Le memorie di Kira Renly- L'Altare dell'Aldilà

di Raen91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I- ***
Capitolo 3: *** Capitolo II- ***
Capitolo 4: *** Capitolo III- ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV- ***
Capitolo 6: *** Capitolo V- ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI- ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII- ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII- ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX- ***
Capitolo 11: *** Capitolo X- ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI- ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII- ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIII- ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIV- ***
Capitolo 16: *** Capitolo XV- ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVI- ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVII- ***
Capitolo 19: *** Capitolo XVIII- ***
Capitolo 20: *** Capitolo XIX- ***
Capitolo 21: *** Capitolo XX- ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXI- ***
Capitolo 23: *** Capitolo XXII ***
Capitolo 24: *** Capitolo XXIII- ***
Capitolo 25: *** Capitolo XXIV- ***
Capitolo 26: *** Extra- Le Divinità e i loro adepti ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo-
 
 
L’acqua mi impregnava gli abiti scivolando lungo i miei zigomi dolci di ragazzina e cadendo dalle punte dei miei capelli scuri.
Una rabbia cieca si era impadronita di me e un furore incomprensibile proveniva dal mio corpo. Tremavo nel trattenermi e ciò mi provocava un dolore tremendo nei muscoli e nelle articolazioni.
Era una questione psicologica, ma si ripercuoteva sul mio stesso fisico.
Sapevo di contenere tutta quella forza dentro di me, sapevo di poter far del male… sapevo che in quel momento avrei potuto uccidere anche solo con lo sguardo.
Ero consapevole di essere in grado di ucciderli tutti e non avevo mai voluto fare qualcosa così tanto nella mia breve vita…
-Ti prego…-
Un sussurro in una serata buia, mi opprimeva il cuore, se non avessi avuto tutti i sensi allerta probabilmente non l’avrei udito.
-Ti prego… so che lo vuoi fare ma… ti scongiuro…-
I miei occhi puntarono sul suo volto distogliendoli da quel mare di sangue che era il suo addome.
-Ti prego figlia mia…-
Il vecchio… il mio vecchio, mi stava pregando di non farlo, di non perdere il controllo, ma era così difficile, così doloroso.
Una risata sguaiata mi ferì l’udito, quella stupida e inopportuna risata l’avrei ricordata e sentita ogni singola notte della mia vita.
-Andiamo ragazzina, non abbiamo tempo da perdere, tanto meno per vederti piangere!-
Se ne era accorto, quel bastardo si era accorto che stavo piangendo.
Speravo che con la pioggia le lacrime si sarebbero mescolate con tutto il resto e che tenendo il capo chino non lo avrebbe notato.
Ovviamente non diedi cenno di alzarmi e continuai ad ascoltare le parole del vecchio.
-Ti scongiuro…-
Lo vidi afferrare il monile religioso che portava al collo e cominciare a stringerlo convulsamente.
-Se ucciderai a sangue freddo la tua anima sarà dannata per l’eternità… non lo fare, non voglio.-
Tacque e singhiozzò fra gli spasmi che precedono la morte sputando liquido scarlatto che imbrattò i miei abiti.
-Promettimelo! Tu non ucciderai queste persone, tu non lo farai per amor tuo e mio!-
Per un attimo la sua voce aveva riassunto dolorosamente la tonalità normale.
Sbattei le palpebre per cacciare le lacrime che mi appannavano la vista fastidiosamente: volevo ricordare ogni minimo dettaglio del suo viso.
Stavo per rispondergli, nonostante il nodo che mi si era formato in gola, ma lo sentii rantolare e agitarsi fra le mie braccia, il panico mi avvolse in quegli attimi, crudo e glaciale che mi rese insensibile a tutto ciò che mi circondava.
-Forza ragazzina! Non farmi perdere la pazienza… tu! Prendila, con le cattive se serve!-
Nel mio stato di trance udii comunque in secondo piano passi sul fango schifoso che si era formato, un misto di sangue e lorda terra.
Il vecchio smise improvvisamente di agitarsi, il panico mi conquistò completamente e io non avevo la forza di tentare di chiamarlo… e a cosa sarebbe servito? Non poteva udirmi nel Glamen, nello splendido Sole giallo, dove si diceva che le anime meritevoli portate dal Traghettatore andassero a riposare… e lui possedeva l’anima più meritevole di tutti.
I passi cominciati poco fa si fermarono al mio fianco.
-Ragazzi! Il vecchio è crepato!-
Li sentii ridere tutti e d’improvviso mi calmai, quella rabbia sorda mista a panico sembrava essersi tramutata in altro e con la mente più chiara cominciai a riflettere sulle ultime parole di mio padre.
 “la tua anima sarà dannata per l’eternità
-Forza mocciosa, alzati!-
Non ascoltavo.
dannata per l’eternità
-Ehi!-
 Mi sentii afferrare per il  collo e spintonare finché non sentii la parete di ruvido legno della casa dietro la schiena e le schegge mi si conficcarono nelle braccia e nelle spalle nude.
Un ghigno spaventoso e omicida baluginava davanti ai miei occhi, a poca distanza dal mio volto.
Mi sentii sollevare e il fiato cominciò a farsi mozzo mentre la mia pelle strusciava dolorosamente sulla parete.
Adesso vedevo quel pezzente negli occhi: occhi malvagi e neri, occhi di un uomo senza remore e onore.
Mi limitai a guardarlo senza fiatare, mossi solamente una mano verso quegli occhi con uno scatto: volevo strapparglieli dalle orbite.
Con la mano libera l’uomo estrasse un pugnale dal suo fodero e piantò la mia mano destra alla parete trapassando il palmo pallido.
Gridai, sì, gridai con quanto fiato mi era rimasto, perché il dolore era lancinante.
Lo guardai con le lacrime che minacciavano di uscire, ma le trattenni sfoggiando il mio ghigno più bastardo…  il dolore era la cosa che mi serviva per risvegliarmi dal torpore della recente perdita, dal torpore del mio animo.
Io succube di tizi del genere? Mai… mai nella mia intera esistenza.
la tua anima sarà dannata per l’eternità
-La mia anima sarà dannata per l’eternità?-
Dissi ad alta voce senza riferirmi a nessuno di preciso, no, volevo, anzi, speravo che, ovunque fosse, il vecchio mi sentisse.
Vidi la faccia dell’uomo assumere un’espressione confusa e poi nei suoi occhi scorsi un baluginio di preoccupazione e poi di timore.
Il mio ghigno si allargò di più.
-Mi spiace vecchio.-
Con la mano sinistra riuscii a raggiungere la destra conficcata nella parete.
Sentii il mio stesso sangue caldo, poi trovai il manico del pugnale e lo strinsi tenendo gli occhi fissi sul tipo davanti a me.
-Se sarò dannata per l’eternità, per aver ucciso queste persone  caro padre… -
Con uno strattone mi strappai il pugnale dalla mano e per un attimo il mio sorriso vacillo per quel dolore benefico che mi schiariva i sensi.
-Cos..- L’uomo spalancò gli occhi mentre guardava il palmo della mia mano.
Sapevo anche senza voltarmi che cosa lo stava impressionando tanto, ben presto non sentii più il sangue colarmi lungo il polso e il formicolio familiare al palmo mi fece capire che la ferita era scomparsa.
L’uomo mi lasciò andare con un grido ed io ripresi possesso del terreno e dell’agilità delle mie gambe.
-Allora voglio farlo bene…-
Scattai in avanti col pugnale nella sinistra e il palmo destro dietro al piccolo pomolo.
Colsi l’uomo alla sprovvista e riuscii a raggiungere la sua gola con facilità… com’era patetico.
Affondai la lama nella pelle  morbida e sentii il sangue caldo colarmi sulle mani.
-Infodo l’eternità è tanto tempo… che almeno me la meriti degnamente questa dannazione…-
Sorrisi nel vendicare il mio vecchio, se il mio dono serviva a quello e mi avrebbe portato alla dannazione… ben venga.
L’uomo cadde con un tonfo umido ai miei piedi e lo guardai per un secondo per poi scorgere un baluginio mortale con la coda dell’occhio.
Tutto successe in fretta e mi ritrovai una lama conficcata nello stomaco.
Il dolore fu tremendo e quasi svenni accasciandomi sulle ginocchia, ma poi la lama venne estratta e un formicolio familiare mi avvolse le membra mentre tutti i tessuti tornavano al loro posto.
Alzai lo sguardo sul coraggioso tizio che mi si era parato davanti.
-Così non mi ucciderai mai, stronzo.-
Gli sorrisi mentre mi rialzavo e lui come il resto di quei bastardi indietreggiò.



Come sempre: le critiche costruttive sono sempre ben accette! vi consiglio di leggere almeno il prossimo capitolo prima di decidere se la storia vi potrebbe piacere o no, il prologo è scritto in un modo completamente diverso dal resto dei capitoli e vi prometto che la trama ha moltissimo da offrire.
Baci e ringraziamenti a tutti quelli che arriveranno alla fine di questo mio commento e quindi del capitolo!
Besos

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Capitolo 2
*** Capitolo I- ***


Capitolo I-
 
Ero immobile, accovacciata dietro ad un cespuglio ed osservavo la nave e la ciurma che la caricava con la merce sul molo.
Un uomo gridava ordini ed il sole stava calando sulla baia.
Probabilmente volevano finire di caricare la nave prima che facesse buio, per poter partire senza intoppi l’indomani.
Eravamo sotto le fronde degli alberi di un bosco che giungevano ai margini del porto poco fuori la città di Denià.
Portai le mani a coppa davanti al viso e vi alitai per poi sfregarle insieme e generare calore.
Ogni mio respiro era una nuvola di condensa.
L’incarico era semplice, ricordavo ancora il messaggio del Gran Maestro Rhut:
Maestra Rosa Nera,
Ti verrà affidato un gruppo di uomini per questo incarico.
Il Clan ti dà il permesso di scegliere chiunque fra gli accoliti, pondera bene la tua decisione.
Obiettivo: uccidere il capo equipaggio e rubargli una lettera che gli è stata affidata per la consegna alla città di Kurona.
MASSIMA URGENZA
Di seguito vi era una lista con orari, luoghi ed altri dati che avevo memorizzato.
Tutto era pronto.
-Maestra. Mi si gela il culo qua.-
Non distolsi lo sguardo dalla nave, ma alzai la mano con un moto di stizza.
-Taci Montagna, altrimenti ti caverò anche l’altro occhio.-
L’altro grugnì contrariato e sentii lo Smilzo ridacchiare sotto i baffi.
Non conoscevo praticamente nessuno per nome, era una legge del Clan, della nostra Famiglia.
Nessuno conosceva nessuno, solo i soprannomi erano accettati… ovviamente c’erano delle eccezioni che il Clan non poteva impedire.
Proprio in quel momento sentii un corpo che si affiancava al mio, era Conrad che voleva chiedermi qualcosa, avevo riconosciuto subito il suo profumo.
-Cosa vuoi Rosso?-
Com’era strano dover fingere davanti agli accoliti che lui fosse come tutti gli altri.
-Maestra… credo sia giunto il momento, il sole è quasi calato e gli uomini dell’equipaggio sono stremati dalla giornata di lavoro.-
Assentii, sebbene mi sentissi a disagio come sempre quando lui mi chiamava Maestra. –Attendiamo che cali la notte.-
Quando le nostre gambe si toccarono per un attimo mi voltai verso di lui.
Una scintilla si accese, il desiderio di stringerlo a me e vidi nei suoi occhi la stessa necessità, ma quello non era né il luogo né il momento adatto.
Posi una mano sul Pugnale che portavo alla gamba, il mio fedele amico di molte situazioni: non mi aveva mai tradito o sbagliato un colpo.
Lo liberai dal fodero e lo impugnai come sempre: al rovescio col pollice sul pomolo per far si che la mano non scivolasse sulla lama quando inferivo un colpo.
Sentii sotto il polpastrello la pietruzza che era incastonata sull’estremità.
Era un pugnale semplice, con doppia lama, efficace e mortale.
Mi volsi indietro verso il mio gruppo di accoliti.
-Come prestabilito ci avviciniamo all’imbarcazione senza destare sospetti.
Mentre neutralizzate le guardie, che non dovrebbero essere molte dato il carico poco prezioso, e il resto dell’equipaggio a zonzo per il ponte io mi intrufolo nella cabina del capitano e prendo la lettera.
Fra i comandi del Gran Maestro non vi era alcun riferimento sull’incolumità degli uomini, fate come meglio credete.-
Detto questo li vidi assentire sebbene il Lercio mugolasse come un bambino.
-Ma Maestra! L’acqua è gelida, mi rifiuto di gettarmi in quel mare mortifero! Mi sembra di finire nel Putek, il ghiaccio infernale! Che il traghettatore ci risparmi questo viagg…-
Lo presi per il bavero, non volevo che fossimo scoperti per i suoi lamenti e perché aveva freddo.
-Chiariamoci subito.- Gli sibilai in volto. -Tu adesso entri in quell’acqua e farai bene il tuo lavoro, altrimenti sarò costretta a riferire al Consiglio dei Gran Maestri del tuo tradimento. E non fare quella faccia, accolito, sai benissimo che posso farlo.-
Lo lasciai andare. –Per quanto potete essere importanti per me in quanto Famiglia… non sopporto l’insubordinazione, sono stata chiara?-
Tutti assentirono anche il Lercio, sebbene reticente.
-Maestra, sono sicuro che il nostro Lercio avesse solo paura di entrare nell’acqua e di ritrovare all’uscita i suoi capelli unti un po’ più puliti!-
Lo Smilzo come al solito cercava di alleggerire la tensione.
L’accusato grugnì. –Tsk! Senti chi parla!-
Ed entrambi partirono a bisticciare come bambinetti finchè non fui costretta a fermarli per il fracasso.
Mi voltai di nuovo verso Conrad, mentre gli altri cominciarono ad estrarre le proprie armi, e lo vidi pensieroso.
Come al solito prima di una missione faceva scorrere le sue belle dita affusolate su una sottile linea chiara sul suo collo.
Quella cicatrice se l’era procurata durante la prova per il suo arruolamento, ero stata io ad inferirgliela.
-Rosso?- tentai di richiamarlo all’attenzione.
Quello si riscosse come svegliato all’improvviso. –Mi scusi… vorrei chiederle una cosa.-
Il suo sguardo adesso era diverso, risoluto.
Cercai di mantenermi altera sebbene smaniassi dalla voglia di accarezzare i suoi bei capelli rossi… dovevo rimanere concentrata. Assentii.
-Lasci che sia io a prendere la lettera! Se ci riesco… potrei ottenere la nomina a maestro.-
Scossi il capo in segno di diniego, sapevo perché lo faceva, ma era troppo rischioso.
Sebbene mi fidassi di Conrad non potevo minimamente lasciare la missione in mano sua… anche se era per il nostro bene.
Lo vidi infervorarsi, lo capii da come strinse i pugni e udii la sua frusta scricchiolare sotto la sua presa. –Perché?!-
Era una buona idea la sua, ottenere la promozione voleva dire poter esporre alla luce la loro relazione: i maestri non potevano avere relazioni coi propri accoliti, era proibito, ma fra maestri era tutta un’altra storia. Posi con affetto una mano sulla sua spalla, come per fargli capire che le parole che stavo per dirgli erano una distorsione di ciò che realmente pensavo.
-Il massimo che posso permetterti è quello di accompagnarmi alla ricerca del capitano. Apprezzo la tua audacia, ma una missione è una missione e non posso rischiare che tutto vada a rotoli perché ho deciso di affidarla alle mani di un semplice accolito.-
Lo vidi imbarazzarsi e non potei fare a meno di sentirmi in colpa, ma era una misura necessaria se gli avesse risparmiato la vita.
La mia condizione parve soddisfarlo in parte, anche se potevo leggere il risentimento nei suoi movimenti.
A notte fatta insieme agli altri raggiunsi senza essere vista uno scivolo, di quelli per mettere e togliere le barche dal mare, e mi immersi nel liquido scuro.
L’aria di notte si fece sensibilmente più fredda.
Tremai un poco quando anche le spalle furono immerse completamente e con sollievo sentii alle mie spalle i rumori lievi dello sciabordio di corpi che entrano in acqua.
Solo uno sbuffo mi stizzì, doveva essere il Lercio che ancora rompeva per l’acqua fredda.
Ci avvicinammo alla nave.
Era una bella imbarcazione, una nave mercantile comune e dall’aria un poco cadente, probabilmente aveva bisogno di manutenzione.
Arrivata al fianco della nave, quello che dava verso il mare aperto, cominciai a fare gesti con le mani per indicare a tutti da dove dovessero salire e quando tutti furono dispersi io e Conrad cominciammo ad arrampicarci con agilità e con l’ausilio di rampini.
Appena giunti sul ponte vidi un corpo che giaceva ai piedi del corrimano, segno che i miei accoliti già si erano messi in azione.
Sapevo perfettamente dove andare, ma ero inquieta dato che le navi mi avevano sempre infastidita per i continui scricchiolii che ogni mio passo generava sul loro ponte.
Giunta alla porta del castello di poppa la aprii piano e da uno spiraglio vidi che l’anticamera era vuota.
Feci cenno di avanzare a Conrad che mi raggiunse senza fiatare.
Era strano, era tutto troppo silenzioso e… vuoto.
Avanzai comunque seguita dal mio compagno per poi ritrovarmi davanti la porta del capitano.
Oltrepassai la soglia come un’ombra senza il minimo rumore o scricchiolio, forse solo il cadere di qualche goccia dai miei capelli.
Conrad rimase di guardia all’esterno della stanza dopo avermi sussurrato un ‘buona fortuna’ dolce e affettato.
Rimasi per un attimo al buio cercando di fare affidamento sui miei sensi acutizzati mentre la barca dondolava dolcemente.
Individuai subito il letto del capitano che a prima vista dormiva placidamente e così mi avvicinai rapida e letale come sempre, col pugnale stretto ancora nel mio pugno.
Giunta ai piedi del letto portai la lama alla gola dell’uomo, senza neanche sfiorarlo.
Volevo svegliarlo per farmi dire dove custodisse la lettera, poi l’avrei ucciso.
D’improvviso con una strana sensazione vidi degli occhi, era sveglio e vigile… e non era una cosa positiva.
Fermò la mia mano afferrandola per il polso e cercò di disarmarmi, ma io con l’altra libera chiusa a pugno gli colpii i nervi del braccio che mi teneva immobilizzata.
 Mi lasciò andare ringhiando come una fiera.
-Bastarda…- Sibilò nei miei confronti.
Indietreggiai allontanandomi dal letto e preparandomi a combattere.
I miei muscoli erano tesi e pronti… perché tutto era andato dannatamente storto?
-Voi sudici mercenari! Sapevo che sareste tornati!-
Rimasi per un attimo interdetta e confusa.
-Tornati?- Pensai, ma appena l’altro accese una lampada ad olio poco lontana dal suo giaciglio lo attaccai con uno scatto dato che la mia mente e il mio corpo erano già in fermento.
Cambiai la presa sul pugnale preferendone una dritta piuttosto che di rovescio, in modo che il pollice puntasse verso la lama e mi aiutasse a inferire un colpo più preciso e letale.
L’uomo scartò alla mia destra con un’agilità che non gli avrei mai attribuito e con la coda dell’occhio lo vidi estrarre un coltello e cercare di ferirmi il fianco indifeso sul lato dove avevo ancora il braccio proteso in avanti.
Riuscii ad incurvare la schiena ed a schivare il colpo diretto poco sotto il costato.
Nel movimento piantai bene il piede sinistro a terra e portai in contemporanea il ginocchio destro e il gomito del medesimo lato a scontrarsi con il polso dell’avversario con rapidità e violenza.
Si sentì uno schiocco: il polso si era rotto e come previsto il coltello volò di mano al proprietario atterrando, senza far rumore, sulle coperte del letto sfatto.
Approfittando della distrazione dell’altro, che si reggeva il polso gridando, afferrai la sua arma e con precisione puntai il pugnale e il coltello alla sua gola con le armi incrociate.
Con le armi puntate come cesoie, e quindi impugnate al rovescio, lo guardai in cagnesco.
-La lettera prego.- Dissi con decisone.
Nello sguardo del capitano notai paura e consapevolezza, sapeva che l’avrei ucciso, se non lo avessi tranquillizzato non mi avrebbe mai detto niente.
Si reggeva il polso con l’altra mano e lo teneva poggiato al petto che si alzava e si abbassava per il dolore e lo sforzo.
Anche io avevo il fiato mozzo, lo scontro aveva messo alla prova la mia agilità anche a causa degli abiti fradici, ma non distolsi mai lo sguardo dagli occhi dell’altro.
-Se mi dici dove è…- Esordii piano, cercando di convincerlo. –Potrei anche graziarti.-
Quello stette zitto, con gli occhi spalancati e il pomo d’adamo che si muoveva in continuazione nel deglutire a ripetizione. Qualcosa si mosse nel mio animo, qualcosa che non credevo esistesse più. Quegli occhi spaventati mi ricordavano quelli di…
In quel  momento decisi una cosa che non avevo mai fatto in vita mia: di disubbidire agli ordini.
-Se mi dici dov’è… ti risparmierò la vita, te lo giuro sul mio stesso nome e sul ricordo di mio padre.-
L’uomo mi guardò poco convinto, ma alla fine parve fidarsi.
- è nel cassetto di quel mobile.- E con gli occhi mi indicò il luogo. La sua voce non  lasciava trasparire la paura che invece si notava nel suo aspetto.
-Rosso!- Chiamai, già sapendo che era alle mie spalle.
Lo sentii armeggiare in un punto non definito alla mia destra e poi udii la sua voce.
-Ce l’ho.-
A quel punto guardai più insistentemente l’uomo e con un colpo secco, inferto con il pomolo del mio pugnale sulla sua tempia, lo feci stramazzare al suolo.
-Una promessa è una promessa.- sussurrai, sebbene un miscuglio di sensazioni mi avvolgessero lo stomaco.
-Ben fatto.- Disse il mio compagno. –per un attimo ho pensato che tu dicessi sul ser…!-
-Non è morto, è solo svenuto.- Dissi solo.
Lo guardai con la coda dell’occhio, ce l’avevo con me stessa.
-Credo che si sveglierà fra qualche ora, mi basterà dichiararlo morto al Clan… se scopriranno che è ancora vivo, affermerò di aver pensato fosse morto. Infondo ho sempre avuto una condotta lige al dovere.-
Tacqui e mi preoccupai quando l’altro non disse niente nell’immediato.
 -Infondo…- lo setii dire piano. -Amo anche questo tuo lato ribelle.-
A quel punto mi voltai e il cuore mi si riempì di gioia e di sollievo nel vederlo sorridere ed insieme ci dirigemmo sul ponte per incontrare gli altri.
Quello che trovammo mi sconvolse.
Montagna e Smilzo giacevano riversi sul ponte circondati da una decina di corpi.
Alzando lo sguardo vidi un uomo che sgozzava la gola al Lercio che emise un suono strozzato nel tentativo di chiamarmi.
Vidi i suoi occhi spegnersi mentre fissavano i miei e qualcosa dentro di me scattò.
Sentii Conrad dirmi qualcosa, per poi vederlo scagliarsi contro l’uomo.
Una furia ceca prese il posto allo sconcerto e con una rapidità che non sapevo di avere scagliai il coltello del capitano precisamente nell’occhio dell’avversario.
Un fiotto di sangue rosso prese a scendergli lungo la guancia, finì carponi, per poi infine cadere riverso sul corpo del povero Lercio.
Qualcosa non andava in tutta quella missione: troppe guardie e troppe… cose strane.
Sentii un rumore alle mie spalle seguito da un dolore lancinante alla schiena.
Caddi carponi qualche metro più avanti.
Il dolore era insopportabile e la spina dorsale pulsava nel tornare integra, dovetti stringere il corrimano per sfogare il dolore.
Sotto il tessuto sentii la carne tumefatta tornare normale lasciando la solita sensazione di lieve formicolio.
Mi voltai ancora sconvolta dal colpo ricevuto.
Il capitano della nave era in piedi e mi guardava ringhiando.
Lo vidi lasciare cadere il martello dalle dimensioni notevoli con cui mi aveva colpito e dirigersi verso di me a spada tratta.
-Avresti dovuto uccidermi! E assicurarti che non avessi un benedetto dalla Curatrice qua sulla nave!-
Con orrore capii: Era stato curato dal dono di un benedetto… ma erano rari! Che ce ne faceva uno proprio in quel posto?
Mi sentii una stupida, avevo fatto un errore da novellina, avrei dovuto verificare, e adesso avrei pagato con la vita.
Forse era una cosa giusta, ero una dannata, ero Kira Renly, la dannata.
Con un urlo disumano alzò la spada sulla mia testa.
-So dove colpirti… baciata dal Combattente! Tu e i tuoi simili non siete immortali!-
Tutto avvenne al rallentatore e riuscii a cogliere solo qualche particolare: il sangue, un grido, l’insaziabile sensazione di vuoto.
Non potevo credere a quello che avevo davanti.
Conrad, il mio Rosso, era caduto con un tonfo sul pavimento di legno, morto.
Per un attimo rimasi fissa a guardare quel corpo perfetto e bellissimo con occhi sgranati.
-Conrad…- Dissi, per la prima volta dall’inizio della missione, dimentica del regolamento.
-Conrad?!- Provai di nuovo, sebbene sapessi che non poteva sentirmi… come il mio vecchio anni fa.
Il grido che emisi fece accapponare la pelle anche a me stessa e le lacrime presero a scendere copiose.
Volevo solo morire mentre stringevo a me quel corpo.
Ben presto all’amara consapevolezza sostituii altro: rabbia funesta, rabbia incontrollabile.
Le mie mani presero a tremare ed afferrai il pugnale che avevo lasciato orfano sul legno scheggiato del ponte.
Alzai lo sguardo sul capitano. -Tu morirai per mano mia.-
Quello si  mise a sorridere .
-Te lo prometto.-
Continuava a guardarmi come per deridermi.
-Dicono che se colpisci i punti mortali, come cuore o testa... anche i mostri come te muoiono sul colpo! Proviamo!-
Sentii la punta della spada trapassarmi il costato e sfiorare il cuore.
Stavolta il dolore fu insopportabile, bruciante, e caddi all’indietro svenendo.
L’ultima cosa che percepii era il mio corpo che finiva oltre il parapetto e la risata sguaiata di un uomo.
Un’ultima consapevolezza mi colpì prima del buio eterno: per colpa mia l’uomo che amavo era morto, avevo risparmiato un uomo indegno e per questo ero stata punita… se fossi sopravvissuta non avrei mai più fatto un errore del genere. Perché?
Anni fa avevo deciso di uccidere e quel giorno avevo deciso di non farlo, allora cosa era giusto fare?!
Poi, il buio.



-*-

Come avrete capito tutti, la narrazione è in prima persona, non sono mai stata una fan di questo POV, ma per la storia e il titolo non potevo fare altrimenti! Ricordatevi che tutto quello che accade in questa storia non è dettato dal caso... ;) avvertiti!
Revisionato, auguro a tutti un buon fine settimana <3

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Capitolo 3
*** Capitolo II- ***


Capitolo II-
 
Camminare mi risultava difficile visto il dolore.
Sebbene il mio fisico ad uno sguardo superficiale sembrasse perfetto, internamente lo sentivo uno schifo.
All’altezza del cuore sentivo pulsare ancora il punto dove la lama mi aveva trafitta ed ogni battito mi creava una fitta di dolore, ma ero viva.
Già, ero viva… che consolazione.
Calciai un ciottolo con il piede destro mentre camminavo sulla via di ritorno per la mia città, Lukao.
Ero da sola e questa consapevolezza mi faceva più male dei vari dolori fisici.
A quell’ora dovevo essere a festeggiare con Conrad… magari fra le lenzuola, ma questo oramai era impossibile.
Era morto.
Pensarlo mi dava una fitta al cuore diversa da quella procurata dalla recente ferita.
Cercai di concentrarmi su cose più importanti.
 La missione era stato un fallimento in piena regola, su quello non c’erano dubbi, ma come era potuto accadere? A parte il non aver calcolato un possibile benedetto dalla Curatrice non riuscivo a vedere nessun’altra falla nel piano.
Avevo scelto il numero giusto di accoliti e il carico era poco prezioso… a meno che…
All’improvviso mi giunse un’idea, come un lampo: la lettera andata perduta.
Ma certo, doveva essere più preziosa di quanto avessimo pensato tutti sin dall’inizio, cosa conteneva? E cosa intendeva il capitano quando aveva detto che sapeva che saremmo tornati? Ci aveva riconosciuti subito come mercenari.
All’improvviso mi venne un timore che speravo fosse infondato, ma se si fosse dimostrato reale avrei saputo con chi prendermela per la morte di Conrad.
Conrad.
No, la colpa era solo mia e in quel momento dovevo cercare di pensare nuovamente ad altro.
All’improvviso udii rumore di zoccoli e le ruote di un carro che si avvicinava.
Perfetto, potevo scroccare un passaggio.
L’uomo, un contadino dei dintorni, si stava recando in città per vendere i suoi prodotti e mi offrì un passaggio e un pezzo di formaggio.
Con la quantità di sangue che avevo perso solo gli Dei potevano sapere quanto avessi bisogno di mangiare qualcosa.
Durante il tragitto vedevo il contadino alle redini osservarmi con la coda dell’occhio.
Effettivamente dovevo avere un aspetto bislacco con tutto quel sangue rappreso sulle vesti, oltretutto non era normale che una ragazza di giovane età come me girasse da sola all’alba, ma quindi perché mi aveva fatto salire?
Probabilmente aveva visto che ero armata e quindi si doveva essere deciso a far finta di niente.
Effettivamente tenevo ancora stretto il mio pugnale, mi ero svegliata sulla riva della spiaggia e lo avevo ancora stretto in pugno.
Scesi dal carro arrivati in città e ringraziai il contadino.
Non andai subito a casa, mi recai invece alla voliera pubblica, dovevo farlo prima di qualsiasi altra cosa.
Mi sedetti sui lastroni di pietra dopo aver preso carta ed inchiostro e cominciai a scrivere un rapporto sull’accaduto come sempre facevo dopo una missione, nel bene e nel male.
Inizialmente mi dilungai sull’arrivo alla nave per mostrare che il mio lavoro lo avevo fatto egregiamente e poi descrissi il ritrovamento della lettera e giustificai la ricomparsa del capitano scrivendo che pensavo di averlo ucciso, ma così non era stato.
Arrivata a dover elencare le vittime mi fermai con un groppo in gola e una goccia di inchiostro cadde sulla carta.
Bestemmiai cercando di asciugarla, senza riuscirci.
Ero troppo stanca per ricominciare da capo e quindi la terminai comunque esprimendo i miei dubbi sullo svolgersi della missione e vergando velocemente la firma.
Infine la chiusi e la sigillai affidandola all’addetto alla posta.
La risposta sarebbe arrivata sicuramente in giornata.
-Fatemi chiamare se giungerà una lettera per me.-
Tutti mi conoscevano e evitavano il più possibile i contatti con me, sapevo che voci giravano: le comari dicevano che ero figlia dei demoni e che li avrei uccisi tutti solo con lo sguardo se avessi voluto… baggianate, ma a me stava bene così.
Finalmente mi diressi verso casa e appena varcata la soglia mi sedetti al tavolo,senza un preciso scopo,  e rimasi completamente immobile a contemplare la stanza.
La casa era costituita solo da un piccolo ingresso e da un’unica stanza. Era a carattere spartano e impersonale, infondo non vi passavo se non qualche giorno al mese, perché alla fine ero sempre in missione. Alla mia destra c’era il mio giaciglio, ma non era l’unico, c’erano piccole brandine distribuite lungo i muri. La mia casa era uno dei tanti rifugi del Clan e chiunque facesse parte della famiglia poteva chiedermi ospitalità in qualsiasi momento.
Sospirai, una, due, tre volte di fila, ma alla fine esplosi e piansi per molto tempo.
Lo rivolevo, lo rivolevo disperatamente.
Quando tutte le mie lacrime furono versate poggiai il capo sulle braccia incrociate e adagiate sul tavolo.
Dopo ore il mio stomaco prese a gorgogliare così mi alzai per andare a sciacquarmi il viso in un tino, che tenevo sul retro per raccogliere acqua piovana, e mi ripulii anche dal sangue rappreso.
Uscii di casa che ero cambiata e profumata, già mi sentivo notevolmente meglio fisicamente parlando. Non avevo voglia di recarmi molto distante così andai ad un chiosco situato proprio dietro l’angolo dove mangiai il piatto del giorno.
Avevo la testa vuota e leggera sebbene ancora mi pesasse la morte di Conrad.
Lo sfogo era servito a placare momentaneamente il dolore, ma sapevo che appena chiusi gli occhi avrei rivisto la scena milioni di volte.
Mi alzai e pagai il conto per poi dirigermi sulla sponda di un fiumiciattolo nei pressi della città, là chiusi gli occhi per riposare anche solo la vista, ma la spossatezza prese il sopravvento e ben presto mi ritrovai nel mondo dei sogni… o meglio, degli incubi.
Sognai una successione di immagini di persone che conoscevo, morte, con in sottofondo l’eco di due risate, una vecchia di anni, l’altra recente e dolorosa, che si sovrapponevano sebbene fossero completamente diverse producendo un suono terribile e spaventoso.
                                                                           -----
Fui risvegliata da un tocco sulla fronte. Aprii gli occhi e in contemporanea cercai di sguainare il pugnale.
Una mano bloccò con delicatezza e rapidità la mia sul fodero dell’arma.
Mi decisi a guardare chi avessi di fronte e appena lo riconobbi scattai in piedi eseguendo un accenno di riverenza.
-Gran Maestro Rhut… non sapevo niente del vostro arrivo.-
Quello sorrise benevolo. Era stato lui a crescermi ed ad insegnarmi tutto quello che sapevo fino ad allora dalla morte di mio padre.
-Sono felice di vederla tutta intera… Rosa Nera.-
Lo guardai con un misto di timore: un Gran Maestro non veniva mai di sua persona a rispondere al rapporto di una semplice Maestra.
-Ha ricevuto il rapporto?- Chiesi, sebbene già sapessi la risposta.
-Si.- La sua faccia si fece scura e preoccupata. -Sinceramente non pensavamo che le cose sarebbero andate a finire così.-
-Nemmeno io.- ne approfittai per chiarirmi alcuni dubbi. –Gran Maestro… perché il capitano della nave ha detto che sapeva saremmo tornati?-
L’uomo mi guardò per qualche secondo, evidentemente per soppesare le parole.
-L’uomo sulla nave non era il capitano della nave… era un uomo di Kilgar.-
Lo disse piano per darmi la notizia il più delicatamente possibile, non me l’aspettavo: ecco perché c’era il benedetto dalla Curatrice, doveva essere quello privato del Re! Quel bastardo l’avrei ucciso con le mie stesse mani prima o poi!
Ringhiai, stizzita e frustrata.
-Adesso capisco! Quelle guardie erano quelle imperiali!- Presi a mordermi il labbro.
-Come sapete,- continuò il Gran Maestro. –Noi non stiamo né da l’una né dall’altra parte, ci piace mantenere l’equilibrio fra tutte le fazioni.-
Assentii.
-Per questo motivo… quando abbiamo scoperto il contenuto della lettera abbiamo voluto che qualcuno la recuperasse.-
-Come conoscevate il contenuto?- azzardai a chiedere, con cautela.
-è opera della Famiglia, uno dei nostri più bravi Maestri si è recato alla villa di un nobile ed ha scoperto ciò per cui ci avrebbero pagato, poi ha scritto tutto su una lettera e l’ha consegnata allo scagnozzo di Kilgar, questi ha ucciso il nostro Maestro Ametista … fortunatamente il tuo collega ci aveva già informato sul contenuto. Non sapevamo chi realmente fosse il capitano della nave finchè tu non ci hai inviato il rapporto su di lui. Comunque non siamo riusciti a bloccare la ricevuta della lettera per il Re, che gli dei ci proteggano!-
Lo guardai sempre più preoccupata, cosa poteva contenere una piccola letterina per essere così pericolosa?
-Cosa… conteneva la lettera?- Mi feci più attenta che mai.
Il Gran Maestro si sedette poggiando il bastone al suo fianco, lo imitai e presi a guardare l’acqua come lui stava facendo.
-A quanto pare… il nobile che Ametista ha spiato aveva scoperto come trovare l’Altare dell’Aldilà…-
Mi voltai verso di lui con uno sguardo scettico. –La fonte della vita eterna?-
Quello assentì –Non solo comunque: L’Altare dell’Aldilà dona la vita e la salute a chi su di esso berrà, anche una vita eterna e potere avrà se un patto con l’Aldilà firmerà.-
Questi sono i versi di un’antica canzone molto diffusa fra gli esperti dell’occulto e di leggende, alcuni sostengono che esista, altri che sia una completa scemenza. Il fatto è che una persona è riuscita a scoprire dove esso possa trovarsi e il Re lo vorrà tutto per se, ma ormai è fuori dalla nostra portata.-
Rimasi interdetta e una piccola speranza cominciò a far capolino nel mio animo.
-Quindi… questo Altare dell’Aldilà, può ridare la vita e quindi far resuscitare i morti?-
Adesso il mio sguardo era timido e colpevole, si, mi sentivo stupida anche solo a pensarci e a… sperarci.
-A quanto dicono le leggende… sì.-
Entrambi tacemmo per qualche minuto ed io ne approfittai per cominciare ad elaborare un piano per carpire informazioni su questo famigerato Altare dell’Aldilà, dovevo trovarlo, costi quel che costi!
-Kira…-
Sussultai nel sentire il mio vero nome.
-Sono venuto di persona per un motivo più… grave.- Lo vidi sospirare e lo guardai piuttosto confusa.
-Non hai ucciso lo scagnozzo di Kilgar… era scritto chiaramente negli ordini.-
Era passato a toni più intimi lasciando perdere il voi formale. Partii subito con la mia difesa –è vero, non l’ho fatto, almeno non intenzionalmente, pensavo che fosse morto!-
L’altro si mise a ridere tetro.
-Kira, non prendermi in giro, se tu lo avessi voluto uccidere lo avresti fatto… e in modo impeccabile.-
Mi morsi il labbro incapace di replicare. –Ecco… io…-
-Il Consiglio dei Gran Maestri si riunirà domani mattina per decidere di te. Questa è insubordinazione, probabilmente ti puniranno con la morte.-
Mi guardai le mani e vedevo il mio petto salire e scendere: perfetto! Oltre ad aver ucciso Conrad, quel bastardo mi aveva fatto appena radiare dalla mia Famiglia con un biglietto di sola andata per il Putek.
-Ma… non trovate che sia troppo severo?-
Quello scosse il capo. –Ormai è una decisione presa, il consiglio di domani sarà soltanto una prassi per rendere tutto ufficiale… non avrei dovuto dirti niente, ma hai solo due giorni di tempo, probabilmente l’ordine sulla tua uccisione partirà dopodomani, vedi di non farti trovare qua quando i sicari cominceranno a venire a frotte.-
Tutto mi sembrava così dannatamente irreale.
Sentii il Gran Maestro alzarsi ed andarsene silenziosamente.
Mi portai una mano sul cuore che stava battendo all’impazzata e avevo così tanto sangue che mi fluiva al cervello che pensavo che la testa mi stesse per esplodere.

-*-
Ovviamente un ringraziamento speciale va alla Sposa di Ade per le sue belle recensioni *///*
Come ti ho già detto sei tu che mi stai dando la voglia di scrivere ancora! *-*
Baci a tutti, 
la vostra Raen91

ps: pensavo di fare un capitolo extra con le descrizioni di tutte le divinità! Fatemi sapere che ne pensate ;)

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Capitolo 4
*** Capitolo III- ***


Capitolo III-

La notte non portò consiglio come sempre si dice, la passai insonne cercando di uscire da questa fastidiosa situazione.
Ripassai a mena dito il regolamento del clan, forse avrei potuto rimediare uccidendo quell’uomo… non sarebbe stata la stessa cosa che averlo assassinato quando mi era stato ordinato, ma perlomeno speravo mi risparmiassero la vita.
Di una sola cosa ero certa: mi avrebbero radiato dal Clan comunque.
La mia intera esistenza girava intorno alle missioni che mi affidavano e adesso avrei dovuto passare la vita senza di esse.
Ero nata per combattere, per essere in prima linea nelle situazione più pericolose, il mio sogno era morire combattendo.
Combattere o morire!
Questo da sempre era stato il mio motto segreto… l’adrenalina che fluiva nel mio corpo, i muscoli tesi ed in tensione.
Mi bastava un pugnale, preferibilmente il mio, ed un avversario e poi potevo dire la mia vita praticamente completa!
Si, il combattimento prendeva la metà del mio animo, l’altra era morta con Conrad, non potevo perdere anche quest’ultima parte di me!
Afferrai il mantello ed uscii di casa che il sole albeggiava, dovevo schiarirmi le idee.
Aprii il pesante portone, ma mi bloccai con il piede sinistro indietro, nell’atto di compiere il passo successivo: un ragazzo alto e piuttosto affascinante stava in piedi alla base dei tre gradini che andavano fatti per arrivare in casa mia.
Lo vidi sobbalzare alla mia vista e io ridussi i miei occhi a due fessure poiché indossava la divisa della guardia reale.
-Chi sei? E cosa vuoi?- Chiesi, piuttosto rudemente.
Quello non parve nemmeno ascoltarmi, che nervi, non era il momento giusto per uno scocciatore!
-Sei colei che tutti chiamano Rosa nera?-
Mi feci attenta. –E se anche lo fossi? Non so neanche chi diavolo sei, sicuramente non verrei a dirtelo.- E feci per andarmene sorpassandolo incurante.
Quello mi afferrò per un polso.
Mi voltai di scatto e gli puntai il palmo del piede alla gola sollevando la gamba ad una velocità che probabilmente lui non aveva neanche visto.
-Ti avverto che ho ucciso per molto meno, a quest’ora potevo averti già spezzato l’osso del collo.- Sorrisi, sadica, rimanendo in quella posizione.
Quello deglutì intimorito,guardando la suola con la punta ferrata del mio stivale, ma non mi lasciò andare.
-Parliamo in modo civile… il mio nome è Neil Leorn, ero un soldato semplice dell’esercito di sua maestà Kilg…-
Non lo feci finire ed avvicinai di più il piede alla sua gola per fargli capire che non scherzavo.
-E cosa vuole da me un soldatino reale? Caro Neil… ti sei perso per caso?-
Risi denigrante. –La capitale, Kurona, è dalla parte opposta.-
Quello fece finta di non sentirmi.
-Sono qui per ingaggiarti, non sai quanto tempo ho impiegato per trovarti!-
Un moto di stizza mi prese: cavoli, ma quello non mi ascoltava proprio.
Capii che il tentativo di intimidirlo sarebbe stato inutile così calai la gamba e con uno strattone mi liberai dalla sua presa.
-Vattene Soldatino. Quelli come te non mi piacciono!- Mi voltai e continuai per la mia strada con il mantello che ondeggiava placidamente.
-Ti prego!- Lo sentii gridare alle mie spalle. –è per mio fratello minore! Voglio ritrovarlo, ho disertato dall’esercito per cercarlo!-
Mi fermai e mi volsi appena, quello, incoraggiato, continuò. –Non ho più sue notizie da molti anni ormai, desidero da sempre ritrovarlo, ma i nostri genitori non me l’hanno mai permesso! Aveva i capelli color biondo cenere come i miei e gli occhi erano come quelli di nostra madre: verdi con striature d’oro.-
Quando parlò degli occhi di suo fratello non potei fare a meno di pensare a quelli di un verde intenso di Conrad.
-Senti… Neil. Diciamo che non è il momento più opportuno per portare a termine questa tua missione. E comunque mi stai fornendo troppo poco materiale.-
Lo sentii ringhiare frustrato. –Ho indagato molto e qualche testimone afferma di averlo visto nella città di Kurona!-
-Erano informatori attendibili?- Chiesi, piuttosto scettica.
-Per tutti i soldi che ho pagato questa informazione… spero proprio di sì!-
Sbuffai divertita. –Torna a casina Soldatino, probabilmente ti hanno solo spillato soldi, oltretutto se tuo fratello volesse tornare a casa e fosse a zonzo per la città di Kurona… si sarebbe fatto trovare, non credi?-
Ripresi a camminare senza più degnarlo di attenzione.
-Ti convincerò! Fosse l’ultima cosa che faccio! Rimarrò qui anche sotto la pioggia se sarà necessario!-
Sorrisi della sua tenacia e alzai una mano in segno di saluto. –Tsk, provaci se vuoi, ma secondo me ci morirai di stenti lì davanti!-
Tanto lo sapevo che non mi aveva neanche considerato, sbuffai, che tipo bislacco.
Svoltato l’angolo mi recai nei pressi della voliera pubblica, là si trovava anche il bazar e avevo proprio bisogno di due cosette per il viaggio.
Si, per il momento sarei fuggita, avrei pensato dopo al da farsi, probabilmente avrei cercato notizie sull’Altare dell’Aldilà.
-Signorina!? Signorina!?-
Mi vidi venire incontro il tizio delle poste.
Che scocciatura, proprio quel giorno a tutti doveva venir voglia di rivolgermi la parola?
Trafelato si fermò davanti a me.
-Signorina… anf… il mio garzone le sta portando una lettera a casa… sua, mi aveva detto che voleva essere avvertita se fosse arrivata una lettere per lei…-
Riprese fiato ansimando.
-Bene, ti ringrazio.- Chi mai mi poteva aver scritto? Il Clan era l’unico mittente delle lettere che ricevevo… che cosa strana.
Tornai sui miei passi, al bazar sarei tornata con calma, dopo essermi tolta dalla testa la curiosità che mi attanagliava.
Arrivata nei pressi di casa mi ricordai di quel rompiscatole di Neil e svoltato l’angolo lo vidi: era ancora lì, imperterrito, con un gomito poggiato sul corrimano delle mie scale di casa.
Sbuffai prendendo una stradina secondaria che portava al chiosco sul retro della casa. Non poteva certamente essere in due luoghi contemporaneamente!
Arrivata alla porta la trovai stranamente aperta, che mi fossi dimenticata di chiuderla quella mattina? Strano…
Mi avvicinai con cautela e aprii piano la porta semiaperta. Lo scricchiolio mi tradì. Dei! Ogni volta mi dimenticavo di oliarla ed ecco il risultato.
Un uomo barbuto con un cappuccio alzò lo sguardo di ghiaccio su di me.
Vidi che estraeva un coltello da lancio dal set legato alla cintura mentre io estraevo il mio rapidamente, ma non abbastanza.
Dovetti parare il colpo diretto alla mia testa con il tino d’acqua, uno scudo di fortuna, con il risultato che il liquido contenuto all’interno si versò addosso a me nel movimento.
Sentii la lama vibrare nel legno e vidi la punta trapassarlo e quasi sfiorarmi il naso.
Con un rapido moto di stizza staccai il pugnale dal legno e precipitandomi in casa mi preparai a fronteggiare l’avversario… ma quello stava cercando di fuggire dalla finestra che dava sulla facciata davanti.
Aveva in mano quella che riconobbi come una lettera.
Non persi tempo e scagliai il coltello da lancio con precisione e appena fatto lo seguii con uno scatto.
Nel momento in cui la lama recideva i tendini del polpaccio dell’uomo, io lo avevo afferrato per non farlo cadere in avanti e quindi sulla strada principale.
Chissà che colpo sarebbe venuto al Soldatino!
Lo schiaffai a terra e mentre quello cerca di alzarsi con fatica lo colpii di man rovescio col tino, che si distrusse nell’impatto.
Svenne per il colpo violento ed io lo legai ben bene disarmandolo.
Al suo risveglio avevo tutta l’intenzione si interrogarlo.
Chiusi la finestra e lo trascinai vicino alla mia sedia preferita del tavolino.
Mi misi a sedere e poi lo fissai per un momento svenuto, afferrai la lettera.
Usai il mio indesiderato ospite come poggia piedi e presi ad esaminare con perizia la missiva.
Il sigillo era del Clan, non vi erano dubbi, la mia curiosità saliva.
Perché quell’uomo aveva rischiato la vita per rubarmi quella lettera?
L’aprii piano per poi cominciare a leggerne il contenuto.
Mi sorpresi nel vedere la data riportata: era della sera prima.

Maestra Rosa Nera,

La lettera iniziava come tutte le altre.

Deve incontrarsi con i mandanti di questa missione per poter parlare dell’oggetto interessato.
La preghiamo di recarsi nel bosco poco fuori Lukao e di farsi trovare nella radura quando le lune risplenderanno alte nel cielo nella notte di domani.
In fede,

Il Gran Maestro Altisonante

Lessi più volte la lettera… non vi era niente di strano se non il fatto che a quanto pareva qualcuno non desiderava che andassi a quell’incontro.
Bhe… mi aveva sempre fatto piacere andare contro a quello che gli altri volevano per me: ci sarei andata, eccome se ci sarei andata.
Probabilmente il Clan aveva fatto confusione e la lettera le doveva essere stata spedita prima dell’udienza del Consiglio dei Gran Maestri che si riuniva proprio quella mattina, a detta del Gran Maestro Ruth.
Dovevo assolutamente scoprire perché quell’incontro era tanto importante.
Sentii il mio poggia piedi umano agitarsi ed io scansai le gambe per osservarlo meglio.
I suoi occhi di ghiaccio mi fissarono confusi.
-Chi ti manda?- Gli chiesi, puntandogli il coltello alla gola. –Chi sei?-
Lo vidi girarsi mettendosi a pancia in su, guardava il soffitto ostinato.
-Senti, in un modo o nell’altro ti farò parlare… vediamo di farla breve che ho da fare.-
Non rispose, pian piano cominciò ad assumere un colorito bluastro e ben presto cominciò a tossire gorgogliando sangue.
I suoi occhi si dilatarono e il respiro si era fatto aritmico. Il suo corpo fu preso da spasmi e lì capii. Mi alzai alla svelta facendo cadere la sedia all’indietro, ne sentii il tonfo.
Alla fine si immobilizzò, dalla bocca usciva un rivolo di sangue e gli occhi erano sbarrati e vitrei.
-Bastardo!!- Gridai, tirando un calcio alla carcassa.
Quello stronzo si era morso la lingua provocandosi un’emorragia tale da soffocarsi… alla fin fine dovevo ammetterlo: non ero riuscita a farlo parlare.
---
Attesi la sera, ci volevano circa quindici minuti per raggiungere la radura e volevo arrivare in tempo per guadagnarmi una posizione di favore nei confronti del mandante: poteva anche essere una trappola del Clan per farmi fuori prima del tempo.
Uscii di casa passando dal retro e lasciando la carcassa del tipo sul pavimento, ci avrei pensato dopo a quella zavorra.
Prima di uscire avevo visto che Neil era ancora lì dopo tutta la giornata.
Non si era mosso neanche per i bisogni fisiologici, né per mangiare, né per dormire.
Doveva proprio essere pazzo, non avrei mai potuto compiere quella missione, neanche se avessi voluto.
Camminai per un po’ e quando giunsi alla radura la ispezionai da cima a fondo per essere certa che non vi fossero trappole. Inquadrai subito un’alta quercia perfetta per arrampicarsi e così feci. Arrivata su di un ramo, all’altezza ci circa 4 metri, mi sedetti in attesa.
Le lune erano quasi nel punto stabilito.
I minuti passarono, ma del mandante nessuna traccia… che fosse stato avvertito che ormai ero stata radiata dal Clan e che l’incontro era annullato?
Proprio mentre pensavo a ciò un rumore dal sottobosco attirò la mia attenzione.
Sentii una vocina acuta farsi spazio fra gli alberi.
-Ci siamo quasi Mettew! Siamo in ritardo, dobbiamo sbrigarci.-
Appena li vidi giungere nella radura spalancai la bocca e gli occhi… no, dai, era uno scherzo… no?
La bambina mise su il broncio: non doveva avere più di una decina di anni e aveva lunghi capelli biondi raccolti in due code, il suo vestito era elaborato e dall’apparenza molto costoso.
Era tallonata da un uomo sulla cinquantina. –Signorina! Mi spiace, ma a quanto pare non dovevano essere interessati alla missione che dovevate affidargli.-
Osservai la bambina che si guardava intorno frenetica, probabilmente sperava di vedermi spuntare da un momento all’altro da un cespuglio.
Mi alzai senza fare il minimo rumore.
Tempo sprecato inutilmente, cosa avrebbe mai potuto volere una bambina da me? Che gli ritrovassi la bambola?
-Ma devono essere interessati.. ci scommetto tutto Mettew! Anche loro del Clan saranno interessati a quanto ho da dire! L’Altare dell’Aldilà può essere trovato solo con le informazioni che io possiedo!-
Mi stavo accingendo a scendere dal lato opposto della radura quando mi bloccai per ascoltare meglio.
Voltai di scatto l’intero corpo e poggiai una mano al tronco.
-Ragazzina!- La chiamai.
Quella sussultò, sorpresa.
-Sono la Rosa Nera, sono io, colei che stai cercando!-
La bambina mi guardava fissa senza fiatare. I suoi occhi viola mi scrutarono da capo a piedi: non avrei mai più dimenticato il nostro primo incontro…
-Io sono Ainitha Vannifter, ma tutti mi chiamano Ain, finalmente ti sei fatta vedere!
Sono la tua mandante, voglio che mi aiuti a trovare l’Altare dell’Aldilà per salvare mia madre e per rendere onore alla morte di mio padre!-
L’uomo sulla cinquantina mi fissava intimorito.
Mi rimisi seduta sul ramo e accavallai le gambe.
Mi piaceva quella ragazzina, era decisa.
Portai una mano chiusa a pugno sotto il mento e il gomito della medesima lo puntellai sulla gamba più sopraelevata.
-Allora possiamo parlarne… credo proprio che andremo d’accordo.- Sorrisi.
Per una buona volta la dea Guida aveva deciso di stare al mio fianco.

Conrad, ritornerai da me, fosse l’ultima cosa che faccio.


-*-
Ed ecco il capitolo! Devo dire che alla povera Kira non le faccio passare una giornata in tranquillità! X)
Dedico il capitolo ai recensisti/e che mi stanno ispirando coi loro bellissimi commenti!
Grazie!! ;)
è ovvio che mi aspetto dei commenti!! XD a breve il prossimo capitolo ed uno extra per spiegare meglio le divinità e le loro funzioni!
Baci! :*

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Capitolo 5
*** Capitolo IV- ***


Capitolo IV-
 
Fui costretta a trascinarmeli dietro in città, dato che si vedeva lontano un miglio che erano degli agiati senza esperienze di vita all’aria aperta.
La ragazzina mi scodinzolava intorno come un animale domestico e mi bombardava di domande come se a me potesse interessare darle delle risposte.
Avevo insistito affinchè venissero a dormire a casa mia e loro avevano accettato grati… chissà cosa si aspettavano, magari una reggia.
Sorrisi immaginandomi la faccia che avrebbero fatto nel vedere il mio lussuoso monolocale.
Il vecchio non mi staccava gli occhi di dosso, era fermamente convinto che la ragazzina non avrebbe dovuto dirmi niente, perché loro due sarebbero stati perfettamente in grado di trovare L’Altare dell’Aldilà da soli.
Si, certo… come no! Un uomo di cinquant’anni e una bambina di dieci, un’accoppiata vincente.
Feci tacere il suo cianciare chiedendogli se sapeva maneggiare una spada, o anche solo un arco. Il suo silenzio mi fece capire che sicuramente era più bravo a servire e riverire piuttosto che nell’arte della scherma.
-Non so se ne siete a conoscenza, ma di questi tempi non siete gli unici a cercare l’Altare dell’aldilà.-
Sentii la bambina ridere alle mie parole. –Che ci provino a trovarlo… sono degli illusi, senza la mia informazione è come cercare un albero specifico in mezzo alla foresta!-
La guardai con attenzione e soppesai le sue parole. –Fossi in te starei attenta principessina… dire queste cose a vanvera e ad alta voce può portare a spiacevoli conseguenze.-
Quella non replicò e si chiuse in un silenzio stizzito rotto solo da qualche sbadiglio.
Arrivati nella via di casa mia li feci fermare e con fare circospetto osservai nella direzione dei gradini davanti la soglia.
Neil era ancora là e si stropicciava gli occhi mezzo addormentato, si reggeva sempre in piedi solo grazie alla spada che gli faceva da bastone.
Bestemmiai in 5 lingue diverse e il vecchio tappò le orecchie alla bambina.
-Dobbiamo passare dal retro.-
Dei! Che scocciatura! Era troppo tenace per i miei gusti, per fortuna l’indomani saremmo partiti e il problema che rappresentava il tizio sarebbe svanito. -Venite.-
Li guidai nella via laterale che a quell’ora pullulava di vagabondi e poco di buono.
Ogni tanto si udiva qualcuno chiamarli per elemosina o anche solo per importunarli.
Sembravano duplicati negli ultimi tempi, le tasse erano aumentate in un modo vertiginoso. Avevo sempre avuto la fortuna di far pagare i miei debiti con lo stato dal Clan, ma ora era diverso. Sarebbe stato molto più difficile del previsto sopravvivere senza i fondi della Famiglia.
Giunsero nel chiosco e li guardai di sottecchi: la bambina era tranquilla, sembrava solo rattristata, forse lo spettacolo delle strade notturne non le era piaciuto molto, mentre il vecchio aveva una chiara espressione di disappunto scritta in volto.
-Tsk!- Lo sentii dire. –Ci manca solo di trovare un cadavere sulla soglia di casa.-
Aprii la porta mentre sorridevo sotto i baffi e lo feci passare per primo, stavo già ridendo prima del grido.
-C’è un uomo morto nella sala da pranzo!- Era visibilmente sconvolto, forse non aveva mai visto un cadavere in vita sua.
-Sala da pranzo!- Sbuffai.- è la sala da pranzo, che funge da camera da letto, che funge da cucina e che funge da tutto il resto… non le piace la sistemazione?-
Quello arricciò il naso facendo muovere i propri baffi in modo buffo.
La bambina aspettò fuori mentre avvolgevo il cadavere in un telo e me lo caricavo su una spalla.
Volevo che la bambina lo vedesse, per abituarsi, ma l’altro fu irremovibile.
-è solo una bambina per l’amor degli Dei!-
-Io alla sua età avevo già ucciso un uomo.- replicai con semplicità.
-Bhè, lei non è te e non vedrà nessun cadavere fino a che non sarà costretta!-
Uscii stizzita e sentii la nuca formicolarmi sotto lo sguardo attento della bambina mentre posavo a terra il corpo.
Mi voltai, mi guardava ammirata. –Come sei forte!- esclamò. –Scommetto che Mettew non sarebbe mai stato in grado di sollevare di peso un corpo morto a quel modo!-
Sbuffai, certo che non ce l’avrebbe fatta, si vedeva che doveva essere una pappamolla.
-Ho più forza del normale.- risposi sincera, essere una baciata dal combattente aveva i suoi grandi lati positivi.
-Capisco.- Disse solo e si recò in casa.
 Che strana bambina, sempre a far domande e quando riceveva risposte strane, non si stupiva… cioè… sapevo di non essere l’unica al mondo, ma se qualcuno mi avesse detto di avere più forza dei normali esseri umani sarei rimasta colpita.
Quando entrai li trovai entrambi seduti al tavolino e mi fissavano come rapaci.
Mi sedetti anche io. –Credo che dovremmo parlare di questa cosa… che solo tu conosci per trovare l’Altare dell’Aldilà.-
La bambina scosse il capo. –No, mi spiace, non mi fido di te.- Era diretta e questo non mi dispiaceva. –Allora.- Incrociai le braccia al petto e mi misi a dondolare sulle gambe posteriori della sedia. –Parlami di ciò che vuoi.-
-Deve darle del lei!- Il vecchio si infervorò, sarebbe durato poco se continuava così.
Alzai un sopracciglio. –Dò del lei a chi mi pare e, senza offesa ragazzina, per me non rappresenti proprio niente, perché dovrei avere un qualche trattamento di riguardo nei tuoi confronti?-
La bambina assentì. –Mi sembra giusto.-
-Ma signorina!-
-Sentito vecchio, la bambina è più intelligente di te.-
L’uomo tacque definitivamente.
-Come ti ho già detto il mio nome è Ainitha Vannifter, la mia famiglia è nella scala nobiliare da secoli. Viviamo poco fuori Lukao, mio padre era Milo Vannifter, settimo con questo nome.-
Era? Non mi era giunta la notizia della sua morte, era un uomo giovane infondo.
-è stato assassinato.- Disse, come se potesse leggermi nel pensiero. –Ieri nel pomeriggio sono giunti degli uomini a casa nostra con le vesti della guardia reale. Hanno ucciso la maggior parte dei domestici e poi hanno assassinato anche mio padre… è stato orribile…- Vidi per un momento il suo sguardo vacillare, poi si riprese. – Mio padre era un esperto nel suo campo! Era un famoso storico ed archeologo, il suo più grande sogno era scoprire dove l’Altare dell’Aldilà fosse, non per la mera fama!- I suoi occhi mi parvero che brillassero.-Mia madre è caduta in uno stato vegetativo a causa di una malattia incurabile e lo scopo di mio padre è sempre stato quello di farla tornare tra noi… altrimenti, preferirei io stessa vederla morta.- Fece una pausa mentre giocherellava con un dislivello nel tavolo, continuava a passare l’indice da destra verso sinistra. –Mio padre sperava di curarla un giorno, ma non ha fatto in tempo, appena ha scoperto come era possibile arrivarci è morto!- Si infervorò e le sue guance si imporporarono. –Quei disgraziati l’hanno ucciso per la sua scoperta, il Re voleva tutto per se! È una cosa terribile, privare l’umanità di una possibile salvezza da ogni malattia! Ci pensi?!- Mi guardava speranzosa, ma io non risposi alla sua domanda. –Perciò… hai intenzione di continuare il lavoro di tuo padre…-
La bambina assentì.-Sì, mio padre mi ha sempre permesso di andare con lui quando lavorava e mi ha insegnato la lingua dei morti, in pochi al mondo la conoscono e la sua conoscenza è essenziale per trovare l’Altare dell’Aldilà! Qualche giorno fa mio padre mi aveva resa partecipe della sua ultima scoperta! L’aveva scoperto, aveva scoperto come trovare l’amuleto… quello è la chiave che ci porterà all’Altare dell’Aldilà!-
Fui rapita dalle sue parole –E dove si trova questo amuleto?-
La vidi sorridere –Spiacente, ma dovrai fidarti di me, per adesso ti dico solo che dobbiamo recarci alla capitale, è da lì che dobbiamo iniziare la vera ricerca!-
La guardai sconcertata. –Ma se fosse stato sotto gli occhi del Re tutto questo tempo lui l’avrebbe già trovato!-
-No, se non hanno aggirato le trappole.- La vidi ghignare furbescamente.
Ci avrei scommesso, la lettera che dovevo recuperare conteneva le informazioni riguardo a dove trovare l’amuleto… forse la squadra di ricerche reale non era riuscita a capire come aggirare le trappole, ecco perché erano andate da Milo Vannifter.
-Capisco…- Dissi. –E io vi servo per…-
-Ma è ovvio!- Disse il vecchio. –Dovete scortarci ed aiutarci, una guardia del corpo ci serve e ci è stato detto che voi siete la migliore in questo campo.-
Lo guardai scettica. –Oh, Mettew, mi lusingate.-
-Quando ci sono i meriti, li riconosco.-
Forse lo avevo giudicato male, tanto malvagio non sembrava essere.
-Quindi è deciso. Domani, nel pomeriggio, partiremo, tenetevi pronti. Tu.- E indicai la bambina.-Domani mattina verrai con me e vediamo di trovarti qualcosa di più appropriato di  quell’obbrobrio che  indossi.- Non aspettai che replicasse. –E tu.- Il vecchio sobbalzò. –Mentre noi siamo a far spese per la ragazzina e per i miei affari,come ad esempio procurarci un mezzo di trasporto, comprerai le provviste per il viaggio da qua alla capitale.-
Detto questo mi alzai e mi gettai sul mio giaciglio vestita di tutto punto.
-Buona notte, i letti mi sembra scontato che siano quelli, spero siano di vostro gusto.-
Ben presto caddi in dormiveglia, come sempre in presenza di estranei, e le risate sguaiate ripresero a tormentarmi.
                                                                ---
Era l’alba ed ero già in piedi, avevo dormito si e no tre ore. Stavo masticando carne secca mentre guardavo la bambina dormire, era così angelica e dolce, mi sembrava strano che in quel mondo esistessero ancora persone simili. Inclinai il capo, quei capelli erano troppo lunghi si vedeva che erano quelli di una ragazzina perbene, dovevo rimediare.
Mi alzai e poggiai una mano sulla spalla della bambina che si mise a mugolare.
-Ancora cinque minuti Mettew…- bofonchiò, sorrisi, ma non era quello il momento, dovevamo sbrigarci.
La scossi un po’ più rudemente e quella si mise seduta di scatto stropicciandosi gli occhi mentre mi avvicinavo al buon vecchio Mettew.
Oh che carino… aveva i baffi tutti arruffati. Incrociai le braccia.
-Muoviti.- Gli dissi, mentre lo pungolavo con la punta dello stivale. Quello si alzò in piedi come una molla per poi riscuotersi. –Che modi!- Disse all’aria, dato che io avevo già aperto la porta sul retro.
-Di nuovo dal retro?- Chiese la ragazzina.
-Diciamo che non voglio fare incontri scoccianti… muoviti Ain, dobbiamo andare.-
Ainitha parve felice di sentirsi chiamare per nome. –Tu sai il mio, ma il tuo qual’è?-
Sbuffai. –Rosa Nera, già te l’ho detto.-
L’altra alzò un sopracciglio. –Pensavo fosse un soprannome, è un po’ inquietante per essere il nome di una ragazza.-
-Certo che è un soprannome.-
-Allora qual è il tuo nome?-
-Non posso dirtelo.- La vidi mettere il broncio.
-Ma non vale così, so già dove abiti, tanto varrebbe che mi dicessi il tuo nome.-
-No.-
-Perché?!-
-Perché ci si affeziona di più alle cose di cui si conosce il nome.- la vidi stranirsi mentre uscivo di casa.
In pochi al mondo conoscevano il mio vero nome. Prima erano in cinque e due di loro erano morti… il mio nome era dannato come la mia anima chiunque lo conoscesse sarebbe morto.
Fra quelle tre persone ce n’era una che avrei tanto desiderato fosse presa dal traghettatore, ma quella era una mera speranza vista la situazione… ma prima o poi sapevo sarebbe morto.
Per mano mia.
Ain mi camminava a corsa dietro per stare al mio passo, ma non si lamentava.
Ben presto giungemmo al bazar di Mildred.
La donna paffuta quando mi vide mi venne incontro con aria bonaria.
Mildred era l’unica della città di cui mi fidassi e con cui andavo d’accordo, era una delle tre persone ancora in vita che conosceva il mio vero nome.
-Carissima!- Mi salutò. –Qual buon vento?-
Con la coda dell’occhio vidi Ain distrarsi andando a curiosare fra la merce.
-Nessun buon vento mi porta… Mildred, la situazione è seria.-
Quella si allarmò.
 –Mi hanno radiata dal Clan con pena di morte.-
La vidi impallidire, quasi svenne. –Ma tesoro… è una catastrofe, ti serve qualcosa?-
-Devo sparire di qui… un mezzo di trasporto per tre persone fino a Kurona, pensi di potermelo procurare?-
-Mildred può tutto cara, a mezzodì davanti casa tua. Hai bisogno di altro?-
-Si…- Le sorrisi complice. –Le cianfrusaglie dell’altra volta che mi hai dato per quella missione.-
-Cara!- Disse quella ridendo. –Sei un’intenditrice, te le darò, ma sono in prestito capito? Quando le acque si saranno calmate voglio che torni.-
Mildred non dirigeva solo il bazar a Lukao, ma era anche la miglior informatrice del regno.
-Mildred, che cosa sai dell’Altare dell’Aldilà?-
Quella mi guardò divertita. –Una favola per bambini anche se in questo periodo è sorto in molte conversazioni, degli uccellini mi hanno riferito che nella capitale a corte, non si parla d’altro, il Re ne è ossessionato! Che gli dei ce la mandino buona se quel coso esiste davvero! Te lo immagini Kilgar immortale?! Poveri noi.-
-Non ti preoccupare, non ci arriverà mai vivo, io e lui abbiamo un conto in sospeso da anni.-
Quella assentì. –Spero che tu lo sgozzi a quel bastardo.- Non resistetti e la strinsi a me.
-Mi mancherai…- Le sussurrai all’orecchio.
La sentii singhiozzare. –Kira… ho sputo di Conrad, mi dispiace…-
Un groppo alla gola mi prese. Scossi la testa. – Stai attenta, il clan potrebbe darti noie.-
-Stai tranquilla, sarò una tomba.- Mi sorrise con quel suo volto gentile.
-Mi ricordo ancora quando entrasti qui tutta sporca di sangue e pretendevi che ti dessi un’ascia bipenne… ah! Bei tempi!-
Risi. –Se non fossi entrata qui sarei probabilmente morta di fame o impazzita.-
Mi diede un buffetto.
Un rumore ci fece voltare a tutte e due.
-Ain!- Gridai in collera, la ragazzina aveva rotto un vaso.
-Scusate!- Parve fortemente contrita.
-Kira!- Sentii Mildred chiamarmi piano.
-Scusala, ti risarcir…- Mi zittì agitando la mano.
-Lo sai chi ti porti appresso?-
-Sì.- le risposi confusa.
-Quella ragazzina è Ainitha Vannifter, con quell’abito si riconosce fra mille! Kira la stanno cercando in lungo ed in largo, separatene subito!-
-Non posso.-
Mildred sbuffò. –Allora ti darò degli altri abiti per lei… e tagliamole quei capelli per l’amor degli Dei, che sembra una principessina!-
Assentii.
 –Ain!-
E la bambina mi venne incontro.
                                                                 ---
-Sono ridicola…- La sentii lamentarsi. –Sembro un ragazzo!-
Eravamo in casa e aspettavamo l’arrivo dell’altro.
-Meglio no? Meno persone ti riconosceranno!-
Cercavo di convincerla da ormai diverse ore: i capelli adesso le arrivavano poco sopra le spalle e i suoi abiti erano da ragazzo perché più comodi per il viaggio.
La sentii sbuffare.
Mettew comparve poco dopo con bisacce e borracce. –Tutto pronto.- Disse fieramente ed io aprii la porta di casa velocemente, ma non mi sfuggì il suo sguardo di collera nel vedere le condizioni di Ain.
Volevo essere fuori città prima dell’arrivo dei sicari del Clan.
Il carro era già davanti l’entrata e mi avviai verso di esso, quando inciampai in qualcosa: un corpo.
Neil era stramazzato al suolo dopo ore e ore di veglia di fronte alla porta di casa mia.
Bene! Non avrei nemmeno dovuto salutarlo.
Lo scavalcai a piè pari salendo con agilità sul carro.
La bambina si fermò ad assistere il moribondo. –Respira ancora!- Disse con gioia.
-Rosa!- Mi chiamò. –mettiamolo sul carro, appena si sarà ripreso potrà andarsene per la sua strada.-
Storsi il naso. –Non è mica un canino che puoi accudire.-
-No, ma è un essere umano che va aiutato, o sei tu l’animale?-
Tacqui sconvolta dal suo tono di rimprovero.
A quanto pare, quel viaggio si preannunciava più straziante del previsto.
 

-*-
Ed ecco il quarto capitolo, fatemi sapere che ne pensate, che dopo i primi commenti siete tutti deceduti XD (ovviamente faccio le corna)
Come al solito ringrazio tutti, anche i lettori silenziosi ^^
Baci!!

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Capitolo 6
*** Capitolo V- ***



Perdonate la lunga pausa, ma avevo gli esami! çAç
-*-

Capitolo V-
 
Cominciai a rilassarmi quando con il carro arrivammo ad un punto in cui la città non era più visibile.
Lukao già cominciava a sparire dalla mia mente, volevo cancellarla, perché sapevo che non vi avrei mai più rimesso piede.
Troppi ricordi dolorosi e troppi problemi in se.
Guardai l’orizzonte, dove la sottile linea azzurra del mare si univa con quella del cielo.
Ben presto la strada lastricata divenne un ricordo, un rimpianto, e cominciò il tortuoso sentiero sterrato che ci avrebbe portato sulla strada principale per raggiungere Kurona.
Ero seduta in angolo del carro con i gomiti che sporgevano dal mezzo perché poggiati sulla balaustra. Il carro che Mildred ci aveva procurato era comodo ed essenziale, era coperto e ciò rappresentava un gran bene, arrivati in città ci sarebbe tornato utile nel caso dovessimo nasconderci e il brutto tempo ci avrebbe potuto cogliere in qualsiasi momento.
Mettew era alle redini, mentre Ain mi fissava come al solito. Mi limitavo ad ignorarla.
 Neil era invece sdraiato prono, ancora svenuto, a volte emetteva qualche buffo suono.
Accatastati da una parte c’erano i nostri bagagli.
La bambina mi si avvicinò e si sedette al mio fianco.
-Non ti dispiace lasciare casa tua?-
-No.- risposi secca.
Quella parve confusa. –Non era molto che ci abitavi?-
-Sono anni che vivevo in quel posto, ma non per questo vuol dire che debba essergli affezionata.- Speravo che dicendole questo avrei smorzato la sua curiosità.
-Capisco.- Mi disse pensierosa… forse c’era arrivata che non avevo voglia di parlare.
-Ma - Ricominciò.
  Ah, Dei, che scocciatura!
– Quando avremo trovato l’Altare dell’Aldilà, tornerai là, giusto?-
-No.-
-E allora che farai? Dove andrai?-
Non le risposi, non perché non volessi, ma perché non sapevo risponderle.
-Rosa?- Mi chiamò. Certo che non demordeva mai quella ragazzina. –Mi rispondi?-
-Non voglio dirtelo, sennò mi verresti a scocciare anche là.- Cercai di sviarla.
La bambina non parve offesa. – Non riesci mica a smontarmi così… se voglio farti delle domande, te le faccio uguale.-
Rimasi così sorpresa che per qualche secondo tenni gli occhi spalancati in modo ridicolo.
-Sei fortunata ragazzina che sei la mandate della missione…- Mi avvicinai al suo volto. –Sennò ti avrei già tagliato la gola, non risparmio neanche i bambini.-
Non era vero ovviamente, ma speravo veramente di farle paura.
Mi toccò una guancia e a quel tocco rimasi ancor più sorpresa.
-Non mi fai neanche paura se vuoi saperlo, le tue finte minacce mi fanno  soltanto capire che tu hai una naturale predisposizione a tentare in tutti i modi di spaventare la gente che ti circonda… così da non dover essere costretta a conoscerla.
Si vede lontano un miglio che sei una persona che ha sofferto nell’infanzia… e che soffre tutt’ora. Nei tuoi occhi leggo che hai fatto cose terribili, ma anche buone azioni, non tutto nella tua vita è da buttare via… Rosa Nera.-
Disse il mio soprannome con un velo di tristezza nella voce. –Mi sembra che ti calzi a pennello questo nome. Hai delle spine appuntite che ti circondano e le persone non riescono ad avvicinarsi ai petali della tua anima.-
Rimasi per un attimo incantata da quelle parole, come se fossero quelle di un incantesimo, le quali persuasero il mio animo ad avere un moto di affetto che non pensavo nemmeno di poter più provare.
Poi la consapevolezza delle sue parole mi colse e scossi il capo: Ma chi cazzo era quella bambina?! Da dove era uscita fuori!?
Tolse la sua mano dalla mia guancia, ma io le afferrai il polso, una rabbia cieca mi stava prendendo.
-Tu non sai minimamente chi sono io, da dove vengo e del perché faccio quel che faccio! Non ti permettere mai più!-
Colsi il timore nei suoi occhi, ma non distolse lo sguardo.
-Tu, non sai niente di me…- Le sibilai, per poi lasciarle andare il braccio.
Calò il silenzio per quelli che parvero diversi minuti.
-Mi spiace…- La sentii sussurrare al mio fianco.
Non la guardavo, la rabbia la sentivo ancora troppo forte.
-è più forte di me, è un dono che ho. Non posso ritrattare quello che ho detto, perché…- tacque e sentii che la sua voce si era spezzata di colpo.
-Mi sembrano delle strane scuse. Cosa vuol dire che non vuoi ritrattare quello che hai detto?-
Mi ritrovavo a discutere con una bambina, con una bambina. Quanto era andata in basso la mia vita? Quanto era cambiata?
-Posso leggerti nell’anima.- Me lo disse con una voce così dispiaciuta che mi voltai a guardarla confusa.
-Ho un dono, Rosa… un dono che avrei voluto non avere. Sono un’accarezzata dalla Benefattrice e questo mi concede di vedere nell’anima delle persone per aiutarle a seguire la retta via imposta dalla Dea Guida. Quello che ti ho detto è quello che ho letto dentro di te. Tramite il contatto fisico ho sentito una gran rabbia e un gran dolore… non ho visto molto, perché questi due sentimenti ricoprono gran parte della tua essenza. Tu sei molto di più di quello che pensi… c’è della bontà in te!- Me lo disse con gli occhi che le brillavano di convinzione.
Rimasi interdetta dalle sue parole, mi aveva sorpresa, ma non sapevo se in positivo o negativo.
Poi decisi di optare per la ramanzina e perciò stavo per risponderle per le rime, dicendole che non doveva mai più sfiorarmi, quando un rumore, un mugolio, ci distrasse entrambe.
Neil si stava muovendo lentamente con fare circospetto e occhi offuscati dalla stanchezza.
-Dove sono?!- Ci chiese, con una punta di paura.
-Al sicuro, per ora.- Gli dissi e lo vidi voltarsi verso di me come se fosse attirato da una calamita.
-Tu?! Mi hai aiutato?!-
-Frena la fantasia soldatino. Se non fosse stato per la ragazzina staresti ancora steso sull’ingresso di casa mia.-
Quello guardò Ain. –Grazie piccola Lady.-
Ainitha fece un cenno col capo in modo molto educato. –Non dovete ringraziarmi signore, è un dovere aiutarsi gli uni con gli altr…-
-Aspetta un attimo!- La bloccai con un cenno. -Come hai capito che era una Nobile?-
Gli chiesi con circospezione.
-Ma è logico!- Mi disse confuso. –è seduta in modo composto, signorile… mentre tu, sembri un scaricatore di porto e non solo nel tuo modo di stare seduta!-
La bambina rise, ma io ero seria. –Ain.- La richiamai. -Devi fare meno la Lady da ora in poi, non voglio che ti si noti… troppo.-
Neil continuava a guardarci confuso, ma non parve dare troppo peso alle mie parole e nemmeno al fatto che Ain indossasse vestiti da persona inferiore al suo rango.
-Grazie dell’aiuto comunque.- lo vidi affacciarsi dal carro e diventare sempre più euforico man mano che guadagnavamo manciate di metri.
-Lo sapevo!- Quasi mi urlò addosso. –Hai accettato di aiutarmi. Ho riconosciuto la strada. Stiamo andando a Kurona a cercare mio fratello! AH!-
Si mise a ridere e io aspettai qualche secondo prima di rovinare le sue fantasie, che poi nessuno mi venisse a dire che non ero premurosa.
-Spiacente Neil, ma come ti ho detto prima: Se non fosse stato per la ragazzina staresti ancora steso sull’ingresso di casa mia. Da solo dedurrai che sarebbe una cosa strana per una persona che ha deciso di accettare la tua missione.-
Quello parve un po’ affranto.
-Ma Rosa Nera!- Ain si intromise. –Non ti sembrerebbe il caso di aiutarlo? Mi sembra che ci tenga molto a trovare suo fratello!-
Sbuffai per la contraddittorietà della bambina. –Mi sembrava di aver capito che la rapidità nella missione che tu mi hai affidato fosse piuttosto importante.-
Senza contare che tenevo molto di più a trovare l’Altare dell’Aldilà che il fratello di Neil.
La bambina abbassò il capo sconsolata e la vidi annuire. –Però.- aggiunse. –Nessuno ti vieta a Kurona di fare delle piccole ricerche per questo signore!-
-Ecco!- Disse l’ex-soldato. –Dai retta alla piccola Lady!-
La mia pazienza stava per aver bisogno di corde, per ancorarsi al mio corpo.
-Intanto smettila di chiamarla così. E poi avrò altre cose di cui preoccuparmi a Kurona! Non ho il tempo di cercare anche informazioni per te!-
Misero entrambi il broncio.
Che cosa penosa.
-Al massimo posso darmi uno sguardo in giro, ma di più non mi chiedete.-
La bambina e l’altro bambino si diedero il cinque soddisfatti.
Poi mi rivolsi ad Ain. –Vedi di non farmi mai più uno scherzetto come quello di prima.-
Non aspettai una sua reazione, ma mi accomodai nella mia postazione e caddi in uno stato di dormiveglia.
L’uomo vestito con una tunica scura si avvicinò a me. Ero stanca e tremavo per il freddo. Mildred si sarebbe arrabbiata per la mia sparizione, ma poco importava, adesso ero di fronte al mio futuro.
-Dimmi Ragazzina.-
 Lo guardai con più intensità. Il combattimento mi aveva sfiaccato, ma ero sicura di essere passata al test… potevano dire ciò che volevano, ma sapevo di essere stata sottoposta ad una prova.
-Ti piacerebbe unirti alla nostra Famiglia? Tutti ci conoscono come Clan, ma tra di noi siamo come fratelli.-
Lo ascoltai con attenzione, finalmente c’ero riuscita, mi avevano scelta. Assentii.
-Il mio nome nella nostra Famiglia è Gran Maestro Ruth.- Mi sorrise, vedevo solo quello: i denti bianchi mi baluginavano davanti gli occhi e la sua tunica scura lo ricopriva interamente. –E il tuo? Quale sarà?-
-Il mio?- Domandai. Strinsi ancora di più il mio fido pugnale. –Rosa Nera, perhè le persone non saranno in grado di vedere i colpi che gli inferirò con il mio pugnale e verranno trafitti come da spine invisibili al solo avvicinarsi!- Tacqui, aspettando una reazione dell’altro.
-Benvenuta nella Famiglia, Rosa Nera, da ora in poi mi occuperò io di te.-
Afferrai la mano che lui mi porgeva e lo seguii.
Tutto si dissolse.”
Aprii di scatto gli occhi con una sensazione di dolcezza infondo all’anima.
                                                                     ---
Decisi che ci saremmo fermati per la notte in una piccola radura abbastanza distante dalla strada. La conoscevo grazie alle varie missioni in cui ero stata costretta a fermarmi nel medesimo posto per rifocillarmi o aiutare i compagni feriti. Mi mancava il contatto epistolare col Gran Maestro Ruth. Non mi ero mai sentita così sperduta e sola: ero circondata da estranei che non sapevano niente di me. Non che volessi che mi conoscessero per carità, ma alla lunga rimanere soli era dura.
Ero stata costretta ad allontanarmi dalle poche persone a cui ero affezionata.
Camminavo fra gli alberi al limitare della radura per ispezionare il luogo.
Dovevamo essere al sicuro, infondo il Clan non poteva sapere che mi stavo dirigendo a Kurona e chiunque stesse cercando la bambina probabilmente la stava aspettando nella capitale e per il momento era al sicuro.
Ripensai a ciò che era successo qualche ora prima.
Hai delle spine appuntite che ti circondano e le persone non riescono ad avvicinarsi ai petali della tua anima.
Scossi il capo come a cacciare quel pensiero.
La mia era una difesa necessaria per il lavoro che facevo.
Già di recente avevo visto quanto la morte di Conrad avesse portato enormi problemi nella mia psiche… il dolore era talvolta insopportabile da trattenere a stento le lacrime e questo mi faceva incazzare.
Appena avessi riportato in vita Conrad lo avrei chiuso in una stanza e mai fatto più uscire.
Cominciai a raccogliere la legna dal terreno per poter accendere un fuoco.
Mille pensieri cominciarono a prendere corpo: e se l’Altare dell’Aldilà non avesse riportato in vita Conrad? E se non l’avessero trovato semplicemente?
La bile cominciò a risalirmi in gola.
D’improvviso sentii il tocco di una mano sulla spalla.
Non ci pensai due volte e afferrai la mano sconosciuta per portarla, torcendo il polso, dietro la schiena dell’assalitore.
-Ma sei matta?!- Neil imprecò sonoramente, ma io non lo lasciai andare.  -Mi stai facendo molto male!-
-E con questo?- Gli chiesi sussurrandogli all’orecchio. –Tu mi hai molto infastidito.-
Continuai a tenerlo in quel modo.
-Non ti avevo ordinato di fare la guardia agli altri due?- Domandai, dopo un minuto di lotta silenziosa.
Lo vidi storcere la bocca in una smorfia.
-Sono persone comuni, non sono interessanti neanche la metà di quanto lo sei tu.- Lo disse con un tono così strano, fra il dolce,il tranquillo e lo scocciato che mi spiazzò.
Lo lasciai andare e con una spinta sulla schiena lo allontanai da me.
-Seppur meno interessanti devi controllarli al posto mio… dovrai fare come dico se vuoi che ti aiuti.- Lo dissi con estrema tranquillità. Come al solito.
 Lo vidi strofinare il polso che gli avevo strinto per poi alzare le braccia con fare arrendevole. –D’accordo, per una volta farò come mi dici, ma la questione non finisce qui.- E se ne andò facendomi l’occhiolino.
Alzai un sopracciglio e lo fissai finchè non lo vidi sparire nella vegetazione, se lo avesse visto o sentito Conrad… gli avrebbe strappato la lingua.
Sorrisi per il fare dell’altro e ripresi a raccogliere la legna.
                                                                       ----
Tornata all’accampamento trovai Mettew intento a rassettare il luogo, per renderlo più confortevole, e gli altri due a giocare a carte.
-AH!- Urlò la bambina.-Stai mentendo!-
L’altro sbuffò. –Si chiama scopa bugiarda, è ovvio che menta!-
Mi sedetti poco lontano da loro e continuai a scrutare la foresta per fare mente locale. Se non mi sbagliavo doveva esserci un fiume poco distante da là. Avevo proprio bisogno di ristorare il fisico con un bagno in vista dell’arrivo in città.
Afferrai le mie cose, tranne che la sacca pesante, e mi avviai di nuovo da dove ero appena venuta.
-Per il momento questo posto è sicuro, vado a farmi un bagno, dopo se volete vi mostro dov’è e potrete fare un bagno anche voi.-
Mi congedai così, senza aspettare risposta.
Giunta al fiume sorrisi soddisfatta per la mia buona memoria.
Tutto era esattamente come l’ultima volta che ero stata là: il fiume scorreva placido ai miei piedi e poco più avanti vi era una piccola cascata ottima per lavarsi con comodità.
Mi spogliai senza pudore sapendo di essere sola ed entrai nel liquido con un sussulto, la immaginavo meno fredda.
Il pugnale era sempre con me, non si poteva mai sapere…
Giunta sotto la cascata il rumore dello sciabordìo dell’acqua mi rilassò e finalmente presi a insaponarmi i capelli corti per poi passare al corpo.
Con soddisfazione sentii i miei muscoli tendersi sotto i polpastrelli: frutto di anni di missioni, allenamenti e battaglie.
All’improvviso uno scricchiolio.
Fortunatamente avevo i sensi acutizzati e non abbassavo mai la guardia.
Afferrai con lentezza il pugnale continuando a fare come se niente fosse.
Il rumore proveniva dal cespuglio alla mia destra, possibile che non avessi controllato bene i dintorni?
Uscii dall’acqua con tranquillità e mi avvicinai alle mie cose poco lontane dal cespuglio.
Improvvisamente scattai verso quella direzione pronta a sgozzare chiunque fosse là dietro.
Oltre la vegetazione sentii il corpo teso di una persona colta di sorpresa e gli caddi sopra immobilizzando le sue braccia.
Con scocciatura vidi che si trattava di Neil.
-I-io..-Balbettò.
Lo vidi arrossire e io gli sorrisi canzonatoria.
-Ma bada un po’, il Soldatino gradasso arrossisce di fronte ad una donna nuda.-
-Bhè… a-a mia discolpa posso dire che tu sei la donna più bella che abbia mai visto nuda!-
Lo vidi spostare lo sguardo ovunque tranne che sul mio corpo.
Sbuffai al pessimo tentativo di lusinghe da parte dell’altro e mi spostai tornando sui miei passi.
-Se ti ribecco a curiosare casualmente quando faccio il bagno… ti stacco le pupille dalle orbite con le mie mani.-
Lo sentii alzarsi e di sottecchi lo vidi voltarsi.
-Mi devi spiegare perché sei venuto qua se poi non vuoi vedere.-
-Non sono mica scemo, se ti guardo ancora so che mi uccideresti.-
-Bravo soldatino, la lezione l’hai imparata!-
L’altro sbuffò.
Finii di vestirmi e poi lo guardai, era ancora girato di spalle.
-Sei più strano di quanto pensassi.-
Quello si voltò ed io alzai le spalle con fare ironico.
-Ah e comunque ti sei dimenticato una cosa…-
Mi avvicinai a lui sempre di più fino a che i nostri nasi non si sfiorarono, quello mi guardava imbambolato come se non potesse credere a quello che stava succedendo.
Quando lo trafissi col pugnale al basso ventre  i suoi occhi si spalancarono e cadde sulle ginocchia.
Rimasi per un attimo a fissarlo dall’alto con sorriso ironico.
-Sei uno stupido…- stavo per andarmene mentre l’altro rantolava a terra e mugolava di dolore. Ci avrebbe messo molto a crepare.
-Come l’hai capito?!- Disse quello in un sussurro.
Mi bloccai a metà strada e mi voltai verso di lui.
Le corna poco sopra la fronte cominciarono a spuntare e gli occhi assunsero un colore diverso da quelli di Neil.
Sbuffai. –Si sente la puzza di caprone da miglia di distanza, Satiro.-
Quello fece una strana smorfia, poi scomparve nel nulla lasciando dietro di se solo la  sagoma sull’erba e una piccola pozza di sangue.
Dove fosse andato a morire non era affar mio.
Quella foresta era troppo pericolosa per non stare attenti e sempre allerta, senza contare che i Satiri erano forse le creature meno pericolose in quel posto: si limitavano a trasformarsi in persone che conoscevi leggendoti nel pensiero per poi sbirciare mentre facevi il bagno e infine assalirti come una fanciulla indifesa.
Peccato che non gli fosse toccata una vera e propria donzella.


-*-
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Dal prossimo ricomincia la vera e propria azione!!
So che starete pensando che questo capitolo sia piuttosto inutile, ma era necessario per farvi conoscere un po' meglio gli altri personaggi *-^
Mi aspetto qualche commento!!
Baci!

ps: sappiate che ne è valsa la pena di fare questa pausa! Ho ideato nuove cose per la trama e in più ho preso 30 all'esame che avevo oggi! Muahahahahahahha

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Capitolo 7
*** Capitolo VI- ***


Sono davvero imperdonabile per il ritardo çAç
-*-

Capitolo VI-
 
Tornai alla radura sorridendo ancora per la scena del satiro. Quello stupido non aveva capito con chi aveva avuto a che fare se non al momento sbagliato. Mi trasmetteva una certa soddisfazione il fatto di non dover mai dipendere da nessuno.
Giunta dagli altri scapestrati li guardai affaccendarsi intorno ad un fuoco su cui bolliva una qualche strana pietanza.
-Questa ricetta me l’ha insegnata la cuoca di corte di Kurona in persona! È un piatto nutriente e di rapida preparazione!-
Mettew mi sembrava soddisfatto del suo strano intruglio, ma sinceramente non me ne fregava niente.
Appena li raggiunsi mi sedetti di fianco a Neil e mi rivolsi a lui.
-Ti ho appena ucciso.- dissi con noncuranza e quello, che stava mangiando la brodaglia, per poco non si soffocò e cominciò a tossire pezzetti di carne.
-Tu cosa?!- Chiese, confuso.
-Satiro.- dissi solo e l’altro parve intendere annuendo.
-Perciò stavi pensando a me eh?-
Mi guardò con sguardo malizioso e io mi limitai a non considerarlo.
-Satiri?- Chiese Ain preoccupata. –Io dopo volevo farmi un bagno, ma a questo punto… non so se è il caso.-
-Verrò io a farti da guardia.- La bambina mi guardò con gratitudine e mi allungò una ciotola con la sbobba.
Vedendo la mia espressione Mettew sorrise… anche se ad essere sincera mi inquietava vederlo sorridere.
-è buona sa?- Cercò di convincermi.
-Non è che l’hai avvelenata per uccidermi, baffone?-
In tutta risposta l’altro prese a muovere i baffi involontariamente con fare stizzito.
-Sarebbe controproducente per l’impresa!- Sembrava offeso.
-Suvvia, sai che sono una burlona mio caro e buon Mettew!-
Ain sorrideva divertita mentre il vecchio si limitò a bofonchiare.
Per un po’ di tempo gli unici rumori che si sentirono erano il picchiare delle posate sulle scodelle di legno.
-Cosa vuoi fare per prima cosa appena arrivati in città, Rosa Nera?- Mi chiese Ain.
Riflettei un attimo. –Bhè, non mi hai fornito ancora informazioni riguardo al luogo dove si trova l’amuleto, perciò l’unica cosa che posso proporre è di cercare alloggio in una banalissima locanda in cui non dovremo assolutamente attirare l’attenzione. Tu, ragazzina, dovrai smetterla di rivolgerti in modo educato a tutti. Mettew invece deve smetterla di darti del lei e Neil… smetti di essere te stesso, nel senso che assolutamente dobbiamo trovarti degli altri abiti che non siano da soldato… si capisce subito che sei un disertore, sicuramente ti staranno cercando per portarti al patibolo.- Tutti assentirono.
-Appena giunti in città ti dirò la tappa successiva, ma per adesso non aggiungo altro… a meno che tu, in segno di fiducia, non mi dica il tuo vero nome.- La vidi osservarmi di sottecchi. –Lo potrei prendere come atto di buona fede!- Si giustificò al mio inclemente sguardo glaciale.
Sospirai.-Senti, ragazzina, per me sarebbe piuttosto facile dirti un nome falso e… chiariamoci, è una missione che interessa solo te, perché dovrei voler sapere a tutti i costi la tappa successiva?-
Si che ci tenevo, eccome se volevo saperlo, magari mi sarei potuta togliere quella zavorra che tutti loro rappresentavano per andare a resuscitare Conrad indisturbata!
Silenzio.
-Menti.- Disse solo la bambina, con voce grave. Tutti mi fissarono.
-Come prego?!- Non volevo certo farmi dare della bugiarda da una ragazzina.
-Ti ho detto oggi del mio dono, sono un’accarezzata dalla Benefattrice, so benissimo quando una persona sta mentendo.- Rimasi spiazzata, non sapevo molto sui consacrati a tale divinità, non si incontravano tutti i giorni.
-Tu ci tieni a trovare l’Altare dell’Aldilà tanto quanto me… perché? Per i soldi? Per il potere?-
Cominciai a provare un misto di emozioni, per la prima volta mi trovai in seria difficoltà, quella bambina riusciva veramente a mettermi in crisi.
-Ah! Ecco, ci sono, lo sento… tu vuoi trovarlo pe...-
Le tappai la bocca con uno slancio fulmineo.
-Ragazzina.- sibilai. Mettew cominciava a dare in escandescenze, ma gli prestavo la stessa attenzione che Neil prestava ai miei moniti. –Non dire cose di cui potresti pentirti.-
Tolsi la mano e quella non fiatò. Mi fissava con attenzione, sembrava che mi trafiggesse l’anima.
-Ma come si permette! Dovrebbe portare più rispetto alle altre persone, chi crede di essere? Non esiste solo lei a questo mondo sa? Se vuole che noi siamo sinceri con lei, lei deve esserlo con noi!-
Mi alzai di scatto e l’uomo arretrò di un passo ponendosi di fronte la bambina come per proteggerla.
-Io glielo avevo detto signorina! Non è stata una buona idea quella di chiedere i servigi del Clan! La peggio fecci…-
-ORA BASTA!-
Neil si era alzato e si era messo in mezzo.
-Tu!- e indicò l’altro uomo. –Sei pedante amico mio!- lo disse con semplicità, come se fosse una cosa palese, e l’interessato brontolò qualcosa.
-Tu!- e indicò Ain. – Sei una bambina di dieci anni per gli Dei! Comportati come tale!- La bambina non parve particolarmente ferita dalle sue parole e rimase zitta a scrutarlo.
-E tu!- Mi indicò girandosi di 180 gradi. – Senti, l’abbiamo capito tutti che hai avuto un’infanzia difficile ed etc… ma il vecchio non ha tutti i torti: se vuoi sincerità devi darne in cambio!-
Lo guardai incuriosita e anche un po’ stizzita, infondo nessuno mi aveva mai parlato in quel modo diretto e brusco. E poi Neil che c’entrava, non sapeva nemmeno di cosa stessimo parlando.
-D’accordo, volete la verità?- tutti si fecero attenti. –Preferisco aspettare l’arrivo in città piuttosto che dirvi il mio nome. E nessuno, badate bene, NESSUNO, dovrà più chiedermelo! Spero che vi sia entrato nelle vostre testoline, perché alla prossima scenata vi dirò il mio nome, ma poi vi ucciderò!-
Mi rimisi a sedere e accavallai le gambe, d’improvviso mi era montata dentro una gran rabbia. Non ci potevo credere! Che cosa non si fa per amore! Sopportare quel trio di idioti… era una vera dannazione!
                                                                             ---
Stava per farsi sera, presto l’unica illuminazione presente sarebbe stata quella del falò.
Rumori di passi frettolosi e di rami spezzati mi fece capire che qualcuno si era avvicinato alle mie spalle, ma restavo tranquilla e rilassata, non credevo che una bambina mi avrebbe mai potuto nuocere.
-Che vuoi ragazzina?-
I passi si fermarono.
-Ti volevo chiedere una cortesia.-
Mi voltai palesemente scocciata, in effetti certe volte sapevo di avere l’antipatia dipinta in volto, ma che me ne importava? Lei era solo un mezzo per raggiungere l’Altare dell’Aldilà.
La bambina parve prendere coraggio dopo che mi ero voltata.
-Vorrei farmi un bagno prima che il sole cali del tutto… mi accompagni?- Me lo chiese con un sussurro, come se solo io potessi esaudire questa richiesta, come se volesse che solo io le facessi da guardia.
Rimasi interdetta un attimo, poi sentii i miei stessi muscoli facciali rilassarsi per poi stendersi in un tenue sorriso.
-E va bene!- Dissi solo, e mi voltai subito per riacquistare quell’aria di gravità che solitamente portavo. –Però vediamo di sbrigarci, per sicurezza prendi due torce, una per ciascuna.-
La bambina assentì.
Poco dopo mi stava seguendo fra gli arbusti per raggiungere il fiume e la cascatella.
-Certo che sei una tipa strana!- Mi disse, dopo qualche minuto di silenzio.
Sbuffai. –Senti chi parla! E perché lo sarei secondo te?-
-Perché conoscere il nome di una persona vuol dire affezionarcisi, per te? Insomma… alla fine un nome è un nome, non è quello che tu sei! E poi, non mi pare che tu conoscendo il mio ti sia poi tanto affezionata.-
Mi fermai di botto e mi voltai, ma cosa voleva dire? Perché rispondeva ad una mia domanda con un’altra?
-Senti, il mio nome te lo dirò se mai ne avrò voglia!-
-Non ti ho mica chiesto il tuo nome.- La vidi alzare un sopracciglio. -Certo, mi interessa, ma da quel che ho capito non hai alcuna intenzione di rivelarmelo… perciò: rispondi alla mia domanda.-
Ripresi a camminare, spiazzata.
-Secondo me un nome è il riassunto dell’intero essere del proprietario… cioè, è complicato da spiegare.-
L’altra stette zitta per qualche secondo. –Ma quindi secondo te gli omonomi sono tutti uguali? Io una volta ho conosciuto una bambina col mio stesso nome… era antipatica, non mi faceva mai giocare con lei… e poi non smetteva mai di parlare!-
Risi di gusto alle sue parole.
-Che c’è?- La sentii chiedere confusa.
-Niente!- Ma continuai a sghignazzare. –Comunque non era il senso delle mie parole.-
-Mmmmm… guarda che credo tu ti sbagli, forse ho capito cosa intendi, ma non è il nome che fa la persona, è la persona che lo porta che dà il significato al nome. E poi questo dimostra ulteriormente che il mio pensiero era giusto: tu non vuoi farti conoscere da nessuno!-
Dicendo questo mi sorpassò con decisone. A dire la verità non avevo ben capito come fossimo arrivate a quella conclusione, ero molto confusa: quindi i nomi non erano importanti?
-Perciò, posso anche non dirti il mio nome, giusto? Perché ti interessa tanto?-
Scosse il capo. –Non è questo il punto, proprio non ci arrivi! Quello che tu mi hai detto non è il tuo nome, è diverso! È una sorta di soprannome che ti sarai sicuramente data da sola e che ha un significato intrinseco particolare… per te! Non fraintendermi, è un bel soprannome… Rosa Nera. Sembra delicato, ma anche… pungente, ma mi spiace, non mi accontento di un soprannome.-
Si fermò all’improvviso e per un pelo non le caddi addosso.
-In un certo senso…- Si voltò verso di me. –Non hai tutti i torti, il nome di una persona è il riassunto dell’intero essere del proprietario: il tuo soprannome si limita a mostrare una parte di te, quella che tu già conosci! È il tuo vero nome, che alla fine nessuno capisce fino in fondo, che ti rispecchia per intero! Ah! Brava, alla fin fine non avevi tutti i torti!-
Riprese a camminare, mentre io rimasi un attimo ferma a ponderare le sue parole. Probabilmente dovevo essere stanca, perché non avevo ancora capito se era d’accordo con me o no e se il mio soprannome le bastava o voleva sapere di più.
Riflettendo ripartii e la raggiunsi in prossimità del fiume.
Il sole cominciava a tramontare e la radura dove si trovava il fiume era macchiata di un rosso e oro che toglieva il fiato.
Piantai la torcia a terra, dove il terreno era più morbido e feci lo stesso con la seconda, in modo che se il sole fosse calato del tutto avremmo comunque visto dove mettevamo i piedi intorno all’acqua.
Mi sedetti sulla riva del fiume per poi sdraiarmi portando le mani dietro alla nuca.
-Sembra fredda.- Disse la bambina e io voltai il capo per vederla toccare l’acqua. –E lo è!-
Risi al suo modo di fare e alla sua espressione. Mi guardò di sottecchi e io mi alzai a sedere.
-Perché non vuoi che si sappia che cerchi l’Altere dell’Aldilà… per amore?-
Il sorriso svanì dal mio volto. –Perché sono affari miei.- …direi!
L’altra assentì sorprendendomi.
-D’accordo, infondo credo che sia una motivazione in più! Almeno sono sicura che tu ci tenga davvero a raggiungere l’obiettivo!-
Mi sorrise con sincerità ed io non potei fare a meno che ricambiare sebbene il mio fosse un po’ più tirato.
-Comunque- Continuò. – se vuoi parlare di qualsiasi cosa io ci sono… so mantenere i segreti, credo che i bambini sappiano tenere i segreti molto meglio degli adulti, ne sentono di più il valore.-
Me lo disse con tutta quella convinzione che trapelava sempre dalle sue parole ed io rimasi a fissarla con interesse.
-Se ti raccontassi tutto di me, smetteresti di guardarmi con quegli occhioni che esprimono soltanto stima…- Ain continuò a fissarmi, come ad invitarmi a continuare a parlare. – Ho fatto molte cose… orribili nella mia vita, ma non per questo le ritengo sbagliate e forse è la cosa peggiore. Ogni volta che le compio la mia anima si sgretola sempre un po’ di più, ma infondo sono stata dannata nell’infanzia dal mio stesso padre…-
Sentii Ain sbuffare. –La dannazione non esiste.- Disse semplicemente. –O perlomeno nessuno può imporcela! Alla fine è tutta una questione psicologica! Tu non sei dannata Rosa Nera, sei soltanto succube delle tue stesse paure e timori!-
Mi si avvicinò. –Non capisci? Sono disgrazie che ti capitano o per tue azioni o per il fato, che gioca con te! Credi nella Dea Guida Rosa Nera… e lei- Mi sorrise scaldandomi il cuore. –Bhe… ti Guiderà!- La vidi ridere per il gioco di parole.
-Credere nella dea Guida?- Sbuffai. –Io credo solo in me stessa e nella mia volontà!-
-… E nella tua dannazione aggiungerei. Sei strana.-
Tacemmo per un attimo.
-Tutti quelli che conoscono il mio nome… stanno morendo ad uno ad uno.-
Ain tornò a guardarmi senza dire una parola.
-Vuoi ancora conoscerlo?- Desiderai ardentemente che la sua risposta fosse un diniego, ma ciò che ottenni fu un:
-Si!- che fu seguito da: -Non credo che tu sia dannata e per dimostrartelo quando mi dirai il tuo nome, se me lo dirai, ti prometto che non morirò!- Si battè un  pugno sul petto come ad avvalorare la sua promessa ed io mi alzai estraendo il pugnale.
-Fatti il bagno, io vado in perlustrazione qua intorno, almeno evitiamo brutte sorprese.-
Mi voltai senza guardarla, cosa avrei dovuto dirle?
Cominciai ad arrampicarmi sulla montagnetta da cui proveniva la cascata e, arrivata sulla cima, mi guardai intorno per perlustrare la fitta foresta.
Era praticamente buio e senza fiaccola i giochi di ombre erano davvero ingannevoli.
Dopo qualche minuto di viaggi a vuoto udii la voce di Ain in Lontananza.
-Rosa Nera!- Gridava. –C’è qualcosa nei cespugli!-
Sbuffai –Probabilmente è un Satiro! Digli che se non vuole finire come suo fratello gli conviene levarsi dalle palle!- Gridai in risposta, la finezza non era mai stata il mio punto forte.
Sentii voci, poi rumore di sciabordio e infine un grido: era di Ainitha.
Corsi sul crinale della cascata con rapidità e una strana pesantezza allo stomaco.
-Rosa Neraaaaaa!- Mi sentii chiamare da una voce non del tutto sconosciuta. –Ti conviene uscire fuori se non vuoi che uccidiamo questa tua amichetta!-
Erano in 7 o 8 tutti ammantati di nero. Potevo vedere lo sbrilluccichio delle loro armi alla luce delle fiaccole.
4 erano nell’acqua e gli altri a terra, uno dei tizzi nell’acqua teneva ferma Ain che lottava dimenando le braccia e le gambe.
Imprecai avendo riconosciuto il tizio: erano una squadra speciale del Clan, erano venuti per uccidermi.
-Sai perché siamo qui vero?!- Continuò quello come a leggermi nel pensiero con la sua voce odiosa.-Siamo stati incaricati di ucciderti, ma nella lettera di incarico non c’era alcun riferimento ad una bambina… e sai meglio di me come funzionano queste cose! Posso anche ucciderla, tanto a nessuno interessa!-
Tutti si misero a ridere e le loro risa aumentarono di volume quando Ain gridò.
-Rosa Nera!-
-è inutile che la chiami!- continuò l’uomo. –Per come è fatta di te non le interesserà un fico secco e perciò ti lascerà qua a morire!-
-Non la conosci!- La sentii replicare. –Verrà!-
Continuarono a ridere… ora li avrei fatti smettere io. Erano in molti ed io ero sola, ma non era una cosa impossibile viste le mie capacità.
Sorrisi.
Probabilmente mi sarei divertita.
Inquadrai uno dei tizzi a una decina di metri perfettamente sotto di me e mi lanciai nel vuoto.
Non si accorsero di me fino a che non atterrai sulla testa dell’uomo uccidendolo sul colpo troncandogli di netto collo e spina dorsale a causa del mio peso e dell’altezza da cui mi ero lanciata.
-Per come sono fatta- dissi, poggiando i piedi a terra e continuando il discorso cominciato dal capo della banda. –Adesso vi uccido tutti.-
E cominciò il divertimento.

-*-
So che avevo promesso azione in questo capitolo, ma alla fine era venuto più lungo del previsto perciò spero di aver spianato la strada al prossimo capitolo! *-*
Ringrazio le mie due recensiste che non finirò mai di ringraziare abbastanza <3 
Grazie La Sposa di Ade e Julia98!!
Al prossimo capitolo che prometto a breve è_é9
Baciii!

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Capitolo 8
*** Capitolo VII- ***


Capitolo VII-
 
Ero in posizione da combattimento, ma per il momento preferii riporre il pugnale nel fodero.
Inquadrai il tizio più vicino che mi stava correndo contro con un ruggito. Non aspettai che mi raggiungesse e arrivai davanti a lui con due rapide falcate.
Brandiva una daga seghettata come fosse un’accetta e la teneva sollevata sopra la testa per potermi colpire dall’alto. Con la sinistra bloccai il suo braccio afferrandolo vicino al polso e con rapidità andai a colpire con il pugno destro il suo volto, precisamente sul naso, con un movimento ascensionale dal basso, a destra, verso l’alto, a sinistra.
Dopo avergli rotto il naso continuai il movimento di slancio del pugno e andai ad afferrargli il retro della nuca passando vicino al suo orecchio destro.
Con un unico movimento rotatorio portai il suo braccio, quello che tenevo fermo, dietro la schiena, facendolo passare sopra il mio stesso capo, e contemporaneamente portai la sua testa prima in basso e poi in alto così da poter cambiare presa  tenendolo immobile nella morsa del mio braccio. Alla fine ci ritrovammo quasi schiena contro schiena.
Lo sentivo mugolare ad ogni mio movimento, ma erano così rapidi che i suoi lamenti di dolore erano tutt’uno.
Sorrisi.
Poggiai il suo gomito destro sulla mia spalla sinistra e con un colpo secco glielo troncai con il risultato di fargli mollare la presa sulla daga che afferrai mentre ancora era in aria. Con presa salda sull’arma lo lasciai andare sebbene entrambi rimanemmo nelle stesse posizioni. Nel giro di pochi attimi spinsi con la sinistra la daga nella sua carne del fianco destro fino all’elsa e con la destra mi aiutai a spostare la lama verso l’alto. Giunta alla costole mi fermai ed estrassi l’arma. Il gesto fu seguito da un tonfo nell’acqua ed io già mi apprestavo ad attaccarne un altro.
Era incredibile le quantità di cose che era possibile fare ad un uomo nel giro di pochi attimi.
Mi abbassai per schivare un’imbroccata (Note: Colpo dato con la spada in orizzontale, colpisce collo o volto) per andare a colpire con il pugno destro lo stomaco dell’uomo, dalla stazza considerevole, per poi affondargli la lama della daga, stretta nella mano sinistra, nella gola.
Il capo della missione mi guardava stupefatto e bloccò con un gesto gli altri che mi si stavano lanciando contro.
-Meno 3, mio caro.- Lo dissi con un sorriso sadico in volto mentre estraevo la daga dal ventre del tizio di prima.
Quello cambiò espressione, adesso era indecifrabile.
Lanciò letteralmente Ainitha, che continuava a ribellarsi, ad uno dei suoi scagnozzi.
 –Tienila tu… attento, morde.-
Si rivolse di nuovo a me con un sorrisetto perfido. A quel punto mi ricordai anche il suo nome Maestro Gladio… se non mi sbagliavo, avevamo fatto l’addestramento da accoliti insieme.
-Sai come funzionano queste cose no? A volte il Clan manda una lettera ai condannati a morte come te… eccola.-
Lo vidi estrarre una lettera con sopra il sigillo del clan.
-Certo…- Dissi. –Scommetto che vorresti che venissi lì a prenderla, non sono mica imbecille.-
-O, andiamo Rosa Nera! Non dirmi che non sei curiosa! Ti posso dire che questa lettera è da parte del Gran Maestro Ruth.-
La diede ad un altro dei suoi uomini. –Portagliela.- Gli ordinò.
Appena afferrai la lettera vidi quel tizio farsi un po’ da parte.
-Leggila.- Disse il Maestro Gladio. –Ti diamo il tempo di leggerla e poi riattaccheremo… infondo sono le regole!- Sghignazzava.
Confusa andai a togliere il sigillo alla busta e l’aprii piano macchiandola di sangue: cosa mai ci sarà scritto da farlo così tanto ridere? Che sapesse qualcosa? Eppure la busta era sigillata.
Lessi la prima riga:
 
Cara Kira,
 
Allargai impercettibilmente gli occhi per la sorpresa di vedere il mio nome su carta.
 
Ormai posso chiamarti col tuo vero nome dato che non fai più parte della Famiglia.
Se stai leggendo questa lettera vuol dire che sono morto,
 
Alzai un attimo il capo e guardai l’altro stronzo che ancora sorrideva, ecco perché! Gli occhi cominciarono ad offuscarsi, ma non era quello il momento di piangere.
 
perchè sono dunque riuscito nel mio intento.
L’ultima lettera che ti è giunta dalla Famiglia era opera mia, non ho detto al Gran Maestro Altisonante del consiglio dei Gran Maestri indetto per decidere del tuo destino e l’ho convinto ad affidare l’incarico a te.
Kira, sarò sicuramente accusato di tradimento e per questo condannato a morte.
Non ho rimpianti, perché ho avuto te nella mia vita, una figlia.
Le leggi della Famiglia non vogliono che ne abbiamo di propri, ma sei arrivata tu con tutto il bagaglio di problemi che portavi. Ti ho educato e allevato come se fossi mia.
Spero che questa sia la tua ultima e più grande missione. Dopo ciò voglio che tu te ne vada, voglio vederti felice e se l’unico modo perché ciò avvenga è che tu riporti in vita Conrad… fallo! Trova l’Altare dell’Aldilà, sii felice, tutti se lo meritano.
Voglio lasciarti ciò che posso, la mia vita sarebbe stata soltanto missioni e uccisioni senza di te, le hai dato un senso. Lascia che qualcuno ti conosca come ti ho conosciuto io Kira, perché morire senza sapere se qualcuno ti ricorderà è mostruoso.
Perciò voglio che tu mi ricordi con il mio vero nome e non con uno stupido soprannome. È così tanto che non lo pronuncio o scrivo che me ne ero quasi scordato.
Ti lascio il mio nome e i miei insegnamenti, perché sono le uniche cose preziose che ti posso lasciare.
Vai avanti con la tua vita Kira, non lasciarti mettere i piedi in testa da nessuno, sei arrivata dove sei ora con le tue sole gambe.
Ti ho voluto e ti voglio bene,
William Prudence, tuo mentore e amico.
 
 Lasciai gli occhi ormai bagnati dalle lacrime viaggiare ancora fra quelle righe, l’ultimo ricordo di una delle persone a cui avevo voluto più bene… una delle uniche.
-Ahahahahah, guardate! Piange!- Tutti si misero a ridere, mentre con la coda dell’occhio vidi Ain versare lacrime calde, probabilmente aveva avvertito il mio dolore.
Una rabbia animalesca cominciò a montarmi nel petto e vidi l’ultima riga della lettera:
 
ps: Uccidili tutti anche per me, non hanno speranze.
 
Sorrisi selvaggiamente fra le lacrime e quando, dopo aver riposto la lettera, sentii il tizio che me l’aveva portata sguainare la spada gli afferrai la gola con una sola mano, la destra ancora libera.
Sentii l’uomo rantolare per l’assenza di ossigeno.
Guardai dritto negli occhi Gladio e lo sfidai apertamente con un sorriso furbo.
Affondai le dita nella carne della gola dell’uomo e ben presto cominciai a sentire il sangue colarmi lungo le dita.
In tutta risposta l’uomo cominciò ad affettarmi il braccio con la spada che ancora teneva in pugno, ma si arrese quando vide che le ferite si rimarginavano, lasciò andare la spada che cadde alzando spruzzi d’acqua.
Mi voltai verso l’uomo che stavo per uccidere.
-Mostro…- lo sentii sussurrare. Per un attimo lo guardai fisso, poi inclinai il capo sorridendo follemente.
-Grazie!- Con uno strattone gli strappai la giugulare e il suo corpo si accasciò nell’acqua che ormai aveva assunto una colorazione rosso intensa.
Altri due si fecero avanti. Deviai con la daga la lama di uno di loro per poi scartare di lato.
Il colpo a vuoto nei miei confronti andò a colpire l’altro uomo che veniva dalla parte opposta e questo morì trafitto dalla lama del compagno.
Mentre il primo cercava di estrarre la spada dal cadavere io gli mozzai entrambe le mani con cui faceva presa sull’elsa e lo tramortii con un colpo di pomolo alla testa.
Da dietro sentii un grido e con uno slancio e un ringhio afferrai la spada piantata nel corpo morto con la destra e tagliai di netto la testa al nuovo venuto.
Il cranio rotolò in aria e gli zampilli di sangue mi riempirono di liquido viscoso.
Mi voltai verso Gladio con gli occhi che erano due fessure.
-E rimasero in due.- Dissi facendo ruotare le due armi che stringevo nelle mani e guardando i due superstiti: quello che teneva ferma Ain e Gladio.
Gladio applaudì. –Allora la tua fama non è tutta fumo!-
-No…- Dissi. –è sangue.-
Quello smise di applaudire all’istante e mi riservò uno sguardo particolarmente glaciale.
Stava per replicare quando una voce ci distrasse entrambi.
-Tu non vuoi farlo davvero…-
Era Ain che parlava rivolta all’uomo che la teneva prigioniera.
-Sento che la tua anima ti sta implorando di non dover uccidere una bambina. Nessuno ti obbliga! Lasciami andare, lascia che ti aiuti a ritrovare la giusta strada… sento il tuo dolore, la repulsione che provi nei tuoi stessi confronti per aver dovuto uccidere persone innocenti: donne e bambini. Se mi lasci andare… potresti redimere tutti gli sbagli che hai fatto fino a questo momento!-
Guardai attonita l’uomo che piano piano mollava la presa intorno al corpo della bambina come se ancora stesse riflettendo su quello che stava facendo.
Le sue parole dovevano avergli toccato l’anima, come spesso accadeva a me quando Ain mi parlava.
Prima che cambiasse idea piantai la spada a terra ed afferrai il mio pugnale lanciandolo dritto verso il tizio.
La lama trapassò il cranio precisamente in mezzo agli occhi e contemporaneamente la bambina gridò spaventata.
-Uhuh… cosa eravate venuti a fare caro Maestro Gladio? Ad uccidermi o a farvi uccidere?- Poi sollevai il dito indice della destra. –Per la cronaca: ne rimane solo uno. Tu.-
Cominciai a camminargli incontro con incedere sicuro e quello divenne livido mentre si guardava intono frenetico.
-Ferma!- Mi gridò. –A quanto pare… se sei intervenuta in sua difesa vuol dire che ci tieni alla bambina, giusto?-
Mi voltai a guardare Ain che era tremante sulla riva del fiume. Potevo quasi vedere le rotelle nella testa dell’uomo muoversi veloci.
-Diciamo che adesso la uccido…-
-Diciamo che adesso ti uccido io.- replicai.
Lo vidi arrampicarsi sugli specchi e poi stringere le mani sull’elsa della sua arma con sicurezza.
-Contrariamente a quanto pensi Rosa Nera, non ti temo. Ho un asso nella manica!-
E con uno scatto si voltò verso la ragazzina con il chiaro intento di ucciderla.
Non so perché, ma in quel momento mi sembrò una mossa intelligente: ero una baciata dal combattente che cavolo! E lui le era dannatamente vicino.
Corsi con una rapidità non mia, probabilmente frutto del dono e dell’adrenalina che mi scorreva nelle vene.
Tutto si svolse in pochi secondi: mi parai di fronte ad Ainitha e così mi presi la lama nemica in pieno ventre.
Il dolore mi fece accasciare al suolo quando quello tolse la lama dal mio corpo.
Sopportai stringendo i denti poiché tanto sapevo che il dolore sarebbe passato di lì a pochi secondi.
-Rosa Nera!- Mi chiamò preoccupata Ain.
Mi alzai con fatica e sfoggiai un sorriso divertito.
-Eppure lo sai… che così non mi puoi uccidere!-
Quello continuava a guardarmi sorridendo di rimando. –Appunto!- Mi disse divertito.
Presto le mie gambe cedettero di nuovo e rovinai a terra pesantemente.
-Rosa Nera!! Fatti forza!- sentii delle piccole mani afferrarmi le spalle e scuoterle, ma questa era l’unica cosa che riuscivo a percepire intorno a me.
Ma cosa stava succedendo?!
Mi guardai le mani e le vidi sorprendentemente intrise del mio sangue. Perchè la mia ferita non si rimarginava? Cominciai a non sentire più i rumori intorno a me.
-Cazzo…- sibilai. Stavo svenendo.
Mi accasciai sulla riva del fiume con il volto poggiato sul pietrisco.
Delle mani continuarono a scuotermi non permettendomi di addormentarmi, sebbene il torpore che provavo alle membra fosse irresistibile.
All’improvviso le mani che mi tenevano alla vita mi lasciarono andare repentinamente e sentii rivoltarmi a faccia in su con un calcio non molto amichevole. Mugolai di dolore… Dei che dolore lancinante! Mai provata una cosa simile, mai provato un dolore così duraturo che si acuisce man mano che passa il tempo.
-Rosa nera!- Un grido, qualcuno mi chiamava, ma che cosa sgradevole… quello non era il mio nome. In un attimo mi giunsero le parole del Gran Maestro Ruth, anzi di William, nella testa: Sarei morta là senza che nessuno conoscesse il mio nome. Era una cosa stupida pensare al proprio nome in un momento come quello, ma era più forte di me, non ero in me. Il dolore mi stava consumando pian piano.
-Ti starai domandando perché la tua ferita non si rimargina.-
Riaprii gli occhi sebbene non mi fossi nemmeno resa conto di averli chiusi.
Sentii il singhiozzare innocente di Ain al mio fianco, poco distante da dove giacevo e vidi Gladio girarmi intorno come uno sciacallo.
-Ho impregnato la mia spada di una particolare sostanza distillata dall’occultista della Famiglia… questa mistura rallenta di molto la cicatrizzazione di una ferita, ciò vuol dire che su di te avrà un ritardo minore, ma sicuramente non ti si rimarginerà se non nel giro di ore, ma ovviamente per allora sarai già morta!-
Lo sentii ridere sprezzante. Maledii in silenzio lui e la sua dannata mistura. Strinsi la mano intorno ad un sasso e mi preparai ad accumulare tutta la mia forza in quell’ultimo atto.
-Sei proprio uno stupido…- Dissi debolmente. –Ti sei dimenticato una delle regole fondamentali del Clan.-
Quello si fermò di colpo e si abbassò per poter parlarmi sul viso e deridermi alla minor distanza possibile.
-E sentiamola questa regola! Infondo tu eri la prima della classe!-
Afferrai con la mano libera il bavero dell’uomo e lo allontanai da me per poter avere una visone migliore dell’insieme.
Quello parve sorpreso, ma non ebbe il tempo di reagire.
-Regola numero 1: uccidere in fretta il bersaglio.- E dicendogli questo andai a colpirlo con le mie ultime forze con il sasso che tenevo stretto in mano, proprio alla tempia.
Cadde tramortito al mio fianco e  mi abbandonai al letto di ciottoli del fiume.
-Sennò il bersaglio potrebbe riservare brutte sorprese… come non ricordasela? Ci credo che ero la prima della classe, cazzone…-
Una fitta di dolore lancinante mi fece capire che il mio corpo era arrivato al limite.
Delle mani fresche afferrarono il mio volto e delle lacrime non mie caddero sulle guance.
-Ti prego… ti scongiuro…- Una vocina supplichevole mi sovrastava. –non lasciare che muoia!-
Non capivo perché vi mettesse tutto quel sentimento in quelle parole, che significassi qualcosa per lei?
-Non pianger...- Le cominciai a sussurrare, ma dovetti fermarmi.
No, non ce la facevo più.
Le palpebre si fecero pesanti e gli occhi stavano per chiudersi inesorabilmente.
-Conrad- Pensai. –Arrivo da te, amor mio.-
-Rosa Nera!-
Ancora quella voce che mi chiamava. Basta! Volevo solo morire.
-Rosa Nera!-
Ancora!
-Rosa Nera!-
Di nuovo!
-Ros…!-
-Basta!- Dissi con le ultimissime forze che mi rimanevano. – Quello non è il mio nome…- continuai sussurrando.
-Io sono Kira, hai capito? Il mio nome è Kira, non Rosa Nera!-
Non sapevo nemmeno con chi stessi parlando, ma non ero disposta a morire senza che colei che stava piangendo per me sapesse il mio nome.
Non volevo essere ricordata come Rosa Nera, ma come Kira Renly.
Improvvisamente calò il silenzio.
Sentii solo un singhiozzo.
-Kira…- Disse Ain fra le lacrime sussurrandomi vicino al volto. Il mio nome aveva un bel suono con la sua voce. –…è un bellissimo nome, questo ti rappresenta in pieno.-
Prima che tutto si facesse buio distesi le labbra in un sorriso.

-*-
Ok, so che forse sarà successo solo a me, rileggendo l'ultimo pezzo mi è scesa una lacrimuccia çAç
Spero che tutti voi stiate bene dopo la scossa di oggi! :b a me son tremati tutti i vetri delle finestre e ho avuto un sacco di paura! XD 
Ah! Mi scuso per un errore che avevo fatto nel Capitolo I- quando Kira chiama Conrad per nome la prima volta... ebbene non me ne ero accorta, ma non era la prima volta X) scusate, ho corretto e ho sistemato anche qualche frase che non tornava!
Dedico questo capitolo alle recensiste La Sposa di AdeJulia98 ;) i vostri commenti mi rallegrano sempre la giornata!
Baci :*

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII- ***


Capitolo VIII
 
Ricordi
 
… una successione infinita di ricordi.
Me da bambina, me da adolescente, me da adulta.
Ombre, risate sguaiate che si sovrapponevano senza tregua: occhi che mi guardavano con dolcezza.
Occhi di un uomo che aveva significato tanto per me.
-Non preoccupatevi Rosa Nera, il vostro passato rimarrà un segreto fra me e voi.-
William, il Gran Maestro Ruth, mi sorrise complice e io lo guardai con curiosità.
All’improvviso il suo volto divenne serio.
- L’Altare dell’Aldilà dona la vita e la salute a chi su di esso berrà, anche una vita eterna e potere avrà se un patto con l’Aldilà firmerà.-
-Maestro?!- Lo chiamai allarmata sebbene sapessi di non essere più là con lui.
La figura di William cominciò a sparire lentamente allontanandosi in modo graduale.
-Maestro!-
Era quasi sparito…
 
-MAESTRO!-
Mi ritrovai con un braccio teso in avanti e il respiro mozzo. L’incubo era stato dei peggiori, mi aveva lasciata distrutta.
Portai stancamente la mano alla fronte e poi la feci scivolare fino a raggiungere il mento, dovevo aver avuto la febbre.
Lasciai la mano ricadere stanca sul grembo per poi guardarmi intorno confusa.
Ero avvolta da coltri calde e mi trovavo nella radura sulla strada per Kurona.
Poco distante da me bruciava un ciocco di legno e qualche rametto e a terra c’erano delle ciotole con i resti di quella che probabilmente era stata la colazione del giorno, infatti dalla luce del sole, capii di essermi svegliata in tarda mattinata.
Con un movimento automatico andai a cercare sulla gamba destra il mio pugnale, ma quando sentii solo il tessuto di calzoni troppo grandi per essere i miei cominciai ad agitarmi.
Senza il pugnale mi sentivo vulnerabile e oltretutto era come se fossi a riposo dopo una grave malattia.
Improvvisamente ricordai e andai a tastarmi dove avevo ricevuto la ferita: nulla, c’era solo il mio ventre liscio e tonico.
Voltando lo sguardo riconobbi i miei abiti puliti e ripiegati con cura, ma del mio pugnale nessuna traccia.
-Ben svegliata principessa!-
Neil era poggiato ad un albero e mi guardava da chissà quanto tempo.
Sbuffai.
-Dov’è il mio pugnale?- Chiesi senza tante cerimonie.
-Scontrosi di prima mattina miss… Kira?-
Repressi un moto di stizza all’uso ‘inappropriato’ del mio nome.
La mia bocca si distese invece in un ghigno.-Sai meglio di me che non sono una miss.-
-Touchè!- Disse l’altro sorridendo in modo allegro.- Comunque ecco a te.-E mi porse il pugnale dal lato del manico.
-Grazie.- Lo afferrai mentre quello si sedeva al mio fianco.
-Dalla tua cera non mi sembra che tu abbia dormito molto bene.-
-No… cosa è successo dopo ieri sera?-
-Vorrai dire dopo ieri l’altro sera!-
Inclinai la testa confusa.
-Hai fatto la bella addormentata per poco più di un giorno intero.-
Abbassai lo sguardo riflettendo, dovevo essere rimasta debilitata più di quanto pensassi.
-Ho gettato i corpi dei morti nel fiume così che venissero trasportati via dalla corrente e ho legato il sopravvissuto all’albero grande al di là di quel gruppo di cespugli, dall’altra parte della radura…- lo vidi fermarsi un attimo guardandomi in tralice.- Hai fatto un massacro l’altra sera.-
Non capivo se il tono dell’altro fosse di critica o di ammirazione.
-Non c’era altro modo per liberarsi di loro… non sarà né il primo né il loro ultimo attacco.-
-Perciò tu non fai più parte del Clan?-
Da come lo disse mi sembrò di sentire una secchiata di acqua gelida addosso.
-Già.- Lo vidi arricciare il naso con disappunto.
-Certo che ce lo potevi anche dire!-
-E che differenza faceva?- Chiesi, sperando che non trovasse da replicare.
-Bhè… in realtà per me non fa nessuna differenza, infondo ti ho scelto perché eri la migliore, non perché eri del Clan, ma la tua mancanza di voglia di comunicare con le altre persone…- Fece un’alzata di spalle eloquente. –è disarmante!-
Continuava a guardarmi con un sorriso e la cosa mi metteva in soggezione ed in imbarazzo.
-Perché quel sorriso ebete?-
 A volte mi domandavo io stessa da dove mi venivano quelle domande completamente fuori luogo.
Quello non parve notare il mio tono seccato. –Sono felice che tu sia viva! Che domande!-
Abbassai lo sguardo sul pugnale che cominciai a rigirarmi fra le mani. 
-Tranquillo, se temevi che morissi prima di trovare tuo fratello: mettiti l’animo in pace, non mi si ammazza così facilmente.-
Con la coda dell’occhio vidi l’altro intristirsi alle mie parole.
-Non era quello che intendevo!- Si infervorò. –Ero preoccupato per te e basta!-
Mi sentii arrivare uno  scappellotto sul capo con violenza e mi voltai infuriata verso di lui.
-Che hai da guardarmi così?!- Chiese, fra il riso e il serio. –Quello era per l’insinuazione!-
Non ci riuscii era più forte di me, nonostante cercassi di darmi un tono mi misi a ridere senza pudore, non lo sapevo neanche io il perché.
 
Perché?! Cosa c’è da ridere in una situazione come questa? Sto ridendo dopo che un’altra persona è morta per me, sono un mostro? Ho perso un secondo padre per lo stesso motivo, il mio nome porta solo sciagura… sarà stato saggio rivelarlo a quella bambina?
 
Domande sempre nuove mi assillavano la testa e non riuscivo a fermare quel flusso ininterrotto di sensazioni.
Il riso finì di botto e sotto gli occhi stupiti di Neil cominciai a piangere.
Le lacrime scendevano da sole, nemmeno avevo i singulti, scendevano e basta.
Era come se il mio corpo avesse solo voglia di piangere ed io non riuscissi a dire di no.
-I-io- Cominciai balbettando dalla sorpresa,asciugandomi gli occhi, ebbene si: ero in imbarazzo. –Non so che mi sia preso… forse sono ancora scombussolata dall’altra sera.-
-Non devi giustificarti con me… forse ti ho dato lo scappellotto con troppa forza? Devo imparare a dosarla!-
Capii che tentava di minimizzare il tutto con una battuta ed apprezzai lo sforzo, così gli sorrisi grata.
Non era male parlare con quel giovane sebbene certe volte mi avesse fatto proprio impazzire. Ci fissammo per qualche altro secondo senza trovare niente da dirci.
-KIRA!- Un grido interruppe quel silenzio e mi ritrovai fra le braccia uno scricciolo dai capelli dorati.
Mi stava abbracciando… nessuno mi abbracciava mai! Nessuno poteva abbracciarmi!
Tentai di staccarmela di dosso. Gli avvenimenti dell’altra sera dovevano averle reso le idee confuse: non è che adesso fossimo amiche per la pelle, non è che tenessi a lei più di prima… no?
Non riuscii nell’intento e dovetti sorbirmi quella scocciatura. Dopo minuti che mi teneva stretta sentii una strana sensazione: non poteva piacermi sul serio!?
Con esitazione poggiai le mani sulle sue spalle, i miei movimenti erano rigidi, perché non ero abituata a quelle manifestazioni di affetto con persone, dopotutto, da poco conosciute.
-Sto bene.- dissi in modo molto atono, per mantenere il mio solito comportamento. 
-Meno male, credo che l’essere una baciata dal combattente abbia i suoi lati positivi! Mi hai fatta stare in pensiero! Mettew ti ha lavato gli abiti ed io ho recuperato questa, l’altra sera ho sentito che fosse piuttosto importante per te.-
Mi passò l’ultima lettera di William e la presi con gratitudine. –Grazie.-
-Non c’è di che… Kira!- la vidi sorridere sotto i baffi. –L’ho fatto con piacere… Kira.-
-Non smetterai mai di ripeterlo vero?-
-Già…- E dopo qualche secondo di silenzio. –…Kira.-
Sbuffai. 
-Kira! È proprio un bel nome! Sei tu!-
Oh, per gli Dei.
-Quando riprendiamo il viaggio Kira? Sei abbastanza in forze Kira? Vuoi qualcosa da mangiare Kira?- Si allontanò da me saltellando e ripetendo il mio nome come una filastrocca dandogli anche una certa musicalità.
La mia dannazione era appena peggiorata.
Dopo essermi rifocillata mi alzai senza tanti problemi sebbene Neil mi seguisse con sguardo apprensivo.
-Guarda che saprei batterti anche adesso ad occhi chiusi.- Tenni a precisare al Soldatino.
Mi cambiai in fretta con i miei abiti e subito mi sentii meglio sia fisicamente che psicologicamente. 
Lasciai Ain con Mettew mentre preparavano il tutto per la partenza accatastando i nostri averi sul carro e preparando i cavalli.
Neil mi accompagnò da Gladio sebbene desiderassi ardentemente di averlo ucciso con quel colpo alla testa.
Era assicurato con una corda ad un albero e stava seduto a terra con le braccia legate dietro la schiena.
-Guarda chi si vede… Rosa Nera! A cosa devo questo onore?-
Lo guardai con un sopracciglio alzato. –Smettila di dire scemenze, mi dai fastidio. E comunque il mio nome è Kira Renly e farai bene a ricordartelo.- Mi avvicinai al suo volto con un ghigno bastardo. –Potrebbe esserti utile per assicurarti un posto d’onore nel Putek, quando ti avrò fatto fuori… per quanti bastardi ci ho mandato.-
Lo sentii deridermi apertamente.
 –Codardo.- Bastò che gli dicessi quella parola per farlo tacere.
-Come prego?-
-Sei un codardo, mi fossi trovata al tuo posto piuttosto che farmi interrogare dal nemico mi sarei suicidata.-
Calò il silenzio che interruppi io estraendo il pugnale.
-Da dove cominciamo? Ah, si! Come mi avete trovato?- Silenzio.
 Che smacco! Che avessi perso il mio carisma?
Gli tirai un potente manrovescio in faccia, tanto forte da farlo finire del tutto a terra su di un fianco.
Lo vidi sputare sangue per qualche secondo e rivolgermi uno sguardo carico di odio
-E va bene! Te lo dico!- 
Rieccolo il carisma.
Mi accucciai alla sua altezza per poter sentire meglio e fermarlo se avesse tentato qualche giochetto.
-Abbiamo ottenuto informazioni a Lukao da una donna che sapevamo ti conoscesse abbastanza bene.- La mia reazione di sconcerto si doveva essere ripercossa anche sul mio volto perché quello stronzo sorrise sadico. -L’abbiamo torturata ben bene e nemmeno alla fine siamo riusciti ad estorcerle l’informazione giusta, prima che spirasse mi ha detto che te ne eri andata a Denià per prendere una nave o una cosa simile.- Si mise a ridere, ma si bloccò quando il mio pugnale si ritrovò alla sua gola.
Senza accorgermene mi ero posta sopra di lui a cavalcioni con una mano puntata a terra ed una con il pugnale impugnato al rovescio e premuto sulla gola dell’altro.
Avevo il suo volto esattamente sotto al mio a pochi centimetri di distanza e quello che volevo fargli era molto peggiore della morte.
Lui continuò imperterrito dopo pochi secondi di silenzio.
-Ma abbiamo capito subito che mentiva e per questo l’abbiamo uccisa, siamo arrivati da soli alla conclusione che probabilmente quella donna in un ultimo sprazzo di lucidità abbia cercato di mandarci in una direzione del tutto sbagliata… e cosa c’è dalla parte opposta di Denià? Ma Kurona ovviamente! Ecco perché siamo giunti qui, tu ci hai facilitato di molto il compito fermandoti in questa radura…-
Un rivolo di sangue cominciò a colare dalla sua gola e il mio sangue stava andando alla testa.
 Uccidilo, uccidilo, uccidilo!
La voce nella mia testa era forte e chiara, ma era troppo semplice così.
-Come si chiamava? Ah, Mildred!- terminò lo stronzo.
In quel preciso momento ci arrivai, il suo gioco non era poi tanto strano.
Sorrisi follemente e la sua espressione cambiò di colpo.
-Sai vero che non ti ucciderò con un colpo solo come speri tu? O, no… ti farò patire le pene del Putek!-
-Kira…- A fatica sentii il richiamo debole di Neil. Con lentezza lanciai il pugnale in un albero poco lontano in modo che si piantasse solamente per qualche millimetro nella corteccia.
-Stanne fuori Neil.- e lo trafissi con occhi di ghiaccio come avvertimento.
Mi sgranchii le dita e ad ogni scricchiolio Gladio rabbrividì.
-I tuoi occhi sono immondi mio caro Gladio, hanno visto le indicibili torture compiute su Mildred e per di più ci hanno anche goduto.-
-No… ti prego.- Lo sentii supplicare, ma già ero pronta, i tempi delle suppliche erano finiti… anzi, non erano mai cominciati per tipi come lui.
Portai i pollici delle mani sui suoi occhi ridicolamente spalancati.
Dopo qualche secondo, in cui potei sentire il corpo dell’uomo sotto di me essere mosso da spasmi di paura e le mie dita bagnate di lacrime, cominciai ad applicare una pressione sull’iride, sempre maggiore, sempre più forte.
-Soffri bastardo, soffri per l’innocente che hai ucciso!- Glielo gridai con ferocia mentre l’altro si lamentava e urlava come un animale al macello.
Ben presto sentii il sottile osso dietro la pupilla fare resistenza e proprio mentre stavo per romperlo una spada baluginò davanti ai miei occhi e andò a conficcarsi nella gola dell’uomo sfiorandomi appena le braccia.
Rimasi per qualche secondo come paralizzata, fissando il mio riflesso sulla lama: avevo i capelli corti scarmigliati per la foga e i miei occhi di un dorato particolare erano dilatati come quelli di una pazza.
Alzai lentamente lo sguardo tremando per l’adrenalina che velocemente scemava.
Che un tale dolore mi portasse alla pazzia? 
Incrociai lo sguardo addolorato di Neil e nei suoi occhi lessi tutta la compassione per il mio dolore che aveva portato a quel gesto.
Mi porse la mano per aiutarmi a rimettermi in piedi e l’afferrai subito senza esitazione, sebbene tremassi: volevo allontanarmi in fretta da quel corpo immondo, freddo di morte.
Una grande nausea mi prese, non provavo la rabbia cieca come quando avevo scoperto della morte del Gran Maestro Ruth, di William… era qualcosa di diverso, era un dolore che mi nasceva dal cuore che ormai mi sembrava vuoto.
Non avevo più nessuno, non c’era più qualcuno per cui valesse la pena tornare  da qualsiasi parte, nessuno che valesse la pena di cercare.
Caddi carponi poco distante da quel corpo, dove mi aveva portato Neil per farmi riprendere fiato.
-Grazie.- Dissi solo, ma non era un ringraziamento solo per avermi aiutata ad alzarmi, ma anche per avermi fermata dalla pazzia che per un attimo mi aveva avvolto, sebbene mi avesse disobbedito come al solito.
Nel mio futuro era rimasto solo Conrad, lui soltanto… l’avrei riportato in vita, avrei…
Mi alzai di scatto come una molla. 
Come avevo potuto non pensarci prima? 
Un’ondata di sollievo mi avvolse e dopo aver afferrato il pugnale piantato in un albero poco lontano corsi nella radura per raggiungere in fretta Ainitha. Avevo un importante domanda da porle.
Dietro di me sentii il richiamo di uno spiazzatissimo Neil.
Giunta dalla bambina mi sedetti sulle ginocchia così da pormi più o meno alla sua altezza.
Ripresami un poco afferrai le manine di una confusissima Ain che non si scompose nemmeno vedendo le mie mani sporche di sangue.
-Dimmi Ainitha. È vero che l’Altare dell’Aldilà può riportare in vita le persone morte?- Lo dissi con calma, ma dentro di me provavo una grande emozione.
La bambina tolse di scatto le mani come se l’avessi punta.
-Non posso mentirti. Si, ma perché lo vuoi sapere?- l’ultima domanda me la porse con lentezza, osservando con fare indagatore qualsiasi mia reazione.
-Sai perché voglio trovarlo anche io giusto?-
La bambina assentì.
-Devo riportare in vita una persona cara, ma con gli ultimi avvenimenti il numero è aumentato…- Mi dovetti interrompere per lo sguardo oltraggiato di Ain.
-Kira, riportare in vita i morti è un grande peccato e un grande… sacrificio!-
Ad essere sincera non la seguivo.
-Secondo te, dato che sto cercando l’Altare dell’Aldilà, perché voglio solo curare mia madre e non riportare in vita anche mio padre?-
La guardavo confusa e preoccupata, che tutti i miei piani andassero in malora? Che ci fosse un impedimento di qualche genere?
-Il Traghettatore può anche farsi strappare un’anima che non è ancora del tutto trapassata, ma non potrai mai… MAI, portargli via una delle anime che ha già traghettato: è la legge del mondo dei morti.-
Guardai il terreno sconfitta, che fosse la fine di ogni mia speranza?
-L’unico modo per farlo…- La sentii aggiungere. –è quello di dare un’anima in cambio di un’altra… pensare di recuperarne anche più di una, è da mostri!-
Lo disse quasi con rabbia e ferocia, non credevo che ne fosse capace.
Quando vide la mia espressione persa aggiunse con più dolcezza. – Kira, oltretutto non faresti del bene alle anime riportate nel mondo dei vivi… loro non potranno mai più appartenere a questo mondo.-
Mi alzai con estrema lentezza mentre sentivo addosso gli occhi degli altri tre.
-Non importa…- Cominciai. Nel mio cuore nacque nuova determinazione, non mi ero mai fermata davanti nessun ostacolo, nemmeno la morte ci avrebbe divisi. –Per riportare in vita almeno Conrad… farò qualsiasi cosa!-
Lo gridai alla ragazzina e la mia voce rimbombò in tutta la radura.
Se era necessario, avrei dato anche la mia stessa anima dannata.
 

-*-
Ed eccolo qua, spero vi piaccia ^-^ fatemi sapere... nel prossimo capitolo: FINALMENTE LA CITTà DI KURONA \*-*/ ne succederanno delle belle ve lo assicuro!
Baci a tutti!
 

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Capitolo 10
*** Capitolo IX- ***


Capitolo IX-
 
Eravamo sul carro. La strada era diventata più larga e più trafficata, tant’è che fui costretta a dare il mio mantello a Neil affinché nascondesse la sua divisa da soldato reale. All’inizio aveva rifiutato, per non so quale cosa riguardo la galanteria, ma poi aveva convenuto con me che fosse giusto.
Neil stava alle briglie e chiacchierava con Mettew che gli sedeva di fianco, mentre Ainitha ed io rimanemmo sul retro al coperto e ben nascoste.
La bambina moriva dalla voglia di affacciarsi dal carro per dare una sbirciata alla città in lontananza, ma io glielo impedivo ogni volta.
L’ultima in cui ci provò la rimproverai scocciata. –Senti, non è che voglia fare la rompicoglioni, ma se non metti quella testa dentro te la mozzo.-
La bambina finalmente recepì il messaggio e si sedette quieta al mio fianco.
La guardai di sottecchi ricordando la sua reazione di prima nella radura e temetti che volesse aggiungere altro, ma quella stette zitta per tutto il tempo con il mento poggiato sulle ginocchia che teneva raccolte con le braccia.
Sospirai per la troppa quiete, dopotutto ero una donna d’azione non da noia.
-Ogni tanto fa bene rilassarsi.- Disse ad un tratto la bambina. –Stare sempre tesi non fa bene alla salute.-
Come al solito parve leggermi nel pensiero.
Portò su di me i suoi grandi occhi viola ed io ricambiai lo sguardo senza inizialmente replicare. Sembrava la tipica frase che avrebbe detto qualcuno per intavolare una normale conversazione sul più e sul meno, ma ormai conoscevo abbastanza bene quella bambina da capire che nulla di quello che lei diceva era normale.
-Finchè non troveremo l’Altare dell’Aldilà non mi rilasserò.- La vidi annuire alle mie parole e sorrisi quando quella tornò a guardare davanti a se: era proprio una bambina strana, ma forse l’essere empatica doveva contare molto.
-Kira.- Mi sentii chiamare dal Soldatino. –Stiamo per arrivare in città, che facciamo? Come entriamo?-
Vidi la bambina agitarsi nel suo posto. –Non basta entrare e… basta?- chiese ingenuamente.
-No.- risposi in modo secco. –Cercano tutti e tre… forse se ci facciamo passare per schiavi potremmo passarla liscia, infondo in questo… sono avvantaggiata.-
La bambina mi guardò confusa, ma Neil annuì avendo capito dove volevo andare a parare.
Aprii la pesante borsa che portavo con me e ne tirai fuori lunghe catene.
Assicurai un’estremità alle mani di Ainitha e l’altra alle mie con l’aiuto di Mettew.
-Sono pesanti!- Si lamentò Ain. –Quasi non riesco a muovere le braccia!-
A me non sembravano particolarmente pesanti, ma non facevo testo. –Neil, tu sarai il mercante di schiavi e Mettew il tuo attendente, dì che ci hai trovato nel regno di Dumh e che ci stai portando al mercato che avviene ogni mattina nella piazza principale in questo periodo del mese.- Ero molto ben informata dato che a Kurona venivo spesso per affari.
Quando fummo pronti ci fermammo all’imponente portone di entrata alla città ed una leggera pioggia cominciò a battere sul telo che copriva il carro.
Kurona aveva le  mura alte, le più alte che avessi mai visto e che ogni volta mi mettevano addosso una gran soggezione.
La capitale veniva anche chiamata La Città Rossa per le mura di quel colore impressionante, quasi violento. Anche i tetti delle case erano di un rosso acceso e il palazzo, che si intravedeva anche da fuori, si ergeva in mezzo alla città e le pietre con cui era costruito erano come quelle delle mura.
Era tardo pomeriggio, quasi sera, e la città risplendeva già delle luci delle torce che venivano solitamente accese per la notte.
 Sentii la bambina agitarsi sul posto a disagio generando un lieve tintinnio di catene.
-Ho paura. Se ci scoprono è la fine.- Disse infine in un sussurro quando ci fermammo.
-A discapito di quanto tu possa pensare sono una brava attrice. Tieni presente la tua paura, ci tornerà molto utile per recitare la parte delle schiave.-
Sentii delle voci provenire fuori dal carro, che si confondevano con il rumore della pioggia che batteva sempre più forte.
-Referenze!- Gridò un soldato.
-Sono un mercante di schiavi, vengo da Dumh per il mercato mensile… vuole vedere la merce?-
Sentii dei passi nel fango alle mie spalle per poi vedere il telo aprirsi e rivelare Ain e me alla sentinella.
La bambina mi si accostò intimorita ed io guardai fisso il soldato con finto timore.
Lo vidi ghignare e il mio primo istinto fu di colpirlo con un calcio, ci stava guardando come carne dal macellaio.
-Ma che bella merce che abbiamo qua! Ehi Cloud! Vieni a vedere!-
Comparve un’altra sentinella.
 –Uhuhuh! Sei proprio il mio tipo.- Lo sentii dire nei miei confronti e nel mentre allungò una mano verso di me per carezzarmi una guancia. Se provava a fare altro gliel’avrei staccata a morsi.
Improvvisamente un’altra mano lo bloccò. –Mi scusi, ma lo sa che non si tocca la merce senza averla prima comprata?- Disse Neil con decisione, non l’avevo nemmeno sentito arrivare, concentrata come ero.
L’altro fece una smorfia e poi uno sbuffo. –E a quanto la faresti?-
Guardai di sottecchi il mio complice… dove voleva arrivare? Se continuava così mi avrebbe venduta!
-100 Kurone d’oro, non trattabili.- rispose e sorrisi dentro di me per il prezzo impossibile.
Le due sentinelle rimasero per qualche secondo come pietrificate, ma alla fine l’ultima venuta, Cloud, abbassò le spalle sconfitta. –Troppo cara.- Disse liberandosi dalla presa di Neil. –Ad un prezzo simile non riuscirai mai a venderla! Ti converrebbe quasi tenerla solo per i tuoi… comodi.- ghignò maliziosamente.
Neil fece finta di pensarci. –Perché no? Buona idea amico! Adesso possiamo passare?- fece sbrigativo. –Ho degli affari da concludere.-
Appena  le sentinelle sparirono per riscuotere il pedaggio che Neil stava pagando tirai un sospiro di sollievo.
-I suoi comodi?- Chiese la bambina con un sussurrò difficilmente udibile da chiunque altro se non me. –Per quali comodi doveva tenerti Neil?-
Mi trattenni dal riderle in faccia. –Dei comodi che Neil si sogna di poter soddisfare con me. Comunque un giorno lo capirai ragazzina.- Le risposi enigmatica, guardandola con un’espressione divertita, mentre quella rimase ad osservarmi confusa. L’ingenuità dell’infanzia! Dopotutto era una bambina di 10-11 anni.
Passò qualche altro minuto finché non sentii il carro fermarsi nuovamente e la testa di Mettew fare capolino dalla postazione anteriore.
-Tutto apposto signorina Ainitha? Spero che non le abbiano tolto neanche un capello!-
La bambina assentì con un sorriso. –Alla fin fine mi sono anche divertita, li abbiamo ingannati ben bene! Vero Mettew?-
L’uomo le sorrise bonario.
-Anche io sto benissimo mio caro e buon vecchio Mettew, grazie dell’interessamento.-
L’uomo mi si avvicinò con uno sbuffo e sentii Neil sghignazzare dalla coffa.
-Mmmm… Mettew, i suoi baffi si stanno arricciando per la pioggia, liberami da queste catene e ci diamo il cambio.-
-Ma insomma!- Disse in tono di rimprovero. –Lei proprio ce l’ha con i miei baffi!-
-è che sono carini e batuffolosi.-
La bambina cominciò a ridere a crepapelle e appena le mie mani furono libere sgusciai al fianco di Neil che era fradicio per la pioggia.
-Svolta qua a destra, lasceremo il carro in quella rimessa che è la più vicina alla locanda dove sosteremo.-
In fondo alla strada vidi un pover’uomo su di una scala che accendeva l’ennesimo lampione della lunga via, doveva essere una vera scocciatura dover accendere tutte le lampade ad olio.
Afferrai le mie borse e guidai gli altri in una locanda alla mano e a vederne l’interno Ain e Mettew arricciarono il naso, ma non replicarono.
-Quante camere?- Ci chiese una ragazza sui 16 anni dietro ad un bancone nella saletta d’entrata.
-Due.- Risposi in automatico.
-Certo: una per me e te e una per Mettew e la piccola Lady!- Ed ammiccò nella mia direzione.
Feci finta di non sentirlo, ma mi preparai mentalmente per una ramanzina.
Saliti al piano di sopra ci radunammo nella camera mia e di Ain. Con un unico movimento fluido inchiodai Neil al muro sorprendendolo.
-Chiamala di nuovo piccola Lady e ti taglio la lingua.-
Quello rimase inizialmente zitto, colto di sorpresa. –Rilassati! Figurati se quella poteva fare un collegamento simile! Magari avrà semplicemente pensato che stessi scherzando!-
Sbuffai poco convinta. –Tipico di una persona non abituata alla latitanza essere così incauta!-
Mi sedetti stizzita e la bambina fece lo stesso. –Ascoltali i consigli di una che ne sa di più, caro Neil.-
Quello non replicò, ma si sedette al tavolo con un’espressione visibilmente scocciata.
Cominciai a dondolarmi sulla sedia con le braccia incrociate.
-Dimmi Ain, la nostra prossima meta.- Quella mi parve titubante e guardò di sottecchi Neil.
-Capisco.- disse quello, sempre più scocciato. –Ma ormai è come se facessi parte della combriccola, dove andate voi vengo anche io!-
Alzai le sopracciglia. –Ah, davvero? Se però troverò tuo fratello prima non te ne andrai?-
Quello tacque pensieroso.-Bhe…- esordì.- ormai sono un latitante che rischia la vita anche solo a stare seduto in una locanda della capitale, credo sia più sicuro per me rimanere con voi fino a che le acque non si calmeranno.-
Mi sorrise, a me sembrava molto una scusa, ma non era affar mio: una persona in più che sapeva usare la spada era molto utile in una missione come quella.
E poi, a parte l’inclinazione a non darmi assolutamente ascolto, mi sembrava affidabile.
-Io mi fido ragazzina, ma la mandante sei tu, decidi.-
-Se tu ti fidi di lui Kira, lo farò anche io, ma dovrà promettermi che non ci intralcerà in alcun modo.-
L’altro assentì.-Stia tranquilla piccola Lady… intanto comincerò con il chiamarla Ainitha. (- E non darle del lei- Aggiunsi io, sebbene passai totalmente inascoltata.) Comunque dai discorsi che fate mi sembravate interessati a trovare l’Altare dell’Aldilà.-Le ultime parole le disse con fare misticheggiante e strani movimenti con le mani. –Ma ovviamente era un nome in codice per qualcos’altro vero?- parve felice della sua deduzione, ma lo smontai subito.
-No.- Mi parve confuso e per un attimo ci godetti.
-Cerchiamo proprio l’Altare dell’Aldilà.-Chiarificò la bambina. –E dobbiamo anche essere piuttosto celeri nel trovarlo.-
-Perché mai volete trovare un luogo leggendario e chiaramente inesistente? È una favola per bambini!-
Ainitha parve prendere le sue parole come un insulto. –Mio padre ha lavorato tutta la vita per trovarlo! Esiste eccome!-
Neil mi sembrò scettico, ma non aggiunse altro così la bambina potè raccontargli ogni cosa.
Mentre raccontava tutta la prosopopea e le sue motivazioni guardai fuori dalla finestra e vidi in lontananza la fortezza del Re Kilgar… quanto avrei voluto raderla al suolo.
-E adesso, posso finalmente dirvi il luogo in cui si trova l’amuleto.-
Se fossi stata un gatto le mie orecchie si sarebbero sicuramente rizzate, mi feci subito attenta.
-Come sapete l’Altare dell’Aldilà fu creato molto tempo prima della fondazione di Kurona. L’amuleto è stato posizionato nelle cripte di un… tempio, se così si può definire, che all’epoca sorgeva proprio qua, dove la Città Rossa adesso si erge. Kurona fu proprio fondata su questo tempio che fungeva da cimitero coperto nei tempi passati.-
Cominciai a riflettere sebbene non capissi ancora dove diavolo erano situate queste cripte.
-Quando la capitale fu fondata il tempio venne raso al suolo e sul suo terreno sacro adesso si trova la Grande Cattedrale degli Dei.-
Rimasi un attimo perplessa e dall’espressione di Neil capii di non essere l’unica.
-Perciò, la vecchia cripta del tempio adesso è la cripta della Grande Cattedrale?- Domandai sconvolta e la bambina annuì.
-O per gli Dei! Sarà impossibile entrarci!- Esclamò Neil che poggiò il capo sul tavolo con fare arrendevole.
Sorrisi furbescamente. –Oh bhe. Vi ricordo che siete con me in quest’impresa, sono esperta in queste cose, basterà andare… dalla persona giusta.-
La bambina si alzò –Vengo con te! Voglio essere presente.-
Annuii tranquillamente e mi alzai afferrando il mantello seguita a breve distanza da Ain.
-Dove la porterete?- Mi chiese il vecchio Mettew, preoccupato.
-Tranquillo, sarà più al sicuro con me che qua dentro.-
Detto questo mi chiusi la porta della camera alle spalle seguita da Ain.
                                                                      ---
Mi tirai sopra la testa il cappuccio del mantello e ogni tanto mi guardavo le spalle per vedere se la bambina mi seguiva. La pioggia continuava a cadere pesantemente.
-Dove andiamo?-
-Andiamo da Guy Raskol, chiamato il Viscido Informatore, più comunemente il Viscido, il secondo miglior informatore del regno.- le spiegai non senza pensare con rimpianto a Mildred.
Girare per la città deserta e scura portava a galla nella mia testa una marea di ricordi, ma quello non era il momento giusto per le rimembranze, dovevo rimanere concentrata.
Arrivammo dopo pochi minuti di camminata celere nei pressi di uno strano locale dall’aria fatiscente, l’unico aperto dopo il coprifuoco imposto dall’ultimo editto di Kilgar, ciò indicava i privilegi di cui godeva Guy, le bustarelle facevano sempre la differenza.
Mi fermai davanti all’entrata e mi voltai verso la bambina.
-Devi stare sempre zitta e incollata a me chiaro?-
Ain annuì con decisone. –Nessuno mi noterà e ti starò sempre attaccata!-
Entrai con passo deciso all’interno del locale, premendo sulla porta a doppio battente con entrambe le mani.
Molti sguardi si calamitarono su di me appena varcai la soglia con una falcata.
-Cerco il Viscido. Fatti avanti cazzone!- Qualcuno sghignazzò e molte persone ritornarono ai fatti loro.
-Rosa Nera, che piacevole sorpresa!- Un uomo più basso di me di qualche palmo e dall’alito che odorava eccessivamente di menta mi si presentò di fianco come sbucato dal nulla, di fronte a lui mi sentii a disagio come sempre, non ero mai riuscita a concludere un buon affare con lui in tutta la mia carriera: in qualche modo era sempre un passo avanti a me.
Biascicava foglie di menta come se fosse tabacco e indossava un consunto pastrano  color cachi. Gli occhietti neri e furbi mi squadrarono da capo a piedi e si soffermarono sul pugnale mentre con la mano si arricciava i baffetti fini.
Sbuffai. –Ci credo! Ogni volta mi spilli fior di quattrini.-
Mi sorrise e poi fischiò. –Scotty!- Un uomo nerboruto si voltò scocciato.
-Due birre speziate e un bicchiere di latte e menta! Nell’altra stanza!-
Poi ghignò furbescamente e con un cenno della mano ci invitò ad accomodarci in una saletta laterale.
Mi accomodai su uno dei divanetti in pelle e Ain fece altrettanto al mio fianco.
-Dimmi cara Rosa Nera! Cosa può fare oggi per te il vecchio Guy?-
-Per prima cosa: Non chiamarmi più Rosa Nera, scommetto che hai saputo prima di me della mia… liquidazione. Ora sono solo Kira Renly.-
Il ghigno dell’uomo andò ad allargarsi sempre di più.
-Gran brutta storia!-
-Non si direbbe dalla tua espressione.-
-Bhè… sai, gli affari sono affari, chissà quanto potrei spillare al Clan per l’informazione sulla tua attuale ubicazione!-
Ed eccolo lì, a pensare sempre a come far soldi.
-Sai cosa succede se lo fai vero?- Estrassi il pugnale e lo piantai nel legno del basso tavolincino con un gesto secco.
Quello portò i palmi in aria come ad arrendersi.-Scherzavo, scherzavo!-
Sentii Ain agitarsi al mio fianco mentre cominciava a sorseggiare il latte alla menta che Scotty le aveva appena portato.
-Ho bisogno di informazioni.-
-Sono qui per questo!-
-Voglio la piantina della Grande Cattedrale e delle sue cripte.-
Lo sentii fischiare sommessamente.
-Mi chiedi roba scottante! Quel posto ormai pullula di guardie reali e le piantine sono ben custodite in un luogo direi… impossibile da raggiungere anche per me.-
-Dimmi in quale luogo si trovano.-
Mi agitò il dito di fronte al volto per indicare il diniego.
-Tsk, tsk! Cara Kira Renly, sai che non rivelo mai niente senza che prima il conto venga saldato.-
Mi feci guardinga, ecco il momento cruciale.-Cosa vuoi in cambio?-
-Una sciocchezza!-
Non so perché, ma in quel momento mi sentii più tranquilla a quelle parole e mi rilassai vistosamente.
Ain poggiò il bicchiere rumorosamente sul tavolincino.
-Mente.- Assicurò con decisione la bambina. –Kira non credergli, non è una persona comune.-
Sbattei le palpebre confusa e capii di aver abbassato troppo la guardia: era logico che non fosse una sciocchezza.
-Ma chi abbiamo qui!- Disse il Viscido puntando i suoi occhietti crudeli sulla ragazzina. –Una bambina che dovrebbe farsi molto gli affari suoi!-
Lo vidi inspirare profondamente. –Fidati Kira, questa bambina non sa quel che dice, quello che ti offrirò è veramente vantaggioso! Sai quanto scarseggino i combattenti valorosi di questi tempi! Mi servirebbe proprio una baciata dal combattente per una lotta clandestina nell’arena e se vincerai ti darò l’informazione che ti serve! Tanto vincerai sicuramente!-
Stavo per annuire senza esitazione.
-No, Kira! C’è qualcosa dietro, lui non crede che vincerai lo scontro! Sicuramente scommetterà contro di te! Non ha alcuna intenzioni di rivelarci ciò che ci serve.-
Adesso ero veramente confusa, ma che stava succedendo? Perché non riflettevo sulle parole dell’altro?
-Sai ragazzina? Sei una vera scocciatura, che ne dici di andare a giocare con qualche spada affilata di là?- Guy era visibilmente contrariato.
-Ho capito!- Affermò la bambina sorridendo e guardandomi. –Non ti fidare, è un Corrotto Dal Profanatore! Crederai a tutte le fandonie che ti rifilerà senza fiatare, è il suo dono quello di manipolare gli altri, ma io posso leggergli nell’anima e perciò non funziona con me.-
Spalancai gli occhi per la sorpresa e per un attimo sentii il mio sangue ribollire nelle vene: per tutto quel tempo mi aveva sempre ingannata!
Fissai su di lui uno sguardo assassino, nel vero senso della parola.
-Suvvia!- Disse quello con una luce di timore negli occhi. –Dovrò pur vivere di qualcosa!-
-Ti risparmio solo perché voglio quell’informazione, parla.-
-Cara la mia Kira Renly, o paghi il conto o rivelerò al Clan la tua ubicazione e se morirò ci penserà la marmaglia nell’altra stanza a spargere la voce!-
Cercai di calmarmi come più potevo, per adesso doveva prevalere la ragione e non il mio orgoglio.
-Se vinco me lo dirai, questo è il nostro patto. Contro chi dovrò battermi?- Domandai per mera curiosità.
L’altro annuì per sancire l’accordo.
-Va bene, ma la domanda giusta sarebbe: contro cosa dovrò battermi?- Sentii Ainitha afferrare un lembo del mio mantello e vidi il ghigno dell’uomo allargarsi a dismisura. In ogni caso ero caduta nella sua rete.

-*-
Ed eccolo qua! Spero che vi piaccia *-* appena posso aggiorno il cap sulle divinità così da inserire anche il Corrotto dal Profanatore <3
Baci a tutti!!

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Capitolo 11
*** Capitolo X- ***


Capitolo X
 
Ain ed io eravamo tornate alla locanda per darmi modo di riposare qualche ora in vista del combattimento.
Mi coricai sul mio letto dopo aver spiegato tutto a Mettew e Neil dicendo loro di svegliarmi appena le Lune fossero state nel punto più alto.
Già altre volte ero stata all’arena e le regole cambiavano da combattimento a combattimento, sicuramente il Viscido avrebbe cercato di penalizzarmi in tutti i modi per rendere il combattimento più avvincente per il suo pubblico che sarebbe stato invogliato a scommettere durante il match.
Verso l’ora prestabilita condussi gli altri all’arena che era situata in un capannone adiacente alle mura della città, l’aria era fresca e potevo sentire la tensione che gli altri tre emettevano.
-Guardate- cominciai ad un certo punto prima di entrare nel capannone da cui il vociare degli spettatori faceva capolino insieme all’illuminazione delle torce. – che non ho mai perso un combattimento di questo genere, sarà divertente vedrete.- Sorrisi divertita, in fondo non avevo mai combattuto in quell’arena e prevedevo un gran divertimento.
-Ma non sai neanche contro cosa devi combattere!- Replicò la bambina con tono preoccupato.
Agitai la mano con fare noncurante.-E cosa sarà mai? Sicuramente non sarà una cosa pericolosissima! Altrimenti non sarebbe nemmeno riuscito a farla entrare in città!-
-Credo tu sappia che ci sono anche metodi non convenzionali per entrare fra queste mura, vero?-
Guardai in tralice Neil, ma non dissi nulla, avevo cercato solo di rassicurarli. Ero la prima a sapere che non sarebbe stato facile, ma non per questo non doveva essere divertente.
Quando entrammo nel capannone gli altri tre rimasero senza parole per la sua grandezza: dall’esterno sembrava un capanno di dimensioni considerevoli, ma all’interno lo sembrava ancor di più.
Notai subito dei gradini di fronte a me che sapevo portavano a dei gradoni che fungevano da tribune per il pubblico, salii le scale un po’ precarie e mi ritrovai a guardare la vasta arena in cui si sarebbe svolto il combattimento.
Incrociai le braccia in attesa.
-Bhe… dove sarà il tipetto viscido di cui avete parlato? Dovrebbe farsi vedere da qualche parte prima o poi.- Disse Mettew allungando il collo sopra le teste della folla assiepata per accaparrarsi dei posti a sedere.
-è pieno di delinquenti!- Constatò Neil con disappunto, forse la sua vena di soldatino era riaffiorata. -Se i soldati reali facessero una retata qui…- ma non terminò la frase, perché si intromise la voce viscida di Guy Raskol spuntato dal nulla. Alla sua repentina apparizione Mettew in un primo momento si spaventò, ma poi prese a schiarirsi la voce come per far finta di niente.
-Suvvia giovanotto, sai che non ti conviene dire queste cose a voce troppo alta? Le persone qui… potrebbero non gradire!- sghignazzò come solo lui sapeva fare –E comunque come potrai vedere ci sono molte figure altolocate qui presenti…-
Quando mi vide mi riservò un sorriso particolarmente subdolo.
-Kira Renly! Allora terrai fede alla tua parola e combatterai.-
-Certo.- dissi solo, non avevo voglia di scambiarci tante chiacchiere, volevo solo farla finita alla svelta.
-Vieni con me!- e cominciò a sospingermi circondandomi con un braccio la vita, avrei fatto volentieri a meno di quel contatto fisico.  –Il combattimento inizierà fra poco, voi sedetevi pure sugli spalti, dove più vi aggrada, ma vi consiglio quelli delle prime file… diciamo che sul fondo si trovano sempre gli elementi peggiori.- feci una smorfia a causa dell’odore eccessivo di menta che l’altro continuava a masticare e ad alitarmi addosso.
Prima di sparire giù per i gradini mi voltai appena: Ain si stava torturando le dita guardandomi, Neil invece parlava con Mettew che indicava qualcosa, probabilmente dei posti per sedersi, alla mia sinistra.
-Stai attenta!- gridò all’improvviso la bambina ed io alzai la mano in cenno di saluto continuando a scendere.
-A dopo.- Le risposi con tranquillità, come se stessi andando a giocare a carte. Quanta agitazione per niente, capivo che tenesse alla vittoria, da quella dipendeva tutto, ma poteva anche avere un po’ di fiducia in me: non ero la prima che capita.
-In arena ti chiamerò con un soprannome, per tutelare la tua identità.- Disse il Viscido dopo qualche minuto che aggiravamo l’arena da dietro gli spalti.
-Perfetto.- Gli risposi nuovamente con una sola parola, se non lo avesse proposto lui, l’avrei fatto io.
 -Comunque adesso puoi anche dirmi contro cosa dovrei battermi, tanto lo vedrò fra poco.-
Quello prese ad agitarmi il dito davanti facendomi innervosire. –Tsk,tsk! Cara Kira Renly, voglio assaporarmi la tua espressione quando lo vedrai!- I suoi occhi brillarono crudeli. –Comunque non è niente di esotico, se è questo che ti preoccupa. È un essere che viene dai Gradini per il Glamen, le montagne ad est di qui!-
Mi irrigidii alle sue parole, perché solitamente non proveniva niente di buono da quelle montagne, infatti si diceva che chiunque si avventurasse su quelle non facesse ritorno, non solo per i picchi difficilmente scalabili, da questo derivava il loro nome dato che il raggiungimento del Glamen nell’aldilà doveva essere un’impresa ardua, ma anche per le bestie che le abitavano.
-Dammi le tue armi.- mi disse con le mani aperte protese verso di me. –Le regole del combattimento le dirò una volta che sarai dentro l’arena.-
Lo guardai con sospetto, ma non potei tirarmi indietro.
In vista del combattimento avevo deciso di assicurarmi anche una spada sul fianco sinistro, un particolare tipo di lama con l’impugnatura a T * nascosta nella manica del mantello e un Karambit **  nello stivale per ogni evenienza.
Gli diedi tutto il mio armamentario compreso il mio fido pugnale, ovviamente a malincuore e con una domanda in testa: con cosa avrei combattuto?
Appena ebbe posato le mie armi in una cesta, che chiuse con un lucchetto e che affidò ad un suo scagnozzo, mi fece strada verso l’entrata dell’arena.
La mia testa sembrò scattare come il pesante portellone che si aprì davanti  ai miei occhi rivelandomi la polverosa ed illuminata arena.
L’arena era del tutto spoglia fatta eccezione per una rastrelliera per le armi con all’interno qualche spada arrugginita, speravo in un arma migliore per il combattimento. Indagai con lo sguardo e indugiai su un sassolino poco distante che sollevai soppesando: troppo piccolo per essere usato come arma. Continuai a guardarmi intorno e vidi Ain affacciata al parapetto che mi salutava e Neil e Mettew seduti di fianco che parlavano fra di loro.
Del mio avversario nemmeno l’ombra.
-Benvenuti a tutti!- Sentii il pubblico fare silenzio alle parole del Viscido Informatore. Come era arrivato lassù così in fretta?
 –Stasera siamo qui per assistere ad un combattimento mai visto in quest’arena! Ecco a voi uno dei contendenti alla vittoria: la baciata dal combattente, Rosy! E ad… Ahi!-
Ma non ce la fece a concludere interrotto da un sasso che lo aveva colpito sul capo: il mio braccio era scattato da solo a sentire il mio soprannome.
Sentii molti ridere mentre il portone alle mie spalle veniva sigillato.
-Mm, nervose oggi eh? Comunque con piacere vi mostro la chicca che oggi ho qui per voi!- Il portone che mi trovavo di fronte dall’altra parte dell’arena cominciò a fremere e strani rumori provenivano da oltre quella soglia. –Sono morte esattamente 31 persone per portarlo qua!- Vidi il pubblico cominciare a fremere, eccitato ed incuriosito, mentre io per il momento ero solo pronta a scattare.
-Prima che vi mostri l’altro combattente devo elencare le regole dello scontro. numero 1: combattimento all’ultimo sangue, solo uno dei due potrà lasciare l’arena da vivo!- Sentii fischi e applausi di approvazione. –numero 2: i due combattenti potranno usare solo le armi presenti nell’arena!- le cose si facevano più complicate se dovevo usare quei ferri vecchi. –numero 3: bhè… non morite troppo presto, sennò il gioco sarebbe troppo breve!-
Lo vidi sorridere, compiaciuto dalle sue stesse parole, quanto lo odiavo.
-E adesso…- Udii un prevedibile rombo di tamburi contornato da colpi sordi e ringhi aldilà del portone.- Ecco a voi una delle creature più temibili dei Gradini per il Glamen.-
Piantai ancora meglio i piedi a terra mentre vedevo i battenti aprirsi.
Chiusi e aprii per tre volte le mani per saggiarne  la prontezza. Flettei infine i ginocchi per essere pronta a scattare alla rastrelliera nel minor tempo possibile.
Rumore di catene e un ringhio sommesso fu tutto quello che si sentiva provenire dalla buia arcata che avevo di fronte, i battenti erano del tutto aperti e vidi farsi avanti circa una decina di persone che cercavano di trascinare qualcosa dentro all’arena con grida concitate.
Sul momento rimasi sorpresa nel vedere il bestione che comparve.
Doveva essere alto circa quattro metri e la prima cosa che saltava all’occhio erano i pugni e gli avambracci spropositati. Con una delle sue mani poteva sicuramente riuscire a fasciare completamente tre teste umane se non anche quattro.
Il suo corpo era grosso e tozzo e la sua testa era sproporzionatamente più piccola di tutto il resto, ma comunque due volte più grande di una normale testa umana.
Le braccia essendo sproporzionate gli arrivavano fino al terreno e appena giunto nell’arena lo vidi poggiarsi sui pugni con la schiena ricurva.
La pelle era un misto fra grigio e verde con qualche chiazza scura dall’aria insana. La sua bocca era un insieme di denti gialli e marroni con due lunghe zanne che gli arrivavano all’altezza del naso. Gli uomini che lo strattonavano senza alcun risultato se la diedero a gambe quando la bestia prese ad agitare le catene assicurate ai suoi polsi come delle fruste per scrollarseli di dosso.
Rimanemmo solo noi due nell’arena… yuppie.
-Ve lo devo presentare! L’ho soprannominato personalmente Trolly! Si dice che sia nato dall’unione fra un Troll ed un Orco… o che perlomeno oltre ad essere un Troll abbia anche una percentuale di sangue orchesco e da quello dipendono le sue zanne affilate!-
Lo guardai sbuffando: Trolly?!
-Non vorrei essere nei tuoi panni cara Rosy, ma sono sicuro che te la caverai bene… prima di morire schiacciata come una patata!-
Sentii nascere qualche risata di scherno, ma il tutto fu acquietato dal ruggito della creatura che aveva allargato il possente torace, non si era ancora accorto di me.
Cominciai a pensare velocemente, per prima cosa dovevo ricordarmi quello che avevo imparato sui Troll e le parole di William mi tornarono in mente come se fossero sempre state lì: “Il corpo di un Troll è come se fosse ricoperto da un’armatura, la sua pelle è dura come l’acciaio, ma come in tutte le armature ci sono dei punti penetrabili: ascelle, retro delle ginocchia, collo… i normali punti di articolazione di una qualsiasi armatura. Se terrete a mente questa piccola nozione sono sicuro che vi tornerà molto utile se mai vi trovaste faccia a faccia con un Troll, Rosa Nera.”
Scattai verso la rastrelliera mentre il Troll cominciò a dimenare le braccia infastidito dalle catene, sempre più innervosito dalla sua incapacità nel liberarsi.
Ispezionai il mio armamentario costituito da tre spade, una daga ed un bastone… in un pessimo stato tant’è che la cosa più solida sembrava il bastone di legno.
-A quanto pare la nostra Rosy non apprezza le armi che le abbiamo generosamente offerto!- Sentii il Viscido sghignazzare.
Buttai gli occhi al cielo, adesso non avevo il tempo di rispondergli come avrei voluto.
Mi misi due spade alla cintura sul lato destro ed la daga sul sinistro ed impugnai il bastone saggiandone la resistenza e l’elasticità, l’altra spada l’avrei lasciata là non sapevo neanche dove metterla ed era la peggio messa.
Un rumore frustrato di catene mi fece voltare appena in tempo prima che l’estremità di una catena mi prendesse in pieno volto: ogni anello era largo quanto il pugno di un uomo e il suo spessore era considerevolmente pericoloso.
Nello schivare il colpo a sorpresa avevo urtato la rastrelliera con il risultato di aver causato non poco rumore.
Vidi gli occhietti del Troll stringersi minacciosi alla mia vista, accorgendosi per la prima volta della mia presenza, e lo vidi cominciare a correre nella mia direzione con l’aiuto delle possenti braccia.
Inspirai una boccata di aria e polvere e scartai di lato nel tentativo di schivare la carica e per un momento pensavo di avercela fatta, a causa dello slancio il Troll andò a sbattere contro la parete precedentemente alle mie spalle, ma accortosi di avermi mancata mosse uno dei suoi grandi pugni verso di me così da generare in aria il movimento di una frusta con la catena falciandomi le gambe raso terra.
Finii a terra, ma riuscii a rialzarmi immediatamente ed agilmente con un colpo di reni.
-Uhuhuh! 1 a 0 per il mostriciattolo direi! Devi fare meglio di così se vuoi sopravvivere Rosy!-
-Merda.- Sussurrai, dopo aver sentito il ruggito di trionfo del troll per aver scoperto un nuovo giochino, il cavernicolo aveva appena scoperto la frusta.
Ricominciai a correre per sfuggire dal suo inseguimento che era appena iniziato.
Ero sommersa nella merda fin sopra la testa.
Mi fermai spalle a muro: preferivo schivare i suoi colpi che continuare a girare senza meta.
-Forza Trolly… vediamo di divertirci!- Quello sembrava quasi avermi sentito e con rabbia lo vidi cercare di colpirmi dall’alto coi suoi pugni.
Ed è in quel preciso momento che capii che schivare il colpo sarebbe stato molto più difficile del previsto.
Mi preparai a parare il colpo con le mani, lasciando andare il bastone, ed arrivò violento tanto che i miei piedi sprofondarono nella terra di qualche centimetro, il dolore mi percosse come una scossa dalle mani fino ai piedi.
Resistetti più che potei,ma la mia forza superiore al normale non mi dava anche la garanzia di riuscire a sapraffarlo. Aspettai il momento più propizio e lasciai il pugno giungere a terra.
-Brava Rosy! È troppo grosso per te?!- Mi chiese il Viscido.
-No, farà più rumore quando cadrà!- Gli urlai di rimando, nella foga, e l’intera platea scoppiò a ridere.
-Giusto!- Non potè far a meno di dire l’altro.-Ah, ho un regalo per Trolly!- e mi parve di vederlo schioccare le dita mentre schivavo un altro pugno.
Qualcuno fece rotolare dagli spalti un enorme mazza chiodata ai piedi del Troll che fermò l’attacco e la guardò con curiosità.
-Giochi sporco Raskoll!-  Gli gridai infuriata.
-Ho detto che potevate usare solo le armi nell’arena non che non potessero provenire dall’esterno, quella mazza è effettivamente nell’arena adesso!- Mi rispose divertito.
Sbollii lentamente mentre cercavo una soluzione utile, ma il Troll volle provare il nuovo giochino e con un altro ruggito prese a colpirmi con la mazza ad una velocità impressionante fino a che non riuscì a colpirmi alla testa fino a farmi volare al muro opposto dell’arena.
Sentivo una parte del volto pulsare dolorosamente e quando mi voltai molte persone sussultarono alla mia vista, donnicciole.
Con una mano rimisi in posizione la mascella rotta che si rinsaldò quasi subito, ma il dolore non andò via altrettanto velocemente.
Presi un bel respiro mentre saggiavo la mascella.
- Trolly, mi hai fatto davvero incazzare ora.-
Per prima cosa dovevo immobilizzarlo, ma come?
Lo vidi agitare un possente braccio verso di me per cercare di colpirmi con la catena, ma ero troppo lontana… e lì mi venne l’idea.
Gli corsi incontro sguainando una delle ‘spade’, se così potevano essere chiamate, e quando tentò di nuovo di colpirmi con un piede fermai la catena che aveva appena colpito il terreno e piantai perfettamente al centro di un anello, fino all’elsa, la spada che tenevo in mano, con il piatto rivolto verso il mostro: l’elsa avrebbe fermato lo scorrere della catena e con un po’ di fortuna la spada l’avrebbe tenuto ancorato per qualche secondo, il tempo di attuare ciò che volevo fare.
Corsi poi in tondo per l’arena e con un pizzico di fortuna ed agilità riuscii a ripetere l’operazione dalla parte opposta così da avere adesso il Troll con le braccia tese e lontane dal proprio corpo.
Ruggì infuriato e cominciò a dimenarsi violentemente come una belva ferita, le spade non avrebbero retto molto.
Raggiunsi le sue spalle in rapide falcate e con un gesto unico e fluido andai a recidere con la daga il retro delle ginocchia, la lama si spezzò, ma tenni comunque stretto il moncone con l’elsa. Il sangue puzzolente e scuro prese a scivolare lungo i suoi polpacci solidi.
 Vidi le gambe del mostro tremare e infine cedere come volevo, adesso sarebbe stato più facile raggiungere la nuca. Cominciai ad arrampicarmi cercando appigli sulla pelle dura ed irregolare.
-Caro Trolly, è stato un bel combattimento e tralascerò il fatto che tu mi abbia spiaccicato contro il muro, ma adesso sono stanca ed è l’ora di finirla.-
Come se mi avesse sentito il Troll cominciò a dimenarsi con più violenza nel tentativo di disarcionarmi dalla sua schiena, ma riuscii a reggermi, anche se con difficoltà.
Dopo varie problematiche riuscii a raggiungere la sua testa.
Con fare esperto conficcai il moncone della daga nella carne più tenera alla base della nuca, con versi di dolore da parte della bestia, per arrivare a colpire il cervelletto, ma con orrore capii che la lama non era abbastanza lunga…
-Avanti Trolly!- Sentii il Viscido gridare dopo un lungo periodo di silenzio preso dal combattimento.-Ce l’hai quasi fatta!-
Vidi una delle spade cedere per uno strattone più violento.
-Cazzo…- Sibilai a denti stretti.
Tentai di nuovo col pezzo di daga, ma era tutto inutile, avrei dovuto portare con me anche  l’altra spada! Mentre riflettevo sentii un dolore lancinante al ventre e una lama sbucarmi dalla pelle, per poco non mollai la presa sul Troll.
Chiesi un ulteriore sforzo al mio fisico già provato e riuscii ad estrarre la spada contorcendomi.
La ferita si rimarginò immediatamente e ritrovandomi quella spada fra le mani non potei fare a meno di chiedermi come fosse arrivata nel mio ventre.
-Scusa!- Sentii provenire alle mie spalle.
Sorrisi: era Neil.
-è barare!- Gridò il Viscido.
- Hai detto che poteva usare solo le armi nell’arena non che non potesse provenire dall’esterno, quella spada è effettivamente nell’arena adesso!- Sentii Neil replicare utilizzando le stesse parole di Raskoll che mi immaginavo a mangiarsi le mani dalla sua postazione.
Con soddisfazione affondai la lama nella carne del Troll e la sentii affondare come se l’avessi usata per affettare il burro: che libidine affettare la carne altrui con una spada affilata!
Trolly smise subito di agitarsi come un forsennato e cadde riverso con la faccia nella polvere facendo tremare tutto lo stabilimento.
Mi alzai estraendo la spada che adesso era ricoperta di sangue maleodorante.
-L’avevo detto che avrebbe fatto un gran rumore cadendo!- dissi con soddisfazione rivolta al Viscido.
La platea esplose in applausi e urla di giubilo esaltate.
                                                                           ----
Ero stanca ed affamata, dovevo ammetterlo, quel Troll mi aveva dato filo da torcere.
Mi riunii agli altri oltrepassato il portone per uscire dall’arena, mi aspettavano là.
Ain si congratulò con me cominciando a saltellarmi intorno.-Ce l’hai fatta!- Gridò continuando a saltellare.
-Grazie della spada.- Dissi con gratitudine al Soldatino.
-Dovere. E scusa per averti colpita, ma non sapevo come farti arrivare l’arma senza perdere tempo.- Mi disse contrito.
Scossi la testa per rassicurarlo.-L’avrei fatto anche io se avessi saputo che la persona a cui lanciavo la spada era una Baciata dal Combattente.-
Guy Raskoll ci raggiunse a breve con volto mesto. –Mi hai fatto perdere centinaia di kurone, ma il combattimento è stato un bello spettacolo, non c’è che dire. Spero che ritornerai per un altro match!-
-Non ci contare. Comunque adesso sputa il rospo.- L’unica cosa che volevo adesso era mettere qualcosa sotto i denti e ottenere l’informazione.
Il Viscido si guardò le spalle per essere sicuro che nessun altro sentisse.
-Siete sempre disposti ad ottenere quelle piantine?- Chiese con un sorriso.
-Si.- Rispondemmo all’unisono Ain ed Io.
-Sono in un luogo difficilmente raggiungibile, anzi, oserei dire impossibile da raggiungere…-
-Falla breve.- Gli dissi. –O mi mangio te e il tuo pastrano.-
-Cara Kira Renly, mi pare di capire che la pazienza non è il tuo forte.-
-No, quando non serve a niente essere pazienti, me la sono sudata letteralmente l’informazione.- Tenni a precisare.
Il Viscido Informatore sbuffò divertito per poi onorarci con uno dei suoi sorrisi più grandi.
-Le piantine si trovano nel luogo più sicuro del regno: le stanze di Re Kilgar. Si dice che le tenga in una cassaforte accanto al suo letto.-
Ain trattenne il respiro, afflitta, a me si seccò la gola e la fame mi era passata completamente: che mi toccasse rivedere quel grande stronzo di persona?
Ci aspettavamo di tutto, ma non questo.
 
                                          
-*-
*: essenzialmente una push-dagger http://www.google.it/imgres?q=push-dagger&hl=it&biw=1138&bih=535&gbv=2&tbm=isch&tbnid=1avCBNrJgMNMpM:&imgrefurl=http://www.themartialist.com/pecom/pushdagger101.htm&docid=2WTllnq7M2d0LM&imgurl=http://www.themartialist.com/images/safekeeperII02.jpg&w=400&h=300&ei=891DT-7zFMmj-ga87KDSBQ&zoom=1&iact=hc&vpx=128&vpy=75&dur=514&hovh=194&hovw=259&tx=181&ty=145&sig=103076274871716069569&page=1&tbnh=157&tbnw=234&start=0&ndsp=9&ved=0CEIQrQMwAA  che si impugna così http://www.google.it/imgres?q=push-dagger&hl=it&biw=1138&bih=535&gbv=2&tbm=isch&tbnid=VW66U8c-cKZZpM:&imgrefurl=http://www.ramanon.com/forum/showthread.php%3F40295-shove-dagger-(not-push)&docid=NUJz_P42fCfFrM&imgurl=http://www.ramanon.com/forum/attachment.php%253Fattachmentid%253D5150%2526stc%253D1%2526d%253D1150476483&w=550&h=413&ei=891DT-7zFMmj-ga87KDSBQ&zoom=1&iact=rc&dur=474&sig=103076274871716069569&page=1&tbnh=157&tbnw=234&start=0&ndsp=9&ved=0CEYQrQMwAQ&tx=111&ty=90
**:http://www.google.it/imgres?q=Karambit&hl=it&gbv=2&biw=1138&bih=535&tbm=isch&tbnid=YrTU1bloIswsxM:&imgrefurl=http://www.karambit.com/the_parts.htm&docid=-3vmYhSqxeHNUM&imgurl=http://www.karambit.com/picture_library/Parts-of-a-Karambit.jpg&w=445&h=334&ei=B99DT4edK4GR-waH8bzGBQ&zoom=1&iact=rc&dur=375&sig=103076274871716069569&page=1&tbnh=139&tbnw=201&start=0&ndsp=10&ved=0CEIQrQMwAA&tx=125&ty=38

So di essere in ritardo pauroso, ma stavolta ho una scusa... sono stata malata per una settimana çAç
Comunque spero di essermi fatta perdonare con il capitolo!!
Bacioni a tutti e come al solito ringrazio in modo particolare le mie recensiste *-*, ma ringrazio anche i lettori silenziosi! So che ci siete <3

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Capitolo 12
*** Capitolo XI- ***


Capitolo XI
 
Stavo camminando per le vie di Kurona, dovevo riflettere.
Non era ancora l’alba, ma il cielo cominciava a rischiararsi ed io non potevo fare a meno di camminare senza fermarmi.
Ero da sola, come unica compagnia il peso del mio borsone sul fianco.
Erano giorni interi che non riuscivo a stare completamente in solitudine e un po’ mi era mancato.
Avevo lasciato gli altri alla locanda ed ero uscita col pretesto di dover svolgere alcuni affari alla piazza… ed in un certo senso era vero anche se chiamarli affari  non era appropriato.
Ain aveva insistito molto nell’accompagnarmi, ma dopo aver saputo che era necessario entrare nelle stanze di Kilgar per prendere le piantine delle cripte della Grande Cattedrale degli Dei avevo deciso di uscire per conto proprio, senza contare che quello che volevo fare quella mattina era decisamente pericoloso.
Ad un certo punto, prima di svoltare in direzione della piazza, mi bloccai per osservare un vicolo che aveva qualcosa di familiare.
Sorrisi.
Era là che era cominciato tutto… per così dire, e non potei fare a meno di rituffarmi nei ricordi dolci e dolorosi allo stesso tempo.
 
 
Era notte e passeggiavo per le strade buie di Kurona. Indossavo un lungo abito bronzeo ricco di ornamenti, come andava di moda in quegli anni nell’alta società.
Davanti al volto tenevo un ventaglio aperto e lo muovevo lentamente assorta nel mio compito e quindi osservandomi intorno circospetta. In quel periodo i miei capelli erano più  lunghi e mi arrivavano poco sotto le spalle e quella sera avevo deciso di sistemarli in una graziosa crocchia impreziosita da un fermaglio con dei brillanti. Odiavo quella mia tenuta, ma era essenziale per la mia missione.
Camminavo con gli occhi dorati che andavano ad ispezionare ogni vicolo ed ogni anfratto e cercavo di dare loro un tono di preoccupazione per l’ora tarda, come si confaceva ad una giovane di alto lignaggio, parte che dovevo recitare alla perfezione.
Passai vicino ad un vicolo estremamente poco illuminato e rimasi sorpresa quando udii una voce calma e gentile.
-Vi siete persa? Credo che una come voi non dovrebbe girare a questa ora tarda per i vicoli di Kurona.-
Mi voltai circospetta, nascondendo il volto dietro al ventaglio e non risposi.
 Non riuscivo a vedere il mio interlocutore in volto dato che rimaneva nella penombra.
-Potreste fare brutti incontri.-
A quel punto l’uomo uscì dal buio del vicolo e mi guardò coi suoi occhi di un verde brillante acceso, nell’oscurità sembravano quelli di un gatto e grazie alla luce di un lampione un po’ distante identificai la sua chioma fulva.
-Potrei incontrare… persone come te?- Dissi, con finto timore.
Lo sentii ridere divertito.
-Non sono un molestatore,né tantomeno uno stupratore, potete fidarvi. Chiedo soltanto che in cambio della mia protezione fino alla vostra dimora voi mi diate quel bel fermaglio tempestato di diamanti.-
Sorrisi dietro al ventaglio.-Ma vale molto… mio padre se ne avrebbe se lo dessi via, me lo ha regalato per il mio compleanno!-
Vidi l’altro sorridere, sapevo cosa stava pensando dentro la sua testa: una rampolla ricca valeva molto più di un fermaglio di brillanti.
-Quale è il vostro nome giovane dama?-
Cominciai a sventolare il ventaglio con finto nervosismo. –Per educazione prima di chiedere un nome ci si deve presentare!-
-Giusto.- Disse lo sconosciuto senza esitazione. –Conrad Noil dama, al vostro servizio.- e lo vidi inchinarsi con eleganza. –E il vostro?-
-Rosa, Rosa Eran.- Era la prima cosa che mi era venuta in mente quella di invertire le lettere della parola Nera.
-Bel  nome…- Disse quello cominciando a girarmi intorno. –Non ho mai sentito parlare di un casato che si chiami Eran…-
-Magari- Azzardai  con fare altezzoso e sfrontato.- Non frequentando i saloni da ballo, non lo hai mai sentito, in effetti è impossibile che tu lo conosca.-
Improvvisamente mi sentii afferrare da dietro per il collo e mi sentii soffiare all’orecchio parole che non avrei mai dimenticato e che suscitarono in me sensazioni che sarebbero rimaste  indelebili sulla mia pelle.
-Sfrontata e dal buon profumo, mi piaci…- Non sapevo perché, ma trattenni il fiato a quelle parole e deglutii con fatica. –Peccato che tu non sia affatto una dama, se lofossi stata non mi avresti mai dato del tu … e per di più la tua recitazione è pessima.-
Mi lasciò andare con uno spintone e quando mi voltai in posizione di combattimento lui era svanito.
-Ehi Rosa!- Mi chiamò alle spalle. –Sono da questa parte, non sei molto veloce!-
Cominciò a montarmi una rabbia disumana nel petto e il sangue fluì tutto alla testa.
Non ero veloce?!
-Vedi di non montarti tanto la testa stronzetto, te la taglio se continui ad irritarmi!-
Voltandomi con un unico gesto strappai la gonna lunga che mi impacciava e impugnai la frusta che tenevo attorcigliata alla gamba ed il pugnale.
-Che maniere!- Disse Conrad divertito e intimorito allo stesso tempo. –Ma per tagliarmela devi prendermi.-
Scattò nel vicolo e lo seguii togliendomi i tacchi con gesti bruschi, ero scalza, ma chi se ne fregava.
Lo vidi cominciare ad arrampicarsi su uno dei palazzi fatiscenti usando le crepe e le sporgenze come appigli. Era veloce.
Sorrisi: troppo facile.
Con un colpo di frusta avvolsi la sua caviglia e presi a tirare strappandolo da un davanzale a cui si era appena appigliato e lo vidi cadere a peso morto.
-Dove credi di andare? Non abbiamo ancora finito!-
Quello atterrò poco elegantemente e rimase immobile sdraiato sulla schiena.
-Non fare lo stupido, lo so che non sei svenuto e se non ti alzi subito ti trafiggerò col pugnale esattamente in mezzo agli occhi.-
Quello si rialzò circospetto accorgendosi che il suo bluff non sarebbe funzionato e che parlavo sul serio. –Cosa vuoi da me? Ho capito che sei del Clan, ma cosa vuole la Famiglia da me? Infondo non credo che ti abbiano ingaggiata per uccidermi, sono soltanto un ladruncolo!-
Sorrisi perfidamente. –Sinceramente, non ho alcuna intenzione di dirtelo.-
Lasciai andare la frusta e scattai in avanti con il pugnale nella destra, il pollice puntava verso la lama per meglio mirare al suo collo.
Lo colpii di striscio,lasciandogli un brutto solco sul collo che cominciò subito a sanguinare.
Mi bloccai dov’ero e Conrad mi guardò con timore sapendo di non poter schivare il prossimo attacco, ma non avevo alcuna intenzione di procedere.
I nostri sguardi si incontrarono mentre mi avvicinavo al suo volto.
Quando i nostri nasi stavano per sfiorarsi lo afferrai per il mento.
-Ti ingaggio.- Dissi con un soffio. –Hai passato la prova, se ti rifiuti di entrare nel Clan ti ucciderò seduta stante.-
Quello allargò impercettibilmente gli occhi, riuscendo solo a capire in quel momento che tutta quella messa in scena era un test.
Assentì con un gesto del capo continuando a guardarmi fisso con i suoi occhi, erano stupendi.
Distolsi lo sguardo con fatica e mi cadde sul taglio che gli avevo inflitto.
 –Credo che ti rimarrà la cicatrice.- Constatai con praticità, lasciandogli andare il mento.
Lo vidi sorridere mentre mi afferrava per la vita.
-Sarà un ricordo del nostro primo incontro e un simbolo del nostro amore.-
Lo respinsi con un calcio nei genitali.
 
 
Mi riscossi dai miei pensieri e distolsi lo sguardo dal vicolo.
Sfrontata e dal buon profumo, mi piaci…
Probabilmente era quello l’esatto istante in cui me ne ero innamorata.
Il sole era sorto ormai quasi completamente, mentre osservavo di nascosto i mercanti di schiavi che si affaccendavano nella piazza dando ordini per predisporre l’asta degli schiavi che si sarebbe tenuta di lì a qualche ora. Centinaia di persone in catene mi sfilavano davanti con volto inespressivo, la vita era solo presente nei loro occhi di un vivido color oro.
Mi ritornò alla mente il periodo in cui ero stata una schiava e a quando fui costretta a salire sul podio al centro di quella stessa piazza per essere venduta.
Rilassai le mani sciogliendo i pugni, piccoli rivoli di sangue uscirono dai solchi che avevo provocato con le unghie.
Non mi ero accorta di aver stretto le mani con così tanta forza.
Un uomo grasso e dal cranio lucido salì sul palco mentre la piazza si riempiva di attendenti di nobili che avevano il compito di acquistare qualche nuovo schiavo.
Guardie reali erano distribuite intorno alla piazza.
Il mio sguardo ricadde sugli schiavi.
Non si sapeva perché, ma era da tempo immemore che gli schiavi del regno avevano tutti gli occhi dorati, da sempre era stato di obbligo essere discriminati per il proprio colore d’occhi.
Io stessa avevo gli occhi di color oro, ma di una tonalità più scura essendo una bastarda, cosa rara, dato che era indegno avere figli con schiavi.
Le sentinelle alla porta principale non avevano esitato nel credermi giustamente una schiava.
Mi arrampicai di nascosto sulla parete di una casa per poter tenere meglio sott’occhi la piazza e mentre il silenzio calava sul luogo presi ad armeggiare con il contenuto del borsone.
-Signori! Si dia inizio all’asta di quest’oggi, venga avanti il primo articolo!- Disse l’uomo grasso e pelato.
Un uomo sulla trentina si presentò sulla pedana con delle catene alle braccia.
-L’offerta parte da 15 Kurone d’argento per questo esemplare forte ed in salute.-
Sembrava il mercato del pesce.
In pochi rapidi gesti finii di montare l’aggeggio di cui ignoravo il nome e che avevo trovato molto utile in una missione passata. Un ricordo di Mildred.
Piazzai il congegno sulla spalla e lo puntai sulla piazza.
Coi miei accoliti quella volta ci divertimmo a chiamarlo ‘Sputo meteorico’.
Cominciarono a volare cifre su cifre fino a che non giunsero alla somma definitiva di 350 Kurone d’argento.
Mi schiarii la voce.-Ehi!- Gridai. –Nobili solo nell’abbigliamento, dico a voi!-
Molte teste si voltarono verso di me, dovevo svettare come una macchia nera a contrasto col cielo blu che dal basso avevo alle spalle.
-Vi conviene scansarvi tutti se non volete ritrovarvi la testa al posto del vostro flaccido culo!-
Il panico dilagò fra i presenti in meno che non si dica mentre riconoscevano l’arma che impugnavo.
-Dite a Re Kilgar…- Posai il dito sul grilletto. –Che questo è un regalo che gli manda la Rosa Nera… Beccati questo vecchio demente!-
Le urla di quei bastardi altolocati che venivano dalla piazza mi inebriavano. Lo premetti.
Il rinculo fu così forte che la spalla mi si dislocò e la sentii sbriciolarsi, caddi a terra dolorante.
Il colpo andò a finire con precisione sul palco, che esplose in mille pezzi lasciando a gambe all’aria e col culo per terra molti nobili rampolli.
Mi rialzai con fatica mente la mia spalla tornava  come nuova, lasciando solo una lieve pulsazione.
Che dolore!
Mi resi presto conto che le guardie si erano mosse per raggiungermi ed io decisi che era il momento di defilarmi cominciando a fuggire sui tetti. Già altre volte avevo dovuto farlo, ma non era mai stato così divertente.
Li seminai presto e tutto quello che rimase fu il silenzio e l’adrenalina che scemava.
Quando il mio respiro si fu calmato mi incamminai verso la locanda.
Il mio messaggio l’avevo inviato.
                                                                       ---
Arrivata con circospezione fino alla locanda sgattaiolai su per le scale ed entrai nella mia stanza senza neanche bussare e come previsto vi trovai gli altri tre con espressione tesa.
La prima a parlare alla mia vista fu Ain.
-Abbiamo sentito un grande boato Kira!- Disse preoccupata.
-Ho solo fatto sapere a Kilgar che sono in città, stanotte penso che gli farò una sorpresa…-
-Vuoi andarci da sola?!- Constatò Neil oltraggiato. –Impossibile, vengo con te!-
Sorrisi. –Oh, quanta galanteria! Mi spiace, ma devo sbrigarmela da sola. Se tutto va bene entro domani mattina avremo le carte che ci servono.-
Tutti assentirono, sebbene Neil non mi parve molto felice.
-Voglio vedere il Re.- Disse Ain con tono determinato.
-No.- Risposi.
-Ma Kira, ha fatto uccidere mio padre! Voglio vedere l’uomo che ne ha decretato la morte!-
Era rossa in volto, era la prima volta che la vedevo così agitata.
Sospirai. –E va bene, oggi andremo all’apparizione che il re fa ogni giorno dalla terrazza del suo palazzo, per il popolo. Ma non verrai stanotte con me.-
La bambina parve in parte soddisfatta e mi sorrise grata lasciandomi una sensazione di leggerezza nel petto.
-Io rimarrò qua, preferisco controllare i nostri bagagli, in questo posto non mi sembra sicuro nemmeno lasciare i bagagli nelle proprie camere.- Disse Mettew con un tono stizzito.
Dopo pranzo Ain, Neil ed io ci recammo di fronte al grande castello dalle pietre vermiglie a centinaia di metri dalla terrazza per non attirare l’attenzione, sebbene intorno vi fosse la bolgia.
Migliaia di persone si erano riversate là, ma più per consuetudine che per onorare il loro Re e gli Dei solo sapevano che cosa sarebbe successo loro se non si fossero presentati ad acclamarlo.
Presto cominciò la cerimonia ed Ain volle salirmi sulle spalle.
-Non vedo niente sennò!-
Ad un certo punto un omino basso e mingherlino si presentò sulla terrazza e prese a parlare, ma come era ovvio, noi che eravamo distanti, non sentimmo niente.
Applaudimmo solo quando gli altri fecero altrettanto: non è che la presentazione del Re ci interessasse molto.
Ed eccolo apparire con la corona che copriva i capelli scuri, anche da lontano non potei fare a meno di vederlo nitidamente tant’erano le volte che lo avevo visto da vicino, e il suo odioso monile di ambra che portava al collo brillava e ciò lo rendeva visibile anche da distanza.
-Sembra un uomo brutto.- Disse Ainitha con innocenza. –Vero Neil?- Chiese, sorridendo rivolta all’altro, ma quello non le rispose perché troppo occupato a fissare a bocca aperta il secondo venuto sulla terrazza.
Riuscii soltanto a distinguere i capelli biondi e il fisico dall’apparenza asciutto.
-è mio frattelo!- Lo sentii gridare con stupore, misto a gioia, misto a timore… un’insalata di sentimenti.
Assottigliai gli occhi per meglio focalizzarlo, ma eravamo veramente distanti.
-Sei sicuro?- L’altro assentì. –E che ci fa lì?- Nessuno mi rispose.
Afferrai il primo passante che mi capitò sotto mano.
-Mi scusi, signore.- Dissi, con la poca educazione che conoscevo. –Potrei sapere chi è quel tizio biondo?-
L’uomo mi guardò sorpreso.
-Ma è il consigliere del Re, il suo braccio destro. È famoso quanto Re Kilgar.-
Sentii Neil trattenere dolorosamente il fiato. –E che ci fa mio fratello là?!-
-è quello che vorrei sapere anche io…- Dissi sovrappensiero.


-*-
Ed eccolo qua, quanto tempo era che non pubblicavo? ç-ç un'infinità! Perdonatemi, la connessione non andava! :S

Spero che vi sia piaciuto, ringrazio chi legge, ma soprattutto chi commenta <3
Baciiii

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Capitolo 13
*** Capitolo XII- ***


Capitolo XII
 
Era una faticaccia, una vera faticaccia. Già altre volte avevo scalato quelle mura di spessa pietra e dal colore vermiglio, ma in quei giorni avevo già messo a dura prova la mia resistenza.
Avrei preferito entrare ed uscire indisturbata senza incontrarlo, almeno non si sarebbe reso conto della sparizione delle carte.
Con un ringhio sommesso e liberatorio piantai il pugnale fra le vecchie congiunture delle pietre. Quel castello aveva secoli, molti secoli.
Una fastidiosa goccia di sudore mi scivolò lungo la tempia per poi perdersi nell’aria mentre voltavo il capo per guardare in basso: centinaia di metri di vuoto.
Sorrisi. Nessun essere umano normale ci sarebbe riuscito, solo io, e l’idea mi piaceva molto.
Il mio messaggio era arrivato forte e chiaro a Kilgar che aveva congedato alcune guardie che erano a guardia di quel fianco del castello. Vecchio intelligente, sapeva che era un inutile spreco di uomini con me.
La prima volta che mi ero introdotta nel suo palazzo avevo fatto fuori esattamente 53 guardie, ma ora come ora ero diventata molto più abile nell’evitare combattimenti inutili.
Nel profondo speravo di incontrarlo… magari stavolta sarei riuscita ad ucciderlo.
Il buio nascondeva la mia ascesa e il fatto di essere sul lato all’ombra della luna era una gran fortuna.
Con un ultimo sforzo arrivai al balcone della stanza del Re. La porta era stata lasciata “stranamente” aperta.
Entrai circospetta per evitarmi brutte sorprese, un passo alla volta, pian piano.
La stanza era immersa nella semioscurità, illuminata solo da una candela accesa sul comò vicino all’immenso letto, segno che il re non era lontano.
La mia mente esperta identificò subito i luoghi più probabili in cui trovare le carte: comò, letto, quadri, libreria.
Cominciai a setacciare la libreria, ma non trovai nulla, decisi di dedicarmi al comò che era forse il luogo più indicato.
-Dove siete?- bisbigliai tra me e me.
Aprii il primo cassetto: Boccette di diverse misure e colori, piene di liquidi all’apparenza scuri data l’assenza di illuminazione.
Le mie labbra si arricciarono, come al solito si teneva una scorta di sue pozioni vicino al letto, per precauzione. Era il miglior occultista del regno e per questo non andava sottovalutato.
Chiusi scocciata il cassetto e passai in rassegna anche gli altri. Una piccola parte di me sperava che l’uomo avesse lasciato il suo ciondolo d’ambra là, ma la mia parte razionale replicava con un forte diniego: non era affatto stupido, probabilmente non se la toglieva neanche per dormire.
L’ambra era l’ amuleto più potente per qualsiasi occultista. Era un qualcosa che prima era viva e adesso non lo era più, quindi avvolto dal grande mistero della morte a cui gli occultisti cercavano risposta sin dall’alba dei tempi.
Molti di loro erano abili alchimisti o maghi, oppure astrologi o ancora scienziati, Kilgar era ognuna di queste cose.
Se solo fossi riuscita a togliergli quel fottutissimo amuleto sarei sicuramente stata in grado di fronteggiarlo, perché era anche un abilissimo spadaccino, ma non più di me. Ovvio.
 Giunta all’ultimo cassetto ero indecisa se aprirlo o meno. Alla fine afferrai la maniglia con la mano e subito capii di aver fatto la cosa giusta: il cassetto non si apriva.
Presi il mio fido pugnale e cominciai a scassinarlo senza molti risultati.
Afferrai di nuovo la maniglia per tentare di rompere la serratura con la forza bruta, ma una potente scossa mi fece scricchiolare le falangi delle dita e mi fece desistere all’istante.
-Stronzo.- Sibilai a denti stretti. Doveva aver incantato il cassetto.
Mi sgranchii le dita e riafferrai la maniglia sapendo cosa mi avrebbe atteso.
Il dolore arrivò subito, ma non ero impreparata e così non mollai la presa.
Sentii le ossa cominciare a cedere sotto la forte pressione generata dall’incanto. Per fortuna che avevo una certa dimestichezza nell’autolesionismo ormai, sapere che poi sarei tornata integra mi faceva compiere azioni molto stupide.
Tirai con tutta la forza che avevo, sebbene il dolore fosse a stento sopportabile: ormai dovevo aver già le dita completamente rotte, perché non le sentivo più e il dolore era passato prepotentemente al polso.
La  pressione si spostava sempre più su lungo il braccio… yuppie.
Senza accorgermene il mio respiro si era fatto più rapido e ansioso.
Tirai un sospiro di sollievo quando udii un sonoro crack e il cassetto si aprì subito quasi uscendo dalle guide.
Con l’aiuto dell’altra mano alzai quella ferita e vidi con soddisfazione che già stava guarendo, ma un dolore sordo e pulsante mi avvolgeva tutto il braccio destro.
Appena me la sentii presi a rovistare nel cassetto e ben presto, fra gingilli strani e carte dall’aria antica, trovai quel che stavo cercando.
Le cartine avevano impresso il simbolo della Grande Cattedrale degli Dei.
Con cautela le infilai nella grande cintura che portavo in vita, nascondendole bene in una tasca segreta, poi mi bloccai.
Voci nel corridoio mi avvertirono dell’arrivo imminente di qualcuno. Cazzo.
Chiusi il cassetto con cautela e mi guardai intorno spaesata.
In un primo momento pensai a nascondermi sotto il sontuoso letto, ma era una mossa stupida, da lì non avrei avuto alcuna possibilità di attaccare o difendermi.
La porta cominciò ad aprirsi e con un’unica falcata mi posizionai nell’angolo che sarebbe stato nascosto dall’apertura della porta.
-Buona notte allora.- ecco la voce del Re, da chi si stava accomiatando?
Appena la porta si aprì vidi per una frazione di secondo, nello spazio fra quella e lo stipite, una chioma bionda. Il fratello di Neil.
Le mie labbra si incurvarono per il disappunto, dovevo assolutamente farmi dare delucidazioni riguardo a quel tizio da Neil.
Il Re entrò con passo sicuro nella sua camera chiudendo la porta senza guardarla e abbassando anche il chiavistello.
Lo vidi avvicinarsi al letto nella sua imponenza.
Era un uomo che doveva avere poco più di quarant’anni, dai capelli scuri, alto. La muscolatura era visibile anche sotto gli abiti pregiati.
Era un bell’uomo, dovevo ammetterlo, ma per i miei 24 anni appariva comunque un vecchio, stronzo per giunta.
Stetti per un attimo ferma senza fare niente: sapevo che quella sarebbe stata la mia unica occasione per colpirlo senza che lui potesse fare niente.
Feci un passo alle sue spalle, poi un altro.
Arrivai così vicino a lui da sentirne il profumo: forte, speziato, misto a sudore.
Levai il pugnale mentre lui si stava togliendo il pesante mantello.
Mi immobilizzai incapace di continuare, perché andava sempre a finire così?!
Kilgar sospirò.
-Ancora a questo punto siamo, Kira?- Me lo disse con la sua solita voce melliflua e suadente voltandosi verso di me. –Ogni volta arrivi qua ed ogni volta non riesci ad uccidermi… comincio a pensare che tu non lo voglia…-
-Lo voglio!- Risposi, senza pensare, sentendomi sotto esame. Il suo sguardo pesava su di me e mi faceva sentire piccola e debole, come non lo ero mai stata.
-Ah si? Allora non lo vuoi davvero!- Allargò il suo sorriso, con fare bastardo, che fu reso ancora più derisorio alla penombra della candela.
Gli saltai addosso e in meno di un secondo mi ritrovai a terra sopra di lui, il pugnale di nuovo alzato.
Il mio cuore prese a martellare nel petto.
Solo lui riusciva a farmi perdere le staffe così.
Solo lui era in grado di farmi sentire contemporaneamente impotente e incazzata nera, una frustrazione.
Lo vidi sbuffare.- E ora?- Non aveva neppure provato a difendersi. –Su, su piccola Kira, puoi farcel...-
Non lo feci finire. Il mio pugnale si avvicinò pericolosamente al suo occhio sinistro, ma non osai proseguire l’affondo.
Una risata di scherno risalì dalla gola di quell’uomo ed i suoi occhi scuri non si staccavano dai miei.
-Sei un caso disperato… e pensare che hai la fama della grande assassina mercenaria, la mietitrice del Clan, la grande e temibile Rosa Nera.-
-Sta’ zitto!- Dissi, punta sul vivo.
-Come sei sensibile… ti disturba che ti abbia fatto notare che al mondo c’è una persona che non sarai mai in grado di uccidere? E che purtroppo per te quella persona sono io?!-
Avvicinò il suo volto al mio ed io mi allontanai con uno scatto.
-Hai gli stessi occhi di tua madre.- Il suo sguardo si indurì. –Anche se quel colore dorato mi dà il voltastomaco… infondo tu se…-
-Ho detto che devi tacere!- Gridai sconcertata, tappandomi le orecchie.
Quello mi afferrò i polsi e allontanò le mie mani dalle orecchie. –Ti dà così fastidio che lo dica? Eh?-
Scossi la testa per cacciare quella voce che mi entrava nel cervello e distruggeva ogni mia convinzione.
-Ti dà fastidio che dica che tu sei mia figlia?-
In quell’esatto istante il mondo si fermò per me. Lui  non sarebbe mai stato mio padre.
-Mio padre è morto anni fa.- Dissi debolmente.
Kilgar ricominciò a ridere e mi teneva sempre per i polsi.
-Quell’uomo debole e dalla credenza ferrea negli Dei?- Mi scosse. –Tu chiami padre una persona che professava la nonviolenza? Una persona che ha preferito morire piuttosto che lottare?-
Con uno strattone mi liberai dalla sua presa e mi alzai in piedi. Lo indicai con l’indice, un gesto carico di accusa.
-è morto per difendermi, è morto per la persona che riteneva come una figlia. Da come parli sembra che tu ti ritenga molto più in gamba di lui.
Era un grande uomo! Un uomo che tu non sarai mai! Tu, ti sei scopato una servetta e dopo aver avuto una figlia illegittima le hai ordinato di venderla come schiava al mercato! Sei un mostro, mi fai solo schifo!- Gli sputai contro, ma non seppi mai se lo avevo centrato o no, perché un’energia sconosciuta mi catapultò al muro dall’altra parte della stanza e mi inchiodò là con la parete irregolare che premeva nella mia schiena. Un po’ più forte e mi avrebbe rotto molte ossa.
In un attimo di confusione non capii ciò che stava succedendo, ma sentii un brivido quando udii di nuovo la sua voce, carica di rabbia a stento trattenuta.
-Cos’è?- Lo provocai, riprendendo un po’ della mia solita spavalderia. –Non sei in grado di fare di meglio? Non riesci ad uccidermi?-
Lo vidi digrignare i denti, ma poi il suo volto si distese e riprese il controllo avvicinandosi a me, il suo amuleto d’ambra brillava appeso al suo collo.
-Siamo diversi Kira: tu vuoi uccidermi, ma non ci riesci, io invece non voglio farlo, anzi…-
Sentii il mio corpo perdere aderenza con la parete e mi resi conto di quanto prima mi fosse difficile respirare.
Presi a riempire i polmoni di aria accasciandomi un attimo per riprendermi.
Con la coda dell’occhio lo vidi abbassarsi alla mia altezza sedendosi sui talloni.
-Unisciti a me, vieni a palazzo… la tua abilità potrebbe tornarmi utile e tu non dovresti più essere considerata una bastarda, ti riconoscerei come figlia legittima.-
Lo guardai ad occhi sgranati.
-Mi potrai anche succedere al trono sposando il mio consigliere, , diventerai regina al suo fianco… ti alletta vero?- Mi sorrise complice, ma io continuavo a guardarlo ad occhi sgranati.
Dopo un lungo silenzio parlai. –Sei rincoglionito, vero?! Non lo farei mai, neanche lo desiderassi. Mai e poi mai vorrei che tu riconoscessi il nostro legame di sangue. Ho passato tutta la mia vita a rinnegarti e adesso pensi di farmi un favore riconoscendomi? Si vede che la vecchiaia è una brutta malatti…- Non riuscii a terminare la frase, perché una mano aveva afferrato la mia gola e mi aveva sollevato da terra lasciandomi a boccheggiare.
-Sei la finezza fatta persona. Si vede che ti hanno cresciuta persone dai sani principi…-
-Esatto!- Affermai con voce strozzata. – E dell’etichetta non me ne è mai fottuto molt…-
Kilgar strinse di più la presa.
-Non sono un’idiota Kira, so perché sei venuta qua. Anche se tu ed i tuoi collaboratori avete le cartine non riuscirete mai a trovare l’amuleto, è impossibile, la lingua dei morti non la conosce così bene nessuno da riuscire a decifrare in poco tempo le iscrizioni.-
Sorrisi sebbene stessi soffocando. –Sei proprio un presuntuoso, è tipico di te pensare che non esista nessuno più bravo di te in qualcosa. Credo di avere l’asso vincente stavolta.-
Kilgar portò indietro il braccio con cui mi teneva come se caricasse un tiro.
-Ah si?- Mi disse. Sorrideva, stranamente. –Allora facciamo una gara: Chi trova prima l’amuleto, vince!-
E poi mi lanciò. Tutto successe nel giro di pochi secondi: ero sollevata, perché potevo respirare, ma contemporaneamente ero disperata perché stavo volando letteralmente di sotto dal balcone di Sua Altissima Eccellenza degli Stronzi.
Mi raggomitolai in aria incapace di pensare all’impatto che sarebbe giunto di lì a poco.
Mi muovevo ad una velocità pazzesca, sicuramente nessuno sarebbe mai riuscito a fare una cosa simile… solo Lui.
Vidi il terreno avvicinarsi velocemente. Dubitavo che sarei sopravvissuta all’impatto.
Che pensare in quei pochi attimi? Al terreno lastricato e a cosa sennò?
Chiusi gli occhi, ma prima dell’impatto sentii la velocità ridursi notevolmente, ma il colpo fu comunque forte e doloroso. Divelsi e ruppi tutte le lastre di pietra con cui impattai mentre sfrecciavo sul suolo.
Dopo qualche metro mi fermai, ma rimasi completamente immobile.
Non dovevo avere un osso sano, tranne quello del collo, ovviamente.
Avevo fatto un bel fracasso, ma fortunatamente nessuno ci doveva aver fatto troppo caso.
Mi guardai intorno e notai che mi trovavo nella stessa piazza del mercato degli schiavi di quella mattina.
L’unica cosa positiva era che nessuno avrebbe notato qualche lastra rotta in più dopo la mia esibizione.
Debolmente presi a muovere un braccio per saggiarne la guarigione e pian piano presi ad alzarmi.
Ero sporca di polvere e parti del mio completo erano da sistemare.
Quando alzai gli occhi dai miei abiti mi bloccai in tensione.
Ero circondata da figure con lunghi mantelli neri.
-Rosa Nera!- Mi chiamò quello che avevo precisamente di fronte, mentre avanzava di un passo. –Siete colpevole dei crimini di ammutinamento e di non rispetto nelle nostre leggi. Per i vostri crimini la pena sarà la morte.-
Con orrore capii chi erano: il Consiglio dei Gran Maestri al completo.
Ancora dolorante mi misi in posizione di combattimento.
In contemporanea i Gran Maestri si tolsero i cappucci e riconobbi l’uomo di fronte a me come il Gran maestro Criniera Bianca.
I suoi capelli erano lunghi e candidi e la sua barba gli arrivava immacolata all’altezza della clavicola. Avevo sempre provato un gran rispetto nei suoi confronti, ma dopo tutto ciò che era successo, lo odiavo come tutti gli altri membri del Clan.
Stavo per dire qualcosa quando il Gran Maestro mi fermò.
-La pena sarà commutata se vi atterrete ad un nostro patto.-
Rimasi basita a quelle parole. Era una cosa mai successa prima, il Clan che voleva stringere un patto con una condannata a morte?
 -Per prima cosa, non mi chiamo più Rosa Nera, sono Kira Renly e non ho alcuna intenzione di tornare nella Famiglia se questa è la vostra proposta.-
Tutti i Gran Maestri risposero in modo atono un secco: -No.-
-Va bene… me ne bastava uno…-
-La nostra richiesta a che vedere solo con la vostra vita, non con il vostro esilio dalla Famiglia.-
Tacqui in attesa.
-Vi risparmieremo la vita a patto che portiate a termine la vostra ultima missione, quella in cui dovevate recuperare la lettera per il Re e uccidere l’emissario.-
Lo guardai circospetta, cosa intendeva dire? –Ma ormai la lettera è stata data al Re, è inutile che mi mandiate a recuperarla… e poi per quel tizio non temete, appena lo incontrerò lo ucciderò seduta stante.-
Il Gran Maestro Criniera Bianca fece cenno di no con la testa.
-Intendevo dire che dovete impedire ciò che la lettera ha fatto in modo che accada.-
Ed eccolo là il punto della situazione.
-Volete che impedisca a Kilgar di trovare l’Altare dell’Aldilà, se ho ben capito.-
-Si.- risposero in coro i Gran maestri.
- Non temete, lo troverò io per prima e lui…-
-L’equilibrio deve essere mantenuto.- Disse il Gran Maestro. –Poiché se trovasse l’Altare dell’Aldilà tutto sarebbe perduto.-
Sbuffai. –Anche se diventasse immortale la leggenda dice che può morire come un qualsiasi uomo, non sarebbe invincibile.-
-Non sai cosa in realtà nasconde l’Altare dell’Aldilà Kira Renly, può fare molto più che dare vita eterna, curare malattie - Poi mi parve che il suo sguardo si fosse fatto più attento.- e riportare indietro chi è già stato traghettato.-
Che sapesse?
-Ah, si?- Chiesi con finto disinteresse.-E cosa può fare di così pericoloso se l’immortalità di Kilgar non vi pare mostruosa?-
-L’Altare dell’Aldilà è uno dei più grandi segreti dell’antichità, è antico quanto la nascita del mondo stesso. Suppongo tu sappia che il Re è il più grande Occultista del regno.-
Annuii, mentre cercavo di capire dove volesse andare a parare.
-Studia la storia della nascita del nostro mondo dall’infanzia e ha scoperto cose molto… pericolose.-
Si zittì e io cominciai a perdere la pazienza. –E allora? Si è dedicato agli studi della storia del nostro mondo. Tutti la conoscono sebbene non in modo approfondito.-
Gli occhi del Gran Maestro parvero trafiggermi ed io aspettai che tornasse a parlare.
-Sicuramente non sai che il nostro mondo era in precedenza abitato da  Kramot e i suoi figli, suppongo.-
-Una favola, una mera leggenda.- Dissi, cominciando a dubitare delle mie stesse parole.
-Anche l’Altare dell’Aldilà.- Disse, facendomi sentire una stupida, poi riprese a parlare spiegando. –Il Kramot era una creatura demoniaca, come i suoi figli del resto, chiamato anche Titano. Si nutriva della vita stessa.
 Il mondo era una landa desolata, priva di vegetazione e di vita, un deserto di ghiaccio. È stato nel momento in cui il nostro mondo stava per autodistruggersi che gli Dei decisero di porre fine a tutto ciò e di cacciare il Kramot e la sua progenie in un’altra terra, dove magari la loro peculiarità sarebbe stata utile.-
-E dove li mandarono.-
-Nel posto dove le anime umane vengono portate dopo la morte per subire tribolazioni a causa della loro pessima condotta in vita: nel Putek.-
Alzai un sopracciglio. –E allora?-
-l’Altare dell’Aldilà non è solo ciò che la leggenda dice, è l’unica cosa che collega il mondo mortale con quello immortale, la realtà e l’Aldilà.-
Con orrore capii: era una sorta di porta. –Ma ciò come potrebbe giovare a Kilgar?-
-La leggenda dice che sull’Altare è impresso un sigillo nella lingua dei morti che permette a chi giunge in quel luogo, dopo il giusto rito, di poter rompere la parete sottile che divide i due mondi e di poter tenere a bada le creature che ne sono al di là.-
-Potrebbe controllare il Kramot e compagnia bella?-
Il Gran Maestro scosse la testa. –Non ci riuscirebbe, il sigillo non basta, quelle creature sono troppo affamate per essere tenute sotto controllo. Il Re vuole il potere e sarebbe un disastro se riuscisse a liberare quei demoni… oltretutto ha la presunzione di poterli governare e questo ci porterà tutti alla rovina.-
Ora capivo il problema.
-Se farò ciò che dite, non tenterete più di uccidermi?-
-Si, lo giuriamo.- Dissero all’unisono i Gran Maestri.
-Bene, Kilgar non si avvicinerà nemmeno all’Altare dell’Aldilà, , non glielo permetterò!-
-Il patto è stretto.- Dissero di nuovo tutti assieme e dopo un battito di ciglia i Gran Maestri erano già scomparsi.

-*-
Ed eccolo qua, piaciuto? Ve lo aspettavate? XD fatemelo sapere con un commentino se vi va.
Grazie a tutti <3 Davvero!

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Capitolo 14
*** Capitolo XIII- ***


Capitolo XIII
 
Ero appena tornata alla locanda e con tranquillità varcai la soglia della mia camera sicura di non trovare nessuno sveglio. La stanza era immersa nell’oscurità, fatta eccezione per una candela posta fra i due letti a ridosso della parete.
- Ben tornata Kira…- Udii la voce di Ain dall’angolo vicino la finestra, che aperta sulla strada. –Ci hai messo un sacco di tempo a tornare. -
La bambina si era poggiata con un gomito al davanzale e con lo sguardo mi trafiggeva come al solito, la testa era poggiata sul palmo della mano. -Sei turbata.- Disse, non avevo neanche aperto bocca.
Ancora ero scossa dall’incontro con Kilgar e la frustrazione e l’incazzatura erano lente a fluire via, senza contare l’incontro con il Consiglio dei Gran Maestri, ma comunque sorrisi. –Non ti si può nascondere niente, eh, ragazzina? – Quella si fece più attenta.
- Hai incontrato il Re? Hai preso le carte? - Mi chiese senza tanti preamboli.
- Sì e sì.- Risposi e la vidi sorridere nella penombra, soddisfatta.
-Perché lo conosci così bene?- Domandò inclinando il capo con curiosità.
La domanda mi colse alla sprovvista. –E cosa te lo fa dire? -
-Lo chiami sempre per nome. -
Non ne sbagliava una. –Lo conosco… abbastanza. -
Speravo di farla smettere con le domande e inizialmente pensavo di avercela fatta, ma ancora una volta mi spiazzò totalmente.
-Chi sei davvero Kira Renly?- Mi chiese con serietà e io ricambia il suo sguardo.
-Lo sai chi sono.- risposi.
-No. Chi sei Kira Renly? Quale è la tua storia? Prima di andare avanti in questa ricerca voglio capirlo, per quanto ne so, potresti essere d’accordo con chi ha fatto uccidere mio padre. -
La guardai più intensamente e con attenzione: se fossi stata al suo posto avrei avuto gli stessi identici dubbi, ma ciò non toglieva che non fossi affatto interessata a dirle tutto ciò che mi riguardava. Sospirai.
–Senti Ain, sono d’accordo con te sull’essere scrupolosa, ma perché dovrei dirti tutto della mia vita? Dovresti fidarti e basta. -
Calò un silenzio pesante, così denso da poterlo tagliare con un coltello e rimanemmo immobili a fissarci. Cosa le passava per la testa?
-Non c’entra tanto la fiducia… quanto il fatto che alla fine non so niente di te, mentre tu di me sai praticamente tutto, e poi sono un’accarezzata dalla  Benefattrice. Ho bisogno di sapere chi sei per aiutarti a seguire la via tracciata per te dalla dea Guida, e per farlo ho bisogno di conoscere il tuo passato. - Mi sorrise dolcemente ed io sgranai impercettibilmente gli occhi.
Parole simili mi erano già state rivolte prima.
Parlami del tuo passato affinché io possa conoscerti.
Il mio vecchio ne conosceva di frasi ad effetto…
Mi sedetti pesantemente e stancamente sul letto, con gli abiti lerci e rovinati. –Va bene, ma non è una storia divertente.- Forse proprio il ricordo di mio padre mi convinse alla possibilità di aprirmi con la ragazzina.
-Non vado matta per le storie comiche.- Disse solamente la bambina mentre si sedeva di fronte a me sull’altro letto con un sorriso stampato sulle labbra. Finalmente aveva ottenuto ciò che voleva: conoscere il mio passato.
-In cambio- Le proposi. –Mi dirai perché tua madre ha bisogno delle proprietà curative dell’Altare dell’Aldilà.-
Lei assentì, alzando e abbassando il capo con energia.
-Re Kilgar è mio padre.- Dissi senza tanti preamboli e la bambina spalancò la bocca per la sorpresa.
-Ma tuo padre non era morto?-
Mi accigliai.- E tu come lo sai?- le chiesi e la vidi subito arrossire per l’imbarazzo.
-L’ho sentito toccandoti il volto quando sembravi in punto di morte, ho percepito un amore perduto e più in profondità un altro amore perduto, sebbene non nello stesso senso del precedente. Erano immagini e sensazioni astratte, ma sono comunque riuscita ad interpretarle… hai perso molte persone a te care, ma loro due sono quelle a cui hai pensato più fortemente.-
Rimasi colpita dal suo dono e dal modo in cui lei riusciva ad usarlo, sicuramente era difficile da gestire.
-La perdita che hai sentito, quella più… recondita, è quella per il mio amato padre… in realtà era il mio padrone, ma il nostro rapporto era di molto superiore a quello fra serva e padrone.-
La bambina si fece molto più attenta.
-Sin da bambina ho sempre vissuto fra gli schiavi, non riuscivano mai a vendermi, perché il mio prezzo era troppo alto a causa del mio dono. All’età di 9 anni cominciarono a farmi combattere con animali selvatici come spettacolino nei bassifondi di Kurona.-
-Ma è terribile!- Disse la bambina indignata, sconvolta probabilmente per la sua ignoranza su l’argomento, sicuramente non era materiale per le favole delle piccole Lady.
Ripresi. -Un giorno uno scagnozzo del mio proprietario, ‘Lord’ – Sbuffai. - Toledi, attentò alla mia virtù, ma lo uccisi a mani nude strappandogli i coglio… non voglio scendere nei particolari, fatto sta che non mi fecero più combattere, mentre il mio prezzo saliva a vette inimmaginabili. Infondo a 9 anni avevo ucciso un uomo adulto a mani nude senza sforzo.
Passarono i mesi e il mio desiderio di andarmene da lì  era sempre più insistente.
Già in tenera età mi dissero chi erano i miei genitori e il mio sogno era che Kilgar cambiasse idea sul mio conto e mi riprendesse con lui… e che sposasse mia madre ovviamente, una serva, mi ero fatta un bel viaggio mentale.- Sospirai ripensando alle mie speranze distrutte. -Ad undici anni cominciarono a farmi combattere nei bassifondi con uomini con l’obiettivo di sopravvivere fino a sera.
Un giorno fui avvicinata a bordo arena da un uomo dall’aria gentile, gli Dei soli sanno quanto poco ero abituata alla gentilezza e così fui da subito sospettosa nei suoi confronti, vivevo grazie alla semplice regola del non fidarsi di nessuno.
Mi disse ‘Voglio comprarti, verrai via con me lontana da tutto questo, vuoi?’ A quei tempi lo guardai scettica, ma la speranza è sempre stata l’ultima a morire.
Gli risposi che se fosse riuscito a pagare il riscatto… perché no? Qualsiasi posto era migliore di quello. Ma non ci speravo troppo: la cifra era proibitiva.
Ancora mi ricordo esattamente le sue parole: ‘Voglio aiutarti. Voglio che tu sia libera.’-
Mi scappò un accenno di risata. -Lo guardai in modo ancora più scettico… così gli dissi. ‘Ah si? E perché mai? Nemmeno mi conosci.’-
Feci una pausa e sorrisi ricordando quel momento. –‘E che c’entra? Meriti la libertà come tutte le persone sotto schiavitù come te.’ Ero colpita, veramente! Perché fra tutti proprio me? Non riuscivo proprio a capirlo e tuttora stento a comprenderlo infatti la sua risposta fu piuttosto criptica. ‘Perché fra tutti sei quella che gli dei mi hanno portato ad incontrare. Forse hanno progetti più ampi al tuo riguardo.’ Quando se ne andò sperai davvero che tornasse per me.
Contro ogni logica una settimana dopo l’uomo venne al mercato mensile degli schiavi e mi portò via, sebbene Toledi fosse contrario alla mia vendita, gli fruttavo molto di più con i combattimenti e le scommesse.-
Lasciai calare un attimo il silenzio per vedere come Ain stesse reagendo alle mie parole: era tranquilla e aspettava con innaturale attenzione per una bambina di 10 anni che continuassi.
-Scoprii che l’uomo si chiamava Carl Renly e come lavoro stampava dei libri su commissione con enormi presse e per pagare il mio riscatto aveva dovuto venderne una al mercato nero, erano piuttosto rare e di inestimabile valore e perciò mi sentivo in grande obbligo nei suoi confronti, ma mi diede la possibilità di scelta. Mi disse che ero libera, potevo andare dove volevo, ‘ma avrei bisogno di un paio di braccia forti come le tue per aiutarmi nel mio lavoro.’ ed io decisi di rimanere… non che avessi molte alternative comunque.
Man mano che lo conoscevo sempre meglio capii che non ero la prima schiava che liberava. Un giorno gli chiesi con che criterio scegliesse le persone da liberare e lui mi rispose che erano gli dei a farglielo sapere… era molto credente.-
-Farglielo sapere?- Mi interruppe Ain. –Che fosse un indirizzato dalla dea Guida?-
-No, lo so per certo. Comunque passai gli anni migliori della mia vita con lui, proprio qua, a Kurona. Divenni come una figlia per lui sebbene fossi solo una serva su carta.
Dopo un paio di anni cominciarono i problemi. ‘Lord’ (era così che voleva che lo chiamassimo) Toledi desiderava riottenermi e tentò di ricomprarmi, ma mio padre rifiutò ogni volta, un giorno arrivarono anche a picchiarlo in un vicolo, ma lui continuava a rifiutare sebbene più volte gli avessi chiesto il permesso di risolvere la situazione con il mio dono da baciata dal Combattente, ma aveva sempre aborrito questo genere di cose. Se me ne avesse dato l’occasione la sua morte non sarebbe mai avvenuta.
Una sera, quando avevo 14 anni, Toledi ed i suoi vennero a prendermi per trascinarmi via con la forza, ma il mio vecchio si oppose protestando e lo fecero tacere squarciandogli il petto. L’ultima cosa che mi disse era di non fare loro del male in nome degli Dei, ma in preda alla collera non lo ascoltai e li uccisi tutti, poveracci, molti di loro non sapevano nemmeno che sono una baciata dal Combattente.
L’unica cosa che mi è rimasta di Carl Renly è questo monile religioso.- Estrassi dalla cintura il mio bene più prezioso, nonché portafortuna da cui non mi ero mai separata e lo mostrai ad Ain che lo prese delicatamente fra le mani: era un ciondolo finemente decorato, con una piccola rappresentazione della dea Guida, di un colore argento.
-Perché non hai fatto ciò che ti aveva detto tuo padre? Perché li hai uccisi comunque?- Mi chiese innocentemente.
Sospirai. –Negli anni passati con lui ho imparato a temere gli Dei e il loro giudizio, ad essere sincera sono andata contro uno degli insegnamenti più importanti di mio padre, talvolta mi sono pentita di ciò che ho fatto, perché da allora sento che il giudizio degli dei pende sulla mia testa e il giorno in cui morirò so che sarò giudicata per quella sera, ma non posso negare nel dire che preferisco mille volte la dannazione eterna che vedere quei mostri ancora in vita.-
La sentii sbuffare sonoramente. –Kira gli Dei non dannano, sono le decisioni che prendi da viva che lo fanno. Non finirai nel Putek se seguirai la via della redenzione, la via che la Dea Guida ha tracciato per te. La via che io ti indicherò, seguila e giungerai di fronte al Traghettatore pura!- Mi si era avvicinata e mi aveva fatto penzolare davanti gli occhi il ciondolo di mio padre. –Sei ancora in tempo, la dannazione te la stai solo imponendo… anche se devo ammettere- la vidi sorridere. –che stai facendo grandi progressi, mi basta non morire per dimostrartelo, giusto? Tanto ti ho fatto una promessa, te lo ricordi? Ma in cambio dovrai promettermi che non lo farai nemmeno tu.- Ora era seria. –Ho bisogno di te più di quanto tu creda, senza mia madre e mio padre gli unici che mi rimangono siete tu e Mettew... ok, ci includerò anche Neil.-
Scoppiai a ridere riafferrando il ciondolo. -Ne sarebbe felice.-
-Allora? Me lo prometti?-
La guardai con serietà. –Sai che non posso promettertelo…- sussurrai. Se la mia vita sarebbe servita per essere scambiata con quella di Conrad, non potevo prometterlo.
Vidi Ain abbassare il capo. -Ancora con questa storia del tuo amore perduto. È una pazzia Kira, non te lo permetterò.-
-Provaci Ain, ma non credo che riuscirai a fermarmi.-
-Tu non sai cosa posso o non posso riuscire a fare. Per cominciare sono qui eppure una settimana fa non lo avrei detto possibile.-
Tacque e il silenzio cadde pesante fra di noi.
-E tua madre, cos’ha che non va?-
-è in stato di coma da 6 anni. Tutti i medici e i benedetti dalla Curatrice hanno detto che solo gli Dei possono salvarla. Ed è per questo che mio padre si era accanito tanto nella ricerca dell’unica cosa che a quanto pare può salvare mia madre.
È afflitta da un rara malattia che la tiene sospesa fra vita e morte. Mio padre, il giorno prima della sua grande scoperta, ha promesso che se non fosse riuscito a trovare l’Altare dell’Aldilà l’avrebbe uccisa lui, ponendo fine ad ogni sua sofferenza. L’ho sentito mentre lo diceva a Mettew… poco prima di partire ho fatto la stessa promessa sul capezzale di mia madre. Devo trovare l’Altare dell’Aldilà, perché so che è l’unico modo per non dover fare la cosa che ripugno di più al mondo, anche se riconosco che sarebbe solo un bene per lei.- I suoi occhi viola brillavano alla luce della candela mentre mi guardava. – Era… è una benedetta dalla Curatrice, la più potente di tutte, sa curare ogni male! Salvare lei vuol dire salvare milioni di vite! Forse è questo quello per cui sono nata…- La vidi raddrizzarsi colta come da un’idea improvvisa.
-Kira! Ma non capisci? Non è questo!-
Alzai un sopracciglio, tutta l’atmosfera rovinata da una sua frase senza senso.
-Non capisci? Lo scopo nella mia vita è fare in modo che tu trovi il tuo, per tutti gli Dei! La via tracciata dalla Dea Guida per te consiste nell’aiutarmi a trovare l’Altare dell’Aldilà per permettermi di salvare mia madre!- Adesso sorrideva radiosa lasciandomi perplessa a riflettere.
-Quindi, secondo te, la via che la Dea Guida vuole che tu mi mostri è quella di permetterti di trovare l’Altare dell’Aldilà per salvare tua madre e di conseguenza milioni di vite?-
-Sì! E non quella di sperperare la tua vita per una persona ormai morta…- Mi si sedette di nuovo davanti. -Capisco quello che provi, farei di tutto per riportare qui mio padre, ma so che lui non sarebbe felice del mio peccato. Scommetto che anche il tuo amore perduto non approverebbe. –
Non aggiunsi altro sull’argomento, avevo molto su cui riflettere, la giornata era stata decisamente piena di eventi significativi. Sospirai stanzamente. –Dormi, domani ti aggiornerò su cosa ho scoperto.-
Mi stesi e mi voltai con la schiena verso Ain con il volto rivolto alla finestra e rimasi a fissare la fiammella della candela per moltissimo tempo, la vidi struggersi pian piano, mentre il respiro profondo della bambina mi rilassava.
Dopo quelle che dovevano essere state ore il sole sorse ed io ancora fissavo l’ammasso di cera fusa e nella mia testa giravano i pensieri più disparati.
*
Appena tutti furono svegli spiegai cosa era successo la notte prima e raccontai loro anche l’incontro con il Consiglio dei Gran Maestri.
-Quindi il tuo destino è anche quello di fermare la venuta del Kramot e della sua progenie…- Disse Ain con fare pensieroso.
Feci finta di non sentirla, non volevo tornare sui pesanti argomenti della notte precedente, avevamo cose più importanti da discutere.
-Queste- Ed estrassi le carte dalla cintura stendendole sul tavolo con cura. -Sono le piantine della Grande Cattedrale degli Dei e delle sue antiche cripte. Il nostro obiettivo è raggiungere quest'ultime, ma l’unico modo per farlo è passare dall’entrata principale come potete vedere.-
Con l’indice tracciai una via immaginaria dall’entrata principale fino all’arco che portava alle cripte. –Ma il problema è che pullula di guardie, perché ovviamente Kilgar sa che quel luogo è la chiave per trovare l’Altare dell’Aldilà, ma fortunatamente non conosce la lingua dei morti molto bene e quindi non riesce ad interpretare le iscrizioni che ricoprono le mura delle cripte…-
-Qua entro in scena io!- Disse la bambina con eccitazione. –Dovete riuscire a farmi entrare là sotto…-
-Frena la fantasia ragazzina.- Dissi io interrompendola. –Tu mi starai attaccata, ci andremo insieme là sotto.-
-Ho un’idea!- Disse d’improvviso Neil. –Noi tre ci introduciamo nella Grande Cattedrale degli Dei, mentre Mettew attirerà le guardie all’esterno con un diversivo.-
-Un diversivo?- Chiesi in tono scettico mentre alzavo un sopracciglio.- Quale diversivo?-
-Potrebbe usare il carro, che ne so… dargli fuoco davanti la Grande Cattedrale, infondo là si tiene anche un mercato di sera, con un po’ di fortuna appiccherà un  bel fuocherello.-
Annuii. –Bell’idea, così le guardie usciranno per aiutare a spegnere le fiamme ed a quel punto…-
-Dovremo solo occuparci di quelle a guardia delle cripte.- Sorridemmo entrambi guardandoci, per un attimo eravamo stati sulla stessa lunghezza d’onda.
-Ehm.- Fece Mettew schiarendosi la gola. – Qua nessuno si è premurato di chiedermi la mia opinione. Non sarà pericoloso? -
-Certo.- Risposi io senza tante riflessioni. –Ma scommetto che preferisci fare da esca che entrare e rischiare di farti scuoiare. -
-Ha perfettamente ragione.- Disse quello arrossendo.
-Appena avrai assolto il tuo compito ci aspetterai fuori città, non avrai difficoltà ad uscire da Kurona, non sei un ricercato, ti faranno varcare l’arco senza problemi. Se entro l’alba non ci vedi tornare dacci per morti… -
La tensione divenne palpabile.
-D’accordo, ma badate alla signorina Ain.-
-So badare a me stessa Mettew!- Disse con tono squillante la bambina e l’uomo sorrise sotto i baffi.
-Lo so signorina, lo so…-
Alla fine di quella piccola riunione decidemmo che io e Neil saremmo andati a fare un sopralluogo della Grande Cattedrale degli Dei apparendo come semplici fedeli.
Per l’occasione fui costretta ad indossare un abito lungo con una notevole scollatura e uno scialle per coprirmi le spalle. Dovevo interpretare la cortigiana del mio signore, Neil… tutta una sua idea, ovviamente.
-Mia signora!- Disse quello ridendo alla mia vista. –Sta d'incanto!-
-Taci, bastardo.- dissi, sfoderando il mio lato sensibile. –Mi sembra di essere una puttana vestita così.-
-Bhè… è più o meno l’effetto che volevo ottenere, anche se preferisco dire che sei la mia dama da compagnia.-
Lui indossava un completo elegante blu scuro e i suoi capelli erano stati acconciati in modo che fossero perfettamente tirati all’indietro, stava veramente bene.
-Io come sto?- Domandò come se mi avesse letto nel pensiero.
-Bene!- Cazzo, avevo risposto troppo velocemente. L’altro si accorse della mia reazione, ma non disse niente.
Arrivati di fronte alla cattedrale lo presi a braccetto e lui raddrizzò la schiena.
-Sono anni che non entro là, con un po’ di fortuna potremmo anche incontrare l’Oracolo.-
-Semmai…- gli ricordai. –Sarebbe una sfortuna, non credi? Capirebbe subito ciò che ci aspetta nel futuro e sicuramente non ciò che ci si aspetta da un nobile e dalla sua cortigiana!-
-Già,già… purtroppo!-
Gli tirai di nascosto una gomitata nelle costole.
Cominciammo a camminare, mentre l’altro storse solo la bocca per trattenere il dolore, salendo gli immensi gradini bianchi. Era l’unico edificio dai colori chiari e immacolati in tutta Kurona.
Le guardie ai lati dell’enorme porta ci guardarono appena, un cenno di saluto piuttosto distratto, probabilmente erano annoiati dai turni intorno alla Grande Cattedrale che imponevano loro. Erano in sei.
Entrammo all’interno dell’edificio ed io spalancai la bocca per la sorpresa.
Ero già stata là anni addietro, ma il luogo metteva sempre una certa soggezione.
La navata centrale era costituita da cinque doppie campate, definite da massicci pilastri circolari sui quali erano impostati gli archi a sesto acuto. Al di sopra delle navate laterali, più interne, si trovava il matroneo (Nda: un balcone o un loggiato posto all'interno di un edificio e originariamente destinato ad accogliere le donne, la parola deriva appunto da "matrona"), schermato da eleganti trifore e sormontato da ampie bifore, una per ogni campata, che davano luce all'interno. La copertura era costituita da volte a crocera esapartite da eleganti costoloni.
Il tutto di un bianco marmoreo, tranne che per i vetri delle bifore, delle trifore e del rosone, presente sulla facciata principale: la luce che filtrava tramite queste strutture proiettava sulle pareti, sui pilastri e sui pavimenti immacolati, quadri dai colori vivi e splendidi, un vero spettacolo.
Le dimensioni di tutta la Cattedrale degli Dei erano colossali.
-è una vera meraviglia…- Si lasciò sfuggire Neil in un sussurro.
-Vero…- Gli risposi io, senza nemmeno accorgermene.
Continuammo ad avanzare  cercando di non farci mettere in soggezione dalla bellezza di quel posto. In pieno giorno era nel suo momento più bello.
Sul fondo della Grande Cattedrale era posta una statua raffigurante ogni Dio e i più importanti, il Traghettatore e la Guida, erano al centro.
-Credo che sia quella l’entrata per le cripte.- Disse d’improvviso Neil facendo un cenno verso destra dietro le statue degli Dei.
Osservai con attenzione: delle guardie osservavano i presenti con fare guardingo, erano molto più attente di quelle all’esterno.
Il vestiario di quelle guardie era diverso, avevano il volto coperto, non le avevo mai viste vestite così, ma non vi erano dubbi che fossero state assoldate dal Re, avevano il suo stemma sul petto.
-Sì…- Gli dissi avvicinandomi a lui per la paura di essere sentita. –Tu sei un uomo, avrai più libertà, fai un giro della navata e poi torna qua, ti aspetterò davanti alla statua del Combattente.-
L’altro assentì e così ci dividemmo.
Molte persone erano accovacciate alla base di diverse statue: chi sotto quella del Traghettatore, chi della Benefattrice, ma la maggioranza erano ad invocare il nome della Dea Guida.
Giunta di fronte la statua del Combattente accesi un cero in suo onore e rimasi lì ad osservare le sue fattezze: maschili, era rappresentato nel gesto di sguainare la propria spada presente sul fianco destro.
Lo osservai a lungo e poi strinsi il monile che portavo al collo, per l’occasione avevo deciso che fosse giusto che indossassi il ciondolo di mio padre.
Lui credeva in quelle strane raffigurazioni e quando ne parlava si poteva sentire la fede che traboccava dal suo animo. Molte persone se ne andarono e la base della statua della Dea Guida era stranamente vuota, mi avvicinai.
Accesi un cero in suo onore, ma non vi sostai a lungo, perché la mia attenzione fu attirata dalla statua rappresentante il Traghettatore.
Le sue fattezze non erano ben definite, con una mano teneva una clessidra e l’altra, vuota, col pugno chiuso.
-Si dice che il suo pugno chiuso indichi la fine di ogni cosa.- Disse una voce alle mie spalle ed io mi girai per identificarla.
Un uomo con indosso una tonaca da sacerdote mi guardava con serietà e notai che il suo sguardo si fermò sul monile al mio collo.
-Ti sta aspettando.- Mi disse guardandomi negli occhi.
-Chi?- Chiesi con circospezione.
-L’Oracolo, l’unica indirizzata dalla Dea Guida esistente su questa terra.-



 
 
 
 
 
 
​Editato, l'inizio non mi convinceva! Se avete dubbi vi prego di espormeli e se notate errori perfavore indicatemeli, grazie infinite :))
 

ps: se non riuscite ad immaginarvi la Grande Cattedrale cercate le immagini degli interni di Notre Dame, è in quel modo, ma solo mooolto più chiara. 

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Capitolo 15
*** Capitolo XIV- ***


Capitolo XIV
 
Seguii il sacerdote su una rampa di scale illuminate da torce, era una gradinata priva di qualsiasi illuminazione esterna.
-è piuttosto buio qua…- Dissi, tanto per fare.
-All’Oracolo non piace la luce del sole, i suoi occhi e la sua pelle non la sopporterebbero.-
Lo guardai aprire un pesante portone, decorato finemente con quelle che sembravano lettere di chissà quale lingua, linee che si mescolavano tra loro come se avessero più significati a seconda della lettura, un grande ammasso di simboli elegantemente vergati in rilievo.
-è la lingua dei morti, ma il significato è andato perduto nei secoli.- Mi disse l’altro, avendo notato che cosa osservavo.
Con il braccio proteso mi invitò ad entrare e io varcai la soglia piuttosto incuriosita.
Il portone fu chiuso alle mie spalle, ero apparentemente sola nella stanza, l’uomo era rimasto fuori.
La camera era circolare con strani motivi della stessa forma sul pavimento, feci un passo avanti con circospezione e data la presenza di un soffitto alto l’eco del mio passo fu incredibilmente rumoroso. L’illuminazione era tenue, quasi penombra, tranne al centro della stanza dove una fiamma azzurra riluceva all’interno  di quella che sembrava un’enorme bolla a circa quattro metri da terra e proiettava sul pavimento sottostante un cerchio di luce azzurra e rilassante.
Una risata mi colse di sorpresa e mi voltai per vedere chi aveva riso, ma non c’era nessuno.
-Che lo Sconosciuto ti protegga Kira Renly. Non sei come mi immaginavo, ti credevo diversa... con indosso abiti meno femminili.-
Tornai a guardare dentro il tenue cono di luce e una ragazza dall’aspetto insolito mi osservava da là con viva curiosità: aveva capelli bianchi e lunghi che le ricadevano morbidamente sulle spalle fino a giungerle all’altezza del gracile gomito, era avvolta in un casto abito azzurro pastello, o bianco, era difficile capirlo data la luce azzurra, e la sua pelle pareva di un rosa tenue, ma più di tutto i suoi occhi di un colore innaturale mi colpirono.
L’iride era di un bianco perlato, ma si distingueva dal resto della pupilla grazie ad una sottile linea nera che la disegnava e la pupilla sembrava quasi stonare in tutto quel candore.
-Mi spiace di non aver soddisfatto le sue esigenze.- Le dissi, piuttosto scocciata e in modo ironico. La mia voce rimbombava nella stanza mentre la voce dell’Oracolo non era affatto storpiata.
Quella rise ponendo con grazia una mano di fronte alla bocca.
-Tuo padre non avrebbe mai approvato che tu mi paralassi così.-
Non sapevo perché ma ero sicura che si riferisse a Carl Renly.-L’ha conosciuto?!- chiesi con sorpresa.
-L’ho conosciuto prima di te, Kira Renly, quell’amuleto che porti appartiene ai miei adepti che seguono il mio volere… che è anche quello degli Dei.-
-Spieghi meglio e poi mi dica perché hai voluto che la incontrassi.-
Improvvisamente me la ritrovai ad un palmo di distanza, i nostri volti vicinissimi.
I suoi occhi si sgranarono e per un attimo mi parve una folle, ma mi trattenni dall’arretrare. L’Oracolo inclinò il capo. –Io vedo e sento tutto Kira Renly, tuo padre credeva in me come gli altri miei figli. Sono la mia mano su questo mondo corrotto.-
-Non capisco cosa intende, non capisco una parola.- sussurrai, per diminuire l’effetto dell’eco.
Quella mi sorrise e in quell’esatto momento mi chiesi come facesse a non battere mai le palpebre.
-Io parlo in vece degli Dei, la Dea Guida mi ha donato il potere di vedere il destino di ogni essere umano, il destino che gli dei hanno deciso per i mortali.-
-Vede nel futuro?- Chiesi, cominciando a temere le sue risposte e ricordando le voci che circolavano sul suo conto.
Quella scosse la testa senza smettere di fissarmi. –No, il libero arbitrio è una regola tassativa imposta da tempo immemore, io vedo ciò che una persona è destinata a compiere se segue la strada giusta. La meta può essere calore, ma anche ghiaccio.-
-Cosa c’entra mio padre?- sorrise di più alle mie parole e la vidi sparire per poi ricomparirmi  di fianco mentre guardava avanti a se.
-Tuo padre era uno dei miei figli. Quando vedo che una persona dal grande destino non segue la sua via, faccio in modo che i miei figli correggano questo errore del fato e aiutino i prescelti.-
-Ma non ci sono gli accarezzati dalla Benefattrice per questo?-
-Si, ma a volte hanno bisogno che qualcuno li aiuti a trovare chi devono aiutare.- La vidi ridere per il suo gioco di parole nascondendo di nuovo il riso con la mano.
-Quindi era questo il criterio che usava mio padre per liberare gli schiavi, lei ha visto in me qualcosa che non poteva essere sprecato nell’arene sudice dei bassifondi di Kurona?-
La ragazza mi prese a braccetto e cominciò a farmi camminare in tondo seguendo la circonferenza della stanza.
-Si.- mi rispose dopo un lungo silenzio. –Ma quello che non sai è che il tuo destino è il più grande, tu dovrai salvare questa terra.-
-Lo so, devo fermare Re Kilgar che non dovrà aprire il portale che collega l’Aldilà a noi.-  La vidi scuotere la testa alle mie parole.
-è vero, ma tu hai più di una missione da svolgere Kira Renly.- La vidi voltarsi dall’altra parte e cominciare a camminare come se fosse sovrappensiero. –Il dono che possiedo è preziosissimo, ma a volte è una lama a doppio taglio. Non posso interferire direttamente con gli eventi, agendo. Posso solo guardare le persone che compiono o no il loro destino, non posso interferire.- Si voltò verso di me con urgenza. -Quello che sto per dirti non è molto e ti sarà tutto chiaro solo quando ti si presenteranno i fatti alla vista, ascolta: Kilgar è il minore dei due mali, chi è al potere non è lui, c’è il male che lo sovrasta e che lo comanda, ho visto sangue rosso sgorgare dal palmo di una mano, ma non era quella del Re, il rito verrà completato e solo tu puoi fermare l’apocalisse, il sangue deve cadere sul suolo santo per fermare il grande peccato da cui non si può tornare indietro!- I suoi occhi brillavano.
Rimasi per un attimo interdetta, le mie rotelle nel cervello stavano lavorando. -Ma tu adesso stai agendo, mi hai detto cose che mi aspettano nel mio destino.-
-Si e per questo pagherò il mio peccato contro gli Dei.-
-Cosa vuole dire?-
-Il mio dono è un’arma a doppio taglio, ho visto la mia morte.- Mi sorrise come se quello che aveva appena detto non fosse nulla di che.
-Ma… ci deve essere un modo per impedirlo!- Ero shockata, alla base della religione del culto politeista c’era l’Oracolo della Grande Cattedrale degli Dei.
Quella scosse la testa. –Ho visto il mio destino e se la dea Guida me l’ha mostrato è mio compito assolverlo.-
-Si ucciderà?!- ero incredula.
-No. Morirò per altra mano, ma questo non deve turbarti, non influirà sulla strada tracciata per te. Ricorda le mie parole Kira Renly, spero che possano esserti di aiuto nella tua missione.-
Tacemmo un attimo e il silenzio cadde lieve, sebbene nella mia testa fosse in atto la riflessione sulle parole dell’altra.
La sentii irrigidirsi al mio fianco.
-Io vedo e sento tutto Kira Renly, c’è qualcuno di importante che vuole assolutamente conoscerti, ha un messaggio per te e io sono l’unica tramite cui può fartelo avere.-
Sentii una delle sue fresche dita poggiarsi sulla mia tempia, non mi ritrassi grazie a chissà quale forza.
Vieni.
Trasalii al sentire una voce di bambina nella mia testa, una voce che già conoscevo, era una sensazione così strana.
-Ti sta chiamando, senti?-
Ero letteralmente agghiacciata da tutto questo.
Ne avevo le tasche piene di tutti quegli ingarbugliamenti. –Bhè, che venga lei, chiunque sia. Adesso io dovrei tornare nella navata principale se non le dispiace.- Accennai un inchino e tornai sui miei passi per uscire dalla stanza.-
-Addio Kira Renly, che la dea Guida illumini il tuo cammino,questa è l’ultima volta che ci vedremo.-
Mi voltai appena varcata la soglia, per rispondere al saluto, ma il portone era già sigillato dietro di me.
                                                                                                 ---
Giunta ai piedi della statua del Combattente vi trovai un irritato Neil incapace di star fermo e che alla mia vista aveva dato in escandescenza senza esagerare con il tono di voce, eravamo comunque in un luogo Santo.
-Potevi essere nei guai per quanto ne sapessi! Sei sparita, un attimo c’eri… e l’attimo dopo non c’eri più! Stavo per dare di matto! Sei… sei… umpf!- Lo vidi sbuffare.
Non vedevo il motivo di tanta agitazione. –Non ti preoccupare, sono qui adesso.-
Quello mi mandò uno sguardo infuocato e mi precedette di alcuni passi per tutto il tragitto, finchè, lontani dalla Grande Cattedrale degli Dei, non fui stanca del suo mutismo.
-La vuoi smettere?-
-Di far cosa?- Mi chiese lui, come se non fosse palese.
-Di mettere il broncio come i bambini, mi vuoi spiegare il motivo? Così di punto in bianco ti sei…-
-Tu mi escludi sempre!- Mi disse con frettolosa necessità. –Voglio esserti di aiuto, ma alla fine fai sempre tutto per i fatti tuoi!-
Incrociai le braccia sollevando un sopracciglio. –Sinceramente, non capisco perché sarei obbligata a farmi aiutare da te, non è vero che non mi faccio aiutare… per esempio stasera combatterai al mio fianco no?- proprio non capivo.
-Ecco il punto! Tu vuoi sempre fare tutto da sola e a volte hai bisogno di altre persone!-
-E allora?!- Non capivo, non ci arrivavo
Secondo me era impazzito.
-Non mi pare di essere stato inutile per entrare in città, potresti includermi anche nelle altre faccende.-
Che soffrisse di un qualche complesso di abbandono? -Frena. Mi vuoi dire che ti senti… trascurato? Inutile?-
Quello arrossì vistosamente, ma si riprese subito avvicinandosi. –Non-hai-capito-niente!- Scandì.
 Spalancai la bocca, oltraggiata.-Ascoltami bene bamboccio militare!- E cominciai a pungolarlo con il dito sul petto. -Perché dovrei portarmi dietro uno come te? Uno che non ho nemmeno mai visto maneggiare la spada? Uno che a fatica conosco?-
Cadde il silenzio per qualche secondo, la strada era fortunatamente deserta.
-Non è colpa mia se tu non mi conosci, perché io, invece, ho imparato a conoscerti.- Aveva appena alzato la voce.
-Ah si?- Chiesi scettica. –Ma davvero?-
-So che vuoi trovare l’Altare dell’Aldilà per riportare alla vita una persona a te molto cara, il tuo uomo per farla breve!- aveva un atteggiamento un tantino troppo ostile, come se si fosse trattenuto sino a quel momento.
-Tsk!- Era ovvio che lo sapesse, c’era anche lui nella radura quando l’avevo gridato ad Ain.
-Ma non è solo quello il motivo, tu vuoi aiutare anche la bambina, moriresti piuttosto che deluderla.  So che vuoi mantenere la facciata di granito che ti sei creata, ma con me non attacca.
So che combattere è per te una questione di vita e hai una tendenza particolare all’autolesionismo a causa del tuo dono… che a parer mio usi in modo del tutto inappropriato, non puoi scherzare sulla tua salut...-
Lo fermai con un gesto della mano.
-Cosa vuoi da me Neil, tuo fratello l’hai trovato no?-
-Voglio impedire che ti succeda qualcosa di veramente brutto, voglio esserci quando ti trovi nei guai… voglio solo il tuo bene!- Nella sua voce percepii una nota di frustrazione.  Poi lo vidi calmarsi e lo sentii sospirare stancamente. –Ho visto stamani i tuoi vestiti… erano laceri. Nel racconto di stamani hai ovviamente omesso la parte in cui hai rischiato l’osso del collo! C’erano evidenti segni di combattimento e delle ferite terribili che hai ricevuto, ma questo tuo corpo non ti permette di avere nemmeno un livido.-
-Lo rischio sempre e ritengo il mio dono una cosa grandiosa sinceramente.- Ero turbata dal suo comportamento. –Le tue parole non hanno niente di razionale.- Che fosse andato veramente fuori di senno? Si stava preoccupando per me, una ragazza che non conosceva nemmeno da una settimana?
Con stanchezza poggiò una mano sulla mia spalla e con gli occhi chiusi andò a toccare con la sua fronte la mia. Un fremito mi percorse e in un primo momento avrei voluto scostarmi, ma una voce nella mia testa mi impediva di farlo. Il cuore batteva forte, era tanto che non batteva così.
-Secondo me il tuo dono ti rende troppo imprudente… ti farai ammazzare un giorno.- Era come se non fossi lì ed esprimesse solamente un suo pensiero ricorrente, poi riprese parlandomi direttamente. - Sono preoccupato per te, questo è quello che sento e se per te non èrazionale, sinceramente non mi interessa.- Vedevo le sue ciglia ferme, non capivo se i suoi occhi fossero aperti o sempre chiusi.
Chiesi in un sussurro, con un tono  di voce volutamente controllato. –E a chi interesserebbe se mi succedesse qualcosa?-
-Ad Ain.- Rispose sorprendendomi. –E a me.- concluse con un sussurro per poi allontanarsi e tornare a dirigersi verso la locanda lasciandomi di sasso ad osservare la sua schiena, con la dolorosa assenza del calore della sua mano sulla mia spalla.
Mille sensazioni mi avvolsero e alla fine presi con delicatezza la testa fra le mani incapace di analizzare sensazioni e pensieri anche se erano piuttosto chiari, un conflitto interiore si stava facendo sempre più strada in me. Chiusi per un attimo gli occhi per poi riaprirli con determinazione.
-Mi spiace Conrad, non vacillerò mai più.- E dopo averlo sussurrato mi pervase una grande tristezza, non dovuta al rimorso di aver per un attimo perso di vista il mio obiettivo, era più simile alla delusione di una chance persa.
Quando finalmente raggiunsi la locanda entrai nella mia stanza e vi trovai Ain che osservava il mercatino che si teneva nella strada che dava sul retro del locale.
Stava sbuffando. –Kira… mi ci porti?-
-No.-
Già ero scocciata di mio anche quella cosa proprio non avevo voglia di gestirla.
-Solo un giretto, veloce veloce!-
-No.-
-Perp…-
-Ho detto no Ain, chiedilo a Mettew o a quell’altro.- Le dissi con stizza.
-Come sei acida!- Mi disse quella sfacciatamente. –Hai litigato con Neil? Perché lo tratti sempre male?-
La guardai a bocca aperta. –Io non tratto mai male nessuno!-
Ain alzò un sopracciglio con fare ironico. Sembrava di guardarmi allo specchio.
-Convinta tu, comunque potresti anche dargliela una chance, non ti piace di aspetto? Perché sinceramente a me non sembra mal..-
Le tappai la bocca con la mano destra e la guardai dritta negli occhi. –Mi fa senso parlare con te di queste cose. Non mi fa nessun effetto se proprio vuoi saperlo, quindi taci.-
L’altra annuì ricambiando lo sguardo, quando tolsi la mano la vidi però sorridere.
–Sinceramente, credo che tu stia mentendo in modo piuttosto spudorato, come se tu non sapessi che posso capire quando mi dici baggianate, col contatto fisico poi riesco a percepire anche le tue sensazioni… ti è indifferente. Ceeerto.-
Non le saltai addosso solo perché la porta venne spalancata all’improvviso e mostrò un sorridente Neil, cambiato in abiti da cittadino, e un tranquillo Mettew alle sue spalle.
-Chi vuole venire al mercato che c’è qui sotto?- Gridò il Soldatino.
-Io!- Rispose la ragazzina, che corse verso la porta sfuggendo dalle mie grinfie.
-Tu… non vieni?- Mi chiese l’altro. –Sembra carino.-
-No, qualcuno dovrà rimanere a preparare l’occorrente per stasera.-
-Lascia perdere, Neil.- Disse Ainitha  trascinandolo giù per le scale e sparendo alla mia vista. –è acida oggi!- La sentii gridare mentre scendevano.
Avrei voluto troncarle il suo tenero collo, ma contemporaneamente non potei fare a meno di mettermi a ridere.
Mettew rimase con me a sistemare i bagagli che lui avrebbe portato fuori città.
-Tiene molto a lei. La signorina intendo.- Mi disse ad un tratto Mettew.
Grugnii in risposta, che voleva che gli dicessi? Che tenevo anche io alla mocciosetta?
-Non vorrei si affezionasse troppo.- Dissi invece sorprendendomi da sola. –Voglio dire… oggi ci sono, magari domani potrei non esserci.-
Quando alzai lo sguardo vidi l’uomo fissarmi con uno strano sguardo.
-Sappiamo benissimo entrambi che se succede qualcosa di brutto a lei succederà anche a noi. Dipendiamo dalla sua forza ed esperienza, veda cortesemente di non fare pazzie, l’abbiamo assunta per essere capace di difendere Ainitha…-
-Non ho alcuna intenzione di morire prima di aver assolto il mio compito se questo ti preoccupa, ma magari… quando tutto starà per finire, potrei non.- Non terminai, perché Mettew scosse la testa.
-Lei ha sempre intenzione di sacrificare la sua vita per quella persona giusto?-
-Oh Mettew, non ti si può nascondere niente.-
-Non mi prenda in giro… non sarò coraggioso, né tanto meno valoroso, ma non sono affatto uno stupido. Mi interessa solo il bene della signorina e so per certo che se lei venisse meno ne rimarrebbe terribilmente afflitta, si sta comportando come una bambina se mi è permesso dirlo.- Ero colpita dalle sue parole, perché mai riportare una persona cara in vita è una cosa egoistica?
-E perché lo sarei?!- Chiesi, giustamente.
-Perché non lascia riposare l’anima di una persona morta, le basta sapere che è in vita sebbene lei ci rimetta la sua anima, quella persona sarà viva dopo aver attraversato la morte, che è una cosa già abbastanza dura, e in più senza di lei, le sembra una cosa giusta?!-
-Non la vedo in questo modo, Conrad, è questo il suo nome, si è sacrificato per me. Averlo perso è stato terribile, sapere che l’equilibrio verrà ristabilito con me morta e lui vivo mi sembra una cosa fantastica. Tu non puoi capire…-
-Oh, si che posso. Ho perso mia moglie nell’assalto alla villa in cui è morto anche il signor Vannifter… ho perso un grande amico e l’amore della mia vita. La posso capire alla perfezione, ma mai e poi mai richiamerei una di quelle due persone dalla morte per poi renderle anime in pena su questa terra! La signorina ha più senno di lei!-                              
Forse era vero, probabilmente stavo solo pensando a me stessa.
-Ma lui era l’unico che mi capisse sul serio, sto andando avanti solo perché ho questa speranza che possa tornare a vivere la sua vita. Mi sento… non sola, ma come se mi mancasse qualcosa.-
-Non crede che anche lui poi si sentirebbe solo? Anzi: come se gli mancasse qualcosa?-
In effetti non ci avevo pensato e se poi anche Conrad si sentisse come mi sento io?
-Bhè. Saperlo vivo mi basta.-
-Saperlo vivo ed infelice le dà gioia?-
-Quando si è sacrificato per me lui non si è dato tante pene!- Ribattei.
-Quindi lo fa per ripicca?- Mi chiese quello lasciandomi di sasso.
-No! È un idiozia quello che hai detto. Intendevo dire che lui ha fatto questo per me senza tante remore, perché dovrei averne io?-
La verità? Di remore cominciavo ad averne  e molte.
-Io… non so più cosa fare, ad essere sincera. Tutti mi dite che è una cosa terribile, ma è la cosa che voglio fare di più al mondo… è così sbagliato?- In quel momento mi scoprii vulnerabile, troppo per i miei gusti.
Mettew mi si avvicinò e mi poggiò una mano sulla spalla e con un sorriso bonario mi disse qualcosa che rimarrà impresso in me finchè vivrò.
-Se ciò che si fa è per le persone che si amano non è mai sbagliato, ma delle volte dobbiamo fare il contrario di quello che vorremmo, perché se in principio può sembrare la cosa più giusta del mondo un attimo dopo potremmo renderci conto che è lo sbaglio più grosso della nostra vita e a quel punto non potremmo mai ritornare indietro. Pensa: cosa le direbbe Conrad se le potesse parlare? Approverebbe la sua scelta? La risposta è impressa nella sua testa Kira Renly, basta che le dia il giusto peso.-     
 
-*-
eccolooooooo!!!! :D spero sia piaciuto a tutti quelli che l'hanno letto! Ringrazio le mie due recensiste che nonostante gli impegni trovano il tempo di leggere la mia storia! Non finirò mai di ringraziarvi La Sposa di Ade e Julia98 <3
Baci

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Capitolo 16
*** Capitolo XV- ***


Capitolo XV
 
Era sera ed ero appostata dietro una delle colonne all’esterno dell’edificio con Ainitha, vicino all’entrata della Grande Cattedrale degli Dei. Indossavo abiti comodi a cui non ero abituata dato che i miei erano andati a farsi benedire. Nemmeno Mettew era riuscito a rammendarli.
Indossavo anche un corpetto creato su misura per me in passato dal Clan: sulla parte posteriore, su cui vi erano gli appositi foderi, avevo assicurato  quattro daghe corte estraibili facilmente. Sulla coscia destra il mio fido pugnale appena affilato stava quieto in attesa di essere brandito e nella manica sinistra avevo nascosto un Karambit. La bambina indossava i semplici abiti da ragazzo che aveva sempre indossato da quando glielo avevo imposto e assicurato alla sua cintura aveva un piccolo pugnale che per la forma poteva essere scambiato per una spada in miniatura.
Attendevamo il segnale di Neil e nell’attesa io osservavo l’arrivo lento di Mettew con il carro al centro della piazza, gremita di persone per il mercato serale. Non sembrava, ma il mezzo era stato riempito di paglia, rametti secchi e canne verdi così che prendesse fuoco il più in fretta possibile e generasse molto fumo.
Vidi Mettew fermarsi  a poca distanza da una bancarella di stoffe, ottima scelta, e accingersi ad accendersi con disinvoltura la pipa con fiammifero che poi avrebbe fatto accidentalmente cadere all’interno del carro.
-Non si faranno del male?- Sentii Ain chiedermi in un sussurro e mi voltai a guardarla.
- Può darsi.- Le dissi solo, non avevo intenzione di cambiare piano proprio mentre stava per essere messo in atto.
-Ma… sono tutti così allegri a girare per quelle bancarelle, sono i pochi momenti in cui possono svagarsi sotto la tirannia di Kilgar, è l’unico giorno in cui il coprifuoco è prolungato.- Nella penombra vidi la sua faccetta intristirsi e io le posi una mano sul capo.
-Diciamo che le cose si metterebbero peggio se non troviamo l’Altare dell’Aldilà per prime, no?- Quella mi guardò rivolgendomi un timido sorriso, annuì.
-Al fuoco!- Sentii gridare da Neil.
Estrassi il Karambit impugnandolo con la presa tradizionale, inserii l’indice nell’anello alla fine dell’arma, impugnandola in modo che la lama si protendesse dalla porzione inferiore del palmo.
Osservai le guardie che si erano fatte più attente e che si domandavano il motivo di quel trambusto.
D’improvviso arrivò un trafelato Neil. –Presto! Al fuoco, venite ad aiutarci!-
L’incendio aveva cominciato a divampare e ad estendersi come una macchia d’olio.
Le guardie corsero a dare una mano, ma una rimase indietro ad osservare Neil in modo strano.
-Non ci siamo già visti?- Gli chiese con spiccata confusione.
-Non credo proprio Sir.- Gli rispose l’altro con fare ossequioso e accennando un inchino con fare goffo. Che bravo attore.
 –Sono solo un umile… pecoraio, venuto a vendere la propria lana, che probabilmente starà andando a fuoco proprio adesso!- e con finta agitazione indicò le fiamme.
-Da quando i pecorai portano al fianco una spada?-
Calò il silenzio.
-Ma certo! Eravamo nello stesso plotone di addestramento! Sei il disertore Neil Leorn!- Il volto di Neil divenne una maschera pallida mentre l’altro si accingeva a richiamare indietro i compagni.
Non potevo permettere che lo facesse.
Mi avvicinai alle sue spalle con rapide falcate e nascosta nella penombra recisi il suo collo passando con rapidità il braccio sopra alla sua spalla.
Il corpo cadde dopo un gorgoglio e un fiotto di sangue e io lo afferrai prima che toccasse terra  per poi trascinarlo dietro all’enorme colonna che era servita da nascondiglio per Ain e me.
-Con questo trambusto nessuno se ne accorgerà.- Dissi a mò di spiegazione ed aprii il portone il tanto che bastava per far passare una persona.
-Presto!- Intimai ad un sempre scosso Neil e ad una imbambolata Ain, che ancora non si capacitava della scia di morti che avremmo lasciato.
Appena entrati chiusi il portone alle nostre spalle e i rumori sparirono come se non vi fossero mai stati, il silenzio regnava su quel luogo santo.
L’unica illuminazione presente era quella lunare, che filtrava tramite le bellissime finestre.
In lontananza, dietro alle statue degli Dei, che apparivano nere in quel momento, riuscivo ad intravedere la luce di alcune torce e il profilo di sagome scure.
-Adesso non fiatate e muovetevi con cautela, l’eco dei nostri passi potrebbe essere udibile fino a laggiù.-
Dovevamo solo sbarazzarci delle guardie poste all’entrata della cripta, così da poter finalmente cercare di raggiungere l’amuleto.
Arrivammo dal lato sinistro, così da non poter essere visti e ci nascondemmo dietro l’enorme statua del Profanatore.
Con attenzione guardai le figure a guardia delle cripte senza farmi notare: erano tre, come quella mattina, sembrava che non si fossero mosse di un millimetro dall’ultima volta che le avevo viste. Erano immobili, un’immobilità quasi artificiale, come se fossero delle statue. Le maschere che coprivano i loro volti erano inquietanti alla tremula luce delle torce.
Tornai a rivolgermi verso gli altri due che erano accucciati insieme a me ed erano in attesa di una mia istruzione. –Ragazzina, tu starai attaccata a me, la cosa migliore è sorprenderli perciò… Neil ti occuperai di quello a sinistra ed io vedrò di occuparmi degli altri due, appena hai finito con quello vieni a darmi una mano… a meno che non finisca prima io, in quel caso verrò io a darti una mano.- Sorrisi prendendomi gioco di lui, ma non ebbi il tempo di sentire la sua risposta perché un enorme mano inguantata stava per afferrarlo senza che lui se ne accorgesse, vidi la stessa espressione di sorpresa sulla faccia dell’altro, che osservava un punto indefinito sulla mia spalla. Stavo per voltarmi quando mi sentii afferrare per la gola.
In pochi secondi sentii l’aria mancarmi nei polmoni e la terra sparire sotto i piedi. Con un braccio solo una delle guardie mi aveva sollevato da terra e con dolore mi sbattè contro la statua del profanatore il cui piedistallo si ruppe sotto la potenza del colpo.
Sentii l’aria tornarmi nei polmoni quando l’essere che avevo davanti –non poteva essere umano- mi lasciò andare ed io toccai il pavimento sulle ginocchia. Portai una mano alla gola e feci dei respiri profondi tossicchiando di rimando. Che forza possedeva quel… coso?
Alzai lo sguardo appena in tempo per schivare un suo attacco dall’alto, rotolai di lato mentre una potente martellata raggiungeva il pavimento distruggendolo nel punto di impatto. Mi avrebbe sfracellato il cranio se mi avesse presa.
Estrassi con rapidità le daghe che portavo sul dorso e mi rialzai ponendomi in posizione di attacco. Era veloce e non mi diede nemmeno il tempo di riprendere fiato. Cominciai a schivare i suoi colpi come meglio potevo e quando vidi una breccia nei suoi attacchi tentai di colpirlo poco sotto il costato. Ci riuscii e sorrisi convinta di aver ormai vinto affondando entrambi le armi di qualche centimetro nella sua carne, ma quello non parve nemmeno farci caso e con inaudita potenza mi colpì al fianco facendomi volare per circa quattro o cinque metri.
Ma chi cazzo era quello… cos’era?
Non aspettai che tutte le costole del lato sinistro si rinsaldassero e con fatica e dolore  mi rimisi subito in piedi, in tempo per schivare un altro colpo alla testa.
Il suo martello rimase incastrato in uno dei pilastri e io ebbi il tempo di guardarmi intorno alla svelta.
Neil non se la stava cavando meglio di me, era alle prese con l’altro energumeno che brandiva uno spadone a due mani.
Vidi il soldatino cadere a terra in un attimo di stanchezza e la guardia stava per colpirlo dall’alto, come se fra le mani avesse una mannaia e la stesse per far cadere sul collo di un pollo,senza pensarci due volte scattai in avanti giungendo fra l’avversario e Neil, parando il colpo con le daghe incrociate sulla mia testa.
Ben presto le mie braccia presero a tremare nello sforzo di reggere il colpo.
Con la coda dell’occhio vidi Neil oltrepassarmi e affondare la propria spada direttamente al cuore di quella cosa e il sangue prese a sgorgare: non era rosso, alla luce delle torce parve nero e più denso, come non ne avevo mai visto e l’odore nauseabondo che scaturiva dalla sostanza faceva venire il volta stomaco.
Il soldatino estrasse la spada, ma io non sentivo la pressione di quella cosa farsi minore e le ginocchia cominciarono a tremare.
-Non funziona!- Gridai a Neil, -non muoiono con i normali attacchi!-
Con uno sforzo decisamente inaudito mi scostai di lato facendo colpire il pavimento dallo spadone che lo incrinò.  
Non potei riprendere fiato che quello col martello da battaglia tornò alla carica colpendomi su una spalla e caddi di lato dolorante.
Neil mi fu subito accanto tentando di fronteggiarli da solo. Non se la cavava male, dovevo ammetterlo, e la sua spada non doveva essere di scarsa fattura dato che riusciva a resistere ai colpi del martello e dello spadone senza neppure incrinarsi.
Mentre la spalla tornava al suo posto uno strano presentimento si fece largo nella mia testa.
Ain
Mi voltai appena in tempo per vederla correre a nascondersi dietro ad un pilastro cercando di evitare quelli che sembravano proiettili in grado di distruggere statue.
La terza guardia rimaneva a distanza e maneggiava un enorme arco della sua stessa altezza, che doveva poggiare a terra per essere maneggiato. I dardi di quell’arco dovevano essere i più strani che avessi mai visto. 
-Ain!- Gridai slanciandomi verso quello con l’arco e afferrando Neil per la collottola portandomelo dietro.
-prima abbattiamo quello!- Dissi riflettendo. –Almeno non dovremmo preoccuparci che ci attacchi a distanza!-
Sentivo i passi delle altre due cose seguirci e giunti a un raggio di circa quattro metri da lui, la guardia con l’arco si voltò verso di noi e prese a bersagliarci ed ogni dardo che schivavamo andava ad infrangersi con un boato su qualsiasi cosa alle nostre spalle.
-Dammi la spada.- ordinai al soldatino che me la porse lievemente confuso e con un balzo andai ad usare la statua del Profanatore, caduta a terra, come una rampa.
Vidi la scena al rallentatore mentre ero in aria.
La cosa alzò l’arco da terra puntandolo verso di me e scoccò il dardo.
La freccia mi raggiunse, ma all’ultimo secondo la schivai passandomi a pochi millimetri dal volto: aveva una forma insolita, luccicava come metallo e assomigliava ad un proiettile allungato.
L’uomo-cosa non ebbe il tempo di ricaricare e giunsi su di lui mentre era ancora col braccio piegato all’indietro per prendere un altro dardo, contenuto nella faretra che portava sulla schiena.
 Con tutta la forza che possedevo fendetti l’aria con la spada reggendola con entrambe le mani sull’elsa e mandai l’arco in frantumi.
Atterrai sul petto dell’uomo-cosa facendolo cadere all’indietro e mentre eravamo nell’atto della caduta, con un grido recisi il collo facendo volare via la testa.
Con un tonfo sordo raggiunsi il terreno e scesi dal corpo del mostro pensando che si sarebbe mosso da un momento all’altro, ma quello rimase immobile mentre una pozza di sostanza maleodorante si espandeva sul terreno.
Che fossi riuscita ad ucciderlo?
Avevo il fiatone mentre mi voltavo verso Neil. –Credo che muoiano così, con la testa recisa.- Lo vidi assentire mentre gli lanciavo la spada e riprendevo possesso delle mie daghe.
-Ain.- La chiamai. –Resta là, dietro il pilastro.-
-Si!- Ed ecco la sua squillante risposta. Capii che stava bene, sebbene non la potessi vedere.
Mi rigirai le daghe fra le mani mentre le altre due guardie ci giungevano addosso.
-Io mi occupo di quella col martello, tu vedi di non farti uccidere da quella cosa con lo spadone.-
-Tsk!- lo sentii dire. –Scommetto che lo uccido prima io.- e lo vidi correre incontro al suo avversario. Era stato addestrato bene nell’esercito.
Dopo minuti di affondi nulli e di schivate miracolose il bestione calò un colpo che mandò il martello ad incastrarsi in un pilastro e così riuscii a recidere entrambe le mani dell’essere, che prese ad indietreggiare come se fosse spaventato. Per la prima volta gli vidi fare qualcosa di umano.
Afferrai l’enorme martello strappandolo dalla sua prigione di marmo e ruotando su me stessa lo lanciai con precisione e con un bello slancio diritto sul muso dell’altro. Vidi il cranio disintegrarsi fra schizzi di sangue nero e materia grigia. Cadde contro un pilastro e lì rimase, immobile.
Sospirai riprendendo fiato e mi voltai appena in tempo per evitare la testa della terza guardia che volava dall’altra parte della Grande Cattedrale degli Dei.
Guardai Neil, piegato sulle ginocchia mentre ansimava riprendendo fiato accanto al corpo decapitato della terza guardia. Mi detersi il sudore col dorso della mano avvicinandomi a lui e osservando il macello che avevamo combinato: poche statue erano rimaste sane, tutto aveva bisogno di una bella risistemata.
I muscoli cominciarono a dolermi mentre l’adrenalina scemava. –Stai bene?- Chiesi all’altro.
-Si.- Mi rispose quello inspirando profondamente un’ultima volta.
Un razzo dalla chioma bionda mi giunse al fianco afferrandomi un dito della mano destra.
-Scusa! So che dovevo rimanerti attaccata, ma quella cosa continuava a bersagliarmi di dardi ed io ho cercato di schivarli per raggiungerti, ma più volte ho avuto solo molta fortuna, così alla fine mi sono messa al riparo dietro al pilastro…-
-Tranquilla.- Le dissi per farla tacere. –Al tuo posto avrei fatto la stessa cosa.-
Finalmente ci dirigemmo verso la porta per le cripte, prima di aprire la porta notai la testa dell’arciere che mi fissava nella penombra. Mi avvicinai a quella testa e le tolsi la maschera, avrei preferito non averlo fatto: la testa era deforme e gli occhi erano piccoli  e rossi, la pelle era grigiastra e malsana, ma ciò non toglieva che quell’essere era stato indubbiamente umano in precedenza.
-Kilgar…- Sussurrai con rabbia. Chissà cosa aveva fatto a quelle persone.
Neil aprì il portone ed io presi una torcia appesa al muro vicino inoltrandomi per prima giù per quella che sembrava una gradinata infinita.
La discesa durò circa un quarto d’ora, sempre a diritto, fino a che non giungemmo su un piano illuminato da torce.
-Eccoci… mio padre ha lavorato anni per capire che la chiave era qua sotto e finalmente posso dimostrare che aveva ragione.- Disse Ain con determinazione.
Mi strappò la torcia dalle mani e prese ad esaminare le mura della cripta completamente formate da lastre, che ricoprivano antichi sepolcri, le quali a loro volta erano ricoperte da scritte e segni identici a quelli presenti sulla porta della stanza dell’Oracolo.
Ogni tanto la sentivo pronunciare qualche suono e le pareti venivano percorse da una scossa di luce bluastra che colorava le scritte pulsando, come se fosse una parete viva… bel controsenso.
Dopo momenti di noia assoluta, in cui mi divertii a tirare sassolini o pezzettini di ossa di defunti addosso a Neil, Ainitha rizzò la testa di scatto come se finalmente avesse capito.
-Dicci!- Dissi con trepidazione, non potendo più aspettare.
-Apri la cartina!- Mi disse e così feci.
La mappa era incompleta, mostrava solo il corridoio principale e le imboccature delle stradine laterali.
-I morti mi hanno detto che dobbiamo seguire questa strada, le altre portano a tombe ricchissime o a templi sotterranei… anche a delle trappole.-
-Cosa intendi dire con ‘i morti mi hanno detto’?- Chiese Neil guardandosi intorno con preoccupazione.
Ain fece spallucce. -Essenzialmente queste mura sono le istruzioni lasciate dai defunti per trovare qualsiasi cosa qua dentro, parlano con questi simboli. Vedi?- Pronunciò qualche altra strana parola e le mura furono di nuovo percorse dall’ondata azzurra, ma sgranai lievemente gli occhi quando vidi che i simboli cambiavano dopo il passaggio della scossa, prima non lo avevo notato.
-Basta fare le domande e loro rispondono.- Ci fece notare con tranquillità, affatto turbata.
Sentii Neil deglutire rumorosamente.
Effettivamente la cosa inquietava abbastanza anche me.
-è qua che dobbiamo andare.-Mi disse Ainitha e vidi i suoi occhi brillare mentre mi indicava la settima imboccatura che appariva sulla mappa.
-Le cripte svicolano sotto tutta Kurona quindi!- Chiese Neil emozionato, accantonando il problema ‘I morti mi hanno detto’.
-Si!- rispose la ragazzina eccitata allo stesso modo… io invece non vedevo l’ora di uscire da quel mortorio inquietante.
Riprendemmo a muoverci e quando giungemmo alla strada giusta la imboccammo sebbene avessi un bruttissimo presentimento, la strada si era notevolmente ridotta in larghezza e potevamo andare solo in fila, uno alla volta: Ain davanti, Neil dietro di lei con la torcia ed io da ultimo per essere sempre pronta. Il soffitto era altissimo.
Le scritte sulle pareti continuavano a pulsare mentre Ain pronunciava qualche parola qua e là.
Il suono di quella lingua era davvero strano… un miscuglio fra il melodioso e il cacofonico, ma comunque interessante da ascoltare.
All’improvviso Ain si fermò e Neil per poco non le cadeva addosso.
-Sono finite!- La sentii dire con agitazione. –Non ci sono più!-
-Cosa?- Le chiesi guardinga.
-Le scritte! Dopo questa linea finiscono, vedete? Il resto del corridoio ha le pareti completamente lisce!-
Aveva ragione, qualcosa non quadrava.
– Cosa dicono i morti?- Chiese Neil.
-Di passare la linea.-
Passai con fatica in prima fila per osservare meglio  la linea e mi sedetti sui talloni per meglio vederla.
La percorsi col polpastrello dell’indice e alla fine mi alzai confusa.
Allungai un braccio oltre la linea, pronta nel caso scattasse qualche trappola.
Il mio arto oltrepassò senza problemi la linea fino al gomito, ma la cosa veramente sconvolgente avvenne quando il mio braccio sparì. Provai a ritrarlo velocemente, ma rimase immobile come trattenuto.
-Per tutti gli Dei!- Disse Neil tirandomi per la vita, ma niente.
-Hai perso il braccio?!- Chiese Ain più agitata di me.
-No…- Risposi pensierosa. –C’è sempre, è solo… che è come bloccato dall’altra parte.-
Chiusi la mano un paio di volte, tutto regolare.
-Non credo che sia pericoloso. Seguitemi.- E con un passo varcai la linea sparendo a poco a poco. L’ultimo suono che udii furono i richiami di Ainitha e Neil.
Il mondo parve capovolgersi una decina di volte ad una velocità impressionante. Quando il mondo si fermò mi ritrovai con la faccia schiacciata sul pavimento freddo e scuro delle cripte… o almeno credevo dato che la torcia era rimasta dall’altra parte con Neil. Dopo qualche secondo cercai di alzarmi e nel buio trovai a tentoni il muro.
Improvvisamente giunse la luce e mi voltai per vedere Ain e Neil sdraiati a faccia in giù sul pavimento. La bambina fu la prima a riprendersi.
-è stato terribile!- Esclamò biascicando.
Poi fu il turno di Neil che una volta in piedi barcollò fino ad andare ad inciampare sui propri piedi e a ritrovarsi di nuovo faccia in giù.
Lo aiutai ad alzarsi e nel frattempo mi guardai intorno.
Alle nostre spalle avevamo un muro tempestato di simboli e davanti a noi un lungo corridoio analogo al precedente e i muri che lo delimitavano erano ricoperti anch’essi di simboli.
-Come torneremo indietro?!- Chiese Neil osservando il muro. Andò a tastarlo, ma quello era solo un muro e la sua mano non sparì.
Era un problema.
-Queste cripte sono piene di passaggi segreti credo che trovare un’uscita non sarà un problema… semmai ci potremmo mettere un po’.- Disse Ain con un po’ di preoccupazione nel tono.
-Cosa dicono adesso i morti, ragazzina?- Le chiesi per porre fine all’argomento, ci avremmo pensato successivamente.
La sentii pronunciare qualche suono e le pareti furono scosse da un’altra ondata azzurrina.
-Dicono… di varcare la porta?! Ma quale port-?!- Appena lo disse i simboli sul muro andarono a mescolarsi fino a formare un’immagine, un’enorme porta incastonata nel muro.
-Quella, credo?- Disse Neil, confuso.
Mi avvicinai alla porta con fare guardingo, non avevo voglia di riaffrontare un’attraversata come quella di prima.
Appena toccai la superficie comparve un agglomerato di simboli ed Ain si affrettò a raggiungermi.
La vidi accigliarsi nella lettura e poi guardarmi a occhi sgranati.
-Cosa vuol dire?-
-Non lo so! Suona così: ‘Se questa porta varcherai nella tua mente piomberai, quel che lei ha creato o rimembrato vivrai e finchè la pace non troverai da lì non uscirai.’ Che vuol dire secondo voi?-
Riflettemmo e il silenzio regnò per qualche minuto.
-Forse… ‘lei ha creato’ è riferito alla mente, ma tutto il resto non lo capisco. Finiremo nei nostri ricordi? Che vuol dire?!- Disse Neil.
-è semplice.- dissi.
Aprii la porta con uno strattone sotto lo sguardo stupito degli altri due.
-Entriamo e lo scopriremo, infondo non possiamo nemmeno tornare indietro.-
Il varco che la porta aveva lasciato era luminoso, di un azzurro luminescente.
Feci un passo e la luce mi investì, sentii Ain seguirmi a ruota afferrandomi una manica e Neil imprecare mentre ci seguiva.


-*-

Et voilà!(se così si scrive) Spero vi sia piaciuto, si preannuncia un bel divertimento :D
Ringrazio tutti i lettori di questa storia, veterani e nuovi <3 
Causa esami universitari pubblicherò il prossimo cap verso metà giugno, spero mi comprendiate, ma non temete, non abbandonerò mai questa storia, perchè la amo troppo!! ^^
Baciiii!

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Capitolo 17
*** Capitolo XVI- ***


La pausa è stata più lunga del previsto, ma non mi sono dimenticata di questa storia! 
Ho avuto molti impegni e mi scuso ancora >.<''
Spero di farmi perdonare coi capitoli che seguono. Avevo promesso di farne uno più lungo, ma alla fine ho ritenuto più opportuno dividerlo in più capitoli, perchè veniva una cosa troppo spropositata! Comunque auguro buona lettura a chiunque legga ancora questa storia: lo apprezzo molto! *-*

Sara

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Capitolo XVI
Ecco che la luce bianca andò diradandosi e la percezione di ciò che avevo intorno si fece sempre più presente. Sbattei le palpebre due, tre, quattro volte e pian piano il paesaggio che avevo davanti si fece sempre più nitido e vero, fino a che non riconobbi il profilo di un corridoio. Le pareti erano di un legno chiaro, su cui erano incisi eleganti e complicati motivi floreali. Il pavimento era coperto da un lungo tappeto blu che seguiva il corridoio per tutta la sua lunghezza e sui cui bordi erano raffigurati piccoli stemmi con al centro una grande e rossa ‘V’ nella bocca di un leone.  Camminavo in quel corridoio sebbene non lo avessi deciso e i miei occhi restavano fissi, guardando davanti a me, anche se volevo in realtà osservare i dintorni.
Ero frustrata, per quanto tentassi non riuscivo a controllare il mio stesso corpo.
Tentai più volte di muovermi o di fare qualsiasi cosa, ma sembrava che l’unica cosa che mi era concessa fosse quella di osservare e pensare, anche se la mia mente sembrava  un connubio di voci.
Percepii una conoscenza più forte della mia, ed un’altra rinchiusa nei meandri a cui ero condannata anche io.
-Devo farlo, è un patto con me stesso che devo mantenere.-
Era una voce che a quanto pareva conoscevo bene… no aspetta, io non l’avevo mai sentita.
Ogni mia certezza andava cadendo mentre mi voltavo involontariamente verso una porta semichiusa lungo il corridoio.
-Ma signore! Come la prenderebbe vostra figlia?-
Una mano esile e troppo piccola per essere la mia si poggiò sulla porta per spingerla ed aprirla un po’ di più.
Di chi era quella mano? Veniva dal mio corpo?!
-Caro Mettew, è una cosa che devo fare, lo prometto sulla salute della mia stessa figlia: se non dovessi trovare l’Altare dell’Aldilà porrò fine io stesso alle sofferenze della mia amata… Ainitha capirà.-
Rimasi folgorata dalla sorpresa e per un attimo anche sconvolta da un miscuglio di emozioni non mie: tristezza e comprensione.
A quanto pareva ero nella coscienza di Ainitha e quella in cui si trovavano doveva essere la sua magione, ma allora… cosa ci facevamo lì? Era una prova? E se sì, cosa dovevamo affrontare?
Cominciai a farmi più attenta cercando di notare ogni dettaglio che potesse essere utile, tanto… non potevo fare altro!
La mia testa si sporse un po’ di più e riuscii ad inquadrare nel campo visivo la figura rilassata (più del solito per lo meno) di Mettew che scrollava il capo.
-Capisco… niente può farle cambiare idea scommetto.- Per la prima volta lo vidi sorridere con trasporto, ma aveva qualcosa di diverso, gli mancava qualcosa.
-Ti è cresciuta la barbetta e i baffi, sarebbero da tagliare! Lo sai che l’etichetta ti obbliga a raderti vero?!- Sentii dire in modo ironico dal tizio seduto al di là di una enorme scrivania, doveva essere Milo Vannifter, con i suoi capelli castani e gli occhiali sul naso. Poggiava i gomiti sulla scrivania mentre legava le dita delle mani fra loro.
-O signore, meno male me lo ha ricordato! Almeno stasera mi raderò i baffi prima che torni Vinicia!-
-Ma lei vorrebbe che tu li facessi allungare.- Gli ricordò Milo.
-Lo so signor Vannifter, ma a me danno fastidio e odio farli allungare, così preferisco non farmi trovare da lei con un principio di baffi… chissà cosa andrebbe a dire poi! Sicuramente ricominceremmo a litigare e… mi scusi signore, non credo che le interessi.-
-Tranquillo Mettew.- Sentii dire dal Signor Vannifter mentre si faceva pensieroso.
–Anche se sinceramente secondo me potresti anche farla contenta. Comunque ora puoi andare, vai a chiamare Ainitha, che si rechi nel salone per la cena. Io scendo subito… devo solo finire di decifrare qualche simbolo.-
All’improvviso la visuale cambiò nella foga della bambina di fuggire e non farsi cogliere sul fatto.
Ora la luce bianca tornò a vorticarmi intorno mentre sentivo che la coscienza di Ain troneggiare nei confronti della mia e di quella di Neil.
La scena cominciò a riprendere i colori reali e mi ritrovai a guardare le spalle di Mettew mentre infilava abiti e cianfrusaglie in un borsone.
Lo sentii sospirare per poi voltarsi verso di me. –è pronta signorina? La lettera l’abbiamo spedita, dobbiamo solo recarci al luogo dell’incontro…- Adesso il viso dell’uomo era più tirato e i baffi erano cresciuti rispetto all’ultimo ricordo.
Feci per rispondere, ma non riuscii ad aprire nemmeno la bocca ed un moto di rabbia mi prese.
-Si, sono pronta… voglio solo dire due parole prima di partire a mia madre, verresti con me? Voglio un testimone.-
Era la voce di Ain quella che aveva appena udito, ero ancora nella sua testa quindi.
Mettew mi guardò con curiosità, mentre mi apriva la porta e io la varcavo… cioè, la varcava il corpo di Ain, io ero solo zavorra nella sua testa.
Percorremmo un corridoio e ci fermammo sulla soglia di una porta al cui interno una donna dai lunghi capelli biondi stava distesa ad occhi chiusi, come se dormisse.
-Madre.- Cominciò Ain senza varcare la soglia.-Sto partendo per trovare ciò che mio padre stava cercando, gli porterò onore.- Alzai il mento con orgoglio sebbene non avessi nessuna intenzione di farlo, che scocciatura.
-Ma prima di farlo ti farò una promessa, la stessa che ti ha fatto tuo marito poco tempo fa.-
Sentii la mia mano toccarmi il petto con fare ispirato, sul cuore.
-Prometto che se non fossi in grado di trovare l’Altare dell’Aldilà…- Deglutii e trattenni a stento le lacrime… cioè, Ainitha lo fece.
-Porrò fine a questo tuo stato di sospensione fra vita e morte, con le mie stesse mani!- Adesso il suo tono era risoluto sebbene si potesse notare la commozione nella voce.
Mi voltai verso Mettew che silenziosamente mi osservava in piedi, di fianco allo stipite della porta.
La scena cambiò ancora, ma stavolta l’ambiente era diverso, eravamo sempre nella villa, ma tutto appariva più lugubre ai miei occhi… insomma, a quelli di Ain.
I colori non erano più quelli sfarzosi e lucenti di prima, come se qualcuno avesse calato un velo nero e trasparente sulla scena.
Il corpo avanzava a rilento e tutto era come offuscato, come se ciò che vedevo non fosse reale.
Persone vestite da servitù mi guardavano dall’alto in basso, troppo alti per essere davvero di quella statura e troppo inquietanti per avere davvero quell’aspetto.
Sinceramente non mi spaventavano, ma cominciavo a sentire un irrazionale paura crescente non mia in tutto il corpo, una paura che quasi mi paralizzava, e un completo rifiuto della situazione corrente.
-Ha fallito.- Dicevano in coro i domestici, distribuiti lungo il corridoio mentre passavo scrutandomi coi loro occhi spalancati e vitrei.
-Ha fallito.- Ripeterono mentre acceleravo il passo, seguita dai loro sguardi.
Arrivata davanti ad una porta chiusa la aprii senza varcare la soglia e sul letto, esattamente come nella scena precedente, c’era la madre di Ain distesa ad occhi chiusi, dormiente.
Mettew stava in piedi dandomi le spalle, rivolto verso il grande letto.
Prima che me ne rendessi conto gli occhi furono inondati di lacrime e un forte terrore estraneo mi prese dalle viscere.
-Ti prego…- sentii sussurrare Ain e qualcosa nei meandri della mia testa scattò, avrei voluto consolarla, ma non potevo.
Ancora una volta provai a distaccarmi da quel corpo, ma era come giungere ad una porta e non riuscire ad aprirla.
-Ti prego…- sussurrò di nuovo fra i singhiozzi, per poi precipitarsi al capezzale della madre e franare sulle ginocchia strattonando con le mani le lenzuola. –Perdonami!-
Il suo era quasi un grido mentre fissava il volto immobile della madre e per un attimo la disperazione avvolse anche me come se l’emozione fosse stata troppo grande per una sola mente.
Il capo andò a voltarsi verso Mettew e sperai fortemente che almeno lui sapesse consolare la bambina dato che a me non era concesso.
-Prego.- Disse questo invece col volto privo di espressione tendendomi un pugnale.
-N-n-no…- Mi sentii balbettare mentre l’uomo mi obbligava a brandire l’arma.
Mi si ghiacciò il sangue nelle vene… sempre se avevo ancora un corpo, e capii che mentre le scene precedenti erano reali questa era terribilmente grottesca e spaventosa, sembrava un incubo e forse lo era realmente. Rappresentava la peggiore paura di Ain.
Doveva essere tutto frutto della mente della bambina: quello doveva essere il momento in cui avrebbe dovuto uccidere la madre a causa del proprio fallimento.
Mi alzai, mentre la mia mentre prese a sbattere contro quella porta invisibile che mi teneva prigioniera e sentii anche la mente di Neil agitarsi come un’ossessa.
E non potei non pensare che forse, in due era tutta un’altra faccenda… per un attimo non riuscii a pensare lucidamene mentre le menti mie e di Neil si univano in un connubio di emozioni ed esperienze differenti, ed in tutto questo colsi stralci dei suoi ricordi: una spada, un uomo accigliato che gli assomigliava molto, forse il padre, e un ponte.
Il ponte rimase sospeso fra noi per alcuni istanti mentre continuavo a premere per uscire, con sempre più convinzione grazie all’aiuto di Neil.
Ain puntò il pugnale al cuore della madre e sentii le mani tremare mentre esitava a sferrare il colpo.
Il battito del suo cuore quasi mi assordava fino a che non giunse il silenzio improvviso.
Ero finalmente fuori dal corpo di Ain, ma era come essere ancora collegata a lei.
-Non posso…- La sentii sussurrare, ma la sua voce era doppia, come se risuonasse anche nella mia testa.
Era terribilmente fastidioso, ma per lo meno potevo muovere i miei arti a piacimento sebbene guardandomi notai di essere niente più che un’ombra alle sue spalle.
C’ero, ma non del tutto.
Al mio fianco percepii Neil nelle mie stesse condizioni.
Mi avvicinai con qualcosa di simile ad un passo e vidi Ainitha voltarsi verso di me con uno scatto.
-Non posso! Non ci riesco!-
-è normale- disse Neil ad alta voce e anche nella mia testa. –Non rattristarti perché non riesci ad adempiere a quello che ti sei prefissata.-
Che broccolo.
-Ainitha.- Intervenni io guardandola negli occhi, tanto non sembrava nemmeno averlo calcolato all’altro.
Mi avvicinai al suo volto per meglio farmi capire. -Hai fatto un giuramento Ainitha ed è solo un incub…-
-Lo so!- Mi urlò in viso, fra le lacrime. –Ed è per questo che voglio farlo, ma… non ci riesco, pensavo di riuscirci, ma …-
Mi allontanai percependo tutta la sua tristezza… era così che si sentiva Ain tutti i giorni a causa della sua empatia?
-Ma hai fatto un giuramento, devi trovare la forza di compiere questo gesto.-
-Kir…- Tentò di fermarmi il soldatino, ma io lo fulminai con lo sguardo. Il disappunto trapelò dalla sua mente.
La bambina si era voltata a guardare la madre, ancora il pugnale tremolante fra le mani e puntato al cuore. –Tu non capisci Kira.- La sentii dire smettendo di singhiozzare. –è come se una barriera fosse stata posta fra la lama e mia madre… sarà costretta a rimanere così per sempre e solo per colpa mia! Ho fallito!-
Un’ondata di emozioni mi travolse tramortendomi e per un attimo rimasi stordita, fortunatamente mi ripresi subito.
Cominciavo ad arrabbiarmi.
–Ma non hai proprio fallito un cazzo!- le dissi col mio solito tatto alzando la voce.
La presi per le spalle, da dietro, e la voltai verso di me.
-Non hai fallito e non fallirai, mi hai capito?- le dissi in fine più piano.
La convinzione del fallimento cominciò ad incrinarsi nella mente di Ain al suono delle mie parole, potevo sentirlo.
-Salverai tua madre, costi quel che costi troveremo l’Altare dell’Aldilà! È una promessa Ain e lo troveremo insieme!-
Un’altra crepa, potevo quasi vedere il muro che separava il pugnale di Ain e il corpo della madre, era sicuramente la rappresentazione della paura del suo fallimento.
-Ma per farlo dobbiamo uscire di qui… e qualcosa mi dice che se non adempi al tuo giuramento ci rimarremo in eterno!-
Annuì e la vidi voltarsi ritornando nella stessa posizione di prima.
Tentò  con mano tremante, ma ancora non riusciva a penetrare quella barriera.
-Non posso…- Riprese a dire.
-Ce la faremo.- Dissi io afferrando il pugnale da sopra le mani di lei e cominciando ad affondare con più forza.
La lama cominciò a penetrare nella barriera, ma ancora non era abbastanza.
Una luce bianca e azzurra cominciò a scaturire dalle crepe man mano che la lama affondava.
Un terzo paio di mani, più grandi delle mie, giunsero in nostro aiuto e gli occhi miei e di Neil si incontrarono mentre eseguivamo l’affondo finale.
-Insieme.- Disse Neil con voce doppia, mentre la luce invase tutto e ci investì col suo chiarore, accecante dopo tutto quel buio.
 Hai trovato la pace Ainitha Vannifter
Disse una voce e questa fu l’ultima cosa che sentii.
                                                                         *
Quando la luce accecante si affievolì sbattei per una dozzina di volte le palpebre e mi guardai intorno con perplessità.
Eravamo tornati nelle cripte.
Quel che ci si presentava davanti era una stanza circolare con le mura completamente formate da lastre ricoperte da scritte e segni della lingua dei morti.
Nessuna porta e il soffitto era altissimo.
Poco distante da me sentii il mugolio di Ain che vidi stropicciarsi gli occhi.
-Credo di essere appena diventata ceca.- Disse sbattendo le palpebre. –Ah… no, tutto ok!-
Sorrisi, a quanto pare stava bene.
Neil era a poca distanza e si guardava intorno fino a che i suoi occhi non si posarono su di me.
-Tu.- Mi disse indicandomi. –Non puoi negare che non ti sia servito il mio aiuto.-
Sbuffai. –Caro Neil, me la sarei cavata benissimo da sola.- Sapevo che aveva ragione.
-Si...- mi disse sorridendo. –Certo!- E mi si avvicinò con qualche falcata.
-Dimmelo guardandomi negli occhi, pensi davvero che saremmo usciti da quell’incubo senza di me?-
Lo fissai, ma poco dopo dovetti distogliere lo sguardo. –Bhè, se proprio ci tieni… come supporto morale sei servito!-
Quello sbuffò e andò a perlustrare le pareti in cerca di un’uscita, non c’era nemmeno una porta.
Mi voltai per dirigermi dall’altra parte e mi ritrovai davanti una Ain col sorriso sornione.
-Non ci provare!- Le dissi senza tante cerimonie. –A me mi da solo sui nervi quel tipo!-
-E chi ha detto niente?- Mi disse la bambina con aria innocente. –Infondo ho solo 10 anni, non le capisco certe cose, te lo sei scordata?-
-Secondo me non ne hai 10 e ci pigli tutti per il culo.- Dissi borbottando mentre mi dirigevo verso il muro e la bambina fece altrettanto in un’altra direzione.
Dopo minuti che cercavamo non successe niente, niente era mutato, sebbene non osassimo toccare le pareti per paura di azionare chissà quale trappola.
-Io lo sfioro!- Disse risoluta la bambina, ho sete e siamo qua sotto da ore, di questo passo ci moriremo!-
Toccò il muro prima che la potessi fermare e voltandomi vidi una delle cose più spettacolari che avessi mai visto.
-Per gli Dei…- Sussurrai ammirata.
Le scritte azzurrine e pulsanti si unirono a formare l’enorme sagoma della testa di un leone a bocca spalancata e all’interno delle sue fauci un’enorme V rossa troneggiava risaltando su tutto il resto.
Era il simbolo di casata Vannifter che andò presto a sbiadire lasciando al suo posto un enorme porta simile all’ultima che avevamo varcato.
-Ma no!- Disse Neil frustrato. –Scommetto che c’è altra luce accecante al di là…-
La aprii con circospezione e come previsto la luce bianca mi investì.
Neil sbuffò.
Ci guardammo gli uni con gli altri finchè tutti non avemmo lo stesso pensiero portato ad alta voce da Ain.
-Tanto… non ci sono altre strade!- Disse la bambina.
-Ben detto!- Dissi con trasporto. –Spero solo che ci sia da muoversi un po’ adesso, perché sto iniziando a stufarmi di tutta questa staticità.-
Detto questo, varcammo la soglia tutti assieme.

-*-
Ed ecco qua!
Ringrazio chi mi ha contattato via mail proccupandosi che non finissi la storia <3 ho fatto un sorrisone da un orecchio all'altro leggendo le mail! <3
Grazie davvero *-*
Fra poco pubblico il seguito! Niente più pause lunghe! è.é/

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Capitolo 18
*** Capitolo XVII- ***


Capitolo XVII
 
Provai di nuovo quella sgradevole sensazione di impotenza e mentre inveivo contro gli dei il biancore andò diradandosi mostrando un paesaggio campano.
Mi trovavo sulla riva di un fiume e guardavo la sua superficie incresparsi mentre una voce di sottofondo mi parlava di fianco.
-Certo che… dopo l’allenamento di oggi direi di essere più bravo di te con la spada.-
Mi voltai indignata, verso un volto di bambino non del tutto sconosciuto.
I suoi lineamenti erano dolci e delicati e gli occhi verdi brillavano arroganza mentre riprendeva a parlare. -Fratello, non potrai negarlo!-
In quel momento capii di essere nei ricordi di Neil e per la prima volta vidi suo fratello, doveva avere circa una decina di anni… ecco perché le sembrava di averlo già visto.
-Non direi proprio!- Dissi risentita… cioè: disse Neil. -Tu hai barato Luke! Non saresti mai riuscito a battermi se non mi avessi dato un calcio! In un duello ufficiale saresti stato squalificato.-
L’altro fece spallucce. –Sinceramente non ho intenzione di gareggiare in un torneo ufficiale… quelli sono onori che toccano al primogenito.- Gli sentii dire con astio. –Il massimo che posso fare io è quello di diventare tuo  scudiero o farmi monaco alla Grande Cattedrale degli Dei!-
Sentii Neil incupirsi e l’emozione prese anche me rendendomi lievemente malinconica.
Mi ripresi alle parole del Soldatino. –Sai che non posso farci niente… non ho scelto io di nascere per primo!-
Il fratello gli diede un colpetto di comprensione con la spalla. –Lo so, ma certe volte sembra quasi che il mio destino non sia così scontato e che potrei fare molto di più in questo mondo. Se fossi il fratello maggiore saprei cosa fare.-
Stavolta  mi avvolse l’amarezza. –E cosa faresti?- Chiesi, con una punta di risentimento nella voce.
Luke esitò qualche momento. –Ora che ci penso, se tu morissi, diventerei io il primo in linea di successione!- disse, sviando la mia domanda.
Prese a guardarmi in modo strano e seguì almeno un minuto di silenzio in cui il disagio si fece strada fino al mio stomaco.
-Stavo scherzando!- Aggiunse in fine con un sorriso. –Però stai attento- Cominciò a dire sdraiandosi. –Se mai mi capiterà l’occasione cercherò di rubarti il posto come erede legittimo.-
Neil sbuffò. –Provaci! Ma sai quanto nostro padre sia tradizionalista… dovresti convincere lui, non me.-
-So essere persuasivo.- Disse Luke guardando l’acqua sulla riva, facendo come se il fratello non fosse là a parlargli.
Cominciai ad abituarmi a quella strana situazione: non ero io a parlare, ma erano tutte cose che avrei voluto dire, probabilmente sotto l’influenza del pensiero di Neil che sembrava ignorarmi sebbene tentassi in tutti i modi di attirare la sua attenzione.
La scena mutò velocemente, più rapidamente di quelle di Ainitha, tant’è che faticai nell’orientarmi.
Adesso camminavamo lungo una strada acciottolata strascicando i piedi per la stanchezza.
-Se non ci muoviamo calerà il buio e nostro padre ci punirà col pozzo.- Osservò Neil con preoccupazione.
Luke fece una smorfia. –Ormai ho fatto amicizia coi topi là sotto, dopo tutte le volte che ci sono finito.- Quindi scrollò le spalle. –Per te invece, sarebbe un’esperienza nuova!- E mi diede di nuovo una spallata.
Avessi avuto la facoltà di muovermi gliel’avrei rotta quella fottuta spalla.
Nella mente di Neil non rivelai nessuna sfumatura che potesse farlo sembrare anche solo scocciato, probabilmente era un gesto che si scambiavano spesso.
-Non ce la faremo mai.- Disse Neil in modo sconsolato.
-Si che potremmo… basterebbe oltrepassare il Ponte.-
Mi tornò in mente l’immagine fugace che avevo percepito in precedenza nella mente di Ainitha, quando la mente di Neil e la mia avevano collaborato e per un attimo avevo visto frammenti di ricordi.
Il terrore pervase Neil.
-NO!- gridò al fratello. –è pericolosissimo! Nessuno sano di mente ci andrebbe!-
Luke mi guardò fisso negli occhi. –Non temere, sono solo favole per spaventarci.-
Lo disse con un tono tale che la mente di Neil si calmò di botto e parve credergli sulla parola.
Il ragazzo annuì e Luke sorrise.
Giunti al ponte non potei credere che volessero davvero attraversarlo.
Neil era ancora calmo mentre io pensavo che Luke raccontasse solo cavolate.
-Visto?- Chiese Luke battendo un piede sulla prima asse di legno traballante. –Resiste da tanti anni, perché dovrebbe crollare proprio adesso?-
Avrei voluto tirare le orecchie a quel ragazzino. Nessuno neanche lontanamente stupido lo avrebbe attraversato. Il ponte era piccolo e serviva a superare un crepaccio alto diversi metri, molte assi pendevano dal ponte che scricchiolava ad ogni ventata. Un corrimano era in parte crollato e sul fondo del crepaccio se ne potevano vedere i resti.
Neil si avvicinò all’estremità del ponte.
-Mmmm, a me non sembra particolarmente solido.-
-Ci sono passato un mucchio di volte e mi pare di essere ancora qua.-
Tranquillizzato dalle sue parole cominciaii a salire sul ponte… aspetta un attimo! Sicuro un accidenti, quel ponte non avrebbe mai sopportato il peso di nessuno dei due. Luke mi sembrava senz’altro un bravo bugiardo, ma Neil ne era completamente condizionato.
Cominciò a camminare con passi circospetti, emozionato all’idea di scamparla all’ira del padre che lui temeva più di ogni altra cosa.
Arrivato a circa metà del ponte Neil si voltò e vide il fratello fermo all’estremità.
-Vai avanti tu.- Disse concitatamente. –è sicuro, ma non credo reggerebbe il peso di entrambi.-
Ma certo, facciamo andare avanti il Soldatino come vittima sacrificale nel caso il ponte non reggesse!
Mi aspettai che Neil tornasse sui propri passi, ma invece continuò ad andare dritto senza remore.
Improvvisamente un asse cedette e il ragazzo cadde, ma fortunatamente riuscì a reggersi con una mano. Con sforzo immane Neil riuscì ad aggrapparsi anche con l’altra.
Il terrore fu talmente grande che prese anche me e cominciai a temere fortemente per la nostra vita: era un ricordo o una prova? Come ce la saremmo cavata?
Non potei  fare a meno di pensare a Conrad.
-Aiutami Luke!- Gridò Neil agitando le gambe come a tentare di issarsi. -Aiutami fratello!- Aggiunse con più enfasi non captando risposta.
Con un grande sforzo Neil riuscì ad issarsi poggiando un gomito sull’asse.
Luke lo guardava fisso e si agitava come se fosse combattuto su qualcosa.
Annuì, come se avesse preso una decisione con se stesso. Ora i suoi occhi brillavano.
Le braccia di Neil presero a tremare per lo sforzo e l’asse a cui era aggrappato si ruppe e in una frazione di secondo prima di perdere la visuale vidi Luke voltarsi e correre via.
Che piccolo stronzo!
Neil riuscì miracolosamente a riaggrapparsi ad un’altra asse.
-Luke?! Luke, dove sei finito? Aiutami!-
Ma ovviamente nessuno rispose.
Lottò per qualche minuto contro la forza di gravità, ma poi la mano sinistra perse la presa.
La delusione mi pervase mentre stavamo per cadere, una delusione non mia… o forse si, era difficile distaccarsi dal quel flusso di emozioni. Le lacrime cominciarono a scorrere sul volto del ragazzetto e mi dispiacqui per la sua situazione, anche se la cosa che lo addolorava di più era l’abbandono del fratello.
Stava per perdere la presa quando una mano lo afferrò giusto in tempo.
Era una mano grande e callosa, dalla presa ferrea, la mano di un combattente.
-Padre!- Esclamò con gratitudine Neil. Il Signor Leorn trascinò su con la sola forza del braccio il figlio e velocemente lo portò lontano dal sentiero legnoso per poi poggiarlo a terra.
Appena i piedi toccarono il terreno un manrovescio raggiunse la guancia del ragazzo.
-Così capirai che fare cose stupide porta a dolorose conseguenze!-
La voce possente mi ferì l’udito mentre un vento impetuoso cominciò a scuotere le fronde degli alberi e il ponte.
La guancia pulsava.
Il signor Leorn era un uomo poderoso e dal petto ampio, non era molto alto, ma i suoi muscoli riempivano l’intera visuale. Il padre afferrò per le spalle il figlio mentre il suo sguardo si addolciva… anche se di poco.
-Perché hai preso questa strada?! Per fortuna sono venuto a cercarti data l’ora tarda.-
Neil notò l’uso del singolare. –E Luke?- Chiese.
Il padre storse le labbra. –L’ho beccato mentre venivo qua, passeggiava. Ha avuto anche il coraggio di dirmi che stava cercando aiuto.- Il suo sguardo si incupì.
 -Ma forse… lo cercava davvero.- propose Neil che non riusciva a credere a ciò che aveva fatto il fratello.
-Dimmi Neil, perché avete deciso di passare di qua?-
Neil riflettè un attimo e poi rispose. –Luke ha detto che era sicuro, ma è stata colpa mia!- Si affrettò ad aggiungere. –Non avrei mai dovuto farlo, una parte di me mi diceva di non farlo, ma il mio corpo lo faceva… lo so, sono stato uno stupido! Padre, chiedo il vostro perdono.-
Il signor Leorn tacque e non rispose per poi prendere il figlio per il braccio e trascinarlo a casa.
Nel salone li attendevano la madre e Luke che piangeva come una fontana aggrappato alle sue sottane.
Il padre aveva l’aria di essere un tipo dai principi saldi e quella faccenda non sembrava essergli andata molo giù.
-Tu!- Ed indicò Luke mentre la madre cercava di staccarselo dalle sottane e vedendo che il marito si spazientiva prese a farlo più energicamente.
-Su… coraggio.- Disse la madre al figlio e fra i singhiozzi del bambino il padre prese a rimproverarlo.
-Sei soltanto una piaga per questa famiglia!- disse alzando la voce. -Hai cercato di uccidere tuo fratello maggiore! L’erede di tutto ciò che possiedo!-
-Ma padre!- Cominciò a ribattere il secondogenito. –Ero solo venuto a cercare aiuto!-
L’uomo rimase per un attimo interdetto,  ma lo vidi scuotere la testa e afferrarlo per un braccio. –Non cercare di fare i tuoi giochetti con me!- Lo strattonò. –Non funzionano, non sei abbastanza bravo!-
Il bambino divenne paonazzo mentre era evidente che la rabbia cominciava ad aumentare.
-Cosa hai da dire? Direi che una settimana nel pozzo potrebbe rinfrescarti le idee.-
Luke parve non ascoltarlo mentre il suo respiro si faceva più frammentato nella foga. –Andateci voi nel pozzo!- Disse con arroganza e il padre sembrò fare miracoli per controllarsi. –E comunque il mio amato fratello la merita tanto quanto me una vacanzetta nel pozzo!-
-No! Lui non ne ha colpa!- Disse il padre.
-Certo… ovviamente i piedi gli si sono mossi da soli! Vorreste dire che l’ho costretto?!-
-In un certo senso… si!- Disse il padre con convinzione, sorprendendomi, come poteva ritenerla una cosa logica?
-Per voi esiste solo Neil e la vostra spada!-
Lo sguardo ricadde in automatico al fianco del padre dove riconobbi il fodero della bella spada che in futuro apparterrà a Neil.
Il Signor Leorn andò con fierezza a porre la mano sul pomolo.
-Un giorno il mio erede la porterà al fianco come me adesso, non ho intenzione di darla automaticamente al mio Primogenito, ma tu…- E lo sguardo si fece più duro.
–Non ne sarai mai degno, hai osato cercare di fare del male ad un tuo familiare e per questo ti caccio da questa casa. Non voglio le serpi al mio focolare!-
Luke tacque senza rispondere, ma guardava il padre con occhi torvi.
Sentii il disagio… si insomma, quello di Neil.
E ovviamente feci una cosa che non avrei voluto fare, Luke mi stava decisamente antipatico, perché era chiaro come il Glamen che quel bastardello voleva disfarsi dello scomodo fratello primogenito.
–Padre!- Dissi con tristezza e un dolore profondo. –Vi prego, non siate affrettato, sono ancora vivo e tutto intero, magari è come dice!- Cercai di dire arrampicandomi inutilmente sugli specchi, ma non proseguii allo sguardo del fratello. Uno sguardo carico di odio.
Era snervante non poter dire la propria in tutto ciò o fare quello che ritenevo più giusto: stringere la mano al padre e dare una sberla a Neil per essersi intromesso in cose a cui evidentemente non arrivava.
Quel demonietto aveva tentato di ucciderlo quella sera, anche se andava ammesso che alcune cose non tornavano, e non ci voleva un genio per capire che mirava all’eredità con o senza spada.
Il padre riprese a parlare facendo finta di niente. –Ti do due ore Luke, dopodiché devi essere fuori da casa mia… e non mettervi più piede!-
Dopo qualche minuto di silenzio, interrotto solo dai singhiozzi della madre, Luke si alzò e si diresse verso l’uscita.
Nell’esatto momento in cui uscì dal portone del salone la scena andò sbiadendosi.
                                                                     *
Quando tutto tornò più nitido l’ambiente era cambiato e ci ritrovavamo in una stalla con la bella prospettiva sul deretano di un cavallo, un corsiero del padre, la cui coda passava a intervalli regolari. La paglia ricopriva il terreno e il tanfo di animale si poteva sentire in modo spiccato.
Tentai di raggiungere nuovamente la mente di Neil, ma lui non parve recepire, come prima del resto.
Lo sguardo si spostò sulla figura di Luke che sistemava la sella su di un palafreno.
-Mi spiace Luke…- Dissi sommessamente. –Nostro padre se ne pentirà.-
Il minore tirò l’ultima cinghia della sella, testandola, e poi con calma glaciale si voltò verso Neil.
-Nostro padre? È sempre stato tuo padre, andiamo Neil, apri gli occhi, sono sempre stato geloso del tuo rapporto con lui e scusami, ma ho tentato di cogliere l’occasione al volo prima. Morto tu, avrei preso il tuo posto e sarei diventato l’unico erede.- E alzò la testa come se ciò gli rendesse onore.
Il sangue si gelò nel corpo di Neil che si agitò sul posto a disagio. –P-perciò, tu volevi davvero uccidermi!?-
Se avessi potuto avrei mandato gli occhi al cielo.
-Ci sei arrivato, genio.- Disse l’altro schernendolo. –Ricordati del tuo fratellino,- Disse salendo sull’animale. -che ti ha voluto tanto bene. Racconta alla tua futura prole dello zio debosciato che avranno la fortuna di non conoscere!-
Stava per dare una sferzata con la briglia quando, in uno slancio di irrazionale paura, Neil frenò la sua mano e lo guardò diritto negli occhi. –Quando erediterò queste terre voglio che tu ci torni, prometto che questo esilio sarà revocato! Ti ritroverò fratello, ovunque andrai e se anche non vorrai tornare ti costringerò! I miei figli conosceranno loro zio!-
L’altro strappò il polso dalla presa di Neil… dalla mia, no, aspetta, ormai era tutto così strano, non faceva più differenza chi fosse a muovere chi.
-Non promettere cose di cui potresti pentirti, fratello.- Detto questo diede un colpo di briglie e lo vidi sparire nel buio oltrepassando l’uscita della stalla, Neil rimase immobile per qualche lungo minuto in cui nello stomaco combattevano svariate emozioni tra cui spiccava la sensazione di vuoto, poi l’immagine sbiadì e il bianco tornò a troneggiare.
                                                                     *
Il bianco se ne andò e i contorni tornarono a definirsi: la coda di un corsiero dondolava davanti a me e l’odore di bestia era insopportabile.
La stalla?! Di nuovo?
Non capivo come fosse possibile, eravamo ancora là, nello stesso posto della precedente visione. L’unica cosa che era cambiata era il punto di osservazione, più alto del precedente.
Stavolta Neil doveva avere la sua età effettiva.
Ci voltammo verso Luke e vedemmo una figura sfocata che armeggiava con la sella del palafreno, che docile mangiava la paglia sul pavimento.
-Luke!?- Disse Neil con foga ed incredulità. Probabilmente per anni si era immaginato di rivivere quella stessa scena e adesso ne aveva la possibilità, forse, aveva intenzione di cambiar qualcosa dall’ultima volta.
Corse subito dal fratello e lo afferrò per il polso voltandolo per poi abbracciarlo con slancio.
-Finalmente ti ho ritrovato, rimani! Non andare!-
Sentii Luke divincolarsi e staccarsi dalla sua presa, la sua immagine era come sfocata, probabilmente perché nemmeno Neil sapeva come fosse fatto suo fratello dopo tutti quegli anni.
Luke spintonò Neil che con sorpresa si riscosse dallo stupore iniziale e capì quello che stava per accadere.
La prova era appena iniziata.
-Lasciami andare.- Disse la voce da bambino di Luke. –Non ho futuro fra queste mura, sono destinato a cose più grandi che a farti da scudiero… e di indossare la tonaca non se ne parla!-
-Ascoltami Luke, lascia perdere tutto questo! Io…- Mi leccai le labbra come se Neil si preparasse a dire qualcosa di difficile.
-Voglio venire con te! Andiamocene insieme, è una cosa che avrei dovuto fare anni fa!-
Con rapidità impressionante Luke puntò la sua spada alla gola del fratello maggiore.
-Tu mi offendi Neil, me ne vado perché non posso avere ciò che hai e tu…- Lo vidi alzare la spada e la mia mente ebbe un fremito.
-Vuoi abbandonare tutto ciò?! Allora muori, così che io possa avere ciò che tu lasceresti con tanta facilità!- Calò la spada su di me, proprio mentre Neil cercava di fargli capire.
-No, Luke! Lascio tutto per stare con t…- Ma non fece in tempo a finire che dovette scartare di lato per non finire trafitto.
Dannazione Soldatino! Estrai la spada!’ Lo incitai, ma non parve darmi udienza.
-Ascoltami fratello, per una volta ascolta ciò che ho da dirti!-
-Risparmiatelo Neil! È finito il tempo dei discorsi e delle prediche, adesso è il momento in cui mi prendo ciò che doveva essere mio!-
E con un tondo roverso (NDA: colpo orizzontale al fianco dell’avversario, in questo caso da siniztra a destra) tentò di colpirci al fianco, ma Neil fece un balzo indietro evitandolo, non sembrava avere intenzione di estrarre la spada, che sciocco… ma non potevo rimanere lì a morire perché quel tonto non voleva torcere un capello al fratello.
Luke balzò in avanti e ritentò con un fendente.
Estrai quella spada!’ gridai ‘O lo farò io!
Neil stavolta parve sentirmi e un sussurro debole mi arrivò in risposta. ‘Prima voglio provare a farlo ragionare.
è una scena creata da queste cripte infernali, quello non è tuo fratello!
‘Lo so… ma voglio provare a sistemare ciò che anni addietro non ebbi il coraggio di fare! Se a te ne fosse data la facoltà, non cercheresti di cambiare qualcosa che è avvenuto?
Per un attimo mi ritirai nella mia mente ripensando a quante cose avrei voluto cambiare… così tante, troppe.
Neil riprese a schivare i colpi di Luke senza reagire fino a che non fu ferito alla spalla.
Quella fu l’ultima  goccia.
-No!- Gridai, e stavolta la mia voce fu udibile anche all’esterno del corpo, la figura di Luke si fermò come immobilizzata dalla sorpresa.
-Forse tu vuoi cambiare ciò che è stato, ma io no! Quel che è successo è successo! Solo gli Dei sanno quanto vorrei essere stata io quella a morire sulla nave al posto di Conrad, e fino a poco tempo fa era il mio obiettivo primario cambiare il passato, ma…- E lì ebbi la rivelazione, quello che Ain aveva cercato di farmi capire durante tutto il viaggio mi si materializzò nella mente. – Adesso non lo è più! Conrad si è sacrificato per me perché era quello che voleva ed è quello che avrei fatto io se fossi stata al suo posto… non si può cambiare il passato evidentemente era scritto che andasse così, puoi solo cambiare il futuro Neil!-
Tutto sembrava congelato mentre le mie parole si riversavano come un fiume in piena. –Non ti rimane che trovare tuo fratello e riportarlo a casa! E io ti aiuterò, costi quel che costi ce la faremo ed io sarò lì con te!-
-Anche io!- E una vocetta squillante emerse dagli anfratti della mente di Neil, più luminosa della mia e quella di lui messe insieme. –Non importa cosa hai fatto, ma quello che farai, e se in questa occasione hai lasciato andare tuo fratello appena lo rivedrai non lasciarlo più andare via!-
Sorrisi soddisfatta rendendomi conto solo in quel momento di non essere più rinchiusa nella mente di Neil e al mio fianco c’era Ainitha, ovviamente, eravamo solo pallide proiezioni.
La bambina corse da Neil che ancora guardava il fratello che stava per colpirlo, immobile come una statua, e con dolcezza lo abbracciò per la vita.
Neil abbassò il capo e le lacrime solcarono le sue guance mentre la bambina lo lasciava andare.
Lo vidi estrarre la spada.
-Hai capito finalmente!- Dissi con fervore mentre vedevo Luke riacquistare mobilità, ora sembrava andare al rallentatore.
Con mia sorpresa Neil lasciò cadere la spada con disprezzo e si avvicinò con tranquillità al fratello per poi abbracciarlo come aveva fatto Ainitha con lui
La bambina adesso sorrideva con soddisfazione, tornata al mio fianco, mentre allungava una mano per stringere la mia ed io la lasciai fare.
La spada del fratello cadde a terra e sostituì la posizione di attacco con quella più sorprendente di un abbraccio.
La figura sfocata cominciò a piangere e per un attimo mi parve di scorgere le labbra piegate in un sorriso acquoso.
-Fratello…- Disse Luke, che per tutto il tempo aveva evitato quella parola. –Non lasciarmi più andare.-
-Ho lasciato le guardie reali per te… ti troverò e ti riprenderò, lo prometto!- Disse Neil stringendolo ancora di più.
-Lo so.- Sussurrò il più piccolo e in un lampo il corpo di Luke parve implodere in mille pezzi lucenti e i resti caddero a terra sottoforma di polvere brillante.
Neil si voltò verso di noi, ormai le lacrime si erano fermate e negli occhi si poteva leggere la determinazione.
Sorprendendomi si avvicinò con una falcata e chiuse sia me che Ain in un abbraccio caldo e confortante, non ero tipa da smancerie, ma in quel momento mi parve la cosa più naturale del mondo. Con una mano tenevo quella di Ainitha, ma l’altra la passai sulla schiena di Neil in un goffo tentativo di pacca sulla schiena.
E dopo quel gesto di affetto per me così estraneo l’esplosione di bianco arrivò e di nuovo il candore ci circondò completamente.
L’ultima cosa che sentimmo fu:
Hai trovato la pace Neil Leorn
 
-*-
Ed eccolo qua, finalmente abbiamo visto anche il retroscena di Neil, è normale che alcuni punti non vi tornino, li ho lasciati appositamente poco chiari. :D
Non vedo l'ora di pubblicare il prossimo capitolo!! 
E ringrazio le mie lettrici accanite che nonostante impegni e cose varie trovano sempre il tempo di leggere la mia storia e di commentarla. Grazie <3

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Capitolo 19
*** Capitolo XVIII- ***


Capitolo XVIII
 
Quando il bianco se ne andò ci ritrovammo nella stessa posizione di quando eravamo stati risucchiati. Quell’abbraccio mi metteva in imbarazzo e a disagio, ormai era passato l’attimo in cui accettavo quel tipo di smancerie.
 Mi staccai dai due facendo un passo indietro per poi voltarmi e passarmi una mano sul viso umido di sudore freddo.
Quando mi voltai di nuovo gli altri due mi guardavano sorridendo ed io non trovai niente da dire ancora shockata dalla situazione precedente.
Feci un respirone e mi calmai velocemente, erano anni che mi allenavo a controllare le emozioni, ma desideravo comunque uscire velocemente da quella cripta maledetta.
-Speriamo che non ci siano altre sorprese…- Disse Neil portando ad alta voce uno dei miei pensieri.
Ain si voltò a guardarlo smettendo di tastare le pareti della stanza che era del tutto uguale alla precedente: circolare con le mura completamente formate da lastre ricoperte da scritte e segni della lingua dei morti, nessuna porta e il soffitto era altissimo.
L’unica illuminazione erano le ondate di luce azzurrina da cui erano percorse le scritte, le quali mutavano ad ogni vibrazione, come impazzite.
-Si parlano gli uni sopra gli altri… i morti, non riesco a capire, sembra quasi un avvertimento. Neil tocca la parete.- Disse Ainitha fissando l’altro.
-E p...perchè scusa?-
-Perché la prova precedente era la tua.- Gli risposi io capendo dove volesse arrivare la bambina.
L’altro si arrese e poggiò una mano sulla porzione di muro più vicina.
Subito le guizzanti scritte bluastre presero a dare forma ad un altro animale, un corsiero impegnato in un impennata che ne mostrava tutto lo splendore e sotto di lui una grande L delimitava il disegno come l’angolo di una cornice.
Neil staccò subito la mano con sorpresa, come se la parete bruciasse. –è lo stemma del mio casato.- Spiegò, con gli occhi illuminati dal quel gioco di luci.
-Bello.- Gli dissi io guardandolo di sottecchi con la coda dell’occhio, mi parve che sorridesse.
Appena cominciò a sbiadire osservammo la comparsa di una porta uguale alle precedenti.
-Mm, credo che stavolta sia il mio turno, che ne dite?- Dissi, rivolta verso gli altri due, e la bambina assentì.
-Scopriremo, la tua più grande paura Kira Renly!- Mi disse Neil ammiccando alla porta.
-Tsk, vedremo, dopotutto io non ho paura di niente.-
-Che bugiarda!- Mi disse Ainitha ridendo. – Anche se non avessi questo dono non ti avrei creduta comunque, tutti hanno paura di qualcosa!-
Giusta osservazione, il problema era che davvero non sapevo cosa ci si sarebbe presentato davanti.
-Comunque da quel che si può intuire qua lo scopo è quello di far raggiungere la pace a chiunque varchi quella porta: ‘Se questa porta varcherai nella tua mente piomberai, quel che lei ha creato o rimembrato vivrai e finchè la pace non troverai da lì non uscirai.’ Diceva così no?- dissi, per cercare di farmi un’idea, ma ero più confusa di prima.
-C’è un solo modo per scoprirlo!- Disse la bambina.-Entrare!-
Senza aggiungere una parola raggiunsi la porta e la varcai con una strana sensazione dentro di me e una domanda che mi assillava incomprensibilmente: che cosa ne sarebbe stato di me là dentro?
Mi diedi auto-supporto morale mentre ero nel bianco.
Dovevo mettercela tutta per uscire da quel posto il prima possibile, l’amuleto era solo ad un passo da noi.
                                                                         *
Svanito il candore mi ritrovai in una landa desolata… decisamente desolata: il terreno era brullo ed arido e su di esso vi erano solo sassi e rocce.
Crostoni di terreno si susseguivano senza mai cambiare fino alla linea dell’orizzonte.
Ero apparentemente sola e sondando la mia mente non trovai segni della presenza di Ain e Neil.
Mi agitai sul posto a disagio, quel luogo era così estraneo ma al contempo conosciuto.
Cominciai a camminare a caso mentre il sole opaco si rifletteva su di me, avevo una gran voglia di trovare un posto all’ombra, ma tutto quello che vedevo era un deserto sconfinato… ma all’improvviso qualcosa cambiò nel paesaggio.
Un muro si ergeva di fronte a me e non riuscivo a capire come ci fosse sbucato lì, cominciai a costeggiarlo sperando di trovarne una breccia, ma ben presto mi resi conto che il muro racchiudeva un enorme porzione di terreno circolare. Ma dov’erano Ain e Neil? Chissà se loro avrebbero saputo che fare? La bambina era spaventata?
Il muro cominciò lentamente a scendere mentre pensavo a queste cose, lo fissai per un lungo momento e quello si immobilizzò.
Adesso aveva un’altezza di circa 3 metri, sorrisi.
Feci due passi indietro e con uno slancio riuscii ad aggrapparmi all’estremità superiore del muro, portai la gamba destra aldilà della recinzione in un unico movimento fluido per poi essere seguita da tutto il resto del corpo. Atterrai in quello che sembrava un giardino circolare dove erba verde e sana cresceva rigogliosa, al centro del prato un unico fiore svettava: scuro e bello.
Mi avvicinai al fiore con il cuore che batteva e mi abbassai per meglio esaminarlo sedendomi sui talloni.
Era un bocciolo di rosa nera il cui gambo era ricco di spine.
Allungai una mano per coglierlo, qualcosa mi attirava con forza verso quel piccolo, ma bellissimo fiore.
Inizialmente mi punsi, ma poco importava dato che la puntura si rimarginava subito lasciando una sola piccola goccia di sangue.
Appena strinsi il fiore me lo portai vicino al volto per odorarlo, adoravo l’odore delle rose, ma quello prese a mutare velocemente, i petali presero ad aprirsi e ben presto il fiore fu del tutto sbocciato.
-Meraviglioso!- Non potei fare a meno di dire.
All’improvviso una voragine cominciò a crescere dal punto da cui avevo colto la rosa e ben presto caddi nel vuoto. –Cazzo!- Non feci in tempo a dire, mentre il vento mi strappava di mano il fiore e io sapevo di aver perso una cosa importante.
Il fiore… l’immagine della bellissima rosa nera che sbocciava, ripensando a quel momento una lacrima si perse nell’aria sovrastante mentre ancora cadevo, sorprendendomi.
Cosa mi era preso?! Piangere per un fiore? Non era possibile!
Mi voltai a mezz’aria verso il basso, stufa dei capelli che mi frustavano il volto nell’altra posizione.
-AIN! NEIL!- Chiamai a gran voce mentre scendevo a folle velocità? Dove erano finiti?!
Improvvisamente il terreno mi giunse alla vista e il mio naso lo sfiorò prima che me ne accorgessi, ma non sapevo bene come ero finita stesa carponi, senza impatto… senza accorgermene, era come se fossi sempre stata lì stesa a terra.
Mi alzai circospetta mentre osservavo il nuovo luogo.
Ero circondata dall’oscurità, ma riuscivo a vedere grazie al terreno stranamente fluorescente.
Sbuffai. Luoghi troppo strani si susseguirono mentre cercavo i miei compagni di ventura, posti che avevo già visto e no e un gran mal di testa cominciò a crescere pungendo dietro alle orbite.
Ciò che non capivo un po’ mi spaventava.
D’improvviso mi fermai in tempo per non cadere in quella che sembrava una voragine nera che si estendeva fin dove la mia visuale poteva arrivare.
Guardai in basso subito oltre la soglia del precipizio, incuriosita sulla profondità di quell’immensa voragine, ma ovviamente il fondo non c’era… un classico.
-Perché sei qui?-
Una voce mi lasciò pietrificata, una voce che conoscevo fin troppo bene…
Come al rallentatore alzai il capo e lo vidi, bello come lo ricordavo con quei suoi bellissimi occhi verdi…
-Conrad!- Gridai e senza trattenermi mi misi a piangere inginocchiandomi sul limite del precipizio, le mie lacrime si perdevano nell’abisso immobile e scuro mentre cercavo di capacitarmi di ciò che avevo appena visto.
-Non è possibile!- pensai con tutte le mie forze, poi mi costrinsi a rialzare lo sguardo.
Conrad mi osservava mentre si avvicinava a me camminando sul nulla, le sue vesti erano nere come la notte e i suoi occhi brillavano come quelli di un gatto a causa della scarsa illuminazione.
I capelli rossi gli arrivavano poco sopra le spalle lasciati selvaggi e liberi.
-Sei morto…- Dissi in un sussurro aggrappandomi al terreno luminescente che non mi era mai sembrato così instabile.
-Si.- Mi rispose con un monosillabo.
Piantai i miei occhi nei suoi esprimendo tutta la mia confusione.
-E allora… perché sei qui?- Chiesi, con le poche energie che dopo la sua vista mi erano rimaste.
-Sono sempre stato qua.- Rispose cripticamente per poi porgermi la sua mano per aiutare ad alzarmi.
-E dove siamo? Che posto è questo?- Con mano tremante afferrai la sua e il contatto con la sua pelle fu talmente traumatico che pensavo di svenirgli tra le braccia… non che mi dispiacesse comunque,e per un attimo l’idea prese concretezza nella mia mente, poi lui rispose guardandomi con tristezza.
-Speravo che tu non ci tornassi più qua…-
Tornarci? E quando mai ci ero stata?
-Cosa vuoi dire?- Domandai, assumendo per un attimo un’aria sospettosa.
Lui mi sorrise e mi sciolsi come il burro al sole. –Non l’hai ancora capito? Siamo nella tua anima, mia Rosa Nera.- E lasciandomi a bocca aperta dopo tale rivelazione mi afferrò per la vita e l’altra mano afferrò la mia ed entrambi assumemmo una posizione di danza. Volteggiammo senza musica e senza pavimento, sul nulla, confondendomi ancora di più.
-Ti ricordi di quella volta al palazzo del Re? Per il tuo  compleanno ci intrufolammo al suo galà e ballammo e conversammo coi nobili tutta la sera!- A quelle parole risentii la musica classica di quella sera nelle mie orecchie e sorrisi malgrado la bizzarra situazione.
-Perché sei qua Kira?- Mi chiese di nuovo, continuando a danzare e tenendo gli occhi fissi nei miei.
-Ci sono finita, credo sia una stupida prova.- Dissi poggiando il capo sul suo collo e inspirando il suo profumo.
-Una prova? Da poco hai lasciato questo posto… non volevo che ci tornassi.-
Disse, confondendomi.
-Non credo di essere mai stata qua, mi ricorderei di come ci si sta bene.- Dicendo questo chiusi gli occhi lasciando che fosse lui a guidarmi in quelle danze mentre la luce emanata dal pavimento permaneva nella mia retina.
-Sono solo un ricordo… e questa voragine simboleggia il vuoto profondo che la mia morte ha causato. Troppe volte sei finita qua perdendoti nel vuoto, pensandomi.- Il suo tono era triste. –Avrei preferito non rivederti mai più quaggiù, per un attimo… pensavo mi avessi dimenticato.-
-Dimenticato?!- esclamai shockata staccandomi e fermando la danza, poi aggiunsi con foga. –Non potrei mai dimenticarti Conrad, tu sei… il mio Rosso e per quanto io me ne possa fare una ragione… tu sei comunque morto sotto i miei occhi dovevo morire io quel giorno non è giusto quel che ti è successo!- Avrei voluto aggiungere che la mia dannazione c’entrava per buona parte, ma mi trattenni al pensiero di Ainitha.
Conrad passò la sua mano sulla mia fronte, allontanandomi i capelli dagli occhi e sospirò per poi sorridere.
-Voglio solo che tu vada avant…-
-Io sto andando avanti, anche se per te non lo è indugiare sui tuoi ricordi… tu sei una grande parte di quello che sono e non posso cancellare tutto per andare avanti, non posso e non me lo chiedere.- Il mio tono era deciso come il mio sguardo, sapevo di aver posto un punto sulla questione e come se nulla fosse tornai a poggiare il mio capo nell’incavo del suo collo e chiusi gli occhi sperando di rimanere per sempre così, come se lui ci fosse ancora… al diavolo tutto!
All’improvviso l’immagine di Ain mi baluginò davanti come un monito e riaprii di scatto gli occhi mentre la musica classica continuava a martellarmi nella testa.
-Sai dove sono le altre due persone che mi accompagnano?- Chiesi a Conrad e quello riprese a danzare mentre parlava. –Li hai esclusi, verranno solo se sarai tu a chiamarli, ma sono al sicuro.-
Nemmeno per un attimo dubitai delle sue parole e tornai a chiudere gli occhi crogiolandomi in quella fantastica situazione: che gli dei mi avessero voluto fare un dono?
-Vorrei rimanere così… per sempre…- Dissi quasi senza volerlo.
La musica si interruppe e sentii la bocca di Conrad sfiorarmi i capelli e il suo sussurro darmi un brivido di piacere lungo la spina dorsale.
-Allora rimani per sempre qua con me Rosa Nera.-
Spalancai gli occhi dalla sorpresa.

-*-
Il mio ritardo come al solito è motivato: avevo gli esami settembrini!!
Comunque spero proprio che nessuno di voi si sia arreso nella lettura perchè ,la storia  va avanti e come se ci va! Dal prossimo capitolo, se tutto va come deciso nei piani, dovrebbe esserci più movimento! Mi spiace per la brevità, ma era il momento giusto in cui fermare la narrazione :)
Un bacio a tutte le mie lettrici che commentano ogni volta che possono!!
Ovviamente grazie anche ai lettori silenziosi <3
Adios!

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Capitolo 20
*** Capitolo XIX- ***


Capitolo XIX
 
Lentamente mi staccai da lui per incontrare il suo sguardo.
Volevo vederglielo dire di nuovo.
-Cosa?- Chiesi, fingendo di non aver capito.
-Non lo ripeterò Kira.- Mi disse con tono serio e abbassai lo sguardo, immancabilmente non potei evitare di notare la cicatrice sul suo collo che svettava pallida nell’ombra degli abiti e dei suoi tratti.
Inconsciamente passai il polpastrello dell’indice della destra lungo la linea, seguendola in ogni sua deviazione.
-Lo vorrei tanto…- Sussurrai per poi tornare a guardarlo fermando la mano.
In tutta risposta Conrad afferrò il mio volto e si accinse a baciarmi, ma appena vide una lacrima scendere lungo la mia guancia si fermò confuso.
-…ma non posso.- Dissi ancora più sommessamente e presa dalla nostalgia e dalla disperazione spinsi le sue labbra contro le mie premendo dietro la sua nuca e lui mi lasciò fare.
Le mie lacrime cadevano mentre ci baciavamo.
Ci scambiammo un bacio carico di passione ed espresse ciò che provavo meglio delle parole: frustrazione, impotenza, amore, desiderio, collera per il destino avverso.
Quando le nostre labbra si allontanarono non potei fare a meno di rimpiangere il contatto caldo e piacevole.
-Ti amo e lo farò per sempre… non credo di riuscire a dimenticarti, non dopo questo.-
-Allora resta.- Mi disse lui con più insistenza.
Mi agitai a disagio fra le sue braccia. –Non posso, ma se non avessi una cosa importante da sbrigare lo farei… credimi.-
Conrad mi lasciò andare ed io non potei fare a meno di intristirmi per quel distacco, quando poi lui mi diede le spalle mi sentii morire.
-Saresti davvero rimasta con me altrimenti?- Chiese lui, con un moto di stizza. Lo vidi irrigidire le spalle mentre parlava.
-Certo!- Affermai con convinzione e a quel punto lui si voltò.
-E qual è questa cosa importante? Questa cosa più importante di me per te?!- I suoi occhi erano diventati di un verde scuro e terribile ed io indietreggiai sconvolta.
Poi mi ripresi rispondendogli con decisione. -Ho fatto una promessa ad una bambina, e sai che mantengo sempre la parola data.-
-Ma certo!- Disse con scherno accennando a me. -Kira, io sono morto per te! Come puoi non esaudire questo mio desiderio? Rimani, ti prego!-
La sua preghiera mi colpì così dolorosamente il cuore che persi diversi battiti.
-Non posso!- Affermai con decisione. –Come puoi dirmi questo? Tu sarai morto, ma non pensi a quello che anche io ho passato?!-
Per un attimo la figura di Conrad si irrigidì poi i suoi occhi si fecero più scuri e alla luce fluorescente divennero neri come la pece: tutto il bulbo parve inondato da inchiostro nero.
-Ma davvero?- Disse con voce sommessa. –Povera la mia Rosa Nera… come ho deciso di morire per te adesso ho deciso che tu rimarrai per sempre qua con me, nella desolazione della tua stessa anima!-
Non feci in tempo a capire cosa stava succedendo che tentacoli di oscurità si aggrapparono alle mie gambe e cominciarono a trascinarmi verso il basso nell’oscurità del crepaccio che divenne molle come fango vischioso.
Ben presto fui risucchiata fino alla vita, ma a quel punto le tenebre smisero di inghiottirmi nascondendo i miei arti inferiori alla vista, sembravo ridicolmente spezzata e fluttuante sul nulla.
Provai ad impuntarmi con le mani, ma queste affondavano nella melma scura per poi uscirne completamente immacolate, come se l’oscurità scivolasse sulla mia pelle.
Non vedevo via di scampo e cominciai a scalciare tentando di liberarmi, ma senza un appiglio a cui issarmi era inutile e tutto quello che potevo fare era arrabbiarmi con me stessa per essermi dimenticata che tutta quella messa in scena era una prova… ma era tutto così dannatamente reale.
-Perché non mi ami più Kira?- Chiese l’ombra del ricordo di Conrad con tono lamentoso. –Non dirmi che qualcun altro ha preso il mio posto nel tuo cuore e nei tuoi pensieri!- Stavolta il tono lamentoso si fece quasi rabbioso.
-Io ti amerò sempre Conrad, ma sei morto ed io devo andare avanti, devo vivere ed è una cosa che va oltre il mio bisogno fisico e mentale di stare con te! Il mio destino è stato scritto e non posso modificarlo, lasciami andare e quando tutto questo sarà finito tornerò da te!- Vedendo che quello non replicava, ma emetteva solo piccoli toni lamentosi tenendosi il capo fra le mani continuai con più convinzione. –Lascia che mantenga la mia promessa…- poi aggiunsi con foga pensando di migliorare la situazione. –E non c’è nessuno che potrà mai prendere il tuo posto nel mio cuore.-
I toni lamentosi si fermarono e Conrad lasciò andare il suo capo irrigidendosi.
-Oh, su questo hai ragione...- Inclinò il capo guardandomi con occhi vacui, neri come la pece, e un ghigno da pazzo che mi diede i brividi. –Peccato che a dispetto di ciò che sembri il tuo cuore è grande Kira Renly e c’è spazio per più di una persona!-
Dicendo questo una frusta di ombra comparve fra le sue mani e alle sue ultime parole gli diede una sferzata.
-Sai, mi donasti tu la prima frusta che abbia mai utilizzato.- L’ombra si disperse dall’arma e comparve la frusta che utilizzai nel nostro primo incontro. –E ne sono diventato modestamente un maestro… o forse dovrei parlare al passato dato che sono morto.- Sorrise in un ghigno selvaggio, ormai i suoi lineamenti erano alterati.
-Ti prego, liberami…- Lo implorai, giusto perché era lui, e in tutta risposta una sferzata mi colpì dolorosamente uno zigomo aprendo la carne come burro.
Con un gemito mi afferrai i lembi di pelle tenendoli saldi insieme per far rimarginare tutto perfettamente.
Lo vidi arrivarmi di fronte per poi sedersi sui talloni per poter essere alla mia stessa altezza.
-è inutile che mi preghi, mi hai mentito…- Mi afferrò il mento su cui ancora colava sangue e lo alzò costringendomi a guardarlo negli occhi.
Un moto di rabbia mi prese.
-Cosa cazzo dici, io non ti ho mentito! Io…- Non riuscii a finire che quella stupida imitazione di Conrad si era già alzata lasciando andare il mio mento con secchezza.
Un calcio ben assestato mi arrivò sotto al mento mentre parlavo e la lingua rimase fra i denti e vidi letteralmente le stelle mentre il sapore ferroso del sangue si diffuse nella mia bocca.
Non sapevo cosa fare, ma adesso cominciavo ad arrabbiarmi, quello non sembrava Conrad, ma fino ad un attimo prima lo era stato ed era difficile desiderare di fare del male alla persona che amavi di più… quando era in vita.
La lingua si rimarginò velocemente e riuscii a parlare sebbene il sangue pulsasse ancora dolorosamente.
-Conrad io voglio stare con te, non capisci?! Solo che ho cose da sbrigare che sono importanti per tutti… non sei mai stato un egoista e mi conosci, quante volte abbiamo svolto delle missioni assieme fidandoci l’uno dell’altra?- Il mio tono cercava di essere convincente, ma sentii fremere alcune parole mentre le pronunciavo, dovevo ammettere che avevo paura in quel momento: ero immobilizzata e Conrad era una mina vagante in quelle condizioni.
-Diciamo che tu non apparterresti mai a questo luogo…- Adesso il suo tono era tornato triste. –Tu sei viva.-
Non riuscii a non trattenere il fiato alle sue parole. –Senti Conrad, io…-
-Mi basterà porre fine alla tua vita.-
Ovviamente. Che idea brillante.
Mentre quello alzava il braccio per colpirmi portai una mano alla gola per proteggerla e pensai ad Ain e alla promessa che si sarebbe infranta, a Neil a cui tenevo molto più di quanto sarei mai stata in grado di ammettere… anche a me stessa. Avrei voluto entrambi lì anche solo per dire loro che avrei preferito aiutarli piuttosto che morire… anche se supponevo non avrebbero avuto dubbi (e chi li avrebbe avuti!), ma forse la situazione era un po’ particolare e li avrebbe potuti portare a dubitare delle mie convinzioni.
-Ascoltami!-
-Shhhh.- Mi disse con tono dolce. –Lo faccio per noi, per poter dimostrare a tutti che neanche la morte può separarci!-
Fu un attimo, un baluginio ed un imprecazione.
Quando recepii la scena di fronte a me vidi Neil con la spada posta in avanti in posizione difensiva, avvolta dalla frusta di Conrad. Mi aveva appena salvato la vita.
-Neil!- Dissi con un sorriso al piacere di averlo visto.
-Non temete milady.- poi lo vidi voltarsi nello sforzo di trattenere la spada che Conrad cercava di strappargli dalla mano con la frusta. –è arrivato il vostro soldatino dall’armatura splendente.-
-Oh, mio eroe.- Dissi di rimando alle sue parole approfittando del momento di pausa per uscire di lì, ma ero troppo invischiata nella melma e cominciai lentamente a sprofondare.
-Kira!- Mi giunse di fianco Ain, ma anche coi suoi piccoli sforzi di tenermi a galla stavo sprofondando nell’ombra, oltretutto tentava di tenermi su tenendomi per il collo col risultato di farmi quasi svenire per asfissia.
-Ma siamo sospesi nel nulla!- Disse Neil che, liberatosi dalla stretta della frusta si era subito voltato per aiutarmi, ma non doveva ancora essersi reso conto di dove ci trovavamo.
La discesa si fermò quando la melma mi era arrivata al collo.
-Magnifico!- Esclamai con frustrazione.
Una sferzata di frusta ci ricordò della presenza di Conrad.
-è lui Kira? È lui l’altro uomo nel tuo cuore?- Chiese con calma inquietante.
-Si!-
-No!-
Rispondemmo all’unisono rispettivamente Neil ed io.
-Non è il momento di scherzare Neil!- Dissi con veemenza, sperando che l’altro capisse che la situazione non era delle migliori.
-Ehi, non mi faccio intimidire da un ex geloso!- Mi rispose lui quasi con rabbia.
In tutta risposta Conrad sferzò di nuovo l’aria con un grido di rabbia, ma stavolta la situazione fu di gran lunga differente.
La penombra da cui eravamo circondati si mosse seguendo il movimento della frusta e la superficie scura del crepaccio si increspò come una superficie liquida.
Le semplici increspature divennero onde sempre più alte, fino a che una di esse non sbalzò me fuori dalla melma ed Ainitha qualche metro più là.
-Correte!- gridò all’improvviso Neil che si stava allontanando a tutta velocità dalla voragine che si allargava sempre più dal punto in cui la frusta aveva colpito lo strano terreno.
Mi misi a correre diretta verso la zona fluorescente e sul tragitto afferrai Ain che era decisamente troppo lenta.
Giunte in salvo mi voltai per vedere Neil e Conrad che di pari passo gareggiavano in velocità per non essere risucchiati.
All’ultimo secondo entrambi spiccarono un salto, ma tutti e due si diedero poco slancio finendo inesorabilmente ad aggrapparsi a poco più di un metro in basso rispetto al piano luminescente.
Mi affacciai sconvolta, entrambi stavano per cadere.
-Kira, aiutali, sbrigati!- Mi incitò Ain.
Senza pensarci allungai una mano verso Neil e ciò decretò la fine di tutto.
Quando Neil afferrò la mia mano mi voltai verso Conrad, che avrei aiutato subito dopo, e lo vidi sorridermi serenamente.
I suoi occhi erano tornati quelli di sempre e con un cenno nei miei confronti si lasciò andare, cadendo nelle profondità più recondite del mio animo.
Sparì subito nell’oscurità.
-Conrad!- Gridai senza ricevere risposta, quasi stavo per lasciare la presa su Neil per lo shock.
Rimasi senza fiato a contemplare l’ultimo punto in cui l’avevo visto, il mondo andava al rallentatore e passarono, mi sembrava, ore prima di udire una voce.
-Sei riuscita a lasciarlo andare.- Mi disse sommessamente Ainitha mentre il mio cuore perdeva altri battiti pensando che aveva ragione.
Per la prima volta dalla sua morte lo avevo realmente e letteralmente lasciato andare.
Dopo aver aiutato Neil a salire una mia lacrima cadde nell’abisso, non mi ero nemmeno resa conto di piangere tant’è che con una mano mi toccai la guancia sorprendendomi di trovarla umida.
Mi alzai in piedi e dopo un attimo di silenzio capii di doverlo salutare.
-Addio… Conrad, il mio Rosso.- Sussurrai al nulla.
Poi il bianco ci investì e sentimmo la solita frase.
Hai trovato la pace Kira Renly.
E se in un certo senso aveva ragione, nell’altro mi sentii stranamente vuota.
                                                                         *
Quando la luce se ne andò mi trovavo ancora in piedi nella stessa posizione, solo che davanti a me vi erano i lastroni del pavimento delle cripte e non il precipizio buio e scuro.
Strinsi i pugni e con meraviglia sentii che la destra non era vuota.
Abbassai lo sguardo per ritrovarmi in mano la frusta appartenuta in precedenza a me e poi a Conrad.
La portai all’altezza dei miei occhi e con il cuore più leggero la assicurai alla cintura… credevo che fosse andata persa con la morte di Conrad.
Mi voltai verso Ain che aveva i calzari strappati su un ginocchio e una guancia arrossata nel punto in cui aveva urtato il pavimento oscuro.
-Stai bene Kira?- Mi chiese guardandomi con quei suoi grandi occhi viola.
Non risposi, e come dovevo risponderle, lei meglio di tutti poteva percepire ciò che provavo e senza attendere altro mi avvicinai alla parete.
Neil era taciturno, infondo sapeva che non avevo voglia di parlare di ciò che era appena successo.
Con esitazione avvicinai la mano alla parete e quando stavo per farlo la voce di Neil mi interruppe.
-Che stemma mostrerà? Quello del Re?- Chiese, divorato dalla curiosità.
-No.- Risposi, con una sicurezza che non sapevo di avere.
-Quello del signor Renly?- Chiese allora Ainitha.
Scossi la testa sorridendo e mi voltai verso gli altri due.
-Mio padre non era di nobile lignaggio, ma io ho purtroppo sangue blu nelle vene, per quanto odi ammetterlo. Non riconoscerò mai lo stemma del Re come mio ed è per questo che ne comparirà uno che rappresenterà la mia casa nobiliare.-
Con emozione toccai la parete e tutte le luci sparirono per poi unirsi a formare un enorme disegno di una rosa sbocciata.
I contorni erano illuminati, ma i petali sembravano neri come la pece, fosse stata rappresentata su un arazzo sarebbe stato un tessuto nero con il ricamo bianco di una rosa.
Al centro del fiore svettava una R dorata come i miei occhi.
Mi meravigliai dello stemma: la mia mente non avrebbe mai saputo partorire una cosa così bella.
Quando tolsi la mano lo stemma rimase per qualche altro secondo poi al suo posto comparve una porta.
-Bello.- Mi disse Neil in un sussurro vicino all’orecchio ed io lo guardai di sottecchi con un sorriso.
Posi una mano sulla porta e l’aprii con una lieve spinta.
La porta si aprì senza emettere un rumore e una stanza scura ci si presentò davanti.
Varcai la soglia, ma le scritte sulla parete non c’erano più e il buio era quasi opprimente, un solo enorme lampadario illuminava con luce azzurrina e tenue l’ interno, ma metteva in evidenza solo le sagome degli oggetti nella stanza e infatti sembrava piena.
La porta si chiuse alle nostre spalle con un tonfo rumoroso.
Un classico.
Avevo tutti i nervi tesi al massimo ed una brutta sensazione.
-Stammi vicino…- dissi alla bambina, ma quella sembrava distratta.
-Cos’è questo rumore?- Chiese, tremando nell’oscurità.
Era vero, un rumore simile ad  un ronzio, ma più basso e profondo, invadeva la stanza.
-Sembra quasi…- Esordì Neil pensieroso e mentre lui rifletteva su cosa potesse essere, io scrutavo la stanza alla ricerca della fonte e uno strano moto di panico mi prese costringendomi ad arretrare.
-Non è possibile…- Sussurrai.
Ormai la mia vista si era adattata a quella semioscurità.
-Ci sono quasi, sembra quasi che qualcuno stia…- Continuava Neil pensieroso.
-Russando?- Terminai io che estraevo intanto le armi.
-Brava!-
-Shhhhhh!!- Gli intimai.
-Che c’è Kira?- Chiese Ain allarmata sottovoce. –Sento che qualcosa ti turba.-
-Se usaste meglio gli occhini.- Dissi ad entrambi con un sussurro scocciato. –Vedreste che siamo incappati in un problema… enorme!-
-Io non vedo un tubo!- Disse Neil. –Aspetta… forse la mia vista si sta abituando.-
Mentre quei due si scervellavano io feci due calcoli.
Il lampadario era sospeso ad una decina di metri… con l’aiuto della frusta forse ci sarei arrivata!
Sentii la bambina agitarsi dietro di me, probabilmente stava per gridare.
Quando le vidi spalancare la bocca dal terrore gliela tappai, ma i suoi mugolii furono comunque acuti.
Il ronzio terminò di botto.
-Ma si può sapere qual è il problema?!- Chiese Neil che cominciava a stufarsi.
Le luci del lampadario avvamparono di botto, ferendoci la vista.
-Per. Gli. Dei.- Scandì Neil arretrando mentre la bestia si alzava, destata dal suo sonno. –Ma era solo una leggenda.-
-Anche l’Altare dell’Aldilà lo sarebbe.- Dissi sommessamente preparandomi ad uno scatto, avevo una sola chance…
Di fronte a noi, intontite dal sonno, ma ben presto sugli attenti, vi erano tre teste di lupo terrificanti ed enormi.
Il suo pelo era nero e gli occhi delle teste erano azzurro ghiaccio.
-Buon giorno Cerbero…- Dissi sommessamente mentre quello ci ringhiava contro mostrando le zanne bianche e letali.
Sarà stato alto circa tre metri al garrese e le sue tre code erano alte come quelle di un qualsiasi maschio Alfa in un branco di lupi.
Ognuna delle sue quattro zampe era grossa tre volte la mia testa.
Dietro di lui, guardando fra le sue zampe, vidi un oggetto che luccicava di azzurro posto su un altare… l’amuleto?
-Kira, che facciamo?!- Chiese una terrorizzata Ain.
Guardai il lampadario e sorrisi. –Ragazzina, lascia fare a me.-
Estrassi la frusta e spiccai un salto, il migliore che avessi mai fatto.


-*-
Eccoci qua, alla fine di un altro capitolo, e ne devono ancora succedere di cose, credo che saremo più o meno a metà storia, se non decido di aggiungere altro... muahahahah!!
Spero che la mia storia non risulti mai noiosa, ho in serbo molti colpi di scena e dei personaggi nuovi. Sappiate che vi stupirò, non so che finale vi aspettiate, ma secondo me gli ultimi capitoli lascerebbero a bocca aperta chiunque!! Spero solo di essere in grado di descrivere tutto alla perfezione, perchè vorrei rendere onore a questa storia che è una delle migliori che abbia mai creato! Ovviamente poi sta a voi dirmi che ne pensate... scrissi altre storie in passato, ma nessuna riusciva ad esprimere al meglio la mia idea di fantasy. Spero di non incappare in errori stupidi e banalità! se così fosse fatemelo notare che ho tanto da imparare ancora <3
Ringrazio tutti i lettori vecchi e nuovi!
Un ringraziamento speciale va alla Sposa di Ade e a Campanellina!! Grazie per le vostre belle recensioni ^-*
Bando alle ciance (cavoli, oggi ho superato me stessa nel commento finale, non so, sarò ispirata <3) finalmente questo benedetto amuleto!!
Come avrete notato mi piace mescolare le leggende di mia invenzione con quelle greche... mi hanno sempre affascinato!! <3

Con un inchino a voi miei lettori/lettrici mi dileguo e mi apprpinquo alla scrittura di un nuovo capitolo!

ps: fra poco aggiungerò l'adepto alla dea Guida nel capitolo extra... e pensavo di inserire anche un'altra divinità a cui in effetti non avevo pensato, ma che nei tempi antichi devono aver perforza venerato (e ovviamente qui direte: se non lo sai tu chi lo dovrebbe sapere?! XD)!

Baciii

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Capitolo 21
*** Capitolo XX- ***


Capitolo XX
 
I capelli si agitavano lontano dalle mie spalle mentre lo spostamento d’aria, dovuto al mio balzo, li spingeva indietro.
 Mentre tutto sembrava svolgersi al rallentatore mi pervase la solita eccitazione che precedeva un combattimento divertente… anche se a vedere quel colosso veniva in mente tutto tranne che il divertimento.
Sentivo i muscoli tesi nel movimento e dal basso le teste del cerbero cercarono di afferrarmi, ma ritirando le gambe verso il petto riuscii ad evitarne le fauci.
-Attenta!- Gridò Neil alla vista della mia quasi perdita parziale degli arti inferiori.
Stavolta avrei fatto più attenzione del normale, non era come essere nell’arena di Raskoll, non ero da sola a combattere, ma c’erano persone da salvaguardare, non era il momento di sperimentare come facevo sempre o azzardare mosse pericolose… bè, ovviamente la situazione in se era già pericolosa.
Con un gesto secco del polso feci scattare la frusta che andò ad avvolgere la catena che teneva sospeso il vecchio lampadario, il quale vacillò pericolosamente.
Per un attimo temetti che cedesse e invece parve reggermi alla perfezione,  grazie al moto iniziale riuscii a oscillare e con un unico movimento giunsi  dall’altra parte della stanza per poi raggiungere il culmine dell’oscillazione.
Adesso sovrastavo il lampadario, era bello riprendere in mano quella frusta e sapere chi l’aveva usata per ultimo, mi faceva sentire più sicura.
Come ogni baciata dal combattente non ero affatto arrugginita, dopotutto era fra le mie peculiarità quella di riuscire a utilizzare alla perfezione qualsiasi arma, come per istinto.
Non avrei fallito.
Atterrai sul lampadario rimanendo precariamente in equilibrio sulle sbarre di ferro a raggiera di cui era costituito, raggiunta stabilità sciolsi la frusta dalla catena.
Polvere cadde dal tetto per ricoprirmi come un velo mentre calcolavo la mia prossima mossa.
Guardando in basso vedevo il Cerbero che saltava nel tentativo di raggiungermi.
Le sue fauci erano enormi e a causa delle vibrazioni che creava dovetti afferrare la catena per non cadere.
-A cuccia cagnolino…- Sussurrai sovrappensiero.
-Kira!- Mi chiamò la bambina. Cavoli, proprio il momento giusto di gridare. La guardai sperando che non avesse attirato l’attenzione della letale bestiola. –I morti mi stanno dicendo cose importanti!-
Il cerbero continuava a ringhiare e a saltare come un ossesso, faceva talmente tanto rumore che fui costretta a gridare per farmi sentire dall’altra.
-Che dicono?- Chiesi, quasi scocciata, speravo fosse una cosa estremamente importante in un momento come quello!
-Dicono che il Cerbero è immortale, perché ha bevuto l’acqua direttamente dall’Altare dell’Aldilà!-
Bhè… non ero molto sorpresa, alla fine se quel bestione era là da secoli sicuramente non aveva il fisichino debole.
Ero scocciata. –E con questo?- dissi acida. –Non è invulnerabile!-
L’espressione della bambina, sebbene non fosse distinguibile nel migliore dei modi data la scarsa illuminazione e la lontananza, mi parve atterrita e quasi dispiaciuta.
-Purtroppo a quanto pare lo è!- Ecco, quella era una cosa davvero importante… e come ci si sbarazzava di una cosa così grossa senza poterla uccidere?
Le scritte sulle pareti continuavano a cambiare freneticamente e la mia mente andava allo stesso ritmo calcolando tutte le possibili soluzioni, la motivazione della sua invulnerabilità l’avrei chiesta dopo.
Dondolavo pericolosamente sulle fauci da lupo, che alternativamente si presentavano esattamente sotto di me ed arrancavano per acciuffarmi sebbene superassi di diversi metri il punto più alto che l’enorme bestia poteva raggiungere, la sua ferocia era quasi palpabile e lo spostamento d’aria che creava era tremendo... all’improvviso mi venne un lampo di genio!
Aria.
Toglierla non lo avrebbe ucciso, ma almeno lo avrebbe fatto svenire.
Come avrei fatto a strozzare una cosa così grande?
All’ennesima volta che rischiavo di cadere lo sguardo mi cadde sulla frusta e sorrisi osservandola.
La ottenni uccidendo il precedente proprietario, capo di una tribù di nani che avevano le loro gallerie vicino alla base della più grande catena montuosa del regno.
Era fatta di filamenti di diamanti coperti da un sottile strato di cuoio e ciò la rendeva una delle armi più resistenti al mondo, se non la più letale.
Però dovevo riuscire ad atterrargli sul dorso e con quelle teste fameliche non sarebbe stata una passeggiata.
Neil parve intuire la mia prossima mossa e afferrò, la prima cosa che gli capitò a portata di mano, un’urna di media grandezza, e la lanciò, con mio grande sconcerto, verso il Cerbero con quanta forza poteva.
Colpì la mascella della testa a lui più vicina e quella si abbassò subito scuotendosi, mentre le altre due presero a voltarsi verso di lui con uno scatto.
Le teste si abbassarono con fare minaccioso e il pelo del lupo si rizzò mentre un ringhio sommesso cominciava a fuoriuscire dalla bestia.
Le zanne erano completamente scoperte e il muso da lupo delle tre teste era deformato mentre ringhiava.
Bene, adesso la sua schiena era in una posizione perfetta, però ci fu l’effetto collaterale che adesso le teste erano interessate ad altre due prede… meglio fare in fretta.
Mi lanciai di sotto senza esitazione ed atterrai sul pelo ritto della pelliccia del Cerbero che si accorse subito della mia presenza e cominciò a scuotersi cercando di scrollarmi dal suo dorso.
Le scosse erano violente, ma io mi ressi con tutte le mie forze alla folta pelliccia, sperando di non strappare ciuffi di peli alla bestia che sarebbe stata di gran lunga più irritata.
Le teste si voltarono verso di  me e cominciarono a mordersi avidamente la schiena nel tentativo di acciuffarmi. Un paio di volte si azzannarono a vicenda, ma le ferite non sembravano curarle molto, anzi, se ne sbattevano proprio.
Dovevo ammettere di essere in difficoltà contro un nemico che non temeva me o le mie armi.
All’improvviso tutte e tre si voltarono in avanti, a quanto pareva non riuscivano a fare le cose separate l’una dalle altre due, vidi Neil pungolare una delle teste, quella all’estrema sinistra, con la spada e quella pareva non apprezzare, non credevo che fosse stato il dolore a turbarla, semmai il fastidio che il soldatino le provocava.
-Guarda me bestiaccia!- Gridò l’altro.
Approfittando della situazione feci uno scatto e con il movimento rapido del polso riuscii ad avvolgere il collo della bestia con un unico arco di frusta.
Vidi l’estremità sparire al lato destro del collo della testa del medesimo lato e poi ricomparire dalla parte sinistra della corrispettiva testa, per tre volte consecutive, poi afferrai con sicurezza il manico della frusta con la destra e la punta la presi al volo con la sinistra.
Sulla mano sinistra cominciai ad avvolgere la porzione di frusta in eccesso e giunta al punto giusto cominciai a tirare con tutte le mie forze nel tentativo di strangolare la bestia che ancora tentava di acciuffare Neil senza curarsi del nodo di frusta intorno ai tre colli.
Appena cominciai a tirare le teste della bestia andarono a collidere generando guaiti di sorpresa, così legate fra loro le teste non potevano voltarsi verso di me.
Sorrisi con soddisfazione, ma sapevo che il difficile veniva solo adesso.
Il cerbero cominciò a picchiare i propri poderosi fianchi contro le pareti con inaudita violenza, cercando di farmi perdere la presa.
Più di una volta rischiai di cadere e spesso sentivo i richiami allarmati di Ainitha, ma non mollavo, dopotutto ne andava del mio proprio bene fisico che quella bestia svenisse il prima possibile.
Strinsi sempre più forte, la mano sinistra prese a sanguinare mentre la frusta che la avvolgeva penetrava nella carne come una lama, ed era una fortuna che dalla mia avessi tutta quella forza, dato che un solo uomo normale non avrebbe mai potuto farlo.
Il cerbero prese a correre per la stanza per poi sbattere a destra e manca, arrancando sentendo probabilmente il fiato sempre più corto.
All’ennesima botta la mano cominciava a dolermi a più non posso e il sangue scendeva copioso, di questo passo avrei perso le dita… e quelle mi servivano.
All’improvviso la bestia si fermò e rantolando cadde prima sulle zampe antriori e poi le posteriori fino a che non si stese su un fianco.Con un salto tornai a terra mantenendo la presa sulla bestia.
Neil si avvicinò alle teste, pensando probabilmente che il mostro non fosse più un problema, ma la centrale quasi lo ingoiò in un unico boccone.
Diedi un ultimo strattone e il ringhio delle teste fu soffocato dal mio agire. Avevo il fiatone ed ero reticente a mollare la presa per paura che le teste non fossero ancora KO… tremavo per lo sforzo e le braccia mi caddero lungo i fianchi senza che nemmeno me ne accorgessi.
Il Cerbero aveva lottato come un ossesso per tutto il tempo e i miei muscoli ne aveva decisamente risentito.
Presi un profondo respiro mentre scioglievo la mano sinistra dalla stretta della frusta.
Le ferite erano profonde, ma già si stavano rimarginando, lasciando uno sgradevole formicolio.
Neil fischiò. – è morto?- Chiese.
-No. È invulnerabile, perciò sta solo dormendo.- Risposi avvicinandomi alla bestia.
Le ferite sui suoi colli già si stavano rimarginando, se Ain non mi avesse informata magari sarei morta pensando di poterlo uccidere.
All’improvviso alzai di scatto la testa e cercai la testolina bionda in mezzo a tutta quella penombra.
-Ain?!- Chiamai allarmata temendo che durante le varie colluttazioni il cerbero avesse potuto schiacciarla.
-Sono qua!- Ricevetti in risposta e sospirai tenendomi la mano ferita stretta al petto.
La bambina era vicino all’altare alle spalle della bestia e su di esso c’era un oggetto luminescente.
Mi avvicinai e vidi che era un ciondolo che fluttuava immerso in una luce azzurra.
Mi guardai intorno temendo di far scattare qualche trappola se lo avessi afferrato, ma alla fine, dopo tutta quella fatica me ne poteva fregare veramente poco di qualche dardo che spuntava dalla parete, lo afferrai.
Non successe niente di pericoloso, solamente la luce azzurra aveva smesso di avvolgere il monile e in quel momento era inerte sul palmo della mia mano destra.
Ain cominciò a tirarmi il braccio per vederlo, manifestando una singolare somiglianza con un qualsiasi bambino della sua età… per una volta!
-Esiste, esiste! Oh, per gli Dei esiste!- Ripeteva la bambina come un mantra.
-Mio padre aveva ragione Kira! Mio padre aveva ragione!- Cominciò a dire poi come se solo in quel momento fosse veramente certa che tutti i suoi sacrifici non erano stati vani.
Abbassai la mano per mostrarle il ciondolo.
Era un semplice dischetto tondo, ricoperto di strani segni di colore azzurro che riconobbi essere simboli della lingua dei morti, al centro aveva un foro in cui passava il filo che lo rendeva un’ottima collana. La bambina lo prese fra le mani e se lo rigirò davanti agli occhi.
-Me lo immaginavo più… come dire… elaborato.- Ci disse Neil con una punta di delusione.
-Suppongo che sia più di quel che sembra.- Dissi sorridendogli, ma distolsi subito lo sguardo riportandolo su Ain. –è quello che cercavamo?-
-Direi proprio di si!- Affermò la bambina indossando il monile.-Appena saremo usciti di qui cercherò di capire come usarlo.-
Assentii, poi la nostra attenzione fu attirata da qualcosa che prima non c’era: una porta dietro all’altare.
-Ma non è possibile!- Disse Neil frustrato. –Un’altra porta?! Oh, ma andiamo, che pall…- Si interruppe, perchè lo fermai alzando una mano.
-Credo che questa caro Neil ti piacerà molto di più delle altre.- Disse Ain sorridendo.
Un’unica runa brillava di azzurro sulla porta. -Essenzialmente- Ci spiegò Ain, -Vuol dire: ‘Uscita’!-
Tutti ci guardammo e facendo a gara aprimmo  la porta spintonandoci verso l’uscita.
Ovviamente io passai per prima.
                                                                         *
Appena la solita luce bianca ci investì sentivo già un’aria diversa, sicuramente più fresca rispetto a quella stantia delle cripte.
Quando la luce se ne andò ci ritrovammo in uno spiazzo d’erba e alle nostre spalle c’erano le mura della città.
Con l’animo decisamente alleggerito ci incamminammo per trovare il punto di incontro prestabilito con Mettew.
Appena giunti lo trovammo decisamente allarmato, e quando ci vide corse ad abbracciare la piccola.
-Oh! Siano benedetti gli Dei! Sta bene!- Disse quello riferendosi ad Ain. –Ero così preoccupato per lei!-
-Oh, grazie per l’interessamento Mettew.- Dissi io ironica.-Stiamo tutti alla perfezione!-
Dopo la visione di Ain sapevo cose nuove su Mettew che me lo avevano palesato sotto una nuova luce, ma non per questo dovevo cambiare il mio modo di fare.
-Sto benissimo Mettew, guarda!- Disse Ain mostrandogli la collana.
-Sono fiero di lei signorina!- Disse l’altro con un gran sorriso.
Il sole stava sorgendo e l’aria aveva odore di bruciato, guardando il cielo vidi del fumo provenire da dentro le mura.
-Credo che l’incendio ci sia scappato un po’ di mano.- Dissi a nessuno in particolare.
Afferrati i bagagli camminammo per un po’ fino a che non divenne mattina inoltrata e la città di Kurona era abbastanza distante.
In un piccolo anfratto fra gli alberi gettai il mio bagaglio con l’idea di utilizzarlo come cuscino improvvisato.
-Direi di fermarci qui per la notte, dovremo essere al sicuro.- Dissi.
Avrei voluto camminare ancora, ma la bambina e Mettew non ce la facevano proprio più, per non parlare di Neil che sembrava un vecchio che come bastone usava la propria spada.
Tutti accolsero l’idea con sollievo e ognuno prese a sistemare il proprio giaciglio.
Ain si addormentò con la testa sulla borsa e le braccia ancora in essa, nel gesto di tirare fuori qualcosa da là.
Sorrisi vedendola e la lasciai alle cure di Mettew che la stava costringendo a mettersi in una posizione più comoda.
Io mi sdraiai sull’erba e poggiai il capo sul mio borsone.
Presto caddi nel mio stato di dormiveglia, immagini cominciarono a susseguirsi senza sosta… risate, Conrad che cadeva nel vuoto… la sensazione di un suo bacio sulle labbra…
Ma poi improvvisamente tutto cominciò a mescolarsi e l’immagine cambiò di colpo
 
Mi trovavo in una stanza circolare . L’illuminazione era tenue, quasi penombra, tranne al centro della stanza dove una fiamma azzurra riluceva all’interno  di un’enorme bolla a circa quattro metri da terra e proiettava sul pavimento sottostante un cerchio di luce azzurra e rilassante.
Improvvisamente la porta per entrare nella stanza esplose in mille pezzi e una figura entrò con un lungo mantello e una spada sguainata.
Tutto era sfocato, ma riuscii a capire che si trattava di Re Kilgar.
-Tu!- Mi inveì contro. –Tu sapevi che erano qua e cosa stavano per fare! L’hanno trovato!-
Io non reagii, ma rimasi immobile ad osservarlo, una calma glaciale dentro di me.
-Io, sono il tuo Re, dovresti portarmi rispetto ed essermi fedele.-
Un’altra figura comparve, con abiti scuri e il crine chiaro, ma con la visuale sfocata non riuscivo a distinguerne i tratti… il fratello di Neil?
-Tu sarai anche il Re, ma la mia fedeltà va agli Dei, come potrei essere fedele a te che hai appena massacrato degli innocenti che tentavano di impedirti di profanare questo luogo sacro?.- Dissi con voce controllata.
-Oracolo!- Un altro grido provenne dallo squarcio che prima era la porta. –Tu sapevi che erano qua e sapevi cosa cercavano, hanno preso l’amuleto e adesso sono un passo avanti a me!- Disse Kilgar con rabbia a stento controllata. –So di poterlo riprendere quando voglio, ma cos’altro hai detto a mia figlia?! Dimmelo! Tu mi stai tenendo nascosto qualcosa!-
Stetti zitta per quelli che parvero minuti interi continuando a fissarlo, la figura alle sue spalle era immobile, priva di alcuna mobilità. -Si, ti nascondo qualcosa e ciò sarà la tua rovina, io vedo tutto Re Kilgar, e in futuro ti pentirai di quello che stai per fare.- Dissi, senza aggiungere altro, non sarebbe mai riuscito a farmi parlare e questo lo sapeva.
‘Il mio destino è segnato Kira Renly e tieni a mente le mie parole, perché per quelle morirò e per quelle lo farei ancora.’ Mi disse la voce dell’Oracolo.
Poi un ringhio di rabbia esplose da Kilgar e con un unico movimento mosse la spada.
Un riflesso azzurro sulla lama, poi un dolore al collo e poi niente.
Il mio cuore si fermò in quell’esatto momento.
 
Mi svegliai di soprassalto in preda al trauma, una mano intorno al collo mentre sentivo ancora la lama che entrava nella mia carne e mi tagliava di netto la testa.
Sentivo la nausea mentre rivedevo l’immagine della ragazza nella Grande Cattedrale degli Dei… ora la immaginavo senza testa e questa rotolava sul pavimento.
Mi voltai verso Neil che aveva gli occhi aperti steso al mio fianco.
Il suo sguardo era interrogativo e io non sapevo come reagire alla notizia.
-L’Oracolo è morto.- Cominciai a dire, quasi in un sussurro. –Ed è stato il Re, che gli Dei lo dannino per l’eternità per quello che ha fatto…- Dissi infine ansimando per la rabbia e per il trauma appena subito per ciò che avevo visto. Il sacrificio dell'Oracolo non sarebbe stato vano.

-*-

Lo so, non ho scusanti, l'università mi ha rubato un sacco di tempo, e la nuova coinquilina mi lascia veramente poco tempo per scrivere!
Comunque non è stato tempo infruttuoso dato che ho ripensato ad alcuni elementi nella storia che ho deciso di cambiare. :)
Ringrazio chi ha avuto la pazienza di aspettare e quindi un grazie a coloro che ancora leggeranno il frutto della mia fantasia <3
Besos

ps: l'amuleto è fatto praticamente così! -->  http://www.mondogdr.it/public/images/B7D_Angel-Ring-alchemy-gothic.jpg

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Capitolo 22
*** Capitolo XXI- ***


Capitolo XXI
 
Stavamo viaggiando ininterrottamente da giorni quando giungemmo alle Bocche dei tre Dei.
Dei tre Dei perchè rappresentavano il potere immenso delle tre divinità principali: la Dea Guida, il Traghettatore e il Combattente.
Le gole erano situate a nord di Kurona, oltre una folta foresta che avevamo attraversato con fatica poiché le strade e i sentieri percorribili facilmente erano off-limits per noi in fuga dal Re.
Il cibo e l’acqua non erano stati fortunatamente un problema, perché oltre alle scorte che ci eravamo portati appresso c’era abbondanza di selvaggina e il fiume che percorreva la foresta ci aveva rifornito d’acqua senza problemi.
Non avevo idea di dove stessimo andando, desideravo solo muovermi per porre più distanza possibile fra noi e Kilgar, ancora sognavo la sua spada che mi trinciava di netto il collo, il freddo del metallo seguito dal dolore pungente, mi svegliavo sempre massaggiandomi il punto esatto, come ad assicurarmi di non aver subito la stessa sorte dell’Oracolo, fortunatamente nessuno si era mai accorto dei miei risvegli repentini coronati dal fiato mozzo… neanche avessi corso una maratona.
Le gole erano fra di loro parallele e le varie estremità erano collegate da ponti lunghi e pericolosi, percorribili solo in fila indiana, la via più sicura sarebbe stata arginare quelle immense cavità naturali.
Spesso le avevo sentite paragonare ad enormi bocche le quali inghiottivano quelle che sembravano liane o edere, come se stessero inspirando la vegetazione che cresceva rigogliosa nei loro pressi.
Proprio in quel momento ci eravamo fermati a riposare e mentre pensavo al da farsi sedevo su un enorme radice sporgente dal suolo che terminava calandosi melliflua nella prima gola, la radice mi separava dal terreno sottostante per diversi metri e da là potevo osservare gli altri tre affaccendarsi.
 Mettew sistemava le borse e si occupava delle nostre scorte, mentre Neil affilava la spada con amore e perizia. Sebbene da lassù vedessi solo la chioma biondo cenere mi immaginai la sua espressione concentrata mentre si dedicava a quello che sembrava il suo hobby preferito.
Il mio sguardo poi si soffermò più lungamente sulla piccola testolina bionda seduta in disparte, studiava l’amuleto rigirandoselo fra le mani ed ogni tanto glielo vedevo poggiare in grembo e annotare qualcosa su un taccuino di pelle rossa ed infine sfogliare un piccolo tomo pieno di appunti, da quella distanza potevo vedere che le pagine erano quasi nere da quante cose vi erano scritte sopra.
Guardai in lontananza alle mie spalle e potei vedere i picchi dei Gradini per il Glamen che sparivano alla mia vista man mano che oltrepassavano le nuvole sovrastanti.
Mi voltai per tornare a guardare davanti a me.
Un urlo improvviso mi distolse dai miei pensieri.
-Ce l’ho fatta, l’ho tradotto!- Sentii dire alla bambina con orgoglio.
Neil alzò il capo dalla spada e Mettew le andò incontro affrettandosi, probabilmente incuriosito.
Scesi scivolando con rapidità giù dalla radice, utilizzando due pugnali come picchetti e in un batter d’occhio fui sul terreno.
La bambina mi pose davanti l’amuleto e cominciò a elencarmi i vari segni.
-Questo è stato difficile da tradurre perchè ha molti significati e spesso sono astratti, questo invece…- E continuò così fino a che non mi spazientii.
-Sei stata molto brava.- Dissi, controllandomi. –Ma arriva al punto!-
La sentii sbuffare. –Letteralmente: Le nostre vite nessuno può fermare, ma in un mese diventiamo vecchie e ci dobbiamo rinnovare, poiché la nostra forza dipende dalla nostra luce e quando raggiunge il culmine dobbiamo poi riposare, ma c’è un dì in cui ci possiamo incontrare e sfoggiare il nostro vigore per poi da sole tornare a brillare... – Il sorriso della bambina andò velocemente scemando mentre Neil bofonchiava qualcosa riguardo le rime. –Ma non ha senso, a che serve? Cosa vuol dire? - Disse la bambina.
Alzai un sopracciglio e guardai Neil che ora aveva la fronte aggrottata nello sforzo di pensare.
Mettew invece stava fermo a lisciarsi i baffi mentre pensieroso guardava il cielo, senza pensarci alzai lo sguardo: il sole stava calando velocemente e forse ci conveniva rimanere là per la notte.
Un’idea mi colse, così strana che quasi non mi sembrava possibile. -Bhe…- Esordii,- Le lune sono due: Miriata e Selata. Però, non ricordo di un giorno in cui si incontrano, o per lo meno non l’ho mai visto…-
Mettew battè il pugno nell’altra mano. –Ma certo!! Signorina, gli ultimi studi di suo padre si sono concentrati sui movimenti lunari se non mi sbaglio, forse aveva intuito il collegamento. -
La bambina sorrise radiosa -Hai ragione Mettew! Di fatti le leggende dicono che il Traghettatore si innamorò un giorno di due sorelle, due mortali, e per poterle avere per sempre le pose là nel cielo dove tutti potevano ammirarle per sempre e da allora le due fanno a gara a chi risplende maggiormente e più splendidamente per il Dio. Forse mio padre aveva fatto un collegamento e pensava che uno studio potesse essere utile!-
Afferrò il libro pieno di appunti, per poi sfogliare le ultime pagine.
La vidi puntare con il dito in un punto impreciso sulla pagina e percorrere con esso una striscia di appunti.
-Ecco qua!- Disse, ruotando il manoscritto in modo che potessimo vedere i disegni su di esso.
Le varie fasi lunari erano disegnate minuziosamente a intervalli di un giorno, segnando le varie posizioni delle lune rispetto al loro pianeta, e si ripetevano per pagine e pagine, si poteva vedere che ogni giorno le lune si avvicinavano sempre di più, tant’è che se si guardava la prima immagine e poi l’ultima si poteva vedere l’avvicinamento netto, ma ancora non si poteva dire che si incontrassero.
-Non ci avevo mai fatto caso…- Sussurrai, probabilmente era un cambiamento così impercettibile che era difficile notarlo  a meno che non si stessero studiando i movimenti.
-Deve aver raccolto dati di molti anni fa per poter costruire tutto questo!- Disse Ain con rinnovato orgoglio.
-Ma quindi le lune si dovrebbero incontrare prima o poi?- Chiese Neil e il silenzio cadde mentre tutti studiavamo i disegni.
-A regola si…- ci disse Ain pensierosa. –Mio padre ha appuntato soltanto qualche data ipotetica, ma credo che non ci resti che guardare il cielo.-
Senza volerlo alzammo tutti lo sguardo verso la volta celeste come se ci aspettassimo di vedere le lune sovrapposte proprio in quel momento.
Le lune stavano comparendo all’orizzonte in contemporanea, ma sempre parallele, una più in alto ed una più in basso, quella sera non si sarebbero sicuramente incontrate però non poteva mancare molto…              
-Stando agli studi di mio padre… non dovrebbe mancare più di due settimane!- Disse e mentre io tornavo a guardarla la vidi rimettersi l’amuleto al collo.
-Ma quando si saranno sovrapposte cosa dovremmo fare?- Chiesi.
-Sull’altro lato c’è scritto che attraverso l’amuleto vedremo la via che ci condurrà alla nostra meta!- Mi rispose, non avevo capito comunque molto bene, ma mi sembrava una lieta notizia, forse l’amuleto si sarebbe trasformato in una mappa o una cosa simile.
Rinfrancati dopo questa nuova scoperta Mettew accese il fuoco e cenammo seduti intorno al focolare.
Per il momento non potevamo fare altro che aspettare e già che c’eravamo mi sembrò un’ottima idea annunciare che avremmo superato le gole girando loro intorno, cosa che tutti parvero apprezzare.
Ritenevo che fosse meglio tenersi in movimento anche se non avevamo ancora una meta.
                                                                         *  
 La mattina dopo ci rimettemmo in marcia, secondo i miei calcoli avremmo impiegato meno di due giorni per raggiungere la seconda gola, che superava l’attuale di diversi chilometri. –Si dice che quella rappresenti la Bocca della Dea Guida.- Spiegai a Neil e quello assentì.
-Chissà poi perché alla Dea Guida tocchi la bocca più grande…- Mi disse adocchiandomi maliziosamente ed io non potei fare a meno di tirargli uno scappellotto.
-Non bestemmiare, gli Dei sentono tutto e ancor più importante ricordano tutto!- Gli dissi, ma quello non parve sentirmi, sordo sempre quando gli tornava comodo.
-Se continuiamo in questa direzione potremmo anche trovare la mia magione…- Continuò, come se non fosse successo niente.
Risi alle sue parole. -Sì e ovviamente il Re non avrà messo nessuno al perimetro di casa tua.-
Neil stette zitto e non mi rispose.
Dopo un giorno e mezzo, come avevo predetto, giungemmo alla seconda gola, ad un’altezza imprecisata della medesima.
Seguimmo il suo argine per un po’ fino a che non trovammo un punto in cui la vegetazione fosse adatta ad ospitare un piccolo accampamento nascosti perfettamente da degli alberi che seguivano la gola.
-Direi che possiamo fermarci qua per un paio di giorni…- Dissi, osservando gli altri sorridere all’idea di due interi giorni di sosta. La bambina si lasciò stancamente andare poggiano la schiena ad un albero.
Mentre gli altri cominciavano a sistemare l’accampamento, io mi diressi allo strapiombo che era a pochi metri da noi, ormai non ci facevamo neanche più caso.
In fondo alla gola scorreva un fiume che poi spariva alle due estremità andando sottoterra. Il fiume che rimbombava dal basso generava uno strano rombo, come il brontolio continuo di un tuono in lontananza.
Mi accucciai e toccai una delle liane che pendevano assieme alle radici e ad altre piante e la afferrai per saggiarne la resistenza: dura e resistente come la mia frusta.
Guardai ancora in basso e con un groppo al cuore pensai a Conrad che cadeva in una voragine simile all’interno del mio animo.
Afferrai il pugnale e tagliai la liana dalla fibra legnosa con tre colpi decisi e poderosi per poi cominciare a tirarla su.

Un fruscio alle mie spalle, leggero, ma presente, mi preannunciò l’arrivo di Ain. -Che fai?- Chiese lei mentre si accucciava a qualche passo da me osservare nel mentre anche l’interno della gola.
-Ci procuro legna da ardere.- Le risposi, mostrandole la liana e il suo interno morto e secco.
Dopo aver spezzettato la liana con colpi netti e precisi accesi il fuoco e guardai le fiamme divorare la pianta.
Passato qualche minuto in cui mi sembrava di essere da sola coi miei pensieri Neil mi si sedette di fianco.
-Sai, credo che quando tutto questo sarà finito me ne andrò nella Repubblica di Delbora… là non possono venirmi a cercare, le forze militari non hanno il diritto di esercitare il proprio potere là, neanche se inviati dal Re in persona, potrò vivere tranquillamente…-
Guardai con curiosità il suo volto illuminato dalle fiamme.  –Buon per te. - Dissi, con un sorriso che voleva essere incoraggiante, non capendo dove volesse andare a parare.
Lo vidi protendersi verso di me con aria pensierosa, potevo sentire il calore che la sua pelle emanava a causa del focolare.
 -Vieni con me Kira… - disse quello afferrandomi la mano con si sa quale coraggio e io glielo lascia fare. -Non hai più niente che ti leghi a questo Regno. Quando avrai aiutato Ain vieni con me. - Si fermò e mi strinse di più la mano per un attimo per poi continuare. –Stai… con me.- disse infine quasi trattenendo il fiato.
Rimasi colpita dalle sue parole e per quello non mi accorsi di ciò che mi accadeva intorno.
Un grido mi richiamò alla realtà e vidi un uomo afferrare Ain per poi mandarla a sbattere contro un albero dopo che lei lo aveva morso tentando di liberarsi.
Neil non fece in tempo a gettarsi addosso all’uomo che io ero già inginocchiata vicino alla bambina.
-Ain!- Gridai, la preoccupazione tangibile nella mia voce, ma lei non reagì in alcun modo alle mie parole. La strattonai e il sangue cominciò a pomparmi nel cervello mentre il mio respiro si faceva più rapido. –Mi…- Esordii con voce tremula, non da me. –Mi avevi promesso che mi avresti dimostrato che la mia dannazione era una menzogna… che non saresti morta dopo…- Mi fermai, incapace di continuare.
Mettew giunse al mio fianco e mentre si occupava della bambina con mani esperte io affondai il capo nelle mie. –C’è battito signora Kira!- Disse lui illuminandosi. –Sta bene, ha solo ricevuto una botta in testa… è solo svenuta!- Il sollievo si poteva sentire nelle sue parole e quelle portarono in me una nuova sensazione.
Alzai lentamente il capo mentre il sangue continuava a pulsarmi nella testa… sempre più veloce.
La rabbia ben presto prese il posto della preoccupazione.
Vidi Neil lottare contro tre uomini contemporaneamente e io mi alzai con calma estraendo il pugnale con la destra e la spada con la sinistra.
Mi incamminai verso il combattimento e quando uno dei tre bastardi mi vide mi corse incontro con un pugnale puntato verso di me.
Una calma glaciale si impadronì del mio volto e quando quello sciagurato mi raggiunse cambiai la presa sul pugnale, prendendolo di rovescio.
Quello tentò un affondo, ma io deviai il suo colpo premendo da sopra verso il basso col mio polso sinistro sul suo destro, dove impugnava il pugnale, e con una semi-rotazione  gli piantai il pugnale esattamente nella sua tempia destra immobilizzandolo sul posto e con estrema rapidità gli tagliai di netto la testa con la spada.
Così facendo la sua testa rimase piantata nel mio pugnale.
-Un souvenir!- Dissi quasi estatica e i due che lottavano con Neil si fermarono smettendo di attaccare.
Si guardarono terrorizzati e Neil ne approfittò per affondare la spada nel basso ventre di uno. L’ultimo rimasto portò velocemente la mano alla cintura ed io cercai di estrarre il pugnale dalla testa nell’esatto momento in cui lui si portava un corno alla bocca.
Dovevo impedirgli a tutti i costi di suonarlo, ma il pugnale era rimasto incastrato e ci misi qualche secondo di troppo a lanciarlo, tant’è che colpii la sua mano solo quando quello aveva già suonato il corno per almeno quattro secondi e il suo suono si era propagato fra gli alberi.
-Agh!- Disse quello tenendosi stretto la mano e lasciando cadere il corno per il dolore. Neil stava frugando il corpo di quello che lui aveva ucciso ed io invece mi catapultai dall’altro tirandogli un calcio esattamente sotto il mento verso l’alto.
L’uomo mugolò di dolore alche rinfoderai la spada e lo afferrai per il bavero della casacca con la mancina tirandolo sù.
 -Non meriti di esternare dolore.- Il mio volto a un soffio dal suo, gli occhi spalancati come una pazza. –Per aver tentato di uccidere una bambina meriti solo il Putek e non ti preoccupare, ci penso io!-
-Non… non volevo ucciderla.- Disse quello con qualche difficoltà nel parlare dopo la batosta di prima al mento. –M… mi ha mors- Ma non fece in tempo a finire che con un unico movimento del polso gli tagliai il lobo dell’orecchio sinistro.
Lo lasciai andare e quello si contorse sul terreno erboso macchiandolo di sangue e riempiendo di grida l’aria.
-Smettila Kira!- Mi disse Neil afferrandomi il polso mentre stavo per sferrare un pugno nel ventre dell’uomo. –Ragiona! Se lo uccidi non sapremo chi sono e dove sono accampati i suoi compari.-
Mi voltai di scatto col capo verso di lui. –Evidentemente sei tu che non ragioni! Un travestimento da spie così scadente non può essere che dei soldati! Guarda come sono troppo larghi ed ingombranti… e questo.- Ed afferrai il corno. –Porta l’effige di sua stronzaggine Re Kilgar!- Mi liberai della sua presa con facilità, lasciandolo lievemente ferito. –E se ti interessa trovare i suoi compari stai tranquillo che arriveranno tra poco… avranno sicuramente sentito il suono del corno, se lo uccidiamo ne avremo uno in meno da uccidere.- Detto questo mi voltai verso l’uomo tremante a terra. –Già, sei inutile come un pony senza rotule.- E alle mie parole l’uomo mi fissò a occhi sgranati.
-Ma sono misericordiosa, vuoi una morte rapida e indolore oppure vuoi soffrire e morire lentamente?- Quello afferrò il suo pugnale e me lo puntò contro.
-Stai lontana da me mostro!- Disse quello, dovevo ammettere che nonostante la paura che i suoi occhi mostravano la sua mano era ferma e pronta. Neil non disse niente e mi lasciò fare, probabilmente aveva capito che dovevo sfogare la mia rabbia per ciò che era successo ad Ain su qualcuno.
 -Risposta errata mio piccolo e inutile pony!- Mi stavo preparando a colpirlo, quando un grido squillante mi distrasse. –Kira!-
Mi voltai con un sorriso sapendo a chi apparteneva quella voce. –Ain!- Le risposi con felicità mal celata.
-Non ucciderlo te ne prego! Non macchiarti di altro dolore e sofferenza… te ne preg… Kira attenta?!- Non feci in tempo a sentire il suo monito che subito mi voltai di scatto ricevendo una pugnalata nel fianco. Quella spia stronza si era alzata e con la bocca impastata di sangue ghignava osservando la sua lama inserita fino all’elsa nella mia carne. Con un man rovescio lo colpii in faccia e lo feci barcollare di lato. Il sorriso sparito dal suo volto.
Barcollai indietro, se la lama non veniva rimossa al più presto non avrei potuto rimarginarmi. Caddi fra le braccia forti di Neil e lui mi accarezzò una guancia storcendo la bocca alla mia smorfia di dolore nell’estrarmi il pugnale. –Mi spiace, non avrei dovuto fermarti dall’ucciderlo… per lo meno non avresti sofferto.- Mi sorrise per poi adagiarmi a terra mentre riprendevo fiato.
Vidi Neil afferrare l’uomo e trascinarlo urlante nei pressi del dirupo. – Buon viaggio!-  E detto questo lo vidi gettare il disgraziato nella gola. Il suo grido svanì man mano che cadeva sempre più in basso.
Mi alzai un po’ dolorante e sorrisi vedendo lo sguardo di soddisfazione di Neil mentre mi dirigevo verso Ain, la quale mi corse in contro abbracciandomi per la vita.

 -Oof… piano!- Le dissi, ma senza rimprovero. -Sono felice di vederti intera ragazzina!- E ricambiai l’abbraccio.
-Ho solo un enorme bernoccolo.- E si toccò la nuca per poi sobbalzare per il dolore. –Ma poi passa, sei tu quella che è stata pugnalata.-
-Sì, ma è come se non fosse successo.- le dissi, mostrandole la pelle più rosea, ma liscia, sul fianco.
  La bambina sorrise ai presenti, ma poi il sorriso cadde a un suono che non preannunciava niente di buono, un rumore di vegetazione distrutta e gli alberi cominciarono a cadere al passaggio di qualcosa di veramente grosso.
Strinsi il mio pugnale mettendomi in posizione di allerta, Neil afferrò la sua spada con entrambe le mani e Mettew raccolse la spada del corpo senza testa per poi porsi fra gli alberi ed Ain, sorrisi alla sua dimostrazione di coraggio, doveva proprio voler bene alla bambina.
Ed ecco che una figura umana uscì dagli alberi: alta poco più due metri, col volto coperto da un elmo che non lasciava intravedere il volto, brandiva il tronco di un albero come un enorme mazza, più lunga della sua altezza.
I muscoli delle braccia del simil-uomo si gonfiarono quando alzò il tronco e noi tutti ci abbassammo quando quello ci passò ad inaudita velocità ad altezza teste.
-Rosa nera! Quanto tempo!- Disse una voce proveniente da sotto l’elmo… una voce che conoscevo, ma che non riuscivo ad inquadrare.
Lo guardai confusa.
-Forse dovrei offendermi, eppure dovrei esserti rimasto impresso!- Detto ciò alzò il tronco e cercò di colpirmi dall’alto, fortunatamente schivai il colpo tuffandomi di lato e con una capriola sul terreno tornai ben presto in piedi e pronta a combattere.
Vidi l’uomo gettare di lato il tronco ed estrarre dal fodero che portava sulla schiena un enorme spadone a due mani. -Dicono che se colpisci i punti mortali, come cuore o testa... anche i mostri come te muoiono sul colpo! Proviamo!-
Disse con spavalderia, per poi togliersi l'elmo con un gesto fluido e mostrare il volto deformato e inquietante, ma pur sempre riconoscibile del capitano della nave, dell’assassino di Conrad.

Per un attimo al mondo non esisteva che lui e il mio infinito desiderio di farlo a pezzi, ma rimasi comunque interdetta dal suo cambiamento. -Tu?! Ma non è possibile… sei così, così…- cominciai.

-Così alto?- disse quello e dicendolo cominciò ad inveire su di me attaccandomi con ferocia con la sua spada, tant’è che fui costretta ad estrarre la mia per parare un colpo altrimenti mortale anche per me. –Così potente?- Continuò a dire allontanandosi dopo che le nostre armi avevano cozzato generando scintille. -C’è poco che un Occultista abile come il nostro Re non può fare!-

Il suo stupido volto deformato era percorso da uno stupidissimo ghigno di autocompiacimento.

-Volevo dire.- Esordii arrogantemente. -"così brutto", ma sei libero di vederla come vuoi.- a quel punto fu il mio turno di sogghignare e avrei fatto in modo che lui non ne fosse più capace per il poco tempo che gli rimaneva da vivere.

 
 
 

 

 

 
 
 
edit: ecco qua il capito editato, corretto e come più mi piace! non ne ero affatto soddisfatta all'inizio, vi erano diverse correzioni da fare dal punto di vista grammaticale ed alcune scene non mi piacevano affatto, adesso è molto più di mio gusto e quindi sono felice di poter dire: adesso ci siamo!
 
Un bacio a tutti <3
 
 
 

 

 

 
 

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Capitolo 23
*** Capitolo XXII ***


-Capitolo XXII
 
Alla mia brillante battuta di spirito l’altro non reagì come ci si aspetta da una normale persona che abbia appena ascoltato una cosa divertente, infatti mi saltò addosso gridando e tenendo alta sopra la testa la sua immensa spada.
-Suvvia!- dissi schivando il suo attacco, facendo un balzo indietro. –Non ti sarai per caso offeso!- Ancora ghignavo mentre lo spadone si piantava nel terreno esattamente davanti ai miei piedi.
Il capitano, o come ormai lo chiamavo nella mia testa, l’assassino di Conrad, mi guardò fulminandomi, rimanendo fermo con la spada ancora piantata nel terreno. -Sghignazza pure quanto vuoi cara la mia Rosa Nera, non avrai molte altre occasione per farlo!- Quasi divertita pensai che anche io avevo pensato la stessa cosa nella mia testa poco prima, ma riferita a lui.
Nel frattempo vidi con la coda dell’occhio altre figure giungere nei nostri pressi, un uomo a cavallo e con lunghi capelli bianchi ci fissava con occhi rossi senza proferir parola, indossava un’armatura di metallo di ottima fattura e dall’apparenza leggera, lo vidi spostare il suo sguardo su Ain, poi Mettew e infine su Neil dove si fermò. Una mano bianca come lino si alzò ad indicare il ragazzo e il soldatino si mise in posizione di combattimento aspettandosi guai.
Uomini da dietro gli alberi si riversarono addosso a Neil seguendo quello che sembrava essere stato un ordine dell’uomo albino, occhi rossi tornarono ad osservarmi.
-Neil!- Gridai, spostandomi lievemente di lato per prepararmi a correre in suo soccorso, la questione della vendetta accantonata per il momento, ma subito quel folle volle attirare nuovamente la mia attenzione mettendosi a ridere, una risata che mi era stranamente nuova sebbene l’avessi risentita per molte notti nei miei incubi. Era troppo roca e troppo profonda, ma probabilmente era tutto a causa della sua mutazione.
-Il tuo amichetto è un disertore e sai qual è la pena per quelli come lui.- Lo guardai di lato mentre rialzava la spada, ancora ero rivolta verso Neil, ma con il fianco scoperto rischiavo di essere più un intralcio che un beneficio, quindi attesi che l’altro finisse ciò che voleva dire. Riprese. -Un bel processo vecchio stile, che come tutti sanno è la prassi, ma termina sempre con una condanna a morte, povero casato Leorn, che sciagura è stata per la sua famiglia averlo come figlio primogenito!- finito il suo discorso provò un affondo con la spada nel mio fianco.
Mi aveva così irritata che con un balzo saltai e schiacciai di piatto la lama della sua spada con il mio peso, atterrandoci sopra. –Senti chi parla! Pensa alla tua famiglia che deve invece avere un abominio come te nell’albero genealogic—
Non riuscii a finire che l’altro aveva lasciato andare l’arma e con la destra mi aveva afferrato il collo con una velocità inaudita sollevandomi da terra come se fossi una bambola di pezza.
-Kira!- sentii gridare dall’altra parte della radura, Ain mi guardava terrorizzata mentre stava riparata dietro al suo attendente. Vidi lo sguardo della bambina spostarsi in basso, proprio sotto i miei piedi.
Quel movimento mi fece rendere perfettamente conto della posizione in cui mi trovavo. Mi divincolai un poco e con la coda dell’occhio, non potendo muovere il collo, mi resi conto di essere sospesa sull’abisso, riuscivo a vedere i tralci che entravano nella bocca aperta sotto di me.
-Merda…- fu ciò che dissi con fare strozzato.
-Parla quanto vuoi Rosa Nera, la tua lingua tagliente ti porterà solo guai!- E per enfatizzare le sue parole strinse ancora di più la presa.
Tutti nella radura si fermarono a guardare la scena, il mio sguardo si posò su Neil, aveva un taglio sulla guancia destra, il suo sterno si abbassava e si alzava mentre arrancava nel recuperare fiato e sempre in posizione di guardia verso gli avversari mi fissava di rimando con occhi sgranati, distolsi lo sguardo che cadde come una calamita su Mettew, parato di fronte ad Ain, non potevo non avere un moto di affetto ed orgoglio nel vederlo così prodigo nei confronti della bambina sebbene fosse in grande svantaggio rispetto ai soldati.
Ciò mi dette momentaneamente forza.
-La. Scia. Mi.- Gli sibilai piano, sforzandomi, in modo quasi non udibile purtroppo, ma nel silenzio che era calato mi doveva aver sentito perfettamente.
La vista cominciò ad offuscarmisi, ero un po’ nella cacca, ma quando mai non lo ero stata?
Quello inclinò il capo di lato mentre io gli colpivo i nervi nel braccio per far sì che mollasse la presa sul mio collo, ma non sembrò turbato, anzi, divertito. Lo vidi inclinare il capo all’indietro e ridere a pieni polmoni, per poi bloccarsi all’improvviso guardandomi fisso negli occhi.
Lessi trepidazione ed eccitazione nei suoi bulbi oculari.
Si avvicinò di più al bordo del precipizio, fino a che le punte dei suoi stivali non toccarono il nulla.
Lo vidi voltarsi verso l’albino e notai quest’ultimo annuire e fu un attimo, quando quello tornò a guardarmi lasciò la presa sul mio collo e sorrise sadicamente. –Come desideri!-
Udii un –Fermo!-, Gridato da Neil, sovrapporsi al grido spaventato di Ain.
La sgradevole sensazione di vuoto mi attanagliò lo stomaco, con quel suo lungo braccio il bastardo mi aveva tenuta troppo lontana dalla parete rocciosa e inesorabilmente non potei che cadere. I colori presero a mescolarsi senza distinzione, dopo qualche frazione di secondo mi ripresi dal principio di asfissia e le mie rotelle ripresero a girare nel cervello.
Meccanicamente afferrai la frusta assicurata al mio fianco e con grande abilità riuscii ad allacciarla alla caviglia dell’abominio che doveva essersi voltato senza guardarmi. Ben gli sta.
La fermata brusca della caduta mi portò a schiantarmi nella parete e con una mano mi agganciai ad una tralce dall’aria robusta e puntellandomi coi piedi feci leva in modo che l’altro fosse trascinato di sotto e la frusta fu avvolta intorno al mio braccio per darmi più presa mentre tiravo.
Non posso negare che usai quasi tutta la mia forza per compiere un’impresa simile, l’uomo doveva pesare intorno ai due quintali e la mi posizione non era delle migliori.  
-Cagna!- Gridò l’abominio mentre mi arrivava a velocità inaudita dall’alto… esattamente sopra la mia testa… due quintali, ottimo.
L’impatto fu duro e la liana a cui ero aggrappata si spezzò subito, non si scherza con la gravità!
Sentii la mano di lui prendermi la testa, un suo palmo era grande quanto il mio scalpo, e lo sentii gridare per sovrastare il rumore dell’aria che ci avvolgeva mentre cadevamo. –Muori!- Con somma cattiveria e disgusto.
Gli gridai di rimando. –Non oggi!-  Con somma soddisfazione e orgoglio.
Con un movimento sinuoso estrassi la spada e con altrettanta accuratezza tagliai di netto il suo braccio, la suddetta estremità si staccò dalla mia testa e la vidi piroettare in aria rimanendo indietro nella discesa, una gran quantità di sangue volava verso l’alto tra le grida dell’essere.
Afferrai con la mano libera un tralcio, ma quello stronzo non mi dette il tempo nemmeno di rallentare la discesa che mi afferrò per una caviglia con la sua mano rimasta.
Continuammo a cadere e io lasciai andare la liana che mi aveva bruciato tutto il palmo a causa dello sfregamento. –Vieni giù con me rosellina!- Si mise a ridere come un pazzo, in un modo da mettere i brividi.
Gli tirai un calcio alla testa con la gamba libera per poi riuscire a spostarmi in modo da afferrargliela con entrambe le mani. –Rosellina- cominciai, sbatendogli la testa contro la parete. – Ci chiami tua madre!- E così dicendo lasciai la testa contro le rocce che cominciarono a consumarla ad una velocità pazzesca. Quando mollai la presa non era rimasto che un ammasso di cervella e un solo bulbo oculare penzolava verso l’alto, mentre la mascella era del tutto andata. Niente più ghigni, lo avevo detto.
Niente più assassino di Conrad, avevo predetto anche quello e provai somma soddisfazione.
Mi aggrappai stremata ad una tralce, sbattei nella parete mentre la caviglia veniva liberata dalla morsa dell’altro, il cui corpo cominciò a roteare nell’aria per sparire nei flutti sottostanti.
Ansimai, il suono del mio riprendere fiato mi feriva quasi le orecchie dopo il silenzio che era calato senza più l’aria a premere.
All’improvviso un grido lacerante e disperato mi fece rizzare i peli sul collo e un terrore glaciale mi avvolse mentre rivolgevo il capo verso l’alto.
-Ain!- sussurrai rapidamente mentre cominciavo la scalata, mi ci sarebbe voluta un’eternità, troppo tempo.
Quasi disperata arrancavo per risalire, ben sapendo che qualunque cosa avesse causato quel grido doveva essere già stata compiuta. –No…no…- cominciai a ripetere, qualcosa non tornava, qualcosa era cambiato, qualcosa era successo.
Quando ero qualche metro sotto la mia meta nessun rumore poteva essere udito. Con un ultimo sforzo reso possibile dall’adrenalina mi issai sopra esattamente dal punto da cui ero caduta. Mi misi in piedi e quello che vidi non mi piacque: la radura era vuota. Cominciai a correre verso gli alberi, lanciata già all’inseguimento, la ricerca frenetica di tracce, un ramo spezzato là, l’impronta di uno zoccolo lì, quando un richiamo soffocato attirò la mia attenzione. Un colpo di tosse, poi nulla. Mi voltai di scatto e vidi un uomo a terra sanguinante, riverso sul terreno, una spada sporgeva dalla sua schiena e il fiato mi si mozzò quando riconobbi gli abiti.
-No!- accorsi al suo fianco con una scivolata sul terreno.
La giacca di tessuto abbastanza pregiato era zuppa di sangue e quando lo voltai di lato vidi il suo volto invecchiato di colpo, i suoi baffi sporchi e sgaruffati. –Mettew… no, no!-
-Ain…- Quello sussurrò. –Deve salvarla, deve riprenderla, io… non ho potuto, io non so tenere nemmeno una spada, come… come ho potuto pensare di…-
-Shh- gli intimai io. –La salveremo, insieme.- Detto questo mi apprestai a controllare la ferita, la spada ancora era inserita per molti centimetri nella schiena dell’uomo, era impossibile estrarla senza che l’altro morisse dissanguato. Un pensiero pressante mi stava torturando: gli altri si stavano allontanando, dovevo sbrigarmi.
-Gliene prego… per favore, salvala, non capisce, lei è la cosa più importante!-
-Sì! Ma prima devo occuparmi di te.- Con un moto di frustrazione picchiai un pugno a terra, non c’era tempo per le chiacchiere.
Una risata amara e soffocata da un gorgoglio sorse dalla gola dell’uomo. –Suvvia, sa benissimo che per me non c’è più possibilità.-
Non perdeva la compostezza nemmeno al momento dell’incontro con il traghettatore.
Non sapevo che fare, aveva totalmente ragione, non potei fare a meno di pensare che un’altra persona a me vicina stava lasciandomi, anche se non avevamo mai legato molto era un duro colpo vederlo lì morente.
-Kira…- a quella parola sobbalzai. –Si redima. La salvi. Salvi lei e salverà migliaia di persone.- Con la sua poca energia rimasta mi afferrò il polso e lo strinse nella foga delle sue parole. –Fallo e sarà libera!-
-Non capisco cosa intendi.- Farfugliai, farneticava.
-Non fa altro che definirsi maledetta, portatrice di morte, ma pensaci bene…- Lo vidi chiudere un attimo gli occhi e temetti il peggio, ma la sua presa era sempre salda e si solidificò ancor di più quando li riaprì.
-Se salva lei, se porta la cura a sua madre questa salverà miriade di persone e così facendo fermerà anche il Re e la sua pazzia, pensi al bene che potrà fare a questo mondo è tutto un concatenarsi di eventi! Non capisce?!- Dicendo così cominciò a tossire violentemente fino a rantolare.
Le sue parole mi avevano toccato nel profondo, non volevo ammetterlo, ma la possibilità di avere le sorti del mondo nelle mie mani mi dette una strana sensazione, non avevo mai pensato così in grande. Sbattei le palpebre alla realizzazione. Quando mi focalizzai su Mettew quello sorrideva e piangeva, era un’immagine indescrivibile.
-So che la aiuterà, è in buone mani io le ho sempre voluto bene come ad una figlia.- l’orgoglio mi avvolse e vidi lacrime calde andare a bagnare il terreno, mescolandosi con il sangue che già impregnava la terra.
-è tempo che questo vecchio vada in pensione, non vedo l’ora che Vinicia veda i miei baffi…- Una pausa. Un groppo in gola mi impedì di parlare mentre rimembravo il ricordo di Ain vissuto nelle cripte, da quando ero diventata così debole? Quello continuò. –Aaaah, quando eravamo giovani mi diceva sempre di voler avere figli, la Dea Guida non li ha previsti nella nostra vita ahimè, ma la signorina ha riempito quel vuoto e Vinicia la amava tanto, io la amo tanto…- E con quelle ultime parole cariche di affetto Mettew morì lasciandomi il polso, che adesso era stranamente nudo e fragile.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*Rullo di tamburi*
E ce la feci! Spero di non aver deluso nessuno, era un capitolo che mi bloccava molto e sono felice di essere finalmente riuscita a scriverlo, è stato come essersi tolta un peso dalle spalle.
Un bacione a chi mi legge <3
Non temete di farmi sapere cosa ne pensate! Per me è una cosa importantissima sia nel bene che nel male :*
 
La vostra Sara

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Capitolo 24
*** Capitolo XXIII- ***


 

SORPRESA A FINE CAPITOLO


Capitolo XXIII

 
Mi assicurai la saccoccia su un fianco per poi abbassarmi e sistemare il pugnale buono nello stivale destro. Le mie mani erano ancora sporche di terra dopo che avevo sepolto il povero Mettew, ancora al pensiero un groppo in gola mi nasceva e non potei fare a meno di pensare ad Ain e alla sua futura reazione alla notizia anche se dal grido che avevo udito prima già doveva essersene resa conto.
Mi alzai con un sospiro e comincia a fare qualche allungamento, dovevo prepararmi alla maratona che avrei dovuto sostenere, loro erano a cavallo e io a piedi.
Niente pause, una borraccia era assicurata al mio fianco per poter bere, avevo raccolto nella saccoccia le cose più essenziali: il libricino di Ain che era stato abbandonato là, caduto a terra nel marasma precedente, qualche pezzo di focaccia trovato nello zaino di Mettew.
Infine avevo assicurata sulla schiena la spada di Neil, anch’essa abbandonata sul suolo polveroso, in contrasto rispetto alla sua solita impeccabile lucentezza.
Smisi di fare esercizi di riscaldamento e sfiorai il monile di mio padre che avevo assicurato al collo dalla faccenda della cattedrale, mi dette conforto sentirlo lì sul mio petto, sicuramente non avrebbero tolto un capello ad Ain data la sua importanza per trovare l’altare, ma non poteva essere detta la stessa cosa di Neil, alla fine era un disertore, ma comunque c’era il fattore processo che avrebbe dilatato i tempi e mi avrebbe concesso di salvarlo.
Senza più indugiare partii con una velocità moderata e costante. Secondo i miei calcoli loro si sarebbero dovuti fermare qualche volta e io ero a piedi dietro di loro di solo qualche ora e non prevedevo pause, li avrei raggiunti arrivato il momento per loro di accamparsi per la notte.
*
Quegli stronzi non avevano alcuna intenzione di accamparsi per la notte, niente affatto! Erano due giorni che correvo senza sosta, erano anni che non ero così stanca! Per tutti gli dei, mi facevano male muscoli che non sapevo di avere e cominciavo ad avere il fiato corto, senza considerare che il terreno era costellato di radici alte metri ed ero spesso costretta a scavalcarle per poter tagliare almeno una parte del tragitto che quegli stronzi avevano dovuto fare per via dei cavalli.
Dovevano essere ansiosi di raggiungere Kilgar, ovunque lui fosse. I miei passi si fecero sempre più pesanti, era difficile alzare le gambe pesanti come il piombo.
Per adesso il tragitto era chiaro, stavano aggirando la bocca, il tragitto che avevo inizialmente pensato per noi, ma non capivo, perché non verso Kurona? Forse volevano stare lontani dalla citt-
Ed ecco che la stanchezza mi aveva reso un’inetta: inciampai in una radice sporgente e caddi al suolo, fui ovviamente costretta a fermare i miei pensieri.
Mi rigirai supina, ansimante, Dei se il torace mi bruciava.
Deglutii un paio di volte per poi alzarmi con un colpo di reni dal terreno e riprendere la mia marcia, speravo che quella notte si fermassero almeno per far riposare i cavalli… e me.
Assorta così nei miei pensieri e con i sensi attutiti dalla stanchezza non mi resi conto di dove stavo andando e in men che non si dica avvertii uno strattone, il basso e l’alto si confusero e io mi ritrovai a testa in giù per una caviglia con la spada di Neil che mi picchiò dolorosamente sulla nuca.
-Merda…- sibilai fra i denti e al minimo rumore di rami spezzati mi voltai verso la sorgente lanciando un pugnale con un movimento fluido e preciso senza nemmeno guardare.
Un suono metallico mi fece capire che il mio lancio non era andato a buon fine bloccato da qualcosa lungo il tragitto. Senza nemmeno guardare cosa fosse successo mi piegai con un colpo di addominali me arrivare al mio amato pugnale nello stivale che fortuna delle fortune era proprio quello della caviglia legata.
Non feci in tempo a piegarmi che una freccia mi passò sibilando di fianco all’orecchio. O l’arciere era un pessimo tiratore o era un modo come un altro per attirare la mia attenzione… c’era riuscito.
Mi abbassai piano tornando con la testa parallela al suolo e con la maglia per metà fuori dai calzari, penzolante e fastidiosa. Con preoccupazione sentii il monile di mio padre scivolare pericolosamente dal mio petto e atterrarmi prima sotto il mento e poi sulle narici per poi rimanere penzolante retto solo dai miei capelli e dalla nuca, stavo per afferrarlo con le mani quando un’altra freccia sibilò e mi strappò qualche ciocca di capelli.
Mi voltai di scatto piegando il collo e vidi una ragazzetta con un arco che mi guardava con occhi stranamente enormi. I suoi capelli erano arruffati e dall’apparenza indomabili, scuri e lucenti, in cui spiccava una lunga e piccola treccia che le ricadeva dietro le spalle, aveva indumenti bizzarri che le davano un’aria da selvaggia e strane pitture sulle braccia, i suoi occhi erano contornati da una tinta nera che metteva in risalto il bianco dei suoi occhi.
Probabilmente mi ero incantata a fissarla incuriosita per troppo tempo perché quella stizzita mi fece un secco gesto verso il basso con la freccia incoccata. Capii al volo cosa voleva.
Abbassai (alzai?) piano le mani sopra la testa con i palmi bene aperti.
-Va bene.- Dissi. –Tranquilla creaturina.-
Quella ringhiò e mi si avvicinò circospetta senza proferire parola, ma con sicurezza.
-Senti,- esordii. –Sarei nel bel mezzo di qualcosa di importante, potrei giocare con te un’altra volta?- Sorrisi denigrandola, tanto mi sa che non capiva un tubo di quello che stavo dicendo.
Per tutta risposta vidi la freccia partire verso di me e di riflesso mi piegai su me stessa per evitare che mi prendesse in un occhio.
Nel movimento sentii qualcosa cadere a terra e con una punta di panico allungai le braccia verso terra per tentare di recuperare la collana di mio padre.
Annaspai per qualche minuto nel tentativo e mi fermai solamente perché vidi l’altra avvicinarsi con una freccia nuova già incoccata.
-Non ci provare!- Sibilai irosa verso di lei.
Quella mi guardò per niente intimorita e si fermò ad una distanza tale che per me era impossibile raggiungerla, poi la vidi distogliere lo sguardo da me e fissarsi sulla collana.
-Non ci provare!- Ripetei. - Se solo sfiori quella collana ti taglio tutte le falangi delle tue manine callose!- Non sapevo se mi capiva, ma per lo meno scaricavo la frustrazione.
La ragazza, che doveva su per giù avere sui 16, 17 anni, ripose l’arco a terra e si allungò fuori dalla mia presa stendendosi quasi del tutto sul terreno, afferrò il monile con un gesto fluido e poi tornò indietro facendoselo penzolare davanti agli occhi.
Vedere la piccola rappresentazione della Dea Guida scrutata da quegli occhi castani e sempre spalancati, mi fece montare il sangue al cervello… senza contare che già capovolta come ero il tragitto doveva essere stato breve.
-Giuro che se ti prendo ti taglio quella treccia e ti ci strozzo!- Le dissi, con tutto il veleno che avevo in corpo.
Quella parve aver capito e distolse lo sguardo dal monile per poi abbassarlo e afferrare con la mano libera la sua treccia.
Ammetto che era più lunga di quel che pensassi, ma ciò che veramente mi sorprese era quello che vi era appeso alla fine: un’altra rappresentazione della Dea Guida identica a quella della mia collana.
Ero così stupita che non pensai nemmeno a prendere il pugnale nello stivale dato che l’altra era disarmata.
-Ecco…- Mi ripresi. –Dato che già ne hai uno perché non mi rendi la collana? Non ho tempo per i giochetti, ho molte cose da fare.- Le dissi con calma.
La ragazza guardò le due statuette e poi riportò lo sguardo su di me sorridendo radiosa, il suo volto libero dalla concentrazione che prima la caratterizzava, forse aveva afferrato il significato delle mie parole! Non posso negare che speravo ci fosse stata una qualche sorta di comunicazione. La vidi afferrare di nuovo l’arco e riporre la mia collana in una tasca, per poi incoccare una freccia… eh no! Non ci eravamo capite!
-Senti Selvaggia, liberami o ti faccio due occhi neri senza bisogno di tante tinte e tatuaggi!-
Ripeto, se anche non mi capiva per lo meno allentavo la mia frustrazione.
Selvaggia, così decisi di chiamarla nella mia mente da quel momento in poi, senza tanti preamboli scoccò la freccia e io chiusi gli occhi per reazione spontanea, ma l’unico dolore che sentii fu quello della mia testa che sbatteva al suolo senza tante cerimonie e mentre mi rialzavo dolorante, con il sangue che tornava a fluire nelle direzioni giuste, sentii che lei si stava avvicinando, era il momento giusto.
Afferrai il pugnale nello stivale e glielo puntai alla gola quando fu vicina quanto bastava.
Sentii Selvaggia trattenere il fiato e vidi la sua espressione tornare seria e concentrata alla sensazione della fredda lama sul suo tenero collo.
-La collana prego.- Le dissi in un soffio dal suo volto e quella fece cadere l’arco per poi afferrare la mia collana ed estrarla dalla sua tasca.
La vidi che piano me la metteva intorno al collo, io premetti di più il pugnale sulla sua gola per farle capire l’antifona, non ero dell’umore per altri scherzetti.
Quando sentii la catena cadermi sulle spalle e il monile tornare al suo posto sul mio petto le dissi un canzonatorio –Grazie.- E quella fece una cosa che non mi aspettai, dopo aver alzato le mani in segno di resa mi sorrise.
Quella stronza di Selvaggia sorrideva mostrandomi i denti sorprendentemente candidi. –Ma che cazzo sorridi!- Le dissi sconcertata. –Hai un coltello puntato alla gola e prima ti ho detto che fra poco ti strozzerò con la tua eccessivamente lunga treccia e tu sorridi? Oserei dire che forse sei stata troppo tempo da sola in questa foresta!- Il sorriso di lei non vacillò, anzi, si allargò di più e la vidi allungare una mano per afferrare la sua treccia, la mancina sempre in aria.
Mi mise letteralmente sulla faccia il suo monile e io lo spostai bruscamente con la mano, era decisamente pazza.
Sbuffai. -Wow, abbiamo i ciondoli uguali, amiche per sempre quindi, eh? Ma per favo—Non potei finire che quella scosse il capo e nella fretta di farlo quasi si tagliò da sola con il mio pugnale.
Dopo ciò la vidi spostare senza tante cerimonie la mano con cui impugnavo il pugnale e indicare la mia collana e poi la sua treccia.
-Ssssì?- Dissi trascinando la ‘’s’’ –Mi hai persa Selvaggia. Ormai non voglio nemmeno più ucciderti voglio solo capire che diamine vuoi.-
In risposta quella sbuffò frustrata e mi afferrò con forza il polso cominciando a trascinarmi nel folto della foresta.
-Le tracce!- Gridai sconfortata, ma quella aveva una presa tale che non riuscii a liberarmi.
Ben presto persi di vista le impronte di zoccoli e i rami spezzati. –Ain!- Gridai piantando i talloni e l’altra fu costretta a strattonarmi per costringermi a seguirla. Dopo qualche minuto che procedevamo combattendo silenziosamente, mi stufai e decisi che quella storia doveva finire in quell’esatto momento. – Bene Selvaggia, direi che è arrivato il momento di abbatterti, è stato divertente, ma adesso ho da fa—mentre stavo per finire quella lasciò la presa e mi guardò sorridendomi e facendo cenno di seguirla addentrandosi nei cespugli.
Mi voltai per tornare indietro, alle tracce, infischiandomene di lei e dei suoi problemi mentali, quando sentii una freccia passarmi accanto ad un orecchio. Alzai le mani al cielo sbuffando.
-Va bene, va bene, ho capito, ma fai che non sia un altro spreco di tempo o giuro che prima ti rompo l’arco e poi ti uso come puntaspilli per le tue frecce!- Mi voltai nuovamente e mi addentrai nei cespugli seguendo l’ingombrante chioma di Selvaggia che mi tappava tutta la visuale.
Uscite dai cespugli l’altra si fermò improvvisamente in quella che mi sembrava una radura da dietro di lei e in alto potevo vedere chiaramente il cielo.
-Manhat!- Udii e vidi Selvaggia irrigidirsi per poi balzare in avanti… e lì mi si aprì la visuale sull’enorme radura in cui sorgevano grandi tende e persone dall’aspetto più disparato si erano fermate a fissarmi stranamente silenziose, un silenzio tale che una folla del genere non poteva essere capace di mantenere.
Loro guardavano me e io guardavo loro.
-Brava la mia Manhat! Cosa ci hai portato og… gi?- Vidi un uomo massiccio e alto vestito di tutto punto con un’armatura spostare lo sguardo su di me mentre parlava e io ricambia il suo sguardo, evidentemente si aspettava della cacciagione e non una persona, ero ancora in tempo per darmela a gambe.    
L’uomo estrasse uno spadone a due mani con fare aggressivo. –Cosa ci fai qui?- Mi chiese.
Tutti mi fissavano e io mi guardai intorno. –Chiedilo a Selvaggia.- Gli dissi, indicandogliela con un movimento secco del mento.
Quello mi guardò confuso e in tutta risposta la ragazzetta mi tornò di fronte e afferrò la mia collana per mostrarla a tutti. Sentii la tensione calare di botto e un’ondata di persone si riversò su di me in eccitazione. Sentii persone sussurrare eccitate –è lei! È lei!- -è giunto il momento!- -Lode all’Oracolo!- -Finalmente!-
Selvaggia sorrideva di fianco a me e l’omone mi si avvicinò cercando di fare disperdere la folla. –Calma gente! Se fate tutto questo chiasso ci sentiranno le sentinelle!- Il silenzio calò di botto e io mi detti un attimo per osservare queste persone bislacche.
Come avevo fatto a non notarlo?!
Tutte quelle persone a modo loro sfoggiavano la statuetta della Dea Guida, chi come orecchino, chi come ciondolo in un bracciale e chi attaccato alla cintura. Che tutte queste persone fossero come mio padre, Carl Renly? Inviati dall’Oracolo per gli Dei sanno cosa?
L’omone era riuscito a farsi largo tra la folla e si era avvicinato a me tendendo una mano in segno di saluto e quando me lo ritrovai davanti lo vidi accennare un sorriso di cortesia per poi dire mentre io la stringevo, (ero troppo sconvolta dall’intera situazione, ma capii comunque che nessuno mi era ostile…anzi) –Che lo Sconosciuto ti protegga Kira Renly, ti aspettavamo da molto tempo, ma sapevamo che il momento del nostro incontro era prossimo! Io sono Seamron.- Mi lasciò andare la mano e poi proseguì. - Siamo i figli dell’Oracolo e lei ci ha inviati qua per aiutarti.-
Mi guardai intorno confusa e centinaia di persone mi guardarono con una sicurezza e un ardore negli occhi tale da convincermi che quell’incontro non era affatto casuale, ma un vero disegno del destino.






Ed eccomi qua! Come al solito ci metto sempre tantissimo, ma spero che alla fine vi soddisfi <3
 
 
Ed ecco la sorpresa che poi magari vi farà schifo, ma amen!
 
 
Ecco a voi un disegno di come io mi immagino Kira, non son una super artista ma cerco di divertirmi con i disegni co la tavoletta grafica, spero appreziate, ne farò altri e spero che mi farete sapere cosa ne pensate!
Dedico il disegno a Flareon24, che nonostante i miei tempi assurdi continua a seguire la mia storia <3
Grazie mille e sinceramente! 
 
 
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So che il capitolo non è molto lungo, ma per ragioni di trama ho dovuto fermarmi qua! Spero di farmi perdonare con il prossimo!

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Capitolo 25
*** Capitolo XXIV- ***


Capitolo XXIV-

 
Quello strano accampamento era il luogo più silenzioso che avessi mai visto e mi peritavo a parlare proprio per questa ragione.
-Vedi, siamo a meno di due chilometri dall’accampamento di Re Kilgar. - Mi disse in un sussurro Seamron dopo che la folla intorno a me si era dispersa. –Dobbiamo mantenere il silenzio o ci scopriranno.-
Quindi Ain e Neil erano stati portati a questo accampamento… Lo guardai accigliata per poi replicare. –Ma le sentinelle vi avranno sicuramente visto mentre pattugliavano.- Cercai di tenere il tono della mia voce molto basso e di riflesso mi avvicinai all’altro per farmi sentire e così facendo notai che l’impugnatura della spada che teneva appesa al fianco destro era stata sagomata in modo da sembrare la statua della dea Guida in una versione più grande. Lui seguì il mio sguardo e sorrise. –Facciamo di tutto per farci notare dagli altri figli, scoprirai che sappiamo essere piuttosto esibizionisti, tanto in pochi sanno della nostra esistenza, comunque per spiegarti meglio ti farò conoscere il nostro occultista, non ci capisco molto dei loro Abracadabra…-
Feci un cenno di assenso cominciando a seguirlo. –Comunque dovrai spiegarmi come mai siete qua e cosa intendevi quando hai detto che siete qui per aiutarmi.-
Quello mi si affiancò e mentre camminavamo si chinò un poco data la sua imponente altezza. – Premetto che questa è la prima volta che i figli si riuniscono, l’Oracolo molto tempo fa ci disse che avremmo dovuto trovarci tutti qua e che l’ultima portatrice del ciondolo sarebbe arrivata per guidarci in qualsiasi fosse la sua missione, ha fatto giurare a tutti che ti avremmo aiutata, a quanto pare la tua missione è qualcosa di importante… l’unica cosa che sappiamo è che c’entra il Re e che ne va della vita di tutti.-
Mi fermai di botto alla realizzazione di ciò che mi stava dicendo. –Quindi siete venuti qua pronti ad aiutarmi senza avere la minima idea di quale sia la mia missione?- avevo alzato un po’ la voce per lo stupore e l’altro, che si era fermato con me, mi fece cenno con la mano di abbassarla.
-Certo, si vede che non hai molta fede cara mia.- Mi sorrise. – L’Oracolo pensava solo al bene supremo di tutti noi, se ci ha detto di fare ciò noi chi siamo per contestare le sue parole?-
Ne aveva parlato al passato, che sapesse già della sua morte? Riabbassai il tono. – Quindi… già sapevate che sarebbe morta?-
Seamron mi guardò con tristezza. –Purtroppo sì, me lo disse circa un anno fa, fino all’ultimo speravo si sbagliasse, ma così non è stato.-
Un anno fa… cazzo, tutto ciò era già in moto da così tanto tempo che stentavo a crederci.
Riprendemmo a camminare e io ero molto assorta mentre mi guardavo intorno. Selvaggia (non l’avrei mai chiamata col suo ridicolo vero nome) era occupata a costruirsi delle frecce con gesti esperti, ovviamente in silenzio. Feci un cenno col capo verso di lei. – Quindi lei sta zitta solo perché le hai imposto questa cosa del “non fate rumore o i cattivi ci sentono”?-
L’altro mi guardò sorridendo e mi rispose sempre sussurrando. – Io non sono il capo qua, sono solo il più abituato alle battaglie e all’organizzazione, non le ho imposto niente, è lei che a quanto pare ha scelto di fare voto del silenzio, mi ha fatto capire che i ragazzi della sua età nella sua tribù fanno voto del silenzio prima di una grande caccia all’uomo… tipo voto di vendetta o simile, credo che abbia il compito di uccidere qualcuno nell’accampamento del Re, ma non sono riuscito a capire chi. –
-Mi piace Selvaggia.- Dissi sorridendo.
-è una baciata dal combattente anche lei.- Mi disse quello annuendo, avendo ormai capito a chi mi rivolgevo con quel nome.
Con occhi sbarrati lo guardai. –Sul serio?! Anche lei? Ecco come ha fatto a trascinarmi qua, ma tu come fai a sapere che sono una baciata dal combattente?-
Seamron mi guardò con uno sguardo perplesso. –Non lo sapevo, intendevo dire che lei come me è una baciata dal combattente.-
-Dei!- Esordii visibilmente eccitata. –Non ne incontro uno da anni e ora spuntano come funghi.-
-Siamo solo noi comunque, non ce ne sono altri, ma ci sono molte persone interessanti in questo accampamento.-
Raggiungemmo avvolti dal silenzio una piccola tenda ai confini e potevo subito sentire un forte odore di erbe, non vi erano dubbi che fosse la tenda di un occultista.
Quando entrammo vidi un ragazzo sulla stessa età di Neil, ma certamente non in forma quanto lui, affaccendarsi intorno ad un pentolone, sudava copiosamente e gettava erbe alla rinfusa, quando ci vide si raddrizzò e si terse la fronte con la manica della lunga tunica.
-Oh, salve.- Sussurrò quello con un tono che quasi non udii. –Prima ho sentito più rumore del solito, spero che non ci fossero problemi.- Disse rivolto a Seamron.
-Ti presento Kira Renly, la persona che stavamo aspettando. Kira, questo è Luis, è l’occultista di cui ti parlavo.-
Feci un cenno di assenso e strinsi la mano dell’uomo sebbene subito mi asciugai un po’ disgustata sui miei calzari, cavoli quanto sudava. Nel movimento vidi appeso al suo collo una modesta collana con un semplice filo e appeso ad esso quello che sembrava un fossile. Quello seguì il mio sguardo.
-Oh, questo? È il mio amuleto, sai come funziona suppongo, il Re ha una—Lo interruppi.
-Gemma di ambra, lo so.- Anche troppo bene.
-Prima parlavo a Kira di come ci schermiamo dalle sentinelle.- Riprese Seamron.
-Oh?- Disse nuovamente Luis, che nervoso, doveva sempre iniziare ogni frase così? Continuò. – Non sono un Occultista molto capace, sicuramente non come il Re e chi lo serve. – Lo vidi diventare paonazzo e io non potei fare a meno di notare una nota di rispetto, ah, supposi che per gli altri occultisti il Re fosse una specie di modello da seguire… per gli Dei, che cosa ridicola, roteai gli occhi al cielo senza farmi notare. – L’unica cosa in cui sono sempre stato bravo è la creazione di rimedi e di illusioni, non molto potenti ovviamente, ma quel tanto che basta per non far vedere l’accampamento alle sentinelle e ad attutire i rumori, anche se non abbastanza.- Vidi l’imbarazzo apparire nuovamente sul suo viso.
-Capisco.- Dissi solo, molto interessante. –Quindi parlando in breve dato che sono donna di poche parole ci tengo a dirvi che la mia missione è recuperare i miei compagni di viaggio, tenuti prigionieri, prima che le lune si sovrappongano e vorrei quindi farlo il prima possibile, anche domani, o al calare della notte, come preferite.- Volevo solo recuperare quei due e continuare con la missione, le lune si erano avvicinate molto negli ultimi giorni, il tempo era agli sgoccioli e non potevo aspettare che la via fosse svelata quando il ciondolo era nelle mani di Kilgar.
-Frena…- Mi disse l’uomo in armatura. –Abbiamo ordini molto precisi, dobbiamo aiutarti è vero, ma dobbiamo aspettare che tutti gli elementi combacino, dobbiamo aspettare che anche il Re si rechi a quell’accampamento e ciò accadrà secondo le parole dell’Oracolo esattamente cinque giorni dal tuo arrivo.-
- è illogico! – Dissi mentre in me montava una certa rabbia. –Se aspettiamo Kilgar sarà molto più difficile recuperarli e le lune potrebbero essere già allineate! Senza contare che chi potrebbe contrastarlo nelle sue arti? Luis qui presente?!-
Vidi l’uomo farsi di nuovo paonazzo. –Io? Contro il Re? Non potrei mai… come potrei, per gli Dei.-
Seamron mi guardò senza esprimere alcunché con la sua espressione. –Non mi aspetto che tu capisca, ma se l’Oracolo ci ha detto di attendere, noi attenderemo, da secoli i figli dell’Oracolo hanno seguito alla lettera ciò che veniva detto loro, la nostra forza sta nella fede che nutriamo verso la Dea Guida e se la sua adepta ci ha detto di aspettare cinque giorni, noi aspetteremo cinque giorni. - Detto questo si voltò e uscì dalla tenda lasciandomi attonita.
Non mi andava giù, affatto, uscii dalla tenda con passo piuttosto iroso senza degnare Luis di uno sguardo e raggiunsi il centro del campo.
Maledizione! Pensavo sarebbero stati un aiuto inestimabile, ma adesso penso che siano solo un peso.
Decisi che quella notte sarei sgattaiolata via senza farmi notare, forse da sola avrei potuto liberare gli altri senza farmi notare.
Girando su me stessa mi avvicinai ai confini dell’accampamento, con la coda dell’occhio vidi Selvaggia studiarmi immobile da lontano, i suoi occhi fissi su di me come se mi tenesse sott’occhio, sbuffando mi sedetti là dove ero per riposarmi. I muscoli erano doloranti e così stesi le gambe di fronte a me per stenderli, inspirai aria fra i denti ad ogni movimento producendo un sibilo, dopo qualche doloroso minuto mi slacciai la saccoccia dal fianco e presi la spada di Neil e non potei fare a meno di pensare che probabilmente gli altri due mi pensavano morta…
Sovrappensiero estrassi la spada dal fodero e mi misi poi a lucidarla con attenzione come avevo visto fare all’altro molte volte e a quel pensiero sorrisi di cuore, era molto che un ricordo non mi rimaneva così gradito, mi fermai soltanto quando dei passi pesanti e il clangore di un’armatura mi avvertirono dell’arrivo di Seamron, ma attesi soltanto, infondo non avevo nulla da dirgli.
-Bella spada.- Mi disse lui una volta avvicinato. –Ottima fattura, la custodirai gelosamente, immagino.-
Sbuffai. –Non è mia, raramente uso spade a due mani e comunque non sei qua per parlare di questa spada.- Dissi seccamente, sinceramente ero ancora scocciata dalle sue precedenti parole. Mi voltai a guardarlo, piegando di molto il collo all’indietro dato che io ero seduta a terra e lui troneggiava su di me.
-Volevo soltanto indicarti una tenda dove potrai riposarti, ti ho già fatto preparare un bagno, pensavo lo avresti gradito visto le condizioni in cui sei ridotta.-
Guardai in basso esaminando le mie condizioni: il mio vestiario era lordo del sangue di quando avevo sfracellato la testa del tizio un paio di giorni prima; le mie mani erano sporche di terra e le mie unghie erano rotte, impregnate di chissà quali schifezze; i miei pantaloni erano rotti in svariati punti per non parlare del mio volto che doveva essere incrostato di terra e altra roba.
Grugnii. –Gentile, dire queste cose ad una fanciulla.-
In tutta risposta Seamron rise sommessamente cercando di controllarsi e ciò fece accennare pure a me un sorriso.
-Non si direbbe da come stai seduta e da come parli.- Si giustificò quello e allungò una mano per aiutarmi ad alzarmi.
-Ho comunque un animo sensibile.- Aggiunsi afferrando la sua mano per poi issarmi sui talloni.
-Accetta la proposta di un bagno caldo e di un posto comodo dove dormire come un’offerta di pace.- Mi sorrise, mi ricordava molto la Montagna, il mio vecchio compagno nella Famiglia, morto lo stesso funesto giorno di Conrad.
-D’accordo.- Dissi infine dopo un attimo di indugio. –Però ciò non cambia il fatto che non riesca ad accettare questa pausa forzata.-
-Basta che non fai sciocchezze e non ci saranno problemi.-
-Tranquillo.- Gli dissi con un sorriso tirato.- Io non faccio mai sciocchezze.-
*
Mi assicurai che la spada di Neil fosse allacciata bene alla mia schiena per poi uscire furtiva dalla mia tenda.
Le lune erano alte nel cielo e ciò mi aiutò nell’illuminazione, ovviamente i fuochi non potevano stare accesi di notte. Mi soffermai a osservare Miriata e Selata per un attimo e subito notai che si erano avvicinate sensibilmente… -Dannazione.- Sussurrai a denti stretti riprendendo la mia avanzata verso gli alberi con fare furtivo.
Tutto sembrava andare liscio, le sentinelle non mi notarono e Seamron stesso non parve accorgersi di niente quando gli passai a pochi metri di distanza.
Raggiunsi quindi gli alberi e mi rilassai subito appena varcai l’arcata arborea.
Tutto procedeva secondo i piani, sapevo pure la direzione, dato che qualche ora prima mi era stata mostrata su di una cartina per permettermi di creare un piano efficace di lì a cinque giorni.
Non potevo aspettare così tanto, dovevano capirlo! Ero particolarmente soggetta alla loro influenza dato che cattive persone non potevano essere, dopotutto l’Oracolo le aveva mandate ad aiutarmi, forse non riuscivo a vedere il quadro generale, ma non riuscivo a capire come l’arrivo di Kilgar avrebbe giovato all’impresa… e in più mi ricordavano mio padre e persone che avevano scelto la sua tipologia di vita non potevano essere che persone degne di fiducia. Quasi mi dispiaceva essermene andata contro il loro volere… quasi.
Mi fermai un attimo dietro a un albero per accertarmi che nessuno mi stesse seguendo e che non vi fossero sentinelle nemiche nei d’intorni.
Ed ecco che un sibilo ruppe il silenzio pesante della notte e schivai giusto in tempo una freccia diretta alla mia spalla, la afferrai al volo prima che si piantasse nell’albero e riconobbi la freccia come una di quelle di Selvaggia.
Alzai lo sguardo nella direzione da cui dedussi che la freccia doveva essere stata scoccata e vidi la sagoma scura della ragazza di fianco rivolta verso di me, in piedi sopra il ramo di un albero poco distante da me.
Vedevo i suoi occhi brillare in mezzo all’ammasso di capelli scuri e la statuetta argentata della Dea Guida rifletteva i raggi lunari dondolando dalla spalla più prossima a me, le braccia ancora nel movimento in cui erano rimaste dopo lo scocco della freccia.
-Vattene!- Sibilai. –Non voglio farti del male.-
Quella in tutta risposta balzò giù dal ramo e nel movimento incoccò un’altra freccia.
Ah sì eh…? Voleva fare la dura?
La freccia nella mia mano si spezzò quando la strinsi troppo di proposito. –Ops!- Dissi fingendo un tono dispiaciuto. –Mi spiace, doveva essere tua… che peccato, ho visto che oggi ci avevi lavorato così tanto…- Mentre terminavo le mie parole lasciai andare i frammenti e afferrai il mio fido pugnale nella destra schivando con un balzo di lato un’altra freccia.
 -Non ci torno all’accampamento, devo salvare i miei compagni!- Dissi abbassandomi schivando l’ennesima freccia.
Compagni?  Bhe, chi volevo prendere in giro, erano miei compagni ormai, inutile stupirsi e avrei fatto di tutto per riprenderli… per gli Dei quanto mi ero ammorbidita. Sbuffai sorridendo per i miei pensieri, anche se a conti fatti non potevo permettermi questo lusso e per l’appunto una freccia mi si conficcò nella gamba destra.
Scioccata abbassai lo sguardo e con occhi sgranati guardai l’altra. –Sei proprio una stronza Selvaggia, quello fa dannatamente male.- E grugnii di dolore quando estrassi la freccia tirando con forza.
La gamba formicolava ricucendosi da sola, i tessuti già si stavano formando.
Ci scambiammo uno sguardo carico di rabbia, era ovvio che l’altra ce l’avesse con me per la mia fuga notturna e per quello che stavo per fare.
Fui io la prima a distogliere lo sguardo e scattai in avanti schivando le frecce e in men che non si dica mi ritrovai di fronte a lei e tentai un affondo al suo fianco sinistro abbassandomi per schivare l’ultima freccia che aveva scoccato.
Vidi Selvaggia ruotare facendo perno sul piede destro e ritrovandosi quindi rivolta del tutto verso di me.
Avvicinatami al momento giusto e sorprendendola, colpii con la parte superiore del mio capo sotto il suo mento e la sentii fare versi soffocati mentre si reggeva con una mano la bocca.
Tra le sue dita vidi sgorgare del sangue, ma era male di poco dato che la sua inutile lingua le sarebbe tornata come nuova di lì a poco.
Approfittai della sua distrazione per tagliare la corda del suo arco che con mia sorpresa non si spezzò e quell’attimo di esitazione permise a Selvaggia di tirarmi una ginocchiata nello stomaco.
Aaaah, l’avrebbe pagata e come se l’avrebbe pagata! Mi ripresi alla svelta ed afferrai un pugnale di scorta datomi da Seamron stringendolo nella sinistra.
-Vediamo come te la cavi nel combattimento corpo a corpo!- La sfidai.
In tutta risposta la ragazza roteò un calcio diretto al mio costato che io schivai agilmente abbassandomi nuovamente. Sorrisi con soddisfazione, poteva essere una baciata dal combattente, ma non poteva competere con una veterana!
Un’improvvisa leggerezza mi fece capire che Selvaggia si era impossessata della spada di Neil dopo avermi fatta abbassare e un sibilo dall’alto mi avvertì del colpo che stava per inferirmi.
Rotolai all’indietro ancora scossa dalla perdita della spada.
-Maledetta!- Gridai senza riserve, la mia voce si riverberò fra gli alberi e l’aria silenziosa. –Tu non mi puoi capire, io ho bisogno di arrivare là, non perché la vostra mamma Oracolo mi abbia detto di andarci, ma perché ho persone che al momento hanno bisogno di me!- Era una strana sensazione ed era incredibilmente liberatorio l’averlo detto ad alta voce. –Ridammi subito quella spada con le buone!-
Vidi la ragazza mettere su un’espressione di sfida e lanciare l’arco di lato mettendosi in posizione di combattimento con la spada a due mani.
-Bene…- Sussurrai. –Quasi ci speravo.-
Non ci risparmiammo neanche un colpo, il cozzare delle lame era quasi assordante, ma in quel momento nessuna delle due si curava del rumore.
Era abile, eccome se lo era, una potente nemica quanto una fantastica alleata e quasi mi dispiaceva il pensiero di doverla uccidere se necessario.
Dopo quelle che parvero ore cominciai a perdere la concentrazione, ero ancora stanca per i due giorni di maratona e il bagno mi aveva annebbiato i sensi.
Selvaggia si rese conto del mio rallentamento e con una falcata circolare sul terreno mi fece perdere l’equilibrio e subito me la ritrovai addosso.
Sentii la fredda lama della spada puntata alla gola e la ragazza accovacciata su di me. Il combattimento non era ancora finito, ma io non avevo più le energie, perché tutti dovevano sempre remarmi contro, perché per una fottuta volta qualcosa non poteva essere semplice?!
Sentii la rabbia montare e sbattei più volte il retro della testa nel terreno sottostante ribadendo con una bestemmia ogni movimento.
-Perché?! Perché non potevi semplicemente farti i benedetti affaracci tuoi?- Le riversai addosso tutta la mia frustrazione.
Selvaggia inclinò la testa di lato e mi fissò ardentemente per poi ritirare la spada.
La vidi indicare se stessa e poi me.
-No.- Le sibilai. –Io e te non siamo uguali.-
Quella agitò la testa. Sì.
-No, cara mia o mi avresti accompagnata!-
Selvaggia scosse il capo in diniego per poi fissarmi.
Ansimante mi presi un attimo per riflettere, Seamron aveva detto che la ragazza aveva fatto un voto del silenzio.
-Eppure so che tu avresti un motivo per andare… non è là una persona che vorresti far fuori?-
La sentii irrigidirsi sopra di me e la vidi fare cenno di sì col capo nuovamente.
-Allora andiamo!- Stavo per alzarmi quado quella mi ributtò giù col palmo aperto premuto sul mio petto.
Le vidi fare uno sguardo triste per poi afferrare la sua treccia e mostrarmi il monile.
Sbuffai. –Voi e la vostra fede!-
La studiai per un altro minuto vedendo quanto si era fatta triste, che fosse anche per lei un dolore aspettare di fare incursione in quell’accampamento? La rabbia cominciò a scemare mentre mi rendevo conto della situazione.
-Chi vuoi vendicare? Un familiare?- Le chiesi.
Scosse il capo. No.
-Un… amante?- Azzardai.
No.
Riflettei. –Un amico?-
Non assentì e né dissentì.
-Un’amica?- Tentai nuovamente e lentamente la vidi alzare e abbassare il capo. –Doveva essere importante per te.- Le si poteva leggere negli occhi la sofferenza. - Io… tornerò all’accampamento con te, ma solo se ne vale davvero la pena di aspettare.-
Potevamo capirci, potevamo sentire entrambe la stessa cosa, capivo che la perdita le bruciava e che lei più di tutti come me voleva irrompere in quell’accampamento ed esigere la sua vendetta. La vidi sorridere quasi timidamente e assentire.
-D’accordo.- Le dissi... poi affondai i miei due pugnali nella sua pancia girandoli ben bene. Quella mi guardò con occhi sgranati e una smorfia di dolore. –Non fare quella faccia.- Le dissi. – Appena li estrarrò tornerai come nuova. Così impari la prossima volta a prendere le cose altrui… ora rendimi la spada così che quando sarai a posto torneremo all’accampament—
Non finii che un dolore lancinante all’addome mi fece capire che anche lei mi aveva infilzato e le vidi uno sguardo soddisfatto negli occhi quando rotolò di fianco a me con qualche grugnito di dolore, lasciando la spada nel mio corpo.
-Grazie.- Le dissi in modo strozzato sorridendo.
 
 
 
 
Ed eccoci qua, stavolta più lungo come promesso :D
Ho notato che nuovi lettori si sono uniti a questa avventura, benvenuti <3 e non temete di farmi sapere che ne pensate e di darmi consigli, i vostri commenti sono il mio carburante :*
Un bacione dalla sempre vostra,
 
Sara

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Capitolo 26
*** Extra- Le Divinità e i loro adepti ***


Ed ecco il capitolo extra sulle divinità come promesso! ;D
 
-*-
 
Le Divinità e i loro adepti
 
Ogni Dio viene rappresentato nei vari templi senza volto, ma con le restanti fattezze completamente diverse gli uni dagli altri.
 
Lo Sconosciuto: Dio protettore della fiducia e delle nuove conoscenze.
Augurare ad una persona appena conosciuta la protezione di tale divinità è di buono auspicio, ma è una forma di cortesia poco usata e fra il popolino e la bassa nobiltà è una consuetudine che è andata persa.
Fattezze maschili, rappresentato con indosso dei comuni abiti appena accennati, con la mano poggiata sul petto per salutare con rispetto un nuovo venuto alla propria magione, come era uso in passato.
 
Il Profanatore: Dio protettore dei ladri e dei senza bandiera.
Divinità meno osannata non esiste, viene seguita e pregata solo da pochi di buono e ladri, o da persone i cui propositi non sono dei più giusti.
Fattezze maschili, rappresentato in posizione accucciata indossante una lunga tunica che nasconde le sue fattezze.
 
L’Ostentatrice:Dea protettrice della bellezza e del piacere in tutte le sue forme. Fattezze femminili, rappresentata non magra né muscolosa e con in mano quasi sempre un’otre di vino. In suo onore sono organizzate numerose feste che portano irrimediabilmente al danneggiamento della città tanto sono fuori controllo.
 
La Guida:Dea ispiratrice per la vita e per i modi di agire, conosciuta più comunemente come musa per gli artisti. Si crede che si debba seguire la Guida per raggiungere la retta via e guadagnare un posto nel Glamen dopo la morte. Fattezze femminili, rappresentata in piedi con le braccia protese in avanti come ad accogliere qualsiasi persona fra le sue braccia.
 
Il Traghettatore: Dio più vicino al concetto di Morte, ha il compito di traghettare le anime nel mondo dei morti, nell’Aldilà, guidandole attraverso il fiume dei loro ricordi, dei momenti più significativi della loro breve esistenza.
Divinità molto pregata e venerata. Si dice che tramite le preghiere e i tributi in suo onore si possa facilitare l’attraversata dei propri cari, altrimenti lunga e tormentata. L’anima vagherebbe sul fiume dei ricordi senza mai raggiungere il Glamen, il grande sole giallo, simbolo della pace, o il Putek, landa desolata ricoperta dal ghiaccio infernale, simbolo di tormento e tribolazioni.
Dalle fattezze non ben definite, rappresentato con una mano tenente una clessidra e l’altra vuota, col pugno chiuso, simbolo della fine di un qualcosa.
 
La Curatrice: Dea protettrice della salute. Viene pregata per favorire un ricovero. Dalle fattezze femminili, con impresso a fuoco sulla fronte il simbolo del dolore con una croce sopra. (simbolo del dolore: un cerchio con una linea trasversale attraversata da una linea continua curva.)
 
Il Comabattente: In poche parole è il Dio della guerra. Chi combatte vota la sua vita a questa divinità che si dice protegga i suoi discepoli.
Dalle fattezze maschili, rappresentato nel gesto di sguainare la propria spada solitamente presente sul fianco destro.
 
La Benefattrice: Dea del bene e dell’altruismo, protettrice dei valori più alti. Viene osannata da chi prega per le anime perse e spera in una loro redenzione. Nella mitologia si dice fosse figlia della dea Guida e per questo viene rappresentata come quest’ultima, fatta eccezione per il fatto che la Benefattrice ha il volto rivolto verso il cielo e le braccia alzate come ad accogliere qualcosa che giunge dall’alto.
 
 
Ogni divinità prima o poi entra in contatto con un’anima umana e dà lei un dono dal valore enorme se viene ben speso.
 
Adepto del Combattente: detto= Il baciato dal Combattente
Tale adepto riceve in dono l’innata abilità al combattimento ed è in grado di usare egregiamente qualsiasi arma esistente. L’adepto avrà anche una forza e un’agilità superiore alla media e la capacità di rigenerare i propri tessuti più rapidamente grazie al proprio metabolismo che lavora più veloce del normale. L’unico modo di uccidere un baciato dal Combattente è quello di colpirlo in punti vitali come testa, nuca o cuore. È necessario ucciderlo sul colpo.
Gli adepti del Combattente avranno un carattere selvaggio, ma con una mente eccelsa ed agile per i combattimenti e le battaglie.
 
Adepto della Curatrice: detto= Il benedetto dalla Curatrice
Tale adepto sarà in grado di curare qualsiasi ferita con il suo solo tocco, la potenza della guarigione cambia da adepto ad adepto.
Affinchè la guarigione avvenga è necessario scrivere nell’aria il simbolo del dolore con una croce sopra.
Gli adepti della Curatrice avranno un carattere abbastanza mite e insofferente.
 
Adepto della Benefattrice: detto= L’accarezzato dalla Benefattrice
Tale adepto sarà in grado di leggere nell’anima di chi lo circonda, si farà partecipe dei problemi che una persona può provare e cercherà di far redimere coloro che non seguono la via indicata dalla Dea Guida.
Gli adepti della Benefattrice avranno un carattere allegro, quasi ingenuo ed incline all’empatia.
 
Adepto del Profanatore: detto= Il corrotto dal Profanatore
Tale adepto riceve in dono il carisma del bravo truffatore, con le parole può incantare la persona più furba e sveglia del mondo. All’incanto delle sue parole può resistere soltanto un Accarezzato dalla Benefattrice, poiché può leggere nell’anima e questa non può mai mentire.
La capacità di inganno varia da persona a persona. C’è chi è in grado di far credere a tutto ciò che dice e chi magari riesce solo a convincerti a compiere piccole azioni.
 
 
-*-
Per adesso non aggiungo altro che altrimenti rischierei di fare spoiler ;) spero che vi piaccia questo Pantheon!
Metterò questo capitolo sempre dopo quelli nuovi, così che chiunque lo voglia consultare lo troverà in fondo.
Ogni volta che ce ne sarà bisogno lo aggiornerò ;)

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