabile. Non come quando gli aveva preso delle scapre più alte per fregare il coglione alle giostre e farlo salire sulle montagne russe. Svetlana gli aveva fatto pulire a mano i vestiti pieni di vomito del figlio, che era probabilmente davvero troppo piccolo per poterci andare.

-Cosa vuoi che "comporti" un piercing?- Yev alzò le sopracciglia sulla fronte.
-Non lo so.- Ammise il padre. -Non ne ho.- Aggiunse mentre si chiedeva per quale cazzo di motivo il figlio volesse farsi bucare una parte del corpo per infilarci un qualche brillantino luminoso. Gli sembrava una cosa totalmente da froci, ma poi, detto da lui, che si faceva sbattere da Ian un giorno sì e quello dopo anche, era abbastanza ironico.
-Okay, allora facciamo così.- Cominciò il ragazzino. -Ti farai un piercing alla lingua per dimostrarmi che non devo farlo, ma se non troverai niente di negativo allora io potrò farmene uno.-
-Ma sei scemo?- Mickey quasi sputò la sigaretta a terra dallo stupore di quell'idea. Adesso aveva le prove per dimostrare che il figlio aveva perso qualche rotella, sicuramente era successo sulle montagne russe. -Io non voglio un piercing, perchè devo farne uno?-
-Hai paura? Di un piccolo ago?- Lo canzonò Yev dandogli una leggera spallata.
-Non ho paura di un fottuto ago.-
 

***


E così si era ritrovato con un enorme anello sulla lingua, che, per tutta risposta al trattamento che aveva appena subito, stava cominciando a gonfiarsi. Yev aveva detto che la cosa sarebbe peggiorata nel giro di qualche ora; aveva anche menzionato un suo amico che era stato costretto ad andare a scuola per tre giorni con la lingua che penzolava fuori dalle labbra, sbavando più o meno su ogni cosa che fosse al di sotto del suo mento, come un fottutto cane.
Nel tornare a casa si erano fermati in un supermarket, evitando accuratamente il Kash and Grab, anche se Yevgeny non sapeva bene il perchè, e avevano fatto scorta di gelatina. Il ragazzino aveva informato il padre che gli sarebbe servita e lui aveva cominciato a spaventarsi veramente.
-Dov'eravate finiti voi due?- Aveva chiesto Ian che li aspettava seduto sul divano.
-In giro.- Rispose vagamente Mickey entrando dalla porta e passando al figlio le due buste della spesa sperando che sistemasse gli oggetti appena comprati nel frigo. Cazzo, anche solo nel dire quelle due parole la sua lingua aveva urlato di dolore.
-E perchè avete comprato tutta quella gelatina?- Domandò Ian alzando un sopracciglio curioso. Mickey lo guardò fiero, stava cominciando a prendere qualche abitudine da Milkovich.
-Non ti piacerebbe saperlo...- Gli rispose lanciando uno sguardo a Yev che, in cucina, aveva semplicemente appoggiato le buste stracolme di gelatina colorata sul tavolo per poi scomparire nella sua camera. Mickey sospirò rumorosamente; doveva aspettarselo.
-Mmmh.- Mugolò in assenso il rossino, seguendo con lo sguardo la figura di Yev scomparire. -Sai cosa mi piacerebbe al momento?- Mormorò avvicinandosi all'orecchio del moro mentre le sue dita scorrevano sulla sua maglietta nera per risalire verso il petto facendogli venire i brividi.
-Ian...- Si impose di dire Mickey cercando di mantenere un tono autorevole, anche se le mani di Ian che salivano sul suo collo per infilarsi tra i suoi capelli non aiutavano.
-Mickey, anni fa mi hai fatto una promessa.- Cominciò il rossino senza liberare l'altro dal suo tocco. -Te la devo ricordare?- Chiese ironicamente portando una mano alla sua stessa cintura per slacciarla e dare un indizio al compagno mentre con l'altra continuava a giocherellare con i capelli neri dell'altro.
-Sei un coglione.- Sorrise Mickey mentre i suoi occhi cadevano involontariamente sulle dita di Ian, sulla cintura che si apriva e la cerniera dei jeans che la seguiva a ruota mostrando i boxer che aveva visto infilarsi a Ian quella stessa mattina.
-Mi hai promesso che mi avresti succhiato il cazzo tutte le volte che volevo.-
-Lo so, ma...- Mickey sospirò. Stava veramente rinunciando? -Diciamo che non è fattibile al momento.- Cercò di spiegare chiudendo gli occhi, sperando che in quel modo l'idea di avere il cazzo di Ian in bocca, idea che glielo stava facendo venire duro, si sarebbe volatilizzata. Ma non sembrava così semplice convincere quell'immagine ad abbandonare il suo cervello.
-Cosa? Perchè?- Ian tolse la mano dai capelli dell'altro piegando leggermente la testa cercando il suo sguardo, che sebbene fosse bloccato dalle palpebre serrate, era ancora puntato sul cavallo dei suoi pantaloni.
-Potrei essermi fatto convincere da Yev a farmi un fottuto piercing alla lingua.- Lo infomò senza muovere un muscolo.
-E' uno scherzo?-
-No, è una sfida.- La voce di Yev che rientrava in cucina li sorprese entrambi.
Mickey sospirò nuovamente aprendo finalmente gli occhi e puntandoli in quelli di Ian. -Niente sesso orale per qualcosa come cinque settimane...- Disse ricordando le parole del tizio che gli aveva bucato la lingua poco prima. -E questo è il primo motivo per cui non dovresti farlo!- Esclamò rivolto a Yev che gli sorrise scuotendo la testa di rimando.
 

***


Mickey era alla sua ultima confezione di gelatina. Non che gli fosse servita per così tanto tempo, ma Yev gliene aveva fatta comprare talmente tanta che aveva dovuto mangiarne per settimane intere. Aveva anche chiesto una mano sia a Ian che a Svetlana per completare la missione ma lo avevano guardato entrambi prima di cominciare a ridere sguaiatamente. Anzi, avevano fatto di peggio. Quando lui, per pranzo, tirava fuori una confezione e un cucchiaio pronto alla tortura, loro si sedevano al suo fianco con un bel piatto di cibo decente.
Fortunatamente in quel momento era da solo. Aprì la lingutta per scoprire una gelatina blu. Scoprire il colore del suo pranzo era diventato stranamente divertente per lui.
Ian lo raggiunse e si fermò davanti al frigorifero dove stava appesa la loro agenda, non che ci fosse mai qualcosa di veramente importante scritto sopra. -Sai cosa dice il calendario?-
-Non è oggi il nostro fottuto anniversario!- Esclamò sicuro Mickey infilzando il suo cucchiaio nella gelatina bluastra. Ian non disse nulla in risposta. -Sono sicuro, cazzo!- Affermò nuovamente il moro, senza voltarsi verso l'altro, e continuando a dedicarsi al suo pasto che ballava sul cucchiaio.
-No, non è oggi.- Concordò il rossino. -Ma oggi sono esattamente cinque settimane da quando ti sei fatto convincere da tuo figlio adolescente a farti bucare la lingua.- Quella frase attirò l'attenzione di Mickey che finalmente si girò verso l'altro per poterlo guardare negli occhi. -Se non sbaglio mi aspetta un pompino.- Aggiunse Ian con un sorriso malizioso sulle labbra.
Mickey amava sentirlo parlare così. Al solo sentire quelle parole il suo amichetto era scattato sull'attenti, ma si sarebbe dovuto occupare di quello dell'altro. Era da davvero troppo tempo che non dedicava tutte le sue attenzioni a lui.
Si alzò dalla sedia avvicinandosi a Ian che, con una tazza di caffè tra le mani, continuava a sorridergli mostrandogli le fossette sulle guance. Non sprecarono tempo in nessun bacio, nessun tocco in più di quello che fosse stato accordato. Ogni tanto piaceva ad entrambi tornare ai vecchi tempi, quando tutto era fatto in modo passionale, ma veloce e rude. Quando avevano ancora paura di essere scoperti, dava quasi una scarica di adrenalina in più.
Mickey si inginocchiò tra le gambe dell'altro e gli abbassò velocemente i pantaloni della tuta e i boxer in un colpo solo. Sorrise all'idea che Ian, prima di entrare in cucina, avesse indossato i pantaloni più svelti da togliere. Tanto valeva non metterli proprio.
Il rossino era già parecchio eccitato, l'attesa aveva funzionato bene come stimolante. Ian socchiuse gli occhi quando sentì la bocca di Mickey stringersi attorno a lui. Sentiva le sue labbra muoversi e la sua lingua accarezzargli la pelle là dove era più sensibile, ma la cosa che gli stava facendo perdere il controllo era quel fottuto anellino di metallo.
Ian si morse un labbro cercando di reprimere un gemito, infondo Yev era nella stanza affianco, e appoggiò la tazza sul bancone, al fianco del frigorifero, sapendo che se l'avrebbe tenuta tra le mani qualche altro secondo sarebbe caduta a terra. Portò le dita di una mano tra i capelli neri dell'altro avvicinandolo di più al suo bacino per incitarlo mentre, con l'altra, teneva saldamente la tazza, come se fosse il suo unico appiglio alla vita reale; l'unica cosa che gli impediva di perdersi completamente nel calore della bocca di Mickey.
L'anello nella lingua dell'altro continuava ad eccitarlo strusciando contro la sua pelle, stimolando nervi che non pensava nemmeno di avere. Semplicemente ne stava amando ogni singolo momento, ogni singola sensazione. Sentiva il suo cuore perdere un battito ogni volta che il rumore delle loro pelli a contatto, che produceva rumori osceni, raggiungeva le sue orecchie, seguite dai suoi stessi gemiti sommessi.
Il rosso abbassò lo sguardo su Mickey, anche se sapeva che alla sola vista della sua erezione che compariva e scompariva nella bocca dell'altro avrebbe raggiunto il limite, e non poteva venire così in fretta. Fu in quel momento che incontrò lo sguardo azzurro di Mickey che sembrava scoparlo fin nell'anima.
Ian non riusciva più a controllarsi, quel piercing che si strusciava ancora e ancora contro di lui gli stava facendo perdere tutto l'autocontrollo che cercava di mantenere. Decise che non gli importava se ci avrebbe messo poco a venire, attirando così le umiliziazioni di Mickey che non si sarebbe di certo fatto scappare un'occasione del genere per vantarsi a vita della maestria con cui sapeva succhiargli il cazzo. Ian strinse una ciocca di capelli neri tra le dita mentre si lasciava andare all'orgasmo con un gemito. Mickey non si ritrasse, restò dov'era, lo sguardo azzurro e appannato dal desiderio ancora fisso in quegli occhi verdi e splendenti.
-Cazzo, adoro quel coso!- Esclamò Ian mentre cercava di regolarizzare il suo respiro. -Potrei farmene uno all'uccello, scommetto che ti piacerebbe un casino.-
-Non penso riuscirei a reggerlo.- Rise l'altro lasciando un dolce bacio nell'interno coscia dell'altro prima di tornare in posizione eretta.
-Potrei farmi fare un piercing alla lingua allora, per farti sentire com'è.- Propose nuovamente il rossino. Gli era piaciuto molto più del dovuto.
-No, non lo farai.- Quello che era uscito dalle labbra di Mickey sembrava quasi un ordine.
-No, non lo farò.- Concordò Ian con un sorriso mentre si avvicinava alla bocca dell'altro che sapeva ancora di lui. -Ma ne voglio un altro, subito.- Aggiunse sottovoce.
-Vedi, è una buona cosa, dovrei farlo!- Urlò Yev da camera sua mentre una risatina di Ian lo avvertiva che Mickey era tornato a dedicarsi a lui. Il ragazzino sbattè velocemente la porta della sua camera.
Non voleva sentirli.
Non di nuovo.
 

***


Mickey aveva deciso di non tenere il piercing, gli sembrava ancora una cosa stupida. Anche se detto da quello che portava sulle dita la frase "fuck u-up" era quasi ironico. Alla fine era riuscito anche a convincere Ian che toglierselo sarebbe stata la cosa migliore. A quel rossino piaceva veramente troppo.
Il buco non si vedeva quasi e, a parte il totale rifiuto che aveva ora Mickey nei confronti della gelatina, il pirecing non aveva avuto altri effetti collaterali.
Yev aveva convinto il padre che farne uno non avrebbe portato a nulla di male, anche se in realtà era stato Ian a dargli il permesso; aveva detto che gli avrebbe dato un qualche upgrade in campo sessuale, Mickey si era semplicemente tappato le orecchie lasciando la stanza.
Svetlana non l'aveva presa altrettanto bene. Aveva giurato che se il figlio fosse tornato a casa con un piercing qualunque gli avrebbe rotto entrambe le braccia e le gambe con il martello che teneva sotto il cuscino. E tutti, in famiglia, sapevano che ne aveva uno.
A quelle parole Yev aveva scrollato le spalle e aveva cominciato a pensare alla sua prossima strana richiesta, quasi come se non avesse mai voluto un piercing. Svetlana aveva preso in giro Mickey per settimane per il fatto che a lei fosse bastata una minaccia mentre lui aveva dovuto passare l'inferno di gelatina. Ma la russa non sapeva che il moro teneva, in un cassetto del suo comodino, quell'anellino di metallo e che, ogni tanto, quando Ian lo supplicava con lo sguardo, lo infilava nella lingua e regalava al suo ragazzo dei pompini fantastici.




 

L'angolino di Holly
Sembra che Ian abbia ascoltato la mia supplica di settimana scorsa, perchè, anche se non seguo le puntate di questa stagione (aspetto che escano tutte così da potermi fare una super maratona), ho saputo di quello che il nostro rossino ha detto a Mandy e... *-* Niente spoiler per chi non sapesse.
Vabbè mi basta poco per essere felice.
Ma parliamo dell'OS, che è venuta fuori molto più demenziale, molto più hot e molto più Gallavich di come l'avevo inizialmente immaginata... Il prompt l'ho trovato in giro per il magico mondo fatato che è l'internet ed era qualcosa tipo "Mickey gets his tounge pierced and Ian loves it" e niente ho pensato che rientrasse anche Yev alla perfezione. Ho cercato di non esagerare, il rating della raccolta è ancora arancione, quindi, non volevo sconvolgere nessun possibile lettore, anche se, caro lettore, se mi guardi Shameless, nulla può sconvolgerti xD
Spero non vi sia sembrata un OS troppo inconsistente, volevo regalarvi qualcosa di leggero e senza troppo angst per una volta, ma tranquilli che tornerà (ma per un pò ho bisogno di pensieri felici e fluffosi).
Spero vi sia piaciuta e soprattutto di aver colmato l'assenza di Gallavich, fatemi sapere.
Grazie a tutti per aver letto ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Fucking first times ***





Fucking first times

 

Due forti colpi alla porta fecero alzare svogliatamente Mickey dal letto sul quale stava osservando Ian che dormiva beato dopo la fuga dei giorni precedenti. Si massaggiò le spalle avanzando nel corridoio e aprì leggermente la porta in legno per trovarsi davanti una bambina. I capelli biondi raccolti in una coda alta, le mani che stringevano le bretelle della cartella e un sorriso gentile sulle labbra.
-Mancava la cazzo di bambina scout.- Borbottò Mickey vedendola, già pronto a mandarla via. Non voleva nessun biscotto o cioccolatino, voleva solo tornare in casa ad assicurarsi che Ian non lasciasse mai più letto.
-Sono una compagna di scuola di Yev. Sono venuta a portargli i compiti.- Si presentò prontamente lei.
-Come ti chiami?- Chissà perchè Mickey ricordava di avere avuto una conversazione con il figlio su una bambina bionda, che fosse proprio quella?
-Lilith.-
-Uh, tu sei Lilith, quella per cui si è battuto Yev, giusto?- Chiese Mickey colpito improvvisamente dal ricordo.
-E' stato molto coraggioso.- Esclamò lei mentre il moro si spostava dalla porta per permetterle di entrare.
-Certo...- Mickey annuì, cercando, per chissà quale motivo, di nascondere l'orgoglio che provava. -Ne ha anche prese parecchie.- Aggiunse quindi.
-Papà! Smettila.- Yev era comparso nel corridoio e, nel vedere Lilith, le sue guance si erano già tinte di un colore rosso acceso. La bambina fece un timido saluto all'altro con la mano che, per tutta risposta, le fece cenno di entrare in camera sua dove non ci sarebbe stato alcun Mickey a tentare di ridicolizzarlo davanti a lei.
-Ma è anche stato coraggioso.- Sussurrò il moro tra se e se, sicuro che nessun'altro lo avrebbe sentito. Cercò con lo sguardo quello di Yev prima che scomparisse nella sua stanza e mimò un "okay" con le dita aggiungendo un occhiolino che fece diventare le gote del bambino ancora più rosse. Possibile che dovesse imbarazzarlo così?
-Perchè non sei venuto oggi?- Chiese lei non appena la porta della cameretta. -Keith ha fatto il cafone, di nuovo.- Sbuffò togliendosi la cartella dalle spalle per appoggiarla sul pavimento, ai piedi del letto.
-Domani me la vedo io con lui.- La rassicurò Yev. Un bambino di sette anni che riusciva a tenere testa a uno di quattro anni più grandi non si era mai visto, eppure lui faceva un buon lavoro, anche se spesso finiva ridotto peggio dell'altro. Erano i geni da Milkovich, diceva suo padre, ma Yev pensava solo che Keith fosse davvero stupido.
-Non devi, o ti si riapriranno tutte le cicatrici.- Esclamò Lilith preoccupata lasciando cadere lo sguardo azzurro sulle mani di lui, le nocche che presentavano delle vistose croste rosso scuro.
-Allora oggi che hai fatto?- Gli chiese quando non riuscì più a fissare quelle ferite, sentendo quasi lei il dolore che dovevano emanare nella sua mano. -Non sarai mica malato?- Domandò improvvisamente preoccupata allontanandosi da Yev. Non voleva dover perdere la scuola per qualche stupida influenza.
-Oh, no.- Yev scosse la testa avvicinandosi alla bambina di qualche passo. -Il mio papà è stato male.- Spiegò semplicemente. Yev sorrise quando si accorse che, man mano che si avvicinava sempre di più a Lilith, poteva sentire il profumo nell'aria cambiare.
-Mi sembrava a posto.-
-Non quello, l'altro mio papà.- Il bambino si fermò improvvisamente nel suo avanzare. Ricordare quello che era successo i giorni prima lo faceva stare male, ma voleva spiegare tutto a Lilith, era sicuro che, in qualche modo, lei avrebbe potuto farlo stare meglio. -Ha una cosa che si chiama bipoqualcosa e lo rende molto triste.-
-Sei rimasto per tirarlo su di morale.- Non era una domanda ma una pura e semplice affermazione.
Yev annuì sospirando. Lilith si lanciò verso di lui, le braccia aperte e pronte a stringerlo. Il bambino sorrise leggermente mentre lei lo stringeva a se dalle spalle. Le sua braccia la cinsero attorno al busto e la strinsero a sua volta in un abbraccio. Rimasero stretti l'una all'altro, le guance di entrambi che sfumavano tra le varie tonalità del rosso.
-Ti preoccupi sempre per gli altri.- Sospirò lei al suo orecchio.
Yev era sicuro che se lo avessero messo al fianco di un pomodoro avrebbero avuto lo stesso colore. Sciolse, quindi, l'abbraccio senza smettere di sorridere. -Beh, sei tu che mi hai portato i compiti.- Le disse grato.
-Per così poco?- Lilith scrollò le spalle per poi tirare i lati della sua coda, tirandola. -Adesso te li spiego.- Proseguì avvicinandosi allo zaino per prendere i libri che le servivano. -Allora...-


-Lili mi ha abbracciato fortissimo prima.- Mickey guardò il figlio alzando un sopracciglio. Che cazzo voleva dire?
-Che cazzo stai dicendo, nanetto?- Gli chiese mentre cercava qualcosa da sgranocchiarsi nel frigo.
-Quello che è successo.- Yev si sedette su una sedia attorno al tavolo mentre lo osservava nella sua ricerca. -Non è che poi rimane incinta?-
Mickey sgranò gli occhi, indeciso se scoppiare a ridere o arrabbiarsi con Svetlana per non avere ancora affrontato l'argomento col bambino. -Cosa cazzo dici?-
-Io so che tu e Ian non potete avere dei bambini, perchè serve una mamma e un papà, ma lei è una femmina. E ci siamo abbracciati molto forte.- Lo informò Yev scalciando con i piedi che non arrivavano ancora al pavimento.
-Bene, ometto. Sono sicuro che non succederà.- Lo rassicurò il moro continuando a rovistare nel frigorifero che non sembrava offrire niente di buono per lui.
-Quanto sicuro?-
-100%-
-Papà?- Chiese Yev con una sottile voce sommessa.
-Uh?- Mickey alzò lo sguardo per incontrare quello del figlio, fisso sulle punte dei piedi che apparivano e scomparivano sotto la sedia. Aveva sicuramente qualcosa di imbarazzante da chiesere -Non chiedermi come nascono i bambini, okay?- Lo avvisò avendo intuito le sue intenzioni.
-A chi lo devo chiedere?-
-Ovviamente a Ian.-
Yev sorrise, cercando di stamparsi nella mente una nota per ricordarsi di chiedere al rossino, e scese dalla sedia per rintanarsi nella sua cameretta continuando a pensare che, anche se lui e Lilith avessero avuto un bambino, sarebbe stato bellissimo, perchè anche lei era bellissima.


***


Ian aprì la porta di casa e sospirò sollevato quando vide la piccola Lilith guardarlo sorridente. -Grazie al cielo ci sei tu.-
-Ciao, Ian. Sono passata a lasciare i compiti a Yev.- Salutò lei gentilmente, come suo solito, aspettando sulla porta che qualcuno la invitasse ad entrare.
-Devo andare all'ospedale da Mickey, dare il cambio a Svetlana, ti dispiace stare con lui fino a che non torna?- Le spiegò velocemente Ian mentre si infilava un cappottone verdastro e la tirava delicatamente dentro casa.
Yev la salutò dal divano su cui era seduto con un gesto della mano e le fece cenno di avvicinarsi. -Sarebbe comunque rimasta.- Disse rivolto al rossino.
-Bene.- Ian si controllò le tasche per assicurarsi di avere tutto il necessario. -Fate i bravi.- Li avvertì prima di uscire velocemente e chiudersi la porta alle spalle. Yev sospirò, avrebbe voluto andare con lui, ma aveva visto Mickey la sera prima e quell'immagine era ancora fissa nella sua mente di bambino di dieci anni, come se qualcuno l'avesse incollata lì. Era felice che Ian fosse tornato a casa con lui la sera prima, adesso però doveva lasciarlo andare da Mickey, perchè era sicuro che, senza Ian al suo fianco, avrebbe combinato un casino all'ospedale.
-Vuoi dirmi cosa è successo?- Lilith si era fermata appena messo piede in salotto. Lo guardava da lontano, era da tanto che non lo vedeva così giù di morale.
-Hanno sparato a Mickey.- Sputò fuori Yev.
-Oddio, st-sta bene?- Balbettò lei. A volte Lilith aveva paura di invadere i suoi spazi, ma c'era qualcosa nel suo sguardo che gli aveva fatto muovere i piedi e senza che se ne accorgesse si era trovata davanti a lui, ancora seduto sul divano.
-Sì, lo hanno preso al braccio, niente di chè per uno come lui.-
-Tuo padre è davvero forte.-
-Già...- Concordò il ragazzino. Avrebbe voluto essere proprio come lui, un vero Milkovich.
-E anche tu lo sei.- In certi momenti sembrava che Lilith sapesse leggergli nel pensiero. Probabilmente però, era solo perchè erano molto amici.
-Perchè non sono riuscito a venire a scuola dato che stanotte non potevo dormire per la paura che potesse succedergli qualcosa?- Yev si sentiva un totale codardo, niente a che vedere con Mickey o con Ian che, senza fare una piega, si era mosso nella preoccupazione della situazione per cercare di accontentare i bisogni di tutti, rimanendo a casa con lui la notte e correndo dal compagno non appena si era assicurato che il bambino non sarebbe rimasto da solo. O con Svetlana, anche lei era una perfetta Milkovich, aveva lasciato il viaggio che aveva organizzato con una delle sue fidanzate segrete per stare vicino a Mickey, dato che, essendo la moglie, i medici non avevano avuto bisogno di capire nulla di quella incasinatissima situazione che era la loro famiglia. Ci avrebbero pensato il giorno dopo, quando il moro sarebbe stato fuori pericolo.
-E' tuo padre, è normale.- Lo rassicurò Lilith sedendosi al suo fianco. -Anche io ero super preoccupata quando mio padre era finito in ospedale.- Confidò cercando il suo sguardo per calmarlo.
-Hanno sparato anche a lui?- Chiese Yev riflettendo i suoi occhi in quelli di lei e capendo, per la prima volta, che avevano lo strano potere di rasserenarlo in pochi secondi.
-No.- Lilith scosse la testa e posò lo sguardo sulla televisione accesa ma muta, portando via quel'influenza rilassante che aveva su Yev. -Overdose.- Sussurrò senza lasciare le immagini colorate che trasmetteva lo schermo.
-Mi dispiace.- Mormorò Yev guardando il suo profilo. La frangetta bionda che ricadeva sulla fronte alta, il nasino dritto che puntava verso la televisione e le labbra rosse e piene di piccoli taglietti causati dal freddo invernale. Yev si stupì nel pensare che avrebbe potuto fissarla per ore ed ore senza stancarsi mai. Improvvisamente quelle due parole erano nulla in confronto a quello che provava. Non era solo dispiaciuto, era arrabbiato che proprio lei avesse dovuto subire una tortura simile, avrebbe voluto fare qualcosa per aiutarla e sapere che non c'era nulla che poteva fare lo faceva stare fisicamente male, sembrava che il suo stomaco si contorcesse disperato. Senza neanche pensare le braccia di Yev si serrarono attorno alle spalle della bambina, per stringerla forte, cercando quasi di impedire, a qualunque cosa ci fosse al di fuori di quell'abbraccio, di superare le braccia di lui e anche solo sfiorare Lilith. Le labbra di lui si avvicinarono al suo volto e premettero contro la sua guancia. In quel momento Yev respirò il suo profumo e decise che era il più buono che avesse mai sentito; superava anche quello che invadeva la cucina il giovedì, quando Ian cucinava.
Il bambino si ritrovò a pensare ai suoi papà e al loro modo di baciarsi, quando si buttavano uno sulle labbra dell'altro, le dita che correvano tra i capelli, i corpi che si avvicinavano sempre più, come se la vicinanza non bastasse mai, come se dovessero sentirsi più vicini. E poi scomparivano da qualche parte. Forse anche lui avrebbe dovuto baciarla in quel modo...
Appena Yev capì cosa stava facendo e a cosa stava pensando si allontanò velocemente da lei. -Scusami.- Mormorò mentre le sue guance si tingevano di un rosso acceso. Yev era convinto che presto lo sarebbero state ancora di più perchè lei gli avrebbe tirato uno schiaffo in pieno viso.
-E' stato dolce.- Lo stupì lei con un sorriso che mostrava due tenere fossette ai lati della bocca.
-Allora questi compiti?- Cercò di cambiare argomento lui.


-Ho baciato Lilith sulla guancia.- Yev si buttò sul divano cercando di poggiare un piede sul tavolino, imitando Mickey.
Ian lo guardò cercando di trattenere una risata quando, per cercare di raggiungere il ripiano, dovette stendersi quasi completamente sul divano, la testa che ricadeva sul cuscino dove ci si sarebbe dovuti sedere.
-Volevo baciarla sulla bocca, come fate tu e papà.- Aggiunse il bambino cominciando a tamburellare con le dita sullo stomaco teso. -Ma poi ho pensato che non sono capace.-
-Non sei un pò piccolo per baciare le ragazze?- Chiese con un sorriso Ian mentre Svetlana spuntava dalla cucina per assistere a quella conversazione.
-Non penso.- Si limitò a dire il bambino continuando a battere le piccole dita sulla pancia.
Svetlana e Ian, dopo essersi scambiati uno sguardo perplesso, si lasciarono andare ad una risata liberatoria. Yev sospirò senza capire. Probabilmente erano solo invidiosi, perchè lui conosceva la bambina più bella e simpatica dell'intero South Side, anzi dell'intero mondo, e lui, Yevgeny Milkovich, aveva potuto dare un bacio.
Uno vero.
 

***


-Lilith.- Svetlana sorrise alla ragazza che aprendo il portone di casa e invitandola ad entrare. -Yev, Lilith è qui con compiti.- Gridò poi sperando di essere udita dal figlio, chiuso in camera sua dalla sera prima. -Tutti quei libri? Tu hai portato da sola?- Si rivolse infine alla biondina che reggeva un'alta pila di libri tra le braccia.
-Sono una forte ragazza indipendente io.- Le rispose lei con un sorriso.
-Yev!- Svetlana urlò nuovamente il nome del figlio, senza alcuna reazione da parte sua che sembrava non volere uscire dalla sua stanza. -E' in sua camera. Giornata pesante ieri per lui.- Si rivolse a Lilith cercando di avvisarla. Alle volte poteva essere difficile da gestire quel ragazzino! Soprattutto adesso che, ad appena tredici anni, era entrato definitivamente nel periodo dell'adolescenza in cui l'unica cosa che Svetlana avrebbe voluto fare era spaccargli la testa con un martello; quasi lo preferiva quando si attaccava ai suoi capezzoli con i denti, alla ricerca di latte.
La ragazzina le fece un cenno di ringraziamento col capo per poi dirigersi verso la stanza di Yev. Sapeva fin troppo bene dove trovarla. Aprì la porta ed entrò chiudendola alle sue spalle con l'aiuto di un piede, dato che le mani erano subito tornate a cercare di tenere in equilibrio la pila di libri.
Non chiese il permesso per entrare e non si scusò di averlo fatto senza bussare, sapeva che era sempre la benvenuta nella stanza del suo migliore amico. -Oggi non sei venuto. Ti ho portato i compiti.- Disse cercandolo con lo sguardo. Yev se ne stava seduto sul letto, i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani.
-Sono parecchi.- Si limitò a dire lui dopo aver alzato gli occhi per qualche secondo puntandoli sulla pila di libri.
-Inglese, geografia, matematica e per finire in bellezza, chimica.- Sbuffò lei avvicinandosi alla scrivania per depositare con un tonfo i pesanti tomi di cui non vedeva l'ora di liberarsi. -Cosa è successo?- Chiese poi senza mezzi termini appoggiando il sedere al lato del tavolo per poter guardare il ragazzo, ancora seduto sul suo materasso.
-Terry è uscito di prigione.-
-Tuo nonno? Quello che voleva uccidere tuo padre?- Lilith ricordava qualcosa di tutta quella storia, ma a Yev non piaceva parlarne e a lei non piaceva vederlo triste. Era un argomento che cercavano di evitare entrambi.
-E' entrato in casa ieri. Voleva portarmi via o qualcosa di simile.- Il ragazzino sospirò pesantemente. Perchè essere un Milkovich era così complicato?
-Tu non vai da nessuna parte.- Eppure ecco lì Lilith che gli sorrideva guardandolo con quei suoi occhioni azzurri e luminosi. Con lei sembrava tutto molto più semplice. -Non senza di me.- Aggiunse senza spegnere il suo sorriso.
-E se ci riuscisse? Se mi portasse davvero via?- Yev aveva avuto paura poche volte nella sua vita. Quando aveva pensato per la prima volta che i suoi papà potessero davvero decidere di vivere separati, quando aveva visto Mickey all'ospedale e il giorno prima, quando Terry si era presentato alla loro porta e aveva cominciato a blaterare di portarlo via. Aveva picchiato Mickey, aveva puntato una pistola contro Svetlana e lo aveva afferrato per un braccio per cercare di farsi seguire da lui, aveva stretto talmente tanto che aveva una bella impronta livida della mano del nonno sotto la manica.
-Non glielo permetterò.-
-Lili, sono serio.-
-Allora ti cercherò, anche fossi in capo al mondo. Sarò il tuo principe azzurro.- Lilith gli si avvicinò di qualche passo dandosi una lieve spinta con le mani sulla scrivania.
-Dovrò farmi allungare i capelli se voglio farti salire su una torre, eh?- Yev alzò il capo per poter guardare la ragazza negli occhi brillanti.
-No, mi piacciono così.- Mormorò scompigliandogli la chioma bionda, prima di buttarsi sul materasso al suo fianco facendolo rimbarlzare leggermente.
Lilith lo guardò negli occhi cercando di calmarlo con il suo sguardo cristallino. Yev si mise a fissare il muro davanti a lui, non voleva essere rassicurato e sapeva che gli occhi di lei avevano quello strano potere. Lui voleva essere arrabbiato; con Mickey, per avere un padre come Terry, con Ian, che non aveva mai pensato a far fuori quell'uomo, e anche con Svetlana, per non averlo mai portato lontano dal patriarca dei Milkovich. Ma più di tutto era arrabbiato con se stesso, per avere un nonno come Terry che ora, fuori di prigione, lo stava cercando per crescerlo a modo suo e, probabilmente, renderlo orfano.
Le dita leggere di Lilith gli sfiorarono le guance e si insinuarono tra i suoi capelli biondi per appoggiarsi infine sulla sua spalla. L'altra mano che gli stringeva il corpo avvicinandolo al suo, per quanto fosse possibile in quella posizione.
Yev cominciava a sentire caldo e non era sicuro se fosse perchè era ancora arrabbiato o per il tocco leggero di Lilith che gli faceva sentire brividi freddi lungo tutta la schiena.
Strano come si potessero sentire dei brividi così freddi mentre, al contempo, si moriva dal caldo. Era quasi comico.
Se ne stavano seduti lì, l'una affianco all'altro. Yev coccolato dalle dolci carezze della ragazzina che ora aveva preso a muovere delicatamente le dita sulla sua schiena.
Ritmicamente.
Ripetutamente.
Senza fermarsi.
Yev chiuse gli occhi e sospirò pesantemente cercando di rilassarsi e lasciarsi cullare da quei tocchi così lievi che avevano il potere di fargli dimenticare ogni cosa. Perchè era lì poi?
Lilith poggiò la fronte sulla sua spalla lasciando ricadere i capelli biondi sul braccio del ragazzo, ma senza interrompere le carezze.
-Sono qui, okay? Ci sarò sempre.- Sussurrò la ragazza mentre il cuore di Yev cominciava a martellargli nel petto. Il ritmo che aveva, fino a quel momento, seguito quello delle lente carezze di Lilith, era andato a farsi friggere. Erano bastate quelle poche parole, che nascondevano una promessa infinita, e quel tocco leggero per mandarlo fuori di testa. Si sentiva come trasportato in un altro universo, dove tutto era perfetto e leggermente ovattato.
Yev annuì lievemente con il capo. Sentì Lilith sorridere sulla sua spalla, nascosta dai suoi stessi capelli e fu davvero troppo per lui. Improvvisamente la stanza era più calda di una sauna e i suoi pantaloni erano troppo stretti per essere comodi. Il ragazzino schiuse le palpebre e abbassò lo sguardo, pregando di stare immaginando le cose nel modo sbagliato, eppure eccola lì.
Un'erezione.
La sua prima in assoluto.
Ora doveva solo sperare che Lilith non si accorgesse del piccolo rigonfiamento tra le sue gambe, anche se il braccio che lo stringeva attorno al busto gli era pericolosamente vicino e le dita che continuavano a sfiorargli la schiena non aiutavano a farlo sparire.
Il ragazzino maledisse i suoi papà; possibile che ne avesse due e nessuno gli avesse spiegato come potersene liberare?!
Yev finse un colpo di tosse e si alzò di scatto afferrando uno dei cuscini sistemato sul letto per stringerlo a se, coprendo prontamente il cavallo dei pantaloni.
-Grazie.- Aggiunse poi con un sorriso rivolto alla ragazza ancora seduta sul materasso.
-Per i compiti o per l'erezione?- Chiese Lilith cercando di trattenere una risatina mentre le guance di Yev si tingevano di rosso e lui abbassava lo sguardo per puntarlo sulla punta dei piedi.
-Sei carino.- Disse infine alzandosi e dirigendosi alla porta della cameretta di Yev mentre lui le rivolgeva il suo sguardo azzurro.
-Ci vediamo domani a scuola.- Salutò lasciandolo lì, in piedi, di fianco a una pila di libri e con un cuscino davanti ai pantaloni.


-Oggi Lilith ha detto che la mia prima erezione era carina.- Esordì Yev a cena stupendo tutti gli adulti di casa Milkovich che gli puntarono addosso uno sguardo sbalordito.
-Da oggi in poi porte aperte.- Si affrettò a dire Ian prima di tornare ad abbuffarsi come se nulla fosse successo. I Gallagher erano abituati a parlare di cose private a cena, niente di troppo sconvolgente per il rossino. Neanche Debbie si vergognava a condividere i suoi dubbi o le sue conquiste sessuali se erano in famiglia. Perchè avrebbe dovuto farlo Yev?
Mickey, d'altro canto, non aveva idea di come doveva comportarsi a riguardo. In casa sua non si parlava di sesso. Non se non era per vantarsene. Suo padre si era limitato a regalargli un playboy, del lubrificante e della carta igienica per il suo decimo compleanno dicendogli che ci sarebbe arrivato da solo.
Se Yev fosse stato una femmina sarebbe stato più facile, il suo compito sarebbe stato quello di essere un padre geloso e iperprotettivo ma in questo caso non sapeva proprio come comportarsi.
-Nessuna ragazza l'ha mai detto a me.- Si indespettì Mickey prima di aver fissato per qualche secondo il figlio, indeciso se essere fiero di lui o stranamente protettetivo a riguardo.
-Perchè tu è gay.- Gli rispose Svetlana con una scrollata di spalle, come se fosse fin troppo palese.
-Non cambia un cazzo!- Si difese Mickey. I due cominciarono una delle loro solite discussioni che non li portava mai da nessuna parte. Nessuno dei due aveva mai ragione e mai torto.
-Beh, l'ha vista dai pantaloni.- Mormorò Yev ripensando agli avvenimenti del pomeriggio.
Solo Ian riuscì a sentirlo, le voci degli altri due continuavano che il loro inutile battibecco avevano sovrastato la sua voce, e con un sorriso gli si avvicinò all'orecchio per potergli permettere di ascoltarlo senza dover urlare. -Facciamo che rimarrà così per un pò.- Propose, tornando poi al suo piatto quando Yev annuì felice.
Non poteva ancora credere che Lilith lo trovasse carino.
-Io non gliel'ho detto che è carina!- Esclamò improvvisamente, maledicendosi per non averci pensato prima.
-Penso che il tuo amichetto le abbia dato un suggerimento.- Yev sorrise involontariamente alle parole di Mickey.
Lilith Tomdell lo trovava carino e lei sapeva che lui la credeva stupenda.
 

***


Il biondino si fermò sotto il portico e bussò al portone dei Tomdell. Strano come, nonostante conoscesse Lilith da sempre, non fosse mai entrato in casa sua.
Ed eccolo lì, sedicenne disperato perchè la sua amica non si era presentata a scuola quel giorno. In effetti aveva da essere preoccupato, anche se la sua ragazza diceva che erano tutte cazzate, si era anche arrabbiata con lui, ma avrebbe risolto, in qualche modo. Lilith si era sempre presentata in classe per le lezioni. Non ne aveva mai saltata una.
Per questo quando la ragazza era sbucata dal portone, Yev aveva tirato un sospiro di sollievo. -Oggi non eri a scuola...-
-Non è un buon momento, Yev.- Si limitò a dire, il volto stanco e preoccupato, gli occhi azzurri spalancati nella sorpresa di vederlo lì, davanti a lei.
-Non è mai successo e, volevo, sai, sei sempre tu a portarmi i compiti, volevo, ricambiare il favore, credo...- Blaterò lui cercando di non farsi sbattere la porta in faccia.
-Yev!- Lo interruppe bruscamente lei. -Non è un buon momento.- Aggiunse con una voce quasi supplichevole.
-Cos-cosa sta succedendo?- Yev tentò di sbirciare all'interno della casa; era alto e superava di diversi centimetri l'amica, ma quella teneva la porta in modo che fosse impossibile scorgere qualcosa all'interno.
-Dave Blackwell è in casa.- Si limitò a dire lei, lo sguardo che lo implorava di capirla.
-Lui è uno...- Yev capì non appena lasciò ricadere gli occhi azzurri in quelli di lei e si bloccò subito.
-Sì. Sta vendendo a mio padre.- Annuì lei. Dave Blackwell era uno degli spacciatori più conosciuti nel South Side, suo zio Iggy aveva sicuramente lavorato con lui prima di "mettersi in proprio". La cosa che però preoccupava Yev era il figlio, Keith Blackwell, il ragazzino che ancora non si era dimenticato di quando un biondino di prima elementare lo aveva sfidato nel giardino della scuola. E anche Yev ricordava che la prima volta che le sue nocche si erano aperte sanguinanti erano appena atterrate sul volto di Keith.
-Devo rientrare, devo assicurarmi che non compri più crack e devo stare attenta che quel coglione non alzi troppo il prezzo dell'eroina perchè mio padre gli darebbe anche la casa se quel bastardo la chiedesse in cambio di una dose.- Ecco com'era vivere nel South Side con genitori come quelli che avevano avuto Mickey e Ian. A volte si chiedeva cosa avesse fatto per essere così fortunato.
-Sicura di non volere che resti?-
-Sicura.- Lilith annuì, la voce ferma, lo sguardo deciso.
Yev la guardò per qualche secondo, era determinata a portare a rientrare da sola, e il ragazzino sapeva che non c'era alcun modo in cui l'avrebbe fermata. Quando si metteva una cosa in testa, era impossibile dissuaderla. -Rimango qua fuori, se hai bisogno fai un fischio.- Non era una domanda, era semplicemente quello che avrebbe fatto.
-Non hai le prove della band oggi pomeriggio?- Yev si stupì nel constatare che lei ricordasse i suoi impegni, lui era il primo a dimenticarli.
-'Fanculo la band, tu potresti avere bisogno.- Parole che uscirono dalle sue labbra senza che nemmeno ci pensasse. Ed era esattamente quello che voleva dire. Se, in qualunque modo, Lilith avesse avuto bisogno, lui voleva essere pronto, lì per lei.
-Yev.- Sussurrò lei posando i suoi occhi nei suoi. -Grazie.- Mormorò prima di tendersi verso di lui, allontanandosi leggermente dalla porta di ingresso per eliminare la distanza tra loro e poggiare le labbra sulle sue.
Non era il primo bacio in assoluto di Yev, ma il primo con Lilith. Aveva una ragazza da qualche parte alla quale avrebbe dovuto dedicare quel tipo di attenzioni, ma tutte le altre sembravano scomparire quando i suoi collidevano con quelli azzurri di Lilith.
Il ragazzino aveva fantasticato quel momento molto di più di quanto volesse ammettere eppure, in quel momento, si accorse che i suoi sogni erano niente a confronto. Le labbra di Lilith erano ancora più morbide di quello che aveva sempre immaginato e avevano uno strano sapore, qualcosa di dolce che non sapeva identificare. Non aveva mai assaggiato niente di così buono. La sua lingua si mosse quasi involontariamente verso le labbra di lei, per assaporarne ancora, in risposta Lilith le schiuse permettendogli, inaspettatamente, di approfondire quel bacio.
Le dita di lei si erano insinuate tra i suoi capelli mentre lui la teneva per i fianchi tenendola vicino al suo corpo, bisognoso di lei più di quanto avesse mai pensato.
-Dovrei davvero rientrare.- Aveva sussurrato lei poggiando la fronte contro la sua. Yev aveva annuito silenziosamente e aveva rotto la sua presa su di lei. L'aveva guardata scomparire dentro al portone con le guance rosse e gli occhi lucidi. Si era seduto sulla scalinata in legno che portava al portico pregando che Lilith uscisse presto per gustare nuovamente le sue labbra. Ma lei non si era fatta vedere, nemmeno dopo che il Signor Blackwell se ne era andato. Così, passata l'ora di cena, Yev aveva deciso di tornare a casa sua, per la felicità dei suoi genitori che avevano già cominciato a preoccuparsi.


Il giorno dopo, a scuola, lei gli aveva detto di dimenticare quel bacio, ma per Yev era impossibile dimenticare quelle labbra sulle sue, la sua lingua che si infiltrava nella sua bocca alla ricerca di un qualcosa che, se solo lui avesse avuto, gli avrebbe dato senza esitare.
Non ne avrebbero mai più parlato; non il giorno dopo, non quando si ubriacarono fino a disfarsi il cervello e nemmeno quando i Tomdell vennero sfrattati e Lilith fu costretta ad essere ospitata dai Milkovich per qualche settimana.
L'unica volta che ricordarono quel bacio fu al matrimonio.
Quello di Lilith.
Con Keith Blackwell.






L'angolino di Holly
Finalmente vi faccio conoscere Lilith, sono più nervosa di quando si presenta il fidanzato ai genitori xD
Sappiate che questo non vuol dire che da adesso in poi la vedremo sempre. E che purtroppo quando c'è lei, ci saranno meno i Gallavich. Ma tranquilli, giù i forconi e ascoltate perchè ho delle ragionevoli scuse, e cioè che, dato che la serie si concentra su Yev, quando è presente Lilith, spesso saranno soli, di conseguenza ci sarà poca Gallvich. Questo non vuol dire che non ci saranno mai più; capitoli Gallavich ce ne saranno perchè la sottoscritta è la prima ad averne bisogno come fosse aria.
E quindi questa è Lilith. Ho cercato di caratterizzarla al meglio, di creare un carattere nuovo, che non si fosse mai visto in Shameless e spero di esserci riuscita perchè ci tengo particolarmente, lei è la mia piccola creazione originale. E come avete letto dall'ultimo pezzo, la sua storia con Yev non sarà semplice. E quando mai.
Il titolo si riferisce ovviamente alle diverse "prime" esperienze di Yev e Lilith e quindi primo abbraccio, primo bacio sulla guancia, prima erezione e primo bacio (anche se in questo caso è solo tra loro due, perchè Yev è un piccolo donnaiolo). Ho anche cercato di inserire più discretamente possibile le età, spero che non appesantisca troppo la lettura.
Quindi? Cosa ne pensate? Vi piace? La vorreste uccidere perchè è la nuova "Caleb" e vi ha portato via i Gallavich per questa settimana? O gliela facciamo passare dato che la sua storia con Yev si prospetta angst quasi come quella di Mickey e Ian? E soprattutto perchè vi ha regalato IL capitolo più lungo fino ad ora?
Spero vi sia piaciuta e ovviamente Buon Pasqua, fatemi sapere.
Grazie a tutti per aver letto ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Breakfast of champs ***





Breakfast of champs



Erano già svegli da qualche minuto, stesi nel letto, abbracciati, sotto il lenzuolo leggero. Le labbra di Ian che si appoggiavano di tanto in tanto su quelle di Mickey che, ormai più che sveglio, fece leva sulle braccia, ai lati del copro dell'altro, per alzarsi e prendere il controllo della situazione.
Ian sorrise maliziosamente; era strano che fosse il moro a richiedere attenzioni in quel modo. Mickey, scendendo per baciargli il collo, infilò una gamba tra quelle dell'altro, e sorrise sghembo sfiorando con la coscia la sua mezza erezione.
-Che c'è?- Sbuffò Ian fingendosi offeso. -Mi piace quando sei tu a fare il lavoro iniziale.- Spiegò mentre Mickey continuava a scendere verso il petto, lasciando una scia di baci sul suo collo, e lasciando le dita di una mano vagare sul suo addome.
-Non mi sembra che debba lavorare troppo.- Lo punzecchiò il moro infilando la mano nei boxer. Ian rabbrividì quando sentì le dita calde dell'altro su di se e si chiese, senza un motivo preciso, come facesse Mickey a non essere mai freddo. La sua pelle era sempre così calda. -E poi è da un fottio di tempo che mi lasci a secco.- Aggiunse tra un bacio e l'altro senza lasciare la presa su Ian che, con gli occhi socchiusi, aveva ormai cominciato a perdere ogni tipo di senso, concentrato solo sulla mano dell'altro su di se.
Mickey aveva ragione. A difesa di Ian, però, c'erano sempre buone scuse. O doveva aiutare qualcuno della sua famiglia scapestrata, o le medicine lo stancavano talmente tanto da farlo crollare non appena la sua schiena toccava il materasso, o, molto più spesso, venivano interrotti dalla russa e dal bambino piagnucoloso.
-Voi essere decenti?- Ecco, appunto. Nomini il diavolo e spuntano le corna.
Mickey sbuffò rumorosamente fermando di colpo il lento e ritmico movimento della sua mano per fissare Ian negli occhi, che nel sentire la voce di Svetlana aveva spalancato le palpebre. Il moro fece una smorfia, che fece sorridere l'altro, per poi iniziare a scuotere la testa immaginando cosa volesse fare il rossino.
-Si, entra pure Svet.- Mickey sospirò nuovamente ricadendo di schiena sul letto mentre Ian tentava di darsi un contegno, anche se l'altro non ne capiva il motivo, infondo era solo Svetlana.
-Io esco. Voi tenete il bambino, si?- La russa sbucò dalla porta della camera tenendo in braccio il piccolo Yev che, di tanto in tanto, faceva sentire la sua voce con versetti cristallini e acuti. -Lui deve avere colazione.- Aggiunse cullandolo mentre cercava di sovrastare i suoi gridi di felicità.
Mickey infilò la testa sotto il cuscino sbuffando. -Che palle...- Non è che odiasse il bambino, ma non capiva come mai dovesse ricordare ogni secondo al mondo intero quanto fosse gioioso e allegro urlando come un pazzo. Soprattutto dal momento che lui non riusciva nemmeno ad avere il cazzo del suo fidanzato per se per qualche minuto.
-Tranquilla, vado io.- Si propose Ian scendendo dal letto e infilandosi una maglietta sporca trovata sul pavimento. Si avvicinò a Svetlana e prese delicatamente il bambino tra le braccia avviandosi poi in cucina.
-Io torna stasera.- Avvisò Svetlana, ancora sulla porta della camera da letto per farsi sentire da entrambi. Senza farsi sentire si avvicinò al letto e, alzando improvvisamente il cuscino che Mickey teneva sulla testa, gli lasciò un veloce bacio sulla tempia.
Mentre si infilava il cappotto lasciò un piccolo bacio sulla chioma bionda del bambino che se ne stava seduto nel seggiolone, a giocherellare con un cucchiaino di plastica. Si avvicinò poi a Ian, in piedi davanti al bancone della cucina, e lo attirò a se stampandogli un bacio sulla guancia, prima di uscire di casa.
Ian sbadigliò sonoramente stropicciandosi gli occhi con le dita. Afferrò una banana dal cesto della frutta che si nascondeva dietro ad una padella sporca, probabilmente usata la sera prima, o almeno così sperava il rossino. Poteva essere lì da molto prima. Tirò fuori dal cassetto la grattugia e cominciò a schiacciare il frutto.
Svetlana era stata chiara con le regole sullo svezzamento del bambino. Doveva iniziare la giornata con un pieno di frutta, ma si era assicurata, o per meglio dire, aveva minacciato di morte chiunque si fosse avvicinato al figlio con un omogenizzato. Mickey sosteneva che avesse letto troppe riviste per mamme perfettine, fatto sta che l'idea di Svetlana con un martello da poter scagliare contro i loro crani non era così impossibile da immaginare.
E quindi eccolo lì, a grattugiare una banana.
-Ti piacciono le banane?- Chiese al bambino che non aveva ancora smesso con i suoi versetti gioiosi. -La mamma dice che ti piacciono.- Continuò, notando che Yev si era fermato per ascoltare il suono della sua voce. -Secondo me ti piacerebbero di più i pancakes, ma ti farai andare bene anche questo, vero?- Ian si avvicinò al bambino, occupando una sedia al suo fianco e poggiando sul tavolo il piattino pieno di frutta, appena preparato. -Pronto?- Chiese riempiendo il cucchiaino che aveva rubato dalle mani di Yev che lo guardava affascinato con i suoi occhioni azzurri. -Arriva l'elicottero. Brrrrr.- Il bambino cominciò a ridere e battere le mani contento. Aprì la bocca, ancora sdentata, e la richiuse attorno al cucchiaino. Gustò la sua frutta spappolata sgranando gli occhi, bloccando qualunque altro movimento per qualche secondo. Subito dopo aver ingoiato ricominciò a ridere battendo le mani e dondolando il corpo e le gambe tozze avanti e indietro. Apparentemente quella roba gli piaceva e parecchio!
In più era Ian a dargliela. Nessuno aveva ancora capito il perchè ma Yev sembrava adorare quel Gallagher.
-Adesso che ne dici di dare tempo al povero Ian di preparare qualcosa anche per se?- Chiese alzandosi dalla sedia una volta finito, mentre Yev continuava a passarsi la lingua sulle labbra alla ricerca di qualche residuo di banana da poter assaporare. -Mmmh, penso ci siano dei waffles nel congelatore.- Continuò il rossino ad alta voce, sapendo che in quel modo il bambino avrebbe fatto silenzio e non avrebbe svegliato Mickey che, probabilmente, era tronato a dormire. -Bingo! Waffles per Ian!- Esultò aprendo l'anta e trovando una scatola ancora da iniziare.
-Iaaaaan! Iaan!- Urlò imitandolo il piccolo Yev, alzando le manine in aria.
-E per Mickey.- Aggiunse il moro comparendo in cucina con i capelli spettinati e gli occhi ancora mezzi chiusi.
-Eccolo qua, il dormiglione.- Lo salutò Ian appoggiando i waffles congelati sul tavolo per poi avvicinarsi all'altro e stampargli un bacio tra i capelli.
-Mi sono svegliato prima di te stamattina, soldatino.-
-Vero.- Ian annuì tornando a dedicarsi alla colazione mentre Mickey si sedeva al fianco di Yev e lo guardava giocare con il suo cucchiaino di plastica a cui dedicava uno sguardo interessato. -Ma non sei uscito dal letto per un'oretta buona.-
-Non volevo dare da mangiare a Yev.- Si giustificò Mickey scrollando le spalle.
-Iaaaaaan!- Yev gridò nuovamente sbattendo il cucchiaino sul tavolo di plastica del seggiolone nel quale era ancora seduto.
-Tuo figlio mi ama.- Si vantò Ian sorridendo. Non poteva negarlo in alcun modo, adorava come il bambino esclamava gioiosamente il suo nome.
-Solo perchè gli dai da mangiare.- Fu la risposta secca dell'altro mentre, ancora insonnolito, si strofinava gli occhi con il palmo della mano.
-Geloso?- Lo provocò Ian dopo aver infilato i waffles nel tostapane.
-Di chi? Del piccolo nano riempi-pannolini, mangiatore a sbaffo?-
-Vedrai che imparerà anche a dire Mickey.- Ian sapeva che l'altro ci teneva più di quanto volesse ammettere. Non era realmente geloso del rossino, amava vedere quanto il figlio volesse bene al suo compagno, lo faceva sperare nell'idea che quella famiglia potesse davvero funzionare, nonostante tutto. Ma il non sentire mai il suo nome uscire dalle labbra del bambino lo faceva stare male. Magari non l'avrebbe mai fatto. E se lo meritava, infondo era lui che non lo aveva mai voluto, al contrario di Ian, che si era subito affezionato a quella creaturina. Lui no, lui l'aveva davvero odiato, all'inizio. Quando Svetlana glielo aveva buttato tra le braccia la prima volta però, quando i loro occhi azzurri si erano incontrati, non aveva potuto fare a meno di cominciare a pensare che, forse, non era poi così male, nonostante la puzza che saliva dal suo pannolino. Aveva cominciato a sperare in una famiglia, una decente.
-Chi cazzo se ne frega...-
-Tu?-
-Nah, che si sfondi di banane e urli il tuo nome. Anche io lo farei fossi in lui. L'unico motivo per cui mi sono alzato dal letto è perchè ho sentito la parola "waffles".- Spiegò risoluto Mickey. Non ne avrebbero parlato, non in quel momento. -Dove sono?- Chiese guardandosi attorno cominciando ad avvertire un odore caldo e dolciastro.
-Li sto preparando.-
-Saresti una perfetta casalinga disperata.- Lo punzecchio l'altro.
-Fottiti, Mickey.- Rise Ian poggiando i waffles in un piatto e ricoprendoli di sciroppo d'acero, proprio come piacevano al moro.
-Non farmici pensare, coglione. Già abbiamo dovuto interrompere...- Mickey sbuffò come suo solito, ma si fermò di colpo quando un piatto di succulenti waffles appena preparati arrivò sotto il suo naso, riempiendogli le narici di un odore sublime. -Non sai cosa ti perdi, piccoletto!- Si rivolse a Yev che ancora giocava con il suo cucchiaino senza dare troppe attenzioni al tavolo degli adulti.
-Quando sarà grande te li ruberà dal piatto, Mickey.- Ian prese le parti di Yev, lo faceva sempre.
-Ickey! Mmmmm! Ickey!- Cominciò ad esclamare il bambino lanciando le braccia tozze in aria ad ogni versetto. Ian lo guardò con gli occhi lucidi, tentando di trattenere le lacrime. Se era felice quando sentiva Yev pronunciare il suo nome, ascoltarlo mentre tentava di pronunciare quello del padre lo spediva direttamente al settimo cielo.
Mickey non pianse, i suoi occhi azzurri non diventarono lucidi come quelli verdi di Ian. Si bloccò solamente, lo sguardo fisso sul bambino che continuava con i gridolini gioiosi, le dita tatuate che reggevano le posate ferme sul waffles. -Ci devi lavorare ancora un pò su, ometto.- Disse sorridendo prima di ricominciare a guastarsi la colazione.

 

 

L'angolino di Holly
Salve :)
Prima di tutto scusate il ritardo, ma ultimamente ho diversi impegni e soprattutto tantissimo studio quindi, potrei ritardare ancora con la pubblicazione, ma al massimo mi prendo due settimane per ogni capitolo. Tranquilli, non vi lascio senza, sapete che ne ho bisogno anche io!
Come per l'altra volta, ho tentato di tenere la scena iniziale il meno rossa possibile. Prima di tutto perchè il rating di questa storia è arancione e non voglio che alcune persone che hanno cominciato a leggere debbano smettere perchè devo alzare il rating. E l'altra ragione è che non sono molto brava a scrivere scene "rosse" (non diciamo cavolate, non mi vengono bene neanche quelle semi-rosse) ma so che le amate, quindi... accontentatevi (?)
Ho dato spazio al rapporto Ian/Yev sto giro, mi sento realizzata xD
Ovviamente c'è anche Mickey, come può mancare? Ma molto meno del solito, sto facendo dei progressi, ammettiamolo.
Questa OS era abbastanza leggera, una normale mattinata in casa Milkovich, sono tornata alle origini con un capitolo in cucina e con i nomi dei papà, come il primissimo di questa raccoltà. Non ho fatto dire a Yev la parola "papà" o "mamma" perchè ho una mezza idea su quello e... Vabbè, forse, vedrete.
Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere.
Grazie a tutti per aver letto ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Sick as fuck ***





Sick as fuck

 
Mickey si alzò dal letto sbuffando. Non gli importava che Ian gli stesse accarezzando la schiena, svegliandolo dolcemente per una sessione di pigro sesso mattutino, e sentisse già la sua mezza erezione premergli contro i reni. Non gli importava perchè non riusciva a togliersi dalle orecchie il pianto di Yev. Quel piccolo marmocchio continuava a strillare come un pazzo e, Mickey era sicuro, Svetlana non lo stava calmando. Eppure era il suo turno quella mattina!
-Cazzo, vogliamo farlo smettere di frignare!- Urlò il moro aprendo la porta della camera da letto, lasciando un Ian imbronciato, con tanto di braccia incrociate sul petto, tra le lenzuola.
Svetlana se ne stava in salotto, in piedi, il piccolo, che indossava solo il suo enorme pannolino, tra le braccia. -Lui ha febbre, io non riuscire a fermarlo.- Si giustificò la russa. Lo cullava in un abbraccio, ma sembrava che non bastasse a farlo smettere di gridare e piangere. -Lui sempre piange.-
-Ha la febbre?- Chiese Mickey guardando il bambino. Aveva il volto completamente rosso, probabilmente per tutto quel gridare. Gli occhi erano serrati in una smorfia e le sopracciglia aggrottate in un cipiglio. Dalla bocca spalancata e sdentata continuava ad urlare mentre grandi lacrimoni gli scendevano sulle guance arrossate. Svetlana si limitò ad annuire alla domanda del marito, senza smettere di cullare il piccolo.
-Cazzo...- Sospirò Mickey per poi poggiare il palmo della mano sulla fronte di Yev che non aveva ancora smesso per un secondo di gridare disperato, svuotando i piccoli polmoni. -Questo bambino è bollente.- Decretò alzando le sopracciglia incredulo. Senza aspettare nemmeno un secondo lo prese dalle braccia della madre e cercò di sistemarlo sul suo petto. Lo sorreggeva con una mano sotto il sedere e una sulla schiena ma, per qualche strano motivo, sembrava estremamente goffo e impacciato.
-Mickey!- Esclamò la donna colta all'improvviso da quel gesto.
-Mickey, cosa fai?- Chiese cautamente Ian che, nel frattempo, era spuntato ad osservare la scena, appoggiandosi allo stipite della porta con la spalla.
-Quello che va fatto in questi momenti!- Dichiarò il moro muovendosi verso il bagno. Gli altri due lo seguirono preoccupati. 
Era strano. Le occasioni in cui Mickey aveva preso tra le braccia Yev erano state veramente poche.
-Non fare niente al bambino...- Mormorò Ian che, vergognandosi dei suoi stessi pensieri, temeva che l'altro avrebbe seriamente tentato di fermare il pianto del piccolo in modi poco ortodossi.
-Ma sei scemo?! Non voglio fargli niente.- Mickey entrò nella doccia, continuando a tenere appoggiato al petto il bambino, e lasciò scorrere l'acqua su di se, dopo averla regolata cercando la più fredda possibile. -L'ho visto fare a Iggy con Mandy, lui aveva solo sei anni, ma aveva già più testa di quel coglione di Terry.- Spiegò intravedendo gli sguardi interrogativi degli altri due, rimasti sulla porta del bagno.
-Anche Fiona lo ha fatto con Carl qualche volta.- Ian si diede dello stupido da solo. Come aveva anche solo potuto pensare che Mickey potesse fare del male a Yev?! -Me ne ero dimenticato.- Aggiunse, come per scusarsi, mentre guardava padre e figlio sotto il getto dell'acqua. Lo spruzzo freddo e diretto dell'acqua aveva sorpreso inizialmente il piccolo che aveva smesso improvvisamente di frignare per guardarsi attorno sorpreso di quello che era appena successo. Ora, ormai abituato al dolce scorrere dell'acqua su di se, aveva appoggiato la testolina bionda sulla spalla di Mickey e, dal movimento ritmico delle sue spalle, Ian avrebbe scommesso che si era addormentato.
-Io andare a comprare medicine per bambino.- Così dicendo Svetlana scomparve. Era abbastanza sicura che avessero tutto ciò di cui avevano bisogno in casa, ma era l'unica scusa che le era passata per la testa per lasciarli soli qualche momento. Sapeva che davanti a lei, Mickey faticava a impersonare il padre che si interessava del figlio, ma non per questo non lo era.
-Va meglio eh, nanetto?- Mormorò Mickey abbassando lo sguardo su Yev che dormiva tranquillamente sul suo petto. Il moro, nonostante indossasse ancora il suo pigiama, ormai inzuppato, sorrideva al bambino che teneva tra le braccia che, finalmente, aveva smesso di urlare e strillare il suo dolore. Ian si perse nell'osservarlo: le guance paffute ancora di un velato colore rossastro, gli occhi chiusi, le sopracciglia rilassate in una linea, le labbra socchiuse e il lento respiro che si distingueva nettamente, anche con lo scroscio dell'acqua in sottofondo.
-Puoi sopportare un pò di acqua fredda, tough guy?- Mickey lo fece destare dai suoi pensieri. Gli occhi di Ian si posarono finalmente su di lui. Il rossino gli sorrise e, con una scrollata di spalle, entrò nella doccia. L'acqua era veramente congelata. Guardò ancora per qualche secondo Yev che riposava beato dopo aver gridato per ore intere, per poi fermare lo sguardo negli occhi azzurri di Mickey. Si avvicinò a lui baciandolo dolcemente, sotto il getto freddo dell'acqua.



Ian guardò Mickey starnutire un'altra volta, steso sul divano davanti all'ennesimo programma di merda che trasmettevano alla televisione. -Devi andare da un dottore.- Lo informò sedendosi sulla poltrona, guardandolo con occhi severi.
-I Milkovich non vanno dai dottori!- Si limitò a dire quello appena prima di starnutire fortemente.
-Dicevi?- Ian alzò un sopracciglio guardandolo. Mickey era fiero di avergli passato quel tratto così caratteristico e distintivo dei Milkovich, era come averlo ammesso in famiglia.
-Ho un pò di influenza, cosa vuoi che sia?!- Il moro si alzò per metteresi a sedere ma venne scosso da un altro starnuto che gli fece portare una mano davanti al viso per coprire il naso che colava. Ian gli rivolse uno sguardo fermo e severo mentre si allungava per prendergli un fazzoletto. Non capiva perchè quel ragazzo fosse così ostinato nel non voler andare da un dottore. Che ne avesse paura?!
-Tu andare da dottore o tu contaminare tutta casa con tuoi germi. Io non posso essere malata, io deve lavorare!- Esclamò Svetlana dalla cucina mentre Mickey riservava un sorriso grato ad Ian che gli aveva passato il fazzoletto.
-Non sono malato, cazzo!- Urlò esasperato. Perchè nessuno gli credeva? Starnutiva qualche volta, e allora? Non aveva di certo bisogno di uno stupido dottore. Non ne aveva mai avuto bisogno, non avrebbe cominciato oggi.
-Poi tu attaccare a piccolo Yevgeny e lui stare a casa da scuola. Chi tiene lui in casa dopo?- Continuò la russa senza ascoltare il marito. Quando si metteva in testa qualcosa non c'era modo di farle cambiare idea.
-Noi siamo qui quasi sempre...- Cercò di intromettersi Ian anche se, in cuor suo, sapeva che non sarebbe servito a niente.
-Yev non deve vedere voi che strofinate vostri peni insieme!- Gridò sorprendendoli entrambi. Il bambino entrò nel salotto sentendo chiamare il suo nome ma, al contrario degli adulti, sembrava non dare importanza a quelle parole. Non è che non avesse mai sentito parolacce in casa.
-Io voglio andare a scuola!- Dichiarò Yev portando le mani sui fianchi. Non avrebbe rivelato il perchè, ma Lilith era a scuola tutti i giorni e lui non voleva passarne neanche uno senza di lei, se non era strettamente necessario.
-Okay, okay. Andrò dal fottuto dottore.- Acconsentì Mickey con un borbottio sommesso. Prima o poi tra il bambino, la russa e il rossino, ci avrebbe rimesso la sanità mentale, già precaria grazie al fatto che vivevano nel fottuto ghetto.
-Ti accompagno.- Disse Ian con un sorriso. Mickey gli sorrise di rimando, non riusciva proprio ad evitarlo quando l'altro era il primo a piegare gli angoli della bocca, cazzo se era una checca! 
Il moro sbuffò recuperando una sigaretta e infilandola tra le labbra, mentre con le dita cercava un accendino nella tasca. Ian scosse la testa e gli strappò la sigaretta dalla bocca. -Non finchè non andiamo dal dottore.-
-E poi mi chiedi perchè li odio?!- 
 
***

-Ricordami perchè lo abbiamo mandato dal dottore?- Chiese Ian sbuffando mentre accendeva il fornello sotto un pentolino pieno d'acqua.
Svetlana, seduta attorno al tavolo della cucina, lasciò cadere la testa tra le mani, sconsolata. -Noi non dovere fare questo errore mai più.-
-Portatemi una cazzo di zuppetta di pollo! Sono malato, io!- L'urlo di Mickey che, da quando era tornata a casa, dalla sua camera, con la scusa della sua malattia (un semplice raffreddore a sentire il dottore), dava ordini a mezza famiglia.
-Arrivo, arrivo!- Borbottò Ian lasciando sciogliere il dado nell'acqua bollente. 
Yev, probabilmente richiamato dall'odore di cibo, entrò in cucina guardandosi attorno. Non era ancora ora di cena, ma quel bambino era sempre affamato. -Cos'ha?- Chiese sentendo le urla del padre che rimbombavano con un effetto particolarmente riuscito in quel punto della casa.
-Ha brontolite, malattia del cervello. Tu meglio non averla presa o io buttare te da finestra come spazzatura.- Esclamò Svetlana, il volto nascosto tra le dita.
-E' solo stanco...- Cercò di spiegargli Ian, sempre più diplomatico.
-E un'altra coperta! Fa davvero freddo e io sono fottutamente malato!- Gridò Mickey dalla camera da letta nella quale era rinchiuso. Gli abitanti della cucina sbuffarono all'unisono.
-Adesso ho capito perchè i Milkovich non vanno dal dottore...- Constatò Ian rimescolando il brodo con un cucchiaio di legno, sperando che l'unica altra richiesta di Mickey sarebbe stata quella di giocare all'infermierina e al malato; sarebbe stato una perfetta infermierina!



-Mickey, calmati per l'amor del cielo.- Esclamò Ian sbucando con la testa da sotto la coperta che ora gli arrivava sul naso. Il moro continuava a camminare avanti e indietro nella camera, pestando i vestiti sparsi sul pavimento.
-Sono fottutamente calmo!- Urlò Mickey agitando le braccia nell'aria. -Devo solo assicurarmi che tu prenda le medicine, e stia ben coperto, e che nessuno ti disturbi!- Continuò a camminare per la stanza muovendo le braccia in ampi gesti.
-Hai tirato un sasso nella finestra dei vicini...- Gli ricordò il rossino abbassando le coperte fino a sotto il mento.
-Non volevano smettere di gridare! Tu stai male, cazzo! Hai bisogno di riposo!- Esclamò Mickey per giustificarsi senza fermare la sua marcia per la camera. I vestiti sparpagliati sul pavimento erano sicuramente diventati molto più sporchi grazie alle scarpe del moro che continuavano a calpestarli.
-Stavano solo parlando. Non riuscivo nemmeno a sentirli...- Mormorò Ian stropicciandosi un occhio con il palmo della mano.
-Non importa, gli stronzi hanno imparato la lezione.-
-Mi piaci quando fai il cattivo ragazzo.- Sussurrò Ian con un sorriso sulle labbra guardando l'altro agitarsi per lui, cercando di fare di tutto per farlo tornare a stare bene.
Mickey fermò improvvisamente il suo movimento e sedendosi sul bordo del letto. -Mmmh.- Mormorò avvicinandosi alle labbra di Ian. Anche quelle erano bollenti. -Non dovremmo scopare, stai male...- Era strano sentire quelle parole uscire dalle labbra di Mickey.
-Non sto così male.- Si lamentò Ian.
-Sei uno straccio, una merda.-
Il rossino mise su un broncio offeso e nascose il volto sotto le coperte.
-Non volevo dire quello...- Sbuffò Mickey roteando gli occhi. -'Fanculo...- Mormorò tra se e se. Possibile che Ian non capisse mai le sue intenzioni?!
-Cosa sta succedendo qui?- Chiese Yev entrando nella stanza senza bussare, come suo solito. La cosa gli era costata ricordi indelebili dei due genitori che scopavano in posizioni che avrebbe voluto dimenticare, eppure continuava a non farlo.
-Tough guy, non è poi così tough.- Spiegò Mickey scrollando le spalle mentre Ian se ne rimaneva sotto le coperte per nascondere il suo viso malaticcio.
-E' per questo che hai rotto la finestra dei vicini?-
-Ehi, io dovrei sgridare te, non il contrario!- Lo riprese Mickey alzando le sopracciglia sulla fronte.
-Okay, vado a parlarci io con loro.- Sentenziò Yev annuendo leggermente. -Hai visto la figlia? Quella riccia? Cerco di attaccare bottone da un mese, mi hai risolto la situazione.- Spiegò poi vedendo lo sguardo interrogativo del padre. -Grazie, pà.- Aggiunse prima di uscire dalla camera, come al solito, senza chiudersi la porta alle spalle.
-E chi l'avrebbe detto che sei un cupido?- Mormorò Ian da sotto le coperte, dove il suo broncio si era trasformato in un dolce sorriso. -Dammi la mano.- Sentenziò facendo uscire una mano da sotto la coperta. Mickey ci pensò qualche momento prima di sorridere e intrecciare le dita tatuate con quelle dell'altro. Non era da lui essere dolce, ma sapeva che Ian ne aveva bisogno ogni tanto. E, anche se non lo avrebbe mai ammesso, non gli dispiaceva così tanto. Rimasero così per un pò, semplicemente a tenersi stretti per mano. 
Il giorno dopo anche Mickey stava male ma non gli importava lo aveva fatto per Ian. Importava di più a Yev che, disperato, dovette districarsi tra le assurde richieste di Mickey che faceva sia per se stesso che per Ian.


 



L'angolino di Holly
Salve :)
Prima di tutto, penso che sia ormai d'obbligo dirvi che da questo capitolo in avanti pubblicherò una volta ogni due settimane. Mi dispiace davvero tanto, ma, in questo periodo, non riesco davvero a fare di meglio... Spero che la cosa non vi crei troppi problemi.
Allora è tempo di raffreddori primaverili (almeno per me -__-") e quindi voilà il capitolo. In più un prompt di
follettodispettoso era proprio quello di vedere uno dei nostri Gallavich ammalati e quindi, perchè non tutti e tre?
Con la prima OS ho voluto ricreare un pò quella scena che non è mai andata in onda nella quinta stagione (se non l'avete vista ve la linko qua perchè DOVETE vederla --> https://www.youtube.com/watch?v=ww7W7mluJKw
). Ah, per sapere, se in altri capitoli utilizzasi materiale che viene dalle scene inedite/cancellate per qualche strano motivo che mai capirò e ve le linko in modo da farvi capire a cosa mi riferisco, mi inseguirete con i forconi e le torce perchè non lo considerate canon? xD Tecnicamente avrei un'idea, ma non so se e quando riuscirò a buttarla giù, quindi, tranquilli, è una domanda teorica, non è detto che poi lo faccia.
La seconda vede un esemplare di Mickey malato che è qualcosa di spassosissimo da scrivere e, infine, nella terza mi sono buttata nel fluff più totale. Perchè mai come adesso noi Gallavich abbiamo bisogno di fluff.

Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere.
Grazie a tutti per aver letto ♥

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3351762